Per l'ultima volta

di garrett
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Hogwarts, Hogwarts, Cara Vecchia Hogwarts ***
Capitolo 2: *** La Reporter, La Cacciatrice e il Mezzogigante tentatore ***
Capitolo 3: *** Nella Foresta ***



Capitolo 1
*** Hogwarts, Hogwarts, Cara Vecchia Hogwarts ***


Il vapore avvolgeva la rossa locomotiva,

sfrecciante tra i campi sempre più selvaggi,

ricolma di fanciulli e fanciulle – maghi e streghe – che,

chi sopito chi elettrizzato,

sedevano sui morbidi sedili del treno rosso e fiero.

Harry, Ron e Hermione,

nel loro scompartimento,

si lasciavano alle spalle la grigia,

ma pur sempre attraente,

capitale dell'Inghilterra,

diretti,

per l'ultima volta nel luogo che li aveva cullati,

nutriti e,

soprattutto,

fatti crescere: Hogwarts.

Di vecchi compagni neanche l'ombra,

già diplomati nonostante la Guerra,

mentre i Tre scappavano,

lottando,

dal dominio di Voldemort,

che aveva conquistato il potere e,

inevitabilmente,

perso la vita,

portando avanti le idee di purezza e superiorità che lo avevano contraddistinto per tutta la sua dannata esistenza.

I seguaci in fuga o in catene avrebbero pagato per la loro codardia o la loro arroganza dimostrata nel seguire l'Oscuro Signore sconfitto.

Poca cosa era per chi,

sopravvissuto,

aveva perso i cari durante il conflitto.

Il vuoto incolmabile pesava e avrebbe pesato per il resto della loro esistenza.

E i più,

disperandosi,

avrebbero voluto unirsi alle vittime cadute,

seguendoli nell'Ignoto,

piuttosto che vivere assieme al dolore che portavano sèco ogni giorno,

dall'alba al tramonto,

nei loro cuori.

Ma la vittoria,

per quanto sofferta,

è pur sempre vittoria,

se pensate un attimo al Male che ancora colpirebbe (ammantando e corrompendo i luoghi innocenti con i suoi miasmi e stringendosi intorno a chi, solerte, si oppone ad esso) se militi coraggiosi e mai dimenticati non si fossero immolati credendo in qualcosa di giusto.

 

Così Harry, Ron e Hermione,

fermi eppur in movimento,

tornavano là,

dove tutto era iniziato.

L'estate piena di impegni aveva maturato in loro il desiderio di terminare gli studi,

rifiutando le varie possibilità offerte loro,

ritenute dai Tre immeritate.

Nello scompartimento,

Leotordo tubava e Grattastinchi,

con gli occhi gialli,

acciambellato sul sedile,

godeva delle amorevoli carezze della padrona.

Hermione,

seduta accanto al finestrino,

leggeva il Cavillo (cosa un po' strana per lei, non trovate?) e sollevava,

di tanto in tanto,

il capo,

cercando di acciuffare con gli occhi il paesaggio che scappava veloce fuori dal treno.

Harry e Ron parlavano di Quidditch e di scuola,

o meglio di cosa fare dopo la scuola,

e,

all'arrivo della vetusta vecchietta,

che con la forza delle sue nodose braccia adempiva al compito di spingere il carrello (traboccante di Calderotti, Gelatine, Cioccorane, Zuccotti e chi più ne ha più ne metta),

tutto sembrava identico agli anni passati.

Montagne di dolci trovarono posto sui sedili,

sgomberati dai libri (quasi tutti di Hermione) e qualche manciata di zellini,

offerta gentilmente da Harry,

andò a ingrossare il contenuto della cassetta della vecchietta,

fattasi sorridente.

(Una visita dal dentista non le farebbe male, fu il commento di Hermione quando la donna li lasciò).

Ma questa illusione che andavano raccontandosi a loro stessi era invero debole e un po' infantile:

la Morte,

l'Amore

e la crescita avevano cambiato i tre ragazzi molto più profondamente di altri.

Riguardo all'Amore poi,

Harry e Ginny si stavano allontanando,

ma forse,

Ron e Hermione non si erano neppure incontrati.

