L'errore di Hera

di Eneri08
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Un mastino infernale cerca di divorare i nostri compiti di francese ***
Capitolo 3: *** Isabelle trova Apollo dannatamente sexy ***
Capitolo 4: *** I fratelli Stoll ci giocano un brutto scherzo ***
Capitolo 5: *** Un pavone devoto ad Hera mi fa la corte ***
Capitolo 6: *** La iella mi perseguita ***
Capitolo 7: *** Gli dei mettono ai voti la mia esistenza ***
Capitolo 8: *** Spediscono le nostre chiappette a New Orleans ***
Capitolo 9: *** Dei maiali alati cercano di arrostirci ***
Capitolo 10: *** Arrivano soccorsi divini ***
Capitolo 11: *** Scrocchiamo un passaggio da un vecchiettino folle ***
Capitolo 12: *** La setta delle Illuminate ***
Capitolo 13: *** Incontriamo Pandora in un cabaret jazz ***
Capitolo 14: *** Facciamo la conoscenza di una divinità primordiale incredibilmente... idiota ***
Capitolo 15: *** Facciamo una visita nei ricordi di Magalie ***
Capitolo 16: *** Cerco un modo disperato per salvare la situazione ***
Capitolo 17: *** Festeggiamo la fine dell'impresa con i botti ***
Capitolo 18: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 PROLOGO      
Era tarda notte, i fulmini squarciavano il cielo stellato sopra l'Olimpo; la mia ira cresceva ogni minuto che passava, Zeus non era ancora tornato dal party notturno fra dei, che Dioniso aveva indetto quella stessa sera. Non era la prima volta che capitava, ormai avrei dovuto essermi abituata al comportamento deplorevole che il padre degli dei assumeva. Ma non era così. Ad un tratto, un fulmine più forte degli altri proruppe nella volta celeste: Zeus era, finalmente, tornato a casa. Era brillo, come dopo ogni festa indetta da Dioniso. La sua camicia era sbottonata, la giacca del completo gessato pendeva da una spalla e la cravatta era annodata alla testa come uno stupido ragazzino liceale. Ma poi, notai con rabbia un altro dettaglio. Un marchio color rosso cremisi sul collo di mio marito, e di una forma a cuore: un bacio sul collo. Un bacio sul collo, ripeto. Non ci vidi più dalla rabbia: ciò voleva dire un altro tradimento. Sarà stato il centotrentacinquesimo tradimento in un solo anno! Gli urlai addosso con tutto il fiato che avevo in gola, la sua massima risposta fu:
-non è stato niente di che, piccola. Come al solito.
Gli tirai un sonoro ceffone e scappai in lacrime dall'Olimpo. 

Non avevo idea del perché fossi scesa nel mondo dei mortali, né dove rifugiarmi per via della pioggia battente: era tarda notte ed i locali erano quasi tutti chiusi, tranne che per un piccolo pub all'angolo in fondo alla strada. Decisi così di entrare per ripararmi. 
Il locale era in condizioni pessime: il bancone era pieno di persone ubriache, ancora con i boccali enormi pieni di birra in mano. Ciò mi ricordava molto quello sporco traditore di Zeus; la carta da parati di un colore verde muffa si strava pian piano scrostando dalle pareti ingiallite, e nell'aria aleggiava un fetido odore di vomito, che mi fece salire i conati. Mi sedetti su uno sgabello del bancone ed ordinai un Margarita frozen alla fragola. Sinceramente non avevo idea di cosa fosse questa bibita mortale, ma il nome mi piaceva; il barista mi guardò stranito quando chiesi cosa fosse, ma non disse parola e cominciò a prepararmelo. Durante l'attesa, un ubriacone si avvicinò a me in modo molto sgarbato, adocchiando la mia scollatura del completo bianco. O forse la mia collana. Spero la mia collana. Cominciò a flirtare pesantemente con me, fino a quando un ragazzo, che avrà avuto sì e no una ventina di anni, mi poggiò il braccio sulla spalla e disse in modo gaio: -Eccoti qui, finalmente ti ho trovata!
L'ubriacone, vedendo la scena, se ne andò borbottando fra sé e sé. 
-Ma... ci conosciamo?- domandai esitante. -Beh, ho notato che eri in difficoltà, perciò ho provato ad aiutarti, ed a quanto pare ha funzionato. Non lascerei mai una bella fanciulla in balia di un rozzo ubriacone- ammiccò. Mi resi conto che mi fece arrossire, e ciò fu una cosa strana, perché non mi accadeva da ormai milioni di anni. -Ti posso offrire da bere?- rifiutai garbatamente, dal momento che avevo già ordinato. Mi porse la mano con fare gentile e dichiarò: -Mi presento: il mio nome è Vincent Foster e sono un pittore.- subito dopo, esclamai quasi senza pensarci: -Oh! Come Van Gogh?
-Ehm, n... non proprio, io non ho tutto il successo che ebbe lui- mi sentii quasi una stupida ad aver fatto quella domanda, ma mi fece tanta tenerezza. -Io invece mi chiamo Hera... hera... uhm... Heracleta!- non ho mai avuto tanta fantasia per i nomi. Lui sorrise indulgente. -Hai degli splendidi occhi, sai? Ti piacerebbe venire a casa mia?- Lo disse tutto d'un fiato, come un adolescente alla sua prima cotta. Non riuscii a togliergli gli occhi di dosso, e con un sorriso in volto, accettai sconsideratamente. Così, uscimmo dal locale, correndo sotto la pioggia; fortunatamente, casa sua non era molto lontana, ed arrivammo quasi subito. Il cuore mi batteva forte. Una cosa che non mi successe mai con Zeus. Ma il cuore mi battè ancor più forte quando, sulla soglia della sua abitazione, le sue labbra si posarono sulle mie. Esitai. Ma per una volta, non diedi ragione alla mia coscienza, ed andai d'istinto. Ero perdutamente ed incondizionatamente innamorata di lui, nonostante l'avessi conosciuto da solo mezz'ora.

Fu una notte meravigliosa. Non appena entrammo in casa, lui mi chiese se volessi posare per un suo dipinto. Ed io accettai con gioia. 
La mattina seguente, lo lasciai addormentato tra le candide coperte del suo letto, ed osservai ancora una volta quel suo angelico viso dormiente. Con un nodo allo stomaco, decisi che fu meglio tornare all'Olimpo. 

Zeus mi riabbracciò promettendomi che non mi avrebbe più tradita, ma sapevamo entrambi che una cosa del genere non sarebbe mai successa; tutto sembrava essere tornato alla normalità, fino a quando...

Sentivo un forte dolore allo stomaco, mi contorcevo sul letto a baldacchino, aggrappandomi alle lenzuola di lino; il dolore sembrava incessante, quando, finalmente, cessò com'era iniziato. Da sotto la tunica da notte, vidi ciò che non avrei voluto vedere: una macchia di sangue imbrattava le bianche lenzuola, e sopra di essa, un minuscolo corpicino iniziò a strillare a pieni polmoni. Non sapevo proprio cosa fare. A peggiorare le cose, fu la vista di Apollo, che era entrato nella mia stanza, dopo aver udito le grida del neonato; disperata, chiesi il suo aiuto, e mestamente, accettò di aiutarmi, a patto che gli svelassi chi fosse il padre del neonato. Decretammo che sarebbe stato più saggio tenere tutto ciò nascosto e far crescere il bambino nel mondo mortale. Apollo prese il bambino fra le braccia e constatò: -E' una femminuccia. 
La tenni stretta al mio petto per la prima e ultima volta, per poi consegnarla ad Apollo, che abbandonò immediatamente la stanza per andare nel mondo mortale e consegnarla al padre.
Quel che non sapevo fu che Vincent morì qualche mese dopo dal nostro incontro, e che la bambina sarebbe stata abbandonata davanti al portico della casa della zia, che se ne prese cura come se fosse sua madre. 
La notizia di Vincent mi fece piangere, e col cuore spezzato, sorrisi tristemente pensando che Vincent sarebbe sempre vissuto nel sorriso di Walle... mia dolce Walle.
 
Nota delle autrici
Questa storia è stata "partorita" dalle tre menti disagiate di tre adorabili fanciulle teoricamente sotto esame. Speriamo che vi sia piaciuto questo prologo! E se non vi piace, chissene, a noi è piaciuto. (?) 
Ci vediamo al prossimo capitolo!
-Eneri, Gum & Debby.

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Capitolo 2
*** Un mastino infernale cerca di divorare i nostri compiti di francese ***


Un mastino infernale cerca di divorare i nostri compiti di francese

-WALLE!- ripeté per la centesima volta mia zia. -Farai tardi per la scuola!- urlò, nonostante fosse di fronte a me, mentre stavo gustando i miei cereali. Io, per tutta risposta, mi portai il cucchiaio alla bocca ancor più lentamente, per farla arrabbiare ancor di più. Mia zia era veramente uno spasso quando si arrabbiava, non si poteva mai prendere sul serio: era una persona troppo dolce. 
Abitavamo sopra la caffetteria di zia Eve, in un quartiere di periferia di New York. 
Ad un certo punto, vidi l'orologio sopra la mensola del caminetto, e notai quanto fosse tardi. Forse avrei dovuto ascoltare mia zia: mancavano solo 10 minuti all'inizio delle lezioni. Ingoiai freneticamente gli ultimi cereali rimasti nella ciotola, che mi si incastrarono nell'apparecchio, ma non feci in tempo a notarli: corsi via, afferrando lo zaino ed uscendo di casa.

Correvo a perdifiato senza sosta, lungo il quartiere più ricco e snob di tutta New York, quando il mio sguardo cadde su un atelier di vestiti da sposa. Rimasi a fissare gli splendidi abiti che sfumavano dal bianco perla al giallo crema: erano incantevoli, fino a quando non notai che la commessa s'era resa conto della mia presenza, e mi invitò ad entrare con fare suadente. Io all'inizio rifiutai, perché ero in ritardo per scuola, ma il suo sguardo sembrava attrarmi a lei, perciò entrai nell'atelier. Mi sentivo come un elefante in un negozio di cristalli: tutti gli abiti erano meravigliosi, eleganti, sfarzosi... e poi c'ero io, vestita con un felpone grigio bitorsoluto ed il doppio di me che apparteneva un tempo a zia Eve, i jeans consumati come le scarpe da tennis che stavo indossando. Ed inoltre c'era pure la commessa a farmi sentire un'intrusa: era una donna bellissima, con i capelli scuri come i suoi bellissimi occhi color cioccolato fondente. Indossava un completo bianco e scollato, aveva una collana di perle, e sul petto aveva una spilla a forma di loto di un bellissimo color oro e con una pietra rosa nel mezzo ad esso, dalla quale non riuscivo a distogliere lo sguardo. Lei mi sorrise. -Oh, ti piace la mia spilla, cara? Noto con piacere che la stavi adocchiando.- Fece una risatina compiaciuta.
-E'... è ve... veramente bella.

-Se ti piace così tanto, adesso è tua.- Me la mise in mano, ed io cercai di protestare esitante, ma lei si rivolse a me ancora con la sua voce vellutata: -Non starai mica facendo tardi a scuola, vero, piccina? Direi che è ora di andare.- aveva ragione: era veramente MOLTO tardi, e se la signorina Stan mi avesse di nuovo rimproverata, sarei stata di nuovo espulsa, e zia Eve non ne sarebbe stata molto fiera...
La ringraziai e scappai via.

Arrivai un minuto prima della signorina Stan, e mi fiondai sul banco di fianco a quello di Magalie, che, con la sua solita aria idiota, mi salutò ridacchiando. 
-Perché ridi? Stavo per beccarmi un'altra punizione dalla Brufolona! E tu ridi?!- digrignai i denti dalla rabbia, e Magalie cominciò a ridere ancora di più.
-Cosa c'è?!- Magalie nascondeva malamente la risata che stava per guaire dalla sua bocca, ed indicò quasi soffocando il mio apparecchio.
-Il t-tuo apparecchio... è ricoperto di... bleah!- sghignazzò. Solo allora realizzai. I cereali, quei maledetti. Proprio allora, passò Glave, il ragazzo più bello di tutta la St. Louis, nonché la prima cotta della sottoscritta, ma anche il ragazzo più odiato da Magalie, che mi guardò schifato, per poi girarsi dall'altra parte. Battei la testa contro il banco.
-Visto? E' veramente un ragazzo maleducato!
-Ma sta' zitta, che lo sa mezzo istituto che sbavi dietro a Grover.
Magalie mi mise il broncio, poi si girò e scimmiottò un saluto a Grover, che ricambiò timidamente. Infondo all'aula, in un banco pieno di scarabocchi, sedeva Isabelle Ross. Intorno a lei aleggiava un'aura di terrore e morte; Magalie ne aveva molta paura, da quando l'aveva minacciata di infilarle la testa nel water se le avesse di nuovo rivolto la parola. In quel momento, entrò nella stanza la signorina Stan, col suo enorme brufolo che campeggiava sul suo naso aquilino. Feci di tutto per non fissarglielo, ma quel coso sembrava avere una propria gravità! Era impossibile distogliere lo sguardo da quella pustola schifosa, e non fu nemmeno tanto facile quando si chinò sul mio banco per porgermi il compito di francese... aspetta. IL COMPITO DI FRANCESE?! Non avevo studiato per il compito di francese! Volsi lo sguardo verso Magalie, e notai che era impallidita, se si può dire che fosse possibile, dato che era pallida quanto un cadavere. Entrai nel panico, mi girai per vedere le facce degli altri miei compagni, e mi soffermai su Grover, che per l'ansia, si stava mangiando il lapis. Letteralmente. L'unico che non sembrava preoccuparsene era Glave, che guardava il compito con aria annoiata. Cosa potevo fare? Non potevo prendere un'altra insufficienza, sarebbe stata la quarta in una settimana! Non poteva accadere, non doveva accadere! Ero talmente presa dai miei pensieri che non sentii le urla femminili di Grover alle mie spalle. Metà della classe si stava disperdendo come un gregge impazzito nei corridoi, fino a quando non notai che Magalie mi stava fissando.
-Senti, che ne dici di uscire? No sai, c'è appena stato una bella scossa. Sembra divertente. Andiamo a correre anche noi come delle idiote nel corridoio!
-Eh? 
-Il terremoto! Sai quando la Terra balla il limbo? 
-So cos'è un terremoto!
Gli unici rimasti in classe eravamo io, Magalie, Isabelle Ross, Grover e Glave, che si alzò garbatemente dalla sua sedia, e con fare sinuoso, si poggiò sul mio banco ed osservò la mia spilla.
-Che bella spilla che hai, Walle. Quasi quanto i tuoi occhi... o il tuo odore.-
Grover lo guardò stranito, mentre Isabelle osservò schifata la scena. Magalie si limitava a mordersi il labbro sanguinolento, facendo finta di nulla. Ero incapace di formulare qualsiasi risposta logica dinanzi a cotanto splendore: mi aveva chiamato per nome! Non pensavo che lo sapesse!
-...come la tua amica e quella... graziosa... ragazza là infondo. Avete proprio un buon odore.- Si leccò le labbra compiaciuto. 
Grover sembrava paralizzato dal terrore: in effetti era strano che un ragazzo ci provasse con tre fanciulle contemporaneamente. Fino a quando non pronunciò una frase che mi fece raggelare il sangue nelle vene.
-Sarete proprio uno spuntino delizioso.- 
A quel punto, la sua peluria cominciò ad aumentare e ad espandersi, diventando una scompigliata pelliccia nera. I canini si allungarono fino a diventare zanne, che avrebbero potuto squarciare un frigorifero con un solo morso, come gli artigli che gli erano cresciuti nel frattempo. Assunse le sembianze di un enorme mastino infernale dagli occhi fiammeggianti ed assetati di sangue; del nostro sangue!
Magalie si stava lentamente allontanando dal banco con sotto di sé la sedia, Isabelle Ross sembrava quasi spaventata e Grover era sul punto di svenire; io, invece, sentivo l'odore fetido del suo alito, che m'investì. La sua bava stava colando sul foglio ancora immacolato del compito di francese. Spalancò le fauci e provò a sbranarmi, ma io gli tesi il banco, che finì in pezzi nella bocca del mastino. Grover si rianimò tutto d'un tratto, strepitando:
-Correte!- Non ce lo facemmo ripetere due volte. Scappammo nel cortile esterno della scuola, inseguiti da quell'enorme palla di pelo. Non avevo mai corso così tanto in tutta la mia vita. Ma purtroppo, la palla di pelo ringhiosa, era più veloce di me. Grover urlò.
-Usa la spilla, la spilla! Premi la gemma sulla spilla!- Non feci in tempo: il mastino mi era balzato addosso, facendo schizzare via la spilla dal mio felpone. Era la fine. I suoi artigli mi graffiarono le spalle. La sua lingua mi leccò la faccia, e con euforia ruggì:
-Sei stata una bimba cattiva, Walle. Non avresti dovuto provocare quel terremoto; ora so cosa sei. Anzi, so cosa siete.- 
Mi preparai al mio tragico destino, quando l'animale venne scaraventato contro un albero, dove la sua grossa testa rimase incastrata nel tronco. Isabelle e Magalie erano a terra doloranti per via dello scontro ravvicinato con il tronco, contro la quale avevano sbattuto la testa per cercare di disarcionare il mastino che si trovava sopra di me. I suoi artigli mi avevano provocato delle profonde ferite lungo il petto quando era stato bruscamente spinto da un lato. Barcollando, raccolsi da terra la mia spilla, e premetti la gemma, che trasformò il bellissimo fiore di loto in una lama circolare che pareva esser di bronzo, ma che risplendeva molto di più di esso. Su di esso, pareva esserci lo stemma di un loto. Con le ultime forze che mi erano rimaste, avanzai verso il mastino, che era sul punto di liberarsi; gli scagliai sul collo la lama, che gli tranciò di netto la testa, ritornando poi nella mia mano. Il mastino si dissolse, guaiendo in un cumolo di polvere, maledicendoci.
Voltai lo sguardo preoccupato verso Magalie, che esultò. 
-E'... è... è stata la cosa più divertente che io abbia mai fatto in tutta la mia vita! Rifacciamolo!
-Stai zitta, idiota. Per poco non ci ammazzavano.- grugnì Isabelle. Sospirai sfinita, e mi aggrappai alla prima persona che vidi accanto a me: era Grover. Poi abbassai lo sguardo per la stanchezza e notai il piede di Grover. ...solo che non era un piede.
-Grover... ma che è successo al tuo piede? Da quando è uno zoccolo?- Rise nervosamente.
-E' una... una lunga storia.
-FERMI TUTTI, ZOCCOLO?- intervenì Magalie.
-Diciamo che... sono un satiro. Mezzo uomo, mezzo capra.- Disse timidamente.
-Quindi tu sei un satiro, eh? Nah, vabbè, ti amo comunque.
-Cosa?
-Nulla!
Grover aprì la bocca per contestare, ma una luce accecante ci costrinse a voltare lo sguardo. Sentimmo un rumore di freni, come se una macchina stesse parcheggiando... ed in effetti, era così. Una splendida (letteralmente) Maserati era parcheggiata davanti a noi, ed un uomo uscì da quell'auto sportiva. Era un ragazzo che avrà avuto sì e no diciotto anni, era biondo, con gli occhi azzurri; sembrava proprio un modello californiano. Si appoggiò alla macchina e si tolse gli occhiali da sole. Grover gli si buttò ai piedi alla sua vista, rivolgendosi a lui con tono di venerazione,
-Divino Apollo! 
-Ehi bel biondino, tua madre non deve aver avuto una bella fantasia per darti un nome del genere.- lo schernì Isabelle. Grover la guardò in cagnesco... anzi, capresco. 
-Non si trattano così le divinità!
-Shh, lascia stare, Grover. Lei ancora non sa.- sorrise Apollo. -Coraggio, mie care fanciulle, salite in carrozza; il Campo Mezzosangue vi attende.

Nota delle autrici
Eccoci finalmente, dopo un solo giorno, l'attesa è finita! Finalmente il primo capitolo è stato completato. Yeee! Ci meritiamo un satiro anche nella vita reale.
Al prossimo capitolo!
-Eneri, Gum & Debby.

 

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Capitolo 3
*** Isabelle trova Apollo dannatamente sexy ***


Isabelle trova Apollo dannatamente sexy

-Campo Mezzosangue? Cos'è un Campo Mezzosangue?- chiesi. Il modello californiano rispose, -Mia cara, ho molte cose da spiegarvi, e ci terrei a non essere interrotto- ammiccò in direzione di Isabelle, che scostò lo sguardo schifata. Continuò: -Ora vi conviene salire in carrozza, prima che quel mostro ritorni.-
-Pedofilo!- gracchiò Magalie. Apollo rise. -In tutta la mia lunga esistenza, è la prima volta che mi danno del pedofilo. Ma comunque seriamente, vi conviene salire in macchina.
-Io non mi fido.- protestò Isabelle; ma, appena notò la mia faccia angosciata ed il sangue che colava dalla mia profonda ferita, chinò la testa e fece per entrare in macchina, quando vide che non c'era abbastanza spazio per far sì che entrassero cinque persone. 
-Ehi biondino, come facciamo ad entrare qua dentro?- Apollo estrasse le chiavi dai bermuda color kaki, e, premendo un pulsante, la Maserati si trasformò in una familiare, che pareva essere una Qashqai; Isabelle ringhiò qualcosa fra i denti e, senza chiedere nulla, entrò nel veicolo sbattendo la portiera e sedendosi accanto al finestrino di destra, con le braccia incrociate sul petto. Apollo mi prese in braccio, ed io non protestai; avevo male dappertutto, e non riuscivo a reggermi in piedi. Poi, mi sussurrò dolcemente all'orecchio: -Era da quando eri appena nata che non ti prendevo in braccio.- Non capii cosa stesse dicendo, ma non avevo alcuna forza per rispondere e chiedere qualcosa. Gli occhi di Isabelle erano diventati due dardi fiammeggianti, il che mi fece rabbrividire. Ci sistemammo nel posto accanto ad Isabelle, e cominciai a chiedermi: se Apollo era seduto dietro, chi era al volante?
-Ehiehiehi ragazzi, allora io parto, eh!
-Aspetta, cosa?!- urlò Isabelle. Al volante c'era Magalie in tutta la sua sfacciataggine, ed accanto a lei sedeva Grover, ancora più terrorizzato di prima. Mentre Apollo mi aveva preso in braccio, non avevo notato che avesse lanciato le chiavi dell'auto all'idiozia fatta persona. Magalie accese il motore, ed io, con un filo di voce, chiesi, -Magalie, ma tu sai guidare a 15 anni?
-Certamente, ho imparato da GTA!- guardai con occhi terrorizzati Apollo, sperando che rispondesse alla mia silenziosa preghiera, ma fu troppo tardi; Magalie premè sull'accelleratore a tavoletta, e partimmo. La macchina cominciò a sollevarsi in cielo; Grover aveva già iniziato ad urlare come una femminuccia, mentre Apollo continuava a ripetere che stava andando tutto bene, incitando Magalie, ma sfortunatamente, io non gli credetti.
-Credo che per te sia ora di spiegarci qualcosa- decretò con tono arrogante Isabelle, rivolgendosi ad Apollo. Egli sorrise in maniera poco convincente ed incominciò a parlare.
-Dolcezze, ci stiamo dirigendo al Campo Mezzosangue perché siete delle ragazze un po' diverse dalle altre. Conoscete gli dei greci, giusto? Ecco, diciamo che... loro esistono ancora, e che si trovano qui in America, dato che è la potenza mondiale più forte di quest'epoca. E, come avrete ormai capito, io sono proprio quell'Apollo, il dio greco del Sole. A volte, gli dei, hanno relazioni con esseri mortali, e dalla loro unione nasce un semidio; questo è proprio il vostro caso. Per questo quel mostro ha cercato di uccidervi. Il Campo Mezzosangue è l'unico luogo sicuro per ragazzi come voi, lì impararete come combattere contro tali esseri e a come difendervi- Magalie si girò incredula: -Quindi se sono una semidea, chi è il mio genitore divino?- Apollo la guardò. -Il migliore.-  
Magalie rimase perplessa, fino a quando una voce piagnucolante non la svegliò; -Ti prego, guarda davanti, Magalie!
-Oh, certo caro!- rispose giulivamente guardando Grover, -Ho tuuuuuutto sotto controllo!- 
In quel momento, si sentì un rumore sordo di qualcosa che si era schiantato contro il parabrezza: era un povero piccione, che aveva avuto la sfortuna di incrociare la nostra traiettoria. 
-Ops.- borbottò.

Il resto del viaggio non fu certamente migliore: Apollo faceva da nostro navigatore satellitare divino, Isabelle stava per vomitarmi in faccia, Grover continuava a lamentarsi invocando la mamma, Magalie era l'unica che sembrava divertirsi veramente, e poi c'ero io, spaventata da molte cose: da Magalie al volante, da tutta la storia degli dei, ma soprattutto dallo sguardo di rimprovero che Isabelle Ross mi puntava addosso. Ringraziai gli "dei" quando finalmente ritoccammo terra; per poco Magalie non sfasciò l'intera auto con l'atterraggio, ma almeno eravamo vivi. Scesimo tutti e cinque dalla macchina ed Apollo mi scaricò nelle braccia di Isabelle, poi ci salutò facendo un cenno con la mano e ripartì per la volta celeste; non appena fu fuori dalla nostra visuale, Ross commentò:
-Mica male il biondino. Apollo è dannatamente sexy- non riuscivo a credere a quel che avesse appena detto, ma come darle torto; Apollo era veramente bello. Dopo essersi ripreso da quel traumatizzante viaggio in macchina, Grover ci condusse oltre la collina ed il pino che risiedeva su di essa. Campeggiato in bella vista sul pino, c'era un magnifico vello d'oro, e sotto di esso, un drago stava pigramente sonnecchiando. Ma non fu la vista del drago a sconcertarci tanto quella del centauro che lo stava accarezzando: già c'era capitato un satiro, ora un centauro! Aveva i capelli castani e brizzolati di bianco ed una folta barba incolta, ed indossava una giacca di tweed da professore. Appena ci vide ci sorrise e si avvicinò.
-Vi aspettavamo con pazienza, ragazze.
-Oh, fantastico. Ci mancava solo il centauro.- commentò fredda Isabelle.
Il centauro non diede peso al commento di Isabelle e continuò dicendo: -Mi presento, il mio nome è Chirone. Sono il direttore delle attività del campo...- non fece in tempo a finire la frase e notò la mia ferita.
-...Grover, porta la nuova arrivata in infermeria, ed accettarti che le siano somministrate ambrosia e nettare.- Grover annuì e fece cenno ad Isabelle di passarmi a lui, che mi aiutò a sorreggermi, e mi accompagnò alla tenda dell'infermeria. 

