Remember me

di taisa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Progetti per la giornata ***
Capitolo 2: *** Un lavoro impegnativo ***
Capitolo 3: *** E’ una promessa! ***
Capitolo 4: *** Gli abiti che indossi ***
Capitolo 5: *** Panico ***
Capitolo 6: *** Voglio una spiegazione! ***
Capitolo 7: *** Un po’ più di tempo ***
Capitolo 8: *** Fuori posto ***
Capitolo 9: *** Nuova generazione ***



Capitolo 1
*** Progetti per la giornata ***


REMEMBER ME

REMEMBER ME

*

Progetti per la giornata

*

Il rumore che lo distolse dai suoi sogni risultò quello della sveglia. Tuttavia, il bello addormentato, non sembrò interessato in alcun modo a destarsi. Mugugnò sonnolento, volgendosi dal lato opposto e sparendo sotto le coperte.

Si rigirò per diverse volte prima di stabilire, in maniera più logica, che spegnere quel dannato apparecchio si sarebbe certamente rivelata un’ottima idea. La sua mano tastò il comodino, in ricerca della radiosveglia, allo scopo di zittirla.

Quando infine ritornò il silenzio si rese conto, suo malgrado, che i suoi sogni erano ormai lontani. Sollevò il busto dal materasso, sedendosi sul giaciglio, ancora avvolto dalle sue calde coperte. Con una mano si toccò il capo, scompigliando i capelli già ribelli.

La scelta migliore, a quel punto, era quella di alzarsi definitivamente allo scopo di cominciare la giornata. Il suo stomaco, inoltre, gli suggerì che mettere qualcosa sotto i denti sarebbe stata una brillante idea. Quantomeno sarebbe riuscito a porre fine a quei gorgogli insistenti.

Posò i piedi sul freddo pavimento alla ricerca delle sue pantofole. Gesto che fu accompagnato da un sonoro sbadiglio.

S’incamminò barcollando verso la cucina, in uno stato di semi-incoscienza, muovendosi con un’andatura che poteva facilmente essere paragonata a quella di uno zombie. A dargli il colpo di grazia fu la luce e il vociferare concitato che sembrò provenire dalla stanza nella quale era diretto.

L’odore di brioche calde, appena sfornate, sembrò ricordargli che, in fin dei conti, la realtà non era così male in confronto al suo mondo di fantasia creato sotto le sue soffici coperte.

La scena che si presentò ai suoi occhi, ancora semichiusi a causa del sonno, risultò essere quella quotidiana e famigliare che era abituato a vivere tutti i giorni. Il rumore dei fornelli, la caffettiera che risuonava facendo capire a tutti che la bevanda era ormai pronta; i chiacchierii dei commensali, seduti attorno al tavolo e immersi in conversazioni più o meno importanti. La sua colazione, sistemata con cura dalla persona che per prima si era svegliata e che si era premurata di servirgli tutto il necessario per un buon inizio di giornata.

Tale famigliarità gli bastò per acutizzare i suoi sensi e tornare nuovamente a far parte del mondo dei vivi. “Buongiorno Trunks, dormito bene?” lo accolse la voce della nonna, intenta a preparare la colazione anche agli altri membri della famiglia.

Il giovane Trunks mugugnò qualcosa di vago in segno di saluto, accomodandosi su quella che era la propria sedia. Era sveglio, questo sì, ma la voglia di parlare o relazionarsi con il resto del mondo era attualmente pari a zero.

“Buongiorno tesoro” fu il saluto, un po’ distratto, della madre; che solo per un istante distolse la sua attenzione da un progetto apparentemente rilevante. Secondo la sua esperienza, Trunks aveva imparato a comprendere i valori d’importanza che sua madre, e suo nonno, davano al loro lavoro. La differenza stava, semplicemente, nell’orario in cui si professavano nel compito del momento.

La teoria del giovane Saiyan era che, se erano già all’opera al mattino presto l’urgenza era di alto grado. Ciò comportava inoltre un notevole via vai di pezzi e una presenza quasi evanescente dei due scienziati dalle attività famigliari o giornaliere.

La riprova di tale concentrazione fu infatti che, il Dottor Brief, nemmeno si accorse dell’entrata in scena del nipote, troppo impegnato a comprendere i dati scritti velocemente a matita dalla mano della figlia.

“Ben alzato anche a te” esordì nuovamente la signora Brief, questa volta per salutare l’ultimo componente della famigliola. Il borbottio che seguì fu quasi come un simpatico deja-vù che richiamava gli eventi di appena pochi istanti prima.

Trunks rivolse ora lo sguardo al padre, che con altrettanta svogliatezza si andò a sedere di fronte al ragazzo. Il bambino osservò il genitore per qualche istante, poi afferrò una scatola di cereali allo scopo di riempirsi la ciotola che gli era già stata assegnata.

I suoi piccoli occhi azzurri fissarono per pochi secondi la scodella, prima di essere attratto dalla discussione apparentemente incomprensibile tra la madre ed il nonno. Infine tornò ad osservare la confezione, leggendo la pubblicità che vi era stampata sopra.

“Tieni il tuo caffè Vegeta” annunciò la donna dai capelli biondi, posando di fronte al genero una tazza riempita dell’espresso che quotidianamente beveva allo scopo di ridestarsi.

Dal canto suo, Vegeta, non più sveglio del figlio, fissò il bicchiere per alcuni istanti, come se ne stesse contemplando il contenuto. Al suo fianco anche a lui giungevano parole incomprensibili su un progetto della quale non capiva nulla e che nemmeno gli interessava. A dire il vero, appena sveglio, non sarebbe nemmeno riuscito a distinguere un discorso sul livello di combattimento di un potenziale nemico. Questo da quando abitava sulla Terra.

“Papà” lo chiamò il piccolo Trunks che, al contrario, sembrò essersi completamente riscosso dal torpore che finalmente lo aveva abbandonato. Vegeta gli rivolse l’attenzione, senza aggiungere nemmeno un brontolio, attendendo di conoscere le richieste del figlio.

Il piccolo Saiyan additò la confezione di cereali, che ancora non aveva abbandonato la sua mano, ed osservò l’uomo con un’espressione colma di speranza. “Fino a lunedì ci sono le giostre in città… mi porti?” gli domandò tutto d’un fiato.

Le attività dei presenti si congelarono all’istante, tutti in attesa di conoscere il responso del Principe degli addormentati, che tuttavia sembrò immerso in riflessioni ben lontane. Vegeta restò immobile ad osservare il figlio; non era chiaro se nella sua mente stesse valutando l’idea o se stesse cercando di comprendere lentamente le sue parole.

Bulma fissò il compagno per pochi istanti. Esasperata dall’attesa decise di agire concretamente. Gli punzecchiò un braccio con la matita, ben affilata, che stava adoperando per scrivere.

“Che diavolo fai?!” sbottò Vegeta, finalmente sveglio, all’indirizzo della donna che si vide costretta a rifare la punta alla matita, ora ridotta del cinquanta percento a causa della lieve pressione fatta su un pezzo di marmo. “Tuo figlio ti sta chiedendo se lo accompagni alle giostre, rispondigli” ordinò assumendo un’espressione saccente, senza tuttavia guardarlo negli occhi e tornando poi al suo progetto.

Il Saiyan le lanciò un’occhiata bieca, non troppo contento di essersi svegliato bruscamente. Tornò poi ad osservare il bambino, che ancora non aveva smesso di fissare speranzoso il padre. “Sei un po’ troppo grande per queste idiozie” si lamentò Vegeta, tornato ad essere il solito padre burbero e scontroso.

Trunks s’imbronciò, un po’ deluso, “Ma ho solo dieci anni!” gli ricordò lagnoso, attendendo un’altra risposta da parte del padre, possibilmente positiva. “Certo che ti accompagna, puoi stare tranquillo Trunks” intervenne la madre, che si guadagnò la seconda occhiataccia in meno di un minuto da parte del compagno.

“Evviva! Lo sapevo! Il mio papà è il migliore del mondo!” esultò il piccolo Saiyan, alzando le braccia al cielo. “Trunks, caro, credo che dovresti andare a prepararti o farai tardi a scuola” gli ricordò la nonna, ottenendo un cenno d’assenso da parte del ragazzino, che tuttavia tornò a rivolgersi al padre. “Quando torno andiamo alle gioiste, vero?” domandò per avere l’ennesima conferma, che giunse tramite uno strano borbottio incomprensibile. Soddisfatto, il piccolo Trunks, uscì dalla cucina quasi di corsa. Prima andava a scuola e prima tornava a casa!

Vegeta sorseggiò la sua bevanda tra un brusio e l’altro, suscitando nella compagna un sorriso. Bulma non riuscì a nascondere la soddisfazione di assistere ad una scena del genere.

“Bulma tesoro” fu ora la madre a richiedere la sua attenzione, e lei si voltò a guardarla, “Dimmi” la esortò a parlare. “Se non ti spiace accompagnerei io Trunks a scuola oggi. In questo modo posso andare a fare anche la spesa, così tu e papà potete concentrarvi sul vostro lavoro” si offrì sorridente.

*

“Papà, questi pezzi sono antiquati. Non otterremo mai il circuito che vogliamo” brontolò Bulma, osservando i progetti sparpagliati sul banco di lavoro del laboratorio. Al suo fianco, il Dottor Brief aspirò alla sigaretta che stava fumando, poggiandosi la mano al mento con una strana espressione in volto. Chi lo conosceva bene sapeva che quello strano modo d’inarcare il sopracciglio era sintomo che il suo cervello era entrato in funzione alla massima velocità. Pertanto, Bulma intersecò le braccia ed attese, conscia che entro pochi secondi suo padre avrebbe certamente espresso le proprie idee. “E se cambiassimo questo pezzo con uno più potente?” suggerì additando quello che sembrava essere solo uno scarabocchio sul pezzo di carta che entrambi erano occupati a fissare. La figlia guardò il disegno, elaborando a sua volta pensieri e formule. Dopo alcuni secondi scosse il capo in segno di diniego, “No, non è possibile, interferirebbe col sistema di accelerazione del motore” spiegò, cercando tra i vari progetti quello appartenente al meccanismo propulsore “Ora ti faccio vedere” annunciò un secondo più tardi.

Il padre restò per alcuni secondi in attesa. “Ehi, ma qui mancano dei fogli” protestò Bulma, tornando a sfogliarli dal primo pezzo di carta. “Ne sei sicura cara?” gli domandò paziente lo scienziato, osservando a sua volta i piani di lavoro. “Certo che ne sono sicura!” protestò la donna, accigliandosi in maniera seccata. “Mmm, hai ragione, mancano alcune pagine. Credo di averle lasciate in cucina” si giustificò l’anziano, accarezzando distrattamente il gatto sulla propria spalla.

Bulma si appoggiò entrambe le mani ai fianchi, in segno di rimprovero. Suo padre era davvero una persona inaffidabile, certe volte. “Non temere, vado subito a prenderli” cercò di rimediare, avendo riconosciuto la posizione da ramanzina della figlia. “D’accordo, fai in fretta. Intanto io cerco i pezzi, così ti faccio vedere a cosa mi riferisco” stabilì la figlia, osservando l’attempato scienziato uscire dai laboratori.

Rimasta sola, Bulma sospirò pesantemente. Attese alcuni istanti prima di darsi alla ricerca dei pezzi che lei stessa aveva definito vecchi. A grandi passi si avviò verso un gigantesco armadio posto in un angolo della fabbrica. Lo aprì, con molta cautela, scoprendosi ben presto a fissare innumerevoli scatoloni di progetti vecchi o scartati.

Negli anni quell’armadio era diventato una specie di rifugio per tutto ciò che aveva una forma solo su carta. Ogni scatolone rappresentava l’agglomerato di progetti che avevano avuto il via, ma che strada facendo erano stati interrotti per i motivi più svariati.

Mentre Bulma cominciò a tirarli fuori disordinatamente dal ripostiglio si ritrovò a leggere le etichette dei nomi della quale nemmeno si ricordava più l’esistenza. Uno dei primi scatoloni che trovò era bollato come Gravity Room 3, con ogni probabilità uno dei primi progetti dell’attuale camera di allenamento. I pezzi erano ancora lì, perfettamente utilizzabili, riuniti dopo lo smantellamento della stanza, per far posto al nuovo modello attualmente funzionante.

Passò poi ad un vecchio motore innovativo, che risultò tuttavia difettoso, quindi scartato. Una macchina che non era mai stata lanciata sul mercato; un aereo, troppo costoso da realizzare, o da comprare eventualmente. Una moto all’ultimo grido, che alla fine aveva fatto gridare solo lei, vista la quantità di difetti dell’idea iniziale che l’avevano resa inutilizzabile.

Infine la targhetta segnata come Time Machine, iniziata ma mai conclusa. In parte per mancanza di tempo, paradossalmente; in parte per un fattore di attuale inutilità. L’aveva cominciata per mettersi alla prova, e i progetti che erano allegati a quello scatolone non fecero altro che confermare a se stessa quanto era geniale.

Si lasciò rapire per un attimo dai ricordi, leggendo i dati riportati sui pezzi di carta contenuti in quello scatolone. Osservò successivamente alcuni meccanismi già montati e pronti all’uso. Restò a fissarli per diversi secondi prima di udire la porta del laboratorio aprirsi e richiudersi, procurandole anche un bello spavento.

“Papà, vieni a vedere cos’ho trov…” disse alzando il capo dai macchinari che stava contemplando. Tuttavia, la persona che si mostrò, non era colui che si aspettava di vedere. Dinnanzi a lei apparve la figura seria e autoritaria del compagno, che in silenzio la fissò dall’alto al basso a braccia conserte. “Oh! Vegeta! Che ci fai qui?” gli domandò sorpresa. Era diventato raro vederlo gironzolare nei laboratori, dalla disfatta di Majin-Bu.

Vegeta la guardò assorto nei suoi, misteriosi, pensieri. La scrutò da capo a piedi, come se non l’avesse mai vista indossare un’abbondante tuta da lavoro macchiata di chissà quale liquido di qualche motore. “La Gravity Room ha bisogno di essere riparata, dalle un’occhiata” si decise a dire dopo alcuni istanti. Benché il suo volesse essere un ordine, il tono della sua voce risuonò tutt’altro che dispotico. Autoritario, questo sì, ma d’altro canto questo faceva parte del suo modo di parlare. Quello che giunse alle orecchie di Bulma non voleva essere un comando impartitole da un tiranno, bensì solo una richiesta d’aiuto posta in maniera piuttosto singolare. Alla Vegeta insomma.

Bulma ripose i fogli che reggeva in mano nel contenitore; si alzò, dopo essere rimasta accucciata tra gli scatoloni posti al suolo. “Qual è il problema?” gli domandò incrociando le braccia. Vegeta alzò semplicemente le spalle, “Sei tu che devi dirlo a me” borbottò aggrottando le sopracciglia, assumendo una tonalità di voce dalle sfumature sarcastiche. La compagna sbuffò, non aveva alcuna intenzione di mettersi a discutere con lui, soprattutto visto la mole di lavoro che si ritrovava a dover svolgere in qui giorni. Restò dunque tranquilla alle sue provocazioni, incamminandosi verso l’uscita del magazzino. “Andiamo, fammi vedere cosa c’è che non va” dispose facendo cenno al Saiyan di scortarla, e lui ubbidì senza replicare. Infondo protestare non sarebbe servito a nulla.

Il laboratorio rimase deserto e silenzioso per alcuni minuti, poi la porta d’ingresso cigolò nuovamente, producendo un rumore metallico.

“Avevi ragione tu, cara. Ci sarebbero delle interferenze” annunciò lo scienziato entrando nell’officina. Il Dottor Brief avanzò nella stanza prestando più attenzione alle carte che reggeva tra le dita. Distratto non si accorse pertanto degli scatoloni appoggiati disordinatamente al suolo.

I suoi piedi incapparono in uno di questi, che si rovesciò facendo cadere anche molti degli altri, in una specie di sequenza in stile domino. Mentalmente ringraziò di non essersi capovolto a sua volta, ma soprattutto ringraziò che alla scena non avesse assistito anche la figlia. Infatti, dopo aver constatato la sua assenza, sospirò; riponendo velocemente e senza ordine i pezzi e i meccanismi a casaccio negli vari scatoloni. Infondo il danno non era grave, erano solo dei progetti scartati.

