Il viaggio di Mat: avventure a Johto

di Fenrir_23
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio di una nuova avventura ***
Capitolo 2: *** Un aiuto inaspettato ***
Capitolo 3: *** Giù per il tunnel ***
Capitolo 4: *** L'allenatore solitario (CAPITOLO EXTRA) ***
Capitolo 5: *** Blackthorn City ***
Capitolo 6: *** In viaggio! ***
Capitolo 7: *** La medaglia Gelo! ***



Capitolo 1
*** L'inizio di una nuova avventura ***


                    L'INIZIO DI UNA NUOVA AVVENTURA

Ed eccomi qui con la nuova avventura di Matthew Ketchum!
Non è indispensabile, ma se non l’avete fatto vi consiglio di leggere “Il viaggio di Mat: Avventure a Kanto.”
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Intanto, alla prossima, fra una decina di giorni!
P.S: ho un problema a inserire l'immagine che metto di solito dopo il titolo, appena possibile rimedierò



Dall’alto, poteva scorgere i tetti delle case e dei palazzi colorati che, distribuiti in maniera disordinata fra le rigogliose chiome degli alberi, delimitavano i contorti delle strade di New Bark Town: Una città immersa nel vedere, con un tasso di popolazione alto, che continuava a crescere. Molto diversa dalla disabitata e dispersiva  Pallet, di Kanto, dove le case sorgevano a molta distanza, fra i campi, lontane le une dalle altre.
Il ragazzino si sistemò le ciocche di capelli arancioni che gli uscivano in maniera disordinata dal cappellino, poi puntò gli occhi verde acqua verso il basso.
I muscoli delle ali  nere del drago di fuoco si contrassero, mentre iniziava a scendere in quota. Il Charizard cromatico atterrò facendo tremare la terra e chinandosi appena in avanti, per consentire al giovane allenatore di scendere agevolmente dalla sua schiena.
“Gran bel volo, Cenere.”
Matthew Ketchum alzò gli occhi verde acqua verso la prima tappa della sua nuova avventura a Jotho. Si sistemò bene il cappellino raffigurante una Pokéball sulla visiera, e il pesante zaino da viaggio blu scuro che portava in spalla. Il tremendo caldo estivo, l’aveva costretto ad indossare una comoda maglia gialla con la scritta blu “Pokémon” e dei semplici calzoncini corti – al posto della sua solita giacchetta.
“Laboratorio Pokémon di New Bark Town. “ Recitava la scritta a grandi caratteri in cima all’edificio che Matthew aveva davanti. Aveva scelto di passare di lì per conoscere di persona il nuovo professor Pokémon – sostituto di Elm – in carica a Johto. Preso come era stato nell’ultimo periodo non aveva nemmeno avuto modo di vederlo di sfuggita alla TV.
“Tu mi aspetti qui fuori?” Domandò a Cenere, e sorrise nel trovarla già distesa in un angolo all’ombra.
Fece il primo passo, e le porte automatiche del laboratorio all’avanguardia, lo invitarono ad entrare. Dentro, era tutto molto più tecnologico di quanto Mat si sarebbe potuto aspettare, abituato al modesto ma efficiente laboratorio di Gary Oak. Alcuni assistenti stavano discutendo fra di loro dietro ad un ampio tavolo e, in fondo all’enorme salone principale, a Matthew sembrò di scorgere quella che doveva essere la sagoma del professor Edward Luck. Un giovane ricercatore e studioso originario di Goldenrood City. Stava consegnando un Totodile ad una neo allenatrice in partenza per il suo viaggio.
A poca distanza, sedeva un Espeon dallo sguardo attento e vigile.
Matthew restò immobile per diversi secondi, a fissare il professore; quando l’allenatrice se ne andò con il suo Pokémon, incrociò lo sguardo dello scienziato.
“Ma tu …”
Quello che Mat aveva davanti, era un ragazzo piuttosto alto, sui vent’anni o poco più, dai capelli e gli occhi castani. La sua mente tornò indietro nel tempo a diversi mesi prima.
 
 
Si trovava in un piccolo appartamento impolverato, ricolmo di libri in ogni angolo.
“Scusate …” aveva detto il ragazzo nel farli entrare, imbarazzato. ”Maky mi ha avvisato del vostro arrivo solo stamani e non sono riuscito a sistemare ... comunque mi presento …   mi chiamo Edward. Sto studiando per diventare un ricercatore di Pokémon.”
Leon e Matthew avevano ricambiato la stretta di mano. A dispetto di quello che aveva provato vedendolo, successivamente Matthew aveva avvertito una simpatia spontanea nei confronti del fidanzato di Maky.
“Il professor Elm sta per ritirarsi dalla sua carriera” Aveva spiegato il ricercatore.”E io vorrei prendere il suo posto.”

 
 
“Matthew!”
Edward sorrise nel riconoscere il ragazzo, e i due si scambiarono una stretta di mano.
“Maky non mi aveva avvisato che saresti passato, ti ricordi di me?”
“Certo che mi ricordo.” Rispose il ragazzino, corrugando la fronte.” E se è per questo Maky non mi aveva nemmeno avvisato che ti avrei trovato qui!”
Il professore non parve stupirsene. “Quella ragazza si dimentica sempre di tutto.”
Mat annuì. In effetti era vero … aveva viaggiato con lei nel corso del suo viaggio a Kanto e, a pensarci bene, se c’era una cosa in cui la sua compagna di viaggio non aveva mai brillato, era proprio la memoria.
“Sono contento che tu sia riuscito a realizzare il tuo sogno.” Continuò il giovane allenatore di Pokémon.”Hai un laboratorio fantastico.”
“Ho faticato molto per ottenere i fondi necessari al restauro.” Spiegò Edward, mentre digitava un codice sull’ampia tastiera del computer centrale. Un cassetto nascosto nel muro accanto si aprì, rivelando vari apparecchi tecnologici.
“Mi passeresti il tuo Pokédex?”
Domandò il professore. Mat fece come gli era stato detto.
Edward inserì l’apparecchio in un’apposita presa, poi lo restituì al proprietario.
“Ho aggiornato i dati.” Gli spiegò, mentre Espeon, alle sue spalle, muoveva sinuosamente la doppia punta della coda, osservando la scena. “Ora avrai informazioni più dettagliate sulla regione di Johto.”
Matthew si riprese il Pokédex ringraziando sentitamente.
“Hai fatto bene a passare.” Commentò il professor Luck a bassa voce.”Ho anche qualcosa per te.”
Fece qualche passo verso un bancone elettronico sul quale erano collocati due spazi vuoti affiancati da una Pokéball.
“Tutti gli allenatori che dovevano partire sono partiti.” Spiegò Edward.” E mi è rimasto questo Pokémon … puoi prenderlo.”
Matthew lo guardò sinceramente sorpreso; ottenere uno Starter di Jotho, era un’occasione che non si presentava tutti i giorni. “Ti ringrazio …”
Nel partire per Jotho, aveva deciso di portare con sé solo Cenere, per poter catturare nuovi Pokémon tipici di quella regione. Come aveva sempre fatto suo padre. Ovviamente, si era assicurato di non trascurare il resto dei suoi Pokémon, decidendo di farsene passare qualcuno ogni volta che andava ad un centro Pokémon, in modo di vederli spesso.
Lanciò la sfera del suo nuovo compagno di avventure nel vuoto, attendendo con curiosità che si materializzasse davanti ai suoi occhi.
“Chiko!”
Chikorita si posò sul pavimento facendo sventolare timidamente la foglia che aveva sul capo.
“è un Pokémon un po’ timido.” Spiegò Elm, a bassa voce. “ Credo che la sua stima si a terra per il fatto di non essere stato scelto da nessuno.”
Matthew salutò il nuovo Pokémon abbassandosi, per essergli più vicino.
“Ciao, Chikorita, ti andrebbe di viaggiare con me?”
“Chikori …” Il Pokémon abbassò lo sguardo.
“Se non ti piaccio puoi dirlo …”
“Chiko chiko!”Chikorita scosse la testa animatamente. Poi si avvicinò a Matthew di qualche passo, senza però riuscire a trovare il coraggio di guardarlo. Era decisamente … un Pokémon timido, come aveva detto Edward.
“La ringrazio ancora, professore.” Disse il ragazzino, voltandosi verso l’uscita.
“Ora è meglio che io mi rimetta in viaggio, la strada è lunga.”
Luck gli strinse la mano.
“Buona fortuna per il tuo viaggio.”
Matthew sorrise. “Salutami Maky, se la vedi.”
“Sarà fatto.”
“Andiamo, Chikorita?”
Il Pokémon d’erba raggiunse di corsa il suo allenatore, incamminandosi con lui fuori dal laboratorio.
Quando le porte automatiche si aprirono e Cenere accolse Matthew con un ruggito, Chikorita balzò all’indietro per lo spavento.
“Non devi preoccuparti.”Lo rassicurò il giovane allenatore. “Lei è stata il mio primo Pokémon, sarà tua compagna di viaggio, non devi averne paura.”
Lo starter fece qualche passo in avanti, presentandosi timidamente. Cenere sembrava continuare ad inquietarlo.
Matthew socchiuse gli occhi per un attimo, godendosi la brezza fresca di quella mattinata. Pensò che il suo viaggio a Jotho non poteva iniziare nel migliore dei modi.
“Io mi rimetto in marcia Cenere, tu mi sorveglierai dall’alto?”
Il Pokémon di fuoco ruggì, aprendo le ali.
E spiccò il volo.
 
 
 
Johto era una regione molto rigogliosa. Matthew osservò rapito i begli alberi di ciliegio in fiore che adornavano le colline verso Cherrygrove City, a poca strada da New Bark Town. Davanti a sè aveva verde e alberi, a perdita d’occhio.
Cenere volava in cerchio sopra di lui, pattugliando la zona. Aveva scelto di non chiederle di trasportarlo in volo da un città all’altra, perché la parte bella del viaggio era proprio l’esplorazione. Senza quella rischiava di perdersi molto; al partire dalle occasioni per catturare nuovi Pokémon.
“Hei tu!”
Matthew si voltò. Quella che l’aveva chiamato era una ragazzina ad occhio della sua età, dai lunghi capelli rossi che le arrivavano fino alla schiena, e gli occhi di un verde acceso. Decisamente carina. Portava comodi calzoncini, canotta e un pesantissimo zaino da viaggio in spalla. Era la stessa neo allenatrice che aveva visto uscire dal laboratorio di Luck.
“Mi chiamo Alice e vengo da New Bark Town … sei anche tu un allenatore di Pokémon, vedo.” Disse, osservando il Chikorita che camminava timidamente accanto a Mat. “Ti sfido.”
Il ragazzino si sistemò il cappello.
“Io sono Matthew Ketchum, di Pallet Town, a Kanto.” Fissò la sua sfidante con un accenno di sorriso. “E accetto la sfida.”
Alice sembrava molto sicura di sé, ma non presuntuosa. Lanciò una moneta in aria, e la sorte decise che sarebbe stata lei quella a schierare il suo Pokémon per prima.
“Vai, Totodile!”
Lo Starter d’acqua di Kanto fece una piroetta su se stesso, nell’entrare in campo.
Matthew puntò il suo sguardo su Chikorita.
“Hei, ti va di combattere?”
“ … Chiko chiko … “ Il Pokémon fece qualche passo indietro, timidamente.
“Non ti piace?”
“Chiko …”
“O hai solo paura di perdere?”
Il Pokémon alzò lo sguardo, colpito da quelle parole. “Non importa il risultato, ma fidati di me.”
Matthew gli rivolse un sorriso rassicurante.
“Dai, sono sicuro che sei bravo.”
“è un po’ timido il tuo Pokémon.” Commentò Alice, quando Chikorita si fece avanti. “Ma io e Totodile non ci facciamo impietosire, vai, attacco getto d’acqua!”
“Schivalo, Chikorita!”
Preso dalla paura il Pokémon s’immobilizzò dov’era, e finì per essere colpito in pieno dall’attacco dell’avversario, ruzzolando malamente a terra.
“Rimettiti in piedi, ce la puoi fare!” Le incitò Mat.
Totodile attaccò con la stessa mossa, e Chikorita s’immobilizzò di nuovo.
“Muovi la tua foglia come un’elica per respingere l’acqua!” Gli suggerì Matthew. Chikorita, pensando a proteggersi, ascolto il consiglio del suo allenatore: il getto d’acqua, a contatto con la foglia dello starter d’erba, venne rimandato al mittente.
“Molto bene ora, Chikorita; attacco frustata!”
Le liane avvolsero rapidamente Totodile, ma nel lanciare l’avversario a terra, Chikorita ci mise decisamente poca convinzione, e l’attacco non ebbe effetto.
“Ora Totodile, attacco morso!”
Con una mossa agile, il Pokémon di Alice si portò rapidamente alle spalle dell’avversario, afferrandolo per la foglia con i denti.
Chikorita urlò per lo spavento.
“Ora Totodile, lancialo in aria, e poi attacco azione!”
“Attacco frustata, ora!” Urlò Mat. Ma il suo Pokémon non reagì, troppo spaventato da quella situazione.
L’avversario lo colpì in pieno con forza, scaraventandolo a terra. Chikorita si accasciò al suolo, incapace di continuare a combattere.
“Sei stato grandioso Totodile!” Esultò Alice, sollevando in aria il suo Pokémon.” Abbiamo vinto!”
Mat si avvicinò lentamente a Chikorita, e si dispiacque nel vedere che si stava coprendo il muso con la foglia, per la vergogna di quella sconfitta. Si chinò, parlando con tono di voce rassicurante.
“Non importa se hai perso, sono sicuro che migliorerai. Devi solo credere in te stesso.”
Lo pulì dalla polvere, e lo prese in braccio.
Alice si avvicinò per stringere la mano a Matthew.
“Grazie per la sfida, è stato un incontro niente ma – “
In quel momento, Cenere atterrò a pochi metri da Mat, salutandolo con un ruggito.
“Quel Pokémon è tuo??!” Domandò Alice, sinceramente stupita.
Il giovane allenatore accarezzò Cenere sul muso.
“Sì, lei è stata il mio primo Pokémon … te l’ho detto, che vengo da Kanto.”
“Oh.” Alice continuò a guardare il Charizard nero, poi distolse lo sguardo. “Beh … Totodile, andiamo?” Disse al suo Pokémon, voltandosi poi nuovamente verso Matthew. “Beh, buon viaggio … alla prossima!”
Il ragazzino rispose con un gesto veloce della mano, mentre la Neo allenatrice scompariva in lontananza. Decise di fermarsi per un breve pausa: lasciò Chikorita a terra e si sfilò lo zaino da viaggio, sedendosi all’ombra di un albero; era il momento ideale per mangiare qualcosa.
Cenere si stese pigramente a terra a sonnecchiare, Chikorita gli si avvicinò timidamente, osservandola. Era intimorito e attratto da lei allo stesso tempo.
“Wow, che splendido Pokémon!”
Cenere scattò in piedi sbuffando fuoco in direzione del ragazzo sbucato da un cespuglio poco distante; non le era piaciuto il modo troppo precipitoso con il quale si era avvicinato a Mat: lo osservò ancora per diversi secondi poi, stabilito che non si trattava di una minaccia, si rimise a sonnecchiare.
Mat osservò con una certa curiosità il ragazzo che aveva davanti: sembrava avere qualche anno in più di lui, probabilmente sui quindici. Aveva lunghi capelli castani raccolti in una coda e portava gli occhiali. Indossava pantaloni lunghi di tela, pieni di tasche, e una maglietta mimetica.
I suoi occhi neri si puntarono su Mat.
“Mi presento!” Disse, tendendo una mano in avanti.”Mi chiamo Thomas, e sono un aspirante ricercatore di Pokémon.” Il suo sguardo s’inclinò verso Cenere.”Quando ho visto il tuo Charizard non ho potuto fare a meno di notarlo …”
Cenere inarcò il collo facendo bella mostra di sé.
“Eccolo, lo abbiamo trovato!”
Un gruppo di uomini che indossavano passamontagna e vistose tute argentee con il simbolo stilizzato di quello che sembrava un Mew, e la scritta LT, accompagnati da alcuni Houndour, balzò fuori dai cespugli che circondavano Mat, accerchiando lui, Thomas e i Pokémon.
Cenere ruggì minacciosa, e Chikorita si nascose dietro di lei.
“Hei, hei state calmi.” Disse quello che sembrava essere il capo; facendosi avanti.
“Ragazzo.” Indicò Thomas.”Vogliamo solo quell’uovo che ti porti dietro, nient’altro. Prima che Cenere potesse intervenire; uno degli Houndour, veloce come un fulmine, sfilò lo zaino da viaggio a Thomas.
“Hei, fermo!”
Il gruppo di ladri svanì fra la boscaglia rapido com’era arrivato.
Matthew richiamò Chikorita nella sfera, poi montò su Cenere. “Ce la fai a portarci tutti e due?” Le domandò. Lei annuì, determinata.
“Forza Sali …”
Thomas rimase spiazzato per un attimo.
“Lo rivuoi il tuo uovo o no?” Domandò Mat, preso dalla fretta.
“Certo!”
Thomas si arrampicò malamente sulla schiena di Cenere, tenendosi con forza quando prese il volo.
“Da qui li troveremo subito.” Commentò Matthew. Poi udì il rumore di eliche, e un elicottero argentato spuntò fra le chiome degli, decollando.
“Cenere, seguiamoli a distanza!”
In volo, Mat ripercorse il sentiero che aveva fatto precedentemente, poi Cenerò volò seguendo l’elicottero che virava verso nord. Solcarono le colline e la catena montuosa, estensione di Monte Argento, che portava verso Blackthorn City.
Ad un tratto, dei laser rossi: un gruppo di Skarmory si materializzò attorno all’elicottero. Poi si diresse a gran velocità verso Cenere, Mat e Thomas.
Cenere attaccò con un turbo fuoco, ma i Pokémon erano in troppi.
“Dietro di te, Cenere!”
Lei riuscì a schivare lo Skarmory che l’aveva attaccata, ma Thomas perse l’equilibrio e scivolò, rimanendo aggrappato alla sua coda. Matthew tentò di afferrarlo, ma Cenere fu attaccata di nuovo. Riuscì a colpire un altro degli Skarmory con un colpo di coda che lo fece cadere verso il basso, in un crepaccio. Mat le scivolò dalla schiena in quel preciso istante, insieme a Thomas.
“Aiutooooo!”
Mentre precipitava, Matthew vide Cenere che si lanciava in picchiata per recuperarlo, ma veniva risucchiata dal laser di una sfera. Poi, solo buio.

