Your Kiss Kills Me When .. Desire!

di pucciat_
(/viewuser.php?uid=63033)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Quando sentire vocine che blaterano nella tua testa diventa preoccupante. ***
Capitolo 3: *** Vuoi farmi ridere? No aspetta: ci sei già riuscita, sto ridendo. ***
Capitolo 4: *** Dannazione, sei fin troppo irresistibile. ***
Capitolo 5: *** A volte la rabbia gioca brutti scherzi. ***
Capitolo 6: *** Senso di colpa. ***
Capitolo 7: *** Paura. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***




Bene, ecco cosa è riuscita a partorire la mia mente. Una long fic. Siate clementi, è la prima u.u
Preciso una cosa. Non sono una fan di Robert/Kristen. Che facciano quello che vogliono, sinceramente non mi interessa. Mi è servita solo Kris come personaggio già definito da utilizzare con Robert, quell'uomo ciambella di una bellezza assoluta *_* A parte queste divagazioni, penso che la gente veda perlopiù solo ciò che vuole vedere. Se nelle dichiarazioni è trapelato qualche sentimento di affetto nato in mesi di lavoro condiviso, non si sono appena giurati amore eterno. Provo spesso un senso di ridicolo leggendo convinzioni certe di una loro relazione. Non perchè non mi vada a genio. Trovo solo ridicolo e invadente insinuarsi nella vita degli altri a lanciare relazioni in corso.
Poi, naturalmente, ognuno è della propria idea e la rispetto.
Detto questo, buona lettura! ;;^^




Your Kiss Kills Me When .. Desire!

Prologo.


Mi guardò, semplicemente.

Togliendomi tutto il respiro che avevo nei polmoni e facendomi saltare il cuore in gola. I battiti pompavano sangue nel mio corpo, ed erano come suoni di un tamburo, accompagnato dalle corde delle mie vene che, strimpellando, archerstavano magnificamente questa melodia che suonava dentro di me.
E che, avrei potuto giurarci, suonava anche in lui. Lo vedevo dai suoi occhi che luccicavano. Dalla sua pelle che, sudata, pulsava di piacere.
Piacere che inondava anche me e che mi faceva tremare e sussultare fra le sue braccia. Braccia che mi toccavano, mi accarezzavano, mi sussurravano parole mischiate a gemiti di piacere.
Mi prese dalla nuca e mi attirò a sè, stringendomi contro il suo petto e riducendo nettamente la distanza già prima minima insinuata tra di noi. Riuscivo a sentire il suo cuore battere con violenza sotto la camicia elegante che indossava. Camicia che dopo poco sfilai, dando così la possibilità di guardarlo in tutta la sua bellezza. Anzi, di ammirarlo. Ammirarlo per il suo petto perfettamente scolpito, in quel momento sudato per il piacere. Gli passai le mie dita tra i capelli accarezzandogli il petto. Al mio segnale di irrefrenabile desiderio di lui, posò immediatamente le sue labbra sulle mie, baciandomi più e più volte, con quelle sue labbra morbide e calde che erano .. dannatamente inebrianti.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Quando sentire vocine che blaterano nella tua testa diventa preoccupante. ***





Your Kiss Kills Me When .. Desire!

Capitolo 1
Quando sentire vocine che blaterano nella tua testa diventa preoccupante.



Il film era andato bene.
Decisamente bene.
Fin troppo bene.

Ed è per questo che ora mi ritrovo intrappolata in questa dannata festa senza senso. E per di più, noiosa.
Orde di ragazzine urlanti avevano ben apprezzato il lavoro di tutti questi mesi. O per essere più precisi, avevano ben apprezzato il suo lavoro. Il lavoro di Robert Pattinson, l'uomo ciambella. Anche universalmente riconosciuto come Edward Cullen, il bel vampiro che sì, seduce tutte quelle che incrociano la sua strada. Anche voi. Perchè, naturale, è uscito direttamente dalle pagine di quei libri a calci e sbracciate. Sputato da quell'oceano di pagine e ricoperto di inchiostro. Solo per voi, mie care. Solo per voi, piccole, dannate e fastidiose ragazzine urlanti. Solo per essere tutto vostro. Ovviamente.

Mi sfugge un risolino, decisamente inappriopriato all'ambiente austero che mi attornia.
Un risolino.
Di soddisfazione. Dopotutto era la mia unica rivincita. L'unica rivincita che potevo ottenere. Sì, perchè lui è il bello e dannato. Ed io? Io .. io ero la sfigata di turno.
Un attimo. Cosa diavolo ho pensato? Bello? Ma bello dove poi?
Tutti quei capelli .. tutti quei peli .. blah, uno scimmiotto avrebbe calzato la parte anche meglio.
Forse
.
No, perchè io non provavo invidia. Non morivo ogni volta che i sospiri, gli applausi, le urla e gli sguardi erano per lui. Non annegavo nella mia stessa invidia. Nooo.
O è gelosia?
Nah. Io sono meglio. Brava e bella, me lo dicono tutti. Brava e impegnata.
Ma, dannazione, impegnata? Che cavolo sto dicendo? A cosa cavolo vado a pensare? Impegnata? Chissenefrega. Che gliene frega, per meglio dire.
Oh, no. Ci ho ripensato. Ci ho appena ripensato. Di nuovo. A lui. Alle sue mani calde. Ai suoi capelli soffici. Alle sue labbra morbide. Al suo profumo .. divino. Sì, è divino. Quando la sua espressione tradisce delusione. Fastidio. Sopresa. Quando, svogliato e sovrappensiero, si fuma una sigaretta. Divino quando mi guarda, quando mi parla. Quando si muove, Quando si scompiglia i capelli, toccandoseli con le mani. Calde. Mani calde.
Mani calde su di me
.
Divino. Divino.

Oddio. Ma a cosa cavolo penso? Cosa riesce a far partorire il mio cervellino, intorpidito dalla noia?
Da quando dò a quella ciambella di Robert Pattinson del .. divino?!
Da quando gli osservo i capelli, gli occhi, la bocca .. Cos'altro ho detto ..?
Da quando lo guardo?
Queste sono battute da ragazzine urlanti, magari acocmpagnate da una seducente sbattuta di ciglia.
Ah, seducente poi? Ci provate ma tanto non ci riuscite.
Loro sì che sono messe male.
No, Kris. Quella messa male sei proprio tu.
Dannazione.

Invidia.
Solo invidia.
Solo.
Ma guardati, Kris. Imprechi solitaria, rinchiusa tra i tuoi pensieri. Non ti verrebbe da urlare? Urlare fino a squarciare il silenzio assordante che ti fischia nelle orecchie? Urlare fino a squarciarti?
Sì, sì. Urlare. Ho bisogno di urlare. Ho bisogno di aria fresca. Ossigeno.
Riemergo dai miei pensieri silenziosi e con gli occhi frugo la stanza per controllare se qualcuno abbia notato questo improvviso scatto di desiderio.
No, Kris. Chi vuoi che ti abbia notata? Chi vuoi che abbia notato la tua crisi .. mmh isterica? Invidia, provi solo invidia. Na na na.
Ma taci. Inutile vocina petulante. Cerca di non avere crisi di identità con la coscenza, lei non è così lamentosa e stronza.
Invidia. Invidia. Solo invidia. Livida, pulsante invidia.
Abbandono la preoccupante constatazione che delle voci nella mia testa parlano. Chiaccherano. Blaterano. Qualunque cosa sia, non è normale. E raggiungo nuovamente il desiderio pulsante di ossigeno. Ossigeno. Aria. Spazio aperto.
Mi guardo un'ultima volta attorno, ma alcun ostacolo impedisce il raggiungimento del mio obbiettivo.

