Amore Criminale

di Lukeys_Smile
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO


- Non vi chiedo molto: soltanto abbattere un uomo –

Il Signor Peters, gomiti poggiati sulla scrivania, li trafisse con lo sguardo, in attesa di una risposta. Luke deglutì rumorosamente. Calum rimase impassibile. Tracy strinse con forza i braccioli della poltrona, mentre un'espressione incredula le si propagava sul viso. Non aveva mai richiesto loro un'operazione simile: non avevano mai ucciso in vita loro.

- Per quale motivo dovremmo fare questo? – Tracy parlò con voce tremante.

Un ghigno malizioso si dipinse sulle labbra secche del Signor Peters. Luke si sentì sprofondare.

- Oh, che domande, mia cara Tracy. Quando un debito non viene pagato, è giusto che se ne paghino le conseguenze – sogghignò, studiando l'espressione affranta della figlia.

Tracy scosse la testa. – Non credo che ce la potremmo fare, non... -

- Smettila Tracy –

Calum la interruppe, con voce ferma. – Chi dobbiamo uccidere? – chiese.

Il signor Peters afferrò una busta dalla superficie della scrivania in mogano, per poi porla ai tre ragazzi. Luke la afferrò e la aprì con riluttanza, rinvenendo così la fotografia contenuta in essa. Un uomo sulla cinquantina sorrideva loro in un completo grigio fumo, mani nelle tasche dei pantaloni, davanti ad una lussuosa villa dai giardini curati. Era possente, aveva capelli brizzolati, occhi cerulei. Il portamento rivelava quanto fosse sicuro di sé. Il suo nome era scritto elegantemente a penna nera. Luke lo lesse.

- Tim Evans – quasi sussurrò.

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


 

CAPITOLO 1

 

Ilary Evans muoveva i fianchi, schiudeva le labbra, abbassava lo sguardo, mentre la macchina fotografica catturava ogni suo movimento. Era l'ennesimo servizio per H&M, ma per lei era sempre come se fosse stata la prima volta: lo studio, le luci, le apparecchiature, abiti pronti da indossare. Adorava quel lavoro, era sempre stato il suo sogno.

Sicuramente, non poteva fingere di aver faticato a guadagnarselo: suo padre, Tim Evans, era un ricco e famoso imprenditore e si vantava di diverse conoscenze nell'ambito della moda. Il giorno del suo sedicesimo compleanno, egli le aveva calorosamente comunicato di averle procurato un niente meno che ambito servizio fotografico per la rivista Cosmopolitan, con tanto di intervista. E così, il viso fresco e dolce di quella ragazza di Sidney finì per sorridere sulla copertina del settimanale. Ilary Evans ebbe un successo spropositato: all'inizio a volerla ingaggiare fu la stampa, poi si seguirono le passerelle e infine grandi marchi di moda e make-up. La ragazza viaggiava ad ogni capo del mondo, posava davanti all'obiettivo e poi ritornava a Sidney. I suoi grandi occhi blu, i suoi lunghi capelli mossi e la sua pelle perfettamente liscia ormai comparivano negli spot pubblicitari dell'Oréal, su centinaia di riviste, nei negozi e sui tappeti rossi. Non c'era più un singolo reporter che non nominasse Ilary Evans in fatto di moda, non c'era più una singola celebrità che non avesse fatto la sua conoscenza.

Ed eppure, nonostante amasse alla follia il suo lavoro, Ilary Evans si sentiva terribilmente insicura, e l'unica persona che ancora la rassicurava perfettamente dalle sue incertezze era il suo splendido fiore, suo padre, perché ormai era l'unico membro ancora in vita della sua famiglia. Sua madre le era stata portata via da un incidente in auto quando aveva solo 4 anni, mentre i suoi nonni l'avevano mano a mano lasciata durante il corso della sua vita.

 

- Ecco, ancora qualche scatto e abbiamo finito per oggi –

La truccatrice le ritoccò il filo di eye-liner, per poi lasciarle scattare le ultime fotografie. Non appena finì questo, Ilary si precipitò nel proprio camerino e, preso l'iPhone, compose il numero di suo padre.

