Il diario di una fallita.

di _Teartheheart
(/viewuser.php?uid=179818)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** 1. ***
Capitolo 3: *** 2 ***
Capitolo 4: *** 3. ***
Capitolo 5: *** 4. ***
Capitolo 6: *** 5. ***
Capitolo 7: *** 6. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


 
Il diario di una Fallita. 
Prologo.





Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Fallisci ancora, fallisci meglio. 



Potrei raccontarvi che sono la donna che  ha pensato di correre per una maratona per le donne affetto da cancro, potrei raccontarvi di una duchessa che sposa un principe, potrei raccontarvi di essere un donna che salva la vita. 
Ma, se vi raccontassi tutto questo, vi racconterei di qualcun'altro e non di me.
Il mio nome e Joanna Clarkson, se stata pensando che il mio nome sia noioso, be lo penso anche io, mi chiedo ancora perché i miei abbiano scelto questo nome per me, volevano rendermi anonima? Bé ci sono riuscita. 
Sono una scrittrice in cerca di lavoro, sto lavorando al mio libro, e in verità non so da dove cominciare, avete presente quando volete dire qualcosa ma non vi escono le parole di bocca? Bene, sono nella stessa situazione, cioè nella merda. Sono al verde, e vivo con i miei genitori, in più i miei genitori sono due rompipalle, non fraintendetemi li amo, ma ogni giorno giorno non fanno che ricordarmi quando la mia vita sia squallida. 
Fra esattamente due mesi, la mia migliore amica che è quasi una sorella per me, si sposa, siamo cresciute insieme proprio come le nostre famiglie, la mia migliore amica, Hanna, è proprio tutto quello che i miei genitori hanno sempre sognato: Una donna in carriera che ha già tutta la vita programmata, e non lo dico tanto per dire, custodisce una lista delle varie tappe della sua età, che parte dai suoi diciotto anni, a vent'anni avrebbe comprato una Volvo, a venticinque si sarebbe laureata a pieni voti e avrebbe trovato l'amore della sua vita, a trenta anni si sarebbe sposato con l'amore della sua vita: Eddie. 
La cosa che mi fa più incazzare è che tutto queste cose le ha ottenute, si è laureata a pieni voti e adesso lavora al new york times, sta per sposare l'uomo della sua vita, un uomo che gestisce un azienda, alto, moro, sguardo penetrante, fisico da atleta, sorriso smagliante e un conto in banca al quanto interessante. 
Ogni settimana le nostre famiglie si riunivano per un pranzo tutti insieme, in famiglia, ogni settimana avrei dovuto sopportare le continue lusinghe ad Hanna, ed io seduta al centro della lunga tavolata, mentre tra un complimento e un'altro ascoltavo mio padre che continuava a dire: «Oh Joanna, perché non prendi esempio Joanna?» 
Ma tra tutta questa merda, avevo almeno Hanna che quando non era seduta al tavolo con loro si comportava da vera amica, è l'unica che mi sosteneva, che mi dava la forza di andare avanti, che m'incoraggiava e che beveva con me il venerdì sera. 
Mancavano due mesi al suo matrimonio, io ero la testimone delle sue nozze, nonché la damigella d'onore, quel giorno a pranzo saremmo stati i soliti, i nostri genitori, io ed Hanna insieme ad Eddie, in più il testimone di nozze di Eddie, suo fratello; Non avevo mai conosciuto il fratello di Eddie, avevo solo sentito di quanti viaggi facesse, di quante donne si portasse al letto, e di quanto stronzo fosse. 
Eravamo seduti al tavolo e mancava solamente lui, Hanna era seduta davanti a me, la tavola era imbandita di cibo, stava arrivando un nuovo ospite quindi mia madre aveva svaligiato il supermercato, guardavo Hanna, seduta li con i suoi grandi occhi azzurri, la sua pelle perfetta, i suoi capelli biondi e il sorriso smagliante, e pensavo a me: 30 anni, capelli castani, occhi castani, un normale corpo, con qualche smagliatura, la pelle bianca latte, e delle borse sotto agli occhi, dove potevano nasconderci un cadavere (la noia fatta  a persona). 
Potevo dire di essere una scrittrice favolosa, ma non ero più sicura nemmeno di quello, per la prima volta seduta a quel tavolo, mi sentivo un fallimento, e avrei giurato che da un momento all'altro mi sarei nascosta sotto il tavolo a piangere. 




«Eddie, tesoro quando arriva Sam?» chiese Hanna voltandosi verso il suo ragazzo, lui alzò le spalle in segno di risposta, per distogliere i pensieri dal mio fallimento, feci un respiro profondo rivolgendomi direttamente ad Eddie «Allora Eddie, raccontaci un po' di tuo fratello» dissi io, dovevo parlare, anche se sapevo già la storia raccontata mille volte da Hanna
«Bé lui è un tipo ... » fece una pausa per trovare l'aggettivo esatto «Un coglione» continuò Hanna, tutti spalancarono gli occhi voltandosi verso di lei «Hanna?» domandò sua madre «Bé, Hanna non lo sopporta, è evidente, Sam è un uomo che ama viaggiare, insomma viaggia spesso, come sapete condividiamo l'azienda insieme, ma lui si sente libero di andarsene ogni mese, in qualche posto dove ci sono: alcool, divertimento e soprattutto donne di facili costumi» sorseggiando un bicchiere di vino, sorrisi guardandolo «Bé quasi quasi me lo sposo io» dissi io scherzando, a quelle parole sentì lo sguardo minaccioso di tutti 
e il disappunto di Hanna che stava quasi per strozzarsi bevendo dell'acqua «Non pensarci nemmeno Joanna, non è l'uomo adatto a te, non devi nemmeno» stava per continuare ma la bloccai «Ehi, ehi sto scherzando, ero ironica»
«Meglio per te tesoro, insomma ci manca solo un uomo che un fallimento totale per» bloccai anche mio padre continuando io la frase «Per dar completezza al mio fallimento?» chiesi io guardando il bicchiere di vino che avevo davanti 
«Non volevo dire questo»
«Oh si che volevi papà» conclusi io, a sbloccare quel momento di imbarazzo fu proprio il fratello di Eddie che arrivando disse: «Scusate il ritardo, ma dall'aeroporto ho trovato molto traffico» il mio sguardo era ancora abbassato indifferentemente dal nuovo arrivato, di cui non mi disturbai nemmeno a guardarlo immersa nei miei non-pensieri. 
Poi però quest'ultimo attirò la mia attenzione dicendo: «Tu devi essere Joanna, la sorella-amica di Hanna» a quelle parole alzai lo sguardo, e li vidi lo ''stronzo'' davanti a me, e pensai che per essere uno stronzo fosse meraviglioso. 
Capelli biondo cenere, occhi color nocciola, sorriso smagliante e fossette in bella vista, spalle larghe e muscoli che spuntavano dalla camicia bianca che indossava. 
«Si, sono io, la fallita» mi presentai salutandolo con la mano, lui mi guardò mentre mia madre mi diede un colpetto sulla spalla, per fortuna l'attenzione poi si spostò su Hanna ed Eddie, per la prima volta ne fui grata. 
Hanna parlava degli invitati, faceva supposizioni di chi si sarebbe vestito meglio, io semplicemente ascoltavo cibandomi di qualcunque cosa mi passasse sotto gli occhi. 
Poi tutti intenti a conoscere Sam, complimentandosi su ogni cosa, come se il discorso che era avvenuto prima del suo arrivo non fosse mai esistito, persino Hanna rideva alle sue battute. 
«Ad Amsterdam le donne si buttano tra le tue braccia, anche solamente guardandole, insomma è incredibile» sentì solamente questo, la mie orecchie sentivano solo ''Bla, bla,bla'' da tutti.
«Joanna, come procede il tuo libro?» mi domandò Eddie poi, ''Oh qualcuno si è accorto che esisto'' certo non era la domanda che avrei voluto sentire, ma poteva andare. 
«Tu scrivi?» domandò Sam sorpreso, io annuì «Si, bé ancora non ho un idea precisa di ciò che voglio scrivere, ho delle bozze ma niente di concreto» 
«Di questo passo, i vostri figli compieranno diciotto anni e Joanna sarà ancora al primo capitolo» disse mio padre, seguito poi da una risata fragorosa, che proveniva da tutti i partecipanti, tranne Sam che ovviamente non sapeva di cosa stessero parlando. 
Non sapeva che tutti li pensavano fossi un disastro, persino Hanna che mi sosteneva sempre a quella ''battuta'' rise. 
Stufa di essere al centro delle loro barzellette mi alzai, prendendo il bicchiere di vino in mano «Okay, credo di averne abbastanza»
Mi alzai strisciando la sedia sul pavimento, cosa che mio padre odiava «Dove vai?» domandò Hanna «Ho bisogno di prendere aria.» 


Uscendo da quella stanza mi sentì come Jennifer Lawrence mentre ritira il suo Oscar, prima facendo una figura di merda e poi con la statuetta in mano, a sorridere e dire: VAFFANCULO SONO FIGA. 
in quel caso la mia statuetta non era di oro, ma era un bicchiere pieno di vino, non è esattamente la stessa cosa, ma avete capito il concetto no? 
Uscì nel terrazzo, dove mi sedetti sul divano a dondolo, con il bicchiere in mano e lo sguardo vuoto, praticamente Cearcei Lannister, con i capelli scuri. 
30 anni, mi sentivo così finita, non avevo niente, niente. Da bambina avevo sempre pensato che la mia vita sarebbe stata avvincente, piena di avventure, ho sempre pensato che la gente mi avesse conosciuto per aver fatto qualcosa di importante. 
Ma niente è andato come io avrei voluto, ovviamente. Non ero Hanna, ero Joanna la ragazza che vuol fare tutto, ma che alla fine non fa niente. 
Dopo almeno una ventina di minuti che ero fuori ad uscire fu Sam, intento a parlare al telefono. 