Quando esco finalmente all'aria aperta, il vento fresco della serata entra nei miei polmoni, li riempie e li gonfia, gli dà vitalità ed energia che ritornano a circolare frizzanti nel mio corpo.
Finalmente. Come rinascere.
Con la speranza che l'ossigeno torni a viaggiare dai polmoni anche nel mio cervello, faccio un respiro profondo.
Meglio due, non si sa mai.
Non c'è due senza tre. E con il terzo un pò di lucidità riesco a riprenderla. Forse. Forse è solo un'illusione. Una pazza, nevrotica illusione prodotta dall'aria pizzicante sulla mia pelle bollente.
Un alito di vento soffia. Che piacevole sensazione. L'aria si insinua tra i miei capelli scompigliandoli, mi accarezza, mi gira intorno e poi se ne va, lasciandomi con la bocca all'asciutto. Lasciandomi sola. Anche lui?
Sì, anche lui. Povera, patetica Kris. Patetica e sola.
Pff. Ma taci. Mai stare zitti, no?
No.
Naturalmente.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Vuoi farmi ridere? No aspetta: ci sei già riuscita, sto ridendo. ***


Terzo capitolo.

Ringrazio con immenso affetto tutte le visite, i preferiti e i commenti. Sì, se ve lo state chiedendo la risposta è sì. È grazie a voi che la storia va avanti, che mi spronate a continuare a scrivere.

Un grazie particolare va alla mia stellina preferita. Te, Dod. Hai visto che come promesso ho postato il capitolo oggi? Spero ti piaccia, a me non soddisfa come altri, ad essere sincera. Ma pazienza. Un bacione, tesoro mio!

Buona lettura! :3





Your Kiss Kills Me When .. Desire!

Capitolo 2

Vuoi farmi ridere? No aspetta: ci sei già riuscita, sto ridendo.



L’aria corre velocemente guizzando a fiotti nel mio corpo caldo. La mia pelle è talmente bollente che il contatto con l’aria frizzante la fa violentemente bruciare.
Respiri profondi aiutano la calma a diffondersi in tutto il mio organismo, raggiungendo anche i più piccoli capillari rossi.
Mi calmo .. e lo vedo. O per essere più precisi, vedo il suo sbuffo di fumo, buttato fuori dalla sua sigaretta, stretta tra le sue labbra. Quelle labbra invitanti e piene, che sembrano quasi pulsare sul suo viso meraviglioso.
Oddio. Di nuovo. Di nuovo questi pensieri su di lui.
Dannazione.

Ma dannazione che Kris? Ti piace e lo sai. Non negarlo.
Già. Forse tentare di negarlo sarebbe solamente dannoso per la mia salute mentale. Cosa? Negare? Ma io non devo negare assolutamente niente, perché niente c’è!
Ah ah, Kris! Vuoi farmi ridere? No aspetta: ci sei già riuscita, sto ridendo. E di gusto. Perché ti ostini ad ignorare quella ciambella di Robert Pattinson e ciò che provi per lui?
Ignorare? No,io non sto ignorando.
Affatto.
Sto solamente dando il giusto valore alle cose. Un semplice .. apprezzamento fisico non è ignorare i propri sentimenti, è solo sintomo di un apprezzamento ingiustificato che va immediatamente troncato.

Quello è un sintomo di Robertite, mia cara. Ne sei affetta, ed è grave.
Robertite ..? Ma tu sei pazza. Sei una petulante, pazza vocina isterica.
Da notare il fatto che io sono solo frutto della tua immaginazione.
Sono solo dettagli.
Quantomeno ritira quel petulante, pazza ed isterica.
Che non sia mai.
Fai come vuoi, petulante, pazza ed isterica umana.
Persa nei miei tanto assurdi quanto contorti ragionamenti, non mi accorgo di una voce che parla dietro di me. Che parla? Che suona.
“Kris”
Che bella voce, calda e roca. Penso che la riconoscerei fra mille.

Ok.
Pausa. Stop. Time out.
Analizziamo, Kris.
Numero 1. Hai definito la voce della ciambella .. mmh. Fammici pensare.
Calda. Roca. Bella.
Numero 2. Hai pensato che l’avresti potuta riconoscere fra mille.
Numero 3. Non appena la sua calda, roca, bella voce ti ha sfiorato, un brivido di eccitazione ti ha fatto sussultare.
Cominci bene, Kris. Cominci bene per essere convinta che ignorare quello che provi per lui sia la cosa migliore .. cosa avevi detto ..? Ah già, la cosa migliore per la tua .. salute mentale.

Io non sono convinta di ignorare ciò che provo, perché come ho già ripetuto, non ho proprio nulla da ignorare.
Ah sì? E non hai visto cosa scatena in te la minima nota della sua voce?
Voce?
La sua voce?
Oh, la sua voce.
Calda. Roca. Bella.

Ah ah, Kris. Cosa ti ho appena detto? Sì, ignorami. Ignorami come ignori il tuo ciambellone.
Il mio ciambellone?
Sì, il tuo ciambellone che ti sta fissando in attesa che ti risorga dall’apnea in cui la sua voce ti ha condotto. Risvegliati. Hai un’espressione da pesce lesso spalmata sul viso. Ripeto: pesce lesso. Sveglia!
Mi risveglio. O almeno tento di farlo. Sbatto spasticamente gli occhi con forza, nella speranza di mettere a fuoco la figura che mi sta di fronte.
Oh.
La sua figura.
Ed effettivamente percepisco di avere quest’espressione sul mio viso perché la vedo riflessa nei suoi occhi, che mi guardano .. mi stanno guardando veramente male. Dannazione. Pure pazza gli devo sembrare.
Parto sulla difensiva.
“Cosa ci fai qui?”
“Kris, sai com’è. Faccio anch’io parte del cast.”
“Ah, già.”
Già? Che cazzo ho detto? Già?!
Sembra quasi che non mi sia nemmeno accorta della sua presenza sul set. Ma eccome se me ne sono accorta. Eccome.

Ah! Vedi! Colta in flagrante! Con le mani nel sacco!
Un’unica parola sprecata nei tuoi confronti: zitta.
Robert interrompe rumorosamente la mia conversazione .. interna.
Il suo colpo di tosse mi fa sobbalzare.
“Ne vuoi una?”
Mi offre una sigaretta.
Forse è io caso di rimediare alle cazzate che ho sparato prima.
“Sì, grazie.”
Un sorriso. Che mi scoglie, inevitabilmente. Che sorriso. Dio, è talmente bello da far male.

