Domenica sera

di Sakura Kurotsuki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***



Capitolo 1
*** I ***


 
 
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La serata peggiore degli ultimi cinquant’anni. Senza dubbio.
«Stai bene?»
Raphael alzò lo sguardo dalla camicia bucherellata dove il lupo mannaro vi aveva infilzato gli artigli: era Lily, in piedi al centro della sala da ballo, ormai deserta. Gli specchi appesi lungo le pareti riflettevano il bagliore argenteo della sua gonna e il blu acceso dei suoi capelli. In un attimo fu davanti a lui.
«Sì sì, sto bene» sbottò Raphael seccato, anche se non con lei. Non poteva credere che i Figli della Luna avessero appena fatto irruzione nel suo territorio: avrebbe certamente fatto rapporto al Conclave. Per non parlare di quell’insulso Cacciatore che aveva osato prenderlo come ostaggio come una qualsiasi pedina sacrificabile, oltre ad averlo usato come merce di scambio. Soprattutto perché lo scambio in questione si era svolto tra lui, il Capo dei vampiri di New York, e uno schifoso topo.
Raphael si controllò l’avambraccio dove poco prima lo stesso ratto vi aveva conficcato i denti: la ferita si era già rimarginata, anche se il sangue gli ricopriva ancora gran parte dell’arto, fino al gomito.
Il ragazzo gettò un’occhiata a Lily, ricordando che anche lei era stata ferita; i suoi lunghi capelli erano raccolti in ciocche insanguinate e le svariate macchie di sangue presenti sulla sua gonna rendevano opaco il suo bagliore argenteo, ma non c’erano segni dove il coltello del Cacciatore aveva aperto un taglio sulla sua pelle di marmo.
«Se quel topo era davvero un umano è probabile che ne abbia ingerito un po’» disse lei, accennando al liquido scarlatto che gocciolava sul pavimento dalle dita di Raphael. Il ragazzo seppe che aveva ragione.
Per controllare di averla ancora, cercò la piccola croce d’oro nella tasca e, nel prenderla, la sporcò di sangue. Era solito metterla in posti più sicuri, ma quella sera, di ritorno da Spanish Harlem, non aveva previsto di trovare il Cacciatore e la sua strana accompagnatrice dai capelli rossi mentre tentavano di entrare di soppiatto nel suo Hotel.  
«Quindi è probabile che lo rivedremo presto» aggiunse la ragazza, scoprendo i denti in un sorriso che mise bene in evidenza le zanne. Raphael la guardò. Quando aveva deciso di stabilirsi all’Hotel, Lily era già lì da molto prima di lui, e da subito l’aveva considerata ad un livello superiore a quello di tutti gli altri, incluso se stesso. Ma in quel momento era troppo seccato per condividere con lei il lato divertente degli avvenimenti di quella sera.
«D’ora in poi le feste di Magnus Bane saranno proibite» dichiarò, l’ultima parola come un sibilo. «Staccherò la testa a chiunque oserà presentarvisi. Comunicalo agli altri, quando avranno finito di spassarsela con i mannari.»
Lily lo guardò allontanarsi, pensierosa. Sapeva che con Raphael c’erano serate buone e serate cattive. Quella appena trascorsa si era rivelata essere decisamente cattiva. Ma poi, pensò la vampira mentre si sollevava per raggiungere la sua stanza e darsi una ripulita, era una Domenica Sera. E le domeniche sere, almeno da quando Raphael era arrivato al Dumont, circa cinquant’anni prima, erano sempre imprevedibili.   




 
 

C'era una croce appesa alla catenella, quando sei uscito per andare dalla tua famiglia. In fondo è domenica sera, e cos'è la cicatrice di una piccola bruciatura per quelli come te che guariscono così in fretta?, dice Jace in Città di Ossa. Quindi, sappiamo per certo che quella era una domenica sera.
In Città di Cenere, quando Simon va all'Hotel, non mi pare sia molto chiaro di dove si trovasse Raphael al momento, e sinceramente doveva proprio essere fuori per non notare la presenza di un umano nel suo Hotel, per non parlare dei suoi vampiri che vi banchettavano allegramente. Quindi, ho immaginato che fosse una domenica sera anche quella (poi magari nel libro viene detto chiaramente che lo è, e a me è sfuggito). 
Quindi, questa raccolta sarà di tre racconti, tutti e tre che si svolgono in una domenica sera: quando Simon morde Raphael, Simon all'Hotel, e l'ultima sarà di mia invenzione. 
Vi ringrazio per essere arrivati fino a qui, spero che resteremo insieme a fino al terzo appuntamento ;) (In realtà dovevo pubblicare ieri, ma non mi sentivo pronta. E poi il mercoledì è un bel giorno per pubblicare) 
Le recensioni sono un balsamo per il cuore, e non mi dispiacerebbe riceverne.