- Ciao papà! Ho finito!! – disse, non appena egli rispose alla chiamata.

- Bene! Ti aspetto fuori dallo studio...non vedo l'ora di vederti, piccola Ilary – le disse dolcemente Tim.

- Anche io, papà! A dopo! –

Riattaccò. Si privò in fretta e furia del vestito di jeans e dei tacchi alti neri di vernice, per poi indossare una t-shirt bianca semplice, un paio di jeans e delle comode All Star. Afferrò quindi la borsa e, salutati i vari colleghi, uscì dall'edificio. Suo padre, poggiato contro la carrozzeria della Mercedes metallizzata, le sorrise e la salutò con la mano. Ilary fece lo stesso, ma non appena prese ad avvicinarsi, accadde l'incubo.

Suo padre si accasciò improvvisamente a terra, senza vita.

Il suo fiore era stato reciso.





Ciao a tutte!!!
Sono tornata finalmente!! Era da un po' che scrivevo su EFP, ho scoperto Wattpad e lo adoro.

Se qualcuna di voi l'ha letta, io ho scritto Deep Blue Eyes e ovviamente, la protagonista qui si chiama anche Ilary e ha il volto di Barbara Palvin. :)
Nel caso non abbiate letto Deep Blue Eyes, la potete ancora trovare se vi va di darle un'occhiata. E' totalmente diversa da questa fanfiction...
Io vi saluto!!
Byee!!!

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

 
- Non possiamo farlo –

Luke scosse la testa, passandosi le dita tra i capelli biondi. Nello schermo davanti a lui aveva visualizzato tutto ciò che era necessario sapere a proposito di Tim Evans, l’uomo a cui uno dei tre ragazzi doveva togliere la vita con una sola pallottola. Fin dall’inizio, il ragazzo si era sempre dimostrato contrario a commettere quell’omicidio. Si era sempre dimostrato contrario al mondo in cui viveva, in verità: non era stata manco una scelta sua entrare in un circolo criminale, era stato costretto. Costretto dal padre che, non riuscendo a pagare un immenso debito al signor Peters, aveva deciso di salvarsi la pelle donando l’unico figlio a tutto ciò a cui aveva sempre tentato di tenerlo alla larga. Era da tre anni che oramai Luke non gli rivolgeva la parola e lo evitava, non sapeva quasi più nulla di lui. Il padre si era ormai rassegnato da tempo al tentativo di rimettersi in contatto con lui. La madre, invece, lo chiamava sovente: era sempre in lacrime, lo supplicava di tornare a casa. Era caduta in depressione da quando lo aveva visto andarsene. Purtroppo, però, il ragazzo non poteva concedersi una fuga del genere, non la poteva mettere in pericolo, quindi crollava a piangere, e tra i singhiozzi le diceva: - Mi manchi tanto, mamma -.
Luke Hemmings aveva 19 anni e detestava tutto ciò che il signor Peters gli imponeva di eseguire: spaccio di droga, furti, corruzione, usura, irruzioni anomale negli archivi informatici delle più grandi aziende al mondo. Nonostante tutto, però, obbediva e basta, per il suo bene e per quello della madre, ma davanti ad un omicidio non sapeva veramente se starsene zitto e mangiare la foglia, come aveva sempre fatto. Insomma, uccidere significava dannare la propria vita in eterno, provocare un lutto, una mancanza nelle vite di altri, privare una persona della cosa più bella che possedeva. Luke Hemmings si sarebbe ritirato da quell’incarico, fosse solo stato semplice.

- Lo so, Luke, ma dobbiamo farlo. Altrimenti quelli a cui arriva la pistola alla tempia siamo noi, lo hai sentito – disse Tracy.

- D’altronde, non sarai manco tu a sparare, sappiamo che non te la senti – sospirò Calum.

