A new Keyblade War

di Lux94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo – Chapter 0 ***
Capitolo 2: *** Una nuova Luce –Chapter 1/13 ***
Capitolo 3: *** La prima serratura –Chapter 2/13 ***
Capitolo 4: *** Attacco a London –Chapter 3/13 ***
Capitolo 5: *** Sorprendenti rivelazioni -Chapter 4/13 ***
Capitolo 6: *** L’esame di Maestria -Chapter 5/13 ***
Capitolo 7: *** Una Princi...persa? –Chapter 6 ***
Capitolo 8: *** Sentori di guerra –Chapter 7/13 ***
Capitolo 9: *** Rainy nights–Chapter 8/13 ***
Capitolo 10: *** L’oscurità che tutto avvolge –Chapter 9/13 ***
Capitolo 11: *** Hidden Truths -Chapter 10/13 ***
Capitolo 12: *** The dark side of the Moon –Chapter 11/13 ***
Capitolo 13: *** Epilogo –Chapter 12/13 ***
Capitolo 14: *** Secret Ending. –Chapter 13/13 ***



Capitolo 1
*** Prologo – Chapter 0 ***


Nella stanza circolare, tutta bianca con venature ferrose date da alcuni macchinari, si ergevano tredici troni. Uno più alto dell’altro, non ve n’era uno che avesse la stessa altezza dell’altro. Improvvisamente su dieci di questi comparvero delle macchie oscure. Erano come dei buchi neri in miniatura, da essi si materializzarono delle figure incappucciate, coperte da un mantello nero. Dalla testa ai piedi erano coperti di nero. Il vestito anch’esso nero aveva dei pendenti e la cerniera in metallo, e il grigio risaltava ancora di più su quel nero così profondo. Dal quarto trono più alto la figura che ne era comparsa iniziò a parlare rivolgendosi, per quanto possa sembrare, al capo che sedeva sul trono più alto.
-Maestro, in questo nuovo ordine mondiale, che sembra non avere più legami col vecchio, è tutto diverso, capovolto. La nostra ricerca potrebbe essere più difficile, senza contare che a dispetto delle nostre aspettative siamo inferiori al numero prestabilito.-
Anche da sotto il cappuccio del “Maestro” si notava il suo sorriso, malvagio e pieno di aspettative. Lasciò finire il membro in nero, poi prese a parlare. La sua voce, la riconoscerei tra mille, ormai segnata dall’età, dai secoli vissuti, se non addirittura millenni. –Miei cari vessilli, è vero che siamo in dieci e che quindi dovremo andare alla ricerca dei rimanenti vessilli, ma è anche vero che le schiere della luce sono ormai esigue, se non addirittura spoglie di custodi atti a infastidirci. Direi di proseguire con il piano originale, e nel frattempo cerchiamo qualcun altro che sia degno di diventare un nuovo vessillo dell’oscurità.-
Il tempo di finire quella frase e tutti scomparvero nelle loro nubi oscure. Mi ritrovai allora al centro di quell’insieme di troni, su di una pedana bianca che faceva da base di appoggio ai tredici troni. Intorno a me non vi erano porte, quindi come avrei mai potuto uscire da quella prigione di bianco e metallo. Fu allora che un corridoio oscuro si aprii dietro di me. Titubante lo attraversai, io, che ho sempre combattuto contro l’oscurità, mi facevo salvare da essa. Quale infingardo e ironico destino. Ma mai mi sarei aspettato di vedere ciò che si prospettava davanti ai miei occhi.
Un mondo, che gli abitanti chiamano Terra.
Non ve ne sono altri, a quanto dicono loro.
O meglio, ve ne sono, ma sono disabitati.
Mi chiedo cosa sia successo all’intero universo dopo la mia scomparsa.
Ci sarà mai qualcuno in grado di darmi delle risposte?
Mentre vagavo per questo mondo, tramite i corridoi oscuri che quelli dell’Organizzazione lasciavano aperti, sentii finalmente un cuore. Non particolarmente forte, ma disposto sicuramente a combattere.
Devo riuscire a capire diverse cose, e magari questo cuore potrebbe aiutarmi a comprendere. Appena riuscirò a districarmi in questo nuovo e unico mondo, dovrò andare alla ricerca dei miei tre allievi, che per me erano come dei figli.
Ora però, è tempo di mettersi di nuovo al lavoro. L’oscurità deve essere di nuovo fermata. E stavolta lo giuro sul mio nome!
–Master Eraqus-

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Capitolo 2
*** Una nuova Luce –Chapter 1/13 ***


Mi chiamo Lux e sono un normalissimo studente. Frequento il terzo anno di lingue Orientali, studio giapponese e inglese.
Dato che al terzo anno è obbligatorio uno stage, io decisi di aiutare la mia vecchia professoressa di inglese a scuola, così da riuscire a coprire le centocinquanta ore che prevede la mia università.
C’è anche un’altra piccola cosa di me che dovrei dirvi, ma preferisco raccontarvela. Ecco, tutto è partito da una mattina, nella mia vecchia scuola, ma non è proprio l’inizio. Poi capirete il perché.
Quella mattina, di metà settembre, come tutte le altre mi svegliai per andare a scuola. Percorsi con la macchina il medesimo tragitto fatto tutte le altre mattine, parcheggiai di fronte la scuola e scesi dalla macchina. Attraversai la strada per salire sul marciapiede della scuola, salutai qualche ragazzo, altri invece mi chiesero quali domande ci sarebbero state nel test di inglese di quel giorno, risposi che non lo sapevo, ma che dovevano aspettarsi qualcosa su Shakespeare. Con un cenno della mano i ragazzi mi salutarono ed entrarono in classe, io raggiunsi la professoressa che mi aspettava con un caffè fumante in mano. Mi chiese se ne volessi uno anche io, accettai molto volentieri. Mi fece visionare il compito per la 4C, quello di cui stavo parlando con i ragazzi prima, ed effettivamente stavano solo domande su Shakespeare. Ero contento di aver aiutato quei ragazzi, e speravo che stessero ripetendo l’autore per il compito. Nel frattempo entrarono altri docenti nella stanza. La mia vecchia professoressa di Latino, era fiera ogni volta che mi vedeva, soprattutto per la scelta universitaria che ho intrapreso.
Al suono della prima campanella, la prof ed io andammo verso la prima classe alla quale dovevamo fare lezione, due ore e poi l’ora successiva il test.
Ma non andò esattamente tutto così.
Finite le due ore in quella prima, che secondo me era più una terza media spacciata per primo superiore, ci incamminammo verso la 4C.
Entrati in aula, non volava una mosca, i ragazzi erano già pronti, dizionario sul banco e foglio protocollo. Mentre distribuivo i fogli, notai su alcuni volti la gioia di quelle tracce, su di altri la disperazione più assoluta. Come ogni compito che si rispetti.
Arrivai in fondo, consegnai l’ultimo foglio a Beatrice, una ragazzina molto pacata che andava davvero d’accordo con tutti. Le feci un sorriso e le augurai buona fortuna. Tornai al mio posto, alla cattedra, vicino alla prof che diede il via. Cinquanta minuti di tempo per 5 domande. Mentre io e la docente ci intrattenevamo a parlare e controllare che i ragazzi non copiassero, bussarono alla porta.
La prof convinta fosse un segretario, o uno del personale ATA  li invitò ad entrare.
La porta però non fu aperta come di consueto, ma fu letteralmente sfondata da un calcio. I ragazzi, molti non tutti, si spaventarono, altri ringraziavano diverse divinità per aver fatto saltare il compito. Se mi fossi ritrovato seduto su quelle sedie avrei pensato la stessa cosa.
La persona che aveva sfondato la porta, era un militare, giacca mimetica e fucile alla mano. Si incuriosì del mio sguardo, pensai. Perché in realtà non ero sorpreso o spaventato, negli ultimi mesi ho visto cose davvero ben peggiori di un fucile carico, ma dopo un secondo feci la faccia di uno spaventato. Giusto per non creare più problemi del dovuto.
L’omone aveva alle sue spalle due uomini che erano grossi come buoi, ma che comparati a quello del leader sembravano vacche durante una carestia. L’omone cercò nella tasca un foglio che trovò dopo aver ravanato un po’. Lesse quelle poche righe che stavano scritte, lesse mimando ogni singola parola, come se fosse uno stupido. Magari non è che sembrasse stupido, lo era.
-Il nostro compito qui è di prendere in “custodia”- questa parola scandita particolarmente –una certa Beatrice. E’ tra di voi per caso?- tutti gli sguardi andarono verso il fondo della classe. Idioti, pensai, bisognava far credere che non ci fosse, avrebbe controllato il registro magari, e avremmo guadagnato tempo, invece gliel’hanno servita su di un piatto d’argento.
Appena la povera Bea, entrò nel raggio visivo della bestia, per un attimo i suoi occhi divennero come d’oro, anzi meglio quasi arancioni, come il colore dell’oro stinto. Capii che quello era il mio momento di intervenire. Alzai le mani e tutti gli sguardi furono rivolti a me, la professoressa non sapeva cosa fare e provò ad avere un dialogo con le tre figure misteriose, ma era tutto inutile. Successivamente mi alzai in piedi tutto il mio movimento fu seguito dall’omone che pian piano si avvicinava a me e mi fissava negl’occhi. Intanto i due scagnozzi mi puntarono i loro fucili contro. Ma non sono così stupido da far qualcosa che mi possa mettere in scacco.
Immediatamente dopo mi ritrovai dietro alle loro spalle, con lo sgomento generale e la faccia da “WTF” del leader, nessuno però si accorse che i due tirapiedi erano a terra tramortiti.
Il tempo di un respiro ed ero sul muro infondo alla classe, vicino a Bea. Mani poco sotto la schiena, appoggiate al muro, come un vero fighetto da strada.
La ragazza quasi in lacrime, si girò verso di me, scattò in piedi e mi abbracciò, dando le spalle a quella specie di orso.
-Ovviamente sai che se difendi la singola ragazza, non sarai in grado di difendere gli altri della classe, vero?- ringhiò il bestione.
-Se mi fai così stupido, arruolami tra le tue fila!-
Qualcuno si mise a ridere, e ciò fece imbestialire ancora di più l’omone che perse le staffe che caricò l’arma e la puntò verso di noi...
Ma eravamo dietro di lui ormai, Bea seduta alla cattedra e io scrivevo alla lavagna.
Se dovessi pensare da esterno, direi un bel “Ma che cazz”, ma visto che conosco le dinamiche dell’avvenuto non mi sorprendo (LOL).
Il bestione, però sembrò non capire l’antifona. Che cioè non poteva battermi. E puntò il fucile contro Beatrice, la povera e indifesa Bea, che un attimo dopo si ritrovò con il fucile del suo aggressore in mano. Più sorpresa che spaventata, ma capì in un attimo come si impugnasse e qual’era la funzione del mirino.
Intanto da una classe vicina, sentimmo tutti il rumore come di un muro che veniva abbattuto all’interno della scuola, per poi riversarsi nel cortile interno della scuola. Ah piccolo particolare, la scuola è composta su tre piani, e noi siamo al secondo.
Mi affacciai alla finestra, e con mio grande stupore vi era una figura incappucciata che teneva tra le braccia una ragazza. Stavano planando verso il centro della palestra interna della scuola. In quel momento capii che non erano qui per Bea, cosa che pensavo, ma per quella ragazza. Perché non me ne ero accorto? E se fosse una trappola dell’Organizzazione per prendere Bea quando io non le sono vicino? Le domande mi attanagliavano, ma dovevo fare qualcosa, ero lì per quello. Dovevo muovermi e fermarlo, prima di farlo scappare in un corridoio oscuro e perdere le sue tracce. Mi girai per vedere come se la cavava Bea, e lei con uno sguardo sicuro e la presa salda sul fucile mi disse: -Muoviti, ancora qui stai?-
In meno di un secondo mi ritrovai giù, nel cortile. Alle spalle del tizio in nero. Effetto sorpresa garantito!
Ecco, ma forse vi starete chiedendo come posso fare tutto ciò, è vero non vi ho detto praticamente nulla, ma lasciate che le spiegazioni vengano da sole.
Il tizio incappucciato, si voltò senza sorprendersi, teneva la ragazza tramortita sotto il suo braccio sinistro, col destro invece evocò un’arma. Era un lungo bastone che terminava con una mezza luna attorniata da spine.
-Si chiama Berserk, e lo posso utilizzare solo quando sono realmente incazzato. Che arma utilizzerai per sbarazzarti di me, un fucile, un cannone? Sappi che non bastano.-
-Un Keyblade, dici che può bastare?-
Purtroppo la sua espressione era coperta dal cappuccio, ma sono sicuro che ha fatto una faccia sorpresa, se non addirittura esterrefatta.
Si abbassò il cappuccio, e il volto che celava finalmente si poteva ammirare, un ragazzo di circa venticinque anni, capelli lunghi e blu, ma di una tonalità particolare, forse il blu di metilene. Occhi gialli, anzi arancioni come l’amico di prima. Il Maestro mi ha avvertito che chi possiede quegli occhi, probabilmente è un seguace di Xehanort, se non proprio un suo vessillo. E credo che questo ragazzo sia proprio un vessillo.
Con un movimento fluido lasciò cadere la ragazza, che però non si svegliò dal suo torpore.
Strinse il suo bastone a due mani, e improvvisamente si librò in aria. Istintivamente avevo già la mia arma in mano, pronto a difendermi e attaccare. Gli insegnamenti del Maestro ormai facevano parte di me, pertanto ero già in posizione, pronto per entrambe le azioni. L’unica cosa che secondo me mancava era una bella OST per iniziare il combattimento!
Prima, però, che potessimo incrociare i nostri colpi, venimmo interrotti da una voce di un vecchio.
-Fermi, Saix...- prese una pausa -Isa, soprattutto tu.-  La voce era roca, si sentiva il peso degli anni e la cattiveria nel tono, ma anche la fermezza e la decisione.
Comunque non mi feci perdere quell’unica occasione di distrazione del ragazzo dai capelli blu, fermai il tempo, corsi per afferrare la ragazza e iniziai a scappare. Purtroppo la magia che mi permette di fermare il tempo vale per un’area delimitata e per un breve periodo di tempo. Quindi penso che dopo una ventina di secondi si erano accorti della mia fuga e si erano già messi alla mia ricerca. Uscito da scuola, neanche pochi passi e un passaggio oscuro si aprii davanti a me, e ne uscirono le due persone che stavano dentro il cortile interno della scuola. Avevo una sola possibilità, e quella era la fuga. Ma come... erano in due, di  cui un maestro del Keyblade, e non uno qualsiasi, ma Xehanort. In quel momento cercai tutte le forze dentro di me, e Keyblade alla mano, puntato contro di loro urlai: -Ragnarock-. Il Keyblade vibrò così forte che venni spazzato via e dalla sua punta uscirono una decina di frecce di energia che si scagliavano automaticamente contro i nemici. Era la tecnica più forte che il mio Maestro mi aveva insegnato, e mi lasciava a corto di MP (Magic Points) ogni volta. Non so che fine fecero i due, ma in pochi secondi ero in macchina con una bella addormentata.
E Bea.
Come ci è arrivata è ancora un mistero per me. Ma i suoi occhi, senza parlare, dicevano che voleva sapere di più. Accesi la macchina e partì alla volta della base segreta del mio Maestro. Master Eraqus.

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Capitolo 3
*** La prima serratura –Chapter 2/13 ***


Durante tutto il viaggio, non una parola fu detta. Nemmeno una semplice domanda su dove stessimo andando. Soltanto un lieve russare ogni tanto. Anzi, correggo le due righe precedenti. Ci fu solo un solo piccolo scambio di informazioni.
-Bea, sai per caso come si chiama la nostra bella addormentata?- chiesi con un tono anche abbastanza ironico per il momento. La ragazza con voce tremante rispose –Veramente... credo, credo che si chiami Aurora. Anche se sinceramente non so se sia realmente il suo nome, la conosco appena.-
-Mmmh capisco.- mugugnai.
Riprese Bea, dopo quell’attimo di esitazione: -Non erano alieni quelli, vero? Il ragazzo sembrava umano.-
-Non sono propriamente umani, ma non sono neanche alieni, tranquilla.- risposi rivolgendole un sorriso, che cercava di infonderle sicurezza. Ma non bastò a tranquillizzarla.