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Capitolo 2
*** II ***


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Era stata una domenica sera come tante altre: una buona dose di dolore e una piccola, preziosa porzione di felicità. Raphael sentì che non avrebbe mai potuto trovare le parole per descrivere come ci si sentiva ad avere ancora l’aspetto di un quindicenne mentre i propri fratelli minori erano in procinto di diventare nonni.
Era ormai alle porte del Dumont, quando si irrigidì all’improvviso, ogni traccia della malinconia caratteristica dei viaggi di ritorno da Spanish Harlem spazzata via come da una doccia fredda: il suo olfatto sopraffino aveva catturato qualcosa la cui fonte si trovava certamente all’interno dell’Hotel. Ma anche da fuori era impossibile non riconoscerlo, l’odore del sangue, sangue vivo, fresco. Non poteva essere altrimenti, dal momento che il sangue stantio, quello in bottiglia, non aveva quasi più odore.
Lì dentro c’era un umano. Ancora vivo, forse, o forse no.
Quegli idioti stavano violando gli Accordi proprio sotto al suo naso.
Malgrado l’odore fosse ovunque e fosse impossibile seguire una traccia precisa, non fu particolarmente difficile trovare il corpo, anche se questo era nascosto alla vista dagli abitanti dell’Hotel, che lo circondavano.
A quella vista Raphael vide rosso e il sibilo che lanciò si trasformò ben presto in un ringhio che rimbalzò tra le pareti vuote dell’edificio. Quando calò il silenzio i volti dei vampiri erano tutti voltati verso di lui, con le bocche spalancate come voragini sui volti bianchi, in un’espressione di orrore che li facevano assomigliare a delle statue spaventose. Sapevano ciò che avevano fatto ed erano terrorizzati dal loro Signore.
Quando Raphael si mosse, la piccola folla si aprì al suo passaggio, rivelando un corpo rivolto a faccia in giù. A giudicare dalla quantità di sangue che lo circondava, il vampiro dubitò seriamente che potesse essere ancora vivo.
Ma quando lo rivoltò sulla schiena, Raphael sussultò come un vampiro non dovrebbe mai fare, perché lo riconobbe: era il topo – il mondano – che gli si era attaccato al braccio la sera in cui i suoi vampiri se lo erano accidentalmente portato via dalla festa di Magnus. Quindi non si trattava di un mondano qualunque: quello era l’animaletto da compagnia degli Shadowhunters, i quali si sarebbero certamente accorti della sua scomparsa.  
Raphael si rese conto che i vampiri erano ancora tutti attorno a lui e lo fissavano, probabilmente in attesa che lui staccasse un arto a uno o due di loro. Decise di liquidarli con un sibilo: ci avrebbe pensato dopo alla punizione.
Mentre ombre scure si sollevavano in fretta intorno a lui come tanti pipistrelli spaventati, Raphael si accorse che il ragazzo respirava ancora e che con il suo udito supersviluppato riusciva a cogliere un debolissimo battito cardiaco che non poteva venire da nessun altro che da lui. Per un attimo, con il ragazzo tra le braccia e il suo sangue che gli sporcava le mani e i vestiti, tornò con la mente a cinquant’anni prima, quando il ragazzo morente che aveva tra le braccia – e di cui si stava nutrendo – era uno dei suoi amici, finché qualcuno – Magnus - non era entrato nella stanza e lui si era sentito scagliare all’indietro, finendo a sbattere contro un muro. Anche stordito com’era, era riuscito a cogliere gli ultimi respiri del suo amico, intravedendolo tra le braccia di quella strana figura che ancora non conosceva.
«Puta madre»
Non era il momento di perdersi nei meandri del passato. La priorità in quel momento era tenere vivo il ragazzo, affare non semplice visto che tutto il sangue che avrebbe dovuto avere in corpo era sparso sul pavimento, ed era ormai questione di ore. Raphael lo prese tra le braccia, un peso nullo, e partì alla volta dell’Istituto.  
 
 
 

 
 
Ben ritrovati con il secondo capitolo!
Ringrazio Sticcio che ha recensito, - loveless_fairy che l’ha messa tra le preferite, e – EmmaStarr che l’ha messa tra le seguite. Ringrazio persino chi ha visualizzato in silenzio.
 
Nell’altro capitolo ho parlato di Lily, la vampira amica di Raphael, e mi sono resa conto che non compare tra i personaggi. Quindi l’ho inserita io tra le proposte; se volete aiutarmi a inserirla, potete cliccare su Aggiungi Personaggi e votarla. (Ho aggiunto anche Malcolm Fade, perché quello che c’era prima era scritto male)
 
Vi ringrazio se deciderete di seguirmi fino al prossimo (e ultimo) appuntamento. Vi ringrazio anche solo per essere arrivati fin qui.


