A new Keyblade War di Lux94 (/viewuser.php?uid=879166)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo – Chapter 0 ***
Capitolo 2: *** Una nuova Luce –Chapter 1/13 ***
Capitolo 3: *** La prima serratura –Chapter 2/13 ***
Capitolo 4: *** Attacco a London –Chapter 3/13 ***
Capitolo 5: *** Sorprendenti rivelazioni -Chapter 4/13 ***
Capitolo 6: *** L’esame di Maestria -Chapter 5/13 ***
Capitolo 7: *** Una Princi...persa? –Chapter 6 ***
Capitolo 8: *** Sentori di guerra –Chapter 7/13 ***
Capitolo 9: *** Rainy nights–Chapter 8/13 ***
Capitolo 10: *** L’oscurità che tutto avvolge –Chapter 9/13 ***
Capitolo 11: *** Hidden Truths -Chapter 10/13 ***
Capitolo 12: *** The dark side of the Moon –Chapter 11/13 ***
Capitolo 13: *** Epilogo –Chapter 12/13 ***
Capitolo 14: *** Secret Ending. –Chapter 13/13 ***
Capitolo 1 *** Prologo – Chapter 0 ***
Nella
stanza circolare, tutta bianca con venature ferrose
date da alcuni macchinari, si ergevano tredici troni. Uno
più alto dell’altro,
non ve n’era uno che avesse la stessa altezza
dell’altro. Improvvisamente su
dieci di questi comparvero delle macchie oscure. Erano come dei buchi
neri in
miniatura, da essi si materializzarono delle figure incappucciate,
coperte da
un mantello nero. Dalla testa ai piedi erano coperti di nero. Il
vestito
anch’esso nero aveva dei pendenti e la cerniera in metallo, e
il grigio
risaltava ancora di più su quel nero così
profondo. Dal quarto trono più alto
la figura che ne era comparsa iniziò a parlare rivolgendosi,
per quanto possa
sembrare, al capo che sedeva sul trono più alto.
-Maestro, in questo nuovo ordine mondiale, che sembra non avere
più legami col
vecchio, è tutto diverso, capovolto. La nostra ricerca
potrebbe essere più
difficile, senza contare che a dispetto delle nostre aspettative siamo
inferiori al numero prestabilito.-
Anche da sotto il cappuccio del “Maestro” si notava
il suo sorriso, malvagio e
pieno di aspettative. Lasciò finire il membro in nero, poi
prese a parlare. La
sua voce, la riconoscerei tra mille, ormai segnata
dall’età, dai secoli vissuti,
se non addirittura millenni. –Miei cari vessilli,
è vero che siamo in dieci e
che quindi dovremo andare alla ricerca dei rimanenti vessilli, ma
è anche vero
che le schiere della luce sono ormai esigue, se non addirittura spoglie
di
custodi atti a infastidirci. Direi di proseguire con il piano
originale, e nel
frattempo cerchiamo qualcun altro che sia degno di diventare un nuovo
vessillo
dell’oscurità.-
Il tempo di finire quella frase e tutti scomparvero nelle loro nubi
oscure. Mi
ritrovai allora al centro di quell’insieme di troni, su di
una pedana bianca
che faceva da base di appoggio ai tredici troni. Intorno a me non vi
erano
porte, quindi come avrei mai potuto uscire da quella prigione di bianco
e
metallo. Fu allora che un corridoio oscuro si aprii dietro di me.
Titubante lo
attraversai, io, che ho sempre combattuto contro
l’oscurità, mi facevo salvare
da essa. Quale infingardo e ironico destino. Ma mai mi sarei aspettato
di
vedere ciò che si prospettava davanti ai miei occhi.
Un mondo, che gli abitanti chiamano Terra.
Non ve ne sono altri, a quanto dicono loro.
O meglio, ve ne sono, ma sono disabitati.
Mi chiedo cosa sia successo all’intero universo dopo la mia
scomparsa.
Ci sarà mai qualcuno in grado di darmi delle risposte?
Mentre vagavo per questo mondo, tramite i corridoi oscuri che quelli
dell’Organizzazione lasciavano aperti, sentii finalmente un
cuore. Non
particolarmente forte, ma disposto sicuramente a combattere.
Devo riuscire a capire diverse cose, e magari questo cuore potrebbe
aiutarmi a comprendere.
Appena riuscirò a districarmi in questo nuovo e unico mondo,
dovrò andare alla
ricerca dei miei tre allievi, che per me erano come dei figli.
Ora però, è tempo di mettersi di nuovo al lavoro.
L’oscurità deve essere di
nuovo fermata. E stavolta lo giuro sul mio nome!
–Master Eraqus-
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Capitolo 2 *** Una nuova Luce –Chapter 1/13 ***
Mi
chiamo Lux e sono un normalissimo studente. Frequento
il terzo anno di lingue Orientali, studio giapponese e inglese.
Dato che al terzo anno è obbligatorio uno stage, io decisi
di aiutare la mia
vecchia professoressa di inglese a scuola, così da riuscire
a coprire le
centocinquanta ore che prevede la mia università.
C’è anche un’altra piccola cosa di me
che dovrei dirvi, ma preferisco
raccontarvela. Ecco, tutto è partito da una mattina, nella
mia vecchia scuola,
ma non è proprio l’inizio. Poi capirete il
perché.
Quella mattina, di metà settembre, come tutte le altre mi
svegliai per andare a
scuola. Percorsi con la macchina il medesimo tragitto fatto tutte le
altre
mattine, parcheggiai di fronte la scuola e scesi dalla macchina.
Attraversai la
strada per salire sul marciapiede della scuola, salutai qualche
ragazzo, altri
invece mi chiesero quali domande ci sarebbero state nel test di inglese
di quel
giorno, risposi che non lo sapevo, ma che dovevano aspettarsi qualcosa
su
Shakespeare. Con un cenno della mano i ragazzi mi salutarono ed
entrarono in
classe, io raggiunsi la professoressa che mi aspettava con un
caffè fumante in
mano. Mi chiese se ne volessi uno anche io, accettai molto volentieri.
Mi fece
visionare il compito per la 4C, quello di cui stavo parlando con i
ragazzi
prima, ed effettivamente stavano solo domande su Shakespeare. Ero
contento di
aver aiutato quei ragazzi, e speravo che stessero ripetendo
l’autore per il
compito. Nel frattempo entrarono altri docenti nella stanza. La mia
vecchia
professoressa di Latino, era fiera ogni volta che mi vedeva,
soprattutto per la
scelta universitaria che ho intrapreso.
Al suono della prima campanella, la prof ed io andammo verso la prima
classe
alla quale dovevamo fare lezione, due ore e poi l’ora
successiva il test.
Ma non andò esattamente tutto così.
Finite le due ore in quella prima, che secondo me era più
una terza media
spacciata per primo superiore, ci incamminammo verso la 4C.
Entrati in aula, non volava una mosca, i ragazzi erano già
pronti, dizionario
sul banco e foglio protocollo. Mentre distribuivo i fogli, notai su
alcuni
volti la gioia di quelle tracce, su di altri la disperazione
più assoluta. Come
ogni compito che si rispetti.
Arrivai in fondo, consegnai l’ultimo foglio a Beatrice, una
ragazzina molto
pacata che andava davvero d’accordo con tutti. Le feci un
sorriso e le augurai
buona fortuna. Tornai al mio posto, alla cattedra, vicino alla prof che
diede
il via. Cinquanta minuti di tempo per 5 domande. Mentre io e la docente
ci
intrattenevamo a parlare e controllare che i ragazzi non copiassero,
bussarono
alla porta.
La prof convinta fosse un segretario, o uno del personale ATA li invitò ad
entrare.
La porta però non fu aperta come di consueto, ma fu
letteralmente sfondata da
un calcio. I ragazzi, molti non tutti, si spaventarono, altri
ringraziavano
diverse divinità per aver fatto saltare il compito. Se mi
fossi ritrovato
seduto su quelle sedie avrei pensato la stessa cosa.
La persona che aveva sfondato la porta, era un militare, giacca
mimetica e
fucile alla mano. Si incuriosì del mio sguardo, pensai.
Perché in realtà non
ero sorpreso o spaventato, negli ultimi mesi ho visto cose davvero ben
peggiori
di un fucile carico, ma dopo un secondo feci la faccia di uno
spaventato.
Giusto per non creare più problemi del dovuto.
L’omone aveva alle sue spalle due uomini che erano grossi
come buoi, ma che
comparati a quello del leader sembravano vacche durante una carestia.
L’omone
cercò nella tasca un foglio che trovò dopo aver
ravanato un po’. Lesse quelle
poche righe che stavano scritte, lesse mimando ogni singola parola,
come se
fosse uno stupido. Magari non è che sembrasse stupido, lo
era.
-Il nostro compito qui è di prendere in
“custodia”- questa parola scandita
particolarmente –una certa Beatrice. E’ tra di voi
per caso?- tutti gli sguardi
andarono verso il fondo della classe. Idioti, pensai, bisognava far
credere che
non ci fosse, avrebbe controllato il registro magari, e avremmo
guadagnato
tempo, invece gliel’hanno servita su di un piatto
d’argento.
Appena la povera Bea, entrò nel raggio visivo della bestia,
per un attimo i
suoi occhi divennero come d’oro, anzi meglio quasi arancioni,
come il colore
dell’oro stinto. Capii che quello era il mio momento di
intervenire. Alzai le
mani e tutti gli sguardi furono rivolti a me, la professoressa non
sapeva cosa
fare e provò ad avere un dialogo con le tre figure
misteriose, ma era tutto
inutile. Successivamente mi alzai in piedi tutto il mio movimento fu
seguito
dall’omone che pian piano si avvicinava a me e mi fissava
negl’occhi. Intanto i
due scagnozzi mi puntarono i loro fucili contro. Ma non sono
così stupido da
far qualcosa che mi possa mettere in scacco.
Immediatamente dopo mi ritrovai dietro alle loro spalle, con lo
sgomento
generale e la faccia da “WTF” del leader, nessuno
però si accorse che i due
tirapiedi erano a terra tramortiti.
Il tempo di un respiro ed ero sul muro infondo alla classe, vicino a
Bea. Mani
poco sotto la schiena, appoggiate al muro, come un vero fighetto da
strada.
La ragazza quasi in lacrime, si girò verso di me,
scattò in piedi e mi
abbracciò, dando le spalle a quella specie di orso.
-Ovviamente sai che se difendi la singola ragazza, non sarai in grado
di difendere
gli altri della classe, vero?- ringhiò il bestione.
-Se mi fai così stupido, arruolami tra le tue fila!-
Qualcuno si mise a ridere, e ciò fece imbestialire ancora di
più l’omone che
perse le staffe che caricò l’arma e la
puntò verso di noi...
Ma eravamo dietro di lui ormai, Bea seduta alla cattedra e io scrivevo
alla
lavagna.
Se dovessi pensare da esterno, direi un bel “Ma che
cazz”, ma visto che conosco
le dinamiche dell’avvenuto non mi sorprendo (LOL).
Il bestione, però sembrò non capire
l’antifona. Che cioè non poteva battermi. E
puntò il fucile contro Beatrice, la povera e indifesa Bea,
che un attimo dopo
si ritrovò con il fucile del suo aggressore in mano.
Più sorpresa che
spaventata, ma capì in un attimo come si impugnasse e
qual’era la funzione del
mirino.
Intanto da una classe vicina, sentimmo tutti il rumore come di un muro
che
veniva abbattuto all’interno della scuola, per poi riversarsi
nel cortile
interno della scuola. Ah piccolo particolare, la scuola è
composta su tre
piani, e noi siamo al secondo.
Mi affacciai alla finestra, e con mio grande stupore vi era una figura
incappucciata
che teneva tra le braccia una ragazza. Stavano planando verso il centro
della
palestra interna della scuola. In quel momento capii che non erano qui
per Bea,
cosa che pensavo, ma per quella ragazza. Perché non me ne
ero accorto? E se
fosse una trappola dell’Organizzazione per prendere Bea
quando io non le sono
vicino? Le domande mi attanagliavano, ma dovevo fare qualcosa, ero
lì per
quello. Dovevo muovermi e fermarlo, prima di farlo scappare in un
corridoio
oscuro e perdere le sue tracce. Mi girai per vedere come se la cavava
Bea, e
lei con uno sguardo sicuro e la presa salda sul fucile mi disse:
-Muoviti,
ancora qui stai?-
In meno di un secondo mi ritrovai giù, nel cortile. Alle
spalle del tizio in
nero. Effetto sorpresa garantito!
Ecco, ma forse vi starete chiedendo come posso fare tutto
ciò, è vero non vi ho
detto praticamente nulla, ma lasciate che le spiegazioni vengano da
sole.
Il tizio incappucciato, si voltò senza sorprendersi, teneva
la ragazza
tramortita sotto il suo braccio sinistro, col destro invece
evocò un’arma. Era
un lungo bastone che terminava con una mezza luna attorniata da spine.
-Si chiama Berserk, e lo posso utilizzare solo quando sono realmente
incazzato.
Che arma utilizzerai per sbarazzarti di me, un fucile, un cannone?
Sappi che
non bastano.-
-Un Keyblade, dici che può bastare?-
Purtroppo la sua espressione era coperta dal cappuccio, ma sono sicuro
che ha
fatto una faccia sorpresa, se non addirittura esterrefatta.
Si abbassò il cappuccio, e il volto che celava finalmente si
poteva ammirare,
un ragazzo di circa venticinque anni, capelli lunghi e blu, ma di una
tonalità
particolare, forse il blu di metilene. Occhi gialli, anzi arancioni
come
l’amico di prima. Il Maestro mi ha avvertito che chi possiede
quegli occhi,
probabilmente è un seguace di Xehanort, se non proprio un
suo vessillo. E credo
che questo ragazzo sia proprio un vessillo.
Con un movimento fluido lasciò cadere la ragazza, che
però non si svegliò dal
suo torpore.
Strinse il suo bastone a due mani, e improvvisamente si
librò in aria.
Istintivamente avevo già la mia arma in mano, pronto a
difendermi e attaccare.
Gli insegnamenti del Maestro ormai facevano parte di me, pertanto ero
già in
posizione, pronto per entrambe le azioni. L’unica cosa che
secondo me mancava
era una bella OST per iniziare il combattimento!
Prima, però, che potessimo incrociare i nostri colpi,
venimmo interrotti da una
voce di un vecchio.
-Fermi, Saix...- prese una pausa -Isa, soprattutto tu.-
La voce era roca, si sentiva il peso degli
anni e la cattiveria nel tono, ma anche la fermezza e la decisione.
Comunque non mi feci perdere quell’unica occasione di
distrazione del ragazzo
dai capelli blu, fermai il tempo, corsi per afferrare la ragazza e
iniziai a
scappare. Purtroppo la magia che mi permette di fermare il tempo vale
per
un’area delimitata e per un breve periodo di tempo. Quindi
penso che dopo una
ventina di secondi si erano accorti della mia fuga e si erano
già messi alla
mia ricerca. Uscito da scuola, neanche pochi passi e un passaggio
oscuro si
aprii davanti a me, e ne uscirono le due persone che stavano dentro il
cortile
interno della scuola. Avevo una sola possibilità, e quella
era la fuga. Ma
come... erano in due, di cui
un maestro
del Keyblade, e non uno qualsiasi, ma Xehanort. In quel momento cercai
tutte le
forze dentro di me, e Keyblade alla mano, puntato contro di loro urlai:
-Ragnarock-.
Il Keyblade vibrò così forte che venni spazzato
via e dalla sua punta uscirono
una decina di frecce di energia che si scagliavano automaticamente
contro i
nemici. Era la tecnica più forte che il mio Maestro mi aveva
insegnato, e mi
lasciava a corto di MP (Magic Points) ogni volta. Non so che fine
fecero i due,
ma in pochi secondi ero in macchina con una bella addormentata.
E Bea.
Come ci è arrivata è ancora un mistero per me. Ma
i suoi occhi, senza parlare,
dicevano che voleva sapere di più. Accesi la macchina e
partì alla volta della
base segreta del mio Maestro. Master Eraqus.
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Capitolo 3 *** La prima serratura –Chapter 2/13 ***
Durante
tutto il viaggio, non una parola fu detta.
Nemmeno una semplice domanda su dove stessimo andando. Soltanto un
lieve
russare ogni tanto. Anzi, correggo le due righe precedenti. Ci fu solo
un solo
piccolo scambio di informazioni.
-Bea, sai per caso come si chiama la nostra bella addormentata?- chiesi
con un
tono anche abbastanza ironico per il momento. La ragazza con voce
tremante
rispose –Veramente... credo, credo che si chiami Aurora.
Anche se sinceramente
non so se sia realmente il suo nome, la conosco appena.-
-Mmmh capisco.- mugugnai.
Riprese Bea, dopo quell’attimo di esitazione: -Non erano
alieni quelli, vero?
Il ragazzo sembrava umano.-
-Non sono propriamente umani, ma non sono neanche alieni, tranquilla.-
risposi
rivolgendole un sorriso, che cercava di infonderle sicurezza. Ma non
bastò a
tranquillizzarla.
Uscimmo
dalla città, e la ragazza sdraiata sui sedili di dietro si
spostò leggermente,
credevo che si sarebbe svegliata, invece ancora nulla. Prendemmo la
strada
provinciale, per andare verso i paesini della mia zona, dopo due
svincoli e un
rondò girammo a destra, verso una masseria persa in una
campagna deserta.
Parcheggiai la macchina prima del cancello arrugginito. Mentre mi
destreggiavo
nel prendere Aurora dal sedile posteriore, Bea si interrogava sul
posto: -Non è
che qui ci troveranno, o peggio, tu ci stuprerai e poi scapperai col
bottino di
guerra?- La guardai davvero male, però ridevo sotto i baffi,
lei fece lo
stesso. Incredibilmente Aurora era leggera, soffice e dormiva ancora.
C’era
qualcosa che non mi convinceva in quel sonno così pesante.
