Farfalle e pinguini: documentazione della loro possibile convivenza

di FinnAndTera
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Occhi di gatto ***
Capitolo 2: *** Le tue belle parole ***
Capitolo 3: *** Cose di famiglia ***
Capitolo 4: *** Le stesse cose che vedo io ***
Capitolo 5: *** Follie dimenticate ***
Capitolo 6: *** Tutto ciò che conta ***
Capitolo 7: *** Farfalle nello stomaco ***
Capitolo 8: *** La mia opinione della matematica ***



Capitolo 1
*** Occhi di gatto ***



Occhi di gatto


Ci son due gatti che lo osservano dalla finestra della vecchia signora che offre i biscotti e Nagisa vorrebbe solo chiedergli perché. In realtà gli è sempre piaciuto sentirsi osservato e i gatti in quel momento non lo guardano neanche con aria cattiva, però vorrebbe domandargli il motivo dei loro sguardi felini, se i capelli sono a posto, se ha qualcosa di buffo in faccia, o se il cappello con il pon-pon sia adorabile come pensa – è la prima volta che esce con Rei ufficialmente e la serata non può di certo andare a monte per un pon-pon di troppo. Poi con lentezza uno dei gatti, quello bianco, inclina un po' la testa di lato e Nagisa lo imita continuando a guardarlo negli occhi. Stringe il pacchetto che ha fra le mani un po' più forte e allora si decide, glielo chiede, e Rei lo trova proprio così, con gli occhi spalancati mentre borbotta un “Miao?” rivolgendosi al gatto della signora dei biscotti. Vorrebbe scappare via Rei, urlare e chiudersi in camera per il resto dei suoi giorni, ma Nagisa si accorge di lui appena in tempo e gli sorride, con il pon-pon che fa su e giù quando gli si fionda fra le braccia.
“I gatti dicono che sono bello!”
E i gatti avevano sempre tremendamente ragione.


Note d'autrice: navigando in quel mare di schifezze, gif, documenti senza nome "fgfjrgojo.doc" e immagini stupide, ho trovato minuscole flash Reigisa scritte perché MI MANCANO e di consrguenza ho iniziato a raccorglierle qui. Datemi i miei Reigisa. Luglio, ti aspetto con ardore ç_ç

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Capitolo 2
*** Le tue belle parole ***



Note d'autrice: il prompt usato a suo tempo era "dove qualcuno compie un errore e qualcun altro lo corregge". Just sayin'.
(Il quadernino io lo possiedo veramente)(Ora potete scappare)


Le tue belle parole
 

Nagisa non poteva credere che Rei avesse davvero un quaderno per le parole più belle da usare, ma dovette ricredersi quando lo trovò fra i vari appunti posizionati ordinatamente sull’enorme scrivania in legno - sì, Rei era ordinato, doveva avere proprio un sacco di problemi.
«Ma che diamine significa elucubrabrazione?»
Nagisa iniziò a leggere il quaderno saltellando in giro per la stanza come se non potesse fare a meno di muoversi mentre parlava, leggeva, rideva, mangiava, e altre migliaia di cose, e “Ti prego, Nagisa, fermati!”
«Si dice elucubrazione e no, non è una parola scurrile».
«Lo immaginavo, a te non piacciono le parolacce. A me invece sì, tantissimo». Nagisa continuò a sfogliare le pagine trovando divertenti le parole “cocomero” e “trotterellare” – “Io trotterello proprio un sacco!” –, storcendo il naso alla parola “desossiribonucleico” – “Desossirobuni-, desossirobuno-, è inutile, non ci riesco in classe e non ci riesco neanche ora” – e chiedendo il significato di svariati vocaboli – “Inseriscili in una frase!”
Poi però arrivò alla parola “deretano” e allora finì il mondo.
«Ti piacciono i deretani, lo sapevo».
«Nagisa, mi piace il suono della parola, non è detto che…»
«E come fai a preferire “deretano” a “culo”, eh?»
Scandalizzato, Nagisa posò il quaderno in malo modo sulla scrivania e fece cadere due o tre fogli, forse anche quattro, meno male. L’ordine era una cosa che non sopportava, poi quello di Rei era addirittura maniacale.
Dopo un po’ di raro e incredibile silenzio, Rei si sedette accanto a lui leggermente a disagio, ma Nagisa capì dalla sua espressione concentrata che stava pensando a qualcosa, o stava facendo qualche calcolo, chissà.
«Rei, esponimi le tue perplessità, è per questo che gli esseri umani instaurano rapporti interpersonali».
Rei si aggiustò gli occhiali e poi sorrise in un modo davvero elucubrazionoso, prima di dire che, in fondo, a pensarci bene, dopo tre o quattro calcoli, Nagisa raccogli quei fogli, la parola “culo” non era poi tanto male.




