Fear and Fearless

di serClizia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Here we go again ***
Capitolo 2: *** Alcool e Spalti ***
Capitolo 3: *** Animals ***
Capitolo 4: *** I can do this ***
Capitolo 5: *** "I saw that." "Shut up." ***
Capitolo 6: *** Dreams or Nightmares? ***



Capitolo 1
*** Here we go again ***


Alcool e Spalti

Fandom: Teen Wolf
Pairing: Sterek
Prompt: AU no monster.
Derek ha origini italiane e ogni tanto Stiles lo sente parlare con i suoi parenti in Italia. La cosa lo eccita ogni volta.
Title: Here we go again
Parole: 760 *fa la pernacchia alle drabble*
Note: again and again, no idea what happened here. But Derek is so cute <3 (ci ho infilato anche una citazione dalla 1x01, mhuauhahauhua) e bisex Stiles is the best.


 

Era successo quasi per caso.
Stiles stava passeggiando per i boschi di Beacon Hills, per passare il tempo – o ‘a cercare guai’, come gli diceva sempre Scott. Il saggio, saggio Scott che si annoiava quanto lui ma che ormai raramente lo seguiva nelle sue spedizioni. Ma d’altronde Scott era via per le vacanze estive e Stiles si sentiva solo. Non che l’avrebbe ammesso a nessuno.
Comunque uno le volesse chiamare, le sue spedizioni lo avevano portato a trovarsi al proverbiale posto giusto nel momento giusto.
Quando aveva sentito quel suono strano, particolare, si era avvicinato per capire cosa fosse. Era una lingua diversa, non la riconosceva. Sembrava simile allo spagnolo, ma non lo era. Doveva essere italiano.
Si era acquattato dietro un albero a origliare. Non ne andava fiero, ma quello scorrere fluido di parole lo attirava. Era… estasiante. No, peggio, eccitante. Come diavolo poteva qualcuno essere attratto da una lingua non ne aveva idea, ma se avesse dovuto scommettere su qualcuno per un kink strano del genere… sì, avrebbe scommesso su sé stesso.
Aveva spinto lo sguardo, troppo curioso per rimanere solo ad ascoltare; voleva, doveva vedere in faccia chi parlava. Dare un volto a quella voce profonda.
Vide una schiena, due spalle grandi, una nuca di capelli mori. Il ragazzo camminava, strascicando i piedi tra le foglie. Doveva aver fatto rumore, perché si voltò improvvisamente verso Stiles, mostrandogli un sopracciglio inarcato dalla sorpresa, e uno sguardo della morte incastonato in due meravigliosi occhi verdi.
Stiles seppe lì e subito che tutti i suoi sospetti erano fondati: sì, gli piacevano anche i maschi.
La realizzazione – nonché essere colto con le mani nel sacco come un ladro di peggior ordine – lo spinsero a fuggire miseramente, senza guardarsi indietro.

Da quel giorno, successe decisamente meno per caso.
Stiles si prendeva ogni giorno del tempo per girovagare nei boschi fino alla vecchia casa degli Hale, sperando di risentire quella voce. E ogni tanto, se era fortunato, quel ragazzo era di nuovo lì a fare la sua telefonata. Ben presto intuì uno schema. Telefonava ogni martedì e ogni giovedì della settimana.
Stiles faceva in modo di non mancare mai. Si rintanava dietro un albero ad ascoltare, chiudendo gli occhi, immaginandosi ogni espressione del suo volto.
Cercava di raccogliere il coraggio per uscire allo scoperto e dirgli: ‘Ehi, tu devi essere Derek. Hai solo qualche anno più di me. Io sono Stiles, piacere di conoscerti.’
Ma le parole non arrivavano mai fino alla gola, e Stiles rimaneva seduto e ipnotizzato da quella melodia.

