American Ulysses

di meiousetsuna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The sky was green wine (Telemachus) ***
Capitolo 2: *** Brown Eyes (Nestor) ***
Capitolo 3: *** If the blue sky is a fantasy (Proteus) ***
Capitolo 4: *** Orange Crush (Calypso) ***
Capitolo 5: *** Dark-fired leaves (The Lotus Eaters) ***
Capitolo 6: *** The House of Black and White (Hades) ***
Capitolo 7: *** Red Wind (Aeolus) ***
Capitolo 8: *** Bloody Mary (The Lestrygonians) ***
Capitolo 9: *** The colors of my mind (Scylla and Charybdis) ***
Capitolo 10: *** Somewhere, over the rainbow (The Wandering Rocks) ***
Capitolo 11: *** Where corals lie (The Sirens) ***
Capitolo 12: *** How green was my valley (The Cyclops) ***
Capitolo 13: *** Gray, gray, my life is gray (Nausicaa) ***
Capitolo 14: *** White Light (Oxen of the Sun) ***
Capitolo 15: *** Purple Rain (Circe) ***
Capitolo 16: *** No colors anymore /I want them to turn black (Eumaeus) ***
Capitolo 17: *** And I'll see your true colors, shining through (Ithaca) ***
Capitolo 18: *** Dark Stars are the hottest (Penelope) ***



Capitolo 1
*** The sky was green wine (Telemachus) ***


Documento senza titolo

Note: in fondo al capitolo; sono estremamente importanti e solo per il cap.1 molto lunghe
Personaggi principali in ordine di apparizione: Stefan, Damon, Katherine + un po' tutti
Genere: Drammatico, Storico
Avvertimenti: AR, OOC giustificato, What if?, Lime, Tematiche delicate, Tutti Umani
Rating: Arancione
Capitoli:18
Ambientazione: Atlanta, 16 Giugno 1904

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American Ulysses,  capitolo 1
The sky was green wine (Telemachus)

Ore 8:00 - 9:00

Il terrazzo – se così si poteva definire quel timido accenno di costruzione dall'aria poco stabile che si affacciava su una delle zone più degradate della fiera città di Atlanta – non era mai stato teatro di una rappresentazione così formale e importante come quella mattina.
Il giovane dall'aspetto accattivante e il sorriso falsamente gioviale degli ubriachi si stava sporgendo pericolosamente, mentre con la mano sinistra reggeva malamente un bicchiere di birra, già vuotato e riempito varie volte dall'alba, e con la destra sollevata con l'indice e il medio congiunti e le altre dita ripiegate, impartiva la sua benedizione all'ignara folla sottostante.
Ego te absolvo...”
Malachai avrebbe portato avanti quella farsa, tanto per provocare la reazione del padrone di casa, ma la necessità di reprimere un leggero conato di vomito lo portò a preferire di smettere di parlare, prendere delle buone boccate di ossigeno, e attendere che un caffè forte gli sistemasse lo stomaco in subbuglio.
Questo avrebbe suggerito la conclusione che Stefan, il suo anfitrione, fosse profondamente cattolico (e santo, e apostolico?) come tutta la numerosa comunità di italiani che avevano popolato la città dopo la fine della Guerra Civile; a Malachai ricordavano un branco di ratti.
Silenziosi, invadenti – anzi, infestanti  – con una incomprensibile forma di intelligenza molto simile ad un sesto senso, e scuri. E sporchi.
Ma finché fosse stato un ospite tollerato nella torretta, residuato bellico delle fortificazioni che avrebbero dovuto proteggere la zona nord di Atlanta dall’assalto del generale Sherman, non avrebbe dato voce a quel pensiero.
Con 'tollerato' intendeva di entrare e uscire a suo piacere, estendere l'invito ai suoi compari, avere il letto migliore e mangiare e bere a cura del suo caro, ateo amico Stefan: gratis et amore Dei.
A volte era così soddisfatto del suo stesso senso dell'umorismo da trasmetterlo a chi gli stava vicino, come accadeva in quel momento col suo compagno di studi, Lorenzo.
Si erano conosciuti nella facoltà di Medicina della Georgia State University e avevano subito legato: l'inglese altezzoso, ma dalle dubbie origini e lo yankee calati a pasteggiare del cadavere di un fiore del Sud, appropriandosi del suo fasto, della sua civiltà così radicati da essere stata la città maggiormente ricostruita già alla fine del diciannovesimo secolo.
Aveva un bel dire, Lorenzo, della sua nobile terra. Stefan era certo che fosse poco più di un malfattore da strada, certo non un rampollo di buona famiglia che prendeva il tè delle cinque.
Non che lo disdegnasse; quello, la birra e il whiskey, purché non offerti da lui.
Stefan raggiunse Kai sul terrazzo, abbracciando con lo sguardo il panorama sotto di loro.
Le strade, avvolte dalla luce opaca e infida delle prime ore del mattino, apparivano illuminate da un alone pesante e sgradevole, come se nella notte la marea di un oceano immaginario le avesse sommerse, lasciando, nel ritirarsi, uno strato di alghe morte.
Stefan odiava il verde salmastro, che fosse la tinta sbiadita dei caseggiati popolari, il colore delle erbacce secche che invadevano le aree meno curate, fino alla sfumatura dei suoi occhi da quando non era più bambino.
Più di ogni cosa, però, quello che il disgustoso colore gli ricordava era il catarro che sua madre, sul letto di morte, espelleva tossendo con difficoltà sempre maggiore.
Il rantolo dei bronchi infetti era simile a carta vetrata strofinata, e il ritmico abbassarsi e sollevarsi della coperta all’altezza del petto mostrava lo sforzo della donna per respirare a sufficienza.
Non aveva voluto farlo, quel sacrificio che lei gli aveva chiesto fino all’ultimo, insistendo che non fosse per se stessa, ma per la sua anima. “Ti supplico Stefan, inginocchiati per pregare”.
La coscienza intellettuale del ragazzo era più forte di quella emotiva, così sua madre spirò senza avere avuto questo conforto, seppur falso e ipocrita.
‘Non ne sono pentito’, si ripeteva molte volte. Più volte al giorno a essere sinceri.
Forse per quello la vecchia e malata Atlanta, pervasa da volti estranei e corrotta, eppure di una bellezza drammatica e intensa, era la sua madre patria, per lui. Non l’avrebbe lasciata, anche se i suoi sogni miravano in alto: scrivere un libro che venisse pubblicato, questo era tutto ciò che gli interessava davvero.
Non poteva sperare di ricevere una particolare comprensione da Kai. Era uno scienziato, un materialista, avrebbe liquidato tutto con l’invito a buttare giù qualcosa che il pubblico grossolano potesse comprendere, per piazzarlo facilmente.
Il mondo di Stefan appariva all’amico qualcosa di contorto e ripiegato su se stesso, mentre il suo si estendeva davanti ai suoi occhi, fin dove lo sguardo poteva posarsi.
“Per fortuna sta arrivando! Non si usa mangiare in questa catapecchia?”
Lorenzo si era sporto con un sogghigno antipatico, avendo avvistato l’anziana donna che portava quotidianamente un bidone di latte appena munto, per venderlo lungo il suo abituale percorso.
“Come si chiama quella megera?”
Signora Sheila”.
“Certo, certo, non sono un maleducato, cosa credi! In Inghilterra abbiamo un sacro rispetto delle vedove e degli anziani in generale”.
Malachai non riuscì a reprimere uno sguardo sardonico, prevenendo la risposta del padrone di casa.
“Stefan ti supera, lo sai: tranne per la leggerezza con la quale ha lasciato spirare la cara mamma senza accontentarla; la polmonite è brutta, d’altronde, io sarei stato alla larga… ma chi porta un nome greco così importante è il fantasma di una cultura non più viva”.
In quei momenti il giovane lo odiava, davvero. Quel nordista era lì, ad usurpare il suo diritto di esistere in pace, gestire il tempo e i momenti di riflessione come credeva, invece di farlo quasi sentire indesiderato nella sua dimora.
Se almeno avesse potuto opporsi con vigore a quelle accuse si sarebbe sentito più dignitoso, ma per quanto cercasse di motivarsi, la descrizione era così calzante da lasciarlo spiazzato.
La torretta all’improvviso divenne una moderna Elsinore, dove lo spettro del padre di Amleto si aggirava inquieto e infelice. O il principe, nella sua follia, credeva di averlo visto e udito. Non c’erano prove dell’esistenza di ombre ultraterrene — riconobbe Stefan — se non nella mente di chi parla con loro.
‘Lo spettro che ho veduto, / potrebbe essere un demonio’
Sarebbe impazzito anche lui inseguendo una pallida proiezione dei suoi pensieri feriti? Avrebbe perso il suo regno e con quello il senso della vita?
In fondo era lì, servo degli yankees, ricchi e conquistatori, e dei non meno imperialisti britannici, tronfi di avere imposto la loro lingua e la loro cultura in quella che non era mai stata una vera colonia, ma una nazione con una sua personalità definita.
Un timido bussare interruppe le sue fantasticherie.
“È permesso, vero?” La donna di colore, in affanno dopo aver salito le tre rampe di gradini così consumati da essere pericolosi, si portò una mano sul cuore, mostrando un viso affaticato ma sereno.
Stefan spostò prontamente una sedia, porgendole un bicchiere d’acqua. “Si accomodi un momento”.
“Com’è gentile, non voglio dare fastidio”.
Lorenzo si avvicinò porgendo una brocca, per poi travasare parte del suo candido contenuto nella sua tazza preferita.
Dopo aver bevuto con soddisfazione, si soffermò a osservare bene i lineamenti della donna; erano decisamente affilati, con begli zigomi pronunciati.
“Siete in parte indiana, vero signora Sheila? Sbaglio di rado”.
“Davvero, siete bravissimo! Sì, mio nonno era un Cherokee, credevo che non si capisse”.
“Sapreste dirmi qualcosa nella vostra lingua? Sono un appassionato della materia, magari una canzone?”
Lei lo guardò con un sorriso buono. “Mio Dio, no, parlo solo inglese, anche se non ho studiato”.
Il suo interlocutore lanciò un’occhiata di scherno a Stefan.
“Certo è ovvio. È questo che ci rende così uniti, la lingua madre”.
“Ha ragione, lei è una persona intelligente, si capisce. Scusatemi… ci sarebbe il conto degli ultimi dieci giorni, se non vi dispiace. Sono ottanta centesimi, per favore”.
Un attimo di silenzio scese nella cucina, interrotto dal rumore di spiccioli nelle tasche di Stefan, che cercava, con imbarazzo, di sembrare spontaneo nella volontà di pagare per tutti e tre.
Quando la vedova Bennett si congedò, Malachai decise che era ora che uscissero anche loro: indossò una giacca leggera, controllandosi nello specchietto da barba che aveva appoggiato su una voluminosa pila di libri.
“Non ti guardi mai, hai paura di farti rabbia da solo? Piuttosto, lasciami le chiavi, per oggi”.
La frase nel suo complesso non era certo la peggiore che avesse detto, anche nella sola mattinata, ma qualcosa scattò nella testa di Stefan.
Cedette senza battere ciglio, anche se questo significava prendere una decisione forte. Non sarebbe rientrato a vivere con quei profittatori. Si tenessero pure l’abitazione con un mese di pigione pagata, gli bastava essere libero.
Si avviò senza parlare verso la passeggiata sulle sponde naturali del Chattahoochee, * che in primavera appariva di un verde spento, ma caldo. L’unico verde che continuasse a piacergli, pensò il ragazzo, mentre tolte le scarpe si godeva la sensazione del ruvido greto sotto i piedi. Desiderò che le sue acque lo abbracciassero, come un lenzuolo pulito.
Per un attimo gli parve di sentire una voce che lo richiamasse, da distanze infinite.


Note: Vera trama dell’ “Ulysses” e adattamento dei tre personaggi principali


Si narra una giornata di alcuni Dublinesi, e l’intrecciarsi delle loro vite.
Bloom, ebreo irlandese, è un borghese, che tradisce la moglie Molly da cui è tradito, accettandolo. È limitato, ha slanci lirici di breve respiro, accetta compromessi. All'opposto c'è Stephen, colto, estetizzante, problematico. Si troveranno in un bordello e - dopo un parossismo allucinatorio - la storia si conclude col monologo interiore che sintetizza i pensieri di Molly, un flusso di coscienza femminile, che  ridimensiona e radica le deviazioni sensuali di Bloom e l'ossessione intellettuale di Stephen.
È possibile identificare le corrispondenze tra i personaggi dell’Odissea e quelli dell’Ulisse:
Ulisse è Leopold Bloom; (Damon Bloom, 37 anni)
Penelope è la sua sposa, Molly Bloom; (Katherine Bloom, 32 anni)
Telemaco è Stephen Dedalus; (Stefan Salvatore, 21 anni)
Gli adattamenti più profondi consisteranno nel trasportare le problematiche dell’ebreo Bloom in quelle di un sudista nel degrado seguente la guerra civile persa, mentre Stefan sarà incompreso quale italiano decadente e retorico. Naturalmente gli adattamenti saranno enormi, non li potrei citare uno per uno, essendo una versione  estremamente modificata.
Ogni capitolo (del romanzo!) è legato ad un colore, scienza, ora del giorno e altri dettagli che specificherò se saranno utilizzati in modo significativo.

Note cap.1
Arte o scienza: teologia
Colore: Verde salmastro (snotgreen)
Tecnica: Narrativa
Titolo capitolo: “Green” - D. H. Lawrence
* Vero fiume di Atlanta

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Capitolo 2
*** Brown Eyes (Nestor) ***


Documento senza titolo Grazie di cuore a charlie997, Iansom, beagle26: non mi fate sentire una nave che cola a picco! E grazie EchelonDeathbat e alle 86 lettrici anonime... resistete, d'accordo? Siete importanti

American Ulysses,  capitolo 2
Brown Eyes(Nestor)

Ore 9:00-10:00

La luce brillante del mattino entrava sfacciata dalla finestra chiusa dell’austera aula nella quale — con impegno, ma non con dedizione — Stefan stava tenendo lezione di storia ai bambini del quinto anno.
Il Sole avrebbe dovuto dare un tocco di allegria, ma poco poteva di fronte alla noia e la tensione con la quale gli alunni cercavano di comprendere e memorizzare le campagne cartaginesi, in particolare la vittoria di Pirro.
A Stefan dava una particolare amarezza quel giorno trattare quell’argomento, ma non avrebbe tradito una virgola della sua materia preferita.
Improvvisamente uno scampanellio deciso decretò la fine di quel supplizio reciproco, vedendo tutti gli scolari correre felici verso il cortile, per passare alla loro disciplina favorita, ginnastica.
Il signor Tanner quell’anno si era messo in mente di tentare qualcosa di moderno; football, il gioco dei giovani americani.
Stefan avrebbe volentieri fornito un’ampia spiegazione sull’indubbia origine italiana di quello sport, che si giocava già a Firenze con una palla di stracci nel Rinascimento, ma optò per tacere; che bene gliene sarebbe venuto?
‘Lo scopo del lavoro è quello di guadagnarsi il tempo libero’.* Bastava così.
“Signore? Signor Salvatore?”
Davanti al professore c’era uno dei bambini più piccoli della classe, Aaron Whitemore. Non era stato particolarmente baciato dalla fortuna, né per il suo aspetto gracile e sgradevole, malaticcio, né per l’intelligenza poco viva; soprattutto era già orfano da tre anni.
Fissava su di lui quegli acquosi occhioni castano chiarissimo, che sembravano sempre colmi di timore e lacrime.
“Io… non riesco a svolgere i compiti di aritmetica da portare domani, sono bloccato qui…”
“Fammi vedere”. Le operazioni con i numeri naturali non erano semplici, ma neppure fuori dalla portata di un bambino mediamente capace, pensò Stefan completando un paio di esercizi per esteso per dare un esempio da seguire.
Chissà cosa pensava la sua povera madre, quando lo guardava; probabilmente lo vedeva bello, perché lo amava; quello era un grande mistero e insieme la base che formava il fondamento di ogni relazione, o unione di una famiglia, e poi di un popolo.
Le voci dall'esterno si spensero pian piano, finché Stefan fu riportato alla realtà dal tono altisonante del preside che stava vagando nei corridoi proprio in cerca di lui.
“Salvatore eccola, pensavo fosse in biblioteca, come al solito! Cosa fa?”
“Buongiorno signor Gilbert. Aiuto Whitemore con la matematica, ma abbiamo finito. É chiaro adesso, Aaron?”
“Grazie, sì!” Il piccolo Aaron corse via dopo aver rivolto un mezzo inchino con la testa verso l'uomo di mezza età, dai capelli castano scuro ancora folti e gli occhi marroni che fissavano tutti con finta bonomia.
“Sono qui per darle la paga, Stefan. Spero che non sia uno di quegli sconsiderati che corrono a spendere tutto in un pub, o peggio con le donne”.
Cosa preferisse fare col denaro guadagnato erano affari suoi, pensò il ragazzo: ma era difficile non dare ragione a Johnathan Gilbert, una persona convinta della saggezza dei suoi ragionamenti, la creatività dei suoi metodi e perfino della genialità di certe sue invenzioni che presentava frequentemente nelle serate mondane, se prevedevano una raccolta fondi per finanziare un'opera pubblica.
Una volta si era intestardito nel cercare un industriale per produrre un orologio che avrebbe rilevato anomalie nel tempo o una follia del genere...
Quello che era davvero umiliante era come la mano di Stefan fosse già tesa verso quella del preside, che faticava ad aprire la sua.
Finalmente si decise, contando con precisione da avaro ogni banconota, e perfino l'ultima moneta da mezzo dollaro scivolò con fatica dalle sue dita rapaci.
Il volto di George Washington sorrideva enigmatico su ognuno dei foglietti verde penicillina, e la scritta 'In God we trust' pareva schernirlo anche lei, come se non bastasse l'espressione di pietosa comprensione che Gilbert mostrava, pensando che un italiano, a comando, fosse commosso dai riferimenti al Dio della Bibbia.
L'attenzione di entrambi converse sulla piramide massone sul retro; ecco, anche quello. Evidentemente le due cose andavano a braccetto, nella mente del più anziano. Stefan doveva essere per lui l'emblema vivente di un popolo decadente, superstizioso, al meglio animato dal soffio di glorie antiche e ormai trascorse.
La stessa storia valeva per la sua vita come per il suo Paese, pensò questi.
Gilbert non osava dire nulla, perché nella sua natura sospettosa e gretta, credeva di essere disprezzato come protestante e non avrebbe guadagnato nulla nel farsi un nemico per la regione meno interessante, cioè un dibattito su argomenti astratti.
“Eh, voi siete una contraddizione in termini, sa? — l'uomo si gonfiò come un grosso rospo bruno, di quelli che gracidano forte e a sproposito, cambiando argomento — Così moralisti e poi cedevoli con le donne. Sono loro la rovina del mondo, credetemi! É proprio nelle scritture che ci viene spiegato come Eva sia stata la causa della caduta dell'uomo, per non parlare di Elena di Troia. La vostra natura romantica è un grande vizio...”
Stefan cercò di ricordare se il preside e Lorenzo si conoscessero; poche volte aveva sentito tanto disprezzo per il sesso femminile nell'arco di un paio d'ore.
“Se non le spiace, avrei un favore da chiederle, visto che lei, caro Stefan, è amico di tutti i direttori di giornali qui, sempre indaffarato a scrivere com'è! Venga con me, ho preparato un importantissimo articolo sulle malattie degli animali da fattoria tipiche della Georgia, è di interesse generale!”
Senza attendere risposta, per fortuna, Johnathan lo trascinò nel suo studio, dove srotolò una lunga striscia di carta che doveva aver riciclato da altri documenti, per prepararsi a leggere e spiegare il suddetto testo.
“L'afta epizootica nel bestiame domestico”.**
Stefan sarebbe fuggito, ma non poté esimersi dall'ascoltare un interminabile sproloquio sulle malattie della bocca dei bovini, che certamente avrebbero portato epidemie batteriologiche nei fruitori delle carni o del latte.
'Non avrebbe scelto un'altra parte del corpo, uno come lui che vuole divorare tutto'.
Era la bocca di Gilbert che si muoveva animata dall'enfasi del discorso a risultare disgustosa per Stefan; nella sua mente si affastellavano i ricordi del primo mattino, il desiderio che quel prodotto infetto l'avessero bevuto Malachai ed Enzo, la lattaia anziana ma ancora piena di una passiva combattività. Come la sua terra.
Mentre la lista di consigli e soluzioni per evitare il temuto contagio andavano avanti, Stefan gettò lo sguardo in strada, cercando di non farsi notare troppo. La finestra era socchiusa, e le grida dei passanti che si accalcavano intorno al corpo inerme di una donna abbigliata in modo inequivocabilmente volgare giungevano abbastanza chiaramente.
“La nostra vecchia America non deve morire, ci salveranno l'amore per il lavoro...”
“Guardate, è morta! Questa bagascia è morta sul marciapiede!”
“... per le tradizioni sane dei nostri padri...”
“Qualcuno chiami la polizia, bisogna portarla via, chissà che malattie brutte aveva!”
“... e la battaglia per i nostri diritti”.
“Non dovrebbero permettere a questa feccia di infestare le strade”.
Stefan richiuse di colpo l'imposta, facendo sobbalzare l'altro.
“Tutto bene? Non voglio rubarvi altro tempo, certamente prima di uscire volevate preparare la prossima lezione. Non dilungatevi con piramidi e regni medioevali, è la nostra storia che conta. Sapete perché ci siamo ripresi così bene, rispetto al resto del Sud? Perché non ci siamo nutriti di fantasticherie e rimpianti, abbiamo invitato gli yankees a portare qui il loro denaro e siamo rifioriti. Datemi retta, i nostri peggiori nemici siamo noi stessi; io caccerei via tutti quei redneck”***
'Questo è un incubo e vorrei svegliarmi'. Stefan si avvide del ritratto incorniciato del presidente Lincoln che troneggiava nell'ufficio del preside, a conferma delle sue tesi.
Avrebbe gridato, fino a far giungere quel suono fino al cielo, se non fosse che nessuno l'avrebbe ascoltato.
I polmoni avrebbero fatto male — come a sua madre — come se fosse annegato.
Una collezione di alcune bellissime conchiglie spiraliformi era esposta su uno scaffale; dovevano aver avuto dei colori delicati e vari, quando erano vive, con riflessi dell'azzurro delle onde.
Ma adesso che giacevano lì, un'indistinta velatura marroncina le tradiva per i gusci vuoti che erano.

Note cap. 2:
Scienza o arte: Storia
Colore: Marrone
Titolo capitolo: Fleetwood Mac  —  “Brown Eyes”
*Aristotele, massime
** Id.
*** Redneck è un dispregiativo per un bianco degli stati meridionali appartenente alla fascia medio-bassa della società. Lo stereotipo vuole che sia conservatore, repubblicano, razzista, alcolizzato e talvolta incestuoso.

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Capitolo 3
*** If the blue sky is a fantasy (Proteus) ***


Documento senza titolo

Il mio grazie più grande a charlie997, Iansom, beagle26, EchelonDeathbat: non ho parole, so che è qualcosa di più gravoso della media delle storie del fandom, e state portando il peso con me... e grazie alle 42 lettrici anonime sopravvissute; poche ma buonissime!

American Ulysses, capitolo 3
If the blue sky is a fantasy(Proteus)

Ore 11:00 - 12:00

La sottile striscia di sabbia, che si allargava come la manica di un abito antico, sarebbe stata difficile da definire ‘bagnasciuga’.
Eppure lo era per tantissime persone; i bambini che l’avevano eletta come parco giochi nei mesi di sospensione delle lezioni scolastiche, gli anziani che si godevano il Sole in quel periodo dell’anno, col gusto delle cose semplici di chi ha vissuto sempre una vita senza pretese.
Anche Stefan era tornato a passeggiare sull’argine, dopo l’unica ora di lezione, contento — per la verità — di non incontrare quelle persone; un vento fresco, piuttosto fuori stagione, aveva limitato l’affollamento di quel tratto del Chattahoochee che scorre nella zona sud della città, il più trascurato, dal quale importanti uffici ed eleganti negozi si tenevano alla larga.
Perdeva tempo, o il tempo è perso per sua natura?
Il ragazzo non stava seguendo un vero ragionamento, ma lasciando fluire i pensieri, che l’avrebbero guidato meglio di quanto lui avrebbe potuto imbrigliarli; chiuse gli occhi, sperando di sognare.
Sarebbe stato pericoloso riaprirli? Quale sarebbe stata la realtà?
Questo rimuginare fu interrotto dalla presenza di due donne che camminavano svelte malgrado la sabbia bagnata fosse di intralcio alle loro vesti lunghe, quelle tradizionali delle popolane.
Una di loro era nota a Stefan, anzi a tutti coloro che abitavano nel quartiere; si trattava di Greta Martin, la levatrice più popolare e chiacchierata di zona: con lei c’era una giovane aiutante col viso reso bluastro dal panico, che portava un fagottino. Un aborto, di certo.
Il letto del fiume, il letto madre, il cordone ombelicale girato intorno al collo del feto lo collegherà ad uno speciale paradiso degli innocenti?
‘Penso di no’, rifletté Stefan, dopo il discorso col preside Gilbert.
Se Eva prima della caduta non aveva l’ombelico perché era nata da una costola, da un atto completamente puro, questo doveva essere una cosa peccaminosa.
In the good old summer time, With your baby mine; You hold her hand and she holds yours…*
I figli di Adam Qadmon** e di Eva, erano immacolati, e così il figlio di Maria, e quindi anche lui stesso?
In fondo, era figlio di Giuseppe
concepito, non creato/ della stessa sostanza del Padre
Eppure Stefan avrebbe trovato più veritiera la spiegazione che lui era fatto, non generato.
Giuseppe era stato cattivo con la sua sposa dai polmoni pieni di cenere e morte. Sembra che i padri amino i figli lo stesso, a prescindere da quanto cupa sia la vita in famiglia; allora, se è stato vero una volta, i figli sono davvero parte dell’anima del loro creatore?
Le scuole di pensiero religioso avevano dibattuto sull’argomento per secoli, eppure erano solo parole e potevano cambiare forma e significato.
Preso un bastoncino, il giovane tracciò senza riflettere le lettere greche del suo nome a terra: Στεφανος, ma la materia scelta non era fatta per durare, niente lex aeterna, una piccola ondata verdeazzurra che segnava il tentativo del fiume di affacciarsi fuori dall’argine ed ecco che era sparita.
O aveva cambiato forma, per non essere catturata?
La cosa migliore che poteva fare, in quel giorno in cui sentiva di aver perso casa, denaro e desiderio di continuare a insegnare in quella scuola, era andare a trovare sua zia Honoria, la sorella odiata da Giuseppe.
Egli sarebbe stato scontentissimo, il che aggiungeva un gusto innegabile alla questione; più che altro detestava il cognato, Thomas Fell, che giaceva da tempo a letto, secondo lui senza essere davvero così malato.
Suo nipote l'avrebbe annunciato come “zio Stefan” e l'avrebbero fatto accomodare con sincera cordialità. Erano le persone migliori della famiglia, della quale da bambino si vergognava moltissimo.
Gli italiani erano considerati di basso rango, ignoranti a prescindere, mangiaspaghetti, e fanatici cattolici, tanto da far presagire per lui un possibile futuro da sacerdote.
Era stato un brutto colpo per i suoi genitori capire che quel sogno era impossibile, a loro avrebbe fatto piacere.
Da ragazzino infatti aveva lasciato intendere che ci fosse qualche speranza, quando aveva dato dei risultati così buoni in collegio, e la sua presunzione intellettuale era ancora unità alla commiserazione per chi era meno capace, non al disprezzo.
Però il progetto di un buon caffè coi dolcetti, preparato con la caffettiera napoletana, grazie alla forza di gravità che fa passare l'acqua attraverso il serbatoio del macinato e il filtro, si perse nel nulla.
Di ogni cosa, doveva studiare causa ed effetto, per questo i dogmi gli risultavano estranei e per questo si era distratto a inseguire i prodotti della sua stessa mente, tanto da aver sorpassato di parecchio la via della casa degli zii.
Pazienza, avrebbe cambiato idea, almeno non si sarebbe fatto catturare per troppo tempo.
Ora, anzi, il pensiero di quella casetta dipinta di azzurro gli sembrava gà l'ombra della realtà che esisteva pochi minuti prima. Se le cose non le vediamo, le sentiamo, sono vere?
O sono come fantasmi? Quel corpo astrale tanto decantato dalle medium così in voga in quel periodo, erano i diaphane del suo adorato Aristotele? Corpi luminosi, di una trasparenza azzurrina, senza spessore, eterei?
Stefan sorpassò la torre della centrale elettrica —  un altro tipo di luce — che prima era stato una colombaia.
Il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo***
Davvero Maria aveva risposto a Giuseppe che quel bambino che aspettava era stato portato da una colomba?
Allora, molto alla lontana, anche lui divideva una minuscola scintilla di quel miracolo, visto che Giuseppe Salvatore non era certo stato tanto partecipe.
Stefan l'Eroe, dal destino diverso da quello comune.
Al momento l'eccezione maggiore dalla normalità non era suo favore; in effetti si riteneva piuttosto sfortunato.
Il breve periodo di studio che aveva condotto a Parigi, restava il più bello dei suoi ricordi, ma con ciò il più rovinato, visto come tutto era finito.
Un giorno era andato all'ufficio postale per ritirare un vaglia col denaro che gli inviavano ogni mese — il minimo indispensabile — e al suo posto aveva trovato un telegramma, su carta azzurro pallido come usavano in Francia, di Giuseppe: “Tua madre sta morendo, torna a casa”.
Da quel momento era stato il caos, culminato con le cattive parole della signora Parker che aveva proclamato più volte che era stato lui, col rifiuto di pregare a determinare la dipartita della donna, dando modo al suo prepotente figliolo Malachai di assumere un'aria di superiorità verso di lui che non si era più ridimensionata.
Forse lo meritava, anche se per altri motivi. Mentre tutti elogiavano le sue doti spirituali, non riusciva a pensare che alle donne che aveva incontrate quel giorno, nude. Parecchio del tempo che avrebbe dovuto occupare sui testi per gli esami, era dedicato a scrivere novelle che cercava di farsi pubblicare, vagando da un editore ad un'altro, per non dire che si spacciava per l'erede di una buona famiglia.
Aveva anche stretto amicizia, una cosa rara, con un irlandese, Galen Vaughn, che lo divertiva e intrigava con le osservazioni sui curiosi costumi dei francesi. Era fierissimo della sua nazionalità, e deciso ad affermarlo in quel suolo straniero.
Ricordava la sua disinvoltura, mentre si accendeva una sigaretta sottile aromatizzata alla vaniglia con lo zolfanello blu; forse era omosessuale, perciò cercava sempre la sua compagnia, ma quello non era certo un problema.
Lui, invece, si era perfino fatto cacciare di casa, ricordò Stefan, cogliendo da lontano la sagoma delle mura di cinta, eppure non era pentito; la prospettiva di  dividere la cena con Kai e Lorenzo era davvero troppo.
Improvvisamente qualcosa di gravoso e ingombrante fece sentire il suo peso nella tasca sinistra di Stefan, ricucita alla bell'e meglio più volte, anche con del filo blu, malgrado tutti i suoi pochissimi abiti fossero rigorosamente neri, cosa che lo stava infastidendo sotto il Sole giallo come un limone.
La lettera del preside Gilbert, che aveva sconsideratamente accettato di recapitare a mano quando più tardi fosse passato al giornale, prima di pranzare con Kai. A qualcosa sarebbe servito, visto che sentiva l’ispirazione. Una parte del noioso testo fu strappato via, per usare il retro del foglio per prendere appunti per una poesia.
Vieni, pallido vampiro, con la tempesta negli occhi, la bocca sul bacio della mia****
Sull’argine, c’era il corpo di un cane affogato, livido come l’uomo che aveva visto ripescare da bambino: era un pallore strano, con ombre blu spento: anche sua madre era come annegata, in fondo; mentre Malachai una volta aveva salvato un bagnante in pericolo. Era sempre vincitore.
Un altro cane, ignaro della triste scena poco distante, correva felice, ma era questo a incutere timore a Stefan, la sua vitalità rumorosa e disordinata in mezzo a quella notte scura che era la sua anima, sfumata di indaco come un tramonto definitivo.
In lontananza si distinguevano tre piccole imbarcazioni mercantili, le vele appese come crocifisse all’albero, quella centrale più in alto delle altre.
Anche Stefan sarebbe stato sommerso dalla vita reale, lungo la sua personale via di dolore, se non avesse ritrovato la sicurezza della sua infanzia, o la spontaneità che si accompagna alla possibilità di creare qualcosa, invece di meditare sempre su cose terribili.
Il ragazzo sentì un po’ di fastidio ai denti, che doveva far curare. Come le conchiglie di Gilbert erano gusci, ma vivi, come nel blu del mare, conchiglie umane, quasi. Fragili di fronte alla marea.
Stefan si allontanò senza produrre alcun rumore.

Note cap. 3:
Tecnica: monologo interiore
Colore: azzurro
Titolo capitolo: Canzone d'autunno, G. Lorca
*1902, George Evans
** L’Adamo delle bibbia ebraica, dall’egizio Qad-Amon (uomo del principio)
***In inglese, lo Spirito Santo è “Holy Dove”
**** Letterale nel testo
Si evidenzia come i personaggi più positivi siano vestiti di nero, e la negatività sia abbinata alla chiarezza


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Capitolo 4
*** Orange Crush (Calypso) ***


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Sempre grazie infinite a charlie997, Iansom, beagle26, EchelonDeathbat, Fernweh: è più di quanto mi aspttassi, davvero! e... incredibile! ci siete ancora tutte,42 lettrici anonime! Spero di continuare ad avervi fino alla fine *-*

American Ulysses, capitolo 4
Orange Crush (Calypso)

Ore 8:00 – 9:00

Damon Bloom non avrebbe potuto far mistero di certi suoi gusti peculiari: gli piacevano le interiora. Fegato, cuore, animelle. Anche i reni, pur se questi non assurgevano al ruolo di detentori di significato simbolico.
Quel mattino aveva proprio deciso di offrirsi una buona colazione, ovviamente dopo aver preparato quella da servire a sua moglie.
Preso un ricciolo dal panetto di burro, cominciò a spalmarlo su un solo lato del pane abbrustolito, con gesti quasi sensuali; non troppo, come piaceva a lei, senza arrivare al bordo facendole sporcare le dita.
Per la propria bocca secca invece — priva di baci bagnati e salati — una tazza di tè nero sarebbe servita egregiamente.
“Mrrr-aormcr?”
“Eccoti, gattina!” Una bellissima miniatura di pantera nera aveva fatto il suo ingresso silenzioso nella cucina appena rischiarata dal mattino che si infiltrava prepotente tra le persiane, strofinandosi con fare svenevole alle gambe del suo padrone.
‘Chissà se a Emily sembro altissimo, come la torre di un fortino’, pensò Damon; ma lei pareva tutt’altro che intimorita dalla sua grandezza.
Mrcrm?*
“Sei impaziente… ecco”. L’uomo aprì rapidamente il portone di servizio, recuperando la bottiglia di latte fresco per versarne una ciotola all’animaletto.
Sembrava così tenera mentre lappava leggeri sorsi con la lingua rosa tra il candore del latte, eppure tra quelle stesse fauci ieri aveva visto un piccolo topo, appena catturato, in attesa di essere sbranato. Quello che l’aveva meravigliato era come non avesse emesso neppure uno squittio di paura.
Probabilmente, gli piaceva essere ucciso da lei.
Un brivido lo attraversò nella pancia pensando a Katherine nel suo letto, che si oscurava gli occhi con la coperta verde in un gesto avido di benessere.
'È come se fossero d’accordo, quelle due'.
Sorridendo della sua sciocchezza, Damon sistemò un ciuffo dei suoi capelli ancora tutti scuri prima di salire al piano superiore, cercando di non far rumore.
“Katy? Esco a comprare da mangiare, vuoi niente da fuori?”
Un lieve rumore delle molle del materasso, unito ad un mezzo ‘no’ furono tutta la risposta. Lei doveva essersi girata nel letto come un magnifico animale, calda del sonno, indolente, la camicia da notte impregnata del suo odore personale.
Cercando di distrarsi, Bloom uscì rapidamente, accostando solamente la porta; le chiavi le avrebbe prese prima di andar via fino a tardi.
Il tempo sembrava così afoso già dal mattino, ma la colpa doveva essere dell’abito da lutto che indossava per il funerale al quale doveva attendere, e il brillare dell’astro chiaro non gli portava certo rispetto.
‘Camminare nel Sole non fa invecchiare, credo, si tratta di seguire il suo ciclo in cerchio, come se si vivesse in eterno, come lui. Per lo meno, potrò andare in giro tutto il giorno per strada’.
Grida di venditori facevano eco ai propositi dell’uomo, mentre l’alba si modulava per lasciar passare il soffio del vento vespertino, e l’oro aranciato del mattino preparava la resa al nero della notte avvolgente.
‘Alla fine, però tornerò a casa’.
Mentre formulava questi propositi, Damon fu investito da un’ondata di profumo di forno: biscotti zenzero e limone, i suoi preferiti.**
Poco più avanti, c’era la macelleria di Marcel Gerard; quell’uomo aveva conservato il gusto del profondo Sud nel preparare il cibo, che riusciva a fargli sempre venire l’acquolina in bocca.
Era originario di New Orleans, dove aveva fondato una specie di regno nel settore alimentare, trasferendosi nella più moderna Atlanta, incrementando nuovi affari. Le signore facevano la fila, si diceva sospirando per i suoi muscoli e la sua pelle color cioccolato al latte, più che per i sanguinacci e le salsicce.
Eppure, tornate a casa l’avrebbero chiamato ‘negro’.
Damon però non riusciva a giudicare chi viveva delle proprie paure, anche se qualche volta sentiva che il suo era un destino più grande di così.
In quel momento Marcel era impegnato in una discussione di politica con una domestica, una certa April, una ragazzotta formosa e dagli occhi ingenui, che era stata a servizio da un suo conoscente, Giuseppe Salvatore.
“Vedrà che i Giapponesi si mangeranno i Russi!”***
Probabilmente la stava annoiando più del funerale del povero Ray Sutton, morto di quella assurda forma di rabbia che non si capiva come avesse contratto.
‘Sarebbe già un risultato arrivare in chiesa senza aver fatto tappa in ogni pub della città’, riconobbe Damon.
L’odore che impregnava il negozio lo inebriava, si sentiva anch’egli partecipe; carne e sangue, i fianchi così femminili della giovane accanto a lui; tutto quello di cui aveva appetito al mattino.
Mentre il tempo nella macelleria trascorreva rapido, lanciò un'occhiata ad un quotidiano abbandonato sulla vecchia sedia di paglia all'ingresso.
L'Atlanta Journal-Constitution era l'unico giornale importante della città, da solo surclassava tutti gli altri; era nella sua redazione che spesso incontrava giovani animati da spirito rivoluzionario, o personaggi insistenti come il preside Gilbert e i suoi inutili articoli sulla società: eppure, procurare pubblicità era quello di cui viveva e non se la passava certo male.
Pagina cinque, quella delle notizie dall'estero, mostrava la fotografia sbiadita di una piantagione in Brasile, con le sue infinite distese di canna da zucchero e caffè, e agrumeti.
Anche la famiglia di Katherine, dopo una fuga da una Bulgaria sempre sotto scacco della minaccia turca e macedone, si era trasferita in quel territorio assolato e ricco, anche se poco confacente alla vita mondana desiderata dalla sua consorte.
Lei era così adatta a quello scenario; Damon aveva sentito dire che le fanciulle delle piantagioni a volte girassero col seno scoperto, e che la sera le serenate creole, cantate sotto le finestre delle belle, le facessero letteralmente impazzire.
Li crescevano anche gli 'alberi d'argento' e il sudore dei possenti bufali d'acqua che aravano le risaie doveva brillare perlaceo anch'esso, e così le foglie degli ulivi in primavera.
Le strade delle americhe latine dovevano essere così: antracite, argento, l'arancio del cielo.
Atlanta era ben diversa: le soffici nuvole bianche che l'avevano accompagnato dall'uscio di casa, erano falciate da lame cinerine di nembi pronti a rovesciare la pioggia che trasportavano lassù
come in Cielo, così in Terra
In quel momento una giovane bionda lo sorpassò quasi correndo, lasciandolo indietro, e il Sole si spense veramente.