Siamo 2 a 0 per vocina petulante, pazza ed isterica. Sei in svantaggio, mi dispiace.
La ignoro facilmente.
Dopotutto, forse ha ragione. Forse.
Mi avvicino a lui per prendere la sigaretta che mi sta offrendo, mentre un’ondata del suo profumo mi colpisce in viso, entrando nelle mie narici ed inebriandomi.
Meraviglioso. Che profumo meraviglioso. E seducente, accidenti.
Mentre la mia crisi procede tranquillamente, sfila una sigaretta anche per lui dal pacchetto.
Mi siedo sulla panchina a pochi metri da noi, avvicinando l’accendino alla sigaretta, e accendendola.
Gli porgo l’accendino.
Bene, prima opera buona.
Aspiro il fumo che entra e gonfia i miei polmoni, che esultano per aver finalmente ritrovato la loro droga.
Volto la testa alla mia destra per guardarlo.
Guardarlo? Macchè. Ammirarlo.
È divino. Divino anche mentre fuma.
Aspira anche lui la prima boccata di fumo, e dopo averla respirata, la butta fuori con un lungo sospiro.
“Tutto bene Rob?”
Mi preoccupo anche ora?

Sì, Kris. Ricordi? Lui è quello divino.
Ah, già, quello divino.

Attende molti più secondi del necessario per formularmi una risposta.
“Sì, certo. Tutto una meraviglia. Sono solo un po’ stanco. È da molto che non mi concedo un po’ di riposo”
“Sai quanto posso capirti, Rob. Io sono esausta”
Un sorriso.
Un sorriso spunta nuovamente sul suo viso, dando al mio sangue una scossa di adrenalina, facendolo circolare così con forza nelle mie vene.

Perché quel sorriso non mi sembra vero? Perché mi sembra finto?
Perché è lo stesso del mio.
Un sorriso finto.
Un sorriso pronto a proteggere quello che cela dietro. E mai a rivelarlo.

Non pensi di dover intervenire? Di dover aiutarlo? Dopotutto si trova nella tua stessa condizione. Vai, super Kris all’attacco.
“Rob, senti. Non mentirmi. Lo sai che non puoi mentirmi. Dimmi cos’hai, ti potrei aiutare”
“Davvero? Davvero vuoi aiutarmi?”
Annuisco vigorosamente.
E lui si avvicina.
Oddio.
Che fa?

Si avvicina, hai appena detto.
Dio. Dio.
Ma che diavolo sta facendo?

Tu non sei normale.
Non faccio in tempo a pensare altro, che le sue labbra si posano sulle mie.
Ma che dico? Si posano?
Si avventano. Le abbracciano, le toccano, le accarezzano, le mordono.
Le baciano.
Le baciano con una violenza che è tremendamente dolce.
E quando lo sento, sento che il piacere scivola nel mio corpo come estasi più assoluta .. le sue labbra abbandonano le mie.
Aspira con piacere l’ultimo tiro di sigaretta.
E se ne va, buttandola ai suoi piedi.

Così come ha appena fatto con me.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Dannazione, sei fin troppo irresistibile. ***


Chiedo UMILMENTE scusa per l’enorme ritardo con cui aggiorno. Uffi. Vengo sempre catturata dalla pigrizia.
Anyway, we’re just arrived at the hottest charter. Non sono sicura di aver reso bene la scena, magari ditemi cosa ne pensate con un commento: non ho la minima idea di che mostro ho creato, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate!
Tra parentesi, avete sentito la canzone “Need” di Hana Pestle? Ho letto che sta cercando di farla inserire come colonna sonora di New Moon. Un consiglio? Ascoltatela. Dire che è sublime è dir poco. Lei la trovo una cantante straordinaria, con una voce incantevole. Ascoltatevi anche le sue canzoni, soprattutto la cover che ha fatto della canzone di Jeff Buckley, “Hallelujah”.
Prima di concludere, tengo a ringraziare con infinito affetto le persone che hanno gentilmente e pazientemente commentato i capitoli precedenti, e tutte le altre che hanno aggiunto questa storia fra i preferiti, siete la mia gioia:

1 - Aryanna 13
2 - Benjamina
3 - bribry85
4 - ChasingTheSun
5 - deisy87
6 - doddola93
7 - Ila_patty
8 - kucchi
9 - maRgariNa
10 - memole_88
11 - Nikelaos
12 - SaraMasenCullen
13 - Shona
14 - signora degli anelli
15 - Twilighter001
16 - violae
17 - vivvina
18 - x___Cullen
19 - _Alice_

GRAZIE!





Your Kiss Kills Me When .. Desire!

Capitolo 3

Dannazione, sei fin troppo irresistibile.


Cosa?
Cosa diavolo ha appena fatto?
Ti ha appena baciata, tesoro.
Sì, grazie. Era una domanda retorica, ma evidentemente non ci arrivi.
Oh, chiedo scusa. Chiedo scusa se cerco solo di risvegliarti, Kris. Sembri spiritata.
Spiritata? Io? Tu sei matta.
No, la matta sei tu. Guarda come ti sei ridotta, drasticamente intrappolata nelle tue crisi isteriche. Vuoi un consiglio?
No.
Bene, vai da lui. Parlagli. Affrontalo.
Dannazione, Kris, datti una mossa!

Aspiro l’ultimo pezzo di sigaretta che mi è rimasto tra le dita e lo butto a terra, accanto a quello di Robert.
Mi alzo.
Sì, forse le voci nella mia testa che parlano, che continuano fastidiosamente a parlare hanno ragione. È il caso di svegliarsi. Di reagire.
Percorro con passi pesanti e decisi il prato smeraldo che mi si staglia davanti, illuminato dalla luce della luna che brilla nel cielo.
Raggiungo l’edificio da cui poco prima ero uscita, quasi a voler scappare dall’austerità soffocante che mi circonda.
Il ricordo mi fa sorridere.
Pensare che adesso sto seguendo lui mi fa sorridere.
Lo cerco, continuo a cercarlo senza far troppo notare il tremolio che mi fa camminare a scosse, e l’ansia che, fedele, mi segue dappertutto.
Ma non lo trovo. Dannazione, dov’è?
Presa dallo sconforto mi concedo una pausa rifugiandomi in bagno. Ma apro la porta e chi vedo ..?
Lui?
Lui.
Che cavolo ci fa qui?
“Che cavolo ci fai qui?”
Quando si dice dar voce ai propri pensieri, Kris.
Ma taci.
Entro in bagno e mi chiudo accuratamente la porta alle spalle. È il momento di dirglielo chiaramente. Non può giocare in questo modo con me.
Io sono Kristen Steward, cavolo. Sono intelligente, sono bella,
sono .. sono io.
Avevi finito la lista della spesa?