*

CONTINUA…

*

*

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Capitolo 2
*** Un lavoro impegnativo ***


REMEMBER ME

REMEMBER ME

*

Un lavoro impegnativo

*

Vegeta incrociò le braccia poggiando la schiena accanto alla porta d’ingresso della Gravity Room. I suoi occhi si fissarono sulla compagna, alle prese con uno strano groviglio di cavi. Bulma, intanto, toccava, spostava ed osservava i pezzi metallici che componevano i meccanismi di quella stanza tanto particolare. Senza una reale ragione, il Saiyan, si scoprì divertito nell’osservarla lavorare. C’era qualcosa di particolare in lei mentre si districava con viti e bulloni. Forse era il suo sguardo, così assorto e concentrato da permetterle di dimenticare tutto il resto. Inconsciamente paragonò quegli occhi con i suoi, alle prese con gli allenamenti.

Dal canto suo, Bulma, non sembrava badare agli occhi scuri che mai avevano smesso di guardarla. Che fosse per una semplice abitudine o per una totale estraneazione dal resto della galassia, non era dato sapere. Lei osservava solo il lavoro che stava svolgendo, vantandosi mentalmente dei progressi che la Gravity Room aveva fatto negli anni, grazie a lei.

Anche a livello fisico, oltre che meccanico. L’intero motore era ora situato all’esterno, eliminando così quel grosso pilastro all’interno della camera, che si era rivelato una pessima idea. Scomoda soprattutto a causa dei continui scossoni alla quale era continuamente esposto. Negli anni, ki vaganti erano stati diverse volte la ragione principale di inceppi tecnici e di scoppi dell’impianto stesso. Per non parlare al fatto che, in questo modo, i cavi non erano soggetti alla gravità eccessiva alla quale era sottoposta la Gravity Room.

“Ecco qual è il problema” esclamò la scienziata osservando e manipolando uno dei pezzi nascosto tra i mille fili colorati. Bulma staccò velocemente il meccanismo, facendo attenzione a non toccare altro. “Che cos’è?” domandò incuriosito l’uomo al suo fianco, cercando di sbirciare oltre la sua spalla, nella speranza di osservare con i propri occhi il lavoro della compagna, anche se non ci capiva nulla. Il tecnico di casa si rigirò il pezzo tra le dita, coperte dai guanti da lavoro, constatandone le condizioni. “La parte che regolava la gravità si è fusa. Ecco perché era instabile” spiegò vagamente, alzandosi per osservare negli occhi l’alieno, mostrando anche a lui il meccanismo in questione.

Per Vegeta quello sembrò un pezzo come un altro, non era davvero in grado di comprendere per cosa esattamente era stato definito fuso. Dopotutto non spettava certo a lui stabilire certe cose, quindi si limitò a fidarsi del meccanico in questione, prendendo per buono che quello strano coso si era in qualche modo rotto. “E allora?” chiese allo scopo di carpire altre informazioni.

Gli occhi azzurri di Bulma non si scostarono mai dal materiale che reggeva tra le dita. Si posò semplicemente una mano al fianco scrutando con attenzione il meccanismo, “Dovrò sostituirlo con un pezzo nuovo, nulla di serio” spiegò “Vado in laboratorio a vedere se ne abbiamo uno di riserva” stabilì allontanandosi.

Vegeta la guardò percorrere il corridoio sentendosi rivolgere un “Aspetta qui, faccio in un attimo” quando lei era ormai lontana.

*

La porta del laboratorio produsse un famigliare suono metallico che lasciò intendere all’attempato scienziato di non essere più solo nella stanza. “Lo sai tesoro? Credo tu abbia ragione su quei meccanismi, potrebbero davvero interferire con l’impianto del motore” bofonchiò senza neanche alzare il capo dai fogli disposti disordinatamente sul proprio tavolo. “Lo so papà, io ho sempre ragione” stabilì la donna che era appena entrata, avvicinandosi agli scatoloni che aveva tirato fuori appena pochi minuti prima.

Bulma si fermò a pochi passi dai recipienti, leggendo distrattamente le etichette. Era sicura di aver trovato anche qualche vecchio meccanismo della prima Gravity Room. Se era fortunata avrebbe trovato un sostituto provvisorio con la quale aggiustare momentaneamente l’attrezzatura della camera d’allenamento.

“Potremmo provare a cambiare l’impianto di drenaggio con…” provò ad ipotizzare il Dottor Brief, passandosi una mano sotto il mento. “Non funzionerebbe, ho personalmente pianificato quell’impianto affinché non entrasse in conflitto con tutto il resto. Dammi retta papà, non c’è altra soluzione. Cambiamo i pezzi vecchi con quelli di ultima generazione” lo frenò Bulma, afferrando quello che le sembrava il rimpiazzo giusto per la camera gravitazionale. Si avvicinò al genitore, buttando il meccanismo malridotto in una scatola bollata come rifiuti, adoperata come cestino. Posò una mano sul bancone, osservando a sua volta i progetti. “Ti dico cosa faremo. Proviamo a costruire i due motori, ma vedrai che è molto più conveniente come dico io. Tu inizia a raccogliere tutti i materiali, io vado a sistemare la Gravity Room di Vegeta, appena torno cominciamo” stabilì la scienziata. Il padre annuì concorde con le sue parole.

*

Esistono molti modi per descrivere il Dottor Brief. Distratto, disordinato, sognatore, intelligente, ma anche meticoloso. Seppur le apparenze lo mostrassero un po’ trasandato e sciatto era una persona che faceva il suo lavoro con estrema precisione. Quando non era distratto, appunto, dai suoi stessi pensieri.

Se c’era una cosa che aveva imparato, lavorando con la figlia per tanti anni, era che lei aveva sempre idee brillanti, divenuti macchinari complessi e molto sofisticati. Assecondare i suoi capricci o lamentale, dunque, non era più un tentativo di viziare la sua unica figlia, bensì di riuscire ad ottenere strumenti sempre nuovi sul mercato mondiale.

Fu per questo che l’anziano scienziato si trovò a selezionare pezzi e macchinari per elaborare il nuovo prototipo alla quale stavano lavorando. Su consiglio della sua competente collega, si ritrovò a selezionare i meccanismi per due tipi di motori.

Due enormi scatole vuote erano quindi poste al centro della stanza, mentre lui cercava i vari componenti all’interno dei recipienti che la figlia aveva ritirato fuori dal magazzino.

“Accidenti, questi pezzi sembrano ridotti piuttosto male” bofonchiò tra sé, rivolgendosi al simpatico gattino nero che, assolutamente a suo agio, passeggiava tra gli scatoloni. Il micio, sentendosi preso in considerazione dal padrone, miagolò allo scopo d’informarlo sulla sua autorevolissima opinione. Il Dottore si voltò ad osservare l’animaletto domestico per pochi secondi, “Eh, mi sa che hai ragione vecchio mio, bisogna comprarne di nuovi” concordò col gatto, che miagolò in accordo a sua volta.

L’anziano si sollevò incamminandosi verso l’uscita del laboratorio, non prima di aver recuperato il suo singolare, ed immancabile, passeggero.

*

Il rumore dei ferri sbattuti tra loro risuonava tra i corridoi della Capsule Corporation. Tuttavia l’enorme edificio riecheggiava spesso con il tintinnio prodotto dagli strumenti di lavoro. Nonostante ciò, l’insistente trambusto non era solito provenire da quell’ala della casa. Almeno negli ultimi anni.

Armata di un cacciavite, e altri oggetti che il suo silenzioso spettatore di certo non conosceva, Bulma lavorava allo scopo di aggiustare temporaneamente la camera gravitazionale del compagno.

“Ehi, Bulma” la richiamò suo padre, prima di affiancarla. La donna sospese il suo lavoro, volgendo la sua attenzione al genitore. Sollevò lo sguardo per osservarlo negli occhi, data la sua posizione accucciata. Anche Vegeta gli rivolse una lieve considerazione, sebbene la sua espressione risultò quella indolente che sempre gli riservava. “C’è qualche problema papà?” gli domandò la figlia, esortandolo a parlare. Il Dottor Brief le mostrò il meccanismo che aveva prelevato dal laboratorio, “Alcuni pezzi sono un po’ logori. Vado a comprarne altri” la informò accarezzando il piccolo gattino.

Bulma annuì fermamente, “Già che ci sei compra anche un paio di circuiti B2. Li abbiamo finiti e ce ne serviranno un po’ per questo motore” suggerì tornando ad occuparsi della Gravity Room. “D’accordo cara” assentì l’uomo allontanandosi allo scopo di adempiere al compito che si era ripromesso di svolgere.

Vegeta restò a guardare il suocero svanire tra gli immensi corridoi di casa senza proferire parola, immerso in pensieri che, come al solito, rimasero rinchiusi nella propria mente. “Ascolta Vegeta, questa è solo una riparazione temporanea” lo ammonì la consorte senza nemmeno degnarlo di uno sguardo, troppo impegnata a svolgere il suo lavoro. Il Principe tornò a volgerle attenzione, in attesa di avere spiegazioni più concrete. Chiarimenti che non si fecero attendere, “Questo sistema è un po’ vecchio, vorrei cambiare qualche circuito. Quindi per ora sto montando un pezzo provvisorio. Appena finisco in laboratorio vorrei apportare qualche modifica” gli spiegò manipolando alcuni fili. “Mi auguro che funzioni, almeno” brontolò un leggermente sarcastico Saiyan, inarcando un sopraciglio. Bulma colse la punta beffarda dal tono della sua voce e per tutta risposta interruppe il proprio incarico per restare alcuni secondi a fissarlo. “Non temere, caro il mio signor scettico. Io sono un genio, so far funzionare qualsiasi motore anche con pezzi che potrebbero sembrare fuori posto” ribadì severa increspando le sopracciglia. Vegeta sbuffò leggermente, chissà quante volte ancora doveva sentirle certe manifestazioni di spavalderia?

“Ad ogni modo…” riprese Bulma, tornando al suo operato, “… fino a quando non avrò sistemato le cose la gravità sarà un po’ limitata” chiarì riacquistando la sua tonalità seria di voce. Il signor scettico assunse un’espressione tale da valergli il suo nuovo soprannome, “Che significa?” domandò un po’ seccato. La compagna tornò a rivolgergli lo sguardo, “Significa che non potrai usare la gravità oltre un certo limite, e soprattutto non potrai abusarne per i prossimi tre o quattro giorni. Ci siamo capiti?” puntualizzo infine.

Vegeta sembrò leggermente contrariato dai nuovi limiti appena imposti ai suoi allenamenti, tuttavia non protestò minimamente, se non per quel piccolo broncio che gli dipinse il volto.

Per la prima volta da quando aveva cominciato ad occuparsi della Gravity Room, Bulma si distrasse. In quel breve istante i suoi occhi si scostano sul compagno allo scopo di contemplarne l’espressione. Le sue mani, però, non si fermarono per un solo istante, nonostante la sua deconcentrazione.

Tanto bastò al meccanismo delicato della particolare stanza per emettere una scintilla. L’elettricità in tutta la casa si spense completamente. Bulma imprecò a denti stretti, ma non fece in tempo a dire o fare altro prima che la luce tornò ad illuminare completamente l’abitazione.

La scienziata stessa sembrò un po’ sbalordita dallo strano avvenimento, diede un’occhiata rapida ai circuiti senza riscontrare alcun problema tecnico.

Purtroppo non si accorse della strana spia luminosa accesasi sul nuovo pezzo da lei appena aggiunto.

*

CONTINUA…

*

*

giusiemo291: Francamente non credo di essere poi così brava, ma sono molto felice di sapere che le mie storie ti piacciano. Non posso fare altro che ringraziarti sentitamente per i complimenti, nella speranza di non deluderti.

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tety: Direi che Trunks ha imparato come chiedere favori a suo padre, con molto coraggio aggiungerei. Ti ringrazio per i complimenti, spero che il tuo interesse, dopo questo secondo capitolo, non si affievolisca.

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ka93: Per vedere Vegeta che pota al Luna Park il figlio c’è da aspettare che la piccola peste torni da scuola… almeno. Ti ringrazio per i complimenti.

*

scImMIA: Non so se le mie storie sono davvero un “+” nel fandom, però mi lusinga il fatto che tu lo abbia anche solo pensato. Più che altro mi auguro che questo “special” non diventi un “-” XD. In ogni caso non posso fare altro che ringraziarti. Riguardo alla storia invece, attualmente è ancora tutto piuttosto vago, ma spero che anche questo secondo capitolo riesca a catturare la tua curiosità. Vedremo se ci sarà davvero un riferimento a Mirai Trunks. Chi lo sa…

 

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Capitolo 3
*** E’ una promessa! ***


REMEMBER ME

REMEMBER ME

*

E’ una promessa!

*

Nonostante il nuovo limite appena impostogli dalla moglie, Vegeta, non sembrò affatto preoccuparsi. Il gioco della gravità era ormai diventata un’abitudine, pur non essendo più qualcosa che doveva fare sempre e tutti i giorni. Era divenuto, col tempo, solo un passatempo o qualcosa con cui sfogarsi e permettergli di allentare lo stress. Per tal motivo si limitò a prendere atto che la Gravity Room aveva ora nuove demarcazioni, seppur temporanee.

I suoi occhi si fissarono sul pannello di controllo posto sulla parete appena all’interno della stanza, in contemplazione dei pulsanti. A braccia conserte non sembrava intenzionato ad azionare la macchina, nonostante tutto. Una strana sensazione lo colse all’improvviso che non riuscì a spiegarsi completamente.

Non era una di quelle percezioni terribilmente negative, quelle che ti lasciano un senso di disagio della quale non riesci minimamente a liberarti. Eppure non era nemmeno un’impressione positiva. Era qualcosa che stava nel mezzo.

Lo strano comportamento che la camera gravitazionale aveva assunto durante il collaudo sembrava non essere un problema. Bulma gli aveva assicurato che era tutto sotto controllo, che non correva nessun pericolo ad utilizzare la stanza. Lui l’aveva guardata con uno sguardo offeso ed oltraggiato. Il Principe dei Saiyan non teme nessun pericolo!

Tuttavia, ora sembrava indugiare di fronte a pulsanti e comandi che facevano parte della sua quotidianità da più di dieci anni ormai. Chissà perché poi?

Mentalmente si maledisse da solo. Che diavolo stava aspettando ancora? Non era certo un rammollito terrestre, lui. A quel pensiero così umiliante, ancor di più se era lui stesso a considero, la sua mano di mosse automaticamente, come se volesse ricordare a se stesso le proprie origini; dimenticate per un solo istante.

I Saiyan non temono nulla, tanto più una stanza dalla gravità variabile. E se ancora l’universo intero non conosceva il suo valore, lo avrebbe dimostrato alla galassia ancora una volta, premendo quel pulsante.

Le spie luminose si accesero appena il suo indice spinse il bottone di accensione. I suoi occhi lessero la gravità, che inizialmente risultava pari a zero, e per istinto, o per orgoglio, stabilì che avrebbe sfruttato appieno la sua stanza, limiti a parte.

Le cifre rosse che indicavano il valore attuale salirono vertiginosamente, ad ogni gesto della sua mano che instancabile premeva i comandi allo scopo di arrivare al massimo.

Sfortunatamente si vide costretto a fermarsi ben prima di arrivare ad un valore superiore agli ottocento. I numeri si arrestarono precisamente a settecentosettantasei.

*

Era pieno pomeriggio, quando il piccolo Trunks spalancò la porta di casa con euforia. Entrò negli edifici della Capsule Corporation lasciando cadere lo zaino al suolo senza curarsi minimamente di lasciare libero il passaggio per chi lo seguiva a breve distanza; sua nonna.

“Papàààà” urlò per i corridoi, percorrendo con foga le scale. Fortuna che, essendo in parte di origine aliena, riuscire a saltare i gradini quattro a quattro non era un problema. Avrebbe fatto molto più in fretta, se sua madre non avesse imposto la regola niente poteri in casa, che ovviamente gli impedì di evitarle completamente le scalinate.

Con poteri, tuttavia, era esclusa la percezione dell’aura. Per Trunks fu quindi uno scherzo individuare l’importante presenza del padre. Il suo obbiettivo divenne quindi automaticamente la Gravity Room.

