Profumo di Rose

di MalandrinaLunastorta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Binario Nove e Tre Quarti ***
Capitolo 2: *** La Sala Grande. ***
Capitolo 3: *** La Torre Grifondoro ***



Capitolo 1
*** Il Binario Nove e Tre Quarti ***


Capitolo I. Il Binario Nove e Tre Quarti.

Quel mattino di metà agosto il cielo nuvoloso di Londra era stato inondato da un gran numero di gufi, lasciando sinceramente perplessa la popolazione ormai avvezza a tutto, perfino alle macchine volanti.
La signora Winchester, amorevole e affettuosamente pettegola vicina, si stava godendo il suo quotidiano tea delle 10, perché “la prozia buonanima lo beveva così e campò fino a 20 lustri” quando uno di quegli insoliti volatili si andò a schiantare dritto contro il suo vetro.
Vecchia e uccello si studiarono per qualche secondo, l’una sbigottita, l’altro, beh, spiaccicato.
Questi poi aveva ripreso il suo sbilenco volo, lasciando una lettera ignorata dalla miope nonnetta sullo zerbino della villetta a schiera seguente, un grazioso edificio dai mattoni rossi e dalle tendine ricamate.
“Strani tipi, quei Weasley” pensò scuotendo il capo la signora Winchester.
Ma adesso, siccome alla fin fine non ci interessa molto del tea delle 10 di quella buffa vecchietta che era la vedova Winchester, riprenderemo da dove il gufo ha lasciato, ovvero l’ingresso della tranquilla dimora della famiglia Weasley.
La lettera pazientava sullo zerbino, in attesa di compiere il proprio dovere, quando un bambino urlante si precipitò in casa, portandosi dietro, anzi, sul piede la povera missiva rimasta appiccicata alla gomma da masticare attaccata alla scarpa.
“Hugo! Stà zitto, per le mutande di Merlino!” una testolina rossa si affacciò sulle scale spiando torva il fratellino “Maaammaaa! Sto cercando di studiare, ma Hugo mi distrae!”
“Hugie, lascia in pace tua sorella. E tu Rosie modera il linguaggio! Vorrei che vostro padre non usasse quelle parole davanti a voi.” La voce proveniva dalla donna indaffarata ad osservare delle carte seduta alla poltroncina dello studio, abito elegante, occhi intelligenti e una spaventosa criniera sulla testa.
Hermione Granger in Weasley era stata e rimaneva la strega più brillante della sua generazione, ma la vita da madre, moglie e Vicepresidente del Dipartimento per la Regolazione della Legge Magica del Ministero aveva affaticato anche lei.
Per questo forse le era difficile contenere quel fuoco d’artificio che era suo figlio Hugo, come d’altronde sollevava spesso gli occhi al cielo alle esclamazioni poco signorili della sua primogenita Rose.
Certo, se l’intelligenza e l’attitudine allo studio della bimba erano suoi, doveva pur aver preso qualcosa dal padre, oltre ai capelli rossi, gli occhi azzurri e l’irresistibile spruzzata di lentiggini che le affollavano il naso.
In quell’istante il bambino irrequieto già citato entrò in studio e la mamma lanciandogli uno sguardo a metà tra l’affettuoso e il disperato notò la lettera che si trascinava dietro.
Dopo averlo fermato, lanciò al pezzo di carta un rapido sguardo e con tono eccitato esclamò: ”Rose! Corri, c’è una lettera per te!”
Un attimo di silenzio e subito la bambina si precipitò giù per le scale sollevandosi un momento in volo, troppo euforica per contenere la magia: “Viene da Hogwarts? Per la giarrettiera di zia Muriel, dammela, mamma! Voglio vedere!”
Quindi la bimba le strappò di mano la missiva, ignorando il borbottio di protesta della madre che suonava molto simile a un “ho cresciuto dei troll”.
Era così.
No, non intendo dire che la donna fosse effettivamente genitrice di una specie orrida, checché taluni malevoli possano credere, ma la carta che Rose M. Weasley stringeva al petto saltellando per la stanza arrecava il timbro della famosa scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts e la invitava a recarsi al binario 9 ¾ della stazione di King’s Cross il giorno 1 Settembre per raggiungere quella che sarebbe stata la sua seconda casa per i prossimi 7 anni.
E come Rose, tanti altri undicenni ignari e non ricevettero quel giorno la lettera dall’antiquato e intrigante sigillo rosso.
Potrei parlarvi di come Albus S. Potter dovette barattare l’introvabile figurina delle Cioccorane di Leopoldina Smethwitch con suo fratello James per recuperare la propria, o di quanto il giovane rampollo di villa Malfoy dovette sudare per convincere l’elfa domestica Mitty che no, Mitty, non ti devi punire se hai toccato la mia lettera con le tue sudicie mani, nonno non lo verrà a sapere.
Potrei raccontarvi di ognuno di questi magici momenti nell’affollata Londra di metà Agosto, ma forse è meglio fare un piccolo salto avanti.

