per sempre ormai

di DarkBlue
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** non io ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***



Capitolo 1
*** non io ***


Nacqui il 9 dicembre, a Narnia, ma Narnia non è un Stato  nemmeno un piccolo paesino sperduto nel mondo. Si tratta di un luogo meraviglioso, un mondo apparte che supera qualsiasi nostra più ardua immaginazione. Narnia, cos’ si chiama il mio mondo. Un mondo. Il mondo. Che forse è molto più mondo questo che quello dove vivo adesso.  E per scelta del destino, io nacqui lì. C’era un nome che si dava a Narnia per ogni persona che attirava a se tante disgrazie: un temporale perfetto, ecco come si dice quando tutto quello che poteva andare male, va male. è così che purtroppo iniziarono a chiamare pure me.
Sono nata da una coppia di giovani sposi che mascheravano l’odio reciproco che provavano,  nata solo per risanare una ferita profonda che si era creata nel matrimonio di mia madre e mio padre, ero come un cerotto su una ferita da guerra. Mio padre viveva con i genitori fino a poco tempo prima di conoscere mia madre che sposò solamente per disperazione. Mia madre, invece, è uguale a me, anche lei è un temporale perfetto.
Mia madre nacque a Narnia proprio come me, come i suoi genitori e i genitori dei suoi genitori. La sua famiglia viveva da generazioni lì, si insediarono quando uno dei miei discendenti, in una caverna trovò un passaggio segreto per entrare a Narnia. La prima famiglia di essere umani a insediarsi a Narnia, ma il sangue non fu mai puro, si diceva che nella famiglia scorresse il sangue delle Sirene, perché a Narnia c’erano le Sirene, le fate, i centauri, i fauni, gli gnomi, tutto quello che la fantasia può creare, a Narnia c’era. Governata da una famiglia nobile,  in questo caso la mia, e dal grande sovrano. Il Dio delle terre di Narnia, non era come il Dio che c’è nel mondo reale, ma  a Narnia lui si fa vedere, cammina in mezzo alla popolazione e fa miracoli davanti ai tuoi occhi e si mostra per quello che è non essere umano, ma leone. Aslan, il grande sovrano, nonché Dio di tutti gli Dei e il sovrano di tutte le terre di Narnia, dal castello di Cair Paravel, fino alle grandi foreste a ovest. Lui possedeva i poteri del Sole, solo lui al mondo ha potuto riceverli, non si sa da dove sia nato o quanti anni abbia o se lui stesso creò Narnia  e le sue regole e i suoi abitanti, di Aslan si sa solo che è un leone che va e viene, a volte va nel mondo reale a risolvere qualche questione sotto forma di essere umano o a volte va in giro per le nostre terre per vedere dove può combattere la guerra, togliere la fame, eliminare la cattiveria. Era  maestoso e divino, col manto dorato e gli occhi verdi, io amavo quel leone, come lo amava mia madre, come lo amò mia figlia.
Ritornando al discorso di prima, l’uomo che riuscì a entrare a Narnia creò una dinastia ed essi furono la prima famiglia nobile narniana, nonché  gli antenati di mia madre, una ribelle fin da piccola che a soli 6 anni fu portata via da suo padre e sua madre e mandata nel mondo reale affinché potesse crescere normalmente. Ma col passare del tempo anche i miei nonni decisero di trasferirsi nel mondo reale, ma mia madre, ormai abituata alla vita senza genitori, rifiutò l’idea di vivere con loro e scappò, rifuggiandosi in una piccola cittadina, dove nessuno avrebbe potuto trovarla. Lì poco dopo conobbe un uomo più grande di lei, Charlie, di cui s’innamorò perdutamente e lo sposò dopo soli 4 mesi, portando mio padre a Narnia, ma lui non prese molto bene la notizia e scappò via, ma per fortuna o per sfortuna, ognuno la veda come vuole, mia madre era incinta di me, così lui ritornò. Per precauzioni e per volontà di mia madre, rimasero entrambi a Narnia fino al giorno della nascita. La ragione più frequente dei loro litigi era che mia madre aveva altri 2 figli, Jack e Peter, a quei tempi avevano rispettivamente 10 e 2 anni. Jack, il figlio più grande, era figlio di un pirata, mia madre aveva solo 16 anni quando rimase incinta e per stupide regole il figlio maschio, fin da piccolo, deve essere portato in mare, dal padre. potevano vedersi solo una o due volte all’anno, quando la nave attraccava al porto, ma questo succedeva sempre meno. E poi c’era il secondo figlio, quello più piccolo, Peter, anche lui nato da uomo diverso. 2 anni prima di conoscere mio padre, mia madre era ritornata a Narnia, per passare un po’ di tempo con Aslan e come al solito perse la testa per un altro uomo, un guerriero di Narnia, metà uomo e metà Dio, proveniva dalle terre di Telmar dove si diceva che ci fossero le sedi di tutti gli dei che governano la natura e il suo corso. Il padre di Peter era uno dei loro figli, ma morì prima che mia madre partorisse, in guerra e non potè mai incontrare Peter. Mia madre non mi parlò mai di lui, ho sempre pensato che forse lui era il suo vero e grande amore e che tutto quello che ne conseguì fu proprio dovuto alla sua morte, e  nacque Peter, il futuro erede al trono di Narnia, perché mi sono scordata una cosa … mia madre era la regina di Narnia e quel  9 dicembre, stava nascendo la futura erede al trono.
Mi chiamarono Susan, che in narniano significa ‘dolce’.

