We are infinite.

di crumbled
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1°. Prologo ***
Capitolo 2: *** 2° Capitolo ***
Capitolo 3: *** 3° Capitolo ***
Capitolo 4: *** 4° Capitolo ***
Capitolo 5: *** 5° Capitolo ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***



Capitolo 1
*** 1°. Prologo ***



          Audition


Guardai a lungo il paesaggio fuori dalla macchina, mi rilassava. Ogni tanto abbassavo il finestrino, lasciando che il vento fresco mi accarezzasse il viso e mi scompigliasse i capelli. Ho sempre adorato osservare le verdi colline del Derbyshire. Ogni volta che facevo un viaggio lungo in macchina, mi mettevo a guardare fuori dal finestrino e osservavo tutto. Ogni singola cosa. E il bello è che lo facevo come un bambino di pochi anni può guardare tutto ciò che lo circonda. Per lui è come se fosse una cosa straordinaria, è tutto enorme e bellissimo. Emozionante. E anche per me, in quei momenti, lo era. Gli arbusti in mezzo a quei campi verdi. Gli alberi, i cui rami oscillavano per il vento. Il cielo azzurro della campagna. Mi piaceva guardare tutto.
Ma quello non era un viaggio poi così tanto lungo, perché per raggiungere Manchester da Buxton, la mia città, ci sarà voluta massimo mezz’ora.
  Ripensai al motivo di quel viaggio, sorrisi, e ancora non potevo crederci. Finalmente avevo trovato il modo di sfogarmi, visto che non avevo mai avuto nessuno con cui farlo, a parte mio fratello. E’ stato tutto merito suo, di Alex, è lui che mi ha convinta. Mi ha convinta ad iniziare a suonare il pianoforte, quattro anni fa, dopo la morte di mio padre, quando avevo dodici anni. E poi, successivamente, a cantare. Il lutto di mio padre era stato uno scandalo e un brutto periodo per la nostra famiglia. Mia madre si lasciò andare e si perse in se stessa per un bel periodo. Ma dovevamo, in qualche modo, mandare avanti la nostra famiglia. Così mio fratello iniziò a lavorare a soli quattordici anni. Trovò un posto come barista al bancone da bar di uno dei tanti pub di Buxton. Certo che quattordici anni sono ben pochi per lavorare. Soprattutto in un posto come un pub. Ma lui ne dimostrava molti di più di anni. Ora, che ne ha diciotto, sembra lo stesso più grande.
  Ero ancora seduta nel sedile del passeggero, accanto ad Alex, che stava guidando. Fissavo, pensierosa, l’erba verde che si estendeva lungo tutte le colline. Mi girai verso mio fratello e guardai il suo profilo perfetto, illuminato dalla chiara luce del mattino. I suoi capelli arruffati sembravano più chiari del solito, per via del sole. Si girò anche lui e incrociò il mio sguardo, sorridendomi, ma solo per una frazione di secondo, perché dovette riportare la sua attenzione sulla strada. Comunque feci in tempo a guardare quei profondi e dolci occhi blu. Molto simili ai miei. Io ed Alex ci somigliamo molto, gli occhi, i lineamenti del viso. I miei capelli sono di un biondo leggermente più chiaro del suo. Andavamo molto d’accordo.
  Era ormai passato un anno dalla morte di papà, quando iniziai a cantare, ed io non stavo bene psicologicamente. Certo, mia madre stava molto peggio, ma sembrava che io non reagissi più a qualsiasi cosa. Dovettero portarmi dalla psicologa con tutte le forze, ma non servì a nulla, perché neanche con lei riuscivo a sfogarmi. Alex mi aiutò con la musica. Lui suonava la chitarra ed io il piano. Poi intonavamo qualche canzone ed io cominciai a sentirmi libera. Leggera come una piuma. Sentivo ormai la serenità ritornare in me, quando cantavo. Ero triste e cantavo. Ero turbata e cantavo. Ero felice e cantavo. Mi piaceva davvero tanto.
  Mi ricordai della sera prima. Alex fece irruzione nella mia stanza, e mi fece roteare in aria. Stavo soffocando nel suo abbraccio infinito.
Poi gridò –Prepara le valige, Sam, domani si va a Manchester!-
Io non capivo, sinceramente. Poi, però, iniziò a far svolazzare un foglietto blu con la mano. Si fermò e me lo porse. Era il volantino per le audizioni di XFactor. Vidi solo quella scritta, poi lanciai il foglietto in aria e saltai in braccio a mio  fratello. Urlavamo come pazzi, perché eravamo felicissimi.
  Ed in quel momento ero lì, seduta sul sedile della macchina di Alex, diretta a Manchester dove si sarebbe tenuta una delle tante audizioni dell’XFactor del 2010. Mancavano poco più di dieci minuti, poi avremmo dovuto aspettare otto ore, o giù di lì, per la coda. Ero dispiaciuta, perché mia madre non era potuta venire ad accompagnarmi, assieme ad Alex. Ma c’era Ginny a cui pensare, la mia sorellina di soli quattro anni. Mia madre disse che per Ginny era una fila troppo lunga. E otto ore sotto un caldo sole non è il massimo per una bimba così piccola.
  Arrivammo a destinazione e Alex parcheggiò. Quando scesi dalla macchina, notai subito tutta la massa di gente che aspettava in fila di fare le audizioni. Il mio cuore già iniziava a battere. Ero nervosa, ma felice allo stesso tempo. Io e Alex facemmo una fila pazzesca solo per registrarmi  e prendere il cartellino con il numero. Era 165397. Lo strinsi forte tra le mani prima di attaccarlo alla maglietta. Poi ci fu la coda più lunga che ci si potesse immaginare. Interminabile, infinita, straziante. E il bello è che c’era un sole che poteva spaccare le pietre. Mio fratello era elettrizzato quanto me, ma io non lo davo a vedere. Lui socializzava sereno e tranquillo con la gente che ci stava attorno. Con il suo magico sorriso e le sue fantastiche battute, senza escludere la sua bellezza, era in grado di attrarre chiunque. Perciò chiacchierava beatamente con ragazzi, mentre io me ne stavo zitta, lasciando che l’ansia mi uccidesse. Bevevo a grandi sorsi dalla bottiglietta d’acqua, aspettando il mio lontano turno. Mancava ancora tantissimo.
-Vacci piano con l’acqua.- mi disse all’improvviso Alex, accorgendosi della mia esistenza. Fin’ora non aveva fatto altro che parlare e parlare con gli altri. Ascoltavo tutto quello che diceva, senza, però, guardarlo.
-Come pensi di andare in bagno, poi?- continuò, con un sorriso divertito.
Forse aveva ragione lui, così cacciai la bottiglietta nel nostro zaino.
-Credo che avrò un infarto.- dissi a bassa voce.
Mise il braccio attorno alle mie spalle. –Non sei l’unica. Guarda le facce degli altri. Sono terrorizzati quanto te.-
Guardai, come stava facendo lui, le altre persone, ma mi sembravano davvero tranquille, felici ed elettrizzate. A differenza di me, nessuno era così serio.
-Certo, come  no.- mormorai con una certa ironia.
  Mentre lui chiacchierava con la gente, io lo ascoltavo. E, ogni tanto, ridacchiavo di nascosto per qualche sua battuta. Alex è sempre stato molto amichevole e fiducioso verso tutti.
-Ciao. Sono Alex.- disse, per esempio, a qualche ragazza.
- Io sono Liz, piacere.- rispose una voce acuta. Poi cominciò una divertente conversazione ed io ascoltavo tutto, di nascosto.
Quando ne finiva una, ne iniziava subito un’altra.
-Nervoso, eh?- chiese mio fratello a qualcun altro, con aria amichevole.
-Non immagini quanto. Cosa canterai sul palco?- questa era una voce molto più grave di quella di Liz. Era un ragazzo.
-Io non sono venuto per le audizioni. Sto accompagnando mia sorella.- rispose Alex a quel tipo. Di sicuro mi aveva indicata. E io facevo finta di niente.
-Oh, capisco.-
-Sono Alex.-
-Piacere, Harry.-
E iniziò di nuovo a chiacchierare. Quel ragazzo sembrava divertirsi alle battute di Alex. Passò circa un’ora e la loro conversazione non era ancora finita. Mi sa che fu la più lunga. Io, invece, mi agitavo sempre di più.
-Hei, Sam?- chiese Alex, appoggiandomi una mano sulla spalla, facendomi sobbalzare.
-Come siamo nervosi. Comunque, lui è Harry.- disse, e poi indicò un ragazzo riccio. Probabilmente era quello con cui aveva parlato per più di un’ora.
Incrociai il suo sguardo per un secondo. Occhi verde smeraldo. Poi lo distolsi, ero troppo agitata.
-Scusala- intervenne Alex –Ha detto che sta per morire d’infarto.- E si fece una risata, prima che potessi lanciargli un’occhiataccia.
Ormai ero dentro la struttura e Alex e quel ragazzo continuavano a chiacchierare e ridere. Io mi stavo letteralmente facendo la pipì addosso. Ora che eravamo entrati, ci si poteva accomodare, finalmente, in qualche poltroncina ed io iniziai a bere, un’altra volta, come una matta.
Ad un certo punto, un tipo col microfono in mano e un cameraman si avvicinarono a noi. Mi porse il microfono e mi disse –Ascoltami, adesso ti riprenderemo. Tu devi solo presentarti e dirci cosa ti ha spinta a venire qua.-
Non ebbi nemmeno il tempo di aprire bocca, che mi diede il segnale di iniziare. Si vede che aveva molta fretta.
Dovevo presentarmi. –Mi chiamo Sam Mason. Ho sedici anni e vengo dal Derbyshire. Canto da quando avevo più o meno, uhm… tredici anni, forse. Mi ha accompagnato mio fratello- dissi, indicando Alex. In quel momento la telecamera lo inquadrò e sul suo viso comparve un sorriso smagliante.
-Oh mio Dio, non ci credo. Sono in televisione! Ciao mamma!- esclamò. L’imbarazzo mi assalì, ma trattenni a stento una risata. Lo colpii alla nuca con un leggero schiaffetto, anche se le telecamere stavano riprendendo tutto.
-Credeteci o no, è grazie a lui che sono qui, oggi.- detto questo, mi stampò un bacio sulla guancia.
-Perfetto- disse il cameraman –abbiamo finito con voi.-
Poi i due uomini passarono velocemente a un gruppo di ragazzi.
-Sei uno stupido! Mi hai fatto fare la figura dell’idiota!- esclamai.
-Ma tu la fai tutti i giorni la figura dell’idiota- disse, prima di ridere.
Intanto, il tempo passava e il mio momento stava arrivando. Ero davvero nervosa e agitata. Ebbi paura di non riuscire neanche a dire una parola, una volta salita sul palco.
Ormai ero dietro le quinte del grande palco di XFactor. Il ragazzo che avevo avuto davanti per tutto il tempo, quello con cui Alex aveva chiacchierato un sacco, era sul palco e si stava esibendo. Cantava Isn’t she lovely di Stevie Wonder. Gran bella canzone e anche il cantante. Quel tipo, Harry, credo, aveva una bella voce. Molto definita e limpida. Era davvero bravo.
-Sei tanto nevosa?- mi chiese Alex, poggiandomi una mano sulla spalla, intanto che aspettavo.
-Sto bene.-
Mi abbracciò forte e, dopo, anche Dermot, il presentatore, mi accolse tra le sue braccia. Poi mi mise il microfono tra le mani e io lo guardai e lo strinsi forte. Dandomi una pacca sulla schiena, mi disse che potevo andare.
Un passo. Due. Cinque. Mi dirigevo verso il centro del palco, accolta dall’applauso del pubblico. Il cuore mi batteva all’impazzata e lo sentivo rimbombare nelle mie orecchie, nonostante il rumore della folla.
  Feci un respiro profondo prima di incrociare lo sguardo dei giudici. Louis Walsh, Cheryl Cole, Nicole Scherzinger e Simon Cowell mi osservavano.
  In quel momento ero io al centro dell’attenzione.
 
 
 
 
-
Ciao bellezzee. Allora, questa è la mia nuova ff. L’ho appena cominciata e spero che vi piaccia tanto. Mi lasciate una recensione per farmi sapere com’era? Thanks.
Baci <3

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Capitolo 2
*** 2° Capitolo ***


         Skinny love


Cercavo, inutilmente, di calmarmi. Ma il cuore continuava a martellarmi il petto e cominciavo a sudare.
-Ciao- disse Nicole, amichevolmente, sorridendomi.
-Ciao.- risposi, ricambiando il sorriso.
-Come ti chiami?- mi chiese Louis.
-Samantha Mason.-
-E come ti fai chiamare? Sammy?- continuò.
-Mi chiamano tutti Sam.-
-Quanti anni hai?- mi chiese Simon, all’improvviso.
-Sedici.- risposi. Le mani mi tremavano, così strinsi forte il microfono.
-Da quanto canti?-
-Da, uhm, circa… quattro anni. Ho cominciato a cantare a tredici anni.-
-E cosa ti ha spinto a farlo?-
-Credo che sia stato per la morte di mio padre. Non riuscivo a sfogarmi.-
Mi guardarono con occhi pieni di compassione, assumendo una triste espressione. Non è che mi tranquillizzasse molto.
-Quindi cantando… sei riuscita a sfogarti?- azzardò Cheryl.
Annuii e abbassai lo sguardo.
-Cosa ci canti oggi?- parlò di nuovo Louis.
-Skinny Love di Birdy.-
-Inizia quando vuoi.-
Ci fu un momento di silenzio. Poi sentii la musica, il pianoforte che suonava. Era come se lo stessi suonando io. Decisi che questa canzone l’avrei cantata col cuore, sul palco, davanti a tutti, agli occhi di tutta l’Inghilterra e dell’Irlanda. Avrei pensato a mio padre, quando avrei cantato Skinny Love. L’avrei cantata diversamente da come la cantavo a casa.
Chiusi gli occhi per due secondi e quando li riaprii era il momento di cantare.
 
Come on skinny love, just last the year
Pour a little salt, we were never here
My, my, my, my, my, my, my, my
Staring at the sink of blood and crushed veneer

 
I tell my love to wreck it all
Cut out all the ropes and let me fall
My, my, my, my, my, my, my, my
Right at the moment this order’s tall

 
And I told you to be patient
And I told you to be fine
And I told you to be balanced
And I told you to be kind

And in the morning, I’ll be with you
But it will be a different kind
‘Cause I’ll be holding all the tickets
And you’ll be owning all the fines

 
Come on skinny love, what happened here?
Suckle on the hope in light brassiere
My, my, my, my, my, my, my, my
Sullen load is full, so slow on the split

And I told you to be patient
And I told you to be fine
And I told you to be balanced
And I told you to be kind

And now all your love is wasted
Then who the hell was I?
‘Cause now I’m breaking at the britches
And at the end of all your lines

 
Gli occhi mi diventarono lucidi, mentre cantavo l’ultima strofa. Avevo paura di scoppiare a piangere.
 
Who will love you?
Who will fight?
Who will fall far behind?