 

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Capitolo 3
*** Cose di famiglia ***


   
Note d'autrice: risposta alla sfidonzola di Aika che, una volta, mi aveva chiesto una fic in cui Nagisa presentava Rei alla famiglia come suo fidanzato e dove una sorella ci provava con Rei. Prompt ovviamente non rispettato, ma non c'è da meravigliarsi.


Cose di famiglia


«Mamma, papà, Nemi, Yoko, Yumi...»
La casa di Nagisa era davvero disordinata.
«Vi presento Rei».
Forse il disordine era una qualità strettamente legata all'essere biondi.
«Il mio fidanzato».
All'essere biondi e completamente impazziti.
Rei era sicuro di aver sentito male. Tutto quello era sicuramente dovuto al fatto che il suo udito era peggiorato in quegli ultimi tempi. Colpa dell'acqua. O colpa di Nagisa. Colpa dell'acqua e di Nagisa che lo presentava a tutta la sua disordinata famiglia come il suo fidanzato.
«Ma che carino!» sentì dirsi in modo estasiato da quella che doveva essere la madre di Nagisa, praticamente una Nagisa femmina, come del resto lo erano anche Nemi e Yumi – Yoko, invece, aveva lo stesso profilo del padre. Soprattutto i padiglioni auricolari, notò, decisamente era la più simile al signor Hazuki. Il signor Hazuki che lo stava guardando da tre minuti circa, ovvero il tempo in cui era sceso un imbarazzante silenzio in attesa di una qualsiasi sua risposta. Tuttavia Rei studiava i padiglioni auricolari di Yoko – e appurava che il signor Hazuki aveva i suoi stessi occhiali – al posto di parlare.
«Già. Salve. Sono Rei. Casa deliziosa».
«Bene, ora che ti ho presenta- ehi, Yoko, non fare l'occhiolino a Rei!»
«Non è colpa mia fratellino, il tuo fidanzato mi sta fissando da quando è entrato in questa stanza!»
Rei non sapeva cosa fare. La madre di Nagisa stava tagliando una torta alle fragole, lui odiava le fragole e, cosa più brutta, non sapeva mentire. Nemi e Yumi continuavano a guardare sotto la sua cintura, cosa che lo metteva a disagio, mentre il signor Hazuki aveva una faccia contrariata e offesa – perché il signor Hazuki aveva una faccia contrariata se prima gli sorrideva?
«Rei, per favore, parla e di' che non stavi guardando mia sorella».
«Amo le fragole. Andiamo di sopra. La signorina Yoko e il signor Hazuki hanno gli stessi padiglioni auricolari, è l'unica figlia che gli somiglia. Cosa interessante, perché di solito il 70% delle figlie femmine assomiglia al padre, mente in questa famiglia accade il contrario. Assomigliate quasi tutti a vostra madre. Casa deliziosa, signori. Andiamo di sopra?»
Nagisa allora lo prese per mano e sorrise, cantilenando un “Visto?” accompagnato da una linguaccia in direzione di sua sorella.