E nuovamente Rob mi risveglia dalle mie lotte interiori. Mi risveglia con la sua voce calda e roca. Bella.
“Sei per caso arrabbiata?”
Per caso?
Noo. Certo che no. Mi ha baciata, e poi mi hai buttata via. Come hai fatto con la tua sigaretta. Bene. Noo. Certo. Non sono arrabbiata.
“No”
No, Kris?
No? Oddio, ma non penso prima di parlare?
Evidentemente no.
E nuovamente Rob si avvicina. Si avvicina, non lasciandomi neppure il tempo di parlare. Di pensare. Si avvicina con un ardore, con un desiderio irrefrenabile che sta bruciando nei suoi occhi come fosse fuoco vivo. Un desiderio che non avevo mai visto prima. Un desiderio che cattura i miei occhi, che li lega e che li trascina con se, a bruciare vivi. Un desiderio che mi seduce.
Si avventa sulle mie labbra, baciandomele, se possibile, con più ardore di prima. Le morde, le bacia ripetutamente. Il suo fiato, caldo e sensuale, così invitante, soffia sul mio collo mentre i suoi baci creano irresistibili disegni sul mio viso.
Una mia mano scivola dal fianco del mio corpo e si infila dolcemente fra i suoi capelli, toccandoli e accarezzandoli. La sua mano si aggrappa alla mia schiena, avvicinando il mio corpo al suo e facendoli sussultare al contatto caldo. La forza del suo corpo mi solleva, facendomi sedere sul marmo bianco del lavandino che qualche attimo prima spingeva contro la mia schiena.
Mi guarda, e mille parole non valgono neppure un istante del suo sguardo.
Sguardo carico di desiderio di me.
Sguardo che mi fa capire una cosa. Mi fa capire quello che c’è tra di noi.
Perché sì, effettivamente qualcosa c’è. Che sia desiderio, che sia frenesia, che sia affetto, che sia amore.
Non lo so. Ma è. E questo basta.
Basta per tutti e due.
Con le sue dolci dita, mi toglie la maglietta. Mi sfila i pantaloni. E sempre le sue dolci dita percorrono il mio corpo scosso da fremiti. Dolci dita che sembrano scottare sulla mia pelle. Pelle che sembra bruciare al contatto.
A mia volta tocco la camicia elegante che rinchiude il suo corpo. Tra un bacio e l’altro, gliela sfilo. Un’imbarazzante espressione di meraviglia miscelata ad irrefrenabile desiderio si impossessa dei miei occhi, facendo incurvare le sue labbra in un’irresistibile sorriso.
“Ti faccio quest’effetto, Kris?”
“Sì”
Un flebile sì.
Un sì increspato dal piacere di averlo davanti a me.
Di averlo fra le mie braccia.
Di poterlo toccare.
Di poterlo baciare.
Le sue mani calde si posano sulla mia nuca riscaldandola e mi attirano prepotentemente verso il suo corpo.
Verso di lui.
Mi attirano con uno sguardo affamato, quasi a volersi sfamare di ogni singolo pezzo della mia carne, della mia pelle e del mio odore .. quasi a volersi sfamare .. di me.
I suoi occhi curiosi mi osservano per fare tesoro di ogni più piccolo istante, e di ogni particolare che riesce a scorgere in me, segretamente nascosto come un dono prezioso tra le pieghe della mia pelle. La sua bocca avida mangia la mia, e tortura la mia pelle con dolci baci. Mi soffia un altro bacio partendo da sotto l’orecchio, sul collo, per poi continuare la sua seducente tortura fino ai miei seni.
Mi sfila il reggiseno, ormai diventato di troppo.
Inizia così a torturare anche i miei seni, con baci impressi come marchi di fuoco carichi di desiderio sulla mia pelle.
Le mie braccia, attorcigliate attorno al suo collo, scivolano fino ad arrivare a toccare il suo petto. Lo tocco, tocco il suo petto scolpito che è così .. estasiante. I miei polpastrelli, toccandolo, lanciano urla di piacere che assordano le mie orecchie e mi fanno perdere la percezione della realtà in cui sto vivendo. Mi fanno sentire estranea alla situazione. Come se non fossi io la persona più fortunata del pianeta, seduta tra le braccia di Robert a godere del suo tocco, del suo calore, del suo fiato fresco.
E invece no.
Quella persona sono proprio io.
Io, accidenti.
Io.
Il suo petto pulsa di calore, calore che elegantemente mi danza attorno, e che giunge con piacere fino al mio corpo, riesce a penetrare il sottile strato di pelle che copre la debole carne che cerca invano di proteggermi. Ma la raggiunge, la squarcia e colpisce le mie vene, il mio sangue, il mio cuore. Arrivato al cuore, gli fa perdere un battito. Povero cuore, ora sei affaticato e stanco. E tenti di recuperare quel battito perso battendo ancora con più frenesia.
Frenesia che mi afferra, che mi trascina con sé.
Frenesia che trascina anche lui che, notando il mio sguardo acceso, riesce a farmi impazzire ancora di più baciandomi il collo.
Ma improvvisamente le sue mani abbandonano il mio corpo.
Già mi manca l’aria.
Dove sono le sue mani?
Dov’è il suo calore?
Calore, calore vitale.
E le vedo. Le vedo accarezzare con seduzione i bottoni dei suoi pantaloni, cominciando a slacciarli.
Lentamente.
Troppo lentamente.
“Accidenti, mi vuoi far soffrire” Rispondo alla sua provocazione con fare malizioso.
Le sue parole sono ancora più invitanti del suo corpo caldo: “È esattamente ciò che ho in mente”
I suoi occhi brillano di un eccitante desiderio. Desiderio di me.
Desiderio che viene soddisfatto, arrivando al suo culmine.
Poggia la sua mano bollente sulla mia coscia, che scotta al suo tocco.
Dolcemente, dolorosamente, inaspettatamente entra in me. I suoi gemiti di piacere si mescolano ai miei, che sono un’irresistibile melodia di ciò che si sta consumando in questo bagno. E quando mi sembra di aver raggiunto l’apice, un piacere ancora più violento si impossessa del mio corpo, della mia anima, creandomi così l’illusione di essere nel paradiso. Un paradiso tutto mio, dove chi può averne accesso è solamente lui.
L’eccitazione non mi abbandona, al contrario delle scosse di piacere che, con delusione, se ne vanno.
Sono ancora troppo scossa per poter accorgermi della realtà che mi circonda.
Sono troppo scossa per accorgermi di Robert che si sistema la camicia, si allaccia i pantaloni, si passa una mano fra i capelli, si guarda allo specchio.
E mi bacia. Un bacio frettoloso, ma intenso.
“Ci vediamo dopo”
Le sue ultime parole mi sfiorano, alitando nella scia dove lui se n’è appena andato.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** A volte la rabbia gioca brutti scherzi. ***


Wow.
I ringraziamenti vanno tutte a voi, ragazze. Grazie. Grazie dei commenti, grazie dei preferiti. La gioia che provo leggendo i vostri commenti, ammirando a bocca aperta le persone che hanno aggiunto la storia tra i preferiti è .. indescrivibile. Vi posso dire solo grazie, dunque.

Anticipo solo il finale. È triste. Infinitamente triste. E mi auguro, con tutto il cuore, che non succeda mai.
Concludo. Un saluto e un abbraccio alla mia illecita compagna di banco Annachiara! Anni, sia ringraziato il cielo che ti sei fatta l’account su efp! Ti voglio bene u.u’

Your Kiss Kills Me When .. Desire!

Capitolo 4

A volte la rabbia gioca brutti scherzi

Sette giorni.
Sette giorni sono passati da quella sera .. da quel momento. Da quel momento che ancora adesso vive nella mia testa, respira nel mio cuore e non mi lascia. Mi tormenta e non mi permette di pensare ad altro. Rimane fastidiosamente marchiato nella mia memoria, e suoi baci bruciano ancora sulla mia pelle che, inconsapevolmente, richiama la sua bocca e le sue labbra calde e morbide. Richiama i suoi denti, e spera di essere ancora dolcemente morsa da loro, mentre le mie orecchie vivono ancora dei suoi sospiri.
Sette giorni, dannazione.
Una settimana.
Ne sono persa, ormai è ufficiale.

Oh, senti un po’, senti un po’ chi ammette che io avevo ragione.
Io? Io non sto ammettendo proprio niente.

