[SoF] Saga della Nascita

di Master Chopper
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Target Number 0: Coraggio di morire e fiamme arancioni! ***
Capitolo 2: *** Target Number 1: Coltelli, pistole, tridenti e ... fiamme?! ***
Capitolo 3: *** Target Number 2: I Vongola non attaccano sempre d'estate 1/2 ***
Capitolo 4: *** Target Number 2: I Vongola non attaccano sempre d'estate 2/2 ***
Capitolo 5: *** Target Number 3: Spaghetti alle Vongole ***
Capitolo 6: *** Target Number 4: Per non lasciare altre nuvole nel cielo... ***
Capitolo 7: *** Target Number 5 (1/2): Giornata perfetta ... per essere tutto sbagliato! ***
Capitolo 8: *** Target Number 5 (2/2): This is gonna hurt! ***
Capitolo 9: *** Target Number 6: Piagnucolone ... ***
Capitolo 10: *** Target Number 7: Sono passati dieci Anni?! ***
Capitolo 11: *** Target Number 8: La via per il futuro! ***
Capitolo 12: *** Target Number 9: L'ululato del Lupo Immortale. ***
Capitolo 13: *** Target Number 10: Una Famiglia ***
Capitolo 14: *** Target Number 11(Extra): Epilogo e Presagio- Peccato d'Ira ***



Capitolo 1
*** Target Number 0: Coraggio di morire e fiamme arancioni! ***


‘ Caro amico, ti scrivo dopo parecchio tempo per motivi di cui tu sei già a conoscenza.  Sono passati tredici anni dalla tua ultima comparsa alla Magione, quindi spero che la tua vacanza ‘ In giro per il mondo ‘ sia andata bene. Conosci i motivi  per cui sono convinto che la collaborazione, l’importanza dell’alleanza e la fiducia debbano essere il nuovo cavallo di battaglia per la Famiglia.
Per tanto comprenderai la mia stolta richiesta di collaborare, nuovamente, a favore di questa causa che intendo portare avanti finché morte non me lo conceda:
In Giappone, precisamente nella mia città natale ,Nanimori, ho lasciato da cinque anni mio figlio
Tengoku Marco Sawada.
Ormai ne ha quindici di anni, ma il vostro ultimo incontro risale al suo battesimo. Ma ora non intendo divagare oltre:
Mi piacerebbe controllassi come vive la vita che io ho vissuto per poco tempo, anche se solo e in tristezza. Mi piacerebbe che, non come il padre, si fosse già fatto degli amici e che il mondo della mala non lo abbia ancora ghermito. Mi fido della tua competenza e giurerei su qualsiasi tesoro che sei rimasto e rimarrai l’amico fedele che ha portato la mia infanzia verso la luce di un mondo migliore. Mi piacerebbe continuare questa lettera, ma non vorrei privarti dei tuoi impegni.
Confido nelle tue capacità, Reborn.
 
                                                                                                                                                           Tuo Eterno Amico, Sawada Tsunayoshi
                                                                                                                                                                                                              VONGOLA X  ‘

 


Una paffuta manina appoggiò la lettera inondata dalla calda Fiamma del Coraggio di Morire  su di una scrivania in ebano. Era piena di carte stropicciate, tazze di caffè vuote e calamai, lasciando soltanto pochi centimetri di spazio libero da quel disordine.
 
La luce filtrava attraverso una finestra coperta da una serranda verde scuro, illuminando parte del mobile ed una poltrona nero lucido di fronte ad essa, sopra la quale una figura osservava ancora lo scritto rischiarato dalla Fiamma, simbolo di un potere più unico che raro.

Non si poteva definire un uomo, tanto quanto un bambino: la corporatura era esile, come quella di un’infante, mentre la testa era sproporzionata rispetto al collo e agli arti. La mascella era morbida ed il mento affusolato, rivelando una pelle rosea, quasi perlacea. Gli occhi erano color pece, profondi come un abisso e riluttanti nel rivelare emozioni.
Quella creatura era vestita di un completo nero lucido, sopra ad una camicia giallo chiaro. Indossava una fedora dello stesso colore dell’abito, segnata da una fascia arancione. Il cappello era alto la metà del suo corpicino, ma lo portava con estrema facilità, nel mentre alcuni ciuffi mori ed un paio di basette arricciate erano gli unici aspetti visibili della sua capigliatura.
 
Finalmente sorrise e sbatté le palpebre, rivelando dopo tempo dei segni di vita.
 
“ Guarda un po’ cosa mi tocca fare. Speriamo che questo sia meno problematico dell’ultimo ...“ disse, emettendo un leggero fremito che si poteva interpretare come una risatina.
 
 
 
 
 
 
 
 
...
 
 
 
 
“Ten-kuun ! Ten-kuuun !”
 
Una giovane donna erra accostata dietro una porta, chiamando a gran voce la persona che si trovava nella camera di fronte a lei.
Era molto affascinante, lunghi riccioli castano scuro le ricadevano dietro la schiena, lasciando scoperto un viso dai lineamenti delicati. Per quanto in realtà fossero splendidi, i suoi occhi azzurro chiaro erano stanchi e non brillavano come nei momenti di felicità, dove invece rivelavano la loro bellezza. Indossava una normale maglietta bianca a righe verdi e dei pantaloni grigi.
 
Dopo l’ennesimo richiamo una vena iniziò a pulsare sulla sua fronte e decise di entrare nella stanza.
Solitamente abituata a trovarla buia come una caverna a quell’ora del mattino, rimase stupefatta nel vedere la finestra spalancata ed un ragazzino seduto davanti al PC, con in testa delle cuffie nere.
 
Non era molto alto, probabilmente sul metro e sessantacinque massimo ed i capelli bruni erano sollevati all’indietro,  rivelando un curioso ciuffo albino al centro della chioma, simile ad una foglia. Indossava un pigiama dai motivi di paperelle e i suoi occhi verde scuro erano incollati allo schermo.
Il computer proiettava un MMORPG che emetteva suoni altissimi, ed immagini sanguinolente, piene di effetti grafici esagerati.
 
La donna si avvicinò nervosamente al ragazzo e gli tolse quegli aggeggi dalle orecchie, facendolo sobbalzare per la paura.
 
“ A-AHH! Veronica-sama!! Cosa c’è ?“

La voce spaventata prese di sorpreso pure la castana. .
 
“ Come ‘Cosa c’è ?’. Ti rendi conto di che giorno è oggi, testa di rapa ?!” gli disse, prendendolo per il collo e tirandolo in piedi con la forza.
 

“  Augh-ugh così mi strozzi …“
 
“ Rispondi Tengoku Sawada !“

'Ahi, ahi.' Pensò il ragazzo in questione. 'Quando mi chiama per nome intero non è mai buon segno!' Nonostante il poco respiro che premeva sui suoi polmoni, venne costretto a rispondere prima di perdere i sensi.
 

“ D-domenica-a-a …? ” farfugliò con fare interrogativo, mentre la vista gli si annebbiava.
 
Ma Veronica anziché felicitarsi del fatto che il bruno fosse ancora in vita, si arrabbiò ancora di più e lo scagliò sul letto, facendogli urtare la faccia al muro.
 
“ E’ lunedì scemo! E sei in un ritardo MADORNALE !!” gridò indicando la sveglia a forma di astronave.
Indicava le otto passate e lui era ancora in pigiama.
 
“ AAAH !!” delle urla decisamente poco virili riecheggiarono nella vecchia casa di periferia.
Ten si scagliò giù dalle scale, afferrando al volo dei panni puliti da un cesto in bagno. Fatto questo cercò di vestirsi mentre faceva colazione, cadendo quattro volte e rovesciando tre quarti della ciotola di latte e cereali sul pavimento appena lavato.

 
Sotto uno sguardo demoniaco da parte della castana, il ragazzo si mise i pantaloni ormai in cortile, fuggendo all’ira funesta che si sarebbe scatenata altrimenti.
 
 




Dopo diversi minuti di cammino era a pochi isolati dalla scuola superiore di Nanimori, mentre uno strano caldo autunnale rendeva il silenzio nella strada, ancor più opprimente .
 
“ E anche oggi –uff- non ho preso la macchina -pant. Sono in ritardo di mezz’ora –uff- e non ho fatto colazione. Può andare peggio ?!” urlò il bruno esasperato. Probabilmente non  era abituato a percorrere quel tragitto a piedi.
 
Improvvisamente qualcosa lo destò dalla sua trance dove ripeteva come un mantra ‘Ahiaahiaahiaahia…’.
 Il suo zaino… non era mai stato così leggero, soprattutto di lunedì dove i libri più pesanti spezzavano la schiena dei suoi compagni di classe.

“ Nononnono…NOOOOO!!!” Urlò esasperato, scoprendo che la borsa a tracolla, sua fidata compagna… era vuota. Non c’era nemmeno la merenda o il diario!

 
 Che giornata orribileehhh “ piagnucolò gettandosi in ginocchio, mentre alcuni passanti lo guardavano con sguardo incuriosito.
 
“ Cosa faccio? Cosa faccio?! Se torno a casa Veronica mi ammazzerà… e se aspetto che vada a lezione per tornare in classe ci metterò troppo tempo. Non posso tardare anche oggi, la mia media è disastrosa !”
Il giovane si sporse oltre il muretto che separava la strada dall’edificio, provando a vedere se il corridoio iniziale era sgombro dal personale scolastico.

Quello che vide però, gli mozzò il fiato, facendolo ritornare al suo nascondiglio con il volto paonazzo e il fiatone.
 

“ I teppisti di Kevin! Cacchio pure questa ci voleva !!” 
 
Infatti quelli a cui si riferiva Ten erano una decina di alti ragazzi, probabilmente sui sedici o diciasette anni, tutti rigorosamente vestiti di blu scuro e pieni di borchie, piercing e capelli tirati con il gel.
Stavano sostando nell’aiuola, chi seduto sugli scalini all’ingresso, chi su grandi motociclette nere e grigie.
 
Non avevano la fama di essere dei soggetti tranquilli, dato che poche non erano poche le volte che riuscivano a fermare gli studenti all’uscita per poi portarli lontano ed estorcergli denaro oppure oggetti personali.
Nessuno in quella scuola provava anche solo a deriderli per la loro esagerata somiglianza con i tipici bulletti americani dei film degli anni cinquanta. 


Ed uno come Tengoku non avrebbe potuto nemmeno confrontarsi contro quegli individui, di due spanne più alti di lui e dalla fama di teppisti senza pietà.
 


“ Non sei stufo della vita da perdente, Tenbaka ?” una vocina buffa e quasi acuta lo chiamò dal basso.

“ Chi altro conosce il mio sopran-AHHH !” e il bruno si ritrovò di nuovo a terra, dopo aver lanciato l’ennesimo grido poco mascolino.
 

Una vecchia signora bassissima lo fissava da molto vicino, mentre con i suoi occhiali lo teneva costantemente sotto controllo, avvolta com’era in un mantello grigio cenere.
Era grande come un’anguria e si era arrampicata sul ragazzo, avvicinandosi sempre di più al suo volto, ancora spaurito dall’entrata furtiva della donna.
 
“ Rispondi: non sei stanco di questa vita da perdente ?” lo incalzò oscillando la grande testa.
 
“ S-sii... ” sembrava più una domanda che un’affermazione, visto il tono incerto che aveva usato.
 
“ Uhm ...” annuì la vecchia, mentre frugava nella  veste che le copriva interamente il corpo, lasciando intravedere solo lo scintillio dei suoi occhialini tondi.
 

“ ... cosa fa ?” mormorò appena Tengoku.

“Ti ucciderò, così finirai questa patetica vita da pappamolla” disse infine l'improbabile vecchina, tirando fuori dal telo una pistola di piccolo calibro e puntandola contro la fronte dello studente.
 
“ Co-Cosa ?!”
Il bruno era nel panico, ma i suoi muscoli reagirono in ritardo.
 


Il suono di uno sparo scosse la gente nei dintorni dalle loro attività quotidiane, facendoli voltare nella direzione della scuola media.
 

“ Cos’è stato?”
“Non si staranno preparando con i fuochi d’artificio per la festa del mercato ?”
“Sembrava un botto!”
“Sarà successo qualcosa?!”
 
 



“ Ma che cazz …!” uno dei teppisti di Kevin si mosse dall’albero dove stava sonnecchiando, chiamando gli amici ad assisterlo.
Girato il muro videro il corpo di Tengoku Sawada steso per terra, con un’espressione terrorizzata in volto e un segno di bruciatura molto sottile sulla fronte.
 

“ Guardate ragazzi, è Tenbaka!!” uno della combriccola, dalla alta cresta tinta di rosso afferrò l’alunno, scoppiando a ridere.
“ Sarà svenuto, la checca. Ahahahaha!”
“ Alzati Tenbaka, non fare il bello addormentato, tanto sappiamo che sei sveglio.”
“Già, sveglio apposta apposta per darci un po’ di soldini, così per fare ancora più contento Kevin !”
 


I ragazzi continuavano a strattonarlo mentre c’era chi gli frugava nelle tasche o nello zaino, ma trovando entrambi vuoti, persero la pazienza.
 
“ Oi nanerottolo! Ci prendi in giro,eh? Cos’è questa stroia che non porti i più i soldi?”
“Non ci vorrai fare un dispetto ?!”
 
 
Dopo diversi pugni e ginocchiate, la banda si accorse che il malcapitato non si muoveva più e il suo sguardo era perso nel vuoto.
Pupille dilatate.
Assenza di respiro o battito cardiaco.
Uno strano presagio si mosse tra il gruppo.



“Cazzo, che sia morto?”
 
La risposta non tardò ad arrivare.
 
Improvvisamente lo stomaco del ragazzo iniziò ad ingrandirsi a dismisura, come se qualcosa tentasse di uscire dalla sua pancia, spingendo con forza disumana.
Alla fine, la divisa scolastica e il busto di Tengoku si divisero in due parti, lasciando che un qualcosa ne uscisse di scatto.
Era la stessa persona che ora giaceva un po’ più in la, accartocciata come una busta, con la differenza che questo non indossava i vestiti, ad esclusione di un paio di boxer blu Inoltre, una fiamma color arancione bruciava in cima alla sua capigliatura, al posto dei ciuffi albini. 

 
“RINASCITA !"

Un grido spacca timpani venne emesso dalle corde vocali di quell’’essere’, mentre gli occhi erano animati da un vigore estremo.
“Che cazzo è ?!" Uno dei teppisti indietreggiò, imitato dai compagni, mentre osservavano un’energia fenomenale contorcersi nei muscoli di quello che era lo studente più tranquillo del primo anno della Nanimori.

“ENTRERO’ A SCUOLA A COSTO DELLA VITA !”


E con dei rapidi manrovesci stese la banda di ragazzi con una facilità disumana, per poi dirigersi a tutta velocità verso l’atrio
 
 
Nel mentre la vecchina di un istante prima lo osseravava dal tetto di un palazzo adiacente all'edificio scolastico. 
“ Ci ha messo un po’ a risvegliarsi. Ma guarda che fiamma! " fischiò, accennando un sorriso. 


Intanto Ten si muoveva rapidamente nell'edificio, mentre con il suo sguardo fiammeggiane spaventava chiunque passasse nei corridoio. Salì le scale, arrivando davanti alla sua aula e ne spalancò la porta scorrevole in legno.
I presenti rimasero ammutoliti, mentre Tengoku riprendeva fiato, vedendo che la fiammella che fino a poco prima troneggiava sopra la sua fronte, era ridotta a del sottile fumo che iniziava a svanire.
 
La prima reazione fu dei compagni di classe, che scoppiarono in una fragorosa ed assordante risata, arrivando a far tremare i muri . Poi il professore, rosso in volto per la rabbia, cercò di parlare, ma qualsiasi cosa provasse a dire era simile ad un grugnito a denti stretti. 
 
“S-S-SAWADAAAAA !"
 
 
 ...
 

Veronica chiuse la porta di casa, dopo aver fatto entrare il giovane ancora sconsolato. La donna si diresse verso la cucina e si sedette per terra, appoggiandosi al muro per poi lasciarsi scivolare verso il pavimento.
Il bruno rimase fermo davanti a lei, con lo sguardo rivolto verso terra e la faccia piegata in una smorfia di esasperazione.
 
“Pfff…”
“Uh?” un strano suono lo costrinse ad alzare la testa. Sembrava sentire un palloncino quando gli si fa fuoriuscire l’aria.
 


AHAHAHAHAHAHAHAHAH!!!! S-Sa-Sawada Tengoku AHAHAHA sospeso per tredici giorni per atti osceni in ambito scolasticoOHOHOHOHO!!”

La castana era piegata in due dal ridere, con la faccia paonazza per le risate e le lacrime agli occhi.

AHHAAHAHAH ma se tu-EEHEHEH-se tu hai paura persino ad attraversare la strada da solo AHAHAAHAH!!” era contorta per terra, cercando inutilmente di controllarsi. 
 

“ Non ho fatto niente io! Mi sono sentito come se non riuscissi a controllarmi !" il  era disperato, ragazzo cercando di spiegarsi. D’altronde era vero: non aveva mai combinato problemi agli altri, tantomeno era un tipo manesco.
 


“ Già, sono stato io a darti quella spinta”
 
Il silenzio scese nella casa.
Entrambi si ammutolirono all’istante. Lui aveva già sentito quella voce nasale e buffa, ma proprio non ricordava dove …

 
“Tu sei la vecchia !” esclamò infine, voltandosi e rimanendo stupefatto.
 
“Ciaoss!”

Aveva le fattezze di un neonato ed indossava un completo nero con una fedora fasciata d’arancione. Le mani erano piegate dietro la schiena ed un camaleonte verde dai grandi occhi gli faceva compagnia, appoggiato sul suo cappello.
 
“ Il mio nome è Reborn e sono stato inviato da tuo padre, Decimo Boss della famiglia mafiosa Vongola, per farti da tutor." annunciò, lisciandosi la basetta sinistra, che ogni volta riacquistava quella forma a spirale.

 

Di tutta risposta il ‘figlio del Decimo Boss’ svenne con un rivolo di bava che iniziò da subito a colargli dalla bocca spalancata.
 
“ Deboluccio ..."
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Target Number 1: Coltelli, pistole, tridenti e ... fiamme?! ***


Target Number 1: Coltelli, pistole, tridenti e... fiamme?!


Tengoku  Marco Sawada, un ragazzo cauto, non particolarmente ambizioso e dal carattere mite. Uno di quei tipi che attirano l’attenzione della gente con facilità, ma che difficilmente la conquistano.

Lui era totalmente consapevole di tutto questo, ma allora…


“ COME MI  TROVO IN CASA UN MAFIOSO DI FAMA MONDIALE ?!” Urlò a Veronica, seduta tranquillamente sul divano a bere un thé.
 
“ Calmati, non c’è niente di cui agitarsi più di tanto “ gli rispose lei, con aria corrucciata. Probabilmente le sue domande erano altre ma non sembrava che fosse Reborn ad agitarla…
 
“ Allora, Tenbaka !” il piccolo killer uscì dalla camera al piano di sopra, indossando una tutina da notte per neonati ed un morbido cappello di flanella.

“ Ho sentito che a scuola te la sei cavata male col prof, vero ?” lo guardò dritto negli occhi, con un enigmatico mezzo sorriso in volto.
“ Bh-bhe… credo di si …” il bruno era in iper-tensione, ma provò ugualmente a non svenire al sol pensiero di essere di fronte ad un sicario della mafia.

“ Male, molto male. Il rispetto verso gli altri è fondamentale per sviluppare la diplomazia. Se proprio vuoi dare sfogo ai tuoi ormoni non metterti in mutande davanti ad una classe intera.” Il moro fece spallucce, come se fosse una cosa da poco.

“ No! Non ho affatto quei problemi io!” il ragazzo era diventato rosso come un pomodoro maturo, mentre sudava ancora di più di prima sotto lo sguardo vigile di Reborn.
 
“ Bha! Allora vedi di svegliarti presto domattina: dovremo studiare un bel po’. ” Disse infine, avviandosi verso la cucina come se fosse casa sua.
 

Veronica, che durante quel siparietto era rimasta immobile, aspettò che il suo protetto tornasse in camera per poi alzarsi.
“ Come vanno le cose dal Decimo? ”

“ Bene. Da quando si è sposato, quel pelandrone si è dato una bella svegliata: ora la famiglia non risente più delle perdite di fondi di dieci anni fa.” Il bambino ora sorseggiava un bicchiere di caffèlatte, illuminato da una calda lampada posta sul tavolo.

“ Come mai… sei qui? Tsuna-sama e papà si erano accordati che dovessi essere io a tutelarlo fino alla maturità.”
 

“ Imbranatsuna voleva sapere se il figlio stesse bene, dopo l’accordo di non sentirsi più con voi fino al giorno prestabilito. Quindi l’ho vista come un’opportunità per rendere il moccioso degno del titolo del genitore.”

“ Io… non lo voglio. ” il volto della castana si rabbuiò.

“Eh?”

“ Non voglio che Tengoku conosca il mondo della mafia, è ancora troppo giovane! Io preferirei che la responsabilità della Famiglia rimanesse nelle mani del padre. ” Parlò con fermezza, ma gli occhi tralasciavano che stesse per scoppiare in lacrime, nonostante l’aspetto da dura.

“ Fufufufu !” il bimbo, di risposta, rise sotto i baffi, per poi voltarsi con un’espressione di serenità.

“ Sei proprio il contrario di Dino: lui voleva rendere Tsuna un perfetto boss. Ma in comune avete la voglia di aiutare soggetti disgraziati come quegli imbranati dei Sawada. ” il piccolo, con un colpo di reni si rialzò da terra, avvicinandosi alla giovane donna sorridendo.
 
“ Meriti proprio di diventare Undicesima, Veronica Cavallone. “
 
 
 
 
 

|||
 
Martedì  26 Novembre. Ore 02.59.
 
Tengoku stava finalmente riuscendo a prendere sonno. Era un tipo sensibile, e a volte gli attacchi d’asma si facevano sentire anche a notte fonda, ma era sempre riuscito ad autogestirsi.
Eppure quello gnomo inquietante DOVEVA essere un sogno. Ma sì: si sarebbe svegliato in tremendo ritardo, avrebbe fatto il più possibile per vestirsi , ma comunque niente lo avrebbe salvato da un’insufficienza a scuola.
La solita vita di un imbranato totale.


Una calda lacrima gli rigò la guancia. Non si seppe dire se per la felicità che fosse stato un sogno, oppure di tristezza, ripensando alla sua inutile vita.
 
Riuscì finalmente ad addormentarsi.
 



Ore 03.00.
 


“ Svegliati Tenbaka !”
 
Reborn gli piombò sulla bocca dello stomaco con un drop kick ben piazzato.
Il poveraccio si piegò in due dal dolore, con la bocca serrata in una smorfia patetica. Dopo qualche secondo si accasciò al letto come un palloncino sgonfio, inerme e privo di sensi.
 
“ Ho detto alzati, o ti prendo a calci!”

E senza neanche finire di parlare, il Tutor cominciò a gonfiarlo di botte, spingendolo intanto verso l’uscita. Quando riuscì a farlo rotolare fino alla cucina, attraverso le scale, si fermò.
 

“Che cosa… vuoi da meeh?” il bruno, ansimante, allungò il braccio verso un possibile appiglio, ma il Tuto Hitman lo fermò prontamente, afferrandogli il polso e ritorcendoglielo dietro la schiena.

“AHI AHI AHI AHI !!” come colpito da una scossa elettrica, il malcapitato si contorse in tutte le  direzioni, ma la presa del killer era pari a quella di una tenaglia.
 
“ Sei un pappamolla. Ti ci vuole un po’ di allenamento… Tre giri della periferia di Nanimori basteranno come semplice riscaldamento.” Annunciò con aria seria il bambino. Nonostante l’assurdità dell’ordine, il tono con cui l’aveva assegnato non faceva trasparire l’ombra di uno scherzo.
 
“ M-ma non ci riuscirò mai in queste condizioni !” urlò spaventato Tengoku: non riusciva a farsi due isolati senza crollare, figuriamoci tre giri della periferia.

“ Oh, ma sarò clemente: ti aiuterò io. " detto questo il moretto lanciò in aria la sua ventiquattrore nera. Senza staccare gli occhi dal protetto allungò le braccia e aprì la valigetta, ancora in volo. Tirò fuori un paio di pezzi metallici di piccole dimensioni, per poi assembrarli con velocità inaudita. Quando il bagaglio cadde a terra, i misteriosi componenti avevano formato un mitra formato bambino.

“  Iniziamo. ” e con quella sentenza, centinaia di colpi scaturirono dalla canna dell’arma, mandando in panico il ragazzo e costringendolo , seppur le condizioni fisiche non favorevoli, ad eseguire uno scatto fulmineo verso la porta.
 
“ Elasticità muscolare degna di suo padre. Ma il suo record a questa età era di quattro giri inseguito da Hibari. Vediamo se possiamo superarlo, eh  Tenbaka? “
Quella domanda senza risposta svanì nel vento, lasciando posto ad urla di terrore e spari.
 

 
 
 
 
 
|||
 
 
Nel mentre, anche un’altra persona non aveva intenzione di dormire:
 
“ Juuichidaime ♪ Juuichidaime ♪ Juuichidaime ♪ “
 
Una voce femminile canticchiava nel parco giochi, deserto a quell’ora. Osservava con sguardo perso le nuvole che iniziavano a colorarsi di giallo ocra, per l’arrivo dell’alba nuova.
 
“ Finalmente ! Non vedo l’ora di entrare nella Family. Aye!”
E con entusiasmo si alzò saltando, lasciando che i lunghi capelli neri sciolti venissero scompigliati dalla brezza autunnale.
 
 


|||
 
 
 
 
 
Ore 07:10
 
" Anf… Anf… pietà… !"

Tengoku Sawada stava strisciando lontano dal suo Tutor, ormai impossibilitato dal muoversi.
 
Reborn di risposta gli piantò addosso uno sguardo freddo e, con voce tagliente gli disse:

“ Non tutto nella vita avrà pietà di te. Se non diventerai forte, non sarai degno di avere il diritto di chiedere pietà . Quindi se non ti piace questo stato di cose alza il culo e cresci, così potrai dirmelo in faccia e avere il coraggio di opporti !”


Parlò con fermezza, senza stringere i pugni o alzare eccessivamente il tono di voce, ma riuscì comunque a trasmettere il messaggio in una maniera che fece gelare l’aria intorno.
 
“ Non... ho deciso io tutto questo …” con un flebile respiro, il bruno spezzò il silenzio creatosi.
 
“ Non ho deciso io che tu dovessi venire qui a darmi degli ordini, quindi ora prendi i tuoi bagagli e sparisci dalla mia vita di Tenbaka! Non mi importa se resterò così, ma solo l’idea che un moccioso mi faccia venire certi rimorsi mi fa incazzare !”
Altre lacrime colarono copiose dagli occhi del giovane. Era ovvio che non parlava seguendo il cuore, ma era la rabbia della realizzazione della sua vita a muovergli le labbra.
 

“ Uh. E’ un buon inizio. Ma ce ne vorrà di tempo prima che un moccioso alzi la voce contro di me “
E con un colpo veloce, Reborn calò l’impugnatura del mitra contro la fronte del quindicenne, facendolo ripiombare nel mondo dei sogni.
 
 



|||
 
 
 

“ Sawada?”
 

"Uhm… mitra… fiamme… papà.”
 

“ Sawada ?!”


“ZzZzZzZzZzZzZzZz !”
 

“ SAWADA !!”

La voce del professore risvegliò bruscamente l’alunno, facendolo cadere all’indietro con violenza dalla sua sedia.
 
Lo stordimento, unito alle risate dei compagni di classe, non aiutò molto il ragazzo, trovatosi magicamente nella sua aula durante la prima ora di lezione.
 
“ E’ pregato di non dormire a lezione, Tengoku. Per quello c’è la notte …”
Il professore, rassegnato tornò alla sua cattedra, pronto ad incominciare la lezione.
 

Intanto il diretto interessato era ancora disteso per terra, incominciando a capire la situazione in cui si era trovato.
Doveva essere svenuto, oppure si era addormentato già lì. In entrambe le ipotesi non riusciva ricordare il momento in cui era entrato a scuola.

 
“ Ten ?”
Una voce lo distolse nuovamente dai pensieri confusi, e una mano delicata lo aiutò a reggersi in piedi.
 

Tengoku sorrise: era stata Azura, una studentessa di un anno più grande di lui. Da un mese ormai, erano diventati amici e non passava giorno in cui non si scambiassero un sorriso. Non era certamente una cima nello studio ma cercava di aiutarlo coi compiti, venendo spesso a casa sua.

Non era molto alta, forse poco meno di lui, gli occhi erano azzurro cielo e pieni di energia. I capelli erano rossi e li lasciava cadere all’indietro, boccolosi . La divisa della scuola metteva in risalto il fisico esile, ma nonostante le apparenze era più forte di molti maschi delle prime.
 
“ Grazie, Azura-chan. ” lui era sempre stato un tipo timido, soprattutto con il sesso opposto, ma lei era forse la sua unica amica in città.
 

“ Scusa se ti faccio una domanda che potrà sembrarti strana ma, come ho fatto a venire a scuola?” il dubbio lo stava angosciando da quando aveva ripreso conoscenza. C’era la minima possibilità che tutto quello che ricordava fosse stato solo un brutto sogno.

“ Ti ha portato Veronica-sama, come al solito. A proposito: all’entrata non mi hai neppure salutata. Sei andato in classe con una faccia da sonnambulo !” quasi urlando, la rossa gli lanciò un’occhiata offesissima, gonfiandosi le guance in segno di rabbia.

“ Scusa, scusa. Ti assicuro che non volevo farti arrabbiare !” il ragazzo arrossì di colpo, mettendo le mani avanti e agitandole nervosamente.


“ Signorina Schlmit e signor Sawada ?” il burbero insegnante, da loro soprannominato Suneo per la bocca da papera, li richiamò con un ringhio. Non si sapeva il perché, ma gli piaceva chiamare gli studenti ‘Signori e Signorine’. Neanche fossero ad un colloquio di lavoro.
 
 
 Con una faccia sempre più imbarazzata, il bruno si mise a sedere, sistemando i suoi quaderni sul banco. Poi, di sfuggita notò qualcosa di bianco sul polso sinistro. Era un cerotto.
Anche il braccio era ricoperto di lividi e le unghie erano un po’ rovinate.

Con l’ansia che aumentava, prese le forbici dall’astuccio e, guardandosi nel riflesso rabbrividì: la fronte era fasciata.
In quello stato di agitazione molte domande si affollarono nella sua mente:

- Perché nessuno parla di quello che ho fatto ieri ?-
- Non ero stato sospeso per un paio di giorni ?-
- Perché mi sento così stanco nonostante mi sia appena svegliato ?-

 

Era nel panico.
Ma fortunatamente l’ennesimo richiamo del docente lo fece distrarre fino alla fine delle lezioni, seppur il tarlo del dubbio continuasse a vivere dentro i suoi pensieri.
 
 

Appena varcata l’uscita, si diresse spedito verso casa, riguardando freneticamente i medicamenti di cui non ricordava niente.
 
“ Teeen !” una voce parecchio familiare lo chiamò: Azura e lui percorrevano quasi sempre la strada del ritorno insieme.
 
“ Oi, Azura-chan !"
" Basta con questo ‘chan’, lo sai che non sono abituata a sentirlo.” Rise imbarazzata la rossa.
Camminarono fino alla via principale, che conduce alle case di entrambi, ma la videro talmente affollata dal traffico che decisero di tagliare per un altro vicolo.
 
Tengoku si sentiva osservato dall’amica, ma non come al solito: non stavano più parlando e la sua andatura stava rallentando.
Dopo qualche metro si fermò di colpo, abbassando la testa e stringendo i pugni.
 

“ Era una cosa che avevo notato già stamattina. ” Dal tono di voce non pareva nervosa, anzi, arrabbiata.

“ Chi è stato a farti quelle ferite? Quelli della banda di Kevin !?”


Si girò, mostrando il volto contorto dalla rabbia.
“Gli avevo detto che se avrebbero di nuovo provato a toccarti gli avrei spaccato la faccia e tutte le ossa del corpo !”
Con il pugno destro colpì un albero sottile, facendolo vacillare come una foglia al vento.

 “ Ma no, Azura-chan !”

- Cacchio, non posso mica dirle che c’è un mafioso che mi tratta come uno zerbino !- pensò il ragazzo. Era in una situazione disperata: se l’amica fosse andata dalla famigerata banda con quell’intento, loro le avrebbero dato il ben servito, senza preoccuparsi minimamente del fatto che era una femmina.
 

Ma improvvisamente, mentre cercava in fretta di trovare una scusa...

“ Scusate, avrei una domanda. ”
 
“Eh?” I giovani si voltarono, abbandonando le loro preoccupazioni.
 
A chiamarli era stata una ragazza alta sul metro e settanta, molto bella e dal fisico delicato, con poco seno. I capelli erano neri,  lunghi e ondulati, con una frangetta. Indossava la divisa della Nanimori High School e li stava guardando dalla sua altezza con dei luminosi occhi color zaffiro.
Sulla guancia, tra il collo e le labbra, faceva capolino una piccola cicatrice a forma di ‘x’.
 
“ Mi sapreste dire dove posso trovare il Boss della Famiglia Vongola ?” chiese con dolcezza, inclinando la testa di lato e spiazzandoli con un sorriso innocente.
“ Sapete, è da due giorni che sono sulle loro tracce e ho dovuto viaggiare dall’Italia fino qui. ”
 

Al ragazzo quasi non venne un colpo: I Vongola? La Famiglia che, secondo il nano, era governata da suo padre Tsunayoshi ?
Aveva studiato il problema della mafia nel mondo, ma non immaginava che avessero mandato qualcuno dall’Italia al Giappone. Questi Vongola dovevano essere davvero importanti.
 
“ B-Bongore ?” la rossa rifletteva la sua confusione lampante.
-Che diavolo è questa parola buffa? E perché ci dovrebbe essere una famiglia con quel nome ?-

 

“ Sì, certo. Non c’è bisogno che fate gli indifferenti: sono stata mandata dal Boss dei Varia perché mi considerava pronta per divenire una vera alleata della Famiglia. Il mio nome è Akane Mizuno, piacere. Il vostro?” gli chiese porgendogli la mano.
Era rilassata e trasmetteva serenità, ma l’alone di disagio che si era creato attorno a lei era palpabile.
 
“N-non capisco cosa vuoi dire …” Azura era molto confusa. Varia, Vongola: ma che cacchio erano, roba da mangiare? Eppure la mora era sicura di quel che diceva e quell’ultima risposta la fece tentennare un po’.
 

“ Oh, avanti! Ti ho detto che sono tua alleata. Tu sei Azura Schlmit, del Primo Anno. Ti sei trasferita da sei mesi a Nanimori, ma ti sei fatta valere riducendo in briciole il capitano della squadra di calcio, Tzushi. Una come te è nella scuola dove so che c’è il figlio di Tsunayoshi, quindi è impossibile che non ti abbia già presa.” Ripresasi dallo stordimento, le strinse la mano con vigore, mostrando un sorriso smagliante a trentadue denti.

“Ma n-noo” la poveretta, per via della differenza notevole di altezza, venne agitata come un bastoncino in quel saluto vigoroso e decisamente poco giapponese.
 
Anche il ragazzo era scosso, ma per motivi diversi: aveva detto tutte quelle cose, quindi era impossibile che i suoi dubbi fossero infondati. Ma, anche quella volta, una voce disgraziatamente familiare li distrasse dai rispettivi ‘impegni’:

“Ciaoss Akane!”

Reborn sedeva su di un vaso, a gambe incrociate. Nessuno sapeva da quanto era lì, ma probabilmente da molto vista la tazza di caffè ancora fumante tra le mani.
 
“ Ciao Reborn !” Akane ricambiò il saluto in italiano, mollando la presa dalla, ormai sfinita, Azura.

“ Sembra che tu abbia preso un granchio: questi non sono alleati dei Vongola, ma la Famiglia Tenbaka, che stava per attentare alla vita del figlio del Decimo. ” il piccolo si sedette su di una poltroncina-Leon, gustandosi il caffè con totale calma.
 
“Un nome più finto no, eh ?!” urlò Tengoku, agitando la mano, visibilmente arrabbiato.

- Perché ha detto questo? Questa tipa sembrava affezionata ai Vongola, se penserà questa cosa allora…- pensò, pregando che l’ipotesi rimanesse tale.
 
“ Cosa ?”
E invece aveva pensato bene: la ragazza ora mostrava un’aria minacciosa ed inquietante. Con lentezza avvicinò la mano destra alla schiena e con rapidità estrasse un piccolo oggetto, puntandolo di fronte a sè.
 
Il bruno lanciò un grido: un foro di proiettile si trovava al centro della sua folta ‘capigliatura’, scompigliando il ciuffo bianco.
 

I ragazzi corsero immediatamente al riparo, mentre numerosi fischi si avvicinavano pericolosamente a loro. Con terrore constatarono che quella che aveva usato era una pistola nera di piccolo calibro, impugnata ad una mano, mentre nella sinistra stringeva un coltello dalla lama seghettata.
 
 
“ La scuola d’armi del coltello e della pistola. Una tecnica che si raffina nella scuola mafiosa Vongola. Fate attenzione. ” li avvisò Reborn , mentre ora si era dato alla lettura di un quotidiano giapponese.
“Che cosa fai? Questa è tutta colpa tua !”
Sbraitò lo studente, disperato.

“Ten… ?”
La ragazza dai capelli rossi stava tremando, mentre era accostata vicino al compagno, dietro una vettura abbandonata. Era spaventata, ma lo sguardo non vacillava, segno di una grande volontà.
“Non so in che cazzo di guaio mi hai cacciato, ma se sai qualcosa di più di me, sbrigati a mettere le cose a posto !”
 
Ma una risposta non arrivò mai: il bruno venne tirato indietro dalla mafiosa, che intanto si era avvicinata, e ora la sua gola era a pochi millimetri dall’arma da taglio.
 
“Che cosa volevate fare al futuro Undicesimo, eh ?!” gli chiese ringhiando minacciosamente Akane.
 

“ Allora, Azura, non vuoi salvare il tuo amico ?” domandò intanto il bambino, lanciando in aria un bastone d’acciaio dalla punta acuminata: una lancia di un metro e quaranta.
 
“ Co-cosa ci dovrei fare con questa ?!” la ragazza parve scossa, ma vedendo l’amico urlare, non rispose di sé e attaccò.
Durante l’affondo scagliato, dall’estremità della mazza fuoriuscirono , da parti opposte, due tubicini orizzontali. Anche da questi, spuntarono delle punte, più lunghe della principale.

  Da una semplice lancia era diventato un tridente.
 
L'assassina, spaventata dal cambio di programma improvviso, si allontanò velocemente, sparando un colpo per terra, col risultato di far spostare ulteriormente gli avversari.

" Che… cosa è successo ?!” si chiese sbalordita la ragazza, osservando la nuova arma dai riflessi metallici. Lo stupore, però, durò poco: venne attaccata frontalmente da rapidi fendenti orizzontali e, data la scarsa abilità nel maneggiare una lancia, finì per sbilanciarsi e cadere di lato.
 
Fu subito alla mercé della bruna, che la colpì al braccio con un calcio, disarmandola.
 
“E tu Tenbaka, vuoi essere da meno ?” lo provocò nuovamente il sicario dalle basette a vortice.

- Ha ragione: Devo salvarla e tirarci fuori da questa situazione! Ma come… ?-


I pensieri del ragazzo vennero interrotti improvvisamente e poi… il buio.
 


Il suono dello sparò riecheggiò nella via, seguito dal tonfo di un cadavere.

Dello studente della Nanimori High School, non rimaneva che un corpo morto e con un buco in fronte, da cui sgorgava copiosamente del sangue.


“T-Teng …” la compagna di classe rimase a bocca aperta, lasciando che le lacrime colassero non appena si rese conto dell’accaduto.

“ Ma non ho fatto niente …” anche Akane rimase sconcertata: la pistola aveva la sicura, era impossibile che un colpo le fosse partito. SI rialzò dalla posizione in cui si trova per avvicinarsi al corpo.
 

Poi, il suono di uno strappo e un urlo che fece tremare anche gli alberi :
“RINASCITAAAAA !!”
 
Tengoku, ora in mutande, era saltato da quello che sembrava un involucro vuoto, agitando i pugni in aria.

“SALVERO' AZURA-CHAN A COSTO DELLA VITA !”

 
E, senza aspettare altro, attaccò l’avversaria con una serie di diretti ultraveloci, da lei evitati con difficoltà.

Dopo qualche secondo Mizuno cambiò tattica: impugnò la pistola a due mani, mentre teneva il manico del pugnale attaccato a quello dell’arma da fuoco, rivolgendo la lama verso il basso.

Fingendo un fendente orizzontale costrinse il nemico ad indietreggiare, ma bloccò la discesa del braccio stabilizzandolo di fronte a se, per poi sparargli  un proiettile dritto al cuore.
Grazie alla prontezza di riflessi il colpo vene evitato e Sawada si lanciò in un calcio volante di pianta, intenzionato a finire il duello.


Ma, invece della ragazza colpì il muro di una palazzina abbandonata, facendo crollare le fondamenta.
 
Akane vide i mattoni dell’intera parete crollargli addosso, come una gigantesca onda di pietra. Trovandosi già vicina alla casa, non poté fare niente per allontanarsi e venne travolta.


‘La… mia fine … ’ pensò, prima di chiudere gli occhi.
 

“PRESE!”
Quell’urlo spacca timpani la risveglio da quello che pensava sarebbe stato il suo ultimo sonno.
 
Tengoku era di fronte a lei, mostrandogli le spalle, mentre manteneva tra le braccia e addirittura tra i denti, decine di mattonelle. Tutto intorno era stato sepolto dalle macerie, tranne quei quattro metri quadri che li circondava.

Quando la fiamma arancione si spense, il ragazzo crollò a terra, in preda a scariche dovute al dolore muscolare.

“Mi fa male tuttooo !!” gridò, rivolgendo la testa al cielo.

Improvvisamente, Azura piombò tra i due, con il tridente tra le mani in posizione di guardia. Lo sguardo era animato da un vigore impressionante, lasciando immaginare che avrebbe dato tutta se stessa in quella battaglia.
 

Ma, inaspettatamente…
 

“ Undicesimo, ho sbagliato tutto !”

Quella che prima era intenzionata ad ucciderli, ora ,inginocchiata e in lacrime, chiedeva perdono?


“ Giuro che non l’avevo riconosciuto! Non ho superato la prova perché non sono ancora degna di diventare sua adepta. La prego, mi permetta di diventare una sua picciotta per renderla il boss più importante della Famiglia !!” Lo stava supplicando in ginocchio, mentre gli altri due la osservavano con lo sguardo di uno che ha visto volare un maiale.


“ Uff… l’importante è che siamo tutti vivi… uff !" sospirò di risposta il ‘Futuro Boss’, per poi svenire circondato dalle macerie.
 

Intanto Reborn li osservava da lontano:

“ E così ti si guadagnato la fiducia di due persone contemporaneamente. Fai passi da gigante, Tenbaka. " sorrise, come un padre che nota i progressi del figlio.
 
 
 
 
 

ANGOLO AUTORE:
 
Welcome back! Come va? Vi sembra che sia passato molto dal primo capitolo XD? Questo è stato scritto in un giorno solo, quindi forse vi farà schifo (in questo caso sarei d’accordo con voi).
 
Alla prossima X3!
P.S Ora Tsuna ha trentacinque anni.
 

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Capitolo 3
*** Target Number 2: I Vongola non attaccano sempre d'estate 1/2 ***


Target Number 2: I Vongola non attaccano sempre d'estate -Parte 1.





20 Settembre.

 Era una normale domenica mattina al Parco di Namimori: i bambini giocavano, le anatre e le papere nuotavano indisturpate negli appositi laghetti, la zona con le recinzioni per le caprette e altri animaletti era aperta al pubblico e Tengoku veniva inseguito da un orso.
Ah, già... quello non è tanto normale.


“Noooh!! Ti prego Reborn, fallo smettere !”

Il ragazzo correva a perdifiato, rincorso dalla belva che, seppur di discrete dimensioni, ospitava sul suo dorso un Reborn particolarmente rilassato, attrezzato pure di sedia da sdraio e tavolino formato mini. Tutto elegantemente disposto sulla vasta schiena della creatura.

“ Vai Tenbaka! Se non riesci a fare un po’ di jogging senza faticare, non puoi divertirti… Scacco matto.”
Annuì il piccolo, mentre sorrideva all’avversario di gioco, un Leon che muoveva le pedine con la lunga lingua rosa.
 
In realtà l’orso, dimostrava un’espressione tutt'altro che infuriata, quasi… spaventata.

“Maledetto peluche! Fermatiii !!”

“Ten! Ten !!”

Due ragazze di altezza diversa fra loro, li rincorrevano cariche di energia: Akane, con rabbia apparente e due polmoni di ferro. Azura, più controllata, ma non meno affiatata nella corsa.


Mentre il gruppetto si spingeva verso il laghetto degli animali, alla mora venne un’idea: afferrò un carrello vendi-hotdog e lo scagliò con precisione (e forza) esattamente tra i due rincorsi, mandando l’orso a sbatterci contro.
Il poveretto però,non arrestò la sua corsa, andando quasi a travolgere il povero studente, salvato da una Azura corsa in soccorso.


Reborn e il suo partner si allontanarono con un balzo, evitando l’urto del loro mezzo di trasporto contro la recinzione che delimitava il tratto percorribile.
“Ciao ciao !”
Disse, prima di aprire il suo paracadute-Leon e planare via, lontano da occhi indiscreti.
 

I ragazzi decisero di allontanarsi, vedendo la gran folla di persone in avvicinamento, ma non prima di aver notato l’orso che, con aria docile si incamminava verso il fogliame.
 


...

Un’ora dopo i tre erano seduti nel giardino di casa Sawada, all’ombra del portico, per ripararsi dai tremendi 30 gradi. Poche nuvole offrivano quel riparo, infatti molti cittadini di Namimori avevano preferito andare a mare, distante non molti chilometri.


Ma qualcuno aveva preferito restare nella, ormai deserta in tutti i sensi, città.


“Uffa, vorrei andare in spiaggia ! Questo caldo non lo reggo proprio …” Sospirò il bruno, accasciandosi sull’erba.

Indossava poco altro che una maglietta nera a maniche corte e un bermuda rosso fiammante, per evadere al meglio dall’incombente calore.

“Ma Ten, Veronica non è in casa. Con quale macchina vorresti andarci ?” Anche Azura rimpiangeva l’acqua in quel momento e,con sguardo sognante, valutava l’idea di immergersi per farsi una bella nuotata rinfrescante. Ahh, sembrava quasi impossibile!

Lei invece aveva optato per una maglietta bianca, coperta per lo più da una giacca leggera in jeans. I pantaloni erano celeste chiaro, leggermente attillati. Mentre ai piedi calzava delle scarpe da ginnastica color neve.
 

La più grande, che era seduta sul ramo dell’ulivo piantato li da tempo, era vestita un po’ più pesante: minigonna a balze nera con calze bianche sottili, un top dello stesso colore, ma con delle fiamme disegnate sopra e una giacca di pelle nera a coprirla.

“Già, Veronica-sama è partita ieri sera con i suoi amici. Tornerà tra qualche ora, ma non credo che avrà voglia di accompagnarci …”

Pensò Akane, ripensando alle innumerevoli telefonate che il compagno aveva fatto, pregando la tutrice di portarli in spiaggia. La donna, non poteva certo ritornare in città per poi ritornare dove si era accampata con gli amici. Come fare?


“Trovato !” la mora balzò in piedi, spaventando gli altri due, immersi in mille pensieri.

“Azura, hai detto che tuo fratello è in confidenza con il proprietario del negozio dove lavora. Potrebbe farsi prestare un mezzo di trasporto, no?”

“Nooo !” la rossa mise le mani avanti con aria nervosissima.

“Primo: mio fratello è uno scemo. Secondo: ha solo sedici anni, non avrà mai la macchina del suo capo.”
Disse, scuotendo ripetutamente la testa con fare categorico.


Tengoku, sconsolato rientrò in casa.

“Io vedo se trovo qualcosa su Internet. Vi lascio la porta finestra aperta, se entrate chiudetela: Veronica mi ammazza se entrano le zanzare.” Sentenziò il ragazzo, imitando la saccente tutrice.

“Ok, boss !” Annuì la più grande, facendo il segno del pollice in su.
 
Presto il silenzio creatosi venne riempito dal cinguettare di qualche uccellino in sosta sui tralicci.


“Aka, come mai hai smesso di avere quell’aria formale con Ten? Prima eri tutta ‘Sì, Undicesimo!’, ’Subito,Sawada-sama!’. Non prenderla a male, ma sono molto curiosa di sapere il perché. ”
Domandò la piccola, appoggiando la schiena alla parete bollente. Era chiaramente imbarazzata dall domanda, forse per la paura di sembrare troppo indiscreta.