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Capitolo 2
*** Un aiuto inaspettato ***


                                            UN AIUTO INASPETTATO

                                                


Nel  risvegliarsi lentamente, Mat si trovò davanti agli occhi l’immagine offuscata di rocce e muschio. Si concesse qualche secondo per riprendere coscienza di sé, poi si mise a sedere. Era appoggiato su un letto di erba morbida, all’ombra di fitti abeti, in un sentiero in pendenza. Spostò la mano e la immerse in qualcosa di fresco: acqua che scorreva lentamente. Ne seguì il percorso con lo sguardo, notando, oltre ad alcuni cespugli, al centro di una radura, una piccola fonte d’acqua, chiara e limpida. Una strana creatura luminosa brillava proprio lì al centro.
Mat si rialzò barcollando e si avvicinò cautamente, immergendoci i piedi. Era tremendamente fresca l’acqua e il solo contatto lo fece sentire subito meglio.
La creatura luminosa davanti a lui si voltò, guardandolo con gli occhi rossi e affilati.
Vento fresco sfiorò il viso del ragazzino, mentre la bestia dava sfogo ad un ululato possente, simile ad un ruggito – un ululato che racchiudeva in sé qualcosa di mistico e antico – e la luce azzurra e brillante che impediva di distinguerne bene le forme, andava svanendo.
Matthew si trovò ad osservare un Pokémon maestoso e fiero, dall’aria misteriosa. Uno dei cani leggendari di Johto. Colui che ha il potere di purificare le acque. Il vento del Nord.
“S- Suicune…”
“CUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUN!”
La bestia leggendaria balzò davanti a Mat, e lui s’incantò a guardarlo.
Matthew si ricordò della caduta nel vuoto.
“Sei stato tu … a salvarmi?”Domandò.
Suicune prese a camminargli intorno.
“Wow …”Mormorò Mat, poi …“Cenere!” Urlò, di colpo.” Devo assolutamente ritrovarla, ha bisogno di aiuto.”
Si frugò nelle tasche per recuperare il Pokèdex ma, nell’accenderlo, scoprì che doveva essersi rotto in qualche modo durante la caduta.
Poi si toccò la cintura per vedere se Chikorita era ancora lì, e tirò un sospiro di sollievo nel percepire al tatto la Pokéball.
“Maledizione!” Si disse, lasciandosi cadere a terra, per poi infilarsi lentamente le scarpe che si era tolto.
Udì un verso, e nel voltarsi, notò uno Skaromory ferito, a pochi metri da lì.
Per un attimo pensò di approfittarne per volare al primo centro Pokémon e fare il punto della situazione, ma si accorse che i danni riportati erano troppo gravi per tentare di chiedergli una cosa simile. “Tu devi essere quel Pokémon che ha attaccato Cenere, prima.” Mormorò, prendendo una Pokéball. “ anche se eri nostro nemico … non posso lasciarti qua, hai bisogno di cure.”
Dopo aver risucchiato Skarmory con il suo laser, la sfera Poké si chiuse al primo tocco. Mat la fissò alla cintura. “Intanto riposati.” Pensò, guardando verso l’alto. Doveva assolutamente rimettersi in cammino e trovare un modo per uscire da quella dannata situazione. Fissò per un attimo il cane leggendario.“Beh ..ciao.” Mormorò al Pokémon, rimettendosi in cammino, un po’ barcollante. Aveva paura, perché non sapeva dove andare. Come se non bastasse, aveva iniziato a piovere e tuonare.
Scivolò su una roccia e ruzzolò malamente per diversi metri.
Quando alzò lo sguardo, Suicune era in piedi, davanti a lui. E lo fissava; A Mat sembrò quasi che lo stesse invitando a salirgli sulla schiena.
Il ragazzino posò le mani sulla groppa del Pokémon … quando notò che lui non aveva niente in contrario, si diede slancio e gli montò sopra.
Scoprì che la sorta di criniera fluttuante di Suicune era quasi impalpabile, come una nuvola.
Si aggrappò al collo della bestia nel preciso istante in cui lui spiccò il primo, possente balzo, scavalcando gli alberi: Matthew spalancò occhi e bocca. Volare su Cenere era qualcosa di indescrivibile e emozionante, ma cavalcare quel Pokémon leggendario, era come correre con il vento.
Suicune atterrò su un’alta cresta rocciosa, superandola con pochi, energici, salti. Da la sopra, Matthew poteva distinguere il paesaggio sotto di sé: colline, verso Sud, e montagne che diventavano via via più alte e ghiacciate a nord.
Ciò diede conferma a quello che pensava, cioè che si trovava all’incirca nella stessa zona in cui gli Skarmory lo avevano attaccato facendolo cadere nel vuoto, lungo il percorso che portava a Blackthorn City.
E Thomas? Che fine aveva fatto lui?”
“Suicune!” Disse, agitandosi. “Non so dove tu sia diretto, ma ti prego; ascoltami. Ho bisogno di salvare dei miei amici!”
Il cane leggendario sembrò quasi non udire Matthew: continuò a saltare fra le montagne, veloce come il vento, sempre più in alto.
 
 
Matthew cominciava a sentirsi male. Il freddo dei ghiacciai era decisamente inadatto all’abbigliamento che indossava e Suicune sembrava rifiutare di fermarsi per concedergli un attimo di tregua. Quasi non riuscì a crederci quando il cane leggendario si posò finalmente sulla neve morbida, fermandosi a fissare quella che sembrava l’entrata di una grotta.
Matthew buttò a terra il suo pesante zaino da viaggio e s’infilò velocemente la giacca a vento che si era portato addietro: non era sufficiente a coprirlo bene, ma se non altro poteva evitargli di congelarsi braccia e gambe.
“CUUUUUUUN”
Il Pokémon sembrò incitare Mat a seguirlo nella grotta: lui esitò un attimo, poi raggiunse Suicune a grandi passi.
Un lungo tunnel ghiacciato e buio si estendeva davanti agli occhi dell’allenatore di Pokémon.
Il cane leggendario annusò l’aria, emettendo sbuffi di vapore: sembrava cercare qualcosa. Matthew rimase a fissarlo, stringendosi nella giacca a vento nel tentativo di ripararsi dal freddo.

“Umano, qui troverai coloro che cerchi.”

Quella voce lontana e offuscata che gli sembrò di sentire, lo inchiodò lì dov’era. Si guardò intorno per cercare di capire da dove proveniva, o se fosse solo un’illusione dettata dalla stanchezza, e finì per incrociare gli occhi di Suicune, che lo stavano fissando.
Rammentò che spesso i Pokémon leggendari, grazie ai loro poteri particolari, si rivolgevano alla mente degli uomini, parlando con loro.
Sì avvicinò a Suicune di qualche passo, quando lui prese a scavare, rivelando una botola sepolta sotto la neve. Matthew ne afferrò il manico e fece forza più che poteva, scoprendo un tunnel profondo e molto stretto. Delle scale decisamente ripide conducevano giù, sempre più in basso, nell’oscurità del sottosuolo.
Sì rese conto che Suicune non poteva passare di lì e, quando si voltò, scopri amaramente che era già svanito nel nulla.
A riguardo avrebbe avuto un sacco di domande, ma non era il momento migliore per cercare di rispondervi.
Guardò in basso, verso la ripida scalinata in acciaio che sembrava non avere mai fine. Non sapeva dove conducesse, ma non gli rimaneva altro da fare, se non confidare nella sorte. E fidarsi del Vento del Nord, che l’aveva condotto fin lì.
Prese coraggio e s’immerse nell’oscurità.
 