Come on skinny love
My, my, my, my, my, my, my, my
My, my, my, my, my, my, my, my

 
Finita la canzone, mi accorsi che l’avevo cantata con il cuore davvero, perché il pubblico si era alzato in piedi. Anche Cheryl e Nicole si erano alzate per applaudirmi. Non me lo aspettavo per niente.
Quando le ‘acque’ si calmarono, Simon invitò a Louis a parlare, che non esitò neanche un secondo ad aprire bocca.
-Cavolo, ragazza, che dire? Sei stata fantastica e mi sei piaciuta davvero tanto. Complimenti!- disse. Un altro applauso dal pubblico.
Sorrisi più che potevo e sussurrai al microfono, sempre con gli occhi lucidi, un –Grazie.-
Poi parlò Nicole –Credo che tu, Sam, abbia una voce davvero bellissima per la tua età. Sei sicura che hai iniziato a cantare da solo quattro anni?-
-Sì, beh. Tre, diciamo…- balbettai.
-E’ incredibile. Sembrano anni e anni di pratica. Anche a me sei piaciuta tanto.-
-Grazie, grazie mille.- dissi, cercando di ricacciare le lacrime per l’emozione.
-Io sono d’accordo con Nicole, sei molto giovane e la tua voce è così… limpida. Sei stata davvero brava.-
-Grazie, non ho parole.-
Il pubblico non la smetteva di applaudire. La gente non lasciava parlare Simon, che ormai si era messo a ridere.
Sorrisi, arrendendomi e lasciando che la lacrima mi percorresse la guancia.
-Hai detto che canti da solo tre anni, giusto?- mi chiese. Annuii. –Allora capisco perché hai una voce così bella.- continuò –Sam, tu hai un dono. Tu emozioni.- disse, indicando il pubblico alle sue spalle, che impazziva.
Altre lacrime mi accarezzavano il viso.
-Grazie.- non riuscivo a dire altro.
-Per me è sì.- disse Louis con un dolce sorriso.
-Grazie, Louis.-
La gente applaudiva.
-Anche per me è sì, Sam.- disse Nicole, sorridendomi.
Altri applausi, che erano rivolti anche a Nicole.
-Assolutamente sì, Sam.-
A quel punto iniziarono i singhiozzi, silenziosi.
-Significa tutto per me, Cheryl.- le dissi.
-Lo so, lo immagino.- e mi sorrise.
Incrociai lo sguardo di Simon, che mi guardava sorridendo.
-Sam- cominciò -lo penso davvero che tu abbia un dono. E non voglio che tu lo sprechi.-
Pausa. Il cuore mi martellava il petto. In quel momento, era come se il tempo si fosse fermato. Tutto era congelato nel tempo, finché Simon aprì bocca.
-Te ne vai a casa con quattro sì.-
La gente si alzo in piedi, applaudendo più di prima. Un boato ricopriva i miei singhiozzi, che oramai si erano fatti più forti.
-Grazie, non ho parole. Davvero, grazie, grazie, grazie.- e altre lacrime mi scendevano lungo le guance.
Feci per andarmene, ma quando mi girai vidi mio fratello correre verso il palco, verso di me. Teneva le braccia aperte, come un invito ad un altro abbraccio infinito. Mi raggiunse, eravamo al centro del palcoscenico. Mi abbracciò fortissimo, quasi soffocandomi, ma non m’importava. Bagnai la sua maglietta con le mie infinite lacrime. Lacrime di gioia. Non m’importava che tutti stessero guardando quella scena.
Mi rigirai di nuovo verso i giudici che stavano guardando tutto. Gli occhi di Cheryl luccicavano. Forse anche lei cercava di trattenere le lacrime? Per togliermi il dubbio, si portò il palmo della mano sulla guancia, probabilmente asciugandosi una lacrima.
-Grazie a tutti. Grazie, grazie.- la mia voce era sovrastata dal boato del pubblico.
-Te lo sei meritata.- concluse Simon.
Mano nella mano di Alex, mi avviai a piccoli passi dietro le quinte, dove Dermot mi abbracciò subito. Anche io lo strinsi, era davvero una brava persona.
-Sei stata meravigliosa!- esclamò. Le lacrime non la smettevano di scendere giù dalle mie guance.
Credo proprio che sia stato uno dei momenti più belli della mia vita. Emozionante.
  -Grazie.-
Non mi riferivo solo a Dermot. Ringraziai, anche se ormai non poteva sentirmi, ma mi augurai, nel profondo del mio cuore, che mi stesse ascoltando. Che avesse ascoltato la mia canzone, che era dedicata a lui. A mio padre.
  Ringraziai papà, di tutto.
 
 
 
 
 
 
-
Helloo! Salve gente! Allora questo capitolo è un po’ corto, I’m so sorry. Ma il prossimo saraà più fico, lo prometto lol. Anyway, la cover di Birdy (perché la canzone originale è di Bon Iver) Skinny Love è davvero bella. Come canzone mi ha colpita molto, anche perché l’ha cantata anche Ed, quindi mi è piaciuta ancora di più. Io vi consiglio di ascoltarla, anche se è un po’ triste, quindi vi lascio il link, spero che funzioni, se no cercatela su YouTube ---> http://www.youtube.com/watch?v=aNzCDt2eidg
Adios amigooos (?)
Baci <3

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Capitolo 3
*** 3° Capitolo ***


           Elliott


L'allegro rumore delle infradito che indossavo erano in netto contrasto con il mio umore nero. Nonostante la bellissima giornata passata due settimane prima sul palco della grande struttura di Xfactor a Manchester, mi sentivo davvero nervosa. Nervosa perchè pensavo che, forse, non sarei stata abbastanza brava al Boot Camp, una settimana dopo. Il Boot Camp era la seconda prova dopo le audizioni per passare al vero e proprio XFactor. Erano già passate due settimane dalle audizioni e ancora non avevo pensato a che canzone portare. Lì i giudici avrebbero terminato il loro lavoro.

Finii di girovagare per il salotto, quando finalmente trovai il libro di letteratura. Mi sedetti rumorosamente su una sedia e cominciai a sfogliare le pagine. Ogni volta che ero nervosa, cominciavo a giocare coi miei capelli mossi, formando, a volte, qualche nodo. I capricci di Ginny non aiutavano affatto.

-Ti prego, mamma. Solo un'altra.- piagnucolò, riferendosi alle caramelle portate a casa da Alex.

-Ne hai già mangiate troppe. Fra poco si cena.-

-Per favore!- continuò la mia sorellina. A quel punto avvampai.

-Dio, mamma, dagliene solo una, ti prego.-

-Tesoro, non mangerà niente a cena.-

-Oh, invece mangerà tutto, a costo di farle ingoiare il cibo con l'imbuto. Vero, Ginny?- e le rivolsi lo sguardo. Lei, nascosta dalla vista della mamma che era intenta a tagliare le carote, mi fece una smorfia. Ricambiai, ma nessuno poteva competere con le mie boccacce. Essendo molto piccola, Ginny era davvero molto furba e intelligente, pur avendo solo quattro anni.

Finii per arrendermi, afferrando il libro e salendo in camera mia, senza, però, aver lanciato un'ultima occhiataccia a mia sorella. Cercai di concentrarmi sull'Amleto del mio caro amico Shakespeare, ma inutilmente. Continuavo a pensare ai giudici, a Simon, al palco, a Darmot, al pubblico... La vibrazione del mio cellullare sul letto mi vece sobbalzare.

Era Alex. 'Studia', c'era scritto. Ci mancava solo lui. Cosa voleva da me, adesso? Rompermi le scatole.

Risposi, muovendo velocemente le dita sulla tastiera del display: 'Studia tu'.

Il suo messaggio arrivò pochi secondi dopo: 'Ti porto fuori a cena', scrisse. A quel punto, m'illuminai. Tutto quello che volevo in quel momento era uscire di casa, ma Shakespeare mi teneva incollata al suo libro. Più che altro, Mrs Thompson, l'insegnante di letteratura inglese, mi obbligava leggerlo. Così, inziai a leggere velocemente l'atto assegnato per il giorno dopo, cercando di memorizzare il più possibile quello che era comprensibile.

Stavo per finire il terzo atto, mezz'ora dopo, quando il telefono vibrò.

Era ancora Alex. 'Sono fuori casa. Sbrigati'

Non risposi. Lasciai il libro aperto sul letto, infilai le mie amate converse, quelle che indossai il giorno delle audizioni, e pettinai all'indietro i capelli, legandoli in un'alta coda. Scesi velocemente le scale e, afferrando il telefono e le chiavi dal mobiletto dell'entrata, gridai a mia madre -Mangio fuori con Alex, non faccio tardi!- e prima che lei potesse obbiettare, uscii di casa. A metà vialetto, sentii un rumore dietro di me: una finestra che si apriva. Mi girai e vidi affacciata alla finestra della cucina la mamma. Il sole, che oramai si andava a nascondere dietro i palazzi di Buxton, le illuminava i capelli dorati.

-Sam!- gridò, per farsi sentire -Sam, hai studiato?-

-Sì, Amleto, mamma. Torno presto, ciao!- era l'unica cosa che voleva sentire. Rigirandomi verso la strada, scorsi subito l'auto blu elettrico di Alex. Lui mi salutava con una mano e io gli sorrisi.

Salita in macchina, gli stampai un bacio sulla guancia e dissi -Mi hai salvata, grazie.-

-E dai chi? Dalla mamma?-

Risi, nervosamente. -No, da Shakespeare.-

-Come va a scuola?-

Feci una smorfia, ripensando ai professori e ai compagni -Il solito-

Mi sorrise e dopo seguì un breve silenzio.

-Dove la porto, signorina?-

-Fiona's!- esclamai. Adoravo quel piccolo ristorante. Beh, più che ristorante era una tavola calda, ed era fantastica, molto accogliente. Cenavamo da Fiona's ogni fine settimana o, a volte, finite le lezioni, mangiavamo un panino per riempire lo stomaco.

Arrivati al parcheggio vicino al piccolo locale, il sole cominciava a sparire. Entrammo e ci sedemmo al solito tavolo, accanto ad un'enorme finestra.

Arrivò subito Linda, la nostra cara amica cameriera. Teneva, come al solito, i capelli neri legati all'indietro in una lunga coda. Qualche ciocca ribelle le ricadeva, leggera, sulla fronte. Ci rivolse uno dei suoi dolci sorrisi e poi disse -Il solito?-

-Grazie, Lindy- risposi. Si girò, dirigendosi alla cucina, senza, però, averci lasciato un altro affascinante sorriso. Sorrisi anche io, guardandomi intorno. Adoravo quel posto, fin da quando ero bambina. Quel locale era pieno di bellissimi ricordi, perchè papà ci portava spesso da Fiona's. Era lì che aveva conosciuto la mamma, lo ripeteva sempre. Anche se frequentavano la stessa scuola, non si erano rivolti mai la parola. Finchè un giorno, papà, sorridendo, le chiese se un tipo come lui avrebbe mai potuto scambiare qualche parola con una ragazza così bella come la mamma. Che romantico, pensai e, intanto, nella mia testa intonavo la canzone che si stava facendo sentire alla radio. La riconobbi subito. Allora, era una delle mie preferite. Neutron Star Collision dei Muse. Alex mi faceva ascoltare spesso le loro canzoni e, alla fine era diventato il mio gruppo preferito.

Il mio sguardo si posò sulla 'Mensola dei Preferiti'. Era una semplice mensola, in legno, dove appoggiavano foto incorniciate dei clienti preferiti del locale. C'erano quattro famiglie, tra cui noi. La nostra foto era bellissima, c'era ancora papà che mi teneva in braccio. Avrò avuto massimo otto anni. Alex, con una bellisima smorfia, teneva la mano alla mamma che sorrideva. Ginny non era ancora nata, ma, comunque, papà non è riuscito a vederla neanche una volta. Sapeva, però, che doveva nascere. Mia sorella naque tre mesi prima della morte di papà. Questo deprimeva ancora di più la mamma.

Mio fratello mi riportò alla relatà.

-Non dirmi che non hai ancora pensato alla canzone.- Si riferiva a quella che avrei dovuto portare una settimana più tardi, solouna settimana.

Sbuffai -Non ancora, ma ci sto pensando. Non è facile-

-Ma non manca molto al Boot Camp.-

Linda arrivò con un vassoio in mano e due bevande. Quando se ne andò, i Muse avevano smesso di cantare alla radio. Al loro posto, sentivo la bellissima voce di Christina Aguilera. Quella canzone l'avevo già sentita, ma non ne ricordavo il nome. Cominciai a cantare a bassa voce il ritornello, in modo che solo Alex potesse sentirmi.

 

I am beautiful
No matter what they say
Words can't bring me down
I am beautiful
In every single way
Yes words can't bring me down


 

Le parole erano molto belle, si riferivano a tutti coloro che si sentivano brutti o che, comunque, non si piacevano e non si accettavano. Tipo me. Alex mi ascoltava cantare, scrutandomi.

-Beautiful!- esclamò all'improvviso, alzando leggermente la voce.

Inarcai un sopracciglio -Cosa?-

-Ma certo, questa canzone è perfetta! Potresti portarla la settimana prossima!-

Ci misi un po' prima di capire che Beautiful era il testo della canzone che stavo cantando. E mi piaceva, mi piaceva davvero. E anche l'idea di Alex mi sembrava accettabile. Sorrisi, illuminandomi e, instintivamente, lo abbracciai. Lui ricambiò.

-Ti voglio bene, Alex- sussurai al suo orecchio.

-Anche io, Sam. Anche io.-

 

 

***

 

-E così canterai Beautiful, eh?- domandò Elliott, al mio fianco, mentre camminavamo per i corridoi affollati della Buxton High School.

Annuii e sorrisi, eccitata al solo pensiero. Poi incorciai il dolce sguardo del mio migliore amico che mi sorrise, e ricambiai.

-Beh, è una grande canzone. Ma...-

-Ma...?- lo incitai.

-Ma non arriverai mai ai livelli di Christina Aguilera- scherzò lui.

Gli lanciai un'occhiataccia. -Parla la cagna in calore- dissi e cercai di schiaffegiargli il viso, ma Elliott schivò la mia mossa, ridendo.

-Scherzo, Sam- mi sorrise lui.

-Io no- e gli rivolsi un sorriso ironico. Mi arruffò i capelli sulla testa e ci recammo all'aula della signorina Thompson per fare letteratura.

 

 

 

Era tardo pomeriggio e, come tutti i pomeriggi, io ed Elliott eravamo seduti su una panca in legno al parco. Stavamo chiacchierando sulla questione di Xfactor. Se i giudici mi avessero detto di no? Se non gli fossi piaciuta cantando Beautiful?

-Se passerò il Boot Camp?- chiesi.

-Finirai alla Home Visit e, dopo quella, sarai dentro!- rispose, elettrizzato, quasi dovesse salire lui su quel palco.

Poi la mia mente vagò altrove, pensai alla scuola. Stranamente, avevo già finito i compiti.

-Studiato il terzo atto?- gli chiesi, riferendomi all'opera di Shakespeare, dopo esserci seduti in fondo alla classe.

Si passò la mano tra i capelli castani e inarcò le sopracciglia.

-No- ammise, alla fine.

-Sei fottuto- scherzai. E poi risi, perchè di solito ero io quella che non studiava e non faceva i compiti. Elliott era solito a farmi copiare tutti i temi, prima che iniziassero le lezioni.

E tutto ciò mi faceva ridere. Ma lui non rideva, anzi. Mi guardò con tanta intensità da farmi arrossire e distogliere lo sguardo.

-Cosa c'è?- lo guardai di nuovo, lui non mi staccava gli occhi di dosso. Ma io sorridevo, comunque, anche se la sua espressione era seria.