Quell’anno l’autunno arrivò presto.
La mattina del primo settembre era croccante e dorata come una mela e quando la famigliola attraversò la strada rumorosa verso l’enorme stazione fuligginosa, i fumi dell’auto e il fiato dei pedoni scintillavano come ragnatele nell’aria fredda.
Fortunatamente, pensò la signora Weasley, era impossibile perder di vista la zazzera rosso arancione dei suoi figli e di quell’altro bambinone, suo consorte.
Dovette anzi cercare di passare nel maggior modo inosservata quando, giunta dinanzi al muro che divideva il binario 9 dal binario 10, la folla di pendolari attorno a loro continuava a lanciare sguardi incuriositi verso i due fanciulli scalmanati e al loro carrello arrecante una baule e la gabbia di un paffuto barbagianni.
I due bambini bisticciavano come la solito, l’una elargendo coloriti epiteti ai gloriosi antenati della famiglia, l’altro cercando di velare con tono sbruffone l’invidia nei confronti della sorella.
“Hugo, Rose, basta. State attirando troppa attenzione. Rosie, siamo arrivati.”
La bambina dai capelli ramati si guardò attorno: “E dove dovrei passare, per il ramarro marrone del prozio Bilius, se non c’è neppure il cartello del binario 9 ¾?”
Mentre Ronald cercava di soffocare una risata celandola sotto un colpo di tosse, la donna, alzati gli occhi al cielo, indicò il muro davanti a se, sotto lo sguardo perplesso dei propri pargoli.
“È definitivamente impazzita” comunicò Rose al fratello “prometti di prendertene cura in mia assenza.”
Il bambino lentigginoso annuì come un soldatino, ma da bravo mercenario chiese in cambio un pacco di cioccorane non appena la sorella avesse raggiunto Hogwarts.
Si strinsero quindi professionalmente la mano, mentre il trentanovenne Ronald B. Weasley cercava sostegno nel muro per riprendersi dall’attacco di risa appena avvenuto.
Hermione lo stava fulminando con lo sguardo, ragion per cui decise di ritrovare un minimo di serietà rivolgendosi così all’adorata primogenita: “Mamma non scherza, Rosie. Questo è un passaggio magico che porta al binario 9 ¾, per attraversarlo basta camminarci verso con la convinzione che non ci sbatterai contro. Se sei nervosa, meglio andare a passo di corsa. E adesso, vai. Noi ti seguiremo.”
La bambina alzò il mento e fece un respiro profondo, percependo che quello che stava per compiere sarebbe stato il primo passo verso la propria storia.
Stava per muoversi, quando Hugo le piombò addosso, appiccicandosi come una medusa.
“Mi mancherai” disse il bambino, nascondendo la faccia contro il suo petto, mal celando tuttavia le orecchie rosse.
Suo fratello era più sensibile di quanto sembrasse, pensò allora Rose.
Sorridendo sorpresa, gli spettinò i capelli, rispondendo: “Anche tu, razza di rospo con le mutande a strisce”.
Guardò poi i suoi genitori: Ron ed Hermione si tenevano per mano, come due adolescenti alla prima cotta, e li stavano osservando con occhi lucidi.
“Vieni qua, piccola sboccata” la strinsero a sé e le diedero i propri saluti e gli ultimi consiglia, discordanti tra loro come sempre, ma per questo facendola sentire a casa.
Asciugandosi le lacrime che le impedivano la visuale, Rose si rimise in sesto la divisa nuova di zecca e impugnato il manico del carrello si girò verso la sua famiglia ed esclamò: “Allora vado!”
Corse, e non era più lì.
Una locomotiva a vapore scarlatta era ferma lungo un binario gremito di gente.
Un cartello alla testa del treno diceva Espresso per Hogwarts, ore 11.
Alzando lo sguardo, la bimba vide un arco in ferro battuto con su scritto Binario Nove e Tre Quarti. Ce l’aveva fatta.
Sorrise in direzione della scritta, mormorando: “Eccoti, finalmente!”
Tra la gran confusione di gatti, uomini, gufi e civette, Rose temendo di perdersi, aspettò la propria famiglia, che spuntò un attimo dopo tra la nebbiolina incentivata dal fumo che usciva ad anelli dalla locomotiva.
Mentre camminavano tenendosi vicini, Hugo iniziò a guardarsi attorno allungando il collo: “Dove saranno?”
“Un attimo di pazienza, Hugie, vedrai che li troveremo”.
E come per magia comparve l’oggetto della loro discussione, un quadretto di cinque persone, due adulti e tre bambini, di cui una aggrappata piangente al braccio del genitore.
Il bambino dall’apparentemente indomabile chioma nera si rivolse loro chiaramente sollevato: “Ciao”.
Rose, sorridendogli di ricambio, disse: “Nervoso?”
Albus annuì, pallido in viso e aggiunse: “Non ho chiuso occhio stanotte”.
In quel momento, Ron intervenne nell’animata discussione che i due fratelli minori stavano tenendo circa la loro futura Casa: “Se non finisci in Grifondoro ti diserediamo. Ma non voglio metterti pressione”.
Se possibile, Albus divenne ancor più pallido, assumendo una strana sfumatura verdognola, mentre Hermione riprendeva suo marito.
Rose sbuffò: “Non ascoltare mio padre. In qualunque Casa andrai, resterai sempre uno di noi”.
“Guarda chi c’è”.
La voce di suo padre la distrasse, portandola a seguire il suo sguardo, rivolto verso tre persone, apparentemente padre, madre e figlio, vestite di tutto punto e due dei quali dai caratteri somatici simili ad albini.
“E così quello è il piccolo Scorpius” stava commentando sottovoce suo padre “Cerca di batterlo in tutti gli esami, Rosie. Per fortuna, hai il cervello di tua madre”.
Mentre la bambina gonfiava il petto lusingata ma alzava gli occhi al cielo infastidita, sua madre rimproverò Ronald, che si corresse: “Hai ragione, scusa” e rivolgendosi nuovamente alla figlia “Non dargli troppa confidenza, Rosie. Nonno Arthur non ti perdonerebbe mai se sposassi un Purosangue”.
Mentre Hermione si schiaffava un mano in fronte, comparve James, che iniziò a farneticare qualcosa circa Teddy, un bacio, Victoire, e roba di quel tipo.
Essendo poco interessata alle parole di quella testa bacata di suo cugino, Rose si volse nuovamente verso Albus tentando di rassicurarlo, ma a nulla valse quando quell’idiota di James iniziò a spaventarlo consigliando di stare attento ai Thestral.
La ragazzina, per nulla impressionata, poiché aveva letto Storia di Hogwarts e sapeva che tali animali erano invisibili a chi non avesse assistito a una morte, decise di trovarsi nel frattempo un posto in carrozza.
Si girò verso i parenti e dopo un ultimo saluto si avventurò lungo il corridoio del treno colmo di ragazzini festanti.
Aiutata da Hugo, che l’aveva seguita ufficialmente per portare il baule e ufficiosamente per dare una sbirciatina, caricò il bagaglio e si sistemò in una cabina vuota.
Mentre sulla porta di questa si accingeva a convincere il fratellino a scendere dal treno, un ragazzino che passava di lì ci si scontrò a causa di alcuni rumorosi tipi che stavano correndo per il corridoio.
Rose li seguì con lo sguardo infastidita e attratta dalle loro cravatte colorate, indice che erano almeno del secondo anno, mentre Hugo gli chiese scusa e domandó familiarmente se fosse il suo primo anno.
Seguì qualche istante di silenzio, in cui la bambina si girò e riconobbe il biondino indicatogli da suo padre.
Questo, che stava guardando Hugo come incuriosito o forse indeciso su cosa dire, mormorò un semplice: “Sì” e si allontanò.
“Strano tipo” disse suo fratello.
Sembra innocuo, pensò lei.
E dopo aver sudato sette camicie per farlo scendere, Rose si affacciò al finestrino e iniziò a sventolare la mano in direzione dei suoi numerosi parenti.
Albus era intento in una discussione con zio Harry, quando il treno fischiò, indice che stava per partire.
Il ragazzino si accommiatò dai suoi e balzò sul treno, raggiungendola nella cabina e cercando di nasconderle gli occhi lucidi prese ad agitare anche lui la mano verso le numerose teste rosse davanti al treno.
Si accorse di qualcosa e chiese “Cos’hanno tutti da guardare?”
In effetti, notò Rose, un gran numero di facce, sia sul treno sia sul binario, erano rivolte verso Harry.
“Non farci caso” rispose Ron “è per me. Sono estremamente famoso”.
I bambini risero.
In quel momento il treno si mosse, ed Albus e Rose, l’emozione tangibile sui loro volti, scossero ancor più forsennati le manine, guardando i genitori e i fratelli allontanarsi sempre di più.
“Siamo in viaggio” esclamò Rose allegramente.
I due si scambiarono uno sguardo d’intesa, gli occhi brillanti propri di ogni nuovo inizio.

