Tutto in un abbraccio

di saratiz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Confusione ***
Capitolo 2: *** Penombra ***



Capitolo 1
*** Confusione ***


Si aggirava senza meta per i viali del parco di casa Jarjayes: mai le erano sembrati così estranei.
Lunghe ombre sinistre si proiettavano in ogni direzione intorno a lei. Era una serata calda e umida, ma non per questo il sudore le imperlava la fronte. Se lo sentiva sulla pelle, come la sua ansia ed il turbamento che non poteva scrollarsi di dosso per quanto veloce potesse camminare.
 
Troppe cose erano successe in così poco tempo.
La sua vita, sempre ordinata e precisa, come le truppe della guardia reale che aveva comandato fino a poco tempo prima, d'un tratto (da quando? aveva difficoltà anche ad individuare un inizio di tutto ciò) era diventata il regno del caos, come un castello di carte buttato all'aria da un'improvvisa folata di vento.
Era arrivata all'adolescenza (ma ne aveva mai avuta una?) credendo di essere un uomo; i suoi giocattoli erano stati vere spade e pistole, con cui si allenava ogni giorno col suo compagno d'infanzia... (stretta al cuore!)
Poi aveva capito di essere diversa da lui e dagli altri uomini, almeno fisicamente, ma sicura comunque di non essere inferiore a nessuno. Costretta e, perchè no, anche convinta, a vivere come un uomo: niente abiti sontuosi con pizzi e merletti, niente nastri per adornare i capelli nè altre "frivolezze" come le definiva il padre-padrone e soprattutto niente debolezze!! "cosa sono le lacrime, se non sciocche, teatrali e femminee ostentazioni della sofferenza?" le aveva detto.
Era cresciuta fiera, orgogliosa, coraggiosa, diversa dalle dame di corte prese dalle loro civetterie e dai loro giochi amorosi.
Ligia al dovere, fedele alla Regina (la donna che ora stava portando il suo Paese alla rovina, eppure lei l'aveva servita per così tanti anni, e le era anche affezionata...).
Imbattibile nella scherma, impeccabile nei modi...insomma: un soldato perfetto. E già, un soldato, questo era stata finora, un soldato obbediente agli ordini della Regina e di suo padre.
Un soldato perfetto, una vita perfetta, di cui era stata anche soddisfatta. Aveva certamente goduto di privilegi che sarebbero stati negati alle altre donne, aveva evitato sicuramente la schiavitù di un matrimonio di interessi in cui sarebbe stata schiava di un marito che molto probabilmente non avrebbe amato, come era già successo alle sue sorelle.
Aveva avuto tutto: un ruolo di prestigio a corte, l'amicizia incondizionata della sua Regina, la soddisfazione di aver dimostrato in più occasioni di essere un valido combattente, anche più valido di tanti uomini...
e allora? cosa le prendeva ora? cosa era successo di tanto sconvolgente? perchè ora quella vita le stava così stretta?
Il castello di carte aveva cominciato a crollare, carta dopo carta.
Si era invaghita del bel conte svedese, per il quale aveva provato nuove emozioni a cui nessuno l'aveva preparata e di cui non aveva potuto parlare con nessuno, neanche col..suo migliore amico! (tonfo al cuore). Quanto le avrebbe fatto bene poterne parlare con lui, ma come poter ammettere proprio con lui una tale debolezza...
E per quella "debolezza" aveva inscenato la "pagliacciata" (perchè per lei ora era solo questo) del ballo vestita da dama. Ma non era servito a niente, per il conte lei era solo un amico: la corazza di uomo che lei stessa si era costruita in tanti anni, la aveva nascosta anche agli occhi di Fersen, l'unica persona dalla quale avrebbe voluto essere vista come una donna.
Poi il nuovo incarico, per dimostrare  (a chi se non a se stessa?) di poter vivere senza amore, di poter continuare a vivere da "vero uomo" (ma il vero uomo può vivere senza amore?).
Ma sotto la corazza ormai la debolezza del suo cuore di donna aveva preso il sopravvento, malgrado tutti gli sforzi della sua ragione.
