Space Oddity

di 5sofstvles
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Lista capitoli:
Capitolo 2: *** 1- I want to break free ***
Capitolo 3: *** 2-Polaroid ***
Capitolo 3: *** 3. What's going on? ***
Capitolo 4: *** 4. I'm never gonna look back ***



Capitolo 2
*** 1- I want to break free ***


Questa non è una storia d'amore. Questa è una storia che parla di amore.
Louis sorrise guardando un'ultima volta il soffitto bianco della sua stanza; era sua abitudine distendersi sul letto e passare anche intere ore a guardare quel soffitto e pensare: pensare a tutto ciò che riguarda la sua vita e i suoi amici, pensare a cose più serie così come alle cose più stupide. Il giovane artista sorrise ripensando a tutto il tempo che trascorse in quella stanza, a tutte le speranze morte in quella stanza e tutti quei sogni che erano nati nello stesso luogo; sospirò per poi sedersi sul letto e scendere da questo. Guardò la sveglia che teneva vicino al suo comodino e sospirò nuovamente capendo che ormai era giunto il momento di salutare quella casa che l'aveva cresciuto per iniziare una nuova vita: una nuova vita all'insegna dell'arte, una nuova vita che avrebbe vissuto in pieno. Decise di spegnere il telefono prima di infilarlo nella tasca posteriore dei pantaloni: l'artista sapeva che avrebbe potuto cambiare idea facilmente se solo qualcuno l'avesse pregato di non farlo e per questo motivo decise di mantenere il silenzio fino a quel momento e di non guardare il cellulare fino a quando non sarebbe stato troppo lontano per tornare. Prese lo zaino in cui aveva posto alcune magliette, il suo laptop senza il quale non si sarebbe mai spostato, un album da disegno e altri oggetti che gli sarebbero potuti servire per i primi giorni di quella sua nuova vita; Louis aveva intenzione di ricominciare da capo e sicuramente non avrebbe mai potuto ricominciare continuando a portare con sé degli oggetti che lo legavano al passato. Prima di uscire da quella stanza che lo vide crescere, da quella stanza che fu il suo nascondiglio, da quella stanza che lo accolse in ogni momento, si guardò nuovamente intorno e prese tra le mani quella lettera che avrebbe dovuto consegnare alla sua famiglia; quando la sua mano nivea toccò la carta ruvida della busta che teneva fra le mani un brivido attraversò la schiena del giovane artista. Quella non era una stupida busta, quella era la busta che avrebbe cambiato la sua giovane vita; quella busta conteneva quella lettera che segnava il ponte tra la vita monotona del giovane artista e la sua nuova vita, quella busta conteneva tutti i sogni del giovane artista e soprattutto conteneva la sua speranza e la sua felicità. Louis sospirò per la terza volta prima di aprire quella porta di legno e uscire dalla sua stanza: lui sapeva che una volta aperta quella porta non sarebbe potuto tornare indietro, non sarebbe potuto tornare indietro perché avrebbe vissuto col rimorso di non aver avuto il coraggio di far quel salto che l'avrebbe diviso dal suo passato e che l'avrebbe aiutato a crescere e lui era pronto a fare quel salto anche se non ne era del tutto convinto. Posò la mano sul pomello dorato, deglutì per poi spingere questo lentamente in modo da permettere alla porta di aprirsi. Il ragazzo decise di uscire velocemente da quella casa senza far rumore e senza dar un ultimo saluto ai suo familiari: sapeva che se li avesse rivisti, anche mentre dormivano, avrebbe sentito un drappo al cuore e non avrebbe avuto il coraggio di lasciarli per inseguire i suoi sogni. Louis sapeva di star sbagliando nei loro confronti ma sapeva anche che i suoi genitori l'avrebbero compreso: perché, diciamocelo, quali genitori si arrabbierebbe col proprio figlio se questo cerca la sua felicità? L'artista dunque scese velocemente le scale per poi raggiungere la porta d'ingresso; guardò quella porta e pensò "ora o mai più, Lou" e dopo ciò non ci volle molto tempo ad aprire con delicatezza la grande porta e chiudersela poco dopo alle spalle. L'aria fredda, pungente e frizzantina di una Londra dormiente inizio a solleticare il volto niveo del ragazzo che era rimasto scoperto dal cappuccio della sua felpa e successivamente abbracciò il corpo dell'artista provocando nuovamente dei brividi lungo la schiena; il ragazzo si strinse nella felpa che aveva indossato poco prima di uscire da quella che era stata la sua casa fin da quando era piccolo. Guardò nuovamente la busta che teneva tra le mani e dopo qualche secondo in cui il suo sguardo azzurro si posò su questa, come se volesse scrutare qualche imperfezione, mise la lettera nella casetta della posta; ormai era troppo tardi per tornare indietro e Louis lo sapeva, così il ragazzo nascose le mani nella tasca della felpa ed uscì dal vialetto di casa sua. La città era avvolta dal buio, dalla calma e dal silenzio; Louis aveva sempre amato la notte per questo motivo: gli piaceva vedere come quella città caotica in poche ore poteva cambiare aspetto diventando una città opposta alla Londra amata e apprezzata dai turisti. Per ogni passo che il giovane artista faceva, sentiva il suo cuore sempre più leggero ma la sua mente sempre più pesante: iniziò a chiedersi se fosse giusto lasciare tutti in questo modo, iniziò a domandarsi se la sua famiglia l'avrebbe supportato realmente o meno, iniziò a chiedersi se quella fosse effettivamente una pazzia o qualcosa di più utile; Louis era fatto così: aveva così tanti propositi ma appena cercava di farne avverare anche uno stupido, il suo cervello iniziava a porsi così tante domande fino a quando Louis si pentiva di aver deciso di mettersi in gioco ma questa volta era diverso, questa volta sapeva di non poter tornare indietro. Il giovane artista decise, dunque, di raggiungere il parco della sua città e successivamente lasciare questa: quel parco aveva avuto un ruolo importante nella vita di Louis e lui non poteva dire addio a quella città senza prima passare per l'ultima volta da quel luogo. Il parco non distava molto dall'abitazione del giovane e lui impiegò pochi minuti a raggiungere la meta tanto desiderata; il parco era vuoto e Louis non si stupì di ciò visto che non era la prima volta che visitava quel luogo durante la notte. Iniziò a percorrere quel parco per vari metri alla ricerca di una panchina, non perché al parco ci fosse una sola panchina o perché queste fossero poche, ma perché Louis doveva andare nella sua panchina. La sua panchina era il secondo luogo preferito da Louis: era una panchina rossa che si trovava nel punto più alto del parco e dalla quale si poteva osservare la città e la gente che dava le varie sfumature a questa. Quel luogo era magico per Louis: era magico perché gli aveva sempre dato l'ispirazione giusta, era magico perché riusciva a vedere la sua città pur non essendo dentro questa, era magico perché l'aveva visto crescere, era magico perché era conosciuta da poche persone e quindi lontana dagli schiamazzi dei bambini che visitavano il parco, era magico perché lui andava lì per osservare l'alba e come una magia vedeva la città svegliarsi ma soprattutto era magico perché lì conobbe la ragazza che per Louis aveva significato così tanto nella sua vita. Il giovane artista sorrise non appena raggiunse quel luogo: si sfilò lo zaino dallo spalle per poi poggiarlo ai piedi della panchina che l'avrebbe sorretto per l'ultima volta; lui si sedette portando le gambe al petto per poi cercare nella tasca della felpa il suo pacchetto di sigarette. Louis aveva sempre detto di non apprezzare il fumo ma quando le cose iniziarono a diventare difficili per lui, il ragazzo si lasciò andare a quel vizio: sapeva di sbagliare ma come poteva essere così nociva qualcosa che lo faceva sentire vivo? Con molta cura uscì il pacchetto dalla tasca della felpa per poi aprirlo e prendere da questo una sigaretta e il suo amato clipper; il ragazzo sollevò, successivamente, quella sigaretta per portarsela sulle sue labbra rosee e subito dopo averla accesa aspirò per poi buttare il fumo fuori. Quel gesto poteva sembrare così banale davanti gli occhi di qualche osservatore esterno ma per Louis non lo era: il giovane scrittore aveva la sensazione di cacciare fuori di sé tutti i pensieri che continuavo a torturarlo, aveva la sensazione di allontanarsi da quel passato che l'aveva fatto diventare quel Louis che è ancora oggi; quel gesto non era così banale ma era un momento che Louis si concedeva per stare bene. Lo sguardo del ragazzo fu fisso verso la città ancora dormiente mentre la sigaretta ardeva lentamente tra le sue labbra; una volta che questa si consumò, il ragazzo la spense per poi gettarla ai suoi piedi e pestarla un'altra volta per essere sicuro di averla spenta. Adesso era giunto il momento e Louis doveva cogliere l'opportunità che la vita gli stava concedendo; a malincuore l'artista si alzò dalla panchina, posizionò lo zaino sulle sua spalle e iniziò a camminare verso la stazione dei bus. Non ci volle molto prima di raggiungerla e quando vide che la navetta che l'avrebbe portato all'aeroporto stava per partire, il ragazzo si guardò nuovamente le spalle per poi iniziare a correre e salire su quella navetta. Ormai Louis aveva deciso: ormai non poteva più cambiare idea, ormai aveva deciso di fare quel salto e di chiuder con quel passato che l'aveva fatto stare fin troppo male. Prese il primo posto che trovò, mise il fedele zaino tra le gambe e soltanto appena vide che la navetta si allontanava dalla sua città in direzione dell'aeroporto, lui sorrise. Sorrise perché sapeva che quello sarebbe stato un nuovo inizio.
Il giovane artista posizionò il suo sguardo gelido sulla campagna che si muoveva velocemente sotto quest’ultimo: Louis aveva sempre amato fare lunghi viaggi in macchina e osservare il paesaggio che sotto i suoi occhi cambiava velocemente la forma mostrando le distese verdi e tutte le volte che quello spettacolo si mostrava ai suoi occhi, il desiderio dell’artista era quello di uscire da quella macchina per poi correre in una di quelle grandi distese verdi e iniziare ad osservare il mondo intorno a lui. Louis aveva sempre apprezzato la natura e i colori presenti in essa: adorava guardare le albe e i tramonti perché, a suo parere, quei colori si incastonavano tra loro in un maniera così perfetta che avrebbero lasciato chiunque senza parole, adorava distendersi e cominciare ad osservare il cielo fin quando non sentiva un brivido percorrere il suo esile corpo. Un brivido provocato dall’idea che noi siamo così piccoli in confronto all’universo e che siamo quasi inutili se veniamo paragonati a tutto ciò che ci circonda; Louis aveva sempre adorato tutto ciò che la natura poteva offrire e molto spesso era anche triste del fatto che molte persone hanno perso la capacità di rimanere stupiti davanti tali piccoli miracoli. Il filo conduttore dei suoi pensieri sul mondo e sulla natura fu bruscamente interrotta dalla voce di un uomo che avvisava i passeggeri, ovvero Louis e una coppia di giovani innamorati, che avevano raggiunto il luogo desiderato. Louis odiava quando qualcuno doveva interrompere il corso dei suoi pensieri: era solito riuscire ad isolarsi dalla realtà per compiere viaggi metaforici e nei quali si sentiva realmente vivo; ed era proprio così: ogni volta che Louis iniziava a scrivere o a pensare riusciva ad isolarsi così tanto dalla realtà che, non appena veniva riportato bruscamente in questa, si sentiva rinato. 
Il giovane ragazzo prese nuovamente il suo zaino, che in quelle poche ore aveva sfilato diverse volte dalle sue spalle per poggiarlo vicino a sé, e lo posò delicatamente su una spalla. Scese velocemente dalla navetta, non tanto per sua volontà ma soprattutto perché il conducente stava iniziando a sbraitare contro di lui, e con passi veloci raggiunse l’entrata principale dell’aeroporto. Ormai mancava così poco e Louis era sempre più orgoglioso perché non avrebbe dovuto più posticipare la sua felicità, perché si, quel viaggio significa la sua felicità. Le grandi porte scorrevoli si aprirono davanti la sagoma del giovane e dopo che questo prese un grande respiro entrò nell’aeroporto con un fare sicuro: un atteggiamento che non si sarebbe mai collegato al nostro artista. Non appena la sua figura esile fu dentro il luogo tanto desiderato, il corpo dell’artista fu abbracciato da alcune note musicali e la voce di Freddie Mercury entrò a contatto con le orecchie del giovane artista che iniziò a sorridere per via delle sensazioni che quell’artista riusciva a provocare in lui. I Queen erano una delle band preferite dell’artista: dalla prima volta che aveva sentito una loro canzone, questa entrò a contatto con l’anima dell’artista e in quel preciso istante Louis ebbe la sensazione che quella canzone Freddie l’avesse scritta per lo stesso Louis anche se ciò era impossibile.
I want to break free
I want to break free
I want to break free;
Louis sorrise quando quelle dolci parole entrarono a contatto con le sue orecchie: quella era la sua canzone e decise di considerare questa come un segno del destino. Lui non era tipo da credere al destino o al caso ma questa volta dovette ricredersi: quella canzone gli aveva sempre dato una fiducia, una fiducia ad essere libero da un passato che non gli si addice ma soprattutto essere libero da tutto ciò che non era adatto a Louis. Il volto dell’artista si illuminò grazie a quella canzone: i suoi occhi azzurri iniziarono a brillare come quando un bambino vede un pallone di calcio, il suo sorriso si espanse nel suo viso e chiunque poteva notare la felicità di quel ragazzo: una felicità che pochi riescono a raggiungere con una canzone.
When I walk out that door
Oh how I want to be free baby
Oh how I want to be free
Oh how I want to break free;
Louis, dunque, con ormai la sicurezza di cui aveva bisogno e che aveva cercato per tanti anni nelle persone sbagliate, raggiunse l’ala dell’aeroporto che lo stava attendendo. L’aeroporto era abbastanza grande tanto che all’interno di questo si poteva trovare qualsiasi cosa: da negozi di abbigliamento, a negozi di cibo; da negozi di musica a negozi per souvenir. Quando era più piccolo il giovane artista continuava a ripetere che un giorno avrebbe vissuto in quel luogo poiché avrebbe trovato il necessario per vivere e si arrabbiava quando la mamma rideva per quella dichiarazione. Louis aveva sempre viaggiato nella sua vita ed è questo il motivo per cui raggiunse velocemente l’ala che stava attendendo: era una sorta di stanza formata solo da varie macchinette attraverso le quali si potevano acquistare dei biglietti aerei a prezzi quasi stracciati; Louis aveva sempre adorato quella parte dell’aeroporto non tanto perché poteva acquistare dei biglietti ma perché lui vedeva quel posto come un posto in cui i sogni dei giovani si avveravano. Diverse volte, quando era più piccolo, aveva visto coppie che correvano lì con la speranza di trovare un biglietto per la loro dolce metà; aveva visto persone che andavano in quel luogo con qualche soldo racimolato negli anni e la speranza di un cambiamento e ottenerlo attraverso quella macchinetta. L’artista non avrebbe immaginato che la macchina della felicità, così come era solito chiamarla quando era più piccolo, un giorno sarebbe servita anche a lui: si avvicinò ad essa e in pochi minuti selezionò il volo più economico per Los Angeles. Sicuramente se avesse riflettuto qualche minuto in più su quella scelta, avrebbe cambiato meta perché Louis cercava un posto più piccolo e tranquillo e non una grande città ma non ebbe neanche il tempo di farsi qualche domanda poiché aveva già inserito il pin della carta di credito del suo patrigno: probabilmente avrebbe dovuto dare qualche spiegazione sul perché quell’uomo si trovava addebitato un biglietto per la California ma sperava nella sua comprensione.
Dopo qualche minuto da quella operazione, qualche minuto che per Louis fu eterno, il biglietto fu stampato dalla macchina della felicità e Louis lo prese il prima possibile: forse decise di non perdere tempo perché aveva paura che qualcuno potesse rubare quell’angolo di felicità che aveva desiderato da tempo o forse decise di non perdere tempo per non dare alla sua mente la possibilità di farsi domande sulla sua scelta. Il biglietto caldo, poiché stampato da qualche minuto, fu stretto tra le mani del giovane artista e quest’ultimo iniziò ad andare verso il suo gate.
God knows, got to make it on my own
So baby, can’t you see
I’ve got to break free.
 