-Spero tanto che tu vinca l'XFactor, Sam-

Lo guardai in quei profondi occhi e il mio cuore perse un battito.

-Non credo di vincere. Ma hai visto le audizioni? C'è gente molto...-

-Tu hai un dono, Sam- m'interruppe. -Puoi farcela e potrai sempre contare su di me.-

Mi sorrise e, all'improvviso, cominciai a sudare. Le mani mi tremavano, mentre il cuore mi batteva forte. E non ne capivo il motivo. Elliott, fin dall'inizio delle medie, era stato il mio migliore amico. E in quel momento era lì, accanto a me, su una vecchia panchina in legno. Lo osservai in tutta la sua bellezza. I suoi capelli che sembravano più chiari, alla luce del pigro sole che stava tramontando. I suoi occhi blu mi scrutavano. Elliott c'era sempre stato per me, una spalla su cui piangere. Un amico perfetto. Riusciva a capirmi e mi aiutava a risolvere gran parte dei miei problemi. Ma in quel momento capii che era qualcosa di più di un'amico. Ero cotta di lui e me ne accorsi solo allora.

Fu Elliott ad avvicinarsi per primo. Prese dolcemente la mia mano e la strinse leggermente. Poi ci guardammo negli occhi e mi accarezzò una guancia, spostandomi una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio. Si avvicinò ancora e posò le sue labbra sulle mie.

 

Il battito del mio cuore mi stava uccidendo e in quel momento pensai che Elliott se ne fosse accorto, perchè sorrise sulle mie labbra.

 

 

 

 

 

 

 

-

I'm baaaack. Ochei, scusate davvero tanto tanto tanto. E' da due settimane che non aggiorno NIENTE. Ma il mio pc è stato sostituito da un altro e per il momento sto scrivendo sul portatile di mia zia. Sorry, davvero. Spero vi sia piaciuto, aggiornerò anche 'Memories of you'. Adioss amigos <3

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Capitolo 4
*** 4° Capitolo ***


                                          The Boot Camp

Tutti gli studenti della Buxton High School urlavano di gioia. Anche io. E, come tutti gli ultimi giorni di scuola, tutti i ragazzi saltavano, felici, nei corridoi. Allentai la cravatta blu che portavo tutti i giorni al collo prima di toglierla e lanciarla in aria, come tutti facevano. Elliott, che era accanto a me, mi afferrò la mano e attraversammo il corridoio insieme, dirigendoci verso l'uscita. Gente che rideva, gridava. Chi si abbracciava, chi lanciava i libri in aria. Fuori da scuola, mi limitai a baciare Elliott.

                                                                           ***                             
                                                                                                           Un paio di giorni dopo
Guardavo, indecisa, gli abiti che avevo appoggiato sul letto. Se non mi fossi data una mossa, sarei arrivata in ritardo a Londra. Era il giorno del Boot Camp.

-Oh, andiamo Sam! Non hai mai avuto preoblemi con i vestiti! Arriveremo in ritardo.- si lamentava Alex, sulla soglia della porta di camera mia.

-Infatti, ti sei sempre vestita coi sacchi di patate, in fin dei conti.- azzardò Elliott, seduto sulla sedia. Scoppiarono a ridere. Lanciai ad entrambi un'occhiataccia, e bastò a zittirli.

-Se continuate così, giuro che ci metterò il doppio- dissi.

Alla fine, optai per dei jeans stretti,  una camicia a quadri blu, infilai le mie vecchie e sbiadite converse nere e usci di casa. Erano arrivati i momenti dei saluti.
Abbracciai forte mia madre.

-Mi dispiace di non poter venire, Sam. Ma buona fortuna, sappi che ti voglio molto bene.-

-Anche io, mamma-

Stampai un bacio sulla piccola fronte di Ginny, che si pulì subito. Le arrufai i capelli.

-Ciao, ciao, sciocchina.-

Mi girai e vidi Elliott che mi sorrideva. Lo abbracciai forte e lui ricambiò.

-Sarai grandiosa, Sam. Come sempre.-

-Ci si rivede, eh?-

In tutta risposta, mi baciò. Non volevo lasciarlo, non in quel momento. Dopo averli salutati un'altra volta con la mano, salii in macchina con Alex.
Il viaggio durò quasi tre ore. Tre estenuanti ore in macchina, ma mi divertii comunque ascoltando le cose strane che succedevano ad Alex quando lavorava. E poi arrivammo a Londra. Era bellissima. Le conosciute cabine rosse, i famosi 'Big Red Bus'... Per arrivare a destinazione, attraversammo il Westminster Bridge e osservai il Big Ben in tutta la sua bellezza. Ero davvero affascinata da Londra. Quella città era mille volte più bella delle foto su internet e sui libri di scuola. Era così... viva. Mi sentivo come a casa, a mio agio. Aspettammo un bel po' in coda, arrivati a destinazione. Almeno, non c'erano da aspettare nove ore. Sugli schermi che avevano appeso ai muri della struttura di XFactor riuscivo a vedere i concorrenti che si esibivano. Incominciò a farmi male il collo, perciò abbassai la testa e rivolsi la mia attenzione ad Alex che chiacchierava con una signora in carne sui cinquanta.
Lo ascoltai, mi divertivo.
-Oh, no. Mia sorella deve cantare, non io, l'ho solo accompagnata.- disse Alex a quella signora dall'aria gentile. Poi mi indicò. Sorrisi ad entrambi.
-Oh, piacere. Io mi chiamo Mary.- disse con un tono dolce.
-Sono Sam, piacere.-
-Ti ho vista cantare, a giugno. sei davvero brava, complimenti.-
-Grazie- le sorrisi. Avrei ricambiato il complimento, ma il fatto era che non mi ricordai di lei. Dal suo accento, capii che era irlandese. E io non avevo guardato le audizioni che si erano tenute a Dublino.
-Da dove venite? Siete di Londra?- chiese la signora.
-No, viviamo a Buxton, nel Derbyshire.-
Detto questo, ritornai ai miei pensieri. Con le mani tremanti afferrai il ciondolo a forma di cuore, legato a una catenina argentata che portavo sempre al collo con una H incisa, di cui non ne avevo mai capito il significato. Me lo regalò mio padre, qualche mese prima di morire. Dalla sua morte, non ho mai osato toglierlo. Mai.
Più mi avvicinavo all'entrata, più il battito del mio cuore accelerava. Mi sentivo troppo nervosa. Per un certo momento pensai che prima o poi il mio cuore sarebbe scoppiato. Le mani sembravano avere degli spasmi. Le cacciai sotto le cosce, quando entrammo dentro la struttura e finalmente mi sedetti su una sedia.
-Il tuo silenzio mi fa paura.- mi disse Alex.
Non risposi.
-Stai bene?- continuò. Gli lanciai un'occhiataccia, come se  avesse appena fatto una domanda stupidissima. Infatti lo era.
-Andrai alla grande, vedrai.-
-E se non fosse così? Magari stono o mi dimentico le parole o...-
-Non importa- m'interruppe -Potrai riprovare un altro anno. Ma non ce ne sarà bisogno, vedrai- finì stampandomi un bacio in fronte.
Dopo una lunga attesa, il mio turno arrivò.
-Buona fortuna, Sam. Sarai grandiosa.- mi sorrise Dermot. Mi sorpresi quando mi riconobbe.
-Grazie- risposi e abbracciai un'ultima volta Alex.
 Un giovane uomo con la testa calva e una camicia marrone mi fece cenno di aspettare un attimo.
-Tre.- Contò -Due. Uno.- e mi diede una pacca sulla spalla. Camminai verso il centro del palco, col cuore in gola. Sudavo di già. Il pubblico non c'era. Non c'era mai stato al Boot Camp. Vedevo solo una cinquantina di persone che occupavano i primi posti sui sedili, quelli più vicini al palco. Probabilmente, erano gli addetti.
-Ciao, Sam- mi salutò Nicole, sorridendomi.
-Ciao, Nicole.-
-Cosa ci canti oggi?- mi chiese Simon.
-Beautiful di Christina Aguilera.- Ringraziai Dio, per non aver balbettato.
-Prego.-
Qualche secondo dopo, la musica si fece sentire. E iniziai a cantare, pregando di non sbagliare niente.
Everyday is so wonderful
Then suddenly
It's hard to breathe
Now and then I get insecure
From all the pain
I'm so ashamed

I am beautiful
No matter what they say
Words can't bring me down
I am beautiful
In every single way
Yes words can't bring me down
Ohh no
So don't you bring me down today

To all your friends you're delirious
You're so consumed
In all your doom
Trying hard to fill the emptiness
The piece is gone
Left the puzzle undone
That's the way it is

You are beautiful
No matter what they say
Words can't bring you down
Ohh no
You are beautiful
In every single way
Yes words can't bring you down
Ohh no
So don't you bring me down today

-Bene. Brava - disse Louis.
-Grazie.-
-Puoi andare, Sam. Grazie.-
Tornai dietro le quinte, il battito del mio cuore ancora non rallentava.
-Sei stata davvero brava, complimenti- mi sorrise Dermot.
Lo ringraziai con un amichevole abbraccio. Appena vidi Alex, mi buttai tra le sue braccia.
-Che ti avevo detto?- chiese -Sei stata grandiosa!-
-Non mi sembravano tanto convinti.- ammisi.
-Vedrai.-
Dovetti aspettare che tutti finissero di cantare, per sapere i risultati. Se, oltre il Boot Camp, avessi superato gli Home Visit sarei passata al vero e proprio XFactor.
Per primi, chiamarono chi si era esibito come 'gruppo'. Ne sorteggiarono alcuni. Poi fu la volta dei maschi. Man mano che Simon chiamava le persone che erano riuscite a passare la secondo prova, vedevo sulle facce dei ragazzi la preoccupazione, le tristezza, l'angoscia. Mi dispiaque quando Simon finì di chiamare i nomi, senza aver nominato il ragazzo riccio con cui avevo fatto conoscenza alle audizioni. Pianse, come tanti altri. Il cuore mi batteva sempre di più.
Era arrivato il turno delle ragazze. Ne chiamarono molte, ma ancora non sentivo il mio nome. Una ragazza di nome Rebecca. Cher. Anche la signora che avevo conosciuto facendo la coda. Mary passò il Boot Camp. Gli occhi cominciavano a bruciarmi. Evitai di chiuderli.
Capii che non avevo passato la seconda prova, quando Nicole disse -Ci dispiace, ragazze. Questo è tutto.-
Il mio cuore perse un battito e mi sentii sprofondare. Gettai la testa all'indietro, sospirando lentamente. Trattenni, inutilmente, le lacrime. Quando tornai dietro le quinte, trovai Alex che mi cercava con lo sguardo. Non esitò nemmeno a stringermi. Quasi soffocavo, mentre calde e salate lacrime inumidivano la sua maglietta. Cercò di consolarmi, ma era come se il mio cervello mi impedisse di capire cosa stesse succedendo intorno a me. Quasi tutti stavano piangendo. Chi dalla felicità e chi no. Tipo me. Ero triste. Molto.
Passò un ora e tutti erano ancora dentro la struttura. Non volevano farci uscire e nessuno ne capiva il motivo. Così restai seduta sulle gambe di Alex, in una sedia ad aspettare di uscire da lì. Ma eravamo tutti bloccati. I giudici erano ancora seduti al tavolo davanti al palco, neanche loro se ne erano andati.
Arrivò di nuovo il tipo calvo con la camicia marrone. Fece cenno a me, e a tutti gli altri che stavano aspettando, di seguirlo. Dovetti lasciare Alex. Insieme a me, c'erano altre persone, ma non tutti quelli che erano stati scartati. Incominciai a innervosirmi e a chiedermi cosa stesse succedendo. Poi, il tizio chiamò alcune persone, tra cui il riccio. Non mi ricordavo il nome.
-Harry Styles- disse Testa Calva, e mi ricordai.
Chiamò altri ragazzi e qualche ragazza. Fece il mio nome. Il battito del mio cuore accelerò. Forse, c'era ancora una speranza.
Testa Calva ci fece, nuovamente, segno di seguirlo. Questo aspettare mi stava facendo saltare i nervi letteralmente. Stavo per scoppiare. Questa volta, però, ci condusse sul palco e ci divise in due gruppi. Cinque ragazzi a destra e cinque ragazze, tra cui io, a sinistra. Mi stavo dirigendo verso di loro, verso le ragazze, ma Simon mi fermò.
-Sam, aspetta.- disse. Mi bloccai. Si sono sbagliati. Io non c'entro niente qui, pensai mentre guardavo Simon osservare dei fogli.
-Vai con loro- e indicò i ragazzi, senza distogliere lo sguardo dai fogli di carta che teneva in mano. Feci un passo, esitante, prima di raggiungerli. Mi posizionai accanto a Harry che indossava un cappellino nero. Mi sorrise, come per salutarmi. Ricambiai. Il cuore martellava il petto, era quasi doloroso, per l'angoscia.
Parlò Nicole -Ciao. Molte grazie per essere venuti. Vedendo le vostre facce, so che questo è molto difficile.-
In effetti, lo era anche troppo.
-Abbiamo pensato molto su questo. E abbiamo pensato a ognuno di voi come solisti- continuò.
Nessuno capiva.
Nicole parlò ancora -Crediamo che voi siate molto talentuosi per lasciar perdere questa opportunità. Pensiamo che sia una buona idea...- lasciò la frase in sospeso.
Stavo scoppiando. Trattenevo a stento la mia angoscia.
-...avere due gruppi diversi.-
Simon continuò -Abbiamo deciso che avete superato la seconda tappa.-
In quel momento capii che la mia vita sarebbe cambiata. E non ci credevo ancora. Prima di essere richiamata sul palco, avevo perso tutte le mie speranze. Avevo smesso di crederci. E poi? Poi sarei andata in Spagna per la Home Visit, nella villa di Simon Cowell.
Mi portai le mani al viso e poi alla nuca. Ancora non riuscivo a crederci. Una lacrima scese dalla mia guancia, mentre gli altri ragazzi esultavano di gioia. Chi saltellava, chi piangeva, chi si accasciava a terra. Una ragazzo dai capelli castani e lisci, acconciati alla Justin Bieber, mi sorrise.
 Poi ci abbracciammo, un abbraccio di gruppo. Il mio braccio destro avvolse il busto di un tipo col cappello rosso e l'altro circondò le spalle di un ragazzo con la pelle olivastra e i capelli neri, mentre qualcuno di loro mi stringeva con un braccio la vita. In quel momento, capii che quello sarebbe stato il primo di una lunghissima serie di abbracci di gruppo. Perchè avrei lavorato con quei cinque ragazzi e non da sola. E questo mi rendeva felice, anche se ancora non ne capivo il motivo. L'avrei capito col passare del tempo, quando li avrei conosciuti.
Simon ci interruppe con un tono più severo -Ragazzi, dovrete lavorare. Dieci, dodici, quaranta ore al giorno. Ogni giorno. E cogliere questa opportunità. Avete una buona canche, ragazzi.-
Esultammo di nuovo dalla gioia. Ci dirigemmo, in preda alla gioia, dietro le quinte. Il braccio di Cappello Rosso mi circondava il collo. E io ero felicissima.
Sorridevo davvero. Ero felice.
 
 
 
 
 
-
Lo so, sono un'idiota perchè è da tipo settimane che non aggiorno NIENTE. E mi dispiace madavvero davvero davvero non ho avuto tempo. Zero. Con queste vacanze di Pasqua, aggiornerò giorno e notte, lol. Sorry.
Sof.