Improvvisamente Damon prese le misure della sua solitudine. L'appuntamento più importante della giornata era quello con un morto
e fuoco, e zolfo
e la cosa non gli sembrava strana.
Prima di salire a casa, recuperò la posta dalla cassetta di legno, storcendo la bocca mentre leggeva mittente e destinatario delle tre missive.
“Katherine sono tornato, c'è una lettera di Becka per me, e una cartolina per te. E hai un biglietto di Niklaus Michaelson”.
“Dam, portami su il tè, da bravo, lo zucchero e il pane, sto aspettando”.
Nessuno dei due aveva dato mostra di reagire a quel nome, ma la verità era ben altra.
Mentre Emily protestava per la disattenzione dell'uomo, che a suo parere perdeva tempo nell'aprire il cartoccio del macellaio per darle la sua parte, Damon meditava con un odio spento su Klaus, come amava essere chiamato il famoso tenore che si intratteneva con sua moglie. In quel momento lo stava anche fissando da una pagina del giornale che aveva riportato a casa, dove si elogiava la sua ultima turnée, come pure il suo successo mondano. La faccia da schiaffi, il sorriso di quelle labbra troppo rosse e i capelli biondi impomatati facevano venire la voglia di dargli una bella lezione; ma questo non sarebbe successo.
Mentre il rognone che aveva comprato sfrigolava a fuoco lento nel burro, era salito col vassoio in mano, aprendo la porta della camera da letto con un gomito.
Katherine si stiracchiò, mentre Damon le posava accanto la colazione: le braccia nude, la camicia che scivolava sul seno, la facevano somigliare terribilmente alla dea pagana del piccolo dipinto a olio che era appeso all'altezza della testiera.
“Cosa farai oggi?” Lei lo guardò con attenzione malcelata. Era veramente bellissimo, ma non era quello il punto.
“Credo che farò una prova con Niklaus Michaelson, potrei avere un buon ruolo, questa volta, Dam. La ci darem la mano, la mi dirai di sì...”
'Don Giovanni, non potevano scegliere meglio. E la lettera non deve neppure aprirla, già lo sa'.
“Tu che hai studiato queste parole classiche, dimmi un po'; cos'è questa metempsicosi che ho trovato nel mio romanzo?”
“È la trasmigrazione dell'anima, Katy. Quasi come la reincarnazione”.
Non era affatto la stessa cosa, ma l'assenza di corpo sarebbe stato un concetto assurdo da far intuire a sua moglie.
“Sento un odore di bruciato?” Un attimo dopo Damon era in cucina, appena in tempo per salvare il suo manicaretto; dopo aver tagliato un pezzo per la gatta, si accomodò finalmente per mangiare con soddisfazione. Un boccone di carne — masticata con lento piacere — un sorso di tè.
La lettera di sua figlia, Rebekah, era aperta sul tavolo, al posto del tovagliolo come se facesse parte del piccolo banchetto.
“Carissimo papà, grazie per i regali di compleanno che tu e la mamma mi avete inviato! Il vestito verde mi piace moltissimo, perfino Alexander mi ha fatto un mare di complimenti… anche il cofanetto di creme profumate di mamma è davvero bello, le sono grata. Qui le giornate scorrono frenetiche e le mie lezioni sono sempre più interessanti, anche nel dormitorio mi trovo bene, le compagne sono gentili e altrettanto lo è la padrona di casa…”
Damon sorrise con soddisfazione, sollevando un angolo delle labbra seducenti. Poteva sentirlo, il tono della ragazza era ben diverso mentre parlava a lui e a Katy. Ragazzina, per la verità: quindici anni sono così pochi, eppure aveva accondisceso a mandarla fuori casa così presto perché non assistesse al possibile scandalo di Katherine, per trovarsi a conoscenza che il figlioccio di Niklaus le faceva una corte spietata. Prevenire era decisamente inutile, pensò con rammarico, sperando che lei non cedesse la propria verginità al suo primo innamorato. Esattamente come sua madre. Era così fiero della sua bambina, dal nome ebraico della sua nonna preferita, una parte di sé che si era tramandata.
Un'altra, invece, giaceva sotto la terra scura
carne e sangue
il figlio maschio che l'esperta levatrice aveva subito capito che non sarebbe vissuto a lungo. Adesso avrebbe avuto undici anni, e la sua realizzazione come padre sarebbe stata completa.
In fondo chi era lui per giudicare? Durante la sua passeggiata avrebbe ritirato senz'altro una lettera della sua tresca, Andie Star.
Damon si alzò, lasciò il piatto nel lavello e attese che la gatta uscisse con lui.
“Vieni, micia micia!”
Ecco, Katy interferiva in ogni sua previsione; la piccola pantera si precipitò su per le scale, per andare ad acciambellarsi addosso alla donna, nella stessa posizione, un'intimità che desiderava anche lui.
Chiusa la porta, dimenticando di nuovo la chiave per i troppi pensieri, Damon si incamminò verso il mattino.

Note cap. 4:
Terminata la Telemachia, si entra nell’Odissea. È importante notare le similitudini tra Damon e Stefan, (virtuali Ulisse e Telemaco) quindi padre e figlio spirituali. Offrono latte per colazione, escono - estranei alla loro casa, senza le chiavi – alla stessa ora vestiti di nero, pensano al cibo e alla bocca, elaborano un forte lutto, etc…
Katherine incarna le donne che condizionano Ulisse: Calipso, Penelope, Circe, i tre aspetti della donna.
Scienza: Mitologia
Organo: reni
Colore: arancio
*La gatta pronuncia le consonanti di MeRCuRio, visto che esorta ‘Ulisse’ a partire da casa
**Coincidenza! I biscotti del romanzo, hanno il profumo “ufficiale” di Katherine nei libri delle ghost writer
*** id.

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Capitolo 5
*** Dark-fired leaves (The Lotus Eaters) ***


Documento senza titolo

Un grazie sempre più grande a charlie997, Iansom, EchelonDeathbat, beagle26,lucy stoker, Fernweh: siete l'anima della festa! Grazie mille anche a ___Dobreva 16! sigh... le lettrici anonime sono scese a 34... non scappate! -

 

American Ulysses, capitolo 5
Dark-fired leaves (The Lotus Eaters)

Ore 9:00-10:00

Damon aveva deciso di proseguire con calma deviando dalla strada assolata che l’avrebbe condotto prima verso l’ufficio postale, poi fino alla chiesa dove si sarebbe svolto il funerale, vagabondando un po’ — se così si poteva definire il girovagare tra luoghi a lui perfettamente noti — godendo delle sorprese che il tragitto più lungo e meno logico gli avrebbe offerto.
In mente aveva ancora l’eco della voce bassa di Katherine che gli parlava con distacco, come la sera precedente quando gli aveva proibito di guardarla slacciarsi la camicetta, andando dietro il paravento per terminare di spogliarsi.
Sedici anni di matrimonio, eppure certe intimità le davano ancora fastidio: era rimasto lì a raccontarle un pettegolezzo, mentre ascoltava il rumore di ogni bottone, poi dei lacci del bustino che venivano allentati e disciolti, sentendo un brivido sottile attraversarlo tutto, il rumore del cuoio della robusta stringa della corsetteria che lo faceva impazzire.
‘Chissà se Niklaus si delizia con lo stesso spettacolo’. Pensò. ‘Fa che non sia così’.
Il profumo della pelle di sua moglie si confondeva con quello del carretto di fiori che un’ambulante stava trascinando accanto a lui; la musica che lo accarezzò brevemente da una sala da biliardo gli parve stranamente esotica.
Sarebbe comunque arrivato in orario, perché la funzione sarebbe cominciata esattamente alle undici.
Distrattamente, Damon si soffermò a leggere le etichette dei tè esposti nella vetrina della England Oriental Company, senza poter decidere quale fosse il fattore più estraneo, lontano, e affascinante.
Sua Maestà Britannica, o il colore dorato della carnagione dei raccoglitori della preziosa pianta, coltivata accanto a distese di tabacco bruno, da affumicare per preparare sigari dall’aroma pungente. Il fumo e il sale preservano dalla decomposizione. Chissà se galleggiando su un mare salato anche il cadavere di suo padre, morto suicida, si sarebbe conservato.
Più probabilmente era troppo corrotto, il peso delle sue colpe avrebbe assecondato la gravità.
Requiescat in pace
I corpi sull’acqua avevano uno speciale fascino, come nella sua teoria per cui Ofelia non era altri che Amleto, la cui pazzia lo portava a travestirsi, suicidatosi per folle amore per se stesso.
Forse voleva solo perdere tempo, per non scoprire la verità che lo attendeva: la sua liaison poteva essersi stancata di lui, che nutrendo senso di colpa stava portando il gioco per le lunghe, e non aver risposto, o al contrario avergli chiesto di dare finalmente un seguito più consistente al loro corteggiamento. Quella ragazza aveva una gran pazienza con lui, era quello a bloccarlo, da quando Katy aveva condiviso il loro letto con Michaelson non si era tirato indietro di fronte alle tante donne che lo trovavano incredibilmente seducente; ma non riusciva ad innamorarsi.
Fuori dall’edificio col simbolo della posta, c’era un ragazzino in nero, che gli ricordò dolorosamente se stesso bambino, già adulto in quella uniforme da preparazione al lutto perenne.
‘Spero che tu ottenga più misericordia di me’.
Infine, socchiudendo gli occhi azzurri, Damon entrò avvicinandosi alla cortese impiegata che l’aveva riconosciuto.
“Signor Flower, una lettera per lei”.
Damon sorrise aprendo la busta con calma; Bloom, Flower, e un fiore giallo essiccato subito visibile sollevando un angolo della carta. Andie non era timida con lui… Star, sugar, sigar…
Nel centro del foglio c’era spillato qualcosa, un cartoncino più rigido. Una fotografia? Ne era quasi certo, ma il suo lento assaporare la scoperta fu interrotto da una vigorosa stretta su una spalla.
“Bloom, che piacere!”
Thomas Cooke, che si ostinava a ricordargli di chiamarlo Tripp — come si usava tra amici — era piombato nell’attimo meno opportuno. L’aveva conosciuto in modo occasionale nel salotto di Thomas e Honoria Fell, di cui si diceva fosse un figlio illegittimo, e non era più riuscito a evitarlo.
Tripp aveva assunto quell’aria di cordoglio a comando che si reputa adeguata riconoscendo una persona abbigliata per un funerale, e stava blaterando qualcosa sulla tragica dipartita del povero Ray, senz’altro colpa di chi non aveva riconosciuto subito i sintomi della rabbia.
La sua voce parve perdersi lentamente, come assorbita da vuoti siderali.
Tutto quello di cui Damon era consapevole in quel momento erano le caviglie, anzi una rapida visione delle gambe di un’elegante donna sul marciapiede di fronte, che scendeva da una vettura a noleggio aiutata dal marito-amante-fratello? purtroppo interrotta subito dal passaggio di un tram, lasciandolo a fantasticare sul seguito, nel clima letargico che lo opprimeva sempre più. Sarebbe stata un’estate soffocante, una di quelle in cui i soldati tornavano a casa con delle malattie veneree, eppure le donne cercavano di stare attente. Chissà dove Andie nascondeva le sue lettere.
“Ho letto sul giornale che sua moglie Katherine canterà nel ‘Don Giovanni’ al Fox Theatre, complimenti!”
‘Canterà al comando di Niklaus, per tutto un tour. Per ora la Regina è nel suo letto. Il gentiluomo dai capelli d’oro, la donna bruna, la gatta nera. Chissà se dopo aver fatto sesso, quei due lasceranno delle tracce’.
“Anche sua moglie è una cantante, giusto?” Mentre Tripp vantava il talento della consorte — con malcelato orgoglio — Damon ricordava un’esibizione della signora, molto modesta in verità; buona appena per delle canzonette.
“Mi faccia un favore, Bloom: vuole firmare per me il registro del funerale? E porga i miei rispetti alla vedova, lei sta bene spero… voglio dire… almeno il povero Ray ora non può più tradirla con quella ragazzina. Sto parlando troppo!”
‘Decisamente, e dall’inizio’, pensò Damon sospirando e sollevando appena un sopracciglio.
“Provvederò certamente, ora devo andare, prima ho promesso di fermarmi a comprare qualcosa per mia moglie”.
“Certo!” La mano dell’uomo si abbatté per la seconda volta sulla schiena di Damon con quei modi grossolani che gli davano così fastidio. “A presto!”
Finalmente libero, Damon poté cominciare la lettura tanto agognata.
“Carissimo Ben*, sei un ragazzaccio cattivo, lo sai? Quello che hai scritto a io è stato brutto, anche se non conosco il significato della parola sporca che hai usato, ne sono sicura. Che cattivo sei, dovrò punirti, anzi, ti prometto che lo farò! Non so dirti come sono turbata dalla lettera, tu, cattivo! Poi ho pensato una cosa: che profumo usa tua moglie? Quando ci vedremo, potrò fare qualcosa per aiutarti, sono sicura, ecco, sarò il tuo diversivo. Aspetto una tua risposta, presto! Con affetto, Andie”.
Damon si lasciò andare ad un raro sorriso che mostrava lo splendore del suo viso, sempre offuscato dall’insicurezza. Quella donna era persino sgrammaticata, non si aspettava addirittura un errore sui pronomi da parte sua, dopo che gli aveva raccontato tra mille frasi senza senso che avrebbe voluto essere la prima giornalista donna della Georgia. Era ripetitiva, infantile, anche se aveva centrato un punto. Lui meritava di essere punito, e in un certo senso stava succedendo. Un sottilissimo filo di sangue usciva dalla puntura che si era procurato stringendo il cartoncino. ‘Le donne sono piene di spille, le rose di spine. Il suo profumo sarà alla rosa, ma quelle di Katy è più buono’.
Quel fiore giallo era un dente di leone… cosa significava nel linguaggio dei fiori? Corteggiamento, o qualcosa di simile. Certo che lei era cambiata per lui, e senza aver ricevuto nulla, sembrava una donna timida, quasi disturbata dagli uomini, finché non si erano messi in contatto tramite la posta del cuore del giornale.
Nascose bene la missiva nella fodera del cappello, come al solito, sentendosi finalmente libero di proseguire. La busta la strappò con liberazione, facendola sparire, come se non fosse mai esistita.
C’era molta confusione, che lo stava facendo sentire disorientato. Troppe carrozze, tram, passanti, che di solito gli impedivano di vedere qualcosa di bello, come le gambe della dama di poco prima o l’altro giorno una ragazza che metteva a posto il corpetto aiutata da un’amica.
Forse si viveva meglio come quei poveri cavalli ottenebrati che venivano castrati per pensare solo a tirare le carrozze, senza distrazioni. Damon ne accarezzò uno, con pietà. No, non era mai una soluzione. Fuori da una chiesa c’era un avviso che chiedeva donazioni per i nativi americani, la cui pacifica cultura era ormai sterminata. I loro dèi dovevano essere permissivi, visto che lo sciamano fumava peyote fino all’estasi più celestiale, non certo il tipo di visione punitiva della loro chiesa; quella alla quale apparteneva. Però il profumo di incenso era inebriante, così come il suono del latino è stupefacente, e ci si poteva sempre sedere vicino a belle donne, sulle panche.
Molte assistevano a tutta la funzione in ginocchio e questo gli piaceva molto.
Il corpo di Cristo veniva offerto ai fedeli che non masticavano, per timore che fosse davvero
carne e sangue
doveva essere una specie di prelibatezza, per i più devoti.
‘Il vino della messa è così nobile, come scelta, se fosse stato birra si vedrebbero molte più persone partecipare con fervore ogni volta’.
Incenso, fiori e candele liquefatte erano offerte alla madre del Signore, soprattutto da donne che, ne era certo, erano state grandi peccatrici.
Prima di trovarsi confuso dalla circostanza Damon uscì a respirare all’aperto, sistemando due bottoni della giacca che aveva lasciato aperti per il troppo caldo; le ragazze lo guardavano con lascivia quando si slacciava o chiudeva l’abito, lo sapeva benissimo, ma loro fingevano di osservare altro. In quel momento, si accorse di non avere in tasca la ricetta del cosmetico di Katy, ma era abbastanza certo di ricordarla a memoria, anzi a istinto.
Svoltò in Peachtree Street, entrando nell’elegante farmacia di Pearl Johnson; sullo scaffale alle sue spalle erano esposti in bell’ordine essenze, unguenti, balsami, emulsioni;
droghe, cloroformio, laudano, veleni
Pearl gli era sempre stata antipatica, i suoi occhi orientali sottili e indagatori però adesso gli apparivano intriganti. Le sorrise meccanicamente, chiedendo di preparare una crema come al solito: olio di mandorle, cera pura, acqua di fiori d’arancio. “Prendo anche questa saponetta al limone”.
“Certamente, e porti i miei saluti alla signora Katherine”.
‘Col sapone farò un bagno turco, è quello che mi serve adesso: peccato non sia un vero hammam, con fanciulle che mi lavano dalla testa ai piedi’.
Mentre era ormai a pochi passi dalla sua meta, Damon si sentì chiamare con voce roca da qualcuno alle sue spalle. Era il barbiere che faceva affari vicino allo stabilimento, Markos, un individuo ambiguo che gli causava una violenta repulsione. Era invadente, attaccabrighe e piuttosto losco, nessuno era certo del suo vero cognome, per cominciare. Era molto alto, con dei capelli disordinati che stonavano con la sua professione, un’enorme bocca da orco delle fiabe.
“Bloom, amico, posso dare un occhio al giornale? Oggi c’è una bella corsa di cavalli, sai la Gold Cup? La corsa migliore, è la mia passione!”
“Lo prenda, stavo proprio decidendo di gettar via**…
Gli occhi cattivi di Markos si spalancarono come la bocca irta di denti gialli.
“Cosa ha detto?”
“Può prendere il giornale, è da gettar via”.
Un lampo d’intesa attraversò il viso stolido dell’uomo, che passò una mano dalle lunghe unghie poco pulite sul braccio di Damon, in segno di amicizia.
“Grazie, ho capito! Corro il rischio!”
In un attimo il barbiere era praticamente scomparso, con sollievo di Damon, troppo distratto per soffermarsi a capire il perché. Riusciva solo a concentrarsi sul bagno turco, che dall’esterno sembrava un minareto.
Evitando una corsa ciclistica che passava quasi sfiorando l’ingresso, Damon entrò finalmente nei bagni, salutando il proprietario per dirigersi subito verso una vasca libera. L’unico contatto con lo sport che aveva avuto era stato rompere un vetro tentando di giocare a rugby, e non gli mancava. Il vapore rilassante iniziò a cancellare i ricordi di una vita; esisteva solo quella vasca di deliziosa acqua ora,
questo è il mio corpo
nudo, un bagno caldo, unto dall’olio al limone del sapone, il suo pene come un fiore galleggiante, una pianta acquatica che può generare, da accarezzare. Era ciò che desiderava dal mattino, rivelò a se stesso mentre iniziava a far scivolare gentilmente la mano.

Note cap.5
*Ben: questa forse era difficile: è il vampiro che aiuta Anna ad aprire la cripta, quindi “un sottomesso”
**In italiano si perde il senso: “Gettar via” (Throwaway) è un cavallo su cui sembra che Damon suggerisca di puntare: sarà al centro di un successivo capitolo
In questo capitolo, “I mangiatori di Loto”, Damon passa attraverso vizi e perdita di coscienza; tabacco, alcol, misticismo letargico, droghe, suggestioni, erotismo masochista. Pensa poi - come Stefan - ad Amleto come esempio di follia che porta alla morte; questo sarà importantissimo in seguito.
Tecnica narrativa: preghiera
Scienza: Botanica
Organo: genitali, pelle
Colore: bruno scuro

 

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Capitolo 6
*** The House of Black and White (Hades) ***


Documento senza titolo

Questo capitolo è molto più lungo e mi scuso della noia: ho omesso una decina di personaggi, cambiato varie situazioni, ma era molto complesso; ma la cosa più importante è sempre ringraziare EchelonDeathbat, Iansom, charlie997, beagle26, lucy stoker, Fernweh: questa fatica è dedicata a voi! Grazie anche a ___Dobreva 16, e alle lettrici anonime che essendo 32 sono quasi tutte sopravvissute...

  American Ulysses, capitolo 6
The House of Black and White (Hades)

Ore 11:00 - 12:00

La carrozza nera, tirata da cavalli anch’essi bardati dello stesso cupo colore, era ferma davanti all’abitazione di Ray Sutton, la cui bara era adagiata tra due semplici mazzi di fiori candidi.
Una seconda vettura era pronta per i partecipanti al funerale; Richard Lookwood salì per primo, abituato com’era a badare poco alle necessità altrui, seguito da Elijah, uno dei pochi inglesi che ispiravano simpatia a Damon, anche se si accorse con imbarazzo di non ricordarne il cognome.
Anche quel borioso di Salvatore era presente, impedendogli l’accesso con uno slancio che lo bloccò, costringendolo a salire per ultimo.
“Allora ci siamo tutti”. Quella frase Giuseppe la pronunciò prima che Damon fosse seduto di fronte a lui, di fatto escludendolo dal gruppo.
‘Si sente superiore a me, l’ho sempre detestato’.
Il cocchiere spronò i cavalli, che si mossero pacificamente verso quell’area divisa dal resto della città, il regno dei defunti, come veniva chiamata dai poeti.
Dalle finestre vari curiosi si sporsero, specie una donna di mezza età che li seguì con lo sguardo fino all’ultimo, come se potesse catturarli.
“Le donne soffrono troppo quando ci danno alla luce, è naturale che poi vogliano anche sotterrarci”. Dette da qualcun altro quelle parole sarebbero state dure, ma Elijah sembrava sempre dispensare saggezza.
Damon si estraniò da quel gruppetto, lasciando che la mente vagasse libera. Chissà come l’avrebbe preparato Katy per il suo funerale. L’avrebbe lavato, abbigliato bene, né con fastidio né con affetto, poi avrebbe accorciato le unghie e i capelli, conservandoli in una bustina.
Sarebbero cresciuti, anche se cose morte? Anche quella di Andie, era già lettera morta?
“Dove ci troviamo, esattamente?” Damon si sporse per rispondere a Richard.
“Sull’Atlantic Road, ai Cinque Punti”.
“Molto bene!” La voce paternalistica di Giuseppe s’impose nell’angusto spazio. “Bisogna seguire le tradizioni, e passare dove possiamo essere visti da molte strade, è per ottenere più rispetto per il defunto”.
Improvvisamente l’attenzione di Bloom fu catturata da un giovane dall’aspetto triste, vestito di nero, che senza alcun motivo gli provocò una piccola fitta nel petto.
“C’è qualcosa di tuo, Giuseppe!” esclamò tentando un tono di simpatia. “Tuo figlio, Stefan”.
“C’è quel dannato Malachai Parker con lui? Lo segue sempre, come un cane! Visto da dove arriva, sarà stato da quella sciocca di mia sorella Honoria”. L’uomo trasse un sospiro profondo.
“Parker è una maledizione per questa città, dovrebbero rinchiuderlo in prigione, farà morire sua madre di crepacuore”.
Damon lo trovava eccessivo, al solito, così pieno di sé e orgoglioso del figlio, ma un pensiero insidioso si fece spazio nella sua mente: se il suo piccolo Trevor fosse vissuto, avrebbe dovuto sorvegliarlo strettamente, per salvaguardarlo? Gli avrebbe evitato la morte? No, lo avrebbe cresciuto per essere indipendente.
Rivide se stesso accarezzare la pancia di Katherine mentre era gravida del loro bambino — con tenerezza e rimpianto — affacciati al bancone della stanza da letto, mentre assistevano con divertimento alla scena di due poliziotti che volevano separare dei cani in calore. C’era Rebekah, però. Era viva, donna, avrebbe generato altra vita.
“Per di più questa carrozza è piena di briciole, è un’indecenza!” Lockwood era estremamente seccato mentre le spazzava via con la mano, come se la presenza di cibo fosse un’offesa personale a Sutton. Sul posto di Elijah non c’erano, come respinte dalla sua sobria eleganza. A Damon non davano noia, ed era troppo distratto persino per notare le screpolature della pelle dei sedili; piuttosto era felice di avere appena fatto un bagno profumato, un lavacro sacro che lo rendeva degno di accedere a quel mondo altro dov’erano diretti. Avrebbero trovato ulteriori convenuti al cimitero, forse anche Lorenzo, l’amico di Londra di Elijah e se non errava conoscente di Stefan Salvatore. Per fortuna quel rozzo individuo di Markos aveva rinunciato, anche se ancora non si capacitava del perché.
Forse l’area prescelta per la tomba di Ray sarebbe stata adiacente a quella di suo padre, temette Damon, non aveva punta voglia di ascoltare i soliti discorsi imbarazzanti, ma il destino complottava decisamente contro di lui.
“Sapete, Sutton alla fine ha chiesto la morfina, non ha resistito”. Lockwood raccontò il piccolo segreto con gretta soddisfazione.
“Ha fatto bene, non trovate? La morte nel sonno è la migliore, si smette di agonizzare…”
“No, Bloom! Un buon cristiano desidera offrire la sua sofferenza, non le si sottrae”. Damon si azzittì inghiottendo fiele. Joseph Bloom si era ucciso, lasciandogli un biglietto dove gli chiedeva di prendersi cura nel suo amato cane, Dioniso, che gli era sopravvissuto per dieci anni.
“Già, ma il miglior tentativo di suicidio è stato quello di Liam Davis”. Elijah intervenne per spostare la conversazione, con la sua solita classe.
“Voleva lasciare gli studi di medicina per sposare una ragazza di dubbia provenienza e ha cercato di affogarsi in un metro d’acqua, in un laghetto. Un battelliere l’ha tratto in salvo e suo padre gli ha dato un dollaro, pensate”.
“Sempre novantanove centesimi di troppo”. Rispose secco Giuseppe, con una specie di umorismo crudele.
In quel momento, il ticchettio di poche gocce di pioggia tentò di far udire la sua voce, come richiamando l’attenzione dei quattro uomini su dei cartelloni che pubblicizzavano la stagione teatrale.
“Ci saranno buone rappresentazioni, quest’anno, cantanti importanti?” Elijah era sinceramente interessato.
“Posso assicurarvelo, c’è un articolo nella pagina precedente gli annunci funebri, potremmo leggerli entrambi”.
“Bloom, non mi sembra il caso, suvvia, chiudete il giornale”. Giuseppe forse poteva avere ragione, ma gli aveva parlato come ad un ragazzino a cui si impartiscono ordini e rabbuffi, accrescendo il rancore che Damon stava accumulando quella mattina. Per non dire del pomeriggio, visto che Katherine e Klaus si sarebbero incontrati. Con lui avrebbe cantato. Un passante che procedeva in senso contrario, portava una fascia nera al braccio, che spiccava sulla camicia bianca. Troppo poco: per essere vero dolore questo va nascosto del tutto, o mostrato con orgoglio.
Rimuginare sulle persone odiate le evoca, dovette pensare Damon poco dopo, quando vide i suoi compagni di viaggio sbracciarsi per far segno a qualcuno dal finestrino.
“Chi salutate?”
“Niklaus Michaelson, anche se è il peggior soggetto di Atlanta! Si è tolto il cappello bianco, dal tuo angolo non lo vedi; si è inchinato sogghignando… ma è davvero un ottimo baritono”.
Damon abbassò lo sguardo, controllandosi le unghie. Temeva che sapessero, e comunque perché quegli uomini rispettabili lo tenevano tanto in considerazione? Erano così diversi, lui e loro? Chissà se il povero Ray poteva ancora soffrire, in qualche modo, se poteva essere ferito. Lui lo era, inchiodato ad una croce da quelli che poteva chiamare ‘amici’. Il suo futuro gli sembrava una discesa verso l’inferno, ormai. ‘Se sono il peggiore, cercherò di fare in modo che si capisca, presto. Così non dovrò mantenere delle aspettative’.
In uno specifico campo invece era sicuro di sé: aveva preso tre chili, più o meno, ma i completi da sera gli stavano sempre magnificamente. Passò con piacere le mani sulle ginocchia e le cosce, tirando su le spalle e il petto, terminando col lisciare una ciocca di capelli corvini sfuggita dal cappello. Se avesse avuto il coraggio di vendicarsi completamente di Katherine, le donne avrebbero fatto la fila per lui.
“Seguirete il tour di madame, Bloom?”
“Non ci andrò, anche se è una bella compagnia, sono molto impegnato”. Damon sentì il fuoco nelle vene, comprendendo perfettamente il sottinteso di quel titolo, ma non riusciva a reagire. Immaginò sua moglie in quell’istante, Lucy che le pettinava i lunghi boccoli, mentre canticchiava ‘vorrei e non vorrei…’ E dire che Lockwood, che faceva il gradasso, aveva una nota relazione con una barista, Kelly Donovan, che non godeva certo di buona reputazione.
Prima che potesse cedere ad uno scoppio d’ira, un particolare diversivo catturò la loro attenzione: un uomo, al vederli passare, uscì di corsa dal suo cortile, rivolgendo loro insulti e minacce, accompagnate dal gesto di un pugno sollevato.
“È l’usuraio, Wes Maxfield” Richard sembrava deliziato dalla situazione. Naturalmente gli dobbiamo tutti dei soldi, tranne lei, Bloom, si vede dalla sua espressione sbigottita!”
‘Al limite mi troverei nella situazione opposta’, pensò Damon infastidito.
Una carrozza bianca, trainata da cavalli bianchi, incrociò il loro cammino. Il funerale di un bambino, la piccola cassa smaltata esposta alla commozione dei passanti.
‘Sarà stato piccolo come Trevor?’ Damon sentì una fitta al cuore. La peggiore disgrazia in una famiglia: o soffriva di più chi era parente di un suicida? Poco distante infatti avrebbero seppellito anche un uomo che si era tolto la vita, nel terreno sconsacrato.
“Non dovrebbero credere alla pazzia, sono scuse, dovrebbero darlo da mangiare ai corvi”. Giuseppe era sempre così sicuro nel suo giudizio, ma Damon non si sentì convinto. ‘Ha un cuore di pietra. Ci vuole pietà, la morte può solo raggiungerci tutti, anche se in modi diversi. Se fosse per lui, gli conficcherebbe un paletto nel cuore, e se si spezzasse ne prenderebbe un altro’.* La moglie e i cinque bambini del defunto erano lì, disperati.
‘Dovrebbe risposarsi’ pensò Damon, ‘solo una regina può vivere bene da vedova’.
Lockwood taceva, probabilmente riflettendo sulla sua di vergogna, la moglie alcolizzata, Carol, che era stata così un buon partito. Ora era noto che avessero debiti e non solo con Maxfield. Tutti hanno un dolore. Rivide la scena di suo padre, trovato in un albergo, come se fosse addormentato ai piedi del letto, accucciato, il viso giallo e deformato. La parte peggiore di un cadavere è la bocca, così rovinata, subito in putrefazione, potrebbe anche rigettare sangue. 'Solo in ospedale si muore peggio, per fortuna Rebekah gode di buona salute, giusto un’influenza’.
L’ingresso dell’area del cimitero era adornato dai lavori del marmista, esposti come esempi: figure angeliche, bianche nella loro eternità dolente, di una bellezza malata. Il becchino, il signor Finn, scavava la fossa per il bambino, il viso privo di emozioni, malgrado quel luogo di orrori si potesse definire l’inferno.
Al di fuori della stanza funebre, che sembrava un sacrario, un veditore offriva cordiali e biscotti. I fiori erano vietati, ma il ristoro no? Damon immaginò di tirare uno dei grossi dolci al reverendo Young, vedendolo chiudere le possenti mandibole per afferrare il cibo. Due ragazzi portavano a spalla la cassa del piccolo, dirigendosi verso la cappella dei protestanti. Questi erano più spirituali, secondo Damon
in dubio pro reo
o era diritto romano, quello?
Approfittando dell’ultimo momento utile, Elijah si avvicinò a Lockwood, sussurrando con tono calmo. “Cercate di non parlare di suicidio di fronte a Bloom, è stata la morte di suo padre”.
Poco distante, Atticus Shane, il cognato del suicida, discuteva animatamente con qualche oppositore, fulminandolo con gli occhi; malgrado la distanza si distinguevano alcune parole, l’uomo stava facendo una colletta per i figli di sua sorella, Tessa, senza risultati.
La piccola chiesa era piena di profumo d’incenso fino a risultare nauseante, ma era un bene. Diversamente l’aria sarebbe stata resa mefitica dalla presenza di padre Young,
ignis et fumus et sulphur
così grasso e terreno, un grosso animale che abbaiava formule in latino, una lingua raffinata che mostrava chiaramente come non fosse nato signore, ma avesse trovato un’occupazione conveniente, per un padrone sicuro. Sospirando, Damon si inginocchiò, ma badando a non sporcare i pantaloni neri.
Quando riemersero da quell’ambiente oscuro, i partecipanti seguirono a piedi il carro, le cui ruote sembravano piangere, il cuore di Damon sepolto altrove. L’ultimo spettacolo al quale avrebbe creduto di assistere si stava svolgendo di fronte a lui: passando davanti alla lapide di Lilian Salvatore, Giuseppe scoppiò a piangere. Anche in lui c’era qualcosa di umano, allora.
A Damon sembrò quasi di poter avvertire il battito del suo cuore, il sangue che veniva pompato nelle vene, tutto quel sangue vivo, ogni giorno**.
Nel frattempo Shane si era avvicinato a Richard. “Chi è quel tipo con gli occhi azzurri?”
“Il marito della Petrova, Katherine, la soprano”.
“Me la ricordo benissimo”. Shane si leccò le labbra sottili. “Tanti anni fa ci ho ballato, era brava; ha una bellezza selvaggia… lui di che si occupa?”
“Il signor Bloom è un procacciatore d’affari”.
“Uhm… perché ha sposato uno così da poco? Ha ancora delle occasioni, volendo”.
Persino Richard Lockwood riusciva a capire perché una donna volesse dividere la sua vita intima con Damon piuttosto che con lui, ma restò in silenzio, mentre Giuseppe salutava tutti i presenti.
Damon si trovò a vagabondare tra le cripte, perso in strani ragionamenti. Cosa piace alle donne, per venire spesso qui? Le storie di fantasmi, le raccontava a Katy di notte, quando non prendeva sonno… altre preferiscono diversi modi di rilassarsi, se ci prendevano gusto da giovanissime. Le tombe dei ricchi erano molto più belle, non come in Asia, dove si bruciano i cadaveri tra nuvole d’oppio; è meglio così, essere cremati o seppelliti in mare, dove il sale impedisce il diffondersi di cattivi odori. Perché conservarli? I corpi non vanno in Paradiso, finiscono nelle bocche dei vermi, il suolo ne è pieno; o divorati dai topi fino alle bianche ossa. L’importante è la memoria; tutti devono avere un amico che li ricordi.
Un vento gentile soffiò lieve, come doveva essere il respiro del bambino morto; si prega, si ricorda ma si va avanti, anche se il brivido che sentiva ora gli ricordava che sotto quella terra c’erano suo padre, sua madre, Trevor.
La fune che stava abbassando la bara di Ray lo fece pensare ad un cordone ombelicale che lo stesse mantenendo agganciato alla superficie.‘Tornerò dalla tomba, terrorizzando qualcuno? No, perché se esiste qualcosa oltre la morte è solo l’Inferno’.
Una voce che lo chiamò in modo poco gentile alle sue spalle, lo fece trasalire e abbandonare le sue fantasticherie.
“Andiamo Bloom, venga a salutare Mason Lockwood!” Enzo era un maleducato, ma Damon lo trovava simpatico. Mason invece non lo sopportava; molti anni prima l’aveva sconfitto a biliardo di fronte ad una giovane Katherine ed egli si era sentito derubato della donna, oltre che dubitare dell’onestà della partita. Non aveva mai mancato di farglielo notare e anche quel giorno, quando lo vide arrivare, lo salutò con disprezzo. “Salve Bloom, ora che c’è lei posso anche andare”.
‘Peggio per te. In effetti, ho vinto io’.
Il cancello del cimitero brillava al sole, invitando Damon ad uscire, riguadagnando il suo posto fuori nel mondo.


Note cap. 6
Il titolo è quello di un episodio di Game of Thrones
Padre Young è qui Cerbero: infatti malgrado la formalità, non resiste e permette la vendita di biscotti. I cani sono nominati continuamente nel capitolo.
Damon è ossessionato dalle formule della chiesa cattolica, (ripetendole tra i capitoli) della quale non vive la trascendenza, ma le esperienze sensoriali. Come Stefan pensa al mare col sale che preserva i corpi, e ad un cordone ombelicale dei morti.
*Id
**Id
Scienza: religione
Colore: nero, bianco
Organo: cuore

 

 






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Capitolo 7
*** Red Wind (Aeolus) ***


Documento senza titolo Anche questa volta, grazie infinite a EchelonDeathbat, Iansom; a charlie997, beagle26, lucy stoker, Fernweh: questo è un capitolo complicato, vi rimando alle note finali! Grazie anche a ___Dobreva 16, e alle 26 lettrici anonime... non sparite tutte!

 

American Ulysses, capitolo 7
Red Wind (Aeolus)

Ore 12:00 – 13:00

Il vero cuore dell’America è il Messico

Davanti a Milton Avenue, i tram della Atlanta Rapid Transit svoltavano tutti ad ovest, dirigendosi verso l’area del South Park. Anche il corriere che recava dispacci dalla Presidenza degli Stati Uniti doveva percorrere la stessa strada, seppur con una vettura personale. Era ritenuto troppo importante, come se fosse un messo reale.
Nell’ufficio postale di zona si ammucchiavano molte lettere, e sulle buste erano scritte le destinazioni, e applicati i francobolli.

I gentiluomini della stampa

Forse i facchini con il loro carico di birra, melassa, patate, tessuti a buon mercato, facevano un lavoro più utile.
Damon era sempre a disagio in quell’ambiente così spersonalizzato e confusionario, eppure lo frequentava ogni giorno.
“Il signor Keys vuole un annuncio per la sua attività, da ripetere per un mese, col simbolo della ditta di cui vi porterò il disegno; due chiavi incrociate, ovviamente, come il suo nome, ritiene che farà effetto”.
Jackson Kenner, redattore capo dell’Atlanta Hawks, impugnò delle grosse forbici
zac, zac, zac
e in un attimo consegnò nelle mani del richiedente il vecchio articolo da copiare.
“Molto bene, vado”.
Bloom attraversò corridoi, nei quali le finestre aperte facevano fluire la brezza tiepida del meriggio, scese scale, aprì portoni, per poi camminare pochi metri fino all’ingresso dell’Atlanta Journal-Constitution, appartenente allo stesso proprietario.
Contemporaneamente, un distinto signore anziano varcava la stessa soglia, salutando i presenti con un compìto leggero inchino. Purtroppo i destinatari di tanta cortesia

il suo indirizzo, Signore?

erano Giuseppe Salvatore e Ben McKittrick, che attesero appena il tempo di vederlo passare oltre per commentare.
“Bryden sembra stordito, non trovi, Giuseppe?”
“Sì, ma è ancora nel pieno delle sue facoltà”. La corrente sbatté la porta, tagliando corto.
A Damon quel gentiluomo aveva sempre suggerito l’aspetto di un tenore, con la barba curatissima e l’aria importante;
Katy canterà questa sera
basta fantasticare, adesso gli serviva una penna, che cercò gettando all’aria quello che c’era sul bancone. Sapeva di essere bravo nel suo lavoro, eppure avrebbe potuto contare di più: è la pubblicità che porta avanti l’economia di un giornale.

Si è spenta tra lo strazio dei suoi sudditi la Regina Vittoria
Oggi, nei Magazzini Fulton, grande offerta sulle coperte in pura lana per culle
Mary had a little lamb,
little lamb,
little lamb!,
Its fleece was white as snow

Happy Hooligan* gradirebbe una copertina, sopra il suo vestito pieno di toppe, che non doveva proteggerlo dalle bufere invernali? Anche se quello che davvero venderebbe qualsiasi prodotto, sarebbero delle modelle discinte… era certo che prima o poi ci sarebbero arrivati, ma per ora la reazione alla sua proposta era stata un vero uragano di insulti.
Dopo essersi spinto nella porta girevole del direttore esecutivo, Alaric Saltzman, Damon tornò a concentrarsi sul suo scopo. L’uomo era un personaggio ben visto, solitamente disponibile ma a volte diventava brusco con lui, come se non si fidasse della sua natura. Poteva essere dovuto al fatto che arrivava dalla Germania, e si era fatto strada con fatica, studiando contemporaneamente. Damon doveva sembrargli il tipico sopravvissuto di una ex famiglia ricchissima decaduta; strano, incomprensibile, un uomo con un segreto.
Di fronte all’ampia scrivania di noce americano, si ergeva la sagoma slanciata di Lorenzo, che aveva scritto il trafiletto funebre per Ray Sutton.
“Lo mando in stampa, direttore?” Un cenno ed un lieve sorriso risposero di sì.
“Enzo, sai che all’Hawks stanno saldando il pagamento del mese scorso?” Accennò Damon.
“Grazie, amico!” Era fuggito a gambe levate, pensò Bloom, evidentemente i cinque dollari che gli aveva prestato non sarebbero mai tornati indietro.

