Life – Momenti della nostra vita

di Stella cadente
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo primo ***
Capitolo 3: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 4: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 5: *** Capitolo quarto ***
Capitolo 6: *** Capitolo quinto ***
Capitolo 7: *** Capitolo sesto ***
Capitolo 8: *** Capitolo settimo ***
Capitolo 9: *** Capitolo ottavo ***
Capitolo 10: *** Capitolo nono ***
Capitolo 11: *** Capitolo decimo ***
Capitolo 12: *** Capitolo undicesimo ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodicesimo ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredicesimo ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordicesimo ***
Capitolo 16: *** Capitolo quindicesimo ***
Capitolo 17: *** Prima lettera ***
Capitolo 18: *** Seconda lettera ***
Capitolo 19: *** Terza lettera ***
Capitolo 20: *** Quarta lettera ***
Capitolo 21: *** Quinta lettera ***
Capitolo 22: *** Sesta lettera ***
Capitolo 23: *** Settima lettera ***
Capitolo 24: *** Ottava lettera ***
Capitolo 25: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***











Prologo


1 Luglio 2015, ore 18:30
 
 
 

La casa era vuota. Completamente vuota.
Lui era vuoto.
Al centro della stanza, non gli restavano altro che i ricordi. Tutto quello che sentiva era un enorme, gigantesco, insopportabile vuoto.
Non si rendeva ancora conto di ciò che era appena successo. Non si rendeva ancora conto che stava fermo, inerte. Voleva fare così: fermare il tempo. Riavvolgerlo, spostarlo, tornare indietro, andare avanti.

Nella sua testa regnava il caos. E non si accorgeva che stava scansando gli altri, che cercavano solo di aiutarlo. Sapeva che tutti erano preoccupati per lui.
Ma non gli importava.
Lui non voleva le persone intorno a sé.
Voleva restare solo, e basta.

 
 


Salve :)
Dopo quello che è successo a Zayn mi sono detta che magari non aveva senso continuare a pubblicare altre storie sui ragazzi..ma poi ho pensato che la cosa che realmente non aveva senso era smettere di scrivere solo per questo. 
Non so quante persone saranno disposte a commentare questa FF, ma spero siano in molte. 
Dopo questa storia mi occuperò probabilmente del sequel della mia prima storia sui ragazzi..per chi la volesse leggere, la trova qui:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1212157
So che questo prologo è un po' corto e poco chiaro, ma si spiegherà tutto pian piano. 
Detto questo, spero che questa FF vi piaccia.
Al prossimo capitolo,
Stella cadente

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Capitolo 2
*** Capitolo primo ***


Parte prima


La città












Capitolo primo

 
 
20 Gennaio 2014, ore 23:45
 

«Harry, stasera facciamo casino!»
«Puoi contarci!»
Boston era tutto un lampeggiare lungo la via notturna, quella sera. Non che di solito fosse una città tranquilla, ma il sabato sera specialmente c’era il finimondo. Per le strade era tutto un rimbombare di musica, luci che lampeggiavano, un festeggiare e un ridere, chissà per cosa.
Harry Styles, quella sera, si trovava ovviamente con la sua compagnia di amici: Liam, Louis, Zayn e Niall erano molto entusiasti e sprizzavano energia da tutti i pori. Anche lui aveva una gran voglia di divertirsi, sinceramente; quella settimana di università era stata troppo affollata di impegni, di studi e pensieri. Generalmente non era un frequentatore assiduo di discoteche come Louis, ma di certo non si era mai annoiato, quando andava nei locali con i ragazzi.
«Stasera si rimorchia, belli!» esclamò Niall in preda all’euforia.
«Puoi dirlo forte» rincarò Liam.
«Io bevo, non me ne frega niente» fece Louis.
«Sì, magari senza andare in coma etilico, però» lo riprese Harry.
«Che palle Harold, vuoi che ci divertiamo o no?» sbuffò lui, infastidito.
«Fattelo dire amico, se la tua concezione di divertimento è ridursi ad uno straccio in mezzo alla strada, allora sei messo proprio male» lo prese in giro Harry.
«Ma se non è mai successo» ribatté Louis.
Liam scoppiò a ridere sonoramente. «Vogliamo parlare dell’altra volta?» fece, ironico.
«È stato epico» si intromise Zayn. «Non riusciva a fare due passi senza barcollare. Era ubriaco marcio» rise di gusto.
«Idioti» borbottò Louis, in mezzo alle risate dei suoi amici.
 
 
****
 
 
 
Il Lizard Lounge dava Blurred Lines di Robin Thicke quando entrarono, che riecheggiava contro le pareti dello spazioso seminterrato. Il club era pieno di gente, molta della quale era già ubriaca.
Zayn si accese una sigaretta. «Facciamo così,» cominciò, dopo un lungo tiro, «chi ne rimorchia di più vince.»
«Mio Dio, ragazzi, sembriamo dei liceali» sbuffò Harry.
Sul volto di Louis prese forma un sorriso malizioso.
«Ci sto»  disse, ignorandolo.
 
 
 
Due ore dopo Liam, Louis, Zayn e Niall erano ognuno con una ragazza.
Probabilmente erano ognuno con una ragazza, perché Harry li aveva completamente persi ed era rimasto solo; a quanto pareva lui non aveva molto successo. O meglio, qualcuna gli si era avvicinata – beh, molte in realtà – ma lui le aveva respinte tutte.
Troie.
Harry non aveva bisogno di questo; aveva bisogno di svago, ma non quel genere di svago. Gli sembrava così banale, ultimamente. E stava anche cominciando ad indispettirsi, dal momento che i suoi amici sembravano averlo mollato lì come un idiota – non sapeva che cavolo fare così da solo.
Aveva bevuto un paio di drink, ma i ragazzi sembravano spariti.
Sì, sicuramente erano da qualche parte nel retro in compagnia di una ragazza. O più di una, nel caso di Louis.
Con un verso indispettito, Harry prese il suo bicchiere di vodka e uscì dal locale.
Voleva solo divertirsi con i suoi amici, e per l’ennesima volta si erano comportati da ragazzini.
Fanculo.
 
 
Un getto d’aria gelida lo investì in pieno non appena uscì dal locale, mentre sentiva Talk Dirty di Jason Derulo rimbombargli lontana nelle orecchie.
Harry sorseggiò la sua vodka deglutendo con gusto, poi si sedette sugli scalini assaporando l’alcol che gli riscaldava la gola. Si accese una sigaretta e inspirò profondamente, prima di soffiare una nuvola di fumo di fronte a lui e guardarla dissolversi lentamente nel freddo di gennaio.
«Guarda che ti fa male quella roba.»
Una voce – del tutto sconosciuta, tra l’altro – gli giunse da dietro le spalle.
Harry si voltò di scatto, sobbalzando appena; lì per lì gli aveva fatto paura.
Una ragazza, evidentemente anche lei appena uscita dal locale, lo stava fissando. La squadrò, guardandola dall’alto in basso: indossava un vestito nero attillato che evidenziava il suo corpo magro, era alta quasi quanto lui e dei corti, disordinati capelli rosso mogano le incorniciavano il viso.
La cosa che lo colpì però furono gli occhi.
Erano verdi, di un verde luminoso, messo in risalto ancora di più dal pesante trucco nero. Quegli occhi lo guardavano in modo strano; Harry si sentì improvvisamente giudicato.
«Ti conosco?» ribatté, in un tono cortese e acido insieme.
Ma la ragazza sorrise, contrariamente a ciò che si aspettava; sorrise di un sorriso scaltro e quasi derisorio. Sembrava un po’ una volpe, con quell’espressione furba e quel sorriso che non si capiva se esprimesse scherno o semplice curiosità.
«No, direi di no.»
Harry si voltò, distogliendo lo sguardo.
«Mi chiamo Claudia» disse di nuovo lei, alle sue spalle.
«Harry» fece lui, senza tornare a guardarla. Perché diavolo mi sto presentando ad una sconosciuta?si chiese, mentre faceva un altro tiro distratto alla sigaretta.
«Devi smettere di fumare.»
«E chi saresti tu per dirmelo?» Si voltò di nuovo, si alzò e avanzò verso di lei, come a volerla sfidare. Ma chi si credeva di essere per dirgli quello che doveva fare?
«Una che pensa che tu sia un idiota a rovinarti così.»
Il ragazzo non seppe che cosa rispondere; era mai possibile essere così sfrontati?
Poi quella lì non sapeva niente di lui. Non sapeva come stava ogni giorno, e probabilmente credeva che fosse uno scemo che fumava solo per fare il figo.
Rise, ironico.
«Non hai niente di meglio da fare?»
«No, e sinceramente non mi andava di stare ancora in quel locale. Le mie amiche mi ci hanno trascinata, ma io in questi posti non ci andrei neanche morta.»
«E non potevi importunare qualcun altro, mh?»  la provocò lui.
«No, Harry.»
«E perché, posso saperlo?»
Sentiva la rabbia repressa negli occhi, mentre la fissava.
Lei lo guardò con altrettanta durezza.
«Perché si vede che sei una persona che soffre.»
Il ragazzo rimase ammutolito.
«Che vorresti dire?»
«C’è una ragione per cui lo fai, si vede. E non ne vale la pena.»
Anche se non avrebbe voluto, Harry sentì un’insopportabile fitta al cuore.
«Come hai detto che ti chiami?»
«Claudia»  rispose semplicemente lei. Sembrava che fosse perfettamente immune da tutto ciò che lui avrebbe potuto dirle.
«Dai retta a me, lascia perdere, Claudia. Questo non ti riguarda.»
Gettò la sigaretta e le riservò un’occhiata che sperò esprimesse disprezzo.
Poi scese gli scalini e si avviò verso la macchina, senza preoccuparsi di come sarebbero tornati i ragazzi – ammesso che lo avessero fatto.
Doveva andare via.
 



 
Salve a tutti :)
Ecco il primo capitolo di Life - Momenti della nostra vita.
Che ne pensate?
Come avrete probabilmente già capito, Harry non è per niente un ragazzo sereno, e l'incontro con questa sfacciata ragazza di nome Claudia non lo ha aiutato di certo.
E' un personaggio carico di rabbia, e poi scoprirete anche il perché.
So che non è lunghissimo come capitolo, ma in realtà quasi tutti i capitoli di questa storia sono più o meno come questo.  La lunghezza dei miei capitoli è estremamente variabile, può andare tranquillamente dalle 3-4 pagine di word alle 13-14 pagine. Ma alla fine mi ripeto sempre che quello che conta è ciò che il capitolo trasmette, quindi amen.
Come sempre, comunque, spero vi sia piaciuto :)
Alla prossima,
Stella cadente

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Capitolo 3
*** Capitolo secondo ***


Capitolo secondo
 




Maledizione.
Harry si tirò su a sedere sul letto e guardò, con gli occhi che gli bruciavano, l’orologio sul suo comodino: le cifre verdi sullo schermo disegnavano un sei, come a volergli rinfacciare la sua insonnia.
Si ributtò sul letto, stanco della notte che sembrava non passare mai. Fino a quel momento non era riuscito a dormire neanche per un minuto; aveva troppe emozioni in corpo, che si aggrovigliavano in lui ma che non sapeva definire. Rabbia, forse...? Oppure tristezza?
Probabilmente tutte e due le cose, pensò. In realtà era da un po’ di tempo che non provava nient’altro, ma ormai si era rassegnato – ci era abituato, a quell’alternarsi incessante.
Il punto era un altro.
Quell’incontro in discoteca lo aveva scombussolato; quella ragazza – Claudia; il suo nome era già chiaro dentro di lui – e le sue parole sembravano non volersene andare dalla sua testa.
Perché si vede che sei una persona che soffre.
Era così evidente il suo star male? Si era ridotto davvero in quel modo?
Harry preferì non pensarci, almeno per il momento. Doveva avere un po’ di pace.
 
 
 
****
 
 
Una bussata insistente interruppe il suo sonno. Harry si svegliò di soprassalto; sapeva già chi fosse.
Barcollò verso la porta e la aprì, sbadigliando, con gli occhi che ancora bruciavano come se in realtà non avesse mai dormito.
«Dove cazzo eri?» lo accolse la voce squillante di Louis.
Harry non rispose subito; si passò stancamente una mano fra i capelli, poi disse solo, con il suo solito tono annoiato:
«A casa.»
Louis sospirò.
«Perché non ci hai aspettati? Perché non ci aspetti mai?»
Harry lo guardò impassibile – come del resto faceva con più o meno tutti.
«Avevo da fare.»
«Andiamo, Harry, vuoi darla a bere al tuo migliore amico?»  esordì lui entrando nell’appartamento che condividevano a passo deciso. «Beh, non attacca, se è quello che stai cercando di fare. E lo sai.» Lo inchiodò con i suoi occhi azzurri, poi disse:
«Perché te ne sei andato, per di più senza dirci nulla?»
Harry richiuse la porta con violenza.
«Perché mi avevate lasciato da solo come un cretino per l’ennesima volta, ecco perché!» esplose.
E si buttò di peso sul divano in salotto, tirando un sospiro stanco.
«Harry...» cominciò Louis con delicatezza. «So che stai passando un brutto periodo, lo sappiamo tutti. So che sei nei casini, ultimamente. Ma non è una buona ragione per mandare il mondo a farsi fottere. Devi cercare di reagire, non ha senso che tu ti chiuda così. Dammi retta.»
Il ragazzo si mise a sedere guardando il suo amico negli occhi. Sapeva di avere un’espressione scettica, come sempre.
Louis gli mise una mano sulla spalla, dandogli una lieve pacca affettuosa.
Harry non disse niente.
«Vado a preparare la colazione» disse l’amico, interrompendo il silenzio. «Vedi di chiamare i ragazzi, che tu ci creda o no sono in pensiero per te. Faresti meglio a contattarli.»
E sparì in cucina, lasciandolo nella stanza.
 
 
****
 
 
Harry Styles odiava la domenica. Cioè, in realtà l’aveva sempre amata, ma da un po’  di tempo a quella parte la odiava.
Non sapeva da quando avesse cominciato a farlo, e in realtà non gliene importava nemmeno.
La verità era che c’erano un po’ di cose che odiava oltre la domenica, adesso. Odiava le persone, odiava la compagnia degli altri, odiava il sole, odiava che la gente lo guardasse e che parlasse con lui. Gli piaceva la pioggia, invece. Tanto.
Mentre era a passeggiare per le strade di Boston, dopo aver preso la metropolitana, notò con piacere che la giornata era nuvolosa. Anche Boston, quella città affollata e piena di grattacieli, in fondo, gli piaceva. Era diversa da Holmes Chapel, certo – d’altro canto, la sua città natale era un piccolo paesino dell’Inghilterra e non era stato facile abituarsi ad una grande metropoli come Boston – ma gli piaceva.
Era stata un’idea di Louis andare a studiare in America, ma subito gli altri ragazzi – lui compreso – si erano mostrati d’accordo senza alcuna esitazione; quello dell’America era sempre stato una specie di sogno per loro, specialmente per Louis. E poi Boston era riconosciuta come città di importanza mondiale per la sua istruzione superiore e universitaria, perciò non potevano scegliere un posto migliore per il college.
Ricordava ancora il giorno della partenza: tutti i buoni propositi, l’emozione e l’orgoglio del sentirsi indipendenti, “dei veri uomini”, come aveva detto Niall. Erano partiti quell’estate, giusto per ambientarsi un po’ prima di cominciare gli studi, felici ed elettrizzati.
Era stata proprio una bella estate. Un po’ calda, con temperature che sfioravano i trenta gradi, ma tutto sommato bella. Un’estate fatta di spensieratezza, di grandi novità e aspettative.
Harry sorrise al ricordo.
Gli mancava, quell’estate, gli mancava sentirsi come quell’estate. E nemmeno poco.
 
 
 
****
 
 
 
 
Il fumo si disperse nell’aria.
Un paio di occhiali da sole scuri sul viso e la sigaretta tra le dita, Harry era seduto – o meglio, stravaccato – su una panchina ai giardini pubblici di Boston, lo sguardo che stava vacuo sulle persone che gli passavano davanti. Il giorno era nuvoloso e  pochi raggi di sole si infilavano tra le nuvole come lame di luce; probabilmente avrebbe piovuto da lì a poco. Del resto era strano che fosse comparso anche soltanto un accenno di sole in gennaio inoltrato.
Fece un altro tiro, pensando che adorava le giornate di pioggia.
C’erano alcune persone, oltre lui; non era l’unico ad essere uscito ai giardini quel giorno. Un paio di ragazze erano sedute su una panchina, e di tanto in tanto gli lanciavano qualche occhiata. Distolse lo sguardo con aria strafottente: tanto non sarebbero mai riuscite ad attirare la sua attenzione.
Piuttosto, si rese conto che una ragazza lo aveva fatto, anche se non ci provava nemmeno.
Era seduta sulla panchina vicino alla sua – a pochi metri di distanza – e leggeva un libro, concentratissima. Sembrava molto presa, come se non le importasse di nulla se non di ciò che accadeva nel suo romanzo. Harry sbirciò il titolo da dietro le lenti degli occhiali da sole.
La torre nera. Un fantasy, probabilmente.
O perlomeno, aveva il titolo da romanzo fantasy.
Si tolse gli occhiali da sole e se li appese alla maglia con disinvoltura, continuando ad osservare quella ragazza; sembrava carina. Un po’ lo inquietava, perché gli sembrava di averla già vista anche se non capiva dove, ma tutto sommato era carina.
Per un attimo lei alzò gli occhi impercettibilmente e fu allora che la vide bene.
Oh cazzo. Ecco perché avevo l’impressione di averla già vista.
Sperò che non lo avesse notato e distolse lo sguardo velocemente, ma sapeva che non sarebbe bastato. Si sentiva stranamente sottopressione.
«Guarda che è inutile che fai finta di nulla.» Quella voce lo colpì di nuovo come un masso gigantesco.
Harry si maledisse; perché, fra tutti i posti in cui poteva andare, aveva scelto proprio quello?
Il suo sguardo corse a rifugiarsi in una direzione sconosciuta. Qualunque cosa, pur di non guardare gli occhi di lei.
Sentì il libro chiudersi.
«Harry» lo chiamò con voce ferma.
Merda. E ora?
Si voltò verso la ragazza, sperando che non notasse la sua tensione.
«Non fare quella faccia.»
«Quale faccia?»
Lei lo guardò come se si trovasse davanti a un soggetto problematico.
«Come se non mi avessi mai guardata finora.»
«Perché pensi che avrei dovuto guardarti?» ribatté freddo.
«Non è che lo penso: l’ho visto, è diverso.»
Harry la guardò per un po’, senza sapere cosa ribattere, sempre con quell’aria ostinata e indifferente sul volto.
«Che c’è, mi segui? Mh?» fece, duro.
«Io non ti seguo. Forse tu segui me, però.» Claudia si alzò e si mise a sedere accanto a lui, assumendo la sua stessa posizione scocciata. Harry sospirò, cercando di sembrare infastidito.
«Mi dici cosa vuoi da me?»
«Nulla. Perché devo voler qualcosa da te?»
Quella risposta lo spiazzò. Era convinto che Claudia fosse come tutte le altre che gli sbavavano dietro e che cercavano di farsi notare a tutti i costi, ma lo aveva sorpreso. E di grosso, anche.
Il ragazzo si sentì a disagio. Non disse nulla, ammutolito da quel suo modo di fare così naturale, come se si conoscessero da sempre.
«Non lo so, mi parli come se mi conoscessi da sempre» diede voce ai suoi pensieri. «E invece non so nemmeno chi sei. Sinceramente io non vado a dire tutto quello che penso a degli sconosciuti sul loro conto, Chiara.»
«Questo perché tu sei così. Tu sei in un modo, io in un altro. E comunque mi chiamo Claudia» rispose prontamente lei, con una punta di acidità che non aveva sentito la sera precedente.
Harry in realtà se lo ricordava come si chiamava, voleva solo darle l’impressione che per lui il suo livello di importanza fosse pari a zero – anche se palesemente non era così.
«Hai da fare adesso?» la voce della ragazza solcò il silenzio.
«Sì» disse lui subito, guardandola duramente.
«Tipo?»
Lui espirò con forza.
«Niente di che.»
«Allora alzati. Si va a fare due passi.»
Harry le lanciò uno sguardo quasi di scherno.
Cos’è, uno scherzo?
Ma gli occhi verdi e decisi di Claudia gli fecero capire subito che la ragazza non stava affatto scherzando.

 

 
Eccomi qui :)
Come state? Spero bene :)
Passando al capitolo, come vedete Harry è stato preso in contropiede da Claudia - e anche tanto aggiungerei - e adesso non sa che cosa replicare.
Secondo voi che cosa succederà? Accetterà anche solo di fare una passeggiata con lei o rifiuterà?
Una cosa è certa: quella ragazza sa come incastrarlo, perciò potrebbe succedere di tutto.
Ad ogni modo, spero vi  siapiaciuto :)
Un'ultima informazione prima di dileguarmi: fianlmente, dal momento che con questa storia sono già avvantaggiata moltissimo, i miei aggiornamenti saranno regolari. Mi commuovo, alla fine ce l'ho fatta :')
Aggiornerò di lunedì, perciò una volta a settimana avrete il capitolo nuovo pronto :D
Bene, è tutto.
Alla prossima,
Stella cadente
PS Come sempre, vi metto il link della mia prima FF sui ragazzi, della quale posterò il sequel dopo aver finito questa. Se volete, fateci un salto ;)

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1212157&i=1

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Capitolo 4
*** Capitolo terzo ***


Capitolo terzo
 
 

 
 
«Sei di qui?»
«No.»
Harry lasciò lo sguardo a vagare intorno a sé. I giardini di Boston erano bellissimi in inverno: sottili strati di brina invadevano le piante, gli alberi, la terra; la fontana di Brewer, con i suoi getti d’acqua trasparente al centro del parco, pareva cristallizzata in quel gennaio freddissimo; qualche passero con le piume arruffate per il gelo solcava di tanto in tanto quel cielo nuvoloso, emettendo gorgheggi infreddoliti.
Ci era già stato diverse volte con i ragazzi nell’ultimo periodo, ma non se li era mai goduti appieno. Con lei invece sembrava che...
«E di dove sei?» La sua voce pungente interruppe ancora una volta le sue riflessioni, strappandolo a quella vaga contemplazione.
«Holmes Chapel. È un paesino dell’Inghilterra» si affrettò ad aggiungere, vedendo che la sua faccia era un po’ confusa. Poi rimase in silenzio; non aveva voglia di parlare. Odiava parlare, odiava dover interagire con gli altri e odiava essere guardato.
Ma Claudia evidentemente non la pensava come lui.
Non si era zittita neanche per un secondo, nemmeno davanti al suo atteggiamento palesemente infastidito; suppose che glielo facesse di proposito, o che lo stesse sfidando. O forse entrambe le cose.
«Quindi sei venuto qui per...?»  chiese, con la curiosità nella voce.
«Studiare» fece lui, conciso.
«E sei solo?»
«No.»
«Con degli amici?»
«Sì.»
Silenzio; Harry ormai aveva finito la sigaretta e l’aveva gettata a terra distrattamente, infilandosi le mani in tasca e volgendo lo sguardo lontano. Sentiva gli occhi di Claudia su di sé, e non sapeva dire se la cosa gli piacesse o no.
«Tu sei di qui?» si decise  a dire, dopo qualche secondo. Tanto per darle un po’ di soddisfazione, pensò.
«Sì» rispose lei, con un grande sorriso. Tutta quell’allegria, così di colpo, lo stordiva: sembrava che Claudia cambiasse umore a seconda del momento. «Si sente, comunque, che sei inglese» aggiunse poi.
Harry decise di voltarsi, finalmente, verso la ragazza, ma fu un gesto nervoso, arrabbiato. Come lui.
«E allora perché me lo hai chiesto?» fece, aggrottando le sopracciglia.
Lo sguardo di Claudia sembrò cambiare espressione – aveva abbassato gli occhi?
Non ebbe il tempo di confermarlo, perché lo guardò subito dopo con una decisione del tutto inaspettata.
«Volevo solo riuscire a cavarti qualche parola di bocca» disse solo, accennando però un sorriso divertito. Harry mugugnò sovrappensiero, mordendosi la lingua per evitare di chiederle in modo non proprio carino che accidenti volesse da lui.
«Sei sempre così?»
Il ragazzo rimase sorpreso; si chiese cosa ci fosse a farlo continuare a parlare con lei, mentre cercava qualcosa di sensato da dire.
«Così come?» si limitò a chiedere poi.
«Riservato, solitario e di poche parole.»
Alzò le spalle.
«Tu invece sei sempre così invadente?»
«Mi dispiace ma sì» ribatté lei, con un tono sarcastico che non seppe come interpretare. Harry la guardò, confuso; era proprio impossibile vederla tentennare, esitare o comunque mostrare segni di debolezza?
Ma che razza di persona si trovava davanti?
Soprattutto, non era sicuro che gli piacesse l’effetto che gli faceva quella ragazza. Si sentiva... strano; come se lei avesse potuto capirlo con un solo sguardo. E non gli piaceva.
Era un po’ come se Claudia fosse in grado di leggergli nel pensiero, e gli dava fastidio l’idea di risultare prevedibile a qualcuno.
«Dai, su» continuò.
«Cosa?» chiese Harry.
«Parlami di te. Di’ qualcosa, insomma. Non voglio stare in silenzio.»
«Che posso dirti di me?»
«Qualunque cosa.»
Il ragazzo si ritrovò a sentirsi spaesato; non sapeva assolutamente cosa dire.
Oh, chi se ne frega. Tanto non la incontrerò mai più.
«Beh, mi piace il blu, mi piace leggere, canto, mi piace il succo di mela... » iniziò, mantenendosi sul vago.
«Wow» ridacchiò Claudia.
«Perché ridi? Me lo hai chiesto tu di parlare di me.»
«Sì, sì; ti prendevo solo un po’ in giro.»
Harry la guardava mentre rideva ancora, e la odiava. La odiava, perché per quello che lo riguardava poteva anche star ridendo di lui malignamente. Anzi, magari era proprio così. Odiava le persone, perché prima o poi ridevano tutte di lui.
Si zittì improvvisamente e Claudia lo fissò, sospettosa.
«Che c’è?» gli chiese, con una delicatezza che non le si addiceva.
Il ragazzo scosse la testa come a voler scacciare qualcosa di fastidioso.
«Niente.»
Claudia alzò le sopracciglia.
«Davvero?» chiese, retorica.
Lui annuì.
Silenzio.
«E quindi ti piace il succo di mela.» La sua voce interruppe il silenzio così, dal nulla,  proprio con la cosa più banale che avevano detto fino a quel momento. Harry sorrise, per la prima volta da quando parlava con lei. Un sorriso vago, certo, appena accennato e anche un po’ forzato, ma pur sempre un sorriso. O qualcosa del genere.
«Sì. Da morire.»
«A me no. È troppo dolce.»
«Ma è buonissimo! E poi che accidenti vuol dire “è troppo dolce”?»
«Sono gusti. Per me è troppo dolce.»
«Bah.»
Quando si voltò, vide che la ragazza lo stava guardando in un modo che non sapeva come definire.
La cosa strana era che si sentiva...
Si sentiva... a suo agio.
Stranamente non si sentiva più in dovere di allontanarla e non aveva più la sensazione che fosse una persona qualunque.
Quella ragazza era interessata a lui.
Non sapeva in che modo, ma era interessata. O almeno, questa era l’impressione che gli aveva dato.
Forse poteva davvero esserle amico, forse avrebbe potuto davvero confidare in lei.
Ma no, probabilmente.
Harry sapeva come andavano queste cose; sapeva che lui non andava mai d’accordo con le persone a causa del suo carattere, e non vedeva per quale motivo una ragazza così a caso dovesse cambiare la situazione.
«Cosa ti piace leggere, Harry?»
Lui si riscosse.
«Oh, ehm» si schiarì la voce. «Mi piace molto Stephen King.»
Claudia sorrise.
«Anche a me.»
«Hai letto Carrie?»
«È stato il primo che ho letto» fece lei con un sorriso soddisfatto.
Harry sorrise ironico, alzando un sopracciglio.
«Davvero?»
«Già.»
Avrebbe tanto voluto crederci, però.
Improvvisamente si ritrovò a volere che Claudia fosse realmente interessata a lui.