Mi svegliai dopo qualche ora su un letto d'infermeria; avevo in bocca il sapore di biscotti al cioccolato, e la ferita sul mio petto si stava lentamente chiudendo. Ai piedi del mio letto, un ragazzo dai capelli neri e gli occhi verdi, armeggiava con un... qualcosa che sembrava fosse miele, e con un cucchiaio cercava di portarmelo alla bocca. Non si era accorto che mi fossi svegliata, ma ormai mi aveva già imboccata; il sapore non era male, ma avevo paura di cosa fosse, quindi glielo risputai in faccia. Il ragazzo sembrò sorpreso, ma non ebbe il tempo di parlare, che lo sommersi di domande.
-Chi sei? Perché mi stavi imboccando? Dove sono le mie amiche? Dov'è Grover? Chirone? Cosa mi stavi somministrando? Rispondi!
-Una domanda alla volta, per favore!- rispose il ragazzo. -...beh, ti capisco, ci sono passato anche io. Mi chiamo Percy Jackson. Perché ti stavo imboccando? Beh, perché quello era nettare ed ambrosia, ed è l'unica cura che poteva chiuderti quella ferita così presto. Le tue amiche staranno sicuramente parlando con Chirone ed il signor D.
-Signor D?
-Il direttore del Campo Mezzosangue. La D sta per Dioniso, solo che qua i nomi sono pericolosi. Ti consiglio di non chiamarlo col suo vero nome.-
Ad un tratto, la tenda si aprì, e Magalie ed Isabelle entrarono. Magalie era euforica, Isabelle sembrava indifferente come al solito;
-Ehi tu, ragazzino, non è che ci stai provando con la mia amica? Ma soprattutto, chi sei?
-Sono Percy Jackson... e no, non ci stavo provando con lei, ho già una ragazza, intesi?
Magalie ridacchiò; -Percy Jackson e poi lo ritrovai- Nessuno rise alla sua battuta. -Okay, scusate, questa era veramente triste.- 
Isabelle sbuffò. -Coraggio Walle, ci hanno provvisoriamente sistemate in una cabina. Ti spiegheremo tutto non appena saremo lì.- Mi alzai dal letto e, barcollando, mi diressi verso le mie amiche:
-In quale cabina ci hanno sistemato, per ora?- chiesi curiosa.
-Nella cabina di Hermes.-

Nota delle autrici
Gum: Abbiamo notato che nella scena in cui appare Percy ci sono parecchie frasi ambigue... Eneri ne aveva tirate fuori anche di peggiori. 
En: In mia difesa, posso solo dire che quelle cose non erano volute!
Deb: (risatine nervose) e vbb
Comunque, durante questi giorni, non potremo aggiornare la storia. Si ricomincerà a partire dal 25 di Giugno, a causa degli ultimi giorni di esame. 
Ci farebbe piacere se dareste una vostra opinione sulla nostra ff; al prossimo capitolo~

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Capitolo 4
*** I fratelli Stoll ci giocano un brutto scherzo ***


I fratelli Stoll ci giocano un brutto scherzo
 
Mentre attraversavamo il Campo per raggiungere la cabina di Hermes, borbottai tra me e me: -Quindi la mia prima cotta era per un mostro...?
-Sai che novità, questa qua è innamorata di un satiro invece. Voi due siete veramente messe male.
-Ehi, come osi parlare così del mio Groverino?!
-Appunto...- stavano per continuare la loro discussione, quando -per grazia degli dei- arrivammo davanti alla casa di Hermes. Esitammo sulla soglia; sembrava una casa meno accogliente rispetto alle altre, ma in quale altro posto potevamo andare? 
Così, facendoci forza l'un con l'altra, entrammo. 
La stanza era affollata e piena di ragazzini che urlavano e strepitavano come se fossero posseduti; la maggior parte di loro aveva uno sguardo furbo e dei lineamenti elfici. Fra di loro, spiccavano due diciassettenni, probabilmente erano fratelli per via della loro somiglianza. Appena ci videro, si guardarono complici, ed io cominciai a preoccuparmi; gli altri, invece, ci accolsero gioiosamente, Magalie cominciò a socializzare, e nonostante sembrava che la stessero prendendo un po' in giro, si stava divertendo. Isabelle invece sembrava interessata ad alcune armi che stavano lucidando dei ragazzi lì vicino, mentre io stavo in un angolino ad osservare la scena, come al mio solito. I due diciassettenni mi si avvicinarono ed uno di loro mi mise un braccio sulla spalla. Sentii le guancie avvampare.
-Benvenuta nella casa di Hermes, novellina!- disse euforico. -Mi chiamo Travis, e questo è mio fratello Connor.- Connor mi strinse energicamente la mano. -Hai ancora molto da imparare, ma non preoccuparti, ci siamo qua noi per te e le tue amiche!
-...ehm...eh...grazie- borbottai. -Figurati, dolcezza!- e mi diedero entrambi due sonori baci su entrambe le guance. Stavo per avere un infarto. In effetti quei due non erano poi così male... ma se c'era una cosa che avevo imparato da Glave, era di non abbassare mai così tanto la guardia con dei ragazzi. Ammiccarono ed uscirono dalla cabina ridacchiando. Non diedi molta importanza a quel gesto, dopotutto in quel momento dovevo sembrare un pomodoro con due gambe. Decisi quindi di uscire con Magalie e prendere una boccata d'aria. Mi dispiaceva un po' dividere Magalie dai suoi nuovi amici, dopotutto non era il tipo di persona con molti amici. Appena uscimmo, anche Isabelle ci seguì. L'unico commento che fece fu: -Preferisco stare con voi che con quella massa di idioti.- Non appena finì di proferire la frase, mi voltai a guardare Magalie, per poi voltarmi nuovamente verso Isabelle: non ero proprio sicura di quello che avesse appena detto... 
Camminammo un po' e guardammo meglio le altre cabine. Non ero mai stata un genio a scuola, ma avevo studiato abbastanza per riconoscere alcune di esse. La cabina di Afrodite sembrava una casa di una Barbie, rosa e sbrilluccicosa, seguivano quella di Efesto, quella di Artemide, che pareva disabitata, quella di Apollo, che risplendeva come mille soli, essendo fatta d'oro, e quella di Atena. Magalie salutò goffamente i figli di Atena, che ricambiarono con sguardi ostili; seguì una casa completamente tinta di rosso e con un enorme testa di cinghiale che ci scrutava dall'alto della porta. Stavo fissando il cinghiale, quando andai a sbattere contro un'entità inquietante. Un'enorme ragazza dai capelli castani e a spaghetto con indosso un'armatura greca mi guardò con odio dal basso del mio metro e mezzo; avevo paura che mi volesse uccidere, ero forse l'unica persona al mondo che aveva rischiato di essere ammazzata da due persone in un solo giorno. 
-Guarda guarda, tre novelline- gracchiò; -Ora sì che ci divertiremo!- e lanciò un'occhiata truce ai suoi fratelli. Magalie cominciò a tremare e balbettò. -D...devo andare in bagno!
-Oh, piccina, tranquilla, ti ci accompagno io!- esclamò in falsetto la ragazza. Una delle sue sorella un po' impietosita borbottò: -Clarisse, io non credo che sia una buona ide....- la ragazza venne interrotta da Clarisse, che la fulminò con lo sguardo, poi prese per mano Magalie, che cercò di dimenarsi, ma invano; la trascinò al bagno, e scomparvero per un po'. Mi portai la mano al petto, come facevo quando ero agitata, e mi accorsi che non avevo la spilla. Panico. Quando l'avevo persa? Forse era rimasta nella cabina! O forse era caduta quando mi ero scontrata con quella ragazza di nome Clarisse. Mi accucciai e cominciai a tastare il terreno, in cerca di qualcosa che non c'era. Isabelle guardava la cabina, assorta. 
-Isabelle, hai per caso visto la mia spilla?
-No. Piuttosto, non credi che questa cabina sia veramente bella?
-Sì sì, come dici tu. Aiutami a cercare questa dannata spilla!- per un momento mi dimenticai che quella fosse Isabelle, e che avrebbe potuto uccidermi se solo lo avesse voluto. Eppure mi rispose, -Va bene. Ma non parlarmi più così.- Ero così intenta a cercare la spilla che non mi accorsi che Magalie era tornata dalla "visita guidata" con la sua nuova... amichetta. I capelli arancioni erano attaccati al volto medido di qualcosa che sembrava sudore, ma era molto più denso e puzzava di un odore aspro ed intenso e stava piangendo. Isabelle sgranò gli occhi.
-Idiota, che cosa ti è successo?- Il tono sembrava più carezzevole del solito. Mi alzai e Magalie corse verso di me abbracciandomi. I fratelli Stoll si stavano godendo la scena divertiti ed iniziarono a sghignazzare. 
-Ehiiii, abbiamo visto Clarisse che si stava divertendo con la vostra amica, ed abbiamo anche visto che aveva la tua bella spilla nella tasca dei pantaloni... mi raccomando, non ditelo che l'abbiamo detto noi!- E se ne andarono sbellicandosi dalle risate. 
-Io ne ho abbastanza di quella! Non la sopporto! Nessuno può permettersi di infilare la testa di Magalie nel water tranne me!- urlò furiosa Isabelle. Corse in bagno e noi la seguimmo. Clarisse si stava pavoneggiando con delle sue sorelle, imitando gli urletti strazianti di Magalie. Isabelle ruggì. -Tu. Come hai osato rubare la spilla a Walle ed infilare la testa nel water a Magalie?! Sono cose che posso fare solo io! Tu, lurida...- Le guancie di Clarisse divennero porpora per la rabbia.
-Tu, piuttosto, come osi rivolgerti a me in tal modo, piccola novellina? Non sai chi sono io? Sono il capo cabina della casa di Ares! E non ho rubato io la stupida spilla della tua amica! Pagherai cara la tua insolenza!- Ed estrasse la spada da esercitazione dalla fodera, per poi scagliarsi contro Isabelle, che prontamente la schivò; tirandole i capelli, la spinse indietro, facendole perdere l'equilibrio e facendola cadere. Clarisse le afferrò la caviglia facendola cadere a sua volta. Le due si rotolarono sul pavimento del bagno tirandosi pugni e schiaffi, fino a quando Isabelle non le mise una mano nella tasca ed estrasse la spilla. Clarisse la guardò con sincero stupore e strepitò.
-Non sono stata io, mi hanno incastrata!
-E tu aspetti che io ti creda?!- rispose Isabelle tirandole un pugno nello stomaco; intorno a loro le ragazze si erano riunite, e fra queste, Magalie gridava:
-Botte! Sangue! Spezzale le gambe!
-Magalie! Non devi incitarle!- la sgridai. Cercai di intromettermi tra di loro, ma le ragazze della casa di Ares me lo impedirono bloccandomi dalle braccia. Nel frattempo, Clarisse aveva ripreso la spada e le aveva colpito il sopracciglio sinistro, scrollandosela di dosso violentemente, non prima che Isabelle le sferrasse un forte calcio sulla caviglia. Clarisse urlò per il dolore, e fece di nuovo cadere la spada. Isabelle, con un ultimo sforzo afferrò la spada di Clarisse che giaceva a terra e gliela puntò contro. Clarisse spalancò gli occhi, ma il suo sguardo era fisso sopra qualcosa che si trovava sopra la testa di Isabelle, come tutti gli spettatori. Il suo sguardo lampeggiò una scintilla di rabbia ed odio mista a compiacimento; sopra la testa di Isabelle, due lance incrociate, simbolo di Ares, risplendeva in tutta la sua magnificenza. Clarisse si rialzò stanca, e sul suo volto, comparve un sorriso malizioso, e disse in tono sarcastico:
-E' un piacere conoscerti... sorellina.-

Nota delle autrici
Gum: Finalmente gli esami sono finiti e possiamo mettere la testa di Magalie nel water! Olè!
Deb: Ricordati che lo può fare solo Isabelle!
En: io non ho niente da dire quindi... yolo, al prossimo capitolo!

 


 

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Capitolo 5
*** Un pavone devoto ad Hera mi fa la corte ***


Un pavone devoto ad Hera mi fa la corte
 
Isabelle stava per sferrare un altro colpo, quando, all'improvviso, Chirone entrò nel bagno e divise le due ragazze, strepitando. 
-Cosa sta succedendo qua, siete impazzite?! Un comportamento del genere da parte di due signorine è veramente inaudito! Mi aspettavo molto di più da lei, signorina Ross. 
-Signore, ma le posso spiegar...
-Non voglio sentire alcuna scusa! Per punizione, pulirete i bagni femminili per il resto dell'estate. Comunque sia, è un piacere sapere che abbiamo un'altra figlia di Ares tra di noi. Ave a Isabelle Ross, figlia di Ares.-
Le ragazze attorno a lui si inchinarono, persino Clarisse chinò la testa in segno di rispetto. 

Quella sera, per cena, io e Magalie ci ritrovammo stipate al tavolo dei ragazzi della casa di Hermes. Avevamo già preso il cibo, e Magalie era rimasta sconvolta quando aveva dovuto bruciare la parte più gustosa della sua cena e donarla al suo genitore divino, e adesso stava facendo impazzire il suo calice, ordinando tremila bibite diverse di cui io sospettavo che la metà fosse inesistente.
-Coca cola al cetriolo! Milkshake al ravanello! Aranciata al gateau di patate!...- Non mi sorpresi che quando chiese una Diet Coke alla zucchina, il calice gliela buttò in faccia, per poi rifiutarsi di esaudire altri ordini. Tutti i presenti si misero a ridere, Magalie compresa. Isabelle stava ridendo e scherzando con i suoi nuovi fratelli, ignorando l'esistenza di Clarisse, che la guardava ancora con diffidenza.
I fratelli Stoll non erano da meno, sembravano davvero divertirsi in compagnia dei loro fratelli; io per tutta risposta li guardai male. Erano stati loro, alla fine, a rubarmi la spilla; e sempre loro, l'avevano messa dentro le tasche dei pantaloni di Clarisse. Non sembravano neanche dispiaciuti, anzi, se ne vantavano come se avessero intrapreso una grande impresa. Finì di cenare prima degli altri e me ne tornai nella cabina.

La cabina di Hermes sembrava completamente diversa quando non c'era nessuno ad abitarla. Nella stanza, c'era un silenzio metafisico. Mi sistemai nel mio angolino, i raggi di luna filtravano dalla finestra, creando una flebile luce. 
"Chissà se zia Eve si sarà resa conto della mia scomparsa, di solito quando manco per più di mezz'ora dopo l'orario scolastico al rientro a casa è capace di chiamare vigili, pompieri, poliziotti, ambulanze e persino la marina militare, se occorre" pensai ridacchiando. L'unica cosa che mi ero portata da casa era un fogliettino stropicciato. Lo presi tra le mani e lo dispiegai. Era un inserto pubblicitario dove una donna sorridente stava preparando la cena in cucina. Era la classica mogliettina americana; la portavo sempre con me. Non avevo mai conosciuto mia madre, né tanto meno mio padre, pero' sognavo sempre che fosse così la mia mamma. Mi portai le ginocchia al petto e ci nascosi il viso, mi addormentai così, col sorriso della donna della pubblicità delle zuppe in scatola impressa in mente.

Magalie mi svegliò il mattino seguente, tirandomi per la felpa. Era emozionata e mi mostrava con esultanza le magliette arancioni del Campo Mezzosangue che le aveva consegnato Chirone, e, strappandomi letteralmente la felpa, davanti a tutti i ragazzi della cabina, mi costrinse ad indossare la maglietta arancione del Campo. Lei se l'era già messa: l'aveva messa al posto della camicia bianca che indossava precedentemente, con sotto i suoi soliti pantaloni grigi e larghi con le bretelle, che nell'insieme aveva un aspetto abbastanza comico. Uscii il più in fretta possibile dalla cabina, ed avrei giurato di aver sentito qualcuno che bisbigliava "oh miei dei, che poppe, peccato che abbia il reggiseno". 
-Perché diamine mi hai strappato di dosso i vestiti?!- urlai. Magalie protestò;
-Muoviti, siamo in ritardo per l'allenamento!
-Quale allenamento?!
-Quello di tiro con l'arco!
-Perché stiamo urlando?!
-Non lo soooo!!- e ci mettemmo a ridere. Era incredibile come non riuscissi mai a litigare seriamente con lei.
Ci mettemmo a correre, prima che Chirone si arrabbiasse e facesse pulire anche a noi il gabinetto "divino" di Dioniso.

Non mi sarei mai aspettata che Magalie fosse così brava con il tiro dell'arco. Al contrario di me, che ero una frana. Pero' non volevo darlo a vedere, così, quando notai Grover, gli lanciai una mela, e gli ordinai di girarsi con la mela sulla testa; ma un istante dopo aver scoccato la freccia, mi resi conto di aver sbagliato traiettoria, e che la freccia gli avrebbe trafitto la schiena. Fortunatamente, Magalie era stata più veloce di me nel capire la traiettoria e ne scoccò subito un'altra; Grover urlò di dolore. La seconda freccia lanciata da Magalie aveva deviato la traiettoria della mia, che non andò a conficcarsi nella schiena, ma bensì sulle chiappette. Dei figli di Apollo accompagnarono il povero satiro in infermeria prima che recuperasse le forze per strozzarmi. 
-Walle, ma cosa fai?! Potevi ammazzarmelo!
-Scusa... non era mia intenzione uccidere il tuo spasimante!- Magalie sbuffò, e riprese a fare i suoi allenamenti nella sua postazione. Esasperata, scagliai l'arco per terra, ma un ragazzo  lo raccolse e con voce carezzevole mi sussurrò:
-Perché sei così arrabbiata, dolcezza?- non appena sentii la voce, capii che era uno dei fratelli Stoll, Travis. Fece un cenno di disappunto.
-Andiamo, dolcezza, non ce l'avrai ancora con me per quello scherzetto, vero?- Magalie si voltò e venne verso di noi a passo di marcia, guardando Travis con odio. Sussurrò con un filo di voce:
-Walle, tappati le orecchie.- Io spinsi Travis più lontano possibile da me e mi tappai le orecchie. Magalie inspirò ed emise un grido acuto, talmente acuto da stordire, non solo Travis, ma anche le altre persone che si trovavano in un raggio di dieci metri. Era già successa, in passato, una cosa del genere; all'asilo, una maestra non voleva darle le caramelle all'orzo, perché sosteneva che ai bambini facessero male troppi dolci, così emise un grido talmente acuto da farla svenire; me compresa, come tutti i bambini presenti. Quando i poliziotti, avvertiti da un'altra maestra, erano accorsi nell'aula, videro solo Magalie in piedi, che in lacrime aveva borbottato: 
-Io non ho fatto nulla, ho soltanto gridato...- 
Quando rialzai lo sguardo verso la mia amica, notai il simbolo di un sole che risplendeva sopra la testa di Magalie. Mi inginocchiai ed imitando la voce di Chirone, proclamai:
-Ave a Magalie Hall, figlia di Apollo!-
Alle mie spalle, comparve Chirone, che si schiarì la gola. 
-Che cosa è successo qui?
-Io non ho fatto nulla, ho soltanto gridato...- ebbi la sensazione di aver già sentito quella frase. 

Ero rimasta sola, in balia dei fratelli Stoll e di tutti quei villici. Sgranocchiavo pigramente un marshmallow, e non mi accorsi di ciò di cui stavano discutendo gli altri ragazzi intorno al falò. Ero troppo depressa, ma il mio interesse si riavvivò quando sentii che qualcuno pronunciava "caccia alla bandiera", il che era strano, perché caccia alla bandiera era un gioco tipicamente di un campo estivo, così chiesi di che cosa stessero parlando ad una ragazza della casa di Atena che mi stava accanto. Aveva lunghi capelli ricci e biondi, ed aveva dei bellissimi occhi grigi in cui brillava uno sguardo di suprema intelligenza. Mi sentii minuscola sotto quello sguardo; lei sorrise con condiscendenza, e mi spiegò la caccia alla bandiera che si svolgeva nel Campo Mezzosangue. Pensai che non poteva essere così violento come mi stava spiegando la ragazza, perciò sorrisi ed annuii. Ma quando mi trovai lì, dovetti ricredermi...

-Oddio, ci stanno per ammazzare! Magalie, come puoi farmi questo?!
-Scuuusami, sono le regole! E poi se non facessi così Isabelle mi raserebbe a zero mentre dormo!- Mi tappai le orecchie e corsi più velocemente che potei. Com'era possibile che la casa di Apollo avesse fatto un patto di alleanza con la casa di Ares?! Noi potevamo contare solo sulla casa di Atena! Mi buttai in dei cespugli, e solo dopo scoprii che erano roveti. Perché sono così sfortunata?! 
Stavo per uscire dal cespuglio e levarmi le spine che mi si erano conficcate sul sedere, quando dalle fessure fra i rami vidi Isabelle litigare con Clarisse.
-Non puoi prendere quei pavoni! Sono devoti a Hera!- strepitò Isabelle alla sorella. Clarisse teneva fra le grinfie un enorme pavone, che si dimenava e cercava di beccarle le mani mentre la sorella teneva fra le braccia la bandiera della casa di Atena. Clarisse rispose baldanzosa:
-Ma io non voglio prendere questo stupido uccellaccio, voglio solo le sue dannatissime piume! Smettila di darmi contro, le sue piume ci servono per tracciare il sentiero in modo da non perderci.
-Ma non siamo nel labirinto del Minotauro, e quello non è il filo di Arianna!-
Il pavone riuscì a beccare la sua carceriera, provocando le imprecazioni di Clarisse, che provò a riacciuffarlo; ma quello, più veloce, si rifugiò fra i roveti, dove io ero nascosta. Clarisse provò ad afferrarlo per la coda prima che scomparisse del tutto, ma io fui più lesta ed afferrai il pennuto stringendolo a me. Si sentirono dei rumori di passi, ed un corno annunciava che la bandiera della casa di Ares era stata catturata. Le sorelle maledissero l'incompetenza dei loro compagni e Clarisse proclamò di avere abbastanza piume per riuscire a segnare il percorso, e corsero via. 
Finalmente, uscii dal mio nascondiglio insieme al pavone, che si stava strusciando alle mie gambe facendo la ruota con le poche penne che gli erano rimaste. "Mia padrona" disse con fare altezzoso “la ringrazio per avermi liberato da quelle due maleducate. Oh, il mio povero fondoschiena! E' tutto rosa e senza un briciolo di grazia." Dovevo essere impazzita per sentire il pennuto parlare, eppure gli risposi.
-Signor Pavone, cosa intende con "Padrona"?
"Ogni cosa ha suo tempo, mia cara. Piuttosto, non dovresti fermare quelle due villiche? Ti darò una mano." Disse pomposo. "Così magari la signora Hera mi darà tanti bei croccantini!" Girò il collo e si strappò le ultime piume rimaste, e me le porse. 
"Prendi, sciocca ragazza, ed attaccale su tutti gli alberi che troverai, così da confondere il nemico."
-Grazie, Pierre.
"Come mi hai chiamato?"
-Pierre!
"Ma il mio nome è Vincent."
-Oh, scusi, non pensavo che i pavoni avessero un nome.
"Ora va', o per i tuoi amici sarà troppo tardi."
Cominciai ad avviarmi, per poi ricordarmi che avrei dovuto ringraziarlo; ma quando mi girai, Pierre... volevo dire, Vincent non c'era più. Mentre correvo, attaccavo le piume ad ogni albero che incontravo. In poco tempo, sentii i figli di Ares ed i loro alleati che si urlavano fra di loro e giravano intorno come falene impazzite. Il corno risuonò una seconda volta, e vidi i figli di Atena e di Hermes correre urlando trionfanti. Travis mi vide tornare e, alzando la voce per coprire quelle delle altre, urlò:
-Ragazzi, ragazzi, ascoltatemi! Abbiamo vinto solo grazie a Walle, che ha escogitato un piano degno dei figli di Atena. Ho visto mentre affiggeva delle piume sugli alberi per confonderli mentre stavamo tornando con la bandiera alla base. Tre urrà per Walle!- 
Tutti in coro, compresa Magalie, che era stranamente riuscita ad uscire dal bosco mentre tutti gli altri stavano ancora girando attorno, e Chirone, che mi guardò con soddisfazione, urlarono:
-Hip hip hurrà! Hip hip hurrà! Hip hip...- il silenzio calò tra i ragazzi, e Chirone impallidì. Mi chiesi cosa avessi fatto di sbagliato, poi, seguendo lo sguardo degli altri, guardai sopra la mia testa. Il simbolo di un fiore di loto galleggiava sulla mia testa.
Chirone, con tono tremante, pronunciò ancora una volta, la fatidica frase:
-Ave a Walle Foster... figlia di... Hera.-

Nota delle autrici
E finalmente viene scoperta l'identità di Walle! Poverina, è veramente una ragazza sfortunata. Abbiamo un annuncio da fare: dalla prossima settimana in poi, i nuovi capitoli saranno online solo il mercoledì ed il venerdì. Al prossimo capitolo! P.s. Ci scusiamo per la differenza di caratteri, ma c'è stato un problema che non riusciamo a risolvere. Sorry! qq
 

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Capitolo 6
*** La iella mi perseguita ***


La iella mi perseguita
ATTENZIONE: Questo capitolo sarà presto modificato, in quanto presenta alcuni personaggi OOC non adeguati al contenuto della storia, ci scusiamo per questa piccola modifica che sarà effettuata successivamente e vi auguriamo una buona lettura. (- La trinità delle sfigate)

Continuarono tutti a fissarmi, comprese le mie amiche. Cominciai a sentirmi molto, ma molto a disagio. Il silenzio venne interrotto da Connor, che con una risata di scherno constatò:
-HAH! Sei un errore!- scoppiando a ridere. In pochi secondi, la maggior parte dei presenti stava ridendo di me, compreso il signor D, ed incominciava ad additarmi ed a sghignazzare. Vidi Travis rimproverare suo fratello, il che mi turbò abbastanza. Ma non diedi molta importanza a quella scena, perché le lacrime stavano cominciando a rigarmi le guance. Il tempo era improvvisamente cambiato, folte coltri di pesanti nuvole nere avevano invaso il cielo ed i lampi squarciavano il cielo ormai privo di stelle. La pioggia incominciò a cadere fitta sul Campo, facendo scappare urlando tutti i presenti, eccetto alcune persone, tra cui le mie amiche. 
Scappai in lacrime, non sapevo dove andare, non volevo tornare nella cabina di Hermes, e di certo il bosco non sarebbe stata una scelta migliore; mentre correvo, passai davanti alla cabina di Hera. Sembrava un grande mausoleo, costruito interamente con marmo, con delle pesanti colonne frontali, ma allo stesso tempo aveva lineamenti delicati, con colonne snelle e cinte di ghirlande di fiori e melograni. Sulle pareti erano scolpite immagini di pavoni.
Entrai, dato che era l'unico posto sicuro che mi era rimasto a disposizione prima che un fulmine mi piombasse addosso. Le pareti erano bianche, ma gli angoli erano adornati con altre ghirlande di fiori. Nella stanza c'erano un letto a baldacchino, le coperte sfumavano dal bronzo al color pesca, una toilette trucco di ciliegio ed un armadio, anch'esso di ciliegio e delle pesanti tende color pesca di seta. C'era persino un bagno personale, con un'enorme vasca da bagno con i piedi da leone, su cui erano appoggiati oli, unguenti, balsami ed altre creme che non credo di aver mai utilizzato. Mi gettai sul letto, e per un attimo dimenticai la mia tristezza coccolata da il morbito materasso in piume di pavone. Mi abbandonai nelle braccia del sonno, e mi addormentai stremata.

Venni svegliata da un incessante bussare alla porta. La voce di Magalie risuonò per tutta la stanza.
-Walleeeee? Eeeesciiii? Daaaaaaiiii! Ti aspetta pure Isabelle! Daaaaaai, siamo in pensiero per te! E poi il signor D vuole parlaaaartiiiii!- Non risposi.
-Apri, oppure sfondo la porta!- Strepitò Isabelle. Io non risposi comunque.
-Oh, al diavolo.
-Isabelle, cosa stai facend... OH DEI NO! NO! WALLE APRI!- mi precipitai alla porta e la spalancai, per poi ritrovarmi davanti Isabelle che teneva Magalie come se fosse stata un ariete. 
-Oh, grazie agli dei.- Sospirò Magalie. Isabelle ringhiò. 
-Dai muoviti, il signor D ed il pony ti vogliono parlare.- 

Ero nella casa Grande, davanti a me sedevano Chirone ed il signor D, mentre accanto a me c'erano Isabelle e Magalie. Rimanemmo in silenzio per qualche minuto, e sentii gli occhi di tutti i presenti puntati addosso a me. Dioniso interruppe l'angosciante silenzio scoppiando in una risata.
-Sei la cosa più divertente che mi sia mai capitata dopo secoli! E così, eheh, anche la nostra Hera si è decisa a fare qualcosa! Ben gli sta, a Zeus.- Si sentii un tuono provenire da fuori. Chirone si schiarì la gola.
-Walle, cara- disse con un tono dolce, -tu sai che non dovresti esistere, vero?- annuii.
-Devi sapere che in questo momento, su nell'Olimpo, si sta scatenando una vera e propria guerra per decidere se ucciderti o meno.- "Fantastico", pensai. Dioniso riallacciò il discorso.
-Ora, il problema è... cosa me ne faccio io di te? Mi risulterai utile o dovrò ucciderti subito?
-Credo che le risulterà veramente utile, signore!- disse nervosa Magalie. 
-Per ora ti lascerò vivere per altri tre giorni, ovvero il giorno in cui verrà indetto il consiglio di emergenza. 
-Consiglio di emergenza?- chiesi, ignara di ciò che fosse.
-Praticamente una riunione in cui tutti decideranno se ammazzarti o meno. Tranquilla, ti ammazzeranno sicuramente! Vedi, noi non ce l'abbiamo con te, è solo che... sei un errore. Sei qualcosa che non dovrebbe esistere, e sei anche la prova vivente del tradimento di Hera. Quindi, beh, non vorrei essere nei tuoi panni. C'è da dire che tuo padre ha fatto bene a morire...
-Come ha detto?! Non parli così di mio padre!- mi alzai, e la terra cominciò a tremare leggermente, probabilmente per colpa mia. 
-Oh, la Terra balla di nuovo il limbo!- disse euforica Magalie. Isabelle le tirò una gomitata sulle costole, portandosi il dito sulle labbra per zittirla. Magalie annuì.
-Calmati, arzilla ragazza!- Dioniso schioccò le dita e dei tranci di vite mi riportarono a sedere. -Non farmi pentire dei tre giorni che ti ho concesso.-
Chirone completò il discorso dicendo:
-Ora è meglio che andiate nelle vostre cabine. Si è fatto già molto tardi.-
Uscimmo tutte e tre insieme, per poi dividerci ed andare ognuna nella propria cabina. I fratelli di Magalie la stavano aspettando sulla soglia, e non appena vide il capocabina, che, se non erro, si chiamava Will, gli corse incontro abbracciandolo ed urlando:
-Fratellone!- ed entrarono tutti nella cabina, ridendo.
Lo stesso era successo con Isabelle, dove i suoi fratelli l'aspettavano sghignazzanti ed avidi di notizie. Entrò nella cabina sbattendosi la porta alle spalle. Doveva essere bello avere qualcuno che aspettava il tuo ritorno a casa. 
Sulla strada del ritorno, vidi qualcuno sulla soglia della mia cabina: era Percy Jackson.
-Ehi nanetta, come va?
-Come mi hai chiamata?!
-Sì, sì, bando alle ciance, come va?
-Ah, guarda, sto da favola; sono solo stata presa in giro di fronte a tutto il campo, sono stata condannata a morte ed ho scoperto di essere la prova vivente del tradimento di Hera, ma per il resto va una meraviglia!- Percy sorrise mestamente.
-Anche io all'inizio sono stato considerato un errore. Vedi, i tre pezzi grossi dopo la Seconda Guerra Mondiale hanno stabilito un patto dove non avrebbero dovuto più avere figli mortali in seguito a quella data. Poi siamo nati io e Talia.
-Talia?
-E' una lunga storia, ed è troppo tardi per raccontartela a quest'ora. Ora è meglio se entriamo nelle nostre cabine, prima che le arpie ci mangino. Buonanotte!- Si avviò verso la sua cabina, ma prima che superasse i dieci metri di distanza io gli corsi dietro e lo abbracciai, e borbottai sulla sua schiena:
-Grazie, Percy.- Percy si girò e mi scompigliò i capelli, sorridendo, e mi sussurrò guardandomi negli occhi,
-Foster, tu non sei un errore.-

Nota delle autrici
Deb: HAH! Walle è una sfigata!
En: L'ultima scena è stata troppo etero per i miei occhi.
Gum: Ma sti due non dovrebbero essere una coppietta.

 

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Capitolo 7
*** Gli dei mettono ai voti la mia esistenza ***


Gli dei mettono ai voti la mia esistenza

AVVISO: da ora in poi, la fanfiction divergerà un po' dal contesto di Percy Jackson. Questa modifica è stata apportata per il bene della fanfiction.