Economia a rischio, il governo vara un provvedimento

Damon passò a Saltzman l’annuncio di Keys. “Credo che sia una buona trovata, ma devo completarlo con un’illustrazione classica; suggerirà al lettore un antico emblema nobiliare, o la chiave di un rebus, non trova?”
“Sì, d’accordo Bloom, però deve assicurarsi un rinnovo di tre mesi, non uno soltanto. È meglio che faccia una corsa nella Biblioteca Federale, se torna presto potremmo partire oggi. E, Damon… io e lei dovremo andare a bere qualcosa insieme una di queste sere”.
“Non mi tiro certo indietro”. Damon incurvò maliziosamente la piega delle labbra carnose: il sassone credeva di metterlo in difficoltà? Sarebbe stata una bella sfida.
In quel momento uno spiffero fece svolazzare ai suoi piedi un sottile ritaglio di carta che la macchina da stampa aveva scartato dai bordi, che si mosse fluttuando come se avesse le ali. Sullo stralcio si vedeva chiaramente un cruciverba, finito per errore troppo a sinistra.
‘11 orizzontale: si nutre di sangue umano’. ‘Vampiro’
‘15 verticale: non più vivente’. ‘Morto’.
La porta che si chiuse con violenza a causa di un colpo di vento lo fece trasalire, e gli ricordò che doveva affrettarsi se voleva fare a tempo.
Sorpassò rapidamente la sala del correttore di bozze, che stimava molto: quell’uomo riusciva perfino a leggere i caratteri al contrario, come se fosse la Torah. Ah, no, l’ebraico si legge da destra a sinistra, che cosa affascinante
le rose sono rosse, le viole sono blu
come un giglio tra i cardi, così la mia amata tra le fanciulle**
Doveva riordinare le idee, decisamente.

Reparto ortografia bozze

Il percorso per uscire dal dedalo di camere non era semplice, era come se una forza dispettosa facesse continuamente cambiare strada a Damon, che oltrepassò quasi di corsa  la persona che gli interessava di più, il supervisore di annunci. Li si trattava di

affogati, funerali, divorzi

per quel giorno gli mancava solo il terzo argomento, per fortuna.
Prima di scappare a prendere il tram, Damon si dovette fermare all’ingresso, che era stato occupato da quel presuntuoso di Atticus Shane, che complice l’ilarità degli astanti, si stava prendendo beffe di un pezzo che avevano adocchiato prima al cimitero.
Giuseppe Salvatore aveva il volto paonazzo per la rabbia, pronto a sbuffare come un mantice.
“Sembra che abbia rovesciato un otre di parole vuote!”
“La nostra città, ammantata del sacro ricordo dei nostri padri fondatori, sembra tendere la mano a noi, suoi figli ingrati, chiedendo il perché della fatal dimenticanza…”
Shane aveva una certa vena comica, era vero: lo ascoltavano come se fossero alunni a lezione di qualche argomento carismatico, quando Saltzman — che professore di storia lo era davvero — li raggiunse, attratto da quel teatrino.
“Il verde dei nostri prati, rilucente come il più puro degli smeraldi, lo zefiro profumato di magnolia che accarezza malandrino il volto delle fanciulle, non sembrano risvegliare ciò che di più alto si trova nei nostri cuori?”
“A me ricorda che devo andare di corpo” Giuseppe era davvero fuori di sé “così magari uno zefiro che lo spazza via ce lo toglie dai piedi!”
Tra un coro di risate, la porta scorrevole lasciò filtrare l’insignificante presenza di Luke, un apprendista avvocato perennemente al verde, che cercava di guadagnarsi qualcosa con delle collaborazioni. Il giovane restava sempre in disparte, eppure aveva una sua collocazione, pensò Damon, mentre lui era visto solo di passaggio.
“Se a questo lamento bucolico aggiungerà anche la luna piena, potremmo pensare ad un secondo Amleto”. Commentò Alaric.
“Le montagne che ci incorniciano sembrano una corona d’alloro, che ci ricorda che la supremazia ben s’accompagna alla saggezza olimpica…”
‘È insopportabile, ma chi sono loro per giudicare? Quando il comitato consegna questi pezzi sorridono e li lodano, questi ipocriti’.
Prima che Damon fosse tentato di esternare quella riflessione, pensò bene di approfittare del telefono presente nella stanza per chiamare la biblioteca e accertarsi che non chiudesse per la pausa di metà giornata.
Stizzito dall’interminabile discorso, Giuseppe si voltò verso Shane. “Usciamo, ti prego, facciamo uno spuntino al Midway pub! Saluti al nostro eccentrico direttore”.
Alaric li ricambiò con la mano, con indifferenza.                                

Exodus

Come se si fossero dati un appuntamento all’inverso, alla sparizione di Giuseppe corrispose l’entrata del giovane Stefan,

ecco il Salvatore, mandato a noi

accompagnato da Logan Fell, un suo parente alla lontana, insieme a Ben McKittrick che li aveva raggiunti dall’Hawks. Logan e Alaric fecero entrambi una smorfia di disgusto, evitando di fissarsi negli occhi. C’era stata una faccenda con una ragazza, tra di loro.
“La biblioteca è aperta, vado”.
“Allora, Fell, ci da una dritta per qualche puntata sportiva?”
“C’è la Gold Cup, oggi. Il cavallo vincente è senz’altro Scettro”.
Damon uscì, profondamente irritato dall’indifferenza di Saltzman, che era una delle persone nella sua lista positiva, gli dispiaceva notare che gente come Mason o Logan fossero più benvoluti.
“Vedi, caro Stefan, si facevano quattro risate sul discorso dei fondatori. Sempre paroloni pieni di vento sulla ‘nostra terra diletta’; che ossessione questa della storia”.
“Eppure, signor Saltzman, io per adesso resterò qui ad Atlanta, anche se compromette le mie possibilità di gloria” — rispose Stefan — “arrendersi alla fuga è come dichiarare che, malgrado l’indipendenza dall’Inghilterra, non abbiamo creato una nostra storia. Un po’ come gli ebrei fuggiti dalla schiavitù in Egitto. Abbiamo la libertà, ma è quella di essere un popolo senza radici”.
“Un classicista, questo ragazzo. Eppure, dopo anni di insegnamento di storia e latino ho una mia tesi; i romani e gli inglesi apparivano grandiosi, ma in realtà erano i veri barbari. Una sola mania: conquistare terre, e costruirci cloache! Mai si sono concentrati su aspetti spirituali o morali. Certo, c’era il diritto romano, ha gettato delle grandi basi;
sum ego, qui loquor iustitiam, potens ad salvandum
ma i greci sì, loro erano migliori, guardavano all’intelligenza, alla purezza, e infatti i romani li hanno sconfitti in battaglia!
Kyrie eleison
Su una cosa siamo d’’accordo, l’America ha bisogno di un nuovo Mosè, che la guidi fuori dal suo disfacimento, ma non lo lasceranno entrare. Chi bussa?”
“Sono Bloom, la porta è bloccata, può aprirmi?”
“Al diavolo, Bloom! Spero che almeno abbia risolto. Ha il rinnovo per i tre mesi?”
Damon era basito. Se si fosse lasciato governare dall’istinto sarebbe successa una tragedia; meglio evitare fingendo di non aver sentito Ben McKittrick parlargli con quel tono.
“Ne ha confermati due”.
“Keys può baciarmi il…”
“Silenzio”. Alaric si stava infastidendo, anche se era propenso a giustificare McKittrick, spesso ubriaco, con fama di essere un alcolista, gran fumatore, nonché scommettitore accanito, tanto da avere spesso dei guai. Era uno che credeva nelle seconde occasioni.
“A proposito — Stefan cambiò opportunamente discorso — devo consegnare un articolo”.
“Afta?” Alaric era stupito. “Ti occupi di veterinaria?”
“No, no, è del preside Gilbert, ha insistito tanto…”
“Capisco. Almeno non è quel famoso panegirico sul peccato creato dalle donne. Poco male, si può pubblicare; era strano come tuo interesse, mi sembri più adatto a racconti di cronaca nera, sai? Quella cravatta allentata è così europea, una cosa decadente”.
Logan intervenne, scherzando. “Cerca notizie di morti sospette, se ne trovi una telegrafa. Se non fai in tempo prendi nota, anche scrivendo nel tuo armadio se necessario!”
Damon si sentì triste, privato di qualcosa. Tutti preferivano Stefan a lui, sarebbe sempre stato così. Era più accomodante, colto, non aveva vizi… almeno stava rifiutando la sigaretta offerta da Logan. In quanto a Gilbert, sua moglie era asfissiante, angosciosa e ossessiva. Fell invece aveva preso bene il tradimento della fidanzata, Jenna Sommers, proprio col direttore, se era lì. Avrebbe potuto lavare il disonore uccidendolo.

                                noi che tignemmo il mondo di sanguigno


Avere il grembo di una donna, equivale a giacere nella propria tomba? No.
“Il rumore di queste macchine mi da alla testa, dopo un po’ ” sospirò Alaric “è il caso di fare un intervallo, signori. È stata una riunione piacevole; letteratura, storia, arte. Lei Bloom potrebbe aggiungere la musica, so che ha una bella voce”.
“È sua moglie ad avere talento da vendere!”
Damon si estraniò come se non fosse neppure lì.
Profumo di limone, era il resto del sapone comprato prima; lo stesso delle caramelle dure di cui Katherine aveva voglia quando era incinta. Era così bella. Possibile che, invece, la ragazzina magra e malvestita che aveva visto rientrando al giornale, fosse la sorella minore di Stefan? Se non sbagliava Giuseppe faceva una crudele distinzione nel trattamento dei suoi discendenti, di cui non ricordava il numero. Succede quando un borghese sposava una popolana, c’era disparità, preferenza per chi trovavano più simile a loro.
‘E se camminando distratto, cadessi da un ponte? Affogherei? Sarei un’anima vagante, come lo spettro del padre di Amleto? Infine, non accadrà'.
Ripensando alla terra promessa, Damon prese la sua strada.

Note cap 7:
Questo complesso capitolo narra dei compagni di Ulisse che, aperto il sacco dei venti di Eolo finiscono dispersi, senza rotta.
Ho estremamente semplificato il ritmo narrativo, formato di interruzioni, giochi di parole e onomatopee che tradotte perdono tutto il senso. Il giornalismo, "l’arte di vendere vento” rappresenta la situazione.
Le due chiavi domandate per l’annuncio, sono le chiavi dei “padroni di casa” che ne sono rimasti privi: Damon e Stefan
* Popolarissimo fumetto americano del1900, la prima “striscia” del già celebre Frederick Burr Opper.
** Il Cantico dei Cantici
Arte: Retorica
Parte del corpo: polmoni
Colore: rosso

 

 

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Capitolo 8
*** Bloody Mary (The Lestrygonians) ***


Documento senza titolo

Non so più come esprimere gratitudine a EchelonDeathbat, Iansom; a charlie997, beagle26, lucy stoker, Fernweh. Questo capitolo, più "centrato" su TVD è dedicato a voi! Grazie anche a ___Dobreva 16, robin d, e alle 25 lettrici anonime... coraggio!

 

American Ulysses, capitolo 8
Bloody Mary (The Lestrygonians)

0re 13:00-14:00

Di passaggio davanti ad un negozio di caramelle Damon si fermò, aprendo un piccolo cartoccio per gettare delle gallette ai gabbiani affamati, che vi si avventarono felici.
‘Siamo quello che mangiamo’, pensò ‘eppure non riusciamo ad esprimerlo. Abbiamo paura della verità; quando ho proposto a Saltzman di farci pubblicità facendo passare una carrozza trasparente piena di belle ragazze per poco non ha avuto un infarto. Eppure l’idea è ottima’.
Damon si passò i palmi sui pantaloni per far cadere le briciole, quando fu assalito da un ricordo improvviso: appena sposati lui e Katy erano andati a comprare il burro fatto dalle suore, e lei l’aveva assaggiato prendendolo senza la posata, e passando la mano sotto la veletta del cappellino aveva lasciato scivolare le dita in bocca, succhiandole con lentezza.
Le aveva estratte scivolose di saliva, guardandolo fisso, splendida nell’abito cucito addosso così aderente ad ogni millimetro e curva del suo fisico, le labbra unte. Anche Rebekah da piccina si sporcava di gelato, ma lui sperava che le somiglianze non andassero mai oltre.
Quella sera Katy gli aveva preparato una cena fritta nel burro, poi si era tolta il corsetto, lì, in cucina.
Si era seduta sul tavolo, lasciando che lui la stendesse tra i resti del cibo, alzasse le sottane e giocasse con le dita prima di possederla con forza. Sorrideva, allora.
“Signor Bloom?”
Damon si rese conto che, scortesemente, non aveva risposto ad un primo appello della persona che aveva di fronte; dopo un attimo di perplessità, per fortuna la riconobbe.
“Signora Esther! Quanto tempo, che piacere vederla”. Il suo baciamano non aveva perso efficacia, visto il rossore sulle gote della donna.
“È vestito a lutto, e così…”
“No, stia tranquilla, nessuno di casa. Suo marito come sta, e la sua amica, Hayley Marshall?”
“Mikael sta sempre peggio, quando c’è la luna piena diventa violento, vorrebbe uscire, ma lo tratteniamo. La povera Hayley è quella che ha il maggior problema ora. Sono tre giorni che è in travaglio, il bambino non nasce, ha qualcosa che non va…”
non dovrei, adesso, ma ho terribilmente fame
profumo di dolce, se è buono avrà molto burro, zucchero scuro, fior di farina
sono malvagio
‘sei cattivo, dovrei punirti’
Andie, che gli lasciava segni rossi sulla schiena
le cortigiane sono più semplici, niente preliminari inutili
Katherine per fortuna aveva provato poco dolore: che immane strazio mettere al mondo figli che si sfiniscono ad allattare, che sono spesso frutto di speranze egoiste, che lo stato non aiuta dando a tutti le stesse possibilità di mangiare, di andare a scuola; le donne invece diventano tutte sorelle, in momenti così difficili. Pensandoci, Esther aveva solo un anno più di Katy: sembrava talmente più vecchia, perché la pazzia doveva essere il male peggiore.
“Mi spiace molto, per tutto. Spero che la prossima volta mi darà notizie più confortanti”.
In quel momento, un gruppo di poliziotti passò di corsa, evidentemente in cerca di qualcosa, o meglio qualcuno.
‘Sembrano sempre accaldati, sarà perché si rimpinzano di cibo, poi vanno in branco come pecore; i criminali si catturano più facilmente se stanno assaporando un dessert, anche se sembra che mangino nei trogoli invece che in dei piatti; le donne invece… quando vanno alla toilette sembra che debbano solo incipriarsi il naso’.
Una processione di manifestanti, con una lettera scarlatta cucita sui cappelli per attirare l’attenzione li sorpassò entrambi, portando a Bloom una valanga di ricordi.
In un ristorantino elegante, Giuseppe Salvatore pranzava con Logan, osservato dall’esterno dalla figlia, che questa volta Damon riconobbe con certezza, pieno di sdegno.
E dire che una volta era un dissidente e dei più infervorati; una volta si era ferito mentre la polizia lo inseguiva a cavallo, eppure… la maggior parte di quei facinorosi aveva poi fatto carriera nella magistratura. “Gli invincibili” si chiamavano, se ricordava bene. Gli agenti non facevano paura a nessuno, tranne alle servette, le lavandaie, le cuoche, che poi molestavano nei vicoli bui.
Anche quelle ragazze, però, molte volte erano adescatrici mandate appositamente; dopo del buon cibo e alcol in abbondanza, tutto cambia e diventa roseo. Tranne quella nuvola che stava coprendo il sole
poliziotti vanno, Giuseppe e Logan vanno, Sutton è andato. Hayley andrà?
impedendo il sorgere della città.
strade, case, mattoni, piramidi costruite dagli schiavi
‘Sono stanco è come se oggi mi avessero sbranato; per giunta tutti i passanti mi sembrano uguali, come se fossero dei doppelgänger’.
Il futuro proietta un’ombra sul presente, non solo il passato?
Damon osservò con interesse la vetrata di un ristorante vegetariano, dove si radunavano delle anime elette, evidentemente: dei cibi ispirano la poesia altri la bloccano, ma lui era decisamente carnivoro.
Su quelle strade e negozi, si sarebbe estesa presto un’eclisse, già annunciata.
Pianeti, stelle, sfere di gas, lampioni della strada
‘Anche la luna piena, tra poche notti: non mi è mai piaciuta, è quella dei lupi mannari’.
Eppure, sotto una luna complice, le sue dita si intrecciavano con quelle di Katherine, sensazioni scarlatte come il rosso vellutato del vino degli ubriachi; ma dopo la morte di Trevor, non era più riuscito a stare con lei fino in fondo, versandosi fuori, sulle sue cosce, perché non ci fosse più un giorno così doloroso. L’ultimo sangue corso tra loro, era di un graffio di spillo che lei gli aveva fatto.
Invece il giorno che aveva scelto di rispondere ad Andie, dal giornale aveva avuto altri quarantasette messaggi, uno dei quali da una poetessa, Olive: troppo astrusa per lui, e ora era la nota amante del giovane teosofo Tyler Lockwood, un ragazzo la cui intelligenza era incomprensibile, considerando suo zio, Richard. La caratteristica di famiglia che aveva ereditato, però, era il temperamento sanguigno.
Gli era parso di intravederli, prima svoltando in Rock Springs Road, in bicicletta, lei con una sciarpa color carminio, come le labbra. Tutti cedono ai baci, in primavera.
Bloom sorpassò molti pub, tutti pieni; evidentemente bere era il passatempo preferito dai suoi concittadini: non che disprezzasse, anzi, ma ora aveva semplicemente fame.
Aperta la porta del primo ristorante qualunque, Damon inspirò quello che gli giunse come un tanfo intollerabile. I piatti sembravano maleodoranti, e di più gli uomini che si cibavano come animali; baffi pieni di zuppa sgocciolante, bocche stracolme, un tipo pallido che pareva un vampiro vorace, un altro risputava delle ossa nel piatto.
‘Spero che quando gli altri guardano me, non vedano un tale mostro che mangia!’
Altri aromi peggioravano la situazione: volute di fumo di sigarette dolciastre, birra scadente e perfino urina.
‘Sembra che lottino per la sopravvivenza, coi denti e le unghie: mangia, uccidi o muori, mentre sono solo i poveri animali che aspettano di essere mangiati, il loro sangue è così prezioso… ricordo male, sono i fantasmi a bere sangue umano? I cannibali di sicuro: di che saprà un missionario con sale e limone? Di formaggio grasso? Buona idea, meglio un panino e fuggire da qui’.
Quasi di corsa Damon attraversò Tech Square, entrando nell’Atlanta Grill, un posto semplice ma confortevole. La cameriera, Vicki, lo salutò con fare vezzoso, come sempre quando lo vedeva; era strano trovare una donna a servire in un posto per bene, ma in effetti era la sorella del proprietario.
“Benvenuto, Damon. E Katherine come sta? So che partirà per un tour, la pagheranno bene?”
La domanda non era solo volgare, ma intenzionale. Damon sentì una fitta dentro, mentre all’esterno manteneva un’aria serena.
“Guadagnerà, perché divideranno le quote. Vorrei un sandwich al formaggio, insalata, vino rosso per favore”.
“Perché c’è Niklaus Mikaelson, lui ha proprio gli attributi quando si tratta di far soldi”.
Un respiro, un sorso di vino
“Sì, certo”.
Damon guardò l’orologio con angoscia. Tra un paio d’ore Klaus arriverà a casa sua, e si toccheranno? Eppure, quando Katy aveva accettato di sposarlo, l’aveva fatto per amore, perché aveva compreso tutta la profondità della sua anima, e intuito la sensualità che ribolliva sotto i suoi severi abiti scuri. Come avrebbe potuto farla felice Klaus, la cui noncuranza per le donne era famosa?
“Oggi c’è la Gold Cup, lo sai, vero? Mio fratello non scommette mai, dice che il denaro va speso bene, ma a me piacerebbe. Tutti danno Scettro per vincente”.
Damon non poteva sentirsi più distante da quel discorso fastidioso.
‘Quando tornerò a casa, sarà andato via?’ Lo sguardo dell’uomo si soffermò sugli scaffali del locale: c’erano liquori afrodisiaci come l’assenzio, confetture di bacche color magenta — troppo belle, saranno velenose come quelle delle rose, pericolose e attraenti — grappoli di borgogna. Anche se la qualità del cibo dipende dalle classi sociali, tutti vogliono carne fresca nel letto.
Lui e Katherine, nel bosco fuori città, il suo cappotto come cuscino sotto la cascata di boccoli nocciola, la bocca di lei che sapeva della torta di zenzero appena mangiata, i suoi occhi come viole, le curve piene come la statua di una dea; lui steso col suo peso su lei.
“Prendimi”. Avevano fatto l’amore senza alcun freno, perché non poteva più essere così?
Mentre la giovane apparecchiava, con un tocco al cappello Damon si scusò dell’assenza che avrebbe fatto per lavarsi le mani.
“È Bloom quello?” Matt Donovan era appena uscito dalla cucina con un vassoio di panini col roastbeef, pareva che i clienti non gli chiedessero altro.
“Non lo vedo da un po’, adesso fa l’assicuratore, no?”
“Il procuratore di pubblicità”.
“Forse se la passa male, non ho mai capito quel tipo. È a lutto, hai visto… magari va peggio anche a soldi”.
“No, non è la moglie, e poi…” Vicki si curvò a sussurrare nell’orecchio di Matt con aria da cospiratrice, disegnando con le dita un triangolo, poi mettendole a forbice “è un Libero Muratore;* loro si aiutano sempre”.
“Ma guarda! Però devo dire che è una persona per bene, può bere tanto ma non è mai ubriaco! So che è anche generoso se un suo amico è in difficoltà”.
Sulle ultime parole di Matt, la sagoma inquietante di Markos si disegnò sull’uscio.
“Donovan! Non vedi la corsa, lavori anche oggi? Ho avuto una soffiata, la sfida è tra Scettro e…”
Prima che lo tirassero nella conversazione, Damon uscì rapidissimo, facendo un gesto plateale con la mano.
“Vedi, mi fa cenno, è Bloom che mi da dato la dritta!”
Damon prese una buona boccata d’aria, ricordando, senza poter allontanare quella memoria, Katy che cantava alla luna; chissà se le sarebbe piaciuta la sottoveste di seta rosso opaco esposta nella vetrina dall’altro lato della strada. Stava per attraversare quando un bambino che tastava il marciapiede con un bastone bianco attirò la sua attenzione.
‘È cieco’.
“Ti aiuto a passare dall’altro lato”.
“Grazie, signore”. Non un attimo di diffidenza. Anche Becka si fidava della sua mano, in mezzo al traffico.
‘Che futuro avrà questo ragazzino? Forse farà l’accordatore di pianoforti, sentirà la musica come seta sotto le sue mani sensibili. Saprà che il vino è rosso? Sì, dal sapore. Forse leggerà anche il corpo delle donne’.
Mentre il piccolo lo salutava, Damon vide con la coda dell’occhio qualcosa che gli diede profondamente fastidio, anzi, panico. Il cappello di panama e le scarpe beige di Niklaus, che si incamminavano verso di lui. Non poteva incrociarlo, mentre andava da sua moglie, a fare le sue porcherie.
‘E se avesse una malattia venerea?’
Questo era troppo. Senza riflettere, l’uomo entrò di scatto nell’High Museum of Art, pagando il biglietto e recandosi subito nella sala delle statue classiche. C’era qualcosa, sotto le vesti di pietra trasparente delle dee? Damon ne toccò una, delicatamente, risalendo su quella carne con pace fredda.

Note cap.8
Bloody Mary è il cocktail ispirato alla regina Maria di Scozia; ma in origine si tratta del fantasma persecutore della bambina sepolta viva di una celebre leggenda, che può essere evocata chiamandola tre volte allo specchio. Damon è ossessionato dal ricordo carnale di Katherine, dalla gioventù sacrificata, dal cibo consumato in modo animalesco - cannibalistico  - come suggerito dall’episodio omerico dei Lestrigoni. Nella 3x19 di TVD c’è un personaggio dal nome simile: Scary Mary
*Per via della sua lontananza da alcuni canoni, Damon - come Stefan -  viene sospettato di essere massone.
Scienza: architettura
Organo: esofago
Colore: sanguigno

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** The colors of my mind (Scylla and Charybdis) ***


Documento senza titolo

Un ringraziamento ancora più speciale per voi, 22 amiche arrivate fin qui nella storia: questo capitolo segna la metà del racconto, e in fondo troverete - di nuovo -molte note. Comunico che per via della festa di Halloween, non ci sarò per una domenica, quindi il capitolo 10 sarà pubblicato l'8 Novembre. Scusate! Ovviamente grazie a EchelonDeathbat, Iansom; a charlie997, beagle26, lucy stoker, Fernweh. ___Dobreva 16, robin d; sapete tutto, vero?

American Ulysses, capitolo 9
The colors of my mind (Scylla and Charybdis)

Ore 14:00 -15:00

Non c’era un’ora migliore — a detta di Stefan — di quella in cui gli altri si preoccupavano di mangiare, per pensare invece a cose di altro valore. Joshua Rozan, il bibliotecario, sembrava quasi volteggiare tanto era leggiadro, e viscido, con la sua ansia di compiacere tutti.
“I sognatori falliscono, caro Salvatore, lo sostiene anche Goethe”.
“Certo, finché era vivo; da morto non lo ha più fatto”.
Un sorriso prefabbricato si stampò sul viso dell’uomo, restando inalterato mentre si girava a dare ascolto all’altro interlocutore.
“Io sono più preoccupato di quei sei medici che da anziani hanno voluto riscrivere ‘Il Paradiso perduto’; evidentemente falliscono anche le speranze di onnipotenza terrena”.
è questa sede che abbiamo guadagnato contro il cielo, questo dolente buio contro la luce celestiale?
Da questa parte cadde giù dal cielo; e la terra, che pria di qua si sporse
Tristan de Martel era molto fiero della fama della quale godeva nell’ambiente intellettuale di Atlanta e non mancava di far pesare le sue parole come se scendessero dal cielo.
“Per riscrivere Amleto ne servirebbe uno in più: sette, il numero mistico”.
Né gli cadea su le palpèbre il sonno/Mentre attento le Pleiadi mirava*
“Il nostro caro Stefan quando si parla di Amleto perde la sua attitudine mansueta, vero?”
“È la mia teoria preferita, quella che vorrei fosse riconosciuta: Shakespeare ha rappresentato se stesso come il padre di Amleto, non come il protagonista”.
“Andiamo, sono i vaneggiamenti di uno scolaretto!”
“Concordo.” Tyler riemerse dal suo angolo, dove si era rimpiattato come in una grotta scura. “È tutta accademia, l’arte non è davvero lo specchio della vita; è un falso personaggio storico, dallo spirito informe”.
Stefan sentì il peso della sfida, qualcosa che non amava davvero ma che non avrebbe potuto evitare, se voleva uscirne vivo. “Devi ricordarti, Tristan, che Aristotele fu lo scolaro di Platone, e non mi risulta che essere più giovane abbia nuociuto alle sue capacità”.
“Ed è rimasto l’allievo!”
Il verbo che entra nel corpo, è il vero padre di qualcuno?
Il burro che fa ardere il fuoco di Igni
Tutti questi popoli, sono figli di una vergine?
L’erotismo delle religioni orientali, che consuma un karma dopo l’altro
La porticina laterale della sala della Biblioteca Federale si socchiuse, per lasciar fluire la presenza leggera e dolce di Jeremy, un ragazzo che bazzicava sempre la biblioteca per le sue eccentriche ricerche su argomenti sovrannaturali. Stefan si lasciò andare ad un raro moto di genuina simpatia, era una persona che gli piaceva davvero.
“Che ne pensi, Jeremy, Aristotele non era principesco nel suo eloquio?”
“Sì, tanto più che Platone era futile! Sono passato a dirti che Lorenzo ti cercava, ma è andato via ad aspettarti per pranzo con Parker”.
Stefan si ricordò con imbarazzo di aver boicottato il pasto coi suoi usurpatori, anche se aveva provveduto ad avvisarli; si era anche impossessato del tabacco di Enzo, meglio cambiare discorso.
“Che ne pensi invece del dilemma sull’Amleto? Quando Shakespeare fu sul punto di interpretare il suo stesso dramma, è ovvio che riservasse per sé la parte del fantasma del Re suo padre. D’altro canto il figlio maschio, Hamnet, era appena morto, quindi l’identificazione era naturale. Anche la moglie fedifraga era reale”.
“Oh, signori, andiamo!” la voce di Tyler suonò minacciosa come un ringhio, come ogni volta che perdeva il controllo “basta giudicare l’artista dalla sua vita personale, o magari dalla famiglia difficile; o peggio, dalle abitudini sul bere, o contrarre debiti!”
Stefan inghiottì a fatica, mentre il ricordo rimosso del denaro che doveva a Tyler gli tornava in mente: odiava non essere considerato un essere quasi infallibile, l’unica critica che ammetteva era quella della sua coscienza. Un debito non finisce evitandone la memoria. Certo se ne ricordava, visto che l’aveva escluso dalla pubblicazione di una raccolta di poeti emergenti, doveva essere una vendetta. Per altro — a dispetto della predica del preside Gilbert — aveva speso la paga con una prostituta, un paio d’ore prima.
“Credo invece che Shakespeare fosse Amleto, è un personaggio troppo intriso di riflessioni intime”. Tornò alla carica Tyler, mostrando le fauci.
“Celebra eccessivamente l’omicidio commesso dai personaggi negativi, e ha il fascino puerile dei racconti spaventosi, distante dalle regole della letteratura più alta”. Tristan aveva deciso di smontare le idee degli altri, era evidente.
Ma Stefan aveva deciso di non lasciarglielo fare, era una questione di principio.
“Lo stesso Amleto è prontissimo ad uccidere nel quinto atto, ed è senza dubbio anche una storia di fantasmi: che in fondo sono persone, ma intrappolate dietro un Velo che le separa da coloro che respirano; e il vero Re sarà per sempre il fantasma del padre”.
Sono io o Amleto, che racconto la mia storia a me stesso?
La forza più pericolosa, comunque, non è l’assassinio, è l’amore; è quello che fa nascere i fiori, l’accademia produce romanzetti
“Immaginiamo Shakespeare che esce al mattino per andare a teatro per le prove: per prima cosa prenderebbe delle gallette e darebbe da mangiare ai cigni che nuotano nell’Avon. Poi si preparerebbe al ruolo del fantasma, perché se Hamnet fosse vissuto, avrebbe avuto in quei giorni l’età di Amleto”.
anche mia madre lo credeva, quella che è uno spettro, ora, per la quale non brucia nessuna candela, per la quale i fiori sono appassiti
per alcuni figli i genitori sono fantasmi ancora vivi

Jeremy si alzò dal solito posto per sedersi tra Stefan e Tristan, come se fosse sballottato tra due posizioni ugualmente scomode ma attraenti.
“Stiamo sottovalutando una lettura importante: è un dramma psicosessuale, Amleto è castrato dalla morte del padre, che gli toglie il regno a favore di un altro uomo, indegno: gli ha preso le chiavi di casa, per farla breve, e va a letto con sua madre!”
“Voi cercate di confondermi” Tristan era sempre più alterato “ora tirate in ballo la madre, o la moglie di Shakespeare; non è così fondamentale, le donne per il Bardo erano solo pallide parodie di Venere, meretrici di buona famiglia; in fondo erano attori giovani che interpretavano i ruoli femminili e questo dava a tutto una certa ambiguità”.
“Il genio non ha bisogno di realtà, può crearla, come la verità di Aristotele. In quanto ad essere uomini o donne, quelle di Shakespeare sono anime cosmiche. Forse della stessa sostanza”.**
“Scusate, c’è un signore, all’ingresso” Joshua si era allontanato malvolentieri da quel duello di dialettica per rispondere al suono del campanello di bronzo “Jeremy, può aiutarmi? Vorrebbe visionare delle miniature per cercare un disegno di chiavi incrociate”.
“E noi lo serviremo a dovere, quel gentiluomo, quell’amico di tuo padre, più greco di tutti i greci!*** Sapete dov’era, poco fa? Nell’High Museum of Art, che toccava statue di dee, in ogni dettaglio, ci credereste? Cercava l’altare del suo sacrificio… capisci, Stefan?”
Era proprio da Kai Parker fare un ingresso così: lui non entrava in una stanza, ma su palcoscenico; anche la luce sembrava attraversarlo come se venisse da un altro mondo.
“Sempre Amleto, che tristezza… gli piaceva Ofelia, quindi l’ha fatta morire, invece di uccidere i nemici. Non si parla d’amore, ma di desiderio, di necessità, sei tu che cerchi un significato superiore!”
Stefan si rabbuiò, corrugando le sopracciglia.
‘Tu sei paradossale, ma non cambierai le mie certezze’.
Kai lo fissava con un piacere malevolo dipinto sul viso.
“Parlavi di suo padre, vero? Un genio odia sempre il figlio maschio, ne teme la rivalità”.
L’atmosfera si era addensata di elettricità, ma prima che volasse qualche parola a sproposito, Jeremy si frappose con tono indifferente.
“Sta arrivando anche Lorenzo?”
“Avrebbe dovuto, perché eravamo stati invitati ad un banchetto. Ma siamo rimasti all’asciutto di birra, sofferenti…”
‘Invece ho bevuto da solo, maledicendo il preside Gilbert’, fu la silenziosa riflessione di Stefan.
“Ma poi… ho ricevuto questa Bolla Papale. Perfino in rima”!Kai dispiegò con teatralità il foglietto di un telegramma.
“Mortificato non poter presiedere al nostro appuntamento, vi invito ad attendere più opportuno momento”. Una risata sottile e velenosa si fece strada tra le sue labbra, seguita dallo sghignazzare compiacente degli altri. “Questo per restare a parlare dell’immancabile W.S. Bene, vuol, dire che mentre Jeremy accontenta quel massone, dirò la mia. Tutto l’Amleto narra di Shakespeare che insulta sua moglie, sospetta di chiunque, non regna nel suo letto, ed era bisessuale! Poi, chi ha una tale visione ristretta dell’amore può essere incestuoso, non credete?”
“Sì, sì!” rispose il coro di sottofondo di Tristan e Tyler.
‘Le case sono piene di amori che non osano pronunciare il loro nome’, pensò Stefan.
“Forse quando scriveva era ubriaco, certo pieno di cibi da ricchi: marzapane, miele, vino di Spagna, confettura di rose, comprati coi soldi della moglie. Ma gli costavano cari, non la amava. I nemici di uomo sono nella sua casa”.
Sua moglie e suo padre”, completò l’antico proverbio un’esibizionista Tristan. Loro filavano di perfetto accordo.
“Ma essere creati da un padre è un male necessario, il che non significa che sia un affetto senziente” aggiunse Tyler, con un tono che non ammetteva repliche “infatti, resta sempre il sottofondo dell’invidia”.
“Dovremo fare un riassunto per il giovane Jeremy”, aggiunse Kai. “che è un ragazzo piacevole, sarà nato sotto una buona stella”.
Tu che stella hai, Stefan? Lo Scorpione.**** Nel tuo nome cosa c’è? Una Corona, Stephanos. La indossi? Sì, ma le mie scarpe hanno dei buchi. Se sono un principe, sono Amleto, fantasma di me stesso
“Udite, gentiluomini, il Signore ha parlato a Malachia!” Kai saltò su una scrivania, sollevando le braccia verso l’alto “l’intelletto ha ucciso l’uomo, gli angeli cadono, Santo Stefan è reclamato dal Messaggero!”
Stefan si rassegnò a sorridere, alzandosi per seguire l’amico, volendolo ancora chiamare così.
Tristan strinse la mano a entrambi. “Portalo via, con le sue teorie!”
“La prossima volta, fa venire anche Lorenzo”. Aggiunse Tyler.
Kai fissò gli abiti di Stefan, poi l’ombra di Damon, che accompagnato da Jeremy, era appena passato davanti alla porta a vetri.
“Solo corvi e preti vestono così di nero. Andiamo, su”.
Mentre scendevano la scala a sinistra, Stefan si accorse di una presenza accanto a sé. Damon si era attardato per sistemare meglio il volume preso in prestito, e ora scendeva quasi di corsa, pur essendo sopraggiunto senza far rumore.
Scusandosi, l’uomo passò tra loro nel mezzo dei gradini.
“Attento, Stefan, era alle tue spalle… secondo me gli risvegli certi istinti, si infilerebbe nelle tue mutande”.
Stefan continuò a muovere un passo dopo l’altro, senza convinzione. Kai aveva un’ossessione per individuare l’omosessualità negli altri, senza essersi ancora chiesto se cercare in se stesso, nel suo distacco dalle donne, nell’attaccamento morboso che aveva per lui.
Ma non importava affatto. Quello che sentiva di più, era che Damon, passando tra loro, li aveva divisi come fa il mare che allontana due navi che naufragano.

Note cap.9
*I tre versi, rispettivamente:
Lucifero ne: Il Paradiso perduto; Lucifero ne: La Divina commedia; Odissea, canto V verso 338
**Com – substantiālis (per la chiesa latina, nella Trinità: della stessa sostanza del padre)
*** Greco come ‘amante di ragazzi’ e greco come Ulisse
**** Vero
Stefan (in questo cap. Ulisse, non solo Telemaco) deve “pagare” Scilla dando in pasto alle sei teste del mostro dei marinai, perché sia distratta e non divori lui: così Stefan sarà oppresso da Joshua, Jeremy, Tristan, Tyler, Kai e Giuseppe (non presente), finché sarà’ 'liberato’ da Damon – che gli restituirà il ruolo di figlio
Tyler: il gorgo di Cariddi, Platone / Stefan: la roccia di Scilla, Aristotele
Damon: la figura paterna, Shakespeare, accomunati dal figlio morto e la moglie infedele /Stefan: il figlio, Amleto
Genere letterario: Dilemma bitagliente
Scienza: Scolastica, dialettica
Parte del corpo: Cervello
Colore: nessuno

 

 


 

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Capitolo 10
*** Somewhere, over the rainbow (The Wandering Rocks) ***


Documento senza titolo

Grazie della pazienza, 39 amiche lettrici! Siete aumentate... devo pubblicare ogni 15 giorni? Un grazie sempiterno a EchelonDeathbat, Iansom; a charlie997, beagle26, lucy stoker, Fernweh. ___Dobreva 16, robin d. Sono vostra!

Consiglio di leggere subito le note a fine capitolo, questa volta

 

American Ulysses, capitolo 10
Somewhere, over the rainbow (The Wandering Rocks)

 Ore 14:55 – 16:00

Padre Kieran O'Connell respirò a pieni polmoni l’aria tiepida e gradevole di Giugno. Eppure il motivo della sua passeggiata non era gioioso, doveva riuscire ad ottenere aiuto per il povero bambino di Sutton, così che potesse pagare la retta scolastica.
Appena attraversata Marietta Road, il suo sguardo pietoso fu catturato da un marinaio con una gamba sola; probabilmente proveniva da Savannah, c’erano sempre dei disperati che dovevano rinunciare alla vita in nave e si spingevano in altre città ricche a tentare la fortuna. Però appartenendo ad un ordine che comportava il voto di povertà, non aveva nulla da offrire di suo, tranne la benevolenza.
Tutti lo salutavano con piacere
e come sta il suo onorevole marito?
Che fortuna sapere che un buon collega sarebbe arrivato presto a dargli man forte! Doveva stare attento al suo orologio
tendeva ad andare indietro, come la sua memoria, come la strada che aveva scelto inconsciamente, quella che passava dalla sua vecchia scuola
Fu sorpassato da un uomo elegante, con scarpe di vernice gialla e cappotto viola, che si muoveva come un ballerino, poi da una donna vivace pur se anziana. Sembrava cordiale mentre gli rivolgeva un piccolo inchino, invece era una nota usuraia.
Kieran sospirò. Il Signore farà qualcosa di buono anche per i poveri? Come quel bacon e burro profumati che parevano invitarlo da una bottega, mentre una ragazza gli passava accanto stringendo un cestino con dentro un misero pezzo di pane…
Il manifesto sulla vetrina del tabaccaio mostrava la prima pagina di un giornale che illustrava la tragedia della General Slocum, avvenuta il giorno precedente *, al solito a New York; eppure non era ancora il peggio.
Tutte le anime non battezzate dei popoli selvaggi lo ossessionavano ogni volta che vedeva un’immagine che ritraeva una persona di colore, trascinata in schiavitù dalla sua gente per tre secoli. Che sarebbe stato di loro?
Continuò a camminare, procedendo come nella sua mente
beati immaculati in via qui ambulant in lege Domini
nobili persone, piante semplici, candide nuvole
Improvvisamente una coppia uscì ridendo da un cespuglio: la giovane, che si toglieva fili di paglia dalla veste, arrossì senza parlare.
Nello stesso silenzio, Kieran sollevò una mano, benedicendoli.

Oliver cercò di isolarsi mentalmente, mentre copiava diligentemente — con bella grafia — il referto per il medico legale. Non gli piacevano le bare, pensò, mentre si fermava a salutare dalla finestra padre Kieran che passava, sistemando subito il coperchio imbottito di raso di cotone nero.
Una certa persona, che non osava nominare neanche tra sé e sé, doveva avere qualcosa da nascondere.
La miglior cosa era informarsi, c’era appunto un poliziotto di fronte all’ufficio, non poteva farselo scappare!

Il marinaio con una gamba sola approfittò del suo passo sbilenco per lasciare che due graziose fanciulle lo sorpassassero: gli sembravano proprio le figlie di quel dannato Giuseppe Salvatore, una bionda ed una bruna come la madre. “Che due bellezze, che vi farei!”
La smorfia di rabbia di Lexi Salvatore lo fece desistere, pareva una belva.
Nello stesso momento, Luke, per nulla tranquillizzato dalla sua conoscenza della legge, si domandava quanto fosse rischioso aver lasciato che Atticus Shane si introducesse nel sotterraneo senza un permesso! Poteva solo sperare che facesse alla svelta.
Il marinaio imboccò la 14ª strada, cantando a voce spiegata un verso di ‘We Are a Band of Brothers’. Da una finestra, dalla quale cadde un cartello di cartoncino, si sporse un braccio femminile, per lanciargli una moneta tintinnante.  La mano era bella, e all’anulare brillava un gioiello molto particolare, forse un anello da uomo riadattato come dono. Era grande, in oro bianco, con una D al centro di un ovale di zaffiro.