Se era lei una delle
principesse, doveva avere un cuore forte, abbagliante. Invece era
spenta, come
un burattino nelle mie mani. Per un attimo mi attraversò il
pensiero di cosa
avrebbero potuto farle quelli dell’Organizzazione. Venni
interrotto dalla
chiamata di Beatrice.
-Lux, scusa, ma qui quando esci e quando entri ci sono due viste
completamente
diverse!!-
Con mia totale sorpresa, lei poteva entrare e uscire dal
“Mondo Fluttuante”
liberamente. Io ci ho messo due giorni. Cazzo, due giorni, vi rendete
conto? Muoio
al solo ricordo (T_T)
Mentre Bea entrava definitivamente, io davanti a lei corsi incontro al
mio
maestro. Appena vide la ragazza tra le mie braccia e la ragazza alle
mie spalle
capì subito la situazione.
-Bisogna immediatamente agire. E’ preda di un tipo
particolare di serratura,
che non permette il suo risveglio. Si chiamano “Serrature dei
sogni” e di
solito colpiscono i mondi che, perdutisi
nell’oscurità soccombono ad essa, ma
non ne vengono inglobati. Ma ormai avendo un unico mondo, i
“mondi” che si
possono venire a creare si trovano nei cuori delle persone.-
Bea, con la manina alzata, in quel momento si rese conto che la
masseria in
realtà era scomparsa, e da un pezzo. Ci trovavamo in un
cortile tutto ricoperto
di verde, e questo cortile affacciava su di un dirupo. Prese fiato e
chiese:
-Scusi, signor Maestro, io sono Beatrice, e sinceramente non sto
capendo nulla.
Lux pensava fossi io, la ragazza che quei tizi incappucciati cercavano,
invece
era Aurora. Mi ha dato il permesso di entrare qui e incontrarla e non
sto
ancora capendo nulla. Non pretendo spiegazioni, ma almeno una piccola
delucidazione?- chiese così teneramente che piegai io la
testa, mentre parlava.
Il Maestro, si avvicinò a lei, la prese sotto braccio e le
disse: -Mia cara
luce di speranza, hai ragione ti devo un sacco di spiegazioni, ma
dovrò essere
abbastanza rapido. Perché Lux dovrà andare nel
cuore della tua amica per aprire
la serratura in fondo al suo cuore e io dovrò aiutarlo.
Prima della formazione di questo universo, vi era un altro universo. I
cui
mondi erano separati gli uni dagli altri, e non potevano avere nessun
collegamento né contatto. Finché uno scienziato
di nome Ansem, non scoprì il
modo di passare da un mondo ad un altro. Ma per coloro che brandivano
un
Keyblade era diverso, loro potevano viaggiare. Ma ormai erano pochi,
meno di
una decina e vennero sconfitti nell’ultima grande battaglia
del Keyblade da
Xehanort. Un mio carissimo amico. –Quelle parole sembravano
colpirlo nel
profondo, chissà cosa aveva realmente passato il mio
maestro. –Durante quella
battaglia Xehanort cercò di evocare Kingdom Hearts, il regno
secondo la
leggenda che ospita tutti i cuori, per portare un nuovo equilibrio tra
la luce
e l’oscurità. Ma ciò generò
solo altro caos e perciò tutto si annientò, e
venne
creato l’universo come lo conoscete voi.-
A quel punto prese la parola Bea –Ma, Maestro, allora
cos’è questo keyblade?-
-Mia cara piccola luce nascente, il Keyblade, si racconta, sia
un’arma in grado
di portare la pace e la distruzione nei mondi. E’ una chiave
che può aprire le
serrature più celate, ed è l’unica arma
che può sconfiggere le tenebre che
stanno incombendo. Ma tu, cara mia, lo sai. Altrimenti non saresti
stata capace
di attraversare così facilmente questi cancelli. Ora, mentre
noi varcheremo la
serratura del sogno, tu in questo luogo medita sul tuo ruolo, e cerca
di capire
da te cos’è il Keyblade e come potresti usarlo.-
Le accarezzò dolcemente il
viso, con quelle mani ruvide segnate dalle intemperie della vita. Lei
fece un
sorriso e chinò leggermente il viso con il busto.
Mi fece un cenno con la testa, quello era il segnale. Nella mia mano
comparve
il mio inseparabile Keyblade. Lo puntai verso Aurora, verso il suo
cuore. La
mia arma sapeva cosa fare, da sola aprii la serratura del suo cuore
mediante un
filo di luce che uscii dalla punta. Davanti la bella addormentata ora
giaceva
una sfera, attorniata da spine. Era quello il cuore della ragazza?
All’interno
della sfera non si vedeva nulla, era come oscurata da una coltre di
nebbia
color glicine.
-Non è normale che si veda così, anzi non
è normale che non si veda l’interno
del suo cuore. Dovrebbe abbagliarci fortemente, quasi da lasciarci
ciechi.-
Bea, che intanto si era avvicinata a noi chiese d’improvviso:
-Perché è così
importante il cuore di questa ragazza?
Master Eraqus, con tutta la pace e la tranquillità di questo
mondo rispose
torcendosi i suoi preziosissimi e lunghi baffi da
“matador”: -In tutto il mondo
ogni persona nel proprio cuore ha una parte di luce e una di
oscurità, quando
non sono in equilibrio si ha una persona troppo buona o troppo cattiva.
Generalmente le persone sono bilanciate, ma, sempre più
spesso ci sono persone
che cedono alla loro oscurità. Mediante pensieri o azioni
deplorevoli. Invece
non ci sono persone totalmente buone.- Bea sapeva che non era una
santa, ma si
riteneva una brava persona e fece una faccia triste. Il Maestro le
prese il
mento con due mani e la guardò fin nel profondo dei suoi
occhi –Cara, solo
sette fanciulle hanno un cuore di sola luce nel mondo. Purtroppo tu non
sei tra
queste, ma hai un cuore predisposto alla luce. Difatti sarai capace di
impugnare un Keyblade, e ci sarai utilissima nella nostra guerra contro
le
ombre.- Un sorriso enorme le scoppiò in volto.
–Inoltre noi dobbiamo proteggere
le sette principesse dal cuore puro, perché se cadessero
nelle mani di
Xehanort, potrebbe rievocare Kingdom Hearts e spazzare via anche questo
mondo.
Per l’evocazione di questo mondo, servono infatti venti
parti, sette di pura
luce e tredici di pura oscurità.-
Ora era tutto, o quasi, chiaro a Bea che fremeva dall’idea di
avere un Keyblade
tutto suo adesso.
Finalmente il Maestro si girò verso di me che stavo da
mezz’ora con le braccia
alzate a reggere il Keyblade.
-Mio nuovo allievo, Lux, vai! Ti mando in questa tua prima vera
missione per
liberare una serratura. Dimostra la tua maestria, e magari potrei
pensare di
darti la carica di Maestro del Keyblade.-
IO? Maestro del Keyblade? Sarebbe troppo bello e impossibile.
C’è sicuramente
la fregatura.
Comunque, sbloccai la serratura di Aurora girando la mia arma su di un
lato,
come quando apri la porta di casa ed entrai nel suo cuore. Venni
letteralmente
buttato dentro Aurora.
Il suo cuore, conteneva un mondo che era solo suo, tutto rosa, ma era
strano
perché attorniato da spine.
Penso
che lo chiamerò: “Il
Dominio Incantato”.
Mi
ritrovai nelle segrete di un castello.
La porta ovviamente chiusa, ma non era un problema per il mio
infallibile
Keyblade. Non appena aprii la porta, mi trovai in un salone,
probabilmente il
salone principale del castello. Immenso e vuoto, e tutto quello spazio
veniva
ampliato dalla solitudine delle grigie pareti.
Abituai velocemente i miei occhi al buio, feci qualche passo, sempre
con la mia
fida arma alla mano. Improvvisamente ecco che comparvero delle
creature, ma non
erano nere come immaginavo, o meglio, dalle lezioni di Master Eraqus
imparai
che ci sono diversi tipi di nemici. Nel mondo dei sogni ci sono i
cosiddetti:
Dream Eater, mentre nel mondo “normale” vi sono gli
Heartless. L’unica
differenza di questi esseri è l’aspetto,
perché entrambi si cibano –chi nei
sogni, chi nella realtà- dei cuori delle povere persone. I
Dream Eater sono
molto colorati, quasi fluorescenti e li riuscì a distinguere
bene anche al
buio. Questa fu davvero una fortuna. Con pochi colpi di Keyblade li
feci tutti
fuori, finito la breve battaglia per riprendere un attimo le forze
bevvi una
pozione, anche per recuperare un po’ di fiato. Arrivato al
centro dell’enorme
sala, improvvisamente, sentii dei rumori provenire dal soffitto... ma
il
soffitto era così alto che praticamente poteva benissimo non
esistere. Fu in
quel preciso momento che cadde un Dream Eater enorme, quasi sopra la
mia testa.
Con una capriola abbastanza improvvisata riuscii a schivare
l’enorme bestione!
Era davvero enorme, alto almeno tre volte me. In un primo momento la
paura
prese il sopravvento, e il mio unico istinto era quello di scappare.
Lontano,
quanto il fiato me lo concedeva. Ma qualcosa in me, un piccola luce, mi
ricordò
che ero li non perché io servissi, ma perché una
ragazza stava soffrendo
ingiustamente e purtroppo solo io al momento potevo aiutarla.
Mi rimisi in piedi, mi aggiustai gli occhiali bene sul naso, grazie
alla
tecnologia e alla magia del Master i miei occhiali erano in grado di
utilizzare
la magia “scan”, che mi permettono di vedere tutte
le caratteristiche del
nemico. Aveva una quantità di HP (Health Point) abbastanza
elevata, più della
mia ovviamente. Ma non mi spaventava, dalla mia avevo la magia e delle
tecniche
segrete.
La creatura che si presentava davanti a me, era particolare,
perché era una
sorta di arcolaio. Si muoveva come un pazzo e mi attaccava con dei fili
di
lana, come se fosse una sorta di ragno. Se un filo mi raggiungeva, lo
tagliavo
subito grazie ad un colpo effettuato con il mio Keyblade. Ma il
problema era
quando saltava, spiccava dei balzi altissimi e non riuscivo mai a
prevedere
dove atterrasse. In quei momenti utilizzavo la magia Thunder, o
Blizzard. Dopo
diversi colpi inferti così la creatura si
accasciò al terreno, quello era il
momento migliore per attaccarlo direttamente. Dopo una combo micidiale
effettuai un attacco di grazia che fece scomparire definitivamente il
mostro,
che lasciò cadere dal suo corpo delle strane palline, in
realtà erano stelline,
che il mio Keyblade assorbì automaticamente. Erano
così tante che credevo
stesse per esplodere. Infatti una luce abbagliante scaturiva
dall’arma nella
mia mano, una luce così forte che dovetti coprirmi gli occhi
per non essere
accecato.
Appena riaprii gli occhi la mia arma era cambiata. Non so spiegarvi
come.
Aurora
si trovava adesso al centro della sala. Dormiva.
Speravo di non doverla svegliare con un bacio. Erano anni che non
baciavo una
ragazza e anche se in un sogno, non mi andava proprio di farlo.
Fortunatamente la dolce fanciulla si destò da sola dal suo
sonno. Probabilmente
quel mostro la teneva prigioniera in un sonno forzato. A causa del suo
risveglio venni scaraventato via da una luce fulgida quanto quella del
sole.
Adesso
ero in piedi vicino al Maestro e Bea, col mio
nuovo Keyblade. Il Maestro mi guardò e mi fece un cenno
compiaciuto con la
testa. Fui davvero contento in quel momento e strinsi con
più forza
l’impugnatura, come per provare che quello era reale e non un
sogno.
Dopo poco la principessa si svegliò e toccò di
nuovo a Master Eraqus spiegare
tutto l’accaduto.
Passarono
diversi mesi dopo l’incidente con Aurora. Circa quattro mesi.
E le nostre fila
iniziarono a rinsaldarsi. Ora, oltre me e Bea vi erano altri 5
apprendisti del
Keyblade e una principessa della Luce. E piano piano miglioravamo ogni
giorno.
Fino a quando...
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Capitolo 4 *** Attacco a London –Chapter 3/13 ***
Fino
a quando Master Eraqus non chiamò me e altri due
ragazzi per una missione di controllo a Londra.
Londra, una città a me ormai non molto cara. Causa il fatto
che il mio ex
ragazzo ci si è trasferito lasciandomi. Se vi chiedete se
è possibile che un
custode del Keyblade sia gay, io non vi so rispondere. In fin dei conti
siamo
davvero quattro gatti, e il mio allenamento è iniziato poco
dopo che il
suddetto ragazzo mi lasciò. Il Maestro non mi ha mai chiesto
nulla e io non ne
ho parlato con nessuno. Non credo che questo influenzi il cuore. Penso
solo che
l’amore adesso sia una debolezza per il suddetto.
Può renderlo solo debole ed estremamente
sensibile. Si, sono stato davvero male, perché credo di
amare ancora Dave, ma
non posso farci nulla e quindi la frattura nel mio cuore potrebbe
portarmi
verso l’oscurità. Mi fa paura come
possibilità, ma nel caso saprei come
combattere la mia stessa ombra. Ho un sogno, a parte la mia
“missione”. Che mi
fa andare avanti ogni giorno. Può sembrare strano, ma
credere nei propri studi
e quindi in un proprio futuro può essere un motivo per
andare avanti. Ok non
diciamo stronzate, faccio giapponese solo per poter vedere gli anime
senza i
sub... ma non è un’aspettativa così
brutta. Per un nerd soprattutto. Ma ora
stiamo davvero divagando.
Dalle informazioni ricevute dal Maestro la situazione a Londra pareva
tranquilla,
ma c’era qualcosa nell’aria che gli faceva crede il
contrario. Perciò ci ha
mandati a controllare.
Arrivammo tramite un passaggio spaziale. Una sorta di magia che warpa
lo spazio
stesso. E il mio ex mi ha lasciato per la distanza. WARP. Andiamo
avanti...
Giungemmo in una traversa di Piccadilly Circus, era notte inoltrata,
quindi
davvero nessuno se non qualche gatto ci notò.
Ci spostammo ovviamente a piedi, e con abiti normali, da civili. Ma il
Maestro
ci aveva dato in realtà delle divise, che potevano aiutarci,
ma erano davvero
strane e fuori dalla concezione di moda del nostro attuale pianeta.
Neanche in
India le indosserebbero, e loro indossano di tutto.
Penso che dovrò aiutare il Maestro a trovare qualcuno bravo
con la moda ed
istruirlo alla magia, così da forgiare nuove
“armature”.
Alcune volte il maestro mi raccontò che come aiuto ogni
tanto aveva delle
creaturine, come li chiamava... Ah, sì, Moguri. Una sorta di
talpa con le ali
da pipistrello, tanto carucci quanto letali nelle magie. Soprattutto
nelle
magie di creazione. Alcune volte affidava loro l’incarico di
creare nuovi
Keyblade, altre nuove divise, ma ora erano scomparsi. Volatilizzati, ma
il
Maestro era convinto che in realtà si nascondessero.
Improvvisamente,
come è di norma a
Londra iniziò a piovere, una pioggia leggera ma fastidiosa.
Di quelle che quasi
non la senti ma ti inzuppa anche l’anima. In quel momento mi
chiesi dove stesse
Dave, e come stesse. Ma non potevo farmi distrarre da altri pensieri,
avevo una
missione e un gruppo da portare avanti. I due ragazzi che mi seguirono,
devo
dire che non li ho ben inquadrati. Uno è Stefano, un ragazzo
che fa pallanuoto
e che sembra essere fissato con le magie d’acqua o di
ghiaccio. E’ un tipo
abbastanza socievole, ed è stato capace di invocare il suo
Keyblade da solo.
L’altra invece è Vale, penso il diminutivo di
Valeria. Non le ho mai chiesto il
nome completo. Non è granché con l’arte
del combattimento come Stefano o me, ma
è una guaritrice molto esperta! Può usare diversi
incantesimi di cura e ha
studiato insieme al Maestro un po’ di arte alchemica,
così da aumentare il
potere delle varie pozioni. Insomma siamo un team equilibrato, ma che
non
parla. E io come leader dovrei iniziare a far gruppo, ma è
difficile
considerando che sono anche più piccoli di me e che sono
comunque spaventati.
Con la pioggia che ormai aveva bagnato le nostre giacche arrivammo in
un hotel
modesto. Avevo prenotato un paio di ore prima e per fortuna non fu
neanche così
dispendioso. Perché ovviamente dovetti pagare io, il Maestro
non ha l’ombra di
un quattrino. Ha solo dei “Munny”, che dice fossero
i soldi di un tempo.
Il piccolo hotel era carino, già dalle foto, ma dal vivo
quel verde acqua e il
giallo senape rendevano l’atmosfera vivace. Dopo il checkin
ci infilammo nelle
rispettive stanze.
-Ragazzi per qualsiasi cosa urlate, o venite a bussare alla mia porta!-
Vale
finalmente fece un sorriso e risposi con un altrettanto sorriso.
-Lux, senti- questo invece era Ste –dovrei chiedere la
password per il WiFi, ma
non lo so chiedere in inglese. Puoi aiutarmi?- scoppiammo tutti e tre
in una
risata. Scesi, chiesi alla reception la password, appena tornai su in
camera i
ragazzi si erano appropriati del mio letto a due piazze.
E stavano parlando, facevano amicizia. Anche se negli occhi di Vale
vidi
qualcosa per Stefano. Ma potrei sbagliarmi. Parlammo dei nostri sogni,
delle
nostre aspirazioni di vita e ovviamente di cosa significava essere
custodi del
Keyblade e la differenza tra custode e Maestro. Il primo a crollare fu
Stefano,
io e Vale gli rimboccammo le coperte e ci sistemammo io a destra e lei
a
sinistra del ragazzo.
La mattina seguente alle 8 eravamo già pronti. Facemmo
colazione prestissimo e
senza chiacchiere eravamo già pronti per fare il nostro
dovere. Era una
responsabilità davvero profonda, sai che devi salvare questo
mondo
dall’oscurità. Alcune volte non dormo la notte
perché è davvero un peso che può
schiacciare l’anima. E in quei casi utilizzo la magia malia
per far entrare
Morfeo nella mia testa.