Si fermò per prendere fiato solo davanti all’enorme portone di metallo, leggendo i dati luminosi scritti su un monitor aggiunto dalla madre di recente. La gravità era di settecentosettantaquattro, e fin qui nulla di strano. Il genitore aveva infatti stabilito mentalmente di non aumentare le impostazioni ad ogni sessione. Un giorno poteva essere cento e il giorno dopo poteva avere un drastico aumento fino a ottocentocinquanta, passando poi per un seicento. Per tal motivo il Saiyan meticcio non si domandò quale potesse esserne la causa. Fu il dato successivo a dipingere sul suo giovane viso un moto di perplessità.

Secondo i dati, la stanza risultava in funzione da oltre sette ore! Trunks non escluse a priori che suo padre avesse più bisogno o più voglia di allenarsi quel giorno, ma sette ore di allenamento consecutivo non le svolgeva da almeno un paio d’anni.

Non si fermò oltre a pensare, preso com’era dalla voglia di trascinare il più orgoglioso guerriero di tutti i tempi con lui alle giostre.

Spalancò la pesante porta scrutando l’interno della Gravity Room, alla ricerca della figura paterna. I suoi vispi occhi azzurri si scostarono velocemente in ogni angolo della stanza, allo scopo d’intercettare i movimenti dell’instancabile ginnasta.

“Papà?” lo chiamò debolmente, appena intravide l’uomo, invisibile al resto dei comuni mortali.

Vegeta sentì la voce del figlio, interrompendo i suoi allenamenti ed atterrando elegantemente al suolo; non prima di aver deviato la traiettoria di un ki blast da lui stesso lanciato. “Che diavolo vuoi?” brontolò severo in direzione del ragazzino. Trunks gli sorrise con un’espressione un po’ birichina, “Andiamo?” gli domandò smanioso.

Lo sguardo che si disegnò sul volto del Principe sembrò piuttosto confuso e dubbioso. Un sopracciglio si arcuò indeciso, senza però mutare il solito cipiglio severo che non abbandonava mai il suo viso. “Di cosa stai parlando?” s’informò perplesso.

Anche lo sguardo del piccolo Trunks divenne incerto, quasi quanto quello del padre, “Non ricordi? Stamattina mi avevi promesso che mi avresti accompagnato alle giostre” gli rinfrescò la memoria il ragazzino. “Io non ho detto nulla del genere” stabilì Vegeta, incrociando le braccia al torace.

Di suo padre si potevano dire parecchie cose. Che era burbero, scontroso, poco loquace e anche un po’ spietato, ma di certo era una persona che manteneva le promesse.

Tutte le, rare, volte che gli aveva dato la sua parola di portalo da qualche parte lo aveva sempre fatto, seppur controvoglia ed accompagnato da continui brontolii. Allora perché cominciare proprio in quel momento a ritrattare?

“Ma papà, stamattina hai detto che…” “Piantala di fantasticare, Trunks! Se proprio vuoi andare da qualche parte chiedi a tua madre. Io non ho tempo da perdere in simili sciocchezze” le proteste del bambino furono bruscamente e dolorosamente interrotte dal genitore che non sembrò voler sentire ragione.

Trunks guardò incredulo suo padre. Deglutì sonoramente, con l’intento di eliminare il nodo che si era stretto attorno alla sua gola a causa della cocente delusione. “Ma sono sette ore che ti alleni” ebbe il coraggio di replicare, “E poi me l’hai promesso” lagnò in un secondo momento, chinando mestamente la testa, in un gesto ben più che istintivo. Mai chinare il capo, questo era uno degli insegnamenti di suo padre.

“Non dire idiozie, se non ti devi allenare chiudi quella porta e lasciami in pace” fu l’ordine perentorio che gli impose Vegeta.

La voglia di piangere assalì incredibilmente il bambino, che tuttavia non poteva in alcun modo permetterselo, non di fronte al grande Principe dei Saiyan. Mugugnò un timido ed abbattuto “Va bene” prima di scomparire dietro la porta di metallo.

Restò davanti a quell’uscio ancora pochi secondi, a testa bassa, cercando di dimenticare una disillusione.

*

Di tutta la Capsule Corporation c’era un solo posto in cui il piccolo Trunks amava trovare rifugio ad ogni motivo di sconforto. Forse ci andava più per istinto o per nostalgia, o semplicemente quel posto aveva il calore che gli serviva per sentirsi un po’ meglio.

Strano pensare come tale conforto arrivasse da dietro una pesante porta di metallo che richiudeva un mondo fatto di una lega così fredda. Probabilmente era un motivo da attribuirsi all’odore di motori che si mischiava con quello della madre, sempre alle prese con i suoi marchingegni.

L’uscio cigolò in maniera fastidiosa appena il giovane Saiyan la spalancò sbirciandovi all’interno. “Mamma?” domandò allo scopo di assicurarsi che lei fosse lì. “Sono qui tesoro” la sentì rispondere da qualche parte nell’enorme stanza, nascosta sotto un aereo e dietro una moto, o ancora all’interno di un’astronave. L’importante, pensò Trunks, era che fosse lì; l’avrebbe cercata con calma, vagando tra i vari velivoli.

I suoi passi si mossero con lentezza, schivando bulloni, cavi e pezzi di ricambio poggiati al suolo. Passò accanto al tavolo da lavoro, dove erano posati i progetti sulla quale, in teoria, la madre stava lavorando. Almeno fino a quella mattina.

Colto da un’irrefrenabile curiosità non riuscì ad impedirsi di ficcanasare tra quelle carte. Si arrampicò sullo sgabello alto allo scopo di leggere sui fogli.

Di tutto quello che lesse su quei pezzi di carta, Trunks, non ne comprese nemmeno la metà. Era intuitivo, e ciò gli bastò per comprendere che si trattava di un nuovo prototipo di air-car. Di questo era sicuro, nella sua giovane vita ne aveva visti già a centinaia di quei progetti.

Abbandonata l’idea di comprendere quali modifiche la madre e il nonno avevano apportato al motore del mezzo decise di tornare alla ricerca della donna. Mentalmente stabilì che sarebbe stato opportuno cercarla sotto qualche macchina voltante, vista la natura del suo attuale lavoro.

Sbirciò sotto ogni mezzo dalle sembianze di un’auto, ma di lei nessuna traccia. Fu il rumore che uno strumento produsse venendo poggiato al suolo che sembrò indicargli la direzione corretta.

Quando raggiunse la madre la trovò lavorare ad un aereo. Inarcò un sopracciglio, riconoscendo le scarpe della scienziata spuntare da sotto un velivolo così singolare. Il mezzo in sé non aveva nessuna peculiarità; se non fosse che, il progetto per la quale si era affannata tanto appena poche ore prima, era attualmente stato abbandonato.

Trunks si avvicinò titubante e ad ogni passo si ricordò di aver già visto quel prototipo. Era un vecchio modello che era stato scartato a causa del costo eccessivo. Non si pose ulteriori domande, si limitò a sedersi accanto all’aereo, sbirciando sotto di esso per osservare il volto della madre.

“Ciao tesoro, com’è andata oggi a scuola?” s’informò Bulma, senza smettere di smanettare con il motore. Trunks esitò per un istante, il volto ancora segnato da un piccolo broncio. “A scuola…” sottolineò, “… bene” rispose incrociando le braccia, seguendo con lo sguardo i movimento delle mani materne.

Bulma sbirciò per un secondo il figlio, notando immediatamente la sua strana espressione, “Se è andato tutto bene, perché quella faccia?” non poté fare a meno di domandare. Ancora una volta il ragazzino esitò per qualche secondo, abbassò lo sguardo sulle sue gambe, intrecciate tra loro. “E’ per papà” ammise un secondo più tardi, causando uno sbuffo un po’ rassegnato da parte dell’instancabile lavoratrice. “Avanti, sentiamo. Cos’ha combinato quello zuccone, questa volta?” volle sapere.

Il giovane guerriero aggrottò le sopracciglia, assumendo involontariamente un’espressione tipica del soggetto in questione, “Non vuole portarmi alle giostre, eppure me l’ha promesso” protestò, senza riuscire a nascondere una punta di rammarico. La scienziata sbucò da sotto il l’aereo, allo scopo di osservare meglio il figlio, “Trunks, tesoro, lo sai com’è fatto tuo padre. Si sarà impuntato con i suoi allenamenti come al solito” ipotizzò, piuttosto correttamente. “Sì, però… me l’ha promesso” insistette il Saiyan. Bulma sospirò “Lascialo stare per ora, più tardi gli parlo io, se vuoi” si offrì, “E poi, non ti ha già portato la settimana scorsa?” sembrò volergli rammentare.

L’affermazione della madre dipinse sul piccolo volto del guerriero una strana espressione perplessa e sorpresa. Riuscire a passare un po’ di tempo con suo padre, lontano dalla camera gravitazionale, era un’ardua impresa, doveva ammetterlo; ma tutte quelle occasioni lui le aveva appuntate mentalmente, allo scopo di non dimenticarle mai. Una gita con papà non la dimenticava nemmeno dopo dieci anni di vita, figuriamoci se gli potesse essere sfuggita un’uscita appena una settimana prima.

“No, mamma… papà mi ha promesso di portarmi alle giostre stamattina, non ricordi?” cercò di rammentarle, lui stesso un po’ confuso. L’espressione sul volto di Bulma divenne, a sua volta, altrettanto esitante, “Sei sicuro?” s’informò poco lucida.

Trunks scattò in piedi come una molla, sentendosi preso in giro. “Certo che ne sono sicuro, mamma!” sbraitò, risparmiandosi parecchie affermazioni sulla salute mentale di sua madre. Meglio non insinuare certe cose nei riguardi di Bulma Brief.

Eppure, lei sembrava essere sincera. Posò una mano al mento, reclinando il capo di lato, “Che strano, se fosse così sarebbe sicuramente venuto a lamentarsi. Io non ricordo nulla” insistette lei, cominciando seriamente a preoccupare il bambino che non sapeva più cosa pensare. “Va bene” stabilì infine la donna, alzandosi a sua volta, “Gli parlo io, vedo se riesco a convincerlo” propose, spolverandosi i pantaloni della tuta da lavoro.

Bulma guardò per un attimo il figlio da capo a piedi, come se stesse cercando di comprendere qualcosa che pareva esserle sfuggito. Gli posò una mano sul capo dai folti capelli lilla senza mai smettere di fissarlo. “Lo sai, Trunks, ti sei alzato parecchio ultimamente” dichiarò scompigliandogli la chioma, prima di uscire dal laboratorio.

Trunks, invece, rimase lì, immobile al centro della stanza e fissando la porta dalla quale la madre era uscita. C’era qualcosa di molto strano, eppure non riusciva a spiegarsi esattamente cosa fosse.

*

CONTINUA…

*

*

giusiemo291: Dopo quanto mi hai detto ringraziarti è veramente il minimo, spero sempre di più di non deluderti ^^’. Sono felice di sapere che le scene che descrivo sembra di vederle. Passando alla storia, vedremo se la tua “pazzia” ti ha portato sulla buona strada XD. Intanto, grazie anche per aver aggiunto la storia ai preferiti.

*

kutai: Non capisco perché le tue recensioni dovrebbero infastidirmi. Puoi tranquillamente smettere di essere paranoica e recensire se hai voglia di farlo. Ti ringrazio per i complimenti, vedremo se la tua teoria sulla storia sarà quella giusta. ^^

*

ka93: Diciamo che Bulma ha risolto tutto, e il “coso” (ormai universalmente definito XD) non crea più problemi agli allenamenti. Un doveroso ringraziamento, sperando che la storia continui a piacerti.

*

Vale_93: Ti ringrazio, spero che la storia continuerà ad interessarti, vedremo se la tua teoria è giusta ^_^

*

lilac: Giustifico la tua assenza, ma alla prossima dovrai recensire accompagnata da una palla di pelo anche tu o non ti ammetto in aula XD. Ok, sorvoliamo sulle idiozie e passiamo alle cose serie… per modo di dire. Come sempre ti rivolgo i miei doverosi ringraziamenti per i complimenti. Sono contenta che i dettagli ti siano piaciuti, ma soprattutto mi fa piacere sapere che hai apprezzato il rapporto padre e figlia. Per quanto riguarda Trunks, i problemi per lui sono solo all’inizio come puoi ben vedere.

*

Ishyna: E’ un vero piacere sapere che questa storia ti piaccia. Spero che la tua certezza non venga smentita. Intanto, come vedi, la trama comincia leggermente a svilupparsi. Nel frattempo io ti ringrazio per i complimenti e per averla aggiunta tra i preferiti.

*

scImMIA: In realtà è il gattino il vero padrone di casa, tutti gli altri sono ai suoi ordini XD. Intanto è giunta voce che la Signora Brief ha comprato anche delle crostate, oltre ai pasticcini naturalmente. Per tutto il resto, vediamo se le tue teorie sono giuste o meno (inclusa quella sulla friggitrice XD). Passando a cose più serie (immaginiamo che ci siano), anche a te vanno i miei ringraziamenti, sono contenta che il rapporto tra Bulma e suo padre sia stato di tuo gradimento. Attendendo il tuo voto finale mi auguro che anche questo capitolo ti sia piaciuto. ^^

*

tety: Ecco l’aggiornamento, spero abbastanza veloce. Riguardo alla storia, chissà cosa sta succedendo, intanto io ti dico solo che…

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Capitolo 4
*** Gli abiti che indossi ***


REMEMBER ME

REMEMBER ME

*

Gli abiti che indossi

*

Bulma camminò a ritmo di marcia per i corridoi della Capsule Corporation. Nessuno poteva deludere il suo bambino e passarla liscia, soprattutto quello zuccone che, in teoria, aveva il ruolo di padre.

Anche se, doveva ammettere, persino a lei era sfuggito qualche dettaglio nel discorso di Trunks. Da come ne aveva parlato le aveva dato l’idea che anche lei dovesse conoscere i dettagli di questa fantomatica promessa, eppure non le risultava nulla del genere. Si decise dunque a porre la questione allo scim… ehm, a Vegeta, con una certa dose di calma.

I suoi piedi si fermarono di fronte alla Gravity Room, preparandosi alla possibile battaglia. Si poggiò le mani ai fianchi ed osservò l’uscio dove aveva il novanta per cento di probabilità di trovare il compagno.

Con una certa dose di calma, Bulma; ricordò mentalmente a se stessa.

Lo sguardo accigliato si sciolse all’improvviso, osservando quello strano monitor installato accanto alla porta. Da quanto era lì? Ma soprattutto, perché era lì?

Era lei la responsabile della camera gravitazionale, con suo padre avevano chiaramente stabilito così; allora da dove diavolo era spuntato quel coso?

Escluso che potesse essere opera del genitore, poiché l’avrebbe avvertita. Le avrebbe mostrato dei progetti parziali o inconcludenti, affinché potesse renderla partecipe dell’idea. E se lo aveva davvero fatto se lo sarebbe ricordata. Che cavolo, lei era Bulma Brief, la scienziata più geniale della Terra, anzi no, dell’intero universo. Di sicuro non le sarebbe sfuggito un nuovo progetto. Ne era più che sicura.

Ad ogni modo, non era quella la questione più importante del momento, con suo padre avrebbe fatto i conti in seguito. Ora la sua preoccupazione era tirare le orecchie al padre di suo figlio.

Compì un passo in avanti, scoprendo ben presto che c’era un dettaglio che non aveva considerato, o notato visto il suo interesse per quel monitor. La stanza sembrava essere spenta, quindi Vegeta non si stava nemmeno più allenando.

Perfetto, aveva beccato l’unico dieci per cento in cui il brontolone di casa non era impegnato a massacrarsi nella sua camera preferita. Quindi doveva anche cercarlo. Peggio per lui, più si vedeva costretta a schizzare da una parte all’altra della casa, più lo avrebbe strigliato per bene una volta trovato.

Girò i tacchi, ipotizzando in quale angolo della casa si era rifugiato. A rigor di logica dopo gli allenamenti era solito andare a farsi una doccia. Risultato di discussione calme e riflessive… Ok, lo aveva minacciato più e più volte in passato, questa era la verità.

“Vegeta!” sbraitò una volta raggiunta la camera da letto, provvista di bagno adiacente, nella speranza di trovarlo lì. E lui c’era. Il capo del Saiyan, infatti, fece capolino dall’uscio del bagno, con i capelli ancora bagnati.