“Uhuhu.” Rise, di risposta l’amica.
“ Dai Vongola sono sempre stata educata sulla sacralità del Boss, come se fosse un messia. Non posso farci niente, ma se Tengoku non lo vuole, non mi sento di insistere.”


“Ah! Sembra difficile la vita da questi Vongola… ” Azura non capiva ancora il concetto di ‘Famiglia’ in cui si era involontariamente cacciato il suo migliore amico.

“No, anzi: da quando c’è Decimo al comando è diventata la Famiglia più unita e bella di sempre. Non c’è invidia o doppiogioco all’interno di essa, nemmeno le Alleate si sognerebbero mai di ribellarsi. Se c’è qualche dubbio o incomprensione, si chiarisce pacificamente. Inoltre, le figure dei Guardiani rappresentano la vera Giustizia, a cui nessuno sarebbe in grado di opporsi. Tsunayoshi-sama diceva che da piccolo voleva creare un mondo Giusto e Leale. Secondo me, anzi secondo noi, ci è riuscito. ”

La ragazza aveva descritto quella situazione come se fosse stata la più incantevole delle fiabe, come un mondo incantato e fantastico. Ma nei suoi occhi c’era la passione di chi aveva visto per davvero quelle cose.


“ E allora… perché ha abbandonato Ten qui in Giappone?”

Quella domanda lasciò di sasso la bruna, che fu costretta a girarsi per notare come l’amica avesse serrato i pugni.

Nel suo sguardo c’era tristezza, ma anche determinazione. Guardando l’orizzonte si mordeva piano il labbro inferiore, come se volesse trattenersi dal dire altro.
“I-Io…”
 

“Azura-chan! Akane-chan !”


Una voce energica le chiamò dal piano superiore, facendole smuovere dalla loro postazione, per accedere alla camera del ragazzo.
Lui era seduto davanti al PC, mentre con gli occhi sbarrati e un sorriso a trentadue denti le invitava ad avvicinarsi.

“Guardate! Tra un’ora parte un pulmino che porta fino alla ‘Spiaggia Sabbia Bianca’ a dieci chilometri dal centro di Nanimori. Poi, possiamo ritornare verso le 16 alla stessa fermata!”
Disse, indicando i vari orari e informazioni sul sito di trasporti della città.

“Stop! Stop! Qui dice che serve almeno un maggiorenne a tutelare dei minori. ” Lo fermò Azura, segnalando una grossa nota scritta in rosso.


“ Già.” I restanti due si voltarono contemporaneamente verso quella che aveva parlato, con un sorriso innocente, ma mostruosamente falso.
“Non è maggiorenne!” mormorò la ragazza, cercando di fingere un’aria indifferente.

“ Maddaiiii !” Insistette Akane, mollandole una pacca sulla spalla, decisamente forte.
“ Dalla fotografia che ho visto sul tuo portafoglio, non credo che nessuno non lo scambierebbe per un diciottenne.”

“Cosa?! Quando avresti guardato nel mio portafoglio ?!”

“Oh, andiamo Azu-chan! Ero pur sempre una spia.” Rispose l'altra, facendole la linguaccia in maniera scherzosa.
 
“Per favore Azura-chaaaan !” Il ragazzo si sforzò di assumere la faccia più patetica del mondo, osservando con gioia l’amica, cedere alle suppliche.
 

“Uff... datemi due minuti … posso andare in corridoio?” Si rassegnò, estraendo il telefono color acquamarina.
 
Akane e Tengoku rimasero soli, ma appostati alla porta socchiusa, cercando di origliare il più possibile.
 
Udirono lo squillare del telefono, poi una voce flebile e meccanica che interruppe il silenzio.
 

“Non capisco niente, che lingua è ?” bisbigliò nervosamente lui.

“Tedesco… l’ho studiato l’anno scorso, qualche cosa potrei capire …” fece la mora, sporgendo ulteriormente la testa fuori dalla stanza, approfittando del fatto che l’amica le stesse dando le spalle.
 
“Gli sta chiedendo dove sia …”


Improvvisamente la ragazza alzò il tono di voce e iniziando a gesticolare in fretta.
 
“Ha detto: Come ancora in fumetteria … è domenica … Non riesco a sentir… Ah,ok. Si è calmata !” Continuò l’interprete improvvisata.
 
“Glielo sta chiedendo.”
 
Silenzio.
 

“Cosa dice?” domandò Tengoku, trovando quella calma parecchio snervante.

“Asp-”
 
Stavolta la rossa urlò sul serio, pestando ripetutamente il piede sul legno del pavimento.
 
“E’ arrabbiata … Dice: Perché quando esci tu devo rimanere a casa da sola, mentre se voglio andare al mare fai tante storie?... Wow, questo è meglio se non lo traduco.” Finì, accasciandosi a terra.

“Che succede? Perché ti sei fermata?”

“Non credo che acconsentirà, Boss: stanno litigando di brutto. Vabbé, tanto domani la scuola è chiusa, no? Se è bel tempo ci riproverem-”

 
Azura irruppe nella stanza, spalancato la porta con forza. In volto aveva un sorriso a trentadue denti, mentre agitava il cellulare con aria vittoriosa.

“Ha detto di ‘Si’! Stava mettendo a posto i manga in fumetteria, quindi passiamo prima da lui e poi alla fermata del pullman. ”
Annunciò con il tono di uno che ha vinto la guerra combattendo a mani nude.

“Sei una forza Azu-chan !” Con gli occhi colmi di ammirazione, il ragazzo corse dall’amica, stringendola in un abbraccio stritolante.

Solitamente uno come lui non  dimostrava mai l’affetto in quel modo, essendo troppo timido, ma la felicità lo aveva munito di un coraggio incredibile.

 “Ok,ok. Ma sbrighiamoci: manca un quarto d’ora all’arrivo del bus.” Li avvisò Akane, incitandoli a correre fuori di casa.
 
 
Dieci minuti dopo erano arrivati all’isolato dove si trovava la fumetteria ‘Dreams in the pages’, al primo piano di un palazzo di quattro. 
La compagnia  si fermò davanti all’entrata, scrutando dalle finestre scure per trovare una forma di vita all’interno.


“ Scusa Azu-chan, come hai fatto a convincere tuo fratello? Sembrava una lite molto forte quella che stavate facendo.”
Chiese il bruno, mentre ,con decisione, aveva varcato la soglia d’ingresso.

“Ah, niente di che … Drake è un sempliciotto, mi è bastato ricattarlo per farci accompagnare fino in spiaggia.”

“Uhm … E con cosa lo avresti ricattato?”

“Meglio che te lo dico dopo, Ten!”
La ragazza liquidò la curiosità immediatamente, facendosi strada fra le teche stracolme di manga e albi importati. Superata la cassa, aprì una porta nascosta da una statua in gesso della mascotte della catena a cui apparteneva il negozio: un topo curvo con degli occhiali tondi, intento a leggere un libro grande il doppio di lui.


Collegata alla stanza principale, vi era il magazzino, di dimensioni uguali, ma decisamente meno ordinato.
 
Superata una montagna di  fumetti, il gruppo venne attirato da un rumore, simile al frusciare della carta.
 

“Ei, sono qui !” Una voce maschile, proveniente dalla fonte del rumore li chiamò: un ragazzo era intento a riordinare diversi scatoloni, mettendoli l’uno sopra l’altro.
 
Era molto alto, spalle larghe e fisico in forma, niente da invidiare ad un modello. I capelli erano biondi, non molto lunghi, ma rimanevano comunque incollati alla fronte per via del sudore causato dal tremendo caldo in quel luogo. I lineamenti del viso erano delicati, come quelli della sorella, a cui somigliavano anche gli occhi, vivaci e allegri come quelli di un bambino.

“ Ciao gnoma !” Salutò, rivelando una voce giovane e attiva.

“Da quanto è che stai rinchiuso qui dentro? Potevi almeno farti sentire.” Rispose stizzita la sorella, chiaramente infastidita dal nomignolo.

“Ahaha, che c’è ,ti mancavo ?” Fece lui, stringendola fra le sue braccia e sollevandola di peso.

“Haaaaa! Che schifo, sei tutto sudato! Lasciami !” Azura di tutta risposta si dimenò, riempiendo di pugni la faccia dell’adorato fratellino.


Concluso il siparietto, Drake si accorse che la ragazza non era da sola, quindi riacquistando compostezza, salutò gli arrivati.

“Piacere, tu dovresti essere Akane. Ah, invece tu sei Tengoku! Ho sentito parlare di te. ” Il biondo ovviamente, aveva sentito commenti tutt’altro che felici sul ragazzo del primo anno, ma finse di non averlo mai visto prima.

“Bhe, io mi cambio in un secondo e poi partiamo. Aspettatemi fuori perché devo chiudere …” Dopo i saluti, scomparve verso una zona indefinita del magazzino, mentre iniziava a togliersi la canottiera impregnata di sudore.
 



Dopo un’altra decina di minuti, il quartetto era seduto su una panchina di fronte alla fermata dell’autobus del centro di Nanimori.

Le ragazze stavano osservando la strada, aspettando l’arrivo del mezzo di trasporto, mentre Tengoku continuava a soffrire terribilmente il caldo, accasciato al legno come un palloncino sgonfiato, totalmente privo di sensi. Drake continuava a fare avanti e indietro per il marciapiede, lanciando spesso qualche occhiata al suo cellulare, per tenere sotto controllo la condizione del tempo. Aveva appoggiato a terra i borsoni colmi dell’occorrente per il mare, munito anche di un dispenser colmo di focacce preparate dalla sorella.

Per fortuna l’agognato bus arrivò, stranamente vuoto, pronto ad accogliere il gruppo. Quando anche Azura, in coda alla fila, salì a bordo, le porte si chiusero.

L’autista, un uomo sulla trentina li salutò, con un velo di sorpresa nel vedere che erano in pochi a beneficare del suo servizio di trasporto. Appena fece per partire, però, una figura non identificata si schiantò, letteralmente, sul vetro del fianco dell’autobus. Il parallelepipedo di ferro traballò un secondo per poi arrestarsi, costringendo tutti i passeggeri a sporgersi dai finestrini.
Una ragazza sul metro e sessantacinque era distesa sull’asfalto, con un’espressione frastornata in volto. I  corti capelli neri, portati a caschetto erano leggermente scompigliati. Indossava una maglietta a maniche corte blu, con la stampa di un’aquila con le ali spiegate sul davanti. Portava dei jeans attillati dello stesso colore e delle scarpe da ginnastica nere.
La carnagione era olivastra, mettendo in risalto i brillanti occhi verde smeraldo, ora spalancati per lo shock.
 
Akane, corse verso lo sportello battendo il pugno contro il vetro numerose volte.

“Io la conosco quella tipa. Autista !”

Il guidatore li fece uscire e il gruppo si radunò attorno alla malcapitata.

“Come va? Riesci ad alzarti ?” Domandò Tengoku, mettendole una mano dietro alla schiena per aiutarla ad sollevarsi da terra.

Lei, di tutta risposta scosse la testa velocemente, per riprendersi. Quando si sentì in grado di muoversi, venne aiutata a rimettersi in piedi.

“Grazie, stavo per perdere il bus, ma sono inciampata.” Con un inchino, si scusò con il guidatore e con i passeggeri per lo spavento causato.
 

“Non ti preoccupare, l’importante è che stai bene. Ragazzi, lei è Giorgia, passa spesso dal negozio di animali dove lavoro.” Disse Akane, mentre con un braccio appoggiato sulle spalle della nuova arrivata, la abbracciava leggermente.

“ Piacere di conoscervi. Akane-chan, ti avevo visto salire, quindi ho affrettato il passo per raggiungerti . Dove siete diretti ?” Giorgia era italiana da quanto si poteva capire, ma parlava perfettamente il giapponese.

“Alla ‘Spiaggia Bianca’. Drake ci sta accompagnando.” Rispose, indicando il ragazzo che ricambiò il saluto.

“Non ci credo! Che coincidenza, anche io. Siamo fortunate ad aver preso lo stesso pullman !” Rise l’italiana, abbracciando l’amica.

-In realtà questo è l’UNICO pullman che porta alla ‘Spiaggia Sabbia Bianca’- mormorò Tengoku, riflettendo sullo strano soggetto che avevano incontrato.

 
Finito lo spavento, il quintetto ripartì, attraversando l’autostrada diretta verso la costa.

Accompagnati da una musica country alquanto gradevole, i ragazzi passarono una ventina di minuti in viaggio. Tra Drake che provava a farli ridere con qualche battute, completamente ignorate dalla sorella, e Giorgia che invitava gli altri a ballare al centro dell’autobus (cosa pericolosissima per via delle numerose scosse a cui erano sottoposti) il tempo volò, lasciando spazio al pungente odore di sale.
 

‘Spiaggia Sabbia Bianca’ era il nome di un resort a ridosso di un grande hotel a cinque stelle, il gigantesco Pilastro del Cielo, che buttava la sua ombra sulla parte meno affollata della spiaggia, ossia dove le barche erano tirate a secca.
 

La combriccola si diresse subito verso il bar del circolo, che fungeva anche da reception, per mostrare i biglietti stampati dal sito internet.  Avvicinandosi alla spiaggia vera e propria, videro poco una ventina di lettini da mare, occupati da qualche famiglia, probabilmente del luogo.
Dopo aver preso posto ai propri, si diressero verso l’acqua, limpida e non molto profonda.

Il ragazzino bruno, avvicinò incertamente il piede per immergerlo, timoroso di prender freddo.


“Dai, Tengoku-chan fatti un bel bagno !”
La mora dai capelli a caschetto, che ora indossava un due pezzi giallo oro, gli afferrò il braccio e, con aria di una che sa di fare la cosa giusta, lo lanciò verso la distesa blu.

Il poveraccio sollevò una colonna di schizzi, emergendo traumatizzato per l’incontro violento con il mare gelido.

Azura e Akane si unirono, la prima indossava un top ad un pezzo, blu scuro e con dei fiori bianchi disegnati sopra, mentre la seconda portava un bikini rosso e nero, con i capelli raccolti in una coda laterale lunga fino al bacino.

I ragazzi portavano dei boxer, quelli del più piccolo erano arancione scuro, mentre quelli del secondo, di un bluette intenso.



Il bruno raggiunse in fretta la riva e, dopo aver constatato con vergogna che anche i bambini avevano meno paura di lui, si sdraiò sul lettino, all’ombra dell’ombrellone bianco.

Chiuse gli occhi, ma prima di addormentarsi pensò che non aveva mai avuto tutti quegli amici prima d’ora… Era incredibilmente felice …

Questo fu il suo ultimo pensiero.

 
“Svegliati Ten-baka !”

Il ragazzo venne scaraventato sulla sabbia da un colpo a tradimento. Ruzzolò per un metro prima che un bruciante dolore lo attaccasse nel punto dove era stato colpito: la guancia destra. Rimase fermo, con lo sguardo rivolto verso il basso, mentre il sudore lasciava posto ai granelli di cui era cosparso.  



Quella voce nasale.
Quella forza.
Quel nomignolo odioso.

Era lui, in mezzo a quel paradiso, il suo diavolo era arrivato …
 


“Ciaoss !”
Un Reborn vestito con gli stessi abiti, solo di color neve, lo salutò abbassandosi leggermente la fedora.

“ Ciaoss un corno! Che ci fai tu qui ?!” Chiese esasperato il ragazzo, mentre si toccava la guancia dolorante e rossa.

 “Ero nascosto nella borsa.” Rispose il piccolo, mentre il suo fidato Leon faceva capolino dal borsellino a tracolla di Giorgia.


“ Stavi dormendo con una faccia da completo ebete. Ti sei reso conto che i tuoi amici sono già usciti dall’acqua ?”

Era vero: probabilmente si erano diretti verso il bar. Il sole era così in alto che non poteva non essere mezzogiorno, quindi il bruno decise di raggiungerli in fretta.

“Ah… a proposito di loro …” lo freddò il sicario,facendo bloccare il suo protetto sul posto, come una statua di ghiaccio.


“Sono proprio promettenti.” Dichiarò con un sorriso enigmatico. Il ragazzo, con una punta di nervosismo, osservò il Tutor.

- Vuol dire che … lo hanno incontrato ?-

E corse, diretto verso il luogo di ristoro, con una strana preoccupazione che gli stringeva il cuore.

 
Trovò gli amici seduti su delle sedie di legno, in un’area al riparo di un grande gazebo. Vide Azura intenta a gesticolare contro il fratello, ma questi non rispondeva, anzi, guardava davanti a se con sguardo spento.

-Staranno litigando.- pensò . Ma quando vide un velo di preoccupazione anche nella faccia di Akane gli venne un balzo al cuore.
Iniziò a rallentare la sua corsa, fino a trovarsi a camminare lentamente in direzione dei quattro.

Drake lo notò da subito e gli rifilò un’occhiata fredda,tagliente che lo fece fermare di colpo, come le parole di poco prima.

Anche Giorgia lo fissò, ma lei era decisamente scossa e stava tremando leggermente.


“Tu …” il biondo si alzò in piedi, surclassando il ragazzino con tutta la sua altezza.

“Quel bambino mi ha detto tutto … sulla storia di questi Vongola.” Erano così vicini che Tengoku riusciva a sentire il respiro dell’altro scompigliargli i capelli.

“ Ah, s-si. Lui è … mio cugino! Si, mio cugino! Si diverte a raccontare a tutti quella storia… ehm… giusto Akane !?” il ragazzo, totalmente intimorito, provò a tirarsi fuori da quella situazione pericolosa.


Ma di tutta risposta la ragazza, fece segno di ‘no’ con la testa.
“Non potevo negare il tutto di fronte a Reborn… Ora ne è a conoscenza.” Rispose con serietà la mora.

“Io… sapevo che la mafia fosse cattiva.” Disse con voce scossa Giorgia, ritrovandosi anch’ella a fissare il diretto interessato, con sguardo supplicante, come a volersi tirare fuori da quella realtà.


“Ascoltami, TU …” Il ragazzo, squadrò il piccolo con un’occhiata intimidatoria.

“Non mi importa per quale causa combatte la tua Famiglia. Se stavi per mettere in pericolo mio sorella , allora ti sbagliavi di grosso.”

“ Sta stai zitto Drake ! Non sono per niente piccola, grazie a lui, ad Akame e a Reborn ho imparato a difendermi per difendere a mia volta le cose che non voglio perdere. Non voglio rinunciare a degli amici !”
Gridò Azura, afferrando il polso del fratello per impedirgli qualsiasi movimento inopportuno.

Dopo un silenzio che parve infinito, il biondo smise di guardare la sorella, come se ne fosse infastidito.

“Se è così forte da difenderti, allora non rinuncerà ad una sfida. Così, tanto per vedere quanto è forte …” le ultime parole le pronunciò con una punta di ironia, osservando di nuovo il fisico gracile del cosiddetto Boss.

“Se vinci, vorrà dire che sei abbastanza forte da poterla proteggere, ma se perdi… non osare mai più avvicinarti a lei!” Sussurrò infine, lapidario.

“C-cosa?” Chiese Tengoku, sbigottito. Si sentiva debole e confuso, come se un ostacolo insormontabile si fosse parato davanti al suo cammino di serenità.


“Accetta.” Gli ordinò una figura alle sue spalle.
Reborn aveva spezzato quella tensione, come risvegliando il protetto da una situazione di stallo.

“Un Boss, così come un amico deve fare di tutto per non perdere le persone di cui si fida.”
 

E con quelle parole che gli rimbombavano nelle orecchie, il ragazzo annuì, con una nuova forza nel cuore.
 







 ANGOLO AUTORE
 

Ciaoss e Welcome back! Come va? Visto, nonostante la fic caricata una settimana(precisa) fa, ritorno con un mini-capitolo di’ Story of a Family’ XP. Vi sono mancato … ammettetelo, che vi sono mancato, tanto lo so XD. Narcisismi a parte, questo e il prossimo faranno parte di un’unica parte (eh?)… no, riproviamo: saranno collegati tra di loro, dato che volevo interrompere questo proprio sul più bello. Cosa accadrà nel prossimo? Drake si convincerà della ‘forza’ di Tengoku(non credo.), torneranno sani e salvi a casa( sani non lo sono mai stati.)… ma soprattutto … Master Chopper verrà perdonato per aver interrotto proprio sulla scena clou un capitolo del genere(meglio che scappo.)? Lo scopriremo … nel prossimo capitolo! Alla prossima X3!  

P.S Ringrazio (ancora) Kurosaki Simon per gli OC (giusto un filiiiiiino OP) e mando un messaggio a tutti coloro che non recensiscono perché le iscrizioni sono terminate:

 

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Capitolo 4
*** Target Number 2: I Vongola non attaccano sempre d'estate 2/2 ***


I ragazzi raggiunsero il luogo dello scontro: il campetto da basket dietro il bar.

I due canestri erano divisi da un tappeto di mattonelle, quasi del tutto ricoperte dalla sabbia.


Non c’era nemmeno una nuvola in cielo.
 

Quando il campo fu ripulito, il biondo prese un pallone dal suo zaino, iniziando a palleggiare freneticamente. Non si poteva individuare la posizione della palla, prima era nella mano destra, poi nella sinistra. Il palleggio era eseguito con eleganza, ma trasmettendo forza e vigore.
 

“ Le regole sono semplici.” Disse, riafferrando la sfera e portandola davanti a se.”Mi dovrai sottrarre la palla, prima che io faccia tre canestri. Non importa la distanza. Iniziamo!”
 
E con rapidità, Drake scattò verso l’avversario, ancora scosso.

Il bruno, che di basket ne sapeva quanto un lombrico, incespicò qualche passo, cercando di bloccargli la strada.
All’ultimo si lanciò verso il tedesco, intento a strappargli l’oggetto della vittoria, ma con una finta, finì per cadere a vuoto.

Mentre si rialzava, con la faccia dolorante, sentì il suono del metallo che cigolava e poi un tonfo:il primo punto era stato fatto.

“Rialzati.” Gli ordinò il vincitore del primo set.

 
Ripartendo dalle stesse postazioni, ricominciarono.
 
Stavolta Tengoku guadagnò subito la distanza, mettendo alle strette il biondo e impedendogli di superare la metà campo.

Purtroppo cascò nello stesso errore di prima: si buttò subito sulla palla, finendo per sbilanciarsi. Non cadde, ma quando fece per voltarsi …

Fu il pallone a raggiungerlo … sul naso.

Il poveretto crollò all’indietro, mantenendosi la faccia, segnata dal ruvido cuoio.
 
“Ei! Non vale così: è un fallo bello e buono, questo!” Gridò Akane dagli spalti, sbattendo i pugni serrati contro il legno delle panchine.

“Non ho detto che stiamo giocando a basket.” Ribatté il biondo, con nonchalance, mentre segnava il secondo punto, un canestro da centrocampo.


Il ragazzino si rialzò, mantenendo una mano sulla  faccia dolorante.

Quando la tolse, notò uno strana sensazione sul palmo. Erano lacrime.

Solo allora si accorse di stare piangendo. Forse per il dolore?

No, non era quello il momento. Era qualcosa di più demoralizzante,come una morsa al cuore.
 

Guardò gli spalti, con la faccia cosparsa di lividi.

Vide Akane, che si mordeva il labbro nervosamente, con le braccia conserte.

Vide Giorgia, ancora tremante, mentre con lo sguardo di una che non può fare niente se non guardare, si sforzava di non piangere. In quelle poche ore si era già creato un legame molto forte tra lei e il gruppo.

Notò con tristezza Drake, che mentre recuperava il pallone gli teneva addosso quello sguardo distante. Come contraddirlo? Aveva cacciato sua sorella in un guaio da cui sarebbe stato difficile riportarla indietro indenne.

E infine … proprio LEI. Che guardava il fratello con gli occhi rossi di pianto, consapevole di tutto. Consapevole di tutto …

Con un gesto distratto si ripulì il volto.

Quanto era stato stupido. Poteva perdere una cosa importante come Azura … Ma certamente se non avesse lottato si sarebbero allontanati lo stesso.
Doveva diventare abbastanza forte da proteggere i suoi amici da tutte le avversità!
 
“RINASCITA!!”  urlò, correndo verso l’avversario,confuso dallo strano comportamento acquisito.
 
Nei suoi occhi brillava la determinazione. Era la forza di volontà a muovere i suoi muscoli. Si sentiva invincibile!
 
Fino a quando un’altra pallonata, stavolta diretta alla bocca dello stomaco, non fermò la sua corsa, facendolo rovinare nuovamente sul cemento.

“In amore e guerra tutto è lecito …” gli bisbigliò all’orecchio il sedicenne, con la solita freddezza. Poi si alzò dirigendosi verso il canestro.

“E questo non è decisamente amore!”

Lanciò in aria la palla, librandosi in volo nel frattempo.

Quando la sfera gli fu all’altezza degli occhi iniziò a calare il braccio, deciso a finire quella battaglia con la sua migliore schiacciata.


Ma una mano di troppo gli afferrò il polso, ancora in volo.
Il biondo si girò, mentre sentiva il vento scompigliargli i capelli … insieme a quelli di una seconda persona!

“RINASCITAA!!! VINCERO' ANCHE A COSTO DELLA VITA!!”

Tengoku , con una strana fiamma arancione che gli brillava tra il suo ciuffo albino, bloccò il canestrista da dietro, utilizzando la mano libera per sporgersi verso il suo traguardo: il pallone.

Ma il ragazzo fu più tenace e ritirò l'arto, finendo per sbilanciarsi ancor di più.

Entrambi  i ritrovarono con la faccia contro il palo del canestro, facendolo piegare pericolosamente.

Dopo un cigolio sinistro, l’apparecchio crollò sotto il suo stesso peso, sollevando una gran coltre di finissima sabbia .

“ TENGOKU! DRAKE! ” urlò Azura, saltando giù dalla scalinata, seguita immediatamente da Akame, che dispensava imprecazioni e una preoccupatissima Giorgia.

Si radunarono attorno alle macerie, cercando con sguardo qualche forma di vita tra quei pezzi di metallo sporgenti e pericolosamente taglienti.
 
Dopo qualche secondo si udirono dei segni di vita:

“Oi,oi …” un borbottio familiare le incitò ad accorrere verso la fonte del suono.
Drake era in piedi a malapena, appoggiato ad il tabellone del canestro a pochi centimetri da lui. Era sporco di terra ma non pareva gravemente ferito.

“Drake!” Azura gli corse incontro, piangendo, per poi stringersi al suo petto.

Ma il fratello rimase impassibile, a discapito del dolore, continuando a fissare a schiena dritta un punto oltre le ragazze.

Queste ultime, quando si girarono, non poterono non rimanere immobili come il biondo.


Tengoku, seduto a gambe incrociate, stringeva la palla al torace, abbracciandola con fermezza. Lo sguardo era serio, mentre fronteggiava quello dell’avversario, identico al suo.

Infine, il giovane Schlmit sospirò, facendo spallucce con aria di finta rassegnazione.

“A quanto pare hai vinto, giusto moccioso?” provò a dire, trattenendo una risata.

“Già!” annuì il bruno, mostrandogli un sorriso a trentadue denti, mentre sentiva un enorme peso levarsi di dosso, ridandogli la tranquillità da tanto aspettata.
 
Reborn gli si avvicinò lentamente, ridendosela come suo solito, sotto i baffi.

“Visto che bello avere qualcuno da proteggere? Un Boss può essere un padre,così come un amico, ma il concetto morale rimane sempre quello: Creare Armonia nella Famiglia. E tu hai lottato per mantenere quel legame.”
Gli disse, mantenendo la serietà, anche se non poteva certo negare a sé stesso che quel pappamolla non lo  rendesse fiero dei suoi  insegnamenti.

“ Aspetta,aspetta mafiosetto da strapazzo.”

Il biondo afferrò il ragazzino per la collottola e lo sollevò fino alla sua faccia.

“ Sei abbastanza forte da proteggere mia sorella, è vero. Ma io mi oppongo se pretendi che suo fratello non possa scortarla insieme a voi. Nessun problema?” Sorrise, con aria di chi non accetta pretese. Lo aveva incastrato per bene.
Azura, di tutta risposta arrossì, allontanandosi dal fratello di diversi metri.

“Ehm … N-no, nessun problema.” Farfugliò Tengoku, senza ormai la spavalderia di poco prima.


Purtroppo il tenero discorso non poté continuare, causa una violenta esplosione proveniente dall’albergo  ‘ Pilastro del Cielo’.

Dopo il terribile botto, seguirono urla disumane e grida spaventate da parte dei bagnanti.

Sette grossi fuoristrada neri avevano fatto irruzione nel lido, sfondando la recinzione in legno della strada che la collegava all’hotel.

Da i macchinoni fuoriuscirono una cinquantina di individui, all’apparenza poco pacifici. Erano vestiti di sole giacchette in cuoio nero sulla pelle nuda e pantaloni scamosciati così lunghi da coprire le scarpe. Oltre alle capigliature rigorosamente punk, portavano con sé diverse armi da fuoco e alcune bianche.

Il quartetto, lontano dal luogo del trambusto, balzò in aria dallo spavento, mentre la paura si faceva strada tra di loro.

“Ah. Lo avevano detto al telegiornale che la  ‘Spiaggia Sabbia Bianca’ era stata dichiarata obbiettivo sensibile per la gang yakuza ‘Kuro Oni’. Pensavo di vedere più sorveglianza …”

Mormorò il piccolo, con voce abbastanza alta da allarmare il suo protetto.

“Cosa?! Non potevi dircelo prima !?” piagnucolò il ragazzo, nascondendosi dietro la colonna di legno del bar.

Purtroppo, quando si sporse non vide certo qualcosa che lo tranquillizzasse:

La gang aveva preso in ostaggio diversi gruppi di persone, mentre a quanto pare la polizia era intrattenuta con un’altra squadra, che stavolta aveva attaccato il resort più avanti.
 

“Sei un grande capo! I piedipiatti non ci vedranno mai, mentre sono impegnati con un falso gruppo.” Un uomo basso e tozzo, dalla folta capigliatura ispida, acclamò un ragazzo seduto sul tetto di un’auto.

Era alto e muscoloso, pieno di tatuaggi su tutto il busto, lasciato scoperto da una camicia bianca sbottonata, fino al collo. Oltre ai bermuda e ai sandali rovinati, un altro componente bizzarro della sua persona era una coda di cavallo rossa, lunga fino a terra che troneggiava sulla sua testa calva. I suoi occhi erano cattivi, mentre incitava gli ostaggi a restare fermi, intimandoli con una mazza da baseball ricoperta di chiodi e sporca di sangue secco.

“ Lo so, Fujiin. Prendiamo tutte le donne e le provviste, ragazzi!” Gridò il malavitoso, alzando l’arma al cielo, rivolto ai suoi uomini che si dimostrarono più che entusiasti degli ordini appena ricevuti.
 
Nel mentre, sempre nascosto dietro l’area ristoro …

“Brrrrr … non sarebbe meglio lasciare che la polizia facesse il suo dovere? Non è buona cosa intralc- “

 Tengoku, vide con terrore Azura,Drake e Akane  dirigersi verso la gang, con aria agguerrita.

“No! Che fate?” urlò il ragazzo, mentre con riluttanza fu costretto a lasciare la colonna a cui si era abbracciato.

“Fanno quello che è più giusto.” Stavolta fu Giorgia a parlargli, mettendogli la mano sulla spalla.

“E poi, ‘Boss’ ci sei tu, non è vero?” la domanda, accompagnata da un sorriso spiazzante, fu la goccia che fece traboccare il vaso. Anche un fifone come lui, avrebbe combattuto con quei principi nelle orecchie.  

“Ok, Reborn! Sparami di nuovo quel proiettile: voglio aiutare i miei amici!”

“ Certo … quando sarai pronto.” Rispose egli, fissandolo con i suoi occhi inespressivi.

“Ma si,si, sono carichissimo. Devo concentrarmi su che cosa volevo fare da vivo, giusto? Sparami in fronte, ora!”

“ Sei così positivo che non hai reali preoccupazioni. Se vuoi che ti riempia di piombo inutilmente devi farmi arrabbiare proprio di brutto. Così come sei ora, morirai di certo, sappilo.” Ribatté, stavolta con un tono più freddo.

“Devi sapere anche cosa sono le privazioni e i limiti. Sono il tuo Tutor, giusto? Se dico una cosa ho sempre ragione … e ora va ad aiutare quegli scalmanati.” Il ditino paffuto indicò un’autentica catastrofe:

Akane stava sparando infuriata, mentre insulti e maledizioni fuoriuscivano dalla sua elegante bocca come un fiume in piena, Drake menava le mani contro chiunque gli fosse a tiro, mentre Azura faceva volteggiare a destra e a sinistra il suo nuovo tridente in acciaio.

-Cavolo!-  pensò il bruno, prima di lanciarsi in mezzo alla mischia, urlando ad occhi chiusi e sperando di non andare a sbattere contro qualcosa.

“E tu, Giorgia De Luca? Il tuo discorso di prima era molto incoraggiante. Ti sei ripresa subito dallo shock per immedesimarti subito nel ruolo nella Famiglia. Dovresti andare anche tu, con loro.” Il nanetto si girò verso la ragazza, che per tutto quel tempo era rimasta di fronte a lui, dandogli le spalle.

La studentessa si girò, arrossendo all’istante e voltando la testa per non incrociare lo sguardo del sicario.

“ I-io … sarei un peso … perché non sono abbastanza forte.” Mormorò, farfugliando qualche altra parola ad un tono troppo basso per essere compreso.

“Dalle mie fonti risulti praticare nuoto, nonché sei stata ex-campionessa di kick boxing lo scorso anno. La tua elasticità muscolare non è paragonabile a nessuno, nemmeno ad una killer addestrata come Akane. Cosa ti manca, quindi?”

“La … forza!” Esclamò la mora.

“La forza?”

“Si, la forza! Quella che aiuta a proteggere e a scacciare il male!” Continuò la studentessa, stingendo il pugno davanti a se, come a sfidare il cosiddetto ‘male’ che voleva eliminare a tutti i costi.

Il piccolo ci pensò su, abbozzando un sorriso. Aveva proprio quello che faceva per lei …

“Dimmi, ti piacciono i frisbee?”

 “F-frisbee?” Quale forza poteva farle trovare quel buffo ometto, in un gioco da bimbi?

“Tieni questo. E’ una variante più tagliente. E uccide. Usalo solo nel momento del bisogno.”

Le porse un chakram in ferro di venti centimetri di diametro, dai bordi seghettati.

“Uhm? R-rebron-sama?”

Purtroppo la ragazza non poté ringraziare, perché un’ennesima scossa proveniente dal campo di battaglia la costrinse ad impacciare un ‘Grazie’, per poi farla correre in soccorso.
 
Tra la sabbia e gli ombrelloni, i ‘Kuro Oni’ si erano subito lanciati  alla soppressione della rivolta, venendo dimezzati in un buon quarto d’ora.

Drake, nonostante fosse quello meno affine al combattimento, aveva steso una decina di yakuza disarmati, spesso bersagliandoli con sassi o mattoni diretti verso le loro teste rasate.

Akane aveva finito i proiettili e ora si stava affidando totalmente ai suoi coltelli, che volteggiava con maestria, evitando pallottole e colpi e lasciando i suoi avversari al tappeto con vari ematomi e tagli.

Anche la rossa, con la sua ingombrante arma, se la cavava, preferendo stendere i nemici con il manico, trovando difficile eseguire degli affondi con quel pezzo di metallo di poco più grande di lei.

Fu proprio quest’ultima a finire nei guai per prima: un grasso yakuza la aveva afferrata per i capelli, sollevandola in aria e facendole un sacco di male alla testa.
Per sua sfortuna il tridente le cadde dalle mani, lasciandola sola in preda al pericolo. Le sue urla non vennero ascoltate in quel trambusto generale, mentre intorno volavano proiettili e corpi che ululavano dal dolore.

 “ Ohh! Ma che bella signorina abbiamo qui! Sai cosa ci fa Claus-sama con le puttanelle come teee?” le sussurrò all’orecchio quel grasso uomo, inondandole le narici col suo alito fetido. La sua lingua era lasciata a sferruzzare l’aria, mentre le gote gli si colorarono di rosso, ottenendo un’espressione mostruosamente perversa.

“Non ti preoccupare. Se fai la brava, Claus-sama ci farà divertire anche noi con il tuo corpicin-!”

Non finì la frase, per via di un profondo taglio appena aperto lungo tutto il suo fianco sinistro. Da li subito iniziò a spruzzare sangue, mentre mollava la presa, sentendosi  mancare le forze.

Dalle sue spalle fece capolino nientepopodimeno che Giorgia, con in mano la sua nuova arma. Sorrise all’amica, contenta di vederla sana e salva.

“G-Giorgia? Grazie.” Azura era ancora scossa, ma un urlo la fece tremare per lo spavento.

“BASTARDO!”

Drake, dopo aver preso la rincorsa sul corpo disteso dell’uomo svenuto, saltò in aria, per poi calare un bastone che aveva trovato per terra sulla faccia dell’aggressore, facendo nuovamente volare schizzi di sangue.

Quando si rialzò, grondante di sudore vide che il pezzo di legno si era fracassato per la troppa forza impiegata nel colpo.
 

“Guardate, c’è qualcun altro che si sta divertendo, qui.” Disse con tono sarcastico, indicando una nuvola di polvere che si muoveva a gran velocità per la spiaggia.
 

Ma, più che una nuvola sarebbe stato meglio dire : un umano. E che umano.

Tengoku stava correndo ad occhi chiusi, emettendo versi che potevano essere compresi come un urlo di guerra, mentre agitava a casaccio una scure trovata nella cabina del bagnino.
Non stava evidentemente colpendo nessuno, ma rompeva le righe della gang, causando caos e confusione.
Dopo una decina di metri, inciampò, sbattendo il piede contro un lettino, il che causò un effetto fionda spedendolo in avanti.

Rotolò sulla sabbia, graffiandosi con i cocci di vetro per terra e finendo per atterrare davanti ad un grosso fuoristrada.

E sul tettuccio, c’era seduto proprio il capo degli ‘Kuro Oni’, Claus, che lo fissava con aria confusa.

“Sei tu che fai tutto questo casino?” chiese seccato, osservando i diversi corpi privi di sensi dei suoi uomini.

“Sì, cioè … no! Ehm …” farfugliò il ragazzino, provando a rimettersi in piedi.

“ Bhe, mi stai facendo incazzare di brutto.  Fujiin!” chiamò il Boss, rivolgendosi a qualcuno alle sue spalle.

Purtroppo per  lui quel ‘qualcuno’ era disteso lungo per terra, con un rivolo di sangue che gli colava dalla bocca. Sulla sua fronte si trovava il manico spezzato dell’accetta di poco prima, probabilmente volatagli addosso durante la caduta del bruno.

“ C-cosa?!” si stupì lo yakuza, montando su tutte le furie.
 

“Ten-kun! Ti aiuto io!!” urlò Giorgia, da lontano.

Lei e gli altri tre erano bloccati da quindici uomini ancora in sesto, a bordo delle loro auto.

L’italiana, anziché continuare ad attaccare corpo a corpo, prese a due mani il suo chakram e iniziò a volteggiare su sé stessa. Dopo diversi giri,  lo lanciò con tutta la sua forza, verso il compagno in difficoltà.

Peccato che una zaffata di vento fermò la sua corsa, facendolo cadere tra i macchinoni, tra le risate generali degli uomini a bordo.

“Eh?” chiese Azura quando vide il mancato tentativo di soccorso.

“EH?!” urlarono tutti, vedendo l’arma esplodere dopo pochi secondi, facendo volare lontano le vetture, uomini compresi.
 


“Uhu!” rise Reborn, in piedi sul sedile posteriore della macchina di uno dei poliziotti, diretti verso la ‘SSB’.
 


 Immediatamente i quattro avevano raggiunto il compagno, trovandosi di fronte l’unico membro restante della banda.
“ Graargh!” ruggì Claus, calando la sua mazza da baseball chiodata sulla testa di Akane.

Ma la killer rimase immobile, per nulla sorpresa di vedere come Drake avesse dirottato il colpo altrove con un calcio di tacco, facendogli volare via il bastone.
 
Lo yakuza non si arrese, estraendo una minigun dalla sua tasca, stavolta mirando il biondo.

Nuovamente venne bloccato, stavolta dall’assassina dei Vongola stessa, che con un fendente, gli procurò un lungo taglio sul braccio che impugnava la pistola.

Subito arrivò Azura che, dopo aver colpito il ragazzo in pancia con una mazzata, lo sollevò di peso con l’asta e lo scagliò alle sue spalle.

Ad aspettarlo c’era Tengoku, a diversi metri, tremante.

Ma non era la paura a farlo tentennare. Era la rabbia, vera come la fiamma che brillava sopra i suoi occhi, più brillante che mai.

Il ragazzo si lanciò in volo, verso il corpo indifeso del criminale, con il pugno destro caricato all’indietro.

“RINASCITA!! DISTRUGGERO’ CLAUS A COSTO DELLA VITA!!!”

 E si scontrarono.

Per poco si udì il suono di un qualcosa che si rompeva, poi un’enorme onda d’urto scosse la sabbia sotto di loro.

Il pugno che aveva incontrato la sua faccia lo scagliò lontano,oltre il bar,oltre il campo da basket.
 
Lontano.
 
La polizia rimase sbigottita nel vedere come quei cinque ragazzi furono sani e salvi, chiudendo il caso e etichettandolo come una rivolta all'interno dei ‘Kuro Oni’.
 
 
ANGOLO AUTORE

Welcome Back! Ecco come finisce questa ‘Seconda parte’ di ‘ I Vongola non colpiscono solo d’estate’. Spero ve lo siate goduto ( a parte il titolo da cinepanettone scadente XD). Fatemi sapere cosa ne pensate.
Mi dispiace non aver visto uomi-hime nelle recensioni dello scorso capitolo (nuuuuu,proprio dove appariva il fratellone della tua Azura T^T) e spero stia bene.
Detto questo … Alla prossima X3!
P.S: Secondo voi quali sono le fiamme dei personaggi presentati XD? Lo so, è una domanda un po’ stupida ma non tutti potrebbero averle indovinate.

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Capitolo 5
*** Target Number 3: Spaghetti alle Vongole ***


Target Number 4: Spaghetti alle Vongole.



21 Dicembre.

La Namimori Middle School era chiusa per quel lunedì, quindi non era raro vedere gruppi di studenti, dal primo al terzo anno, vagare per la città.
 
Cinque ragazzi stavano passeggiando tranquillamente per il Parco Pubblico di Nanimori, tra le fronde delle larghe foglie di palma.
 Parevano parecchio spensierati, a parte il ragazzo più piccolo, che veniva ripetutamente strattonato dalle orecchie da un nano in completo.

 Quello che non si aspettavano era che due presenze, nascoste tra i cespugli, osservassero i loro movimenti.
 
Una voce fredda e bisbigliante ruppe il silenzio tra i rami, spaventando qualche uccellino posatosi nei dintorni.
 

“Tengoku Marco Sawada, quattordici anni, prima B. Conosciuto come Tenbaka in tutta la Nanimori Middle School, media bassa.
 
Azura Schlmit, quindici anni, prima B. Anche lei famosa, ma per aver steso il capitano della squadra di calcio. Media bassa, la ragazza più carina delle prime. Origini tedesche.
 
Drake Schlmit, l’idolo del terzo anno. Sedici anni, vincitore per due anni del torneo di basket e atletica leggera. Terza A.
 
Akane Mizuno, sedici anni, terza C. Probabilmente la più bella della scuola. Italiana, trasferita da un mese, media eccellente.
 
Giorgia De Luca, anch’essa italiana, ma trasferita da più tempo. Scuola media Midori, terzo anno. Non ho abbastanza informazioni sul suo conto …”
 
 
“Basta Luchas, mi metti i brividi!” una figura si alzò di scatto e uscì da quel nascondiglio con aria seccata.
 
Era un ragazzo alto sul metro e settantacinque, dagli ispidi capelli castano scuro. La pelle era abbronzata, gli occhi marrone scuro.
 
Era vestito molto leggero, giusto una T-shirt bianca smanicata e degli short di jeans.
Sul collo, poco sopra il petto si intravedeva un sole bianco e nero, tatuato.

“ Perché diamine li perseguiti, scusa ?” Disse, rivolgendosi ad un qualcuno rimasto ancora tra le foglie.

Dopo poco, quel ‘qualcuno’ emerse dalla sua tana, pulendosi dalle tracce di terra.

Era un maschio anche lui, però di una decina di centimetri più basso. Aveva dei folti capelli rossi, scompigliati in avanti, che li ricadevano sulle spalle. I suoi luminosi occhi giallo oro, brillavano su quella pelle chiara, esposti ad un sole brillante. Vestiva una felpa nera e dei pantaloni larghi e grigi.

Lentamente si sfilò il binocolo appeso al proprio collo, facendo attenzione a non far cadere i suoi occhiali tondi e dalla montatura nera.

“ Te lo ripeto, Raxas: quel Tengoku ha qualcosa di strano! Non può trasformarsi dal Tenbaka che ho conosciuto a … Uno che conosce così tanta gente popolare, insomma!” Esclamò il tappetto, indicando il gruppo, ormai distante parecchi metri dalla loro postazione.

“Oh, qualcuno qui è invidioso …” Sorrise maliziosamente il castano, afferrando l’amico per la collottola e sollevandolo di molto da terra.

“ Oi! Oi!” urlò quello, dimenandosi mentre sprofondava nei propri vestiti.

“ Se continui con questo fare inquietante non ti farai mai degli amici, Luchas-chan.” Lo punzecchiò il castano, riportandolo al suolo.

Il ragazzino si rialzò, puntando all’amico un’occhiata decisa, come se stesse per dire qualcosa di molto importante.

“Ma tu … Raxas-chan … io e te rimarremo amici, vero?” gli chiese, mentre negli occhi si leggeva una certa tristezza.

“ Lascia stare.” Rispose il diretto interessato, iniziando ad allontanarsi. “Andiamo a mangiare qualcosa.”
 
“Aspettami!”
 
 
 


Azura, in capo al gruppo stava camminando su per il marciapiede con fare parecchio seccato.

“ Non posso credere che dobbiamo per forza venire con te in fumetteria!” Urlò, rivolgendosi al fratello, che nel mentre si stava asciugando la fronte con un fazzoletto.

“Non posso farci niente, per queste due ore è il mio turno.” Improvvisamente iniziò a correre, superando la sorella e lanciandole il pezzo di carta bagnata in faccia, iniziando a ridere.

Quello che seguì fu una serie di imprecazioni in tedesco talmente violente che Tengoku, spaventato, si nascose dietro Akane.
 

Giorgia, come se si fosse improvvisamente risvegliata, esclamò:

“Che ne dite se andiamo a mangiare?!”
La sua espressione era allegra e stava chiaramente supplicando i due amici.

“ No, Veronica-sama ha già invitato me, il Boss e Azura a pranzo. “ puntualizzò la mora più grande, tranquillizzando il suo ‘Boss’.

“Oooh… ” la ragazza chinò il capo, sconsolata, per poi seguire gli amici nel negozio.
 
Considerata l’ora, sarebbe parso strano trovare tanti clienti, ma il punto era che lì dentro non c’era (quasi ) anima viva.

A parte Azura, Akane, Tengoku, Giorgia e Drake, l’unico cliente era un ragazzo tranquillamente sdraiato su di un divanetto di finta pelle verde.

La testa era immersa in un manga, voltando pagina ogni cinque secondi, come se se lo stesse divorando.

Quando sentì il suono del campanellino ,che suonava ogni tal volta che qualcuno apriva la porta, si compose assumendo una postura corretta.  

Anche da seduto rimaneva comunque più alto della tedesca , era vestito con una felpa bianca dal cappuccio largo, che ricadeva all’indietro.
Da sotto la veste si notava il rosso acceso di una maglietta, mentre portava dei pantaloni da jogging  grigi e delle scarpe da ginnastica nere.

All’inizio si guardò intorno con fare scettico, poi sorrise ai ragazzi, avvicinandosi a loro.

“ Buongiorno, sono giusti?” disse, indicando una manciata di yen poggiati sul bancone. La voce era rilassata e gentile.

Drake controllò subito, per poi consegnare lo scontrino, ricambiando il sorriso.
“ Certo.”

“ Grazie, allora.”

Si girò, mostrando finalmente il suo volto:  i capelli rossi lunghi fino  alle scapole incorniciavano il volto dai lineamenti delicati. La pelle chiara faceva risplendere i suoi occhi etero cromatici, l’uno verde smeraldo, l’altro rosso cremisi con una strana runa al posto della pupilla.

Quando Tengoku incrociò il suo sguardo, quando guardò in quell’iride …
 
La tranquilla giornata estiva era rallegrata dalle grida entusiaste dei bambini, che correvano nel grande giardino ai piedi della Magione.

La vasta area verdeggiante era delimitata da un bosco di pioppi, che filtravano la luce del sole attraverso le loro foglie, creando un bellissimo effetto luminoso sul prato.

Un bimbo sui cinque anni stava giocando a palla con una bambina più grande di lui.