La nostra missione insomma era un semplice giro per Londra. Nulla di
più. Anche
se la mattina, con il sole e la tanta gente è difficile
notare le sfaccettature
dei cuori, ma da bravi turisti e custodi cercammo di fare entrambi. In
alcune
stradine notai dei piccoli heartless che vennero fatti fuori in
pochissimo dai
due ragazzi. Devo dire che in realtà erano bravi entrambi.
Stefano era veloce e
bravo davvero solo con la magia Blizzard. Tanto che riusciva a
inserirla negli
attacchi stessi, una capacità che a me personalmente manca.
Invece Vale sa
usare magie già elevate, ma deve sempre restare nelle
retrovie altrimenti
sarebbe un bersaglio troppo facile.
Un altro giorno passò, e non trovammo nessun riferimento
all’Organizzazione o a
Xehanort. Se anche l’indomani non avessimo trovato nulla
saremmo tornati a
casa.
Ma quella sera, durante la cena qualcosa attirò la mia
attenzione. Eravamo in
pub a bere, ovviamente avevamo tutti 21 anni. Cosa non si
può fare con la
magia!
Mentre sorseggiavamo dell’ottima birra, e ascoltavamo musica
jazz dal vivo,
entrarono due figure. I ragazzi non li notarono perché erano
presi
dall’atmosfera festosa, ma per un attimo, davvero una
frazione di secondo,
negli occhi di uno dei due balenò un riflesso dorato. Quello
era il “marchio”
di Xehanort. “Vuol dire che l’oscurità
è già in te.” Mi fecero eco le parole
del Maestro. Feci finta di nulla, ma in qualche modo dovevo avvisare i
ragazzi.
E avvisarli entrambi e nello stesso momento era sospetto. Mi accostai
prima
all’orecchio di Stefano, e gli raccontai il tutto; lui fece
lo stesso con Vale,
ma lei per un attimo cercò con lo sguardo le due figure. In
quel momento vidi
il nostro piano frantumarsi. Ma non fu così,
perché le due figure se n’erano già
andate.
Pagammo dopo poco il nostro conto, il ragazzo alla cassa era un rosso,
figo,
tatuato, e con un accento del nord. Volevo attaccare bottone, ma il
dovere e i
ragazzi aspettavano.
-Non credevo ti piacessero i ragazzi.- dichiarò senza paura
Vale, -COOSA?- fece
Stefano stupito. –Lux sei gay?- chiese, ma con accenno di
vergogna. –Si,perché?
Ci son problemi per caso?- chiesi con il naso quasi
all’insù. –Assolutamente
no!- fecero insieme, quasi l’uno l’eco
dell’altra, poi riprese Vale: -Ma il
Maestro lo sa? Credi che sia importante che lui lo sappia o meno?- Feci di no con la testa, e
in quel momento
fuori dal locale in cui eravamo le due figure si posarono di fronte a
noi.
Uno
era alto, massiccio come The Rock e alto come un
giocatore di basket, ma con i capelli tinti rosa. Ma quel rosa
Schiapparelli,
che andava tanto di moda gli anni passati. Pensai subito ad un trans
peruviano
che aveva fatto l’operazione sbagliata in Russia.
L’altro invece era un
biondino, poco più alto di me, quest’ultimo aveva
un mazzo di carte in mano. Le
mischiava e le rigirava come fossero acqua nelle sue mani, era
evidentemente un
giocatore di Poker, anche abbastanza esperto. O un prestigiatore. I
loro occhi
ovviamente erano simili al miele, ciò era la conferma del
tutto.
Con uno sguardo complice i due sparirono dietro lo stesso varco oscuro.
-Dobbiamo seguirli?- chiese Vale con una vocina stridula accompagnata
da una
nota di terrore.
-Ovviamente no!- rispondemmo in coro Stefy ed io. Ci allontanammo di
corsa da
quel posto. Corremmo, senza fiato, corremmo per un tempo che pareva
infinito.
Ci ritrovammo a Soho non so come. L’aria profumava di
incenso, era acre come
profumo. Ma la notte sembrava tranquilla. Notte... erano poco
più che le 21.
Siccome eravamo in un’area popolosa e piena di vita, ci
fermammo per
riorganizzare le idee. Eravamo in mezzo alla gente e questo era un
punto a
nostro favore, non potevano attaccarci, o rischiavano di essere
scoperti. Ma
d’altra parte se avessero attaccato e fatto fuori mezza
Londra nessuno avrebbe
pensato ad un attacco dell’Organizzazione, ma ad un attacco
terroristico,
quindi dovevamo far qualcosa. Ecco quel qualcosa non riuscimmo a farlo.
Improvvisamente
dal cielo, una luce abbagliante si
espanse. Tutta la gente presente a Soho alzò lo sguardo al
cielo. Pian piano
che la luce si diradava una massa prendeva sempre più forma
nell’ammasso
blu-arancione che era diventata la volta celeste. Una sorta di
meteorite stava
per cadere sul quartiere. Panico e urla sono le uniche cose che
ricordo. La
gente scappava, ma io rimanevo fermo, non riuscivo a fare nulla. Orde
di gente
che si scagliava contro il mio corpo inerme, mi ritrovai in ginocchio.
Il meteorite
sempre più vicino. In lontananza notai una figura nera. Un
anziano con la
barbetta sotto il mento biancastra. Master Xehanort. Finalmente lo
vedevo. Ma
di quel frangente ho un ricordo vago, perché il meteorite si
schiantò alla fine
su una palazzina poco distante da noi. Altre urla e disperazione, ecco
da quel
momento capii che dovevo essere lì, per cercare di aiutare,
anche se Xehanort
era non troppo distante.
Diedi indicazioni a Stefano e Vale di aiutare le persone nelle case
adiacenti,
io mi sarei buttato nella palazzina colpita e quasi totalmente rasa al
suolo.
Pochi metri, pochi passi e capii che ormai per quelle persone non
c’era più
nulla da fare. Ero un fallito. Una missione avevo e non ero neanche in
grado di
adempierla.
D’un tratto sento le urla di Vale: -Qui
c’è ne uno!- A quel richiamo corsi,
così veloce che Usain Bolt poteva mangiare la mia polvere.
La scena che mi
aspettava è stata quanto mai atipica e nessuno poteva mai
immaginare come
sarebbe finita.
Entro dalla porta, o meglio da quello che rimase della porta, il
salottino da
cui si diramavano le varie stanze era distrutto e ormai la stanzetta in
cui
entrai era ridotta in cenere. Sotto una parete crollata c’era
lui, Dave, il mio
ex. Quasi senza respiro mi getto a terra alla disperata ricerca di
sollevare
quella parete. Cazzo... doveva pur esserci una diavolo di magia che
poteva
aiutarmi. Il suo sguardo puntato era dapprima stupefatto, poi
speranzoso e dopo
ancora felice. Mi lanciò uno dei suoi sorrisi. Diamine
quanto mi mancavano. Avrei
voluto baciarlo, ma non era il luogo adatto. Né il momento.
Mentre cercavamo
quindi di tirare fuori Dave da sotto il muro, improvvisamente lo stesso
divenne
più pesante, come se qualcosa si fosse aggiunto, come se il
calcestruzzo avesse
raddoppiato il suo peso. Io con gli occhi chiusi cercavo con ancora
più forza
di sollevare, ma era inutile. Alla fine una voce parlò:
-Eccoci qui.- Era
Xehanort, non so come abbia fatto a saltare fuori così ma la
cosa mi
inquietava. Cercai di infondere sicurezza al mio ex ragazzo, ma quello
sguardo
fu fatale. Non so come, ma Xehanort capì da un semplice
sguardo quello che
c’era tra noi. E fece il suo personale sguardo. Uno sguardo
pieno di
aspettative e oscurità, con dei riflessi dorati. Il tutto
accadde in pochi
attimi. Master Xehanort estrasse il suo Keyblade, lo
conficcò dentro il petto
di Dave e lo uccise. Io non potei fare nulla. Le due figure che poco
prima ci
sbarrarono la strada erano comparse per bloccarci. Il biondino disse
allora:
-Ora ne manca solo uno.- e si dileguarono nella loro
oscurità.
Disperazione.
L’unica parola che può descrivermi in quel
momento. Ero devastato, e non
ricordo neanche come, ma mi ritrovai fuori dalla casa. Il corpo di Dave
era
scomparso, me lo disse poi in seguito Stefano, che si era messo in
contatto con
Master Eraqus che pochi minuti dopo l’incidente era
lì con noi. Con me. Ascoltò
la storia, spiegai di Dave e me, non parve turbarsi, ascoltò
le urla del mio
cuore. Alla fine si alzò in piedi senza dire nulla e mi
colpì dietro la nuca.
Quello fu l’ultimo ricordo di Londra.
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Capitolo 5 *** Sorprendenti rivelazioni -Chapter 4/13 ***
Il
mio sonno fu a tratti tormentato, a tratti pesante per
poi riprendere i miei incubi. La sua faccia urlante che svaniva
nell’oscurità.
Le pieghe dell’oscurità che mi avvolgevano e si
impossessano del mio cuore
ormai ridotto a pezzi. Almeno nei sogni era tutta una finzione, una
terribile
finzione. Da sveglio invece era tutto un inferno. Mi infuriai, ma poi
chiesi
scusa al Maestro per ciò che aveva fatto. Erano scuse
convenzionali, lui lo
sapeva, avevo un tornado di emozioni che vorticava nel mio petto. Da
ciò dovevo
capire che ero vivo, invece mi sentivo più morto del mio ex.
Il
tempo passò e dopo un paio di settimane, di pura
sofferenza fisica e spirituale, il Maestro ci volle affidare una
missione, ma
non ne era così sicuro. Soprattutto della mia prestanza
fisica. In questo lasso
di tempo io mi rifugiai all’interno del nostro
“castello”, ma la situazione
cambiò un po’. Ora eravamo una decina di
apprendisti, io ero ancora il più
grande del gruppo sia per età, sia ovviamente per esperienza.
Prima della missione Master Eraqus per provarmi mi fece duellare contro
Stefano, Vale e altre due ragazze. Persi clamorosamente, erano quattro
contro
uno! Cosa si aspettava il Maestro? Inoltre persi diversi chili
perché non
mangiai per diversi giorni.
La decisione finale del maestro fu quella di far partire un gruppo di
cinque
ragazzi con a capo del gruppo Valery, finalmente sapevo il suo nome!!
Mi
sorpresi comunque della scelta. Pensai che sarebbe ricaduta su Stefano,
magari
il Maestro aveva una predilezione per le donne!
Mentre l’altro gruppo formato da quattro ragazzi, Andy un
rosso un po’ basso
per la sua età ma forzuto come un bue, infatti giocava a
rugby. Kevin un
ragazzo ripetente, svogliato più che stupido. Diego il
simpaticone di turno,
sempre pronto a mettere allegria ed infine l’unica donna di
questo gruppo Leia,
una biondina riccioluta piena di energia e vitalità, ma con
un cenno di
pacatezza negli occhi stanchi.
I due gruppi andarono per due vie separate, questa volta il warp fu
diverso, il
Maestro la chiamava “La via della luce”, che a
differenza dei varchi oscuri
porta in punti specifici del globo e non ovunque tu voglia, ma almeno
era
meglio di quanto potessimo chiedere.
Io
rimasi al fianco del Maestro, anche dopo che i ragazzi
se ne andarono.
-Secondo lei è saggio dividerli?Anche se non sempre il
numero fa la forza.-
dissi pigramente, senza aspettarmi nessuna risposta precisa.
–E’ la forza del
cuore, ciò che crea il vero potere. E se vi mando in gruppo
c’è un motivo.
Riesci a coglierlo?- me lo chiese con un mezzo sorriso che si apriva la
strada
sotto i baffi. –Perché da soli siamo delle pippe
gigantesche? Almeno in gruppo
possiamo spalleggiarci?- a questo punto il Master rise di gusto.
–Sì, il motivo
di fondo è questo, ma non esattamente in codesta maniera e
con tali termini.-
prese una piccola pausa, per poi riprende con un tono serio.
–Dovreste cercare
di unirvi, di conoscervi, di comunicare, di essere amici, di essere
anche di
più. Perché dal legame dei vostri cuori nasce la
vera forza.-
Quelle parole mi colpirono nel più profondo, e pian piano
divennero sempre più
il mio mantra. –Bene- riprese Master Eraqus –Ora
vediamo di andare ad
allenarci, ma prima è meglio se fai colazione. Non vorrei
che svenissi dopo i
primi cinque minuti.- Guardai il Maestro in faccia –Maestro,
mi scusi, ma
ancora non ce la faccio. Sono davvero sconvolto. La persona che
più amavo è
stata uccisa davanti ai miei occhi e ora la mia vita sembra non avere
più un
senso. Ho il potere del Keyblade nelle mie mani, ma non sono stato in
grado di
salvarlo. Forse dovrei appendere il Key al chiodo e finirla qui.-
Master Eraqus mi strinse a se e pianse, lacrime di sofferenza, lacrime
di
perdita, lacrime di speranza.
-Anche io so cosa vuol dire perdere la persona amata, ne persi tre. I
miei tre
figlioli. Anche se adesso ne sto trovando altri. E tu, per fortuna mi
stai
aiutando.- Sospirò. –Siete i miei
“nuovi” figli- accentuò troppo quella
parola
–ma non voglio che vi venga fatto del male, e ogni vostra
sofferenza è anche
mia.-
Pensai che i “nuovi” non potevano minimamente
battere i vecchi, in fondo erano
i suoi prediletti.
-Allora- dissi per smorzare il discorso –Cosa
c’è per colazione?- E una nuova
luce di speranza balenò negli occhi del Master!
Dopo
una bella colazione a base di uova e pancetta, anche
se io volevo i cerali. Cavolo, io vivrei per sempre di latte e cereali,
ma
secondo il Maestro una bella colazione sostanziosa serve per gli
allenamenti
mattutini. Ovviamente non potevo obiettare! Mi avrebbe ucciso
l’albero
genealogico. Si per la colazione, avete capito bene.
Ci sistemammo nel salone più grande che abbia mai visto, la
sua area era venti
volte un campo di calcio. Il Maestro con solo tre semplici scatti
arrivò sulla
pedana su cui vi erano i cinque troni, io dovetti correre per
più di 5 minuti
per arrivare col fiatone lì in fondo. Una sfacchinata. Per
me l’allenamento
finiva lì! Ma, purtroppo non fu, ovviamente,
così. Seguì un’ora e mezza di
allenamento fisico, corsa, addominali e schivate e dogdeate.
Successivamente
pausa di 10 min, e si riprese con allenamento magico. Per fortuna non
dovevo
muovermi più di tanto, ma in compenso mi sentivo sfinito
ogni volta che
lanciavo una magia. Ma il Maestro sapeva ritemprarmi con degli intrugli
verdastri, una sorta di etere, praticamente una pozione che
rinvigorisce il
mana. Ancora oltre, unimmo i due tipi di allenamento. La magia
combinata a
varie azioni, come schivare con blizzard, parate con fire, dodgeate con
thunder, e così via.
Dopo
tre
ore di massacranti allenamenti venimmo fermati da un varco che si
aprì, poco
distante da noi. Un quattro, o forse cinque metri da noi. Pochi passi e
il
primo gruppo tornò dalla missione. Era il gruppo di Vale, in
cui stava anche
Bea, sembrava che le due andassero d’accordo. Insieme a loro
vi era anche
un’altra fanciulla, ero sicuro che avevano trovato una
principessa! Ero davvero
contento, erano tornati sani e salvi e addirittura con una principessa
dal
cuore puro. Non poteva andare meglio. Sperai che anche il secondo
gruppo
tornasse trionfante.
Master Eraqus, fece nuovamente il discorso alla ragazza, discorso che
ormai
sapevamo tutti a memoria allora scortò la ragazza in una
stanza, vicina a
quella di Aurora e le fece presentare. Intanto Stefano e Bea portavano
delle
valigie con loro –Sembrano pesanti- dissi davanti a Bea, e
allungando una mano
presi quel mattone color rosa pallido –Cosa
c’è dentro? Una serie di incudini
da guerra?- I ragazzi scoppiarono a ridere, ma Bell, così si
chiamava la
principessa disse un po’ contrariata: -Ci sono soprattutto
libri, ecco perché
sono così pesanti. Non vado da nessuna parte senza di loro!-
-Scommetto che la lettura di “A song of Ice and
Fire” non ti aiuta ad essere
così gentile, vero Miss Bolton?- Bell mi fulminò
con lo sguardo. Se avesse
potuto mi avrebbe fatto a pezzi con un Tundaga. –In
realtà mi sento più una
Lannister, caro.- Disse la principessa ridendo sotto i baffi.
La lasciammo disfare la sua roba nella sua nuova stanza. Mi chiesi se
la sua
famiglia sapesse dove fosse in questo momento. Ma il mio pensiero si
spostò
improvvisamente su un altro avvenimento.
Le campane iniziarono a suonare, non era mai un buon segno quando le
campane
suonavano. Accorremmo tutti, chi era preoccupato, chi invece solo col
fiatone.
Appena arrivai notai che il secondo gruppo era ritornato, appena
qualche
istante prima. Erano in tre. Sentii qualcuno piangere, altri accorsero
verso i
superstiti, corsi con loro. A terra svenuta vi era Leia che teneva
stretto il
suo keyblade con l’impugnatura che ricordava
un’arpa e l’elsa a forma di ali di
fatina. A sorreggere invece Andy era una giovane fanciulla, sembrava
poco più
grande di noi, pelle chiara e capelli scuri come un cielo senza stelle
e labbra
rosse come una mela.
Alzò lo sguardo verso di me, lo abbassò
nuovamente verso il rosso, lo poggiò
delicatamente a terra, guardò il Maestro e lui
annuì.