Era passato più o meno un mese dalla prima volta che si era trovato ad origliare, e di nuovo Stiles si stava avviando verso il suo appuntamento fisso del martedì. Affrettò il passo - era stato trattenuto a casa dallo sceriffo per una lunga predica sui suoi doveri di bla bla bla, non lo aveva ascoltato per niente - aveva paura di essersi perso la telefonata. Si avvicinò verso lo stesso albero, suo abituale nascondiglio, senza nemmeno pensarci.
Solo che stavolta era già occupato. Derek lo aspettava con le braccia conserte. Non gli diede il tempo di battere in ritirata. “Chi diavolo sei? Perché sei qui?”
“Sono un umile passeggiatore che…”
“Non prendermi per il culo. Sai nasconderti quanto un gigante in cristalleria. Perché vieni qui?”
Ok, Stiles aveva due opzioni. La prima, continuare a mentire, nella speranza che il suo status di figlio dello sceriffo gli consentisse una via d’uscita priva di denunce per stalking. La seconda, abbozzare una parvenza di verità.
Decise di propendere per entrambe contemporaneamente.
“Sono Stiles. Stilinski, il figlio dello sceriffo.” Derek non sembrò minimamente impressionato. Lo incitò semplicemente a continuare aggrottando le sopracciglia. “Vengo qui perché… perché mi piace l’italiano?”
Cercò di sorridere. ‘Carino e coccoloso, Stiles, sii carino e coccoloso.’
Derek lo fissò per qualche secondo. “Ma tu non sai una parola d’italiano.”
“E come fai a saperlo?”
“Ti ho insultato parecchio, al telefono. Ho intuito che non capissi un accidente di quello che stavo dicendo.”
“Già, beh…”
La loro prima conversazione non stava davvero andando come sperava. Per lo meno non gli sembrava intenzionato a sporgere denuncia, era già qualcosa.
Stiles si grattò la nuca, sconsolato. Stava per voltarsi e andarsene con la coda tra le gambe quando Derek tirò fuori il cellulare.
Per un secondo gli si gelò il sangue nelle vene, pensò che avesse cambiato idea, ma il numero che stava componendo era troppo lungo, non poteva essere il 911.
Derek gli voltò le spalle e si avviò verso la radura. “Mettiti comodo, Stiles. Oggi eri in ritardo.”

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Capitolo 2
*** Alcool e Spalti ***


Alcool e Spalti

Fandom: Teen Wolf
Pairings: Sterek e Scisaac (circa).
Prompt: Stiles e Scott hanno una crisi sulla loro identità sessuale nella stessa settimana. Danny (su richiesta di Jackson che è stufo di quei due), cerca di risolvere la situazione. (Nel caso non si fosse capito, AU post seconda stagione in cui Derek è l'Alpha e tutti sono vivi e fanno parte del suo branco.)





Danny osserva Stiles e Scott che - completamente ubriachi - blaterano in modo semi comprensibile, l’uno che circonda le spalle dell’altro con un braccio.
Rischiano anche di cadere dagli spalti del campo di Lacrosse da un momento all’altro.
Danny sospira, e maledice Jackson per averlo convinto a fare questa cosa. Ad aiutare due tizi che non si decidono a fare coming out da quel cazzo di armadio metaforico.
Crisi di identità sessuale, grazie tante Jacks, davvero.
“Derek… Derek… ha delle labbra bellissime, sai? Cioè… boh… proprio belle piene… e morbide.”
Oh, Cristo. Danny non vuole sapere certi dettagli sull’alfa. Vuole rimanere vivo.
“Lo so! Cioè…,” Scott si interrompe per prorompere in una sfilza di risatine, che ovviamente contagiano Stiles. “Non lo so, perché non l’ho mai baciato però… quelle di Isaac sono così… invitanti.”
“Vero? Vero? E poi cioè, Derek fa sempre questa cosa che… boh, mi guarda. Mi guarda dentro, capisci?”
“Sì, sì!”
“E… e i suoi occhi sono così... e tutte le volte che lo guardo, lui mi sta già guardando. Cioè, lui sa già che io sto per guardarlo, capito?”
Danny li osserva senza parole, tra lo schifato e il divertito.
“Wow. Amico, che cosa pesaaante. Isaac… Isaac invece mi guarda mentre dormo. Mentre dormo, capito? È inquietante, no? Viene… viene in camera e… mi guarda.”
“Allerta stalker!”
Altro giro di risatine.
“Cioè, che tipi assurdi, no?”
Danny non ce la fa più, si alza in piedi all’improvviso, spaventandoli.
“Stiles. Derek è innamorato di te. Scott. Isaac è innamorato di te. Ora, per carità di Dio, datevi una sistemata. Li chiamo e vi faccio venire a prendere.”
“Cosa? Oddio, no!”
“Nooo, non farlo!”
“Sì, invece. Mi avete chiesto di venire qui ad ubriacarci, e io sono l’unico sobrio. Mi sono stancato. Per qualche motivo che va oltre la mia umana comprensione, quei due vi vogliono ed è ovvio che anche voi siete interessati, quindi… finitela e dateci dentro o quello che fate voialtri in questi casi. Voglio solo andare a casa. Ok?”
Segue un lungo minuto di silenzio. Stiles agguanta Scott per il bavero, completamente nel panico.
“Scott… Scott!”
“Cosa?”
“Sono pettinato?”
“Non lo so. Io?”