 
 
****
 
 
 
Quando Louis rientrò a casa, Harry non se ne accorse nemmeno; stava rimuginando sul pomeriggio appena passato.
Stava pensando che avrebbe potuto chiedere il numero a quella ragazza, che avrebbe potuto sentirla ancora. Ma ovviamente non lo aveva fatto; l’aveva semplicemente salutata, come se fosse stato insignificante stare con lei.
Harry non voleva affezionarsi, ma qualcosa, in lei, gli aveva fatto un effetto strano.
Si passò una mano sul viso stancamente, sospirando. Era strano provare tutto quello, disarmante il modo in cui si era sentito bene in sua compagnia.
Si era sentito bene.
Non ricordava come fosse stare bene.
Era stato incredibile. Era come se avesse trovato finalmente una specie di porto sicuro.
Avevano parlato di cose da niente, cose normali, eppure gli era sembrato che quella chiacchierata volesse dire di più.
Di più...
Ma di più rispetto a cosa? E poi perché aveva quella sensazione?
«Harry, amico, ma ci sei?»
La voce di Louis lo distrasse.
«Dimmi Louis.»
«No, sai com’è, ti parlo e non mi rispondi. È successo qualcosa?»
Perché, stava parlando?
Lui stette in silenzio per qualche secondo, poi disse:
«No.»
«Ti dicevo» riprese il ragazzo che ormai considerava come un fratello. «Oggi con Eleanor ho sentito qualcosa di strano, non so... Non avevo mai provato tutto questo prima. So che è da poco che la frequento, ma... boh. Secondo te mi sto innamorando come un cretino?»
Harry alzò le sopracciglia per un attimo, riconoscendosi improvvisamente in quelle parole.
Non è possibile.
«Forse sì» si limitò a dire, cercando di zittire ciò che provava.
Louis si era fatto stranamente taciturno.
«Sarebbe anche l’ora, visto che ad ogni festa ti fai almeno due ragazze, Tomlinson» aggiunse, ammonendolo bonariamente.
«Non rompere, Styles» lo ricambiò Louis. «No davvero, è una cosa seria» disse poi.
«Ci credo, Louis. Sono contento per te.»
L’amico sorrise, felice; poi in un attimo il suo sorriso passò da spontaneo a malizioso.
«Harry.»
Il ragazzo lo guardò un po’ preoccupato.
«Sì?»
«Ti è successo qualcosa?» chiese, calcando sulla parola “qualcosa” in modo allusivo.
 Harry rise.
«No. Perché?»
«Non lo so, hai un non so che di diverso. Sembri più sereno, ecco.»
Fece spallucce. Era difficile descrivere ciò che aveva dentro, lo era sempre stato. E poi, se avesse anche solo accennato a come aveva trascorso il pomeriggio, Louis avrebbe passato i giorni seguenti a sfotterlo.
Ma anche no.
Non sapeva nemmeno lui per quale motivo aveva parlato con quella strana ragazza, figuriamoci se voleva dirlo a qualcun altro.
«Non so che dirti.»
E in realtà lo sapeva benissimo.
Solo che ancora non era in grado di dargli un nome.

 
 

Salve :)
Eccoci di nuovo qui, con il terzo capitolo.
Vediamo una Claudia curiosa ed estroversa e un Harry infastidito e insieme colpito da quella strana ragazza che sembra così insolitamente interessata a lui.
E' un personaggio rinchiuso tra le sue mura di pietra, non si fida di nessuno, solo di se stesso.
Claudia invece sembra alquanto strana e anche un po' irritante, ma vi avverto sin da subito che è un personaggio ricco di sorprese.
E poi manda in pappa il cervello ad Harry, dal momento che ritorna a casa parecchio confuso :)
Dunque, che ve ne è sembrato?
Spero non vi abbia deluso. Le cose in questa FF si svolgeranno molto lentamente, perché il rapporto che ha Harry con Claudia è circospetto, quindi - come ho già detto alla fine dello scorso capitolo - potrebbe succedere veramente di tutto.
Spero vi sia piaciuto, come sempre.
Alla prossima,
Stella cadente

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Capitolo 5
*** Capitolo quarto ***


Capitolo quarto
 
 
10 Maggio 2014, ore 19:00
 
  
«Non ce la farò mai!» sbottò Harry improvvisamente, passandosi una mano nei ricci castani.
«Rilassati»  replicò Zayn dal divano, senza staccare gli occhi dal suo libro. «Tanto è scontato che sarai preparato comunque.»
Maggio era arrivato con il sole e il caldo, a Boston. Le persone che brulicavano per le strade avevano già vestiti più leggeri; erano più sorridenti; sembravano tutti sereni, e la città si stava riempiendo ulteriormente di turisti, che camminavano continuamente indicando questo e quello, immortalando ogni cosa con le macchine fotografiche o i cellulari. Entusiasti, felici.
«Zayn, per favore. Non mi aiuti così, e tra l’altro non è nemmeno vero» ribatté lui, indispettito.
Silenzio.
«No?»
Harry non si sentiva parte di tutta quella massa che non poteva capirlo; fissava afflitto il suo volume di letteratura, sempre con la sua solita espressione sul viso ombroso come una giornata di pioggia.
Lui non era il sole, non lo era più da molto tempo. Non lo era mai stato per dir la verità, ed ora meno che mai.
Harry era pioggia; Harry era cielo grigio e mare d’inverno, perennemente in tempesta e tremendamente affascinante, anche se non lo sapeva.
«No. Domani mattina c’è un seminario con ospite Cormac McCarthy. McCarthy, capisci? Dovrei essere quantomeno un po’ preparato su almeno uno dei suoi libri.»
«Ma...?» chiese Zayn, con voce un po’ distratta. Per tutto il tempo era rimasto con gli occhi incollati al libro che teneva tra le mani – L’arte della scultura nell’Italia del 1500.
«Ma in realtà non ho mai letto neanche un suo libro!»
«Mh.»
Il ragazzo tornò a concentrarsi, sbuffando: Zayn non era mai stato un tipo loquace. Quando si trattava di libri di storia dell’arte poi, si poteva considerarlo totalmente andato, perché staccava la spina dal mondo reale e si immergeva in quelle pagine piene di sculture e dipinti, leggendo con attento interesse.
«Harry» la voce dell’amico lo richiamò d’un tratto.
«Sì?»
Dimmi che non stai per chiedere...
«Ti sei innamorato?»
Ecco.
«Ma che avete tutti? Perché dovrei essermi innamorato?» sbottò lui, scocciato.
Era dal giorno in cui aveva passeggiato con Claudia che i suoi amici glielo chiedevano continuamente. Ma ormai erano passati mesi e sapeva che poteva considerare quell’episodio come un... beh, non sapeva nemmeno lui cosa.
Di sicuro non aveva dato vita a qualcosa che fosse destinato a durare nel tempo; d’altra parte, un po’ se lo aspettava. Era abituato alla solitudine, da questo punto di vista, e in realtà non gli pesava neanche troppo.
«Non lo so, è da un po’ che sembri diverso. È come se fossi scombussolato e al tempo stesso sereno.» Aveva già sentito quelle parole, e non aveva nessuna voglia di ritornare nel discorso.
«Secondo me non vuole dirci chi è» si inserì Niall, comparendo dalla cucina con un sacchetto di patatine in mano. «Louis dice che è da mesi che è così, quindi la storia dovrebbe andare avanti da un bel po’. Giusto Harry?»
Harry si agitò impercettibilmente sulla sedia.
«Possiamo tornare a studiare, mh?» disse solo, cercando disperatamente un modo per concludere quella conversazione con i suoi amici.
«Come vuoi» rispose Niall, facendo spallucce. «Ma non finisce qui, sappilo» scherzò, facendogli un occhiolino.
Harry fece del suo meglio per trattenere, con scarsi risultati, un sospiro di frustrazione.
 
 
 
Aveva invitato i ragazzi per un pomeriggio studio tutti insieme – del resto, Zayn ad esempio era un’ottima compagnia per questo genere di cose – ma da un po’ avevano cominciato ad assillarlo con domande riguardo alla sua presunta fidanzata inesistente.
Certo, non poteva negare che fosse accaduto qualcosa di davvero singolare tra lui e Claudia; si era formato un legame strano e inspiegabile, ma non voleva dire che avesse trovato l’anima gemella o che si fosse innamorato.
In un certo senso, era meglio così; era un bene che non si fosse affezionato. Affezionarsi faceva male, Harry lo sapeva. Gli avrebbe fatto male, perché gli avrebbe dato la felicità; quella felicità terribile, quella felicità che ti dà aspettative, aspettative che novantanove volte su cento vengono poi deluse, lasciandoti solo con un’enorme rabbia addosso. Ed Harry non aveva voglia di stare male per altre persone; aveva già abbastanza grane a cui pensare.
In un certo senso però, anche se l’aveva vista una volta sola, stare con Claudia gli era mancato.
Più che altro, gli mancava sentirsi come si era sentito con Claudia: spontaneo, tranquillo e stranamente a suo agio. Pensandoci, era semplicemente un dato di fatto, anche se per lui non voleva dire nulla di particolare: quella ragazza lo aveva fatto stare bene.
Forse era troppo tardi, forse si era già legato a lei inesorabilmente.
Eppure era praticamente una sconosciuta; una sconosciuta che però sembrava in qualche modo sapere tutto di lui. Non sapeva dire se la cosa lo infastidisse o semplicemente lo incuriosisse, ma quando era solo si lasciava andare spesso a queste riflessioni – come adesso, ad esempio.
Erano le dieci di sera ed Harry era ai giardini ad assaporare quel vago odore di primavera, seduto sulla stessa panchina dove avevano parlato davvero per la prima e ultima volta.
La prima ed ultima volta.
Sospirò con rabbia.
Perché mi faccio prendere dalla nostalgia per una persona che neanche conosco?
Per un attimo se la rivide accanto come fosse una visione. Scosse la testa; che cosa gli stava succedendo?
Sei sempre così?
Lo aveva detto con una sincerità che lo aveva spiazzato.
Non voleva dirlo ai ragazzi, che un po’ gli mancava. Anche perché, in fin dei conti, quanto sapeva di lei?
Così come?
Le immagini di qualche mese prima gli scorrevano nella mente in una sorta di flashback.
Riservato, solitario e di poche parole.
L’aria di maggio era tiepida e si stava bene.
Si stava bene.
Ma Harry non si era mai sentito veramente bene. Gli piaceva uscire, prendere un po’ d’aria, e per un po’ riusciva a farlo sentire meglio.
Per un po’.
Ma non voleva tornare indietro.
Era perennemente in tempesta, lui, come lo era il mare in inverno.
 
 
 
****
 
 
 
«Ma dove diavolo è?» sbottò Louis, lanciando il telefono sul letto.
«Fuori, Louis, fuori. Sai com’è fatto Harry, quando ha bisogno di uscire esce. Ma se la cava. Insomma, lo ha sempre fatto, no?» tentò Liam.
«Sì ma sono tre ore che non torna, lo capisci?»
«Sembri un fidanzato in pensiero per il suo amore» ridacchiò Zayn.
«Ragazzi, non è divertente. Sono preoccupato per il mio migliore amico, okay? Che c’è, non dovrei esserlo?» chiese, un po’ spazientito.
«In effetti...» convenne Niall. «Non si è mai trattenuto fuori così tanto.»
Silenzio.
«Credete davvero che gli sia successo qualcosa?» aggiunse il ragazzo biondo.
Louis gli rivolse un’occhiata turbata.
«Non lo so» disse solo.
 
 
 
La mezzanotte era arrivata con una velocità sorprendente. Era assurdo che avesse passato tutto il tempo a camminare per i giardini di Boston, ma non aveva voglia di tornare. Aveva voglia di fermarsi, di infischiarsene di tutto e tutti, senza preoccuparsi di cosa avrebbero pensato i suoi amici.
Aveva bisogno di pensare, di stare solo.
La notte gli piaceva. La notte era fatta per pensare e per essere se stessi, per fare quel tipo di cose che di giorno non si farebbero mai. A lui piaceva la notte; gli piaceva l’impercettibile alito di vento caldo che c’era, gli piacevano le stelle, gli piaceva la falce di luna che spiccava in quel cielo nero e sembrava in qualche modo rischiararlo.
Gli piaceva la calma.
Ma qualcosa la interruppe bruscamente.
«Non toccarmi!» una voce femminile, impaurita, ansante. E una risata sguaiata che riempì l’aria e che lo innervosì.
«Dove credi di andare?» questa voce era maschile, cattiva, strascicata – era pronto a scommettere che il suo proprietario fosse ubriaco. Harry, coperto alla vista dell’altro dalla fronda di un salice piangente che sfiorava il terreno con le sue foglie cadenti, lo vide, da quei pochi metri che li separavano. Gli ci volle un attimo per capire che cosa doveva fare; non gli importava se quella ragazza non lo conosceva, non gli importava se lo avrebbe preso per un altro aggressore, non gli importava più di niente. Doveva fare qualcosa, e questa era una certezza.
Si alzò e si avvicinò con lunghe, decise falcate, poi disse, con un tono che non ammetteva repliche:
«Hai finito, stronzo?»
L’idiota si voltò, scoprendo la sagoma della ragazza. E Harry ebbe un mancamento.
Di tutte le facce che avrebbe immaginato di vedere, quella era veramente l’ultima.
Immobile, inerme, che ora sembrava piccola piccola, c’era l’ultima persona che avrebbe giurato di vedere in quel contesto.
Claudia.
Ma la cosa che più lo stupì fu la sua aria così fragile e indifesa. Aveva gli occhi intrisi di paura e tremava dalla testa ai piedi, la faccia pallida di terrore.
«Cosa hai detto, amico?»
La voce roca dell’aggressore lo distrasse temporaneamente, facendogli distogliere lo sguardo.
«Non sono tuo amico, primo» ribatté con decisione. «E secondo, lasciala stare.»
Lui iniziò a ridere.
«Che c’è, sei il suo fidanzato?»
Harry deglutì appena.
«Non importa chi sono. Lasciala stare, ho detto.»
Un’altra risata. E Harry non ci vide più.
Prima che se ne potesse rendere anche solo lontanamente conto, gli aveva assestato una ginocchiata nello stomaco, facendolo piegare in due. Non provò pietà per il ragazzo agonizzante a terra; sentiva un’ondata di adrenalina e rabbia indescrivibile. Voleva solo che quel deficiente si togliesse dai piedi e lasciasse in pace Claudia.
«È finita» disse, freddo, muovendo minaccioso qualche passo in avanti come per stabilire chi comandava, il tizio sofferente accasciato pateticamente ai suoi piedi.
Prese Claudia per un braccio e la trascinò via, mentre i suoi occhi restavano ancora fissi sul suo aggressore che continuava a sputare sangue.
 
 
 
****
 
 

 Era successo tutto troppo velocemente e ancora non ci credeva. 
«Ehi...» provò a tendere un braccio verso di lei, ma la ragazza si scansò bruscamente.
«Non mi toccare!» ansimò.
L’aveva portata vicino alla fontana, che con tutte le sue luci rischiarava un po’ la notte. Claudia era fredda, rigida: in un gesto istintivo di cui si stupì, la imprigionò fra le sue braccia, stringendola forte, in modo insolitamente protettivo.
«Non mi toccare, non mi toccare!» ripeteva, scuotendo la testa con veemenza. Si allontanava, muovendo qualche barcollante passo all’indietro.
«Claudia, ehi!» la richiamò, prendendola per le spalle. «Calmati.»
«Vai via!»
«Claudia! Sono Harry!»
Lei si fermò di un colpo e lo guardò per la prima volta. Aveva gli occhi spaventati, i capelli arruffati, il respiro corto. Non avrebbe mai detto di vederla in quelle condizioni – non avrebbe mai detto di poterla rivedere proprio in generale, in realtà, figuriamoci in quella situazione.
«Harry...?» sussurrò, mentre i suoi occhi saettavano sul volto del ragazzo, le sopracciglia aggrottate. Perplessa, impaurita e smarrita insieme; un mix che, visto su di lei, lo lasciò sconcertato.
«Sì, sono io. Quello dei giardini e della discoteca» disse, con una dolcezza che con lei non aveva mai usato.
Claudia non disse nulla, ma fece una cosa che lo colse di sorpresa.
Si buttò tra le sue braccia, abbandonandosi come una bambina.
 
 
****
 
 
«Dov’è che abiti?» chiese Harry.
«Ancora a dritto e poi a sinistra» rispose lei.
Erano le una.
Stavano camminando per le strade vicino ai giardini; lui aveva voluto accompagnarla a casa, e lei non aveva rifiutato.
C’era un silenzio quasi imbarazzante, ma al ragazzo non importava. Claudia era rimasta scioccata, era normale che non parlasse. La guardò: aveva gli occhi persi nel vuoto.
Una lacrima le rigò la guancia. Harry esitò: non era mai stato bravo ad esternare i propri sentimenti, era sempre una frana a consolare le persone. Temeva di non dire la cosa giusta e di apparire fuori luogo, e così non diceva mai niente.
«Ehm» tentennò. «Claudia» la chiamò.
Lei si voltò verso di lui.
«Stai bene?»
Sì, Harry, proprio la cosa più giusta da dire.
«Sì. Tutto a posto. È tutto a posto, tranquillo. Ora entro in casa e... e starò bene» stirò un sorriso. «Grazie, comunque.»
Ormai erano arrivati davanti ad una grande porta di legno scuro.
«No. Non è tutto a posto. Stai piangendo» replicò lui improvvisamente.
Lei non disse nulla.
«Senti» cominciò, improvvisamente disinvolto. «Se vuoi ti faccio un po’ di compagnia.»
Si sorprese di ciò che aveva detto: da quando era diventato così intraprendente?
Anche lei sembrò stupita e in un primo momento spalancò appena gli occhi, ma poi lo squadrò da capo a piedi, improvvisamente diffidente.
«Sei sicuro di quello che fai, Harry? Sai, non mi piace la gente che finge di preoccuparsi per me.»
«Ma io non sto fingendo.»
«Come no. Quando ci siamo conosciuti mi trattavi come se fossi insignificante, non ci siamo sentiti per mesi e ora vuoi stare con me? Guarda che lo so che è perché ti faccio pena. Non sono stupida.»
Fece come per entrare in casa, ma lui la trattenne per un braccio.
È proprio vero che la notte si fanno cose che di giorno non si farebbero mai.
«Claudia, ascolta» iniziò. «So che abbiamo cominciato con il piede sbagliato, okay? Ma non voglio fare lo scontroso anche con te. Tu... la verità è che tu sei stata l’unica persona ad essere sin da subito almeno un po’ gentile con me...» senza etichettarmi come strano o musone, avrebbe voluto aggiungere, ma non lo fece.
Le parole gli erano rotolate letteralmente fuori di bocca, facendolo sentire insopportabilmente nudo, esposto.
Lei lo guardava con quei suoi occhi verdi, mentre la sua espressione non tradiva la sua sorpresa per quelle parole. Probabilmente non ce lo vedeva a dire quelle cose; tra l’altro, nemmeno lui stesso si aspettava di sentirsi parlare in quel modo.
«Perché stai facendo questo?» il suo tono era duro, quasi arrabbiato.
«Perché voglio» si sorprese a dire il ragazzo. «Ma se preferisci, me ne vado.»
Claudia sembrò in difficoltà, indecisa se permettergli di restare o meno.
Poi aprì la grande porta di legno scuro, facendogli segno di entrare.

 
 

Bentornati, lettori :)
Questo capitolo è un pochino più lungo del solito... spero non vi abbia annoiati.
Dunque, è passato un po' di tempo da quando Harry e Claudia hanno fatto la loro passeggiata al parco, ma si incontrano di nuovo.
In un contesto poco simpatico, aggiungerei.
Alla fine abbiamo una Claudia sospettosa verso Harry e un Harry che si sorprende a voler aiutare Claudia.
Molto strano da parte sua, non trovate?
Eppure potrebbe anche finire lì. Voi cosa ne pensate?
Scrivetemi tutto quello che volete, supposizioni, domande... tenete presente che io non farò assolutamente spoiler, ma mi piace vedere come immaginereste la storia :)
Ad ogni modo, spero come sempre che vi sia piaciuto.
Alla prossima,

Stella cadente

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Capitolo 6
*** Capitolo quinto ***


Capitolo quinto
 
 
 
«Senti, non fare caso al disordine, non ho neanche sistemato oggi» cominciò Claudia quando entrarono nel suo appartamento.
Harry si guardò intorno: le pareti chiare si sposavano perfettamente con un arredamento in legno. L’atmosfera era modesta, ma molto accogliente. Effettivamente, doveva riconoscerlo, non era proprio in ordine, ma non ci fece caso più di tanto.
«Abiti qui da sola?» chiese.
«Sì.» Claudia si buttò sul divano, esausta.
«Harry, volevo dirti...»
Il ragazzo rimase in ascolto.
«Apprezzo che tu abbia voluto rimanere qui con me, adesso. Ma vorrei dormire, sono stanca e... preferisco dimenticare ciò che è appena successo, o meglio cosa stava per succedere.»
Lui annuì e fece come per andarsene, serio, impassibile.
«Harry» lo richiamò lei.
Si voltò.
Claudia lo fissava con un’espressione quasi supplichevole, anche se – era evidente – manteneva il suo solito orgoglio.
«Ti ho detto che sono stanca, non che voglio che tu te ne vada.»
 
 
Harry non avrebbe mai detto che sarebbe successo.
Non avrebbe mai detto che sarebbe stato tutta la notte con lei, anche se la ragazza dormiva.
Lui però non aveva sonno. Voleva solo rimanere lì con lei, per paura che si svegliasse e si preoccupasse nel non vederlo.
Voleva restare con lei, perché vederla così terrorizzata fino a solo qualche ora prima gli aveva fatto troppo male.
Anche se non sapeva dire bene perché.
 
 
 
****
 
 
Stava ripercorrendo i giardini pubblici di Boston per tornare a casa, rivedendo tutte le immagini della sera precedente; non sarebbe andato a lezione, lo aveva già deciso. Si sarebbe fatto passare gli appunti da qualcuno e se la sarebbe cavata comunque, non aveva il cervello per partecipare al seminario con McCarthy che fino al pomeriggio precedente gli sembrava il primo dei suoi problemi.
Harry in realtà aveva sempre messo lo studio al primo posto, senza accorgersi che c’erano altre cose nella vita. Tipo se stesso, o gli altri.
Non lo aveva mai capito finché non aveva incontrato Claudia, e solo ora sembrava rendersene realmente conto. Quella ragazza sembrava averlo stravolto, in qualche strano modo; a ripensarci adesso, la sensazione era davvero sgradevole.
Nessun legame, Harry. Evitalo.
Si sentiva così debole, anche solo a pensarci.
Era sbagliato che provasse tutto ciò.
Era sbagliato che fosse rimasto con lei, era sbagliato che si trovasse bene con lei.
Tutto era sbagliato.
Tutto.
Soprattutto, era sbagliato ciò che aveva fatto prima di andarsene.
 
 
 
 
Quando Claudia si risvegliò sul divano del suo appartamento erano le otto e mezzo: non ce l’avrebbe fatta ad arrivare a lezione in tempo.
Si mise a sedere con un lieve sbuffo e si guardò intorno, sperando di vedere Harry. Aveva passato molto tempo con lei, avevano parlato, e per un pochino si era sentita più tranquilla.
Ma ora che non c’era si sentiva vuota.
Quel ragazzo la incuriosiva; aveva un non so che di misterioso e tormentato al tempo stesso che l’aveva in qualche modo attratta, il che era strano: generalmente Claudia non provava mai interesse per un ragazzo. Più precisamente, non provava interesse per le persone in generale.
Quindi era decisamente strano.
Quando si riscosse da questi pensieri notò che c’era qualcosa sul tavolino basso vicino al divano, come una specie di post-it.
 
 
+44 6529987195
Se vuoi, sai dove trovarmi.
 
 

 
****
 
 
 
«Io ti ammazzo» decretò Louis non appena mise piede nell’appartamento.
«Buongiorno amico» lo salutò lui.
«Dico sul serio» la sua voce era perfettamente calma, e Harry sapeva che quando faceva così c’era sempre da preoccuparsi. «Mi chiedo dove accidenti sei stato per tutta la notte.»
«Gli altri dove sono?» fece lui, cambiando abilmente discorso.
Louis sospirò.
«A lezione.»
«E tu perché non sei andato?»
«Perché ero preoccupato, cazzo!» esplose il ragazzo moro. «Non posso nemmeno preoccuparmi per il mio migliore amico?»
«Non ho detto questo.»
«Senti, chi se ne frega, tanto non mi dirai mai che è successo, spreco solo  fiato. Andiamo a fare colazione e basta» fece l’amico, con una nota nervosa ben evidente nella voce squillante.
Ed Harry apprezzò che non avesse insistito a chiedergli come avesse trascorso la notte.
Soprattutto, dove.
 
 
 
 
Dopo aver mangiato un’abbondante dose di cereali crollò sul letto inesorabilmente.
Quella notte lo aveva spossato, letteralmente; non riusciva più a scacciare le immagini di Claudia, il suo viso spaventato, la lacrima che le era scivolata lungo la guancia, il dolore silenzioso che si portava dietro. Era stato come se lui lenisse un pochino quel dolore, come se quella notte la avesse un po’ salvata, in un certo senso. Lo aveva visto nei suoi occhi, aveva visto la gratitudine, anche se si ostinava a trattarlo come lui aveva trattato lei fino a quel momento.
Solo allora si era accorto che con lei aveva sbagliato, sin dall’inizio.
Quella consapevolezza gli arrivò come un pugno in pieno petto.
Aveva sbagliato.
Ma del resto, lui sbagliava ogni cosa.
Ci era abituato ormai.
Chiuse gli occhi e si addormentò, scivolando in un sonno senza sogni.
 
 
 
****
 
 
 
Si svegliò nel tardo pomeriggio, causa il telefono che gli squillava fastidiosamente nelle orecchie. La suoneria era penetrante, insistente, e scatenò in lui l’istinto di prendere il cellulare e scagliarlo a terra.
Invece si stropicciò gli occhi e guardò il numero sul display.
Aspettò un pochino prima di rispondere: quel numero non aveva nulla di familiare, gli era completamente nuovo.
«Pronto?» fece, con la voce impastata dal sonno.
«Harry, sono io» avrebbe riconosciuto quella voce tra mille.
«Dimmi, Claudia» disse, cercando di mantenere un tono disinteressato.
«Niente, volevo solo chiederti se ti andava di passare un po’ di tempo con me» rispose lei, asciutta.
Un improvviso moto di tenerezza colpì in pieno il ragazzo, cogliendolo del tutto impreparato.
«Hai ancora paura?» le chiese con delicatezza.
Silenzio.
«Un po’ sì.»
Harry non disse nulla.
«Ma se deve essere un problema non importa.»
«No, no non è quello» si affrettò a precisare lui. «Io...»
Nessun legame, Harry.
Il silenzio che c’era dall’altra parte della linea era quasi assordante.
Vado lì solo per aiutarla, infatti. Non c’è nessun legame, né ci sarà mai.
Non le darò mai l’occasione per deludermi.
Ma ora ha bisogno d’aiuto.
«Sono da te tra mezz’ora. Arrivo.»
E riattaccò, con lo stomaco in subbuglio.
 
 
 
 
La trovò con un paio di occhiali da vista sul naso e i capelli un po’ scompigliati.
«Ehi» la salutò, con un vago sorriso – uno dei suoi, seri e spenti.
«Ciao Harry.»
Sul divano c’era un libro capovolto.
«Joyland, Stephen King. Bel romanzo, devo essere sincero, anche se all’inizio può sembrare banale» commentò il ragazzo.
«Non osare raccontarmelo tutto o ti strangolo» scherzò Claudia.
Harry ridacchiò, poi chiese:
«Stai bene?»
Claudia tirò un sospiro appena accennato.
«Meglio, grazie. Tu come stai?» fece, con la sua solita, strana allegria.
Harry indugiò: era il caso di dirlo?
No.
Sapeva già la risposta.
«Bene.»
La ragazza lo scrutò in un modo strano, ma non disse nulla.
«Non sono io quello che rischiava di fare una brutta fine comunque» aggiunse, guardandola negli occhi verdi. «Quindi non ha senso parlare di me.»
Lei continuò a guardarlo.
«Se proprio dobbiamo parlare di qualcuno, parliamo di te.»
Claudia alzò le sopracciglia.
«Di me? Che cosa c’è da dire di me?»
Harry sogghignò.
«Qualunque cosa.»
Sorrise.
«Ho capito cosa stai facendo, mi stai ripagando con la mia stessa moneta. Astuto» fece, con un sorrisetto malizioso sulla faccia.
«Comunque, beh, che dire di me. Mi piace Stephen King, odio il succo di mela, mi piacciono i colori vivaci...»
«Che cos’ha che non va il succo di mela?» disse Harry, fingendo un sospiro di esasperazione.
«Tante cose. E poi te l’ho già detto, è troppo dolce.»
Il ragazzo scosse la testa e si buttò sul divano color ruggine dell’appartamento, seguito da Claudia, che si tuffò accanto a lui.
«Perché mi hai chiamato?» chiese Harry ad un tratto.
Non sapeva bene perché lo avesse fatto, ma ormai era abituato al modo in cui si sentiva quando era con lei. Era come se non avesse mai tempo di pensare a niente, perché ogni cosa veniva da sé e lui non poteva farci nulla. E poi voleva davvero sapere il perché lo avesse chiamato; sapeva che probabilmente quella ragazza era interessata a lui, ma non capiva in che modo e aveva bisogno di conferme, di sicurezza.
Anche se a lei non l’avrebbe mai detto.
La risposta fu così semplice, così genuina che lo spiazzò.
«Perché volevo vederti.»
 