Come se non bastasse, in tutta la bufera che l'aveva travolta, il fulmine forse più devastante di tutto il resto era stato scoprire che il suo migliore amico, il suo fratello, confidente, compagno di una vita (nodo in gola) l'amava da sempre e l'aveva sempre vista come una donna.
Gliel'aveva detto chiaramente quella sera, quella maledetta sera...e da allora qualcosa di magico fra loro si era spezzato, perchè lei non poteva (o non voleva?) ricambiare i suoi sentimenti: aveva perso il suo rifugio, il suo punto di riferimento.
Lui le aveva sempre dato fiducia, conforto e sostegno, in ogni momento. Era anche grazie a lui che aveva potuto condurre la vita che aveva condotto finora, che aveva potuto portare a termine le imprese più pericolose, che alla fine erano sempre costate più a lui che a lei, dimostrazione lampante ne era quell'orrenda cicatrice che lo aveva privato dell'uso dell'occhio sinistro e che lui nascondeva sempre sotto un ciuffo dei suoi splendidi capelli corvini (ma che c'entrava ora pensare ai suoi capelli?)
Non ultima preoccupazione quella per la sua Nazione, che si avviava sempre più verso la Rivoluzione. Il suo ceto e la sua posizione sociale le imponevano di schierarsi dalla parte della monarchia, ma era questo ciò che lei voleva? vedeva la miseria nei sudici vicoli di Parigi, bambini litigare e picchiarsi per un tozzo di pane, mentre a Versailles ci si beava ogni giorno con banchetti colmi di prelibatezze, in quantità spropositate ed inutili.
E lei avrebbe dovuto contrastare i tentativi di rivendicare una vita "umana" alla popolazione per proteggere chi non aveva mai dovuto lavorare per guadagnarsi da mangiare?
Non avrebbe mai potuto! Ma da quando elaborava idee così..." sovversive"? Forse da sempre, ma aveva cominciato a dar loro ascolto da quella sera che Andrè (ma perchè spuntava sempre fuori lui?) l'aveva portata con sè ad ascoltare una di quelle riunioni ormai sempre più frequenti a Parigi, riunioni in cui si parlava della reale possibilità di creare uno Stato più giusto e più a misura d'uomo, di ogni uomo...
Per non parlare poi di suo padre, quel padre che per anni l'aveva usata come un soldatino di piombo, che le aveva impedito di vivere come tutte le donne del suo rango, e per questo in parte gli era grata, e che invece ora la voleva improvvisamente donna e per giunta sposata!
No, questo era assolutamente inammissibile!
Dopo tanti sacrifici, tante lotte, soprattutto interiori, adesso finire in sposa ad un nobile che non amava e che l'avrebbe usata solo come fiore all'occhiello da mettere in bella mostra nell'alta società e come bambolina per i suoi giochi privati...NO!
Ma non era neanche questo a turbarla così tanto.
Girodel l'aveva appena baciata, lì nel parco, aveva appena sfiorato le sue labbra e lei si era subito ritratta, correndo via da lui.
Inizialmente si era fatta inebriare dalle sue dolci parole, dalla promessa di una vita finalmente tranquilla, piena d'amore, come una risacca dopo la tempesta, e questa prospettiva l'aveva per un momento quasi ipnotizzata, come un balsamo per le ferite del suo animo, ma poi quel contatto appena accennato con le sue labbra le aveva evocato con l'imprevedibilità di un fulmine a ciel sereno il ricordo dell'unico, vero bacio che avesse ricevuto nella sua vita da un uomo. Anche ora che ci ripensava non poteva evitare di sentire un brivido che le correva giù per la schiena, a dispetto del caldo di quella combattuta notte.
Era questo il reale motivo del suo turbamento: ricordava quel bacio.
Dal giorno in cui Andrè le aveva confessato il suo folle amore, ogni giorno quel ricordo le riaffiorava alla mente, anche nei momenti più inaspettati, e lei orgogliosamente lo ricacciava giù nel pozzo profondo della sua mente. E ogni giorno più prepotentemente il ricordo risaliva su...ogni giorno...fino a diventare...nostalgia. Sì: "nostalgia"! Era questo il termine esatto. Uno scacco matto alla sua fierezza, ma per quanto si sforzasse, non riusciva proprio a cancellare quei momenti dalla sua mente.
"Ma che mi prende?" si chiedeva, e intanto cercava un posto dove aver pace in quella calda ed umida sera.
 
