Mistero al castello

di _Riri_Sunflower_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** L'arrivo degli ospiti ***
Capitolo 3: *** Comincia la caccia ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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12 Aprile 1875
 

L’ufficio Alexander Moore aveva la porta socchiusa, da dentro si udivano due persone parlare con un volume di voce molto alto. Lui e il signor Leeds nell’ultimo periodo non facevano che discutere anche davanti ai clienti. Avevano cominciato a lavorare quattro anni prima insieme, quando l’attività del signor Moore era già avviata.

Sebastian Leeds era un ragazzo in gamba, con un ottimo senso per gli affari. La sua assunzione aveva portato nuovi clienti e di conseguenza molti soldi. Con il passare del tempo, i due erano diventati amici, fino a condividere spesso cene l’uno con l’altro. Tutto questo almeno finché Alexander non ha incontrato Emily, una giovane donna conosciuta per caso insieme al suo migliore amico Edmund Blake, che conobbe la sua attuale consorte quello stesso giorno.

«Vuoi davvero portarmi via i clienti, Sebastian?»

«Ti ricordo che quei clienti li ho portati io, Alexander. Se non fosse stato per me, avresti ancora i tuoi quindici amici che si fidano dei tuoi affari.»

«Oh, ma certo! Perché secondo te io non avrei potuto trovarne di nuovi.»

«No, se continuavi a usare quel metodo.»

Questo era il classico discorso che facevano tutte le sere, poco dopo la chiusura. Cercavano di trattenersi davanti ai clienti, il più delle volte ci riuscivano, ma non sempre era così. Da quando Alexander si era fidanzato con Emily, i sentimenti di Sebastian verso il suo capo erano cambiati: Leeds era innamorato di Emily da diversi anni prima che Moore la incontrasse, ma la donna non era attratta da quell’uomo con i tratti del viso duri e gli occhi freddi e distanti. Aveva preferito un uomo dal carattere gentile, attento ai suoi bisogni e che la facesse sentire amata per davvero, qualità che aveva trovato in Alexander.

La mazzata finale per Sebastian era arrivata la mattina in cui ricevette l’invito al matrimonio tra i due. Mancavano circa due mesi alla data delle nozze e ancora non aveva dato conferma, ma neanche aveva comunicato la sua assenza. Questa situazione gli attanagliava le viscere, odiava prendere certe decisioni, soprattutto se non sapeva come comportarsi. Come poteva presentarsi al matrimonio del suo capo e della donna che amava segretamente da anni? Poteva accettare l’invito e poi, poche settimane prima, inventare una scusa come un viaggio imprevisto, un parente malato o un amico lontano in difficoltà.

«Non posso obbligarti a rimanere, ma dobbiamo trovare un accordo.»

«Per una volta sono d’accordo. Potrei lasciarti i clienti che ho portato da quando sono qui, ma non tutti: me ne porterò qualcuno con me, in modo da poter avviare anche io la mia impresa.»

«D’accordo, anche se mi dispiace che tu lasci questo posto.»

«Troverai qualcuno in grado di sostituirmi. Entro la fine della settimana ti farò avere la mia lettera di dimissioni.»

Dopo ore di discussioni, finalmente raggiunsero un accordo. Sebastian aveva già trovato un nuovo ufficio vicino alla sua abitazione poco fuori Londra, in modo da non essere costretto a fare diversi chilometri ogni giorno; anche nella zona in cui viveva la gente aveva bisogno dei suoi servigi.

Si lasciarono da amici, promettendosi di rimanere in contatto e di incontrarsi almeno un paio di volte l’anno.

 
***

Le settimane passavano, la bella stagione aveva invaso le vie di Londra, facendo sbocciare milioni di fiori in ogni albero della città. Con la bella stagione, però, si avvicinava sempre di più il matrimonio tra Alexander ed Emily. Molti dei loro amici sarebbero arrivati nella capitale per l’occasione, costringendo il povero signor Leeds a trovare un alibi che potesse reggere. Non poteva semplicemente rimanere chiuso in casa, perché il suo amico Ronnie Lewis gli aveva chiesto di ospitarlo durante quella settimana.

«Avanti, Sebastian. Pensa. Potresti fingerti malato. Il problema è se Ronnie starà al gioco…» faceva avanti e indietro per il soggiorno, consumando il tappeto persiano sotto i suoi piedi. Di solito ci prestava attenzione data la cifra che era costato, ma quel giorno Sebastian era preso da mille pensieri e preoccupazioni che non gli importava niente di quel tappeto. Dalla strada la gente poteva vederlo fare quella bizzarra passeggiata, le tende alle finestre non erano state chiuse e, in questo modo, tutto quello che avrebbe fatto prima di andare a dormire sarebbe stato ben visibile ai passanti.

I giorni passavano lenti per Sebastian, mentre per Alexander ed Emily erano troppo corte le giornate antecedenti il matrimonio, ma non avevano tempo neanche per sospirare perché i loro amici erano in arrivo. Le case dei futuri sposi furono presto invasa da parenti e conoscenti, così uno degli amici più intimi di Sebastian si presentò alla porta della sua abitazione.

«Grazie per l’ospitalità, amico. Hai tirato fuori l’abito buono?» Gli occhi verdi Ronnie scrutavano l’appartamento di Sebastian, posandosi su un piccolo orologio sulla mensola del camino che segnava le ore sbagliate.

«Ronnie, devi aiutarmi. Non posso partecipare a questo matrimonio. Ora ti spiego...»
Si accomodarono sul divano a tre posti in velluto verde scuro e gli spiegò per filo e per segno il motivo per il quale non avrebbe potuto partecipare. L’amico del signor Leeds acconsentì a coprirlo, a patto che, se in futuro avrebbero dovuto partecipare a un ritrovo tra amici, tra cui Emily e Alexander, Sebastian avrebbe messo da parte tutti i sentimenti per la futura signora Moore. A malincuore, si ritrovò costretto ad accettare, sperando di rimandare il più possibile questo incontro.

 
***

La data del matrimonio arrivò troppo presto per Sebastian. Quella mattina, appena si alzò dal letto, notò che l’amico era quasi pronto, segno che stava per perdere la donna della sua vita. Ronnie cercò di prepararsi senza farsi vedere da Sebastian, senza sapere che lo aveva già visto mentre si infilava la camicia.
Non appena, fuori dalla chiesa, il piccolo gruppo di amici degli sposi notarono l’assenza di Leeds, sommersero Ronnie di domande, rimanendo perplessi quando comunicò loro che era indisposto. Probabilmente avevano capito che non era vero, ma quello era l’ultimo dei loro problemi.