 Remus
 
 
 

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Capitolo 2
*** La Sala Grande. ***


Capitolo secondo. La Sala Grande


Era trascorsa solo un’ora dalla partenza, ma già gli alunni nel treno strepitavano dall’impazienza.
Albus, assorto nei suoi pensieri, ignorava la battaglia che stava infuriando nel cervello di Rose.
“Forse dovrei leggermi ancora una volta il libro di Pozioni, tanto per non farmi trovare impreparata. O forse mi dovrei allenare in qualche incantesimo? Cosa avrebbe fatto mamma al mio posto?”
Nel frattempo, senza porvi attenzione, la bimba si rigirava freneticamente la bacchetta tra le dita, quando le partì un incantesimo involontario che andò ad infrangersi contro la mantella appena indossata dal suo compagno.
Gli occhi spalancati, si profuse in numerose e imbarazzate scuse, aggiustando il danno fatto con un rapido e preciso Reparo.
Il piccolo Potter d’altro canto tratteneva a stento le risate ma all’incantesimo della cugina esclamò ammirato: “Cavoli, Rosie, quando l’hai imparato?”
Rose arrossì, borbottando qualcosa come la mamma, consigli, letture estive e alzandosi in tutta fretta aggiunse: “Vado a fare un giro, devo schiarirmi le idee”
E uscì.