 

 

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Capitolo 4
*** Le stesse cose che vedo io ***


Note d'autrice: cosina minuscola partecipante alla nuova iniziativa indetta da Pseudopolis Yard per il suo magnifico compleanno. <3 Fluff. I Reigisa mi inducono al fluff ed io non sono in grado di combatterli.


Le stesse cose che vedo io


«Alcune volte, quando sono troppo stanco, mi fermo un po' a bordo piscina».
Nagisa ha la testa appoggiata sulle gambe di Rei e lì, seduti da soli sul terrazzo di scuola, il mondo sembra lontano e il cielo molto vicino.
«Anche io lo faccio» confessa Rei senza rendersi conto di aver parlato, ma dopo sente subito il bisogno di dire che lo fa raramente, non sempre, di rado, quando è veramente troppo stanco e non ce la fa più. Nagisa non sa quale Rei gli piaccia di più: quello spontaneo che si gode il vento di primavera ad occhi chiusi e gli accarezza i capelli dolcemente, o quello razionale, con l'esigenza di perfezione e che fra poco dirà che è tardi e che in questo modo perderanno la lezione, ma che prima di andare gli sorriderà in un modo carino dicendogli: “Ci vediamo dopo, però”. Nagisa però non può dirlo, perché è difficile persino distinguerli, figuriamoci sceglierli. Di conseguenza, ama Rei il doppio di tutto ciò che può essere amato.
«Sì, però io mi fermo e alzo la testa. Mi piace guardare il cielo».
Questa è una cosa che Rei aveva già notato. Anche quando cammina, Nagisa guarda in aria, indica cose che lui non riesce immediatamente a vedere davanti a sé e per questo spesso rischiano entrambi di inciampare nei loro stessi piedi, con il naso all'insù in cerca di qualcosa.
«Ci sono un sacco di cose belle in cielo, sai? Dovresti guardare più spesso anche tu. Ci sono le stelle...»
«So che ci sono le stelle».
«Sì, so che lo sai, ma le hai mai viste tutte quante?»
Nagisa gira un po' la testa di lato avvicinando il naso alla pancia di Rei e lo guarda con un'espressione che lo mette a disagio – ed è strano, non pensava potesse esistere qualcosa che lo mettesse più a disagio del primo sguardo che gli rivolse tempo prima.
«Un'altra cosa che mi piace sono le nuvole. Assomigliano sempre a qualcosa, se le guardi bene. Anche quando hanno la forma di mostriciattoli e orchi sembrano comunque belle, forse perché danno l'idea di morbido e dolce come le caramelle gommose che vendono alle fiere d'estate».
Rei le nuvole le guardava tanto quando era bambino. Lo ricorda perché trovava sempre delle immagini più belle di quelle di suo fratello, al che lui non lo accettava e diceva che se le stava solo sognando. Gli dispiaceva un po' per suo fratello, alla fine i draghi più incredibili li ha sempre visti solo e soltanto lui.
«Quella, per esempio, non ti sembra un centauro coi capelli lunghi?»
Rei allora alza lo sguardo, lo vede e annuisce così entusiasta che gli cadono gli occhiali dal naso, andando a finire sulla testa di Nagisa.
«Scusami!»
«E di cosa?» Nagisa rimette gli occhiali al suo posto. «È bello che tu veda le stesse cose che vedo io!»
La campanella suona in quel preciso istante e a Rei – Nagisa ci avrebbe giurato - sta quasi per venire un colpo. Si affretta e rimette il cestino del pranzo nello zaino, parla del compito di matematica che lo aspetta e corre via, ma non si dimentica di girarsi per sorridere a Nagisa e per dirgli che si sarebbero visti dopo, però.
Nagisa ritorna a guardare il cielo e questa volta vede una farfalla.
«È proprio un secchione, il mio Rei-chan».