ANGOLO AUTRICE:
Questa è la prima volta che pubblico qualcosa scritta da me e ho deciso di provarci perché mi piacerebbe sapere cosa ne pensate da un punto di vista stilistico.
Pensavo di mettere, a fine di ogni capitolo, questo angolo in cui darò qualche avviso sulla fan fiction. Come ho già detto sopra non sono esperta di queste cose: ho letto molte fan fiction ma mai ne ho condivisa una mia con qualcuno ma dato che ho sempre amato scrivere ho deciso di osare, un  po’ come sta facendo il nostro giovane artista.
Mi piacerebbe avere qualche parere sia sulla trama, sempre se così si può chiamare visto che ancora non ho in mente una trama precisa, ma soprattutto sullo stile.
Spero che vi piaccia e non so più cosa dire lol
Un bacio -C

 

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Capitolo 3
*** 2-Polaroid ***


La stanza buia e fredda del ragazzo dai capelli ricci era ancora avvolta dall'oscurità della notte e dal silenzio che questa porta sempre con sé. Harry odiava queste due compagne di viaggio e questo suo odio continuava ad aumentare col tempo: se da piccolo era spaventato da queste due perché era convinto che la sua famiglia potesse sparire tra le tenebre e che lui sarebbe stato l'unico lasciato al suo triste destino; col tempo la paura si trasformò in un vero e proprio odio. Non riusciva a sopportare l'oscurità, non solo perché questa nascondeva dentro di sé alcuni oggetti che per Harry bisogna ammirare di continuo, ma anche perché una conseguenza di questa era il silenzio; non un silenzio che produce quasi un piccolo bisbiglio ma un silenzio assordante. Un silenzio che non da la possibilità di pensare perché è come se entrasse nella mente e iniziasse ad avvolgere ogni cosa togliendo a chiunque la possibilità di accostare delle idee per riuscire a trovarne una di senso compiuto; un silenzio che ti uccide lentamente perché chiunque potrebbe essere soffocato da quel silenzio straziante che dice tanto pur non facendo alcun tipo di rumore; un silenzio che bisognava combattere per riuscire a non essere travolto da esso.  Non era, dunque, un caso che il giovane ragazzo ascoltasse la musica ad un volume fin troppo alto per qualsiasi persona: era sua abitudine mettere le cuffie e iniziare ad ascoltare la musica per non permettere al silenzio di entrare dentro di sé e molto spesso il volume era così alto che anche la persona vicino a lui avrebbe potuto ascoltare la canzone in modo nitido; spesso, dunque, le persone che si trovavano intorno a lui gli avevano chiesto di abbassare il volume perché a nessuno piace ascoltare la musica di qualcun altro visto che questa è personale ma il ragazzo riccio sfoderava un sorriso beffardo e dopo poco rispondeva che un giorno sarebbe giunto il momento in cui il silenzio avrebbe vinto su tutto ma adesso era il momento di lottare e  l’unico modo che lui conosceva era quello di ascoltare la musica a volume quasi assordante. Più volte la madre, quando questo era più giovane, lo pregò di abbassare almeno di poco la musica tanto avrebbe comunque vinto il silenzio ma il ragazzo riccio non volle ascoltarla neanche per un secondo: lui aveva bisogno di ascoltare la musica così alta perché aveva bisogno di sentire questa dentro di sé, aveva bisogno di essere avvolto nelle sue grandi braccia e di essere cullato da lei; aveva bisogno di chiudere gli occhi e riuscire a stare in un modo tutto suo che era caratterizzato dalla musica e dai colori proveniente da essa. Un’altra cosa che adorava Harry erano proprio i colori e lui ha sempre sostenuto che ogni suono ne avesse uno così come ogni persona; questa sua idea non l’accompagnò durante tutta la sua vita ma iniziò a nascere in lui da quando era giunto in quella nuova città: lui sapeva che le cose non sarebbero state così semplici ma al tempo stesso sapeva che non potevano andare così male e quindi pensò che quella sua esperienza fosse una tela bianca piena di varie macchie: macchie fatte con colori accessi che rappresentavano i sentimenti felici provati dal ricci e macchie prodotte da colori più scuri che invece rappresentavano i sentimenti che il ragazzo catalogava come brutti ma che apprezzava lo stesso perché erano proprio quelli che lo facevano sentire vivo.
Come ogni mattina il silenzio, che fino a poco prima era l’unico sovrano della stanza, fu bruscamente interrotto e successivamente vinto dai vari trilli provenienti dalla sveglia che Harry, come ogni sera, aveva programmato e che come ogni mattina continuava a posticipare di qualche minuto ripetendo nella sua mente una scusa per poterla posticipare; questa sorta di giochino durava per quasi una mezz’oretta fino a quando lo stesso ragazzo non trovava più dei motivi convincenti e decideva di alzarsi per iniziare la sua giornata. Ormai quella era divenuta un'abitudine del riccio e, anche questa volta, gli fu consigliato varie volte di puntare la sveglia una mezz’oretta più tardi ma anche questa volta il ragazzo fece un cenno di no con la testa spiegando che non avrebbe avuto senso posticiparla perché si sarebbe alzato in ritardo e quindi avrebbe avuto una giornata storta; Harry Styles era fatto così: aveva le sue abitudini e le sue idee e se anche queste sembravano strane o molto stupide nessuno poteva criticarle anche perché non le avrebbe cambiate: alla fine erano le SUE abitudini, quindi perché qualcuno doveva consigliare cosa fosse meglio per lui? Come ogni mattina il ragazzo riccio si sedette sul grande materasso dove, fino a pochi minuti prima, era stato cullato dalle braccia di Morfeo; passò una mano tra i capelli per portarli indietro e  quindi spostarli dalla sua fronte alta e si strofinò gli occhi per riuscire a mettere a fuoco gli oggetti della sua stessa camera: nonostante lui vivesse in quell'appartamento da quasi un anno e qualche mese, ogni volta che si svegliava dovevano passare sempre alcuni minuti prima che capisse dove si trovasse. Come ogni mattina cominciò  quella che Harry definiva “caccia al tesoro”: questa consisteva nel testare gli oggetti sul comodino finché non trovasse ciò che serviva in quel momento al ragazzo; aveva attribuito quel nome a quel gesto semplice dopo una festa a cui aveva partecipato. Harry non ricordava molto di quella sera se non il fatto che era così tanto ubriaco che non riusciva a trovare il suo telefono che continuava a vibrare in quel comodino di legno che aveva poggiato vicino al letto; un suo amico iniziò a ridere notando quando Harry fosse impacciato e disse che assomigliava ad un bambino che stava facendo una strana caccia al tesoro e da quel momento Harry si appropriò di quel nome un po’ in onore del suo amico, un po’ perché anche lui sapeva di essere davvero goffo la mattina e quindi non si sarebbe stupito se qualcuno avesse riso per il modo in cui cercava qualcosa in quel comodino. Come ogni mattina, dunque, iniziò a testare gli oggetti sul comodino di legno che stava vicino al suo letto e, dopo pochi minuti in cui aveva toccato i vari oggetti su questo per riuscire a capire di cosa si trattasse, prese l’elastico con cui avrebbe legato la sua chioma fluente e dopo aver creato una sorta di cipolla sul proprio capo, il ragazzo riccio testò nuovamente gli oggetti presenti sul suo comodino per trovare l'interruttore della piccola abat-jour retro che era appoggiata su esso e dopo poco riuscì a far scomparire del tutto i residui dell'oscurità che fino a pochi minuti prima aveva creato nella camera del giovane ragazzo il loro regno; Harry era solito fare sempre le stesse azioni seguendo uno schema ben preciso e non si stupirebbe se qualcuno sapesse alla perfezione ogni mossa che quel ragazzo compie nella sua vita perché lui era il primo a dire di avere una vita molto monotona e che quelle sue azioni non l’aiutavano a renderla più dinamico; ma Harry era fatto così: aveva bisogno di sicurezze e queste sue azioni gliene fornivano abbastanza e quindi non c’è bisogno di chiedersi il motivo per cui lui non decise di modificarle. Dopo la solita routine che durava una mezzoretta e che  serviva al riccio come  supporto per abbandonare il suo letto e iniziare a vivere la sua giornata, il ragazzo tolse con agilità le coperte bianche dal proprio corpo e scese dal morbido letto per poi iniziare a cercare le ciabatte che trovò dopo pochi minuti; non ebbe neanche il tempo di allontanarsi di qualche metro dal proprio letto che un brivido percorse la schiena nuda del riccio e  da questo gesto che potrebbe sembrare insignificante, il ragazzo capì che la coinquilina doveva essere già sveglia e che come al solito aveva aperto tutte le finestre presenti nel soggiorno, nonché unica stanza oltre il bagno e la camera della ragazza, presente nell’appartamento. Harry, da circa un anno e qualche mese, aveva pregato ripetutamente la ragazza, promettendole anche che avrebbe sistemato lui l’appartamento per i prossimi sei mesi senza lamentarsi, di non aprire le finestre di prima mattina o di non aprirle finché lui fosse stato nell'appartamento ma questo fu soltanto un motivo di lite tra i due ragazzi: anche lei aveva le sue abitudini e di certo non le avrebbe cambiate per via di un ragazzo che era andato a vivere nel SUO appartamento; Harry, oltre a corromperla, aveva provato a chiederle il motivo per cui facesse questo e subito dopo le spiegò che in questo modo avevano più possibilità di prendersi un malanno ma la ragazza, non solo rise per l’affermazione del ragazzo, ma spiegò che era un modo per cambiare l’aria chiusa della notte e che poteva pure implorarla tutti i giorni ma sicuramente non avrebbe dato vinta questa battaglia al riccio anche perché lei odiava perdere e sicuramente non avrebbe mai gettato la pezza con un ragazzo che era pure più piccolo di lei. Come al solito, dunque, il ragazzo riccio fece qualche passo in direzione dell’appendi abiti che aveva appeso dietro la porta della sua camera e da questo prese una  felpa nera logorata che indossò sopra i pantaloni del pigiama: anche prendere la felpa e metterla a causa del freddo era diventato un abitudine, soprattutto dopo le varie volte in cui la ragazza aveva ignorato le sue preteste, e l’unica felpa che Harry riteneva adatta per l’occasione era quella felpa che aveva ricevuto in regalo da sua madre quando decise di lasciare la sua casa per andare a vivere in quella nuova città e non è un caso che, dopo un anno e qualche mese, questa fosse logorata; il riccio, infatti, ogni volta che sentiva la mancanza di casa o si sentiva giù di morale era pronta ad indossarla anche perché in quel modo si sentiva vicino alla sua mamma e alla sua famiglia.  Il riccio guardò l’orologio che aveva appeso ad una parente: questo segnava le sette e un quarto e sapeva che sarebbe dovuto uscire da quella camera il prima possibile anche perché avrebbe dovuto fare colazione, prepararsi, salutare la sua coinquilina e andare a lavorare ma prima di uscire dalla sua camera e dare il buongiorno alla sua coinquilina che come sempre doveva essere di fretta, si avvicinò alla grande vetrata della sua camera e dopo aver spostato la tenda che aveva deciso di mettere sia per personalizzare la stanza sia per avere un po’ di privacy decise di dare un’occhiata da questa per vedere come la città si svegliava lentamente sotto il suo sguardo:  ed era stata proprio questa vetrata e la voglia di Harry di scoprire il mondo che aveva convinto il ragazzo ad andare a vivere in un appartamento con quella ragazza e la sua bambina piuttosto che acquistare un appartamento tutto suo o andare a vivere dalla sorella dove sapeva che non avrebbe neanche pagato la sua parte di affitto.
*flashback*
"E da questa parte c'è la stanza che sarà presto tua, sempre se decidi di vivere qui. Scusa la polvere ma da quando mio fratello è andato via, la stanza non è più stata usata" disse la ragazza sfoggiando un grande sorriso e saltellando davanti e indietro improvvisandosi un Cicerone mancato. La giovane ragazza non doveva avere più di diciotto anni nonostante avesse una figlia di circa un anno  anche se a parere di Harry, che non era mai stato bravo a collegare le persone con l'età, questa poteva sembrare molto più piccola per via del fisico molto magro e dell’altezza che non era a suo favore; inoltre il suo look aiutava la ragazza a sembrare ancora più giovane: teneva i capelli more legati in una coda alta, era truccato in un modo molto semplice, indossava una felpa bianca molto larga, che secondo Harry, la faceva sembrare ancora più piccola; sotto questa aveva degli skinny strappati e delle converse bianche. Il ragazzo sorrise a quest'ultima che fece un passo a destra per permettere a lui e alle due donne che aveva portato con sé di accomodarsi nella camera e successivamente si accostò alla porta spalancata osservando i movimenti dei tre: la madre del ragazzo cominciò a guardarsi intorno cercando di capire se quelle condizioni andassero bene per il suo piccolino o meno mentre la sorella del piccolino di casa continuava a stare vicino al ragazzo per sussurrargli di non preoccuparsi e che sarebbe potuto stare da lei e Ellie. Harry però sembrò non sentire minimamente la sorella e le sue preghiere e piuttosto si avvicinò alla grande vetrata presente in quella stanza: alzò di poco la tenda in modo da poter dare uno sguardo al paesaggio che si poteva osservare da quella stanza; l'appartamento regalava una visuale dettagliata del quartiere e Harry amava questa cosa. Da quella camera riusciva a vedere la giovane fioraia che componeva delle creazioni accostando fiori di diversi colori  e vari tipi tra loro, riusciva a vedere quel ragazzo che con la sua chitarra stava vicino la fermata della metro cercando di racimolare qualche dollaro, riusciva a vedere la gente che usciva dalla metro con i loro vestiti eleganti e le loro valigette. Riusciva a vedere l'appartamento vicino a questo e le persone che abitano in esso: da quel luogo Harry riusciva ad avere un'ottima vista della città in cui viveva ed era un luogo perfetto per riuscire a catturare attimi indimenticabili e alla fine era proprio quello il motivo per cui cercava un appartamento in un piano alto. La ragazza più piccola col maglione bianco fece qualche passo avanti verso il ragazzo con i capelli ricci, regalò a lui un sorriso mostrando i suoi denti bianchi e perfetti, segno che la ragazza aveva dovuto portare l’apparecchio, e successivamente gli mostrò come aprire quella grande vetrata: Harry ricambiò un sorriso prima di uscire fuori e iniziare a dare un'ulteriore occhiata a ciò che lo circondava. Il balcone era molto ampio e il fatto che l'appartamento fosse all’ultimo piano rendeva il ragazzo ancora più propenso ad affrontare quella avventura: nessuno l’avrebbe disturbato per la musica alta, nessuno avrebbe rovinato le sue foto mettendo qualcosa davanti l’obiettivo e nessuno avrebbe preso per pazzo un ragazzo che avrebbe potuto passare anche diverse ore seduto dietro alla terrazza per vedere di trovare un attimo che per Harry era importante catturare. Quando il ragazzo entrò nuovamente in quello che sarebbe stato il suo appartamento, la sorella si avvicinò nuovamente a lui e per l'ennesima volta gli ricordò che lei e Ellie l'avrebbero potuto ospitare e lui non avrebbe dovuto pagare un centesimo dal momento che quell’appartamento era della sua amica e questa li avrebbe ospitati senza problemi ma anche questo tentativo fu vano; non solo il riccio era deciso a condividere quella casa perché da quel balcone poteva catturare degli ottimi momenti con la sua macchina fotografica, momenti che magari non avrebbe potuto catturare da altre parti ma allo stesso tempo era stanco di dipendere dalla sorella e di passare tutto il tempo ad ascoltare i discorsi futili di questa con la sua amica. La madre sorrise alla ragazza più piccola ringraziandola per la disponibilità e che presto le avrebbero dato una risposta ma Harry si schiarì la voce bassa e stupì la madre e la sorella quando pronuncio le fatidiche parole: "Quando posso trasferirmi?".  Anne guardò il figlio con uno sguardo agghiacciate e questo fece capire al ragazzo che la madre non era del tutto d’accordo con la sua decisione che aveva preso in pochi minuti; la ragazza più giovane prese in braccio la sua piccola creaturina per poi allontanarsi dalla camera che sarebbe dovuta diventare dal ragazzo e disse ai tre che lei sarebbe stata nella stanza accanto e che si sarebbero potuti prendere tutto il tempo necessario; una volta che i tre furono lasciati soli nella stanza piena di polvere la madre prese un grande sospirò e Gemma continuò a ripetere di poter chiedere ad Ellie e che sicuramente questa l’avrebbe accolto senza problemi visto che aveva sempre avuto una cotta per lui. Harry sospirò per poi sedersi sul pavimento, poggiò entrambe le braccia sulle ginocchia e guardò la madre con una faccia da cucciolo abbandonato: Harry, fin da piccolo, quando voleva qualcuna e non riusciva ad ottenerla metteva quelle espressione da cucciolo a cui nessuno sapeva dire di no; la donna quindi sospirò notando l’espressione del suo bambino e cominciò ad elencare a questo quanto sarebbe stato difficile vivere con una bambina per la casa e come Harry avrebbe avuto molte più responsabilità, tra cui ritornare prima la sera e non poter fare delle feste per via di quella bambina ma ad Harry non importava perché non era mai stato un tipo che amava le feste e avrebbe rinunciato a queste. La donna guardò il ragazzo che continuava a tenere quel visetto da cucciolo, sospirò e gli disse che l’avrebbe appoggiato in quella scelta e che se ci fosse stato qualcosa che sarebbe andato storto sarebbe potuto andare subito a casa sua o dalla sorella; il ragazzo riccio si alzò in uno scatto, strinse fra le sue braccia la donna che aveva appena dato il permesso al ragazzo di vivere la sua vita e corse fuori dalla stanza  per cercare la giovane ragazza con la bambina e darle la buona notizia. La ragazza mora sorrise entusiasta, quando il ragazzo più piccolo le annunciò che avrebbe condiviso con lei l’appartamento dalla settimana prossima, e lei andò ad abbracciare il suo nuovo coinquilino: già da quella mossa Harry aveva compreso che la ragazza doveva essere molto espansiva e che aveva messo quell’annuncio non tanto perché aveva bisogno di qualcuno con cui smezzare lo stipendio ma soprattutto perché aveva bisogno di qualcuno con cui passare del tempo e qualcuno con cui crescere la piccola bambina.
 *fine flashback*
Harry sorrise quando ripercorse quella scena nella sua mente e pensò a quanto avesse fatto bene a vivere con quella giovane sconosciuta: lei era più grande di lui di un anno ma nonostante ciò i due erano riusciti subito ad instaurare un bel rapporto. Litigavano spesso sia per motivi futili ma anche per motivi più seri ma entrambi sapevo che ci sarebbe sempre stati: l'uno per l'altra perché condividendo una casa alla fine si impara a condividere una parte di sé ed inoltre era felice di poter aiutare la giovane donna a crescere quella bambina che era stata abbandonata troppo presto. Il ragazzo riccio fu richiamato dai suoi pensieri dalla voce della ragazza più grande che l'avvisava che aveva appena preparato la colazione: Harry rise a quel pensiero non solo perché lei non sapeva cucinare ma anche perché quando faceva questo voleva dire che si era innamorata o che aveva conosciuto qualcuno di interessante. Harry aprì, dunque, la porta della sua camera che dava sulla stanza principale del loro appartamento: questo, infatti, non era affatto grande anzi. Una volta entrati in esso c'era una grande stanza: a destra la ragazza aveva posizionato un divano letto e un televisore mentre nella parte sinistra c'era la cucina e quella zona che lei stessa aveva soprannominata soggiorno, infine c'erano due porte che davano su questa: una era la camera del ragazzo e l'altra era la camera della ragazza. Harry sorrise quando notò la piccola ragazza dietro ai fornelli: aveva i capelli castani ondulati sciolti dietro le spalle, indossava un tubino azzurro e nero con una cinta che lo stringeva ai fianchi e degli stivaletti neri: lui si era sempre chiesto come lei potesse essere impeccabile di prima mattina e per molto tempo pensò che lei fosse un alieno o qualcosa di simile anche perché nessun uomo poteva essere ben vestito e anche sorridente di prima mattina. La ragazza si girò sentendo i passi di Harry che usciva dalla sua camera: sorrise notando il giovane ragazzo che faceva qualche passo verso il bancone per poi sedersi in uno sgabello davanti ad esso; spense i fornelli e da questi tolse la padella con dentro i pancake che aveva appena finito di cucinare. Prese dei piatti e dopo aver diviso i pancake in modo uguale nei due piatti, ne offrì uno al ragazzo che ancora sbadigliava, e dopo avergli lasciato un bacio sulla fronte che provocò nella fronte di questo il segno del rossetto,  portò l’altro verso il divano dove stava la sua piccola principessa. Harry sorrise guardando la piccola che cominciava a saltellare dal divano con un’espressione felice dovuta alla mamma col suo piatto preferito e Harry iniziò a pensare a quelle due: non si sarebbe mai aspettato che Riley avrebbe illuminato anche le sue giornate regalandogli emozioni nuove che lui non aveva mai provato fino a quel momento e non riusciva a capire come avesse potuto abbandonare le due il ragazzo della madre, non appena scoprì che la giovane ragazza stava aspettando una bambina. Anche i suoi genitori si erano separati quando Harry era ancora molto piccolo ma nonostante ciò lui era convinto che lui era stato molto più fortunato dal momento che aveva avuto la possibilità di conoscere suo padre. Harry cominciò a mangiare la sua colazione quando fu richiamato dalla voce della piccola Rils che si alzò sul divano, tenendo con le manine piccole lo schienale, per poi iniziare a chiamare il voce del giovane ragazzo e una volta ottenuta la sua attenzione, lei iniziò a ridere e regalò un sorriso al ragazzo che aveva appena finito di mangiare e aveva posato il piatto sui lavelli per poi raggiungere la sua camera.
Il ragazzo riccio decise di mettere una camicia a quadretti blu e neri sopra la maglia bianca e successivamente si guardò nuovamente allo specchio: aveva ai piedi i suoi soliti stivaletti neri, dei jeans stretti sempre tendenti al nero e un po’ strappati a causa delle varie volte che li aveva indossato, una maglia bianca e su questa una delle sue camicie preferite. Arrotolò appena le maniche di quest'ultima, passò la sua grande mano tra i capelli, che secondo la sua coinquilina avrebbe dovuto tagliarli perché stavano diventando indomabili ma a lui ciò non importava, e subito dopo uscì dalla sua camera tornando nella stanza principale: rispetto ad un'ora prima la stanza ormai era vuota e il silenzio era piombata su essa; più volte aveva immaginato la sua vita senza Rils e Cher e l'unica cosa che gli piombava nella mente era quel silenzio che lui tanto odiava. Harry aprì la porta principale quando ricordò di avere dimenticato una giacca, che portava sempre con sé perché sua madre gli aveva insegnato in questo modo, e il suo zaino: il ragazzo non si stupì molto della sua mancanza anche perché anche quello era diventato una sua abitudine. Il riccio dunque chiuse nuovamente la porta alle sue spalle per poi correre in camera sua e prendere la giacca verde e il suo zaino dentro in quale c'era la sua amata macchina fotografica: fin da piccolo Harry adorava esplorare il mondo intorno a sé e catturare attimi indimenticabili, che secondo il piccolo, sarebbero durati per sempre; dunque non è un caso che per il suo diciottesimo compleanno il padre gli regalò una polaroid e che questa fosse sempre col ragazzo. Dopo pochi secondi Harry si ritrovò nelle scale del palazzo e dopo essersi assicurato di aver chiuso la porta d'ingresso, scese velocemente le scale anche perché sapeva che l'ascensore sarebbe arrivato dopo vari minuti, minuti che per lui erano importanti visto che doveva raggiungere il suo lavoro e il suo migliore amico lo doveva aspetta giù da qualche minuto; una volta giunto nel pianerottolo aprì il portone e l'aria di Los Angeles colpì il volto del ragazzo. Il ragazzo non ebbe neanche il tempo di mettere il naso fuori dal portone che una sagoma scura si alzò di fronte ed emise un grande sospiro; il ragazzo riccio allora sorrise mostrando le fossette e senza dargli molta importanza mise le mani nelle tasche del giubbotto ed iniziò a camminare lungo il viale e poco dopo pronunciò: "Buongiorno Zay, muoviti o saremo per l'ennesima volta in ritardo".  Zayn era il migliore amico di Harry: i due non si conosceva da quando erano bambini, non avevano frequentato la stessa scuola elementare né lo stesso liceo né lo stesso college; Zayn ed Harry si erano conosciuti per caso una notte quando entrambi erano troppo stanchi anche per dormire.
*flashback*
Harry stava in quell'appartamento da circa sei mesi e la vita non era così facile come poteva sembrare fino a qualche mese prima. Il ragazzo passava le giornate a cercare un lavoro che lo pagasse in modo adeguato per riuscire a trovare i soldi per pagare la sua parte di affitto anche se la ragazza, più volte, gli aveva detto che non era necessario pagare in tempo e di conservare quei risparmi per qualcosa che giovasse alla sua passione ma Harry non voleva essere mantenuto da lei;  inoltre cercava anche dei soggetti da poter fotografare anche perché la sua passione non poteva essere messa in secondo piano neanche per poco tempo e in più doveva aiutare la sua coinquilina con la bambina. Harry si sentiva una trottola sbattuta a destra e sinistra: molto spesso si trovava a fare dei lavori part-time per un giorno o due per riuscire a guadagnare qualcosa, che inoltre era molto poco anche per pagare il suo affitto,e  la maggior parte delle volte gli toccava svolgere delle attività faticose che nessuno voleva fare;  una volta giunto a casa, molte volte, non poteva rilassarsi ma doveva scendere alla ricerca di qualcosa di particolare che soddisfacesse le voglie delle giovane ragazze e della piccolina. Quella sera Harry era stanco di correre da una parte all'altra: la mattina era già stata abbastanza pesante dato che aveva passato questa a spostare gli scatolini da una parte all’altra di un locale in cui aveva lavorato per quel giorno e adesso aveva bisogno di un po' di tempo per lui, tempo che ultimamente dava a tutti tranne che a se stesso. Il giovane ragazzo dunque uscì nel suo balcone, detto anche angolo di paradiso perché da questo riusciva a vedere scene che la gente neanche notava, e solo dopo sei mesi  che viveva in quell’appartamento notò una scala attaccata al muro: Harry, riflettendo sul fatto che l'appartamento fosse all'ultimo piano, comprese che quella dovesse portare sul tetto e dopo pochi minuti si ritrovò seduto sulle tegole di questo con le braccia che circondavo le sue gambe e queste strette al suo petto. Indossò le cuffie in modo tale da isolarsi da quel mondo che nell'ultimo periodo non sembrava comprenderlo e dopo poco prese la macchina fotografica ed iniziò a guardare il mondo attraverso l'obiettivo: quello, per Harry, era un altro modo di osservare il mondo, il suo modo per rilassarsi. Quello era la sua via di fugo ed era l'unico oggettivo che permetteva ad Harry di raggiungere un mondo solo suo e nel quale non c’erano lavori faticosi e pagati miseramente, non c’erano pianti di rils, non c’erano persone che gli chiedevano di fare diverse cose ma c’era soltanto lui e vari momenti da immortalare.
Was a long and dark december
From the rooftops I remember