Il rapporto costruito su strutture danneggiate e,

come chi vede un danno da riparare ma lascia correre il tempo sperando scioccamente che quest'ultimo aggiusti tutto,

ignorate avevano fatto crollare il castello di carte costruito in anni di liti e riappacificazioni.

Dal canto suo,

Harry amava sempre meno Ginny,

se di amore si trattava,

intrappolato in un passato doloroso e impietoso nei confronti di un bambino, ragazzo e ora (forse) uomo;

e già si convinceva della sua impossibilità di trovare la pace tra le braccia di una donna.

Ron,

accettato il fallimento con Hermione,

non era certo di quell'idea: ogni volta che un'ombra passava davanti al vetro dello scompartimento,

il suo sguardo si sollevava,

e con attenzione guardava ogni fanciulla che intravedeva,

abbandonando la conversazione con l'amico.

Harry se ne accorgeva e,

di sbieco,

lanciava l'occhio su Hermione,

trovandola sofferente per il comportamento di colui che forse amava ancora un po'.

La ragazza,

però,

per scorno dei due ragazzi,

convinti dei troppi impegni che si accollava la ragazza,

era tornata a fare il prefetto e questo di certo deve essere annoverato tra le cose rimaste identiche agli anni passati.

 

Il treno rallentò e,

fermandosi alla stazione di Hogsmeade,

fu accolto dalla fitta pioggia,

ormai una consuetudine per i vecchi studenti.

Nel buio della notte,

una voce tonante raccoglieva gli smunti novizi per condurli,

con il battesimo dell'acqua,

al castello: il viaggio sul Lago Nero li attendeva,

e anche il vento tagliente!

La fiumana di ragazzi si aprì,

una luce rischiarò il cammino e Hagrid (lanterna in mano),

seguito da bambini intirizziti e spaventati,

si allontanò.

Il mastino,

Thor,

chiudeva il buffo corteo,

e chi dei bambini era rimasto in fondo,

gettava occhiate preoccupate al cane dietro di loro,

ignari della natura pigra e affettuosa, e per niente aggressiva,

dell'animale.

 

Dall'interno delle carrozze,

trainate da creature legate ad essa ma anche alla Morte,

perché solo con essa si mostrano a chi la Morte ha visto,

gli anziani studenti,

nonostante consci dello spettacolo che si sarebbe parato loro davanti,

non poterono non esimersi dall'orgoglio nascente,

nato alla vista del castello,

ora sempre più vicino,

dalle cui finestre,

migliaia e migliaia di luci illuminavano l'altura dove,

aggrappato con le sue fondamenta,

il grandioso edificio se ne stava,

pronto ad accogliere,

sfamare ed educare tutti i giovani che ora si apprestavano a raggiungerlo.

Anche sul vetro della carrozza,

lo sfavillio di luci e le ombre di torri e torrette che giocavano con i riflessi,

aumentava lo stupore,

mentre i mezzi procedevano sulla strada fangosa e bagnata,

tra gli alberi imponenti che orlavano il viale.

La vista di tutto ciò,

scaldò gli animi di Harry, Ron e Hermione,

dimentichi per un istante dei sentimenti maturi e contrastanti che lottavano dentro di loro.

 

Presero posto al tavolo dei Grifondoro,

una volta arrivati,

e il calore della Sala li rincuorò dal tempo piovigginoso che impazzava all'esterno.

I loro sguardi spaziarono sui lunghi tavoli,

sempre più affollati,

in cerca di qualche volto conosciuto,

invano,

e si resero conto della triste cappa che era scesa su di loro,

memori di avventure che avevano cementato la loro amicizia e che mai più sarebbero state.

E al sol pensiero,

un po' di ottimismo penetrò tra le nuvole nere

(uguali a quelle che coprivano il soffitto incantato sopra di loro)

che ottenebravano i loro cuori,

gli occhi scivolarono sul tavolo posto all'estremità della Sala Grande e videro i loro vecchi professori.

Al centro,

sul trono appartenuto a Silente,

sedeva la McGranitt,

saggia e amorevole e severa,

attorniata dalla Sprite e dalla Chips.