 

 

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Capitolo 5
*** Follie dimenticate ***


Note d'autrice: tra soli due giorni finalmente partirò - ma cercherò di vedere Free! ugualmente, anche a costo della mia vita - e non so se riuscirò ad aggiornare la raccolta con qualche altra cavolata sui questi due amori. Nel frattempo, ecco il dopo sbornia di Rei. <3


Follie dimenticate

Ad Aika,
 semplicemente perché le voglio bene


«Dovresti ubriacarti più spesso, sai?»
Rei non è esattamente d'accordo con questa affermazione. Gli gira la testa in un modo indescrivibile, addirittura il mondo gira intorno a lui – forse è ubriacandosi che Guglielmini aveva intuito il moto di rotazione terrestre – e anche Nagisa sembra girargli attorno, okay, no, non sembra, perché Nagisa gli sta realmente girando attorno.
«Potresti fermarti un momento qui vicino?» gli chiede speranzoso, perché già il mondo sta girando e la sua testa con lui, se Nagisa continua a girargli attorno la sua testa girerebbe ancora di più e il mondo perderebbe di significato.
«Tu non hai idea di quanto sei divertente da ubriaco!» gli dice Nagisa tutto contento, poi finalmente si ferma e gli si stende accanto.
«Vediamo un po'» continua, e il suo sguardo da canaglia fa seriamente paura. «Ti ricordi quel che hai fatto ieri?»
«Certo che ricordo» si affretta a rispondere Rei, forse troppo in fretta perché Nagisa capisce subito che in realtà lui non ricorda un bel niente della sera prima.
«Bene, allora racconta!»
«Avete vinto...»
«Abbiamo» lo corregge subito Nagisa.
«...il relay ieri. Sì. Poi Rin ha detto: “Andiamo a bere qualcosa insieme”. Io non volevo venire, sai che non mi piace bere, poi tu mi hai convinto e allora siamo andati tutti a brindare».
Rei è soddisfatto del suo riassunto. Spera in un miracolo – per la precisione un miracoloso leggero senso di colpa, o un po' di pietà – che però, ovviamente, non arriva. Cade il silenzio, Nagisa poggia la testa sul suo petto e lo guarda dal basso, indagatore.
«Sì, e poi?»
«E poi siamo tornati a casa».
Si trovavano a casa, quindi era la risposta giusta.
«Dunque ti mancano più o meno due ore di follia, eh?»
Ora Rei è preoccupato. Se Nagisa considera follia quello che è accaduto, allora deve essere veramente qualcosa di estremamente imbarazzante. Ma in fondo che importa, lui la Cambogia l'aveva sempre trovata invitante.
«Quando dovrei partire, esattamente?» gli chiede Rei nascondendosi fra le lenzuola.
«Non lo so. Tu in quanto tempo scapperesti via dalla tua terra natia se avessi ballato YMCA sul bancone del bar improvvisando uno spogliarello molto nudo e molto improvvisato invocando il nome di Adriana?»
Nagisa è tremendamente serio e lo guarda con i suoi maledetti occhioni giganti e Rei vorrebbe solo scavare una buca profonda quanto quegli occhi e passare il resto della sua vita a dimenticare quello che Nagisa gli ha appena detto. Poi si rende conto che Nagisa non sta ridendo.
«Non è vero!» grida, alzando la testa dal cuscino. «Non farlo mai più!»
Ed è a quel punto che Nagisa inizia a ridere a crepapelle, senza fermarsi, e il mondo e la testa di Rei ricominciano a girare.
«Avresti dovuto vedere la tua faccia!»
«Non è divertente» dice, ma in realtà sorride anche lui.
Poi Nagisa si calma, anche se la risata la si può ancora vedere sulle sue labbra e nei suoi occhi, e si fa un po' più vicino.
«Dovresti ubriacarti più spesso, sai?» ripete, con una voce tra il malinconico e il felice e Rei non capisce. «Perché ieri mi hai baciato davanti a tutti».
Rei chiude gli occhi quando Nagisa gli accarezza la guancia.
«È stato bello?»
«Ah-ah».
«Allora dovrò rifarlo» dice Rei timidamente e Nagisa lo guarda, lo guarda soltanto «Insomma, un'unica follia che faccio e non me la ricordo neppure?»