 
Era un posto umido, buio e freddo. Mat s’impose di non farsi prendere dall’ansia che minacciava di sopraffarlo. Camminava da parecchio tempo in quel lungo tunnel, tanto che, quando intravide una luce in lontananza, gli sembrò un miraggio.
Poi una voce. Una tuta argentea e scintillante. Quindi quello era il covo dei malviventi che l’avevano attaccato; molto bene, si trovava nel posto giusto; ma non aveva il tempo di pensare. Si guardò intorno; una porta. La aprì di fretta e ci si chiuse dentro, appoggiandosi alla parete per ascoltare quello che dicevano fuori.
“Il ragazzo non vuole parlare.” Disse, una delle due reclute. “Dice di non saper nulla di quell’uovo, lui l’ha solo trovato.”
La voce si fece particolarmente vicina e Matthew capì che i due uomini stavano per entrare nello stanzino. Si guardò intorno nella penombra; da qualche parte veniva aria fresca. Sopra di lui c’era una botola.
“La porta è bloccata.” Mormorò una delle guardie.”Che strano.”
Il soffitto era molto basso, e Mat riuscì a raggiungere le griglie della botola con un salto; quest’ultima cedette, aprendogli un varco. Con uno sforzo tremendo, il giovane allenatore riuscì a issarsi nel passaggio strettissimo, scoprendo un lungo tunnel orizzontale. Si rese conto che per procedere doveva disfarsi del suo zaino. S’infilò nelle tasche le cose più importanti: il Pokédex e il ciondolo con la megapietra che gli aveva donato suo padre, poi chiuse la botola dietro di sé e si fece forza. A stento passava in quel corridoio, eppure doveva percorrerlo tutto. Iniziò a strisciare.
Mentre andava avanti, di tanto in tanto, il lungo tunnel si affacciava in altre stanza anguste: una dispensa, una rimessa con oggetti vari. Un magazzino. Scrutando fra gli scatoloni, Mat intravide delle tute argentee.
Fece pressione sulla griglia e questa cedette di colpo, facendolo cadere sul pavimento con un sonoro tonfo. Non perse tempo e prese lo scatolone delle tute: dovette provarne un bel po’, prima di trovarne una che non gli fosse eccessivamente larga.
Si guardò con una certa repulsione … certo che quelli dell’organizzazione avevano decisamente un pessimo gusto in fatto di abiti: quella tutina luccicante e aderente era decisamente imbarazzante. S’infilò il cappellino sotto ai vestiti, rifiutandosi di lasciarlo dov’era, poi si avvicinò alla porta imponendosi di sembrare sicuro e disinvolto.
Ma qualcosa lo fermò prima, un suono alle sue spalle.
“Hoooooun!”
Un Houndour, probabilmente lasciato a guardia del magazzino, era rimasto ad osservarlo per tutto il tempo. Mat si lanciò di lato appena in tempo per schivare un colpo del Pokémon ma, quando fece per rialzarsi, se lo trovò a pochi passi di distanza. Istintivamente, afferrò la sfera di Chikorita e lo mandò in campo.
“Ti prego Chikorita, attacco frustata!”
Houndour si scagliò verso il Pokémon d’erba a tutta potenza, facendolo ruzzolare a terra. Poi si preparò ad un altro attacco, ma Mat si lanciò in mezzo all’ultimo momento, finendo per essere colpito al posto di Chikorita.
Si rimise in piedi, dolorante. Houndour stava per attaccare di nuovo il suo Pokémon: Mat si lanciò nuovamente in mezzo per fargli scudo, ma fu proprio in quel momento, che Chikorita reagì.
“Chikoooooo!”
Le liane di Chikorita colpirono il Pokémon con una forza impressionante, scagliandolo dalla parte opposta della stanza. Poi lo afferrarono nuovamente, scagliandolo nella botola da cui era arrivato e chiudendo la grata in modo che non potesse raggiungerli.
“Hai visto quanto sei forte?” Esultò Mat, avvicinandosi al proprio Pokémon. Camminava a fatica, ma non poteva perdere tempo. Avrebbe voluto continuare a lodare Chikorita, ma doveva uscire di lì in fretta. Con il suo fuoco, Houndour stava sciogliendo l’acciaio della grata.
“Sei stato grandioso, torna qui.”Disse al suo Pokémon, che ancora sembrava disorientato da quella vittoria. Poi uscì di fretta e si richiuse la porta alle spalle, appena in tempo per fermare Houndour.
Si riassettò velocemente, meglio che poteva.
Sì trovava in un ampio e freddo corridoio illuminato da varie luci al neon.
“Hei ragazzetto, tutto bene?” Gli domandò una delle reclute, un uomo sui trent’anni.
Matthew annuì rapidamente.
“Devi essere uno dei nuovi.” Continuò l’altro. “ A voi pivelli vi si distingue subito.”Lo scrutò con attenzione.”Senti, fammi un favore.”
Matthew si fece serio.”Sì, signore!”
“Io sono impegnato, tu porta questo cd alla sala di comando.”
Mat esultò mentalmente ed afferrò il piccolo dischetto, riponendolo con cura nel taschino centrale dell’uniforme. Recarsi alla sala di comando era proprio ciò che gli serviva per capire qualcosa di quel posto: non avrebbe potuto avere più fortuna di così.
Una voce forte, proveniente da alcuni altoparlanti, lo fece sobbalzare.
“Avviso a tutto il personale, avviso a tutto il personale!”
Matthew deglutì.
“è stato rilevata la presenza di un intruso.  Visioneremo le immagini filmate dalle nostre telecamere, e nell’arco di tempo fra la mezz’ora e un’ora, sapremo fornirvi l’identikit dell’ospite. Nel frattempo, prestare attenzione ad eventuali individui sospetti.”
“Non sarai mica tu l’intruso!” Scherzò la recluta accanto a Mat, dandogli un’amichevole pacca sulla spalla. “Su, va a consegnare il messaggio, giovanotto.”
Mat annuì rapidamente, e si allontanò di gran passo.
Doveva mantenere la calma.
Aveva mezz’ora per trovare la sala di comando e inventarsi un modo per eliminare le registrazioni delle telecamere senza farsi scoprire. Molto bene. O meglio, molto male.
Man mano che camminava, porte automatiche si aprivano ai lati del corridoio che percorreva: non riuscì a capire molto di ciò di cui si occupava l’organizzazione, ma sicuramente c’entravano i Pokémon leggendari di Johto.
Ad un tratto, la porta blindata di una sala particolarmente grande, si spalancò. Ne uscì una bella donna che al posto della solita tuta portava un elegante vestito blu scuro con il simbolo dell’organizzazione – un Mew stilizzato – al centro; stivali argentei e un mantello dello stesso colore. Aveva lunghi capelli castano scuro, come cioccolato, e occhi che sembravano ghiaccio. Pareva avere un’età compresa fra i trenta e i quarant’anni.
“Dobbiamo andare alla sala di comando, generale.” Sentì dire Mat a uno degli uomini della scorta che accompagnava la donna. E, attento a non dare troppo nell’occhio, prese a seguirli.
“Il Charizard cromatico che abbiamo catturato ci sta dando molti problemi, è parecchio agitato.”
Matthew sussultò nell’udire quell’informazione.
“E dell’uovo qualche notizia?” Domandò il generale.
“Il ragazzo si rifiuta di parlarne.”
Matthew si fermò davanti a quella che in maniera indiscussa doveva essere l’entrata della sala di comando: un’enorme porta iper tecnologica che si apriva a spirale. Si accorse che serviva l’impronta digitale, ma, piccolo com’era rispetto alla media, riuscì a infilarsi dietro la schiena di una delle reclute e passare rapidamente in quel modo, senza farsi notare. Erano tutti troppo occupati a pensare al Generale.
Matthew rimase a bocca aperta ad osservare l’enorme computer principale, il cui monitor mostrava la visuale esterna del rifugio. Si trovavano nel bel mezzo di un ghiacciaio, nascosti fra la neve. Matthew poteva vedere l’immagine delle montagne sottostanti, sullo schermo.
“Hey tu, ragazzetto!”
Una voce alle proprie spalle lo fece sobbalzare. Era solo un’altra recluta.
“Che fai qui?”
Matthew scosse la testa tornando alla realtà.
“Mi hanno dato da consegnare questo!” Esclamò, prendendo il piccolo cd che in precedenza aveva messo nel taschino.
Fece per allontanarsi, quando gli venne un’idea. Era rischioso, ma doveva tentare.
“Senta, faccio parte del team informatico.” S’inventò. “Avrei anche l’incarico di recarmi in sala telecamere per recuperare i file ripresi e dare un volto all’intruso, mi autorizza?”
L’uomo annuì concitatamente.
“Certo, certo, vai pure ragazzo! Siamo in ritardo, è impensabile che questo problema venga preso così sottogamba.”
Matthew fece un segno di saluto e si voltò dalla parte opposta, ridendo fra se e sé. L’anno di viaggio con la sua amica Maky che, oltre ad essere Campionessa di Johto, faceva parte delle forze speciali della polizia Pokémon, gli stava tornando parecchio utile. Sapeva che quelle scuse avrebbero retto per poco … ma nello scarso lasso di tempo che gli rimaneva, doveva fare qualcosa per uscire da quella dannata situazione.
Si fermò davanti ad una piccola porta blindata, custodita da una guardia.
“Sono del Team informatico.” Fece presente Mat. E la recluta lo lasciò passare. Il ragazzino non si stupì quando non gli venne richiesto alcun pass, la guardia sembrava svampita, e poi lui era riuscito a passare in sala di comando solo per un colpo di fortuna, evitando il controllo dell’impronta digitale. Non era dunque necessaria un’altra identificazione, dando per scontato che lui avesse superato quella.
Entrò con soddisfazione nel piccolo stanzino delle telecamere, completamente vuoto.
Si chiuse dentro e andò a sedere sulla postazione centrale, dalla quale poteva monitorare vari schermi. Non perse tempo a curiosare, non poteva.
Il suo sguardo si posò su uno dei monitor.
Cenere si dimenava in una gabbia, tentando di sfondarla. Thomas, chiuso in una cella di fianco a lei, si guardava in giro con aria stranita.
Matthew osservò attentamente la stanza in cui si trovava. Poi decise che era arrivato il momento di agire.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 







 
Scusate se vi ho fatto aspettare, questo periodo si è rivelato più impegnativo di quanto credevo e non avevo mai un attimo per rileggere prima di pubblicare, ma eccomi! Concedetemi di dire che con l’inizio di questa avventura siamo partiti col turbo, subito guai! Ringrazio chi mi segue, alla prossima!

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Capitolo 3
*** Giù per il tunnel ***


                             GIù PER IL TUNNEL 

                                       


Sullo schermo principale del Computer che monitorava le telecamere, Mat notò una mappa digitale del rifugio in cui si trovava. La sala di comando era più grossa di quanto gli era sembrata a vista, ed era divisa in quattro sezioni principali: l’ingresso, a sud, la sala dei comandi della base a nord, un’uscita a est e la zona delle telecamere, a ovest, dove si trovava lui. Il resto della base era formato da un lungo corridoio costeggiato da altre zone di vario tipo. Il laboratorio si trovava nell’ala est: Mat notò che proprio sotto la sala di comando, più o meno nel punto in cui si trovava lui, c’era un altro locale.
“Stanza nuovi arrivi.”
Toccò lo schermo, e il monitor gli mostrò la visuale interna; spalancò gli occhi nel vedere Charizard e Thomas. Ora il computer gli dava diverse opzioni: “monitora”, !chiudi cella uno”, “apri cella uno”. Lo stesso per la cella due e la tre, anche se quest’ultima era vuota.
Prima di cliccare l’opzione “Apri” Mat si guardò in giro. Come aveva sperato, era presenta una botola anche lì. Il cunicolo per l’areazione si estendeva probabilmente all’intero laboratorio. Rise fra se e sé e chiamò fuori dalla sfera Chikorita.
Lui si guardò in giro intimidito, ma quando Mat gli chiese gentilmente di tirar giù la griglia della botola, fece come gli era stato detto.
L’allenatore lo richiamò nella sfera, e schiacciò il touch screen del computer principale. Dallo schermo, vide le celle di Charizard e Thomas che si aprivano: ma non ebbe il tempo di fermarsi a riflettere, perché – proprio in quell’istante – suonò l’assordante allarme generale.
“L’intruso si trova nella sala telecamere, recarsi lì immediatamente!”
Matthew fece ricorso a tutte le forze che aveva e si issò su per il condotto dell’aria, approfittando del poco spazio per arrampicarsi in verticale. Finita la salita, si trovò davanti ad un tunnel in discesa. Non aveva alternative. Ci si lanciò dentro, iniziando a scivolare, e ben presto la luce al neon di un’altra stanza gli invase gli occhi.
L’impatto a terra di Mat fu attutito da qualcosa di molto caldo.
Quando alzò lo sguardo, il ragazzino si trovò a fissare due grandi occhi affilati di un rosso intenso.
“Cenere!” Esultò.
Era incredibile averla ritrovata, si sentiva forte per quello che aveva fatto, ma non aveva nemmeno il tempo per pensare.
“Matthew?” Thomas gli si avvicinò, incredulo. Disse qualcosa, ma il rumore assordante dell’allarme generale impedì a Matthew di capirlo. In ogni caso, dovevano muoversi.
“Sei pronta Cenere?!”
Il Charizard spalancò le ali, e Mat vi montò sopra con un balzo agile, invitando Thomas a fare lo stesso.
Poi Cenere si puntò lo sguardo sulla porta, e eruttò una fiammata di fuoco denso, che fuse l’acciaio.
“Cenere, vai sempre dritto, dobbiamo riprenderci l’uovo!”
Lei si lanciò in volo ma, ad un tratto, il lanciafiamme combinato di alcuni Houndour le bloccò la strada; Cenere rispose con un altro lanciafiamme per spazzarlo via, e continuò l’avanzata.
In quel Caos, Mat cercò di trovare la lucidità per andare avanti. La sirena d’allarme lo stava assordando, persone e Pokémon gli sfrecciavano attorno, mentre volava fra gli angusti corridoi della base.
Un gruppo di Skaromry li attaccò frontalmente: Cenere ne colpì alcuni con la coda allontanandoli, ma altri la attaccarono alle spalle, mirando alle ali.
Matthew si aggrappò a Thomas, mentre cadeva a terra.
Quando si rimise in piedi a fatica, si rese conto che erano circondati.
Cenere era a terra, e sembrava essersi fatta male ad un’ala. Si rialzò ruggendo fuoco, ma le reclute e i Pokémon intorno a loro erano troppi.
“Vi abbiamo presi!” Gridò uno degli uomini dell’organizzazione, facendosi avanti.
Fu in quel momento che Mat percepì una brezza fredda che gli sfiorava la pelle. Una folata di vento lo investì, accompagnata da un suono leggendario che ormai conosceva.
“CUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUN!”
Suicune si fece largo con un potente gelo raggio, posandosi davanti a Mat e Thomas.
“Monta …”
Di nuovo quella voce nella testa; Matthew non perse tempo a rifletterci. Fissò Cenere e si rese conto che lei non poteva continuare a volare, quindi la richiamò nella sfera; poi salì sulla groppa di Suicune invitando Thomas a fare lo stesso.
Nemmeno tutti quei Pokémon potevano arrestare l’avanzata del leggendario: con un bollaraggio, il vento del nord spazzò via altri Skarmory che li attaccarono. Un Golbat sbucò a tutta velocità alla loro destra.
“Vai, Yanma!” Urlò Thomas, lanciando una Pokéball. “Psicoraggio!” Il Pokémon entrò in campo attaccando direttamente.
Mat non ebbe il tempo per complimentarsi con il suo amico di quella mossa. Si chinò sul collo di Suicune, sussurrando.
“Continua lungo questo corridoio, il laboratorio non è molto distante. Credo che l’uovo che cerchiamo sia lì.”
Il vento del nord saltò contro una parete per darsi slancio e schivare un attacco che gli stava arrivando alle spalle, mentre lo Yanma di Thomas li seguiva volando agilmente.
“Eccolo lì!” Urlò Mat indicando una porta automatica. “Secondo le indicazioni che ricordo, mi pare sia quello.” Pensò fra se e sé.
Suicune aprì a forza la porta automatica con un potente bollarraggio, poi si fermò all’interno della stanza, guardandosi in giro.
Alcuni scienziati stavano lavorando a vari tipi di esperimenti: mentre Suicune teneva impegnate le reclute esterne impedendo loro di passare, Mat e Thomas si lanciarono correndo verso l’uovo, custodito in una teca.
“Yanma, attacco supersuono!”
La fastidiosa mossa del Pokémon coleottero infastidì quanto bastava gli scienziati presenti in quella stanza, consentendo a Mat e Thomas di agire indisturbati.
Thomas afferrò la teca con l’uovo senza perdere tempo a romperla, ci avrebbero pensato più tardi. Matthew si concesse qualche secondo per fissarlo, era un uovo di Pokémon bianco, con piccole macchie blu.
Poi si riscosse.
Suicune arrivò vicino a lui e Thomas con un balzo: i due ragazzi non esitarono, e furono di nuovo sulla groppa del Pokémon leggendario.
“Portaci fuori di qui!” gli disse Mat.
CUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUN!
La strana struttura cornea che Suicune aveva in testa s’illuminò di un azzurro vivido e acceso, mentre Suicune ululava al nulla. Matthew iniziò a percepire un vento tremendamente freddo, che si concentrò intorno a lui e il Pokémon come un vortice, isolandolo dall’esterno.
“Questo è… “ Mormorò Thomas, sistemandosi gli occhiali.
Il vento prese a soffiare con forza, fin quando si formò una tormenta attorno al cane leggendario, che separò lui e i due ragazzini che trasportava, dalle reclute nemiche.
“L’attacco bora di Suicune.”
In poco tempo, Matthew non riuscì a vedere niente intorno a sé: si strinse solo al collo di Suicune, mentre il Pokémon galoppava nell’ignoto.
 