Stava passeggiando da qualche minuto quando avvertì degli strepiti provenire dal fondo della carrozza.
Incuriosita, seguì i suoni finché non si trovò davanti una scena deplorevole.
Tre ragazzini, probabilmente del secondo anno, avevano accerchiato il biondino come lo ha chiamato papà? Serpes? Scorpius? e lo stavano minacciando.
Li riconobbe: erano gli stessi che lo avevano spintonato all’inizio del viaggio.
“Allora, piccoletto, ti senti ancora così coraggioso?”
Con voce incredibilmente calma e il viso colmo di disprezzo, il ragazzino, ignorando il fatto di essere numericamente inferiore, rispose: “A quanto pare, sono l’unico qua in mezzo. Tre contro uno? Non è molto eroico.”
“Senti tu” uno dei tre, evidentemente il più forzuto, lo prese per il bavero e lo sollevò lungo la parete “tappati la bocca o ti concio per le feste.”
“Non è molto difficile” disse mellifluo quello di prima, che sembrava essere il capo della combriccola “devi solo regalarci i tuoi bei galeoni d’oro e noi ti lasceremo andare. Cosa ci vuole?”
Rose intervenne: “Siete dei vigliacchi! Andatevene o vi denuncerò ai Prefetti!”
Quattro paia d’occhi si rivolsero verso di lei, taluni infastiditi, altri grigi? Sembrano gli occhi di una tempesta! incuriositi.
“Senti ragazzina, ti consiglio di andartene o picchieremo anche te, e non ci piace picchiare le donne, anche se brutte e piatte come te.”
“Non è così male, dai” stava dicendo uno dei suoi compagni “ehi, piccolina, vuoi darmi un bacetto?” le si avvicinò con un’aria malintenzionata.
Arrossì infuriata: “Per la camicia da notte di nonna Molly, no! Anzi” tirò fuori la bacchetta dalla tasca del mantello “Levicorpus! Così imparate a fare i bulli!”
I tre, sospesi in aria, iniziarono a gridarle contro i peggiori insulti, e già qualcuno si stava affacciando dalle cabine, quando uno di questi le lanciò un Diffindo.
Cercando di schivarlo, le rimase un graffio sulla guancia, e stava per riceverne un altro, quando il biondino intervenne e lanciò un Expelliarmus, lasciando disarmato il nemico.
Li interruppe una voce infuriata: “Cosa sta succedendo qui?”
Rose girandosi si distrasse, facendo crollare a terra i tre malintenzionati, e si trovò davanti sua cugina Victoire, con la nuova spilla da Caposcuola appuntata al petto.
“Per i baffi di Morgana!”

“È severamente vietato compiere magie al di fuori della scuola! E ancor più grave, a discapito del prossimo. Potevate farvi seriamente male. Cosa vi è passato per la testa?”
Il vicepreside Neville Longbottom stava compiendo una scomoda quanto furiosa lavata di capo.
Non era ancora iniziato l’anno e già si trovava a dover punire la figlia dei suoi migliori amici e il figlio del suo peggior nemico dell’infanzia.
Nonostante questo, provava una certa ben celata ammirazione per i due primini, che coraggiosamente si erano difesi a vicenda contro tre energumeni di Serpeverde, i grossi e stupidi Moseley, Nott e Heverett.
“Noi, ecco, noi cercavamo di difenderci da quei tre bulli. Mi dispiace molto, Neville, ma mi è salito il sangue al cervello, per quella cornacchia della prozia Evelyn, non ci vedevo più dalla rabbia!”
“La signorina non c’entra” intervenne con flebile voce il compagno “è tutta colpa mia.”
“Non è vero!” lei si girò a guardarlo sbalordita.
Neville la ignorò: “Tu devi essere Scorpius Malfoy” il bambino gli lanciò uno sguardo sorpreso “conoscevo tuo padre al tempo della scuola. Gli assomigli incredibilmente. Tuttavia” e la sua voce assunse un tono ancor più serio “devo ricordarti, giovanotto, che sono le nostre azioni a renderci ciò che siamo e quello di oggi, per sfortuna di Draco” e dicendo ciò gli poggiò una mano sulla spalla “è stato un gesto degno di un valoroso Grifondoro! Come anche il tuo, Rosie” si girò parlando verso di lei “sembrate degli ottimi compagni di squadra. Dirò alla professoressa McGonagall che la aspettano due nuovi avvincenti studenti al Club dei Duellanti.”
Le bocche spalancate, Rose e Scorpius si lanciarono uno sguardo senza parole.
“E adesso andiamo” Neville sbuffò “fortunatamente siete tra gli ultimi della lista”.
E si avviò lungo le scalinate verso un portone dall’aria imponente.
Dopo un attimo di sconcerto, il biondino si rivolse alla ragazzina accanto a lui: “Beh, lo seguiamo?”
Si precipitarono dietro al professore, già di qualche metro avanti a loro.
“Comunque, grazie” disse guardando avanti.
Rose sorrise: “Non c’è di che.”