 
 
****
 
 
Il resto del pomeriggio, in compagnia di Claudia, era passato in fretta.
I ragazzi non sospettavano nulla; si erano comportati normalmente. Forse perché erano ormai abituati a vederlo solo a lezione e per l’ora di cena.
Ad ogni modo non aveva voglia di pensarci. Doveva riordinare ciò che era nella sua testa, prima. Harry non capiva a cosa fosse dovuta quella sensazione: era strana, che sfuggiva alla sua razionalità, illogica.
E lui odiava le cose illogiche.
Odiava non aver sempre tutto sotto controllo, lo detestava.
E stavolta era così. Certo, lì per lì quando era con lei si sentiva a suo agio, ma poi finiva sempre con il sentirsi troppo esposto dopo, anche se in realtà non aveva detto nulla di particolarmente compromettente.
Intanto lei gli aveva chiesto di passare anche il giorno dopo, e lui, come al solito, dal momento che non riusciva a dormire per i troppi pensieri, si trovava in terrazza.
Un’ultima nuvola di fumo scaturì soffice dalla sua bocca, il ragazzo gettò la sigaretta con un gesto stanco e tornò dentro, in quella notte limpida e senza stelle.
 
 

Bentornati di nuovo :)
Questo capitolo secondo me è molto strano, ma in senso buono (spero). Qualcosa comincia a smuoversi nel nostro Harry, e inquadriamo ancora meglio Claudia, questa ragazza così comune, ma così particolare allo stesso tempo – come il rapporto che c’è tra i due del resto. Il legame tra i due ragazzi è abbastanza strano: non è classificabile con precisione, l’unica cosa che sappiamo è che sono incomprensibilmente affezionati l’uno all’altra. Abbiamo poi un Louis spazientito e anche lievemente isterico – mi sono divertita tantissimo a scrivere quella scena – e un Harry sempre un po’ pensieroso e complessato.
Tutto sommato, come sempre, spero che questa sia stata per voi una buona lettura. Lo spero davvero :)
Alla prossima,
Stella cadente

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Capitolo 7
*** Capitolo sesto ***


Salve, lettori :)
Vi scrivo qui all'inizio perché ho un annuncio da fare: questo è un capitolo cruciale all'interno della storia. Contiene informazioni riguardo Harry che ci faranno capire un po' meglio questo personaggio e il suo comportamento, la sua psicologia eccetera. Non è un capitolo tutto rose e fiori, ma spero comunque che vi piaccia.
Ci vediamo giù ;)














Capitolo sesto
 
 



12 maggio 2014
 
   
Ora si trovava di nuovo davanti a quella porta.
La stessa porta di legno scuro vicino ai giardini di quella sera.
Ma sapeva bene una cosa, adesso: Claudia voleva stare con lui, ma non era detto che avesse bisogno di lui.
Non era detto; anzi, sicuramente non era così. Non sarebbe mai stato così.
Dentro di lui si agitavano come tante voci che gli urlavano di scappare, di tirarsi indietro: non avrebbe dovuto darle il suo numero, non avrebbe dovuto rendersi disponibile.
Da quando l’aveva incontrata nel suo cervello c’era solo il casino più totale, e lui non lo voleva.
Lui non la voleva.
Non voleva scombussolamenti che lo confondessero.
Si forzò comunque a suonare il campanello; quantomeno doveva parlarle, darle spiegazioni. Almeno questo glielo doveva. Eppure la sua mente era diventata ormai come un blocco di granito, fossilizzato su un’idea senza alcuna intenzione di cambiarla: doveva allontanarsi da lei e lo avrebbe fatto. Che gli importava, del resto?
«Ciao Harry» lo salutò con quel suo sorriso radioso.
«Ciao» la ricambiò lui entrando, con quella sua aria seria di sempre.
Erano le sei del pomeriggio. Era sabato, un giorno libero dagli studi e dagli impegni. Claudia aveva la televisione accesa e il solito libro sul divano. Fuori splendeva il sole di maggio: era una giornata luminosa, una giornata che sembrava rispecchiare la ragazza, con quel suo strano carattere che si alternava tra sole e nubi.
Anche se Harry conosceva Claudia da poco, qualcosa comunque l’aveva capita di lei. Anche se per il resto la sua figura era avvolta nel mistero, aveva sin da subito notato la sua allegria e la sua schiettezza disarmante. L’unica cosa che temeva era che lei potesse in qualche modo accorgersi di ciò che aveva in testa, perché era come se avesse una connessione con lui, inspiegabile e misteriosa.
«Come stai?» chiese. Ma la sua voce era diversa dal solito, non era interessata come l’altra volta. Era fredda.
Fredda come il ghiaccio, fredda come lui.
Claudia lo guardò con sguardo smarrito, ma fu solo per un attimo: doveva essersene accorta.
Ti sei accorta che ho qualcosa di strano oggi, vero?
«Bene» rispose, tranquilla. Ma sotto quella tranquillità si nascondeva qualcos’altro, Harry lo sentiva. Cercava di carpire qualche segnale, qualche indizio che le facesse capire cosa fosse successo, cosa avesse provocato quel repentino cambio d’umore del ragazzo, ma senza successo.
Harry sospirò: si sentiva soffocato da quell’atteggiamento.
Tanto valeva mettere subito le carte in tavola.
«Voglio che mettiamo in chiaro una cosa» snocciolò subito, con tono determinato.
«Sapevo che me lo avresti detto» fece Claudia, vagamente divertita. Quella risposta – come tutte quelle che gli dava lei del resto, ma non lo avrebbe mai ammesso – lo lasciò momentaneamente ammutolito.
Harry si alterò.
«E da cosa, sentiamo?»
«Non te ne accorgi, Harry, ma le tue emozioni ti si leggono in faccia.»
«Ah sì?»
Cercava di comportarsi in maniera fredda, ma la verità era che si sentiva pugnalato.
«Sì. E ora dimmi che cos’hai.»
«Tu non hai nessun diritto a voler sapere che cos’ho!» esplose il ragazzo. «Ci conosciamo da quanto? Pochissimo. Non ha alcun senso.»
Freddo Harry. Non devi legarti.
«Cos’è che non avrebbe senso? Il fatto che due persone si trovino bene insieme?»
A vederla come l’aveva messa lei effettivamente era assurdo ciò che aveva appena detto, ma Harry sapeva di avere ragione e non intendeva demordere.
«Quello che sto facendo non ha senso. Non ha senso che tu mi chiami. Perché vuoi vedermi, cosa ci trovi in me? Qual è il tuo secondo fine, sentiamo! Dimmelo.»
Claudia lo guardava dritto negli occhi.
«Non c’è nessun secondo fine, Harry. Ti riesce così difficile accettare che una persona si interessi semplicemente a te? Qual è il problema?»
Harry si sentì affondare.
Lo aveva punto nel vivo; aveva raggiunto il suo punto debole.
Il ragazzo non poté impedire che sulla sua faccia si formasse un’espressione ferita.
Inghiottì un groppo in gola che si stava facendo insopportabile e disse:
«Credimi, non ti interessa.»
«Invece sì. Se no non te lo chiederei.»
Smettila!avrebbe voluto urlarle. Ma si tenne dentro tutto quanto, mascherandolo col suo solito, falso autocontrollo.
«Non è questione di chiedere o non chiedere, lo capisci?» fece poi. «È questione che se ti dico qualcosa di me finirà male, come del resto è già successo più di una volta.»
«Perché dovrebbe?»
«Perché funziona così.»
Harry la guardò e i loro sguardi si scontrarono violentemente tra di loro. Verde nel verde.
Si mescolarono e si esplorarono.
Negli occhi di Claudia c’era curiosità e una punta nascosta di apprensione, in quelli di Harry rabbia e tristezza insieme.
Un vero e proprio scontro, un duello.
«Harry, non so se vuoi dirmelo, e non so nemmeno se questo è il momento migliore per dirlo, ma io comunque ci sono.»
Il ragazzo rise, ma non c’era nulla di divertito in quella risata. Era una risata forzata, piena di amarezza, finta.
«Buona questa» disse, sarcastico, sollevando appena un angolo della bocca.
«Non stavo scherzando. E smettila di fare così, mi fai arrabbiare.»
«Perché ci saresti, per me? Perché sei così disponibile? Cos’ho io di così straordinario?» fece lui, senza risponderle.
«Non lo so!» ora anche la ragazza aveva alzato la voce. «Non lo so, va bene? È una cosa che sento. Lo so che può sembrare idiota perché non ti conosco nemmeno, ma è così, okay? E puoi anche non crederci, tanto so che non lo farai, ma questo è quello che provo e non posso farci nulla.»
Harry si ammutolì di fronte a questa frase.
«E adesso vedi di dirmi qual è il problema» aggiunse. «Mi stai facendo incazzare sul serio.»
Gli occhi di Claudia esprimevano tutta la sua rabbia: erano socchiusi, due fessure luminose e cariche di una decisione che Harry non avrebbe mai pensato di vedere in una ragazza.
Lo sorprendeva sempre di più con il passare dei minuti, su questo non aveva dubbi. E non era facile che provasse sorpresa, per dirla tutta. Affatto.
«Sto aspettando» lo riscosse la voce di Claudia.
Harry si lasciò cadere sul divano.
«Non dovevamo entrare in questi argomenti.» Stanco, spossato.
«Senti, se non vuoi dirmelo non importa, ma vedo che stai male e non ha senso che tu ti tenga tutto dentro.»
Lui scosse la testa in un gesto carico di rassegnazione e sospirò, un sospiro che risuonò intriso di dolore e nostalgia.
Si era arreso.
«Cosa c’è, Harry?»
«C’è che non riesco mai a stare veramente bene.»
L’ho detto davvero?
«In che senso?»
Esitò.
Era il caso di dirglielo?
Forse.
O forse no.
«Io...»
Oh, fanculo.
«Io soffro di una sindrome depressiva» ebbe il coraggio di dire, per un motivo che neanche lui sapeva. «Da qualche mese ormai. E il bello è che non so neanche il perché.»
I suoi occhi si persero nel vuoto, mentre parlava. «Ma non è solo questo il motivo per cui sono così. Anche se influisce parecchio, questo devo dirlo.»
«Sei seguito da qualcuno?»
«Sì. Ma non ci vado mai, praticamente.»
Claudia sembrò perplessa.
«E perché?» chiese.
«Perché so che sarebbe inutile. Sarebbe del tutto inutile e non risolverebbe niente. E poi mi ha sempre dato fastidio l’idea di dire le mie cose ad uno sconosciuto.»
«A me puoi dirlo se vuoi» disse solo la ragazza.
Harry esitò un pochino.
«Non so» disse. Non riusciva a parlarne, non ci sarebbe mai riuscito. Eppure sentiva che con lei poteva.
«Io...»
Il suo sguardo si perse nel vuoto mentre sentiva che quello di Claudia gli premeva addosso. Ma non era soffocante, anzi. Era quasi rassicurante.
«È come se mi sentissi perennemente insoddisfatto di tutto ciò che mi circonda. Come se fossi sempre arrabbiato con il mondo, perché vorrei essere felice ma non ci riesco. E così me la rifaccio con gli altri.»
Le parole gli rotolavano fuori di bocca in una maniera impressionante, si stava mettendo a nudo come mai aveva fatto. Persino con Louis, con cui in pratica era cresciuto insieme, gli veniva difficile parlare così... Ma con lei no.
Con lei sembrava tutto così spontaneo, così... naturale.
Perché?
Harry non se ne capacitava.
«Me la rifaccio con gli altri perché vedo che gli altri sono felici e vorrei esserlo anche io, ma anche se mi sforzo non ci riesco, sono sempre triste. Continuo ad essere sempre triste. E non so se mai riuscirò ad uscire da questa situazione. È come se stessi morendo lentamente.»
La sua voce si era abbassata, e con essa tutte le sue difese.
«In un certo senso, lo sto facendo» rise, di una risata triste e appena accennata. «Io sto morendo. Inalo nicotina continuamente e respingo le persone. Ma la verità è che...»
Contrariamente a ciò che voleva, un nodo gli si strinse in gola, facendogli venire voglia di piangere.
Odiava quando era così.
Così... debole.
Così vulnerabile.
Non doveva esserlo... e invece lo era.
«La verità è che vorrei solo qualcuno che abbia il coraggio di starmi davvero accanto. Tutto qui.»
Silenzio.
«Ma so che non è possibile, per cui... ci ho rinunciato. Va bene così.»
Si rifiutava ancora di guardarla. Non ci riusciva, per quanto lo volesse.
D’un tratto la paura lo assalì di botto.
Lo assalì la paura di perderla, perché ormai aveva capito.
Aveva capito tutto. Ed aveva paura.
«Harry...» iniziò Claudia.
«No, non dire niente» si limitò a dire lui, come a voler stroncare ogni possibilità. «Comunque vedo di capire che non avrai più voglia di vedermi, suppongo.»
Sapeva cosa doveva fare.
Lei scosse la testa.
«Piuttosto, vedi di toglierti quest’idea dalla testa, perché non è per niente vero.»
«Oh, lo dici adesso che non è vero» ribatté il ragazzo con aria malinconica. «Tra un po’ ti ricrederai, Claudia. Apprezzo il fatto che tu abbia voluto ascoltarmi, davvero, ma devi anche capire che adesso stai cominciando a vedere come sono realmente e per te è pericoloso. Prima o poi ti stancherai di me, fidati.»
«Stai dicendo cazzate.»
«No Claudia, non è vero. È destino che io stia solo, è così che stanno le cose. E nessuno potrà farci mai niente.»
«Non dire queste cazzate!»
«Non sono cazzate. È la realtà.»
Tornò alla porta, la aprì e fece come per andarsene, deciso ma al tempo stesso intimorito di lasciarsi lei alle spalle.
«Dove vai?»
La guardò, mentre sentiva le lacrime che avvolgevano umide i suoi occhi.
«A casa» disse, sforzandosi di mantenere un tono di voce neutro. «Non so se continueremo a sentirci.»
L’espressione di Claudia era indecifrabile.
«Ma» aggiunse, titubante. «Comunque sia, da una parte ci spero.»
E detto questo, chiuse la porta senza attendere risposta e si allontanò.
Aveva capito.
Aveva capito tutto.
Lo aveva fatto per il suo bene.
Si era allontanato perché lei non poteva stare con lui, avrebbe solo perso tempo. Dopotutto, chi è che vuole una persona depressa intorno?
Nessuno.
E lui lo aveva capito.
Si era allontanato per il suo bene.
Si era allontanato perché si stava affezionando a lei.


 
 

Eccoci qui. 
Allora, riconosco che sia abbastanza pesante come capitolo, un po'... spiazzante, ecco.
Lo so.
Ma adesso comunque avete capito meglio Harry, state cominciando a sacvare dentro di lui e a comprenderlo in tutte le sue sfaccettature. Non è un personaggio semplice, ma questo lo avrete sicuramente già notato.  Adesso la situazione è un po' cambiata, Harry ha deciso di chiudersi di nuovo e di allontanarsi da Claudia: ci riuscirà, secondo voi? 
Spero che vi sia piaciuto, davvero ci tengo molto :)
Vi ringrazio tutti, alla prossima :*
Stella cadente

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Capitolo 8
*** Capitolo settimo ***


Capitolo settimo

 

1 Giugno 2014


In quei giorni non si erano mai sentiti.
Erano circa due settimane che Harry non aveva notizie di Claudia e non poteva negare che la cosa, un po’, gli dispiacesse.
L’estate era tornata con le sue temperature calde, ma Harry avvertiva, ora più che mai, il vuoto di quelle giornate.  Ora che anche i corsi al college erano finiti, lui non aveva più nulla. Certo, c’erano i suoi amici, ma aveva come l’impressione che nessuno di loro sapesse cosa gli passasse esattamente nella testa.
«Ragazzi, io amo l’estate» disse Niall. «Però in confronto a quella appena passata, questa fa schifo.»
Era un giorno caldo, ma un po’ nuvoloso. Le nubi presagivano pioggia, il cielo era grigio e nebbioso. Aveva un che di evanescente, come se stesse lentamente sfumando via.
I ragazzi stavano passeggiando in centro senza concludere nulla di preciso, ma la testa di Harry era da un’altra parte. Non riusciva a scordarsi la faccia di Claudia quel giorno, il modo in cui lo aveva guardato, i suoi occhi luminosi che lo fissavano come a volerlo in qualche modo leggere.
Sbuffò impercettibilmente, anche se avrebbe voluto letteralmente ringhiare; perché quella ragazza sembrava essere entrata nella sua vita, anche se non aveva fatto nulla?
Non riusciva proprio a spiegarselo. D’accordo, si era affezionato a lei, ma non capiva come avesse fatto.
Eppure, in qualche modo, era successo. Era successo inesorabilmente, senza che lui potesse cambiare qualcosa.
Perché Harry lo sapeva, queste cose succedono e basta. Ma non immaginava che sarebbe stato così devastante.
Da tempo quella normalità che aveva prima sembrava essersi dissolta nel nulla. Quella normalità che a lungo andare era diventata monotona e triste, ma che alla fine a lui stava bene. Non era un problema, perché in un certo senso ci era abituato. Ma, ecco, quella normalità sembrava essere lontana anni luce ormai, specialmente in quel momento.
«Voi avete più avuto notizie da parte di Josh?» lo riscosse la voce di Zayn.
«Ma chi, Josh Devine?» fece Liam.
«Sì.  Mi ha detto che anche lui è in America» continuò lui. «Tra l’altro, è proprio qui a Boston.»
«Davvero?» si inserì Niall.
«Io l’ho sentito, qualche volta, ma non mi ha mai detto nulla» disse Louis facendo spallucce.
Josh Devine era sempre stato loro amico sin dalle medie. Al liceo erano i ragazzi più gettonati della scuola ed erano amici di tutti, oltre a fare strage di ragazze – soprattutto cheerleader.
Erano una specie di banda di rubacuori. Così giovani eppure così pieni di sé.
Louis conquistava facilmente con il suo carattere espansivo, Zayn con il suo atteggiamento misterioso, Niall con la sua allegria e Liam con la sua gentilezza.
Per quanto riguardava Josh... beh, Josh era un menefreghista che usava le persone e basta.
Forse era proprio questo a renderlo affascinante agli occhi delle ragazze.
Per un attimo Harry ebbe un flash degli anni del liceo; anche lui era molto occhieggiato dalle sue compagne, ma non si era mai interessato veramente a nessuna. Qualche storia l’aveva avuta, certo... ma non era stato niente che fosse degno di nota e soprattutto che fosse durato chissà quanto.
Calò un silenzio imbarazzante.
«Io non ho più avuto un suo messaggio dal liceo, figuriamoci» disse ad un tratto, dal momento che si era accorto che tutti stavano aspettando che dicesse qualcosa.
«Pare che si sia messo con una... ma non so se è vero» continuò Zayn. «Per me ci prova e basta, però.»
«Sì, conoscendolo... » fece Liam, con un sorriso di divertito affetto.
«Mi ci gioco la camicia che tra due mesi la lascia» disse Louis con un sorrisetto.
«Chi sarebbe questa fidanzata?» decise di intervenire Harry.
«Non lo so» rispose Zayn. «Sono solo voci alla fine, quindi non so che dirti.»
«Probabilmente non è neanche vero» disse Niall ridendo.
«Non sarebbe male se ci rivedessimo tutti insieme, però» riprese Louis dopo qualche secondo di silenzio. «Mi manca quell’idiota.»
«Già» assentì Zayn.
Ma Harry non seguiva più la conversazione da un pezzo ormai.
 
 
****
 
 
Stare con i ragazzi lo divertiva sempre, in genere. Riusciva sempre a farlo distogliere dal suo stato d’animo difficile e frustrante. Ma stavolta era diverso; si sentiva ugualmente vuoto, galleggiante, come si sentiva sempre quando era solo.
Il pomeriggio era trascorso in maniera normale, ma non si era mai sentito spensierato e – per un attimo – libero, come si sentiva sempre quando era con i suoi amici.
Anzi, era successo l’esatto contrario.
Ora era in terrazza, a fumare l’ennesima sigaretta di quella giornata. I ragazzi erano dentro a guardare un film, ma lui si era sentito oppresso, così era uscito in quell’umida giornata di giugno.
Altre nuvole costellavano il cielo in gomitoli grigi, minacciando pioggia anche per il giorno dopo.
Sospirò: sembrava che il clima rispecchiasse il suo umore.
Fece un ultimo tiro e sbuffò il fumo dalla bocca, sovrappensiero, guardando i passanti.
Poi qualcosa attirò la sua attenzione.
Il cellulare.
Sullo schermo lampeggiava un nome che scombussolò quella calma apparente che si era creato, investendolo come un’onda violenta e improvvisa.
 
 
CLAUDIA
Tra un quarto d’ora alla panchina dei giardini dell’altra volta.
Voglio solo parlare.
 
 
 
 
****
 
 

Era arrivato più o meno puntuale, ma lei ancora non si faceva vedere. Da una parte era meglio così: doveva prepararsi psicologicamente a vederla – perché non era detto che la cosa lo lasciasse completamente indifferente.
Si accese un’altra sigaretta e fece un lungo tiro; ad essere sinceri, aveva un po’ paura. Paura che cercava di eliminare per darsi quantomeno un contegno, e che arrivò con una fitta al cuore quando vide un paio di gambe lunghe e slanciate camminargli davanti con decisione.
Conosceva quelle gambe, quel passo deciso, quell’andatura un po’ scocciata.
Aggrottò le sopracciglia in un’espressione dura, nel tentativo di sembrare menefreghista.
«Senti, non mi interessa se non hai voglia, ora parliamo e mi dici cosa c’è.» La sua voce gli giunse alle orecchie come fosse una pugnalata e una carezza insieme, e capì che le sue difese si erano abbattute. Sentì il cuore andare a pulsargli in gola, ma si sforzò di rimanere impassibile.
Erano passate due settimane, cavolo. Non si era ancora dimenticata di lui?
«Mi sembrava di averti detto che non sapevo se dovessimo continuare a sentirci» disse, secco.
«E a me sembrava di aver capito che da una parte speravi che invece accadesse» ribatté lei per tutta risposta.
Il ragazzo contrasse la mascella: perché doveva essere così... così...
«Senti, non è che ti sgozzo se mi parli un po’ di te» cominciò lei. «Qual è il problema?»
Lui si limitò a guardarla.
«E non guardarmi così.»
Silenzio.
«E giuro che ti picchio se ricominci con i discorsi dell’altra volta.»
Harry fece un altro tiro e soffiò fuori il fumo.
«Io sono il problema» fece per tutta risposta. «Stai perdendo tempo.»
«E tu stai facendo discorsi assurdi» ribatté lei.
«Guarda che non devi stare con me perché ti faccio pena» disse lui.
Aveva un bagliore di sfida negli occhi: stava ripetendo le stesse parole che Claudia gli aveva detto un po’ di tempo prima.
Lei sembrò capirlo però, perché lo guardò allo stesso modo.
«Non mi fai pena» disse semplicemente. I suoi occhi si erano ingentiliti un po’ e ora lo guardavano... comprensivi? «Se tu mi facessi pena, ti direi che mi fai pena. Se penso una cosa, la dico. Quindi se non ti dico che mi fai pena, vuol dire che non lo penso.»
Harry si sentì trafiggere da quelle parole, come se qualcuno gli avesse preso il cuore in mano e lo stesse stritolando come fosse una spugna.
Per qualche secondo rimase in silenzio, poi disse:
«Okay.»
Claudia gli si sedette accanto con lo stesso gesto con cui gli si era avvicinata sulla panchina al parco.
«Puoi fidarti di me. Anche perché non ci riesco proprio a mentire, quindi...»
«Davvero?» fece lui. Si stupì di sentirsi parlare così. Sembrava improvvisamente... ingenuo. Come un bambino solo che capisce per la prima volta che le persone non sono tutte cattive.
«Già.»
Harry non ce la faceva più. Non sapeva bene in che modo ci tenesse a lei, ma qualcosa gli diceva che non aveva alcuna importanza, arrivati a quel punto.
Lui teneva a lei. E questa ormai era una certezza.
Anche se aveva cercato in tutti i modi di arginare questa cosa, aveva capito che non poteva evitarla; ogni volta che cercava di non pensarci e di metterla da parte, ritornava sempre, più forte e più insistente di prima. Ormai era diventata un pensiero martellante.
Forse era il momento di concedersi a piccole dosi, di studiare la persona che aveva davanti, come faceva sempre lui. Buttati, gli avrebbe detto Louis. Ma buttarsi era una parola troppo grossa e non gli si addiceva.
«E come fai a saperlo?»
La sua voce era tornata di nuovo inespressiva.
Claudia sospirò.
«Infatti non lo so, Harry. Semplicemente, voglio scoprirlo.»
Il ragazzo le guardò meglio il viso volpino, così scaltro e spigoloso, ma al tempo stesso così pulito e trasparente.
Sembrava che su quel viso fossero disegnate le stesse sensazioni di cui la ragazza stava parlando.
Era così... sincera. Di una sincerità che lui non aveva mai visto in nessuno, così spontanea e incondizionata da essere impossibile.
Eppure era lì.
Ad osservarlo con quegli occhi verdi come a volere una risposta. Non capiva dove volesse andare a parare, e lui aveva paura di saperlo in un certo senso, ma era come se in realtà si fidasse, si sentisse al sicuro e in qualche modo protetto.
L’insieme lo stordiva, anche se non era una brutta sensazione.
«Allora, amici?» lo riscosse la sua voce.
Harry la guardò per un secondo, sospettoso. La squadrò come a voler afferrare un dettaglio che gli provasse il fatto che quell’interesse fosse finto, ma non vide nulla. Gli occhi di Claudia erano innocenti, quasi incoraggianti.
«Amici» si decise a dire, senza distogliere lo sguardo.
 
