Divorate dalle fiamme, condannate a morte dalla vostra stessa anima

di Akemi_Kaires
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ti disseti di dolore e astio dal calice della tua vita ***
Capitolo 2: *** Scivoli nel peccato, in nome di una fragile fede ***



Capitolo 1
*** Ti disseti di dolore e astio dal calice della tua vita ***


Ti disseti di dolore e astio dal calice della tua vita

 

{It’s my whole heart
Weighted and measured inside
And it’s an old scar
Trying to bleach it out
And it’s my whole heart
Deemed and delivered a crime
I’m on trial, waiting ’til the beat comes out
I’m on trial, waiting ’til the beat comes out}

 

Sollevi lo sguardo verso il cielo, apparentemente interessata al firmamento che illumina questa notte buia. Sono stelle quelle che sgorgano dai tuoi occhi? Quelle lacrime brillano così tanto da sembrare tali. Non ti sforzi neppure di reprimerle, tantomeno di raccogliere i frammenti del tuo orgoglio ferito, che giacciono sparsi qua e là nella tua anima.

Sei ancora una volta sola, al centro del parco, e non hai la benché minima intenzione di fare ritorno a casa – del resto, non c'è nessuno che ti aspetti là, nessuno che si preoccupi della tua prolungata assenza. Devo cercare le streghe, menti a te stessa, ma non trovi la forza di muovere un solo passo e di adempire al tuo compito. Resti immobile, come se aspettassi qualcosa, ovviamente invano.

«Madoka...» mormori piano, sbriciolando quel silenzio che stava diventando fin troppo opprimente. Ti sorprendi, quando noti che nella tua voce non c'è alcuna traccia di dolore. Forse sei troppo abituata ad essere abbandonata e trascurata, da non essere triste. O invece, più semplicemente, sei così assuefatta dalla solitudine da non accorgerti più di soffrire.

Una nuova sensazione albeggia nella tua anima, come ricordi il motivo per il quale tu ti trovi qui, da sola, lontana dalla tua nuova compagna di battaglia.

Homura Akemi.

Quella misteriosa ragazza ha completamente catalizzato l'attenzione della tua migliore amica, strappandotela dalle braccia. Hai l'impressione di essere stata catapultata di nuovo ai tempi delle scuole elementari, quando ancora i bambini erano volubili e le loro simpatie maledettamente imprevedibili. Ma adesso siete ragazze mature e responsabili, che vi siete fatte carico di un compito di vitale importanza, e certe cose non dovrebbero accadere ancora. Eppure sei stata scartata e ignorata, proprio come se fossi un pupazzo vecchio.

Ironia della sorte, proprio tu le hai concesso di trascorrere del tempo con questa nuova arrivata. Non essere egoista, ti sei detta, mentre sul tuo volto si dipingeva l'illusione di un sorriso. Ma sai qual è la verità? Che la sei eccome, anche se cerchi di nasconderlo agli occhi di tutti. È da quando sono morti i tuoi genitori, che desideri attenzioni e affetto. Sei stanca di essere sempre da sola, sola in mezzo a una marea di persone ignare, che ti guardano con ammirazione e che aspirano a diventare come te. Se solo sapessero quanto soffri giorno dopo giorno, si rimangerebbero tutte queste parole dannatamente stucchevoli.

Ti sei illusa che Madoka fosse diversa dalle altre, convinta che mai si sarebbe lasciata incantare dal tuo atteggiamento premuroso e materno – ti comporti come madre, perché tu una madre non l'hai più. E in effetti così è stato all'inizio: è riuscita a fare breccia nella maschera che ti ostini a indossare, accorgendosi di quanto tu avessi bisogno di un abbraccio, di un punto di riferimento, di qualcuno che nutrisse nei tuoi confronti un bene sincero.

Ma adesso lei non c'è. Da qualche giorno lei non c'è. Da quando Homura Akemi ha fatto capolino nelle vostre vite, lei non c'è. Lei non c'è.