Uscimmo dalla città, e la ragazza sdraiata sui sedili di dietro si spostò leggermente, credevo che si sarebbe svegliata, invece ancora nulla. Prendemmo la strada provinciale, per andare verso i paesini della mia zona, dopo due svincoli e un rondò girammo a destra, verso una masseria persa in una campagna deserta. Parcheggiai la macchina prima del cancello arrugginito. Mentre mi destreggiavo nel prendere Aurora dal sedile posteriore, Bea si interrogava sul posto: -Non è che qui ci troveranno, o peggio, tu ci stuprerai e poi scapperai col bottino di guerra?- La guardai davvero male, però ridevo sotto i baffi, lei fece lo stesso. Incredibilmente Aurora era leggera, soffice e dormiva ancora. C’era qualcosa che non mi convinceva in quel sonno così pesante. Se era lei una delle principesse, doveva avere un cuore forte, abbagliante. Invece era spenta, come un burattino nelle mie mani. Per un attimo mi attraversò il pensiero di cosa avrebbero potuto farle quelli dell’Organizzazione. Venni interrotto dalla chiamata di Beatrice.
-Lux, scusa, ma qui quando esci e quando entri ci sono due viste completamente diverse!!-
Con mia totale sorpresa, lei poteva entrare e uscire dal “Mondo Fluttuante” liberamente. Io ci ho messo due giorni. Cazzo, due giorni, vi rendete conto? Muoio al solo ricordo (T_T)
Mentre Bea entrava definitivamente, io davanti a lei corsi incontro al mio maestro. Appena vide la ragazza tra le mie braccia e la ragazza alle mie spalle capì subito la situazione.
-Bisogna immediatamente agire. E’ preda di un tipo particolare di serratura, che non permette il suo risveglio. Si chiamano “Serrature dei sogni” e di solito colpiscono i mondi che, perdutisi nell’oscurità soccombono ad essa, ma non ne vengono inglobati. Ma ormai avendo un unico mondo, i “mondi” che si possono venire a creare si trovano nei cuori delle persone.-
Bea, con la manina alzata, in quel momento si rese conto che la masseria in realtà era scomparsa, e da un pezzo. Ci trovavamo in un cortile tutto ricoperto di verde, e questo cortile affacciava su di un dirupo. Prese fiato e chiese: -Scusi, signor Maestro, io sono Beatrice, e sinceramente non sto capendo nulla. Lux pensava fossi io, la ragazza che quei tizi incappucciati cercavano, invece era Aurora. Mi ha dato il permesso di entrare qui e incontrarla e non sto ancora capendo nulla. Non pretendo spiegazioni, ma almeno una piccola delucidazione?- chiese così teneramente che piegai io la testa, mentre parlava.
Il Maestro, si avvicinò a lei, la prese sotto braccio e le disse: -Mia cara luce di speranza, hai ragione ti devo un sacco di spiegazioni, ma dovrò essere abbastanza rapido. Perché Lux dovrà andare nel cuore della tua amica per aprire la serratura in fondo al suo cuore e io dovrò aiutarlo.
Prima della formazione di questo universo, vi era un altro universo. I cui mondi erano separati gli uni dagli altri, e non potevano avere nessun collegamento né contatto. Finché uno scienziato di nome Ansem, non scoprì il modo di passare da un mondo ad un altro. Ma per coloro che brandivano un Keyblade era diverso, loro potevano viaggiare. Ma ormai erano pochi, meno di una decina e vennero sconfitti nell’ultima grande battaglia del Keyblade da Xehanort. Un mio carissimo amico. –Quelle parole sembravano colpirlo nel profondo, chissà cosa aveva realmente passato il mio maestro. –Durante quella battaglia Xehanort cercò di evocare Kingdom Hearts, il regno secondo la leggenda che ospita tutti i cuori, per portare un nuovo equilibrio tra la luce e l’oscurità. Ma ciò generò solo altro caos e perciò tutto si annientò, e venne creato l’universo come lo conoscete voi.-
A quel punto prese la parola Bea –Ma, Maestro, allora cos’è questo keyblade?-
-Mia cara piccola luce nascente, il Keyblade, si racconta, sia un’arma in grado di portare la pace e la distruzione nei mondi. E’ una chiave che può aprire le serrature più celate, ed è l’unica arma che può sconfiggere le tenebre che stanno incombendo. Ma tu, cara mia, lo sai. Altrimenti non saresti stata capace di attraversare così facilmente questi cancelli. Ora, mentre noi varcheremo la serratura del sogno, tu in questo luogo medita sul tuo ruolo, e cerca di capire da te cos’è il Keyblade e come potresti usarlo.- Le accarezzò dolcemente il viso, con quelle mani ruvide segnate dalle intemperie della vita. Lei fece un sorriso e chinò leggermente il viso con il busto.
Mi fece un cenno con la testa, quello era il segnale. Nella mia mano comparve il mio inseparabile Keyblade. Lo puntai verso Aurora, verso il suo cuore. La mia arma sapeva cosa fare, da sola aprii la serratura del suo cuore mediante un filo di luce che uscii dalla punta. Davanti la bella addormentata ora giaceva una sfera, attorniata da spine. Era quello il cuore della ragazza? All’interno della sfera non si vedeva nulla, era come oscurata da una coltre di nebbia color glicine.
-Non è normale che si veda così, anzi non è normale che non si veda l’interno del suo cuore. Dovrebbe abbagliarci fortemente, quasi da lasciarci ciechi.-
Bea, che intanto si era avvicinata a noi chiese d’improvviso: -Perché è così importante il cuore di questa ragazza?
Master Eraqus, con tutta la pace e la tranquillità di questo mondo rispose torcendosi i suoi preziosissimi e lunghi baffi da “matador”: -In tutto il mondo ogni persona nel proprio cuore ha una parte di luce e una di oscurità, quando non sono in equilibrio si ha una persona troppo buona o troppo cattiva. Generalmente le persone sono bilanciate, ma, sempre più spesso ci sono persone che cedono alla loro oscurità. Mediante pensieri o azioni deplorevoli. Invece non ci sono persone totalmente buone.- Bea sapeva che non era una santa, ma si riteneva una brava persona e fece una faccia triste. Il Maestro le prese il mento con due mani e la guardò fin nel profondo dei suoi occhi –Cara, solo sette fanciulle hanno un cuore di sola luce nel mondo. Purtroppo tu non sei tra queste, ma hai un cuore predisposto alla luce. Difatti sarai capace di impugnare un Keyblade, e ci sarai utilissima nella nostra guerra contro le ombre.- Un sorriso enorme le scoppiò in volto. –Inoltre noi dobbiamo proteggere le sette principesse dal cuore puro, perché se cadessero nelle mani di Xehanort, potrebbe rievocare Kingdom Hearts e spazzare via anche questo mondo. Per l’evocazione di questo mondo, servono infatti venti parti, sette di pura luce e tredici di pura oscurità.-
Ora era tutto, o quasi, chiaro a Bea che fremeva dall’idea di avere un Keyblade tutto suo adesso.
Finalmente il Maestro si girò verso di me che stavo da mezz’ora con le braccia alzate a reggere il Keyblade.
-Mio nuovo allievo, Lux, vai! Ti mando in questa tua prima vera missione per liberare una serratura. Dimostra la tua maestria, e magari potrei pensare di darti la carica di Maestro del Keyblade.-
IO? Maestro del Keyblade? Sarebbe troppo bello e impossibile. C’è sicuramente la fregatura.
Comunque, sbloccai la serratura di Aurora girando la mia arma su di un lato, come quando apri la porta di casa ed entrai nel suo cuore. Venni letteralmente buttato dentro Aurora.
Il suo cuore, conteneva un mondo che era solo suo, tutto rosa, ma era strano perché attorniato da spine.
Penso che lo chiamerò: “Il Dominio Incantato”.
Mi ritrovai nelle segrete di un castello.
La porta ovviamente chiusa, ma non era un problema per il mio infallibile Keyblade. Non appena aprii la porta, mi trovai in un salone, probabilmente il salone principale del castello. Immenso e vuoto, e tutto quello spazio veniva ampliato dalla solitudine delle grigie pareti.
Abituai velocemente i miei occhi al buio, feci qualche passo, sempre con la mia fida arma alla mano. Improvvisamente ecco che comparvero delle creature, ma non erano nere come immaginavo, o meglio, dalle lezioni di Master Eraqus imparai che ci sono diversi tipi di nemici. Nel mondo dei sogni ci sono i cosiddetti: Dream Eater, mentre nel mondo “normale” vi sono gli Heartless. L’unica differenza di questi esseri è l’aspetto, perché entrambi si cibano –chi nei sogni, chi nella realtà- dei cuori delle povere persone. I Dream Eater sono molto colorati, quasi fluorescenti e li riuscì a distinguere bene anche al buio. Questa fu davvero una fortuna. Con pochi colpi di Keyblade li feci tutti fuori, finito la breve battaglia per riprendere un attimo le forze bevvi una pozione, anche per recuperare un po’ di fiato. Arrivato al centro dell’enorme sala, improvvisamente, sentii dei rumori provenire dal soffitto... ma il soffitto era così alto che praticamente poteva benissimo non esistere. Fu in quel preciso momento che cadde un Dream Eater enorme, quasi sopra la mia testa. Con una capriola abbastanza improvvisata riuscii a schivare l’enorme bestione! Era davvero enorme, alto almeno tre volte me. In un primo momento la paura prese il sopravvento, e il mio unico istinto era quello di scappare. Lontano, quanto il fiato me lo concedeva. Ma qualcosa in me, un piccola luce, mi ricordò che ero li non perché io servissi, ma perché una ragazza stava soffrendo ingiustamente e purtroppo solo io al momento potevo aiutarla.
Mi rimisi in piedi, mi aggiustai gli occhiali bene sul naso, grazie alla tecnologia e alla magia del Master i miei occhiali erano in grado di utilizzare la magia “scan”, che mi permettono di vedere tutte le caratteristiche del nemico. Aveva una quantità di HP (Health Point) abbastanza elevata, più della mia ovviamente. Ma non mi spaventava, dalla mia avevo la magia e delle tecniche segrete.
La creatura che si presentava davanti a me, era particolare, perché era una sorta di arcolaio. Si muoveva come un pazzo e mi attaccava con dei fili di lana, come se fosse una sorta di ragno. Se un filo mi raggiungeva, lo tagliavo subito grazie ad un colpo effettuato con il mio Keyblade. Ma il problema era quando saltava, spiccava dei balzi altissimi e non riuscivo mai a prevedere dove atterrasse. In quei momenti utilizzavo la magia Thunder, o Blizzard. Dopo diversi colpi inferti così la creatura si accasciò al terreno, quello era il momento migliore per attaccarlo direttamente. Dopo una combo micidiale effettuai un attacco di grazia che fece scomparire definitivamente il mostro, che lasciò cadere dal suo corpo delle strane palline, in realtà erano stelline, che il mio Keyblade assorbì automaticamente. Erano così tante che credevo stesse per esplodere. Infatti una luce abbagliante scaturiva dall’arma nella mia mano, una luce così forte che dovetti coprirmi gli occhi per non essere accecato.
Appena riaprii gli occhi la mia arma era cambiata. Non so spiegarvi come.

Aurora si trovava adesso al centro della sala. Dormiva. Speravo di non doverla svegliare con un bacio. Erano anni che non baciavo una ragazza e anche se in un sogno, non mi andava proprio di farlo.
Fortunatamente la dolce fanciulla si destò da sola dal suo sonno. Probabilmente quel mostro la teneva prigioniera in un sonno forzato. A causa del suo risveglio venni scaraventato via da una luce fulgida quanto quella del sole.

Adesso ero in piedi vicino al Maestro e Bea, col mio nuovo Keyblade. Il Maestro mi guardò e mi fece un cenno compiaciuto con la testa. Fui davvero contento in quel momento e strinsi con più forza l’impugnatura, come per provare che quello era reale e non un sogno.
Dopo poco la principessa si svegliò e toccò di nuovo a Master Eraqus spiegare tutto  l’accaduto.

Passarono diversi mesi dopo l’incidente con Aurora. Circa quattro mesi. E le nostre fila iniziarono a rinsaldarsi. Ora, oltre me e Bea vi erano altri 5 apprendisti del Keyblade e una principessa della Luce. E piano piano miglioravamo ogni giorno.
Fino a quando...

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Capitolo 4
*** Attacco a London –Chapter 3/13 ***


Fino a quando Master Eraqus non chiamò me e altri due ragazzi per una missione di controllo a Londra.
Londra, una città a me ormai non molto cara. Causa il fatto che il mio ex ragazzo ci si è trasferito lasciandomi. Se vi chiedete se è possibile che un custode del Keyblade sia gay, io non vi so rispondere. In fin dei conti siamo davvero quattro gatti, e il mio allenamento è iniziato poco dopo che il suddetto ragazzo mi lasciò. Il Maestro non mi ha mai chiesto nulla e io non ne ho parlato con nessuno. Non credo che questo influenzi il cuore. Penso solo che l’amore adesso sia una debolezza per il suddetto. Può renderlo solo debole ed estremamente sensibile. Si, sono stato davvero male, perché credo di amare ancora Dave, ma non posso farci nulla e quindi la frattura nel mio cuore potrebbe portarmi verso l’oscurità. Mi fa paura come possibilità, ma nel caso saprei come combattere la mia stessa ombra. Ho un sogno, a parte la mia “missione”. Che mi fa andare avanti ogni giorno. Può sembrare strano, ma credere nei propri studi e quindi in un proprio futuro può essere un motivo per andare avanti. Ok non diciamo stronzate, faccio giapponese solo per poter vedere gli anime senza i sub... ma non è un’aspettativa così brutta. Per un nerd soprattutto. Ma ora stiamo davvero divagando.
Dalle informazioni ricevute dal Maestro la situazione a Londra pareva tranquilla, ma c’era qualcosa nell’aria che gli faceva crede il contrario. Perciò ci ha mandati a controllare.
Arrivammo tramite un passaggio spaziale. Una sorta di magia che warpa lo spazio stesso. E il mio ex mi ha lasciato per la distanza. WARP. Andiamo avanti...
Giungemmo in una traversa di Piccadilly Circus, era notte inoltrata, quindi davvero nessuno se non qualche gatto ci notò.
Ci spostammo ovviamente a piedi, e con abiti normali, da civili. Ma il Maestro ci aveva dato in realtà delle divise, che potevano aiutarci, ma erano davvero strane e fuori dalla concezione di moda del nostro attuale pianeta. Neanche in India le indosserebbero, e loro indossano di tutto.
Penso che dovrò aiutare il Maestro a trovare qualcuno bravo con la moda ed istruirlo alla magia, così da forgiare nuove “armature”.
Alcune volte il maestro mi raccontò che come aiuto ogni tanto aveva delle creaturine, come li chiamava... Ah, sì, Moguri. Una sorta di talpa con le ali da pipistrello, tanto carucci quanto letali nelle magie. Soprattutto nelle magie di creazione. Alcune volte affidava loro l’incarico di creare nuovi Keyblade, altre nuove divise, ma ora erano scomparsi. Volatilizzati, ma il Maestro era convinto che in realtà si nascondessero.
 Improvvisamente, come è di norma a Londra iniziò a piovere, una pioggia leggera ma fastidiosa. Di quelle che quasi non la senti ma ti inzuppa anche l’anima. In quel momento mi chiesi dove stesse Dave, e come stesse. Ma non potevo farmi distrarre da altri pensieri, avevo una missione e un gruppo da portare avanti. I due ragazzi che mi seguirono, devo dire che non li ho ben inquadrati. Uno è Stefano, un ragazzo che fa pallanuoto e che sembra essere fissato con le magie d’acqua o di ghiaccio. E’ un tipo abbastanza socievole, ed è stato capace di invocare il suo Keyblade da solo. L’altra invece è Vale, penso il diminutivo di Valeria. Non le ho mai chiesto il nome completo. Non è granché con l’arte del combattimento come Stefano o me, ma è una guaritrice molto esperta! Può usare diversi incantesimi di cura e ha studiato insieme al Maestro un po’ di arte alchemica, così da aumentare il potere delle varie pozioni. Insomma siamo un team equilibrato, ma che non parla. E io come leader dovrei iniziare a far gruppo, ma è difficile considerando che sono anche più piccoli di me e che sono comunque spaventati.
Con la pioggia che ormai aveva bagnato le nostre giacche arrivammo in un hotel modesto. Avevo prenotato un paio di ore prima e per fortuna non fu neanche così dispendioso. Perché ovviamente dovetti pagare io, il Maestro non ha l’ombra di un quattrino. Ha solo dei “Munny”, che dice fossero i soldi di un tempo.
Il piccolo hotel era carino, già dalle foto, ma dal vivo quel verde acqua e il giallo senape rendevano l’atmosfera vivace. Dopo il checkin ci infilammo nelle rispettive stanze.
-Ragazzi per qualsiasi cosa urlate, o venite a bussare alla mia porta!- Vale finalmente fece un sorriso e risposi con un altrettanto sorriso.
-Lux, senti- questo invece era Ste –dovrei chiedere la password per il WiFi, ma non lo so chiedere in inglese. Puoi aiutarmi?- scoppiammo tutti e tre in una risata. Scesi, chiesi alla reception la password, appena tornai su in camera i ragazzi si erano appropriati del mio letto a due piazze.
E stavano parlando, facevano amicizia. Anche se negli occhi di Vale vidi qualcosa per Stefano. Ma potrei sbagliarmi. Parlammo dei nostri sogni, delle nostre aspirazioni di vita e ovviamente di cosa significava essere custodi del Keyblade e la differenza tra custode e Maestro. Il primo a crollare fu Stefano, io e Vale gli rimboccammo le coperte e ci sistemammo io a destra e lei a sinistra del ragazzo.
La mattina seguente alle 8 eravamo già pronti. Facemmo colazione prestissimo e senza chiacchiere eravamo già pronti per fare il nostro dovere. Era una responsabilità davvero profonda, sai che devi salvare questo mondo dall’oscurità. Alcune volte non dormo la notte perché è davvero un peso che può schiacciare l’anima. E in quei casi utilizzo la magia malia per far entrare Morfeo nella mia testa.
La nostra missione insomma era un semplice giro per Londra. Nulla di più. Anche se la mattina, con il sole e la tanta gente è difficile notare le sfaccettature dei cuori, ma da bravi turisti e custodi cercammo di fare entrambi. In alcune stradine notai dei piccoli heartless che vennero fatti fuori in pochissimo dai due ragazzi. Devo dire che in realtà erano bravi entrambi. Stefano era veloce e bravo davvero solo con la magia Blizzard. Tanto che riusciva a inserirla negli attacchi stessi, una capacità che a me personalmente manca. Invece Vale sa usare magie già elevate, ma deve sempre restare nelle retrovie altrimenti sarebbe un bersaglio troppo facile.
Un altro giorno passò, e non trovammo nessun riferimento all’Organizzazione o a Xehanort. Se anche l’indomani non avessimo trovato nulla saremmo tornati a casa.
Ma quella sera, durante la cena qualcosa attirò la mia attenzione. Eravamo in pub a bere, ovviamente avevamo tutti 21 anni. Cosa non si può fare con la magia!
Mentre sorseggiavamo dell’ottima birra, e ascoltavamo musica jazz dal vivo, entrarono due figure. I ragazzi non li notarono perché erano presi dall’atmosfera festosa, ma per un attimo, davvero una frazione di secondo, negli occhi di uno dei due balenò un riflesso dorato. Quello era il “marchio” di Xehanort. “Vuol dire che l’oscurità è già in te.” Mi fecero eco le parole del Maestro. Feci finta di nulla, ma in qualche modo dovevo avvisare i ragazzi. E avvisarli entrambi e nello stesso momento era sospetto. Mi accostai prima all’orecchio di Stefano, e gli raccontai il tutto; lui fece lo stesso con Vale, ma lei per un attimo cercò con lo sguardo le due figure. In quel momento vidi il nostro piano frantumarsi. Ma non fu così, perché le due figure se n’erano già andate.
Pagammo dopo poco il nostro conto, il ragazzo alla cassa era un rosso, figo, tatuato, e con un accento del nord. Volevo attaccare bottone, ma il dovere e i ragazzi aspettavano.
-Non credevo ti piacessero i ragazzi.- dichiarò senza paura Vale, -COOSA?- fece Stefano stupito. –Lux sei gay?- chiese, ma con accenno di vergogna. –Si,perché? Ci son problemi per caso?- chiesi con il naso quasi all’insù. –Assolutamente no!- fecero insieme, quasi l’uno l’eco dell’altra, poi riprese Vale: -Ma il Maestro lo sa? Credi che sia importante che lui lo sappia o meno?-  Feci di no con la testa, e in quel momento fuori dal locale in cui eravamo le due figure si posarono di fronte a noi.