 
“Siamo fuori.”
Mat riaprì gli occhi solo quando sentì la voce di Thomas alle proprie spalle. Si guardò in giro: intorno a lui, montagne innevate a perdita d’occhio; più in basso, la prima vegetazione. Faceva un freddo tremendo lì in alto, nonostante la stagione. Ma quello che contava era che erano fuori, ce l’avevano fatta a fuggire dalla base.
Il giovane allenatore sentì in lontananza un ronzio che si faceva più vicino, poi, come in un incubo, un elicottero argentato si fece largo fra le montagne innevate.
E Mat sentì di nuovo quella voce, nel profondo della sua mente: “scendete.”
Seguì quell’ordine e smontò dalla groppa di Suicune, seguito da Thomas. Poi, i due ragazzi, senza avere il tempo di aggiungere altro, non poterono far altro che osservare il leggendario che spiccava un balzo in direzione dell’elicottero.
“Seguite le via gelata …”
“Che cosa … Matthew vide se stesso e Thomas sulla schiena di Suicune, mentre il Pokémon si allontanava verso l’elicottero. “è un’illusione generata da Suicune, credo.” Spiegò Thomas, serio. “Ci sta facendo da diversivo.” Strinse a sé l’uovo, poi si voltò verso destra, indicando un tunnel ghiacciato che si faceva largo nella parete rocciosa della montagna.
“Andiamo?”
 
“L’hai sentita anche tu, quella strana voce nella tua testa?” Domandò Matthew, mentre lui e Thomas camminavano nella penombra del tunnel fra i ghiacci.
“La voce di Suicune, intendi?”
Mat rimase spiazzato.
“Allora è davvero così …”
Thomas annuì appena, portandosi  di fianco a lui.
“Come sai, alcuni Pokémon leggendari possono rivolgersi alla mente degli uomini.”
“ … mi domando perché Suicune ci abbia aiutati.” Continuò Thomas, dopo un attimo di silenzio, guardando l’uovo.
Matthew fece spallucce.
“Forse l’uovo contiene un Pokémon importante che non deve finire nelle mani di quell’organizzazione.” Provò a ipotizzare.
“Tu dove l’hai trovato?”
Thomas si spostò la frangia lunga che gli ricadeva sulla fronte.
“Come già sai sono un aspirante ricercatore, e per osservare i Pokémon spesso finisco nei posti più impensabili.”
“Quest’uovo l’ho trovato casualmente, nelle acque sotterrane di una grotta vicino ad Azalea Town. Non ho idea di cosa contenga.”
Per un po’, Mat e Thomas continuarono a camminare. Matthew si sentiva tremendamente stanco: ancora non riusciva a credere di essere stato capace di mettere in atto una fuga simile da quel rifugio, e tutto lo stress generato dalla cosa gli stava crollando addosso, troncandogli le gambe. Oltretutto Cenere era stata messa fuori gioco dall’attacco combinato degli Skarmory, e l’altro Pokémon che aveva trovato nel bosco era ancora stanco e non poteva fare nulla. Si trovava in una pessima situazione con il solo supporto dell’inesperto Chikorita e di Thomas con Yanma.
I Pokédex non prendevano.
E quel lungo tunnel in cui si erano inoltrati sembrava non avere mai fine.
Peggio di così non poteva andare.
D’un tratto, a Matthew sembrò di udire un rumore alle proprie spalle. Come passi sul ghiaccio, ma si convinse che era una sua impressione, quando ….
“DELI!”
Il Pokémon balzò davanti ai due viaggiatori facendoli spaventare, poi sembrò prenderli in giro esibendosi in una serie di gesti e mosse piuttosto strane.
Matthew notò gli occhi del Delibird che si puntavano sull’uovo.
“Attento, Thomas!”
Il ragazzo riuscì a schivare per un pelo l’attacco del Pokémon, poi mandò in campo Yanma.
“Yanma, colpiscilo!”
Ma il Coleottero era ancora troppo stanco dall’azione al rifugio, e un solo pugno ben assestato fu sufficiente a mandarlo K.O.
Mat fece per afferrare la Pokéball di Chikorita, ma Delibird era furbo e veloce, prima che il ragazzino avesse il tempo di schierare il suo Pokémon, si era già dileguato con l’uovo.
“Inseguiamolo!” Urlò Thomas senza perdere tempo. Lui e Mat si catapultarono dietro al Pokémon, seguendo il tunnel in discesa.
“ Attento!”
Mat mise malamente un piede e finì per scivolare sul ghiaccio, trascinando con sé il compagno di avventure.
“Uoooooh!”
I due continuarono la pazza discesa per diversi metri, ormai vicini a raggiungere il Pokémon. Ma proprio all’ultimo Delibird spiccò un balzo, arrampicandosi lungo una parete che portava ad un altro cunicolo. Mat si aggrappò ad una roccia per arrestare la caduta, afferrando Thomas con l’altro braccio.
Si rimisero precariamente in piedi, osservando il tunnel in cui si era infilato Delibird.
“Vai, Chikorita!”
Il timido Pokémon fece la sua comparsa, guardando Mat con disappunto.
“Devo solo chiederti un favore.”Lo rassicurò lui. “Aiuteresti me e Thomas ad arrivare la sopra?”
Mat indicò il tunnel in alto, alla sua destra.
Chikorita annuì timidamente e afferrò il proprio allenatore con le liane, lasciandolo all’entrata del cunicolo, poi fece lo stesso con Thomas.
Matthew lo ringraziò, richiamandolo nella sfera, poi si voltò verso l’altro ragazzo e insieme s’inoltrarono nel lungo tunnel ghiacciato.
Mat fu costretto a farsi spazio fra punte di ghiaccio affilate, e rocce scivolose, seguendo Thomas che faceva da apri pista.
Nessuno dei due aveva voglia di parlare, e poi erano troppo stanchi per farlo.
Ad un tratto si trovarono di fronte ad un bivio.
Thomas continuò a sinistra, sporgendosi nel buio.
“Chissà cosa c’è di  q-“
Fece un passo in avanti, ma scoprì suo malgrado che lo aspettava una lunga e ripida discesa ghiacciata.
“Aiutooooo!”
Mat esitò per un attimo.
Poi si lanciò in soccorso dell’amico.
 
 
Alla fine del tunnel, Mat sbucò all’esterno di quell’orrenda via di ghiaccio in cui era finito, potendo finalmente respirare un po’ di aria fresca. Thomas era a pochi metri da lui, e si stava riassettando i pantaloni.
Non c’era neve intorno a loro, si trovavano in un bel sentiero di bassa montagna.
“Secondo te dove siamo?” Provò a domandare Matthew, ma non ebbe il tempo di continuare.
Delibird sfrecciò a pochi metri da loro, diretto chissà dove.
“Prendiamolo!”
I due si lanciarono in una corsa sfrenata giù per il sentiero battuto, seguendo il rapido e astuto Pokémon. Persero le sue tracce dopo pochi minuti ma, svoltato l’angolo, si trovarono davanti a una bellissima cittadina antica fra le montagne, formata da case modeste e piccoli palazzi caratteristici, fra cui sorgevano statue di draghi.
Matthew alzò lo sguardo.
Il cartello di benvenuto recitava: “Backthorn City.”

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Capitolo 4
*** L'allenatore solitario (CAPITOLO EXTRA) ***


L'ALLENATORE SOLITARIO!


                                      






Si era davvero cacciato in un brutto guaio.
Quel Tauros selvatico e aggressivo, incontrato lungo il percorso che secondo la cartina avrebbe dovuto condurlo ad una fattoria, aveva decimato tutta la sua inesperta squadra. Persino il vecchio Ryhorn – un po’ acciaccato ma avvantaggiato da anni e anni di esperienza - non era riuscito ad avere la meglio.
Il ragazzino s’impose di controllare i battiti del proprio cuore … doveva rimanere lucido, per cercare di uscire indenne da quella maledetta situazione. Non poteva sperare nella fortuna, non ne aveva mai avuta: doveva arrangiarsi da solo, come aveva sempre fatto.
Lanciò un’ultima occhiata a Totodile, la sua unica speranza di vittoria.
Sorrise amaramente. Totodile era un Pokémon ombroso, schivo e solitario, distaccato da tutti … “un Pokémon difficile.” Gli aveva detto Elm.
“Proprio com’ero io un tempo.”
Gli occhi azzurri del ragazzino si chiusero quando Tauros caricò verso di lui … ma il colpo che si aspettava non arrivò: un rumore sordo fermò l’avanzata del Pokémon. Totodile l’aveva azzannato rimanendo appeso ad una zampa anteriore e stringeva con forza, per tenersi aggrappato. Tauros saltò verso l’alto e atterrò sul terreno picchiando la zampa a terra, obbligando l’altro a lasciare la presa. Poi il Pokémon caricò nuovamente verso il giovane allenatore, ma un potente getto d’acqua fermò la sua corsa furiosa.
Tauros si voltò, sbuffando di collera. Lui e Totodile si fissarono per diversi secondi.
Raven si spostò un ciuffo di capelli corvini che gli ricadevano sulla fronte, osservando intensamente il suo Pokémon.
In quel mese e mezzo che avevano trascorso insieme, Totodile si era dimostrato prima aggressivo nei suoi confronti, poi indifferente. Aveva combattuto alla palestra di Olivinopoli solo per soddisfare il proprio ego, non per collaborare con lui.
Per un attimo il tempo sembrò fermarsi. Una luce abbagliante illuminò il corpo del Pokémon d’acqua, che prese a cambiare forma, allungandosi verso l’alto, per poi irrobustirsi, sotto lo stupore del suo allenatore.
La possente mascella di Croconaw scoccò nel vuoto, ad evoluzione terminata.
Tauros si lanciò al galoppo, pronto a sfoderare un attacco riduttore a piena potenza. Lo starter d’acqua rimase lì dov’era, deciso a non muoversi. Quando l’avversario gli fu addosso, spalancò la bocca: l’impatto generò una nube di polvere, smuovendo la terra secca.
Nel momento in cui Raven riuscì a scorgere qualcosa, rimase sbalordito: Croconaw aveva fermato il Pokémon selvatico con la sola forza delle mascelle, e ancora adesso lo stava trattenendo faticosamente fra i denti, impedendogli di andare avanti. Un improvviso getto d’acqua denso e potente mandò Tauros a sbattere contro un albero dalla parte opposta.
Raven afferrò una delle Pokéball che si portava dietro, lanciandola verso il Pokémon selvatico. La sfera dondolò una volta, due volte, tre … alla quarta si aprì permettendo a Tauros di sfuggire. Il Pokémon lanciò uno sguardo truce all’allenatore e al Croconaw che l’avevano sconfitto, poi sparì al galoppo in una nube di polvere.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Ti ringrazio, Croconaw.”
Raven provò un’ultima volta ad attirare l’attenzione del suo Pokémon, prima d’infilarsi nel sacco a pelo per passare la notte. Amava dormire all’aperto, e voleva approfittare del caldo estivo per poterlo fare, perché sapeva che una volta arrivato l’inverno non sarebbe più stato possibile. Proprio per quello, aveva rifiutato l’ospitalità offertagli dalla fattoria dei Miltank. No, forse non era solo quello … lui era un tipo solitario, e preferiva tendenzialmente la compagnia di se stesso e dei suoi Pokémon, a quella di altri essere umani sconosciuti.
L’aria provocata dallo sbuffare di Rhyhorn, che gli riposava accanto, gli solleticava il viso.
Spinarak si calò velocemente giù da un albero penzolando davanti alla faccia del proprio allenatore nel tentativo di spaventarlo, ma l’impassibilità del ragazzino lo lasciò deluso per l’ennesima volta.
“Lo sai che con me non funzionano gli scherzi così.” Lo prese in giro Raven. Hoothoot, poco distante, annuì pacatamente.
Raven chiuse gli occhi, stanco. Mentre il sonno stava per vincerlo e trascinarlo nel mondo dei sogni, gli sembrò di percepire un corpo pesante che si appoggiava lievemente al suo. Una coda si mosse e l’allenatore ebbe solo un pensiero: Croconaw.
 
 
 
 
 
 
 
 
Il giorno seguente, Raven si era svegliato all’alba per riprendere il cammino: aveva perso fin troppo tempo a Cianwood City e a Olivine City, per conquistare le medaglie. Doveva darsi una mossa, altrimenti non avrebbe fatto in tempo a candidarsi per il torneo della Lega di Johto di quell’anno.
Sapeva che anche Matthew vi avrebbe partecipato, e il suo più grande desiderio era quello di poterlo sfidare.
Mentre marciava di buon passo nelle campagne che l’avrebbero condotto ad Ecruteak City, delle urla attirarono la sua attenzione. Senza scomporsi accelerò la sua camminata e, dopo aver attraversato un campo coltivato, in una piazzola di terra battuta, trovò due ragazze che si stavano sfidando. La più grande pareva avere circa sui sedici anni, aveva lineamenti magri e affilati che contribuivano a rendere il suo ghigno malvagio ancora più distorto.  Raven conoscenza bene quel sorriso sarcastico … il sorriso di chi ama causare sofferenza agli altri. Puntò gli occhi sull’altra ragazza. Sembrava avere circa la sua età, dodici anni: il viso, contornato da folti capelli ricci di un castano intenso, il corpo tondo, la postura indecisa, i grandi occhi scuri, tutto l’insieme comunicava timidezza e un po’ di goffaggine.
“Ti prego, basta! Lascialo stare!”
Urlava la ragazzina, cercando di richiamare il suo Pokémon; un Cyndaquill altrettanto timido. Ma l’avversario, un possente Golem, continuava a respingere la sfera della giovane allenatrice per impedirle di ritirare il suo Pokémon, e poi attaccava il povero Cyndaquill.
“Fermati!”
Raven si fece avanti d’istinto.
La ragazza più grande alzò un sopracciglio, incuriosita, sfoderando un sorriso di scherno. Raven si frappose fra Golem e il piccolo Pokémon di fuoco.
“Chi saresti tu?”
“Non t’interessa.” Rispose il ragazzino malamente. “Piuttosto, cosa stai facendo al Cyndaquill di questa ragazza?”
“Tsk.” L’allenatrice alzò le spalle. “Mi sto solo divertendo un po’ … che c’è di male?”
Raven si sentì invadere da una rabbia accecante, che s’impossessò di tutto il suo corpo. Quelle parole, quante volte le aveva già sentite?
Le persone come te …” Pensò, portandosi una mano alla cintura dove custodiva le sue Pokéball. “Non meritano niente.”
In silenzio, tese il braccio davanti a sé, mostrando la Pokéball alla ragazza più grande.
“Ah … e così vuoi sfidarmi, novellino?”
Raven non rispose.
“Te ne pentirai, come la stupida bambina che stai difendendo … vai Golem!”
Raven esitò un attimo, prima di lanciare la sua sfera. Ripensò al giorno precedente … nello sguardo del suo Pokémon, aveva finalmente visto qualcosa di diverso e, in quell’istante, aveva avuto la certezza di poter contare su di lui.
“Croconaw, ora!!”
Lo Starter d’acqua si voltò verso il suo allenatore fissandolo per diversi istanti con il suo sguardo cupo. Poi gli occhi affilati ruotarono verso il Golem che aveva davanti.
La ragazza più grande e il suo Pokémon esitarono per un attimo. Croconaw, con la sua aura cupa, metteva a disagio.
“Golem, rotolamento!”
Il grosso Pokémon roccia si lanciò in avanti facendo tremare il terreno.
“Getto d’acqua!”
Un’ondata d’acqua a forte pressione investì il Pokémon roccia, che fu spazzato via, a diversi metri di distanza. Croconaw si lanciò in avanti e lo colpì con un potente attacco testata, mandandolo definitivamente K.O.
L’allenatrice più grande si morse per un attimo le labbra, poi il suo solito ghigno si ripresentò sul suo volto.
“Tsk, è stata solo la fortuna del principiante.” Mormorò, mentre ritirava il suo Pokémon senza neanche ringraziarlo.”Ora ti faccio vedere … vai, Weepinbell!”
Il Pokémon d’erba entrò in campo attaccando con un foglie lama, ma Croconaw le schivò facilmente, e ripartì all’attacco.
“Morso, vai!” Gli consigliò Raven.
Le mascelle potenti del Pokémon fermarono Weepinbell afferrandolo per il gambo ricurvo in cima alla testa; poi Croconaw prese a ruotare su se stesso per darsi slanciò, e scagliò l’avversario a diversi metri di distanza.
Un’altra schiacciante vittoria per lui e Raven.
L’allenatrice nemica richiamò il Pokémon nella sfera con rabbia, poi afferrò tutte le Pokéball che le restavano, schierando i componente della squadra che le rimanevano.
La ragazzina più piccola indietreggiò quando si vede davanti quei Pokémon, e strinse a sé Cyndaquill con più forza.
“Andiamocene, è troppo pericoloso!”
Raven lanciò un’occhiata al suo Pokémon … “Sei pronto, Croconaw? Facciamogli vedere cosa sai fare.”
Il Pokémon d’acqua osservò i suoi avversari: Un Raticate, uno Snubull e un Pineco; quando loro si lanciarono verso di lui, si piegò all’indietro  e sputò un getto d’acqua a tutta forza, che li spazzò via senza troppi complimenti.
La ragazza più grande richiamò i Pokémon in fretta e furia e se la diede a gambe.
“Maledetto moccioso, me la pagherai!”
 