Stringi i pugni, mentre quella strana sensazione di prima comincia a germogliare in te. Vorresti estirparla, perché hai l'impressione che un sentimento simile non ti appartenga affatto, ma qualcosa dentro di te suggerisce di non farlo.

Un'antica cicatrice che accenna a sgorgare ancora sangue.

Dopotutto non sei una brava persona.

Non la sei affatto.

Sbarri gli occhi, sicura di aver sentito qualcuno pronunciare queste ultime parole. Ti guardi attorno, sorpresa, ma non c'è anima viva in quel parco. Anzi, è decisamente silenzioso e deserto, ancor più di quanto già non lo fosse stato prima. Ci sei soltanto tu, al centro di tutto, al centro di quella sensazione che monta dentro nel tuo corpo.

«Madoka?» chiami ancora, ma questa volta lo fai animata dalla paura. Speri sinceramente che questo tuo misero appello possa giungere alle sue orecchie e che lei venga subito in tuo aiuto.

Non essere sciocca.

L'hai sentita ancora. Ti volti di scatto, giusto in tempo per intravedere la figura di una bambina svanire non appena la guardi. C'era compassione nel suo sguardo, sei certa di averlo visto.

Non arriverà mai.

Un brivido gelido corre lungo la tua spina dorsale. Improvvisamente due piccole braccia ti avvolgono da dietro, stringendoti in un minuscolo abbraccio. Senti la guancia della piccola poggiarsi contro la tua schiena.

Non può essere una Strega. Non di quelle classiche, perlomeno. Di solito non si manifestano mai in questo modo, tantomeno assumendo fattezze umane, per non parlare dell'assenza della barriera! Una Strega che si rispetti non si sarebbe mai esposta in mezzo a un parco, completamente disarmata, di fronte a una Puella Magi.

In questo momento sarà così impegnata con quella Akemi...

Come l'infante pronuncia quelle parole con un'innocenza disarmante, qualcosa divampa nel tuo petto. La cicatrice si è appena riaperta, ma tu non sei nelle condizioni di richiuderla. Lasci che il dolore sgorghi a fiotti e che si mescoli con quella strana sensazione di prima, che in questo momento sta prendendo possesso di te. Stringi i pugni e digrigni i denti, forse per la sofferenza, forse per la rabbia.

Ecco, ecco! Hai appena scoperto che cosa hai nutrito in seno sin da quando Madoka ti ha voltato le spalle. Astio, astio cieco, nei confronti di quel destino che si ripete ciclicamente, tanto da sembrare la tua condanna personale.

Che ne dici di passare un po' di tempo con me? Ci penso io a farti compagnia, Mami...

Un folle sorriso si dipinge sul tuo volto. Perché no? Dopotutto non è affatto una cattiva idea: ti comporteresti esattamente come ha fatto Kaname nei tuoi confronti. E poi quella bambina è tanto gentile e non ha esitato ad abbracciarti, a considerarti e a regalarti un po' di sano affetto.

Non appena annuisci e accetti in silenzio quell'offerta, ti accorgi che la bambina non è più alle tue spalle. Inspiegabilmente si trova lontana da te, con la mano protesa. Avanti, vieni con me, ti sta invitando.

Muovi un passo e il tuo corpo ha un singulto. No, c'è qualcosa di dannatamente sbagliato in tutto questo e te ne accorgi soltanto ora. Non puoi voltare le spalle alla tua migliore amica, tantomeno a te stessa. Comportarsi in questo modo non è affatto da te.

Non avresti mai dovuto lasciare che il dolore e l'astio si mescolassero, tantomeno avresti dovuto portare alle labbra questo cocktail letale. Eppure aveva un sapore così buono, così invitante, così consolante!

Lasciandoti guidare dall'istinto, porti una mano al cuore. Devi assolutamente riavvicinare i due lembi della cicatrice e cercare di suturarla. Cerchi di ricordare Madoka e la vostra amicizia, l'affetto reciproco che vi lega, invano. Più frughi nei tuoi ricordi, meno trovi qualcosa a cui aggrapparti disperatamente, qualcosa per sanare la tua ferita.

