Un amore, due mondi completamente differenti;

di Cristal_Lily
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una strana ragazza; ***
Capitolo 2: *** Indifferenza; ***
Capitolo 3: *** No, non è la mia nuova ossessione; ***
Capitolo 4: *** Un colore per ogni emozione; ***
Capitolo 5: *** Non riesco proprio a decifrarti; ***
Capitolo 6: *** Breccia; ***
Capitolo 7: *** Tu mi fai sentire strana, mi destabilizzi e non ne capisco il motivo; ***
Capitolo 8: *** Aria di cambiamento; ***
Capitolo 9: *** Non riesco a toglierti dai miei pensieri.. ***



Capitolo 1
*** Una strana ragazza; ***


- Hei, Alisia! Dopo tutti a casa da me! Ti aspetto! - la voce di Jess raggiunse la mora che, con un sorriso malizioso, alzò la mano, annuendo senza neppure degnarla di una risposta. Era ovvio che sarebbe andata, quella ragazza era nel giro solo perchè era piena di soldi e il padre le dava tutto ciò che voleva. Non era una delle bellezze del gruppo, ma almeno era utile. 

Con  un ghigno sulle labbra, si sistemò i lunghi crini color del cioccolato e, con ben poca voglia, si avviò verso la classe. 

La scuola era noiosa. Non le andava di seguire come sempre le lezioni, le trovava noiose e inutili. E le mancava ancora un anno e mezzo. Ma chi glielo faceva fare? Ne aveva le scatole piene, lei voleva la libertà! 

- Hei, mora, oggi non mi hai aspettato! - un braccio le cinse le spalle, e quando sentii una carezza ruvida sul proprio viso e delle labbra calde e sottili sulle proprie, già sapeva chi aveva affianco. 

Craig Skyline. Il suo ex con cui non aveva funzionato. Non che i due avessero voluto una storia seria, si erano divertiti, ma poi avevano capito che non erano fatti per stare assieme. No, perchè lui preferiva farsi tutte le primine e non sentirsi legato sentimentalmente a qualcuna, mentre lei non voleva nessuno che le rompesse le scatole con stupide paranoie. Alisia desiderava la libertà, altrimenti come poteva divertirsi ai festini notturni? 

- Ti pare che ti aspettavo? Sei troppo lento a vestirti, peggio di una donna! - scosse il capo prima di lasciarsi andare in una sonora risata. Loro erano praticamente vicini di casa, e andavano quasi tutte le mattine a scuola assieme. Ma la notte prima lui era tornato a casa ubriaco marcio e ovviamente si era svegliato tardi. La scuola non la sopportava, ma non voleva arrivare tardi e ricevere una lavata di capo dal professore. 

- Spero almeno che ne sia valsa la pena, com'era la rossa? - ovviamente c'era sempre una ragazzina di mezzo quando si riduceva in quello stato. E la sua risposta fu chiara quando un sorrisetto malizioso gli spuntò sulle labbra. 

- Ovviamente - si ritrovò a dire prima di entrare in classe. Fisica era una materia che non sopportava. 

Si sedette sulla sua sedia, e si limitò ad aspettare mentre qualche compagna cercava di ingraziarsela invitandola a qualche festa e cavolate del genere. 

 

- Finalmente abbiamo finito, ora che si fa? - Craig si stiracchiò mentre lei si alzava dalla sedia e prendeva la sua borsa, dirigendosi verso i corridoi gremiti di persone. Non avevano ancora finito e lei aveva voglia di saltare il resto delle ore scolastiche e andarsene a casa. In realtà non aveva un gran che da fare dato che i compiti se li faceva fare da una ragazza della sua classe, ma poteva sempre intrattenersi con qualcuno, tanto per passare il tempo. 

Il chiacchiericcio allegro e chiassoso si espandeva tra quei muri, provocandole un leggero mal di testa. Odiava dover passare il suo tempo tra quei ragazzini che la guardavano neppure fosse una dea. Effettivamente lo era: una delle ragazze più desiderate ed ambite della scuola, i suoi occhi avevano conquistato tutti. Dai professori ai nuovi arrivi, tutti si ritrovavano a bramare il suo corpo o la sua amicizia. E questa popolarità le aveva dato alla festa. 

Oh, quando era una primina era una ragazzina timida e leggermente impacciata! Ma poi aveva visto come tutti la fissavano e, lentamente, aveva preso coraggio e aveva deciso di cambiare. Aveva iniziato a vestirsi meglio, ad acconciarsi i capelli e a mettersi le lenti a contatto per non dover usare quegli orrendi occhiali dalla montatura nera. E quella era stata la magia che l'avevano resa ciò che ora era: una stronza piena di se. E lo ammetteva! Sapeva di essere cattiva, ma non aveva intenzione di vergognarsene o, comunque, pentirsene. Non aveva bisogno di nessuno. Neppure di Craig: era solo un'amico, se avessero rotto, lei non sarebbe morta ma si sarebbe fatta nuove amicizie. 

- Tu brutta...io ti uccido! - un grido irruppe tra i corridoi e tutti si voltarono, osservando la scena che comparve loro davanti. Jess era livida in viso, gli occhi contratti mentre tra le dita stringeva i capelli di una ragazzina dalla pelle d'alabastro e gli occhi color del brandy. 

Lei, nonostante la bionda continuasse a tirarle i capelli, sembrava tranquilla, come se non stesse accadendo nulla, cosa che la incuriosì. 

Si lasciò trascinare dai compagni in prima fila, e si godette lo spettacolo. Non c'erano molte risse in quella scuola, non erano in molte a litigare, non così apertamente per lo meno. Preferivano sempre risolvere tutto lontano da occhi indiscreti. Nessuno voleva attirare l'attenzione dei professori, o del preside. Non volevano prendersi una nota o essere espulsi. Non erano tanto idioti. 

- Lasciami stare. Faccio tardi a lezione - Alisia fu colpita quando udì quelle parole. Quella voce..era strana. Era dolce, melodiosa e leggera, eppure era priva di sentimento, priva di vita. Era la prima volta che avvertiva qualcosa di simile. Era come se la ragazzina non provasse nulla, neppure il dolore causato da quella presa ferrea. E doveva provarne, Jess stava tirando violentemente quei crini scuri e lucenti. Ma lei sembrava l'unica a preoccuparsene, era l'unica che si era soffermata ad ascoltare quella voce particolare, tutti gli altri guardavano le due chiaramente divertiti.
Avevano di fronte un piccolo spettacolo. 

- Ma non ci penso proprio! Tu ti sei fatta il mio ragazzo! E non è neppure la prima volta che lo fai! So che sei quella che si fa tutti quelli impegnati - effettivamente, ora che ci pensava, più volte aveva sentito di una ragazzina di seconda arrivata da poco che si era già fatta una brutta reputazione. Una ragazza facile che si faceva tutti i ragazzi impegnati della scuola. Che squallore! Se voleva tanto farsi qualcuno, che almeno fosse libero no?
Ghignò divertita e si avvicinò alle due, sentendo tutt'attorno a se la folla esultare. Tutti non vedevano l'ora che lei intervenisse, era brava a distruggere le più piccole. In realtà lei era famosa per disturggere tutti quelli che si mettevano nel su cammino, ecco perchè tutti facevano ciò che desiderava. E Jess era una sua amica, doveva darle man forte. Circa.
Semplicemente le piaceva mettersi in mezzo.

- Ah, quindi tu sei la ragazzina che sta rovinando tutte le coppiette? Ma non ti vergogni? - chiese con cattiveria, le labbra piegate in un ghigno malizioso. E il suo sguardo non tentennò neppure quando quelle gemme fredde incontrarono le proprie. Le sue parole non avevano fatto effetto sulla ragazzina.
Doveva però ammettere che, nonostante tutto, lei era veramente una bella ragazza. I capelli le ricadevano spettinati sulle spalle magre, coperte da quel maglione largo e sfatto. Le labbra piene e carnose , gli occhi grandi da cerbiatta. Era al naturale, non aveva un filo di trucco e, se un'altra si fosse vestita in quel modo non sarebbe sembrata altrettanto bella. Poteva quasi capire gli uomini che avevano tradito le loro donne con lei, ma non l'avrebbe giustificata. Non che le importasse particolarmente, lei non portava per nessuno, ma voleva divertirsi un poco a discapito della nuova. 

- Io non ho fatto nulla, è lui che mi ha baciata, dovrebbe prendersela con lui. E comunque è finita, da mesi - sembrava quasi non importarle. La sua voce era rimasta invariata, come se quello non fosse che un inconveniente. A momenti Jess la picchiava, eppure la ragazza non la badava, si limitava a specchiarsi nei propri occhi, senza accennare ad abbassare lo sguardo. Fece un passo in avanti, facendo un cenno alla compagna di lasciarla andare che subito eseguì l'ordine. Nessuno doveva mettersi contro di se e se voleva occuparsene personalmente, nessuno l'avrebbe fermata.  

- Be, la colpa è pure tua e... - non fece a tempo a finire la frase che una voce maschile, prepotente, fece zittire tutti. Alzò lo sguardo ed osservò il professore avvicinarsi velocemente, chiaramente alterato. Il divertimento era già finito? Peccato!  
Ghignò divertita, e con nonchalance tornò al suo posto mentre tutti lentamente se ne andavano, facendo finta che non fosse accaduto nulla. 

- Cosa succede? Signorina Riley, qualche problema? - lo sguardo dell'uomo indugiò un po' troppo sulla studentessa che non si degnò neppure di voltarsi verso l'insegnante. No, lei continuava a guardarla, neppure si fosse incantata su di se. Aveva qualcosa sul viso? No, forse era ammaliata dalla sua bellezza, o forse voleva solamente provocarla. Anche se, in realtà, nessuna delle due opzioni sembrava realistica.

- Oh professore! Ma nulla, stavamo facendo due chiacchiere innocenti. Stringevamo amicizia, vero? - la ragazza si limitò ad annuire, e finalmente distolse lo sguardo dal proprio, puntandolo dritto davanti a se. Sembrava non voler prestare attenzione all'uomo, cosa che, solitamente, avrebbe innervosito chiunque. 

- Vado a lezione - e con quelle parole la "signorina Riley" se ne andò via, lasciandola da sola con il professore che ben presto la seguì. Non aveva detto altro, era sparita esattamente come era scomparsa. Si mischiava facilmente tra la folla, se non si prestava attenzione, quasi non la si notava. Solo se la si guardava attentamente si capiva che lei aveva un fascino quasi magnetico. 

- L'hai lasciata andare via? Mi ha rubato l'uomo! - rimaste sole, Jess quasi le urlò contro. Era indignata ma con un cenno della mano la zittì. Ovviamente non gliela avrebbe fatta passare liscia, nessuno la poteva trattare in quel modo. Ma ovviamente l'amica non doveva fare assolutamente nulla. 

- Tranquilla, vedrai che sarai vendicata. Ora vattene - le comandò, voltandosi ed uscendo dalla scuola, seguita da Craig che aveva osservato tutto il silenzio. Non sarebbe tornata in classe, il cielo azzurro e il sole la reclamava a gran voce e poi, dopo l'accaduto, non era intenzionata a starsene rinchiusa tra quelle quattro mura tristi e noiosi. Aveva altro a cui pensare. 
Oh si, ora aveva appena trovato qualcosa da fare, le sue giornate non sarebbero più state all'insegna della noia. Ora aveva il suo nuovo giocattolino da torturare. E non vedeva l'ora di iniziare. 

 

* * *

 

Salve!

Ed eccomi qui con una nuova storia da proporvi. Dopo una lunga assenza sono tornata piena di idee.

Be, che dire di questa nuova storia? Il mio primo capitolo si basta su Alisia e non è di certo un agnellino. E' una piccola vip, disposta a passare sopra a tutti pur di divertirsi.  Ma neppure la "signorina Riley" è da meno! 

E no, il nome della bellissima ragazza apatica ancora non ve lo dico U_U lo scoprirete più avanti, vi lascio in souspance! 

Spero che vi piaccia questo mio primo capitolo, e mi piacerebbe sapere che ne pensate =) come sempre del resto, qualche commento fa sempre piacere riceverlo ;)

A presto, con il prossimo capitolo!

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Capitolo 2
*** Indifferenza; ***


La ragazza dagli occhi freddi ed assenti camminava lentamente tra quei corridoi, completamente indifferente agli sguardi altrui che la fissavano con odio e scherno. 

La scenata della bionda di quel pomeriggio aveva fatto ben presto il giro di tutta la scuola, e se prima era relativamente sconosciuta, ora sapevano tutti chi fosse. Ma lei era abituata a tutto quello, non era la prima volta che veniva presa di mira da ragazze gelose che non sapevano tenere a freno la lingua e le mani dei loro uomini. Lei non faceva nulla di male, lei si limitava ad assecondarli. Quando loro le si avvicinavano, lei non faceva nulla per respingerli. Ma non era una facile come tutti pensavano. Lei li aveva amati tutti, ed era sempre stata fedele. Non era lei la traditrice, erano gli altri a farlo. 

E ora, nel suo cuore, c'era un nuovo uomo. 

Era successo tutto qualche mese prima. Esattamente una settimana dopo che Tommy, il ragazzo della bionda, la lasciasse perchè aveva il timore di essere scoperto e perdere così tutta la sua popolarità. Lui era sempre stato gentile con  lei, ma alla giovane non erano sfuggiti i suoi sguardi di fuoco quando la guardava in classe. Ma non aveva fatto nulla per incoraggiarlo. Lei non lo faceva mai. 

Ancora non capiva come potessero gli uomini sentirsi tanto attratti da lei, dalla sua essenza. Sembravano ammagliati, caduti preda della sua ragnatela che tendeva senza rendersene conto. Tutto ciò che faceva, non era fatto con intenzione. Era quello che nessuno capiva, neppure la madre che si vergognava di se. 

Il chiacchiericcio attorno a se non le provocava alcun fastidio. Tutti quelli che la chiamavano, che cercavano di spingerla o  di attirare la sua attenzione fallivano miseramente nella loro impresa. Lei non li guardava neppure negli occhi. Aveva la sua meta, e nessuno l'avrebbe distolta da essa. Come ogni giorno lei si stava dirigendo verso l'aula di musica. Era sempre libera, erano in pochi ad usarla, e non lo facevano a quell'ora. Inoltre, quell'ala della scuola era meno frequentata dalla gente, dunque nessuno la vide sparire dietro quella porta bianca, forse un po' scolorita dal tempo. Quello era un edificio vecchio, e solo l'ala principale e centrale era stata ristrutturata. Tutto il resto lo avevano quasi abbandonato. Non cadeva a pezzi, ma certamente erano ale ben poco frequentate. 

La stanza era grande e ariosa. L'acustica era perfetta, lei lo sapeva bene, e le pareti erano insonorizzate per non creare alcun disturbo alle aule vicine. Le pareti bianche, i mobili in legno scuro lucido, c'era solo una grande finestra che interrompeva quel candore. E lei, come ogni volta, si avvicinò al vetro, per osservare il giardino lontano. Nessuno la poteva vedere, ma lei poteva osservare tutto. 

Il sole brillava alto nel cielo azzurro, nessuna nuvola che interrompeva quel mare chiaro. Il prato era deserto, nessuno vi andava dato che era situato nel retro della scuola e, difatti, era trascurato. Un po' le somigliava: nessuno si curava di lui, nessuno lo sistemava, però veniva usato dagli studenti per fare qualcosa di proibito, qualcosa che nessuno doveva sapere. E, esattamente come lui, lei era usata dagli uomini per essere soddisfatti, tenendo tutti all'oscuro perchè desideravano mantenere il segreto. Ma a lei non importava, le piaceva la sua vita. Lei aveva il suo mondo, la sua fantasia e si accontentava. 

Ogni giorno, ogni istante della sua vita, lei sognava ad occhi aperti. Un mondo saturo di colori, un mondo in cui nessuno la infastidiva e in cui poteva sentirsi bene. Ma nessuno conosceva quel meraviglioso luogo, lei era l'unica detentrice della chiave, e la custodiva gelosamente. 

E si stava perdendo tra i propri pensieri quando, ad un tratto, due figure comparvero nel suo campo visivo. Erano lontane, ma subito riconobbe la sagoma femminile che, a braccetto con il ragazzo, camminava con un ghigno sulle labbra. 

Non sapeva come si chiamava, in realtà non le interessava. Eppure quegli occhi erano riusciti a catturarla quella mattina. Mai aveva visto delle gemme più candide e pure nonostante la malignità che, superficialmente, le avevano dimostrato. 

Quel blu le aveva ricordato le profondità dell'oceano, un blu reso brillante da quei riflessi dal colore dello zaffiro. Le labbra carnose tinte di rosso, gli occhi truccati accuratamente, i capelli impeccabili e vestiti alla moda. Quella ragazza era popolare, quella era l'unica cosa che sapeva. Lo aveva capito da come tutti gli altri avevano seguito ogni sua mossa, neppure fosse stata il capo indiscusso della scuola.

Seguì con lo sguardo i due, erano lontani per spere ciò che dicevano, ma lei non voleva sapere ciò che dicevano. Lei volva solamente osservare lei. C'era qualcosa in quella ragazza che era riuscita a catturarla per qualche istante. Forse era proprio grazie a quegli occhi tanto saturi che si era sentita per la prima volta incantata, ma tutto ciò era finito ben presto. Ben presto era ritornata alla realtà, e se ne era andata. 

- Amelis, sei in anticipo - una voce irruppe nella stanza, rompendo il silenzio di quel luogo. La voce di lui era lusingata e quando la ragazza si voltò, notò subito il suo sguardo bramoso che rivolgeva al suo corpo. Rimase immobile mentre l'uomo si avvicinava, lentamente, la mano  tesa verso di lei. Quando quella mano grande e calda le carezzò il viso, lei lo alzò impercettibilmente, osservando quegli occhi scuri, neri come la pece. Due baratri che riuscivano a portarla nell'oscurità. 

- Sei tu in ritardo - sussurrò veritiera, il tono della voce piatto, invariato. Neppure quando era con un uomo riusciva a dare del calore alla propria voce, ma non vedeva perchè farlo.

Un ghigno spuntò su quel viso dai lineamenti perfetti, e la mano che poco prima carezzava il proprio viso, si fece più decisa, quasi violenta. Le sue dita stringevano il proprio mento mentre la obbligava a mettersi sulle punte dei piedi, ritrovandosi così a pochi millimetri da quelle labbra sottili e rosee, il suo alito sul proprio viso. 

- Non è colpa mia, se tu non ti mettessi nei guai sarei arrivato molto prima - sussurrò, le labbra che subito si impossessarono del proprio collo, iniziando a lambirlo con la lingua, con le labbra. Amelis, senza alcun indugio, si aggrappò a quel corpo per non cadere, appoggiandosi al vetro freddo mentre sentiva l'eccitazione salire. Il cuore stava aumentando i suoi battiti, la voglia di averlo era sempre più forte. Le piacevano quelle labbra sul proprio corpo, erano decise e delicate allo stesso tempo. 

Lei lo amava. Amava quell'uomo, esattamente come aveva amato tutti gli uomini che aveva avuto prima. Sapeva che era un sentimento effimero, nell'istante in cui lui l'avrebbe lasciata, lei sarebbe andata avanti, senza soffrire. Quello era il suo destino: amare e non amare, sentirsi legata a qualcuno e poi dimenticarlo nell'istante in cui non lo aveva più, senza alcun rimorso. Lei non si sentiva in colpa, mai. 

- Non metterti mai più nei guai, non posso espormi troppo per te, lo sai. Sono il tuo professore, verrei cacciato se ci scoprissero - le morse il collo, facendola ansimare pesantemente. Si, lo sapeva. Il segreto era fondamentale in tutte le sue storie, ora più che mai. Era vietato avere relazioni con gli insegnanti, eppure lui le si era avvicinato qualche tempo prima. Inizialmente le si era avvicinato con una scusa: desiderava aiutarla dato che era la nuova arrivata. Era stato gentile, comprensivo. E lei era restata solamente perchè non le cambiava nulla. Ma poi, tutto quel parlare, si era trasformato. Si vedevano tutti i giorni, dopo le lezioni. Lui le parlava del più e del meno mentre lei ascoltava, come sempre. Amelis non era una grande chiacchierona. 

E poi, un giorno, le aveva chiesto di seguirlo. L'aveva condotta in quella stanza, quella di musica, con una scusa ove l'aveva presa senza vergogna, facendola urlare dal piacere, chiedendole poi di continuare quella loro storia. E lei, ovviamente, aveva accettato. Da allora si vedevano sempre alla stessa ora li, e facevano sempre le stesse cose. Non parlavano più, ma era piacevole stare assieme. 

- Io non ho fatto nulla, è lei che ha iniziato e non mi lasciava più stare - lei non aveva fatto proprio nulla. Non aveva colpe se la bionda si sentiva tradita, era stato il suo uomo a cercarla, non il contrario.

Un brivido le percorse il corpo, e quando le labbra di lui raggiunsero le proprie, lei ricambiò quel bacio carico di desiderio e passione. 

- Non mi interessa, stai più attenta - sussurrò tra un bacio e l'altro prima di sfilarle le calze scure che aveva indossato. 

Fu una cosa veloce, frettolosa. Il corpo percorso dai fremiti, gli ansiti e le urla impossibili da sentire oltre quelle pareti. La prese di fronte  quel prato, contro quella finestra, certo che nessuno li vedesse, perdendosi in lei e raggiungendo l'apice del piacere assieme alla compagnia che urlò forte, solo perchè piaceva a lui. Lei tendeva sempre a compiacere i suoi compagni, forse era un modo per dimostrare il proprio affetto, e quando poteva cercava di far capire all'altro ciò che sentiva. E loro apprezzavano sempre. 

Si rivestirono velocemente, come sempre, e quando lui si fu sistemato le rivolse un delicato sorriso, accompagnato da una dolce carezza. 

- A domani piccola, fai la brava - e con quelle parole sparì dalla sua vista. Amelis attese dunque qualche minuto, e poi uscì dalla classe, lenta e rilassata come sempre. Non avrebbe guardato in faccia nessuno, sarebbe tornata direttamente a casa, o forse si sarebbe fatta un giro per le strade deserte. Non aveva voglia di sentire sua madre urlarle dietro per quel segno che il professore le aveva appena lasciato sul collo. La odiava, ma era costretta a conviverci dato che un lavoro non ce l'aveva. 

Uscì dalla scuola oramai deserta. In pochi erano rimasti, e quasi tutti o per dei corsi di recupero o più semplicemente per qualche corso extra scolastico. Lei li dentro non aveva altro da fare e dunque si avviò verso i grandi cancelli. La borsa appesa per la spalla, quando ad un tratto fu affiancata da due figure, una da una parte e una dall'altra, lei non si scompose. Continuò per la sua strada, come se nulla fosse. 