«Si, per due mesi starò fermo, mi dispiace amico mio fratello si sposa» al termine della chiamata, prima di entrare quest'ultimo si accorse che ero li «Ehi, non rientri? Tua madre sta prendendo il dolce» mi disse come se quell'appunto mi avesse fatto rientrare 
«Non rientro lì dentro nemmeno se Gordon Ramsey in persona mi cucina davanti» risposi io, lui sorrise «Scusami se mi permetto, ma tuo padre è un po' stronzo» alzai lo sguardo a quelle parole «Come scusa?» 
«Si, insomma se mio padre mi avesse preso in giro a tavola in quel modo, lo avrei preso probabilmente a pugni»
«Si, bé non sono una figlia modello» risposi io, lui mi guardò avvicinandosi stavolta «Senti, tutti sanno che sono un coglione, ma se avrò mai una figlia, anche se saprò che lei nella sua vita stesse fallendo, sicuramente non la prendere in giro così» 
«Bé, la consolazione è che li dentro non hanno preso in giro solamente me»
«Cosa?»
«Prima che arrivassi, tutti parlavano di quanto tu fossi coglione» dissi io, lui mi guardò «Oh, be c'era da aspettarselo» rispose alzando le spalle tranquillamente, risi di quell'espressione scuotendo il capo 
«Quindi devo dire a tua madre che non rientri?» chiese ancora, risposi semplicemente facendogli segno di rientrare senza aggiungere altro. 



Insomma, sembrava davvero un coglione, ma almeno era divertente. 
Onestamente era stata la conversazione più piacevole che avessi avuto dentro quella casa da molto tempo. 
________________________________________________________________________________________________
 
Bang! 
Buonasera lettrici e lettori. 
Allora, parto subito dicendo: QUESTA E' LA MIA PRIMA STORIA ORIGINALE. 
Non so nemmeno a cosa sto andando incontro, ma ehi prendiamoci di coraggio e andiamo. 
Ho pensato e ripensato a questa storia e oggi mi sono ritrovata con le dita che scrivevano da sole sui tasti. 
Bene, posso solo dirvi che spero che l'idea vi piaccia. 
Spero di strapparvi un sorriso, e perché no qualche lacrimuccia. 
Okay adesso vado via, un grosso bacio. 
P.s: Nella mia testa ho pensato a Sam Claflin come fratello di Eddie. 
Nei prossimi capitoli vi svelerò gli altri prestavolto che ho pensato. 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 1. ***


1. 


«Joanna, cosa ne pensi del pesce?» mi chiedeva Hanna, alzando pian piano la forchetta, come era scritto nel galateo che aveva letto almeno cinquecento volte. 

Di certo io non avevo fatto come lei, io credo di aver letto ''camionista per caso'' perché ogni qual volta che cercavo di prendere quel dannatissimo pesce, mi cadeva puntualmente dalla forchetta, avendo gli occhi puntati di Hanna e Eddie che mi guardavano come se fossi una troglodita, mentre seduto di fronte a me, vi era Sam, che rideva
mostrando le sue fossette attraenti, mi sentivo così stupida, che diamine stavo facendo? Perché era così importante assaggiare tutto il cibo che c'era nel menù, un matrimonio non può essere buono anche con una classica cena? Andiamo, la cosa più importante dovrebbe essere sposarsi con la persona che si ama. 
Personalmente ho sempre pensato che la parte più bella del matrimonio, fosse arrivare all'altare e vedere l'uomo che hai sempre desiderato, aspettarti li, con un sorriso smagliante e le lacrime che gli bagnano il viso, perché il momento più del matrimonio è quando finalmente si uniscono due anime. 
Troppo romantica? Forse, ma comunque spendere tutti quei soldi per una cena, mi sembrava altamente esagerato. Ma, non ero io a sposarmi, quindi da damigella e da testimone di nozze, dovevo ubbidire, e accontentare Hanna. 



«È buonissimo» risposi, riuscendo ad acchiappare finalmente un pezzo del cibo che ero riuscita a gustare.
Dopo qualche istante un cameriere venne, tirandoci via quella portata, non curandosi di guardare se avevamo già assaggiato tutto, semplicemente tirò via i piatti. 
Quando proprio nel momento in cui Hanna stava per aprire  bocca, il suo volto divenne bianco latte, e il sorriso che stava arrivando si trasformò in serietà «Tesoro, credo di star male» a quelle parole tutti ci voltammo verso di lei, preoccupati da ciò che stava accadendo. 
Eddie  la afferrò, impaurito dal colorito che la pelle di Hanna aveva preso «Forse è meglio andare» dissi io alzandomi, Hanna mi bloccò all'istante «No no no, ti prego manca poco ed è di vitale importanza che avvenga la degustazione, andremo io ed Eddie, vi prego voi rimanete» si rivolse a me e Sam, che non esitò e rimase seduto 
«Okay, ma riposati, non hai una bella cera» dissi io, lei mi guardò lanciandomi un lieve sorriso, per poi andare via insieme ad Eddie. 
«Che strano» disse Sam, sistemandosi bene il tovagliolo posato sulle gambe «Cosa?» domandai io 
«I conati di vomito, il colore della sua pelle, be io direi proprio che tra poco arriverà una cicogna» 
«Cosa? No, Hanna me l'avrebbe detto» risposi io, lui sorrise «Hanna non ti dice tutto» 
«Che cosa stai insinuando?»
«Niente, solo che tutti abbiamo dei segreti» rispose alzando le spalle «E qual'è il tuo Sam?» domandai posando le mani incrociate sul tavolo «Sono gay» rispose. 



Ed ecco che i mie i sogni si erano infranti, si perché, mie care, se conoscesse il suo volto potreste ben capire il mio essere così dannatamente delusa, insomma quell'uomo era sexy, e per quanto la mia famiglia, Hanna ed Eddie mi dicessero di quanto quest'ultimo fosse un emerito idiota, quando lo incontravo - ed era accaduto solo tre volte - 
i miei ormoni salivano alle stelle, ma forse era dovuto al fatto che non vedevo un uomo da troppo tempo, troppo occupata ad essere un eremita, ero troppo attaccata al mio divano e al mio adorato abbonamento a Netflix per guardare uomini reali. 


«C-cosa?» domandai spalancando gli occhi, la mia faccia doveva essere alquanto divertente perché scoppiò a ridere, e avrei giurato che a momenti qualcuno ci avrebbe rimproverato 
«Perché ridi?» domandai «La tua, faccia ... per la cronaca, stavo scherzando» 
«Oh, okay ... cioè non avrebbe cambiato niente» dissi io venendo tutto d'un fiato il bicchiere di vino rosso davanti a me, il coglione sexy - ormai battezzato così - scosse il capo, sorridendo ancora, mentre io chiamai il cameriere per potere assaggiare l'ultima portata. 
Nel viaggio di ritorno, Sam si offrì di riportarmi a casa, visto che Eddie ed Hanna erano dovuti andare via. Eravamo nella sua auto, una Range Rover, bianca, un po' diversa dalla mia Jip verde, mentre eravamo in auto iniziò ad accendere la radio, e ahimè li sono rimasta sbalordita nell'ascoltare una playlist che includeva Taylor Swift. 
«Tu ascolti Taylor Swift?» chiesi spalancando gli occhi, continuando a guidare rispose «Perché, cos'hai contro la fidanzatina d'America?»
A quella domanda scoppiai a ridere «Non ti facevo uno da Taylor Swift»
«E che musica pensavi ascoltassi esattamente?» alzai le spalle «Non lo so, Snoop Dog, Eminem, Jason Derulo, tutta quella gente che parla solo, di sesso, alcool ... insomma quelli che credono di essere ''DIO''» 
«È questa l'immagine che passa di me? Un donnaiolo che pensa solo a bere e fare sesso?» chiese, lo guardai «Si» risposi. 
«Okay Joanna, ti farò cambiare idea su di me»
«Perché dovrebbe importare la mia opinione, dovresti invece far cambiare idea ad Hanna, a tuo fratello e alla tua famiglia» dicevo io sorridendo «Ci penserò su ... nel frattempo» non completò la frase, alzò semplicemente il volume della radio intonando le note di ''Shake it off''
Non avevo mai riso così tanto in vita mia. 
Arrivati nel viale di casa mia, ad attendermi c'era mio padre, che vedendomi arrivare con Sam, soprattutto ridendo ancora della performance, incorciò le mani al petto, attendendo il nostro arrivo. 
«Joanna ... Sam cosa fate voi due insieme?» domandò sfoggiando il suo sorriso più falso «Eravamo alla degustazione per la cena di Hanna, e lei si è sentita male quindi mi ha riaccompagnato lui a casa, stava andando via, vero Sam?» dissi voltandomi verso di lui, che mi lanciò uno sguardo quasi accusatorio
«Oh .. ehm si, stavo andando le mie ... donne mi aspettano» rispose, che diamine aveva appena detto? 
Senza aggiungere altro Sam andò via, mentre io rimasi li con mio padre che mi squadrò dal basso verso l'alto. 
«Quel ragazzo non mi piace per niente, stagli alla larga» mi avvisò prima di scomparire dentro, salì in camera mia sentendo solamente «Cara, chiama Hanna, sta male» 
Ovviamente.
Mi andai a sedere sulla scrivania, aprì il mio MAC, e aprì la bozza del mio  non-libro, pensai che magari potessi scrivere qualcosa ma l'unica cosa che mi veniva in mente era: ''Papà sei uno stronzo, papà sei uno stronzo, papà sei uno stronzo''
Ho trent'anni cavolo, perché diamine mi tratta come una stupida ragazzina? Oh già, ho trent'anni e vivo a casa sua senza un lavoro. 
Il rumore dell'email mi distrasse dallo scrivere ''PAPA' È UNO STRONZO'' l'aprì e lessi che era Sam, a scrivere. 


Da: Sam
A: Joanna

Oggetto: DONNA SUCCUBE DEL PADRE. 
Bella quella cosa accaduta con tuo padre, dov'è la donna sicura di sé e acida che ho visto a cena, e poi oggi alla degustazione? 
Quando è comparso tuo padre mi è sembrato di vedere un cane che ubbidisce al suo padrone.
 


