No Surrender

di cryleshton
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Like Soldiers In The Winter's Night ***
Capitolo 2: *** Blood Brothers Against The Wind ***
Capitolo 3: *** With A Vow To Defend ***
Capitolo 4: *** These Romantic Dreams In My Head ***
Capitolo 5: *** No Surrender ***



Capitolo 1
*** Like Soldiers In The Winter's Night ***


Well, we made a promise, we swore we'd always remember
No retreat, baby, no surrender
Like soldiers in the winter's night
With a vow to defend
No retreat, baby, no surrender.

 

Apre gli occhi e gli sembra di essere cieco, il mondo è diverso, vicino e reale. Tutti gli anni vissuti come Fratello Zaccaria gli piombano addosso: un macigno enorme da sopportare; si sente soffocare. Si guarda intorno e la luce gli trafigge gli occhi neri, come quelli che aveva da bambino, prima della malattia, una spruzzata di fuoco nella sua anima. Lascia scivolare le mani sulle lenzuola bianche e morbide, sente il tessuto sotto i polpastrelli e il muro di vetro che lo teneva lontano dalla sua vita precedente si sfalda e crolla a terra, mille pezzi trasparenti ai suoi piedi. Improvvisamente, come un lampo nel buio, un’immagine prende forma nella sua mente, vivida e fiammeggiante, e le dita esili corrono alla base del collo; la runa è ancora lì, anche se sbiadita. Non lo lascerà mai. E neanche i ricordi lo faranno, saranno sempre dentro di lui a riportare in superficie il viso del suo parabatai, l’unico che abbia mai conosciuto ogni sfumatura della sua anima.

William Owen Herondale.

Chiude istintivamente gli occhi e si posa una mano sul cuore, lo sente battere all’impazzata, il petto gli fa male e il respiro viene meno. Come una diapositiva, il loro primo incontro gli si incastra tra le palpebre e non riesce a scacciarlo. Era appena arrivato all’Istituto di Londra, si sentiva perso – quella non era casa sua – e poi aveva incrociato gli occhi azzurri e spaventati quanto i suoi di Will. Gli erano entrati dentro e l’avevano reso forte, invincibile, nonostante la malattia, in meno di un secondo. L’aveva capito che doveva sfidarlo quel ragazzino, che aveva bisogno di una scrollata di spalle. E gliel’aveva data, Jem. Con uno sguardo aveva fatto intendere che con lui un comportamento rude e poco gentile non funzionava, che per mandarlo via ci voleva ben altro. E poi Will aveva sorriso, un leggero sollevamento degli angoli della bocca che per James valeva il mondo. Aveva amato il modo in cui l’altro si sforzava di non farsi vedere divertito, aveva amato la sfacciataggine di chi fa di tutto per allontanare gli altri, aveva amato la sincerità racchiusa in quelle iridi blu che lo guardavano da sotto le ciglia nere. E aveva apprezzato anche la naturalezza con cui aveva trattato la sua malattia una volta conosciuta, come se fosse solo un piccolo difetto in mezzo ad un miliardo di altri pregi. Tutto in quel ragazzino dai capelli corvini e le spalle dritte lo rendeva vivo – vivo come mai in dodici anni. Il momento più emozionante, però, per Jem, era stato il dopo. Quando erano rimasti nella sala delle esercitazioni, solo lui e Will, ad allenarsi e scoprirsi. Ad ogni lancio del coltello, la corazza fatta di malumore e scontrosità cadeva sul pavimento per lasciare spazio ad un cuore gentile e amorevole. Un’anima ricca di passione e sensibilità che nessuno, prima di James, era riuscito a tirare fuori. Un’anima dai mille colori che nessuno, oltre a James, avrebbe mai visto fino in fondo.

«Wo men shi jie bai xiong di.»
«Siamo più che fratelli.

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Capitolo 2
*** Blood Brothers Against The Wind ***


Well, now young faces grow sad and old
And hearts of fire grow cold
We swore blood brothers against the wind
Now I'm ready to grow young again
And hear your sister's voice calling us home
Across the open yards
Well, maybe we'll cut someplace of own
With these drums and these guitars.

 
“Ti ha fatto male?”
“Scusa?”
“Quando Clary mi ha colpito con Gloriosa, è stato straziante. […] mi sono chiesto se, quando mi avevi toccato, anche tu ti fossi fatto male.”
“Hai pensato a me? Al fatto che magari stessi soffrendo?”
“Certo.”
“Gli Herondale. […] Me n’ero quasi dimenticato. Nessun’altra famiglia fa tanto per amore, o prova un così grande senso di colpa. Non portarti sulle spalle il peso del mondo, Jace. È troppo anche per un Herondale.” – da Città del Fuoco Celeste.
 