La cerimonia si svolse in completa tranquillità, così come il banchetto che gli sposi avevano riservato a familiari e amici intimi. La bella giornata permise all’allegra compagnia di stare all’aperta e godersi un po’ di sole londinese, che nell’ultimo periodo si era fatto desiderare parecchio. Il tempo passò troppo in fretta per i novelli sposi, e prima di sera salirono su una carrozza, i bagagli caricati in precedenza, e partirono alla volta di Stonehenge e della Scozia.

Quando l’orologio a pendolo suonò le cinque del pomeriggio, Sebastian Leeds era già ubriaco. Aveva cominciato al mattino, non appena il suo amico Ronnie Lewis era uscito dalla casa: aveva cominciato con un po’ di whiskey che aveva in cucina, di quello che offriva agli ospiti dopo cena, ma una volta venuto a mancare quello iniziò a cercare la bottiglia dello stesso liquore invecchiato. Nella dispensa ne teneva sempre tre bottiglie, nel caso qualcuno dei suoi amici alzasse un po’ troppo il gomito e lui dovesse continuamente riempire il bicchiere.

Il liquido ambrato andava giù per la gola molto rapidamente, bruciando come il fuoco. Non si prese neanche il disturbo di metterci qualche cubetto di ghiaccio, consapevole che se si fosse sciolto, il suo amato whiskey sarebbe diventato annacquato. Ma senza quel ghiaccio a rinfrescarlo, il liquore bruciava nello stomaco di Sebastian. Si reggeva malamente in piedi da diverso tempo quando l’amico Ronnie entrò dalla porta con la giacca posata su un braccio.

«Sebastian! Quanto accidenti hai bevuto? C’è un odore tremendo qui dentro.»

«Shhhh…» cominciò il signor Leeds prolungando quel sibilo fastidioso e portandosi un dito davanti alla bocca che formava un sorriso ebete che solo gli ubriachi osavano indossare. «È… Whis… whiskey! Ne vuoi?» domandò sbiascicando le parole e nel porgere il bicchiere traboccante di liquore. Senza un apparente motivo, Sebastian cominciò a ridere: dapprima un verso gutturale, poi diventò qualcosa di incontrollabile, come se un pazzo si fosse impossessato della sua anima.

A vederlo in quello stato Ronnie si spaventò molto. Non sapeva come comportarsi e d’istinto decise di sbattergli in faccia la realtà. Riuscì a togliere il bicchiere di mano a Sebastian dopo aver faticato molto prima di riuscire a prenderglielo e, mentre lo faceva sedere sul divano e si sentiva il suo sguardo vacuo addosso, prima che se ne rese conto, gli stava urlando in faccia che cosa era successo in quella giornata.

«Finiscila, Sebastian! Hai perso Emily per sempre. Ormai è sposata con Alexander!»
Quelle parole fecero scattare qualcosa in Leeds che, dopo un minuto di assoluto silenzio, cominciò a piagnucolare, mormorando parole incomprensibili. Proprio quando sembrava che aveva dimenticato la ragazza che gli aveva fatto perdere la testa, pronunciò una frase che mise i brividi a Ronnie.

«Mi prenderò Emily. Alexander capirà che mi ha rubato la donna e allora Emily sarà mia.»

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Capitolo 2
*** L'arrivo degli ospiti ***


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Berkshire, 18 Dicembre 1881

Cara cugina Jane,
Ho saputo che sei tornata a Londra dal tuo viaggio in Germania. Immagino che tu e Catherine vi siate divertite molto nel visitare tale Paese.
A maggio, Charles e io abbiamo festeggiato il nostro primo anniversario di matrimonio. A differenza dello scorso anno, però, ha piovuto tanto. Infatti, quel giorno pensavamo di fare un picnic ma, appena svegli, ci ha dato il buongiorno un brutto temporale.

La nostra governante ha ricreato l’atmosfera del giardino nel nostro salotto, riempiendo dei vasi con fiori di campo che aveva comperato al mercato qualche ora prima che ci svegliassimo. È stata una sorpresa molto gradita, tanto che ci sentivamo in debito con lei: decisi così di farla accomodare con noi al momento della torta che avevo preparato la sera prima. Ci disse che non era necessario, ma abbiamo insistito finché non ha accettato.

Gli affari di tuo cugino vanno a gonfie vele, tanto che ha pensato di portarmi a visitare la Scozia. Ho sempre letto di quel posto nei libri nella mia biblioteca, ma viaggiare con la fantasia non basta. Molto probabilmente ci andremo con la stagione estiva, cosicché troveremo bel tempo per fare un giro in barca sul lago di Loch Ness. Mi viene già voglia di preparare tutto il necessario!

In ogni caso, ti sto scrivendo questa lettera per invitare te e Catherine a passare del tempo nella nostra tenuta: Charles sta organizzando una battuta di caccia nel bosco attiguo al castello con degli amici e io non voglio rimanere sola durante il giorno. Ho chiesto di venire anche a delle amiche, mogli degli amici di mio marito, in modo che possiamo dilettarci di più tutte assieme: alla fine più siamo, più ci divertiamo.

La signora Moore e la signora Blake hanno già accettato; manca solo la risposta della signora Wilson. Sicuramente verranno anche il vecchio socio di Alexander Moore, il signor Leeds, e un altro giovane uomo che ho visto solo di rado: Ronnie Lewis. Charles lo conosce perché è stato suo cliente in diverse occasioni e hanno stretto amicizia. Me ne ha sempre parlato bene, di conseguenza non potrebbe farmi che piacere se accettasse l’invito.

So che Catherine è perennemente nella tua abitazione, così rivolgo anche a lei la possibilità di passare alcune settimane presso la mia casa. Spero vivamente che accettiate, mi manca chiacchierare con voi e sono curiosa delle avventure che vi sono capitate mentre viaggiavate per l’Europa.

Vi mando un caloroso abbraccio, in attesa di una vostra risposta.

Emma Wilde
 
***
 
Emma rilesse attentamente la lettera e, non appena si convinse che era adatta, la chiuse in una busta per sigillarla con della ceralacca. Scrisse l’indirizzo di Jane Morgan, cugina di suo marito, impilandola così insieme alle altre lettere che la mattina successiva il loro maggiordomo avrebbe portato alla posta del paese. Ripose molto attentamente il calamaio nel ripiano della libreria in cui suo marito teneva gli inchiostri di scorta.