“Che vuoi?” domandò già scocciato, sfregandosi la testa con un asciugamano. Bulma entrò con passo pesante nella stanza, lo guardò dritto negli occhi, additandolo con fare deciso, “Cos’hai detto a Tr…” la frase si bloccò improvvisamente, mentre gli occhi della donna sembravano rivolti oltre la figura del compagno.

Vegeta inarcò un sopracciglio con aria un po’ confusa, fissandola in attesa di sapere il motivo per la quale era venuta a seccarlo, questa volta. Dal canto suo, Bulma sembrò rivolta a tutt’altro. Sorpassò l’alieno, concentrando lo sguardo su una sedia ricolma di vestiti, disposti disordinatamente.

Che fosse pazza ed isterica, per Vegeta, non era certo una novità, per tal motivo si limitò ad appoggiarsi il canovaccio sulle spalle incrociando le braccia. Per certi versi intrattenuto da una scena così strana, quanto spassosa. “Che fine ha fatto?” domandò ora Bulma, afferrando gli abiti appoggiati sulla sedia e lanciandoli in aria con la più totale mancanza di eleganza. E Vegeta restò a guardarla in silenzio.

Tsk, la donna del caos, poi si lamentava che la loro stanza era sempre in disordine. “Si può sapere che ti prende adesso?” s’informò il Principe, in parte stufo di quella sceneggiata, ma dall’altra parte decisamente incuriosito. Bulma fermò i suoi movimenti, reggendo ancora alcuni indumenti in ambedue le mani. Si voltò a guardare il consorte come se avesse visto un fantasma. “Il mio vestito rosso. L’ho messo qui l’altro giorno e ora è sparito!” spiegò lagnosa, tornando a volgere lo sguardo verso il sedile.

Il volto di Vegeta assunse sfumature indecifrabili che andavano dalla curiosità al fastidio, passando per rabbia e irritazione. “Di quale vestito rosso stai parlando?” volle sapere, prima di incorrere nell’accusa che presto gli sarebbe stata rivolta. “E’ nuovo, l’ho comprato l’altro giorno. Corto, con le spalline larghe e una scollatura che mi arriva fino all’inizio del seno” lo descrisse velocemente, osservando il compagno per qualche attimo, “L’hai spostato tu?” domandò sospettosa.

Ecco, lo sapeva. “Non dire idiozie, cosa me ne farei io del tuo stupido vestito?!” sbottò contrariato il Saiyan. Bulma gli riservò uno sguardo diffidente per un secondo, infine stabilì che vi era una certa logica. “Già, hai ragione. Figuriamoci se tu ti accorgi di certe cose” suppose farfugliando tra sé, senza troppo badare al compagno.

Vegeta si limitò ad inarcare un sopracciglio, stufo di essere costretto a parlare di cose superflue. Senza attendere oltre decise di uscire dalla stanza, lasciando la consorte alla ricerca del suo fantomatico abito. Lui non voleva certo essere presente, per assistere alla disfatta totale del poco ordine rimasto.

*

L’uscio del laboratorio cigolò come di consueto. Il Dottor Brief entrò nella stanza trasportando alcuni scatoloni piedi di pezzi di ricambio evidentemente nuovi.

Non andò molto oltre la soglia, poiché individuò subito la figura del nipote seduto al centro dell’officina. Il volto del giovane erede della Capsule Corporation era segnato da un notevole broncio inquieto. Le braccia e le gambe intersecate e lo sguardo fisso sul pavimento, segno che i suoi pensieri erano altrove.

“Cosa ci fai qui, Trunks?” gli domandò l’anziano scienziato avvicinandosi a lui e liberandosi dell’ingombro dei pacchetti, poggiandoli sul pavimento. Trunks non si mosse, restando assorto in chissà quali elucubrazioni. Solo dopo alcuni secondi farfugliò qualche frase sconnessa, che il vecchietto non riuscì a decifrare.

Il Dottore restò a fissare il nipotino per alcuni istanti, successivamente si accomodò accanto a lui, come se fosse naturale, o ovvio, intrattenere una discussione seduti sulle lastre stese al suolo. “Non dovresti essere alle giostre con tuo padre?” gli domandò alcuni istanti più tardi, afferrando il pacchetto di sigarette custodito in un taschino del suo camice.

Quelle parole servirono a risvegliare il ragazzino dal proprio torpore. Il giovane Brief sollevò lo sguardo sul nonno, sgranando gli occhi ed osservandolo come se la sua figura fosse diventata improvvisamente evanescente. Era infine la riprova che non si era totalmente ammattito; in egual misura erano i suoi genitori ad avere qualche rotella fuori posto. Inconsciamente, il piccolo Trunks, si augurò che la malattia mentale non fosse ereditaria, o all’età di quarant’anni avrebbe dato segni di squilibrio. Quando osservò il nonno, che si era per un attimo fermato a parlare con l’inseparabile animale, le sue vane speranza andarono sgretolandosi in un solo istante. Era ereditario dunque.

L’anziano si guardò attorno, senza immaginare i dubbi sul suo intelletto da parte del nipote. “Ehi, che fine ha fatto tua madre?” domandò accorgendosi solo in quel frangete dell’assenza più importante della stanza, “Dobbiamo costruire il motore. Sono andato a prendere i pezzi nuovi apposta” farfugliò parlando tra sé, aspirando il fumo della sua sigaretta.

Trunks osservò gli scatoloni, dunque sua madre stava lavorando sull’aereo perché non aveva i pezzi per air-car; finì per pensare. Eppure, ancora qualcosa non quadrava. I suoi occhi si scostarono ora sui progetti che, per quel che ne sapeva lui, parevano incompleti. “Nonno, hai parlato con la mamma di recente?” domandò un po’ enigmatico il giovane Saiyan.

L’attempato Dottore si volse a guardarlo, accarezzandosi il mento con aria pensierosa. “Non da stamattina. Dal fornitore mi hanno fatto aspettare un sacco, così sono andato a fare un giro nel parco. Sapevi che in questo periodo dell’anno ci sono parecchi animaletti buffi che…” il discorso, o vaneggiamento, dell’anziano sarebbe presumibilmente durato a lungo, ma il nipotino stabilì di non essere interessato, pensando a tutt’altro.

La porta stridé nuovamente, zittendo il nonno ed attirando l’attenzione del bambino. Ad entrare nel laboratorio fu Bulma, che passò in rassegna l’intera stanza con lo sguardo. Si fermò solo quando intravide le due figure sedute sul pavimento.

Con passo pesante e deciso si avvicinò ai due, soffermandosi di fronte al genitore con aria seccata. “Papà” cominciò severa, “Posso sapere cos’è questa novità?” gli domandò poggiando le mani ai fianchi. L’anziano la guardò con noncuranza, senza comprendere le sue parole, e senza nemmeno preoccuparsene. “A che riguardo, cara?” s’informò pacato.

Bulma si additò alle spalle, indicando nella direzione della camera gravitazionale, “Cos’è quel monitor che hai installato sulla Gravity Room? Perché non mi hai informata?” strepitò nervosa.

Trunks inarcò un sopracciglio in maniera piuttosto sorpresa; dal canto suo, il Dottor Brief osservò la figlia senza comprendere. “Ma tesoro, sei stata tu ad installare quel monitor, io non ho fatto nulla” si giustificò scendendo dalle nuvole.

Nonostante la sincerità dell’uomo, Bulma non sembrò essere molto d’accordo sulla sua affermazione. Se avesse installato qualcosa sulla camera d’allenamento del compagno si sarebbe certamente ricordata, “Io non ho fatto un bel niente” decretò inflessibile.

Nonno e nipote si scambiarono un’occhiata d’intesa. Sui loro volto la medesima domanda. Era forse impazzita?

*

La bionda Signora Brief uscì dalla lavanderia reggendo tra le dita due capi di abbigliamento. Il primo era il vestito rosso che sua figlia le aveva chiesto strepitando. Bulma aveva urlato qualcosa sul fatto che non riusciva a trovarlo e che l’aveva poggiato su una qualche sedia il giorno in cui l’aveva comprato. La madre non aveva dato troppo peso alle sue parole, si era però offerta di aiutarla nelle sue ricerche. Non fu così difficile trovarlo, considerando che l’aveva lavato appena qualche giorno addietro. Il motivo dell’agitazione della giovane donna le risultò incomprensibile. In risposta, lei si limitò a sorriderle pacatamente. Come del resto faceva sempre.

Il secondo capo, invece, era un paio di pantaloni da uomo, alla quale aveva appena rifatto gli orli. Bulma le aveva chiesto, diversi giorni prima, di sistemarli affinché il marito potesse indossarli comodamente. Viste le lamentele di quest’ultimo sulla loro lunghezza eccessiva. E come sempre, l’allegra padrona di casa, si era prodigata per accontentare lo scorbutico ed affascinante genero.

Proprio da lui si stava dirigendo in quel preciso istante, allo scopo di consegnargli l’indumento. Fu provvidenziale dunque, incrociarlo per i corridoi dell’abitazione.

“Oh,Vegeta caro!” cinguettò la donna andandogli incontro. Vegeta, al contrario, non sembrò entusiasta di incrociare l’insopportabile ed appiccicosa suocera. Si limitò a fermarsi sul posto, osservando con espressione disgustata la bionda che gli stava venendo incontro.

La Signora Brief gli mostrò il capo d’abbigliamento a lui indirizzato, reggendolo per l’elastico, affinché l’uomo potesse osservarli nella loro interezza. “Ti ho sistemato l’orlo, come avevi chiesto. Ora prova a vedere se ti stanno” lo invitò a fare, scrutando i calzoncini che il guerriero stava già indossando.

Vegeta sembrò parecchio a disagio, compiendo un istintivo passo indietro, allo scopo di allontanarsi. Lanciò un’occhiata imbarazzata alla suocera, poi volse la sua attenzione alle braghe che lei gli stava mostrando. Increspò le sopracciglia ed incrociò le braccia, “Non sono miei” stabilì risoluto.

Lo sguardo della donna fu, per una volta, piuttosto sorpreso. Dopo l’animata discussione sulla lunghezza dei pantaloni, avvenuta la settimana prima, come poteva non riconoscere quei calzoni?

Notando l’attimo di distrazione, l’astuto Principe dei Saiyan, si defilò, evitando una conversazione sconveniente con il barattolo di miele. Aveva cose ben più importanti da fare, quale allenarsi ancora per un po’, prima di coricarsi.

Tuttavia, la gravità per quella sessione d’allenamento, non andò oltre i settecentosessantacinque.

*

CONTINUA…

*

*

giusiemo291: Il tuo ragionamento era chiaro, ma non ti svelerò se è giusto o sbagliato. Tuttavia è una teoria interessante. Chissà chissà… Per il momento mi limito a ringraziarti sentitamente ^_*. Per quanto riguarda “A new dimension” è una storia conclusa, è stata una mia mancanza, alla quale ho provveduto. Grazie per avermelo fatto notare.

*

ka93: Eh no, Vegeta aveva acconsentito, a modo suo, ma aveva accettato di portare il figlio alle giostre XD. E come vedi il discorso tra Bulma e Vegeta ha avuto un esito imprevisto.

*

tety: Sarà, ma io mi sento un ghepardo un po’ malandato XD. Scherzi a parte, grazie per i complimenti, come sempre spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto.

*

scImMIA: Direi che come periodo ci siamo. Infatti dovrebbe, in qualche modo, essere inserito in quel periodo. Come non si sa ancora XD. Vegeta aveva promesso a Trunks una gita al Luna Park e Bulma era alle prese con alcuni lavori in laboratorio (anche se nel suo caso era una moto ^_*). Per il resto non dico ancora nulla! Parlando d’altro, anche a me piacciono le relazioni sociali che riguardano non solo i protagonisti, ma anche i così detti minori. Come dici tu, tutti hanno un piccolo ruolo nella grande storia che è Dragon Ball. ^^

*

Ishyan: Per sapere cosa indicano queste misteriose cifre è ancora presto. Intanto vedremo qual è l’entità del danno.

*

kutai: E’ una teoria, ma non ti dico se è giusta o meno. Vedremo se la percentuale della tua sicurezza si alzerà o si abbasserà dopo questo capitolo. Intanto io ti ringrazio come sempre per i complimenti.

*

lilac: Teoria molto interessante la vostra (la tua, della palla di pelo e della sfera XD). Come per gli altri non ti dirò se è giusta o sbagliata, ma come ti ho accennato in altra sede, qualcosa di “giusto” c’è ^_*. E vedremo, se l’assenza del Dottor Brief gioverà al piccolo Saiyan. Come sempre un sentito ringraziamento, sperando che l’idea continui a piacerti.

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Capitolo 5
*** Panico ***


REMEMBER ME

REMEMBER ME

*

Panico

*

Quella mattina, furono le voci provenienti dal piano inferiore a strapparlo dal suo prezioso sonno. Il vociferare continuo ed insistente gli impose di tornare alla realtà ben prima del suono della sua sveglia.

Più che le parole, però, ciò che lo costrinse a destarsi così brutalmente fu la tonalità squillante ed acuta che si insinuò prepotente nella sua mente, inducendolo a rifugiarsi sotto le lenzuola nel vano tentativo di sfuggire al frastuono. La voce, che risultò ben presto essere quella materna, non sembrava intenzionata a smettere tanto presto, costringendo il giovane Trunks ad alzarsi definitivamente dal letto.

Scosso ed ancora decisamente assonnato, scese dal suo giaciglio dirigendosi verso la porta della sua cameretta. La socchiuse lentamente, sbirciando all’esterno con gli occhi ancora semichiusi. Si guardò attorno con circospezione per diversi istanti, decidendosi infine ad uscire dalla stanza.

Percorse pochi passi, nel lungo corridoio dell’enorme casa dalle mura gialle, fermandosi accanto alla ringhiera che si affacciava sull’atrio del piano di sotto. I suoi piccoli occhi azzurri si soffermarono infine sulle due figure in piedi al centro dell’androne.

Sua madre, che sembrava più agitata del solito, puntava un dito verso l’altro genitore, evidentemente poco incline a darle retta qualunque cosa lei gli stesse dicendo. Come se la donna che gli sostava davanti non avesse valore alcuno. Se doveva essere sincero, nella sua giovane vita, mai aveva visto i suoi genitori scrutarsi con quegli sguardi. Di liti ne aveva viste a centinaia, non era la prima volta che a destarlo erano le urla di uno o dell’altra, ma i loro volti erano contratti in smorfie di disprezzo e profondo fastidio.

Trunks era diventato pratico a riconoscere la gravità del battibecco tramite i loro occhi, gli sguardi assassini erano all’ordine del giorno, ma le sopracciglia aggrottate del padre e gli occhi severi della madre gli lasciavano intuire abbastanza facilmente il livello di rabbia che correva tra i due durante l’amabile scambio di battute.

Quelle non erano le espressioni di una lite dalla leggera entità. Per la prima volta, mentre li osservava litigare, Trunks ebbe un fremito di vera e propria paura. A nessun bambino piace vedere i propri genitori scambiarsi reciproci insulti. E sebbene lui potesse definirsi avvezzo o preparato, questo contrasto per qualche motivo andava ben oltre i normali standard.

Tese le orecchie, nell’intento, un po’ timoroso, di udire anche le parole. Sperando ingenuamente che esse potessero smentire le sue preoccupazioni.

“Sei un pazzo, un fissato! Perché non riesci a capire che così ti stai solo ammazzando con le tue mani? Cerca di darti una regolata!” urlò la donna, scrutando l’altro quasi con rancore. Vegeta ricambiò con un’espressione del tutto indifferente, le braccia intersecate tra loro e un moto di rabbia impressa sul suo volto, “Bada agli affari tuoi” fu l’inflessibile risposta del Principe dei Saiyan. “Fa come vuoi, arrangiati. Muori a causa della tua stupidità! Sai quanto m’importa?!” sbraitò Bulma, anche troppo seriamente. “Quand’è così, limitati a non intralciare i miei allenamenti, donna” impose il Saiyan, mostrandole un pugno in maniera ben più che semplicemente minatoria.

Sebbene si trovasse di fronte ad un alieno irascibile e dalla forza erculea, la terrestre non sembrò preoccuparsene. Si limitò ad incrociare le braccia, squadrandolo con disprezzo, “Il mio nome è Bulma, cerca di mettertelo bene in testa una buona volta” gli ricordò.