Entrarono in una sala dall’aria imponente, dalle lunghe tavolate gremite di studenti per il porcello del bisnonno Grenweech, li stavano fissando tutti, anche i professori! dalle pareti ricoperte di stendardi delle case e dal soffitto a volte incantato, che rifletteva un cielo scuro ma colmo di stelle.
Nonostante avesse letto di quell’incanto su Storia di Hogwarts, Rose non poté trattenere un sospiro ammirato.
Scorpius, accanto a lei, rimase invece impassibile, ma la piccoletta notò un brillio nei suoi occhi che qualche istante fa non c’era.
Dopo quella passerella imbarazzante, raggiunsero gli altri ragazzi in fila, già diminuiti rispetto a quanti erano saliti sulle barche accompagnati dal bonario Hagrid.
Infatti, una giovane insegnante dall’aria compita teneva in mano il famoso cappello parlante, avendo evidentemente già smistato diversi nuovi studenti nelle loro nuove Case.
A questa si avvicinò Neville bisbigliando: “Grazie Minny, da cui ci penso io” e rivolto verso gli alunni gridò “continuiamo!”
Nel frattempo, Albus aveva attirato l’attenzione della cugina e preoccupato le aveva chiesto cosa fosse successo.
“Ti spiegherò dopo, Al” mormorò in risposta “ti basti sapere che ora sono iscritta al Club dei Duellanti, per i boxer fluorescenti di zio George!”
In quel momento, la voce di Neville richiamò Scorpius Hyperion ma che nome è? Malfoy, che senza una apparente emozione in volto camminò a passo sicuro verso il professore.
Seguì un lungo silenzio, in cui i due, cappello e bambino, sembravano coinvolti in una complessa conversazione.
Dopo un po’, lungo la sala corse una parola che ripetendosi di bocca in bocca le arrivò all’orecchio: “È un Testurbante!”
“Silenzio!” proruppe il Cappello “Grifondoro!”
La tavolata proruppe in stremiti e grida festanti.
Nonostante diversi degli ultimi anni erano a conoscenza del voltafaccia compiuto dalla famiglia Malfoy, avere un Testurbante così era un evento rarissimo e andava festeggiato.
L’oggetto di tante attenzioni si diresse ancora imperscrutabile verso una panca rimasta libera e lì rimase, guardando il piatto e non rivolgendo parola a nessuno.
Dopo qualche Tassorosso! Corvonero! Serpeverde! la bocca di Neville pronunciò le parole Albus Severus Potter, al che il ragazzino sobbalzò e si diresse verso il Cappello Parlante, ora con un colorito verdognolo in volto.
Posatosi sulla sua testa, il cappello sembrò riflettere qualche istante e Albus chiuse gli occhi, muovendo le labbra in un discorso muto.
“Grifondoro!” finalmente proruppe l’usurato copricapo.
Rose non aveva mai visto un volto più felice di quello di suo cugino quando questo corse verso la gioiosa tavolata, un sorriso enorme stampato in faccia.
Le parve di sentire la voce di James che esultava: “Quello è mio fratello!” ma già il professore stava chiamando lei.
Si incamminò ora con il cuore in gola, irrazionalmente agitata e speranzosa.
Allora, chi abbiamo cui?
Un’altra Weasley! Siete la mia disperazione.
Ma vediamo, tu chi sei?
Vedo cervello, non c’è che dire, sei brillante come tua madre, eppure in te vedo molta più irrequietezza di lei.
Sei coraggiosa, piccina, combattiva certamente, e parecchio sventata.
Nonostante Corvonero sarebbe un luogo ideale per la tua mente, il tuo cuore dice altro.
“Grifondoro!”
Scoppiando in un’argentina risata liberatoria, Rose si sollevò in piedi e si precipitò verso Albus, che l’aspettava seduto poco lontano da Scorpius.
Questo le rivolse un timido sguardo e le sue labbra si sollevarono in un inatteso sorriso.
Come per la lettera, i piedi di Rose si sollevarono di qualche centimetro in volo, troppo eccitati per contenere il potere che custodiva quel piccolo e grazioso corpo.
Si andò quindi a sedere tra suo cugino e il suo nuovo conoscente, che la guardavano con tanto d’occhi.
“Sbaglio o ti sei sollevata in volo?” chiese Albus.
“A volte capita” rispose lei sollevando le spalle.
Cambiando discorso, si rivolse a Scorpius esclamando: “Allora è vero che saremo compagni di duello!”
Lui, studiandola con gli occhi, emise un semplice: “Così pare”.
“Oh, non mi sono ancora presentata! Io sono Rose, Rose Weasley, e questo è mio cugino Albus!”