I tre giorni erano ormai passati. Magalie sembrava essere più in ansia di me, ed andava in giro per il campo piagnucolando e cercando di gettarsi nelle braccia di Grover; Isabelle era più irrascibile del solito ed attaccava briga con chiunque le capitasse a tiro; Travis cercava di approfittarsi del mio malumore per propinarmi una corte spudorata; Percy mi consolava, e la sua ragazza, che avevo scoperto da poco che si chiamasse Annabeth, continuava a mandarmi occhiatacce. Quel giorno, stavo scappando dai figli di Afrodite, che cercavano di truccarmi e vestirmi di tutto punto per il mio funerale. Fortunatamente, nei paraggi c'era Isabelle.
-Ehi fighette, smammate prima che mi arrabbi di brutto- Non fece in tempo a finire la frase che già tutti erano scappati via. La ringraziai. 
Magalie comparve dal nulla e, continuando a piagnucolare, mi stritolò in un abbraccio.
-N-non vogl..voglio che tu muoiaaaaa!- disse fra i singhiozzi. Io le accarezzai la testa e me la portai al petto (nonostante io fossi più bassa di lei di circa dieci centimetri);
-Dai, non ti preoccupare, non morirò. Te lo giuro.
-Giuramelo sullo Stige!
-Stige?
-Me l'ha insegnato Will. Giuralo sullo Stige!
-Okay, te lo giuro sullo Stige.- Mormorai. Lei sorrise e smise di piangere. Fu una promessa molto pericolosa, quella che feci; ma non avevo altra scelta. Isabelle si portò indietro il suo ciuffo con una mano, e solo allora notai la cicatrice che divideva il sopracciglio destro. Probabilmente se l'era rimediato durante lo scontro con Clarisse. Anche se non lo dava a vedere, capii che era molto agitata. Io stranamente non ero in ansia; d'altronde avevo vissuto una bella vita, bella anche se breve, perciò morire mi era indifferente. 

Eravamo dentro una macchina piccola e stretta. Ero seduta in mezzo a Magalie ed Isabelle, che mi stavano schiacciando. Argo fischiettava; Magalie invece lo scrutava, perché trovava interessante il fatto che avesse tanti occhi.
-Walle, tu non credi che Argo sia carino?- Giuro di aver visto Argo ammiccare a Magalie.
-Idiota, solo perché ha tanti occhi non vuol dire che non riesca a sentirti.- Magalie arrossì ed abbassò lo sguardo. Ha sempre avuto gusti strani...
All'improvviso, la macchina venne percossa da un potente scossone. 
-Walle, la smetti di far ballare il limbo alla Terra?!
-Non sono stata io!- 
Si sentii un rumore metallico agli sportelli della macchina, come se degli enormi artigli stessero graffiando la fiancata dell'auto. Magalie fu la prima ad affacciarsi al finestrino, per vedere cosa fosse successo.
-Ehm... ra..ragazze... ci sono delle nonnine che sembrano voler battere il record dei cento metri a ostacoli.-
Argo premette sull'accelleratore, ma le vecchiettine ci stavano ancor alle calcagna. Magalie strepitò;
-Ci stanno raggiungendo!!
-Per la barba di Merlino, ma che diavolo vai dicendo?!
-Affacciati tu stessa e guarda!- Isabelle si affacciò ed una vecchietta le sorrise salutandola, mettendo in mostra gli enormi artigli di bronzo. Isabelle le alzò il dito medio in segno di risposta ed alzò il finestrino. La nonnina non sembrò apprezzare molto il suo gesto. Magalie invece continuò a fissare la nonnina che stava dal suo lato, facendole delle smorfie. Argo ormai teneva l'accelleratore a tavoletta; Magalie impallidì quando vide che gli occhi delle vecchiette erano diventati rossi e che ad entrambe erano spuntate due enormi ali da pipistrello. Le nonnine balzarono sulla vettura e con i loro grandi artigli strapparono il tettuccio della scadente vettura. Mi scappò un urletto. Stavo per tirare fuori la spilla, quando Isabelle mi afferrò il polso e sussurrò:
-Sei pazza? Sono arai, se le ammazzi quelle ci portano maledizioni, e siamo già abbastanza sfortunate di nostro!- Un arae cercò di graffiarmi il viso, ma Argo sterzò e le disarcionò dall'auto. Quando ci fermammo di fronte all'Empire State Building, corremmo dentro l'edificio, prima che le vecchiette ci raggiungessero nuovamente. Entrammo dentro l'ascensore e chiedemmo al tizio che normalmente stava nell'ascensore di andare al seicentesimo piano.
-Come, prego?- Rispose.
-Vorremmo andare al seicentesimo piano, se non le dispiace, abbiamo un appuntamento con gli dei! E siamo anche piuttosto in ritardo!- Quell'incontro imprevisto con quelle vecchiette ci aveva fatto perdere molto tempo. Il tizio sogghignò e rispose,
-Come desiderate, signorine.-
Salimmo con l'ascensore molto più in cima rispetto all'Empire State Building, dato che si riusciva a vedere sotto ai nostri piedi le nuvole. Sopra di noi, ergeva il picco decapitato di una montagna, con la sommità coperta di neve. Abbarbicate lungo i versanti c'erano dozzine di eleganti palazzi, una città di ville, tutti provvisti di portici e collonati bianchi, terrazzi dorati e braccialetti di bronzo. L'ascensore si fermò, e le porte si aprirono. Di fronte a noi, si stagliava un palazzo enorme, che ricordava un tribunale. Mi sentii un nodo alla gola, ed il cuore incominciò a battere più forte come se fosse febbricitante. L'enorme porta di marmo si spalancò dinanzi a noi. I troni degli dei erano disposti a semicerchio, e su di essi risiedevano gli dei, imponenti e sfarzosi. Sentii i loro sguardi su di me. Mi guardai attorno, ed i miei occhi incrociarono quelli di una bellissima donna dai capelli neri e gli occhi castano scuro. Lei mi sorrise. Mi sembrava uno di quei sorrisi compassionevoli. Ma a rovinare quel momento, fu la voce di Apollo:
-Benvenute, eroine! Vi stavamo aspettando!- Magalie cinguettò: 
-Papino!- Poi si ricordò di essere nell'Olimpo e di essere osservata da tutti gli dei, quindi tossì e riformulò la frase. -P-padre. E' un onore essere al vostro... cospetto.- Apollo trattenne una risata. Zeus riportò l'ordine nella stanza ed, a gran voce, esordì. 
-Ordine! Non è il momento per queste scenate! Abbiamo un problema molto più serio da risolvere, e non tollero questi comportamenti infantili. Mia moglie Hera ha commesso un grave errore.- Mentre lo disse mi guardò male. -Vi ho qui riuniti per decidere la sorte di questa mortale e per discutere di un altro gravissimo fatto che è accaduto in questi giorni. Di recente, il vaso di Pandora, che era custodito nelle mie stanze, è stato rubato. La riapertura del vaso potrebbe causare una Terza Guerra Mondiale nel mondo mortale, con la conseguenza dell'estinzione dei suddetti. Ma un problema per volta; concentriamoci prima su di lei.- Lo disse puntandomi il dito contro. Non riuscivo a sostenere il suo sguardo. Gli dei erano grandi dieci volte maggiori della norma, se volevano. Magalie stava di nuovo per piangere, mentre Isabelle era sbiancata. 
-Che cosa ha da dire in sua difesa, Foster?
-Io non ho commesso niente di male, signore. Non è colpa mia se sono venuta al mondo.- Hera annuì e chinò il capo.
-Ha un bel coraggio a rispondere così, signorinella. 
-La ringrazio.- E si sentì la risata di Ares rimbombare per la stanza. Anche Isabelle stava trattenendo una risata, mentre Magalie mi dette una gomitata sulle costole. Per la prima volta, sostenni lo sguardo di Zeus. Era come un cielo in tempesta. 
-Sono tentato di ucciderti all'istante, se non fossi la mia figliastra. Ma sarò clemente. Chi è a favore dell'uccisione dell'errore di Hera?- Mi guardai attorno. Cinque persone erano a favore della mia morte. Ciò voleva dire che otto erano contro. Quelli che alzarono la mano furono Zeus, Atena, Dioniso, Efesto e Demetra. Ammetto di esserci rimasta male quando vidi Efesto alzare la mano, perché era comunque mio fratello, in parte. Zeus si irrigidì sul trono e serrò i pugni. 
-Bene.- Disse a denti stretti. -Come mai ci sono così tante persone che vogliono lasciarla vivere?- 
-E' una bestia rara, potrebbe causare molte guerre in futuro- Disse Ares;
-Io sono per lasciarla vivere, perché l'amore trionfa su ogni cosa!- Disse Afrodite, facendo l'occhiolino a mia madre;
-Non posso uccidere la mia futura cognata!- Disse ridendo Hermes. Sobbalzai al commento:
-Cognata?- dissi confusa. Lui ammiccò.
-Non posso uccidere la mia figlioccia!- Disse Apollo. -Era così carina quando la presi per la prima volta in braccio!-
-Non posso uccidere una fanciulla, ed una mia futura e probabile Cacciatrice.- Disse Artemide; 
-Ehi!- Replicò Hermes;
-Non ho nessun motivo per ucciderla, quindi perché dovrei?- Disse Poseidone;
-Lo stesso vale per me- aggiunse Ade, -e poi l'Ade è già abbastanza pieno di suo, non mi serve un'altra ospite.-
Zeus si infuriò:
-Dobbiamo ucciderla, non riesco a tollerare la sua presenza. Lei è soltanto un errore, e come tale dev'essere distrutto!- E con un impeto di rabbia negli occhi, fece apparire nella sua mano la folgore. Stava per scagliarla addosso a me e le mie amiche, quando Hera si alzò e si frappose fra me e Zeus. Sbraitò:
-Sarà pur sempre stato un errore, ma è stato l'errore più bello della mia eterna vita! Tu non hai alcun diritto di giudicarmi, sporco traditore!- Zeus sembrava voler ribattere, ma sul suo volto comparve un lampo di genio, e con voce calma, troppo calma per i miei gusti, decretò:
-D'accordo, non le ucciderò. Ad una condizione; dovranno recuperare il vaso di Pandora, prima del quattro Luglio. Vi do esattamente due settimane di tempo. Nè giorno più nè giorno meno. Se riuscirete a recuperare il manufatto, sarete risparmiate. Portatemi il vaso o perite nel farlo. Non ho altro da aggiungere. Il consiglio è sciolto, potete andare.- E se ne andò via. Gli altri dei rimasero nella stanza tornando nelle loro dimensioni umane, ed alcuni di loro ci rivolsero la parola. Hermes attaccò subito bottone con me.
-Allora, mia cara, tu ed il mio Travis, eh?
-Come scusi?
"Oh, non fare la finta tonta, tesoro, lo sappiamo bene che Travis è follemente innamorato di te!" sogghignò un serpente, che era affusolato intorno ad un palmare, insieme ad un altro serpente.
-Martha, smetti di dare fastidio a Walle- La rimproverò Hermes;
"Ehi, portami un topo!" Disse l'altro serpente;
"Sei sempre il solito, George!"
-Smettetela! Scusali Walle, fanno sempre così quando conoscono una persona nuova. Ci vedremo presto, ragazza. Chissà, magari ci rivedremo al tuo matrimonio...- E se ne andò.
Vidi Magalie chiacchierare e ridacchiare con suo padre, così mi unii alla loro conversazione.
-Ecco la nostra ragazza! C'è mancato poco, eh? Meno male che non vi hanno ridotto in un cumolo di polvere!- disse abbracciandoci.
-Papino, sono così contenta di rivederti!
-Ah, anche te mi sei mancato tanto, tesoruccio! Come sta mamma?
-E' da un po' che non la vedo, ho paura che sia molto preoccupata per me, ma l'ultima volta che l'ho vista stava bene, anche se un po' esaurita a causa dei suoi studenti all'università.
-Tua madre è sempre stata una ragazza in gamba, per questo la amo. Comunque sia, tesoruccio mio, avrai bisogno di qualche accessorio per la tua impresa, ed anche un'arma.- E, frugando nella tasca del suo bermuda, tirò fuori una scatolina, e la porse alla figlia. Magalie l'aprì e, estasiata, vide i due orecchini d'oro a forma di sole.
-Grazie papino, è un regalo stupendo!- E se li mise subito.
-Ed ora passiamo al regalino più importante...- tirò fuori dal nulla un arco ed una faretra e glieli porse. -Usali solo in caso di estrema necessità, mi raccomando. Questo arco è uguale a quello delle Cacciatrici di Artemide, comparirà solo quando ne avrai bisogno. Ora devo andare, fatti onore figliola; salutami Will e gli altri al Campo!- Sorrise e scomparve. Notai che pure Isabelle stava discutendo con un uomo dall'aria non proprio rassicurante. Da quanto ricordavo, era Ares, ovvero suo padre. Io e Magalie li guardavamo da lontano nascoste dietro ad una colonna. Non riuscivamo a sentire ciò che stessero dicendo, ma Isabelle aveva un'aria compiaciuta quando suo padre le regalò un pugnale che pareva dover far molto male, dato che la lama era ondulata e la punta sembrava molto appuntita. Si trasformò in un bracciale con delle borchie altrettanto appuntite.
-Quel coso non mi piace- commentò Magalie. Ares mise la mano sulla spalla di sua figlia, per poi andarsene. Isabelle, che ci aveva già notate da un bel po', venne nella nostra direzione, con l'aria di chi aveva ricevuto un premio Nobel. 
-Avete visto che bello? Non è fantastico?- Annuimmo, ma con poca convinzione. 
-Apollo se n'è già andato?
-Sì, perché?
-No, niente, tanto per sapere...- Stavo per aggiungere qualcosa, quando qualcuno mi mise le mani sulle spalle. 
-Bene, bene, bene... ma fatti un po' guardare, quanto sei cresciuta, tesoro? Hai rischiato quasi di farti incenerire, ma per fortuna c'ero io!-  Disse dandomi un buffetto sul naso. -So che mi renderai fiera di te, non è forse così?- annuii imbarazzata. Mi diede un bacio sulla fronte,
-Oh, un'ultima cosa. Quell'apparecchio... sarà meglio che sparisca presto. Non vogliamo mica un altro sgorbio nato dal mio ventre, vero?- Rimasi in silenzio per un po'.
-Sì, madre.
-Oh, io ti voglio talmente bene.
-Anch'io, madre.
-Ho sempre sognato una figlia femmina, so che mi renderai orgogliosa di te, mia cara Walle.- E se ne andò. Rimasi immobile, come se fossi stata investita da una doccia fredda. Quella non poteva essere mia madre, mia madre doveva essere dolce, invece mi aveva trattata come se fossi una figlia trofeo. 
-Direi che è ora di tornare al Campo, ragazze.- Così, lasciammo l'Olimpo e sperai di non ritornarci mai più come imputata.

Nota delle autrici
Gum: Sono così carini Walle e Travis assieme. Mi piace.
En: Efesto voleva uccidere la sua adorata sorellastra... beh un po' lo capisco, Walle è la preferita fra i tre.
Deb: APOLLO!
 

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Capitolo 8
*** Spediscono le nostre chiappette a New Orleans ***


Spediscono le nostre chiappette a New Orleans
 
Eravamo appena tornate al Campo. La maggior parte delle persone ci evitava come la peste, e allo stesso tempo mi guardavano stupefatte. Probabilmente perché pensavano che non ce l'avrei mai fatta, e che fossi stata schiacciata dall'imponente forza degli dei. 
Ci avvicinammo alla Casa Grande, dove Chirone e Dioniso ci aspettavano sulla soglia. Guardai male Dioniso, perché era uno di quelli che mi voleva morta. In qualche modo, lui recepì il mio messaggio, e borbottò:
-Ehi, nanetta, non avercela con me perché ho alzato la mano, è solo che sei un eroe, ed io odio gli eroi.- Chirone sembrava sollevato, ci guardò in modo compiaciuto e con un sorriso di condiscendenza. 
-Ragazze, ho saputo della vostra nuova impresa. Vi consiglio di andare a chiamare i vostri parenti, e Walle, dopo aver fatto la chiamata, sarebbe meglio che tu andassi a parlare dall'Oracolo. Egli risiede nella soffitta di questa casa.- Dopo aver detto questo, ci diede un sacco di dracme d'oro, e ci disse di andare in qualsiasi posto dove ci fosse dell'acqua. Ci diede delle istruzioni, e le seguimmo. Il primo posto con dell'acqua che mi venne in mente fu il bagno di casa mia, così andammo tutte e tre nella mia cabina. Magalie ed Isabelle sembravano riluttanti all'idea di entrare, ma eravamo state sotto giudizio di una decina di dei che ci guardavano con occhi fiammeggianti, cosa poteva mai essere entrare nella mia cabina? Così, dopo diverse proteste, entrarono.
Andammo subito nel mio bagno ed Isabelle prese il telefono della doccia. Incominciò a schizzarci tutte, incominciammo a ridere e a schizzarla a sua volta, ma poi notai dalla finestrella del bagno che Travis ci stava spiando con piacere, sperando che accadesse qualcosa di più. Mi avvicinai alla finestra, per poi aprirla e guardare Travis negli occhi, avvicinandomi sempre di più al suo viso, che si stava lentamente trasformando in una maschera di speranza e di eccitazione. Poi gli alzai il dito medio e chiusi la finestra, abbassando le tapparelle veneziane, in modo che non ci potesse più spiare. Infine urlai "Guardone!" sperando che mi sentisse. 
Questa volta, azionammo il getto d'acqua, e con una torcia cercammo di creare un arcobaleno sintetico. Magalie fu la prima a gettare una dracma d'oro e pronunciò:
-Sala degli insegnanti dell'università di Harvard, Ermelinda Hall.
-Università di Harvard?!- Gracchiò incredula Isabelle. -Tu hai una madre che insegna all'università di Harvard e sei così stupida?!- 
-Mamy dice che ho preso tutto da papino!- Disse semplicemente Magalie. 
L'immagine che all'inizio era sfocata, divenne più nitida, e da lì comparve una donna sulla trentina, parecchio giovane, dai capelli rossicci e lunghi, gli occhi nocciola avevano uno sguardo severo, e solo per questo si differenziava da sua figlia.
-Mamy!
-Oh, cielo, Maggy, perché quel lurido villico di tuo padre mi ha mandato un messaggio aereo? Cos'è questa storia che devi partire per una missione suicida per ritrovare il vaso di Pandora?
-Mamy, mi sono fatta tanti amici qua al Campo!- La signora Hall scrutò Isabelle. Io borbottai, 
-Salve, signora Hall.
-Oh ciao, Walle cara! E' da un po' che non vedo tua zia! Come stai, tesoro?
-Bene signora, non si preoccupi, ci penseremo io ed Isabelle a non far morire sua figlia.
-Ah, come sei premurosa! Se solo la tua premura fosse tale anche nei tuoi voti, saresti l'alunna che tutti i docenti sognano!- Ebbi un tic al naso.
-La ringrazio.- Si sentì Isabelle ridere di sottofondo. La signora Hall spalancò la bocca in un comico "Oh."
-Ora che ti guardo meglio, cara Isabelle, ti chiami così, giusto? Non sarai per caso la figlia pestifera di Sandy Ross, vero?
-Sì, signora.- Disse in tono freddo ed irritato Isabelle.
-Oh, che gioia vedere che la setta delle Illuminate sia di nuovo riunita sottoforma di piccole quindicenni! Oh, quanti ricordi!- Da dietro ad Ermelinda si sentivano dei suoi colleghi che la stavano chiamando, così, in tono carezzevole, si rivolse a noi:
-Ora devo andare, ma mi raccomando! Non fatevi sbranare da qualche "monstrum". Arrivederci!- E così chiuse la conversazione.

La seconda fu Isabelle, che gettò la sua dracma nell'arcobaleno artificiale e recitò in modo quasi scocciato:
-Laurel Street 7, Baton Rouge. Sandy Ross.-
Ricomparve un'immagine sfocata. Rimasi basita quando, davanti a noi, comparve Sandy Ross. Era una donna dalle guanciotte tonde e lo sguardo dolce quanto quello di un bastoncino di zucchero. I capelli castani e ricci erano raccolti dietro la nuca, in stile casalinga degli anni '60. Gli occhi verde oliva erano immersi nella carnagione caramello, ed appena ci vide le sue labbra si arcuarono in un sorriso. 
-Oh!- Disse in tono dolce, -Pulcino d'oro, sei tu?
-Sì, mamma.- Rispose in modo secco Isabelle.
-Oh, finalmente ti sei fatta delle amichette! Che gioia, vi manderò dei biscotti!
-Mamma, ci hanno dato un'impresa.
-Oh lo so tesoro, tuo padre mi ha già detto tutto. Uomo adorabile, non trovi? Mi ricordo che quando avevi tre anni gli tirasti la barba, e gli venne tutta vi...
-MAMMA!- Io diedi una gomitata a Magalie, sussurrando:
-Ecco perché Ares è completamente sbarbato...- Sogghignammo. 
-Oh tesoro, sei così tenera. Ma aspetta un momento... ma voi mica non sarete parenti di Eve Foster ed Ermelinda Hall?- Annuimmo.
-Sì, signora. Io sono la nipote di Eve, mentre lei è figlia di Ermelinda.
-Oh, che gioia vedere che la setta delle Illuminate...- E disse la stessa cosa che disse la signora Hall. La cosa era abbastanza inquietante. E poi perché si chiamavano Illuminate?
-Tesoro, ti lascio andare. Ma se passate di qua a Baton Rouge, non esitate a venirmi a trovare!- E la sua immagine scomparve.

Finalmente toccò a me. Gettai a mia volta la dracma, e recitai:
-New York, Fifth Evenue 8. Eve Foster.-
Di nuovo l'immagine opaca comparve dinanzi a noi. 
-OH SANTO CIELO!- Urlò zia Eve. Stava preparando dei biscotti, che puntualmente rovesciò quando vide la mia immagine riflessa nel messaggio Iride.
-WALLE! COME TI E' VENUTO IN MENTE DI ACCETTARE UN'IMPRESA?!
-Zia, se non l'avessi fatto sarei stata uccisa...
-UCCISA?! PER GLI DEI, tua madre non l'avrebbe mai permesso.
-Aspetta. Tu conoscevi mia madre e non me l'hai mai detto?- Si portò una mano fra i corti capelli castani scuri, e puntò i suoi occhi verde giada con sguardo di rimprovero su di me.
-Come avrei potuto dirtelo? Non eri ancora pronta...
-Tu mi hai mentito! Mi avevi detto che mia madre era morta insieme a mio padre!- Zia Eve sbuffò.
-Non è il momento di parlarne adesso. Riprenderemo il discorso quando tutto questo sarà finito.- Il suo sguardo si addolcì, e disse in modo scherzoso,
-Dai, sei una Foster. Alla tua età io sono scappata di casa tre volte, ce la farai sicuramente. Se io sono riuscita a scappare più di una volta da casa alla tua età, tu puoi anche dare qualche calcio nel sedere a qualche mostro.- Poi, strizzando gli occhi su Isabelle, disse ad alta voce:
-Ma tu sei la figlia di...
-Di Sandy Ross, sì! Sì, sì, la setta delle Illuminate. S'è capito.- Isabelle non mi diede nemmeno il tempo per salutare che dissolse il messaggio.

Ero da sola, sulle scale della Casa Grande. Il cuore mi palpitava in petto, ed i palmi delle mani mi sudavano. L'Oracolo mi avrebbe preannunciato ciò che sarebbe accaduto nella nostra impresa. Aprii la botola che conduceva alla soffitta ed entrai intimorita. 
Mi guardai attorno, era pieno di ciarpame ed oggetti persi o confiscati. Su una sedia, una mummia dall'aria inquietante veniva illuminata dall'unica finestra della soffitta. Balbettai:
-M..mi scusi, signor Oracolo..?- Non successe niente. 
-Ehmm... c'è qualcuno?- Ed ancora non successe nulla.
-Oh, insomma!- Diedi un calcio alla gamba della mummia. Quella si animò, e dalla bocca spalancata e dagli occhi fuoriuscì della luce verde. La mummia mi diede uno schiaffo con la mano ossuta.
-Ehi!
"Tre ragazze a New Orleans andranno 
ed il vaso della sventura troveranno.
La figlia del Sole nelle tenebre cadrà,
ed un'altra nelle braccia di Ade finirà.
Un solo monito giunge infine, 
se il male risorge, per voi è la fine."

La mummia smise di mandare bagliori luminosi e ritornò ad essere il solito cimerio cattura-polvere. 
Ciò che disse mi spaventò. Il vaso si trovava a New Orleans, questa era una certezza. Ma cosa significava che Magalie sarebbe caduta nelle tenebre, e che un'altra di noi sarebbe andata nelle braccia di Ade? 
Decisi che sarebbe stato meglio non rivelare per intero la profezia, e scesi al piano inferiore. Magalie ed Isabelle attendevano notizie.
-Beh?- Fecero in coro.
-Il vaso si trova a New Orleans. E' lì che dobbiamo andare.- Isabelle sogghignò. 
-Beh, idiota, errore, che cosa stiamo aspettando?-

Nota delle autrici
Deb: Che bello strappare la barba ad Ares... è come un gattino "dolce" e spelacchiato.
En: Proprio dolce, come un calcio nell'utero!
Gum: Al prossimo capitolo, fanciulli!
 

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Capitolo 9
*** Dei maiali alati cercano di arrostirci ***


Dei maiali alati cercano di arrostirci
 
Stavamo tornando dalla Casa Grande per andare ognuna nella propria cabina e preparare l'occorrente per il viaggio. Le altre erano già tornate nelle loro case, mentre io mi affrettavo a valcare la soglia della mia cabina, quando notai che Percy era di nuovo ad aspettarmi.
-Nanetta!- Sospirai. -Ho sentito che ti hanno dato un'impresa, eh? Sono sicuro che riuscirai a portarla a termine, piccoletta.
-La smetti di darmi questi nomignoli?
-Come vuoi, piccoletta. Sono qui per darti questo.- Dalla tasca, tirò fuori un sacchettino di velluto.
-Che cosa contiene?
-Fragoline al burro!
-...eh?
-E' un dono da parte del signor D. Voleva farsi perdonare di ciò che era accaduto precedentemente. Era il suo regalo per il tuo funerale, ma a quanto pare...
-Ah. Meraviglioso.- Dissi con tono sarcastico. -Che cosa me ne faccio di queste fragoline al burro?
-Ed io che ne so?!- Esclamò. 
-Oh, fantastico.
-Comunque, Walle... Io volevo solo dirti che...- In quel momento, dal nulla comparve Travis. Credo che ci stesse spiando già da un po'. Si gettò su di me e mi mise il braccio attorno al collo.
-Cosa volevi dirle?!- Disse con tono da donnina isterica.
-Wooo, tranquillo. Non ci stavo provando con la tua ragazza, volevo solo augurarle buona fortuna per l'impresa.
-Ragazza?!- Esclamai. -Noi non siam...- Travis mi zittì.
-Gira a largo, Jackson.-
Percy fece spallucce e se ne andò. 
-Ma che diavolo ti prende?!
-Niente, dolcezza! E' solo che non voglio che ciò che è mio sia adulato da altri uomini. 
-Ma cosa diamine stai blaterando, Stoll?- Travis si inginocchiò e mi prese la mano destra, per pronunciare, in tono troppo serio:
-Foster, se tornerai viva da questa impresa... volevo chiederti se magari... tu volessi diventare la mia ragazza.- Probabilmente non appena aveva finito la frase ero diventata completamente rossa, ma non ne sono sicura. Mi ero imbarazzata talmente tanto che non riuscii nemmeno a rispondergli e corsi dentro la mia cabina, sbattendogli la porta in faccia. 
-Walle! Apri! Io ti amo!
-I..io nooo!
-No, lo so che tu mi ami! Sento che tra noi c'è un legame speciale!
-Non è vero, quello che senti sono solo le puzzette lasciate da Magalie!
-Io ti am... Oh dei.- Scostai le tende dalla finestra e vidi che un'armata di pavoni avevano circondato Travis, che incominciarono a beccarlo. Travis scappò urlando.
-Maledetti piccioni troppo cresciuti!
"Come ci hai chiamati?! Ragazzi, all'attacc-ooooooooo!"
Ammetto di aver ridacchiato nel vedere il lato bellicoso di Vincent. 
Dopo aver preparato lo zaino, uscii dalla cabina e mi diressi verso il mini-bus. Vidi una scena abbastanza comica, che mi ricordava quella che avevo già vissuto qualche minuto prima, solo che era Magalie a dichiarare il suo amore verso Grover. Magalie stava frignando e lo stritolava fra le sue poppe. Non si capiva se Grover fosse felice di ritrovarsi in quel luogo o no... Probabilmente no, stava soffocando. 
-Mi mancherai così tantooo, Groverino! Ti prego, non trovare altre fanciulle durante la mia assenza!
-Ma.. ma veramente io ho già una ragazz...
-Cosa?- Che ci crediate o no, riuscii a sentire il cuore di Magalie frantumarsi. Era una scena così triste. Subito dopo mi venne una gran voglia di depilare con la ceretta le lanugginose gambe di Grover. Mi promisi che al mio ritorno l'avrei fatto. Perché non gliel'aveva mai detto? Dopotutto anche lui era a conoscenza del suo amore.

Eravamo nel mini-bus del Campo, guidato come al solito da Argo. Isabelle aveva la testa china sul petto e le cuffie inforcate sulle orecchie. Probabilmente stava dormendo. 
Magalie alitava sul finestrino, e con l'indice disegnava cuori spezzati. Poverina. Pensai a Travis, forse anche lui si sentiva come lei, non avrei mai dovuto trattarlo così. Mi sentivo un "monstrum", come diceva la madre di Magalie. Al mio ritorno, anzi, se fossi tornata, forse avrei accettato di essere la sua ragazza. Infondo era un ragazzo dolce. Molto infondo. TERRIBILMENTE infondo. 
Aprii lo zaino per prendere dell'acqua, per poi trovarvi un bigliettino stropicciato e pieno di glitter rosa. Lo aprii, ed all'interno vi era scritto:

Vuoi stare con me?

-Sì
-Decisamente
-Assolutamente


Era firmato con il nome di Travis, ma la scrittura non era la sua. Era quella di Drew Tanaka, la capocabina della casa di Afrodite. Se qualche istante prima avevo pensato di essere la sua ragazza, adesso se lo poteva pure scordare.