Trunks stentò a riconoscere entrambi, il suo viso fanciullesco si contrasse in una smorfia troppo tormentata per un bambino di appena dieci anni. A distrarlo dalla furente lite furono i passi provenienti dalle scale alla sua destra. Spaventato si voltò, nella speranza di veder comparire un volto famigliare.

Fu suo nonno a materializzarsi a pochi passi da lui. Il Dottor Brief apparve reggendo tra le mani i progetti sulla quale stava lavorando in quei giorni, intento a comprendere calcoli che non erano stati scritti di suo pugno.

In quel breve frangente, l’erede dell’industria più ricca del mondo, ebbe la lucidità per rendersi conto di quanto, l’assenza della madre, gravasse sui conti e calcoli dei prototipi. Passato quell’istante, il piccolo Trunks tornò a ricordarsi della situazione che imperversava un piano sotto di lui, grazie anche alle urla che non erano ancora cessate.

“Nonno!” urlò, risvegliando l’anziano scienziato dai suoi calcoli. L’uomo sollevò lo sguardo, osservando il nipotino che gli corse incontro con aria preoccupata. Trunks indicò la ringhiera dalla quale stava assistendo alla scena fino a pochi secondi prima, “Nonno, cosa sta succedendo?” domandò piuttosto agitato. L’anziano sembrò estremamente tranquillo e rilassato, come suo solito. Assorto in qualche pensiero si tastò il mento con sole due dita, assumendo un’espressione rapita. “Credo che tua madre voglia impedire a tuo padre di allenarsi troppo duramente” spiegò con noncuranza il vecchietto.

Al nipote, la spiegazione non sembrò in alcun modo sensata. Tra l’altro, come poteva suo nonno restare tanto indifferente alle parole che si stavano scambiando? Ma gli bastò guardarlo negli occhi un solo istante per ricordarsi che stava parlando con l’uomo più disattento dell’intero universo.

Allo scopo di mandarlo al diavolo, o quantomeno di porre alla sua attenzione la reale situazione che si stava animando nell’androne sottostante, aprì la bocca cercando di calibrare in maniera appropriata le sue parole.

Il provvidenziale intervento della nonna gli impedì di rivolgersi al vecchietto troppo aggressivamente. La Signora Brief salì le scale, fermandosi accanto al marito. Osservò tranquillamente il nipotino, che al contrario aveva l’aria decisamente sconvolta. “Oh, buongiorno Trunks, dormito bene?” lo salutò con la stessa negligenza del coniuge.

“Nonna! Cosa sta succedendo?” strepitò il Saiyan, al culmine della preoccupazione. L’anziana comprese immediatamente il riferimento del bambino, scostò lo sguardo oltre la balaustrata, scrutando distrattamente l’animata discussione che seguitava tra la figlia ed il genero.

“Razza di… Ho detto che mi chiamo Bulma!” strepitò la donna, distraendo per un attimo i tre commensali fermi sul pianerottolo.

La bionda restò a fissarli ancora per un istante, poi volse lo sguardo al più piccolo della famiglia, sorridendogli serenamente. “Era da tanto che non li sentivo litigare così” affermò con la più totale naturalezza. Percorse i restanti gradini, raggiungendo il piccolo Saiyan e appoggiandogli amorevolmente una mano sui capelli del particolare colore lilla. “E’ ora di andare a scuola, comincia a prepararti” gli ricordò con una certa tranquillità. Trunks s’imbronciò di rimando, incrociando le braccia.

*

Tornare a casa da scuola era, in genere, un sollievo per il piccolo Trunks Brief. Quel giorno, tuttavia, non varcò la soglia di casa con slancio, né lasciò cadere lo zaino al suolo. Quando entrò nell’edificio, con lo stemma dell’azienda di famiglia, si guardò attorno un po’ titubante. Si fermò di fronte all’ingresso, guardando prima a destra poi a sinistra con circospezione.

Il litigio mattutino dei genitori lo aveva realmente sconvolto, costringendo il ragazzino a temere l’irreparabile. Si auto-convinse che non c’era nulla da temere, ma una spiacevole sensazione non l’aveva abbandonato per tutta la mattina. Giunse alla conclusione che avrebbe dovuto constatare la situazione con i propri occhi.

Dopo essersi liberato della cartella scolastica, abbandonandola su una sedia in cucina, percorse velocemente la strada che lo separava dalla Gravity Room.

Così come aveva fatto appena il giorno prima si soffermò di fronte alla pesante porta, ma le sue emozioni erano nettamente differenti da quelle di appena ventiquattro addietro.

L’azzurro dei suoi occhi si soffermò sul monitor, scoprendo nuovamente che suo padre si stava allenando ininterrottamente da quando lui era uscito di casa. Al tempo stesso scoprì che la gravità era settecentosessantacinque. Quindi più bassa del giorno precedente. Si scoprì rincuorato, sapendo che suo padre era rimasto in quella stanza per tutta la mattina. Infondo era un atteggiamento normale, quando era arrabbiato.

Tranquillizzato da questa consapevolezza, Trunks, socchiuse lentamente la pesante porta, sbirciando all’interno della camera. Ciò che vide si rivelò molto meno rassicurante del previsto.

Una grossa ferita sanguinava sulla tempia del genitore, trasformando il suo viso in una maschera rossa. Restò a bocca aperta, constatando a poco a poco che il corpo del padre era ricoperto da lividi e ferite profonde.

Nella sua mente si stava avvicinando a lui, ma il suo corpo non sembrò essere dello stesso avviso. Rimasto immobile, solo le labbra si mossero in un sussurro impercettibile.

Vegeta si fermò solo quando le sue gambe sembrarono non voler più sostenere il proprio peso, collassando al suolo stremato. Gli occhi chiusi e le sopracciglia corrugate in una smorfia di dolore. Tuttavia non sembrava affatto intenzionato a restare fermo troppo a lungo. Con notevole sforzo si issò nuovamente.

Fu in quel momento che si accorse di non essere solo nella stanza. Le sue pupille nere si scostarono sulla figura immobile dietro il metallo della porta. Lo squadrò per pochi istanti, come se stesse cercando di riconoscerlo.

Trunks fece un passo all’interno della camera gravitazionale, verso suo padre. Il Principe dei Saiyan non sembrò molto entusiasta di vederlo.

Scattò in piedi, sorreggendosi per miracolo, osservando il bambino con uno sguardo che fece gelare il sangue nelle vene del piccolo intruso. Suo padre non gli aveva mai riservato una simile occhiata. Aveva occhi severi ed inflessibili, ma mai, mai, lo aveva guardato con ardente odio.

“Tu” sussurrò flebile l’uomo, in una tonalità di voce che sembrava confermare quanto i suoi occhi stavano già comunicando. Trunks rimase in silenzio ad osservarlo, senza riuscire a proferire parola. Le gambe gli tramavano, ma non certo per paura.

Vegeta sollevò una mano generando una sfera di energia, chiaramente intenzionato a scagliarla qQQQualora l’intruso manifestasse il minimo interesse di restare in quella stanza ancora a lungo. E Trunks comprese.

Compì un passo indietro, senza distogliere lo sguardo dal genitore, poi girò i tacchi correndo fuori dalla Gravity Room il più presto possibile.

Quello non era suo padre, non poteva essere lui!

Il Principe attese che la porta si richiudesse prima di dissolvere la sfera. Con un tonfo sordo cadde al suolo presumibilmente privo di sensi.

*

L’istinto lo guidò alla ricerca disperata della madre. Nell’insensata speranza che lei potesse avere una spiegazione.

Percorse di corsa tutti i corridoi dell’enorme abitazione fino a giungere nei laboratori. Si rivelò essere uno sforzo inutile, poiché vi trovò solo il nonno che lo guardò con aria bonaria, affermando che Bulma non aveva varcato quella soglia per tutto il giorno.

Trunks fu quasi preso dal panico, cominciando a temere che se ne fosse andata per qualche motivo. Fortunatamente riuscì a trovarla in salotto, alle prese con una rivista di moda.

Non attese un secondo di più, la avvicinò apparendo di soppiatto accanto alla poltrona sulla quale era seduta.

“Mamma!” esordì urlando, causando uno spavento non indifferente alla donna che lanciò un grido. Trunks non si preoccupò di aver quasi procurato un infarto alla madre, la guardò con un’espressione estremamente seria, poggiando le piccole mani sul bracciolo.

Bulma gli rivolse uno sguardo un po’ frastornato, senza tuttavia proferire parola. “Si può sapere cosa sta succedendo? Perché papà si comporta in quello strano modo?” l’assalì, senza darle il tempo di comprendere le sue parole.

Gli occhi azzurri della donna, infatti, sembrarono lontani dalla realtà che la circondava. Si limitò ad osservare il bambino come se stesse cercando di collocarlo da qualche parte nella sua memoria. “Ah! Ci sono!” esclamò all’improvviso, causando uno sguardo sgomento sul piccolo volto del suo interlocutore.

Trunks si vide additato dalla madre, che lo stava ancora guardando in maniera piuttosto singolare. “Tu sei il ragazzo venuto dal futuro!” enfatizzò la donna, che tornò a guardarlo attentamente; “Effettivamente sei un po’ più piccolo dall’ultima volta che sei venuto, ma sei tu. Non è vero?” continuò imperterrita.

Il giovane Saiyan si mise le mani tra i capelli, esasperato. “Ma che succede! Sono impazziti tutti?!?” esternò, parlando principalmente a se stesso.

*

CONTINUA…

*

*

giusiemo291: No, lo schermo è puramente una mia invenzione ed ha il solo scopo di mostrare i valori della Gravity Room, nulla di più. Riguardo l’anno, spero si capisca in che periodo “siamo”. Nell’originale però è molto vago, quindi non si può sapere con precisione se Bulma sta ancora con Yamcha o con Vegeta.

*

tety: L’importante è che la situazione ti sia chiara, anche se ci arrivi “dopo” ^^. Grazie per i complimenti.

*

ka93: Già, in teoria il problema è quello, il tempo scorre al contrario ^^. Grazie anche a te.

*

scImMIA: Chissà, magari il gatto è proprio l’unica persona in grado di supportare il povero Trunks, che in effetti si ritrova circondato da un mucchio di persone strane. Riguardo alle espressioni facciali di Vegeta, credo che fossero parecchio disgustate, ho come la sensazione che non ami particolarmente la suocera XD. Ginew invece è stato avvistato al Tenkaichi, quindi è sfuggito alla tragedia. ^_*

*

Ishyna: Anche la mamma di Bulma era fuori casa, stava facendo la spesa ^_*. Spero che la tua curiosità non sia venuta meno anche dopo questo capitolo.

*

Feleset90: Di brave fanwriters non ne vedo nei paraggi, devi aver sbagliato storia XD. Comunque sono felice che le mie storie, anche a distanza di un po’ di tempo, ti risultino gradevoli. Parlando di questa in particolare invece, come vedi è un po’ più di qualche settimana. ^_*

*

lilac: Sono io che ringrazio te per come riesci a individuare i dettagli delle mie storie, in generale ^^. Tornando a questa, il timer cambia, quindi anche le situazioni e come vedi tutto si ripercuote su quel povero bambino XD. Grazie per i complimenti, come sempre.

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Capitolo 6
*** Voglio una spiegazione! ***


REMEMBER ME

REMEMBER ME

*

Voglio una spiegazione!

*

Bulma osservò quello strano ragazzino per alcuni istanti, senza afferrare le motivazioni della sua incomprensibile agitazione. Trunks, dal canto suo, continuò a borbottare tra se in una lingua aliena. Non aveva ancora deciso quale momento delle ultime ventiquattro ore trovava più sconvolgente, o quale dei due genitori aveva sbattuto più violentemente la testa.

Razionalmente cercò di trovare una spiegazione plausibile a quanto stava succedendo. Follia a parte, quale motivo poteva spingere i suoi ad assumere un atteggiamento così bizzarro? Uno scherzo? No, probabilmente no, suo padre non era un buon attore, nemmeno a pagarlo. I suoi occhi s’immersero in quelli materni dello stesso colore. E lei? No, nemmeno lei era il tipo da sostenere un teatrino tanto a lungo. Senza contare che sembrava terribilmente onesta.

“Va tutto bene?” gli domandò la donna con tono pacato, osservandolo negli occhi. Il giovane Saiyan scosse il capo, “Sono io che dovrei chiedertelo! Cosa sta succedendo? Perché vi state comportando tutti così?” chiese estenuato da un dialogo che, aveva il timore, non lo avrebbe portato da nessuna parte. Bulma, infatti, lo fissò con sguardo sincero, “Di cosa stai parlando, ragazzo del futuro?” cercò di capire, alzandosi dal divano sulla quale sedeva. Si avvicinò al ragazzino, chinandosi leggermente allo scopo di guardarlo negli occhi.

Trunks aggrottò le sopracciglia piuttosto indispettito, “Non vengo da nessun futuro, io” affermò, non mancando di marcare l’ultima parola, quasi allo scopo di rassicurare anche se stesso.

Il suo modo serio di guardarla e la maniera di incrociare le braccia, le ricordarono quel misterioso ragazzo conosciuto sulle lande desolate un giorno di agosto. O forse era un’altra la figura che tornava ad affacciarsi alla sua memoria con quel medesimo portamento? In ogni caso era irrilevante.

Il bambino sbuffò esasperato, rammentando alla donna un altro comportamento fin troppo famigliare che però non riuscì a collocare. “Io sono Trunks!” esclamò infine, posandosi una mano sul petto, come se si stesse presentando ad uno sconosciuto. Bulma sembrò rifletterci per alcuni secondi, “E’ un bel nome” rispose semplicemente, mentre il guerriero dalla ridotta statura non poté fare altro che schiudere la bocca con estremo sgomento. “Certo che ti piace…” esordì dopo alcuni secondi, “… me lo hai dato tu!” dichiarò additandola nervosamente. “Io?” domandò la donna raddrizzando la schiena. Successivamente si posò un dito alle labbra, assumendo un’espressione pensierosa.

Il Saiyan la fissò per pochi secondi, incredulo di fronte alla scena a cui stava assistendo. “Possibile che non ricordi nulla? Io sono Trunks, sono tuo fig…” la frase fu interrotta a metà. La Signora Brief fece il suo ingresso in salotto trasportando una teglia di pasticcini, com’era solita fare, canticchiando un motivetto presumibilmente inventato. “Oh, cara, ti va di assaggiare dei dolci?” domandò volgendosi alla figlia.

Approfittando del momento di distrazione, il giovane Trunks si arrampicò sul divano, scrutando la nonna con sguardo implorante e speranzoso. “Ti prego…” mugugnò attirando l’attenzione della bionda, “… almeno tu, sai chi sono, vero?” scongiurò.

La nuova arrivata gli rivolse uno dei suoi immancabili sorrisi. Face qualche passo nella sua direzione e si fermò poco distante dal sofà sul quale il bambino era appoggiato. “Ma certo caro, vuoi un pasticcino anche tu?” rispose allegramente, porgendo al nipotino il vassoio affinché potesse afferrare facilmente una pasta.

Per tutta risposta, Trunks si lasciò cadere sullo schienale del sedile, affondando il capo tra i cuscini, “No” farfugliò appena percettibile.

*

L’anziano Dottor Brief osservò con attenzione i fogli di un progetto sparsi per tutta la sua scrivania. Li contemplò rapito dai segni e numeri scribacchiati velocemente per tutta la loro superficie da una mano esperta che non era la sua.

Generalmente non era a lui che spettava il compito di fare i calcoli, soprattutto per quel che riguardava la parte meccanica. Le sue mansioni erano altre. Eppure si trovava a dover decifrare i frettolosi appunti di sua figlia. Note scritte in maniera parziale, poiché il resto del complicato calcolo risiedeva tutt’ora nella mente geniale della sua erede. Geniale, già, talmente tanto da lasciare spiazzato lo scienziato stesso che, in parte, non riusciva a comprendere gli scarabocchi.

“Mmm” farfugliò tra sé poggiandosi una mano al mento, “Era da tanto che non leggevo i calcoli di Bulma” ammise, parlando col felino lealmente ancorato sulla sua spalla. La palla di pelo miagolò concorde, guadagnandosi una carezza dal suo assorto padrone.

Intento ad accendersi una sigaretta, il vecchietto non si avvide del rumore cigolante della porta in metallo. Aspirò il fumo con gesti flemmatici, tornando a volgere la sua attenzione sui pezzi di carta.