Poi venivan Vitious,

Lumacorno,

la Cooman,

Madama Bumb

e tutti gli altri,

chi più importante chi meno,

riuniti al desco di Benvenuto.

Solo quando,

sgocciolando acqua dal suo pastrano,

reduce dal viaggio sul Lago Nero,

Hagrid prese posto al tavolo,

i tre ragazzi si sentirono a casa.

E ci fu un tacito benvenuto quando tutti i professori,

intenti a scrutare per intero la Sala,

in attesa di dar inizio al lauto pasto,

si soffermarono un po' più del dovuto su di loro e le loro labbra si aprirono in un sincero sorriso,

subito ricambiato con affetto.

 

Il letto caldo e comodo e le pance sazie furono,

di certo,

i motivi che indussero Harry e Ron a dormire come ghiri,

non appena le loro membra toccarono i lenzuoli che avvolgevano i loro materassi;

le guance affondate nei morbidi cuscini freschi e al tempo stesso caldi.

I loro nuovi compagni avevano imitato ben presto i due ragazzi,

un po' scontenti della freddezza con cui i due si erano presentati a loro.

Di Harry Potter e Ron Weasley avevano visto e sentito,

soprattutto da Colin,

morto da eroe nella Grande Battaglia di Hogwarts,

le avventure,

gli scontri

e l'azione contro il Male e la Bigotteria del Ministero della Magia.

Tempo però ci sarebbe stato per ricoprire i loro quaderni delle firme dei loro beniamini e per allietare le loro orecchie con le storie e le avventure del Trio Dorato,

in fuga durante il dominio di Voldemort,

l'Oscuro Signore.

E ben presto il russare fu l'unico rumore che riempiva la stanza.

 

Ma avvolta tra le coperte,

sul divano della Sala Comune,

Hermione stava,

con le mani tese verso le fiamme del camino.

Il tenue calore le saliva lungo le braccia,

fino alle spalle.

Se ne stava lì,

pensando.

Ma neppure chi,

della Legilmanzia era esperto,

avrebbe potuto dire quale pena pesava dentro di lei.

Così gli elfi domestici la trovarono durante la notte,

quando il compito di pulire il castello gravava sulle loro piccole e scarne spalle

(anche se nessuno di voi li sentirà lamentare per il lavoro assegnatoli, ritenendolo anzi un dovere e un vanto),

e così la lasciarono,

quando tolsero l'ultimo e più piccolo granulo di polvere uscendo dal buco del ritratto,

silenziosi e svelti come solo loro erano capaci di fare.

La testa ricciuta della ragazza era scivolata di lato,

posandosi dolcemente sul bracciolo del divano,

e il volto,

rischiarato dalle braci morenti,

tranquillo e rilassato appariva,

mentre delicatamente le narici si allargavano e si stringevano nel quieto respiro del sonno.

E se qualcuno avesse deciso di interrompere il proprio dormire e di scendere giù in quel momento,

nella penombra,

un essere etereo,

avrebbe scorto,

perché Hermione Granger,

non sapendolo (e forse non ammettendolo a se stessa),

bella era davvero.

E presto,

qualcuno,

del mutamento che tutti subiscono prima o poi nell'età dell'adolescenza,

si sarebbe accorto.

 

 

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Capitolo 2
*** La Reporter, La Cacciatrice e il Mezzogigante tentatore ***


Allorquando la Grande Sala gremita di studenti e insegnanti fu,
una pioggia di gufi,
ascendendo dalle aperture del soffitto,
(pieno di soffici nuvole bianche)
pacchetti, messaggi e giornali lasciò cadere,
lungo le quattro tavolate.
I più maldestri centravano,
con l'oggetto tenuto un istante prima ben stretto tra gli artigli,
le tazze ricolme di caffè o di thè,
e il liquido si spargea tutto all'intorno.
Molti giovani però,
ben esperti dopo anni di pratica,
acciuffavano al volo,
senza indugi,
la posta tanto attesa.