 

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Capitolo 3
*** III ***


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Simon aprì gli occhi - reduce da un sogno popolato da invitanti cascate vermiglie - con la voce nitida di Raphael Santiago che gli ronzava nelle orecchie. Alzò leggermente la testa e lo vide rannicchiato all’estremità opposta del divano.
«Gli uccellini dormono sempre tanto» osservò il vampiro. «E hanno sempre fame» aggiunse quando Simon emise un rantolo afferrandosi involontariamente la gola; si era appena ricordato dell’oggetto del suo sogno, ed era stato assalito dalla fame.
Il ragazzo, distratto dalle sue vene che sembravano essere andate a fuoco, non si accorse della sparizione di Raphael, ma quando alzò di nuovo lo sguardo lo vide chino sopra lo schienale del divano, che gli tendeva dall’alto una bottiglia rossa. Simon ebbe la fugace visione di una madre uccello che faceva penzolare il vermetto dal becco appena sopra le teste dei suoi uccellini. Scacciò l’immagine rabbrividendo, o almeno così gli parve: aveva appena paragonato Raphael ad una madre uccello e se stesso come al suo uccellino. Senza contare che Raphael lo chiamava davvero uccellino.
Rendendosi conto che era il sangue a dare il colore alla bottiglia, Simon la guardò con feroce desiderio, prima di ritrarsi bruscamente rischiando di cadere dal divano, pericolo sventato grazie ai suoi riflessi da vampiro. Non si era mai visto un vampiro cadere rovinosamente da un divano, e non si sarebbe visto mai.
«No, non voglio ingozzarmi ogni volta che il mio corpo va in crisi d’astinenza» disse risoluto, voltando in viso dall’altra parte per non dover sopportare la vista invitante della bottiglia.
«Ho paura che dovrai farlo, invece, perché non farà altro che peggiorare» ribatté Raphael, calando la bottiglia di un altro paio di centimetri verso di lui, severo e un po’ divertito.
Simon gli lanciò un’occhiataccia, poi afferrò di malavoglia - ma neanche tanto – la bottiglia e ne trangugiò il contenuto. Quando ne riemerse, Raphael era tornato alla sua postazione sul divano, sempre raggomitolato con un ginocchio al petto. Sembrava annoiato. Anzi, era l’immagine della noia.
«Un giorno me lo dirai quanti anni hai?» chiese Simon, mentre il sangue appena ingurgitato gli scorreva nelle vene, spegnendo il fuoco.
«Circa cinquanta» rispose l’altro senza scomporsi. Simon gliel’aveva chiesto giusto per stuzzicarlo, ma non pensava che avrebbe risposto senza tanti preamboli.
«Non sei così vecchio» osservò, senza riuscire a trattenersi.
«Grazie» disse Raphael dubbioso, sollevando una delle sopracciglia sottili, sempre senza guardarlo.
«Nel senso, pensavo che avessi più di cento anni o qualcosa del genere». Appena dopo essersi nutrito Simon aveva una parlantina inarrestabile, come se fosse momentaneamente ubriaco. Era una cosa che Raphael gli aveva già fatto notare.
«Allora no, non sono così vecchio» replicò il ragazzo, paziente.  
Ci fu un istante di silenzio.
«Sembri un bambino, lasciatelo dire» affermò Simon.
L’altro lo guardò di sottecchi, sotto le ciglia lunghe e scure. «Sono comunque il tuo superiore, nonché il tuo creatore. Non dimenticarlo mai.»
Superiore. Creatore. Cos’era che gli aveva detto Aldertree? Vuoi dire che non sai chi sia il vampiro tuo signore?
Ma Raphael non gli aveva mai chiesto di chiamarlo Signore. Anche se Simon non dubitava che gli sarebbe piaciuto.
«A proposito, questa cosa del creatore» fece Simon, puntellandosi sui gomiti. «Non è che tra noi c’è una specie di legame, o qualcosa, vero? Perché Isabelle mi ha detto che ero venuto al Dumort perché ero… come dire… attratto da te, ecco»
Questa volta Raphael sollevò entrambe le sopracciglia, gli angoli delle labbra morbide arricciati. «Perché, ora non lo sei?»
Se Simon fosse stato ancora umano, probabilmente sarebbe arrossito.
Raphael si guardò l’orologio. «Devo andare»
Simon lo guardò mentre si alzava con un movimento fluido; nel suo immaginario Raphael era sempre stato così, elegante e felino, anche da umano. Non riusciva ad immaginarselo in nessun altro modo.  
Il sole era appena tramontato su una domenica come tutte le altre, tranne per il fatto che i due vampiri si trovavano ad Alicante.  