-L’Organizzazione ha ora due nuovi membri, sono arrivati
quindi a quota
undici.- la ragazza fece un breve respiro di pausa –Mi ha
spiegato molte cose
Andy, ma una cosa non capisco, uno di loro... credo uno nuovo aveva un
keyblade.-
Il Maestro non fu sorpreso, prese la parola per confortare la ragazza:
-Vedi
cara, Master Xehanort ha un Keyblade e i suoi seguaci che sono per
metà come
lui penso che siano in grado di maneggiarne uno e- ma la ragazza dai
capelli
corvini lo interruppe. –Si, Maestro, ma so che ogni keyblade
è unico, allora
perché quello che ho visto è uguale a quello?- e
indicò un ragazzo. Ok indicava
dalla mia parte. Oh suvvia non posso essere davvero io, non siamo in un
film.
Invece puntava me. Eh te pareva! Ma la cosa strana fu
un’altra, come mai avevo
la mia arma in mano? Non l’avevo richiamata, né
avevo intenzione di farlo.
Possibile che lei fosse un’altra principessa dal cuore di
pura luce? Possibile.
Ma la cosa sconvolgente furono le parole del Master: -La cosa
sconvolgente non
è in realtà che qualcun altro abbia il keyblade,
o che sia uguale al nostro, il
problema è che Master Xehanort sta radunando un esercito per
combattere le
nostre luci. Vuole una nuova guerra del Keyblade, vuole evocare Kingdom
Hearts
per creare, secondo lui, un mondo di sola luce.- Chiuse
gli occhi, la cicatrice sulla sua
guancia si contrasse ulteriormente, facendo sembrare più
vecchio di quanto già
non fosse il suo volto. Riprese. –Anticamente, quando ancora
l’universo era un
neonato, vi fu un solo Maestro del Keyblade. Esso ebbe sei apprendisti
nel
corso della sua vita, a cinque di loro diede un Tomo della Profezia
grazie al
quale essi divennero i cosiddetti "Foretellers". Ogni Foreteller fu
un Maestro del Keyblade di incredibile potenza, ognuno di loro
bramò la Luce
per una diversa ragione e non si sognarono mai di allontanarsi da essa.
Leggendo
il Tomo della Profezia rimasero sconvolti e decisero di fare tutto il
possibile
per impedire che la profezia si realizzasse.- fissò per un
attimo il vuoto, per
poi riprendere. -"La Guerra in quel luogo porterà alla
distruzione della
Luce. Il mondo sarà avvolto per sempre nella totale
Oscurità."- furono le
ultime parole, dopodiché con un gesto della mano ci fece
allontanare da quel
luogo.
Due domande mi frullavano il cervello fino a ridurlo una poltiglia, se
erano
sei apprendisti, perché fece cinque Master? E poi, chi era
colui che possedeva
un Keyblade uguale al mio?
Ma non avevamo tempo da perdere, dovevamo curare i due ragazzi che
erano tornati
dalla loro missione.
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Capitolo 6 *** L’esame di Maestria -Chapter 5/13 ***
Passarono
diverse stagioni, diversi mesi, gli alberi ora
iniziavano a dare i primi frutti. Le primizie, le più dolci
che la terra
potesse donarci quell’anno.
Finito il mio tutoraggio nella scuola tornai
all’università. Ero un fuori sede,
quindi mi spostavo da una regione ad un’altra per tornare a
casa e viceversa.
Tornare alla vita dei corsi, incontrarsi con colleghi universitari, mi
sembrava
così da “una vita fa”. Tutto mi sembrava
però così effimero. Rivedevo i luoghi
in cui la luce mi faceva ricordare avvenimenti belli e brutti. Conati
di vomito
mi salivano, ma ributtavo tutto giù. Dovevo andare avanti.
Non fu facile, per
più di due mesi scoppiavo a piangere silenziosamente durante
le lezioni di
filologia giapponese, per questo mi mettevo in ultima fila e poi finita
la
lezione correvo a casa. Pian piano però le cose
miglioravano, avevo i miei
amici all’università e anche nel Land of
Departure. All’università feci un po’
di propaganda del keyblade, ma il tutto era ovviamente in sordina e non
si
poteva dire alla massa cosa stesse accendo veramente. Ma più
di una decina di
persone entrò di diritto nelle nostre schiere. Anche da
altri versanti
ricevevamo ogni giorno nuove reclute, ormai eravamo una settantina. Non
ero più
il più anziano di età, ma solo di esperienza. E
questo gioco valeva la candela,
ora vi racconterò il perché.
Un
anno prima degli eventi che vi sto narrando, feci
richiesta per una borsa di studio e al mio ritorno dopo il tirocinio,
l’università mi fece presente che ne vinsi una. Io
mi immaginavo che mi
regalassero una vera borsa, con tanti soldi dentro, libri e due
biglietti
aereo; uno di andata e uno di ritorno.
Era solo una mia fantasia.
Però in compenso mi volevano spedire in America.
La prima persona che lo venne a sapere, fu il Maestro, per ovvie
ragioni gli
andai a parlare di persona. E le sue parole furono le seguenti: -Mio
giovane
Allievo, non è un caso questa tua partenza improvvisa.
Inizierai una nuova
vita, un nuovo cammino- lo interruppi bruscamente in uno dei suoi
monologhi, so
che non dovevo farlo, ma quando iniziava a parlare in maniera aulica
nessuno lo
poteva fermare. –Maestro ma sarà solo per sette
mesi, mica per sempre.- Mi
fulminò con lo sguardo, e i suoi baffi sembravano un black
mamba pronto ad
attaccarmi, ma riprese il suo discorso. –Dicevo- si
schiarì la voce –In questi
sette mesi in cui ti mando in missione in America per conto della luce,
sappi
che sarai testato. E questo test non è altro che
l’esame di maestria del
Keyblade. Se supererai il test sarai a pieno titolo Maestro del
Keyblade.- Si
fermò ancora come per cercare un ordine
preciso per la frase seguente, alla fine disse:
-Ricorda Lux. Non esistono coincidenze nel Destino.-
Io stavo saltellando da mezz’ora ormai, appena ebbe finito il
suo discorso lo
abbracciai forte e finalmente dopo tanto tempo il mio cuore
provò una piccola
gioia.
Ormai tutti erano venuti a sapere del mio esame e della mia borsa di
studio,
tutti si complimentavano, ma alcuni lo facevano solo perché
andava fatto. Ma
non mi importava. Non perché fossero persone cattive,
semplicemente erano
indifferenti agli avvenimenti della mia vita.
Così
dopo circa un mesetto, iniziò la mia nuova
avventura.
C’è da dire una cosa, che il Maestro mi
proibì di usare i passaggi di luce per
andare e venire dal, e verso Land of Departure. Quindi fui
terribilmente da
solo. Lontano da casa e con ancora delle cicatrici nel cuore che
producevano
dolore.
Mi imbarcai da Roma, in direzione Los Angeles, ma quello era solo lo
scalo.
L’università che mi aveva accettato era in Oregon,
uno degli stati più a ovest
dell’America. Il primo volo fu pieno di gioia, ansia per la
partenza,
eccitazione che pian piano si trasformarono in straziante noia. In
dodici ore
di volo non mi ero portato abbastanza fumetti, anche perché
non potevo
portarmene più di tanti, le mie fidate consolle portatili
erano con me,
scariche dopo l’utilizzo, e un libro datomi da Belle, il
primo volume de Le
cronache del Ghiaccio e del Fuoco. Che divorai quasi tutto.
Arrivati nella caotica città americana dovetti aspettare un
paio d’ore prima di
poter salire sul seguente.
Per fortuna il secondo volo durò solo quattro ore, un terzo
del tempo che
impiegò il primo praticamente. Ma era quasi un giorno che
ero fermo, con il
culo quadrato su un aereo. Di dormire non se ne parlò
proprio. Se dovevo morire
in volo volevo saperlo e urlare!
Improvvisamente una piccola turbolenza colpì il nostro volo,
mi sentii come su
una giostra che vorticava all’impazzata sul terreno poco
stabile di Venezia.
“L’amore che mi hai dato, dove dovrei
buttarlo?”
Sentii sibilare tale frase nella mia mente. Ovviamente pensavo ancora a
Dave, e
volevo che in quel momento fosse con me. Volevo che condividesse con me
l’esperienza di essere dei custodi del Keyblade,
perché secondo me ne era
degno. Se uno è degno di essere il mio ragazzo, fidatevi,
è anche degno di
essere un Maestro del Keyblade!
Ma oramai era tutto finito, non solo perché mi
lasciò, ma ci pensò Xehanort a
porre fine definitivamente alla nostra storia. Non passava giorno, che
non
pensavo a lui. All’inizio ero un fiume in piena, piangevo
più di una marmotta
che si dispera per il suo compagno morto. Il tempo, il Maestro e gli
impegni mi
hanno portato a essere solo malinconico, e perennemente depresso, ma
almeno
cercavo di trovare un motivo per andare avanti. Dobbiamo tutti andare
avanti,
per quanto le situazioni difficili ci affliggono ci deve sempre essere
un filo
che ci spinge verso il domani, anche se questo futuro sembra
più torbido del
fango. Cercare di salvare vite, evitando una nuova guerra direi che era
un buon
motivo.
Finalmente giunsi alla mia mèta, l’Oregon.
L’aeroporto era a Salem, ma dopo un’oretta buona di
pullman arrivai finalmente
a Eugene. L’università che mi ospitava e che mi
dava lezioni di giapponese e
inglese era lì.
Nelle prime settimane devo dire che fui abbastanza spaesato, non capivo
molto
di quello che mi dicevano gli altri, l’americano era molto
più chiuso e
biascicato rispetto all’inglese britannico. Ma pian piano
entrai anch’io
nell’ottica americana.
Il mio appartamento era a pochi chilometri
dall’università. Almeno questa era
una sola sede, invece noi avevamo tipo cinque sedi e ogni volta dovevi
spostarti da una all’altra per seguire due lezioni diverse. E
le sedi potevano
anche essere dalla parte opposta della città. Uno strazio.
Almeno durante le ore di giapponese dovevamo per forza di cose parlare
tutti in
nipponico. Devo dire comunque che i docenti madrelingua si facevano
capire, ed
erano super gentili, soprattutto con me e quei pochi altri che venivano
da
fuori.
Al termine delle prime tre settimane ormai mi ero fatto qualche amico,
non nel
senso che pensate voi –malpensanti- , e ogni tanto dopo le
lezioni andavamo ad
un bar vicino l’università a berci qualcosa di
caldo. Il locale si chiamava
“Big Black Monster” e la prima volta che ci andai,
quasi mi feci beccare dai
miei nuovi amici.
Tutto l’entourage è obbligato, da non so chi e non
so perché, a vestirsi di
nero. Quindi la prima volta che entrai scambiai il ragazzo che ci
servì per uno
dell’Organizzazione. Una figuraccia assurda, ancora ora se ci
penso mi viene da
ridere. Poi proprio con lui.
Ecco, però stavolta fu diverso ovviamente. Oramai quando
entravo i ragazzi mi
riconoscevano, e Chris, il ragazzo che scambiai per uno dei nemici era
carino e
simpatico, veniva alla mia stessa università, ma faceva
psicologia. Ogni tanto
gli lasciavo la mancia, solo perché aveva un bel didietro.
Con i ragazzi, eravamo in sei me compreso, ci sedemmo in un tavolino
grande. Io
presi una cioccolata calda con due biscottini dentro, che il caro Chris
metteva
di sua spontanea volontà, gli altri invece chi
caffè chi the. Il caffè faceva
schifo. Schifo come poche cose, ‘sti americani non sapevano
farlo proprio.
Eleonor, una ragazza spagnola con un accento lievemente londinese
iniziò a
parlare di ciò che aveva sentito ultimamente. E
cioè, in città di notte sembra
che orde di cani randagi attacchino le persone, ma la cosa particolare
era che
questi cani uccidevano le loro vittime, e non si parlava di una o due
persone
random, no, ma anche di gruppi interi di gente sterminata. Si era
arrivati a
più di centocinquanta persone morte. Loro non sapevano degli
Heartless, o
dell’Organizzazione o di Master Xehanort, quindi cercavano di
dare una
spiegazione logica e razionale a ciò che accadeva.
Io ogni notte uscivo dal mio appartamento, un semplice e caramelloso
bilocale
che sembrava un cupcake, e quando tornavo il numero degli Heartless
uccisi era
sempre inferiore alle vittime della notte stessa. Salvai diverse vite,
ma il
numero delle creature oscure si era velocemente innalzato. Non mi
sapevo dare
una spiegazione per questo elevato numero. Poi ad un tratto,
illuminazione, e
con la faccia da pesce lesso davanti ai ragazzi pensai che se il
Maestro alla
fine mi ha “mandato” qui e mi ha affidato questa
missione, è perché ci deve
essere qualcosa di grosso in ballo.
Come ci insegnò Master Eraqus: “Non
esistono coincidenze nel Destino.”
E io ci credo molto in queste parole.
La
città era praticamente a metà tra un fiume, sul
quale
sormontava sontuoso e arrogante un ponte con tutte le assi metalliche
rosse, e
uno strapiombo che dava su di una vista magnifica, delle formazioni
rocciose
che si ergevano solitarie dalla terra. Erano tante, quindi posso dire
che si
sentivano da sole tutte insieme.
Quella sera per il mio giro di perlustrazione, salii sul punto
più alto del
ponte rosso. I miei sensi si erano acutizzati e da un po’ di
tempo potevo
vedere anche a distanza le ombre che si muovevano
nell’oscurità.
Preparai il mio Keyblade, lo trasformai in una sorta di cannone, si ora
potevo
trasformarlo in diverse forme e il Maestro mi aveva insegnato come
fare, a
quanto sapevo ero l’unico che era riuscito a fare
ciò, e scagliai i proiettili
del mio Ragnarock nei più disparati anfratti. Feci fuori un
centinaio, forse
anche qualcosa di più, di Heartless. Ma sapevo che non era
abbastanza. Feci un
respiro profondo, bevvi un etere per recuperare potere magico e
continuai con
questo metodo per tutta la notte.
All’alba,
o meglio, quando ancora doveva sorgere il sole, ma la pallida luce si
insinuava
tra i lacci oscuri della notte, posai la mia arma, la feci scomparire
con un
lampo di luce. Neanche il tempo di girare la testa che ebbi un Keyblade
puntato
alla gola. Una donna. Sembrava una kitsune, una di quelle volpi della
mitologia
giapponese, aveva un cappuccio rosa e una maschera bianca che le
coprivano il
volto, la maschera era a forma di lupo, ma forse era una volpe e io non
capivo
la differenza. Capelli bianchi, non sembravano tinti, ma neanche
bianchi come
quelli di un anziano. Kimono molto succinto, che faceva risaltare le
curve,
colorato sempre con toni pastello tra il rosa e il glicine. Il Keyblade
che
avevo vicino alla giugulare invece era una sorta di nuvola, sembrava
zucchero
filato tutto attorcigliato su se stesso colorato proprio come ti
aspetteresti
da un bastoncino di zucchero filato: rosa, giallo e panna. Con al
centro
dell’elsa uno stemma a forma di volpe gialla. Il portachiavi
che era la parte
finale dell’arma aveva una sorta di grande occhio blu.
Rimanemmo fermi per un
paio di minuti, e così che ho avuto il tempo di analizzarla
e studiarla per
bene.
Osai a chiedere: -Organizaz...- Mi
tappò
la bocca, con un dito.
-Sono qui per avvisarti di un pericolo imminente.- Mi
guardò, ma non so dirvi
di che colore avesse gli occhi, o se li avesse. La maschera lasciava
libera
solo la parte inferiore della faccia. La bocca ora si aprì
in un lieve sorriso.
-Parli degli Heartless? Dei Nessuno? Dei Dream Eater?
Dell’Organizzazione? So
già tutto cara.- La rimbeccai io.
Finalmente staccò il suo Keyblade dal mio collo, si
girò e osservò il cielo. La
luna non era visibile quella notte. Una lacrima scivolò sul
suo viso.
-C’è un ragazzo che ha il tuo stesso Keyblade, lo
sai. Ma sai anche che sta
cercandoti?- Si rigirò verso di me. –Dicendo che
tu sei il falso, e lui è
l’originale. Però ora che vedo anche te, posso
dire che siete due persone
diverse.- Il sorriso divenne ghigno. –Chi si
salverà? E chi arriverà alla fine?
Le mie pagine purtroppo non lo dicono, ma sono sicura che vi
assisterò.-
Detto ciò sparì.
Fu l’unica volta in cui vidi un Antico Maestro del Keyblade.
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Capitolo 7 *** Una Princi...persa? –Chapter 6 ***
Intanto
in un luogo non meglio precisato della Cina
Nord-occidentale un varco oscuro si aprì. Uscì un
uomo vestito con un lungo
soprabito violaceo, una maschera da serpente e un Keyblade delle stesse
fattezze e colori del proprietario.
Sull’elsa della sua arma vi era la testa di una serpe viola
pronta ad
azzannare.
Sospirò, poi si rivolse al suo interlocutore che lo
aspettava in quel luogo, un
vicolo lungo e stretto come il corpo di un cobra. –Non so chi
sia, ma so per
certo che è un falso ed è un traditore.-
L’interlocutore, un ragazzo, guardò la maschera
dell’uomo. Non traspariva la
minima emozione, quasi non gli interessasse.
Riprese –I tuoi occhi sono di lui, ma il tuo Keyblade
è del traditore. E’
proprio lo stesso.- Detto ciò scomparve
nell’oscurità da cui proveniva.
Il ragazzo vestito con gli abiti neri dell’Organizzazione si
scoprì il volto.
I suoi occhi blu, come il mare in inverno con alcune striature di verde
chiarissimo. Biondo. –L’unica cosa che so
è che questo è per metà suo, non so
se sono io l’impostore o meno. Lux, dove sei.- E si
incamminò per la sua
strada, accompagnato dalle creature oscure.
Era
passato più della metà del tempo prestabilito,
più o
meno quattro mesi e mezzo che avevo passati lontano da casa. E ogni
giorno e
ogni notte sembravano ripetersi. Più di quattro mesi a
seguire corsi di giorno
e di notte ad uccidere Heartless, mi sentivo un po’ uno degli
Avengers, ma non
so dire quale.