Il Cavillo,
fresco di stampa,
atterrò tra le mani di Hermione,
e sulla copertina,
ricolma di colori,
ammiccava una figura,
ai tre nota.
Luna Lovegood,
in braccio un curioso oggetto sgargiante,
indicava, con dita affusolate,
i numeri 62-63,
presenti in copertina,
alle cui pagine corrispondenti,
l'articolo scritto di suo pugno,
elencava le stramberie nuove,
da lei scoperte.
Subito Hermione si fiondò sul pezzo,
abbandonando colazione e amici,
l'attenzione assorbita dalle imprese di Luna,
che dalla fine della Battaglia,
una sincera amica era diventata per lei;
mettendo da parte la logica acuta che di solito riservava a tutte le cose che di logica non avevano neanche l'ombra,
ma ricordandosi di,
data l'insistenza del petulante gufetto,
pagare con due piccole monetine il costo della rivista,
già febbrilmente sfogliata.


Due settimane,
dal Banchetto,
eran passate.
E proprio quel lunedì mattina,
Harry, teso,
con dita tremanti,
si ritrovò tra le mani una busta,
la calligrafia ben familiare.
Due fitte al cuore,
crudelmente,
colpirono il ragazzo:
pensando a Ginny e alla sua lettera appena ricevuta,
una nostalgia lo prese d'assalto,
ma ben peggio fu,
quando il gufo,
latore del messaggio,
appartenente alla Scuola,
decollò dal tavolo.
Era bianco,
proprio come lo era stata,
(non la vedeva da più di un'anno, ma sembrava un'eternità!)
la sua civetta,
Edvige.
Allontanò quei grigi pensieri,
nel mentre,
un raggio di sole si faceva largo tra le nuvole,
rallegrando l'immensa sala,
compreso l'umore abbattuto di Harry.
La foto di Ginny,
a tradimento,
fatta uscire in malo modo dalla busta lacerata,
dall'amico Ron,
ben presto sventolava nell'aria,
la voce del fiero fratello ai vicini di tavolo,
elogi e congratulazioni dai rossi Grifondoro riceveva.

Lesta,
la mano arrotolò e colpì,

il Cavillo sulla nuca rossa del ragazzo andò a segno.

Risa generali, lo sguardo fulminante di Hermione
(vagamente somigliante all'effetto mortifero del Basilisco),

indussero Ron a render il maltolto.

Ginny con aria sognante,
volava spericolata sul manico di scopa,
salutando colui che amava,

non più come compagno di vita,

ma come amico sincero;

in lontananza seguita dalle compagne,

le Holyhead Harpies,

di cui la ragazza,

con pieni meriti,

ne faceva parte.
Lo sguardo,

Hermione addolcì,

quando posato su Harry lo ebbe,

subito ritratto, 

però,
dall'incontro tra lo smeraldo e il nocciola.
Harry,

perso nei meandri dei suoi pensieri,

ignaro,

alzò gli occhi,

incontrando per un attimo quelli di lei,

soppesando ricordi passati,

non accortosi della battaglia emotiva,
in atto dentro la ragazza.
Un sentimento materno,

non proprio necessario in quel momento,

punzecchiava Hermione da tempo,

nato dalla morte dell'amore tra Harry e Ginny.

Di quello si incolpava,

lei stessa,

se con Ron,

l'amore era affondato.

Intanto,

però,
quel buffone,
pavoneggiandosi,

era già circondato da oche senza cervello,

al che,

Hermione,

imbestialita,

prese libri e quant'altro,

e partì,

spedita,

a Pozioni.

Anche Harry,

ancora immerso nei pensieri,
travolto il piccolo professor Vitious,

senza volerlo,

seguì l'amica a lezione.


Due giri a sinistra,
due giri a destra,
ripeteva Harry,
di cui l'aiuto del Principe abbisognava,
acre l'odore si levava dai calderoni,
e Lumacorno,

gaio,
dal volto sudato,

come un grosso ragno,

zampettava dintorno,
dispensando consigli,

notando errori,
e correndo allarmato,
quando il povero Michael,
fu in procinto,
di far,

la scuola saltare.
Tempo esaurito,

lezione terminata,
i due séco portaron libri e quaderni all'esterno,
per tosto godere,
del caldo meriggio,
i raggi splendenti,
di un Sole oramai,
il grigio autunno imminente,

ad assecondare è propenso.
Poi via di corsa,
un'ora veloce,

tra Mandragole e Tentacoli,

afa soffocante,

nella serra,

di vegetazione ricolma.