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Capitolo 3
*** Animals ***


Alcool e Spalti

Fandom: Teen Wolf
Pairing: Sterek.
Prompt: Omega!verse ispirata ad
Animals dei Maroon 5. (Con eventuale mating bond.) Stiles vorrebbe negare la sua relazione con Derek, ma a volte gli è impossibile.
Titolo: Animals

Parole: 663 (ok, flashfic my ass) (dono della sintesi what?)
Note: Non è proprio Omega!verse, mi è venuta più una cosa fluffosa e... nghe <3

La prima volta che era successo, era arrivato senza fiato, e aveva buttato giù la porta della casa di Scott solo per trovarsi davanti quei due cretini che si azzuffavano sul tappeto.
“Derek?” Stiles era stupito e puzzava di imbarazzo, mentre si alzava in piedi.
Scott aveva mollato la presa sul suo migliore amico e si era guardato intorno, annusando l’aria.
Qualcosa nella sua postura lasciava intendere la sua incazzatura, perché nessuno si azzardava ad avvicinarglisi.
“Derek, cos’è successo?”
‘È successo, Stiles, che ti ho sentito. Ho sentito la tua paura e sono corso a salvarti dal mostro cattivo e invece eri a fare la lotta come un ragazzino.’
Avrebbe voluto dirlo, invece aveva continuato ad inspirare ed espirare, a stringere e rilassare i pugni.
Che poi Stiles era un ragazzino, tutto sommato, ma erano dettagli in quel momento.
“Sta arrivando qualcuno? Non sento niente.”
Buon per te, Scott.
“Stiles… perché ti sta fissando così? Hai fatto qualcosa? Sembra… sembra che stia per mangiarti.”
Ottima deduzione.
“Nah, è il solito sourwolf. Probabilmente cercava di spaventarci, da bravo maniaco stalker inquietante qual è, e ci è rimasto male perché non ci è riuscito. Vero, Derek?”
Si era voltato e se n’era andato senza proferire parola.

La seconda volta, aveva spaventato tutta la scuola scaraventando tutte le porte delle classi, finché non lo aveva trovato a guardare un film horror a lezione di Economia con i compagni, mentre il coach smaltiva una sbronza nel suo ufficio.
“Amico, devi imparare a gestirla sta cosa. Sul serio.”
“Sta’ zitto, Stiles.”

La terza volta aveva ringhiato a piena potenza contro un povero idiota che a quanto pare stava solo portando le pizze nel loft. Stiles le aveva ordinate e lo aspettava dentro.
“Derek. Sul serio.”
Derek l’aveva scaraventato sul letto e gli aveva impedito di parlare per almeno un’ora e mezza. L’aveva marcato con il proprio odore, imprimendoglielo addosso perché tutti sentissero che era suo. Sul serio.