- Finalmente sei uscita ragazzina dai facili costumi. Che facevi? Ti facevi un altro uomo impegnato? - la voce della ragazza la fece voltare, ritrovandosi così nuovamente incatenata in quei lapislazzuli brillanti di cattiveria ed ironia. Si divertiva a prenderla in giro. Era quel tipo di ragazza che, per vivere in pace con se stessa, doveva essere maligna con gli altri. Ma aveva sbagliato soggetto, lei non si sarebbe lasciata intimorire. 

- Dubito che siano affari tuoi - distolse lo sguardo e varcò i cancelli della scuola, iniziando a camminare per i marciapiedi gremiti di persone che la evitavano. 

- Dici di no? Io credo proprio di si. Vero Craig? Una come deve imparare la giusta lezione. Guarda quel segno, prima non ce lo avevi vero? Chi è lo sfigato che viene con te? - scoppiò a ridere, una risata priva di allegria ma che, nonostante tutto, era bella e melodiosa. La sua mano, delicatamente, andò a carezzare il livido che aveva sul collo. Era per quello che preferiva che non le lasciassero dei segni. Dovette bloccare la propria camminata quando la ragazza si parò nella propria strada, un ghigno sulle labbra mentre le prendeva il viso esattamente come il professore, poco prima, aveva fatto. Solo che quella mano era differente: era morbida, e liscia. Dita piccole ma che avevano una presa ferrea sul proprio volto. 

- Secondo me pure tu ti trovi disgustosa, solo che non lo ammetti, vero? - non c'era disprezzo nella sua voce, lei non la trovava disgustosa. Sapeva che aveva semplicemente voglia di prendersela con qualcuno, ma lei non era quel genere di persona debole ed indifesa che si abbatteva. Lei proseguiva per la sua strada.

- No. E neppure tu mi trovi tale. Credi di potertela prendere con me perchè sono sempre sola, e tutti mi stanno alla larga per ciò che faccio. Ma a me non interessa ne di te, ne degli altri - quelle parole sorpresero la ragazza di fronte a lei che, per qualche istante, si perse nell'eco di ciò che aveva appena detto. Il tempo necessario per permetterle di fare un passo indietro e voltarsi, portandosi sul bordo del marciapiede così da attraversare. 

- Non finisce qui mocciosa! - la rabbia la investì in pieno, eppure, nonostante quella minaccia, lei era tranquilla. Non la temeva. Alla fine sarebbe andata come sempre: si sarebbe arresa. 

 

* * * 

 

Ed eccomi qui con il secondo capitolo di questa storia. Che dire? Avete scoperto il nome della "ragazza misteriosa", ovvero Amelis. Alisia è pronta a darle guerra, vuole metterla alle strette, mentre lei..be, se ne frega. Giustamente, altrimenti non sarebbe lei. 

Con questo capitolo ho voluto dare uno scorcio sulla vita di Amelis, e infatti già si è scoperto com'è, e chi è l'uomo misterioso. Per quanto rimarrà segreto? O per quanto durerà questa storia? E come si evolveranno le cose tra le due ragazze?

Spero che questa storia vi piaccia, è un po' differente dall'altra e infatti non sono ancora molto brava a muovermi ma ci prenderò la mano U_U

Fatemi sapere cosa ne pensate, sono ben aperta a consigli e a suggerimenti :D

Al prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** No, non è la mia nuova ossessione; ***


- Sei ossessionata da quella ragazza Ali, te ne rendi conto? - Alisia si voltò quasi scandalizzata a quelle parole, fulminando con lo sguardo Craig che scoppiò a ridere assieme al resto dei ragazzi del proprio gruppo. 

Era da poco finita la lezione di storia e ora erano tra i corridoi, appoggiati agli armadietti dei più piccoli che non si avvicinavano per timore di finire tra le loro grinfie. Preferivano ricevere un rimprovero dai professori piuttosto che mettersi contro di loro, ed era una saggia decisione. 

Lo sguardo della mora era puntato verso la folla, esattamente nel punto in cui una ragazzina minuta dagli occhi color del caramello se ne stava tranquillamente appoggiata alla finestra a guardare il prato esterno. 

Aveva scoperto tutto sul conto di Amelis Riley, la ragazzina che aveva osato risponderle in modo a dir poco inadatto qualche giorno prima. Se ripensava a quando l'aveva praticamente lasciata li, tra la folla, senza neppure darle il tempo di replicare, la rabbia tornava prepotente nel proprio corpo. Non sapeva per quale motivo, ma lei la infastidiva. 

- Non è affatto vero, semplicemente ho trovato il mio nuovo giocattolino con cui sfogarmi - un ghigno nacque sulle proprie labbra, le avrebbe reso la vita impossibile. 

Certo, i tentativi che aveva fatto in quei giorni erano stati inutili: lei era strana, sembrava ignorare completamente le parole che la gente le rivolgeva, guardava gli altri con tacita indifferenza, senza cercare neppure di giustificarsi o di difendersi. Oramai tutta la scuola era contro la moretta e, chi più, chi meno, cercavano di complicarle la vita anche se la cosa non le piaceva. Solo lei aveva l'onore di farla crollare, Alisia non vedeva l'ora di farla chinare al suo cospetto. L'avrebbe piegata al suo volere, doveva solamente capire come incastrarla. 

Nonostante tutte le informazioni che aveva raccolto però, quasi tutta l'identità della ragazza sembrava avvolta nel mistero. Di lei sapeva solo il nome, l'età, e che era da poco in quella scuola. Per il resto era invisibile, nessuno sembrava essersi accorto di lei, tranne quei pochi ragazzi che in quei mesi se l'erano fatta, tradendo le loro fidanzate. Ancora troppo poco. 

E ancora non sapeva nulla nei riguardi dell'uomo con cui usciva ora perchè si, sapeva che si vedeva con qualcuno. Ogni giorno aveva segni nuovi su quella pelle candida, e non se li procurava da sola. Ma ogni volta che l'aveva seguita, l'aveva persa di vista. 

- Bah, piuttosto, per stasera? Ho sentito di una festa qua vicino, tu vieni Ali? - distolse finalmente lo sguardo dalla ragazza e con un sorrisetto malizioso annuì. Era ovvio che ci sarebbe andata, mai avrebbe saltato un mero divertimento come una festa, organizzata da chissà chi. 

- Oggi pomeriggio ci troviamo tutte a casa mia che dici? Così ci cambiamo e ci prepariamo assieme - la proposta di Jess non la entusiasmava particolarmente. E poi aveva altri piani per quel pomeriggio. Doveva fare spese, comprarsi un nuovo abito per la sera e poi..be, altro di cui non voleva parlare. Ovviamente anche lei aveva i suoi affari, e non li andava a spifferare in giro a tutti per ovvi motivi. E non voleva gente in mezzo alle scatole. 

- No, ci vediamo direttamente alle sette da te - scrollò le spalle prima di tornare a guardare la ragazza che però era sparita. Di nuovo. Un giorno avrebbe scoperto dove spariva per tutto quel tempo, e allora si sarebbe presa la sua vendetta. Avrebbe giocato con i suoi sentimenti, l'avrebbe messa finalmente in difficoltà. Era il suo chiodo fisso, e sapeva che non si sarebbe arresa sino a quando non l'avrebbe vista cadere. Era più forte di se. 

Tornarono in classe ma quell'ultima ora lei non pensò alle parole dell'insegnante che oramai ci aveva rinunciato a chiedere attenzione. Il suo sguardo era puntato alla finestra, la mano posata sulla guancia, la mente lontana. Pensava a quel pomeriggio, pensava a quanto lei non andava a suonare il suo violino. 

Nessuno sapeva della sua passione, non lo aveva rivelato neppure a Craig. Di certo suonare uno strumento non rendeva una persona "in". Quella sua passione era celata nel proprio cuore da quando frequentava la prima, e così sarebbe stato per sempre. 

Oramai non teneva neppure più il suo strumento in casa, lo teneva al sicuro nella sua vecchia casa, in periferia. Ci avrebbe fatto un salto, come quasi ogni settimana, nel pomeriggio. Quello la rilassava, la estraniava dalla sua vita frenetica. 

Oh no, lei non la trovava pesante, le piaceva la sua vita. Era stata lei a volerla, e ora se la teneva ben stretta. Sapeva cosa significasse essere una nullità, la scuola era un covo di belve e lei preferiva essere la stronza che la povera sfigata presa di mira. Come quella Amelis. Eppure a lei sembrava non interessare che gli altri ce l'avessero con lei, era come se tutto ciò che avesse attorno non fosse fondamentale: inutile. Ma sapeva che aveva un punto debole, tutti ce lo avevano. Pure lei anche se, per ovvi motivi, mai lo aveva rivelato ad anima viva. Non aveva un migliore amico, quelli che aveva prima di diventare popolare, li aveva persi tutti. Li aveva sostituiti con amicizie effimere, non durature. E dunque non rivelava nulla a nessuno. 

L'ora, tra quei pensieri, volò, e non appena la campanella suonò la fine delle lezioni lei si alzò e prese la sua borsa, uscendo subito dalla scuola accompagnata dal suo piccolo gruppetto. 

Se ne tornò a casa in loro compagnia, ridendo e scherzando, continuando a beffeggiarsi della mocciosetta di seconda. Non era l'unica ossessionata tutto sommato, tutti le stavano dando corda.

- Allora a stasera bellezza - un nuovo bacio, molto meno casto di quello che aveva ricevuto quella mattina, le fu dato da Craig che, chiaramente, aveva proprio bisogno di trovarsi una nuova valvola di sfogo. Scoppiò a ridere e lo spinse via, scuotendo la testa leggermente delusa. Quel ragazzo era un caso disperato, e ogni volta le saltava addosso se non trovava qualcuna da farsi a scuola. E probabilmente la rossa doveva aver capito che con lui una storia seria mai ce l'avrebbe avuta. Poverina. Quasi le faceva pena. Quasi. 

- Dai che stasera te ne trovi un'altra. Io ho altro da fare che sfogare i tuoi ormoni - lo allontanò ancora un poco e poi entrò nel grande cancello di casa sua, guardando la delusione negli occhi del compagno. 

- Sei proprio antipatica! Poverino il tipo che stasera ci proverà con te! Io di certo non lo farò - lo guardò andarsene e subito rientrò nella sua grande casa. Ma vi sarebbe rimasta poco. Non avrebbe neppure mangiato, non aveva fame.  

Come al solito i suoi genitori a quell'ora non c'erano. Quella grande casa era vuota, solo lei e qualche domestico vivevano in quell'immensa dimora. Ma non si sentiva sola, erano rare le volte che se ne stava chiusa in camera. Non studiava, non faceva nulla da sola. Ci aveva vissuto anche fin troppo in quella casa senza uscire. Ancora si ricordava quando, le sere, invitava qualche amico per non starsene per conto suo. 

George, il suo ex migliore amico che non salutava più a scuola, era sempre andato a trovarla quando glielo aveva chiesto. Ma ora...lui non esisteva più. 

Salì le grandi scalinate in marmo bianco, ed entrò nella sua ampia camera da letto. I genitori per tutta la vita avevano lavorato per avere i soldi e non le avevano mai fatto mancare nulla. La sua camera era relativamente semplice. La parte migliore era la cabina armadio, piena di vestiti che lei ovviamente usava. Non erano tutti suoi però, e c'era una piccola parte che usava come ripostiglio. Li non vi si avvicinava più da tempo, probabilmente perchè non desiderava pensare al passato. 

Si tolse la minigonna e la camicetta che aveva indossato quella mattina, e si cambiò con un paio di pantaloni neri stretti, una maglietta molto semplice dal colore rosso e degli stivaletti alti. Non perse molto tempo li dentro, giusto il necessario per riprendere la borsetta ed era già fuori, all'aria aperta. La brezza leggera che le carezzava il viso era fredda, ghiacciata; il cielo di un pallido grigio chiaro. Si stava rannuvolando, ma il suo giro non sarebbe durato a lungo. 

Si incamminò, inoltrandosi tra la folla e, in poco tempo, arrivò di fronte ad una vecchia casa tutta scolorita. L'edera ricopriva la maggior parte della facciata di quella casa color mattone, il giardino era stato abbandonato e trascurato, rendendolo così quasi completamente inagibile. 

Alisia allungò la mano e la posò sul vecchio cancello arrugginito che, quando spinse, fece un rumore quasi agghiacciante. Quel cigolio, ogni volta, le dava i brividi, ma come sempre proseguiva, chiudendosi dietro di se l'alta recinzione così da poter entrare all'interno della casa. 

Si avvicinò al portone in legno: era alto, rovinato e pieno di muffa. In realtà sarebbe stato semplice abbatterlo, ma nessuno si avvicinava a quella proprietà. Quella era la sua vecchia casa, una volta viveva li. Erano passati tantissimi anni da quando i genitori l'avevano voluta abbandonare, ma lei aveva chiesto loro di non venderla. Era il suo rifugio personale. 

Tirò fuori una piccola chiave argentata, e dopo averla inserita nella toppa, la girò, entrando così nella vecchia villa di famiglia. Chiuse dietro di se il portone e, senza guardare i mobili impolverati, salì al piano superiore con la scala in legno. In realtà non era molto sicuro stare li dentro. Il legno era ammuffito ed umido, infatti più di qualche volta il piede era letteralmente affondato nella scala, ma alla fine non era mai successo nulla. Non si era mai fatta male, e dunque non lo aveva mai riportato ad anima viva.

La porta rosa che aprì una volta arrivata in cima la portò in una camera molto piccola. Non era molto grande, e dentro non c'era quasi più nulla. Solo qualche oggetto personale che però lei ignorava ogni volta, passandogli davanti come se neppure ci fossero.

Alisia si limitò ad avvicinarsi ad un armadio in legno finemente lavorato e da li tirò fuori una custodia in pelle nera. Dopo averla posata nel tavolo in centro alla stanza, aprì quell'oggetto raffinato, rivelando così il suo amato violino. Era molto prezioso: lavorato a mano, i dettagli accuratamente rifiniti, il colore che, nonostante tutti quegli anni, era rimasto perfetto. Era antico e molto costoso, eppure lei, quando lo guardava, quelle erano le ultime cose che le veniva da pensare. 

Lo carezzò, delicatamente, e prima di prenderlo in mano, aprì la finestra. Faceva freddo, ma l'aria stantia che c'era li dentro era irrespirabile. 

Strinse tra le dita il vecchio strumento, e si riavvicinò alla finestra opaca così da poter sentire la brezza leggera, così da poter suonare al giardino che aveva di fronte a se. Era il suo pubblico personale. 

Alisia chiuse gli occhi, e dopo aver posato lo strumento sulla propria spalla, iniziò a suonare. 

Suonava quello che le passava per la mente, senza avere una vera e propria scaletta prefissata in mente. Non pianificava mai nulla quando era in quella casa. Lei andava li semplicemente per lasciarsi andare, per farsi cullare da quelle note strazianti che il violino suonava per se e per quella vecchia casa carica di ricordi. 

Le mancava. Lei il violino lo aveva iniziato a suonare solo per continuare a tenere vivo il suo ricordo, solo per sentirla vicina quando suonava. Le sembrava quasi di averla accanto a se in quei momenti. Lilian. Il solo pensare quel nome le faceva male. La mano muoveva l'arco su quelle corte in modo deciso ma al contempo delicato, una carezza morbida che riusciva a creare note che mai aveva sentito con un'altro strumento. Si lasciava guidare dalla musica, spesso improvvisava nuove melodie spinte dai ricordi e dai sentimenti che provava quando lo suonava. Tutto le veniva talmente naturale quando suona quello strumento.

Abbozzò un lieve sorriso, e non appena il violino esalò l'ultima nota della giornata, lei assaporò l'eco di quella melodia prima di guardare fuori, gli occhi posati su quel grande ciliegio in fiore. 

Senza dire nulla, si voltò e ripose il tutto, sistemandolo con premura prima di uscire come se nulla fosse. Non si voltava mai indietro, quello l'avrebbe fatta sentire peggio.

Ad Alisia ci voleva sempre un paio di ore per riprendersi da ciò che faceva, ecco perchè ogni volta lei andava in giro per negozi dopo quel salto nel passato. Fare shopping la faceva tornare quella di sempre, l'aiutava a rimettere la maschera di indifferenza che portava oramai da anni. 

Uscì dal vecchio cancello che richiuse con premura prima di guardarsi attorno. Quel quartiere non era mai molto frequentato, era fuori dal centro e gli unici che vi passavano erano o i residenti, o chi doveva attraversare il quartiere. Non temeva di essere vista da gente che conosceva. 

La mora si stava per incamminare, pronta per tornare in centro, quando una chioma chiara leggermente spettinata le passò accanto, camminando lentamente per la sua strada. Una figura minuta con addosso un maglione, delle calze e delle scarpe con il tacco che riconobbe quasi subito. Come avrebbe potuto non farlo? 

Rimase sorpresa dal vederla proprio li, in quel quartiere, e stava quasi per decidere di seguirla quando la vide cambiare improvvisamente traiettoria, pronta ad attraversare la strada. 

Accadde tutto in un istante. Il suono di quel clacson, tutti immobili mentre osservavano la scena, inermi, e i ricordi che, come un fiume in piena, la fecero scattare, come fosse stata un automa. 

Corse veloce, il cuore in gola, e allungando la mano afferrò il braccio di quella ragazza tanto minuta che, sorpresa dal suono improvviso, si era bloccata in mezzo alla corsia, facile bersaglio della macchina scura che a tutta velocità si stava avvicinando. 

L'attirò a se giusto in tempo, giusto per vedere la macchina che inchiodava esattamente di fronte a loro, fermandosi nel punto esatto in cui Amelis qualche istante prima era ferma. 

Chiuse gli occhi, la mano tremante che avvolgeva la vita minuscola della ragazza, le dita affondante quasi in quel maglione pesante. 

Il viso affondato in quella chioma castano chiaro, il suo profumo inebriante che per quanto buono fosse, non riusciva a calmarla. Un dolore al petto mentre si aggrappava a quella figura, cercando di far ripartire il cuore.

Rimasero immobili così, per qualche minuto, prima che Alisia riuscisse ad aprire gli occhi e rendersi conto dell'accaduto.

- Sei impazzita? Stavi per morire! - la sua voce tremava, come tutto il suo corpo. Le era sembrato di rivivere quella scena di tanti anni prima, quella che credeva di aver rimosso per sempre dalle sue memorie. 

Sentì il corpo altrui cercare di muoversi, ma lei la teneva ancora saldamente, quasi aggrappata a quella persona che, in quel momento, odiava più che mai. 

- Hmm, non me ne ero accorta - nessun grazie, nessun tremolio nella voce. A momenti stava per morire e quello era tutto ciò che aveva da dire? 

La voltò di scatto, stringendo le sue esili braccia con le proprie mani, guardandola dritta negli occhi rabbiosa, furente, incontrando però solamente due muri distanti, lontani, come se in quel momento non fosse stata presente.

- E non ti importa nulla? La tua vita ha così poca importanza per te?? - poteva passare tutta l'indifferenza che provava per quelli che la insultavano ma essere così fredda di fronte alla morte era...da pazzi! Era una cosa che la coinvolgeva personalmente! 

Amelis inclinò leggermente il capo ed allungò la mano, posandogliela sul viso. Era fredda, liscia e morbida, tanto delicata e gentile. 

- Stai tremando. Hai paura - Alisia si irrigidì a quelle parole, lasciandola subito andare. Lei non aveva paura. O forse si? 

Il cuore ancora le batteva all'impazzata se ripensava all'accaduto, ma non perchè lei aveva rischiato di morire, ma per il ricordo che si era ripresentato, lasciandola così indifesa. Indifesa e fragile. Ecco come si sentiva sotto quello sguardo quasi curioso della studentessa di fronte a se. 

- Tutti ne avrebbero - sussurrò semplicemente, distogliendo lo sguardo. Chi sarebbe rimasto impassibile di fronte alla morte? Semplice, lei. 

E poi qualcosa di freddo le cadde sul viso. Una lacrima? No. Lei non piangeva da anni. Quella era una piccola perla d'acqua caduta dal cielo che le era scivolata lungo la gota prima di depositarsi sulla sua maglietta. Una perla susseguita da molte altre. Stava iniziando a piovere e, nel giro di qualche istante, si ritrovò completamente fradicia. Alzò il viso al cielo e sbuffò infastidita. Le mancava solo quella. Tornò a guardare la studentessa di fronte a se, anche lei era completamente fradicia, ma non sembrava cambiarle molto. Al contrario continuava a fissarla con quell'espressione che le faceva venire voglia di prenderla a schiaffi. 

- Stupida pioggia. Me ne vado va, ora non ho proprio voglia di starti dietro, sei solo una ragazzina incosciente che se ne frega di tutto e di tutti - in realtà quella ragazza le lasciava una orribile sensazione di amaro in bocca. Non riusciva a sopportare tutta quell'indifferenza, ma in quel momento era talmente provata da quelle sensazioni che aveva provato che voleva solamente tornare ad essere se stessa. 

Si voltò e si incamminò sotto quella pioggia incessante, cercando di proteggersi quando passava sotto le tettoie. Non le andava di fermarsi e aspettare che smettesse, doveva comprarsi un vestito per quella sera, tornare a casa, farsi una doccia e cambiarsi. 

- A te non piace la pioggia - quella voce candida e fredda la fece voltare e presto si ritrovò sotto un ombrello rosso che la più piccola teneva alto, affinchè entrambe fossero riparate. 

La guardò male e con sospetto, cosa voleva ora? Non voleva la sua pietà, o quello che era. Non aveva di certo bisogno del suo ombrello, non si sarebbe ammalata. 

- E allora? -  chiese infastidita, ma lei non le rispose. Le prese la mano e, senza alcun timore, le diede quel piccolo ombrello rosso. 

- Io non lo uso. Mi piace la pioggia - sgranò gli occhi mentre Amelis, senza aggiungere altro, si incamminava lungo la sua strada, diretta chissà dove. Le stava lasciando il suo ombrello? Qualcosa non le quadrava, cosa passava per la testa di quella ragazzina dagli occhi tanto profondi ma assenti? 

La rincorse, senza neppure pensarci due volte. Più aveva a che fare con quella ragazzina, e più desiderava conoscerla, capirla. Doveva farlo, lei era strana, diversa da tutte le persone che aveva conosciuto. 

- Hei, aspetta! - la rincorse, sino a quando non le fu accanto, cercando di fermarla con un braccio. Inutilmente in realtà dato che lei continuava a camminare, lo sguardo puntato alla strada che avevano davanti senza però guardare veramente ciò che aveva di fronte. La coprì con l'ombrello che le aveva dato, e solo allora la moretta si voltò verso di lei, chiaramente confusa.

- Così ti prenderai un accidente, sei proprio un incosciente - disse scuotendo la testa, rimproverandola quasi. Aveva una così poca considerazione per se e la sua vita? Be, si. Quello del resto lo aveva appena appurato. 