 



Eccoci qui :)
Dunque... partiamo con una normale scena fra amici, in cui però Harry continua a lambiccarsi su come abbia potuto affezionarsi a Claudia.
Dal giorno in cui si è allontanato da lei la sua vita gli sembra monotona, ma da una parte è anche una monotonia che cerca e che apprezza.
Poi, così, all'improvviso, riconpare Claudia, che vuole chiarire. E, udite udite, alla fine accetta di essere suo amico.
Che ne pensate?
Spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto. Ovviamente è un po' più tranquillo rispetto al precedente, ma spero che vi abbia incuriosito comunque.
Fatemi sapere il più possibile cosa ve ne sembra. I vostri pareri per me sono molto più importanti di quello che credete, ve lo assicuro. Sono veramente contenta che vi piaccia questa storia, perché per me significa molto.
Detto questo, non vedo l'ora di leggere i vostri commenti :)
Al prossimo capitolo,
Stella cadente

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Capitolo 9
*** Capitolo ottavo ***




Capitolo ottavo


Intermezzo - Momenti







 

 
20 Giugno 2014
  
«Tu ce l’hai la ragazza?»
Erano di nuovo insieme, a parlare come quella volta al parco. Stavolta in centro, in una libreria.
Claudia stava guardando sovrappensiero nella sezione dei libri horror che tanto le piacevano, e mentre guardava prima un titolo e poi un altro parlava con lui, leggendo nel frattempo le trame dei libri che la incuriosivano di più.
Harry si schiarì la voce. Doveva fargli proprio una domanda del genere?
Evidentemente doveva aspettarselo; quella ragazza non aveva peli sulla lingua.
«Ehm.»
Claudia si voltò, distogliendosi dalla lettura distratta di It.
«Allora?» fece, con tono impertinente. Un sorrisetto scaltro era comparso sul suo viso: doveva essersi resa conto di averlo messo in imbarazzo. E qualcosa, nel suo atteggiamento, gli faceva capire che era esattamente quello che voleva.
Stai giocando con me?
«Beh» cominciò lui, ricomponendosi. «In realtà ho sempre avuto relazioni piuttosto brevi, al liceo. Tipo, un paio di mesi al massimo.»
«Mh. E come mai?» chiese Claudia.
Nella sua voce era appena percepibile un velo di sarcasmo. Il ragazzo si costrinse a continuare.
«Perché io non volevo storie serie. Volevo solo cose così... per passare il tempo. Ma in genere non durava mai, dopo poco mi stancavo.»
«Capito. Un dongiovanni. Come quello di Molière.»
Harry sorrise vagamente per il paragone che la ragazza aveva fatto tra lui e il personaggio della commedia francese.
«Più o meno» fece. «Ma di relazioni vere non ne ho mai avute. Non so com’è, in realtà, essere seriamente impegnati con qualcuno.»
«Posso immaginare.»
Per un secondo Harry rimase in silenzio, poi aggrottò le sopracciglia in un’espressione interrogativa.
Aspetta, cosa?
«Cioè, che vuoi dire?»
«Insomma» iniziò lei. «Sei un solitario. Un musone scontroso che non si affeziona mai» lo prese in giro, ridacchiando.
Harry sorrise, divertito dal suo modo di scherzare. Il sorriso di quella ragazza era contagioso, ti si attaccava addosso e non potevi fare nulla per togliertelo. Ma lui non voleva toglierlo; non più ormai, perché lei riusciva a farlo stare bene. Il tempo passava velocemente in sua compagnia; non avrebbe mai detto di trovarsi così bene con una ragazza. Non si era mai avvicinato alle sue coetanee, al liceo, se non per approcci ben diversi; quello che aveva con Claudia invece era più un legame mentale, un legame senza interessi e doppi fini. Un legame puro. Erano amici, adesso.
Lei gli aveva chiesto di passare del tempo insieme altre volte, dopo quel giorno, e si era rivelata, a poco a poco, una persona gentile, disponibile, anche se un po’ troppo diretta. Gli faceva strano, perché non aveva mai avuto rapporti di amicizia con le ragazze, ma non gli dispiaceva; non era poi così diverso da un rapporto di amicizia qualunque.
«E tu?» chiese poi.
«Cosa?»
«Ce l’hai il ragazzo?»
Claudia sembrò indugiare per un secondo, poi disse, con quella voce spensierata:
«No, non ce l’ho.»
«E come mai?» continuò lui. Non gli piaceva essere oggetto di domande, e poi anche lui voleva sapere qualcosa di lei.
«Beh, direi che semplicemente l’amore non fa per me.»
«Cioè?»
«Non sarei capace di amare. Nel senso, non riesco ad immaginarmi con uno, sono terribilmente impacciata. Preferisco evitare.»
In effetti neanche lui ce la vedeva. Non sapeva perché, ma, proprio come diceva lei, gli veniva difficile immaginarla a baciare un ragazzo o a scambiarsi effusioni. Aveva qualcosa che la distingueva dalle altre ragazze, in qualche strano modo.
«Wow. Sei la prima che sento parlare così.»
Lei sollevò un sopracciglio, sorridendo appena.
«Davvero?»
«Sì, davvero.»
«Per forza, una dea come me non si trova da nessuna parte» fece, ora con un sorrisetto beffardo.
«Guarda, c’è Cose Preziose! Sono giorni che cerco questo libro!» esclamò poi, interrompendo la conversazione.
Normalmente Harry sarebbe rimasto scocciato del fatto che avesse cambiato argomento.
Invece, non gli importava.
 
 

 
 
 
12 Luglio 2014
 
 
Le cose sembravano procedere in maniera piuttosto tranquilla, per il momento. La situazione era completamente cambiata rispetto a qualche mese prima. Avevano continuato a vedersi quando capitava e non c’erano più state discussioni. Era come se si fosse cancellato tutto. Più o meno.
Un po’ temeva che tutto quanto si potesse infrangere, ma a pensarci bene, non aveva nulla di cui aver paura. In quel poco tempo che si erano frequentati, aveva scoperto che Claudia aveva la straordinaria capacità di farlo sentire davvero  in pace con se stesso. Era come se non sentisse il peso della sua malattia addosso – almeno non del tutto. Quella ragazza gli faceva bene, ormai era appurato.
Gli altri ragazzi non sospettavano nulla, ovviamente, o se lo facevano non gli dicevano comunque niente. Non che lui andasse a raccontare loro qualcosa. Sì, erano i suoi migliori amici e sapeva che di loro poteva fidarsi, ma per qualche motivo non se la sentiva di dirglielo, perché aveva paura che reagissero in modo superficiale – e lui odiava la superficialità nelle persone.
Aveva deciso quindi di tenersi la cosa per sé. Anche perché non era essenziale che lo sapessero: mica dovevano essere a conoscenza di ogni dettaglio della sua vita privata.
Harry sorrise quando vide che sul display del suo iPhone lampeggiava il nome di Claudia.
«Ehi.»
«Harry ti va se stasera andiamo a cena fuori?» disse lei tutto d’un fiato, allegra come sempre.
«Dove?»
«Non lo so. Dove ti pare. Tu hai qualche idea?»
Lui sorrise divertito nell’immaginarsi quale reazione avrebbe potuto avere lei.
«Posso prenotare io o non ti fidi?»
Per qualche istante ci fu il silenzio.
«Va bene, mi fido» concesse la ragazza.
«Allora passo a prenderti alle otto, okay?»
«Okay. A dopo!»
«A dopo.»
E già pregustava quel momento.
 
 
****
 
 
«Devo ricordarmi di non lasciarti mai più scegliere dove mangiamo, Harry» decretò Claudia quando lui fermò la macchina davanti al Deuxave, un bel ristorante di Boston, raffinato ed elegante.
Gli piaceva da morire, ma sapeva che per Claudia non era il massimo.
«Che roba è?» chiese infatti, assottigliando gli occhi.
«Scherzi? Qui ci sono dei piatti fantastici» la rimbeccò lui.
«A me sa tanto di uno di quei ristoranti per snob» ribatté la ragazza.
«Sono profondamente offeso» scherzò Harry. «Io ti porto in un ristorante come questo e tu dici “Che roba è”?»
Claudia sorrise acida:
«Già.»
In effetti doveva aspettarsi una reazione del genere.
«Ma poi guarda» aggiunse. «Tu sei tutto elegante e io invece sembro uscita da una discarica» rise.
In effetti – questo doveva constatarlo – i loro abbigliamenti erano abbastanza diversi. Anche se non troppo.
«Non sono così elegante.»
Harry indossava dei pantaloni scuri e una semplice canottiera bianca. Ma forse era la giacca nera che gli dava un tocco leggermente più sofisticato rispetto a Claudia, che invece indossava una camicia a quadri e dei normalissimi jeans, con tanto di converse nere.
La ragazza sollevò un sopracciglio.
«Ma ti sei visto?» replicò. «Sembri uscito da un... non so nemmeno io che cosa.»
Lui ridacchiò.
«Uhm, interessante. Sono uscito da un non so nemmeno io che cosa» la prese in giro.
«Seriamente, dobbiamo mangiare qui?»
«Esatto, signorina. E ora vieni, abbiamo un tavolo prenotato che ci aspetta.»
Nascose un sorriso sotto i baffi nel vedere che Claudia roteava gli occhi.
 
 
 
«Almeno la pasta è decente» commentò Claudia, mangiando con gusto le sue tagliatelle alla bolognese.
«Ma non hai preso i piatti più buoni» fece Harry, fingendosi deluso. «Questo è ottimo» aggiunse, alludendo al suo “Crispy Skinned Giannone Chicken”.
«Per me è troppo» sentenziò lei. «Non mi piace mangiare così tanto» aggiunse, indicando i numerosi ingredienti che componevano il piatto di lui.
«Problema tuo» la sfidò, mentre tagliava un boccone del suo pollo.
Non appena sollevò lo sguardo si accorse che lei lo stava guardando in cagnesco.
Poi, impassibile, prese il suo bicchiere pieno d’acqua.
E glielo rovesciò addosso.
Harry ci mise un attimo per rendersi conto di ciò che era accaduto, e lo realizzò solo quando la risata buffa e potente di Claudia gli riempì le orecchie.
«Questo non dovevi farlo» disse, con un sorriso scherzoso che giocava sulle sue labbra.
Si alzò e iniziò a farle il solletico, mentre le poche persone che c’erano si voltavano a guardarli sorridenti.
«Harry basta, ci stanno guardando tutti» annaspò lei. «Sembriamo una coppietta, siamo disgustosi» rise ancora.
«Guarda che non me ne frega niente, sai? Chiedi scusa.»
«Mai.»
«Forza, sto aspettando» fece, continuando a farle il solletico.
«Va bene, va bene! Scusa» disse la ragazza, continuando a ridere.
Harry si stava divertendo; come sempre la sua compagnia si rivelava piacevole.
Ripresero a mangiare, ridacchiando nel vedere gli sguardi della gente.
Perché alla fine a loro non importava se gli altri li guardavano.
Si stavano divertendo, e il resto poteva anche sparire.
 

 
3 Agosto 2014
 
 
«Possiamo uscire anche con dei tuoi amici, ogni tanto.»
Erano a Revere Beach, in quel pomeriggio assolato, muniti di ombrellone e asciugamani, un puntino colorato in mezzo al mosaico di turisti e non che costellavano la spiaggia. L’estate era ormai arrivata da un pezzo, afosa e umida; erano andati al mare altre volte, ma quel giorno intendevano restarci fino a sera, aspettando che il caldo si facesse sentire un po’ meno. Claudia aveva fatto il bagno diverse volte e ora era stesa ad occhi chiusi sull’asciugamano, coperta da goccioline di acqua salata.
«Non lo so, Claus» fece Harry.
Lei aprì gli occhi e si voltò verso di lui, mettendosi sdraiata sulla pancia.
«C’è qualche problema?»
«Nessun problema di preciso. È solo che poi si metterebbero a rompere e non ho voglia.»
«Quindi non sanno nemmeno che io esisto?»
Detta così era orrenda come situazione, ma Harry sapeva che la sua amica aveva ragione.
«Dirlo così è brutto» fece infatti. «Però sì. Non sanno nemmeno che esisti.»
«Wow.»
«No ma nel senso, non è che mi vergogno di te» si affrettò a precisare lui. «È solo che se dicessi loro che esco con te si metterebbero a fare gli scemi e a me dà fastidio.»
«Tipo?»
«Tipo che inizierebbero a dire che sei la mia ragazza e cose così.»
«Sono così idioti?» chiese Claudia, con la sua solita schiettezza.
«Beh, a volte sì.»
Lei non disse altro.
«Mi piacerebbe però sentirmi parte di un gruppo.»
Perché, non ti è mai successo?
Ma quella domanda gli rimase in bocca, incapace di uscire, perché lei stava guardando il mare, persa in chissà quali pensieri.
 
 
 
 
 
10 Agosto 2014
 
«Che cosa vuoi?»
La voce le era uscita fuori  triste, strascicata. Non era la sua solita, bellissima voce pungente e spensierata insieme. Non aveva quella tonalità acida e allegra al tempo stesso che da sempre la caratterizzava.
«Entrare.  E gradirei che tu me lo permettessi» disse lui per tutta risposta.
Lei si scostò e gli richiuse la porta dietro le spalle.
«Non dovevi venire fin qui. Ti ho detto che sto bene.»
«Ma non stai bene, Claudia. Ti vedo» ribatté lui. «Che cosa c’è?»
«Lascia stare.»
«No, non lascio stare.»
Silenzio.
«Claus» riprese, chiamandola con quell’abbreviazione del suo nome che con il tempo aveva iniziato ad usare. «Vedo che c’è qualcosa che ti fa stare male, solo che non so cos’è, quindi non posso aiutarti a risolverlo. Però se me lo dici, allora le cose potrebbero essere diverse.»
«E se non si potesse risolvere?»
«Tutto si può risolvere.»
Silenzio.
Lei lo guardava, senza sapere cosa dire.
 
 
 
«Ehi, se oggi usciamo?»
«No Harry, non ho voglia.»
«Tutto bene?»
«Sì, solo non ho voglia di uscire.»
«Ne sei sicura?»
«Sì, Harry. Non rompere, sto bene.»
Lo aveva detto con un tono cattivo che non le aveva mai sentito addosso. Almeno non con lui.
Sapeva che Claudia era una ragazza tagliente, ma non si era mai comportata in quel modo quando erano insieme. Era evidente che fosse successo qualcosa; eppure, non sapeva perché, non aveva il coraggio necessario per farglielo notare in modo diretto.
«Non mi sembra che tu stia bene» disse comunque, con un tono più duro di quello che voleva avere.
«Anche se fosse non ho voglia di parlarne.»
 
 
  
La mattina dopo aveva suonato il campanello una, due, tre volte, finché qualcuno non gli aveva aperto.
Era inorridito nel vedere la ragazza che gli stava davanti. Quella ragazza non era Claudia. Le assomigliava, ma non lo era. I corti capelli color mogano erano arruffati, il viso spento, gli occhi pesantemente segnati da lacrime.
Harry aveva sentito che qualcosa si frantumava nel suo petto.
«Vieni qui» disse. L’abbracciò, stringendola con affetto, sperando di riuscire a farla stare meglio. Lei non ricambiò, restò inerte, ma sentì che si rilassava. Avrebbe voluto tanto sapere che cosa si celasse dietro a quell’atteggiamento, ma aveva capito che quello non era il momento adatto per parlarne.
In quel momento si preoccupò soltanto di stringere la sua amica, di farle sapere che lui c’era. Non gliene fregava niente di cosa era successo per la cosa in sé.
E in realtà non lo seppe mai.

 
 
 
10 Settembre 2014
 
Erano cambiate tante cose in solo un mese. Claudia sembrava non essere più la stessa; era diventata semplicemente diversa, brusca, chiusa, schiva. Era da solo un mese che non si divertivano più insieme come prima, ma a lui sembrava esser passata un’eternità. Gli sembrava passata una vita da quando avevano riso sinceramente insieme, da quando erano allegri e spensierati.
Non capiva che cosa avesse incrinato l’equilibrio di quel rapporto così bello che con il tempo avevano costruito. Era vero, avevano iniziato con il piede sbagliato, ma adesso che le cose si erano stabilizzate non vedeva perché qualcosa dovesse andare storto. E quella paura, la paura di essere deluso anche da lei, continuava a serpeggiare, insidiosa e terribile.
Comunque sia, aveva tutte le intenzioni di chiarire al più presto, che le piacesse oppure no. Dovevano parlare, non potevano continuare ad uscire e a scambiarsi giusto qualche parola.
Claudia gli nascondeva qualcosa, era evidente.
E lui era ben deciso a scoprire che cosa.
 
 
Dobbiamo parlare.
 
 
Diretto, conciso. Era così che doveva essere, solo così avrebbe capito. Claudia non ti prendeva neanche in considerazione se non con le cattive, ormai questo lo aveva imparato. Specie in quel periodo.
 
 
A che ore?
 
 
Aveva già avvertito che qualcosa non andava.
Meglio così, pensò.
 
 
Troviamoci ai giardini tra mezz’ora.
 
 
 
Sospirò, preparandosi psicologicamente a ciò che avrebbe dovuto affrontare. Si sentiva come quando a Giugno l’aspettava, con il cuore in tumulto, solo un po’ peggio. Perché stavolta era diverso.
Perché Claudia non era affatto piacevole, quando era di cattivo umore, e sapeva le sue debolezze; poteva benissimo dire cose che avrebbero potuto ferirlo nel profondo, ed era pronto a scommettere che ne fosse perfettamente consapevole. Harry ne era certo, era certo che fosse così, ma non aveva alcuna intenzione di lasciarsi spaventare.
Quello mai.
 
 
 
****
 
 
 
«Che cosa c’è?»
Claudia era tesa, riusciva a percepirlo da... beh, da ogni cosa. Il tono della voce, la posizione rigida, le mani tenute nascoste nelle tasche del suo giacchetto nero di pelle la dicevano lunga sul suo atteggiamento. Non l’aveva mai vista così; la Claudia che conosceva non era così.
«Dovrei essere io a chiederlo a te, non credi?» replicò lui per tutta risposta.
«Non c’è niente, Harry.»
«Ah no? E allora questo comportamento da dove salta fuori?»
«Quale comportamento?»
«Sei strana ultimamente, distante. Non credere che io non me ne sia accorto. Non sono stupido.»
«Non sono affari tuoi» disse lei, dura.
Il ragazzo sollevò un sopracciglio.
«No? Cioè, non ti fidi di me?»
«Piantala, Harold! Non sono affari tuoi, punto e basta!» esclamò lei.
Harry sentì un tuffo al cuore. Non lo aveva mai chiamato con il suo nome completo, e sapeva benissimo che a lui non era mai piaciuto essere chiamato così. Era sinonimo di distanza, gli dava la sensazione che il suo interlocutore volesse solo un rapporto di formale – e finta – cortesia con lui.
Era fastidioso.
E lei lo sapeva.
Ma lo aveva fatto lo stesso.
Improvvisamente un moto di rabbia lo investì in pieno.
Sono qui come uno scemo che cerco di parlarti e di capire che cos’hai e tu mi tratti anche così. Ma vaffanculo.
«Sono solo preoccupato per te» si costrinse a dire, invece di sputarle addosso insulti.
«Non è necessario. Non ho bisogno che tu ti preoccupi per me.»
Era solo una frase.
Una frase che per il ragazzo, però, fu come una stilettata in pieno petto.
Il disprezzo che provava inizialmente per quella che ora era la sua migliore amica tornò a riempire i suoi occhi verdi, così simili a quelli di lei, e ripresero la loro solita aria astiosa, perennemente carica d’odio verso tutto e tutti che Claudia aveva conosciuto all’inizio.
«Bene. Allora facciamo una cosa: quando tornerà la mia amica avvisami. Perché questa qui che ho davanti non mi sembra sia lei» disse solo, freddo come il ghiaccio.
E se ne andò, senza permetterle di aggiungere qualcos’altro.


 
                        

Bentornati, figliuoli (?)
Sono le undici di mattina e, dal momento che ho la fortuna di non avere scuola oggi, sono qui a rompervi :D
Dunque, capitolo un po' lunghetto rispetto agli altri, lo so. Ma era necessario; praticamente è la spiegazione di tutto ciò che avviene tra Harry e Claudia dal giorno in cui il ragazzo accetta (finalmente) di lasciarsi andare almeno un pochino.
All'inizio, se notate, sembra tutto tranquillo, ma poi? E' il delirio. Claudia si chiude in se stessa, non è più la ragazza solare e divertente che era prima...
Che cosa sarà mai successo? Cosa nasconde, secondo voi?
Vi ho lasciati un po' sulle spine, verso il finale, perché Harry si arrabbia di fronte a questo atteggiamento freddo, e così si comporta allo stesso modo. Una vera e propria guerra, insomma.
Ma lei gli spiega che comunque un motivo per quel comportamento c'è.
E nonostante tutto, non glielo dice.
Vedremo come affronteranno la cosa nel prossimo capitolo, intanto spero come sempre che vi sia piaciuto e vi ringrazio tutti.
Alla prossima,
Stella cadente

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Capitolo 10
*** Capitolo nono ***


Capitolo nono
 
 
25 settembre 2014
 
 
Aveva sperato che in quei giorni lei lo contattasse, volesse parlare, cercare di chiarire.
Ma non accadde mai.
E il dramma era che, dopo soltanto un giorno, lui sentiva già la sua mancanza in maniera lancinante.
Adesso era arrivato ad un punto in cui semplicemente non ce la faceva più. Tutte le volte si proponeva di chiamarla, ma non ci riusciva mai e se ne stava a guardare il suo nome in rubrica senza mai riuscire a cliccare sul tasto di chiamata – anche perché poi pensava che per lei lui non era così importante come lei lo era per lui.
Dio, da quando mi importa così tanto di una persona?
Non riusciva a capire come fosse successo. Sin da subito aveva capito che quella ragazza aveva qualcosa di strano, ma non ci si era subito attaccato così. In realtà, neanche se lo ricordava quand’è che si era legato veramente a lei, né come fosse successo.
Non si ricordava da quanto fosse che non si struggeva per qualcuno.
Si sentiva come un guscio vuoto adesso. A parte la solita, perenne, insistente tristezza, ovvio.
Quella non lo abbandonava mai. Ma i momenti che trascorreva con Claudia sembravano alleviarla.
Almeno per un po’. Almeno finché c’era lei. Dopo un po’ aveva accettato la cosa e basta, senza farsi domande; quando era con lei, semplicemente si sentiva sereno, tranquillo, perché Claudia era l’unica che lo faceva sentire normale, solo lei ci riusciva. Ed aveva cominciato a chiedersi se avesse potuto stare ugualmente così bene, anche se solo per pochi attimi, anche nel caso in cui lei non ci fosse; la risposta, puntualmente, lo spaventava.
Ormai non poteva più fare a meno della sua amica.
Le cose stavano così. Era una prospettiva terrificante a pensarci; non era mai stato nella sua natura dipendere da qualcuno in quel modo. Ed aveva provato a dimenticarsela, ma i ricordi che aveva legati a lei – sebbene si conoscessero un po’ meglio da soli tre mesi – erano troppi e troppo belli per permetterglielo.
Harry prese un respiro profondo; doveva fare qualcosa, almeno provarci, fare un tentativo insomma. Non aveva alcun senso buttare via quell’amicizia che sembrava così bella.
Senza pensare, fece l’ultima cosa che avrebbe fatto.
Chiamò.
 
 
 
 
 
«Pronto?»
La sua voce lo raggiunse dopo un paio di squilli.
«Ciao» disse Harry.
«Ciao.»
«Come va?»
«Bene, tu?»
Il ragazzo stette in silenzio per un attimo. Quel “bene” non gli piaceva per niente.
«Bene» ripeté, mentendo spudoratamente.
«Come mai mi hai chiamata?»
La sua voce lo mandava nel panico. Era così insopportabilmente neutra e leggera, come se parlare con lui non avesse alcun significato.
«Volevo sentirti» ribatté il ragazzo.
«Per...? Devi dirmi qualcosa o...?»
«Adesso mi sono rotto, Claudia» la interruppe con tono deciso. «Ora mi dici che cazzo c’è, senza se e senza ma.»
«Ma si può sapere cosa vuoi tu da me?» fece lei, improvvisamente alterata. Harry si accigliò ancora di più; da quando aveva cominciato ad usare quel tono scocciato, con lui?
«Cosa voglio? Sai com’è, eravamo migliori amici e ad un tratto hai smesso di parlarmi. Voglio sapere che sta succedendo, ecco cosa voglio.»
Silenzio.
«Sono un tuo amico, ho il dovere di sapere come stai. Non puoi nascondermi tutto, non a me.»
«E chi lo dice?» ribatté lei in tono di sfida. «Se non voglio dirti le cose non te le dico, punto. È inutile che insisti.»
Il ragazzo sospirò; era mai possibile che lei si fosse lasciata tutto alle spalle? Che lo volesse evitare così? Che avesse dimenticato tutto?
No.
Doveva esserci qualcosa sotto. Per forza. Altrimenti non si spiegava.
«Claudia, dimmi perché mi stai evitando. Adesso.»
Dall’altra parte sentì soltanto il silenzio.
«Senti Harry, non c’è niente, accettalo. Devi semplicemente fartene una ragione. È così impossibile?»
Avrebbe potuto essere davvero convincente, mentre lo diceva. Ma lui  era una persona molto attenta, e non fu difficile percepire un accenno di indecisione nella sua voce, un tremolio appena percettibile, ma che c’era. Era lì, come a tradire quella sua sicurezza apparente che cercava di mettere su così bene.
Non l’aveva mai sentita parlare così. Quando mai le era capitato di parlare in quel modo?
Non fu altro che la conferma della sua teoria.
«No, non è impossibile. Ma tu? Per te è così impossibile accettare il fatto che io mi interessi a te?»
Dall’altra parte sentì il silenzio. Harry non si stupì: aveva ripetuto di proposito le stesse parole che lei aveva usato tempo prima, e l’effetto ottenuto era stato quello previsto.
«Ehm...»
«Sì?» la incalzò.
«Oh, ma che domande sono? Fatti gli affari tuoi. Se vuoi parlare, urlarmi le cose addosso, fa’ pure, davvero. Ma non cercare di psicoanalizzarmi, Harry, non ci provare nemmeno» disse, con un tono leggermente minaccioso.
«Però così mi stai evitando, Claudia. Mi devi affrontare. Non puoi evitare il problema.»
«Non evito proprio nulla.»
«Invece sì. Non mi parli più da una vita, così, senza nemmeno una spiegazione.»
Lei sospirò, e il silenzio calò d’un tratto su di loro.
«Troviamoci tra un’oretta, dove al solito» fece poi, cogliendolo di sorpresa.
Riattaccò subito, senza neanche dargli il tempo di replicare.

 
 
****
 
 

Harry era nervoso sin da quando era uscito di casa, ed ora che si trovava ai giardini – quel luogo che era stato così anonimo fino a qualche mese prima, ma che ora sembrava essere tutto per lui – lo era ancora di più; si sentiva le gambe molli e stava fumando una sigaretta dietro l’altra. Non riusciva neanche a godersi l’autunno che aveva ormai abbracciato Boston, con il suo cielo grigio, gli alberi dalle foglie gialle, rosse e arancioni, e le anatre che scivolavano aggraziate sull’acqua scura del lago.
Sentì una fitta al cuore quando la vide avvicinarsi con la sua andatura scocciata e gli si parò davanti, in un gesto a metà tra l’alterato e l’annoiato che lo fece innervosire ancora di più.
«Vuoi delle spiegazioni, giusto?» fece, guardandolo negli occhi. Non gli aveva neanche detto un misero “ciao”; la cosa lo infastidì, ma cercò di non darci troppo peso e annuì senza dire niente.
«Bene. Allora, la spiegazione è che noi non possiamo più essere amici. Punto. Non c’è nessun motivo, Harry.»
«Smettila di prendermi in giro.»
«Tu ti sei attaccato troppo a me, è questa la realtà. Per questo adesso non riesci ad accettare che io chiuda la nostra amicizia. Perché ti sei affezionato. Ma credimi, non avresti dovuto.»
«Ancora con questa storia?» replicò lui, ormai stufo. «Ne abbiamo già parlato, Claudia. Non c’è nulla che non vada, da questo punto di vista.»
«Non per te, forse, ma per me sì.»
Quelle parole gli fecero più male di ciò che si aspettava.
Sentì la rabbia ribollirgli nelle vene e premere per venire fuori in maniera incontrollabile.  Il suo primo impulso fu quello di spaccare tutto; aveva creduto che di lei potesse fidarsi, che fosse diversa, ed invece era uguale a mille altre ragazze.
E lui non se ne era nemmeno accorto.
«Sai una cosa? Vaffanculo» sputò ad un tratto con cattiveria. Claudia sembrò ferita, ma solo per un attimo talmente sfuggente che ad Harry sembrò di esserselo immaginato.
Poi riacquistò la sua solita aria impassibile, come se quel concentrato di emozioni che aveva davanti non la sfiorasse nemmeno da lontano, e rimase immersa in un insopportabile, ostinato silenzio.
«Io mi fidavo di te. Non capisco perché ti stai comportando così, non ha un cazzo di senso!» esclamò, alzando la voce. «Sembra quasi che tu stia giocando con me. E non puoi permetterti di farlo, Claudia, perché non sono un coglione, okay? E per la cronaca, non mi attacco proprio a nessuno. A nessuno. Tantomeno a te.»
Sapeva, nel profondo, che nemmeno una delle parole che aveva detto era vera, ma voleva anche evitare di darle soddisfazione e di mostrarle anche in quel momento il lato più facilmente attaccabile di se stesso.
Feriscila, feriscila ancora, è quello che si merita.
«Alla fine non me ne viene niente se te ne vai e se decidi di non essere più mia amica, proprio niente. Tanto non saresti nemmeno la prima. Non ti ho chiamata per trattenerti, solo per capire. Del resto non me ne frega» aggiunse, con l’indifferenza mista allo scherno nella voce.
In quegli istanti si era reso conto di quanto fosse tagliente il suo tono, di quanto potesse ferire, ma non gli importava; sapeva che se si affezionava davvero era in grado di dare e di togliere allo stesso modo. Avrebbe tanto voluto non essere così, avrebbe tanto voluto non essere così fragile e così cattivo allo stesso tempo, ma non riusciva a migliorare, sebbene ci provasse disperatamente.
Non ci riusciva.
Era più forte di lui.
Claudia intanto sembrava non sapere più che cosa dire. Passò un secondo di silenzio in cui lui la guardò con l’odio dipinto negli occhi. Li sentiva bruciare come fuochi verdi, ribollire violentemente di quella rabbia che lo stava letteralmente mangiando.
In una frazione di secondo, lei lo colpì in faccia.
«Tu mi hai mentito, per tutto questo tempo!» gli urlò addosso. «Tutto ciò che mi dicevi era finto! “Ci sarò”, “io ci sono” e gli altri discorsi. Sono stronzate! Sono sempre state stronzate!»
Lui rise, ignorando il dolore che lo schiaffo gli aveva provocato.
«Cosa c’è, non sopporti di non essere tu quella che ferisce? Ti aspettavi che io non ti dicessi nulla?»
Rise ancora, più forte. Ma non c’era nulla di bello, in quella risata. Non era come quelle sincere e liberatorie che faceva di solito quando era con lei; era finta, fredda, cattiva. Come se la stesse prendendo in giro.
«Ti sbagliavi, mi sa. Credevi che fossi debole, vero? Credevi che» si avvicinò a lei spaventosamente. «Solo perché ho una cazzo di sindrome depressiva fossi un debole, uno che aveva bisogno di sostegno... vero?»
«Smettila» sibilò lei. «Questo non sei tu, è inutile che fingi.»
Lui inarcò un sopracciglio.
«Ah no? Beh, mi sembra di essere anche così invece. Forse non mi conosci bene come credi, Claudia.»
Silenzio. Lei lo stava guardando con quei suoi occhi chiari, che in quel momento sembravano lampeggiare: era chiaro che non aveva alcuna intenzione di lasciarsi intimorire.
«Tu non sei così, Harry. Quello che conosco io non è così.»
«Non so che dirti. Mi dispiace» fece lui ironicamente. La osservò: anche se restava calma, sembrava sul punto di esplodere ormai.
Trascorse un secondo di silenzio in cui si poteva percepire l’elettricità che passava fra i due, un secondo intriso di un’insopportabile tensione; poi la ragazza parlò.
«Comunque se per questo, neanche tu sai molto di me come pensi. Visto che ci tieni a saperlo,» disse, dura, «sappi che un motivo per cui ho deciso di allontanarmi da te c’è. Ma adesso non credo proprio che te lo dirò.»
Se ne andò a passo svelto, senza dargli tempo di replicare, mentre lui si sentiva come se quelle parole gli fossero dolorosamente piovute addosso.