 

Successe proprio a pranzo,
quando lo stomaco empito è,
quando intorpiditi da una piacevole sensazione,

la sazietà,
si è restii a iniziare i compiti pomeridiani,
che Hagrid,
l'incedere pesante,
comparve ai tre.
Un foglio piegato,

a Harry,

lasciò in mano,

con aria furtiva e una strizzata d'occhio,

poi,

una pacca al ragazzo e un cenno con il capo,
si dipartì,
tornandosene sui propri passi.
All'oscuro dei due, 

lei china su un libro,
Ron che facea brillare la Spilla del Capitano sotto gli occhi di tutti;
Harry,
il foglio sotto il tavolo,
un'occhiata timorosa si azzardò a dare,
conscio di un brutto presentimento.
“Problemi nella Foresta”
questo lesse,
nella sgrammaticata scrittura del gigante barbuto,
e sospirò,
l'attenzione di Hermione ora su di lui.
In silenzio,
alzatosi in piedi,
lasciò la tavolata,
il cipiglio severo della ragazza lo seguì fino alla porta.
Del foglio,
in tasca frettolosamente infilato,
lei si era accorta.

 

< Hagrid! >
< Non ora! Stanotte! Porta il Mantello! >.
La porta della capanna,

cigolando,
si richiuse,
e Harry,
abbattuto,
al Castello tornò.
Il pomeriggio lasciò il posto alla sera,
il vento alzatosi dal nord,
sui verdi campi,
si sparse.
Quando la mezzanotte rintoccò,
dal tepore del focolare,
il ragazzo si apprestò ad accomiatarsi.
Il Mantello in mano,
la bacchetta nei jeans (dimentico dei consigli di Malocchio, sul come evitare di farsi saltare le chiappe!),
superò poltrone e divano,
un gioco di ombre in tutta la stanza.

Hermione,
veloce,
da una poltrona alzatasi,
sbucò dal nulla,
piantandosi di fronte al ragazzo,
braccia incrociate,
sguardo infocato.

Solo uno sguardo,

nessuna parola,
la mano,
morbida e sottile,
corse rapida dalla vestaglia al punto in cui,
diciassette anni fa,
Voldemort,
ebbro di potere,
colpì.
Toccò dolcemente,
Hermione,
la saetta,
incisa sulla fronte del ragazzo,
e i ricordi,
soffocarono entrambi.
Con il capo,
lei assentì,
sbuffando aria sul ciuffo ribelle,
che le sfuggiva ogniqualvolta si faceva la coda.
Prendendosi per mano,
calatosi il Mantello,
presenze invisibili,
varcarono il ritratto,
la notte oscura e tentatrice li avvolse,
e i due,
con passi felpati,
verso l'avventura si diressero.

 

 

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Capitolo 3
*** Nella Foresta ***


Giù di volata,
dal settimo piano,
le rampe di scale,
traditrici di notte nel cambiar percorso,
Harry e Hermione percorsero,
e,
a dispetto delle regole infrante,
colti furono dall'euforia.
Prefetti di guardia,
Mrs Purr all'erta,
Gazza raffreddato,
ignari dei due e,
soprattutto,
del magico Mantello,
rimanendo ai posti o continuando la ronda,
tosto furono elusi.
Il portone della scuola,
silenzioso sui cardini,
da mani invisibili fu aperto.
Harry,
sulla soglia,
una brezza fresca,
d'aroma di pini,
inspirò,
conscio,
in quel momento,
della libertà.
Nessun Mangiamorte,
nessun tormento del passato,
niente più enigmi,
solo il richiamo dell'avventura,
pura e semplice,
e una persona al suo fianco con cui condividerla.
Chiuso l'accesso,
il Mantello si tolsero,
e una civetta,
diretta alla Guferia ove riposo trovare,
sbalordita rimase,
quando scorse due ombre correre per i prati,
della notte ricolmi.
Dall'impenetrabile oscurità,
una luce,
rossa e calda,
apparve a i due,
la capanna oramai vicina.
Hermione rise,
delle passate scappatelle notturne memore,
il malcontento di prima,
scomparso da tempo.
Rifulgevano le stelle,
e la ragazza,
tirando la mano di Harry,
impaziente di entrare,
al fuoco,
a prendere un thè,
ad ascoltare storie di mostri e creature fantastiche,
era divenuta all'improvviso.
Il riso frenò,
però,
quando Hagrid,
aperta la porta di legno,
uscì pesantemente,
in mano la famosa balestra,
al fianco Thor uggiolante.

