La storia di Sherlock e del Dottore

di Miss Loki_Riddle Gold
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La prima volta che Sherlock vide il Dottore ***
Capitolo 2: *** La morte di Sherlock ***
Capitolo 3: *** Discussioni sui meriti ***
Capitolo 4: *** Gelosie improvvise ***



Capitolo 1
*** La prima volta che Sherlock vide il Dottore ***


Prompt: Un banale pomeriggio di settembre in cui, su una scena del crimine, atterra una strana cabina blu. 

Sherlock chiuse gli occhi, stringendo a se suo marito. Si erano sposati quel giorno stesso, c’era stata una grande festa, una meravigliosa festa, in cui avevano infiocchettato Sexy come una macchina d’epoca. Il loro mezzo di trasporto. Quando si erano detti il sì erano ben consapevoli di cosa significasse. Chiuse gli occhi tornando alla mente alla prima volta che aveva incontrato il suo uomo, il suo tutto. L’unico che fosse in grado di non farlo mai annoiare.
Ricordò quel pomeriggio, uno dei tanti. Il cielo era grigio, in pericolo di pioggia come ogni giorno lì a Londra. L’unica cosa che lo avesse spinto fuori di casa, fuori da quella camera e da quel divano era una donna morta in una situazione misteriosa. Era letteralmente scomparsa, non ce n’era più traccia, le uniche cose che restavano di lei era la casa, le foto e gli abiti. Nulla d’importante comunque. Se Lestrade non si fosse premunito di spingerlo ad andare a vedere cosa fosse successo e se lui non si fosse annoiato tanto probabilmente non sarebbe mai andato, quel giorno su quella scena del crimine. Se non fosse andato lì… dio quanto gli sarebbe dispiaciuto. Avrebbe perso così tanto… in un qualche modo doveva ringraziare gli Angeli Piangenti (lo avrebbe scoperto solo grazie all’aiuto del suo uomo, quello) per averli fatti incontrare.
Era lì, ad osservare la scena, non capendo come fosse possibile che l’unica cosa appartenente al criminale fosse un frammento di marmo. Che il marmo fosse riuscito ad uccidere una donna di quarant’anni era praticamente impossibile.
Un caso che, comunque, non gli avrebbe preso poi troppo tempo. Un caso di livello sei.
Fu in quel momento che lo sentì. Un suono fastidioso che gli infastidì l’udito, un suono ripetitivo, quasi da sirena, ma più acuto e stridulo.
Si era voltato per cercare di comprenderne l’origine, ma non ci era arrivato, almeno fino a quando una cabina telefonica blu non era comparsa poco distante da loro.
Una cabina blu della polizia con tanto di sirena sopra, era un oggetto comune degli anni ’60, non di certo degli anni 2000. Ci volle davvero poco perché Sherlock comprendesse che quella cabina non solo era ciò che aveva prodotto quello strano suono assordante, ma anche che non era una vera cabina della polizia (le cabine non compaiono solitamente), ma da qui a capire che quello stesso oggetto stesse trasportando il suo futuro non era davvero possibile.
Ecco che la porta di quella cabina si apriva, qualcuno ci mise fuori il naso, potè notare solamente un ciuffo di capelli castani sparati in alto, due begli occhi castani che si posarono per un istante su di lui e un lembo di un lungo cappotto marrone prima che scomparissero entrambi dalla sua vista, per ricomparire qualche attimo dopo.