 

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Capitolo 2
*** 2 ***


2 ore di travaglio ed ero già ero nata, ma a mia madre a questo non importava, appena si riprese dal parto se ne andò, ritornando al mondo reale, per scelta sua. Io dovetti invece rimanere a Narnia, perché ero la futura erede al trono e non potevo abbandonare le mie terre, così mia madre se ne andò lasciando a me e Peter nelle mani di Aslan, che a sua volta ci affidò ad Alina, la moglie di Orelius. Orelius era il centauro cavaliere. Era la spalla di Aslan, era uno dei più anziani e il più importate dell’esercito. Alina, sua moglie, un centauro anche lei, era una delle donne che si occupava dell’ordine del castello e da quel momento sarebbe stata la nostra mamma surrogata. Mi avrebbe cresciuto e così fu per i mesi successivi anche se i miei ricordi sono pochi , lei mi accudì come se fossi stata figlia sua, si prese cura anche di Peter e degli altri due bambini che Aslan aveva salvato dal mondo reale: Edmund era più piccolo di me di due anni e Lucy, la piccola del gruppo. Passarono gli anni ed io mi feci sempre più grande. Iniziavo a comprendere il senso della vita, del mio esistere, di stare a Narnia, del mio governare. Ogni giorno avevo un ora di lezione al giorno di Alina, incentrata sulle buone maniere, sulle regole e sulla geografia di Narnia. Narnia era un posto pacifico fino a qualche tempo prima della mia nascita, ma il mio arrivò lì, ruppe gli equilibri e vide non più una nascita, ma una minaccia. Il mio sangue era il desiderio di ogni persona esistente a Narnia, solo una goccia poteva esaudire qualsiasi desiderio, a 6 anni Peter ed io scappavamo dalle bombe degli eserciti nemici e cercavamo di proteggere Edmund e Lucy, ma non capivamo che anche noi avevamo bisogno di qualcuno che ci proteggesse, perché a Narnia non c’era solo la bellezza dei prati, il Sole, gli animali parlanti e le fate che danzavano, dietro quella maschera si nascondeva un mondo orribile fatto di morte, dove le persone si uccidevano solo per interessi personali dove uccidere era la normalità. Io ero il premio più ambito, nata da una mezza Sirena, la primogenita femmina umana nata a Narnia, il mio sangue era raro e tutti i collazionatori di questa macabra collezione sognavano di avermi ed io a soli 7 anni, già sapevo tutto questo. La più terribile di tutti, era Jadis, regina delle nevi, del ghiaccio, di tutto ciò che era freddo e bagnato, non l’avevo mai incontrata di persona, ma avevo paura di lei solo a nominarla, non ci riuscivo. Immaginavo i suoi occhi gelidi nel cuore della notte, a volte ci raccontavano alcune leggende che narravano delle torture che infliggeva ai suoi prigionieri, cose di cui nessun bambino dovrebbe mai sentire parlarne. Alcuni dicevano che era figlia di un umana e di un gigante, altri dicevano che fosse figlia del diavolo in persona. L’unica cosa che accomunava tutti era che avesse un cuore così gelido che era capace di uccidere bambini e di rovinare villaggi interi solo per capriccio. Passarono gli anni e con i miei nove anni compiuti da poco, mi ritenevo già grande: era stata io, insieme a Peter, ad aver sostenuto Edmund, quando aveva mosso i primi passi, era stata io a consolare Lucy la notte scorsa, quando aveva fatto un brutto sogno.