 
 

Salve gente :)
Eccoci di nuovo qui, con un altro capitolo di "Life - Momenti della nostra vita"
I nostri protagonisti non si vedono per un po', ma poi si trovano al parco dove andavano sempre e succede il finimondo.
Anche peggio di prima.
Discutono della situazione che si è venuta a creare, ma la cosa sfugge loro di mano ed Harry si sfoga con Claudia, versandole addosso tutto il suo veleno.
E poi, colpo di scena: Claudia gli dice esplicitamente che un motivo c'è, ma che non vuole spiegarglielo.
Ed Harry ci rimane di sasso (giustamente).
Scrivere di lui è bellissimo; questo personaggio mi intenerisce in una maniera assurda, non so perché. Il modo in cui cerca Claudia, in cui, nonostante tutto, si è affezionato a lei...
Sentimentalismi a parte, sono curiosa - come sempre alla fine -  di leggere i vostri commenti :)
Io ogni volta rileggo di questi due con passione e ci tengo tantissimo che piacciano anche a voi (è la centesima volta che lo dico ma okay).
E niente, alla prossima, e come sempre un grazie a tutti! :)
Stella cadente

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Capitolo 11
*** Capitolo decimo ***


Capitolo decimo

 
25 settembre 2014
Sera.

Che cazzo ho fatto?
Harry era al Good Life – un locale al centro di Boston – con Niall, Louis, Liam e Zayn, ma le chiacchiere dei ragazzi gli sembravano, come sempre, distanti; li vedeva solo sorseggiare i loro drink, ridere e occhieggiare qualche ragazza. Di tanto in tanto gli lanciavano qualche sguardo preoccupato, in una muta richiesta di una qualche spiegazione, ma lui lo rifuggiva sempre: aveva la testa da tutt’altra parte.
Era andato via quasi soddisfatto, quel pomeriggio – soddisfatto per ciò che aveva detto a Claudia, soddisfatto perché si era sfogato e le aveva gettato addosso tutto il suo rancore. Ma adesso ciò che rimaneva di quella iniziale soddisfazione era solo un opprimente senso di colpa.
Non sapeva neanche perché fosse uscito con i suoi amici, forse per distrarsi e non pensare a ciò che era successo e che gli aveva lasciato uno strano vuoto dentro. Si ritrovò a sperare di non trovarla lì, ma al tempo stesso di vedere il suo viso spuntare tra tutte quelle persone.
In un attimo si sentì crollare il mondo addosso. Un attimo, un secondo che gli lasciò un peso sul cuore.
Non volevo.
Si sentiva estraneo ai suoi amici, ai loro scherzi, alle loro risate. Si vedeva che i ragazzi avevano capito che c’era qualcosa, ma nessuno di loro glielo chiedeva mai. Probabilmente perché sapevano che non avrebbe mai risposto – e questo lui lo sapeva. In fondo Harry voleva quella solitudine, le domande lo infastidivano. Ma in quel momento detestava il fatto di dover sorridere e far finta di nulla anche se in realtà dentro si stava torturando.
Sentiva di dover cambiare qualcosa, di dover risolvere, di non dover essere orgoglioso come al solito, eppure non riusciva a fare diversamente. O forse era meglio così, forse doveva andare così. Forse Claudia non era quello che si aspettava, forse non potevano essere amici, e non avrebbero mai potuto.
Forse, forse, forse...
Harry si odiò intensamente per quello che stava pensando. Odiò tutti quei dubbi che gli vorticavano nella testa, odiò tutti quei se e quei ma che si poneva, odiò il senso di colpa che gli stava attanagliando le viscere.
E poi, così com’erano venuti, i dubbi se ne andarono in un colpo, come se qualcosa li avesse presi tutti insieme e gettati chissà dove.
Improvvisamente sapeva cosa fare. E prima che se ne fosse accorto, aveva posato il suo drink sul bancone, si era voltato ed aveva imboccato l’uscita del locale, ignorando le domande dei ragazzi che tentavano di fermarlo.
 
 
 
 
 
Trovò parcheggio per miracolo relativamente vicino a casa sua, e dopo camminò a passo svelto, fino ad arrivare davanti a quella porta. Sapeva cosa fare; lo sapeva perfettamente.
Forza.
Fallo.
Almeno chiarisci.
Chi se ne frega.
Tutti pensieri che gli bombardavano il cervello e che tentava disperatamente di riordinare.
Oh, al diavolo.
Suonò il campanello così forte che si stupì della sua stessa decisione nel farlo. Era come dire “tanto non potrai fermarmi, o mi apri o mi apri”.
Ed infatti la porta si aprì dopo pochi secondi, rivelando il viso di Claudia.
Abbattuto e triste.
Harry rimase di sasso; gli occhi della ragazza erano spenti, arrossati e gonfi, come se avesse appena pianto. Ebbe come un flash: la situazione era esattamente uguale a quando era andato per la prima volta  a casa sua e l’aveva vista soffrire. L’espressione degli occhi, i capelli un po’ sfatti e il colorito pallido, come se fosse malata, gli ricordava in tutto e per tutto quella volta in cui si era presentato senza preavviso da lei ed aveva tentato di curare ciò che la faceva star male.
Vedendola così, un brutto presentimento gli serpeggiò orrendamente nella testa e in tutto il corpo; cercò disperatamente di respingerlo con tutte le sue forze, rifiutandosi di credere che...
Dimmi che non è per me.
«Che cazzo vuoi?»
La sua voce era anche peggio di come se l’era aspettata – peggio anche di com’era quella volta.
Non era semplicemente triste. Era fredda, atona, senz’anima. Come se parlasse una macchina anziché una persona.
Il ragazzo represse un brivido nel sentirla.
«Ehm...»
Già, che cosa voleva fare? Perché era andato lì?
Claudia continuava a guardarlo con aria scocciata, come se non vedesse l’ora di liberarsi di lui.
«Spiegare» riuscì ad articolare alla fine.
Ma spiegare cosa?
Ottima risposta, Harry.
«Spiegare cosa?» disse infatti lei. Sembrava nervosa, per un motivo che il ragazzo non riuscì a cogliere.
«Spiegare perché mi sono comportato così oggi» si sciolse finalmente, appoggiandosi allo stipite della porta.
Lei stava con le braccia incrociate sul petto come per difendersi, ma c’era qualcosa nel suo atteggiamento che stonava con tutto il resto, anche se non capiva che cosa.
«Voglio sapere perché ti sei allontanata da me, Claudia. Lo so che stresso e che probabilmente non mi vorrai più intorno, ma se è qualcosa che posso rimediare in qualche modo, vorrei saperlo. Io...»
Quanto gli sarebbe costato dire quelle parole, dirle una seconda volta?
Tantissimo.
Eppure doveva, doveva dirle.
«Io a te ci tengo, ecco.»
Claudia sgranò gli occhi, poi si ricompose.
«Ci tenevi anche quando mi hai detto quelle cose oggi pomeriggio?» Il suo tono era duro, ma la sua voce tremava pericolosamente.
«Mi dispiace.»
Claudia si fece da parte.
«Entra, sembri un cretino se stai fuori così» disse solo.
Ed Harry accennò finalmente ad un sorriso, di nascosto.
 
 
****
 
 
 
«Che significa che non volevi dirmelo?»
Claudia calcò sulle ultime parole in tono ironico, come se lo stesse prendendo in giro – e forse era proprio così, ma Harry non voleva pensarci.
«Ero arrabbiato, Claudia. Smettila di fare così, non volevo dirtelo, okay? Non lo pensavo. Mi dispiace.»
Lei abbassò lo sguardo.
Ma che hai?
«Mi potresti spiegare il perché tu ti sia allontanata da me, adesso?»
Lei scosse la testa.
«No.»
Harry sospirò.
«Perché no? Sei la mia migliore amica, cavolo, sai che me lo puoi dire.»
Claudia lo guardò per un secondo, poi distolse nuovamente lo sguardo ed espirò con violenza.
«Non posso, fidati.»
Si alzò ed andò verso la finestra, guardando distrattamente i giardini di Boston illuminati dai lampioni.
«Ma poi, perché ti interessa?» chiese sovrappensiero.
Harry percepì di nuovo quella nota stonata nel suo atteggiamento, come se quella che aveva davanti non fosse la solita scanzonata Claudia di sempre. Era strana, sembrava quasi... nervosa, in ansia, tesa. Ma perché?
«Perché ti voglio bene e vedo che stai male, solo che non ne so il motivo.» Alla fine non era difficile. Ci voleva così tanto a capirlo?
«Senti Harry, secondo me è meglio che non ci vediamo più. La nostra amicizia mi fa star male, non può più andare avanti.»
Il ragazzo si sentì affondare.
Cosa?
«Che significa?» chiese, cercando di non sentire il suo cuore che sembrava rimbombargli anche nelle tempie.
Silenzio.
«Ho fatto qualcosa di male?»
Silenzio.
«No. Ma è meglio se la tronchiamo.»
«Puoi dirmi il perché o non mi dai nemmeno una spiegazione?» Stava cominciando ad arrabbiarsi di nuovo. Il suo atteggiamento lo scocciava, stava diventando irritante.
«Non capisci che non voglio dirtelo perché non è quello che ti serve? Non capisci che non dirtelo è la cosa migliore da fare? Non è che non te lo dico perché voglio farti uno spregio, ma perché è la cosa giusta da fare adesso. Devi capirlo, Harry. Devi capire che io lo faccio solo per te
Harry però continuava a capirci sempre meno.
«Che cos’è che sarebbe meglio non dirmi, Claudia? È successo qualcosa?»
In risposta ebbe di nuovo il silenzio.
«Te lo dico, non ti stai comportando da amica. E comunque, indipendentemente dal fatto che secondo te è meglio che non lo sappia, lo devo sapere, se è una cosa che ti fa star male. Te lo ripeterò fino alla noia, lo sai. Fino a che non ti degnerai di capirlo.»
Lei non lo guardava, si ostinava a stare di spalle. Forse aveva davvero paura?
Non era possibile. Claudia non aveva mai paura. Non era facile che si sentisse spaventata da una situazione; per dir la verità, Harry era sempre rimasto colpito dal suo essere impassibile in qualunque circostanza. Si era sempre chiesto come facesse, con quell’espressione fredda e gli occhi vuoti, come se le parole le scivolassero addosso senza nemmeno toccarla.
«Perché ci tieni così tanto?» Si era voltata lentamente e nemmeno del tutto, come fosse intrappolata in una gabbia invisibile di indecisione e timore.
«Perché ti voglio bene, Claudia! Cristo, non ci vuole un genio per capirlo! Perché non riesci a vedere che io a te ci tengo? Sembra quasi che tu ti rifiuti di capire che sei importante. E lo sei sempre stata. Ho tentato di respingerti, all’inizio, ma la verità è che non ci sono mai riuscito. Avevo paura che tu diventassi troppo per me, ma all’inizio non capivo che io in realtà aspettavo da sempre una come te.»
Tutto ciò che si era tenuto dentro fino a quel momento stava inesorabilmente venendo fuori, e lui non faceva nulla per trattenerlo. Sapeva che non sarebbe stato giusto, che lei doveva sapere che cosa provava da sempre. I sentimenti premevano contro le pareti del suo corpo, sentimenti che sembravano nuovi, chiari e indecifrabili al tempo stesso.
Non lo sapeva nemmeno lui che cosa stesse provando, ma sapeva che era qualcosa di bello e di intenso, qualcosa che lo faceva parlare ed esternare finalmente, per una volta nella sua vita, ciò che pensava.
Lei ora lo guardava sconcertata – aveva gli occhi lucidi?
«Forse è per questo che mi sono avvicinata a te» disse d’un tratto. «Perché sei la persona più emotiva che io conosca.» La sua voce che aleggiava nell’aria sembrava diversa, estranea a quelle circostanze.
Estranea ma bella.
Ed Harry non riusciva a capire il perché avesse questa sensazione.
«Sotto quella tua specie di corazza che sembra di ghiaccio si nasconde un cuore buono, Harry. Un cuore vivo. Si vede. E forse è proprio per questo che mi sono avvicinata così  a te.»
In circostanze normali ad Harry quelle parole sarebbero sembrate strane e in qualche modo cariche di un significato che non gli sarebbe piaciuto – un significato che sapeva di allontanamento, di abbandono. Ma in quel momento gli parvero solo strane, come se al di là del loro significato avessero voluto esprimere qualcos’altro, qualcosa che lui non riusciva a capire in nessun modo.
Rimase solo a guardarla, in silenzio.
«Io a te ci tengo, ma non possiamo continuare.»
Tutte quelle parole erano state dette in maniera fredda, come al solito. Magari c’era qualcos’altro sotto, ma sembrava una possibilità così lontana che il ragazzo non poté fare a meno di sentirsi sopraffare dalla rabbia.
«Perché no? Che senso ha? Che senso ha che due persone che insieme si trovano bene si separino così?» si ritrovò ad urlare. «Perché non vuoi più essere mia amica, Claudia?»
«Perché ti amo, idiota!» urlò lei ad un tratto.
Harry non riuscì a realizzare subito il fatto che Claudia – la ragazza che era impacciata in amore – avesse detto davvero quelle parole. Gli rimbombarono nel cervello per un tempo che gli sembrò interminabile e poi gli accesero qualcosa dentro, qualcosa che nemmeno lui credeva di poter provare. Qualcosa che gli diede l’impressione che il sangue gli salisse bruscamente al cervello e che il cuore gli perdesse qualche battito.
Il suo corpo era tutto un formicolare, e lui tentava invano di controllare tutte quelle emozioni che gli si agitavano nella testa, nel cuore, ovunque.
«Cosa?» riuscì a dire.
«Per questo non voglio più che siamo amici. Così ti dimenticherò, fingerò di non averti mai incontrato e non starò più così male.» Pausa. «Perché è ovvio che tu non mi ricambi, e che non lo farai mai.»
Il ragazzo non riusciva a crederci.
Ma quelle parole – o forse Claudia stessa o tutte e due le cose – gli diedero inspiegabilmente forza, una forza che non sapeva neanche di avere. Sospirò piano come per farsi coraggio, poi si avvicinò un po’ più a lei, mentre il cuore sembrava prendergli fuoco.
«Claudia.»
La ragazza non lo guardava nemmeno. D’un tratto aveva abbassato gli occhi, spaventata da tutta quella vicinanza; per la prima volta in assoluto, dopo quella volta ai giardini, Harry la vedeva indifesa, vulnerabile. Ed era stranissimo, molto più di quello che si era immaginato.
Le mise una mano su una guancia – che in quel momento aveva un tenerissimo colorito roseo – e la accarezzò dolcemente, come non aveva mai fatto, sfiorandole i capelli – sfiorandola appena, come se avesse paura di farle male.
«Credo di amarti anche io.» Lo pronunciò come un segreto, qualcosa che faceva fatica ad ammettere anche a se stesso.
Lei lo guardò per un momento che passò veloce e poi indietreggiò.
«No.»
Silenzio.
«Non puoi, Harry.»
Lui avanzò, vedendo che stava per finire con le spalle al muro.
«Stai facendo una cazzata.»
La guardò, improvvisamente sicuro di sé, con un mezzo sorriso dispettoso sulle labbra e senza più l’indecisione e il timore di non essere abbastanza importante per quella che, probabilmente, era la ragazza che aveva sempre cercato.
«Uhm» fece, abbassando la voce. «Forse io questa cazzata la voglio fare
Quando Claudia si ritrovò bloccata tra lui e la parete sobbalzò leggermente.
Harry trattenne a stento un sorrisetto: era quasi divertente vederla improvvisamente così in difficoltà. Gli occhi della ragazza si erano incatenati ai suoi, ma stavolta non esprimevano sfida o scherno. Esprimevano paura, timore ma anche un desiderio nascosto che tentava di essere represso.
Un desiderio che, ora lo sapeva, non aveva più senso reprimere.
Lui non aspettava altro, alla fine. Alla fine – ora lo aveva capito – era anche quello che voleva lui.
Non ci fu nemmeno un istante di indugio.
La baciò, e quel bacio fu assurdamente incredibile.


  





(Boh, a caso, la gif mi ispirava. Non uccidetemi se vi ho rovinato l’immaginazione per quanto riguarda l’aspetto di Claudia, vi prego)
 
Okay, lo so che avrei dovuto aggiornare ieri, ma perdonatemi, con l'inizio delle vacanze estive ho perso la cognizione del tempo.
Veniamo a noi.
Questo capitolo mi piace da morire. Mi sto appassionando un sacco a questi due, sono perfetti insieme. Che bello :DDDD
Va bene, sto sclerando come un non so cosa – e questo non è da me.
Dunque! Come sempre vi chiedo: come vi sembra la storia finora? Spero che questa coppia vi piaccia tanto quanto piace a me, se non di più. Si sono finalmente dichiarati, non ve lo aspettavate eh?
No, oddio, forse un po’ sì.
Anche perché, già il rapporto di amicizia, da come era impostato era un po’ strano (in senso buono ovviamente) ma..dettagli.
Ad ogni modo, io stessa non credevo di affezionarmi così tanto a loro – ma anche in questo caso ho detto una cavolata perché un po’ era scontato, ma okay.
A parte tutto, come credete che si evolveranno adesso le cose? Sono curiosa di sapere che ne pensate, come sempre :)
Spero che finora vi siate appassionati, perché come sapete per me la scrittura significa molto.
Vi mando un abbraccio a tutti, al prossimo capitolo :*
Stella cadente

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Capitolo 12
*** Capitolo undicesimo ***


Capitolo undicesimo
 
 
2015
 
10 Gennaio
 


«E lo sapevo io!»
Louis si alzò dal divano e gli dette una pacca amichevole sulla spalla con enfasi, mentre gli altri ragazzi esplosero in un lungo “ooooh” di trionfo, lasciando che le loro voci chiassose riempissero l’aria. Harry non si era mai sentito più in imbarazzo di così: i suoi amici stavano esagerando di brutto.
«Seriamente Hazza, quando pensavi di dircelo?» Niall sembrava euforico.
Harry sorrise.
«Non ne ho la minima idea. Forse mai» disse, con un sorriso furbetto sul viso.
«Ma senti questo oh!»
Fino a quel momento le cose tra lui e Claudia erano andate anche meglio del previsto; quella sera aveva cambiato tutto – cambiato qualcosa che, ora se ne rendeva conto, c’era già prima, qualcosa che aveva solo bisogno di essere confermato – e ora che anche i ragazzi ne erano a conoscenza si sentiva decisamente in imbarazzo. Era un po’ come ufficializzare la cosa: era felice, sì, ma tutte quelle attenzioni non gli piacevano. Non più di tanto, perlomeno.
«Se lo avessi saputo prima saremmo usciti tutti insieme anche con Eleanor, ma siccome sei coglione hai voluto fare di testa tua come sempre» disse Louis in un finto tono di rimprovero.
«Sta’ zitto, Tomlinson» fece lui.
«E così» si intromise Zayn con tono allusivo. «Ci stai da settembre?»
«Già.»
«Uhm» si inserì Liam. «Ma...»
«Cosa?»
L’amico si schiarì la voce ed iniziò a tergiversare; le sue guance si colorarono di rosso, mentre gesticolava un po’, nel tentativo di farsi capire.
Zayn sospirò.
«Quello che vuole dirti è, l’hai già portata a letto o no?» disse al posto di Liam, che borbottò qualcosa fra sé e sé («Eh infatti, era quello che volevo dire»).
Il ragazzo scoppiò in una fragorosa risata; era così divertente vedere i suoi amici in preda all’euforia di una notizia così clamorosa che quasi fu tentato di iniziare ad inventarsi storie di sana pianta – con tanto di particolari tra l’altro. Però si trattenne e disse soltanto la verità.
«No. E non è come pensate. Io a lei ci tengo veramente. Non so neanche se abbia mai avuto esperienze, quindi non voglio forzarla.»
«Oh oh, Styles si è innamorato!» fece Niall, con un sorriso raggiante.
«Io propongo di organizzare una cena tutti insieme, stasera. Sento se viene anche Eleanor» disse Louis all’improvviso, entusiasta.
«Posso invitare anche Perrie?» chiese Zayn. Anche lui si sentiva con una ragazza – l’aveva conosciuta ai corsi. Era da poco che si frequentavano ma andavano già molto d’accordo e Zayn era presissimo.
«Va bene, Malik. Stasera ci si diverte, ragazzi. Sono proprio curioso di conoscere questa Claudia» disse Louis sorridendo ad Harry in maniera complice.
Sorriso che lui ricambiò.
 
 
 
****
 
 
 
Harry non credeva che Claudia potesse essere così... passionale, in un rapporto. Ed invece era proprio in quel modo che si era rivelata. Passionale.
Era strano riferirle quell’aggettivo – non era abituato a vederla in certe situazioni – anche se ora non stonava più così tanto. Per dir la verità, non era mai riuscito ad immaginarla come una semplice ragazza innamorata, che sorride, arrossisce e diventa timida.
Era praticamente impossibile, all’inizio, credere che lei gli avesse realmente detto che lo amava, ed invece aveva scoperto un lato del suo carattere che prima – lo avrebbe giurato anche su se stesso – era praticamente inesistente. A volte sapeva essere incredibilmente dolce, e questo Harry lo apprezzava moltissimo. Riusciva a scaldargli un po’ quel cuore che credeva freddo ormai da tempo,  anche se lei gli ripeteva costantemente che invece era un concentrato di emozioni e lui non ci credeva mai.
Più di tutto, Harry era felice.
Era schifosamente felice.
 
 
 
****
 
 
 
«Harry.»
«Mh?»
Erano ad un bar, a fare colazione insieme prima di andare ai corsi.
«Tu ci pensi davvero a quello che hai fatto? Insomma sei sicuro che non sia fuori luogo?»
«Cosa?»
Claudia arrossì deliziosamente, prima di dare un sorso al suo caffè amaro e dire:
«Stare con me.»
«Eh.»
«Non ti sembra fuori luogo? Insomma» fece ridendo. «Sono insopportabile.»
Lui finì di inghiottire il suo ultimo boccone di cornetto al cioccolato, masticò con calma e poi disse, con leggerezza:
«A me piace stare con te. Per me non è fuori luogo.» Sapeva di essere stato un po’ freddo, che forse lei si aspettava frasi del tipo “No, sei meravigliosa” oppure “No, non è assolutamente fuori luogo. Perché dovrebbe essere fuori luogo stare con una ragazza come te?”. E voleva davvero dirle, quelle frasi, ma alla fine aveva deciso di non farlo. Non era da lui, non lo sarebbe mai stato, ed Harry preferiva sopra ogni altra cosa essere sincero.
«Davvero?» Claudia era arrossita comunque, ed i suoi occhi verdi si erano illuminati. Era dolcissima quando faceva così; con il tempo, lui aveva capito che quella ragazza aveva una parte di sé – che nascondeva molto bene – che era tremendamente fragile e insicura. Claudia era non solo acidissima, ma anche tenerissima. Ed aveva sempre trovato strana questa coppia di opposti che convivevano dentro di lei, ma al tempo stesso era una cosa semplicemente irresistibile.
«Certo. Se no non te lo direi.»
Lei sorrise, con quel sorriso spontaneo e sincero che aveva.
Anche quello era irresistibile.
 
 
 
 
 
«Mi è sempre piaciuto l’inverno, ha un certo fascino secondo me» commentò Harry improvvisamente.
La piazza di Faneuil Hall era abbastanza affollata quel giorno: tutti facevano i propri acquisti natalizi, correndo da un negozio all’altro con decine di buste appese alle braccia sfinite. E anche il ragazzo, mentre esprimeva quel commento generale sull’inverno, non aveva potuto fare a meno di pensare a cosa avrebbe potuto comprare alla sua fidanzata. Ormai era abbastanza sicuro di conoscere i gusti di Claudia, ma aveva la costante paura di sbagliare e di fare una figuraccia, anche se davanti a lei non lo avrebbe mai ammesso.
«A me insomma. Cioè, sì, perché c’è il mio compleanno, ma come clima non tanto.»
Si voltò e la guardò; Claudia aveva un’espressione di disappunto.
«Come mai?»
«Non lo so... è troppo cupo. A me piacciono le giornate di sole, ecco.»
Lui mugugnò.
E lei rise.
Erano così, loro due: come il giorno e la notte, una allegra, solare e con la battuta sempre pronta, l’altro serio, cupo, riservato. Due strani opposti che però si armonizzavano, che avevano un ritmo tutto loro che gli altri non potevano comprendere fino in fondo.
«Musone» lo prese in giro.
E di fatto Harry se la sarebbe presa, permaloso com’era, ma il tono che la ragazza aveva usato acquietò subito tutte le risposte acide che aveva già pronte. Perché era affettuoso, quasi materno, diversissimo da quello che usava di solito.
E non gli aveva mai parlato così.
 