Alla quarta, Scott aveva fissato i vetri infranti della finestra della sua camera con rabbia crescente.
“Mi dite cosa diavolo sta succedendo?”
“Oh, Dio. Va bene. Va bene! Vado a letto con Derek. Ecco. L’ho detto. Contento? Siete tutti felici? Perché io sono OVVIAMENTE entusiasta che tutti sappiano della mia vita sessuale!”
“Stiles, Derek è fuggito dalla finestra.”
“Sì. Ho visto. Lo fa.”

Poco dopo, Stiles lo aveva raggiunto al loft.
“Ehi.”
“Mmmh?” Non si era voltato. Era rimasto alla scrivania, dandogli le spalle.
“Pensavo che fosse quello che volevi. Che Scott lo sapesse, dico.”
“Che andiamo a letto insieme? No, non era quello il piano.”
“E qual era il piano?”
“Lascia perdere. Vai a casa. Domani hai scuola.”
Non aveva intenzione di spiegare a un ragazzino che si era sentito ferito per essere stato degradato a scopamico, quando Stiles per lui era molto di più. Stiles era tutto.
“Derek…,” gli stava tirando la giacca. Come un bambino.
“Mmmh?”
“Mi spieghi perché ti precipiti sempre? Non ti viene mai il dubbio che non sia in pericolo e che farai un’altra figura di merda?”
“No. Non finché non mi sono assicurato che stai bene.”
“Ma perché? Cioè, cosa senti? Ogni volta che arrivi, mi trovi sempre in delle situazioni tranquillissime.”
“I miei sensi non mentono, Stiles.”
“Cosa vorresti dire?”
“Che sei tu che hai sempre paura.”

Il giorno dopo, Derek si era trasformato per correre più veloce nel bosco, per trovare il luogo in cui sentiva il cuore di Stiles battere all’impazzata, convinto che questa volta sarebbe successo. Sarebbe arrivato troppo tardi, anche solo un millisecondo troppo tardi, e il suo mondo sarebbe andato in frantumi.
Era quasi arrivato quando lo aveva sentito dire: “… e quindi volevo che lo sapeste tutti.”
Aveva rallentato. Stiles non era solo, ma non era in pericolo.
Era spuntato nella radura ormai a passo d’uomo, ormai completamente di nuovo umano. Il resto del branco li fissava sbigottiti, mentre Scott si grattava la nuca con un sorrisetto.
Stiles lo prese per mano. “Io e Derek stiamo insieme.”

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Capitolo 4
*** I can do this ***


Alcool e Spalti

Fandom: Teen Wolf
Pairing: Sterek
Prompt: Derek non ha nemmeno trenta anni, è divorziato, appena tornato da mesi di missione come volontario per le Nazioni Unite con una brutta cicatrice alla spalla a ricordarglielo e non sa cosa fare della sua vita. Poi incontra Stiles, il cassiere del piccolo supermercato vicino casa sua.
Parole: 558
Titolo: I can do this
Note: Non so se è esattamente quello che volevi, mi sono fatta prendere dall’introspettività e dai feelings perché GOD. Quindi non so cosa sia venuto fuori. (sappi solo che sarebbe materiale per un mini long, minimo)



Andare al supermercato è un’agonia.
Derek preferirebbe spararsi ad un piede – e detto da lui vuol dire qualcosa - invece di incontrare quel ragazzino, ma è inevitabile. Gli serve il cibo, ma soprattutto gli serve la birra, e non è che può permettersi di andare al ristorante con quella specie di pensione che si ritrova.
La cicatrice gli prude mentre entra nel piccolo discount del quartiere, e grattarla è ormai un’abitudine che ha preso senza rendersene conto.
“Buongiorno, raggio di sole!”
Un piede. Sì, decisamente era meglio un proiettile incastrato in un piede.
“Anche oggi il solito cipiglio, eh? Ah, vedo che il reparto cibi in scatola è ancora un must. E birre, naturalmente. Ed io che speravo oggi mi avresti sorpreso con un nuovo acquisto. Che ne so, un’insalata. Qualcosa di verde e salutare, comunque.”
Derek appoggia il contenuto del suo cesto sul nastro con un tonfo e uno sguardo omicida.
“Nessuno ti ha dato il permesso di darmi del tu.”
Il ragazzino sorride tra i miliardi di nei che gli ricoprono il viso. “Ma se non lo facessi, non avresti niente per cui sgridarmi.”
Non lo degna nemmeno di una risposta e comincia a riporre la sua spesa dentro il sacchetto.