 
“Wow, sei stato fortissimo!”
Raven smise di osservare il suo Croconaw e si girò istintivamente verso la ragazzina dietro di sé, che lo stava guardando con occhi pieni di ammirazione.
“Ti ringrazio tantissimo, hai salvato il mio Cyndaquil.”
L’allenatore di Pokémon abbassò lo sguardo, istintivamente. Non era mai stato capace di sostenere quello delle altre persone della sua età. Si sentiva inadeguato, e a disagio.
“Non sopporto i prepotenti.” Disse solamente, voltandosi per riprendere il suo cammino. “Stai attenta, ce ne sono molti.” Croconaw gli si accostò, pronto a rimettersi in marcia.
La ragazzina lo afferrò per un polso, tentando di fermarlo. “Hei, aspetta, anche tu stai conquistando le medaglie vero? Potremmo viaggiare insieme!”
Raven non le rispose.
“Io mi chiamo Cindy Mellow e vengo da Olivine City.” Si presentò lei. “ Anche se questo Pokémon sono andata a prenderlo dal professor Luck di New Bark Town prima di partire.”
“Che ragazza chiacchierona.”
Il giovane allenatore la osservò un po’ incuriosito.
“E tu come ti chiami?”
“Raven Rock-“ Esitò, prima di continuare. “Raven.”
Si voltò, dando a Cindy le spalle. “ E mi spiace, non viaggio con nessuno. Sono un allenatore … solitario.”
Riprese a camminare.
“Andiamo, Croconaw.”
 
 
 
 
 
 








Chi si rivede! Pensavate che io mi fossi dimenticata di lui eh? XD invece Raven è un personaggio a cui tengo molto, tant'è che prima di iniziare a scrivere questa fic ero indecisa sul dargli il ruolo di protagonista ... ma alla fine ho preferito optare per il caro vecchio Matthew xD
Mi sono completamente dimenticata di commentare il capitolo precedente e mi scuso! Come al solito, un grazie a chi mi segue, alla prossima!

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Capitolo 5
*** Blackthorn City ***


BLACKTHORN CITY


“Scusi, per caso ha visto un Delibird?”
Mat e Thomas fermarono il primo cittadino di Blackthorn City che passò accanto a loro. Era un uomo di mezz’età dalla corporature robusta e un lunga barba.
“Un Delibird eh? Ah! Dev’essere quel maledetto!”
L’uomo bofonchiò qualcosa fra se e sé.
“Scommetto che vi ha derubati!”
I due ragazzi si guardarono per qualche istante.
“Esattamente.”
“Quel Pokémon è un mascalzone!” Si lamentò ancora il signore, arricciandosi la barba. “Vedete quel viale alberato che porta alla palestra?” Indicò dritto davanti a sé. “Ecco, percorretelo per un bel pezzo, ad un certo punto, troverete un sentiero alla vostra destra; prendendolo e arriverete ad una piccola e vecchia casa. Bussate, troverete sicuramente ciò che state cercando.”
Mat e Thomas salutarono e s’incamminarono lungo il viale indicato, a passo malfermo. Erano tremendamente stanchi, l’unica cosa di cui necessitavano era un po’ di riposo: anche i loro Pokémon ne avevano bisogno, ma prima di tutto era fondamentale cercare di capire dove poteva essere finito l’uovo che stavano cercando. Avvicinandosi alla palestra, Mat si soffermò ad osservarla – pensando che ancora non poteva lanciare la sua sfida perché per lottare contro i draghi gli servivano tutte le medaglie – era una edificio sontuoso, dall’arcata principale simile a quella di una chiesa. Due statue di Dragonite custodivano l’ingresso. Un giorno, avrebbe bussato a quel portone per prendersi la medaglia.
“Per di qua.”
Thomas indicò il sentiero di cui aveva parlato il signore, e i due si avventurarono nel verde del villaggio, fra piante di vario tipo e abeti. Al termine, trovarono una piccola casupola un po’ malmessa.
Bussarono, e ad aprire fu una signora molto anziana, dai lunghi capelli bianchi che le arrivavano a terra.
“Chi siete?” Domandò la vecchietta, guardandoli dal basso.
Parlò Thomas.
“Stiamo cercando un Delibird.” Disse, arrivando dritto al punto. “Ci ha rubato un uovo.”
La vecchietta sospirò, con l’aria stanca di chi ormai si è rassegnato a qualcosa.
“Oh, capisco … è arrivato poco fa, entrate.”
Matthew si guardò intorno un po’ stranito: talismani e strani oggetti pendevano dal soffitto, rendendo difficile muoversi in quella casa già bassa. Un odore di incenso intenso ma non sgradevole permeava l’ambiente, conferendogli un’atmosfera decisamente naif.
Mat svoltò l’angolo, e il Delibird che avevano incontrato fra i ghiacci era lì, seduto su un vecchio tappeto fra una miriade di oggetti di vario tipo, scatole di forme e colori diversi, un orologio, un portagioie, libri. Sembrò spaventarsi all’arrivo di Mat e Thomas, ma la vecchina lo rassicuro con un gesto pacato della mano e lui tornò a giocare con i suoi trofei.
“Mio marito aveva l’abitudine di portare a casa gli oggetti che trovava in giro. E se il proprietario non si presentava, li trasformava in altre cose.” Spiegò l’anziana, continuando ad osservare il Pokémon. “Delibird ha sofferto molto la sua morte, e ha cominciato a riempirmi la casa di ogni sorta di aggeggio. La sua frenesia di trovare qualcosa è diventata tale da indurlo a rubare …”
La donna sospirò, indicando in un angolo a sinistra.
 
Gli occhi di Thomas si illuminarono. Lì, sepolto da altri mille oggetti, dietro una pila di libri, c’era il suo uovo. Osservò l’anziana donna che andava a recuperarlo, e tirò finalmente un sospiro di sollievo quando lo riebbe fra le mani, completamente integro. Quasi non gli sembrava vero.
Delibird non sembrò protestare, era intento, quasi in maniera spasmodica, ad attaccare fra loro due vecchi giocattoli cercando di fissarli con una palla di ghiaccio prodotta da lui stesso.
Matthew trovò la scena molto triste, e lo invase uno strano senso di impotenza. Avrebbe potuto chiedere a quel Delibird di unirsi a lui e viaggiare, magari in qualche modo il Pokémon sarebbe riuscito a superare più in fretta il suo trauma, ma farlo significava condannare l’anziana a rimanere da sola.
Il ragazzino si scervellò per qualche minuto nel tentativo di pensare ad una soluzione – seguendo meccanicamente la vecchina che con il suo fare tranquillo riaccompagnava lui e Thomas all’ingresso – e, quando fu il momento di andare, si rese conto di non aver ancora trovato una soluzione.
Salutò l’anziana in maniera più impacciata e timida di quanto avrebbe voluto, poi si avviò sul sentiero che li aveva portati fino a lì, a testa bassa.
Avrebbe dovuto essere felice perché finalmente si erano ripresi l’uovo, ma il senso d’impotenza provato era più forte.
“Che ti succede?” Gli domandò Thomas, mentre nascondeva l’uovo nel suo zaino, al sicuro.
Mat si concesse qualche secondo prima di rispondere.
“Mi è dispiaciuto per quel Pokémon e per quella signora … avrei voluto aiutarli in qualche modo.”
“Non possiamo aiutare tutti, purtroppo.” Commentò il ragazzo più grande, guardando dritto davanti a sé.
“L’importante è fare qualcosa quando possiamo farlo …”
Thomas voltò la testa verso Matthew.
“Tu mi hai aiutato senza conoscermi, mettendo in gioco tutto quello che avevi. “ Gli disse, sorridendo appena.” Se tutti si comportassero così, sarebbe sicuramente un mondo migliore.”
Matthew annuì e ricambiò il sorriso.
 
 
 
 
Quel giro di telefonate non sembrava avere mai fine. Mat aveva chiamato per primo suo padre, poi Delia ed infine il Professor Gary Oak. Ora toccava a Maky: in quanto esponente della Polizia Pokémon di Johto, lei non poteva non essere informata di quanto accaduto.
“Pronto?”
Matthew sorrise istintivamente quando vide il volto della sua compagna di viaggi a Kanto sul monitor del videotelefono.
“Matthew!”
Poi si fece subito serio.
“Come stai?” Gli domandò lei, sinceramente sorpresa. “ è parecchio che non ci sentiamo …”
“Purtroppo ho avuto una  brutta avventura di cui devo assolutamente informarti.” Iniziò, già preoccupato all’idea di dover raccontare per l’ennesima volta quello che gli era capitato. Cercò di  non tralasciare nessun particolare, e dopo molti minuti di conversazione  concluse il suo racconto, rispondendo a tutte le domande di Maky – “ Come si chiamava l’organizzazione? Sei riuscito a capire che obiettivo avevano? – nella maniera più precisa possibile.
“Sei stato bravo, Mat … “ Si complimentò la ragazza alla fine, fissando un punto imprecisato davanti a sé. “ Da un paio di mesi stiamo cercando di raccogliere informazioni su un gruppo di criminali, in Polizia, ma non so se siano gli stessi … “ Alzò gli occhi verso il monitor guardando il ragazzino con decisione, e preoccupazione.
“Tu stai tranquillo, la Polizia Pokèmon terrà d’occhio in incognito te e il tuo amico in modo che non possiate essere attaccati nuovamente.” Poi aggiunse. “ Ti trovi a Blackthorn city?”
Matthew alzò un sopracciglio.
“Sì, perché?”
“Fra un paio di settimane si terrà un Gran Festival al Lago d’Ira … io sarò lì, ti vedrò?”
Mat pensò un attimo a quale sarebbe stata la sua prossima destinazione. Ormai era arrivato a Blackthorn, non aveva senso tornare a New Bark Town per ricominciare da lì’ il viaggio … percorrere la mappa all’incontrario tutto sommato poteva essere un’idea.
“Certo! “ Disse, annuendo concitatamente … “Mi farebbe molto piacere vederti di persona.”
Maky sorrise.
“Allora a presto, Mat.” Disse, con fare rassicurante. “Non stare in pensiero, la Polizia terrà sotto controllo la situazione.”
Il ragazzino annuì.
“A presto, Maky!”
“Se ci saranno sviluppi t’informerò.”
E il monitor si spense.
Matthew si stiracchiò e si lasciò sfuggire uno sbadiglio. Era stanco, tremendamente stanco. Ora che era lì al sicuro, al centro Pokémon, tutto lo stress di quella strana avventura gli era piombato addosso. Un sacco di domande gli vorticavano nella testa, ma sostanzialmente aveva solo bisogno di mettere da parte per un attimo la questione.
Chissà come stava Suicune …
“Mat, hai sentito?”
La voce di Thomas lo fece sobbalzare. Il ragazzino si voltò di scatto, fissando l’amico di qualche anno più grande.
“C- cosa?”
“Sembra che Oh – ho non si sia posato sulla torre di Latta, questo mese.”
Matthew guardò Thomas con aria quasi confusa. Oh – ho, uno dei Pokémon leggendari originari di Johto, insieme a Lugia. Da qualche anno aveva ripreso a posarsi sulla Torre di Ecruteak City, ogni mese, lo stesso giorno allo stessa ora, tanto che per gli abitanti della Regione era diventato quasi un rito, recarsi lì in quell’occasione per poterlo ammirare.
“Quindi … mi stai dicendo che, in pratica i Pokémon Leggendari di Johto sono scomparsi.”
Disse Matthew, e nel frattempo la notizia che aveva visto qualche settimana prima gli rimbombava in testa. Lugia, il Lugia che viveva nella acque a largo di Olivine City, era completamente scomparso.
Thomas si fece serio.
“Ho un brutto presentimento, ma per ora non possiamo sapere niente.” Disse, sistemandosi gli occhiali.
“Comunque i tuoi Pokémon si sono ripresi, puoi andarli a prendere.”
Matthew guardò l’amico per un’ultima volta, pensieroso, e si alzò dalla poltroncina sulla quale era seduto.
 