Ah no?
No.
Ovviamente. Mmh aspetta, cos’hai appena osato dire? “Ne sono persa, ormai è ufficiale”. Noo. Non ho ragione io. Ovviamente.
Ovviamente.
Nemmeno lei, nemmeno la vocina fastidiosa che mi tormenta riesce a liberarmi dai pensieri confusi che vorticano violentemente nella mia testa. Nemmeno lei.
I miei ricordi non resistono alla tentazione. Non riescono a tenere duro, e a concentrarsi unicamente sul presente, sulla realtà. No, non ci riescono. Non ci riescono perché la mia mente cede ai ricordi che mi urtano contro, che mi confondono, che mi fanno tremare, che mi fanno male, che mi fanno sognare. Sono ricordi dolorosi, ma il piacere che prova ogni singola cellula del mio corpo nel riviverli è tremendamente irresistibile. Questo piacere fisico combatte contro la ragione, che attenta mi avverte: pensandoci,il dolore sarà unicamente più enorme. Più enorme e ancor più doloroso.
Ma il piacere, inesorabilmente, mi vince.
Come la lussuria e il piacere sfrenato catturano nella loro trappola molti, troppi uomini e donne, il mio dolce piacere ha già teso la sua trappola, e si sta facendo preda del mio piccolo corpo, delle mie fragili difese.
No, non posso combattere contro un qualcosa .. che desidero. Che desidero terribilmente, sfrenatamente. E vinta, stremata, mi lascio cullare dolcemente dai ricordi. La dolcezza delle sue labbra mi accarezza irresistibilmente mentre sprofondo nel ricordo di quella sera, i suoi sospiri mi trattengono per mano mentre la voglia di lui si fa sempre più forte dentro di me.
Cresce, cresce come un piccolo mostro.
E non contento di nascere e di crescere, si fa gioco di me, si impossessa di me.
Sì, ormai ne sono preda.
Sono preda di quel piacere fisico e mentale che la vicinanza col suo corpo mi obbliga a resistere.
Sono preda dei ricordi, che respirano dentro di me.
Sono preda di un piccolo mostro.
Impossessata dai miei seducenti ricordi, come fare per uscirne?
Mi trattengono, dannazione. Mi trattengono con una dolcezza irresistibile. Ed al solo pensiero che questi ricordi se ne vadano, che mi abbandonino .. sento qualcosa mancarmi.
È la terra. È la terra che manca sotto ai miei piedi. E con lei se ne andrebbe anche una cellula della mia pelle, un lembo del mio cuore, una parte del miei polmoni, del mio fegato, dei miei capelli. Se ne andrebbe tutto. Se ne andrebbe una parte di me.
Mi sento intrappolata come in un labirinto, dove sono rimasta bloccata ad un bivio, ad un incrocio dove non so decidere che strada prendere. Non so decidere perché la decisione è troppo importante. Se da una parte lo voglio, lo voglio con tutto il mio corpo, con ogni singola parte di me stessa .. l’altra lo rifiuta.
Lo rifiuta perché .. perché fa male.
Perché io potrei farmi male.
Perché qualcuno che mi ama terribilmente ce l’ho già. E ferirlo è troppo .. pericoloso.

Non concludo nulla. E peggio ancora, rimango intrappolata da questi ricordi, da queste sensazioni, da questo sentirmi così .. viva.
Ritorno alle riflessioni fatte precedentemente, e la realtà mi travolge, mi scuote confusamente e mi sveglia dal dolce assopimento in cui ero felicemente caduta.
Sette giorni.
Una settimana.
E nessuna chiamata.
Nessun messaggio.
Niente.
Assolutamente niente.
Le sue ultime parole le ricordo ancora, sono marchiate nella mia mente.

“Ci vediamo dopo, Kris.”
Ma dopotutto, come poterle dimenticare?
Come poter dimenticare la promessa del poterlo rivedere?
Di poterlo rivedere nuovamente?
Di poter vedere ancora e ancora il suo bel viso, i suoi begli occhi, le sue belle mani?
No, certamente non avrei potuto dimenticare quelle splendidi parole. Quella splendida promessa.

Ma dopo quando, Kris? Quanto pensa ancora di poter aspettare?
Non lo so. Non ne ho la più pallida idea.

La risposta arriva prontamente, accompagnata da un candido tocco. Qualcuno bussa alla porta. Chiunque abbia bussato ha fallito nell’impresa di riuscire a svegliarmi da questi pensieri.
Pigramente, mi trascino ad aprire la porta. La pigrizia funge allegoricamente da attrito. Mi sento come se fossi bloccata contemporaneamente da un muro di cemento, invalicabile, e da un vento forte che, sebbene non riesca a spingermi lontano, ha abbastanza violenza per impedirmi di camminare. Così mi ritrovo bloccata. Bloccata in una dolorosa, schifosa situazione.
Apro la porta.
E chi vedo?
Oh, chi vedo?
Chi accidenti vedo?

Chi vedi, Kris?
Lui.
Lui, dannazione.
Lui.
Ora sì, ora sì che mi risveglio completamente dal mio dolce assopimento, altro non è che un meraviglioso sogno. Mi risveglio perché ci sono dentro, dentro fino al collo.
E come in quella sera, che ora non mi sembra più uscita da una magica favola, la bellezza del suo viso, del suo corpo, la bellezza che lui stesso emana mi schiaffeggia in viso. Mi colpisce, si fa nuovamente gioco di me, e mi fa, ancora nuovamente, sua indifesa preda.
La sorpresa mi balza davanti con un agile salto.
Ripensare a quella sera ora mi sembra reale, mi sembra realtà.
Non mi sembra più un sogno.
Non è più un sogno.
È reale.
E lui è qui, davanti a me. Sembra un Dio sceso in terra, tanta è la sua bellezza.
Ammirandolo, una domanda mi sorge spontanea: come può un Dio del genere, perché un Dio effettivamente è .. tenere bada ad una come me? Cosa gliene può minimamente interessare?
La risposta non mi trova. Non so darmi una plausibile, dannata spiegazione ad una simile domanda.
Ma pensando con addirittura un pizzico di invidia alla sua bellezza, i ricordi affiorano con una piega diversa, con sentimenti diversi, trascinati in sette giorni di sua assenza. Sette giorni di nessun segno di vita. Niente.
Forse se lo aspetta da me, si aspetta una qualunque cattiva reazione .. perché i suoi occhi temono, sono bui. Temono qualcosa .. qualcuno. Temono me.
Temono me, temono la mia ira che sta per scoppiare da un momento all’altro. La sento sotto la pelle rosea, sta gongolando, sta trepidando nell’attesa di uscire con la forza di un vulcano.
“Ciao”