Giravo un po’ nella notte, non stavo fermo più in
un solo punto, anche perché
dopo l’esperienza con quella strana donna ero diventato
più attento e
meticoloso nei miei attacchi e nei vari spostamenti. Quasi avevo timore
che
potesse tornare e uccidermi. Il mio pensiero andava sempre verso di lui.
Fattosi ormai tardi, alcuni potrebbero dire che fu presto, comunque
poco dopo
il sorgere del sole tornai a casa.
Quella mattina il Big Black Monster era aperto straordinariamente.
Camminando
lo superai. Mi fermai. Tornai indietro ed entrai nel locale deserto. Le
cinque
del mattino rendevano quel luogo se possibile ancora più
tetro. C’era solo una
ragazza da sola, le chiesi un liquore uno dei più forti che
avevano. Ero al
bancone e mi servì immediatamente. Prima di assaporare la
prima sorsata di quel
liquido ambrato, dietro di me sentii –Ubriacone! A
quest’ora del mattino già
bevi!?- Era Chris che entrava per il turno di lavoro. Ci scambiammo un
saluto
affettuoso e lui si mise il grembiule nero su camicia e pantalone nero.
–Hai
fatto le ore piccole o più semplicemente non hai passato una
bella serata?- mi
chiese con quegli occhi marroni come castori. Non mi andava molto di
parlare,
quindi inventai una scusa, pagai il mio conto e me ne andai.
Prima di mettere piede fuori dal locale, mi afferrò il
polso. –Se c’è qualche
problema, so che non sono nessuno, ma almeno parlane con i tuoi amici.-
fece
una piccola pausa e mi lasciò il polso, guardò a
terra, riprese –Posso
immaginare che ti manchi casa, resisti, se vuoi puoi venire qui avrai
sempre un
bicchierino gratuito per i tuoi momenti “NO”.- Lo
abbracciai istintivamente, lo
ringraziai dal profondo del cuore e me ne andai. Fino a quando gli fu
possibile
rimase sull’uscio del locale per vedere dove andassi credo.
Tornato a casa, nella mia solitudine, mi feci una doccia calda per
rilassare il
cervello. Uscito misi a bassissimo volume una playlist composta da Ost
di un
videogioco, il tutto rigorosamente “solo piano”.
Sprofondai nel mio piumone, un abbraccio caldo prima di addormentarmi.
Nel mio sogno, c’era lei, la volpina. Mi teneva sul ciglio di
un dirupo e giù
c’era Dave che mi aspettava a braccia aperte. Mi sentivo un
verme, inerme, che
non sapeva cosa fare. Dipendeva tutto da me, sapevo fosse un sogno, ma
ero
titubante. Il rumore della sveglia mi fece aprire gli occhi e solo
allora capì
sul serio che era un sogno.
Una volta in piedi, mentre mi lavavo i denti iniziai a pensare, a
riflettere
più che altro, su ciò che stava accadendo ad
Eugene. Tanti, troppi Heartless, la
volpina, il tizio che aveva il mio stesso Keyblade. Ecco era lui il
più grande
mistero per la mia mente. Potevo vedere solo le parole dietro tale
figura, ma
la sua forma mi era preclusa a prescindere. Com’era
possibile, mi chiesi tra
me, mentre un po’ di dentifricio mi scivolava sul mento, mi
sciacquai il volto,
il Maestro più volte ci disse che i Keyblade sono unici e
personali
manifestazioni del cuore di un individuo. Messa la prima maglia pulita
sotto
mano corsi a lezione.
Finita
la mattinata di studio, i ragazzi mi chiesero se
volessi andar con loro al nostro consueto ritrovo. Un po’ in
imbarazzo
rifiutai, non volevo che Chris mi vedesse nuovamente.
Feci una passeggiata per la città. I colori tenui delle
case, il dolce
cinguettio degli uccelli mi facevano bene allo spirito. Le persone
gentili che
anche se non ti conoscevano ti salutavano con un cenno del capo. Pensai
che era
lì che volevo tornare una volta finiti i miei studi, ma
c’è da dire che comunque
non vi è nulla che mi legasse a questa terra. Il mio lento
peregrinare mi portò
verso un punto a strapiombo, protetto ovviamente dal guardrail. La luce
del
tramonto era affascinante, e quei monoliti che si ergevano nella valle
color
ocra creavano un’atmosfera unica. Il rosso, l’ocra,
il viola e il blu, tutti
quei colori che ti facevano battere il cuore. Ma io non provavo nulla,
era sì
un panorama fenomenale, ma ormai mi sentivo arido. Non c’era
nessuno, penso nel
raggio di chilometri, evocai il mio Keyblade e lo conficcai nel
terreno. Mi
accesi una sigaretta e continuai a guardare quello spettacolo. Sceso
ormai il
sole, le ombre si affacciavano sulla terra. Con loro anche gli
Heartless. Ne
feci fuori qualcuno sul luogo, di quelli semplici che non creano nessun
particolare fastidio. Finito il mio compito, iniziai a tornare
perché il dovere
mi chiamava. Feci scomparire la mia fidata compagna e mi incamminai per
la
strada di ritorno.
Durante il tragitto, ormai più vicino alla città,
vidi delle persone fare
jogging. Alcune mi superavano con passo svelto, altre invece mi
venivano
incontro. Mentre avevo alle spalle ancora le cime pietrose mi venne
incontro
Chris, anche lui in tenuta sportiva. Mi salutò con un cenno
della mano e un
sorriso. Aveva davvero un bel sorriso. Si fermò, si tolse
una cuffia da un
orecchio e mi aspettò lì. Lo raggiunsi, mi
sorrise nuovamente, scambiammo due
chiacchiere, io ero ancora imbarazzato per quella mattina, ma non lo
davo a
vedere. Mentre stavamo per andarcene, ecco che intorno a noi escono
dalle
tenebre degli Hearless. Imprecai.
-Diavolo, non con lui in mezzo!- Ma il signor Grande Mostro Nero mi si
parò
davanti. –Li schiaccio io, tu sta indietro!- mi
urlò con quel poco coraggio che
traspariva dalla sua voce. Feci una semicirconferenza con lo sguardo,
anche se
nessuno mi vide. Uscii il Keyblade e con un paio di colpi e una posa
finale che
ricorda molto le pose Jojo, le creature svanirono nell’aria.
Chris molto poco sorpreso devo dire, iniziò a pronunciare
una frase –Ma io
stavo per...- ma venne bruscamente interrotto. Io ero di fronte a lui,
lui
invece teneva gli occhi sbarrati dietro di me, come se un ragno gigante
stesse
per mangiare Ron, sentii un colpo alla schiena e caddi con un ginocchio
a
terra. Fu un colpo velocissimo e preciso. Feci però in tempo
a girarmi, così da
non cadere ancora di spalle al nemico. Chris alle mie spalle con il
cuore in
gola, che non sapeva cosa diamine stesse accadendo.
Il nemico che mi aveva colpito era uno scagnozzo
dell’Organizzazione. Mantello
nero, cappuccio nero, tutto nero insomma. Gli occhi, no. Quelli erano
azzurri.
Non proprio, quegli occhi davano l’effetto di una tempesta
invernale che si
scatena nell’oceano. Occhi che già conoscevo. Non
poteva essere. No. Non era
lui. Lui è morto.
Si
tolse il cappuccio. In un secondo ripercorsi tutta la
nostra vicenda. Volevo ucciderlo in quel momento, giuro.
C’erano mille domande
che volevo fargli, invece lui mi aveva colpito. Il suo Keyblade era
uguale al
mio. Ora ero sorpreso, scioccato e incazzato.
-Quindi sei tu quel famoso tale ad avere il mio stesso Keyblade.- Gli
dissi
quelle parole con così tanto veleno che avrei potuto
uccidere sedici elefanti
adulti. Dave in quel momento abbassò lo sguardo,
osservò la sua chiave, strinse
ancor di più la presa e mi colpì di sorpresa con
l’altra mano. Nella quale vi era
un altro Keyblade. Due cazzo di Keyblade(!?!). Fui più
sorpreso che dolorante.
Il biondo senza parlare, si allontanò di un passo da noi.
Chris, era rimasto
immobile, credevo impaurito. Mi voltai un attimo, per cercare di
infondere
sicurezza al ragazzo, però sapete, un metro e novanta,
doveva essere lui a
confortare me. Stranamente il suo sguardo però era
incentrato sul mio ex
ragazzo, uno sguardo minaccioso e saldo.
Spostando il suo sguardo su di me –Hai già trovato
un ripiego, eh!- il tono
cattivo e il ghigno sul suo volto non aiutarono i miei nervi a rimanere
calmi.
Ora volevo sul serio ammazzarlo di botte. Ma ero ancora in ginocchio
con la
schiena dolorante. Però risposi a tono –Direi che
dopo un anno, e una “finta”
morte ci sta che io vada avanti.- Pausa che gli fece prendere il colpo
in pieno
petto e poi ripresi –E comunque tra me e questo giovane semi
gigante non c’è
nulla. O magari sei solo geloso.- E la mia espressione era
più divertita che
arrabbiata o preoccupata, ma in un attimo mi rabbuiai guardando il suo
volto
cambiare. I suoi occhi, cambiarono per un po’ colore.
Passando dal blu mare in
tempesta all’arancio e poi all’oro.
Mi alzai, feci del mio Keyblade una sorta di appoggio per potermi
raddrizzare.
Dave venne verso di noi caricandoci. Keyblade alle mani pronti a
colpire.
Aspettai fino all’ultimo secondo per pararne uno dei due, ma
l’altro ero sicuro
che avrebbe colpito Chris.
Invece ci fu un rumore metallico, come di due cozze che vengono
sfregate tra
loro. Chris aveva un Keyblade. Fui sorpreso, ma mai quando Dave. Che
vedendo
quella chiave arretrò con un salto di almeno quattro metri.
Era un Keyblade
poderoso, aveva quasi la forma di una mano. Lo brandiva con una sola
mano, ma
non sembrava per niente leggero, era grande, praticamente due volte il
mio. O
il mio e quello di Dave insieme visto che erano uguali. Il portachiavi
che
penzolava alla fine dell’arma aveva un occhio blu con uno
spacco al centro
nero, un po’ come quello della donna volpe.
Per distrarci Dave disse: -Sai perché il tuo Keyblade
è uguale al mio?- Neanche
il tempo di rispondere che continuò a parlare. –Tu
ed io abbiamo creato un
legame molto forte tra noi, tanto che condividiamo un po’ del
cuore dell’altro.
E quel Keyblade è il frutto del nostro rapporto.
E’ sia mio che tuo.- Parole
che fanno male, soprattutto se dette da una persona che un tempo
credevo mi
volesse davvero bene. Dette poi con un freddezza senza uguali. La
guerra fredda
doveva essere più temperata di quelle parole.
Finito di parlare, creò un varco oscuro e scivolò
in esso. Io e Chris rimanemmo
fermi dov’eravamo. Volevo fargli mille domande, ma lui si
avvicinò e mi aiutò a
sorreggermi.
Pian piano tornammo in città. Il tragitto lo passammo in
silenzio, interrotto
solo da qualche mio mugugno di dolore. Arrivati ad un angolo dove una
panetteria che faceva ciambelle aveva appena sfornato nuovi prodotti e
l’aria
era satura di zucchero, chiesi: -Da quanto tempo...- e la domanda
rimase
sospesa –Da un po’- Rispose. Imbarazzato e con la
faccia rossa. –Un annetto
circa. E se te lo chiedi, ho avuto un Maestro che mi ha insegnato
l’arte del
Keyblade.- Ero davvero sorpreso. Chinai di lato la testa, ma con un
dolce gesto
mi fece appoggiare alla sua spalla. –Il mio Maestro
è morto da poco, era come
un padre per me. Prima, però, che scomparisse mi ha
insignito col titolo di
Maestro del Keyblade.- Mi girai di scatto, lo guardai, lui mi sorrise,
mi
staccai da lui con una lieve spinta. Ero così senza forze
che le gambe da sole
non mi ressero. Caddi. Ridemmo insieme.
-Questo Keyblade è suo, ma ora che la sua volontà
è con me, è diventato il
mio.- Disse, mentre mi aiutava ad alzarmi. Mentre mi tirò a
sé per sollevarmi,
poggiai la mia mano sul suo petto. Il calore del suo cuore era unico.
In quel
momento capii che lui era una delle principes... un principesso(?) dal
cuore di
pura luce.
E lui come a capire cosa stavo pensando mi fece di si con la testa.
Continuammo il nostro percorso, lui mi sosteneva e ci sorridevamo a
vicenda. Il
mio cuore per un attimo provò qualcosa, non so dirvi
però cosa realmente fosse.
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Capitolo 8 *** Sentori di guerra –Chapter 7/13 ***
Giunse
infine il tempo degli addii.
Non erano dei veri e propri addii, anche perché se avessi
voluto avrei potuto
vedere i ragazzi in meno di due minuti grazie ai poteri del Keyblade.
Prima di avviarmi verso l’aeroporto, feci un ultimo giro di
perlustrazione. Andai
sul ponte, a farmi cullare dalla brezza mattutina, le luci della
città che pian
piano si spegnevano e il sole riscaldava le speranze nei cuori della
gente che
si svegliava per affrontare un nuovo giorno.
Andai verso le formazioni rocciose, un ultimo sguardo a loro che erano
lì da
chissà quanto tempo, e ci sarebbero rimaste ancora per molto.
L’ultimo saluto andò al Big Black Monster. Anche
se non ce n’era bisogno
salutai Chris, come se poi non ci fosse più la
possibilità di vederci. Invece
appena atterrai con l’aereo a Roma, la prima cosa che feci fu
quella di aprire
un passaggio verso il Land of Departure.
Entrai nel salone principale grazie ad un varco di luce. Trovai Master
Eraqus,
che era seduto con il gomito poggiato su di un poggia bracci e la mano
che gli
sorreggeva il volto. Appena mi vide, sorrise, si alzò e
corse ad abbracciarmi.
Suonarono le campane. E tutti accorsero. Erano davvero tanti adesso.
C’erano anche
persone più grandi di età e delle strane
creaturine bianche con il naso tutto
rosso che svolazzavano a mezz’aria.
-Maestro...- chiesi un po’ con timidezza –Cosa
è successo in tutto questo
tempo?- Eraqus mi osservò, aprì bocca, ma prima
di parlare qualcuno mi saltò addosso.
Erano Vale, Stefano, Bea e incredibilmente anche Bell. Ci fu un
abbraccio di
gruppo, e subito Stefano chiese, rivolgendosi al Maestro, -Beeeeh, per
quanto
riguarda l’esame per diventare Maestro del Keyblade?- Io
intanto cercai di
alzarmi, perché i miei amici mi avevano fatto cadere per
terra. Master Eraqus
si schiarì la voce, il silenzio cadde nell’enorme
salone. –Prima di iniziare la
cerimonia, Lux- si girò verso di me, e mi fissò
con occhi profondi e
splendenti. –Non c’è qualcuno che
dovresti portarci?-
Non ero per niente sorpreso, quel vecchio sapeva sempre tutto.
-Sì, Master!- aprii un varco con il mio Keyblade, sentii in
quel momento un
lieve vociare. “E’ davvero uguale.”
“Lo sapevo.” E altre cose del genere.
Entrai nel varco di luce ed uscii dalla parte posteriore del locale
dove
lavorava Chris.
Ora,
erano problemi. Se qualcuno mi avesse visto come
avrei spiegato che ero ancora li? Infatti la fortuna non fu dalla mia
parte. La
porta, quella antincendio si aprii e una ragazza dai capelli rosso
fuoco, che
risaltavano sull’uniforme nera si spaventò nel
trovarmi lì. Chiesi immediatamente
se mi mandava Chris. Arrivò dopo un paio di minuti, nei
quali sperai che
nessun’altro dovesse uscire.
-Sei sicuro di quello che fai?- sapevo che era titubante, ma comunque
voleva
conoscere l’altra realtà nonostante si trovasse
dall’altra parte del mondo.
Inoltre lui non era capace a creare i corridoi di luce.
-Si, lo devo almeno a te- ed entrò nel varco. Dopo neanche
cinque minuti di
assenza, il salone era pieno di gente ammassata. Osservando meglio,
erano tutti
in riga, come una sorta di plotone. Il varco si aprì sul
finire del salone,
quindi il ragazzo vestito in nero ed io sfilammo, come delle top model
durante
la settimana della moda di Parigi. Vale che era a metà tra
il fondo della sala
e lo spazio rialzato dei troni ci guardò e alzò
un pollice e sorrise.
Sulla pedana rialzata, dove erano stanziati i cinque troni, vi erano il
Master
e altre persone. Delle donne. Da lontano, dato che sono miope, non ci
vedevo bene.
C’erano Bell, Aurora, Bianca (che di cognome faceva Neve,
quella che aiutò
Andy) e altre tre che non conoscevo. Anzi, si. Una di quelle la
conoscevo! Era
Alice, una mia compagna di università, capelli rossi, sempre
mezza addormentata
e con una fantasia superiore alla media. Non potevo crederci che fosse
una
Principessa. Mi salutò con un sorrisone e un lieve movimento
della mano.
Erano sei, quasi tutte. Ora con Chris erano al completo. Ma bisognava
vedere
cosa diceva il Master.
Salimmo quei tre gradini, e ci posizionammo davanti a lui.
Master
Eraqus recitò: -Da questo momento finisce il tuo
esame per la qualifica della maestria del Keyblade.- Indicò
le sei ragazze al
suo fianco. –Ora siamo riusciti a trovare sei principesse, tu
chi porti al tuo
fianco?-
Mi girai verso Chris, con un cenno del capo che mi diede forza iniziai
a
parlare. –Lui è la settima principes...- mi fermai
a ridere sotto i baffi
–Avete capito, ma forse è meglio dire principe dal
cuore di pura luce-
La faccia del Master si contorse in uno sguardo di stupore, come se non
fossero
quelle le parole che si aspettava. Un sorriso, che distorse la sua
cicatrice
ma, addolcì il suo viso.