- A me piace la pioggia - disse semplicemente, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Ed effettivamente per Amelis sembrava esserlo. 

Si guardarono negli occhi e, per la prima volta, la prima a distogliere lo sguardo fu Alisia, chiaramente in imbarazzo per quello sguardo penetrante. Riusciva a metterla in soggezione, era come se riuscisse a leggerla dentro. 

- Ti accompagno a casa dato che mi hai dato l'ombrello - disse infine, stanca. Si sentiva almeno in dovere di riaccompagnarla dato che le aveva prestato l'ombrello. Ma lei scosse il capo, tranquillamente, tornando a guardare di fronte a se. 

- Non vado a casa, non serve

- Neppure io ci vado, andiamo in centro - quelle furono le ultime parole che le uscirono dalle labbra. Non voleva prenderla in giro, ne farle qualche dispetto. Non stava rinunciando alla sua vendetta, però non voleva neppure lasciarla da sola sotto quell'incessante pioggia che l'avrebbe potuta far ammalare. E lei non voleva sentirsi in colpa per ciò. 

Le due studentesse camminarono l'una accanto all'altra, senza dire una parola. Entrambe erano perse nel loro mondo, entrambe fingevano di non avere accanto nessuno. Ma Alisia era ben consapevole di chi aveva al suo fianco. 

Le fece entrare in un negozio. Era il suo negozio preferito, ove comprava sempre tutti i suoi ambiti. Anche Amelis era entrata con lei, e sembrava altrettanto interessata a tutti quei meravigliosi capi che, però, costavano un occhio della testa. 

Prese un abito, e andò in camerino, seguita distrattamente dalla mora che, quando uscì, scosse il capo. Le stava forse dando un consiglio? 

- Non ti piace? - sbottò, e lei semplicemente scosse il capo.

- No - neppure il tempo di lasciarle la parola che era già sparita chissà dove. Sbuffò, spazientita, ma chi glielo aveva fatto di portarsela dietro? Si, il suo momento di "gentilezza" era passato, stava tornando quella di sempre. 

- Questo - una mano comparve all'interno della tenda con un magnifico abito blu che non aveva notato prima. Era senza spalline, dal taglio aderente e non troppo lungo, impreziosito con qualche brillante sul decoltè. La giovane guardò per qualche istante Amelis, e afferrò l'abito, provandoselo. Le stava a pennello. Aprì la tenda, il ghigno sulle labbra, pronta ad esibirsi in una piccola sfilata per la ragazzina, così da farle invidia, ritrovandosi però da sola, Amelis sparita chissà dove. Se ne era andata. 

Era la prima persona che la lasciava li, senza una parola. Era la prima che non sembrava voler passare il suo tempo con lei. Unica.

Quella fu l'unica parola che le ronzava nella testa mentre tornava all'interno del camerino. 

 

Era arrivata la sera. Aveva comprato il vestito consigliato dalla ragazzina, e doveva ammettere che aveva gusto. Un eccellente gusto. 

Da poco lei e la sua compagnia erano approdati alla festa, e tutti stavano bevendo, scolandosi alcolici su alcolici. 

Il cielo era ancora scuro, nessuna luce traspariva da quella coltre buia. Tutti si divertivano, tutti erano ubriachi e desideravano divertirsi. E lei era dello stesso parere, pure lei voleva perdere la testa, lasciarsi andare ai suoi soliti divertimenti. Ma quel giorno era più difficile, quella sera si sentiva diversa. 

La sua mente continuava a ritornare a quegli occhi dal colore caldo e accogliente, occhi che però, allo stesso tempo, erano freddi e distanti. Un controsenso, ma era quella la sensazione che provava quando pensava a quelle pietre preziose. Voleva rivederla. Voleva capirla. Voleva conoscerla. 

Si ripeteva quelle cose come un mantra, senza riuscire a smettere. Doveva assolutamente entrare dentro la mentre di quella ragazza, stava diventando veramente un'ossessione.

Chiuse gli occhi e sospirò piano quando due braccia le cinsero la vita. 

- Stasera non mi interessano le altre, voglio te - Craig era chiaramente ubriaco, e lei in realtà non aveva voglia di restare li a festeggiare chissà cosa. Voleva andare a casa, voleva dormire e fare passare quella nottata affinchè potesse iniziare un nuovo giorno.

Si voltò lentamente, e gli posò una mano sul braccio. Se ne sarebbe dovuta andare, ma alla fine chiuse gli occhi e senza dire nulla, posò le labbra su quelle di lui. Forse quella l'avrebbe distratta. Forse, con quello, avrebbe smesso di pensare a quella ragazza che un po' le era entrata dentro. 

 

* * * 

 

Ok, questo capitolo è veramente lungo XD

Cosa posso dire, qui si scopre un lato diverso di Alisia. Dalla stronza senza cuore, alla ragazza che forse un cuore ce lo ha. E la piccola Amelis le sta entrando dentro. Non se ne rende conto, lei continua ad odiarla eppure continua a pensare a lei. Mentre Amelis..be, lei sembra proprio non interessare. Ma è veramente così? Cosa ne pensate? 

Spero che questa storia vi piaccia, sto ancora cercando di ingranare, lo ammetto XD Ma ben presto le cose si movimenteranno, lo prometto U_U

Be, mi piacerebbe tanto sapere cosa ne pensate: sia della storia, sia di com'è scritto. Tanto per potermi migliorare U_U

Bene, dunque vi lascio, al prossimo capitolo!!

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Capitolo 4
*** Un colore per ogni emozione; ***


Viola. 

La mano immobile, le dita stese sul proprio banco mentre una voce estremamente noiosa proveniva dalle labbra di quell'insegnante che neppure si era accorto che lei non stava seguendo la lezione.

Un grande astuccio era posato sul banco di Amelis, aperto, tanti smalti in bella vista ma solo uno aperto. L'odore pungente dello smalto era forte, penetrante, ma le piaceva. 

Come ogni giorno, la studentessa stava aggiornando il suo umore, colorando l'unghia designata con il colore prescelto. Quell'azione in realtà la compiva più di una volta in una giornata, le piaceva segnare in quel modo il suo stato d'animo. Un unghia, un colore differente. 

Una carezza delicata e la sua opera d'arte fu completa. L'indice era perfettamente laccato di viola mentre il medio avrebbe dovuto attendere il suo cambio d'umore. 

Il viola, nella mente della giovane ragazza, simboleggiava la noia. Quella che stava provando in quel momento per via delle parole dell'insegnante che camminava avanti e indietro, senza quasi neppure prestare attenzione ai suoi studenti. Parlava e basta, lo sguardo vuoto mentre ripeteva a memoria la lezione che stava propinando  tutti quegli studenti che, come lei, neppure lo guardavano.

Le sue mani erano un connubio di colori. Appoggiate ora sul banco, la diciottenne guardava la punta delle sue dita, attentamente, osservando ogni colore e ricordando le sensazioni che aveva provato i giorni o le ore precedenti. Non che lo trovasse necessario, ma le piaceva guardare, ricordare. Era un modo come un'altro per estraniarsi, per lasciare che la propria mente vagasse libera oltre quelle quattro mura bianche.

Lasciò che il nuovo colore si asciugasse e poi iniziò a mettere via tutti i suoi smalti che si portava sempre dietro. Quando lei andava in giro per la città si portava sempre via la sua borsa con lo stretto necessario e tra quelle poche cose c'era pure quell'astuccio nero rovinato nel tempo che mai aveva cambiato. Lei non si sentiva veramente legata a nulla, tranne a quel piccolo oggetto che ora carezzava delicatamente con la punta delle dita, lo sguardo puntato alla finestra. 

Eppure la noia quel giorno non era data solo dal fatto che era in classe a seguire un corso che, a suo dire, era inutile. C'era un altro motivo: già sapeva che non avrebbe potuto incontrare il professore dopo le lezioni. L'aveva informata che aveva una riunione e dunque dovevano rimandare il loro incontro al giorno seguente. Nonostante la sua solita apatia, le spiaceva saltare il loro appuntamento: era pur sempre l'uomo che amava e lei desiderava vederlo. Ma non era neppure il tipo di persona insistente: sapeva che il giorno seguente sarebbero stati assieme, e lui si sarebbe fatto perdonare portandole un fiore. Lo faceva sempre. Una rosa rosso sangue che lei avrebbe custodito con premura. Amelis aveva tenuto tutti i fiori che l'uomo le aveva regalato chiusi dentro un libro, a seccare, affinchè il ricordo di lui - come il ricordo di tutti gli altri uomini che aveva avuto nella sua breve vita - durasse in eterno. 

Lei teneva sempre tutto. Tutto ciò che le avevano regalato era nella sua stanza, custodito un po' in giro, senza un ordine preciso. Perchè lo faceva? Non aveva un preciso motivo, le piaceva semplicemente collezionare le cose, del resto lei non stava quasi mai nella sua camera, gli unici momenti che vi passava li dentro erano passati tra le lenzuola, a dormire. 

Quando il suono della campanella segnò la fine delle lezioni la ragazza si alzò come un'automa e, mettendosi la borsa sulla spalla, uscì dall'aula, ritrovandosi così in mezzo ad una folla di studenti che, tutti eccitati, si dirigevano verso l'esterno. La giovane si limitava a lasciarsi trasportare, fingendo di non sentire i commenti maligni che la gente le rivolgeva, come ogni giorno. Da quando quella ragazza si era messa contro di lei, nessuno più l'aveva lasciata in pace. Ma lei non aveva mai dato a nessuno alcuna soddisfazione, lei proseguiva per la sua strada. 

Lei neppure li vedeva in realtà, nella sua mente era sola o se c'era qualcuno, le sorrideva con gentilezza prima di lasciarla al suo mondo. 

In realtà lei, in quella vita, in quella che tutti chiamavano realtà, non riceveva un sorriso sincero e gentile da molto tempo. Erano passati anni dall'ultima volta. Neppure i suoi amanti le rivolgevano tale gentilezza, i loro sorrisi erano maliziosi, provocatori, mai dolci o cordiali. Ad Amelis però non mancavano, stava bene esattamente in quel modo.

Quel giorno non pioveva. Il cielo era tornato celeste, il sole brillava allegro in quell'immensità blu. 

Amelis preferiva la pioggia. Amava sentire quelle delicate perle d'acqua carezzarle il viso, amava ritrovarsi completamente bagnata, infreddolita. Lei non si ammalava, di rado era successo e neppure la malattia l'aveva mai fermata: malata o meno lei non cambiava la routine della sua giornata. 

Era proprio perchè amava la pioggia che, il giorno prima, aveva ceduto il suo ombrello alla ragazza dai capelli tanto scuri. Lei lo aveva preso solo perchè l'insegnante aveva tanto insistito, e allora lo aveva messo in borsa, lasciandolo li quando era iniziato quel piccolo acquazzone. 

Ancora era strano ripensare al giorno precedente.

Il giorno prima le avevano salvato la vita. Lei le aveva salvato la vita. Alisia. 

Ripensare a quelle gemme terrorizzate portavano Amelis ad estraniarsi ulteriormente: lei non aveva veramente capito il motivo di tutto quello spavento. Era per quello che una delle sue unghie era stata colorata di arancio: Alisa l'aveva incuriosita. Quel sincero terrore nei suoi occhi l'aveva lasciata chiaramente colpita. Però se ne era andata quando l'aveva voluta accompagnare in centro, l'aveva aiutata con il vestito e poi era ripartita. A lei piaceva la sua solitudine. 

Eppure quella ragazza continuava ad essere un punto interrogativo nei pensieri della giovane.

Una volta uscita dai cancelli della scuola, Amelis iniziò a camminare tra la gente in strada. Il suo era un passo lento, lo sguardo era puntato al cielo. Pensava a quanto bello fosse, sia nella realtà, che nel suo piccolo mondo. 

- Oggi sei uscita prima, per fortuna ti ho vista prima di perderti di vista - quella voce, quella che aveva imparato a riconoscere, la fece voltare. Due gemme celesti la catturarono, facendola addirittura fermare in mezzo alla strada mentre quelle labbra piene e carnose si piegavano in un sorrisetto divertito. 

- Sorpresa eh? - chiese sorridente prima di guardarsi attorno, come se stesse cercando qualcuno. 

- Aspetta, vieni - la prese malamente per un braccio e senza chiederle nulla la trascinò in una piccola via laterale che le fece percorrere, sino a sbucare fuori in un'altra via, molto meno frequentata dagli studenti. 

- Cosa c'è? - voce fredda ma occhi che lasciavano trasparire una certa curiosità. Alisia non sembrava intenzionata a prenderla di mira come aveva sempre fatto negli ultimi giorni. Lo sguardo della ragazza in quel momento era differente dal solito. Si erano incontrate anche quella mattina, eppure ad Amelis non era sembrato che qualcosa fosse cambiato. Eppure ora, ciò che vedeva, era diverso. 

- Voglio parlare con te. Lontano da occhi indiscreti - disse semplicemente, alzando le spalle. E lo stesso fece la piccoletta che, con un cenno del capo, tornò a camminare. Non era la prima volta che la gente desiderava parlare con lei lontana dagli altri. In realtà succedeva sempre così: tutti preferivano avere un rapporto segreto con lei, e alla studentessa andava bene. 

- Cosa desideri? - una domanda semplice, concisa. Non era il tipo da girare attorno alle cose, era semplicemente diretta. 

- In realtà non lo so neppure io. Voglio capirti, ammetto che ieri mi hai sorpresa. Nessuno mi molla mai in mezzo ad un negozio, mi ritengo offesa - una risata leggera e melodiosa uscì da quelle labbra tinte di rosso, una risata che risuonò nella mente della più piccola. Era un suono cristallino, dolce, che le piaceva. Non era minimamente paragonabile a quella risata rozza e semplicistica che le usciva ogni qual volta che voleva prenderla in giro. Le sembrava più vera quasi. 

- Mi ero sdebitata, non vedevo perchè restare li ancora - scrollò semplicemente le spalle, lo sguardo che continuava a scrutare quella ragazza curiosa. Amelis non sapeva come interpretare il desiderio altrui, era la prima volta in realtà che qualcuno era tanto diretto nei suoi confronti. Solitamente tutti giravano attorno, cercavano un modo per parlarle senza arrivare subito al sodo. Ma non lei, ed era una cosa che la ragazza apprezzava. 

- Ah. Senti, perchè non ci troviamo un posto tranquillo e ci sediamo? C'è un parco qui vicino che sarebbe perfetto - voleva andarsi a sedere? A lei piaceva camminare, la diciottenne quasi non faceva altro per tutto il giorno. Ma le piaceva anche sedersi e starsene tranquilla, lo sguardo puntato chissà dove mentre lasciava che la propria mente si perdesse nei meandri dei propri desideri. 

- Come vuoi, ti seguo - rallentò leggermente il passo e lasciò che la mora le indicasse la via. 

Fu un viaggio fatto di silenzi: le due camminavano l'una accanto all'altra, senza mai guardarsi negli occhi. Non sino a quando non arrivarono a destinazione. 

Il parco in cui era stata condotta era molto grande. Pieno di alberi in fiore, nessuno in vista. Un viale bianco, fatto di sassolini e pietruzze chiare, le condusse attraverso quella vastità verde che la ragazza studiò attentamente, raccogliendo ogni dettaglio di quel luogo anche una volta che si furono sedute su di una panchina nera dietro qualche arbusto che le celava alla vista di qualche possibile passante. 

Li regnava la pace e la quiete. Gli usignoli cantavano una deliziosa melodia mentre il vento faceva risuonare le fronte, dolcemente. Le sembrava di essere finita in uno dei suoi tanti mondi, le ricordava molto uno di quei parchi che la propria mente andava a trovare quando aveva voglia di silenzio e solitudine. 

- Ti piace? - la più piccola si limitò ad annuire prima di voltarsi a guardare la più grande. Anche lei sembrava studiarla con perizia ed attenzione, mille le domande a cui sembrava non voler dare voce. 

- Non lo avevo mai visto - lei camminava tanto, ma non era ancora riuscita a visitare tutta la città. Forse per il semplice motivo che, una volta che trovava un luogo che le piaceva, tendeva sempre ad andare li. E lei aveva un luogo che amava. Non era lontano dalla scuola e lo aveva scoperto qualche mese prima. Lo amava per ciò che succedeva, c'era una cosa che l'attirava sempre li, in un giorno preciso della settimana. Un luogo che riteneva suo e che non aveva mai voluto condividere con nessuno. Ma del resto lei non condivideva mai nulla con nessuno.

A lungo rimasero in silenzio. Amelis non aveva alcun interesse nell'aprire la bocca mentre la ragazza al suo fianco sembrava in imbarazzo, probabilmente perchè mai si sarebbe immaginata in una situazione del genere. E la capiva. 

Incrociò le gambe e posò la propria borsa sulle cosce, tirando fuori il suo astuccio così da aggiornare il suo stato d'animo. Lei lo faceva di continuo, e sicuramente in quel momento ne sentiva il bisogno. Era quasi divenuta una necessità per la diciottenne. 

Sotto lo sguardo incuriosito di Alisia, tirò fuori l'arancione, il colore che lei aveva dato alla curiosità e, senza dire una parola, iniziò a colorarsi l'unghia attigua a quella che avevo dipinto la mattina. Ovvero il medio. 

Una volta che ebbe finito la sua opera - non più di due minuti circa - riavvitò lo smalto che rimise via, lasciando che l'unghia si asciugasse da sola. 

- Perchè ti sei colorata solo un unghia? - il capo della più piccola si voltò ed osservò la ragazza che, curiosa, ora le stava guardando le dita. Tutte le dita avevano un colore differente, era una cosa che solitamente non si accorgeva quasi nessuno. Probabilmente perchè di solito la gente non le guardava le mani. 

- Ho segnato ciò che ora sento - disse come se fosse la cosa più logica del mondo. Ma ovviamente per Alisia non lo era e, infatti, aggrottò la fronte. Senza chiederle il permesso, la più grande le prese la mano che iniziò a studiare attentamente, passando il dito su ogni unghia colorata, facendole correre un brivido lungo la schiena al passaggio di quei polpastrelli morbidi e soffici. 

- In che senso? Sii più chiara - disse semplicemente, continuando a tenerle la mano, senza accennare a lasciargliela andare. Amelis sospirò piano e, scostando nuovamente il volto, tornò a guardare quell'immensità verde di fronte ai suoi occhi. 

- Certe volte pure io sento qualcosa. In modo molto lieve rispetto a tutti gli altri, ma quanto basta per invogliarmi a segnarmelo. Ogni volta che provo qualcosa, coloro un'unghia con il colore che ho assegnato a quel sentimento - per lei quello non era un segreto, non si vergognava a parlare di se o dei suoi hobby. Se quello poteva definirlo in quel modo. Lei rispondeva sempre a tutte le domande che le facevano, l'unica cosa che teneva per se era l'identità dei suoi amanti. 

- Dunque anche tu provi qualcosa - la voce altrui era ironica ma al contempo interessata, come se fosse una cosa strana, assurda. E forse era così. Lei non era normale come le altre persone, non ci voleva un genio per capirlo. Lei si limitò a scrollare le spalle, disinteressata. Non si sentiva ferita, lei in realtà il dolore non lo aveva mai provato. O comunque non ricordava di aver mai sofferto, neppure quando era bambina. Aveva saltato la fase della tristezza, era passata direttamente ad ignorare tutto e tutti perchè era meglio così. 

- Cosa significa l'arancione?

- Curiosità - la giovane si voltò e si ritrovò di fronte ad uno sguardo intenso, carico di domande e di dubbi. Ancora non capiva cosa le passasse per la testa, non comprendeva perchè fosse li a parlare con lei quando, fin dalla mattina, l'aveva ripetutamente presa in giro. 

- Curiosa ma non abbastanza da chiedermi il perchè del mio comportamento, giusto? - la sua voce era bassa, sembrava quasi affascinata. Di certo era interessata, vedeva da quelle gemme brillanti che smaniava di scoprire il segreto dei propri pensieri, probabilmente desiderava conoscerla. Il motivo? Non lo sapeva, ma non glielo avrebbe chiesto. Lei non poneva quasi mai domande agli altri. 

- E' interessante vedere il tuo desiderio nei tuoi occhi. E' una cosa curiosa, ma si, non sono  interessata a chiederti il motivo di ciò. Non mi interessa - le sue parole riecheggiarono in quella solitudine e subito la giovane dagli occhi scuri si rese conto che quelle parole avevano provocato un certo malessere nella compagna che aveva distolto lo sguardo tanto velocemente, come se la cosa l'avesse ferita. Forse era abituata ad essere sempre al centro dell'attenzione, forse per lei era normale che le persone si interessassero. Ma aveva trovato la persona sbagliata se desiderava tali attenzioni. 

Le aveva lasciato anche la mano e lei, stranamente, le mancava quel calore che le aveva regalato con quel semplice tocco e quella semplice carezza delle dita. 

Non sapeva cosa le passasse per la mente, ma un nuovo desiderio che forse mai aveva provato in vita sua la spinse ad allungarsi verso la ragazza dai capelli scuri e le riprese la mano. Nessuna parola, solamente una dolce e delicata stretta di mano. 

Quel gesto stupì anche Alisia che si voltò di scatto, osservandola con gli occhi sgranati, attenti e quasi sospettosi. Come se lei avesse desiderato farle del male. Amelis però non era cattiva, e neppure violenta. Voleva solamente tenerle la mano.

- Sei calda - si giustificò semplicemente mentre i loro occhi non accennavano a sfuggire ai gemelli. Un paio chiari, luminosi, che trasmettevano curiosità e un filo di imbarazzo mentre gli altri molto più scuri restavano imperscrutabili. Lunghi minuti passarono, entrambe silenziose, come se non avessero avuto bisogno di parlare. Ed effettivamente per Amelis era proprio così. 

Alla fine, dopo un lungo passare, la ragazza al suo fianco sorrise, scuotendo il capo mentre intrecciava le sue dita alle proprie. 

- Sei proprio assurda Amelis. Un'affascinante e assurdo mistero - quelle parole lasciarono interdetta per qualche secondo la più piccola che espresse una chiara perplessità alla più grande. E a quella sua espressione, la ventenne allungò la mano e carezzò quella sottile rughetta che le si era formata sulla fronte. Una carezza effimera che quasi non sentì ma che la segnò, che le fece provare qualcosa nel petto. 

- Che colore ha la perplessità? - le chiese chiaramente divertita e lei scosse il capo. Lei non aveva mai avuto un colore per quel particolare stato d'animo. Mai in tutta la sua vita era rimasta tanto sorpresa. Lei era la prima che gliela faceva provare.

- Non ce... - non fece a tempo a finire la frase che una forte melodia, una canzone già sentita, interruppe le sue parole, facendo agitare la sua vicina che le lasciò la mano per prendere il cellulare che continuava a suonare. 