Ciao? Ciao è la prima cosa che gli viene in mente da dire? Santo cielo.
“Ciao” Le mie labbra scandiscono una risposta fredda, senza vita. E lui, visibilmente, se ne accorge. I suoi occhi ne rimangono feriti, li vedo. Li vedo dispiacersi, domandarsi tutto e niente. Mettersi in discussione e ritornare sui propri passi a chiedersi cosa abbiano mai fatto di male. Non ci arrivi ancora, Rob?
“Cosa ci fai qua?”
“Mi .. mancavi”
Mi. Mancavi.
Gli mancavo. Due soffici, insostenibili parole che penetrano dalle arterie e gonfiano il mio cuore, che all’istante si fa subito caldo. Un calore talmente forte, talmente inebriante da farmi girare la testa, e incredibilmente capace di farmi sentire frastornata. Due soffici parole che però, inspiegabilmente, mi mostrano con cattiveria la loro parte più dolorosa. Gli mancavo. Ma sette giorni. Sette giorni sono passati, e niente. Perché?
“Non ti sei fatto più sentire”
“Già. Uhm .. dovevo pensare”
“Dovevi pensare? Santo cielo, Robert. A cosa diavolo dovevi pensare? In un’ intera settimana non hai avuto nemmeno il tempo di farmi una telefonata, di mandarmi un messaggio, di farti quantomeno sentire? Hai idea ..” La frase mi si smorza a metà, il fiato mi viene meno. Le parole si incastrano nella mia gola, bramose di uscire, di gridarglielo in faccia tutto l’odio che bolle nel mio sangue. Ma tanto bramose quanto timide, codarde. Il coraggio mi viene meno, non riesco ad emettere nemmeno un suono. La gola mi si fa improvvisamente, inspiegabilmente arida, incapace di proferire parola.
Ma c’è silenzio. Silenzio. Da parte sua silenzio assoluto.
Non parla, non accenna a guardarmi.
Arrabbiata, non resisto all’irrefrenabile impulso di sbattergli con violenza la porta in faccia. È un impulso che formicola tremendamente nelle mie dita, che si espande come veleno nel mio corpo; parte dalle calde punta dei polpastrelli che pulsano dalla voglia di fargli del male e si propaga in tutti i muscoli, in tutte le vene, in tutti gli organi, dispandendosi come un nettare assassino. La voglia di fargli del male, di ferirlo, di causargli qualsiasi tipo di dolore è allucinante: sono assetata di vendetta, con una volontà inimmaginabile desidero ardentemente fargli provare in qualsiasi modo anche solo un pizzico di tutto quel dolore che aveva causato a me in quei infernali sette giorni.
Gli sbatto la porta in faccia, lo mando fuori da casa mia, fuori dalla mia vista. Lo mando fuori assieme alle sue paure, alle sue indecisioni, alle sue sciocche parole. Ma nel momento stesso in cui la mia mano spinge la porta, che gli sbatte con innaturale violenza davanti al viso, sento che qualcosa nel gesto appena fatto è inevitabilmente sbagliato.
Rimango sola in casa, separata dal suo corpo da una porta di legno. Il frastuono che la porta sbattuta ha appena creato ora rende più assordante tutto il silenzio che mi attornia. Mi fa sentire sola, ma soprattutto mi fa sentire male. La sensazione che avevo provato guardando la sua faccia sorpresa nel vedere la mia così infuriata mentre gli chiudevo la porta era .. straziante. E non accenna a diminuire, è ancora qui con me, e malignamente si fa gioco della mia fragile anima, assetata del mio dolore.
“Kris! Kris!
Kris, dai, apri!” La sua voce mi giunge ovattata, la porta evapora le sue parole come acqua.
Non rispondo, mi limito a stare in silenzio, ammutolita dalla situazione in cui mi sono appena incastrata.
Ma lui, con una tenacia inaspettata, insiste, continuando a chiamarmi. Dal momento che non mi occupo di aprirgli la porta o quantomeno di degnarlo di una risposta, sento il cellulare suonare.
Controllo sul display.
È lui. Ancora lui. Sempre lui.
Non resisto più. La necessità di urlargli di sparire, di andarsene immediatamente via, lontano da me si fa insostenibile.
“Vattene! Si può sapere cosa vuoi ancora da me? Per una settimana non ti sei nemmeno degnato di farti sentire! E dopo avermi ridotta così .. pretendi pure che io ti parli, che io ti apra questa stramaledetta porta? Non ti voglio più sentire .. Vattene, dannazione! Vattene!”
La mia scenata, urlata con più fiato avevo in gola, mi svuota tutti i polmoni, e mi rende profondamente esausta. Ma evidentemente colpisce in qualche modo anche lui. Le sue parole infatti non tardano ad arrivare.
“Kris .. Addio.” Sono parole che colpiscono, colpiscono con una violenza inaspettata. Il motivo per cui non gli ho risposto prima della sfuriata non riesco a trovarlo, ma il motivo per cui sento la rabbia crescere dentro di me lo trovo ancora più inspiegabile. Non volevo mi lasciasse stare?

No, in realtà no. Non lo vedi Kris? Sei pazzamente, inaspettatamente innamorata di lui. Ma non te ne accorgi, non te ne vuoi accorgere. Fatti forza, guarda la vita in faccia, esci da questa stanza e corri da lui.
Non so cosa mi spinge a seguire ciecamente le parole che mi rimbombano nella testa.
Non so cosa mi spinge ad aprire la porta, a correre, correre fino a perdere il fiato, e a vedere che è già in macchina, pronto a partire.
Non so cosa mi spinge a non urlare, a non gridare, a non avvertire nessuno quando vedo che mentre fa retromarcia un camion si avvicina.
Non so cosa mi spinge a non morire quando vedo la sua macchina andare in pezzi, colpita furiosamente dal camion che stava venendo nella sua direzione.
Ma so cosa mi spinge ad entrare di corsa in casa, ad afferrare con frenesia il telefono, e a comporre il numero di un’ambulanza.
L’amore. L’amore che provo per lui. L’amore che ho sempre, confusamente, inspiegabilmente soffocato.
Fino a questo momento.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Senso di colpa. ***




Mi scuso per tutto il tempo in cui non mi sono degnata nè di aggiornare, nè di recensire le bellissime storie che tutte voi scrivete.
Posso tentare di giustificarmi? è stato un periodo per me molto difficile.
Ho perso un anno, ho perso le mie amiche, ho perso gran parte di ciò che probabilmente credevo di avere. Ho perso l'occasione di creare forse una storia importante per la mia età, e se mi va bene potrò pensarci solo l'anno prossimo.
Ho perso la voglia di scrivere, poichè una persona mi ha completamente svuotata dalla voglia di continuare. Pensate solo che faccio gli incubi -letteralmente, gli incubi- su di lei ancora adesso.
Ma per fortuna la vita riserba anche cose piacevoli.
D'altronde, tutto passa.

Nel frattempo ringrazio tutti coloro che secoli fa hanno recensito l'ultima storia. Grazie INFINITE. Non sapete quale gioia provo leggendo ciò che scrivete.

Faccio un piccolo riassunto della storia: Kristen e Robert sono i due protagonisti,. Ovviamente sono una innamorato dell'altro, ma è difficile ammetterlo. Intanto Robert se la fa con Kristen senza darle sipegazioni, perlopiù ferendola. Dopo un pò si presenta alla sua porta chiedendole scusa, ma Kristen gli urla letteralmente dietro. Robert fa un incidente e Kristen scopre (guarda caso) di amarlo alla follia e bla bla bla. La seguente scena si svolge in ospedale, con una Kristen un pochino esaurita.

Buona lettura, e non vomitate davanti al pc!



Your Kiss Kills Me When .. Desire!

Capitolo 5

Senso di colpa.