Uscì dallo studio di Charles, sciogliendosi i lunghi capelli biondi che non volevano saperne di rimanere incastrati nello chignon che si era fatta da sola. Si passò rapidamente le dita tra le ciocche, dividendole in tre più grosse. Iniziò a farsi una treccia mentre entrava nel salotto, cercando di farla il meglio possibile; suo marito sentì i suoi passi risuonare nel corridoio, abbassò il giornale che stava leggendo attentamente e aspettò che entrasse nella stanza, lamentandosi del fatto che non riusciva mai a farsi la treccia da sola.

«Charles, dove sei?» domandò lei, alzando un poco la voce per farsi sentire.

«Nel salotto.» rispose tranquillamente. Come previsto, la vide entrare di fretta, con le mani intente a non confondere le ciocche tra di loro. Sorrise a quella scena e si alzò per aiutarla; rifece il lavoro che la sua dolce Emma aveva tentato di fare e bloccò i capelli con il nastro che gli passò poco dopo.

«Non so cosa farei senza di te.» mormorò lei, voltandosi verso Charles e incatenando i suoi occhi azzurro-grigio in quelli del compagno. Si erano sposati da poco più di un anno, ma l’atmosfera che si respirava nella loro casa era quella di due giovani innamorati che si promettevano eterno amore.

«Ah, è per questo che mi hai sposato?» chiese, fingendosi offeso. Emma scoppiò a ridere, facendo sorridere il giovane marito: la sua risata era una di quelle cose che aveva colpito subito il signor Wilde. La prima volta che la vide erano in un bistrot, lei intenta a leggere un romanzo d’avventura, lui festeggiava un affare appena concluso. Il suo sguardo si posò quasi immediatamente su quella ragazza che sfogliava le pagine del libro; ricordava quel pomeriggio come se fosse successo pochi attimi prima: Emma indossava un cappello color panna con un nastro azzurro alla base, abbinandosi perfettamente al vestito che marcava il suo corpo. Da come era seduta a quel tavolino adiacente la finestra, si intravedevano delle scarpette di lucido nero, sicuramente appena comprate.

«Ovvio che no, ma questo segna un punto a tuo favore.» Si guardarono negli occhi per qualche secondo, poi si baciarono dolcemente, come facevano spesso quando in casa erano tutti svegli; di notte, invece, cercavano in più modi di diventare genitori.

«Ho mandato un invito anche alle tue cugine; spero vengano entrambe. Magari colgono l’occasione per raccontarci dei loro viaggi europei.» Emma aveva davvero voglia di rivedere le sue parenti acquisite.

«Hai fatto molto bene; avranno molto da dire in proposito.»

La tenuta dei Wilde comprendeva un ampio parco che circondava l’intera casa: una grande parte di questo vicino alla cucina era sfruttata come orto. La domenica era difficile che i domestici dei giovani coniugi si recassero al mercato, così come durante le feste; per questo motivo avevano chiesto al loro padrone se potevano coltivare loro stessi alcuni ortaggi. Alla donna piaceva prendersi cura degli animali, cosa abbastanza strana per una signora della borghesia inglese; dopo il matrimonio, avevano comprato una coppia di conigli, maschio e femmina e, una volta adattati, avevano iniziato a riprodursi. Possedevano anche delle galline, circa una decina, e tutti i giorni avevano nella credenza uova fresche di giornata.

«Vado a dare disposizioni per le camere di chi ha già accettato il nostro invito.» sussurrò allontanandosi appena da suo marito; lui la baciò sulla fronte e tornò a leggere il giornale sulla sua poltrona di velluto rosso. Uscendo dalla stanza, guardò la porta d’ingresso in legno scuro prima di volgere il suo sguardo alla porta della cucina, da cui proveniva un allettante profumo di pollo alle spezie. Bussò piano e la aprì, richiamando così l’attenzione delle sue domestiche. La signora Marple, l’anziana badante di casa Wilde, iniziò a dare disposizioni riguardo le camere che gli ospiti dei signori Wilde avrebbero occupato.

«Posso scegliere personalmente le stanze dei miei amici?» aveva chiesto Emma, mentre le sue sottoposte preparavano lo stretto necessario.

«Certo, signora Wilde. Lei conosce meglio le necessità dei suoi amici.»

La donna salì le scale di legno scuro che portavano al piano superiore, affacciandosi su un corridoio lungo ricoperto da un pesante tappeto scuro. Le camere erano tutte sulla destra, il ballatoio dava sull’androne all’ingresso, facendo sembrare la casa ancora più luminosa. Alla fine del corridoio, erano presenti altre scale che portavano al piano in cui erano presenti alcuni studi e la camera da letto degli sposi.

«Nella prima camera, quella a destra salendo le scale, ci dormiranno i signori Moore.» Emma stava decidendo chi avrebbe occupato le varie camere. Se le sue cugine avrebbero accettato, doveva tenerle lontane dalla camera degli scapoli: proprio perché erano delle ragazze particolari, voleva evitare che si fiondassero in avventure che poi sarebbero state solo un patimento. «Qui, invece, dormirà il signor Lewis e in quella attigua il signor Leeds. I Blake, invece, alloggeranno nella penultima stanza; se Jane e Catherine accetteranno l’invito, riservi loro le stanze che ho lasciate libere.»

«Certamente, signora. Quando arriveranno gli ospiti?» La signora Marple non aveva tutti i torti: Emma soleva portarsi avanti con i preparativi, rischiando di far pulire inutilmente tutto il necessario. Fece un rapido calcolo mentale, accorgendosi che suo marito aveva organizzato il tutto per il mese di aprile.