Non voleva rientrare a casa, vedere il volto curioso dei domestici o incontrare lo sguardo interlocutorio di Nanny o tanto meno dover dare spiegazioni del suo comportamento a suo padre.
E soprattutto... non voleva incontrare il suo sguardo..no..non ora!
Le sue labbra, quel calore, quella dolcezza. No, basta! doveva assolutamente ripristinare l'ordine fra i tasselli confusi del mosaico della sua mente.
Una cavalcata, questo ci voleva, il vento fra i capelli a portar via i pensieri e a farla tornare Oscar, perfetto soldato!
 
La pesante porta di legno delle scuderie cigolò sui cardini, lei entrò e repentinamente la chiuse, come a voler chiudere fuori tutti i suoi pensieri.
Ma mentre accostava i battenti, nel ripetersi del cigolio dei cardini, una voce sin troppo familiare alle sue spalle la fece sobbalzare.

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Note:

Questa è la mia prima ff. Spero di non aver fatto troppi errori. XD
Il titolo, come avrete notato, non è farina del mio sacco, ma un riferimento voluto ad una delle più belle canzoni del mio artista preferito, Claudio Baglioni.
Mi sono rifatta al manga originale della Ikeda, in particolare al momento in cui Oscar fugge dal ricevimento dato in suo onore, dopo che Girodel ha tentato di
ammaliarla con le sue dolci parole e col suo bacio.
Così avrei voluto che fossero andate le cose....

Ringrazio mia figlia e le ragazze del gruppo fb che mi hanno incoraggiata a pubblicare, spero di non deludervi!



 