MA CHE DIAMINE STAVA DICENDO?


A: Sam
Da: Joanna

Oggetto: NON SONO SUCCUBE DI MIO PADRE. 
Che diamine dici? Non voglio semplicemente che gli prenda un colpo, e tu hai peggiorato le cose dicendo quella cosa delle ragazze. 


Da: Sam
A: Joanna. 

Oggetto: Dimostrami che non sei una fifona. 
Perdona la sincerità, ma tuo padre mi sembra quel tipo d'uomo ''coglione''. 
Comunque, dimostrami che non hai paura, vieni da me stasera. 



SAM, IL COGLIONE SEXY, MI AVEVA APPENA INVITATO A CASA SUA. 


A: Sam
Da: Joanna

Oggetto: Sei attratto da me forse?
Oh Sam, so bene che sono alquanto attraente, ma non credi di essere troppo precipitoso? Andiamo non sono come quelle ragazze che incontri in giro per il mondo. 



Da: Sam
A: Joanna.
 
Oggetto: Tiratela di meno, Joanna. 
Non intendo andare a letto con te Joanna, andiamo, scherzi? Mi mancano quelle ''donne'' volevo semplicemente bere un po', e sfottere Hanna, Eddie e il matrimonio alla Kate e William. 
Ma forse hai troppa paura di tuo padre per venire. 



Mi stava sfidando, sembravo davvero così presa a non ferire i sentimenti di mio padre?

A: Sam
Da: Joanna. 

Oggetto: Sei un coglione. 
Okay, passi a prendermi tu?


Da: Sam
A: Joanna

Oggetto: Vodka a volontà. 
A stasera. 
___________________________________________________________________________
Bene, bene, bene. 
Cosa ne pensate dell'inizio? 
Recensioni negative? Positive?
Le accetto tutte. 
Io ho deciso di scrivere questa storia, divertendomi, volevo qualcosa di leggero, e fresco. 
Spero l'idea vi piaccia. 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 2 ***


2


Erano le 20:30, mi ero messa su una camicetta bianca e un paio di jeans neri, accompagnati da uno stivale nero, stavo aspettando Sam per procedere alla serata ''vodka''
«Joanna, dove stai andando?» domandò - ovviamente - mio padre, vedendomi correre verso la porta «Sto uscendo» ma dai Joanna, non l'aveva capito mica. 
«L'avevo intuito, tesoro, chiedevo dove andassi e con chi» continuò fissandomi con le mani incrociate al petto «Io ehm, st-o sto uscendo con un amica» 
«Con Hanna?» chiese «Si, è devo andare perché sono in ritardo, ciao papà» conclusi correndo verso l'uscita, per poi correre ancora verso l'auto di Sam, sperando che mio padre non vedesse chi fosse, e proprio quando stavo per arrivare alla portiera, ecco che con grande grazia, e soprattutto 
con molta classe, inciampo in qualcosa e vado a finire con la faccia sull'asfalto. 

Vi posso assicurare, che non è per niente una bella cosa, ciò che si prova è un misto tra, vergogna e paura ... che qualche imbecille passando ti rida in faccia, e l'imbecille era il coglione sexy. 

«Non ridere» dissi puntandogli contro il dito mentre chiudevo la portiera. 
Aveva riso per tutto il tragitto, fino a casa sua. 
Ero seduta sul suo divano, un divano di pelle nera, casa sua era magnifica, i muri erano tinti di un bianco latte, alternato da un nero ed un bordeux, i mobili erano immacolati, moderni, alle pareti vi erano foto dei suoi numerosissimi viaggi. 
Parigi, Las vegas, Tokyo, Firenze, Scozia. Io non ero mai stata in nessuna di quelle località, eppure viaggiare era uno dei miei sogni più nascosti, sogni che tenevo per me, evitando le solite frasi da chi mi sta accanto. 
Dalla cucina, arrivò Sam con un contenitore pieno di ghiaccio, e una piccola tovaglia, in cui avrei avvolto il ghiaccio per il mio ginocchio dolorante «Grazie» dissi io sospirando. 
Sam poi si sedetti di fronte a me, in una poltrona che non c'entrava molto con il resto dela casa, era curiosa, era di un color sabbia, piena di toppe di vari colori, da quel che si vedeva sembrava essere trovata nell'immondizia, somigliava ai miei mobili, per lo più. 
«Finalmente hai smesso di ridere» spezzai il silenzio io, lui mi guardò iniziando a sorridere «Andiamo Joanna, avresti riso anche tu»
be, vedendola in quel modo è vero, ricordo quando vidi una vecchietta per strada, camminava allegramente con la sua busta della spesa in mano, cadde sulla strada in un modo così buffo, risi così tanto da sentirmi in colpa poco dopo, quando un'ambulanza arrivò, si fratturò una gamba ... credo sia meglio dimenticare quest'episodio in realtà. 
«Si, può essere» risposi, premendo il ghiaccio sul ginocchio «Allora, hai detto a tuo padre che uscivi con me?» chiese versando nei suoi bicchieri di cristallo la Vodka che aveva preparato prima di venirmi a prendere 
«Si, ehm ... l'ho fatto» certo, come no, se avessi detto una cosa del genere mi avrebbe fatto la ramanzina. 
Mi porse il bicchiere, che presi usando la mano libera, sospirando mi guardò «Hai detto che eri con un amica vero?» disse quasi sconfitto, scolai il bicchiere, sentendo la gola bruciare, sentendomi anche un'imbecille «Proprio così, versane ancora»
«Andiamo Joanna, hai trent'anni, quando smetterai di seguire gli ordini di tuo padre?»
«A te sembra facile vero? Hai un lavoro, dove vieni pagato una fortuna, insomma guardati intorno, questa casa, io non l'avrò mai, nemmeno se rinasco trecento  volte, non devi dipendere dai tuoi genitori» 
«Cercati un lavoro allora, prendi un appartamento, esci dal guscio»
«È quello che mi dico ogni mattina, ma al mio culo piace stare fermo sulla poltrona» risposi io, a quella ''battuta'' rise, beveva tutto d'un fiato per poi guardarmi «Ti aiuterò io» disse alzandosi «Come?» 
«Ho molte conoscenze Joanna ... ma di questo parleremo dopo, adesso ... balliamo» disse andando verso la radio, lo guardai sbuffando «Non metterai Taylor Swift, vero?» lo implorai con lo sguardo, rise, oddio mio era così' sexy. 
«Stasera dobbiamo divertirci, non piangerci addosso, andiamo» accese la radio la quale partì una musica, che non avevo mai sentito, era solamente rumorosa, e nessuno cantava, solo un ''OH,ah, hi'', qualcosa di incomprensibile in realtà. 
«Adesso capisco perché sei single»
«Perché?» domandò venendo verso di me, lo guardai «Hai dei gusti di merda per la musica» risposi io, ridendo all'unisono mi prese le mani, portandomi al centro della stanza, mentre il ghiaccio cadeva sul pavimento. 
Iniziammo a ballare, passi che sicuramente non erano per niente passi, mentre bevamo vodka e ridevamo «Sono single, perché non ho mai trovato nessuna che mi capisse veramente» disse scherzando, imitando quegli uomini che cercano di flirtare con queste frasi, che a mio parere ti fanno sembrare uno psicopatico. 
Gli diedi un colpo sulla spalla «Sei veramente un coglione» dissi ridendo «E tu?»
«Io cosa?» domandai, lui mi guardò «Da quando tempo non fai sesso, Joanna?» che sfacciato, non in realtà mi vergognavo a dirlo «Pff, non lo so ... non ricordo» 

Quattro anni, cinque mesi, dodici giorni, e 14 ore. Si avete sentito bene, i miei ormoni sono andati in letargo. 


Per fortuna poi il discorso sviò, concentrati poi a scolarci altre due bottiglie di vodka; stavamo ballando ed eravamo un po' più che brilli, partì una canzone ''Saltend wound di Sia'' 
deglutì quando sentì il suo respiro più vicino al mio, adesso eravamo attaccati, non più distanti ma vicini, mi guardò negli occhi, intensamente, sorrisi «Adesso mi farei vedere la tua stanza dei giochi?» chiesi riferendomi alla canzone che avevamo in sottofondo, sorrise. 
«Posso farti vedere qualcos'altro» rispose, lo guardai «Be,cosa aspetti?» che diamine stavo dicendo, ero ovviamente metà ubriaca, avrei voluto fermarmi ma qualche minuto dopo, le mie labbra erano attaccate alle sue, i nostri vestiti si erano magicamente, sfilati dal nostro corpo, e noi da alzati quali eravamo finiti sul divano di pelle. 
«Questa canzone, è stata la canzone» dicevo io, mentre Sam mi baciava il collo, con un respiro affannoso disse: «Si, è la canzone, sicuramente» 
«Non sarebbe mai successo»
«Mai» continuò «Insomma, è una cosa da niente»
«Ovviamente» continuò lui, mentre con la mano mi accarezzava il corpo. 


Posso assicurarvi che è stato il sesso migliore della mia vita, sarà per il troppo tempo passato, sarà la vodka, ma comunque i miei ormoni in quel momento ballavano il cha-cha.


La canzone che aveva fatto scattare quella situazione finì, e la seguente canzone che partì, fu la cosa più imbarazzante di sempre, partì LET IT GO, dal cartone Frozen, al sentirla tutti e due all'unisono scoppiammo a ridere. 
«Ti giuro che c'è una spiegazione a questo» disse ridendo «Sto facendo sesso, con qualcuno che ascolta le canzoni della Disney, FANTASTICO!» 
«Oh andiamo» diceva continuando a ridere. 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 3. ***


3.


