Scivoli nel peccato, in
nome di una fragile fede
{Who's a heretic now?
Am I making sense
How can you make it stick
Waiting 'til the beat comes out
Who's a heretic, child
Can you make it stick, now
And I'm on trial
Waiting 'til the beat comes out}
Vorresti distogliere lo sguardo dal macabro spettacolo che
ti staglia di fronte ai tuoi occhi, ma non sei in grado di farlo. C’è qualcosa
che ti tiene saldamente ancorata a terra: è la realtà, che ti avvolge con
luride e viscide spire, che non ha alcuna intenzione di lasciarti andare.
Proprio con questi tentacoli ti ha strappato la tua famiglia, la tua vita, il
tuo futuro – il tutto senza domandarti scusa. Che razza di ingrata, eh?
Proprio come quel dio – perché chiamarlo o addirittura
pensarlo con la D maiuscola è difficile, pesante, soffocante – in nome del
quale i suoi fedeli hanno compiuto follie.
Indossi ancora i tuoi abiti da Puella Magi, gli stessi che
hanno spinto il tuo amato padre a privarsi del suo bene più prezioso, gli
stessi per i quali tu stessa ti sei privata del tuo bene più prezioso! Tutto questo per ottenere che
cosa? Un violento pugno di lacrime, perché colui che desideravi rendere felice
ti ha voltato le spalle. Vorresti sbarazzartene, strapparteli di dosso, vero?
Eppure sei pietrificata, immobile e attonita, colpevole di fronte allo scempio
che si staglia di fronte ai tuoi occhi.
Non è colpa mia.
Vorresti – dovresti!
– piangere, ma sul tuo volto si dipinge un sorriso. Che sia folle, disperato,
generato dal panico, poco importa: sempre di un sorriso si tratta. E non riesci
a levartelo dalla faccia – non vuoi
levartelo dalla faccia! –, sebbene desideri versare lacrime.
«Ma non eri tu quello che predicava la preziosità della
vita?».
Sputi queste parole come veleno su ferite ancora aperte,
senza un briciolo di pietà. D’altronde, potrà mai rispondere a questa
insolenza? No. È proprio per questo motivo che insisti col rimproverarlo.
Che sia il tuo modo piuttosto discutibile di elaborare il
lutto? Neppure tu sai trovare risposta a questa domanda.
Senti da che pulpito
viene la predica.
L’hai pensato veramente. Ti sei appena resa conto che, nel
rinfacciare quel gesto disperato al padre che avevi amato, stai accusando
proprio te stessa. Perché hai deciso di dedicare tutta la tua vita alla caccia
alle streghe? Per condurre al patibolo la tua famiglia? Era questo il desiderio
che avevi espresso?
No. Nulla sarebbe stato vano, se quell’uomo – fai perfino fatica a chiamarlo padre, come
ti sei ridotta! – non avesse gettato la propria vita senza alcun
ripensamento. E dire che per tanti anni aveva predicato l’importanza della
vita, implorando il suo popolo di fedeli di non consumare questo prezioso dono
divino. Quanto erano maledettamente ipocrite le sue parole? Quanto erano
fragili quelle convinzioni per cui aveva dedicato la sua intera esistenza?
Alla fine è andato proprio contro i suoi principi, pur di
allontanarsi dal maligno, da quella figlia che aveva generato e che infine
aveva condannato, da quella figlia che aveva chiamato “Eretica!” con voce
traboccante d’odio.
Chi è l’eretico
adesso?
Finalmente stai piangendo, ma non per il dolore. Rabbia pura
divampa nel tuo cuore, animando ogni tuo gesto e ogni tuo sentimento.
«C’era bisogno di ammazzare anche loro?» sibili a denti
stretti, ammiccando con un cenno di capo ai corpi esanimi di tua madre e di tua
sorella. «Scommetto che, a differenza tua, loro non hanno mai smesso di volermi
bene».
Già, non hai tutti i torti. Se ti avesse veramente amata, ti
avrebbe accettata per quella che sei e avrebbe compreso il tuo sacrificio. Non
avrebbe riconosciuto in te un aberrante demonio, ma un angelo custode disceso
dal cielo con il compito di sanare le ferite di questo mondo moribondo.
Ma non ti ha riconosciuta. Per questo se n’è andato,
portandosi le altre con sé.
Credevi così poco
nella tua divinità?
Sei pronta a scommette che abbia perfino bestemmiato, prima
di morire. Deve aver maledetto il paradiso per questa punizione divina –
sicuramente immeritata, a detta sua. Era così che Dio lo ripagava per quella
vita trascorsa all’insegna della devozione e della purezza?
Non avresti mai dovuto sprecare il tuo desiderio per un uomo
senza spina dorsale.
Ti sei vergognato di
me, ma sai qual è la verità? Che dovrei essere io a vergognarmi di averti come
padre, non il contrario!