È solo quando la sta rimettendo a posto nelle credenze di casa sua – casa di zio Peter, ma comunque – che si accorge di un bigliettino con una grafia disordinata.
E un numero di telefono.
“A cosa stai sorridendo?”
“Mmh?” Derek se lo infila in tasca velocemente, senza voltarsi. “Niente. È solo la spesa.”
Peter lo fissa con sospetto. Come se non fosse abbastanza non avere una casa tutta sua, un posto di lavoro o progetti per il futuro. Derek deve anche sorbirsi la presenza invadente di quel lunatico che è impazzito durante la guerra e se sembra appena uscito da un manicomio militare, beh, è perché è così.
“Lo sai, vero, che c’è un altro discount a due isolati di distanza? Dovresti finirla di far finta che non ti piaccia andare in questo qua in particolare. Così, giusto per dire.”
Derek gli risponde con un grugnito.

L’ultima spesa gli basta per una settimana, quindi non ha scuse per andare nel piccolo supermercato per almeno qualche giorno. O sarebbe troppo ovvio.
Troppo ovvio perché in effetti spararsi al piede era meglio che vedere qualcuno sorridergli per la prima volta da anni, e non avere nessunissimo coraggio di fare niente al riguardo.
Derek è stato in guerra, ha visto persone morire, eppure non c’è niente al mondo che allievi quella sensazione allo stomaco di non sapere assolutamente affrontare nulla che sia relativo alla vita di tutti i giorni. Partner o presunti tale compresi.
Non pensa di essere in grado di dare niente, e questa è l’agonia di quel supermercato. Il divorzio e l’ultimo lavoro lo hanno fottuto in tutti i sensi possibili e inimmaginabili.

Ma un numero di telefono… beh, un numero di telefono è tutto. È impersonale. È distaccato. E dalla distanza può valutare cosa dire e non essere sempre sulla dannata difensiva ogni volta che apre bocca. Per non parlare quanto sia dannatamente facile la fuga, in caso.
Passano appena due giorni prima che Derek prenda il coraggio a due mani.
“Ciao.” È tutto quello che scrive.
Il messaggio di risposta gli arriva neanche un minuto dopo.
“Buongiorno, raggio di sole!”
E Derek, di nuovo senza saperlo, sorride.

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Capitolo 5
*** "I saw that." "Shut up." ***


Alcool e Spalti

Fandom: Teen Wolf
Pairing: Sterek
Prompt: Stiles cerca di convincere Derek che la loro relazione può funzionare
Titolo: “I saw that.” “Shut up.”
Parole: 949 (ops)

Il divano è freddo, brutto, scomodo, e queste cose non gli hanno comunque impedito di addormentarsi.