Il brusio divenne un vociare e il vociare si bloccò ad un
gesto del Maestro.
-Prima di parlare di ciò, devo avvisare tutti voi.- Pausa di
sofferenza per me.
Chiuse gli occhi, li riaprì. –Lux, da questo
momento sei ufficialmente un
Maestro del Keyblade!- Urla
di gioia
esplosero nel salone.
Chris mi abbracciò, io stavo per scoppiare a piangere. I
fischi di Stefano si
riconoscevano, tipo un pecoraro.
-Ora
uscite tutti. Devo discutere di alcune cose con il
nuovo Master e rivelargli alcuni segreti, che solo una persona con tale
titolo
può conoscere- e al suo schiocco di dita si ruppero le righe.
Mi girai e Vale con Stefano si tenevano per mano mentre se ne andavano,
notai.
Fui in imbarazzo per loro, ma anche contento...chissà se la
missione a Londra
non li aveva iniziati in questo, però in questi sette mesi
molte cose erano
cambiate o iniziate se non addirittura finite.
-Master- iniziai io senza alcun permesso di parola, ma il Maestro non
fu
contrario alla mia azione –Lui è Chris,
è sia una persona con il cuore di pura
luce che un Maestro del Keyblade.-
Il Master capì immediatamente i miei pensieri, si
girò e con un cenno del capo
diede un ordine alle principesse che non si erano allontanate. Tutte
loro si
guardarono, accennarono un sorriso e dopo un secondo una luce
abbagliante
inondò tutta la sala. Ognuna di loro maneggiava un Keyblade.
I più belli, o
meglio, quelli che maggiormente mi colpirono furono quello di Alice, e
quello
della ragazza con la pelle color ambra, che si chiamava Jasmine. Il
primo aveva
una lunga e sottile asta la cui mappa era a forma di cuore,
l’impugnatura tonda
aveva come ciondolo una piccola carta da gioco francese. Tutta
l’arma aveva
come unici colori il viola e il rosso, che richiamavano molto il colore
dei
capelli della principessa; l’altro invece aveva molti
ghirigori ed era tutto
color oro con delle striature più chiare.
Notai Aurora, che sembrava ancora assonnata.
-Le principesse devono avere per prime lezioni di autodifesa. Non
possono più
essere delle donzelle che devono farsi salvare. Devono saper combattere
come
tutti noi, ma devono essere le prime ad essere protette. Per questo
credo che
il tuo Master ti abbia insegnato a impugnare un Keyblade e poi prima di
sparire
ti abbia donato la sua stessa arma. Il quale a quanto vedo fu
addirittura uno
dei Cinque Foretellers.- Si avvicinò a Chris che impugnava
il suo Keyblade.
–Posso?- prese tra le sue mani quel Keyblade così
possente. Lo soppesò, diede
un paio di colpi all’aria infine sentenziò:
-Questo è proprio il Keyblade
dell’Orso. Ora che siete tutte e sette devo rivelarvi
questo.- la sua solita
pausa di suspense, a volte non lo sopportavo quando faceva
così. –Sapete che
questa battaglia servirà per capire quale tra le due forze,
quella della Luce e
quella dell’Oscurità, prevarrà
sull’altra. Dovete sapere però che quando una
forza prevale sull’altra l’intero universo
collassa, perché è basato su un
equilibrio, e creerà un nuovo universo che
impiegherà milioni di anni a
generare nuovi esseri viventi. Proprio come è successo
l’ultima volta. C’è
ovviamente un modo per fermare tutto ciò. Dobbiamo impedire
a Xehanort- Non lo
chiama Master Xehanort, chissà perché pensai.
–Di forgiare l’ X-Blade che è
l’arma definitiva, la quale può essere formata
solo grazie a Kingdom Hearts.
Questo regno può essere aperto solo dall’incontro
della vera Luce con la vera
Oscurità, quindi voi principesse- rise anche lui adesso
–contro le tredici
oscurità di Xehanort-
Sapevo che Master Eraqus amava i monologhi, ma dovevo per forza
chiedere:
-Maestro, ma cos’è Kingdom Hearts e dove si
trova?-
-Caro Lux, Kingdom Hearts è il regno di tutti i cuori.
Quando anche il nostro
cesserà di battere, esso seguirà la strada per
questo luogo ameno. Per quanto
riguarda il suo posizionamento, ovviamente è un mondo
superiore, non potrebbe
esistere su questo piano di realtà- si voltò e
andò verso una delle grandi
finestre. Si posizionò parallelo alla finestra che un
po’ lo rispecchiava,
osservò il cielo. –Eppure in questo mondo, che
raccoglie tutti i vecchi mondi,
Kingdom Hearts ha deciso di essere ancora più vicino ai
cuori degli esseri
viventi. Quindi ha deciso di celarsi nella Luna-
Tornai
ai miei alloggi. Chris aveva il suo nuovo super
appartamento cinque stelle nella Land of Departue insieme alle altre
principesse. Io anche se Maestro ero comunque un
“comune” soldato. Fino a
questo momento non avevo mai pensato a cosa fosse la guerra. Sembra una
cosa
così lontana da noi, una cosa che non ci potrebbe mai
toccare, invece era
dietro l’angolo. Non ci volevo pensare, ma invece dovevo. Era
un mio dovere da
Maestro. Ora avevo più doveri nei confronti dei miei amici e
sottoposti, Master
Eraqus disse che dovevo scegliere un gruppo da allenare e seguire
costantemente.
Finalmente giunsi nella mia stanza, un rettangolo pieno di poster,
scaffali
ricolmi di fumetti e action figures e un letto comodissimo su cui
sprofondare.
Mi buttai a pesce morto sul materasso e affondai la faccia nel cuscino.
Troppe
responsabilità per una persona come me, che di
responsabilità ne aveva avuto
abbastanza.
Bussarono alla porta.
Mugugnai qualche verso gutturale da sotto il cuscino. Ma ovviamente
entrarono.
Vale, Stefano e Bea, il trio completo.
-Lo sai che vogliamo sapere tutto! Chi era quel mega fustacchione che
ti sei
portato dall’America? Il tuo nuovo ragazzo?- chiese Bea con
un sorriso.
Stefano spinse dietro di se Bea –Piuttosto come sono le
ragazze americane!?-
neanche finì la frase che uno schiaffo di Vale lo fece
andare gambe all’aria.
Io ero ancora con la faccia sotto il cuscino, ma sapevo cosa era
successo, risi
ma non uscii dalla presa micidiale del cuscino. Vale si sedette vicino
a me.
-Ti va se facciamo un Pigiama party stasera? Io e Stef abbiamo portato
cioccolata
illegale e così tante patatine che Master Eraqus dovrebbe
usare tutti i suoi MP
per incenerirle con Firaga!-
Spostai il cuscino, e ridemmo tutti insieme.
Quella sera passò in maniera placida e allegra. Raccontai ai
ragazzi le varie
avventure americane, del mio ex, di Chris.
Stef un po’ pensieroso assomigliava un po’ a Winnie
the Pooh, perché sembrava
che mettesse il broncio, disse –Ma ti piace questo Chris o
no? E poi sai se è
un obiettivo per te o meno?-
Erano domande a cui non sapevo rispondere, anche perché non
credevo che lui
sapesse effettivamente di me e delle mie preferenze.
-Al momento non mi interessa, ho cose più importanti a cui
prestare la mia
attenzione-
Intervenne Vale –Si, Lux, ma il cuore ha anche bisogno di
attenzioni, come dire,
particolari. Deve saper affrontare diversi tipi di emozioni. Ora tu
come ti
senti? Sei felice o no?-
-No- risposi senza pensare. Anche perché era la
verità. Anche se Master Eraqus
mi aveva nominato Maestro non ero contento. Effettivamente non ero
felice da un
po’ di tempo.
-Pensate che il mio cuore può cadere vittima
dell’oscurità più facilmente di
altri?-
Vale prese la mano di Stefano, io sorrisi ad entrambi e loro
arrossirono e
lasciarono l’uno la mano dell’altra.
-Secondo me no. Anzi hai un cuore forte, che conosce la sofferenza, ma
che
comunque nella tribolazione non si è lasciato sprofondare
nell’oscurità in cui
potevi discendere. Ce ne vuole per renderti un servo
dell’oscurità e quel
Xehanort e quel biondino li, lo devono sapere molto bene.- Bea che era
un po’
brilla dopo neanche due birre sentenziò quella frase.
Bussarono nuovamente nella mia camera.
In quattro eravamo già stretti, mi chiesi se qualcun altro
voleva unirsi a noi.
Erano Alice e Chris, entrambi parlavano un inglese fantastico quindi
per
fortuna l’americano non fu solo. Volevano parlare con me, ma
si ritrovarono
loro malgrado nello sleepover club nato in camera mia.
Tra patatine, karaoke e birre avevamo alzato un po’ troppo la
voce e l’ora era
tarda. Senza neanche bussare Master Eraqus aprì la porta con
un gesto del suo
Keyblade. Ci fece un “SHHHHH” con tanto di dito
davanti i suoi baffi, poi si
prese una birra e se ne andò ridendo. Noi ridemmo per un
sacco di tempo.
Alice mi aggiornò un po’ della situazione
universitaria e Chris faceva amicizia
con i ragazzi.
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Capitolo 9 *** Rainy nights–Chapter 8/13 ***
Xehanort
fissava il vuoto, un punto lontano dalla sua
vista ma sempre all’interno della stanza bianca, dal trono
più alto della sala.
-La miccia è stata accesa, ora aspettiamo che la bomba
esploda.- La faccia del
ragazzo con i capelli blu e la cicatrice era senza espressione.
Un sorriso agghiacciante e spaventoso illuminò il volto del
vecchio Maestro.
-Finalmente è giunto il momento. Adesso è il
momento di scendere a combattere.-
Evocò nelle sue mani il Keyblade che lo aveva accompagnato
in tutte quelle ere.
–Convoca un concilio straordinario, si scende in guerra.-
Altro
tempo passò e ora mi trovavo a comandare una mole
considerevole di ragazzi. Gli adulti generalmente li addestrava il
Maestro.
Con me stavano i miei amici, per fortuna, e ora eravamo davvero tutti
capaci di
diverse azioni combinate. Eravamo davvero un bel team.
Anche
quell’anno l’estate giunse con la sua afa e la sua
umidità che non potevano ovviamente mancare.
Ognuno fece più o meno ritorno a casa, ma le principesse
dovevano sempre
rimanere con la scorta, per esempio Jasmine tornò in India
dal padre
accompagnata da tre ragazzi e una ragazza tutti custodi del Keyblade;
Bea andò
a seguire un campus all’estero; la coppietta del gruppo
rimase tale.
Io e Alice decidemmo di andare a farci un bel viaggetto,
così ci potevamo
divertire e nello stesso tempo io adempivo al mio compito.
“Partimmo”, o meglio, aprimmo un varco verso
l’Irlanda. Birra, scazzottate e
rossi, cosa volevamo di più. Un amaro ovviamente. (Non credo
che posso mettere
le marche, dovrei pagare per la pubblicità e sono povero!)
Mi dispiacque per Chris, voleva venire con noi, ma doveva lavorare per
tutta
l’estate. Volevo davvero che venisse con noi, soprattutto
perché iniziavo a
legarmi a lui. Anche se in tutti quei mesi non gli avevo detto nulla
della mia
omosessualità. Né tanto meno lui aveva parlato di
sé o di ragazze. Era un
mistero quel ragazzo. Però il suo largo sorriso mi
riscaldava ogni volta il
petto.
Dublino,
anche in questo periodo era scura e piovosa e
umida. Dopo il nostro arrivo affittammo una stanza presso un
b&b, il
receptionist pensò ovviamente che fossimo una coppia e ci
diede una bella
stanza con una vista spettacolare sulla città e un letto
matrimoniale. La rossa
ed io ci facemmo una bella risata appena entrammo in camera.
Il
nostro programma era più o meno questo. La mattina
girare per la città, vedere luoghi particolari, aggiornare i
nostri profili
Instagram e farci odiare dagli amici che erano rimasti a casa. La sera
una
birra, limonare qualcuno di carino e far fuori quanti più
Heartless ci era
possibile.
La nostra prima tappa fu il Trinity College e la sua biblioteca!
Meravigliosi libri, tomi antichi e magari qualche storia mai narrata in
libri
che sono andati perduti al pubblico. Ci volevano almeno tre giorni per
vedere tutto
quello che c’era da vedere, ma fortunatamente Alice sapeva
già a cosa puntare,
visto che c’era già stata.
Mi portò in una zona un po’ nascosta in cui vi era
un tomo tutto ricoperto di
polvere, ovviamente noi non ci potevamo stare lì ma grazie
alla mia magia vanish fu tutto
più facile. Rendersi
invisibili in una biblioteca, lo so è un cliché
ma andava fatto.
-Questo tomo è uno di quei cinque che profetizzarono la fine
del regno della
luce, e di un master che tradì gli altri.- aveva gli occhi
lucidi e la sua
emozione era palpabile. Io non facevo altro che annuire e rimanere in
silenzio
davanti a qualcosa che andava oltre le mie conoscenze. Sulla copertina
del
vecchio libro c’era un piccolo simbolo, una sorta di
unicorno. Il primo
pensiero che mi venne in mente fu “che cosa gay”.
Quando lo dissi ad Ali
ridemmo ancora di gusto.
-Guarda che quello era uno dei cinque simboli dei primi Keyblade
Master. Che
sono rispettivamente Unicorno, Vipera, Orso, Tigre e Volpe.-
-Volpe?- Ripetei quella parola con troppa sorpresa. Nella mia mente
c’era la
figura di quella donna sulle colline rocciose americane.
-Si perché?- continuò senza scomporsi
più di tanto. –Anzi, sai che ti dico, se
non sbaglio la Master della Volpe era l’unica donna tra tutti
i Master della
prima era.-
Ancora più sorpreso confessai –Io credo di averla
incontrata.-
Alice mi guardò stranita. -Lù, sarà
morta miliardi di anni fa.- -No, ti dico
che l’ho incontrata in America, inoltre mi ha avvisato di
Dave e del suo
Keyblade.-
Continuammo a parlare di questo argomento per molto tempo, fino a
quando sulla
via del ritorno, al crepuscolo, ci fermammo a rifocillare le nostre
gole con la
sacra birra dublinese!
La nostra intenzione era quella di berne giusto una e poi iniziare il
nostro
giro di perlustrazione. Ovviamente restammo tipo tre ore!
Uscimmo, mezzi ubriachi, e la notte era ormai giunta da un bel
po’. Ma su
O’Connell Street la gente c’è a tutte le
ore.
Il tempo di cambiarci e riprendere i nostri sensi e uscimmo dal nostro
b&b.
Quella notte fu particolarmente corta, soprattutto perché
gli esseri oscuri,
che abbattevamo a centinaia, non finivano praticamente mai.
Non usammo particolari abilità delle nostre armi, ci
concentrammo su tattiche
che si basavano sulla combinazione di magie. Fu davvero una figata!
Anche
perché Alice aveva una scorta di mana che non si esauriva
praticamente mai.
Quando usava una semplice magia Magnete
sembrava molto più forte di un mio Magnetera.In
combo io usavo Thundaga e la mole
di
heartless diminuiva enormemente.
Verso l’alba ecco che vediamo comparire un bestione enorme
accompagnato da
alcune Dark Ball. Suddetta bestia aveva una altezza di più
di due metri,
antropomorfo con uno scudo che lanciava magie. E quello scudo, era
praticamente
indistruttibile.
Ci serviva una tattica per cercare di farli fuori tutti insieme.
Durante gli
allenamenti avevo provato una simulazione del genere, ma non con la
Principessa.
-Alì, ho un’idea, ma potrebbe essere folle-
neanche il tempo di finire –Io ci
sto!- rispose lei con un sorriso agguerrito sul volto.
-Tu lancia Aeroga, e cerca di
creare
tre mini tornado, io gli darò fuoco. Creeremo
così una Tempesta firaga.-
Il sorriso malizioso della rossa valse mille si. Seguì il
piano, senza nessuno
sforzo creò i tre mini tornado. E in meno di due minuti la
zona era nuovamente
libera da quelle creature oscure e una nuova alba inondò la
città di Dublino.
Osservammo quel magnifico panorama color glicine, poi rosa, poi rosso
dal tetto
del nostro b&b e una stretta al cuore si fece sentire. E il mio
pensiero
andò a Dave, poi a Chris e infine mi vidi lì e
cercai di godermi il momento con
la mia Principessa.
I
giorni seguenti furono tutti più o meno simili.
Cambiavano le location, come ad esempio una mattina visitammo la
fabbrica della
birra, gita immancabile direi, con assaggi di birra gratuiti. Alice era
al
settimo cielo!
Un altro giorno lo dedicammo al centro di Dublino e la nostra tappa
obbligatoria fu la National Gallery che era situata a Merrion Square
West.
Inutile dire che io amo l’arte e Monet, Tiziano, Caravaggio
sono i migliori
amici nelle giornate piovose in cui vuoi comunque apprendere. Di
nascosto
riuscimmo a farci un selfie davanti ad un quadro di Hogarth di cui
ancora oggi
mi sfugge il titolo.
La giornata seguente invece fu dedicata agli spazi
“aperti” del Phoenix Park.
Un parco chiuso, ma se non mi sbaglio era il più grande al
mondo. Anche lì
facemmo così tante foto da sembrare degli asiatici con la
smania della Reflex e
dei profili social.
Tutti quei giorni erano accomunati dalle notti. Ogni notte pioveva ed
era
accompagnata da un’oscurità sempre più
profonda. Gli heartless ci chiamavano ad
essere dei Batman, cavalieri oscuri, dediti alla luce.
Però ogni sera che passava, il legame che univa me alla
principessa coi capelli
rossi si rinforzava. Eravamo arrivati addirittura a capire le
intenzioni
dell’altro da un semplice sguardo.
Una bellissima intesa. Ci vogliono anni per raggiungere una simile
sintonia, a
noi sono bastati pochi giorni. Non so dire se perché lei
è una principessa dal
cuore di Luce, o perché tra noi non c’era nessun
secondo fine.