«Lasci stare, signora Marple. Mi segnerò io su un taccuino la disposizione che ho appena scelto e, appena sarà il momento di preparare ogni cosa, ne riparleremo.» dicendo ciò, l’anziana domestica annuì e tornò al piano inferiore, finendo di impartire gli ordini alle giovani ragazze che avevano appena preso servizio presso di casa Wilde. Emma percorse tutto il corridoio, salì le scale e cercò nella sua piccola biblioteca personale un pezzo di carta per scrivere. Finito questo piccolo compito, diede uno sguardo alla stanza che Charles aveva fatto preparare appositamente tutto quello per lei: su tutte le pareti erano presenti delle librerie chiuse con una piccola chiave che era ancora inserita nella serratura. Al centro della stanza, in corrispondenza della grande finestra che dava a nord, era stato posto uno scrittoio in mogano mentre sotto la finestra c’era una poltrona dall’aria comoda su cui la sposina si sedeva per avere un po’ di tranquillità, mentre leggeva uno dei tanti romanzi presenti nella stanza. Sulla parete di sinistra, in mezzo a due librerie colme di enciclopedie e diari di viaggio dei loro antenati, vi era un camino ricavato dalla pietra. Quando l’inverno era molto rigido ed Emma voleva leggere, spostava la poltrona davanti a quella fonte di calore, scaldandosi e illuminando le pagine del libro che aveva in quel momento tra le mani. Sopra di esso era stato appeso un ritratto di lei e Charles vestiti molto eleganti: era un regalo dei loro amici Alexander ed Emily Moore, che fecero fare non appena la coppia annunciò il loro fidanzamento solo un paio di anni prima.

Quando si erano conosciuti era una piacevole giornata di maggio; Emma aveva appena finito il suo servizio come insegnante presso una scuola di fanciulle benestanti mentre Charles si trovava in un bistrot per festeggiare un affare appena concluso che gli aveva fruttato molti guadagni. Emma era seduta in un tavolino vicino la vetrina che dava sulla strada, un libro tra le mani. Lui l’aveva notata mentre proponeva il brindisi e rimase immediatamente colpito dalla riservatezza e dalla bellezza della ragazza che non si accorgeva neanche di cosa stava accadendo attorno a lei.

«Emma? Sei qui, tesoro?» la dolce voce di Charles la fece tornare con i piedi per terra e, dopo neanche un minuto, suo marito apparve sulla soglia, scuotendo la testa in modo esasperato. La conosceva fin troppo bene per sbagliare il posto in cui si nascondeva. Le andò incontro, avvicinandosi al loro ritratto sopra il camino spento. Adorava anche lui quel dipinto: rappresentava la perfetta incarnazione su tela del loro amore.

«Fa freddo, qui. Perché non vieni di sotto a farmi compagnia?» proprio mentre pronunciava quelle parole, un tuono fece sussultare i due sposi, spaventandoli appena. Un temporale si stava abbattendo sulla contea e videro in lontananza gli uccelli volare via dalle fronde degli alberi per cercare un riparo più adatto.
Mentre scendevano al piano inferiore Emma si immaginò il giorno in cui sarebbero arrivati i loro amici: le donne si sarebbero fiondate in salotto, raccontando degli ultimi avvenimenti accaduti in città e ascoltando rapite le avventure delle cugine di Charles. Gli amici del marito, invece, se ne stavano in un angolo a sorseggiare un buon liquore parlando di affari e caccia. Probabilmente anche loro avrebbero ascoltato i viaggi di Jane e Catherine, ma solo dopo aver parlato a lungo delle loro attività lavorative. Nella mente della signora Wilde appariva tutto perfetto, come se niente avrebbe potuto mai intaccare quel piccolo paradiso fatto di rose e fiori, in cui tutti si volevano bene e non serbavano rancore nei confronti degli altri.

 
***
 
Passò una settimana prima che Emma ottenne risposta da Jane e Catherine: quando arrivò la lettera, aprì la busta molto velocemente, sperando con tutta se stessa che le cugine avessero acconsentito a trascorrere un po’ di tempo con lei. Proprio come si immaginava, le caparbie donzelle giramondo si sarebbero presentate alla tenuta di loro cugino al ritorno dal loro viaggio a Mosca. Non ne avevano mai abbastanza di visitare posti sconosciuti! Ammirava questo lato del loro carattere, perché sotto sotto, voleva essere come loro.

All’improvviso, come un fulmine a ciel sereno, corse nel suo studio personale a cercare il foglietto in cui erano segnate le stanze che avrebbero occupato i suoi ospiti, scrisse i nomi mancanti alla lista e lo lasciò in bella vista, in modo che appena ne avesse avuto l’occasione, avrebbe scritto per ognuno di loro quello che non doveva assolutamente mancare nella stanza affidata.

 
***

Il nuovo anno arrivò rapidamente e i mesi passavano velocemente. Mancavano ormai due settimane al mese di aprile e la signora Wilde impazzava per casa sembrando un grillo. Le giovani domestiche non erano abituate a tanta esuberanza da parte della padrona, essendo sempre state in servizio in case in cui regnava la disciplina più assoluta. Emma diede alla signora Marple il biglietto su cui aveva segnato tutto lo stretto necessario per i suoi ospiti, dimenticandosi che la donna sapeva solo scrivere il suo nome. Tutte le finestre della tenuta erano state aperte dalla padrona in persona in modo che l’aria primaverile si imprimesse nelle pareti di ogni camera; aveva scelto diligentemente il catino per la faccia di ogni stanza, evitando di darne uno dipinto a fiori al signor Lewis e al signor Leeds. Charles era impegnato quasi tutto il giorno con i suoi affari e, anche se avesse potuto fare qualcosa, aveva le mani legate e di certo non si sarebbe immischiato nei preparativi che la moglie faceva molto volentieri.

I domestici lucidarono i fucili che avrebbero adoperato gli uomini, i bicchieri per i liquori erano stati tolti dalle credenze e spolverati, così come era stata fatta scorta di scotch e whiskey, nel caso in cui un giorno avessero dovuto rimanere in casa per colpa del maltempo. La signorina Johnson, su ordine dell’anziana Marple, aveva acquistato al mercato un cesto pieno di gomitoli di lana e tessuti vari, non facendo mancare niente alle amiche della sua padrona e insieme ad altre due domestiche, avevano lucidato ogni specchio e preparato ogni letto per gli ospiti in arrivo.

 
***

Finalmente, il mese di aprile era arrivato e con lui i primi ospiti dei Wilde. Mentre Charles scendeva le scale dopo aver tirato fuori dall’armadio il suo completo da caccia, sentì bussare al portone: Clarisse ed Edmund Blake furono accolti a braccia aperte dai padroni della tenuta. Non ebbero neanche il tempo di posare un bagaglio leggero nell’ingresso che la donna dai capelli biondo-rossicci fu trascinata in un’altra stanza da Emma, sua vecchia compagna di scuola. Non fecero in tempo nemmeno a salutarsi che sul selciato si udirono degli zoccoli e il nitrito di cavalli appena si fermarono a pochi metri dal portone di ingresso: le risate di Cathy e Jane erano inconfondibili, e subito il nuovo maggiordomo Evans aprì la porta, consapevole che erano appena arrivate due persone dal carattere molto esuberante.