Il risveglio è brusco quando sente il portone del loft cigolare e aprirsi con quel baccano infernale.
Derek lo guarda dilatando le narici. Ha aperto sapendo che lui fosse lì ed è già arrabbiato. Tipico.
“Vai a casa, Stiles.”
“Secondo alcuni punti di vista, e non sto dicendo che sia necessariamente il mio punto di vista, ma secondo alcuni, questa è casa mia.”
“No, non lo è.” Derek butta la giacca sul tavolo lungo vicino alla vetrata, appoggiandovi sopra i palmi. Non vuole guardarlo. Brutto inizio.
Stiles si stiracchia e si mette a sedere. “Certo che lo è. Ci sono dei miei vestiti, uno spazzolino e i miei libri di scuola. Passo qui la maggior parte del tempo e non. Importa. A. Nessuno.”
Scandisce bene le parole, sperando che filtrino bene nel cervello di un qualche lupo cocciuto a caso.
“A me importa. Vai da tuo padre.”
“Nope.”
“Non voglio trovarti qui ogni volta che torno a casa, Stiles. Vai via.”
“La risposta è sempre no.”
“Dio!” Derek si volta bruscamente verso di lui. “Cos’hai che non va? Perché vuoi rimanere? Perché non puoi andare a fare quello che fanno tutti gli adolescenti iperattivi come te e toglierti di torno?”
Stiles quasi scoppia a ridere, e comincia a giocherellare con le dita per tenersi impegnato.
“È buffo che tu me lo chieda, perché mi sono chiesto la stessa cosa per settimane. Che cos’ho che non va? Probabilmente la risposta è ‘tu’. Tu sei quello che ho che non va. Ci hai mai pensato?”
Derek si contrae tutto in una smorfia, per un solo secondo. Il massimo dell’espressività che i suoi muscoli facciali vogliono concederli. In realtà è facile sapere cosa prova, basta guardarlo negli occhi. Quelli non riesce a controllarli. Ci vuole un po’ di pratica, ma ormai Stiles conosce tutti i tic delle sopracciglia e tutte le dilatazioni delle pupille e annebbiamenti delle iridi. Dilatazione uguale eccitamento o rabbia. Annebbiamento uguale forte emozione che cerca di contenere. Ma quale?
Stiles vorrebbe avvicinarsi per guardarlo, per sapere, ma sa che è una cattiva idea. Non lo lascerebbe avvicinare, non adesso.
Non adesso che sta controllando la respirazione; malamente, visto che le spalle si alzano e si abbassano furiosamente. E difatti Derek si volta di nuovo verso il tavolo. Di nuovo evita il contatto visivo.
“Vai a casa, Stiles.”
“No. Se vuoi te lo dico in francese: non. In tedesco: nein. Ci insegnano parecchie lingue a scuola, dovresti essere grato al sistema scolastico americ…”
Derek interrompe la frase con un ringhio. Un ringhio e denti e artigli e zanne. Almeno lo sta di nuovo guardando, però, è il triste pensiero che passa per la testa di Stiles.
“Vattene a casa!”
Stiles scatta in piedi. “Avrò finito le lingue in cui dirtelo ma la risposta non cambia! Smettila di mandarmi via!”
“Te l’ho detto, non ti voglio qui!”
“Perché!”
Derek sembra intontito per un attimo e i suoi occhi tornano normali.
“Il perché non riesci a dirlo, eh? Che sorpresa. Beh, io ti dico perché non me ne vado. Perché resto qui ogni dannatissimo giorno ad aspettarti su un divano che, per tua informazione, è la cosa più scomoda che un essere umano o lupo mannaro abbia mai potuto inventarsi nella storia degli esseri umani o lupi mannari. No, sul serio, sei ricco, e dovresti farti un paio di domande sulla scelta dell’arredamento domestico.”
Derek sospira. “Stiles…”
“Non ho finito!” Non si trattiene dal puntare un indice accusatore. “Tu sei il motivo per cui continuo a spezzarmi la schiena su quel dannato coso, ed è perché so che questo è il posto dove ci sono le tue cose, così se decidi di andartene di nuovo, questa volta non potrai farlo senza salutare!”
Il silenzio e l’espressione di Derek sarebbero esilaranti, se lui non fosse quello da cui dipende la sua paura di essere abbandonato.
Stiles apre i palmi in segno di resa. “Ecco. L’ho detto. Probabilmente non avrei dovuto, data la comica situazione di disagio che si sta creando ma beh…” Derek continua a fissarlo senza parlare. “Sarebbe bello se avessi un po’ di feedback, qui…” Ancora niente. “Non lo so, un battito di ciglia non sarebbe male. Giusto per sapere che sei ancora vivo.” Palle di fieno che rotolano. “Derek? Puoi farmi un cenno per assicurarmi che stai respirando?”
Prova a fare un passo in avanti. Due, tre. Adesso li separa un metro di distanza. Derek lo ha seguito con lo sguardo, allacciato ai suoi occhi come un magnete.
Ha sia le pupille dilatate che le iridi annebbiate.
“Derek…?”
Lo sente inalare improvvisamente un soffio d’aria dalla bocca. “Ok.”
Stiles batte più volte le ciglia. “Ok… cosa?”
“Puoi rimanere.”
“Oh, grazie a Dio. Cioè, sarei rimasto lo stesso, ovviamente, come sempre. Ma riuscire per una volta a farti ammettere che la cosa non dispiace nemmeno a te, è un deciso passo avanti verso…”
“Chiudi la bocca, adesso.”
“Chiusa. Chiusissima. Non un’altra parola esce da questa bocca. Da queste labbra. Sigillate.”
Derek vorrebbe mascherare il mini-arricciamento dell’angolo delle labbra in un mini-sorrisino, ma Stiles lo vede comunque. Ha mesi di allenamento alle spalle su questo genere di cose.
E sorride anche lui, apertamente, mentre guarda Derek voltarsi di nuovo, stavolta per avviarsi verso il letto, segno che è tempo di (spogliarsi) andare a letto.
“E comunque, Stiles?”
“Sì?” Tanto ormai è abituato a parlare con la schiena di Derek. Non prova nemmeno un minimo di dispiacere per sé stesso, è una gran bella schiena.
“La prossima volta che decido di andarmene, verrai con me.”
Stiles non riesce a trattenersi dallo stringere il pugno in segno di vittoria.