 
 
 
 
 
«E quindi adesso hai vent’anni. Come me» disse con un sorrisetto, sedendosi accanto a Claudia.
La ragazza fece un grande sorriso.
«Già.»
La fontana di Brewer era bellissima, quella sera.  Con tutte quelle luci spiccava contro il cielo buio, e l’acqua che usciva dai getti illuminata dalle luci dorate sembrava quella di una fonte ultraterrena; si sentiva la magia nell’aria. Forse perché erano anche le vacanze di Natale a dargli quella sensazione.
«Ancora per poco però.» Il suo compleanno era il primo di Febbraio.
Lei sbuffò sonoramente.
«Che palle, fammi sognare!» rise. «Comunque sia, viva la puntualità» aggiunse, ironica.
Effettivamente dovevano trovarsi più di venti minuti prima.
«Scusa, è che i ragazzi mi hanno trattenuto. E poi dovevo prendere questo.» Suo malgrado, Harry le fece notare la piccola busta che aveva in mano.
Lei sorrise del suo solito sorriso sarcastico, come se lo stesse costantemente prendendo in giro, e sollevò un sopracciglio.
«Non ci credo.»
«È il tuo compleanno, no?»
Claudia iniziò a ridere. Ma non lo stava prendendo in giro come faceva di solito, non stava scherzando. Era una risata che esprimeva semplicemente felicità.
«Sì.»
«E allora zitta e accetta il regalo» la rimproverò affettuosamente.
Dieci...
Nove...
Partì un coro di voci che scandiva l’avvicinarsi dell’anno nuovo mentre la sua ragazza apriva il pacchetto. Quando lo vide, fece una faccia che lì per lì lo fece ridere; non aveva mai visto un simile stupore su di lei.
Non si era mai accorto di quanto fosse buffa e allo stesso tempo bella, quando faceva quella faccia.
Otto...
Sette...
Riportò gli occhi su di lui e disse:
«Ma tu sei completamente matto.»
Da una scatolina verde aveva tirato fuori una collana d’argento con un piccolo ciondolo a forma di ancora. Era semplice, come sarebbe piaciuto a lei – almeno, Harry l’aveva pensata così.
«Grazie, davvero» disse, sorridendo sincera.
«Aspetta.» Harry si alzò dalla panchina, le prese la collana di mano e la slacciò mentre lei roteava gli occhi. Si assicurò che il ciondolo fosse ben adagiato sul petto e in un gesto pratico le allacciò la collana.
«Wow» commentò. «Ti sta molto bene.»
Claudia sorrise imbarazzata.
Sei...
Cinque...
«Sei bellissima stasera» disse, guardandola meglio.
«Non dire scemate.»
«Io non dico mai scemate.»
La ragazza indossava, per la prima volta, un vestito. Era verde, elegante e corto, con un piccolo fiocco su una spallina, a cui Claudia aveva abbinato delle calze nere e degli stivali in pelle dello stesso colore. Era... diversa.
Ma era meravigliosa.
La collana poi, ci stava a pennello.
Quattro...
Tre...
«Beh, grazie» sorrise. «Ho voluto mettermi un po’ in tiro.»
Harry le mise un braccio intorno alla vita e la attirò a sé.
I loro volti erano così spaventosamente vicini.
Due...
Uno...
Harry sentì solo lo scoppio dei fuochi d’artificio che stavano costellando il cielo, perché aveva gli occhi chiusi. Baciare Claudia era sempre bello, ma in quel momento era così bello che si sentiva come stordito, come se tutto stesse lentamente sfumando via. Era incredibile l’effetto che un suo bacio aveva su di lui; si sentiva bene, bene come si era sentito poche volte in tutta la sua vita, probabilmente.
Non l’aveva mai compreso fino in fondo, ma tutto quello di cui aveva bisogno era lì, accanto a lui.
Tutto quello di cui aveva bisogno – malgrado gli riuscisse difficile accettarlo –  era lei. L’unica che era riuscita ad entrare nel suo cuore sin da subito, nonostante lui avesse cercato continuamente di buttarla fuori.
«Buon anno, Harry.»
La guardò in quegli occhi profondi, di un verde smeraldo che lo ipnotizzava, e ci si sentì affogare dentro.
«Buon anno anche a te, Claudia. E buon compleanno.»
 
 
 
****
 
 
 
Harry sospirò; Claudia sarebbe arrivata a momenti e non aveva la minima idea di come sarebbe potuta andare a finire la serata. Un po’ aveva paura dell’esito dell’incontro tra lei e i suoi amici. Ma come avrebbe potuto dire di no a Louis? Era il suo migliore amico, e poi sembrava così entusiasta all’idea di conoscere la sua ragazza che non ce l’aveva proprio fatta a rifiutare.
Però non poteva negare che un pochino, in effetti, temesse quell’incontro. E se non fosse andato tutto per il verso giusto?
Si sforzò di non pensarci: alla fine, che motivo c’era perché le cose dovessero essere un disastro completo?
Senza che se lo aspettasse, il suono brusco del campanello interruppe i suoi pensieri e le sue domande.
«Hazza, vai tu?» sentì la voce di Louis dalla cucina, alla quale poi si aggiunse anche quella di Niall che disse:
«Un attimo! Se è la ragazza di Styles voglio vederla.»
Louis rise, sincero, ma non commentò. Niall lo raggiunse all’ingresso e si sistemò il colletto della camicia in un gesto deciso, poi disse:
«Forza amico. Apri.»
Lui lo squadrò. Ancora non riusciva a credere che sul serio Niall si fosse messo una camicia.
«Che c’è?» fece, guardandolo con quei suoi occhi azzurri e curiosi.
«Non riesco ancora a credere che tu stia indossando una camicia» disse, dando voce ai suoi pensieri.
Il biondo roteò gli occhi; era da almeno due ore che continuava a ripeterglielo.
«Dai, apri.»
E quando Harry aprì la porta, la sua ragazza sorrise, salutandolo con un allegro:
«Ehi Haz.»
«Ciao» la salutò lui sorridendo. Le diede un dolce bacio sulla guancia e la invitò ad entrare. «Ah, comunque lui è Niall.»
«Ciao» fece lei, con un sorriso cordiale; il ragazzo sollevò la mano in un cenno di saluto, impacciato, e quando Claudia percorse il corridoio, la seguì con lo sguardo per diversi secondi.
«Ehi Nialler» lo chiamò Harry sottovoce.
Lui si voltò.
«Dimmi.»
«No» disse, scuotendo la testa.
Il biondo rise, con quella sua risata potente e genuina che riempì la stanza.
«Certo amico, non mi sognerei mai di rubarti la ragazza» scherzò, mentre rideva.
«Bravo.»
E mentre si dirigevano in cucina Niall continuò a ridere, sotto lo sguardo severo di Harry.
  


So che sono in anticipo di due giorni, ma mi andava di aggiornare, per cui eccomi qui.
Non so voi, ma io mi sto affezionando a questi due sempre di più. Sono bellissimi, e anche se questo è solo un capitolo di passaggio, ogni volta che rileggo i loro momenti passati insieme sorrido come un'ebete. Bah, sarò scema io.
Spero che anche a voi continui a piacere tutto questo, davvero. Ci terrei anche a sapere cosa ne pensate di Louis e gli altri; mi sono affezionata tantissimo anche a loro(vorrei avere anche io degli amici così...).
Ora, come credete che andrà questa cena? Secondo voi Claudia verrà accolta dagli amici di Harry con entuisasmo  o risulterà un po' strana?
Sono davvero curiosa, come sempre, di leggere i vostri commenti.  E al solito, vi ringrazio tutti. So che sono ripetitiva, ma non posso fare a meno di farvi notare quanto tutto questo sia importante. Grazie mille davvero.
Al prossimo capitolo,
Stella cadente

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Capitolo 13
*** Capitolo dodicesimo ***


Capitolo dodicesimo
 
 
 
La serata fino a quel momento era trascorsa in maniera abbastanza tranquilla. Insomma, i ragazzi non avevano ancora fatto battute inopportune, quindi andava tutto okay. Tra l’altro, sembrava che Claudia si trovasse a  suo agio con loro, il che lo tranquillizzava. Non che avesse dubbi al riguardo, ma chissà perché la cosa lo aveva messo in agitazione ed aveva provato un brivido di nervosismo quando la sua ragazza aveva salutato Niall. Ma lei, puntualmente, aveva messo a tacere ogni sua paura, come del resto faceva sempre.
Quella sera era particolarmente affascinante. Più del solito.
Indossava una maglietta nera, semplice ma sobria. E, cosa più strana – e al tempo stesso in qualche modo bella – si era truccata. Ed era diversa, un po’ come per l’ultimo dell’anno; aveva qualcosa che faceva sì che il ragazzo non riuscisse a smettere di guardarla neanche per un attimo.
I suoi occhi verdi erano adornati con una riga di eye-liner che le conferiva uno sguardo seducente – da gatta, aveva pensato Harry – e le labbra erano colorate con del rossetto di un vivo color amarena. Non l’aveva mai vista così; sembrava tutt’altra persona, ma non gli dispiaceva affatto. Era in qualche modo femminile, elegante, sensuale.
Bellissima.
«E poi ci ho provato spudoratamente con lui; Harry non mi ha rivolto la parola per giorni da quanto era sconvolto» rise Louis, guardandolo.
«Cosa?» si riprese il ragazzo. Come al solito, non stava minimamente ascoltando.
«Stava raccontando di quella volta in cui era talmente ubriaco da averti scambiato per una ragazza» ridacchiò Liam.
Harry rabbrividì al ricordo, e improvvisamente si sentì arrossire dall’imbarazzo; perché diamine Louis doveva raccontare proprio di quella sera?
«Davvero non gli hai parlato per giorni, anche se quando ci ha provato con te era pesantemente ubriaco?» chiese Claudia, il solito sorriso sarcastico sulle labbra e una punta di divertimento nella voce.
Lui si schiarì la gola.
«Ehm.»
Claudia alzò le sopracciglia e il sorriso si accentuò ancora di più.
«Allora?»
«Beh, sì. Louis quella sera era... semplicemente spaventoso» snocciolò alla fine.
«Ehi!» protestò il suo migliore amico.
Harry ridacchiò. «Quel che è vero è vero» si limitò a replicare.
Al fianco di Louis, anche Eleanor rideva sotto i baffi.
«Cosa fai, mi prendi in giro anche tu?» fece Louis, iniziando a farle il solletico.
«No, Louis» rise lei. «Aspetta!» Ma già si contorceva dal ridere e riusciva a stento a stare sulla sedia.
Harry osservava quella scenetta divertito, insieme agli altri – con Perrie che guardava la coppia intenerita e Zayn che invece si faceva i fatti suoi come sempre, un leggero sorriso ad increspargli le labbra e un bicchiere di vino tra le dita.
Poi il suo sguardo si posò su Claudia, che gli sorrise teneramente, arrossendo e abbassando gli occhi.
 
 
 
****
 
 
Erano nella camera di Harry, a chiacchierare sul suo letto a una piazza e mezzo. I ragazzi se ne erano già andati, c’erano solo Louis ed Eleanor in casa, ed erano in sala a scambiarsi effusioni; il ragazzo aveva riso un sacco quando Claudia si era allontanata da loro con una faccia disgustata.
La cena era andata bene e lui era stato contento che lei si trovasse bene con i suoi amici. Gli aveva fatto piacere vederla ridere e scherzare con loro; in quel momento aveva avvertito una sensazione di calore alla bocca dello stomaco ed aveva sorriso istintivamente, perché sembrava che fossero già un gruppo di amici affiatati che si volevano tutti bene.
Pensandoci, era stata proprio Claudia ad unire tutti. Era stata lei, con il suo sorriso, il suo sarcasmo e la sua risata a dargli questa impressione.
Mi stai risollevando.
Avrebbe voluto dirglielo, lo avrebbe voluto davvero, ma era troppo orgoglioso e troppo timido per farlo.
«Harry?»
«Mh?»
Claudia lo guardò con quel bagliore ironico negli occhi che aveva quasi sempre.
«No, niente, non mi rispondevi.»
«Mh. Davvero?»
Lei annuì.
«Ehm, scusa. Dicevi?»
Claudia sorrise. «Raccontami altre storie divertenti su Louis» disse poi curiosa, incrociando le gambe come una bambina.
«Uhm» rifletté. «Mi ricordo quella volta in cui, quando eravamo al liceo, mi chiese di scrivere a suo nome ad una che gli piaceva. Sai, non è mai stato un granché in queste cose» spiegò, con un sorrisetto divertito. «Così scrivevo sempre io.»
La ragazza alzò le sopracciglia.
«Davvero?»
«Sì. Beh» aggiunse. «Finché si trattava di scrivere da dietro uno schermo, ero io il più bravo.»
«Già, non ti ci vedo ad atteggiarti come fa Louis» disse lei. «Lui è molto più espansivo, tu invece sei un asociale» aggiunse, una nota di affettuoso sarcasmo nella voce.
«Che posso dirti, è la vita» stette al gioco lui. «Comunque,» riprese «il fatto è che questa ragazza scoprì che i messaggi li avevo scritti io e iniziò a provarci con me. Louis ci rimase di schifo» rise, contagiando anche Claudia.
«Oddio, mi immagino troppo la scena.»
«È stato bellissimo» fece lui. «Tipo che arrivò a scuola il giorno dopo e mi disse “Non è possibile. Kelly ha scoperto che eri tu a scrivere e mi ha chiesto il tuo numero. Sei un fottuto poeta di merda”. Era furioso» continuò a ridere.
«Però gli voglio già bene» disse la ragazza, sorprendendolo.
Harry sorrise, sincero.
«Mi fa piacere, Claudia. Sul serio.»
«Anche a me.»
Harry giurò di non averla mai vista sorridere in quel modo. La serenità che abitava i suoi occhi era indescrivibile, come se si sentisse rilassata, protetta, a casa. Ed era così dolce che il ragazzo non poté fare a meno di baciarla. Un bacio dato in penombra, lento, carico di una tenerezza che non c’era mai stata prima. Un bacio che in breve tempo diventò più passionale.
Un bacio in cui Harry si sentì perdere, fino a non voler staccarsi più da lei.
Senza che se ne accorgesse si erano sdraiati piano sul letto, completamente assorbiti l’uno dall’altra. Non si erano mai baciati così, non si erano mai abbracciati in quel modo che sembrava dire resta e non andartene mai più. Lui si era sentito sempre bene con lei, ma mai come in quel momento – quel momento che era qualcosa di inquietante e di affascinante al tempo stesso, in cui sembrava che tutto il resto non avesse importanza.
E d’improvviso, in mezzo ai battiti del suo cuore che sembravano diffondergli un'ondata di desiderio in corpo, capì: anche per lei era così. Provava le stesse cose che provava lui.
Mille domande iniziarono a schizzare come proiettili nella sua mente: che stavano facendo? Sarebbe stata la cosa giusta per lei? Lei lo voleva davvero? E se se ne fosse pentita?
Si riscosse; non voleva pensare, non più. Avrebbe rovinato tutto, e lo sapeva.
Dopo essersi staccato un momento la guardò intensamente, osservando i suoi occhi che brillavano, le guance leggermente arrossate, le braccia che possessive gli stringevano le spalle e le labbra rosse appena socchiuse. La guardò come per carpire un qualche segnale, come per cercare di capire cosa pensasse in quel momento. Ma l’unica cosa che vide fu che negli occhi di Claudia c’era il suo stesso desiderio.
Quella luce negli occhi verdi della ragazza – quegli stessi occhi che erano tremendamente uguali ai suoi – lo fece rabbrividire, e fu come se ogni dubbio fosse stato spazzato via dalla sua testa, come se avesse acquistato una nuova sicurezza che lo faceva sentire tranquillo e felice.
Felice.
Una parola che gli sembrava misteriosa e affascinante.
Non ricordava quando lo era stato davvero per l’ultima volta. Probabilmente molto tempo prima, perché quella sensazione che aveva nel petto, come se il cuore gli si fosse gonfiato, era la cosa più bella che esistesse e non si ricordava più cos’era. In quello stesso momento, le immagini del legame con Claudia gli attraversarono la testa come un bellissimo film: i primi approcci da parte di lei, la diffidenza di lui, la loro amicizia che aveva preso una piega che mai il ragazzo si sarebbe aspettato. E poi i momenti insieme, i baci, gli abbracci, le risate e gli scherzi, i regali, le canzoni, le colazioni insieme prima dei corsi al college.
Per dir la verità, Harry non si era aspettato nulla da lei, quando l’aveva conosciuta. Non avrebbe mai creduto che sarebbero arrivati fin lì, che sarebbero arrivati a dirsi un muto “ti amo” che ancora non aveva sfiorato le loro labbra, a baciarsi e a lasciare che il mondo svanisse, perché non importava nient’altro se non loro.
Era strano, ma era fantastico. Con il tempo, Harry aveva imparato grazie a lei a prendere la vita con meno pessimismo e a vedere anche il bello nelle cose. E questo, senza di lei non avrebbe mai potuto farlo, ne era consapevole.
Ora c’erano solo loro.
A perdersi l’uno nell’altra, quasi senza accorgersene, in un modo così spontaneo e così facile da sembrare quasi innaturale. L’aveva spogliata lentamente, intensamente, guardandola in quei suoi occhi timidi, guardando in penombra quel corpo slanciato e magro che credeva non avrebbe mai visto davvero.
Si erano ritrovati su quel letto, ad essere una cosa sola, senza che nessuno dei due ci avesse minimamente pensato più di tanto.
Erano lì, e basta.
Senza pensare.
Forse perché non ce n’era bisogno.
 
  

 
 
 
Boh, trovo questo capitolo di una dolcezza immensa.
Ormai i miei protagonisti mi sono entrati nel cuore. Li sento vivi, mi sembra di essere lì con loro.
Mi mancava questa sensazione.
Non li trovate dolcissimi, tutto sommato? A me piacciono un sacco, sono così felice di essere arrivata a descrivere questo momento così importante per loro.
Parlando di questo, non ho voluto entrare troppo nei particolari come avrete notato, ho preferito concentrarmi sui pensieri e sulle emozioni di Harry per rendere la scena in qualche modo più romantica – e poi perché descrivere scene di questo tipo nei particolari non mi riesce perché per me è imbarazzante, ma omettiamo questo futile dettaglio.
Ad ogni modo, spero che vi piaccia, perché tengo veramente tanto ad Harry e Claudia.
Alla prossima, e grazie a tutti voi per leggermi e supportarmi :*
Stella cadente

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Capitolo 14
*** Capitolo tredicesimo ***


Capitolo tredicesimo
 
11 Gennaio 2015, ore 8:45
 
 
 
 
Quando Claudia aprì gli occhi, poche gocce di luce filtravano dalla finestra. Si girò su un fianco: Harry dormiva ancora della grossa, la testa riccioluta affondata nel cuscino e gli occhi chiusi in un’espressione serena.
Non lo aveva mai visto così. Lo sguardo del ragazzo era sempre sospettoso, diffidente, cupo, sembrava che nascondesse mille paure e mille preoccupazioni che però non accennava mai a voler esternare; invece adesso lo vedeva stranamente tranquillo, come se qualcosa avesse lavato via tutta quell’oscurità dai suoi occhi. Sembrava un angelo, con quei capelli deliziosamente ricci sparsi sul cuscino, le labbra rosse e i lineamenti dolci e definiti.
Claudia sorrise nel vederlo e si sentì le guance calde non appena ricordò cos’era successo la sera prima. Era stato tutto così naturale: non credeva che potesse essere così facile e così bello.
Lei non era mai stata con nessuno in quel modo – non le era mai importato un granché, per dir la verità – e non aveva mai avuto idea di cosa significasse, prima. Ma ora, ora che lo sapeva, si sentiva felice, perché era stato meraviglioso. Ed era altrettanto meraviglioso svegliarsi con Harry accanto.
Si stiracchiò un pochino, poi sgattaiolò nel bagno che c’era nella camera; tanto lui non si sarebbe di certo svegliato prima delle undici e mezza. La mattina non era il suo momento e gli pesava un sacco alzarsi presto: quando facevano colazione insieme prima di andare ai corsi era sempre di cattivo umore.
Magari lei intanto avrebbe potuto fare un giro: non ce la faceva proprio a rimanere a letto.
Acchiappò i suoi vestiti e si chiuse nel bagno per prepararsi, facendo attenzione a non svegliare il ragazzo.
 
 
 
 
 
«Buongiorno.»
Claudia sobbalzò imprecando, sentendo una voce femminile alle sue spalle.
Si voltò e vide la fidanzata di Louis che le rivolgeva un sorriso allegro e gentile.
E lei da dove spunta?
A quanto le era stato detto da Harry era al primo anno di college, ma sembrava molto più piccola. Per dir la verità, avrebbe detto fosse ancora una ragazzina dell’High School, con quel visino dai tratti adolescenziali e la bassa statura.
«Tu sei...?» chiese. Non riusciva assolutamente a ricordare come si chiamasse, sebbene si sforzasse per farlo.
«Eleanor» rispose cordialmente la ragazza. «Stavi uscendo?»
«Sì, volevo prendere una boccata d’aria. Non riesco a rimanere a letto se sono sveglia, e per quanto riguarda Harry credo proprio che dormirà come un orso in letargo ancora per molto.»
Eleanor ridacchiò.
«Louis invece è tutto il contrario, ma chissà perché oggi non si è alzato. Bah.»
Silenzio.
«Ad ogni modo ho intenzione di uscire per fare un po’ di shopping. È la prima domenica del mese dopo le vacanze, i negozi dovrebbero essere aperti e Perrie mi aspetta» concluse. «Vuoi venire con me?» aggiunse poi entusiasta.
«Ehm» tentennò Claudia. Quella ragazza le sembrava carina e gentile, ma l’aveva messa in difficoltà dal momento che lei odiava lo shopping.
«Non ti piace fare shopping?»
«Già» disse timidamente lei.
Eleanor fece un gesto con la mano come a dire che non era un problema.
«Oh, non preoccuparti. Se vuoi andiamo semplicemente a bighellonare per le strade di Boston e poi andiamo a prenderci qualcosa da Hard Rock» disse solo. «Non è un problema.»
«Sicura?»
«Certo. Ora andiamo, altrimenti Perrie mi ucciderà.»
Claudia rise divertita e la seguì fuori dall’appartamento dei ragazzi.
 
 
 
 
 
«Eleanor Calder, giuro che ti uccido con le mie mani!» scattò Perrie non appena le due ragazze arrivarono davanti all’Hard Rock cafe. «Oh, ciao» la salutò poi, agitando la mano allegramente.
«Calma biondina, stavo chiedendo a Claudia se voleva venire con noi» rispose affettuosamente Eleanor. «A proposito, non le piace fare shopping perciò è meglio fare un giro.»
«Ehi, non voglio essere un problema» disse Claudia. «Se volete andare andate pure.»
La prospettiva di starsene tutta la mattina in dei negozi di vestiti le dava la nausea, ma nonostante tutto non voleva essere d’impaccio alle ragazze.
«Stai scherzando» fece Eleanor. «Non voglio costringerti se non ti piace, per una volta posso anche farne a meno. E poi voglio conoscerti, sapere di più su di te insomma, dal momento che siamo tutte qui.»
Claudia sorrise, contenta.
«Grazie.»
«E di cosa?» replicò l’altra, ricambiandola.
 
 
 
****
 
 
«E così state insieme da settembre?» chiese Perrie, dopo aver dato un sorso al suo cappuccino.
«Sì. Ma prima di tutto siamo stati amici» disse Claudia con un po’ di imbarazzo.
Avevano fatto un giro per le strade di Boston fermandosi di tanto in tanto a vedere qualche vetrina – Claudia si era fermata con loro, nonostante non fosse interessata – e ora era da più di mezz’ora che le ragazze, sedute ad un tavolino dell’Hard Rock, la bombardavano di domande su di lei, su Harry o su lei e Harry. Avevano iniziato una specie di gioco  in cui ognuna delle due le chiedeva qualcosa a turno, come una specie di intervista. Erano ragazze un po’ frivole (“Qual è il colore che indossi più spesso?”), diverse da lei in più o meno ogni cosa, ma tutto sommato non erano affatto male.
«Che tipo è?» fece Eleanor, mordendo poi il suo cornetto al cioccolato.
Claudia sorrise imbarazzata.
«Beh, è un tipo che se ne sta sempre sulle sue» iniziò. Perrie la guardava con tanto d’occhi ed Eleanor seguiva interessata con il mento appoggiato sul palmo della mano.
«Quando l’ho incontrato al Lizard Lounge era fuori da solo e stava fumando una sigaretta. Non è stato molto amichevole» sorrise divertita.
«Tu perché eri lì?» disse Perrie.
«Non avrei voluto esserci, infatti» replicò lei serissima. «Non sono il tipo da feste. Comunque ero lì perché mi ci avevano letteralmente trascinata un paio di ragazze che però ora non frequento più.»
«Mh. E poi?»
«Niente. Non abbiamo parlato un granché, lui si è comportato da scontroso e poi ha tagliato la corda» si limitò a dire.
«E scusa, poi com’è che vi siete rivisti?» intervenne Eleanor.
Claudia arrossì; tutta quell’attenzione la metteva in imbarazzo.
«Ai giardini. Io stavo leggendo un libro e lui mi guardava. Così gli ho chiesto perché lo facesse, anche perché volevo sapere quale fosse il suo problema» disse, ridacchiando.
«Ma prima di tutto siamo stati amici» ripeté. «Poi, beh... ha cominciato a piacermi ed ora eccoci qui» sintetizzò timidamente.
«Quindi sei stata tu a dichiararti? E com’è andata? Ti ha baciata?»
Era una cosa impossibile, Perrie era capace di fare anche dieci domande tutte insieme.
«Non è stata proprio una dichiarazione» disse Claudia, ricordando quella serata a casa sua. «Ci siamo messi a litigare perché io avevo capito di essere innamorata di lui, ma mi sforzavo di non esserlo. Così lo evitavo, però ci stava male.»
«Quindi non gli avevi detto niente del perché lo evitavi» fece Eleanor, come per incoraggiarla a continuare.
«No. No, perché ero convinta che non mi ricambiasse, ma non volevo comunque che se ne andasse. Non volevo rovinare tutto. Ma mentre stavamo discutendo... diciamo che mi è scappato di bocca.»
«Uh uh» sorrise Perrie. «E poi?»
«Beh,» tentennò lei, «non so come, né perché, ma ci siamo baciati» ammise, mentre l’imbarazzo cresceva sempre di più e sembrava ormai infiammarle le guance. Odiava questo lato del suo carattere; generalmente non si faceva troppi problemi per dire le cose, ma quando si trattava di Harry diventava improvvisamente timida.
«Voi invece?» chiese, giusto per distogliere un po’ l’attenzione da se stessa.
«Io e Zayn ci siamo conosciuti ai corsi» esordì Perrie con occhi sognanti. «Amiamo entrambi l’arte, perciò ci siamo incontrati lì. Mi piace moltissimo, è così misterioso e intrigante.»
«Sì, anche a me dà questa impressione» assentì Claudia. «Mi dà l’idea di un ragazzo molto ermetico.»
«Oh, lo è» disse la bionda. «Ma è dolcissimo, anche se non si direbbe.»
«Sono l’unica che è stata conquistata ad una normalissima festa?» si intromise Eleanor.
«Cioè?» chiese Claudia. Doveva ammettere che quelle ragazze stavano cominciando, pur nella loro apparente superficialità, ad essere interessanti; non l’avrebbe mai detto prima, ma le stavano simpatiche.
«Ho incontrato Louis ad una festa, quando era completamente ubriaco. Mi ha baciata e beh, poi voleva fare anche altro. Ma io sono scappata via. Prima però gli ho lasciato il mio numero e la mattina dopo mi ha chiamata dicendomi “Senti, ragazza della festa” » era così che mi ero salvata in rubrica «“potresti dirmi come ti chiami? Magari potremmo uscire insieme. Sai, nel caso ti andasse di vedermi sobrio”.»
Claudia scoppiò a ridere.
«Ce lo vedo.»
«Già, è veramente un idiota» disse Eleanor. «Però lo adoro.»
«Ma voi due come vi conoscete, invece?» chiese Claudia, indicando le due ragazze.
«Oh» fece Eleanor. «Beh, abbiamo frequentato lo stesso liceo a Londra e poi ci siamo trasferite qui, come Harry e gli altri.»
«Ah, okay.»
«Il liceo» disse Perrie, sovrappensiero. «Che schifo di posto.»
«Perrie» la ammonì Eleanor.
«Che c’è? Ho detto solo la verità» replicò la ragazza facendo spallucce. «Ti sembra normale che mi abbiano mandato in presidenza soltanto perché mi ero tinta i capelli di rosa?» continuò la ragazza rivolta a Claudia.
Lei scoppiò a ridere per la faccia buffa che aveva fatto la bionda e per il tono con cui aveva posto la domanda.
«Quando è successo?» riuscì a chiedere.
«All’ultimo anno.»
«Ma non ti hanno mandata in presidenza solo perché avevi i capelli rosa! Ti hanno detto dei capelli ma non era per quello, era per l’aspetto nell’insieme» la rimproverò Eleanor.
«Appunto» disse Perrie.
«Forse perché eri entrata in classe con gli anfibi, la minigonna dell’uniforme che ti faceva intravedere le mutande e quegli improbabili capelli, e per di più in ritardo?»
Perrie roteò gli occhi, mentre Claudia non riusciva a smettere di ridere.
«Cosa ridi tu?» fece la ragazza.
Ma lei non riusciva neanche più a riprendere fiato. Non sapeva se era per il fatto che si immaginasse una Perrie adolescente entrare in classe con anfibi, minigonna e capelli rosa o per la felicità di essere in compagnia.
Forse entrambe le cose.
«No scusa, è che non ce la faccio» annaspò.
In breve tempo anche le altre due si erano unite alle risate ed ora erano tutte e tre lì, ad un tavolino di Hard Rock a ridere come delle ragazzine. Claudia non si era mai sentita come in quel momento, non sapeva decifrare quella sensazione che le si era annidata in tutto il corpo, ma era piacevole; sapeva solo che non riusciva a smettere di ridere, ed era bellissimo.
«Ehi, sono le undici e mezza» disse d’un tratto Eleanor, alzandosi dal tavolo. «Dovremmo andare, altrimenti i ragazzi si preoccupano.»
«Si preoccupano?» chiese Perrie, come a dire “Perché dovrebbero preoccuparsi? Chi sono, le vostre madri?”
«Già, non li abbiamo nemmeno avvisati che uscivamo» rispose la castana.
«Va bene. Ehi, dovremmo uscire più spesso noi tre. Sono stata molto bene, ragazze» disse Perrie, sincera.
«Per me non c’è problema» assentì Eleanor. «Tu cosa dici Claudia?»
La ragazza sorrise.
«Va benissimo anche per me» disse, contenta.
Poi si avviò con Eleanor all’appartamento dei ragazzi – dove probabilmente un assonnato Harry la stava aspettando – mentre pregustava già il momento in cui sarebbe uscita di nuovo con lei e Perrie.