there was snow, white snow;
Le note calde della voce di Chris Martin cominciarono ad avvolgere il giovane ragazzo che ormai aveva posizionato la fotocamera davanti ai suoi occhi e iniziò a rubare al mondo diversi scatti: rubò al mondo quell’immagini dei tetti ricoperti della neve di dicembre per ricordare che le sue fatiche erano state pagate da quel bellissimo spettacolo; rubò al mondo l’immagine di due anziani che si abbracciavano prima di entrare nel loro appartamento; rubò al mondo una foto sfocata delle luci delle macchine che sfrecciavano veloci sotto di lui. Rubò al mondo una foto delle luci che provenivano dalle varie insegne dei pub vicino il loro appartamento, rubò al mondo diversi scatti di oggetti che erano sempre stati in quel luogo ma a cui nessuno aveva mai dato l’importanza che meritavano. La pace del fotografo fu interrotta dopo pochi minuti: una mano fredda si posò sulla spalla del giovane ragazzo che posò la sua fotocamera vicino a lui e si voltò verso il ragazzo che l’aveva appena sfocato; questo non disse nulla ma semplicemente si sedette vicino al ragazzo, gli regalò un sorriso e successivamente incrociò le gambe davanti a lui e aprì il suo album da disegno e iniziò a disegnare su questo alcune parte del paesaggio che il ragazzo riccio aveva immortalato in uno scatto che sarebbe durato per sempre.
Clearly I remember
From the windows they were watching
While we froze down below
“Sei molto bravo a disegnare: io ho sempre sognato imparare ma non so come impugnare la matita. Comunque io sono Harry” disse il ragazzo più giovane cercando di ottenere l’attenzione del ragazzo al suo fianco; questo alzò lo sguardo dal suo album, si spostò gli occhiali sul naso per poi accennare un sorriso verso il ragazzo riccio. Guardò nuovamente il suo disegno e solo dopo che chiuse l’album che conteneva questo, si voltò nuovamente verso Harry e sussurrò piano: “Non è un granché questo: avevo solo bisogno di sfogarmi e penso che anche tu avevi bisogno del tempo per te altrimenti non saresti qui con la tua amica. Comunque io sono Zayn”. Harry inizialmente si chiese mentalmente a chi si riferisse con quel “tua amica” ma solo successivamente capì che era un’allusione alla sua macchina fotografica; i due ragazzi cominciarono a parlare di loro, della società da cui non si sentivano capiti, dell’arte, dell’amore, della morte, di loro e si promisero che quello era il loro nascondiglio e ogni volta che uno dei due aveva bisogno di evadere, l’altro si sarebbe trovato lì. Harry sorrise alla proposta di Zayn e annuì anche perché era felice di trovare qualcuno con cui passare del tempo: e quindi decise di passare quella notte a guardare la città che si addormentava lentamente col giovane ragazzo che aveva appena conosciuto.
When the future’s architectured
By a carnival of idiots on show
You’d better lie low;
*fine flashback*
 