Dopo due ore ed un quarto di viaggio, composte da piagnistei da parte di Magalie, sfuriate da parte di Isabelle, il mini-bus si fermò per un guasto. Ne avevo già fin sopra i capelli di quell'impresa, così dissi in tono seccato ad Argo,
-Non ti preoccupare di noi. Possiamo proseguire da sole, adesso.- Isabelle e Magalie protestarono, ma io feci finta di non ascoltarle e scesi comunque dal mini-bus. Loro dovettero seguirmi per forza. Ci ritrovammo nella cittadina di Scranton, in Pennsylvania. Non era granché come posto, ma comunque non potevamo restare lì a lungo. Concordammo che sarebbe stato meglio prendere un treno, ma poi ci accorgemmo di aver dimenticato tutte tre lo zaino sul bus.
-Siamo delle idiote.- Disse Isabelle, sbattendosi una mano sulla fronte.
-Dai, non vi preoccupate, troveremo un modo di cavarcela, spero. Intanto diamo un'occhiata in giro.- 
Così, girammo attorno alla cittadina. Non c'era nulla di che. Magalie mi tirò la maglia ed indicò piagnucolando un negozio di frozen yogurt. Si chiamava MuuMilk ed accanto all'insegna del negozio, un enorme mucca stava leccando un frozen yogurt. Frugammo nelle nostre tasche e riuscimmo a raccimulare abbastanza denaro per tre frozen yogurt.
Entrate nel negozio, mi sentii osservata da migliaia di occhi, ma realmente nessuno mi stava guardando. Così, feci spallucce ed andai al bancone insieme alle mie amiche.
-Tre frozen yogurt alla fragola, grazie- disse Isabelle alla commessa. La donna era forse una fra le più brutte che avessi mai visto: era grassa, per non dire obesa, e la testa sembrava attaccata alle spalle, come se il collo fosse inglobato nel grasso di quella donna. Sotto le sue ascelle, c'erano due enormi macchie di sudore che arrivavano fino infondo alla maglia della divisa del MuuMilk. I capelli erano unti e nascosti sotto la cuffietta della divisa. Le labbra erano esageratamente sottili. Infine, come tocco di classe, aveva un enorme neo sotto al labbro inferiore, dalla quale uscivano peletti neri. 
Ci porse i frozen yogurt con le sue tozze dita, mentre i suoi occhi porcini ci scrutavano. 
-Che simpatiche bambine!- Disse con tono fra lo sdolcinato e il lacrimevole.
-Grazie, signora.- Dicemmo in coro. 
-Oh, come siete belle rotondette!
-Come si permette?! Questi sono tutti muscoli!- Replicò offesa Isabelle.
-Oh, sì, certo. Volete sapere qual è l'ingradiente segreto per fare un ottimo frozen yogurt?- Ci guardammo negli occhi, ma non ci dette tempo di rispondere.
-Sono fatti- cominciò la frase con tono sdolcinato, -con ottima carne di eroe.- Impallidimmo tutte e tre, e lasciando cadere gli yogurt di eroe, scappammo verso l'uscita, ma la porta era bloccata. 
-Oh, non vorrete andarvene proprio adesso! Non vorrete illudere i miei piccoli figlioletti, vero?- Gli altri clienti, che prima mi sembravano tutti esseri umani, lentamente si trasfromarono in... maiali? Con le ali? E... cominciarono a sputare... fuoco? Era così pazzesco che il mio cervello stava andando in tilt. Anche la signora che stava al bancone incominciò a trasformarsi in un'enorme scrofa. E sapete cos'era la cosa divertente? Che era molto più bella da scrofa che da essere umano.
Isabelle si tolse il bracciale, che si trasformò nel "pugnale della morte eterna". Era così che l'avevo soprannominato, carino, non trovate?
Magalie fece comparire dal nulla l'arco e la faretra. Isabelle ruggì:
-Faia, lasciaci andare o farai una brutta fine!
-Cosa diavolo è una faia?
-...Ma dove vivi? E' la scrofa che è stata uccisa da Teseo!
-...chi è Teseo...?
-Questo non è il momento di chiederlo!- Disse pugnalando un maiale volante che stava imitando un kamikaze diretto sulla mia faccia. Magalie continuava a tirare frecce a destra e manca, e dal soffitto caddero stecchiti diversi maiali volanti. Io non sapevo cosa fare. Poi, d'un tratto, un maialino volante mi comparve davanti, ed aprendo la sua boccuccia mi sfiatò del fuoco in faccia. Lo schivai appena in tempo, ma lui riuscì comunque a bruciarmi un sopracciglio. Ciò mi fece arrabbiare talmente tanto che presi la lama rotante e divisi in due il maialino, e poi, rivolgendomi ad Isabelle, le feci:
-Ehi, ti va un po' di porchetta?- Lei ridacchiò e ricommentò:
-Non rubarmi il lavoro, donna, qui l'unica che può fare battutine sono io!- Disse mentre sgozzava un maiale.
Faia stava per divampare del fuoco dal suo muso. Isabelle ci prese per la collottola e ci buttammo dentro la macchina del frozen yogurt. 
-Okay, ci serve un piano. Tu,- disse indicando me, -le vai dietro, e la tranci a metà quando ti darò il segnale.- Magalie alzò la mano ed Isabelle le diede il consenso di parlare.
-Qual è il segnale?
-Non lo so, decidi te, Magalie. Renditi utile.
-Ammaccabanane!
-Okay, ci sto- Dissi.
-Noi intanto la distraiamo.- Così dicendo, schizzarono fuori sporche di frozen yogurt. Isabelle lanciò un bicchiere di carta alla scrofa.
-Ehi scrofa, da quant'è che non vai in un centro estetico, eh?
-Questa faceva veramente schifo- disse Magalie. La scrofa grugnì e cominciò a caricare contro Isabelle. Era a dieci metri di distanza quando Isabelle urlò:
-AMMACCABANANEEEEE! Usa il chakram!
-IL CHE?
-IL CHAKRAM! LA SPILLA!
-Oh.- Corsi incontro alla scrofa e le saltai addosso, tirandola dalle orecchie e facendola deviare dalla traiettoria delle mie amiche. Liberai una mano ed afferrai il Chakram, che avevo appeso alla fibbia dei jeans, per poi trafiggerle la testa. Non era come mi aveva detto di fare Isabelle, ma funzionò comunque. La scrofa si dissolse in un cumolo di polvere, come avevano fatto in precedenza i maialini defunti. Eravamo tutte e tre sporche di sangue di maiale alato e di frozen yogurt, il che faceva abbastanza schifo. Mi avvicinai alle mie amiche.
-Isabelle, ma come facevi a sapere che si chiamava chakram?- Isabelle sogghignò.
-Mah, doti di famiglia.- E con un calcio, spalancò la porta. La macchina del frozen yogurt aveva preso fuoco, così come il resto della stanza. I mobili erano completamente distrutti, maledetti maialini piromani!
-Ragazze, aspettate, io devo andare in bagno.
-Ma sta andando tutto a fuoco!
-Ma nel bagno c'è l'acqua...- In effetti il discorso di Magalie non faceva una piega. La seguimmo, almeno ci saremmo potute levare il sangue ed il frozen yogurt che ci colava di dosso con le poche tubature dell'acqua che rimanevano.
Il bagno era tutto in ordine, più o meno. C'era solo un gabinetto, che in più non aveva la porta.
Mentre ci stavamo ripulendo alla meglio, Magalie squittì:
-Ragazze, venite, guardate cos'ho trovato!- Dentro la tazza del water, un maialino era sopravvissuto, forse perché durante lo scontro era scappato, nel tentativo di salvarsi le chiappette porcine. 
-Ohh, piccolo maialino alato, che c'è, ti sei perso?- Disse Isabelle. -Non ti preoccupare, adesso zia Isabelle ti metterà in un bel pentolone e ti cuocerà a fuoco lento!- Disse cantando.
-NO!- strillò Magalie. -Lo voglio tenere!- Lo tirò fuori dalla tazza e lo abbracciò. -Guardate com'è adorabile, ha persino una macchia sull'occhio! Lo chiamerò Sparkle.- Avrei protestato, ma fra donne che usavano eroi come ingradienti per frozen yogurt, maiali volanti che mi bruciavano il sopracciglio ed ammaccabanane, non ebbi la forza per commentare, e sospirando, decretai:
-Okay, può venire con noi. Ma se mi brucia l'altro sopracciglio, aiuterò Isabelle a metterlo su uno spiedo ed a girarlo a fuoco lento.- Isabelle annuì. 
Prima di andarcene, prendemmo i soldi della cassa del MuuMilk, fra cui c'erano pure diverse dracme. Pero', vendevano bene i frozen yogurt all'eroe.
Così, uscimmo ed andammo in cerca di una stazione. La nostra avventura era solo agli inizi.

Nota delle autrici
En: Io amo i maialini volanti, sono come bacon con le ali.
Gum: Sparkle è appena diventato il mio personaggio preferito.
Deb: Io me lo sarei mangiato volentieri Sparkle, ohohohoh.


 

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Capitolo 10
*** Arrivano soccorsi divini ***


Arrivano soccorsi divini
 
Trovammo una stazione non poco lontano dal Muumilk. Era in pessime condizioni, ma ci dovemmo accontentare. Guardammo la tabella degli orari dei treni, e con orrore, scoprimmo che l'unico che si dirigeva verso la Lousiana era un treno merci che portava pecore. Ci avrebbe portato fino al Tennessee, nella cittadina di Loyston. Non conoscevo tale città, anche se mi ero trasferita abbastanza volte da conoscere quasi tutta l'America - ho vissuto in Indianapolis in Indiana, a Salem, in Oregon, a Bakersfield, in California, ad Houston, in Texas ed infine a New York - ma era la nostra unica possibilità, così decidemmo di prendere quel treno.
Salimmo un attimo prima che il treno partisse, e quando avvistammo il controllore (delle pecore, ovviamente), ci nascondemmo in quell'ammasso lanugginoso di ovini. Andò tutto bene, fino a quando la pecora dietro a cui si era nascosta Isabelle, petò sulla sua faccia.
-LURIDA PECORA! TI SCUOIO VIVA!-
Il controllore si girò e si avvicinò a passo pesante. Aveva un viso familiare. Magalie mi mise una mano nella tasca dei jeans strappati e tirò fuori il sacchetto di fragoline al burro.
-Cosa vuoi farci con quelle?!
-Shh! Se te le ha regalate Dioniso, ci sarà un motivo!- Magalie tirò la fragola al controllore, che finì direttamente nella sua bocca. Giusto, Magalie aveva una mira eccezionale. 
-Ragazze, con me queste cose non funzionano.- Riconobbi la sua voce.
-Apollo?
-Papy?
-Biondino?
-Eheh, mi avete scoperto, eh, ragazze?- Apollo schioccò le dita e ritornò al suo aspetto umano, ovvero quello di un ragazzo californiano con gli occhiali da sole, che giustamente si tolse.
-Sono venuto a controllare che nessuna di voi si sia fatta ancora divorar...- PUM! Sparkle diede una testata allo stomaco di Apollo.
-Awww, riconosce il mio papino il piccolo Sparkle!- Apollo tossì e prese Sparkle dalle ali.
-Tesoro mio, ma un cane come tutti gli altri esseri mortali no, eh?
-Ma è così carino, guardalo!
-Oink!- Apollo tossì e Magalie mise il broncio.
-Sì, forse hai ragione, tesoruccio.- Ed accarezzò sulla testa Sparkle, che sembrò gradire il gesto. 
-Comunque sia, non sono qui per parlare di maialini. Prima di tutto, pare che vi siate dimenticate di qualche cosa...- Schioccò nuovamente le dita e comparvero i nostri tre zaini. Ce li porse e noi li prendemmo.
-Ragazze, vi dispiace se vi faccio compagnia per tutto il viaggio?
-Oh, niente affatto- disse Isabelle con un po' troppo entusiasmo. -Cioè, volevo dire, se proprio vuoi.- Apollo le fece l'occhiolino e si sedette accanto a lei, in mezzo alle pecore. Era strano vedere una divinità seduta in mezzo ad un'orda di ovini che lo fissavano con i loro sguardi ebeti.
-Dato che il viaggio sarà lunghetto- Ricominciò Apollo, -vi racconterò qualche storiella.- e si rivolse a Magalie.
-Mamma ti ha mai raccontato di come ci siamo conosciuti?- Magalie scosse la testa.
-Bene- continuò, -Allora avremo un po' di tempo da perdere. Certo, non basterà per tutto il viaggio, pero'...- E quindi, cominciò a raccontare come lui ed Ermelinda si fossero conosciuti. La storia è più o meno questa: in pratica, sia Apollo che Ermelinda frequentavano la stessa università. Apollo ci andava più che altro per svago, mentre la signora Hall ci andava per gusto. 
Ermelinda era l'alunna più brava di tutta l'università, ed un giorno, mentre era seduta a studiare storia dell'arte in tribuna, di fronte al campo da rugby, ove Apollo si stava allenando con altri ragazzi, tirando il pallone un po' troppo forte, colpì per sbaglio la testa di Ermelinda. Così, Ermelinda si infuriò con lui, ma ormai Apollo non aveva occhi che per lei. Così, proprio come fece Travis, incominciò a propinarle una corte spudorata, ed alla fine la signora Hall dovette cedere. Dopo due anni, nacque Magalie, e quando ebbe compiuto un anno, gli dei, furiosi perché Apollo si stava quasi dimenticando del suo lavoro, lo richiamarono sull'Olimpo. 
-...e così conobbi tua madre, Magalie. Ma comunque non ho mai smesso di sorvegliare su te ed Ermi. In più, dovevo salvaguardare anche Walle.
-Io?!
-Sì, tu! Chi credete che abbia salvato le vostre chiappette per tutti questi quindici anni? I mezzosangue di solito arrivano al Campo all'età di dodici anni, ammesso che riescano ad arrivarci.
-Ma allora noi perché siamo arrivate così tardi?- Chiese Isabelle.
-Oh, tu sei arrivata così tardi grazie a tuo padre, ed anche perché fino ad allora tuo padre non aveva bisogno di te.
-Oh.- Disse infastidita Isabelle.
-Per quanto riguarda voi due, abbiamo cercato di farvi arrivare più tardi possibile, fino a quando non sarebbe stato inevitabile. Se Walle non avesse provocato il terremoto alla St. Louis quel giorno, forse non avreste nemmeno avuto bisogno del Campo Mezzosangue, ed adesso non sareste qui in una missione suicida a causa di Zeus!
-Ma i mostri non sentivano il nostro odore?- Apollo sbuffò, come se lo avessi offeso;
-Tu sottovaluti i miei poteri, ragazza.-
"Pling plong! Stazione di Loyston, Tennessee!"
-Credo che siate arrivate, fanciulle.- Appoggiò le mani sulle spalle di Magalie, e la guardò con sguardo serio. -So che farai la cosa giusta, Magalie.- Magalie lo guardò impaurita e pietrificata. Apollo non disse più nulla, e si spostò verso Isabelle. Dalla tasca dei bermuda, estrasse un foglietto spiegazzato, e glielo diede.
-Chiamami quando hai tempo, pasticcino! E sta' attenta.- Le ammiccò, e giuro di aver visto Isabelle arrossire!
Poi, si rivolse a me.
-Sono sicuro che riuscirai a non farti fulminare dal vecchio, pulce.- E mi diede un bacio sulla guancia. A quel punto, mi sentii parecchio arrabbiata. Non so perché. Notai che Apollo si girò e si rivolse ad Isabelle:
-Vacci piano con i tuoi poteri, pasticcino. Ed andateci piano pure con quel regalo che Dioniso ha dato a Walle. E soprattutto, non mangiatele, per favore. Quelle fragoline hanno il potere di sbronzare chi le mangia, e se le mangiaste, tua madre, Magalie, mi ucciderebbe anche se sono immortale. Non so se capite la gravità di questa cosa.- Detto ciò, schioccò per una terza volta le dita e scomparve.

Odiavo il Tennessee. Soprattutto d'estate. Il caldo umido mi stava facendo sudare in maniera quasi improponibile. La frangia mi si era attaccata alla fronte, così come la maglietta ed i jeans. Praticamente avevo una seconda pelle addosso. Anche Isabelle e Magalie non se la passavano tanto meglio: Isabelle ce l'aveva ancora con me per ciò che io non avevo fatto, e non mi rivolgeva la parola da quando eravamo scese dal treno. Forse l'unico che se la passava meglio era Sparkle, che qualche chilometro prima si era imbattuto in una pozza di fango e ci aveva sguazzato allegramente, rinfrescandosi.
-Magalie, puoi dire a Walle che non ho intenzione di rivolgerle la parola finchè non mi chiederà scusa?
-Walleeee, Isabelle ha detto...
-Magalie, puoi dire ad Isabelle che io non chiederò scusa per qualcosa che io non ho fatto?
-Isabeeeeelle, Walle dice che...
-HO SENTITO! E puoi dire a Walle che...
-Guardate, ragazze- dissi, ignorando ciò che stava per dire Isabelle. -Siamo nella cittadina di...- Cercai di leggere il cartello con su scritto il nome della città, ma mi parve difficile. Ci provarono anche le altre due, ma con scarsi risultati. Dopo qualche minuto, decretai,
-...L...Lo...Loyston? Siamo nella cittadina di Loyston!
-Zero abitanti?- Disse Isabelle. Magalie sussultò:
-Una cittadina fantasma! Siamo in uno degli ingressi per gli Inferi, woooooo!
-Ma non dire scemenze, idiota. Lo sanno tutti che l'ingresso per gli Inferi è a Los Angeles- Disse Isabelle, tirandole una spallata.
-Beh, il sole sta tramontando, e non credo che abbiamo molta scelta, dato che questa città è in mezzo al nulla. Per questa notte, ci fermeremo qui.- Isabelle storse il naso.
-Io questo posto l'ho già visto, qualche tempo fa. Forse in tv.
-In tv?- Magalie diede una spinta ad Isabelle.
-Ma ceeeeerto! Anch'io me la ricordo! E' il parco a tema western che è stato costruito sopra la città di Loyston, circa otto anni fa.- Io ed Isabelle dimenticammo i nostri dissapori e la guardammo stupita. Isabelle mi sussurò:
-Secondo me è posseduta. Com'è che sa tutte queste cose d'un tratto?- Feci spallucce.
-Forse l'abbiamo sottovalutata troppo- le risposi. Vidi una locanda, ed andai in avanscoperta. Urlai. C'erano dei robot con sembianze umane vestiti da cowboy, e stavano accasciati sui tavoli, come se il tempo li avesse dimenticati. Quei parchi a tema mi avevano sempre suscitato angoscia.
-Ci sono dei robot qua!- strillai. Magalie ed Isabelle si avvicinarono e, prima che Isabelle aprisse bocca, Magalie la trascinò dentro la locanda.
-Wow! Degli animatroni!
-Animatroni? Cos'è un animatrone?
-Oh, Walle, non prendermi in giro! L'animatronica è la tecnologia che utilizza componenti elettronici e robotici per dare autonomia di movimento a soggetti, specialmente pupazzi meccanici, tipo questi. L'uso della tecnologia animatronica è legato per lo più all'industria cinematografica, ma spesso fanno ricorso alle sue funzioni anche parchi a tema. Proprio come questo.- Io scossi la testa.
-Ancora non capisco cosa siano questi animatroni.
-Quelli a cui sparavamo in quel videogioco, Walle.
-Oh. Ora ho capito.- Isabelle era traumatizzata. 
-Chi sei? Cosa ne hai fatto della mia idiota?- Magalie rise.
-A forza di stare con mammina si imparano tante cose!- Vidi gli animatroni attivarsi. Si alzarono uno ad uno, ed incominciarono a fare ciò che ogni loro personaggio doveva fare, mentre in sottofondo una musichetta disturbante li accompagnava: c'era il barista che versava del liquore a dei bifolchi, dei cowboy che giocavano a carte, il pianista che faceva finta di suonare e delle... prostitute, credo, che mostravano le loro gambe. Inizialmente era uno spettacolo quasi carino da guardare, se non fosse stato per la musica, che tutt'ad un tratto, cominciò a perdere ritmo ed ad andare più velocemente del normale. Gli animatroni incominciarono a difettare e le loro giunture sprizzarono scintille. Cominciarono ad alzarsi e muoversi liberamente, e puntavano tutti i loro occhietti cibernetici su di noi, facendo un rumore gutturale con quella che si può chiamare gola.
-Il loro disco vocale è rotto- spiegò velocemente Magalie. Le urlai in faccia:
-Non è il momento di fare congetture, scappiamo!- Corremmo a perdifiato lungo la strada principale. Mi girai, e con orrore, notai che quell'orda di animacosi (mi ero già dimenticata il loro nome) ci seguiva. Continuammo a correre, finchè non trovammo un'officina abbandonata. Ci buttammo nell'edificio e sprangammo la porta.
-Direi che siamo al sicuro.- Dissi, girandomi verso Magalie ed Isabelle. Sentii il rumore di una saldatrice ed una voce roca, aspra e profonda, che commentò seccata:
-Oh me stesso, perché devo ritrovarti pure qua?- Mi voltai, e vidi Efesto. Non sapevo che fare: se inginocchiarmi o meno. Beh, le altre due l'avevano fatto. Io mi rifiutai di farlo. Isabelle mi diede una gomitata sul polpaccio, ma il massimo che feci fu incrociare le braccia al petto, voltarmi e mettere il broncio.
-No, io non ci parlo con lui, mi voleva morta!- Si sentì Efesto sbuffare.
-Lo stesso vale per me, che credi?
-Ma avete appena parlato!- Disse Magalie.
-No, non è vero!- Dicemmo in coro io ed Efesto.
-Andiamo, Walle- digrignò i denti Isabelle, -ci serve il suo aiuto.
-Non voglio!- piagnucolai.
-WALLE!- Si sentirono dei colpi alla porta. Gli animacosi erano vicini, e stavano per sfondare la porta.
-Non abbiamo bisogno dell'aiuto di Efesto!- Dissi pronunciando il suo nome aspramente. Magalie scoppiò a piangere. Gli animacosi sfondarono la porta. Sparkle uscì dallo zaino di Magalie e si mise sulla difensiva davanti a noi. Quando gli animacosi entrarono, Sparkle incominciò a sputare fuoco su di essi, ma riuscì a bruciare solo il rivestimento degli animatroni, mostrando l'endoscheletro.
-Moriremo!- Disse Isabelle con gli occhi lucidi. Era sull'orlo del pianto. 
Fra i singhiozzi, Magalie fece apparire l'arco e la faretra, e scoccò delle frecce, ma rimbalzarono contro gli endoscheletri. Lo stesso feci io con il mio chakram, ma tornò indietro ed andò a conficcarsi nella parete dietro di noi. Isabelle non poteva fare nulla, avrebbe rischiato troppo. Ed era anche paralizzata dalla paura, a quanto pare. Pareva avere persino più paura di noi. Cominciai a piangere anch'io, solo Efesto poteva fermare gli endoscheletri, ma non lo fece. E fu così che morimmo. Fine. Nah, scherzo. 
Mentre singhiozzavo, dissi alle mie amiche:
-Scusatemi se non sono riuscita a portare avanti l'impresa ed a salvarvi...- Ci stringemmo l'un con l'altra e chiudemmo gli occhi, mentre quei cosi si facevano sempre più avanti. Uno mi afferrò saldamente la spalla. Faceva male, molto male. Efesto sghignazzò ed interruppe quella scenata melodrammatica battendo la mani per due volte. La presa alla spalla si allentò e gli endoscheletri si spensero, cadendo uno ad uno per terra.
-Okay, adesso può anche bastare.
-COSA?! Perché non li hai fermati prima?- Efesto mi mostrò trionfante la telecamera.
-Questo va dritto dritto all'Olimpo.
-Io ti ammazz...- Isabelle e Magalie mi tennero per le braccia in modo che io non mi buttassi su di lui per ammazzarlo.
-Non fatemi riaccendere gli endoscheletri- disse minacciandoci.
Con le lacrime agli occhi, corsi fuori dall'officina, e mi misi a sedere sul ciglio della strada con le mani sul volto. Come avrei potuto tornare a testa alta sull'Olimpo dopo quel video? Mia madre ne sarebbe stata molto delusa.
Nonostante fossi abbastanza lontana da Efesto, riuscii comunque a sentirlo sospirare.
-Sei veramente una piaga, tu.- Mi girai per guardarlo, e vidi che stava rompendo la schedina SD che conteneva il video.
-Beh, almeno uno di noi due avrà reso orgogliosa nostra madre, non credi?- Corsi da lui e mi aggrappai al suo braccio, ringraziandolo fra le lacrime.
-Grazie, Effy!
-Sìsì, okay, ora scollati, mi fai senso. Se volete veramente andare a New Orleans, andate sempre a nord fino a che non trovate una città abitata. E non provate più a tornare in uno dei miei laboratori, o la prossima volta non sarò così clemente!- Notai che Magalie si stava divertendo a guardare i progetti di Efesto. -Ehi tu, giù le mani. Perché i mortali sono così fastidiosi?- Allora Magalie cominciò a parlare di cose che andavano ben oltre la mia comprensione: probabilmente parlava di meccanica, o robe del genere. Non pensavo che lei fosse così interessata a tali cose. Efesto la guardò accigliato, e le strappò i progetti di mano, per poi scomparire. Non eravamo riuscite ancora a trovare il vaso, ma in compenso sapevo che adesso mio fratello non ce l'aveva così tanto con me.

Nota delle autrici
Abbiamo per voi in serbo una nuova rubrica, dove parleremo di alcune curiosità sulle nostre eroine! (Yeeee) Quindi mettetevi comodi e godetevi la prima curiosità della fanfiction dell'Errore di Hera.

Curiosità
Walle indossa le mutande da uomo. Le sue mutande preferite sono dei boxer rosa con un pulcino; le indossa per le occasioni speciali (povero Travis). 

 

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Capitolo 11
*** Scrocchiamo un passaggio da un vecchiettino folle ***


Scrocchiamo un passaggio da un vecchiettino folle

Proseguimmo per nord come Efesto ci aveva suggerito. Quando il sole calò, ci accampammo nel bel mezzo del nulla, ed Isabelle accese un falò. Mentre Magalie sistemava i sacchi a pelo, notai sul suo collo delle strane macchie azzurrine. Le chiesi come se le fosse procurate. Lei rispose con un ghigno.
-Sono soltanto sfoghi allergici. Delle vespe mi hanno punto sul collo quando sono andata a prendere la legna con Isabelle.
-Ah, okay- Dissi poco convinta. Isabelle mi diede una pacca sulla spalla e mi prese il viso fra le mani. 
-Isabelle, cos...
-Zitta. Seguimi.- Mi mise a sedere davanti al falò e tirò fuori un cerotto, e me lo mise là dove prima risiedeva il mio sopracciglio destro. 
-Ah, molto meglio. Adesso il tuo viso sembra un po' meno da patata.- Poi frugò nel suo zaino e prese un pennarello indelebile nero, e scarabocchiò un sopracciglio vistosamente più grande dell'altro sul cerotto. Isabelle sbuffò e boffonchiò qualcosa che somigliava ad un "Ehi, non sono mica un'artista". Anche se non era brava a parole, intuii che quel gesto era un chiaro segno di scuse.

Ci stavamo riempiendo lo stomaco con marshmallow sbruciacchiati, che avevamo arrostito sul falò. C'erano molte cose che mi frullavano nella testa: la profezia, lo strano comportamento di Efesto e quello di Apollo. Così chiesi un parere alle mie amiche.
-Non vi pare un po' strano il comportamento di Apollo sul treno, e quello di Efesto? Quando quei animatroni ci hanno inseguito, lui appena ci ha visto sembrava molto sorpreso che ci trovassimo lì, non vi pare? Eppure soltanto lui poteva accedere ai comandi degli endoscheletri.
-Ma di che ti preoccupi?- Disse con tono gaio Magalie, -L'importante è essere ancora vive! Non affaticare troppo il tuo cervellino, Walle.- 
La "cena" proseguì con il solito silenzio che aleggiava nell'aria. Poi, io e Magalie ci infagottammo nei sacchi a pelo, mentre Isabelle ci avrebbe fatto da guardia. 

Mi addormentai quasi subito, dopo quella corsetta da jogging con gli animatroni i miei muscoli stavano implorando pietà. Appena chiusi gli occhi, caddi in un sonno profondo. Quella notte, il mio sonno venne costellato da molti incubi. Uno pero' fu più temibile degli altri.
Ero in un campo di grano, con le spighe che mi solleticavano le ascelle. Sopra di me, si stagliava il cielo infinito punteggiato da milioni di trilioni di stelle. Sotto una quercia, Magalie indossava una toga bianca ed una corona di alloro, e parlava con un uomo alto ed atletico, con i capelli scuri e di media lunghezza. Indossava solo un perizoma (che schifo) e la sua carnagione era cangiante; variava dall'azzurro con disegni di nuvole sui muscoli ad un colore scuro e ricoperto di stelle luccicanti. La sua voce era dura, mentre rimproverava Magalie. 
-Stupida mortale! Non sei ancora riuscita a fare ciò che ti avevo detto!
-Mi scusi, padrone.
-La tua progenitrice era molto più furba di te! Anche perché quello stupido di Hermes le aveva dato il potere della curiosità. Se non riuscirai a fare ciò che ti avevo ordinato di fare, il nostro accordo salterà, e sai quel che accade se salta, vero?
-Sì, padrone...- Rispose Magalie chinando debolmente la testa.
-Magalie! Cosa stai facendo?- Urlai. L'uomo si voltò verso di me, ed imprecò. Dopo di che, il sogno svanì in una candida nuvola in bilico tra il dormiveglia. Spalancai gli occhi e mi accorsi che era mattina, e che stavo galleggiando in un bagno di sudore.
-Ehi, Walle! Dormito bene?- Magalie era seduta su una pietra, mentre Isabelle si stava stiracchiando.
-M..ma tu eri in quel campo c...con quell'uomo e... e...
-Ehi, errore, ma di quale acidi ti sei fatta ieri notte?- 
Mi portai una mano alla tempia sinistra.
-Scusate, ho fatto un brutto sogno. Pero' era così dannatamente vivido.
-Wooooow, di solito i miei sogni sono accompagnati da unicorni e zucchero filato!- Disse con entusiasmo Magalie. La fissai negli occhi. Quella del sogno non poteva di certo essere la mia Magalie. Voglio dire, lei è così stupida. D'altronde i sogni sono solo sogni, no? Non avevo niente di cui preoccuparmi. 