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Capitolo 5
*** 5° Capitolo ***


[E' da mesi che non aggiorno e mi dispiace. Questo capitolo è abbastanza lungo, spero che mi perdoniate]

                                                               Family
 
Sentivo ancora il sangue ribollire nelle vene. Il cuore mi martellava ancora il petto. Sapevo che l'adrenalina non sarebbe passata facilmente. Non riuscivamo a stare fermi: molti di noi saltellavano dalla gioia, altri si abbracciavano, ridevano.
 Dopo aver sceso le scalette che portavano dietro le quinte incominciammo a correre in contro a tutta la gente che aveva passato il Boot Camp. Ci abbracciammo. Ci abbracciammo l'un l'altro. Abbracciai gente che ancora non conoscevo, li stringevo forte e loro, ancora scossi dalla bellissima sorpresa, ricambiavano. Abbracciai un signore, sui trenta. Rividi Mary e abbracciai quella dolcissima signora. Abbracciai una serena ragazza bionda e una dall'aspetto un po' strano. Abbracciai anche Harry. Abbracciai un ragazzo alto dai capelli castano scuro e l'aria simpatica. Tutti erano più che felici.
Dopo un'ora circa, ancora nessuno lasciava la grande struttura. Alex mi circondava le spalle con un braccio mentra parlava al telefono con la mamma. Io sorridevo, guardando la gente ancora felicissima. Sprizzavo gioia da tutti i pori, anche se non lo davo tanto a vedere.
Un signore, di sicuro parte dello staff, mi chiese di seguirlo e dovetti lasciare Alex. Mi portò da cinque ragazzi raggruppati, con loro c'era Simon Cowell. Il battito del mio cuore accelerò, mentre mi avvicinavo. Mi tornò in mente una cosa. Dopo lo shock dell'ultima bellissima notizia avevo quasi dimenticato di far parte di una band. Il sorriso che avevo sulle labbra si allargo ancor di più. Un ragazzo con un cappello bordeaux mi circondò le spalle con un braccio, come aveva fatto Alex. Quella confidenza avrebbe sorpreso chiunque, ma non m'importava. A nessuno importava. Anzi, mi piaceva. Era stato bello abbracciare tutta quella gente.
A distrarmi dai miei pensieri fu Simon -Ragazzi, complimenti. Sappiate che siamo contentissimi di avervi unito in gruppo. A voi e le altre ragazze.-
Simon mi guardò, come se si fosse dimenticato di me. Sorrise, subito dopo. -Abbiamo preferito tenerti con questi ragazzi, Sam.-
Ora tutti gli occhi erano puntati su di me. Le mie guance presero una leggera sfumatura rosea.
-Pensiamo che la tua voce vada molto d'accordo con quella dei ragazzi.-
Parlava della mia voce come se fosse una persona.
-Spero non ti dispiaccia- continuò.
Spalancai gli occhi. Come poteva dire una cosa simile? Dispiacermi? Era assurdo.
-Assolutamente no. E' fantastico!- La mia risata fu seguita da quella degli altri e ci abbracciammo ancora una volta.
-Benissimo, sono davvero felice- disse lui con un sorriso splendente sul viso.
-Ascoltate, vi ho riuniti per un motivo. Manca un mese alla Home Visit e se volete passare la terza prova dovrete impegnarvi a fondo. E, soprattutto, dovrete conoscervi. Dovrete prendere confidenza. Confidenza come quella tra fratello e sorella. Escludendo le litigate seguite dai pugni in faccia.-
Quell'ultima frase strappò una risatina a tutti.
-Perciò,- continuò -ho in mente di farvi passare questo mese insieme, come una famiglia.- 
'Famiglia. Era la parola giusta per descriverci insieme.' 
 
                                                                      ***
 
Sarei partita quel pomeriggio per andare a vivere con la mia nuova famiglia. Sorrisi per l'ennesima volta pensando a loro. Ero tanto eccitata. Simon ci aveva dato un giorno per tornare a casa, fare le valige e salutare i parenti. 
Per il resto della mattinata, invece di finire di riempire la valigia, cercai inutilmente di convincere Elliott, che era nella mia stanza. Convincerlo di lasciar perdere la nostra storia, perchè non sarebbe potuta andare avanti una relazione a distanza. Buxton era chilometri e chilometri lontana da Londra. Sarebbe stato inutile. Continuai a ripetergli di non aspettarmi, ma lui non mi volle  ascoltare. Così mi arresi.
Sarei partita tra un paio d'ore: valigia fatta. Mancavano solo i 'ciao', come diceva Ginny.
-Non dirmi che te ne andrai senza salutare la nonna- disse mia madre, mentre lavava i piatti sporchi del pranzo.
Era vero. Non potevo andarmene senza salutarla. Era sempre stata così dolce con noi, anche dopo la morte di mio padre. Era troppo anziana per farla venire qui. Dovetti andarci io e non mi dispiaque affatto. Andai a piedi, dopotutto, non era tanto lontano.
Arrivata al suo piccolo e vecchio appartamento, sentii la televisione accesa. Era suo solito guardare in tv telenovele romantiche e sdolcinate, che io trovavo stupide e noiose. La salutai e parlammo un po' della mia esibizione.
-Eri bellissima, tesoro- continuava a ripetermi. Ma il tempo si restringeva.
Mi doleva il cuore dirle addio. E se in quei mesi le fosse successo qualcosa? Non volevo pensarci, ma era più forte di me. 
-Nonna...- sussurrai -devo andare o farò tardi- la voce si affievolì e cominciai a sentire un nodo alla gola.
-Mi guarderai in tv, vero?- Gli occhi diventarono lucidi.
-Ma certo che sì, sciocchina. Tutti i giorni.-
-Lo prometti?-
-Lo prometto. Ora và e divertiti, ma non combinare guai, signorina.-
Mi morsi un labbro per non scoppiare in lacrime e la strinsi forte, come se fosse l'ultimo abbraccio. Nella mia testa continuavo a ripetermi che non sarebbe stato così.
 
                                                                 ***
 
Guidavamo, o meglio, Alex guidava in autostrada. Era sempre stato lui ad accompagnarmi ovunque. Ci stavamo dirigendo nel Cheshire, dove abitava Harry. Fortunatamente, si trovava proprio accanto al Derbyshire, dove vivevo io, a Buxton. Perciò il viaggio non fu tanto lungo. Durò meno del viaggio che avevo fatto per le audizioni, Buxton-Manchester. 
-Siamo arrivati?- chiesi per l'ennesima volta ad Alex, che non distoglieva lo sguardo dalla strada.
-No!- sbottò lui, stanco della mia insistenza. Mi piaceva vederlo arrabbiato. 
-Sai una cosa?- mi chiese.
-Mmm?-
-In questo momento mi sembri Ciuchino in Shrek 2, in partenza per il regno di Molto Molto Lontano.-
Mi morsi il labbro inferiore per non scoppiare a ridere. E lui continuò a parlare.
-Ma il problema è che...-
-Mmm?-
-E' che non stiamo andando così lontano.- Anche se aveva appena detto una cosa stupida, ma allo stesso tempo ovvia, cedetti e scoppiai in una fragorosa risata. Sorrise divertito, guardandomi, prima di riportare la sua attenzione sulla strada.
-Sam?- mi chiamò appena finii di calmarmi, qualche minuto dopo.
-Si?-
-Siamo arrivati.-
Il mio cuore perse un battito a quelle parole. Non ci stavo più nella pelle.
-Davvero?- I miei occhi si illuminarono.
-No.- E stavolta rise lui. Sembravamo davvero Shrek e Ciuchino. Misi il broncio, fingendomi arrabbiata.
Il viaggio durò altri dieci minuti.
-Sam, siamo arrivati.-
Non ci sarei cascata una seconda volta.
-Davvero?- chiesi con un po' meno di entusiasmo.
Fece un gesto teatrale davanti a noi, verso il parabrezza, 'indicando' delle casette in legno. Scorgevo una piscina, un po' più lontana. Quello era il Bungalow del patrigno di Harry, dove saremmo venuti a vivere per un mese, prima della Home Visit. Il battito del mio cuore accelerò.
-Davvero, davvero- rispose 'Shrek'.
Non riuscii a trattenermi e cacciai un urlo, cominciando a 'saltellare' sul sedile del passeggero.
Alex cercò di fermarmi, ridendo e tappandomi la bocca allo stesso tempo, per non fare figuracce. Ma non m'importava, assolutamente.
-Dai su, andiamo.-
Uscimmo dalla macchina e le mie dita si intrecciarono a quelle di Alex, che mi sorrise, incoraggiandomi. Ci avvicinammo a una delle case in legno. Osservai quel posto, mentre mi avvicinavo al Bungalow: accogliente, semplice. C'erano un paio di macchine, lì fuori. Un campo verde. Un boschetto. Era molto carino, insomma.
Eravamo davanti la porta. Alex mi invitò a suonare il campanello, ma io mi limitavo a guardarlo nervosa. Alzò gli occhi al cielo prima di premere l'indice sul campanello argentato.
Silenzio.
Sentimmo dei passi, dopo qualche secondo, provenire dall'interno. Aprì la porta Harry che sorrise alla nostra vista. Dopo i saluti, ci invitò ad entrare.
-Devono ancora arrivare quasi tutti. A parte me, c'è anche Zayn. E' di là in cucina- ci informò.
-Alex, te l'avevo detto che non saremmo arrivati in ritardo- dissi, rivolta a mio fratello.
-Giusto- mi sorrise. -Ora, suppongo che dovrei lasciarvi.-
Lo supplicai con lo sguardo che rimanesse. Harry era alle mie spalle, perciò non mi vide, ma Alex m'ignorò.
Zayn fece irruzione nella stanza e affiancò  Harry -Hei, Sam-
-Ciao, Zayn-
Alex mi scostò leggermente di lato per poter stringergli la mano.
-Ciao, sono Alex- si presentò.
-Piacere- disse Zayn.
Alex mi rivolse l'attenzione dopo quella breve presentazione.
-Davvero, Sam, devo tornare il più presto possibile al lavoro e, beh, eccoci qua.-
Non sapevo cosa dire. Rimasi solo in silenzio, guardandolo salutare Harry e Zayn. Mi diede due pacche sulla spalla, ma gli afferai la mano prima di tirarlo verso di me e stringerlo in un forte abbraccio.
-Fai la brava- mi sussurrò tra i capelli.
-Mi mancherai.-
Non l'avrei più rivisto per più di un mese e alla Home Visit non sarebbe potuto venire neanche lui, oltre la mamma, dal momento che si sarebbe tenuta nel sud di Spagna, nella lussuosa villa di Simon Cowell.
Alex uscì dalla porta,non senza avermi lasciato un ultimo bacio sulla fronte.
Posai lo sguardo sulla mia valigia, quella che Alex aveva portato dentro il Bungalow.
-Hai fame?- mi chiese Harry, rompendo quel silenzio.
Esitai un po' prima di rispondere -Abbastanza. Credo... credo di non aver mangiato niente a pranzo- sorrisi. I due ragazzi ridacchiarono.
-Neanche io non ho mangiato molto- disse Zayn.
-Intanto che aspettiamo gli altri, potremmo mangiare qualcosa- disse Harry.
Andammo in cucina e io mi sedetti sullo sgabello del bancone. Decidemmo di fare una macedonia da offrire anche agli altri quando sarebbero arrivati. Mentre tagliuzzavamo mele e fragole, chiacchieravamo del più e del meno.
-Tu lavori?- mi chiese Zayn.
-Uhm, sì. Ma non tutti i giorni.-
-E dove?- si incuriosì Harry.
-In una gelateria. Il vecchio Bart prepara i gelati più buoni di Buxton. E voi lavorate?-
-No- disse Zayn.
-Io lavoro in una panetteria-
Continuammo così per una decina di minuti, più tardi arrivarono Louis, Niall e Liam. Mangiammo la macedonia, che era davvero squisita, parlando un po' di tutto.
Niall, quello biondo, finì la macedonia in un batter d'occhio.
-Abbiamo anche una piscina- disse Harry ingoiando un pezzo di mela.
-Ho visto. E' molto carino qui- rispose Liam.
-Speriamo che ci sia bel tempo, così potremmo fare una nuotatina- esclamò Louis.
Poi Zayn borbottò qualcosa -Oh no. Io odio l'acqua-
Lo guardammo tutti un po' storto, a tal punto da fargli abbassare lo sguardo.
-Come mai?- gli chiesi, senza essere troppo invadente.
Lui esitò un po' -E'... è troppo fredda-
Il pomeriggio fu abbastanza tranquillo: andammo avanti a parlare per ore, scherzavamo, giocavamo, ridevamo. Quei ragazzi mi piacevcano. Li osservai tutti mentre chiacchieravano, nei più piccoli dettagli e credo che loro stessero facendo lo stesso. Zayn era seduto accanto a me. Rideva mentre ascoltava le battute di Louis. I capelli erano un po' rasati ai lati della testa. Portava due orecchini neri. I suoi occhi color nocciola luccicavano grazie alla fioca luce del sole che si andava a nascondere dietro le colline del Cheshire. Accanto a lui, Niall puliva la seconda porzione di frutta fresca. Rideva anche lui. I capelli erano biondi, ma scuri alla radice. Due bellissimi occhi azzurri osservavano i movimenti di Louis, che era proprio davanti a me. Chissà di cosa diavolo stesse parlando, ma dagli sguardi di tutti i ragazzi intuivo che era qualcosa di divertente, così sorrisi anch'io. La maglietta che Louis indossava risaltava i suoi profondi occhi azzurri, in cui era facilissimo perdercisi. Accanto a lui, se ne stava comodo Harry, che sorrideva, mostrando le due fossette ai lati della sua bocca. Quegli occhi color smeraldo avrebbero potuto attrarre chiunque. I suoi ricci scuri ricadevano sulla fronte in morbide onde, che di tanto in tanto spostava di lato. Liam sembrava troppo 'immerso' nella conversazione. Anche lui, come tutti, sorrideva. I suoi occhi erano simili a quelli di Zayn, ma non capivo se erano più chiari o più scuri. Portava i capelli castani di lato, un po' come Justin Bieber. mi accorsi che aveva una piccola voglia alla base del collo.
Una risata da parte di tutti mi riportò alla realtà e mi concentrai sulla loro divertente conversazione. Mentre Louis parlava, mi accorsi che aveva una leggera sporgenza in fronte, era un po' scura, in parte ricoperta dalla frangia. 
Mi allungai sul tavolo, verso di lui, che era proprio di fronte a me, e gli scostai leggermente i capelli di lato. Louis sussultò quando sfiorai quel bernoccolo.
-Come te lo sei fatto?- chiesi. Intanto, senza accorgermene, avevo portato tutti gli sguardi su di me.
Lui ridacchiò un po', prima di parlare.
-E' successo una settimana fa, ero a scuola. Era l'ultimo giorno, ma io volevo subito andare a casa. Così ho cercato in tutti i modi di farmi venire a prendere. Mi sono finto malato, ma dopo tutte le mie bugie nessuno mi credevà più.-
Pausa.
-E allora?- lo incitò Harry.
-Sono caduto apposta dal muretto del cortile e ho sbattuto la testa contro quella di un ragazzo.-
Questa frase non fece altro che provocare una fragorosa risata di gruppo. Certo che quel tipo era davvero strano, ma divertente. 
Calò del tutto la sera e, dopo aver mangiucchiato qualcosa, uscimmo fuori ad accendere un falò. C'erano delle sedie e degli sdraii in legno. Mi sedetti accanto a Louis. Stavamo facendo una sorta di 'gioco delle battute', ognuno ne diceva una. Dopo aver riso abbastanza, i ragazzi mi guardarono come se stessero aspettando qualcosa da me. Poi capii che era il mio turno.
-Hem, io non ne conosco molte- sospirai.
-Sparane una. Anche se fa schifo- disse Harry.
Ci pensai un po' su -Ci sono quelle che mi racconta Elliott, sono davvero penose-
-Chi è Elliott?- chiese Liam.
-Dai, spara!- esclamò Louis.
-Mela odia Carmela, ma quest'ultima l'adora e le chiede il suo indirizzo di casa. Mela risponde 'Via dalle Palle n° 6'-
Potevo anche evitare, pensai. Ma con mia grandissima sorpresa, i ragazzi scoppiarono a ridere.
-Non dovete per forza...- iniziai.
-Era bruttissima!- urlò Niall, la sua frase era interrotta dalle sue stesse risate.
-E perchè ridi, allora?- ora lo facevo anch'io: ridevo.
-Chi hai detto che te l'ha raccontata, questa?- chiese Louis, dopo essersi calmato. O almeno, sembrava essersi calmato.
-Elliott.-
-Chi?- insistette.
-Il mio ragazzo-
-Possiamo chiamarlo?- chiese Zayn.
-Sì- concordò Harry - così ce ne racconta altre!-
-Credo che a quest'ora stia già dormendo- mormorai, guardando l'orologio. Mezzanotte emmezza.
-Anche io ho dovuto lasciare a casa la mia Hannah- mi disse Louis, come se volesse consolarmi. Di sicuro sapeva che era doloroso lasciare a casa qualcuno che si ama. Questo pensiero mi strappò il sorriso dalle labbra e pensai ad Elliott e a quanto già mi mancasse.
-E non solo...- continuò Louis, riportandomi alla realtà.
Mi girai verso di lui -Cosa?-
Sospirò -Ho dovuto lasciarla letteralmente, anche se ancora la amo.-
-E perchè l'hai fatto?- chiesi, dispiaciuta. Gli altri ragazzi ascoltavano la nostra conversazione.
-Non avrebbe potuto aspettarmi così a lungo. E' questione di mesi, non credo che potremmo stare in sieme. Le relazioni a distanza non funzionano.-
Le sue frasi mi fecero riflettere. E se Elliott la pensava come Louis? Io, sinceramente, non c'ero mai arrivata, ma magari aveva ragione. Ma in quel momento non volevo neanche pensarci.
Ci fu un lungo momento di silenzio e Louis si avvicinò al mio orecchio.
-Giochiamo a 'obbligo o verità',- soffiò sulla mia guancia -vuoi conoscere la mia tecnica?-
Annuii, incuriosita.
-Nel primo round chiederò ai nostri cari amici di rivelarci qualche segreto, magari potrei farmi dire quali sono le loro paure più grandi. Nel secondo round farò in modo che scelgano l'obbligo e potrei fargli fare qualcosa che li intimorisca-
Sorrisi, divertita dalla sua... strana furbizia.
-Cosa state confabulando voi due?- era Harry.
Louis mi scambiò un sorriso malizioso alzando ed abbassando le sopracigglia, prima di dire -Giochiamo a 'obbligo o verita'!-
Fece girare la bottiglietta di plastica vuota che tenva in mano da tutto il pomeriggio. Il boccale era puntato verso Zayn.
-Zayn! Dimmi un po'... qual'è la tua più grande paura?- chiese Louis, scambiandomi un'occhiata complice.
Zayn sembrò pensarci su per molto. - Ho paura dell'acqua. Non so nuotare-
-Beh, suppungo che dopo dovrei insegnarti io a nuotare- disse Lou, strizzandogli l'occhiolino.
-No! Non...- iniziò Zayn, ma non riuscì a finire, dal momento che Louis lo stava ignorando. Questo non fece altro che provocare risate da parte nostra.
-Uh, Sam!- gridò Louis -La mia botiglietta è attratta da te!-
Le risate di Niall non cessavano e questo non faceva che farmi sorridere.
-Svelaci qualcosa di... imbarazzante. La cosa più vergognosa che ti è successa-
-Il primo giorno di scuola media mi sono fatta la pipì addosso- dissi tutto di un fiato. Ci furono risate da parte dei ragazzi, intanto le mie guance si tingevano di rosso.
Poi arrivò il momento degli obblighi. Louis obbligò Zayn a entrare e uscire dalla piscina, il chè lo spaventò molto, ma la sua espressione era talmente buffa quando uscì dall'acqua che non riuscii a trattenermi dal ridere, come gli altri. Liam fu obbligato a mangiare un po' di panna montata a spray da un cucchiaio. Era alquanto strano, ma nella fase 'verità' ci confessò la sua paura per i cucchiai.
Andammo avanti così per un'oretta. Poi entrammo in casa, eravamo stanchi, così decidemmo di andare a dormire. Il 'dormitorio' era una piccola stanza, dotata di un letto matrimoniale, un divano e una poltrona dall'aria comoda. Le pareti, ovviamente, erano in legno. Per terra c'era un tappeto persiano dai vari colori. Mi piacque subito quella stanza. Ho sempre adorato i posti rustici, li trovavo così accoglienti.
-Io mi prendo il letto- esclamai, buttando la mia valigia su di esso.
-E io dove dovrei dormire?- mi chiese Harry.
-Noi- lo corresse Niall -dove dovremmo dormire?-
Feci spallucce -Per terra, forse... Vado un attimo in bagno-
Quando tornai in camera, non vidi nessuno. La stanza era vuota, priva di cinque pazzi ragazzi.
-Liam? Harry?- li chiamai -Ragazzi?-
Qualcosa mi colpì il fondoschiena e sentii della risatine provenire dietro di me. Mi girai con una finta espressione infuriata, ma un cuscino mi arrivò dritto in faccia. Fulminai con lo sguardo Harry, supponendo che fosse stato lui a tirarmi una delle cuscinate. Smise all'istante di ridere.
-Bambini cattivi!- esclamai.
Non riuscii a trattenere una risata.
-Se davvero vuoi il letto, lotta per averlo!- gridò Harry. 
Afferrai la prima cosa che mi capitò tra le mani, il cuscino della poltrona, e lo lanciai in direzione dei ragazzi. E fu così che iniziò la 'guerra dei cuscini'. Il mio cuscino colpì in pieno viso Niall, che ancora non smetteva di ridere. Lui si fece serio e incominciò a rincorrermi per la stanza, mentre gli altri si prendevano a cuscinate. Ci stavamo divertendo come bambini. Ci sentivamo bambini. La battaglia si spostò sul letto. Saltavamo su di esso come se fosse un tappeto elastico. Chissà cosa direbbe la madre di Harry se ci vedesse, pensai con un sorriso stampato in faccia, mentre saltellavo sul letto con un cuscino in mano.
Harry era vicino a me che lottava contro Liam e mi sembrò un bel momento per coglierlo di sorpresa e, finalmente, per prendermi il letto.
-Harry!- gridai, per distrarlo.
Lui si girò verso di me, dalla sua espressione sembrava preoccupato. Poi, però, spalancò gli occhi, capendo di essere stato fregato. Ovviamente lo capì dal mio sorriso malizioso. Col cuscino che tenevo in mano, lo spinsi giù, sul letto. Lo placcai, più che altro, come i giocatori delle squadre di rugby che Alex vedeva in televisione. Beh, non proprio in quel modo, perchè non è che avessi tutta quella forza. Harry cadde comunque sul letto, ma prima di toccare il materasso con la schiena, afferrò il mio polso, trascinandomi giù. Mi ritrovai a cavalconi su di lui, le mani poggiate sul materasso ai lati della sua testa.
-Ho vinto- mormorai. -La prossima volta stà più attento, ricciolo.-
E mi stesi, esausta, sul letto.
 