Harry,
dell'ignoto mistero a grandi linee informato,
non si sorprese.
Hermione,
dal canto suo,
il biglietto non letto,
il sopracciglio alzò,
spedendo,
in direzione di Harry,
un'espressione furente, confusa, e preoccupata
e il ragazzo sconsolato,
guardandosi i piedi,
le spalle alzò.
< Ron non ci è venuto? >,
chiese roco,
Hagrid,
lo scambio di tacite battute dei due interrotto.
Solo ora,
Harry e Hermione si accorsero,
che Trio era l'appellativo con cui eran conosciuti,
ma della dimenticanza,
al Mezzogigante,
non fecero parola.

In casa,
lesto Hagrid,
ragguagliò i ragazzi.
Tumulti tra Centauri,
fuga di Unicorni,
Grop preoccupato,
perché grossi Lupi,
nella Foresta,
si erano fatti strada.
Ridere,
ora,
fu il turno di Harry,
una falsa preoccupazione dissolta nell'aria,
ilare della situazione,
sotto gli occhi sbalorditi di Hermione e di Hagrid.
< Solo dei Lupi nella foresta? E non di certo Lupi Mannari! > disse contento,
la bacchetta sguainata, < Allora noi due basteremo, Hagrid. Facciamoli pentire di esser venuti qua! >.
La risata tonante dell'omone,
a quella del giovane si unì,
ma una voce,
seccata,
li fermò dal procedere.
< E di certo, io che son Donna, a ramazzar per terra, a prepar la cena, qui son confinata! Non credo proprio! Son arrivata a questo punto, e vi seguirò nella Foresta! >.

Nel giaccone di pelle,
prestato da Hagrid,
Hermione si avvolse,
perché della sola vestaglia era coperta.
E comica la ragazza era,
che sghignazzando,
Harry,
un colpo alla nuca si beccò.
Rosso in volto,
in silenzio,
per un po',
rimase.
Il sentiero,
che già si perdea tra gli alberi dopo pochi metri,
fu imboccato,
e Hermione con Hagrid,
il ragazzo con Thor,
si inoltrarono,
tra marroni foglie cadute e sussurranti rami dei sempreverdi,
nella Foresta.
La lanterna e le bacchette,
di luce splendevano,
allontanando il buio,
per meglio proceder.
A destra,
l'omone barbuto e la ragazza dai ricci capelli,
a sinistra,
tra rovi e grosse radici,
il grande mastino e il mingherlino ragazzo,
e ben presto,
si allontanarono gli uni dagli altri,
nel cuore del bosco,
muovendosi cauti,
eran diretti.