All’interno dell’ambulanza che corre senza sosta sulla strada trafficata di Los Angeles, afferro la mano di Robert che, inerte, si lascia cadere fuori dal lettino su cui è appoggiato. La sua testa è di un colore cremisi, colore che come un fiume si dirama sul braccio sinistro e sul petto. Schegge di vetro sono conficcate .. dappertutto. L’impatto con il camion ha distrutto la sua macchina, ma per fortuna non lui. Deve tenere duro, lui è Robert.
Lui è Robert? Wow che spiegazione avvincente.
Ma sono disturbata?
Ora che me lo chiedi, forse sì.
Perché, perché devo sentire un’ insopportabile vocina nella mia testa anche in questo terribile momento?
Presa dalla disperazione, lacrime bollenti mi offuscano la vista. Le spazzo via, stufa della mia debolezza, con la mano che non stringe quella di Robert. Che si fa sempre più fredda. Che stringerla di più serva a fargli avere una minima parte del mio calore?
Una minima parte che quantomeno mi faccia sentire meno in colpa per ciò che io ho fatto. Per una persona che probabilmente ho distrutto, che amo e che non mi vorrà più vedere.

E per svariati motivi. Dai, Kristen, illustraceli tutti.

Finalmente l’ambulanza arriva urlando all’ospedale. Mi scanso, mentre medici in camice bianco aprono le porte e trasportano di corsa Robert dentro. Gli corro dietro, seguita dagli sguardi di pazienti ignari di ciò che è successo e che mi sta consumando. Lo portano .. in sala operatoria.
Ovviamente, mi lasciano fuori.
E nel frattempo, io aspetto.


Il passare dei minuti, delle ore – ormai il conto è stato perso, agisce su di me come una forza che mi blocca il fiato. I miei polmoni si sentono schiacciati, incapaci di fare respiri profondi perché oppressi dall’agghiacciante senso di colpa che mi sta torturando. Senso di colpa e, ovviamente, paura. Paura di cosa gli succederà, se mai gli succederà qualcosa.
Se mai ci sarà ancora.
Respiro frettolosamente, muovendomi con scatti forsennati su e giù per la sala d’attesa. Sguardi curiosi inseguono i miei movimenti, forse alcuni riconoscono in me quell’ attrice che ha fatto quel film con quel tizio ..
Ma ovviamente non m’importa. Non m’importa di sembrare pazza, anormale. Dopotutto, sono semplicemente fuori di me.
Ogni porta che sbatte mi fa girare in quella direzione, per avvistare qualcuno che mi dica qualcosa, qualsiasi cosa. Ma spesso è solo un paziente, o un’infermiera che, calma, non ha la minima idea del mio tormento.

Delle dita bussano soffici sulla mia spalla.
Sobbalzo, per poi girarmi di scatto, i capelli in disordine, le occhiaie violacee che circondano i miei occhi.
È un medico.
Trattengo il respiro, in attesa di una risposta confortante alla mia domanda silenziosa.
Un debole sorriso di vittoria si tende sul medico; “sta riposando”, sento rispondermi.
Qualcosa di duro, scuro e pesante si scioglie più o meno all’altezza del mio petto. Mi lascio cadere sulla sedia proprio dietro di me. E tiro un sospiro di sollievo, e anche in piccola parte, di liberazione. Ora so che è vivo, che sta bene.

Che non hai ucciso l’uomo che ami.
Tanto meglio.
Sono così sollevata dell’accaduto che assecondo persino quella vocina malata che sibila nella mia testa.
Naturalmente il sollievo è solo momentaneo: e se mi odiasse, dopo tutto quello che gli ho fatto?
Mi lascio consumare per un po’ da questo pensiero, soppesando le svariate possibilità che le risposte a questa domanda possono avere. Stufa e tormentata dalle miei riflessioni, cerco di raccogliere qualche briciola di coraggio che forse mi è rimasta.

Una spiegazione gliela devi, Kristen.
Digli almeno la verità.
Digli davvero tutto.

Per una volta nel corso della tua debole esistenza, hai ragione.

Mi alzo dalla sedia consunta, dirigendomi verso il bancone dell’accoglienza.
“Buonasera.”
Un sorriso in risposta dalla signorina seduta al di là del bancone, in attesa di una mia domanda.
“Vorrei vedere Robert Pattinson, è stato ricoverato qui .. questa sera.”
“Sì, ora controllo”
La osservo sfogliare un fascicolo nero d’inchiostro.
“Signorina?”
Le rivolgo il mio sguardo.
“Allora, secondo piano, stanza 175”
L’infermiera dietro il bancone sente a malapena il flebile grazie che soffia la mia bocca, e che tremando, è scosso dall’agitazione e dalla paura.


Salgo le scale frettolosamente, e quando arrivo al secondo piano ho il fiato corto. Avanzo a passi rapidi, scorrendo il numero delle camere ad uno ad uno.

168

179

170

.. una corsa mi avvicina al numero 174.

175

E qui mi blocco.

Il coraggio, di cui prima sentivo qualche debole palpito, ora scompare definitivamente dal mio corpo, lasciando un piccolo vuoto un po’ troppo assordante per i miei gusti.
Nella mia testa rimbombano come echi le parole della terrificante vocina della mia mente.

Una spiegazione gliela devi, Kristen.
Probabilmente ha ragione. Un minimo di risposte dopo tutto il casino che io ho combinato.
Digli almeno la verità.
Proprio tutto?
Digli davvero tutto.

Tiro un respiro profondo.

Avvicino la mano tremula verso la liscia porta bianca, e spingo.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Paura. ***


Your Kiss Kills Me When .. Desire!

Capitolo 6

Paura.

 

 

 

 

 

Lo vedo immediatamente, disteso sul letto.

Sta riposando, il suo respiro lento e regolare me lo conferma. Avanzo di qualche passo e mi ritrovo davanti a lui. Ha qualche ferita; c’è una benda che gli ricopre la fronte, e parecchi tagli dispersi in gran parte del volto e del collo. Le sue mani sono fasciate da delle bende pulite. Vedere tutto ciò per me non è affatto un bello spettacolo, tutt’altro; mi sento ancor peggio di quanto avessi mai potuto immaginare. I suoi tagli fisici sono lo specchio di tutte le ferite che sento dentro, di tutto quell’odio che sento agitarsi contro me stessa.
Mi soffermo ad osservare qualche particolare del suo volto che mi è sempre piaciuto.
I suoi capelli sono morbidi come sembrano? Allungo una mano, troppo presa dal desiderio di accarezzarglieli da poter essere fermata dalla timidezza. Accarezzandoglieli mi accorgo che sì, sono davvero morbidi come danno a sembrare. Assorta nei miei pensieri, lo vedo aprire gli occhi con un sussulto. È forse .. spaventato? I suoi occhi sembrano rivelare molto più di quanto io in realtà desideri sapere.
“Ehi.”
“Ciao.”

A volte sembri tu quella che è stata quasi appena ammazzata in un incidente, Kristen.
Oh, grazie. Mi raccomando, i tuoi commenti sono sempre graditi.
“Allora..ehm come stai?”