Dopo una mezzoretta di camminata Zayn sorrise ad Harry per poi indicargli il negozio di tatuaggi dove lavorava da circa un anno: Zayn amava i tatuaggi e li aveva sempre amati; gli piaceva vederli su gli altri ma soprattutto gli piaceva vederli su di sé e quindi decise di aprire un negozio tutto suo dove era riuscito ad unire la sua passione per l’arte con il lavoro.
“Haz, a pranzo vengo a mangiare qualcosa da te. Ci vediamo dopo” disse il ragazzo moro alzando una mano in segno di saluto e Harry ricambiò per poi continuare a camminare per circa venti minuti per raggiungere il suo luogo di lavoro: dopo qualche giorno che aveva conosciuto Zayn, aveva trovato questo bar dove cercavano personale. Il bar era abbastanza piccolo ma molto confortevole: la signora Barbara aveva iniziato l’attività aprendo un panificio e col tempo, grazie alla voce che lei facessi i migliori dolci del quartiere, era riuscita ad espandere la sua attività fino a creare un piccolo bar; il sogno della giovane donna era quella di tramandare l’attività alle sue due figlie ma nessuna delle due sembrava interessata all’attività di famiglia e la donna era stata sull’orlo di venderlo ma la giovane nipote, anche questa chiamata Barbara, la dissuase dicendole che lei sarebbe venuta a lavorare al suo fianco.
Una volta entrato dentro il bar la giovane ragazza sorrise notando il ragazzo che si avvicinava al bancone ed entrò velocemente dietro questo per poi andare negli armadietti che ogni dipendente, in questo caso lui, un ragazzo biondo  e Barbara, aveva e posare in questo lo zaino e la giacca e prendere il grembiule e la macchina fotografica. La signora Barbara, notando il ragazzo, lo rimproverò per il ritardo e gli comunicò che per quella mattina lui avrebbe dovuto cambiare il ruolo con Barbara e che quindi doveva stare alla cassa: Harry sospirò, aveva sempre odiato stare alla casa visto che la maggior parte dei clienti voleva portato lo scontrino al tavolo e quindi non poteva stare in contatto con le persone, ma nonostante ciò si rimboccò le maniche e andò ad occupare il posto di Barbara che nel frattempo era andata a servire i tavoli. Niall, l’altro ragazzo che lavorava in quel luogo, salutò velocemente Harry con un gesto della mano e continuò ad occuparsi del bancone mentre Harry, annoiato dal fatto che quella mattina il bar non fosse pieno e che quindi non aveva molto da fare, iniziò a giocare con la sua macchina fotografica e rubò qualche scatto a delle persone che erano nel locale: scattò una foto ad una bambina che discuteva col fratello per chi dovesse mangiare l’ultimo muffin, scattò una foto all’amico irlandese che porgeva un biscotto ad una bambina, scattò una foto all’amica Barbara che serviva quei pochi tavoli occupati, scattò una foto alla signora Barbara che continuava ad ammonirlo e scattò diverse foto ad un ragazzo che occupava un angolo isolato del locale. Il ragazzo indossava una grande felpa, Harry pensò che probabilmente non doveva essere sua visto che gli veniva molto grande, dei jeans stretti e delle converse nere: aveva lo sguardo basso verso il proprio telefono e solo ogni tanto si guardava intorno mostrando degli occhi azzurri ma non un azzurro già visto, un azzurro che guarderesti per ore senza stancarti; aveva i capelli che cadevano sulla fronte e indossava delle cuffiette, con sé non aveva molto solo uno zaino e probabilmente non doveva essere di lì visto che guardava il posto intorno a sé come un bambino che esce per la prima volta dalla sua casa. La signora Barbara raggiunse Harry alla casa e per la quindicesima volta lo rimproverò; Harry però sembrava non ascoltarla preso a fotografare quel ragazzo che osservava il mondo intorno a sé e quindi la signora più anziana tolse al più piccolo la macchina fotografica e gli disse che Barbara avrebbe ripreso il posto alla casa e che lui avrebbe dovuto servire quel caffè e quel muffin a quel ragazzo misterioso. Harry, anche se quel ragazzo lo incuriosiva, sospirò perché odiava essere richiamato dalla donna e soprattutto odiava essere interrotto mentre dava sfogo alla sua arte ma nonostante ciò si alzò dalla cassa, prese il vassoio sul quale Niall aveva poggiato il caffè e il muffin e andò verso il ragazzo che era diventato il suo soggetto preferito per il modo in cui guardava il mondo intorno a sé.
“Ecco il tuo caffè e il tuo muffin” mormorò il riccio guardando il cibo sopra il vassoio e arricciò il naso notando che il muffin era alle prugne: dai, chi ama le prugne? Il ragazzo dagli occhi color ghiaccio, tolse le cuffie dalle proprie orecchie una volta che notò il riccio poggiare delicatamente prima il caffè e poi il muffin sul tavolo e ripose il telefono nella tasca dei suoi pantaloni. Gli regalò un sorriso che il ragazzo riccio ricambiò mostrando le fossette, quest’ultimo si iniziò ad allontanare piano quando il ragazzo misterioso tossì per riportare l’attenzione su di sé.
“Vedo che lavori anche oltre a fare delle foto ai clienti: devi imparare a non farti vedere anche perché non è bello fare foto alle persone che non conosci” mormorò il ragazzo con un’aria saccente; Harry diventò di colpo pallido anche perché era sua abitudine fotografare le persone e mai nessuno lo aveva fermato o lo aveva rimproverato per questa sua scelta. Non sapeva neanche cosa rispondere a quel ragazzo anche perché era palese il fatto che avesse sbagliato.
Oops, non pensavo di esser visto. Mi dispiace molto, provvederò a cancellare i tuoi scatti anche se erano molto belli perché vedevi il mondo come un bambino” mormorò velocemente il riccio abbassando lo sguardo verso i suoi stivaletti: lui era sempre stato bravo a tener testa alle persone ma non questa volta. Non sapeva cosa avrebbe detto l’altro ragazzo e gli dispiace dover buttar via i suoi scatti anche perché era come uccidere i suoi figli. Il giovane ragazzo sorrise nuovamente sentendo la voce roca e bassa del riccio e continuò a tenere lo sguardo su di lui.
“Puoi tenerli allora. Comunque Ciao, io sono Louis” mormorò il ragazzo dagli occhi blu prima di spostare lo sguardo sul suo muffin e iniziarlo a mangiare lentamente. Il ragazzo riccio sibilò il suo nome tra i denti per via dell’imbarazzo e dopo poco si allontanò da quello, lasciandolo mangiare in pace, prima che la signora Barbara lo rimproverasse un’altra volta.
 
ANGOLO AUTRICE:
Prima di tutto vorrei ringraziare tutte quelle persone che hanno perso qualche minuto del loro tempo a leggerla, quelle persone che hanno aggiunto la storia nella loro biblioteca, quelle persone che hanno messo il primo capitolo tra i preferiti, quelle persone che mi hanno fatto i complimenti sia via i commenti sia attraverso facebook ma soprattutto vorrei ringraziare tutte le persone che ogni giorno mi ispirano!
Sono sorpresa di pubblicare il secondo capitolo, che è molto più lungo del precedente, solo dopo una settimana ma l’ispirazione è stata dalla mia parte! Rispetto a sei giorni fa, questa volta, inizio ad avere una sorta di idea per la trama della storia e penso che i capitoli inizieranno ad essere tutti di questa lunghezza o giù di qui; solo il primo è stato più corto in quanto era il prologo e dovevo trovare un movente per iniziare la storia.
In questo capitolo abbiamo conosciuto l’altro protagonista, Harry, e abbiamo visto il giovane artista e il giovane fotografo incontrarsi: dico subito che da questo incontro nessuno dei due si è innamorato perché non credo al colpo di fulmine ma non sarà l’ultima volta che si vedono. Ho presentato anche Zayn, che è ispirato alla mia Zayn, e quindi penso che questo capitolo sia dedicato totalmente a lei. Tornando a parlare della fan fiction: ho presentato anche Niall, che come Zayn, sarà un personaggio principale della fan fiction e Cher. Cher non poteva mancare visto che sono una sua fan e amo lei lol.
Spero che la fan fiction piaccia e che non sia troppo noiosa: cerco sempre di dare il massimo e se avete qualche domanda, anche se dubito visto che per adesso le cose sono chiari e lineari, potete pure chiedere. Ho trovato la ragazza che mi farà la copertina e quindi vorrei ringraziare anche lei: grazie mille fabs <3
Non so che altro dire lol
quindi concludo dicendo che spero di aggiornare presto, grazie a tutte!
Un bacio -C
 

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Capitolo 3
*** 3. What's going on? ***


Louis portò alla bocca quel muffin alle prugne che aveva ordinato poco prima e arricciò il naso per via del gusto amaro del frutto con cui era farcito il muffin che aveva ordinato; da piccolo adorava quella confettura ed è ancora ora un mistero il motivo per cui adesso l’aveva così tanto odiata. Posò un gomito sul tavolo rotondo davanti a sé, si voltò nuovamente verso la grande vetrata che si trovava a destra del tavolo su cui era poggiato e iniziò a dare via libera ai suoi pensieri perché solo il quel modo Louis si sarebbe sentito realmente libero.
*flashback*
“Lou, tesoro, ho fatto i muffin” mormorò una giovane donna affacciandosi dalla finestra che dalla cucina dava sul giardino del retro. La donna era molto giovane ma nonostante ciò era mamma di tre splendidi bambini e amava quei tre bambini più di quanto amava se stessa; era pronta a dare tutta se stessa per vederli felici e non era un caso che spesso passava così tanto tempo dietro ai fornelli pur di trovare qualcosa di buono che i suoi figli potessero mangiare.
Il bambino alzò il viso dalla macchinetta con cui stava giocando per poi posare i suoi occhi blu come il ghiaccio sul viso di quella donna che aveva appena attratto la sua attenzione con una frase che poteva sembrare anche banale; il bambino posò la macchinetta sull’erba sulla quale era seduto per poi regalare un dolce sorriso a quella donna che teneva i capelli alzati e che ricambiava il sorriso mostrando delle tracce di farine sui suoi lineamenti. Louis si alzò di fretta per poi iniziare a correre verso la porta che dava direttamente della cucina e fu felice di trovarla aperta anche perché lui era abbastanza basso e non aveva voglia né di chiedere aiuto alla sua mamma né tantomeno di prendere lo sgabello sul quale sarebbe salito per riuscire a raggiungere il pomello dorato col quale avrebbe aperto la porta che l’avrebbe condotto al suo bottino: questo era come chiamava Louis i vari muffin posti sulla teglia. Il bambino salì su una grande sedia marrone, si mise a cavalcioni su questa per essere più vicino al tavolo e cominciò a battere le mani non appena vide la madre avvicinarsi a lui e alle sue sorelle minori con quella teglia.
“Boo, prima di mangiare aspetta Lottie” mormorò la madre sorridendo nuovamente al bambino che sospirò per il fatto che la sorella lo stesse dividendo dal suo premio tanto desiderato. Louis guardò prima la sorella più piccola, Felicité,
 che batteva le mani dal sua postazione; probabilmente anche lei voleva partecipare allo spuntino pomeridiano preparato dalla loro mamma ma era ancora piccola per poter mangiare quei dolcetti prelibati e quasi quasi a Louis dispiaceva dover mangiarli davanti a lei che non era in grado di farlo. Dopo qualche secondo una bambina dai capelli biondi e con una bambola bionda tra le braccia fece il suo ingresso in cucina, con l’aiuto di Johannah si sedette vicino al fratello e dopo pochi minuti i due bambini si avventarono davanti a quel vassoio che la madre aveva posto davanti i loro occhi. Lottie prese subito un muffin rosa: lei adorava quel colore e non era un caso che Johannah ricoprisse i muffin al cioccolato con la crema di quel colore per far mangiare la piccola Charlotte; Louis fece un segno di disapprovazione notando quante fisime si faceva la sorella e presa il primo muffin che gli venne al tiro. Era con l’uvetta e nonostante ciò per Louis era molto buono: inizialmente arricciò il naso quando il gusto amaro raggiunse la sua gola ma al secondo morso cambiò subito idea apprezzando il gusto di quel dolcetto prelibato che la sua mamma aveva preparato per lui e decise che ogni volta che si sarebbe sentito lontano dalla sua mamma avrebbe mangiato quel dolce.
*fine flashback*