 
_
Non so come chiedervi scusa. Questo capitolo l'avevo finito già da un po' di tempo, ma non ho mai avuto il tempo di finirlo e pubblicarlo. Spero che riusciate a perdonarmi. Appena finirò gli esami di terza, non farò altro che scrivere e pubblicare. I promess. Scusatemi se trovate errori. Baci, baci :* <3
Sof.

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Capitolo 6
*** 6 ***


                                        Torn

Il mese prima della Home Visit passò molto in fretta e stavamo volando verso la lussuosa villa di Simon, giù in Spagna. Avevamo scelto Torn di Natalie Imbruglia come canzone: pensavamo che fosse una canzone adatta a un gruppo. E provammo tutti i giorni per una, due, quattro, dieci ore. Era faticoso, sì, ma allo stesso tempo divertente. Io vivevo per il canto, perciò non mi stancavo mai, come gli altri. Avevo già instaurato un bel rapporto con i ragazzi; tutti stavamo imparando a conoscerci, quindi l'idea di Simon era stata più che intelligente. Come gruppo, come One Direction, dovevamo conoscerci e diventare come fratelli. Questo era il posto giusto per unirci.
Ero seduta sul sedile dell' aereo che ci avrebbe portato in Spagna, intenta ad aprire un pacchetto di patatine. Stavo ascoltando sull' iPod Rehab di Amy Winehouse a tutto volume. Un auricolare era infilato nel mio orecchio destro, l'altro in quello di Zayn, alla mia sinistra. La confezione non aveva intenzione di aprirsi.
-Fanculo- imprecai all'ennesimo tentativo di aprirla.
Qualcuno afferrò il pacchetto che stavo torturando. Mi girai: Niall lo aprì con un gesto naturale e me lo porse.
-Grazie-. Si trovava dietro di me; avevamo scelto i posti accanto al finestrino, dato che erano tre per fila, così nessuno di noi sarebbe rimasto solo. Ero seduta tra Zayn e Harry, gli altri erano dietro. Davanti a noi, invece, c'era la troupe televisiva di Xfactor che avrebbe filmato e registrato tutto. Beh, forse non proprio tutto.
-Posso averne una?- chiese Niall.
Alzai gli occhi al cielo, sorridendo. Niall era tra quelli che avevo conosciuto meglio durante quelle settimane, e forse anche Harry. Su Niall avevo imparato che, quando avevo qualcosa di buono da mangiare in mano, sarei dovuta stargli alla larga, altrimenti l'avrebbe divorato.
Allungai il pacchetto dietro di me e quando lo ritirai, rimanevano solo alcune patatine. Mi girai di nascosto verso di lui e capii che se le era rovesciate sulle gambe. Per fare prima, pensai, provando a immedesimarmi in lui.
Mi girai verso Harry e lo vidi muovere le labbra. Poi capii che mi stava parlando: non riuscivo a sentire a causa dell' iPod. Infatti, lui si girò verso di me, in attesa di una risposta.
-Cosa?- chiesi, togliendomi la cuffietta.
-Ho paura di dimenticarmi le parole-
-Non te le dimenticherai, abbiamo provato milioni e milioni di volte- lo rassicurai.
-Lo spero- mormorò, con aria preoccupata.
Harry corrugò leggermente le sopracciglia, scrutandomi gli occhi.
-Che c'è?- chiesi, un po' imbarazzata.
-Sbaglio o... Sbaglio o hai un occhio verde e l'altro azzurro?-
Ecco, pensai, se n'è accorto anche lui. Ma è così evidente? Una cosa che davvero mi metteva in imbarazzo erano i miei occhi. L'iride sinistra era verde, quella destra azzurra. Era strano e insolito, una cosa di cui mi vergognavo abbastanza. Mia madre aveva gli occhi blu. Quelli di mio padre non li scorderò mai: aveva gli occhi verde chiaro e, se si faceva attenzione, vicino alla pupilla c'erano varie macchioline marroncine. La mia doveva essere stata una specie di fusione. Ma cosa potevo farci? Mettere le lenti a contatto?
-Oddio,- sussurrai -si vede così tanto? Sono così buffi!-
Harry rise. -Non sono buffi. Sono bellissimi-
-Cosa?- s'intromise Zayn, adesso che era finita Rehab, la canzone.
-Guarda i suoi occhi. Uno è verde e l'altro azzurro.-
-Davvero?- disse Louis dietro di noi.
E così in un batter d'occhio i miei nuovi amici vollero vedere quanto buffi fossero i miei occhi. Lanciai un'occhiataccia ad Harry per aver diffuso quella buffa notizia, ma lui sembrava essere divertito.
 
                                                              ***
Aspettavamo, impazienti, davanti alla villa di Simon. Eravamo arrivati in Spagna da un paio d'ore. Stavamo aspettando Louis, che era finito al pronto soccorso, perchè facendo lo stupido si era fatto male a un piede. Seduta sugli scalini dell'entrata, facevo dondolare la bottiglietta d'acqua tra le mie mani.
-Louis!- gridò Niall. Mi tappai l'orecchio destro per il tono di voce con cui aveva urlato il suo nome. Poi alzai la testa e vidi Louis che zoppicava verso di noi. Harry gli corse in contro e noi facemmo lo stesso, abbracciandolo e, successivamente, lo aiutammo ad entrare nella villa. Il cuore mi stava letteralmente martellando il petto, sentivo i battiti rimbomarmi nelle orecchie. Un uomo ci guidò nel bel mezzo del giardino della villa. Su uno sgabello sedeva un'altro uomo con una chitarra in mano. C'era un piscina bellissima e un gazebo faceva ombra sopra la testa di Simon. Ero così nervosa, così agitata che neanche mi accorsi che qualcuno mi aveva messo un microfono in mano.
La troupe televisiva di Xfactor stava già rimprendendo tutto. Simon chiese a Louis cosa gli fosse successo al piede e, dopo un sincero 'buona fortuna', il chitarrista cominciò a suonare sulle note di Torn. Liam fece un passo avanti, verso il giudice, cantando la prima strofa della canzone. Le mani tremavano, sudavano e io avevo paura di far cadere il microfono che tenevo in mano. 'E se lo faccio cadere? Farei una figuraccia davanti tutta l'Inghilterra', pensai. Strinsi forte il microfono.
Io avrei cantanto la seconda voce di Harry, ovvero il ritornello e il suo pezzo si faceva sempre più vicino. Il cuore in gola, le gambe tremanti. Mi feci coraggio e chiusi gli occhi, lasciando che la magia della musica mi travolgesse.