È troppo tardi, Mami.

Consapevolezza. Triste, dolorosa e amara consapevolezza.

Con mano tremante, afferri la tua Soul Gem, per poi dischiudere lentamente le dita.

Speri di sbagliarti. Desideri sbagliarti. Vuoi sbagliarti.

Speranza. Vana, ma pur sempre speranza.

È opaca e torbida, proprio come temevi.

Cominci a tremare in preda alla paura.

Come vedi la bambina – solo ora ti rendi conto che quella bambina non era altro che il tuo Io passato, poco prima che l'incidente avvenisse – dissolversi in un'ombra scura e fluire dentro la tua anima cristallizzata, il tuo terrore si radica sempre più in profondità.

Non trovi neppure la forza di urlare.

Dai tuoi occhi smettono di sgorgare lacrime.

Il tuo bel viso di porcellana si sporca di nera pece, la stessa che sta imbrattando la tua gemma.

Il calice cade. Dolore e astio inondano il terreno.

È troppo tardi.

Presto una nuova Strega verrà condannata a morte.

 

 

 

Tisana alla liquirizia:

Desideravo scrivere qualcosa su Puella Magi, ma non avevo ancora ben chiaro che cosa comporre precisamente. Ascoltando “Which Witch” di Florence and the Machine, ho avuto l'illuminazione. Ho deciso quindi di dar vita a questa nuova raccolta, dove ogni capitolo corrisponderà a una strofa particolare, e ho intenzione di dedicare una piccola storia a tutte le protagoniste. Ho cominciato con Mami, la mia preferita, perché trovo che la prima strofa le calzi a pennello. Mi sono ispirata al videogioco di Puella Magi per PSP, dove Mami diventa Candeloro in seguito – appunto – all'invidia che nutre nei confronti della grande amicizia che lega Madoka e Homura. La bambina, invece, è un riferimento a “Puella Magi: The Different Story”, dove Mami incontra Candeloro, che ha assunto le sembianze della Puella Magi da bambina. In breve, spero che questa storia sia stata di vostro gradimento! Grazie per aver letto!

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Capitolo 2
*** Scivoli nel peccato, in nome di una fragile fede ***


Scivoli nel peccato, in nome di una fragile fede

 

{Who's a heretic now?
Am I making sense
How can you make it stick
Waiting 'til the beat comes out
Who's a heretic, child
Can you make it stick, now
And I'm on trial
Waiting 'til the beat comes out}

 

Vorresti distogliere lo sguardo dal macabro spettacolo che ti staglia di fronte ai tuoi occhi, ma non sei in grado di farlo. C’è qualcosa che ti tiene saldamente ancorata a terra: è la realtà, che ti avvolge con luride e viscide spire, che non ha alcuna intenzione di lasciarti andare. Proprio con questi tentacoli ti ha strappato la tua famiglia, la tua vita, il tuo futuro – il tutto senza domandarti scusa. Che razza di ingrata, eh?

Proprio come quel dio – perché chiamarlo o addirittura pensarlo con la D maiuscola è difficile, pesante, soffocante – in nome del quale i suoi fedeli hanno compiuto follie.

Indossi ancora i tuoi abiti da Puella Magi, gli stessi che hanno spinto il tuo amato padre a privarsi del suo bene più prezioso, gli stessi per i quali tu stessa ti sei privata del tuo bene  più prezioso! Tutto questo per ottenere che cosa? Un violento pugno di lacrime, perché colui che desideravi rendere felice ti ha voltato le spalle. Vorresti sbarazzartene, strapparteli di dosso, vero? Eppure sei pietrificata, immobile e attonita, colpevole di fronte allo scempio che si staglia di fronte ai tuoi occhi.

Non è colpa mia.