Lui era basso, vestito con una semplice camicetta con sotto una canottiera e un paio di jeans.
Lei invece, vestiva un lungo abito di diversi colori, dal giallo al verde.
 
Il piccolo dagli spettinati capelli bruni, si voltò improvvisamente, perdendo di vista il gioco.

Anche l’amica lo imitò, incuriosita da quel comportamento.

Entrambi videro un uomo altissimo in confronto a loro, quasi a sfiorare i due metri. Era di bell’aspetto con dei capelli biondi lucenti legati in una lunga coda di cavallo bassa.

Mano nella mano, accompagnava un ragazzino, probabilmente dell’età di lei.

“ Veronica, che c’è? Ti sei persa il fidanzatino? Hihihi.” Si inginocchiò per parlare con quei nanetti, mentre sghignazza allegramente.

Veronica arrossì di colpo, vedendo come il bambino dagli ispidi capelli rossi stesse facendo lo stesso.

“Papà! Non siamo fidanzati.” Urlò indispettita, sgridando il genitore.

“ Signor Dino, le assicuro che non è così …” borbottò il piccolo rosso, troppo imbarazzato per alzare lo sguardo.
 
“Che significa … fidanzati?” il brunetto si avvicinò ai tre, stingendo la palla. La pelle perlacea brillava al sole, come qui suoi grandi occhioni verdi, intenti a fissare l’uomo di nome Dino.

“Non ti ci mettere anche tu ,Ten!” continuò la castana, mentre ora il suo colorito assomigliava alle tonalità che acquisiscono i pomodori maturi.

Il bambino, alzò lo sguardo, fissando timidamente quel piccino tanto curioso.

Lui, in quegli occhi vide il verde delle praterie e … il rosso del fuoco ardente. Su cui troneggiava un simbolo nero.

 
 

 
“ Boss!” una voce lontana …

“Ten!” una più vicina …

“Svegliati Ten-kun!” una troppo vicina!

Un pugno colpì la guancia indifesa del ragazzo, facendolo rovinare a terra con un gran tonfo.

Tengoku si sentì totalmente scosso, dopo che quell’intorpidimento generale andò via, lasciando spazio ad un dolore lancinante alla faccia.
 
 “Giorgia quando una persona è in trance non si danno i pugni! Al massimo uno schiaffo!” Disse Akane, correndo in soccorso del bruno, mentre l’amica rimaneva immobile a pensare a quello che aveva appena fatto.

“E’ vero! Scusa Ten-kun.” Infine, come se fosse stata lei a risvegliarsi da una trance, balzò verso il malcapitato che aveva assaggiato il suo pugno.
 
“Io …”

“Si? Chiese Azura, mentre lo aiutava a rimettersi in piedi.

“Io devo cercare qualcuno.”
 
||| 

“Ma Veronica-sama, il Boss merita di sapere la verità!”

La mora stava fronteggiando la Futura Undicesima Cavallone, anche se il rispetto nei suoi confronti limitava la sua tenacia.

“No. Decimo ha espresso chiaramente il suo dissenso nella rivelazione di argomenti che riguardano la Famiglia. Se proprio vuole saperli, dovrà aspettare il suo ritorno.” Disse con fermezza la castana.

Quel gruppetto di scalmanati l’aveva interrotta durante un the con Reborn.

Di tutta risposta, il piccoletto era rimasto in silenzio durante la discussione, gustando i biscottini.

“ Veronica io voglio sapere! Perché non riesco più a ricordarmi il volto di mio padre ? Perché tutto quello che mi resta degli anni che ho passato in Italia, sono solo flash?!”

Il ragazzo era in piedi sull’uscio di casa, lo sguardo fermo ma gli occhi tremanti, come se si stesse per rompere.

“ Mi dispiace Ten … non sono autorizzata a dirti nulla.” Fu tutto quello che rispose la donna, con la testa china. Sparecchiò il tavolo-Leòn e sparì in cucina, tra il fracasso dei piatti e delle posate.
 
“ Non dovresti prendertela con lei.” Disse infine Reborn. I due, in procinto di andarsene, si girarono per ascoltarlo a fondo.

“Qui Veronica è l’unica cosa per cui dovresti essere grato. Ti conosce meglio di me, ma soprattutto è lei quella che soffre maggiormente. Conosce la verità ma non può dirla nemmeno a te, il suo protetto. Pensa prima di parlare …”

Il sicario era freddo, certamente quella mancanza di rispetto lo aveva infastidito non poco.
 

“ Boss , io vado ad avvisare gli altri che hai finito …” neanche Akane aveva voglia di dire altro. Piano piano, si diresse verso l’uscita.
 
Che brutta situazione. Tengoku non si era nemmeno reso conto che una delle figure più importanti per lui, si trovasse in difficoltà. L’aveva sempre vista come una supereroina , ma mai come una donna normale. Aveva marciato sulla sua debolezza, Reborn diceva il vero: è lei quella che soffriva di più.
 
Con calma entrò in casa, ma non prima di aver bisbigliato un ‘grazie’ certamente udito dal Tutor.
Trovò Veronica intenta a lavare le stoviglie, mentre la finestra di fronte al lavello, ne illuminava il bellissimo viso e parte dei capelli quasi dorati.

“ Scusa, sono stato uno scemo. Sono troppo cieco per vedere i problemi degli altri, prima dei miei.” Le disse, notando come la donna si fosse fermata a quella frase.

“Lascia perdere.” Continuò a lavorare, liquidando le scuse con un tono di voce molto basso.

“ Per favore, non essere arrabbiata. Farò di tutto per rimediare, ok?” Chiese il ragazzino, avvicinandosi a lei con un sorriso imbarazzato. Sperava di rimettere tutto a posto, ma non riusciva a stabilire un contatto.

“ Ho detto lascia perdere, Ten!” Continuando a non voltarsi, la castana alzò la voce, sempre più nervosa.
Ma non riuscì a continuare a parlare, a causa di un formicolio che partiva dalle anche, per poi estendersi fino alla pancia e sotto le braccia.

“PWHAHAHAHAHAHA! S-SMETTLAHHH!”

“Cocho cocho cocho” sorrise il bruno, muovendo agilmente le sue dita sui fianchi della tutrice, scatenando fragorose risate.

“OHOH-AHAHA OK! OK! FERMO-AHAHAHA!” Veronica era piegata in due dal ridere, mentre le lacrime le bagnavano copiosamente le guance.

Chiunque li avesse sentiti non avrebbe mai indovinato in che situazione si fossero cacciati.

Quando Tengoku smise, la donna si girò,  riprendendo fiato. Poi, finalmente sorrise, abbracciandolo.

“ Va bene.”
Gli diede un bacio affettuoso sulla fronte, per poi ritirarsi in camera sua.

“Devo studiare, ciao.”
E quando sentì il cigolio della porta chiudersi, quell’imbranato si sentì meglio come non mai.
 
 

“Quindi vorresti fare una sorpresa a Veronica?” Reborn era perplesso. Certo, felice che quello stupido avesse imparato la lezione, ma pur sempre perplesso.

“Si. D’altronde al suo scorso compleanno non sono neanche potuto andare.” Rispose, ricordando quella bruttissima settimana passata in compagnia dell’influenza.

“ Si potrebbe fare. Uno dei miei clienti lavora in un ristorante italiano: sarebbe il massimo, no?” Sorrise Drake, che aveva aspettato tutto il tempo fuori dalla casa dei Sawada , attualmente intestata a Veronica Uma.

“ Certo che si!” gli occhi di Giorgia si riempirono di emozione, mentre saltellava in giro per il cortile.

“Ma  … non dovevi avere il pomeriggio occupato?” chiese la Vongola, curiosa del cambio di programma del biondo.

“ Grazie ad un moccioso che si è messo ad urlare ‘Voglio sapere la verità!’ , sono dovuto venire con voi, altrimenti mia sorella non mi lasciava più in pace.

Entrambe le ragazze si girarono verso il canestrista, con aria truce.

“Il Boss non è un moccioso.” La mora tolse la sicura alla pistola, mentre una luce tetra le illuminava gli occhi.
“E nemmeno io.”  Esclamò la rossa e, forse per il fazzoletto bagnato di quella mattina, o forse perché si e basta, attaccò il fratello, tempestandolo ferocemente di pugni. Ciò risparmiò alla killer qualche proiettile.
 

Ore 19:40
Ristorante italiano ‘Valore al Sapore’

 
Il famoso ristorante era sempre sulla bocca di chi volesse cimentarsi nella cucina mediterranea, lì a Nanimori. Dagli interni in pietra alle splendide pietanze frutto di veri cuochi italiani, rispecchiava i desideri culinari del turista.  

Stranamente, quella sera chiunque volesse cimentarsi in questa cucina rinomata, si sarebbe ritrovato fuori ad aspettare, insieme ad un gran affollamento di persone.

Dalla svolta di quell’isolato, arrivarono sei eleganti figure:

Tengoku aveva deciso di mettere una giacca nera, abbinata con il pantalone stretto e gli stivali, mentre si notava chiaramente una maglietta arancione e  un cravatta in cuoio. Si era dato una sistemata, ma decisamente non si trovava a suo agio in quella forma.

Le ragazze erano molto affascinanti, a partire da Veronica, che per quella sera aveva preferito un lungo abito rosso con uno spacco alto sulla coscia, adornato da una collana di perle. Anch’ella si era sistemata per bene, i capelli erano contenuti in una coda, che ricadeva sulla spalla sinistra.

Azura e Giorgia avevano optato per un abito abbinato, semplice ma molto carino. Era simile a quello della donna, ma lungo fino alle ginocchia e senza spacco.

La mora, che si era intestardita a mettersi i tacchi, era sorretta dalla ragazza per evitare un capitombolo ogni due passi.

Ma quella che attirava più sguardi era proprio Akane, che in tutta la sua serietà indossava uno smoking con papillon, entrambi neri.

Nessuno conosceva il motivo di questa scelta, da quando era uscita in fretta e furia da casa sua, non aveva più detto nulla.

Quando il gruppetto raggiunse la porta chiusa del locale, rimase stupito dal vedere il cartello ‘CHIUSO’, che aveva appena scoraggiato decine di persone appena andate via.

“No, no. Ci deve essere un errore, qui le luci sono tutte accese.” Protestò Drake, facendo irruzione come se nulla fosse. Forse era il più
normale tra i sei: la felpa nera sopra dei jeans non davano molto nell’occhio.

Non trovarono nessuno, persino la musica era spenta.

Quando però sentirono dei deboli rumori provenienti dalla cucina, abbandonarono l’ipotesi che avessero lasciato quel posto incustodito.
Dentro la caotica stanza c’era un ragazzo, chino a rimettere gli attrezzi di lavoro dentro i cassetti. Dal vestito doveva essere un cameriere.  

Si girò immediatamente quando li vide entrare, mostrando il suo viso. I lineamenti facciali erano ben definiti ma abbastanza delicati per l’età che dimostrava. I corti capelli castano scuro erano pettinati all’indietro, mostrando degli occhi color prato e un tatuaggio a forma di stella blu sotto il destro.

Alzandosi si dimostrò essere di poco più basso e muscoloso di Drake.
“ Il locale è chiuso.” Disse semplicemente.

“Buonasera Shigeru. Sono Drake, ricordi? Sappiamo che è un po’ difficile ma si potrebbe riaprire il ristorante, solo per un’oretta.” Il biondo sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi, con il risultato che il castano sbuffò annoiato.

“Si, mi ricordo di te. Ma tutti i nostri cuochi sono dovuti tornare in Sede, a Roma. Per qualche settimana saremo chiusi. E ora, con permesso …” con un gesto della mano, li indicò la porta, segno che dovevano andarsene subito.

“ Shigeru Orus. Il ‘velocista’.”

Una voce nasale ormai familiare li fece sobbalzare.

Un omino ben conosciuto era in piedi davanti alla finestra aperta, vestito da chef, con tanto di toque blanche e baffi bianchi alla francese.

“ Come ha fatto ad entrare?” pensò Tengoku, vedendo il bizzarro tutor.
 

“ Sono Reborneu, rinomato chef .”

“ Mi stai prendendo in giro?” Shigeru era basito dalla strana figura. Sembrava essere in una di quelle trasmissioni dove fanno scherzi alla gente.

“ Ti osservo da molto, hai ottime capacità culinarie ma i tuoi capi non ti permettono di emergere. Unisciti alla Famiglia Vongola, qui potrai liberare la tua vena creativa.” La proposta scioccante, tanto solita alla peste trasformista, lasciò come sempre tutti ammutoliti.

Tranne il diretto interessato.

“ Non ci credo.” Disse, mentre una rabbia gli montava dentro.

“Solo perché siamo in un ristorante italiano pensate che dobbiamo per forza dipendere dalla Mafia? Che pena che mi fate. Questi scherzi fateli a qualcuno che non ha un lavoro da portare avanti. E ora andatevene. Subito.” Afferrò un coltello dal manico in legno, puntandolo davanti a se.
Dallo sguardo si intuiva che era parecchio arrabbiato .
 
Un suono assordante spezzò il silenzio, come risvegliando i ragazzi.

“ Non provare mai più a minacciare i Vongola.”

Akane si era lanciata in avanti con una rapidità tale da essere diventata quasi invisibile per una manciata di secondi. Il braccio sinistro impugnava uno dei suoi coltelli dalla lama seghettata.

Un tonfo poco lontano fece intuire che avesse disarmato il ragazzo facendogli volare l’oggetto di mano.

Shigeru approfittò di qualche secondo di calma, per scaraventare addosso alla ragazza una decina di piatti poggiati sul lavandino al suo fianco.

Lei schivò l’attaccò, contrattaccando con una ginocchiata nella pancia del cameriere, per poi prenderlo dai capelli mentre era chino e scaraventarlo contro il muro, facendogli sbattere violentemente la testa.

“ Nooo!” Il bruno si mise le mani tra i capelli, anche se dentro di se era felice che Azura,Giorgia e Veronica fossero rimaste fuori ad aspettarli.

Il ragazzo castano si rialzò, tossendo sangue e imprecazioni. Lanciò un ultima occhiata alla killer, che continuava a fissarlo con quegli occhi freddi.

Drake stava urlando qualcosa alla mora, intimandole di smettere, ma lei non lo stava più sentendo.
 

Il velocista si lanciò contro l’avversaria, nonostante le due costole incrinate.

Afferrò una nuova lama, stavolta più grande, di quelle che si usano per affettare le carni, per poi lanciarsi in un affondo.

Anche Akane lo imitò, ruggendo come una leonessa ,intenta a concludere lo scontro.


...

Quando Tengoku riaprì gli occhi, si accorse di averli serrati involontariamente, per non vedere la scena.

Ma quello che gli si parò di fronte lo lasciò più che esterrefatto:

I due duellanti si trovavano nella stessa posizione, come se fossero il riflesso dell’altro. Il braccio destro era puntato in avanti, contro la testa dell’obbiettivo, ma entrambi gli affondi avevano fatto cilecca, quindi si ritrovavano con una lama a dieci millimetri dalla guancia sinistra.

Gli sguardi si lanciavano fiammate d’ira, mentre il respiro affannato di lui rompeva il silenzio creatosi nuovamente.


Un fischio e un borbottio, seguito da un odore di mare, attirò l’attenzione dei presenti, distraendoli da quello che era successo.

Reborn ,aka Reborneau, stava passeggiando sullo scomparto dei fornelli, mentre almeno in dieci pentoloni stava cuocendo qualcosa che emanava un odore molto invitante.

“ La vita è piena di ostacoli, che non ti permettono di essere quello che vuoi. Il segreto è tenere a mente quello che si desidera diventare, altrimenti si perde la concezione della realtà.” Disse, come un maestro ai suoi allievi. Il tono allegro come sempre, riscaldò in fretta l’atmosfera , facendo sospirare di sollievo i due ragazzi rimasti in disparte.


“ Cos’è?” per quanto potesse parere scettico, Shigeru non stava più tenendo la guardia alta, certamente non perché fosse certo di aver perso.

“Quando ho saputo che dovevamo andare a mangiare in un ristorante italiano, mi sono fatto importare da una prelibatezza tipica delle mie parti: Spaghetti con le Vongole.” Per quanto Reborn potesse essere sempre poco serio, il gioco di parola cascava a pennello.

Quel piatto sembrava buonissimo.

“Che ne dici di dare una possibilità a tutti quelli che stavi per lasciare a digiuno? Ho preparato per quaranta persone.”

Il cameriere rimase immobile, come se quel sorriso lo ipnotizzasse. Dopo poco, si avvicinò ad una pentola, prendendo un cucchiaio di legno. Dopo aver soffiato inghiottì gli spaghetti.

Infine si voltò verso il cuoco, con un enigmatico sorriso in volto.

“Stupiscimi, rinomato chef Reborneau .”
 


Dopo mezz’ora il ‘Valore al Sapore’ riaprì i battenti  lanciando come offerta nel menù un nuovo piatto: Spaghetti in stile Vongola. Il perché del nome lo sa solo lo chef.

Shigeru, che aveva fatto per la prima volta da aiuto cuoco, stava divorando la sua porzione seduto a tavola con Ten,Giorgia,Azura e Veronica.

“Certo che siete proprio forti Sawada-kun.” Era la frase che il castano ripeteva da un’ora al ragazzo, spesso accompagnata da una pacca sulla spalla.
 

A qualche tavolo di distanza:
 

“Guarda Raxas! Capisci cosa voglio dire? E’ troppo sospetto.”

Luchas, accompagnato dall’amico, non si dava pace nemmeno sulla sedia, continuando a ricordare a Raxas quanto fosse strano Tengoku.

“Per favore Lu-kun … metti via quel binocolo! ” esclamò il castano esausto di tutti quei commenti.
 




|||

Drake aveva seguito Akane fuori dal locale, notando qualcosa di strano nel suo comportamento.

“Sai che sei proprio carina in smoking?” il biondo cercò di attaccare bottone, mentre continuava a sorseggiare dalla lattina di cola.

“ Fottiti.” Gli rispose, con un tono più freddo dei dieci gradi di quella serata.

“Ho visto come guardavi Veronica. Perché non la inviti ad uscire? Uno come te farebbe subito colpo …” Dopo qualche attimo, il ragazzo sospirò come se la risposta fosse la più ovvia del mondo.


“ A parte che è già impegnata …” iniziò, ponendosi di fronte a lei.

Akane si irrigidì automaticamente, sentendo il suo respiro caldo sulla sua fronte.
 
“ C’è un altro maschiaccio che mi interessa, al momento .” Le prese il mento fra l’indice e il pollice, per farle alzare lo sguardo.
 

Quando i loro sguardi si incrociarono, arrossirono entrambi.
 

“ E... chi è ?”
 

La mora si preparò a tutto, ma non pensava che Drake stesse per…
 
- Consideralo un regalo di Natale ...-


“ Ah !” Il ragazzo diventò come di pietra, gli occhi spalancati e la bocca aperta.
 
La killer indietreggiò, spaventata.
 
Un brontolio preoccupante la confuse ancora di più.
 
Quando vide l’amico crollare a terra, inizialmente non fece niente, ma poi un’atroce dolore la accompagnò nel buio.
 



||| 


“Reborn, che sta succedendo?!” Tengoku irruppe in cucina, con la faccia verde e una mano sulla pancia, che continuava ad emettere rumori molesti.
 
Dietro di lui uno spettacolo apocalittico: tutti i clienti, compresi gli amici erano distesi a terra, doloranti ed incapaci di muoversi.
 
“Da dove vengono queste vongoleeeh…” fu l’unica cosa che il bruno riuscì a dire prima di perdere i sensi per i crampi allo stomaco.
 


Chissà se riuscì a sentire la risposta …
 

“ Me le ha date una mia amica. Si chiama Bianchi.”
 
 
 
 
 
 
 




 
 
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTORE.

Welcome back! Come va? Vi è mancata questa squadra di pazzi? A me un po’ si, dai u.u.
Pieno di ‘cose’ questo capitolo, nevvero? Cose buffe, cose stupide, cose … -.-‘
Coooomunque, visto che stardust mi richiedeva da tempo un momento akane x drake … Eccolo qua (scusa per la demenzialità a palate XD)!
Ma i commenti li lascio a voi, giudicatemi, orsù.
 
Passiamo alle cose serie: stavo pensando di riaprire le iscrizioni, MA non vi voglio dire che cosa me ne farò dell’OC. Chiunque voglia lanciarsi nell’impresa, senza sapere a che cosa va incontro … deve solo scrivermi     ‘Scheda Misteriosa’. Questa opportunità la darò per altri cinque capitoli, fino al target 9. OVVIAMENTE vi dirò per cosa userò l’OC ma solo se chiederete la scheda. Intesi?
Per questo capitolo la SCHEDA MISTERIOSA è: STATA GIA' PRESA.
Il primo che la richiederà se l’aggiudica.
Alla prossima X3
P.S Anche se ho detto a Kurosaki Simon che ho corretto, non è vero (non ho avuto tempo) quindi stessa storia della volta scorsa: domani correggo.

 

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Capitolo 6
*** Target Number 4: Per non lasciare altre nuvole nel cielo... ***


Target Number 4: Per non lasciare altre nuvole nel cielo...



13 Gennaio
Ospedale di Nanimori. Ore 10:20

 

Già. Le ultime tre settimane, e di conseguenza tutto il periodo natalizio, Tengoku le aveva passate a guardare i muri della clinica, ottenendo raramente il permesso di girare per le sale.

Il cibo gli faceva schifo, la notte era impossibile dormire a causa del via vai dei dottori e dei lamenti da parte dei suoi compagni di stanza.
Reborn non gli aveva detto niente a riguardo di quelle vongole, ma per farlo stare così male dovevano essere TUTTE guaste!

Fortunatamente, anche a quell’ora Azura gli mandava le foto di quello che stavano facendo in classe, perché per loro la scuoal era ricominciata. 

Sorrise, pensando che era giorni che faceva così e nessun professore l’aveva mai scoperta. Spesso i suoi amici venivano a trovarlo (stranamente nessuno di loro era stato male come lui), ma tanto quel pomeriggio sarebbe tornato a casa, quindi doveva solo pensare a come occupare quelle ore rimaste.


Senza dire niente si alzò, uscendo dalla stanza. Sapeva che se fosse rimasto ancora un po’ su quel letto sarebbe morto di noia, altro che intossicazione alimentare.

“Succo, succo,succo ♪” Canticchiò, usando gli spiccioli trovati nella tasca del giubbotto per comprare un succo di frutta dal distributore.

Mentre sorseggiava la bevanda, decise di affacciarsi ai vetri, per godersi il sole.

 
Era davvero ben curato il cortile: sebbene pochi pazienti lo visitassero, veniva usato come sala d’attesa quando non pioveva.  Si potevano trovare bambini, mamme, padri … ma quella mattina …

 
Un ragazzo era seduto sul grosso tronco del ciliegio, immerso nella lettura di un libro.

Era molto alto, dai folti capelli rossicci legati in una corta coda, incorniciando il viso mascolino. Sembrava il tipico belloccio, sicuro della sua qualità, ma il suo atteggiamento schivo si notava anche da piccoli comportamenti. Gli occhi erano neri, oppure di un colore così scuro da non essere visibile in altre tonalità.
La pelle era abbronzata, coperta da un gilè di pelle e da dei pantaloni leopardati neri, a macchie bianche. Le scarpe erano color onice, coperte di borchie.

Sentendosi osservato alzò lo sguardo, facendo brillare i piercing sul lobo sinistro.
 



Tengoku si nascose improvvisamente, col fiatone che impediva al succo di scendere giù per la gola.
 

“Q-quello è KEVIN! Che ci fa qui?!”


Paonazzo, decise di allontanarsi dal vetro, richiudendosi nella sua stanza.

“Oddio. Voglio ritornare a casa, subito!!”
 

 
 


|||
 
 
 

 
Nanimori Middle School

 
“ Akane, sul serio sei stata scelta come rappresentante della tua classe?”

Azura non appena sentita la melodia che annunciava il cambio dell’ora, si era fiondata verso la zona nel cortile dove le ragazze si riunivano per discutere, stringendo l’amica più grande a se.

“ Si, ma perché sei così felice?” Chiese lei, trovando molto difficile mangiare il suo sandwich con le braccia della rossa a stringerla in un abbraccio.

“ Ma come?! Sai che significa: potrai andare alle riunioni con il Comitato Disciplinare e magari …” E qui un sorrisetto furbo le fece gelare il sangue.

“Potresti farci avere una stanza d’onore per il nostro gruppo!”

“Q-quale gruppo?” La mora, notando che gli sguardi delle sue coetanee erano fissi su di loro, provò a spingere via l’amica.

“ La Famiglia Mong … ugh!” fortunatamente la ragazzina fu prontamente fermata dalla mano della sedicenne, che impulsivamente continuava a trascinarla via dal cortile.

“Ascolta, Azu-chan … meno persone sanno che siamo dei Vongola fino all’arrivo di Decimo, meglio è.”
 
 
Il silenzio venne subito coperto da gridolini di gioia e schiamazzi incomprensibili, provenienti dal campetto di basket.
 

Le due andarono subito a controllare, curiose come erano, rimanendo sorprese di trovare … una partita di basket in corso, con gli spalti riempiti da sole femmine.


“Ohhh, non mi dire …” la più piccola sbruffò innervosita, come se avesse già capito tutto. Cosa che, in effetti era vera.
 
Di fatto, il più grande dei fratelli Schlmit capitanava la sua squadra, inneggiato dalle sue ammiratrici, come se fosse un dio della pallacanestro.
 
Mentre tutti, avversari compresi erano stanchi, lui era fresco e tranquillo, per non dar a vedere gli otto punti di vantaggio con cui stava vincendo.
 
Finita la partita, il biondo si asciugò il sudore con la canotta sportiva, mandando un’occhiata al pubblico.
 
Scrutò con gli occhi semichiusi tra la folla, fino a quando non si fermò, con un sorriso enigmatico.
 

Con un occhiolino scatenò urla confuse e stridule.
 

“Stava guardando me!” 

“Ma che dici?! Era a me!”

“ Siete pazze!? Si vedeva lontano un miglio che puntava me!!!”
 
 
 
Le uniche femmine rimaste calme e composte erano sempre loro.

Una rossa in viso, l’altra leggermente confusa.
 
“Akane … guardava te?”

“I-io … lo odio!”
 

 
 
 
|||
 


 
Tengoku continuava a girovagare per l’edificio, stringendo sempre più nervosamente il cartoncino colorato.
 
“Quanto ci mettono … ora più di prima questo posto mi da i brividi.”
 
La passeggiata si interruppe quando notò, decine di piccoli petali di ciliegio sul pavimento freddo.

 
Dopo un attimo di perplessità, dovuta al fatto che non c’era l’ombra di una finestra, individuò una porta socchiusa alla sua sinistra.
Provò una sensazione irrefrenabile, come se dovesse per forza guardare attraverso l’anta scorrevole, nonostante non ci fosse un reale motivo.


Vide una normale camera singola, con le normali pareti verde bottiglia e i normali mobili.

Solo che sul letto sotto l’unica finestra aperta, vi era una bambina.

I lunghi e boccolosi capelli color miele ricadevano sul materasso e sulle coperte, incorniciando un viso angelico dalla carnagione perlacea.

Gli occhi erano chiusi e sembrava una bambola, sotto la luce del sole che filtrava tra i ciliegi.

“E’ bellissima…”

Tengoku ritrasse la testa, notando una targa argentea sul muro al suo fianco.

‘Angelyca Celeste’

Questo era il nome riportato.
 
Il ragazzo si voltò nuovamente verso la camera, con la speranza di dare un’ultima occhiata alla bambina, ma qualcosa glielo impedì.


Una forza erculea lo sovrastò, sollevandolo da terra per la gola. Fu così veloce che non ebbe il tempo di vedere niente, se non un bagliore proveniente dal cielo.

Mentre lottava per aprire gli occhi e respirare, una voce già sentita lo vece rabbrividire.

“ Ma guarda un po’, il nostro Tenbaka.”  

Ten avrebbe potuto riconoscere quella voce tra mille.

Riuscì a vedere il suo aggressore, accorgendosi di aver avuto ragione.

 
Kevin lo teneva sollevato di venti centimetri dal pavimento, frapponendosi tra lui e la porta.

Lo fissava con uno sguardo divertito, mentre i suoi occhi scuri da predatore ridevano beffardi della sua impotenza.

“Sai che mi sei mancato? Non ti vedo più tanto spesso a scuola. Che ti è successo, non lo vuoi dire al tuo Kevin-sama ?” Continuò a
schernirlo il rosso, cantilenandolo con una finta voce socievole.
 
“Lasciamih…andare…e…” boccheggiò il bruno in cerca d’aria. Ora le immagini iniziavano a sfocarsi, come se stesse guardando in uno specchio d’acqua increspato.

“Oh, ma sei la mia preda preferita … chi mi dovrebbe impedire di giocare un po’ con te?”
 

“Noi!”
 
Due voci risuonarono nel corridoio semi-deserto.

Un ragazzo dai capelli castani scuri e una ragazza mora, stavano squadrando Kevin con aria intimidatoria.
 
“Giorgia-chan! Fratello!” urlò Tengoku, commosso,sentendo la presa intorno al suo pomo d’adamo allentarsi.

“E voi … sareste chi?” Al rosso quei due non facevano ne caldo ne freddo, ma lasciò comunque andare il poveretto, che gemette appena cadendo a terra.
 
“Preparati a passare dei guai!” Shigeru inforcò una flebo trovata lì di fianco, con fare minaccioso.

“Dei guai molto grossi!” Giorgia incrociò le braccia, continuando a fissare l’obbiettivo.

 Il castano si fiondò subito su Kevin, guadagnando la distanza in una frazione di secondo e sollevando l’asta.
Menò un fendente obliquo, parato con facilità estrema dal rosso.
 
“Ma fatemi l piacere.”

Un colpo secco, come il battito su un tamburo, venne seguito da un urlo agonizzante.

Shigeru dopo essere stato intercettato,  giaceva a terra, disteso con la testa rivolta verso il soffitto.

Il pesante stivale borchiato gli si era fiondato contro il centro del petto, emettendo un botto spaventoso.
 

Tengoku si mise le mani davanti alla bocca, per non urlare, mentre tremava come una foglia sotto una tempesta.

Giorgia, con le lacrime agli occhi per la rabbia, attaccò anche lei, incalzandolo con rapide mosse di kick boxing.

“Sul serio?” il ragazzo continuava a schivare con nonchalance gli assalti, deviando talvolta i colpi che gli si avvicinavano troppo.

Un pugno, che gli aveva sfiorato la spalla, venne bloccato, costringendo la mora a fermarsi.

“ Che preda grintosa” mormorò, sentendo i muscoli di lei continuare a tendersi nonostante la presa.

Negli occhi di Giorgia c’era rabbia pura, nonostante le lacrime gli occhi lanciavano fiammate.


Con la mano libera,la destra, frugò nervosamente nel borsellino  bianco a tracolla, estraendo il suo fedele chakram.

“No Giorgia! Non puoi ucciderlo!!” Urlò terrorizzato Tengoku, che aveva raccolto da terra Shigeru, ancora dolorante.
 

“Cosa?!”

Il bagliore venne riflesso per un secondo nella pupilla di Kevin, permettendogli di capire la situazione in cui si trovava.

Per una questione di riflessi, aveva bloccato la traiettoria del braccio della ragazza con il suo, piegato vicino alla sua faccia.

Alzando il gomito verso l’esterno la disarmò, facendola anche cadere a terra.


Con un gesto seccato si massaggiò l’avambraccio, leggermente indolenzito per l’urto.
 
Notò come l’italiana lo stesse guardando con meno sicurezza di prima, mentre i ragazzi erano terrorizzati da quello che avrebbe potuto farle.

“Stupidi.”

“Eh?”

Prese il mento della ragazza tra l’indice e il pollice, avvicinandosi istantaneamente.

“TU. Da oggi sei la mia preda.” E con quella sentenza le lanciò un sorriso tenero, prima di allontanarsi dal trio.
 

Shigeru tossì un po’ di bile, diversi secondi dopo. Si ripulì la bocca con la manica della camicia, mentre fissava gli amici con sospetto.

“Qualcuno mi spiega che cosa è successo?”

 


|||




Ore 12:58
 

“Forza! Non manca molto!” Urlò Azura, seguita da Akane e da Drake, facendosi largo tra gli studenti.

Questi guardavano il gruppo apparentemente male assortito, correre per i corridoi della scuola, urlando cose senza senso.
 
Salirono l’ultima rampa di scale, quella che portava al tetto.

La porta per l’esterno era chiusa, con un ragazzo alto e smilzo dall’aria parecchio annoiata.

Quando vide i tre avvicinarsi, si ricompose, assumendo una posa meno sciatta.


“Ehi! Fermi, di qui non passa nessuno!”

La sua testa calva venne usata da Drake per sfondare l’ingresso, grazie ad una sonora manata.
 

Dove siete bastardi?!” La mora uscì con un salto, atterrando con l’aria più furiosa che potesse fare.

 




Risaliamo al perché di questa incursione.

Ore 12:40
 

Per la killer dei Vongola quelle assemblee erano veramente scoccianti.

Quando il Consiglio Studentesco e quello Disciplinare aprivano una riunione, durava anche mezz’ora, ma in fin dei conti senza dire niente di realmente utile.

Pieno di marmocchi di prima con tante cose su cui protestare e idioti delle terze che approfittavano di quegli eventi per saltarsi le difficili ore di lezione.
 
Akane spense il cellulare, nascosto sotto il grande tavolo, quando sentì che avevano finito. Sospirò mentalmente: ‘Che scocciatura queste scuole giapponesi!’

 Mentre faceva per andarsene, vide una ragazzina che la chiamava a parlare, da dietro la porta della stanza.
 
Per fortuna aveva parlato fino a poco fa, altrimenti non si sarebbe ricordata il suo nome.


Era Sakura Pinku, di terza B. Nonostante l’aspetto tradisse l’età, era molto apprezzata nella scuola. I capelli rosa, raccolti in due grosse code laterali e il volto angelico la facevano sembrare una bambina. Inoltre i grandi occhi color mandorla davano più colore alla pelle chiara, così come le guance rosee.
 
Sembrava stranamente preoccupata o timorosa,era solita essere allegra e solare, ma quando richiamò a se la ragazza lo fece con una certa timidezza.

“Tu sei Akane Mizuno di Terza C,vero?” la fissò con i grandi fari che aveva al posto delle iridi.

“Ehm…si, certo. Piacere” La mora provò a sorriderle, immaginando che la tipetta volesse chiederle un qualche favore. D’altronde era la più ‘tosta’ delle terze, nonostante si fosse trasferita da poco godeva di un certo rispetto, soprattutto dalle altre femmine che la adulavano come se fosse un’eroina.

“Sai … so che sei molto impegnata con gli studi, ma io … vorrei il tuo aiuto.”
 
Ahi! Quell’ultima parola, pronunciata a bassa voce faceva preoccupare. Altro che favore o cortesia, quella richiesta di aiuto era una cosa molto più seria.

“Credo che tu conosca Akira Shirogawara …”

“Si, è la presidentessa del Consiglio Studentesco. E credo anche del club di … scherma,forse.”
 
Akira Shirogawara era una ragazza molto famosa in quella scuola. Anche lei di terza B ,compagna di Sakura, era diventata in due anni il simbolo della legalità nel Consiglio.

A quanto pare gli scontri tra lei e Kevin, presidente del Comitato Disciplinare, venissero raccontati ancora, come se fossero battaglie epiche.

Unica difficoltà di quell’idolo era l’impossibilità di parlare, per via di un qualche intervento che l’italiana non conosceva.


“Due ore fa, la gang di Kevin le ha rubato il suo quaderno, quello dove scrive quello che non può dire.”

La rosata stava mantenendo un tono di voce molto basso, forse anche per non far udire la voce rotta dai singhiozzi.

“Da allora è sparita, non la trovavo più. Quando perde quel block notes è parecchio difficile cercare di calmarla. “

“Bastardi …” ringhiò Akane, stringendo il cellulare nel pugno, facendolo cigolare leggermente.

“Poi, prima dell’assemblea mi è arrivato questa e da allora non riesco più a trovarla.” Con la piccola mano mostrò un foglio di diario un po’ rovinato.

Sopra vi era scritto con un grosso pennarello nero:

‘Sul tetto. Alle 12:30. Da sola!’

“Se provo ad andare sul tetto, quelli della banda mi bloccano. Ti prego, Akane-chan. Salvala, ho paura per lei.” Stavolta le lacrime scesero, rigandole le guance di porcellana, attirando gli sguardi incuriositi di qualche inserviente o alunno.


La piccola smise solo quando sentì una carezza sul viso, che le asciugò le gocce.

Rimase stupita nel vedere come la mano di una persona tanto forte potesse essere così dolce.
 
Akane si girò, mettendo mano al telefonino. Con tono risoluto le disse solo tre parole, prima di sparire.

“Devo chiamare qualcuno.”
 



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12:30
 

“Eheheh.  Pensavo di essere stato chiaro:niente impiastri.”

Seduto su un silos, c’era il vice-capo della K-Gang, Karl. Era un ragazzo bocciato per tre volte di fila, infatti dimostrava già un pizzetto incolto, color carota come i capelli raccolti in trecce lunghe.

Il viso era squadrato, il corpo muscoloso e immenso, sembrava un gigante campione di body-building.

“Dove diavolo è il quaderno?” Chiese con fare spavaldo il biondo, che di queste cose era più esperto.

“Oh … forse intendi questo?”

Con la grossa mano teneva il block-notes sospeso nel vuoto, mentre con l’altra si rigirava fra le dita un accendino.

“Azzardati, brutto stronzo!” Akane, presa da un’irrefrenabile voglia di malmenarlo di brutto, si avvicino pericolosamente alla struttura su cui era appollaiato a gambe penzoloni.

“Piano,pupa. Se fate un solo passo di questi fogli rimarrà solo cenere.”

Ghignò il bestione, sentendo in pugno quei tre ragazzini.


“Facciamo così: voi fate quello che dico io e ve lo lascio. Poi, chi si è visto si è visto.”Schioccò le dita della mano con cui teneva l’accendisigari, richiamando un altro della banda, spuntato fuori da chissà dove.
 
Questo aveva un ciuffo a ‘banana’ tinto di blu e nelle mani stringeva una trave di legno.

Sorrideva maliziosamente, roteandola in aria con maestria.
“Uno di voi si deve far colpire per mezz’ora di fila da questo bel legnetto”  ghignarono i due teppisti.

Dopo qualche sguardo di preoccupazione, Drake sospirò facendo spallucce.

“A quanto pare vado io. Sono quello più resistente qui.” E con le mani in tasca si incamminò verso il tizio armato.

“Drake…” mormorò Akane, sperando in cuor suo che il biondo resistesse per trenta minuti.


“No! Vado io!” una vocina squillante li richiamò dalla rampa di scale.

Sakura stava correndo verso di loro, con le lacrime agli occhi.

“ Devo pagare per non essere stata una buona amica per Aki-chan!”

“Sakura, no!” gridò la mora, ma una decina di scagnozzi per ciascuno li immobilizzarono a terra.

“Non fare stronzate!” urlarono all’unisono i fratelli Schlmit.


Karl si avvicinò alla piccolina, strappando di mano all’amico il bastone.
 
“Dimmi un po’, perché la difendi?” le sussurrò a pochi centimetri dal suo viso.






 
Oltre la porta socchiusa che dava sul tetto, una ragazza era immobile, con la testa china verso il basso.

I lunghi capelli color ebano coprivano la pelle chiara, quasi lattea. Gli occhi, un tempo di un verde acceso, ora non brillavano più,spenti come erano.


Il fisico gracile, ma allo stesso tempo di media statura per i suoi sedici anni, la faceva sembrare un po’ mingherlina e debole.

Ma lei, debole si sentiva veramente.

Il suo nome è Akira Shirogawara.

La divisa della scuola, con la gonna più lunga di quella solita, non copriva totalmente un bendaggio sul collo, lungo fino alla gola.
 
Sentiva tutto da quella postazione, senza essere vista da occhi indiscreti.
 
“Idiota! Non capisci che ti ha mentito!?” urlava Karl, così vicino a Sakura da farla piangere solo per il tono incredibilmente alto.

“ Disprezza ogni essere vivente ad eccezione di se stessa! E lo fa solo perché è sostenuta dalla sua famiglia!”

Un ago nel cuore di Akira …

“Lei è la migliore! Chiunque altro è solo spazzatura!”

Un altro ago …

“Non ha occhio di  riguardo neppure per i professori! Non so in che rapporto tu sia con lei, ma ti recluterà comunque come un maiale nella catena alimentare!”

Questo peso era sempre più gravante …

“Potrebbe benissimo sparire da scuola per non tornare mai più! Perché non ce la vuole nessuno qui!”

Akira si sentiva di sprofondare nel pavimento. Forse … avevano ragione.
 
“NO!” Sakura ruppe le risate chiassose della K-Gang, stringendo i deboli pugni con una forza mai vista prima.

“Cosa ne sai tu?!”


I ragazzi rimasero stupiti nel vederla ribattere, lei, la tappetta più bersagliata dai bulli.


“Non ha chiesto lei di essere abbandonata dal mondo! Non è affatto cambiata, è cambiato solo il modo con cui la vede la gente!Quindi non ti azzardare mai più a parlare così di lei!”

L’eco delle sue urla rimase per parecchi secondi, risuonando nel silenzio tombale creatosi.


Karl stava tremando per la rabbia. La rabbia di essere stato umiliato pubblicamente davanti ai suoi picciotti.

 
Lanciò un ringhio furioso e disumano, alzando l’arma sopra la sua testa.

“Preparati!”

 
Ma quel momento non arrivò mai.

Un tuono, seguito da una fragorosa scossa colpì l’edificio, facendo crepare muri e pavimentazione.

Da una massiccia nuvola di polvere e granelli di pietra, uscì nientepopodimeno che Tengoku.
 

Vestiva la divisa della scuola, ma la Fiamma del Coraggio di Morire brillava lo stesso sulla sua chioma.

Gli occhi erano calmi, ma incutevano un certo timore se fissati troppo a lungo.


“Lo ammetto, me la stavo facendo sotto fino a poco fa.”

La pupilla si sgranò rapidamente per poi ingrandirsi leggermente, come un obbiettivo di una macchina fotografica.


“Ma dopo quelle frasi … non potevo proprio mancare.”

 Si sgranchì il collo con le mani, mostrando un qualcosa di strano sul braccio destro.

 
Sembrava un guanto, ma era così sottile da parere una pellicola. Di color onice, presentava dei ricami in argento, con tre pezzi di metallo sul dorso. I primi formavano una ‘X’ ,mentre il terzo la tagliava con una linea verticale.
 
“Chi diavolo sei?! Iniziate a diventare troppi!!”

Karl, per niente scosso sull’arrivo del ragazzo, lo caricò con tutto la sua mole, infuriato come non mai.
 
“Sono uno che può fare … Questo.”

Con movimenti lenti e delicati, il bruno tese il braccio con il quale indossava lo strano guanto in avanti.

Aspettò fino all’ultimo, fino a quando poté toccare il bestione. Prima dell’urto gli appoggio la mano sul petto, bloccando meccanicamente la sua corsa.


Il rossiccio non ebbe nemmeno il tempo di riprendersi, che un enorme calore si propagò dal suo torace a tutto il corpo.

Venne immediatamente sbalzato di diversi metri addietro, finendo contro il silos, che si piegò pericolosamente sotto il suo peso.

L’azione era stata compiuta in tre secondi, accompagnata da un suono secco, come di sparo e un forte odore di bruciato.

 
Il bruno vide appena la fiamma sulla sua fronte spegnersi, che venne attratto da numerose urla alle sue spalle.

Sorrise appena, vedendo come Drake,Akane e Azura stessero finendo tutti i membri della K-Gang … aiutati dal Consiglio Studentesco!
 
 Quegli studenti urlavano contro i teppisti, magari senza neanche contribuire molto all’offensiva, ma rimanevano comunque uniti.
 

Finita la rivolta, i suoi amici ebbero appena il tempo di sorridergli, prima di crollare a terra, sfiniti.
 
Tranne Sakura, che lo abbracciò teneramente, bagnandogli la camicia di lacrime.

“Grazie mille, Tengoku-kun.”

Il ragazzo, incredibilmente rosso in viso, cercò in tutti i modi di rasserenarla, ma quella continuava a piangere, scatenando le risate di Azura e Drake.
 
Poi, dall’affollamento .
Sbucò Akira.

La ragazza si fece strada tra gli sguardi felici e stupiti dei suoi colleghi, avvicinandosi a quello che aveva appena sconfitto il vice di Kevin.
Rimase impassibile davanti a lui, guardando prima lui, poi Sakura.

Infine, con un sorriso dolce sciolse quell’attesa.

Si inchinò, approfittandone anche per recuperare il tanto amato block-notes, per poi dileguarsi al suono della campanella.
 

Tengoku rimase basito per molto, restando in piedi come un’ebete con lo sguardo perso verso il nulla.
 

Si mosse solo quando sentì una vocetta nasale tanto conosciuta.

“Sembra che hai reagito bene al Proiettile della Ramanzina.”

Reborn, con la divisa della Nanimori (forse per non farsi riconoscere), lo aveva raggiunto, appollaiandosi sulla sua spalla.

“ Mi sento molto stanco.” Gli disse solo, il ragazzino.

“ Ci vuole tempo: la Mafia dei Vongola sviluppò questi proiettili per uomini preparati a tutto. Tu, che sei uno studente delle medie, sei fortunato solo ad aver ancora il cuore intatto per tutti gli sforzi che compi.”


Il sicario sembrava sempre più orgoglioso del suo protetto, certamente con tutte le punizioni corporali che gli infliggeva non lo dava a vedere, ma era così.


 
Purtroppo per loro, qualcuno era riuscito ad udire quest’ultima conversazione . Probabilmente i due rimpiangeranno di aver parlato tanto tranquillamente di una cosa così delicata.
 


 
 
 
 
Il mese dopo.
 
Russia. Prigione non identificata.
 

La macchina giapponese si fermò esattamente davanti al penitenziario.

Di notte quel luogo sembrava un laboratorio della NASA, con tutte quelle luci lampeggianti e fari nei dintorni.

Un uomo scese, seguito da un ragazzino, evidentemente padre e figlio, avviandosi verso il posto di blocco che dava sull’ingresso.
 
La guardia chiese qualcosa in russo al più grande, che gli sorrise rispondendogli. Dopo poco entrarono nel salone , dove dovettero superare altri controlli di sicurezza.
 
Scesero le scale, dopo aver individuato il piano a cui erano interessati e, dopo diversi corridoi entrarono in un ufficio al chiuso.
 

“ Aaaallora, Luchas. Che te ne pare il lavoro di papà? Figo, eh.”
  L’uomo assomigliava molto al figlio, portava anche degli occhiali simili ai suoi, mentre l’altezza era troppo differente.
 

Il rosso si pulì le lenti con la maglietta, sbruffando nervosamente.
“Ehi.” Il padre gli appoggiò una mano sulla spalla.

“Ti giuro che è solo per stasera. Domani ritorni a casa. Io resterò qui in Russia solo per un’annetto.”

“Si, si. Va bene.”

Il genitore provava sempre una grande tristezza nel vedere il figlioletto tanto amato, odiarlo.

A casa non si parlavano molto, cosa che anche la madre notava con un po’ di preoccupazione.
Il suo unico amico era quel Raxas, un ragazzo pescato dai bassifondi della città, a cui era affezionato più di loro.

“Senti, io ho dimenticato una cosa in macchina. Tu non ti preoccupare, non toccare niente e aspettami.”

Ma forse quell’intuizione era stata geniale: poche ore prima si era fatto preparare da una delle migliori pasticcerie di Mosca, una torta alle fragole ricoperta di bignè. Almeno conosceva i gusti di Luchas, quindi sapeva che quel regalo avrebbe potuto andare bene.

Mark ,questo il suo nome, iniziò a giocherellare con le chiavi della macchina, trepidante di iniziare un dialogo con il figlio.
 


Purtroppo quel regalo non arrivò mai.
 
Il rosso, quando affermò che non ci fossero telecamere nei paraggi, iniziò ad armeggiare con il computer dell’ufficio.

Il lavoro di cui avrebbe dovuto esser fiero era guardia di sicurezza nell’ala nord del terzo seminterrato, considerato il piano pieno zeppo di criminali macchiati dei crimini più atroci.


Mentre entrava nel sito delle telecamere ,con le password rubate dalla valigia del genitore, istintamente fece partire dal suo cellulare, una registrazione che aveva ascoltato almeno una miriade di volte in quelle settimane.

La voce robotica ruppe il silenzio nel corridoio.

‘Ci vuole tempo: la Mafia dei Vongola sviluppò questi proiettili per uomini preparati a tutto...’
‘Ci vuole tempo. La Mafia dei Vongola…’
‘… Mafia dei Vongola …’


Con una frenetica gioia nel sentire quelle parole, iniziò a parlare da solo:

“ Visto? Lo sapevo che Tengoku era sospetto! Mafia Vongola, eh? Vediamo come te la cavi contro di me!”