 
 
 

Primo capitolo in cui vediamo le cose dal punto di vista di Claudia :)
Che ve ne sembra?
A me piace, perché come sapete mi sono affezionata tantissimo a lei, ed è così bello vederla felice in questo modo che boh... mi sento contenta anche io.
Abbiamo poi Perrie ed Eleanor, che la nostra Claudia aveva sottovalutato e che invece si sono rivelate una buona compagnia (un po’ pazze, ma per sempre una buona compagnia, lol).
A parte tutto, spero che sia piaciuto a voi come è piaciuto a me.
Questa storia mi piace e mi appassiona sempre di più man mano che vado avanti a scriverla e so già che sarà dolorosissimo staccarsi dai miei personaggi.
Spero che anche voi vi siate affezionati a loro.
Beh, alla prossima, e grazie a tutti voi per leggermi e incoraggiarmi :*
Stella cadente

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Capitolo 15
*** Capitolo quattordicesimo ***


Capitolo quattordicesimo
 
 
 
 
Charles River,30 Giugno 2015
ore 13:00
 
 
 
 
«Harry, vieni in acqua! Andiamo, non è che ti morde» disse Claudia, trascinandolo giocosamente per un braccio.
«Claus no, sai che odio l’acqua» si lamentò il ragazzo.
«Ma fa caldissimo oggi! Dai, non ci voglio andare da sola» protestò lei.
Harry, Zayn, Niall, Louis, Liam e le ragazze erano stesi sul prato, all’ombra di un grande albero vicino al mare di un intenso blu cobalto, in quell’assolato pomeriggio di fine Giugno. Faceva un caldo impressionante – il ragazzo credeva di non resistere più tanto a lungo – ma gli altri sembravano non farci caso più di tanto. Possibile che fosse solo lui a soffrire in quel modo?
Non aveva mai sopportato il caldo, ma quel giorno si sentiva veramente un vegetale.
«Non lo so...»
Harry non aveva mai dimostrato chissà quale interesse neanche verso il mare o l’acqua. Non gli era mai piaciuta la sensazione del sale sulla pelle di quando si asciugava. Forse sarebbe stato più corretto dire che non gli era mai piaciuto il mare in generale; il che era strano per uno che abitava a Boston, ma del resto lui apparteneva ad Holmes Chapel, un tranquillo paesino dell’Inghilterra freddo e nuvoloso. Aveva già fatto fatica ad abituarsi a quella grande città, con il suo traffico e le sue metropolitane; fare la stessa cosa con il mare sembrava quasi impossibile.
«Dai, vedrai che dopo un bagno ti sentirai meglio» insistette la sua ragazza, con il solito tono tentatore che usava quando voleva convincerlo a fare qualcosa. Harry sospirò, con l’accenno di un sorriso sule labbra, e si alzò di malavoglia.
«Perché riesci sempre a convincermi?» chiese, infastidito.
«Perché sono fantastica, adesso andiamo?» fece lei, schietta, dandogli un pugno scherzoso sulla spalla.
E lui la seguì sotto il sole, sorridendo di nascosto.
Non avrebbe potuto chiedere di più.
Quello che era successo da quando aveva portato Claudia a cena a casa era fantastico. Erano diventati tutti un unico gruppo unito; la sua ragazza aveva familiarizzato molto con Perrie e con Eleanor – ormai anche sue grandi amiche – e tutto era cambiato in meglio. Persino la sindrome depressiva sembrava non spaventarlo più. Non l’aveva mai detto a lei, per non darle soddisfazione, ma qualche volta ci era ritornato, da quello psicologo che gli avevano consigliato – lo stesso che gli aveva diagnosticato la sindrome. L’uomo gli aveva dato dei medicinali omeopatici e gli aveva detto di stare il più tranquillo possibile, di cercare di vedere le bellezze della vita, di capire ciò che lo avrebbe potuto far stare bene e concentrarsi su quello. E lui lo aveva ascoltato, lo aveva fatto, effettivamente. Adesso anche il suo problema, quello che una volta vedeva come un macigno, sembrava non pesargli più.
Forse era guarito; forse la depressione era sparita e non se ne era reso neanche conto.
Tutto era di nuovo ordinato, al proprio posto, esattamente come lui voleva che fosse.
Era da tanto che non si sentiva così. Troppo.
Ed in quel momento, guardando Claudia che rideva e che si divertiva a schizzarlo con l’acqua che riluceva nei raggi di sole, non poté fare a meno di scoppiare a ridere anche lui.
La sua era una risata sincera, potente.
Una risata che, ne era sicuro, esprimeva tutto quello che provava.
 
 
 
«Questa sì che è estate, gente» commentò Louis, sdraiato al sole, addentando il suo panino.
«Già» assentì Niall, che stava già mangiando il terzo. «Ma sarebbe ancora meglio se non ci fosse una rompiscatole che ti frega i panini» disse, con finto tono di rimprovero, quando Claudia gli prese velocemente il panino dalle mani e gli dette un grande morso.
«Non so di cosa stai parlando» ribatté lei innocentemente.
«Ah, è così?» il ragazzo si sporse verso di lei con aria minacciosa.
Claudia rimase immobile.
«Sì.»
Niall iniziò a farle il solletico e l’aria si riempì della sua risata buffa e potente. Quella risata che Harry amava così tanto, quella stessa risata che lo aveva conquistato, che ora sembrava essere diventata la sua musica preferita.
«Ehi Horan» lo apostrofò «giù le mani dalla mia ragazza.»
Claudia roteò gli occhi con fare scocciato. «Geloso» disse, con tono dispettoso.
Ma sorrideva, disegnando una linea tenera sul suo viso volpino.
 
 
«Sei sicura che non sia un problema?» chiese Harry, sospettoso.
«Cosa?»
Sembrava così innocente, mentre lo diceva. Si sentiva così piccolo, così indifeso nel rivelarle le sue paure.
«Il fatto che io abbia questa cosa» farfugliò.
Depressione.
Non riusciva neanche a dirlo ad alta voce. Sarebbe stato come concretizzare la cosa, come ufficializzarla, e non voleva. Lo sapeva, sapeva quale fosse il suo problema, ma non dirlo ad alta voce in qualche modo gli faceva acquistare sicurezza. Era come se gli facesse dimenticare di averlo – che era quello che voleva, alla fine. Avrebbe solo voluto che tutto quello fosse un brutto sogno, ma non lo era. Eppure con lei tutto gli sembrava più facile, in qualche modo.
«No» scosse la testa. «Perché dovrebbe essere un problema?»
«Non lo so» ammise. «Beh, forse non vorresti una persona» sospirò, prima di dirlo «depressa intorno.»
«Io ci sono, Harry» si limitò a dire lei, scrollando le spalle.
E la sua voce era talmente sincera, talmente dolce che il ragazzo si sentì inumidire gli occhi.
 
 
«Ragazzi, la volete smettere di fare casino? Sto cercando di dormire» disse Zayn, guardando in cagnesco Harry e Niall.
«Solo tu puoi dormire alle una di pomeriggio in un giorno d’estate, Zayn» precisò Louis con tono beffardo. Per tutta risposta, il ragazzo bofonchiò qualcosa e si sdraiò di nuovo sul prato.
Louis guardò Liam, che guardò Zayn. I due iniziarono a ridere, poi guardarono anche Harry con aria complice, che rispose con uno sguardo interrogativo.
Successe tutto in un attimo.
Louis aveva tolto il tappo alla bottiglia d’acqua che teneva in mano e l’aveva rovesciata addosso a Zayn, in un grande scroscio.
Il ragazzo, per qualche secondo, rimase immobile, quasi come se non fosse successo nulla.
Poi, senza voltarsi, fece, impassibile.
«Io vi uccido.»
E scoppiarono tutti a ridere.
 
 
Harry non aveva mai riso così tanto.
Non si ricordava l’ultima volta che aveva riso così; era passato troppo tempo. Forse erano passati solo pochi mesi, ma a lui sembrava da una vita che non rideva così, che non rideva veramente.
Solo con lei rideva veramente.
 
 
Claudia si stava sbellicando. Indicava Zayn e rideva, come una bambina piccola e dispettosa.
Ma Harry la guardava e la adorava. Adorava quel suo essere così pungente eppure così dolce, così incredibilmente trasparente. Più la guardava, più si rendeva conto che era esattamente quello che cercava.
 
 
«È buffo ma...» sussurrò.
«Cosa?»
Harry ridacchiò.
«Nulla.»
«Non rompere, dimmelo.»
«Davvero, niente.»
Claudia sbuffò. «Quando fai così sei da sprangate, dico davvero. Sui denti» fece, impassibile.
Il ragazzo fece una mezza risata, poi la guardò intensamente negli occhi.
«È che» indugiò, «è strano, ma mi sono reso conto che sei esattamente quello che cercavo. Probabilmente era da una vita che ti aspettavo. Magari non te ne accorgi, ma mi fai capire ogni giorno cosa significhi essere amati, Claudia.»
Lei rimase in silenzio.
«Ma te l’ho già detto una volta» aggiunse lui. «È inutile che...» continui a ripetertelo, voleva dire.
Ma le sue parole furono smorzate, perché la ragazza aveva catturato le sue labbra in un bacio.
 
 
Quando le diceva quello che pensava, quando se ne usciva con quelle dichiarazioni, la lasciava sempre di sasso. Era una cosa incredibile quanto, sotto quella corazza da dura e quell’atteggiamento schietto, fosse così dolcemente sensibile alle parole – soprattutto, alle sue parole.
«Harry, ci sei?» La sua ragazza gli sventolò la mano davanti al viso in un gesto teatrale.
«Mh?»
«Te lo dicevo io che era distratto. È sempre così» fece Louis, con l’aria di chi la sapeva lunga, rivolto a Claudia.
«Ho notato» ricambiò lei, con una punta di beffardo divertimento nella voce.
«Mi sorprende che a te presti attenzione, sai?» continuò il suo migliore amico.
«Ehi!» disse lui ad alta voce. «Vi informo che io sono qui.»
«Oh, davvero?» rispose Claudia, sorridendo divertita.
Louis rise sincero, mentre Harry roteò gli occhi: possibile che la sua ragazza e il suo migliore amico non avessero niente di meglio da fare che prenderlo in giro?
«Sentite» cominciò Louis, appena in tempo per fermare qualunque risposta indispettita «stasera avete qualcosa in programma?»
Silenzio. Tutti si erano voltati a guardare il ragazzo.
Claudia gli rivolse uno sguardo sospettoso. «Okay Lou, cos’hai in mente?» disse poi, guardandolo con un sopracciglio alzato.
Sul viso di Louis prese forma un ampio sorriso. «Mezzanotte. Lizard Lounge. E ho detto tutto» si limitò a dire, serafico.
Lei sospirò.
«Dai! Non dirmi che sono costretta a venire ad una festa, ti prego» supplicò.
«Oh sì che ci verrai» fece Niall, dandole un buffetto. «Altrimenti vorrà dire che non ti parlerò più» concluse, con un finto tono offeso.
«E dai, Claudia, ci divertiremo» si inserì Perrie. «Sei con noi, non ti annoierai.»
«Ma mi fa schifo quella roba» protestò lei.
«Al massimo ce ne andiamo io e te» intervenne Harry. Sapeva che era l’unico modo che aveva per convincerla; Claudia non avrebbe mai ceduto, altrimenti. E poi già l’idea di andare ad una festa con lei non gli sembrava brutta – anzi.
La ragazza sospirò rumorosamente.
«Va bene, va bene» sollevò le mani in segno di resa. «Verrò a quella festa. Contenti?» disse, svogliata.
«Grande!» esultò Eleanor, saltandole letteralmente addosso e stritolandola in un abbraccio. «Posso truccarti io?» chiese, raggiante.
Claudia fissò Harry, sillabando la parola “aiuto” con le labbra, e lui sorrise.
Qualcosa gli diceva che quella serata sarebbe stata memorabile.

  

Dal punto di vista della componente dell'azione questo capitolo non è nulla di che, ma serviva per farvi un'idea del gruppo che si è compattato adesso, dopo mesi che escono insieme. E quindi abbiamo risate, scherzi tra amici, e, ancora una volta, dei bellissimi momenti tra Harry e Claudia (li amo, vi giuro).
E' stato bello scrivere questo capitolo..adesso c'è un'atmosfera come di pace, serenità, e le cose sembrano andare finalmente per il verso giusto al nostro protagonista. Inutile dire che sono contenta per lui :3
Beh, come sempre spero che vi sia piaciuto.
Alla prossima,
Stella cadente 

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Capitolo 16
*** Capitolo quindicesimo ***


Capitolo quindicesimo
 
Lizard Lounge, 1 Luglio 2015
Ore 00:00
 
 
 
Il Lizard Lounge era pieno. Sembrava straripare di gente: ragazzi di tutte le età si dimenavano a tempo di musica, con i drink stretti in una mano e le facce completamente abbandonate al sapore della notte.
Harry aveva già provato diverse volte quella sensazione, ma mai aveva avuto quel che di libertà, quell’impressione di avere la testa totalmente sgombra di pensieri e il cuore leggero, come se non ci fosse più niente di cui preoccuparsi. Al suo fianco, Claudia fissava quella bolla di musica e divertimento con aria contrariata.
«Non dovrò ballare, vero?» chiese, con un tono di voce quasi disgustato.
Harry le osservò il viso pallido e ridacchiò: non aveva mai visto quell’espressione quasi implorante nei suoi occhi.
«Beh, in genere a queste feste si balla.»
«Lo so, ma l’ultima volta le tizie con cui ero mi hanno costretta a mettere i tacchi e ho dovuto ballare con i tacchi
Lui si trattenne dal prorompere in una risata: sarebbe stato divertente vedere Claudia ballare.
Sui tacchi poi.
«Perché ridi?»
Il ragazzo si ricompose. «Ehm...» borbottò, scompigliandosi la folta chioma riccia con un gesto imbarazzato. «Niente.»
Lei lo guardò per un istante, poi portò lo sguardo di nuovo sulla massa di persone in movimento dentro alla stanza. Tra le pareti rimbombava Animals dei Maroon 5, che fece sentire Harry ancora più impaziente: adorava quella canzone.
«Andiamo?» incalzò.
Claudia roteò gli occhi, poi, di malavoglia, lo seguì.
 
 
 
****
 
 
 
«Claudia!» si sbracciò Perrie, che era già a ballare con Zayn.
La ragazza la guardò inorridita; era già palesemente ubriaca (in mano teneva un altro drink con uno strano colore blu elettrico) e Zayn la guardava con fare protettivo e malizioso al tempo stesso mentre lei si muoveva sinuosa. Si avvicinò a lui e gli urlò, per sovrastare la musica:
«Vuoi veramente uccidermi, Styles.»
Quando lo chiamava per cognome era quasi sempre perché voleva provocarlo.
Harry rise, poi – stando al gioco –  replicò:
«Esattamente, Gibbs» sorrise soddisfatto. «Dai, balliamo un po’» aggiunse, prendendola per un braccio e trascinandola al centro del locale.
«Ma non so ballare, idiota!» esclamò lei, facendo resistenza.
Però rideva. Ed era adorabile, con quegli occhi verdi stretti in un’espressione divertita e il sorriso che giocava sul volto roseo, spruzzato delicatamente da piccole lentiggini che solo di recente lui aveva notato. La guardò intensamente, concentrandosi solo su di lei: era la più bella di tutte.
Il vestito nero che aveva indossato per quella sera – e anche l’unico che aveva nel guardaroba, ne era sicuro. Anche perché gli sembrava lo stesso di quando si erano conosciuti – le stava benissimo sul corpo magro e slanciato, e svolazzava intorno alle sue gambe. I suoi occhi erano ipnotizzanti; ormai ci era affondato dentro.
Le strinse le mani sui fianchi non appena vide gli sguardi di altri ragazzi scivolarle addosso, come a ribadire che era sua.
Sua, e di nessun altro.
Nessuno di loro si sarebbe mai permesso di toccarla, o gli avrebbe spaccato la faccia.
«Cosa c’è?» lo prese in giro lei, ridendo.
«Uhm, niente» disse. «C’erano solo dei ragazzi che ti stavano guardando e» la attirò di più a sé «e io non tollero che lo facciano.»
«Ooh» continuò lei, ironica. «Styles fa il truce.»
«Certo» ribatté il ragazzo. «Non posso?»
«Se ti dicessi di no?»
«Ti direi che non puoi permetterti di dirmi di no, perché...»
«Cosa?» lo sfidò.
«Perché non vai mai alle feste e quindi ti sei messa il solito vestito di quando ci siamo conosciuti» rispose con un sorrisetto, inarcando un sopracciglio.
Claudia scosse la testa con la sua stessa espressione. «Sbagliato.»
«Come?» si sentì spaesato.                                                
«Beh... il vestito me lo ha prestato Eleanor. Non è mio» disse lei, soddisfatta.
Harry sbuffò.
«Ho vinto» aggiunse la ragazza, beffarda.
«Ma stai zitta» la rimbeccò lui, baciandola.
 

 
 
 
Ore 02: 15
 
 
«Ti prego Harry, andiamo via» supplicò Claudia, scuotendolo un po’.
«E’ una tortura così tremenda?»
Lei si voltò verso i loro amici. Mezzi mancavano – Niall, Zayn, Liam e Perrie erano finiti chissà dove – e Louis ed Eleanor erano completamente dimentichi della loro presenza, dal momento che si stavano baciando appassionatamente.
Riportò la sua attenzione su Harry.
«Beh, direi di sì. Dai, non se ne accorgeranno nemmeno che ce ne siamo andati» insistette.
«Ti prego» aggiunse, con un’aria sconfortata.
Harry sospirò.
«Va bene.»
 
 
****
 
 
«Liam, ascolta, io e Claudia ce ne siamo andati, adesso siamo in macchina» disse Harry, con il telefono attaccato all’orecchio.
Claudia guardava fuori dal finestrino. Sembrava assorta in chissà quali pensieri, mentre osservava la città sfrecciarle accanto con le sue mille luci e colori.
«Avverti gli altri» aggiunse. «Mi raccomando. Se no si preoccupano.»
Dal telefono si sentiva la musica ancora assordante del Lizard; Harry non capiva un’acca di ciò che gli diceva l’amico.
«Cosa?» chiese.
«Non ho capito, Harry!» riuscì ad afferrare.
«Ho detto: avverti gli altri, se no si preoccupano!» disse di nuovo, alzando il volume della voce e scandendo bene le parole.
«Okay!» urlò Liam di rimando.
E la telefonata si chiuse.
«Ce l’hai fatta?»
Dopo pochi secondi la voce di Claudia solcò il silenzio, interrotto solo dal rumore sordo delle ruote che viaggiavano sull’asfalto. Harry sospirò, facendo un mezzo sorriso.
«Sì, per fortuna. Ho dovuto ripetere le cose a Liam per almeno cento volte, prima che le capisse.»
Lei rise, riempiendo l’abitacolo di quel suono che a chiunque sarebbe sembrato troppo forte o troppo sguaiato, ma che per Harry era semplicemente bello, perché lo associava a lei.
La risata di Claudia era libera e forte, come la sua proprietaria, e ormai lui non avrebbe più potuto farne a meno.
«Sì, ti sentivo» disse poi, divertita.
«Sì, ma d’altra parte chi altro potevo chiamare?»
Claudia sembrò pensarci, poi disse:
«Beh, in effetti, se scartiamo Liam, Louis ed Eleanor con ogni probabilità erano a fare cose sconce, Zayn e Perrie lo stesso, e Niall... beh, è Niall» concluse con una mezza risata.
«Già» assentì lui. «Sì, non è mai stato un ragazzo particolarmente responsabile.»
Silenzio.
«Dove andiamo di bello?»
Il ragazzo si voltò verso di lei.
«Dove vuoi tu.»
Riportò gli occhi sulla strada, deciso a non staccarli mai più. Era diretto a casa, lo sapeva.
E sapeva che anche lei lo voleva.
Sarebbe stato bellissimo avere la casa tutta per loro.
Sarebbe stata sua.
«Andiamo a casa?» chiese lei. «Ho bisogno di stare in un posto che non sia quella specie di bolgia che porta il nome di Lizard Lounge» disse ironica.
Harry la guardò ancora, facendo un sorriso sghembo: come al solito si erano letti nel pensiero.
«Va bene» disse solo.
Ma poi accadde tutto troppo velocemente, prima ancora che portasse di nuovo gli occhi davanti a sé.
Un fiotto di luce che lo abbagliò, la voce di Claudia che gridava il suo nome terrorizzata.
Uno schianto terribile, in cui il ragazzo sentì lo scrocchio insopportabile delle sue stesse ossa.
E poi il buio.

 
 

Sto tremando. Temevo di arrivare a questo momento in cui tutto sembra sospeso e incerto, e ora è come se mi trovassi catapultata nella storia.
Ed è disarmante. Non so se a voi ha fatto lo stesso effetto, ma io adesso mi sento... spaesata.
Il capitolo è stato abbastanza tranquillo, dolce, anche divertente.
Fino ad ora, in cui siamo arrivati ad un punto di non ritorno e tutto sembra essere un enorme dubbio.
Come avrete capito adesso ci sarà una svolta repentina, ma spero comunque che vi sia piaciuto.
Grazie mille per il supporto ragazzi, siete incredibili.
Alla prossima,
Stella cadente

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Capitolo 17
*** Prima lettera ***


Parte seconda


Lettere









Prima lettera
 
 
15 Luglio 2015
 
Claudia,
non so nemmeno perché sto scrivendo. Forse perché così riesco a distrarmi.
Il dottor Hayden ha detto che non ce l’hai fatta. Me lo ha detto con voce ferma e triste, in quella stanza d’ospedale che mi dava la nausea.
Mi ha detto che non sei sopravvissuta all’incidente.
“Non ce l’ha fatta. Mi dispiace tanto, ragazzo.”
Scusa se finora non ho avuto il coraggio di scriverti, sono un codardo.
Ho detto bene: non ho avuto il coraggio.
Sono sempre così vigliacco.
Sempre stato.
Claudia, ora come faccio senza di te? Dimmelo, perché io non lo so.
Il dolore che sento nel petto mi lacera. Ma forse non mi sono neanche davvero reso conto di cos’è successo.
Non ancora.
E so già che quando arriverà il momento in cui ne sarò consapevole morirò anche io.
Lo so perfettamente.
Non parlo con nessuno dei ragazzi da giorni. Non voglio sentirli, anche se loro mi cercano.
È inutile. Ho il telefono staccato e il cellulare è in silenzioso. Con Louis ci scambio appena due parole.
Perché ti sto scrivendo, Claudia?
In fondo, tu non puoi sentirmi, né leggere questa lettera.
In fondo, che senso ha scrivere ad una persona che è..
Una persona che è..
Scusami, non ce la faccio a scriverlo.

 

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Capitolo 18
*** Seconda lettera ***


Seconda lettera
 
  
30 Luglio 2015
 
 
 
Claudia,
eccomi di nuovo qui, a scrivere. Ho cominciato così, non so nemmeno io perché, ma ormai un po’ di conforto lo trovo solo in questo modo.
Sai, il dolore è arrivato tutto insieme, proprio ieri.
E adesso che c’è, è incolmabile. Al confronto, la gamba ingessata e le numerose escoriazioni che ho ancora addosso non sono niente. Non le sento nemmeno, per me è come se non esistessero.
Per me è come se IO non esistessi.
È come se mi si fosse aperta una voragine dentro, un buco grande, buio e senza fondo.
Sono totalmente annullato, cancellato, inesistente.
Non esisto più.
Non riesco a mangiare niente.
Non riesco a bere niente.
Non mi muovo.
Louis è molto preoccupato per me, ma non ha mai osato avvicinarsi per affrontare l’argomento finora. Sa che voglio essere lasciato solo. Eppure è preoccupato, lo vedo. Oltre che triste naturalmente, come tutti gli altri.
Più che altro, spesso si siede sul mio letto e mi racconta che mi succede intorno.
So che anche Eleanor e Perrie non stanno meglio di me. Da quel che mi racconta Louis, Zayn in questo periodo passa molto tempo con Perrie, probabilmente per farle forza.
In effetti non sono più passate da quella sera.
Non le ho più viste.
Ma non mi importa.
Non mi importa più di niente.
Ora come ora, con la consapevolezza che non sei più con me, non mi importa neanche più di riuscire a respirare.
So che non vorresti che io stia così, ma non posso farci niente, Claudia.
Scusami.
 

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Capitolo 19
*** Terza lettera ***


Terza lettera
 
  
21 Agosto 2015
 
Ciao Claudia,
sono nella mia stanza, immobile.
Come al solito.
E come al solito, non capisco nulla di ciò che mi accade intorno. A stento riesco a riconoscere le voci delle persone che mi circondano.
Con i ragazzi non ci parlo più, nemmeno con Louis.
Sono tutti preoccupati. Lo sento.
Ma non mi importa.
Non mi importa perché ora il mondo senza di te è di nuovo nero. Il buio ha invaso i miei occhi e il mondo che mi circonda.
Il mondo senza di te non è più bello ed entusiasmante come prima.
Riusciresti a credere che sto piangendo, Claudia? Perché io sto piangendo.
Sto piangendo come un cretino.
Piango tutti i giorni, ormai.
Piango perché non ci sei.
E non ci sarai mai più.
Questa consapevolezza è schiacciante.
Avrei preferito che tu un giorno mi avessi detto che non volevi più stare con me. Almeno avrei avuto la certezza che eri viva.
Ed invece no.
È così assurdo quando una persona ti scivola via dalle mani così, senza che tu possa farci niente, ti pare?
Così frustrante.
Quando i ragazzi escono io non vado più con loro. Ultimamente trascorro molto tempo da solo.
Sono sempre solo.
Sempre.
Sai Claudia, ho di nuovo la depressione. Stavolta quella vera. È grave, devo prendere degli antidepressivi.
Penso che non mi abbandonerà mai più, a questo punto.
Ma non mi importa nemmeno di questo.
Mi sto distruggendo.
Ma non mi importa.
La depressione ha inghiottito tutto quanto.
La tua assenza ha inghiottito tutto quanto.
Ma non mi importa.
Ti direi che mi sento come se mi facesse male il cuore, ma ultimamente è come se neanche ce l’avessi, un cuore. Perciò non dico niente.
Vorrei morire, sai?
Sarebbe bello.
Così almeno ti rivedrei e tutta questa sofferenza avrebbe finalmente una fine.
Così almeno la smetterei di farmi schifo ogni giorno.
Mi odio, Claudia.
E sai perché?
Perché se fossi stato più attento tu saresti ancora qui.
Se fossi stato più attento, tu SARESTI ANCORA VIVA.
Porca puttana.
Ed invece sei morta. Sei morta solo per colpa mia, io stesso ho spezzato la tua vita in tre secondi.
È colpa mia.
È tutta colpa mia.
Vorrei punirmi ogni giorno per quello che ho fatto, perché avrei dovuto morire io al posto tuo.
In un certo senso è quello che faccio. Prendo a pugni il muro fino a farmi sanguinare le nocche, mi faccio bruciature con le sigarette e con l’accendino, ma non mi sembra mai abbastanza.
Louis vede le mie mani sempre arrossate e coperte di lividi, le braccia e le spalle piene di bruciature, e mi guarda preoccupato.
Io lo ignoro.
L’altro giorno ha voluto parlare con me, ma io non gli ho detto quasi nulla.
Il nostro rapporto è diventato praticamente inesistente.
Il rapporto che ho con l’esterno è diventato inesistente.
Forse sono impazzito.
Ma non mi importa nemmeno di questo.
So cosa mi diresti, se fossi qui: “Idiota, che stai facendo? Rialzati, reagisci, fallo quantomeno per gli altri! Consola Louis, aiuta Niall, stai con Zayn e Liam, tieni d’occhio le ragazze che stanno impazzendo anche loro. Non sei l’unico a provare dolore, perciò fai qualcosa cazzo!”
E vorrei, vorrei farlo davvero, ma non ci riesco.
Scusami, Claudia.
Scusami se non sono abbastanza forte.

