Promessa

di PitonTake
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Notte ***
Capitolo 2: *** Fuoco ***
Capitolo 3: *** L'Addestramento ***
Capitolo 4: *** Preparativi ***
Capitolo 5: *** Il Duello ***



Capitolo 1
*** La Notte ***


Avevo fatto un promessa superiore alla mie stesse capacità di intendere e di volere.

Le lacrime finirono di scendere copiose dai bulbi oculari, gli occhi si seccarono e così anche le labbra, il cuore smise di battere e i polmoni di contrarsi e dilatarsi.

Ero lì, in ginocchio come un orientale che chiedeva scusa, mentre vi rivolgevo a Est, era buio, la luna era già più alta degli alberi e io giacevo immobile con viso nobile e fiero.

Gli occhi si estendevano verso la collina, la superavano, spazzarono ogni edificio e nella mente, dopo aver chiuso gli occhi, gli incubi si facevano vivi, vivi peggio della stessa vita, come se essa non fosse già un incubo, che iniziarono a tormentare quei pensieri che cercarono di essere i più positivi possibili, chiusi i pugno, che prima si trovavano aperti sulle cosce, e tutto ad un tratto qualcosa si faceva strana attorno a me.
Il pavimentò venne spazzato via, ma io non precipitai rimasi lì sospeso  mezzaria ancora con gli occhi e il cuore secchi come se qualcosa o qualcuno mi stesse trattenendo. Tutto venne abbattuto, un silenzio prese già la silenziosa nottata ma dopo questo silenzio la luna e le stelle sparirono, la palma alta 20 metri si accese di colpo, come se qualcuno gli avrebbe dato fuoco, ma c’ero solo io lì.

Appena la palma carbonizzata crollò a terra dei corpi grigi e scheletrici ricoperti di lunghi mantelli, tuniche e cappucci neri e blu si misero intorno a me, appena essi si misero in cerchio, esso era largo un sei-sette metri di diametro loro erano in dodici, iniziarono a farfugliare qualcosa in una lingua sconosciuta all’uomo, o forse, al mondo ma dopo che tutti all’unisono dissero qualcosa mi gridarono -Avevi fatto una promessa- allora aprì gli occhi di scatto, rilassai la mani ma nei miei occhi si vedeva ira, e quindi gridai, anche se non volevo farlo –Voi non avete rispettato i patti- e poi loro videro la mia insolenza e dal nulla delle loro maniche uscirono della catene dello stesso colore della pece e tutti e dodici quindi si trovarono riuniti, i loro crani si spaccarono a metà e da centro del loro cranio uscirono altre catene, questa volte verdi come gli aghi freschi di un pino, che crearono una cupola e si il punto di riunione delle catene si trovò sulla mia testa.

Tutto prese fuoco, anche loro, anche le catene nere e verdi, ma non io, le macerie che si erano create le palme e gli alberi diventati carboni, tutto prese fuoco come se qualcuno avesse incendiato tutto in un solo istante, sentivo il calore saliva, dato che ero a circa dieci metri verso l’alto vicino alla Salita per Favollaro, il calore si propagandava ma le Dodici Teste Nere (come scoprii in seguito che si chiamarono) non sembravano curarsi di ciò.

Alla fine vidi che i Dodici si stavano mettendo in posizione e tirarono qualcosa simultaneamente a me, allora svenni e non so più nulla, ma ricordo che stavo dormendo, sognai Papà e altri “Spiriti” che mi ripetevano in continuazione una sola frase mentre loro rigavano attorno ripetevano –Avevi fatto una Promessa! Avevi Promesso!- Lo ripeterono coì tante volte che ho perso anche il conto di esse.
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Fuoco ***


In seguito mi risvegliai, non so bene dove mi trovavo e nemmeno che ore fossano so solo che mi ritrovai in uno prato gigantesco, era un isola, circondata da un fiume o da un mare, non riuscivo a capire le dimensione ma presto dopo essermi svegliato vicino a esso rotolai, non sentivo la forza per alzarmi, e immersi il polpastrello dell’indice nell’acqua, poi succhiai l’acqua e solo ora capii che era un fiume, stranamente quell’acqua mi diede forza e quindi mi alzai, solo ora vidi completamente il luogo che mi circondava...

Ma prima di scrutare il luogo più attentamente guardai il mio risfesso nell’acqua, ero vestito in modo strano, o meglio, strano per chiunque sano di mente, ma dato che io non facevo parte di essi non vidi nulla di strano, ma anzi vidi qualcosa di magnifico, era un kimono, semplice, ma era pur sempre un kimono, non so come io l’abbia avuto, o come io l’abbia indossato, ma ora alzai il volto e vidi tutto ciò che c’era intorno a me.