Vorresti – dovresti! – piangere, ma sul tuo volto si dipinge un sorriso. Che sia folle, disperato, generato dal panico, poco importa: sempre di un sorriso si tratta. E non riesci a levartelo dalla faccia – non vuoi levartelo dalla faccia! –, sebbene desideri versare lacrime.

«Ma non eri tu quello che predicava la preziosità della vita?».

Sputi queste parole come veleno su ferite ancora aperte, senza un briciolo di pietà. D’altronde, potrà mai rispondere a questa insolenza? No. È proprio per questo motivo che insisti col rimproverarlo.

Che sia il tuo modo piuttosto discutibile di elaborare il lutto? Neppure tu sai trovare risposta a questa domanda.

Senti da che pulpito viene la predica.

L’hai pensato veramente. Ti sei appena resa conto che, nel rinfacciare quel gesto disperato al padre che avevi amato, stai accusando proprio te stessa. Perché hai deciso di dedicare tutta la tua vita alla caccia alle streghe? Per condurre al patibolo la tua famiglia? Era questo il desiderio che avevi espresso?

No. Nulla sarebbe stato vano, se quell’uomo – fai perfino fatica a chiamarlo padre, come ti sei ridotta! – non avesse gettato la propria vita senza alcun ripensamento. E dire che per tanti anni aveva predicato l’importanza della vita, implorando il suo popolo di fedeli di non consumare questo prezioso dono divino. Quanto erano maledettamente ipocrite le sue parole? Quanto erano fragili quelle convinzioni per cui aveva dedicato la sua intera esistenza?

Alla fine è andato proprio contro i suoi principi, pur di allontanarsi dal maligno, da quella figlia che aveva generato e che infine aveva condannato, da quella figlia che aveva chiamato “Eretica!” con voce traboccante d’odio.

Chi è l’eretico adesso?

Finalmente stai piangendo, ma non per il dolore. Rabbia pura divampa nel tuo cuore, animando ogni tuo gesto e ogni tuo sentimento.

«C’era bisogno di ammazzare anche loro?» sibili a denti stretti, ammiccando con un cenno di capo ai corpi esanimi di tua madre e di tua sorella. «Scommetto che, a differenza tua, loro non hanno mai smesso di volermi bene».

Già, non hai tutti i torti. Se ti avesse veramente amata, ti avrebbe accettata per quella che sei e avrebbe compreso il tuo sacrificio. Non avrebbe riconosciuto in te un aberrante demonio, ma un angelo custode disceso dal cielo con il compito di sanare le ferite di questo mondo moribondo.

Ma non ti ha riconosciuta. Per questo se n’è andato, portandosi le altre con sé.

Credevi così poco nella tua divinità?

Sei pronta a scommette che abbia perfino bestemmiato, prima di morire. Deve aver maledetto il paradiso per questa punizione divina – sicuramente immeritata, a detta sua. Era così che Dio lo ripagava per quella vita trascorsa all’insegna della devozione e della purezza?

Non avresti mai dovuto sprecare il tuo desiderio per un uomo senza spina dorsale.

Ti sei vergognato di me, ma sai qual è la verità? Che dovrei essere io a vergognarmi di averti come padre, non il contrario!

Senti chiaramente le fiamme prendere pian piano possesso del tuo corpo. Non riesci a trattenere una risata ilare e folle. Adesso sì che la punizione divina si abbatterrà su di lui: non c’è perdono per chi rinuncia alla vita di propria sponte, vero? E sarebbe stato anche costretto a vedere sua figlia mentre salvava numerose persone assieme a Mami Tomoe – oltre al danno, pure la beffa!

È quello che si merita, dopotutto.

«Avrei dovuto essere più egoista» aggiungi, dopo esserti chinata, mentre con una mano tasti il terreno alla ricerca della tua lancia – non vuoi distogliere lo sguardo dal volto vitreo di tuo padre, perché è un tripudio di ipocrisia e vergogna: uno spettacolo a dir poco appagante e seducente, ai tuoi occhi. «Vediamo un po’... che cosa avrei potuto desiderare?».