 
“Cosa pensi di fare tu?”
Domandò Mat mentre sgranocchiava un panino.
“Se non ti da fastidio pensavo di seguirti nel tuo viaggio …” Spiegò Thomas. “Per un ricercatore come me sarebbe il massimo osservare i Pokémon di un allenatore, e poi …” Esitò, per un attimo. “ Con quello che è successo è meglio se non ci dividiamo. Per la Polizia sarà più facile tenerci sott’occhio.”
Matthew annuì con convinzione. Anche lui era di quell’idea, e poi Thomas gli stava simpatico.
Erano seduti all’ombra di un albero a godersi un po’ di tranquillità e mangiare qualcosa, insieme ai loro Pokémon. Cenere sonnecchiava pigramente, Chikorita se ne stava rannicchiato vicino a lei in cerca di protezione e Skarmory, il nuovo arrivato … beh, Skarmory continuava a ronzare intorno alla povera Cenere infastidendola, prima con una beccata, poi con un verso acuto o qualche altra diavoleria. Matthew stava iniziando a pentirsi di averlo portato con sé.
Lo Yanma di Thomas svolazzava lì nei dintorni, mentre il ragazzo era intento a strofinare l’uovo con un panno.
Faceva caldo, nonostante si trovassero in montagna. Il sole estivo batteva con forza sulle strade rocciose, rendendole bollenti.
Matthew si distese pigramente sull’erba. Dopo quanto successo non aveva la minima intenzione di partire nell’immediato, e nemmeno di esplorare la città – quello l’avrebbe fatto in un’altra occasione, magari quando sarebbe tornato lì per la medaglia – voleva concedersi almeno quel giorno di riposo.
“ Tu! sei un allenatore di Pokémon?”
Mat si tirò a sedere di colpo, guardando il ragazzino di fronte a sé. Sembrava avere qualche anno in meno di lui; aveva capelli di un azzurro - celeste acceso riuniti in ciocche disordinate che sparavano verso l’alto, e occhi dello stesso colore. Portava al collo un ciondolo con una zanna, e la sua camminata era accompagnata dallo svolazzare di un vistoso mantello azzurro. Un tipo piuttosto eccentrico, penso Mat, mentre si alzava in piedi per rispondergli.
“Sì, mi chiamo Matthew Ketchum, e vengo da Pallet Town, a Kanto.”
“Hai già sfidato la Palestra?” Domandò il ragazzino, senza nemmeno presentarsi. Mat s’indispettì, ma gli rispose lo stesso.
“No, prima mi servono tutte le medaglie …”
“Allora, Ketchum … Ketchum … di Kanto … “ Il ragazzino sembrò improvvisamente ricordarsi di qualcosa. “Ma sei il figlio di quel, Ketchum? Il Campione …”
Mat annuì con un certo imbarazzo, che aumentò nel notare che Thomas aveva spalancato gli occhi.
In tutto quel trambusto, da quando si erano conosciuti, probabilmente nemmeno un tipo accorto come lui aveva avuto occasione di riflettere su quel cognome.
Matthew sentì il disagio che invadeva ogni fibra del suo corpo, e quasi fu grato al ragazzino che aveva davanti quando esordì presentandosi in maniera decisamente poco sobria.
“Allora Ketchum, sappi che io sono IGOR! Figlio di Sandra, la famosa e potente capo palestra di questa città …”
“Ah sì?”
“Ti sfido!”
L’espressione disinteressata di Matthew mutò improvvisamente a quelle parole … una sfida era quello che gli ci voleva per smaltire la tensione accumulata durante le sue disavventure.
“Sarà una sfida uno contro uno!” Decise Igor, mentre prendeva la sua Pokéball. “Sei pronto?”
Quel ragazzino basso e magrolino era insopportabilmente sbruffone, pensò Mat ma, infondo, aveva poca importanza. Guardò il laser rosso della sfera dell’avversario materializzarsi in campo, spalancando gli occhi per lo stupore quando gli apparve davanti un Dragonair. Allora Igor non era così male, nonostante il caratteraccio.
Mat si girò verso i suoi Pokémon e non si stupì nell’incrociare immediatamente lo sguardo di Cenere. Lei si fece avanti a grandi passi, sbuffando fumo dalle narici, e ruggì in segno di sfida verso l’avversario.
Thomas si piazzò a metà fra i due sfidanti, trasformando il campo erboso dove pochi secondi prima stavano riposando, in un improvvisato ring di combattimento.
“Che la sfida abbia inizio!”
Senza bisogno di parole i due Pokémon si staccarono immediatamente da terra, volando in alto. Cenere sputò una fiammata di fuoco denso e compatto che Dragonair schivò facilmente con una piroetta aerea.
“”Dragospiro!”
“Rispondigli con un dragartigli, Cenere!” Urlò Matthew. Lei aveva imparato quell’attacco prima di partire per Jotho, e Matthew era piacevolmente stupito dall’efficacia della mossa. Il dragospiro rimbalzò sugli artigli della sua Charizard, tornando al mittente.
Mat si guardò intorno, e si accorse che un piccolo gruppo di persone si era radunato per assistere alla sfida.
“Dragonair, ira del drago!”
Il giovane allenatore di Kanto spalancò gli occhi nell’udire il nome di quell’attacco. La lotta era iniziata da pochi minuti, e Igor stava già per utilizzare la sua mossa finale? Non aveva senso. Si preparò ad un trabocchetto, ma quando Dragonair scagliò una potente sfera di energia verso Cenere, capì che stava facendo sul serio.
“Fuocobomba!”
Urlò.
Cenere si trovava in alto rispetto a Dragonair e grazie all’aiuto della gravità non le fu particolarmente difficile respingere l’attacco per rimandarlo al mittente. Si alzò una nube di fumo all’impatto fra le due forze, che impedì di vedere bene ciò che era successo.
Quando tutto tornò alla normalità, Dragonair fluttuava ancora sospeso in aria, qualche metro più in basso rispetto Charizard.
“Finiscilo Cenere, movimento sismico!” Ordinò prontamente Matthew.
Dragonair era troppo stanco, e non riuscì a spostarsi in tempo. Cenere lo afferrò per la coda facendolo roteare più volte, come un giavellotto, poi lo scagliò verso il basso con tutte le sue forze.
L’impatto a terra, segnò la sconfitta definitiva di Dragonair.
Matthew guardò il Pokémon con uno strano senso di incredulità, mentre Cenere atterrava, altrettanto stranita. Era tutto finito decisamente troppo in fretta.
“Permesso, permesso!”
Poi una voce femminile decisa e marcata si fece largo  con severità fra la piccola folla che si era formata.
“Igor!”
Il bambino prese a mordersi le unghie nervosamente, quando la donna lo raggiunse a grandi passi, con fare militare. Matthew la osservò per bene: era una donna di mezz’età, capelli e occhi dello stesso colore del ragazzino che l’aveva sfidato.
“Ti avevo detto di smetterla di prendere i miei Pokémon!”
Lo rimproverò Sandra, decisamente arrabbiata. Gli strappò la sfera dalle mani, e si recò a grandi passi verso Dragonair, accarezzandolo appena. Poi lo richiamò nella sfera e si avviò verso Matthew, mentre gli spettatori si diradavano a suon di sguardi gelidi da parte della donna.
“Perdonami. “ Disse Sandra, sbuffando. “Igor ha solo nove anni e non potrebbe ancora fare l’allenatore di Pokémon, questa sfida non doveva nemmeno svolgersi.”
Matthew sembrò disorientato.
Poi la donna si presentò.
“Io sono Sandra, Capopalestra di questa città. E tu?”
“A- ah! Molto piacere!” Balbettò Mat.”Mi chiamo … Matthew Ketchum e vengo da Kanto per conquistare le medaglie.”
“Sei il figlio di Ash!”
Esclamò Sandra, spalancando gli occhi. “Che piacere, come sta il tuo papà?”
Matthew si sentì un po’ in imbarazzo e liquidò la questione con un “bene, grazie.” Poi ringraziò la donna quando gli domandò qualcos’altro, invece di far cadere la conversazione in un imbarazzante silenzio.
“Ti vedrò alla palestra per la medaglia in questi giorni?”
“Veramente devo ancora procurarmi le altre.” Confessò il giovane allenatore, mentre il suo sguardo veniva attirato da Igor, ora completamente diverso in presenza della madre. La sua aria tronfia e sicura era sparita. “ è un caso che io sia qui a Blackthorn City.”
“Capisco …” Sandra si passò una mano fra i capelli. “Allora ti aspetterò fra un po’ di mesi.” Disse, voltandosi, e nel farlo invitò il figlio a seguirla.
“Ti ringrazio per esserci andato piano con Dragonair … “ Mormorò la donna come ultima cosa.” È un Pokémon inesperto e insicuro e si è evoluto proprio oggi, Igor non avrebbe dovuto farlo combattere.”
Il bambino abbassò la testa.
Sandra fece l’ultimo cenno di saluto. “Comunque bel Pokémon!” Disse, guardando Cenere, e scomparve in lontananza.
Matthew si girò verso Thomas, scambiandosi con lui uno sguardo stranito.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ed eccoci qui, certo che sono strani questi abitanti di Blackthorn City! Scusate se ci ho messo molto ad aggiornare, ma questo periodo della mia vita è un disastro organizzativo. Come avete potuto vedere, questo è stato un capitolo transitorio, ci voleva un po’ di quiete post tempesta XD
Alla prossima!
P.S: per quanto riguarda i due leggendari, Lugia e Ho-Oh, si avranno ulteriori spiegazioni nel corso della storia. Nell’anime non si percepisce molto la loro “connessione” io invece ho voluto metterla in risalto, inoltre seguendo l’anime ho dovuto per forza tener conto della presenza di più di un Lugia … (due nel mare di Olivine City, se ricordate, uno alle isole Orange)  e niente, chi vivrà vedrà xD
 
 
 

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Capitolo 6
*** In viaggio! ***


                  IN VIAGGIO!
     
                   




Matthew sospirò di soddisfazione, nel sedersi su una grossa roccia dopo ore di cammino.  La tentazione di chiedere un passaggio a Cenere a volte si faceva davvero forte ma, alla fine, il desiderio di esplorazione e la voglia di scoperta prevalevano sempre.
Lui e Thomas si erano allontanati da Blackthorn City da due giorni, e non avevano fatto altro che camminare, scendendo lungo le rocciose montagne fra le quali era custodita la piccola città. Ora erano giunti a buon punto, ma per arrivare a valle fino a Moghany Town avevano ancora qualche giorno di marcia.
“Chissà se ci stanno tenendo d’occhio.” Commentò Mat, mentre dava da mangiare a Chikorita. Charizard e Skarmory volavano sopra le loro teste, monitorando la zona. Il Pokémon d’acciaio era diventato l’ombra di Cenere – una fastidiosa e molesta ombra – e non perdeva occasione di seguirla nelle sue esplorazioni.
Thomas osservò Yanma che si posava sulla superficie di una piccola pozza d’acqua poco distante da loro. La notte scorsa aveva piovuto.
“Dici quelli della Polizia?”
Matthew annuì leggermente. Da quando avevano lasciato Blackthorn City aveva pensato intensamente a quanto accaduto in precedenza, all’avventura in quel rifugio, all’organizzazione inquietante che aveva rubato l’uovo di Thomas. A Suicune … e alle parole di Maky.
“Vi terremo sempre sotto controllo.”
L’idea di essere costantemente osservato gli metteva addosso una certa inquietudine.
“È per il nostro bene.” Commentò Thomas. “Ci tengono d’occhio per proteggerci.”
“Sì, lo so ma –“
“CHAAAAAAAAAAAAAAAAAAR”
Il ruggito di Charizard interruppe di colpo il loro dialogo. Matthew alzò la testa appena in tempo per vederla atterrare lì vicino, seguita da Skarmory.
Ruotando il collo verso est e sbuffando fumo, Cenere fece capire a Mat che c’era qualcosa di anomalo.  Lui le montò rapidamente in groppa con un balzo.
“Vado a vedere cosa succede, aspettami qui.” Disse a Thomas, senza dargli il tempo di ribattere.
Dall’alto, guardando alle proprie spalle, poteva vedere le montagne innevate che aveva superato da qualche giorno e scendere con lo sguardo fino a valle.
Cenere virò bruscamente a destra abbassandosi di quota: aguzzando la vista Mat scorse velocemente le sagome di due Pokémon che stavano lottando fra loro. C’era anche quello che sembrava essere un allenatore.
Charizard atterrò con un sonoro tonfo, ruggendo minacciosa, accompagnata dal suono metallico di Skarmory che li aveva immancabilmente seguiti.
Matthew smontò dalla schiena del suo Pokémon e osservò la scena che si presentava davanti a loro. Un ragazzo di qualche anno più grande di lui aveva schierato ben due dei suoi contro uno Sneasel, che stava lottando per difendere un altro esemplare ormai completamente esausto e inerme a pochi metri da loro. Matthew li osservò bene: quello ancora in forze doveva essere un maschio, era più grosso e con orecchie più lunghe rispetto all’altra. Anche lui era ormai stanco e decisamente in svantaggio.
Mat fece un  passo in avanti. Era chiaro che quei due Pokémon andavano lasciati in pace.
“Ehi … “ Mormorò, cercando di attirare l’attenzione dell’altro.
Quello si girò di colpo e lo squadrò con un veloce sguardo.
“Fermati!” Gli urlò prima che  Mat potesse avvicinarsi ulteriormente. “Sei un allenatore di Pokémon, vero?”
Matthew annuì.
“Vattene! Questi Sneasel li ho trovati io, sono miei!”
Matthew per un attimo rimase a bocca aperta senza intervenire, spiazzato da quella risposta: ma quando il Gligar e il Kadabra di quel ragazzo attaccarono insieme Sneasel, non poté fare a meno di reagire. Si scambiò una rapida occhiata con Cenere, e lei  intervenne con un caldo lanciafiamme che bloccò gli avversari.
Il Pokémon ghiaccio buio restò in piedi sulle gambe tremanti.
“Ora basta.”
Matthew si portò definitivamente davanti all’allenatore e ai suoi due Pokémon, mentre un moto di rabbia s’impossessava di lui. Odiava chi si accaniva in quel modo nella cattura, non era giusto insistere su un essere che voleva rimanere libero.
Il ragazzo biondo e magro fece una smorfia.
“Togliti ....”
Matthew rimase dov’era.
Successe tutto in pochi istanti: sentì l’altro mormorare qualcosa, poi il laser rosso di una sfera Poké risucchiò la femmina di Sneasel senza forze. Il maschio tentò di lanciarsi verso di lei per difenderla, ma crollò a terra inerme. Prima che Cenere o Skarmory potessero intervenire, Kadabra fece levitare la sfera ancora dondolante verso il suo allenatore.
Il ragazzo biondo sfoderò un sorriso di superiorità.
“Presa … mi accontenterò di un solo Sneasel.”
“Cenere, attaccalo!” Urlò Matthew, ma gli occhi di Kadabra s’illuminarono di rosso, e l’allenatore sparì insieme ai suoi Pokèmon.
Matthew si morse le labbra fino a farle sanguinare, per la frustrazione.
Guardo lo Sneasel rimasto a terra, inerme, senza forze. Doveva aver perso i sensi. Lo sollevò e montò in groppa a Cenere.
Doveva raggiungere Thomas e dirigersi al centro Pokémon più vicino il prima possibile.
 
