Things you don't expect

di Ellie M_ellark
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Pilot ***
Capitolo 2: *** 2. Apparenze ***
Capitolo 3: *** 3. Libri della Mamma ***
Capitolo 4: *** 4. Scoperte ***
Capitolo 5: *** 5. Segreti e Litigi ***
Capitolo 6: *** 6. Invitato Speciale ***
Capitolo 7: *** 7. Jacob ***



Capitolo 1
*** 1. Pilot ***


1. pilot

 

 

 

 

Chapter 1

Pilot.

Se il primo capitolo non lo chiami PILOT, che primo capitolo è?

 

 

 

 

 

 

 

 

«Questo ragazzino credeva di trovarsi di fronte un babbeo e invece, beh, ero io.»
Tutti ridono immaginando la scena. Emmett Cullen è uno dei ragazzi più presuntuosi della scuola, del mondo addirittura, eppure è anche il più simpatico e il più amato.
Dall’altra parte del tavolo c’è Edward Cullen, impaziente mentre aspetta la sua Bella, Alice Cullen che delucida le cheerleader con consigli di moda, il suo ragazzo Jasper Hale esasperato, ma sempre sorridente e al suo fianco, seduta sulla panca del tavolo della mensa, c’è la bellissima e biondissima Rosalie Hale, la ragazza di Emmett che si bea alla vista di cotanta bellezza. O almeno questo sta pensando del suo “scimmione”.
Chi sono io? Semplicemente la sua migliore amica e ironia della sorte vuole che mi chiami Cassandra, Cassie, Bloodgood – capirete più avanti il perché del mio commento – e che bazzichi spesso dalle parti di casa sua. 
I cinque sopracitati sono tutti i figli adottivi del dottor Carlisle Cullen e della signora Esme Cullen. Ovviamente si è parlato per mesi dello scandalo che rappresentavano le due coppie, ma le male lingue si sono zittite quando è stato presentato a tutti il fenomeno Cullen.
In poco tempo sono riusciti a farsi amare da tutti, sebbene restando sempre riservati e in disparte.
E’ normale restare in disparte quando sei un vampiro… Ah, si, dimenticavo.
Sono tutti vampiri, mammina e papino compresi. Per me ormai è la routine, non ci penso più, ma è decisamente un dettaglio che fa la differenza. Sebbene adesso siamo tutti così amici il nostro incontro non fu esattamente dei migliori.
La scuola era cominciata da qualche giorno ed io me ne stavo davanti il mio armadietto a far nulla.
Ah, ecco, ho dimenticato un’altra cosa. Sono un tipo con la testa fra le nuvole e mi capita spesso di dimenticare dei particolari di vitale importanza; ho un dono – ognuno lo chiama come vuole, cambiano i punti di vista – che non sempre con facilità controllo e che a volte mi stressa terribilmente: leggo nel pensiero.
Non stupitevi troppo, i miei amici fanno cose che farebbero sembrare le mie capacità inezie, se non fosse che io riesco a giocare con la mente degli altri.
Potrei sembrare antipatica e presuntuosa, ma in realtà mi vanto soltanto con Edward, anche lui capace di leggere nel pensiero. Il mio dono è più come avere un telecomando puntato sulla mente degli altri, posso decidere io che canale vedere e quindi cosa fargli pensare. A volte lo faccio con Edward, lui si infastidisce e minaccia di mordermi, ma non mi spaventa nemmeno un po’.
Aggiunto questo particolare, torniamo a me ferma come una fessa davanti al mio armadietto. Circolavano degli strani pensieri nell’aria quel giorno ed io, curiosa come nessuno mai, stavo sondando le menti di tutti per cercare di capire di chi fossero.
E finalmente le mie ricerche diedero i loro frutti: i pensieri venivano da qualche armadietto di distanza dal mio, Edward e Rosalie stavano parlando, o più che altro litigavano. Lei non faceva che dire e pensare che Edward dovesse smetterla di comportarsi come un idiota e dovesse frenare la sua sete, Edward pensava di staccarle la testa e nasconderla nel bosco.
Quando si accorsero delle occhiate scioccate che gli lanciavo, cominciarono altri pensieri strani e macabri, tanto che non potei fare a meno di rispondere ad alta voce.
Da lì scoprirono il mio segreto ed io scoprii il loro e con il tempo mi accorsi che Rosalie aveva un carattere molto simile al mio e che insieme ci trovavamo molto bene.
Così eccomi qui, in fila accanto a Bella Swan, amica di vecchia data, fidanzata con il vampiro dalle manie omicide, che aspetto il mio pranzo.
«Và da Edward, prima che sbricioli il tavolo. Da quanto non vi vedete? Ieri?» chiedo sondando la mente di Edward.
«Tre giorni. Sai, le belle giornate…»
Bella è un tipo timido, ma decisamente testardo quando ci si mette. Non siamo mai state sinceramente amiche, ma il condividere un segreto enorme ci ha unite e strano a dirsi non la trovo più snervante come prima. La sua storia con Edward è cominciata nello stesso periodo in cui ho scoperto tutto, ora che ci penso.
Un’altra cosa che condividiamo io e Bella è la goffaggine. Che ci posso fare se mamma mi ha fatto due piedi quadrati? E sembra quasi che lo sapesse quando mi ha messo al mondo, che sarei diventata un cataclisma, tanto che mi ha chiamato Cassandra, come la povera profetessa troiana che non veniva creduta da nessuno e presagiva solo disgrazie.
Immaginate invece le risate che si sono fatti a casa Cullen sentendo il mio cognome. Ridono ancora e per Edward sono diventata Bloody, anche se in fondo non c’entra niente.
Dopo pranzo torno in classe per la lezione di filosofia. Sarò sincera: non sono una brava studentessa, ma quando leggi nel pensiero e in più hai una memoria fotografica ottima hai tutte le risposte. Non mi è mai realmente importato molto della scuola, ho cose più importanti a cui pensare. Ecco finalmente che la campanella mi salva ed esco dall’edificio tetro della scuola.
«Tuo padre sta per tornare, Cassie.» mi avverte Alice. Lei prevede il futuro, è utile avere una veggente come amica.
«Quindi mi sa che non potrai venire più tardi, vero?» chiede Rosalie.
«No, dovrò stare tutto il tempo con lui, sapete com’è.»
Mio padre è un pilota d’aerei e la sua compagnia si occupa di voli internazionali, quindi non passiamo molto tempo insieme. Quando torna per qualche giorno a casa cerco di stare con lui il più possibile. Il resto del tempo lo passo con mia zia Tessa, sua sorella. Lei sa tutto del mio segreto e perfino di quello dei miei amici. È incredibile come riesca a scoprire tutto.
«Zia Tessa, sono a casa!» urlo su per le scale. Tessa sarà già andata nel panico per l’arrivo di mio padre e starà correndo di qua e di là come una matta.
«Cassie, Cassie!» urla scendendo di corsa. «Steve sta tornando!» E’ difficile chiamare Tessa zia dato il suo aspetto. Mia madre è morta quando avevo dodici anni e visto che mio padre non c’era mai a casa è toccato a lei occuparsi di me. Non che le dispiaccia, lo ha fatto con piacere, ma quando è successo aveva soltanto vent’anni e spesso penso che abbia dovuto fare dei grandi sacrifici per stare con me. «Lo so, me lo ha detto Alice.»
«Avrebbe potuto dirlo anche a me! Tuo padre mi ha chiamato un’ora fa da Seattle, appena sceso dall’aereo.»
«Per quanto resta?» chiedo levandomi la giacca.
«Solo un giorno. Partirà domani dopo pranzo.» risponde lei lanciandomi un pacchetto di biscotti.
«Non capisco dove riesci a trovare il tempo di fare i biscotti.»
«Credi di essere l’unica ad avere dei poteri? Ah, a proposito…»
«Si, lo so.» le rispondo anticipandola. Steve è a conoscenza del mio segreto anche se la cosa non lo entusiasma troppo, ma non sa nulla dei Cullen e quando viene qui cerco di tenerli lontani quanto più possibile. Io e mio padre in realtà non parliamo molto del mio dono, non è una cosa che gli piace particolarmente. Se siamo nella stessa stanza cerca di non pensare a cose che potrebbero ferirmi o infastidirmi ed io cerco di non ascoltarlo. Credo che pensi che io sia strana.
Affaccio alla finestra e lo vedo finalmente arrivare.
«Bentornato.» gli dico aprendo la porta. Lui posa l’unica valigia per terra e mi abbraccia. Mio padre è un grande chiacchierone, ma non è affettuoso o espansivo. Per me va bene così: non sono mai stata capace di dirgli delle frasi tipo “mi sei mancato” o “ti voglio bene”.
Tessa gli prepara del pollo arrosto e sediamo tutti attorno al tavolo, mentre lui ci racconta del suo ultimo viaggio. Quand’ero più piccola mi ripeteva spesso che appena fossi stata abbastanza grande mi avrebbe portato con lui. Chissà se lo ricorda ancora?
«Ah, Steve, non ricordo se ti ho detto di Sarah Black.» dice Tessa in un momento di silenzio.
«Si, lo hai fatto.» risponde mio padre afflitto. Da quel che ricordo Steve ha due grandi amici: il capo della polizia e padre di Bella, Charlie Swan, e Billy Black un vecchio nativo americano che vive nella riserva di La Push. La moglie di Billy è morta, ma è successo un sacco di mesi fa quando mio padre era ancora in viaggio. «Credo che più tardi andrò a trovare il vecchio Billy. Venite con me?» continua Sam.
«Certo.» risponde fulminea Tessa. La guardo per capire se c’è qualcosa che non va. Sebbene non abbia dei poteri o non riesca a leggere nel pensiero, Tessa ha un sesto senso che farebbe invidia perfino a quello di un vampiro. Non so com’è possibile, magari è da lei che ho ereditato i miei poteri, ma percepisce delle sensazioni, positive o negative lo decide lei, che riescono ad indirizzarla sulla giusta o la cattiva strada. Non si tratta solo di indovinare se pioverà o meno, cosa non difficile a Forks, dato che piove un giorno sì e l’altro pure.
Tuo padre ha qualcosa che non va. Tu non ci hai fatto caso, ma non ha smesso di guardarti un secondo da quando è arrivato.
Questo è quello che pensa Tessa e come a conferma di ciò, vedo con la coda dell’occhio che mio padre mi fissa, quasi mi scruta. C’è sul serio qualcosa che non va.
Per tutto il tragitto in macchina nessuno parla, solo mia zia sembra essere viva e cambia di continuo stazione radio. Io sono occupata a sondare la mente di mio padre e lui invece è impegnato a tenere la sua mente impegnata cantando una vecchia canzone anni 60’. Insomma, siamo tutti e tre molto, molto occupati.
Arriviamo alla riserva, che tra parentesi puzza di salsedine ed è gelata, e il mio cellulare squilla. E’ Bella, non posso non rispondere, potrebbe trattarsi di qualcosa molto importante, così dico ai miei – si, li chiamo miei anche se Tessa non è mia madre – di andare avanti senza di me.
Alla fine la chiamata di Bella mi tiene impegnata cinque minuti scarsi, non era nulla di importante, così mi avvio verso la piccola casa rossa.
Busso leggermente, ma pare che nessuno mi senta. Allora busso più forte e sento qualcuno urlare. Ad aprirmi è un ragazzone che occupa l’intera porta, – ad una prima occhiata giuro che mi pare pure più grande di Emmett – ha la faccia assonnata e anche parecchio arrabbiata, forse l’ho svegliato. Il tizio, che ancora non mi ha rivolto parola, mi squadra dalla testa ai piedi e mi guarda come se fossi la cosa più insignificante sulla faccia della Terra.
Beh, grazie tante.
A parte la faccia imbronciata ha un bel visetto, i capelli tagliati molto corti e dei muscoli che farebbe invidia ad un campione di pesi massimi. Non so perché mi viene in mente uno dei pesi massimi, in realtà ho di nuovo pensato a Emmett. Io non sono una ragazza molto alta, quindi i tipi grossi e robusti mi impressionano facilmente - non sono fissata con Emmett, ecco! -.
«Dimmi.» dice l’energumeno.
«Dovrei entrare.» rispondo io cercando di superarlo, ma la cosa mi riesce difficile, dato che occupa l’entrata. Per tutta risposta, mi guarda male e mi sbatte la porta in faccia tornando da dove è venuto. Scioccata busso un’altra volta e mi vedo spuntare davanti un ragazzo più piccolo del precedente, ma sempre messo bene e con una notevole somiglianza.
«Non compriamo niente, grazie lo stesso.»
Questo cerca di essere più gentile, ma nemmeno mi fa parlare che mi sbatte di nuovo la porta in faccia. Ora si che mi sento sul serio presa in giro. Mi aggiusto il cappellino di lana morbida sulla testa – me lo ha regalato Alice quando è tornata dalla Francia, praticamente lo indosso tutti i giorni – e busso di nuovo con il fumo che mi esce dalle orecchie. Sono un tipo calmo se non mi fanno infuriare. Questa volta il ragazzo che mi apre – quanti ce ne saranno ancora lì dentro?! – ha un sorriso stampato in faccia che sembra emanare luce propria. Assomiglia agli altri due idioti di prima, ma ha qualcosa di diverso. Forse è il cipiglio divertito ma allo stesso tempo dolce negli occhi che noto e che mi rimane impresso.
«Senti mi dispiace, forse non capisci bene la nostra lingua e il fatto che due persone diverse ti sbattano la porta in faccia, ma mi piacerebbe molto che la smettessi di bussare ancora alla porta di casa mia, perché stai disturbando sia me che i miei amici. Comprendi?»
Ritiro il complimento sul sorriso e sul fatto di sembrare diverso, perché questo qua mi sembra più idiota degli altri due. La battuta alla Jack Sparrow, poi, mi fa incazzare in maniera assurda e mi metto ad urlare.
«No, senti tu! Non so cosa tu e i tuoi amici scemi vi siate fumati stasera, ma io sono qui fuori da abbastanza e non mi sento più le dita dei piedi! Ora fammi entrare oppure dì a mio padre che ci vediamo a casa!» Quasi si affoga, eppure non ha niente in bocca a parte la sua saliva immagino.
«Sei la figlia di Steve?» domanda allarmato.
«Oh, beh, grazie per averlo chiesto. Ora posso entrare o devo avere un permesso scritto da tuo padre?!» Mi azzardo a dire tuo padre perché mi pare di aver riconosciuto l’imbecille e poi perché ha detto “casa mia”. Dovrebbe essere Jacob, l’unico figlio maschio dei Black.
Se posso permettermi in quanto a cervello non gli è venuto tanto bene.
Farfuglia qualcosa imbarazzato fino alla punta dei capelli, mentre io entro gongolante. Attraverso il salotto e tre paia di occhi mi si puntano addosso. Tutti i ragazzi che vedo sembrano fatti con lo stampino; poi mi ricordo: riserva, nativi americani, si assomigliano un po’ tutti per i colori e la fisionomia. E che fisionomia!
Chiedo a Black – se ti chiamo per cognome sei sulla mia lista nera – dove sono mia zia e mio padre e lui mi indica la cucina, ancora rosso in viso. Ben gli sta.
La mia testa si affolla velocemente di pensieri prettamente maschili e per un minuto sono tentata di buttarci in mezzo qualche borsetta e un po’ di trucco tanto per confonderli, ma mi limito ad isolarli e mi accomodo accanto a mia zia, facendo finta di seguire la conversazione mandata avanti da Billy. Ho un bel ricordo di quell’uomo e anche di sua moglie, a dir la verità. Mi è dispiaciuto quanto ho saputo che è morta. Poi penso a Jacob e alle sue sorelle e a quanto devono avere sofferto e un po’ mi sento in colpa per come ho risposto poco fa. Però io so che vuol dire perdere la madre e so anche che qualche commento acido non fa tanto male. A me non lo ha fatto.
Qualcuno pronuncia un nome nel mezzo della conversazione, il nome più bello del mondo: Artemis. È il nome di mia madre, la mia mamma greca, la mamma che adesso non c’è più. Steve l’abbreviava in Emis e tutti la conoscevano così. Ogni notte veniva nella mia stanza, si sedeva ai piedi del letto e mi raccontava la storia delle dee e delle muse greche, ogni notte una diversa. Dopo la sua morte restai spesso a fissare il punto in cui era solita sedersi, aspettando forse che tornasse lì, ma il cancro me l’ha portata via per sempre.
Steve e Billy parlano delle loro perdite e mio padre cerca di aiutarlo in qualche modo, ci parla, vuole che non smetta di essere quello che è sempre stato perché Sarah non lo vorrebbe vedere così. Gli dice anche che secondo lui sarebbe una buona idea che io e Jacob ci frequentassimo, per fare in modo che parlandone Jacob superi la cosa.
Non capisco subito cosa ha detto mio padre, ma poi intuisco che la cosa implica me e l’imbecille pompato nella stessa stanza da soli a parlare. Fermi tutti. Che cosa?!