Ti porti un dito sulle labbra, fingendoti dubbiosa. In realtà sai benissimo che cosa dire, come girare il coltello in questa piaga infetta e marcia. Impugni con fermezza la tua arma e la brandisci contro il cadavere del tuo genitore, mentre il tuo volto si illumina di follia. «Ci sono! Avrei potuto chiedere di diventare la Puella Magi più potente del mondo. Oppure una marea di denaro, tanto da sguazzarci dentro».

Guarda quante prospettive allettanti ho gettato al vento soltanto per te!

«Mamma diceva sempre che sarebbe ora che io trovassi un fidanzatino. A pensarci bene, non avrei potuto desiderarne soltanto uno, ma decine, centinaia, migliaia di ragazzi ai miei piedi» mormori con falsa malinconia, che sfocia in una risata sguaiata. «Perché no? Avrei potuto chiedere un’infinità di cibo, sempre in abbondanza! Così avrei smesso di rubare e avrei goduto nel vedere le facce degli altri poveracci».

Se è vero che  non esiste nulla oltre la morte, allora lascia che io diventi il tuo inferno personale!

«Ma sai cosa? Invece di essere triste per ciò a cui ho dovuto rinunciare o piangere per la tua morte, non posso fare a meno di odiarti con tutto il mio cuore».

Pronunci queste ultime parole con una calma innata e con un’indifferenza tale da gelare chiunque.

Ti senti soddisfatta, ora che hai messo in mostra questo lato peggiore di te, un lato che non sapevi neppure di avere e che hai risvegliato irreversibilmente.

Non hai freddo, nonostante quella stanza sia pregna di morte. Anzi, un dolce tepore ti avvolge.

Le fiamme della tua rabbia ti stanno cullando tra le loro spire.

Ti lambiscono.

Ti afferrano.

Ti desiderano come un amante voglioso.

Curvi le labbra in un sorriso appagato.

Porti una mano al fiocco che raccoglie i tuoi capelli e lo sciogli. Tra le mani ti ritrovi la croce, simbolo della tua vita e della tua condanna.

Alle tue spalle, la tua chioma vermiglia somiglia sempre più a un fascio di lingue cocenti.

Se è vero che non esiste nulla oltre la morte...

Getti a terra quel prezioso gioiello, regalo di tuo padre. Al resto ci pensa il tuo tacco.

Ridi, ridi a squarciagola, mentre lacrime bollenti prendono a scorrere lungo il tuo volto.

Ridi, ridi fino a farti dolere lo stomaco, con la follia dipinta nei tuoi occhi.

Ridi, ridi sguaiatamente, mentre alle tue spalle tutto diventa cocente e si tinge di rosso.

...Allora lascia che io diventi il tuo inferno personale.

 

 

 

Tisana all’arancia e cannella:

Scrivere questo capitolo è stato a dir poco idilliaco. Mi piace il personaggio di Kyoko Sakura, ma ammetto di non aver mai scritto – o pensato di scrivere – qualcosa sul suo conto. Trovo che Ophelia, la sua strega, sia particolarmente azzeccata: una testa calda nel vero senso della parola, armata di lancia.

Ho completamente ignorato la trasformazione proposta dal gioco, perché sinceramente non la vedevo poi così IC: impazzire e perdere la speranza di fronte a Oktavia? Stiamo scherzando? E allora mi sono aggrappata alla mia idea iniziale: come avrebbe potuto reagire Kyoko di fronte al gesto folle compiuto da suo padre, oltre a quello proposto dalla saga originale? Spero che questo esperimento sia riuscito abbastanza decentemente!

Per quanto riguarda l’elenco dei desideri che Kyoko avrebbe potuto esprimere, mi sono rifatta ai vizi capitali della religione cristiana – un modo in più per rigirare ancora il coltello nella piaga e per far soffrire il padre, no?

Grazie di cuore per aver letto!

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