Charlotte Salvatore si tolse il vecchio cappellino di paglia appena rientrata in casa, con un gesto delicato, mentre Lexi gettava il suo a terra, con ostentazione.
Caroline si girò, curiosa come una gatta. “Avete impegnato i libri?”
“Non ci siamo riuscite, cara”. Charlotte spostò con affetto una ciocca chiara come il Sole dal viso della sorella. Erano così forti, le ragazze: lei era l’unica col carattere di un pulcino bagnato.
“In che negozio avete provato? Quei delinquenti se ne approfittano!” L’ottava della voce della piccola quando era nervosa o affamata — il che coincideva spesso — era così alta che i vicini cominciavano a bussare sulla parete confinante coi pugni.
Anche padre Kieran, passando sotto la casetta, credette di udire un grido.
“Piuttosto, che c’è in pentola?” Lexi era l’altra pragmatica della famiglia, loro due si comprendevano alla perfezione.
“Camicie e sapone, vuol favorire, madamigella?” Sophie stava rimestando nella pentola come se preparasse una pozione magica, il viso serio e fine circondato da capelli castano scuro. “Ma ci hanno regalato anche un po’ di zuppa, per fortuna”.
“È decisamente il momento di andare da nostro padre”.
Caroline era già uscita ad una velocità quasi sovrannaturale, mentre Lexi versava il suo quarto del magro cibo in una ampia ciotola. “Certo non lo troverà lassù nei Cieli!”
“Alexia, che dici”. La voce di Charlotte fu un sussurro pieno di timore reverenziale, del tutto sovrastata dal rumore del cucchiaio che raschiava la scodella.

La commessa del negozio di delicatessen era così simile ai prodotti che stava sistemando, con grazia, nel paniere da regalo, circondato da un lucente nastro di raso.
Pesche vellutate quanto doveva esserlo la sua pelle, pasticcini burrosi come le braccia levigate, susine bionde come le sue chiome, fragole… le labbra accese mentre era preda dell’eccitazione sessuale dovevano assumere quella sfumatura di rosso.
Klaus passò una bottiglia di champagne alla giovane con un sorriso lusinghiero che significava ‘sei una bella cosa’.
Con voluta lentezza consultò l’orologio d’oro, forse appartenuto in epoche passate ad un Re e poi rubato, poi estrasse anche un portafoglio piuttosto rigonfio.
“Spero che facciate consegne a domicilio. Quanto pago, sweetheart?” Che significava chiaramente: ‘quanto costeresti tu?’
“E posso disturbarti qualche volta ad un numero di telefono?”
per stringere il tuo seno che straripa dalla camicetta, sbatterti come un animale e poi svanire come un sogno
“Può chiamare qui, e chiedere di Camille”. La ragazza gli passò timidamente un fiore color del sangue.
“È per me questo garofano? Grazie, dolcezza”. Stretto il fiore tra i denti candidi, Klaus la fissò come se potesse masticare lei, succhiarle la vita e poi gettarla tra i rifiuti.

Il Signor Fiorenzo guardò oltre le spalle di Stefan, distratto da qualcosa.
Le persone aggrappate ai portelli del tram, non hanno paura di cadere?
“Stefan lei ha una bella voce, che peccato che non voglia né cantare né recitare”. Il perfetto italiano dell’insegnante fu imitato in modo discreto dal suo interlocutore.
“Non è una gran perdita, per l’Arte”.
L’uomo fece un gesto plateale con le mani, da bravo latino. “Ci pensi, prometta”.
“Grazie, Maestro, lo farò”. Il giovane, soddisfatto delle lusinghe ricevute, guardò il suo insegnante che inseguiva il temuto mezzo di trasporto, poi si allontanò con dei libri sotto il braccio.

Anna nascose prontamente ‘La dama in bianco’; adorava i libri romantici con un sottofondo di trama spaventosa, era quello che le faceva trarre sospiri e desiderare di intrecciare le dita con quelle dell’amato fino alla fine dei tempi.
Con un certo sforzo riprese a scrivere a macchina.
‘Ma come farà Katy ad amare quello lì? Uff… allora, oggi è il 16/6/1904…’ Gettando lo sguardo annoiato fuori dall’ampia finestra, fu colpita dal poster di una avvenente attrice di teatro.
‘Davvero troppo truccata, è così fasulla’.
Lo squillo del telefono la fece sobbalzare e riprendere dalle sue fantasticherie.
“Salve è lei, signor Mikaelson! Sì, certo, lavoravo. Sì, Tripp Cooke ha chiamato, si troverà alle quattro al Double Tree Hotel, certo. A più tardi”. Neppure il tempo di mettere a posto la pesante cornetta nera ed un nuovo squillo disturbò l’ozio della segretaria di Nikalus Mikaelson.

La luce di una torcia illuminò malamente il cunicolo che correva sotto il basamento del Museo della Guerra Civile, mentre Shane procedeva preso dall’entusiasmo, malgrado il fango gli stesse sciupando le scarpe. Era interessato soprattutto alle pietre scolpite, di solito, ma ora l’idea di reperire un fucile o altre armi ancora funzionanti della battaglia di Dalton lo elettrizzava in modo incredibile.
“Forza Luke vieni, non star lì ad accendere fiammiferi, è pericoloso! Possono esserci ancora delle polveri”.
Il giovane avvocato si accorse della sua stupidità, scottandosi anche le dita: ‘Ma chi me lo ha fatto fare? Non m’importa dei cimeli dei ribelli: di questa guerra non ci libereremo almeno per un altro secolo. Magari Logan Fell scriverà un testo di storia’. “Può tornare con una macchina fotografica, se riesce a reperirla”.
“Grazie, sarei contento! Ora risaliamo, devo consegnare degli appunti di lavoro, purtroppo; mi ricorderò della sua disponibilità. Anzi, se posso farò qualcosa per quel suo affaruccio del debito”.
‘Almeno ci guadagno da questo stralunato’, pensò il biondo, occhieggiando senza simpatia una ragazza che usciva da un cespuglio e si toglieva dei fili d’erba secca dall’abito.

Noah fece ruotare tra le mani tozze un dischetto di ferro con numerose scanalature.
“Vedete, la ruota si sposta tenendo conto delle corse già effettuate e aiuta a fare delle previsioni statistiche”.
“Incredibile!” Matt era stupito dall’acume dell’uomo, sul quale non avrebbe scommesso un centesimo; d’altra parte lui era una persona semplice, voleva vedere le cose con i suoi occhi per giudicarle.
Anche Tripp Cooke era interessato. “E dire che questi metodi li consideravo da megere in nero che si fingono medium. Lo prenderò in considerazione”.
L’uomo uscì dal magazzino, percorrendo la strada con Matt, passando di fronte al manifesto di una bellissima attrice di teatro, volgarmente truccata.
“Sai, Matt? Il nostro Noah è un eroe, pochi giorni fa un tipo è caduto in un tombino, roba da non credersi. E chi è arrivato con una corda e l’ha tirato fuori? Lui!”
“Davvero? Fa piacere scoprire queste cose. Vieni con me a raggiungere Alaric Saltzman? Mi aspetta al bar”.
“Volentieri, solo un momento, voglio entrare nell’agenzia per le scommesse a scoprire a quanto quotano Scettro”. Matt asserì con un cenno del capo, osservando l’altro entrare e rivolgersi ad un commesso.
“Eccomi, ho impiegato poco, vero? Sai chi ho incontrato? Markos, che puntava su un ronzino senza speranza che gli hanno suggerito!”
Girando l’angolo di Marietta Boulevard, i due videro un signore vestito di nero, che sfogliava dei libri esposti su un chioschetto.
“C’è Damon Bloom, chissà che sta comprando”.
“Una volta ha preso un ottimo testo di astronomia, deve piacergli molto”, rispose Matt. “Credo che abbia un lato poetico che nessuno capisce. Era un libro sulle eclissi”.
cum tota se luna sub orbem solis subiecisset
“Gli si addicono”.

Il piccolo Ray Sutton junior uscì dalla bottega di Marcel Gerard con un involto di costatine sotto il braccio, incrociando Tripp Cooke ed Ethan Crane** che — stranamente — passeggiavano insieme in direzione del J.N. Boone Boulevard..
“Se stasera c’è un ricevimento contami, per favore, e anche la mia signora”. Tripp adorava abbuffarsi gratuitamente.
Ethan era un soggetto indisponente, ma la sua altolocata famiglia lo rendeva tollerabile a chiunque, almeno in piccole dosi. “Ti ho detto di quella volta che ho invitato Damon e Katherine Bloom ad una festa? Ti racconto. Io mi occupavo del rinfresco, e ho fatto passare tutti e due dall’ingresso di servizio. Abbiamo bevuto, e tanto… non crederesti come regge l’alcol quel sudista rinnegato. Poi abbiamo sbranato della carne alla brace, neanche fossimo lupi mannari! Al ritorno si cantava, in quella carrozza… Damon era seduto di fronte a mia moglie e le indicava le costellazioni per nome, e conosceva anche tutte le leggende, sembrava uscito da un poema greco. Ma Katherine era il vero astro: era completamente ubriaca, mi sbatteva addosso ridendo ad ogni curva della strada, e il suo seno mi si strusciava sul braccio, così le mettevo a posto la mantellina, la sciarpa, per toccarla di sfuggita, dopo poco ero sull’attenti, altroché! A letto deve essere una gran puledra, fatti servire! Lui pensava alla Via Lattea, io da dove l’avrei succhiato, il latte!”
Tripp non nutriva certo affetto per Damon, ma nemmeno per i discorsi triviali. “Almeno ha una cultura”.
“Uhm… sì, è vero. C’è un tocco d’artista in Damon Bloom”.

Le tre fanciulle vestite solo con un velo scarlatto sembravano occhieggiare in direzione di Damon dalla copertina di un volumetto di poesie erotiche, come se potessero distinguere le mani che stavano sfiorando le loro grazie cartacee.
Anche Aristotele era interessante, però.
La bellezza è la miglior lettera di raccomandazione per una donna
Quante sfortunate pagavano adesso per il loro potere seduttivo, partorendo? La povera Hayley di sicuro, chissà se era salva.
Nascosto sotto una pila di suoi confratelli, un libro di Masoch colpì la sua attenzione. Ovviamente l’aveva già letto.
Alle sue spalle, si palesò l’elegante passo di danza dell’uomo con scarpe gialle e soprabito viola.
C’erano vari titoli che colpivano Damon e tutti contenevano l’accenno ad un rapporto tra padrona e schiavo; il proprietario della bancarella doveva avere una spiccata predilezione per certe storie, oppure erano i clienti a fare il mercato.
“Ella si sentì andare a fuoco nel punto in cui le labbra del suo amante la percorrevano, lasciando una scia di baci lascivi…”
La solita solfa, sì: eppure la sua carne ascoltava quella canzone, rapita come ogni volta, un calore inappagato che lo artigliava fino in fondo alle viscere.
“Lei era bagnata e profumata, sciolta dalla passione…”
Il commerciante invece era untuoso. “Ha scelto qualcosa?”
“Prendo ‘I Piaceri del Peccato’”. Senza dubbio.

La ‘Gallery 63’ era la più famosa casa d’aste della città: non era raro incontrare degli ex benestanti che osservavano i loro oggetti venduti al miglior offerente, ma lo spettacolo di una giovane così attraente e male in arnese non era usuale.
Giuseppe ci mise un po’ a riconoscere sua figlia, era abbastanza alticcio a quell’ora: certamente portava noie, pensò, fissandola con cattiveria.
“Che fai per strada tutta curva appoggiata al muro, sembri una vecchia sciancata, sta’ dritta con la schiena”.
Caroline gli andò incontro fin quasi a gettarglisi addosso, era troppo arrabbiata per contenersi.
“Ti ho visto pranzare al ristorante, padre. Certamente hai del denaro oggi, anche noi dobbiamo mangiare”.
Giuseppe affondò la mano in tasca, cercando fino in fondo, estraendo finalmente un dollaro tutto spiegazzato.
“Ecco facci del tuo meglio, basterà per comprare qualcosa in latteria, no?”
“Me ne servono altri”. Caroline non era timida se doveva tenere un discorso, non avrebbe ceduto per prima.
“Sai cosa sto per servirti, invece? Due schiaffi! Brutta insolente, dopo la morte di Lilian berreste anche il mio sangue, vampire!”
“Per favore, non gridare, si stanno girando tutti”.
“Prendi queste monetine e non fiatare più”. ‘Dovrò tornare a casa, prima o poi’.

Assistere al corteo del Presidente Roosevelt era una grandissima occasione, specie per chi amava dire: “Io c’ero”. Giuseppe cercò quindi di farsi avanti tra la folla assiepata sui marciapiedi di Delkab Avenue, prima che fosse troppo tardi.
Caleb Smollwood ordinò con fierezza un drink piccolo, sentendosi sobrio e probo, mentre leggeva sul giornale la notizia di un’esplosione. ‘Ormai in America abbiamo solo la peggior gentaglia, spazzatura! Nessuno lavora bene. Meno male che io sono un tipo decoroso… devo chiedere a Shane un libro di storia americana. Oh, vedi, oggi hanno seppellito Sutton. E per stare qui a leggere, non vedrò la parata!’.
Anche Giuseppe era in difficoltà, e non si fermò a ricambiare il cordiale saluto di padre Kieran.

La vetrina del gioielliere stava esercitando un fascino inconsueto su Stefan, così poco mondano. Gli piaceva particolarmente l’argento, ornato di lapislazzuli; un gusto tanto gotico di norma lo faceva sorridere con disprezzo.
Rubini come sangue e vino, frammenti di meteore ardenti scavati avidamente dall’uomo.
Gemme sfacciate come donne imbellettate, come notti d’oriente, come il prezzo di un sofista.
Nel riflesso del vetro, al ragazzo parve di scorgere Gloria e la sua aiutante che tornavano indietro dal fiume, il loro passo stanco come il suo cuore.
Dove credi di andare, Stefan? Vago tra mondi immaginari
Meglio spostarsi verso una bancarella di libri, erano qualcosa che comprendeva di più. ‘Il sigillo di Salomone’. Un testo che rivelava incantesimi d’amore?
“Stef?”
Non ebbe bisogno di voltarsi per riconoscere sua sorella Caroline. Era decisamente la sua preferita, quella che gli somigliava di più nell’animo e nel modo di ragionare. Era a lei che nelle sere d’inverno raccontava le avventure parigine, il cuore stretto dalla vista degli scarponcini bucati e logori.
“Porti dei libri, vedo, ne avete impegnati altri dei miei?”
“Sì, dobbiamo sopravvivere”. Non lo stava accusando, lo adorava troppo. Stefan sentì il rimorso afferrarlo tra le sue fauci da vampiro e stringerlo fino a soffocarlo.
La paga di quel giorno l’aveva spesa per bere con una prostituta. Doveva vivere secondo la comune coscienza di un buon fratello? Non ce la faceva. La persona crudele nascosta in lui non lo permetteva, e aveva il controllo della parte buona e colpevole. Se avesse ceduto alla pietà sarebbe affogato con loro, in un vortice d’acqua verde salmastro. Senza ritorno.

Kieran era un po’ dispiaciuto che Giuseppe non gli avesse risposto, ma con la baraonda di quel giorno…
Anche Caleb era teso, non tollerava gli yankees esibizionisti, che erano lì per contestare la sacralità degli Stati Uniti. Se quell’ubriaco all’angolo non avesse smesso subito di cantare ‘When Johnny comes marching home’ gli avrebbe fatto inghiottire la lingua, sissignore!
Per fortuna fu distratto dal suo amico Giuseppe.
“Corri, c’è Wesley Maxfield che sta per entrare a casa di Brady per prendere il mobilio!”
Wes Maxfeld era preparato a ricevere l’odio di chiunque lo incontrasse, ma i suoi oppositori erano più feroci, e si sentiva anche a disagio per l’abito nuovo di elegante panno azzurro, appena pagato, che il sarto gli aveva confezionato di una taglia più grande, sembrava in camice! 
“Vattene, strozzino! Non usciresti vivo da qui”.
Perché la minaccia gli sembrava reale? Wes non faticò ad immaginare Giuseppe che gli puntava un fucile.
“Tornerò, vedrete se non farò il sequestro!” 

Richard Lockwood salutò il poliziotto, con una vigorosa pacca sulla spalla. “Il bambino starà bene”.
Da dietro le tendine del Double Tree Hotel, il capo color oro brunito di Rose, accanto a quello ramato di Sage, formava uno splendido contrasto mentre cercavano di affacciarsi per ammirare il corteo.
Anche Elijah, malgrado la sua discrezione avrebbe dato un’occhiata, ma era più interessato a leggere dei nomi su una lista esposta pubblicamente.
“Forse bisognerebbe coinvolgere Niklaus Mikaelson, lui ha molta influenza”, disse, mentre firmava a sua volta. “È stata una bella iniziativa, almeno potremmo chiedere al fratellastro, Kol. Salve anche a lei!” Alaric era passato di corsa, facendo loro un cenno con la mano.
“Ha visto, Damon Bloom ha firmato per dieci dollari, è stato molto sensibile col figlio di Sutton. Credo sia uno dei pochi che pagherà, in effetti”.
Lockwood non sapeva cosa rispondere e fu grato di poter fingere di non aver sentito per chiamare lo sceriffo Forbes, apparso in quell’istante.
“Ha visto quanto scandalo? Allora faremo una rivendicazione Sudista!”
La marcia trionfale di Theodore Roosevelt li sorpassò senza neppure sfiorarli.

Malachai smise di prestare attenzione a Kol che giocava a scacchi — ovviamente, barando — e tornò a fissare Enzo, seduto di fronte a lui nell’elegante caffè.
“Ordiniamo due rhum? Coi dolcetti? Sono abbastanza sicuro della mia virilità da non dover chiedere un bourbon… a proposito, oggi ti sei perso Stefan che dissertava di Shakespeare!”
Enzo gli indirizzò uno dei suoi sorrisi assassini, maliziosamente. “Il bardo piace tanto agli squilibrati; e non intendo come quello!” Il marinaio con una gamba sola stava incespicando nel marciapiede di fronte al locale.
Kai rise senza trattenersi, amava i giochi crudeli.
“Chissà che fissazione ha”.
“Colpa dell’educazione cattolica, ha paura dell’inferno, perciò non riesce a esprimersi con leggerezza riguardo la morte, non sarà mai un vero artista”.
“Oggi l’ho anche stuzzicato…” Enzo mandò giù il rhum d’un sorso. “Io non ho questi problemi, per un protestante c’è sempre l’espiazione”.
“Già. Ma forse, tra una decina d’anni gli pubblicheranno un libro di poesie”.***

John Eglinton evitò di poco il signor Fiorenzo, ma nell’effettuare questa manovra urtò pesantemente un bambino cieco che procedeva aiutandosi col bastone bianco.
“Dannato ragazzino!” Il piccolo Ray Sutton junior si chiese se il suo fato infine non fosse il peggiore: almeno lui era sano.
Invece la zia che avrebbe trovato a casa sarebbe stata ubriaca e di certo non gli aveva lasciato del cibo. Si fermò ad ammirare il ritratto di una stupenda attrice col rossetto rosso e le gote rosate. Suo padre l’avrebbe picchiato con la cinta se l’avesse scoperto; ma ormai non c’era rischio. Era morto, niente più grida dalla cima delle scale, l’unico rumore era quello del coperchio della bara inchiodato. Il silenzio era ancora più mostruoso.
Scarpe beige lucide e garofano rosso dall’altro lato della strada, senza riguardo per il suo lutto scuro

Il presidente Roosevelt proseguiva il giro in carrozza, per farsi ammirare dai suoi fedeli compatrioti, scortato da Pinchot e Albert Beveridge a cavallo.
Lockwood riuscì a sporgersi per acclamarlo, mentre seguiva il tratto più sporco del fiume Chattahoochee, un nastro grigio nella città.
Giuseppe si sbracciò finché fu certo di essere visto, mentre Cooke si trovò in una posizione più agevolata.
Diretta verso la scuola di suo padre, Elena Gilbert rallentò il passo, ma fu incerta, e perse l’occasione.
La sensuale soubrette che aveva pubblicizzato la sua immagine ovunque, invece riuscì a farsi notare.
Enzo e Kai si profusero in inchini ironici, sbellicandosi di risate.
Il vestito viola e le scarpe gialle fecero il paio con il completo blu, le scarpe beige e il fiore rosso di Klaus, che attraeva le donne.
Ray Sutton yunior, non arrivando a vedere oltre la folla, spintonò senza volerlo il bambino cieco.
Il corteo proseguì, come la vita intorno ad esso.

Note cap.10:
Il capitolo delle rocce vaganti, non esiste nell’Odissea. Ulisse sceglie, tra i due mali, di passare tra Scilla e Cariddi, e non tra le Simpegladi, ancor più pericolose. Joyce ci mostra ambedue le ‘versioni’. La narrazione è divisa in 19 mini-capitoli, in cui i personaggi vagano disordinatamente tra le vie di Atlanta, tra “le due sponde”. Gli strani 5 minuti in più, segnalano per molti critici che il capitolo è formato di 18+1 parte finale, che ha bisogno di un ‘momento extra’.
Le parti principali sono la prima e l’ultima, l’asservimento ai due poteri: “la Chiesa Romana e il potere di Cesare”, rappresentati dal prete e dal Presidente, che a loro modo vorrebbero salvare la loro patria.
* Il 15 giugno 1904 la General Slocum bruciò in un incendio nelle acque dell'East River a New York
** Ethan Crane, come  Caleb Smallwood, è preso dai romanzi delle ghost writer
*** Autobiografico: Joyce si identifica in Stephan Dedalus, protagonista di “Ritratto dell’artista da giovane”
Scienza: meccanica
Parte del corpo: sangue
Colore: arcobaleno

 

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Capitolo 11
*** Where corals lie (The Sirens) ***


Documento senza titolo

Dolci 31 amiche lettrici, grazie di essere giunte anche su questo capitolo! Un grazie sempre più grande a EchelonDeathbat, Iansom; a charlie997, beagle26, lucy stoker, Fernweh. ___Dobreva 16, robin d.,skizzino84. A prestissimo!

 

American Ulysses, capitolo 11
Where corals lie (The Sirens)

Ore 15:30 – 17:00


Rame era proprio accanto a Oro Brunito, mentre un esercito di zoccoli
tak, tak, tak
si allontanava dall’ingresso del DoubleTree Hotel e Ristorante.
Le note metalliche dei ferri distanti risuonavano tristissime come era Bloom.
Miss Rose-Marie Famil portava le chiome d’Oro Brunito legate dietro il capo, con piccoli boccoli sbarazzini che sfuggivano ai lati del volto; sul suo scollo generoso, una rosa.
Canticchiava noncurante, e la sua voce era un richiamo di sirene.
Suadente-ammaliante-straziante-morente
Se le stelle sono luminose/le rose sono odo-Rose
Svaniranno insieme al rumore dell’alba?
Thu!Thu!Thu!
Erano pagate con monete di metallo, che tintinnavano come le loro voci.

Damon vagava perso lungo la strada ancora addobbata con festoni e fiori sui balconi, mentre pensava al contrasto fuori e dentro di sé.
In questo momento gli uccelli cantano, ma starà già succedendo?
Spasimi-palpiti-tremiti
Al galoppo!
L’alletto, a letto
Di notte il chiurlo canta alla luna, mentre io sfiorisco?*
Tutto è più bello quando è profondo, anche i suoni, infatti nelle viscere della Terra c’è l’Oro.
Solo i capelli di seta delle fanciulle sono più preziosi. (Tra l’Oro, vedo scuro!)
Continuò a camminare tenendo ben stretti ‘I Piaceri del Peccato’, nelle orecchie le frasi erotiche che aveva appena letto.
Sage, la treccia Ramata così pesante e folta da doverla spostare ora a destra ora a sinistra, come la coda di una sirena che nuotasse, tamburellava con le dita
clicchéte, clicchéte
mentre riempiva tintinnanti calici di vino, sembrando così lontana e così vicina, come un’allucinazione.
Le teste delle due bariste erano quasi incollate mentre passava il corteo del Presidente.
mentre passava Damon, gettando uno sguardo all’interno, ma resistendo, al momento
Erano ambedue così profumate, inquiete, ondeggianti.
“Il Presidente ci guarda” disse Rose, sfiorandosi il collo con le dita — un punto troppo sensibile per lei — poi le labbra di corallo, morbide, le orecchie come piccole madreperle.
Sage sorrise versando del tè, di cui passò una tazza all’altra;
Rame rubò un riflesso d’Oro nella tazza
la bevanda aveva un’invitante sfumatura arancio pallido, sembrava preparata per un innamorato.
Improvvisamente, le due ragazze, con uno sbuffo, s’inabissarono sotto il bancone preparandosi a tendere qualche trappola.
Quando riemersero avendo catturato l’attenzione di tutti, si aggiustarono un po’ le camicette nere, brillanti come metallo.
Rose stava controllando la sua scollatura.
“Mi sono ab-Bronz-ata, non è orribile?” Specchi d’Oro dietro di lei, decori di conchiglie, vini bianchi e rossi.
“Inoltre mi si stanno sciupando le mani, perché sono sempre in acqua!”
A Sage-Miss-Rame questo discorso entrava da un orecchio ed usciva dall’altro: preferì certo cambiare argomento.
“Hai notato come ci ha puntate Damon Bloom quando è passato? Praticamente uno scandalo, ha certi occhi da folle maniaco!”
‘A me piace come mi guarda’ pensò Rose ‘anche se credo sia un tipo che impazzisce per le vergini; non capisco però se per ammirarle come Dee o ammirarle di sottecchi-sotto-la-sottana’.
“Ho visto Malachai col figlio di Giuseppe”.
‘Altri cantori di vergini indifese’.
La pupilla azzurra d’Oro si fuse un attimo nel bagliore di quella verde acqua di Rame.
Le loro risate, un trillo che chiunque non poteva non ascoltare.
ansimi, sospiri
“Il problema di sposare Damon, sarebbe stato essere tradite ogni giorno, per me ha molte amiche speciali”.
Sage era più dura. “Saresti sposata con un mucchio di difetti!” All’idea cominciò a ridere, senza potersi fermare,
eccitata, il fiato corto
“Ho riso tanto che mi sono bagnata…”
Rose era più dolce, era d’Or-ata anche sotto?

Damon passò di fronte al negozio del padre di Nemmet, che vendeva statue di divinità: non poté che provare appetito, a quella vista.
‘Dovrò pur mangiare, è sempre un tipo di peccato’. Klaus sarà già arrivato a casa mia? No, troppo presto. Ho tutto il tempo di rispondere ad Andie’.
Entrò dal cartolaio, uscendone con due fogli e due buste, per sicurezza.
‘Sono troppo infelice. Che bella quest’attrice che c’è sul poster, sembra una sirena con i capelli a onde. Invece quel cappello di paglia? É Klaus! Potrei seguirlo, di nascosto’.

Rose divenne una rosa pallida.
“Sta entrando Giuseppe Salvatore, un vero flagello”.
L’uomo in questione non si comportò certo in modo da sfatare quel presupposto, filando dritto verso quelle tentatrici. “Miss Rose, ha preso il sole sdraiata sulla sabbia? É così d’Or-ata la sua pelle”.
“Faccia il bravo e le servirò un whiskey. Buongiorno anche a lei, signor Crane”.
Ethan era l’ombra di Giuseppe, quel giorno. “Cara, è passato Niklaus Mikaelson a cercarmi?”
“No…” La giovane appariva svagata nel fornire quella risposta.
“Sai Giuseppe, tuo figlio è un Bardo, ormai; oggi abbiamo bevuto insieme coi soldi della sua paga, che signore!”
Perfino Logan Fell fu interessato a quella scoperta.
‘Che me ne frega? Se mio figlio è stupido e paga, peggio per lui’.
“Miss Rose, il piano ha il coperchio aperto?”
“Sì. L’ha suonato un bambino cieco, sapete? Così commovente, bravissimo. Magari lei sa valutare se è un po’ scordato”.
La mano solitamente pesante dell’uomo provò una scala nell’attimo in cui Klaus
sfavillante/rilucente/quasi Dor-ato
entrava nella sala, precipitandosi da Rame.
“Mia adorata Miss Sage!”
bibite frizzano, risate guizzano, canzoni d’amore sollazzano, uccellini svolazzano
‘Al passaggio del corteo la rosa di Rose è sbocciata, eppure quel Bloom che l’ha vista non è stato conquistato’, rifletté ombrosa Rame-aRom-atica-di-Rose-marino.
Damon sperava di non imbattersi in nessuno di conosciuto, ma quella non era la sua giornata.
“Come sta, Bloom?” Thomas Fell, lo zio di Stefan Salvatore era una persona bonaria, quanto meno.
“Pranziamo insieme, che ne dice?” Damon non poté che sorridere e asserire.
Oro era più bassa di Rame, ma si allungò fin sulle punte dei piedini per afferrare una bottiglia in alto, mostrando il seno gonfio per il respiro affannoso.
“Ho puntato su un cavallo alla Gold Cup, sapete? Piuttosto forte, ma è per un’amica; ci tiene tanto!” Klaus naufragò sulle labbra Ros-ee di Ros-e, in testa la canzone dell’Oceano.


Suonarono le quattro del pomeriggio,
Dlong! Dlong! Dlong!
Damon entrò il più silenziosamente possibile, sedendosi ad un tavolo lontano dal centro della stanza, senza poter evitare che SageRame adocchiasse-i-suoi-occhi blu-Bloom-cielo.
La rosa di Rose e il garofano di Klaus si chiamarono in accordo.
Lui stava insistendo per farla esibire in un giochino volgare. “Dai, suona la campanella per me”.
Rose sorrise, fece scorrere la mano destra sulla coscia tornita e afferrata la giarrettiera attraverso la gonna, prese l’elastico facendolo schioccare e vibrare.
“Che meraviglia!” Tutti si erano voltati affascinati. Rame d’Orato dietro quel bancone.
“Ora ci manca solo ascoltare Giuseppe che canta: una bella aria di Puccini, coraggio!”**
L’unico suono che Damon udiva erano i passi di Klaus che si avviava all’uscita.
“Mio cognato è davvero bravo, sentirà, Bloom!” ‘Peccato che lui ti consideri una nullità, ma siamo in due ad essere esclusi da ciò che è nostro, qui’.
Le sorelle SageRose, esclamarono con una voce sola: “Ecco che arriva Silas, lui potrebbe suonare!”
Il suddetto ragazzo era un tipo insicuro e cupo, ma quando incontrava degli uomini più adulti e si sentiva accettato nella compagnia si faceva spavaldo; era chiaro che avrebbe voluto essere lui il figlio di Giuseppe, una cosa incomprensibile. Ma in generale, riusciva a trasformarsi in quello che gli si richiedeva per risultare gradito.
Si avvicinò al bancone, indicando una bottiglietta di ginger ale, perché gliela servissero, col suo mezzo sorriso tagliente.
“Sapete, una volta stavo andando ad una festa elegantissima e non avevo un abito; chi scopro che vende completi e costumi teatrali? Katherine Bloom. Aveva di tutto in casa, cappe di seta, camicie ricamate, guanti bianchi, bastoni d’argento, completi buoni per presentarsi a corte”.
“È una donna così provocante, sicuro che sia americana?” Rispose Ethan.
“Bulgara, credo. Ma ormai è Katy!”
Damon la immaginò avvolta in una succinta veste di scena, che esaltava le sue grazie, ma temette che Fell stesse avendo la stessa idea.
Rose lo osservava mentre azionava la pompa della birra, che fluì schiumosa sulle sue mani.
Klaus è sulla sua giumenta biondo Oro, impaziente
Dove terminerà la cavalcata? In amore e in guerra tutto è permesso? Katy rideva come un’invasata dopo aver visto Silas uscire da casa col vestito di velluto da gentiluomo dell’ottocento, pensando che la foggia antica gli donasse. Era così luminosa.
“Suono, ma potrei sfondare delle donne, dico… i loro timpani!” Grasso scoppio di risa alla battuta di Silas.
Damon pensò che Rose avrebbe potuto saper suonare l’arpa, come Erin dai capelli d’Oro; o cantare come una fata, una canzone d’innocenza? Nell’angolo c’era Elijah, discretamente in disparte, forse perché non beveva. C’erano anche delle signorine che la osservavano di nascosto, era irresistibile.
Ora è tardi. La donna è più inarrestabile del mare.
Rose mise un coperchio di cristallo sui sandwich, Sage i bicchieri a piramide, baluginii accecanti.
‘Gli italiani cantano così bene, eppure Giuseppe si è rovinato la voce bevendo troppo’.
“The last time that I saw her
Was down the waterside
Oh you ladies short & ladies tall
I love you one & all”***
“Un brano d’opera!”
‘Anche il giorno in cui ho incontrato Katherine c’era musica… facevamo il gioco delle tre sedie, e lei era talmente bella, vestita di giallo ocra, aveva suonato le corde del mio cuore con quegli occhi quasi orientali.
“Fuggirmi io sol non so! Sangue!
Ah! l’abbietto pensiero! "Ciò m’accora!
Vederli insieme avvinti…”
L’Otello. Avrebbe dovuto reagire così anche lui, invece di restare ad attendere di essere un marito tradito? ‘Infine lui ha ucciso un’innocente, io lascio correre la colpa; non sarò mai più felice accanto a lei’.
Sono qui, ad attendere che sia finito.
non verserò il suo sangue
né scalfirò la sua pelle
una volta spenta la tua luce,
o modello compiuto della perfezione di natura,
non so dove si trovi il fuoco prometeico
che la riaccenda
C’è una certa bellezza, nel dolore;
spine di Rose
chi ama, canta: fluirà in musica anche l’accoppiamento di Katherine?
è venuta, ma non con me? Il suo ritmo è lento per il frettoloso Niklaus?
Nell’Otello si muore in scena, qui è morto Sutton, è morto il mio sposalizio
judicandus homo reus
Damon si accorse di picchiettare sul bordo del tavolo
tip-tip-tip
come sfiorando gli immaginari tasti del pianoforte che sua madre gli aveva lasciato alla sua dipartita.
Silas applaudiva, Thomas applaudiva, Ethan applaudiva, Caleb applaudiva, Brady — appena arrivato —applaudiva; labbra di corallo applaudiva, la rosa applaudiva, una birra rossa applaudiva, versandosi allegra?
“Bis! Ancora!”
Se il posso,
tento il filo spezzar delle lor trame,
e insiem fiaccar quell'arroganza infame.
Da che a sposa Caterina


Katy, i capelli sciolti e spettinati: l’ho trattata troppo bene?
La lettera per Andie. ‘Sai che mi ecciti tutto se mi devi punire? Come lo farai? È quello che merito?
Il tempo non passa più, Klaus ne avrà ancora per molto?
Essere o non essere
Peccato che Rebekah non abbia il minimo orecchio musicale, come sarà successo? Eppure, noi…’

Or che intera, e certa appare
la viltà dei traditor,
chiedo al cielo, e chiedo al mare
nuove tempre al mio furor.****

Rose indossava una collana con un pendente realizzato con una grande conchiglia: Caleb la portò all’orecchio per ascoltare il mare; malgrado fossero lontane, lo sciabordio d’onde era perfettamente udibile a RameOro, i loro capelli alghe sulla riva, la pelle imburrata per non scottarsi.
‘C’è un ritmo di danza, ora. Uno, due, tre e quattro. Come il cavallo di Klaus sul selciato? Forse ha fatto tardi, e proprio ora lui sta bussando alla mia porta? È così erotico ascoltare voci femminili che cantano, musica di tutto il mondo. Ma Giuseppe canta una barcarolle?’
Belle nuit, ô nuit d’amour
Souris à nos ivresses
*****
Anche la voce del pentimento è attraente, forse a causa del latino.
Ai preti piace dare la comunione alle donne? Il tipo al cimitero, Young, era come un ratto.
È un peccatore chi canta vicino ai cimiteri? Ed un ragazzo che non si ferma a pregare per sua madre morta, a portare fiori sulla tomba? Gli porterà sfortuna?
Liliata rutilantum
La lettera per Andie non l’ho firmata ‘Flower’. La butto?
Sage è come una rosa rossa,
Rose ha praterie negli occhi, chissà se ricorda un posto lontano.
Katherine si accorgerebbe del numero esatto di persone che la osservano, prese da questa musica ipnotica, come un serpente soggiogato dal suono del fachiro; le melodie orientali sono così belle, purtroppo le apprezzano in pochi, e non lo ammettono. Katy mi domandava sempre tutto quello che non capiva. In effetti, la musica ha bisogno di due ascolti, la donna attraente di uno solo.
For fathers, husbands, sons,
Are the rebels the foe would smite,
And earnest the prayer for those lives so dear,
Damon ricordava più o meno il testo di questa canzone dei Confederati: un giovane che veniva ucciso da suo padre sparandogli a sua volta, perché si erano entrambi travestiti; così sarebbe morto anche il suo figlioletto, l’ultimo della sua stirpe, come lui.
‘Che ingiustizia che Rebekah non possa tramandare il mio cognome. Forse un altro bambino… non potrò odiare Katy per sempre. Amor non odia. Anche se ho la sensazione di aver già adottato qualcuno’.
Le bariste sospiravano per la melodia patriottica, che stava facendo spuntare lacrime su volti impassibili.
‘Queste ragazze sono romantiche in modo vuoto, devono essere vergini. Rose fischietta tra le labbra, ma il suo è un corpo di donna tutto da dischiudere. Non troppo piano. Mi fissa tra le ciglia, con quegli occhi liquidi, mentre la sua mano leggera va avanti e indietro sul pomello della birra.
le dita toccano, scivolano, passano
Tutti si commuovono per un eroe che muore, e per uno che aspetta la condanna, che spera entro un’ora tutto finisca? Adesso, lo so. Devo andarmene da qui’, pensò Damon osservando Giuseppe, Ethan, Brady, Silas e Caleb. ‘Soli, vedovi: quello che non voglio essere’.
Passò di corsa, lasciando Fell con un saluto rapido, mentre la dolorosa preghiera del cantante continuava.
‘Addio ragazze d’Oro Brunito e Rame, mere ombre: le vostre bottiglie, i vuoti a perdere, le consumazioni terminate’.
Fece appena in tempo, prima di un nuovo scroscio di applausi per il tronfio Giuseppe e il suo pianista; Sage baciò un boccale di birra prima di porgerlo a Silas per aver suonato così bene.
“Meraviglioso! Anche ‘L’ultima Ros-a d’estate’ sarebbe bella da ascoltare!”
Damon era già lungo il fiume, cedendo il passo al bambino cieco. ‘Finirò come i cattivi dei Piaceri del Peccato? Sono un po’ pentito di aver dato appuntamento a Lockwood per la colletta del piccolo Sutton…’
Giuseppe si accorse, dopo alcuni minuti di gloria, che Damon era andato via.
“Avete visto, c’era Bloom, lo incrocio da stamane al funerale di Sutton; ci deve aver ascoltati, in fondo sua moglie ha iniziato suonando questo pianoforte… era brava”.
Sul bancone era rimasto solo un pesce, da mangiare.
offerto in sacrificio per noi

Damon era affranto, mentre cercava di distrarsi osservando nella vetrina di un negozio alcuni strumenti musicali. ‘Anche con un filo d’erba si può suonare, con un pezzo di carta, con un pettine
nelle chiome sciolte di Katy
ormai le 16:30 sono passate da un pezzo, è successo tutto.
Alzando gli occhi, Damon vide Kelly, la prostituta del quartiere; era una donna molto attraente ancora giovane; ma non era notte, ché ci si poteva perdere senza colpa.
Soprattutto, era troppo vicino a casa sua, non era giusto.
Dal negozio dell’antiquario, un cavaliere in armatura lo fissava con solennità.
Nello stesso momento, qualcuno entrava nel ristorante, senza subire il fascino di RameOro. Il bambino cieco chiese candidamente se avesse dimenticato lì il metronomo che usava per suonare.

Note Cap.11
Il principale richiamo delle Sirene, nel capitolo, è il fascino evocativo della musica: Joyce citò 57 brani musicali e varie complesse tecniche di composizione.
*Bloom significa: fiore in boccio. Damon trova spesso riferimenti al suo cognome
** Nei romanzi, i Salvatore sono fiorentini, ho scelto un compositore toscano popolarissimo
*** Roller Bower: “shanty” americano
****G. Donizetti: Caterina Cornaro
*****I racconti di Hoffman, di Offenbach
Arte: Musica
Organo: orecchie
Colore: rosa corallo


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Capitolo 12
*** How green was my valley (The Cyclops) ***


Documento senza titolo

Per prima cosa devo scusarmi per il cambio di pubblicazione, diventato di 15 giorni per problemi personali; spero che non smetterete ulteriormente di leggere… Sempre grazie a EchelonDeathbat, Iansom; a charlie997, beagle26, lucy stoker, Fernweh. ___Dobreva 16, robin d.,skizzino84.
Note: É bene ricordare che, dal 10° in poi, tutti i capitoli hanno uno stile particolare: in questo, la voce narrante è una prima persona anonima, e il protagonista del cap.- Il Cittadino - non ha un “vero nome”; credo (ma posso sbagliare ) sia un omaggio al “Nessuno” dell’Odissea.