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Capitolo 3
*** 3 ***


Avevo 11 anni quando accadde. Mesi e mesi di preparazione, sia fisica sia psicologica, non ero pronta a fare quello che stavo per fare, ma lo dovevo fare, per Narnia, per Aslan, per proteggere Edmund e Lucy e anche perché era così che mi avevano insegnato. La dichiarazione di guerra arrivò in un giorno di settembre, l’esercito di Jadis stava arrivando e voleva impadronirsi del territorio, dei poteri di Aslan e di me. Già Peter aveva 13 anni e a quell’età ricevette la prima spada, incominciando a fare qualche lezione, ma a 11 anni venne regalata anche a me una spada, anche un arco e delle frecce e in soli 10 mesi mi addestrarono per la lotta, avevo una specie di talento naturale per questo, ci avevano anche assegnato un cavallo. Narnia in quei giorni fu triste come Peter che era particolarmente legato alla mamma che in quei mesi non poteva venire perché in tempi di guerra non è permesso un contatto col mondo reale. Io cercavo di stargli più vicino possibile, avevamo legato molto, in fondo eravamo fratelli, avevamo la stessa madre, ma c’era qualcosa che ci univa per l’eternità e poi c’erano Edmund e Lucy, avevano 8 e 6 anni a quei tempi, io li vedevo sempre come due esserini presi e buttati nel mondo quindi cercavo di accudirli il più possibile, ma ogni giorno sorgeva un nuovo problema e vedevo anche Aslan diverso, era affranto, passava le giornate a osservarci o nella sua tenda, a volte la mattina se ne andava verso la spiaggia e stava lì ore e ore. Una volta ci andai, poiché nessun altro aveva il coraggio di avvicinarsi a lui quando era di quell’umore. “che ti succede?” chiesi “è difficile occuparsi di tutto questo e a volte anch’io sono stanco”. “non puoi stancarti, sei il grande sovrano” sorridere non aiutava la situazione. “tu lo sai cosa vuole Jadis?” mi chiese mentre fissava l’orizzonte. “vuole tutto quello che è nostro” “tempo fa, quando tua madre aveva circa la tua età, venne a Narnia a trovare me, era come al solito suo, una ribelle che non segue le regole, erano tempi di guerra quelli e già era stato difficile farla entrare, ma tua nonna aveva insistito tanto". Doveva rimanere solo tre giorni e in tre giorni l’unica regola era: non superare il confine, non andare nella foresta, non parlare con nessuno, rimani nella tenda e se vuoi uscire dalla tenda, fatti accompagnare da uno dei soldati. Fiato sprecato, non puoi tenere ferma tua madre nello stesso posto per più di un ora. S’inoltrò nel bosco e come avevo previsto, Jadis la rapì e per liberarla in cambio, voleva i miei poteri, ovviamente, non esitai, mentre prendeva i miei poteri si fermò e disse che non voleva solo i miei poteri, ma anche la primogenita femmina di tua madre, ma lei era troppo piccola per pensare ai suoi figli, non esitò e giurò, io invece mi sciolsi dalle catene, la presi e scappammo.” “perché voleva la primogenita femmina e non il maschio?” “ora ti dirò un segreto Susan, non devi dirlo a nessuno. Quando supererai l’età adulta ti renderai conto che dentro di te c’è qualcosa di talmente grande che ti sovrasterà, ma tu devi sempre ricordati chi sei” “quindi Jadis non vuole tutto, vuole soltanto me”.