Un giovane di non più di trent’anni ne fuoriuscì, il cappotto marrone che aveva visto copriva la giacca ed i pantaloni a righe anch’essi marrone, sotto si intravedeva una cravatta messa apposto in fretta e furia ed una camicia bianca, il cui colletto era stato controllato in quel momento.
Gli lanciò un occhiolino, mentre si avvicinava.
Non poteva sapere, all’epoca, che quell’uomo era il suo Dottore, l’uomo che poi avrebbe sposato, né si sarebbe potuto immaginare che quello stesso alieno proveniente da Gallifrey lo conosceva ormai da molto tempo dato che lui l’aveva conosciuto la prima volta che era sceso sulla terra.
Non se lo poteva di certo immaginare, eppure bastò quell’unico sguardo per comprendere che non aveva trent’anni e che sarebbe divenuto presto qualcuno d’importante nella sua vita.
La ragazza che uscì dopo di lui, una biondina che sorrideva in una maniera davvero irritante e che sembrava tutta contenta di dove si trovava gli fu subito antipatica.
All’epoca non conosceva nemmeno il nome di quei due e non aveva mai sentito la loro voce.
La prima frase che disse l’uomo fu: - Questo è opera di un Angelo Piangente.-
La ragazza sgranò gli occhi azzurri:- Un… ma… ne sei sicuro Dottore?-
Quello che si doveva chiamare Dottore si volse verso di lui:- Avete trovato qualcosa?-
Fu a quel punto che rispose:- Un frammento di marmo.- al che l’uomo si voltò verso la ragazza, facendole un cenno come a dirle: “visto?”
John si aggiunse alla conversazione:- Dottore chi?- Chiese.
- Mi chiamo il Dottore, solo il Dottore.- Sherlock sbuffò nel vedere il suo comportamento.
- “Dottore”? Non avevate nomi più complessi nel suo pianeta?-
- Voi dovete essere Sherlock Holmes.- Disse, sorridendogli.
Sherlock lo osservò:- Esatto, Dottore… non ditemi che leggete il blog di John.-
- Spoiler. Vieni con me?- Tutta la risposta del Dottore, poi sorrise:- Ci sarà molto movimento. Bisognerà agire in fretta. Allora?-
Si era voltato a guardare John, quasi a chiedergli di andare con loro.
- Certo, ci stiamo.- Aveva, infine, risposto. Non si sarebbe mai immaginato in quel momento che la domanda fosse di andare loro due da soli.
- Rose, ricordi le poche regole che ti ho dato riguardo la guida del TARDIS? Ecco, potresti portarlo da qualche parte più riparato? Potrebbe aiutarla?- Si era voltato, poi, verso di John.
Rose aveva preso John da parte, avviandosi con lui verso la cabina chiacchierando allegra, non dopo aver lanciato uno sguardo ai suoi occhi enigmatico al Dottore.
L’uomo gli aveva sorriso, prima di iniziare a fargli strada.
Non aveva compreso come fosse stato possibile, ma fin da quella prima volta non avevano potuto fare a meno di correre tenendosi per mano e ridere come due adolescenti quando il pericolo fu scampato.
Non poteva capire perché, ma di una cosa fu certo: lui e quell’alieno erano fatti per stare insieme.
Fu quella la prima volta che lo vide e la prima che se ne innamorò, ma non fu l’unica o quella che gli fece capire di volerlo sposare. No, furono tante le volte. Innumerevoli. Fu un corteggiamento lento, il loro, un corteggiamento assurdo.
Strinse un po’ di più la presa attorno alle spalle del suo uomo, del suo Dottore. Qualsiasi fosse la sua rigenerazione sarebbe rimasto il suo Dottore.