 
 
 
 
 
“Si riprenderà presto, ne sono sicuro.”
Nonostante fosse passato ormai un po’ di tempo da quando aveva ricucito i rapporti con suo padre, Matthew non era ancora completamente abituato a tutte quelle attenzioni da parte sua. Vederlo lì davanti a sé – anche se a chilometri di distanza, separato da un monitor – gli dava una sicurezza che non aveva mai creduto di poter accostare un giorno alla voce di Ash.
Gli aveva raccontato tutto delle sue avventure e del ritrovo di Sneasel, e dell’ansia che provava perché da tre ore ormai aspettava nel salone di quel centro Pokémon – più a valle rispetto al punto in cui si era fermato a riposare con Thomas -  senza vedere ombra dell’infermiera Joy. Mat lanciò uno sguardo a Thomas, seduto su uno delle panchine della sala d’attesa, poi sospirò e tornò a fissare il monitor.
Ash si trovava al laboratorio di Gary Oak.
“Come stanno i miei Pokémon?”
“Ora te li chiamo.” Risposte pacatamente il Campione. Mat attese per diversi minuti, poi le buffe orecchie e la testa tonda di Raichu fecero il loro ingresso sullo schermo – accompagnate dalla voce sonora – e a seguire tutti gli altri: l’obbediente Pidgeot, Schyter, Gengar, il piccolo Cubone, Execcgute e i Pokémon del laboratorio: Ditto, i due Rattata e i tre Voltorb, fra i quali spiccava quello particolarmente forte che aveva combattuto insieme a Mat in qualche occasione.
Persino Gyarados tentò di affacciarsi, Matthew ne sentì il poderoso ruggito in lontananza. Mancava all’appello solo Larvitar, che da qualche tempo si era andato a nascondere sotto terra in attesa di evolversi.
Gli mancavano i suoi Pokémon anche se li vedeva spesso, se avesse potuto portarli tutti con sé, invece di limitarsi a sei, lo avrebbe fatto.
D’un tratto sentì in fondo alla sala lo scatto meccanico di una porta scorrevole.
L’infermiera Joy era uscita.
“Scusate amici.” Si congedò velocemente.”Vi richiamo dopo!”
Mat la raggiunse in fretta a grandi passi, e cercò subito il suo sguardo per capirne lo stato d’animo.
“Il peggio è passato.” Disse la donna, con tono di voce tranquillo.” Ancora qualche ora di riposo e starà benissimo.”
Matthew tirò un sospiro di sollievo.
 “Possiamo vederlo?” Domandò.
“È meglio lasciarlo tranquillo.” Gli spiegò l’infermiera. “Vi chiamerò io quando sarà il momento.”
Il ragazzino sospirò ancora.
“Va bene … grazie …”
Guardò un’ultima volta Joy prima di raggiungere Thomas.
“Ho sentito tutto.” Lo precedette il compagno di viaggio. “Vai a farti un giro Mat, mi sembri un po’ teso, io sto qui ad aspettare.”
 
 
 
 
Quel piccolo paesino sperduto in un vallata, in cui Mat si era fermato per far curare Sneasel, poteva contare su gran poche attrazioni. Era formato da piccole case basse e vecchie, quasi tutte in pietra. A stento c’era un Pokémon Market dove si poteva acquistare solo qualche  bene di primissima necessità. L’unica cosa degna di nota sembrava essere la pasticceria locale, luogo di incontro degli anziani e dei pochissimi giovane presenti.
Matthew, incuriosito, ne varcò la soglia accompagnato da Chikorita, ma prima che potesse muovere il primo passo venne fermato da una bambina bionda con i codini, che ad occhio non sembrava avere più di dieci anni.
“Ehi, sembri proprio un allenatore di Pokémon!”
Mat balbettò qualcosa, preso alla sprovvista.
“Io mi chiamo Kiara!” Continuò l’altra. “Da questa parti non incontro mai nessuno da sfidare, quindi accetta la mia sfida!”
“Ah – hem …cioè … va bene.”
Matthew quasi non riuscì a seguirla con lo sguardo da quanto si muoveva veloce. Riuscì però a intravedere, con la coda dell’occhio, lo sguardo già preoccupato di Chikorita.
Era uscito senza portarsi dietro Cenere e Skarmory …
La ragazzina lo condusse in uno spiazzo erboso a pochi metri dalla pasticceria. Subito si formò un piccolo pubblico di curiosi.
“Andiamo bene …” Pensò Matthew, poi cercò di sembrare un po’ più positivo. Non poteva essere lui il primo a non dare fiducia al suo Pokémon.
“Te la senti?” Domandò a Chikorita. “Forza, sono sicuro che ce la puoi fare questa volta.”
Lui si fece avanti con esitazione, ma Mat considerò un progresso il fatto che non si fosse nascosto dietro le sue gambe.
Alzò lo sguardo e si presentò.
“Io mi chiamo Matthew Ketchum … e vengo da Pallet Town, a Kanto.”
“Woooow! Esclamò Kiara.”Così lontano!”
Per una bambina come lei, abituata alla vita in quel paesino sperduto, Kanto doveva sembrare proprio un posto dall’altra parte del mondo.
“Bene, vediamo quanto sei bravo … vai Flaffy!”
“Niente male …” Pensò Matthew. “Vai Chikorita, so che ce la puoi fare: attacco foglie lama!”
Le foglie affilate sfiorarono il pelo morbido del Pokémon elettrico, ma Flaffy fece in tempo a schivarle.
“Vai, tuonoschock!” Ordinò la ragazzina.
“Chikorita, spostati!”
Matthew non si stupì più di tanto quando il suo Pokémon s’immobilizzò dov’era. Osservò rassegnato la scarica elettrica abbattersi su Chikorita con un’intensità notevole. Quest’ultimo si lasciò cadere a terra, un po’ per il colpo, un po’ ancora per la paura.
“Forza Chikorita, rialzati!” Provò a incitarlo Matthew, ma si accorse di farlo con poco entusiasmo. Si sentì improvvisamente triste per quella sua mancanza di fiducia nel Pokémon, e lo richiamò, sospirando a metà fra il rassegnato e il depresso.
Nemmeno si era accorto del coro di urla di acclamazione per la ragazzina vincente. Le si avvicinò piano e le strinse la mano, mormorando un “complimenti” poi si allontanò lentamente.
Non era stata la sconfitta in sé a rattristarlo in quel modo. Ciò che lo faceva sentire triste e inadeguato era la sua incapacità di aiutare Chikorita a superare la sua paura di combattere. Avrebbe voluto essere in grado di dargli forza, di incitarlo, di farlo sentire protetto e rassicurato anche mentre lottava, ma sembrava non esserne in grado.
Non riusciva a credere che Chikorita potesse vincere, e questo era il problema. Eppure l’aveva visto combattere bene, al rifugio contro quell’Houndour.
Cercò di scrollarsi quelle brutte sensazioni di dosso e guardò dritto davanti a sé, mentre imboccava il sentiero per il centro Pokémon.
 
 
 
 
Al suo rientro Matthew aveva trovato il piccolo centro Pokémon in subbuglio.
“Cos’è successo?” Domandò, intercettando Thomas.
“Sneasel … è sparito.”
“Da quanto?”
“Poco direi, ero entrato a vedere come stava  dieci minuti fa ed era ancora lì.”
Mat non gli lasciò il tempo di continuare a parlare, si catapultò fuori dal centro Pokémon correndo all’impazzata. Si era appena ripreso e non poteva permettere che si cacciasse ancora nei guai.
Si bloccò di colpo, notando alcune impronte fresche che conducevano al bosco e le seguì per qualche minuto, arrivando ad una piccola radura fra gli alberi che dava su un dirupo.
Sneasel se ne stava lì, appollaiato, a guardare l’orizzonte: Matthew rimase immobile ad osservarlo per alcuni istanti. Ora che era di nuovo in forma non si poteva fare a meno di notare l’aura di fierezza che vorticava intorno a quel Pokémon. Doveva aver combattuto molte battaglie, visto il muso segnato da sottili cicatrici e una delle tre code in parte mozza.
“Fermo!” Gli urlò d’istinto quando vide che lui stava per spiccare un balzo.
Sneasel si voltò di colpo, dapprima sulla difensiva, ma abbassò la guardia quando riconobbe Mat.
Si scrutarono a lungo.
“Vuoi metterti alla ricerca della tua compagna?” Domandò il ragazzino, dopo diversi secondi di silenzio.
Il Pokémon annuì con un cenno del capo, l’espressione seria.
Matthew fece un passo avanti.
“Io sono Matthew Ketchum, un allenatore di Pokémon proveniente da Kanto.” Disse, poi si schiarì la voce.
“Voglio viaggiare per tutta Johto. Non ho idea di dove sia andato quel ragazzo che vi ha attaccati, ma potrei aiutarti nella ricerca …girovagando per questa regione in cerca di sfide, avremo buone possibilità di trovare colei che cerchi.”
Sneasel rimase fermo dov’era.
“Vuoi unirti alla mia squadra?”
Il Pokémon saltò giù dall’albero e si mise in posizione di combattimento.
“è molto orgoglioso” Pensò Matthew,  rispondendo all’invito alla sfida con un mezzo sorriso, mentre prendeva una delle sue Pokéball.
“Va bene, vuoi mettermi alla prova.” Mormorò fra sé e sé.
“Vai, Skarmory!”
Sneasel scattò subito in avanti, le unghie affilate pronte a colpire si scontrarono con una delle ali d’acciaio di Skarmory, producendo un suono acuto e fastidioso.
“Aeroassalto!” Suggerì Mat. Il Pokémon sparì in alto fra le chiome degli alberi, ripiombando giù dopo poco a gran velocità: ma Sneasel era veloce, e schivò il colpo scartando verso destra con grande agilità, poi si portò alle spalle dell’avversario, saltando, e colpì Skarmory con un potente e deciso ferrartigli.
Senza dargli tregua ripiombò alle sue spalle, furtivo come un Ninja. Il Pokémon di Mat non riuscì a schivare nemmeno quell’attacco, finendo intrappolato in un vortice di colpi.
Matthew osservò l’andamento degli attacchi di Sneasel per qualche minuto. Era chiaro che il Pokémon non si era ancora del tutto rimesso dal giorno precedente, e cominciava ad essere davvero stanco. Le sue tempistiche stavano diventando prevedibili.
Poco prima che Sneasel si scagliasse nuovamente addosso al suo avversario, ordinò a Skarmory di usare un altro alacciaio.
L’impatto scagliò il Pokémon ghiaccio buio contro un albero, a diversi metri di distanza.
Mat attese qualche secondo, poi lanciò la sua Pokéball.
Un dondolio, due … e la sfera si chiuse completamente.
Matthew la raccolse da terra osservandola con attenzione, emozionato.
Ora Sneasel era uno dei suoi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
È passato un sacco di tempo dall’ultimo aggiornamento, me ne rendo conto, ma ultimamente sono risucchiata da un vortice di cose da fare … nonostante tutto la fan fiction va avanti! Insomma, barcollo ma non mollo … spero di sentirvi ancora, grazie in anticipo a chi vorrà lasciarmi un suo commento e all’immancabile TommyGun, scusa se ti ho fatto aspettare così tanto!
 

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Capitolo 7
*** La medaglia Gelo! ***


                    LA MEDAGLIA GELO

                   


Piccola nota: scusatemi se il formato del testo sottostante appare sballato, non capisco che problema ci sia, forse ho fatto un errore di base con il programma di scrittura che ho utilizzato che è diverso da solito, mi scuso, non riesco a sistemarlo.


 

Matthew si strofinò gli occhi più volte quando intravide quelli che dovevano essere i contorni di un centro abitatocolorate abitazioni adornate da piacevoli fiori e giardini verdi; alberi tinti dei colori caldi e opachi di fine estate, 
clima fresco e piacevole.

“Moghany Town” Lesse Thomas, guardando il cartello che avevano davanti a loro, a pochi metri di distanza.

Entrambi si mossero con passo malfermo verso l’ingresso della città.

Mat si scrollò di dosso del fango ormai secco, forse nel tentativo di sistemarsi un poco e avere un aspetto meno
indecente e provato.

L’ultima settimana, lui e Thomas, l’avevano passata a camminare, prima sbagliando sentiero, poi imbattendosi in una tormenta ad alta quota che li aveva costretti a rimanere bloccati per qualche giorno in un rifugio fra la neve.

Dopo quell’inconveniente la ridiscesa era stata facile, ma comunque avevano camminato parecchio.

“ Alla fine non abbiamo dovuto chiedere un passaggio a Cenere per arrivare in tempo.”Commentò flebilmente 
Mat, mentre lui e Thomas facevano il loro ingresso al centro Pokémon locale.

Un’infermiera Joy li accolse col classico “benvenuto” gentile e disponibile.

Le lasciarono i Pokémon per un po’ di riposo e il consueto check- in medico, poi prenotarono una stanza.

 

Mat si lasciò cadere sul suo letto appena entrato, buttando disordinatamente lo zaino in un punto imprecisato  della camera. Guardò con la coda dell’occhio Thomas che, invece, seduto sul suo giaciglio a pochi passi di 
distanza, stava sistemando le sue cose con precisione, e si chiede dove trovasse le energie per essere ordinato.

Estrasse pigramente il Pokédex da una delle tasche della sua giacchetta, ricordandosi di dover fare una chiamata.

“Ciao Matthew!”

Il viso di Maky comparve dietro al piccolo monitor del Pokédex. Mat sorrise stancamente.

Per un attimo si chiese come mai la sua amica non gli stesse chiedendo il motivo dela sua aria palesemente distrutta, poi si ricordò che era stata proprio lei ad assegnarli la scorta che probabilmente, proprio in quel momento, a sua insaputa, lo stava tenendo d’occhio per investigare sulla misteriosa organizzazione che aveva 
rubato l’uovo. E per tenerlo al sicuro. Sì sentì tremandamente stupido per quella telefonata.

“Ti avevo chiamato per avvisarti del mio arrivo a Moghany Town, ma probabilmente lo sai già ...”

“Per un attimo ho temuto che non avresti fatto in tempo.” Scherzò lei, poi si accorse dello sguardo basso di Mat.

“Matthew, so che questa situazione per te non è piacevole.” Disse, seriamente.” Mi spiace ...”

Lui rispose con un’alzata di spalle, tornando a sorridere. “ è colpa della mia capacità di mettermi nei guai ...”

“Ora ti lascio.” Le disse, dopo qualche secondo di silenzio.” Sono stanco morto.”

“Ve bene ... Ci vediamo domani al Festival allora, Mat. Ciao.”

“Puoi contarci!” Esclamò lui, prima di salutarla a sua volta. Poi chiuse il Pokédex e lo lasciò scivolare accanto a 
sè. 
Si addormentò senza neanche accorgersene.

 

 

 

Mat riaprì gli occhi che era ormai tardo pomeriggio.

“Dormito parecchio, eh?” Mormorò Thomas, intento a lucidare e pulire il suo uovo di PoKèmon, con uno 
strofinaccio. 