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Capitolo 4
*** 4 ***


Passarono i mesi e dell’esercito nessuna notizia, nella dichiarazione di guerra c’era scritto che sarebbero arrivati in un giorno di Sole, il problema era che a Narnia c’era sempre il Sole. Gli allenamenti si facevano più frequenti e di tanto in tanto per divertirci facevamo delle sfide fra di noi, soprattutto fra Peter e Edmund che detestava essere secondo a Peter, poiché qualunque cosa facessero, era sempre Peter ad uscirne vincitore. Ogni volta che Peter vinceva in qualsiasi sfida, le mani di Edmund s’impegnavano a stringersi fino a far affondare le unghie nel palmo, per far sobbollire la rabbia e poco dopo si girava da Peter e si congratulava con lui per la vittoria e una volta indossata la maschera gli lanciava delle occhiatacce. E poi ci fu una mattina, in cui l’odore di morte si sentiva particolarmente, neanche c’era bisogno di dirlo, lei era arrivata. Noi da un lato e loro dall’altro, nella grande valle delle Terre di Aslan in orizzonte s’intravedeva una regina con i capelli di ghiaccio che puntava dritto verso di noi, era come guardare due facce della stessa medaglia. Loro erano completamente diversi da noi, ma nello stesso tempo, uguali. Loro erano freddi, bianchi, mostruosi. Accanto a lei c’erano questi grandi minotauri, i nani, i giganti. Scrutando bene, loro erano anche molto di più di noi e non avevano semplici spade, avevano armi gigantesche, che facevano paura solo a vederle da lontano, guardai uno per uno i mostri che stavano in prima fila, pensavo che forse avevano una famiglia, qualcuno che li amasse, ma cercai di non pensarci più. I miei occhi continuavano a girovagare tra la folla, fino a quando incontrai i suoi occhi, erano come negli incubi, glaciali. Non era di certo figlia di un umana e di un gigante, era alta, ma non così tanto, aveva la pelle così pallida, quasi trasparente e portava un abito fatto con i cristalli di ghiaccio. Aveva lunghi capelli bianchi intrecciati tra di loro, in viso era strana come se avesse un età indefinita. Si diceva che la sua veneranda età era di 367 anni. Sul capo aveva una corona fatta di ghiaccio che scintillava alla luce del Sole e in mano aveva uno scettro con cui ci indicava. In un attimo di silenzio vidi lei che avanzava da sola mentre il suo esercito stava dietro. “sono qui in pace al momento, sono venuta a prendere qualcosa che è mia di diritto” aveva una voce familiare. “non abbiamo niente che ti appartiene” disse Aslan. “Peter caro, ti puoi spostare” conosceva i nostri nomi. Quando Peter si spostò, dietro di lui, con una spada in mano e un arco nell’altra c’ero io, posai l’arco dov’erano le frecce e diedi la mano a Peter. “ho paura” gli sussurrai all’orecchio “paura non ne devi avere, Susan, devi solo venire da me, fai un passo avanti vieni dalla mia parte” era Jadis che parlava. “no” secco, arrabbiato, coraggioso “Aslan, diglielo tu che il suo sangue è mio di diritto”. “non puoi basarti su una promessa fatta da una bambina di 11 anni” rispose il leone. “una promessa è una promessa, mi prenderò il suo sangue che a voi piaccia o no, quindi” mi guardò fissa negli occhi “vieni immediatamente da questa parte”. “no” un altro, questa volta era incerto Un minuto di silenzio e poi il nulla. In pochi secondi l’esercito nemico ci aveva attaccato, in un minuto niente era più come prima; uomini che si scontravano, persone che morivano e Peter ed io che continuavano