Calum e Tracy non erano come Luke. Sì, lo sconforto di quella situazione lo sentivano anche loro, ma riuscivano a mascherarlo. In particolare, Calum pareva quasi impassibile davanti a tutto ciò: se ne stava seduto accanto a Luke, mentre studiava minuziosamente la pistola che aveva tra le mani. Era finito lì con loro per la stessa motivazione di Luke, ma aveva sangue freddo ed eseguiva gli ordini come se fossero stati dei compiti scolastici. Non aveva mai proferito apertamente la propria opinione su quella vita sporca e illegale, ma anche lui voleva solo privarsene, scappare da essa. Così come Tracy, condannata ad un’eterna vita di crimini poiché figlia del signor Peters, che il padre però non aveva mai fatto. L’aveva lasciata crescere con la madre, per poi presentarsi a casa il giorno del suo sedicesimo giorno e portarla via. La donna che l’aveva data al mondo era poi scappata in un dove ignoto, persino sconosciuto al padre. Tracy era una ragazza terribilmente infelice.

Luke sospirò. – Colpiremo alle 6 di questa sera, davanti allo studio fotografico qua vicino. Il signor Evans starà aspettando la figlia al di fuori di esso. A noi basterà trovare un luogo in cui appostarci, applicare un silenziatore alla pistola e premere il grilletto. E poi sarà tutto finito. – disse, quasi bisbigliando.

Gli altri due ragazzi furono costretti ad annuire.
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3
 
Avere una pistola carica tra le mani era qualcosa di terrificante. Tracy Peters accarezzava con timore il metallo freddo di essa, quasi come se le sarebbe dovuta scoppiare tra le mani da un momento all’altro. Era una pistola appena comprata, aveva detto suo padre, una delle mie migliori pistole in circolazione poiché orribilmente leggera e maneggevole. Attendeva soltanto di essere messa in moto, di avere un paio di mani disposte a premere il grilletto. Stavano camminando sommessamente nei pressi dello studio fotografico a cui erano diretti, e Tracy Peters aveva in mano l’arma del delitto che stavano per compiere. Le mani le sudavano, il cuore le batteva a mille e l’unica cosa che desiderava in quel momento era soltanto scappare, fuggire, liberarsi di quella schifosa pistola che emanava morte sicura. L’atmosfera era straziante.

Gli altri due ragazzi accanto a lei procedevano cauti. Calum camminava in silenzio, mani in tasca, i capelli castano scuro sulla fronte. Luke aveva un paio di occhiali da sole neri sul naso e si torturava il labbro inferiore, mentre osservava spaventato le dita sottili dell’esile biondina che impugnavano saldamente l’arma. Erano in vicoli nascosti, stretti, popolati soltanto da qualche topo che scorrazzava allegro per essi. A nessuno piaceva percorrere quei luoghi angusti. Loro erano costretti per un macabro motivo, che li aveva sconvolti fin dall’inizio.

Luke era nervoso. Non potevano farlo. Non poteva. Non poteva togliere la vita ad un uomo per semplici questioni di affari che manco lo riguardavano. Si sentiva in guerra con sé stesso: ad ogni passo percepiva una sensazione di amarezza farsi sempre più viva in lui. Si stava come autodistruggendo: si era già tradito la coscienza cercando informazioni su Tim Evans, figuriamoci ad andarlo ad uccidere. E no, non era sicuro di potercela fare a restare a guardare. Doveva andarsene da tutto quello schifo, tutta quella merda: voleva tornare ad essere quel ragazzo sereno che giocava a pallone con i propri amici, che bramava le labbra delle ragazze che lo mandavano fuori di testa. Da quanto tempo non provava amore? Erano forse passati più di tre anni dal suo ultimo bacio. Quello schifo gli aveva fottuto la vita, e glie la stava fottendo in quel momento. Quella che stava vivendo non era la vita: era l’inferno.

E proprio quando vide davanti a sé Tim Evans rivolto di schiena, in trappola, poggiato contro il parabrezza di una Mercedes grigia metallizzata, non ci vide più. Erano appostati dietro la siepe di un parcheggio, e Tracy aveva teso la pistola contro la figura dell’uomo. La mano le tremava.