Uno era alto, massiccio come The Rock e alto come un giocatore di basket, ma con i capelli tinti rosa. Ma quel rosa Schiapparelli, che andava tanto di moda gli anni passati. Pensai subito ad un trans peruviano che aveva fatto l’operazione sbagliata in Russia. L’altro invece era un biondino, poco più alto di me, quest’ultimo aveva un mazzo di carte in mano. Le mischiava e le rigirava come fossero acqua nelle sue mani, era evidentemente un giocatore di Poker, anche abbastanza esperto. O un prestigiatore. I loro occhi ovviamente erano simili al miele, ciò era la conferma del tutto.
Con uno sguardo complice i due sparirono dietro lo stesso varco oscuro.
-Dobbiamo seguirli?- chiese Vale con una vocina stridula accompagnata da una nota di terrore.
-Ovviamente no!- rispondemmo in coro Stefy ed io. Ci allontanammo di corsa da quel posto. Corremmo, senza fiato, corremmo per un tempo che pareva infinito. Ci ritrovammo a Soho non so come. L’aria profumava di incenso, era acre come profumo. Ma la notte sembrava tranquilla. Notte... erano poco più che le 21. Siccome eravamo in un’area popolosa e piena di vita, ci fermammo per riorganizzare le idee. Eravamo in mezzo alla gente e questo era un punto a nostro favore, non potevano attaccarci, o rischiavano di essere scoperti. Ma d’altra parte se avessero attaccato e fatto fuori mezza Londra nessuno avrebbe pensato ad un attacco dell’Organizzazione, ma ad un attacco terroristico, quindi dovevamo far qualcosa. Ecco quel qualcosa non riuscimmo a farlo.

Improvvisamente dal cielo, una luce abbagliante si espanse. Tutta la gente presente a Soho alzò lo sguardo al cielo. Pian piano che la luce si diradava una massa prendeva sempre più forma nell’ammasso blu-arancione che era diventata la volta celeste. Una sorta di meteorite stava per cadere sul quartiere. Panico e urla sono le uniche cose che ricordo. La gente scappava, ma io rimanevo fermo, non riuscivo a fare nulla. Orde di gente che si scagliava contro il mio corpo inerme, mi ritrovai in ginocchio. Il meteorite sempre più vicino. In lontananza notai una figura nera. Un anziano con la barbetta sotto il mento biancastra. Master Xehanort. Finalmente lo vedevo. Ma di quel frangente ho un ricordo vago, perché il meteorite si schiantò alla fine su una palazzina poco distante da noi. Altre urla e disperazione, ecco da quel momento capii che dovevo essere lì, per cercare di aiutare, anche se Xehanort era non troppo distante.
Diedi indicazioni a Stefano e Vale di aiutare le persone nelle case adiacenti, io mi sarei buttato nella palazzina colpita e quasi totalmente rasa al suolo.
Pochi metri, pochi passi e capii che ormai per quelle persone non c’era più nulla da fare. Ero un fallito. Una missione avevo e non ero neanche in grado di adempierla.
D’un tratto sento le urla di Vale: -Qui c’è ne uno!- A quel richiamo corsi, così veloce che Usain Bolt poteva mangiare la mia polvere. La scena che mi aspettava è stata quanto mai atipica e nessuno poteva mai immaginare come sarebbe finita.
Entro dalla porta, o meglio da quello che rimase della porta, il salottino da cui si diramavano le varie stanze era distrutto e ormai la stanzetta in cui entrai era ridotta in cenere. Sotto una parete crollata c’era lui, Dave, il mio ex. Quasi senza respiro mi getto a terra alla disperata ricerca di sollevare quella parete. Cazzo... doveva pur esserci una diavolo di magia che poteva aiutarmi. Il suo sguardo puntato era dapprima stupefatto, poi speranzoso e dopo ancora felice. Mi lanciò uno dei suoi sorrisi. Diamine quanto mi mancavano. Avrei voluto baciarlo, ma non era il luogo adatto. Né il momento. Mentre cercavamo quindi di tirare fuori Dave da sotto il muro, improvvisamente lo stesso divenne più pesante, come se qualcosa si fosse aggiunto, come se il calcestruzzo avesse raddoppiato il suo peso. Io con gli occhi chiusi cercavo con ancora più forza di sollevare, ma era inutile. Alla fine una voce parlò: -Eccoci qui.- Era Xehanort, non so come abbia fatto a saltare fuori così ma la cosa mi inquietava. Cercai di infondere sicurezza al mio ex ragazzo, ma quello sguardo fu fatale. Non so come, ma Xehanort capì da un semplice sguardo quello che c’era tra noi. E fece il suo personale sguardo. Uno sguardo pieno di aspettative e oscurità, con dei riflessi dorati. Il tutto accadde in pochi attimi. Master Xehanort estrasse il suo Keyblade, lo conficcò dentro il petto di Dave e lo uccise. Io non potei fare nulla. Le due figure che poco prima ci sbarrarono la strada erano comparse per bloccarci. Il biondino disse allora: -Ora ne manca solo uno.- e si dileguarono nella loro oscurità.

Disperazione. L’unica parola che può descrivermi in quel momento. Ero devastato, e non ricordo neanche come, ma mi ritrovai fuori dalla casa. Il corpo di Dave era scomparso, me lo disse poi in seguito Stefano, che si era messo in contatto con Master Eraqus che pochi minuti dopo l’incidente era lì con noi. Con me. Ascoltò la storia, spiegai di Dave e me, non parve turbarsi, ascoltò le urla del mio cuore. Alla fine si alzò in piedi senza dire nulla e mi colpì dietro la nuca. Quello fu l’ultimo ricordo di Londra.

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Capitolo 5
*** Sorprendenti rivelazioni -Chapter 4/13 ***


Il mio sonno fu a tratti tormentato, a tratti pesante per poi riprendere i miei incubi. La sua faccia urlante che svaniva nell’oscurità. Le pieghe dell’oscurità che mi avvolgevano e si impossessano del mio cuore ormai ridotto a pezzi. Almeno nei sogni era tutta una finzione, una terribile finzione. Da sveglio invece era tutto un inferno. Mi infuriai, ma poi chiesi scusa al Maestro per ciò che aveva fatto. Erano scuse convenzionali, lui lo sapeva, avevo un tornado di emozioni che vorticava nel mio petto. Da ciò dovevo capire che ero vivo, invece mi sentivo più morto del mio ex.

Il tempo passò e dopo un paio di settimane, di pura sofferenza fisica e spirituale, il Maestro ci volle affidare una missione, ma non ne era così sicuro. Soprattutto della mia prestanza fisica. In questo lasso di tempo io mi rifugiai all’interno del nostro “castello”, ma la situazione cambiò un po’. Ora eravamo una decina di apprendisti, io ero ancora il più grande del gruppo sia per età, sia ovviamente per esperienza.
Prima della missione Master Eraqus per provarmi mi fece duellare contro Stefano, Vale e altre due ragazze. Persi clamorosamente, erano quattro contro uno! Cosa si aspettava il Maestro? Inoltre persi diversi chili perché non mangiai per diversi giorni.
La decisione finale del maestro fu quella di far partire un gruppo di cinque ragazzi con a capo del gruppo Valery, finalmente sapevo il suo nome!! Mi sorpresi comunque della scelta. Pensai che sarebbe ricaduta su Stefano, magari il Maestro aveva una predilezione per le donne!
Mentre l’altro gruppo formato da quattro ragazzi, Andy un rosso un po’ basso per la sua età ma forzuto come un bue, infatti giocava a rugby. Kevin un ragazzo ripetente, svogliato più che stupido. Diego il simpaticone di turno, sempre pronto a mettere allegria ed infine l’unica donna di questo gruppo Leia, una biondina riccioluta piena di energia e vitalità, ma con un cenno di pacatezza negli occhi stanchi.
I due gruppi andarono per due vie separate, questa volta il warp fu diverso, il Maestro la chiamava “La via della luce”, che a differenza dei varchi oscuri porta in punti specifici del globo e non ovunque tu voglia, ma almeno era meglio di quanto potessimo chiedere.

Io rimasi al fianco del Maestro, anche dopo che i ragazzi se ne andarono.
-Secondo lei è saggio dividerli?Anche se non sempre il numero fa la forza.- dissi pigramente, senza aspettarmi nessuna risposta precisa. –E’ la forza del cuore, ciò che crea il vero potere. E se vi mando in gruppo c’è un motivo. Riesci a coglierlo?- me lo chiese con un mezzo sorriso che si apriva la strada sotto i baffi. –Perché da soli siamo delle pippe gigantesche? Almeno in gruppo possiamo spalleggiarci?- a questo punto il Master rise di gusto. –Sì, il motivo di fondo è questo, ma non esattamente in codesta maniera e con tali termini.- prese una piccola pausa, per poi riprende con un tono serio. –Dovreste cercare di unirvi, di conoscervi, di comunicare, di essere amici, di essere anche di più. Perché dal legame dei vostri cuori nasce la vera forza.-
Quelle parole mi colpirono nel più profondo, e pian piano divennero sempre più il mio mantra. –Bene- riprese Master Eraqus –Ora vediamo di andare ad allenarci, ma prima è meglio se fai colazione. Non vorrei che svenissi dopo i primi cinque minuti.- Guardai il Maestro in faccia –Maestro, mi scusi, ma ancora non ce la faccio. Sono davvero sconvolto. La persona che più amavo è stata uccisa davanti ai miei occhi e ora la mia vita sembra non avere più un senso. Ho il potere del Keyblade nelle mie mani, ma non sono stato in grado di salvarlo. Forse dovrei appendere il Key al chiodo e finirla qui.-
Master Eraqus mi strinse a se e pianse, lacrime di sofferenza, lacrime di perdita, lacrime di speranza.
-Anche io so cosa vuol dire perdere la persona amata, ne persi tre. I miei tre figlioli. Anche se adesso ne sto trovando altri. E tu, per fortuna mi stai aiutando.- Sospirò. –Siete i miei “nuovi” figli- accentuò troppo quella parola –ma non voglio che vi venga fatto del male, e ogni vostra sofferenza è anche mia.-
Pensai che i “nuovi” non potevano minimamente battere i vecchi, in fondo erano i suoi prediletti.
-Allora- dissi per smorzare il discorso –Cosa c’è per colazione?- E una nuova luce di speranza balenò negli occhi del Master!

Dopo una bella colazione a base di uova e pancetta, anche se io volevo i cerali. Cavolo, io vivrei per sempre di latte e cereali, ma secondo il Maestro una bella colazione sostanziosa serve per gli allenamenti mattutini. Ovviamente non potevo obiettare! Mi avrebbe ucciso l’albero genealogico. Si per la colazione, avete capito bene.
Ci sistemammo nel salone più grande che abbia mai visto, la sua area era venti volte un campo di calcio. Il Maestro con solo tre semplici scatti arrivò sulla pedana su cui vi erano i cinque troni, io dovetti correre per più di 5 minuti per arrivare col fiatone lì in fondo. Una sfacchinata. Per me l’allenamento finiva lì! Ma, purtroppo non fu, ovviamente, così. Seguì un’ora e mezza di allenamento fisico, corsa, addominali e schivate e dogdeate. Successivamente pausa di 10 min, e si riprese con allenamento magico. Per fortuna non dovevo muovermi più di tanto, ma in compenso mi sentivo sfinito ogni volta che lanciavo una magia. Ma il Maestro sapeva ritemprarmi con degli intrugli verdastri, una sorta di etere, praticamente una pozione che rinvigorisce il mana. Ancora oltre, unimmo i due tipi di allenamento. La magia combinata a varie azioni, come schivare con blizzard, parate con fire, dodgeate con thunder, e così via.

Dopo tre ore di massacranti allenamenti venimmo fermati da un varco che si aprì, poco distante da noi. Un quattro, o forse cinque metri da noi. Pochi passi e il primo gruppo tornò dalla missione. Era il gruppo di Vale, in cui stava anche Bea, sembrava che le due andassero d’accordo. Insieme a loro vi era anche un’altra fanciulla, ero sicuro che avevano trovato una principessa! Ero davvero contento, erano tornati sani e salvi e addirittura con una principessa dal cuore puro. Non poteva andare meglio. Sperai che anche il secondo gruppo tornasse trionfante.
Master Eraqus, fece nuovamente il discorso alla ragazza, discorso che ormai sapevamo tutti a memoria allora scortò la ragazza in una stanza, vicina a quella di Aurora e le fece presentare. Intanto Stefano e Bea portavano delle valigie con loro –Sembrano pesanti- dissi davanti a Bea, e allungando una mano presi quel mattone color rosa pallido –Cosa c’è dentro? Una serie di incudini da guerra?- I ragazzi scoppiarono a ridere, ma Bell, così si chiamava la principessa disse un po’ contrariata: -Ci sono soprattutto libri, ecco perché sono così pesanti. Non vado da nessuna parte senza di loro!-
-Scommetto che la lettura di “A song of Ice and Fire” non ti aiuta ad essere così gentile, vero Miss Bolton?- Bell mi fulminò con lo sguardo. Se avesse potuto mi avrebbe fatto a pezzi con un Tundaga. –In realtà mi sento più una Lannister, caro.- Disse la principessa ridendo sotto i baffi.
La lasciammo disfare la sua roba nella sua nuova stanza. Mi chiesi se la sua famiglia sapesse dove fosse in questo momento. Ma il mio pensiero si spostò improvvisamente su un altro avvenimento.
Le campane iniziarono a suonare, non era mai un buon segno quando le campane suonavano. Accorremmo tutti, chi era preoccupato, chi invece solo col fiatone. Appena arrivai notai che il secondo gruppo era ritornato, appena qualche istante prima. Erano in tre. Sentii qualcuno piangere, altri accorsero verso i superstiti, corsi con loro. A terra svenuta vi era Leia che teneva stretto il suo keyblade con l’impugnatura che ricordava un’arpa e l’elsa a forma di ali di fatina. A sorreggere invece Andy era una giovane fanciulla, sembrava poco più grande di noi, pelle chiara e capelli scuri come un cielo senza stelle e labbra rosse come una mela.
Alzò lo sguardo verso di me, lo abbassò nuovamente verso il rosso, lo poggiò delicatamente a terra, guardò il Maestro e lui annuì.
-L’Organizzazione ha ora due nuovi membri, sono arrivati quindi a quota undici.- la ragazza fece un breve respiro di pausa –Mi ha spiegato molte cose Andy, ma una cosa non capisco, uno di loro... credo uno nuovo aveva un keyblade.- Il Maestro non fu sorpreso, prese la parola per confortare la ragazza: -Vedi cara, Master Xehanort ha un Keyblade e i suoi seguaci che sono per metà come lui penso che siano in grado di maneggiarne uno e- ma la ragazza dai capelli corvini lo interruppe. –Si, Maestro, ma so che ogni keyblade è unico, allora perché quello che ho visto è uguale a quello?- e indicò un ragazzo. Ok indicava dalla mia parte. Oh suvvia non posso essere davvero io, non siamo in un film. Invece puntava me. Eh te pareva! Ma la cosa strana fu un’altra, come mai avevo la mia arma in mano? Non l’avevo richiamata, né avevo intenzione di farlo.
Possibile che lei fosse un’altra principessa dal cuore di pura luce? Possibile. Ma la cosa sconvolgente furono le parole del Master: -La cosa sconvolgente non è in realtà che qualcun altro abbia il keyblade, o che sia uguale al nostro, il problema è che Master Xehanort sta radunando un esercito per combattere le nostre luci. Vuole una nuova guerra del Keyblade, vuole evocare Kingdom Hearts per creare, secondo lui, un mondo di sola luce.-  Chiuse gli occhi, la cicatrice sulla sua guancia si contrasse ulteriormente, facendo sembrare più vecchio di quanto già non fosse il suo volto. Riprese. –Anticamente, quando ancora l’universo era un neonato, vi fu un solo Maestro del Keyblade. Esso ebbe sei apprendisti nel corso della sua vita, a cinque di loro diede un Tomo della Profezia grazie al quale essi divennero i cosiddetti "Foretellers". Ogni Foreteller fu un Maestro del Keyblade di incredibile potenza, ognuno di loro bramò la Luce per una diversa ragione e non si sognarono mai di allontanarsi da essa. Leggendo il Tomo della Profezia rimasero sconvolti e decisero di fare tutto il possibile per impedire che la profezia si realizzasse.- fissò per un attimo il vuoto, per poi riprendere. -"La Guerra in quel luogo porterà alla distruzione della Luce. Il mondo sarà avvolto per sempre nella totale Oscurità."- furono le ultime parole, dopodiché con un gesto della mano ci fece allontanare da quel luogo.
Due domande mi frullavano il cervello fino a ridurlo una poltiglia, se erano sei apprendisti, perché fece cinque Master? E poi, chi era colui che possedeva un Keyblade uguale al mio?
Ma non avevamo tempo da perdere, dovevamo curare i due ragazzi che erano tornati dalla loro missione.