Simon guardò Raphael mentre appendeva una crocetta d’oro alla catenella che portava già al collo; quando questa entrò in contatto con la sua pelle, vide il suo volto contrarsi appena come se Raphael avesse ingerito una medicina cattiva, per poi tornare privo di espressione. Perfetto.
«Come fai a resistere?» gli chiese Simon, curioso.
«Dopo un po’ non senti più niente»  
«Mh»
«Cos’hai?» domandò Raphael distrattamente.
«Stavo pensando che era una domenica sera, quando sono venuto all’Hotel. E tu stavi tornando da casa tua»
«E allora, hai paura di venire attaccato mentre non ci sono?». Mentre gli parlava, Raphael non sembrava prestargli molta attenzione. Simon lo sentiva muoversi per il soggiorno come alla ricerca di qualcosa, come faceva sua madre quando non trovava le chiavi della macchina.
«Be’ no, ma…»
«Se non farai l’idiota e non andrai a cacciarti in situazioni pericolose, come facesti allora, non dovrebbe accaderti nulla» disse Raphael, sbrigativo.
«Non è questo… E non ho paura. Stavo solo pensando che oggi è una specie di anniversario, no? O forse dovrei dire settiversario…» borbottò Simon, «non so nemmeno se questa parola esista, ma…»
Si bloccò quando vide l’espressione di Raphael: il ragazzo lo stava guardando come se Simon gli avesse appena proposto di organizzare un’orgia con i Fratelli Silenti nella Sala degli Accordi.
«Anniversario della tua trasformazione? Ma se hai frignato per secoli…»
Simon avrebbe voluto ribattere che non era strettamente legato alla sua trasformazione. Anzi, sarebbe stata proprio quella la parte da dimenticare, se non fosse stato per la considerevole quantità di tempo che aveva passato tra le braccia di Raphael, a contatto con la sua pelle. Simon avrebbe tanto voluto ricordarsela, quella parte. Era stato il loro primo, vero contatto, se non si contava di quando Simon gli aveva conficcato i denti da topo nel braccio.
Ma non insisté oltre. Quella sera non riusciva ad entrare in contatto con Raphael.
Qualche tempo prima, il ragazzo gli aveva detto che le condizioni di salute di uno dei suoi fratelli, il più anziano dopo di lui, non erano delle migliori. Simon si era immaginato i fratelli di Raphael, tutti uomini anziani con la pelle scura e i ricci come i suoi e poi lui, Raphael, ancora quindicenne. Fu l’immagine più strana che Simon avesse mai evocato, soprattutto perché gli anziani sembravano avere tutti il parrucchino.
Il pensiero – tragicamente verosimile - che suo fratello fosse morto e che Raphael avesse taciuto la cosa, attraversò Simon come una scossa elettrica e gli fece venire voglia di scuotere il ragazzo e di abbracciarlo allo stesso tempo.
Ma sapeva che, insistendo, l’avrebbe solo allontanato di più.
«Non lo sai che le coppiette di danno un bacetto quando uno dei due va via?» disse invece, quando l’altro si avviò alla porta senza dire un’altra parola.
Raphael si girò e lo guardò come fosse sorpreso di trovarlo lì. Indossava abiti pesanti, invernali, per dare l’impressione di essere sensibile alla temperatura come qualsiasi altro essere umano, mentre naturalmente non era così. Simon pensò che nell’insieme non fosse niente male, un po’ come quando se lo era ritrovato appoggiato alla moto con i guanti neri da motociclista.
«Noi non siamo una dannata coppietta» dichiarò Raphael con leggerezza, le sopracciglia sottili inarcate, prima di uscire chiudendo la porta un po’ più forte del necessario.
Simon immaginò di essersela cercata.    
 
 
 
 
 

 
 
Questa è la parte che ho amato di più scrivere. È ambientata nell’ultimo libro, quando Simon e Raphael arrivano ad Alicante nella casa assegnata al rappresentante dei vampiri. Siamo già alla fine del nostro piccolo viaggio.
Vi ringrazio per aver deciso di leggere questo mio lavoro, e se state leggendo queste parole vuol dire che siete anche arrivati alla fine quindi, GRAZIE.
Grazie a Sticcio che ha recensito, a - loveless_fairy che l’ha messa tra le preferite, a  - EmmaStarr, - namelesserica, e – Yulel che l’hanno messa fra le seguite. Grazie anche ai lettori silenziosi.
Tuttavia, ci tengo a ricordare che le recensioni fanno sempre bene al cuore ;)
Alla prossima!
 
        

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