Estrasse dalla tasca un foglio pieno di scritte e scarabocchi, guardandolo con un ghigno preoccupante.

“ O meglio, contro di loro!”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
|||
Angolo autore
 

Welcome back!  Come va?

Bhe, bhe, bhe. Nonostante sia il mio compleanno ho deciso lo stesso di aggiornare! Lo so, sono troppo buono u.u
Cosa ve ne pare? Finale da brivido, vero?

Qualcuno già dallo scorso capitolo ha iniziato a prendere di mira Luchas, dicendo che era sospetto … bhe, allora l’ho reso ancora più sospetto! MWHUAHAHAHA! (non è vero, siete solo stati bravi ad anticipare il progetto che avevo per lui).

Comunque, vorrei dirvi una cosa seria:

Dato che oggi è il mio compleanno, mi fareste un regalo *^*?
E’ giusto un gioco che avevo in mente:

Nel capitolo è presente una citazione ad un manga che personalmente adoro. La parte in questione inizia da quando Karl inizia ad insultare Akira e finisce quando Sakura apre bocca.

Se qualcuno di voi riesce a dirmi di quale manga si tratti … vince un OC e la possibilità di creare una Famiglia intorno ad esso.
Non vi preoccupate: la frase è detta nel primo capitolo (nel caso del manga) e nel primo episodio (nell’anime), quindi non c’è bisogno che vi scervelliate troppo.

Purtroppo credo che rimangano in pochi a conoscere quel capolavoro, ma certamente per chi lo ha visto non può dimenticarsi quella scena  ^^!

Fatemi sapere e… stupitemi! Alla prossima X3

--- Per questo capitolo la Scheda misteriosa è: STATA GIA' PRESA---

P.S: Ignorate la stupida citazione al Team Rocket XD!

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Capitolo 7
*** Target Number 5 (1/2): Giornata perfetta ... per essere tutto sbagliato! ***



Target 5 (1/2): Giornata perfetta ... per essere tutto sbagliato!

28 Marzo. Ore 6:30
 
Estrema periferia di Namimori
 


Era da un mese e mezzo che Tengoku si allenava con il Proiettile della Ramanzina.
 
Reborn lo seguiva scrupolosamente, quasi non dandogli riposo. Sotto sotto era soddisfatto di quanto, quel ragazzino all’apparenza fragile, potesse essere determinato e diligente.
 
“ Forza, Ten-baka! Non perdere il ritmo.”
 
Il killer lo stava bersagliando con vari oggetti da lancio: shuriken, kunai, spade e anche ciocchi di legno.
 
Il bruno, seppur utilizzando un solo propulsore, riusciva ad effettuare rapidi scatti sia a destra che a sinistra, emettendo fiamme ad alta velocità.
 
“Facciamo un allenamento un po’ meno da femminucce.” E con un ghigno che non prometteva nulla di buono, attaccò con pistole, fucili e mitragliatrici. Magari anche tutte contemporaneamente.
 
“Haaa!”

Tengoku, dopo un grido poco virile, si diede letteralmente alla fuga, per schivare la tempesta di proiettili.

“Non ti conveniva farmi arrabbiare … Via con il lanciarazzi!” Esordì il piccolo, con il tono più soddisfatto del mondo. Estrasse la gigantesca arma, puntandola sul bersaglio, ancora in movimento.
 
Il ragazzo si girò appena, per vedere il missile avvicinarsi pericolosamente a lui.
 
Si fermò, comprendendo che ormai era inutile scappare.
 
Ripensò a lo scontro con Karl e distese il braccio munito di guanto. Come allora, la fiamma brillò più forte del solito.
 
Artigliò il razzo, che continuava ad agitarsi tra le sue dita come un’anguilla, sollevando terra ed erba nelle vicinanze.

Mentre sentiva l’arto iniziare a dolergli, lo studente iniziò a sudare freddo, per il piano che aveva appena attuato.

Con indecisione, alzò la gamba sinistra, ma quando sentì che la presa stava per cedere, si affrettò a dare un calcio di pianta al centro del proiettile.


Questo si alzò di poco, quel che bastava per permettergli di direzionarlo in volo.

Con una piccola fiammella partita dal pollice, si girò di novanta gradi, per poi sfruttare la rotazione ancora in corso e lanciarlo via.

Seguì una forte esplosione, che lo fece piombare a terra, diversi metri addietro.

Preoccupato, iniziò a cercare il tutor, sparito proprio nella nuvola di polvere.
 Per sua fortuna lo vide avvicinarsi tranquillamente, anzi, con un sorriso compiaciuto.
 

“Tutto bene Reborn?”

Gli chiese, stranito dal vederlo intatto dopo quello scoppio assurdo.

“Oh,si. Questo corpo non sente dolore.” Rispose, pulendosi la giacchetta da un po’ di terra.

“Come?”

“Ah, non l’ho mai detto? Quello che vedi ora è solo una sorta di robot contenitivo.” Disse, come se fosse la cosa più normale di sempre.

“Che mi significa?!” Invece, il bruno aveva la mascella che toccava terra per lo stupore. Già non era roba di tutti i giorni avere un tutor killer … figuriamoci avere un tutor killer ROBOT!

“ E’ stato costruito da uno dei migliori scienziati della Famiglia Giannini, gli ho trapiantato la mia Fiamma del Sole all’interno, così è come se fossi sempre io … ma in un altro corpo.”
 
“Giannini? Fiamma del Sole?” Gli occhi e la mente di Tengoku erano confusi ad ogni parola che veniva detta. Se il professore di matematica avesse parlato in aramaico avrebbe capito certamente di più.

“ Cose troppo avanzate per una schiappa come te . Ti basti sapere che il mio vero corpo è altrove. Comunque ben fatto, Dame-Tsuna sarà contento.”

 
“Sarà? Vuoi dire sarebbe.”

“Invece io dico proprio quel che voglio dire! Tsuna sarà contento quando ti vedrà. Domani.”

“Coooosa?! E ricominciamo con il Tengoku che capiva sempre meno da Reborn. Ma forse stavolta non voleva capire apposta.

“ Già, domani mattina ci verranno a prendere per portarci in Italia, alla Magione Vongola. Vivrai lì fino alla maggiore età, poi ti sposerai e porterai avanti il gene dei Vongola.”

“Tu. Anzi, VOI non avete capito proprio niente! Io dai Vongola non ci vado neanche morto! Fanculo alla generazione, io sono libero di decidere per me!” Il bruno si alzò di scatto, con le mani sui fianchi e l’espressione più contrariata che potesse fare.

Ovviamente col tempo aveva imparato a non osare troppo con il tutor, pena due ore di schiaffeggiamenti, ma in quel caso voleva fargli capire che era più che deciso.

“ Ripeti un po’, moccioso …” stavolta fu il sicario ad alzarsi, con la fedora che gli oscurava gli occhi, ma che lasciava intravedere un’espressione tutt'altro che rassicurante.
 
“Io vado a scuola. Ciaoooo!” Fortunatamente, il ragazzo era già a cento metri di distanza, correndo come una gazzella inseguita da un branco di leonesse. Paragone più che azzeccato, viste le condizioni.
 
 



 
Le prime ore di lezione trascorsero bene, ma il ragazzino non aveva proprio cuore di annunciare alla compagna di classe la partenza.
Invece Azura, continuava a sorridergli ogni volta che si guardavano, facendolo sentire estremamente in colpa.
 
Dopo altre due ore di involontario supplizio psicologico, si decise a svelare ai suoi amici più stretti, quello che lo angosciava.
 

A ricreazione, nel corridoio.

La prima a reagire fu Akane, che in un involontario attacco di gioia, stritolò Ten in un abbraccio, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime di commozione.

“Non ci credo, Boss! Che fortuna che hai! Incontrerai le famiglie alleate, tuo padre, Gokudera-sama, Yamamoto-sama …” e giù di mille nomi a lui sconosciuti.

Distrattamente, notò con tristezza lo sguardo degli altri due.

Azura sorrideva con una punta di malinconia, mentre Drake, non sapendo cosa dire, si dedicava al birdwatching improvvisato.
 
“Lo sa Veronica?” chiese la rossa, tanto per spezzare l’imbarazzo reciproco.

“Reborn dice più cose a lei che a me. Credo proprio che ne fosse al corrente già da un pezzo.” Rispose lui, grattandosi nervosamente la testa.
 
 Forse per uno scherzo del destino, qualcuno volle interrompere quella conversazione.
 

“Ritornate nelle vostre aule, oggi l’intervallo è durato fin troppo.”

Kevin, presidente del Comitato Disciplinare, stava vagando per i corridoi, seguito dai suoi adepti, in arte  K-Gang.
 
Con un sorrisino finto, terrorizzava gli studenti, già a conoscenza delle maniere che adottavano lui e gli inseparabili teppisti. Forse la fascia da presidente, che doveva far sentire al sicuro gli indifesi nella scuola, non si addiceva ad un animo così poco diligente.

“Anche voi, delle classi smistate. Non vogliamo certo occupare lo spazio scolastico?” Rifilò il solito sorriso gentile ad un gruppo di ragazzi e ragazze mai visti prima.
 
Tengoku si girò, notando con stranezza che i suddetti estranei, indossavano divise differenti dalle loro.

La cosa più strana, però fu quando vide avvicinarsi Giorgia De Luca e Shigeru Orus, dalla folla.
 

“ Goodmorning, my friends!” canticchiò la mora, abbracciando le amiche, ancora scosse dalla sua apparizione.
Il ragazzo invece, salutò con un occhiolino il bruno.

“Ma … voi non andavate alla Midori?” chiese il suddetto, seppur rincuorato di avere a fianco tutti i suoi migliori amici al completo.

“ Purtroppo c’è stato un guasto alle caldaie, quindi alcune nostre classi si trasferiranno in questa scuola per un po’. O almeno fino a quando non ripareranno i danni.”

“Già, non immaginate che felicità nel rivedere quel tipo ” Borbottò l’italiana, lanciando un’occhiataccia a Kevin, ch le rispose con un bacio volante.

 Azura tentò di trattenere una risata, vedendo la ragazza rabbrividire disgustata, come se un ramarro le fosse caduto nella colazione.
 
 


Anche la quarta ora passò tranquillamente, tra gli schiamazzi delle classi della Nanimori che si confrontavano con quelle appena arrivate della Midori.
 
Tengoku, che per tutto il tempo aveva guardato fuori dalla finestra, trasalì quando la compagna di classe gli diede un pizzico sulla guancia, deformandogli il volto in una smorfia.

“Ahii! Cosa ho fatto?!”  Domandò, con aria colpevole.

“Niente.” Azura lo fissò negli occhi per qualche secondo, poi sbuffò, tornando a leggere.

Di solito quando era arrabbiata lo dava a vedere, ma più che nervosa sembrava … triste. Si notava dallo sguardo quasi assente, mentre fingeva di studiare dal libro di testo.

Il ragazzo in quel momento si sentì malissimo. Nemmeno lui sarebbe voluto partire, ma a quanto pareva il viaggio era già stato programmato. Sentì le guance bagnarsi, così si sbrigò subito a ripulirle dalle lacrime.
Non per la vergogna, ma perché se i suoi amici lo avessero visto in quelle condizioni, si sarebbero preoccupati per tutti gli anni a seguire.
 
Per l’ennesima volta, ricacciò le preoccupazioni e decise di farsi forte per loro.
 


 
Uno strano gracchiare lo dissolse dalla lezione di geometria. All’inizio pensò fosse un uccello che raschiava contro la finestra, ma un fischio acutissimo gli fece abbandonare l’idea.

Quel rumore assurdamente alto si avvertì in tutto l’edificio, tra le urla degli studenti e lo spavento dei professori.

In una manciata di secondi tutti i presenti, collaboratori e non, erano appiccicati ai vetri.
 
Il cortile sull’area opposta all’ingresso era deserto, come sempre in orario di lezione.
 

Tranne per una persona.

Dalla distanza si poteva definire una ragazza, ma data l’altezza sarebbe stato più corretto dire bambina.

Un lungo maglione porpora copriva la pelle candida, insieme ad un paio di jeans strappati. Portava dei tacchi insoliti per l’età che dimostrava, probabilmente a spillo.

Nella mano teneva un microfono,collegato ad una dozzina di casse che la circondavano.

Dopo un nuovo minuto di tensione, aprì bocca, muovendo quella matassa di ispidi capelli argentei che quasi coprivano gli scintillanti occhietti rossi.
 
“Ascoltatemi bene, patetici studenti ed insegnanti di questa scuola! Da questo momento, l’edificio sarà isolato. Se fate un passo falso, vi faccio saltare in aria!”

La voce era quella di una bambina, certamente, ma in quella situazione pareva inquietante.
 
Dopo urla e brusii nervosi, il terrore si propagò a macchia d’olio. Nessuno sarebbe potuto uscire.
 

Ma in quel panico, accadde una cosa imprevista.

Il preside dell’istituto, onesto uomo che lavorava in quella città da sessant’anni, aprì la finestra che dava sullo spiazzo.
 
Mise fuori la testa, mentre da dietro alle tonde lenti scrutava l’artefice di tutto quel disagio.
Seppur vecchio e indifeso, trasmise un senso di calma immediata ai docenti, sicuri di poter contare sulla sua figura.

“ La Nanimori non si piegherà a voi. La nostra scuola lotterà sempre contro le ingiustizie e contro l’ignoranza, per permettere ai suoi studenti di creare un mondo giusto e saggio! Midori tanabiku, Namimori no…  Dainaku shounaku, Namimori ii ♪…”
 

Purtroppo, l’inno venne interrotto da uno sparo che riecheggiò nell’aria per diversi secondi.

Il corpo senza vita del preside crollò a terra, mentre il sangue continuava a sgorgare dal buco sulla fronte, macchiando la camicia bianca.
 
Un altro coro di urla di terrore invase l’edificio, tra ragazze che si tiravano i capelli e ragazzi che si nascondevano al di sotto dei banchi o delle finestre.

“Chiaro con chi avete a che fare?! Se mi porterete la testa della persona che nominerò ora, vi lascerò stare!”
La voce robotica iniziò ad essere ascoltata. Trecento orecchie e trecento mani pronte a tutto pur di salvarsi la vita.

Alcuni si scrutarono con sguardi isterici, desiderosi di sapere quale fosse la vittima da sacrificare.
 
“Portatemi … Tengoku Marco Sawada.”
 
Tutti gli alunni della Prima B si girarono verso il posto del loro compagno di banco, in una frazione di secondo.

Lo trovarono vuoto.



 
Nella confusione generale, il ricercato ragazzo si era già dato alla fuga da un bel pezzo, ma nonostante la distanza udì i suoni delle nervose ricerche da parte di quelli … che erano stati suoi compagni di classe. E ora erano disposti a vendere la sua testa su un piatto d’argento.

Ricacciò il pensiero, nascondendosi nell’ormai inutilizzata sala ospiti.

Rapidamente chiuse a chiave la porta e si girò per andare ad abbassare la serranda, per impedire a qualsiasi sguardo di intercettarlo.

Ma solo quando si voltò, si accorse che per la paura non si era accorto di non essere solo.

Akira lo fissava, seduta sul divanetto, con sguardo freddo.
 
 
 

 
 
 
|||
 
 

Akane era inspiegabilmente finita nel famoso ‘edificio B’, un garage a due piani  di fronte alla scuola, utilizzato pressoché dagli insegnanti e dai lavoratori locali.

Per quanto sembrasse stupido, si era ritrovata in quel luogo proprio per cercare il suo Boss. Quando era stato annunciato il mandato di cattura, lei era stata mandata dal suo insegnante a recapitare una liberatoria dal notaio del quartiere.

Fortunatamente aveva avuto occasione di non rimanere intrappolata lì dentro.

 
Maledisse quella mocciosa per la centesima volta e decise di cambiare luogo di ricerche, la puzza di chiusa la faceva arrabbiare ancora di più.
 
Ma, nemmeno il tempo di girare il capo di novanta gradi, che un bruciore alla guancia le fece accapponare la pelle.

Aveva sentito un sibilo molto leggero, ma pur sempre udibile.


Automaticamente raggiunse una colonna con un salto, nascondendosi dal misterioso avversario.
 
“Ti ho vista Akane.”
 
Quella voce! Sul momento non riusciva a collegarla ad un nome o ad un volto, ma l’aveva sentita altre volte.

Con sicurezza estrasse le coppie di pistole gemelle dalla fondina coperta dalla minigonna, preparandosi a colpire.

Non aspettò nient’altro.

Seppur la scarsa visibilità, individuò l’obbiettivo, facendo fuoco all’istante.

Il bersaglio, coperto dall’ombra, alzò le braccia in alto, per poi scagliare verso la sua direzione degli oggetti di piccole dimensioni.
La mora fu costretta a schivare,ruggendo quando vide di aver mancato il centro, ma stavolta riuscì a vedere il proiettile: erano delle  carte di dieci per cinque, come quelle utilizzate nei giochi.
 
Il nemico si mosse tra le colonne, continuando a bersagliarla ogni volta che lo spazio lo permetteva, imitato dalla killer con precisione.

Dopo numerosi tentativi, apparentemente nessuno ancora aveva colpito l’altro.

La ragazza, stanca di quell’inutile scontro, decise di finirlo nel corpo a corpo.

Capovolse le pistole, afferrandole dalla canna.
Con un colpo di polso deciso, queste si spezzarono, con un rumore metallico, per poi trasformarsi in due coltelli dalla lama leggermente ricurva e seghettata.
 
Attaccò furiosamente, lasciando segni profondi persino nella pietra e sollevando strati di polvere dai pilastri e dal pavimento.
 
Mentre continuava a tempestarlo, decise di cambiare modulo di combattimento.

Con la gamba destra entrò nella guardia avversaria, mentre con le braccia cercava di disarmarlo.
Poi, scoperto un punto debole nella difesa, alzò rapidamente il ginocchio sinistro, piantandolo nel mento indifeso dell’avversario.

Il colpo fu accompagnato da un rumore secco, come se una fosse stata una martellata a colpirlo, anziché una ginocchiata.

Il corpo venne sbalzato in avanti, contro uno dei muri del garage.
 

Solo allora Akane capì perché non era mai riuscita riconoscerne il volto … perché era coperto da una maschera!
La scostò con la punta della lama, per individuare la sua identità.
 
Quello che ora era a terra, davanti a lei, era Raxas della Seconda E.

La pelle color caramello era inondata dal sudore, mentre gli occhi color cioccolata, rivolti in alto, come se stesse aspettando qualcosa.
 
“ Cosa ci fai tu qui?” gli chiese, mantenendo l’arma sulla sua gola.
 
“So che siete in combutta con la Mafia. Io e Luchas siamo intenzionati a fermarvi.” La voce a volte si rompeva, mentre cercava di riprendere fiato.

“Vi sembra che tutto questo sia un gioco?! Quella ragazza là fuori è intenzionata a far saltare in aria centinaia di persone se non avrà il Boss!” La rabbia di Akane era visibile, non tanto per le vene pulsanti sul braccio e sulla fronte, ma più per gli occhi iniettati di sangue.

“La Mafia è … il male.” Le rispose, contenendo la paura di quella furia omicida che aveva davanti.
 
Dopo un attimo di pausa la mora sembrò calmarsi , decidendo a rinfoderare le pistole-coltello.

“Non la nostra.”

Fece per andarsene, ma si bloccò prima dell’uscita.

“ Sei bravo, nonostante i miei proiettili narcotizzanti ti sei mosso un minuto in più rispetto ad una persona normale colpita.”
 
“Cos-? Ma quando …?!” il castano provò a muovere le braccia e le gambe, ma gli arti erano diventati come palloncini sgonfi.

“Ho imparato sin da piccola a creare pozioni e veleni. Ma anche tu sei bravo, con quelle … carte.”

Il ragazzo sbuffò, rassegnato.

“Si, pensavo in qualcosa di più figo però. Di sicuro avrei potuto fare di meglio …”

Ora fu Akane a sospirare, mentre usciva dalla costruzione in cemento.

“Braccia strappate alla Famiglia …”
 
 




|||
 
 
Shigeru adorava correre.

Si, gli piaceva troppo sentire il vento scompigliargli i capelli, fino a quando questi non diventavano appiccicosi per il sudore.

Qualche suo compagno di classe, vedendolo allenarsi lo aveva elogiato pubblicamente a tal punto, che era conosciuto come il ‘velocista’. Peccato che non faceva atletica leggera, ma calcio.

Ma quella mattina non stava correndo per godersi l’aria sulla pelle, bensì per salvare la vita di un amico.

 
Schizzava a tutta velocità per il campo verde, aderito ad orto dal Comitato di Salvaguardia dell’Ambiente.

Vedeva il terreno sollevarsi, non appena compiva una falcata delle sue, come se fosse una falciatrice da cento cavalli.

“Signor Oga!”

Chiamò a gran voce il vecchio contadino socio del Comitato, sperando di trovarlo sano e salvo nel suo magazzino.

Tirò un sospiro di sollievo, vedendo la costruzione in legno ancora intatta.
 
Ma quando varcò la soglia, vide qualcosa che gli fece venire il vomito e mancare il respiro.
 
L’anziano signore, o quel che ne rimaneva, era stecchito a terra, con qualsiasi cosa a partire dalle spalle in su totalmente squartata.
 
L’orrenda visione, mista all’odore di muffa e di sangue, quasi non gli permise di accorgersi del fischio vicinissimo a lui.

 
Si abbassò rapidamente, ma perse subito l’equilibrio quando un ciocco di legno al suo fianco, esplose in centinaia di piccole schegge.
 
Fortunatamente nessuna lo prese al volto, mentre invece la divisa della scuola si macchiò presto di sangue.
 
Con uno scatto si allontanò, ancora tremante per la paura.
 
Vide un uomo, in piedi dove era lui prima.

Alto, dalla testa rasata e dai penetranti occhi blu. Vestiva una giacca di pelle strappata in molti punti, rivelando un fisico snello ma muscoloso. I pantaloni erano corti e in jeans, mentre calzava degli scarponi neri.

Gli sorrise, salutandolo con la mano.

“Ciao, mi chiamo Jason.” Aveva un accento russo molto spiccato.
“ Attento ai miei Kamaitachi …”

“Uhm … Kamaitachi?” chiese un po’ stupito Shigeru, immaginando di dover fronteggiare un gruppo di donnole feroci.
 
Ma accadde tutt'altro: le braccia di Jason iniziarono a vorticare, contorcendosi sempre più velocemente.  Alla fine sembravano totalmente scomparse dal corpo, come in una fotografia sfocata.
 
Di nuovo al ragazzo scattò qualcosa nel cervello, appena udì un fischio.

Il terreno e il tronco di un albero vicini a lui, saltarono in aria, spedendolo a terra con numerosi graffi e lividi.

“La mia elasticità muscolare è impareggiabile.” Rise il calvo, facendo gesto di stare per lanciare qualcosa.
 
Il castano si raddrizzò subito, evadendo con una rotolata all’indietro.

Se non l’avesse fatto, quel buco che ora decorava terreno, si sarebbe trovato probabilmente al posto del suo stomaco.
 
-Merda, qui ci vuole un piano!- pensò nervosamente il ragazzo, dandosi alla ritirata.
 
“Sei veloce … ma non abbastanza per me.”

L’uomo lo raggiunse in una manciata di secondi, buttandosi in scivolata sulle sue caviglie e scaraventandolo a terra.

Sorrise, vedendolo agonizzare, iniziando già ad assaporare la tenera carne.
 
Stranamente, fu un altro il sapore che assaporò.

Una striscia di sangue, che partiva da uno squarcio sotto l’occhio, era andata a finire sulle labbra, prendendolo alla sprovvista.
 

Osservò lo studente, per capire come avesse fatto a colpirlo in quel lasso di tempo.

Sembrava disarmato … ah, ma no, ecco! Nella sua mano destra stringeva un falcetto da mietitura, che stranamente prima non aveva.
 

Il ragazzo approfittando dello sgomento, si era ricomposto, iniziando a attaccare furiosamente l’avversario con la nuova arma improvvisata.
Lui non rispondeva, concentrandosi nello schivare i colpi, essendo impossibilitato nel contrattaccare.
 
Il falcetto a volte sembrava sparire tralle sue mani, ma riappariva durante i fendenti, quando ormai era vicinissimo al suo volto.
 

Shigeru, capendo di essere ormai in una posizione vantaggiosa, decise di concludere in fretta lo scontro, prima di farsi male sul serio.
 
Avanzando, si erano ritrovati nei pressi del magazzino, quindi pregò che le sue doti calcistiche non lo abbandonassero, quando calciò un ciocco di legno, in piena faccia di Jason.
 
L’uomo si piegò tutto all’indietro per il dolore, urlando come un dannato per la sua faccia, coperta da un grosso livido sanguinante sul naso.
 
Dopo poco, smise di urlare, limitandosi ad accasciarsi a terra per via di sette profondi tagli sul suo busto.
 
Il velocista, dopo essersi accertato di aver colpito con tutti i colpi, si appoggiò alla parete della costruzione, ancora dolorante per le due costole incrinate.

“ Kamaitachi un paio di palle, se quelle erano donnole io sono Al Capone.”
 
 
 

 
|||
 


Tengoku era arrivato fino all’ingresso della scuola, dove fu stranamente contento di non trovare anima viva.

Per fortuna Akira lo aveva mandato insieme a Sakura Pinku, così facendo erano riusciti ad evitare gli altri studenti.
 
Il suo ultimo pensiero fu agli amici, ancora dentro. Si promise che sarebbe ritornato insieme a Reborn, lui di sicuro avrebbe risolto la situazione in un batter d’occhio!
 
Uscì dal portone principale, immaginandosi di trovare il solito cancello in ferro aperto, come solito a quel’ora.
 
Invece il destino, che maledetto a lui, se quel giorno non gliene andava bene una, chiaramente aveva altro in programma.
 

La cancellata era chiusa, mentre un telo nero impediva di vedere l’esterno, essendo legato alle sbarre.
 
E infine, davanti a lui si stagliava il tizio più inquietante che avesse mai visto, forse più del mafioso nano stesso.
 

Un omaccione alto come un armadio e così robusto, che avrebbe fatto crepare dalla paura il miglior wrestler del mondo.

Un lungo cappotto nero, pieno di cinghie lo copriva quasi del tutto, lasciando intravedere solo gli scarponi da neve color notte. Il viso chiaro, o quello che si notava sotto un cappello da militare in cuoio, era parecchio terrificante. Sembrava una bestia feroce pronta ad attaccare da un momento all’altro, mentre ti scruta con agghiaccianti occhi scuri da predatore.
 
Finalmente si mosse, brandendo con le sue mani da gigante un manganello d’acciaio, anche se date le dimensioni poteva tranquillamente essere un palo della luce.
 
“Lasciami finire tutto questo in fretta …”
 
 




|||
 
Giorgia De Luca era ignara di quello che accadeva alla Nanimori, essendo impegnata con il volontariato. Era un corso a cui si era iscritta volontariamente, nonostante fosse la sola in tutta la Midori.

Non le importava, per lei aiutare i bisognosi non era un passatempo, ma un obbligo morale.
 

Anche se, quando raggiunse l’ospedale di Namimori, si ricredette un po’.
 
La sala d’attesa era completamente distrutta, fili pendevano dal terreno e mattonelle erano graffiate e spezzate. Inoltre almeno una ventina di persone, giacevano a terra, feriti mortalmente e incapaci di muoversi.

Le si gelò il sangue, sentendosi le gambe mancare, ma un suono la fece desistere dallo scappare.
 

Un pianto lontano, oltre le sedie.

Avvicinandosi vide un ragazzino della sua altezza, ma sicuramente con qualche anno in meno, che piangeva rannicchiato in mezzo ad un ammasso di cadaveri.

L’italiana gli si avvicinò, accarezzandogli il viso.

“Cosa è successo? Non dovresti stare qui.”

Lui era moro, con dei capelli sparpagliati un po’ ovunque in tanti ciuffi. La pelle era giallastra e indossava una specie di uniforme completamente nera a scaglie.
 
“S-sono tutti morti …” rispose, tra i singhiozzi.
 
“ Andiamo a chiamare i soccorsi.” Gli rifilò il sorriso più rassicurante che aveva e lo prese con se, andando dritta spedita verso l’uscita. Non avrebbe retto un altro secondo lì dentro.
 
Lacrime di coccodrillo...” la voce che aveva sentito poco prima si tramutò in un tono agghiacciante, facendola tremare di colpo.
 Si girò all’istante, vedendo solo dei grandi occhi gialli da serpente e poi …
 
Si sentì afferrare da dietro,  cadendo a terra rovinosamente.
Quando aprì gli occhi vide l'ultima persona di cui avrebbe desiderato aiuto … proprio fra lei e il ragazzo.
 
“Questa è la mia preda!” Disse Kevin, con un tono tanto freddo da gelare l’atmosfera.
 
“E nessuno può giocarci, tranne io.”
 
 
 
 
 
 
-Angolo Autore-

Welcome back! Come vanno le cose?
 
Come vedete siamo entrati in una minisaga coi controfiocchi ^^ (insomma, mica ce la facevo a mettervi altri capitoli di daylife).
Purtroppo per i vostri OC, potrebbero perdere un arto, o forse no … ma non è questo il punto!
Voi ditemi solo se vi aggrada l’idea, perché vi giuro che quando questo DILIRIO finirà … bhe, ricordate le parole di Reborn? Ci sarà tanto su cui lavorare ;).
 
Comunque, ringrazio Kurosaki Simon per avermi spronato ad aggiornare (fosse stato per me, ci rivedevamo tra un mese è.è) e la mia amica (preferisce restare anonima) a cui devo l’immagine introduttiva ^^. Bellissima!
 
Fatemi sapere (recensite tutti, mi raccomando! Vorrei sapere il parere di Geo_96_Bee, uomi_hime e  Ai_Ga_Hoshii_Yo, dato che non hanno recensito lo scorso capitolo.
 
Alla prossima X3!
 
-LA SCHEDA MISTERIOSA PER QUESTO CAPITOLO E’: STATA GIA' PRESA-

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Capitolo 8
*** Target Number 5 (2/2): This is gonna hurt! ***






Ospedale di Namimori
 
Era da parecchio tempo che Kevin correva in lungo e in largo per i corridoi del grande edificio.
 
Intorno a lui, solo cadaveri e pozze di sangue . Davanti a lui, quell’odioso ragazzo dalla faccia di serpe!
 
“ Bleah! Troppo lento, presidente del comitato disciplinare! Se vuoi almeno raggiungermi dovrai impegnarti di più.” E con l’ennesimo sberleffo, il moro imboccò un’altra strada.
 
Il suo inseguitore non poteva far altro che corrergli dietro, bersagliandolo intanto di ingiurie e maledizioni a raffica.
 
“ Dannato moccioso, vuoi solo farmi perdere tempo …”

Con un salto, Kevin si aggrappò ad una lampada da muro, dandosi lo slancio necessario per guadagnare la distanza.

Subito gli fu addosso, mentre intanto pensava al metodo spietato con cui lo avrebbe pestato a sangue.
 

“Preparat-!”

La vista gli si annebbiò, mentre veniva scaraventato contro una parete, macchiando le mattonelle blu del suo vitale liquido rosso.
 
Si accorse solo dopo dei numerosi coltelli piantati nel suo petto, confrontandoli rapidamente con quelli attaccati sul dorso del giubbotto di quel ragazzo, nascosti fino ad allora.

 
“Ghihihi! Ti piace la mia sorpresa? Si chiama Hedgedog Surpise!” Disse quello, continuando la sua corsa e lasciandosi alle spalle solo le risate di scherno.
 
 
Il rosso passò diversi minuti a contemplare le proprie ferite.

Dopo un po’, si alzò sospirando rumorosamente.

 
Seppur barcollando e incespicando, si levò l’uniforme e il giubbotto del comitato disciplinare, estraendo così anche le lame.

La mente era vuota, sgombra da ogni altro pensiero.
 

Mentre sfilava la fascia da presidente, non poté fare a meno di ghignare. Un ghigno carico di autoironia.
 
Il pezzo di stoffa volò giù da una finestra, volteggiando per tutta la caduta.
 
“  Ti pesto a sangue. ” Questa era la frase con cui riprendeva gli studenti o chiunque gli desse fastidio. Bastavano quelle quattro magiche parole, dette in un sarcastico sorriso finto, per farli squagliare dalla paura.
 
Ma quella volta non voleva spaventare proprio nessuno.
 
Con dei passi lenti, si incamminò per il percorso seguito poco prima dal criminale.
 

Lo trovò nell’aula del direttore dell’ospedale, intento a sghignazzare sopra un libro.
 
Alzò lo sguardo, sorpreso di vedere quello studente ancora in piedi. Forse aveva pianificato di ucciderlo dopo.
 
“ A quanto pare sei stato ricoverato anche tu qui?”
 
Il teppista grugnì, mentre lo squadrava, per cercare di intuire la sua prossima mossa.
 
“Ah, no. Anche se il cognome è lo stesso … il nome è femminile. Curioso, non trovi?” Il sorriso costellato dai denti acuminati, fece gelare il sangue per un attimo nelle vene di Kevin.
 
“ Bel nome … Angelyca.”
 

Purtroppo fu così sfortunato da non vedere subito il pugno diretto al suo volto.
 
Il moro fu scagliato dalla parte opposta della stanza, facendo un gran fracasso, mentre si infrangeva su di un armadio.
 
“Eh, ehi. Che c’è, ho toccato un tasto dolente?” Sembrava non essersi fatto niente, anzi, ora gli occhi giallastri gli brillavano di una perfidia agghiacciante.
 
“ Chi è?! Mamma, zia, nonna, sorella?!” Da un mobile agguantò una decina di bisturi e siringhe, bersagliando all’istante il nemico.
 
Il ragazzo ebbe appena il tempo di lanciarsi oltre la porta, che quattro o cinque aghi gli graffiarono le gambe, facendolo cadere di faccia a terra.
 

“ Devo ripararmi ora che sono fuori dalla linea di tiro!” pensò, tra un gemito e l’altro mentre cercava di strisciare via. Stava perdendo molto sangue.
 
Ma non si era ricordato che il suo avversario era davvero veloce, fatto sta che gli si materializzò davanti, mentre imbracciava con entrambe le mani una flebo.

“Il mio nome in codice nella malavita è Snake. Piacere di ucciderti.” E calò l’asta sulla sua testa, mentre continuava a ridere sguaiatamente.
 
 
Ormai in quei vicoli del Bronx era calata la notte da tempo.
 
Era raro vedere qualcuno a quell’ora per strada, ancor più raro era trovare una persona per bene.
 
In quel periodo le lotte tra bande imperversavano, facendo stragi ogni notte, mietendo vittime anche tra i civili.
Solo due spensierati giovani avevano deciso di sfidare la paura, cullandosi solo dell’affetto reciproco che provavano.
 
Uno di loro era un ragazzo alto, dai capelli rossi portati solo su una metà della testa, mentre dall’altra fluivano in un ciuffo.
 
L’espressione era nervosa, mentre fumava una delle sue solite sigarette, scrutandosi intorno. Vestiva la più alta moda grundge dell’America di quel tempo.
 
L’altra invece, si poteva dire rispecchiasse l’esatto opposto del ragazzo. Era una fanciulla esile, ma dall’aria matura. I lunghi capelli boccolosi ricadevano sulle spalle come una cascata di miele su una felpa azzurra, così come i pantaloncini.
 
Correva per le strade, piroettando allegramente, mentre cantava una canzone appena ascoltata durante il corso di hip-hop.
 
“Ehy Kevin, perché non andiamo al parco, che ne dici?” Interrupe la danza solo per voltarsi verso il suo accompagnatore.
 
Di risposta, lui deglutì, colto a bruciapelo dalla domanda.
 
Lentamente si tolse il berretto blu a macchie nere, dandogli qualche colpetto per fargli riottenere una forma più decente.
 
“ E’ pericolo a quest’ora, Angie. Possiamo tornarci domani con Cookie e Brick, al massimo.”
Aveva risposto così per non  farle abbassare la guardia, soprattutto con i tempi che correvano. I due individui citati erano suoi sgherri fidatissimi, in amicizia ormai dai tempi delle elementari.
 
“ Tsk, tutto fiato sprecato con te. Pensavo che mi avresti fatto fare una passeggiata al chiaro di luna come milioni di altri ragazzi normali …” La bionda mise subito il broncio, scalciando una lattina.


Il rosso si sentì un attimo in colpa per la cosa che aveva appena sentito. Avrebbe voluto dire che era uno tra i più ricercati capobanda del ghetto. Avrebbe detto volentieri che erano giorni che non poteva uscire di casa senza incorrere in una sparatoria causata da qualche deficiente che attentava alla sua vita. Ma … semplicemente, Angelyca era troppo piccola. Probabilmente con la sua intelligenza avrebbe saputo la verità da sé tra un anno massimo.
 
“ Bhe … io-” Ma uno stridere di gomme sull’asfalto interruppe il dialogo sul nascere.
 
Subito due furgoncini color oliva sbarrarono la strada da entrambi gli sbocchi.

Da tutte e otto le porte uscirono una quindicina di ragazzi e ragazze, tutti intorno ai diciotto anni.
Dagli abiti potevano sembrare e trasandati e sciatti, ma erano comunque decorati con collane e anelli in oro e argento. Alcuni imbracciavano mazze e armi di fortuna, altri vere e proprie pistole.
 
“ We are, ‘Red Fist’ Kevin! ” Si fece avanti un teppista dal cranio quasi del tutto coperto da un grosso cappello di lana, che oscurava persino l’occhio destro.
 
“ Finally ti abbiamo trovato senza quei fastidiosi cani che ti porti dietro. Chi è invece quella little girl?” domandò languido, facendo brillare l’iride rossa nella penombra.
 
“ Fuck you, Patrick. Non ti immischiare in affari  troppo grandi per te. Nemmeno i tuoi bambocci tutti insieme possono batterci.” Kevin allargò le braccia, come per sbarrare la strada a Patrick. Dentro di lui si avvertiva una punta di nervosismo.
Solitamente quando era in gruppo con i suoi sgherri non si faceva mai spaventare dalla banda di Patrick.
 
Il ragazzotto, adirato dalla risposta, sbuffò una gran quantità di fumo dalle narici. Poi si girò, alzando una mano verso il cielo.
 
“Kill him! Now!” il suo accento americano risuonò nel vicolo, venendo subito sommerso dal frastuono di decine di pezzi di ferro in movimento.
C’era chi affilava coltelli o caricava le pistole. Qualcuno sbatteva la propria arma per terra, provocando quasi un inno tribale che fece bollire il sangue dei presenti.
 

 
 
Snake aveva appena concluso il colpo che, dopo un istante di glaciale silenzio, si sentì spingere a terra.
 
Non fece in tempo a reggersi in piedi che un pugno partito dal basso lo catapultò diversi metri addietro.
 

Kevin si era alzato, massaggiandosi nel mentre la testa insanguinata. Era sporco di sangue da cima a piedi, mentre fissava in avanti con occhi fiammeggianti.

“Bene Snake … Fatto male?”
 
Il moro in questione era rientrato in una bacheca di vetro, incrinando il metallo per l’urto. Il capo era rivolto all’indietro, con gli occhi bianchi per lo shock.


“ Come ha fatto a colpirmi così forte?” Pensò, mentre con un gemito aprì la porta finestra.
 
Lanciandogli un ultimo sguardo spaventato, scappò sul balcone.
 
Il rosso, con un ghigno soddisfatto, si lanciò all’inseguimento.
 

Quando arrivò sulla vasta balconata, vide delle persone muoversi velocemente da una parte all’altra del cortile inferiore della scuola Namimori.

 
Sembravano studenti in fuga, ma quando notò un muro dell’edificio spaccarsi, intuì che si trattava di un duello.
 
Fortunatamente, non era così concentrato su quell’evento, da non percepire il movimento alle sue spalle.
 

Si abbassò in tempo, rotolando di lato, per evitare un oggetto di forma cilindrica di piccole dimensioni, che altrimenti lo avrebbe colpito al petto.
 
Quando questo cadde a terra, si rivelò essere una siringa piena di un vischioso liquido nero dai riflessi rossastri.
 

Snake era a diversi metri da lui, ringhiando per non aver centrato il bersaglio.
 
“Mannaggia a te: saresti morto senza soffrire se ti avessi preso con quella!”
 
E battendo i piedi numerose volte a terra, entrò in un’altra ala dell’edificio, sempre frastornato per la botta di poco prima.
 

Il teppista, si rialzò, accusando una fitta al torace che gli bruciò per qualche secondo.
 
 

“Se perdo troppo tempo, quella biscia riprende a scorrazzare in un attimo.”

Grugnì con una punta di ironia. Dopo aver scrutato per l’ultima volta il cortile della scuola, decise di riprendere l’inseguimento.
 

Varcò la soglia e … rimase immobile, sbiadendo di colpo.
 
 

Davanti a lui c’era un letto di ospedale, in una semplice camera.
 
Sopra vi era addormentata una piccola ragazzina dai mossi capelli biondo miele. Il viso bianco era rilassato, mentre respirava lentamente.
 
La coperta bluastra le copriva mezzo corpo, lasciando intravedere la flebo collegata al suo esile braccio.
 

Solamente questo spettacolo lasciò di stucco il ragazzo, perciò quando vide Snake, chino su di lei mentre le puntava un pugnale alla gola, per poco non svenne.
 
“Allora avevo azzeccato!” Trillò il moro, leccando avidamente la fredda lama “ Quindi è questa Angelyca Celeste, del clan ‘Red Fist’ del Bronx?”
 
“ Lei non c’entra niente con la nostra sfida! ” Ringhiò il Red Fist, scoprendo i denti.
 
“Oh, ma certo che no. Infatti se tu farai il bravo, lei non accuserà nessun danno.” Sogghignò il ragazzo, contorcendo la bocca in un sorriso di gioia ed eccitazione.

“Ora tu ti metterai in ginocchio, senza fare scherzi . Altrimenti …!” E solo per dimostrazione, con un impercettibile fendente divise in due una boccetta di vetro, senza farla esplodere.

 
Davanti a quella manifestazione di abilità con i coltelli, Kevin deglutì. Per la prima volta in vita sua era spaventato. O forse era la seconda volta?
 
Lentamente si inginocchiò, fissando debolmente il candido viso di lei.
 
Un lord della malavita come lui non era mai stato abituato alla resa, ma fu subito istintivo chinare il capo, nonostante le vene pulsanti per la rabbia.
 
“Ma guarda tu che bravo cucciolo!” Il killer approfittò della sottomissione dell’avversario per riempirlo di calci sul collo e sulla schiena.

Quando il pestaggio finì, la suola delle sue scarpe era rossa di sangue.
 

“Sai …” gli si avvicinò alle orecchie, parlando come si farebbe ad un bambino piccolo. “Ho letto il fascicolo del caso di tua sorella. Vuoi fare tanto l’eroe ma alla fine è per colpa tua che è in coma da due anni.”
 
 
 
“Fratello!” Angelyca urlava, sommersa dalle lacrime, mentre osservava una persona a lei tanto cara, soffrire.
 
“Angie, sei sorda?! Ho detto vattene via!!” si sgolò il teppista, mentre cercava in tutti i modi di difendersi da quella orda.
 
Gli innumerevoli anni di difesa personale lo avevano preparato a situazioni simili, ma quella si poteva descrivere come una resistenza ad un massacro.
 
Urlava, graffiava e colpiva quelli più a tiro, ma per ogni colpo inflitto, gliene venivano restituiti il triplo.
 
La ragazzina, con gli occhi rossi di pianto, si diede alla fuga, mentre nel suo petto il cuore scoppiava di dolore.
 
Fu proprio mentre sbucava fuori dal vicolo, che una macchina passò, troppo velocemente per notarla.
 
Portandola in un sonno buio e senza sogni.
 

 

“Bwahahah! Che storia di merda! Puoi pure esser riuscito ad ammazzare il ‘Green Lord Patrick’ del Bronx, ma alla fine tua sorella ha fatto proprio una fine pessima. Sembra una barzelletta. Ahahaha!” Rideva Snake, continuando a percuoterlo come si farebbe ad un sacco di carne senza valore.
 

Kevin ringhiò, per sopportare il dolore, reagendo con un verso disumano, quasi animale.
 
Quel suono bestiale fece rizzare tutti i capelli al killer, che premurosamente si allontanò senza dire niente.
 

“C-cosa fai … ti ribelli?!” Lo intimò, avvicinando sempre di più il pugnale alla gola scoperta ed indifesa della ragazzina.
 
“Guarda che non sono un principiante! Ho ammazzato almeno una centinaia di persone su commissione!” Come un animale che rizza il pelo per apparire più grande, lui scoprì i denti acuminati, sibilando.

 
Lanciò un ultimo sguardo alla sua futura vittima, ma rimase bloccato dallo stupore.
 

Il coltello volò diversi metri addietro, roteando fuori dalla finestra posta sul corridoio.
 
Due grandi occhi rosso scuro si spalancarono all’unisono con il suono del vento che entrava dal’esterno.
 
Angelyca aveva una mano alzata, con la quale probabilmente aveva disarmato il suo assalitore, che la ora fissava a bocca spalancata.
 

Snake incespicò all’indietro, cadendo di schiena a terra.  Stava tremando, mentre freddo sudore gli inondava la faccia. Gli occhi da rettile erano sbiaditi, così come il colorito della sua pelle.
 
Kevin era in piedi davanti a lui, con maglia e pantaloni macchiati di sangue, che ancora grondava dalle sue ferite. Gli occhi neri sembravano volerlo incenerire all’istante, così come le mani che scrocchiava lentamente con fare inquietante.
 

“Angelyca, chiudi gli occhi. Non aprirli fino a quando non saremo fuori.” Disse con tono di voce freddo, da cui comunque traspirava la sua rabbia.
 
La ragazza, con un debole sorriso, si rannicchiò sotto le coperte, chiudendo i graziosi occhi.
 
“D’accordo fratellone …” E così facendo, si riaddormentò.
 
"This is gonna hurt ..." 


Qualche minuto dopo sentì delle forti braccia sorreggerla, mentre veniva portata via.
 
Aprì leggermente un solo occhio, riconoscendo il fratello.
 
Era completamente bagnato dal sangue, ad eccezione della testa.
 
Anche lui la notò e, con un leggero segno della testa la invitò a riaddormentarsi.
 



|||
 

Quindici minuti prima della vittoria di Kevin
 

Tengoku era moribondo .
 
Su quegli scalini crepati il suo corpo giaceva immobile.
 

Quando provava a muoversi, un forte dolore muscolare spezzava ogni singolo movimento. Con un gemito piegò la testa in avanti, per rendersi conto della situazione intorno a lui.
 

Quel gigante che poco prima lo aveva ridotto così con un sol colpo, ora stava sfidando Azura, Giorgia ed Akane.
 
Il biondo aveva legato una spessa catena ad una sfera metallica della palestra, mulinandola in aria per tenere a bada l’avversario anche dalla distanza.
 

Giorgia ed Akane provavano un’offensiva, ma ogni colpo veniva deviato o schivato dalla enorme mole di lui.
 

“ E’ inutile continuare a resistere.” Grugnì l’uomo, prima di saltare in aria con grande agilità.
 
Capovolse l’arma, puntandola verso il terreno e afferrandola a due mani come se fosse una lancia.
 
“Preparatevi!” Urlò l’assassina, mettendosi in salvo dalla grossa onda d’urto che mandò in pezzi buona parte dell’asfalto circostante.

 
L’italiana finì gambe all’aria, ma comunque salva dall’attacco.
 
“ Ora!” Drake sfruttò la finestra d’apertura del nemico per attaccarlo con il suo mazzafrusto improvvisato.
 

La palla centrò in pieno viso il criminale, con l’effetto di farlo indietreggiare di qualche centimetro, lasciandogli solo un livido sul naso.
 
“Troppo leggera!” Imprecò mentalmente il ragazzo, affrettandosi a ritirare il peso.
 

Il gigante, sbuffando fumo dalle narici, rinfoderò il manganello gigante. Estrasse le manette d’acciaio di poco prima, ammanettandosi un solo polso.
 
“Cosa sta facendo?” Domandò nervosa Akane, aiutando Giorgia rimettersi in piedi.
 
“ In questo mondo vige solo la legge del più forte!”

L’uomo roteò il braccio diverse volte, per poi muoverlo come se stesse afferrando qualcosa da lontano.
 
La catena si allungò improvvisamente di diversi metri, cogliendo tutti alla sprovvista.
 
Il lazo imprigionò tutti e tre gli studenti, sollevandoli in aria.
 

Dopo diverse rotazioni aeree, vennero sbattuti con violenza al suolo, crepando lo spazio del cortile.

 
“RagazziiI!!” Gemette Tengoku, con le lacrime agli occhi per la disperazione.
 

Si portò una mano alla faccia per coprire le lacrime, mentre si malediva per non essere riuscito a salvarli.
 
Lui che era il loro amico. Lui che doveva essere un boss.
 
“Ma quale Boss dei Vongola e Boss dei Vongola?!”
 