''This hit that ice cold Michell Pfeiffer that white gold'' fu la radio-sveglia di Sam a far aprire gli occhi, lentamente sbattei le palpebre, prima di vedere l'ora scritta sulla scatoletta, posata sul comodino, spalanco gli occhi e imprecai un: «Cazzo! Sono le 11:30» alzandomi frettolosa dal letto, gridai il nome di Sam, a pranzo saremmo stati a casa mia, altra cena organizzata da Hanna. 
Dio mio, non avevo avvisato Hanna, e se mio padre le avesse chiesto di me? Cosa mi sarei dovuta aspettare al mio ritorno? Minimo mi cacciava di casa, okay avevo il progetto già io di andarmene ma non potevo, rischiare che ciò accadesse senza che fossi stata io a volerlo. 
Infilandomi gli indumenti caduti sul pavimento, mi affrettai ad andare zoppicante verso il bagno, presi il dentifricio e improvvisai, l'indice della mano destra, quest'ultimo divenne il mio spazzolino. 
Strofinai, e ovviamente mi sbrodolai, avendo il viso imbrattato di dentifricio, uno sbadiglio dentro di me mi attirò «Perché tutta questa fretta?» disse Sam alle mie spalle, girandomi lo vidi, li sulla porta con tanto di muscoli in bella vista, perfetto anche di mattina, ed io li imbrattata di dentifricio, ottimo direi.
In fretta mi sciacquai la bocca e il viso, mentre lui rideva del mio essere così sfigata, odioso come sempre. 
«Hai visto che ora è?» dissi io andando a prendere la radio-sveglia «Sono le 11:30, mio padre sa che io sia con Hanna e non di certo con te, che odia per giunta» dissi mostrando la scatola che avevo tra le mani, come una psicopatica, lui mi guardò gesticolando con le mani un 'calma' 
«Senti, tu vai a casa, cambiati, vedi di bloccare Hanna, io intanto mi lavo mi vesto ed arrivo dopo di te» come se fosse la cosa più semplice del mondo 
«Vorrei ricordarti, che ieri sera sei passato tu a prendermi» dissi io, lui mi guardo e deluso disse: «Oh» poi si accese come una lampadina, prese il telefono tra le mani e digitò chissà quale numero nella rubrica «Pronto? Josh? Ehi amico, senti per caso mi daresti uno strappo a casa dei genitori di Hanna, la futura moglie di mio fratello?» ci fu un attesa, probabilmente questo ''Josh'' stava rispondendo
«Davvero? Grazie amico, allora il tempo di rinfrescarmi e salgo da te, grazie , ti devo un favore» chiuse il telefono e guardandomi disse: «Tutto fatto, prendi la mia auto, parcheggiala due case prima della tua, e quando arrivo mi dai le chiavi» 
Oh, allora non è così coglione come pensavo «Okay, perfetto ... quindi adesso io vado» li si fece spazio nell'euforia l'imbarazzo, e adesso cosa avrei fatto? 
Presi le chiavi e la borsa, e voltandomi verso di lui, dissi: «Ci vediamo da me allora, insomma a casa dei miei, e » 
«Si, ci vediamo dopo»
«Grazie della serata» conclusi io, girandomi in fretta inciampando sulle mie stesse gambe, stavolta però fu lui a sorreggermi «Sta attenta» 
«Non ridere, ti prego» lo implorai io «Non lo sto facendo» finse lui, era evidente che morisse dalla voglia di farlo «Okay, okay io adesso vado» 
«Sta attenta alla mia bambina, non farla inciampare» 
«Molto divertente»
«Sono serio, Joanna, non farlo» stavolta fu io a ridere, l'espressione del suo viso, sembrava davvero una madre che si prendeva cura del suo bambino. 
Prendendo l'auto di Sam, iniziai a guidare verso casa mia, facendo attenzione di non trovarmi qualcuno che conoscessi dietro di me. Iniziai poi a pensare alla sera precedente. 


Vi giuro, è stato pazzesco, insomma si, pensavo fossi oramai morta, ma non è stato così, anzi. E lui, vi dico approvato al 100%, non mi ha fatto sentire per niente fuori luogo, e vi auguro a tutte voi, di trovare qualcuno che anche solo per una notte vi faccia vivere ciò che ho vissuto io. 
Per essere un coglione sexy, ci sapeva fare. 


Come d'accordo, parcheggiai l'auto due isolati dietro, vicino casa degli Anderson, una coppia di vecchietti che non si sarebbero accorti dell'auto parcheggiata, posai le chiavi dentro la borsa, e camminando a passo veloce andai verso casa. 
Respirando a fondo, presi le chiavi di casa aprendo la porta delicatamente, e quando la richiuso tentando di far piano mi ritrovai Hanna li come un sergente, pronta a spararmi contro. 
«Dove sei stata?» chiese con sguardo duro. Diamine, Hanna incazzata non l'augurerei a nessuno ... ma con mia grande sorpresa il suo sguardo cambiò immediatamente «Dimmi che sei stata con un uomo» m'implorò quasi, era la mia amica dovevo dirglielo, ovviamente non specificando quale uomo. 
Annuì in segno di risposta, a quella, mi arrivò immediatamente un suo abbraccio «Oddio, finalmente, comunque a tuo padre ho detto che stamani sei andata via prima per andare a scegliere per me, gli inviti» ottimo, a lei avrebbe creduto, ho scampato l'apocalisse. 
«Grazie Hanna» potei dire solo quello che mi sovrastò di domande «Avete fatto sesso?» chiese lei schietta, la guardai ricordando la sera prima e al miscuglio di emozioni e piacere che provai «Si» risposi sentendo un brivido percorrermi la schiena, fece per gridare ma la bloccai immediatamente «Come è stato? Insomma è bravo?»
«Più che bravo, insomma ... dio mio è stato ...» imitai un brivido per rendere l'idea, rise e poi chiese: «Come si chiama?» 
OH NO! Okay, dovevo inventarmi un nome, un nome Joanna, fallo, qualsiasi nome. 
Mi venne in mente la telefono di Sam con un certo ... si si chiamava, a già «Josh» dissi io deglutendo «Hai intenzione di ...» stava per continuare l'interrogatorio quando qualcuno suonò il campanello e fermò la conversazione. 
Mi voltai andando ancora verso la porta, aprendola mi ritrovai dinanzi ai miei occhi, un Sam che mi fece bloccare un'istante. 
Golfino blu, jeans neri, barbetta curata e occhiali quadrati che lo rendevano ancora più sexy. Sentivo di voler tornare alle azione della sera precedente schioccando le dita. 
Hanna era dietro di me, io ero in silenzio e lei con aria antipatica disse: «Ah, sei qui, bene possiamo iniziare» lui entrò facendomi l'occhiolino, lo guardai con uno sguardo come per dirgli ''SMETTILA O TI UCCIDO''
non capivo ancora quell'accanimento da parte di Hanna verso quest'ultimo, non mi aveva mai parlato del motivo di quell'odio verso di lui, dovevo scoprirlo. 
Seduti a tavola, mio padre non avendomi ancora visto disse: «Allora, Joanna come è andata la scelta degli inviti per Hanna?» domandò, lo guardai sentendo lo sguardo accusatorio di Sam dritto su di me «Si, è andata bene» risposi schiva io. 
Mia madre passò dalla cucina dirigendosi verso mio padre frettolosa «Tesoro, è Lilith, sta partorendo dobbiamo andare» Lilith era la sorella di mio padre, aveva quarant'anni, tutti mi paragonano a lei, perché anche lei sino all'età dei trentacinque anni, non era fidanzata, e non aveva figli, quindi io sarei lei.
Mio padre si alzò «Scusate ragazzi, devo proprio andare» Hanna si alzò dopo di loro «Oh certo, andate non preoccupatevi» 
I due andarono poco dopo via, non curandosi del fatto di chiedermi se volessi andare con loro, ma è okay ci sarei andata comunque alla nascita, adoro mia zia Lilith, è la mia favorita in famiglia, è l'unica che mi comprende. 

Rimasti da soli, portammo il pranzo in cucina, mia madre aveva cucinato pollo al forno e polpettone, optai per il pollo, era squisito. A tavola si stava parlando del matrimonio - ovviamente - e Sam continuava a fissarmi, io distoglievo lo sguardo, non volevo che qualcuno scovasse il nostro segreto. 
Eddie poi, quando Hanna si bloccò, si rivolse verso di me «Allora, Joanna come ti va la vita?» domandò, attirando la mia attenzione alzai il capo, vedendo tutti interessati alla mia risposta «Sto cercando di dargli una scolta» risposi, Hanna mi guardò mentre io ero intenta a bere del vino «Joanna ieri sera è stato con un uomo, e la sua espressione è stata..» imitò il verso che feci poco prima con lei, in quello stesso momento il vino mi andò di traverso, e sinceramente avrei voluto soffocare. 


Vi rendete conto che amica avevo? Per giunta l'uomo per cui avevo espresso quel verso, era di fronte a me, che rideva e mi fissava come fossi un caso disperato e lo ero. 

«Hanna» dissi io rimproverandola «Che c'è?» domandò lei con non chalance «Era una confidenza» 
Sam continuò a guardarmi, mentre Eddie vedendomi imbarazzata cambiò discorso, quell'uomo era il mio salvatore personale. 
«Okay, tesoro portiamo questi in cucina» 
«Faccio io» dissi, sperando di poter evadere da quella situazione, ma ovviamente Eddie ignaro dell'uomo con cui ero stata al letto, prese Hanna e iniziò a portare i piatti in cucina, ovviamente lasciandomi sola con Sam, che non perdé tempo, imitò subito il mio verso
lo guardai «Non è divertente, e non vantarti dovevo inventare qualcosa per uscire dalle grinfie di Hanna» dissi io, lui mi guardò «Andiamo, ammettilo che ti è piaciuto»
«Perché non lo ammetti tu? Stanotte ti sentivo mentre insinuavi le tua mani intorno ai miei fianchi» cercai di cambiare discorso io, parlando piano «Oh quello, è perché dormivo non sapevo cosa stessi facendo» 
«Posso chiederti una cosa?» me ne uscì io «Chiedi»
«Perché Hanna ti odia così tanto?» domandò lui, a quella domanda mi guardò dicendo «Non dovrei essere io a dirtelo, chiedi a lei» rispose, poi arrivò Hanna che fermandosi vicino alla porta disse: «Io ed Eddie adesso andiamo, ci raggiungete dopo in chiesa per i preparativi?» 
Ovviamente non potevamo dire di no, ma tutta questa faccenda mi stava sfinendo, mi chiedo se mai mi sposerà, lei farà le stesse cose per me, ma sicuramente no, io non lo permetterei, mi piace cavarmela da me, anche quando non riesco in qualcosa, l'importante è che ci abbia provato. 