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Capitolo 2
*** La morte di Sherlock ***


prompt del gruppo "We are out for prompt": John Watson non è stato l'unico a soffrire per la "morte" di Sherlock Holmes.

Sherlock Holmes era da sempre stato la più grande mente investigativa che avesse mai attraversato le strade di Londra, o per meglio dire la più geniale mai nata sul pianeta Terra. Così geniale che alcuni alieni, quando andavano a visitare quel pianeta di quinto livello, si chiedevano come fosse stato possibile che una mente di una civiltà sicuramente più evoluta (almeno del sesto livello) fosse mai potuta esistere lì, proprio in quel luogo e in quel punto storico.
Il 221 B di Baker Street, non era, dunque, visitata solo ed esclusivamente da umani in grave pericolo o con casi incredibilmente variegati. No, c’era anche un via vai di alieni che prendevano l’aspetto umano solo per poterlo vedere, quasi fosse la più grande e gioiosa opera di un museo il cui biglietto costava davvero poco.
C’era stato un tempo, per lo meno, in cui tutto quello era successo con tranquillità e, probabilmente, l’unico e solo consulente investigativo di tutto il pianeta Terra si era ben accorto della cosa, per quanto si guardasse bene dal dirlo per non scatenare reazioni esagerate dal suo amico John Watson.
Uno di questi “visitatori spaziali” era stato un tipo strano con una giacca di pelle nera da motociclista, dei jeans anch’essi neri e gli occhi ed i capelli dello stesso colore che a quanto pareva abitava in una cabina telefonica della polizia anni ’50 di un bel colore blu acceso.
Sherlock era stato fin da subito affascinato da quel tipo, tanto da convincerlo a lasciargli il numero telefonico e ad andarlo a trovare più volte possibili, per quanto, secondo l’altro si erano già visti più volte.
L’aveva visto arrivare sotto vari aspetti, si era anche chiesto come diamine questo fosse possibile, all’inizio. Aveva poi scoperto che quell’ “uomo dello spazio” si chiamava Dottore, che era un Signore del Tempo, proveniente da Gallyfrey della costellazione di Kasterborous, che fosse comune alla sua gente rigenerarsi non appena morivano e quindi che cambiavano aspetto, che la sua cabina telefonica blu, come si ostinava a chiamarla il detective era in realtà una macchina del tempo e dello spazio dallo strano nome di “Sexy” o, per meglio dire era una TARDIS. Insomma, gli era bastata un po’ di pazienza per venire a capo di quel mistero, e non ce n’era sicuramente voluta di più per scoprire che quell’alieno proteggeva il pianeta e per decidersi a fare qualche piccola fuga con lui quando era annoiato (all’insaputa del coinquilino, ovvio.) Questo era successo fino ad un certo giorno, ad una certa ora.
Si trovava sul tetto dal quale avrebbe dovuto inscenare la sua morte, Jim Moriarty si era appena sparato in bocca, anche se aveva il sospetto che non fosse del tutto morto. Se, come temeva, Jim Moriarty, non era altro che il Maestro allora era in guai fino al collo. Perché, come già appurato i Signori del Tempo, quali il Dottore ed il Maestro non facevano altro che rigenerarsi ad ogni morte.
Aveva assistito, una volta, alla morte del Dottore ed era stata anche l’ultima volta che aveva versato qualche lacrima. Non poteva negare i suoi sentimenti verso quel chiacchierone di un alieno.
Si trovava lì, in mano teneva il proprio cellulare ed osservava verso il cornicione, avrebbe chiamato John a momenti, poi si sarebbe buttato. Se tutto andava bene avrebbe potuto salvarsi grazie a Mycroft.
Sentì in quel momento l’inconfondibile suono di un TARDIS che si materializzava. Un ronzio che, sinceramente, avrebbe dato sui nervi a chiunque, proprio come il suo proprietario, ma che a Sherlock non faceva altro che sorridere. Avrebbe voluto correrci dentro e barricarcisi, fregandosene di tutto quello che l’aveva circondato fino a quel momento. Lui, il Dottore e Sexy, nient’altro. Ma non poteva se no sarebbero morti i suoi amici e parenti.
Qualcuno aprì la porta verso l’esterno e un uomo dai capelli brizzolati, gli occhi marroni, con la giacca nera dai risvolti rossi, un panciotto e dei pantaloni neri anch’essi ed una camicia bianca semi aperta uscì dal TARDIS per poi appoggiarsi tranquillamente al fianco di quest’ultima.
- Non lo farei, se fossi in te.- Disse, tranquillo. Osservandolo negli occhi.
Doveva ammettere che il dodicesimo era il suo Dottore preferito, per iniziare non lo costringeva a ricevere abbracci non appena si vedevano (anche se dal Dottore non erano poi così male, anzi…), poi non cercava sempre di fargli fare quello che voleva lui e non lo riempiva di chiacchiere come gli altri Dottori (anche se lui conosceva bene come fare tacere un Dottore, eh! Non gli servivano neanche le parole, a volte!). Insomma, la sua posizione e il suo possesso del TARDIS era tutto ciò che lo caratterizzavano come il Dottore.
- Lo sai, che lo devo fare.- Disse, guardandolo negli occhi.
- Sì, lo so. E’ un punto fisso nel tempo. Ma potrei sempre usare un prototipo di te e tenerti fuori dai giochi per qualche annetto. Non mi dispiacerebbe la tua compagnia… e non credo che dispiacerebbe nemmeno a Sexy o a Clara.-
Sherlock storse le labbra.
- Ho da fare, Dottore… ma ti posso assicurare che quando tornerò ti chiamerò e se avrai lasciato il posto della companion libero potrei decidere di viaggiare definitivamente con te.- Infine digitò il numero di John e lo chiamò per la prima ed ultima volta. Si diresse verso il cornicione, mentre parlava al telefono.
Per questo non vide il Dottore sorridere e rientrare nel TARDIS, per guardare la scena da dentro.
- Lo farò, Sherlock.- Sussurrò, mentre metteva in moto.
Nello stesso momento in cui Sherlock cadeva nessuno si accorse, nella confusione che qualcuno stava correndo assieme a John, qualcuno di indesiderato che proveniva da una viuzza della strada, qualcuno dai capelli castani scomposti in un ciuffo sul davanti, una giacca marrone e delle scarpe da ginnastica di tela che aveva lasciato dietro di se una cabina telefonica della polizia anni ’50 dall’inconfondibile colore blu.