American Ulysses, capitolo 12
How green was my valley (The Cyclops
)

Ore 17:00- 18:00

Ero lì, che chiacchieravo tranquillamente con l’agente Forbes, mentre un terribile incidente stava per ledere la Mia persona! Uno stupido spazzacamino mi è passato vicinissimo, e col suo stecco poteva cavarmi un occhio!
Quand’ecco giungere, come da terre lontane, quel bel tipo di Lorenzo.
“Che fai qui?” Mi chiese il simpatico giovane bruno, col suo solito sguardo furbetto. “Parli con la polizia, adesso?”
“Già” risposi “ora faccio l’esattore delle  tasse, e ne vedo di tutti i colori. Ho individuato una vecchia volpe, un ladruncolo che non vuole pagare una fornitura di tè e zucchero che ha preso da un anziano agricoltore fallito; sapessi che baccano sta facendo quel taccagno”.
“Sono i peggiori, questi contadini, ancora attaccati alla terra come quando avevano degli schiavi! Magari si ucciderà per i soldi, lascia perdere”.
Venduti prodotti deperibili, consegnati all’indirizzo di TizioCaio, Gentiluomo, residente in Via dei Ladroni n.1; quantità: otto once di tè delle Indie, quattro pacchetti di zucchero raffinato della miglior qualità. Prezzo totale: dieci dollari e sessanta centesimi, che possono essere restituiti a rate, senza alterare la merce sigillata
“Sei per caso diventato astemio?” Mi domandò Enzo, indicando il Krog Bar.
“Solo tra un bicchiere e l’altro!” Ho risposto ridendo, e insieme ci siamo avviati verso quell’ottimo pub, dove si può gustare del liquore di albicocche fatto in casa e incontrare quell’esemplare unico che è il Cittadino.
Attraversammo il mercato, cioè la via più corta per raggiungere Little Five Points, mentre Enzo mi illustrava una certa storia di afta epizootica che aveva ascoltato presso un raduno di allevatori confluiti in città. Oltrepassammo il Tribunale, addentrandoci tra i banchi colorati e ricchi di doni che potevano provenire solo da lande misteriose, abitate da Principi, dalle quali risorgono dopo morti.
Certo nelle sue acque nuotano pesci rari e pregiati: alibut, salmoni, limende, il delfino è un pesce? Allora doveva essere in vendita lì! Gli alberi — cedri del Libano, sicomori — dovevano dare fogliame dorato, sotto il quale fanciulle di rara grazia giocavano innocenti, confezionando merletti con filo d’argento, in attesa di essere impalmate da eroi provenienti da terre esotiche, che le corteggiavano per portarle in palazzi di cristallo al di la del mare. Lì vivrebbero di tributi in cibi prelibati, fragole, dolci… vi abitano solo animali col pedigree, e vi si producono il burro più profumato, i cerali più biondi.
Enzo li guardava come un mucchio di legnaioli e pescivendole alle quali si poteva sollevare la gonna per pochi spiccioli, se intendete: ma il ragazzo manca di poesia!
Giunti finalmente nel Krog, abbiamo individuato a colpo d’occhio il Cittadino, che parlava col suo cagnaccio bastardo, di nome Dixie*; se ne stavano in fondo al locale, come in un antro inquietante e fuori dal tempo.
“Chi siete, che volete?” Ruggì il Cittadino.
“Siamo tuoi amici”, rispose Enzo senza scomporsi, mentre si aggiustava il cavallo dei pantaloni, mostrando la sua finezza inglese “Come va oggi? Pago io da bere, battezziamo il suolo nazionale; birra per tutti!”
“No, Enzo, pago Io!” Niente da fare, ormai era andata e il Cittadino sembrava contento, Enzo gli andava a genio, con la sua attitudine ribelle. Si stropicciò un occhio, battendo poi la mano, che pareva più una zampa, sulla coscia.
“Troppi stranieri! Non mi piace la situazione che ne dite, amici?” Tuonò.
Sì, perché non poteva essere descritta diversamente la sua voce, che sembrava un suono di tamburi di guerra. Il Cittadino era alto come una montagna, largo di spalle come una vallata, le braccia parevano mulini a vento, le gambe tronchi di quercia, le ginocchia, rocce. I lunghi capelli rossicci e sporchi erano intricati alla barba dandogli l’aspetto di un orco; i peli spuntavano perfino dal naso e dalle orecchie, tanto ne era ricoperto. Gli occhi erano malati, chissà se ne avrebbe perso uno, prima o poi… la bocca era una caverna dalla quale si liberava un alito incredibilmente fetido.
Anche il suo abbigliamento era invero peculiare; il completo era fatto di pelle piuttosto grezza, con un taglio irregolare che lo faceva sembrare un pastore arcaico: alla cintura erano attaccate tante medagliette, sul genere degli ex-voto, che rappresentavano i più importanti eroi. Lafayette, il Generale Lee, Andrew Johnson, Jefferson Davis, Nuvola Rossa, James Fenimore Cooper, Herman Melville; quindi il capitano Achab, Whillie la Balena cantante, l’Elefante danzante, il Grillo parlante, Yellow Kid e
last but not least! William Shakespeare. Il suo bastone da passeggio aveva le dimensioni di una clava, e nessuno avrebbe incontrato Dixie di notte senza provare timore: pareva davvero un lupo mannaro.
“Willy, un giro di birra, pago Io!” dissi all’onesto Will Kinney, gestore del pub.
“Perché, hai rubato le elemosine in chiesa?” Berciò Enzo, fastidiosamente.
“Sei tu, Lorenzo, che hai l’occhio malizioso”.
“Morti, matrimoni, che schifo!” Il Cittadino leggeva il giornale — il che era già tanto — con la faccia disgustata, alzando gli occhi al cielo.
“In tutti e due i casi, meglio loro che noi”. Enzo aveva la risposta pronta, il delinquente “comunque non c’è un morto pure qui?”
Lucien Castel, che si era appisolato e russava lievemente, si svegliò con le risate che ci stavamo facendo alle sue spalle, gettando occhiatacce in giro. “Ti querelo per disturbo alla quiete pubblica” — Enzo aveva proprio una faccia da schiaffi — “come quando ho detto alla polizia che il Cittadino prende a calci il cane!”
“Certo, ti credo… Will, una birra, devo svegliarmi”.
Ed essa fu spillata con tutti gli onori; quel nettare degli Dei, quel sollievo del genere umano, figlia dei campi di grano, orzo e luppolo, quel fiume dorato dalla schiuma soffice, la stessa da cui nacque Venere!
In quel mentre la porta si aprì, facendo passare la sagoma poco impressionante del giovane Henrik, un altro frequentatore abituale di bettole; forse aveva già bevuto, perché aveva una cera da cadavere.
“Voi non sapete! È stato avvistato Sutton! È accaduto mentre dei bambini tormentavano il figlio, leggendogli la lista di alcuni condannati a morte, è davvero orribile”.
“Ma è deceduto, cosa dici?” replicò ansioso Will.
“Appunto… è il suo fantasma! L’ho visto ora, coi miei occhi!”
“Troppi gin, così lo vedrei anch’io”. “Enzo, non giocare su questi argomenti nel mio bar”.
Ma ecco, che come si confà alle ombre inquiete, il pallido spettro del fu Ray Sutton si palesò proprio tra coloro che lo stavano evocando in quella inconsapevole seduta spiritica. La luna crescente, che sarebbe stata piena quella notte, l’aveva richiamato? Eppure respirava usando il plesso solare, e pareva asservito a esseri assetati di sangue. Era invero lì, ma come il riflesso di uno specchio. Di cosa poteva necessitare, da chiedere aiuto ai suoi fedeli amici? Confort per l’Aldilà? Scaldabagno, tazze da tè, o favorucci sessuali?
“Oh, viventi, che qui vi trovate… per prima cosa, vorrei una birra!” La richiesta fu presa in gran considerazione, e mentre Marte si allineava a Giove, essa venne mesciuta con solerzia. “Noi defunti proviamo gran sollazzo nel parlare coi vivi; ma badate che Oliver non faccia stupidaggini col conto della mia bara”. Tutti promisero con la mano sul cuore, aggiungendo che avrebbero vegliato come padri sul piccolo Ray junior; fu così che lo spirito poté avviarsi verso la Luce, esattamente in direzione degli Appalachi.
Tutti si ripresero con fatica da quella prova, e Lucien era il più nervoso. “Dio è semplicemente crudele, si è sbarazzato della cura di noi umani, per prendere Sutton così presto”.
“Basta, ho detto mille volte di bestemmiare fuori dal mio locale!”
“La terra lo piange, ma c’è di peggio” replicò il Cittadino “vedo passare Damon Bloom qui fuori, chissà che affari può avere”. Mentre grugniva quelle parole, il mostro estrasse un dollaro bisunto dalla tasca, sventolandolo per mostrare il ritratto di Washington, e con ulteriore ostilità, l’occhio sulla piramide massone sul retro. “C’è anche quel cornuto di Adrian, con la moglie, quella puttana tutta agghindata per la messa! Gli manca solo di andare a letto con la suocera, tanto anche lei…”
La frase fu interrotta dall’entrata decisa di Damon; era stato incerto se evitarli, di non bere il calice amaro fino in fondo, ma non gli andava più di tirarsi indietro. Appena messo piede all’interno, fu accolto dal ringhiare ostile di Dixie, ma non gli badò, gettando i suoi occhi azzurri alla ricerca di qualcuno. “Buonasera, sto aspettando Richard Lockwood”.
“Momento sbagliato, ma giusto per altro” si fece avanti Enzo “ti offro un bicchierino”.
Io avevo sentito poche volte l’inglese insistere tanto per dare da bere almeno un goccio pagato da lui, ma sembrava che di fronte a Damon non potesse esimersi. Alla fine si arrese, quell’eccentrico di Bloom voleva restare sobrio.
“Parlavamo di decessi, e appunto oggi ci sarà la decisione riguardo una condanna a morte. Ormai non ci sono più boia professionisti, sono barbieri che sgozzano le vittime, che muoiono dissanguate”.
“Però da una parte il sangue non scorre via, cioè dall’attrezzo!” La risata grottesca del Cittadino scosse le mura del locale.
“Ah! Omnia vincit passionis!” Enzo avrebbe dissacrato qualunque cosa.
“In realtà è una faccenda meccanica” rispose quel so-tutto-io di Bloom “con la trazione della fune, la spina dorsale si spezza almeno in un punto, così stimola i centri nervosi, che dilatano le cavità dei corpi cavernosi. Così si ottiene un’erezione morbosa”.
Che fosse un termine medico o altro, ho visto certamente gli occhi di Enzo brillare ascoltandolo.
“Gli unici veri uomini sono stati i combattenti della Federazione! E prima di loro, i soldati della guerra del Messico! Tutti i vostri discorsi mi fanno vomitare, ecco cosa ne penso!” Il Cittadino sputò in un angolo, facendo guaire il cane per la paura.
“Povero Dixie, vieni… dai la zampina…” Will era buono con i cani, solo lui poteva avvicinare quella belva senza paura; presa una scatola di latta, allungò al famelico animale alcuni biscotti che erano rimasti invenduti.
Il Cittadino sfidava Damon con gli occhi, mentre sollevava un boccale grosso come una botticella. “Brindo ai nemici, perché li ho di fronte!”
Un entusiasta Enzo assistette al duello virtuale, mentre
campane a morto
colpi di cannone
marce funebri
Sturm und Drang
piaghe nelle cateratte celesti
sottolineavano quell’attimo. Normalmente Damon avrebbe temuto di essere letteralmente divorato dal gigante, ma vi garantisco che quel giorno qualcosa stava cambiando, in lui.
Per fortuna Damon era sopraggiunto dopo che il Cittadino aveva riportato il commento di Logan Fell su di lui che circuiva la signora Esther per portarsi a letto la nipotina, Freya.
Mi ricordo bene la festa che si fece per l’ultima impiccagione, in città, c’era proprio una bella compagnia. Kai Parker e Lorenzo avevano fabbricato delle bandierine di carta con le stelle dell’Unione, e dei piccoli impiccati di paglia e li vendevano a chi era così stupido da comprarli. Gli orfanelli assistevano dalla finestra all’edificante spettacolo, mentre sul palco d’onore si trovavano le autorità. Il Presidente Altissimo, la sua signora Quanto Sono Bella, il Vicesindaco dei Miei Stivali e l’Illustrissimo Vescovo di Sbafolandia.
Tutti rattristati per la barbarie, ma erano lì. Nell’attesa dell’esecuzione scoppiò un parapiglia e se non fosse stato per l’ufficiale di turno, ci sarebbero state botte da orbi! Infine, Ansel, il capo di un gruppo di banditi amato dal popolo, salì i gradini del patibolo con un fiore scarlatto tra le labbra, e sangue su tutto il corpo. Tutti applaudivano e pregavano in tutte le lingue, in ginocchio. Sugli occhi del carnefice, un elmo, dono degli ammiratori. La sua sposa si recò a dargli l’ultimo saluto, e non c’era più un occhio asciutto per la commozione! Quand’ecco un giovane prostrarsi ai suoi piedi donandole un teschio d’oro per chiederla in moglie. Non era ancora vedova, ma che doveva fare? Accettò, tra il giubilo dei convenuti!
“Dannati rammolliti e finti inglesi, o finti patrioti! Nessuno che sia un fiero tradizionalista, qui!” Il Cittadino si trovava tra Me, Enzo e Damon ma era chiaro che mirasse a lui; anche Dixie lo puntava con occhi iniettati di sangue, sapendo che il suo padrone si godeva il panico che ispirava.
“Coraggio, beviamo tutti” Enzo era di buon umore “offro ancora io”.
“No grazie, sono qui solo per Lockwood, è per la colletta per il figlio di Sutton”. Offensivo, dico Io!
“Ci guadagna anche la moglie?” Domanda legittima, anch’Io mi ricordavo di una volta in cui Damon vendeva biglietti per la festa dei Fondatori senza permesso. Se si trattava di beneficenza, era capace di imbrogliare, che roba. Prima che potessi esprimermi, Enzo mi rivolse una strana domanda. “Che ne pensi di candidarti sindaco? Saresti bravo con questo tipo di gestione”.
“No, grazie, c’è già Alaric Saltzman che si è proposto e credo abbia buone possibilità, domani partirà per un giro di campagna elettorale in tutta la Georgia; preferisco partecipare al raduno degli allevatori”.
“Un crucco! Odio i tedeschi, non mi fido della loro aria amichevole”. Non posso dire che non me lo aspettassi, il Cittadino detestava tutti.
Damon era estremamente nervoso, a quel punto. Enzo stava offrendo da bere col denaro che avrebbe dovuto restituirgli, Saltzman non sarebbe stato presente per aiutarlo col famoso affare della pubblicità con le chiavi, e certamente i metodi che avrebbero proposto per curare gli animali sarebbero stati spietati. Fece quella cosa con gli occhi, involontariamente.
“Se invece andassimo ad assistere a qualche sport nazionale?” Propose Enzo, che era una fucina di idee.
“Nazionale? E che ci è rimasto? Forse il football, ma non abbiamo campioni, Jacobus Thorpe non è americano, è un misero cecoslovacco! Comunque quest’anno non si giocherà per i troppi incidenti agli atleti, che schifo! Non sono degni di usare la nostra maglia!”**
“Ci sono altri sport” ribatté Damon “per esempio il pugilato; è un tipo di competizione molto antica, ed è popolare in Inghilterra, può interessare a Lorenzo”. Non l’avesse detto!
“Niklaus Michaelson punta sui pugili, quel figlio di un traditore, e ci si riempie le tasche d’oro”.
Ecco, non avrei potuto dir nulla, perché Io e Klaus imbrogliamo insieme, agli incontri!
“Vi ricordate l’incontro di Jeffries contro Fitzsimmons? Gli ha chiuso per sempre l’occhio destro, eppure era sfavorito… non mi fido! Klaus sa fare soldi con tutto, d’altronde. Ora ha organizzato un bel tour per l’estero, no? Bloom, c’è anche tua moglie?” La voce del Cittadino era più sgradevole, se possibile.
È stato allora che ho capito. Damon rispose qualcosa per minimizzare, ma io ho l’occhio fino. Soffriva, e molto, e questo significava che Katherine era invischiata con Klaus, che lui se la stava spupazzando proprio in quel momento. Aveva ragione quel pettegolo di Logan, stavolta.
Ma chi irrompe, con la sua aria distinta? Shane, erede di ottimo casato, col Dottore in Legge Luke, che generosamente, posto piede sul suolo da Noi calpestato, ordinava da bere per tutti! Questo era un onore, perché Luke frequenta solo gente distinta, che indossa frac con la gardenia all’occhiello, e monocolo.
“Che noia legale sono le lettere anonime, amici. Se poi sono di insulti alla moglie di Sutton…”
“Non dovresti parlarne, è rimasta vedova ieri”. Damon non aveva alzato la voce, ma non era necessario, aveva sferzato l’aria solo con l’intenzione; davvero, non lo riconoscevo. Mentre il Cittadino lo squadrava come per prendere le misure della bara, Will ed Enzo ridacchiavano sfogliando una rivista pornografica. “Che bel cespuglietto ha questa sporcacciona… e mi piace molto anche la sua gola così bianca”. Io mi sarei interessato, ma in quel mentre, con aria funerea, Ethan Crane entrò in compagnia di Jesse, un giovanotto da poco, a parer mio.
Il Cavalier Crane si fece innanzi, con l’armatura coperta con l’Orifiamma: nobile era il suo sembiante, tra tutti i paladini. Con reverenza si chinò tre volte in omaggio al Signor Suo, capo di tutta la Georgia, raccontando in qual guisa i Re avessero pregato gli Dei per la sua buona salute, acciò che potessero sperare nella sua guida chiara e onesta negli affari di Stato.
“Ogni scelta è assurda” aggiunse Luke “tanto decaduto un politico, ne arriva uno peggiore. Dovremmo sceglierli da lontano, col cannocchiale. Non so neppure che programma dovrebbero portare”.
“Credo che dovremmo abbandonare le colonie che si fondano sulla schiavitù, visto che per fortuna l’abbiamo abolita qui”.
Il Cittadino avrebbe infilzato un paletto nel cuore di Damon, sicuro! “Non siamo stati noi, ma gli yankees! Viva il Ku Klux Klan! Meglio gli inglesi allora, almeno hanno l’arte, una cultura, quelli sono spazzatura! E fornicano con la nostra patria adultera… alla morte dei nemici!” Esclamò, alzando nuovamente il boccale.
Le cose si mettevano maluccio, eh! “Ethan che è successo alla Gold Cup?” Ho chiesto Io per alleggerire gli animi.
“Non ci crederete! Ha vinto Gettarvia, quel brocco perdente, anche se Klaus aveva puntato su Scettro, e lui sa cosa fa. Quel cavallo che pareva da gettare, ha vinto sullo Scettro di Klaus!”
“Se ne farà una ragione”. Damon era contento, altroché. Lo capivo benissimo.
Il Cittadino era di diverso avviso. “Non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere… è stato un accordo, sicuro. Siamo dei venduti… dov’è la civiltà del Cotone? Caffè, frutta, vino, lino, tabacco, canapa, segale; quanto ci devono i nordisti come debito di guerra? Le foreste distrutte, le case bruciate? Piuttosto, che i nostri occhi guardino all’Europa”.
“Come quando vi siete ribellati a Giorgio III? Senza rancore”. Enzo non si sarebbe fatto il sangue amaro per qualcosa che non lo toccava di persona, ma gli piaceva fare il gradasso.
“Forse Bloom ha ragione” ribatté Ethan, sapete che sono stati bruciati vivi dei neri? È disumano. Credevo che i peggiori fossero i Capitani della Marina Militare: insomma, con le frustate ai marinai per ogni errore, cose del genere”.
“Sono leggi fatte a Boston!” Tuonò il Cittadino. “Maledetti, puniscono con la frusta, anche con lo stupro, secondo me”.
“Penso che la disciplina militare sia durissima ovunque, e non hai prove di quello che insinui”. Niente, Damon ambiva di finire sbranato! Sempre a contraddire, ora ci mancava che lo invitasse a giocare a freccette, sapendo che non aveva una buona vista. Shane e Lucien aggravarono la situazione.
“Se ci fosse un’altra guerra vinceremmo noi: siamo più grandi, più meritevoli, prenderemmo anche la Luisiana ai francesi! Un altro giro, Will! Bevete tutti, vero?”
Io ero più tranquillo, ma Damon era inarrestabile, cercava la lite. Quella vera.
“Il punto è un altro; basta guerra e persecuzione, una Nazione vuol dire vivere insieme, nello stesso posto”.
“E quale sarebbe la tua nazione, Bloom?” domandò il Cittadino, fumando dagli occhi.
“America, sono americano con origini ebree, e ne sono fiero. Non serve odiare tutti per essere un buon sudista, chi sei tu per giudicare?” Damon per un attimo aveva una faccia da assassino, davvero; ma crollò subito, lasciando esposta solo la bellezza del suo viso. “Gli uomini non possono vivere per l’odio, ma per l’amore. Sai, il suo opposto”.
Io stavo per bruciarmi col mio sigaro, parola!
“Vado a cercare Lockwood, è tardi; per favore se passa qui ditegli di aspettarmi”.
“Amore! Come una femminuccia, perché è un debole, altro che Romeo e Giulietta, uno così è un ladro!”
Io non desideravo trovarmi in un lago di sangue. “Enzo, brindiamo alla felicità di tutti”.
“Un attimo!” esclamò Ethan “ho capito! Damon ha vinto ai cavalli, ecco dov’è andato, a ritirare una grossa vincita: ho incontrato Markos che voleva puntare come gli ha suggerito, e… gli ho fatto cambiare idea… e non offrirà niente; quando ha dei soldi dice sempre che sono per la figlia
poi tirò fuori oggetti d'argento, oggetti d'oro, vesti e li diede a Rebekah
così se li tiene, quel dannato figlio di un suicida”.
Io mi ero deciso a correre via, quand’ecco che sopraggiunge Richard Lockwood, accompagnato dal gentile Elijah.
“Oste, che puoi imbandire sulla nostra tavola acché ci rifocilliamo?” Proferì Elijah, colui che era di bell’aspetto, ma che poteva infuriarsi all’improvviso.
“Per Vostra Grazia, propongo un pasticcio di fagiano in crema freschissima, fette di pollame allo spiedo, minestra di uova con noce moscata, testa di cinghiale alla brace, torta di frutta candita, vino del Reno, pane di farina bianca, liquore di ciliegie, quello che la mia povera cucina ha da offrire”. “Ciò mi aggrada, brav’uomo, servici pure”.
“Non c’è Bloom?” Chiese purtroppo Lockwood.
“No, è a truffare i poveri”, disse Shane “quell’Angelo Vendicatore dei soprusi. Sapete che è strano, era così fissato col bambino che poi gli è morto. Una volta l’ho visto comprare cibi per neonati, ci credete?”
Sulle labbra sensuali di Enzo si dipinse un sorriso ambiguo. “Chissà se Damon, con la moglie… pratica l’altra strada, di preferenza”.
“Ha avuto due figli, non essere volgare” Elijah era sempre un signore.
“E chi è il padre?” Ho detto Io, per stare al gioco.
“È scappato per non pagare, il giudeo!” Dixie sottolineò con un ululato terribile le parole del padrone.
“Basta, sono stanco” Richard Lockwood aveva compreso che la situazione era scottante “Dóminus vobíscum. State insultando un assente”. Avrebbe anche ottenuto il suo scopo di pace, ma Damon tornò proprio in quell’istante.
“Ecco il nostro uomo… o non dovrei chiamarlo così?”
Richard non disse nulla, ma con presenza di spirito afferrò Damon per una spalla, mentre Elijah lo bloccava con una mano sul petto, riuscendo poi a trascinarlo fuori. Salirono su una carrozza
che era tutta d’oro, come una barca tirata da delfini, accompagnata dalle risa di ninfe e ondine che guizzavano nella spuma sulle fiancate; e così il Profeta Elia, insieme al figlio del Sole e della Luna, bello oltre l’immaginazione, ascese verso il Cielo
Il Cittadino non era di quell’idea! Corse verso la porta sbraitando, cosa che mi imbarazzò molto, perché i passanti si fermarono a curiosare: presa la scatola di biscotti, ormai vuota, tentò di mirare alla testa di Damon, ancora sporto dalla carrozza, ma il Sole gli andò negli occhi!
“Mi ha accecato! Lo ammazzo, dov’è? Dixie, prendilo!”
Mentre Enzo e Shane si rotolavano dalle risate fino a piegarsi sul pavimento, la scatola rimbalzò a terra
e davanti a mille testimoni oculari, ne seguì un’immane catastrofe!
Oh, l’orrendo rumore, il terremoto che squarciò la terra per leghe e leghe!
La distruzione avrebbe annientato quei piccoli esseri umani, ridotti in briciole anzi.
Lo spavento, i lutti, le ceneri fumanti!
Io ero contento, non volevo il Cittadino in galera ed Enzo con lui come complice, con chi mi sarei ubriacato?
Damon si sporse dalla carrozza ormai lontana. “Sarò io, alla fine, a salvare questo posto, io e quelli come me!” Adonai ehad! E sparì dalla vista di Noi persone indegne.

Note cap.12:
*Dixie era il cognome di un possidente sudista, così avido di terra da diventare un sinonimo di “terra del Sud”
** Vero: nel 1905 il campionato fu sospeso per i ripetuti incidenti anche mortali agli atleti
Tecnica narrativa: Asimettria allineata, discorso partecipato
Genere letterario: fiaba, racconto comico
Scienza: chirurgia
Organo: ossa, muscoli
Colore: verde brillante

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Capitolo 13
*** Gray, gray, my life is gray (Nausicaa) ***


Documento senza titolo

C'è ancora vita su Marte, perché avete letto in 33 il capitolo scorso: grazie! Siamo a due terzi, coraggio! Grazie sempre più immensamente a EchelonDeathbat, Iansom; a charlie997, beagle26, lucy stoker, Fernweh. ___Dobreva 16, robin d.,skizzino84.

In questo capitolo, abbiamo un “salto” di due ore, passando bruscamente dalla parte della giornata che è stata la Sera, alla Notte (schema Linati).
Ho scelto per le tre amiche Elena, Bonnie e Meredith in omaggio ai romanzi: per altro, hanno tutte 17 anni.
Lo stile della prima metà del capitolo è quello dei ‘giornali per signorine’  d’epoca, coi loro consigli di bellezza, e dei feuilleton


American Ulysses, episodio 13
Gray, gray, my life is gray (Nausicaa)

Ore 20:00 – 21:00

Il Sole stava dolcemente tramontando sulle sponde chiare del Chattahoochee, donando riflessi perlacei alle sue acque trasparenti, e accarezzando con dita gentili il tetto di una chiesetta, costruita con un basamento di ciottoli di fiume, e pareti di legno verniciato color grigio scuro.
Era dedicata a Maria, Stella dei naviganti, e i barcaioli e le loro famiglie le erano molto devoti.
Il fresco vespertino stava invitando tre fanciulle a godersi quell’attimo fatato in cui il giorno sussurra un gentile ‘buonasera’ e lascia il passo alle piccole tentazioni dell’oscurità.
Respice Stellam, Voca Mariam
Il nome della prima ragazza era Meredith, una brunetta vispa e intelligente, la migliore della sua classe nell’Istituto per Signorine da lei frequentato. Amava leggere e studiare, e anche aiutare suo padre, un medico veterinario. Forse aveva qualche lacuna nel cucito e nel ricamo, ma come muoverle rimprovero? Era così compita e affidabile… in fondo aveva tempo per imparare.
Con lei, quella che era la bambinaia dei suoi fratellini, due amabili discoletti che rispondevano al nome di Fred e George.* Si chiamava Bonnie Bennett**, ed era l’unica nipote della lattaia del quartiere, la signora Sheila. Rimasta orfana in tenera età, era stata cresciuta come una compagna di giochi della piccola Meredith e adesso svolgeva l’impiego di governante dei piccini con grande solerzia.
Si capiva subito che non le pesava, era portata da un forte istinto materno a curarsene con affetto e dedizione.
Meredith accennò una risatina che fece rilucere le sue labbra sempre atteggiate in un broncio serio; forse anche merito del burro di cacao, quel tesoro ricavato dai semi pregiati importati dal lontano Ghana? Comunque, Bonnie stava inseguendo i gemelli giocando con loro con una bella palla a righe rosse e azzurre, facendoli divertire come matti.
“Bonnie, adesso voglio fare un castello con la sabbia e i sassi!” dichiarò George “uno come la torre del Generale Sherman!” La giovane lanciò un’occhiata poco benevola alla costruzione: tutte quelle scale… sua nonna ogni giorno portava il secchio del latte a tre nullafacenti, che a stento la saldavano una volta a settimana. Le avrebbe imposto di escluderli dal suo giro, odiava i succhiasangue.
“Fred? Tu non vieni?”
“No, io no…” Meredith si avvicinò al fratello. “Perché preferisci restare con Bonnie, la tua fidanzatina?”
“Noooo…” Bonnie si lasciò sfuggire un sorriso malizioso, che fece brillare gli occhi verde lago, così rari nella sua complessione, con l’epidermide color cioccolato e scuri ricci sbarazzini. “La sua fidanzata è Elena”.
È così bella, Elena, dalle braccia sottili
ora pro nobis
divina tra le donne
ora pro nobis
simile, alla vista, alle dee immortali***
ora pro nobis
impressione di mare tranquillo senza vento, quieta immagine di gioiello prezioso, molle dardo degli occhi, fior di desiderio che morde il cuore
ora pro nobis
Davvero una gran fortuna, aver avuto in dono una bellezza quasi perfetta, tale da interpretare sempre la Dea greca nelle recite scolastiche, suscitando moti di gelosia nei piccoli cuori delle altre bambine, che contavano sulle loro chiome bionde per essere le prescelte.
Da adulta aveva avuto poche amiche, infatti, ma queste le erano davvero affezionate.
Se fosse stata anche ricca, sarebbe parsa una vera principessa. Ma ad un osservatore attento non sarebbe sfuggito che non era quello il problema.
Alla cara Elena mancava di incontrare un amore che la consumasse, che le togliesse il fiato; un pizzico di avventura e perché no? Un’ombra di pericolo.
Aveva imparato da un utilissimo articolo del Cosmopolitan Magazine che per far apparire le ciglia più lunghe e arcuate bisognava tagliarle una volta l’anno il giorno di luna nuova, e bagnarle con olio, bevendo ogni giorno molto latte e mangiando uva, che rendeva anche l’incarnato luminoso e il bianco dell’occhio limpido. Ma il suo punto di forza era il nasino, squisitamente arcuato all’insù, e i foltissimi capelli setosi, che la incorniciavano come i petali di una fresca rosa.
Li lavava ogni settimana col sapone per capelli Rowland’s e li lisciava con l’olio di Macassar, e questo non aveva mancato di attrarre le attenzioni di un ragazzo di ottima famiglia, Liam Davis, che aimè, era già segnato nel fiore della giovinezza da un passato difficile. L’anno precedente, stretto dalla morsa di un patimento d’amore aveva tentato di affogarsi, e suo padre, il Dottor Davis, aveva giurato che mai più l’avrebbe lasciato libero di scegliere un’unione avventata. La famiglia Gilbert era protestante, anche quello sarebbe stato un ostacolo?
Liam non era ancora un adulto, poteva ben dirlo: possedeva però modi garbati e un profilo delicato. Le piaceva fare delle gite in bicicletta con lui, a volte osando addirittura di lasciare il manubrio! In fondo le sue mani, strofinate ogni sera con la crema a base di cera d’api ed essenza di rosmarino, tenute con cura dormendo coi guanti di cotone, erano da mettere in bella vista. L’abito che indossava non avrebbe potuto donarle di più. Come voleva la moda quell’anno, la camicetta era di un vivace blu elettrico, mentre la tinta della gonna e dei decori virava sul blu oltremare. Il cappellino nuovo di paglia bianca col fiocco a farfalla le stava davvero un incanto, e le scarpette grigie esaltavano la sottigliezza della caviglia, che era anche più fine di quella di Meredith. Le calze erano velatissime, ma quello che la preoccupava era la biancheria intima.
Ne possedeva molta, tutta decorata di pizzo bianco e nastri blu, ma sarebbe rimasta invisibile: Elena era certa che non si sarebbe sposata.
Questo le causava un costante struggimento, perché lei si sentiva pronta: avrebbe amato tantissimo un uomo forte e virile, più grande di lei, esperto con le donne, che non la trattasse mai brutalmente. Liam, al contrario era troppo tiepido. Vale la punta del naso, come posto per ricevere il primo bacio? Lei credeva di no. Avrebbe avuto una graziosa casetta decorata con rose e nastri, e delle fotografie delle persone più care al suo cuore; persino una di Dixie, quel cagnetto-uccio-puccipucci del suo lontano zio! Le amiche sarebbero state gelose della sua serena felicità coniugale. In fondo era già allenata a fare la moglie, visto che si occupava delle pulizie, della cucina e anche di dipingere piacevoli acquarelli da appendere in salotto.
Meredith era presa solo dalla sorveglianza dei bambini, mentre Bonnie li coccolava fin troppo, pensò. “Bonnie, non permettergli tutti quei capricci” gridò Meredith che si era seduta a bere da una piccola borraccia d’acqua “oppure dovrò colpirli sul sederino!”
Elena arrossì tutta… che linguaggio sconveniente, nominare una parte del corpo tanto volgare, mentre c’era un signore che si era fermato vicino alla ringhiera della scala che portava sulla riva, seminascosto dagli argini artificiali. Bonnie la capì al volo. “Non intimidirti, lo metto a posto io, se dice qualcosa”. Già, lei era piena di spirito! Quando cucinava i pancakes per i gemellini li decorava sempre in modi buffi con panna e mirtilli; una volta, preparando la torta di compleanno, aveva dato fuoco alla tovaglia con le candele, ma nessuno se l’era presa con lei.

Il reverendo O'Connell chiamava a raccolta i fedeli nel piccolo tempio della Madre del Signore.

Povera Elena, che terribile fardello portava!
Cuius ánimam geméntem
Suo padre, il preside Gilbert era un alcolizzato ormai dichiarato. Se avesse avuto a disposizione il denaro delle rette scolastiche, sarebbe vissuta da signora qual era, ma l’alcol aveva distrutto la sua infanzia;
contristátam et doléntem
le violenze domestiche erano state numerose, senza dubbio portando la sua giovane e graziosa madre alla malattia che la stava divorando;
pertransívit gládius
Elena aveva capito benissimo, per giunta, che lui era violento anche a letto.
In quel momento, uno di quei monelli diede un calcio troppo forte alla palla e questa rotolò ai piedi del signore che — ormai le sembrava evidente — era rimasto lì per loro. Lui la rimandò con precisione sotto l’orlo della gonna di Elena, che era comodamente seduta su una grande pietra liscia. Guardava i bimbi con tale tristezza che quell’anima candida si domandò se ne avesse perso uno, per quello era vestito a lutto così stretto. Provò a tirare il giocattolo con un calcio ma lo mancò, tra le risa di tutti e Meredith venne a riprenderlo. Nell’effettuare questo movimento, mostrò involontariamente, di certo, le sottovesti vaporose, troppo sollevate per una vera lady. Ma quell’uomo sembrava aver davvero bisogno di lei… del suo conforto, era talmente triste. E con un naso greco così bello! L’attrattiva principale però era lo sguardo, spezzava qualcosa in lei.
Rosa mystica
Elena guardò il fiume che aveva dipinto tante volte, e ascoltò il vento che portava profumo d’incenso dalla chiesa, sperando di coltivare pensieri casti
Regina virginum
ma gli occhi di lui le bruciavano dentro, così blu, così belli, addolorati come tutto il suo viso.
confractus est cor universae terrae
Le sue amiche giocavano ignare coi bambini, assecondando le loro richieste, mentre lei languiva. Doveva essere uno straniero, diverso dai soliti suoi concittadini, tutti presi da fervori patriottici per spegnerli allegramente nei pub, come suo zio e il suo povero padre. Era interessante, incomprensibile, silenzioso. Elena desiderò dargli qualcosa che non riceveva dalle altre donne;
Refugium peccatorum
l’avrebbe sposato, anche se fosse stato un criminale redento. Gli avrebbe perdonato tutto, lui l’avrebbe presa con delicatezza, era certa.
Regina Septem Dolorum
Elena cominciò a fantasticare… la chiesa sarebbe stata addobbata di blu, e lei avrebbe avuto un abito da sposa grigio argento, come le nobili, lo meritava in fondo.
Regina familiae
Elena sapeva che la fissava ancora, mentre si toglieva il cappellino per mostrargli i capelli, e lui che li ammirava senza poterlo nascondere, e lei che concedeva altro, scoprendo la gonna a metà polpaccio, come se fosse per incidente. Ecco, ora aveva svegliato il demonio che c’è in ogni uomo, lui desiderava averla. Provò una fitta strana tra le sue gambe di vergine: era il suo disturbo mensile, che si annunciava dolorosamente. Per fortuna le pasticche di ferro della farmacia Johnson la stavano aiutando col suo problema col sangue. Ne perdeva troppo, diventava debole come un uccellino e in più era terrorizzata che gli uomini la potessero odorare.
Faceva più fresco, chissà se Bonnie e Meredith pensavano di far rincasare i piccini, l’avrebbero strappata da quel sogno a occhi aperti. Bonnie era davvero attraente, pensò Elena, ma non aveva speranza di maritarsi con un ragazzo della loro cerchia di amicizie, era segnata dal suo essere di pelle scura. Meredith era troppo sdegnosa, invece: sai che ridere se fosse caduta, con quei tacchi alti indossati per andare a camminare vicino al fiume!
Improvvisamente, Bonnie capì.