a tenerci per mano inermi davanti a tutto quel sangue che scendeva copiosamente intorno a noi, ma nella folla scorsi un viso, una figura che andava contro-corrente, verso di noi. Presi dalla paura ci voltammo e cominciammo a correre verso le rocce di Cata. Jadis era troppo veloce, aveva cominciato a correre pure lei, ma c’era troppa confusione, troppi uomini che cadevano, dovevamo andare verso la valle. “non mi lasciare mai la mano, Susan!” mi gridava Peter mentre correvamo verso la Valle, avevamo cambiato direzione, ora ci facevamo strada verso le persone che cadevano a terra, riuscivo a intravedere Aslan che cercava di combattere due minotauri e Orelius che infilzava mostri, senza sosta, incrociò il mio sguardo per un istante. “Susan, corri!” mi gridò Peter, io volevo rimanere ad aiutare Orelius, avevo voglia di prendere la spada e combattere per il mio popolo, ma Peter mi trascinava, dietro c’era ancora lei che si faceva strada mentre uccideva cavalieri di Narnia, cavalieri con cui avevo parlato la mattina precedente, conoscevo le famiglie. Correvamo, senza renderci conto di dove stavamo andando, non conoscevamo quei posti, mai visti. “Peter, basta, Peter, dove stai andando?” lo urlavo per combattere il rumore del vento. “ lei ci raggiungerà, dobbiamo correre, non guardarti indietro!” “non mi scapperai, il tuo sangue è mio!” era di nuovo dietro di noi, più vicino questa volta. Ci ritrovammo in un bivio, scelse Peter, mi portò a destra, non era una buona idea, una parete rocciosa c’è apparsa davanti, era troppo tardi per ritornare indietro. “dobbiamo scalare, Susan, dobbiamo andare avanti, vai tu prima”. “no, vai tu prima” Mentre stavamo iniziando a salire, avvertì una mano gelida, ghiacciata che mi afferrava la caviglia. “Peeeteeer!” gridai, lui si voltò e incominciò a tirarmi su, io non avevo il coraggio di guardare giù, di vedere il volto di Jadis che cercava di prendermi, non volevo vedere i suoi occhi pieni di rabbia, Peter mi guardò, cercandomi di fare coraggio. “devi resistere, lotta contro di lei, Susan” intanto cercava di tirarmi su, guardai giù, dritta negli occhi, vedevo il riflesso della mia faccia, perché lei non aveva pupille, avevo solo il celeste glaciale degli occhi, il suo volto non era umano, non era neanche mostruoso e la cosa peggiore è che in quel momento, fissando quegli occhi gelidi, mi sono sentita veramente a casa, nessuno aveva mai desiderato me. Mia madre non aveva lottato per tenermi con lei, mio padre quasi non esisteva, Alina aveva i suoi di figli, io avevo bisogno di un adulto a cui chiedere consigli, con cui parlare e in quel momento non c’era nessuno, lei voleva me, forse mi avrebbe accudito, ma in quel secondo che io esitavo di lottare, in quel secondo che io ho lasciato andare. “tu sei mia” disse con un sorriso, ma dopo un attimo lei scomparve, dissolta, sciolta, non c’era più, Aslan l’aveva morsa da dietro, ma lei non era umana, dentro era ghiaccio, che a contatto con il Sole di Aslan, si era sciolta e quando lei scomparve, vidi il muso di Aslan, quasi triste e amareggiato. “scendete voi due” Scendemmo da quel poco che eravamo riusciti a scalare, sempre per mano e iniziammo a camminare per tornare al luogo della battaglia. Non disse una parola per tutto il resto del cammino e quando arrivammo gridò la fine della battaglia, perché la regina era stata uccisa, contemporaneamente tutti fecero cadere le armi a terra e i nemici furono fatti prigionieri.