Quando il ragazzo chiude la porta alle sue spalle, Jem si sdraia nuovamente sul letto. Si gira su un fianco e fa aderire la guancia alla federa bianca, il tessuto soffice del cuscino gli alleggerisce parzialmente il cuore. Aveva dimenticato com’era essere circondato dagli Herondale e dal loro costante bisogno di prendersi cura degli altri. Will in particolare, pensa, mentre un sorriso triste gli spunta sul viso. Prima di diventare Fratello Silente e lasciarsi alle spalle ogni legame con la sua vita precedente, aveva deciso che avrebbe sempre ricordato il parabatai con gioia, con la felicità nell’anima. Perché, in quei cinque anni, brevi come il battito d’ali di un colibrì, era stato l’unico a preoccuparsi giorno e notte – notte e giorno – della sua salute, del suo benessere emotivo. Will, più degli altri, aveva messo al primo posto Jem e, quest’ultimo, gli deve almeno un sorriso sincero, anche se nessuno oltre a lui può vederlo. Un sorriso che spunta solo quando gli occhi blu cobalto dell’amico gli si piantano davanti e gli annebbiano la vista, uno di quelli spontanei e desiderati, seppur la tristezza ti mangi lo stomaco.
E’ di nuovo solo, James, e nella mente si accavallano immagini che gli straziano, squarciano, il cuore.

Will che gli tiene le spalle.
Will che lo raccoglie da terra.
Will che gli pulisce il mento dopo un violento attacco di tosse.
Will che gli stringe forte la mano, la presa ferrea di chi morirebbe pur di non lasciarti.

Sempre e solo Will accanto a lui.

Guarda fuori dalla finestra, la luce gli brucia gli occhi, e gli sembra di tornare nel passato – ad una notte di tanti anni prima, quando la malattia lo stava consumando dall’interno. La camera dell’Istituto di Londra era illuminata solo dalla luce della luna, riflessi argentei in ogni angolo. Il viso di Will sembrava più spigoloso del solito; aveva bussato alla porta nel bel mezzo della notte, non riusciva a dormire, e Jem non poteva cacciarlo, non ci sarebbe mai riuscito – neanche in un’altra vita. Gli aveva suonato una delle sue canzoni, una di quelle che aveva scritto per loro due, per il loro rapporto, e l'amico aveva sorriso tutto il tempo. Poi, una volta riposto il violino nell’astuccio, la malattia era tornata a galla, senza preavviso, senza dolcezza. James aveva iniziato a tossire violentemente, il sangue sgorgava dalla sua bocca e riusciva a malapena a respirare. In quel momento, l’altro era corso al suo fianco, una mano decisa dietro la nuca, in mezzo ai capelli color dell’argento, e nell’altra la medicina, pronta in un battito di ciglia. Era sempre così, Will non esitava mai, bastava un respiro mancato da parte del suo parabatai e lui era lì, un’ancora stabile in mezzo alla tempesta.
E Jem gli sarebbe sempre stato grato per questo, l’avrebbe sempre considerato la persona più premurosa che avesse mai conosciuto, l’avrebbe sempre amato per essere stato la sua salvezza, quando aveva creduto che nessuno potesse aiutarlo.
Il mondo pensava che James Carstairs non avrebbe vissuto più di due anni, dopo aver contratto la malattia, e invece, grazie a William Herondale, ne erano passati altri cinque e poi ancora centotrenta. E non erano stati fianco a fianco ogni secondo, ma, al contrario di quanto il suo parabatai aveva sempre pensato, Jem gli doveva davvero la vita.
 
«Our souls are knit.»
«Le nostre anime si sono unite.»
 

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Capitolo 3
*** With A Vow To Defend ***


Cause we made a promise, we swore we'd always remember
No retreat, baby, no surrender
Blood brothers in the stormy night
With a vow to defend
No retreat, baby, no surrender.

 
“Si fecero strada verso la sala stretti gli uni agli altri, preceduti da Zaccaria; era rimasto senza lame da lancio e si era armato di un’asta con una lunga punta di acciaio. Mentre avanzavano se ne serviva per farsi largo tra la folla, aprendosi un varco attraverso gli Ottenebrati con efficienza e calma glaciale.” – da Città del Fuoco Celeste.
 