Damon era rimasto dov’era all’inizio, catturato da quella visione di timida seduzione, senza riuscire a evitare di accarezzarsi piano, la mano nascosta dalla giacca, quando la ragazza mora gli si avvicinò di corsa. “Scusi signore, può dirmi l’ora? Stiamo facendo tardi per rientrare, temo”.
“Mi dispiace moltissimo, signorina: il mio orologio si è fermato, ma dalla lunghezza delle ombre posso dirle che sono passate le otto e mezza”. “Grazie, arrivederci!”
Elena sapeva cosa stava facendo quel magnifico uomo pensando a lei, e non riuscì a fingere con se stessa: era lusingata, voleva che continuasse. Quale era la sua storia? Era vedovo, o magari sposato ad una donna folle, chiusa in un Istituto di cura, e lui la sentiva morta nel cuore? I crampi aumentavano, ma provava anche qualcos’altro, era eccitazione?
Damon sentì la tensione farsi insostenibile, aumentata dai pensieri impuri, normali, di quella giovane donna che gli stava donando la verginità dei suoi pensieri. Anche la sorella dei bambini però gli dava l’idea di aver afferrato la situazione. “Che pensi, Elena?”
“Nulla! Si è fatto tardi per Fred e George, no?”
“Sei ancora turbata per Liam, vero?” Elena ricacciò i singhiozzi, ma numerose lacrime spuntarono dai suoi occhi da cerbiatta. “Ce la farò, tranquilla”. ‘Non lo so, in realtà: io non scherzo coi sentimenti, sono superiore a queste cose’. Solo il diario rosa, chiuso nella scrivania insieme ai sacchetti di verbena e i maldestri tentativi di poesia, conosceva ogni suo pensiero.
Per qualche attimo Damon rallentò, osservando le tre amiche parlare a bassa voce, preparandosi per rientrare a casa; dovevano essere quasi le nove ormai, il tramonto aveva lunghe ombre, e le candele accese in chiesa erano visibili attraverso la vetrata. Lui accarezzò il profilo di Elena con gli occhi, come se volesse cadere in adorazione ai suoi piedi
Vetus Ordo Missæ
Ora gli sembrava offesa con le altre, non poteva nascondergli nulla. Infatti, si girò ancora verso di lui, richiamata dalle sue iridi azzurre, che l’avrebbero fatta sentire viva nella sua esistenza grigia. Che peccato quel piccolo difetto… tutta colpa di suo padre, che aveva voluto comprare un’automobile, per poi avere quell’incidente attraversando il ponte sull’Oconee.
“Guardate, i fuochi d’artificio!” Bonnie adorava tutto quello che aveva a che fare con le fiamme e si lanciò vero la riva, per avvicinarsi agli artificieri che, a sorpresa, stavano provando degli effetti per lo spettacolo del giorno successivo. Anche Meredith e i bambini erano corsi via, lasciando indietro Elena, ancora seduta sul masso. Erano soli, adesso. Lei tremò dalla testa ai piedi, mentre sollevava le ginocchia abbracciandole, offrendo una visione delle mutandine a metà coscia, sapendo che il sangue di lui stava bollendo nelle vene. Chiuse gli occhi, per sentirsi meno in colpa
Ego te absolvo
fino a mostrare la giarrettiera grigia, più di quanto avesse scoperto facendo i bagni di mare durante le vacanze, l’estate precedente. Lui era di una bellezza indecente, mentre la fissava come una ballerina che si stesse esibendo per il suo piacere, e lei l’avrebbe accolto tra le braccia, e poi…
Un’esplosione da far girare la testa,
un razzo ricade, una pioggia di fili che si versano
l’inguine che scoppia per l’intensità di quella sensazione
girandole pirotecniche che si spengono finalmente nelle acque
poi l’aria tornò grigia.
Elena strinse forte le gambe, serrando quella scarica elettrica che non avrebbe dovuto tagliarle le viscere a metà.
Damon si sentiva in colpa, un vero mostro, ma lei lo stava perdonando, con un sorriso che gli accarezzava il viso, lo sentiva: sarebbe diventato il loro piccolo segreto. Le altre due la chiamavano a gran voce ora, ma lei non corse per raggiungerle, perché zoppicava da un piede.
Damon rimase basito, osservandola con tenerezza; Elena doveva sentirsi un giocattolo rotto, una cosa da riparare, che non sarebbe stata amata.
A lui sarebbe piaciuta comunque, ma era troppo giovane, e incredibilmente somigliante a Katherine, pensando a mente fredda. I capelli erano proprio dello stesso colore. Però quella fanciulla aveva capito chi lui fosse davvero, aveva visto più delle apparenze; doveva avere le sue cose, perché era stata più sensibile e impressionabile. Le donne hanno le voglie più strane con la lunazione, Katy e Rebekah la soffrivano insieme, ad esempio. A lui l’idea del sangue non dava alcun fastidio… e dire che poche ore prima si stava eccitando per la punizione promessa da Andie!
L’orologio si era bloccato alle quattro e mezzo, loro, Katy e Klaus l’hanno fermato: forse a quell’ora esatta era dentro di lei? Si sarà fatta trovare con un fondale adeguato, e la lingerie più bella; l’aspetto conta tanto per una donna, e loro sono ferocissime in questa rivalità. Mi ricordo ancora l’amica preferita di Katherine, Tatia; sarebbero state pari forse, lo stesso tipo, ma sua moglie l’aveva schiacciata sotto il tallone. Katy è il mio amore, ma la ragazza… come la chiamavano? Elena, uno splendido nome greco.
Avrebbe potuto averla, anche soltanto parlarle sotto un portico tenendole la mano, ma forse lei si sarebbe offerta, perché il pericolo pareva attrarla e le donne non si rifiutano.
‘Tranne quelle sposate, come mi succede spesso; io non mangio nel piatto degli altri. Spero solo che Rebekah non abbia una natura troppo disinibita. Si sarà accorta che mi masturbavo? Sì, le donne hanno un sesto senso per quello che le riguarda, devono stare attente. Chissà come sta la povera moglie di Sutton e se Hayley ha dato alla luce il bambino. Katherine non ha mai subito nulla passivamente, per questo la amo tanto; in fondo ogni donna rivela la debolezza del marito, recita la vergogna, e simula l’orgasmo, se le conviene’.
Il profumo di Elena aleggiava nel punto in cui si era seduta, catturato dalle narici di Damon: rosa selvatica, banale ed economico, niente a che fare con la fragranza limone e zenzero della sua sposa. Persino l’odore della sua pelle era meraviglioso, come di panna, infatti anche Emily si strofinava su tutti gli abiti usati dalla padroncina. E l’odore di un uomo, com’è per loro? Doveva essere quello che si sentiva addosso, pungente e aspro, quello dell’umido che gli appiccicava il tessuto della camicia sulla pancia.
‘Mi sono sentito portare fino al cielo, e adesso sta per piovere, vedere più di tre stelle indica che è notte. L’avrei tenuta in braccio a me, aprendola come un fiore, più dolce di tutte le donne che ho avuto, ma è anche la bellezza della gioventù. Io e Katy siamo figli unici, e ci è vissuto un solo figlio: forse è giusto così. Cosa vola? Un pipistrello, mi sono simpatici, anche quelli vampiro, ma i gatti mi piacciono di più. Certo il pipistrello è coraggioso, sfida i venti come i marinai con le onde. Avranno una compagna in ogni porto?’
In quell’istante i lumi cittadini si accesero, segnalando che erano proprio le nove. Lo strillone del chiosco vicino gridava i risultati della Gold Cup, facendo riaffiorare nella mente di Damon il ricordo dello scontro col Cittadino. Tutto sommato ne era uscito vincente e quel bruto probabilmente non era neppure così malintenzionato, solo ignorante e ubriaco. Il figlio di Sutton magari poteva sperare di diventare marinaio, poi guardia costiera a Savannah, pensò: ci vuole coraggio. La volta che aveva portato la famiglia in crociera c’era stato un temporale e tutti davano di stomaco, tranne la sua Becka, che rideva in faccia al pericolo, lei non temeva di morire, era così fiera! Era ancora la sua dolce piccina, poi un giorno l’aveva trovata a cucire dell’imbottitura nel corsetto; il timore di Katy finché non aveva avuto il suo ciclo, gli innamorati… che giornata piena di idee sul mondo muliebre!
‘Meglio così, si dice che chi ama in modo mediocre è più felice, ma non voglio crederci. Ho anche altri problemi, Saltzman che è partito, Enzo che mi deve del denaro. E devo andare a trovare Hayley Marshall, se morisse senza averla salutata mi sentirei cattivo. Elena tornerà mai qui?’
Damon raccolse uno stecco da terra, e specchiandosi in una pozza scrisse qualcosa nella rena grossolana del fiume, ma troppo vicino alla sponda, così sarebbe subito scomparso, com’era giusto. L’importante era l’impronta psichica che i posti conservano, come per magia. Improvvisamente un’ondata di sonno si abbatté su di lui, rilassandolo dopo le ore appena trascorse.
‘Potrei sognare di nuovo Katherine con quel costume da odalisca e le babbucce rosse, il profumo delle sue mutandine che impregna tutto il letto. Solo un riposino, qui, sulla panchina’.
Le campane suonarono sottolineando le sue riflessioni, mentre una piccola onda grigio pallido rubava le parole fuggite dal suo cuore.
‘Grazie, mi hai fatto bene’.

Note cap.13
*Ovviamente… ho cambiato i nomi dei gemellini con Fred e George (Weasley)
** Mi rendo conto che qui – come in altre situazioni simili nella long – possa sembrare che abbia riservato un trattamento “razzista” ai personaggi afro-americani: non è così, ma ci troviamo in uno stato Sudista nel 1904, è già una forzatura (in senso buono) aver utilizzato certi personaggi di TVD
*** Iliade III, 156 – 60
Scienza: pittura, miraggio proiettato
Organo: naso
Colore: grigio, blu

 

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Capitolo 14
*** White Light (Oxen of the Sun) ***


Documento senza titolo

capitolo revisionato

In questo complesso capitolo, si parla dello sviluppo embrionale della lingua Inglese, quindi non più davvero riconoscibile nell’italiano del capitolo. Ci sarebbero infiniti passaggi e autori, ma essenzialmente, si possono rintracciare dei periodi o stili principali: nove, come i mesi della gestazione. Vedi note.



American Ulysses, capitolo 14
White Light (Oxen of the Sun)


Ore 21:00 – 22:00

Oh, grande Dio del Sole, dacci un parto facile! Adesso, adesso, adesso! Un maschietto, sì, un maschietto! Oh, Sole, Oh nostro Protettore! Aiutaci! Ti preghiamo, somma divinità! Tu, il vero Sole!

Le menti elette affermano, senza tema di smentite, che una nazione è resa valorosa dall’insieme del progresso e dai doni che la Natura accorda ad essa; poche materie sono ritenute così degne di riflessione, che si origini nei palazzi della sapienza o dall’intelligenza spontanea degli ignoranti.
L’accrescimento di una popolazione non deve essere ostacolato, neppure allorquando la superficie di quella terra dovesse tremare e sprofondare sotto il suo gravare. E neppure troppa lascivia deve disonorare i costumi modesti che regolano la giusta moltiplicazione.
Così a chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza
Già gli antichi druidi celiti aiutavano questo procreare benedetto, con le nobilissime arti mediche  e delle piante curative..
Ricoveri sorgevano per ogni terribile malattia; così gli studiosi accrescevano la loro esperienza, e scambiavano opinioni. Soprattutto, è la maternità che deve essere protetta da incidenti, sia per colei che è fornita di ricchezze che per la più povera, che necessita una donazione.
Perché è una Madre che rende ricca la nazione, e nessuno la danneggerebbe: anzi, la partoriente, evocando le antiche formule, può chiedere asilo dove le conviene; fortuna e lode a chi aiuta lei e il nascituro!
Tutto deve essere doverosamente propizio ad aiutare il suddetto miracolo, ma generoso è anche recare immagini sacre ove sia la madre.
Così un viaggiatore giunse, mosso a compassione e bussò di notte in quel luogo.

Kaleb Westphall è il signore di quel castello, e ancelle che recano bianchi e puri ceri seguono i suoi passi, illuminandoli. Sentirono l’uomo che stava arrivando e quando apersero il pesante portone, un lampo passò con spaventosa luce nel cielo d’America. Temettero l’ira di Dio, ma lui le rassicurò con solerzia, levandosi il cappello. Erano molti anni che non si recava in quella magione, ma gli perdonarono l’assenza, e i suoi abiti a lutto forte affetto gli procurarono. Con tristi motti gli fu reso noto che un dottore,  di grande valore, era da poco mancato e condoglianze si donarono l’un l’altro.
L’infermiera gli disse che il parto durava da tre giorni ma era ormai prossimo, lasciandolo meravigliato di quanto duro fosse il travaglio delle donne; ma mentre discutevano, giunse loro un chiasso che pareva di commensali.
Giunse allora un cadetto, Maddox, che ben conosceva Damon Bloom, avendolo curato per una ferita d’animale, e che aveva salvato con portentoso unguento.
Il cavalier Maddox non era stimato in grandissimo conto nel castello, ma Damon gli si accostò nell’introdursi nella sala del desinare.
Lì creature infernali cuocevano cibi con fiamme oscure e il vapore prodotto da un mago, approntandoli su una tavola incantata: strane carni e pesci vi si vedevano, vegetali dallo strano profumo.
Sir Damon in gesto d’amistà sollevò la visiera e accettò dell’idromele che non sorbiva mai, ma segretamente gettò via il liquido.
C’era un gran baccano e l’infermiera dovette implorare rispetto per la gentil dama che sì grave prova aveva nel partorire!
Vi erano a tavola Ethan Crane, il più anziano della compagnia — che brindò alla salute del nascituro — Damon il cavaliere più nobile e gentile mai visto, che si stupiva del dolore delle donne, Maddox e Timothy, studenti di medicina e il giovane Stefan, che pareva un religioso.
Attendevano l’arrivo di Malachai, ma taluni sostenevano che menzogna fosse la sua promessa di raggiungerli.
Damon a tal pensiero si sentì protettivo col figlio di Giuseppe, e si trattenne per avere conoscenza più chiara della situazione.
Allorché disse Maddox: “Nello sciagurato caso di scegliere, deve vivere la madre o il bambino?”
Crane intanto versava gli spiriti e gli animi ne erano riscaldati.
“Se muore il figlio andrà nel limbo, ma la genitrice andrà nel Purgatorio”, rispose l’edotto Stefan.
Ma Maddox e il suo volgare amico Gregor molto avevano libato, e dissero che l’unico pensiero che avevano era sfogare la lussuria con fanciulle o donne maritate; ed attendevano Malachai per uno dei suoi noti poemi erotici a tal riguardo, che parlavano di un unicorno. Stefan lo ricordava, a volte aveva fatto ridere Caroline narrandole le parti meno indecenti, le piaceva; ma ciò non bastò a farlo ridere, né lo fece Sir Damon.
Il secondo perché comprendeva il dolore altrui, il primo perché troppo pieno di orgoglio. Il suo fantasticare era materia di ben altro poetare: denti di vampiri fiori di luna, baci al vento*.
Damon fu interrogato al riguardo ma egli era acuto e introdotto alla medicina: così rispose che non è noto in che mese l’anima entra nel corpo, quindi ognuno può decidere col suo credo spirituale, azzittendo la compagnia. Stefan ne fu lieto, ma era troppo ebbro per renderlo evidente.
Ricordando il travaglio di Lady Katherine, Damon provò commiserazione, perché nulla arte bastò, e la creatura vestì l’abitino funebre, tessuto dalla dama stessa.
Damon non aveva più un figlio maschio erede del suo animo gentile, quindi soffriva come un padre per il giovane Stefan a causa dei suoi amici dissoluti e certamente, la compagnia di donnacce.

Egli riempiva i bicchieri di tutti con vino color del sangue, che pagar intendeva con le monete d’oro avute in tributo. Erano ben venti dollari, e si fece vanto del verbo con cui ottenuti l’aveva. Menzionò rose, e vento, e rovine del tempo.
E parlò di procreazione: Eva ci ha traditi, ma la seconda donna, la Madre del Salvatore, ci ha redenti?
e il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi
Ma egli lo negava, perché fu la colomba, fatta di spirito non substanziale ad operare il miracolo
vergine madre figlia di tuo figlio
Non vi era gioia, perché mancavano il dolore e il peccato, la lussuria da redimere!
Tutti si adirarono delle sue parole sventate: tranne Gregor, che le accompagnò con una canzone sconcia!
In quell’istante giunse l’operosa infermiera e vergogna gettò su di loro, che svilivano il castello di Sir Kaleb.
Tutti mossero rimproveri a Gregor, chi con durezza, chi con più tolleranza, a quel nato di mala stirpe.
Chi nella sala era un Signore, domandò sacra quiete.
“Giovine Stefan, perché non ti sei fatto prete?” Chiesero molti uomini dabbene.
“Perché posso essere casto, ma non voglio essere povero”.
Crane rise sconciamente: proprio il giorno avanti aveva costretto una fanciulla fiduciosa a sottostare alla proprie brame, raccontò con vanteria.
Timothy, comunemente affabile e mite, diventò licenzioso e lurido a causa delle libagioni.
“Mio caro Stefan, meno male che è usanza accontentarsi di bordelli e prostitute, senza tanto chiasso. Al manco, son buoni i paesi dove il marito presta la moglie agli amici”.
Rispose Crane, professor di profilattici.
“Abbiamo portato l’America a peccare con gli stranieri inglesi, indiani, italiani… terra promessa di latte e dollari!”
‘Io mi sono allevato da solo’ — pensò Damon — con latte guasto e un Sole spento: ma è la luce dell’intelligenza che illumina le mie tenebre interne. Mio padre, come il Re Amleto, non mostrò segni che lo resero meno trasparente. In fondo la gioia della nascita è quella di una metamorfosi nella naturale abitazione del corpo’.
Full nakedness, all joyes are due to thee
As souls unbodied, bodies uncloth’d must bee
To taste whole joyes. Gems which you women use
Are as Atlanta’s balls, cast in mens views
**
Cantò Gregor, sollevando un gran baccano.
Il quel mentre piombò un frastuono, che parve mandato da Thor, o la collera di Dio che precipitava Lylith, che cadde sulla terra.
Stefan cercava di farsi animo, ma era palese che fosse pieno di paura, attraendo quegli ubriaconi a calcar la mano.
Bloom tentava di non perder la pazienza, mentre il Pio Maddox ed il Casto Crane parlarono di terre dove chi ha debiti non può aver figli, ma lui non si fidava.
Crane continuò: “Ma a chi interessa finché si può trascinare una sgualdrina in un cespuglio per la mano, anche se in lei vi fosse una pestilenza. In fondo nel cespuglio s’inginocchia, così lo trasforma in un luogo puro. Esiste la sifilide, ma anche il preservativo, scudo del moderno cavaliere, che lo salva dal Demone della figliolanza!”
E tutti lo incitavano: Mr Sbevazzone Maddox, Mr Delicatezza Salvatore, Mr Vanaglorioso Timothy, Mr Scommettitore Gregor, tranne Mr Sobrio Bloom.
Sutton era morto e sepolto sotto terra, e quella non avrebbe più germogliato, come con la siccità, perché egli non procreava.
In quel mentre, Parker, non proprio figlio di gentiluomo, aveva incontrato Alexander, elegantemente abbigliato.
“Che fai qui, non vieni a bere nella foresteria dell’Ospedale di Westphall?”
“Sono stato distratto, amico mio, dall’incontro con una tale civetta… ha chiome bionde e occhi cerulei, un sorriso invitante!”
Tutti erano brilli e facevano i gradassi, tranne Salvatore, annegato nei suoi sogni a occhi aperti, e Bloom che invece rimembrava i sogni avuti dormendo: Katherine abbigliata da odalisca, e la dama Marshall che non riusciva a partorire.
Le erano morti tutti i maschietti, ma lei amava moltissimo Hope, l’unica sopravvissuta.
Gregor tentò di scherzare con Stefan sulla lettera del Preside Gilbert che aveva fatto pubblicata sul giornale, ma il giovane sapeva che non usava leggere: era solo uno sbruffone e frequentatore di bettole.
“Vi si narra di una malattia diabolica che ci obbligherà a macellare tutte le vacche”.
Mentre Damon dissentiva sulla gravità della situazione, Stefan, ormai obnubilato dalla birra ma ancor urbano, chiese notizie del loro Ospite, il Dottore.
“Starà prendendo il toro per le corna!” Risero quegli sciocchi.

“Sapete” disse Mr Maddox “ vi era, un tempo, un toro bellissimo dal manto dorato, che divenne il dio dei baccanali delle nostre antenate. Preferivano restare in una stalla in suo potere, piuttosto che col miglior giovane Americano in un letto!”
Ma in quella, non apparve Mr Malachai, col gentiluomo amico Alexander, giunto per acquistare un brevetto militare?
“L’acqua va bene per pescare, non per bere!”
dopo il vento e l’acqua verrà il fuoco
“Che dissertazione noiosa! Ho io una bella soluzione!” Disse, mostrando dei biglietti da visita appena fatti stampare.
‘Mr Malachai Parker, fertilizzatore’.
“Il mio corpo è stato concepito per la nobile missione”.
“Certo” replicò Timothy “di sciupafemmine”.
Malachai aggiunse che la sterilità era dovuta spesso a infelicità coniugale e tante meste donne sprecavano il fiore della femminilità con uomini poco virili, che le lasciavano ad appassire.
“Comprerò una fattoria per umani dove faticherò gratis, saltando addosso alle donne per accontentarle. Nel cortile ci sarà un bell’obelisco eretto, e mi aiuterò mangiando solo conigli!”
Stefan a quell’idea parve avere l’acquolina alla bocca, senza spiegarsi il perché.
Kai si tolse il pastrano, che aveva preso la breve pioggia, commentando che invece il suo cappottino era ancora asciutto, acquistando le lodi dei presenti.
Si unì al gioco anche lo studente Alexander, che chiese con garbo una coppa di vino, mentre estraeva dalla giacca un medaglione col ritratto di una fanciulla con abiti da festa.
“Sarà beato chi otterrà i suoi favori per primo! Sia il gentiluomo e il semplice sono soggetti alla tirannia dell’Amore. Comprerò un cappottino per proteggerla dal bagnato, i temporali estivi sono pericolosi”.

Quindi Malachai citò i classici, ricordando che le matrone romane si univano tutte ai centurioni, sentendosi colto oltre che naturalmente elegante, con i suoi abiti nuovi. Poi chiese garbatamente di chi fosse il pasto imbandito sulla tavola, chiedendo al proprietario perché si trovasse li.
Damon, perché di lui si trattava, rispose che era giunto per una dama. Proprio in quel momento arrivò l’infermiera, modesta quanto bella, ad annunciare che le sofferenze della gentildonna erano finite, perché aveva dato alla luce un bel maschietto. Timothy uscì, essendoci bisogno di lui, ma appena fu lontano Maddox esclamò: “Che bella vacca!” Facendo scoppiare l’ilarità.
Damon era disgustato. Un dottore dovrebbe sapere come comportarsi per salvaguardare il rispetto per la sua professione. Non avrebbe dovuto creare quel dileggio.
“Missis Marshall è un’eroina del suo sesso, non trattatela senza rispetto”. Il tono era calmo e fermo, così molti approvarono, proponendo di cacciare l’ubriaco. Ma egli imprecò e si dimenò, affermando in sua difesa di onorare molto sua madre, che gli cucinava ancora la miglior farinata di Atlanta.
Damon lo sopportava come fa un adulto con un bambino che non conosceva la pietà.
Egli era in una fase tra la gioventù e la maturità ed essendo ormai un uomo superiore agli scherzi da adolescenti e anche abbastanza preveggente, nutriva un tipo di sofferenza che i vigliacchi non comprendono. ‘Coloro che si fanno forti contro la delicatezza femminile, non dovrebbero ricevere neppure il loro nome da ereditare’, pensò. Aveva un’ampia esperienza delle fiamme dell’età immatura, eppure era sempre stato civile nei confronti del gentil sesso; era quindi sollevato dalla testimonianza che l’Essere Supremo era stato generoso dando esito a un parto riuscito.
“Ci vogliono un cuore gelido e una mente corrotta per non gioire, visto che il dolore non era colpa della signora”.
“Colpa del marito!” Esclamò Maddox “O così, o del vero portatore del seme… non sarà forse Niklaus Michaelson?”
Damon sentì il respiro bloccarsi nel petto. Già era singolare che fossero lì, nel refettorio dell’ospedale, così vicino al ricovero delle partorienti, ma tutto era surreale. Come era possibile che il Principe di quel luogo, fosse anche il signore dei loro affari e lasciasse correre quella corruzione? Aveva dimenticato che anche lui beneficiava della sua posizione? Era troppo ingenuo, o uno scaltro ingannatore?
“Se il marito non semina il campo, lascia ricettacolo ai libertini” sogghignò Malachai.
L’erede ormai era pronto per essere presentato, annunciarono delle infermiere in modo cerimonioso.
Quando Damon si allontanò, gli altri, irritati dalla lunga veglia, esplosero in licenziosità che egli aveva tentato invano di frenare tutta la sera. Ogni cosa venne eviscerata nel peggiore dei modi: il parto cesareo, l’odio tra fratelli, il parricidio, l’aborto.
In particolare, Mr  Parker vedeva solo le versioni più problematiche: stupri, malattie dell’utero, nascite difformi, unioni tra consanguinei, lo sviluppo fermo a uno stadio precedente quello umano, il che avvalorava la leggenda del Minotauro.
Ma ogni impressione fu eclissata dall’ostentazione di Mr Parker che il più grande desiderio nascesse tra uomini.
Mr Candidato Maddox e Mr Mediatore Salvatore discussero di legge in caso di morte di un solo fratello siamese. Stefan illustrò con grave tono da ecclesiastico, che l’uomo non può dividere ciò che Dio ha unito.
Malachai stava iniziando a fornire dettagli grondanti sangue, quando, da un pannello celato a un lato del camino, uscì Kaleb Westphall! Recava in mano una fiala di veleno, e il suo sembiante era quello di un pallido spettro maledetto. La sorpresa, l’orrore, mentre lui li sfidava sinistro!
“Andrò all’inferno” bisbigliò con voce velata “volevo cancellare i miei crimini dando la caccia ai corvi neri miei alleati, occultando il laudano, come prova… ho ucciso, approfittando del mio potere. Se osate, incontriamoci alle undici alla stazione”. Detto questo sparì in una nube di polvere di cimitero, lasciando tutti quei dissoluti in lacrime, che pensarono ormai di trovarsi in un terreno sconsacrato, abitato da luridi scorpioni e draghi malefici.
Solo Damon non era stato colpito; infatti, era rimasto estraniato da una visione personale. Il suo passato gli stava correndo incontro, mostrandogli un se stesso giovanissimo e ribelle, precocemente maschile, poi fanciullo con la cartella di scuola, occhioni azzurri e sorriso ammaliatore. Ora era lui una figura paterna, ma non aveva un bambino da curare. Ricordò la sua fidanzatina del liceo, nata da una colpa, e la prima notte passata come due sposi, con la paura di essere scoperti, ma nulla poteva dividere i loro cuori. Ora lei non c’è più, è scesa nelle tenebre, non potrebbe partorire un figlio del Sole: non c’è un Damon per Damon. L’anima si trovava nella regione delle ombre, ove era anche sua madre. Tutta la schiera dello Zodiaco gli corse incontro: zanne, corna, unghie, divorando tutto, bevendo tutto il mare. Ammirò la Vergine, che pareva sua figlia Rebekah, nata da stella, innalzata nello splendore, vesti di zaffiro e sandali d’oro, che volò fino a rifulgere sulla fronte del Toro.
“Perché richiamare fantasmi dal Lete?”
Disse allora Stefan, come se sapesse, mettendosi una ghirlanda sulla fronte.
“Io li chiamo, Stefan phe-noumenon”.
Maddox si girò verso di lui, con malvagità. “Fa presto a produrre l’opera che desideri, l’hai promesso a tua madre!” Stefan scurì in volto, senza più proferire parola.
Maddox era rabbioso perché aveva perduto denaro puntando su Scettro, e aveva anche assistito alla gara col cuore in tumulto. Gettarvia però aveva stroncato il suo sogno, lasciandolo rattristato e vendicativo. “Quello che ricordo meglio della gara di Scettro era una ragazza che avrebbe fatto bollire il sangue alle pietre. L’ho trascinata in un cespuglio, quella creatura, e quando siamo usciti ci ha visti Padre O'Connell! Poverina, lei è sbiancata, ma lui ci ha benedetti”.
Malachai lo bloccò, perché osservasse con rigore da studioso l’etichetta del vino, prima di versarlo. C’erano misteri in quella bottiglia?
“Ogni oggetto può funzionare come un portale verso un altro mondo, non credi Stefan? In fondo ci sono tracce di uomini venuti da altre dimensioni temporali, dove forse ogni mattina è lo stesso giorno, e si mangia la stessa cosa… sarebbe peculiare”. Ma l’impressione era che volesse distrarlo per aprire altre bottiglie di liquido scarlatto come sangue; infatti lo fece e lo servì lasciando il recipiente largamente svuotato, ma compiendo l’operazione con alto grado d’attenzione.
Che raduno di intelletti, che ricchezza di idee! Però Maddox conservava la sua natura depravata, con Gregor l’eccentrico seduto accanto che lo faceva apparire più calmo. Vi era Alexander, ombroso, e Malachai vestito di un viola spento. Seguivano il Poeta e il Formulatore di Teorie.
L’essere trascendente che animava Mr Salvatore lo portava contro la scienza, non riuscendo così a rispondere alle domande di Mr Bloom sulla predeterminazione del sesso. Mr Parker diede la colpa ai batteri nascosti nelle carni delle macellerie quanto nelle prostitute e nei marinai.
Mr Bloom aveva scambiato parole con Missis Marshall, che era stata coraggiosa, combattendo, e osservava con amorevole contemplazione il suo bimbo, desiderando che somigliasse a suo padre, perché era un vero Marshall, giusto?

Brutti ricordi mai affievoliti gli passavano in mente, pietosi, rancorosi… un ragazzino vestito da mezza stagione, senza cure femminili. Era il piccolo Stefan, vero? Una folata di vento, foglie cadute, viso triste.
Quel bambino che scambiava con sua madre sguardi di biasimo. Distanti, diversi, rancorosi. Ora le parole che rivolgeva alle donne erano quelle morte tra le labbra, non dette alla madre? Damon immaginò — correttamente — che Alexander fosse il corteggiatore di Rebekah, e la distanza tra il sogno di lei e la percezione di lui.

“Tutti all’Atlanta Grill, a bere!” Milord Stefan aveva gridato spezzando il silenzio, che diamine! Così tutta la gente corrotta, allibratori, falsi tutti, il preciso Damon, tutti a correre per soprabiti e berretti.
L’infermiera non poté trattenerli, anche con gli ordini del dottore che si squarciava la canna della gola! Damon traccheggiava, ma poi si affibbiò al branco, Timothy sbronzo come una seggiola che bestemmiava e gli arrancava dietro; l’aria era piena di umidiccio, il cielo di stelline.
“Marshall, sii fiero del marmocchio, sei un patriarca d’America!” urlò Kai, indicandosi il cavallo dei pantaloni, tra gli sghignazzi di tutta la combriccola.
Damon guardò in alto: c’era la Via Lattea, latte di madre da bere, pioggia di latte bianchissimo, candido, pallido.
Erano tutti partiti di testa per la strada molto prima di arrivare al pub, con Stefan proprio fuori come un balcone!
“Maledetti tutti, al diavolo, ubriachiamoci ancora! No, Parker? Finché ci buttano fuo-ri, fuoooooriiiii! Datti una mossa, che abbiamo sete, sì sì! Birra e bibbia, battona e bottiglia! Pago io la prima bevuta: idromele, zabaione, assenzio! Io, Stefan, sono cattivo; Kai è buono! Un calice, una pentola, una botte? Non pago un altro giro, eh! Chi è a secco dopo le scommesse è a secco anche ora!”
Matt era non era d’accordo e li spedì fuori a calci!
Ma accanto a lui c’era Damon, il galantuomo. Kai si allontanò verso una fratta buia, passarono i pompieri, con le luci rosse. Questo suggerì qualcosa alle residue facoltà di Stefan.
“Andiamo nella casa del peccato, eh, Damon? Forza, insieme!”
E Damon andò con lui, perché non passasse il carro del profeta Elia, trovandolo solo in quello stato.

Note cap 14:
Gli stili o gruppi di stili: formula magica in Celtico; allitterazione anglosassone; prosa romanzesca medioevale; prosa elisabettiana; stile epistolare del XVII° secolo; prosa del XVIII° secolo: satirica, gotica e sentimentale; stile storico-naturalista; stile estetizzante; slang
*Id
** John Donne, Liriche sacre e profane
Colore: bianco brillante
Parte del corpo: utero
Scienza: medicina

 

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Capitolo 15
*** Purple Rain (Circe) ***


Documento senza titolo

Questo capitolo, nel rispetto del romanzo, è scritto come un copione teatrale; su EFP non si possono pubblicare intere storie così, ma penso che si possa usare questa forma per un singolo capitolo. Invece il contenuto è il più differente rispetto alla “trasformazione” dei personaggi, per adattarli all’IC.
Tutto il capitolo si basa sulle allucinazione di Damon e Stefan, provati nello spirito e ubriachi. Quelle di Damon riguardano il rapporto con le donne, quelle di Stefan, la morte.


American Ulysses, capitolo 15
Purple Rain (Circe)


Ore 23:00-24:00

Una luce lattea di lampioni illumina le strade di Ponce de Leon Avenue*
C’è un’entrata presso un binario ferroviario abbandonato, con spettri e fuochi fatui. Due figure grottesche sembrano dei Goblin, ma sono solo bambini. Giocano su delle altalene; uno dei bambini, addormentato su una panchina, russa come un orco.
Voci si chiamano: “Amore, dove sei?”
Voci rispondono: “Qui, nel vicolo.”
Uno Gnomo cerca cibo nella spazzatura, in compagnia di una Strega. Le guardie notturne spiano quelle figure tenebrose, mentre delle prostitute cantano dalla finestra: “Io le toccai il viso, lei mi disse con un sorriso, vai più giù c'è il paradiso oh, oh, oh!”
Si avvicinano due soldati, Bill Forbes e Rudy Hopkins, ma la madame li scaccia subito.
Stefan è rimasto in compagnia di Ethan Crane, che sembra un prelato ubriaco, col suo abito color porpora. Stefan sta biascicando l’introduzione della messa.
“Kyrie, eleison…”
La ruffiana lo chiama: “Venga qui, signore, abbiamo ragazze ancora vergini!”
Ragazza: “Fanno i commenti brutti a me, che hanno riconosciuto il mio cappello con le violette nella Hills Alley! Non è vero, ecco!”
Il lampione proietta un’ombra purpurea.
Stefan: “I gesti eseguiti senza musica non hanno ritmo”.
Ethan: “Non ridurre sempre tutto alla metafisica!”
Stefan: “Shakespeare era ossessionato dalle donne, e così Socrate. Andiamo quindi dalle belle dame!”
Si porta le mani al petto, sul cuore, teatralmente.
Ethan: “Va bene, a quest’ora non distinguo più cosa dici, camminiamo”.