- Pronto?? Oh, Craig ciao! - sentiva l'agitazione di lei, lo vedeva anche nei suoi occhi che dal paesaggio passavano al proprio viso, come se si sentisse in colpa per ciò che stava facendo. Amelis distolse lo sguardo ed iniziò a guardare il prato di fronte a se, tanto verde e rigoglioso, lasciandole la sua privacy.

- Ciao bellissima. Sei impegnata?? Ti va di venire da me? Ci siamo tutti

- Oh, emm..si! Sono liberissima, cosa vuoi che abbia da fare? Arrivo subito - Alisia chiuse la chiamata e poi si voltò verso di se prima di alzarsi e afferrare la borsa che aveva appoggiato sulla panchina. Solo quando le si parò davanti Amelis alzò lo sguardo per incontrare quelle immensità chiare. 

- Devo andare ma voglio parlare ancora con te. Non ho finito, domani, ci troviamo direttamente qui, dopo le lezioni. Ok? - pure quella richiesta la sorprese. Non aveva ancora finito, cosa voleva dire? Forse voleva cercare di scoprire altro di lei, o forse voleva sapere che colore aveva la perplessità?

In realtà Amelis non era obbligata a tornare li, non aveva alcun legame che la legava con quella ragazza tutta trafelata che attendeva una sua risposta. Lei saltellava, chiaramente di fretta, e la cosa la rendeva..buffa. 

- Si, dopo le lezioni - non seppe cosa la spinse ad accettare. Forse proprio la perplessità, quella nuova sensazione che aveva provato per la prima volta, ma aveva accettato nonostante tutto. 

E nuovamente tornò perplessa quando la vide illuminarsi, un bellissimo e dolcissimo sorriso che le si dipinse sulle labbra, riflesso anche in quelle gemme che riuscivano a ipnotizzarla. 

- Perfetto, e tieniti libera tutto il pomeriggio. A domani - la ragazza tentennò qualche istante, chiaramente incerta sul da farsi mentre l'eco delle sue parole svaniva tra gli alberi. Amelis la guardava, attentamente, mentre l'incertezza altrui la teneva bloccata di fronte a se. Poi allungò la mano e le carezzò velocemente il capo prima di voltarsi e correre via, lasciandola da sola. La diciottenne osservò quella figura sparire tra i palazzi, in mezzo a quel verde vivido, tanto acceso come nel suo piccolo mondo. 

Poi abbassò lo sguardo verso la propria mano e la osservò curiosamente prima di riprendere l'astuccio e guardare tutti i colori che aveva. Erano molti, eppure  ne usava principalmente sei. In tutta la sua vita aveva provato solamente sei differenti emozioni. Che erano appena divenute sette. 

Senza pensarci due volte, afferrò il verde che aveva e lo aprì, iniziando a dipingersi una nuova unghia, osservando poi il risultato. Le piaceva. Era il colore giusto, lo sapeva. 

Rimise tutto via e poi si alzò in piedi, ripartendo alla volta del centro città. Si sentiva strana, ma fu una sensazione che, non appena fu rientrata tra la folla, passò. Come quei sentimenti erano arrivati, erano spariti.

Eppure, nonostante tutto, era curiosa ed in parte impaziente che arrivasse il giorno dopo. 

Voleva tanto sapere cosa volesse Amelis da se. 

 

* * *

 

Eccomi qui con il nuovo capitolo!!

Un nuovo scorcio nella vita e nei pensieri di Amelis, una nuova scoperta delle sue "passioni", se le possiamo definire tali. 

E poi c'è Alisia. La scorbutica e stronza ragazza che ora sembra attirata da questa ragazzina tanto strana e che vuole conoscerla. Ma avrà un secondo fine? O semplicemente vuole capire un po' quel mistero affascinante chiamato Amelis? 

Be, lo scoprirete presto ;)

Come sempre le vostre recensioni sono ben gradite, mi piacerebbe tanto sapere cosa ne pensate di questo capitolo, di questa storia.

Dunque...alla prossima! 

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Capitolo 5
*** Non riesco proprio a decifrarti; ***


- Allora, oggi pomeriggio usciamo? Dai! - Craig continuava con quella solfa da due ore. L'insegnante non c'era, quel giorno avevano avuto due ore buca e le avevano passate fuori in giardino mentre il ragazzo la stuzzicava, cercava di estrapolare informazioni per il pomeriggio.
- Lo sai che senza di te mi annoio. Gli altri chissà che fanno - Alisia scosse il capo, decisa. Non aveva intenzione di andare con lui, per una volta avrebbero fatto a meno di lei. Non sarebbero di certo morti! Lei, stranamente, aveva meglio da fare. Anche se mai lo avrebbe ammesso ad anima viva. Mai! 
Ammetteva di sentirsi stupida. Le sembrava di impazzire, non era normale tutto quello. 
Alisia era smaniosa di scoprire altro su Amelis. Quella mocciosetta stava veramente diventando il suo chiodo fisso. E non ne sapeva neppure il motivo. Quella ragazza non aveva nulla di speciale, eppure non riusciva a fare a meno di pensarvi. 
- No, oggi pomeriggio mia madre ha detto che devo andare via con lei. Magari domani - sorrise maliziosa e gli lasciò una carezza lasciva sulla guancia, così da non farlo rompere troppo. Era facile distrarre Craig con altri pensieri, bastava semplicemente fargli credere che, di mezzo, ci sarebbe stato il sesso. Semplice no?
Appoggiata contro il tronco di un albero, la giovane guardava distrattamente il retro della scuola. 
In realtà lei e il suo amico non sarebbero dovuti stare li. I professori non volevano che vi andassero, dicevano che non era sicuro. Tutte palle, volevano semplicemente rompere loro le scatole. Ma lei di rado seguiva le regole e, infatti, vi andava ogni giorno. Non c'era nulla di speciale: la facciata che le si presentava era veramente rovinata. I muri ricoperti di rampicanti, l'intonaco ancora visibile tendeva a sgretolarsi di fronte ai propri occhi. 
Le finestre poi erano tutte opache, piene di polvere. Quelle aule erano in disuso, mai nessuno vi andava anche se doveva ammettere che di tanto in tanto aveva visto un ombra all'interno di quella che era l'aula di musica. Non si era mai avvicinata per guardare, probabilmente era qualche professore che non voleva farsi beccare a fumare, o a fare chissà che! Non le interessava, non voleva mettersi nei guai in realtà. Nulla vietava ai più grandi di esplorare le zone oramai inutilizzate della scuola, solo gli studenti dovevano starsene alla larga, come sempre no?
- Ma che palle! Però questa sera sei mia vero? Anzi, dovrei dire nostra - il suo sguardo andò ad incrociare quello altrui mentre si faceva sempre più vicino. Prima di poter anche dire qualcosa, le sue labbra furono sulle proprie. Un bacio prepotente, inaspettato, che la colse impreparata ma che non rifiutò affatto.
Una mano andò tra quei crini morbidi che iniziò a carezzare piano, le loro lingue unite in una danza frettolosa e carica di desiderio, soprattutto da parte del ragazzo. 
- È stato fantastico l'altra sera, potremmo rimetterci assieme sai? Le altre ragazze non sanno soddisfarmi come fai tu - quelle estremità carnose andarono a lambire il suo collo, con estrema facilità, le sue dita che senza alcuna esitazione andarono sotto la propria maglia, per poter accarezzare il reggiseno rosso in pizzo. 
- Non funzionerebbe. Tutto sommato non mi va di essere tradita - ridacchiò, lasciando che un gemito sommesso e strozzato le uscisse dalle labbra.
Ci avevano già provato e lei aveva capito che non erano fatti per stare assieme. Nessuno dei due si voleva impegnare per far durare la storia, dunque perché anche solo proporlo? E poi, in quel momento, non le andava di pensare ad una possibile relazione con lui, voleva solamente lasciarsi andare al piacere che le stava procurando con le sue labbra e le sue mani.

- Diavolo, è tardi! Ci hai messo troppo! - era maledettamente tardi. Si era lasciata trascinare talmente tanto dal piacere che si era completamente dimenticata che aveva un appuntamento e la campanella era suonata da molto. Non l'aveva sentita ma l'ora non poteva trarla in inganno, era tempo di andare. Decisamente. 
- Sisi, sempre a lamentarti eh? Ci metti troppo, ci metti troppo poco! Deciditi! E poi chi è che devi vedere scusa? - chiese guardandola sospettoso, ma lei si limitò a spingerlo appena, con fare divertito. Doveva mentirgli, e per fortuna era molto brava a fingersi una persona che in realtà non era. 
- Te l'ho detto scemo! Mia madre, sai quanto rompe le palle! - disse facendogli l'occhiolino, baciandolo sulle labbra, celando senza alcuna difficoltà che, in realtà, era agitata. Non voleva arrivare tardi al suo..appuntamento? Poteva definirlo in quel modo? No, assolutamente, semplicemente doveva incontrare il suo nuovo giocattolino. Già sapeva che, una volta soddisfatta la sua voglia di capire qualcosa di quella ragazza, se ne sarebbe sbarazzata. 
- Vado, a stasera - disse voltandosi, uscendo dal cortile lentamente. Molto lentamente. Doveva fingere indifferenza anche se l'unica cosa che voleva fare era arrivare a destinazione.
Si sentiva stranamente a disagio, non le piaceva l'idea di Amelis sola nel parco. Ad aspettarla. Sola. Con tutti che le si potevano avvicinare. Se non peggio.
...
Si mise a correre. 
Aveva retto a camminare estremamente lentamente sino al limitare della scuola, ove il lungo cancello che delimitava la proprietà finiva, per dissimulare la premura che aveva di tornare al parco. Ma, passo dopo passo, si era ritrovata ad accelerare sino a quando non era arrivata a correre. Non voleva che Amelis se ne andasse e, dato il tipo, era probabile che lo facesse. 
Chiuse gli occhi non appena varcò il cancello lavorato in metallo del parco e continuò a correre, velocemente, il respiro che quasi le mancava. Come si era ridotta? Correre a perdifiato per timore che una stupida mocciosa se ne andasse. Una ragazzina che neppure conosceva ma che doveva assolutamente capire. Era diventata una necessità. 
Inchiodò nel momento in cui arrivò di fronte alla sua panchina ove una giovane ragazza era seduta, le mani posate sul grembo e lo sguardo assente puntato di fronte a se. 
- A-Amelis - disse il suo nome in un soffio, piegandosi sulle ginocchia per riuscire a riprendere fiato. Sentiva lo sguardo della mocciosa su di se ma non disse nulla, anche se ne avesse avuto la forza non ce l'avrebbe sicuramente fatta. 
- Hai corso per arrivare qui - la sua voce era come sempre piatta eppure quando alzò lo sguardo notò con divertimento che aveva nuovamente quell'espressione confusa che la rendeva quasi più "umana". No, lei era tutt'altro che umana, era..assurda! Spesso le ricordava un robot, era così fredda e distaccata. 
- Ero in ritardo e conoscendoti saresti andata via! - disse con un sorrisetto, abbandonandosi sulla panchina, il capo lasciato ricadere all'indietro, le braccia larghe e posate sullo schienale. Era esausta, quella corsa le aveva tolto quella poca energia che le era rimasta dopo l'amplesso con Craig. 
- Non me ne sarei andata, sarei rimasta un paio di ore prima di decidere di andarmene - quella rivelazione la lasciò stupita, dunque l'avrebbe attesa? 
Voltò il capo in sua direzione ed alzò il sopracciglio, l'avrebbe aspettata? Per quale motivo dato che qualche giorno prima l'aveva letteralmente mollata in quel negozio? Era strana forte quella ragazza.
- Perché? - chiese sorpresa, era una continua sorpresa, non riusciva veramente a comprenderla. 
Amelis rispose con una semplice alzata di spalle, lo sguardo distante, prima di tornare a guardare dritto di fronte a se. 
- Cosa volevi fare? - le chiese soltanto, senza neppure guardarla più negli occhi. 
Alisia in realtà non aveva idea di cosa fare, come non sapeva cosa fare con lei. Voleva conoscerla, ma ogni volta restava perplessa di fronte a quel distacco, quella freddezza che emanava la giovane al suo fianco. 
- Di certo  non andiamo in giro, non voglio che ci vedano assieme. Ma non mi va neppure di restare qui ferma - disse alzando le spalle, non le importava se poteva sembrare una stronza, lei lo era. Semplice. E nessuno doveva scoprire che si vedeva con la ragazza. Certo, poteva sempre inventare una scusa, ma non le andava. 
Ecco perché saltò su dalla panchina, le erano bastati pochi minuti per riprendersi dalla corsa e ora era pronta per partire. 
- Su, alzati e muovi le gambine, vedremo strada facendo - le ordinò e silente la compagna si alzò in piedi e la seguì, senza neppure fiatare. 
Un ghigno si formò sulle labbra della mora che soddisfatta si avvicinò alla diciottenne, piegandosi appena per poter prendere una di quelle ciocche scure che profumavano di rose. 
- Che bravo cagnolino che sei - le sussurrò all'orecchio prima di scoppiare a ridere, le piaceva essere cattiva, voleva provocare una reazione nella ragazzina, voleva farla soffrire. Doveva farlo, non poteva essere invincibile, doveva avere un maledetto punto debole. 
Osservò il viso della ragazzina voltarsi verso di se, pronta ad una sua risposta sprezzante, o da piccola ragazzina ferita, le lacrime agli occhi, ma nuovamente si ritrovò ad osservare il gelo di quello sguardo.
- Non sono io che mi ha chiesto di ritrovarci qui, che desiderava uscire con te - quello era un colpo basso.
Abituata ad essere sempre desiderata, ad avere praticamente tutti che la veneravano perché le piaceva quella sensazione di essere sempre al centro dell'attenzione, rimase senza parole dalla risposta della diciottenne. 
Era dalla prima che qualcuno non le parlava in quel modo, era da anni che la gente non la trattava come se non fosse importante. E la cosa peggiore era che aveva maledettamente ragione, era lei che l'aveva cercata.
Per la prima volta avvampò di fronte alla mora; lasciò andare quella ciocca morbida e continuò a camminare. Quella...mocciosa! Come si era permessa! Tutti la volevano, la desideravano. 
- Si, per prenderti in giro stupida ragazzina. Tutte vogliono essere mie amiche - disse freddamente, senza tornare a guardarla. Continuava imperterrita a camminare, senza guardarla negli occhi. E quell'idiota la seguiva, dunque la voleva tutto sommato. 
Improvvisamente si sentì tirare, delle piccole dita bianche come la neve l'afferrarono e la obbligarono a rallentare. Per la sorpresa si voltò e guardò la ragazza, cosa voleva?. - Ma che diavolo fai? - chiese stupita, Amelis che la guardava, l'espressione perplessa. 
- Perché te la sei presa? - chiese ingenuamente, facendola incazzare ancor di più. Lei che se la prendeva? Per così poco? Assolutamente no. Quando mai! Ecco perché senza alcuna premura si liberò dalla presa della più piccola e la guardò infastidita.
- Non me la sono presa, ti pare? Stai zitta e seguimi, e basta - disse solamente. Tutto sommato non l'avrebbe lasciata in pace, ora più che mai doveva trovare il modo per torturarla. Doveva imparare che non poteva mettersi contro di lei. 

- Inizia a piovere - la voce fastidiosa della ragazza la riscosse dai suoi pensieri. Alisia si era talmente estraniata per ciò che era successo poco prima, che neppure si era resa conto che quelle perle d'acqua avevano iniziato a cadere dal cielo. Non si era resa conto che il cielo era divenuto grigio, non si era accorta che si era fatto sempre più scuro. La giovane si ritrovò così in mezzo ad una strada, immobile dato che si era fermata per quelle parole, la più piccola al suo fianco che la osservava. 
La ventenne si ricordava perfettamente che Amelis le aveva rivelato che le piacesse la pioggia, al contrario proprio che la odiava con tutto il cuore. 
Freddo, l'acqua che iniziava a bagnarle i vestiti e i lunghi capelli scuri. Stava iniziando a gelare e non aveva neppure idea di dove fosse. 
- Dove diavolo siamo? - chiese scorbutica, voltandosi verso la ragazza. Era colpa sua se si era ritrovata in quel posto sperduto, sempre più fradicia e il corpo che tremava. 
- Lontane da scuola. Vieni - la sua mano nuovamente andò a prendere quella della più grande che, in realtà, non si oppose. Si lasciò trascinare, silente, sino a quando non si fermarono in un grande palazzo. Era color crema, uno di quei vecchi palazzi che lei, tutto sommato, apprezzava. Non dava quella sensazione di vecchio decadente, ma di antico, raffinato quasi. Aveva dei magnifici balconi che davano sulla strada, balconi in marmo e in quasi tutti c'erano dei fiori che rendevano la facciata dell'edificio allegra e colorata. 
- Amelis? - chiese dubbiosa, anche sospettosa in realtà. Dove diavolo l'aveva portata? La più piccola però non le disse nulla, si limitò a prendere delle chiavi ed aprire la porta.
All'interno c'era una piccola entrata, il pavimento in marmo scuro e, di fronte a se, una grande scalinata. Ad ogni pianerottolo c'erano delle porte in legno laccato. Ovviamente erano appena entrata in un complesso di appartamenti, ma la più grande davvero non comprendeva per quale motivo Amelis l'avesse condotta in quel luogo. 
Salì le scale quasi meccanicamente, lo sguardo sulla più giovane e, quando arrivarono al quinto piano, la ragazza si fermò e aprì una porta più piccola rispetto alle altre. Cigolò quando la spinse, e subito Alisia si ritrovò dentro ad un piccolo salottino, caldo ed accogliente, l'esatto opposto della ragazza che, dietro di lei, stava chiudendo la porta. 
- Dove siamo? - rimase mano nella mano con la ragazza che, allo stesso tempo, continuava a stringerle le dita dolcemente, delicata come una piuma.
- Casa mia. Fa pure come se fossi casa tua - disse osservandola e la mora sgranò gli occhi. L'aveva portata a casa sua? 
- Perché lo hai fatto? - era impazzita? Neppure la conosceva! Non sapeva che era un pericolo? Ora poteva andare con tutti suoi compagni a romperle le scatole, se ne rendeva conto? E
- Sei bagnata, non ti piace la pioggia. È logico che ti debba dare un cambio - le sembrava così strana quella ragazza, ogni volta riusciva a spiazzarla. Nonostante la sua freddezza, si era preoccupata per lei. Qualche giorno prima le aveva prestato l'ombrello e ora le prestava dei vestiti. Per quanto sembrasse fregarsene, era stata estremamente gentile. La cosa la stupida, la mora davvero non sapeva come prendere quei gesti che le rivolgeva la più piccola, e senza neppure rendersene conto, si ritrovò a sorriderle, quasi con tenerezza.
- Sei pure dolce e premurosa a quanto pare - disse piano, osservandola attentamente mentre la più piccola la guardava di rimando, l'espressione che lentamente si stava modificando. Amelis rise di gusto quando vide nuovamente la perplessità nel viso dell'altra, così le sembrava soltanto una ragazzina indifesa. E guardandola in quel momento non la vedeva come una nemica ma come..qualcuno che doveva aiutare. Le ricordava la piccola Lily. Era logico che fossero diverse, Lily era piena di vita, allegra, un vero e proprio tornado eppure..riusciva a darle quell'impressione. Assurdo. 
- Andiamo dai - disse quasi allegra, conducendola per quella casa che neppure conosceva, alla ricerca della camera da letto di lei. Amelis, stranamente, riusciva sempre a farle cambiare umore. 