Louis si diede un colpetto in testa per aver confuso il muffin all’uvetta con quello alla prugna ed era quello il motivo per cui il sapore era stato così tanto sgradito; quindi il ragazzo decise di lasciare il muffin mordicchiato sul piatto che il ragazzo riccio aveva posato sul tavolo insieme al caffè che non aveva neanche bevuto. Prese, però, un tovagliolo che il ragazzo riccio aveva portato insieme alla sua ordinazione e passò questo sulle sue labbra rosee in modo da togliere da queste i segni di quel muffin che aveva disgustato così tanto il giovane ragazzo che rubava scatti alla gente. Il ragazzo dagli occhi azzurri alzò il suo sguardo dalla colazione che aveva lasciato nello stesso posto e nello stesso modo in cui il ragazzo riccio l'aveva poggiata poco prima e iniziò a guardarsi intorno per riuscire ad indagare un po' sulle persone che stavano condividendo con lui quel momento senza farci caso: guardò la ragazza alla cassa e pensò che questa potesse essere la ragazza del ragazzo riccio di prima; in effetti i due scherzavano e poi lui avrebbe dovuto avere sicuramente una ragazza perché era un ragazzo molto bello e lui sapeva che un ragazzo come quello nessuno l'avrebbe lasciato scappare anche se aveva la strana mania di fotografare sconosciuti e secondo il giovane scrittore dovrebbe farsi passare questa mania altrimenti un giorno sarà denunciato per stalking. Subito dopo lo scrittore posò lo sguardo sul ragazzo che stava servendo alcuni clienti al bancone: anche lui doveva essere amico del ragazzo riccio e intuiva questo dal modo in cui i due si scambiavano varie occhiate complici o vari battutine che magari non faceva ridere ma alle quali il biondo rideva lo stesso e quindi lo scrittore non poté fare a meno di pensare che l'amicizia fosse anche ridere a delle battute che facevano realmente schifo; alla fine il suo sguardo si posò nuovamente sul ragazzo che poco prima aveva bisbigliato il suo nome a denti stretti e che si era riuscito a far chiamare in pochi minuti molte volte. Quello era il ragazzo che allo scrittore faceva più ridere per via dei suoi modi maldestri e goffi, sicuramente lo scrittore aveva sbagliato ad abbassare lo sguardo quando questo aveva pronunciato il suo nome e magari l'avrebbe dovuto anche fermare per continuare a parlare: alla fine lui era appena arrivato e aveva bisogno di un amico ma subito dopo ripensò al motivo per cui aveva deciso di andare via e capì che lui non aveva bisogno di nessuno accanto e che sarebbe riuscito a conoscere quella città anche da solo, senza nessuno ad aiutarlo anche perché così non si sarebbe dovuto affezionare a nessuno e poi magari stare male per via di un rapporto finito male. Louis non si sarebbe mai definito pessimista per questa sua visione del mondo ma si sarebbe definito realista: aveva avuto moltissime amicizie fino a quel momento, era convinto di essere uno dei ragazzi più apprezzati del suo paesino ma solo da pochi giorni aveva appreso che quelli non erano dei veri amici ma erano delle persone di paesaggio e questo provocò in Louis una sorta di distacco anche verso le persone che non aveva mai visto prima, forse sbagliava, ma sicuramente non sarebbe stato male per via di una perdita anche perché lui sapeva che tutti, prima o poi, vanno via. Come ogni qual volta che la sua mente inizia a viaggiare percorrendo mete mai attraversate prima e battendo sentieri nuovi, il ragazzo dagli occhi azzurri fu bruscamente riportato alla realtà dalla suoneria del suo telefono: abbassò istintivamente lo sguardo verso quel display che si era illuminato per via della chiamata in entrata e dopo aver letto che era sua sorella a chiamarlo, alzò lo sguardo verso il soffitto per poi sospirare, rispondere a quella telefonata che lui sapeva non sarebbe andata bene e uscire lentamente dal locale per non disturbare quel clima che per lui aveva un qualcosa di familiare. Barbara crucciò le sopracciglia vedendo quel cliente che si allontanava in quel modo: non si preoccupava tanto per il modo in cui aveva lasciato il locale, anche perché chiunque ha notato una sorta di preoccupazione mista a paura nel volto del ragazzo, ma si preoccupava soprattutto del fatto che quel ragazzo era andato via senza pagare; Barbara era fatta così e molti potrebbero reputarla una persona legata al denaro o agli oggetti ma non è affatto così. La ragazza ha sempre considerato il lavoro come qualcosa di necessario e di serio e quindi, quando questa lavorava, metteva da parte il suo lato umano per dare libero sfogo alla Barbara tiranna che cercava di rendere quel luogo perfetto: Harry e Niall più volte l'avevano presa in giro per questo suo aspetto, soprattutto quando il sabato uscivano a prendere qualcosa da bere e la ragazza criticava i poveri barman per come lavoravano. Il ragazzo riccio, notando la preoccupazione dipinta nel volto di quel ragazzo e conoscendo la sua giovane amica, chiese all'amica di addebitare quella colazione a suo nome: Harry era fatto così. Lui era sempre estremamente buono con tutti, anche con persone che non aveva mai visto prima d'ora: più volte era capitato che delle persone uscissero da quel luogo senza pagare per vari motivi e ogni volta, Harry, per non far sbraitare la sua amica, chiedeva che fosse addebitato al suo stipendio; più volte il ragazzo biondo lo criticava per questo tuo aspetto ma come Harry era testardo nei confronti delle sue abitudini, era testardo anche nei confronti del suo carattere e non capiva il motivo per cui si sarebbe dovuto comportare in modo indifferente con le persone tanto era sicuro che prima o poi sarebbe stato ripagato per le sue azioni. Passò circa una mezz'ora prima che il ragazzo dagli occhi azzurri rientrò nel bar con un viso basso e il telefono, che poco prima teneva tra le mani, nascosto nelle tasche della sua grande felpa; questo alzò lo sguardo non appena l'aria calda del locale circondò la sua pelle abbracciandolo e dando una sensazione familiare a quel ragazzo. Vide che i clienti, rispetto a quando era uscito, erano molto di più e solo da quello comprese che era dovuto essere passato molto tempo; notò il ragazzo biondo ancora impegnato a porgere diversi dolciumi, la ragazza che continuava a fare scontrini su scontrini e il ragazzo riccio che faceva avanti e indietro, porgendo le varie ordinazioni e scambiando qualche parola con i vari clienti. Louis pensò a quanto fossero fortunati i tre ragazzi a lavorare in un posto del genere che trasmetteva una sensazione di familiarità e anche lui avrebbe voluto fare parte di quel clima, anche lui avrebbe dato di tutto per provare nuovamente quella sensazione ma sapeva che se anche avesse avuto la possibilità non si sarebbe sentito a casa perché quello non era il suo posto; il ragazzo sospirò per poi posare lo sguardo su quel tavolo che aveva lasciato poco prima con la sua colazione e notò che non solo il tavolo era occupato da una giovane coppietta ma anche che la sua colazione e il suo zaino erano spariti. Il ragazzo diventò subito pallido pensando a tutto quello che aveva messo in quello zaino e non gli importava tanto per gli oggetti materiali in esso ma gli importava soprattutto per il valore che avevano questi nella sua vita; sicuramente non l'avrebbero potuto rubare altrimenti i ragazzi l'avrebbero fermato quindi l'unica soluzione era quella di chiedere alla stessa ragazza che stava alla cassa e che da quella posizione aveva la possibilità di guardare tutto quello che accadeva nel bar.
 "Uhm..mi scusi. Mi sono alzato poco fa quel tavolo sulla destra per andare a fare una chiamata importante e aveva lasciato il mio zaino e la mia colazione; non importava della colazione che devo pagare ma dello zaino. Ha visto se qualcuno l'ha preso? In quello zaino c'è tutta la mia vita" mormorò il ragazzo moro tutto d'un fiato e notò la ragazza alla cassa guardarlo con un’aria di superiorità arricciando il naso alla richiesta del ragazzo. Louis non riusciva a decifrare il motivo per cui avesse ottenuto quella reazione dalla giovane cassiera anche perché non l’aveva vista prima e quindi non avrebbe potuto mai fare qualcosa di sbagliato; magari lei lo stava scambiando per un suo ex o per qualcun altro e per questo è nata questa reazione ma sicuramente Louis non poteva essere il colpevole di quel cambiamento. La ragazza continuò ad osservare il ragazzo dalla testa ai piedi prima di dargli una vera e propria risposta; non riusciva a capire quel tipo buffo e non sopportava che tornasse nuovamente nel suo posto dopo essere andato via senza nemmeno avvisare. La donna più anziana richiamò l’attenzione della nipote con un colpo di tosse, per poi avvicinarsi alla cassa e regalare un dolce sorriso al ragazzo e proprio quel sorriso trasmise tranquillità nel cuore di Louis.
“Oh scusa mia nipote, molto spesso si blocca o inizia a guardare la gente con aria di superiorità. Ha preso questo da sua madre e ho sempre odiato questa sfaccettatura del suo carattere ma lei non vuole credermi; comunque la colazione l’ha pagata il ragazzo con la camicia orrenda e con quei capelli che dovrebbe tagliare e lo zaino l’ha preso lui per conservarlo. Sapeva che saresti tornato a prenderlo, chiedo scusa se ho fatto pulire il tavolo ma Barbara aveva detto che eri andato via” mormorò la donna più anziana facendo arrabbiare la nipote che lanciò un’occhiata minatoria alla donna più anziana che se ne fregò, tanto ormai questa ara abituata alla nipote e ai suoi cambi ripentivi di carattere. Louis rise quando sentì il modo ironico e affettuoso con cui la donna descrisse il ragazzo dagli occhi verdi e da quello intuii che il ragazzo doveva  conoscere quella donna da vari anni e che c’era anche molta confidenza tra i due altrimenti lei non avrebbe potuto chiamare un dipendente in quel modo. La donna anziana rise trasportata dalla risata del ragazzo e subito dopo chiamò Harry comunicandogli di prendere lo zaino che aveva trovato e che lei l’avrebbe sostituito in quei pochi minuti; Harry regalò un sorriso al giovane ragazzo dagli occhi azzurri e guardò Barbara con un’occhiata che Louis decifrò come un “te l’avevo detto” e anche questo gesto che, probabilmente, doveva essere abituale fece sorridere Louis e fece scaldare il suo cuore. E’ vero che era andato via da casa da poche ore ma già gli mancava quel calore che solo una famiglia poteva regalare e sperava di riuscire a trovare un posto adatto a lui anche in un luogo come quello; non passarono molti minuti da quando il ragazzo riccio era andato in una stanza dietro il bancone. Probabilmente quella era la sala assegnata agli addetti e una strana curiosità colpì il giovane Louis: in quel momento lui aveva voglia di entrare in quel luogo per poter vedere cosa si celava dietro quella stanza che sembrava così piccola ma non ebbe neanche il momento di immaginarsi in quella stanza che, nuovamente, i suoi pensieri furono interrotti dal ragazzo riccio che mostrò un sorriso trionfante al ragazzo più grande e gli porse lo zaino tanto desiderato.
“Tieni tizio che considera il proprio zaino tutta la sua vita, sapevo che saresti tornato e quindi ho preferito conservarlo piuttosto che farlo rubare da qualcuno” mormorò il ragazzo dagli occhi verdi muovendo lo zaino davanti il ragazzo dagli occhi azzurri, questo lo prese e lo posò dietro le sue spalle e si maledì mentalmente per aver detto a Barbara, così aveva chiamato la signora più anziana la ragazza alla casa, che quello zaino era tutta la sua vita. Probabilmente lei l’aveva detto al ragazzo che l’aveva aiuto pur non sapendolo e adesso questo l’aveva considerato una persona materiale, non che questo importasse tanto a Louis ma comunque non era bello non essere compreso.
“Non è come sembra. Non sono materialista ma per me quegli oggetti hanno un significato e non so neanche perché mi sto giustificando con uno sconosciuto. Grazie per lo zaino e grazie per la colazione, Harreh” mormorò il ragazzo dagli occhi azzurri posando lo sguardo sulle sue scarpe e iniziando a giocare nervosamente con i pollici. Louis non amava dare spiegazioni per le sue scelte soprattutto a delle persone che neanche conosceva ma in quel caso doveva darla anche perché lui odiava le persone materialiste e sarebbe stato un controsenso essere definito tale. Harry rise sia per il modo buffo in cui il ragazzo si era giustificato dalle accuse che lui stesso gli aveva attribuito, sia per il modo in cui aveva cambiato la pronuncia del suo nome.
“Non ringraziarmi, è una cosa che ho fatto così senza pensare e ora torno a lavoro prima che la signora Barbara mi sbatta fuori a calci in culo. E’ stato un piacere conoscerti, Loueh” disse Harry sorridendo verso il ragazzo dagli occhi azzurri per poi ridacchiare per il fatto che anche lui gli avesse storpiato il nome; diede alle spalle al ragazzo che poco prima aveva aiutato senza dargli la possibilità di rispondere e ricominciò a servire i vari clienti che erano seduti in quei tavoli che riempivano il locale. Louis mormorò un saluto tra i denti e sorrise quando notò il modo in cui il ragazzo lo aveva chiamato; si avvicinò alla donna più anziana che prima l’aveva aiutato e dopo averla ringraziata e averle promesso che sarebbe tornato per bere un thè inglese e assaggiare i suoi brownie, uscì da quel locale e il clima di Los Angeles avvolse nuovamente il corpo del ragazzo. Prima di allontanarsi, cercò nella tasca della felpa un vecchio block notes che gli aveva regalato sua madre il suo primo giorno di università e dopo aver preso la penna che portava con sé, scrisse sul foglio bianco il nome del locale e l’indirizzo. Il ragazzo sarebbe tornato in quel locale non tanto per la promessa fatta alla donna più anziana ma soprattutto perché quel locale era inglese ed era questo il motivo per cui si era sentito così tanto a casa, almeno pensò Louis.
Il giovane artista posò il block notes nella tasca della felpa e successivamente prese le cuffiette dalla tasca dei jeans e inserì queste nel telefono; non sapeva dove andare e sicuramente la musica l’avrebbe guidato così come era successo in aeroporto. Mise la riproduzione casuale e dopo pochi minuti la voce dei 4 Non Blondes entrò nelle orecchio dello scrittore per poi riuscire a circondargli anche l’anima che fremeva sotto quelle note e soprattutto sotto quelle parole incoraggianti.
 Twenty- five years and my life is still

trying to get up that great big hill of hope
For a destination;

 
Anche Louis stava ancora cercando il suo posto nel mondo, la sua destinazione, il posto che poteva chiamare casa. E subito le parole  che la sorella gli aveva vomitato addosso attraverso un telefono iniziarono a viaggiare nella testa di Louis; è vero che probabilmente sarebbe stato più facile seguire l’università e poi andare via con la certezza di avere un lavoro ma quella non era la vita di Louis e lui preferiva essere libero di fare le sue scelte, di cercare quel luogo creato apposta per lui e sicuramente quel posto non sarebbe stato dietro ad una scrivania come per il suo patrigno.
And so I cry sometimes
When I’m lying in bed
Just to get it all out
What’s in my head;
Lottie continuava a ripetergli che se l’avesse comunicato alla famiglia questa l’avrebbe aiutato ma Louis sapeva che non sarebbe andato in questo modo; sapeva che loro l’avrebbero fermato cercando di persuaderlo a continuare l’università e fare quella carriera per rendere Johannah orgogliosa di lui ma in questo modo nessuno l’avrebbe aiutato. Louis provava quella malinconia da tempo ma mai nessuno si era chiesto se magari questa fosse dovuta al fatto che Louis non stava bene in quel luogo, che magari questa fosse dovuta al fatto che Louis era così tanto spaventato dal fatto di non riuscir a trovare la sua via così come avevano fatto i suoi amici. Molto spesso si era chiesto se fosse strano, se fosse lui quello strano ma nessuno era stato in grado di capire che Louis aveva bisogno di qualcuno vicino e sicuramente non l’avrebbero capito neanche se lui fosse rimasto ancora lì dato che non lo stavano capendo neanche adesso che era andato via.
And I am feeling a little peculiar
And so I wake in the morning
and I step outside
And I take a deep breath and I get real high

And I scream at the top of my lungs
What’s going on?

Ma nonostante ciò Louis era sempre andato avanti: aveva sempre pensato a se stesso e alla sua saluta mentale e l’unico modo che aveva trovato per stare bene era quello di fuggire da quella realtà che tanto lo spaventava. Magari Lottie aveva ragione a dire che era un coglione e un codardo ad evadere in questo modo dai suoi problemi e che sicuramente non avrebbe potuto trovare un lavoro decente senza neanche un centesimo, ma ehi. Quella era la sua vita e lui voleva mettersi in gioco in quel momento e voleva dimostrare alla sorella e alla sua famiglia che sarebbe andato avanti anche senza  bisogno di raccomandazioni e di un lavoro che la madre definiva serio; Louis avrebbe trovato un lavoro a Los Angeles, un appartamento e poi magari avrebbe iniziato ad avere degli amici qui. Poi magari si sarebbe potuto anche innamorare e quindi essere felice. Alla fine chi gli impedisce questo? Di sicuro non sua sorella né quella vocina nella sua testa che continuava a torturarlo. Così Louis decise di alzare maggiormente il volume della musica e iniziare a cantare accompagnano la band, almeno in quel modo non avrebbe dato retta a quella vocina insopportabile.
And I say, hey hey hey hey
I said hey, what’s going on?
Ooh, ooh ooh

Louis era sicuro che sarebbe riuscito ad essere felice in quel nuovo posto, era sicuro che avrebbe fatto tutto ciò per lui e che non sarebbe dipeso dalle scelte di nessuno. Non avrebbe avuto nessuna responsabilità addosso e lui era pronto, si, era pronto a cogliere la palla al balzo.
And I try, oh my god do I try
I try all the time, in this institution