«Dove sono gli striscioni di benvenuto? Mi aspetto per lo meno un gran banchetto!» Cathy aveva sempre voglia di scherzare, era famosa per questo lato del suo carattere. I suoi sorridenti occhi verdi erano già alla ricerca del cugino; si tolse un bellissimo cappello in paglia, mostrando i suoi lunghi capelli scuri che già si intravedevano sotto il nastro del cappellino che portava fino a poco prima.

«Catherine Campbell, sei sempre la solita! Se avessi dovuto organizzare la tua festa di bentornato, avrei dovuto reclutare una decina di giullari.» Charles apparve sul ballatoio proprio sopra la sua testa, costringendola ad alzare lo sguardo per vederlo meglio. Insieme a lui si trovava Edmund, che salutò la prima delle cugine con un gran sorriso da mozzare il fiato. Da quando aveva sposato Clarisse, tutte le donne che lo incontravano capivano che ormai quel semplice gesto affettuoso era riservato solo alla moglie, cosa che faceva scaturire in molte un sentimento di gelosia misto a invidia.

«Una decina di giullari solo per me? Dimentichi che anche a Jane piacciono le feste in cui ci si diverte. Almeno devono essere una ventina!» ribatté lei, ridendo per l’idea che aveva appena avuto e raggiungendo le due amiche che si erano fermate sulla soglia del salotto per ascoltare cosa avesse da dire dopo neanche due minuti da che aveva fatto il suo ingresso. Jane fece notare la sua presenza facendo cadere rumorosamente a terra un’ampia borsa che adoperava per i suoi viaggi.

«Cathy ha ragione! Non siamo venute qui per annoiarci, fateci divertire!»
Charles ed Emma si precipitarono a salutare le due cugine, costringendole a raccontare tutti i viaggi che avevano fatto nell’ultimo anno durante la cena, in modo tale che non avrebbero dovuto ripetere più volte le cose all’infinito.

 
***

Il grande pendolo vicino al camino nel salotto suonò le sette quando si presentò Sebastian Leeds alla porta dei suoi amici. Una volta che portarono i suoi bagagli nella stanza che Emma aveva fatto preparare appositamente per lui, si prepararono tutti per la cena, che non sarebbe cominciata prima delle sette e mezza. Non appena Sebastian salutò tutti i suoi amici, ad Alexander non poté sfuggire una gelida occhiata nei suoi confronti, quando con la moglie Emily si dilungò un po’ troppo con i complimenti. Nessuno a parte il signor Moore parve notarlo, ma anche lui non ci diede molta importanza. L’ultima volta che aveva parlato con il signor Leeds risaliva a due anni prima e, allora, il suo comportamento sembrava del tutto normale, o almeno così gli era parso.
La cena si svolse in modo molto allegro: Jane e Catherine raccontarono per filo e per segno dei loro viaggi a Parigi, Berlino e Mosca, descrivendo con un’abilità incredibile ogni singolo posto che avevano visitato, facendo ridere di tanto in tanto il piccolo pubblico con alcuni aneddoti accaduti all'una o all'altra.

«Abbiamo deciso che il nostro prossimo viaggio sarà nuovamente nell’Europa dell’Est. Non lontano quanto Mosca, ma abbastanza da sfuggire a ipotetici ammiratori troppo sdolcinati o ubriachi» Sentenziò Jane mentre si apprestavano ad andare nel salotto, dando la possibilità ai domestici di pulire la sala da pranzo.

«Cosa vi attira di quella remota regione? Pare ci sia molto freddo da quelle parti.» Alexander Moore diede voce a una domanda che altri uomini si stavano facendo in quella sala. Curioso come era sempre stato sin da bambino, quell’uomo cercava di capire e valutare il comportamento delle bizzarre cugine del suo amico, ammettendo a se stesso che erano delle donne molto intraprendenti e coraggiose. I suoi occhi marroni si spostavano spesso dalla moglie seduta sul divanetto in velluto all’uomo dallo sguardo serio e riservato che se ne stava per conto suo vicino la finestra: Sebastian.

«Ma noi ci andremo quando farà più caldo. Inoltre, visitare paesi che hanno lo stesso clima di Londra ci ha stancato: vogliamo far parte di quelle persone che hanno il coraggio di addentrarsi nelle terre selvagge dell’Est Europa. Non abbiamo paura.» dichiarò apertamente Cathy, facendo nascere così diversi mormorii e commenti sul continente e sulla loro particolare voglia di viaggiare.

Tutti erano affascinati dai racconti delle cugine, probabilmente lo era anche qualche domestico curioso che passava per caso davanti la porta del salotto socchiusa. Le donne parlavano tra loro di ogni genere di argomento, mentre gli uomini, almeno quelli sposati, intrapresero un discorso riguardo la strana vita coniugale che stavano conducendo.
Ronnie e Sebastian erano gli unici a non far parte di quel gruppetto. Non si poteva dire che si sentissero esclusi, solo non capivano cosa ci fosse di così eccitante nell’avere una sola donna accanto per il resto della vita. Segretamente Ronnie sperava un giorno di sposarsi, ma non aveva ancora trovato una fanciulla che facesse breccia nel suo cuore. Sebastian aveva rinunciato a questa parte della vita da circa sei anni, così si distraeva quasi ogni sera con donne che facevano divertire gli uomini per mestiere.

«Lo avevi promesso.» sussurrò Ronnie all’amico. Non si voltò neanche nella sua direzione, perché sapeva esattamente chi stava guardando.

«Lo so, ma rivederla dopo anni fa male. Ma sarà mia un giorno o l’altro, a costo di fare qualcosa che nessuno potrebbe mai perdonarmi…»

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Capitolo 3
*** Comincia la caccia ***



Berkshire, 3 aprile 1882
 
Un raggio di sole entrò dalla finestra fino a posarsi sui cuscini della camera da letto del signor Lewis. Si era dimenticato di far chiudere le tende la sera prima, ma si sentiva così riposato che non esitò un attimo ad alzarsi. Ancora mezzo addormentato, si avvicinò ai vetri della finestra e guardò fuori, scrutando gli alberi che circondavano la tenuta del suo amico Charles. La casa era ancora immersa nel silenzio più totale, ma era certo che nei minuti a seguire altri si sarebbero svegliati. Gli unici rumori che cominciavano a sentirsi provenivano dal piano inferiore: la servitù stava sicuramente cominciando a preparare la colazione e il pranzo che si sarebbero portati nei boschi.