L’isola, che io poi in seguito chiama l’isola del Fuoco d’Oro, era un cerchio perfetto e la prima cosa che mi attrasse fu il ponte rosso con le basi e gli angoli neri, ma non fu questo a stupirmi, ma l’immenso Shinto Torii che c’era sopra esso. Io avevo visto molti Shinto Torii in foto e li avevo visto o di cemento, o di legno laccato con parti nere e con parti rosse e a volte bianchi, ma esso era spettacolare, e da qui si capisce perché diedi quel curioso nome all’isola, quindi mi avvicinai per osservarlo meglio e nei minimi particolari e vidi che gli occhi non mi avevano ingannato, c’era del verde al posto del rosso e dell’argento al posto del nero, poi guardai in alto e feci due o tre passi indietro e vidi quella parte, di cui non ricordo il nome, in oro, quando di solito era marrone o nera e c’era scritto qualcosa, con inciso fiamma argentea e rossa, mi stupii in grande modo vedendo quella incisione e dallo stupore continuai a fare passi indietro guardando in modo fisso l’immagine.

Qualcuno mi blocco mentre io andavo sempre più indietro, così tanto che senza accorgermene mi ritrovai al centro del prato, e  quel qualcuno mi disse –Ragazzo!- appena mi sentii preso e chiamato mi girai di scatto. Di fronte avevo un uomo sulla settantina con poche rughe e dei capelli bianchi come la neve aveva degli occhi neri e una lieve barba curata, non aveva ne bastoni ne niente si reggeva perfettamente in piedi anche lui aveva un kimono, molto complicato però, indossava anche un hakama, il suo kimono era marrone e verde, mentre l’hakama era di un nero perfetto, le cinque pieghe davanti erano magnifiche e perdi uno o due istanti per goderne la vista.
-Quindi tu sei il nuovo arrivato- esclamò e io risposi con una profonda aria di incertezza –Nuovo arrivato? Mi scusi signore non so dove sono so solo che dodic...- Non riuscii a finire nemmeno la frase che mi disse –Tranquillo tutti abbiamo passato tutto quello che hai passato tu, il Gruppo delle Dodici Teste Nero (Ecco la prima volta che sentii questo nome) ci protegge e in caso che serve aiuto ci porta dei Nuovi Arrivati- appena disse questo mi sorrise, io nell’immediato non capii cosa mi stesse succedendo ma sorrisi comunque –Vieni su!- mi esclamò quindi lo seguii, l’isola era grande e poco dietro al centro dell’isola, cosa prima non avevo visto, c’era una sorta di villaggio, c’era un grande edificio, che sembrava un castello del periodo Edo, che dominava tutto –Devi Sapere che lì risiede il Gruppo, non si fa quasi mai vedere nel villaggio- disse poi entrammo nel paese e molti salutarono l’anziano signore, tutti lo chiamavano O Bushi (Grande Guerriero) e questo forse era il motivo perché era così rispettato, forse un tempo era un soldato o un samurai.

Arrivammo più avanti –Dai è ora di pranzo, questa è casa mia- Era una magnifica abitazione in pieno stile giapponese, pilatri portanti neri e tanta carta di riso, ma dentro era più spettacolare di fuori e quindi continuò –Inginocchiati pure lì dobbiamo parlare ed è meglio che tu mangi- Non fiatai mi inginocchiai al tavolo, mi venne così natura, l’avevo fatto più volte a casa, che nemmeno io potevo credere di essere così “abituato” a tutto ciò, e aspettai, dopo pochi istanti il Dai Bushi mi diede una tazza con del ramen e mi diede delle bacchette –Su mangia- E anche questa volta obbedii senza fiatare e lui iniziò a raccontarmi la storia –Devi sapere che noi tutti, tu compreso, siamo immortali, possiamo morire solo sotto volere delle Dodici Teste Nere solo se i Kami hanno acconsentito, anche se siamo immortali dobbiamo mangiare e fare tutto ciò che facevamo prima di non esserlo, rimaniamo quindi semi vivi, forse per abitudine o forse perché sennò saremmo senza forse.- Qui si interruppe bruscamente –Cosa hai?- Mi chiese –Cosa penserà mia madre?- mi scruto per un attimo o due e poi disse –Cosa dovrebbe pensare? I Dodici hanno distrutto e infiammato il luogo dove eri?- -Si!- risposi –Allora sei sparito dai loro ricordi, sarà come se non fossi mai esistito, ogni tua traccia, anche online, è stata eliminata e si, ora tu per loro non sei mai esistito, tu ora fai parte della nostra comunità, della nostra immortale comunità-

Non sapevo cosa pensare, le bacchette si fermarono e io non sapevo che cosa fosse stato peggio se essere stato dimenticato da tutto il Mondo oppure se fosse stato peggio per mia madre di non vedermi più in casa, ma dopo qualche ora, dopo aver finito di pensare capii che sarebbe stato meglio così, nessuno, di loro, avrebbe sofferto ancora e forse sarebbe stato meglio per tutti così.
 