Angolo autrice:
Eccoci giunti al primo capitolo. Beh, cosa ne pensate?
Il secondo capitolo è già pronto aspetto solo le vostre opinioni per postarlo!
Cosa nasconde il padre di Cassie?
Lo scoprirete nel prossimo capitolo?
Un bacio, Cel. ;)

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Capitolo 2
*** 2. Apparenze ***


2.Apparenze

 

 

 

 

Chapter 2

Apparenze

Come ho depennato una persona dalla mia lista nera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sono ancora seduta al tavolo con Steve, Tessa e Billy e sto ancora provando a digerire il fatto che dovrò uscire con un tizio del quale onestamente non me ne frega niente e che tra l’altro mi sta pure antipatico.
Mentre mentalmente mi sto preparando già una decina di ottime scuse, entra nella stanza Jacob e si siede per un po’ con noi. Steve assume il tono distaccato ma allo stesso tempo affettuoso di uno psicanalista e parla anche con lui. Improvvisamente lo sguardo del ragazzo cambia: perde vitalità, sembra spegnersi e per qualche minuto mi preoccupo che possa persino sgorgare qualche piccola lacrima da quegli occhioni scuri.
Ed è in quel momento che capisco che quelle scuse, anche se buone, resteranno nella mia testa e non saranno ascoltate da nessuno. Non devo niente a questo ragazzo, eppure sento di non poterlo abbandonare in una landa di dolore sconfinata, che potrebbe essere persino più grande di quella che ho attraversato io. Sembra quasi che abbia pensato ad alta voce perché Jacob alza lo sguardo e mi fissa. Sono io quella capace di leggere nel pensiero, giusto? Allora perché mi sembra che Jacob con quei suoi occhi neri mi stia scrutando l’anima?
La visita finisce lì e prima che me ne vada gli amici di Jacob – Embry, Jared e Paul, mi sono presa il disturbo di rubare i loro nomi dalle loro teste – mi salutano e si scusano. Tutti tranne Paul che ronfa sul divano decisamente troppo piccolo per lui. Steve e Billy ci avvisano che hanno deciso il giorno del nostro incontro. Grazie per avere chiesto il mio parere, papà.
Quando in auto esprimo il mio disappunto, mio padre mi comunica che sarà un semplice venerdì sera al cinema. Questa cosa mi puzza tanto di appuntamento combinato, ma questo pensiero lo tengo per me.
Il giorno dopo racconto a Rosalie dell’incontro – o scontro – avvenuto il giorno prima. Lei mi dice di stare tassativamente lontana dai ragazzi della riserva, ma non ha il tempo di spiegarmi perché che deve correre a lezione. Mi rifugio allora in Bella e dato che abbiamo la stessa lezione di biologia – per me è una classe avanzata, perché qui tutti sono convinti che io sia un super genio, non una super imbrogliona – abbiamo tutto il tempo per parlare.
Le racconto di Jacob e mi sorprendo di sentire che lo conosce e ha già avuto a che fare con lui e che con lei è stato estremamente gentile e dolce. Le ridico il nome del ragazzo che ho conosciuto io e per sicurezza le faccio anche una breve descrizione fisica. Pare che sia lui.
Trascorriamo tutta l’ora a parlare della nostra infanzia. Bella veniva a trovare suo padre solo durante le feste e spesso capitava che Charlie la portasse dai Black per giocare con Rebecca e Rachel. Adesso che Bella le ha nominate me le ricordo: sono più grandi di me e onestamente non credo di averci giocato molto quando ero piccola, però ricordo che mi piacevano un sacco i loro capelli. E la loro pelle. E anche i loro occhi. Immagino di essere stata una bambina piuttosto gelosetta. Tra me e loro comunque ci sono delle differenza paurose, ci somigliamo come una pantera assomiglia a un coniglio.
Loro sono le tipiche ragazze di La Push, alte, pelle bronzata, una cascata di neri capelli fluenti e due occhi color cioccolato fuso profondi come l’oceano.
Io sono una ragazzina dell’Oregon con origini greche, la mia statura non supera il metro e sessantotto, la mia carnagione assomiglia vagamente al colore della porcellana e fa credere alla gente che possa frantumarmi da un momento all’altro, il biondo dei miei capelli mi infastidisce perché mi mette troppo in mostra, il rosa naturale delle mie labbra fa credere che io porti perennemente del rossetto e gli occhi sono identici a quelli marroni e chiazzati di viola di mia madre. Glaciali come la Groenlandia.
Ovviamente la pantera non sono io.
Quando la campanella suona, io sono ancora intenta a fare dei paragoni tra me e gli animali. Tra l’altro ho anche classificato le mie amiche: Bella rientra nella categoria conigli perché a parte il colore dei capelli ci somigliamo un po’ , Rosalie mi sa più di leonessa per i suoi occhi da gatta e infine Alice, che però non riesco a classificare con nessun animale. Giunta in sala mensa arrivo alla conclusione che sia un folletto dato che è minuta e saltellante.
Ci sediamo tutti ai nostri posti ed io sono costretta a prendere la mia solita aspirina. Poiché la mia mente è sempre popolata dai pensieri altrui ed io cerco di isolarne il più possibile, soffro di perenne emicrania. Lo sforzo che compio è troppo per il mio cervello da umana, mi ha spiegato Carlisle. Così periodicamente ritiro la mia dose di medicinali prescritti dal dottor Cullen che mi raccomanda di farne buon uso.
Rosalie mi guarda di traverso e capisco che c’è qualcosa che deve dirmi e che me la dirà comunque, anche se ci sono gli altri.
«Così adesso bazzichi dalle parti di La Push.» dice di proposito ad alta voce. Inutile dire il putiferio che si scatena. Per fortuna oggi non ci sono ospiti o comunque non sono ancora arrivati, altrimenti sentirebbero la ramanzina che tutti e cinque i vampiri tentano di farmi nello stesso momento.
«Calmatevi.» dico tentando di fermare il loro blaterare isterico. «Non ho deciso di affittare una casa nella riserva e di invitare i miei nuovi vicini. Sto solo facendo una favore a mio padre consolando quel povero ragazzo.»
«Anche se il tuo soprannome è Bloody non vuol dire che tu sia forte abbastanza per andare in mezzo ad un branco di…» Il commento di Emmett viene fermato da un calcio ben assestato sotto il tavolo da parte di Edward. Bella lo guarda per qualche secondo, chiedendosi come me cosa stesse per dire il nostro amico.
«Il punto è che quando siamo arrivati qui, anni fa, abbiamo stretto un patto con la tribù dei Quiluete.» dice Edward interrompendo gli sguardi che ci lanciamo io e Bella. «Loro ci lasciavano vivere in città se noi non avessimo invaso le loro terre.»
«Quindi i Cullen non possono mettere piedi nella riserva?» dico piuttosto ovvia. Non vedo cosa c’entri io con loro.
«Non è soltanto il posto che non va, cervellona, sono le persone. Non puoi frequentare un Quiluete. È gente strana, pericolosa. Tieniti alla larga da loro.»
«Tenetevi.» la corregge Edward fissando Bella. Il discorso viene concluso così velocemente che praticamente nemmeno ne me accorgo.
Subito dopo pranzo mio padre ci saluta con un bacio sulla fronte. Prima di andarsene mi guarda per un po’ mi fa le solite raccomandazioni – stai attenta, fa la brava, tieni d’occhio Tess – e si chiude la porta alle spalle.
Nel pomeriggio sono a casa, seduta davanti alla tv, immersa in un programma di pesca estrema. Non che mi piaccia la pesca, ma mi diverto a guardare un tizio che cerca di pescare uno squalo enorme. Mentre sto guardando lo squalo che esce dall’acqua qualcuno bussa alla porta di casa mia facendomi sobbalzare bruscamente. Le patatine che avevo in grembo volano per tutta la stanza creando un disastro che Tessa mi farà pulire. Invece va ad aprire, sapendo ovviamente chi è, e davanti mi si presenta il ragazzo più odioso che abbia mai incontrato: Jacob Black. Peccato che sia anche molto carino e che mi stia scrutando di nuovo l’anima con quei suoi pozzi neri. I suoi pensieri sono quelli di un ragazzo a disagio e che non sa cosa aspettarsi dalla serata.
«Quindi cinema, eh?» accenna Jacob in macchina. L’intero tragitto è stato occupato dalla sua voce intenta a raccontarmi i particolari della costruzione della sua Golf. Mi ha raccontato quanto è stato facile trovare i pezzi, mentre la sua mente diceva il contrario, di quanto sia stato veloce nel montaggio, mentre la sua mente diceva che c’erano voluti mesi: insomma, il ragazzo e la sincerità non andavano proprio d’accordo.
«Pare che i nostri genitori abbiano deciso così.» rispondo laconica.
«Non ti andava, vero? Cioè, di perdere un venerdì sera con me.» Leggo i suoi pensieri e pare che sia scontento all’idea che sia così. Non capisco perché, però.
«Non che io ci tenga particolarmente, ma immagino che tu abbia di meglio da fare. Conosci Bella Swan?»
Questo ragazzo corre più di una Ferrari! Il cambiamento di argomento è così repentino che riesco a focalizzare solo l’ultima domanda.
«Si» rispondo. «Si, perché?»
«La conosco anche io.» Bugiardo e inconcludente.
«Allora la conosciamo in due. Che vuoi da Bella?» I commenti acidi sono il mio forte, non posso farci niente, non riesco a trattenerli. Improvvisamente le parole dei Cullen mi tornano in mente: i Quiluete sono gente strana e pericolosa. Ma perché? Fisso Jacob aspettando che risponda ed effettivamente sta parlando, ma io sono persa nei meandri della sua mente, in quella parte del cervello che sforziamo di più, quella che nasconde le cose. Sono convinta che per essere così pericolosi nascondano un segreto e allora io non devo far altro che tirarlo fuori.
Inizialmente trovo cose stupide, segreti da ragazzino. Alla fine, quando sento che sono ad un passo dall’aver trovato quel qualcosa che mi nasconde, la sua voce mi riporta alla realtà.
«Cassandra, ci sei?!» Jacob alza la voce e io con uno scatto torno a fissare la strada.
«Si, scusa.» Lo sento sospirare sonoramente e poi dice:
«Mi dispiace per quello che è successo l’altro giorno, non volevo essere maleducato.»
«Già, siamo partiti con il piede sbagliato.» dico anche se so che sta di nuovo cambiando discorso. Smetto di frugare nella sua mente altrimenti la mia potrebbe esplodere, preferisco fare finta di credere a quello che mi dice.
La serata non va male, vediamo un film comico e insieme ridiamo delle battute. Mi compra i pop corn e paga lui la cena al fast food. È così che definirei una serata tra amici, a parte per il fatto che non ho sborsato un dollaro. Oh beh, non lo faccio nemmeno con i Cullen.
Mentre siamo ancora seduti sulle comode sedie imbottite e di finta pelle che gustiamo i nostri milkshake ci guardiamo in silenzio. So di cosa vuole parlare, sento che lo vuole ed io so come affrontare la situazione. Avrei voluto anche io qualcuno con cui sfogarmi al tempo.
«Se vuoi comincio io.» dico mettendomi a sedere meglio.
Jacob mi guarda per un po’, mi studia e poi annuisce debolmente. In questo momento è come se non ci fosse, fa finta di essere super impegnato a controllarsi la cannuccia. 
«Mia madre è morta di cancro. Alla gola. Quando è successo avevo dodici anni e lei era tutto il mio mondo. Ho cominciato a capire che qualcosa non andava quando mia zia Tessa venne a stare a casa nostra. Non ho pianto mai, nemmeno al funerale. Vedermi piangere la distruggeva e così non l’ho mai fatto… Fino a quando non c’è stata la riunione genitori-insegnanti ed io mi sono resa conto che mia mamma, da quel momento, se le sarebbe perse tutte.»
Fa un sorriso debole, malinconico. Ho sempre pensato che parlare di mia madre mi faccia bene, ma di solito ne parlo con Tessa. Va a finire sempre che lei scoppia a piangere e che io la consolo. Dopo quasi sei anni la sua reazione mi pare esagerata o forse sono io insensibile?
Ma la cosa che mi sorprende è che questa storia, la storia della morte di mia madre, non la racconto quasi a nessuno. I Cullen sono così pacifici e comprensivi che praticamente ho sputato il rospo il giorno dopo che li ho conosciuti, ma Jacob? Perché gliela sto raccontando a cuore aperto? È una cosa totalmente assurda. Sarà magari che sento una specie di connessione con lui che può capirmi. Non sto molto a pensare alla mia teoria e continuo il mio racconto.
«Si chiamava Artemis, ma tutti la conoscevano per Emis. Era greca, così bella, peccato che io non abbia ereditato niente da lei. Ah, a parte gli occhi, ma su di me sono così insignificanti.» mi lagno falsamente. Lui lo capisce e mi fissa per guardarmi meglio gli occhi e per rivolgermi un sorriso sincero. «Era gentile, dolce, ma non quel dolce mieloso o del tipo apprensivo. Mi piaceva guardarla mentre spolverava. Si dai, ridi pure. Lo so che non è una cosa normale, ma io la trovavo molto aggraziata. Quando puliva le mensole sembrava una ballerina. È il ricordo che mi è rimasto più impresso.» Aspetto che parli, deve farlo da solo, non posso costringerlo io. Da un ultimo sorso al milkshake e provoca un forte rumore di risucchio.
«Dovresti ricordare mia madre, venivate spesso alla riserva.» Annuisco al ricordo della donna che urlava dietro ai suoi figli per fargli indossare il giubbotto.
«E’ morta in un modo così comune, così stupido che non riesco ad accettarlo. O meglio, accetto il fatto che sia morta, non posso fare niente per tornare indietro, ma non riesco ad abituarmi all’idea che non sarà più qui con me. Tutti si aspettano che io sia arrabbiato, che abbia voglia di spaccare tutto, ma voglio solo un po’ di tranquillità e in più cerco anche di sostenere mio padre.»
Quasi mezz’ora dopo di chiacchierata, sento di essere stata un po’ frettolosa a giudicare il ragazzo al mio fianco che canticchia una canzone dell’autoradio. Sono stata bene stasera e quando mi riaccompagna a casa e mi dice la stessa cosa non sono affatto sorpresa.
Jacob è una bella persona – in tutti i sensi! – ed io mi chiudo la porta alle spalle con un sorriso.