“Nonno!” esclamò d’improvviso una voce che risuonò per l’intero laboratorio. Se avesse avuto le reazioni di una persona normale, il Dottor Brief, si sarebbe plausibilmente spaventato per quell’imprevista irruzione. Lui, tuttavia, si limitò ad alzare lo sguardo verso il nuovo venuto con la più assoluta tranquillità. L’interlocutore, che si rivelò ovviamente il nipotino, lo scrutò con aria torva dal lato opposto del tavolo. Trunks fissò il nonno con un broncio decisamente seccato, oltre ad aver incrociato le braccia. Si accomodò poi su uno sgabello posto accanto al tavolo.

“Dimmi cosa sta succedendo!” sbottò il ragazzino in un atteggiamento decisamente paterno. Lo scienziato, per tutta risposta, si limitò ad inarcare un sopracciglio relativamente tranquillo, “Sto finendo dei calcoli che tua madre ha lasciato in sospeso” spiegò con estrema naturalezza. Trunks scostò lo sguardo sui fogli, li fissò per un solo istante, poi tornò ad osservare l’anziano, “Mi riferivo a mamma e papà” specificò in un secondo momento.

Lo sguardo del nonno sembrò pensieroso, tuttavia le sue riflessioni non durarono per molto. I suoi occhi scuri, coperti dalle spesse lenti, si posarono su quelli azzurri del nipotino. “Mmm” farfugliò soltanto, permettendo comunque al Saiyan di comprendere le sue elucubrazioni. Anche lui si era accorto di qualcosa di strano, nonostante avesse, forse, notato meno le differenza.

L’espressione di Trunks tornò ad essere quella di un ragazzino di appena dieci anni, senza però riuscire a celare una certa preoccupazione. “Che facciamo, nonno?” gli domandò speranzoso di aver trovato una soluzione, o quantomeno un complice.

La porta si aprì con un rumore secco, costringendo i due studiosi a voltarsi contemporaneamente verso di essa.

“Ehi, vecchio!” attaccò Vegeta che varcò la soglia con passo pesante e deciso, facendo deglutire sonoramente il più piccolo di casa. Trunks non poté fare a meno di constatare le ferite che ancora sfregiavano la pelle del padre. Il suo viso non riuscì quindi a nascondere un moto di preoccupazione, scostando successivamente gli occhi verso le piastrelle del pavimento.

Il Principe della razza guerriera ignorò volutamente il bambino. Nonostante ciò, per un breve istante gli riservò uno sguardo enigmatico, per poi rivolgersi allo scienziato. Si fermò a pochi centimetri dal suocero, afferrandolo indelicatamente per il bavero del camice. “Ehi, vecchio, dove sono i robot che ti avevo ordinato per il mio allenamento?” s’impose categorico. Il Dottor Brief lo guardò un po’ spaesato, nonostante non ne fosse spaventato, “Di quali robot parli?” s’informò confuso. Vegeta lo scosse violentemente, sollevandolo dal suolo senza alcuna fatica. Costringendo, tra l’altro, il simpatico animale domestico a scendere dalla sua spalla, il quale percorse l’intero tavolo da lavoro non curandosi dei fogli sopra appoggiati. Si avvicinò al padroncino, riparandosi tra le sue piccole braccia. Una volta al sicuro miagolò all’indirizzo del suo inseparabile compagno d’avventura.

“Non farmi ripetere le cose, vecchio, ti avevo chiesto dei robot, dove sono?” s’infuriò il Saiyan adulto, non prendendo in considerazione la creatura pelosa. Lo scienziato cercò lo sguardo del nipote, come a chiederne una conferma del tutto insensata. Trunks alzò le spalle, tenuto all’oscuro sugli allenamenti del padre.

Quando il Dottore tornò a volgere l’attenzione sul Principe dei Saiyan scosse la testa in segno di diniego, “Vegeta, davvero non so di cosa stai parlando” replicò onesto. Manco a dirlo, la risposta non piacque all’alterato guerriero, che scaraventò al suolo il malcapitato vecchietto.

La sua prossima vittima sembrò essere il figlioletto, che si guadagnò un’occhiata assassina senza nemmeno conoscerne le motivazioni. Il piccolo Saiyan sussultò, sentendosi rivolgere un ringhio dalla tonalità ben più che preoccupanti. Poté ritenersi fortunato, in quanto, suo padre tornò a rivolgere l’attenzione allo scienziato, che nel frattempo era intento a rialzarsi da terra. “Ti avverto vecchio! Costruisci quanto ti ho chiesto, non tollero che tizi come quel moccioso diventino Super Saiyan prima di me” esclamò additando il bambino con rabbia.

Questa volta fu il sangue materno a prendere il sopravvento sul giovane Saiyan. Dotato quindi di una lingua acuta e tagliente, ma soprattutto senza la facoltà di sapere quando tacere, non riuscì a risparmiarsi quel “Ma che stai dicendo? Tu puoi già trasformarti in Super Saiyan” che si pentì un secondo dopo di aver detto.

Vegeta lo guardò malamente. Senza lasciargli il tempo di aggiungere altro, Trunks si ritrovò sollevato a diversi metri dal suolo. “Impara questo moccioso, non mi piace essere preso in giro!” sbottò mollando la presa e lasciando cadere al suolo il bambino.

“Papà, mi serve un cacciav… che succede qui?” si presentò Bulma, attirando su di sé lo sguardo di tutti, gatto incluso, che nel frattempo aveva raggiunto il padrone. Il primo a reagire fu il piccolo Trunks, che ripresosi dalla botta, senza neanche troppi acciacchi, si avvicinò a lei di qualche passo. “Ti prego, fermalo mamma! Papà è completamente impazzito!” affermò additando l’uomo. Quella frase ebbe il potere di quietare gli animi in un solo istante. Nel contempo, tuttavia, i due diretti interessati assunsero espressioni piuttosto perplesse.

Bulma, la prima dei due a tornare alla ragione, per così dire, si avvicinò al ragazzino con apparente tranquillità. Come aveva fatto poche ore prima si chinò di fronte a lui allo scopo di guardarlo negli occhi. “Senti, Trunks, giusto? Ti devi essere sbagliato, noi non siamo i tuoi genitori” cercò di spiegargli dolcemente.

Probabilmente se non avesse avuto il padre alle spalle, ed ancor più se non si sentisse molto più grande di quanto era realmente, si sarebbe messo a piangere sul posto. Trunks Brief non piagnucola, lui è il figlio del Principe dei Saiyan, è un grande guerriero, non gli è permesso. Questo gli frullò per la testa in qui pochi secondi, costringendolo a ricacciare dentro tutte le sue lacrime. “Ohhh! Insomma! Tu sei mia madre, Bulma…” affermò additando la donna, “… e tu sei mio padre, Vegeta” continuò ancora indicando ora l’uomo.

I due si scambiarono uno sguardo visibilmente confuso. Sfortunatamente però, in questa occasione il primo a parlare fu Vegeta. “Tsk non è possibile, moccioso. Io non ho niente a che fare con questa tipa rozza” affermò incrociando le braccia, scrutando l’altra con aria beffarda.

Bulma aggrottò le sopracciglia, si posò una mano al fianco, mentre l’altra si strinse in un pugno che sventolò minatorio. “Come scusa? Ripeti un po’?!” proruppe adirata.

Ciò che seguì fu un simpatico, per modo di dire, scambio di battute, una meno galante dell’altra. Nel frattempo al giovane Trunks non restò che cercare conforto negli occhi del nonno.

*

Troppi pensieri affollavano la mente del piccolo di casa Brief, quella notte. Troppe cose non riusciva a spiegarsi, rendendolo quindi parecchio agitato. Costringendolo dunque ad affrontare una notte inquieta e burrascosa. Più ci pensava, tra l’altro, e più gli pareva una situazione assurda e paradossale.

I suoi sogni turbati lo costrinsero a non chiudere occhio per molte ore, svegliandosi in continuazione. Insomma, Trunks si svegliò a mezzanotte, l’una e mezza ed infine alle tre. Quest’ultima costrinse il giovane Brief a prendere una decisione, oltre ai mille pensieri anche la sete cominciò a tormentarlo.

Vedendosi quindi costretto a destarsi per procurarsi qualcosa da bere scese dal suo letto, avviandosi assennatamente verso la cucina. Gli occhi assonnati e semichiusi non gli impedirono però di notare qualcosa di strano.

Una luce, apparentemente proveniente dal nulla, illuminava i corridoi della Capsule Corporation. Da dove giungesse risultò subito un mistero, ma Trunks, ora del tutto sveglio, stabilì mentalmente che avrebbe scoperto la sorgente di quella strana luminescenza.

*

CONTINUA…

*

*

giusiemo291: Il periodo è proprio quello infatti, nessuno dei due ha la più pallida idea di chi sia Trunks. Per loro è ancora “il ragazzo del futuro”. Non mi resta che ringraziarti nuovamente per i complimenti.

*

LeftEye: Decisamente i suoi sono genitori fuori dal comune già normalmente, figuriamoci in una situazione del genere. Grazie per i complimenti, spero, come sempre, che la storia continui ad incuriosirti.

*

kamy: La fan fiction non scappa, quindi puoi stare tranquilla, quando la leggi la leggi, senza fretta. Parlando della storia, non c’è pericolo per il futuro, non è Trunks che sta viaggiando nel tempo.

*

scImMIA: Sapevo che prima o poi qualcuno avrebbe sollevato il problema “specchi” XD. La cosa in realtà è molto semplice, Bulma non ha avuto modo per guardarsi. Di conseguenza lei si ricorda come l’ultima immagine che le suggerisce la sua mente. Niente specchi niente panico XD. Mentre i nonni… loro continuano a vivere in una dimensione a parte, per l’immensa felicità del povero Trunks.

*

Ishyna: Mi auguro che lentamente le cose comincino a quadrarti meglio. ^^’

*

tety: Ecco cosa succede quando Bulma e Vegeta scoprono chi è Trunks in realtà, spero che la loro “reazione” non ti abbia deluso.

*

ka93: Sono diverse perché si scambiano insulti più pesanti ^^. Come vedi Trunks sta davvero per strapparsi tutti i capelli. Grazie dei complimenti.

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Capitolo 7
*** Un po’ più di tempo ***


REMEMBER ME

REMEMBER ME

*

Un po’ più di tempo

*

L’orologio segnava le tre e mezza di notte, quando la porta della camera da letto si spalancò all’improvviso. Il frastuono, tuttavia, non sortì alcun effetto sugli inquilini che stavano pacatamente riposando.

Una piccola figura si arrampicò sul lettone, causando un gran baccano. Nonostante il chiasso prodotto dal bambino, nessuno dei due diede alcun segno di vita. “Noooonnoooooooooo!” strepitò il ragazzino, suscitando finalmente un leggero mugolio da parte dell’anziano, che si limitò a voltarsi nella sua direzione aprendo leggermente gli occhi. “Svegliati nonno! Devo mostrarti una cosa, andiamo, alzati!” esclamò l’energico Saiyan, scuotendo il malcapitato scienziato, affinché si destasse completamente.

“E’ già ora della colazione, Trunks?” parlò una voce dal lato opposto del letto. Il bambino osservò la nonna, dei due sicuramente la più sveglia, accarezzare il gatto nero che si era gettato tra le sue braccia, spaventato anch’egli dallo schiamazzo improvviso. Trunks scosse energicamente il capo, “No, nonna, non è questo” le rispose frettolosamente, allo scopo di zittirla. Tornò poi ad occuparsi dell’uomo, scrollandolo forse troppo energicamente.

Il Dottor Brief allungò la mano verso il suo comodino, alla ricerca degli occhiali da vista che era solito indossare. Con una calma innata, causata solo in parte dal sonno, poggiò le lenti sul naso, rivolgendosi al nipotino che lo stava fissando agitato.

“Cosa succede figliolo?” domandò, non prima di aver a sua volta tranquillizzato l’animaletto nero in braccio alla moglie. Trunks additò il corridoio visibile oltre l’uscio della stanza, “Svelto, devi venire a vedere una cosa!” sbraitò saltando giù dal materasso. Successivamente afferrò l’anziano per il pigiama, tirandolo nella sua direzione.

*

L’anziano Dottor Brief scrutò con attenzione il monitor che aveva davanti. Una mano appoggiata al mento ed un’espressione pensierosa in volto. Ciò erano indice che l’indomabile intelletto dell’uomo era in funzione, alla ricerca di una soluzione, o quantomeno di una spiegazione.

Nonostante la totale concentrazione che pareva riservare ai dati scritti a lettere cubitali, i suoi pensieri si spostarono su tutt’altre vie. “Mmm… certo che i Saiyan sono davvero straordinari. Sostenere una gravità di settecentosessantadue per dieci ore consecutive non è da tutti. Non riuscirò mai a capacitarmene” borbottò parlando più verosimilmente a se stesso.

“Non mi sembra il momento di divagare, nonno!” lo riportò all’ordine il bambino meticcio, che nel contempo scostò lo sguardo sulla strana luminescenza che proveniva dalla centralina della Gravity Room. “Secondo te cosa può essere?” domandò poi, aggrottando le sopracciglia ed assumendo un’espressione preoccupata.

Lo scienziato si avvicinò di qualche passo verso la fonte delle loro attenzioni. Restò a fissarlo a lungo, “Non saprei, figliolo. Purtroppo temo di non poter controllare fino a quando tuo padre non uscirà da quella stanza” spiegò, senza scostare lo sguardo dal pannello che nascondeva i meccanismi e dalla quale filtrava la luce.

Trunks affiancò il nonno, “Dici che è la causa di tutto? Puoi aggiustarlo?” domandò, anch’egli scrutando la probabile fonte dei guai.

L’anziano si lisciò i lunghi baffi per pochi istanti, evidentemente valutando le alternative. “Spero di sì” rispose infine non troppo incoraggiante, “Purtroppo è tua madre che si occupa della manutenzione, io non ci metto mano da anni” aggiunse in un secondo momento.

Il volto del giovane Saiyan divenne estremamente ansioso, “Come sarebbe? Tu e la mamma siete allo stesso livello per queste cose, vero? Non sarà difficile per te sistemare il problema!” esclamò gesticolando. La sola replica che ottenne dall’attempato scienziato fu uno strano mugolio per nulla positivo.

*

Quando si decise ad alzarsi dal comodo letto, l’orologio segnava già le dieci di sabato mattina. Con una certa pigrizia e spossatezza si avviò stancamente verso la cucina, allo scopo di fare colazione.

Gli occhi semichiusi le impedirono di vedere quel mobiletto, posto accanto alla porta del suo bagno. L’impatto fu estremamente dolente. Lo spigolo si conficcò dolosamente in una gamba, causando un grido da parte della povera vittima.

Bulma, ora decisamente più sveglia e reattiva, imprecò in lingue diverse contro quel maledetto pezzo di mobilio che le avrebbe causato un notevole livido. Impiegò diversi minuti prima di riprendersi e tornare a ragionare con una certa calma. Da dove veniva quel pezzo di legno? E soprattutto, cosa ci faceva in camera sua? Non ultimo, perché su di esso erano poggiati oggetti prettamente maschili?

Lo osservò per alcuni istanti, constatando che a Yamcha non appartenevano di certo. Quella non era la sua marca di dopobarba, né era solito usare lamette tradizionali, lui usava il rasoio elettrico, ne era più che sicura. Nonostante i suoi dubbi si limitò a fare spallucce, disinteressata a eventuali motivazioni. Forse aveva semplicemente cambiato abitudini.

Senza dar troppo peso a quelle che parevano nozioni insignificanti uscì dalla propria camera da letto, percorrendo i corridoi. I suoi passi s’interruppero quando si ritrovò a fissare una figura seduta sul pavimento, intenta a fissare di fronte a sé.

Perplessa, Bulma decise di raggiungere il padre allo scopo di conoscere le motivazioni del suo, ennesimo, strano comportamento.

“Che stai facendo qui?” gli domandò a pochi passi da lui. L’improvvisa apparizione della figlia non sembrò turbare minimamente lo scienziato, che con la più assoluta naturalezza aspirò del fumo dalla sua sigaretta senza volgere la sua attenzione alla donna. “Aspetto che si liberi la stanza” spiegò vagamente, con lo sguardo fisso sull’enorme entrata in metallo.