Dal fiume, come dalle fogne, salgono vapori scuri e densi.
Appare Damon, che ha perduto le tracce di Stefan ed Ethan, che gli sono sfuggiti pochi minuti prima.
Damon: “Ti ho lasciato andare una volta, ragazzo, non lo farò di nuovo”.
Si specchia in una vetrina, che gli rimanda un’immagine disperata, mentre frotte di predatori notturni lo fissano. Si accorge di avere fame, e si ferma a comprare un panino col roastbeef.
Matt: “Il miglior pranzo di Atlanta, panino con la carne, birra”.
Damon: “Perché non ho corso, prima? C’era la luce di un faro, o è l’aurora boreale? No, quella vira più sull’indaco… l’intero cielo sembra bruciare. Da questa nebbia uscirà un drago? No, soltanto un tram con i fari elettrici”.
Si sposta all’ultimo momento perché è abbagliato.
“Morirò per un incidente della strada? Credo che fosse lo stesso tram che stamattina mi ha ostacolato la visione della signora che scopriva le caviglie. Tutto quel parlare di bestiame, ora penso solo all’emblema della Bestia. Sono confuso dalla nebbia, oppure è l’esaurimento”.
Un tipo assurdo, col volto mascherato di nero lo squadra.
Damon: “Buonasera signore, lei appare come la Luna candida”.
La Persona: “Parola d’ordine?”
Damon, alterato: “Sono forse una spia del generale Grant, che mi chiede queste cose? Non disturbi la gente per strada. Ma in fondo a mezzanotte chi c’è in giro? Io e degli assassini, forse dovrei sdraiarmi sul lastricato e vedere che succede. Mi cadrebbero i Piaceri del Peccato, ma probabilmente mi ruberebbero anche altro”.
Si avvicina un cane, poi si erge una figura con un rivolo di veleno verdognolo che le scende dalla bocca.
Joseph Bloom: “Ti ho detto di non perderti con gli imbecilli, per giunta stranieri o yankees! Non mi sembri neppure mio figlio”.
Damon, a testa bassa: “Sì, padre”. Vede se stesso con l’uniforme del collegio.
Joseph: “Una volta ti sei procurato un taglio grave, potevi morire. Pensa a tua madre”.
La madre di Damon si affaccia dalle scale, con una candela in mano e i suoi bei boccoli neri ottocenteschi.
“Damon?” Una donna in costume da odalisca, gli scuri capelli con un’acconciatura orientale, coperta di gioielli, lo fissa.
Damon: “Katy?”
Katherine: “Tornerai a chiamarmi Miss Katherine! Hai paura di tornare a casa? Vedermi così ti spezza il cuore, spariscono speranze e deboli scuse. Sei così innocente, Damon, non conosci il mondo come credi”.
Lei sale a cavallo, lo sferza con crudeltà, e impreca selvaggiamente in bulgaro.
Damon: “Dovevo comprarti dei profumi orientali”.
Il Profumo: “Che bella coppia siamo, io e Katy! Meglio che con lui, m’involo! E mi trema un poco il cor!”
La Ruffiana: “Allora, non vuole proprio entrare? Ci sono le mie Monique e Nadia bagnate di pioggia”.
Monique: “Ti suscito qualche pensiero?” Si butta sulle spalle uno scialle nero, e per magia si trasforma in pipistrello.
La Ruffiana, con occhi gialli da lupo mannaro: “Badate, la polizia ci osserva”.
Appare Elena, con un panno insanguinato in mano, rivoli di sangue che sgocciolano dalle cosce.
Elena: “Sei stato tu, ti sei beffato dei miei segreti, li hai spiati nel mio cassetto”.
Nadia: “Damon, nell’alcova del peccato/ti ho scovato!”
Damon: “Che bella questa stagione, per vestirsi di nero, tutti noi”.
Nadia: “Smetta, aspetti che lo dica a Katy!”
Damon sorride malizioso e seducente: “Le piacerebbe. Si sentirebbe libera. Adesso la abbraccerei, ho sempre sognato una cosa a quattro, bendati: come da bambini… quei giochi in cui si indovinava il contenuto di una tabacchiera”.
Nadia: “Lei ha sempre avuto successo con le donne”.
Damon ora è abbigliato da massone, all’occhiello la spilla della Confraternita, smoking, cravatta di seta bianca.
Nadia, vestita da ballo, la mano sinistra sul cuore, mentre Damon pensa a Katy: “Brucio tutta, come aspettando sotto il vischio, sarà l’ora delle streghe. Sono la migliore amica di Katy, vuoi baciarmi?”
Damon: “Devo dirle un segreto che non sa neppure Katy, venga, passeggiamo. Si ricorda quando Becka era piccina e andammo alle corse? E Katy vinse sette dollari, sul cavallo chiamato Segreto? L’aveva consigliata di vestirsi male per farle fare brutta figura; un cappello con le piume, povero animale, e mi faceste delle domande….
Nadia: “Sì, sì, sì…”
Lei scappa e Damon si trova davanti alle porte dell’Inferno, con un cane che uggiola, e uomini senza braccia, che però fanno i manovali; ridono bevendo birra scura.
Le prostitute chiamano dalle porte. “Vieni che ti servo io!”
Intanto una mercanteggia con un manovale. I soldati Forbes e Hopkins  lo fermano perché è ubriaco.
Hopkins: “Forbes, lo portiamo dal sergente?” Se ne vanno a braccetto ridendo.
Damon: “È inutile cercarli, qui ci sono solo case di tolleranza… più sono ubriachi, più corrono veloce… ma forse anche io risento di aver bevuto. Stefan è il migliore in quel gruppo, si farà derubare di quello che ha guadagnato. Non si può contare sulla fortuna”.
Passa un dito sul finestrino polveroso di una casa con disegnati simboli fallici.
Damon: “Katy disegnava sul finestrino gelato della carrozza”.
Il cane fiuta il panino col roastbeef, e quando Damon glielo porge, addenta il cibo come un licantropo.
Damon: “Vanno trattati con dolcezza, e protetti, come quando ho salvato un cavallo maltrattato”.
Una Guardia: “Come si chiama lei?”
Damon mette le mani in tasca e trova il fiore della lettera di Andie: “Mi chiamo Flowers. Gli intrighi d’amore succedono a chi è affascinante”.
Andie, con una veletta per mascherarsi: “Salva il mio buon nome!”
Damon, facendo il cenno del silenzio massonico al poliziotto: “C’è stato uno scambio di persona. Sono sposato con la figlia di un ufficiale”.
Guardia: “Di dove?”
Damon: “Quinto Reggimento "Danubio", Bulgaria. Io sono un americano del sud, leale e giusto. Faccio il giornalista, ma amo tutta la letteratura”.
Arriva Ben McKittrick, parlando da solo come se fosse al telefono; poi sale al banco come giudice di un tribunale: “Ho scoperto la sua tresca d’amore ed ho le prove!”
Voce dalla galleria: “Traditore!”
Guardia: “Chiamate la teste, la signorina April”.
April: “Mi ha fatto delle avances, mi ha molestata agente, a casa da soli e io ho cercato di fermarlo”.
Damon: “Non provarci, ti ho aiutata quando ti hanno accusata di furto!”
Ufficiale: “Si dichiara non colpevole?”
Damon: “Sono stato cresciuto da un padre assente, anche per questo essere punito non mi dispiace. Sono un fedele esponente della Virginia, ma non antibritannico, vivo felicemente ad Atlanta, città delle donne che suonano e ballano”.
Lo stenografo del tribunale, Luke: “Questa non è un’arena dove i cristiani e i leoni si massacrano, è un’aula di giustizia! Il mio cliente ha commesso dei piccoli errori, umani. Sono allucinazioni, capite? Una tara familiare, forse non si è accorto di cosa faceva; alcuni di notte sembrano creature differenti. Questa lotta è impari, non lascerò che la legge del taglione prevalga sul mio assistito! Non ha certo bisogno di molestare servette. Quando verrà letta la sua anima, gli darete almeno il beneficio del dubbio”.
Damon: “Sono di ottima antica famiglia”.
Una signora: “Lo arresti. Mi ha chiesto di commettere adulterio, spedendomi fiori”.
Le prostitute insultano Damon.
Una donna vestita da amazzone: “Eravamo alla partita di polo e mi ha chiesto una fotografia, certo per motivi osceni; poi di frustarlo e cavalcarlo, e no, lo farò!”
Damon, col sorriso obliquo: “È una promessa? Mi vuoi sculacciare? Colpa della tua bellezza”.
Seconda donna: “Spogliati, e preparati! Comunque sei solo un cornuto!”
Appaiono nel banco dei giurati Lockwood, Elijah, Giuseppe, Crane, McKittrick, Shane, Matt, Sutton: “È noto come Jack lo squartatore ed è pure vestito di nero! Sarà imprigionato poi impiccato”.
Il boia: “Io, vostro onore”.
Damon: “Aspetta, non ho mai irretito una ragazza innocente. Enzo?”
Enzo: “Io non lo conosco”.
Appare il fantasma di Ray Sutton: “È vero è innocente!” Ulula. “Ascoltate! Sono defunto, e ho il pensiero di una moglie alcolizzata, pregate per noi”. Scompare nella botola del carbone; la nebbia inizia a diradarsi. Damon cammina e incontra Sarah.
Sarah: “Cerchi il ragazzo? Non sei il padre, vero? Siete vestiti di nero tutti e due”.
Damon: “No”. Lui la tocca, per memorizzarla, lei è piena di brividi.
Damon: “Non ho mai amato una ragazza così”.
Paesaggio orientale, rose, vino. Sangue. Lei è vestita di giallo, e cerca di morderlo, facendolo fremere.
Damon: “Dovrei essere il presidente!”
Il presidente Roosvel gli conferisce una onorificenza, con un discorso sul nome della città, ed è il Re di Atlanta! Oh, Damon I!
Damon immagina Elena vestita da Principessa della Luna.
Damon: “Potrei anche cambiare moglie. Sarebbe l’inizio di un nuovo mondo. Pagherete meno tasse, tutte le religioni saranno accettate, le sepolture onorate, cure mediche, indulti, amore libero. Matrimoni misti”.
Appare una Dea velata: “Darei la vita per lui, è divino”.
Molte donne presenti si suicidano in vari modi; nel fiume, col veleno, buttandosi da una statua, impiccate con le giarrettiere.
Un uomo: “Nemici di Damon, costui è un libertino, un cavaliere dell’ Apocalisse, bruciamolo vivo!”
Damon: “Posso chiamare il mio amico Kai, esperto di sesso, spiegherà”.
Kai: “Damon piace a donne e uomini, è esibizionista, a volte perde il controllo; è un uomo del Cancro, molto femminile come animo”.
Markos: “Profetizza chi può vincere la gara! Sei un miracolo! Fai fuggire Azazael e Lylith”.
Le donne si vestono di nero, si inginocchiano, mentre la lui splende di luce viola.
Coro femminile: “Oh tu che sei un fiore, un messia, un piacere del peccato, una musica, l’avversario del Cittadino, amico della biancheria intima, prega per noi!”
Damon: “Potrei darvi una possibilità! Venite nel mio salotto. Se mi risposassi, lei sarebbe gelosa”.
Sarah gli prende la mano graffiandola, Damon la segue, e vede altri clienti.
Damon fa accomodare Sarah prima di lui, e passa la soglia. Ma rimane turbato da un soprabito e cappello che vede. Segue Sarah dietro una tenda malva. C’è il fuoco, orme di passi come se avessero danzato. Ci sono Maddox e Megan vestita color pavone, lui le alza la gonna. Al piano c’è Stefan con  Carol.
Stefan: “Non importa niente se non i sogni… Chi ha conosciuto la Luna o Venere?”
Il cappello di Stefan: “L’importante sono le donne”.
Stefan: “A volte ci vuole l’intelletto, la coerenza, per capire le cose come la matematica. Quello che sopravvive a se stesso, diventa un altro”.
Maddox: “È così erudito che gli spareresti”.
Sarah e Carol: “Sei più di quanto tu possa aver dimenticato, ma sul giornale di oggi si annuncia che tu sia l’anticristo”.
Stefan si volta e vede Damon come una figura oscena con in braccio il figlio morto da cui sgocciola acqua nera, seguito da uno spirito, e odore di donna nell’aria.
Cadono stelle, annunciando l’arrivo di Elena e la fine del mondo.
Elena: “Chi danzerà adesso?”
Appare il profeta Elia in tonaca: “Insomma, ragazze, basta fare casino! Sto lavorando, qui? Non vorrete un viaggio verso l’eternità? Non avrete paura del cosmo? Il vostro ego è superiore, chiamatemi quando decidete! Tutti voi, puttane e ubriaconi avete un posto nel cuore per cose positive”.
Megan è in ginocchio: “Mi sono perduta, sono una donna fragile.”
Sarah: “Anche io non ho saputo resistere”.
Carol: “Io ero invece ero ubriaca non capivo che facevo”.
Stefan: “Secola seculorum”. Timothy, Crane, Kai e Maddox sono in camice da medico. Invocano Shiva.
Sarah: “Vorrei una sigaretta”.
Maddox le guarda le sottane, sotto non porta mutandine. Lei si lecca le dita toccandosi.
Joseph Bloom: “Avrai notato che non indossa gli indumenti che ti piacciono tanto, ma la sottogonna è imbottita per simulare i fianchi. Non cedere alla loro tristezza, è a pagamento anche quella. Che grande fondoschiena che ha, tutto da palpare. Non ti piaceranno mica le donne vestite da uomini? Meglio accoppiarsi con femmine evidentemente tali. Devo proprio scrivere un trattato di sessuologia.”
Damon: “Parlarti è come vedere le ombre sui muri”.
Joseph: “Devi mangiare solo cibi afrodisiaci come le ostriche”.
Damon, malizioso: “Gli animali bivalve sono come le vulve femminili, così aperte, infatti temono i serpenti. Ma loro amano il latte di donna”.
Falene si suicidano sulla lampada viola.
Entra Flower, vestito da mariachi. Lui Damon e Joseph si guardano.
C’è Stefan al piano: “Credo di essere ubriaco, sono colmo delle impressioni di oggi. Peccato io abbia poca voce. Maddox ha letto quella lettera? Lo spirito è forte la carne è debole, troppo. Finirò su un paletto di frassino”.
Sarah: “L’altro giorno è passato un prete che voleva un servizietto”.
Joseph: “È normale! Ecco perché molti si allontanano da Roma per il Diavolo! Yoni e Lyngam, quello sì. Alla fine l’uomo è un violento”.
Megan: “ Ho avuto un figlio da un uomo con la sifilide, il bimbo è nato soffocato”.
Si scioglie i bei capelli mossi.
Joseph: “La strega ci fa dei filtri d’amore, cera, fiori, o sangue di vergine?”
Le vergini: “Ne sanguina il nostro cuor”.
Stefan: “Sarah, preferisci i protestanti?”
Carol: “Stefan sei un ex prete, vero?”
Maddox: “Cardinale!”
Giuseppe è il Cardinale e i Peccati vestiti di rosso lo seguono: “Soffro per la mia cattiveria, per fortuna, non tutta insieme”.
Se ne va cantilenando con voce maschile ma pietosa.
Sarah: “Ha chiamato il diavolo”. Passa un sagoma scura.
Damon da della cioccolata a Megan, che gli imbocca un pezzo con piacere.
Ombra: “Basta, sfaccendate”.
Damon fa il gesto del maestro indiscusso; la figura maschile sparisce nella nebbia.
Sarah: “La tua cioccolata è afrodisiaca, c’è la vaniglia”.
Entra Isobel Fleming, la maitresse, in abito avorio e ventaglio nero, trucco scuro, molti gioielli.
Isobel: “Sto lavorando troppo; sposato, vedo”.
Damon: “Sì ma in parte è come se non lo fossi”.
Il ventaglio nero: “La moglie è la sua padrona”. Damon annuisce, stanco.
Il ventaglio: “Perché seguivi noi? È il tuo destino, sai? Sei nostro”.
Damon: “Desidero che mi domini, sono abbandonato e tu sei così forte. È estate eppure ho freddo…”
Il ventaglio: “Adesso, datti a me. Devi”.
Damon: “Potrei inginocchiarmi, da bambino lo facevo”.
Isobel solleva le gambe, in calze di seta; lui è li che apre i lacci.
Damon: “Ho sempre amato togliere e mettere le calzature femminili con i gancetti complicati”.
Isobel diventa dura e predominante: “Sei un perverso, Damon”.
Damon: “E tu una regina. Penso che potrei comportarmi come un maiale”.
Isobel scatta, mettendogli un piede sulla spalla: “Sarai obbediente? O dovrò usare la disciplina?” Lo prende per i capelli “ Sto per punirti. Posso anche torturarti, divorarti, come un maialino da latte. O cavalcarti, lasciandoti i segni della frusta a sangue. Da ora sei un soggetto soggiogato, ti terrò nudo per il mio uso, o vestito con lembi di seta nera”.
Damon trema: “Potrebbe piacermi, ho provato questa parte”.
I Piaceri del Peccato: “Ha fatto parte di un culto oscuro, è stato a letto con molte donne seduttive”.
Isobel: “Dimmi le cose peggiori che hai fatto, o memorie di fantasmi di donna, con guanti profumati, con cento bottoncini… potrei profanarti; ti ricordi la tua prima donna?”
Damon: “Giarrettiere viola, e capelli tinti di biondo. Sì, ora mi ricorda Rebekah; sembrerà così a un altro uomo che presto sarà il suo amante”.
Isobel: “Perderai Katy, il tuo libro di astronomia, leggeremo le tue lettere, forse vuoi altro vino che ti accompagni all’inferno? È tardi per evocare lacrime”.
Invitati al funerale di Damon: “Così e andato davvero? Si prepari una pira funebre!”
Le fiamme: “Hai guardato le gambe delle ballerine, di ragazze innocenti, di prostitute, delle ninfe del quadro sopra il tuo letto nuziale, le hai anche baciate”.
Damon: “Nel sonno, forse, le ho anche adorate”.
Fruscio d’alberi: “Il vento ha soffiato tra i nostri rami, ombre antiche mandando tra il bagliore dell’estate. Chi si è sempre riparato grazie a noi?”
Damon: “Pochissimo, da ragazzino. L’odore delle donne sulla tranvia, l’intimo nelle vetrine. Vorrei essere ancora così giovane”.
Alberi: “Che hai fatto sotto i nostri rami?”
Damon, con fierezza: “Era una bella fanciulla, bionda, ci spiavamo dalla finestra”.
Alaric: “Scriverò il mio epitaffio”.
Ninfe del quadro: “Sentiamo i tuoi occhi dappertutto”.
Damon: “Non resisto al fascino delle dame, tantomeno della seduzione”.
Le ragazze vedono che Damon vorrebbe spogliarsi.
Ninfa: “Sono pura e timida, stammi lontano”.
Damon: “Certo, come se voi donne non voleste farlo, anche pagando dei gigolò. Non mi ingannate”.
Osserva bene Isobel. “Stai sfiorendo, la tua pelle non ha l’eterna giovinezza”. Isobel emette un grugnito.
Damon: “Vendi queste ragazze, non puoi fare commenti!”
Sarah suona il piano, Megan beve per non pensare.
Stefan: “Noi tutti vorremmo qualcosa”.
Megan: “Qui qualcosa c’è”. Alza la sottana, e abbassa le calze.
Isobel: “Non siete ballerine spogliarelliste!”
Stefan prende i soldi per pagare.
Isobel: “Vanno bene per tre ragazze... sono le undici passate”.
Sarah prende i soldi e  li mette nella giarrettiera, Maddox va via con Megan e Carol.
Damon prende il resto per Stefan e glielo porta: “È tuo, non farti derubare. Sono undici dollari, come le 11 che hanno suonato”.
Stefan: “Vorrei fumare, ma ho difficoltà ad accendermi la sigaretta… mi servono degli occhiali per vedere da vicino, si sono rotti ieri. Vicino e lontano sono idee, in fondo”.
La sigaretta cade dalle dita, Damon la getta per non far bruciare Stefan.
Damon: “Hai bisogno di mangiare, non bere e fumare”.
Sarah: “Ti leggo la mano; c’è la linea di Marte forte, vincerai sui nemici”.
La cassa del pianoforte si apre come una bara, esce un sacerdote.
Sacerdote: “Potrei frustarti per aver rotto gli occhiali!”
Esce padre O'Connell, sorridendo: “Stefan è sempre stato un bravo bambino”.
Stefan osserva la sua mano: “Voglio carezze, le mia mani non scrivono più bene”.
Sarah: “Hai buoni amici”.
Damon: “Leggi la mia”.
Sarah: “Sei un marito maltrattato”.
Stefan: “Abbiamo la stessa cicatrice sulla mano destra, Bloom”.
Fuori passano OroBrunito e Rame facendo commenti; passa anche Klaus.
Crane: “Damon, vai a donnacce? Io già quattro oggi; e tua moglie? La custodisci?”
Katy avanza vestita da ninfa e va incontro a Klaus.
Klaus: “Damon, avresti dovuto guardarci, Katy è sadica”.
OroBrunito: “La adora”.
Rame: “Le farebbe di tutto”.
Appare Shakespeare: “Siete folli, o ubriachi, e vedete solo ombre”.
Mrs Sutton a lutto, piena di whiskey, e Mrs Lockwood col marito che la insulta.
Stefan: “La lussuria ha sempre trasformato gli uomini in maiali. La lune était sereine et jouait sur les flots, la fenêtre enfin libre est ouverte à la brise, la sultane regarde, et la mer qui se brise**
L’uomo vampiro deflora la donna”.
Maddox: “Vive le vampire!”
Stefan: “Gli angeli sono sporchi, le puttane sante. Gli specchi sono per i guardoni, le persone sembrano bestie nel riflesso; in questa strada c’è il diavolo, è questo che ci libera”.
Damon: “Ascolta… arrivano le guardie”.
Sarah riavvia il grammofono: “Chi vuole ballare?”
Stefan e Sarah ballano il valzer, le figure antropomorfe delle sette note ballano con loro. L’abito di Sarah si allarga ad ala di pipistrello. Damon balla con Isobel, Megan con Maddox, ora Stefan danza col bastone da passeggio col manico intagliato.
Appare Giuseppe: “Pensa a tua madre”.
Stefan: “Lei balla con la morte”.
Barcolla, volteggia, perde l’equilibrio finché vede il pavimento spaccarsi; Lily grigia e con la pelle rotta, vestita da sposa, esce dal pavimento come un cadavere.
Lily—ata rutilantum
Kai, su una torre di pietra: “È morta come una dannata. Κακαι κυνες”.
Lily: “Ero bella e giovane  prima di incontrare Giuseppe. Tu avrai più fortuna”.
Lascia cenere dove passa, e muco verde.
Stefan è terrorizzato: “Non ti ho uccisa io!”
Lily: “Pentiti, io ti ho amato più delle mie figlie, e sono solo sangue e ossa”.
Damon è preoccupato dal vedere Stefan parlare col vuoto; le ragazze gli prendono acqua fredda.
Lily: “Il cuore ti sarà strappato dal petto!”
Stefan ha paura e rompe col bastone il lampadario di vetro, poi, scappa.
Isobel lo insegue: “Devi risarcirmi, voglio i miei soldi!”
Damon, che lo trova un ricatto: “È un ragazzo di buona famiglia, non ti conviene andargli contro. Fa il gesto della massoneria”.
Oliver passa, e le ragazze salutano con dei baci.
Damon si sente inseguito dei fantasmi degli abitanti di Atlanta. I soldati passano, ma si fermano perché Stefan sta insultando delle donne.
Bill Forbes: “Vorrei picchiare questo stupido, ma non reagisce, non c’è gusto. Ehi, tu, se ti spaccassi la faccia?”
Stefan: “Io odio la violenza fisica. Che problema c’è, agente Hopkins?”
Damon scansa la folla con decisione, e arriva a prendere Stefan per un braccio.
Damon: “Vieni, adesso dobbiamo andare”.
Stefan: “Non ho paura di nessuno! La lotta è necessaria, se non si riesce a parlare, adesso potrei uccidere il Presidente, o il Papa”.
Forbes: “Che hai detto?”
Appare Roosvelt con la giubba di velluto rosso, la fascia, i bottoni d’oro, le mostrine e le medaglie: “Stiamo in Pace, americani!” Da’ la mano a tutti e cinque.
Forbes: “Ripetilo!”
Stefan: “Devo morire per il mio Paese, io che non voglio abitarlo? Non è un posto di unicorni e arcobaleni”.
Hopkins: “Dagli un calcio tra le gambe!”
Damon: “È un gentiluomo, solo troppo ubriaco”.
Stefan: “Mi odiano, ma non evito i guai, stimolano la mia intelligenza”.
Ruffiane alle finestre: “Viva i soldati, viva il Presidente!”
Il Cittadino: “Impicchiamo gli Yankees!”
The god old rebel: “Sono zoppo. Amavo le mie gambe, ma la Virginia di più”.
Stefan: “Non ho denaro da offrire alla patria”.
Forbes: “E chi lo vuole?”
Damon: “Lasciatelo, via… non fa nulla di male. Queste ragazze lo possono testimoniare. Dite la verità”.
Nadia: “Lascialo, caro Forbes, fallo per me”.
I fulmini e i terremoti dell’Apocalisse si riversano sulla strada lastricata di sangue e piena di lamenti. Hayley siede in trono abbigliata da Cerere, ma seduta al contrario, con i piedi girati indietro.
Damon corre da Maddox: “Porta via Stefan”.
Maddox: “Che se lo porti via Megan, non mi ascolta”.
Stefan: “Judas”.
Damon: “Corri via insieme a me”.
Nadia: “I passanti sparlano”.
Forbes: “Ora lo insulto io”. Lo colpisce alla mascella, e Stefan resta a terra, gli occhi sbarrati sul vuoto, sanguinando.
Forbes si giustifica con la folla: “Ci ha insultati!”
Appare Oliver, coperto di crespo nero.
Damon: “Lo lasci, agente, è il figlio di Giuseppe Salvatore. Oliver, aiutami”.
Oliver: “Va bene; perché oggi ho vinto alle corse, sai? Invece in carrozza ho uno che ha perso, ma si è consolato con le donne. Dove vi porto?”
Damon: “Credo alla torre di Sherman” Chinandosi su di lui “Stefan? Mi ricorda sua madre, Lily, tantissimo”.
Damon alza gli occhi verso il muro, dove silenzioso appare un bimbo di pochi anni, che gli manda un bacio.
Damon: “Trevor?”
Trevor gli sorride, giocando con una palla di vetro viola, come gli abiti e il nastro sul bavero. Come è apparso scompare, lasciando solo un riflesso.

Note cap. 15
*Ponce de Leon Avenue. Vera strada del quartiere a luci rosse di Atlanta, ma attuale.
** Clair de lune (Victor Hugo)
Arte: Scienza, magia
Organo: apparato motorio
Colore: viola


 

 

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Capitolo 16
*** No colors anymore /I want them to turn black (Eumaeus) ***


Documento senza titolo

Grazie ancora a Iansom, EchelonDeathbat;  charlie997, beagle26, lucy stoker, Fernweh. ___Dobreva 16, robin d.,skizzino84, E DreamerInside; mi spiace che nello scorso capitolo, visto il ritardo, mi sia dimenticata di salutarvi!

Inizia il Nostos, il ritorno a casa
Fusione Damon- Stefan, equivoci di tutti i personaggi


         American Ulysses, capitolo 16
        No colors anymore /I want them to turn black (Eumaeus)

Ore: 24:00 – 01:00

Stefan non si ricordava neppure cosa fosse successo pochi minuti prima, da come stava tranquillamente chiedendo a Damon di andare ancora a bere qualcosa.
Damon non riusciva a giudicarlo, era come se fosse semplicemente suo compito curarsi che quel giovane potesse sopravvivere nel viaggio fino al ritorno a casa. Lungo il tragitto avrebbero incontrato la ‘Taverna Brick Store’, un posto per carrettieri, è vero, ma buono abbastanza per prendere un caffé forte o una bibita alla soda. Il suo protetto, però, non pareva affatto in grado di compiere quel percorso sano e salvo; indubbiamente sarebbe stato preferibile trovare una carrozza pubblica.
Passarono lungo la Randolph Street e l’angolo di Irwin Street, dove sembrava più facile incrociarne qualcuna, ma l’unica cosa che ottennero fu di allungare un po’ il percorso a piedi. Tutto sommato non avevano fretta, e l’aria fresca della sera non poteva che giovare a entrambi.
Una donna vecchissima, con l’aria di una strega sopravvissuta agli incubi appena vissuti, tagliò loro la via proprio mentre passavano di fronte all’obitorio comunale.
Damon notò con piacere che neppure Stefan ne era intimorito, temeva fosse molto superstizioso. Invece il ragazzo guardava con interesse le statue funebri, come delle cose di grande bellezza.
Piuttosto, sarebbe stato meglio poter mangiare qualcosa.
“Stefan, ricordati che Atlanta di notte può essere molto pericolosa, piena di delinquenti che non vedono l’ora di approfittare di un giovane ubriaco; se non avessi avuto la fortuna di incontrare Oliver, saresti in ospedale, o magari arrestato, a passare la notte in guardina. I poliziotti difendono solo i ricchi, e feriscono gli altri”.
Bloom aveva omesso se stesso nel discorso su chi fosse stato a trarlo dai guai, c’era un altro tormento che lo schiacciava, in quell’istante.
‘Il tempo ci sfugge e con esso il denaro e le donne’.
“I tuoi amici medici ti hanno tradito”.
“Quello era come Giuda”. Stefan non alzò la voce ma non ce n’era bisogno per sentire il grido della sua rabbia.
La fiamma della Torre della Guardia forniva una calda luce gialla, e fu quella a incorniciare la sagoma di un uomo che si dirigeva spedito verso di loro, che gli sembrava potesse essere un amico di Giuseppe.
“Buonasera, Stefan!”
Damon per natura non si fidava di nessuno, e sorvegliò con attenzione l’incontro: ma Stefan aveva riconosciuto il signor Diego; era facile, dacché puzzava molto ed era sempre ubriaco fradicio.
Lungamente aveva diffuso dicerie sul suo casato, che raccontava fosse nobile e decaduto. La verità era che si trattava di una schiatta di servitù di campagna, nient’altro.
‘Lord’ Diego prese Stefan per la manica, con occhi lamentevoli.
“Sono rimasto senza un centesimo, capite? Tutta colpa di Crane, e ho tre sorellastre che mantengo io”. Stefan dovette sentirisi pungere sul vivo.
“C’è un posto di insegnante di storia nella scuola del signor Gilbert”.
‘Il mio posto, che ho lasciato vacante stamane’.
Diego sospirò, almeno si rendeva conto di non esserne in grado.
“Comunque non siete il solo ad essere disperato; anche io stanotte non  so dove dormire”.
Damon leggeva chiaramente negli occhi cisposi del loro interlocutore che costui aveva istintivamente pensato che Giuseppe avesse cacciato di casa il figlio per un affare di prostitute.
Il suddetto Stefan, invece pensava che Diego stesse bluffando, ma gli avrebbe dato lo stesso cinque dollari, ma per quanto cercasse, nelle tasche non c’era l’ombra di un penny. Stava per imprecare, quando si ricordò che li stava tenendo Damon per lui, e che non doveva condividere l’idea di fornire l’ubriaco di ulteriore denaro.
“Quello è mister Bloom, vero? Lei invece non avrebbe del lavoro da offrirmi? Potrei distribuire i giornali!”
Damon considerò se gli avrebbe fatto un favore o avrebbe solo ottenuto di fare una figuraccia all’Atlanta Journal-Constitution; quell’uomo ormai era troppo compromesso. Per altro la sua attenzione era catturata dalla guardia che si era beatamente addormentata al suo posto, ma con la coda dell’occhio continuava a controllare la scena.
Diego doveva essere proprio disperato per fermare la gente nel pieno della notte. Stefan tornò accanto a lui per ripetergli quella richiesta di lavoro qualunque, pur immaginando la risposta.
Damon guardava una vecchia barca sul fiume, come per calcolarne il percorso, voltandosi poi con un sorriso.
“Come andrai a piedi fino al quartiere delle Mura di Sherman? Posso domandarti perché hai lasciato la casa di Giuseppe?”
L’immagine di Caroline che gli preparava la cioccolata — con molta acqua, quella dei poveri — strinse un nodo nello stomaco di Stefan. “Quella è stata la mia unica fortuna”.
“Sai, Stefan… in realtà credo che Giuseppe sia orgoglioso di te; invece ti sprechi con gente come Alexander e Kai Parker, che ti hanno abbandonato solo per strada in quelle condizioni apposta. Ti consiglio di lasciarlo perdere, sarà laureato, ma è una persona cattiva. Ho il sospetto che ti abbia drogato, stasera; la sua famiglia era stata sospettata di trafficare con erbe stupefacenti, pochi anni fa. Ti sfrutta perché è invidioso della tua intelligenza”.
Damon smise di parlare: forse Stefan si era fatto prendere in giro o magari era più lungimirante di lui, e aveva un suo piano; sparlare di Malachai avrebbe sortito l’effetto contrario?
In fondo alla strada, un gruppo di italiani litigava calorosamente con l’oste che aveva portato loro il conto.
Li mortacci tua!”*
Stefan sghignazzò, rifiutandosi di tradurre le frasi che seguirono la prima.
Finalmente, come un porto nella tempesta, la locanda di Dwayne spuntò dalla nebbia, a pochi passi da loro.
Appena entrati Damon ordinò del caffè e dei dolci, rendendosi conto che vari marinai li stavano fissando con aria torva.
“Tu hai capito tutto il discorso in italiano, vero?”
“Sì. Anche se da bambino credevo che mio padre si chiamasse ‘Giuseppi’.
Prima di poter avere risposta, uno dei relitti che parevano ancorati a quel posto come se fossero pezzi dell’arredo, chiese a Stefan quale fosse il suo cognome.
“Salvatore”.
“Bello! Buona razza, gli italiani: lavoratori e bravi tiratori per l’esercito, altro che William Tell!****

Nella fiacchezza sua se puoi tu, armato,
Un popolo avvilir, me no, che sprezzo
Qualunque legge che a viltà mi spinge!


Io mi chiamo Vincent Griffith e sono un suddito della Regina. Viva Sua Maestà britannica! La tua faccia, giovanotto, mi ricorda in effetti Giuseppe Salvatore, sarai uno dei figli”.
Con sorpresa di Bloom, Stefan non negò né assentì, lasciando che quel soggetto peculiare continuasse a parlare da solo.
In realtà si stava chiedendo se fosse sbarcato dal piccolo tre vele avvistato nel porto fluviale quella mattina.
“Ho navigato in tutti i mari più pericolosi del mondo, sapete? Alcune volte ho incrociato degli iceberg giganteschi, sono passato sulla fossa delle Marianne, e ovviamente sul triangolo delle Bermuda! Ho incontrato i selvaggi e naturalmente le donne erano sempre nude”.
Nemmeno a dirsi, tutti diventarono interessati repentinamente; soltanto Damon notò, sul retro di una cartolina realizzata con la fotografia di una fanciulla svestita, che l’indirizzo non diceva ‘V.Griffith’. Chi era davvero quell’uomo? Solo i criminali — e gli amanti — nascondono il loro vero nome.
L’Inghilterra, d’altro canto, era una splendida idea. Un tour di primo livello per Katherine, non con i soliti miseri cantanti della Georgia e della Virginia, ma in vere mete per turisti raffinati… Canterbury, Liverpool, Bath.
“Gli italiani si uccidono con lo stiletto**, come uno di questi, per discussioni da niente”. A questa dichiarazione, tutti si girarono da un’altra parte o si alzarono per andare a giocare a freccette, mentre Dwayne faceva finta di nulla, specie di non notare lo scambio di sguardi tra Damon e Stefan.
Vincent continuava col suo racconto.
“Una volta c’era pure la figlia del capitano sulla nave, sarà stata lei ad attirare la tempesta! Eravamo in mare da mesi, coperti di pidocchi, solo con qualche striscia di carne salata al giorno e io per passare bene il tempo, mi sono fatto un tatuaggio, questo qui”.
Un volto molto bello, anche se rovinato dallo stato dell’epidermide del marinaio, si offerse alla vista dei presenti; rappresentava forse un dio olimpico, e accanto aveva il numero sedici.***
“Non male, eh? L’ha fatto un greco, è il ritratto di un classico italiano. Si chiamava Antonio, ed è morto mangiato dagli squali”.
Attraverso la vetrina lurida della taverna, una prostituta guardava dentro il locale. Damon riconobbe subito Kelly, che l’aveva avvicinato più volte quel lunghissimo giorno e la cosa lo fece sentire un po’ in difficoltà. Finalmente la donna si allontanò.
“Sono molto dispiaciuto per la sorte di queste sfortunate”. Nessuno avrebbe dubitato della sincerità del suo tono.
“Evidentemente soffre di malattie veneree” — lo interruppe un tipo meno ambiguo degli altri — “le dovrebbero sottoporre a controlli sanitari, come altri gruppi di lavoratori normali”.
“Hanno un’anima, o si è persa?” Ecco la questione che interessava Stefan.
“Può esistere una specie di sostanza che vive fuori dal corpo? Se è incorruttibile, il suo creatore può distruggerla?”
Damon vedeva il lato realistico delle cose, anche se era affascinato dalla mente del suo giovane amico. “Un conto è credere alla corrente elettrica anche se non si vede, un conto ad un Essere invisibile. Credo che sia una verità data per sicura da persone che ci vogliono controllare, altrimenti tutto sarebbe incerto e volatile come l’ombra del padre di Amleto”.
Stefan sentì un colpo al cuore, al nome del personaggio in cui si identificava così bene.
“Ho molta stima per chi apre questi locali per dar rifugio di notte; un caffè, uno spuntino, e tenere spettacoli gratuiti per chi vorrebbe istruirsi”.
Stefan decise di bere il caffè per compiacere Damon, che gli stava raccomandando di mangiare qualche volta, perché per sua natura doveva nutrirsi.
Bloom però era distratto dal marinaio, Vincent, che in effetti aveva tutta l’aria di un ex galeotto, qualcosa che si riconosce con facilità.
Probabilmente, un assassino. Magari lui stesso aveva dato quell’italiano da mangiare agli squali, piuttosto che dividerlo con altri.
Gli altri marinai, che si atteggiavano a Sinbad, erano più semplici, alla fine.
Prima aveva classificato Stefan un po’ come tutti gli abitanti di Little Italy: grandi divoratori di gelato, molto leali, ma la notte diventavano innegabilmente vampiri in cerca di donne.
‘I bulgari sono più inclini a pugnalarsi senza chiamare la giustizia. Perciò Katherine è così’.
Dal canto suo, Stefan pensava che Kelly era stata molto avventata nella sua ricerca di peccatori, ma certo sono gli italiani ad avere più personaggi nell’Inferno di Dante.
“Le europee sono più belle, secondo me” aggiunse Damon “ricordo tutti i dettagli delle statue greche che ho esaminato stamattina”.
“Vi ricordate tutti quei vascelli fantasma***** che arrivavano dall’Italia?” Il soggetto di viaggi dall’Europa aveva catturato la partecipazione degli avventori.
“Già… sul Carlo Raggio c’erano una ventina di morti per fame e duecento di malattia. Sul Remo, cento per il colera e la difterite, una brutta bestia!”
“E l’Andrea Doria? Più di centocinquanta emigranti morti, e pochi anni fa”.
La malinconia rende i naviganti inclini ad affogare, ma nell’alcol, pensò Damon vedendo come tutti mettevano mano alle fiaschette nascoste nelle giacche, alla faccia del ritrovo pubblico. Da ragazzo però aveva avuto la stessa abitudine, ma gli piaceva solo il bourbon, non il gin.
La guardia lì fuori non pareva aver disprezzato il distillato, invece: per altro era quasi sicuro di riconoscere in quell’alcolizzato un ragazzo proveniente da una famiglia di ricchi borghesi, che aveva dissipato la sua eredità.
Cantava dei versi di canzoni rozze, alternati a sputi di tabacco sul selciato.

Go down you blood red roses, go down
Oh, you pinks and posies
Go down you blood red roses, go down

Un altro militare si avvicinò al posto di guardia, ascoltando e battendo il ritmo con un piede.
“Questo ci è rimasto dopo che il Nord ci ha tassato alla fine della guerra, per impoverirci fino alla fame, come no? Tanto adesso è peggio per loro, perché non abbiamo mezzi; vedrete che tra poco ci troveremo in conflitto con qualche paese europeo per questioni di attacchi nelle nostre acque territoriali, e noi che abbiamo?” Esclamò a gran voce un cliente.
A quelle parole, si alzò un vecchissimo veterano della guerra civile. “Chi erano i migliori soldati? Noi, la cavalleria della Virginia!”
“Frega niente”, rispose Dwayne “per me quelli che contano sono i clienti che pagano!”
Damon trovava ridicole queste discussioni, essendo convinto che l’economia del Sud sarebbe rimasta  antiquata e traballante, invece di adeguarsi alla modernità dell’industrializzato Nord. Inoltre litigare con gente di quel livello, non conveniva a loro due; peggio era accoltellarsi per una donna, se uno dei due era il marito; riflettendo sul suo caso, lo trovava troppo volgare.
Dwayne doveva aver partecipato ad un omicidio ma solo come complice, questo spiegherebbe perché non l’avevano provato.
“Oggi sento solo parole offensive”. Damon raccontò a Stefan l’episodio col Cittadino, che l’aveva umiliato per le sue radici ebree, seppure fosse un sudista.
“Io non sono intollerante, ho un senso della giustizia tutto mio”, concluse Damon con orgoglio.
“A volte la durezza delle battaglie è necessaria” disse Stefan “chi vince, semplicemente, diventa quello che ha ragione, che sente di aver difeso il suo Sacro suolo natio. Ubi bene, ibi patria”.
Damon si stupì della praticità di quel ragionamento. Eppure poche ore prima l’aveva sentito dire che non poteva essere cattolico perché questo premia la povertà. Gli sembrava quasi bipolare, in certi momenti. Tornò a fissarlo con quei suoi occhi così azzurri.
“Sai, Stefan… penso che ti serva un lavoro. L’arta va fatta, non puoi essere un artista e basta”.
Stefan si adombrò, facendo apparire delle rughe di espressione sulla fronte.
“Ma se non ci riesci, è la patria che dovrebbe provvedere a te, aiutarti per avere poi la gloria di una letteratura nazionale”.
A Damon il giovane non era mai sembrato così umano; quella debolezza doveva avere radici e causa nella vita domestica, perché in Stefan riconosceva più le sue sorelline che Giuseppe. Altri artisti promettenti erano finiti male per vivere da sconsiderati, solo un Re può farlo tranquillamente; e certe signore, che…
Però Stefan restava uno stimolo intellettuale per lui, che lo stava ripagando di alcuni problemi occorsi nella serata: magari sarebbe diventato un autore famoso, perché no; su tavolo c’era una copia del Journal, e Damon cercò i suoi articoli pubblicitari.
Certo quel giorno era stato molto confusionario. Gettarvia, la lite col Cittadino, il funerale di Sutton.
Eccolo, l’articolo di Enzo.
‘Ieri sera è passato a miglior vita il compianto Ray Sutton, uno stimato abitante della nostra città che mancherà a  tutti: presenziano alle esequie la vedova, il figlio, Giuseppe Salvatore, Stefan Salvatore, Richard Lockwood, D. Bloom’.
Certo, l’aveva fatto apposta! Stefan non c’era affatto, e il suo nome portava solo l’iniziale. Dannato Enzo.
Era colpa di McKittrick, ed era colpa di Markos se era così stupido da non voler vincere ai cavalli!
Vincent Griffith era in vena di maldicenze. “Vedrete che un giorno o l’altro si parlerà di Albert Fish, che forse non è stato davvero giustiziato; magari è fuggito sull’oceano e tornerà sotto falso nome. É stata una bagascia yankee a piantargli il primo chiodo nella bara. Se non avesse ucciso lei perché ha scoperto che lo tradiva con chiunque, non gli sarebbe venuto quel gusto da squartatore. L’amante fece un grosso scandalo per non essere accusato e si presentò in tribunale raccontando tutti i fatti piccanti, di quanto si amavano!”
Damon si fermò a riflettere. ‘Esiste davvero l’amore di coppia dopo sposati? No.’
“Certo, la moglie era dell’Europa dell’est”. Proprio come Katy, passionale fino alla follia.
“No, era spagnola”. Lo corresse Stefan. Los Placeres del Pecado
“Detesto che la gente qualunque possa inveire contro queste persone, perché neppure si rendono conto di che parlano”.
“Capisco” rispose Damon “le donne —signore — attraenti hanno sempre, per dire, dei gentiluomini in attesa: è una tentazione per tutte le mogli”.
‘Peccato, così prima o poi Stefan rischierà una malattia venerea’.
Damon senza esitazione mise una mano nella tasca della giacca, estraendo una fotografia di Katherine, accuratamente custodita. Era bellissima seduta al pianoforte a coda, così provocante.
“Questa è Katerina Petrova Bloom. Certo le foto non valgono un vero ritratto: per quanto evidenzi bene una parte, un’altra resta in ombra”.
Stefan non disse nulla, ma Damon comprese che si trovava in imbarazzo, perché Katherine lo stava eccitando. “A mia moglie farebbe piacere conoscerti, magai per scambiare opinioni sull’Opera”.
Era fragile, gli mancava un focolare domestico addirittura una matrigna sarebbe stata meglio che niente.
Stefan controllò l’orologio da taschino. “Non mangio da due giorni, essendo passata mezzanotte”.
Damon si sentì stringere il cuore. ‘La politica e la società, formate da persone invidiose, vorrebbero subito stroncare un ragazzo promettente come questo. Mi ricordo di quella volta che Katy ha sollevato un putiferio perché ho portato a casa un cane azzoppato; Stefan ha lo stesso taglio su una mano. Non sa essere amichevole, anche se vorrebbe’.
Gli avrebbe prestato volentieri un abito pulito, tanto vestivano in nero ambedue, rifocillandolo. Certo, non era la figura paterna che tentava di essere, lo capì subito. Non sapeva essere severo. La cosa più importante era portarselo via prima che arrivasse quell’alcolista di Diego a trascinarlo in qualche bettola.
Poi, sotto falsa identità avrebbe fatto perdere le loro tracce, navigando sui Sette Mari…
“Potresti venire a casa mia, almeno non pagheresti più per bere e mangiare”.
Damon sentiva ogni atomo del suo cervello concentrato su idee letterarie o culturali. Magari l’avrebbe anche aiutato a pronunciare meglio il nome di suo padre!
“Amico, posso prendere il giornale?”
Griffith aveva fatto una richiesta innocua, eppure sembrava a Damon che ognuno nella taverna stesse complottando; doveva cogliere il momento per chiedere il conto con un cenno al gestore ed uscire dal quel covo di lupi di mare.
Miracolosamente tutto stava filando liscio, ma giunti alla porta, Stefan si fermò con aria pensosa…
“Che scopo artistico avrà, disporre le sedie girate sui tavoli, la notte?”
“Lavare a terra. Esci, coraggio”. Damon ruotò gli occhi al cielo, facendo quella cosa.
“Meglio andare, appoggiati a me”. Lo prese a braccetto, provando una specie di dolcezza.
‘Parlerò di musica’.
Venne alla luce che Damon preferiva Mozart, Stefan Wagner o Rossini, come suo padre.
Mentre passavano per Pulliam Street, incrociando la Central Avenue, per dirigersi verso la Trinity Avenue, ammirarono le statue, i giardini immersi nelle ombre notturne.
Damon teneva sempre d’occhio Stefan; avrebbe anche potuto cantare? Neanche se gli avesse letto nel pensiero, il giovane improvvisamente intonò un’aria della ‘Loreley’, con un corposo tono baritonale.

Ed io dovrei respingerla,
potrei tradirla? ah no!
Che fu?... che hai?... rispondimi!
Nulla... ti calma... il bramo.
Dimmi che m'ami!...

Sì, aveva la voce buona di Giuseppe, e poi gli piaceva di più come persona. Non che ci volesse moltissimo… anche la risposta di lei, gli sarebbe piaciuto udire.

Non fui da un padre ~ mai benedetta,
bacio materno ~ non ebbi mai,
nella mia casa ~ nessun m'aspetta,
nessun mi chiede ~ se ho in petto un cor...

Quella era una carriera dove si guadagnava, e non poco. Perché no? C’era anche della bellissima musica moderna, non bisognava fissarsi solo sui classici. L’unica incognita poteva essere l’imprenditore, che gli lasciasse abbastanza tempo per scrivere, senza dover rinunciare al suo interesse fondamentale. Se lo immaginò come un gioiello nei loro party post spettacolo; piacerebbe moltissimo alle fanciulle.
Proprio perché era vicino a qualche realizzazione quel brutto ceffo di Diego gli stava attaccato; anzi, già che si presentava l’occasione, gli avrebbe consigliato di staccarsi da quel tipo, il dottorino, che parlava male di lui alla spalle, non in faccia mostrando di che pasta era fatto.
Mentre Stefan si esibiva anche nel ‘Sigfrido’, imboccarono la scorciatoia che sarebbe terminata nel vialetto di casa Bloom.
Chi li osservava, li vide camminare con l’andatura vacillante degli ubriachi, inciampando, reggendosi l’un l’altro, incerti, divertiti.

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Note cap.16
* Id, nel testo originale
**Id, nel testo originale
*** Non ho idea dell’origine di questa credenza, ma il 16, secondo Joyce, rappresentava l’omosessualità nei paesi mediterranei. In effetti, questo è il cap.16
**** Guglielmo Tell, di Gioacchino Rossini
***** “Vascello fantasma" era la definizione per una nave che non portava più tutte le vite con le quali era salpata
Colore: nessuno
Arte: prosa
Scienza: navigazione
Organo: nervi

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Capitolo 17
*** And I'll see your true colors, shining through (Ithaca) ***


Documento senza titolo

Grazie ancora a Iansom, EchelonDeathbat;  charlie997, beagle26, lucy stoker, Fernweh. __Dobreva 16, robin d.,skizzino84, DreamerInside; siamo al penultimo!