I bei momenti passati in allegria, con i suoi primissimi migliori amici e compagni di avventure, gli passarono davanti in un istante.
 
“Io … i-io…” Provò a dire tra i singhiozzi.
“…Sono…”
 

“… Un buono a nulla ” Lo anticipò una voce scherzosa.
 
“Un imbranato, uno scansafatiche, un fifone…” continuò.
 
Dal fumo e dalla polvere fuoriuscì una figura alta, che sorreggeva sulle spalle i suoi tre amici, svenuti e con solo qualche graffio.
 

“Sei tutto questo … e forse anche altro. Ma non ti azzardare mai a dire che sei un debole. Soprattutto in presenza dei tuoi cari … Undicesimo Vongola.”
 
Il ragazzo misterioso gli si avvicinò lentamente, riponendo i soccorsi al suo fianco.
 

Il ragazzino poté finalmente guardarlo meglio e … lo riconobbe: ero lo stesso ragazzo incontrato in fumetteria qualche mese fa!
 
I suoi rossi capelli stavolta erano più corti e selvaggi, mentre gli occhi etero cromatici guizzavano nella luce con vivacità. Indossava una camicia bianca portata sul petto nudo, insieme ad un paio di jeans larghi e delle scarpe in tela rossa.

“Grazie … m-ma tu…?”
 
“ Ciaoss, Simon!” Reborn spuntò alle sue spalle, facendo spaventare a morte il bruno.
 
Sulle spalle portava appoggiato un fucile a rotaie di piccole dimensioni, il che gli conferiva un aspetto inquietante.
 
“Salve, Reborn ” Il rosso contraccambiò il saluto italiano “ A quanto pare il tuo allievo non ha molta autostima.” Lo punzecchiò scherzosamente lui.
 

“Ci mancherebbe! Se lo vessi scoperto a piangersi addosso gli avrei fatto fare la stessa fine di quella ragazza mercenaria.” Sorrise enigmaticamente il bambino.
 
Il ragazzo si trattenne dal rimanere a parlare, causa di un colpo di manganello dall’alto che prontamente schivò.
 

“ Sembri forte. Finalmente qualcuno al mio livello.” Ghignò l’uomo, togliendosi il cappello per rivelare una ispida chioma nera e viola, lunga fino al bacino.
 

“ Parliamo la stessa lingua, ex-ammiraglio Bulldozer.” Gli rispose Simon, togliendosi dai pantaloni qualche strato di polvere.

“Sei riuscito a dire contemporaneamente una cosa vera e una falsa.”
 
Bulldozer caricò il colpo della sua arma con entrambe le mani, portandosela oltre la testa.
 
“Sono forte ma …” Un leggero vento si propagò dal corpo del ragazzo, sollevando qualche nuvola di terra.
 

Con un movimento quasi impercettibile mosse la mano verso la propria schiena e … un attimo dopo era sparito, lasciando posto solo al cratere creato dall’urto del manganello.
 

L’ex-ammiraglio vide la sua stessa arma, insieme ad alberi e parte dell’edificio dietro di lui dividersi in due parti, per poi disintegrarsi.
 
Solo il suo corpo era rimasto intatto.
 
“ Io sono ad un livello di potenza completamente differente.”
Fu tutto quello che sentì, prima che una forte pressione lo fece crollare a terra, con i nervi a pezzi.
 
 


|||



 
Pochi metri più in la, in una grande piazza al centro del parco, centinaia di altri evasi venivano sbaragliati da un numero non definibile di ragazzi, pressappoco liceali.
 
Akira, presidentessa del Consiglio Studentesco, si muoveva leggiadramente tra la folla, spezzando chiunque volesse colpirla con il suo affilato stocco del club di scherma.

Con poche mosse riusciva a ferire gravemente un individuo, se non addirittura renderlo incapace di muoversi per i gravi tagli.
 

Dopo aver fermato l’ennesimo assalitore, la raggiunse un ragazzo, di quelli che stavano combattendo insieme a lei.
 

“Ehi, splendore! Lo sai che sembri la copia mora di Lady Oscar.”
 

Il tipo poteva avere la sua età, presentava dei selvaggi capelli corvini e dei profondi occhi marroni. La pelle era chiara, il fisico abbronzato e le si parava davanti con un sorriso smagliante.
 
La ragazza avrebbe tranquillamente voluto dirgli di allontanarsi prima di farsi male sul serio, ma in mezzo a quell’orda era impossibile scrivere da qualche parte.
 

“Yuro, come puoi pensare a rimorchiare in un momento del genere?” Lo richiamò una voce fredda
 
Un altro ragazzo si fece strada, devastando un paio di evasi con rapidissimi calci.
 
“ Buuuh, Aris-kun. Sei così brutto quando fai lo scontroso.” Il moro si finse arrabbiato, mentre osservava il compagno di squadra con una punta di malizia.
 

Nonostante fosse di poco più piccolo di lui, quasi lo superava in altezza. Il fisico era allenato e i lisci capelli neri danzavano sul suo viso chiaro durante la battaglia. Inoltre, i grandi occhi color ametista erano davvero incantevoli.
 
“Taci! Combattere contro queste mezze seghe mi da un fastidio incredibile.”
 
Disse, prima di estrarre un arco da fanteria da un fodero sulla cintura.
 

Incoccò la freccia presa dal suo zaino e sparò contro una macchina presa di mira dagli avversari.
 
Il veicolo esplose in un turbine di fiamme scoppiettanti, come se a colpirla fosse stato un fuoco d’artificio.
 
“ Che ti avevo detto?” Fece Aris rivolto a Yuro, facendo spallucce.
 
Il moro più grande di risposta gli sorrise, con uno sguardo di celata ammirazione.
 

 
“ Effettivamente il Boss poteva assegnarci un incarico più difficile, anziché tenere a bada questi ex-galeotti da strapazzo!”
 
Sbruffò una ragazza, esasperata.

Subito affiancò i due, dimostrandosi loro compagna.
 
L’altezza di certo non tradiva la giovane età, ma l’aspetto fisico era certamente maturo e simbolo di una bellezza esotica.
I lunghi capelli neri le ricadevano sulle spalle, mentre un ciuffo viola chiaro copriva uno dei due splendidi occhi color smeraldo.
 
La carnagione era leggermente scura, mentre il fisico atletico.

“ Capita, Raylai …” le fece l’occhiolino il moro più alto.
 

Akira dopo aver visto i tre insieme notò subito una cosa:  vestivano più o meno tutti la stessa divisa, fatta eccezione per Raylai che come supplemento portava una lunga sciarpa color crema. La tenuta era completamente nera, con qualche striscia aggiuntiva sui legamenti color rosso fuoco.
 
“ Fatemi chiamare il capo … qui credo che abbiamo finito.” Sospirò la ragazza, visivamente provata per i numerosi combattimenti affrontati.
 
 
 
|||
 



“ Come … rimane solo un ultimo gruppo verso l’area industriale abbandonata? Grazie mille, ho capito. Ben fatto!” Simon attaccò la ricetrasmittente, riponendola nella tasca dei pantaloni.
 

Era troppo impegnato, così come Reborn al suo fianco, ad osservare un evento più unico che raro.
 


Dieci minuti prima.

 
La ragazzina strisciava lentamente per il cortile posteriore dell’edificio, ferita gravemente in diversi punti al torace.
 
Il suo nome era Nat, l’ultima dei killer d’elite evasi dalla Russia.
 
“Maledizione … quel piccolo bambino era un mostro! N-non può essere umano.” Grugnì, avvicinandosi alla sua torretta a dieci canne montata in mezzo allo spiazzo.
 
Aveva deciso di usarla solo per le emergenze … proprio come quella che stava affrontando.
 
Con un gemito si issò sul sedile della mitragliatrice, puntando verso il tetto della scuola.
 

Con un ultimo respiro forzato, si accasciò sul grilletto, azionando la macchina che iniziò a sparare violentemente.
 
 
 


Tengoku, finalmente in piedi, vide l’intero terrazzo dell’ala ovest esplodere in migliaia di mattonelle.
 

Il silos superiore, grande una decina di metri, traballò pericolosamente, per poi cadere a velocità innata verso di loro.
 
I suoi compagni erano ancora privi di senso, quindi era ormai impossibile cercare di trarli in salvo.
 
Si girò rapidamente, per urlare al suo Tutor di aiutarlo ma … per un istante vide solo il buio più totale.
 

Quando riaprì gli occhi non aveva più paura. Il suo coraggio era puro come la fiamma che ardeva minacciosamente sul suo capo, coprendo il particolare ciuffo albino.
 

Il guanto nero, si illuminò di una luce azzurra, ricoprendo metà del suo corpo.
 
Quando il chiarore si fu diradato, un lungo tessuto lucido aveva coperto interamente il suo braccio destro, fino alla scapola. Sembrava tutt’uno con la pelle, di fatti non si notava nessun segno di attaccatura o cerniere varie.

 
Il ragazzo alzò l’arto verso la meteora, spalancando il palmo.
 

Poco prima che il tubo si scontrasse contro la sua mano, dalla spalla fuoriuscì un immenso getto di calore, che si diradò fino alla punta delle dita.
 
Subito, fiamme arancioni opache investirono il silos, invertendone la traiettoria per dirigerlo verso nord.
 

La fiamma sulla fronte di Tengoku si disperse immediatamente e così, il ragazzo cadde a terra svenuto.
 

“ Qui ci vuole il tuo zampino, Simon” fece segno all’amico, il piccolo Reborn.
 
“ Forse si, mio caro amico.” Il rosso con un sorriso furbo, estrasse dal fodero una lunga nodachi splendente, evidentemente la stessa di poco prima.
 
Alzò il dito indice, portandolo parallelamente al filo della lama.
 
Con un sibilo metallico, la cisterna fiammeggiante, ancora in volo, si scompose in diversi pezzi di ugual misura, che iniziarono a vorticare verso un’altra direzione.
 

“ Ecco fatto, verso la zona industriale. Nessun ferito tra i civili e tutti i criminali schiacciati.” Rise Simon, lanciando un’occhiata misteriosa al sicario.
 

Questo, fissò il corpo inerme di Tengoku per l’ultima volta, per poi rivolgere la testa verso il cielo.
 

“Esci immediatamente da dietro quell’albero, oppure riempio di piombo ogni globulo del tuo sangue!”
 
Da dietro una quercia nei paraggi, uscì un ragazzino, ancora tremante e con le lacrime agli occhi.
 
“Tu dovresti essere Luchas Aryame, l’artefice di questo disastro.” Domandò Reborn, con tono particolarmente annoiato.
 
“ S-si signore.” Luchas cadde in ginocchio, senza più nessuna capacita di muoversi.
 
“ Sai cosa dovrebbe spettarti dopo questo?”
 
"..." Non rispose, ma l'attesa che seguì gli fece venir voglia di uccidersi all'istante. Senza rimorsi, senza pensieri.
 
Ancora.
 
Reborn e Simon lo guardavano solamente, con sguardo freddo, senza far trasparire nessuna emozione.
 
Il suono del vento che solleva gli steli d'erba rimasti, riempiva l'aria di un silenzio a dir poco rumoroso.
 
Il ragazzo sentiva dentro di sé che la vera tortura era proprio quell'attesa, ma non poté far altro che subire, quasi sperando una voce che lo accusasse dei suoi peccati.
 
" Io … lo so ..." La voce gli si ruppe in gola, ma per quanto il bruciore fosse forte ... ormai aveva aperto bocca e doveva continuare a parlare, pur di non ricadere in quel silenzio accusatorio.
 
" Lo so che sono morti a decine per questa mia azione..."
 
" Direi a centinaia, contando i carcerieri della loro prigione natale." lo corresse Simon, senza nessuna reale punta di ironia.
  
" M-ma ... quando ho visto uno come Tenbaka ... uno come ME, risollevarsi dall'anonimato ... io sapevo dentro il mio cuore che solo un miracolo avrebbe salvato me per lui!"
 
Luchas sbatté i pugni per terra, bagnando il suolo con le sue molteplici lacrime calde.
 
" La mafia è il male ... Raxas ha perso la famiglia per colpa di una strage, ma io benché fossi più fortunato... i-io sapevo che l'unico motivo per cui Tengoku aveva acquistato più fama di me, era perché succederà ad un boss mafioso."
 
Alzò lo sguardo e, sebbene conoscesse il rischio che correva, guardò con odia il ragazzo in questione, ancora in terra.
 
"Capito?! Tu sei popolare solo perché sei erede di questi Vongola! Se non lo fossi stato, saresti rimasto un nessuno!" Urlò sgolandosi.
 
Seguì una pausa, in cui si mise le mani al viso per fermare il pianto.
 
"... Proprio come io lo sono sempre stato ..."
 
 
"Wow,sono questi i sociopatici killer delle nuove generazioni? Visto di peggio ..." Rispose Simon, sbuffando con aria particolarmente disinteressata.
 
"Sai ..." il piccolo sicario in nero si avvicinò allo studente, arrivandogli vicinissimo al volto.
 
"... Tengoku ha qualcosa che a te manca, che non riesci a vedere. Non è la Mafia, ne il rispetto perché diventerà l'Undicesimo.”


Il bambino sorrise, con quel suo fare beffardo e misterioso. Ogni sua parola sembrava nasconderne altre mille dietro.

“ Quando riuscirai a vedere questa cosa che a te manca … lo raggiungerai.” Con un gesto della mano, portando l’indice e il pollice a formare una ‘L’, per poi far girare il poso in senso antiorario, si congedò.
 

Il rosso rimase basito, sicuramente se non fosse già in ginocchio sarebbe ricaduto al suolo.
 
“M-ma …?!”
 
“ Verrai preso in custodia dalla corte di giustizia dei Vongola. Non ti verrà fatto del male, ma sconterai le tue colpe in severi allenamenti per cinque anni. ” Simon lo sollevò dalla collottola con una sola mano, rimettendolo in piedi.

“ E’ l’unica cosa che si può fare. In altri casi, ti avrebbero condannato alla prigionia o peggio ...” Sorrise  il ragazzo, continuando però a mantenere quello sguardo fermo.
 
“ Va bene …” annuì Luchas, preparandosi a quello che avrebbe dovuto affrontare da lì in avanti.
 
 
 

 
|||
 
Aeroporto di Namimori.
 
Un alto uomo adulto in giacca e cravatta stava fermo a quello sportello da diverso tempo.
 
Il volto era molto bello, seppur incorniciato da lisci capelli molto lunghi di color nero.
 
Gli occhi verde chiaro avevano squadrato una bellissima hostess e non intendevano lasciarla andare.
 
“ Bellissima signorina, sicura che non vuole concedermi un’uscita galante?” Chiese, sporgendosi sul bancone, facendo risaltare la camicia color smeraldo.
 
“Lo ripeto, sta facendo perdere un sacco di tempo! Se non se ne va, chiamo la sicurezza.” Rispose lei, sempre più ostinata.
 
“Oh, potrei scoppiare in lacrime, quindi la prego non lo faccia!” Si scusò lui, agitando le mani davanti a sé. Poi iniziò a frugare nella sua valigia, tirando subito fuori una fotografia.

“V-vede: sono sposato! Stavo solo scherzando!” Riprese ad urlare, quando due grossi uomini lo portarono via trascinandolo verso l’uscita.

“ Oi,oi… il Fratello si arrabbierà se farò tardi. Con lui si è sempre troppo seri.” Sbuffò nervoso.
 
 
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Fermata della metropolitana.
 
“ Signor Bagnato! Si calmi, non c’è bisogno di arrabbiarsi così tanto! E’ solo un bambino!”
 
Il capo treno stava trattenendo con tutte le forze un uomo alto e muscoloso.
 
Questo stava urlando come un matto, dimenandosi per mettere le mani al collo sulla persona davanti a se.
 
“Non è Bagnato! E’ Hayato!! E comunque non è per il bambino, è per l’idiota del padre che non capisce chi ha ragione.”
 
Gridò, indicando un bambino probabilmente sui sei anni. Poco prima gli era andato addosso, rovesciandogli il gelato a tre piani sui mocassini.
Il motivo per cui urlava era perché il genitore lo aveva sgridato per aver fatto rovesciare il gelato del figlioletto.
 
“Non sopporto i genitori incompetenti come te! Se tardo deluderò il Decimo!!”
 
 
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“Ehy! Palla!”
 
Un gruppo di ragazzini avevano formato una squadra di baseball in riva al fiume, iniziando a giocare sin dal mattino.

Ora uno, probabilmente il capitano, richiedeva ad un uomo in lontananza di ripassargli la palla persa.
 
“Oh, si subito.” Rispose allegramente il moro, dalla pelle olivastra.
 
Si fermò qualche istante a riosservare il globo che per tanti anni aveva accompagnato la sua vita.
 
Improvvisamente, abbandonò la nostalgia, lasciando negli occhi un luccichio minaccioso.
Alla velocità della luce, mosse il polso destro in avanti, dopo aver mulinato con braccia e gambe.
 
“Oh, scusate! Mi sa che adesso è andata ancora più fuori campo. Però ho un impegno, quindi perdonatemi se scappo via. Ciao!” Salutò lui, riprendendo la tranquilla camminata.
 
Per anni tra quei ragazzi, si narrerà la leggenda dello sconosciuto che abbatté due pali della luce con una palla da baseball andata fuori campo.
 
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Stadio di Namimori
 
“FORZAAAAA!!” L’urlo risuonò per tutto lo stadio, spaventando file e file di spettatori.
 
L’alto uomo albino dall’aspetto intimidatorio stava ormai gridando dall’inizio del torneo di boxe, tanto che sugli spalti vicino a lui non c’era seduto nessuno.
 
“ VIA! DESTRO, JAB, MONTANTE! ORAAAAAH!”

“Signore, la pregherei di mettersi seduto.” Sussurrò un’addetta alla sicurezza, avvicinandosi a lui.
 
“Che cosa ha detto, non ho sentito?!” Le chiese lui, sorridendo come se niente fosse successo. Non sentendo nessun’altra risposta, riprese a urlare ancora più forte, tanto che persino gli atleti abbandonarono il ring tappandosi le orecchie.
 
“Che belle queste sfide! Spero proprio che anche il moccioso di Sawada sia così ESTREEEEMO!!”
 

 
 
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La guardia al casello di blocco stava oziando all’ombra, rigirandosi pigramente tra le dita una torcia elettrica.
 
Proprio allora si fermò davanti alla sbarra una splendida Ferrari blu notte, spaventandolo con l rombo dei suoi motori fiammeggianti.
 
Lui fece gesto al guidatore di abbassare il finestrino, mentre di se non si poteva negare che moriva di invidia.
 
Dentro la vettura c’era un uomo di bell’aspetto al volante ed un incantevole donna, con il viso coperto da una leggero fular nero.
Sul sedile di dietro sedeva un terzo, oscurato dal finestrino, ma dalla forma si poteva ipotizzare fosse un bambino.

“Prego, documenti.” Chiese la guardia, un po’ balbettante per tutto il lusso che gli si parava davanti.
 
“Oh, ma certo … Kfuhuhu. Come ti chiami, giovanotto?” Rispose un’agghiacciante voce dall’interno, probabilmente proveniente da lui.
 
Il poliziotto vide solo dei lucenti capelli color viola e … un grande occhio rosso, che emanava luce come un faro in piena notte.
 
“ F-Franz …” balbettò, senza più alcuna capacità cognitiva.
 
“Bhe, F-franz … grazie per averci aperto il passaggio.” Ridacchiò il viola, dandogli un delicato buffetto sulle guance.

Come per magia, la sbarra si alzò, facendo passare il bolide che scomparve in una nuvola di fumo.
 



|||
 
“Pieta! La prego, pietà!” Gridava il ragazzo, ormai rimasto solo. I suoi amici lo avevano preceduto, finendo in un bagno di sangue in una manciata di secondi.
 
“Siamo solo degli scippatori! Lo facciamo per sopravvivere!”
 
“Non è il gesto che ha portato a questo …” ringhiò l’artefice della carneficina, uscendo dall’ombra.
 
Tra le sue mani brillavano due tonfa metallici ancora sporchi.
 
“… Ma è l’averlo  fatto in branco. Sarò costretto …” la camicia viola, risaltava sugli occhi e sulla cravatta neri.
 
“ Ad azzannarvi alla gola! ”
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autore :
 
Welcome back! Come va? Spero tutto bene, d’altronde è tanto che non mi faccio sentire.
 
Ringrazio chi ha già individuato la mia seconda fic su questo fandom (solo due persone, anzi tre T.T), ma oramai sentivo che DOVEVO aggiornare prima questa J
Forse è un po’ troppo corto ( 26 pagine ora che controllo O.O!) ma vi assicuro che ho dato il meglio di me.
 
Avviso importante: Domattina partirò per una gita scolastica a Roma che terminerà giovedì sera.
Vorrei davvero dirvi che avrò tempo per rispondere alle vostre recensioni, ma finirei per mentire spudoratamente.
Ah, quando tornerò correggerò anche questo capitolo ,state tranquilli. In effetti a quest’ora, oltre ad una veloce rilettura non posso proprio fare altro.
 
A giovedì (anche se per tutta questa sera potrò restare online)!
 
SCHEDA MISTERIOSA E’: STATA GIÀ PRESA

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Capitolo 9
*** Target Number 6: Piagnucolone ... ***


Ore 7:10

Tengoku si risvegliò nella sua camera, a Namimori, con la luce del sole ad illuminargli il volto.
 
Le palpebre si schiusero debolmente, ancora incerte se affrontare o no quella giornata.

 
Il ragazzo era consapevole di quello che aveva passato, ricordava tutto per filo e per segno. Ma niente lo preoccupava, voleva solo continuare a dormire.
 

Abbassando lo sguardo, prima di ricadere nel sonno, vide un uomo seduto sul suo letto, mentre gli dava le spalle.

Di lui vide solo la camicia nera e gli splendidi capelli tanto simili ai suoi.
 
Si riaddormentò con il sorriso sulle labbra.


... 


Ore 8:00

 
Finalmente si svegliò, sbadigliando spensieratamente. Quando si accorse di avere ancora quel sorriso da ebete sulla faccia, si riprese.
 

Prima di iniziare a porsi domande sui giorni precedenti, rivide la stessa sagoma di poco prima.
 

Era in piedi, davanti alla finestra. Sempre voltato, con una mano sulla tendina per tenerla ferma e scrutare meglio fuori.
 
Sentendo dei rumori alle sue spalle, si girò, con un mezzo sussulto.
 

“P-papà …”

“Ciaoss!”
 
Reborn si catapultò sulla bocca del suo stomaco, in un drop-kick micidiale.
 

Lo studente rimase immobile, accasciandosi al muro, con una smorfia di dolore e stupore dipinta sul viso.

“E’ ora di scendere, Ten-baka!” Gongolò il mafioso con la sua vocetta nasale.

In una manciata di secondi aveva già percorso le scale, spalancando la porta della camera.
 
Il bruno provò a muoversi, con il risultato di finire lungo disteso sul pavimento.

 
Dopo qualche gemito, si accorse che dalle assi sotto di lui, si avvertivano vibrazioni simili al parlato, provenienti indubbiamente dal piano inferiore.
 
Si congratulò mentalmente per il suo udito fine, mentre si rialzava da terra, non sentendo più nessun dolore.
 
“Buongiorno…” Disse, più a se stesso che ad un reale interlocutore. Con uno strano e misterioso presentimento, si affrettò a scendere la scalinata in legno che dalla sua camera conduceva all’ingresso e,successivamente al corridoio del pian terreno.

 
Non sapeva come mai, ma avvertiva uno stano calore proveniente dal suo petto, ad ogni scalino.
 
Appena toccata terra, un urlo spacca timpani lo prese alla sprovvista, ributtandolo a terra.
 

Sentiva il rumore della televisione in cucina, insieme a numerosi voci di persone che dialogavano.
 

Quando provò ad accostarsi al fusuma (pannelli scorrevoli che fungono da porte N.D), questo si spalancò, facendo un gran fracasso.

Un bambino poco più basso di lui gli sfrecciò davanti, singhiozzando rumorosamente.
 
“Tu non mi capisci mai!” la sua piccola testa albina arrivò fino alla porta di casa, per poi rannicchiarsi in un angolo a piangere.

MA DOVE VAI POLLUCE?!” Di nuovo l’urlo della stessa voce di prima.

Un alto energumeno dal taglio a spazzola color neve gli si parò davanti. A giudicare dallo sguardo lattiginoso e dal tono di voce doveva essere ubriaco.

“Uh?!” Quando notò Tengoku cambiò completamente espressione, dimenticandosi di cosa stesse facendo prima.

“Oh, guarda … un baby Tsuna…”
 
“Testa a prato, piantala di urlare!” il tizio venne scaraventato a terra, dato che un uomo alle sue spalle gli stava piantando il pugno sinistro proprio sul retro della nuca.
 

“Guardati, sei ubriaco già di prima mattina!” il secondo uomo aveva un fisico più slanciato, dalla pettinatura particolare che divideva i suoi capelli argentei in due frange che ricadevano vicino agli occhi.
 
Il ragazzo, preso alla sprovvista, inciampò all’indietro, iniziando a gridare.
 
“E tu ch-?! ... T-tengoku??!”

 
La sua reazione non variò da quella dell’uomo prima di lui. Mutò completamente l’espressione facciale e gli occhi si riempirono presto di lacrime.
 

“Ti ricordi di me, Tengoku? S-sono Hayato…”
 
Improvvisamente nella mente dello studente avvenne un brainstorming mostruoso, simile ad un flash mentale, ma molto più reale … come un ricordo che aveva nascosto da tempo.
 

Nella sua testa apparvero in rapida successione immagini che mai aveva più rivisto o a cui mai aveva ripensato. Riconobbe quelle persone … e anche quelle oltre la soglia della cucina.
 
“ Zio Hayato!”

 
E scoppiò anche lui in lacrime, correndo ad abbracciare l’argentato, che tanto gli aveva tenuto compagnia nell’infanzia. Con lui si era sempre potuto confidare, si erano raccontati segreti, sogni e paure. Ricordava la fedeltà che gli aveva prestato sin dalla nascita, che a volte faceva un po’ ridere. Quello zio imprevedibile e forse un po’ strano, ma a cui non poteva non voler bene.
 
Quando l’abbraccio si fu sciolto, Ten aiutò Ryohei a rimettersi in piedi, carezzando il volto decorato da lividi e cicatrici.
 

“Zio Ryo …” Sempre stata una figura di riferimento per lui. Gli aveva insegnato a non cedere mai, insegnamento che spesso dimenticava, a dare sempre il massimo e … vivere la vita all’estremo.

“Oi, Ten!” La voce dello zio Yamamoto gli fece quasi cedere le ginocchia. Quante giornate aveva passato con lui, quello che lo aveva sempre portato ovunque, soddisfando molti dei suoi capricci. Spesso Tsuna lo aveva rimproverato, perché dava troppa libertà al figlio.
 
“ E di me … di ricordi, little cry baby?” una voce calda e assonnata lo richiamò, dal tavolo.
 
Un uomo alto, dalla folta capigliatura nera e dai pigri occhi smeraldo.
 
“No. Chi sei?”
 

Lambo ebbe una fitta al cuore, tanto che per poco non cadde a terra.

“Ma come … sono io, il Grande Lambo!” provò a dire, fingendosi per niente offeso.
 
“Ah, il damerino a macchie…”
 

Il moro si defenestrò.
 

“Amoreee♥! Vieni ad abbracciare la zietta Haru ♥♥♥!”


 
Il bruno venne investito da una donna di qualche centimetro più alta di lui, che lo strinse a se fortissimo, tanto da farlo diventare pallido.

“Quanto mi sei mancato, cuoricino! Ora però non è più così facile prenderti in braccio.” La donna iniziò a strillare con brevi urletti e un accento inglese stranamente buffo.

Non si poteva dire se il ragazzo fosse sbiancato per la mancanza di ossigeno o per il seno della mora vicinissimo al suo viso.

“A-aiutoh…” boccheggiò, allontanando la faccia dal petto di lei.
 
Quando rimise piede a terra, si ricordò di Haru Miura, fedele amica del padre. Non si era mai fidanzata, ma passava tantissimo tempo con la mamma e altre donne della famiglia. A quanto pare era stata una vera e propria sorella maggiore per I-Pin.

I-Pin … già, era quello il nome della donna cinese che adesso lo stava salutando. Alta e formosa, con i capelli raccolti in una stupenda treccia nera. Indossava un abito cinese rosso fuoco ed era seduta vicino a Lambo, con la mano nella sua.
 
“Ten, c’è qualcuno fuori che vuole vederti …” disse Yamamoto, sussurrandogli nell’orecchio, mentre lo spingeva verso il giardinetto.
 

All’ombra dell’ulivo c’era Reborn, intento a parlare con due individui, un uomo e una donna, che davano le spalle alla casa per guardare direttamente in faccia il bambino.
 
I piccolo quando notò il ragazzo fece un gesto con la testa e i due si voltarono all’unisono.
 

Tengoku per poco non svenne. Quei volti … era da cinque anni che non li vedeva più.
 

“Mamma … Papà …”

La donna dalla fluente chioma color miele gli si avvicinò, anch’ella con le lacrime agli occhi.

“Tengoku …”
 
Tsunayoshi Sawada si rimise in piedi lentamente, lanciando prima uno sguardo di assenso a Reborn, per poi imitare Kyoko.
 

“Mamma e Papà!!” Strillò il ragazzo, abbracciando i genitori. Le lacrime ricoprivano il volto, ma a loro non importava. Infondo a tutti era scesa almeno una lacrima.
... 
 
Tranne ad un ragazzo, che da dietro il muretto del cortile, aveva ascoltato tutta la scena.
 
Shigeru era appoggiato al mattonato, con le braccia conserte ed un broncio seccato.

Dalle cuffie appese al collo si udiva ancora un po’ di musica.
 
Forse era così nervoso che non si spaventò minimamente quando il piccolo Arcobaleno gli si avvicinò.
 
“Ciaoss, Shigeru!”
“Salut, Reborneu …”
 
“Hai saputo anche tu della partenza di Ten, immagino …” domandò il tutor, calandosi il fedora sopra gli occhi.
“ Si. Me lo ha detto Drake …”
“ Quindi immagino che tu ti voglia tirar fuori da questa storia, eh?”
 
Il castano tirò un pugno al muro, ringhiando contro il bambino.

“Ti ripeto che non mi interessa unirmi alla vostra famiglia! Pensi che non abbia capito già che tutto il disastro avvenuto quattro giorni fa a scuola, sia stato solo una conseguenza di questi Vongola?!”

“Ma quando la smetterai di scappare?”
 
Il tono gelido del killer lo fece trasalire.
 
Shigeru iniziò a correre. Lontano.
 
Sapeva solo che non avrebbe resistito un altro po’ con quell’individuo. In quel momento voleva solo correre via …
 
... 

“ Ho detto di no, papà!” Gridò Tengoku, sbattendo le mani sul tavolo, facendolo tremare.

Quasi tutti avevano abbandonato la cucina, per l’imbarazzo della tensione che si era creata.
 
Solo Ten, Kyoko e Tsuna rimanevano. In quella sala si stava consumando un’accesa discussione.
 

“ Ten, non fare lo stupido! Se continuerai a rimanere qui, non potrai mai imparare ad affrontare le tue responsabilità!” l’uomo, anche se con un po’ di sgomento, tenne testa al tono del figlio.

“So che ti sembra possibile, ma tu resterai sempre mio figlio e non puoi restare in Giappone senza protezione della Famiglia.”
 

“Ma ci sono già Veronica, Reborn e … i miei amici.” L’ultima parola venne detta in poco più di un sussurro.

“Amore mio … è proprio per non creare problemi con i tuoi amici che dovresti venire con noi in Italia. Lì ti farai tante nuove amicizie … in fondo, fino a quando avevi cinque anni sei vissuto lì.” La donna voleva in tutti i modi stroncare quell’atmosfera di conflitto che a lei tanto dava dispiacere.
 

“Ma, mamma …”

“No, Tengoku, Kyoko ha ragione. Come puoi dire che quell’attentato non fosse solo l’inizio? Ti rendi conto di come lasceresti tutti noi se morissi … lontano, senza nessuno a proteggerti ?” la voce dell’uomo per un attimo si ruppe, forse per evitare di piangere non continuò il discorso.
Ma stava nascondendo molte cose dietro quel silenzio.
 
Improvvisamente il fusuma si spalancò, facendo piombare dentro Gokudera, con uno sguardo preoccupato.
 
“Decimo, hanno rotto le linee di difesa. Nessuno della squadra Falange risponde alle comunicazioni!”
 
Sul volto di Tsunayoshi calò un’ombra di terrore, tanto che per poco non cadde in ginocchio.
“C-come?”
 
A rompere il silenzio, fu il cellulare nelle tasche della Tempesta, che iniziò a vibrare all’impazzata.
 

L’argentato rispose alla chiamata, preparandosi al peggio.
 
Dopo una nuova pausa di silenzio, spense l’apparecchio, tirando un lungo sospiro.
 
“Alla … finestra”
“Eh?”
“Alla finestra …” ripeté, con più convinzione.
 

Il Boss si avvicinò alla tenda, aprendola del tutto.
 
Davanti a lui si materializzò la definizione di inferno:

Su di un camion accasciato di fianco, erano seduti due ragazzi, un maschio e una femmina.

Una ragazza stava rinfoderando un lungo disco nella custodia posta dietro la schiena, con aria determinata.
Infine, una studentessa, a giudicare dalla divisa, era in piedi, davanti alla casa.

I capelli rosso fuoco ruggivano nel vento, mentre stringeva con forza un telefono.
Negli occhi bruciava una rabbia spaventosa, che fece scattare sull’attenti il Decimo, nonostante fosse solo una ragazzina.
 
Alla fine, lei avvicinò la bocca al dispositivo, parlando con voce roca.

“ Volevi portarti via Ten senza dire niente,eh?”
 
Hayato, istintivamente mise mano agli esplosivi che teneva nei foderi posizionati sotto la camicia.
 

“Ascoltami bene, Vongoletta da strapazzo …” continuò la ragazza.

“ Nessuno porta via Tengoku dai suoi amici!” Così facendo, Azura polverizzò il cellulare tra le sue mani, con un ghigno di sfida. Persino

Akane sembrava infastidita, nonostante conoscesse Tsunayoshi da più tempo di tutti.
 
Il ragazzo bruno si avvicinò al padre, poggiandogli una mano sulla spalla, con un sorriso carico di speranza e uno sguardo innocente.

“Quelli sono i miei amici!”
 
...
Il mattino seguente, cinque ragazzi preparati di tutto punto, erano fermi sulle panchine fuori al grande aeroporto di Namimori.

Tengoku: Giorgia, tu come hai fatto a convincere i tuoi genitori?

 La mora si sistema un largo cappello verde sulla testa, per ripararsi dal sole.

Giorgia: Bhe, è bastato dirgli che era una gita scolastica. Loro credono sempre a tutto quello che gli dico.

Tengoku: Chissà da chi ha preso …

Giorgia: Eh?

Akane: Allora Boss, pronto a tornare in patria?

Azura: Io non sono mai stata in Italia …

Drake: Io ho sul serio fatto una gita in Italia. Milano, credo …

Akane: L’Italia è grande,eh! Mica ci sono solo le capitali: pensa a Venezia, Napoli, Bologna, Bari …

Tengoku: Ma sono capitali anche quelle.

Azura: Non come Torino,Palermo …

Drake: … Genova,Firenze …

Giorgia: … Londra …

Tengoku: SONO ANCHE QUESTE CAPITALI!! E poi che centra Londra con l’Italia??

... 
 
Qualche ora dopo, il gruppo viene invitato ad avvicinarsi all’aereo per gli ultimi controlli prima della partenza.
 
I ragazzi videro un uomo a pochi metri da loro, intento ad osservarli.

Aveva una particolare capigliatura pomposa, di color indaco. Dagli occhi blu emetteva come invisibili bagliori glaciali. Talvolta il destro sembrava mutar tonalità.

“Vongola Tengoku … non avrò mai il piacere di possedere il tuo corpo ma … ti auguro buon divertimento, nel mondo della Mafia. Kfufufufu!” E con quella strana frase, si allontanò ridendo tra sé e sé.
 

Tengoku, rimasto ancora scioccato, provò a boccheggiare alla ricerca di aria.

“M-ma chi …”

“Rokudo Mukuro.” Rispose Akane, con una nota divertita.

“Tranquillo, è questo il suo modo di salutare. Finché non c’è in mezzo qualcosa che gli interessa, rimane tutto fumo e niente arrosto.”
Sentenziò, riprendendo a trottare verso la pista di decollo.
 

Un altro uomo, in camicia viola, li stava osservando da lontano, seduto sull’ala del veicolo. All’ennesima intimidazione da parte della sicurezza, si dileguò nel nulla, brontolando un qualcosa a proposito di un erbivoro.
 

Il viaggio andò per le lunghe, ma in sostanza fu tranquillo e piacevole.

 
Tengoku passò molto tempo a guardare fuori dal finestrino, sospirando al cielo sereno, come a cercare un conforto almeno in quello.

Giorgia si addormentò, dopo essersi ascoltata un album intero della sua cantante italiana preferita, dalla radio dell’aereo.
 

Drake crollò sfinito già dopo le due ore di volo.

Ad Akane, che si era seduta vicino a lui, non poté non scappare un risolino, vedendo quel grande ragazzo dormire come un bimbo.


Dopo un lungo sguardo dolce, si avvicinò al suo viso, lentamente, per paura di disturbarlo.
 

Ad Azura quel gesto così esplicito sembrò sospetto.

“Oh, Akane … tu stavi …” chiese, imbarazzata.
 
“Si, Azu-chan. Perché, vuoi farlo anche tu?” ammiccò la ragazza, con un sorriso enigmatico.

“Come!?” la rossa si allontanò di qualche centimetro, diventando dello steso colore dei suoi capelli.
 

La mora, notando quell’imbarazzo, si spostò, rivelando il volto del biondo coperto di scarabocchi e disegni fatti col pennarello.

“Gli stavo scarabocchiando la faccia. Vuoi farlo anche tu?” Ripeté, sorridendo.
 
Azura rimase immobile per qualche secondo, con la bocca serrata. Dopo un po’ iniziò a ridere a crepapelle, sotto lo sguardo confuso dell’amica.
 
Mentre sorvolavano il confine Europeo, passarono il tempo vedendosi un film, ora che il bruno aveva perso quella vena malinconica dell’andata.
 
Probabilmente ripensava a Namimori, così ipotizzavano gli amici.


...

 
Alle 17 l’aereo atterrò, planando sull’azzurro cielo italiano.
 

L’aeroporto veniva ancora baciato dal caldo sole, nonostante l’ora, rispecchiandosi nel mare limpido.
 
A Tengoku quella visione piacque molto, tanto che gli tornò in mente quando da bambino, faceva il bagno a mare con gli amici del suo papà.
 
Il flashback venne interrotto dal rombo di un jet lussuosissimo, atterrato a pochi metri da loro.

Il metallo brillava più dei raggi solari, quasi che per poco non accecò i ragazzi.
Dalla portiera uscì Reborn, scortato da una decina di camerieri e procaci hostess.
 
“Ciaoss, pezzenti!” li salutò, togliendosi gli occhiali da sole in un gesto a dir poco teatrale.
 

“Mi sono mosso appena mezz’ora fa dal Giappone. Che ne dite di andare subito alla Magione?”
 
“Brutto nano! Noi ci siamo svegliati apposta alle cinque!” Urlò esasperato Sawada, crollando a terra per la frustrazione.
 

La comitiva fu scortata da una elegante macchina italiana, ma durante il tragitto furono tutti costretti a bendarsi gli occhi.

In realtà il figlio di Tsuna non necessitava della benda, ma per solidarietà volle mettersela anche lui.
 

Arrivati a destinazione, una enorme palazzo a sei piani emerse dalla boscaglia, come un pilastro brillante nella radura intorno.
 
Alcune finestre erano aperte ed un leggero fumo fuoriusciva dal camino.
 

All’entrata, una decina di domestici li accolsero calorosamente, richiamando l’attenzione di altri individui mai visti da Ten.
 
...

“Sai …” gli disse Reborn, mentre passeggiavano per un corridoio, una volta separati dagli altri.

“In questo periodo si festeggia una sorta di ballo di gala, a cui sono invitati tutte le Alleate.”

“Alleate?”

“Sono le famiglie che sostengono la nostra causa, secondo un patto di fratellanza e di non aggressione. Sono tutte subordinate dei Vongola.”

“Quindi, è come un ballo della scuola?”

“Si. Solo che c’è da festeggiare soltanto la fratellanza e l’amicizia. E’ stata pensata da tuo padre molti anni fa …”
 
...

Una volta nella sua stanza, Tengoku decise di cambiarsi, mettendosi una maglietta nera a mezze maniche e un jeans. Preferì i sandali alle scarpe da ginnastica, visto il caldo incombente.

 Sul letto, notò un’auricolare nero, come quelli usati dalla polizia.

Provò ad indossarlo, così, per curiosità …
 
“Tenbaka-prova,prova. Tenbaka-prova,prova.”

Una voce adulta e fredda lo stava schernendo, anche se con fare giocoso.

“Chi parla?”

“Ma come, sono io, non mi riconosci più?”
 

Il ragazzo provò a fare mente locale. Di chi era quella voce? Aveva incontrato qualcuno che parlava così?

“Se ti dico … Tutor Hitman?”

“Reborn!”

La voce rise gioiosamente,dall’altra parte del canale.
“Già, ti parlo dal mio vero corpo. Ricordi quella storia che fino ad ora sei stato l’allievo di un mio robot-clone?”

“Si, l’hai detta prima del disastro a scuola”

“Bravo, esattamente. Purtroppo ora sono impegnato, ma sicuramente domani arriverò in Italia. Piuttosto, ti parlerò da questo auricolare per informarti sugli individui che vedrai. Dopotutto, devi conoscere i tuoi futuri alleati.”

“Ti ripeto che-” La frase, quella volta gli morì in gola. Non aveva più voglia di continuare a opporsi, il suo tutor era l’incarnazione di quanto più odioso esiste al mondo, robot o non robot.

“Ok, allora …” iniziò, uscendo dalla camera.

Rivide il bambino della mattina precedente, quello albino con gli occhi blu.

“Quel bimbo?”

“Polluce Sasagawa, figlio di Ryohei Sasagawa e Hana Kurogawa.Dieci anni. Non sembra adorare il padre come facevi tu da piccolo. Atteggiamento schivo, diffidente. Sarebbe tuo cugino, da parte di Kyoko.”

“Oh, quindi dovrei … salutarlo, ecco.”
 
Gli si avvicinò, con un sorriso nervoso.

“Ehm … ehi, ciao. Io sono Tengoku, il figlio di tua zia Kyoko. Noi non ci siamo mai visti, vero … p-poll…?”

“Polluce.” Rispose brontolando lui, nascondendo la testa fra le gambe, siedendosi per terra.
“Quel montato di mio padre mi ha dato il nome di un antico pugile greco. Ti pare normale?” Gli chiese, quasi desiderando un assenso da lui, nonostante si fossero appena conosciuti.

“Bhe … anche mio padre è un po’ stano. Il mio nome significa Paradiso e … a scuola mi dicono che sembro un Sayan.” Provò a dire, ridendo mentre si indicava la capigliatura ribelle.
 
“Oi, Polluce-kun!” una bimba sbucò fuori dal corridoio, pimpando allegramente. Vestiva un pigiama viola e portava i capelli neri in due crocchie poste ai lati. I vivaci occhi blu brillavano spensierati.
 

“Reborn?” sussurrò il bruno, in cerca di aiuto.

“Oh, quella è la piccola San-Pin, di cinque anni. Figlia di Lambo e di I-Pin. Dato che il cognome del padre è andato perso, hanno deciso di affibbiargli ‘Pin’. Tipa simpatica.”

 “Polluce-kun, chi è lui?” chiese la piccola con la solita voce squillante, indicando lo sconosciuto.

“Mio cugino Tengoku.” Rispose il bianco con un sorriso sincero, mentre guardava il parente. Forse lo aveva già preso in simpatia.
 

Dopo un girovagare infinito accompagnato dai bambini, Ten si ritrovò costretto a chiedere informazioni ad un passante.
 

O meglio,due.

 Una donna non molto alta, vestita elegantemente in un abito bianco e nero. La carnagione olivastra e l’accento straniero pronunciato già la presentava. I capelli lunghi erano castani scuri, gli occhi marrone .

 Accanto a lei passeggiava un giovane alto quanto Drake, dai capelli portati in un lungo ciuffo sul davanti, nero, mentre dietro erano grigio cenere. Gli occhi come quelli della donna erano meno vispi e molto più annoiati. Camminava con le mani in tasca.

“ Ecco qualcuno delle Alleate! Maria e Miguel Nostrado, della Famiglia Plaza, originaria della Spagna. Attualmente Maria è il Quinto Boss, dopo la morte del marito. Miguel prenderà il suo posto in età adulta. Uno dei nostri migliori commercianti di grano, farina e tessuti. Miguel ha più o meno la tua età, prova a farci amicizia. Ah, non dimenticarti di usare il galateo, dopotutto non li conosci.”
 
“Buon pomeriggio, Signorina Nostrado. Sono Tengoku Marco Sawada, figlio di-”

“Oh, ja ja, vale. Che carino, sei proprio il figlio di tua madre. “ la donna, stranamente l’abbracciò, come se si conoscessero già da anni.

“Non ti vedo da che eri uno scriciolo piccolissimo! Sai, sono una grande amica di Kyoko, praticamente al prima amica che si è fatta da quando è arrivata in Italia.”

Lei continuò a parlare per un buon quarto d’ora, accennando ripetute volte all’amicizia con sua madre.

Così Tengoku, piuttosto che chiedere dove fosse il padre, gli venne da chiedere dove fosse il bagno.
 
...


“Oh, ma non vorrei farti perdere tempo.” Concluse, dieci minuti più tardi.

“Cosa ti serve? Sono a tua completa disposizione.”

“V-vorrei sapere, ecco … sa per caso dove si trova ora mio padre?”

“Direi nella sala pranzo, per un briefing con qualcuno delle Alleate. Io sono appena di ritorno.” Rispose, con un caldo sorriso.

Il ragazzo moro, con aria più seccata di prima, sbadigliò rumorosamente.


“Mamà ! Io vado fuori con i miei cumpañeros, vale?”

“Oh, vale,vale. Dopotutto stasera si cena presto, cariño.”

Lui annuì, prima di calarsi dalla finestra al suo fianco, con un balzo felino, atterrando nel giardino con grazia e nonchalance.
 

Ten, finalmente ottenute le sue risposte, decise di fare dietrofront, ma si ritrovò tra i piedi Polluce e San-Pin, addormentati per terra.

Quell’attesa doveva essere stato troppo anche per loro.
 
Così il ragazzo li prese in braccio, con le teste appoggiate sulle sue spalle e si diresse a quella che era la stanza adiacente al salone di ingresso.
 
Si sporse appena oltre la soglia, per paura di disturbare il padre durante il lavoro. Effettivamente quello che vide di sicuro non poteva essere disturbato.
 

Tsunayoshi era seduto a capo tavola, con alla sua destra Gokudera e alla sua sinistra Kyoko. Da quella posizione si poteva notare chiaramente il trambusto che avveniva su tutto il lato della tavolata.

Al centro di un concentramento di ragazzi, sedeva una ragazza, anche se dall’aspetto si poteva definire pressoché una donna. Occhi determinati, sempre sicuri, viso scolpito e fisico formoso. La stretta maglietta grigia a fatica conteneva il seno, tanto che si piegava sopra l’ombelico. Carnagione chiara, iridi grigio metallico e lunghi capelli neri mossi.

Era comodamente seduta con i piedi sopra il tavolo, davanti a lei un piatto d’argenzo ormai svuotato.
 
“Iniziano anche i tipi interessanti …” sogghignò Reborn.

Tengoku si sentiva schiacciato da una enorme pressione, come se una sola occhiata di quella ragazza potesse incenerirlo in una frazione di secondo.

“Il suo nome è Xian. Da due anni ha al seguito una banda di seguaci scelti da lei. Li chiamano i ‘Bravi’. Hai presente? Come quelli di Romeo e Giulietta. Fatto sta che sono in lotta per il possesso del titolo di Prossima Generazione di Varia.”

“Varia? Come quelli che conosceva Akane?!”

“Esatto … Squadra Assassina Indipendente. Sono i cani neri dei Vongola. Non so tu ma io me li ci vedo.” Anche se non lo vedeva, il ragazzo aveva il presentimento che Reborn avesse sorriso.

“Osserva bene, Tenbaka, qui c’è una vero accumulo di potere. All’estrema destra: Geronimo … fidato aiutante del suo capo.”

Individuò un ragazzo probabilmente sui diciannove anni, con una barba non curata e due imponenti basette. I capelli erano a neri, spazzola, con un singolo ciuffo ribelle rivolto verso l’alto. Gli occhi freddi color verde scattavano ad ogni movimento del suo Boss, non perdendola d’occhio nemmeno per un istante. Il fisico era molto mascolino, tanto che i muscoli si vedevano anche da sotto la tenuta nera di pelle che indossava.