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Capitolo 6
*** L’esame di Maestria -Chapter 5/13 ***


Passarono diverse stagioni, diversi mesi, gli alberi ora iniziavano a dare i primi frutti. Le primizie, le più dolci che la terra potesse donarci quell’anno.
Finito il mio tutoraggio nella scuola tornai all’università. Ero un fuori sede, quindi mi spostavo da una regione ad un’altra per tornare a casa e viceversa.
Tornare alla vita dei corsi, incontrarsi con colleghi universitari, mi sembrava così da “una vita fa”. Tutto mi sembrava però così effimero. Rivedevo i luoghi in cui la luce mi faceva ricordare avvenimenti belli e brutti. Conati di vomito mi salivano, ma ributtavo tutto giù. Dovevo andare avanti. Non fu facile, per più di due mesi scoppiavo a piangere silenziosamente durante le lezioni di filologia giapponese, per questo mi mettevo in ultima fila e poi finita la lezione correvo a casa. Pian piano però le cose miglioravano, avevo i miei amici all’università e anche nel Land of Departure. All’università feci un po’ di propaganda del keyblade, ma il tutto era ovviamente in sordina e non si poteva dire alla massa cosa stesse accendo veramente. Ma più di una decina di persone entrò di diritto nelle nostre schiere. Anche da altri versanti ricevevamo ogni giorno nuove reclute, ormai eravamo una settantina. Non ero più il più anziano di età, ma solo di esperienza. E questo gioco valeva la candela, ora vi racconterò il perché.

Un anno prima degli eventi che vi sto narrando, feci richiesta per una borsa di studio e al mio ritorno dopo il tirocinio, l’università mi fece presente che ne vinsi una. Io mi immaginavo che mi regalassero una vera borsa, con tanti soldi dentro, libri e due biglietti aereo; uno di andata e uno di ritorno.
Era solo una mia fantasia.
Però in compenso mi volevano spedire in America.
La prima persona che lo venne a sapere, fu il Maestro, per ovvie ragioni gli andai a parlare di persona. E le sue parole furono le seguenti: -Mio giovane Allievo, non è un caso questa tua partenza improvvisa. Inizierai una nuova vita, un nuovo cammino- lo interruppi bruscamente in uno dei suoi monologhi, so che non dovevo farlo, ma quando iniziava a parlare in maniera aulica nessuno lo poteva fermare. –Maestro ma sarà solo per sette mesi, mica per sempre.- Mi fulminò con lo sguardo, e i suoi baffi sembravano un black mamba pronto ad attaccarmi, ma riprese il suo discorso. –Dicevo- si schiarì la voce –In questi sette mesi in cui ti mando in missione in America per conto della luce, sappi che sarai testato. E questo test non è altro che l’esame di maestria del Keyblade. Se supererai il test sarai a pieno titolo Maestro del Keyblade.-  Si fermò ancora come per cercare un ordine preciso per la frase seguente, alla fine disse:
-Ricorda Lux. Non esistono coincidenze nel Destino.-


Io stavo saltellando da mezz’ora ormai, appena ebbe finito il suo discorso lo abbracciai forte e finalmente dopo tanto tempo il mio cuore provò una piccola gioia.
Ormai tutti erano venuti a sapere del mio esame e della mia borsa di studio, tutti si complimentavano, ma alcuni lo facevano solo perché andava fatto. Ma non mi importava. Non perché fossero persone cattive, semplicemente erano indifferenti agli avvenimenti della mia vita.

Così dopo circa un mesetto, iniziò la mia nuova avventura.
C’è da dire una cosa, che il Maestro mi proibì di usare i passaggi di luce per andare e venire dal, e verso Land of Departure. Quindi fui terribilmente da solo. Lontano da casa e con ancora delle cicatrici nel cuore che producevano dolore.
Mi imbarcai da Roma, in direzione Los Angeles, ma quello era solo lo scalo. L’università che mi aveva accettato era in Oregon, uno degli stati più a ovest dell’America. Il primo volo fu pieno di gioia, ansia per la partenza, eccitazione che pian piano si trasformarono in straziante noia. In dodici ore di volo non mi ero portato abbastanza fumetti, anche perché non potevo portarmene più di tanti, le mie fidate consolle portatili erano con me, scariche dopo l’utilizzo, e un libro datomi da Belle, il primo volume de Le cronache del Ghiaccio e del Fuoco. Che divorai quasi tutto.
Arrivati nella caotica città americana dovetti aspettare un paio d’ore prima di poter salire sul seguente.
Per fortuna il secondo volo durò solo quattro ore, un terzo del tempo che impiegò il primo praticamente. Ma era quasi un giorno che ero fermo, con il culo quadrato su un aereo. Di dormire non se ne parlò proprio. Se dovevo morire in volo volevo saperlo e urlare!
Improvvisamente una piccola turbolenza colpì il nostro volo, mi sentii come su una giostra che vorticava all’impazzata sul terreno poco stabile di Venezia.
“L’amore che mi hai dato, dove dovrei buttarlo?”
Sentii sibilare tale frase nella mia mente. Ovviamente pensavo ancora a Dave, e volevo che in quel momento fosse con me. Volevo che condividesse con me l’esperienza di essere dei custodi del Keyblade, perché secondo me ne era degno. Se uno è degno di essere il mio ragazzo, fidatevi, è anche degno di essere un Maestro del Keyblade!
Ma oramai era tutto finito, non solo perché mi lasciò, ma ci pensò Xehanort a porre fine definitivamente alla nostra storia. Non passava giorno, che non pensavo a lui. All’inizio ero un fiume in piena, piangevo più di una marmotta che si dispera per il suo compagno morto. Il tempo, il Maestro e gli impegni mi hanno portato a essere solo malinconico, e perennemente depresso, ma almeno cercavo di trovare un motivo per andare avanti. Dobbiamo tutti andare avanti, per quanto le situazioni difficili ci affliggono ci deve sempre essere un filo che ci spinge verso il domani, anche se questo futuro sembra più torbido del fango. Cercare di salvare vite, evitando una nuova guerra direi che era un buon motivo.
Finalmente giunsi alla mia mèta, l’Oregon.
L’aeroporto era a Salem, ma dopo un’oretta buona di pullman arrivai finalmente a Eugene. L’università che mi ospitava e che mi dava lezioni di giapponese e inglese era lì.


Nelle prime settimane devo dire che fui abbastanza spaesato, non capivo molto di quello che mi dicevano gli altri, l’americano era molto più chiuso e biascicato rispetto all’inglese britannico. Ma pian piano entrai anch’io nell’ottica americana.
Il mio appartamento era a pochi chilometri dall’università. Almeno questa era una sola sede, invece noi avevamo tipo cinque sedi e ogni volta dovevi spostarti da una all’altra per seguire due lezioni diverse. E le sedi potevano anche essere dalla parte opposta della città. Uno strazio.
Almeno durante le ore di giapponese dovevamo per forza di cose parlare tutti in nipponico. Devo dire comunque che i docenti madrelingua si facevano capire, ed erano super gentili, soprattutto con me e quei pochi altri che venivano da fuori.
Al termine delle prime tre settimane ormai mi ero fatto qualche amico, non nel senso che pensate voi –malpensanti- , e ogni tanto dopo le lezioni andavamo ad un bar vicino l’università a berci qualcosa di caldo. Il locale si chiamava “Big Black Monster” e la prima volta che ci andai, quasi mi feci beccare dai miei nuovi amici.
Tutto l’entourage è obbligato, da non so chi e non so perché, a vestirsi di nero. Quindi la prima volta che entrai scambiai il ragazzo che ci servì per uno dell’Organizzazione. Una figuraccia assurda, ancora ora se ci penso mi viene da ridere. Poi proprio con lui.
Ecco, però stavolta fu diverso ovviamente. Oramai quando entravo i ragazzi mi riconoscevano, e Chris, il ragazzo che scambiai per uno dei nemici era carino e simpatico, veniva alla mia stessa università, ma faceva psicologia. Ogni tanto gli lasciavo la mancia, solo perché aveva un bel didietro.
Con i ragazzi, eravamo in sei me compreso, ci sedemmo in un tavolino grande. Io presi una cioccolata calda con due biscottini dentro, che il caro Chris metteva di sua spontanea volontà, gli altri invece chi caffè chi the. Il caffè faceva schifo. Schifo come poche cose, ‘sti americani non sapevano farlo proprio.
Eleonor, una ragazza spagnola con un accento lievemente londinese iniziò a parlare di ciò che aveva sentito ultimamente. E cioè, in città di notte sembra che orde di cani randagi attacchino le persone, ma la cosa particolare era che questi cani uccidevano le loro vittime, e non si parlava di una o due persone random, no, ma anche di gruppi interi di gente sterminata. Si era arrivati a più di centocinquanta persone morte. Loro non sapevano degli Heartless, o dell’Organizzazione o di Master Xehanort, quindi cercavano di dare una spiegazione logica e razionale a ciò che accadeva.
Io ogni notte uscivo dal mio appartamento, un semplice e caramelloso bilocale che sembrava un cupcake, e quando tornavo il numero degli Heartless uccisi era sempre inferiore alle vittime della notte stessa. Salvai diverse vite, ma il numero delle creature oscure si era velocemente innalzato. Non mi sapevo dare una spiegazione per questo elevato numero. Poi ad un tratto, illuminazione, e con la faccia da pesce lesso davanti ai ragazzi pensai che se il Maestro alla fine mi ha “mandato” qui e mi ha affidato questa missione, è perché ci deve essere qualcosa di grosso in ballo.
Come ci insegnò Master Eraqus: “Non esistono coincidenze nel Destino.”  
E io ci credo molto in queste parole.

La città era praticamente a metà tra un fiume, sul quale sormontava sontuoso e arrogante un ponte con tutte le assi metalliche rosse, e uno strapiombo che dava su di una vista magnifica, delle formazioni rocciose che si ergevano solitarie dalla terra. Erano tante, quindi posso dire che si sentivano da sole tutte insieme.
Quella sera per il mio giro di perlustrazione, salii sul punto più alto del ponte rosso. I miei sensi si erano acutizzati e da un po’ di tempo potevo vedere anche a distanza le ombre che si muovevano nell’oscurità.
Preparai il mio Keyblade, lo trasformai in una sorta di cannone, si ora potevo trasformarlo in diverse forme e il Maestro mi aveva insegnato come fare, a quanto sapevo ero l’unico che era riuscito a fare ciò, e scagliai i proiettili del mio Ragnarock nei più disparati anfratti. Feci fuori un centinaio, forse anche qualcosa di più, di Heartless. Ma sapevo che non era abbastanza. Feci un respiro profondo, bevvi un etere per recuperare potere magico e continuai con questo metodo per tutta la notte.

All’alba, o meglio, quando ancora doveva sorgere il sole, ma la pallida luce si insinuava tra i lacci oscuri della notte, posai la mia arma, la feci scomparire con un lampo di luce. Neanche il tempo di girare la testa che ebbi un Keyblade puntato alla gola. Una donna. Sembrava una kitsune, una di quelle volpi della mitologia giapponese, aveva un cappuccio rosa e una maschera bianca che le coprivano il volto, la maschera era a forma di lupo, ma forse era una volpe e io non capivo la differenza. Capelli bianchi, non sembravano tinti, ma neanche bianchi come quelli di un anziano. Kimono molto succinto, che faceva risaltare le curve, colorato sempre con toni pastello tra il rosa e il glicine. Il Keyblade che avevo vicino alla giugulare invece era una sorta di nuvola, sembrava zucchero filato tutto attorcigliato su se stesso colorato proprio come ti aspetteresti da un bastoncino di zucchero filato: rosa, giallo e panna. Con al centro dell’elsa uno stemma a forma di volpe gialla. Il portachiavi che era la parte finale dell’arma aveva una sorta di grande occhio blu. Rimanemmo fermi per un paio di minuti, e così che ho avuto il tempo di analizzarla e studiarla per bene.
Osai a chiedere: -Organizaz...-  Mi tappò la bocca, con un dito.
-Sono qui per avvisarti di un pericolo imminente.- Mi guardò, ma non so dirvi di che colore avesse gli occhi, o se li avesse. La maschera lasciava libera solo la parte inferiore della faccia. La bocca ora si aprì in un lieve sorriso.
-Parli degli Heartless? Dei Nessuno? Dei Dream Eater? Dell’Organizzazione? So già tutto cara.- La rimbeccai io.
Finalmente staccò il suo Keyblade dal mio collo, si girò e osservò il cielo. La luna non era visibile quella notte. Una lacrima scivolò sul suo viso.
-C’è un ragazzo che ha il tuo stesso Keyblade, lo sai. Ma sai anche che sta cercandoti?- Si rigirò verso di me. –Dicendo che tu sei il falso, e lui è l’originale. Però ora che vedo anche te, posso dire che siete due persone diverse.- Il sorriso divenne ghigno. –Chi si salverà? E chi arriverà alla fine? Le mie pagine purtroppo non lo dicono, ma sono sicura che vi assisterò.-
Detto ciò sparì.
Fu l’unica volta in cui vidi un Antico Maestro del Keyblade.

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Capitolo 7
*** Una Princi...persa? –Chapter 6 ***


Intanto in un luogo non meglio precisato della Cina Nord-occidentale un varco oscuro si aprì. Uscì un uomo vestito con un lungo soprabito violaceo, una maschera da serpente e un Keyblade delle stesse fattezze e colori del proprietario.
Sull’elsa della sua arma vi era la testa di una serpe viola pronta ad azzannare.
Sospirò, poi si rivolse al suo interlocutore che lo aspettava in quel luogo, un vicolo lungo e stretto come il corpo di un cobra. –Non so chi sia, ma so per certo che è un falso ed è un traditore.-
L’interlocutore, un ragazzo, guardò la maschera dell’uomo. Non traspariva la minima emozione, quasi non gli interessasse.
Riprese –I tuoi occhi sono di lui, ma il tuo Keyblade è del traditore. E’ proprio lo stesso.- Detto ciò scomparve nell’oscurità da cui proveniva.
Il ragazzo vestito con gli abiti neri dell’Organizzazione si scoprì il volto.
I suoi occhi blu, come il mare in inverno con alcune striature di verde chiarissimo. Biondo. –L’unica cosa che so è che questo è per metà suo, non so se sono io l’impostore o meno. Lux, dove sei.- E si incamminò per la sua strada, accompagnato dalle creature oscure.