La serie di domande e risposte è quella del catechismo o dialogo socratico; un’interrogazione, non la richiesta di un’ informazione.

American Ulysses, episodio 17
And I'll see your true colors, shining through (Ithaca)

Ora: 01:00 -02:00


— Quanti percorsi seguirono Damon e Stefan camminando?
Varie strade, a partire dalla  Trinity Avenue, fino alla Via dei Pensieri.

— Parlando di quali argomenti?
Donne, musica, cibo, la differenza tra la luce naturale e quella artificiale, dei dogmi, degli USA, della Costituzione. Avevano ugualmente vissuto un’infanzia infelice, da bambini scettici con un’etica anticonvenzionale; poi, patriottici in modo nuovo.
Stefan non era d’accordo con l’importanza della coscienza civile, Damon che tutto lo spirito umano fosse nella letteratura.
Le opinioni di Damon sulla chimica, specie le droghe, risultavano eccessivamente pragmatiche per Stefan, per il quale influivano di  più le condizioni metereologiche.
Damon si trovò a ricordare i discorsi importanti fatti nella vita con gli amici: in treno, nei salotti, o sulla porta di casa, con noncuranza.
Quelli più importanti senza dubbio erano stati nel 1888, condotti spesso col maggiore Petrov e la figlia Katarina.
Otto, simbolo di Infinito. Le date a volte nascondono numeri magici, pensava Damon, o era stato così.
Poi, più aumenta lo sviluppo psicologico dell’individuo, meno contano i fatti esterni, e non si ha più volentieri rapporto con chiunque.
D’altra parte, chi esiste è percepito come vero, chi non esiste per gli altri è nessuno.
Arrivato sul gradino, fece per prendere le chiavi, ma non c’erano. No, le aveva lasciate nei pantaloni del giorno prima… che nervi, si era ripromesso di non confondersi.

— Che alternative aveva la coppia che, sia con premeditazione che con distrazione, era rimasta fuori casa?
Bussare o non bussare/this is the question
Damon con slancio felino saltò il cancello, mostrando abilità fisiche anormali, atterrando il giorno 17 Giugno 1904 del calendario gregoriano, anno 5665 del calendario ebraico, anno 2564 del calendario imperiale giapponese.

— Si è rialzato sano e salvo?
Sì, si è risollevato e ha fatto slittare il chiavistello, nel punto in cui sapeva che funzionava male, ed è entrato in cucina, ha acceso la lampada a gas, dalla luminosità opaca, e anche varie candele.

— Stefan cosa ha creduto di vedere?
L’ombra di un uomo che si muoveva nella sua cucina, e gli veniva incontro con la luce traslucida di una sola candela.

—L’uomo è riapparso?
Sì, la luce si è spostata vero la lunetta di cristallo rilucente del portone.

— Stefan lo ha seguito in casa?
Sì, hanno serrato il portone, poi sono scesi lungo i gradini per la cucina.

— Cosa ha detto Damon?
Ha preso due sedie, poi ha acceso un piccolo fuoco brillante nel camino con rametti d’abete profumati; legno e carbone hanno liberato la loro invisibile energia.

— Cos’ha ricordato Stefan?
La giovinezza in collegio, dove le cameriere lo trattavano ugualmente: usavano poco carbone, ma era inverno. Giuseppe, la madre Lily, la sorella preferita Caroline che facevano lo stesso per lui da piccino.

— Cosa ha visto Stefan di fronte a sé?
Il filo del bucato, con calze da donna e giarrettiere sensuali.
— Cosa ha visto Damon?
Il bollitore de tè, l’ha messo sul fuoco.

— Cosa piace a Damon più del fuoco?
L’acqua. Oceano, profondità, onde, superfici a specchio riflettente, abissi, il ghiaccio dei poli, i colori verde e blu, cascate impetuose, fonti dolci. La forma di nebbia, pioggia, neve e grandine.

— Perché ha tuffato quindi le mani in acqua?
Le ha lavate col sapone al limone di Katherine.

— Come ha potuto Stefan rifiutare il caffe?
È idrofobo, cerca di non bere nulla che sappia troppo d’acqua.

— Perché Damon non gli ha quindi chiesto se sapeva nuotare?
Sembrava che glielo volesse insegnare, da superbo.

— Quali consigli ha dato Damon a Stefan?
Sul cibo sano, più adatto a lui: certo non vorrebbe avere una dieta di scoiattoli! Stefan ha sorriso amaro.

— Cosa Damon nota di più del suo ospite?
La profonda insicurezza, eppure la tenacia.

— Cosa è accaduto nel frattempo all’acqua?
È diventata vapore, e ha fatto borbottare il bollitore.

— Cosa avrebbe fatto di solito Damon con acqua calda la notte?
Un bagno profumato: gli piaceva stare nella grande vasca coi piedi a zampa di leone, nella quale affogava i pensieri dolorosi, senza neppure essere disturbato dai rumori fastidiosi che salgono dalla città.
Magari anche farsi la barba usando lo specchietto da viaggio. Se fosse uscito un po’ di sangue non gli avrebbe fatto paura.

— Perché amava il buio?
Perché cercava le cose al tatto, con le sue mani fini, con le quali avrebbe potuto fare il chirurgo.

— Cosa attirava lo sguardo nella cucina di Damon?
I biglietti di una scommessa sui cavalli, strappati con rabbia, due sedie spostate perché qualcuno si sedesse guardandosi.

— Che riflessione ha prodotto ombre nel blu dei suoi occhi?
Come le predizioni siano inutili, visto il risultato incredibile delle corse.

— Ricordava dove aveva sentito accennare prima la cosa?
Nel locale di Kinney, e prima da Markos. È sempre più facile perdere che vincere.

— Il suo stato d’animo?
Indifferente, non aveva mai pensato di puntare quel giorno.

— Che ha preparato Damon?
Ha preso del buon cioccolato, spezie e l’acqua bollente e in onore dell’ospite ha ceduto a Stefan la tazza che gli aveva regalato Rebekah a Natale e anche la panna per la colazione di Katherine, con la compitezza di gesti che si usa sull’altare.

— Stefan ha notato, ed ha apprezzato?
Damon, con sarcasmo gentile, ha fatto notare quanto ci tenesse a preparare quella bevanda analcolica per lui come si deve. Gli sembrava palese che quel gesto turbasse Stefan, come se offrire una tazza ad un ospite fosse un gesto da compiere solo per riparare qualche torto.

— Damon si è trattenuto in qualcosa?
Sì, ha dedotto che offrire un vestito potesse umiliarlo.

— A cosa pensava?
Che Stefan stesse elaborando pensieri filosofici, che certamente riguardavano Shakespeare e quindi erano validi.

— Stefan aveva trovato qualche risposta?
Non di certe, perché erano eccepibili in più punti.

— Damon sentiva qualche distanza tra lui e Stefan?
L’età. Le convinzioni morali, l’esperienza.

— Che relazione c’è tra la loro età?
Sedici anni prima che Stefan nascesse Damon era nato, quando Stefan aveva sedici anni Damon ne aveva trentadue, quando Stefan ne avesse compiuti trentadue Damon ne avrebbe avuti quarantotto.
Ma se Damon avesse smesso di invecchiare, l’altro lo avrebbe sorpassato. E se non fossero invecchiati più entrambi? Damon sarebbe rimasto l’adulto. Ma per questo doveva nascere una nuova specie umana.

— Si erano già incontrati e quando?
Sì, quando Stefan aveva cinque anni, con sua madre Lilian, Giuseppe e Thomas Fell. Lui era timido nel dare la mano. Cinque anni dopo Giuseppe lo mandò a invitarlo a cena, cosa che con dispiacere non poté accettare.

— Perché Damon non aveva affatto sonno?
Perché la notte si sentiva più vivo e spesso osservava il mondo dalla finestrella dell’abbaino.

— Come si ricordano Lily, Stefan e Damon?
Damon, una signora che amava giocare a carte, passeggiare al sole, ma di aspetto chiaramente malato.
Stefan, ad accendere lampade votive per guarire.

— Damon desiderava tornare giovane come Stefan?
Certo, ma la realtà è che la vita umana dura solo una manciata di anni.

— Uno dei due ha messo in difficoltà l’altro?
NO.

— In poche parole, cosa pensava Damon — che Stefan pensasse — che lui stesse pensando?
Che non si comportava né da cattolico né da ebreo.

— Quali erano le loro discendenze?
Damon figlio di Joseph. Stefan, figlio di Giuseppe.

— Avevano un’educazione simile?
No, Stefan aveva fatto l’università, che gli piaceva molto.

— Damon ha detto che aveva frequentato due anni anche lui?
No, non era stata un’esperienza felice.

— Quali diversi talenti avevano?
Scientifico, artistico.

— Che esempio ha usato Damon per convincere Stefan che l'originalità non porta di sicuro al successo?
Ad esempio, il progetto bocciato del tram pubblicitario pieno di ragazze discinte.

— Che scena onirica ha in mente Stefan rientrando in una stanza?
Trovare in cucina una ragazza triste che scrive un diario, buttarlo nel fuoco e svestirla.

— E Damon?
Trovarsi nella camera d’albergo dove si è suicidato suo padre, con aconito e cloroformio.

— Quale pensiero era il più tormentoso per Damon?
Cosa fare per placare una moglie? Giochi da salotto, musica, carte, ricamo, teatro, o farle dirigere una casa d’appuntamento? Bella e pulita, così è già fuori dubbio che si comporti da entraîneuse. Oppure farla studiare? Katy gli chiedeva sempre le parole difficili e scriveva bene in inglese, ma sbagliava delle pronunce, solo in bulgaro sillabava tutto perfettamente.

— Come vi rimediava?
Sapeva a memoria le arie in italiano e francese e sembrava che conoscesse le lingue. Spargeva per casa libri aperti, ma leggeva solo
I piaceri del peccato

— Damon cerca di istruirla?
Sì, ma lei era distratta, non si correggeva mai.

— Damon era stato attento a non nominare qualcuno?
Sì, Aristotele, per non offendere Stefan.

— Stefan ha ricordato parole ebraiche da dire al suo ospite?
Ha detto “ehyeh ʾašer ʾehyeh” *

— Damon poteva cantare in italiano?
Sì, ma non ricordando bene un testo era imbarazzato.

— Cosa udiva Stefan?
Il passato, evocato da voce maschile.

— Cosa vedeva Damon?
Il futuro, in una giovane forma maschile.

— Stefan e Damon hanno avuto sensazioni simultanee?
Stefan ha visto hypostasis dai capelli nero-blu, Damon ha visto una tragedia.

— Damon ha chiesto a Stefan di cantare?
Sì, questi ha scelto una canzonetta contro i mezzi ebrei, contando sul suo umorismo.
Dreamed I saw a building with a thousand floors
A thousand windows and a thousand doors
Not one of them was ours, my dear, not one of them was ours


— Damon si è dispiaciuto?
Sì, perché ha paura che Stefan lo giudichi oscuro e ambiguo, con delle caratteristiche strane.

— Erano una tara di famiglia?
Sì, Rebekah a sei anni credeva di vedere dei morti nella sua camera; la sua bellissima bimba, bionda come la nonna paterna.

— Come ricorda la sua pubertà?
Quando ha smesso le gonnelle corte e le bambole, i giovanotti si sono fatti avanti come mosche sul miele. Poi ha incontrato Alexander. Anche Emily, in calore, voleva cercare un maschio, era estate. Le davano delle gocce di verbena ma non bastavano.

— Bekka ed Emily si somigliano?
Sì, avevano spesso un nastrino rosa al collo; sonnecchiavano con un occhio solo, si lavavano sempre il viso e le orecchie per bene.

— Damon le aveva insegnato tante cose?
Sì, e lei lo ammirava, gli diceva ancora che avrebbe volto un quarto della sua mente.

— Che proposta ha fatto l’insonne Damon al nottambulo Stefan?
Di passare il resto della notte, lì sul divano.

— Che risultati ne sarebbero venuti fuori?
Per Stefan, la sicurezza. Per Damon la soddisfazione di alcune idee, per Katy, ascoltare come si pronunciava l’italiano bene.

— Perché questo non poteva portare Stefan verso Rebekah, in modo auspicabile?
Perché la via per la figlia, passa dalla madre.

— Cosa hanno ricordato improvvisamente?
Che il funerale di Trevor cade lo stesso giorno della morte della madre di Stefan, anche se non lo stesso anno.

— Stefan accettò l’ospitalità?
Incredibilmente, ha rifiutato con gentilezza.

— C’è stato scambio di denaro, tra i due?
Damon ha restituito a Stefan la somma salvata per lui dalle grinfie di Isobel.

— Quali proposte di lavoro sono state avanzate?
Un corso di italiano, uno di canto, di dialoghi socratici, nei loro domicili.

— Cosa impensieriva Damon di questi progetti?
L’imprevedibilità del futuro: una volta aveva contrassegnato un dollaro d’argento ed era tornato a lui;
i limiti della legge di natura, ammalarsi, invecchiare, morire, la criminalità, la pazzia, le catastrofi.

— Stefan era depresso come lui?
Partecipava in quanto consapevole – non visibilmente, ma sub-stanzialmente.

— Damon lo comprende?
Come persona sprovvista della chiave per entrare dove vorrebbe.

— Con quale esodo il prigioniero lascia la casa di Damon?
Candela — tenuta da Damon — seguito da Stefan.

— Cosa ha fatto ognuno all’ingresso?
Damon ha posato il candeliere, Stefan ha preso il cappello.

— Chi entrò dall’uscita?
La gatta.

— Che spettacolo aspettava Stefan e Damon fuori?
Il cielo stellato, la volta traslucida di cristallo come un coperchio di luce scintillante, come un ramo di ailanto a coprire il loro capo.

— Cosa ha spiegato Damon indicando le costellazioni?
Le fasi della luna, la formazione della via lattea, Sirio e le Stelle Maggiori, la processione degli equinozi, la parallasse.

— Era più facile capire la non abitabilità dei pianeti per la loro razza, o la salvezza della stessa razza da parte di un dio?
Diversa difficoltà: il corpo umano non tollera la pressione ma forse altre specie marziane potevano. E forse comunque, si somigliavano.

— Quali caratteristiche delle stelle sono state considerate?
Colore, magnitudo, gli anelli, le rivoluzioni, l’eccentricità dei pianeti alla nascita di Stefan.

— Che porteranno?
Utopia e influssi astrologici.

— C’era similitudine tra la luna e la donna?
Sì. Il regno della notte, la vulnerabilità, la natura mobile, la follia, lo splendore.

Che luce splende da quella finestra? (che ha attratto gli occhi cristallini di Damon —   e i suoi quelli di Stefan?)
Una lampada da camera.

— Damon ha spiegato che era la lampada di Katy?
Con amore, con esitazione, indirettamente, mentre ognuno contemplava l’altro con il
miosuonostrovostromio volto.

— Come Damon ha reso facile per Stefan andare via?
Inserendo con decisione una chiave (Marte) in una serratura (Venere), liberando il paletto del cancello dal giardino.

— Come si sono salutati?
Dai due lati opposti della porta dandosi la mano con imbarazzo, mente suonavano le campane.

— Come le hanno udite?
Stefan: Lili-ata! Ru-ti! Lan-tum!
Damon: Ding, dong, dang.

— Dove si trovavano tutti i compagni di viaggio di Damon quel giorno ad Atlanta?
Lockwood (a letto), Elijah (allo scrittoio), Giuseppe (a letto a russare), Saltzman (a letto), Shane (nello studio), Enzo (a letto), Crane (a letto), Sutton (nella fossa).

— Cosa prova Damon da solo?
Freddo siderale, timore celeste, presagi d’alba.

— Perché restava?
Voleva vedere accendersi le ultime stelle, come da bambino, in vacanza; ma è rientrato verso la fiamma della candela.

— Cosa l’ha bloccato?
Si è ferito leggermente la tempia con uno spigolo di un mobile spostato da poco, di frassino; la scheggia gli ha fatto male, aveva sistemato il salotto di velluto viola come piaceva a Katy, magari poteva sentire il dott. Malachai Parker per la ferita, certo! Sorridendo, ha acceso un cono di incenso profumato delle indie, e lo ha posato sul caminetto.

— Cos’altro c’era?
Un orologio fermo, regalo di nozze.

— Cosa ha visto Damon nello specchio del salotto?
Un uomo solitario.

— Perché solitario?
Non era fratello di nessuno.

— Perché era mutevole?
Da bambino era la copia di sua madre, ma più passavano i giorni e gli anni, più scopriva di somigliare al padre.

— Che immagine rifletteva lo specchio?
Volumi disordinati sugli scaffali, certamente non lasciati così da lui. Shakespeare, Arthur Conan Doyle, i libri di fiabe di Rebekah, saggi di astronomia, poesie di Byron.

— Che ne pensava?
Che odiava vederli così, a casaccio, ma che Katy odiava i libri buoni, e basta.

— Dove si è seduto?
Sul divano, ammirando la bellezza e grazia della statua di una dea nuda sul tavolo di fronte a sé.

— Cosa lo infastidiva?
Il colletto dell’abito formale, subito rimosso come il panciotto nero stretto, la cravatta; poi tutti i vestiti, scoprendo il petto scolpito, fino ai muscoli obliqui che si mostravano provocanti dall’orlo dei calzoni.

— Che azione specifica è seguita?
Ha accarezzato con le dita una cicatrice, il segno di un colpo di fucile che avrebbe potuto ucciderlo. Ha calciato via le scarpe con la soddisfazione che provava da bambino perché erano strette e gli stavano facendo male.

— In cosa consiste ora la sua ambizione?
Comprare un cottage romantico in campagna coperto d’edera e con un bel prato, con balconi di pietra, stucchi e statue. Lo voleva fuori città ma vicino alla ferrovia. All’interno un arredo orientale, color sangue e vino, legni dorati; soprattutto, una cantina fornita di liquori pregiati.

— Altri accessori?
Una serra di fiori tropicali, giapponesi, e una fontana. Poi una bella carrozza, con cavalli roani. Curiosamente, sentiva di volerla chiamare Villa Veritas.

— Quali svaghi intellettuali poteva svolgervi?
La fotografia, l’astronomia, la lettura di libri vietati.
Les plaisirs du péché

— Avrebbe vissuto lì con un posto di rilievo?
Certo, era un giudice giusto, non razzista, leale ma feroce contro chi lo tiranneggiava, ciò fin da fanciullo. Da ragazzo difendeva la religione cattolica perché era quella eletta dal padre, ma anche la teoria di Darwin e aveva mosso qualche passo in politica.

— Poteva permetterselo?
Sì, aveva una buona rendita, titoli e affitti.

— Come affrettarsi?
Facendo la proposta immobiliare per telegrafo, per l’anticipo poteva vendere degli anelli di famiglia, strani, pesanti, preziosi, con pietre dell’Aria (zaffiro), dell’Acqua (perla), del Fuoco (rubino), della Terra (onice).

— Aveva anche dei progetti commerciali?
Sì, per usare delle energie alternative al carbone, come quella eolica e quella elettrica generata dalle cascate.

— Perché si perdeva in progetti così costosi da essere irrealizzabili?
Erano le sue distrazioni. Senza quelle non dormiva affatto, come se avesse il dono di un fisico sovrannaturale. Damon temeva la perdita di tempo da usare per soddisfare i propri desideri, che dava inoltre spazio a spiriti maligni.

— Cosa temeva?
Di commettere un omicidio seguendo un sogno.

— Cosa pensava prima di addormentarsi?
Cosa avrebbe fatto il giorno dopo.

— Cosa nascondeva nel cassetto chiuso a chiave?
I quaderni di Rebekah, la foto di alcune attrici popolari, ceralacca, pennini, le lettere di Bekka e quella da suicida di suo padre. Una novità: preservativi di gomma, comprati per posta; carta da lettere, cartoline erotiche di rapporti orali e penetrazioni, medicine, una lettera di Andie.
Il ricordo di quanto era piaciuto ad Elena, dal cognome sconosciuto.

— Questo che significava per lui?
Che era sempre molto virile, che attraeva donne di buon rango.

— Nel secondo cassetto?
Documenti, assicurazioni, polizze. La foto di sua madre, la preghiera della Pesah.

— Cosa hanno evocato?
Un vedovo malato, vigilato dal suo fedele cane.

— Come percepisce i ricordi del padre?
Era sempre più dipendente da medicine e narcotici e soffriva di amnesie. Damon però era anche grato che gli avesse lasciato di che vivere liberamente.

— Che succede ai poveri?
L’indifferenza delle donne, il disprezzo degli uomini, la necessità — per dignità — di cambiare paese.

— Per andare dove?
Per mare, guidato dalla Stella Polare; per terra, un Sinbad guidato dalle fasi lunari.

— Così facendo, avrebbe perso la sua entità-identità?
Sarebbe stato noto come Nessuno.

— Resterebbe scomparso a lungo?
Avrebbe vagato oltre le orbite stellari, tra la luce scesa da un telescopio, ruotando col Sole, per tornare come Vendicatore, vestito di nero.

— Perché non voleva partire?
Per l’oscurità, l’incertezza, la stanchezza, la vicinanza del suo letto — caldo di donna e fresco di bucato, voluttuoso di decorazioni.

— Che fatiche ha affrontato Damon, oggi?
Colazione servita (pasto sacro), bagno (lavacro purificatore), funerale (rito), lavoro (verità), pranzo (manna), visita al museo (sacrario), lite (olocausto), saluti (dipartite), esibizionismo (rito di Onan), il parto (offerta), Isobel (tentazione), ritorno a casa (redenzione).

— Che problemi c’erano stati nella giornata?
Fallimento al giornale, mancato invito a teatro.

— Chi gli viene in mente ora?
Il padre di Katy.

— Che indumenti intimi da donna ha visto?
Calze, giarrettiere, mutandine, sottovesti.

— Cosa ha fatto?
Si è spogliato per dormire e si è messo a letto.
— Come?
Piano, per non farlo cigolare, per non consumare il matrimonio, il sonno, la morte.

— Cosa ha trovato?
Lenzuola pulite, ma con un odore non suo; la forma del corpo di un altro uomo. Ha sorriso: Klaus non era il primo, non sarebbe stato l’ultimo, non contava niente per Katy; perché doveva contare per lui?

— Che riflessioni fece?
Che Klaus doveva essere buono a qualcosa, cioè a letto, visto che era un truffatore, malfamato e promiscuo. Anzi… ne era geloso, invidioso, ma comprensivo.

— Invidia?
Era più giovane di lui, più libidinoso e Katy era attratta dai capelli biondi, così diversi dai suoi; dal canto lirico, così simile a lei. La donna ha bisogno di attenzioni e la fortuna l’ha favorito. Non è il delitto più grande.

— Come punire Katherine?
La morte, mai. Divorzio? No. Denuncia? Vergognoso e umiliante.

— Come l’ha giustificato?
Con la fragilità femminile, la liberalizzazione dei costumi, la passività davanti all’insistenza. La carne femminile è così tentatrice, profumata di latte e miele, che attira il sangue e il seme maschili, l’erezione.

— Poi?
Damon, scherzosamente, ma con un brivido, le ha dato un bacio sulle natiche tonde e perfette, con eccitazione e rilassatezza insieme.

— Che ha fatto Katherine?
Si è svegliata e l’ha interrogato.

— Cosa ha raccontato Damon?
Non ha raccontato della lettera di Andie, della lite nella birreria, cosa ha fatto per Elena, ma ha narrato di Stefan come centro della sua giornata.

— Quali limitazioni e inibizioni sono percepite da Katherine e Damon?
Lei ricorda l’ultima volta che hanno fatto l’amore, dopo che Bekka era diventata donna, lui che dalla morte di Trevor, con la moglie non raggiunge l’orgasmo. La luna mandava luce sulle loro teste, mentre giacevano con la testa verso i piedi dell’altro.

— A riposo?
L’uno verso l’altra.

— In moto?
Portati dalla Terra.

— In che posizione?
Katy: con la mano sotto il capo, gambe flesse, soddisfatta, piena, terrena.
Damon: piegato su un fianco come un bambino, stanco. Ha viaggiato sui sette mari.

— Quando?
Andando a letto al buio, quando Sinbad il marinaio ha trovato l’uovo del Rok,**si è riposato nel letto dei letti, nella notte delle notti.

— Dove?
————

Note ep.17
*Io sono colui che sono, Esodo
** Uccello mitologico delle Mille e una Notte
Colore: trasparente
Stile: catechismo
Organo: succhi gastrici, scheletro

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Capitolo 18
*** Dark Stars are the hottest (Penelope) ***


Documento senza titolo

Per prima cosa, i ringraziamenti, che sono anche saluti, alle 17 lettrici rimaste con me fino alla fine. In questo momento ho le lacrime agli occhi, perché due o tre volte ho pensato che non avrei terminato. Vi abbraccerei una per una! Senza di voi avrei sentito di andare a vuoto, lo sapete. Sarei curiosissima di sapere se siete giunte fin qui esclusivamente per The Vampire Diaries o se avete studiato o letto il meraviglioso romanzo…
Un grazie speciale, con Amore, a:
EchelonDeathbat
Iansom
charlie997
beagle26
lucy stoker
Fernweh
__Dobreva 16
robin d.
skizzino84
DreamerInside


Incredibilmente, siamo giunte alla fine di questa storia, col capitolo dedicato al punto di vista di Katherine o più esattamente al punto di vista dell’Universo femminile. Tutto viene riletto in opposizione all’idea di Damon, Stefan e altri, come una verità differente. Nel romanzo — ma Joyce può e io no! — la protagonista si esprime in modo completamente sgrammaticato, che ho ritenuto di evitare per non violare le regole del sito. Mi farebbe comunque piacere se voleste fare una piccola ricerca e vedere coi vostri occhi…
Ho rispettato però il fondamento della tecnica del capitolo: che questo sia formato da otto periodi totalmente privi di punteggiatura e con “salti” bruschi tra una frase e l’altra anche interrotte in modo insensato. Vi auguro comunque una buona lettura, con un ultimo sforzo!

American Ulysses, capitolo 18
Dark Stars are the hottest (Penelope)


Ora: 2:00 —

Che strano Damon non aveva mai preteso la colazione a letto neppure quando era in vena di farsi vezzeggiare è che certi nostri amici mi hanno suggerito di sposarlo perché gli dava sicurezza rispetto a chi poi certe donne che rispetto a me non facevano venire certo voglia di vederle nude o anche solo scollate però Damon fa sentire ogni donna desiderabile è questo che mi piace di più di lui anche se resta il fatto di quelle foto pornografiche come se non lo sapessi e mi innervosisco quando fa’ troppo la vittima però è molto maschile quando ha la barba sfatta ma l’aria da bambino permaloso però crede che io invece stia sempre bene mentre lui ha avuto un orgasmo oggi lo capisco perché altrimenti rientrando avrebbe mangiato qualcosa spero che non sia una con le malattie altro che Enzo o chi dice di aver incontrato oggi che poi mi fissa quando lo incrocio per strada quel pezzo di baccalà poi Luke che si crede un Principe del Foro chissà se è davvero dottore in legge però adesso non voglio litigare a quest’ora a letto anche se ho scoperto che scrive ad una donna anche se ha buttato sopra la busta il giornale con l’articolo della morte di Sutton basta che non la paga e che non la faccia presentare sotto casa e che tolga bene i capelli biondi se glieli lascia sul cappotto o quella volta che voleva assumere April la cameriera di Giuseppe Salvatore gli cascano tutte ai piedi si scoprono per mostrargli le giarrettiere lo vedo anche io certo lo fa’ quando può con me viene fuori e Klaus deve averlo capito la sera che mi ha corteggiata anche Damon sono certa che l’ha notato ma si sente in colpa e mi ha lasciata fare per pietà ma almeno ho cambiato sapore per una volta certo piacerei anche a qualcuno di molto giovane stanno sempre lì a toccarsi si turbano subito Damon è geloso quasi preferirebbe che fossi una sgualdrina per rinfacciarmelo invece con Klaus la prima volta ho fatto finta per non dargli la soddisfazione di trovarmi impreparata ma ora mi sono sbloccata e lo potrei fare anche con altri anche le donne cercano soddisfazione fuori del matrimonio anche se la cosa più bella è quando Damon mi bacia con la lingua da fidanzati mi toccava anche il sedere e poi dovevo spiegarlo al prete in confessione senza dire il posto però credo che se lo facesse raccontare per eccitarsi e a me piaceva il suo odore di incenso mentre Klaus ha detto una cosa volgare andando via mica sono la sua schiava chissà se Damon dorme e mi sogna o mi pensa sento l’odore del bourbon da bambina mio padre mi faceva assaggiare un goccio di vino se mangiavo tutta la cena poi andavo a letto e se pioveva coi tuoni forti pregavo per la paura invece Damon non crede all’anima ma solo al corpo certo lui ce l’ha enorme questo sì, ma anche Klaus mi riempiva tutta e varie volte gli uomini vivono per quello invece noi rischiamo di restare incinta se penso al parto di Rebekah  e le notti sveglia povera Hayley Marshall che ha fatto tanti figli non so se ne vorrei un altro Damon fa solo figli bellissimi certo se penso alla moglie di Cooke che lo voleva baciare e lui che la faceva ballare perché gli dispiaceva e poi è così insensibile con me su certe cose morali e mi azzittisce perché è vero che è molto colto e io ho smesso di studiare a sedici anni ma è tanto ingenuo lo saprei se la amasse e poi appena lo sfioro si eccita quando ho voluto che mi facesse la dichiarazione ha cantato al volo certo tutte le mie amiche cercano di incontrare Damon quando vengono qui e fanno certi commenti pesanti altroché e mi ricordo quanto è bello quando stavamo per sposarci erano troppo invidiose per esempio il marito di Esther si mette a letto con gli stivali pensa che roba Mikael è un vero pazzo Damon è sempre vestito bene e cortese pensa alle mogli che uccidono i mariti devono essere disperate perché le impiccano

Klaus mi guardava i piedi piccini e chissà se ho perso le calze in giro in fondo deve essere feticista voleva anche regalarmi una cavigliera d’oro Damon mi chiedeva di toccarlo col piede nudo davanti al camino acceso ma tutti quelli con cui ho cantato preferiscono la mia voce Damon si comportava bene con la mia famiglia ma da me voleva cose come il pizzo delle mutandine è una cosa che lo fa impazzire e quando mi seguiva per strada perché non si fidava e poi voleva accarezzarmi sotto la gonna e anch’io lo toccavo sui pantaloni poi fa così bene l’amore e mi regala spesso otto fiori perché sono nata l’otto e mi da otto baci sul cuore gli piacevo anche vestita da casa che cucino per Klaus mi sono messa in ghingheri prima mi ha mandato il cesto di frutta poi è arrivato in ritardo c’erano le sorelle Salvatore per strada quando ho aperto la porta e dire che Damon a volte fa cose strane ma non lo tratti da stupido lo capirà che se vado in tournée in treno di prima classe è perché lo paga Klaus pensa se scappassi di casa come sarebbe felice la Cooke di avere il mio posto Damon attira sempre queste cose credo che sia massone ma mi piacciono molto anche i militari perché faranno combattere tutti quei bei ragazzi tra loro quelli bulgari erano molto alti con le uniformi blu e turchese e mi riportavano stoffe dalla Turchia certo stare sotto un uomo a volte stanca meglio da dietro così non avrei visto la faccia arrabbiata per i venti dollari persi per il cavallo per colpa di Crane vorrei un po’ di  vestiti nuovi più vistosi a Sofia le ragazze li portano tutte però il busto lo metto ho preso qualche chilo almeno Damon la crema del viso si ricorda di farmela preparare e anche di scarpe finché sono abbastanza giovane e bella ne voglio di più oppure sarò attraente fino ai quaranta e anche di più come le nobili Damon legge sempre libri erotici e poi vorrebbe fare delle cose come bere champagne dalle mie scarpe invece di fare cose più maschili come fumare e lavorare di più si vede che la sua vita non ruota intorno alla professione e dire che ho anche provato a fare gli occhi dolci a dei suoi capi tanto Damon mi dice spesso che sono bella con ogni cosa che mi metto così quei guardoni di ragazzi ci pensano e mi fissano la scollatura e poi a casa mi spoglia di corsa toccandomi il seno ed è subito pronto per me

Certo la donna è molto più bella dell’uomo nudo mi voleva anche fare delle foto erotiche una volta ho usato un bagno pubblico c’erano dei maniaci che campano per quello altro che la reincarnazione che piace a Damon che mi osservava quando ero incinta e mi lavavo nel catino e Damon ha assaggiato il latte per Rebekah ma poteva restare ancora Klaus per toccarmi farmi venire ancora volevo urlare delle oscenità ma non ce l’ho fatta

In Bulgaria non si vive l’estate è troppo calda ci sono sempre le zanzariere la notte poi è più scura e ti avvolge e la pioggia ti lava in un attimo il tè è più buono i vestiti neri i dolci alla frutta e la mia più cara amica dormivamo insieme abbracciate e ci facevano le serenate sotto il balcone e leggevamo racconti dell’orrore e per segnalibri usavamo le foto di ragazzi attraenti però mai come Damon che un’estate mi guardò perché avevo la camicia appiccicata per il sudore che mi faceva sembrare spogliata mentre gli ufficiali con cui ho viaggiato dalla Bulgaria mi apprezzavano per il mantello azzurro e il vestito bianco che piaceva a mio padre quando raccontava storie sconce mi faceva uscire dal salotto che vita monotona addirittura tenevo un diario Rebekah scrive lettere a Damon a me solo cartoline oppure le amiche che mandano partecipazioni di nozze o annunci di funerali comunque a me serve altro magari Klaus può scrivermi una lettera d’amore ma non sdolcinata solo per fantasticarci un po’ poi gli avrei giusto fatto venire voglia

Me ne hanno mandate tante ma la governante non me le dava e io mettevo una rosa nella scollatura per far capire ai corteggiatori che lo sapevo poi ho avuto il primo bacio con la lingua ma certo non mi sono sposata per quello però ho inventato che il mio futuro marito si chiamava De La Fleur ed è Bloom vedi il destino io nel bosco sotto gli abeti verdi ad amoreggiare col seno che mi stava sbocciando lui mi voleva mettere le mani sotto la gonna ma io ho detto no però mi sono toccata quella notte almeno le donne non lo fanno capire come tutte le nostre storie prima di conoscere il marito e dire che adesso in bicicletta portano dei pantaloni sotto l’abito per fortuna Rebekah ha preso da me ossatura fine e con un bel seno farà impazzire qualche ufficiale che però se ne andrà per mare e si metterà sotto tutte quelle che gli capitano io ho regalato l’anello del primo ragazzo al secondo era d’oro
she's only a bird in a gilded cage**
che poveracce le mie rivali se li sognano quelli che mi vogliono che pendono dalle mie labbra o bocca con la quale canto così bene potevo diventare una star ma adesso non devo svegliare Damon perché mi sono lavata tutta spero che non senta i treni in lontananza e la candela rimasta accesa in inverno fa compagnia ora no da solo fastidio

Invece da ragazza non avevo freddo a Sofia ballavo in camicia da notte i vicini sbavavano dalle finestre perché Damon esce con quegli studenti e torna alle tre di notte mi sa per tornare e dirmi che domani vuole lui la colazione preparata uova e salmone affumicato e pane col burro dai due lati che poi da i pezzi alla gatta sul letto perché dice che ha un’intelligenza superiore poi per mangiare fa un disastro controlla tutto ha un piano diabolico per tutto ma poi perdiamo solo tempo come quando voleva farmi nuotare anche se ho paura si è offeso gli avrei dato una bella sculacciata ecco che magari gli piace come i libri che compra i piaceri del peccato e dire che da sposi novelli faceva a bacchetta  tutto quello che gli chiedevo tranne ricordare di chiudere bene la casa contro i ladri lui non li teme ma io sì chissà se invece ha mandato via Bekka a studiare per lo scandalo che potrei dare con Klaus la sua principessa che non fa lavori domestici per non rovinarsi le mani e poi va a fumare coi ragazzi se lo sapesse che le guardano le gambe se è sul balcone come fa lui certe hanno fortuna le mie amiche morirebbero per lui Rebekah mi prende la cipria e anche qualche camicetta lo so ha le labbra così rosse che è sempre bella ma quando mi ha ignorata invece di darmi spiegazioni le ho dato due begli schiaffi forse ci vorrebbe una serva ma brutta e vecchia così non farei figuracce stanotte ho sentito che c’era il figlio di Giuseppe Salvatore quello che ha vinto tutti quei premi al liceo e Damon che scendeva dal cancello come un bambino che roba e questo fastidio sì sono le mie cose che mi stanno venendo poi avrò un’irritazione ma il sesso violento è più bello dopo che non puoi farlo per un periodo che noia quella volta che mi sono tornate a teatro certo gli uomini vanno pazzi per il sangue delle vergini poi noi restiamo incinte stanotte ho mangiato tanti confetti per l’alito e Klaus ha fatto rumore

Il letto cigola meglio il lettino del dottore che con la scusa ti annusa tutta poi ti chiede se ti masturbi ho detto no ma lo facevo sulle lettere di Damon che poi avevo le macchie di inchiostro sulle dita pensa se sporcavo quella statua di Buddah quante volte stava per comprarla ma cambiando sempre casa chissà se il lavoro gli dura è imprevedibile ecco le due e tre quarti magari ora si sveglia e vuole leccarmi ecco perché non gli interessa di Klaus con me sul giornale c’era la foto del figlio di Sutton lui e Lockwood e Crane e Giuseppe ed Elijah che è così signore però mantiene una barista chissà sarà quella Rose che sicuro piace a Damon e dire che è anche un bell’uomo almeno Damon i soldi li lascia a casa invece Giuseppe è vedovo e dopo la morte di Lily non mantiene le figlie così carine invece Stefan sarà professore credo di italiano di sicuro gli ha fatto vedere una mia fotografia quando l’ho visto undici anni fa ero a letto ora Trevor avrebbe undici anni Stefan era un bel bimbo con tanti  capelli a boccoli vuoi vedere che è lui il giovane che è venuto fuori stamattina facendo le carte dopo quella del viaggio e la lettera chissà se è un vero poeta romantico dobbiamo portarci dieci anni in fondo non sono troppo vecchia non è presuntuoso se era qui in cucina e se canta bene come Giuseppe da piccola ricordo quelle facce più serie degli europei io dietro le grate della finestra che begli occhi verdi espressivi deve essere sensibile e portare le donne a guardare il tramonto e lo bacerei tutto anche lì sembra uno che si fa il bagno devo prepararmi un discorso per sembrare più colta così parlerà di me nelle poesie quando diventa famoso lo faccio godere bene Klaus si è spogliato di corsa come uno stalliere che cafone mi voleva solo saltare addosso chi sa com’è essere un uomo deve essere bello avere delle donne o anche solo la libertà degli uomini anche sposati perché noi no e siamo corpi da usare

Certo Damon mi ha baciato i piedi però io vorrei un marinaio e farlo in piedi contro un portone o anche un assassino oppure un lord inglese ma se il mondo lo governassero le donne non sarebbe meglio mica facciamo la guerra e ci ammazziamo o perdiamo soldi in scommesse sui cavalli e facciamo pure le madri loro che ne capiscono se uno ha un figlio bello deve esserne felice ma Stefan non ce l’ha la madre e io non ho più un figlio l’ho sepolto col giacchino nuovo fatto da me Lily non vorrebbe Stefan a disperdersi con ladri ubriachi e prostitute potrei salutarlo dicendo zdraveĭ e lui mi risponderebbe in italiano potrebbe vivere qui nella stanza di Rebekah per studiare un inquilino per le spese ci farebbe comodo poi posso girare in vestaglia trasparente e pantofoline turche rosse e uscire presto per la spesa ci sono dei giovani al mercato che sono lì apposta e domani giro in casa in mutande cantando così Damon impazzisce e capisce che deve fare oppure lo faccio con un altro davanti a lui o lo faccio inginocchiare e assaggiarmi poi mi faccio comprare la biancheria come se non aspettasse altro e mi faccio prendere nell’altro modo e lo lascio che ha ancora voglia domani farò così non fumo perché rimane l’odore delle sigarette compro dolci raffinati e fiori come nella campagna al sole che splendeva per noi il giorno che io con Damon col vestito di principe di Galles blu e gli ho imboccato il pezzo di torta al sesamo sedici anni fa anche io ero in fiore per lui e gli ho dato piacere finché non mi ha chiesto di dirgli di sì ma non ho risposto subito perché ero persa con lo sguardo ricordando Sofia le sentinelle della città sotto lo stesso sole fuoco rosso nel cielo terra bruciata il mio innamorato che mi baciava e con gli occhi gli dicevo di chiedermelo ancora ero un fiore selvaggio e l’ho abbracciato e poi Damon lo stesso
ha sentito sul mio seno profumo di fiori e io il suo cuore che batteva sì
ho detto
lo voglio

FINE

Note cap.18:
* vero villaggio in finto stile ungarico, lungo il Chattahoochee River
** ovviamente, la canzone della sesta serie usata per Lily

Simbolo: Terra Madre
Colore: Stellare
Tecnica: Flusso di coscienza; si suggerisce che Katherine sia l’infinito, il cui simbolo è l’otto orizzontale, come infiniti sono gli aspetti della Donna
Parte del corpo: Grasso, car
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