Senti chiaramente le fiamme prendere pian piano possesso del
tuo corpo. Non riesci a trattenere una risata ilare e folle. Adesso sì che la
punizione divina si abbatterrà su di lui: non c’è perdono per chi rinuncia alla
vita di propria sponte, vero? E sarebbe stato anche costretto a vedere sua
figlia mentre salvava numerose persone assieme a Mami Tomoe – oltre al danno, pure la beffa!
È quello che si merita, dopotutto.
«Avrei dovuto essere più egoista» aggiungi, dopo esserti
chinata, mentre con una mano tasti il terreno alla ricerca della tua lancia –
non vuoi distogliere lo sguardo dal volto vitreo di tuo padre, perché è un
tripudio di ipocrisia e vergogna: uno spettacolo a dir poco appagante e
seducente, ai tuoi occhi. «Vediamo un po’... che cosa avrei potuto desiderare?».
Ti porti un dito sulle labbra, fingendoti dubbiosa. In
realtà sai benissimo che cosa dire, come girare il coltello in questa piaga
infetta e marcia. Impugni con fermezza la tua arma e la brandisci contro il
cadavere del tuo genitore, mentre il tuo volto si illumina di follia. «Ci sono!
Avrei potuto chiedere di diventare la Puella Magi più potente del mondo. Oppure
una marea di denaro, tanto da sguazzarci dentro».
Guarda quante
prospettive allettanti ho gettato al vento soltanto per te!
«Mamma diceva sempre che sarebbe ora che io trovassi un
fidanzatino. A pensarci bene, non avrei potuto desiderarne soltanto uno, ma
decine, centinaia, migliaia di ragazzi ai miei piedi» mormori con falsa
malinconia, che sfocia in una risata sguaiata. «Perché no? Avrei potuto
chiedere un’infinità di cibo, sempre in abbondanza! Così avrei smesso di rubare
e avrei goduto nel vedere le facce degli altri poveracci».
Se è vero che non esiste nulla oltre la morte, allora lascia
che io diventi il tuo inferno personale!
«Ma sai cosa? Invece di essere triste per ciò a cui ho
dovuto rinunciare o piangere per la tua morte, non posso fare a meno di odiarti
con tutto il mio cuore».
Pronunci queste ultime parole con una calma innata e con un’indifferenza
tale da gelare chiunque.
Ti senti soddisfatta, ora che hai messo in mostra questo
lato peggiore di te, un lato che non sapevi neppure di avere e che hai
risvegliato irreversibilmente.
Non hai freddo, nonostante quella stanza sia pregna di
morte. Anzi, un dolce tepore ti avvolge.
Le fiamme della tua rabbia ti stanno cullando tra le loro
spire.
Ti lambiscono.
Ti afferrano.
Ti desiderano come un amante voglioso.
Curvi le labbra in un sorriso appagato.
Porti una mano al fiocco che raccoglie i tuoi capelli e lo
sciogli. Tra le mani ti ritrovi la croce, simbolo della tua vita e della tua
condanna.
Alle tue spalle, la tua chioma vermiglia somiglia sempre più
a un fascio di lingue cocenti.
Se è vero che non
esiste nulla oltre la morte...
Getti a terra quel prezioso gioiello, regalo di tuo padre.
Al resto ci pensa il tuo tacco.
Ridi, ridi a squarciagola, mentre lacrime bollenti prendono
a scorrere lungo il tuo volto.
Ridi, ridi fino a farti dolere lo stomaco, con la follia
dipinta nei tuoi occhi.
Ridi, ridi sguaiatamente, mentre alle tue spalle tutto
diventa cocente e si tinge di rosso.
...Allora lascia che
io diventi il tuo inferno personale.
Tisana all’arancia e cannella:
Scrivere questo capitolo è stato a dir poco idilliaco.
Mi piace il personaggio di Kyoko Sakura, ma ammetto di non aver mai scritto – o
pensato di scrivere – qualcosa sul suo conto. Trovo che Ophelia, la sua strega,
sia particolarmente azzeccata: una testa calda nel vero senso della parola,
armata di lancia.
Ho completamente ignorato la trasformazione proposta
dal gioco, perché sinceramente non la vedevo poi così IC: impazzire e perdere
la speranza di fronte a Oktavia? Stiamo scherzando? E allora mi sono aggrappata
alla mia idea iniziale: come avrebbe potuto reagire Kyoko di fronte al gesto
folle compiuto da suo padre, oltre a quello proposto dalla saga originale?
Spero che questo esperimento sia riuscito abbastanza decentemente!
Per quanto riguarda l’elenco dei desideri che Kyoko
avrebbe potuto esprimere, mi sono rifatta ai vizi capitali della religione
cristiana – un modo in più per rigirare ancora il coltello nella piaga e per
far soffrire il padre, no?
Grazie di cuore per aver letto!