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Capitolo 3
*** L'Addestramento ***


Finimmo di mangiare e improvvisamente il buio si impadronì del tempo –Tranquillo- Mi disse –Le Dodici Teste Nere quando c’è un nuovo arrivato dopo che esso pranzi fanno cadere la notte per permettergli di riposare, ma bada, qui è notte per poco più di sei ore a giorno- Mi disse sorridendomi come al suo solido –Ti faccio vedere la tua stanza- Mi alzai dal tavolo e lo segui quindi andammo al secondo piano e mi apri la stanza, era fantastica e c’era già il futon sistemato -Lì in quello scompartimento ci sono altri kimoni e lì- dice indicando un altro armadio incassato –ci sono degli hakama blu e neri, indossa quelli che vuoi, ora buona notte hai bisogno di riposo.
Quindi lo salutai e dopo essere entrato chiusi la porta, vidi che c’era un finestrella chiusa e la aprii, era verso est quindi appena sarebbe sorto il sole me ne sarei accorto nell’immediato, quindi mi spogliai e mi misi nel mio nuovo Futon.
I
l giorno seguente appena il sole ascese me ne accorsi come avevo progettato, il sole mi colpi gli occhi e mi alzai, guardai i kimoni disponibili, uno mi colpi, era verde scuro e con dei bordi argentei, lo misi, dopo andai a guadare gli hakama e ne presi uno nero, pensavo che era indifferente, quindi dopo sistemai il mio futon, piegai il kimono di ieri per poi portarlo a lavare e scesi sonno per la colazione.

Dopo aver fatto della colazione con del riso e del natto, forse avevano ragione, ha un sapore e un odore strano, ma col riso e con quella specie di cose che O Bushi ha messo non mi fa troppo schifo, ma penso solo che mi potrà abituare. –Va a conoscere qualcuno lì fuori, vai a ridere e a conoscere- mi dice –Hai due giorni liberi, oggi compreso, dopo di che il tuo allenamento inizierà- ancora portavo il riso e in natto alla bocca mentre ascolto il vecchio –Allenamento? Di cosa si tratta?- chiesi curioso –Guerra! Mangia e va!- mi disse forse con un tono lievemente rabbioso. Dopo finito di mangiare portai le tazze a lavare e uscii dalla casa chiedendo a un uomo sulla cinquantina se avesse visto il vecchio, e qui scoprii che c’era un tempio Shintoista dove lui andava a pregare varie ore al giorno.

Continuai quindi a fare in questi due giorni il nulla quando alla fine mi alzai ed era il terzo giorno, quindi al solito mi misi un nuovo kimono e un hakama, questa volta, blu e dopo aver sistemato tutto scesi a fare colazione e vidi il vecchio pronto con delle armi –Cosa succede..- come al solito non mi fece finire la frase –L’addestramento inizia, magia in fretta che andiamo vicino il ponte- mi disse –Ma non posso sapere nemmeno ora di cosa si tratta?- -A tempo debito ragazzo, a tempo debito- mi disse mentre presi le armi e tutto e lo seguii.

Arrivammo vicino il ponte –Bene posa tutto- mi disse e continuò dicendomi –Siediti pure- come tradizione mi inginocchia, come al solito, prima il ginocchio sinistro poi quello destro, -Bene!- esclamò –Sei pronto! Sai perché i Dodici ti hanno preso?- chiese - No O Bushi, non lo so- gli risposi –Bene te lo dico io, hanno, o meglio, tutti abbiamo bisogno di un nuovo guerriero, come vedi siamo circondati da un fiume, ma oltre il Torii ci sono delle tribù Ainu che ci odio e vogliono ucciderci- stesi in silenzio ascoltando ciò che il vecchio aveva da raccontarmi –Prego varie ore al giorno perché chiedo ai Kami di darci la gioia che essi ci attacchino il più tardi possibile- poi riflettei e chiesi –Ma non siamo immortali?- mi guardò –Vedo che ascolti bene, ma anche loro sono immortali, tutti in questo mondo lo siamo ed è per questo che abbiamo bisogno di un nuovo soldati- -Chi è stato l’ultimo?- chiesi ma senza risposta.