Camminavamo talmente tanto che mi sembrava che fossero passate diverse ore. Effettivamente era mezzogiorno. Magalie teneva in braccio Sparkle. Quel pigrone si era stancato solo dopo qualche decina di metri. E lui volava. Ci fermammo in un fast food di un benzinaio, questa volta senza maiali assassini o scrofe che ci volevano mangiare. Entrammo ed ordinammo degli hamburger, che divorammo in pochi minuti. Mentre Isabelle e Sparkle si abbuffavano, guardai Sparkle, e dissi a Magalie:
-Lo sai che quel maiale è un cannibale, vero?
-Beh, sembra divertirsi.
-E' un maledetto cannibale! Si sta mangiando un altro maiale!
-Ma anche Isabe... cioè, nulla.
-MI STAI DANDO DELLA SCROFA?!- Urlò a bocca piena Isabelle, mentre pezzetti di carne ricoperti di ketchup schizzavano sul tavolino. Diedi una gomitata sulle costole di Magalie, e mi nascosi sotto il tavolo. Magalie si affacciò con aria interrogativa. Io sussurrai,
-Le vecchiettine che ci stavano inseguendo quando eravamo in macchina con Argo sono sedute al tavolino di fronte al nostro!- Afferrai Sparkle per il codino e lui grugnì spaventato, gli inficcai un hamburger in bocca e lo misi senza troppe cerimonie nel mio zaino. Poi, mi alzai e sussurrai alle altre.
-Dobbiamo andarcene di qui alla svelta, senza dare troppo nell'occhio.- Isabelle protestò perché non aveva finito il suo pranzo, ma non oppose tanta resistenza quando vide le Arai. Così, sgattaiolammo a quattro zampe dal fast food. 

Eravamo sul retro della struttura e le Arai sembravano non averci notato, o almeno era quello che speravo. Purtroppo se ne erano accorte, e ci avevano arpionato le spalle con le loro mani ossute.
-Ma che belle bambine- Dissero voltandoci bruscamente e, tirandoci le guance come se fossero fatte di gomma, incominciarono a riempirci di vezzeggiativi.
-Oh, volete delle caramelle, piccine?- Io risposi sarcasticamente,
-Mamma mi ha detto di non accettare niente dagli sconosciuti!
-Ma Walle, allora perché hai accettato il regalo del signor...- Isabelle diede una spallata a Magalie.
-Sta' zitta, idiota.
-Oh, ma voi ci conoscete, abbiamo avuto il piacere di conoscervi poco tempo fa! Se vi lasciassimo fuggire un'altra volta, la nostra Signora ci punirebbe, ed il Tartaro... è un posto così freddo...- Magalie fece un sorriso di scherno, e ci urlò:
-Voi andate a cercare un mezzo di trasporto! A loro due ci penso io!
-Ma...- Dicemmo in coro io ed Isabelle.
-ANDATE!- Urlò, e ci spinse via. 
-Non può ucciderle- commentò Isabelle mentre correvamo, -ma comunque sono sicura che riuscirà a distrarle. In fondo, i suoi urli possono far svenire la gente, non vedo perché non i mostri.- Annuii, ma con poca convinzione. Ero così intenta a parlare con Isabelle che andai a sbattere contro un furgoncino, e del sangue che fuoriusciva dal naso mi calò sulla maglia arancione del Campo, ormai logora come i miei jeans. 
Dal furgoncino, uscì un vecchio bifolco con un cappellino con la visiera con su scritto "Monster Truck". I suoi capelli erano grigi, così come la sua barba, che gli arrivava fino alle ginocchia nodose. Aveva gli occhi storti. Nella sua bocca, spuntavano pochi denti, fra cui alcuni d'oro che sbrilluccicavano qua e là. Era a torso nudo, con la pelle che ciondolava dai bracci per la vecchiaia, ed aveva addosso solo la salopette sporca di fango. Non indossava nemmeno le scarpe, era un uomo rozzo, che appena ci vide, si battè una mano sul ginocchio, e cantilenò:
-Hi-ha! Cosa ci fanno delle piccole frugolette come voi nel bel mezzo del nulla del Tennessee?
-Ci serve un passaggio, ed al più presto,- Disse Isabelle, -lei dov'è diretto?
-Per Bacco, figliuola! Sono diretto in quella maledetta città di Jackson nel Mississippi!- E sputò del tabacco.
-Perfetto, lei ci DEVE accompagnare.
-Okay figliole, hi-ha! Salite sulla vecchia Betty! E' anche il nome della mia maialina! Non è vero, Betty?
-Oink! Oink!- Rispose la maialina, sbucando dal cumolo di fieno e scodinzolando. Sulla codina, aveva un fiocchettino color rosa. Sparkle uscì dal mio zaino e si buttò nella matassa di fieno per cercare di socializzare con Betty, la maialina punteggiata di macchie nere sulla pelle rosea. Ad un tratto, si sentì Magalie urlare,
-TAPPATEVI LE ORECCHIE!- Non ce lo facemmo sicuramente ripetere due volte, e lo facemmo. L'urlo di Magalie eccheggiò nei dintorni. Sentii le vibrazioni di diversi corpi di persone che cadevano a peso morto nel fast food. Un po' intontite, vedemmo Magalie con la faretra issata sulla spalla e l'arco in mano che correva verso di noi.
-Sbrigatevi a salire, non rimarrano svenute per molto tempo!- Sulla guancia, aveva un profondo taglio, ma non ci diede il tempo di chiedere qualcosa che ci strattonò sulla vettura.
-Hi-haa, ragazze! Reggetevi forte!
-Scusi!- Urlai mentre il vecchietto partiva con l'accelleratore a tavoletta ed il vento mi schiaffeggiava la faccia, -Ma lei come mai non è svenuto?- Lui tirò fuori una tromba acustica in rame e se la portò all'orecchio.
-Come dici, figliuola? Non ti capisco, sono un po' sordo!
-Lasciamo stare.- 
Guardai Magalie e la sua ferita.
-Come stai, Magalie?
-Tutto a posto.
-Come hai fatto a procurarti quella ferita?
-Ehmm...- Ci pensò molto prima di rispondermi. I suoi occhi schizzavano da una parte all'altra in cerca di qualcosa. -Le vecchiette- Disse infine. Non le credetti, ma non feci domande. In fondo, che bisogno aveva di mentirci? 
Isabelle tirò fuori dal suo zaino un altro cerotto.

Dopo qualche ora, arrivò la sera, ed eravamo ancora sdraiate sul retro del furgoncino, sommerse dalla paglia. Magalie si era addormentata. Sembrava un angioletto incredibilmente stupido quando dormiva: si stava masticando una ciocca di capelli. Misi le braccia dietro alla testa, e mentre masticavo una spiga di grano, chiesi ad Isabelle:
-Senti, Ross, ma se tua madre vive in Lousiana, com'è che frequentavi la St. Louis, a New York? Voglio dire, la distanza è parecchia...- Isabelle rispose in tono annoiato.
-Sai com'è, mia madre mi ha obbligata a scegliere o la St. Louis o un'accademia militare. Nell'accademia militare si ricevono ordini. Ed io odio gli ordini.
-Quindi tu stai nel dormitorio?
-Mh-hm.- Ci fu un po' di silenzio per qualche chilometro, poi Isabelle riaprì bocca.
-Come mai non mi avete mai rivolto parola per tutto l'anno scolastico?- Diventai rossa dalla vergogna.
-Beh, vedi... non pensavamo che delle sfigate come noi potessero interessarti, e poi... una volta hai minacciato di infilare la testa nel water a Magalie.- Ci fu un altro po' di silenzio, poi continuai. -Se vuoi, quando saremo tornate a New York, puoi venire alla nostra festa a tema fantasy. Sai... tutte quelle cose tipo... giochi di ruolo, videogiochi, maratone di Dr. Who... io e Magalie le organizziamo spesso. Qualche volta ci vestiamo pure da elfi.- Sghignazzai al ricordo. -S...sempre se ti va, Ross.
-Sarebbe... figo, sì. Mi... mi piacerebbe molto.- Mi sorrise. Anche se la giornata non aveva dato molti progressi, il suo sorriso mi fece dimenticare tutti i problemi che avevamo avuto.
Mi addormentai sotto al cielo stellato del Mississippi, lo stesso cielo che aveva invaso i miei incubi.

Nota delle autrici
Questo capitolo è gay.
-La trinità delle sfigate

Curiosità
In realtà Magalie è molto ricca, ed ha persino un maggiordomo personale, che la accudisce da quando era appena nata. Solo che Magalie non riesce a ricordare il suo nome nonostante lo conosca da quindici anni, perciò lo chiama sempre Mr. Baffetto, a causa dei suoi enormi baffi. Inoltre, lei possiede una camera completamente dedicata ai videogiochi ed alle console.


 

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Capitolo 12
*** La setta delle Illuminate ***


La setta delle Illuminate
 
Mi risvegliai la mattina seguente con delle spighe di grano intrecciate fra i capelli e con Magalie che mi solleticava il naso con della paglia. Sul mio stomaco, Sparkle stava russando mentre con la zampetta si grattava un orecchio porcino. Eravamo arrivate a Jackson, nel Mississippi dopo quattordici ore di viaggio. Teoricamente sarebbe dovuto durare all'incirca sette ore e mezzo, ma "Betty" era un catorcio malandato, e non era proprio una Ferrari.
Ringraziammo il vecchietto e scendemmo dalla vettura, ma Sparkle, quando Isabelle cercò di afferrarlo, grugnì in segno di rimprovero e cominciò a raspare cercando di dimenarsi dalla ferrea presa. Isabelle fu costretta a lasciarlo, quando cercò di morderla. Sparkle rincorreva Betty, e quando si furono stancati, cominciarono a strofinarsi i musini l'un con l'altro felicemente.
-Sparkle, vieni, dobbiamo andare!- Strillò Magalie, e lo tirò per il codino riccio. Lui le diede un calcio sul polso con le sue gambette, e Magalie imprecò.
-Stupido maiale...- Disse, massaggiandosi il polso indolensito. Isabelle era sbigottita.
-Ehm... eh... voglio dire, guardali!- Dissi a Magalie mettendole un braccio attorno al collo, -Guarda come è felice con la piccola Betty! Sono sicura che starebbe meglio con lei che rischiando di morire ogni giorno con noi. Sembrano così innamorati!
-Tu... tu dici, Walle?- Disse con le lacrime agli occhi. Annuii.
-Forse hai ragione, forse è meglio così. Addio, Sparkle!- Disse soffocando il maialino in un abbraccio.
-Oink! Oink!- Fece il maiale, masticando una ciocca di capelli di Magalie. 

Prendemmo un autobus, che conduceva a Baton Rouge. Magalie, appena aveva toccato il sedile, era entrata in un sonno profondo. Isabelle aveva cercato di resistere, ma dopo una decina di minuti le palpebre le si erano fatte pesanti, ed aveva ceduto al sonno. Senza che nessuno mi notasse, o meglio, senza che Isabelle mi notasse, avevo preso dal suo zaino il suo iPod, ed adesso stavo ascoltando una canzone di un gruppo metal tedesco. Forse per questo lei era così cattiva: la musica che ascoltava faceva schifo. 
Dopo un po', il mio sguardo cadde su Magalie. Aveva un aspetto sempre più malaticcio e la pelle era leggermente bluastra, e sotto gli occhi aveva delle occhiaie, come se non avesse dormito per notte intere. Il problema è che lei dormiva sempre, o per meglio dire, quando era possibile. Poi mi soffermai sul taglio che le avevano provocato le Arai. Perché quelle dannate vecchie ci seguivano da New York? Okay che siamo degli Eroi e che i mostri non muoiono mai, pero'! Cosa mai potevano volere da noi? 
Poi mi venne in mente ciò che ci avevano detto dietro quel fast food. Che la loro signora le avrebbe punite se non ci avessero seguito. 
Mi ricordai che le Arai sono servitrici di Nyx, dea della notte; che cosa mai poteva volere una dea primordiale da noi? Pensai a qualche sgarbo che avremmo potuto farle, ma lei non era  neanche stata presente al Consiglio per decidere della nostra sorte. Quindi, COSA avremmo mai potuto farle? Forse si era sdegnata del mio inquinamento luminoso quando all'età di cinque anni avevo fatto spendere un capitale a zia Eve in torcette luminose da stanza. Forse questo non giovava al cielo notturno, ma andiamo, avevo cinque anni!
L'autobus si fermò a Baton Rouge, dopo due ore e quarantacinque minuti di viaggio. Misi in fretta l'iPod e le cuffie nello zaino di Isabelle, e svegliai entrambe le mie amiche. 

-NO! NON VOGLIO! Non potete costringermi!- Imprecò Isabelle.
-Oh, andiamo, smetti di fare tanto la melodrammatica, tua madre è una persona adorabile.- Le risposi.
-Appunto!
-Ma tua madre ci ha promesso i biscotti!- Proclamò sognante Magalie.
-Non voglio!- Piagnucolò.
-Oh, falla finita, Isabelle, un po' di contegno! Da te non me lo sarei mai aspettata.
-Tu non capisci!- Ringhiò. Le sbuffai e premetti il campanello della piccola villetta a schiera di Laurel Street. Qualche istante dopo, una donna sorridente con indosso un grembiule su cui c'era ricamato con del filo rosso, delle lettere storte: "Alla mamma migliore del mondo!" comparve sulla soglia dell'abitazione.
Isabelle si portò le mani al viso ed urlò di rabbia.
-Ohh, siete venute a trovarmi alla fine! Che carine! Prego, entrate, entrate, ho appena fatto i biscotti!- Cinguettò con la sua voce caramellata. 
-Visto, te l'ho detto che faceva i biscotti!- Mi sussurrò all'orecchio Magalie.
-Potete stare qui tutto il tempo che desiderate!
-Ergo, non più di due giorni, capito errore?- Disse in tono aspro Isabelle. La signora Ross storse il naso, e diede un pizzicotto sulla guancia della figlia.
-Oh, tesoro, quando fai così mi ricordi tanto il tuo papino! Che ne dite di andare a fare un bagno, ragazze? Sarete sporche ed affaticate, suppongo.- Cantilenò gioiosamente.

Avevamo appena finito di rinfrescarci, quando, uscendo dal bagno con i capelli ancora bagnati, notai una scena alquanto stupida. Isabelle si era parata davanti alla sua stanza e non lasciava entrare Magalie.
-Eddaaaaaaaaaai!
-No, ho detto di no.
-Ah, sìììì? Beh, chi la dura la vince!- Ed incominciò a fare il solletico ad Isabelle, che, fra gli spasmi di ridarella si era raggomitola sul lato dello stipite della porta. Io, che sono una persona molto gentile, spalancai la porta della sua stanza, mentre lei era ancora inerme. 
Avete presente quelle enormi camere rosa barbie delle reginette di bellezza? O  dei capitani delle squadre di cheerleader che si vedono nei film degli anni '60? Ecco, la camera di Isabelle Ross era dieci volte peggio; era un piccolo buco completamente rivestito di rosa e panna, dove da ogni angolo, peluches e centrini in pizzo, sbucavano da ogni maledetto angolo della stanza. Sulle pareti, erano incorniciate foto della piccola Isabelle: mentre mangiava un gelato, mentre faceva il bagnetto, mentre prendeva a calci un altro bambin... aspetta, cosa? 
-Carina la tua stanza, Ross- sghignazzai.
-Ma è veramente carina!- Disse Magalie, buttandosi sul letto e scomparendo avvolta dai peluches. Sopra il suo comodino, ci saranno stati sì e no una ventina di coppe e di coccarde; una per l'equitazione, una per un concorso di pianoforte, una per il concorso di scienze naturali ed una per... il wrestling infantile. 
-Se provate a dire a qualcuno di questo posto, l'ira di Zeus vi sembrerà uno stridulo urletto infantile al mio confronto.
-Se, se. Tranquilla, non diremo a nessuno che hai vinto il concorso di scienze naturali quando eri alle medie.- Risi.
-Ragazzeeee, la cena è pronta!- La voce zuccherevole di Sandy Ross rieccheggiava dal piano di sotto.

La signora Ross, che per carità, era un'ottima cuoca, ci aveva deliziato con svariate leccornie; forse anche un po' troppe, dato che solo a muovere gli arti mi risultava difficile, dopo quel pasto.
Sandy sembrava entusiasta per qualcosa che ancora non ci aveva spiegato, e guardava ossessivamente l'orologio, fino a quando, alle nove ed un quarto, la signora Ross scomparve in salotto ed accese la televisione. La cenetta luculliana ci aveva provocato della sonnolenza, ed adesso stavamo tutte e tre con la testa spiaccicata sul tavolo a sonnecchiare, fino a quando delle urla animalesche ci fecero fare un balzo di dieci metri dalla nostra sedia.
-QUELLO ERA UN FALLO, IDIOTA! FIGLIO DI..- Non riporterò parola per parola di ciò che sentii quella sera, perché... ne rimarreste traumatizzati, ve l'assicuro. Fatto sta che, mentre Isabelle si versava del tè freddo come se non fosse successo niente, io e Magalie ci appostammo sulla soglia del salotto. Ciò che vedemmo ci scandalizzò. Vi ricordate la dolce, amabile, zuccherevole signora Ross? Bene, durante una partita di rugby dimenticatevela. Quella davanti a noi era una donna con indosso una maglietta dei Chicago Lions tre volte più grande rispetto alla sua taglia. Sulle guance paffute, c'erano delle strisciate di rossetto nero. La voce era diventata roca a causa di invaire contro lo schermo della televisione. Sul tavolino da caffè, diversi snack e salatini erano sparpagliati da ogni parte. Ci voltammo verso Isabelle. Il massimo che fece fu alzare le spalle.

Dopo diverso tempo dalla fine della partita, la signora Ross si era addormentata sul divano, e russava sonoramente. Mentre attraversavamo il salotto in punta di piedi, per non svegliarla, Magalie inciampò sui suoi piedi, e cadde sulla libreria, che a sua volta fece cadere un enorme album dei ricordi. Guardammo in direzione di Sandy, certe che si sarebbe svegliata; e invece no, era ancora lì, stravaccata sul divano con un filo di bava che le cadeva sulla federa dei cuscinetti. Prendemmo il libro, e ci guardammo con uno sguardo d'intesa.
Poi, corremmo in camera di Isabelle.

Magalie si stava truccando con un improbabile ombretto verde davanti ad una toilette trucco; Isabelle si stava esercitando a scuoiare i suoi peluches con il pugnale, mentre io sfogliavo l'album. Sulla copertina c'era scritto: 
"La setta delle Illuminate 
1978
Università di Stanford"
.
L'album dei ricordi mostrava tre giovani ragazze, fra cui zia Eve, che indossava sempre e solo enormi pantaloni a zampa di elefante, alternati da magliette corte che lasciavano fuoriuscire l'ombelico a camicie di lino sbrindellate dai colori psichedelici; le altre due erano Ermelinda Hall e Sandy Ross. In alcune foto, comparivano persino Apollo ed Ares, ovviamente in una versione da ragazzi universitari. Mentre sfogliavo, notai una foto che mi fece rabbrividire; Zia Eve stava baciando... Chirone. 
-CHIRONE!- Urlai, lanciando l'album addosso a Magalie.
-AHIO! Che ti prend...- Magalie strabuzzò gli occhi ed urlò, lanciando nuovamente l'album a Isabelle. Lei lo aprì, e disse sarcastica:
-Foster, non sapevo che tua zia se la facesse con i pony.- 
Rabbrividii. Probabilmente zia Eve non sapeva che Chirone era un centauro, dato che in tutte le foto in cui compariva era sulla sua solita sedia a rotelle che mostrava quando doveva insegnare, o fare visita, al di fuori del Campo.
-Ew.- Scossi la testa violentemente, come se facendo in quel modo il ricordo si sarebbe cancellato, ma ormai era troppo tardi; quell'immagine si era impressa a fuoco nella mia mente.
Continuai a sfogliare le pagine, fino a quando non arrivai alla seconda parte dell'album, dove al suo interno erano scritti degli appunti, e diversi scarabocchi disegnati a penna. Non riuscivo a leggere bene quel che c'era scritto per via della mia dislessia, ma all'incirca, gli appunti parlavano del fatto che le divinità greche esistevano ancora tutt'oggi.
-Ragazze, venite a dare un'occhiata.- Le altre si affacciarono e scrutarono il libro al di là della mia testa. C'erano diversi disegni anche di mostri, ed ogni divinità aveva un suo profilo personale, su cui c'erano scritte anche cose stupide. Su quello di Apollo, c'erano diversi stampi di baci fatti con del rossetto, mentre chi aveva scritto quello di Ares, doveva avercela con lui, dato che era scritto in modo molto marchiato e la pagina si stava quasi per strappare. C'erano anche diversi appunti riguardo i titani; Crono, Gea, Rea, Mnemosine, Giapeto... 
L'ultima pagina riguardava Urano, ma era stata strappata per metà. Le uniche cose che si potevano leggere erano le seguenti:
"Urano (Οὐρανός, ovvero cielo stellato, firmamento), era una divinità primordiale, ed era la personificazione del cielo. Era un uomo dai capelli scuri e di media lunghezza, ed indossava solo un... perizoma. Aveva una corporatura atletica ed era molto alto. Questa entità è molto peric..."
Il resto era stato strappato. Magalie chiese con fare ingenuo,
-Chi mai potrebbe averlo strappato?- Isabelle commentò:
-Magari non stava molto a genio alla setta.
-La faccenda puzza.- 
Dal piano di sotto, qualcuno bussò alla porta. Isabelle corse allo spioncino e ci fece segno di prendere le armi. Non ebbimo neanche il tempo di farlo che la porta venne sfondata e le Arai sghignazzavano sulla soglia.
-Toc toc. Vi siamo mancate?-

Nota delle autrici
Ed anche in questo capitolo non succede... nulla! Pero' preparatevi, perché prima della tempesta c'è sempre la quiete.
-La trinità delle sfigate

Curiosità
All'età di sei anni, quando Isabelle andò ad un acquario insieme a sua madre, spinse un altro bambino nella vasca dei delfini.
 

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Capitolo 13
*** Incontriamo Pandora in un cabaret jazz ***


Incontriamo Pandora in un cabaret jazz
 
Le Arai entrarono senza troppe cerimonie. Noi indietreggiammo; sentimmo un respiro affannato provenire dal divano. Probabilmente, la signora Ross si era girata nel sonno ed aveva smesso di russare. Una delle Arai si portò un dito alle labbra in segno di silenzio;
-Shh, non vorrete svegliare la mammina, vero?- 
Isabelle cercò di sferrare un fendente ad una di loro, senza pero' ucciderla. Quella, per tutta risposta, estrasse gli artigli, e graffiò il suo viso. Isabelle cadde all'indietro; Magalie la prese sotto le ascelle e la trascinò lontano dallo scontro. Io cercai di distrarle lanciandogli degli oggetti addosso, che puntualmente schivarono tutti. Ridacchiando, le due vecchie malefiche si avvicinavano sempre di più. Erano a qualche centimetro da me, quando alle mie spalle sentii un rumore di un fucile che era stato caricato. Mi voltai.
Sandy mi tirò indietro, e si mise di fronte a me; puntava un fucile a pompa con doppia canna verso le vecchiette.
-Fuori. Dalla. Mia. PROPIETA'!- Sibilò fra i denti mentre teneva il fucile puntato con ancora indosso la maglia dei Chicago Lions e il grembiule con su scritto "Alla mamma migliore del mondo"; incominciò a sparare alle Arai. I proiettili normali non avevano un grande effetto sui mostri, ma essendo un fucile a pompa, la forza con cui il proiettile colpiva le vecchiette le costrinse ad indietreggiare. Mentre sparava colpi a destra e manca, urlò alla figlia: 
-ISABELLE! PRENDI LE CHIAVI DELL'AUTO!- Isabelle ci strattonò per un braccio, afferrò le chiavi sulla credenza della cucina e ci scaraventò con forza nella vettura. La signora Ross sbucò dal vialetto di casa ed entrò come una furia nella vettura. Un'Arae era quasi riuscita ad entrare nell'auto, ma fortunatamente Sandy le aveva sbattuto la portiera sul suo brutto muso facendola cadere a terra. L'altra, si era spiaccicata sul parabrezza, mentre noi stavamo andando in retromarcia sul vialetto. Sandy Ross azionò i tergicristalli e le spazzole cominciarono a muoversi, costringendo l'Arae ad assumere orribili smorfie. Ce ne liberammo definitivamente quando Sandy inchiodò con l'auto e scaraventò l'Arae su un albero. 

Eravamo sulla strada per New Orleans. Isabelle si stava curando i graffi sulla guancia, prima che si infettassero; neanche Magalie se la passava molto bene. I puntini blu che aveva qualche giorno prima erano diventati enormi macchie color cobalto ed aveva un'aria sempre più malaticcia, anche se faceva di tutto per non farlo notare. Con uno strilletto energico, chiese alla signora Ross,
-Signora Roooooss, lei come ha fatto a conoscere il signor Ares?- Si sentì qualcuno sbuffare sottovoce.
-Oh, miei dei.- Era Isabelle, che si massaggiava le tempie doloranti.
-Ooooh, è una storia così carina.- Disse col suo solito tono caramelloso;
-Vedete ragazze, non dovete farvi mettere i piedi in testa dai vostri ragazzi, dovete essere voi a comandarli a bacchetta! All'inizio ed Ares ci odiavamo; era un brutto maschione senza cervello. Durante la partita di rugby, lui venne a prendersela con me perché era un tifoso della squadra avversaria, ed io per tutta risposta gli diedi un cazzotto in faccia; da lì in poi, Ares non mi diede un attimo di tregua, ripetendo tutte le volte che ero stata la prima donna in tutta la sua eterna vita ad aver osato tirargli un pugno sull'occhio. Così, alla fine cedetti... ed ebbimo Isabelle. Era così carina quando era piccolo, ho alcune foto di quando faceva il bagnetto nel mio portafoglio, volete vederl...
-No! Non le vogliono vedere!- Sbottò Isabelle.

Dopo un'ora e venti minuti di viaggio, la signora Ross ci scaricò davanti ad un albergo a cinque stelle. Sandy ci guardò con sguardo interrogativo.
-Care, avete abbastanza soldi?- Stavamo per aprire bocca, quando Isabelle sovrastò le nostre voci;
-No, dacci i soldi, donna.
-Oh, pasticcino, potresti anche chiederlo meglio!
-Mamma... tu non mi chiami mai pasticcino.
-Ops! Hehe!- Fece una risatina nervosa; -Su, ora prendete i soldi e sloggiate dalla mia Mase... macchina.-
Mise la mano nella tasca dei suoi pantaloni e ci porse tre sacchetti colmi di dracme.
-Che me ne faccio di 'sta roba, ma'?!
-Non c'è tempo!- Urlò, visibilmente sotto stress; la macchina ripartì, con un vistoso sbuffo di fumo. Isabelle si grattò la nuca pensierosa.
-Da quant'è che abbiamo una Qashqai...?

Magalie strizzò gli occhi ed urlò,
-Hotel Su... Sush... Sushi... ehmm, no. Hotel Sunshine!- Entrammo nell'enorme hall dall'aspetto sobrio, illuminata da un milione di luci sul soffitto, che le davano un colorito cangiante sull'oro. 
Nella reception, un uomo dalla corpotura monumentarea indossava un frac viola. I suoi capelli erano radi e corti, con un riporto all'indietro. I suoi baffi erano enormi e folti; si vedeva che era un uomo che ci teneva alla manutenzione di tali. Appena ci vide, ci sorrise, mostrando i bianchissimi denti.
-Mister Baffetto? Che cosa ci fai qui?
-Buonasera, signorina Hall. Suo padre mi ha dato l'incarico di servive l'hotel Sunshine finché tutti i membri della famiglia Hall non saranno tornati all'abitazione.
-Oh, fantastico! Voglio una stanza sull'attico! Per me e le mie amiche!- Il tizio della reception ci guardò dall'alto in basso, poi si voltò, prese delle chiavi e le consegnò a Magalie.
-E' un piacere servire la famiglia Hall. Spero che riporterà il mio comportamento a sua madre, o magari a suo padre... Sono cento dracme d'oro cada uno per notte.-
Gli consegnammo i nostri sacchetti. Appena ebbe fra le sue grinfie le dracme, schioccò le dita, e chiamò in tono viscido il facchino;
-LOBBY? Brutto scan... LOBBY VIENI SUBITO QUI!- 
Un ragazzo smilzo, afroamericano, dai voluminosi capelli afro e la faccia coperta di lentiggini, arrivò correndo. Mr. Baffetto si schiarì la gola;
-Lobby, accompagna le nostre ospiti nell'attico, ed informale sull'Hotel Sunshine.- Lobby ci accompagnò fin sull'attico, dove un'enorme vetrata dava la vista sul quartiere snob di New Orleans. Lobby prese una Diet Coke dal frigo bar, e me ne lanciò una. Magalie era già andata in bagno, e stava aprendo il getto della doccia. Isabelle incominciò a fare telefonate al servizio in camera, ordinando tutta la roba che trovava sul menù, o che per lo meno potesse entrare nel suo stomaco. Lobby si sdraiò sul divano.
-Allora, ragazze, l'hotel Sunshine è diretto dal divino Apollo.
-Papino!- Si sentì dal bagno.
-...Come stavo dicendo, l'hotel è diretto da Apollo. Questo hotel è riservato esclusivamente ai semidei, e né i mortali e né i mostri possono entrarci; infatti questo hotel è nascosto dalla Foschia e dallo scudo protettivo del nostro direttore.
-Quindi anche tu sei un semidio?- Chiesi, curiosa.
-Mh-hm. Sono figlio di Tiche, la dea della fortuna.
-Non sei molto fortunato se lavori come facchino in questo hotel!
-Dipende dai punti di vista. Qui posso mangiare, dormire, incontrare e provarci con le belle semidee, e tutto questo gratuitamente!- Mi scappò una risatina.
-Ora è meglio che vada, ci si vede, Walle.
-Come fai a sapere il mio nome?
-Scherzi? Qui tutti sanno il tuo nome, sei una star!-

L'hotel era talmente incantevole che non ci accorgemmo dello scorrere del tempo. Fummo coccolate con massaggi e trattamenti di bellezza, ci rimpinzammo come degli Sparkle e perdemmo molto tempo nelle attività. Anche se eravamo state viziate dai trattamenti di lusso della SpA dell'hotel, Magalie sembrava stare sempre peggio. Gli occhi sembravano infossati sotto enormi occhiaie violacee; stava diventando sempre più magra e le macchie azzurrine si erano estese in gran parte del corpo, coprendo a volte interi arti, come il suo braccio destro. Isabelle chiese preoccupata,
-Sei sicura di stare bene, idiota? Non è che hai preso, che so, il vaiolo, la malaria o chissà che? Perché se è infettiva stammi lontana.
-Oh, sto bene! Non vi preoccupate ragazze, mai stata meglio!- Anche se il suo corpo sembrava che stesse andando in decomposizione, il tono di voce era più alto ed energico che mai. Non mi feci tante domande, perché il tempo che ci aveva concesso Zeus stava quasi per giungere al termine, e noi non avevamo ancora trovato quel maledetto vaso. 