Che domanda sciocca.
“Abbastanza bene, direi.”
Vederlo così.. ferito mi fa troppo dispiacere;  sento le parole incastrate in gola, il fiato debole e stanco.
Ma devo prendere coraggio. Non posso comportarmi da vigliacca, perché non lo sono.
“Robert io…”
“Senti Kristen, non è il caso di scusarsi.” Mi interrompe immediatamente, e così facendo mi rende così difficili le cose, come se non fossero già abbastanza complicate!
“Non è colpa tua, Kristen.”
Non ce la faccio più.
“Oh, e così non sarebbe colpa mia? Di chi credi sia la colpa? È..”
Le parole mi muoiono in gola. Quello che tento di dire è davvero troppo difficile. Mi tormento le mani, cerco di raccogliere qualche parola mentre con gli occhi vago per la
stanza buia.
Un suo sguardo di incoraggiamento mi invita a proseguire il discorso.
“Senti Robert, io non volevo. Mi dispiace per tutto ciò che è successo, mi dispiace per averti ridotto in questo stato.. ma non volevo. Io non ho mai voluto niente di tutto quello che è accaduto.”
I suoi occhi si fanno più cupi, quasi sofferenti. Perché.. perché quell’espressione? Perché mi guarda in quel modo?
“A cosa ti riferisci..?” Mi sussurra.
“A tutto quello che.. voglio dire, a ciò che è successo. A quello che è accaduto fra di noi, non meno di due settimane fa.”  Bene, ho detto tutto.

Quasi tutto, Kristen.
“Non… cosa? Cioè, tu non hai mai voluto nulla? Quello chè è successo… non l’hai mai voluto? Non ti è mai piaciuto?”  I suoi occhi feriti bruciano nell’oscurità della stanza.
So che il loro ricordo mi tormenterà in ogni momento.
“No, forse no.”  Guardo in basso, fisso le mattonelle del pavimento. Mi vergogno troppo per osare guardarlo negli occhi. Ma forse non è solo la vergogna; è qualcosa d’altro, qualcosa che mi rifiuto di provare a pensare perché ne ho troppa paura. La questione si ingigantirebbe, e non è assolutamente quello che voglio. Preferisco lasciar riposare questa cosa nel buio della mia testa, non posso permettermi di correre un simile pericolo. Non posso pensare di rimanerne ferita, non è affatto ciò che mi serve in questo momento. Dopotutto, se non si provano emozioni, non si rischia di rimanerne scottati.
Non lo sento più parlare. Questo mi spinge ad alzare la testa, e a tentare di scoprire a cosa stia pensando. La visione non è affatto consolatoria: i suoi occhi sono spenti, fissi sulle coperte del letto.
Avvicino la mia mano alla sua, ma Robert riprende subito animo.­­­­ Mi fissa con occhi ostili, e allontana subito la sua mano dalla presa della mia.
La sua espressione, i suoi gesti.. fanno male. Mi colpiscono proprio lì, dove c’è il mio cuore.
Ma lo sento! È proprio questo ciò che mi mette in discussione. La vitalità di questo sentimento, seppur così tanto dolorosa, mi ravviva. Mi fa capire, assieme ad uno sguardo di cui non posso ormai più fare a meno, che questo è tutto ciò che voglio. Voglio lui, voglio provare sentimenti. Voglio sentirmi così viva come mi sento ora, seppur nel dolore.
Tutto ciò mi si agita nel petto come un vortice, e sento quasi le vertigini che mi impediscono di rimanere in piedi.

 

Sì, e voglio lui. Voglio solo lui. Lui che mi fa sentire così bene, così male, così talmente piena di emozioni da poter scoppiare!
Ma perché diavolo ho mai pensato di poter rinunciare a lui? Come potevo pensare di non avere l’unica persona per la quale valesse la pena svegliarsi alla mattina? L’unica persona che.. mi fa sentire viva. Ed il pensiero di tutto ciò che gli ho fatto e gli ho detto mi uccide.
E mi lascia un tale disgusto! Oh! Dio solo sa quanto!

Ma Kris.. se ti sforzi bene bene ce la puoi fare, non credi? Puoi.. beh dirgli tutto. Non sarebbe una cattiva idea. Almeno, per quanto riguarda la tua igiene mentale.
Oh, taci. Mi sento così rinvigorita da mettermi a rispondere a quella insopportabile vocina.
Che comunque ha ragione.

 

“Robert, io…”
“Oh, stai zitta. Non voglio più sentirti parlare.”
Qualcosa di grosso e pesante si incastra nella mia pancia e nella mia gola, e qualcos’ altro di pungente sale nei miei occhi. Ci riprovo. “No, senti..”
“Non voglio più vederti. Mi hai capito?”
“No, non capisci! Lasc..”
“Cosa cazzo non capisco, Kristen?!”
“Lasciami parlare. Ti prego.” Prendo la sua mano nelle mie e gliela stringo. “Ti prego.”
Forse incuriosito, forse animato da qualsiasi altra cosa, alza la testa e con gli occhi mi invita a parlare. Non mi sarei aspettata che accettasse di starmi ad ascoltare.
“Robert, io… ho sbagliato tutto.” Con un sorriso di derisione per me stessa, tento di spiegargli tutto.
“Vedi, quello che ho detto prima è vero. Effettivamente io non ho mai voluto che nulla di quello che è successo fosse accaduto.”
I suoi occhi ritornano spenti, sembrano perdere quella debole speranza di cui poco prima erano animati.
“Ma.. non mi fraintendere. Non ho mai voluto che nulla accadesse perché.. beh perché ed essere sincera non volevo provare. Non volevo provare niente. Assolutamente niente. Nessuna emozione; né piacere, né gioia, né passione, se tutto ciò poteva evitare di farmi provare dolore.  Penso che il dolore sia ciò di cui io abbia più paura, forse perché ne ho provato troppo. E certo, paura del dolore.. ma soprattutto paura di perdere.. te.”
Abbasso gli occhi a terra. Bene. Ce l’ho fatta. Gliel’ho detto. E mi sento così… oppressa. Perché?! Non mi dovrei sentire magnificamente libera e serena?
Lui si rianima, i suoi occhi, ora brillanti, mi cercano.
Con una mano calda mi prende per il mento e mi fa alzare il viso per poterlo guardare negli occhi. “Cos’hai detto?”
Il vigore che vedo in lui arriva anche a me, e prendo coraggio per continuare il discorso. “ Voglio dirti che.. ho sempre cercato di allontanarti. Anche adesso, non vedi? Tendo sempre a fare la stessa cosa. Tendo ad allontanarti, per evitare di ferirmi. Ma tutto quello che voglio.. sei tu. Ti ho voluto da sempre, ma non l’ho mai voluto ammettere. Ho lasciato che questo sentimento rimanesse ai margini della mia mente perché non ne volevo tener conto. Non ne volevo sapere di te, perché non volevo soffrire. Volevo evitare in tutti i modi di rischiare di soffrire. Lo so, può essere una cosa stupida, infantile, senza senso..”
“Ecco il termine esatto. Senza senso.” Mi interrompe con un sorriso sulle labbra.
“Sì, senza senso.. ma era l’unica cosa che potevo fare. Mi capisci..?” Mi passo una mano fra i capelli per allentare la tensione che sale e continua a crescere, ma..
Ma un suo sorriso l’annulla. Mi annulla completamente perché mi perdo in esso. Dio, a quanto ho rinunciato finora. L’ho capito solo adesso.

A quanto cavolo ho rinunciato.

 

 

 I suoi occhi, invitanti, mi chiamano a sé.
La sua mano, calda e soffice, mi tira verso di lui.
E la sua bocca rosea, così tremendamente bella da non poter essere concepita da alcuno, è il centro del mio universo, e mi attira a sé.
Ed io, volentieri, accetto.
E scopro quanto possano mai essere morbide le labbra di un uomo.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=323635