Prima dell’allenamento il vecchio mi spiegò un po’ di cose sul combattimento e dopo un tre o quattro ore si fermò –Qualcosa non va?- gli chiesi, rimase in silenzio tenendo una lancia per le due mani e infine con un sguardo malinconico mi disse –Cosa scegli?- io guardai quinti tutte le armi possibili –Non saprei, come faccio a capire cosa è meglio per me?- -Non preoccuparti sono le armi a scegliere i loro soldati e no il contrario, c’è chi nasce spadaccino, chi fuciliere, chi arciere e così via. Quindi allora cosa scegli?- guardai intensamente quelle lami, la lancia non la volevo, c’era qualcosa che mi faceva pensare che era più ingombrante, arco e balestra nemmeno per sogno, non mi piace stare indietro, c’erano spade di tutti i tipi quando vidi una katana, la mia passione per le katana non era svanita –Posso sfoderarla?- chiesi curioso –Certo!- esclamò contento.

La Katana era magnifica, aveva un fodero argento e verde come il tori, mentre la guardia era formata da un ovale in cui dentro c’era un serpente, mentre l’impugnatura era nera con la pelle di squalo bianca e infine il Sageo era rosso, la estrassi e vidi un incisione un qualcosa dove riconoscevo solo i due kanji di Bushi –Maestro cosa c’è scritto?- senza nemmeno leggerlo –Kasai Bushi- -Cosa vuol dire?- chiesi curioso –Il Fuoco dei guerrieri- -Scelgo!- esclamai –Qualcosa me lo faceva pensare, ai gli occhi pieni di terra e il cuore pieno di fuoco, ogni legame che vuoi istaurare non è sincero e a volte i tuoi sentimenti sciolgono l’acciaio che hai dentro la terra- Mi disse mentre presi la Katana e la stavo mettendo al mio Obi –Cosa fai, niente armatura, non mi dire che non vuoi vedere la tua armatura- Sorpreso lo guardai, e dietro di lui si materializzò un armatura giapponese –Ma maestro, farò l’allenamento con quella?- chiesi –No! Certo che no volevo solo farti vedere la tua futura ricompensa per i futuri tempi di guerra- Disse sorridendo, mentre io feci un inchino e  guardai attentamente l’armatura, era completamente nera, era straordinaria.

-Bene andiamo al villaggio, metti la Katana nell’Obi, dobbiamo iniziare l’allenamento- Quindi feci come mi disse e lo seguii, per un istante mi guardai dietro e tutto ciò che era lì scomparse tranne la lancia e prima di arrivare al villaggio chiesi –O Bushi! La Yari non è scomparsa- gli dissi e lui di scatto si voltò –Giusto, ora proseguiamo- Non dissi più una parola fino quando non mi portò in piazza –Usa questo- Mi lanciò un bokuto –Avanti attacca- Non sapevo cosa fare e non volevo fare nulla –Non posso Sensei- Esclamai –Pazzo- quindi attaccò lui per primo e quasi mi colpii, capii allora che l’addestramento iniziò e quindi cercai di parare tutto e cercai di contrattaccare, ma dopo circa un quarto d’ora mi colpi e caddi a terra. Provammo per 3 o 4 volte e poi la notte si fece alta –E’ ora di cena, forza abbiamo fatto abbastanza per oggi- cenammo e l’allenamento durò parecchi mesi, non avevamo calendari, noi non contavamo il tempo come i mortali, ma li contavamo in base alla nostra data di arrivo e in base alle stagioni.

Ricordo che quando arrivai io era la tarda primavera, i ciliegi espellevano i loro fiori per produrre le ciliegie e ora so che sono passati ben tre anni e so che il mio Addestramento è finito.
 
 
 

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Capitolo 4
*** Preparativi ***


Erano ormai passati innumerevoli primavere, estate autunni e inverni ed io ero ancora lì, anche se il mio addestramento era finito andavo ad allenarmi ora dopo ora, giorno dopo giorno, stagione dopo stagione, anno dopo anno, epoca dopo epoca.

Dopo la conclusione del mio addestramento non mi era stata data la possibilità di indossare la mia armatura, non la potevo indossare da solo, era troppo complicato per una sola persona e inoltre non sapevo come fare.