And I pray, oh my god do I pray
I pray every single day
For a revoluzion;
E forse per via della canzone incoraggiante che Louis considerava un poco sua visto che si sentiva descritto, forse per mostrare alla sorella che lui sarebbe riuscito ad andare avanti anche senza la sua famiglia, forse perché stava impazzendo decise di entrare in un negozio di dischi che si presentò davanti ai suoi occhi. Si avvicinò alla porta a vetri, alzò gli occhi notando la grande insegna che ritraeva un vinile e notò che su quella porta c’era un biglietto che comunicava il fatto che il direttore cercasse dei commessi; Louis alzò le spalle e sorrise pensando che anche quello fosse un segno del destino e che avrebbe dovuto credere in quello visto che era la seconda volta che lo aiutava. Staccò il foglietto bianco dalla grande porta e dopo poco spinse questa in modo da essere ammesso dentro il negozio: il suo naso fu sopraffatto dall’odore di polvere che c’era in quel negozio per via dei vari vinili antichi che erano dentro quella stanza;  il ragazzo si guardò intorno con la bocca un po’ aperta per via dello stupore. Non era mai stato in un negozio del genere ma aveva sempre desiderato visitarne uno: si avvicinò ai vari dischi appesi alle pareti, accarezzò le copertine di queste e sorrise leggendo i nomi dei grandi artisti che avevano fatto la storia della musica; subito dopo si avvicinò a degli scaffali che contenevano dei dischi che erano venduti a metà prezzo e non appena accarezzò la copertina di “Queen”, il primo cd dei queen, un brivido percorse la schiena del giovane artista e il suo cuore si strinse appena. Continuò a camminare tra i vari scaffali notando il modo in cui i dischi erano divisi: c’erano quelli a metà prezzo, i grandi classici, i dischi legati alle band e quelli legati ai cantanti solisti; alla fine di ogni reparto che era stato creato con quegli scaffali c’era una sorta di macchinetta che leggeva il codice del disco e riproduceva le canzoni che questo conteneva attraverso degli auricolari attacchi a quell’apparecchio. C’erano anche delle sedie e un pianoforte in un angolo: probabilmente ogni tanto qualcuno doveva fare qualche sessione musicale o semplicemente qualche patito di musica si sedeva lì e iniziava a suonare per conto suo. Le pareti erano azzurre e attaccate a queste, oltre alle copertine di alcuni dischi e i dischi stessi, c’erano dei poster che ritraevano grandi cantati e varie radio antiche.
“Scusa dovresti uscire, siamo ancora chiusi” mormorò una ragazza dai capelli rosa. Era abbastanza alta e doveva anche essere molto giovane; indossava un paio di converse bianche, degli skinny neri e una maglietta a maniche corte nere e su di questa una giacca di jeans. I capelli rosa erano lasciati sciolti sulle spalle, aveva delle labbra rosee che in quel momento erano contorte in una sorta di smorfia che indicava disapprovazione e i suoi grandi occhi verdi guardavano il ragazzo dalla testa ai piedi. Louis guardò più volte quella ragazza perché era convinto di averla già vista da qualche parte: forse il colore degli occhi o i suoi lineamenti le ricordavano qualcuno ma sicuramente non poteva essere lei visto che lui abitava in Inghilterra e non in California. La ragazza tossì cercando di riportare l’attenzione di quel ragazzo su di sé e comincio a chiedersi a cosa questo potesse pensare e se fosse stupido o meno visto che non gli dava retta.
“Ho trovato l’annuncio e sono entrato. Io sono Louis, quando posso iniziare?” mormorò subito dopo Louis mostrando il foglietto bianco che aveva preso dalla grande vetrata e porgendolo alla ragazza che lo guardava ancora spaesata. Non sapeva chi potesse essere ma lui era certo di averla  già vista o comunque averla incontrata. La ragazza piegò la testa di lato notando il ragazzo che continuava a mangiarla col suo sguardo indagatore, posò il biglietto nella tasca della giacca, sistemò un capellino che aveva in testa e fece segno al ragazzo di seguirla. La ragazza camminava sicura dietro gli scaffali del negozio e quindi lui pensò che lei dovesse lavorare in quel posto da molti anni visto che lo conosceva meglio delle sue tasche e sicuramente doveva vivere in quel luogo da tempo quindi era impossibile averla vista prima; Louis seguì la ragazza mentre continuava a farsi domanda su dove l’avesse vista e quando mentre questa lo portò in un magazzino e dopo pochi minuti si fermò girandosi verso il ragazzo e accennando un sorriso. La prima cosa che notò in quel sorriso furono le fossette: ed ecco che come un lampo Louis capì doveva aveva già visto quella ragazza; la ragazza assomigliava in modo impressionante al ragazzo che gli aveva offerto la colazione, Harreh. Probabilmente i due dovevano essere parenti anche perché la somiglianza era impressionante e se non fossero stati parenti, quei due dovevano essere lontani cugini o due sosia; Louis arricciò il naso pensando a quanto sarebbe buffo far incontrare quei due e vedere le loro facce ma anche questa volta dovette tornare nella realtà richiamato nuovamente dalla voce del ragazza.
“Allora, Loueh, io sono Gemma e sono la proprietaria del negozio. Sono felice che ti sia offerto per lavorare e per adesso ti puoi occupare di uscire i dischi da questo scatolone e riporli nei vari scaffali; se hai bisogno di una mano io sono dietro la cassa o sono in giro a sistemare il posto. Ho aperto questo negozio da poco e ancora c’è molto a cui pensare; più tardi dovrebbe arrivare Liam, è un mio caro amico e mi dovrebbe aiutare con questo posto. E’ molto gentile quindi penso che ti troverai bene; pensa a queste scatole e appena hai finito avvisami, se hai bisogno di qualcosa chiedi pure” disse la giovane ragazza tutto d’un fiato indicando le scatole e facendo dei gesti per far capire meglio il lavoro a Louis. Sicuramente lui l’avrebbe ripresa spiegando di non essere stupido ma che stava pensando a quanto fosse assurdo il fatto che lei assomigliasse ad un ragazzo che aveva appena incontrato e come lei, era stato abbastanza gentile. Louis poi ridacchiò appena notando il modo in cui, anche lei, l’aveva appena chiamato e non poté non pensare che buffo il fatto che quella ragazza avesse le stesse abitudini del ragazzo stalker e probabilmente questo era dettato dal fatto che fosse inglese e che le piaceva storpiare i nomi.
“Gemma, hai un fratello?” fu la prima cosa che Louis chiese alla ragazza. Se prima lei l’avesse considerato un pazzo, adesso l’avrebbe considerato del tutto andato visto che le ha domanda una cosa che non c’entra assolutamente niente col lavoro che lei gli aveva appena dato. La ragazza, dunque, piegò la testa di lato e guardò Louis con fare interrogativo; questo alzò le spalle cercando di giustificarsi per la domanda impertinente appena posta e questa ridacchiò appena pensando a suo fratello e alla sua curiosità; probabilmente anche lui avrebbe chiesto al suo datore di lavoro se avesse dei familiari o degli amici e quindi la ragazza non si stupì poi così tanto della domanda.
“Ho un fratello più piccolo, Harold. Hai domande da farmi attinenti al lavoro?” chiese quest’ultima accennando un sorriso perché sapeva che se suo fratello l’avesse sentita l’avrebbe di sicuro ripresa e si sarebbe anche arrabbiato.

*flashback*
“Gemma smettila di chiamarmi in quel modo, io sono solo Harry” mormorò il più piccolo alzando il viso in aria esasperato per via della sorella che continuava a ridere vedendo il più piccolo impazzire per via del nome. Gemma aveva otto anni mentre Harry quattro e lei continuava a ridere mentre faceva disperare il più piccolo che poi se ne usciva arrabbiandosi e andando a piangere dalla loro madre. “Come vuoi, solo Harold” disse la più grande guardando il più piccolo con uno sguardo vispo e ridendo davanti gli occhi di quello che alzò il viso verso il cielo esasperato dalla sorella che continuava a stuzzicarlo. Lui sapeva che lei faceva in questo modo solo per scherzare e giocare con lui ma nonostante ciò gli dava molto fastidio perché non poteva essere felice nel vederlo arrabbiato e triste, lui mai sarebbe stato felice nel vedere la povera Gemma pianger … forse… 
Harry quindi pensò di fare l’unica cosa che era in grado di fare in quel momento, e non era ricorrere alla madre come al solito, ma prese una delle bambole della sorella e dopo aver infilato un ditino nella bocca iniziò a toccare questa. Gemma iniziò ad urlare ed invocare l’aiuto della mamma e nell’attesa che la povera donna arrivasse per fermare una delle solite liti familiari, Gemma si avventò sul fratello per poi iniziare a tirare i piedi della bambola in modo da riprendersela e poi lavarla. Odiava quando suo fratello doveva fare in quel modo anche perché non aveva rispetto per la sua povera Barbie; Harry però non voleva darla vinta alla sorella e continuò a tirare la testa di quella bambola finché questa si ruppe a metà e fece cadere il più piccolo a terra facendogli sbattere il sedere mentre la più grande sbatté la testa contro il divano che aveva dietro. I due bambini iniziarono a piangere e Anne posò la cesta con i panni che aveva appena raccolto per raggiungere i due bambini. Gemma si alzò subito non appena vide la figura della mamma, tolse dalle mani di Harry la testa della sua piccola bambola e la portò alla madre mostrando quanto suo fratello fosse cattivo con lei. Anne rise appena notando la bambola, per poi correre da Harry e prenderlo tra le braccia; lei odiava quando i suo bambini litigavano fra loro ma odiava maggiormente quando questi finivano per piangere e farsi del male a vicenda. Prese con la mano libera la piccola manina di Gemma e con l’altro braccio strinse il figlio al proprio petto facendo attenzione a non farlo cadere, si avvicinò con entrambi sul divano e li fece sedere su essi per poi prendere la bambola di Gemma.
“Harry perché l’hai rotta?” chiese la donna cercando di rimettere la testa alla bambola decapitata e girandosi verso la piccola Gemma che rideva perché la madre stava rimproverando suo fratello quando anche lei sapeva di aver esagerato. Il bambino prima guardò la bambola, guardò poi la madre e infine la sorella; iniziò quindi a piangere a diritto chiedendo scusa per quell’azione e spiegò di essere frustato dai continui spergiuri di Gemma. La sorella, vedendo il fratello in quelle condizioni, si sentì un po’ colpevole e dopo essersi scusata anche lei i due bambini si abbracciarono e Anne sorrise godendosi quei cinque minuti di pace tra i due bambini anche perché era sicura che fra qualche minuti i due bambini avrebbero iniziato a litigare di nuovo e chissà per quale altro motivo futile; odiava quando questo succedeva ma sapeva che un giorno o l’altro quei due sarebbero andati d’accordo e avrebbero smesso di litigare per dei motivi pochi seri e si sarebbero difesi a vicenda.
*fine flashback*

Louis pensò ad Harreh e pensò che il ragazzo aveva preferito presentarsi col suo soprannome piuttosto che dire il suo nome per intero, sorrise notando che questa volta era stata la ragazza che si era perso nei suoi pensieri e sorrise ancora di più quando capì che era ancora in grado di collegare le parentele per le somiglianze dei volti. Entrambi i fratelli erano alti e anche molto belli e Louis per un momento pensò a quanto loro madre dovesse essere orgogliosa ad avere due ragazzi del genere e che avevano anche un lavoro; per un momento gli si strinse il cuore perché pensò alla sua di madre e al fatto che questa non poteva essere orgogliosa di un figlio come lui ma non volle iniziare a farsi dei complessi per via delle sue decisioni. Sicuramente lei l’avrebbe capita e più tardi lui l’avrebbe chiamata per avere la conferma.

“Gemma non posso iniziare a lavorare da domani? Sono appena arrivato e vorrei cercare un appartamento e vedere un po’ la città” mormorò il moro alzando le spalle per la sua richiesta e mordendosi il labbro inferiore per paura di come la ragazza possa reagire. Questa sorrise alla domanda del ragazzo, allontanandosi un po’ da lui per poi poggiare la mano allo stipite della porte e fermarsi improvvisamente.
“No , Loueh. Inizi oggi anche perché fra due giorni c’è l’inaugurazione e ci sono molte cose a cui pensare. Per l’appartamento starai in quello di una mia amica: è molto grande e non dovrai pagare nulla, sicuramente non dirà niente se vieni a stare da noi e per quanto riguarda la città te la mostro stasera appena chiudo il negozio. Dovrei prendere qualcosa da bere con qualche amico e sarò anche il tuo cicerone e adesso pensa a lavorare, gli scatoloni non si svuotano soli” disse la ragazza dai capelli rosa prima di uscire da quella stanza e tornare, probabilmente, alla sua postazione. Louis, dunque, posò lo zaino vicino ad uno scaffale e iniziò a prendere i vari scatoloni per poi portarli nella sala principale. Era felice di aver trovato un lavoro, una ragazza molto disponibile e soprattutto un posto dove stare ed inevitabilmente pensò al fatto che la gentilezza era un dono di famiglia visto che entrambi i fratelli erano stati molto disponibili con lui; fu richiamato nuovamente dalla ragazza e Louis iniziò a posare i dischi tra i dischi dei grandi artisti mentre la sua mente continuava a pensare a quello che era successo in quelle ore.
ANGOLO AUTRICE
Buon pomeriggio gente!
Sono felice del fatto che la storia ha avuto varie visualizzazioni sia qui che su efp e quindi ringrazio quelle persone che la leggono anche se mi piacerebbe ricevere anche qualche stellina o qualche commento, giusto per sapere se continuare o meno o anche per avere qualche consiglio.
Anche in questo capitolo ho aggiunto dei personaggi, tra cui la mia bellissima Gemma, e sto cercando di mostrare le varie sfaccettature di Loueh. Questo è un capitolo un po’ di passaggio visto che devo finire di presentare gli altri personaggi ma con la calma si riesce a fare tutto!


Questa volta ho deciso di pubblicare il capitolo prima della settimana e dei sei giorni per due motivi: il primo è che ieri sera ero ispirata quindi non potevo lasciarmi scappare l’idea e il secondo motivo è che adesso che inizierà la scuola penso che pubblicherò sempre di meno però non voglio abbandonare questa storia anche perché ho diverse idee per la testa e voglio fare un bel lavoro anche se magari non mi piacerà a nessuno ma, come Louis, voglio rischiare e scrivere la storia per me!

Questa volta il capitolo è dedicato alla mia scimmietta che ha letto la storia e ha apprezzato molto; mi ha fatto  i complimenti e sono felice che le piaccia! Inoltre vorrei ringraziare anche quelle persone che mi continuano a motivare dicendo che scrivo bene e che non dovrei smettere di farlo!

Spero che il capitolo piaccia, un bacio -C

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Capitolo 4
*** 4. I'm never gonna look back ***


4.
Il ragazzo dagli occhi color ghiaccio strinse tra le braccia quello che sarebbe stato l’ultimo scatolone da trasportare dal magazzino, in cui la ragazza dai capelli rosa gli aveva spiegato il lavoro, alla grande sala in cui si era sentito nel suo mondo. Percorse quel corridoio con un passo deciso stando sempre molto attento a non far sbattere i dischi di vinile fra loro o a non inciampare durante il tragitto: la ragazza dai capelli rosa l’aveva già ripreso diverse volte comunicandogli che se avesse rotto qualcosa, quella cosa sarebbe stata addebitata al suo stipendio anche perché non potevano permettersi ancora di rompere dei vinili. Louis odiava essere ripreso per ogni cosa e forse è anche questo il motivo per cui mise il doppio nell’attenzione ai pacchi che trasportava dopo i vari rimproveri della donna; una volta raggiunta la grande sala fece qualche passo verso uno scaffale ancora vuoto e posizionò lo scatolone ancora pieno vicino ai piedi di questo facendo attenzione a non sbatterlo. Il ragazzo dai capelli castani si guardò intorno e dopo essersi assicurato che la ragazza dai capelli rosa non fosse in quella stanza, prese un grande sospiro e si posizionò ai piedi dello scaffale vicino allo scatole; posizionò le spalle contro il mobiletto nero e avvicino le gambe al proprio petto in modo tale da non far cadere il suo compagno di lavoro che come lui aveva trasportato scatoloni tutto il tempo. Quando Louis aveva deciso di proporsi come commesso in quel negozio non avrebbe mai immaginato che quel lavoro avrebbe portato tutta quella fatica: Louis aveva immaginato di camminare tra i vari reparti, l’unica cosa che si avvicinava alla realtà, mentre il negozio era pieno di qualche canzone antica ma incoraggiante e controllare se la situazione andasse bene; poi aveva anche immaginato di sistemare i dischi fuori posto e aiutare i clienti consigliando degli artisti o aiutandoli a trovare un genere musicale che si avvicinasse alle loro esigenze. Esigenze, esatto: Louis considerava la musica come un qualcosa, non sapeva dare una definizione accurata, che potesse far sentire meglio l’individuo che in quel momento aveva deciso di adoperarla; lui non credeva che qualcuno potesse avere uno stile preferito visto, che a suo parere, questi dipendevano dal sentimento che l’individuo provava nel momento in cui decideva di adoperare la musica e anche i cantanti dipendevano dal sentimento che l’individuo prova nel momento in cui sceglie di dedicarsi alla musica. Louis, per esempio, adorava ascoltare Madonna o Beyoncé o altri artisti di questo genere quando era felice; adorava ascoltare i Nirvana ogni volta che era giù di morale; i Coldplay o i Maroon 5 quando era malinconico o quando aveva bisogno di ispirazione per scrivere qualcosa per la scuola; i Queen o i Beatles quando aveva bisogno di incoraggiamento. Questo, a parere di Louis, voleva dire ascoltare un po’ di tutto e lui era felice di riuscire ad apprendere fino in fondo quello che quelle parole, scritte anni prima, significassero.
Al contrario dei suoi sogni, la giornata di Louis fu molto più faticosa e anche meno elettrizzante: percorse il grande corridoio, dove la ragazza dai capelli rosa l’aveva trasportato per parlare del lavoro, più di cinquanta volte e non diceva questo tanto per dirlo, aveva seriamente contato tutte le volte che aveva fatto avanti e indietro. Fu richiamato dalla ragazza dai capelli rosa, non solo per chiedergli di fare attenzione, ma anche per il modo in cui aveva posizionato i dischi: Louis aveva subito compreso che la ragazza doveva essere una persona molta attenta ai dettagli e pensò che fu questo il motivo per cui lo richiamò più volte anche se, prima che lei iniziasse a richiamare anche il famoso Liam, Louis aveva pensato che questa provasse una certa antipatia nei suoi confronti. Liam era stato molto gentile con Louis cercando di difenderlo quando Gemma lo riprendeva e coprendolo le varie volte che Louis era uscito da quel negozio esasperato per andare a fumare una sigaretta; i due ragazzi scambiarono due chiacchiere e Louis fu felice di trovare nella figura di Liam una persona a cui poter ricorrere in qualsiasi momento e quando Louis gli raccontò di essere arrivato in quella città da sole poche ore, Liam si complimentò con lui per essersi già messo in gioco e gli promise che il giorno dopo gli avrebbe mostrato un po’ la città. Una cosa che colpì Louis fu la disponibilità di quei ragazzi che aveva incontrato da poco tempo: Harry, il ragazzo del bar, gli offrì la colazione e salvò anche il suo zaino, Gemma gli aveva offerto non solo un lavoro e un posto in cui stare ma al tempo stesso gli aveva promesso di fargli da cicerone quella sera e infine Liam l’aveva aiutato più volte durante il suo turno e anche lui si era proposto come cicerone. Una piccola risata isterica uscì dalla bocca di Louis al pensiero che tutta quella gentilezza e disponibilità che aveva riscontrato in quei ragazzi non l’aveva mai trovato in nessuno dei suoi amici se non in Hannah.