Era passato più della metà del tempo prestabilito, più o meno quattro mesi e mezzo che avevo passati lontano da casa. E ogni giorno e ogni notte sembravano ripetersi. Più di quattro mesi a seguire corsi di giorno e di notte ad uccidere Heartless, mi sentivo un po’ uno degli Avengers, ma non so dire quale.
Giravo un po’ nella notte, non stavo fermo più in un solo punto, anche perché dopo l’esperienza con quella strana donna ero diventato più attento e meticoloso nei miei attacchi e nei vari spostamenti. Quasi avevo timore che potesse tornare e uccidermi. Il mio pensiero andava sempre verso di lui.
Fattosi ormai tardi, alcuni potrebbero dire che fu presto, comunque poco dopo il sorgere del sole tornai a casa.
Quella mattina il Big Black Monster era aperto straordinariamente. Camminando lo superai. Mi fermai. Tornai indietro ed entrai nel locale deserto. Le cinque del mattino rendevano quel luogo se possibile ancora più tetro. C’era solo una ragazza da sola, le chiesi un liquore uno dei più forti che avevano. Ero al bancone e mi servì immediatamente. Prima di assaporare la prima sorsata di quel liquido ambrato, dietro di me sentii –Ubriacone! A quest’ora del mattino già bevi!?- Era Chris che entrava per il turno di lavoro. Ci scambiammo un saluto affettuoso e lui si mise il grembiule nero su camicia e pantalone nero. –Hai fatto le ore piccole o più semplicemente non hai passato una bella serata?- mi chiese con quegli occhi marroni come castori. Non mi andava molto di parlare, quindi inventai una scusa, pagai il mio conto e me ne andai.
Prima di mettere piede fuori dal locale, mi afferrò il polso. –Se c’è qualche problema, so che non sono nessuno, ma almeno parlane con i tuoi amici.- fece una piccola pausa e mi lasciò il polso, guardò a terra, riprese –Posso immaginare che ti manchi casa, resisti, se vuoi puoi venire qui avrai sempre un bicchierino gratuito per i tuoi momenti “NO”.- Lo abbracciai istintivamente, lo ringraziai dal profondo del cuore e me ne andai. Fino a quando gli fu possibile rimase sull’uscio del locale per vedere dove andassi credo.
Tornato a casa, nella mia solitudine, mi feci una doccia calda per rilassare il cervello. Uscito misi a bassissimo volume una playlist composta da Ost di un videogioco, il tutto rigorosamente “solo piano”.
Sprofondai nel mio piumone, un abbraccio caldo prima di addormentarmi.
Nel mio sogno, c’era lei, la volpina. Mi teneva sul ciglio di un dirupo e giù c’era Dave che mi aspettava a braccia aperte. Mi sentivo un verme, inerme, che non sapeva cosa fare. Dipendeva tutto da me, sapevo fosse un sogno, ma ero titubante. Il rumore della sveglia mi fece aprire gli occhi e solo allora capì sul serio che era un sogno.
Una volta in piedi, mentre mi lavavo i denti iniziai a pensare, a riflettere più che altro, su ciò che stava accadendo ad Eugene. Tanti, troppi Heartless, la volpina, il tizio che aveva il mio stesso Keyblade. Ecco era lui il più grande mistero per la mia mente. Potevo vedere solo le parole dietro tale figura, ma la sua forma mi era preclusa a prescindere. Com’era possibile, mi chiesi tra me, mentre un po’ di dentifricio mi scivolava sul mento, mi sciacquai il volto, il Maestro più volte ci disse che i Keyblade sono unici e personali manifestazioni del cuore di un individuo. Messa la prima maglia pulita sotto mano corsi a lezione.

Finita la mattinata di studio, i ragazzi mi chiesero se volessi andar con loro al nostro consueto ritrovo. Un po’ in imbarazzo rifiutai, non volevo che Chris mi vedesse nuovamente.
Feci una passeggiata per la città. I colori tenui delle case, il dolce cinguettio degli uccelli mi facevano bene allo spirito. Le persone gentili che anche se non ti conoscevano ti salutavano con un cenno del capo. Pensai che era lì che volevo tornare una volta finiti i miei studi, ma c’è da dire che comunque non vi è nulla che mi legasse a questa terra. Il mio lento peregrinare mi portò verso un punto a strapiombo, protetto ovviamente dal guardrail. La luce del tramonto era affascinante, e quei monoliti che si ergevano nella valle color ocra creavano un’atmosfera unica. Il rosso, l’ocra, il viola e il blu, tutti quei colori che ti facevano battere il cuore. Ma io non provavo nulla, era sì un panorama fenomenale, ma ormai mi sentivo arido. Non c’era nessuno, penso nel raggio di chilometri, evocai il mio Keyblade e lo conficcai nel terreno. Mi accesi una sigaretta e continuai a guardare quello spettacolo. Sceso ormai il sole, le ombre si affacciavano sulla terra. Con loro anche gli Heartless. Ne feci fuori qualcuno sul luogo, di quelli semplici che non creano nessun particolare fastidio. Finito il mio compito, iniziai a tornare perché il dovere mi chiamava. Feci scomparire la mia fidata compagna e mi incamminai per la strada di ritorno.
Durante il tragitto, ormai più vicino alla città, vidi delle persone fare jogging. Alcune mi superavano con passo svelto, altre invece mi venivano incontro. Mentre avevo alle spalle ancora le cime pietrose mi venne incontro Chris, anche lui in tenuta sportiva. Mi salutò con un cenno della mano e un sorriso. Aveva davvero un bel sorriso. Si fermò, si tolse una cuffia da un orecchio e mi aspettò lì. Lo raggiunsi, mi sorrise nuovamente, scambiammo due chiacchiere, io ero ancora imbarazzato per quella mattina, ma non lo davo a vedere. Mentre stavamo per andarcene, ecco che intorno a noi escono dalle tenebre degli Hearless. Imprecai.
-Diavolo, non con lui in mezzo!- Ma il signor Grande Mostro Nero mi si parò davanti. –Li schiaccio io, tu sta indietro!- mi urlò con quel poco coraggio che traspariva dalla sua voce. Feci una semicirconferenza con lo sguardo, anche se nessuno mi vide. Uscii il Keyblade e con un paio di colpi e una posa finale che ricorda molto le pose Jojo, le creature svanirono nell’aria.
Chris molto poco sorpreso devo dire, iniziò a pronunciare una frase –Ma io stavo per...- ma venne bruscamente interrotto. Io ero di fronte a lui, lui invece teneva gli occhi sbarrati dietro di me, come se un ragno gigante stesse per mangiare Ron, sentii un colpo alla schiena e caddi con un ginocchio a terra. Fu un colpo velocissimo e preciso. Feci però in tempo a girarmi, così da non cadere ancora di spalle al nemico. Chris alle mie spalle con il cuore in gola, che non sapeva cosa diamine stesse accadendo.
Il nemico che mi aveva colpito era uno scagnozzo dell’Organizzazione. Mantello nero, cappuccio nero, tutto nero insomma. Gli occhi, no. Quelli erano azzurri. Non proprio, quegli occhi davano l’effetto di una tempesta invernale che si scatena nell’oceano. Occhi che già conoscevo. Non poteva essere. No. Non era lui. Lui è morto.

Si tolse il cappuccio. In un secondo ripercorsi tutta la nostra vicenda. Volevo ucciderlo in quel momento, giuro. C’erano mille domande che volevo fargli, invece lui mi aveva colpito. Il suo Keyblade era uguale al mio. Ora ero sorpreso, scioccato e incazzato.
-Quindi sei tu quel famoso tale ad avere il mio stesso Keyblade.- Gli dissi quelle parole con così tanto veleno che avrei potuto uccidere sedici elefanti adulti. Dave in quel momento abbassò lo sguardo, osservò la sua chiave, strinse ancor di più la presa e mi colpì di sorpresa con l’altra mano. Nella quale vi era un altro Keyblade. Due cazzo di Keyblade(!?!). Fui più sorpreso che dolorante. Il biondo senza parlare, si allontanò di un passo da noi. Chris, era rimasto immobile, credevo impaurito. Mi voltai un attimo, per cercare di infondere sicurezza al ragazzo, però sapete, un metro e novanta, doveva essere lui a confortare me. Stranamente il suo sguardo però era incentrato sul mio ex ragazzo, uno sguardo minaccioso e saldo.
Spostando il suo sguardo su di me –Hai già trovato un ripiego, eh!- il tono cattivo e il ghigno sul suo volto non aiutarono i miei nervi a rimanere calmi. Ora volevo sul serio ammazzarlo di botte. Ma ero ancora in ginocchio con la schiena dolorante. Però risposi a tono –Direi che dopo un anno, e una “finta” morte ci sta che io vada avanti.- Pausa che gli fece prendere il colpo in pieno petto e poi ripresi –E comunque tra me e questo giovane semi gigante non c’è nulla. O magari sei solo geloso.- E la mia espressione era più divertita che arrabbiata o preoccupata, ma in un attimo mi rabbuiai guardando il suo volto cambiare. I suoi occhi, cambiarono per un po’ colore. Passando dal blu mare in tempesta all’arancio e poi all’oro.
Mi alzai, feci del mio Keyblade una sorta di appoggio per potermi raddrizzare. Dave venne verso di noi caricandoci. Keyblade alle mani pronti a colpire. Aspettai fino all’ultimo secondo per pararne uno dei due, ma l’altro ero sicuro che avrebbe colpito Chris.
Invece ci fu un rumore metallico, come di due cozze che vengono sfregate tra loro. Chris aveva un Keyblade. Fui sorpreso, ma mai quando Dave. Che vedendo quella chiave arretrò con un salto di almeno quattro metri. Era un Keyblade poderoso, aveva quasi la forma di una mano. Lo brandiva con una sola mano, ma non sembrava per niente leggero, era grande, praticamente due volte il mio. O il mio e quello di Dave insieme visto che erano uguali. Il portachiavi che penzolava alla fine dell’arma aveva un occhio blu con uno spacco al centro nero, un po’ come quello della donna volpe.
Per distrarci Dave disse: -Sai perché il tuo Keyblade è uguale al mio?- Neanche il tempo di rispondere che continuò a parlare. –Tu ed io abbiamo creato un legame molto forte tra noi, tanto che condividiamo un po’ del cuore dell’altro. E quel Keyblade è il frutto del nostro rapporto. E’ sia mio che tuo.- Parole che fanno male, soprattutto se dette da una persona che un tempo credevo mi volesse davvero bene. Dette poi con un freddezza senza uguali. La guerra fredda doveva essere più temperata di quelle parole.
Finito di parlare, creò un varco oscuro e scivolò in esso. Io e Chris rimanemmo fermi dov’eravamo. Volevo fargli mille domande, ma lui si avvicinò e mi aiutò a sorreggermi.


Pian piano tornammo in città. Il tragitto lo passammo in silenzio, interrotto solo da qualche mio mugugno di dolore. Arrivati ad un angolo dove una panetteria che faceva ciambelle aveva appena sfornato nuovi prodotti e l’aria era satura di zucchero, chiesi: -Da quanto tempo...- e la domanda rimase sospesa –Da un po’- Rispose. Imbarazzato e con la faccia rossa. –Un annetto circa. E se te lo chiedi, ho avuto un Maestro che mi ha insegnato l’arte del Keyblade.- Ero davvero sorpreso. Chinai di lato la testa, ma con un dolce gesto mi fece appoggiare alla sua spalla. –Il mio Maestro è morto da poco, era come un padre per me. Prima, però, che scomparisse mi ha insignito col titolo di Maestro del Keyblade.- Mi girai di scatto, lo guardai, lui mi sorrise, mi staccai da lui con una lieve spinta. Ero così senza forze che le gambe da sole non mi ressero. Caddi. Ridemmo insieme.
-Questo Keyblade è suo, ma ora che la sua volontà è con me, è diventato il mio.- Disse, mentre mi aiutava ad alzarmi. Mentre mi tirò a sé per sollevarmi, poggiai la mia mano sul suo petto. Il calore del suo cuore era unico. In quel momento capii che lui era una delle principes... un principesso(?) dal cuore di pura luce.
E lui come a capire cosa stavo pensando mi fece di si con la testa.
Continuammo il nostro percorso, lui mi sosteneva e ci sorridevamo a vicenda. Il mio cuore per un attimo provò qualcosa, non so dirvi però cosa realmente fosse.

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Capitolo 8
*** Sentori di guerra –Chapter 7/13 ***


Giunse infine il tempo degli addii.
Non erano dei veri e propri addii, anche perché se avessi voluto avrei potuto vedere i ragazzi in meno di due minuti grazie ai poteri del Keyblade.
Prima di avviarmi verso l’aeroporto, feci un ultimo giro di perlustrazione. Andai sul ponte, a farmi cullare dalla brezza mattutina, le luci della città che pian piano si spegnevano e il sole riscaldava le speranze nei cuori della gente che si svegliava per affrontare un nuovo giorno.
Andai verso le formazioni rocciose, un ultimo sguardo a loro che erano lì da chissà quanto tempo, e ci sarebbero rimaste ancora per molto.
L’ultimo saluto andò al Big Black Monster. Anche se non ce n’era bisogno salutai Chris, come se poi non ci fosse più la possibilità di vederci. Invece appena atterrai con l’aereo a Roma, la prima cosa che feci fu quella di aprire un passaggio verso il Land of Departure.
Entrai nel salone principale grazie ad un varco di luce. Trovai Master Eraqus, che era seduto con il gomito poggiato su di un poggia bracci e la mano che gli sorreggeva il volto. Appena mi vide, sorrise, si alzò e corse ad abbracciarmi. Suonarono le campane. E tutti accorsero. Erano davvero tanti adesso. C’erano anche persone più grandi di età e delle strane creaturine bianche con il naso tutto rosso che svolazzavano a mezz’aria.
-Maestro...- chiesi un po’ con timidezza –Cosa è successo in tutto questo tempo?- Eraqus mi osservò, aprì bocca, ma prima di parlare qualcuno mi saltò addosso.
Erano Vale, Stefano, Bea e incredibilmente anche Bell. Ci fu un abbraccio di gruppo, e subito Stefano chiese, rivolgendosi al Maestro, -Beeeeh, per quanto riguarda l’esame per diventare Maestro del Keyblade?- Io intanto cercai di alzarmi, perché i miei amici mi avevano fatto cadere per terra. Master Eraqus si schiarì la voce, il silenzio cadde nell’enorme salone. –Prima di iniziare la cerimonia, Lux- si girò verso di me, e mi fissò con occhi profondi e splendenti. –Non c’è qualcuno che dovresti portarci?- 
Non ero per niente sorpreso, quel vecchio sapeva sempre tutto.
-Sì, Master!- aprii un varco con il mio Keyblade, sentii in quel momento un lieve vociare. “E’ davvero uguale.” “Lo sapevo.” E altre cose del genere.
Entrai nel varco di luce ed uscii dalla parte posteriore del locale dove lavorava Chris.

Ora, erano problemi. Se qualcuno mi avesse visto come avrei spiegato che ero ancora li? Infatti la fortuna non fu dalla mia parte. La porta, quella antincendio si aprii e una ragazza dai capelli rosso fuoco, che risaltavano sull’uniforme nera si spaventò nel trovarmi lì. Chiesi immediatamente se mi mandava Chris. Arrivò dopo un paio di minuti, nei quali sperai che nessun’altro dovesse uscire.
-Sei sicuro di quello che fai?- sapevo che era titubante, ma comunque voleva conoscere l’altra realtà nonostante si trovasse dall’altra parte del mondo. Inoltre lui non era capace a creare i corridoi di luce.
-Si, lo devo almeno a te- ed entrò nel varco. Dopo neanche cinque minuti di assenza, il salone era pieno di gente ammassata. Osservando meglio, erano tutti in riga, come una sorta di plotone. Il varco si aprì sul finire del salone, quindi il ragazzo vestito in nero ed io sfilammo, come delle top model durante la settimana della moda di Parigi. Vale che era a metà tra il fondo della sala e lo spazio rialzato dei troni ci guardò e alzò un pollice e sorrise.
Sulla pedana rialzata, dove erano stanziati i cinque troni, vi erano il Master e altre persone. Delle donne. Da lontano, dato che sono miope, non ci vedevo bene. C’erano Bell, Aurora, Bianca (che di cognome faceva Neve, quella che aiutò Andy) e altre tre che non conoscevo. Anzi, si. Una di quelle la conoscevo! Era Alice, una mia compagna di università, capelli rossi, sempre mezza addormentata e con una fantasia superiore alla media. Non potevo crederci che fosse una Principessa. Mi salutò con un sorrisone e un lieve movimento della mano.
Erano sei, quasi tutte. Ora con Chris erano al completo. Ma bisognava vedere cosa diceva il Master.
Salimmo quei tre gradini, e ci posizionammo davanti a lui.

Master Eraqus recitò: -Da questo momento finisce il tuo esame per la qualifica della maestria del Keyblade.- Indicò le sei ragazze al suo fianco. –Ora siamo riusciti a trovare sei principesse, tu chi porti al tuo fianco?-
Mi girai verso Chris, con un cenno del capo che mi diede forza iniziai a parlare. –Lui è la settima principes...- mi fermai a ridere sotto i baffi –Avete capito, ma forse è meglio dire principe dal cuore di pura luce-
La faccia del Master si contorse in uno sguardo di stupore, come se non fossero quelle le parole che si aspettava. Un sorriso, che distorse la sua cicatrice ma, addolcì il suo viso.
Il brusio divenne un vociare e il vociare si bloccò ad un gesto del Maestro.
-Prima di parlare di ciò, devo avvisare tutti voi.- Pausa di sofferenza per me. Chiuse gli occhi, li riaprì. –Lux, da questo momento sei ufficialmente un Maestro del Keyblade!-  Urla di gioia esplosero nel salone.
Chris mi abbracciò, io stavo per scoppiare a piangere. I fischi di Stefano si riconoscevano, tipo un pecoraro.