Nothing's fine I'm torn
I'm all out of faith, this is how I feel
I'm cold and I am shamed
Lying naked on the floor
Illusion never changed
Into something real
I'm wide awake and I can see the perfect sky is torn
You're a little late I'm already torn


Quando finimmo di cantare, ci fu un piccolo momento di silenzio.
Simon ci sorrise e disse semplicemente  –Ci vediamo dopo.-
Ero leggermente preoccupata, anche se non avevo sbagliato a fare la seconda voce di Harry nella seconda strofa. Insomma, avevamo cantato bene.
Andammo sul lato della Villa, ci trovavamo sempre nel bellissimo giardino di Simon. Quando vidi Dermot non esitai ad abbracciarlo; intanto la troupe televisiva stava registrando e filmando tutto.
Il resto della giornata passò lentamente. Le ore del pomeriggio furono lunge e strazianti e io non vedevo l’ora che fosse l’indomani, così Simon ci avrebbe detto se eravamo dentro o no.
In albergo, infatti, non riuscii a dromire: continuavo a muovermi nel letto.
-Sam- sentii la voce di Niall.
-Mmm?- mi girai nel letto e incontrai il suo sguardo, nel buio.
-Non riesci a prendere sonno, vero?-
-No, per niente-
-Neanch’io. Continuo a pensare a domani. E se dicono di no? Cosa succederà poi? Rimarremo lo stesso una band?-
-Credo che sarà un po’ difficile- era Louis che parlava, avevamo svegliato anche lui. –Viviamo tutti e sei in città diverse, come faremo a incontrarci per le prove?-
Louis aveva ragione. Se Simon avesse detto di no, la band si sarebbe sciolta e dovevo ammettere che mi ero già affezionata parecchio ai ragazzi. Perciò, lasciarli non sarebbe stato tanto facile.
Alla fine, riuscimmo finalmente a dormire.
La mattina dopo ci alzammo presto, nessuno parlava molto, per l’ansia, e nell’aria la tensione era palpabile.
Arrivati alla villa di Simon, ci fecero aspettare fuori e, nel frattempo, la troupe televisiva ci intervistò. Harry, tra noi, fu quello che riuscì ad esprimersi meglio alle telecamere, intanto le mie mani cominciavano già a tremare e il cuore a battere forte.
Arrivò il nostro turno, Simon aveva già finito di parlare con i componenti della band ‘Princes&Rogues’, e ci avviammo nel grande giardino verde. Dietro la piscina, Simon sedeva sotto il solito gazebo, gli occhi fissi su un mucchio di fogli. Al nostro arrivo, ci salutò e cominciò a farci un discorso e farci i complimenti per la nostra esibizione.
Poi arrivò il momento, Simon studiava le nostre espressioni: ansiose, tese, impazienti. Le mani mi tremavano troppo, sembrava avessero degli spasmi, perciò dovetti stringere di più le spalle di Zayn e Liam.
-Lo facciò col cuore- disse Simon.
Trattenni il respiro, nel silenzio.  Non ce l’abbiamo fatta, pensai.
-Siete dentro-
Ricominciai di nuovo a respirare, solo quando il nostro abbraccio si sciolse. Poi ci buttammo su Simon e solo allora mi accorsi che stavo piangendo. Mi asciugai le lacrime e corsi ad abbracciare Liam, che aveva un’espressione più che sorpresa sul volto. Ancora non riusciva a crederci, come me, come gli altri.
Poi uscimmo dalla villa. Il braccio di Harry attorno alla mia spalla, il cuore che non aveva smesso di battere così forte.
 
Non ero mai stata tanto felice.

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Capitolo 7
*** 7 ***


                                      Tre anni dopo.




28 luglio 2013

 
Con un movimento unico della mano, Lou finì di torturarmi le sopracciglia. Gridai, facendo sobbalzare Lydia, che stava messaggiando col telefono sul divano, nella stanza dell’albergo che avevo prenotato insieme a Lou e alla sua famiglia.
-Scusa, ma prima del concerto non ho tempo per sistemartele- si scusò Lou, chiudendo la borsetta che conteneva tutti i cosmetici.
-Sapete dov’è Cal?- mi rivolsi a loro, con uno sbadiglio. Mi ero alzata ormai da un paio di ore e avevo ancora addosso il pigiama, che era costituito solo da una leggera canotta e i boxer.
-Credo che sia uscito con Harry. Ha detto che avrebbero mangiato qualcosa fuori- rispose Lydia senza staccare gli occhi dal telefono.
-Ma lui mi aveva promesso che avrebbe mangiato qualcosa con me, non con Harry-
Lou fece spallucce, inarcando le sopracciglia.
Sbuffai, alzando gli occhi al cielo. Era da quasi due settimane che volevo uscire a mangiare qualcosa con Cal, lo trovavo molto rilassante. Stare con lui mi tranquillizzava; mi dimenticavo per un po’ di tutti i problemi, dello stress, del tour. Non che non mi piacesse essere in tuor, ma le ore disponibili che avevo per dormire o per la privacy erano poche. In quel momento avrei soltanto desiderato fare quattro chiacchiere con Cal, ma Harry mi aveva fregato il posto.
Decisi di uscire, magari Niall avrebbe avuto un po’ di tempo per me. Mi cambiai in fretta e mi truccai appena. Afferrai la borsa e informai Lydia e Lou che andavo al tour bus.
Poco prima di uscire dalla stanza, Lou mi fermò –Sam?- mi bloccai, una mano stretta attorno alla maniglia della porta -Paul, Preston e Jag vogliono parlarvi, prima del concerto, dopo il soundcheck-
-Di cosa? C’è qualche problema?-
-Syco Music. Sai, le solite cose-
Le salutai e mi affrettai a raggiungere Niall. Mi sorprendeva il fatto che volessero parlarci; l’ulitma volta che c’era stata una riunione simile, era stata a causa delle Larry shippers ed era successo un po’ di tempo prima. Louis non ne era affatto felice, perchè non avrebbe più potuto stringere la mano a Harry o stargli troppo vicino, nemmeno dargli una pacca sulla spalla, come farebbero due semplicissimi amici. Dovevo ammettere che non sempre Louis e Harry rispettavano le regole.
Il tour bus si trovava in un parcheggio abbastanza grande e riservato. Trovai Jerry e il resto delle boyguards chiacchierando accanto al bus e Zayn che stava fumando, ma non vedevo Niall.
-Zayn- lo chiamai. Il ragazzo mi dava le spalle.
Si girò lentamente e incontrò il mio sguardo –Ehi, Sam.
-Hai visto Niall?-
Indicò il bus con il pollice sinistro dietro di lui, dove si trovava il bus –Dorme ancora.
-Lo sveglio io.
-Fai pure, tanto è inutile- sbuffò.
Lo ignorai ed entrai nello stretto corridoio del bus, circondato dalle nostre ‘cucce’, come le chiamava Lux. Niall dormiva appollaiato sul letto più in basso, il suo telefono sul cuscino, accanto alla testa e le cuffiette erano ancora infilate nelle orecchie. Evidentemente si era addormentato con la musica, suo solito. Il braccio destro penzolava, inerte, fuori dal letto.
Mi inginocchiai accanto a lui. –Niall- sussurai scuotendogli una spalla. Non si mosse.
-Niall- lo chiamai con un tono più forte.
-E’ inutile, te l’avevo detto- disse una voce annoiata, alla mia destra. Mi girai e vidi che Zayn era appoggiato a un armadietto rosso, all’entrata del bus, le braccia incrociate sul petto.
-Vuoi vedere?-
Mi guardò con aria di sfida e io posai di nuovo lo sguardo su Niall. Notai una macchiolina di bava sul cuscino, accanto alla sua bocca socchiusa. Sorrisi, divertita.
Afferrai il suo telefono e, dalla playlist, scelsi una canzone a caso. Mentre Mirrors di Justin Timberlake partiva, alzai il volume al massimo. Niall si alzò di scatto sui gomiti, imprecando e facendo sbattere la testa sul letto sopra di lui. Io e Zayn scoppiammo in una fragorosa risata, mentre il biondo si massaggiava la testa.
-Siete dei bastardi- borbottò Niall.
-Io non ho fatto niente, ‘sta volta- replicò Zayn, senza smettere di sogghignare. –A proprosito, Sam. Trovata geniale-
-Te l’avevo detto- usai lo stesso tono che aveva usato lui prima.
Niall sembrava perplesso –Ma di che diavolo state parlando?- Zayn uscì dal bus, ridacchiando.
-Lascia perdere- risposi –ora cambiati che usciamo.
-Dove vuoi andare?
-A mangiare qualcosa e tu verrai con me.
-Ma è presto, hai visto che ore sono?- replicò Niall, mentre si massaggiava la testa.
-Sì, e tu no. E’ l’una passata, muoviti che ho fame.
Sbuffò e si infilò sotto le coperte. –Portati dietro Zayn, io ho ancora sonno.
-Zayn sta ancora facendo il ramadan, sai che non può mangiare- quella frase ormai suonava come una cantilena, dopo tutte le volte che gliel’avevo ripetuto.
Sentii Niall sbadigliare.
-Come ti sentiresti se ti obbligassi a non mangiare per un mese e un giorno ti portassi in un bel fast food e mangiassi un succulento hamburger davanti al tuo naso?
-Non lo so.
-Te lo dico io. Ti sentiresti offeso e, forse, umiliato.
-Può darsi- ammise lui. –Però io ti strapperei l’hamburger dalle mani e lo mangerei davanti al tuo di naso.
Alzai gli occhi al cielo –Ma non puoi, se stai facendo il...-
-Il ramadan?- Finì la mia frase. –Sbaglio o è roba da musulmani?
Aprii la bocca per parlare, ma, in quel momento, Niall riemerse dalle coperte e mi rivolse un sorriso malizioso. –Tesoro, mi dispiace informarti che sono cristiano, in caso tu non te ne sia accorta.
Sbuffai e mi accasciai sul pavimento: mi ero arresa. Niall si mise a sedere sul letto.
-Comunque mi hai fatto venire fame con questa storia del ramadan e dell’hamburger. Dov’è che si trova questo bel fast food?- chiese, imitando le mie parole.
Il mio sguardo si illuminò e, capendo che avrebbe accettato il mio invito, mi alzai, precipitandomi su di lui. Gli stampai un bacio sulla guancia –Grazie, grazie, grazie!
-Sì, certo, figurati- farfugliò, confuso.
-Il bel fast food è dietro l’angolo, lo raggiungeremo benissimo a piedi.
-La piantate di fare casino?- mormorò una voce impastata sopra la mia testa. Alzai lo sguardo, la voce proveniva dal letto dove Niall aveva sbattuto la testa. La tendina che lo nascondeva era completamente chiusa. La scostai, e i pochi raggi del sole che filtravano dal parabrezza illuminarono la faccia assonnata di Liam.
-Ma che...?- balbettó ancora.
-Andiamo a mangiare in un bel fastfood un hamburger succulento e Zayn non può venire, perchè sta facendo il ramadan- disse Niall, tutto d'un fiato. Io e Liam lo squadrammo, perplessi, e lui scrollò le spalle. Si stava infilando i pantaloni. -Altrimenti si sentirebbe offeso e, forse, umiliato- concluse, facendomi il verso.
Rivolsi la mia attenzione a Liam, che aveva chiuso di nuovo la tenda. La scostai un'altra volta. -Vieni anche tu?- chiesi.
-Dammi solo cinque minuti.
Quando mi girai, Niall aveva già finito di cambiarsi; si stava sistemando i capelli, davanti uno specchio. Notai che in mano aveva gli occhiali da sole. Stava per metterli, ma io fui piú veloce di lui: glieli strappai dalle mani e mi affrettai ad uscire dal bus, mentre li indossavo.
Il fast food che avevo adocchiato si chiamava 'Taco Bell' e, fortunatamente, non era tanto affollato.
-Ma non si chiamava ‘Il Bel Fast Food’?- chiese Niall, osservando l’insegna del ristorante. Alzai gli occhi al cielo ed entrai.
Ci sedemmo in un tavolo all'angolo del locale, tanto per non dare troppo nell'occhio, ma qualcuno cominciava già a notarci. Ordinammo una porzione di nachos da mangiare insieme, che arrivò subito: erano deliziosi.
-Di cosa dovranno parlarci?- chiese Niall, all’improvviso.
-Parlarci? Chi?- Liam sembrava confuso.
-Non ti hanno detto che dobbiamo riunirci oggi?
-No. E quando?- continuò Liam.
-Dopo il soundcheck.
-Comunque,- aggiunsi –non so bene di cosa devono parlarci.
-Beh- disse Liam –l’ultima volta che abbiamo fatto una riunione simile, non è andata a finire tanto bene.
Mi ricordai del viso sconvolto di Louis e Harry sembrava quasi offeso. Nessuno di noi aprì bocca, finchè Louis uscì dalla stanza, sbattendo la porta.
-Spero che non sia ancora per quella roba delle Larry shippers, non...- m’interruppi vedendo Niall fissare qualcosa dietro di me, alle mie spalle. Io e Liam ci girammo nello stesso momento e notammo immediatamente la folla che, man mano, stava aumentando, fuori dal locale. Riuscivo a vedere ragazze che ridevano e gridavano i nostri nomi, tutte avevano il cellullare rivolto verso di noi.
-Merda- imprecai e mi girai, incorciando lo sguardo di Niall. Il suo volto sembrava tranquillo, ma nei suoi occhi trapelava della rabbia.
-Sam,- disse con la voce ferma –come diavolo ti è venuto in mente di venire qui senza Paul o Jerry o Al?
-Dovevo pensarci proprio io?- ero piuttosto infastidita.
-Be’, l’idea di venire a mangiare qui è stata tua.
-Ma io te l’ho solo proposto, non eri obbligato a venire- poggiai il nacho che stavo per mangiare nel piatto.
-Ragazzi smettetela- ci fermò Liam. –Ora dobbiamo vedere se c’è un’altra uscita. Tipo quella per gli addetti.
-Ma possiamo uscire anche da...- iniziai.
-Dall’uscita principale?- Niall terminò la mia frase. –Non credi che ci sia un po’ troppa gente?- il suo sguardo non era cambiato. Mi girai ad osservare la folla. Quando riportai la mia attenzione sui ragazzi, Liam si era alzato e stava avanzando verso il bancone da bar. Io e Niall lo osservammo mentre chiedeva qualcosa al barista. Ritornò dopo poco.
-Mi hanno detto che c’è un’altra uscita, accanto ai bagni- disse Liam tutto d’un fiato. –Andiamo?
Mentre uscivamo dall’uscita posteriore del locale, Niall mi lanciò un’occhiataccia. –Per colpa tua non sono riuscito a finire di mangiare.
-Sta’ zitto.
-Anzi, a dir la verità, non ho nemmeno iniziato.
-Oh, Niall- disse Liam con un tono insofferente –Non fare il bambino, non è colpa sua se sono troppo famoso e bello da attirare tutte quelle ragazze.
-Proprio.
Quando tornammo al bus, mi accorsi che Lou e gli altri avevano lasciato l’hotel ed erano venuti al parcheggio. Probabilmente, ci stavano aspettando per andare all’arena. Ci avvicinammo e mi accorsi che, accanto a Louis, c’era Eleanor. La sera prima, quando era arrivata, non l’avevo salutata, perchè era già scappata in hotel con Louis. Corsi ad abbraciarla e la salutai. Poi mi avvicinai ad Harry e, senza degnarlo di uno sguardo o una parola, afferrai la bimba dalle sue braccia e inziai farle il solletico.
-Ma di chi è questa bella bimba? Di chi è?- esclamai con un tono di voce che usavo solo con lei. –E’ mia, solo mia!
Lux ridacchiò, dimenandosi tra le mie braccia.
-No- borbottò Harry –Lei è mia.
Lo ignorai completamente, girandomi dalla parte opposta, dandogli le spalle. Ero arrabbiato con lui e con Cal, che mi aveva promesso di mangiare qualcosa con me. Harry faceva il furbo e mi fregava sempre il posto, perciò non riuscivo mai a fare quattro chiacchiere con lui.
Il ragazzo riccio entrò di nuovo nel mio campo visivo. –Buongiorno, Sam.
Distolsi lo sguardo e ricomionciai a fare le coccole a Lux.
-Sam?
Gli lanciai un’occhiata impaziente –Cosa c’è?- Sapevo di essere antipatica, usando quel tono, ma ero solo stanca dello sfacciato comportamento di Harry, soprattutto nei miei confronti.
-Ti ho solo salutata- alzò le mani, innocente.
-Ah. Ciao- dissi, fredda.
In quel momento arrivò Lou, le mani tese verso la figlia. –Grazie, Sam- sorrise –E’ l’ora del bagnetto, per Lux. Poi si parte- disse la giovane donna, portando Lux dentro il bus, lasciandomi sola con Harry.
-Cos’è successo? C’è qualcosa che non va?
-Non c’è niente che non va.
-Si parte!- gridò Al, sventolando le braccia in aria. Salii sul bus, insieme a tutti gli altri, e mi sedetti sul divanetto rosso. Harry fece lo stesso e con un ginocchio colpì il mio –Non mentirmi.
-Sì, Sam, non mentirgli. Digli come mi hai rovinato il pranzo- disse Niall, fingendosi arrabbiato.
Ridacchiai nervosa, afferrai il cuscino e lo lanciai contro di lui.
-Sam- continuò Harry, incrociai il suo sguardo –Cos’è successo?
-Niente, è solo che...
Lui alzò le sopracciglia –Cosa?
-Tutte le volte che vorrei uscire con Cal a fare quattro chiacchiere, ci sei sempre di mezzo tu.
Sembrava sorpreso –Ehi, così mi offendi.
-No, non voglio offenderti, ma...
Harry appoggiò le gambe sopra le mie, stendendole. Poi incrociò le dita dietro la sua testa e mi sorrise. –Sei comoda.
-Harry, ti puzzano i piedi- esclamò una voce, al mio fianco, facendo provocare la risata di Niall e Louis. Mi girai e mi accorsi che Gemma sedeva vicino a me.
-Grazie- rispose il ragazzo. Poi mi rivolse di nuovo l’attenzione. –Visto che vuoi fare quattro chiacchiere con Cal, perchè non domani? Abbiamo la giornata libera. Nessun concerto.
In effetti, non era una cattiva idea. Avrei potuto benissimo passare il pomeriggio seguente con Cal.
-Non credo- s’impicciò Niall. Continuavo a guardare Harry e lui non distoglieva lo sguardo. -Domani, quando arriveremo a San Jose, devi andare a prendere Jamie all’areoporto.
Me n’ero quasi dimenticata: il giorno seguente Jamie e io avremmo passato del tempo insieme, quindi non sarei potuta uscire con Cal.
-Non mi dire che l’hai dimenticato- disse Zayn, come per dire ‘Allora devi proprio essere stupida’.
-No, no- balbettai.
Vidi Harry inarcare un sopracciglio e sorridere maliziosamente –Invece sì. La nostra Sam era troppo impegnata per pensare al suo caro ragazzo.
-Non dire così. E’ ovvio che non l’ho dimenticato e...-
-Io glielo dirò!- esclamò Harry, con aria di sfida –Gli dirò che pensavi a me, invece di pensare a lui- scherzò.
-Ma cosa dici?- intervenne Niall –E’ da tre anni che Sammy non la smette di pensare a me.
-Ti piacerebbe- replicò Harry mostrandogli la ligua.
-Ti piacerebbe- ripetè la piccola Lux, avvicinandosi a noi.
-Vieni qua, birichina- mormorai, mentre la facevo sedere sulle gambe di Harry, davanti a me. Aveva i capelli i umidi e indossava una magliettina rosa e bianca. –Sei così bella che ti mangerei.- Le diedi un leggero morso, stando attenta a non farle del male.
Quando alzai lo sguardo, il cellullare di Harry era rivolto verso di me. Mi ci vollero un paio di secondi per capire che mi stava filmando. –Smettila di filmarmi, idiota- esclamai, ridendo e dandogli un leggero pugno sulla spalla.
-Vine- sussurrò Harry, quando ebbe finito.
Zayn si divertiva -Ma che novità.
 