Angolo Autrice:

Beh, che dire? Il seguito non è stato quello che mi aspettavo e recensione ne ho ricevuta una sola (altamente gradita fidati ;D) 
Spero che chi legge in silenzio gradisca la storia, ma sarebbe più carino se mi diceste cosa pensate. Sapete io non leggo nel pensiero! 
Detto questo vi lascio con un bacino, 
Cel.

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Capitolo 3
*** 3. Libri della Mamma ***


3.libri della mamma

 

 

 
 

Chapter 3

Libri della mamma

La famiglia Black ha molti scheletri nell’armadio.

 

 

 

 

 

 

 

Stare a casa Cullen mi piace troppo. È come trovarsi in una di quelle case da catalogo che puoi solo sognare perché costano troppo. La cosa più bella – ed ironica, se vogliamo – è che ci sono sempre il frigo e la dispensa pieni, come se loro toccassero qualcosa. Ma mi va bene così, io e Bella almeno abbiamo di che sfamarci. In realtà sono io quella che ne approfitta di più, Bella ed Edward hanno una relazione un po’ strana, stanno sempre per i fatti loro. Questo almeno è quello che pensa Alice. Io credo invece che vogliano la loro intimità, i fratelli Cullen sono tipi un po’ impiccioni.
Una volta Emmett e Jasper si sono messi in testa di trovarmi un ragazzo. Fosse stato per loro si sarebbero messi a minacciare tutti i ragazzi della scuola finchè non avessero accettato di uscire con me. Per fortuna io e Rosalie siamo riuscite a farli desistere da quello strampalato piano.
«Jacob Black è stato molto gentile con me. Non capisco cosa ci troviate di tanto sospetto o pericoloso.» dico a Rosalie mentre bevo una cioccolata calda.
«Fidati, l’aspetto a volte inganna. Insomma, anche noi siamo bellissimi e gentili, ma siamo pur sempre dei vampiri. Potremmo uccidere chiunque senza difficoltà.»
«Il cipiglio che hai quando dici certe cose mi spaventa, perciò farò finta di non aver sentito.»
Rosalie ride, sa che dico sul serio. Essere amica di un clan di vampiri può essere una cosa forte, ma anche estremamente pericolosa. Fortunatamente i Cullen sono “vegetariani”, si nutrono solo di sangue animale, così si occupano anche del sovrappopolamento della specie.
Non ho molti altri amici, a dire la verità nemmeno uno con cui mi piacerebbe passare il pomeriggio.
«Non è che ti piace un po’ troppo questo Black?» chiede pettegola.
«Ti ho detto che è stato gentile e carino. Tutto qui.»
«E quanto è carino, precisamente?»
«Molto.» mi lascio scappare. «Ma questo non influisce minimamente sul mio giudizio.» cerco di riprendermi. Jacob Black non mi piace in quel senso.
«Secondo me ti piace, non molto ancora, ma a te piacciono tutti quelli che ti trattano bene.» dice quella che si considera la mia migliore amica. Eppure mi conosce così bene.
«No, non è vero. Prendi Mike Newton: lui non mi piace affatto!»
«Lui non ti piace perché è tremendamente stupido e la sua cortesia serve solo a fare breccia nel tuo cuore. Nel tuo o in quello di Bella. O in quello di qualsiasi altra persona.»
Effettivamente ha ragione, Mike è un farfallone e noi due ci divertiamo così tanto a prenderlo in giro. Bella ha provato in tutti i modi a liberarsi di lui quando è arrivata qui, ma lui sembrava non capire di non essere affatto gradito. Da quando lei ed Edward stanno insieme non si avvicina più di un millimetro.
«Cassie, ascoltami: i Quiluete non sono una compagnia molto raccomandabile per una come te.»
«Che vuoi dire con una come me?»
«Un’umana, una piccola e fragile umana. Girano strane voci su di loro e se quelle voci sono vere non voglio che ti avvicini più alla riserva.» Comincio a diventare curiosa e Rosalie lo sa, quindi quando la guardo con gli occhi sbarrati sa che deve dirmi qualcosa o sarò capace di farle venire un’emicrania.
«Che voci girano?»
«Si dice che i loro antenati fossero dei licantropi e che adesso lo siano anche loro.»
«Forte!» è la prima cosa che mi esce dalla bocca e che fa infuriare Rosalie. «Licantropi di quelli che ululano alla luna?»
«Di quelli che uccidono la gente, Cassie! Ecco perché non volevano che te lo dicessi, perché tu prendi tutto alla leggera.» risponde scontrosa.
«Anche voi dovreste uccidere la gente, ma non lo fate.» dico a bassa voce.
«Noi riusciamo a controllarci, pensi che un animale farebbe lo stesso?»
La conversazione si conclude ed io non credo che quelle voci siano vere. Jacob mi sembra il ragazzo più normale del mondo. I licantropi? Se davvero esistono, lui non lo è.

