Fa
freddo
Fa così freddo! Queste mura sono morte, sono pallide e
spente. Non c’è calore, non c’è vita in questo luogo.
La piccola gitana
si strinse lo scialle di lana grezza intorno alle spalle. Guardò ancora una
volta intorno a lei e vide ciò che ormai tormentava i suoi incubi più tremendi.
Penombra. Freddo. Muri. Statue.
Quel luogo le
faceva paura. In un certo senso, però esercitava su di lei una sorta di
fascino, come tutte le cose diverse da ciò cui si è abituati.
Non voglio stare qui. Qui è buio e freddo e desolato.
Perché sono finita qui? Perché proprio questa doveva essere la mia speranza di
salvezza? Non potevo, io, continuare a vivere come avevo sempre fatto?
Cominciò a
camminare, lentamente ed esitante, cercando un’uscita, o quantomeno un corridoio.
Qualcosa che le permettesse di lasciare quella fredda stanza della torre. Trovò
quello che cercava e percorse la strada, chiusa e coperta che portava verso il
basso. Quel corridoio la spaventava. Camminava molto piano, in punta di piedi.
Il pavimento gelido le infastidiva la pelle delicata dei piedini scalzi ed
esili.
Man mano che
percorreva il corridoio, sentì delle voci lontane, ovattate, come sussurri di
fantasmi senza pace. Non aveva paura di loro,perché
li capiva, perché anche lei, lì dentro, era senza pace.
Dove condurrà questa strada? Alla salvezza, alla forca?
No! No, no, no! Non deve condurmi alla forca, non deve! Devo continuare. Devo
trovare l’uscita!
Dove sei, amico mio? Gentile creatura smarrita e
infelice, dove sei? Vieni da me, te ne prego, e mostrami la via. Mi hai lasciata
da poco, e mi sento morire così rinchiusa. Voglio il sole, la gente, la musica.
Voglio Clopin e le mie sorelle. Voglio uscire.
Si era aspettata
che, muovendosi, avrebbe sentito meno freddo, ma non fu così. Giunse ad una
rampa di scale che conduceva verso il basso e cominciò a scendere. Scese innumerevoli gradini, sentendo più freddo man mano che
si avvicinava al luogo ignoto dove era inconsapevolmente diretta. I capelli
neri sciolti sulle spalle le facevano da mantello ancor più di quanto avrebbe
mai potuto fare lo scialle sporco e consunto che aveva. La sua pelle era più
calda, palpitante, per l’ansia di andare nel posto sbagliato. Piccola bimba
sperduta e fragile. Innocentemente arcana, inconsapevolmente ammaliante, Esmeralda
fuggiva ogni cosa, in quel luogo strano.
Voglio il mio Febo! Vieni da
me e portami via da qui, te ne prego. Dì al mondo che non ti ho fatto del male,
che non potrei mai. Salvami da questo freddo senza fine.
Le scale
terminarono. La ragazza si trovò di fronte ad un bivio, che le parve più
minaccioso delle mura fredde e spoglie che la circondavano. Il cuore prese a
batterle forte, nella trepidazione che precedette la scelta. Quale strada
avrebbe preso?
Con il cuore in
gola, prese la direzione a sinistra. Il respiro le si fece accelerato e
nervoso. Lo scialle le cadde dalle spalle, lasciandola scoperta e vulnerabile. Troppo scoperta anche per le sue abitudini zingaresche. Un
brivido le percorse la spina dorsale, facendola tremare. Mentre raccoglieva lo
scialle da terra, il suo pensiero tornò al suo cavaliere. Il suo bel soldato
dall’armatura splendente ed i capelli biondi e lucidi.
Come sei bello, Febo, mio!
Come sei luminoso! Tu che sei il mio sole, vieni a scacciare la tenebra di
questo posto. portami alla luce. Come ricordo bene i
tuoi piccoli baci dolci sulle mie spalle scoperte. Non so perché mi baciasti a
quel modo, ma mi incendiasti. Mi riscaldasti sin nelle ossa. Come vorrei
provare quel calore ora.
Mi salverebbe da questo gelo. Fa così freddo qui
dentro, amore mio.