Durante un giorno che mi stavo allenando vicino allo Shinto Torii un uomo a cavallo, sembrava come un discendente Mongolo sorpasso il ponte, rinfoderai la spada prima che potesse prenderla come minaccia e quindi come guerra, e prima di scendere prese da sotto la sella un pezzo di carne e lo mangio, era stato una scena orribile, vedere quell’uomo cercare sotto la sella un pezzo di carne e poi prenderla, era palesemente cruda ma esso la mangiò con molto gusto e dopo aver mangiato si rivolse a me –Chi sei?- mi guardò con aria sospetta –Il nuovo Bushi del villaggio- gli risposi tranquillo mentre mesi la mano destra sopra l’impugnatura della katana –Bene- disse con una faccia troppo sorridente –Preparati, tra qualche giorno ci sarà la sfida- ora il suo sguardo diventò di sfida –Prima dimmi il tuo nome- dissi prima che potesse andarsene –Bat- disse con un tono spregevole –Nella tua lingua vuol dire forte, ora che sai il mio nome tu devi darmi il tuo- Non mi era stato dato un nome dentro la comunità –Non ho un nome, come non ho più un anima- appena dissi questo il suo cavallo si spaventò e scapparono assieme molto veloci e spaventati.

Mi era venuto in mente che sarei dovuto andare al villaggio per parlare con i tre grandi anziani, con i ventiquattro  consigliari tra cui c’era O Bushi. Ma nello stesso momento che stavo per andare quattro figure apparvero dal cielo, con sopra di loro le Dodici Teste Nere, vedendole mi avvicinai, loro si voltarono tutte verso di me, e io feci un inchino da inginocchiato –Bene- dissero assieme come era usanza tra di loro –Sei diventato un Bushi, ma privo di nome e con grande onore- dissero –Ma non siamo qui per te! Guarda questi quattro, prendili e portali al O Bushi e dopo vai dagli anziani a farti dare un nome- appena finirono di parlare svanirono e io mi alzai e aiutai ad alzare anche i quattro che con mio stupore erano tutte ragazze tra gli otto e i sedici anni, -Benvenute nell’Isola del Fuoco Dolce- dissi –Seguitemi vi porterò a chi vi inizierà in questa nuova vita, ricordatevi che da oggi ora voi non avete un nome, non siete più nulla, dovete solo ascoltare stando zitte- Fui severo con loro, più di quanto fosse stato necessario.

Mentre ci dirigevamo verso il villaggio mi venne in mente come passai la mia prima settima, il tempo di costruire la mia nuova dimora, quella mia nuova piccola casetta in legno scuro e con i divisori in carta di riso, mentre ricordo ancora l’immensa casa di Dai Bushi, ma non ho malincuore, la mia dimora è sufficiente per me e per le mie abitudini.

Arrivammo alla dimora del vecchio e bussai –Avanti!- mi dissero, ma non era la sua voce –Entrate dopo di me- dissi dopo aprii il divisore in legno di pino e acero e rimase aperto fin quando l’ultima ad entrare non lo chiuse –Grande anziano!- esclamai dopo e mi inchinai profondamente e le ragazze fecero lo stesso –E’ successo qualcosa?- chiesi –No stavamo parlando di te Bushi e del fatto che sei da molto qui e non hai ancora un nome- si arrestò per qualche attimo –Chi sono loro?- chiese –Nuove arrivate- dissi mi capii al volo –Bene, a te ti spetta venire al consiglio, Bushi, diciamo tra due ore in piazza- lo ascoltai –Come desidera mio Signore!- gli risposi –Resta a parlare con O Bushi- Dicendo questo lui se ne andò e dopo qualche istante comparse O Bushi –Buon giorno- e gli presentai le ragazze –Gradisci del Matcha?- -Si molto volentieri- Quindi dopo ci siamo messi a parlare e mi disse che le ragazze saranno educate da altre donne e non da lui ma lui le avrebbe prese in seguito come domestiche –Si è fatto tardi O Bushi, devo andare al consiglio degli anziani per farmi dare il nome- dichiarai –Va, e ricorda, tu ora verrai chiamato con quel nome e tutto ciò che è stato in queste terre- Le ragazze stesero in disparte, poi mi alzai e andai in piazza.