Qualche settimana dopo sono in macchina un po’ annoiata per il compito che mi è stato affidato. Mio padre ha chiamato da un qualche albergo di Berlino e mi ha chiesto di portare urgentemente a casa Black un pacco conservato in mansarda. Non so di cosa si tratta perché mi ha raccomandato di non aprirlo e non faccio nemmeno la curiosa perché mio padre lo odia. Ogni tanto lancio delle piccole occhiate al pacco che sta sul sedile accanto a me, ma cerco di ricordarmi che non devo aprirlo. Sarò sincera: ho provato a scuoterlo un po’, ma non emette nessun rumore riconoscibile, soltanto un piccolo tonfo sordo.
Arrivo finalmente alla riserva e dalla finestra della piccola casa rossa vedo sbucare la testa di Billy. Lo saluto con la mano mentre scendo dalla macchina e prendo il pacco.
«Ciao.» Jacob arriva alle mie spalle mettendomi paura. Lo scatolo cade per terra, ma lui lo prende prima che cada al suolo in un lampo.
«Sei impazzito? Mi hai fatto prendere un colpo!»
«Scusa.» dice ridendo. «C’era qualcosa di molto fragile?» chiede indicando il pacco.
«In realtà non lo so. Aspetta controllo.» Sto morendo di freddo e credo che tra un po’ si metterà a piovere. So anche che non avrei dovuto aprire il pacco come mi era stato richiesto, ma in fondo sto solo controllando che sia tutto in ordine, no? Insomma, non faccio niente di male.
Jacob mi fissa mentre faccio delle strane facce, almeno è quello che penso, perché dentro al pacco ci sono i libri di mia madre, quelli da dove prendeva le storie che mi raccontava ogni sera.
Perché mai mio padre dovrebbe darli urgentemente a Billy Black?
«Tutto a posto?» si informa Jacob.
«Si, niente di rotto.» rispondo laconica. «Lo porti tu dentro?»
«Perché non entri un secondo, magari ti offro qualcosa di caldo.»
Accetto perché mi sembra scortese dire di no ed entro con lui in casa. Billy è visibilmente contento di vederci insieme, ma pensa di non darlo a vedere. È contento anche nel vedere il pacco.
Cerco di informarmi un po’ sull’utilità dei libri, ma è molto evasivo, per cui sono costretta a leggere i suoi pensieri.
Il consiglio sarà molto contento di questi. Emis diceva sempre che ci sarebbero stati utili per capire i freddi meglio. Staremo a vedere.
Sono davvero molto confusa. Cos’è il consiglio e che c’entra mia madre?
Cerco di capirci meglio, ma è tutto inutile. Né Jacob, né Billy pensano a qualcosa che possa essermi utile. Provo anche a indirizzare i loro pensieri verso questo consiglio, ma non sapendo bene di cosa si tratta non posso farli concentrare su un pensiero fisso.
La pioggia che tanto temevo è arrivata. Io odio guidare sotto la pioggia, è una cosa per cui non sono proprio portata la guida, lo faccio solo per utilità. Quando viene l’ora di andarmene preferirei non farlo. Jacob, che come al solito sembra avere capito tutto mi invita a restare giusto il tempo che passi la pioggia. Alla fine Billy è costretto a invitarmi a cena perché la pioggia è diventata una terribile bufera che sembra non volere passare.
«Si, Tessa, sto bene. Scusa, zia. No, non chiamo da un ospedale! Stai scherzando? Ok, ti chiamo più tardi. Si, da casa Black certo! A dopo, ciao Tes.. Zia!»
Parlare con Tessa quando è preoccupata è allucinante! Pretende persino che la chiami zia. Jacob seduto al tavolo è stato preso da una raffica di risate a sentirmi parlare. Torno a sedermi anche io al tavolo con lui e a ridere del ronfare di Billy che dorme beatamente sul divano.
«Allora, viso pallido. Che si dice dalle tue parti?» dice Jacob scherzando.
«Si dice che odiamo essere chiamati visi pallidi.» scherzo anche io.
«D’accordo, allora ti chiamerò Cassandra.»
«Preferisco Cassie, è più corto e più pratico. Guarda che è un onore. Soltanto i miei amici mi possono chiamare così.» scherzo.
«Certo, certo, immagino. Puoi chiamarmi Jake se vuoi, ti faccio questo onore.»
«Mi piace Jake.»
«Perché è più pratico?» ride. Andiamo avanti così per un po’ e il tempo passa molto velocemente, a differenza della tempesta che sembra avere deciso di tenermi inchiodata lì. Il telefono di casa squilla svegliando Billy. Jacob prontamente risponde e sta per un po’ in silenzio.
«No, Bells, non credo. Lo dirò al vecchio, sai com’è. Salutami tuo padre, ciao.»
«Bella Swan?» chiedo curiosa. Intanto il vecchio Billy è tornato a dormire.
«Proprio lei. Suo padre e il mio hanno, diciamo, litigato come dei ragazzini. Credo che domani passeranno.»
«Litigato?»
«Si.» sospira con un mezzo sorriso. «Qui alla riserva hanno una strana convinzione. Una cosa stupida, lascia stare.» Lascio stare, d’accordo, ma con la mente subito percepisco i suoi pensieri.
Invece fanno bene a tenere alla larga i Cullen. Stupidi vampiri.
La forza di quel pensiero mi sconvolge e molto di più quello che ho sentito. Vampiri, come fa lui a sapere che sono dei vampiri? Per poco non cado dalla sedia. Jacob se ne accorge e cerca di prendermi. Appena la sua mano afferra il mio braccio sento come se mi stesse bruciando. Mi ritiro subito dal suo tocco e fisso il suo viso imbarazzato.
«Hai tenuto la mano per un’ora dentro una piastra calda?» non risponde e so che mi sta nascondendo qualcosa.
Smetti di chiedere, ti prego.
Io non smetto affatto, continuo anzi.
«Oppure hai una febbre molto alta. Non ce l’hai un termometro?»
«Non preoccuparti, questa è la mia temperatura normale, sto benissimo.»
«Io non credo. Sei sicuro?»
«La tempesta è finita.» mi risponde un po’ arrabbiato e capisco che è il momento di smetterla e di andare via.
Ripenso per tutta la notte a quello che è successo e non riesco a venire a capo di niente.
Avevo ragione però a pensare che mi nascondesse qualcosa, ora voglio scoprire cosa. Che Rosalie avesse ragione? Che quella storia dei licantropi sia vera?
Non lo so, fatto che sta che tutta questa storia mi arrovella il cervello e il mattino dopo ho troppo sonno persino per parlare e il quel sabato mattina diventa il più brutto della mia vita.
Scendo le scale per andare in cucina, ancora con il pigiama addosso, e mi scontro con Tessa.
«Ehi, Bella Addormentata, guarda dove vai. Stai ancora dormendo?» chiede e la sua voce mi sembra così terribilmente alta.
«Ehi tu! Perché urli? Sabato mattina, notte insonne, grande mal di testa, hai presente?»  
«Tutto a posto?» chiede bisbigliando e prendendomi in giro.
«Insomma. La colazione è già pronta?»
«No, tesoruccio di zia. Pensaci da sola, io ho il bucato da sistemare.»
Così mi ritrovo a prepararmi la colazione da sola. Ripeto: è sabato mattina e non ho voglia di fare nulla. Metto la padella sul fuoco e ci butto le uova. Mentre aspetto che le uova si addensino ripenso alla sera precedente. Sono così tremendamente curiosa! Subito penso che devo dirlo ai Cullen: se qualcuno è a conoscenza della loro natura dovranno pur saperlo.
Nemmeno ho finito di pensarlo che il mio cellulare squilla. Il messaggio è di Alice, dice che sa che devo dire qualcosa a tutti e che stanno arrivando. Mi fiondo sotto la doccia perché sono un disastro.
Qualche minuto dopo arriva la famiglia Cullen al completo. Tessa è sempre stressata dalle loro visite perché non può mai offrirgli niente. A meno che non abbia un po’ di sangue animale in frigo, ma non credo.
«Sapevamo già che erano a conoscenza del nostro segreto, Cassie.» dice Carlisle dopo avermi ascoltata. Allora perché mi ha fatto parlare.
«La verità è che non volevamo dire né a te, né a Tessa che i Quiluete nascondono un segreto simile al nostro: sono licantropi.» mi spiega Edward. Quasi mia zia sviene. Comincia a straparlare – in questo è uguale a me – dice che non si è mai accorta di niente, che è impossibile che i Black si trasformino in animali. Cerchiamo tutti di tranquillizzarla, ma la situazione è più grave di quella che pensavo. Se i Cullen mi stanno dicendo che loro sanno per certo che i licantropi esistono ed abitano a qualche kilometro da casa mia, non c’è niente su cui scherzare.
Ma sono ancora convinta della mia idea: Jacob non può essere un licantropo e sono pronta a dimostrarlo.

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Capitolo 4
*** 4. Scoperte ***


4. Scoperte

Scusate la sparizione improvvisa. Adesso però sono tornata e non vedo l'ora di continuare questa storia.

Un bacio, Cel.

Chapter 4

Scoperte

Io avevo torto e loro ragione.

 

 

 

 

 

 

 

Quando sei terribilmente goffa e pigra percepisci la palestra come un luogo ostile e disumano. Ecco perché sono in segreteria intenta a farmi fare un permesso. Non è molto difficile condizionare la mente della povera segretaria e uscire da lì con un foglietto rosa in mano. Con la mia migliore espressione da malata consegno il foglio all’insegnate e mi defilo nel parcheggio.
Rosalie spunta poco dopo davanti al mio parabrezza e mi fa saltare in aria. Senza invito entra nell’auto e mi toglie gli auricolari.
«Ti adoro quando fai perdere un battito al mio cuore.», dico sarcastica.
«Vuol dire che è vero amore.», risponde lei con un sorriso finto quanto una banconota da tre dollari. Come fa ad essere sempre così perfetta? Eppure non indossa niente di particolare, ma credo che lei e i suoi fratelli risulterebbero dei modelli da copertina anche con degli stracci addosso. E anche dopo aver finito la maratona di New York.
«Qual è la scusa questa volta?», continua alludendo alla mia assenza dalla palestra.
«Oggi sono indisposta.»
«Oh, mi piace essere un vampiro solo per non dover sopportare quei dolori ogni mese.»
Devo ammettere che sono un po’ arrabbiata con lei e lei lo sa bene. Insomma avrebbe potuto dirmi della storia dei Quiluete invece di rifilarmi una stupida mezza verità. Ma la verità è che non do importanza a quella storia – continuo a credere che Jacob non possa essere in nessun modo un licantropo – per cui non dico niente a riguardo.
«Allora, per stasera?», chiede fissandomi. Purtroppo devo darle buca e so già che la scusa che le proporrò non la convincerà.
«Oh, non credo di poter esserci. Peccato perché sai quanto ami Charlotte.» Charlotte Brontë è la mia scrittrice preferita da sempre. Ho letto Jane Eyre quando avevo undici anni. Stasera avremmo dovuto vedere la versione cinematografica del libro.
«Sono sicura che lei avrebbe amato te, se non le avessi rifilato una buca.»
«Ma che buca? Sono in ritardo con la consegna di un compito, tutto qua. Non posso manipolare la mente dei miei professori fino al diploma.» Non ha dei poteri, ma credo che non le servano per capire che sto mentendo.
«Facciamo finta che io ti creda,» ecco lo sapevo che non se l’era bevuta. «faresti questo suddetto compito da sola, vero? Non ci sarà nessun presunto licantropo ad aiutarti, giusto?»
Rido sonoramente e così falsamente da risultare ridicola persino alle mie orecchie. «No.», dico seria alla fine perché il suo sguardo mi terrorizza.
Se ne va via dicendo di fidarsi di me, ma mi raccomanda comunque di stare attenta. Non sa quanto invece ci abbia preso, anche se non credo che Jacob sia in grado di aiutarmi con i compiti.

Quel pomeriggio Bella chiama a casa mia e per tutto il tempo della telefonata devo ricordarmi che lei non sa niente dei licantropi. Edward ha deciso di non dirglielo per proteggerla, anche se io credo che questo la farà infuriare e basta. Non sopporto l’idea di non poterle dire niente, ma non ho altra scelta. Quando riaggancio mi volto verso Jacob che se ne sta seduto al tavolo della mia cucina.
«Tua zia non c’è?», chiede sorseggiando un’aranciata.
«Credo sia andata al supermercato. Strano che non mi abbia delegato, odia fare la spesa.»
La faccenda non è strana per niente. Tessa, come quei due pettegoli di Steve e Billy Black, fa di tutto per avvicinare me e Jacob che guarda caso aveva bisogno di una mano con un compito di inglese proprio oggi. Non rifiuto di aiutarlo perché mi piace la materia, ma questa cosa comincia a darmi sui nervi.
Mi siedo di fronte a lui raccogliendo le ginocchia al petto e tento di finire un compito che davvero avrei già dovuto consegnare. La professoressa Lloyd mi ha concesso un altro giorno senza aiuto di doni speciali, quindi sto cercando di fare davvero un buon lavoro.
Il lavoro però risulta difficile con gli occhi di Jacob puntati addosso.
«Jacob, devi dirmi qualcosa?»
«Non ti avevo fatto onore di chiamarmi Jake?», sorride mentre lo dice. Quel cavolo di sorriso è lo stesso che mi ha colpita la prima volta e come quella volta mi sorprende.
«Jake, scusa.», sorrido anche io di riflesso. «Tutto ok?»
Sono passata un’altra volta a casa sua prima di oggi con il pretesto di portare una torta fatta da Tessa. Credo che sia per questo che mia zia continua a spingermi verso lui, crede che io voglia vederlo. In realtà ero andata lì solo per cercare di scovare qualcosa sul consiglio segreto che si servirà dei libri di mia madre per chissà cosa. In quel frangente sono rimasta un po’ con Jacob – Jake – prima che arrivasse Billy e non nascondo che c’era un certo imbarazzo. Lo vedevo così vulnerabile che decisi di controllare i suoi pensieri. Percepivo stanchezza e sonno, ma non mi sembrava strano più di tanto. Poi fu un pensiero a incuriosirmi. Continuava a pensare alla ronda che avrebbe dovuto fare, ma che avrebbe ritardato a causa mia. Valutai l’ipotesi che facesse parte di un qualche gruppo di fanatici del controllo che organizzavano ronde nel quartiere, eppure c’entrava il bosco in qualche modo quindi era piuttosto improbabile.
«Veramente…», fa Jake. «E’ un po’ che non sento Bella e volevo sapere se per lei è tutto ok.»
La domanda mi spiazza, ma mi da un po’ di sollievo. Credevo che avesse capito che in qualche modo lo spiavo.
«Oh.», mi esce come una stupida. «Ehm, credo che abbia qualche problema con il ragazzo.»
Edward mi odierà per questo, ma è l’unica scusa che mi viene in mente. L’espressione di Jake cambia velocemente, tanto quanto i suoi argomenti di conversazione. Sembra veramente arrabbiato, stringe un pugno sotto il tavolo. Ma la cosa che mi preoccupa sono i suoi pensieri. Ho paura.
«Esci.», gli dico alzandomi in piedi.

Ucciderò quel lurido succhiasangue. Non la merita.
«Cosa?», chiede non capendo.
Una delle mie zampate e lo metto k.o., ci scometto.
«Ho detto…»
Devo calmarmi o mi trasformerò qui dentro.
«…esci da questa casa.»
Il mio tono è glaciale o almeno spero, perché in realtà ho paura. Quello che mi hanno detto i Cullen è vero: Jacob è un licantropo, lo sono tutti loro è ovvio. Perché non mi sono semplicemente fidata dei miei amici? Sono sempre così maledettamente testarda, mi odio.