Bulma inarcò un sopracciglio sempre più dubbiosa, non era la prima volta che suo padre si comportava in maniera bizzarra, ma questa volta proprio non riusciva a comprendere le sue parole. Quando gli fu ancora più vicina si accorse che l’uomo vestiva ancora il suo pigiama. “Si può sapere di cosa stai parlando?” volle sapere, cercando di sbirciare lo sguardo del genitore. Fu solo in quel momento che si accorse della seconda, e più piccola, presenza accanto all’anziano.

Tra le braccia del Dottor Brief, il piccolo Trunks, era caduto in un sonno profondo. Troppo sforzo per un bambino di soli dieci anni restare sveglio dalle tre in poi. Era crollato, ben prima che il padre uscisse da quella stanza. Sul suo volto era ben visibile una certa inquietudine. Le sopracciglia aggrottate anche nel sonno gli conferivano un’espressione eccessivamente tormentata.

“Chi è il bambino?” s’informò la donna, trovandosi al cospetto di quello che, per lei, era un viso sconosciuto. Ancora una volta, com’era solito fare, l’attempato scienziato non sembrò dare troppo peso alle parole, pertanto si limitò a rispondere un distratto “E’ Trunks”.

La replica seccata della figlia venne interrotta sul nascere dall’aprirsi del portellone che l’uomo stava fissando. “Oh, finalmente” esclamò il buffo ometto dai capelli ingrigiti, facendo appoggiare le spalle del nipotino alla parete, allo scopo di potersi alzare. Bulma, dal canto suo, si ritrovò a fissare un nuovo viso sconosciuto. Anche sul volto del nuovo venuto si dipinse un notevole tentennamento, guardandosi attorno spaesato.

“Chi sei tu?” domandò la scienziata, osservando quello strano uomo mai visto prima d’ora. Allo stesso tempo il guerriero parve porsi mille interrogativi. Come se solo uscendo da quella stanza si fosse reso conto che molte cose non trovavano una collocazione mentale. “Chi siete voi piuttosto!” ringhiò l’uomo, incattivendo lo sguardo e puntandolo contro la persona che gli aveva appena rivolto la parola.

“Bada a come parli! Questa è casa mia, quindi faresti meglio a presentarti!” gli urlò contro Bulma gesticolando energicamente. “Io sono Vegeta, Principe dei Saiyan, e voi inutili insetti mi state intralciando!” disse il guerriero.

A Bulma il sangue gelò nelle vene, “S… Saiyan!” esclamò spaventata, nascondendosi in maniera insensata ed istintiva dietro l’ignaro e pacato genitore. “C… cosa ci fai qui sulla Terra! P… pensavo ci volessero ancora dei mesi!” farfugliò decisamente meno baldanzosa di pochi istanti prima. “Mmm… curioso”, fu invece l’enigmatico commento dell’anziano.

Vegeta la osservò innervosirsi al suo cospetto, così come gli piaceva essere trattato. “Terra eh… interessante, ci è voluto molto meno del previsto” stabilì con un ghigno poco rassicurante in volto. Il sorriso maligno si spense poco dopo, quando guardandosi attorno si accorse di una colossale mancanza. “Che fine ha fatto Nappa?” domandò, parlando forse a se stesso.

Fu comunque lui a rispondere alla sua domanda. Alzò le spalle poco interessato alla sorte del compagno di viaggio, intersecò le braccia ed osservò la donna, “Poco male, non m’interessano i buoni a nulla” stabilì, tornando a sfoggiare quell’inquietante sorriso.

“Mmm… che succede?” farfugliò il giovane Saiyan, destato a causa del frastuono provocato dai suoi genitori, o presunti tali. I tre gli rivolsero uno sguardo distratto. E se suo nonno gli sorrise benevolo, sua madre non riuscì a nascondere il terrore nei suoi occhi. In quanto al padre, beh, quello sguardo carico di malvagità avrebbe fatto venire la pelle d’oca a chiunque. Su di lui il piccolo Trunks si soffermò più a lungo. Con un balzo si alzò dal terreno, fissando il genitore per diversi secondi.

“Che hai da guardare?” gli domandò Vegeta decisamente seccato. Trunks, per tutta risposta scosse il capo senza proferire parola.

Nel frattempo il Dottor Brief rivolse lo sguardo sul monitor. Nella sua mente qualcosa cominciò a diventare più chiaro.

*

CONTINUA…

*

*

kamy: Come puoi vedere Vegeta peggiora ad ogni capitolo. Vedremo come si risolveranno.

*

tety: Sono felice di sapere che lo scorso capitolo ti è piaciuto. Riguardo alla luce ancora non si sa nulla di preciso, più o meno.

*

scImMIA: Dunque, per una recensione così lunga ci vuole una risposta altrettanto impegnativa XD. Andiamo con ordine. Nemmeno io biasimo il gatto di casa, ho come la sensazione che stare lontani da Vegeta sia una buona idea, soprattutto in questo momento, visto che sta tornando ad essere sempre più scontroso e pericoloso. Parlando di Bulma, in realtà non si può sapere cosa ha pensato esattamente in quel periodo. Essendo tre anni “di buio”, da che parte erano rivolti i suoi sentimenti non si può sapere con esattezza. Limitiamoci a pensare che, come dici tu, all’arrivo di Freezer lei non disdegna Vegeta, ma d’altro canto quando Goku la saluta dicendole “partorisci un bambino sano” lei si limita a dubitare della salute mentale dell’amico. Eppure quella frase poteva benissimo essere rivolta anche a Yamcha volendo, no? Ad ogni modo la regressione continua e visto il periodo in cui è ritornato suo padre, il povero Trunks ha davvero qualche gatta da pelare in più. Concludiamo con il discorsi sugli specchi. Bulma è sì molto vanitosa, ma non passa tutto il tempo davanti allo specchio, quindi non si è semplicemente vista. E come avrai notato nemmeno alla mattina ha avuto modo di farlo ^_*. Grazie per la tua megarecensione, la apprezzo molto. Anche se è banale, un sentito ringraziamento da parte mia.

*

kutai: Non temere, anche se perdi dei capitoli avrai sempre il tempo per recuperarli. Loro non vanno da nessuna parte. ^^

*

giusiemo291: Grazie infinitamente per aver notato i piccoli grandi cambiamenti che Vegeta ha fatto nel corso degli anni. Sono molto contenta che sei riuscita a vederli nella mia storia. Riguardo a Trunks, per lui le cose non vanno troppo bene invece.

*

kikky: Grazie anche a te, spero che anche questo capitolo sia stato di tuo gradimento.

*

ka93: Trunks sarà anche un bambino, ma è il figlio di Bulma e Vegeta, ed è tutto dire ^_*. Per quanto riguarda la fonte luminosa, qualcosa si sa già.

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Capitolo 8
*** Fuori posto ***


REMEMBER ME

REMEMBER ME

*

Fuori posto

*

“Scusate, mi sapreste dire la data di odierna?” volle sapere improvvisamente l’attempato Dottore, facendo dimenticare ai presenti le loro preoccupazioni o intenzioni. Il primo a rispondere alla domanda, se così si può dire, fu il Principe che, incrociate le braccia, rivolse la sua attenzione allo scienziato, “Mi stai prendendo in giro, vecchio?” domandò, senza dissolvere quella chiara intenzione omicida nello sguardo. Tuttavia, l’anziano, non sembrò impressionato. Scosse il capo assolutamente tranquillo, “Certo che no, Vegeta” lo rassicurò con una certa famigliarità.

“Che domande ti vengono in mente, papà? Ti sembra il momento di fare dello spirito?” si alterò la figlia, lanciando un’occhiata di sbieco al temibile Saiyan in casa sua. “Il diciotto aprile settecentosettantasei” si premurò a rispondere il più giovane dei tre, ottenendo dai genitori degli sguardi più o meno sospettosi.

Bulma si inginocchio accanto al figlio, posandogli delicatamente le mani sulle spalle. “Ti stai sbagliando piccolino, siamo nel settecentosessantadue” lo corresse evidentemente sincera e sicura delle sue parole. Trunks, rilevata la franchezza degli occhi materni, volse lo sguardo verso il nonno, allo scopo di studiare la sua reazione.

Il Dottor Brief annuì ripetutamente, dopo essersi poggiato una mano al mento in maniera piuttosto pensierosa. “Hai scoperto qualcosa nonno?” gli chiese il nipotino, che gli rivolse uno sguardo carico di speranza e di aspettative. “Nonno?!” domandò accanto a lui Bulma, che tuttavia non fu tenuta in considerazione dai due colloquianti. Il padre della donna, infatti, tornò a rivolgersi verso il bambino ed annuì, “Forse sì” stabilì volgendo lo sguardo verso il monitor e quel numero che ancora non si era dissolto dal display: settecentosessantadue.

“Ora basta! Mi sono stufato delle vostre idiozie! Eliminerò voi e il vostro insulso Pianeta” sbottò infine Vegeta, scocciato per non essere tenuto in considerazione nella misura che lui richiedeva. Ma soprattutto perché, a parte la donna, nessuno sembrava essere terrorizzato dalla sua presenza. Senza attendere una risposta da quelli che lui riteneva erroneamente insetti privi di alcun valore, generò una sfera di energia sul palmo della propria mano.

Trunks osservò quella sfera di ki aggrottando leggermente le sopracciglia, come se avesse anch’egli, come il nonno, scoperto qualcosa di peculiare in quel semplice gesto. Non indugiò oltre, frapponendosi tra suo padre ed il resto della famiglia, senza mostrare alcuna preoccupazione effettiva. “Aspetta papà! Non farlo!” esclamò nel tentativo di attirare la sua attenzione.

Vegeta rimase immobile, senza manifestare la minima intenzione di dissipare la sfera che stava illuminando il corridoio. Scrutò gli occhi del moccioso, avendo una strana sensazione di déjà-vu. Quegli occhi avevano qualcosa di anche troppo famigliare. L’attimo di distrazione del Saiyan fu provvidenziale. Soprattutto se unito alla tempestiva comparsa dell’ultimo membro di quella stramba famiglia.

“Oh, ma siete tutti qui! Perché non venite a fare colazione? In tavola si sta freddando tutto” intervenne la baldanzosa Signora Brief, inducendo tutti, persino Vegeta, a concentrarsi su di lei. “Arriviamo subito cara” le rispose cordialmente il marito, l’unico che si degnò di rivolgerle la parola.

Bulma, nascostasi dietro ad una parete, sembrava più preoccupata delle reazioni del suo stesso compagno, che nel contempo minacciava il figlioletto con una strana sfera luminosa. Trunks, a sua volta, sembrava essere decisamente più concentrato sul padre, rivolgendo dunque alla nonna solo uno sguardo fugace.

“Ti prego, concedici una tregua” lo supplicò il piccolo guerriero, che per qualche strano motivo riuscì ad ottenere un lieve tentennamento da parte del genitore. “Tre ore, non un minuto di più” stabilì perentorio Vegeta, diradando il ki blast che fino a quel momento aveva illuminato il palmo della sua mano.

Bulma tirò un sonoro sospiro di sollievo. Forse anche l’anziano Dottore si sentì sollevato, nonostante riuscì perfettamente a mascherarlo. L’unico che non dimostrò nessun cambiamento si rivelò essere il piccolo Saiyan che scrutò il padre con un’espressione circospetta.

*

L’ordinatissimo archivio del laboratorio subì un’incommensurabile shock, scosso da un piccolo uragano dai capelli lilla. Il piccolo di casa si stava prodigando alla ricerca di ciò che suo nonno gli aveva chiesto, incurante della classificazione in ordine alfabetico dei vari progetti che nel corso degli anni avevano riempito i diversi cassetti. Ok, la verità era che l’ordine non era il forte dei due scienziati di casa, quindi dello scompiglio causato dall’instancabile Saiyan non si sarebbe certamente accorto nessuno!

Fogli e cartacce di qualunque genere e ogni sorta fluttuavano in aria lanciati dal bambino che nella sua frenetica ricerca non sembrava curarsi quantomeno di preservare una certa dignità per quei poveri pezzi di carta.

“Trovato!” esclamò infine, osservando entusiasta i progetti contrassegnati come Gravity Room modello3, ossia la versione più recente del macchinario. Lo arrotolò in tutta fretta e senza perdere ulteriore tempo prezioso percorse velocemente i corridoi di casa sorreggendo con entrambe le mani i progetti. Tre ore non gli erano mai sembrate tanto fuggevoli.

La corsa del giovane Brief subì un involontaria sosta all’altezza del salotto, quando intravide la scena che si stava svolgendo all’interno. I suoi passi si arrestarono improvvisamente; osservando ora il padre, seduto in disparte e con un’espressione più imbronciata del solito in viso, ora la madre, che pareva non volerlo perdere di vista un solo istante, preoccupata di eventuali danni o di un possibile sterminio del genere umano. “Volete del tè?” si premurò di domandare la nonna, una specie di arbitro suo malgrado, o insaputa. La scena poteva quasi definirsi buffa, se suo padre non avesse davvero l’intenzione di mettere fine al Pianeta Terra. Il pensiero spronò il ragazzino a riprendere ciò che stava facendo. Suo nonno aveva bisogno di quei progetti alla svelta.

*

“Eccoli nonno!” esclamò il bambino, sopraggiungendo di corsa e sventolando i fogli. Il Dottor Brief gli rivolse lo sguardo, dopo aver scrutato per l’ultima volta la centralina, davanti alla quale era inginocchiato e che stava attentamente studiando. “Grazie figliolo” gli disse appena i polpastrelli delle sue dita toccarono la superficie di quei preziosissimi pezzi di carta.

Li srotolò con cura cominciando a leggere lettere e numeri che vi erano scritti in maniera piuttosto disordinata. “Mmm” mormorò poco dopo, evidentemente pensieroso.

Trunks si chinò accanto all’anziano nonno, allo scopo di leggere a sua volta ciò che vi era scritto. “Cos’hai scoperto?” domandò poco dopo, non riuscendo a comprendere nemmeno la metà di quei dati che per lui non avevano alcun senso. “I progetti di tua madre sono davvero molto complessi” commentò tra sé. Esterrefatto, forse anche orgoglioso, dei progressi di sua figlia. Trunks, al contrario, non sembrava molto stupito, o quantomeno non era di certo preoccupato dell’intelletto materno. Ciò che premeva lui era scoprire cosa aveva portato entrambi i suoi genitori alla paz… ehm, ad assumere degli atteggiamenti per loro così anomali. “Non mi riferivo a quello, nonno!” lo sgridò il piccolo guerriero, riportando lo scienziato con i piedi per terra.

Il Dottor Brief gli rivolse uno sguardo noncurante, poi tornò a guardare i fogli che reggeva in mano, “Credo che tua madre abbia, per qualche motivo, introdotto un pezzo della macchina del tempo nel circuito della camera gravitazionale” spiegò. Trunks inarcò un sopracciglio, mostrandosi decisamente confuso, “Macchina del tempo?!” ripeté, senza troppo badare, o capire, il resto del discorso. “In pratica è come se i tuoi genitori stessero, mentalmente, viaggiando nel tempo” continuò l’anziano, senza dare ascolto alle parole del Saiyan; osservando poi il monitor e la data segnata su di esso.

Il piccolo Trunks sbatté le palpebre, decisamente confuso. “Riuscirai a sistemarlo entro tre ore?” domandò successivamente, fiducioso che quantomeno suo nonno stesse capendo qualcosa sulla situazione. Il Dottor Brief introdusse le mani tra i cavi del macchinario, ispezionandone l’interno e confrontando i vari circuiti con quelli disegnati sui fogli. “Tua madre ha fatto parecchie modifiche da quando ho inventato questa macchina” espose, “Ma devo solo trovare l’intruso” aggiunse rincuorando il ragazzo e cominciando una scrupolosa ricerca filo per filo.

“Mi sono seccato! Non aspetterò un minuto di più, vi eliminerò tutti!” la voce di Vegeta risuonò in tutta la casa, allarmando il figlio che sgranò gli occhi. “E’ meglio che vai a controllare tuo padre” gli suggerì con una certa tranquillità il nonno. Trunks non se lo lasciò ripetere una seconda volta, annuì correndo in cerca dei genitori.

Lasciato solo, lo scienziato, scandagliò l’intero impianto elettrico. Passarono diversi minuti prima di scoprire quello strano pezzo che produceva una strana luminescenza, causato da una spia. “Ah, eccoti qua” esclamò, parlando con il meccanismo in questione. Afferrò gli attrezzi da lavoro, cominciando a tastare l’intruso, allo scopo di staccarlo dal meccanismo.