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Capitolo 2
*** Penombra ***


"Oscar, sei tu?"
Si voltò di scatto, come un ladro sorpreso con la refurtiva fra le mani, e lo vide, in fondo alla stalla, in piedi, appena illuminato dalla luce fioca di una lanterna che stava già per esaurirsi.
Andrè era lì da ore, da prima che arrivassero i primi invitati al ricevimento durante il quale la "sua" Oscar avrebbe scelto l'uomo che sarebbe diventato ciò che lui non avrebbe mai potuto essere: suo marito.
Un altro uomo sarebbe stato sempre al suo fianco, avrebbe respirato il suo profumo, avrebbe potuto accarezzarla, baciarla, toccarla....questo pensiero lo rendeva folle. In preda ad un misto di ira e frustrazione, si era rifugiato nelle scuderie, come spesso faceva, per rimanere solo col suo dolore e non vedere...
Se solo fosse stato nobile! almeno avrebbe potuto essere fra i pretendenti quella sera. Invece no, lui era solo un umile soldato, bravo solo a prendere ordini.
Ma la colpa era sua: mai avrebbe dovuto alzare gli occhi per guardarla come ormai da anni faceva. Ed ora stava pagando per la sua colpa e la sua presunzione.
Dopo qualche secondo di difficoltà nel mettere a fuoco con un unico occhio le immagini lontane, soprattutto nella luce fioca della lanterna, l'aveva riconosciuta, bellissima in alta uniforme, splendente per lui, anche se nella penombra, ma evidentemente in fuga da qualcuno..o da qualcosa?
Non avrebbe dovuto essere al ricevimento? e perchè non era vestita da elegante dama quale già una volta (dolorosissima per lui) aveva dimostrato di essere?
Ma non fece in tempo a dar voce alle sue domande.
Appena lei lo vide, non ci fu più spazio nella sua mente per alcun pensiero e, come spinta da un meccanismo arcano ed incontrastabile, si avvicinò a lui con passi veloci, senza dir nulla.
Al diavolo le convenzioni, al diavolo la sua fierezza ed anche il suo orgoglio!
Fece l'unica cosa che avrebbe voluto fare in quel momento: sprofondò il viso nel suo petto, coi pugni chiusi sul torace di lui, quasi come a voler evitare un contatto completo fra i due corpi.
Le lacrime ruppero silenziose gli argini delle palpebre in cui tanto a lungo erano state costrette e inondarono la candida camicia di Andrè, portando con loro tutta l'inquietudine, come un rito catartico.
Andrè restò allibito e pietrificato da quel moto imprevisto ma così spontaneo.
Erano anni che Oscar non cercava rifugio fra le sue braccia, per la verità era successo solo una volta, quando lei aveva 8 anni ed il padre la schiaffeggiò e rimproverò aspramente  sol perchè l'aveva sorpresa con una bambola della sorella fra le mani.
"Non sono cose che si addicano ad un futuro comandante queste!" le aveva urlato. Appena era andato via lei era corsa a piangere fra le braccia del suo amico che aveva guardato tutta la scena in silenzio, sebbene avesse voluto tanto reagire, cosa impossibile, data la sua età ed il suo ceto sociale.
E Andrè in quell'occasione l'aveva consolata, era riuscito a placare le sue lacrime col silenzio e col calore del suo abbraccio. Da quel giorno Oscar non aveva dato più alcun cenno di debolezza, di incertezza, almeno non dinanzi a lui.
Ed ora eccola lì sul suo petto, scossa da lacrime silenziose ( anche in occasioni come questa la sua Oscar non perdeva il suo contegno).
Fu lui a rompere il silenzio "Cos'hai? e' forse accaduto qualcosa al ricevimento?" le chiese quasi in un sussurro.
Quanto avrebbe voluto abbracciarla e stringerla forte a sè, ma riuscì a trattenersi, serrando i pugni, temendo che il suo abbraccio potesse spaventarla ed allontanarla, visto ciò che era successo la sera in cui le aveva gridato tutto il suo amore. Le aveva promesso che non sarebbe mai più accaduto, doveva mantenere quella promessa...ma quanto gli costava ora che il suo profumo era così intenso ed i suoi capelli gli sfioravano il viso!
Lei, senza muoversi, cercando di soffocare il pianto, gli rispose: "Non voglio sposare uno di quegli insulsi e stupidi damerini incipriati! Mio padre non può pretendere anche questo da me!"
Gli fece tanta tenerezza quell'esplosione di ira e sdegno. Si fece coraggio e, accarezzandole con tocco leggero i capelli, le rispose "No, certo che non può. Stai tranquilla, troveremo una soluzione. Ora però calmati, vedrai che tutto si aggiusterà!"
La sua voce era compassata e rassicurante come sempre. Quel "troveremo" usato al plurale riecheggiava nella testa di Oscar: ancora una volta lui si faceva carico di quello che avrebbe dovuto essere solo un suo problema, come sempre l'avrebbe aiutata e protetta, nonostante tutto ciò che era successo fra di loro, nonostante lei lo avesse chiaramente rifiutato.
Era una vita che andava avanti così.
Si sentì improvvisamente rincuorata. Aprì i pugni e posò le mani, ora più rilassate, sul petto di Andrè: poteva sentirne i battiti del cuore. Quelle vibrazioni trasmesse alle sue mani avevano su di lei lo stesso effetto del dondolio materno sul pianto del neonato.