*flahsback*
“Boo, non piangere e guardami negli occhi” mormorò la ragazza bionda prendendo il viso del migliore amico tra le mani e accarezzando questo con un dito cercando di strappare un sorriso al ragazzo che continuava a stare rannicchiato su se stesso e piangere in un angolino. Hannah Walker era la migliore amica di Louis: i due si erano incontrati al corso di recitazione offerto dal loro college e anche se inizialmente i due non si trovarono molto d’accordo per via del carattere infantile del ragazzo, conoscendosi meglio i due iniziarono a legare fino a diventare migliori amici; lei avrebbe voluto essere qualcosa di più per il ragazzo di Doncaster ma quando questo le confessò di essere attratto dai ragazzi, lei non lo abbandonò così come avevano fatto quelli che Louis credeva fossero i suoi migliori amici. Louis aprì lentamente quegli occhi azzurri che in quel momento erano diventati rossi per via delle lacrime che continuavano a scendere dei suoi occhi e che tracciavano il contorno delle sue guancie: davanti a lui notò la ragazza con i capelli biondi che le cadevano sulle spalle e con indosso un vestitino azzurro a fiori che cercava qualsiasi cosa per strappargli un sorriso. Guardandola negli occhi rivide la scena che era accaduta pochi istanti prima: erano alla festa data da Calvin, quello che Louis pensava fosse uno dei suoi migliori amici, per festeggiare il fatto che ormai avevano terminato il college e che quindi adesso avrebbero iniziato la loro vita da adulti; Louis passò il tempo con la ragazza e con Oli, altro ragazzo che credeva fosse suo migliore amico. La festa era stata abbastanza tranquilla: come al solito si era bevuto, qualcuno si era buttato in piscina e molti altri avevano trovato qualcuno con cui passare quella notte ma questa tranquillità non durò per molto;  la musica era abbastanza alta e mentre i vari invitati, che non erano impegnati in una camera della grande casa di Calvin, stavano ballando o come preferiva dire Louis strusciarsi fra loro, Calvin richiamò la loro attenzione dicendo di girarsi verso il maxi schermo che aveva fatto montare vicino alla piscina. Una volta ottenuta l’attenzione da tutti, Calvin fece partire un video che mostrava Louis che faceva coming out; gli sguardi di tutti si posizionarono sul giovane ragazzo che in quel momento non solo era diventato rosso ma voleva anche scappare. Iniziò a sentire gli insulti che i suoi compagni  continuavano ad urlargli contro, trattenne le lacrime che cercavano di scendere lungo il suo viso e iniziò a correre verso il bagno più vicino: una volta trovata la porta giusta, entrò in quella stanza, chiuse a chiave il bagno e poggiò la schiena contro la porta. Circondò le gambe con le proprie braccia per poi poggiare la testa sulle ginocchia e piangere in silenzio ma quel silenzio fu distrutto dopo una decina di minuti dalla finestra del bagno aperta e la figura della ragazza bionda che entrava dentro questa per andare dal suo amico. Hannah accarezzò nuovamente i capelli del ragazzo, cosa che sapeva facesse molto piacere al ragazzo,  e dopo poco iniziò a canticchiare sottovoce “Creep” dei RadioHead.

“Hannah tu non mi giudicherai per questo, vero? Ci sarai sempre per me?” chiese dopo poco il ragazzo poggiando la testa sulla spalla dalla ragazza che accennò un piccolo sorriso notando che il ragazzo aveva mormorato qualcosa.
“Ci sarò fino a quando tu sarai un vecchio che si lamenterà con i figli del vicino perché gli stanno rovinando il prato e non ti giudicherò mai, Louis” mormorò la ragazza bionda circondando le spalle del ragazzo con un braccio in modo da stringerlo a sé; il ragazzo moro accennò un piccolo sorriso sentendo le parole dell’amica e prese quelle come una promessa perché sapeva che lei ci sarebbe stata e che non sarebbe scappata così come avevano fatto gli altri perché lei era diversa, perché lei capiva veramente e non gliene fregava nulla del parere della gente.
*fine flashback*



Hannah era stata la sua unica vera amica e odiava ricordare il fatto che neanche lei aveva mantenuto la promessa perché costretta ad andare via troppo presto. I pensieri di Louis furono però interrotti da un bip emesso dal suo cellulare, guardò l’orologio che teneva al polso e appena si accorse che era passata una mezzoretta da quando si era seduto per rilassarsi capì che Liam l’aveva dovuto coprire di nuovo e che adesso era giunto il momento di lavorare. Con un piccolo sospiro causato dalla noia di dover tornare a svuotare uno scatolone, si alzò da quell’angolo del negozio e aprì poco dopo lo scatolone marrone che giaceva vicino a lui: su questo vi era scritto “Coldplay” e quindi non si impressionò quando tra le mani Viva la vida or Death and All his friends; lui non era mai stato un grande fan di quel gruppo ma sicuramente quello era, a parere del ragazzo moro, uno dei loro album migliori. Non ci volle molto tempo prima che il ragazzo finisse di svuotare la scatola e una volta vuota la mise dentro un sacchetto che ormai era pieno di cartoni; il ragazzo fece un segno con la mano a Liam che stava sistemando gli ultimi dischi e poco dopo notò che la ragazza dai capelli rosa stava sistemando altri dischi in altri scaffali: sicuramente la giornata non era stata pesante soltanto per lui ma anche per i suoi due compagni. Louis con la scusa di andare a buttare la busta che conteneva le varie scatole di cartone, rimase qualche minuto in più fuori dal grande negozio e prese il telefono a cui poco prima era arrivato un messaggio; notò che il mettete era sua madre che lo pregava di tornare ma Louis alzò semplicemente gli occhi al cielo per le continue preghiere che giungevano da parte della sua famiglia e subito dopo rispose al messaggio chiedendo alla madre di smetterla di pregarlo e che aveva già trovato un lavoro, l’assicurò sulla sua salute e le spiegò che in quel modo era felice e che aveva bisogno della sua libertà. Louis non ebbe neanche il tempo di rileggere il messaggio che aveva inviato alla madre che il suo telefono iniziò a squillare e non si meravigliò quando vide che il mettete era la madre; il ragazzo prese un grande respiro prima di accettare la chiamata in entrata e avvicinare il telefono al proprio orecchio in modo da sentire la voce della madre.
“Louis, tesoro, promettimi che se non ti trovi bene torni a casa. Ti prometto che parleremo di tutto ciò che vuoi e che non seguirai le impronte di Dan” mormorò la giovane donna dell’altro capo del telefono; Louis immaginò questa seduta sul suo letto e tra le mani una sua felpa. Ogni volta che quei due litigavano, Johannah reagiva in questo modo trovandosi poi a piangere tra le cose del figlio: amava i suoi bambini, per lei sarebbe stati sempre dei bambini, allo stesso modo ma il rapporto che aveva con Louis non lo aveva con nessun altro. Quell’idea uccideva Louis perché lui odiava sapere che sua madre stava in quelle condizioni a causa sua e quindi cercò subito di rassicurarla sul luogo, sul lavoro che aveva appena trovato e dell’appartamento in cui sarebbe stato; le raccontò dei ragazzi che aveva conosciuto oggi e di come questi fossero stati molto disponibili con lui e soltanto dopo vari “mamma non sono dei drogati” o dei “mamma non penso siano dei killer”, Louis promise alla madre che sarebbe tornato se non si fosse trovato bene e dopo poco chiuse la chiamata. Poteva capire la preoccupazione della madre ma Louis detestava quando questa cominciava a farle domande assurde sulle persone che frequentava; subito dopo la chiamata posò il telefono nella tasca posteriore dei pantaloni e rientrò nuovamente nel negozio dove trovò Gemma e Liam che parlavano tra loro di qualcosa di buffo dato che la ragazza dai capelli rosa rideva come se non ci fosse un domani.
“Eccoti, Loueh. Il turno è finito quindi io pensavo di andare a comprare qualcosa da mettere stasera, andare un attimo a casa e poi vedermi con i miei amici; dato che vieni con me ti stavo aspettando, andiamo?” chiese la ragazza dai capelli rosa non appena vide Louis entrare nuovamente dentro il negozio; questo non ebbe nemmeno il tempo di rispondere che la ragazza gli passò lo zaino che aveva lasciato la mattina dietro la cassa e dopo poco uscì dal negozio insieme agli altri due ragazzi. Gemma chiuse il negozio, e dopo aver messo le chiavi nella sua borsa, salutò Liam: Louis fu un po’ deluso quando capì che il ragazzo non sarebbe stato con loro perché doveva uscire con la sua ragazza ma quello chiese scusa e scambiò il numero con Louis in modo da mettersi d’accordo per il giorno dopo. Gemma posizionò le mani nelle tasche del giubbotto di jeans che indossava da quella mattina e subito dopo Louis fece lo stesso mettendo le mani nelle tasche della sua felpa e camminando vicino a lei, tenendo puntualmente la testa sui suoi piedi e alzandola ogni tanto per guardarsi intorno o per ascoltare quello che la ragazza diceva su quel posto.
“E tu di dove sei, Loueh? Sei figlio unico? Cosa ti ha portato qui? Come mai hai solo quello zaino come valigia? Quanti anni hai?” chiese la ragazza dai capelli rosa ponendo quelle domande una dietro l’altra. Louis spalancò appena gli occhi per poi ridere  non appena la ragazza cominciò a ridere per via della sua espressione; Louis odiava ricevere delle domande soprattutto quando queste riguardavano lui e la sua vita ma sicuramente avrebbe dovuto rispondere a quella ragazza altrimenti sarebbe stato preso per un maleducato o per uno scemo.
“Vengo da Doncaster, Inghilterra. Ho 23 anni e sono venuto qui per cercare il mio posto e spero di trovarlo. Ho cinque sorelle più piccole e un fratello più piccolo e ho portato questo zaino perché ho il necessario. Non era un viaggio programmato ma ho deciso tutto all’ultimo minuto e tu, Gemma? Cosa ti ha portato qui?” chiese il ragazzo tenendo lo sguardo basso mentre dava quelle poche informazioni di sé alla ragazza e appena completò di descriversi alzò lo sguardo verso questa che lo ascoltava quasi ammaliata. I due continuarono a camminare e Louis decise di estrarre una sigaretta dalla tasca della felpa: non appena aprì il pacchetto notò che questa era l’ultima e quindi avrebbe dovuto comprare al più presto un panchetto; come al solito uscì il suo clipper dal pacchetto e questa volta accartocciò il pacchetto per poi buttarlo in un cestino vicino. Portò la sigaretta alle proprie labbra e dopo averla poggiata, accesa il clipper in modo tale da accendere quel piccolo oggetto che teneva tra le labbra: aspirò e solo dopo pochi minuti buttò fuori il fumo posando l’accendino in una tasca e togliendo la sigaretta dalle labbra; piego la testa di lato quando notò il modo in cui la ragazza era affascinata davanti alla sigaretta e quindi Louis le chiese se volesse fare un tiro ma questa fece un cenno di no con la testa.

“Come avrai capito io sono Gemma e ho 24 anni. Anche io vengo dall’Inghilterra e ho deciso di venire in questa città per stare vicino alla mia amica, Ellie. Dopo qualche mese che stavo qui si è trasferito qua anche mio fratello e se oggi sono ancora qua penso che sia per assicurarmi che quel bambino non si cacci nei guai! Ho deciso di aprire il negozio di musica perché io e mio fratello siamo sempre stati legati a questa e poi è stato un regalo di nostro padre per entrambi quindi non stupirti se a volte incontrerai quel rompicoglioni da noi. Non è tanto male anche se a volte è troppo curioso o ha strane manie.  Visto che non hai niente con te, adesso faremo shopping e ti regalo qualcosa di decente anche perché non puoi andare in giro sempre con quella felpa più grande di te e non voglio essere ringraziata. E comunque ti fa male fumare, non dovresti farlo” disse quella ragazza scandendo con attenzione ogni parola e continuando a tenere lo sguardo fisso sulla sigaretta che brillava e che il ragazzo più piccolo continuava ad avvicinare alle sue labbra per poi allontanarla. Louis ascoltò tutto ciò che la ragazza gli stava comunicando della sua vita e fu d’accordo quando disse che quel ragazzo aveva delle strane manie e ridacchiò spontaneamente ripensando a quel ragazzo richiamato dalla signora anziana perché faceva delle foto ai clienti.
“Immagino che una di queste manie sia quella di fare foto agli sconosciuti” mormorò il ragazzo moro tenendo, questa volta, lo sguardo azzurro puntato sulla ragazza: sicuramente adesso lei avrebbe avuto uno sguardo perplesso e lui non voleva perderselo. Louis aveva ragione e non appena la ragazza crucciò le sopracciglia, lui scoppiò a ridere e poco dopo diede tutte le spiegazioni alla ragazza spiegandole il motivo per cui oggi aveva chiesto se avesse un fratello o meno. Lei concordò col ragazzo quando questo le fece notare la somiglianza fra i due e i due ragazzi passarono il pomeriggio a raccontarsi qualcosa l’uno dell’altro mentre Gemma costringeva il più piccolo ad entrare in grandi boutique per comprare dei vestiti che valorizzassero Louis; quest’ultimo era felice di aver conosciuto meglio la ragazza dai capelli rosa ma nel frattempo odiava seguirla per negozi anche se questa stava facendo qualcosa di carino per lei. Louis aveva sempre odiato lo shopping e sicuramente non l’avrebbe iniziato ad apprezzare in quelle ore.
 