Perché sembra spaventata?
, pensa.
«Perché lo sono!», urlo, ma subito dopo mi tappo la bocca.
Adesso i suoi occhi si fissano sui miei e la mia paura aumenta a livelli impressionanti. Morirò oggi o mi lascerà viva? I licantropi mangiano le persone? Se muoio Rosalie mi trasformerà solo per dirmi “Te lo avevo detto” e poi mi ucciderà di nuovo. Paradossalmente è questo di cui mi preoccupo ora.
«Smettila di indugiare!», imploro. «Fallo e basta!»
«Fare cosa, Cassie?», il suo tono di alza di un’ottava, è incredulo. Non ha l’aria del lupo cattivo.
«Uccidermi! Insomma, non è questo che fate voi?»
Anche lui adesso è in piedi e cerca di avvicinarsi a me. Per tutta risposta io arretro violentemente e finisco contro il piano da cucina.
«Tu come fai a sapere che noi…»
«Oh Dio! Allora uccidete davvero le persone.» Ormai sono in modalità parole-a-raffica. Comincio a dire frasi senza senso sui licantropi e sulla luna piena e Jacob mi osserva con gli occhi spalancati. Nemmeno mi accorgo che si è avvicinato e che cerca di fermare il mio flusso di parole. Mi prende per le braccia e mi scuote un po’. Finalmente la mia bocca si chiude.
«Ascoltami.», dice sorprendentemente calmo. «Io non uccido nessuno, noi non lo facciamo. Ora spiegami come sai quello che sono.»
I suoi occhi hanno il potere di incatenarmi. Cavolo, ce li ha davvero i poteri. Mi calmo un po’ e il calore delle sue mani sulle mie braccia mi aiuta.
«Leggo nel pensiero.» Altro che flusso di parole. Ogni volta che mi sta un po’ vicino e mi guarda riesco a dirgli cose che non pronuncerei mai ad alta voce, come la storia della morte di mia madre. Questo ragazzo non significa niente per me, ma riesco a parlargli come se ci conoscessimo da una vita. È una cosa positiva o dovrei preoccuparmi?
Jacob molla la presa su di me e sbatte le palpebre, soppesa la cosa. Anzi comincia a pensare a numeri e parole e vuole che io indovini. Alzo gli occhi al cielo per la puerilità della cosa.
«Sette. Ventotto. Washington. No, Jake non credo di essere una sensitiva. Possiamo smetterla ora?»
Torna a sedersi al tavolo e si passa una mano sul volto.
«Tu non dovresti sapere.»
«Sei più scioccato dal fatto che io sappia il tuo segreto che dal fatto che io leggo nel pensiero?», rido e mi siedo di nuovo al mio posto. L’assurdità della situazione mi rende ironica.
Passiamo quasi un’ora a parlare di me e di quello che riesco a fare con il mio dono. Gli racconto della prima volta che ci siamo incontrati e di quando mi ha raccontato della sua auto e ha mentito. Poi quando arriva il suo turno mi faccio spiegare un po’ di cose ed è tutto diverso da come me lo ero immaginato. Ne sono piacevolmente sorpresa.
«Non uccidiamo la gente e non ululiamo alla luna. Credo di averti detto tutto.»
In quel momento arriva Tessa e lo invita a rimanere a cena, ma lui declina l’invito cordialmente.
«Ho visto Alice poco fa.», mi dice mia zia. «Era insieme al dottor Cullen.»
«Al supermercato?», lo chiedo senza pensarci. In fondo tutti e tre sappiamo cosa sono i Cullen, ma Tessa non sa che anche Jacob sa. Mi sento confusa. Infatti ricevo un’occhiataccia e da lei e vedo Jake sorridere sotto i baffi – che in realtà non ha –.
«Beh, si. Mangiano anche loro. Comunque ti salutano. Gli ho detto che avevi un compito da finire e un ospite da aiutare.»
Vorrei sotterrarmi. In questa città sono tutti maledettamente chiacchieroni, se imparassero a farsi i fatti propri io avrei qualche problema in meno. Sapevo che prima o poi i Cullen sarebbero venuti a sapere della mia bugia, ma mi auguravo più poi che prima. In silenzio accompagno Jake alla porta.
«Possiamo vederci stasera?» La sua richiesta non mi suona strana, anzi potrei dire che l’avevo prevista. «Per parlare.», aggiunge come se ce ne fosse bisogno.
«Non credo di riuscire ad uscire.»
«Dì che stai andando dai tuoi amici vampiri, Tessa approverà.»
Gli ho confessato che Tessa sa la verità, ma meglio non farsi sentire, per cui gli mimo di abbassare la voce. Capisco che la sua è una battuta altamente sarcastica, a quanto pare anche lui è un maestro di quest’arte.
«Verrò io qui così non dovrai andare lontano, ok?» Mi limito ad annuire. «A dopo, viso pallido.»

 
I pensieri di Jacob mi avvisano che è arrivato prima dei sassolini che tira contro la mia finestra. Mi affaccio e gli faccio segno che sto per scendere. Dico a Tessa che sono dai Cullen e come previsto lei non obbietta. Jake mi sorride e mi porta dall’altro lato della strada, tra gli alberi. Ci sediamo su una roccia piatta e riprendiamo la discussione del pomeriggio.
«Perché sei a petto nudo?», gli chiedo. La domanda avrebbe un seguito, ma sono ancora lucida e non la pronuncio. I suoi muscoli sono notevoli e senza quelle magliette leggere mi impressionano. Ora che ci penso non l’ho mai visto con un maglione o un giubbotto e visto che siamo a Forks la cosa avrebbe dovuto insospettirmi. Sono proprio stupida.
«Temperatura da lupo, ricordi?»
«Si, giusto.»
«Mi fai vedere cosa sai fare?»
La sua richiesta mi pare normale, anche i Cullen hanno chiesto la stessa cosa quando hanno saputo.
Nella sua mente leggo pensieri di aspettativa, sembra allegro e a suo agio. Mi fa ridere, sembra quasi un bambino che aspetta un regalo da un momento all'altro. Chiude gli occhi e sospira. Comincio a cambiare i suoi pensieri, mi sforzo un po’ perché non so come funziona la mente di un licantropo, anche se credo che sia come tutte le altre. Penso al freddo, al gelo polare, impongo alla sua mente di vedere un enorme ghiacciaio davanti a lui, gli faccio credere di essere immerso nella neve e di stare congelando. Lo vedo rabbrividire.
«Wow.», dice stupefatto. «Non sentivo freddo da un po’.»  

«Io sto congelando.» 
Jacob alza il braccio, credo per mettermelo intorno alle spalle, – oppure ha una paralisi al braccio – ma non riesce nemmeno a finire il gesto, che una voce che conosco troppo bene lo ferma.
«Giù le mani, cane.» Rosalie arriva in un secondo al mio fianco e mi trascina lontana da Jacob. Il suo tocco freddo è uno shock e il cambio di temperatura repentino mi fa venire i brividi.
«Rosalie, non stava facendo niente.»
«Certo, per ora. Se perdesse il controllo che cosa avresti fatto? Dannazione, che ti costa ascoltarmi per una volta?» E’ infuriata e non le do torto soltanto perché so che sta pensando con la mente bacata di una vampira centenaria.
Jacob resta lì a fissarla con uno sguardo omicida e si mette un po’ a sbuffare, ma i suoi pensieri sono diversi da quelli che aveva quando era a casa. Sono tranquilla e fiduciosa che non farà niente di avventato.
«Non la stavo sbranando, mi pare.» Ottima constatazione.
«E non ne avrai occasione, visto che la vostra conoscenza finisce qui.»
«Rosalie!» Mi allontano da lei. «Capisco che la mia incolumità ti preoccupi, ma non c’è bisogno di essere così fastidiosa.»
Il suo sguardo diventa di fuoco. Non parla e so che è peggio, perché sono i suoi pensieri che parlano per lei. È arrabbiata, si sente praticamente tradita ed è veramente molto preoccupata per me. Tra gli alberi vedo Emmett, che cerca di nascondere la sua enorme stazza. Rosalie scompare in silenzio e se lo trascina dietro. Corro dietro di loro o almeno ci provo perché Jacob mi ferma.
«Credo che dovresti tornare a casa, Cassie.»
Per una volta nella mia vita resto zitta.
Decido di non andare a casa Cullen, prima di tutto perchè sono infastidita dalla situazione e poi perchè non saprei come comportarmi. Non volevo fare arrabbiare così Rosalie, ma non mi sembrava di fare niente di male. Ora che ci penso la sua reazione mi pare davvero esagerata e non è giusto trattare così qualcuno che non conosci. Se io riesco a capirlo perché lei no?
Jacob mi riaccompagna fino al portico. Mia zia al piano di sopra sta già dormendo. Non mi va molto di parlare e prevedo un’altra notte in bianco.
«Dovrei dire che mi dispiace per come è andata con la tua amica?», chiede con le mani infilate nelle tasche dei pantaloncini di jeans sbrindellati. Anche lui ha da ridire sulle mie conoscenze, bene.
«Fa come preferisci, saprò se mi mentirai.», rispondo sorridendo a malapena.
«E’ davvero l’ultima volta che ci vediamo?»
Non capisco se nella sua voce c’è rammarico o la sua è una semplice domanda per sapere come comportarsi. L’istinto mi porta ad ascoltare i suoi pensieri, ma mi blocco e cerco di isolarlo. Sono stanca di ascoltare i pensieri altrui per oggi.
«Capirò se non vorrai più vedermi.», dico e stavolta so che sicuramente il mio tono è rammaricato. Jacob è una bella persona, licantropo o no. E' stranamente simpatico 
chi lo avrebbe detto dopo il nostro primo incontro? – e almeno non ha cominciato a fare discorsi contro i vampiri e sul fatto che probabilmente potrebbero usarmi come dessert alla prossima festa di Alice. Bella sarebbe un ottimo primo secondo me.
«Effettivamente avrei dovuto capire che bazzicavi dalle parti delle sanguisughe: hai un odore terribile.»
«Dire ad una persona che puzza è proprio il modo migliore per chiudere un’amicizia. Buonanotte, Jacob.» Mi volto verso la porta e giro la maniglia, ma la sua grande mano si ferma sulla parete di legno.
«Jacob.», sbuffa. «Quando usi il mio nome per intero sembra  che tu mi voglia insultare. Intendevo dire che hai addosso il loro odore e per me non è molto gradevole. Il tuo si.» Si imbarazza quando lo dice e sento di essere a disagio anche io.
«Comunque,» si riprende guardando per terra. «Siamo amici? Possiamo vederci ogni tanto se ti va.»
«D’accordo, Jake.», sorrido. Mi soffermo sul suo nome più del dovuto e lui se ne accorge. «Meglio?», gli chiedo.
«Certo, certo. Fammi sapere come va a finire con la bionda assassina.»
E se ne va così. Mentre entro in casa sento un ululato e so per certo che è lui. Sposto la tenda della finestra per vedere se è ancora lì e mi accorgo di due occhioni luminosi tra le foglie. 
Buonanotte.
Per questa volta sarò costretta ad ammettere che avevo torto: Jacob è un licantropo ed io adesso me la devo vedere con la vampira bionda più permalosa e spaventosa di tutte.

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Capitolo 5
*** 5. Segreti e Litigi ***


5. Segreti e Litigi

Chapter 5

Segreti e Litigi

Tutti mi mentono e non so perchè.

 

 

 

 

 

 

 

Non credo nelle coincidenze. So per certo che se l’intera famiglia Cullen manca anche oggi non è una coincidenza. Il sole non si è nemmeno fatto vedere, per cui la loro scusa preferita è saltata.
Non sento nessuno di loro da due giorni – oggi tre – e mi ritrovo totalmente spaesata insieme a Bella che non dice una parola. Ah, lei ed Edward hanno litigato, come avevo previsto, per il segreto che lui si è ostinato a tenere. Bella conosce Jacob da più tempo di me e in effetti credo che ci fosse qualcosa tra loro prima che arrivasse Edward.
Il mio problema in questo momento continua ad essere che non so che fine abbiano fatto i miei amici e Bella sostiene di non sapere nulla. Non mi fido molto perché per me la sua mente è inaccessibile. Anche per Edward è così, ma non sappiamo perché. Mi capita sempre di pensare che leggere la mente di una persona è sbagliato e per qualche secondo non lo faccio, ma è così sfiancante per me spingere tutte quelle voci fuori che a volte lascio perdere e basta. Con Bella è tutto diverso: non la sento, non la percepisco, non so che è nella stanza se non la vedo con i miei occhi ed è una cosa che mi irrita. Credo sia questo il motivo per cui molto tempo fa la evitavo. Convivo con il mio dono da molto tempo e sono abituata a sapere tutto delle persone che mi circondano, anche quello che non dovrei, e lei è sempre stata il mio punto debole. Quando me la ritrovo davanti, psicologicamente silenziosa, mi fa ricordare che sono umana.
Eppure un giorno imparai che le persone possono dire un sacco di cose vere, ma mentire comunque. Quando ascolto le loro bugie faccio attenzione alle loro espressioni, ai loro movimenti.
Così capisco che Bella mente. Prima di tutto non mi guarda molto negli occhi, il suo sguardo vaga per il corridoio e poi si tocca un sopracciglio, non credo che se ne renda conto, ma lo fa spesso.
«Lascia perdere.», dico mentre blatera ancora arrancando scuse. «Capisco che menti anche senza leggere i tuoi pensieri. Scusami, ma voglio stare da sola. Ci vediamo dopo.»
Le bugie mi mandavo fuori di testa. Credo che sia un problema che risalga ad una litigata con mio padre. C’è altro che Bella non ha voluto dirmi, me lo sento. Cercava di depistare la conversazione sui Cullen, ma anche quando ho nominato Jacob e i licantropi mi è sembrata strana.
Non ci penso molto su e compongo il numero. Uno squillo, due, tre, ma nessuno risponde. Riattacco. Forse è meglio lasciare perdere. Poi sento i pensieri di qualcuno fuori dall’edificio scolastico. Poi altri, molti altri. Sembrano fissare tutti qualcosa. Esco anche io per capire cosa stia succedendo e finalmente lo vedo. Ecco perché non rispondeva: era già qui fuori. Ancora una volta mi chiedo se oltre la licantropia abbia altri poteri soprannaturali.