Erano sul letto da due ore. In realtà non avevano parlato tanto. Amelis le aveva prestato una canottiera lunga e delle pantofole calde. Pure la ragazza si era cambiata, ma addosso aveva soltanto un grande maglione beige che le copriva appena le gambe. Si erano cambiate nella stessa stanza, guardandosi. Si erano osservate mentre si spogliavano, mentre si mettevano gli indumenti asciutti. Si era ritrovata imbarazzata ma non aveva distolto lo sguardo, non era la prima ragazza che vedeva senza vestiti, però lei era diversa. Non erano amiche, e nonostante tutto doveva ammettere che la compagna era davvero bella. Non che le piacesse ovviamente, ma..era bella. Per davvero. 
E dopo che si erano cambiate si erano sedute sul letto e avevano parlato. Se si poteva definire parlare ovviamente dato che lei faceva domande e la compagna rispondeva con dei monosillabi. 
Però aveva perso la cognizione del tempo e, quando sentì un rumore fuori dalla stanza, sobbalzò, spaventata. Amelis invece alzò lo sguardo e, con freddezza guardò un punto indefinito oltre la porta di casa. 
- È arrivata - il sussurro sommesso della ragazza la fece voltare, chi era arrivata? 
- Amelis! - un urlo la fece saltare sul letto in cui si trovava. - Brutta...ne hai portato un'altro vero???
Il ticchettio dei tacchi di una donna si fece sempre più vicino sino a quando con un colpo la porta si aprì, rivelando una donna chiaramente furiosa, talmente tanto che era paonazza. - Sono stanca di..... - la donna si bloccò non appena posò lo sguardo su di sé. 
Alisia osservò la donna con il sopracciglio alzato, chiaramente scettica. Quella doveva essere sua madre. I capelli erano biondi in realtà, ed era pure molto più alta: solamente gli occhi erano uguali a quelli della figlia. Era una bella donna: vestita con quel tailleur, decisamente vantava un fisico mozzafiato. In realtà non dimostrava più di trentacinque anni: o li portava bene o era una mamma molto giovane. 
- Oh, salve - chiaramente si era bloccata non appena l'aveva vista. Il suo sguardo da furioso era passato a confuso, e successivamente ad irritato. Al contrario della figlia quella donna esprimeva perfettamente ogni sua emozione. 
- Ora sei passata alle donne pure? Ma non hai un po' di decenza? - Alisia aggrottò la fronte e guardò la compagna che osservava chiaramente annoiata la donna. Credeva forse che lei..stesse con Amelis? Ok, forse effettivamente la cosa poteva essere leggermente equivoca dato che indossava solamente una canottiera che le aveva prestato la più piccola e si tenevano ancora la mano ma..suvvia, come poteva pensare a quello? Le donne? A lei non piacevano le donne.
- Lasciaci stare, stavamo parlando - la freddezza con cui si rivolgeva a sua madre era inquietante. Dunque non era così solamente con gli altri, ma pure con la propria famiglia? 
- Signora siamo solamente compagne di classe. Sa, fuori ha iniziato a piovere e Amelis si è gentilmente proposta di prestarmi qualcosa - cercava di restare tranquilla, e di mantenere la calma dato che voleva calmare le acque. Chiaramente quella donna aveva bisogno di una vacanza, sembrava talmente stressata! Chissà il motivo, e chissà dove era suo padre. 
Per lo meno, a quelle parole, la donna sembrò rilassarsi leggermente ed un impacciato sorriso spuntò su quelle labbra colorate di rosso. 
- Ah, scusami cara. Credevo che...beh, non importa - disse gentilmente, guardandola negli occhi. Cosa credeva? Che stessero facendo qualcosa? Assolutamente no! Ma dunque...si voltò verso Amelis che era tornata a dedicare la sua attenzione ai suoi smalti con cui stava giocherellando tranquillamente. Dunque portava molto spesso gente a casa. Probabilmente erano tutti uomini e non si intratteneva tranquillamente su quel letto. Sapeva che se la faceva con molti uomini, lo aveva perfettamente chiarito ma...se pensava che sua madre l'aveva pure beccata più di una volta le venivano i brividi. Ad Alisia non piaceva farsi beccare, voleva starsene in pace. E invece quella ragazzina se ne fregava. Ma poteva veramente stupirsi di ciò?
- Amelis non hai offerto nulla alla nostra ospite! Muoviti e prendile qualcosa! Scusala, ma non sa proprio come rapportarsi con gli ospiti - la donna scosse il capo, chiaramente delusa: lei trattava la più piccola veramente in modo pessimo! In realtà..non le piaceva molto. Certo, lei stessa non aveva tratto meglio la compagna ma quella era sua madre! Ok, non doveva essere felice di avere sempre uomini per casa ma comunque un genitore non doveva trattare così il figlio. 
- Non serve, non ho fame, in realtà me ne stavo per andare - a quelle parole vide Amelis alzare il capo ed osservarla, quasi interessata. Abbozzò un sorriso, per la prima volta si sentiva a disagio a casa di qualcuno. 
- Ti presto un paio di pantaloni e una maglia - disse semplicemente alzandosi, avvicinandosi all'armadio. Quando lo aprì rimasi nuovamente stupida, poteva forse avere più abiti? Era enorme, quasi esplodeva da quanta roba c'era dentro. Eppure si vestiva sempre in modo così..scialbo? No, in realtà tutto ciò che metteva le stava incredibilmente bene, anche se gli abbinamenti generalmente non erano tra  i più classici a lei stava bene tutto. - Puoi andartene - disse poi rivolta alla donna che scosse il capo, l'espressione addolorata.
- Ma dove ho sbagliato con te? - si chiese con un gemito prima di andarsene, probabilmente in camera sua o in cucina. Alisia non proferì più parola, si limitò a vestirsi silenziosamente mentre Amelis la osservava, senza neppure darle un poco di privacy. Non che si vergognasse, sapeva di essere bella, ma il suo sguardo la metteva sempre in soggezione. 
Una volta che ebbe indossato tutto la ragazza le fece cenno di seguirla e, la più grande, silente la seguì all'esterno, ripercorrendo la rampa di scale. Arrivarono al piano terra ove la più piccola aprì il cancello e le porse l'ombrello, come se nulla fosse. 
- Emm, senti...mi spiace di averti messo nei casini - lei che chiedeva scusa? Impossibile ma..le spiaceva veramente. 
- Non mi interessa, fa sempre così. Non sa fare altro che lamentarsi, anche quando sono sola - disse indifferente, forse - e di questo non ne era certa - c'era pure un lieve fastidio nella sua voce. 
- Oh.... - dunque quello era normale? Ogni qual volta che tornava a casa doveva affrontare tutte quelle parole? Del resto la madre le era saltata subito addosso, senza neppure chiederle una spiegazione. Aveva creduto che fosse accaduto perché avesse frainteso ma chiaramente non doveva essere così.
- E tuo padre? - chiese effettivamente curiosa, anche lui era come la donna o magari l'aiutava? Sicuramente capiva maggiormente il suo carattere se doveva avere a che fare con una madre che le urlava per tutto ciò che non le andava bene. 
- Se ne è andato quando sono nata - nuovamente Alisia si ritrovò sorpresa dalla schiettezza della ragazza. Amelis la stava guardando dritta negli occhi. Non sembrava addolorata, era come se le avesse dato un informazione di poca importanza, ma non era così. Era suo padre, lei senza non poteva viverci nonostante fosse sempre meno presente nella propria vita. 
- Mi spiace Amelis...ora capisco perché sei..così - disse piano, chiaramente era quello il motivo per cui la più piccola era indifferente a tutti gli insulti, a tutte le brutte parole che le dicevano gli altri. Se la madre la trattava sempre così, probabilmente aveva messo attorno a se un muro affinché il suo cuore non soffrisse. Non aveva mai riflettuto sul motivo per cui quella ragazza era sempre assente ma ora capiva.
- Così come? Una rovina famiglie o perché non mi importa di niente e di nessuno? - chiese schiettamente la giovane. La cosa che sorprese Alisia però fu che la più piccola non fosse inacidita dalle sue parole, bensì che fosse quasi curiosa.
- Entrambe direi - disse la giovane, cosa che fece avvicinare la ragazza a se. Le posò la mano sul viso e, sempre con quell'espressione distante, le carezzò il viso.
- Non sono così per via di mia madre. Semplicemente non ho mai sentito la necessità di provare emozioni - disse la ragazza, lasciando perplessa l'altra. Come poteva essere? No, non gliela raccontava giusta. Ed era frustrante. Come poteva essere indifferente quando l'aveva aiutata quel giorno? 
- Tu...sei impossibile! - disse scuotendo il capo, dandole le spalle e partendo in quarta, l'ombrello che mi proteggeva da quelle lacrime che cadevano dal cielo. 
Il passo spedito, la determinazione di andarsene in quel modo che lentamente spariva, e dalla rabbia che quella ragazza riusciva a farle provare ogni volta, sentì il frustrazione crescere sempre di più. Lei voleva farla soffrire ma come diavolo poteva fare se non c'era un varco? Se non provava nulla?
Si fermò in mezzo alla strada, pensierosa, e prima di rendersene conto tornò indietro. Amelis era ancora lì, soltanto che il suo sguardo era puntato al cielo, gli occhi chiusi, l'espressione assente. 
- Domani alla stessa ora al parco - disse soltanto prima di rigirarsi e voltarsi. Non aveva atteso neppure la risposta della ragazza, sapeva che ci sarebbe andata. 
Doveva farcela, sarebbe riuscita a risolvere quell'enigma quale era Amelis. 


* * *
 
Mi scuso per l'immenso ritardo ma avevo poca ispirazione. Dunque..qui si scopre qualcosa sulla sua vita, per la precisione sul rapporto tra lei e la madre. Beh, che dire? Spero che vi piaccia, mi piacerebbe sapere come sempre cosa ne pensate, dunque...a presto!! :*

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Capitolo 6
*** Breccia; ***


Una settimana. 
Sette giorni erano passati, sette giorni in cui le due giovani avevano passato il loro tempo assieme. 
Amelis non sapeva perché quella ragazza desiderasse tanto stare con lei, eppure era andata a tutti i loro "appuntamenti" che si tenevano al parco. Di rado si muovevano, dopo quel giorno in cui aveva portato la mora a casa sua, nessuna delle due aveva proposto di alzarsi e girare in giro per la città. 
Non che a lei importasse, un luogo era come un altro, non le dava neppure fastidio che la più grande avesse incontrato la genitrice, del resto non aveva una grande considerazione della donna, e Alisia poteva pensarla come voleva, a lei non cambiava niente. 
In realtà, il giorno prima, la giovane aveva provato nuovamente a chiederle qualcosa nei riguardi della donna, sembrava sentirsi in colpa per la reazione della parente, ma lei si era limitata ad alzare le spalle. Era abituata ai mutamenti d'umore della donna, non l'aveva mai considerata e non avrebbe iniziato ora. 
La donna era da quando il padre l'aveva lasciata che la mal sopportava, forse era per quello che c'era stato fin dall'infanzia un distacco. Non lo sapeva, in realtà Amelis non si era mai sentita legata particolarmente alla madre, tanto che una volta era scappata via. 
In realtà quando era molto piccola la giovane aveva degli sprazzi in cui ricordava una madre più..gentile, che aveva tentato di donarle affetto, solamente che lei non lo aveva mai accettato. Non ne aveva mai avuto bisogno, lei semplicemente voleva vivere la sua vita. Era sicura che, senza quella donna,  sarebbe stata meglio. Ma non aveva un luogo ove andare, non aveva un lavoro per potersi pagare l'affitto e dunque doveva stare sotto lo stesso tetto della donna. Ma tanto la ignorava sempre, erano rare le volte che si incontravano veramente e, ogni volta che accadeva, generalmente Amelis era in dolce compagnia o la donna aveva ricevuto qualche brutta notizia dalla scuola che la informava che lei si era cacciata nei guai. 
Succedeva sempre, ecco perché la scuola che frequentava ora, era la seconda che cambiava quell'anno. 
Lei però mai una volta si era sentita in colpa, non aveva fatto nulla di male, lei non aveva mai fatto il primo passo, erano gli altri che ammaliati da sé le si avvicinavano. Non era lei quella che si sarebbe dovuta trasferire, eppure ogni volta le davano la colpa. 
Tutte le parole che le dicevano però non la scalfivano minimamente, l'unica che sembrava soffrirne era la madre. 
La donna non riusciva a sopportare la vergogna che diceva tanto di provare in quei casi, era da quando aveva quattordici anni che aveva messo da parte l'affetto genitoriale e aveva iniziato a trattarla in quel modo. Era letteralmente esplosa dopo lo scandalo, quando tutti avevano scoperto chi fosse l'uomo con cui era stata per la prima volta, il loro rapporto si era andato ad incrinare, sua madre, non l'aveva neppure più guardata negli occhi. Eppure Amelis, come sempre, non aveva fatto una piega. La sua vita a suo dire non era cambiata molto dato che non aveva mai concesso alla genitrice un affetto che una figlia poteva donare alla madre; non per cattiveria, o per punizione, semplicemente perché lei non era il tipo di persona che sapeva essere affettuosa. Neppure con gli uomini che amava cambiava atteggiamento, erano loro attratti dalla sua distanza, cosa che lei non aveva mai compreso. Forse erano convinti che, un giorno, lei si sarebbe aperta con loro, ma non accadeva mai. Veniva lasciata prima, sempre da loro, e la sua vita tornava come prima. Eppure li aveva amati tutti.  Forse non lo aveva saputo dimostrare, eppure se ne era sempre innamorata. E quando l'avevano lasciata, non si era sentita dilaniata. In realtà quell'amore che sentiva in quei momenti in cui stava con loro, svaniva come per magia, come se non fosse mai esistito. E no, lei non si era mai fatta problemi per quel che le succedeva, per lei non era che la normalità. 
Quel giorno c'era un bel sole nel cielo. L'aria si era riscaldata, stava arrivando veramente il caldo. Le stagioni, oramai, erano tutte cambiate, ma a lei andava bene così. Almeno poteva vestirsi come desiderava. Infatti, quel giorno, si era limitata a mettersi una camicia decisamente più grande di lei, un "regalo" di uno dei suoi amanti, e vi aveva messo una semplicissima cintura appena sotto il seno per tenerla stretta sulla vita. Sotto aveva indossato degli shorts talmente corti che quasi non si vedevano. E, assieme alle calze a rete e alle scarpe alte che aveva indossato, trovava che il suo look fosse perfetto. Le piaceva vestirsi in modo sempre particolare, era difficile trovarla con un semplice paio di jeans e una maglietta, non si vedeva. Lei era strana, e lo era anche nel modo di vestire. 
Era da poco uscita da scuola, ma quel giorno non era diretta al parco. Il giorno precedente infatti Alisia l'aveva informata che non si sarebbero potute incontrate, le aveva detto che "aveva cose più importanti da fare che stare con lei" e lei aveva semplicemente annuito. 
In quella settimana avevano parlato tanto. Del più e del meno certamente, però avevano parlato. Amelis ancora non capiva quali fossero le intenzioni della studentessa nei propri confronti, sembrava avere le idee confuse dato che, nonostante continuasse a dirle che un giorno l'avrebbe messa in ginocchio, continuava a parlarle, cercava di conoscerla. Non le diceva neppure più le cattiverie dei loro primi incontri, non sfoggiava quasi più un atteggiamento da "regina delle oche", si limitava a cercare di scoprirla. Forse fingeva, ma ad Amelis non importava. 
Strano era di certo non doverla incontrare, in sette giorni aveva scoperto tanto, si era ritrovata più volte perplessa di fronte l'atteggiamento della più grande, e dunque non aveva neppure idea di cosa fare. Le ore passate in compagnia della studentessa non erano male, certo, non le cambiavano la vita, ma non le dispiacevano neppure. Alisia sembrava quasi far parte in modo paradossale al suo mondo, quando vedeva lei, la osservava davvero, non c'era quella barriera che generalmente si ritrovava davanti con tutti gli altri. Era come se fosse una creazione della sua mente, magari era proprio così, forse la ragazza in realtà neppure esisteva, tutto era possibile. 
Uscita dai cancelli, decise di incamminarsi verso la città, lo sguardo assente come sempre, il corpo appagato grazie all'uomo che aveva da poco lasciato a scuola. C'erano mille possibilità, mille strade da percorrere, lei doveva semplicemente lasciarsi portare dai suoi piedi e..camminare. Nulla di più. 
Lo sguardo puntato al cielo, le labbra leggermente schiuse, si accorse di dove fosse arrivata solamente quando si ritrovò davanti un alto muro ricoperto d'edera. Lei conosceva perfettamente quel luogo, era l'unico posto in cui si sentiva veramente in pace con sé stessa, era l'unico posto ove lei poteva stare da sola con il suo mondo, nessuna interferenza, nessuno che cercava di disturbarla. 
Senza neppure pensarci proseguì, svoltando l'angolo non appena l'alto muro lo fece. Quella casa era molto vecchia, era un peccato che fosse abbandonata. Sicuramente quello sarebbe stato il luogo perfetto ove abitare per lei, amava quella devastazione provocata dal tempo che rendeva quel luogo magico, quasi irreale. Era esattamente come il suo mondo, lì si sentiva a casa. 
Lentamente, arrivata all'incirca a metà del muro, scostò quell'edera che celava un piccolo passaggio che aveva scoperto quasi subito all'epoca. Era stato semplice dato che più volte, quando si era soffermata accanto a quell'abitazione, aveva carezzato i mattoni ricoperti da quelle foglie sottili, e, continuando il tragitto, alla fine si era resa conto che c'era la possibilità di entrare nella proprietà. 
Il giardino era abbandonato, l'erba era alta e incolta, difficile camminarvici in mezzo, ma lei era minuta e non aveva tanti problemi. Aveva studiato quel luogo molto, a lungo, eppure mai una volta era entrata nella casa, non le interessava. A lei piaceva il giardino, soprattutto quello dietro alla casa ove, al centro, c'era un alto ciliegio. I petali rosa erano magnifici, e ogni qual volta che il vento si alzava, i petali iniziavano a cadere, una cascata colorata che le donava pace. 
Eppure lei non andava lì solamente per il giardino abbandonato. No. C'era un'altra cosa che rendeva magico ai suoi occhi quel luogo. 
Le capitava di tanto in tanto udire un suono lento, melodioso, soave. 
Sembrava quasi colpirle l'anima, sembrava quasi che seguisse i suoi pensieri.
Generalmente, quando quelle rare volte riusciva ad udire quelle dolci note, si poneva ai piedi dell'albero, seduta, e chiudeva gli occhi, lasciando che quei suoni le colorassero i pensieri, le inondassero la mente. Era piacevole, forse la cosa più bella che avesse mai provato da quando aveva scoperto quel luogo. Era come..sentire: attraverso quella melodia straziante le sembrava di provare le sensazioni che il musicista suonava. Era strano, era una sensazione particolare, che non aveva mai provato in tutta la sua vita. 
Inizialmente erano rare le volte in cui era riuscita a udire quelle dolci note, ma poi aveva capito lo "schema", sapeva quando venire per ascoltare quella musica. 
Non sapeva chi fosse, ma non se ne era mai interessata. Perché rovinare il suo mondo? Per lei quella musica era come un'estensione del suo mondo, era un elemento esterno che stranamente si andava ad incastrare alla perfezione al suo paradiso personale. 
Un qualcosa che non le capitava mai, quella era un'eccezione che lei apprezzava, davvero molto.
E sapeva che quel giorno avrebbe udito ancora quella melodia. Aveva scoperto lo schema di quel delizioso musicista e dunque si, sapeva che quel giorno ci sarebbe stato.
Entrò lentamente nel suo giardino, oramai lo considerava proprio, del resto quel luogo era abbandonato no? 
Soltanto lei e il musicista vi stavano, era soltanto loro. Dunque non si faceva problemi ad entrarvi e a fare come se fosse a casa sua. Quasi la considerava la sua vera casa. Casa era il luogo ove ci si sentiva bene no? Beh, quello era l'unico posto in cui poteva effettivamente dire di essere in pace con sé stessa.
Passò tra l'erba alta, incolta, carezzandola con il palmo aperto, semplicemente, avvicinandosi al grande albero.
Carezzò la corteccia ruvida, dura, osservandola per qualche istante prima di darle le spalle e abbassarsi, sedendosi, le gambe al petto, le braccia che avvolgevano le proprie cosce coperte da quella sottile rete nera, che molti trovavano indecente. Erano in pochi ad apprezzare il proprio abbigliamento, ma a lei non importava, a lei piaceva il suo look e quello era l'unica cosa che importava. 
Rimase in attesa, silente, e quando finalmente la prima nota riempì l'aria calda, un brivido le corse lungo la schiena. 
Si lasciò guidare da quella bella musica, ritrovandosi sorpresa quando si rese conto che era una melodia differente dal solito.
Generalmente il suo musicista era solito suonare melodie strazianti, tristi, melanconiche o comunque molto pacate. Quella di quel giorno era dai toni graffianti, sembrava porre domande silenziose a cui non sapeva dare risposta. Si, era una melodia davvero strana, tanto che si ritrovò ad alzare lo sguardo, verso quella piccola finestra schiusa da cui proveniva quel suono. 
Non lo capiva, e..se ne sentiva attratta, come se lei avesse potuto rispondere a quelle mute domande suonate attraverso quel suono arcano e misterioso. 
Si alzò in piedi e senza neppure rendersene conto, si incamminò. Avanzò lentamente verso quella casa e, arrivata davanti alla grande porta in legno che mai aveva badato, posò le dita fredde su quella superficie e spinse, lasciando che la porta si aprisse. 
Osservò per la prima volta gli interni di quell'abitazione, senza però prestare troppa attenzione a ciò che aveva attorno. Quella melodia l'attirava come un ape veniva attratta dal polline dei fiori; l'unica cosa di cui si beò fu il dolce profumo di vecchio e stantio che risiedeva tra quelle vecchie mura. Un odore che non molti potevano apprezzare, ma che a lei ricordava un qualcosa di abbandonato, desolato. Un po' come lei. Abbandonata a sé stessa, alla naturale decadenza della propria vita da solitaria. 
Salì le scale, seguendo la musica, arrivando così al primo piano. Si guardò attorno, appena, notando la polvere depositata sui mobili, piccoli granelli che appannavano la vecchia lucentezza di quella che doveva essere stata una magnifica reggia. Un luogo in cui mai si sarebbe potuta permettere di dimorare. Non era mai stata ricca, sua madre a malapena riusciva a permettersi quell'appartamento e, di certo, non usava il suo denaro per comprarle tutto quello che comprava. Oh no, tutto quello che Amelis aveva, se l'era guadagnato da sola. Come? Era meglio che nessuno lo sapesse. 
Continuò a camminare, sino ad arrivare ad una nuova porta, appena socchiusa, che aprì senza remore, notando immediatamente la figura immobile che suonava al centro della stanza. Era voltata di spalle, ma avrebbe riconosciuto ovunque quei capelli scuri e quelle forme armoniose, sottili, deliziose. 
Alisia. Era dunque lei la musicista che era solita udire? Mai si sarebbe immaginata che fosse lei, eppure non aprì bocca, si limitò ad ascoltarla mentre studiava la sua figura muoversi, fluida, eppure allo stesso tempo rigida. 
Dunque c'era qualcosa in più di quello che la giovane dimostrava agli altri. Ad Amelis non interessava veramente in realtà, eppure...se era lei la sua musicista personale, significava che era lei quella che riusciva ad infonderle, in quei brevi frangenti, delle emozioni. E si rendeva conto, per la prima volta, che fosse lei a provare quella profonda tristezza che spesso traspariva dalle sue note. Non era una ragazza felice, una ragazza soddisfatta della propria vita, in lei..c'era un antica tristezza che chissà da quanto si portava dentro. 
Lasciò che finisse di suonare, in segno di rispetto, e quando l'ultima nota svanì nel freddo di quella stanza, Amelis fece un passo in avanti. 
- Continua - disse soltanto, facendo scattare Alisia che si voltò spaventata. 
Vide i suoi occhi sgranarsi, le belle labbra carnose schiudersi più volte mentre stringeva con terrore quello strumento, quel magnifico violino.
- Cosa ci fai tu qui? - chiese, e in quel momento ad Amelis sembrò che la ragazza fosse tremendamente..fragile. Una sensazione che mai aveva visto negli altri.
La osservò, il capo inclinato, i lunghi capelli che le ricadevano sulle spalle. 
- Stavo ascoltando. E non voglio che tu smetta. Sei piena di dubbi oggi - la informò come se fosse la cosa più normale del mondo. Continuò ad osservarla mentre boccheggiava, senza riuscire a dire nulla. Sembrava veramente sorpresa, stupita dalla propria presenza e probabilmente aveva ragione. Non doveva essersi aspettata un pubblico, ma ad Amelis non interessava, lei voleva soltanto continuare a sentirla suonare. 
- Oggi? Non è la prima volta che..mi ascolti? - chiese, come se fosse stata colta in fragrante durante una rapina. Cosa c'era di strano? Nulla a suo dire
- Certamente. Vengo ogni volta che tu suoni. Il suono del tuo violino riempie il mio mondo. Ma di solito è un suono lento, armonioso e con un senso di melanconia e...abbandono. Oggi no. Oggi eri più scattosa, più incerta nelle note. Voglio sentirlo ancora - voleva cercare di captare le sue domande, e si, voleva dare risposta a quelle questioni in sospese. Probabilmente una persona normale non avrebbe capito il suo ragionamento, eppure ad Amelis non interessava cosa pensassero gli altri. Era una persona che non si premurava di badare le persone, non lo aveva mai fatto. 
- I-il tuo mondo? Amelis tu..tu non avresti mai dovuto intrometterti - sentì la rabbia nella sua voce, una rabbia che però non la scalfì e non la fece neppure sentire in colpa. Non doveva essere arrabbiata, non ne aveva senso. La stava apprezzando, probabilmente per la prima volta.
- Perché? Hai tanto da esprimere e a me piace vivere i sentimenti che tu suoni- cercò di spiegarle il motivo per cui le piaceva tanto e no, non aveva intenzione di consolarla, dirle che fosse brava. Se non lo fosse stata, Amelis non l'avrebbe mai ascoltata. 
Osservò Alisia, notando quelle gemme brillanti spegnersi per un istante, appannarsi, lontane, e vide una piccola lacrima scivolarle lungo la guancia, lenta, solitaria. Una piccola perla salata che le solcava il viso. 
Amelis le si fece vicino, lentamente, e allungò la mano, raccogliendo quella goccia di rugiada, portandosela alle labbra, saggiandola. Ora era lei che sembrava perduta in un mondo differente da quello in cui erano, forse erano più simili di quanto la giovane avesse mai immaginato? 
- Sei triste? - chiese, dubbiosa. Perché ora piangeva? La giovane non capiva. Lei non capiva nessun sentimento, soprattutto la tristezza. Non l'aveva mai provata, non l'aveva mai sentita. Chissà cosa si provava a piangere? A volte le sarebbe piaciuto scoprirlo.
Le sue parole però sembrarono risvegliare la ragazza che tornò a guardarla, ancora triste, distante.
- Io..no, le tue parole mi hanno ricordato una persona che conoscevo - sussurrò, allungando una mano per carezzarle la guancia, lentamente, immobile. Amelis non parlò più, non fece a tempo a dire nulla che la giovane fanciulla di fronte a sé fece un passo indietro e chiuse gli occhi, portandosi lo strumento che teneva in mano sulla spalla.
Alzò il braccio, e portò l'arco sulle corde del violino, tornando a suonare, lentamente. Una nuova canzone, che mai aveva udito, profonda, bellissima
Amelis chiuse gli occhi a sua volta, e rimase semplicemente lì, in ascolto, perdendosi come sempre nel suo piccolo e strano mondo. Mondo che, per la prima volta, le sembrava di condividere con qualcun altro. 