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Capitolo 3
*** Discussioni sui meriti ***


prompt per "We are out for prompt": "Donna non credeva alle proprie orecchie. Davvero quei due damerini si stavano seriamente rinfacciando a vicenda di essere più intelligente dell'altro? Aveva un bisogno disperato di un thé bollente e in quel caso John le fu molto d'aiuto."


 - Sono più intelligente io! Io riesco sempre a dedurre ad un primo sguardo, mentre tu devi sempre fare domande stupide!-
- Le mie domande stupide distraggono gli alieni, dandoci più tempo di azione e salvandoci la pelle!-
- Se non ci fossi stato io, tu con tutta probabilità avresti lasciato morire Donna!-
- Vedi di non provarci! Donna avrebbe dovuto dimenticare ogni cosa, non l’avrei mai lasciata morire!-
- Davvero geniale! Poi cosa avresti fatto? Ti ricordo che è solo merito mio se sei riuscito a vincere il Maestro, ergo Moriarty!-
- Solo merito tuo, quando la tua enorme intelligenza non ti aveva nemmeno permesso di comprendere la differenza fra un umano e un Signore del Tempo? Ah, bella roba sul serio, i miei complimenti!-
- Allora cosa dobbiamo dire di te, Dottore, che mi hai lasciato andare con tutta tranquillità a farmi ammazzare da uno della tua stessa specie, per l’appunto?-
- Almeno ho saputo come salvarti la pelle!-
- Certo, dopo che mi ero buttato ed è tutto stato merito di Sexy, non tuo!-
- Sexy è la mia TARDIS, per cui è merito mio! -
- Teoricamente Sexy ha una sua intelligenza, per cui non prenderti i meriti altrui!-
Donna stava lì ad ascoltare quei due idioti, perché in quel momento si stavano davvero comportando in quella maniera urlarsi l’un l’altro in faccia quanto fossero più intelligenti dell’altro, davvero come era possibile che le due persone più intelligenti dell’universo finissero per urlarsi addosso come due bambini?
Aveva un bisogno disperato di un the bollente, vide John nella cucina.
- Un the anche per me, per favore!- Chiese Donna a John, con il quale aveva un ottimo rapporto, quel ragazzo gli faceva pena. Da quando avevano iniziato a viaggiare tutti e quattro insieme si era ritrovato divorziato con sua moglie Mary.
- Continuano a litigare, eh?- Chiese John porgendole la tazza di the appena fatta.
- Ogni giorno la stessa storia! Non riescono mai a parlarsi senza gridarsi addosso!- Disse Donna, prima di prendere una sorsata di quella sostanza bruna.
- Non credo la smetteranno mai, in più Mycroft non aiuta! -
- Non riesce proprio ad accettarlo, eh?-
-Scherzi? Non è che non lo accetta è che proprio non gli va a genio che Sherlock abbia una sua vita qui!-
Donna scosse la testa, divertita, cosa che le succedeva davvero raramente, prima di sentire nuovamente gli urli e gli strepiti dei due geniacci che si trovavano nel corridoio.
- No, no! Sono stato io a salvarti la pelle da quella pattuglia di Dalek!-
- Allora vogliamo parlare di quando ti ho salvato la pelle non facendoti prendere tutti quei raggi gamma?-
- Non ci saresti mai riuscito senza l’aiuto di John, per cui non prenderti meriti che non hai!-
Stavano continuando a litigare Sherlock ed il Dottore.
- Basta, voi due!- Sbottò Donna, poco dopo. Stranamente i due uomini si guardarono in cagnesco, ma d’altronde guai a chi non ascoltava Donna.
Sherlock si sedette sull’altra poltrona:- Proprio non capisco come ho fatto a sposarti!-
- Oh, non sai quanto poco lo capisca io!- Ribattè il Dottore, prima di fare un sorriso tutto denti a Sherlock. In fondo, in fondo non gli dispiaceva essere legato per l’eternità al consulente investigativo.