“ A destra di Xian, Duncan … un semplice ragazzo pescato dai bassifondi italiani.”

Al fianco della mora, un ragazzo mangiava con voracità immane da quattro vassoi contemporaneamente, servendosi da due brocche di vino. La gente non faceva altro che guardarlo disgustata.

La carnagione era bianca, quasi spettrale, nonostante l’ingordigia era poco più che pelle e ossa. I capelli biondi cadevano spettinati all’indietro, tenuti fermi da diversi fermagli. Gli occhi giallo oro sembravano morti, mentre mangiava.

“ Lato sinistro della sala: Superbi Kravis. Figlio di un membro dell’attuale generazione Varia.”
 
Un cenerino stava massacrando di calci un servitore, che gemeva a terra senza essere aiutato. Il giovane aveva una capigliatura color argento a forma di pinna, portata di lato. Gli occhi neri e affilati ruggivano cattivi, insieme a quel ghigno sadico che aveva in volto.

“Ti pare un piatto degno di noi, sudicio servo?” Chiese al cameriere, continuando a percuoterlo nonostante avesse già perso i sensi da tempo.
 
“A sinistra di Xian, Daezel Tortora. Un rampollo figlio di un ricco contribuente dei Varia. Anche se ha soltanto tredici anni, sembra che lei veda del potenziale nascosto …”
 

Appoggiato appena alla sedia della ragazza, un ragazzino dal lungo ciuffo fucsia si grattava pigramente. Il viso giovane era bello, con due occhi color ametista. La testa era quasi completamente rasata su di un lato, lasciando solo il lato destro, quello del ciuffo. Era alto poco meno di Tengoku.
 
Un uomo anziano dai folti baffi grigi e dai capelli tirati all’indietro porto un piatto al tavolo. Gli occhiali sembrarono brillare, mentre sussurrava qualcosa nell’orecchio di Xian. Era vestito molto elegantemente. Un cocktail nero a strisce verticali bianche, presenti pure sui pantaloni.
 
“Lui credo si chiami Alberto … è solo la balia di Xian, nonché domestico del padre… poi, in fondo alla stanza, nell’angolo dietro di loro…”

E qui Ten per poco non svenne sul serio.

Un bestione di due metri e poco più, nascosto nella penombra. Indossava una specie di divisa nera, simile a quella di tutti li altri Bravi. Però sulla spalla destra era fissata un drappo scuro, con sopra segnati tutti i numeri romani in ordine crescente, fino all’undici. A coprire la testa aveva un cappuccio color della notte e una maschera di cuoio bianca, senza un buco per l’occhio. Dai fori del naso fuoriusciva aria calda.

“Lo chiamano Luc1f3r0, ma si pronuncia Lucifero. A quanto pare è una macchina di sterminio killer. Non si sa se li sotto si nasconda un uomo o un demone …” Presagì Reborn, con voce enigmatica.
 
“Bhe, questi simpatici ragazzoni vivono qui, quindi sogni d’oro!” disse infine, con voce innocente.

Al ragazzo quasi scappò la tentazione di urlare e piangere, ma così facendo avrebbe attirato l’attenzione e … quello non lo desiderava per niente.
 

“Bhe, poi ci sono anche pezzi da novanta come … lui.”
 
All'altro capo della tavola sedeva un uomo, probabilmente sulla ventina, non particolarmente infastidito da quello scempio. Vestiva un mantello bianco e argento, fissato su di un cappotto con catene splendenti. I capelli erano del color della neve, portati lunghi davanti, quasi a coprire i brillanti occhi blu e il viso chiaro.
 
Dietro di lui un uomo e una donna in giacca e cravatta erano appoggiati allo schienale della sedia.

Uno sembrava quasi un ragazzo, carnagione abbronzata, capelli grigio cenere irti in avanti, con degli scuri occhi sempre in movimento e denti aguzzi.
 

L’altra, più bassa e dalla carnagione chiara. Gli occhi verdi erano spalancati, con una smorfia di disgusto sul viso per lo spettacolo a cui stava assistendo. I capelli castani erano corti,legati in una coda laterale.

 “Shark, Ryoko … Chiedete quando ce ne possiamo tornare a casa … questi ragazzi mi rovinano il pranzo.”


Disse, con una punta di fastidio nella voce.
 
“ E quello invece …” sussurrò Reborn.

“E’ uno dei pezzi grossi delle alleate: Corex il Grande Lupo Bianco, ottavo boss dei Licaone. Suo padre Tancredi è venuto a mancare due mesi fa. Da allora, sembra essere già in grado di gestire la sua grande Famiglia.”
 

Xian, notando il Boss dei Licaone guardarla in cagnesco, rispose con un sorriso beffardo, alzando il medio.

Tengoku venne spaventato dallo sbadiglio dei bambini che aveva in spalla, quindi per paura che si svegliassero decise di andarsene.
 

Quando si girò, però una dozzina di domestici e altri membri della Famiglia fissarlo con stupore, chiedendosi che cosa stesse facendo.

Il ragazzo, rosso come un peperone, decise nella tecnica più adeguata. La fuga.
 

|||
 

Cinque minuti dopo il bruno stava camminando nel cortile della villa, nuovamente perso. Per fortuna i piccoli avevano continuato a dormire come angeli, ignari di quello che aveva visto lui.

Bastava solo ripensare alle persone viste dentro quella stanza …

“Brrr!” gridò, tremando.
 
Il tutor sembrava aver spento la trasmissione, altrimenti avrebbe chiesto aiuto tranquillamente a lui.
 

San-Pin si agitò nel sonno, accennando un sorrisino.
 
Prestò però, la quiete si sostituì ad un gran fracasso ed a risate decisamente troppo alte.
 
Il ragazzino decise di correre verso la fonte del rumore, un piccolo spiazzo all’ombra della costruzione.
 
Nel chiarore del giorno, riuscì ad intravedere un paio di individui che si allontanavano verso nord, fortunatamente troppo lontani per notarlo.
Invece, quasi sommerso da una pila di bidoni per l’immondizia, giaceva un ragazzo.
 
Era immobile, non si poteva notare nemmeno un movimento, a parte il diaframma che si abbassava e alzava.
 
I lunghi capelli neri, ora non più pettinati, coprivano disordinatamente il volto. Solo un grande occhio verde era aperto, con una smorfia di dolore sul viso.
Sotto l’occhio chiuso era tatuato uno strano simbolo: due corna da toro con una scritta dentro, troppo piccola per esser decifrata.
Finalmente diede segno di vita, sbuffando rumorosamente.
 
“Oi, oi. Succede sempre di tutto a questo povero piagnucolone …”
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autore:
 
Welcome back! Come va? Spero tutto bene.
Presto arriverà l’estate (Yehhh *^*!), quindi è … quasi il mio primo anno su EFP. Non vi preoccupate, ho intenzione di continuare le altre fanfiction, d’altronde per tutte ho già pianificato una fine. Tranne per una … eh si, ho un’idea nuova, rischiosa ma anche decisamente elettrizzante che mi tiene sveglio la notte da quando l’ho pensata. Niente spoiler, niente anticipo.
 
Allora, come potete intuire, è già iniziato il periodo di mare (dalle mie parti è così), quindi probabilmente correggerò tra una sdraio e una nuotata. Keep Calm!
 
Vi auguro un buon periodo di studio, dato che per molti questa sarà l’ultimo step dell’anno.  Quindi il consiglio è … non fate come Master Chopper che scrive anziché prepararsi T-T!
 
Alla prossima!
 
P.S: LA SCHEDA MISTERIOSA PER QUESTO CAPITOLO E': STATA GIA' PRESA.

P.P.S: Ad un certo punto ho aggiunta una scena demenziale con dialogo 'a copione'. L'ho fatto perché, scritta con il mio normale format sarebbe venuta troppo lunga e ripetitiva. Spero non abbia dato fastidio a nessuno :)

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Capitolo 10
*** Target Number 7: Sono passati dieci Anni?! ***


                                      

TARGET NUMBER 7: SONO PASSATI DIECI ANNI ?!

 

“T-ti sei fatto male? Hai bisogno di aiuto?”

 

Tengoku si avvicinò correndo al ragazzo, che lentamente si stava rialzando dal cumulo di spazzatura.

 

“Oi, oi. Stai tranquillo piccolo, non mi sono fatto granché …” Sbuffò lui, in lingua italiana.

Fortunatamente il giapponese aveva imparato molto sulle lingue neolatine, tanto che da quando era alla Magione riusciva a comprendere quasi ogni dialogo.

 

“Io sono Tengoku … Marco Sawada, figlio del Decimo.” Disse con tono incerto, mentre offriva una mano timida.

 

Dopo poco, il moro la afferrò deciso, facendosi aiutare a rialzarsi.

 

“Ah, quindi sei tu il figlio di Tsunayoshi. Il mio nome è Vito Ello. Sono il futuro Boss della Famiglia Bovino.”

 

 

 

|||

 

 

Veronica stava passeggiando per i giardini interni della villa, assieme ad un alto uomo dai capelli leggermente più chiari dei suoi.

Lui li portava lunghi, ma legati in una alta coda di cavallo, mentre i suoi occhi color cioccolato erano in contrasto con quelli azzurro chiaro di lei.

 

“… E’ così che è cresciuto Ten.” Concluse la castana, giocherellando con una sua ciocca.

“Uhm, Reborn continua a non risparmiare proprio nessuno,eh?” la apostrofò il biondo, con un piccolo sorriso.

“Senti, papà …” Veronica si fermò, lasciando l’uomo a qualche centimetro da lei.

“Io temo che per Ten non sia la cosa giusta  crescere qui. Perché Decimo lo vuole tenere così riparato. Non bastiamo io e Reborn?”

 

Dino sospirò, preso un po’ alla sprovvista da quella domanda.

“Ascolta, forse se Tsuna e Kyoko hanno deciso così per Tengoku … ci sarà un motivo più che importante. Purtroppo il suo giudizio è inappellabile, non tanto per il suo controllo, ma più che altro perché in questo periodo sta diventando una vera e propria testa di coccio.”

Il Boss dei Cavallone, in tutta la sua altezza, fu costretto a chinarsi per guardare dritto negli occhi la sua già alta figlia.

“Mi dispiace tesoro, capisco che ti senti irrequieta, soprattutto con il periodo che stiamo vivendo adesso…”

 

La ragazza si rasserenò un po’, mostrando al suo genitore un sorriso.

 

“Così ti voglio. Vieni adesso, è da tanto che non vedi Donald, vero?”


“Anche a distanza di anni non mi capacito di come tu possa aver dato un nome da cavallo ad un tuo figlio…”

 

“Quando siete nati i patti con tua madre erano questi: il nome del maschio lo scelgo io, quello della femminuccia lo scegli tu.”

 

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In una dimora non rintracciabile dell’Italia del Nord.

 

Un ragazzo camminava solitario tra i corridoi del grande teatro, solo per salire al piano superiore dove risiedevano i posti degli ospiti altolocati.

 

I capelli nero scuro fuoriuscivano appena dal largo cappello viola a tre punte, mentre una mascherina blu gli copriva tutto il viso fino al naso.

 

L’abito blu notte era molto elaborato, tanto da sembrare più che altro un vestito di scena.

Il rumore dei suoi stivali risuonava forte nel vuoto, accompagnato solo dalla musica che dal palco attraversava i muri.

 

Ritrovatosi a destinazione scostò una tenda, raggiungendo un balconcino che dava sullo spettacolo.

 

Davanti a lui c’era una sedia di pelle rossa, sopra la quale sedeva un individuo, dal volto coperto da una maschera veneziana nera dal becco.

 

Vestiva una camicia bianca, ricoperta da un mantello lucido e scuro, che arrivava a toccar terra.

 

Come il ragazzo, anche lui portava un copricapo, stavolta un cappuccio facente parte della mantella.

 

“Oh, Platino, quale notizie mi porti?” la voce era ironica ma comunque molto inquietante.

“Padrone, la brigata d’ispezione che abbiamo mandato nei territori dei Vongola non ha più risposto ai comandi. Temo che ci sia stato un ammutinamento.” Il tono di Paltino era molto preoccupato, come a volersi aspettare qualcosa dal suo padrone.

 

“Uhm … non dovrebbero nuocere comunque ai Vongola. Sanno come cavarsela.”

 

“Ma, Padrone, penseranno che questa sia una rivolta. Ne perderemo del nostro orgoglio in quanto Alleati.”

 

“Ssh!” il Padrone si alzò, poggiandogli l’indice della mano ricoperta da un candido guanto sulle labbra, zittendolo all’istante.

Dall’altezza si poteva trattare di un ragazzo molto maturo. Il viso era roseo, mentre le labbra erano state colorate di nero da un rossetto.


“Tranquillo Platino. Quando ti ho mai deluso?”

 

“Mai … mai, Padrone.”

 

“Visto? E ora andiamo, questa pantomima da quattro soldi non soddisfa i miei gusti.” Proclamò con fare teatrale, allontanandosi dalla sua poltrona.

 

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Tengoku si era abituato alla compagnia di Vito. Era un tipo molto strambo, che alternava momenti di perenne paranoia alla vivacità di un bambino piccolo.

 

Gli stava spiegando, una volta nella sua camera, l’intera storia della sua famiglia.

 

“E così mio padre, Don Al Bovino Ello, ha deciso di lasciare nelle mie mani la Famiglia. Il vecchio è parecchio ottuso, vista l’età, ma quando ha fatto questa scelta sono stato sicuro al cento per cento sulla veridicità delle sue parole.”

 

“Ah, bello. Non avevo mai sentito parlare di questi … Bovino.” Il ragazzo si pentì subito di averlo detto, preoccupandosi di aver offeso le origini del suo nuovo amico.

 

Ma questi si limitò ad emozionarsi ancora di più.

 

“E’ questo il bello, Ten!  Ai tempi del Nono, i Bovino non se li filava proprio nessuno. Se tu andavi in strada a dire : ‘Sono da’ famigghia Bovino!’ la gente al massimo faceva la faccia strana e ti chiedeva ‘ e chi minghia li conosce?’.  Ma poi, da quando c’è tuo padre al potere, le Alleate hanno ricevuto un sacco di riconoscimenti. Tutto questo anche grazie al Grandissimo Lambo, che prima dei Vongola era un sicario di mio padre!” Disse tutto d’un fiato, mentre gli occhi gli brillavano come mille stelle.

 

“Ah, pensa un po’ … Lambo.” Tengoku non aveva intenzione di conoscere le altre Famiglie, rimanendo d’idea che lui non sarebbe dovuto centrare niente con la mafia, ma rimase comunque incuriosito dalla sincera ammirazione di Vito verso i Vongola.


Effettivamente da piccolo aveva sempre chiesto a Lambo perché sulla schiena avesse tatuate due corna con la scritta Bovino a macchie. Ma il Guardiano si era sempre limitato a rispondere ‘Perché mi guardi la schiena?!’,  quindi da allora non se ne era più importato di meno.

 

Il suo sguardo cadde su di una vecchia fotografia a seppia, dove i colori si potevano appena immaginare. Un ragazzo giovane identico a Vito, però dai candidi capelli bianchi, sedeva accanto ad un suo gemello, su di un vecchio divano. Almeno un occhio dei due era chiuso, con un tatuaggio al di sotto.

“Vito-kun, come mai hai una tua fotografia a seppia?”

 

Il moro rispose con una risata fragorosa, tenendosi la pancia. Dopo un po’ cadde a terra, quindi fu costretto ad interrompersi.

“Ma ti pare, sciocchino?! Quello è il primo Bovino, mio omonimo, con suo fratello Lampo, primo Guardiano del Fulmine dei Vongola. In pochi sono quelli che ricordano ancora questo legame che da sempre lega le nostre famiglie. Forse solo Tsunayoshi e il Grandissimo, nei  Vongola.”

Sembrava come incantato da quella foto e a giudicare dallo sguardo sognante con cui la fissava, doveva aver passato parecchio tempo a fantasticare.

 

“ Ehi, cow-boy! ”

 Dei forti colpi alla porta interruppero l’atmosfera, seguiti da una voce fredda e tagliente.

 

“Ti muovi o no? Non abbiamo tutto il tempo!”

 

Il moro andò ad aprire, con una faccia mortificata rivolta verso Ten, come a volergli chiedere scusa.

 

Nella stanza irruppero due individui, che il ragazzino riconobbe subito come membri dei Bravi. I loro nomi erano Kravis Superbi e Daezel Tortora.

 

“Allora, capiamoci cow-boy …” L’argentato si appoggiò alla parete, masticando a bocca aperta una gomma americana.  Il ragazzino invece, iniziò a curiosare per gli scaffali, selezionando libri su libri.

 

“Tu lo sai che Xian-sama detesta aspettare.”

“Ma io credevo che-” Le scuse del bovino vennero smorzate da un calcio in pancia che lo fece ricadere, con le mani alla bocca dello stomaco.

Tengoku fissava impaurito l’amico cercare di riprendere fiato, con le iridi sbiancate e il volto sudato per lo shock.

“Detesta aspettare … non interrompermi.” Sottolineò Superbi, con una punta di nervosismo.

“ E siccome devi ancora informarci della tua presa partecipazione alla Tombolata Speciale Varia … vorrebbe saperlo al più presto, capisci?” Con un gesto del capo, indicò il collega, intento a ridere serenamente.

 

Daezel estrasse un fiammifero dalla tasca, accendendolo con un gesto rapido su di un mobile. Lo fece roteare davanti al naso di Vito, per sbeffeggiarlo un po’. Poi lo lasciò cadere, su di una pila di vecchi documenti e volumi che aveva raccolto poco prima.

 

“ No! ” gemette il ragazzo, avvicinandosi alle fiamme già alte per provare a spegnerle.


“Speriamo che parteciperai.” Lo schernì il mafioso, seguendo il collega fuori dalla stanza.

 

Ma improvvisamente, Kravis si bloccò di colpo, tanto che Daezel non fece in tempo a fermarsi per evitare di andargli addosso.

“Che diavolo hai, testa di …” ma quando notò anche lui il nuovo arrivato, finì per mordersi la lingua dalla sorpresa.

 

Un ragazzino suo coetaneo era seduto sulla finestra davanti alla porta, nel corridoio, mentre li guardava divertito.

I capelli erano neri e corti, con sfumature violacee, lisci e raccolti in uno strano ciuffo alto. 

 

Sull’occhio destro portava una benda medica nera, con tanto di cerotto, mentre l’altro era scoperto, di un color ametista intenso.

 

Vestiva un lungo cappotto blu scuro, con pantaloni mimetici e scarponcini. Il viso era molto chiaro, quasi pallido.

 

“Allora, Superbi … Tortora. Buon pomeriggio.” Salutò, con un ironico tono formale.

 

“Rokudo …” Ringhiò il nobile dei bravi, stringendo i pugni. Lo stava fulminando con gli occhi per l’intensità dell’occhiata omicida che gli stava lanciando.

 

Tengoku, rimasto con il sedere per terra, non poteva far altro che osservare con stupore quel bambino che in pochi istanti aveva messo in riga quegli individui.

Sembrava un concentrato di cattiveria, ma nascondeva tutto con un alone di mistero.

 

“Cosa succede Tortora, vuoi per caso un’altra lezione da un professionista?” Ghignò il moro, mantenendosi il viso tra le mani. Non si faceva per nulla intimorire, anzi, sembrava sicuro di poterli battere anche entrambi.

 

“Tu, strafottutissimo principino viziato!” Ruggì il rosato a pochi centimetri dalla faccia di lui.

“Se tuo padre non fosse stato così importante non saresti stato così sicuro di te!”

 

“Solo i deboli  possono parlare così …” e dopo questa frase, Tortora trasalì, riavvicinandosi di colpo a Kravis.

 

Aveva giurato di veder comparire nell’iride viola, l’ideogramma di Veleno, in nero.

 

“Andiamo.” Ordinò l’argentato, digrignando i denti. Lentamente, i Bravi sparirono tra i labirintici corridoi della Magione.

 

Dopo poco il bambino scoppiò in una serena risata, rassicurando appena i due ragazzi.

 

“ Che paura, eh? “ chiese con tono ironico, inarcando un sopracciglio.

“ Finché quei cani possono essere tenuti a bada non dovete preoccuparvi. Bisogna solo sperare che non ottengano mai il posto di Varia, altrimenti saranno guai seri per quelli come voi …” mormorò tra sé e sé, guardando distrattamente fuori dalla finestra.

 

Tengoku gli si avvicinò lentamente, notando quanto quel bambino non fosse poi così diverso da Polluce. Nonostante fosse seduto sopra un ripiano poco sotto il vetro, non raggiungeva neanche la sua altezza.

“ Tu sei il figlio di Mukuro Rokudo, vero?”

 

 

Ricordava quell’inverno, passato in Molise.

 

Lui si era tranquillamente appisolato sul divano, ascoltando lo sfrigolare del legno sotto la fiamma nel camino. La tenera età, di quasi otto anni, gli aveva permesso un sonno tranquillo.

 

Quando si risvegliò fu inizialmente spaventato dal non ritrovare i genitori intorno a lui, con magari Yamamoto o Gokudera al loro fianco. Al loro posto … c’era un uomo che aveva sempre visto di rado, tanto da non ricordarsi nemmeno il nome.

Era alto, di bell’aspetto, con dei capelli che portava spesso raccolti in una bassa ma lunga coda. Quella volta fu quasi incantato da vederli sciolti, tanto da sembrare una cascata di ametista.

Il viola si girò verso di lui, guardandolo curioso con il grande occhio rosso.

 

“Ciao, piccolo uomo.”

A Tengoku venne subito il desiderio di scappare e chiamare i suoi genitori, messo duramente sotto pressione da quell’individuo enigmatico.

Non fece nemmeno in tempo a voltarsi che quella voce misteriosa e calda lo interruppe.

“Sawada e Sasagawa sono usciti insieme a quegli altri scalmanati. Fino al loro ritorno … non ti dispiace la mia presenza?” Chiese, aspettandosi uno strillo spaventato oppure un rifiuto intimorito.

 

“No …” Sussurrò il bimbo, rannicchiando la testa fra le gambe, rimanendo immobile per guardare meglio la fiamma ardente.

“Uhm?” Mukuro sembrava confuso, che per caso avesse perso quel suo tocco intimidatorio? Fatto sta che la risposta gli rubò una risata sincera, ma non per questo meno  inquietante del solito.

“Sei interessante Sawada Tengoku. Dimmi di più di te …” l’uomo cercava evidentemente di prenderlo in giro, trattandolo al pari di un adulto.

 

Stranamente questo tipo di confronto non insospettì minimamente Tengoku, che invece iniziò a raccontare qualche cosa dell’Italia, dei viaggi che faceva con la sua mamma e il suo papà e dei loro strani amici. Sembrava che, piano piano si stesse affezionando a quell’uomo, raccontandogli delle cose che aveva sempre avuto paura di dire ad altri.

Forse era quel suo lato taciturno e misterioso a farlo sentire al sicuro dalle bugie che sentiva sempre da suo padre?

 

“Sai …” lo interruppe Mukuro, spostando lo sguardo al di fuori della finestra, osservando la candida neve incorniciare le montagne.

“L’anno scorso mia moglie ha partorito un figlio …  il mio figlio.”

 

Quella frase confuse molto Tengoku. Partorito? Che voleva dire? Ma i bambini non li portava la cicogna??


“ E’ parecchio strano avere un cucciolo d’uomo. Mi turba e mi spaventa a volte … impara cose nuove ogni giorno, gioca con quegli idioti di Kaki-Pin e Ken … ma soprattutto, sembra sempre felice. Mi da sui nervi.”

Ammise il padre, sorridendo. Non pareva molto coerente quell’espressione, ma forse il ghigno era il suo modo di manifestare tante delle sue solite emozioni.

“ Mamma ha detto che anche io ero così.” Provò a dire timoroso, il bambino.

“ Dice che si chiama … ‘infanzia’, credo.”

 

Quelle semplici ed innocenti parole bastarono per far guizzare verso di sé gli occhi della Nebbia, che assunse in un istante un atteggiamento meno sorpreso.

 

“Infanzia? Dimmi di più, cucciolo d’uomo …”

 

 

 

“Cosa?! Ten, conosci Mukuro-sama?” Vito indietreggiò, impallidendo all’istante.

 

“Si, ho passato diversi giorni con lui, quando ero in vacanza in Molise. Grazie ad Akane ho avuto modo di accedere ad un altro spartito nascosto della mia memoria.” Tengoku sorrise tranquillo, mostrando al ragazzino uno sguardo determinato, prontamente imitato da lui.

 

“ Esatto, Sawada. Il mio nome è Doku Rokudo Dokuro.” Pronunciò rapidamente e con scioltezza il nome e i due cognomi, cosa che invece il moro non riuscì ad imitare, provandoci diverse volte a bassa voce.

“ Grazie per l’aiuto, Doku.” Il bruno fece una riverenza, sorridendo a quel ragazzo che da tanto aspettava di conoscere.

 

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Come stavano affrontando quelle situazioni tanto confuse, gli amici di Ten?

 

Drake, lasciata la camera che condivideva con sua sorella, stava passeggiando per i giardini esterni, poco oltre la radura.

Tra tutte quelle siepi, almeno una decina di camerieri e sommelier o interrompevano ad ogni passo, forse avvertiti della sua identità dal Decimo in persona.

Il biondo si faceva strada a lunghe falcate, ritrovandosi presto a correre per seminare una folla armata di vassoi con pasticcini, liquori e bruschette.

 

“ Puff … non si può avere neanche un po’ di pace … qui?” boccheggiò in cerca d’aria, al riparo di un maestoso pino. La luce filtrava appena dalle foglie, colorando il suo viso a macchie come la vetrata di una chiesa.

“ A proposito di chiesa …” sospirò, voltandosi verso una cappella in mezzo agli alberi, con un curioso tetto a cupola sormontato da un campanile.

 

Per trovare un po’ di pace, decise di avventurarsi al suo interno, sperando di non venir assalito da un’ennesima folla, di suore e preti, magari.

 

Aprendo lentamente il portone di legno, maledisse i cardini che cigolavano come se non fossero mai stati oliati, producendo appunto un rumore fastidioso.

 

Fortunatamente, nessuna delle poche persone sedute sulle panchine avevano fatto caso a lui.

 

Dentro quelle mura ci si ritrovava immersi in un silenzio così profondo da parere quasi ‘assordante’.

Parevano tutti sopiti in attesa di qualcosa.

 

Il ragazzo vide alzarsi una donna dal posto vicino a dove si trovava lui.

Ancor prima di poterle dare un’occhiata più approfondita, si ricordò troppo tardi di liberare la posizione, in modo che lei potesse uscire.

Infatti, inevitabilmente finirono per scontrarsi ed il biondo per poco non cadde all’indietro.

 

Riaprendo gli occhi, vide una chioma argento platino, illuminata dalla luce solare. E poi una candida mano invitarlo ad alzarsi.

Un po’ in imbarazzo la afferrò, scusandosi con la sconosciuta a testa bassa.

“ Oh, tranquillo. Sono stata io a non vederti.” Rispose lei, con voce dolce e cristallina.

 

Alzando appena lo sguardo, Drake poté osservare meglio la donna: era pressappoco più bassa di lui, con dei lisci capelli lunghi fino alla schiena e due graziosi occhi verde mare. 

Dall’aspetto poteva sembrare una ragazza, ma il portamento mostrava la sua vera età, all’incirca sopra i vent’anni.

“ Aspetta … credo di averti visto all’entrata poco fa. Saresti un amico di Ten-kun? ” Domandò, stringendosi nella giacca azzurra.

“ Sì, credo proprio di sì. Mi chiamo Drake Schlmit.” Drake capì subito che con lei poteva tranquillamente tenere alzata la testa e guardarla negli occhi. Non pareva una di quelle donne spocchiose che aveva sentito spettegolare da quando aveva messo piede nella Magione. 

 

“ Piacere, io sono Himeko Ogawa, una cara amica del padre di Ten.” Si presentò l’argentea, facendo un piccolo inchino.

I due stavano parlando a voce molto bassa, per non infastidire le persone che in quel momento erano racchiuse in preghiera: un paio di uomini in giacca e cravatta seduti in prima fila e quattro anziane signore.

 

“ Scusa se te lo chiedo, ma … perché stanno pregando qui?” domandò il ragazzo, troppo preso d all’atmosfera di silenzio assoluto per rendersi conto di quello che diceva.

“ Bhe … quelle donne pregano per i loro figli andati in cielo, mentre quegli uomini … per le vittime che hanno ucciso. ” rispose seria Himeko, con una voce talmente calma e diversa da quella che aveva mantenuto fin’ora da far venire i brividi.

“ La nostra Famiglia crede molto nella Redenzione dei Peccati e nel Perdono. A volte è l’unica cose che rimane da fare per un uomo che ha perso tutto è pregare …”

 

“ Anche tu hai …” provò a chiedere il biondo, con la voce che gli si smorzava in gola.

“ Noi Guardiani non uccidiamo mai senza la volontà del Boss … io ero venuta a pregare per il padre di … una persona molto importante per me.” Concluse, accennando un sorriso dolce, prima di far di nuovo ricadere la sala nel silenzio.

“ Lui non è voluto venire più in chiesa da allora … spero solo che i rimorsi non lo fermino ancora, ora che ci sono io con lui ...”

 

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Azura era parecchio infastidita nel ritrovarsi da sola con Giulia in un ambiente totalmente sconosciuto, quando invece sarebbe bastata la guida di Akane per evitare di perdersi in quella maniera tanto miserabile.

Non che le dispiacesse la compagnia dell’italiana, anzi. Solo che si sentiva sempre più in colpa a risponderle che non si erano per niente perse, mentre vagavano a vuoto in un parcheggio ben oltre la foresta di pini.

 

“ Scusami Azura-chan, ma non riuscivo proprio a trovare un bagno in quella casa labirinto.” Disse debolmente la mora, rassegnata al lungo cammino che avrebbero dovuto fare per ritrovare la strada maestra.

“ No, non ti preoccupare.” La rossa tentò un sorriso, mentre sulla fronte iniziavano già a pulsare qualche vena.

- Se magari quell’idiota di Drake non si fosse preso il piccio di uscire dalla stanza ed andare a spasso come il cane che è in realtà! – pensò furiosa, immaginando già il fratello maggiore che abbordava ragazze qua e là con la stessa facilità con cui faceva un canestro.

“ Brutto …” mugugnò tra sé e sé, stringendo il pugno fino a far sbiancare le nocche.

 

Ma, qualcosa catturò la sua attenzione, al punto da farla desistere dal lanciare imprecazioni in italiano, tedesco e giapponese, rivolte al fratellone.

Qualcosa che stava accadendo non molto lontano da dove si era fermata.

 

Un uomo piuttosto alto vestito con un completo formale sopra un giacca rosso mattone, stava parlando ad un ragazzo poco più basso. Entrambi avevano dei rossissimi capelli corti.

Il ragazzo ascoltava piuttosto attentamente le parole dell’uomo, limitandosi però ad annuire.

Vestiva una normale camicia a quadri viola con le linee rosse, sopra dei pantaloni color legno e delle scarpe da ginnastica bianche.

Alla ragazza quel volto pareva molto familiare, ma le era impossibile ricordare dove lo avesse già visto in quel momento.

 

Fatto sta, che quando il rosso si girò nella sua direzione, sobbalzò alla vista di quegli occhi etero cromatici verde smeraldo e rosso cremisi.

 

 

Simon perse subito di vista Azura, all’arrivo di un una vettura nera quattro per quattro, che interruppe il discorso del padre.

Dalla macchina scese un ometto basso e tarchiato, vestito come un pinguino con degli occhialetti tondi.

“ Decimo, presto inizierà la festa organizzata dalla Famiglia Vongola. Abbiamo già preparato l’abito che ci aveva chiesto di commissionare.” Disse con voce nasale il buffo uomo.

Il rosso più grande alzò uno sguardo al cielo, trovandolo prossimo al sopraggiungere del crepuscolo.

Poggiò e una mano sulla spalla del figlio e gli sorrise gentilmente.

“ Mi raccomando, non fare tardi.”

E salì a bordo, scomparendo insieme alla sua scorta, oltre gli alberi, in direzione della Magione.

 

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“ Ah, quindi tu sei originaria dell’Italia! Ma pensa, quando andavo io alle medie gli studenti italiani erano pochi …”

Giorgia, non attenta all’amica, aveva proseguito per la su strada, imbattendosi in una piazza poco larga, con al centro una fontana di marmo.

Fortunatamente aveva trovato la compagnia di un uomo già incontrato prima, un certo Yamamoto Takeshi, decisamente più loquace di chiunque avesse incontrato fin ad allora.

“ Ahaha, sì. Mi piace un sacco il Giappone. Per fortuna che Akane-chan mi ha fatto conoscere un sacco di tradizioni popolari, monumenti bellissimi, il sushi-”

“ Il sushi, dici sul serio? Non ci crederai, ma io alla tua età ero conosciuto in tutta Namimori per il ristorante a base di sushi che mantenevo con mio padre! Forse un giorno di questi dovrei preparare un bel pranzetto per tutti voi amici di Ten. ” esordì il moro, contagiando con la sua risata anche la ragazzina.

 

“ Signor Yamamoto.” Li interruppe una voce femminile, spezzando quell’ilarità.

Il diretto interessato si voltò, trovando un agenti dei Vongola in divisa, una donna dai lunghi capelli biondi ricci, con due occhialini inforcati davanti a dei profondi occhi nocciola.

Poco dietro di lei, un uomo si guardava intorno nervosamente, evitando di incrociare lo sguardo con la sua scorta.

Dall’aspetto si poteva capire che fosse sulla cinquantina, con dei lineamenti italiani, una zazzera e dei baffetti castani.

“ Yamamoto caro, che piacere rivederti!” balbettò l’uomo, avvicinandosi alla Pioggia per stringergli la mano. Parlava con un accento sardo ben pronunciato.

 

“ Non è il momento, signor Roseto.” Lo interruppe lui, alzandosi dopo aver  lanciato uno sguardo veloce a Giorgia.

“ Che ne dice di parlarmi di come vanno le cose al nostro casinò?” Takeshi si tolse gli occhiali da sole dalle lenti a specchio, così da non porre nessuna barriera tra i suoi occhi, ora diventati di ghiaccio, con quelli neri del signor Rosato.

“ B-bhe, che ti posso dire? Il mio casinò-”

“ Il NOSTRO casinò, signor Rosato.” Lo interruppe il Guardiano, assottigliando lo sguardo.

“ Lei ha stretto un patto con i Vongola, firmato da me in persona se non sbaglio. Vuole mancare meno al nostro accordo?”

 

Il castano deglutì a vuoto, sentendosi mancare l’aria.

“ No,no! Scusami, era un … come si dice, lapsus freuidiano.” Continuò, asciugandosi il sudore dalla fronte con un fazzoletto.

“ Dicevo …  gli affari al nostro, onoratissimo, casinò vanno a gonfie vele, soprattutto in questo periodo … per merito VOSTRO, ovviamente.”

 

“ Perfetto, ma a me di questo non interessa: erano giusto informazioni per Haru, che si interessa dell’economia. Io voglio che mi parli di cosa è successo con Adriana.” Insistette Takeshi, facendo  impallidire di colpo l’uomo.

“ Ch- chi è Adriana, Yamamoto caro?”

“ Parlo di una tua cliente, nonché mia carissima amica. La stessa che si occupa, per conto nostro, della gestione economica e dell’immagine del casinò.”

“ Ah, quella!” disse il Signor Rosato con finta voglia di entrare nella questione.

“ Si, esatto, QUELLA. Mi è giunta voce che l’hai umiliata pubblicamente durante l’orario di apertura. ”

 

“Ehm! Che vuoi che ti dica? Le donne sono strane, bisogna saperle tenere al guinzaglio, altrimenti …” bofonchiò, chiaramente a disagio.

“  L’hai umiliata davanti ai clienti ed al personale … tutti nostri uomini! ” il moro, alzando leggermente il tono della voce, ma senza scomporsi, riusciva a cambiare totalmente l’immagine che dava di sé.

 

“ Ha esagerato, ti giuro! L’ho solo sgridata perché non mi voleva stare a sentire riguardo la spartizione dei soldi.” Concluse tutto d’un fiato l’uomo, pentendosi troppo tardi di aver rivelato un qualcosa che non voleva dire a nessuno.

Nonostante ciò, la reazione della Pioggia lo lasciò spiazzato. Infatti il moro, si era limitato a sbadigliare tranquillo, stropicciandosi gli occhi.

“ Va bene, va bene. Ho capito come sono andate le cose. Tranquillo, telefonerò ad Adriana per rimproverarla, così ti assicuro che non commetterà più questi sbagli.”

 

Rosato quasi non era scoppiato a piangere per il nervosismo durante quel silenzio, ed adesso si ritrovava vittorioso di fronte ad un’accusa.

“ Lo dico sempre io, Yamamoto tu c’hai un cuore d’oro!” disse, stringendo energicamente la mano del Vongola, ringraziandolo un altro centinaio di volte prima di allontanarsi verso una macchina di proprietà della Famiglia.

Quando la vettura si fu allontanata abbastanza,Takeshi tirò un lungo sospiro, prima di voltarsi verso la panchina dove adesso Giorgia lo guardava confusa.

“ Che … cosa è successo? ”

“ Una cosa molto brutta, Giorgia: quell’uomo ha aperto un casinò richiedendo la nostra protezione circa dieci mesi fa. La mia ragazza, Adriana si è voluta offrire per aiutarlo a far fruttare soldi. Il punto è che proprio Adriana in persona mi ha riferito che in tutto questo tempo il Signor Rosato l’ha importunata e qualche giorno fa l’ha addirittura picchiata e sgridata davanti a tutti i clienti.” Disse serio, rivolgendo di tanto in tanto uno sguardo calmo alla ragazza.

“ Ora lei è al sicuro a casa sua, ma  quell’uomo ha comunque mentito davanti a me e alla mia famiglia, infangando il contratto con Tsuna.”

“ Ora … cosa gli succederà?”

“ Niente, Giorgia.  Niente …”

 

 

 

 

Poco oltre i territori dei Vongola, la macchina di poco prima si fermò nei pressi di un grosso salice che troneggiava su di una colina.

Una dona scese per prima, dando il segnale a chi era ancora dentro di uscire.

Subito dopo, quattro uomini la raggiunsero, mentre uno di loro portava sulle spalle il corpo senza vita del Signor Rosato.

La cravatta che portava al collo era stata stretta fino al limite, da ciò si poteva dedurre che lo avessero strangolato con lo stesso nodo alla gola.

Mentre alcuni iniziavano a scavare una fossa più o meno profonda, due agenti in divisa parlottavano, ancora dentro l’automobile.

“ Wow. Chi lo avrebbe mai detto che uno come Yamamoto fosse in grado di fare questo senza battere ciglio.”

“ Cosa?! Ma tu sei quello nuovo, per caso? ” sussultò il collega, stando attento a non alzare troppo la voce.

 

“ Ascolta bene …” gli intimò, chinandosi appena. “ Se si escludono Mukuro Rokudo e Hibari Kyoya, che delle attività della Famiglia non si interessano più di tanto, Takeshi Yamamoto è il sicario più portato. Sa ragionare a mente fredda in pochissimi istanti, infatti è diventato la mente del corpo dei Guardiani. Nulla a che vedere con il Consigliere Esterno, però …”

“ Dici sul serio? ”

“ Già, pensa che secondo il Classificatore, sarebbe in grado, insieme a Hibari e Rokudo, di entrare a far parte senza problemi della Squadra Speciale Varia. Se tutti gli altri killer nel mondo sono pesci piccoli, lui è un vero e proprio squalo …”

 

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I due ragazzi erano con le spalle al muro: gli individui vestiti con il lungo mantello bianco li avevano messi all’angolo, dove nessuno più passava.

“ Cosa volete da Ten-kun?!” si fece avanti coraggiosamente Vito, mettendosi tra il ragazzo e quegli sconosciuti.

“ Tsk. E ti vengono pure in mente, queste domande assurde?” sghignazzò acida una voce maschile.

Dopo uno schiocco di dita, gli uomini davanti si divisero a coppie, aprendo la strada ad un ragazzo vestito elegantemente con un completo vittoriano nero.

I capelli neri e lisci erano raccolti, mentre degli occhi rossi brillavano attraverso una benda rossa posta sopra il naso, con due fori per consentire la vista.

“ Avendo come ostaggio il figlio di Tsunayoshi Sawada, riuscirò ad ottenere così tanto potere da diventare nuovo Boss della famiglia Anonimato ed avrò i controllo su tutte le Alleate!” rise sguaiatamente il ragazzo, spalancando le braccia con gesto teatrale.

“ La Famiglia Anonimato?” domandò debolmente il bruno, tremando alle spalle dell’amico.

 

“ Ah! Ti ho già visto al briefing di Natale dello scorso anno.” Esclamò con aria vittoriosa Vito, come se avesse già  l’avversario in pugno.

“ Tu sei un tirapiedi degli Anonimato: Ento, l’Argenzo!”

 

“ E’ Enzo l’Argento, imbecille!!” si infuriò l’Anonimato, stringendo i pugni .

Il moro fece spallucce, sospirando indifferente.“ Dicevo io, sarebbe stato un nome troppo stupido …”

“ Dici proprio tu che ti chiami Vito Ello!”

“ Embè? Che c’è di stano?”

Enzo venne appositamente trattenuto dai suoi seguaci, altrimenti avrebbe compiuto una strage.

“ Sgozzate il Bovino e prendete Tengoku!”

Gli uomini ammantati iniziarono a muoversi lentamente, bloccando ogni angolo rimasto scoperto.

 

“ Fermi tutti !” tuonò una voce dall’alto, cogliendo alla sprovvista tutti i presenti.

Solo che, al posto di una voce forte e virile, come si sarebbe potuto aspettare da un salvatore …

“ Ma … sono dei bambini quelli? ”

 

In piedi sulla finestra del secondo piano, Polluce Sasagawa, con sulle spalle San-Pin, osservava con aria severa l’accaduto.

“ Lasciate stare mio cugino! ” gridò, prima di saltare giù e rimbalzare da un balcone all’altro prima di toccare terra. Nonostante l’età era stato molto agile e veloce.

 

“ Ma abbiamo voglia di scherzare? Whahahaha!!” scoppiò a ridere Enzo, mantenendosi la fronte.

“ Attento Boss, è armato!” lo avvisò una guardia, indicando uno strano oggetto  legato sulle spalle del bambino.

Poteva parere un piccolo cannone, di color rosa pastello, ma l’albino lo tenevano sul dorso come se pesasse poco meno di due chili.

 

“ Che cos’è quello?!” chiese spaventato Tengoku, intimorito dall’idea che Polluce iniziasse a sparare missili in mezzo alla Magione di suo padre.

“ E’ un’arma storica della Famiglia Bovino: il Bazooka dei Dieci Anni.” Rispose un’altra voce conosciuta alle sue spalle.

Doku era arrivato lì da non si sa dove, dato che avevano bloccato ogni tipo di accesso o via di fuga molto prima.

“ Bazooka? ” esclamò nervoso l’Argento degli Anonimato.

 

“ Già … ” sorrise lugubre il ragazzino, avvicinandosi agli altri due.

“ Ciao, Doku-kun!” salutò cordiale San-Pin, probabilmente senza rendersi conto della situazione in cui si trovavano.

“ Che ci fai qui, hai per caso voglia di darti le arie anche in questo momento?” domandò freddo Polluce, lanciando uno sguardo di sfida al corvino.

“ Taci: quello lo farò dopo. E ora spara, Sasagawa.” Disse tranquillamente lui, mentre la bocca si contorceva in un ghigno.

 

Ci vediamo tra dieci anni, Sawada Tengoku …”

 

Un’esplosione coprì quasi del tutto quelle parole, mentre un fumo fucsia inodore riempiva le narici di Vito e Ten, con le lacrime agli occhi per il botto.

“ Che cosa …?” domandò il bruno, prima di intravedere delle ombre fuoriuscire dall’area dell’impatto.

 

 

“ Resta fuori, Tegoku! Questi balordi non sono al tuo livello!”

“ Fufufufu! Stessa cosa per tutti tranne te, Sasagawa.”

“ Accipicchia! Non possiamo fare di nuovo tardi.”

 

Il ragazzo quasi non credeva a ciò che sentiva: fino a quando non riconobbe una voce squillante con un accento cinese, un’idea del genere non balenò nemmeno per un attimo nella sua mente.

Vuol dire che per loro sono passati dieci anni ?!

Una volta diradato il fumo, apparvero dei ragazzi  che iniziarono subito a guardarsi intorno, un po’ confusi .


Il più alto era vestito con un completo nero, sopra una cravatta e una giacca giallo canarino. Aveva dei capelli bianchi lisci e lunghi fino alle spalle.

Oltre ad essere alto pareva essere abbastanza muscoloso, anche se le spalle non erano troppo larghe.

La seconda era una ragazza dai capelli neri raccolti in due trecce da dei nastrini rossi, lo steso colore della camicia totalmente abbottonata che copriva un seno non troppo grande.

Il vestiario si concludeva dei pantaloni a campana neri e delle scarpette lucide.

 

“ Polluce e San-Pin? ”


“ E anche io!”

Un qualcosa di freddo toccò la spalla del ragazzino, che sussultò al tatto.

Girandosi, rischiò di beccarsi un altro spavento, dato l’individuo che gli si parava di fronte.

Poco meno alto di Polluce, vestiva un camice da chirurgo color verde acquamarina, con tanto di cuffia, mascherina, stivali e guanti abbinati.

A nascondere degli occhi color ametista, c’erano degli occhiali rettangolari.

“ Doku ?!!”

“ Perspicace, Sawada.” Rise il corvino, facendogli di nuovo gelare il sangue nelle vene.

 
“ Perché sei vestito da chirurgo, scusa?”

“ Bhe, perché di professione faccio il chirurgo, il pediatra e lo psicologo.” Ammiccò il ragazzo.

“ C-c-come?! ”

“ E nel tempo libero faccio anche l’animatore alle feste dei bambini …” spiegò soddisfatto lui, mentre intanto tra le file degli Anonimato si agitava la confusione più totale.

 


“ Cosa facciamo? ”

“ Che fine hanno fatto i bambini di prima?”

“ Chi sono quelli?”

“ Quello vestito da dottore mi turba.”

I mafiosi si erano radunati in cerchio, come dei giocatori di football prima di una partita.

“ Che diavolo state dicendo, sono loro quei bambini !! ” gridò esasperato Enzo, menando un paio di pugni sulla testa dei suoi tirapiedi.

 

“ Non fateli riprendere! Attaccate quell’Ento! ” strillò Vito ai ragazzi, cercando intanto un punto dove arrampicarsi e scappare.

 

Il ventenne Polluce lanciò uno sguardo malinconico a Tengoku, sorridendo dolcemente.

“ E’ bello rivederti a quest’età, Ten. ” disse soltanto, mentre Sa-Pin annuiva energicamente.

Immediatamente i due si lanciarono nella mischia, sorprendendo gli impreparati avversari.

 

Subito l’albino raggiunse un uomo disarmato e prima ancora che potesse mettere mano alle armi, gli sferrò una gomitata di rovescio sul setto nasale, spedendolo a terra in uno schizzo di sangue.

“ Ahhhh!!” esclamò il ragazzino, terrorizzato dalla violenza e dalla rapidità del colpo.

“ Tutta roba diversa da dieci anni fa, vero?” lo riprese Doku, che per adesso rimaneva in disparte.

 

“ Quei due almeno tre anni fa hanno iniziato un allenamento speciale con i Guardiani, spingendosi fino all’Antelope Canyon, negli Stati Uniti.”

“ Così lontano …”

 

“ Proprio così. Polluce pratica il Muay Thai …” disse, osservando il ragazzo esibirsi in rapide ginocchiate sulla faccia degli avversari, per poi finirli con ancor più veloci manrovesci alla base della cintura.

“ E San-Pin si sta allenando nel Bajiquan da diverso tempo, ormai.”

 

Le mosse della ragazza, osservate dai due, erano veloci e coordinate come una danza.

Neppure gli uomini armati di coltello riuscivano a ferirla, dato che le loro braccia  venivano bloccate ancor prima di far prendere potenza al colpo, per poi venir portate in alto dove non potevano muoversi. Allora sopraggiungevano potenti colpi di gomito al costato e calci in rotazione al collo, facendo perno con l’altro piede per effettuare al meglio le virate.

 

“ E … tu, Doku? ” domandò Tengku, seppur spaventato da un’eventuale risposta che avrebbe ricevuto.

“ Faccio quello che ho fatto fino ad adesso, non l’hai notato?” rispose indignato lui, come se fosse la cosa più ovvia e lampante del mondo.

Velocemente il ragazzino capì a cosa si stava riferendo: da quando erano arrivati loro, ed in particolar modo lui, gli avversari si erano dimezzati notevolmente.