Comunque le sbronze che ci siamo presi in quei giorni, non le
dimenticherò mai.
Ad esempio, una volta Alice era così sbronza che
pomiciò con una statua in un
bar e credeva che quella “persona” fosse il
proprietario, e che quindi sperava
di rimediare free drink. Non vi dico le mie risate! E ovviamente quel
video lo
caricai sul mio Tumbrl.
Non vi racconto le mie di peripezie, sono troppo hot.
E comunque è solo una diceria che i rossi puzzano.
Iniziai ad amare Dublino.
Se
mi
chiedete se sono un cretino, io vi rispondo di si.
Vi spiego meglio.
Uso questo “voi” come se il mio diario, alla fine
lo leggerà qualcuno. Non
credo che mai nessuno riuscirà a leggerlo.
Comunque, dicevo, sì sono stupido. Anzi. Siamo.
-Lù!!- Urlò una mattina Alice, facendomi
svegliare. –Stanotte si farà una gita
dell’orrore al Castello di Dublino, ci andiamo?-
-Mmmhhh- mugugnai nel sonno e mi girai dall’altra parte.
-EDDAI!- mi urlò in un orecchio.
-Solo se mi porti a colazione un cornetto ripieno di cioccolato. Tanto
cioccolato. E un caffè formato gigante.- e le lanciai un
cuscino addosso.
Tornata con le cibarie, io ero già pronto, vestito e lavato!
Mangiammo con
calma, come se il tempo non fosse un problema, e uscimmo a fare
shopping. Avete
presente Sex and the City, tornammo con tante di quelle buste che
occuparono
metà stanza. Ovviamente erano solo di Alice. Io mi ero
fermato a comprare
l’ultimo JRPG di una casa video ludica giapponese che
aspettavo con ansia per
la mia consolle. Consolle comprata praticamente solo per quel gioco.
Nel pomeriggio, da bravi inglesi, il the caldo ci ha riscaldato
l’anima e
rilassato la mente, prima di una frenetica serata.
Il castello addobbato per il tema horror era più realistico
con la pioggia
scrosciante e i tuoni che rendevano il tutto un quadro impressionista
di
metà-fine ottocento.
Eravamo un bel gruppetto di persone una ventina più o meno.
Ormai gli spiriti, gli scheletri, le maschere, il fruscio delle foglie,
nulla
più mi spaventava.
Arrivati a fine giro, dopo un’oretta e venticinque euro
letteralmente buttati,
ci ingozzammo con i dolci tipici di Halloween, in estate. Sono tutti
strani
questi inglesi!
In un angolo dell’enorme stanza buia, notai degli occhietti
gialli, mentre
sorseggiavo del punch, roteai gli occhi e Alice capì al
volo. Un piccolo tuono
volteggiò nella sala e quegli occhi svanirono
così come arrivarono, nel
silenzio più assoluto.
Un rombo di un tuono che cadde dal cielo fece tremare le finestre che
per un
attimo si spostarono di pochi millimetri e fecero entrare la fioca luce
della
luna nel salone.
Ombre si mossero, un lieve fruscio dell’aria e una persona
poco lontana da noi
venne tranciata a metà, persone urlarono e scapparono.
Ora eravamo soli con l’oscurità.
-Bene. Bene. Bene.- Una risata echeggiò nel salone ricolmo
di tenebre.
Il fulmine illuminò per un attimo la stanza, ma non notai
nessuno. Alice
nemmeno. Eravamo già spalla a spalla.
Le poche luci che illuminavano il pavimento non erano abbastanza forti
da
poterti far vedere oltre il tuo naso.
Un altro fruscio, verso la rossa, ma stavolta lo notammo e con un
semplice
passo schivammo il colpo.
-Oh!- la voce era realmente sorpresa. –Avete già
capito come evitare i miei colpi?-
Da un varco oscuro uscì un omaccione, si abbasso il
cappuccio e i suoi capelli
color rosa Schiapparelli si notavano a chilometri di distanza. Si anche
al
buio. –Io non credo!- Un fulmine abbagliò
quell’istante che per noi fu quasi
fatale, quello che io chiamavo “trans peruviano”
alzò il braccio e un petalo di
rosa comparve dal nulla e cadde lievemente sulla sua mano, in
quell’attimo
abbassò con un colpo netto l’articolazione e il
fendente fu così forte che creò
uno squarcio nell’aria che puntò dritto verso
Alice. Lo deviai con la mia arma.
-Vedo che tra donne ci intendiamo- rise sotto i baffi la rossa.
-Sono un uomo. Il mio nome è Marl.-
Anche se la terza abbondante che gravava sul suo petto diceva
tutt’altro.
Riprese –Cara, sono qui perché il mio Master mi ha
ordinato di rapirti. Non
sarà un compito facile ma-
-Ma ci sono io che ti rimanderò a casa a calci nel culo!-
forse il mio tono lo
stizzì.
-Caro nuovo Master del Keyblade, che tu ci sia o meno, non
cambierà il
risultato del nostro scontro, capito finta rossa?- Non capivo se
parlava con me
o con la ragazza.
Alice si infuriò. Nessuno doveva dirle che era tinta. Anche
perché si capiva.
Le dava fastidio e basta.
-Che lui ci sia o meno non fa la differenza. Ma io? Cambio un
po’ le carte in
tavola?- Era Chris che non so come era arrivato da noi.
Entrata in scena hollywoodiana, bloccò un fendente del
nemico sul nascere ed
atterrò perfettamente su un tavolino che ospitava una
famigliola di teschietti.
-Tu? Non doveva occuparsi di te il biondino?-
-Ah, dici l’ex di Lux?- Un colpo al cuore, non credevo che lo
sapesse. Forse lo
aveva capito. Forse avevano parlato mentre combattevano. –Se
n’è andato come è
venuto. Nella sua oscurità.-
Mille domande mi ottenebrarono la mente.
-No! Scusate un momento!- Alice arma alla mano ci fermò
tutti. Fermò anche i
miei pensieri. –E’ il mio combattimento, e nessuno
mi impedirà di farti a
strisce. Continuiamo?-
Marl alzò un sopracciglio. –Quando vuoi cara-
schioccò le dita e i suoi capelli
lunghi e rosa svolazzarono.
L’arma che padroneggiava era una falce. Ma non fu quella la
parte sorprendente.
C’era uno Shinigami, si
un vero e
proprio dio della morte con tanto di falce uguale a quella del tizio
rosa.
-Vediamo come te la cavi adesso, finta rossa.-
-Dillo una terza volta e ti ammazzo la famiglia, puttanella!-
-Come siamo acide, sicura di non essere in quella fase lì?-
Alice si avvicinò tumultuosa, come un fiume in piena
sferrando colpi micidiali
a raffica. Sia Marl che lo scheletro, che era lo shinigami, non so
ancora cosa
come si presentasse cambiava immagine repentinamente, pararono tutti i
suoi
colpi.
Volevo interferire, sono impiccione, lo abbiamo capito tutti, ma la
mano di
Chris mi bloccò.
E fu lui a stringermela.
Mi teneva per mano e non voleva che io andassi in soccorso ad Alice.
-Osserva. Lei è una principessa e non ha bisogno del tuo
aiuto.- la sua voce
era fredda e distante. Ma la presa sulla mia mano era salda e non
sembrava
intenzionato a mollarmi.
I colpi di falce arrivavano fino a noi, ma Chris li parava tutti. Il
suo
Keyblade era portentoso. E lui lo maneggiava con una sola mano. Che
dire, ero
sciolto come una barretta di cioccolato sotto il sole delle quattordici
di
Agosto.
Alice iniziava a dare segni di cedimento, ma sapevo che non aveva
ancora
giocato il suo asso nella manica.
-Vuoi finirla e venire con me allora? Schiocca principessina.-
-Principessina un corno! Io abito nelle montagne, nelle zone protette,
dove non
puoi uccidere un cervo! Preferirei morire piuttosto che venire con te!-
-Oh cara, ma questo è ovvio. Per te sarebbe meglio morire,
ma a noi servi viva
e con il tuo cuore integro. Ci sono volute troppe migliaia di anni
affinché
tutte e sette foste riunite nello stesso momento.-
Sferrò un colpo con la falce che creò un vortice
di petali di rose. Eravamo
spacciati.
-Vuoi combattere a suon di fiori. Ti accontento.- In
quell’istante l’asta con
tutta la mappa del Keyblade della Principessa svanirono. Alice venne
protetta
da milioni di petali di ciliegio. Era una sorta di confetto. Un
terribile e minaccioso
confetto rosa!
-Ogni singolo petalo è un mini Keyblade. E tutti hanno la
stessa forza
dell’originale.- Con un gesto della mano scagliò
l’orda di petali contro il
membro dell’Organizzazione, che prontamente svanì
nella sua oscurità.
-Cara, finta rossa, ci rivedremo presto!-
-Quella puttanella armena. Gliela farò vedere io!!- Alice
era incazzata e
soddisfatta. Appena ci vide, lei, arrossì.
Io mi imbarazzai, ma lui non volle lasciarmi la mano.
Improvvisamente, di punto in bianco, mi avvicinò a
sé e mi baciò. Alice si
coprì il volto, e si voltò ancora più
in imbarazzo. Era molto più pudica di
quanto non dava a vedere.
Non potevo crederci, ero emozionatissimo e contento e un miscuglio di
sentimenti vorticavano nel mio petto, fino a quando l’odore
della sua pelle non
cambiò.
Mi tratteneva a sé con la sua forza e aprì un
varco oscuro alle nostre spalle,
infine mi portò con lui in un balzo.
L’ultima cosa che ricordo di allora furono le urla di Alice.
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Capitolo 10 *** L’oscurità che tutto avvolge –Chapter 9/13 ***
Mi
sembrava di dormire. Ero come cullato, un calore
intorno al mio corpo che mi dava conforto e nessun suono che potesse
compromettere il mio sonno. Ma in realtà non stavo dormendo,
era l’oscurità che
era talmente profonda da penetrarmi nel bulbo oculare e farmi credere
di tenere
gli occhi ancora chiusi.
Intorno al mio corpo, ciò che mi dava calore era Chris che
mi teneva in una
morsa da cui non riuscivo a liberarmi.
-Vedi che non ti sto trattenendo. Il mio è un abbraccio.- Mi
parlò con quel suo
accento americano che tanto mi piaceva, ma stavolta non sarei cascato
in
un’altra trappola. E’ proprio il caso di dire che
gli uomini sono tutti uguali.
-Smetterò di dimenarmi se mi lascerai dalla tua presa. Che
sembra tutto fuorché
un abbraccio.- Pensai che l’utilizzo di un registro formale
mi avrebbe fatto
apparire freddo e distaccato e arrabbiato.
-Ora ti lascio, smettila di dimenarti allora.- Si staccò
pian piano.
Quando ci ritrovammo faccia a faccia mi resi conto di dove eravamo, e
stavolta
lo abbracciai io, ma dalla paura di quel posto dove la luce era solo un
ricordo
del passato.
Mentre osservavo impaurito quel luogo, Chris mi accarezzò il
volto, giocò con
una ciocca dei miei capelli che dovevo effettivamente tagliare e poi mi
baciò
di nuovo. Lo cacciai ovviamente.
-Lux, scusami, ma non potevo fare nulla per Alice. Ho scelto di salvare
te...noi...- e una lacrima scivolò dal suo occhio sinistro.
Asciugai col pollice quella lacrima. Avevo il suo viso un po’
rotondetto tra le
mie mani, potevo riempirlo di botte, ma la mia natura bonacciona non me
lo
permise.
-Spiegami e proverò a non odiarti per quello che hai fatto.-
Tirò su col naso,
mi strinse la mano.
-Durante il combattimento contro Dave...- Volevo interromperlo, lui se
ne
accorse e posò l’indice sul mio labbro superiore.
–Dicevo, durante lo scontro
ho capito che tutte le principesse erano in pericolo. Perché
ci hanno attaccati
tutti insieme, più o meno. Sapevo che voi sareste stati tra
gli ultimi perché
tu eri con Alice, ma credimi Marl è molto più
forte di quanto non credi.-
-E quindi hai salvato me, sei un genio! Scommetto che da piccolo ti
chiamavano
Cervello!- Gli urlai in faccia.
-Sei molto più importante di quanto credi.- pausa di
suspense, come piace a
tutti i Master. –Me lo ha detto Dave. Ma ancora non so cosa
intendesse o se
dicesse la verità.-
Il suo viso si rabbuiò. Stavolta lo baciai io. Lo feci
ridere con una battuta
stupide delle mie, una di quelle sulle nonne.
-Lux, io ho preso una decisione e ti prego di riferirla a Master
Eraqus.-
Il mio volto incazzato non gli fece una piega, appena cambiai
espressione,
quella vera, quella che esprimeva i miei veri sentimenti mi disse:
-Come riesci
a fare quella cosa con gli occhi, smettila, sembra come se si
gonfiassero e mi
fai venire ancora più tristezza.-
-Scusa- gli dissi con la faccia ancora più triste.
-Io rimarrò qui, nel regno
dell’oscurità, così nessuno
potrà mai raggiungermi e
nessuna guerra si scatenerà mai.-
-Come puoi dire una cosa del genere?!-
-Lux, io ti voglio bene e tutto questo tempo non ho permesso di farti
entrare
nel mio cuore perché sapevo che prima o poi questa decisione
sarebbe stata
utile.-
Ecco. Di nuovo. Sempre la solita storia. Prima Dave con Londra. Ora
Chris con
l’oscurità.
-Ho capito.- Lo baciai leggermente sulla guancia. –Aprimi
l’ultimo passaggio
oscuro.-
Aprì il corridoio oscuro che mi portò poco fuori
la masseria che in realtà
celava la Land of Departure.
Entrai
e raccontai a Master Eraqus tutto l’accaduto.
Mi aggiornò sulla situazione, solo Belle che era rimasta qui
con lui era salva.
Andai da lei, sulla strada incrociai Vale che era sensibilmente
preoccupata
allora la presi sotto braccio senza dire una parola e sempre senza
parlare
bussammo alla porta della principessa.
Aprì e neanche ci vide scoppiò a piangere.
Gli orrori della guerra sono questi, perdite, ansie e paure.
Nessuno si meriterebbe di passare questa vita. Nessuno.
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Capitolo 11 *** Hidden Truths -Chapter 10/13 ***
Due
giorni erano passati, e non avevamo più notizie di
nessuno. Nella Land eravamo poche centinaia di Keyblade Wielder, con
giusto tre
Master: Master Eraqus, Kyoko una ragazza giapponese che era veramente
brava con
la magia e me; senza contare Bell.
Vale piangeva, appena smetteva cercavamo di farla mangiare, o meglio
Bell ci
provava. Io dovevo stare al fianco del Maestro e dare direttive a tutti.
Avevamo diviso i ragazzi in tre gruppi. C’erano anche diversi
bambini alcuni
dei quali avevano meno di quattordici anni. Ognuno con una storia, chi
con chi
senza famiglia. Ma ora era il nostro turno e tutti purtroppo erano
utili. I
fanciulli più piccoli però avevano una luce
più forte e riuscivano sempre a
infondere speranza.
-Dovremmo seguire tutti la luce di questi giovani cuori. Loro saranno
la luce
del futuro- Master Eraqus sempre pronto a dispensare perle di saggezza.
Aveva
gli occhi stanchi. Da quanto non riposava? Aveva mai riposato?
Nel
cuore dell’edificio intanto i Moguri e altre creature
magiche creavano strani dispositivi da diverso tempo.
Quel giorno, il terzo in stato d’allerta, il Maestro ci
chiamò a raccolta tutti
quanti. Sul piccolo palchetto si fece passare da uno di quei Moguri uno
strano
aggeggio.
-Ognuno di voi avrà a disposizione questa armatura! Per ora
è solo un copri
spalla e si infila per il braccio, e premendo il grande pulsante che
sporgerà
dalla spalla creerà un legame con il vostro Keyblade
cosicché anche la vostra
armatura sia unica. Ora passeranno i Moguri, prendetene uno e provate!-
Anche a me ne fu dato uno. Appena lo infilai dal braccio destro non
aspettai
nessun ordine e diedi un colpo con il palmo della mano sul pulsante, mi
resi
conto di due cose: dovevo metterlo al braccio sinistro,
perché non sono
mancino; e che ero un figo con quella armatura color topazio.
-Questa armatura vi proteggerà dalle radiazioni, dalla
mancanza di gravità e
aria nello spazio e soprattutto dall’oscurità-
urlò il Maestro.
-Azz... se la NASA sapesse di questa meraviglia se ne approfitterebbe
immediatamente- generai una piccola risata che per fortuna
risollevò il morale
dell’intera stanza. Anche Vale stava sorridendo per una volta.
-Houston,
allora abbiamo un problema- la
voce roca e antica si riconoscerebbe tra
mille.
L’intera platea si voltò. Il ghigno del vecchio
Maestro divenne un sorriso.
-Xehanort!!- Master Eraqus si scagliò immediatamente contro
il suo vecchio
amico. Fu bloccato da due tizi vestiti di nero.
Kyoko ed io con un semplice scambio di sguardi ci fiondammo a dare man
forte al
nostro maestro.
-Lux, dammi una spinta!- la giapponesina, esile ma flessibile come un
bambù
fece un piccolo salto sulla mia spalla, io le diedi la spinta e quello
successivo fu un balzo fenomenale.
Evocò il suo Keyblade dalla mano sinistra e urlò:
-Thunder rain- una scia di
fulmini colpì il tizio di sinistra. Io semplicemente andai
addosso a quello di
destra, liberando così il Maestro.
Portando il palmo della mano, avvolta in un guanto bianco, verso
l’alto il
vecchio Maestro mosse velocissimamente le dita. –Dark Firaga-
e una palla di
fuoco oscura si scagliò contro la corsa del mio Maestro.
Alzai lo sguardo e
lanciai la mia arma. –Raid Blizzard!- l’arco che
descrisse il mio Keyblade si
ghiacciò completamente e riuscì a bloccare la
mossa di Xehanort.