“Scorpius Malfoy, è un piacere conoscervi.”
“Non sei di molte parole, vero?”
Lui guardò altrove, titubante: “è che non sono molto abituato, ecco, a stare tra le persone. Prima di prendere quel treno, sono sempre vissuto solo con i mei genitori, mio nonno e gli elfi domestici.”
“Per me è l’opposto, sai. Oltre a un tornado di fratello e due genitori sempre a bisticciarsi fra loro e che poi fanno la pace sbaciucchiandosi schifosamente, devo sopportare per ogni celebrazione, compleanno, vacanza una schiera di cugini, zii, nonni e parenti alla lontana. Guarda, molti sono qui” e prese a indicarli “quello è James, il Malandrino, con Fred e Roxanne, gemelli inseparabili e geniali combinaguai. Accanto a loro vedi Frank Longbottom, figlio del professor Neville e nostro carissimo amico di famigli. Più in là c’è Dominique, la cugina Veela per un ottavo, non fissarla troppo o ne rimarrai irrimediabilmente folgorato. E quella è Victoire, sua sorella maggiore e caposcuola, ma questo già lo sai. Non far mai arrabbiare una Weasley Veela, questo è il mio consiglio. Laggiù, sulla tavolata Tassorosso, c’è Molly, la dolcissima figlia di zio Percy, del tutto diversa da Lucy, sua sorella, Prefetto Perfetto, come l’hanno soprannominata i gemelli.
Quello che le sta parlando è Lorcan, il lunatico amico di famiglia e fratello maggiore di Lysander, quello laggiù che sta scambiando il succo di zucca di James con un bicchiere dal dubbio contenuto. James! Ehi, James! Ti consiglio di non bere. Occhio a Scamandro. Come avrai notato” si rivolse nuovamente a Scorpius “Lys è un altro giocherellone. Lo splendore accanto a lui” e qui sospirò “è il mezzo con cui mi farò amiche tutte le ragazze del secondo e primo anno, ma forse anche di più: Louis Weasley, altro cugino per un ottavo Veela e principe azzurro di ogni streghetta di Hogwarts. Conto di sfruttarlo in futuro dicendo in giro che è mio cugino.”
“Molto astuta. Forse dovevi esser smistata a Serpeverde.” scherzò Scorpius.
“Dici? E comunque ancora deve venire il meglio: quell’ometto lì è la pecorella fuggiasca della grande famiglia Weasley, Arnold Dursley, figlio del cugino babbano di zio Harry e rifugiato politico alla Tana, la casa dei nostri nonni, in quanto odia e si rifiuta di rivedere i suoi genitori. Un tipo a posto comunque. E questo è tutto, per ora. Certo, mancherebbero ancora Lily, Hugo ed Alice Longbottom all’appello, ma loro devono ancora compiere dieci anni. Oh, e ovviamente i fratelloni di tutti, Ian Longbottom e Teddy Lupin. Sai” e qui le si intristì il volto “hanno perso entrambi i loro genitori naturali durante la guerra, ma uno è stato adottato da Neville e l’altro vive con sua nonna. Comunque sono due persone davvero speciali, e sono i capi clan della grande banda di cugini che ti ho appena elencato. Hanno finito la scuola due anni fa. Ma forse ti sto annoiando? Scusa, so essere tendenzialmente logorroica”.
Scorpius sorrise: “Niente affatto. Sembra molto divertente. Ti invidio”.
“Non dovresti” intervenne Albus “in questa famiglia non esiste un minimo di privacy, e mantenere un segreto, beh, segreto, è una missione impossibile”.
Rose annuì, dandogli ragione.
“Però sembrate volervi molto bene”
“Sai, sono i litigi che mandano avanti il pettegolezzo alla Tana, ma si, in qualche modo hai ragione te”.
Rose si trovò a riflettere sulle parole del biondino, quando le tornò in mente una cosa: “Ah! Vuoi saperla una cosa divertente? Mio padre mi ha detto di batterti in tutti gli esami e di non darti troppa confidenza. Sto prendendo le sue parole alla lettera, eh?”
Lei e Albus ridacchiarono divertiti, ma Scorpius, rimasto serio, chiese: “Ma allora, perché mi state parlando?”
“Beh, perché sei un tipo a posto” disse Albus.
“E ci stai simpatico. E poi, credo di essere capace di capire da sola le persone sbagliate, perciò tante grazie papà, ma io parlo con chi mi pare, per la pantegana di zio Percy!”
Scorpius abbassò il capo cercando di nascondere il sorriso e il rossore alle guance che sentiva bollenti.
Si era trovato degli amici.
Ed erano tutti Grifondoro!
A nonno Lucius sarebbe preso un infarto.
 