Era sera. Avevamo perlustrato ogni centimetro cubo della città, ma niente. Mi accorsi che eravamo capitate in una strana stradina di un quartiere malfamato; avevamo ormai perso la strada, perciò non ricordavamo come tornare all'hotel. Eravamo davanti ad un negozio che vendeva voodoo, quando una donna afroamericana con un turbante in testa, ricoperta di scialli e con una collana di ossi di pollo, aprì la porta. Appena ci vide, i suoi occhi rotearono dietro la testa, puntandoci il suo indice su di noi.
-Sciagura a voi! Ricordate, se il male risorge per voi è la fine!- Ci allontanammo piano piano, poi, con voce allegra, ritornò con i suoi enormi occhi a guardarci;
-E non dimenticatevi di tornare nel mio negozio per dei souvenir!- A quel punto, scappammo. Non sapevamo dove andare, fino a quando non notammo un enorme cartello su cui c'era dipinta una scritta:
"The door to hell". Pareva essere un cabaret fatiscente. Magalie piagnucolò;
-Non mi piace questo posto! Forza, entriamo!- Io ed Isabelle ci guardammo; cercammo di fermarla, ma lei fu più lesta e ci trascinò. 
Scendemmo da delle scale, che erano illuminate dalla luce verdognola proveniente dalle torce. I gradini erano lastricati in una pesante pietra levigata. Ogni passo che facevamo, rieccheggiava nell'ombra, fino a quando non giungemmo davanti ad una porta di bronzo nera, su cui sopra c'era un'insegna luminosa su cui c'era scritto "exit". Magalie la spalancò come se nulla fosse, sembrava quasi che si sentisse a casa. Tutti i presenti ci puntarono gli occhi addosso quando entrammo, e smisero di parlare per qualche secondo. Poi, ripresero a parlare. La porta dietro di noi fece un rumore agghiacciante; si chiuse e si bloccò. 
Isabelle cercò di forzarla, ma invano. Ormai eravamo rinchiuse là dentro.
-Vabbè, ci sarà un'altra uscita, no?- Dissi speranzosa. Non so a chi stessi parlando, probabilmente a me stessa. Magalie prese un tavolino.
-Ragazze, voglio andare via!
-Allora perché ti sei seduta?
-Non lo s... cameriere, ci porti tre Bloody Mary, grazie.- Ordinò in falsetto. Poi, ci arpionò i polsi e ci costrinse a sedere.
-Bella musica, eh? Non mi piace per nulla.
-Sei un po' indecisa oggi, idiota.
-Voglio andarmene di qui!- Singhiozzò. Anche se avessimo voluto andarcene, ormai era impossibile. Non solo perché Magalie ci teneva in una salda stretta dalla quale nemmeno Isabelle riusciva a liberarsi, ma anche perché l'unica porta che avevo visto era bloccata. Il cameriere ci portò le bibite, che non erano neanche Bloody Mary, ma erano un liquido rossastro che ribolliva come lava solforica. Aspettate, precisiamo: anche se fossero stati Bloody Mary, non l'avrei bevuto comunque, ma quei cosi erano imbevibili per qualsiasi essere umano, se non volevi ritrovarti un buco nello stomaco. Letteralmente. Magalie esultò euforica.
-Oh, bene bene, sono arrivate le nostre bibite, finalmente!- E si scolò tutti e tre i bicchieri. Isabelle mi diede una gomitata sulle costole.
-Pssst! Questo posto è strano, e perché l'idiota sembra non essere un'idiota? E guarda bene nella faccia del cameriere.- Lo guardai attentamente. Non c'era niente di strano, se non per la mascella che stava penzolando e la divisa sporca e strappata. Aguzzando lo sguardo, notai che molti dei presenti erano ridotti in quella condizione. Ma alcuni invece sembravano... dei mostri! Mi aggrappai alla sedia di velluto nero per non svenire. Il mio sguardo si era fatto vitreo e fissava davanti a sè. Così, notai che una giovane donna dall'aria immortale stava suonando un pezzo jazz con una tromba.
Indossava un frac nero con un papillon verde. I suoi capelli corvini erano corti quanto quelli di Magalie ed erano raccolti all'indietro in uno striminzito codino, mentre la frangia le solleticava le sopracciglia. I suoi occhi ametista puntavano dritti su Magalie. Faticai a riconoscerla, ma senza dubbio quella era Pandora.

Nota delle autrici
Siamo ai capitoli finali! Woooo!
-La trinità delle sfigate

Curiosità
Mr. Baffetto è così ossessionato dai suoi baffi che, in caso di incidente, li ha assicurati per diecimila dracme d'oro.


 

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Capitolo 14
*** Facciamo la conoscenza di una divinità primordiale incredibilmente... idiota ***


Facciamo la conoscenza di una divinità primordiale incredibilmente... idiota
 
Pandora finì di suonare il brano; si inchinò ed ammiccò verso Magalie. Poi, scomparve dietro le quinte.
Sentii un nodo allo stomaco quando qualcosa di freddo mi sfiorò la gamba. Mi voltai per vedere un cameriere zombie che mi guardava con fare, come dire, suadente. Aveva l'aspetto di un quattordicenne. Aveva una costellazione di brufoli pieni di pus in putrefazione sparpagliati per tutto il viso; il naso era ormai inesistente, e rimanevano al suo posto due piccole cavità ossute. La mano penzolava dal braccio ed i suoi capelli erano crespi e stopposi. Fra i suoi denti era rimasto incastrato un pezzettino di insalata di qualche decennio scorso. In sintesi, era orripilante. Mi mise un braccio attorno al collo e mi alitò sulla faccia.
–Ehi, dolcezza, da quant'è che sei morta? Perché hai un aspetto ancora così... vivo.– Feci una risatina nervosa; in quel momento, un'idea incominciò a propinarsi nella mia mente bacata. Mi annodai un dito ad una ciocca di capelli, e dissi in modo vanesio,
–Ohh, trovi? Lo sai che sei uno zombie davvero... ehmm...– Esitai. –...carino?- Lui gonfiò il petto in modo goliardico. –Mi farebbe tanto piacere se ci portassi nei camerini dietro le quinte!-
Lo zombie esitò.
–N...non so, è contro le regole. La Signora P. non ama che gli spettatori vengano a curiosare nel retroscena.- Io giocherellai con lo scollo della maglietta.
–Che peccaaato...– Cantilenai. Se c'è una cosa che il buon vecchio Travis mi aveva insegnato, è che quando ci sono di mezzo le poppe, i ragazzi sballano. Anche se sono morti. Lui indugiò; poi fece segno di seguirlo.
–Ottima tattica, errore.- Si congratulò Isabelle. Mi girai, ma non vidi Magalie. Bisbigliai ad Isabelle.
–Pssst! Dove è finita Magalie?
–Doveva andare in bagno.
–Ancora?! Siamo in un buco sperduto e pieno di mostri dimenticato dagli dei, e lei va in bagno?!- Strepitai.
Dietro al palco scenico, dozzine di attrezzi di scena, casse acustiche e quant'altro, erano sparpagliati in ogni angolo. Su il lato frontale c'era una porta, su cui una targhetta a forma di stella riportava inciso il nome di Pandora. A illuminare la porticina, c'era un unico riflettore che mandava una luce fioca e sommessa.
Magalie non era ancora tornata; dall’altra parte della porta si udiva la voce di Pandora che parlava con qualcun altro. Non potevamo entrare così, gridando “EHI PANDORA! SORPRESA”, e non potevamo nemmeno sfondare la porta, anche se Isabelle era tentata nel farlo. Poi, guardai il ragazzo zombie e mi venne un’idea.
–Caro,– Dissi imitando la voce di mia madre, –potresti portarmi una banana split, per favore?– Sorrisi gentilmente. Il ragazzo zombie, annebbiato dalla mia voce, andò a prendere ciò che gli chiesi senza esitazione. Qualche minuto dopo, mi portò la banana split. Io gli ammiccai e gli porsi un numero di telefono… solo che non era il mio, bensì quello di Travis, che mi aveva appositamente messo nello zaino prima di partire. Era la giusta punizione che si meritava per avermi rubato la spilla. Isabelle dichiarò in modo sarcastico:
–Pensavo ti piacesse quello Stoll, non pensavo che ci provassi con i non-vivi.
–Oh, ma quello non era affatto il mio numero.
–Ma se non era il tuo allora di chi era?- Io sghignazzai.
–Quello di Travis!
–Non ti facevo così spietata, Foster.- Io per tutta risposta feci spallucce.
–In amore ed in guerra tutto è concesso!
–Oh, quindi ti piace.
–N…no, certo che no! Siamo in guerra Ross, siamo in guerra. Ricordatelo.– Detto questo, lei prese il rossetto nero di sua madre dal suo zaino e si fece delle strisce nere sulle guance, poi, con fare serio, ripeté lo stesso gesto con me.
–Forza, Errore. Andiamo.– Cercai di trattenere la risata. Misi le fragoline al burro alcoliche di Dioniso sulla banana split e bussai con la mia mano libera. Appena entrai, Pandora era seduta davanti alla sua toilette trucco e si stava aggiustando il rossetto rosso con un dito. Ci squadrò dall’alto in basso.
–Posso esservi d’aiuto?– Chiese con la sua voce acuta.
–Siamo venute per offrirle un dono dalla casa per il suo magnifico spettacolo.- Le porsi la banana split e lei la guardò sospettosa. Io le feci l’occhiolino.
–C’è un ingrediente segreto aggiunto a posta per lei!- Ora, dovete sapere che Pandora era una gran curiosona a causa del dono che le fece Hermes quando fu creata: la curiosità. Fu per questo che lei aprì il vaso e scatenò i mali nel mondo. Lei inclinò leggermente la testa e strizzò gli occhi.
–Di quale ingrediente segreto state parlando?- Io scandii la parola.
Se-gre-to.- Lei puntò i suoi occhi ametista sul dolce. Lo scrutò per qualche secondo; sembrava indecisa, ma poi cedette alla curiosità e prese una cucchiaiata di gelato abbondante dove sopra risiedeva una fragola al burro alcolica. Pandora fece un verso estasiato.
–Mhh, è dolcissimo– Dopo qualche secondo e diverse altre cucchiaiate dopo, le sue guance ed il suo naso divennero di un colorito rossastro. Singhiozzò;
Hic! Sapevo che sareste venute a trovarmi prima o poi!– Rise. –Hic! Zeus si sarebbe accorto che il mio vaso era sparito!
–Quindi sei stata tu a rubarlo!
–Ovvio, altrimenti non si chiamerebbe vaso di Pandora! Hic!
–Non fa una piega. Ma come hai fatto ad arrivare fino a là?- Lei mi diede una pacca amichevole sulla schiena e mi fece l’occhiolino.
–Diciamo… hic! Che ho avuto un piccolo aiutino! Hic!- Isabelle le strepitò in faccia,
–Chi è stato?! Parla!- Lei le rise sonoramente in faccia.
–Piccole stupide! Hic! Non avete ancora capito chi è?! Walle l’ha pure… hic! Sognato! Hic! Non hai capito chi è?!
–Come fai a sapere il mio nome?!
–Quella ragazza, quella ragazza era cooosì carina! Però…– Mise il broncio, –…sono rimasta offesa… hic! Dal fatto che lui abbia scelto un’altra invece che me!
–Chi è?!– Dicemmo in coro io ed Isabelle;
dalla cabina armadio rotolò fuori Magalie. La sua pelle sfocava dal suo colorito normale al blu cangiante, ricoperta di stelle o di nuvole. Strabuzzai gli occhi.
–M… Magalie? Sei… diventata un puffo?– Pandora si inginocchiò e cominciò a baciarle i piedi, mugugnando:
–Mio… hic! Signore! Hic!– Magalie le diede un calcio sullo sterno. Pandora perse il fiato per qualche secondo, poi si accasciò per terra e cominciò a russare sonoramente.
Magalie teneva fra le grinfie un portagioie, pieno di brillantini e strass. Sulla facciata davanti, dei piccoli cristalli artificiali prendevano la forma delle lettere che componevano il nome di Pandora in greco antico: Πανδώρα.
–Bene, bene, bene!– La sua voce aveva una doppia frequenza, la prima era quella della solita Magalie, l’altra era più dura e roca. Era uno strazio sentirla parlare.
–Vi facevo più stupide, sinceramente! Ma cosa vi siete fatte su quei bei faccini?– In quell’istante, le idee mi si affollarono nella mente: avevo risentito quella voce, e ricordavo anche l’aspetto della pelle che aveva Magalie. Sibilai fra i denti,
–Urano.–

Nota delle autrici
Shippiamo male Magalie con Urano.
-La trinità delle sfigate

Curiosità
Le ragazze non hanno tutte la stessa altezza: la più alta è Magalie, che misura 1,66m, poi viene Isabelle, che misura 1,62m ed infine Walle, che misura 1,52m.
 

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Capitolo 15
*** Facciamo una visita nei ricordi di Magalie ***


Facciamo una visita nei ricordi di Magalie
 
Urano emise una risata stridula.
–Cosa ne hai fatto della mia Magalie?! Mostro!
–Innanzitutto, non sono un mostro, bensì una divinità primordiale, sciocca. Non ti preoccupare, non ho fatto nulla alla tua amichetta; è ancora qui insieme a me...– Disse con il suo tono a doppia frequenza.
–Maledetto!– Sfoderai il chakram e lo scagliai contro di lui. Il chakram era a pochi centimetri dal suo viso e stava per colpirlo, quando l'arma si perse in un centro d'attrazione gravitazionale, per poi riapparire vicino al mio sfiorandomi e tagliandomi una ciocca di capelli. L'arma rimase inerme conficcata nel muro del camerino di Pandora. Cercai di afferrarla e di lanciarmi una seconda volta all'attacco, ma non riuscii a muovermi. Era come se delle mani invisibili mi stessero tenendo inerme. Urano, o Magalie, lascio a voi la scelta, si era messo le mani dietro la schiena e stava solcando il camerino a grandi passi. Scostai lo sguardo verso Isabelle, e notai che anche lei non riusciva a muoversi. 
–Mia dolce Walle, non è carino da parte tua cercare– Ed assunse la voce di Magalie, –di uccidere la tua migliore amica! Io sono nel suo corpo in questo momento, e se tu la uccidessi, io me ne andrei e ne cercherei un altro. E sarebbe tutto inutile, non trovi?– La divinità primordiale incominciò a parlare, perché giustamente i veri cattivoni devono fare, prima di un combattimento, il loro monologo esistenziale. Cercai di dire qualcosa, ma l'unico verso che mi fuoriuscì dalle mie labbra fu un flebile rumore gutturale.
–Non ti affaticare Walle, io riesco a leggere nella tua mente. Ti domandi come abbia fatto ad impossessarmi della tua amica, non è così?– Gli lanciai uno sguardo alla Isabelle Ross. Lui si avvicinò a me e mi sfiorò una guancia,
–Oooh, mia cara; sei così innocente. Ora vi racconterò come ho fatto ad impossessarmi di questa povera sciocca.– Poi, sibilò sottovoce. –Ha parlato l'uomo con il perizoma.– Urano si schiarì la voce; a quanto pareva, una parte della vecchia Magalie cercava di ribellarsi invano.
–Allora!– Continuò col tono di Magalie, –Già dall'inizio dell'anno scolastico, ero in cerca di un nuovo corpo. All'inizio avevo pensato di prendere il tuo, Walle; sapevo che voi tre eravate delle semidee, prima ancora che lo scoprisse quello stupido satiro. Già, proprio stupido.– Magalie sghignazzò. –Ma tu, Walle, eri protetta da due divinità, e se ti avessi posseduta, tua madre se ne sarebbe accorta che ero io, e l'avrebbe riferito a Zeus; era troppo pericoloso, così pensai ad Isabelle Ross, ma lei... mi sta antipatica, proprio come Ares. In più ha un odore strano.–
Effettivamente, Isabelle si versava quintali di colonia da uomo "sequestrata" ad un pivello del primo anno. Lei diceva che le dava un'aria più virile.
–E poi, vidi Magalie Hall. Adorabile, idiota al punto giusto e facilmente corruttibile. Lei era così fragile ed innocente; è stato un gioco da ragazzi impossessarmi di lei. Aveva un disperato bisogno di sentirsi più potente, di non essere sempre presa in giro dagli altri e chiamata "Sciocca", "Idiota" e così via. Non è vero, Isabelle?– Vidi lo sguardo di Isabelle distogliersi da quello di Urano. –E' bastato soltanto prometterle che nessuno l'avrebbe più presa in giro o maltrattata. Così, lei mi dette il suo corpo, in cambio di un po' della mia forza.– All'improvviso, lo spazio in cui ci trovavamo si distorse, e ci ritrovammo in una sottospecie di universo in scatola. Avevo paura che un asteroide mi arrivasse in faccia; era come fluttuare nello spazio, ma potevi respirare, e se Urano ci avesse liberate, anche muoversi. 
–Carina la mia prigione, non trovate? Dopo che ci passi qualche milione di anni non è più tanto entusiasmante, pero'.– Magalie si sedette su un sarcofago che fluttuava a mezz'aria. Era di un colore nero pece, probabilmente era fatto di ossidiana, con dei bassirilievi sempre di ossidiana, ma di colore verde. I bassirilievi mostravano delle scene che conducevano dalla nascita di Urano per volere di Gea, alla sua "morte" a causa di uno dei suoi figli, Crono. Credo che il ciclope che aveva scolpito quei disegni, si fosse suicidato dall'esaurimento. Io l'avrei sicuramente fatto.
Urano fece comparire battendo le mani per due volte un altro centro di attrazione gravitazionale, ma molto più grande rispetto al primo; poi, ci afferrò per il collo della maglia del Campo e ci buttò dentro il buco nero. Riuscimmo a riacquistare il possesso del nostro corpo, ma era come se non avessimo un corpo. Infatti, cercai di afferrare Isabelle con una mano, ma ogni volta che ci provavo trapassavo il suo braccio. Era come cadere in un pozzo senza fondo.
Poi, in fondo al buco, una luce accecante mi costrinse a chiudere gli occhi. Quando gli riaprii, vidi una scena che mi pareva di non aver mai visto. Era un ricordo di Urano, probabilmente. Eravamo in classe, ed io ero andata in bagno. Intanto, Magalie stava scrivendo un bigliettino d'amore per Grover, quando la signorina Stan la vide e le strappò il biglietto, ridandole il compito di francese, su cui un'enorme F scritta con un pennarello rosso risiedeva.
–Invece di pensare ai suoi spasimanti, Hall, dovrebbe impegnarsi più nello studio! E lei vorrebbe andare in un'università prestigiosa? Non credo proprio.– Magalie divenne rossa. Un gruppetto di ragazze accanto a lei incominciò a sghignazzare e a cantilenare: 
Magalie, Magalie, sempre tonta tu sarai, un ragazzo mai troverai, perché stupida resterai!– A Magalie vennero gli occhi lucidi, e scappò in bagno. Poco dopo, Magalie entrò in bagno singhiozzando fortemente, e si aggrappò al mio ventre mentre mi stavo lavando le mani. Mi ricordavo di quella scena, ma nel ricordo di Urano c'era un piccolo particolare di cui non sapevo niente: Urano, appunto. Lui era lì, più o meno. Era come un fantasma, senza forma fisica, come se fosse stato un ammasso di roba incorporea. Non aveva né occhi né bocca, ma riuscii a capire che stava scrutando la me del passato e Magalie. Sentii una voce, probabilmente il suo pensiero.
Bene, bene, bene; Magalie Hall, eh? Sarai perfetta.

Io ed Isabelle venimmo scaraventate brutalmente in un altro ricordo. 
Magalie piangeva nella sua enorme camera da letto; quella stanza era tipo cinque volte più grande della mia. Era un trionfo di rosso scuro, oro, vaniglia e verde. Sulle pareti c'erano degli arazzi che raffiguravano il dio Apollo e diversi poster di band, quali: Muse, Green day, Imagine dragons, Radiohead, Nirvana ed altre band della quale non avevo mai sentito il nome. Magalie era distesa sul letto a baldacchino e stava singhiozzando convulsivamente, quando, davanti a lei, comparve Urano, o meglio, una specie di Blob informe spaziotemporale. Magalie non appena lo vide emise un urletto spaventato, e lo fece pure il Blob, ed ero tentata di farlo pure io. Quell'ammasso di roba non poteva essere Urano, sembravano più delle feci divine. 
Urano si schiarì la voce.
–Perdonami per questo mio orrendo aspetto, un tempo non ero così.– Magalie inclinò la testa da un lato e lo accarezzò.
–Oh, povero piccolo Blob.
–Non sono un Blob! Sono Urano, una delle divinità primordiali! O almeno... lo ero, fino a quando uno dei miei figli non mi spezzettò e mi rubò il trono, in combutta con mia moglie Gea.
–Sì, ed io sono la regina Elisabetta, piacere.
–Non prendermi in giro, Magalie Hall! Io lo so perché stavi piangendo, io ho visto tutto. Gli altri ti deridono, ti chiamano sciocca, e ti maltrattano. Non è frustrante?– Magalie fece un debole cenno con la testa.
–Ahh, lo immaginavo; ma vedi, io posso aiutarti. In cambio di un piccolo favore, s'intende...
–Mamma dice che i titani sono brutti e cattivi.
–Tua madre è una donna molto intelligente, ma inopportuna. Io posso darti tutto il potere che vorrai, potrai avere finalmente altri amici, oltre che a Walle Foster. Potrai essere popolare, potrai avere persino quel... ragazzo... di nome Grover Underwood, se tu in cambio mi ospiterai nel tuo corpo.
–Nel mio corpo?
–Sì, cara.
–Non saprei, io... 
–Prenditi tutto il tempo necessario; so che farai la scelta giusta.–

Ci ritrovammo nella cabina di Apollo, dove Will Solace passava a dare baci sulla fronte a tutti i suoi fratelli e sorelle prima di coricarsi a letto. Passò da Magalie, e le schioccò un sonoro bacio sulla fronte. 
–Buonanotte Magalie, fai sogni d'oro.
–Buonanotte, Will.–
Magalie si addormentò qualche minuto dopo, e ci ritrovammo nel campo di grano. Magalie incominciò a vagare, come se fosse in trans, fino ad arrivare sotto una quercia, dove Urano, dalle sembianze un po' più umanoidi, stava riposando.
–Allora, mia cara, ho saputo che ti hanno assegnato un'impresa. Dimmi, qual è la tua decisione?
–Se tu prenderai il mio corpo, io diventerò più intelligente, vero?
–Esattamente, Magalie.
–E non sarò di peso per le mie amiche, vero?
–Certo che no. Ti aiuterò personalmente a difenderle in caso di necessità. 
–Okay, allora ti do il permesso di prendere il mio corpo.– Urano sogghignò, si mise in piedi, si sistemò il perizoma e porse la mano a Magalie. Magalie la afferrò e la strinse; il patto venne sigillato con del fuoco fatuo.
–Affare fatto, allora.– Urano si dissolse in una nebbia simile alla foschia e venne esalato da Magalie, che cadde in ginocchio dolorante quando Urano prese il possesso del suo corpo.
Magalie si risvegliò medida di sudore. Aveva gli occhi sbarrati ed il fiato corto. Will, che era in uno dei letti vicini, sussurrò nel buio:
–Sorellina, hai avuto un incubo?
–Ehm...– Le vennero le lacrime agli occhi; –Sì, Will, p... posso dormire con te stanotte...?– Will fece spazio nel suo letto e Magalie ci si coricò sopra; poi, Will le rimboccò le coperte e Magalie lo abbracciò, per poi addormentarsi nuovamente. Immagino che sia stata una notte infelice per Will, dato che quando facevamo i pigiama party, Magalie nel sonno me le dava di santa ragione.

Ricapitammo in un altro sogno, quello in cui avevo assistito anch'io, in minima parte. Magalie era vestita con una toga ed una corona di alloro; Urano la rimproverava severamente.
–Non è così difficile; recupera il vaso che ho fatto rubare a Pandora sotto il mio influsso, e portalo al mio cospetto.
–Mi scusi Padrone, sto facendo del mio meglio, ma...
–Stupida mortale! Non sei ancora riuscita a fare ciò che ti avevo detto! 
–Mi scusi, Padrone.
–Pandora, la tua progenitrice, era molto più furba di te, anche perché quello stupido di Hermes le aveva dato il potere della curiosità. Se non riuscirai a fare ciò che ti avevo ordinato di fare, il nostro accordo salterà, e sai quel che accade se l'accordo salta, vero? Le tue amiche moriranno.
–Sì, padrone.–
A quel punto, la stupida me del sogno li interruppe.

L'ultimo ricordo si svolgeva nella casa di Sandy Ross. Mentre io ero in bagno ed Isabelle era chiusa in camera, Magalie stava gironzolando per casa, fischiettando, quando notò il libro dei ricordi della signora Ross. Gli diede una rapida occhiata, fino a che i suoi occhi non scorsero la pagina di Urano. 
–Ben descritta– Sibilò con la sua voce a doppia frequenza. –Fin troppo ben descritta. A questo libro serve una ritoccatina.– E con un impeto di rabbia, strappò per metà la pagina. Stava per strappare anche l'altra metà, quando la signora Ross stava per entrare. 
–Cara, ho sentito che Isabelle ti stava cercando!
–Okay!– Disse con la sua solita voce squillante. Salì le scale e scomparve al piano superiore.

Dopo quest'ultimo ricordo, tornammo prepotentemente nella prigione di Urano. Isabelle aveva la faccia verdognola per lo sballottamento del viaggio, mentre Magalie era ancora seduta sul sarcofago a gambe incrociate, sorseggiando una tazza di tè, e ricominciò a parlare con il suo tono a doppia frequenza.
–Il resto potete anche averlo capito da sole, infatti adesso ho quasi il pieno potere della vostra amica! E presto, sarete distrutte. Insieme a tuuuuuutti gli dei dell'Olimpo. Quei maledetti sono frutto del seme di mio figlio Crono; ho persino scoperto che ha provato ad abbattere l'Olimpo, ma poveretto, non c'è riuscito. Ora tutti pagheranno per ciò che loro padre fece a me. E ben presto, dominerò il mondo, rendendo gli dei miei schiavi. Mi sento clemente oggi, avrei bisogno di un generale che guidi il mio esercito in futuro. Mia cara Isabelle, tu potresti essere perfetta. Tutto il potere che vorrai, io te lo concederò. Ed avrei pure bisogno di qualcuno che insieme a me governi sul trono, Walle. Saresti una regina perfetta. Che ne dici, cara?– Schioccò le dita e ritornammo di nuovo libere. Isabelle ruggì;
–Non volterei mai le spalle a mio padre ed ai miei compagni!
–Capisco.– Disse in tono irritato Urano. –E tu, invece, Walle?– Io, per tutta risposta, gli sputai in faccia. 
–E' questa la tua decisione finale?– Disse pulendosi dallo sputo rabbioso; –So che cambierai idea, prima o poi. Ma ti sei comportata male, Walle, ed adesso ti dovrò punire.–

Nota delle autrici
Urano ci prova con Walle.
-La trinità delle sfigate

Curiosità
Effettivamente, Urano ha una cotta per Walle.