-Hai dei bravi allievi, o forse dovrei chiamarli Maestri ora?- sempre
con quel
ghigno malefico sul volto. Intanto i due vestiti in nero avevano
recuperato le
vecchie posizioni. Ora che notavo erano in tutto tredici. Tredici
Xehanort. I
tredici vessilli oscuri. E nascosto tra loro c’è
sicuramente Dave.
Master Eraqus si ritrasse e noi due ci avvicinammo a lui. Tre contro
tredici.
La partita era praticamente persa.
Ma almeno avevamo l’ultima Principessa con noi e un altro
nascosto
nell’oscurità. Neanche finì di pensare
a questo che parlò il vecchio malefico.
-Ora sono tutte e sette qui- gli occhi di Xehanort brillarono ancora
più
fulgidamente di una luce oscura.
-Come è possibile?- urlò Master Eraqus
I tredici risero cupamente.
Si tolsero le tuniche nere e sotto le quali figuravano tredici persone
distinte, ma accomunate dagli stessi occhi.
Cinque di loro avevano davanti a piedi, in ginocchio cinque
principesse. Alice
era inginocchiata davanti a Marl, piangente.
Bell urlò, non feci in tempo a girarmi che un tizio con i
capelli rossi e
sparati come un fuoco d’artificio la portò dal
loro Maestro.
Eraqus si lanciò contro Xehanort, ma venne bloccato. Anche
io e Kyoko fummo
bloccati. Io da Dave, lei da un ragazzo con i capelli di un blu scuro
quasi come
la notte.
-Dave, caro, tu non fare alcun male al tuo ex fidanzato.-
-Si Maestro, lui ci serve ancora.- disse meccanicamente il biondo
-Tu invece Zexy uccidi pure quella lì- riprese Xehanort, e
senza farselo
ripetere una seconda volta il ragazzo uccise davanti ad i nostri occhi
la
ragazza giapponese. Urla e panico si dilagarono. Alcuni dei nostri
scapparono
tramite passaggi di luce.
-Lasciami coglione o te ne pentirai!- urlai a Dave. Ma non si mosse di
un
millimetro. I suoi occhi erano spenti, ma non erano dorati come gli
altri.
-Dicevo- Xehanort si schiarì la voce –Ora che sono
tutte e sette qui le principesse
posso finalmente aprire da questo mondo il passaggio per Kingdom
Hearts!-
-Come diavolo è possibile! Chris è nel regno
dell’oscurità. Non potete
raggiungerlo...-
-Perché tu hai creduto che fosse lui. O meglio, te lo ha
fatto credere Lux- lo
sguardo di tutti si spostò su di me. Io guardai Dave. Non
sapevo che fare e
cosa dire.
-Oh suvvia! Non hai ancora capito!- Mi spronò Xehanort. Lo
odiavo, ma non
riuscivo comunque a liberarmi dalla presa di Dave.
-Te lo spiego io. Tu hai dentro di te il cuore di Dave, che
è la vera settima
principessa del cuore. Dopo che ti ha lasciato, ha lasciato dentro di
te il suo
cuore e poi se n’è andato cosicché i
miei piani non si potessero attuare, e
invece è finito preda della mia trappola a Londra-
Avevo perso in quell’istante dieci anni di vita.
-Tu credevi che Chris fosse una principessa perché il tuo
cuore ha condizionato
il suo, o meglio quello di Chris ha fatto da specchio a quello di Dave,
così
tutti avete creduto che lui fosse l’ultima.-
Caddi in ginocchio. In lacrime. Non sapevo neanche io perché.
-Tutti questi femminili scambiati per maschili mi confondono. Non
confondono
anche voi. Ahh dovevano essere solo sette donne! Come cambia il mondo
in poche
centinaia di migliaia di secoli- Ma nessuno si curò della
sua tristissima
battuta.
Singhiozzando chiesi: -E ora cosa ne è stato di Chris?-
Xehanort sembrò davvero
scosso da quella domanda, si incupì in volto, ma poi rise
fragorosamente.
–Probabilmente sarà morto a quest’ora.
Inghiottito dall’oscurità. E tutto per
colpa tua.-
-NOOO!!- In quello scatto d’ira estrassi il Keyblade ruppi la
morsa di Dave e
mi scagliai contro Xehanort. Mossa molto stupida.
Ora aveva liberato l’ultimo cuore di pura Luce.
E io mi sentivo sprofondare nell’oscurità eterna.
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Capitolo 12 *** The dark side of the Moon –Chapter 11/13 ***
Atterrai
su di un pilastro brillante. Tutto intorno a me
c’era solo oscurità.
-Non puoi vederne la forma, ma puoi ascoltare le mie parole- una voce a
me
sconosciuta mi parlò.
-Chi sei?- chiesi senza timore.
-Sono la frattura nel tuo cuore. Ogni volta che ti sei chiesto dove
gettare
l’amore che le persone ti davano io crepavo sempre
più il tuo cuore-
-Ah bene, perfetto!- ringraziai molto ironicamente.
-Ora però, se noti, ti manca una parte di cuore che ti
è stata sottratta con la
forza. E insieme ad essa anche alcune memorie.-
-Quali memorie? Non posso ricordare cosa ho dimenticato!-
-Le memorie dello specchio. Non potrai ricordare solo quelle
perché ti sono
state sottratte con la forza.-
-Però si può vivere senza alcune memorie, no?-
chiesi sprezzante.
-Se tu lo chiami vivere questo. E’ una parte importante della
tua vita, un
viaggio se non ricordo male e una persona conosciuta allora.-
Una lacrima bagnò il mio viso. Ma non fu una delle mie.
-Ti prego non dimenticare-
Ripresi
a respirare.
Master Eraqus mi abbracciò così forte che quasi
non smisi di respirare
nuovamente.
-Sei vivo!- Vale scoppiò a piangere. Master Eraqus si
alzò.
-Ora dovremmo contarci. In quanti siamo rimasti?-
Eravamo poco più che cento persone.
-Ve lo chiederò solo questa volta. E sappiate che ci sono
altissime probabilità
di morte.- Prese aria, si riempì i polmoni e
parlò: -A breve, tempo qualche
ora, e partiremo per la Luna e cercheremo di fermare Xehanort.
E’ una missione
suicida lo abbiamo capito, ma dobbiamo provarci. Siamo tutti Maestri
del
Keyblade adesso. Si perché io nomino ora tutti i presenti di
tale titolo. E
sappiate che Kingdom Hearts sta sulla Luna, come aveva detto Xehanort.
Doveva
essere un segreto da tramandare solo ai Maestri.-
Un
Moguri mi fece tutti i controlli, fisicamente stavo
bene, anche il mio cuore stava stranamente bene. Di solito quando al
proprietario di un cuore viene strappato via lo stesso perde la sua
identità e
si trasforma in un heartless. Ma stavolta non è capitato a
me. Nessuno sa
spiegare il perché.
-Forse ti ha protetto Chris- disse Vale.
-Chi?- chiesi io
Tutti trattennero il respiro.
-Come chi è! Effettivamente chi è Chris?-
Nessuno si ricordava più di lui. Nemmeno io.
-Kingdom
Hearts si trova sulla faccia che non è mai
illuminata dal Sole, quindi tecnicamente si morirà di
freddo. Voi ora attivate
le vostre armature!-
Tutti evocarono la propria armatura con la relativa arma.
Uno spettacolo di colori e combinazioni.
In base al Keyblade l’armatura veniva forgiata. Seguendo lo
stile, il pattern
dei colori e ovviamente le proporzioni del corpo di ognuno.
La mia che era color topazio aveva gli addominali scolpiti, finalmente
una cosa
figa pensai. Anche perché in realtà erano poco
pronunciati i miei (LOL).
Eraqus aprì un portale e lo attraversò per primo.
Tutti lo seguimmo.
Lo
spettacolo che scorgemmo appena usciti era
inquietante.
Una oscurità infinita, heartless a frotte e le sette
principesse che erano
disposte come per un sacrificio.
-Ma se Dave è una principessa come...?- chiesi sottovoce a
Master Eraqus.
-Lui è sia Luce che oscurità adesso. E’
inutile credere che Xehanort abbia
fatto male i conti.- l’ansia traspariva anche se aveva la sua
splendida
armatura bianca e oro.
-Heartless, prego, banchettate con i nostri ospiti!- non appena
l’ordine fu
impartito un’orda di creature oscure ci si scagliò
contro.
-Holy!-
Onde concentriche bianche come la neve si sprigionarono da Master
Eraqus. Una
moltitudine di Heartless venne sterminata. Ma non poté
bastare. Eravamo sulla
faccia oscura della Luna, e da lì che si generavano gli
heartless, quindi
eravamo sulla fabbrica dei nostri nemici.
Ero nuovamente solo. Vale da qualche parte sperduta a combattere. Per
un solo
attimo mi ricordai di Bea. Dov’era? Ah già. Era
stata, infine, assegnata come
guardia di una principessa. A quest’ora era cenere ormai.
“Tra non molto
toccherà anche a me”.
Dave
era lontanissimo. Sospeso e con il cuore che gli
orbitava tutt’intorno. Idem le altre principesse.
Volevo avvicinarmi, ma gli heartless erano troppi e io ero
già senza forze.
Senza contare che giusto un paio di ore prima mi avevano operato a
cuore
aperto.
-Raid Thunder; Triple Firaga; Tempesta Firaga; Magnetega...Thunder-
tutte mosse
in combo che mi esaurirono il mana. Intanto Master Eraqus continuava a
dare
colpi di Keyblade e Holy.
-Ormai non avete più speranze. Arrendetevi e scivolate
nell’oblio più scuro.-
Master Xehanort era più che sicuro di ciò che
diceva.
-E invece la speranza è l’ultima a morire!-
Stefano insieme ad una ventina di
ragazzi, tra cui anche Bea, arrivarono sulla Luna grazie alle loro
armature.
-Come diavolo avete fatto a sopravvivere- chiese senza sbilanciarsi
troppo
Xehanort.
-Perché non mi hai messaggiato stupido!- Vale
rimbeccò Xehanort che non
sembrava particolarmente contento.
Grazie a loro iniziammo a resistere un po’ di più.
Portarono pozioni e eteri a
volontà, ma intanto già alcuni dei nostri erano
caduti e dovevamo ancora
sconfiggere i tredici.
Tre Xehanort, si avvicinarono al gruppo che era appena allunato.
Stefano insieme a Bea ed un altro ragazzo bloccarono la loro avanzata.
Erano diventati davvero bravi, usarono mosse molto complesse ma allo
stesso
tempo fluide.
-Ah! Comunque anche voi che siete arrivati solo
ora, siete nominati Maestri del Keyblade!- Master Eraqus era quasi
contento di
insignirli di tale carica in combattimento.
Quello che disse il nostro Maestro diede loro come una nuova linfa
vitale,
riuscendo a sbaragliare le tre figure, che si ritirarono.
Intanto
le sette luci si unirono in un unico fascio di
luce.
-E’ finalmente
giunto il tempo.-
Xehanort assaporò l’aria, si siamo sulla luna ma
lui era senza armatura e cose
varie, non chiedetemi perché. Non lo so nemmeno io.
–Dovete capire che io sto
dalla parte della Luce, non voi. E Eraqus questo non lo ha mai capito.
Io
desidero creare un nuovo universo pieno, ricolmo solo di luce. Ove
nessuno
possa mai soffrire.-
-Si e intanto fai passare l’inferno alle persone di questo!-
Eraqus era
imbestialito. Lanciò un altro Holy, spazzò via
heartless come mai prima d’ora e
ci diede la possibilità di andare a combattere contro i
tredici. Dodici, ormai,
perché Dave era un mezzo morto col cuore che gli penzolava.
Fu comunque troppo tardi.
La Luce suprema era ormai pronta, e formava una metà di un
cuore fulgido come
le stelle. Xehanort chiamò a raccolta le sue di ombre.
Insieme crearono una
oscurità più scura di qualsiasi altra.
Ormai fu troppo tardi. Troppo tardi per fare qualsiasi cosa. Master
Eraqus
conficcò il suo Keyblade sulla superficie lunare e
creò una barriera.
-Se dobbiamo morire, lo faremo tutti. Sia noi luci che voi
oscurità.-
Un cubo di luce cercò di bloccare l’altra
metà del cuore, quella tutta oscura,
venuta fuori dall’unione delle tredici ombre. Fu inutile
ovviamente.
Non ci fu più nessuna speranza.
Il
cuore, formatosi, era una perfetta unione di Luce e
Oscurità. Sprofondò al centro della Luna. Ci fu
una scossa terribile. Vale e
Stefano si baciarono per l’ultima volta. Eraqus consolava
l’ultimo bambino che
era sopravvissuto. Bea stringeva la mano ad un ragazzo, uno di quelli
che era
giunto con l’ultima squadra.
Io infine venni chiamato dalla stessa voce che mi parlò
all’interno del mio
cuore e che per mancanza di tempo non avevo detto a nessuno. La voce
proveniva
da dentro un varco oscuro.
Un ragazzo mi si parò davanti, aveva un Keyblade a forma di
Orso, o mano, non
so dirvi.
-Come, ora non mi riconosci?- rise. –Lo so che non mi
riconosci. Ma devo farlo,
non posso permetterti di dimenticarmi. E’ la fine e non posso
permetterlo
assolutamente- e mi trascinò con lui nel varco oscuro.
L’ultima immagine che
ricordo fu quella di Master Eraqus che mi sorrideva da dentro il suo
casco.
Usciti
dal varco, eravamo sulla Terra. In un luogo che
tecnicamente non conoscevo, ma non ne ero così sicuro.
-Chris?- provai a chiedere.
-Lo dici perché ti ricordi o perché è
lo specchio che ti dice queste cose?- il
suo sorriso per un attimo buio, mi fece scattare qualcosa in mente. E
gli
ingranaggi iniziarono a ruotare. Il tutto fu aiutato dal suo dolce
bacio.
Dopo un minuto abbondante ricordavo tutto.
-Purtroppo non sono il principe che credevi, e che nemmeno io credevo.-
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Capitolo 13 *** Epilogo –Chapter 12/13 ***
Nell’istante
in cui il mondo giunse al suo epilogo,
le stelle piovvero incessantemente giù dal cielo.
Tutto ciò che eravamo in grado di vedere furono stelle,
stelle e ancora stelle.
E mentre le stelle cadevano, così fece la Luna.
Questo fu ciò che gli dissi.
“Tu sei stato l’unico ad arrivare fin qui per
parlare con me,
signor Grande Mostro Nero.”
Mentre
osservava la Luna precipitare, mi rispose timidamente…
“Chi
poteva immaginare che la fine del mondo,
sarebbe
stata così meravigliosa?
Non
credo che qualcuno se l’aspettasse
così…”
Dalla
tua larga bocca, me lo dicesti con la
voce più gentile.
E
fragile com’ero, piansi un pochino.
“Vorrei
che il tempo si potesse fermare
adesso.
Proprio
in questo preciso momento!”
Dolcemente
mi accarezzò i capelli, mentre
guardava verso il basso.
Sorridendomi
come sempre.
E
così il mondo giunse alla fine.
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Capitolo 14 *** Secret Ending. –Chapter 13/13 ***
In
un universo ormai collassato dove il nulla aleggia
incontrastato, cinque figure discutono tra loro di
quest’ultimo mondo che è
andato perduto.
-Anche questa volta non c’è stato nulla da fare-
sospirò l’unicorno.
-Il traditore ci punisce sempre, non ci sarà mai una via per
equilibrare
l’universo- disse il ghepardo.
-Stavolta invece, siamo andati vicini ad una sospirata pace. Ci sono
stati
avvenimenti unici che in nessun’altra volta, precedente a
questa, si sono
manifestati- la volpe sogghignava e rideva dietro al suo ventaglio.
-Peccato. Speravo di poter assistere al combattimento tra quei due,
sarebbe
stato fenomenale, e credo che sarebbe stato la miccia per la creazione
dell’ X-Blade-
sibilò Vipera.
Mentre le lacrime scendevano e rigavano il suo volto, Orso
cercò di parlare.
–Purtroppo non c’è stato nulla da fare,
le azioni di Xehanort, il traditore,
sono e saranno per noi sempre un mistero. Mi dispiace solamente per
lui- E Chris
osservò il nulla cosmico che fu provocato dallo schianto
della luna sulla
superficie terrestre.
Intanto
in un punto non meglio precisato dell’universo a
milioni di anni luce da quel gruppo di cinque persone una coppia di
cuori
sembrava che danzasse. In realtà stava solo parlando.
-Anche questa volta ho fermato il tuo piano, ma il prezzo da pagare
è stato
altissimo. Non te ne vergogni neanche un po’?- la lingua
tagliente e ricolma di
saggezza era inconfondibile.
-Caro, vecchio e saggio amico. Ancora non hai capito il mio vero
intento.-
aleggiò il cuore che all’esterno sembrava grigio,
ma che risplendeva come un
sole –Io
voglio che l’universo sia
governato dalla luce, non importa di quanta oscurità io
debba macchiarmi,
porterò a termine il mio compito-
-Ti rendi conto che hai ucciso miliardi di innocenti, solo per...cosa?
Sperare
di creare un nuovo universo? Ecco, vedi ci sei riuscito- esasperata la
voce del
Maestro si incrinò al pensiero di tutte quelle vite andate
perdute.
-Si, è vero. Ma ancora non ci siamo. E probabilmente non ci
saremo mai- la
vecchia voce rauca sospirò.
“La
luce diventa oscurità e l’oscurità cade
nella luce.”
La
troppa Luce vi renderà ciechi. E quindi egoisti.
La troppa oscurità vi renderà sospettosi e
iracondi.
Non c’è un solo modo per vivere, ce ne sono
infiniti. Quante le vite di ognuno
di noi.
Non è importante la via che prendiamo, ciò che
davvero importa sono le scelte
che ci portano ad essa, o che da essa ci allontanano.
Non sono i grandi credi che cambiano il mondo, sono le piccole, inutili, quotidiane azioni che compiamo
a rendere l’universo un posto migliore.
Spero che la mia storia vi sia piaciuta.
Allora, vi dico, alla prossima! |
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