Un piccolo bip risuonò nefasto, costringendo l’uomo a ritirare istantaneamente le mani. Restò in mobile per pochi secondi, prima di essere certo che la situazione non si fosse complicata.

Il rumore si ripeté in breve, ma questa volta in direzione del monitor, alla quale lo scienziato volse immediatamente lo sguardo. Quando i suoi occhi incrociarono il numero settecentocinquanta non riuscì a trattenere un “Ops” sinceramente dispiaciuto pur essendo pacato.

Un secondo più tardi una sonora esplosione fece tremare l’intera casa.

*

CONTINUA…

*

*

kikky: Grazie mille, spero che l’aggiornamento sia stato sufficientemente tempestivo e che l’idea continui a piacerti.

*

giusiemo291: In realtà lo scopo è proprio quello. Chi più chi meno tutti i personaggi di Dragon Ball subiscono dei cambiamenti caratteriali. Il fatto che nella mia storia si riescano ad intuire questi piccoli mutamenti non più che farmi piacere. Grazie ancora una volta per averlo notato.

*

tety: Grazie anche a te. L’origine della luce misteriosa è venuto allo scoperto proprio in questo capitolo. Per il resto, direi che Trunks si trova in una situazione piuttosto spiacevole.

*

kamy: Ti ringrazio, spero che il capitolo non si sia fatto attendere troppo e, soprattutto, che ti sia piaciuto.

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Ishyna: Credo che anche Trunks la veda male.

*

kutai: Non credo sia la pigrizia il problema del Dottor Brief, ma almeno ora sanno come risolvere la situazione. E intanto il tempo scorre…

*

ka93: Non credo che la morte di Nappa abbia creato molti problemi a Vegeta, nemmeno anni fa. Comunque hai letto bene, solo Bulma e Vegeta subiscono questo strano processo.

*

lilac: Sono molto felice di sapere che anche i coniugi Brief vengono apprezzati in questa mia piccola storia. Soprattutto mi fa piacere sapere di essere riuscita a non snaturarli, nonostante nell’originale compaiano saltuariamente e senza mai un ruolo di spicco. Inoltre ti ringrazio per aver notato i cambiamenti di Vegeta, ma anche quelli meno evidenti di Bulma. Anche il protagonista sembra soddisfatto, infatti sta facendo le fusa XD. No, ok, povero Trunks, gli manca solo di essere dimenticato anche dai lettori!

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Capitolo 9
*** Nuova generazione ***


REMEMBER ME

REMEMBER ME

*

Nuova generazione

*

Bulma rivolse istintivamente lo sguardo verso la nube di fumo che si era creata al suo fianco. L’esplosione aveva disintegrato parte della parete e le macerie seppellivano il corpo di un bambino. “Goku!” urlò senza troppo pensare, avvicinandosi ai detriti.

Dalla coltre di fumo, però, non comparve il suo nuovo amichetto dai capelli spinosi e dalla coda scimmiesca, bensì si materializzò un ragazzino di un paio d’anni più piccolo dagli occhi azzurri.

Trunks si alzò in piedi, spolverandosi i vestiti come se nulla fosse accaduto. Alla madre rivolse uno sguardo fugace, quel che bastava per accorgersi dello stupore nei suoi occhi quando si trovò di fronte ad una persona differente da quella che credeva. Successivamente le sue pupille color del cielo si posarono sul padre, che ancora reggeva il braccio davanti a sé. Restò a scrutarlo più a lungo, osservando il palmo della sua mano con un’espressione pensierosa in volto.

Vegeta, infine, osservò quello che, inconsapevolmente, era suo figlio. Mentre sul suo volto si dipinse una strana espressione dovuta, senz’ombra di dubbio, al trovarsi spaesato in quel luogo che vedeva per la prima volta. Almeno così credeva.

Il piccolo Saiyan si massaggiò una spalla, decisamente in ottima forma per essere appena stato colpito in pieno dalla sfera di ki lanciatagli dal padre. “Sai fare di meglio” mormorò a bassa voce, in quello che parve più un farfuglio sconnesso ed insensato a chi lo stava ascoltando.

“Mi dispiace per il muro” si scusò in seguito, volgendo la sua attenzione alla madre che, dopo aver incrociato gli occhi con quello che le era parso un piccolo sconosciuto, restò immobile. “Parli con me?” si additò la donna senza comprendere le parole del bambino. Trunks si limitò ad annuire, senza scostare gli occhi dal padre.

Solo in quel momento, Bulma, pensò di seguire lo sguardo del bambino fino ad incrociare gli occhi tenebrosi di un secondo sconosciuto. “Wow! Chi è quel fusto!” esclamò improvvisamente, suscitando nel figlio uno sguardo sgomento.

Il piccolo Trunks la guardò stupefatto dall’atteggiamento superficiale di sua madre. Aveva già intuito che il tempo era ulteriormente regredito, l’aura del padre ne era la prova, ma non pensava che fosse arrivato a questo punto.

Bulma si avvicinò all’uomo, assumendo un comportamento fin troppo frivolo. Con le mani appoggiate alle gotte leggermente arrossate osservò il Saiyan con occhi svenevoli. “Ciao bel fusto, come ti chiami?” gli domandò intrepida.

Trunks non poté fare a meno di coprirsi il volto con una mano, colto da un momento di chiaro imbarazzo.

“C… che diavolo vuoi tu? Stammi alla larga!” sbottò Vegeta, cercando di allontanarsi in un gesto istintivo. Tuttavia la giovane non sembrò demordere, avvicinandosi ulteriormente a lui nel tentativo di guardarlo negli occhi, “Suuu, non essere timido. Io mi chiamo Bulma, e tu?” continuò, mettendo chiaramente a disagio un impreparato Principe dei Saiyan.

Vegeta compì un passo indietro cercando di distanziarsi il più possibile, senza riuscirci, data l’insistenza della donna. La simpatica, o sconcertante, messinscena  continuò per qualche secondo ancora, prima che il guerriero decidesse di mettere fine alle sue sofferenze. Estese un braccio in direzione della sua attuale tortura generando l’ennesima ki blast, “Stai lontana se non vuoi morire” la minacciò.

Nella mente di Bulma non era passato molto tempo da quando aveva visto, per la prima volta, una Kamehameha. Comprendendo immediatamente di trovarsi in pericolo, fu lei a fare allarmata un passo in dietro. Alzò le mani in segno di resa, “E… eh, stai calmo” cercò di tranquillizzarlo.

Il tentativo si rilevò un insuccesso, poiché Vegeta lanciò ugualmente la sfera di energia. Fortuna che la prontezza di riflessi del bimbo servì a salvare la situazione.

Con un balzò, il piccolo Trunks, saltò in direzione della madre, impegnandosi successivamente a fermare col proprio corpo il ki appena scagliato.

Bulma perse l’equilibrio, spintonata in avanti, cadendo in direzione di Vegeta. Quel che accadde in quel breve istante divenne confusionario a causa dell’ennesimo polverone che si sollevò. I secondi di silenzio che seguirono parvero quasi infiniti.

“Argh! Bulma, levati! Non sei una piuma!” brontolò la voce del Saiyan provenire da dietro il divano. “Come sarebbe! Stai dicendo che sono grassa?!” si lamentò invece la voce di lei. Bulma sollevò il busto, riscoprendosi a cavalcioni sul compagno, attualmente sdraiato al suolo. Le sue mani si poggiarono impietosamente ai fianchi, in maniera decisamente scocciata ed offesa.

Vegeta ringhiò infastidito. “Spostati ho detto!” ribadì l’ordine incrociando le braccia, scrutando la consorte con il suo immancabile broncio. Un colpo di tosse distrasse i coniugi dal buffo litigio. I due voltarono la loro attenzione verso il giovane Trunks, che un po’ impacciato sembrò voler ricordare ai genitori la sua umile presenza.

Bulma scrutò con attenzione il bambino per qualche secondo, rendendosi conto pochi istanti più tardi di essere in una posizione piuttosto scomoda e ambigua. Con uno scatto si sollevò dal suolo, nel tentativo di darsi un contegno. “Oh, ehm… ciao tesoro” farfugliò guardandosi attorno, riscoprendo lentamente la situazione del salotto. Pochi istanti più tardi anche Vegeta tornò a rialzarsi. Si spolverò i vestiti con una mano, prima di intersecare rigorosamente le braccia.

“AH! Ma che diavolo è successo qui!” sbraitò la donna. Trunks aprì la bocca nel tentativo di spiegare la situazione, ma l’anziano Dottor Brief fece il suo ingresso. “Ehi, Trunks, ci sono riuscito!” annunciò, sventolando il pezzo appena sottratto alla camera gravitazionale.

*

Il Dottor Brief restò a fissare affascinato le mani della figlia, che con estrema velocità e precisione scostavano fili e sistemavano meccanismi con una maestria che era da pochi. Per meglio dire era di una persona sola, e quella era Bulma Brief. Per quanto lui stesso fosse ritenuto un genio si doveva sempre prostrare di fronte alle abilità innate della sua erede.

Aveva impiegato diversi minuti prima di riuscire a comprendere il guasto e a riparare i danni. Bulma, al contrario, stava eseguendo la medesima operazione in pochi minuti e con una facilità impressionante.

“Ecco fatto” annunciò la donna, asciugandosi il sudore della fronte con la manica della sua tunica da lavoro. Bulma osservò la centralina con soddisfazione, conscia di aver operato in maniera pressoché perfetta. “Ora non dovrebbe più aver problemi” concluse alzandosi, senza distogliere lo sguardo dal meccanismo. “Le mie congratulazioni cara, sei stata davvero in gamba” si complimentò l’anziano scienziato.

Di norma, a queste affermazioni, Bulma rispondeva con qualche elogio egocentrico alla sua persona, in questo caso non disse nulla, si limitò ad incrociare le braccia con aria pensierosa. L’anormale comportamento non poté far altro che incuriosire il vecchietto, che reclinò il capo da un lato in cerca di una spiegazione. “Tutto bene?” le domandò successivamente, non ritenendosi in grado di leggere i pensieri dalla sola espressione della donna. La scienziata mugugnò qualcosa sommessamente, infine sbuffò. “Non capisco come sia potuta accadere una cosa del genere” si rimproverò, in un comportamento che generalmente non le apparteneva. L’anziano alzò le spalle con noncuranza, “Sono cose che capitano figliola” minimizzò come suo solito. Il silenzio di Bulma risultò una risposta negativa, per nulla convinta della spiegazione. Queste cose a lei non accadevano.

“C’è una cosa che non capisco” s’intromise il piccolo Saiyan, costringendo i due scienziati a voltarsi, allo scopo di incontrare i suoi occhi color del cielo. Il bambino incrociò le braccia con aria pensierosa, “Perché solo tu e papà siete tornati in dietro nel tempo?” domandò curioso il genietto di casa. La madre si appoggiò una mano al mento, i suoi occhi si fissarono sul soffitto in uno stato di strano trance, assumendo l’espressione che indicava l’uso a pieno regime del suo cervello.

“Credo…” esordì dopo qualche secondo, “… che quando il meccanismo della macchina del tempo è entrato in funzione ha avuto effetto solo alle persone che erano a casa in quel momento. Ovvero solo io e tuo padre” spiegò, volgendo lo sguardo al pezzo di metallo che aveva creato tanti problemi.

“Trunks!” lo richiamò la voce paterna, che sopraggiunse in quel momento. Vegeta apparve agli occhi di tutti con indosso la sua giacca e con un abbigliamento che indicava il chiaro intento di uscire. Mise le mani in tasca e fissò il figlio senza troppa severità, “Se non ti muovi me ne vado senza di te” brontolò. Trunks lo scrutò con aria disorientata per alcuni secondi, poi l’illuminazione. “Ah! Le giostre!” esclamò all’improvviso. Senza dare il tempo agli altri di ricordargli il suo improrogabile impegno, il piccolo Saiyan, si precipitò verso la propria stanza. “Arrivo subito papà!” urlò prima di sparire.

Bulma sorrise, volgendo lo sguardo verso il compagno, che tuttavia si premurò di non incrociare i suoi occhi. Vegeta si produsse in un impercettibile “Tsk”, volgendo altrove la sua attenzione e cominciando ad avviarsi verso l’ingresso.

“Yawn! Sono stanchissimo, credo che andrò a riposare” proclamò l’anziano Dottor Brief, stiracchiandosi. La figlia lo guardò per un solo istante, poggiandosi pericolosamente le mani ai fianchi, “Dove pensi di andare tu?” lo richiamò rigorosa. L’uomo le rivolse uno sguardo confuso, farfugliando un’innocente, “Cosa c’è?”.

Bulma incrociò le braccia in un atteggiamento austero, “Te lo sei dimenticato? Io e te abbiamo un lavoro importante da finire” gli ricordò inflessibile. Il genitore chinò mestamente il capo in avanti, producendo uno strano lamento. Tuttavia, dentro di sé, pensò che il futuro della sua azienda era in buone mani, almeno per un paio di generazioni.

*

Vegeta si allontanò dall’uscio della posta d’ingresso appena vide il figlio corrergli incontro. Un piccolo sorriso sul volto del giovane Saiyan lasciò chiaramente intendere l’evidente felicità nel trascorrere un paio d’ore con il padre anche fuori dalla camera gravitazionale.

“Eccomi, sono pronto” si presentò fermandosi ad un passo dal severo genitore, che si limitò a fissarlo in silenzio per pochi secondi. Il Principe, infine, si allontanò dalla parete, seguito a pochi passi dal bambino. Trunks osservò le spalle del padre per pochi istanti e sorrise tra sé. Aveva buone probabilità di diventare in gamba come il suo eroe, un giorno.

*

FINE

*

*

Come qualcuno di voi ha già capito o intuito, la storia si basa quasi unicamente sulle date di determinati eventi prelevati dalla Timeline di Dragon Ball.

Per chiunque non fosse riuscito a seguire gli eventi della mia storia vi riporto una piccola tabella che, spero, vi aiuterà:

*

776: Dal 16 al 18 aprile. Data di svolgimento di questa storia.

774: Dal 9 aprile al 7 maggio i guerrieri si allenano in vista del Torneo Tenkaichi (Saga di Majin-Bu)

765: E’ l’anno successivo alla prima comparsa di Mirai Trunks.

762: Il 3 novembre Vegeta e Nappa arrivano sulla Terra.

750: Pochi giorni prima del 21° Torneo Tenkaichi (il primo a cui partecipano).

*

giusiemo291: Spero che qualunque dubbio sia stato dissipato con questo capitolo conclusivo. Incluso il motivo per la quale solo loro due subivano la regressione.

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ka93: Come puoi vedere alla fine sono riusciti ad arginare il problema, nonostante tutto.

*

tety: Per rispondere alla tua curiosità, nell’ultimo capitolo Bulma e Vegeta avevano, mentalmente, sedici anni lei e diciassette lui. Spero di averti risparmiato un sacco di calcoli.

*

lilac: Come al solito riesci a leggere tra le righe, andando oltre ^_*. Il fatto che Trunks fosse più preoccupato della follia generale che della pericolosità del padre non era casuale. Il pianeta Terra intanto, è scampato al pericolo senza nemmeno saperlo.

*

kamy: Vegeta qualche danno doveva pur farlo, ma alla fine è andata bene.

*

scImMIA: Meglio non eliminare il Dottor Brief, ci serve quell’uomo XD. A Trunks invece è andata bene, non ha avuto bisogno di prendere a randellate nessuno per risolvere la situazione. Parlando della spavalderia di Bulma direi che ha i suoi “livelli”, anche se alla fine prevale sempre il suo caratterino ^_*. I coniugi Brief invece hanno un modo tutto loro di affrontare le cose. Chiunque si trovano davanti la reazione è sempre e comunque molto placida. Insomma, da genitori a figlia il carattere cambia radicalmente, c’è da pensare che non esista una via di mezzo XD. Detto questo, sono contenta che i personaggi siano in linea con quelli di Toriyama, questa è una cosa che mi fa immensamente piacere. Riguardo alla tua perplessità, ti rimando a qualche riga più su. Tutte le date non sono una mia invenzione, a parte ovviamente quelle che riguardano la storia stessa. Comunque sono dati facilmente reperibili su qualunque sito dedicato a Dragon Ball. Grazie per i complimenti e grazie a te per la tua recensione, anche se mi costringi a fare gli straordinari XD.

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