Con la coda nell’occhio venne attirato da un movimento proveniente da terra: il corpo di un Anonimato si contorceva a terra in preda a delle convulsioni, boccheggiando disperatamente in cerca di aria.

“ Come hai-” provò a dire, prima di venir interrotto dalle voci mature dei due ragazzi.

 

“ Finito.” Sorrise gioiosa la mora, abbracciando dolcemente il bruno, mentre Pollucce  sghignazzava alle loro spalle.

“ Che vuol dire che avete già finito ?! ” si domandò preoccupato, sapendo che non avrebbe ricevuto risposta. Inoltre, in quel momento a togliergli il fiato era l’abbraccio della ragazza, che lo fece arrossire di colpo.

 

“ Come avete osato prendervi gioco di me, Enzo l’Argento !!” urlò furente il ragazzo, rialzandosi da terra. Continuava a perdere sangue dalla bocca e dalla tempia destra, ma gli occhi erano ancora infiammati di rabbia.

 

“ Ah, è vero.” Borbottò infastidito l’albino, frugandosi nelle tasche alla ricerca di qualcosa.

“ Come ti permetti ?!!”

“ Acc-! Ten, non è che per caso hai una moneta ?” chiese tranquillamente il ragazzo, ignorando completamente il mafioso.

“ Ehm, sì, certo ...” intanto Tengoku, mentre ubbidiva dubbioso il cugino, non poté non allarmarsi quando vide l’Anonimato estrarre una daga d’oro dalla lunga lama.

“ Cosa vorresti fare?” chiese intimorito.

“ Ah, giusto togliermi dalle scatole questo scocciatore.” Rispose schietto l’altro, poggiando la monetina di rame sul dorso del pugno destro e, facendo molta attenzione a non farla cadere, lo caricò oltre la propria testa.

 

Maximun …”

“ Vi farò vedere cosa vuol dire mettersi contro di me, dannati Vongola !!!”

“ … Bullet!

L’aria parve vibrare, quando un lampo color oro guizzò nella luce del sole.

Un istante dopo, il mafioso mascherato cadde a terra, con il mento da cui zampillava sangue.

Accanto a lui, una monetina roteava su sé stessa, per poi cadere a terra dopo diversi giri.

Polluce, con il pugno ancora fermo davanti alla sua faccia, sorrise vittorioso, prima di sparire nuovamente in un’esplosione fucsia.

 

 

 

Un quarto d’ora dopo, gli uomini del decimo avevano provveduto a legare gli attentatori, anche se, secondo un’analisi, non c’era nemmeno un reale motivo di farlo : erano stati atterrati con così tanta forza che non si sarebbero potuti muovere per un altro mese ancora.

 

Il futuro Undicesimo, adesso era seduto per terra, intento ad osservare il tramonto insieme a Vito mentre accarezzava distrattamente i capelli degli addormentati due cuginetti.

Doku si era allontanato subito dopo essere tornato alla sua reale età, senza proferire un’altra parola.

 

 

“ Ehi, Ten-baka! ” lo chiamò una voce al metà tra il minaccioso e il cordiale.

 

Il cuore del bruno perse un colpo. Chi poteva essere, forse un nuovo nemico?

La risposta arrivò, quando un’immensa ombra coprì il sole arancione scuro.

“Non ci vediamo da così tanto tempo che mi sta venendo la voglia di pestarti a sangue!”

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTORE:

Welcome back! Sono riuscito ad aggiornare a distanza di un giorno (per chi fosse interessato, ho iniziato una nuova fan fiction ad OC sul fandom di Fairy Tail), con non molta difficoltà, ma è stata comunque una cosa che mi ha preso un bel po’ di tempo.

In questo momento mi piacerebbe pubblicare il capitolo per così com’è, ma in realtà ho ancora qualcosa da aggiungere.

Questo capitolo può sembrare strano per molti  motivi:  non sembra accadere molto, vero?

Invece vi assicuro che nessuna scena/intermezzo è stata casuale, anzi vi consiglio di tenerli a mente per i prossimi avvenimenti.

Vi chiederete anche perché ho reso lo spensierato Yamamoto un uomo in grado di diventare freddo e spietato all’occorrenza? Bhe, inizialmente perché avevo già avvisato che sarebbe stata un fan fiction ad OC, dato che sono passati ben vent’anni dalla storia originale. Insomma, i Vongola ne hanno viste di cotte e di crude, quindi è normale non preservare per forza la purezza dell’ingenuità, quando vedi affrontare sfide mortali e missioni che mettono costantemente a rischio la tua vita.

Ma tranquilli fan di Yamamoto, questo suo lato da killer  si rivela solo quando lo si fa inc*zzare  ;)

Per il resto è stato presentato il figlio di Mukuro e di Nagi/Chrome, che giusto per sadismo ho voluto dargli anche un doppio cognome (provate a ripetere dieci volte di fila ‘Doku Mukuro Rokudo’. Attenzione: io non ci sono riuscito!).

Ora vorrei giustificare il perché di questo doppio aggiornamento: vado in vacanze. Stavolta non per una settimana, ma ben due (situazione simile all'anno scorso, forse solo chi mi segue dagli inizi se lo ricorderà).

Andrò a Sibari e lì ci saranno massimo due  posti in croce dove prende la 3 T.T

Quindi, Amen.

Spero di riuscire a rispondere alle vostre recensioni, ma SICURAMENTE non potrò correggere ulteriormente il capitolo, quindi tranquilli se anche dopo che mi avete segnalato gli errori non provvedo.

Spero che questo capitolo sia piaciuto, nonostante possa capire sia stato un po’ troppo strano rispetto ai miei standard. Ma, ehi! Fatemi sapere, ok?

Alla prossima!

LA SCHEDA OC MISTERIOSA PER QUESTO CAPITOLO E’: STATA GIA' PRESA

 

 

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Capitolo 11
*** Target Number 8: La via per il futuro! ***


Target 8: La via per il futuro!



50
Km dalla Magione Vongola

 

Le nuvole si tingevano di rosso e arancione, come se fossero state colorate da quel grande pittore che era il Sole.

Il cielo era prossimo alla  sera, la gente era trepidante per la festa che si sarebbe tenuta in piazza.


Le donne correvano tra le boutique, gli uomini facevano appello a tutte le loro forze per sopravvivere a quelle ultime ore di lavoro, prima di scendere per le strade e darsi alla pazza gioia con i loro concittadini.

 

Qualche operaio dava un ultimo tocco alle decorazioni svolazzanti tra un palo della luce e l’altro, gli elettricisti controllavano che le illuminazioni rispondessero ai comandi e i più anziani sistemavano i fuochi d’artificio negli appositi punti designati.

 

Ciò nonostante, le strade erano molto meno affollate di quanto si potesse pensare. Mancava ancora qualche ora e la gente, chiusa nelle case e negli uffici, si dava il tacito accordo di stringere i denti ed aspettare.

 

“ Quanto sono snervanti queste feste.” Borbottò una voce maschile, appartenete ad un ragazzo che da diversi minuti si aggirava tra quei viali.

Dietro la sua testa rossa facevano capolino altre cinque figure, che lo seguivano con sguardo serio e in silenzio.

“ Permettimi di dissentire, Simon: se questa gente può permettersi un giorno feriale è proprio grazie al duro lavoro di tuo padre e del Decimo Vongola.” Lo ammonì con tono pacato e per niente accusatorio un’altra voce maschile.

A parlare era stato un ragazzo di qualche centimetro più basso di Simon, dal fisico magro e dalla carnagione molto chiara. I capelli erano di color azzurro, corti ed ordinati mentre gli occhi erano coperti da degli occhiali da sole dalle lenti e dalla montatura scura.

Il suo vestiario era tutto, completamente nero: giacca, camicia, pantaloni lunghi e scarpe lucide.


Camminava rigido e composto, senza mai staccare gli occhi dal rosso.


“ Angelo, se mio padre vuole fare il business-man non mi importa, quel che conta è che non mi deve più trattare come un ragazzino. Si capiva dal suo modo di parlare che voleva che me ne andassi dalla Magione prima del tempo dei preparativi. Probabilmente doveva andare in riunione con i Vongola, ma come al solito preferisce tenermi tutto nascosto.” Sbruffò il ragazzo, abbassando lo sguardo a terra e continuando a camminare dritto.

Sollevò lo sguardo solo quando sentì una mano delicata appoggiarsi sulla sua spalla.

 

“ Credo che il Signor Enma voglia soltanto il meglio per lei, Signorino. Se questa è la sua scelta temporanea, credo proprio che sia meglio assecondarlo.” Gli bisbigliò con tono dolce e rassicurante Zaffiria.

 

Zaffiria Sibillia era da molti anni molto legata a Simon, quasi quanto Angelo. Portava i suoi biondi capelli a caschetto, quasi in tonalità con la candida pelle e in contrasto con i profondi occhi blu.

Aveva un fisico capace di far girare la testa anche al più serio degli uomini: il fisico asciutto,le forme generose e i lineamenti delicati tipici delle donne veneziane, città dov’era nata. Inoltre, seppur avendo quasi ventidue anni, la sua delicatezza nel portamento la faceva apparire molto matura e raffinata in qualunque cosa facesse.

Lei e l’Undicesimo passavano molto tempo insieme, anche per motivi che non riguardavano la Famiglia

E il rapporto che si era creato tra di loro ricordava molto quello tra fratello e sorella maggiore.

 

Angelo invece, seppur con la solita freddezza e il distacco, doveva molto a Simon e al rispetto reciproco che li rendeva da anni ottimi colleghi e amici.

 

“ E poi, diciamocelo Simon: ti annoieresti molto di più tra tutte quelle riunioni e scartoffie!” ridacchiò l’acuta voce di Raylai Spadafora, che dal viaggio di ritorno dal Giappone insieme a Yuro Raiko e ad Aris Chosen, non si staccava più da lui.

La mora cinse il braccio del ragazzo con il suo ed essendo più bassa, gli si strinse affettuosamente.

A Zaffiria parve di scorgere un sorriso sul volto apparentemente di marmo di Simon, e questo la rassicurò.

 

“ Bhe Ray, non so tu ma io mi sto annoiando comunque …” borbottò glaciale come suo solito Aris, facendo spallucce alla ragazza, che adesso lo guardava in cagnesco.

 

Ma prima che la mora potesse avventarsi sul ragazzino, l’alta figura snella di Yuro si intromise fra i due, prendendo sottobraccio Aris e facendogli la linguaccia, divertito.

“ Ma insomma, ti sembra una cosa da dire in questa situazione? E poi sono sicuro che quando torneremo alla Magione, alla festa ti divertirai come un matto, come tuo solito! ”

L’arciere, colto in flagrante sulla sua indole, si limitò ad arricciare il naso, arrossendo per l’imbarazzo.

 

Fortunatamente, la voce immutabile di Angelo spezzò quel silenzio imbarazzante.

L’azzurro, dopo essersi portato il dito indice sulla stanghetta destra dei suoi occhiali, si avvicinò a Simon, in testa a tutti.

“ Simon, credo che ormai si sia fatto troppo tardi: mancano meno di due ore all’inizio della festa e … vostro padre preferirebbe che arrivassimo tutti insieme in orario. Precisamente centonove minuti all’inizio e ottantanove all’arrivo della macchina in piazza Dieci.”

 

A quelle parole l’Undicesimo si fermò, massaggiandosi le tempie per non perdere la calma.

“ E giustamente quel maledetto d’un padre doveva mandarmi proprio adesso a ritirare il pacco speciale e a prendere l’ospite al suo bar. Non ieri o l’altro ieri, ma oggi stesso!” sospirò per l’ennesima volta, per poi girarsi verso i suoi compagni.

 

Piantò ad ognuno di loro uno sguardo serio e concentrato, poi, dopo qualche secondo, si arruffò ancor di più i capelli, sbuffando.

“ Facciamo così: Angelo, Zaffiria e Aris, che lavora nello stesso bar, andranno ad accogliere l’ospite, mentre io, Ray e Yuro recapiteremo la sorpresa.”

 

“ Parli tanto di tuo padre, ma alla fine ci stai nascondendo un sacco di cose: chi è questo ospite e che cos’è questo pacco speciale sorpresa?” domandò scettico Aris, anche se nel mentre si stava già dirigendo verso il locale, seguito a ruota dai due membri più anziani di quel gruppo.

 

La voce dell’Undicesimo lo raggiunse prima che svoltassero l’angolo, aumentando soltanto la sua curiosità:

“ L’ospite sarà l’ultimo componente dei miei Guardiani, un uomo già incontrato durante il mio viaggio in Giappone. Ha forza da vendere, ma è ancora un rana nel pozzo.  Mentre la sorpresa … bhe, posso solo dirti che è un’idea geniale.” 

 

 


 

Bar ‘  Polvere d’Ossa’

 

I tre incaricati si trovarono di fronte alla porta smaltata di rosso scarlatto e, con un reciproco sguardo d’assenso, la spalancarono.

Vennero subito immersi nell’oscurità, dato che le uniche luci erano quelle provenienti dalle finestre ad oltre due metri sopra le loro teste.

 

A pochi passi da loro, seduto su di un divano di pelle e coperto dall’ombra, c’era un uomo.

Di stazza molto grande, faceva brillare i suoi occhi neri come opale scintillante.

 

Un brivido freddo attraversò le spine dorsali dei Simon, quando videro che, a distanza differente da quell’individuo, giacevano dei corpi scaraventati brutalmente contro pareti e pavimento, tanto che il legno si era rovinosamente crepato in quei punti.

 

“Sieg  Bulldozer? ” chiese Angelo, assottigliando lo sguardo.

“ Si pronuncia Zig … comunque sì, sono io. “ rispose la roca voce dell’ex generale, mentre con lentezza si metteva in piedi, sovrastando i tre con la sua altezza.

 

Dall’attacco di Namimori era cambiato: i capelli viola e ispidi adesso erano corti fino alle spalle, non più coperti da nessun cappello. Adesso sul  collo, resa visibile dalla camicia che indossava, faceva capolino una parte della lunga cicatrice procuratagli da Simon.

“ Voi siete i … Simon?”

“ Esattamente. Chi sono quegli uomini? ” rispose per primo Aris, indicando i corpi incastonati nella parete e notando solo adesso che erano tutti vestiti con una stessa uniforme di pelle.

 

“ Sono della Famiglia Hydra. Una donna mi ha chiesto di non farli entrare.” Disse Bulldozer, recuperando il suo immenso cappotto nero dal bancone del locale.

“ Donna? ” domandò confusa Zaffiria, per poi lanciare un’occhiata alla porta indicata dall’uomo: una piccola porticina di legno dall’altra parte della stanza.

 

 

Infatti, pochi minuti prima del loro arrivo c’era stata veramente una donna che aveva varcato quella soglia.

 

Bulldozer ricordava che era piuttosto alta e molto magra, con la carnagione abbronzata. Indossava una canotta bianca con sopra una semplice giacca in jeans, sotto degli short e delle scarpe da ginnastica bianche. Aveva i capelli blu scuro, rasati dal lato destro e raccolti in tante trecce lunghe sul sinistro. Aveva tatuato un infinto sopra il naso, in mezzo agli occhi e una piccola rosa sulla lingua, che si vedeva quando parlava.

Lo aveva guardato teneramente con degli affilati occhi gialli e gli aveva detto:

“ Per favore, occupatene tu, caro. Non vorremmo essere disturbati.”

E se ne era andata, lasciandolo solo in mezzo a quei sicari, che vennero presto annientati sotto i suoi colpi.

 

 

“ Ho capito, deve essere stata Sherry Gold, della Famiglia Anonimato.” Annuì serio il moro, per poi guardare i suoi compagni e riconoscere nei loro sguardi un attimo di confusione.

“ E’ successo quando ero in viaggio per l’America il mese scorso. A quanto pare Decimo ha deciso di lasciare che il Secondo Boss degli Anonimato usasse questo bar come base temporanea in periodo di festa.”

“ Strano. Ne io ne Simon sapevamo niente.” Mormorò la bionda, leggermente delusa dall’aver ricevuto quelle informazioni con un mese di ritardo. Eppure il Boss era sempre stato come un padre per lei.

 Il nervosismo crebbe quando notò che anche Angelo non sapeva che fare.

 

“ Comunque hanno strani orari: tornano sempre verso le due di sera, quando il bar chiude e se ne vanno alle cinque quando apre. Nessuno dei Simon ha mai visto il volto del Secondo, tranne Decimo Enma.

Si fa chiamare con tanti nomi: Maestro, Direttore, Padrone, Ignoto … ma nessuno sa il suo vero nome, tantomeno le sue origini. Si saprà tutto stasera e, se quello che mi ha detto Simon è vero, ci sarà da investigare.”

 

 

 

Quarantatre minuti all’inizio della festa. Bar ‘Polvere d’Ossa’

 

La porta di legno sul retro, nascondeva parte della base degli Anonimato, occupata semplicemente dal Boss, da Gold e da Platino.

Ma ora, dato l’orario, il Secondo e il suo braccio destro avevano preceduto la ragazza, diretti alla villa. Dopotutto, la loro Famiglia era pur sempre un’Alleata.

Sherry era appoggiata alla fredda parete, con le braccia conserte e gli occhi chiusi, intenta ad ascoltare dai suoi auricolari le canzoni che più le piacevano.

 


Le luci intorno a lei erano spente, fatta eccezione per quella di una freddo neon, che illuminava interamente un tavolino metallico, una sedia e la persona che la occupava.

E, seduto lì sopra c’era proprio Enzo, l’Argento.

 

Legato al ferro con tre spesse corde, una che gli cingeva le caviglie, una i polsi dietro la sua schiena e un’altra che serviva per bloccare i prece denti nodi alle gambe dell’appoggio.

 

Il volto era imperlato di sudore, la maschera gli era stata strappata e riportava diversi tagli intorno agli occhi e alla bocca.

Se non ci fosse stato un bavaglio a metterlo a tacere, avrebbe tramutato quei sordi mugolii che si potevano appena udire, in grida di terrore.

Pochi secondi dopo, la porta alle sue spalle si spalancò, facendolo tremare di paura.

 

La sua posizione gli impediva di voltarsi, così fu costretto ad ascoltare dei passi sordi avvicinarsi sempre di più. Nessuna voce.

 Solo passi.


“ Bene … Ciao Enzo.” Sospirò snervata una voce che, l’ex Anonimato riconobbe subito.

Come preso da un attacco di convulsioni, prese a dimenarsi ancora più forte, trovando però un’incredibile resistenza nei legacci che lo immobilizzavano.

“ Il Boss mi ha già detto tutto: che hai guidato alla rivolta numerosi membri della Famiglia, che hai messo a rischio la vita del figlio del Decimo Vongola e del futuro Boss dei Bovino, mettendo a tua volta anche a rischio la nostra alleanza. Tutte brutte cose, tu che mi dici?”

Il bavaglio venne tolto, lasciando che il silenzio venisse interrotto da rumorose boccate d’aria e frasi sconnesse. 

Ci volle un po’ di tempo prima che riuscisse a proferire parola:

“ Non mi uccidere, non mi uccidere … Ti prego, non mi uccidere …” continuava a sussurrare come un mantra, piantando i suoi occhi impauriti sulla figura che adesso gli si parava davanti, coprendo la luce del neon.

Un ragazzo, abbastanza alto e snello, dal viso delicato e con degli ordinati capelli di un colore indefinibile, a causa del buio.

 

Dopo l’ennesima ripetizione, il misterioso ragazzo afferrò la mascella di Enzo e lo spinse violentemente sul pavimento.

Il moro sussultò, riprendendo a dimenarsi, ma un calcio affondò nel suo costato, soffocandogli un grido.


“ Tu non immagini nemmeno il guaio in cui ci stavi per cacciare. Volevi davvero mettere la nostra semplice Famiglia contro i Vongola e le loro centoventi Alleate? Per non contare le Famiglie minori e tutti i fornitori che hanno dalla loro parte.”

Il ragazzo si chinò, avvicinando la punta del suo naso leggermente all’insù, a quella dell’uomo.

Due occhi rossi come il sangue brillarono nell’oscurità.

 

La mano destra, che aveva afferrato la mascella, la strinse ancora più forte, costringendo  il disgraziato a spalancare la bocca fino al limite massimo.

“ Ora che passerai a miglior vita, per favore ricorda della misericordia del nostro Boss … di cui tu hai abusato!”

Il braccio sinistro si sollevò sopra la sua testa, per poi avvicinare lentamente la mano alla faccia di Enzo.

 

Prima si udirono dei flebili rumori lontani, come se provenissero da un’altra stanza.

Poi, sempre più vicini, sembravano essere dei piccoli ticchettii. Iniziarono a crescere di numero e di intensità.

 

E, dal buio della manica del ragazzo, fuoriuscirono decine di enormi insetti viola e dalle teste rosse, simili ad enormi millepiedi.

“ Ti piacciono i miei amichetti? La Scolopendra Gigantea arriva ad essere la specie di scolopendra più grande al mondo, con i suoi 30 centimetri massimi di lunghezza. Queste sue dimensioni le permettono di poter cacciare anche bestie come rane, pipistrelli. Questi esemplari sono stati modificati geneticamente da me in persona.”


Sorrise compiaciuto lui, mentre gli invertebrati iniziavano a zampettare sulla sua mano, sempre più pericolosamente vicini ad Enzo, che continuava a tentare di sottrarsi a quella presa ferrea, senza nemmeno la forza per gridare.

“ Quindi, Enzo l’Argento degli Anonimato … sei appena stato … sollevato dal tuo incarico, mi dispiace.”

 

 


 

“ Sarebbe … questo il pacco speciale ‘sorpresa’ ?” domandò, leggermente basita Raylai, sporgendosi ancora un po’ per vedere il contenuto di quell’enorme cubo di cartone che avevano portato fino in piazza Decimo.

 

“ A me sembra una sciocchezza.” Ribadì Aris, girandosi per andarsene.

“ SUGOI!! [1]  Mi piace da impazzire!” esclamò Yuro, con gli occhi che sbrilluccicavano per l’emozione.

“ Se questa è la volontà di Simon …” mormorò Angelo, cercando di darsi un tono e riprendersi dalla confusione.

“ Sembra un ragazzo pieno di sorprese.” Disse semplicemente Bulldozer, restando impassibile.

“ Uhm, chissà come fa a sapere le nostre misure …” si chiese Zaffiria, ignorando i commenti degli altri.

 

“ Oi !!” li chiamò una voce dall’altra parte della piazza.

La porta del negozio in cui aveva passato almeno cinque minuti is spalancò, lasciando che Simon potesse uscire.

La speciale sorpresa consisteva nella nuova divisa della Famiglia, esclusiva per il neo-Undicesimo ed i suoi alleati.

La metà inferiore del busto era coperto da una pancera nera, mettendo in mostra il fisico snello del ragazzo.

Indossava dei pantaloni lunghi e larghi neri, con delle strisce rosse alla punta, mentre sul dorso faceva bella vista un grande mantello rosso di pelle con un alto collo a ‘V’, sul quale su entrambi i lati era scritto ‘Simon’.

 

Per non parlare dell’enorme stemma nero che svolazzava sul mantello: una bussola con due aghi che puntavano ad est e ad ovest, all’interno di un mirino fiammeggiante.

Il rosso sistemò meglio la sua Nodachi nella pancera e finì di sistemarsi i capelli, mentre veniva osservato e giudicato dagli sguardi della sua neo-Famiglia.

 

“ Allora, per che non ve la siete già messa?” domandò con un sorriso a trentadue denti.

Teneva molto a quella divisa, per cui in pochi minuti, tutti i sei ragazzi furono pronti.

 

La versione maschile dei Guardiani era simile a quella di Simon, solo che al posto del mantello c’era un giubbotto militare rosso sangue, sempre con il simbolo nero dei Simon e una cintura di cuoio al posto della pancera.

 

Angelo si sentì a disagio nel restare a petto nudo, per questo preferì mantenere da sotto una camicia nera, senza nessuna obbiezione da parte del Boss.

 

Per le due donne del gruppo era leggermente diversa: i pantaloni erano più stretti ed interamente rossi, a coprire il busto c’era una tuta di pelle nera aderente con il simbolo disegnato sulla schiena.

Il rosso disse che come calzature potevano mettere quello che volevano, mentre lui aveva optato per i benta tradizionali.

 
“ E’ … comoda.” Ammise Raylai, mentre finiva di abbottonarsi la tuta.

 


“ Eccoli, sono lì i Simon!!” Improvvisamente diverse macchine fecero irruzione nella piazza, sgommando a pochi metri dal gruppo, mentre tutti i passanti si dileguavano tra urla e pianti.

Le portiere si aprirono contemporaneamente, lasciando fuoriuscire dalle vetture una ventina di italiani, vestiti con giubbotti di pelle e tutti con la stessa alta pettinatura a cresta.

 

“ La Famiglia Hydra.” Ringhiò Bulldozer, stringendo il pugno intorno al suo fidato manganello d’acciaio.

 

“ Bene …” ghignò Simon, per niente colpito dall’entrata in scena della Famiglia.

Rapidamente, Raylai, Aris, Yuro, Zaffiria, Angelo e Bulldozer si allinearono al suo fianco.

 

“ Con chi credete di avere a che fare?!” esclamarono all’unisono, lasciando spiazzati gli Hydra.

 

“ Vendiamo cara la pelle!  Avanti!!” gridò il rosso, sguainando la sua katana e brandendola davanti a sé.

 


Questa è una nuova storia.

La Storia di una Famiglia … che arrivò in ritardo alla festa del Decimo Vongola.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTORE:

ROW, ROW, FIGHT THE POWA!! (Eh, sì, perché per chi non lo avesse capito la divisa di Simon è ispirata a quella di Kamin-*gli arriva una Nodachi in fronte*)

Welcome back! Eccoci alla fine di questo mini-capitolo ;D!

Per chi non lo avesse ancora capito … ecco a cosa servivano le cinque schede misteriose XD!

Sì, cinque perché Bulldozer  doveva essere un colpo di scena. Spero che  abbia sorpreso qualcuno -.-’’.

Ma magari anche no!

 

Ci avviciniamo sempre di più alla festa, si potrebbe dire che manca meno di un’ora e allora … vi chiederete perché sto allungando così tanto i tempi?

Perché non si è subito visto chi è stato a parlare con Tengoku?

 

Come già detto nello scorso capitolo, nessuna scena è stata inserita casualmente.

Abbiamo scoperto la fine che ha fatto Enzo dopo il tradimento. Sarà ancora vivo?

Chi è il misterioso ragazzo complice degli Anonimato?

Perché non si sa nulla del Secondo Boss?

Ma soprattutto … cos’è che Enma vuole tenere nascosto a suo figlio?

 

Restate on the road e lo scoprirete, magari anche con un po’ di speculazione ;)

Alla prossima X3!

[1]: Giapponese, vuol dire ‘Fantastico!!’

 

P.S: E invece no! Ho ancora un paio di cose da dire. Per iniziare, questo capitolo è dedicato a Death the/Kurosaki Simon (non ti chiamerò mai Teemo Omegasquad :P), siccome è lui il creatore dell’Undicesimo dei Simon, Simon (XD).

Buona fortuna per gli esami, Simonio (Simon/Demonio)!! Aspettiamo tutti il ritorno della tua fan fiction!

Poi … primo avvertimento a chi non ha recensito lo scorso capitolo: uomi_hime (e sono due che non recensisce), Geo_96_Bee (idem), alexandros_95 e … vabbè, ci sarebbe anche Ai_Ga_Hoshii_Yo, ma con lei ho perso la speranza già da tempo dato che ha recensito un solo capitolo tanto per affibbiarmi un’OC e poi sparire nel nulla.

- Primo avviso. Non andrò oltre i tre.  Testimoni i recensori .

Ultima cosa, forse (FORSE) aggiornerò domani, oppure dopodomani.

Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo e, mi raccomando, siete liberi di iniziare a speculare nei commenti, anche se immagino che le basi non siano molte.

P.P.S: Mi raccomando con le recensioni, non siate millimetrici!

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Capitolo 12
*** Target Number 9: L'ululato del Lupo Immortale. ***


‘ E’ altamente consigliata la lettura di “ I Believe- La soffice Neve al centro della Bufera ”, capitolo uno.’

 Target number 9: L'ululato del Lupo Immortale

 


Cos’è un Re? Cos’è un Boss?

Cos’è un Trono? Cos’è una Famiglia? 

Quando l’autorità di un Boss prevale?

 

Di sicuro quando è forte.


Ma allora dov’è la vera forza?

 

La forza è in te, figlio mio. Un Re senza trono può comunque restare un re forte, ma la vera forza serve per proteggere fino alla morte quello che si vuole difendere.” – Tancredi Licaone III, Settimo Boss dei Licaone.

 

 

Era passato troppo tempo ormai. La neve aveva ricoperto le sue orme di dolore, lasciando spazio ad una candida distesa pura come le ali spiritate di un angelo.

 

“ Ottavo, è pronto? ” Chiese Shark, poggiando la giacca appena stirata di Corex sul letto.

 

“ Sì, arrivo.” Chissà per quanto tempo era rimasto così? Con il mento poggiato sul palmo della mano ed il gomito sul balconcino della finestra di quella stanza per gli ospiti.

 

A guardar fuori, il tempo scorrere e le foglie cadere sotto la luce arancione e rosa del tramonto.

 

“ Corex, credo sia ora di scendere. Vongola Decimo ha chiaramente chiesto a Boss delle Alleate di prendere parte ad una riunione in sala da pranzo, prima che si dia inizio alla festa.” Riferì Ryoko, già pronta e vestita sull’uscio aperto della camera.

 

L’ottavo rispose con un grugnito d’assenso, infilò la giacca e si preparò ad uscire.

 

 

Fu sinceramente felice di riprendere a camminare tra tutti quei corridoi e, per un istante, si rivide bambino, quando il padre era un amico stretto del Nono Vongola Timoteo e lo portava sempre lì in estate.

 

Era cresciuto con ragazzi e ragazze che adesso non rivedeva più da tempo, scissi dai fatidici dieci anni bui, ossia il periodo di riconciliazione durante i primi anni del Decimo Boss.

Alcuni erano rimasti: Lambo, I-Pin, Fuuta e … anche Himeko. Sì, lui e lei si conoscevano da allora.


Insieme avevano frequentato le stesse classi delle medie e delle superiori in Giappone, proprio a Namimori.

 

Perso nei pensieri, si lasciò sfuggire un sorriso, prontamente notato da Shark che, indovinato il motivo di quella spensieratezza, sghignazzò divertito.

 

Per sua fortuna l’Ottavo non lo sentì, continuando a camminare dritto davanti a sé, ora che aveva percorso tutto il tragitto fino al piano terra mancavano pochi passi alla sala delle riunioni.

 

 

E … la vide.

Come praticamente ogni giorno da quando era alla Magione, non poteva fare a meno di rimanere incantato ogni volta che i loro sguardi si incrociavano.

Quegli occhi così puri, come la sua anima …

 

“ Ciao, Corex!” sorrise Hime, avvicinandosi a lui, che continuava a guardarla con un piccolo sorriso sul volto.

“ Ciao … pensavo che i tuoi impegni di Guardiana ti tenessero sigillata impedendoti di partecipare alla festa.” Scherzò l’albino, prima di poggiare delicatamente le labbra su quelle di lei in un veloce bacio, per poi oltrepassare la soglia che li superava dall’immenso tavolo dove sedevano almeno una decina di Boss.

 

 

 

 

 

 

  Al termine della riunione, conclusa per lasciare spazio ai preparativi, i rispettivi uomini e donne si alzarono per dirigersi fuori, nei giardini.

 

 

I Guardiani di Tsuna avevano ottenuto il permesso di ritirarsi prima dalla riunione e di dirigersi verso gli ospiti d’onore della serata.

“ Scusa se non ci siamo visti oggi, ma ero davvero molto impegnata.” Disse Hime, che stava sfruttando quel poco tempo rimanente per scambiarsi qualche parola con il suo amato. Infatti, la certezza che si sarebbero potuti fermare a discutere durante i festeggiamenti era molto vaga.

 

“ Non importa, lo capisco.” Sussurrò lui, sorridendo per rassicurarla.

“ Ho sentito che non si parla d’altro che del figlio di Tsuna. Tu l’hai già visto?” domandò Corex, inarcando un sopracciglio.

 

“ Sì, ma quando era molto piccolo, più o meno nel periodo in cui io e te frequentavamo le superiori. Però ho conosciuto un suo amico nella chiesetta qua vicino. ”

“ E … che giudizio daresti a questo futuro Undicesimo?”

“ Non ti azzardare a chiamarlo così davanti a Veronica, oppure quella di ammazza!” rise Hime, consapevole dell’indole protettiva della Cavallone.

“ Comunque … è sempre stato di buon cuore e parecchio sveglio. Credo che diverrà un Boss gentil e benevolo, proprio come il padre.”

 

A quelle parole il Boss dei Licaone sospirò, stringendosi nelle spalle.

 

Come il padre, eh?

Lui sarebbe mai riuscito a diventare come il padre?

 

Tancredi Licaone aveva la sua età quando divenne Settimo. Fu lui ad instaurare una delle prime alleanze con il vegliardo Nono Vongola, Timoteo.

 

Lo avrebbe mai superato?

 

 

“ I miei ossequi, Licaone Ottavo.” Una lugubre voce fece gelare il sangue ad Himeko, seppur già l’avesse udita un paio di volte.

L’albino si voltò, con gli occhi diventati due fessure che brillavano tra l’ombra degli alberi.

“ Anonimato …”

 

 

Accompagnato dal fedele Platino, c’era un ragazzo, probabilmente loro coetaneo.

Poco meno alto di Corex, di corporatura troppo magra per incutere timore. Fisico asciutto e carnagione olivastra, vestiva un elegante corpetto bianco coperto da una giacca vittoriana blu scuro, così come i pantaloni lunghi e stretti e le scarpe lucide. Le mani erano coperte da delle maniche in pizzo, mentre un cappello a tre punte copriva in parte dei capelli color porpora mossi e lunghi fino alle scapole.

Due occhi neri come il carbone fissavano i due ragazzi, in uno sguardo di sfida ricambiato con freddezza dal Licaone.

 

“ Ho notato che durante la riunione non facevi altro che fissarmi, insieme a quei due idioti delle tue guardie del corpo. Che c’è, ti sei forse innamorato di me?” ghignò il rosso, facendo spallucce.

Alle sue spalle, Platino arrossì, voltando lo sguardo.

 

“ Credo che tenerti a bada sia il minimo, dopo tutti i guai che stai combinando.” Ringhiò Corex, stringendo i pugni.

“ Ti riferisci ad Enzo? Tranquillo, lui come chiunque altro mi manchi di rispetto, meritava soltanto un’adeguata punizione.” E, dicendo questo, Il Boss estrasse dalla tasca del suo abito, un nastro nero ridotto quasi a brandelli.

Era la maschera appartenente all’Argento.

 

Himeko accarezzò la mano del compagno, che dopo poco si tranquillizzò e sciolse i pugni.

“ Quello che fai della tua Famiglia sono affari tuoi. Ma l’unico avvertimento che possiamo darti e di non immischiare anche le altre Alleate e Tsunayoshi-sama nei tuoi piani.” Ribatté la ragazza, con il risultato che il Boss degli Anonimato allargò ancor di più il suo ghigno.

“ Certamente, Principessa della Neve. Starò ben lontano dal vostro mondo fatato dove accadono solo cose belle. Infatti, non si è mai visto il sangue bagnare le armi dei Vongola, in tutti questi anni.”

 

Un fragoroso tuono accecante scosse il prato, facendo tremare gli alberi, piegandoli quasi come se foosero canne di bambù.

Il mantello e i capelli argentei di Corex svolazzavano liberi, mentre un’imponente aura bianca si solidificava intorno a lui.

“ Taci.” Disse soltanto, mentre Himeko lo guardava implorandolo mentalmente di farla finita.

“ Esiste la libertà di espressione, Licaone Ottavo. Non sono anche io come te, un Boss delle Alleate. Oppure mi consideri inferiore?” si rabbuiò il Secondo, alzando il mento per guardare l’albino dall’alto in basso, in segno di sfida.

“ Se vuoi anche io so fare la voce grossa, cosa credi?”

 

Dopo dei fortissimi suoni, simili a lamenti ed urla strazianti, un’altra aura si materializzò intorno al rosso, stavolta viola scura con sfumature nere.

 

Quando le tue energie in espansioni andarono in contrasto, l’aria vibrò e definitivamente decine di alberi e massi nei paraggi vennero sbalzati in aria.

 

“ Basta, smettetela!” gridò la Guardiana della Neve, ma la sua voce venne coperta dalle potenti scariche di energia che si liberavano nell’atmosfera.

 

“ Lasciali fare.” La zittì una fredda voce proveniente dalle sue spalle.

In meno di un secondo, al suo fianco apparvero due uomini vestiti in giacca e cravatta neri, con sotto una camicia di colore differente.

 

L’uomo che le aveva parlato aveva la camicia viola ed era Kyoya Hibari, Guardiano della Nuvola dei Vongola.

“ Non sta bene frenare L’ESTREMO potere dei giovani !!” tuonò l’uomo dalla camicia gialla, Ryohei Sasagawa, zio di Tengoku e Guardiano del Sole dei Vongola.

 

“ Ma … Hibari-sama.” Sussurò debolmente l’azzurra, abbassando lo sguardo e aggrappandosi meglio all’albero accanto a lei.

 

 

 “ Oi, oi … cos’è tutto questo casino? ”

Dal cortile della Magione, si fece avanti la figura esile di un ragazzino.

Era Vito.

“ Proprio quando uno può riposar-EHI!!” esclamò il moro, rizzando sull’attenti.

“ Tu sei il Boss di quell’Ento l’Argenzo che mi stava per ammazzare! Brutto cosplayer di Milord, fatti avanti che ti riempio di botte!” Le numerose imprecazioni ed insulti rivolti all’Anonimato non servirono ad attirare la sua attenzione, intento com’era a reggere il confronto con Corex e a lanciargli sguardi di sfida.

 

“ Baka! Baka!” continuò imperterrito Vito, saltellando da una parte all’altra intorno ai due, sperando di farsi notare.

 

“ Quanto sei snervante, Bovino …” sbruffò una voce alle spalle del ragazzo.

“ Eh?” si voltò il moro, già abbastanza nervoso per incominciare una rissa.

 

“ Mi stavo godendo uno scontro fra due mostri e guarda chi si mette in mezzo … il Futuro Boss di una misera Famiglia. Roba da matti!”

 

Appollaiato sul balcone di una finestra, c’era Miguel Nostrado, che lo fissava con disprezzo.

“ Dici a me? “ sollevò lo sguardo Vito, reggendo l’occhiataccia del Plaza.

 

Dopo secondi di freddo silenzio, il bovino scoppiò a ridere amaramente, per poi dare le spalle all’avversario.

“ Ma no che non stavi parlando di me! Probabilmente ti stavi riferendo a te stesso.”

“ Ma che dici?! Non capisci che le parole che escono dalla tua bocca non hanno un minimo di senso?” ruggì Miguel, stuzzicato dal carattere di quel perditempo.

“ Bhe, vuol dire che … se c’è una Famiglia misera sono proprio i Plaza.”

 

Di nuovo cadde il silenzio. Intorno a loro persino i rumori delle aure di Corex e di Anonimato sembravano il fruscio delle foglie.

Dopo poco, si poteva sentire chiaramente il pulsare delle vene sulla fronte di Miguel.

“ Sporco Bovino!” gridò il ragazzo, saltando dal balcone per atterrare in prossimità di chi aveva osato insultare la sua Famiglia.

 

Il moro si scansò prontamente, ma riuscì a vedere un leggero tintinnio metallico proveniente da sotto di lui.

 

Rapidamente gettò la testa all’indietro, portandosi fuori dalla portata del Nostrado con una veloce capriola.

“ Pensavi che non lo avessi visto?”  Ghignò, indicando un pugnale ricurvo stretto tra le mani dell’avversario.

 

“ Umh … sei stato bravo, ma … questi, sono tuoi?” rispose Miguel, aprendo il pugno destro per mostrare quattro bottoncini di legno.

 

La camicia del Bovino si aprì, lasciandolo a torso nudo.

 

Entrambi avevano agito in una frazione di secondo, leggendo le mosse dell’avversario ancor prima che l’altro potesse agire.

 

“ Bene. E’ ora di fare sul serio.” Si rabbuiò Vito, per poi portare le mani alla proprie tasche.

“ Concordo. En garde!”  sogghignò il cenerino, mettendosi in una guardia da scherma e rivolgendo la lama del pugnale verso terra.

“ Non eri spagnolo? Bha, non importa … Ah, se solo il Grandissimo Lambo potesse vedermi.”

 

Lentamente, Vito estrasse due piccoli oggetti gialli, simili ad uncini.

Ma poi, quando li sollevò sopra la sua testa si rivelarono essere due piccole corna.

“ Fatti sotto!”

 

E sparì, venendo centrato in pieno da un fulmine.

 

 

 

All’interno della Magione, Cucine.

 

Hayato Gokudera, Guardiano della Tempesta, si aggirava nervosamente per le cucine, talmente sotto pressione da non rispondere nemmeno più ai saluti dei numerosi cuochi al servizio dei Vongola.

 

“ Per favore … per favore Dio, fa che non ci sia.” Ripeteva da ormai dieci minuti, camminando a testa bassa con le mani dietro la schiena.

“ Ciao, Hayato.”

 

Per poco non svenne, dallo spavento. Però riuscì comunque ad inciampare su di un ripiano cottura, evitando per miracolo di ustionarsi sui fornelli.

“ Dannazione Devon! Mi hai fatto prendere un accidente!” ringhiò frustato l’argentato.

Perché quel ragazzo doveva avere una voce similissima a quella della madre, incubo dei suoi incubi.

 

“ E poi ti ho già detto che devi chiamarmi Zio Hayato, altrimenti mi ricordi troppo Bianchi.” Sospirò l’uomo riprendendo la calma.

 

Devon era il suo unico nipote, figlio di Bianchi, sua sorellastra.

Della madre ricordava il fisico atletico e slanciato, la carnagione perlacea, le labbra carnose e lo sguardo profondo, a dir poco pietrificante.

Aveva i capelli neri, con le punte viola naturale, portati in una frangia corta sull’occhio destro che finiva con un ciuffo leggermente arricciato davvero particolare.

Aveva gli stessi occhi verde foresta della madre e le unghie smaltate di viola scuro.

 

Era molto introverso e freddo, dovuto al fatto che suo padre era il migliore amico dell’ex fidanzato della madre, di nome Romeo, e l’aveva lasciata una volta saputo della gravidanza.

Devon era cresciuto con lo zio e i Guardiani sotto la protezione di Tsuna, che ha sempre visto la madre come un’ottima amica.

 

“ Umh … ok.” Annuì semplicemente il moro, ritornando ai fornelli.

Da quando aveva scoperto la passione per la cucina, Hayato era diventato incredibilmente paranoico e protettivo  nei suoi confronti, con la paura che potesse essere Bianchi stessa ad insegnargli a cucinare.

Se il figlio dello Scorpione Velenoso avesse avuto anche un decimo del conoscenze del Poison Cooking della madre … bhe, sarebbero stati tutti spacciati.

 

“ Quindi .. cucini tu stasera?” domandò ancora scettico, cercando di sbirciare tra le file di cuochi intorno a loro.

“ Sì, farò da capocuoco. Mamma è andata a fare shopping e dovrebbe tornare tra dieci minuti. Verrà subito qui.”

Prima ancora che Devon potesse pronunciare la ‘u’ in ‘qui’, il Guardiano della Tempesta si era volatilizzato, come si poteva chiaramente notare dalla porta della cucina spalancata e dalle strisce sul pavimento, simili ai segni delle sgommate delle macchine che frenano dopo aver guidato ad alta velocità.

 

“ Uhuhu.” Rise sotto i baffi il ragazzo, mentre versava un  filo d’olio sulle padelle non ancora utilizzate.

 

“ Ciao.”

“ Ciao …”

 

Doku Rokudo era seduto su di un alto sgabello al suo fianco.

“ Che fai?” domandò di riflesso il capocuoco, accendendo i primi due fornelli e poggiandoci sopra le padelle.

“ Niente, sono semplicemente venuto a vederti cucinare. Hai fatto tardi oggi.”

Il moro ebbe un fremito alla palpebra. Quel bambino non si lasciava sfuggire niente.

Si limitò a sorridergli.

 

“ Già. Ho accompagnato mamma in città. Io avevo bisogno di comprare la farina, lei un nuovo rossetto.”

“ Come mai l’hai lasciata lì?”

“ Mi ha chiesto lei tornare e di sostituirla come capocuoco.”

“ Cos’è quella macchia sul bavero? Sangue?” incalzò Doku, distogliendo lo sguardo.

 

“ Sì. Ho avuto un ricadimento. Shamal-sensei ha detto che ho bisogno di un po’ d’aria di montagna.”

“ Dove andrai di bello?”

 

La reattività nelle domande del bambino cresceva di risposta in risposta, cercando di nascondere la dubbiosità nel tono .

“ Credo … non lo so. Stasera ne parlo con Tsuna e vediamo se riusciamo ad organizzare una bella vacanza tutti insieme, che ne dici?”

Rispose sereno, accarezzando i capelli ad ananas del Rokudo, che ricambiò sorridendo, per poi scendere dallo sgabello.

“ Bhe, ci rivediamo alla festa allora …”

 

Lentamente si chiuse la porta delle cucine alle spalle, per poi venire immerso dal silenzio della sala da pranzo, ancora deserta.

Il viso si aprì in un ghigno che brillò nell’oscurità, così come il suo occhio color ametista.

“ Ci sarà da divertirsi, killer di fama nazionale, Devon la Scolopendra.”

 

 

 

Mancano trenta minuti  all’inizio della Festa dell’Alleanza.

 

“  Nero Fioretto ”

 

Un sibilo.

Un riflesso scintillò tra le ombre della sera, testimone la luna appena sorta.

 

Dal dito indice del Secondo boss degli Anonimato era partito un proiettile, fatto della stessa sostanza della sua aura nera e viola.

 

Aveva trafitto la carne immobile della gola di Corex, sollevando uno spruzzo di sangue che macchiò l’erba pura di un rosso intenso.

 

Vito e Miguel avevano interrotto il combattimento, anche loro stremati ma non feriti.

 

Kyoya aveva assottigliato lo sguardo.

Ryohei aveva stretto i pugni, cingendo con un braccio Hime, che guardava ma non parlava.

 

Platino restava al fianco del Boss, silenzioso e fermo.

 

 

Il Lupo Bianco rimase dritto, vomitando dalla bocca semi aperta un altro po’ del suo vitale liquido rosso.

 

Ma, si mosse. Incrociò le braccia sotto il proprio petto ed espanse nuovamente la sua aura fatta di fiamme bianche, incenerendo qualsiasi cosa in cinque metri di diametro intorno a lui.

 

Il buco nel suo collo, lentamente, prese a rimarginarsi. Prima le ossa, poi i muscoli e infine la pelle.

Era tornato come nuovo.

 

 

“ Quindi è questo quello che chiamavano Lupo Immortale dei Vongola. Interessante …” sibilò l’Anonimato, leccandosi un filo di sangue che colava da un taglio vicino al suo occhio sinistro.

“ E, vediamo … quanto sapresti resistere?”

 

Corex disattivò la sua Fiamma, facendo piombare tutto nella calma.

Persino le cicale avevano smesso di frinire.

 

Il Secondo saltò all’indietro di parecchi metri, atterrando una frazione di secondo dopo.

Dove poco prima c’era lui, era atterrato a folle velocità un altro individuo.

 

La figura si raddrizzò, e una luce arancione prese a brillare dalla sua mano destra. Subito dopo una colonna di fiamme dello steso colore venne sprigionata dal suo corpo, alzandosi, apparentemente fino alla luna.

Una chioma castana ondeggiava nell’aria, così come il fuoco sulla fronte dell’uomo, reso visibile quando lui si girò.

“ Sebastian, Boss degli Anonimato. Il tuo prossimo attacco verrà preso come un chiaro segnale di sfida verso la Famiglia Vongola.” Tuonò il Decimo, Tsunayoshi Sawada.

 

Sebastian provò a ribattere con una battuta, giusto per far capire che avrebbe ubbidito. Conosceva quel pezzo di pane del Boss e sapeva che si sarebbe fidato delle sue parole.

“ N-n-non …” impallidì. Non riusciva a parlare.

Presto iniziarono a colare gocce di sudore e sentì il terreno allontanarsi da sotto i suoi piedi.

 

Non aveva mai provato queste sensazioni in vita sua. Fu costretto ad inchinarsi, mentre con gli occhi ancora sgranati fissava con sguardo perso il vuoto.

Che razza di uomo doveva essere quello per avergli causato un simile effetto?

Constatò che Platino aveva lo stesso sintomo e decise di ritirarsi nelle sue stanze, sparendo nella Dimora.

 

Tsuna, dopo minuti che parvero ere di silenzio, si voltò sorridente verso Himeko e Corex.

“ Mi dispiace …” abbassò lo sguardo e si diresse verso i corpi svenuti di Vito e di Miguel, per portarli verso l’infermeria.