 
* * * 


Sono imperdonabile, me ne rendo conto. E' passato davvero tanto tempo da quando ho aggiornato questa storia, ma non riuscivo a scrivere. Mi capita spesso ultimamente, ma ho i miei problemi in famiglia e dunque riesco a dedicarmi poco alla scrittura. Mi spiace molto, ma spero che vi piaccia questo nuovo capitolo. 
Non mi dilungherò molto su queste note, semplicemente..spero davvero che vi piaccia =)
Alla prossima

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Capitolo 7
*** Tu mi fai sentire strana, mi destabilizzi e non ne capisco il motivo; ***


Alisia suonava, come non faceva da tempo. 
Si sentiva diversa, per la prima volta suonava per un pubblico. Non che potesse considerare la giovane di fronte a sé un vero e proprio pubblico, ma era una cosa diversa dalla sua quotidianità. 
Come sempre era arrivata da sola nella sua vecchia casa, e come sempre aveva voluto suonare un po' per se. Si era persa nelle note, note che lei stessa si era riscoperta di suonare in modo differente. Non c'era tristezza come accadeva di solito, la sua mente era totalmente affollata da quel che era Amelis, continuava a pensare a lei, non era che un chiodo fisso. 
Il motivo? Oh, era proprio quello il problema. Neppure lei lo sapeva. 
Dormiva la notte e quando si svegliava, non riusciva a non pensare a lei, aspettava quasi con ansia che arrivasse il dopo scuola, per poterla incontrare. Non era mai stata veramente gentile con Amelis, ma lei gentile non lo era da tanto, forse troppo tempo. La mente era in subbuglio, quella giovane la destabilizzava e aveva bisogno di un momento di pausa, di staccare. Sentiva la necessità di riflettere un po', per conto suo.
E quel suo bisogno si era trasformato, tanto che era da giorni che desiderava suonare in quella casa, il suo porto sicuro. Quella era l'unica cosa che l'aiutava a stare bene, a sentirsi libera, priva delle catene sociali che sentiva gravarle ogni giorno sulle spalle.
Lei voleva essere popolare, voleva essere la migliore, l'unica al centro dei pensieri di tutti, ma non era semplice come potesse sembrare. Doveva comportarsi in un determinato modo, atteggiarsi a stronza con tutti, essere amica soltanto di chi aveva i soldi o che era popolare e snobbare la "feccia", ovvero i nerd o gli sfigati appena arrivati. Doveva trattare male chi un tempo era suo amico, prendere in giro e maltrattare, vestirsi sempre alla moda, far bramare ad ogni singolo ragazzo il proprio corpo e divenire un modello di riferimento di tutte le ragazze della scuola. No, non era semplice. 
Eppure la popolarità non era solo quello: era anche divertimento, sentirsi migliore di tutto e di tutti, fare tutto quel che voleva senza temere le conseguenze, certa che potesse incolpare qualcuno che fosse agli ultimi gradini della scala sociale. Era divertente uscire con la propria compagnia, il gruppo dei suoi amici riusciva a trascinarla ogni giorno in tutte le loro scorribande, e non se ne lamentava. Le feste, l'alcol, le sigarette, i ragazzi...si, quel lato della sua vita le piaceva. Eppure..c'era un ma. 
Amava la sua vita nonostante non fosse semplice restare in vetta alla scala sociale e..credeva che non potesse desiderare altro. Ma non era così. Soltanto quando arrivava in quella stanza impolverata piena di ricordi e prendeva in mano il suo amato violino si rendeva conto di quanto fosse dura la sua vita, di quanto le pesasse. Non poteva permettersi di vacillare neppure un istante, non poteva sbagliare mai. Un tempo non aveva tutti quei problemi, quando ancora andava in prima la sua vita era tranquilla, era semplice. Casa, amici e famiglia. Erano così tutte le sue giornate, calme. Noiose. 
Aveva deciso di cambiare, e si, ne era felice. Aveva fatto la cosa più giusta, le piaceva essere la regina della scuola. Ma era faticoso. Ma manteneva senza alcun problema la sua facciata da ragazza stronza e perfetta.
E..forse era per quello che era tanto incuriosita da Amelis. Non riusciva a capirla, ogni volta che stava con lei il suo muro crollava senza neppure che lei se ne rendesse conto. La spiazzava, come nessun'altra era mai riuscito a fare. Era un mistero come riuscisse a far vacillare la stronza che tutti temevano, e senza neppure impegnarsi.
Quel giorno, inoltre, la più piccola l'aveva sorpresa ulteriormente. Mai si sarebbe aspettata che la ragazzina, o meglio, che mai nessuno si sarebbe soffermato ad ascoltarla suonare, più di una volta. 
Dalle parole della ragazza, Alisia aveva capito che non era la prima volta che la udiva suonare il suo amato violino. E forse era per quello che, la volta prima, l'aveva incontrata proprio fuori da casa sua. Si, doveva essere così. 
Le faceva strano pensare che dunque non aveva suonato sola come aveva sempre immaginato, chissà da quanto quella ragazzina l'ascoltava senza dire una parola, celata nell'ombra.
Tanto vicine, eppure inconsapevoli l'una dell'altra. Era un pensiero buffo per la più grande. 
Eppure le sembrava quasi bello poter condividere il dolore che suonava in quei momenti, soprattutto per quel che lei le aveva detto. 
Erano anni che non sentiva quelle parole, e per un istante, quando Amelis le aveva sussurrato che le piaceva vivere quello che suonava, era tornata indietro nel tempo, catapultata a giorni più felici, ove era ancora una ragazzina dolce ed ingenua. Aveva rivisto quella giovane ragazza dal sorriso smagliante che, seduta con il suo vestito chiaro, in quella stessa stanza, l'ascoltava con gli occhi chiusi, il sorriso sulle labbra.
Lilian. 
Ricordava che, ogni volta, quando finiva di suonare, la ragazzina dai capelli biondi l'aveva sempre supplicata di suonare ancora perché le sembrava di vedere la musica, di poterla toccare con le dita. La pregava, con quei suoi occhioni da cerbiatta, e lei lo faceva, senza riuscire a resistere, finendo così con il suonare per tutto il giorno, sino a tarda notte, facendo arrabbiare i propri genitori e i vicini. 
E si, quel ricordo l'aveva scossa nel profondo e non era riuscita a trattenere quella lacrima che però la più piccola aveva subito raccolto.
Amelis. 
Quella ragazza non era una persona normale, lo sapeva. Sembrava incapace di provare qualsiasi cosa, le sembrava una bambina ingenua, che non riusciva a comprendere quel che fosse giusto o sbagliato.  Non c'era differenza tra il buono o il cattivo, per lei tutti erano uguali, a lei non importava di nessuno. Nulla la toccava, nulla la riusciva a scalfire. 
Eppure, poco prima, le aveva detto di riuscire a vivere attraverso la sua musica, aveva affermato che provava qualcosa quando la sentiva suonare. E quello..la faceva sentire importante, speciale per la ragazza. Lei era l'unica che poteva farle sentire qualcosa. E avrebbe potuto toglierle quel piacere in qualsiasi momento.
Quel pensiero però non le faceva piacere, non come all'inizio. 
I primi giorni aveva desiderato con tutto il cuore trovare un qualcosa per far soffrire la giovane davanti a se, mentre ora..ora qualcosa era cambiato.
Forse erano state tutte quelle chiacchiere in quei giorni, forse era stato il fatto che aveva conosciuto in che mondo viveva, che rapporto avesse con la madre o, forse, semplicemente il fatto che entrambe condividessero quel momento assieme..forse tutto quello le faceva vedere la giovane sotto un altro punto di vista. 
Era per quello che dopo un primo mento di irritazione, aveva deciso di suonare. 
E non riusciva a fermarsi. 
Teneva gli occhi chiusi, le labbra schiuse per la fatica. Le mancava l'allenamento: generalmente aveva sempre suonato una o due canzoni prima di riporre lo strumento e andarsene, mentre quel giorno stava suonando molto di più.
Continuava a suonare, pensando a Lily e Amelis, erano due persone diverse, totalmente, eppure avevano qualcosa in comune, c'era un qualcosa che le faceva sovrapporre la figura della mora con quella della piccola dai capelli chiari. 
Continuò a suonare, tremando, le mani che le facevano male, senza riuscire a fermarsi, copiose lacrime che le solcavano il viso. Si stava lasciando andare per la prima volta, per la prima volta non si stava tenendo tutto dentro ed era una cosa meravigliosa. 
Il suono si faceva sempre più forte, quasi stridulo, seguendo il percorso dei suoi umori mutevoli, sino a quando una piccola mano calda non si posò delicatamente sulla sua mano, facendola bloccare improvvisamente, aprendo gli occhi di colpo, guardando quegli occhi chiari, profondi, che la osservavano, studiandola, immobile. 
La giovane dai capelli scuri batté le palpebre più volte, cercando di tergere quel velo di lacrime che le faceva vedere Amelis sfuocata. 
Lentamente cercò di rilassare il braccio, abbassando così il violino, lasciandolo penzolare al suo fianco, senza riuscire a fare altro. Era paralizzata, era confusa e spaesata. Era totalmente travolta da quelle sensazioni che aveva provato, erano inaspettate, inattese.
La più piccola avvicinò il viso al suo e, cogliendola alla sprovvista, accolse tra le labbra le sue lacrime, asciugandole il viso così, baciandole delicatamente le guance, con estrema lentezza, lasciandola pietrificata.
Quelle labbra erano più calde e soffici di quanto si fosse mai aspettata. Il respiro della ragazza le solleticava la pelle, e il suo profumo le inebriava i sensi. 
Lasciò cadere a terra l'arco, e con l'unica mano libera che aveva, affondò le dita tra quei crini scuri, abbassando il capo sino a posare il viso nell'incavo del suo collo. 
Rimase lì qualche istante, senza pensare a nulla, e soltanto quando sentì Amelis sfiorarle i fianchi magri scattò, allontanandosi, sorpresa da quel che aveva fatto. 
Fece un passo indietro e la guardò trucemente, sentendosi quasi in pericolo. 
Non si sentiva a suo agio in quel momento, si sentiva allo scoperto, sarebbe bastata una parola e Amelis sarebbe stata in grado di distruggerla. Eppure la compagna non sembrava intenzionata a volerle dire niente, rimase semplicemente ad osservarla, curiosa quasi, le mani ancora tese verso di lei. Non se lo era aspettato il suo distacco improvviso, decisamente. Ma Alisia, altrettanto, non riusciva a capacitarsi del proprio comportamento e non riusciva a calmarsi, sentiva il cuore battere all'impazzata, il viso rosso, dall'imbarazzo, il respiro affannoso. Non era mai arrossita tanto facilmente, non si era mai avvicinata tanto ad una persona quando si sentiva in quello stato. 
- Non avrei mai dovuto suonare per te - sbottò, voltandosi, iniziando a camminare nervosamente per la stanza, lanciando di tanto in tanto un'occhiataccia alla ragazzina che continuava ad osservarla. 
- E poi come ti sei permessa ad avvicinarti tanto a me? Come..ti è saltato in mente di baciarmi in quel modo? Mica siamo amiche! Neppure mia madre mi può baciare così! - disse quasi isterica, la mano libera che sfiorava la sua guancia, le sembrava ancora di sentire il calore della più piccola sfiorarle il corpo. Come era possibile che quei semplici baci dati privi di malizia la lasciassero tanto scossa? In realtà non c'era stato nulla di sconveniente, o di strano, ma..l'avevano lasciata ancor più scoperta. Non riusciva a togliersi la sensazione di quelle dita piccole, di quel corpo sottile eppure curvilineo sfiorarla appena...
- Le lacrime vanno sempre baciate via. E' l'unico modo per farle sparire - Alisia si bloccò di colpo, voltandosi definitivamente verso la più piccola, sorpresa dalla sua risposta candida che le aveva fatto sgranare gli occhi. Quella..era davvero pazza. Pazza da legare. E lei le stava anche dietro! 
Doveva smetterla, doveva darsi una calmata. La più grande, in realtà, si rendeva perfettamente conto che stava esagerando. Tutto quell'atteggiamento era folle per lei, soprattutto perché, nella sua mente, comportarsi così significava solo ed unicamente una cosa: perdere. Dimostrava ad Amelis che lei era fragile, instabile, e non andava bene perché lei non lo era. Doveva darsi un contegno.
Con molta calma, decise di prendersi qualche minuto, senza osservare quella bellezza acqua e sapone. Con passo lento e silente si avvicinò all'armadio ove andò a riporre il suo amato violino nella sua custodia. Iniziò a sfiorare piano quello strumento delicato, assaporandone la consistenza, cercando di non pensare alla compagna dietro di sé. La studentessa sentiva lo sguardo di Amelis sulle proprie spalle, eppure rimase piegata verso la custodia del violino, studiandola quasi. Voleva riuscire a controllarsi, e doveva ammettere che si sentiva..spaventata quasi. 
Per la prima volta una persona la vedeva in quello stato e si, temeva di affrontare il suo sguardo. 
- Non capisco cosa abbia detto di sbagliato - disse semplicemente la giovane, muovendosi. Sentiva i suoi passi leggeri sfiorare il legno impolverato, e con la coda dell'occhio Alisia la osservò allontanarsi da se e sporgersi verso la finestra che aveva aperto quando era arrivata, oramai un'ora prima. 
Si era messa di tre quarti, la schiena posata sulla cornice della finestra, lo sguardo puntato perso nel vuoto, la mente chiaramente lontana. Ma quando mai non lo era? La più piccola on sembrava neppure essere presente quando stavano assieme, sembrava lontana da tutto e da tutti.
Nulla sembrava scalfirla e, in realtà, lei si ritrovava ad invidiarla. 
Lei come avrebbe reagito a tutte le critiche che la giovane riceveva? A tutte le accuse che tutti le lanciavano?
Ovviamente aveva indagato su di lei e aveva scoperto che quello non era il suo primo trasferimento in una nuova scuola, accadeva infatti molto spesso. Da quel che sapeva per un periodo non era neppure andata a scuola, per via della madre immaginava. C'erano molti gossip su di lei, tutti orribili e crudeli. Le persone la ritenevano una sfascia famiglie, una ragazzina viziata che desiderava soltanto avere quel che gli altri possedevano, soprattutto quando si parlava di uomini. 
La più grande in realtà sapeva che rubava i fidanzati a tutte, era successo molto spesso, ma..ora lei si chiedeva come fosse possibile. Lei non sembrava interessata a nulla, se la osservava in quel momento le veniva quasi da ridere pensare che andasse alla ricerca dell'attenzione maschile. Tutti però dicevano la stessa cosa: forse con gli uomini cambiava atteggiamento? 
Non ne aveva idea, ma le risultava difficile crederlo.
Doveva ammettere però che, effettivamente guardandola in quel momento,  c'era un qualcosa che, inevitabilmente, la attirava. 
Sentiva il desiderio di scoprirla, di capire cosa le passasse per la mente, voleva..essere al centro dei suoi pensieri. Era quasi un desiderio impellente.
Inizialmente quella voglia non era stata tanto forte, eppure più passavano il tempo assieme, e più desiderava che lei la considerasse. Forse era questo che provavano gli uomini in sua presenza? Forse. 
Le si fece vicina, senza aprir bocca, semplicemente guardandola negli occhi, studiandola mentre la più piccola si voltava verso di se e ricambiava il proprio sguardo serio. 
- Sei una ragazza strana. Da quanto tempo mi ascolti suonare? - quello, in realtà, era ciò che maggiormente le interessava sapere. Accadeva da molto tempo? E dove si era sempre nascosta? Come era entrata nella proprietà dato che i cancelli erano chiusi da grosse catene che soltanto lei poteva aprire? Aveva così tante domande da porle che sinceramente non sapeva neppure da dove iniziare.
Qualche mese. Ma soltanto nell'ultimo ho capito che vieni a suonare praticamente tutte le settimane, questo preciso giorno. Sto sotto quell'albero e ti ascolto. E' bello - disse, voltandosi ed osservando il grande ciliegio. Aveva sempre amato quell'albero, soprattutto quando quei piccoli fiori sbocciavano, colorandolo di rosa. 
Era sempre stato l'albero preferito della sua Lily. 
- Oggi però hai suonato in modo differente - constatò, nuovamente, facendola annuire mentre continuava a chiudere la distanza. 
La raggiunse e si posò dalla parte opposta della finestra, osservandola, senza alcun pudore. Ora era lei che non si vergognava a guardarla.
- Ero presa da altro - disse stranamente veritiera, eppure in quel momento, in quella stanza, assieme a lei, non riusciva a mentire. Non voleva farlo. Quello era il suo porto sicuro, stava bene, e non voleva riempirlo con le sue bugie che era solita raccontare a tutti.  
- Da cosa? - le chiese, staccandosi dal muro e allungando una mano per giocare con i propri capelli, una ciocca attorcigliata attorno al suo dito minuto, affusolato. 
- Da te - sussurrò fievolmente, avvicinandosi ancora, senza riuscire a fermarsi. Era..attratta come un magnete, era incapace di fermarsi, di mettere un freno alle proprie azioni. 
Le carezzò la guancia con la mano libera e scivolò verso il basso, osservando il percorso delle sue dita che solleticavano il collo niveo della compagna. Era come incantata, le sembrava di essere in una dimensione totalmente differente, e quando guardava i suoi occhi, quelle gemme dal colore quasi indefinito, non ci vedeva una nemica, un'estranea, ma una ragazza che aveva condiviso il proprio dolore. Amelis non sapeva nulla di Lily, non sapeva il motivo per cui lei suonasse da sola in quella grande casa, e dubitava pure che alla giovane importasse. Eppure aveva ascoltato la sua musica, l'aveva fatta sua, l'aveva vissuta ed era come se avesse provato il proprio dolore. Alisia suonava la sofferenza che provava, si lasciava andare e, se lei l'aveva veramente sentita, era la prima a vederla per quel che era. 
- Sta succedendo anche a te? - le chiese ad un tratto, con un tono che mai le aveva sentito. O forse era una sua impressione. La sua voce sembrava più bassa, più seducente ed allettante, e senza rendersene conto, le sue iridi scure si fissarono su quelle carnosità morbide e all'apparenza deliziose.
Le sue dita iniziarono a sfiorare senza neppure rendersene conto le sue labbra, in trance quasi, il respiro fioco, leggero.
- Cosa? - le chiese, eppure non era certa di volerlo sapere. Non le interessava niente in quel momento, voleva soltanto..qualcosa. Non sapeva bene cosa, ma lo desiderava. 
- Mi vuoi baciare Alisia? - quando la giovane sentì la ragazza pronunciare il suo nome sentì un lungo brivido correrle lungo la spina dorsale che la fece sospirare piano. Baciarla? 
Impercettibilmente la più grande si avvicinò, tanto che iniziò ad avvertire il respiro caldo di lei sulle proprie labbra, profumato, invitante. 
Baciarla. 
Che pensiero strano. Lei voleva baciarla? 
La giovane continuava a carezzare quei petali di rosa umidi, schiusi, ne tracciava i contorni, sentendo il cuore battere piano, placido. Non aveva paura, non le sembrava neppure che tutto quello fosse reale. Le sembrava più un sogno, una fantasia, un qualcosa di irreale. Non riusciva a pensare lucidamente, non si ricordava neppure come si chiamava. L'unica cosa che vedeva erano quelle labbra talmente invitanti che voleva soltanto assaggiarle, gustarsele. 
Le sfiorò con le proprie, e stava per premerle contro le sue quando un rumore sordo la svegliò da quell'incanto e, improvvisamente, le sembrò vederla per la prima volta da quando i loro sguardi si erano incrociati, un'ora prima. 
Si irrigidì e si scansò, velocemente, ora il cuore che le batteva all'impazzata, una strana sensazione al petto. 
Cosa diavolo stava facendo??
Guardò Amelis stranita, e si, anche incazzata, confusa dal proprio comportamento irrazionale. 
- Cosa cazzo mi hai fatto ragazzina? - le chiese, furiosa, senza ottenere risposta dato che la giovane si limitava ad osservarla, come sempre. Non faceva altro. Quella stronza! 
- Stammi lontano hai capito? So cosa cerchi di fare, ma con me non funziona. E non ti azzardare mai più ad entrare qui dentro, è violazione di proprietà. Vattene - disse alterata, tremante, e quando non la vide muoversi,  si irritò ancor più. 
- VATTENE! SUBITO - le urlò contro, riscontrando finalmente una reazione. 
Se la prese con calma, ma finalmente Amelis se ne andò da quella stanza, da casa sua. 
La ragazza era rimasta immobile, il braccio teso verso la porta, il corpo che tremava, le guance rosse, ma non per l'imbarazzo, ma dal moto di rabbia che ora le annebbiava la testa.
Era..travolta, sconvolta. 
Le sembrava ancora tutto talmente irreale, quella rabbia non faceva parte da lei, non l'aveva mai provata. Mai. Neppure quando aveva perso Lily si era sentita così. 
Cosa diavolo le stava facendo Amelis? 
Lei...temeva di scoprirlo. 
Chiuse gli occhi, per un istante, prima di scuotere il capo. Doveva andarsene. 
Velocemente raccolse tutte le sue cose e uscì, da casa sua, attenta a chiudere tutto, osservandosi attorno, timorosa quasi di incontrare quelle iridi chiare. Sperava vivamente che se ne fosse andata e sperava anche se non si facesse più vedere. 
Non poteva più vederla. Sentiva che se fosse accaduto di nuovo, avrebbe perso di nuovo cognizione di sé, e non era ciò che voleva. 
Doveva smetterla di vederla. Doveva starle alla larga.
 