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Capitolo 5
*** 5 ***


Non fu una delle solite vittorie a Narnia, questa volta non ci furono festeggiamenti, balli e banchetti. Questa volta nessuno era felice di aver vinto e non capivo il perché, la regina era morta, il suo esercito non avrebbe attaccato più nessuno, a Narnia avrebbe governato il Bene, non ci sarebbe mai più stata nessuna Foresta Proibita, ma per qualche strano motivo a Narnia regnava il silenzio e la tristezza. “perché la vittoria non è stata presa bene?” chiesi a Peter. “non lo so” mi sorrise e se ne andò, io e Peter siamo cresciuti troppo in fretta, passarono gli anni, normali, tranquilli, nell’assoluto silenzio, da un po’ di tempo anche mio padre si faceva vedere a Narnia, la mia curiosità cresceva, volevo capire cosa si nascondeva oltre a Narnia. Il mio pensiero era rivolto a Peter, c’era qualcosa che lo turbava, qualcosa che non gli permetteva di comportarsi normalmente, allo stesso modo di sempre. Una volta lo sentii da solo in una stanza e contro ogni regola umana, mi misi a origliare, c’era silenzio, allora cercai di trovare qualche fessura nella porta. Aveva i pugni serrati e guardava fuori dalla finestra. “devo solo resistere” disse e si girò, ma a quel punto me ne andai pure io.

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Capitolo 6
*** 6 ***


Eravamo cresciuti tutti, Peter aveva18 anni, Edmund 14 e Lucy 10 e io ne avevo 16. Avevamo ormai superato il limite. Era arrivato il momento di portare la corona in testa. Avevamo raggiunto l’età adulta, ne avevamo viste così tante, ognuno di noi aveva la maturità di un 60enne. Eravamo grandi abbastanza da prenderci cura noi di Narnia, dopo la vittoria contro Jadis, non c’era più niente da fare, era come se tutto intorno a noi si fosse spento, niente per cui valeva la pena lottare e a me sembrava sempre più strano, dovevamo essere felici, invece… ma col passare del tempo capii il perché. La leggenda narra che la regina non può essere uccisa dal Grande Leone, ma dalla primogenita femmina, umana di Narnia, me. E io non ero pronta per combattere Jadis, non ero pronta per niente, per quanto sapevamo noi, lei era rinchiusa tra l’Inferno e il Paradiso, la sua anima non sapeva dove andare, diciamo che sarebbe tornata di sicuro e cosa peggiore sarebbe tornata più forte di prima e con le stesse intenzioni. Infatti, da quel giorno le cose cambiarono, si facevano molti più allenamenti di prima, ma per fortuna c’era Edmund che nel tempo aveva cresciuto un grande senso dell’umorismo, che ci rasserenava tutti quanti. Lucy, invece, era sempre la solita bambina del gruppo e tutti quanti cercavamo di farla stare meno peggio di tutti quanti noi e poi c’era Peter. Il nostro rapporto era sempre più forte, stavamo sempre insieme, perché per qualche strano motivo c’era qualcosa che ci univa.