Il ragazzino biascicò qualcosa con la voce ancora impastata dal sonno, poi si mise a sedere sul letto. “Che ore sono?” 
Thomas si spostò i capelli lunghi dal viso e guardò velocemente il suo orologio da polso.            “Quasi le sedici.” 
Matthew si alzò rapidamente. Doveva sistemarsi, mangiare qualcosa visto lo stomaco brontolante, prepararsi per ...“Dove hai intenzione di andare?”  “Ovvio, no?” Mat si passò una mano fra i capelli arancioni disordinati. “La mia prima medaglia delle regione mi attende.”

 

 

 

 

 

 

La palestra di Moghany Town era un piccolo, gelido edificio adornato dal ghiaccio. Due statue di Dewgong accolsero Mat e Thomas quando fecero il loro ingresso, retaggio dell’anzianissimo ex capopalestra, ritiratosi da qualche anno. 
“Chi è?” Domandò una voce potente, proveniente dalla sagoma di un uomo nascosto nel buio. 
Matthew si strinse nel cappotto che aveva dovuto infilarsi per resistere alla temperatura di quel posto. 
“Sono Matthew Ketchum, e vengo da Pallet Town per sfidarti!” Si presentò il ragazzino. “Mh.” La voce risuonò nel buio, ora accompagnata da lenti e cadenzati passi. “Il figlio del Campione di Kanto, 
eh?” 

Il capopalestra si palesò al centro del ring, illuminato dalla luce che entrava debolmente dalle finestre ad arco. Mat lo guardò dal basso. Era un ragazzone alto, notevolmente alto, e forte, dai capelli lunghi racconti in una treccia, di un biondo quasi simile al bianco, e gli occhi chiarissimi. Indossava sopra ai vestiti un mantello azzurro, che gli lasciava comunque scoperte le spalle. Matthew si chiese come fosse possibile che non avesse freddo. Lui era ben coperto, eppure stava tremando. 
Anche Thomas sembrava prossimo al congelamento.
“Bene, ora che che ti sei presentato direi di non perderci in inutili convenevoli.”Tagliò corto il ragazzo. “Io, 
Claud, capopalestra di questa piccola città ai piedi delle montagne, accetto la tua sfida.”
Mat annuì appena, si scambio un gesto d’incoraggiamento con Thomas e si fece avanti, ben piazzato sulla 
postazione.
“In questa palestra non ho arbitri ... “Lo informò Cloud.”Mi affido all’evidenza dei fatti, per constatare le sorti di una sfida.”
Mat annuì ancora.
“Bene.” Cloud scostò il mantello che gli copriva la cintura, prendendo la sua prima Pokéball.“Sarà una sfida con tre Pokémon.” Spiegò, pratico.”La buona cortesia vuole che sia il capopalestra ad aprire i giochi ...” E nel dirlo
lanciò in aria la sfera Poké.
Un Piloswine comparve davanti agli occhi di Mat, la punta delle sue corte ma robute zanne, in gran parte nascoste dalla folta pelliccia, luccicò nell’oscurità.
“Skarmory, tocca a te!” 
“...via!” Al grido di Cloud, Piloswine passò all’azione, scatenando una bufera di vento gelido. 
Sotto consiglio di Mat, Skarmory si scagliò in avanti, dopo essersi dato slancio prendendo quota. “Piloswine, geloraggio!” 
“Schivalo e attacca: alacciaio!” Il rapace d’acciaio scartò rapidamente di lato, bravo a direzionarsi in volo nonostante la bufera di neve che si erascatenata in quella palestra, poi si portò alle spalle dell’avversario, e colpì ad ali spalancate.
“Fermalo!” Lo scontro con le zanne robuste generò un suono secco, quasi fastidioso, mentre i due contendenti schizzavano ai lati opposti del ring per l’impatto.
Matthew osservò il suo Pokémon. Il ghiaccio che andava inevitabilmente formandosi sulle ali di Skarmory, stava già iniziando ad appensantirlo. Se voleva avere possibilità di vittoria doveva concludere quel match in pochi, 
rapidi e precisi colpi, oppure sperare che la tormenta cessasse. Forse era meglio tentare la seconda strada.

“Skarmory, attacco turbine a tutta potenza!” Il vortice di aria generato dalle ali del rapace d’acciaio andò a contrapportsi al vento gelido di Piloswine, 
fondendosi in un vero e proprio uragano, che risucchiò entrambi i Pokémon.
Mat dovette agrapparsi con tutta la forza che aveva ad uno dei pilastri della palestra per evitare di essere spazzato via. Neve, ghiaccio e polvere si alzarono tutte insieme, in un’indistinta massa in movimento: poi, 
per pochi secondi, cadde una fitta pioggia.

Mat si rimise sulla sua postazione frastornato, cercando con gli occhi Skarmory sul campo di battaglia. 
Il suo Pokémo e Piloswine si stavano rialzando a fatica.

Avrebbe potuto ordinargli di attaccare, ma capì che doveva essere lui ad aspettare un cenno di assenso da 
Skarmory, per non forzarlo ad andare oltre quelle che erano le sue energie. E il cenno non tardò ad arrivare, conun movimento rapido della testa.

“Finiscilo Skarmory, perforbecco!”
All’ultimo Piloswine si rimise in piedi.
“Riduttore, forza!” Lo incoraggiò il capopalestra. Skarmory era troppo vicino all’avversario per provare a schivarlo, l’impatto fu inevitabile. I due Pokémon 
vennero sbalzati di qualche metro e finirono di nuovo atterra. Alcuni secondi trascorsero nel silenzio completo e 
totale.

Poi Skarmory si rialzò lentamente, stanco ma ancora in grado di combattere.
Claud richiamò il suo Pokémon nella sfera. “Complimenti, niente male il tuo Skarmory.” Commentò il capopalestra, mentre si preparava a schierare il suo 
secondo Pokémon.

“Ma ora vedremo cosa sai fare veramente.”
Un altro Piloswine si materializzò sul ring di combattimento, apparentemente identico all’altro.
“Forza Skarmory, lanciati in volo per un alacciaio!”
Il Pokémon obbedì con un suono metallico. Matthew fece solo appena in tempo a scorgere il suo avversario che si preparava ad attaccare: un raggio ghiacciato venne scagliato a tutta forza verso Skarmory, a una velocità 
considerevole.
Ecco qual’era la differenza con il Piloswine di prima: quello era dannatamente veloce, per un Pokémon della sua specie.
Matthew non potè far altro che restare a guardare il suo Pokémon mentre veniva avvolto dal ghiaccio.
Era troppo ....
“Basta!” Urlò, facendo cenno al capopalestra di fermarsi. “Ritiro il mio Pokémon, dichiaro questo match finito, passo a quello successivo.” “Sei saggio per un ragazzino della tua età.”Commentò Claud, senza perdersi nell’aggiungere altro. “E sia, ritiralo”
Skarmory venne risucchiato dal laser rosso. Grazie al calore della sfera, il ghiaccio si sarebbe sciolto.
Mat ora non era più in vantaggio. “Se è la velocità che ci vuole, gliela daremo.” Pensò, mentre lanciava in aria la sua Pokéball.
Il capopalestra accennò un sorriso, quando vide Sneasel.
“Gran bel Pokémon ...” Commentò, per poi tornare a concentrarsi sulla sfida che stava per iniziare.
“Cominciamo!”
“Attacco levitoroccia, Piloswine!” Grossi sassi e pezzi di terra si sollevarono dal terreno, fluttuando a mezz’aria per poi essere scagliati a tutta 
velocità verso Sneasel.

“Attacco agilità!” Il Pokémon di Mat prese a saltare fra quei detriti con una destrezza pazzesca, schivandoli senza problemi e 
portandosi sempre più vicino all’avversario ad ogni balzo.
Sneasel si lanciò verso l’avversario con decisione, poi all’ultimo scartò di lato, colpendolo su un fianco.
L’attacco finta aveva avuto il suo effetto.

“Non dargli tregua, lacerazione, Sneasel!” Piloswine si rimise prontamente appena in tempo per fermare l’attacco di Sneasel con le sue corna. Attaccò con un geloraggio, che però l’avversario riuscì a schivare grazie alla sua agilità.
I due Pokémon rimasero fermi a fissarsi per qualche istante.
“Piloswine, terremoto!” Il ring di combattimento venne scosso da potenti tremiti, crepandosi in più punti. Sneasel saltò di roccia in roccia per sfuggirgli, ma mentre era impegnato a saltare l’altro Pokémon gli si scagliò addosso, colpendolo con 
un attacco riduttore.

Sneasel ruzzolò malamente a terra, rimettendosi poi in piedi dolorante. 
Mat si rese conto che il suo Pokémon cominciava ad essere stanco, e non poteva continuare a chiedergli di 
schivare attacchi. Dovevano passare ad una vera offensiva.

“Vai, lacerazione!” Urlò il ragazzino.
Il Pokèmon ghiaccio buio fu veloce: con un balzo si lanciò verso l’avversario, centrandolo in pieno con i lunghi 
artigli.

“Ora, attacco finta!” Sneasel si portò al fianco dell’avversario rapidamente, fingendo un attacco diretto, poi scartò per andare alle sue spalle e lo colpì nuovamente al fianco.
Piloswine però ripartì subito alla carica.
“Geloraggio!” la voce del capopalestra rimbombò in tutto il ring di combattimento.
“Fermalo con un ombrartigli, Sneasel!”
Il raggio ghiacciato si scontrò con gli artigli d’ombra del Pokémon di Mat. Sneasel dovette usare entrambe le 
zampe per deviare l’attacco dell’avversario.

“Veloce Sneasel, ora di nuovo lacerazione!”
“Riduttore, Piloswine!”I due Pokémon si scontrarono nel bel mezzo del ring, provocando un suono attutito. 
Entrambi vennero sbalzati ai lati opposti, finendo a terra.

Mat rimase con il fiato in sospeso per diverso tempo, fin quando il capopalestra stabilì che entrambi i Pokémon erano esausti. Matthew sospirò. Richiamò il suo Pokémon, ringraziandolo, poi alzò lo 
sguardo, incrociando gli occhi del capopalestra.
“Siamo rimasti entrambi con un solo Pokémon.” Disse Cloud, con voce profonda. “ ... Ti faccio i complimenti 
per come hai combattuto fin’ora.”

Mat annuì, in un accennato gesto di ringraziamento.
“ ... Ma quest’ultimo match sarà completamente diverso da quelli precedenti.”
Matthew fissò la mano di Cloud che spuntava dal mantello, tenendo ben salda una Pokèball. Anche lui si 
preparò a schierare il suo Pokémon successivo.

“Mamoswine, tocca a te!”

Il Pokémon di Cloud era davvero enorme e forte. Il corpo era solido e compatto, ricoperto da una forte pellicciae due lunghe zanne, tutt’altra cosa rispetto ai monconi di Piloswine, facevano bella mostra di sè.
Matthew guardò la sua Pokéball e sorrise. La sfida si preannunciava molto emozionante.
Cenere entrò in campo, accompagnata dall’odore del fuoco caldo, che sciolse subito il ghiaccio nelle vicinanze.
“ll tuo Charizard è veramente un bel Pokémon ...”Mormorò Cloud, enigmatico. “Ma non ti basterà per vincere.”“Vai Cenere, Turbofuoco!” Ordinò subito Matthew. L’aria si riscaldò immediatamente, mentre fiamme di un 
rosso acceso avanzavano inesorabilmente verso l’avversario.

“Mamoswine, levitoroccia!” Pietre affilate e detriti si alzarono rapidamente dal ring di combattimento, per essere scagliate verso l’avversario a tutta forza. Oltrepassarono il fuoco, arrestandone l’avanzata, fino a colpire il Pokémon di Matthew.
Charizard ruggì per la sorpresa e finì a terra.
Nel frattempo, il ring tremava sotto il peso di Mamoswine, lanciatosi in piena corsa verso l’avversaria.
“Attenta Cenere!” Cenere riuscì ad alzare la testa appena in tempo per vedere Mamoswine che si dava lo slancio finale della sua carica, saltando in alto per arrivarle addosso. Mentre un fiammatta calda le usciva dalla gola colpendo in pieno l’avversario, Cenere sentì la punta di una delle zanne di Mamowsine che impattava sulle delicate articolazioni 
dell’ala sinistra. Ruggì di dolore, poi l’altro Pokémon fu spazzato via dall’attacco di fuoco. 

Charizard ne sentì il peso atterrare a terra qualche secondo dopo.
I due allenatori di Pokémon, sfidante e capopalestra, trattennero il fiato per diversi istanti. Poi, un movimento 
impercettibile di etrambi i Pokémon.
Mamoswine fu il primo a rialzarsi, seguito da Cenere. Matthew notò subito che la sua amica di sempre teneva malamente un’ala. E notò anche che entrambi Pokémon erano allo stremo delle forze, quella breve ma intensa 
azione precedente li aveva sfiniti.

Ovviamente anche Cloud l’aveva capito.
“Gigaimpatto, Mamoswine.”
Matthew si scambiò uno sguardo d’intesa con il suo Pokémon.
Cenere rimase immobile al suo posto, a fissare Mamoswine che, dal fondo del ring, avanzava faendo tremare la palestra. Poi, quando Mamoswine fu abbastanza vicino, Mat le ordinò di attaccare.
“Fuocobomba!” All’impatto mamoswine indietreggiò di qualche metro, smuovendo la terra intorno a lui. Poi, lasciando Mat letteralmente a bocca aperta, deviò con le possenti zanne la traettoria del fuoco, riprendendo la sua inesorabile 
avanzata.

Mamoswine era troppo vicino, e Cenere non era abbastanza in forma per schivare il colpo.
“Attenta!” Urlò Matthew, non sapendo più cosa chiederle. Charizard afferrò le corna dell’avversario con le zampe anteriori, in apparenza esili ma forti e muscolose, cercando di arrestarne l’avanzata. Venne trascinata da Mamoswine per diversi metri, ma riuscì a fermarlo 
pochissimi metri prima che lui riuscisse a schiacciarla contro una delle pareti della palestra.

“Grandissima!” Esclamò Matthew. Cenere stava facendo uno sforzo inimmaginabile. Ogni muscolo del suo corpo era teso e impegnato nel tentativo di resistere alla forza dell’avversario ... ma tutto ciò non aveva importanza. Era riuscita a raggiungere l’obiettivo:
intrappolare l’avversario per qualche istante, così vicino a sè da porterlo colpire con la massima precisione.
Questa volta Mamoswine non riuscì ad opporsi alla potenza del fuocobomba di Cenere. Nè venne spazzato via 
immediatamente, travolto da quell’ondata di calore.

Quando il fumo si dissolse, il Pokémon del capopalestra era completamente K.O.
Cenere, stremata ma ancora in piedi, lo osservava con fierezza, il collo piegato ad arco. Mat la guardò con occhi luccicanti.
Ce l’avevano fatta ... ora Matthew aveva la medaglia Gelo. Il primo passo verso la lega di Johto.

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