Remus

Che ne dite?
Lasciate una recensione, please, e correggerò errori o chiarirò curiosità!

 

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Capitolo 3
*** La Torre Grifondoro ***


Capitolo III. La Torre Grifondoro

 
Erano appena usciti dalla Sala Grande quando quattro ragazzi, evidentemente i Prefetti di ogni Casa, come Rose poté notare dalla spilla luccicante appuntata al petto della cugina Lucy, iniziarono a dividerli in gruppi.
Tassorosso e Serpeverde, gli uni timorosi, gli altri baldanzosi, presero le scale che portavano ai Sotterranei, mentre Corvonero e Grifondoro furono condotti attraverso un’intricata galleria di corridoi e scale verso le torri.
“Vi prego di porre attenzione” stava blaterando Lucy alla schiera di ragazzini obbedienti che la seguivano “alla simbologia dei quadri che arricchiscono questo corridoio. La natura morta, ad esempio, è da sempre considerata…”
La sua voce si disperse quando al corridoio seguente i due gruppi si divisero.
Per fortuna, sospirò Albus, Lucy era una Corvonero, mentre a loro era spettato un ragazzetto del sesto anno molto più tranquillo e rilassato, un certo William.
Per l’appunto questi stava spiegando ai ragazzini che lo guardavo ammirati che le scale avevano la buffa tendenza di cambiare e portarti in luoghi del tutto diversi di volta in volta.
“Giusto! L’ho letto su Storia di Hogwarts! Ehi, Scorpius” Rose poggiò una mano sulla spalla del nuovo amico “che cos’hai? Non sei contento?”
In effetti il biondino aveva una malcelata aria depressa che lo alienava da ciò che lo circondava.
Indeciso se parlare o no, la squadrò un attimo ed evidentemente convinto sbuffò: “Il fatto è che la mia famiglia appartiene da generazioni alla casata Serpeverde e mio nonno è uno che ci tiene a queste cose. Ho paura che quando lo saprà ne sarà infuriato. E poi” si intristì “non vorrei dare altri pensieri a mio padre, spero sinceramente di non deluderlo”.
“Che sciocchezze!” gli sorrise la bambina “un padre ama il proprio figlio incondizionatamente dal suo carattere e dalle sue qualità! E se ho ragione, vedrai che non potrà che accettare con animo sereno la tua natura. Per quanto riguarda tuo nonno, con il tempo gli passerà, ne sono sicura, per gli slip di Circe!”
Strappò così una risatina al compagno, la quale però si interruppe di colpo quando una secchiata d’acqua gelida si riversò sul poveretto, lasciandolo fradicio.
“Pix! Dannato Poltergeist! Fatti vedere!” stava gridando il prefetto William.
Risuonò uno schiocco e dal nulla comparve un omino dagli occhi neri maligni che galleggiava nell’aria, disteso come se dovesse prendere il sole.
“Signor William, ma che noia! Anche quest’anno le hanno affibbiato questo noioso compito?” esclamò con voce nasale.
“Vattene via, Pix o chiamerò il Barone Sanguinario!”
“Va bene, va bene, me ne vado. Ma che vedo qui?” si avvicinò a Scorpius “Grifondoro ha guadagnato davvero due belle matricole quest’anno! Il figlio di un Mangiamorte e quello del Bambino Sopravvissuto!” scoppiò in una risata malefica e volò via, lasciando una scia di materiale putrido alle sue spalle.
“Che schifo era?” borbottò Rose, cercando di ripulirsi da quello strano liquido che l’aveva colpita in pieno.
“Pix è un Poltergeist, uno spirito maligno. Purtroppo il suo maggior divertimento è far dispetti a noi studenti. L’unico che gli tiene testa è lo spaventoso fantasma del Barone Sanguinario, ma nessuno lo chiama mai a cuor leggero. Prima, se potete, rivolgetevi a un insegnante. Comunque siamo arrivati.”
All’estremità del corridoio era appeso il ritratto di una donna molto grassa con indosso un abito di seta rosa.
Nell’insieme, pensò Rose, poteva esser scambiata da lontano per un grosso maiale da allevamento.
Questa si girò verso di loro e chiese “La parola d’ordine?”
“In medio stat virtus” disse William, e il ritratto dopo aver annuito si staccò dal muro scoprendo un’apertura circolare.
Vi passarono tutti, ingolfandosi chi più chi meno tra l’appiccicoso prodotto che Pix aveva lasciato loro addosso e finalmente sbucarono nella Sala Comune di Grifondoro.
Era una stanza rotonda, dai colori caldi e accoglienti che ricordavano il loro stendardo, piena di soffici poltrone tavolini da studio.
William indicò alle ragazze una porta che conduceva al loro dormitorio e lo stesso fece con i ragazzi.
Voltandosi verso gli amici, Rose esclamò: “Ci vediamo domani mattina. Aspettatemi davanti al camino, così raggiungiamo insieme la Sala Grande. Buona notte”.
E così l’organizzata tipetta si arrampicò per la scala a chiocciola con cui raggiunse la propria camera.
Qui trovò cinque letti a baldacchino circondati da tende di velluto rosso, ai cui piedi si trovavano già i bauli delle ragazza e dei comodini di legno scuro, lo stesso materiale del grande armadio in fondo alla stanza.