Alla fine del
corridoio che aveva deciso di imboccare, c’era la porta socchiusa di una
stanza. Timidamente, Esmeralda si avvicinò e si sporse per sbirciare attraverso
la fenditura. Dopo un istante appena, si ritrasse.
Seduto ad un tavolo
di legno robusto, c’era il prete. Quel prete così cattivo e strano da farle
paura. Fece un respiro profondo per calmare i battiti del suo cuore,
consapevole che l’avrebbe scoperta se non fosse stata attenta. Poi si affacciò
nuovamente ad osservarlo, come incuriosita.
Claude Frollo era
così assorto nei suoi studi che non si avvide della presenza lieve e invisibile
della fanciulla proprio dietro la sua porta. Continuò a leggere e scrivere con
le sopracciglia aggrottate.
Mentre la ragazza
lo osservava, vide che, sotto la veste ecclesiastica, faceva capolino una
corporatura asciutta e robusta. Era strano, visto che gli uomini di Chiesa non
facevano alcuno sforzo fisico. Anche le sue mani erano grandi e dalle dita
lunghe e forti. ne osservò il volto, di profilo,
mentre prendeva appunti.
Era un volto
energico, con gli zigomi evidenti e le guance appena scavate. La cosa che le
parve strana fu che, alla luce tremolante della candela che illuminava i fogli
su cui studiava, non apparivano segni del tempo sulla pelle del viso, fatta
eccezione per alcuni segni d’espressione intorno agli occhi. Esmeralda sapeva
che era piuttosto vecchio, doveva avere trentacinque o trentasei anni, forse
qualcosa in più, ma non lo sembrava. I capelli erano stati tagliati per la tonsura
e sulle tempie comparivano due uniche bande grigie, ma se li avesse portati
diversamente, lo avrebbero reso meno severo, meno glaciale, più giovane. Forse
persino attraente.
Ella sapeva che,
anche se non la stava guardando, i suoi occhi erano neri e brillanti,
penetranti, quasi onnisapienti.
Non dovrebbe essere un prete pensò in quel
momento Starebbe bene tra la mia gente.
Noi siamo liberi e felici, lui è legato, costretto, frenato. Ma non è stato
creato per questa vita. Anche lui è un figlio del sole.
Ed era
tremendamente vero. In quel momento la ragazza se ne rese conto e provò pena
per lui. Una pena infantile che sarebbe presto svanita di fronte alla bruciante
passione di un uomo, che lei non sapeva giustificare. ma
In quel momento, anche se solo per un attimo, ebbe pietà di quell’uomo severo e
innaturalmente serio.
Pensò persino a
come sarebbe stato se fosse fuggito con lei e i suoi compagni. Quella vita
sarebbe stata per lui più adatta di quanto non fosse la prigione di quelle
fredde mura.
Un suo sospiro
attirò la sua attenzione. Fu un sospiro magnifico, profondo, il suono più
triste che avesse mai sentito. Allora fuggì con passo leggero da quel corridoio
e imboccò, con il cuore quasi fuori dal petto, per quanto forte batteva, quello
che aveva, nella prima scelta, rifiutato.
Non fece che alcuni
passi che le comparve davanti la figura gobba e
contorta di Quasimodo.
Povero infelice! Anche tu avresti
dovuto essere ricompensato dalla vita con una ben diversa natura. Un
diverso destino. E sei così buono con me. Cosa avrò mai fatto per meritarmelo?
Il gobbo la fissò
per diversi istanti, contemplandola estatico, poi mormorò qualcosa che la
ragazza non comprese, la prese per mano e la ricondusse nella torre. Là sarebbe
stata al sicuro. Sarebbe stata protetta. Lei lo sapeva.
Ma faceva così
freddo, lassù!
Ok…. Ok… Fa abbastanza schifo, me ne rendo
conto. È una cosa che ho buttato giu in un momento di
follia, quindi siate clementi.
Ad ogni modo, mi piacerebbe continuarla con
scorci di altri personaggi, a semidiario, proprio come questo primo capitolo. fatemi sapere che cosa ne pensate, anche in negativo. Non mi
danno problemi le critiche.
Che dite allora, me lo lasciate un commento?
Baci a tutti
Masked_lady