Si ritrova in mezzo ad una battaglia senza precedenti, sanguinolenta e crudele come non ne aveva mai viste. Shadowhunters costretti ad uccidere i loro cari, combattenti con il dolore negli occhi, Cacciatori obbligati a pugnalare i propri parabatai per salvare centinaia di vite.
Mentre si fa strada verso la sala degli Accordi seguito da Emma e tutti i Blackthorn, Jem – quello che fino a poco prima era stato solamente Zaccaria, ripensa a tutte le cacce, le battaglie, vissute assieme al suo Will. Ripensa al fuoco negli occhi del suo amico, alla prestanza fisica  che lo contraddistingueva, all’impulsività ogni volta che c’era da combattere. Ripensa alla felicità che lo animava quando vincevano e alla delusione che gli corrodeva l’anima se non portavano a termine una missione.
William era nato per essere uno Shadowhunter, glielo diceva sempre Jem quando i momenti di sconforto lo assalivano e non lo lasciavano respirare. Il sangue dell’angelo gli scorreva nelle vene e lo incendiava di passione. Non aveva mai conosciuto Cacciatore più adatto a questa vita; gli Herondale sono nati per proteggere gli umani, per sconfiggere il male, ma Will – con quegli ardenti occhi blu – lo era più di tutti, secondo Jem. Era quello più svelto e agile, le sue armi scintillavano costantemente nell’oscurità, quando si trovavano davanti qualche demone; lampi argentei in mezzo ad una nuvola nera. Sapeva quanto valeva e non si vergognava di mostrarlo, tutta l’insicurezza che portava sulle spalle svaniva durante la caccia, quando doveva iniziare una battaglia.
Era avventato e decisamente poco riflessivo, gli bastava vedere un’ombra muoversi e sguainava la sua spada angelica pronto a combattere. Aveva la determinazione di mille uomini, il coraggio di un branco di leoni, l’agilità di centinaia di gazzelle.
L’ultima volta che erano stati in campo, l’uno affianco all’altro, non erano più parabatai e James era unito per sempre ai Fratelli Silenti. Eppure il loro legame non era svanito del tutto. Dove andava Will c’era anche Jem, dove andava Jem c’era anche Will. Si guardavano ancora le spalle, come sempre. Come pronunciava il giuramento: dove andrai tu andrò anch’io; dove morirai tu morirò anch’io, e vi sarò sepolto.
Era quella la loro routine, era quello il motivo per cui volevano ancora vivere – proteggere l’altro sarebbe sempre stato più importante di qualsiasi battaglia, relazione e amicizia. Anche con il legame disintegrato, le loro anime erano incatenate.
Gli aveva guardato gli occhi un’ultima volta, Jem, durante quella guerra. Aveva guardato quegli occhi blu come la notte, burrascosi come il mare in tempesta, e li aveva impressi nella mente.
Il calore di quel fuoco non sarebbe stato facile da dimenticare.

«In your eyes alone I found grace.»
«Soltanto nei tuoi occhi trovavo la grazia.»

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Capitolo 4
*** These Romantic Dreams In My Head ***


Now on the street tonight the lights grow dim
The walls of my room are closing in
There's a war outside still raging
You say it ain't ours anymore to win
I want to sleep beneath
Peaceful skies in my lover's bed
With a wide open country in my eyes
And these romantic dreams in my head.


Mentre accarezza il suo amato Church, Jem osserva Jace da lontano. Lo vede ridere, sorridere, di gusto alle sue stesse battute. Lo guarda pavoneggiarsi ed essere fiero. La luce nei suoi occhi dorati lo abbaglia anche da metri e metri di distanza.
“Mi manca tanto, sai?” sussurra al gatto, che continua a strusciarsi sornione contro il suo palmo dopo aver emesso un suono simile ad un miagolio. “A te non piaceva, ma gli volevi bene. Ammettilo.”
Parlava sempre con Church prima di diventare Fratello Zaccaria e perdere tutto. Quando era solo in camera, quando stava male, quando era costretto a letto, quella piccola palla di pelo grigio-blu c’era. Non che gli mancasse qualcosa, ma era una sicurezza in più, come Will, il suo parabatai.
E, guardando Jace, gli riaffiora tutto alla memoria.
Il sarcasmo celato sotto al sopracciglio alzato e alla serietà improvvisa, la postura dritta e per niente naturale, il mento leggermente sollevato. E’ come se lo vedesse rincarnato nel corpo di quel ragazzino tutto ricci e capelli biondi. Il suo – suo e di nessun altro – William, con l’umorismo sottile di chi possiede un’intelligenza sopraffina, è lì. Jem ne è sicuro. In un modo o nell’altro è lì vicino a lui e gli sussurra battute ridicole sugli invitati e su come sono acconciati.
Potrebbe giurare anche di sentirlo sparlare della sifilide demoniaca e di quanto sia facile contrarla, se non si presta abbastanza attenzione.
Se c’è una cosa che gli manca più di tutto, da quando si è risvegliato dal torpore della Fratellanza, è proprio il suo amico, vivace e sarcastico. Era sempre una boccata d’aria fresca quando i problemi e le preoccupazioni non lo assalivano, era il suo io migliore. Riusciva a far splendere il sole anche se la città era sovrastata da una coltre di nuvole nere in procinto di esplodere. Era in grado di risollevare l’umore con una sola frase, quelle comiche e pungenti che solo lui sapeva fare.
Gli manca la dolcezza che gli riservava ad ogni battuta, lo sguardo complice che li distingueva dal resto del mondo.
Gli mancano i sorrisi scambiati durante i pranzi in “famiglia” e, persino, tutte le discussioni di Will con Jessamine, alle quali solo lui riusciva a porre fine.
Gli manca la leggerezza negli occhi dell’altro, le spalle visibilmente meno pesanti, quando potevano permettersi il lusso di rimanere da soli e scherzare come due normali adolescenti avrebbero fatto.
Gli manca tutto di Will e non è che qualcuno possa farci niente.
Gli mancherà per il resto dei suoi giorni e basta.
Quei sorrisi nessuno glieli riserverà ancora.
Le sue orecchie non ascolteranno più battute insensate.