Nonostante la stanchezza, Rose dispose i libri e gli oggetti che le sarebbero serviti il giorno dopo in una borsa a tracolla, regalo della madre e iniziò a sistemare gonne e camicie nelle rispettive grucce.
Quando poi si fu finalmente accomodata a letto, fu distratta dal suono di un vicino miagolio.
Girandosi verso il suono, vide una ragazzina dal volto roseo e i capelli scuri: questa stava cercando di tranquillizzare il micetto bianco che teneva in collo, che eccitato graffiava i polverosi tendaggi con le unghiette minute.
“È un gatto davvero grazioso” le disse.
La bambina si girò e arrossì: “Ti ringrazio. Scusa la sua irrequietezza, ma si deve abituare a questo posto nuovo ed è la prima volta che è lontana dalla mamma. Lux ha solo qualche mese, ma le sono così affezionata che all’idea di lasciarla a casa mi si spezzava il cuore”.
“Capisco. Io ho un barbagianni, Leo II, ma è un po’ sprovveduto. Quest’estate si sarà schiantato contro la finestra di mio cugino almeno cinque volte”.
La bambina sgranò gli occhi: “E perché mai?”
“Sai” sorrise “io e mio cugino siamo molto amici e ci scriviamo quando non possiamo vederci quasi ogni giorno. Ma Leo è così imbranato che ogni volta non frena in tempo e si spiaccica senza pietà”.
La sua ascoltatrice ridacchiò: “Che buffo modo per tenervi in contatto. Non avete cellulari?”
“Dici quegli strani marchingegni babbani? Il mio bisnonno me ne ha mostrato uno una volta, ma perché dovremmo usarlo se abbiamo i gufi?”
“Beh, perché hanno molte funzioni. Guarda” e tirò fuori un oggetto delle dimensioni di un mano, piatto e rettangolare, iniziando ad elencarne le qualità.
Rose annuiva, troppo stanca e confusa per seguirla davvero, ma comunque vagamente interessata.
La interruppe però quando dedusse: “Sei così esperta di cellulali o come si chiamano ma non sapevi dei gufi. I tuoi genitori sono babbani?”
Quella arrossì nuovamente: “In effetti è così. Anzi, fino a un mese fa non ero neppure a conoscenza dell’esistenza di un mondo magico o di una scuola per maghi e streghe. In effetti, questa è stata una giornata piena di emozioni e novità. Sapessi lo spavento quando ho visto il fantasma di Nick Quasi-senza-testa!”
Ormai in vena di confidenze, le tue ragazzine continuarono a chiaccherare finchè il sonno non le colse, stanche ma serene.
...
Il giorno dopo Rose e la sua nuova amica Mary Anne Montrose scesero la scalinata che portava in Sala comune con gli occhi stanchi ma un sorriso eccitato in volto.
L’una spiegava all’altra le difficoltà riscontrate durante i suoi studi estivi di Incantesimi, materia che tuttavia la affascinava terribilmente, mentre la sua ascoltatrice assumeva un’aria sempre più stupita e affascinata.
Fu così che salutarono Albus e Scorpius, in attesa davanti al camino a chiacchierare tranquillamente di squadre di Quidditch e scope di ultima generazioni.
“Di cosa chiaccherate? Anch’io sono interessata!” Rose, con sommo sconforto di Ron, era una gran tifosa delle Holyhead Harpies ma per l’orgoglio del papà aspirava al ruolo di Portiere nella Squadra della sua Casa.
Fatte le dovute presentazioni, imboccarono l’apertura e si gettarono tra la serie di corridoi infiniti di quella scuola.
Rose stava raccontando a Mary Anne la romantica storia della partita del ’53 tra le Holyhead Harpies e gli Heidelberg Harriers, durata sette giorni e alla fine della quale il capitano degli Harriers si dichiarò a Gwendolyn Morgan, il capitano della squadra nemica.
“Se ben ricordo” intervenne Scorpius sorridendo “la Morgan subito dopo lo colpì alla testa con la sua Scopalinda Five”.
Lei annuì: “è così, ma quando lo venne a trovare al Sanmungo gli disse di sì!”
Mary Anne sospirò: “Non ho capito diverse cose, ma che storia romantica!”
Fece così scoppiare a ridere il cugino dell’amica, che esclamò: “Già! Anche a me piacerebbe esser preso a colpi di scopa dopo essermi dichiarato! Voi donne siete strane”.
Offesa, la ragazzina agguantò Rose per il braccio e distanziò i due maschietti, lasciandoli indietro.
“Cosa c’è? Che ho detto?”
Scorpius scrollò le spalle e rispose al compagno che con stupore lo guardava: “Amico, non guardare me, ti ricordo che i miei rapporti con le ragazze fino a ieri erano pari a zero”.
Albus si grattò il capo, perplesso: “Donne. Valle a capire.”

Remus

 E siamo al terzo capitolo!
Che ne pensate? Io lo trovo un po’ moscio, ma oggi l’ispirazione è faticata ad arrivare.
Domani non credo che avrò tempo di postare, nel frattempo, vi saluto, popolo di Efp, e vi lascio con una frase della Rowling:
Alla fine proprio colui che sembra incapace di amare,
si rivela essere colui che ha amato incondizionatamente più di ogni altro

JK Rowling
 

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