 
Jacob non tiene a lungo il segreto, a dire la verità nemmeno ci prova. È stato l’unico a raccontarmi dei vampiri nomadi che sono rimasti per un po’ nel nostro territorio. Nostro non è il termine giusto: i Cullen hanno un territorio e i Quiluete ne hanno un altro. Insomma, questi vampiri nomadi sono rimasti a Forks per due giorni e tutti lo sapevano tranne me. Adesso la mia preoccupazione si è trasformata in nervosismo e non credo di voler vedere nessuno per il momento.
«Sarei anche potuta andare nel bosco. Che cosa avrebbero fatto in quel caso? Perché non dirmi niente? Io davvero non lo capisco.» Sto straparlando, lo so, e in altre circostanze me ne renderei conto e starei zitta, ma adesso sono con Jacob, uno che non si fa problemi a venirmi a cercare e a dirmi la verità. Anche se è un licantropo non mi sento inferiore a lui o fuori posto nella sua umile casetta. Tutto il contrario a volte mi succede con i Cullen e non so perché. Forse sono tutti gli anni che hanno vissuto che mi intimoriscono, tutte le cose belle e brutte che hanno visto e che io posso solo immaginare. Jacob è più come me: ha l’età che deve avere – anche se con tutta quella massa sembra più grande –, non è così criptico, riesco a intuire quello che vuole dire prima che lo dica e non ho bisogno di trucchetti con lui.
«Penso che volessero proteggerti, ma sono stati davvero molto stupidi. Io lo avevo detto a quello che legge la mente, ma non ha nemmeno detto agli altri quello che avevo pensato.», dice Jacob. Nella sua mente passa l’immagine di una piccola riunione. Da un lato ci sono i miei amici e dall’altro, a debita distanza, un branco di lupi – geneticamente modificati –. Quello che legge la mente è Edward e noto il disprezzo con cui lo ricorda.
«Quindi vi siete accordati sul da farsi?», chiedo per capire meglio.
«Non proprio. Abbiamo utilizzato il vecchio patto, quello che divide i territori. Noi non possiamo agire sul loro e viceversa. Ovviamente tutto è pensato per il bene della comunità e nessun umano dovrebbe sapere, ma credo che tu e Bella dovreste. Ci siete troppo dentro.»
Sento una strana inclinazione quando pronuncia il nome di Bella.
«Quando siamo usciti hai nominato Bella, ricordi?», chiedo circospetta. Lui annuisce distratto. «Lo hai fatto perché era l’unica cosa che ci legava o c’era qualcosa sotto?»
Non risponde si limita a fissare il pavimento con gli occhi sbarrati. Poi passa a me, ma non riesce ancora a parlare. Forse non trova le parole adatte. Ma non le sta cercando, non cerca delle parole, ma delle immagini.
Veloce come un treno arriva la prima: c’è Bella sulla spiaggia e c’è un ragazzo con i capelli lunghi… è Jacob. Non lo riconosco perché non lo conoscevo quando portava i capelli così. Stanno passeggiando e parlano di qualcosa, dei freddi. Il nome non mi è nuovo, ma non ricordo dove l’ho già sentito. L’immagine cambia e vedo casa di Bella. È la mente di Jacob-lupo, non umano che osserva Edward entrare da una finestra. In sottofondo Jacob ringhia sommessamente. 
Esco dalla sua mente, perché sento che la cosa potrebbe farsi un po’ troppo personale.
«Ok, ho afferrato.» Sposto lo sguardo altrove, mi sento in imbarazzo, ma sento il suo che non mi lascia un attimo. Lo sta facendo di nuovo, mi sta scrutando dentro perché vuole sapere quello che penso.
«Bella ti piace molto.», dico ovvia tornando a guardarlo. Mi sto infilando in un triangolo amoroso e la cosa non mi piace affatto, ma che cosa dovrei fare?
«Lei lo sa?»
«Io non glielo detto. E nemmeno tu.» Aggiunge l’ultima frase con una certa urgenza.
«Puoi stare tranquillo. Io ascolto in silenzio, non parlo mai. Ma credi davvero che non lo sappia?»
«Non lo so.», fa afflitto sedendosi sulla sedia malandata.
«Beh, è il genere di cose che una ragazza sa per certo.», rispondo. Poi però mi rimangio tutto. Bella non è come le altre. Credo che in realtà abbia tipo quarant’anni e non diciassette. Sembra sempre così matura, così al di fuori dagli scherzi adolescenziali della scuola. Forse non è nemmeno un’adolescente.
Sarà per questo che attrae così tanti ragazzi. Ricordo che quando è arrivata era la novità, il giocattolino nuovo con cui tutti volevano giocare: Tyler, Erik, Mike, povero Mike. Quando parla di loro lo fa come se si fosse tolta un peso, ma non lo fa mai con Jacob. Sa di piacere a Jacob e fa finta di niente, oppure non ci è davvero arrivata?
«Non importa che lo sappia o meno. Sta con quel vampiro ora.»
«Quel vampiro ce l’ha un nome, proprio come te.», ribatto offesa. Edward più di tutti è mio amico, mi sento così vicina a lui tanto da non sopportare che lo si offenda.
«Scusami tanto se le tue amicizie mi fanno schifo.» Fa una smorfia, tanto per evidenziare il suo sdegno.
«Anche a loro le mie nuove amicizie fanno schifo, ma hanno la decenza di non dire niente.»
«Non ti parlano, è ovvio che non dicono niente.»
«Ci vediamo, Jacob.», dico alzandomi. Sottolineo il suo nome e lui sa che lo sto facendo. È stato cattivo e non me lo merito. Non sono io il motivo per cui è tanto arrabbiato, quindi che si vada a sfogare contro un muro e non con me. Vado da sola verso l’uscita, non mi faccio accompagnare dal cafone muscoloso. Con la coda dell’occhio lo vedo alzarsi, ma resta immobile dov’è. Poi ricordo e torno indietro.
«Mi hai prelevata da scuola.», gli dico senza guardarlo, ma non credo che abbia capito. «Con la tua moto.» Ancora niente? «Me la faccio a piedi o mi riaccompagni, cervellone?»
  
Quando torno a casa la mia voglia di conversazione è pari a zero. Mi ritrovo a pensare a quel gioco per la play, “The Sims”, e ricordo le barre dei bisogni tra cui c’era conversazione. Anche non avendo parlato molto oggi la mia barra è strapiena. Tessa accenna ad un viaggio di mio padre durante la cena, ma io sono in un altro mondo, quello della mia mente, e non le do molta retta. Penso a Bella che oggi ho trattato proprio da schifo e ai Cullen che in fondo volevano solo proteggermi. Penso anche a Jacob, ma sono ancora arrabbiata ed il mio è un pensiero passeggero.
Tessa sta facendo dei pensieri davvero pesanti invece, si stressa e stressa perfino me. Giuro che sto arrivando al limite, ma cosa avrà di tanto importante da fare? Devo uscire da questa casa o litigherò anche con lei.
Faccio un giro in giardino per calmarmi e sono anche senza giubbotto perché la fretta fa i figli ciechi o una cosa del genere che diceva sempre a mia madre. Quando penso a lei ho come un flash. Oggi Jacob quando ha ricordato la passeggiata con Bella ha pensato anche ai freddi e a quanto pare mia madre li conosceva dato che Billy ha espressamente chiesto i suoi libri.

Il consiglio sarà molto contento di questi. Emis diceva sempre che ci sarebbero stati utili per capire i freddi meglio.
, questo è stato il suo pensiero. Qualcosa mi sfugge e mentre mi scervello giro in tondo. Devo sapere cosa c’è sui libri di mia madre.

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Capitolo 6
*** 6. Invitato Speciale ***


6. Invitato Speciale

Chapter 6

Invitato speciale

Sconvolgente nuovo arrivo e notizia inaspettata.

 

 

 

 

 

 

 

Varco la tetra soglia della scuola con gli occhi gonfi. Non ho dormito nemmeno un po’ stanotte e adesso mi sento uno zombie in cerca di cervelli. Anzi a dire la verità è più come essere completamente sbronzi perché qualsiasi rumore mi fa sanguinare le orecchie e la testa.
Vedo Bella in lontananza e le vado subito incontro per chiederle scusa. Lei risponde che è tutto okay e che una giornata no capita a tutti. Poi mi parla di Jacob.
«Mi ha raccontato di ieri sera.», comincia subito. Vuole ascoltare la mia versione, ma a quanto pare sta dalla mia parte. Bene.
«Come mai siete così amici tu e lui?», chiedo quasi per depistarla dalla discussione.
«Quando mi sono trasferita qui non conoscevo nessuno e il primo giorno Charlie mi ha fatto portare il pick-up da lui e Billy. È stato la prima persona con cui ho legato. Ovviamente il fatto che i nostri padri fossero molto amici ha aiutato.»
Non menziona mai un legame più forte di un’amicizia, ma sento che il suo cervello lavora parecchio. Credo che sappia bene che lui provi qualcosa per lei, ma preferisca tenerlo per sé. È giusto, non aggiungo niente né la sprono a parlare, specialmente per come è finita ieri con Jacob.
«Oggi i nostri amichetti ci sono?», chiedo sarcastica. Bella annuisce sorridente.
Alla fine il piccolo malinteso si è risolto. In realtà io ho espressamente chiesto di essere messa al corrente di ogni cosa strana che avvenga a Forks e loro hanno accettato anche se non so per quanto manterranno la promessa. Chissà quanto vale la parola di un vampiro centenario.
Edward aspetta la sua dolce metà davanti il suo armadietto. Non sono una che ama il romanticismo, anzi, ma sono così dannatamente teneri quando si guardano che non posso non sorridere e voltare lo sguardo dall’altra parte. So quanto è difficile per Edward stare vicino a Bella così sia perché lo sento sia perché ne abbiamo parlato una volta.
Potrebbe sembrare inumano e strano un rapporto così e non nascondo che anche io l’ho pensato una volta – anche se è stato un pensiero molto fugace – ma quello che hanno loro è speciale, diverso, non come le storielle che nascono al liceo, quelle che durano una stagione. Sembrano vivere in un romanzo rosa, un bestseller da milioni di copie vendute. Chissà magari qualcuno un giorno scriverà davvero una storia su di loro. Edward mi guarda e sorride.
Stiamo per andare nell’aula di biologia, quando una voce attira sia me che Edward. La voce è quella silenziosa ma perforante di una mente che ti cerca e ti parla.

Di solito saluta chi arriva. Quindi… ciao.
Edward si volta lentamente e guarda verso l’ingresso. Un tizio che mi sembra una montagna – ma probabile che lo sembri soltanto a quelle piccoline come me – si avvicina con un sorrisetto da sbruffone stampato in faccia. Ha i capelli tagliati corti, a spazzola, di uno strano castano cioccolato, gli occhi enormi e dorati e la pelle così pallida da risultare trasparente. Vampiro.

 

 

Il nuovo ragazzo-vampiro si chiama Scott Evan e viene dall’Oregon. È passato alla dieta vegetariana da circa due anni e ha sentito parlare molto dei Cullen. Credo siano tipo una leggenda nel loro mondo. Ha meno di cent’anni e ne dimostra diciotto. Edward ha detto che è meglio non dirgli del mio “potere” perché ancora non ci fidiamo di lui. Più lo guardo più mi fa pensare ad un mix di Jacob ed Edward. Inutile dire lo sdegno che prova quest’ultimo quando ascolta i miei pensieri. Non credo che sia Bella la causa di quest’odio reciproco, ma più che altro la loro natura. Vampiri e licantropi non sono fatti gli uni per gli altri e questo l’ho capito con l’esperienza.
Il nuovo arrivato non mi sconvolge più di tanto, ma è tutto il contrario per il resto della popolazione femminile della scuola – a parte Bella, ovviamente –.
A pranzo il nostro tavolo è affollato di gente: cheerleader,  ragazze della pallavolo e persino quelle che si occupano dell’annuario. Tutte si sono avvicinate con qualche scusa banale, più che altro fingendo di voler parlare con Alice come al solito. Il loro obiettivo in realtà è un altro e sarebbe in grado di capirlo persino un bambinetto di pochi anni. Lo strano sovraffollamento femminile mi infastidisce e decido di andare a mangiare per conto mio fuori. Di avere un po’ di sole nemmeno se ne parla, ma almeno non fa il solito freddo cane. In lontananza vedo Amanda, una ragazza che conosco praticamente da una vita. Credo di conoscere tutti da una vita, insomma quando abiti per diciassette anni in una cittadina piccola come Forks è normale conoscere tutti. Lei si avvicina e si siede accanto a me.
«Ciao.», mi dice. «E’ praticamente da una vita che non ti si vede in giro.»
«Oh, lo so.» Non so esattamente come dovrei giustificare la mia assenza da tutte le feste a cui mi hanno invitata o semplicemente la mia costante fretta a scuola.
«Più o meno da quando frequenti i Cullen.»
«Si, loro sono…»
«…impegnativi?»
«Direi di si.» Sorrido imbarazzata perché non so veramente cosa dire. Prima che arrivassero loro e anche prima che Bella si trasferisse qui passavo molto tempo con lei e con il suo gruppo di amici. Andavamo ogni sera fuori città, al cinema di Portland o in qualche locale tranquillo. Non stavo molto a casa e Tessa si lamentava spesso. Quando mio padre è venuto a sapere tutto questo è andato su tutte le furie e direttamente dal Messico ha mandato la sua punizione. Tessa – non saprò mai se con piacere o a malincuore – mi faceva rispettare i termini e gli accordi della mia punizione. Poi sono arrivati i Cullen e di colpo mi sono sentita diversa. Finalmente avevo a fianco qualcuno che poteva capire cosa succedeva nella mia testa e che non lo trovava strano o da manicomio. Era come se improvvisamente fossi cresciuta e avessi capito che il mondo nascondeva un segreto molto più importante di un venerdì sera di baldoria. Per tutti questi motivi di colpo avevo smesso di frequentare Amanda e molti altri e questo non era stato un punto a mio vantaggio: oggi a scuola non mi salutano e se mi vedono distolgono lo sguardo. Amanda è una delle poche con cui ogni tanto scambio due chiacchiere. Nonostante tutto non vorrei tornare a prima perché mi sembra tremendamente infantile.
Quando finisco il mio pranzo Amanda è già andata via da un po’ ed io ormai infreddolita non vedo l’ora di tornare dentro.
«Ehi, asociale.» questo è il saluto di Rosalie.
«Bionda.» Sembra che tutte le nostre questioni in sospeso siano state dimenticate. Non ce la faccio a rimanere arrabbiata con lei per molto tempo, è la mia migliore amica.
«Cosa pensiamo di questo Scott?», le chiedo cercando il mio cellulare nella borsa.
«Che sia uno sbruffone pieno di sé. E poco dotato.» L’affermazione mi fa ridere, anche se so che ovviamente si sta riferendo al fatto che non abbia poteri particolari.
«Vampiro standard?» Rosalie annuisce fingendosi annoiata. Sto continuando a cercare il mio dannato cellulare, quando rischio di finire addosso a Scott. Comincio a raccogliere una serie di scuse, mentre Rosalie se la ride alla grande. Scott non parla, ma mi osserva finchè non smetto. Poi esce dalla tasca del giubbotto – che è una copertura perché la loro temperatura è tipo sotto la media del genere umano – il mio cellulare.
«Hai dimenticato questo fuori.», dice con uno strano accento inglese.
«G-grazie.», mi esce fuori come se fossi un robot rotto. Odio la mia goffaggine.
«Figurati. Ah e comunque non sono poco dotato. Io trovo le cose e a volte anche le persone.»