( “Guarda che ti ho visto.” “Sta’ zitto.” )

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Capitolo 6
*** Dreams or Nightmares? ***


Derek non è abituato a mettere così tante parole di fila, e il silenzio che segue il suo racconto è quasi assordante.
Ha addirittura gesticolato, nelle parti più impervie, per quelle cose strane che succedono nei sogni in cui il passato e il presente si fondono, luoghi si mescolano, personaggi si confondono l’uno con l’altro.
“E poi cos’è successo?”, Stiles lo incalza da dietro.
Derek continua a contemplare il panorama dal finestrone del loft, quieto.
Ripensa a quello che ha sognato, la caccia, la lotta, il sangue, Scott che rischiava la morte, tutti loro feriti o peggio. E poi Stiles.
Stiles, che riusciva a salvare.
“Ti ho salvato,” risponde.
“È fantastico, no?” Stiles non si fa problemi a gesticolare, a differenza sua. “Allora perché sei così scorbutico?”
Derek chiude gli occhi.
“Sei morto, Stiles.”
“Ma mi hai salvato.”
“Nel mio sogno. Tu sei morto, e io non potevo accettarlo. Così ti ho sognato. Non faccio altro, oramai.”
Stiles si gratta la nuca. “E quindi io cosa sono, qui?”
Derek si volta a guardarlo, le mani sempre incrociate dietro la schiena. Non sa rispondere.
“Sono un prodotto della tua immaginazione?”
“Più o meno.”
“Aspetta un secondo…”, Stiles strizza gli occhi, lo guarda di sbieco, un sorriso volpesco sulle labbra. “Sei innamorato di me, Derek? Uh?”
Non sa rispondere neanche stavolta.
“Perché è l’unica spiegazione logica a tutto quello che stai dicendo.”
“… Forse.”
“Eddai, ammettilo. Dai. Dai. Dai!”
Il cellulare gli suona nella tasca in quel momento. È Cora, ha mandato uno dei suoi messaggi di routine che si premura di inviargli ogni due settimane o giù di lì. ‘Tutto bene, ancora viva, spero tu non stia ancora dietro a quei ragazzini. Un bacio, Cora.’
Derek capisce solo dal bacio finale quanto sia in realtà preoccupata per lui. Mette via il telefono senza rispondere.
Riporta lo sguardo sul loft, ma la stanza è vuota.
Niente più ragazzini troppo pallidi e con troppi nei a cercare di tirargli fuori quello che non vorrebbe tirare fuori. Se ne avesse la forza, si maledirebbe, perché quella versione petulante di Stiles è quella che gli manca di più.

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