Era tempo di prepararsi, se non volevano che le migliori prede sfuggissero da sotto i loro nasi. Ronnie aprì il suo baule e lisciò alla meglio il completo che si era portato per la caccia; ci mise più tempo a recuperare gli stivali perché non ricordava in quale cassa li avesse sistemati. Dopo dieci minuti era pronto per uscire nei boschi insieme ai suoi amici. Fece scorrere il chiavistello della sua stanza e aprì la porta, scoprendo di essere ancora l’unico sveglio. Era in procinto di dirigersi al piano inferiore quando sentì la porta di una stanza in fondo al ballatoio aprirsi. Silenziosa come un ladro, la bella Jane Morgan stava richiudendo la porta evitando di far rumore, probabilmente per non svegliare la cugina che era ancora nel mondo dei sogni.

«Buongiorno, signorina.» sussurrò il signor Lewis, facendo spaventare Jane: le sue gote si imporporarono improvvisamente, dando un colorito piacevole al volto di una delle cugine di Charles. A vederla così, sembrava che il viso fosse dello stesso rosso acceso dei suoi capelli. Cercando di mascherare inutilmente il suo imbarazzo, si ritrovò a balbettare parole senza senso, fino a che non riuscì a formulare una frase di senso compiuto: «Signor Lewis, che piacere vederla così sveglio a quest’ora. Non riusciva a dormire?»

«In realtà mi ero scordato di tirare le tende, ieri notte. Sono stato svegliato dal sole.» disse con un tono così soave, che Jane non poté fare a meno di arrossire ulteriormente. Trovava quelle parole molto dolci, ma probabilmente pensava che fossero rivolte direttamente alla sua persona. Scesero entrambi al piano inferiore e, visto che tutti i loro amici dormivano ancora e la colazione non era pronta, uscirono nel giardino ad ammirare la natura che si svegliava poco per volta.

«Trovo che lei e sua cugina siate davvero coraggiose: viaggiare con la sola compagnia dell’altra alla scoperta del continente è qualcosa che non si sente tutti i giorni.»

«È vero, ma io e Cathy siamo state cresciute da persone che ci hanno sempre incoraggiato a viaggiare ed esplorare il mondo. Forse loro intendevano farlo con un uomo, ma noi preferiamo la nostra compagnia ad altre. Appena entrambe abbiamo compiuto ventuno anni, abbiamo preparato i bagagli e siamo partite.»

«Vorrei avere la vostra stessa fortuna, milady. Se mi permette, come fate a finanziare i vostri viaggi?»

«Signor Lewis, la prego di chiamarmi solamente Jane. Milady mi chiamano solo gli uomini anziani.» Gli occhi verdi-azzurri della ragazza incontrarono quelli scuri di lui, costringendoli a fissarsi per diversi istanti, prima che uno dei due volgesse lo sguardo altrove. Un raggio di sole colpì in pieno viso la giovane avventuriera, facendo intendere a entrambi che probabilmente i loro amici si erano già svegliati e si stavano chiedendo dove fossero. A malincuore, tornarono sui loro passi, non prima di essersi scambiati un altro sguardo pieno di segreti.

«Jane! Ecco dov’eri finita.» Catherine corse giù per le scale, come se il fatto di trovarla assieme a Ronnie significasse qualcosa di negativo.

«Cathy, non preoccuparti. Mi ero svegliata presto e non volevo disturbarti. Il signor Lewis mi ha semplicemente fatto compagnia.»

«Come io devo chiamarla Jane, voglio che lei mi chiami Ronnie. In quel modo mi chiamano soltanto i proprietari della banca per cui lavoro.» sussurrò lui al suo orecchio, facendosi udire solamente da Jane. Le sue gote si imporporarono nuovamente, costringendola ad aggrapparsi al corrimano della scala.

«Compagni di caccia, siete pronti?» La voce di Charles fece alzare tutti gli sguardi verso il ballatoio; nei secondi successivi, uomini e donne erano divisi in due gruppi a parlare chi di caccia e chi di cosa era accaduto poco prima nel giardino. La giornata prometteva bene, la signora Marple aveva già confezionato il pranzo per i signori che si sarebbero allontanati da lì a qualche momento e, nel frattempo, dava ordini al giardiniere di raccogliere le varie verdure; se fossero tornati con un po’ di selvaggina, ci sarebbe stato tutto l’occorrente per preparare una cena coi fiocchi.

«Signora Emma, cosa volete fare lei e le sue amiche?» Avevano l’opportunità di fare varie attività; dopo una breve consultazione, decisero di fare una passeggiata a cavallo nei dintorni della tenuta. Emily, appena sentì quale verdetto era stato raggiunto, impallidì appena, come se nascondesse un segreto che sarebbe potuto essere compromesso da quella cavalcata. Il marito Alexander, infatti, si avvicinò immediatamente a lei, la portò in disparte e scambiarono due parole sottovoce, evitando in questo modo di farsi sentire dagli amici, mantenendo il segreto come tale.

Dopo la breve discussione tra i due coniugi, Emily salì le scale per mettersi degli abiti più adatti. Le altre ragazze la imitarono immediatamente, accompagnate dagli sguardi di Ronnie e Sebastian: il primo guardava ammirato Jane, nella sua testa prendeva vita una strana situazione tra lui e una delle cugine minori dell’amico; il secondo, invece, incuriosito dalla chiacchierata tra Alexander ed Emily, controllava cosa quest’ultima potesse nascondere che non potesse essere condiviso con gli amici più fidati.

Una volta che le signore tornarono al piano inferiore, fu servita un’abbondante colazione a base di biscotti appena sfornati e tè bollente. Il pasto fu consumato tra le chiacchiere delle signore sui sogni che avevano fatto durante la notte, mentre i rispettivi mariti si consultavano su come avrebbero dovuto organizzare la battuta di caccia a cui avrebbero preso parte da lì a pochi minuti.

Tutti i cavalli erano già stati sellati nel frattempo, uomini e donne presero quello che serviva e si avviarono alle scuderie, prendendo ognuno il proprio cavallo. Era una fortuna che tutti loro sapessero cavalcare, soprattutto le signore, così si sarebbero divertite senza essere costrette a passeggiare nel giardino.