 

 

Perché la frase di Scott mi ha messo i brividi non lo so e sinceramente non lo voglio nemmeno sapere. Sarà che ancora non lo conosco e che devo mantenere il segreto su di me, ma preferisco restargli lontana il più possibile. Io e Bella abbiamo un compito da finire e dobbiamo farlo insieme per cui torno a casa con lei.
«Ti spiace se faccio una doccia prima?», mi chiede appena arriviamo.
«No, figurati.»
Provo ad accendere il vecchio computer della sua camera e mentre aspetto che il processore a carbone si accenda la sento tornare.
«Mi faresti un favore? Ho un problema al motore del pick-up e credo che l’unico al mondo in grado di aggiustarlo sia Jake. Lo chiameresti?»
La fisso con le sopracciglia alzate e lo sguardo esterrefatto. Davvero crede che me la beva? Anche senza dover leggere la sua mente so che è tutta una scusa per farci riappacificare ed è davvero molto puerile. Adesso mi prega anche con il pensiero. Mi alzo dalla scrivania e annuisco.
«D’accordo, ma uso il telefono di casa tua, impicciona.»
Scendo velocemente al piano di sotto. Mia madre mi ha insegnato che è meglio togliersi il dente subito. Compongo il numero – dopo aver controllato che sia giusto perché sono una frana con i numeri – e aspetto silenziosamente che qualcuno risponda. Sorprendentemente è Billy.
«Ciao, Cassie. Vedendo il numero pensavo fosse Charlie. Come sta il tuo vecchio?»
Comincio a parlare tranquillamente con Billy e peccato che non possa leggere la sua mente perché vorrei sapere qualcosa sull’argomento che mi ha tenuta sveglia tutta la notte. Alla fine decido che è meglio non chiedere niente e cerco di farmi passare Jacob. Prima che possa chiedere di lui il campanello di casa suona e vado ad aprire con Billy che sta ancora parlando.
«Billy lascia perdere. Cercavo tuo figlio, ma a quanto pare lui ha trovato me.»
Jacob resta sulla soglia di casa come uno stoccafisso. Mai visto uno stoccafisso a petto nudo, in calzoncini e scarpe da tennis però. Però. Gli faccio cenno di entrare e gli dico che Bella è sotto la doccia.
«Prova a fare qualche strano pensiero e sei morto.», gli sussurro.
«Mi hai preso per un pervertito?»
«Era solo per dire.»
Si siede sul divano ed io resto all’ingresso del salone. Mi sento un po’ in imbarazzo ora. Vorrei chiedergli se Edward sa che va a casa della sua ragazza così, ma temo di ricominciare il discorso del giorno prima e allora preferisco stare zitta. Leggere i suoi pensieri mi irrita al momento quindi lo isolo e mi metto a canticchiare qualcosa a bocca chiusa.
Ha lo sguardo accigliato e sembra impaziente di andare via. Quando Bella scende ancora con i capelli bagnati si abbracciano e quel secondo in più che lui la stringe mi fa sentire in colpa. E’ come se stessi assistendo ad un tradimento e non lo dicessi ad Edward. Perché Bella non fa nulla per sbloccare questa situazione? Questa cosa mi fa incazzare. Li fisso di proposito e Jacob lo capisce perché si  mette a fissarmi di rimando e scuote la testa cercando di capire cosa c’è che non va.
«Quella cosa possiamo finirla anche un altro giorno.», dico rivolta a Bella. «Vado a casa.»
«Ok.», risponde Jacob. La mia faccia da a vedere quanto io sia stupita dalla cosa. Bella ovviamente mi dice di restare e che non c’è motivo che io me ne vada, ma preferisco non dare fastidio a nessuno. Mentre Bella torna di sopra per asciugare i capelli umidi io prendo le mie cose e faccio per uscire. Jacob mi è venuto dietro ma cerco di ignorarlo.
«Si può sapere che ti prende?» Che prende a me?
«Ma non ti rendi conto di come ti comporti?», gli dico avvicinandomi. Non voglio che Bella senta. «Mi sono sentita terribilmente a disagio. Sta con Edward e non credo che la cosa finirà presto. Scusa se te lo dico, ma davvero non capisco perché devi continuare a sbatterci la testa.»
«Il modo in cui mi comporto non è affar tuo.» Mi sta facendo innervosire veramente tanto allora comincio ad urlargli sottovoce.
«Sei tu che mi hai messo al corrente della cosa!», rispondo a denti stretti.
«Ma non ho chiesto il tuo parere, mi pare.», dice e sembra offeso.
«E io voglio dartelo lo stesso. Stai sbagliando e ti fai anche del male e non è giusto per nessuno.»
Vedo che soppesa la cosa e mi studia anche se dovrebbe studiare se stesso. Ci sono cose che non mi ha detto, ma non le cerco nella sua testa. Fin dal primo momento ho provato questo senso di protezione nei suoi confronti, ma non capisco perché. Prima sentivo che c’entrava la morte delle nostre madri, però adesso i nostri genitori non sono stati nemmeno menzionati ed io gli sto comunque dicendo che non si merita di stare dietro una storia impossibile che gli spezzerà solo il cuore. Ora si è messo quell’espressione da bimbo che adoro, ma allo stesso tempo non posso guardare.
«Se non sbaglio ti devo una cena, quindi… Perché non ti vai a mettere una maglietta e magari una felpa, così per mantenere l’illusione di essere normale e andiamo a mangiare?»
Accetta volentieri anche se sostiene fermamente che non si farà offrire nulla. Invitiamo anche Bella – la invita lui perché a me non è sembrato il caso – ma lei rifiuta perché ha da fare con Edward.
Restiamo solo io e Jacob e so già quale sarà l’argomento della serata.

 

Volevo andare in un posto carino dove mi portava sempre mio padre, ma Jacob insiste e dice che non c’è bisogno di fare niente di che. Rimaniamo a casa mia – Tessa è stata invitata a cena da una sua amica quindi siamo soli – e decido di preparare un buon piatto di spaghetti. Abbondo con la sua porzione perché ricordo quanto ha mangiato quella sera al fastfood e lui apprezza evidentemente. Mi alzo per prendergli un’altra birra e una domanda mi sorge spontanea.
«Jake, voi licantropi potete ubriacarvi?»
«Lo chiedi perché è la seconda o è semplice curiosità?», dice ridendo.
«No, non credo che tu sia un ubriacone!»
«Non ho mai provato, ma credo che il calore del mio corpo brucerebbe subito l’alcool. Mi chiedo invece cosa succederebbe ad una piccoletta come te.»
Torno a sedermi a tavola e lo guardo male mentre stappa la bottiglia. «Io non sono una piccoletta e posso bere tranquillamente senza risentirne.»
«Certo, certo.» Assume quel suo strano cipiglio divertito e dolce.
«Mi stai sfidando?»
«No, Cassie. Sei già abbastanza schizzata al naturale, immagino lo spettacolo da ubriaca.»
Cominciamo a prenderci in giro finchè non mi ritrovo a lanciargli chicchi d’uva. Lui riesce a schivarli e li ingoia uno dopo l’altro.
Gli dico di scegliere un film mentre io sparecchio e torna tutto contento dopo un po’ con un dvd in mano. Si mette in testa però di aiutarmi con i piatti e combina un casino con il sapone. Proviamo a invertire i ruoli – io lavo e lui asciuga – e sembra andare meglio. Si mette persino a fare un balletto mentre rimette a posto i piatti nella credenza. Credo di adorarlo. Non è un pensiero strano perché le persone come lui sono veramente poche e mi fa ridere così tanto che sono contenta di averlo invitato. Poi mi accorgo che è ancora a petto nudo e la cosa mi turba. Mi turba che io non ci abbia fatto caso fino ad ora e che lui stia mezzo nudo a casa di tutti.
«Senti ti presto una maglietta di mio padre.»
«Non ce n’è bisogno.»
«Si, immagino che tu non senta freddo, ma non voglio che Tessa tornando pensi chissà cosa.»
Tessa già crede che Jacob mi piaccia in quell’altro senso, figuriamoci cosa potrebbe pensare se ci trovasse sul divano così. Questo non è stato mica un appuntamento, ma soltanto una semplice cena tra amici.
Ci sediamo sul divano a guardare il film che ha scelto, ma in realtà passiamo il tempo a parlare. Di Bella. Ho veramente sonno, ma non voglio fare la padrona di casa pallosa e lo lascio parlare a ruota libera.
«Sento di aver perso tutto questo tempo dietro lei quando invece mi ha sempre visto come un buon amico e niente di più. Mi vuole bene lo so, ma non è l’affetto che voglio io.»
«Beh,» rispondo sbadigliando. «è il momento di voltare pagina.» Lo dico perché è la tipica frase che si dice in questi casi, non alludo a nessuno e di certo non volevo assumere un tono solenne. Ma Jacob sembra soppesare la frase come se avessi appena detto qualcosa di vagamente filosofico. Non ci do molto peso, forse avrei dovuto, e mi metto comoda sul divano. Sono passati pochi minuti quando il mio testoncino rischia di cadere. Jacob accompagna la caduta così da renderla dolce e lenta, ma mi tiene lì, vicina al suo viso. Cerco di ritrarmi, ma i suoi occhi mi stanno incatenando. E poi quando si avvicina per baciarmi mi ritraggo violentemente e mi prendo una testata. Istintivamente porto le mani al naso dolorante. Di cosa cavolo è fatto? Granito? Saltello per tutta la stanza piagnucolando come una bambina per il dolore. Riesco ad arrivare alla cucina e cerco il ghiaccio in freezer. Jacob sembra non capire il perché di tanto trambusto e mi viene dietro, prova a dare un’occhiata, ma io mi ritraggo di nuovo di scatto.
«Mi spieghi questa reazione violenta?», chiede spaesato.
«Volevi baciarmi!»
«Beh, ho qualche malattia infettiva?» Il tono di offesa nella sua voce mi stupisce e cerco di prenderlo in contropiede.
«Beh, sono una qualche specie di rimpiazzo?»
Mi prende il ghiaccio dalle mani e lo avvolge in uno strofinaccio. Poi lo poggia delicatamente sul mio povero setto nasale.
«Scusa.», dice sorridendomi. Ed è quel suo sorriso che vorrei distruggere ma ammirare tutto il giorno allo stesso tempo. «E’ ovvio che tu lo abbia pensato, ma ti assicuro che non è così. Mi andava di farlo.»
Mi lascia a bocca aperta, non so che dire. Mi andava di farlo.
«Non ho capito.»
«Pensavo che potendo leggere la mente avessi già capito.»
Il mio sguardo gli fa capire che non so di cosa stia parlando. Mi sento un’ebete a stare con il ghiaccio sul naso e con lui davanti che cerca di alludere a qualcosa.
«Mi piaci, Cassie.»
Ed ecco che il ghiaccio non serve più perché io sono diventa un intero blocco freddo, un iceberg gigante che fluttua per casa. Qualsiasi cosa dica gli esce con una naturalezza che mi sconvolge. Adesso ha il tono che si assumerebbe dicendo: “Oggi è una bella giornata”. La mia espressione deve essere piuttosto eloquente e Jacob si mette a ridere.
«Scusa, è che non so che dire.»
«Non devi dire niente, se non ti va.» Ora il suo sguardo addosso mi sembra pesante. «Però te lo dico subito: non voglio che cambi niente tra noi. Questo mi piace davvero.» Fa un gesto con le mani indicando lo spazio tra di noi.
«Anche a me piace stare con te.», dico e me ne pento subito. «E’ che non so cosa pensare. Mi hai spiazzata.»
«Il tuo superpotere perde colpi?»
«In realtà io evito di leggere i tuoi pensieri.»
«Perché?», chiede sorridendo. Non capisco se la cosa gli fa piacere o no.
«Non mi sembra giusto. Lo faccio anche con gli altri a volte, ma con te è diverso.»
«Grazie.»
Di nuovo non rispondo perché non riesco a farlo. Perché gli ho detto che con lui è diverso? Non so nemmeno io che cosa significhi, forse è quella stramaledetta sensazione che ho avuto fin da subito nei suoi confronti. Sono in visibile imbarazzo adesso e il mio cervello cerca di elaborare l’accaduto. C’è una domanda che più di tutte sta picchiando sulla mia corteccia frontale, vuole farsi sentire, ma io la sto bellamente ignorando.
«Resto finchè arriva tua zia o preferisci che me ne vada?», chiede distrattamente.
«Resta.», rispondo subito. Non voglio rimanere da sola e soprattutto non voglio che Jacob pensi che adesso lo eviterò come la peste.
Tessa non ci mette molto a tornare e il suo sguardo compiaciuto mentre fissa me e Jacob seduti vicini sul divano mi irrita. Quando lui se ne va chiede i particolare della serata, ma io resto sul vago. Ho molto a cui pensare.
Credo che stanotte dormirò e finalmente lo faccio dopo molto tempo, ma prima di addormentarmi, esattamente poco prima di non capire più nulla, la domanda che tanto premeva per uscire ritorna a galla. Cosa provo io per Jacob?