In piazza si era creata molta confusione, tutti nel villaggio sapevano ora che mi sarebbe stato assegnato un altro nome. Appena mi videro crearono un passaggio per farmi passare, ovviamente avevo la katana alla cintura ed ancora non avevo parlato del mongolo a nessuno, quindi percorsi il corridoio di gente e mi inchinai profondamente e poi mi inginocchia al Consiglio degli Anziani con i consiglieri -Ormai è passato molto tempo da quanto sei arrivato, abbastanza per farci osservare la tue indole e i tuoi elementi, abbastanza da farci vedere cosa tu sei e cosa sei per noi, prima non ti chiamavamo, ti avevano dato l’appellativo di Burai to Bushi, il servo del guerriero, poi ti abbiamo dato il nome appellativo di Bushi, ma non potrai rimanere nella storia di questo villaggio con un simili appellativo. Quindi il Consiglio degli Anziani dell’Isola del Fuoco Dolce ti ha assegnato un nome, tu da oggi sei Seikan Hideki, questo perché tu sei una splendida opportunità per il casato del fuoco, non conosciamo le tue origini, come infondo nessuno riconosce le proprie, quindi questo Consiglio  ti ha dato Seikan come tuo nuovo cognome e questo Casato di Fuoco sarà il tuo casato, sarà il Casato dove tu sei il Capo Genite- per un attimo si arresto, io ero ancora in ginocchio –Buona fortuna- quindi tutto il consiglio, io e tutta la popolazione facemmo il saluto  in ginocchio –C’è qualcosa che non va Hideki san- mi chiese –Un mongolo oggi ha passato lo Shinto Torii- appena pronuncia queste parole la gente fece un passo indietro e il consiglio fu sbalordito –Si chiama Bat, il forte, mi ha detto che fra qualche giorno ci sarà la sfida...- prima che potessi finire di parlare –E quindi devi prepararti!- esclamò –Si!- risposi –Bene allora, uno dei nuovi arrivi durante e dopo il loro insegnamento sarà tua e ti aiuterà nell’indossare l’armatura così che durante la sfida potrai indossarla e uccidere il mongolo per fare onore a te, al tuo casato e a questo villaggio. Il consiglio vieni chiuso!- Disse e così la folla che era prima in piazza sparì e io tornai alla mia dimora, mi sfamai scrissi la poesia della morte, come mi era stato consigliato dai saggi, e andai a letto presto.

Ci furono quattro giornate intense per me, le passai tutto il tempo a pregare al Tempio Shinto e allo Shinto Torri e ad allenarmi con la katana, ma il quinto giorno il Dai Bushi venne nel luogo dove mi allenavo e mi chiese di fermarmi per parlare con lui a casa sua, quindi ci avviammo alla sua residenza per parlare –Non hai scelto ancora il nuovo arrivo, devi dircelo, l’educatrice ha bisogno di saperlo per insegnarli come farti indossare l’armatura, è compito di una donna- mi disse, e mentre bevevo il matcha e pensavo quale delle ragazze sarebbe stata la migliore per ricoprire questo ruolo –O Bushi, può riferire all’educatrice che la più grande dei nuovi arrivi sarà la mia domestica- dissi sicuro, nelle mie parole non c’era incertezza e questo il vecchio l’ho capì –Bene, scusa se ti ho rubato del tempo, gradisci alto matcha o del sakè?- sorrisi –Nessun tempo rubato, del sakè Domo Arigato- risposi.

Anche il quinto giorno finì e l’indomani la ragazza, con l’educatrice, venne di buon ora nella mia  machiya e mi io le feci accomodare –Voglio che vi dimostri cosa sa fare Seikan Hideki!- esclamò la donna –Bene- allora dissi serio, era la prova decisiva per la ragazza –Fai la cerimonia del Matcha- gli dissi –Troverai tutto nella stanza alle mie spalle- quindi la ragazza, in modo svelto, andò in cucina e iniziò a preparare tutto –Vi assicuro che gli ho insegnato tutto ciò che sarà  necessario per la battaglia e per la casa..- la interruppi con un gesto della mano –Signora Atsuko so come voi educate le ragazze- dissi in un primo momento –Se rimarrò vivo dopo la battaglia la ragazza comunque continuerà a venire nella vostra machiya per imparare il seguito, a me per ora importa che mi sappia mettere l’armatura- la donna stese in silenzio mentre la ragazza venne per iniziare la cerimonia del tè verde giapponese e così fu, fece tutto con ottima mano e me lo servì, e io lo bevvi –Ottimo- dissi mentre in un attimo la porta si apri –Hideki san, Hideki san- qualcuno ripete –Entrate pure- era la figlia maggiore del capo degli anziani –Il mongolo è arrivato- riflettei –Bene andrò a fargli visita immediatamente-

Andai quindi dove si trovava –Benvenuti Mongoli nelle Terre del Fuoco Dolce- e feci un inchino, appena lo feci il capo del mongoli con lo sfidante e tutti i mongoli scesero dal cavallo e si inchinarono anch’essi, mi  sembrò strano dato che non fa parte della loro cultura –Potete montare le vostre case qui, domani mattina, se per voi va bene, verrò e vi poterò in piazza dove il combattimento si svolgerà –Preferiamo che si svolga qui- sorrisi –Bene allora farò venire qualcuno qui..- e solo ad allora vidi che c’era già tutto il consiglio pronto a sentire le mie parole -.. per fare montare il mio spogliatoio- affermai –Bene- mi disse –Bene- io risposi, quindi tornai a casa e dormii molto.