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Capitolo 7
*** 7 ***


Purtroppo le tradizioni narniane erano simili a quelle del Medioevo nel mondo reale, lo so perché, ogni giorno per due ore studiavamo, ogni giorno era dedicato a una materia, c’insegnava Alina di solito fuori all’aperto se non c’era freddo, era per non rendere più noiosa la lezione. Ritornando al discorso di prima, le regole pressa a poco erano quelle, all’età di 15 anni già i genitori della principessa, in questo caso il tutore, Aslan, dovevano scartare dei pretendenti per la fanciulla, sempre in questo caso, io. A me sembrava solo una perdita di tempo per vari motivi, numero uno, perché non avevo tempo per pensare all’amore o altre robe simili e poi perché ancora non ero entrata nell’ottica del matrimonio, quello che dura per sempre, anche perché non ho una vera coppia di genitori da cui prendere esempio, mentre a Narnia l’amore fra uomo e donna è molto importante. Gli abitanti di queste terre hanno anche un dono speciale: l’imprinting, perfino alcuni del mondo reale sapevano di cosa si trattava. L’imprinting è quando due persone sono destinate a stare insieme per sempre, se non si ha l’imprinting, niente da fare, quella storia non può funzionare, alcuni dicevano che accadeva appena incrociavi lo sguardo della persona amata, altri dicevano che l’imprinting impiegava del tempo, dicevano che si provava come una magia, una scossa elettrica, una calamita che ti spinge verso quella persona. Il mio unico riferimento donna, parlando d’amore era Alina, che aveva una storia sentimentale abbastanza banale, a 16 anni ebbe l’imprinting con un altro giovane centauro poco più grande, si sposarono e poco dopo nacque un piccolo centauro e vissero tutti felici e contenti. Aslan me ne aveva parlato qualche anno prima, ma ne parlavamo come una cosa che sarebbe accaduta dopo anni e anni e invece ora mi ritrovo con questa nuova situazione. Per Peter era diverso, lui aveva le mie stesse motivazioni, cioè altri pensieri per la testa, ma lui era più fortunato di me, perché era un uomo e non aveva bisogno di matrimoni combinati, anche se un paio di volte Aslan gli aveva fatto conoscere due principesse che però non hanno attirato la sua attenzione, ma intanto io covavo una forte gelosia. Perché Peter, fin da quando eravamo bambini, era stato sempre e solo mio Mio quando lo costringevo a giocare con me da piccoli. Mio quando uscivamo a giocare al parco Mio quando ogni volta che ero triste, o semplicemente avevo un problema, lui mi ascoltava, guardandomi immobile con quegli occhioni azzurri. Un giorno al castello di Carparavell arrivò una famiglia di telmarini, una famiglia umana che da poco aveva trovato posto in una Narnia molto distante dalla nostra, fummo tutti un po’ sorpresi dal fatto che fossero umani e non altre specie … la famiglia era composta da uno zio, una zia e il loro adolescente nipote, Caspian X. Un ragazzo che poteva avere la stessa età di Peter, alto con i capelli neri e gli occhi scuri. “buonasera Aslan, lieti di essere stati ricevuti” disse lo zio, anche lui aveva i capelli neri e gli occhi scuri, ma aveva un non so che di diverso dal resto della famiglia, era come se fosse distaccato, assorto nei suoi pensieri. “buonasera a voi, re Miraz, sono lieto che voi avete risposto al mio invito, prego da questa parte”. Mentre Aslan parlava e mostrava il castello agli ospiti, io e Peter indagammo su di loro. “secondo te che sono venuti a fare qui?” chiesi. “non lo capisci, ti vogliono fare sposare con il nipote” rispose Peter, mentre sistemava i suoi capelli biondi, era molto geloso dei suoi capelli biondi, anche perché a Narnia, il solo che avesse il manto dorato era Aslan, Peter aveva anche gli occhi blu, del colore dell’oceano, appunto per questo lo chiamarono Peter, in narniano significa “magnifico”. “sono impazziti” dissi sorridendo, anch’io avevo gli occhi chiari, ma non poi così chiari e anche dei lunghi capelli castani. “hai l’età per sposarti, non puoi restare a castello per sempre”. “non me ne andrò da questo castello finché non te ne vai pure tu”. “sì come no” mi scompigliò i capelli con una mano e se ne andò, con le mani dietro la schiena, chissà cosa pensava. “Susan” mi sentì chiamare da Aslan “arrivo” m’incamminai lentamente per prepararmi a quello che sarebbe accaduto poco dopo “Susan, ti vorrei presentare la famiglia dei telmarini, questo è il re Miraz, sua moglie Penelope e loro figlio Caspian X”. “piacere di conoscervi, spero che il castello sia di vostro gradimento” sorrisi. “è quasi un onore conoscere la regina Susan, su di lei si narrano molte storie, le vorrei presentare mio nipote Caspian, avrete tempo di conoscervi” non mi ero fatta sfuggire il quasi’ che aveva detto re Miraz. “sarà un piacere” sorrisi in modo amaro, fissando il re negli occhi, vedendo in lui quel guizzo di cattiveria che rendeva il suo viso aspro “a dopo, regina” il tono con cui formulò l’ultima parola non mi piaceva. La famiglia si dileguò nella stanza degli ospiti. “davvero vuoi farmi sposare con quello lì? Ho un regno da governare non posso perdere tempo dietro a queste cose”. Dissi ad Aslan, quando fummo finalmente soli “anch’io non vorrei Susan, ma è arrivato il momento”. “sì, sì come no, comunque a me quello non piace” me ne andai con la speranza che Aslan avesse capito.

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