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Capitolo 7
*** 7. Jacob ***


7. Jacob

Chapter 7

Jacob

Come e con quante persone ho parlato di lui.

 

 

 

 

 

 

 

Ho cercato di evitare tutti per un po’ in questo periodo, soprattutto Jacob. So che non volevo fargli credere di evitarlo come la peste, ma voglio capire le mie vere intenzioni prima.
Il campanello di casa suona nel pomeriggio e posso già indovinare chi è. Le urlo che è aperto e la mia bella amica bionda si fa spazio tra tutti i quaderni sparsi sul tavolo e si siede al mio fianco.
«Che fine hai fatto ieri?», chiede accigliata.
«Ho dimenticato qualcosa?», le chiedo io a mia volta mentre mastico un pezzo di torta che Tessa ha sfornato poco fa. Sono sicura che voglia vedermi grassa.
«No, ma ieri sera sei sparita.»
«Ero a casa, Rose.» Non c’era nessun evento ieri e non c’eravamo messe d’accordo per vederci.
«Oh, lo so. Sono venuta a controllarti. Intendevo che sei sparita dalle visioni di Alice.»
Rosalie assume quello sguardo indagatore di un detective e mi chiedo se in una delle sue identità passate non lo sia stata per davvero. Non so cosa risponderle, non vedo cosa c’entri io se le visioni di Alice sono impazzite.
«C’entra il tuo nuovo cane da guardia. Alice non riesce a vederlo e non sappiamo perché. Io credo che sia perché cambia in continuazione forma: cretino, cane, cane, cretino. Sai, quando è così, nemmeno il futuro ci capisce più niente.»
La battuta non mi fa sorridere – anche se credo che debba essere piuttosto esilarante per una come lei – e torno a fare i miei odiosi compiti. Rosalie resta un po’ a fissarmi, ma so che vuole parlare, anche se non la guardo.
Perché lo frequenti?, chiede con il pensiero. E sii sincera stavolta.
«Non so, sai? Magari mi piace.»
«Ti piace nel senso che potrebbe nascere una storia con lui? Un licantropo?»
«Senti, Rose, questa storia del licantropo mi ha proprio scocciato. Se dobbiamo dirla tutta, e non ti offendere ti prego, quella più pericolosa qui sei tu, che con la tua dieta potresti uccidermi.» Poso la penna sul tavolo perché ho capito che non si studierà oggi. Per fortuna non ho nessuna interrogazione prevista e anche avendola, posso barare tranquillamente.
«Nessuna offesa, forse hai ragione. Ma non hai risposto alla mia domanda.» Ride sotto i baffi ed io faccio lo stesso.
Io e Rosalie per certi versi siamo molto simili. Siamo diventate così amiche perché fin dall’inizio è scattato qualcosa tra noi: l’acidità delle nostre battute, la tendenza a dire tutto quello che ci passa per la testa, sono cose che uniscono due persone se tutti gli altri le ritengono delle antipatiche straparlone. E poi con lei riesco a parlare di tutto. Anche adesso che avrei preferito non affrontare l’argomento Jacob lo sto facendo, non posso tenere dei segreti con Rosalie. Ed è proprio per questo che decido di raccontarle tutto. All’inizio è tranquilla: mi ascolta parlare e da un’occhiata alle proprie unghia, tipico.
«E poi ha cercato di baciarmi.» Ed ecco che il suo sguardo cambia e so che se avesse Jacob davanti lo spedirebbe fuori dalla finestra con un dito.
«E tu che hai fatto?», chiede minacciosa.
«Mi sono tirata indietro perché mi sono sentita un mezzo rimpiazzo. Lui si è scusato e ha detto che gli piaccio. Sostiene che avrei dovuto capirlo grazie al mio potere, ma…»
«Tu non leggi la sua mente, lo so.», conclude lei rapida. La cosa non le piace – non ho bisogno di nessun truccheto per capirlo – ma sta cercando si essere comprensiva.
«E adesso? Cerchi di capire se ti piace?»
Annuisco, ma il mio è un gesto sconsolato perché mi sento davvero confusa. Rosalie sta pensando a cosa dire, o meglio, pensa a come dirlo per non risultare super acida con me.
«Cassie, odio dovertelo dire, ma devi fare quello che ti senti. Odio anche il fatto che sia un licantropo e che tu non ti sia scelta un umano qualsiasi come è giusto che dovrebbe essere, ma spero che sia un flirt adolescenziale e come tale passeggero.» Quando dice cose del genere mi rendo veramente conto che la mia migliore amica è un vampiro di almeno cent’anni.
«Grazie mille. Se prima avevo dei dubbi, grazie a te sono spariti sicuramente.», rispondo con un finto sorriso.
«Sono solo sincera.», dice sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori.
Quando se ne va, penso ancora a quello che ci siamo dette. Magari ha ragione sul flirt passeggero, perché no? Improvvisamente la voglia matta di mandare un messaggio Jacob mi assale e non riesco a capire perché. Sicuramente sarà di turno per la ronda e non avrà tempo per me. Qui tutti sembrano maledettamente impegnati a salvare il mondo mentre io e la mia mente continuiamo con questa menata del “mi piaci o no?”. Mi sento così umana in questo momento.
Lascio perdere il messaggio e mentre salgo le scale per andarmi a rintanare nella mia camera qualcuno bussa al vetro della porta sul retro.
Non ho più dubbi. Jacob mi piace.

 

 

«Avevo intenzione di mandarti un messaggio.», gli dico aprendo la porta e facendo entrare l’aria fredda della sera in corridoio.
«Perché non lo hai fatto?», sorride. Inutile dire che è a petto nudo – di nuovo – e che la cosa adesso mi turba perché mi rendo conto che ha degli addominali che fanno paura. È strano come l’idea che hai di una persona possa cambiare quando capisci che in realtà ti piace. Fino a qualche giorno fa non mi faceva alcun effetto.
«Mi è sembrato stupido, non volevo disturbare.» Esco fuori stringendo le braccia al petto. Il calore che è salito alle mie guancie dovrebbe bastare per tenermi al caldo.
«E’ stupido dire che lo stavo aspettando? Facevo la ronda, ma continuavo a pensare che se mi avessi cercato non sarei stato reperibile.» Si siede sui gradini dell’ingresso e io faccio lo stesso. Si sta chiedendo dov’è Tessa, ma lei è già a letto da un pezzo.
«Perciò eccoti qui.»
«Eccomi qui.» Deve smetterla di guardarmi e sorridere perché non riesco a concentrarmi così.
«Cassie, volevo chiederti scusa per il mio comportamento da pazzo. Insomma prima ti tratto male e poi ti dico che mi piaci. Capisco che possono sembrare dei segnali sbagliati.»
«Tranquillo, ci vuole molto più di questo per turbarmi.» Tipo te in questo momento.
«Le nanerottole non si scandalizzano molto più facilmente rispetto a delle ragazze normali?»
«Spiritosissimo, gigante.»
Ridiamo un po’ e poi mi chiede come è andata la mia giornata. Gli racconto della scuola e del mio metodo alternativo e illegale di studio. Lui si diverte a prendermi in giro, come al solito, e continua ad ascoltarmi tranquillamente. È così facile parlare con lui, ma non voglio monopolizzare la conversazione e a mia volta gli chiedo come è andata la sua di giornata.
«Solite cose: sono stato per qualche ora a scuola e ho saltato le altre lezioni, ho fatto un turno di ronda, setacciato una pista fresca e poi sinceramente ho dormito come mai nella mia vita. È stato meraviglioso, ero davvero stanco morto. E adesso sono qui a parlare con te.»
«Pista fresca? Ci sono di nuovo dei nomadi in giro?», chiedo un po’ allarmata.
«No, no. A quanto pare è arrivato un vampiro come i Cullen. Il dottore mi ha detto il nome, ma non gli ho dato molta importanza.»
«Scott Evan.», rispondo io subito.
«Lo consoci?» Jacob si preoccupa subito.
«Conoscere è una parola grossa. È arrivato oggi a scuola e ci siamo scontrati, più o meno.»
«Stai attenta, per favore.» Il suo sguardo mi ricorda quello apprensivo di un padre e ne sorrido, ma lui non sembra apprezzare.
«Scusa.», dico subito. «Ma sai che i miei amici metterebbero a soqquadro la scuola se mi succedesse qualcosa.»
«Ci conto.»
Gli dico di come questo vampiro sembri un incrocio tra lui ed Edward e anche lui ha la stessa reazione sdegnata. Mentre parliamo non mi rendo conto che le nostra braccia si toccano e la cosa mi piace. Prima di tutto perché così non rischio l’ipotermia e poi perché so che anche lui se n’è accorto, ma non fa nulla per spostarsi. Oh Dio, sto diventando scema.
Mi sento piuttosto matura per avere diciassette e non ho paura di risultare poco modesta o umile quando lo dico. Credo che influisca molto quello che sono in grado di fare con la mente della gente e le persone che frequento. Ripenso ad Amanda per qualche secondo.
«Come fai ad arrivare sempre al momento giusto?», chiedo a Jacob.
«Consideralo il mio potere speciale.»
Non so quanto rimaniamo sul mio portico posteriore a parlare. Nemmeno so di che cosa stiamo parlando o se sono soltanto io a parlare, ma so che mi piace parlare con lui o semplicemente stargli accanto. È confortante.

 

 

Ormai sono abituata ad essere uno zombie la mattina, anche se devo dire che non avendo sforzato il cervello più di tanto posso affermare di avere semplicemente sonno. Racconto la mia serata a Tessa e anche a Rosalie, il che vuol dire che molto probabilmente Alice ed Esme sono già state informate di tutto ed Alice vorrà un resoconto di cosa indossavo e della postura in cui ero seduta. Alice è una che ci tiene alle apparenze.
Tessa sembra contentissima, anche se mi ha chiesto di evitare di restare fuori così tanto tempo la prossima volta. E’ la zia più moderna che conosca, ma è pur sempre una zia.
Il sabato mattina sembra cominciato bene, anche la solita chiamata con mio padre sembra tranquilla, anche se con lui non si può mai dire.
Questo mi fa ricordare che devo assolutamente sapere dei libri di mia madre. Ogni volta che mi metto per chiedere qualcosa a Jacob lo guardo e dimentico tutto. Adesso che so tutta la storia dovrebbe essere lecito per me sapere tutta la verità, no?
Chiamo Bella e le chiedo di andare a fare colazione insieme, anche perché è l’unica che mangi con me. Decidiamo di andare in una tavola calda vicino casa perché fanno delle ciambelle al cioccolato che sono la fine del mondo. Ci sediamo e ordiniamo, oltre le mie amate ciambelline, un cappuccino e un latte macchiato.
Dopo qualche minuto ci mettiamo a parlare in maniera molto fitta di Edward e di quanto lei lo ami alla follia. Non mi dispiace trattare questo argomento, anche perché mi diverto a smontare l’immagine perfetta che lei ha di lui. Mi sembra doveroso raccontare anche a lei di Jacob, ma non avevo previsto che Alice ha una lingua molto veloce.
«Mi ha già raccontato tutto, figurati.», dice infatti.
«Capisco perché abbiano scelto Forks come casa. Altro che mal tempo e cielo perennemente nuvoloso: sono tutti dei pettegoli, proprio come ogni persona che abbia mai messo piedi qui.»
«A proposito.», risponde Bella ridendo. «Oggi è previsto un gran temporale e i ragazzi giocano a baseball. Vieni?»
I nostri vampiri possono giocare a baseball come piace a loro soltanto quando dei tuoni piuttosto potenti risuonano tra le montagne della nostra bella cittadina. Ho chiesto ad Emmett perché non giochino più piano così da poterlo fare più spesso, ma mi ha risposto che non si divertono se devono fingere di essere degli umani pappamolla. Ho chiuso il discorso lì.
«Si, certo. Non ho niente di meglio da fare.»
Perché mi sorprendo quando il mio cellulare squilla? È il suo potere speciale, me lo ha detto. Bella capisce al volo che il sorriso che è spuntato sulle mie labbra non ha nulla a che fare con la partita di baseball e chiede se abbia trovato qualcosa di meglio da fare. La risposta è sì. Spero che i miei amici non si offendano troppo, se per oggi preferisco stare con Jacob.
Quando il ragazzone bruno arriva a casa mia con la sua moto per poco Tessa non rischia l’infarto. Comincia a straparlare – è proprio mia zia – e a fare raccomandazioni. Mi informa sulle norme di sicurezza e di come si allacci in maniera corretta il casco. Alla fine sono costretta a scappare e a chiedere a Jacob di metter in moto il più in fretta possibile. So bene che Tessa mi sta fissando dalla finestra, senza farsi vedere, perciò quando chiudo il casco sotto il mento mi volto verso la facciata della casa e lo indico. La tenda dell’ingresso si muove e so che la mia dolce zietta ha il cuore in pace, almeno un po’.

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