 

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Capitolo 16
*** Cerco un modo disperato per salvare la situazione ***


Cerco un modo disperato per salvare la situazione

Urano scese dal suo sarcofago.
–Cattiva, Walle, bimba cattiva. Ora ti darò una bella lezione.– Cercai freneticamente la mia spilla sulla maglia, ma sfortunatamente il chakram era rimasto conficcato nel muro del camerino di Pandora; Urano tese la mano verso di me, e mi afferrò per i capelli, e con l'altra mano mi toccò la fronte; sentii il mio stomaco gelarsi, e subito dopo venni sballottata nello spaziotempo e finii scaraventata a dieci metri di distanza da dove ero prima, sbattendo la schiena contro un asteroide. Tossii del sangue, e mi rialzai barcollando. Isabelle intanto era sfrecciata all'attacco verso Urano con un grido di guerra. Urano sibilò:
–Povera sciocca.– Lo spazio si deformò attorno al braccio di Isabelle, stritolandole l'avambraccio sinistro. Sentii l'osso scriocchiolare come se fosse un pezzettino di gesso, subentrato subito dopo da un urlo straziante da parte di Isabelle, che aveva lasciato cadere il pugnale regalatole da suo padre. Con l'altro braccio, ancora integro, si reggeva l'avambraccio sinistro ormai rotto e colante di sangue. Io corsi verso di lui; non avevo un'arma, ma non potevo restare a guardare. Così, gli sferrai un pugno nello stomaco; lui rise, 
–Oooh, credevi forse di farmi qualcosa, cara? Io sono nel mio habitat naturale in questo momento; posso rigenerarmi quando voglio.– Così dicendo, mi prese per il collo, sollevandomi; sentii le sue falangi premere contro la mia trachea. Mi si appannò la vista, e cercai disperatamente di allentare la sua presa contro il mio collo, battendo pugni e graffiando il suo braccio. Mi si stavano per appannare completamente gli occhi dalle lacrime, quando lasciò la presa. Caddi in ginocchio fluttuando, respirando in modo irregolare e cercando di ricacciare le lacrime indietro. 
Delle gocce di sudore freddo imperlavano la fronte di Isabelle, che disperatamente scagliò il suo pugnale contro Urano, ma quest'ultimo deviò la traiettoria dello spazio ed il suo pugnale si andò a conficcare nella mia spalla destra. E credetemi, quando vi dico che un pugnale con la lama ondulata conficcata nella spalla fa male, fa veramente male; c'era una ragione se chiamavo quel pugnale "pugnale della morte eterna". Strepitai di dolore. Isabelle "corse" da me, chiedendomi scusa una decina di volte, e con il braccio che era ancora sano, mi sostenne in piedi. 
–Sei un mostro! Come puoi scagliare le nostre stesse armi contro di noi?!– Urano/Magalie ridacchiò.
–Vi avevo avvisate. Io vi ho offerto un posto d'onore nel mio esercito, e voi avete rifiutato! Adesso non venite a piangere ai miei piedi per risparmiarvi. A meno che... non vi prostriate al mio cospetto, chiedendo perdono, e giurando a me eterna devozione.– 
Io sogghignai, e con voce calma, risposi:
–Se tu fossi la mia salvezza ed io stessi annegando nello Stige, preferirei annegare piuttosto che essere salvata da te.– Urano digrignò i denti e la sua voce divenne più forte ed acuta allo stesso tempo.
–Piccola impudente, come osi parlarmi così?! Cambierai idea, prima o poi! Io diventerò il tuo signore e padrone, e tu dovrai ubbidire soltanto a me!– Detto ciò, mi dette un potente schiaffo, che mi scaraventò in un buco nero. 

Pensai di essere morta. Era come se fossi stata inghiottita nuovamente in un pozzo senza fondo; l'oscurità mi opprimeva, e tutto intorno a me taceva. Poi, sentii delle braccia enormi cingermi il corpo. Voltai di poco la testa e vidi mia madre, Hera. Solo che era nella sua forma divina. Se fossimo stati sulla superficie terrestre, sarei sicuramente morta, ma dato che lì le leggi della fisica non valevano, mia madre poteva anche assumere le sue sembianze divine.
–Sei stata molto brava, Walle. E mi stai rendendo orgogliosa di te, cara; Apollo mi ha riferito di alcune vostre avventure. E' stata una faticaccia riuscire a convincere Apollo ad assumere le sembianze di Sandy Ross. Sostiene che i vestiti da donna gli facciano il sedere troppo grande. Ma alla fine, ci sono riuscita senza che Zeus si accorgesse di nulla. Anche se, quando eravate nel Tennessee, Zeus ha cercato di uccidervi, influendo sull'impresa attivando quelle stupide macchine.– Mi accarezzò i capelli. –Per fortuna che c'era Efesto da quelle parti; pero' non mi piace che frequenti Efesto, tesoro mio.
–Ma madre, è il mio fratellastro...
–E con ciò? Potrebbe avere una cattiva influenza su di te! Non voglio che la mia piccina diventi un maschiaccio che sporca i suoi abiti con dello schifoso olio da motore! Solo a pensarci mi vengono i brividi. Ma non divaghiamo. Tu mi stai rendendo molto contenta di non averti ucciso appena sei fuoriuscita dal mio ventre, ma... mi renderesti ancora più orgogliosa se allontanassi Urano da quella sciocca ragazza. 
–Lei non è una sciocca, madre!– Hera assunse un'espressione estrefatta.
–Non provare a rivolgerti così a tua madre!– Disse in tono lacrimevole. –Io... io cerco solo il meglio per te, piccina!– Si asciugò una lacrima di coccodrillo. –Ecco, sono qui per questo, infatti. Tieni questa spada per allontanare Urano. E' una delle tre spade della Regalia. Si chiama Curtus. Solo i nobili ed i grandi cavalieri l'hanno posseduta. Ora io te ne faccio dono.– Mi porse la spada. Sulla lama c'era scritto in greco antico: "Il mio nome è Curtana e sono dello stesso acciaio celeste e della medesima tempra di Gioiosa e Durlindana." Appena la presi in mano, sentii il sangue ribollirmi nelle vene; la forza che emanava quella spada era straordinaria. Ero certa che se l'avessi accostata all'orecchio, avrei sentito il sibilo delle mille battaglie che aveva combattuto Curtana. Mia madre mi dette un bacio sulla fronte. Emanava un'aura dorata di divino splendore, che mi stava quasi per accecare.
–Ora va', Walle. E prendi il tuo posto fra gli Eroi.–

Mi rialzai, e ripresi a respirare, come se per tutto il tempo fossi stata in apnea. Il buco nero si era dissolto attorno a me, facendomi ricadere nello spazio. Il tempo sembrava essersi fermato mentre io ero imprigionata nel centro di attrazione gravitazionale.
Mi guardai la mano, e vidi la lama argentea di Curtana. Non poteva essere stato un sogno, ma mia madre non poteva certo trovarsi realmente lì. Era come se la sua forza spirituale fosse venuta in mio soccorso quando ero ormai al limite. 
Isabelle era malridotta, probabilmente aveva tentato disperatamente di riuscire a sconfiggere Urano con le sue sole forze, con il risultato che in quel momento giaceva inerme sulla piattaforma di quello spazio in scatola. Era piena di lividi e graffi. Su una tempia, del sangue rappreso appicicava i capelli alla pelle. L'avambraccio sinistro era ridotto in malomodo: si vedevano dei lembi di pelle ed alcuni luccichii bianchi dell'osso.
Impugnavo Curtana saldamente, quando, nella mia testa, risuonava una voce tagliente ma allo stesso tempo carezzevole.
"Attacca, giovane Eroe. Sono stata dormiente per troppo tempo, adesso è il tuo turno. Attacca la divinità primordiale e tingi la mia lama del suo icore."
All'inizio credetti che fossi impazzita, infondo anche se sei una semidivinità, sentire delle voci non è proprio un buon segno, ma quella spada scaturiva in me un'enorme potere, e senza altri indugi, mi scagliai su Urano e lo ferii con la lama nel ventre. Urano rideva sadicamente; ma quando notò che la ferita non si stava curando, smise di ridere e mi guardò con un'espressione quasi spaventata.
–Non può essere– gemette; –Dovrebbe uscire del sangue, non dell'icore!– Urlò rabbioso, tamponandosi la ferita con la mano bluastra. Dalla ferita, infatti, non fuoriusciva il sangue di Magalie, bensì l'icore di Urano. 
–Stupida meticcia! Tu sei solo un errore, uno stupido errore nato da una notte di baldoria fra quella donna dai facili costumi di Hera e quel misero pittore da due soldi! Tu non hai idea di cosa sono capace di fare!– E con un gesto della mano, mi scagliò lontano, facendomi rotolare nell'iperspazio. –Il mio corpo– urlò, –IL MIO BELLISSIMO CORPO! Come hai osato? Me la pagherai, Walle Foster! Comincerò prendendo una delle cose a cui tieni più al mondo; la vita di una delle tue più preziose amiche.– Trascinò il corpo di Isabelle a sé, mentre lei urlava ed imprecava contro di lui, fendendo pugni e calci al povero corpo di Magalie. Urano la immobilizzò, e con un altro schiocco di dita, il pugnale che giaceva perduto nell'iperspazio comparve nella sua mano. Alzò il pugnale in aria e stava per fendere un colpo al collo di Isabelle, quando io gridai:
–MAGALIE, FERMATI!– La lama si fermò sotto il suo mento, e volse lo sguardo verso di me. Io ero a carponi, e tendevo un braccio verso di lei. –So che riesci a sentirmi, Magalie. Scusami se non sono riuscita a proteggerti, ma... in fondo, so che tu non vorresti uccidere Isabelle, e sai che quando ti chiamava idiota lo faceva con... affetto! Pensa a lei, pensa a tua madre, pensa a tuo padre, pensa a Will ed ai tuoi fratelli, pensa... pensa a me! Ti ricordi il nostro primo incontro? Eravamo all'asilo, e quello stupido di Danny Fisher ti aveva rubato il gelato; così, visto che piangevi convulsivamente, io ti cedetti il mio! Da quel giorno non ci siamo mai separate! Io lo so che puoi sentirmi! Ti prego, non farlo!– La mano di Urano tremò leggermente sotto al collo di Isabelle, mentre lei sbarrava gli occhi e restava immobile, come se fosse di pietra. Per un attimo, riuscivo a vedere il vecchio sguardo di Magalie. Gli angoli della bocca di Magalie si inarcarono in un sorriso, e poi cinguettò piangendo, con la sua voce:
–...No!– E la lama tranciò la candida pelle di Isabelle, che non urlò, ma emise solo uno stridulo rumore gutturale. 
Non ricordo bene cosa successe in quegli attimi. Avete presente quando vedete un film, e ci sono scene del genere, in cui il protagonista urla, ma non c'è l'audio? Ecco, la scena era più o meno quella.
Mi gettai sul corpo di Isabelle Ross, ormai fluttuante. Lei si teneva entrambe le mani sulla ferita, cercando disperatamente di non far fuoriuscire il sangue, che ormai imbrattava le sue mani e la maglia del campo. Non poteva parlare, ma i suoi occhi esprimevano tutta la paura possibile. Io biascicavo fra le lacrime.
–Va tutto bene, non ti preoccupare, andrà tutto bene, starai bene, troveremo Apollo e... e... lui ti guarirà!– Isabelle si tolse una mano dal collo e mi mise un dito sulle labbra in segno di silenzio. Con una voce vagamente percettibile, Isabelle mormorò:
–Dì a Magalie che le voglio bene, e che non ce l'ho con lei.
–Non parlare!– Cercai di non farmi appannare la vista dalle lacrime, strusciandomi convulsivamente i palmi delle mani sugli occhi. –Andrà tutto bene!
–Non andrà bene– Disse sputacchiando del sangue. Dalla bocca, ormai fuoriusciva un fiotto di sangue scarlatto, e con un ultimo mormorio, disse:
–Walle, uccidi Urano per... per... m...– Il suo sguardo si perse nel vuoto, come quello degli zombie che avevo visto nel cabaret. Io la strinsi fra le mie braccia e le costai una ciocca di capelli ricci dietro l'orecchio destro. Il suo sangue mi macchiò le mani e la maglietta, e le mie lacrime caddero sulle sue guance:
–Andrà tutto bene... andrà... tutto...– Ed emisi un urlo straziato. Lasciai delicatamente il corpo di Isabelle. Il mio volto era ormai inespressivo. Cercai l'elsa della mia spada nell'iperspazio a me vicino, quando, alzando gli occhi, notai una scena che tutt'ora mi mette i brividi.
Urano stava discutendo da solo, o per meglio dire, con Magalie.
–Stupida sciocca, cosa stai facendo? Smettila! L'avevi promesso– Disse la voce di Magalie, lacrimando dall'occhio destro; –Avevi promesso che non avresti fatto del male alle mie amiche. Beh, ti ho mentito. Ma ormai ho preso il possesso del tuo corpo, e tu non puoi farci niente. Ma se ti sto parlando, significa che tu non hai ancora il possesso del mio corpo. E dato che mi hai tradit...– Urano, con le ultime forze che gli rimanevano del controllo del corpo di Magalie, aprì la bara, da cui un orribile vapore verdognolo si diffuse nella stanza; battè le mani, ed un ultimo e minuscolo buco nero comparve dinanzi a lui, risucchiando il vapore verdognolo al suo interno. 
ORA BASTA! IL PATTO E' SCIOLTO!– Urano ridette sbeffeggiandola.
–Non ho più bisogno di te, stupida mortale. Sono riuscito a riaprire il sarcofago grazie a te. Io non potevo, dato che non avevo un corpo, ma grazie a te, risorgerò presto! Ci rivedremo, Walle Foster.– Urano fuoriuscì dal corpo di Magalie come c'era entrato, sottoforma di nebbia azzurra. Per un istante, pero', mi parve di vedere che avesse riacquistato la forma umana, che usava quando appariva nei sogni. Poi, venne risucchiato dallo stesso buco nero da cui era stato inghiottito il vapore verdognolo, e scomparve con il resto dell'universo in scatola dentro cui eravamo, facendoci ricadere pesantemente in una cella di roccia con delle sbarre di bronzo celeste. Persi lucidità per qualche minuto, fino a quando non mi resi conto che eravamo di nuovo nella vera cella di Urano; probabilmente, lo sfondo dell'universo era stato creato da Urano solo perché era un megalomane, ed in realtà lo scontro era avvenuto in un'altra dimensione. Così, strisciando sul ventre nel terreno roccioso e melmoso della cella, arrivai a Magalie, che era poggiata al muro di roccia con la testa sul petto, ed i capelli arancioni le ricadevano davanti. Probabilmente era svenuta. Mi avvicinai e trascinai insieme a me il cadavere di Isabelle Ross, e mi appoggiai al muro, tenendomi sulle gambe il corpo inerme di Isabelle e mettendo l'altro braccio attorno al collo di Magalie. Rimasi così nella cella buia, illuminata soltanto dallo sbrillucichio delle gemme artificiali dello scrigno di Pandora che rilucevano dallo zaino socchiuso che era rimasto abbandonato in un angolo della cella. Non ho idea di quanto tempo trascorremmo lì dentro: potevano essere minuti come potevano essere delle ore. L'unica cosa certa, è che nella penombra di quella cella nel Tartaro, mormorai:
–Va tutto bene.–


Nota delle autrici
En: Mi sento un mostro...
Gum: A chi lo dici...
Deb: *piange in un angolino*
P.S: la fanfiction non potrà essere aggiornata per le prossime due settimane, causa: vacanze estive !, perché non siamo semidee(anche se ci piacerebbe molto)e abbiamo bisogno anche noi di un po' di relax, ogni tanto.
Curiosità
Vincent Foster in realtà prima di fare il pittore, frequentava l'università di legge, ma dopo aver visitato il Musée d'Orsay, decise di abbandonare gli studi per cimentarsi nella pittura, in cui spiccava già da bambino.
 

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Capitolo 17
*** Festeggiamo la fine dell'impresa con i botti ***


Festeggiamo la fine dell'impresa con i botti
 
Dopo diverse ore, o almeno così mi sembravano, Magalie scostò il viso e mi puntò i suoi grandi occhi castani addosso. Poi, il suo sguardo ricadde sul corpo di Isabelle. Si raggomitolò nel suo angolino e sprofondò il viso nelle ginocchia che si era portata al petto. Credo che stesse piangendo, anche perché emanava latriti come quelli di un cane; certo, se non stava piangendo, allora aveva ingoiato un fischietto per cani.
Magalie singhiozzò;
–È... è tutta colpa mia! Sono un mostro! Ho ucciso Isabelle!– Poi si buttò sul mio petto, e borbottò qualcosa di incomprensibile. Sospirai,
–No. Non lo sei, Magalie; Isabelle non ce l'ha con te. Ha chiaramente detto che ti vuole bene. E poi... non sei la sola a doverti addossare la colpa. La profezia l'aveva detto, ma io non l'avevo capita, non ve l'ho mai rivelata. Se ve l'avessi raccontata prima... forse tutto questo non sarebbe successo.
–Non puoi cambiare una profezia, Walle.–
Odiai ammetterlo, ma forse Magalie aveva ragione.
–Forza, dobbiamo uscire di qui.– Sussurrai.
–Ma come possiamo farlo? Non abbiamo più dracme, non possiamo mandare messaggi, siamo nel Tartaro... e non c'è modo di uscire da queste sbarre!– Le tirai un ceffone. Non le volevo fare male, ma se mi fossi dimostrata debole anch'io, ci saremo morte in quella schifo di cella, e visto che Isabelle non c'era più, dovevo prendere pure il suo posto.
Isabelle almeno avrebbe voluto così. Perciò, mi issai il corpo di Isabelle in spalle, nonostante la ferita sulla spalla destra. Quando entrammo per la prima volta nel Campo ed io ero ferita a causa di quel mastino infernale, lei mi aveva aiutata; ora, nonostante lei fosse morta, mi sentivo obbligata a ripagare quel debito. Afferrai per un braccio Magalie, e con l'altra raccolsi la spada da terra. Per sicurezza, decisi di prendere io lo zaino col vaso; non sia mai che ci fosse ancora qualche briciolo dell'uomo col perizoma in lei.
Mi sentii come Enea quando scappò da Troia portando sulle spalle il padre Anchise ed il figlio Ascanio. Mi misi lo zaino a tracolla contenente il Vaso ed impugnai la spada.
Fendetti colpi su colpi alle sbarre, ma quelle maledette non davano segni di cedimento. Ogni volta che la lama di Curtana si scontrava contro le sbarre, produceva delle scintille argentee. Magalie sussurrò:
–È finita. Abbiamo perso.
–Non è ancora finita finché siamo ancora vive!– Tirai colpi su colpi alle sbarre, ma sembrava tutto inutile; era difficile respirare in quel luogo - l’aria era pesante, acida e melliflua. Guardai attraverso le sbarre; eravamo dentro un buco su una parete rocciosa. Se provavo a guardare di sotto, il mio occhio si perdeva nell’oscurità, e sapevo che se fossi caduta da là, non ci sarebbe stato alcun impatto, dato che era proprio come un buco nero di Urano; nero e senza fine. Decisi che, seppur fossimo riuscite ad oltre passare le sbarre, non sarebbe stata una grande idea farsi una caduta libera nel nulla. Così, feci la cosa più naturale del mondo. Mi misi ad urlare.
–C’è qualcuno qui? Ehilà? Ade? So che riesci a vedermi. Tira le nostre chiappe fuori da qui.
–Ehm, Walle… io non credo che insultare il signore dei morti ci aiuterà.
–Taci, sgozzatrice!– Probabilmente non era una delle cose più carine che dissi. Ma, capitemi; mi stavano per venire le mestruazioni, una delle mie migliori amiche era morta uccisa dall’altra mia migliore amica, un folle col perizoma era appena riuscito a scappare col suo corpo dal Tartaro e probabilmente stava già organizzando la conquista dell’Olimpo, Zeus ci avrebbe fulminate se non gli avessimo portato quel vaso entro la fine del quattro Luglio e mi trovavo rinchiusa in una cella dove aleggiava un vago odore di hot dog, non volevo sapere il perché; ma sinceramente, faceva schifo. Magalie iniziò a singhiozzare. Persi completamente la calma ed incominciai a battere i piedi per terra ed a strizzare gli occhi come una bambina che vuole il suo giocattolo.
–Ade! Porta quelle tue chiappe ossute qui ed aiutaci!– Sentii che alle mie spalle Magalie stava trattenendo il fiato, spaventata. Al che, riaprii gli occhi, per poi ritrovarmi nella sala del trono di Ade. Rimasi sconvolta per qualche secondo: guardavo con una faccia stupida il dio dei morti, che mi stava squadrando dall’alto in basso mentre teneva le gambe accavallate. Il palazzo era fatto anch’esso di ossidiana nera; doveva proprio andare di moda negli Inferi! Chissà, magari per l’anno successivo sarebbe andato di moda il topazio. Immaginai quei poveri ciclopi che ricostruivano interamente il palazzo di Ade di topazio solo per un capriccio di Persefone. Lo scranno di Ade era fatto da ciò che parevano essere ossa umane fuse. Accanto ad esso, risiedeva un trono nero, a forma di fiore con delle dorature sui bordi, leggermente più piccolo rispetto a quello del signore dei morti.
Ade interruppe il silenzio parlando in tono sprezzante.
–Visto, Foster? Ho portato le mie chiappette ossute al suo cospetto, oh, mia signora.– Sentii le mie orecchie avvampare.
–Ehm, mi scusi, non volevo offenderla.
–Certo che no signore, non offenderemmo mai sua signoria! E poi sa…– Magalie sembrò esitare. –...lei… lei è pure la mia divinità preferita.– Ridacchiai.
–Certo, ora gli dirai pure che hai fondato un suo fan-club personale, no, Magalie?–
Ade interruppe il nostro battibecco con un cenno della mano. –Walle Foster, sei seccante come tua madre.–
Mi sentii quasi offesa.
–Le ricordo che mia madre è anche sua sorella.
–Se tu non fossi figlia di Hera, ti avrei lasciata a marcire nel Tartaro insieme alla tua amichetta. Oh, ma niente di personale.– Sospirai.
–Senta, lei ha tutto il diritto di odiarmi, ma la prego, ci aiuti– Dissi in tono supplichevole, prendendo in braccio il corpo di Isabelle. Non so se gli facessi pena o se infondo gli stessi veramente simpatica; entrambi eravamo comunque due reietti. Io ero un errore, e per questo ero stata allontanata; lui invece era stato esiliato in quello schifo di posto. Non c’era poi da sorprendersi se era così tanto burbero. Ma decise di aiutarci. Scese dal trono.
La sua figura divenne meno imponente a mano a mano che si avvicinava; indossava una corona d’oro intrecciato ed una lunga veste nera, nella quale parevano esserci imprigionate le anime dei dannati. Era particolarmente pallido, come un cadavere. I capelli corvini gli incorniciavano il viso, ed i suoi occhi neri come la pece mi trafiggevano l’anima. Prese il corpo di Isabelle, pronunciò qualche parola in greco antico ed il corpo si dissolse in una tiepida polvere argentata.
–Dove...– Ade mi precedette.
–La vostra amica è ora sotto giudizio dei miei giudici.
–Sta...starà bene?– Chiese titubante Magalie.
–Non mi interessa.– Disse Ade, avvicinandosi a quel che sembrava un mini-bar… solo che anch’esso pareva esser fatto di ossa umane. Si versò nel bicchiere fatto con un cranio del liquido denso e rosso scuro, come quella cosa che ci avevano fatto passare per Bloody Mary al cabaret. –Non dovreste riportare il vaso di Pandora a Zeus? E’ il quattro Luglio, oggi, e manca solo mezz’ora alla mezzanotte.
Di immortales!– Imprecò Magalie. –Non ce la faremo mai in tempo!–
Fissai Ade; lui inarcò un sopracciglio in risposta. –Foster, smettila di fissarmi, sei inquietante.
–Parla lei, eh?
–Non ho mai incontrato una semidivinità più sfacciata di te. Hai lo stesso… tono sprezzante di una divinità. E non parlo di divinità “simpatiche” come Zeus, ma parlo proprio di quelle ancora più fastidiose, tipo… tipo… tua madre.
–Beh, sarà una dote di famiglia, zietto.– Ade sembrava sbalordito quanto schifato.
–Sarò sincero, non mi sono mai divertito così tanto in tutta la mia eterna vita. D’accordo, vi aiuterò. Ma solo per questa volta. E guai a voi se ritornate quaggiù.– Schioccò le dita e delle fiamme nere ci fecero sprofondare nell’entroterra. L’ultima cosa che vidi prima che tutto si facesse un ulteriore volta buio, fu il ghigno di Ade che mormorava: –Ci vediamo sull’Olimpo, nipotina.–

Percy mi aveva parlato dei viaggi nell’ombra, ma quello non era stato un viaggio nell’ombra: era stato qualcosa di peggio. Non mi sorprese che Magalie si mise a vomitare una volta arrivate davanti all’Empire State Building. Io stessa faticavo a trattenere i conati di vomito. Quando ci fummo stabilizzate, afferrai il primo passante che vidi e gli urlai in faccia:
–Che ore sono?!– Il poveretto mi guardò come se stessi per mangiargli la testa da un momento all’altro.
–Ma… mancano dieci minuti a mezzanotte, non mi uccida!– Lo lasciai con uno strattone. Il mio aspetto doveva somigliare a quello di una folle - e probabilmente lo ero, con un sopracciglio mancante, una ciocca di capelli andata, una ferita alla spalla ed i vestiti sporchi di sangue rappreso. Dovevo assomigliare ad un cannibale. Afferrai Magalie e la trascinai all’interno dell’Empire State Building. Quando entrai, non trovai il portinaio come al suo solito, ma Hermes, che si guardava l’orologio.
–OH ME STESSO, SIETE VIVE! Pensavo che alla fine dovessi celebrare un funerale anziché un matrimonio. Ma come diavolo vi siete conciate…?– Io, che già ne avevo abbastanza, non risposi proprio cordialmente ad Hermes, perché ormai la mia sanità mentale era rimasta incastrata nel Tartaro.
–La fai facile tu, non hai dovuto combattere contro un uomo in perizoma assetato di sangue!– Mi guardò come per dire, “Ehi, ehi, bambolina, hai per caso lasciato le rotelle nel laboratorio di Efesto?”
–Sì, certo, certo.– Martha comparve sull’orecchio destro della divinità, come un orecchino molto chic uscito direttamente dagli anni ‘80.
“Hermes, lasciale andare, hanno solo cinque minuti di tempo prima che Zeus le folgori!” George comparve sull’altro orecchio.
“Ehi! Mi avete portato un ratto?”
–Al Tartaro te ed i tuoi ratti!– E scappammo dentro l’ascensore. Prima che le porte si chiudessero, sentii il sibilo di George: “Allora è un no?” Poi, l’ascensore si chiuse del tutto.
Tamburellavo le dita su uno dei miei bracci incrociati, mentre mandavo occhiate nervose allo zaino in cui era racchiuso il vaso. Magalie cercava di confortarmi, ma io ormai ero nel mio “posto felice”, dove qualsiasi cosa mi dicessero, la loro voce era oscurata dal rumore di onde e il verso dei gabbiani. Poi una figura comparve nel mio sogno ad occhi aperti; era Travis in versione bagnino, ed era così strano che subito mi fece riacquistare la lucidità.
–Ehi Walle, mi ascolti?
–Certo, stavamo parlando di Travis in costume da bagn… eh!
–A Walle piace Travis, a Walle piace Travis!– Cantilenò Magalie. Per un istante, l’idea di strangolarla mi era parsa buona e giusta, quando l’ascensore emise un cigolio e subito dopo si sentii un rumore sordo provocato da sopra l’ascensore. Tutte le luci si spensero, tranne quella di emergenza. Alzai lo sguardo verso la minuscola lampadina che aleggiava sopra le nostre teste.
–Che cosa ho fatto di male?!– Invaii contro il nulla; cosa avevo fatto? Non avevo certo offeso e fatto la saccente con alcune delle divinità! ...Ma figuriamoci, soltanto uno scemo lo farebbe. Magalie piagnucolò.
–Che cavolo!– Appoggiai la schiena contro la parete di metallo e mi abbandonai sul pavimento.
–Beh, ormai è la fine. L’ascensore è rotto, noi non potremo andare sull’Olimpo e se non ci uccide l’asfissia, lo farà di certo Zeus carbonizzandoci.– Magalie sembrò arrendersi, e si mise a sedere accanto a me. Beh, fra tutti i miei pregi, sicuramente essere un leader non era fra questi.
–Davvero Isabelle ha detto che mi voleva bene?– Le sorrisi.
–Ha importanza? Tanto fra poco la raggiungeremo, potrai chiederlo direttamente a lei.– Magalie ridacchiò.
–Sì, hai ragione. E’ stata l’estate più bella della mia vita.
–Tesoro, non voglio sapere qual è stata la più brutta allora.
–Quella in cui…
–Era sarcasmo!
–Mhh… certo, sì, l’avevo capito.– Si sentii un boato, e subito dopo tutte le luci si riaccesero. L’ascensore sfrecciò in alto in maniera innaturale, come per magia, facendomi quasi sbattere la testa contro il quadrante dei pulsanti. Magalie si aggrappò alla sbarra di metallo; poi, tutto di un colpo, l’ascensore si fermò, e spalancò le porte davanti all’Olimpo, e come volevasi dimostrare, Magalie vomitò in uno dei vasi che qualche divinità minore aveva piantato. Sì, una pianta di vasi! A quanto pare, nascevano così.