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Capitolo 4
*** Gelosie improvvise ***


Prompt per We are out for prompt: "Sherlock crede di saper guidare il tardis ma combina più guai che altro"

Sherlock era intento a spingere questo e quel pulsante del TARDIS, a muovere questa e quella leva in un ordine tutto suo.
Il TARDIS era intento ad aprire e chiudere porte, a far comparire e sparire stanze senza un nesso logico.
Poi c’era il Dottore che tentava di levare Sherlock dai comandi senza alcun successo. D’altro canto non ce lo avrebbe nemmeno fatto avvicinare se Sherlock non si fosse tuffato letteralmente sui comandi mentre lui era ancora nella loro camera da letto.
Suo marito dimostrava una vena infantile meravigliosa quando si comportava in quel modo, era per questo che lo lasciava fare senza sgridarlo più di tanto.
Questo, per lo meno fino a quando non gli arrivò una secchiata d’acqua di mare sul volto.
- Sherlock!- Sbuffò, ma non era spazientito, più che altro era sorpreso che l’altro fosse riuscito a… non aveva fatto nemmeno in tempo ad avvicinarsi a suo marito che questo aveva aperto una botola sotto di lui.
Di bene in meglio. Ora sì che lo avrebbe sentito.
Non poteva continuare così, soprattutto non quando lo mandava praticamente nel cuore del TARDIS. Per fortuna si era aggrappato al parapetto ritrovandosi a penzolare sul vuoto senza tutta via caderci dentro.
Cosa gli era preso da farlo comportare così?
Nemmeno due giorni prima avevano loro fatto visita la famiglia Pond e… Oddio! Non poteva essere… non sul serio.
Come era possibile? Non era da Sherlock agire in quel modo per una cosa simile.
Possibile che fosse stata tutta colpa di River che aveva preso lei i comandi del TARDIS per dirigersi a Liverpool a sentire i Beatles suonare (uno dei suoi tanti sogni che si era avverato).
Sherlock non poteva essere… geloso? Geloso della sua amicizia con River? Ma lui non provava assolutamente nulla con lei ed il loro “flirtare” non significava davvero nulla…
Oddio! Ecco uno di quei momenti che adorava Sherlock. Quando dimostrava in maniera stupida ed imbranata, certo, ma dimostrava di amarlo con la stessa forza con cui lui amava il Consulente.
Questa volta riuscì ad avvicinarsi a lui, circondandogli con le braccia la vita.
- Non ci riesco.. volevo solo…- Adorabile, ecco tutto, soprattutto quando parlava con quel tono dispiaciuto.
- Amore, che ne dici se inizio ad insegnarti a guidare il TARDIS?- Un bacio sul collo per dimostrargli che no, lui non era arrabbiato.

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