 

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Capitolo 20
*** Quarta lettera ***


Quarta lettera
 


 
17 Settembre 2015
 
Claudia,
mi sento così solo. Specialmente la notte, quando sono nel mio letto completamente inerte.
Ho cominciato ad alzarmi, di recente. Quantomeno per mangiare.
Ma mangio sempre fuori pasto e mai in maniera decente.
La notte è il momento peggiore. È il momento in cui sento i pensieri accavallarsi gli uni sugli altri e non posso fare nulla per scacciarli. È il momento in cui l’odio verso me stesso si addensa come un’ombra nel mio petto e mi ricorda che è lì e non se ne va mai.
Di notte io urlo. Ma non mi sente nessuno.
A vedermi sono normale, sto fermo, freddo, immobile sotto le coperte, ma dentro, dentro urlo. Ed è un urlo muto, silenzioso. Urlo in silenzio perché non voglio essere sentito.
A volte non riesco nemmeno a piangere. Credo di aver prosciugato tutte le lacrime che avevo.
Scrivo per non sentirmi solo, scrivo perché in qualche misterioso modo, se scrivo ti sento più vicina.
Anche se so che non è così e che le mie sono solo stupide illusioni.
Scrivo perché è l’unica cosa che mi è rimasta, adesso.
Scrivo.
Ormai non faccio più nient’altro.
Continuo a chiedermi perché te ne sei andata, mentre i sensi di colpa mi divorano.
Forse è stata davvero colpa mia.
Lo psicologo continua a dirmi che non è così. Ma come posso non sentirmi in colpa, dopo che l’incidente è avvenuto praticamente a causa di una MIA distrazione?
«Harry, cerca di pensare anche a noi» mi ha detto oggi Louis, in lacrime «ti prego. Non stai facendo niente, non ci stai considerando, ci stai lasciando tutti soli! Ho come la sensazione che non solo Claudia sia morta, ma con lei anche il mio migliore amico. E io non posso accettarlo, okay? Non posso! Non voglio perdere anche te, Harry».
Louis piangeva.
In quindici anni che lo conosco non l’ho mai visto piangere.
Vederlo in quello stato è stato come se qualcuno mi avesse trafitto con mille coltelli, oltre a farmi sentire come la persona peggiore del pianeta.
Eppure dovevo riconoscere che, effettivamente, era proprio quello che stava accadendo.
Louis mi aveva perso.
Tutti mi hanno perso, adesso.
Perché da quando sei morta tu, Claudia, sono morto anche io.
È come pensavo. Anzi, è anche peggio.
Lo psicologo mi dice che un giorno si rimetterà tutto a posto, ma non ci credo.
Forse con i ragazzi si rimetterà tutto a posto. Ma io?
Io non andrò mai a posto. Non sarò mai più lo stesso.
Sono incompleto senza di te, Claudia. Come ho fatto a non accorgermene prima?
Sei tutto ciò che ho sempre desiderato.
Quando ti ho detto che eri quella che aspettavo, subito dopo che quelle parole sono uscite dalla mia bocca, ho pensato fossero idiozie che avevo detto così, sul momento.
Invece no.
Non era affatto così. Non lo è mai stato, sin dal giorno in cui ti ho conosciuta.
Solo ora mi accorgo di quanto realmente ci tenessi a te. Solo ora che ti ho persa mi rendo conto di amarti, di amarti per davvero.
Mi dispiace di avertelo detto soltanto una volta, quella volta. Sai io sono fatto un po’ così, non mi lascio mai andare, ma con te un po’ l’ho fatto.
In un certo senso, è come se tu fossi riuscita a sciogliere un po’ l’inverno che c’era dentro di me, quello stesso inverno che ora è tornato più determinato e gelido di prima.
E non si scioglierà una seconda volta, lo sento.
L’ho detto anche allo psicologo, oggi pomeriggio.
«Harry, so che sembra impossibile adesso, ma le cose andranno meglio. Davvero. E, che tu ci creda o no, riuscirai ad innamorarti di nuovo. Magari non sarà come lei, ma ... starai meglio. Ci riuscirai. Ci sono un sacco di persone che credono in te e ce la farai» mi ha incoraggiato l’uomo oggi.
Io ho riso, amareggiato, perché da come parlava mi sembrava quasi di essere un patetico adolescente che è appena stato lasciato. E la cosa mi dava ai nervi.
«Non credo, Alan» ormai lo chiamo per nome «la primavera non tornerà più» .
E ho abbassato lo sguardo, trattenendo a stento le lacrime.

 
 
Eccomi, sono spuntata di nuovo. Scusate se sono sparita, ma volevo lasciarvi un po’ da soli con Harry, in modo che, come dire, entraste ancora meglio nella sua psicologia.
Come sta andando, a proposito?
Spero vi siate immedesimati bene in lui, che vi rendiate conto di come si sente.
Vi anticipo che dalle prossime lettere le cose cambieranno un pochino per questo ragazzo, ma adesso è un momento di morte emozionale da cui sembra non esserci uscita.
Niente, volevo solo fare questa breve anticipazione.
Vi auguro di proseguire bene la lettura,
Stella cadente
 
 
 

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Capitolo 21
*** Quinta lettera ***


Quinta lettera
 

 
2 Gennaio 2016
 
 
Ciao Claudia,
sto meglio. Non è mai abbastanza, certo, ma sto meglio.
Per un po’ non ho frequentato i corsi all’università, adesso ho ripreso.
Per un po’ non ho parlato con i ragazzi, adesso sto provando ad aiutarli.
Louis è molto contento di vedere che non sono più in quella specie di pseudo-catatonia in cui ero affossato prima, e anche gli altri. Mi sforzo di pensare che lo sia anche tu, che riesca a vedermi, ovunque tu sia.
Eleanor ha tentato il suicidio, il mese scorso. A quanto pare, per lei è difficile quanto per me – se non addirittura di più. Perrie invece si sforza di sorridere, ma ha sempre delle occhiaie tremende. Si vede che più che altro lo fa per gli altri, per sdrammatizzare e non rendere l’atmosfera più pesante del dovuto. È tipico di lei, alla fine. Si sente come se dovesse essere una specie di pilastro, come se non potesse permettersi di crollare, mi ci gioco la camicia.
Come vedi, anche adesso che sono passati quasi sei mesi, non ce la caviamo benissimo.
Pochi giorni fa festeggiavamo il Capodanno insieme, ma c’è stato un momento in cui tutti ci siamo guardati e ci siamo capiti subito.
Mancava qualcosa.
Mancavi TU.
Ed è strano avere le foto senza di te, inquietante non chiamarti più per sentire se sei libera, assurdo sapere che non posso passare più del tempo con te.
Nei momenti in cui sono solo e ci rifletto, mi rendo conto che probabilmente questo sarà un vuoto che nient’altro colmerà più.
Sarà come una ferita sempre aperta, per me.
Non si cicatrizzerà mai.
Provo a tenere la mente occupata, ma mi rendo conto che è inutile. Posso distrarmi finché voglio, ma poi ci sarà sempre un momento in cui quel peso torna, schiacciante come la prima volta.
È così. È così tutti i giorni.
Niente potrà mai risollevarmi del tutto. Potrò stare ancora meglio, sì, ma non bene.
Ci sarà sempre quel qualcosa che manca, un pezzo mancante di me.
Non starò mai bene.
Stare bene ... non mi ricordo nemmeno cosa significhi. Ho solo lontani ricordi riguardo a questo concetto, che ovviamente riguardano tutti te.
Sai Claudia, se quell’incidente non fosse mai accaduto, ti avrei raccontato tutto.
Tutto quello che finora non ti ho detto.
Ti avrei raccontato del perché sono così diffidente verso le persone.
Ti avrei raccontato di quel ragazzino che alle medie è stato preso in giro, insultato, picchiato e deriso ogni singolo, fottutissimo giorno.
Ti avrei raccontato della paura, del panico che mi infiammava le vene prima di entrare a scuola.
Delle bugie che dicevo ai miei genitori e a Louis.
Delle lacrime.
Dell’odio verso me stesso.
Di come le cose sono cambiate non appena sono entrato al liceo, ma di come io non sono cambiato.
Di come non mi fidassi di nessuno. Di come mi sono stupito quando ho incontrato Niall, Zayn, Liam e Josh e mi hanno subito reso parte di un gruppo e di come fossi sempre inafferrabile per le ragazze. Di come mi volevano, di come prima o poi le rifiutavo tutte, perché nessuna mi stava bene.
Perché nessuna di loro mi avrebbe mai voluto capire. Perché nessuna di loro mi ha mai detto “Ti riesce così difficile accettare che una persona si interessi semplicemente a te?” oppure “Io ci sono, Harry.”
Nessuna di loro era come te.
Nessuna.
Ed io vivevo in questa perenne insoddisfazione, mi chiudevo in me stesso perché – anche se quasi tutte le ragazze dei corsi che frequentavo avrebbero fatto carte false per stare con me, con Harry Styles – non ero mai convinto fino in fondo del fatto che potessi piacere realmente a qualcuno.
Mi dispiace di essere stato scortese, con te, all’inizio. Mi dispiace se ti sono sembrato un solitario acido e scontroso. Ma adesso sai che cos’è che mi ha portato ad essere così, Claudia.
Ovvio, poi è anche un po’ il mio carattere. Non ci sono mai andato matto per la gente. Ma è essenzialmente per ciò che ti ho detto adesso che mi hai conosciuto così.
E te lo avrei raccontato, te lo giuro.
Ti avrei detto ogni cosa.
Solo che ormai è tardi.
Non ho davanti te, con la tua carnagione rosea, il tuo viso lentigginoso e quel sorriso scaltro che mi piace così tanto, non posso vedere che espressioni fai mentre ti dico tutto.
Ormai è tardi.
Vaffanculo, ho ricominciato a piangere.
Non posso piangere, accidenti.
La vista mi si sta appannando. Scusami, devo chiudere qui questa lettera. Devo distrarmi.
Non devo piangere.
Non posso piangere.

 
 

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Capitolo 22
*** Sesta lettera ***


Sesta lettera
 

 
10 Aprile 2016
 
Ehi Claus,
oggi è stata una giornata un po’ strana. Nel senso che non so cosa pensare adesso.
C’è una ragazza che frequenta il mio stesso corso al college, Emily. Oggi mi ha chiesto di prendere un caffè con lei … e io ho accettato.
Abbiamo parlato un po’. È molto dolce e gentile. Ha i capelli lunghi fino alle spalle, lisci e biondi – visibilmente tinti dal momento che alla base sono più scuri, ma carini – e un paio di occhi castani e vispi.
È una persona veramente gradevole, ma mi sembra che questa sua gentilezza in qualche modo stoni con tutto il resto. Non sono abituato ad essere trattato così, non sono abituato alla sua delicatezza e alla sua discrezione.
Mentre parlavo con lei oggi pomeriggio mi sembrava di risentire nella testa le parole del mio psicologo “Harry, so che sembra impossibile adesso, ma le cose andranno meglio. Davvero. E, che tu ci creda o no, riuscirai ad innamorarti di nuovo. Magari non sarà come lei, ma … starai meglio.”
In effetti no, lei non è come te. Anche se – devo ammetterlo – se l’avessi incontrata prima di conoscere te, probabilmente mi sarebbe piaciuta.
Ma non è te.
E questo sembra far perdere senso a tutto quanto. Non è te, con le tue parolacce, la tua schiettezza e quel “ti lincio” che dicevi sempre quando una cosa non ti andava bene. Non è te, con la tua sincerità sfacciata e quell’altruismo impossibile che probabilmente non troverò mai più in nessun altra persona.
Non è te, e basta.
Mi piace, ma non è te.
Mi piace, ma non abbastanza.
Penso che si sia anche accorta che in me c’è qualcosa che non va, dal momento che oggi, per una frazione di secondo, mi ha lanciato un’occhiata leggermente apprensiva. Sono sicuro che volesse sapere che cosa avessi, perché il mio tormento mi si legge ogni giorno in faccia, lo so. Questa tristezza schiacciante è facilmente visibile sul mio volto, nei miei occhi, nel mio atteggiamento.
Sono tornato al punto di partenza, come quando ci siamo conosciuti. Però un po’ peggio, perché l’unica cosa che mi aveva fatto tornare a vivere mi è stata portata via. E non so se lei riuscirà mai a fare quello che hai fatto tu.
Oggi ha visto che mentivo, probabilmente, mentre al suo “come stai?” ho risposto con un falsissimo “bene”. In un attimo, un attimo che è volato via, l’ho visto benissimo che aveva capito.
Ma non mi ha detto niente, perché mi conosce poco ed è molto timida.
Tu invece lo avresti fatto.
Anche se mi avessi conosciuto da poco.

 

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Capitolo 23
*** Settima lettera ***


Settima lettera


 
25 Settembre 2016
 
Cara Claudia,
è brutto detto così, e quasi mi vergogno di me stesso per scrivere una cosa simile. Ma è successo, e penso che, in fondo, tu saresti fiera del fatto che, come ha detto il mio psicologo, io sia riuscito ad andare avanti.
Mi sono fidanzato con Emily. Ci sto bene, è una ragazza dalla piacevole compagnia, dolce e molto sensibile. Ma credo che aspetterò un po’ prima di raccontarle di te.
Anche perché con lei ci sto bene, sì, ma non sarà mai come te. Non lo sarà, per il semplice fatto che tu eri quella giusta e basta.
Non c’è un singolo istante in cui non senta la tua mancanza, Claudia. Anche se Emily sembra alleviare un po’ il dolore che mi porto dietro, poi quando sono solo il tuo pensiero ritorna, anche se non con quella tenacia e con quel dolore di prima. Adesso sono ricordi, ricordi positivi, ricordi che mi rallegrano a pensarci, in qualche strano modo; ma è un’allegria nostalgica, un’allegria che è seguita subito dalla tristezza, un’allegria di chi ricorda qualcosa che ora non c’è più.
Effettivamente è proprio così.
Ti sto scrivendo a notte fonda, guardando distrattamente fuori dalla finestra, guardando le stelle che stanotte sembrano più luminose del solito e sperando che tu in qualche modo mi veda.
Non so se ci sia qualcosa nell’aldilà, ma sono convinto che tu possa vedermi o sentirmi – e perché no, anche farmi compagnia. Anche se non me ne accorgo mai. Magari sei qui con me in questo preciso momento.
Tra poco meno di un anno prenderò la laurea, ma mi sento ancora quel ragazzo che ha paura dell’amore di due anni fa, quando ti ho conosciuta.
Spesso mi chiedo come saresti adesso, se tu fossi ancora viva. Probabilmente una giovane donna spensierata e sbarazzina, acida e scontrosa ma innocente, così come ti ho conosciuta e come ti ho amata. E magari staremo anche facendo progetti per andare a vivere insieme e tutte quelle cose che fanno i fidanzati della nostra età.
Tranquilla, non mi fa male pensare a queste cose; ho imparato ad accettarlo. È solo che a volte mi piace immaginare, tutto qui.
Mi piace immaginare come sarebbe la realtà se fossi ancora con me.
Ma non mi fa male.
Mi fa solo bene mentre lo immagino, e poi mi riporta nella vita reale, dove tu non esisti e dove ho una ragazza che non porta il tuo nome, che amo ma di cui non mi fido mai completamente – come invece ho fatto con te. Una ragazza che, sì, mi ascolta sempre, ma non mi capisce come mi capivi tu.
Forse io e te eravamo più simili di quanto pensassi, e come al solito non me ne sono mai accorto.
Dovrei dire tutte queste cose ad Emily, ma magari non è il caso.
Non mi fido mai abbastanza.
Eppure da una parte sento che capirebbe.
E io vorrei, dovrei dirle tutto.
Sono stanco di nasconderle le cose – specie quelle importanti.
Devo chiamarla, e dirglielo.
Adesso.
Anche se è mezzanotte passata.
 

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Capitolo 24
*** Ottava lettera ***


Carissimi lettori, 
eccomi di nuovo qui. 
Vi scrivo per informarvi che questa sarà l'ultima lettera, prima dell'epilogo. Ormai siamo quasi alla fine, e ringrazio tutti voi per avermi  sostenuta in questa avventura. Volevo ringraziare in particolare StellaandEleonora, Diemmeci, Frenzthedreamer e vivodiniall, che hanno seguito Harry per tutto questo tempo.
Grazie ragazzi. E buona lettura :)






Ottava lettera
 
 
31 Dicembre 2016
 
Ciao Claudia,
ti sto scrivendo il giorno del tuo compleanno. È il 31 Dicembre da poche ore – sono circa le tre – e quindi ho voluto scriverti una lettera.
Emily è nel letto con me, e sta dormendo. Io sono qui che scrivo e guardo la luna che getta i suoi riflessi argentati su di me e sul suo volto dolce.
Questa è probabilmente l’ultima lettera che ti scriverò, perché ho deciso che non ha senso farmi ancora del male in questo modo. Scriverti non ti riporterà indietro, e devo farmene una ragione. E poi adesso la mia vita va meglio. E so che è questo che vorresti. Vorresti che io vivessi, che non stessi per sempre aggrappato a qualcosa che non esiste.
Ci ho pensato a lungo, e ora ho capito che è la cosa migliore da fare.
Eppure se ci penso bene continua a sembrarmi assurdo. La morte è così veloce, così impossibile. Non puoi fermarla, lei prende chi le pare e te lo porta via, senza che tu possa dire o fare niente.
Finora non sono mai riuscito ad accettare il fatto che tu non ci fossi più, ma adesso sto cominciando a rinascere, anche se è difficile. E gran parte del merito è anche di Emily o di Louis. Ma credo che tu questo lo sappia. E a volte vorrei così tanto vedere che mi sorridi e che sei felice che io mi stia finalmente rialzando.
Il pensiero di te non mi fa più male come prima. Non è un pensiero che mi uccide lentamente, che mi fa piangere, che mi fa urlare e mi fa sentire come se qualcuno mi stesse facendo il cuore a brandelli. Sento un po’ l’eco di quella vecchia ferita, ma non brucia più.
Si è cicatrizzata del tutto. Adesso so che, in un modo o nell’altro, sei ancora con me, e questo pensiero è confortante. So che non mi abbandonerai mai, come del resto io farò con te.
So che vuoi bene anche ad Emily, che sei felice che mi faccia stare bene. In effetti, quando le ho parlato di te, mi ha abbracciato in un modo che mi ha scaldato il cuore. Amo quella ragazza, davvero. Amo come riesce a comprendermi, nonostante tutto. Riesce a farmi sentire un po’ più leggero, e apprezzo moltissimo questo lato di lei.
Anche i ragazzi si sono un po’ più ripresi. Penso che comunque quelli che hanno sofferto di più siamo stati io ed Eleanor. Ho legato con lei come non mi aspettavo di legare mai, perché – come ti dicevo spesso – mi sembrava una ragazzina stupida e superficiale. Invece durante il nostro lutto si è dimostrata stranamente profonda e comprensiva. Quando ha tentato il suicidio ho creduto che lo avesse fatto per attirare l’attenzione, invece poi mi sono sentito una merda, perché ho capito che non avevo la minima idea di quanto dolore si portasse dentro. In quei mesi credevo che nessuno avrebbe potuto capirmi, invece ero circondato da persone che provavano le stesse cose che provavo io e non me ne accorgevo neanche.
Adesso voglio rialzarmi, Claudia. Non scriverò che voglio superarla, perché è brutto scriverlo così, ma voglio fare in modo di avere solo ricordi positivi riguardo a te.
Voglio viverla meglio. Altrimenti morirò e – come ha detto il mio psicologo – è essenziale che non succeda.
Perciò un giorno guarderò queste lettere con amore, con tenerezza e con un sorriso magari, vedendo quel ragazzo che soffre e che sta male, quel ragazzo che in vent’anni aveva provato troppo dolore e troppe cose brutte e che aveva perso l’unica cosa che lo risollevava un po’.
E a volte, lo ammetto, mi sento ancora così, anche se ormai ne ho quasi ventitré, di anni.
Ecco, volevo scriverti queste cose nella mia ultima lettera.
Volevo scriverti che anche se non scriverò più nulla conserverò tutto, esattamente come la nostra storia, che adesso non è altro che fumo, ma di cui restano tutti i ricordi nella mia testa.
Voglio fare così.
Vivrò per te.
Sarò la tua vita, la tua voce, la tua ragione per vivere ancora dentro di me.
E conserverò tutti i momenti passati insieme, tutti quei momenti preziosi, i momenti della nostra vita prima che tu mi lasciassi.
Ciao, Claudia. E a proposito: buon compleanno.
Tuo,
 
Harry
 
 
 

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Capitolo 25
*** Epilogo ***


Epilogo

19 Settembre 2022
 
 
 
Quel giorno di Settembre c’era un lieve vento che scompigliava i ricci castani di Harry, seduto in terrazza di fronte al computer. La giornata era stranamente luminosa e lui ticchettava velocemente sulla tastiera del suo pc nero, rileggendo ogni volta che scriveva una riga in più.
“La montagna di fuoco”, il suo secondo romanzo fantasy – dopo il successo di “La profezia” – stava lentamente prendendo forma, ma a quanto pareva quel giorno scrivere il quattordicesimo capitolo del libro risultava piuttosto ostico.
Si grattò distrattamente il mento e bevve un sorso del suo caffè nero, cercando di capire che cosa c’era che non andava in quel maledetto capitolo.
«Papà!» lo chiamò una vocina limpida e squillante.
Dopo poco una bambina con il viso dolce e gli occhioni verdi lo tirò lievemente per la manica della camicia.
«Dimmi tesoro.» rispose lui, sorridendole con amore.
«Cosa fai?»
Gli occhi della bambina erano intrisi di curiosità.
«Scrivo il mio libro.»
«E di cosa parla questo libro?»
Harry sorrise: sua figlia aveva ereditato questo tratto da lui. Adorava le storie, di qualsiasi tipo, e lui amava raccontargliele la sera. Le aveva già letto tutto il suo libro e lei lo aveva apprezzato tantissimo. Era la sua più grande fan, se si parlava di scrittura.
«È il continuo del primo. Quello che ti ho raccontato, ricordi?»
Lei annuì, contenta.
«Che bello! Poi me lo leggi? Eh, papà? Me lo leggi?»
Harry le scompigliò amorevolmente i boccoli castani.
«Certo che te lo leggo, piccola.»
Sua figlia avrebbe compiuto cinque anni il trentuno di Settembre, ma già sapeva parlare benissimo e dimostrava un certo interesse per la professione del padre.
Ed Harry la amava, con tutto se stesso.
Assaporò il vento di quel giorno, freddo ma non tagliente, che portava con sé l’odore dell’autunno mischiato al profumo di frutta dei capelli della bambina che gli stava in braccio e a quello del caffè vicino al computer.
Harry amava quello che faceva. Amava scrivere, amava aver realizzato finalmente il suo sogno ed essere diventato quello che da sempre voleva diventare: uno scrittore.  Voleva trasmettere emozioni agli altri tramite le sue parole, e adesso non gli sembrava vero che quella passione fosse diventata il suo lavoro. Il fatto che piacesse anche a sua figlia, poi, era il massimo.
Lui era felice, adesso. Felice come non mai.
«Ciao, Emily! Come va?» sentì dire una voce familiare dal piano di sotto.
Louis.
Dopo la sua, si sentì quella di una bambina dire un vivace “Ciao”, facendo un gran baccano.
«Papà, posso andare a giocare con Lux?» chiese sua figlia, guardandolo speranzosa.
Lux era la bambina di Louis e di Eleanor che aveva un anno in più di lei – ed era la loro vicina di casa.
«Va bene.»
La piccola corse via.
«Claudia» la chiamò lui.
Lei si voltò.
«Stai attenta, okay? E non rompete niente, altrimenti la mamma si arrabbia.»
La bambina disse un dolcissimo «sì, papà» sorridendo e corse in casa rumorosamente.
Harry scosse la testa, guardandola con affetto, poi tornò al suo romanzo.
 
Il ragazzo si guardò intorno abbattuto. Non sarebbe mai riuscito nella sua missione, e in quell’istante il peso di quel pensiero si abbatté su di lui inesorabilmente. La sua nuova compagna di viaggio, al suo fianco, aveva tutta l’aria di essere spensierata, come se non stessero intraprendendo un’avventura che poteva mettere a rischio la loro stessa vita.
Ed sospirò.
«Forse non saresti dovuta venire con me. Ti sto mettendo in pericolo continuamente» disse, in un misto di tristezza e rimprovero.
 
Come poteva continuare?
Ci pensò su un attimo, guardando quel cielo lievemente nuvoloso.
Poi scrisse.
 
Claire lo guardò con quegli occhi verdi, come se avesse detto la più grande scemenza del mondo.
Poi disse semplicemente:
«Io ci sono, Ed.»
 
 
Harry inspirò l’odore d’autunno, e come un flash gli rivennero in mente tutte le immagini, le sensazioni, perfino gli odori di quel periodo, del periodo in cui aveva conosciuto la ragazza che gli aveva cambiato la vita. Quella stessa ragazza che, alla fine, non se ne sarebbe mai andata.
Il giovane uomo si asciugò frettolosamente una lacrima che era sfuggita al suo controllo e guardò in alto.
Non ti dimenticherò mai, Claudia.
Mai.
 

 

 Questa storia è venuta fuori da un’idea che mi è venuta ascoltando Moments. Aveva attraversato il mio cervello così, fulminea, in un lampo, senza che nemmeno me ne accorgessi. Un’idea così, un po’ superficiale, dalla quale era uscita a stento una bozza. Inizialmente non mi convinceva granché, non ero sicura nemmeno di volerci davvero fare una FanFiction.
Non sapevo neanche lontanamente che mi avrebbe portata fino a qui.
Non sapevo che un’idea, apparentemente insignificante e banale, avrebbe costituito un viaggio fantastico. Perché è questo che è stata questa FF, per me: un viaggio. Un viaggio in cui, piano piano, i miei personaggi mi hanno presa per mano e mi hanno condotta dove volevano loro.
Non so spiegare a parole cosa provo, adesso che l’ho conclusa. È difficile riuscire a tradurre cosa c’è dentro di me in questo momento, ma una cosa la so dire: è stranamente, insolitamente doloroso separarsi da Harry. La cosa buffa è che credevo che non mi sarebbe più successo per dei personaggi, invece mi sbagliavo. Mi sbagliavo, perché io, specie negli ultimi capitoli, ero Harry. Ero lì mentre soffriva, mentre piangeva, mentre sentiva la mancanza di Claudia. E soffrivo con lui, e avevo un’immensa voglia di abbracciarlo. Lentamente, con il passare dei capitoli, mi sono innamorata di lui, di questo ragazzo chiuso e un po’ scontroso, ma dolcissimo.
Spero che anche voi vi siate affezionati  a lui, perché è una cosa meravigliosa.
E, come sempre, vi ringrazio, miei amati lettori. Non sapete quanto mi rendete felice ogni giorno, e io non posso fare a meno di ricordarvelo. Spero che questa storia vi abbia emozionati, catturati e anche un po’ commossi, un po’ come è successo a me mentre la scrivevo.
Grazie mille.
Stella cadente




 

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