Io e Sam rimanemmo soli in casa, si offrì di aiutarmi a fare i piatti, così lo misi a lavare i piatti, mentre io li asciugavo per rimetterli al loro posto. 
Lo guardavo, e amavo il modo in cui si era presentato quel giorno, non potevo permettere però ai miei ormoni di prendere il sopravvento, ma non posso evitare di pensare che lui me li abbia risvegliati dopo un lungo letargo. 
Andiamo, non bastava Eddie ad essere bello in famiglia? Doveva arrivare il coglione belloccio, a far si che la mia mente andasse in tilt? Ovviamente dovevo evitare che ciò avvenuto la sera prima, non si ripetesse  mai più. 
«Allora hai pensato, come dire a tuo padre che andrai via da qui?» chiese, asciugando il servizio di porcellana di mia madre alzai le spalle «Onestamente, non so nemmeno se arriverò a stasera, chiedermi questo ora, mi mette in confusione»
«Oh andiamo Joanna, creati una vita tua, non vivere quella degli altri, dovresti essere la protagonista della tua vita»
«Bé visto che sei tanto bravo, illuminami Sam, come dovrei comportarmi, io ci provo ma poi sbucano loro dagli abissi, mio padre mi guarda e dopo tutto quello che ha fatto per me, non riesco a dire di no ad una sola cosa, Hanna sa che può contare su di me, e finisco per dirle sempre si e un circolo vizioso» rise tra sé e sé poi posando il piatto prima insaponato, disse:
«Devi svegliarti, te l'ho già detto ieri sera, ti aiuterò io, ma tu devi collaborare» dopo quella frase ci fu un silenzio momentaneo, al quale si susseguì un continuare l'azione per cui eravamo li, cioè pulire e asciugare. 
«Comunque, ieri sera è stato bello!» disse lui, alzai le sopracciglia a quella affermazione, lo stava dicendo davvero? 


Avevo fatto centro ragazze, a quanto pare non solo lui era bravo a letto. 

«Lo dici a tutte le ragazze che vanno al letto con te?» chiesi io, si bloccò e si voltò verso di me, quasi infastidito «Ti sto facendo un complimento Joanna, accettalo e basta» 
sospirai «Comunque, non dovrà accadere mai più, insomma è sbagliato, io non sono così»
«Io non sono così, bla bla bla, andiamo ammetti che volevi farlo, morivi dalla voglia di farlo, e non c'è niente di male» si scaldò, quasi stessi pugnalandolo alle spalle, tant'è che fece cadere il pitto da collezione di mia madre. 
«Fantastico, hai mai visto mia madre incazzata? Quello è il suo set preferito, dio mio adesso mi uccide.» dicevo io raccogliendo i cocci dal pavimento «Calmati, calmati lo ricomprerò, mi dispiace okay?»
«Tu non capisci, ovviamente»  continuai io quasi in lacrime, chiuse l'acqua che ancora scorreva sugli altri piatti per poi accovacciarsi insieme a me sul pavimento 
«Mi dispiace»
«Lo hai già detto, questo non cambierà le cose» 
«Perché hai così paura di loro, del loro giudizio?» a quel punto le lacrime non resistettero più, e il viso mi si inondò «Perché io mi sento una fallita, ed ogni cosa che provoco, che faccio qui dentro, è un'altro fallimento, tu non capisci, tu hai tutto ciò che hai sempre desiderato» 
Mi alzai dal pavimento e lui all'unisono, fece per consolarmi ma mi allontanai finendo per dire «Vado a cambiarmi, così poi andiamo in chiesa» 

Quello è stato il momento, più strano della mia vita, quello sfogo era un accumulo di quello che avevo dentro di me, uno sfogo che mi ha reso debole, è per me farmi vedere in quello stato era una sconfitta, cercavo sempre di nascondere ciò che sentivo realmente, sennò sai che schifo. 
________________________________________________________________________
SPAZIO AUTRICE:
Ebbene si, eccomi tornata e mi scuso già, ma ho avuto vari esami importanti in questo periodo. 
Esami che non mi permettevano di concentrarmi del tutto sulle mie passioni, ed una di queste è scrivere. 
Ma eccomi tornata, sempre divertita da questa storia. 
Spero tanto l'apprezziate, e che continuiate a scrivermi come avete già fatto. 
Vi mando un abbraccio. 
Teartheheart.
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 4. ***


 
4.

Siamo in macchina, dobbiamo andare al ristorante ancora, ed io sono ancora sconvolta. Hanna è incinta se né uscita così alle prove in chiesa, siamo rimasti tutti sconvolti, io lo ero. 
Sam mi ha guardato tutto il tempo come per dire: ''Te l'avevo detto'' lui lo aveva capito ed io no, erano tutti felici, lo erano davvero, io ero delusa, non mi aveva detto niente, non me lo aveva nemmeno accennato la cosa mi dà rabbia. 
Sto 24h su 24 ad ascoltare le sue cazzate sul matrimonio e quando si tratta di una cosa così importante non mi mette al corrente, potrei sabotarle il matrimonio, o forse no. 
«Calmati Joanna» dice Sam guidando verso il ristorante dove avremmo dovuto testare ancora una volta il suo cazzo di cibo, mormoro qualsiasi cosa mi passa per la testa, se fossi stata io alla guida, giurerei che sarei andata a sbattere contro qualcosa, o peggio, qualcuno. 
«Perché sei così arrabbiata?» domanda lui «Dovresti essere felice» a quella domanda e risposta, gli lancio una manata sulla spalla facendolo gemere «Sei pazza?» dice voltandosi verso di me sconvolto dalla mia reazione, faccio un respiro profondo «Sono mesi che organizzo questo matrimonio, praticamente so anche le posizioni che riproduce con tuo fratello quando fanno sesso, e non mi dice che aspetta un bambino?» sbotto io, Sam contrae il viso disgustato dalla mia affermazione. 

È così ragazzi, quella donna mi raccontava tutto, persino quante volte andava al bagno, e non scherzo. 


«Sfogati, urla se vuoi Joanna, ma smettila di menarmi» dice lui dopo un altra mia sberla, così prendo un respiro profondo, e lo faccio, urlo. 
I passanti guardano i mie gesti, staranno prendendomi per pazza, lui ride della mia reazione continuando a guidare, dopo il mio sfogo mi rilasso posando la schiena contro lo schienale dell'auto, sembro uscita da una lezione di yoga. 
«Stai meglio adesso?» chiede, per poi parcheggiare fuori un negozio, quando mi accorgo  che non siamo dove dovremmo essere mi volto verso di lui 
«Cosa ci facciamo qui? Non è il ristorante dei due sposini» dico io, lui scende dall'auto ed io lo seguo, mi fermo prima di continuare cerando spiegazioni. 
«Siamo al tuo colloquio» dice, io spalanco gli occhi e lo guardo «Mi prendi in giro?» domando, lui scuote il capo sorridendo, il mio volto poco prima perplesso si trasforma in una risa continua, gli corro incontro, e senza saper cosa stessi facendo mi aggrappo alle sue spalle, lo abbraccio, e lui ricambia la braccio stringendomi e sorridendomi all'orecchio. 
Sono felice, ma allo stesso tempo assaporo il suo profilo al muschio, mi sento felice. 
Poi mi sposto, e le guance non fanno altro che infuocarsi, staccandomi da lui gli sistemo il maglioncino nero, dandogli delle pacche sulle spalle. 
«È meglio entrare» diciamo all'unisono, e così facciamo. 
È un negozio di mobili, venderò dei mobili, non è a quello che aspiro ma al momento va bene. 
Un uomo dalla giovane età, più o meno sui 35 anni si avvicina a noi, porgendomi la mano «Tu devi essere Joanna» oh mi da già del tu, va bene. 
I suoi sono color del caffè, i capelli neri come la pece, e il suo corpo è ben allenato, è uno di quegli uomini che se la tirano, si vede dal suo comportamento, indossa un abito elegante, i capelli perfettamente ordinati, e la pelle abbronzata, sicuramente facendo la lampada visto il tempo di questo periodo dell'anno. 
«Si, sono io» dico, mostrando uno dei più finti sorriso che mi ritrovo nel mio bagaglio. Si ho una lista. 
Il primo prevede quello finto dopo aver pianto, è piccolo quel poco per nascondere gli occhi gonfi, il secondo è quello ostinato, quello che uso con chi non mi da ascolto, il terzo è il sorriso riservato a mio padre e mia madre, il sorriso del ''VAFFANCULO'', infine quello che sto usando, che sta per dire: Ho bisogno di qualcosa, dammelo subito. 
«Allora Sam mi ha detto che sei brava ad arredare ed organizzare» a quella frase mi volto appena per vedere il viso di Sam che guarda la scena dall'esterno, sperando che non gli faccia fare una brutta figura, torno all'uomo che ancora non mi ha detto come si chiama «Si, ho organizzato molte feste, e mi piace arredare» dico sincera, è proprio vero mi piace organizzare le cose, certo c'è che se ne approfitta, ad esempio quella donna gravida che mi ha nascosto tutto. 
«Perfetto, possiamo iniziare domani, alle sette in punto del mattino, o il mio nome è Charlie, è stato un piacere dolcezza, Sam amico mio grazie di avermela presentata» si gira vesto quest'ultimo, come se io non ci fossi più.
Sam sorride, io anche cercando di aggraziarmelo. 
Quando usciamo il coglione mi sfotte «Ahahah, cos'era quello?» dice salendo sull'auto, alzo gli occhi al cielo «Volevo aggraziarmelo» 
«Sembravi una di quelle ochette che vogliono andare al letto con un uomo» 
«Mmm, non mi dispiacerebbe, è proprio figo il mio capo» dico io, vedendo il disappunto sul suo viso. 