Annusando,
Thor,
naso a terra,
condusse Harry,
in leggero pendio,
sempre più avanti,
sbucando,
al fine,
sull'orlo di un burrone.
Giù,
in basso,
il terreno,
di alberi privo,
la Luna,
che da una nube era appena fuggita,
illuminava,
con luce pallida,
del calore del Sole priva.
Tra le foglie,
il vento cessò,
il silenzio premé,
ogni passo,
su foglia e su arbusti,
un'incessante chiasso.
Arrivati in fondo,
i due,
bacchetta sguainata,
fauci affilate,
la lenta salita iniziarono,
ma d'un tratto,
innanzi a loro,
il terreno tremò,
rimbombo di zoccoli,
e un'enorme cavallo al galoppo dai cespugli sbucò.
Il manto bianco,
il corno argentato,
la schiuma alla bocca,
gli occhi impauriti.
l'Unicorno impazzito con un balzo sfracellò rovinosamente a terra,
rotolando e scalciando,
la grigia criniera macchiata di sangue.
Lassù in alto,
figure oscure e pericolose si avvicinavano,
ma meraviglia!
alla luce lunare,
si delinearono alla vista,
e Harry,
la speranza nel cuore,
correndo e ansimando,
grida di saluto lanciò.
Uomini fino alla cintola,
con torsi scuri,
il corpo di cavallo avevano,
gli zoccoli scalpitanti,
gli sguardi gravi.
< Cassandro! Conan! >
< Si, siamo noi, giovane Harry! E il pericolo è avanti a voi, e dietro, e ai vostri lati! Prepara la bacchetta, giovane uomo! Gli artigli sfodera, prode mastino! I Lupi stanno arrivando! >.
E i Lupi arrivarono,
scendendo giù,
veloci,
le prede fiutate,
gigantesche bestie,
con pellicia irta,
zanne bagnate di rosso,
occhi accesi di giallo,
il muso contratto nella feroce rabbia.
Saltando alla gola di Harry,
il primo fu fulminato da una freccia,
ma gli altri,
serrando i ranghi,
caricarono ringhiando.
Lampi e boati,
incanti e stregonerie la bacchetta sputava,
nel mentre,
i Centauri,
gli archi tendevano,
le frecce fischiavano.
Il nemico si ridusse,
pochi rimasero,
i più fuggirono,
e Thor,
di coraggio pieno,
desto,
il grosso Capo Lupo fronteggiò.
Le mascelle urtarono,
schiocchi violenti,
artigli che ferivano,
zanne che affondavano.
Alla fine,
accerchiato,
l'ultimo Lupo ululò,
ma il suo collo schiacciato,
tra le fauci di Thor rimase.
Ma prima di spirare,
il richiamo sortì l'effetto sperato,
e forze fresche arrivarono,
e le faretre erano vuote,
e Harry ansimava,
e Thor ferito,
la zampa zoppa,
guaiva,
la fine vicina.
Ma quando le tenebre,
sui quattro,
stavano calando,
e i Lupi crudeli eran pronti al banchetto,
la balestra di Hagrid sganciò il dardo improvviso,
la voce armoniosa e sicura di Hermione si levò tra gli alberi,
nuovi incanti colpirono i nemici,
e infine gli alberi si piegarono:
Grop,
il gigante,
era arrivato.
Il fratellastro di Hagrid,
ruggendo e pestando,
i Lupi scacciò,
e i Lupi scappando,
mai più tornarono.

Dell'Unicorno ferito,
Hagrid si prese cura,
mentre i Centauri,
severi si stagliavano sull'orlo,
lo sguardo in alto,
rivolto alle stelle.
Un profondo morso però,
di un Lupo feroce,
sul braccio di Harry si era fatto strada,
subito da Hermione,
preoccupata e al tempo stessa sollevata,
pulito e rimarginato con la magia.
E quando l'incanto curativo,
di luce bianca e calda,
illuminò i loro volti,
Harry,
della ragazza poté ammirarne i dettagli.
I capelli sciolti e ribelli,
un taglio sulla guancia,
il respiro affannoso per la lunga corsa.
E il ragazzo fu certo che di quella notte non tanto presto si sarebbe scordato.

Le ore piccole passarono,
nella capanna,
tra thè e chiacchere,
tra risate e allegria,
il fuoco che ardeva nel camino,
Thor nella cuccia,
la zampa guarita,
fiero,
un'osso in bocca.
Fuori Grop stava,
dormendo nell'orto di zucche,
ronfava e gli alberi scuoteva,
la testa tra gli ortaggi arancioni,
rigonfi di delizioso succo.

E quando i primi raggi del Sole si protesero dalle montagne,
nei campi verdi e freschi di rugiada,
piedi invisibili che l'erba calpestavano,
si diressero al Castello.
Prima delle lezioni,
i due ragazzi,
a dispetto di tutto,
un tardo e breve riposo si sarebbero presi.

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