* * *

Eccomi qui! Non vi ho fatto aspettare tanto vero?? 
No, ho cercato di essere veloce veloce U_U
Eeehh, cosa dire? Di certo ne sono successe no? 
Amelis a quanto pare ha sempre ascoltato la ragazza suonare e Alisia non sapeva neppure di avere un pubblico. 
Qui si è vista un Alisia diversa, sta cambiando, per lo meno quando è sola con lei. Immagino che vi domandiate ancora chi sia Lilian e vorrete sapere cosa le sia successo vero? Beh, lo scoprirete presto..beh, relativamente presto. Succederà, prima o poi.
Alisia comunque ha quasi baciato Amelis, sorpresi? Vero? Si? Io pure lo sono, l'ho deciso tipo...quando ho scritto l'altro capitolo XD 
Ne succederanno di belle nel prossimo capitolo, dunque..come sempre mi fa piacere se volete lasciare qualche commento, tanto per sapere cosa ne pensate della storia! 
A presto! 

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Capitolo 8
*** Aria di cambiamento; ***


Lo sguardo era perso, lontano, distante. Un qualcosa che per lei faceva parte della sua normalità. 
Per Amelis era normale essere distratta, essere distante da tutto e da tutti ma..da qualche settimana c'era qualcosa di diverso. Si sentiva..diversa.
La sua vita, dopo che Alisia l'aveva cacciata da casa sua, non era cambiata. A scuola tutti la trattavano male, la insultavano e la evitavano. A casa la madre continuava a fare la pazza, dava di matto ogni volta che si trovavano assieme nella loro dimora. Continuava ad uscire con quel professore, o forse era un supplente? Non lo sapeva, e sinceramente non le interessava cosa facesse o meno, si divertivano assieme, come avevano sempre fatto. O meglio, in realtà aveva iniziato a evitarlo, di tanto in tanto, non si vedevano più come prima, più volte alla settimana, ma non era nulla di serio. Certo, lui si arrabbiava, ma ad Amelis non interessava, come sempre. Non le importava quel che diceva, lei aveva altro da fare. 
Era dunque tutto come sempre, o quasi. C'era un dettagli nella sua vita che era cambiato: Alisia.
Non si erano più viste da quel giorno in quella dimora vecchia e cadente. Amelis era rimasta a lungo in quel parco, tutti i giorni, nella "loro" panchina, ad aspettarla, eppure lei non era più tornata. 
Anche a scuola l'aveva vista di rado. Non si erano più incontrate, neppure accidentalmente. 
La più piccola si era riscoperta a ricercarla con lo sguardo di tanto in tanto, e quando la notava tra la folla, la seguiva attentamente, studiandone le movenze, perdendosi nelle sue risate lontane. Chissà come mai si incantava ogni qual volta che la individuava. 
In quel momento era tranquillamente seduta nella propria aula. C'era la ricreazione in quel momento, tutti erano fuori, a divertirsi, a fumare e a chiacchierare. A lei però non andava, voleva soltanto starsene lì dentro, rilassata, lontano da tutto e da tutti. Voleva solitudine, come sempre. Nessuno la comprendeva, e non le interessava che la gente non la capisse. 
Non le interessava niente.
Eppure, nel momento in cui il proprio sguardo notò la figura della più grande, Amelis scattò appena, alzando lievemente le spalle, avvicinando il viso al vetro.
Osservò da lontano la ragazza che sembrava stare bene, felice. Rideva e scherzava con il suo solito gruppo di amici, sembrava normale, la solita leader presa da sé stessa e da nessun altro. Eppure non era così.
Le cose tra loro erano cambiate. Amelis stessa era cambiata.
Se doveva essere sincera, la giovane l'aveva in realtà sorpresa, di solito non erano mai le donne a provarci con lei, soltanto gli uomini. Vero era anche il fatto che era strano che una donna provasse ad avvicinarsi alla propria persona, generalmente la evitavano come la peste, prendendola al massimo in giro, da lontano, lasciandola poi stare quando capivano che tutto le scivolava addosso.
Ma Alisia in realtà non si era avvicinata per stringere amicizia, bensì per "distruggerla", come più volte la più grande le aveva detto. Eppure non c'era mai riuscita. 
E più avevano parlato, più la ragazza non era sembrata interessata a ferirla. Avevano iniziato semplicemente a parlare, conoscendosi leggermente, e lei..lei ne era rimasta sorpresa. Mai nessuno aveva tentato di capirla, di comprenderla più a fondo. Le aveva fatto provare nuove sensazioni, sia come persona, che come musicista. 
Poi..era semplicemente successo. 
Le erano sembrate strane quelle labbra carnose sulle proprie, diverse da quelle irruenti degli uomini. La sua pelle era liscia, il suo respiro profumato e il suo corpo sottile eppure formoso. 
Era tanto che ci pensava, e non riusciva a pensare ad altro. Il suo mondo era popolato da quelle gemme brillanti, da quei boccioli di rosa morbidi e che sapevano di fragola. 
Era strano. 
La osservava, e ad uno sguardo meno attento sarebbe potuta sembrare normale eppure..non lo era. Lei lo sapeva: Alisia era diversa anche con i suoi compagni, era leggermente più..sfuggevole.
Le rare volte che si erano incontrate nei corridoi e il suo gruppo le aveva intimato di prenderla in giro, la giovane si era sempre inventata qualche scusa e se ne era andata, senza neppure guardarla. E quelle rare volte che i loro sguardi si incrociavano, quello della più grande rifuggiva lontano, girandosi dall'altra parte e allontanandosi, il più velocemente possibile.
Anche in quel momento, quando per un istante Alisia aveva alzato lo sguardo verso la propria aula, verso la finestra ove era affacciata e l'aveva notata, subito aveva voltato il capo ed era rientrata, sparendo dalla propria vista. 
Era strano, non sapeva come comportarsi. Per la prima volta in vita sua si sentiva..strana. Nel vero senso del termine.
Rimase inchiodata alla finestra, e quando la campanella suonò, si limitò a voltarsi e a guardare il banco, senza ascoltare nessuno. Pensava solo ad una cosa. A lei. 
Le ore passarono, in fretta, senza che lei neppure ascoltasse la lezione, e quando finalmente la campanella decretò la fine della giornata scolastica, la giovane si alzò lentamente, lasciando che fossero gli altri ad affrettarsi ad uscire dall'aula. Lasciò che tutti uscissero prima di prendere la sua tracolla ed uscire, lo sguardo puntato al soffitto.
C'erano molti studenti nei corridoi, scalpitavano tutti per scappare fuori, per uscire dalla scuola e pensare al proprio pomeriggio. Amelis, invece, aveva altro da fare. E no, non aveva intenzione di uscire da scuola. 
Aveva come sempre il suo appuntamento con il professore. O quel che era. Non le importava, doveva semplicemente sfogarsi un po' con quell'uomo.
Avevano continuato a vedersi, ovviamente le cose non erano cambiate, anche se si erano incontrati sempre meno spesso. Perché? Beh, Amelis si era ritrovata occupata a seguire la più grande, non in modo ossessivo, ma di tanto in tanto si dimenticava dell'uomo e si metteva a seguire Alisia senza rendersene conto. La seguiva da lontano, osservandola e studiandola, per poi fermarsi e perderla di vista. Allora continuava con il suo cammino, forse leggermente frastornata perché, per la prima volta in tutta la sua vita, Amelis si sentiva diversa, si sentiva..quasi interessata alla più grande. No, non era un interesse morboso, forse era più giusto definirla una particolare curiosità nei riguardi della mora dagli occhi celesti. 
Era così che aveva scoperto molte cose riguardo la quotidianità della più grande.
Ma quel giorno no. Quel giorno l'aveva osservata abbastanza dalla finestra della propria aula, e sentiva la voglia di lasciarsi andare, di distrarsi un poco. 
Arrivò nell'aula tardi, come sempre, ma sapeva che l'avrebbe trovata vuota. Lui cercava sempre di ritardare, di arrivare sempre più tardi, non perché amasse farla attendere, ma perché non voleva essere visto con lei. Mai nessuno aveva avuto interesse nello stare con sé sotto lo sguardo di tutti, tutte le sue relazioni erano state nascoste, celate. Eppure Amelis non se ne era mai lamentata, e non perché fosse lei la prima a ricercare quel tipo di relazioni, ma semplicemente perché gli uomini non volevano che tutti sapessero. Stranamente erano quelli impegnati che erano sempre attratti da sé, ma lei questo non le pesava. Del resto le piaceva la relazione che si creava tra loro: era intima, era un qualcosa che non era mirato per farla stare male, ma che la scioglieva. Era una parvenza d'amore che, nonostante non influisse realmente sulla propria vita, la faceva sentire più viva. 
La giovane rimase ad osservare fuori dalla finestra, la mano posata sul freddo vetro, lo sguardo vacuo, i pensieri rivolti soltanto ad una cosa. Anzi, ad una persona.  
- Amelis - sussurrò una voce alle sue spalle, facendola girare, senza paura. Sapeva chi fosse, come sempre era lui. Era stato più silente quel giorno, forse per coglierla alla sprovvista, ma se sperava di ottenere una sua reazione, sbagliava in pieno a comportarsi in quel modo. 
- Mi mancavi. Oggi non ti ho visto in giro per scuola. Dove eri? Non mi stavi tradendo vero? - le sussurrò, divertito, continuando la sua avanzata sino a quando i loro corpi non si sfiorarono, delicatamente. La sovrastava di parecchi centimetri, era alto e robusto, possente. Le sue mani come sempre erano impazienti di toccare la propria pelle, sentiva quelle lunghe dita sui propri fianchi mentre carezzava la linea della propria figura, alzandole impercettibilmente quella maglia lunga che aveva indossato quel giorno, accompagnata soltanto da delle calze sottili, di una tonalità più scura del maglione. 
- Non mi andava di uscire dall'aula - disse soltanto, guardandolo negli occhi, immobile. Solo le sue mani si erano mosse quando lui si era fatto vicino, le sue dita si erano andate a posare sul suo petto ampio e vigoroso e lo avevano sfiorato, appena, non per dolcezza o gentilezza, semplicemente perché le piaceva toccare quel corpo perfetto, allenato. 
Eppure..qualcosa non le tornava, c'era qualcosa di diverso. Era già da un poco che non riusciva più ad apprezzarlo come agli inizi della loro relazione. Lei non aveva mai avuto più di un interesse nei riguardi di una persona, tutto sommato lei non tradiva mai i suoi amanti. Erano loro che tradivano le loro donne con la più giovane, Amelis invece era fedele, non le piaceva andare a rifugiarsi tra più braccia. Nella sua mente c'era posto soltanto per un uomo alla volta. A dimostrazione di ciò, infatti, da quando nei suoi pensieri c'era Alisia, il volto dell'uomo compariva sempre meno nella propria mente. Toccarlo non le arrecava più il piacere che provava un tempo, eppure non le andava di smettere, non ne vedeva il senso. Nonostante tutto, il suo corpo gli dava ancora piacere. Per non parlare che, inoltre, non ci sarebbe mai stato nulla tra le due ragazze. Lei non si era fatta mai problemi per il sesso della persona che aveva tra le sue braccia, non le era mai successo con una donna certo, ma non le sarebbe importato. Non era bigotta come si era dimostrata la madre poco tempo prima, quando aveva temuto che avesse iniziato a stare con una donna. Allo stesso tempo però sapeva che tra loro due non sarebbe mai potuto esserci niente, Alisia la ignorava, e sembrava interessata ad altro. Quello che era accaduto tra loro lo considerava..non sapeva neppure come definirlo. 
- Tanto meglio. Ho visto che il solito gruppetto non ti sta più addosso. La Belling si è stancata di te finalmente - l'uomo sembrava quasi volerla rassicurare, soltanto che quelle parole la fecero appena irrigidire e, impercettibilmente, si appiattì maggiormente alla finestre, allontanando il suo corpo da quello di lui. 
- Si è stancata di me? - chiese, la voce atona, apparentemente senza emozione, eppure dentro di sè Amelis provava qualcosa. Fastidio forse? 
Non lo sapeva. 
- Ovvio, non l'ho vista più girarti attorno. Ma è fatta così, appena trova altro, cambia obbiettivo. E tu non le hai mai dato soddisfazioni. Non le dai mai a nessuno, neppure a me - tornò all'attacco e, rapidamente, le sue labbra andarono a lambire le proprie, sentiva quelle estremità carnose arricciate in un sorriso malizioso mentre forzava le proprie labbra con la lingua, andando alla ricerca della gemella. La piccola senza neppure pensarci schiuse le labbra, e ricambiò il bacio, senza neppure pensarci, no, quel giorno la sua mente non riusciva proprio a restare presente, lì, con lui. I suoi pensieri vagavano e gli occhi blu della studentessa più grande continuavano a lampeggiarle davanti. 
Eppure Amelis non si fermò. Non sapeva cosa le stesse accadendo, dunque non fermò l'uomo che tranquillamente si stava slacciando i pantaloni, riempiendo la stanza con i suoni attutiti dei loro sospiri e delle loro mani che andavano ad aiutare l'altro a svestirsi. Non lo avevano mai fatto da nudi, del resto quella da molti veniva considerata sveltina. Non avevano il tempo materiale o l'ambiente circostante ideale per potersi spogliare e prendersi tutto il tempo che volevano. Erano rapporti passionali, veloci ma intensi, un qualcosa che alla giovane era sempre andato bene. Lei non conosceva altro, lei non lo aveva mai fatto su un letto, tranquillamente. Non era mai stata esplorata con attenzione, non sapeva cosa significasse fare veramente l'amore. Per lei quello era il sesso, quello era fare l'amore con la persona a cui si teneva maggiormente.
Sentì una deliziosa frizione, e gemette sulle sue labbra, bramosa. Per quanto fosse assente, il suo corpo ancora era sensibile. La carne, era debole. Come lo era sempre stato per tutti.
E poi un brivido, una ventata d'aria fresca sulle proprie gambe la distrasse, facendola sporgere appena. 
Due occhi celesti, che da tanto oramai non riusciva a togliersi dalla testa, la fissarono, la fronte corrugata, le labbra schiuse.
La porta era aperta e la giovane Alisia osservava la schiena del professore mentre si muoveva su di sé, forse ancora non si era accorta della presenza della più grande. 
Si schiarì la voce e soltanto allora l'uomo si rese conto che non fossero più soli, sentendolo agitarsi mentre si ricomponeva e si rivestiva, come se Alisia non lo avesse visto. Eppure Amelis non si sentiva in imbarazzo, l'unica cosa che osservava come sempre erano quelle gemme che, a loro volta, la scrutavano, imperturbabili. 
Cosa pensava la giovane? Per la prima volta forse la più piccola era curiosa di saperlo.
- Ma guarda guarda, il professore e la studentessa. Un cliché non trova prof? Peccato che, tecnicamente, sarebbe vietato - la voce ironica e il sorriso sornione della più grande stonavano con quegli occhi che non sembravano felici, divertiti come lei stava cercando di dimostrare ai due amanti. 
- Belling, cosa ci fa lontano dalle aule? Soprattutto dopo lezione? - chiese l'uomo, apparentemente tranquillo, come se non fosse accaduto nulla. In realtà Amelis sapeva che lui era agitato, aveva sempre temuto che qualcuno li scoprisse, eppure, nonostante tutto, aveva continuato a volerla vedere all'interno delle mura scolastiche. Era stato uno sciocco, Amelis lo aveva sempre pensato, ma mai glielo aveva detto. 
- Oh, proprio a me lo chiede? Certo, fingiamo che non l'abbia appena vista darci dentro con Amelis! - disse, indicandola, facendo un passo in avanti, a mo' di sfida. Come sempre la più grande dimostrava una forte determinazione, una sfacciataggine che Amelis non aveva mai notato in nessun altro. Eppure non era preoccupata di quel che lei avesse appena visto, uno scandalo in più o in meno non le avrebbe cambiato la vita. 
Sentì l'uomo alzare gli occhi al cielo e avvicinarsi conciliante alla giovane, quel sorriso sexy che tutte sembravano apprezzare stampato sul bel volto non ancora segnato dall'avanzare dell'età. Era ancora giovane, atletico, desiderato da molte. 
- Va bene, cosa vuole per mantenere il segreto? Sinceramente non credo siano affari suoi con chi mi diverta, ma data la situazione..particolare, mi dica. Cosa vuole per tenere la bocca chiusa? - chiese tranquillo, Amelis che osservava la scena, come una spettatrice. Nessuno la stava interpellando, ma vi era abituata. Strano che lui non l'avesse incolpata come facevano tutti, questo si, effettivamente l'aveva sorpresa, ma non tanto quanto Alisia che non se ne era ancora andata. 
- Oh non sono affari miei se si scopa una mia compagna di scuola? E' pure più piccola di me! Si ricorda il regolamento vero? - sentì una risata roca provenire dalle labbra del professore che, finalmente, raggiunse la studentessa più grande, sovrastandola di parecchi centimetri.
- Una tua compagna di scuola? Come se a te o a qualcun altro importasse di lei. Vedi di fare meno la nobile di cuore, non ti si addice - disse diretto, continuando a ridere, sommessamente. 
- E' pur sempre una studentessa! Non le importa se vi scoprono? Lei non è l'unico a perderci! - sembrava quasi indignata, e questo lo notò pure l'uomo più grande che continuò a ridere, quasi divertito dalla reazione di Alisia. 
- Come se ti importasse di quel che potrebbe accadere a me o a lei. Avanti, cosa vuoi per mantenere il segreto? Non ho voglia di avere rogne - iniziava a scocciarsi, lo sentiva dalla sua voce, eppure la più piccola non si mosse, rimase immobile, ad osservarli. Non voleva intervenire, era quasi più interessata a vedere come sarebbe andato a finire il tutto. 
- Le farò sapere. Perché non se ne torna a casa? - chiese tagliente la mora e lui alzò le spalle, voltandosi finalmente verso di lei. 
- Non ti permettere ragazzina. Amelis, va a casa anche te. Risolverò tutto io, ci sentiamo - le sorrise dolcemente, facendole l'occhiolino, prima di sparire dalla porta, lasciando le due ragazze sole, per la prima volta dopo tanto tempo. 
La più piccola era ancora per metà svestita, eppure non le importava, non sentiva freddo, l'unica cosa che le interessava sapere era perché Alisia fosse lì. Non si era mai spinta sino a quelle aule, lei lo sapeva bene. 
La vide avvicinarsi a sé, frettolosamente, il volto impassibile, e quando le fu davanti, le risistemò la maglietta rossa, senza guardarla in faccia. 
- Dunque è lui che ti scopi? Il prof? A beh, di che mi sorprendo? Se non è qualcosa che fa parlare di te, non sei contenta - sbottò, allontanando le mani una volta che tutto fu tornato al suo posto, lasciando Amelis leggermente interdetta.
Osservò quel viso sfuggente, senza capire bene perché lei si comportasse in quel modo tanto strambo ai suoi occhi. Lei non riusciva davvero a capirla e, per la prima volta, la cosa non la lasciava indifferente. In quel momento era premurosa o semplicemente arrabbiata? La odiava? Voleva tornare a maltrattarla oppure voleva altro? Lei non capiva. 
- Non è per quel motivo che ci faccio sesso - disse semplicemente, allungando una mano e voltandole il viso verso il proprio, cercando di incrociare il suo sguardo che, testardamente, continuava a rifuggire ovunque, tranne verso di sé. 
- Che cosa disgustosa. Proprio con quel verme? Guardalo come ti ha lasciata, e ti ha trattata come una bambolina usa e getta - era chiaramente irritata eppure Amelis non la capiva. Cosa c'era di sbagliato? Lei era sempre stata trattata così, non ci vedeva nulla di strano. Anzi! In realtà lui era stato più carino degli altri dato che, generalmente, tutti se ne lavavano le mani, allontanandosi e dandole totalmente la colpa. E lei non li aveva mai contraddetti, perché farlo? Tanto non l'avrebbero comunque ascoltata. Tutti credevano agli altri, nessuno voleva neppure provare ad ascoltare la propria versione dei fatti.
- Che c'è di male? Pure te fai sesso con quel ragazzo - disse candidamente, guardandola negli occhi. Finalmente Alisia sembrò tanto colpita dalle proprie parole che si voltò verso di lei, quelle grandi gemme sgranate, stupite per le proprie parole.
- Ragazzo? - chiese, basita, e la più piccola annuì, voltandosi appena, indicandole quel tronco che spesso aveva osservato da quella finestra.
- Sì. Lì. Lo fai spesso. Vi ho visti - in quelle settimane che l'aveva seguita senza neppure rendersene conto, l'aveva vista nascondersi da occhi indiscreti proprio lì fuori, con quel ragazzo alto che a lei non piaceva. Era accaduto più volte, avevano fatto sesso assieme e lei sì, li aveva osservati senza pudore, senza vergogna. 
- Mi hai vista? Ora sei pure una guardona? - chiese, arrossendo violentemente e facendo un passo indietro, mettendo una certa distanza tra i loro corpi. Distanza che alla piccola non piacque minimamente. La voleva vicino a sé, era un bisogno quasi fisico.
- Ti ho seguita mentre andavate lì. Ti ho seguito molto spesso - le fece notare, se lei non era attenta non era colpa sua no? Non aveva fatto nulla per farsi notare, ma Amelis non lo faceva mai. Si era limitata a camminarle dietro, molto semplicemente e no, non ci vedeva nulla di sbagliato in tutto ciò. Eppure quelle parole sembravano lasciare un segno tangibile nella più grande che sembrava quasi in difficoltà.
- Perché? - la sua voce era flebile, appena udibile. 
- Non lo so. Non sei più venuta al parco ed è..capitato - neppure lei sapeva spiegarsi per bene, non sapeva per quale motivo l'avesse seguita dato che mai lo aveva fatto prima con qualcuno, ma era più forte di se, sentiva semplicemente il bisogno di farlo. 
- Beh, secondo te perché non sono più venuta? Ci hai provato con me! - impercettibilmente, le spalle di Amelis si abbassarono, e così anche il capo che voltò, distogliendo ora lei lo sguardo dalla più grande. Iniziò a guardare lontano, tornando ad estraniarsi mentre sentiva qualcosa dentro..mutare. Non sapeva cosa fosse, eppure le dava fastidio, non le piaceva. Provava una stretta all'altezza del petto, era una sensazione sgradevole. 
- Non è vero. Lo sai, come lo hanno sempre saputo tutto. Io non ho fatto niente, solo che mi date la colpa perché è più semplice - accadeva ogni volta, tutti davano la colpa a sé stessa, ma lei di fatto non faceva niente. Lei non ci provava come facevano le ragazze solitamente, lei non era la prima a farsi vicina, lei si comportava come sempre. Erano gli altri alla fine a volerla, per chissà quale motivo. Alisia semplicemente non aveva la forza di ammetterlo, anche se la cosa fece sentire strana la studentessa che ora non aveva più voglia di stare in quella stanza. Sentiva la necessità di aria fresca, pura. Sentiva la voglia di uscire e perdersi nel suo mondo, rifugiarvisi come faceva sempre. Lì tutto era più bello. 
- I-io...non è vero! - la sentì balbettare ma Amelis scosse il capo e l'aggirò, senza neppure più guardarla. Alla fine lei era come tutti quegli uomini che ci avevano provato con lei, l'unica cosa che differiva dalle altre volte era il sesso e che..non se lo aspettava.
- Non mi interessa. Vado - disse, lontana, uscendo dall'aula, lasciando così la più grande, senza più voltarsi. 
Sapeva già che non l'avrebbe più seguita, che il suo volto non sarebbe più apparso nella sua mente. Stava tornando tutto come sempre, non le importava più se Alisia fosse più venuta al parco a meno, se l'avrebbe più rivista o ricercata. 
Lei era come tutti gli altri. Nulla di più. 
Non valeva la pena perdere del tempo con lei.
 