Arrivammo davanti al portone della casa degli dei, ma era chiusa, così ci mettemmo a bussare ed ad urlare come delle matte. Non sapevo di preciso quanti minuti mancassero, ma erano pochi, sicuramente.
–Qualcuno ci apra!– D’un tratto, il portone si aprì, e la testa di Dioniso sbucò dalle porte.
–Oh, siete… quasi tutte vive. Dovrò dire a Chirone di non preparare tutti e tre i drappi funebri, solo quello della casa di Ares.– Quello che feci successivamente forse fu la cosa più folle che io abbia mai fatto; bambini, non fatelo a casa. Strepitai –CI LASCI PASSARE!– e spintonai Dioniso da una parte facendolo barcollare, e per poco non cadde sulle sue chiappone per terra.
Corsi davanti al trono di Zeus, senza inchinarmi o salutare qualcuno e tirai fuori dallo zaino lo scrigno, e praticamente lo sventolai sotto il suo naso.
–Prenda! Prenda il suo stupido vaso di Pandora!– Zeus allungò le mani moooolto lentamente. Accanto a lui, Poseidone commentò: –Oh, al Tartaro, fratello! Prendi quel vaso!– Zeus gli lanciò uno sguardo fulmineo prima di prendere il vaso. Da una parte della sala, Hermes stoppò un cronometro.
–Due minuti! Oh, non è adorabile? Starebbe benissimo con Travis!
–Sono d’accordo!– Urlò Afrodite, mentre leggeva un libro dalla copertina con sfondo azzurro e due nuvolette su cui c’erano scritte due parole: “Okay? Okay.”
Zeus sembrava frustrato, ed un’aria di tensione aleggiava nella stanza.
–Siete riuscite a portare il vaso, complimenti.– Disse amaramente. Si rigirò lo scrigno fra le possenti mani e lo fece scomparire con un boato. Poi, scese dal trono; si avvicinò a noi e parlò con una nota di superiorità nella voce.
–E’ vero, mi avete riportato indietro il vaso, a qualsiasi costo, sacrificando persino una delle vostre più care amiche. Sono proprio sbalordito.– La sua faccia non era per niente sbalordita. –Vi lascerò vivere. Ma, Walle Foster, non dovrai mai, ripeto, mai valcare i confini del mio regno, o neanche… tua madre riuscirà a placare la mia ira.– Lanciai uno sguardo ad Hera, che sorrise trionfante, come per dire: “Guardate, questa è mia figlia!”
Magalie invece lanciò uno sguardo triste a suo padre. Apollo alzò i pollici, incoraggiante.
–Ci sono problemi ben peggiori del Vaso di Pandora, mio signore– Disse Magalie. –Lasci che le spieghi tutto...–

Zeus non sembrava molto contento dal fatto che Urano stesse per risorgere e che Magalie l’abbia aiutato. In tono aspro, Zeus si rivolse ad Apollo, con fare omicida.
–Dovrei uccidere tua figlia per essere stata così stupida.– Per la prima volta, Apollo si tolse gli occhiali da sole mostrando i suoi bellissimi occhi azzurri, battè i pugni contro i braccioli del suo trono ed urlò contro Zeus;
–Mia figlia non è affatto stupida, Zeus!–
–Ha ucciso mia figlia!– Imprecò Ares. –Deve morire e finire nei campi della pena!–
Mia madre alzò la voce al di sopra di tutti, e li rimproverò con un tono da “Bimbi cattivi, avete fatto arrabbiare la mamma!”.
–Smettetela di litigare! Siamo in una riunione, ed anche piuttosto importante. Una divinità primordiale si sta risvegliando, e non possiamo prendercela gli uni con gli altri proprio adesso. Quella… povera ragazza è stata soggiogata da una forza che neanche Zeus saprebbe contrastare da solo. E’ solo una… povera mortale, che cosa vi aspettavate?– Zeus sbraitò contro la moglie.
–Tu hai dato una spada della regalia proprio ad una mortale, che è in grado di ferire gravemente qualsiasi corpo di una divinità, di un titano o persino di una divinità primordiale, dato che è stata creata nella notte dei tempi da colui che soprattutto risiede; è pericolosissima, se nelle mani sbagliate.– Hera commentò aspramente,
–Se non ricordi male, mio caro marito, la spada può essere utilizzata solo da un innocente e puro di cuore, e a me non sembri né innocente né puro di cuore! Io ho sopportato i tuoi figli, ora tu sopporti la mia.– I due continuarono a bisticciare, finchè non decisero che sarebbe stato meglio continuare in un luogo più appartato senza fare scenate davanti agli altri dei, che si sarebbero soltanto divertiti come dei matti nel vederli litigare.
Poseidone concluse la riunione dicendo:
–Beh, credo che la riunione sia finita. Potete andare.– Dopo qualche minuto, metà delle divinità se l’era squagliata, perché potete essere dei mortali o potete essere divinità, ma in entrambi i casi non vedreste l’ora di liberarvi da una noiosa riunione di famiglia per poi darvi alla pazza gioia nei festeggiamenti del quattro luglio.
Apollo si manifestò dietro le nostre spalle e ci stritolò in un abbraccio.
–Ben fatto, ragazze.– Lo guardai negli occhi.
–Isabelle è morta.
–Mhh… sì, già. Succede a volte, nelle imprese.
–Ma non per mano di una sua amica!–
Magalie cinguettò.
–Papy, io non trovo che i vestiti da donna ti facciano il sedere grosso.
–Shhh! Non alzare tanto la voce, n...non è una bella cosa. E qui praticamente nessuno sa di quella cosa!
–Ma che fine ha fatto Sandy Ross?– Chiesi esasperata.
–È ancora lì, a casa sua. Praticamente l’ho fatta addormentare per un bel po’ con una mia canzone… e così ho preso il suo posto, per aiutarvi.
–Hai narcotizzato una donna. Ti senti fiero di te stesso?
–Non farei mai del male ad una donna così carina!– Si morse subito la lingua e cercò di scrutare se nei paraggi ci fosse stato Ares. Per sua fortuna, se n’era già andato. –Beh, ragazze...– Non finì mai la frase, perché le muse stavano oltrepassando il giardino dell’Olimpo, ed Apollo si era subito fiondato su di loro al grido di –Salve, signore. Avete dei programmi per stasera?–
Mi ero appena liberata dalle grinfie di Apollo, quando delle mani gelide mi strinsero a sè. Non riuscivo a pensare… o a respirare, mentre mia madre mi strangolava in un abbraccio.
–Sono così fiera di te! Beh, anch’io non sono stata da meno, pero’. Se non avessi mandato Efesto a riattivare l’ascensore in tempo, sareste già carbonizzate! Infondo, non è poi così inutile. Dovrò… ringraziarlo, suppongo.– Voltò gli occhi su di me, e mi guardò con aria schifata, come se invece di sua figlia vedesse una belva.
–Oh mia bellissima me stessa! Che cosa ti è successo?! Sembri una barbona cannibale! Lascia fare tutto a mamma.– Schioccò le dita e mi sentii diversa. L’unica cosa che riuscii a captare era che Hermes fischiò quando passò davanti a noi. Poi mia madre guardò Magalie.
–Anche tu non sei da meno, tesoro. Se fossi tua madre, sarei inorridita.– Schioccò una seconda volta le dita e Magalie divenne anche lei diversa; di certo non aveva ricevuto la benedizione di Afrodite, pero’ divenne più pulita, i suoi corti capelli arancioni si aggiustarono e, al posto degli abiti sgualciti e sporchi, era comparsa una toga smanicata bianca e dei sandali alla schiava di cuoio intrecciato. Dedussi che anch’io avessi subito lo stesso trattamento, con l’aggiunta che sul mio petto c’era un’enorme coccarda dorata con scritto “Ho la madre migliore del mondo”. Poi, Hera mi mostrò la sua coccarda, su cui c’era scritto: “Mia figlia ha la madre migliore del mondo”.
–Carine, vero? Sono coordinate!– Annuii con poca convinzione. Mia madre rubò uno specchio da una divinità minore che si stava aggiustando il trucco e me lo porse fra le mani. Mi specchiai, e notai che il mio sopracciglio era ricresciuto, ed i miei capelli divennero nuovamente simmetrici.
Hera sorrise;
–Ho sempre desiderato un figlio mortale– Disse in tono sognante, più a se stessa che a me. –Ora va’. Laggiù al campo vi aspettano tutti… anche un certo Travis, a quanto pare.– Disse contrariata. –Beh, buon quattro Luglio, Walle.– Mi schioccò un bacio sulla guancia lasciandomi l’impronta del suo rossetto rosso; poi, scomparve.

Eravamo nella hall dell’Empire State Building. Efesto e Dioniso stavano discutendo appoggiati sul bancone. Efesto, appena mi vide, borbottò qualcosa sul fatto che sua madre stava cercando di farmi diventare un cane da esposizione. Andai accanto a lui, e lo ringraziai. Lui mi guardò impacciato.
–Non l’ho fatto per te, mi stavo annoiando.– Lo guardai ammiccante.
–Sì, certo, Effy.– 
–Smettila, non so chi sia più seccante fra te ed Ares.– Poi gli diedi una simpatica gomitata, che suscitò in lui l'istinto di stringere le sue mani sporche e callose intorno al mio collo. Mi rivolsi a Dioniso.
–Mi... mi scusi se prima l'ho quasi investito nel mio passaggio, Signor D.– Borbottai. Lui, con aria indifferente, mi sorrise, anche se nei suoi occhi purporei bruciava una fiamma violetta.
–Non ti preoccupare, Wendy...
–Walle.
–Sì, sì, come ti pare. Insomma, Walberta, non ce l'ho con te. Spero che ti piaccia pulire la stalla personale di Chirone per tutto il resto dell'estate...
–Hah! Sfigata!– Esultò Magalie.
–Anche tu, Megan.–
Magalie si guardò dietro le spalle. –Io non vedo nessuna Megan, signore...
–Cosa? Ma se un momento fa lei aveva detto che non ce l'aveva con me!– Replicai.
–Ah, sì? Beh, ho mentito. Felice quattro Luglio!–

Tornammo al campo insieme al Signor D. Probabilmente, non mi ero mai sentita così tanto in imbarazzo come in quel momento in tutta la mia vita.
Quando fummo arrivati, tutti i ragazzi ci corsero incontro, chiedendo notizie, stringendoci la mano e congratulandosi con noi per essere ancora vive. Beh, quasi vive.
Travis fu il primo ad abbracciarmi.
–Walle! Sapevo che saresti tornata da me! Ho pregato tutte le notti Ero...– Si schiarì la gola. –Hermes, Hermes, mio padre. S...sì. Ehm... certo. W... Walle, hai per caso trovato un bigliettino dentro il tuo zaino? Non... sono stato io a metterlo. È stata un'idea di quella s... sgualdrina di Drew! Io non c'entro nulla!
–No, no, anzi, sono felice che tu ti sia divertito con Drew.
–Cosa? No!–
Connor spuntò alle spalle del fratello. –Oh, suvvia, fratello, non sminuire le tue peripezie nella cabina di Afrodite! È per questo che ti hanno soprannominato "Travis il possente" lì dentro!– Disse malevole.
Ci si mise anche Magalie, che mi mise un braccio intorno al collo. –Walle, mi dispiace interromperti, ma... ohh! Ma tu sei Travis! Il ragazzo di Walle! Quello del costume da bagno!
–Costume da bagno? Quale costume da bagno?– Chiese Travis.
Sentii le mie guance avvampare, e serrai i pugni così ferocemente che le nocche divennero bianche. –Ma sì, perché non te ne torni dalla tua Drew, Travis? Che mi importa?! Sei solo uno stupido, villico, egocentrico idiota!–
Lui rise sarcastico. –Ma sentitela, non sono certo io quella che mi immagina in versione erotiche!
–Stavi pregando Eros!
–Io prego per qualsiasi divinità, era solo un caso fortuito!
–BENE!
–BENE!–
Ce ne andammo in due direzioni opposte.

Chirone aveva indetto una riunione straordinaria quella stessa sera, dato che, anche se erano le due del mattino, quasi nessuno era ancora andato a dormire, eccezion fatta per i più piccoli ed i figli di Hypnos.
Io e Magalie raccontammo di tutta la nostra impresa: delle arai, di Faia, del resto dei maialini volanti sputa fuoco, di Sparkle, di come Magalie sia stata posseduta da un tizio in perizoma (Ovviamente omettendo del come e del perché), dell'hotel sunshine, del cabaret jazz, di Pandora, dello scontro con il signore del cielo e... di Isabelle.
Nella stanza, tutti tacquero. Riuscivo a sentire il respiro affannato di Magalie, e poi, il caos.
Tutti cercavano di saperne di più, affossandoci di domande, chiedendo nei minimi particolari ed urlando fra di loro. Forse fu per questo che il subconscio di Magalie non resse più di tanto, o forse era perché ancora si sentiva in colpa. Fatto sta, che sbattè le mani contro il tavolo da ping pong della sala ricreativa e mise a tacere tutti quanti. Persino Clarisse rimase sbalordita.
–Sono stata io.– Disse, in tono piatto e triste. –Ho ucciso io Isabelle. Non sono riuscita a fermare Urano, ed ora... sta per risorgere per colpa mia.–
Se avevo solo pensato di aver visto i ragazzi in subbuglio, beh, in quel momento dovetti ricredermi. Clarisse cercò di saltare al collo di Magalie.
–Tu! Tu sei solo un mostro, come hai osato far questo alla mia sorellina? Ti ucciderò, ed userò la tua testa per decorare la casa di Ares!–
Will Solace ed Alex Sullivan, della casa di Ecate, cercarono di trattenere, con scarso successo, Clarisse, che montò sul tavolo ed alzò un coltello su Magalie. Chirone era scandalizzato, ed era talmente sorpreso, che per qualche secondo non comprese a pieno ciò che stava per accadere.
Se Magalie aveva firmato la sua condanna a morte con la casa di Ares, io feci la stessa cosa in quel preciso istante. Tirai un ceffone a Clarisse prima che riuscisse ad accoltellare la figlia di Apollo.
Clarisse strabuzzò gli occhi. –Figlia di Hera, come hai osato?!–
La mia voce tremò dalla rabbia.
–Tu... non sai cosa è veramente successo lì. Non hai nessun diritto di giudicare Magalie. Se tu fossi stata al suo posto, avresti fatto altrettanto. Le ultime parole di Isabelle chiedevano di vendicare la sua morte, uccidendo Urano, non Magalie, in quanto lei stessa mi ha riferito di voler bene a quest'ultima, e di non avercela con lei. Non possiamo avercela gli uni con gli altri, dato l'imminente arrivo di questa nuova guerra. Tu, Clarisse La Rue, vuoi disobbedire alle ultime parole di tua sorella, Isabelle Ross?–
La figlia di Ares ricacciò indietro le lacrime e scagliò il coltello sulla parete della sala ricreativa. Tornò a sedere borbottando che avrebbe instaurato la pace per iniziare una nuova guerra, solo per amore di sua sorella.
Alex aggiunse rammaricato: –E noi che aspettavamo il vostro ritorno solo per iniziare i festeggiamenti del quattro Luglio.–
Magalie diventò paonazza.
–So... solo per noi?!– Disse smielevole.
–Sì, beh... pero'... la vostra amica è morta. Non credo che siate in vena di festeggiamenti.–
Tutti protestarono.
–Isabelle non avrebbe mai permesso che noi ci deprimessimo per la sua morte. Pertanto, i festeggiamenti abbino inizio!– Tutti esultarono e corsero fuori ad ammirare i fuochi di artificio che erano stati allestiti molte ore prima dai figli della casa di Efesto.
Stavo per uscire anch'io, seguendo Magalie, che stava chiaccherando animamente con Sullivan, quando Chirone mi poggiò una mano alla spalla con fare paterno.
–La casa di Ares ed io saremmo onorati se parlassi alla cerimonia del drappo funebre di Isabelle, domani.– Feci un cenno con il capo in segno di approvazione.
–Non ti punire troppo, Walle, per ciò che è successo. Sei stata una brava amica, per Isabelle. Come del resto la piccola Magalie. So che lei avrebbe voluto che questo fosse nelle vostre mani.– Disse, porgendomi il giubbotto di pelle nera con le borchie sulle spalle che Isabelle indossava la prima volta che giungemmo al campo. Lo afferrai e lo strinsi subito a me, inondando il viso di lacrime, e ringraziai Chirone. Lui mi strinse a sé.
–Su, su, va tutto bene. Coraggio, i tuoi amici ti stanno aspettando.– Facile per lui dirlo, non sarebbe certo stato lui a dover pulire i suoi escrementi per tutto il resto dell'estate.

Alcuni ragazzi erano nel fiume a sguizzare mezzi nudi, col risultato che le naiadi scappavano via infuriate e schifate. Ma soprattutto schifate. Alcuni ragazzi stavano aiutando i figli di Efesto ad ultimare gli ultimi preparativi prima dei botti finali. Percy ed Annabeth stavano giocherellando con due bastoncini di legno, e li brandivano come se fossero due spade, col risultato che Percy cadde su Annabeth.
Magalie stava ancora parlando con Alex, con occhi sognanti, davanti ad un falò. Io le tesi un agguato e le coprii la testa con il giubbotto di Isabelle. Si voltò in tutte le direzioni, disorientata.
–Chi ha spento la luce? È un tuo scherzetto, Alex? Non sapevo che tu sapessi spegnere la luna!– Alex, per compassione, le tolse il giubbotto dalla faccia. Io la guardai divertita.
–È per te. Da parte della Ross.– Magalie non sembrò capire, all'inizio, e guardava il giubbotto con aria confusa. Poi il suo sguardo si illuminò, e riconobbe l'indumento preferito da Isabelle.
–Walle, io non so se dovrei...
–Prendilo tu. Io... non so che farmene. E poi... la pelle non mi dona. È giusto che lo tenga tu. Fallo per Isabelle.– Magalie scoppiò in lacrime.
–Grazie, Walle– Si buttò fra le mie braccia, e proruppe in un pianto liberatorio.

Ero sul tetto della Casa Grande, ad ingozzarmi di marshmallows, quando Travis comparve al mio fianco. –Ciao! Mi chiedevo chi avesse sgraffignato tutti i miei marshmallows che tengo nascosti dentro al cuscino, ne sai qualcosa?
Nu, nu– Dissi, mentre avevo la bocca piena di quelle schifezze.
–Hai intenzione di mangiarteli tutti, o posso averne qualcuno anch'io?–
Gli lanciai in modo rude un sacchetto grande quanto un dizionario di greco antico e dieci volte pesante tanto. Mi chiedevo come quel sacchetto riuscisse ad entrare nel suo cuscino.
–È colpa tua she diventerò grassha e butta.
–Colpa mia?
Shì! Colpa tua.– Ingoiai. –Dillo che preferiresti quella tettona di Drew!
–Io non ho mai detto niente riguardo.– Gli lanciai un marshmellow sull'occhio.
Lui si avventò su di me. –Eddaaaai, Walle! Smettila di fare l'Hera della situazione! Eddaaaaaaai, so che non ce l'hai con me. Esci da questo corpo, spirito della noia!– Io gli detti uno strattone.
–Oh, su, finiscila– Sbottai.
–Finirò se mi darai un bacio.
–Sei proprio una fighetta, Stoll.
–E tu sei una noia mortale. Ma ehi, io mica ti giudico per questo. E poi, se non mi darai un bacio, non potrai riavere questa!– Disse, mostrandomi la spilla.
–Dove l'hai presa? Pensavo di averla persa nel Tartaro!
–A quanto pare la mammina migliore del mondo ti ha voluto fare una sorpresa, lasciandoti questo gioiellino davanti alla cabina.– Arrossii, e tolsi subito la coccarda che avevo sul petto. Cercai di tirargli un pugno in faccia, ma lui lo schivò senza troppi complimenti. Poi afferrò il mio braccio e mi trascinò a sè. Mi puntò i suoi occhi azzurri e, con il suo solito sorriso furbo, sussurrò qualche secondo prima che una miriade di fuochi di artificio illuminasse il cielo a giorno.
–Felice quattro Luglio, Walle.–
Travis Stoll è forse il ragazzo più stupido, idiota, egocentrico, pieno di sè ed immaturo che io abbia mai incontrato. Ma, una cosa non gli si poteva negare: sapeva baciare bene. Mi sentivo a disagio; uno, perché non avevo mai baciato un ragazzo, due, perché in quel preciso istante, Travis non sembrava affatto Travis. Mi spiego: sotto i fuochi che risplendevano in cielo, la sua espressione non mi sembrava più tanto infantile e stupida, ma quasi fin troppo seria, per un momento così imbarazzante. In quell'istante, capii di essere follemente e incondizionatamente innamorata di lui, anche se lo conoscevo da una sola misera estate.
Forse mia madre non mi aveva generata solo per una semplice notte di baldoria. Forse, mia madre amava veramente mio padre. E sapete una cosa? Per una volta, fui felice di essere un errore.

Nota delle autrici
Salve, lettori! Dopo una... lunga assenza, molto più lunga del previsto, si ritorna in carica con un nuovo capitolo... "leggermente" più lungo rispetto agli altri. Ma ehi, questo è il capitolo finale... più o meno. Abbiamo deciso di dividere la storia in due parti, perché noi siamo cattive. (In realtà ci serviva l'epilogo per spiegare meglio come sarebbero andate le cose con l'avanzare della storia, capiteci.)
Quindi, ci rivedremo con l'epilogo della prima parte. A presto~

Curiosità
Il nome "Walle" non esiste. O meglio, non esiste come lo abbiamo scritto noi. Il nome è infatti ispirato al robottino della Pixar Animation Studios, Wall-E. Il fatto che Walle abbia ricevuto tale nome è completamente casuale, in quanto En, il giorno prima di iniziare a scrivere la storia, aveva rivisto il film Wall-E. Non a caso, la zia di Walle si chiama Eve. E da brave nerd che siamo, En fece due più due ed incominciò a pensare: "Walle, Walle Foster. Mi piace!"

 

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Capitolo 18
*** Epilogo ***


Epilogo
 
Suonai il campanello dell'abitazione numero sette di Laurel Street di Baton Rouge. Solo allora, mi resi conto che Sandy stava ancora dormendo. Quello stupido incompetente di Apollo si era permesso di avvicinarsi alla mia donna, e di addormentarla per tutto quel tempo. Quanto tempo era passato? Sei mesi, forse? Cosa ne potevo sapere io, chi ero? Atena? La matematica non era mai stata il mio forte. Pero' sapevo che quell'arco di tempo poteva equivalere ad un coma. 
Senza troppe cerimonie, sfondai la porta con un calcio. Poi, un pensiero mi assalii la mente: se Sandy si fosse svegliata, e avesse scoperto che avevo sfondato la porta di casa sua, me ne avrebbe date di santa ragione. Così rimisi subito a posto la porta sui cardini; era veramente frustrante che io, Ares, dio della guerra, fossi stato sottomesso in quel modo da una comune mortale. Ma una comune mortale bellissima. 
Salii le scale che conducevano alla sua camera. Cercai di non fare troppo rumore, ma, ogni volta che facevo un passo, la punta di metallo dei miei anfibi scricchiolava contro il legno delle scale. Era tutto come ricordavo: tutti quelli stupidi piatti con i gatti che a Sandy piacevano tanto erano appesi alle pareti, le stanze profumavano di cannella, e ovunque mi girassi, le fotografie di Isabelle sembravano seguirmi con lo sguardo rimproverandomi, come per dire: "Perché mi hai lasciato morire, papà?". Serrai la mascella in un ghigno di rabbia, e cercai di raggiungere il prima possibile la stanza da letto di Sandy Ross. 

Quando aprii la porta della camera di Sandy, la vidi dormire beata come una valchiria sbronza sopra al letto, con i capelli scompigliati in un mezzo codo, la maglia degli Chicago Lions che le pendeva da una spalla, i pantaloni di una tuta rosa stropicciata, il trucco che le contornava gli occhi di nero come un panda alcolizzato e fra le braccia il grembiule su cui Isabelle aveva ricamato: "Alla mamma migliore del mondo". Sentii una stretta al cuore.
Andai vicino al suo viso e le sussurrai, –Sandy, svegliati.

Lei si svegliò, certo. Quante donne ai vecchi tempi avrebbero sognato di svegliarsi con il mio sospiro sul collo! Si svegliò e mi diede un pugno in faccia. 
–Oh! Scusa, caro!– Gesticolò mortificata quando mi riconobbe.
–Anch'io sono contento di rivederti, Sandy...
–Isabelle! Dov'è Isabelle? Sarebbe felicissima di vederti, tesoro!– 
Mi avvicinai a lei. In quell'istante, avrei preferito essere chiunque, tranne che un dio. Le raccontai la storia dell'impresa, e di come Isabelle fosse stata una grande eroina, tralasciando il fatto che fosse morta. 
Sandy pronunciò contenta: –Si vede proprio che è tua figlia, Ares!– Sospirai, e continuai con il racconto, fino alla conclusione. Quando finii, mi si spezzò il cuore, non tanto per me, dato che io avevo già incassato il colpo ed ero abbastanza abituato alle morti dei miei figli. Ma quando guardai Sandy, sentii la terra che mi mancava sotto i piedi. Lei non gridò, non pianse, non fece niente di niente. I suoi occhi erano vitrei e persi nel vuoto, come quelli delle anime nei Campi della Pena. Mormorava spasmodicamente, –La mia bambina. La mia povera bambina...– Poi, la rabbia ed il rancore presero posto alla tristezza.
–Tu... tu hai lasciato morire nostra figlia?! Non hai alzato un dito?! Lurido verme, come hai potuto...– Iniziò a tirarmi pugni sul petto. –La mia bambina! È morta!– Incominciò a singhiozzare. Sentii le sue lacrime bagnarmi la maglietta, poi mi spinse via, e scese al piano inferiore, in soggiorno. La seguii, pensando che stesse per fare qualcosa di avventato. Invece, stava gettando a terra tutti i libri dagli scaffali, borbottando nevrotica e in lacrime.
–Dov'è?! Dov'è?! So che è qui da qualche parte!– 
Estrasse l'album dei ricordi/diario scolastico, e sfogliò furiosamente tutte le pagine, tagliandosi le dita con la carta. Si avvicinò a me titubante, tenendo il libro spalancato sulla sezione degli Inferi. 
–C'è un modo per riportarla in vita, è così? Io lo so. Ti prego, aiutala!
–Io... non posso fare niente.– Dissi serrando i pugni. 
–Un'anima per un'anima! Qualcosa in cambio di qualcos'altro! So che è così, è sempre così e sempre così sarà!
–Ho già perso nostra figlia, non perderò anche te.– Sandy mi accarezzò una guancia piena di cicatrici con la sua candida mano. 
–Io devo proteggerla, Ares. Lei è mia figlia.–

Mi ritrovai negli Inferi, insieme a Sandy, che cercava di comportarsi con disinvoltura, anche se non fremeva all'idea di morire. 
Come darle torto. Io stesso avevo cercato di farle cambiare idea in tutti i modi, ma lei aveva fatto buon viso a cattivo gioco ed in quel momento ci stavamo dirigendo al palazzo di Ade.

Se Sandy non avesse avuto il potere di vedere oltre la Foschia, probabilmente tutto ciò che avrebbe visto l'avrebbe fatta impazzire. 
Entrammo nel palazzo. Odiavo quel posto così come odiavo Ade. Anche se c'era un buon odore di morte nell'aria, e molti dei suoi "servitori" mi erano stati utili in molte guerre. 
–Ma che bella sorpresa, Ares. Hai portato con te una comune mortale?– Disse sprezzante Ade. –Cosa ti porta nel mio umile regno, divinità dell'Olimpo?– 
Adoravo un po' di sfacciataggine da parte di qualsiasi essere vivente e non, ma, quel giorno, non ero proprio di ottimo umore.
–Ade, sono venuto qui per proporti uno scambio. Ricordi Walle Foster e le sue amiche?
–Come potrei dimenticarmi della mia nipotina?
–Ricordi una certa Isabelle Ross?– Ade sembrò pensieroso.
–Non saprei... ne arrivano così tanti. Capelli rossi scuri e ricci, pelle olivastra, occhi verdi oliva ed una cicatrice sul sopracciglio destro?
–Sì.
–...Non l'ho mai vista.– Sandy si precipitò ai piedi del trono del signore dei morti e si inginocchiò profondamente.
–Oh, mio divino signore dell'oltretomba, la prego, se sa dov'è mia figlia, la prego, me lo riveli!– 
Ade, guardando gli occhi supplichevoli di Sandy, sembrò ricordarsi di qualcosa di molto tempo prima. La sua espressione si addolcì con una nota di tristezza. –Sì. Mia... nipote mi ha consegnato il suo corpo prima di tornare in superficie.
–Mio divino signore, la supplico, mi ridia indietro la mia bambina!
–È contro le regole. Non credi che se potessi farlo, avrei già riportato indietro... vabbè, lasciamo perdere. Non si può. Nessuna anima può uscire senza un pedaggio.– Sandy estrasse il libro dalla borsetta da viaggio.
–Intende questo?– E mostrò il paragrafo che indicava lo scambio delle anime. Ade alzò un sopracciglio.
–Donna, saresti disposta a dare la tua anima per quella di tua figlia?
–Sarei pronta a deridere gli Chicago Lions per mia figlia.– Ade mi guardò, come per dire: "Ma di cosa diamine sta blaterando, questa donna?". Io sibilai:
–Sarebbe pronta a fare una strage sull'Olimpo per Isabelle.–
Il signore dei morti fece un cenno di approvazione con la testa. –E sia, allora. Un'anima per un'anima. Ma non potrai più tornare indietro, sappilo.– 
Sandy tirò su col naso. –Sono pronta.– Ade si alzò dal trono, e al suo fianco comparvero due porte. Una a destra ed una a sinistra. Dalla porta sulla destra, emanava una luce abbagliante. Dall'altra, l'occhio si perdeva nelle tenebre. Io misi una mano sulla spalla di Sandy. –Non è ancora troppo tardi per cambiare idea. Possiamo tornare in superficie, se vuoi.
–Devo farlo per nostra figlia.– Tentai il tutto per tutto. Provai a farla arrabbiare, così che la sua mente fosse più soggiogabile. Mi rivolsi a lei in tono provocatorio ed aspro, prendendo le sue mani fra le mie.
–Non ti permetterò di morire, Sandy. Non lo approvo. 
–È una guerra persa, Ares.– Le sue mani scivolarono lungo i suoi fianchi. Mi baciò ed andò al fianco di Ade.
–Era da tanto che non facevo scambio di anime.– La prese a braccetto ed insieme entrarono nella porta sulla destra. Nello stesso momento, una minuscola figura comparve nella porta di sinistra. Man mano che si avvicinava, diventava sempre più grande, ed i suoi lineamenti diventavano sempre più definiti. Mi avvicinai per vedere meglio chi fosse, e poi la vidi. Isabelle stava barcollando verso di me, ricoperta da un mantello nero scolorito e sbruciacchiato. Appena varcò la soglia del confine fra la porta ed il palazzo, le due porte si dissolsero in del fumo nero. Il suo corpo prima mi era sembrato trasparente ed inusuale, ma, quando mi vide, i suoi occhi scivolarono all'indietro e svenne. L'afferrai prima che potesse rompersi l'osso del collo e morire nuovamente. Chiuse gli occhi, e borbottò: –...uccidi Urano per me... Walle...–
Sbuffai. In qualsiasi posto andassi, non si faceva altro che parlare di Walle. Walle di qua, Walle di là, la figlia di Hera laggiù, la figlia di Hera lassù...
Isabelle sbarrò gli occhi. –Walle!– Urlò. Poi mi vide. Arrossì imbarazzata. –P... padre? Dove sono Walle e Magalie? 

–Ti spiegherò tutto durante il ritorno. 
–Perché, dove stiamo andando?
–Tornerai a casa. 
–Intendi... a Baton Rouge?
–No. Al Campo Mezzosangue.–

 
Continua...
 
 

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