- Non posso vedere –

Luke quasi sussurrò, mentre si allontanava dai due ragazzi. Imboccò la direzione opposta all’automobile della vittima, togliendosi gli occhiali e infilandoli in tasca. Scosse la testa.

La bionda aveva abbassato la pistola non appena lo aveva visto andarsene. Era a conoscenza di quale guerra psicologica stesse affrontando il ragazzo, e si sentiva ancora più male a sapere che gli stava provocando ancora più tormento dovendo essere lei a farla finita con quella storia. Guardò poi l’uomo oltre la siepe e sospirò, per poi nuovamente puntargli la pistola contro, impugnandola con entrambe le mani. Sentiva il cuore scoppiarle nel petto. Non era pronta a commettere un omicidio, ma doveva farlo, per il bene di tutti loro. L’arma era leggera, bastava solo premere quel dannato grilletto.

- Calum – sussurrò. Il moro la guardò.

- Non ce la posso fare da sola – mormorò lei, sull’orlo di una crisi di pianto.

Il ragazzo annuì, per poi far scorrere le braccia da dietro la schiena di lei, fino a posare le dita sulle sue. Si ritrovarono quindi a puntare entrambi l’arma contro l’uomo. Calum deglutì a vuoto.

- Al 3 – sussurrò il ragazzo.

- …1… - Tracy trattenne un singhiozzo.

- …2… - Fecero più pressione sul grilletto.

- …3 –

La pistola vibrò tra le loro mani, mentre il proiettile la lasciava con un semplice e quasi inudibile fischio. Si trattarono di pochi secondi: Tracy Peters cadde in una silenziosa crisi di pianto, mentre velocemente scappavano dal parcheggio; Tim Evans cadde senza vita sull’asfalto sbiadito.

L’urlo isterico di una ragazza si propagò in tutto il vicinato. Luke Hemmings, che distava appena dieci metri dal cadavere, si sentì rabbrividire. Fece che affrettare il passo, cominciando a sentire i diversi sensi di colpa invaderlo lentamente.

Ma qualcuno gli afferrò il braccio, impedendogli di allontanarsi ulteriormente.
 
 
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4
 
Il suo fiore era stato reciso.

No, non era possibile. Non poteva essere.

Lasciò la borsa ai suoi piedi. Si precipitò verso il corpo del padre. Il sangue era soltanto ciò che riusciva a vedere. Si gettò sulle ginocchia accanto a lui e, afferrandolo per una spalla, cominciò a scuoterlo leggermente.

- Papà…papà – sussurrava.

Gli occhi azzurri del padre erano come sbarrati. La bocca era rimasta socchiusa. Sangue, sangue dappertutto. Il corpo non dava segni di movimento né tantomeno di vita. Ed eppure Ilary Evans stentava ancora a crederci. Non poteva essere morto.

- …papà… - continuava a chiamarlo, sperando in una risposta da parte del padre.

Quella risposta non arrivava. Non arrivò manco quando lo chiamò per nome. Ilary Evans si accorse di essere rimasta sola, completamente sola: la sua famiglia si era appena sgretolata davanti ai suoi occhi. Si arrese. Sentì le iridi celesti colmarsi di lacrime. Si lasciò scappare un urlo straziante, liberatorio, mentre si sentiva quasi chiudere il cuore in petto. Si guardava attorno persa, quasi non riconoscendo più la città in cui era cresciuta. Sidney, la sua tanto amata Sidney. Nessuno l’aveva sentita, e lei aveva così tanto bisogno di aiuto in quel momento. Il trucco scuro le correva sulle guance morbide, imprimeva sulla pelle lattea nere linee. Aveva così bisogno di aiuto. Adesso come avrebbe potuto vivere in quella villa che profumava di suo padre, in quelle strade che glie l’avevano portato via? Troppe domande si stavano affollando nella mente della ragazza, ed ella non sapeva più come reagire, come rispondere a tutti quei punti interrogativi. La testa le scoppiava, mentre i singhiozzi si ripetevano, sempre più forti, sempre più disperati.