Siamo a cena, ci siamo tutti stavolta, la gravida, Eddie sempre seduto perfetto, senza niente fuori posto, i miei genitori, i genitori di Hanna ed anche quelli di Eddie e Sam, stasera si sono uniti al nostro lungo tavolo. 
Sam mi guarda mente io fisso Hanna con aria delusa, lei mi guarda ma non dice niente, tutti parlano di quanto sarà bello l'arrivo di un nuovo pargolo in casa, lo sono anch'io in realtà ma Hanna questa volta non la passerà liscia. 
«Oh Hanna se sarà una femminuccia, come la chiamerai?» chiede mia madre tutta contenta, lei tutta entusiasta si volta verso le persone che la stanno guardando con tanto amore «Se è una femminuccia, voglio un nome originale, ho pensato a Chanel» tutti felici, a quel nome non posso far altro che strozzarmi con il vino che sto sorseggiando, Sam mi guarda sghignazzando. 
«Non ti piace?» domanda lei, guardandomi «Sei vuoi che sfottano tua figlia per tutta la vita, fai pure» dico io, lei mi guarda «Bé pensavo fosse carino» alzo le spalle, ma lei continua  a guardarmi, sa che sono arrabbiata e così non mi contraddice, cambia discorso. 
Eddie mi guarda, con rimprovero forse, non lo so. Machissenefrega, non devo dar conto a nessuno, non sono una bambina. 
Dove aver parlato del corredino da comprare, a chi somiglierà, a chi scegliere come madrina e padrino - ovviamente hanno scelto me e Sam - Eddie sposta l'attenzione su di me. 
«Joanna, come sta andando?» chiede, allontano i miei pensieri - non pensieri in realtà - alzando il capo, sfoggiando un bel sorriso «Ho trovato un lavoro» dico io, mio padre mi guarda spalancando gli occhi «Davvero?»  chiede
«Non me lo avevi detto» dice Hanna delusa «Be nemmeno tu, mi avevi detto la cosa più importa che potesse accaderti» dico io acidamente, mio padre mi guarda «Davvero?» chiede ancora entusiasta. 
«Si papà» rispondo io, Sam mi guarda masticando il polpettone che mia madre aveva preparato per tutti i commensali, sorride, lo faccio divertire davvero tanto. 

A fine cena, tutti sono in soggiorno mentre io esco fuori di casa, con il mio cappotto sulle spalle. 
Sam mi segue, io sono seduta sui gradini, lui fa lo stesso, mi fissa senza dire niente, ma lo sento fisso, e la cosa mi infastidisce, mi volto «Cosa?» chiedo, lui ride. 
«Niente, sei stata grande li dentro» dice, abbasso il capo ridendo «Già»
«Ehm, possiamo allontanarci un attimo da casa tua? Devo mostrarti qualcosa» mi guardo alle spalle, vedendo tutta la famiglia in soggiorno intenti a toccare il ventre della donna incinta, il nuovo giocattolo. 
Sospiro «Andiamo» dico. 
Siamo in auto tutto il tragitto siamo accompagnati dalla musica imbarazzante di Sam, lui canta ed io rido, andandogli dietro, oramai le ho imparate anche io. 
Non credevo che passare del tempo con lui mi avrebbe fatto bene, invece è l'unica persona con cui mi ritrovo a parlare tranquillamente, e non è perché abbiamo condiviso il letto insieme. 
Quando ci fermiamo siamo dinnanzi ad un palazzo che non avevo mai visto «Che posto è?» domando «Adesso vedrai» entriamo nel palazzo che sembra un Hotel di lusso, guardo ammaliata tutti i mobili in stile moderno seguendolo sino all'ascensore. 
Dio gli ascensori, ma in quel momento non ci faccio caso, mi guardo intorno, persino i particolari dell'ascensore sono fantastici. 
Arriviamo all'ultimo piano, io lo seguo in silenzio, prendendo un mazzo di chiavi, apre una delle due porte in quel piano. 
Quando vi entriamo rimango a bocca aperta, le finestre enormi danno una vista su New York, qualcosa che non si può descrivere, l'appartamento perfettamente abbinato al resto del palazzo, entrando c'è un piccolo corridoio che porta alla cucina e al soggiorno, tutte e due comunicanti, i muri sono di un nero opaco, non tutti, altri sono bianchi, un divano a penisola occupa il soggiorno grande, una TV a plasma occupa la parete di fronte, la cucina è a penisola, in acciaio e con tutti i comfort che chiunque possa desiderare. 
«Cosa ci facciamo qui?» domanda, con mia sorpresa mi porge le chiavi, lo guardo capendo ciò che stava facendo, mi aveva trovato un appartamento, il suo, uno dei tanti, l'ho capito dalla foto sua e di Eddie sul tavolino della cucina quello che separa il soggiorno «No, non posso accettare» dice. 
Mi guarda «Potrai pagarmi quando prendi il primo stipendio» dice fermandomi «Non posso Sam, non posso accettare questo» dico mostrando con le braccia la meravigliosa casa che mi circondava. 
«Joanna, non accetto un no come risposta, non ti sto dicendo di viverci gratis» 
«Perché mi stai aiutando?» chiedo «Perché no?» 
«Non è una risposta» 
«Be diciamo che mi piacciono i casi persi» a quella  frase sorrido ondeggiando «Quindi ti piaccio» dico io, lui sbuffa «Non è ciò che ho detto» 
Rido ancora avvicinandomi facendo roteare le chiavi con l'indice «Oh ammettilo, sono una figa, non c'è niente di male» Dopo il sorriso mi attrae a se, facendo cadere le chiavi dalle mie mani, mi azzittisco anch'io, lo guardo deglutendo, le mie gambe adesso stanno tremando, il ventre è infuocato, si avvicina al mio viso, sento il suo respiro alla menta sul mio viso
mi piace, stiamo li a contemplarci per qualche istante, poi le sue labbra attraggono le mie, e finiamo per baciarci con foga, la sua lingua gioca con la mia, un attimo dopo ci ritroviamo sul letto, io su di lui, intenta a sfilargli il maglione «Non avevi detto che non doveva accadere più?» dice, lo guardo fermandomi un attimo, sospiro «Diciamo che è un extra» mi auto convinco, facendolo ridere, tornando a baciarlo. 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 5. ***


 
5. 
 

Sono a casa dei miei, da ieri non più la mia, Sto impacchettando gli scatoloni con le mie cose, mio padre è sulla porta che mi fissa impietrito, sconvolto dalla mia decisione improvvisa. Hanna è accanto a lui, mi guarda delusa, ma non dice niente visto che anche lei mi ha mentito. 
Almeno io ho deciso tutto in un giorno, lei sapeva da mesi della sua gravidanza, ma per chissà quale ragione lo ha riferito a me solo in una cena di famiglia, un insulsa cena di famiglia. Io, che ho da sempre fatto di tutto per lei, sempre. 
«Te ne vai così? Non hai detto niente sulle tue intenzioni» dice mio padre gridando, chiudendo l'ultimo scatolo mi alzo affannosa, con i capelli che mi ricoprono completamente il viso , soffio su di essi facendoli spostare, prendo lo scatolone tra le mani, con sopra un bigliettino del mio indirizzo di casa 
«Non ti è mai importato niente, quando avrei dovuto dirtelo? Hanna è la figlia che avresti sempre voluto avere, ascolti solo lei.  Ho cercato di rendervi partecipi, ma ogni qual volta Hanna aveva una notizia più importante da dare, quindi scusami se non ho urlato per farmi ascoltare papà» mi avvicino a lui porgendogli il biglietto «Questo è il mio indirizzo, se vorrai venire, se non vuoi va bene così» 
Faccio per andarmene ma mi fermo ancora voltandomi «Pian piano ti restituirò i tuoi soldi, per avermi ospitato in casa vostra, grazie di tutto» 
«Perché fai così?» chiede Hanna, sospirando la guardo «Cosa? Prendere posizione? Vivere la mia vita? Cosa Hanna? » rimane in silenzio senza rispondere a nessuna domanda, non rimango un minuto in più così scendo le scale, mia madre è li che mi guarda con le lacrime agli occhi, le sorrido «Starò bene, c'è Hanna con voi» 
Esco di casa, forse sono stata cattiva, ma cosa m'importa? Loro lo sono stati per tutta la vita con me, mi sono lasciata sempre sopraffare e adesso, grazie a Sam, sono riuscita in qualche modo a liberarmene. 
Salgo sull'auto e prima di partire invio un messaggio a Sam: '

A: Coglione sexy
Da: Joanna


Grazie di tutto, sono riuscita a dirgliene quattro a mio padre e mia madre. 

Dopo pochi secondi mi risponde. 

Da: Coglione sexy
A: Joanna


Oh davvero? Avrei voluto esserci ahaha


Da: Joanna 
A: coglione sexy


Si, è stato esilarante, dovevi vedere le loro facce, inclusa quella di Hanna. 

Da: Coglione sexy 
A: Joanna


Sono contento per te Joanna, forse adesso sarei finalmente indipendente. 
Stai crescendo Joanna, buon per te. 


DA: Joanna 
A: Coglione sexy. 


A proposito, sai che quello di ieri sera non si ripeterà più vero? 
Dico sul serio Sam, questa cosa non può continuare. 
E poi non voglio che si trasformi in cinquanta sfumature di grigio, tu che mi aiuto con il lavoro la casa, manca solo che mi regali un porche e che mi mostri la tua stanza dei giochi. 
Non succederà mai. 


DA: Coglione sexy.
A: Joanna


Okay Joanna, guardi troppi film. 
E comunque non ho bisogno di strumenti per far vedere ad una donna chi è il dominatore. 
E comunque, l'unica stanza dei giochi che posso mostrarti  è quella dei videogame. 
Non succederà più? Sono d'accordo. 