«Tutto bene, Emily? Mi sembri un po’ pallida…» Clarisse non sapeva cosa la sua più vecchia amica le stesse nascondendo e quel pallore dovuto all’improvvisa altezza da terra non era presagio di buona salute. La giovane sposa di Alexander sperava con tutto il suo cuore che quella cavalcata non mettesse a rischio la sua persona e, dato che aveva deciso di tacere ancora, mentì all’amica, facendole credere che stesse bene.

«Certamente. Non cavalco da molto, spero che questo bell’animale non se ne accorga o rischierò di cadere.»

«Usciamo dalla tenuta e proseguiamo a Ovest, verso le colline. Vi assicuro che appena arriveremo in cima, nessuno penserà più di essere fuori allenamento!» Emma salì in sella al suo fidato cavallo facendosi imitare dalle amiche.

«È tutto pronto, signore.» mormorò il ragazzo, consegnando ad ognuno la propria arma.

«Grazie, John. Puoi dire al cuoco che se troviamo abbastanza selvaggina, il menù di stasera prevedrà proprio quella.» Il garzone fece di sì con la testa, sparendo subito dentro casa.

«Dovete proprio ammazzarle, quelle povere bestiole?» Jane era arrivata silenziosamente alle spalle dei suoi amici, l’unica del gruppo femminile a non esser ancora salita sul proprio cavallo.

«Be’» disse Ronnie avvicinandosi a lei, «potremmo provare ad addomesticarli in poche ore così da seguirci, ma non credo che sarebbero contenti appena vedrebbero che li portiamo in cucina. Le pare?» La donna emise un buffo suono dal naso e gonfiò le guance, come se si fosse offesa. Il sorriso del signor Lewis era ammaliatore, e lei lo aveva capito bene. C’era qualcosa nel suo sguardo che la attraeva, i suoi occhi verde scuro facevano da calamita…

«Jane, noi siamo pronte!» Helen agitava il braccio verso l’amica in modo che potesse vederla dalla distanza a cui si trovava. Jane lanciò un ultimo sguardo a quell’uomo che non faceva altro che punzecchiarla e, senza dire una parola, sollevò un poco la gonna del vestito e si allontanò in fretta verso le ragazze, salendo sul suo cavallo già sellato e in attesa di galoppare insieme agli altri. Edmund si avvicinò a Ronnie, che ancora stava fissando la giovane Jane parlare e ridere mentre si dirigeva verso il cancello principale del castello. «Avanti, o rischiamo che faccia buio senza aver sparato neanche un colpo.»

Una volta che le donne furono lontane, il giardiniere richiuse immediatamente il cancello della tenuta dei suoi padroni e si precipitò ad aiutare il signor Wilde e i suoi amici. Il garzone aveva passato quasi tutta la nottata a lucidare i fucili, caricarli e mettere da parte ogni cartuccia di ricambio che potesse servire. Se le previsioni erano giuste, sarebbero riusciti a trovare un po’ di conigli che andavano in giro a cercare provviste dopo un lungo inverno passato in letargo. Non avrebbero preso i cavalli perché avrebbero potuto correre il rischio di spaventare gli animali, facendoli in quel modo scappare.

Le due cugine viaggiavano a gran velocità, probabilmente non avevano mai smesso di andare a cavallo neanche nei loro viaggi in Europa, e avevano superato di molto Emma. La radura non distava ancora molto, ma già dal sentiero che stavano percorrendo il panorama era così bello da togliere il fiato. Le verdi pianure si estendevano a vista d'occhio, brillando sotto il pallido sole di aprile. La radura si estendeva per chilometri, cambiando la tonalità di verde quando l’erba risultava all'ombra di qualche nuvola dispettosa o di un castagno in fiore. Quando raggiunsero la radura il sole non era ancora alto e il vento di campagna accarezzava i loro visi, minacciando di tanto in tanto di far volare i loro cappelli.

«Che vi avevo detto?» Emma era appena scesa da cavallo e ammirava l’orizzonte perdersi nell’infinito. «La vista è meravigliosa, e ne valeva la pena di fare una passeggiata a cavallo.» Si voltò a guardare le amiche che una ad una fermavano i propri cavalli, ammirando per un secondo il paesaggio che la natura aveva loro da offrire. Emily fu l'ultima a raggiungere le amiche: il suo cavallo era sicuramente più riposato degli altri, ma il suo volto risultava sempre pallido.

«Sicura di sentirti bene, Emily?» la moglie di Edmund scrutò meglio l'amica, ancora convinta che le stesse nascondendo qualcosa. Ma questa mentì nuovamente, dicendo che non era più abituata ad andare a cavallo.

«Jane, mi è sembrato di vedere che il signor Lewis nutri un particolare interesse per te. Voi lo avete notato?» domandò Emily cambiando discorso, pur di non dover spiegare alle amiche il vero motivo per cui era così pallida.

«Allora non sono solo io ad aver visto qualcosa tra loro due. Secondo me formano una bella coppia.» Catherine si avvicinò alla cugina che, rossa in viso, cercava di nascondere un crescente imbarazzo sull’argomento.

«Oh, ma cosa dite! Abbiamo chiacchierato due o tre volte, nulla di più. Anche se…»

«Anche se?» fece eco Emma. Si erano fermate tutte all'ombra di un albero, nello stesso punto in cui i cavalli avevano cominciato a brucare un po’ d'erba appena spuntata. Jane sospirò e si trovò a dover confessare ciò che sentiva di provare per Ronnie.

«Anche se, non so, c'è qualcosa in lui che mi affascina. Ha uno sguardo che ammalia, e confesso che più di una volta ne sono rimasta completamente incantata.» Ormai le gote di Jane erano colorate di un rosso così accesso da ricordare il fuoco vivo che scoppiettava nel camino. Era chiaro come l’acqua che la giovane provasse un’infatuazione per uno degli amici del cugino, ma nessuna di loro poteva immaginare che la cosa era reciproca, e che proprio in quel momento anche gli uomini a caccia parlavano del medesimo argomento.

«Dunque, signori, avete posato gli occhi su qualche bella dama negli ultimi tempi?» Era stato il signor Moore ad avviare il discorso, non consapevole che il suo ex dipendente Sebastian era innamorato della signora Moore, e che pur di non vederla con l’abito da sposa, aveva evitato di andare al matrimonio della coppia.