Il giorno si avventò su di me e la ragazza mi sveglio –Hideki san si svegli- mi sveglia nell’immediato –Bene, la colazione è pronta?- domandai –Si mio signore- quindi la feci andare sotto ma prima che usci dalla stanza –Prepara il mio Kimono da battaglia e l’armatura- gli ordinai, ma con aria gentile –Hai!- mi rispose solamente, quindi andai a fare colazione –Il kimono, l’armatura la indosseremo la- quindi con eleganza, pazienza e delicatezza la ragazza mi mise il kimono da battaglia e il daito lo indossai da solo dato che, come la tradizione comanda, esso stava accanto alla mia trapunta. Quindi appena uscito dalla mia dimora c’era tutto il villaggio che mi aspettava e senza dire una parola due uomini presero le parti dell’armatura, il capo villaggio stava vicino a me ma mezzo passo indietro, la ragazza due passi dietro di me, mentre Dai Bushi alla mia sinistra ma un passo dietro, gli Uomini con l’armatura  erano assieme un passo corto dietro me e un passo avanti la ragazza, quindi tutti ci incamminammo ai mongoli.

I nostri musicisti suonavano, ma anche i loro, quindi decidemmo di fare l’incontro senza musica, quindi dopo aver fatto i saluti e i doni andammo andai a mettere l’armatura, e lui la sua, alla ragazza tremavano le gambe e le mani, aveva i piedi nelle calze dentro i sandali, mentre aveva decido di indossare un kimono modesto per quel giorno.
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** Il Duello ***


Entrambi indossammo le nostre armature, esse erano molto diverse tra loro, io indossavo sotto il kimono da battaglia e sopra esso la O Yoroi, essa aveva varie parti, per primo il Kabuto, ciò che in occidente sarebbe stato chiamato elmo, esso era composto in lamine di ferro laccato nero unito da fettucce di seta blu, davanti avevo un maedate in acciaio cuoio nero che funge da frontiera, unita con lacci di seta era la Maschera, chiamata Somen, in cuoio laccato, esso aveva anche il Barbozzo, ovvero la protezione per il collo, era composto da grosse lamine in ferro con legature in seta verde, il Somen mi ricopriva totalmente la faccia, si dice che nei Somen si racchiudesse l’anima di demoni o di barbari guerrieri, questo per intimorire il nemico che si avesse di fronte, l’armatura era completa e c’erano anche delle particolari spalliere, chiamate Sode, esso non ricopriva solo la spalla ma anche tutto il braccio, agganciato al resto del busto ed era formato da larghe lamine che veniva legate con fettuccine di seta laccate che in fine formavano un grosso rettangolo, sotto i Sode si trovava la protezione per gli avambracci, ovvero i Kote, formati da una base in stoffa pesante e corazzate con lamine di cuoi nero e ferro, inoltre aveva una piccola parte che proteggeva la mano, essa era sempre fatto di metallo laccato, e il Kote è la prima parte che tradizionalmente si chiama Sangu, ora viene la “corazza” essa era la parte più difficile da produrre e ci lavoravano tre diverse professione, fabbri, laccatore e produttori di stoffa, essa perché è l’insieme di piccolissime scaglie e lamine in ferro che in seguito venivano legati con stoffa o seta e infine laccata, nero e verde qui si riunivano per creare la perfezione, questa parte viene chiamata Dou, inoltre tutto era “appoggiato” su un unico pezzo di cuoio laccato, al Dou veniva agganciata la parte che difende il ventre, il Kusazuri, esso era composto da vari rettangoli ovalizzati, ovviamente formati da lamine e seta, che venivano legati tra di loro e poi agganciati al Dou tramite seta o stoffa, la seconda parte del Sangu è formata dal Haidate, ovvero la parte protettiva della coscia, esso era come un grembiule diviso a metà formato da osso di balena e seta verde, l’ultima parte dell’armatura e del Sangu è la parte protettiva della gamba, composta da tre lamine di ferro rivettate tra loro, essi si chiamano Suneate, sono in fine messi su un supporto in cuoio laccato e sotto di esse dovetti indossare una specie di calza chiamata  Kiahan. Inoltre assieme a me legati alla cintura c’erano due foderi, uno per la Katana e l’altro per la Wakizashi.