La mia prima settimana di lavoro non è andata male, anzi. Charlie mi tratta bene, tratta tutte le sue commesse molto bene, mi piace lavorare in quel negozio, mi diverte vedere le facce delle clienti di taglia 44 che comprano una taglia 42 stringendosi dentro la stoffa, soffocando, mentre io vorrei scoppiare a ridere, perché indossare qualcosa che non sta bene?
Ma anche vedere le donne accompagnate dai mariti che ci provano con Charlie, è esilarante, è un uomo affascinante, quindi non sono stranita da questa cosa, anzi, le comprendo. 
I mariti sono li, che lanciano uno sguardo fulminante alla loro donna, a volte vorrei seguirli per vederli come iniziano a litigare. 
Nella nuova casa, mi sento molto a mio agio, certo il silenzio è assordante, sicuramente meglio della voce di mio padre - che non mi parla dal giorno che sono andata via per la cronaca - ma l'eco mi fa sentire strana. 
La cosa positiva è che mi diverto ad alzare la radio a tutto volume, ballando da sola, senza che nessuno mi dica niente. 
Sam, non ci vediamo da quel giorno, lui è fuori e tornerà proprio fra due giorni, non abbiamo parlato più di quell'episodio accaduto per la seconda volta, e a me sta bene così. 
Non voglio che queste storia vada avanti, insomma è stato bello ma non sono quel tipo di Donna. 

Sono in negozio, sistemo i vestiti nello scaffale, quelli che i clienti hanno 'gentilmente'' rovistato, lasciando a noi il lavoro di rimetterli al loro posto. 
Nel bel mezzo del lavoro, si avvicina Charlie, indossa una camicia bianca che fa risaltare il suo torace, un torace con la "T" maiuscola. 
Lo guardo lanciandogli un sorriso «Allora, Joanna» dice poggiando una mano sullo scaffale, mi guarda con gli occhi soffusi. 
Cercava di far colpo? No perché, sembrava strabico nel modo in cui cercava di socchiudere gli occhi. 
«Come ti stai trovando, qui con noi?» chiede, ancora con quegli occhi socchiusi. 

Ragazze, non era uno bello spettacolo, si era un Uomo che ti faceva venire l'acquolina, non come il Coglione sexy, certo,  ma sicuramente anche lui smuoveva le mie ovaie, da quando avevano ricomnciato ad essere attive, be ... non volevano più rinunciare ad esserlo. 
«Mi trovo bene Charlie, davvero» dissi io sincera, mi rilassava lavorare li, e sarei stata bugiardi a dire il contrario «Sono contento» 


In quel momento calò un silenzio assordante mentre io, mi allontanavo piano per continuare a lavorare, lui sospirava a fondo come se stesse facendo qualcosa di spaventoso 
«C'è qualcosa che non va Charlie?» domando io sorridendo, lui semplicemente si avvicina «Vuoi uscire con me?» domanda stavolta chiudendo gli occhi e stringendo il corpo, aspettando la mia risposta, come se sapesse che già sarebbe stata negativa. 
Ci pensai un attimo, pensai a Sam, e se, se la sarebbe presa? In fin dei conti non siamo fidanzati e abbiamo detto che ciò che è accaduto per due volte, non sarebbe dovuto più accadere. 
Dovrei proprio farlo, ne ho bisogno, ho bisogno di qualcosa di nuovo, sto cambiando, e devo cambiare anche la mia situazione sentimentale. 
Il mio status di Facebook non può rimanere al lungo con ''Impegnata in una relazione con il divano, non rompete il cazzo" . 
«Si» rispondo io poi, in tono liberatorio, lui si rilassa pian piano aprendo gli occhi uno ad uno «Si?» dice entusiasta, lo guardo «Si» confermo sorridendo. 
Così, fiero di sé, sistema la sua camicia per poi guardarmi «Venerdì sera? Passo io da te?» domanda, annuisco «Venerdì va benissimo» 
Dopo di che, va via ed io posso finalmente continuare a lavorar
e. 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 6. ***


 
6

È venerdì, tra poco Charlie sarebbe arrivato, non mi ha detto dove saremmo andati ma sinceramente per qualche motivo non m'interessava molto. 
Avrei preferito rimanere a casa, magari come quel giorno con il coglione sexy, un buon bicchiere di vino a cantare ubriachi, ma devo accontentarmi. Sono le diciannove e sono in vestaglia, i capelli raccolti in una coda liscia, seduta sullo sgabello pronta a tingermi il viso, nascondendo magari i due brufoli spuntati una settimana prima del mio ciclo. 
Odio essere una donna, vediamo più sangue noi che un chirurgo. 

Vogliamo parlare dei dolori addominali care lettrici? Ogni mese sento come se una fila infinita di camionisti mi salisse sul ventre, schiacciandomi e deridendomi, i commenti degli uomini poi ''Come la fai lunga'' oppure quelle personcine ti dicono ''Sei esagerata''  brutto stronzo che non sei altro, vorrei dare a te il dolore che ho io. 
I spasmi, l'ardente desiderio del cibo, tanto da voler mangiare il pagliaccio sponsor della Mc Donald, l'umore che passa da animatrice turistica, quelle con il sorriso sempre sul viso, all'essere indemoniata. 


Sento il campanello suonare, non può essere già arrivato, è troppo presto, lo farò aspettare sul divano, non esco mica conciata così, e non posso nemmeno farmi trovare con questi mega vulcani sul viso, mi guardo in fretta attorno, prendo la prima cosa che trovo, è un sciarpa, la indosso come se fosse un turbante nascondendo le immanenti esplosioni che ho sulla fronte. 
Mi guardo allo specchio, sembro una cretina, m'inventerò una scusa, magari che mi serve per i capelli o qualcosa del genere. 
Vado alla porta, faccio un respiro profondo prima di aprirla, e se in un giorno non fosse diventato Donna, fatto crescere i capelli di biondo direi che non era lui. Era Hanna, eccola li in piedi con le mani sul grembo. 
Cosa vuole? Vuol farmi sentire in colpa? Non lo accetto, mai più. 
«Cosa ci fai qui?» domando io, lei mi guarda e la prima cosa che fa  con la sua piccola mano fresca di  manicure, mi indica la sciarpa «Cosa fai tu con quella?» in un attimo la tolgo gettandola sul pavimento, poi la guardo senza rispondere, ci guardiamo un attimo e poi mi chiede «Posso entrare?» si, o forse no ... se sei qui per rompermi le scatole puoi andartene da dove sei venuta 
«Entra pure» dico in fine, come sempre non ho le palle per sbatterla fuori, perché dio mi ha donato questo carattere? Non poteva farmi, che ne so, magari una Killer, una pugile, perfino un ochetta, l'importante non essere così come sono. 
«Wow, questa casa è bellissima» dice guardandone ogni angolo, magari pensando a come avessi fatto, io la sfigata di casa a trovare un appartamento così. 
Ovviamente lo avrei pensato anche io, ancora non ci credo, se non fosse stato per Sam sarei ancora chiusa in quella camera dei miei, ferma, a sopportare tutto. 
«SI, mi trovo veramente  bene ... vuoi qualcosa da bere?» domando, devo fare la brava padrona di casa, magari va via prima, lo spero. 
«No, grazie ... sono qui perché vorrei chiederti se ... se ancora sei la mia damigella, se ancora posso contare su di te per il matrimonio, nelle mie condizioni io non » è incredibile come questa donna possa rovinare subito tutto, pensavo fosse venuta per chiarire, e invece eccola li, tutta ben vestita con il suo corpo sempre perfetto anche con il gonfiabile aperto sul ventre, con la sua espressione da angelo e il viso illuminato. 
«Spero tu stia scherzando Hanna» dico io bloccando il suo discorso «È che io...» dice, la blocco ancora andando verso la porta, lei mi segue «Per favore,  va via» 
«Joanna »
«No, vai via, non sei la benvenuta qui, okay? Ti aiuterò, sarò la tua damigella, come promesso ma non venire più, sei proprio una stupida Hanna, e superficiale e mi pento di aver sprecato la mia vita dietro una persona come te, come mio padre che scommetto è sempre con te, e per favore se devi mandarmi ''ordini'' che devo eseguire, su quegli stupidi inviti, sul colore delle tovaglie, sul cibo, mandameli via email o al massimo tramite il tuo futuro marito, sono stufa di te»
Apro la porta e lei esce, voltandosi vedo i suoi occhi riempirsi di lacrime, ovviamente non poteva perdere occasione di fare la vittima «Mi dispiace» finisce per dire, ma io non le rispondo perché le mie mani oramai hanno chiuso la porta, mi volto e lancio un urlo dal nervoso. 
«Quanto ti odio Hanna» dico, prendo un respiro profondo e vado a sedermi sullo sgabello, pronta a dimenticare ciò che è appena accaduto, iniziando a tingere il viso. 

Sono in auto con Charlie, quando è venuto ha detto quella frase che si usa per rimorchiare nei film ''Sei bellissima, non ho mai visto nessuno come te'' la vera me, avrebbe voluto ridergli in faccia, la nuova me, ha finto di sorridere senza dire altro. 
La radio è accesa, ascolta i Muse, a me viene di sorridere pensando alle canzoni che Sam ha nella sua auto, penso a quel giorno  e mi metto ridere, non riesco a trattenermi. 
«Non ti piacciono i Muse?» chiede quasi come un rimprovero, mi volto guardandolo «No, mi piacciono ridevo per qualcos'altro» prima che lui potesse continuare sulla storia della musica, mi sistemo sul sedile sospirando «Allora, dove mi porti?» domando io, lui sorride «Ti piacerà ne sono certo, è un ristorante cinese, è buonissimo» 


Si, avete sentito bene, mi stava portando a mangiare sushi, vi rendete conto? Io odiavo il sushi, prima regola per andare d'accordo con Joanna Mason non portarla a cibarsi di sushi. 
Ovviamente non potevo dirgli di non farlo, non potevo farlo, ma cavolo che avrei dovuto fare? Mangiarlo? Sarei stata capace di rigettare tutto. 