-Ora uscite tutti. Devo discutere di alcune cose con il nuovo Master e rivelargli alcuni segreti, che solo una persona con tale titolo può conoscere- e al suo schiocco di dita si ruppero le righe.
Mi girai e Vale con Stefano si tenevano per mano mentre se ne andavano, notai. Fui in imbarazzo per loro, ma anche contento...chissà se la missione a Londra non li aveva iniziati in questo, però in questi sette mesi molte cose erano cambiate o iniziate se non addirittura finite.
-Master- iniziai io senza alcun permesso di parola, ma il Maestro non fu contrario alla mia azione –Lui è Chris, è sia una persona con il cuore di pura luce che un Maestro del Keyblade.-
Il Master capì immediatamente i miei pensieri, si girò e con un cenno del capo diede un ordine alle principesse che non si erano allontanate. Tutte loro si guardarono, accennarono un sorriso e dopo un secondo una luce abbagliante inondò tutta la sala. Ognuna di loro maneggiava un Keyblade. I più belli, o meglio, quelli che maggiormente mi colpirono furono quello di Alice, e quello della ragazza con la pelle color ambra, che si chiamava Jasmine. Il primo aveva una lunga e sottile asta la cui mappa era a forma di cuore, l’impugnatura tonda aveva come ciondolo una piccola carta da gioco francese. Tutta l’arma aveva come unici colori il viola e il rosso, che richiamavano molto il colore dei capelli della principessa; l’altro invece aveva molti ghirigori ed era tutto color oro con delle striature più chiare.
Notai Aurora, che sembrava ancora assonnata.
-Le principesse devono avere per prime lezioni di autodifesa. Non possono più essere delle donzelle che devono farsi salvare. Devono saper combattere come tutti noi, ma devono essere le prime ad essere protette. Per questo credo che il tuo Master ti abbia insegnato a impugnare un Keyblade e poi prima di sparire ti abbia donato la sua stessa arma. Il quale a quanto vedo fu addirittura uno dei Cinque Foretellers.- Si avvicinò a Chris che impugnava il suo Keyblade. –Posso?- prese tra le sue mani quel Keyblade così possente. Lo soppesò, diede un paio di colpi all’aria infine sentenziò: -Questo è proprio il Keyblade dell’Orso. Ora che siete tutte e sette devo rivelarvi questo.- la sua solita pausa di suspense, a volte non lo sopportavo quando faceva così. –Sapete che questa battaglia servirà per capire quale tra le due forze, quella della Luce e quella dell’Oscurità, prevarrà sull’altra. Dovete sapere però che quando una forza prevale sull’altra l’intero universo collassa, perché è basato su un equilibrio, e creerà un nuovo universo che impiegherà milioni di anni a generare nuovi esseri viventi. Proprio come è successo l’ultima volta. C’è ovviamente un modo per fermare tutto ciò. Dobbiamo impedire a Xehanort- Non lo chiama Master Xehanort, chissà perché pensai. –Di forgiare l’ X-Blade che è l’arma definitiva, la quale può essere formata solo grazie a Kingdom Hearts. Questo regno può essere aperto solo dall’incontro della vera Luce con la vera Oscurità, quindi voi principesse- rise anche lui adesso –contro le tredici oscurità di Xehanort-
Sapevo che Master Eraqus amava i monologhi, ma dovevo per forza chiedere: -Maestro, ma cos’è Kingdom Hearts e dove si trova?-
-Caro Lux, Kingdom Hearts è il regno di tutti i cuori. Quando anche il nostro cesserà di battere, esso seguirà la strada per questo luogo ameno. Per quanto riguarda il suo posizionamento, ovviamente è un mondo superiore, non potrebbe esistere su questo piano di realtà- si voltò e andò verso una delle grandi finestre. Si posizionò parallelo alla finestra che un po’ lo rispecchiava, osservò il cielo. –Eppure in questo mondo, che raccoglie tutti i vecchi mondi, Kingdom Hearts ha deciso di essere ancora più vicino ai cuori degli esseri viventi. Quindi ha deciso di celarsi nella Luna-

Tornai ai miei alloggi. Chris aveva il suo nuovo super appartamento cinque stelle nella Land of Departue insieme alle altre principesse. Io anche se Maestro ero comunque un “comune” soldato. Fino a questo momento non avevo mai pensato a cosa fosse la guerra. Sembra una cosa così lontana da noi, una cosa che non ci potrebbe mai toccare, invece era dietro l’angolo. Non ci volevo pensare, ma invece dovevo. Era un mio dovere da Maestro. Ora avevo più doveri nei confronti dei miei amici e sottoposti, Master Eraqus disse che dovevo scegliere un gruppo da allenare e seguire costantemente.
Finalmente giunsi nella mia stanza, un rettangolo pieno di poster, scaffali ricolmi di fumetti e action figures e un letto comodissimo su cui sprofondare. Mi buttai a pesce morto sul materasso e affondai la faccia nel cuscino. Troppe responsabilità per una persona come me, che di responsabilità ne aveva avuto abbastanza.
Bussarono alla porta.
Mugugnai qualche verso gutturale da sotto il cuscino. Ma ovviamente entrarono.
Vale, Stefano e Bea, il trio completo.
-Lo sai che vogliamo sapere tutto! Chi era quel mega fustacchione che ti sei portato dall’America? Il tuo nuovo ragazzo?- chiese Bea con un sorriso.
Stefano spinse dietro di se Bea –Piuttosto come sono le ragazze americane!?- neanche finì la frase che uno schiaffo di Vale lo fece andare gambe all’aria.
Io ero ancora con la faccia sotto il cuscino, ma sapevo cosa era successo, risi ma non uscii dalla presa micidiale del cuscino. Vale si sedette vicino a me.
-Ti va se facciamo un Pigiama party stasera? Io e Stef abbiamo portato cioccolata illegale e così tante patatine che Master Eraqus dovrebbe usare tutti i suoi MP per incenerirle con Firaga!-
Spostai il cuscino, e ridemmo tutti insieme.
Quella sera passò in maniera placida e allegra. Raccontai ai ragazzi le varie avventure americane, del mio ex, di Chris.
Stef un po’ pensieroso assomigliava un po’ a Winnie the Pooh, perché sembrava che mettesse il broncio, disse –Ma ti piace questo Chris o no? E poi sai se è un obiettivo per te o meno?-
Erano domande a cui non sapevo rispondere, anche perché non credevo che lui sapesse effettivamente di me e delle mie preferenze.
-Al momento non mi interessa, ho cose più importanti a cui prestare la mia attenzione-
Intervenne Vale –Si, Lux, ma il cuore ha anche bisogno di attenzioni, come dire, particolari. Deve saper affrontare diversi tipi di emozioni. Ora tu come ti senti? Sei felice o no?-
-No- risposi senza pensare. Anche perché era la verità. Anche se Master Eraqus mi aveva nominato Maestro non ero contento. Effettivamente non ero felice da un po’ di tempo.
-Pensate che il mio cuore può cadere vittima dell’oscurità più facilmente di altri?-
Vale prese la mano di Stefano, io sorrisi ad entrambi e loro arrossirono e lasciarono l’uno la mano dell’altra.
-Secondo me no. Anzi hai un cuore forte, che conosce la sofferenza, ma che comunque nella tribolazione non si è lasciato sprofondare nell’oscurità in cui potevi discendere. Ce ne vuole per renderti un servo dell’oscurità e quel Xehanort e quel biondino li, lo devono sapere molto bene.- Bea che era un po’ brilla dopo neanche due birre sentenziò quella frase.
Bussarono nuovamente nella mia camera.
In quattro eravamo già stretti, mi chiesi se qualcun altro voleva unirsi a noi.
Erano Alice e Chris, entrambi parlavano un inglese fantastico quindi per fortuna l’americano non fu solo. Volevano parlare con me, ma si ritrovarono loro malgrado nello sleepover club nato in camera mia.
Tra patatine, karaoke e birre avevamo alzato un po’ troppo la voce e l’ora era tarda. Senza neanche bussare Master Eraqus aprì la porta con un gesto del suo Keyblade. Ci fece un “SHHHHH” con tanto di dito davanti i suoi baffi, poi si prese una birra e se ne andò ridendo. Noi ridemmo per un sacco di tempo.
Alice mi aggiornò un po’ della situazione universitaria e Chris faceva amicizia con i ragazzi.

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Capitolo 9
*** Rainy nights–Chapter 8/13 ***


Xehanort fissava il vuoto, un punto lontano dalla sua vista ma sempre all’interno della stanza bianca, dal trono più alto della sala.
-La miccia è stata accesa, ora aspettiamo che la bomba esploda.- La faccia del ragazzo con i capelli blu e la cicatrice era senza espressione.
Un sorriso agghiacciante e spaventoso illuminò il volto del vecchio Maestro.
-Finalmente è giunto il momento. Adesso è il momento di scendere a combattere.- Evocò nelle sue mani il Keyblade che lo aveva accompagnato in tutte quelle ere. –Convoca un concilio straordinario, si scende in guerra.-

Altro tempo passò e ora mi trovavo a comandare una mole considerevole di ragazzi. Gli adulti generalmente li addestrava il Maestro.
Con me stavano i miei amici, per fortuna, e ora eravamo davvero tutti capaci di diverse azioni combinate. Eravamo davvero un bel team.

Anche quell’anno l’estate giunse con la sua afa e la sua umidità che non potevano ovviamente mancare.
Ognuno fece più o meno ritorno a casa, ma le principesse dovevano sempre rimanere con la scorta, per esempio Jasmine tornò in India dal padre accompagnata da tre ragazzi e una ragazza tutti custodi del Keyblade; Bea andò a seguire un campus all’estero; la coppietta del gruppo rimase tale.
Io e Alice decidemmo di andare a farci un bel viaggetto, così ci potevamo divertire e nello stesso tempo io adempivo al mio compito.
“Partimmo”, o meglio, aprimmo un varco verso l’Irlanda. Birra, scazzottate e rossi, cosa volevamo di più. Un amaro ovviamente. (Non credo che posso mettere le marche, dovrei pagare per la pubblicità e sono povero!)
Mi dispiacque per Chris, voleva venire con noi, ma doveva lavorare per tutta l’estate. Volevo davvero che venisse con noi, soprattutto perché iniziavo a legarmi a lui. Anche se in tutti quei mesi non gli avevo detto nulla della mia omosessualità. Né tanto meno lui aveva parlato di sé o di ragazze. Era un mistero quel ragazzo. Però il suo largo sorriso mi riscaldava ogni volta il petto.

Dublino, anche in questo periodo era scura e piovosa e umida. Dopo il nostro arrivo affittammo una stanza presso un b&b, il receptionist pensò ovviamente che fossimo una coppia e ci diede una bella stanza con una vista spettacolare sulla città e un letto matrimoniale. La rossa ed io ci facemmo una bella risata appena entrammo in camera.

Il nostro programma era più o meno questo. La mattina girare per la città, vedere luoghi particolari, aggiornare i nostri profili Instagram e farci odiare dagli amici che erano rimasti a casa. La sera una birra, limonare qualcuno di carino e far fuori quanti più Heartless ci era possibile.
La nostra prima tappa fu il Trinity College e la sua biblioteca!
Meravigliosi libri, tomi antichi e magari qualche storia mai narrata in libri che sono andati perduti al pubblico. Ci volevano almeno tre giorni per vedere tutto quello che c’era da vedere, ma fortunatamente Alice sapeva già a cosa puntare, visto che c’era già stata.
Mi portò in una zona un po’ nascosta in cui vi era un tomo tutto ricoperto di polvere, ovviamente noi non ci potevamo stare lì ma grazie alla mia magia vanish fu tutto più facile. Rendersi invisibili in una biblioteca, lo so è un cliché ma andava fatto.
-Questo tomo è uno di quei cinque che profetizzarono la fine del regno della luce, e di un master che tradì gli altri.- aveva gli occhi lucidi e la sua emozione era palpabile. Io non facevo altro che annuire e rimanere in silenzio davanti a qualcosa che andava oltre le mie conoscenze. Sulla copertina del vecchio libro c’era un piccolo simbolo, una sorta di unicorno. Il primo pensiero che mi venne in mente fu “che cosa gay”. Quando lo dissi ad Ali ridemmo ancora di gusto.
-Guarda che quello era uno dei cinque simboli dei primi Keyblade Master. Che sono rispettivamente Unicorno, Vipera, Orso, Tigre e Volpe.-
-Volpe?- Ripetei quella parola con troppa sorpresa. Nella mia mente c’era la figura di quella donna sulle colline rocciose americane.
-Si perché?- continuò senza scomporsi più di tanto. –Anzi, sai che ti dico, se non sbaglio la Master della Volpe era l’unica donna tra tutti i Master della prima era.-
Ancora più sorpreso confessai –Io credo di averla incontrata.-
Alice mi guardò stranita. -Lù, sarà morta miliardi di anni fa.- -No, ti dico che l’ho incontrata in America, inoltre mi ha avvisato di Dave e del suo Keyblade.-
Continuammo a parlare di questo argomento per molto tempo, fino a quando sulla via del ritorno, al crepuscolo, ci fermammo a rifocillare le nostre gole con la sacra birra dublinese!
La nostra intenzione era quella di berne giusto una e poi iniziare il nostro giro di perlustrazione. Ovviamente restammo tipo tre ore!
Uscimmo, mezzi ubriachi, e la notte era ormai giunta da un bel po’. Ma su O’Connell Street la gente c’è a tutte le ore.
Il tempo di cambiarci e riprendere i nostri sensi e uscimmo dal nostro b&b.
Quella notte fu particolarmente corta, soprattutto perché gli esseri oscuri, che abbattevamo a centinaia, non finivano praticamente mai.
Non usammo particolari abilità delle nostre armi, ci concentrammo su tattiche che si basavano sulla combinazione di magie. Fu davvero una figata! Anche perché Alice aveva una scorta di mana che non si esauriva praticamente mai.
Quando usava una semplice magia Magnete sembrava molto più forte di un mio Magnetera.In combo io usavo Thundaga e la mole di heartless diminuiva enormemente.
Verso l’alba ecco che vediamo comparire un bestione enorme accompagnato da alcune Dark Ball. Suddetta bestia aveva una altezza di più di due metri, antropomorfo con uno scudo che lanciava magie. E quello scudo, era praticamente indistruttibile.
Ci serviva una tattica per cercare di farli fuori tutti insieme. Durante gli allenamenti avevo provato una simulazione del genere, ma non con la Principessa.
-Alì, ho un’idea, ma potrebbe essere folle- neanche il tempo di finire –Io ci sto!- rispose lei con un sorriso agguerrito sul volto.
-Tu lancia Aeroga, e cerca di creare tre mini tornado, io gli darò fuoco. Creeremo così una Tempesta firaga.-
Il sorriso malizioso della rossa valse mille si. Seguì il piano, senza nessuno sforzo creò i tre mini tornado. E in meno di due minuti la zona era nuovamente libera da quelle creature oscure e una nuova alba inondò la città di Dublino.
Osservammo quel magnifico panorama color glicine, poi rosa, poi rosso dal tetto del nostro b&b e una stretta al cuore si fece sentire. E il mio pensiero andò a Dave, poi a Chris e infine mi vidi lì e cercai di godermi il momento con la mia Principessa.

I giorni seguenti furono tutti più o meno simili. Cambiavano le location, come ad esempio una mattina visitammo la fabbrica della birra, gita immancabile direi, con assaggi di birra gratuiti. Alice era al settimo cielo!
Un altro giorno lo dedicammo al centro di Dublino e la nostra tappa obbligatoria fu la National Gallery che era situata a Merrion Square West. Inutile dire che io amo l’arte e Monet, Tiziano, Caravaggio sono i migliori amici nelle giornate piovose in cui vuoi comunque apprendere. Di nascosto riuscimmo a farci un selfie davanti ad un quadro di Hogarth di cui ancora oggi mi sfugge il titolo.
La giornata seguente invece fu dedicata agli spazi “aperti” del Phoenix Park. Un parco chiuso, ma se non mi sbaglio era il più grande al mondo. Anche lì facemmo così tante foto da sembrare degli asiatici con la smania della Reflex e dei profili social.
Tutti quei giorni erano accomunati dalle notti. Ogni notte pioveva ed era accompagnata da un’oscurità sempre più profonda. Gli heartless ci chiamavano ad essere dei Batman, cavalieri oscuri, dediti alla luce.
Però ogni sera che passava, il legame che univa me alla principessa coi capelli rossi si rinforzava. Eravamo arrivati addirittura a capire le intenzioni dell’altro da un semplice sguardo.
Una bellissima intesa. Ci vogliono anni per raggiungere una simile sintonia, a noi sono bastati pochi giorni. Non so dire se perché lei è una principessa dal cuore di Luce, o perché tra noi non c’era nessun secondo fine.
Comunque le sbronze che ci siamo presi in quei giorni, non le dimenticherò mai.
Ad esempio, una volta Alice era così sbronza che pomiciò con una statua in un bar e credeva che quella “persona” fosse il proprietario, e che quindi sperava di rimediare free drink. Non vi dico le mie risate! E ovviamente quel video lo caricai sul mio Tumbrl.
Non vi racconto le mie di peripezie, sono troppo hot.
E comunque è solo una diceria che i rossi puzzano.
Iniziai ad amare Dublino.