Lui si sentì incoraggiato da ciò e, seppur con titubanza, chiuse le sue braccia intorno a lei, con delicatezza, come se dovesse maneggiare una delicata quanto preziosissima porcellana orientale.
Inaspettatamente lei rispose a quell'abbraccio spostando le mani sulle sue spalle robuste, abbracciandolo a sua volta. Avvertì chiaramente la contrazione dei suoi muscoli dorsali, colti di sorpresa da quel contatto tanto ambito.
In altre circostanze quell'insolita vicinanza al corpo della sua amata avrebbe potuto fargli perdere la ragione, ma non ora, non ora che lei aveva così tanto bisogno di lui, ciononostante non riuscì ad impedirsi di stringerla più forte.
Oscar avvertì un brivido correrle lungo la schiena e le tornò alla mente il ricordo di quel famoso bacio. Come per incanto il suo turbamento era scomparso, si sentiva serena come non mai, anzi, felice. Non avrebbe voluto essere in nessun altro posto al mondo. In quello stesso istante, tutto le fu chiaro: lei amava quell'uomo, il suo amico, suo fratello, il suo...compagno!
Da quando? non sapeva darsi una risposta, ma cosa importava ormai? l'importante era averne preso finalmente coscienza. Che stupida era stata a non capirlo prima!
Rimasero abbracciati in silenzio per lunghi interminabili attimi.
Andrè riprese ad accarezzarle i capelli: com'erano morbidi! ne sentiva il profumo, come quella sera che le aveva rubato un bacio e l'aveva tenuta stretta a sè con la forza.
Ma ora era diverso, ora era stata lei a cercare il suo contatto. " E se...?" un dubbio gli si fece strada nella mente, ma lo scacciò subito, quasi fosse un'eresia. Cosa andava a pensare? Oscar aveva solo bisogno dell'aiuto del suo migliore amico.
Perchè questo era lui per lei. Era sempre stato l'unico confidente che lei avesse mai avuto.
Il padre era sempre troppo preso dalle sue ambizioni, dai suoi sogni di gloria per il tanto desiderato figlio maschio, e non lo ricordava mai, neanche una volta, in veste di padre affettuoso e disponibile al dialogo.
La madre poi era la grande assente nella vita di Oscar. Tutta immersa nel suo ruolo di dama di Versailles, di perfetta moglie che assolve agli obblighi coniugali e che non è capace di contraddire il marito-padrone neanche quando a farne le spese è sua figlia. Troppo lontana dal modo di vivere di Oscar, così diversa dalle sue sorelle.
Andrè era l'unico che non l'aveva mai abbandonata. Lui era sempre al suo fianco, sempre disponibile ad ascoltarla e ad aiutarla, l'unico che l'avesse sempre accettata per quello che era.
Con lui non aveva mai dovuto fingere di essere diversa. Era l'unico che l'avesse capita ed amata, sì, amata con tutta la sua anima.
Ma ora, pensò improvvisamente Oscar, ora che lei aveva capito di amarlo, poteva essere sicura che i sentimenti di Andrè nei suoi confronti non fossero cambiati? Dopotutto lei lo aveva  rifiutato come uomo, erano passati diversi anni e sicuramente le corteggiatici non gli mancavano.
Era giunto il momento di chiarirsi. Doveva chiederglielo, e doveva farlo ora o più tardi avrebbe perso il coraggio.
Si scostò da lui quel tanto che bastava per guardarlo in volto.
Si guardarono...e si persero uno negli occhi dell'altra.
Il tempo si cristallizzò , tutto parve svanire intorno a loro, si sentirono entrambi come sospesi in volo, in uno spazio ed un tempo indefinibili, dove esistevano solo loro due.
Oscar si perse negli occhi di lui, e lì trovo la risposta alla sua domanda, senza doverla formulare verbalmente. Nei suoi occhi lesse tanta tenerezza, ammirazione, rispetto, devozione...e tanto, tanto amore..e poi...desiderio, proprio come quella sera. Ma non ne rimase turbata e continuò a fissarlo.
Lui naufragò nel mare azzurro degli occhi di lei, quegli occhi che per lui non avevano mai avuto segreti, in cui lui leggeva come in un libro aperto e che ora gli parlavano d'amore, non si sbagliava, ne era esterefatto ma sicuro.
Lo leggeva nei suoi occhi ma lo sentiva anche nel calore di quelle mani che non avevano interrotto neanche per un attimo il contatto col suo corpo, come a volersi assicurare che nessuno avrebbe potuto portarglielo via.
Si guardarono a lungo, mentre la fiamma della lanterna ormai esausta si spegneva.
Non parlavano, non ce n'era bisogno, i loro occhi si stavano dicendo tutto ciò che c'era da dirsi.
Le loro labbra erano invece occupate ad avvicinarsi sempre di più, lentamente ed inesorabilmente, quasi attratte da una forza magnetica incontrastabile, finchè non si fusero in un  bacio.
Un lungo, dolcissimo, appassionato bacio, tanto atteso, tanto sospirato da entrambi e perciò ancora più gustoso.
Quel bacio sugellò la promessa che gli occhi si erano fatti ed il buio divenne il loro testimone di nozze.
Testimone di un'unione che non era solo l'unione di due corpi, ma soprattuttto la fusione di due anime che per troppo tempo si erano rincorse e cercate, pur essendo state sempre vicine ed inseparabili, come la luce e l'ombra.
 
 
FINE

 
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Finisce così la mia prima, breve ff. 
Ringrazio tutti coloro che l'hanno letta e che vorranno recensirla.
 

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