Arrivati al ristorante, ad attenderci erano due persone dello staff, due uomini alti, con gli occhi a mandorla e un'aria severa, - andiamo bene - Ci salutano con un inchino chiedendo a Charlie per quando era la prenotazione, i due ci lasciano accomodare in sala d'attesa,dicendoci di aspettare, perché i tavoli per due erano tutti occupati. 
Non solo dovevo mangiare quel cibo non commestibile, ma dovevo anche aspettare, credo che al ritorno ordinerò una pizza. 
Mi guardo intorno, guardo le pareti di un bianco brillante con quadri che richiamavano la cultura Cinese, i tavoli quadrati disposti tutti in fila, i camerieri che passavano di tavolo in tavolo con degli auricolari, si parlavano a distanza. 
«Sam» urla Charlie, Sam? Dove, quando, perché è qui? Mi giro e lo vedo, vestito tutto di punto, sfoggiando un sorriso smagliante, potrei sciogliermi qui, adesso. 
Ma poi mi solidifico di nuovo quando dietro di lui spunta un rossa dagli occhi verdi con tacchi vertiginosi, labbra rosse, corpo pazzesco e vestito attillatissimo. 
E poi guardo me, giacca e pantaloni e sicuramente non con un corpo del genere, guardo lei, guardo Sam, che vedendomi spalanca gli occhi, quasi come se avesse visto un fantasma. 
«Charlie, Joanna cosa ci fate qui?» chiede lui avvicinandosi serio, Charlie mi mette una mano sulle spalle, avvicinandomi a lui. 
Seconda cosa da non fare mai: Toccarmi così, senza che io ti abbia dato il permesso. 
Mi scosto un po, muovendo le spalle faccio capire di togliere la sua mano da me, lo fa senza forse accorgersi che sia stata io a volerlo «Ho chiesto a Joanna di uscire insieme, ed eccoci qui» 
«Tu che ci fai qui? E chi è la bella ragazza dietro di te»  gne gne gne, chi è la bella ragazza dietro di te, una che vuole portarsi a letto ecco chi è. 
«Oh anche noi qui per una cena, siamo appena tornati, lei è Amelie, lo conosciuta nel mio viaggio, voleva andare in un ristorante cinese ed eccoci qui» 
«È un vero piacere Amelie ... io sono Charlie » 
«Il piacere è mio, Charlie. Perché non prendiamo un tavolo per quattro così non dovremmo aspettare» io e Sam all'unisono diciamo «No» entrambi i nostro accompagnatori ci guardano «Perché no? Sarà divertente» dice Charlie. 
«Be ... magari vogliono stare da soli e ...» replico
«O non dire sciocchezze, mi fa piacere conoscere gli amici di Sam» risponde la rossa mostrando i suoi bianchissimi denti. 
''MI FA PIACERE CONOSCERE GLI AMICI DI SAM'' ma chi sei? Domani ti scaricherà per un altra. 

Ovviamente a vincere sono stati loro, siamo seduti al tavolo per quattro, una bottiglia di vino e quel ''cibo'' sui piatti, non riuscivo nemmeno a capire che ingredienti fossero. 
Guardo Sam che è proprio di fronte a me, anche lui sembra odiare il cibo che è sul suo piatto perché da quando siamo seduti lo tocca con la forchetta - chiesta da me e lui, incapaci di usare le bacchette- senza mai assaggiarlo. 
Adesso anche lui mi sta guardando, spalancando gli occhi, sorrido abbassando lo sguardo, capisco subito che vuol farmi sapere che quel cibo per lui è da buttare, come lo capisco. 
«Allora Amelie, come vi siete incontrati tu e Sam?» domanda Charlie, vorrei pestargli un piede, ma non lo faccio, semplicemente abbasso lo sguardo giocando con il cibo, facendo finta di non interessarmene, invece attendo la risposta con ansia. 
«Eravamo in spiaggia, quasi vicini, ho preso la tovaglia piena di sabbia, sventolandola non mi ero accorta di questo bel ragazzo sdraiato, praticamente l'ho invaso, lui si è alzato prima ha urlato, poi vedendomi si è calmato» 
Sorseggio un po di vino, dire un po è un eresia, credo di aver bevuto tre bicchieri uno dietro l'altro, sentivo gli occhi puntati addosso di Sam, mentre Charlie sembrava entusiasta di ascoltare la storia «Mi ha chiesto poi di andare a cena, in camera sua ... ha acceso la radio, stava ascoltando della musica classica che io amo» li, mi sono strozzata. 
Sam con la musica classica? Ma se amava Miley Cyrcus? Con quale Sam è andata al letto? «Tutto bene?» domanda Charlie, alzo lo sguardo asciugandomi dal vino appena bevuto «Si scusate, Amelie è stato davvero romantico» dico io, distogliendo il discorso dal mio essermi strozzata. 
«Si molto» sorrido guardando prima lei e poi Sam, che mi guarda sorridendo - che stronzo -. 
Charlie ricevette una telefonata dal lavoro, così prima di arrivare al dolce andammo via, il mio stomaco brontolava, non vedevo  l'ora di arrivare a casa. 
Quando parcheggiò l'auto sotto casa, mi guardò «È stato davvero bello Joanna» disse lui, io picchiettavo il piede sul tappetino sperando che andasse via, al più presto. 
«Si, anch'io» rispondo, lui sorrido «Potrà esserci un altra occasione?» chiede, lo guardo «Vedremo» sorride ancora, e poi si avvicina, sempre di più ma il suo obbiettivo non è la mia guancia, ma le labbra. 
Oddio che faccio mi sposto? Sembrerei una pudica, e non lo sono. Lo schiaffeggio? Troppo violenta. 
Devo dire che non bacio al primo appuntamento? Non sono al liceo andiamo. 
Okay, è un bacio cosa sarà mai? Lo lascio fare, si avvicina posando le sua labbra sulle mie, lo bacio, lui ha gli occhi chiusi, io aperti aspettando che quella cosa finisse e anche alla svelta. Poi si sposta «Wow» dice, vorrei rispondere la stessa cosa, ma ahimè fu come baciare un palo. 
Che cosa c'è che non va in me. 
Poi finalmente lo saluto, non mi volto per guardarlo, non sento le farfalle, ma solo gli organi che si dimenano implorando di avere del cibo.  
La prima cosa che faccio e scaraventare i tacchi sul pavimento poi prendo mi butto sul divano, prendo il cellulare tra le mani, chiamo la pizzeria ordinando un pizza con doppia cipolla e tonno. 


Un ora dopo il campanello suona, finalmente, sarà la pizza. Apro la porta, è non è il fattorino con la mia pizza, ma Sam con una pizza in mano che non è la mia perché il nome della pizzeria impressa sopra non è quella dove avevo ordinato io. 
«Che ci fai qui?» chiedo, in realtà vorrei dire: PERCHE' NON SEI CON LA ROSSA IN CAMERA TUA A PROVARE UNA NUOVA POSIZIONE?
«Ho fame, ho lasciato Amelie a casa, e al ristorante ho percepito che anche tu sei rimasta affamata, quindi ho pensato di venire qui» lo guardo, prendo la pizza dalle sue mani «Entra, ma tra poco dovrebbe arrivare la mia»
«Hai ordinato una pizza?» chiede con tono sorpreso «Ho fame, si lo fatto» ride mettendo una mano sul petto. 
«Cosa ridi? Comunque accomodati sul divano prendo i piatti e il vino» si va a sedere, spogliandosi dal lungo cappotto nero, mostrando l'elegante vestito che indossava al ristorante, togliendosi poi anche la giacca nera, rimase con la camicia bianca che mostrava il suo corpo atletico. 
Arrivo in soggiorno, lui mi da una mano con le cose che stavo portando sistemandole sul tavolino. Mi siedo accanto a lui incrociando le gambe, mi ero appena ricordata di essere in tuta, e completamente struccata mostrando i vulcani, ma in qualche modo mi sentivo a mio agio. 
«Allora come  va con questa ... Amelie» dico io sistemando la pizza sui piatti, ride «Sei percaso gelosa?» dice ancora ridendo, do un morso alla pizza ai peperoni sbuffando «Io? Assolutamente no» 
«Al ristorante sembrava il contrario»
«Quando mai, ero solo stranita dal fatto che tu ascolti musica classica» a quel ricordo scoppio a ridere, ed anche lui lo fa abbassando il capo. 
«Dovresti essere sincero con lei, e raccontargli dei tuoi gusti ''singolari''» lo dico con tono sarcastico, lui mi guarda «Se avessi detto la verità non avrei avuto chance» 
«Perché con me sei stato sincero allora?» domando io «Non lo so, mi sono sentito subito a mio agio, sei stramba, e guardati ti mostri a me anche con i brufoli» a quell'affermazione rido «Be, sono io» rispondo. 
Poi mi faccio seria «Oggi è venuta Hanna»
«Davvero? Ti ha chiesto scusa?»
«No, assolutamente è venuta a chiedermi se ancora ero la sua damigella, che le servo perché nelle sue condizioni non può farlo» la imito, sospira «O mio dio, spero tu glie ne abbia detto quattro»
«O si, l'ho cacciata, ma ...»
«Cosa?» sospiro «Non mi sento bene nell'averlo fatto, anzi»
«Sei troppo buona Joanna Mason» esordisce lui prendendo un altro pezzo di pizza.  Sorrisi, poi mi avvicinai a lui, scostai il suo braccio «Fammi spazio» dico, lui rise «Non pensi sia una cosa da persone ... da coppia?» 
In un attimo dopo quella frase mi misi in piedi «Si, forse hai ragione, allora fatti più in la ...» mi distesi dall'altro lato, lasciando che i piedi toccassero le sue cosce, lui non disse niente, prese il telecomando e iniziò a guardare la Tv, mi sentivo serena, felice. 
«Sul tavolo in cucina ci sono i soldi destinati alla pizza, se sto dormendo potresti»
« Non c'è problema Joanna» annuì senza dire altro, semplicemente mi voltai chiudendo gli occhi, sentendo le sue mani posate sulle mie gambe, tre due uno e non sentì più niente. 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3239854