Mentre il mongolo indossava un lungo e unico pezzo, che verso il ventre si divideva in due, ed esso era rinforzato con una armatura lamellata in ferro, mi sembrò, aveva infine degli stivali e dei pantaloni, mi incuriosì il suo elmo, era un pezzo unico che copriva anche le guance ed al di sopra di esso c’era una sorta di pennacchio, ma era moscio, era fatto sicuramente con le crine di cavallo, e portava con se un piccolo scudo rotondo in ferro e una scimitarra molto curva.
Per la prima volta vidi in tutti questi anni di vita in questo Nuovo Mondo che le nubi si addensarono sopra l’Isola e iniziò a piovere, questo era un brutto presagio, noi sfoderammo le lame, i musicisti e tutti si misero sotto delle impalcature per non venire travolti dalla pioggia e le Dodici Teste Nere fecero la loro apparizione.
I tamburi di ambo i clan iniziarono a risuonare nell’aria e la pioggia si accumulava sulle impalcature mentre scivolava sulle nostre armature, eravamo entrambi pronti, le Dodici Teste nere si sedettero su grandi sedie nero e argento, tranne uno che si sedette su un verde e rossa.

Il mongolo teneva alto lo scudo la scimitarra dietra di esso, era pronto a parare e contrattaccare, si avvicinava furtivo, la mia guarda era media, e invece di rimanere fermo andai verso destro, esso mi seguì, cambiando completamente traiettoria, feci uno scatto verso destra rapido, e lui seguì quel movimento con lo scudo e rapido si apprestava ad attaccare, mentre io con movimento felino e rapido andavo a sinistra, lui si sbilanciò troppo ed io con la parte ricurva della Katana lo colpì all’elmo, esso per la violenza volò e una lieve ferita avevo provocato al mongolo nella parte dietro della testa, tutti in quel momento si alzarono stupiti, compresi i Dodici, il mongolo vedendo quella scena venne di peso dalla mia di parte e a quel momento io capii che il duello ero realmente iniziato.

La pioggia continuò frenetica e abbondante, mi venne in contro con quello suo stupido scuso parato in avanti, la sua scimitarra era più corta della mia catana, e il suo braccio molto più corto del mio, avevo calcolato che avevo mezzo metro all’incirca di vantaggio, eravamo in giusta posizione, lui avanzava e capii che la distanza tra noi era circa di sessanta o settanta centimetri, quindi rapido, come prima, feci un passo comune e con forza andai a fare un colpo laterale contro il suo scudo, per sbilanciarlo, mentre stavo per arrivare veci un altro passo in avanti, tutto il mio peso e il suo cadde su se stesso e si sbilanciò molto, in fine, dato che la distanza era quella propizia, gettai un calcio veloce a spinta contro il suo scudo, esso cadde in dietro con la schiena sul verde prato, si alzo lentamente, mentre io andai indietro di mezza dozzina di metri era abbastanza infuriato, e usò il suo il suo scudo circolare come un frisbee d’acciaio, fui molto attento a come lo tirò, cercai di tenere lo sguardo verso quel basso uomo, il frisbee prese una parabola strana ed andrò in un'altra direzione colpendo l’impalcatura dove c’erano i musicisti mongoli, infatti per qualche istante i tamburi mongoli stesero in silenzio.

Dopo qualche istante vidi quell’esserino correre a tutta velocità verso di me e questo lo portava a essere vulnerabile ai miei attacchi, infatti appena are abbastanza vicino feci un affondo, che lui parò in ritardo, infatti sulla sua armatura si tranciarono alcune file di rinforzo d’acciaio dato che la katana gliela lascai trascinare, ma al giusto momento la innalzai al cielo e mi spostai sulla destra e in un colpo secco e deciso gli tranciai di netto il capo, mentre la testa cadde immobile all’istante il corpo stese qualche istante a riflettere se cadere o no, ma poi dato che senza cervello non poteva stare in piedi cadde come sasso cade, ma tanto rozzo e mal sbilanciato era il corpo  che non cadde diritto e perpendicolare o in avanti, ma indietro, e questo per i Giapponesi era disonore per il clan nemico. Appena il Capo Clan mongolo e tutti videro i tamburi mongoli finirono di suonare, il cielo stava soffiando un buon vento e le nubi si diradarono rapide, le Dodici Teste Nere si alzarono e si avvicinavano e tutti i mongoli, compresi i musicisti si alzarono dalle sedie che avevano sotto l’impalcatura e così fecero anche chi stava nel Villaggio e infine i mongoli si inginocchiarono e si prostrarono, in quel momento non sapevo come avessi fatto a sopravvivere  al quell’incontro, lui si chiamava forse, ma era realmente forte? Dopo che i mongoli si prostrarono i Neri si dileguarono.
 
 
 

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