«Anche quando lavoravamo insieme ti preoccupavi delle mie relazioni, Alexander» rispose il giovane Leeds. «Ahimè nessuna donna ha suscitato in me qualunque cosa abbiate provato voi quando avete conosciuto le vostre consorti.» Edmund e Percy si misero a ridere udendo quella battuta: entrambi non avevano di certo pensato che Sebastian potesse essere così simpatico, soprattutto perché da quando era arrivato al castello dei Wilde, era stato molto taciturno e isolato, come se non avesse voluto far parte della bella compagnia che si era formata in quell’occasione.

«Mi dispiace, Sebastian, ma sono abbastanza certo che, anche tu, troverai qualcuno che ti farà perdere la testa come fece Angelica a Orlando.» Charles non era mai stato appassionato di letteratura, ma da quando sua moglie aveva cominciato a riempirgli la libreria, non poteva fare a meno di curiosare tra le pagine dei vari romanzi che affascinavano tanto Emma. Il resto della compagnia scosse la testa a tale affermazione, consapevoli che avrebbe fatto altri paragoni nel corso della loro permanenza nello Berkshire.

«E tu, Ronnie? Ti abbiamo visto così poche volte che non sappiamo quasi nulla di te!» La curiosità di Edmund fu un bene per Sebastian, che non sopportava essere al centro dell’attenzione. Il ragazzo dai capelli scuri iniziò a balbettare qualcosa, finché non riuscì a formulare una frase di senso compiuto.

«Ammetto che di recente ho incontrato una dolcissima ragazza, anche se non credo che lei si sia resa conto che provo un certo interesse per lei.» Tenne lo sguardo basso mentre pronunciava quelle parole, quasi si vergognasse dei sentimenti che provava. Si accorse solo dopo qualche minuto che i suoi compagni di caccia si erano fermati, sia per non far scappare i conigli, sia per ascoltare attentamente il nome della ragazza per cui Ronnie provava qualcosa.

«Molto bene! È qualcuno di nostra conoscenza?» domandò Charles sottovoce, controllando se i conigli si erano accorti della loro presenza. Ronnie ci impiegò qualche secondo a parlare, non trovando subito il coraggio di pronunciare il nome della ragazza.

«Sì, soprattutto per te, Charles.» Finalmente Charles si girò, l’attenzione improvvisamente rivolta all’amico, le orecchie avevano isolato qualsiasi rumore pur di ascoltare ciò che Ronnie aveva da dire. I secondi d’attesa sembrarono interminabili, specialmente per Ronnie. Alla fine strinse i pugni, alzò lo sguardo verso Charles e pronunciò il nome di Jane. Per poco a Charles non cadde di mano il fucile, tanto era sorpreso. Rimase in silenzio per alcuni minuti, non sapendo esattamente cosa dire. Prima di lasciare che le donne andassero a fare la loro passeggiata a cavallo, aveva intravisto Jane e Ronnie chiacchierare, ma l’idea che lui la stesse corteggiando non l’aveva neanche sfiorato. Si avvicinò al giovane e, mettendogli una mano sulla spalla, gli fece i migliori auguri.

«Mia cugina è una ragazza tosta, non sarà facile conquistarla. Ma sono abbastanza sicuro che riuscirai nell’impresa.» Ronnie non si aspettava di certo una simile approvazione e non poté fare a meno di sorridere e ringraziarlo, trovando la forza necessaria per chiedere alla donna di passare del tempo sola con lui.

«Ragazzi, sento del rumore. Credo che i conigli siano usciti dalla tana.» Edmund non sentiva bene dall’orecchio sinistro dopo tutti i bombardamenti a cui aveva partecipato durante il suo servizio militare nell’esercito della Regina: per questo motivo i suoi amici, che erano a conoscenza del problema, controllavano sempre se era vero che c’era stato un rumore. Un grosso coniglio dal pelo grigio faceva capolino dalla sua tana, annusando l’aria in cerca di qualcosa di buono da mangiare. Avendo trovato l’animale, gli amici diedero la possibilità a Edmund di ammazzarlo che, orgoglioso, puntò il suo fucile contro il piccolo malcapitato e sparò.

Le ore passarono molto rapidamente per entrambi i gruppi: le donne, appena il sole iniziò a tramontare, montarono a cavallo e presero la via del ritorno, a volte facendo a gara a chi sarebbe arrivata prima in cima alla collina, a volte facendo andare i cavalli a un’andatura più lenta, in modo che potessero chiacchierare anche tra di loro. Gli uomini, invece, dopo aver sparato all’ultimo coniglio che videro prima che il bosco diventasse troppo scuro, si misero i fucili in spalla e percorsero il sentiero che li avrebbe condotti fino al castello di Charles, passando dalle cucine per lasciare alla servitù i conigli che erano riusciti a prendere.

Nello stesso momento in cui le donne fecero rientrare i cavalli nelle proprie stalle, gli uomini posarono sul tavolo presente in cucina tutta la selvaggina che erano riusciti a cacciare. Emily non sembrava più pallida come quella mattina, ma la sua preoccupazione dell’andare a cavallo si era rinnovata poco prima del rientro a casa, senza darlo a vedere nuovamente alle amiche. Tutti erano rientrati nel castello, andando nelle rispettive stanze per darsi una rinfrescata prima di cena. Immediatamente Emma domandò al marito come fosse andata la caccia, Alexander si assicurò che la sua Emily stesse bene mentre Percy si vantava con sua moglie Helen di aver preso più conigli di tutti gli altri. Ronnie era in fondo alla coda insieme a Jane che, silenziosa, rispondeva a monosillabi alle domande che le rivolgeva l’uomo. Solo quando le domandò se dopo aver suonato un pezzo al pianoforte una volta finita la cena, volesse passare del tempo insieme a lui, lei arrossì come era accaduto quella mattina.

Sebastian assisteva a tutte quelle scenette standosene in silenzio e, appena raggiunta la sua stanza, ci si chiuse dentro come se volesse isolarsi da tutti. Durante la caccia, una volta risposto alle domande impiccione sulla sua situazione amorosa, non aveva quasi aperto bocca. Sia lui che l’amico Ronnie avevano preferito non parlare più di tanto, soprattutto per non spaventare i conigli che si aggiravano ignari intorno a loro.

Eppure, quel loro comportamento, poteva risultare sospettoso, se solo le persone che li circondavano avessero fatto più attenzione.

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