 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Tutto ciò che conta ***


Note d'autrice: ritornata in patria da un giorno, sono qui per esternare tutti i miei feelings Reigisosi accumulati durante tre settimane di "posso vedervi ma non posso scrivervi oddio cosa posso fare". Buona seconda serie a tutte, anche se in ritardo <3.
 

Tutto ciò che conta
 

Tutto ciò che riesce a sentire in quel momento – tutto ciò che conta, che è importante, è vicino – è il respiro irregolare di Nagisa che inspira sempre troppo forte come se non gli bastasse mai l'aria attorno a sé ed espira quasi fosse una liberazione. Espira sul sul collo, per la precisione, il fiato caldo che gli accarezza la pelle, e inspira il suo profumo, il suo essere e la sua fidata razionalità. La logica del mondo scompare al ritmo del petto di Nagisa, che si alza e si abbassa e su cui Rei poggia la testa rapito. È la prima volta che sente qualcuno così vicino e non è solo una questione di corpi nudi, di mani intrecciate e di rossori che si mischiano, ma è il fatto che Rei non vorrebbe nessun altro all'infuori di Nagisa che lo scuote internamente e gli fa girare la testa. È un pensiero che lo imbarazza, come d'altronde lo imbarazzano gli occhi di Nagisa fissi nei suoi, o le sue labbra che non smettono di muoversi – per respirare e per ripetere il suo nome -, o i fianchi ossuti che lo cercano e il sudore che scende sulla schiena. È un momento imbarazzante, eppure Rei vorrebbe viverlo per sempre.
«Rei-chan, non pensare!» gli dice Nagisa spostandosi un po' di lato per vederlo meglio, ma in realtà sa che è del tutto inutile dirglielo, perché Rei non può fare a meno di pensare – e di arrossire mentre cerca di chiedergli scusa, cosa che lo fa ridere e impazzire perché Rei chiede scusa troppo spesso.
«Sc-scusa...» lo sente infatti replicare mentre cerca di nascondersi fra le sue braccia, ma dal modo in cui lo stringe, chiude gli occhi e gli bacia le spalle, Nagisa capisce che sì, è vero, Rei non può fare a meno di pensare, ma in quel momento il suo unico pensiero, tutto ciò che conta, che è importante, è vicino, è soltanto lui.






 

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Capitolo 7
*** Farfalle nello stomaco ***



Note d'autrice: scrivere dal punto di vista di Nagisa porta al nonsense incasinato. Oh, Rei, quanto ti comprendo.
 

Farfalle nello stomaco

 

«Nagisa, c'è qualcosa che non va?»
«No, niente, sei solo tu».
«Io? Cosa ho fatto?»
«Sì, no, niente, ho solo un po' di farfalle nello stomaco».

Una volta aveva letto su un giornale di sua sorella che quando si sente una specie di formicolio all'altezza dello stomaco vuol dire che si è innamorati – e se non lo si è ancora del tutto, si è comunque a metà strada. “Sono innamorato tutto intero oppure solo mezzo?” si chiedeva Nagisa massaggiandosi l'addome, perché sul fatto che lo fosse non aveva alcun dubbio. In realtà Nagisa non sapeva cosa volesse dire essere mezzi innamorati, perché il giornale non continuava la sua analisi – Rei avrebbe di sicuro dato più spiegazioni logiche (e noiose) e particolareggiate (e noiose) che non gli avrebbero lasciato alcuna domanda in sospeso – e in fondo si sentiva anche un po' stupido a farsi una domanda del genere la notte del 4 agosto steso sul suo letto dalle molle rumorose. Un piccolo movimento e il letto scricchiolava, forse per colpa di tutti i salti a cui aveva dovuto resistere negli anni, ma a Nagisa non dava fastidio – a dargli fastidio era quella sensazione fastidiosa che lo portava a domandarsi con fastidio se fosse mezzo innamorato o mezzo scemo. Le chiamavano “farfalle nello stomaco”: Nagisa lo trovava divertente e per questo motivo non voleva “ucciderle”, come diceva il giornale. Le farfalle erano belle. “Pensate ad altro”, “Mantenete il controllo”, “Non tormentatevi troppo” ed altri consigli inutili accompagnati dalle facce buffe delle ragazze in foto – ce n'era una che somigliava tanto a Gou, ma Gou il controllo non lo manteneva mai.
«Come se fosse facile!» sbraitò Nagisa rivolgendosi al soffitto, perché lui, come Gou, il controllo non sapeva neanche cosa fosse. E pensare ad altro era impossibile, perché – il mondo ne era testimone – Rei era troppo bello per poter essere pensato per secondo. Poi c'erano le farfalle che glielo ricordavano, ma le farfalle erano lì perché lui pensava a Rei ed era tutto un casino.
«Sono mezzo scemo...» concluse prima di girarsi su un fianco e cercare di chiudere occhio per quella notte. «Ma sono anche tutto innamorato, credo».