Il pomeriggio passò abbastanza in fretta: Gemma aveva convinto Louis a comprare diversi vestiti che a suo parere gli stavano abbastanza bene mentre questo non le credeva affatto; quei due avevano passato il pomeriggio a scoprire varie cose che avevano in comune e anche a prendersi in giro per delle abitudini che magari erano diverse o che uno non approvava nell’altro.
“E qui è dove abiteremo” mormorò la ragazza dai capelli rosa attraversando la strada prima di Louis e aprendo le braccia in modo da mostrare a Louis il palazzo: questo era abbastanza alto e a vetri;  e da giù si vedeva un grande terrazzo e diverse abitazioni. Louis rimase sorpreso dal fatto che  lui avrebbe vissuto in quel palazzo così tanto lussuoso senza pagare niente e dovette realizzare la cosa per vari minuti prima di riuscire ad attraversare la strada per raggiungere la ragazza che lo stava aspettando ridendo per via dell’espressione del ragazzo. Quando questa comprese che il ragazzo non si sarebbe mosso, attraversò velocemente la strada e tirò per la manica della felpa, che tanto detestava, il ragazzo e lo fece entrare con sé dentro il palazzo di vetro: Louis non aveva mai visto niente del genere e quindi non è un caso che rimase sorpreso, atteggiamento che fece ridere ancora di più la ragazza. L’interno del palazzo era abbastanza grande ed era illuminato da varie lampade a led: in fondo alla stanza stava un bancone con dietro un giovane ragazzo che Louis pensò fosse il portiere, ai lati della stanza vi erano degli ascensori anche questi puntualmente fatti di vetro mentre nella parte destra della stanza vi erano dei divanetti di pelle dove delle ragazze parlavano passandosi i vari cataloghi di moda. Al centro del palazzo vi era una grande fontana, anche questa puntualmente di vetro, e Louis iniziò ad osservare quella per una manciata di minuti per via dei getti che cambiavano colore; Gemma immaginando che se fosse dipeso dal ragazzo sarebbe stati tutta la serata lì, tirò quest’ultimo nuovamente dalla felpa per farlo entrare con sé nell’ascensore e appena entrambi furono dentro, la ragazza posò il dito su una sorta di computer e poco dopo l’ascensore salì raggiungendo l’ultimo piano. Una volta usciti dall’ascensore, Louis rimase sorpreso notando le scale di vetro con cui avrebbero potuto raggiungere il pianerottolo e decise di seguire la ragazza senza fermarsi troppo a pensare anche perché detestava quando questa lo tirava dal cappuccio per farlo camminare: si sentiva un cane e non era piacevole come sensazione; il lato sinistro del pianerottolo era costeggiato da alcuni vetri dai quali si vedeva l’interno del loro loft e poco dopo Gemma raggiunse la porta di casa sua che era puntualmente di vetro. La ragazza bussò e una ragazza dai capelli viola chiaro si avvicinò a questa per poi aprire e permettere ai due ragazzi di accomodarsi: Louis notò i capelli della padrona di casa e capì perché loro dovessero andare tanto d’accordo. La ragazza dai capelli viola osservò Louis dalla testa ai piedi e dopo pochi secondi posò il suo sguardo scrutatore sulla ragazza dai capelli rosa per cercare di farsi dare una risposta: in effetti aveva tutto il diritto di fare una faccia del genere dal momento che Gemma aveva appena portato uno sconosciuto in casa sua.
“Ellie, tempo fa mi avevi detto che Harold poteva stare da noi se solo avesse voluto. Visto che lui ha un suo appartamento e tu hai ancora la stanza libera, ho pensato che Loueh potrebbe stare da noi. E’ molto simpatico e ti piacerà sicuro comunque stai benissimo vestita così e stasera lui viene con noi quindi mostragli la stanza mentre io vado a prepararmi” mormorò la ragazza dai capelli rosa piegando prima la testa di lato quando faceva riferimento al fratello, indicando subito dopo Louis quando questo fu menzionato nel discorso e alzando successivamente le braccia quando fece notare all’altra ragazza che il ragazzo non solo avrebbe dormito da loro ma sarebbe uscito anche con loro. Prima di allontanarsi fece un segno con un dito verso la propria camera e lasciò i due soli sparendo dietro un corridoio. Ellie alzò le spalle visto che, come al solito, Gemma non le aveva neanche dato il tempo di rispondere e iniziò a pensare in quale delle tante stanza Louis avrebbe dovuto dormire. Louis, invece, cominciò ad osservarsi intorno notando che la stanza principale era molto grande: al centro di questa vi era un camino nel quale era inserita una tv al plasma, di fronte a questo c’era un divano con la chaise lounge e dal lato opposto c’era un tavolo di vetro con sei siede. Alla fine della stanza c’era un gradino e sul piano rialzato c’era una cucina ad “L” con un bancone con delle sedie; la casa era tutta a vetri e dal lato destro c’era una sorta di corridoio. Ellie richiamò l’attenzione del ragazzo facendogli un cenno con la mano di seguirlo lungo quel corridoio: Louis la seguì e durante il viaggiò non poté fare a meno di notare le varie porte che vi erano in questo e solo dopo poco, Ellie ne aprì una comunicando al ragazzo che doveva essere pronto entro una decina di minuti e che quella sarebbe stata la sua stanza. Louis rimase a bocca aperta e non appena chiuse la porta alle sue spalle posò a terra il suo zaino e le buste che aveva ottenuto dopo lo shopping con Gemma: la stanza era molto più grande di quella che aveva in Inghilterra. Anche questa aveva una grande vetrata dalla quale si poteva vedere la città; al centro c’era un letto ad una piazza e mezzo e vicino a questo un comodino che era molto più grande di quello che aveva a casa. Il pavimento della stanza era quasi tutto coperto da un tappeto bianco; davanti al letto c’era una tv al plasma e collegata a questo vi era un console e Louis fu molto felice di aver ricevuto quella stanza non solo per i vari oggetti presenti in essa o perché questa era la camera più bella che ebbe in tutta la sua vita ma soprattutto perché aveva un bagno in camera e quindi non avrebbe mai più condiviso un bagno con una donna. Louis notò che davanti la vetrata vi erano dei divanetti bianchi e davanti a questi un tavolino; sicuramente quello sarebbe stato il suo nuovo luogo preferito e visto che doveva prepararsi in fretta decise che avrebbe posato gli oggetti che aveva portato con sé una volta tornati all’appartamento e che adesso si sarebbe dovuto preparare.
Gemma ed Ellie continuavano a discutere su quanto fosse avventata la scelta di Gemma di portare uno sconosciuto ma le loro liti furono, per il momento, messe da parte dall’arrivo di Louis. Gemma sorrise notando che il ragazzo aveva messo una felpa che lei gli aveva consigliato ed Ellie fece ai due segno di andare visto che erano già in ritardo. I tre ragazzi uscirono velocemente dal palazzo e dopo un silenzio imbarazzante che durò vari minuti, Gemma disse ad Ellie che Louis era arrivato quella mattina a Los Angeles e che avrebbe voluto vedere la città. Ellie mostrò, per la prima volta in quelle ore, un sorriso a trentadue denti nei confronti del ragazzo con cui doveva vivere e subito iniziò a nominare diversi posti che lui avrebbe dovuto vedere e non ebbe neanche il tempo di spiegare di cosa si trattasse che iniziò ad urlare di fare in fretta e trascinò entrambi i ragazzi dentro la metro.
I had a dream so big and loud
I jumped so high I touched the clouds
Wo-oah-oah-oah-oah-oh-oh
Wo-oah-oah-oah-oah-oh-oh;



In un primo momento Ellie decise di portare quei due alla Hollywood  Walk of Fame: per arrivarci presero varie taxi però sicuramente l’attesa valeva la pena. La ragazza dai capelli viola chiaro applaudiva eccitata all’idea di camminare in una delle vie più belle di Los Angeles e soprattutto felice di leggere i nomi di quelle grandi celebrità, la ragazza dai capelli rosa invece continuava a ridere per delle battute squallide che continuava a fare e continuava a ripetere al ragazzo che avrebbe adorato quella città e che sicuramente quello sarebbe stato il suo posto. Louis, invece di ascoltare quelle due, immaginava di avere una canzone come sottofondo anche perché tutta la sua vita è basata sulla musica e non stava nella pelle all’idea di poter camminare in quella via tanto desiderata e sognata fin da quando era un bambino. Il tragitto non fu poi così lungo, a parere di Louis, e non appena mise un piede fuori iniziò a guardare tutto ciò che lo circondava: dal cestino dei rifiuti alle prime stelle che trovava davanti ai suoi piedi; gli occhi del ragazzo brillavano a quella vista e dopo che i tre si scambiarono uno sguardo complice decisero di iniziare a camminare tra quelle stelle.
I stretched my hands out to the sky
We danced with monsters throught the night
Wo-oah-oah-oah-oah-oh-oh

Wo-oah-oah-oah-oah-oh-oh;
Gemma uscì il telefono dalla grande tracolla nera per poi iniziare a scattare foto ai due ragazzi che, come due bambini che per la prima volta visitano un parco giochi, correvano euforici tra le varie stelle indicandone prima una e subito dopo, andando dalla parte opposta, ne indicavano una appartenente ad una celebrità del tutto diversa.  Louis iniziò a ridere come un bambino mentre Gemma lo pregava di fare una foto seria ma lui continuava a fare delle facce buffe o si metteva sulle punte quando Gemma chiedeva di fare una foto insieme ad Ellie: quest’ultima rideva notando che il ragazzo doveva mettersi sulle punte per sembrare più alto e fu forse questo che fece cambiare idea alla ragazza su quel tizio che avrebbe ospitato o magari fu il fatto che Louis era venuto in quel posto senza niente con sé solo per riuscire a trovare un posto adatto a lui.
I’m never gonna look back, woah
I’m never gonna give it up, noo
Please don’t wake me now;

I tre ragazzi passarono la maggior parte della serata a correre tra le varie stelle che vi erano raffigurate sul quel pavimento e solo dopo varie ore passate in quel modo, Ellie rise e propose ai ragazzi di raggiungere Santa Monica e la spiaggia che si trovava lì. Gemma disse alla ragazza che era totalmente folle per via della distanza dei luoghi e dell’ora ma dopo poco le disse che se lei avesse pagato il taxi sarebbero potuti andare in capo al mondo. Non fu un caso che dopo un’oretta, all’incirca, i tre non erano più a correre tra le stelle ma si erano trovati nel grande parco giochi che si trovava in quella spiaggia. I tre pagarono subito l’ingresso e come tre bambini, non appena ricevettero il ticket, cominciarono a correre dentro quel parco che li avrebbe ospitati per varie ore.
Oo-o-o-o-o
This is gonna be the best day of my life
My li-i-i-i-i-i-fe.

Oo-o-o-o-o
This is gonna be the best day of my life
My li-i-i-i-i-i-i-fe;

I tre ragazzi passarono la serata facendo un po’ tutte le attrazioni presenti: prima fecero delle montagne russe anche se Ellie stette tutto il tempo con gli occhi chiusi e si lamentò dell’altezza, subito dopo decisero di provare i giochi che fornivano le bancarelle come un tiro con delle pistole per far cadere delle bottiglie o il colpire con delle torte un uomo che correva da una parte all’altra; passarono nella stanza degli specchi e dopo aver mangiato un hot dog preso in una bancarella presente all’interno del parco giochi, i tre salirono sulla ruota panoramica e da lì Gemma chiamò dei suoi amici per farsi venire a prendere e tornare a casa.

“Sono felice di averti incontrato, Loueh. Spero che ti troverai bene da noi” disse Gemma regalando nuovamente un sorriso che mostrava le fossette al ragazzo per poi voltarsi verso la amica sapendo che questa non era felice di avere uno sconosciuto in casa.

“Anche io sono felice che Gemma non abbia portato un drogato maniaco in casa” mormorò Ellie poggiando la chioma viola sulla spalla dell’amica per via della stanchezza e regalando, per la seconda volta, un sorriso al giovane ragazzo che le osservava.
 Louis ringraziò le ragazze per l’accoglienza e per avergli mostrato quei posti e subito dopo si voltò verso il vetro per godersi la spiaggia di Santa Monica e le luci della città che si notavano da lì sopra.
I hear it calling outside my window
I feel it in my soul
The stars were burning so bright
The sun was out ‘till midnight

I say we lose control;
Non appena scesi dalla giostra i tre ragazzi raggiunsero l’uscita del parco divertimenti quando Gemma notò il fratello poggiato allo sportello della macchina e un ragazzo che teneva il cofano aperto e che toccava le parti dentro questo con una chiave inglese. Gemma ed Ellie corsero verso la figura del ragazzo riccio e Louis fece la stessa cosa pur non sapendo dove e da chi stava andando.

“Harold, cosa cazzo è successo? E Nick cosa sta facendo se non sa neanche da cosa è composta una macchina?!” sbraitò la ragazza dai capelli rosa alzando le mano verso il cielo e guardando prima il fratello e poi il ragazzo che aveva ancora la testa dentro il cofano e che continuava a toccare qualcosa con la chiave inglese. Louis cercò di non ridere per l’espressione di Gemma e poi fece un cenno con la mano ad Harry che lo guardava come qualcuno che ha appena visto un fantasma
“La vera domanda è: come fai a conoscere, Loueh?” mormorò il ragazzo riccio non preoccupandosi della domande della sorella, passandosi subito dopo una mano tra i capelli per cercare di trovare una risposta alla sua domanda e cercando anche di capire cosa volesse dire l’espressione che aveva il volto della sorella.

“Ragazzi è appena caduto questo dalla macchina, non penso sia importante” mormorò Nick mostrando un pezzo di carrozzeria ai quattro ragazzi che si voltarono verso di lui. Ellie scoppiò a ridere non tanto per la faccia del ragazzo ignaro del danno provocato ma soprattutto per la faccia di Gemma che alzò gli occhi al cielo e mormorò qualcosa come “mio fratello e il suo amico sono due idioti”. Louis cercò di non ridere e focalizzò nuovamente la sua attenzione sul ragazzo riccio che in quel momento stava assordando la sagoma del ragazzo dagli occhi azzurri cercando di capire come potesse conoscere la sorella.

ANGOLO AUTRICE
Il capitolo è interamente dedicato alla mia carissima Nicki. Ti ringrazio per avermi detto che questa storia ti ha preso così tanto e che ti rilassa e come promesso ho scritto il capitolo prima del previsto!

Vorrei poi ringraziare tutte le ragazze che ieri mi hanno aiutato con la pubblicità e tutte quelle ragazze che hanno iniziato a leggerla o che l’hanno aggiunta tra le storie da leggere. Grazie anche per le varie stelline, per me significa molto!
Ma adesso ho da dire due cose sulla storia: ho voluto pubblicare velocemente senza aspettare i quattro giorni sia per ringraziarvi per il vostro supporto ma soprattutto perché, come ho già detto nel capitolo precedente, per via della scuola ci sarò molto di meno e quindi non so quando scriverò e quindi quando aggiornerò. Per adesso che ho tempo ho pensato di dedicarmi completamente a questa e quindi è solo un caso che aggiorno con frequenza lol
La seconda cosa che volevo dire è attinente al capitolo: questo è un capitolo di passaggio quindi è abbastanza banale. Mi serviva però un capitolo in cui Louis trovava l’appartamento e onestamente non sono molto contenta di questo capitolo, tranne per la prima parte di cui sono fiera, ma prometto che col prossimo mi riuscirò a far perdonare anche perché sarà molto più interessante. Per quanto riguarda Ellie, come Barbara nel capitolo precedente, non sarà un personaggio principale ma apparirà qualche volta mentre la figura di Hannah, che ho sempre amato, sarà un personaggio centrale così come Nick. Penso di aver presentato tutti i personaggi importanti della vicenda e quindi dal prossimo capitolo mi inizierò a concentrare su di loro cercando di creare bene quei personaggi; per adesso l’unico di cui abbiamo una visione quasi completa è Louis ma prometto che tutti i personaggi avranno il loro spazio.  Oh Gemma anche sarà un personaggio importante e ho deciso di far convivere lei con Louis perché ho sempre amato quei due insieme e adoro immaginare una Gemma che minaccia Louis per via del fratello, aaaw (y)


Un’ultima cosa prima di lasciarvi in pace: come avrete notato in ogni capitolo metto una canzone che poi si richiama al titolo del capitolo. Vi consiglio in quelle parti di ascoltare la canzone perché è più facile immedesimarvi nella parte; durante il flashback di questo capitolo vi consiglio di ascoltare “Creep” dei RadioHead anche se non ho messo il testo perché le parole non erano attinenti ma quando ho scritto quella parte ascoltavo questa canzone. La canzone invece scritta non è molto attinente a quello che sta succedendo però mi mette allegria quindi ho pensato che fosse un sottofondo perfetto lol
Detto questo spero che il capitolo non faccia così pena e che vi possa piacere! Grazie per i vari complimenti ricevuti e grazie per leggerla, il prossimo capitolo sarà di sicuro migliore!
Un bacio –C (y)



 
 
 

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