Se mi chiedete se sono un cretino, io vi rispondo di si.
Vi spiego meglio.
Uso questo “voi” come se il mio diario, alla fine lo leggerà qualcuno. Non credo che mai nessuno riuscirà a leggerlo.
Comunque, dicevo, sì sono stupido. Anzi. Siamo.
-Lù!!- Urlò una mattina Alice, facendomi svegliare. –Stanotte si farà una gita dell’orrore al Castello di Dublino, ci andiamo?-
-Mmmhhh- mugugnai nel sonno e mi girai dall’altra parte.
-EDDAI!- mi urlò in un orecchio.
-Solo se mi porti a colazione un cornetto ripieno di cioccolato. Tanto cioccolato. E un caffè formato gigante.- e le lanciai un cuscino addosso.
Tornata con le cibarie, io ero già pronto, vestito e lavato! Mangiammo con calma, come se il tempo non fosse un problema, e uscimmo a fare shopping. Avete presente Sex and the City, tornammo con tante di quelle buste che occuparono metà stanza. Ovviamente erano solo di Alice. Io mi ero fermato a comprare l’ultimo JRPG di una casa video ludica giapponese che aspettavo con ansia per la mia consolle. Consolle comprata praticamente solo per quel gioco.
Nel pomeriggio, da bravi inglesi, il the caldo ci ha riscaldato l’anima e rilassato la mente, prima di una frenetica serata.
Il castello addobbato per il tema horror era più realistico con la pioggia scrosciante e i tuoni che rendevano il tutto un quadro impressionista di metà-fine ottocento.
Eravamo un bel gruppetto di persone una ventina più o meno.
Ormai gli spiriti, gli scheletri, le maschere, il fruscio delle foglie, nulla più mi spaventava.
Arrivati a fine giro, dopo un’oretta e venticinque euro letteralmente buttati, ci ingozzammo con i dolci tipici di Halloween, in estate. Sono tutti strani questi inglesi!
In un angolo dell’enorme stanza buia, notai degli occhietti gialli, mentre sorseggiavo del punch, roteai gli occhi e Alice capì al volo. Un piccolo tuono volteggiò nella sala e quegli occhi svanirono così come arrivarono, nel silenzio più assoluto.
Un rombo di un tuono che cadde dal cielo fece tremare le finestre che per un attimo si spostarono di pochi millimetri e fecero entrare la fioca luce della luna nel salone.
Ombre si mossero, un lieve fruscio dell’aria e una persona poco lontana da noi venne tranciata a metà, persone urlarono e scapparono.
Ora eravamo soli con l’oscurità.
-Bene. Bene. Bene.- Una risata echeggiò nel salone ricolmo di tenebre.
Il fulmine illuminò per un attimo la stanza, ma non notai nessuno. Alice nemmeno. Eravamo già spalla a spalla.
Le poche luci che illuminavano il pavimento non erano abbastanza forti da poterti far vedere oltre il tuo naso.
Un altro fruscio, verso la rossa, ma stavolta lo notammo e con un semplice passo schivammo il colpo.
-Oh!- la voce era realmente sorpresa. –Avete già capito come evitare i miei colpi?- Da un varco oscuro uscì un omaccione, si abbasso il cappuccio e i suoi capelli color rosa Schiapparelli si notavano a chilometri di distanza. Si anche al buio. –Io non credo!- Un fulmine abbagliò quell’istante che per noi fu quasi fatale, quello che io chiamavo “trans peruviano” alzò il braccio e un petalo di rosa comparve dal nulla e cadde lievemente sulla sua mano, in quell’attimo abbassò con un colpo netto l’articolazione e il fendente fu così forte che creò uno squarcio nell’aria che puntò dritto verso Alice. Lo deviai con la mia arma.
-Vedo che tra donne ci intendiamo- rise sotto i baffi la rossa.
-Sono un uomo. Il mio nome è Marl.-
Anche se la terza abbondante che gravava sul suo petto diceva tutt’altro.
Riprese –Cara, sono qui perché il mio Master mi ha ordinato di rapirti. Non sarà un compito facile ma-
-Ma ci sono io che ti rimanderò a casa a calci nel culo!- forse il mio tono lo stizzì.
-Caro nuovo Master del Keyblade, che tu ci sia o meno, non cambierà il risultato del nostro scontro, capito finta rossa?- Non capivo se parlava con me o con la ragazza.
Alice si infuriò. Nessuno doveva dirle che era tinta. Anche perché si capiva. Le dava fastidio e basta.
-Che lui ci sia o meno non fa la differenza. Ma io? Cambio un po’ le carte in tavola?- Era Chris che non so come era arrivato da noi.
Entrata in scena hollywoodiana, bloccò un fendente del nemico sul nascere ed atterrò perfettamente su un tavolino che ospitava una famigliola di teschietti.
-Tu? Non doveva occuparsi di te il biondino?-
-Ah, dici l’ex di Lux?- Un colpo al cuore, non credevo che lo sapesse. Forse lo aveva capito. Forse avevano parlato mentre combattevano. –Se n’è andato come è venuto. Nella sua oscurità.-
Mille domande mi ottenebrarono la mente.
-No! Scusate un momento!- Alice arma alla mano ci fermò tutti. Fermò anche i miei pensieri. –E’ il mio combattimento, e nessuno mi impedirà di farti a strisce. Continuiamo?-
Marl alzò un sopracciglio. –Quando vuoi cara- schioccò le dita e i suoi capelli lunghi e rosa svolazzarono.
L’arma che padroneggiava era una falce. Ma non fu quella la parte sorprendente. C’era uno Shinigami, si un vero e proprio dio della morte con tanto di falce uguale a quella del tizio rosa.
-Vediamo come te la cavi adesso, finta rossa.-
-Dillo una terza volta e ti ammazzo la famiglia, puttanella!-
-Come siamo acide, sicura di non essere in quella fase lì?-
Alice si avvicinò tumultuosa, come un fiume in piena sferrando colpi micidiali a raffica. Sia Marl che lo scheletro, che era lo shinigami, non so ancora cosa come si presentasse cambiava immagine repentinamente, pararono tutti i suoi colpi.
Volevo interferire, sono impiccione, lo abbiamo capito tutti, ma la mano di Chris mi bloccò.
E fu lui a stringermela.
Mi teneva per mano e non voleva che io andassi in soccorso ad Alice.
-Osserva. Lei è una principessa e non ha bisogno del tuo aiuto.- la sua voce era fredda e distante. Ma la presa sulla mia mano era salda e non sembrava intenzionato a mollarmi.
I colpi di falce arrivavano fino a noi, ma Chris li parava tutti. Il suo Keyblade era portentoso. E lui lo maneggiava con una sola mano. Che dire, ero sciolto come una barretta di cioccolato sotto il sole delle quattordici di Agosto.
Alice iniziava a dare segni di cedimento, ma sapevo che non aveva ancora giocato il suo asso nella manica.
-Vuoi finirla e venire con me allora? Schiocca principessina.-
-Principessina un corno! Io abito nelle montagne, nelle zone protette, dove non puoi uccidere un cervo! Preferirei morire piuttosto che venire con te!-
-Oh cara, ma questo è ovvio. Per te sarebbe meglio morire, ma a noi servi viva e con il tuo cuore integro. Ci sono volute troppe migliaia di anni affinché tutte e sette foste riunite nello stesso momento.-
Sferrò un colpo con la falce che creò un vortice di petali di rose. Eravamo spacciati.
-Vuoi combattere a suon di fiori. Ti accontento.- In quell’istante l’asta con tutta la mappa del Keyblade della Principessa svanirono. Alice venne protetta da milioni di petali di ciliegio. Era una sorta di confetto. Un terribile e minaccioso confetto rosa!
-Ogni singolo petalo è un mini Keyblade. E tutti hanno la stessa forza dell’originale.- Con un gesto della mano scagliò l’orda di petali contro il membro dell’Organizzazione, che prontamente svanì nella sua oscurità.
-Cara, finta rossa, ci rivedremo presto!-
-Quella puttanella armena. Gliela farò vedere io!!- Alice era incazzata e soddisfatta. Appena ci vide, lei, arrossì.
Io mi imbarazzai, ma lui non volle lasciarmi la mano.
Improvvisamente, di punto in bianco, mi avvicinò a sé e mi baciò. Alice si coprì il volto, e si voltò ancora più in imbarazzo. Era molto più pudica di quanto non dava a vedere.
Non potevo crederci, ero emozionatissimo e contento e un miscuglio di sentimenti vorticavano nel mio petto, fino a quando l’odore della sua pelle non cambiò.
Mi tratteneva a sé con la sua forza e aprì un varco oscuro alle nostre spalle, infine mi portò con lui in un balzo.
L’ultima cosa che ricordo di allora furono le urla di Alice.

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Capitolo 10
*** L’oscurità che tutto avvolge –Chapter 9/13 ***


Mi sembrava di dormire. Ero come cullato, un calore intorno al mio corpo che mi dava conforto e nessun suono che potesse compromettere il mio sonno. Ma in realtà non stavo dormendo, era l’oscurità che era talmente profonda da penetrarmi nel bulbo oculare e farmi credere di tenere gli occhi ancora chiusi.
Intorno al mio corpo, ciò che mi dava calore era Chris che mi teneva in una morsa da cui non riuscivo a liberarmi.
-Vedi che non ti sto trattenendo. Il mio è un abbraccio.- Mi parlò con quel suo accento americano che tanto mi piaceva, ma stavolta non sarei cascato in un’altra trappola. E’ proprio il caso di dire che gli uomini sono tutti uguali.
-Smetterò di dimenarmi se mi lascerai dalla tua presa. Che sembra tutto fuorché un abbraccio.- Pensai che l’utilizzo di un registro formale mi avrebbe fatto apparire freddo e distaccato e arrabbiato.
-Ora ti lascio, smettila di dimenarti allora.- Si staccò pian piano.
Quando ci ritrovammo faccia a faccia mi resi conto di dove eravamo, e stavolta lo abbracciai io, ma dalla paura di quel posto dove la luce era solo un ricordo del passato.
Mentre osservavo impaurito quel luogo, Chris mi accarezzò il volto, giocò con una ciocca dei miei capelli che dovevo effettivamente tagliare e poi mi baciò di nuovo. Lo cacciai ovviamente.
-Lux, scusami, ma non potevo fare nulla per Alice. Ho scelto di salvare te...noi...- e una lacrima scivolò dal suo occhio sinistro.
Asciugai col pollice quella lacrima. Avevo il suo viso un po’ rotondetto tra le mie mani, potevo riempirlo di botte, ma la mia natura bonacciona non me lo permise.
-Spiegami e proverò a non odiarti per quello che hai fatto.- Tirò su col naso, mi strinse la mano.
-Durante il combattimento contro Dave...- Volevo interromperlo, lui se ne accorse e posò l’indice sul mio labbro superiore. –Dicevo, durante lo scontro ho capito che tutte le principesse erano in pericolo. Perché ci hanno attaccati tutti insieme, più o meno. Sapevo che voi sareste stati tra gli ultimi perché tu eri con Alice, ma credimi Marl è molto più forte di quanto non credi.-
-E quindi hai salvato me, sei un genio! Scommetto che da piccolo ti chiamavano Cervello!- Gli urlai in faccia.
-Sei molto più importante di quanto credi.- pausa di suspense, come piace a tutti i Master. –Me lo ha detto Dave. Ma ancora non so cosa intendesse o se dicesse la verità.-
Il suo viso si rabbuiò. Stavolta lo baciai io. Lo feci ridere con una battuta stupide delle mie, una di quelle sulle nonne.
-Lux, io ho preso una decisione e ti prego di riferirla a Master Eraqus.-
Il mio volto incazzato non gli fece una piega, appena cambiai espressione, quella vera, quella che esprimeva i miei veri sentimenti mi disse: -Come riesci a fare quella cosa con gli occhi, smettila, sembra come se si gonfiassero e mi fai venire ancora più tristezza.-
-Scusa- gli dissi con la faccia ancora più triste.
-Io rimarrò qui, nel regno dell’oscurità, così nessuno potrà mai raggiungermi e nessuna guerra si scatenerà mai.-
-Come puoi dire una cosa del genere?!-
-Lux, io ti voglio bene e tutto questo tempo non ho permesso di farti entrare nel mio cuore perché sapevo che prima o poi questa decisione sarebbe stata utile.-
Ecco. Di nuovo. Sempre la solita storia. Prima Dave con Londra. Ora Chris con l’oscurità.
-Ho capito.- Lo baciai leggermente sulla guancia. –Aprimi l’ultimo passaggio oscuro.-
Aprì il corridoio oscuro che mi portò poco fuori la masseria che in realtà celava la Land of Departure.

Entrai e raccontai a Master Eraqus tutto l’accaduto.
Mi aggiornò sulla situazione, solo Belle che era rimasta qui con lui era salva.
Andai da lei, sulla strada incrociai Vale che era sensibilmente preoccupata allora la presi sotto braccio senza dire una parola e sempre senza parlare bussammo alla porta della principessa.
Aprì e neanche ci vide scoppiò a piangere.
Gli orrori della guerra sono questi, perdite, ansie e paure.
Nessuno si meriterebbe di passare questa vita. Nessuno.

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Capitolo 11
*** Hidden Truths -Chapter 10/13 ***


Due giorni erano passati, e non avevamo più notizie di nessuno. Nella Land eravamo poche centinaia di Keyblade Wielder, con giusto tre Master: Master Eraqus, Kyoko una ragazza giapponese che era veramente brava con la magia e me; senza contare Bell.
Vale piangeva, appena smetteva cercavamo di farla mangiare, o meglio Bell ci provava. Io dovevo stare al fianco del Maestro e dare direttive a tutti.
Avevamo diviso i ragazzi in tre gruppi. C’erano anche diversi bambini alcuni dei quali avevano meno di quattordici anni. Ognuno con una storia, chi con chi senza famiglia. Ma ora era il nostro turno e tutti purtroppo erano utili. I fanciulli più piccoli però avevano una luce più forte e riuscivano sempre a infondere speranza.
-Dovremmo seguire tutti la luce di questi giovani cuori. Loro saranno la luce del futuro- Master Eraqus sempre pronto a dispensare perle di saggezza. Aveva gli occhi stanchi. Da quanto non riposava? Aveva mai riposato?

Nel cuore dell’edificio intanto i Moguri e altre creature magiche creavano strani dispositivi da diverso tempo.
Quel giorno, il terzo in stato d’allerta, il Maestro ci chiamò a raccolta tutti quanti. Sul piccolo palchetto si fece passare da uno di quei Moguri uno strano aggeggio.
-Ognuno di voi avrà a disposizione questa armatura! Per ora è solo un copri spalla e si infila per il braccio, e premendo il grande pulsante che sporgerà dalla spalla creerà un legame con il vostro Keyblade cosicché anche la vostra armatura sia unica. Ora passeranno i Moguri, prendetene uno e provate!-
Anche a me ne fu dato uno. Appena lo infilai dal braccio destro non aspettai nessun ordine e diedi un colpo con il palmo della mano sul pulsante, mi resi conto di due cose: dovevo metterlo al braccio sinistro, perché non sono mancino; e che ero un figo con quella armatura color topazio.
-Questa armatura vi proteggerà dalle radiazioni, dalla mancanza di gravità e aria nello spazio e soprattutto dall’oscurità- urlò il Maestro.
-Azz... se la NASA sapesse di questa meraviglia se ne approfitterebbe immediatamente- generai una piccola risata che per fortuna risollevò il morale dell’intera stanza. Anche Vale stava sorridendo per una volta.