 

«Farfalle nello stomaco?»
«Sì, e sono insopportabili! Mi fanno sentire mezzo scemo».
«E non c'è un modo per ucciderle, queste farfalle?»
«Ti sei fatto tutto rosso. Comunque non voglio ucciderle, però tu devi stare fermo».

Nagisa allora lo baciò e per fortuna le farfalle non scomparvero mai.


(«Rendiamoci conto, per colpa tua ho passato delle notti a riflettere!»)






 

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Capitolo 8
*** La mia opinione della matematica ***



La mia opinione della matematica


«La mia opinione della matematica è che non serve a niente».
Impegnato ad arricciarsi un ciuffetto biondo fra le dita, Nagisa guardava in cagnesco il suo quaderno di matematica tanto disordinato quanto la sua testa. Non capiva perché quella disciplina esistesse: era complessa e amava complessarsi da sola e a lui le cose complessate non erano mai piaciute. In più non comprendeva il motivo per cui quella roba invece appassionasse tanto Rei da farlo rimanere zitto persino per ore intere!
«La tua opinione della matematica è scorretta, Nagisa. Se tu riuscissi a impegnarti un po' in più...».
«La mia opinione della matematica è corretta se applicata a me medesimo» replicò Nagisa assumendo una postura da studente modello. «Dimmi, Rei-chan, non assomiglio a te quando dico “me medesimo” in questo modo?»
Iniziò a ripetere “me medesimo” a ruota libera, solo per godersi i tentativi di Rei di contenere l'irritazione. Quando superava il limite – ed erano ben tre ore che Rei lo sopportava senza essere riuscito a fargli capire nulla – il suo corpo aveva una strana reazione alla Nagisite, come aveva denominato la malattia egli stesso. Il sopracciglio destro inziava a tremare e Rei per fermarlo tratteneva il respiro per qualche secondo. Nagisa non sapeva il perché neanche di questo, ma era divertente osservarlo.
«Ti sto irritando».
«Solo un po'» ammise Rei sentendosi colpevole. Lui non voleva irritarsi, ma Nagisa era irritante!
Nagisa ebbe pietà e smise per dieci minuti di dargli fastidio. Vedendolo così avvilito gli chiese se ci fosse qualche altra cosa che non andava oltre a sé medesimo.
«È che mi sento inutile quando non riesco ad aiutarti».
Nagisa, tra l'intenerito e il dispiaciuto, sorrise. Riprese la penna e iniziò a fare calcoli a casaccio – il libro diceva che il risultato era radical tre? E allora Nagisa avrebbe trovato il radical tre.
«Non puoi fare cose a caso, Nagisa! C'è un ragionamento dietro!»
«La mia opinione della matematica è cambiata, Rei-chan» gli disse Nagisa sfilandogli gli occhiali e posandoseli sul suo naso.
«In dieci minuti?»
«Sì, proprio così. Credo infatti che la matematica sia proprio un sacco importante per me».






 

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