* * *


Ed eccomi qui, come promesso! 
Beh, mi sono impegnata! Dovrei riposare per lavoro e invece sono qui a scrivere le storie U_U spero apprezziate!
Cooomunque, parlando della storia! Amelis si sente diversa, e chiaramente le manca Alisia. Non ci è abituata e dunque non sa come comportarsi, però pensa sempre a lei.
Alisia nel frattempo l'ha evitata. E ora che l'ha scoperta con il professore, cosa avrà intenzione di fare? 
Amelis, apparentemente, non sembra più voler pensare a lei, non dopo il piccolo dialogo che c'è stato tra loro. Su, che ne pensate? 
Spero che comunque apprezziate il capitolo, penso sia importante proprio per mostrare i cambiamenti nell'animo di Amelis!
Come sempre le vostre recensioni sono ben accette! Dunque..sappiatemi dire, mi raccomando ;) mi fa sempre piacere leggere quel che pensate delle mie storie!
Dunque..a presto!! 

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Capitolo 9
*** Non riesco a toglierti dai miei pensieri.. ***


Non riesco a toglierti dai miei pensieri..


Perché si sentiva in quel modo? 
Era frustrata, come non lo era mai stata. 
Trovava insopportabile tutta quella situazione, tanto che anche i propri voti ne stavano risentendo a scuola. Nonostante la popolarità era sempre andata benissimo a scuola, non voleva di certo rovinarsi il futuro soltanto per essere la reginetta della scuola, sarebbe stato sciocco. Ed era sempre stata in grado di reggere i ritmi, senza alcun problema. 
Soltanto che in quei giorni la sua mente era altrove, persa a rimuginare su tutto quello che era successo con Amelis. 
Doveva ammettere che c’era rimasta davvero male quando la ragazza se ne era andata, dopo che l’aveva beccata con il professore.
Oh, se ripensava alla rabbia e al fastidio che aveva provato quando aveva visto la giovane avvinghiata all’insegnante… 
E lui! Era un maniaco, un porco! La trattava come un oggetto ed Amelis non diceva nulla? Quanto la faceva incazzare, quella ragazza era una stupida, ecco cos’era! 
Come aveva potuto decidere di andare proprio con il professore? Passava dai ragazzi fidanzati a quelli praticamente impossibili? Non sapeva in che guai si sarebbe cacciata se l’avessero scoperta? 
Da quel giorno, comunque, l’uomo era molto più gentile nei propri confronti, e ne conosceva il motivo. Eppure lo stava facendo agognare un poco, era quello che si meritava dopo aver trattato Amelis in quel modo.
Lei…non sapeva neppure cosa pensare di quella ragazza.
Se rifletteva su quel che era successo tra loro due…le venivano i brividi. L’aveva quasi baciata! E la cosa peggiore era che aveva voglia di farlo nuovamente. Anche quel giorno, quando l’aveva scoperta e l’aveva trovata mezza nuda…le era nato dentro di sé quel desiderio ardente, bruciante, incontrollabile che aveva provato la volta precedente. Non era abituata a sentirsi così, e forse era per quello che l’aveva trattata in quel modo.
Ma..non poteva essere propria la colpa! Lei..non era attratta dalle ragazze, tanto meno da Amelis! Eppure c’era stato quel momento, nella sua proprietà, in cui non aveva desiderato altro che farlo. E quel bruciante desiderio aveva continuato ad ardere dentro di sé, durante la notte, tormentandola durante il sonno. Aveva sognato quelle gemme intense, aveva bramato di sfiorare quella pelle e carezzarla, sentirne il suo profumo, saggiarla, gustarsela. 
Si sentiva pazza, e pure maniaca in realtà dato che non aveva mai provato tanto desiderio per una persona, per un ragazzo.
Ecco perché si era letteralmente gettata sul suo migliore amico che, ovviamente, aveva accolto ben volentieri le proprie attenzioni. Aveva fatto sesso con lui ovunque, soprattutto nel loro “posticino” a scuola, e tutto il tempo aveva pensato ad Amelis. Si sentiva in imbarazzo ogni volta che ci pensava, ma non era mai riuscita a trattenersi e le sembrava..sbagliato. 
L’argomento Amelis la faceva scattare, tanto che tutta la propria vita ne aveva risentito. Parlava meno con i suoi amici, con la famiglia, e i voti stavano calando perché non riusciva a togliersela dalla mente. Soprattutto da quando lei se ne era andata, in quel modo. Aveva visto nel suo sguardo qualcosa spezzarsi e lei era rimasta…travolta, come se fosse riuscita a sentire il cuore della più piccola spezzarsi. 
Eppure quel pensiero la faceva anche ridere, lei non aveva un cuore, lei non si innamorava, lei..ammaliava e poi seduceva! Amelis usava le persone per farle soffrire…vero?
Soltanto che non riusciva a togliersi dalla mente la delusione che aveva letto nello sguardo della mora quando le aveva rivolto quelle cattiverie, dettate dall’imbarazzo e dall’apprensione. Non riusciva ad accettare il fatto che potesse piacerle, in realtà non riusciva proprio a crederci. Era impossibile. 
Eppure continuava a ricercarla ogni volta che andava a scuola, con lo sguardo, provando a capire cosa pensasse, cosa facesse. Soltanto che la vedeva sempre più di rado. 
Aveva anche deciso di appostarsi fuori dall’aula ove aveva beccato i due fare sesso, ma non li aveva più visti, probabilmente avevano cambiato luogo. Si era ritrovata a cercarla persino nel parco ove si erano incontrate le prime volte, ma pure lì non sembrava esserci traccia. In un ultimo e disperato tentativo aveva provato ad andare anche nella sua vecchia casa, immaginando che magari vi andasse spesso. Era stata Amelis stessa a farle capire che vi andava con una certa ricorrenza, eppure neppure lì l’aveva più vista.
A scuola non la vedeva più, sembrava essere sparita, nel nulla. 
Si era sentita in colpa, per la prima volta in tutta la sua vita.
E poi, un giorno, dopo due settimane, era tornata. Improvvisamente l’aveva incontrata per i corridoi vuoti della scuola, dopo giorni e giorni di assenza. Incredula e presa da un attimo di felicità, l’aveva chiamata, ma la giovane era sparita in classe senza neppure ascoltarla o guardarla. Si era andata a rifugiare, semplicemente, nella sua aula.
Era arrabbiata? Davvero? 
Oh, non ci credeva, quella ragazza non provava alcun sentimento! Non era possibile che la stesse evitando, vero? 
Ma basta, era stanca.
Doveva mettere fine a quella cosa, lei..non aveva più il controllo di se stessa e non poteva permetterselo, per nulla al mondo. Era stanca sinceramente di sentirsi così…legata quasi a quella ragazzina. E perché poi? Era tutto iniziato come un gioco, aveva semplicemente voluto farle del male ma ora..ora tutto era diverso, ora voleva davvero capirla, cercare di capire il perché si comportasse così. Doveva esserci un motivo, non credeva che semplicemente fosse nata così, non era possibile. 
Voleva vederla, parlarle, voleva capire cosa fosse cambiato. Ammetteva che lei per prima l’aveva evitata dopo quel quasi bacio, eppure, nonostante le fosse stata alla larga, l’aveva sempre cercata tra la folla. Era stato difficile non avvicinarsi alla fanciulla, e sotto sotto l’idea che lei l’avesse seguita, per quanto strana potesse sembrare, non le era dispiaciuta poi così tanto. Se l’aveva seguita, un motivo di fondo doveva esserci?
Non tornò in classe. Non le andava. Aveva soltanto voglia di starsene per conto suo, o, al massimo, parlare con la ragazza. 
Attese con nonchalance in bagno il suono della campanella e quando finalmente le lezioni finirono, lei si affrettò a raggiungere la classe della più piccola. La notò subito con quel suo vestitino leggero e i tacchi altri, i capelli sul viso e lo sguardo distante. Tutto quello che indossava sembrava starle d’incanto, era mai possibile? Pure gli stracci le stavano bene! 
Quel giorno fuori faceva abbastanza caldo dunque anche lei aveva qualcosa di leggero: una semplice maglietta leggera e un paio di jeans aderenti, accompagnati a dei tronchetti alti e che le slanciavano la figura. I capelli li aveva legati di lato, in una semplice coda, ma il trucco non mancava mai, non usciva mai di casa senza. 
Ignorò tutti quelli che cercavano di attirare la propria attenzione, e, senza far capire le proprie intenzioni, iniziò a pedinare la più piccola. Beh, di certo non l’avrebbe bloccata in mezzo a tutta quella folla, non voleva mica far pensare agli altri che ci fosse anche una semplice amicizia tra di loro! Che figura ci avrebbe fatto? 
La seguì a lungo, oltre i cancelli della scuola, camminando a passo lento tra le strade della città. Era ora di pranzo e, in realtà, aveva un certo languorino, ma doveva parlarle, voleva…non sapeva neppure cosa voleva fare. 
Ad un tratto, notò Amelis voltare verso un piccolo vicolo e proseguire dritta, piano, lasciandola lievemente scombussolata. Dove diavolo stava andando? Non ne aveva la minima idea, ma continuò a pedinarla a debita distanza, sino a quando non raggiunsero un’alta inferriata, in ferro battuto, che delimitava un grande parco, probabilmente privato. Notò la più piccola appoggiare la mano su quel freddo metallo prima di voltarsi e guardarla negli occhi, vitrei quasi.
- Cosa vuoi Alisia? - chiese atona, puntando quelle gemme vuote sulla propria persona. Si era accorta che la stava seguendo? La più grande sorrise in realtà, compiaciuta di essere stata notata, dunque erano lì perché la più piccola aveva intuito che voleva parlarle in un luogo privato? Beh, quello non se lo aspettava davvero. 
- Parlare - disse, con nonchalance, avvicinandosi così da poterla guardare meglio negli occhi, ma restando a debita distanza dato che non voleva rischiare di..beh, di fare un nuovo passo falso. Quella ragazza l’attraeva come una falena con il fuoco, aveva soltanto voglia di avvicinarsi e sentirla vicina. Il motivo? Non lo sapeva. C’era qualcosa in quel suo sguardo che la catturava, che la rendeva quasi schiava. 
- Sei stata molto chiara l’altro giorno, e io ho fatto lo stesso. Lasciami stare - disse con ponderata tranquillità, restando impassibile, come al suo solito. Alisia si grattò la testa imbarazzata in realtà, e pure a disagio perché odiava sentirsi in colpa per qualcosa che aveva fatto. Lei non si sentiva in colpa, mai, eppure…sapeva che Amelis aveva perfettamente ragione. Aveva totalmente sbagliato con lei, e ne era davvero mortificata. 
- Senti…mi rendo conto che probabilmente ho..sbagliato solo che..mi fai un effetto strano e non so neppure perché ok? Mica è una cosa da tutti i giorni sentirsi attratti da una donna, sai com’è - disse, con ironia, cercando di scusarsi. Non era brava con quelle cose, ecco perché stava cercando un modo per chiederle perdono nell’unico modo che conosceva. Circa. Le uniche scuse che aveva mai sentito pronunciare erano quelle fatte da altri e le aveva sempre trovate molto inutili e pacchiane. Come poteva pretendere che Amelis accettasse le proprie? Beh, doveva quanto meno accettare lo sforzo, quello era il minimo. 
La più piccola continuò a guardarla, priva di vitalità, sembrava..quella di sempre e la cosa la intimidiva se doveva essere sincera. Aveva visto qualcosa le ultime volte che si erano parlate, ma ora…quel luccichio, quella diversità nel suo sguardo era sparito: era tornata come prima. E la cosa la spaventava. 
- No, non so com’è. Io non ho mai badato al sesso delle persone che ci provano con me - disse, apatica, cosa che le fece sbattere le palpebre più di una volta. Ah. 
- Hai già baciato altre ragazze? Sei stata..con una donna? - chiese, rossa in viso. Quell’argomento in realtà la metteva parecchio in imbarazzo. Non aveva alcun problema con le persone dello stesso sesso che stavano assieme ma non aveva mai riflettuto sul fatto che potesse mai avere voglia di baciare una ragazza, era..strano. Amelis lo aveva invece già fatto? Quasi le diede fastidio. Era immotivato, ovviamente, il suo stato d’animo, ma ciò non toglieva che non le piaceva l’idea di Amelis che baciava un’altra ragazza. 
La più piccola però scosse il capo, alzando appena le spalle e distogliendo lo sguardo, osservando un punto lontano, sperduta chissà dove. Eppure, più faceva così, e più lei..la voleva. Voleva rivedere quella luce, voleva vedere quel briciolo di umanità che, sotto sotto, sapeva che lei possedeva. L’aveva già visto, dunque doveva essere da qualche parte, sotto quel guscio fatto d’indifferenza. 
- Mai nessuna ragazza mi si è avvicinata. Tu sei la prima…. - sussurrò Amelis, in un sussurro lieve, pensierosa. - E? - chiese immediatamente Alisia, dato che le sembrava che avesse altro da aggiungere. Forse anche la più piccola si sentiva in imbarazzo o…altro? Tornò a guardarla, il capo chino mentre sembrava studiarla. - E’ strano - sibilò la moretta, continuando ad osservarla con il capo inclinato. Oh, per lei era strano? Poteva immaginare per lei! 
Tentennò leggermente e fece un passo verso la ragazza dagli occhi color nocciola, fermandosi nuovamente, senza sapere cos’altro dire. Ok, quella situazione era strana e vi si era cacciata lei, doveva..fare qualcosa. Non sapeva cosa, ma doveva risolverla. 
- Sei arrabbiata Amelis? - le chiese, e la più piccola sgranò gli occhi, sorpresa dalla propria domanda. Non se l’era aspettata? Beh, sbagliava, del resto non poteva dimenticare la sua reazione l’ultima volta che si erano viste no? 
- Io non provo rabbia, perché? - chiese, aggrottando la fronte, appena, e lei rise divertita, scuotendo il capo. Oh, tutto sommato con quell’espressione era adorabile, davvero. 
Chiuse le distanze tra di loro, senza più resistere. Era più forte di lei, voleva toccarla, voleva sentirne il profumo. E dubitava fortemente che la più piccola l’avrebbe allontanata. Le sfiorò delicatamente la guancia, con la punta delle dita, saggiando così la trama morbida e delicata della sua pelle rosata, lo sguardo che non abbandonava quel viso in quel momento tanto tenero.
- Beh, l’altra volta non sembravi felice che ti avessi accusata di averci provato con me. Mi hai seguita per giorni, ma dopo che abbiamo avuto quella piccola discussione non sei più tornata a scuola e, quando ho tentato di chiamarti, stamani, mi hai ignorata - vide Amelis sbattere i grandi occhioni dorati che continuavano ad essere sgranati dalla sorpresa, e delicatamente posò la sua mano sulla propria, sfiorandole così le dita che si erano posate su quella guancia morbida e calda. 
- Perché io non ci avevo provato con te. Mi hai accusata come fanno tutti, alla fine, quando vengono scoperti. Non me lo aspettavo da te, non dopo quel giorno a casa tua - le spiegò, la fronte aggrottata, distogliendo anche lo sguardo dal proprio, tornando a guardare un punto lontano. Eppure..vedeva tristezza in quelle gemme? Era possibile? 
Si morse delicatamente le labbra, nervosamente, cosa doveva fare? Quella vicinanza le dava alla testa, doveva ammetterlo, come doveva ammettere a se stessa che non la considerava più come una “nemica” da distruggere ma…qualcos’altro. Non sapeva come definirla, ma di certo le cose erano andate diversamente da come aveva immaginato all’inizio. 
Inoltre…stranamente le spiaceva per lei, davvero. Tutto sommato non doveva essere facile per Amelis. Se agli uomini faceva lo stesso effetto che faceva a se stessa…forse poteva capirli. Era davvero irresistibile, incredibile no? All’inizio quasi aveva provato odio per quella ragazzina, ma ora..la voleva. Voleva che pensasse a lei, voleva essere al centro dei suoi pensieri. Voleva che la smettesse di vedere quel cretino e passasse le sue giornate con se, a parlare di qualsiasi cosa lei avesse voluto. 
E sì, si sentiva in imbarazzo, del resto..aveva ragione. Si era comportata da cretina.
- Beh…ecco..non è che tu non abbia fatto proprio nulla - borbottò, alzando appena le spalle, facendo cadere ancor più in confusione la più piccola che la guardò, sempre più in difficoltà. Sembrava che non riuscisse proprio a capirla, e tutto sommato non le dispiaceva. - Non capisco... - le piaceva il modo in cui la stava guardando; quella curiosità era sinonimo di interesse e le piaceva vedere quella piccola luce negli occhi della giovane.
- Guardati, sei bellissima. Soprattutto con quest’espressione confusa - cercava di essere sincera, e in quel momento le veniva quasi naturale. Forse era talmente presa da lei che non voleva cercare di fare la dura. Non riusciva a tenere le proprie difese alzate, era più forte di sé. 
- Bella? - Vide la più piccola portarsi una mano sulla guancia e sfiorarsela delicatamente, prima di allungarla verso il proprio volto e carezzarle delicatamente le labbra, lo sguardo confuso che si perdeva nel proprio. -Tu sei bella - disse con una tale ingenuità che ora, finalmente, capiva che aveva sbagliato sin dall’inizio. Come poteva una creatura come quella essere cattiva? Come poteva aver pensato che Amelis non desiderasse che arrecare danno agli altri?
Finalmente Alisia capiva che Amelis non aveva mai avuto colpa, era semplicemente stata usata. Non sapeva rapportarsi agli altri, e probabilmente aveva semplicemente cercato le attenzioni che la madre non le aveva mai dato. Il rapporto con la donna non era dei migliori, e nonostante probabilmente la studentessa non se ne rendesse conto, quella situazione l’aveva spinta ad aggrapparsi con tutte le forze a quei luridi traditori che si approfittavano di lei e della suo bisogno di attenzioni.
Non aveva mai voluto far del male alle persone, come poteva desiderarlo quando, in quel momento, la stava guardando con quell’ingenuità che le ricordava i bambini? C’era un tale candore in quello sguardo che la più grande, in un istante, sentì le proprie difese sgretolarsi.
- Amelis… - sussurrò piano, senza riuscire a separare i loro sguardi. Si osservavano, i loro copri sempre più vicini. La più piccola continuava a carezzarle le labbra, la guardava con quelle gemme sgranate, confuse, eppure catturate quasi dal proprio sguardo, altrettanto perduto. 
- Cosa c’è? - le chiese mentre la più grande portava dietro al suo orecchio una ciocca ribelle, sfiorandole così quelle fronde così morbide e profumate di rosa.
- Sai, non sono così brava a resistere a certe tentazioni - quant’era vera quella frase! Lei non era brava a trattenersi, del resto era sempre stata una persona che si prendeva quel che voleva. E in quel momento, sapeva che non si sarebbe snaturata, avrebbe fatto quel che le risultava più semplice: prenderla e farla sua. 
Al diavolo che fosse sbagliato, che fosse un qualcosa che, probabilmente, poi le avrebbe dato da pensare. Non le importava. In quel momento le sembrava la cosa più giusta da fare.
Pentirsene? Si, sapeva che se ne sarebbe pentita ma in quel momento, con i suoi occhi fusi nei propri, non voleva pensare a niente. 
- Quali tentazioni? - chiese in un soffio la giovane, il respiro spezzato. Oramai i loro visi erano talmente vicini che poteva avvertire il suo respiro caldo carezzarle languidamente le proprie labbra, in una muta richiesta quasi. Le mani di Alisia si posarono sui fianchi minuti della più piccola e li strinse, delicatamente, guardandola con bramosia crescente.
- Le tue labbra. Il tuo corpo. La tua essenza - le soffiò in viso prima di baciarla con trasporto, staccando completamente il cervello.
La schiacciò delicatamente contro la recinzione in ferro battuto e sospirò sulle sue labbra. Il suo sapore era delizioso esattamente come se lo era aspettata e, dato che non era il tipo di persona da teneri baci puri e casti, non si trattenne. Del resto immaginava che neppure Amelis lo fosse, non si sarebbe tirata indietro.
Ecco perché le morse il labbro, tirandoglielo appena, così da trovare uno spiraglio per andare a far incontrare le loro lingue, in una danza antica come il tempo. 
Un bacio lungo, appassionato, fatto da desiderio, da bramosia, dettato dall’istinto. Quelle labbra erano come aria pura, e lei ne voleva sempre di più. Voleva perdersi con Amelis, voleva che la portasse via, lontana, e non voleva più fare ritorno alla propria vita perché mai, nella sua vita, si era sentita così. 
Libera.
 
***

Finalmente sono riuscita a scrivere anche questo capitolo! 
Era ora! In realtà era già scritto - chiedo venia - mancava la fine e la correzione. Mi spiace ma ho avuto un periodo particolare e…non sono riuscita a scrivere ma ora sto cercando di tornare attiva U_U
Che dire? Diciamo che qui c’è stata una svolta, finalmente, forse, Alisia ha capito davvero Amelis, forse ha iniziato a comprendere il motivo per cui la ragazza è sempre così lontana, ma soprattutto perchè sembra che ami “rubare” i ragazzi agli altri. In realtà non è così, in realtà sotto c’è qualcosa di più profondo, e forse finalmente la più grande se ne è accorta.
Beh, che ne pensate del capitolo? Spero vi sia piaciuto. Se è così, mi fa sempre piacere leggere i vostri commenti indi..non vi fate problemi. 
Dunque…alla prossima!

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