-Houston, allora abbiamo un problema-  la voce roca e antica si riconoscerebbe tra mille.
L’intera platea si voltò. Il ghigno del vecchio Maestro divenne un sorriso.
-Xehanort!!- Master Eraqus si scagliò immediatamente contro il suo vecchio amico. Fu bloccato da due tizi vestiti di nero.
Kyoko ed io con un semplice scambio di sguardi ci fiondammo a dare man forte al nostro maestro.
-Lux, dammi una spinta!- la giapponesina, esile ma flessibile come un bambù fece un piccolo salto sulla mia spalla, io le diedi la spinta e quello successivo fu un balzo fenomenale.
Evocò il suo Keyblade dalla mano sinistra e urlò: -Thunder rain- una scia di fulmini colpì il tizio di sinistra. Io semplicemente andai addosso a quello di destra, liberando così il Maestro.
Portando il palmo della mano, avvolta in un guanto bianco, verso l’alto il vecchio Maestro mosse velocissimamente le dita. –Dark Firaga- e una palla di fuoco oscura si scagliò contro la corsa del mio Maestro. Alzai lo sguardo e lanciai la mia arma. –Raid Blizzard!- l’arco che descrisse il mio Keyblade si ghiacciò completamente e riuscì a bloccare la mossa di Xehanort.
-Hai dei bravi allievi, o forse dovrei chiamarli Maestri ora?- sempre con quel ghigno malefico sul volto. Intanto i due vestiti in nero avevano recuperato le vecchie posizioni. Ora che notavo erano in tutto tredici. Tredici Xehanort. I tredici vessilli oscuri. E nascosto tra loro c’è sicuramente Dave.
Master Eraqus si ritrasse e noi due ci avvicinammo a lui. Tre contro tredici. La partita era praticamente persa.
Ma almeno avevamo l’ultima Principessa con noi e un altro nascosto nell’oscurità. Neanche finì di pensare a questo che parlò il vecchio malefico.
-Ora sono tutte e sette qui- gli occhi di Xehanort brillarono ancora più fulgidamente di una luce oscura.
-Come è possibile?- urlò Master Eraqus
I tredici risero cupamente.
Si tolsero le tuniche nere e sotto le quali figuravano tredici persone distinte, ma accomunate dagli stessi occhi.
Cinque di loro avevano davanti a piedi, in ginocchio cinque principesse. Alice era inginocchiata davanti a Marl, piangente.
Bell urlò, non feci in tempo a girarmi che un tizio con i capelli rossi e sparati come un fuoco d’artificio la portò dal loro Maestro.
Eraqus si lanciò contro Xehanort, ma venne bloccato. Anche io e Kyoko fummo bloccati. Io da Dave, lei da un ragazzo con i capelli di un blu scuro quasi come la notte.
-Dave, caro, tu non fare alcun male al tuo ex fidanzato.-
-Si Maestro, lui ci serve ancora.- disse meccanicamente il biondo
-Tu invece Zexy uccidi pure quella lì- riprese Xehanort, e senza farselo ripetere una seconda volta il ragazzo uccise davanti ad i nostri occhi la ragazza giapponese. Urla e panico si dilagarono. Alcuni dei nostri scapparono tramite passaggi di luce.
-Lasciami coglione o te ne pentirai!- urlai a Dave. Ma non si mosse di un millimetro. I suoi occhi erano spenti, ma non erano dorati come gli altri.
-Dicevo- Xehanort si schiarì la voce –Ora che sono tutte e sette qui le principesse posso finalmente aprire da questo mondo il passaggio per Kingdom Hearts!-
-Come diavolo è possibile! Chris è nel regno dell’oscurità. Non potete raggiungerlo...-
-Perché tu hai creduto che fosse lui. O meglio, te lo ha fatto credere Lux- lo sguardo di tutti si spostò su di me. Io guardai Dave. Non sapevo che fare e cosa dire.
-Oh suvvia! Non hai ancora capito!- Mi spronò Xehanort. Lo odiavo, ma non riuscivo comunque a liberarmi dalla presa di Dave.
-Te lo spiego io. Tu hai dentro di te il cuore di Dave, che è la vera settima principessa del cuore. Dopo che ti ha lasciato, ha lasciato dentro di te il suo cuore e poi se n’è andato cosicché i miei piani non si potessero attuare, e invece è finito preda della mia trappola a Londra-
Avevo perso in quell’istante dieci anni di vita.
-Tu credevi che Chris fosse una principessa perché il tuo cuore ha condizionato il suo, o meglio quello di Chris ha fatto da specchio a quello di Dave, così tutti avete creduto che lui fosse l’ultima.-
Caddi in ginocchio. In lacrime. Non sapevo neanche io perché.
-Tutti questi femminili scambiati per maschili mi confondono. Non confondono anche voi. Ahh dovevano essere solo sette donne! Come cambia il mondo in poche centinaia di migliaia di secoli- Ma nessuno si curò della sua tristissima battuta.
Singhiozzando chiesi: -E ora cosa ne è stato di Chris?- Xehanort sembrò davvero scosso da quella domanda, si incupì in volto, ma poi rise fragorosamente. –Probabilmente sarà morto a quest’ora. Inghiottito dall’oscurità. E tutto per colpa tua.-
-NOOO!!- In quello scatto d’ira estrassi il Keyblade ruppi la morsa di Dave e mi scagliai contro Xehanort. Mossa molto stupida.
Ora aveva liberato l’ultimo cuore di pura Luce.
E io mi sentivo sprofondare nell’oscurità eterna.

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Capitolo 12
*** The dark side of the Moon –Chapter 11/13 ***


Atterrai su di un pilastro brillante. Tutto intorno a me c’era solo oscurità.
-Non puoi vederne la forma, ma puoi ascoltare le mie parole- una voce a me sconosciuta mi parlò.
-Chi sei?- chiesi senza timore.
-Sono la frattura nel tuo cuore. Ogni volta che ti sei chiesto dove gettare l’amore che le persone ti davano io crepavo sempre più il tuo cuore-
-Ah bene, perfetto!- ringraziai molto ironicamente.
-Ora però, se noti, ti manca una parte di cuore che ti è stata sottratta con la forza. E insieme ad essa anche alcune memorie.-
-Quali memorie? Non posso ricordare cosa ho dimenticato!-
-Le memorie dello specchio. Non potrai ricordare solo quelle perché ti sono state sottratte con la forza.-
-Però si può vivere senza alcune memorie, no?- chiesi sprezzante.
-Se tu lo chiami vivere questo. E’ una parte importante della tua vita, un viaggio se non ricordo male e una persona conosciuta allora.-
Una lacrima bagnò il mio viso. Ma non fu una delle mie.
-Ti prego non dimenticare-

Ripresi a respirare.
Master Eraqus mi abbracciò così forte che quasi non smisi di respirare nuovamente.
-Sei vivo!- Vale scoppiò a piangere. Master Eraqus si alzò.
-Ora dovremmo contarci. In quanti siamo rimasti?-
Eravamo poco più che cento persone.
-Ve lo chiederò solo questa volta. E sappiate che ci sono altissime probabilità di morte.- Prese aria, si riempì i polmoni e parlò: -A breve, tempo qualche ora, e partiremo per la Luna e cercheremo di fermare Xehanort. E’ una missione suicida lo abbiamo capito, ma dobbiamo provarci. Siamo tutti Maestri del Keyblade adesso. Si perché io nomino ora tutti i presenti di tale titolo. E sappiate che Kingdom Hearts sta sulla Luna, come aveva detto Xehanort. Doveva essere un segreto da tramandare solo ai Maestri.-

Un Moguri mi fece tutti i controlli, fisicamente stavo bene, anche il mio cuore stava stranamente bene. Di solito quando al proprietario di un cuore viene strappato via lo stesso perde la sua identità e si trasforma in un heartless. Ma stavolta non è capitato a me. Nessuno sa spiegare il perché.
-Forse ti ha protetto Chris- disse Vale.
-Chi?- chiesi io
Tutti trattennero il respiro.
-Come chi è! Effettivamente chi è Chris?-
Nessuno si ricordava più di lui. Nemmeno io.

-Kingdom Hearts si trova sulla faccia che non è mai illuminata dal Sole, quindi tecnicamente si morirà di freddo. Voi ora attivate le vostre armature!-
Tutti evocarono la propria armatura con la relativa arma.
Uno spettacolo di colori e combinazioni.
In base al Keyblade l’armatura veniva forgiata. Seguendo lo stile, il pattern dei colori e ovviamente le proporzioni del corpo di ognuno.
La mia che era color topazio aveva gli addominali scolpiti, finalmente una cosa figa pensai. Anche perché in realtà erano poco pronunciati i miei (LOL).
Eraqus aprì un portale e lo attraversò per primo. Tutti lo seguimmo.

Lo spettacolo che scorgemmo appena usciti era inquietante.
Una oscurità infinita, heartless a frotte e le sette principesse che  erano disposte come per un sacrificio.
-Ma se Dave è una principessa come...?- chiesi sottovoce a Master Eraqus.
-Lui è sia Luce che oscurità adesso. E’ inutile credere che Xehanort abbia fatto male i conti.- l’ansia traspariva anche se aveva la sua splendida armatura bianca e oro.
-Heartless, prego, banchettate con i nostri ospiti!- non appena l’ordine fu impartito un’orda di creature oscure ci si scagliò contro.
-Holy!-
Onde concentriche bianche come la neve si sprigionarono da Master Eraqus. Una moltitudine di Heartless venne sterminata. Ma non poté bastare. Eravamo sulla faccia oscura della Luna, e da lì che si generavano gli heartless, quindi eravamo sulla fabbrica dei nostri nemici.
Ero nuovamente solo. Vale da qualche parte sperduta a combattere. Per un solo attimo mi ricordai di Bea. Dov’era? Ah già. Era stata, infine, assegnata come guardia di una principessa. A quest’ora era cenere ormai. “Tra non molto toccherà anche a me”.

Dave era lontanissimo. Sospeso e con il cuore che gli orbitava tutt’intorno. Idem le altre principesse.
Volevo avvicinarmi, ma gli heartless erano troppi e io ero già senza forze. Senza contare che giusto un paio di ore prima mi avevano operato a cuore aperto.
-Raid Thunder; Triple Firaga; Tempesta Firaga; Magnetega...Thunder- tutte mosse in combo che mi esaurirono il mana. Intanto Master Eraqus continuava a dare colpi di Keyblade e Holy.
-Ormai non avete più speranze. Arrendetevi e scivolate nell’oblio più scuro.- Master Xehanort era più che sicuro di ciò che diceva.
-E invece la speranza è l’ultima a morire!- Stefano insieme ad una ventina di ragazzi, tra cui anche Bea, arrivarono sulla Luna grazie alle loro armature.
-Come diavolo avete fatto a sopravvivere- chiese senza sbilanciarsi troppo Xehanort.
-Perché non mi hai messaggiato stupido!- Vale rimbeccò Xehanort che non sembrava particolarmente contento.
Grazie a loro iniziammo a resistere un po’ di più. Portarono pozioni e eteri a volontà, ma intanto già alcuni dei nostri erano caduti e dovevamo ancora sconfiggere i tredici.
Tre Xehanort, si avvicinarono al gruppo che era appena allunato.
Stefano insieme a Bea ed un altro ragazzo bloccarono la loro avanzata.
Erano diventati davvero bravi, usarono mosse molto complesse ma allo stesso tempo fluide.
-Ah! Comunque anche voi che siete arrivati solo ora, siete nominati Maestri del Keyblade!- Master Eraqus era quasi contento di insignirli di tale carica in combattimento.
Quello che disse il nostro Maestro diede loro come una nuova linfa vitale, riuscendo a sbaragliare le tre figure, che si ritirarono.

Intanto le sette luci si unirono in un unico fascio di luce.
-E’  finalmente giunto il tempo.- Xehanort assaporò l’aria, si siamo sulla luna ma lui era senza armatura e cose varie, non chiedetemi perché. Non lo so nemmeno io. –Dovete capire che io sto dalla parte della Luce, non voi. E Eraqus questo non lo ha mai capito. Io desidero creare un nuovo universo pieno, ricolmo solo di luce. Ove nessuno possa mai soffrire.-
-Si e intanto fai passare l’inferno alle persone di questo!- Eraqus era imbestialito. Lanciò un altro Holy, spazzò via heartless come mai prima d’ora e ci diede la possibilità di andare a combattere contro i tredici. Dodici, ormai, perché Dave era un mezzo morto col cuore che gli penzolava.
Fu comunque troppo tardi.
La Luce suprema era ormai pronta, e formava una metà di un cuore fulgido come le stelle. Xehanort chiamò a raccolta le sue di ombre. Insieme crearono una oscurità più scura di qualsiasi altra.
Ormai fu troppo tardi. Troppo tardi per fare qualsiasi cosa. Master Eraqus conficcò il suo Keyblade sulla superficie lunare e creò una barriera.
-Se dobbiamo morire, lo faremo tutti. Sia noi luci che voi oscurità.-
Un cubo di luce cercò di bloccare l’altra metà del cuore, quella tutta oscura, venuta fuori dall’unione delle tredici ombre. Fu inutile ovviamente.
Non ci fu più nessuna speranza.

Il cuore, formatosi, era una perfetta unione di Luce e Oscurità. Sprofondò al centro della Luna. Ci fu una scossa terribile. Vale e Stefano si baciarono per l’ultima volta. Eraqus consolava l’ultimo bambino che era sopravvissuto. Bea stringeva la mano ad un ragazzo, uno di quelli che era giunto con l’ultima squadra.
Io infine venni chiamato dalla stessa voce che mi parlò all’interno del mio cuore e che per mancanza di tempo non avevo detto a nessuno. La voce proveniva da dentro un varco oscuro.
Un ragazzo mi si parò davanti, aveva un Keyblade a forma di Orso, o mano, non so dirvi.
-Come, ora non mi riconosci?- rise. –Lo so che non mi riconosci. Ma devo farlo, non posso permetterti di dimenticarmi. E’ la fine e non posso permetterlo assolutamente- e mi trascinò con lui nel varco oscuro. L’ultima immagine che ricordo fu quella di Master Eraqus che mi sorrideva da dentro il suo casco.

Usciti dal varco, eravamo sulla Terra. In un luogo che tecnicamente non conoscevo, ma non ne ero così sicuro.
-Chris?- provai a chiedere.
-Lo dici perché ti ricordi o perché è lo specchio che ti dice queste cose?- il suo sorriso per un attimo buio, mi fece scattare qualcosa in mente. E gli ingranaggi iniziarono a ruotare. Il tutto fu aiutato dal suo dolce bacio.
Dopo un minuto abbondante ricordavo tutto.
-Purtroppo non sono il principe che credevi, e che nemmeno io credevo.-

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Capitolo 13
*** Epilogo –Chapter 12/13 ***


Nell’istante in cui il mondo giunse al suo epilogo,
le stelle piovvero incessantemente giù dal cielo.
Tutto ciò che eravamo in grado di vedere furono stelle, stelle e ancora stelle.
E mentre le stelle cadevano, così fece la Luna.

Questo fu ciò che gli dissi.
“Tu sei stato l’unico ad arrivare fin qui per parlare con me,
signor Grande Mostro Nero.”

Mentre osservava la Luna precipitare, mi rispose timidamente…

“Chi poteva immaginare che la fine del mondo,

sarebbe stata così meravigliosa?

Non credo che qualcuno se l’aspettasse così…”

 

Dalla tua larga bocca, me lo dicesti con la voce più gentile.

E fragile com’ero, piansi un pochino.

“Vorrei che il tempo si potesse fermare adesso.

Proprio in questo preciso momento!”

 

Dolcemente mi accarezzò i capelli, mentre guardava verso il basso.

Sorridendomi come sempre.

 

E così il mondo giunse alla fine.

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Capitolo 14
*** Secret Ending. –Chapter 13/13 ***


In un universo ormai collassato dove il nulla aleggia incontrastato, cinque figure discutono tra loro di quest’ultimo mondo che è andato perduto.


-Anche questa volta non c’è stato nulla da fare- sospirò l’unicorno.
-Il traditore ci punisce sempre, non ci sarà mai una via per equilibrare l’universo- disse il ghepardo.
-Stavolta invece, siamo andati vicini ad una sospirata pace. Ci sono stati avvenimenti unici che in nessun’altra volta, precedente a questa, si sono manifestati- la volpe sogghignava e rideva dietro al suo ventaglio.
-Peccato. Speravo di poter assistere al combattimento tra quei due, sarebbe stato fenomenale, e credo che sarebbe stato la miccia per la creazione dell’ X-Blade- sibilò Vipera.
Mentre le lacrime scendevano e rigavano il suo volto, Orso cercò di parlare. –Purtroppo non c’è stato nulla da fare, le azioni di Xehanort, il traditore, sono e saranno per noi sempre un mistero. Mi dispiace solamente per lui- E Chris osservò il nulla cosmico che fu provocato dallo schianto della luna sulla superficie terrestre.

Intanto in un punto non meglio precisato dell’universo a milioni di anni luce da quel gruppo di cinque persone una coppia di cuori sembrava che danzasse. In realtà stava solo parlando.
-Anche questa volta ho fermato il tuo piano, ma il prezzo da pagare è stato altissimo. Non te ne vergogni neanche un po’?- la lingua tagliente e ricolma di saggezza era inconfondibile.
-Caro, vecchio e saggio amico. Ancora non hai capito il mio vero intento.- aleggiò il cuore che all’esterno sembrava grigio, ma che risplendeva come un sole  –Io voglio che l’universo sia governato dalla luce, non importa di quanta oscurità io debba macchiarmi, porterò a termine il mio compito-
-Ti rendi conto che hai ucciso miliardi di innocenti, solo per...cosa? Sperare di creare un nuovo universo? Ecco, vedi ci sei riuscito- esasperata la voce del Maestro si incrinò al pensiero di tutte quelle vite andate perdute.
-Si, è vero. Ma ancora non ci siamo. E probabilmente non ci saremo mai- la vecchia voce rauca sospirò.

 

“La luce diventa oscurità e l’oscurità cade nella luce.”

La troppa Luce vi renderà ciechi. E quindi egoisti.
La troppa oscurità vi renderà sospettosi e iracondi.
Non c’è un solo modo per vivere, ce ne sono infiniti. Quante le vite di ognuno di noi.
Non è importante la via che prendiamo, ciò che davvero importa sono le scelte che ci portano ad essa, o che da essa ci allontanano.
Non sono i grandi credi che cambiano il mondo, sono le piccole, inutili, quotidiane azioni che compiamo a rendere l’universo un posto migliore.

Spero che la mia storia vi sia piaciuta. Allora, vi dico, alla prossima!

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