Solo William.
Solo lui.

«Until aught but death part thee and me.»
«Finché nulla tranne la morte ci separi.»

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Capitolo 5
*** No Surrender ***


Once we made a promise,  we swore we'd always remember
No retreat, baby, no surrender
Blood brothers in a stormy night
With a vow to defend
No retreat, baby, no surrender.

 
«Izzy fischiò, lanciando un’occhiata dall’altra parte della tenda. “Guarda là.”
Clary guardò... e guardò di nuovo. Vide una ragazza sui diciannove anni, con i capelli castani sciolti e il viso dolce.
[…] Teneva per mano un ragazzo molto bello e dall’aria molto familiare, con i capelli scuri arruffati; era alto e slanciato, e indossava un elegante abito nero e una camicia bianca che gli metteva in risalto il viso dagli zigomi alti.
[…] “Zaccaria” disse Isabelle.»  – da Città del Fuoco Celeste.
 
Jem sa che tutti gli occhi sono puntati su lui e Tessa, ne è ben consapevole. D’altronde un ex Fratello Silente a braccetto con una strega, non è da tutti i giorni, neanche nel mondo degli Shadowhunters.
Eppure non gli interessa, non sente l’imbarazzo attaccarsi alle ossa, continua per la sua strada a fianco alla donna della sua vita.
Solo — solo, gira la testa per un istante e lo guarda.
Guarda Alec, da lontano.
Alec e nient’altro che lui.
Ammira i suoi capelli neri e gli occhi blu come l’oceano che scrutano ogni angolo del locale.
Vede le labbra scoprire leggermente i denti bianchi, un sorriso soffice come zucchero filato.
Osserva le spalle muscolose che sembrano conferirgli un’aria forte e sicura.
Ma Jem sa che non è così. Lo capisce dalle maniche mangiucchiate della felpa, dal labbro costantemente tra i denti, dallo sguardo basso quando qualcuno gli rivolge parola.
E, improvvisamente, vederlo lì vicino a Magnus, lo riporta indietro di un secolo. Come in un film, gli tornano alla memoria i ricordi di una vita passata – i bordi sfocati come in un sogno luminoso.
Ripensa a Will e all’aura di fragilità che lo rendeva speciale.
Ripensa a quella volta in cui lo aveva trovato rannicchiato contro il muro, la testa piegata sulle ginocchia – un mucchio di ossa dimenticato dal mondo. Gli era sembrato una campana di vetro in procinto di sgretolarsi e diventare polvere. E, per ironia della sorte, gli era venuta in mente una delle sue citazioni preferite: siamo polvere ed ombra. La ripeteva costantemente, come un mantra, come se dovesse ricordarlo fino all’ultimo respiro. All’inizio, a Jem, era parsa una frase tetra, di quelle che ti fanno venire la pelle d’oca, ma, dopo averci riflettuto qualche ora, aveva capito. Quelle quattro parole erano Will. Non c’era niente di lugubre e triste, c’era solo la sua essenza. Si sentiva precario in un mondo già troppo sul filo del rasoio, sapeva che sarebbe bastato un soffio di vento, una piccola spinta, per farlo crollare come un castello di sabbia.
Era un tipo dal carattere mutevole, William, non capivi mai quale sarebbe stata la sua prossima mossa, se sarebbe stato felice o sul punto di piangere. Non che lo facesse davanti agli altri ma, ormai, James coglieva il suo stato d’animo da un solo movimento degli occhi.
Guarda Alec, stringendo forte la mano di Tessa, e ripensa al suo amico, fratello, l’unico che riusciva a completarlo davvero.
Ripensa alla sua fragilità.
Ripensa alla sua forza.
Erano queste due caratteristiche a renderlo speciale.
Opposte.
Complementari.
Senza, non sarebbe stato lo stesso.
E Jem non avrebbe passato i cinque anni più felici della sua esistenza.
Senza Will, la vita non sarebbe stata degna di essere chiamata tale.
 
«How could I say farewell to you?»
«Come avrei potuto dire addio a te?»

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