Alzò il capo e vide un ragazzo, che a pochi metri da lei stava camminando via. Non riusciva a vederlo in viso, ma in quel momento poteva essere l’unica persona che le avrebbe potuto dare una mano, qualunque fosse stato il suo aspetto. Così la ragazza, ancora in lacrime, si alzò in piedi e si diresse verso l’altra parte della strada quasi correndo. Non appena fu abbastanza vicina, gli afferrò l’avambraccio, facendolo voltare verso di lei. Non si interessò minimamente ai lineamenti di lui, poiché ancora troppo scossa dalla morte del padre da potersene curare, e aprì bocca quasi immediatamente.

- Ti prego, aiutami! Mio padre è morto e non so cosa fare! Non so dove battere la testa! –
Guardò supplichevole il ragazzo davanti a lei, mentre il mascara le colava sulle guance.

 

Luke sospirò. Non riusciva a decidersi se correre via, lasciare quella ragazza di cui manco conosceva il nome a disperarsi, o voltarsi e darle una mano per quanto possibile, sporcandosi ancora di più la coscienza. Guardò la careggiata davanti a sé e gli occhi colmi di lacrime di lei. Sospirò.

- Ti aiuto –

La figlia di Tim Evans parve sollevata da quelle parole e, con leggera insistenza, lo trascinò dall’altra parte della strada, davanti al cadavere del padre. Luke si prese l’anellino nero che gli coronava le labbra tra i denti, sentendo gli occhi pizzicare.

- Ti prego, dimmi cosa posso fare – la ragazza parlò tra i singhiozzi, mentre ingenuamente si teneva ancora al suo avambraccio.

Se prima i sensi di colpa lo stavano colmando, beh, in quel momento  lo stavano divorando completamente. Vedere l’opprimente risultato delle proprie azioni riversato accanto a sé gli faceva venire la nausea: non poteva aver contribuito a far sì che tutta quella disperazione si realizzasse.

- Chiamo la polizia – il ragazzo disse in sussurro, mentre prendeva dalla tasca posteriore degli skinny jeans il suo iPhone.

E mentre parlava con quell’agente ignoto, si sentiva sprofondare: stava gettando sé stesso, Calum e Tracy in un mare di guai, ma ero forse l’unico modo per non apparire sospetto agli occhi della ragazza. E così, non appena terminò la chiamata, fece per andarsene, ma lei glie lo impedì nuovamente.

- Aspetta, ti supplico –

Luke si voltò e commise l’errore di incastrare i loro sguardi, perché se prima piangeva, ora la ragazza lo guardava ad occhi aperti. E lui per un momento si dimenticò di tutto ciò che aveva appena commesso, mentre si perdeva in quelle iridi grandi e blu come il mare.
 

E Ilary per un attimo aveva smesso di singhiozzare,mentre si beava della vista degli occhi color ghiaccio unici, da far invidia al diamante più bello. E l’ultima cosa che gli chiese fu il suo nome, prima che egli si allontanasse da lei.


 
Quel ragazzo si chiamava Luke Hemmings, e lei, sicuramente, non se lo sarebbe scordato.
 
 



 
Ciao a tutte!!
Cosa ne pensate dell’incontro di Luke e Ilary? Io sinceramente sono rimasta fiera di ciò che sono riuscita a scrivere. E’ la prima fan fiction in cui non utilizzo i POV di ciascun personaggio e devo dire che mi sta piacendo parecchio.
Se vi può interessare, ho scritto questo capitolo ascoltando The Whisperer di Sia e Night di Ludovico Einaudi…
Vi devo tristemente comunicare che da domani gli aggiornamenti non saranno più così veloci come è stato per i primi capitoli… cercherò di dare il mio meglio per non far passare troppo tempo tra un aggiornamento e l’altro.
Un bacio e alla prossima!!
 
 
 
 
 

 

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