 
Battevo ripetutamente il piede sulla piccola scrivania di fronte a me, segno del mio nervosismo. Non per il concerto e neanche per il fatto che il giorno dopo avrei rivisto Jamie, no. Il soundcheck era finito e l’arena cominciava a riempirsi. Ero nervosa perchè nessuno di noi sapeva cosa voleva comunicarci la Syco. I ragazzi chiacchieravano del più e del meno attorno a me, ma non seguivo i loro discorsi: ero persa nei miei pensieri.
Louis, di fianco a me, mi bloccò all’improvviso la gamba, per impedermi di battere di nuovo il piede contro la scrivania –Sam, smettila. E’ fastidioso.
Lou sembrava nervoso quasi quanto me, glielo leggevo negli occhi. Immaginai che fosse agitato perchè, forse, pensava che dovessero parlarci di lui ed Harry.
Sbuffai, esausta, e mi allungai a guardare l’orario sul cellullare che Zayn teneva in mano, alla mia destra. –Sono passati ormai quindici minuti, quanto ci mettono ad arrivare?
-Si saranno persi- bofonchiò Zayn, senza alzare lo sguardo e, in quel momento, la porta si spalancò e Preston, Paul e Jag fecero irruzione nella stanza.
I tre uomini evitarono di arrivare dritti al punto e cominciarono a scherzare e chiacchierare, cercando in qualche modo di tranquillizzarci. Louis, però, sembrava essersi stancato di queste chiacchiere inutili e interruppe Preston nel bel mezzo di una frase con un movimento veloce della mano –Scusate, ma... di cosa volevate parlarci? Qual’è il problema? E’ ancora per la storia della bromance?
-No, Louis. Tu non c’entri niente- lo rassicurò Paul, raddrizzandosi sulla sedia.
Louis non parlò di nuovo, ma notai, con la coda dell’occhio, che le sue spalle si rilassarono.
-Perchè, io sì?- chiese Harry, all’improvviso interessato –Io c’entro qualcosa?
-Sì, è esatto- confermò Jag.
-Oh, andiamo!- esclamò Harry, alterato. –Non credo di essermi comportato in modo sbagliato, in questo periodo. Non sono stato scortese con le fan e ho cercato di mantenere la ‘dovuta distanza’ con Louis. E credo di avere dei testimoni, qui- concluse con un gesto della mano, indicandoci.
Nessuno di noi ragazzi aprì bocca.
-Harry- il tono di voce di Paul era fermo –Non arrabbiarti, non c’entri solo tu in questa faccenda. Il direttore della Syco ci ha chiesto di parlarvi, perchè c’è una nuova coppia, tra voi, che le fan, da qualche mese, stanno cominciando ad incitare.
-Siamo io e Zayn, non è vero?- disse Liam, provocando la sonora risata di Niall.
-No. Si tratta di Sam e di Harry.
Il mio cuore perse un battito e i nostri sguardi si posarono in contemporanea su Paul.
-Cosa?!- Harry aveva un’espressione incredula sul volto.
-E’ impossibile- balbettai. –Voglio dire, come... com’è successo? Io non... io ed Harry non...-
-Non stiamo insieme- Harry terminò la mia frase.
-Questo lo sappiamo- esclamò Niall, come se fosse una cosa ovvia. E lo era.
-Harry. Sam. Anche se non state insieme, non vuol dire che le fan lo pensino davvero- Paul continuava a tenere un tono di voce calmo. –Molte di voi sperano e credono che tra voi ci sia qualcosa.
-Sì, infatti- ammise Harry –Siamo amici.
-Non essere stupido, Harry. Lo puoi capire meglio di noi- disse Preston –Le fan credono in qualcosa di intimo, tra voi due.
-Non tutte le fan, ovviamente- aggiunse Jag.
-Guardate qui- Paul ci allungò il suo tablet, da sopra la scrivania. Ci fece vedere molte foto e fotomontaggi e disegni che raffiguravano me e Harry, stretti in un abbraccio amorevole, uniti in un bacio passionale. –Ci sono anche molti video. Insomma, le directioners hanno cominciato a pensarlo perchè, dalle foto, si vede che passate molto tempo insieme.
-Ma non è vero!- sbottò Harry –Sono tutte bugie!
-E torniamo al punto di partenza- sbuffò Jag –Anche se diceste alle fan che voi non avete nessun tipo di relazione, loro non vi crederebbero mai. Sono testarde.
Ci fu un breve momento di silenzio imbarazzante che mi sembrò interminabile.
-Quindi?- sussurrai, spezzando quel fastidioso silenzio. I ragazzi puntarono lo sguardo su di me.
-Quindi,- rispose Paul –il direttore della Syco vi obbliga a mantenere una discreta distanza l’uno dall’altra, in pubblico. Mi dispiace.-
Era tutto ciò che temevo.
-Non è vero, non posso crederci- bofonchiava Harry.
-Tutto... tutto questo è ridicolo. Voglio dire, io ed Harry non stiamo insieme, non potremmo mai stare insieme. Io ho un ragazzo, Jamie è il mio ragazzo. Come diavolo potrei avere una relazione con Harry?
Evidentemente, dovevo avere un espressione disgustata sul volto, perchè otto paia di occhi mi guardavano in un misto di sorpresa e perplessità.
Per un momento, Harry mi sembrò offeso, ma la sua espressione cambiò subito. Nei suoi occhi trapelava rabbia e mi sorpresi, perchè non mi aveva mai guardata in quel modo. –Ma certo!- esclamò con una smorfia –Samantha ha un ragazzo. Jamie Campbell Bower è il suo ragazzo. E’ uno strafigo, biondo e simpatico ragazzo londinese- sputò lui. Aveva usato le stesse parole che usai io la prima volta che parlai di Jamie ad Harry, esattamente sei mesi prima, quando cominciavamo a fare sul serio. Mi sorpresi che se le ricordasse ancora. Avevo descritto Jamie esattamente così.
Calò di nuovo silenzio nella stanza ed io non sapevo cosa dire; come scusarmi con Harry?
Fu proprio lui a rompere il silenzio, dicendo –E’ tutto chiaro: d’ora in poi, distanza.
Uscì dalla stanza, sbattendosi la porta alle spalle. In quell’esatto momento, i ragazzi, che non avevano spiccicato parola per tutto il tempo, iniziarono a prendersela con la Syco, imprecando e discutendo. Io ascoltavo, seduta in silenzio, ma era come se non lo facessi davvero. Continuavo a pensare a come Harry poco prima mi aveva guardata e a come aveva pronunciato il mio nome con tanto disprezzo. Non mi chiamava mai Samantha, nessuno mi chiamava così. L’unica persona che lo faceva era mia madre, quando combinavo qualche guaio e lei mi rimproverava.
-Stiamo scherzando? Prima con Louis e adesso con Sam?
-Non si può andare avanti così, questa fottutissima Syco ci sta dividendo.
-Già, arriveremo al punto di dover mantenere almeno dieci metri di distanza l’uno dall’altro.
-Perchè non la molliamo? La Syco, intendo.
-Certo, così daremo fine al Take me Home, al Where we are tour, ai One Direction. Daremo fine a tutto. Niall, abbiamo fatto un contratto di due milioni di sterline con la Syco. Se li fermiamo, fermiamo anche noi stessi.
-Syco di merda. Ora non possiamo neanche avere una vita privata decente.
-Cosa diavolo glie ne frega a loro della nostra situazione sentimentale?
Paul e gli altri cercavano inutilmente di far capire ai ragazzi ciò che neanche io riuscivo a comprendere. Mi alzai dalla sedia e uscii dalla stanza per cercare Harry; non potevo reggere un’altra sola parola di quella confusa discussione.
Lo trovai davanti alle macchinette del lungo corridoio che divideva lo stage dalla stanza dove gli altri ancora discutevano, intento a prendere una bibita. Mi fermai a pochi metri da lui.
Lui sferrò un pugno violento alla macchinetta, imprecando. Sussultai e vidi le sue spalle irriggidirsi. Si girò nello stesso momento in cui stavo per andarmene e mi chiamò –Sam.
-Harry, senti. Mi dispiace, non avrei dovuto...-
-Lascia stare- m’interruppe, con un movimento pigro della mano –Era la verità.
Vedendo la mia espressione perplessa, riprese a parlare, dopo un breve silenzio –Non potremmo mai stare insieme, avevi ragione. Sei come una sorella.
-Harry, io non...
Non riuscii a finire la frase, perchè in quel momento, dietro di me, spuntò Liam che andò in contro ad Harry. Prima di raggiungerlo, però, mi lanciò uno sguardo rassicurante e mimò con le labbra qualcosa, tipo ‘Ci parlo io’. E si allontanarono nel lungo corridoio.
Mi appoggiai con la schiena al muro, sbuffando. Sentii dei passi alla mia sinistra e vidi Niall che camminava, dirigendosi dove Liam ed Harry erano spariti. Teneva il dito indice puntato su di me, uno sguardo truce.
-Sono ancora incazzato con te. Per il pranzo.
E avanzò in silenzio. Sbuffai, per la seconda volta e notai che Louis lo stava seguendo. Mi osservava.
-Spero che almeno tu non sia arrabbiato con me, ti prego- esclamai.
Lui sembrava confuso –No, non credo. Ce l’hanno tutti con te, eh?
Scrollai le spalle –Dove state andando? Cosa c’è di tanto interessante, di là?- indicai col mento l’altra parte del corridoio. Le mie mani, dietro la schiena, erano premute contro la fredda parete del corridoio.
-Bo’. Io seguo Niall- poi proseguì anche lui.
Girai la testa a sinistra, un’altra volta, aspettandomi di veder uscire Zayn dalla stanza delle riunioni e andare nel Misterioso Posto in cui si stavano dirigendo gli altri. Lui uscì, ma non svoltò a destra, verso di me. Si girò dall’altra parte, senza nemmeno esseresi accorto della mia silenziosa presenza. E decisi di seguirlo, tanto per avere qualcosa da fare. Mentre camminavo, lanciai un’occhiata all’ora sul telefono:  19:27. Mancava circa mezz’ora al concerto. Vidi Zayn spingere una delle tante porte e, dopo poco, entrai anch’io. La porta si affacciava su un ampio terrazzo e il ‘panorama’ non era granchè. Zayn era davanti alla ringhiera e stava accendendo una sigaretta: mi dava le spalle. Gli andai in contro e lo affiancai, appoggiando i gomiti sulla ringhiera.
-Come va?- disse lui.
Feci spallucce –Non c’è male.
-Sai cosa intendo.
-Senti- cominciai –tra me de Harry non c’è mai stato niente e non credo che sia possibile.
-Ah, non lo metto in dubbio. Non potrai stare troppo vicino ad un amico per la maggior parte del tempo, quindi, intendevo dire: come ti senti? per questo motivo.
-Oh- fu solo quello che riuscii a dire.
-Oh?
-So di non essere stata tanto carina, nei confronti di Harry.- Lo guardai e studiai il suo viso, cercando di afferrare un’affermazione, un qualcosa che mi facesse capire a che cosa stesse pensando.
Ma la sua espressione era sempre la stessa. Portò la sigaretta alle labbra e fece un lungo tiro. –Forse, ma dico forse, sei stata un tantino cattiva.- Nel tono della sua voce, riuscii a percepire divertimento e il suo sguardo non lo negava, però capivo che era sincero. Lo era sempre stato, come gli altri, con me.
-Forse dovrei parlarci...
-Credo che Liam ci abbia pensato per primo, ma puoi sempre farlo dopo.
-Certo, dopo il concerto. Sempre se ne avrà voglia.
Cominciai a studiare di nuovo il profilo di Zayn: mi era sempre piaciuto vederlo fumare. Mi era sempre piaciuto vedere le persone in generale fumare e non me n’ero mai spiegata il motivo. Il ragazzo portò per l’ennesima volta la sigaretta alle labbra e tirò ancora. Poi aprì la bocca e cominciò a fare nuvolette di fumo a forma di anelli che viaggiavano per poco e finivano per fondersi nell’aria.
-Come fai?- chiesi, indicando una nuvoletta che si stava dissolvendo.
Lui ridacchiò –E’ solo pratica. Chiunque riuscirebbe a farlo.
-Posso...?
-Credi che Jamie te lo lascerebbe fare?
-Anche Jamie fuma- replicai –E poi non c’è bisogno che lui mi dica cosa fare. Questo è il mio corpo.
Lui mi fissava, incuriosito. –Vuoi?- avvicinò la sigaretta a me. Annuii piano e la afferrai come lui faceva di solito.
-Come si fa?
Lui rise –Devi tirare, come se stessi bevendo da una cannuccia. E poi mandi giù, come se stessi facendo...
-Ehi! Ehi!- lo interruppi immediatamente -Attento a quello che dici, Malik!
Ci guardammo per un breve istante e scoppiammo a ridere quasi contemporaneamente.
-Guarda che la sigaretta sta per finire- mi avvisò.
-Okay. Ora farò il primo tiro della mia vita!
E feci ciò che mi aveva detto. Mi sfuggirono due colpi di tosse e la testa cominciò a girarmi.
-Forse hai tirato un po’ troppo. Devi provare, ma più piano. Solo un breve tiro.
Provai di nuovo e mandai giù lentamente. Non tossii più, ma la testa girava più di prima. –Credo che sto per morire, Zayn.
-No, ti prego. Il concerto sta per iniziare e dovremmo rimborsare circa tremila ragazze solo perchè non ti hanno vista.
Mi stesi per terra, cercando di placare il giramento di testa e lui rise più forte di prima.
-Stai dicendo che t’interessano solo i soldi? Che faresti a meno delle directioners e di Sam Mason? Mi hai tradito, non osare rivolgermi più la parola.
Le sue risate non cessavano e questo mi divertiva e cominciai a ridere anch’io. In quel momento la porta si aprì e Louis si avvicinò a me, stesa per terra. Ridacchiavo ancora. Afferrò la sigaretta dalle mie dita e la osservò. –Il tuo primo tiro, Sammy?
-E’ stato piuttosto strano, sì.
Lou fece un tiro e Zayn gli lanciò un’occhiataccia –Quella, teoricamente, era la mia sigaretta.
-Era la tua sigaretta. E poi, solo teoricamente. Poi è diventata di Sam ed ora è mia.
Fece un altro tiro, poi, una volta finita, la buttò a terra.
-Io mi vado a cambiare.- fece per andarsene, ma Louis lo fermò, fregandogli dalla tasca un’altra sigaretta. Solo dopo avergli lanciato un’altra occhiataccia, Zayn se ne andò, lasciandoci soli.
Mi tirai su e tornai alla posizione di prima, i gomiti appoggiati alla ringhiera. Louis fece lo stesso, affiancandomi.
-Com’è?
-Cosa?- chiese lui, buttando fuori dalla bocca del fumo –Fumare?
-No- feci io –Intendo, non poter stare vicino ad un tuo caro amico per la maggior parte del tempo- avevo usato le stesse parole di Zayn.
Ci fu un momento di silenzio, che sembrò non finire mai.
Dopo aver fatto altri due tiri, parlò –Fa male, un po’. Perchè lui è come un fratello per me. Come te: è come se tu fossi mia sorella. Provo la stessa cosa per tutti voi: siamo una grande famiglia. Poi però ti ci abituerai. A mantenere le distanze da Harry, intendo. E’ un po’ difficile, all’inizio, però. Mi ricordo che a me veniva quasi da piangere.
-Spero che non sia lo stesso anche per me.
-Lo pensi adesso, Sam. Ma quando vi capiterà di essere vicini, davanti alle telecamere, sarà instintivo darsi una pacca sulla spalla, scambiarsi sorrisi complici. Anche solo scherzare sarà vietato, in pubblico.
-Ma voi non le avete rispettate sempre, tutte queste regole.
-Lo sai anche tu- disse, buttando via la sigaretta –Dopo un po’, ci siamo tutti rotti i coglioni di questa storia. Persino Paul e gli altri, lo sai.
Detto questo, mi diede una pacca sulla spalla e,andandosene via, disse: –Buona fortuna, Sam.




 

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Capitolo 8
*** 8 ***



Aspettavo ansiosa all’areoporto che l’aereo di Jamie atterrasse e Niall aveva accettato di accompagnarmi, come al solito. Ero piuttosto nervosa, ma anche felice, perchè non vedevo Jamie da quasi due settimane e mi mancava tanto.
-Senti- disse all’improvviso Niall –Io ho fame.
‘Che novità’, pensai. Eravamo seduti su due delle tante sedie del grande areoprto di San Jose, guardavo con aria persa la gente frettolosa che passava.
-Vado giù, da Starbuck’s.
-Cerca di non metterci molto- dissi, ma lui si era già allontanato. Non mi era mai piaciuta l’idea di stare da sola in un posto tanto a lungo.
Stavo fantasticando su dove saremmo potuti andare io e Jamie a San Jose, quando mi accorsi che una sagoma si era fermata di fianco a me.
Mi girai e il mio sguardo si fissò su due incantevoli occhi color ghiaccio di una bimba di almeno sei anni. Mi sorrideva e io ricambiai. Non mi ci volle molto per capire che quell’adorabile bamina era malata. La testa era praticamente calva, un tubicino di plastica (contenente ossigeno) le passava dietro le orecchie e sotto al naso, andando a finire nelle narici; il corpicino esile, il viso pallido, ma comunque allegro.
-Ciao- disse lei, timidamente.
-Ciao- le sorrisi.
-Tu sei Sam, vero? Sam dei One Direction.
-Ma certo. E tu come ti chiami?
-Mi chiamo Audrey.
Dietro di lei, c’era una donna (probabilmente sua madre) che sorrideva, imbarazzata, mimando scuse. Ma scossi la testa, per far capire che non era affatto un problema scambiare due chiacchiere con la figlia.
-Ma che bel nome, Audrey. Dì un po’, ascolti le nostre canzoni?
-Sì- squittì lei –Mi piacciono.
-E qual’è la tua preferita?
-What makes you beautiful.
-La cantiamo insieme?
-Sì, per favore.
Così, cantai insieme a lei il ritornello del nostro primo singolo, tenendole le mani e facendo svolazzare la sua gonna rosa di qua e di là. La madre della bimba chiese se ci poteva scattare una foto e acconsentii subito, senza esitare. Poi chiesi io a lei se potevo scattarne una col mio telefono. E dopo un autografo su un pezzo di carta, la bimba se ne andò, mano nella mano della madre, agitando l’altra per salutarmi. Le sorrisi, finchè non la vidi sparire dietro un ristorante.
Pubblicai la foto su Twitter, scrivendo quanto fosse serena la bimba e augurandole di vivere più a lungo possibile. Dopo un paio di minuti, Niall entrò nel mio campo visivo con un muffin al cioccolato in una mano e un frappuccino nell’altra.
-Questo è per te- disse, allungandomi la bevanda: l’afferrai e lo ringraziai.
Dopo essersi seduto accanto a me, seguì un lungo silenzio imbarazzante. La tensione nell’aria era palpabile.
Fu Niall a spezzare il silenzio. –Cosa succede, Sam?
Respirai lentamente –E’ da ieri che non parlo con Harry, dopo la litigata.
Lui non disse nulla.
-Sono stata cattiva, lo so. Ho paura che...
-Sam,- m’interruppe lui –gli passerà, vedrai. Lo conosci bene e poi è passato solo un giorno.
Mi girai verso di lui e l’osservai attentamente mentre divorava il muffin. Aveva un’aria da angelo con gli occhi color ghiaccio, i capelli biondi spettinati e la luce che si rifletteva sul suo viso. Lo tradivano, però, le briciole che scappavano dalle sue labbra ad ogni morso e andavano a finire sui suoi pantaloni. E sul mio braccio. Le cacciai via con la mano. Notai che aveva la maglietta al contrario e lui si accorse che lo osservavo.
Mi rivolse un sorriso angelico.
-Niall, tesoro mio, hai la maglietta al contrario, sai?
Lui si guardò il petto.
-Ma sei bello lo stesso.
-Mi tradisci con Niall Horan?- parlò una voce profonda e familiare, all'improsvviso. Alzai di scatto lo sguardo, capendo da subito chi fosse stato a parlare: Jamie mi sorrideva dall’alto, un sorriso simpatico e radioso. Diedi a Niall il frappuccino che tenevo in mano e mi buttai fra la braccia di Jamie.




-Mi stai dicendo che Niall ti sta insegnando a usare la chitarra e non hai ancora imparato ‘Ho Hey’ dei ‘The Lumineers’?- mi chiese incredulo Jamie.
Avevamo appena finito di cenare, io, lui, i ragazzi, la compagnia: tutti. Avevamo spostato le sedie dal tavolo, le avevamo messe lontane dagli altri e ora sedevamo in cerchio io, Jamie, Louis, Zayn, Calum e Ashton. I ragazzi chiacchieravano fra loro, mentre Jamie era intento ad insegnarmi altri accordi con la chitarra.
-Mmm. No.
-Be’, allora dovrò insegnarti io.- Si alzò dalla sedia e si posizionò dietro di me. Mentre spostava le dita della mia mano sinistra con la sua, cercavo di memorizzare gli accordi di ‘Ho Hey’. Ma c’era un pensiero che quasi me lo impediva. Continuavo a pensare ad Harry: non lo vedevo da tutto il giorno, era come sparito. Mi aspettavo di incontrarlo a cena per parlarci, ma non si era presentato.
-Sam?- m’interruppe Jamie dai miei pensieri.
-Mmm?
-Hai capito cosa ti ho detto?
-Sì, sì.-  ‘Bugiarda’, pensai.
-Cos’hai capito?
-Che Niall è più bravo di te- scherzai e gli diedi un leggero bacio sulla guancia. Dopo circa mezz’ora riuscivo a suonare tutti gli accordi della canzone. Alcuni dei ragazzi facevano l’accompagnamento cantando.
-E’ bella.
-Certo che lo è.
-Dovremo cantarla domani sera, secondo me.
-E chi suonerà la chitarra?
-Io, ovviamente. Farò un bell’assolo.
-Tu? Ma hai appena imparato a suonarla!
-E allora?
-Credi di farcela?
-Credo di farcela. E qualcuno di voi farà la mia seconda voce?
-Certo.
-E anche una terza.
Qualcuno rise.
-No, questa canzone è per due.
-Allora la faccio io, Sam.
-Okay. Proviamo di nuovo?
Iniziai di nuovo a suonare la canzone e a cantare. Alla seconda strofa, Zayn si aggiunse.

So show me family
All the blood that I will bleed
I don’t know where I belong
I don’t know where I went wrong
But I can write a song

E poi il ritornello:

I belong with you, you belong with me
You’re my sweetheart
I belong with you, you belong with me
You’re my sweet-

-Fantastico. Vado a dire agli altri che domani sera aggiungeremo questa- disse Lou alzandosi dalla sedia e allontanandosi da noi.
E quando nessuno poteva sentirci, Jamie si avvicinò a me e mi sussurrò –Vorrei poterla cantare io con te questa canzone.
Mi stampò un bacio sull’angolo della bocca.
Si sentì un tonfo e quando alzai lo sguardo incorciai quello di Harry, che, con mia grande sorpresa, era arrivato leggermente in ritardo per la cena. Si avvicinò a noi.
-Fai meno rumore quando chiudi la porta, bello- disse Calum –Ci hai fatto fare un salto.
-Scusatemi- farfugliò. -Ehi, Jamie. Come va?
-Tutto a posto, e tu?- gli sorrise di ricambio.
-Non c’è male.
Fantastico.
-Sam e Zayn hanno pensato di fare un duetto domani sera.- disse Ahston.
-Con...?
-‘Ho Hey’ dei ‘The Lumineers’.
-E chi gliel’ha insegnata?- chiese Harry, come se io non ci fossi davvero.
‘Perchè non provi a chiederlo a me?’, pensai, ma preferii tacere.
-Jamie.
-E com’è venuta? Posso sentirla?
Lo guardai per un breve istante e poi cominciai a suonare, mentre io e Zayn cantavamo.
Finita la canzone lui disse solo –Non è male- senza neanche guardarmi. Poi i ragazzi iniziarono a chiacchierare di nuovo fra di loro.
-E’ ancora arrabiato con me, lo so- borbottai, aggrottando le sopracciglia.
-Non te la prendere, gli passerà. Ne sono sicuro.
Sbuffai –Ho cercato di parlargli, ma non l’ho più visto dopo ieri sera.-  Sussurravo per non farmi sentire.
-Facciamo così- propose Jamie –Domani mattina, ti accompagno da lui e provi a parlarci, d’accordo?
Secondo me, non era una buona idea andare da Harry con lui, ma annuii lo stesso.
-Vuoi provare...?- chiese lui indicando la chitarra che tenevo in mano. Ci misi qualche secondo per capire cosa intendeva.
-Oh, no. No, basta con la chitarra per oggi- sorrisi.
-Come vuoi- ricambiò il sorriso, spostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Si avvicinò a me e mi baciò di nuovo. Baciare Jamie era piacevole, mi faceva sentire bene, protetta. Mi ricordai di Elliott, l'ultima persona che avevo baciato prima di lui, e ricordai che gli volevo bene, sì. Ma con Jamie era tutta un'altra cosa.
-Ehi, voi- esclamò Louis, attirando la nostra attenzione. –Volete che vi prenoti una stanza all'hotel più vicino?
Tutti quanti scoppiarono in una fragorosa risata.
Io e Jamie ci guardammo, sorridendo imbarazzati.
-Che ne dici?- mi chiese lui –Non è una cattiva idea.
Ridacchiai di nuovo mentre lui si alzava e teneva la mano tesa verso di me. –Andiamo?
L’afferrai –Va bene.
Prima di uscire, Jamie si girò verso i ragazzi, ancora seduti in cerchio e disse –Grazie, Lou, per il consiglio.
E uscimmo da lì, seguiti dai fischi dei ragazzi.




ANGOLO SCRITTRICE
Allora, ho da dire soltanto che mi dispiace di non aver più aggiornato, davvero, sono imperdonabile. So che questa fanfiction, insieme a "Memories of you", era seguita da molte di voi, viste le visite, e mi dispiace ancora. Sono passati due anni dall'ultimo aggiornamento, ma questo non vuol dire che non abbia continuato a scrivere queste storie e a finirle. E quindi, anche se è passato così tanto tempo e la mia passione per i OneD si è spenta da molto ormai, siccome mi sentivo in colpa ad abbandonare l'account, ho deciso di continuare a pubblicarle, poco alla volta, tanto per farvi sapere come vanno a finire entrambe le ff.
Spero che, nonostante le mie figuracce, mi perdoniate e che mi faceste sapere cosa ne pensate in qualche riga qua sotto. Non chiedo molto, ma mi farebbe davvero piacere sapere che questa storia continua ad essere seguita e piaciuta da voi.
Mi scuso ancora e vi ringrazio per gli incoraggiamenti nelle recensioni e nei messaggi che mi hanno riempito il cuore di gioia.

Un caloroso abbraccio,
Sofia

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