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTORE:


Welcome back!

Bentornati nella fanfiction dove il sole ci mette un’eternità per tramontare ma le ore passano in una frazione di secondo!

 

Sono apparsi nuovi personaggi … bhe, in realtà solo uno, ma il volto di Sebastian smascherato non era mai apparso.

Si scoprono oscuri fatti sul conto di Corex, Lupo Immortale e Boss ‘costretto’ dei Licaone.

Vito si scopre essere non così tanto fifone e sfida Miguel.

Entrambi poi svengono soggiogati dalla potenza di Tsuna.

 

E mentre Master Chopper crea stupide meme (http://i58.tinypic.com/2dj9u9x.jpg ), la festa è iniziata.

L’attesa è palpabile. Cosa succederà?

 

Alla prossima X3!

 

P.S: Corex è peggio di Crilin ormai: muore ovunque.

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Capitolo 13
*** Target Number 10: Una Famiglia ***


 by sissi1234/ nekomata04 ♥

Target Number 10: Una Famiglia





Verde.


Il riflesso della sua iride nel bicchiere d’acqua.

Attorno a lui gente in festa, che rideva, discuteva, mangiava in compagnia.

L’uomo al suo fianco, fino ad allora intrattenuto a parlare con sua moglie, gli rivolse un sorriso carico d’affetto.

‘Che succede?’ sembrava volergli chiedere.

Fortunatamente al giovane non era accaduto niente, era solo rimasto confuso dagli avvenimenti di poco prima.

 

 

Quaranta minuti prima dell’inizio della festa

 

 

“ Ehi, Ten-baka! Non ci vediamo da così tanto tempo che mi sta venendo la voglia di pestarti a sangue!”

 

I capelli rossi di Kevin svolazzavano accompagnati da una leggera brezza, sotto le luci ormai quasi assenti del tramonto.

Gli occhi neri erano spalancati, così come la bocca semiaperta per mostrare un ghigno.

 

“ Kevin?” chiese Tengoku, inclinando la testa su di un lato.

“ Pensavo fossi rimasto a Namimori …” borbottò il bruno, grattandosi la testa con aria pensierosa.

 

Alle sue spalle Vito si stava fingendo morto stecchito.

“ Nah, la preda si è lasciata scappare qualche informazione prima della partenza.”

Sogghignò Kevin, alludendo a Giorgia.

 

Lo sguardo di Ten si assottigliò di colpo, fissando con occhi gelidi il ragazzo di fronte a sé.

“ Non dovresti sapere di questo luogo, sono informazioni riservate.”

 

Di tutta risposta il Presidente del Comitato Disciplinare rise sguaiatamente, prima di afferrarlo dal colletto della camicia e sollevarlo da terra con un solo braccio.


“ Non fare la voce grossa con me, Ten-bak-”

Per sua sorpresa, l’ultima parola gli uscì di bocca come un rantolio soffocato.


Abbassò lo sguardo, vedendo il ginocchio di Tengoku conficcato nell’incavo del suo collo, poco sotto il mento.

Sgranò gli occhi e lo scagliò verso terra, ma nuovamente senza accorgersene perse l’equilibrio e cadde all’indietro.


Sopra di lui, il ragazzino era in piedi e lo squadrava con freddezza.

“ Che cosa è successo al mio adorato Ten-baka?” domandò con tono canzonatorio, mentre senza perdere il suo ghigno si rimetteva in sesto.

 

“ Tengoku possiede un’abilità innata differente da quasi tutti i precedenti  Boss dei Vongola: l’Istinto d’Emulazione.

Lo richiamò una forte voce femminile dalle sue spalle.


Il bruno si sporse oltre Kevin, avendo già riconosciuto quel tono forte e deciso.

 

“ Akane-chan!” salutò  con la mano la ragazza mora che si stava lentamente avvicinando.

Vestiva una classica camicia rossa sotto una giacca grigia abbottonata e dei normali pantaloni lunghi neri con le scarpe di pelle.

 

Ma la Vongola continuò, mantenendo sempre lo sguardo puntato sull’intruso.

“ E’ capace di emulare anche le più difficili arti assassine, soltanto vedendole un paio di volte o provandole sulla sua pelle. Ovviamente è una qualità innata, quasi mai vista su di un Boss e più adatta ad un sicario, forse.”

“ Ma pensa …” sussurrò il rosso, iniziando a chiudere le palpebre. Lentamente si piegò in avanti, accennando qualche passo verso il ragazzo, che rimase fermo nella sua posizione.

 

“ Comunque volevo solo ringraziarti per quello che è successo a Namimori, Ten-baka …” dopo qualche secondo perse i sensi e svenne sull’erba fresca.

 

“ Fratellone!” strillò una ragazzina.

Dalle ombre degli alberi apparve Angelyca Celeste e, rapidamente raggiunse il corpo del fratello.

“ Ha combattuto molto per entrare.” Mormorò la mora, portandosi una mano sulla spalla destra e provando a muovere il braccio, ma l’unico risultato fu un rumore parecchio brutto che le fece accapponare la pelle.

 

“  Riposati, manca ancora molto alla festa.” Sorrise il bruno, guardando preoccupato l’amica, che ricambiò e sparì presto nella Magione.

- Dove si sarà cacciato Vito?- si chiese, per poi riportar l’attenzione sulla giovane Angelyca, che aveva appoggiato delicatamente il capo del fratello sulle sue gambe.

 

Pareva molto triste, eppure non riuscì a trovare il coraggio di alzare lo sguardo.

 

In quel momento Tengoku venne assalito dai sensi di colpa.

“ A-ascolta …” incominciò, massaggiandosi le tempie. Stava per fare una cavolata, già lo sapeva!

“ Vai dentro e fatevi dare una camera per la notte. Se lo chiedono siete miei amici.” Concluse, accennando un sorriso alla ragazzina dai capelli biondo miele e dagli occhi color rosso scuro.

 

Poi anche lui si allontanò.

 

 

 

“ Ten? Ten, sicuro di stare bene?” La voce di suo padre lo riportò alla realtà.

Erano seduti al grande tavolo nel giardino della villa, dove venivano serviti piatti oppure aperitivi in continuazione, per i numerosissimi ospiti di quella sera.

Tsunayoshi gli aveva appoggiato una mano sulla spalla, sussurrandogli piano nell’orecchio per evitare di farsi sentire dagli altri.

 

Il bruno ebbe un sussultò e scosse energicamente la testa, come per risvegliarsi da un sogno.

“ Sì, sto bene.”

 

 

Poco più in la, Vito Ello guardava i festeggiamenti poggiato con la schiena al muro e il solito occhio socchiuso.

“ Ehi, bovino!”

 

Il moro si voltò infastidito, riconoscendo la voce.

“ Che vuoi, Plaza?”

 

Miguel, vestito di tutto punto al ritorno dall’infermeria, teneva in mano due bicchieri da cocktail pieni fino all’orlo di un liquido rosso scuro.

“ Tieni … è sangria.” Disse soltanto, portandosi alla bocca il suo bicchiere e porgendo l’altro al ragazzo.

 

Vito accettò un po’ incerto, ma alla fine bevve anche lui.

“ Buono.” Sussurrò dopo aver deglutito anche l’ultimo sorso.

“ Sì, bhe … era un mio modo di scusarmi per prima. I Bovino non sono poi così inutili.” Ridacchio il futuro Boss spagnolo, contagiando presto anche il Bovino.

“ Già, nemmeno i Plaza, a quanto pare. Ehehe...”

 

Sarebbe stato un’ottima riappacificazione se nella mente dei due giovani non brulicassero questi pensieri:

- Schifoso Bovino, appena mia madre, Boss dei Plaza, verrà a sapere di questo affronto … bhe, preparati a vedere distrutta la tua ridicola famigliola di bovari! –

- Sì, sì, come no, idiota d’un Miguel! Aspetta che lo dica a mio padre e ti giuro andrà su tutte le furie … La vendetta vien servita fredda su di un piatto d’argenzo.  Credo … –

 

“ Maria carissima!” esclamò una voce roca che fece venire loro la pelle d’oca.

“ Al !!” squittì una donna.

Rapidamente la figura di un grasso uomo in giacca e cravatta li superò, andando ad abbracciare … niente di meno che Maria Nostrado, Quinto Boss dei Plaza.

 

Quell’uomo era Al Bovino Ello, attuale Boss dei Bovino e … padre di Vito.

 

Aveva i capelli neri con molte ciocche grigie, tutti tirati all’indietro, la carnagione abbronzata, grandi occhi verdi e un anello d’ottone al naso.

“ Da quanto tempo. Ti trovo bellissima, come sempre. Rimani sempre della stessa bellezza di quando ci siamo conosciuti, trent’anni fa.”

“ Ohhh, adulador! ” arrossì la donna, soffocando una risatina imbarazzata.

 

Nel mentre i rispettivi figli trattenevano conati di vomito, con delle facce da pesci lessi.

“ B-bhe, dicevo … i Plaza sono una stupenda f-f-famiglia …” mormorò Vito, con gli occhi sgranati e un sorriso tremante.

“ Oh, grazie … a-anche i Bovino …” rispose Miguel, non riuscendo più ad incrociare lo sguardo con un qualsiasi essere vivente.

 

 

 

 

 

Nel mentre, in un angolo più appartato dei giardini interni, il giovane Devon era intento ad ammirare la luna, mentre ogni tanto portava alla bocca il suo cocktail.

Ormai era maggiorenne secondo la legge italiana, ma doveva comunque nascondersi alla madre per fare quello che voleva. Presto avrebbe trovato una casa tutta sua, si diceva da qualche giorno.

 

“ Ehi, damerino! Ti abbiamo fatto una domanda!”

Peccato che nemmeno in quel momento era da solo.

 

Un gruppo di uomini, probabilmente dai venti ai trent’anni, lo aveva raggiunto da un pezzo, chiedendogli un colloquio con Decimo Vongola.

 

“ Mi sono già espresso … odio ripetermi.” Sibilò freddo il moro, liquidando nuovamente quegli uomini.

Dovevano avere dei permessi particolari per entrare nella Magione in periodo di festeggiamenti. Di sicuro facevano parte di qualche Alleata, ma se non si univano alla festa come tutti gli altri, voleva dire chele loro motivazioni non erano proprio serene.

 

“ Sì, eh? Ascolta damerino, siamo della Famiglia Tomaso ed il nostro Nono Boss ci ha chiesto di fargli da messaggeri. Ti basta come motivazione?!” Alzò la voce quello che doveva essere il leader del gruppo: un ragazzo ventenne alto e piuttosto muscoloso, con dei lunghi capelli ricci biondi e cadenti all’indietro.

Ormai era lampante che aveva perso la pazienza.

 

“ Non me ne può fregare di meno.” Disse Devon, schiacciando con un movimento quasi impercettibile della mano, il bicchiere di vetro al muro.

“ Andatevene. Tornate domani, quando i festeggiamenti saranno finiti.”

 

I mafiosi abbandonarono ogni altro tentativo di dialogo e si misero in guardia, estraendo coltelli a farfalla e pistole.

Immediatamente il ragazzo fu accerchiato da quattro uomini, di peso e stazza decisamente superiore alla sua. Lo avrebbero annientato in una frazione di secondo.

 

“ Bhuerg! Cos’è questa puzza?!” esclamò disgustato un uomo, che presto indietreggiò assieme ai suoi compagni.

Poison Cooking: Necro-drink

 

Dalla bocca del moro fuoriusciva del denso fumo nero, come se fosse stato una ciminiera umana.

Dopo un paio di secondi, gli uomini che avevano inalato quel gas, incominciarono ad accusare forti dolori alla testa e al petto, così intensi da non riuscire nemmeno a pensare.

Ma prima ancora che si potessero riprendere, vennero raggiunti da dei rapidissimi calci che li fecero piombare violentemente a terra, ormai privi di sensi.

 

“ Dannato!” imprecò il capo, mirandolo con la pistola e sparando un colpo, presto imitato dai suoi picciotti.

Ma … inaspettatamente Devon era scomparso.

“ Come …?” eppure il biondo l’aveva perso di vista solo durante un battito di palpebre. Possibile che potesse essere così veloce.

 

“ Necro-drink è una tecnica di mia invenzione, dove il fumo prodotto, dopo poco si dirada lasciando un gas meno denso che copre la vista come un miraggio.”

La voce lugubre del moro arrivò dalle loro spalle.

 

Poison Cooking: Diabolico pasticcere

Prima ancora che i mafiosi potessero voltarsi, dolci di tutti i tipi li centrarono in piena faccia, cogliendoli così impreparati da disarmarli all’istante.

 

Short-cakes, bignè, profitterole e barchette alla panna oscurarono la loro linea di tiro, lasciandoli presto ricoperti di zucchero e crema.

 

Il loro biondo capo, che era rimasto illeso perché riparato dietro i suoi uomini, scoppiò a ridere.

“ E che cosa pensavi di fare lanciandoci addosso dei dolcetti?! ”

 

“ Bhe, io non faccio proprio niente.”

Nel buio della notte, gli occhi verdi del Vongola scintillarono e, presto si spalancò un enorme sorriso compiaciuto.

 

Ancor prima che il leader potesse avvertire gli altri che c’era qualcosa che non andava, dato che il comportamento di quel ragazzo gli aveva messo i brividi, delle urla di puro terrore lo interruppero.

 

Con orrore vide i suoi uomini portarsi le mani alla faccia per … strapparsi decine e decine di enormi scolopendre viola che rapidamente si erano aggrovigliate sui loro volti.

 

La presa delle bestie era forte e non persero tempo a sfuggire alle prese dei mafiosi cercando di entrargli nelle bocche spalancate dalla paura.

“ Smettila!” urlavano pietà, mentre venivano morsi e graffiati sulle mani e sula faccia da quelle coriacee spire che toglievano il respiro.

 

“ Che cosa gli hai fatto?! ” esclamò il biondo esasperato, lanciando uno sguardo implorante a Devon, che sghignazzava silenziosamente a testa bassa.

 

Quest’ultimo, dopo un altro minuto di silenzio, sollevò leggermente il braccio destro, per poi dare un forte colpo con il dorso della mano ad un albero al suo fianco.

Il tronco vibrò leggermente e presto cadde una mela, che venne raccolta sempre dallo stesso ragazzo.

Il killer iniziò ad avanzare verso il Tomaso, mentre ad ogni passo alzava sempre più lo sguardo verso di lui.

 

Alla fine gli arrivò a pochi centimetri dal petto, piantandogli quegli occhi carichi di scherno in quelli pieni d’odio del biondo.

“ Questo.” Sussurrò piano.

Il mafioso provò ad aprir la bocca per chiedere spiegazioni, ma … non ci riuscì.

Scoprì presto che non poteva perché la grossa mela tenuta in mano dal biondo adesso gli stava tappando la bocca.

Non fece in tempo.

 

Altre piccole scolopendre fuoriuscirono dal frutto, bucando la buccia e zampettando dentro la sua bocca, mente lui non poteva far altro che piangere e provare ad urlare senza controllo.

“ Posso trasformare in una tana di scolopendre tutto quello che tocco, è una tecnica che ho imparato dieci anni fa, in Francia. L’ho chiamata: Mano della morte a cento zampe.

 

“ Ora …” riprese, puntando un dito alla gola del ragazzo, che ormai stava per perdere i sensi per lo shock.

“ Io ti darò la possibilità di sopravvivere. Tutto quello che devi fare è andare dal tuo Boss e dirgli di ripassare in settimana … personalmente.” Sottolineò l’ultima parola, per poi conficcare nel collo della vittima una siringa piena di un denso liquido verde foglia, che venne presto iniettato in vena.

 

Il Tomaso cadde in ginocchio, vomitando un misto di bile e del suo stesso sangue per almeno venti secondi.

 

Poi, senza dire nemmeno una parola, iniziò a correre a gambe levate verso i boschi, sparendo dopo poco.

 

“ Hai mentito vero?” domandò curioso Doku Dokuro Rokudo, appollaiato sopra il ramo di melo.

“ Sì. Morirà tra quattro ore, esattamente dopo aver recapitato il messaggio a quel moccioso viziato del suo Boss. Ma ora …” Devon alzò lo sguardo, osservando il piccolo squadrarlo da capo a piedi.

“ Che dici, sono o no costretto ad ucciderti?”

“ Vediamo chi ci riesce prima.”

Il ragazzo avvertì un tocco freddo esattamente al centro della sua schiena.

Il figlio delle Nebbie gli stava sicuramente puntando contro un coltello, pensò, constatando che effettivamente non c’era più nessuna traccia sull’albero.

“ So che stai nascondendo qualcosa Devon.” Sussurrò malefico il bambino, ma presto il suo ghigno venne smorzato.

Il braccio del figlio di Bianchi era teso all’indietro, con il palmo rivolto verso la sua faccia e uno strano movimento sotto la sua manica gli fece abbassare l’arma.

 

Era stato più veloce di lui.

I due rimasero a guardarsi per un lungo lasso di tempo, scandito solo dal  frinire delle cicale.

“ Va bene, fa niente. ” Mormorò il bambino, gettando via il coltello e sorridendo innocente al killer, che ricambiò facendo ritrarre la sua scolopendra.

“ Salutami gli Anonimato.”

 

 

 

Era passato ormai un quarto d’ora da quando Tengoku aveva ultimato il suo leggero pasto (non era più abituato alle cene italiane, così ricche di tanti tipi di pietanze diverse) e lo stare lì iniziava seriamente ad infastidirlo.

 

Non che ci fosse maleducazione o arroganza negli ospiti, anzi! Non era nemmeno tutta quella confidenza e i saluti di persone sconosciute a metterlo a disagio, sebbene non fosse abituato neppure a così tante attenzioni.

 

Era l’essere completamente da solo.

 

Era da quando aveva messo piede alla magione che gli avevano imposto di prepararsi, rassicurandolo che avrebbe rivisto i suoi amici in seguito.

E aveva paura.

Paura che suo padre e sua madre potessero continuare a mentirgli, che potessero rimandare in Giappone Azura, Drake e Giorgia.

Sperava che l’appoggio di Akane, Veronica  e di Reborn potesse bastare.

Ma … se poi avessero costretto tutti loro a diventare quella maledettissima Undicesima famiglia di cui tutti non facevano che parlare?!

Era stanco di farsi chiamare Undicesimo da tutti quelle persone di cui si dimenticava il nome dopo nemmeno dieci secondi, stanco di tutte quelle adulazioni e di quel rispetto che lo facevano apparire  come un gran lord con il potere di giustiziarli senza battere ciglia.

 

Quel mondo non apparteneva a lui, e mai sarebbe stato così!

 

Decise di alzarsi da tavola e non venne fermato da nessuno.

Sentì solo dei brusii alle sue spalle, probabilmente erano gli altri invitati che si chiedevano il perché di questo comportamento.

 

Ma infondo … a lui non importava. Voleva solo vedere i suoi amici e non sarebbe stato suo padre o le leggi della Famiglia Vongola a fermalo.

 

 

Dopo aver percorso gran parte del lato est della Magione, riuscì a scorgere in lontananza delle figure uscire dal portone d’ingresso.

Sorrise: erano loro.

 

Drake vestiva piuttosto elegantemente e teneva raggiante Akane sottobraccio, che sospirava ogni cinque secondi. Giorgia e Azura camminavano in testa, troppo prese dal parlare per notarlo.

Però sembravano sereni e questo gli riempiva il cuore di gioia.

 

Adesso sarebbe corso da loro e avrebbe chiesto scusa, così che tutti insieme avrebbero potuto passare una bellissima serata.

Lontani dalle preoccupazioni, lontani da tutto …

 

Non riuscì nemmeno a muovere un altro passo che una mano si posò sulla sua spalle e delle ombre lo circondarono.

 

“ Ciao Undicesimo, che piacere conoscerti! ” Era stato un ragazzo dagli irti capelli castani a parlargli.

Immediatamente altri suoi coetanei lo imitarono, con sorrisi entusiasti.

“ Sei proprio identico a Decimo, due gocce d’acqua.”

“ Sì, sì, due gocce d’acqua!” fecero eco gli altri.

“ Vieni con noi, dai. Così facciamo un po’ di conoscenza.” Il ragazzo gli cinse le spalle con un braccio e iniziò ad incamminarsi insieme agli altri, trascinando inevitabilmente Tengoku.

 

Il bruno provò a protestare, ma prima colse di sfuggita uno sguardo deluso di Azura che gli tolse il fiato.

A testa bassa li seguì in un gazebo poco lontano, al confine dei giardini esterni.

“ Allora, inizio io.” Il ragazzo castano di poco prima prese a parlare, tra una risata senza senso e l’altra.

“ Io sono Samuel, della Famiglia Tomaso.”

 

“ Piacere Samuel!” ripeterono tutti gli altri ad alta voce, suscitando un altro coro di risate.

“ Ciao …” sussurrò soltanto Ten, ancora triste per i suoi amici.

O meglio … avrebbe ancora potuto chiamarli così?

 

“ Bhe, come avrai capito siamo tutti della Famiglia Tomaso.” Sghignazzò di nuovo Samuel, facendo sedere il figlio di Tsunayoshi al suo fianco, quasi come una costrizione.

“ So che ti potremo sembrare un branco di pazzi, ma ‘forse’ siamo brave persone.” Sottolineò il forse con un sorriso.

“ No, scherzo. Imparerai che stare con noi sarà molto più divertente che passare il tempo con quegli sfigati che a malapena ti parlano.”

 

Il bruno finalmente si voltò verso Samuel, con uno sguardo confuso.

“ Sfigati?” non stava forse parlando di …

“ Sì, quelli che ti sei portato dal Giappone, Ten - Posso chiamarti Ten?- Lo sai anche tu che con quelli non ti diverti. Ti fai solo illudere e questo mi dispiace, Ten.”

Il castano finse uno sguardo compassionevole e diede delle piccole pacche sulle spalle di uno sconvolto Undicesimo. 

Poi, lentamente fece un cenno con la mano ad un suo amico, che gli passò un piccolo oggetto nero di forma rettangolare.

Era un pacchetto di carta e lo aprì con nonchalance continuando a fissare il nuovo ‘amico’.

 

“ Vuoi?” la avvicinò al suo volto, mostrandone il contenuto.

“ Non … sono normali sigarette quelle, vero?” domandò serio il ragazzo, notando solo adesso la foglia di marijuana verde disegnata sul nero del pacchetto.

“ Già, è roba più tosta!” ghignò uno della combriccola.

 

“ Vedi Ten, il Boss ci permette un sacco di cose fighe e a noi va bene così. Siamo tutti amici e condividiamo tutto.” Disse Samuel, rigirandosi la sigarette tra le dita, fissandola incantato.

 

“ Io un tempo ero della Famiglia Cassandra!” si sporse una ragazzina, alzando la mano.

“ Io dei Fossile!” seguirono altri maschi e femmine che a turno dicevano la loro vecchia Famiglia.

Alla fine, quasi tutti loro non erano Tomaso originali.

 

“ Teoricamente lo siete ancora, deficenti!” ringhiò con tono chiaramente scherzoso Samuel, per poi sorridere di nuovo a Tengoku.

“ Bhe, lo sono, ma essendo tutti figli o nipoti di Boss, hanno potuto convincere i loro capofamiglia ad allearsi con noi. E’ così che i Tomaso sono diventati una grande Famiglia in pochi anni.”

 

Dopo poco, mentre stava per accendersi la sigaretta, mormorò:

“ Sarebbe bello poter avere una piccola percentuale dei Vongola. Insomma, si fa tra amici, no?”

 

“ ECCO dove volevi andare a parare!”

Samuel cadde dalla poltrona per lo spavento, finendo addosso ai suoi amici seduti di fronte.

 

“ Simon!” esclamò Ten, riconoscendo il rosso che in quel momento gli sorrideva furbamente.

“ Ciao. Ho incontrato i tuoi amici e mi hanno spiegato un po’ di cose. Anche Doku mi ha riferito che voi Tomaso state combinando un po’ di guai.”

 

Il castano si rialzò, umiliato davanti a tutti e per poco non si trattenne dal sfogarsi sul futuro Undicesimo Simon.

“ Ma che dice questo damerino, Ten?! Diglielo che quelli non sono più tuoi amici. NOI siamo i tuoi amici! ”

La voce quasi non gli si smorzò appena vide che il bruno gli aveva dato le spalle, portandosi al fianco di Simon.

“ Ten …”

 

“ Mi dispiace, probabilmente il vostro Boss si deve sentire veramente solo per arrivare a tutto questo. Ma non credo che prendendo tutto con leggerezza, come se si trattasse di un gioco, sia la scelta giusta. Non in questo mondo … non nel mondo che ho visto io.” Disse calmo il ragazzo, voltandosi solo a discorso finito per guardare le facce metà basite e metà colpevoli dei Tomaso.

“ E, come ultima cosa … lasciate stare le droghe. Come mi ha detto una volta Reborn: forse ti possono rendere più figo agli occhi degli altri, ma sicuramente ti trasformano in quello che mai saresti voluto essere. Quando avrete capito tutto questo potremo essere amici.”

 

 

 

“ Mi dispiace … mi dispiace per la paura che avete provato a Namimori, per  il sapere che sarei partito per l’Italia, per avervi costretto a venire fin qui, in un mondo che so non vi appartiene di diritto come per me. 

Sono stato un’egoista, lo so, ma … da quando ho voi, ogni volta che mi sveglio non ho più l’ansia e la paura di andare a scuola e di stare da solo. Non ho vergogna di essere Ten-baka e persino la mia città mi sembra un posto migliore così. Solo che … ho sempre paura. Paura che possa essere tutto un sogno, che ritorni alla mia vecchia vita, senza Reborn e senza di voi. Perché io … nella mia vecchia vita non ci saprei più vivere ora che ho avuto l’esperienza di una vera amicizia. Quindi grazie e scusatemi.  Scusatemi per-”

 

Prima ancora che Ten potesse continuare il suo elenco, Azura fece una cosa che mai si sarebbe aspettato fino ad allora … lo abbracciò.

Non riusciva a vederle il volto, ma da quello che disse capì che stava trattenendo le lacrime.

“ S-sta zitto, brutto testone …”

 

Quella stretta, quel calore che gli stava bruciando il petto come una fornace …

 

Pianse. Pianse via tutte le preoccupazioni che aveva accumulato, tutte le paure e tutte le angosce.

 

Non vide bene se anche gli altri stavano piangendo.

Come prima, gli bastavano i loro sorrisi.

 

Sentiva il profumo dei capelli rossi della sua migliore amica, così vicina e che aveva rischiato di perdere per colpa sua troppe volte. Fin troppe.

 

Akane, che gli era sempre stata fedele, nonostante si fossero conosciuti mentre lei cercava di ucciderlo.

 

Drake, come volergli male? Aveva salvato la sorella da un imbranato come lui. Ma erano rimasti insieme.

 

Giorgia, aveva dato il meglio di sé, per dimostragli che era forte … non era stato per niente necessario.

 

Ricambiò l’abbraccio, stringendo forte Azura e ripetendo come un mantra per un tempo che a lui parve infinito ‘Grazie’.

 

 

 

 

La serata era stupenda: le stelle dipingevano il cielo, rese ancora più luminose una volta spente tutte le luci nei giardini.

La una era un faro e le costellazioni mille e mille barche danzanti nel cosmo.

 

Kevin guardava la volta celeste appoggiato coi gomiti al balconcino della sua camera, lanciando ogni tanto delle occhiate alla sorellina, per controllare che il suo sonno procedesse tranquillo.

 

Vito e Miguel bevevano sangria a non finire, forse per annegare l’imbarazzo causato dai loro genitori, ma almeno le liti si erano ridotte e adesso i due giovani ridevano e scherzavano facendo un gran baccano.

 

 

Doku era arrivato in ritardo e adesso sedeva al tavolo tra il padre e la sua mamma, una bellissima donna snella dagli stupendi capelli di un viola simile a quello dei suoi occhi, dalla carnagione chiara e con dei grandi occhi color ametista.

 

 “ Mamma.” La chiamo il piccolo, tirandole piano la manica del lungo vestito bianco.

 “ C’è una mosca nella mia zuppa. Posso uccidere il cuoco?” domandò con fare innocente, indicando il povero insettino che galleggiava nel brodo.

 

La donna, inizialmente non seppe  come rispondere, ma per fortuna intervenne il malizioso padre.

“ Fallo pure, se vuoi.” Sussurrò all’orecchio del bambino, che prontamente si alzò, pronto a dirigersi verso la cucina.

“ Però … sappi che la mosca l’ho messa io.” Ghignò, emettendo un basso ‘Kfufufu’.

 

“ Oh, papà …” si imbronciò il bambino, risedendosi vicino a Chrome a testa bassa.

“ Che c’è?”

“ … sei quasi più cattivo di me.” Rise il moro, indicando un’enorme tarantola nel piatto di pasta del padre, che repentinamente la lanciò in aria schifato e … forse un po’ sorpreso dal figlio.

 

 

Sul terrazzo della Villa Corex e Himeko erano rimasti gli unici due rimanenti ad osservare quel bellissimo cielo da una prospettiva tanto diversa rispetto ai tavoli degli invitati.

Strano, ma decisamente meglio così, pensò il Boss dei Licaone.

 

Ormai sulla sua gola non rimaneva più nemmeno un graffio causato dall’attacco a tradimento del Boss degli Anonimato e nemmeno tutto il sangue perso sembrava gravargli, come se non ne avesse un vitale bisogno.

 

Piuttosto i suoi pensieri erano rivolti alla splendida ragazza al suo fianco che, con gli occhi di una bambina, si meravigliava alla vista delle stelle brillanti.

 

Non poté fare a meno di sorridere, abbracciandola e dandole un tenero bacio sulle labbra, ricambiato con amore dalla Principessa della Neve.

 

 

In una mezz’ora passata semplicemente a ridere per le lacrime versate e le stupide preoccupazioni, Tengoku si era rasserenato sentendosi di nuovo vicino ai suoi amici.

 

“ Simon, scusa ma … perché sei qui con noi?” domandò ad un certo punto Drake, notando il rosso seduto a pochi passi da Ten, intento a controllare il cellulare.

 

“ Bhe, diciamo che non vorrei farmi trovare da un certo membro della mia Famiglia.” Sorrise incerto il ragazzo, ripensando ai suoi amici abbandonati alla precisione maniacale di Angelo, che in quel momento doveva essere proprio furente per il ritardo di ‘ Ventisette minuti! Anzi, quasi ventotto!’ come aveva ringhiato poco prima.

 

“ Bhe, comunque credo che sia ora di andare Juichidaime.” Sorrise dolcemente Akane, accarezzando la chioma bruna del ragazzo al suo fianco.

“ Dove?” domandò lui, aspettando una risposta dal Simon, che si limitò a dirigersi vero l’unica porta d’ingresso del salotto dove stavano riposando.

“ La parte finale della serata, il Ballo serale in stile Vongola. Dovrai scendere le scale della sala da ballo insieme ai tuoi genitori e ad un padrino. Passerete accanto ai Boss delle Alleate e arriverete fino ai Decimi Guardiani. Allora Tsuna-sama farà un discorso e poi si apriranno le danze.”

 

“ C-cioè, devo ballare?!” esclamò seriamente spaventato il ragazzo. Non era così intimorito dai tempi della scuola.

“ E’ una tua scelta.” Lo tranquillizzò Akane. Anche lei sapeva molto di come si sarebbero svolti gli eventi.

 

“ Ti preoccupi del ballare e non di chi sarà il tuo padrino, Ten-baka?” solo allora il bruno si accorse che la porta era stata aperta e, a quanto pare qualcuno nella penombra gli aveva parlato.

 

Per poco la sua voce non tremò ancora. Quel tono e quel modo di parlare … era stato costretto a sorbirselo per mesi interi. Ma così, gli aveva parlato parecchie ore prime, circa al suo arrivo alla Magione.

“ Chi sei?” domandò curiosa Giorgia, inforcando meglio gli occhiali blu davanti agli occhi.

 

“ Bhe, Giorgia De Luca, di solito una ragazza non mi dimentica così facilmente. Sono io, l’unico ed inimitabile …”

 

Gli occhi dell’uomo brillarono un secondo prima che lui scattasse avanti.

Più veloce del suono, si fermò davanti a loro, estraendo un oggetto dalla sua cintura che scintillò alla luce della lampada.

 

Tutor Hitman Reborn! CHAOS!

 

Ten sorrise, era bello vederlo alla sua vera forma.

Decisamente più grande, presentava più di vent’anni. Era poco più alto di Drake, con i soliti capelli neri raccolti nella fedora con la fascia gialla e le basette ricciolute. Sopracciglia piccole e stessi abiti delle sue rappresentazioni robotiche, adesso il volto era più affascinante e gli occhi neri da vero latin lover.

Rinfoderò la pistola, con gran sollievo di tutti, e ghignò al suo protetto.

 

“ Comunque, se non si fosse capito, sarò io il tuo padrino. Come quella volta alla tua cresima.”

“ Cosa? Ma-ma come …”

 

Eppure il ragazzo non ricordava di aver mai incontrato prima Reborn, ed in più alla sua cresima … aveva un ragazzo della probabilmente diciottenne come padrino. Possibile che …?

“ Vuoi per caso che racconti a tutti la figuraccia che hai fatto durante la cerimonia?” fischiettò il killer, facendo arrossire completamente il povero Ten-baka.

 

D’altronde, non era colpa sua se era inciampato in piena cerimonia, cadendo addosso al sacerdote e quasi scatenando un incendio con le candele!

Ora non c’erano più dubbi.

 

“ Ti credo, ti credo!! Ma … quando dovrebbe iniziare?”

“ Adesso, Ten-baka.” Sorrise Reborn, arruffandogli i capelli.  Aveva subito capito che la preoccupazione del ragazzo era di separarsi nuovamente dai suoi amici.

“ Vale anche per voi, razza di smidollati! Soprattutto per te, Simon. Devo forse ricordarti che tuo padre e Angelo Adith odiano i ritardi? ”

Il rosso rabbrividì a queste ultime parole. Le interminabili ramanzine del padre, miste ai noiosi discorsi del suo Guardiano sulla responsabilità dell’essere Boss li avrebbe volentieri evitati.

 

Così tutti quanti si diressero sotto indicazione del tutor nella sala da ballo, tranne il suo protetto.

 

“ Ascolta, Tengoku …”

Il cuore del ragazzo perse un colpo. Quando era stata l’ultima volta che lo aveva chiamato così? Forse mai, forse una sola volta …

“ … non so se tuo padre vuole, ma … questo è un mio regalo. Accettalo, o sarò costretto ad offendermi.”

 

Come al solito era impossibile capire quando Reborn parlava seriamente, perché introduceva intermezzi demenziali ogni volta che uno si aspettava un discorso ragionato.

Fatto sta, che il ragazzo non seppe mantenere lo stupore davanti ai due anelli che il killer gli stava mostrando.

Uno era piccolo e di acciaio, con una stampa dorata del simbolo dei Vongola.

L’altro invece aveva incastonate due pietre a forma di goccia, che unite formavano un cerchio. Era una specie di Ying e Yang, solo fatto di rosso fuoco e di un giallo splendente.

 

L’uomo mostrò anche una catenina di ferro e il ragazzo accolse tutti i doni, continuandoli a fissare meravigliato.

“ Li accetto, sono bellissimi! Grazie mille Reborn!”

 

Erano momenti come quelli in cui avrebbe … semplicemente voluto abbracciare quel pestifero rompiscatole.

 Con i suoi modi teatrali e dispettosi, con quel ghigno e la battuta sempre pronta.

Con il suo modo snervante di dire ‘Ten-baka’ e il suo sadismo negli allenamenti alle quattro del mattino.

Con la sua capacità di aiutarlo sempre e di capirlo fino a fondo … e di conoscere sempre la giusta soluzione ad ogni suo problema.

Con la sua mancata competenza nell’insegnamento, ma anche con i suoi velati modi di volergli bene.

 

Si asciugò una lacrima ed indossò il primo anello, quello con lo stemma, per poi seguire l’uomo a braccetto in un lungo corridoio.

 

 

 

“ Mamma, papà … sono nervoso.”

“ Oh, tesoro. Stai tranquillo. Durerà così poco che non te ne ricorderai nemmeno quando rivedrai i tuoi amici.” Lo consolò la cristallina voce di Kyoko.

 

“ Concordo.” Annuì serio Reborn. “ E poi non sei il solo ad essere nervoso … Tsuna, ti sei messo la giacca al contrario.”

“ Maledetto Reborn!” Il Decimo, che tutto sembrava n quel momento fuorché un Boss, sospirò nel vedere che quello del sicario era solo uno scherzo.

Chissà da chi aveva preso Tengoku?

 

 

Alcune note di piano segnalarono l’inizio della cerimonia.

 

Il Decimo aprì il portone di legno in cima alla scalinata, illuminando i volti dei tre alle sue spalle.

Centinaia di occhi si posarono su di loro, tutti colmi di rispetto per quella figura tanto maestosa quanto leale e giusta.

 

Al suo fianco prese Kyoko, che fino ad allora aveva tenuto per mano ten, subito affiancato dal suo padrino.

 

Insieme scesero le scale. Non si sentivano regali o importanti, ma l’importante era dedicare quel momento di silenzio all’amicizia e alla fedeltà.

 

Proseguirono, ai loro lati così tanti Boss accompagnati dai loro guardiani da non poter essere contati.

 

“ Certo che Tsuna ci sa fare con questi momenti.” Sussurrò Takeshi, punzecchiando con il gomito Ryohei, che annuì energicamente.

“ Testa a prato ed idiota del baseball! Dovete chiamarlo Decimo!” Gokudera, al suo fianco lo sgridò ad un tono di voce stranamente controllato.

 

“ Però è vero, sono tutti così meravigliosi …” mormorò tra sé e sé, cercando di trattenere la commozione per quella scena.

 

“ Vai così Ten!” si sbracciò Azura, dietro ai Decimi Guardiani, insieme agli altri del gruppo.

“ Mocciosi, vale anche per voi!” sbottò la Tempesta, stringendo i pugni per trattenersi dall’urlare a squarciagola.

 

 

Fortunatamente il Boss li aveva quasi raggiunti, quindi si concentrò in attesa del momento fatidico.

 

Stranamente, Tsuna si fermò a pochi passi da loro, mentre Reborn continuò imperterrito, seguito da un confuso Tengoku.

 

Cercò una risposta negli sguardi dei genitori, ma istantaneamente il padrino si fermò davanti ai sei uomini.

 

 

Il primo a farsi avanti fu Gokudera, la Tempesta Furiosa.

Gli si parò davanti e rimase serio per alcuni secondi, per poi accennare un sorriso carico di orgoglio.

 

Lentamente si inginocchiò e prese la mano con l’anello dei Vongola tra le sue, per poi baciarla con una calma teatrale.

 

Gli occhi del ragazzo sbiancarono e uno strano freddo gli pervase il corpo dalla testa ai piedi.

 

“ A voi …” Hayato si rialzò, porgendo un cofanetto rosso scarlatto al bruno, che lo prese ancora sconvolto.

 

Poi fu il turno di  Takeshi Yamamoto , la Pioggia Gentile, che ripeté lo stesso procedimento dell’argentato con un sorriso divertito che ripetute volte cercò di smorzare senza successo.

“ A voi …” disse, finalmente serio. Consegnò anche lui un cofanetto azzurro chiaro, passato a Reborn insieme al precedente.

 

Ritornò al proprio posto, scambiandosi con Ryohei Sasagawa, il Sole Splendente.

“ A voi!” ruggì, alzando velocemente il braccio che teneva uno scrigno giallo canarino, accompagnato da uno sguardo emozionato.

 

Arrivò anche Lambo, il Piccolo Fulmine, che ammiccò al ragazzo mentre consegnava anche lui lo stesso presente: un cofanetto verde smeraldo.

“A voi …”

 

 Chrome Rokudo, la Misteriosa Nebbia accennò un sorriso dolce al bruno, che per poco non arrossì quando la donna gli baciò la mano.

“ A voi …”

Il suo dono era  color indaco.

 

 Anche Hibari Kyoya, la Nuvola Solitaria, era presente.

Non si inchinò e non fece nessun baciamano, si limitò semplicemente ad assottigliare lo sguardo mentre mostrava un cofanetto color ametista.

“ A te.”

 

Sentì la presenza di Reborn sparire da dietro di lui, mentre contemporaneamente veniva affiancato da Tsunayoshi e da Kyoko.

 

Sua madre gli baciò la fronte, riprendendolo per mano e facendolo leggermente rinsavire.

 

“ Questa sera …” iniziò suo padre.

“ Non è un anniversario, o una qualsiasi giornata della memoria in seguito ad un evento preciso … questa data non ha un perché e non l’avrà mai. ” pareva così serio, eppure si capiva che anche lui era timoroso.

 

Le sue mani tremavano leggermente.

Ma non la sua voce.

 

“ Il perché di questa … festa, bhe … a molti potrà sembrare sciocco, dato che mai si era sentito prima in questa sede. Ma, io credo che, come dissi una volta ad un mio amico,  la collaborazione, l’importanza dell’alleanza e la fiducia debbano essere il nuovo cavallo di battaglia per la Famiglia.

Per tutti noi qui riuniti oggi. Sotto un tetto che ha rappresentato il valore di una fratellanza dai tempi di Giotto Vongola. Molti sanno che non sono mai stato d’accordo con gli ideali di Riccardo Secondo: per me la vera Famiglia è quella dove ti senti sempre a casa, circondato da parenti, amici … dall’amore. Ma, per quanto possa parere strano, credo anche nella filosofia di Primo: la Famiglia è giustizia, protezione da offrire ai giusti e la capacità di combattere gli ingiusti e i malfattori.

Se questa è non malavita, allora potreste dirmi che non sono un mafioso! Che sono un poliziotto, un avvocato, ma … questa è la mia visione. Formata grazie ad anni di prove … di passione … e di felicità nel sentirsi sicuri con qualcuno al proprio fianco. Alla Famiglia! All’Alleanza! ”

Un coro di ovazioni ripeterono queste ultime parole, sollevando bicchieri o semplicemente applaudendo, commossi od orgogliosi, dopo quel discorso che aveva scandito il silenzio e che aveva fatto breccia dentro di loro.

 

 

Erano una Famiglia.

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTORE:

 

Siamo dunque giunti alla fine di questa ‘Saga della Nascita’. Se penso a come è iniziato tutto, non posso non sorridere. Ho attraversato, abbiamo attraversato, attraverso i capitoli un lungo lasso di tempo di quasi nove mesi.

E’ stato bello, è stata dura ma i miei sforzi, la mia testardaggine e tutte le ore passate a scrivere sono state più che premiate dal vostro appoggio nelle recensioni.

Grazie, grazie a tutti voi. Spero continuerete a seguire con altrettanta passione  anche la prossima Saga.

Nessun welcome back, stavolta ;) !

 

Alla prossima !

P.S: I titoli come ‘Tempesta Furiosa, Pioggia Gentile, Piccolo Fulmine,  Sole Splendente e Nuvola Solitaria’ sono stati presi dalla raccolta di drabble di Maki Chrome: I COLORI DEL CIELO http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2937628

P.P.S: Perdonate la schifezza che è stato il dialogo finale di Tsuna …

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Capitolo 14
*** Target Number 11(Extra): Epilogo e Presagio- Peccato d'Ira ***


Target Number 11 (Extra): Epilogo e Presagio- Peccato d’Ira.

 

Dopo il toccante discorso del Decimo Boss, tra numerosi brindisi, gli ospiti si erano dati alle danze con le loro dame o altri individui prima sconosciuti.

 

La musica da sala era udibile anche da fuori, di fatti Corex e Himeko danzavano sempre sul terrazzo al chiaro di luna, consacrando quel momento magico alle stelle.

 

Tra gli invitati, uno in particolare sembrava nervoso e per niente volenteroso nel rilassarsi.

Angelo Adith della Famiglia Simon si era seduto su di una sedia in un angolo isolato, dopo un lungo sfogo sui poveri Aris, Yuro e Ray, che adesso non potevano più incrociare il suo sguardo senza tremare.

Di sfuggita notò il Boss chiaccherare con Zaffiria.

“ Non mi sfuggirai, Simon.” Mormorò, come se fosse un killer che individua la sua preda e aspetta trepidante l’attimo dell’assassinio.

Era così all’erta, che riuscì anche a sentire una particolare conversazione a pochi metri dal suo fianco sinistro.

Osservò incuriosito con i suoi glaciali occhi cremisi, finalmente liberi dagli occhiali tipici, quella situazione.

 

C’era Sebastian, il Boss degli Anonimato con tutte e due le braccia tese e appoggiate al muro. Davanti a lui, il suo braccio destro, Platino, che evitava il suo sguardo arrossendo lievemente.

L’Anonimato gli sussurrò qualcosa all’orecchio e il moro si ritrasse ancor di più con le spalle al muro.

 

Quasi immediatamente sopraggiunse l’elegante figura in abito da cocktail di Enma Kozato, Boss dei Simon, affiancato dalla sua Guardiana del Ghiacciaio, Adelaide Suzuki.

 

A quel punto si voltò, sistemandosi i capelli con un pettine estratto dalla giacca.

Se non poteva sentirli, non sarebbe servito a niente guardarli.

Preferì raggiungere il suo ‘signorino’ e prepararsi per la ramanzina che, si sarebbe divertito a fargli.

 

 

Devon aveva appena finito di discutere con Veronica Cavallone, domandandole di come aveva passato tutti quegli anni a Namimori. Infondo era da tempo una sua amica, fu felice di sapere che anche lei come lui si era stava laureando in medicina.

 

Ma dopo poco la ragazza venne accerchiata da un gruppo di ragazzi di buona famiglia, con cui lei decise di intrattenersi in un altro dialogo.

 

Quindi adesso lui stava girovagando tra i danzatori, fissando il suo calice semivuoto e facendolo oscillare lentamente solo per ammirare le increspature nel vino.

 

“ Scusami, ti disturbo?”

Italiano. Era da tanto che non lo sentiva. Strano a dirsi dato che erano proprio in Italia, ma quell’accento misto ad una pura voce femminile gli fece salire un senso di nostalgia.

 

“Buonasera. Dimmi …” sorrise alla ragazza che gli aveva dolcemente toccato la spalla per attirare la sua attenzione. Era poco meno alta di lui, con la carnagione chiara e leggermente abbronzata, lunghi riccioli bruni e due smeraldi come occhi.

 Anche lei ricambiò con un sorriso spiazzante, per la sua bellezza e sincerità.

“ Ciao! Scusami, sono nuova del posto. Conosci per caso un certo Dottor Shamal ?” domandò, strofinandosi per le dita dei piccoli lembi del suo lungo vestito azzurro.

 

Il ragazzo notò che era molto semplice, nonostante si trovasse ad un evento del genere. Come ornamento indossava solo una collanina raffigurante un piccolo gufo d’argento.

“ Sì, certo. E’ il mio maestro. Adesso te lo chia-” mentre parlava il moro era già intento a cercare il suo istruttore e, per sua sfortuna lo trovò …

Seduto su di una poltrona accerchiato da ragazze italiane tutte abbracciate a lui, che rispondeva con sguardo ammaliatore sussurrando loro frasi che non comprendeva.

 

“ Aspetta un attimo solo …”

La ragazza bruna vide solo Devon dirigersi verso il moro di mezz’età dalla pettinatura simile a quella della Tempesta dei Vongola, e colpirlo con un pugno alla bocca dello stomaco, che lo scagliò oltre il divano.

Contro il muro. Ad un metro dal pavimento.

 

Ritornò immediatamente.

“ Prima era impegnato, ma adesso proprio non può. Comunque io sono Devon. Hai bisogno del Dottor Shamal per un qualche esame o terapia?” chiese tranquillo, ignorando gli sguardi degli ospiti che passavano rapidamente da  lui al corpo dolorante del dottore donnaiolo.

Fortunatamente la ragazza trovò il tutto divertente e rise di una risata cristallina, davanti al ragazzo confuso.

“ S-scusami. Era solo che non me lo aspettavo così …” arrossì da capo a piedi.

“ … maniaco? Dongiovanni? Bhe, lo è. Per questo ti consiglio vivamente un altro dottore nel caso necessitassi di una visita.” Il killer parlava in maniera così disinvolta e distante che la bruna ogni volta che apriva bocca era costretta a trattenere un’altra risata.

“ Grazie. Comunque io sono Taylor … e sono qui perché i miei genitori mi hanno raccomandato il famoso Shamal, così potrei lavorare per lui.” Giocherellò con una sua ciocca. Ogni suo movimento era così aggraziato e puro, pensava lui.

 

“ Bhe, io conosco molto del suo lavoro. Sono sicuro che ti assumerà di sicuro, non solo perché sei una bella ragazza, ma anche perché una nuova infermiera ci sarebbe davvero d’aiuto.”

Taylor non aveva ascoltato altro dopo il velato complimento del moro, rimanendo ancor di più spaesata sul cosa fare e dire. Ma davvero quel ragazzo le aveva garantito che sarebbe stata assunta?

 

“ Ohi, ohi …” mormorò Devon, notando suo malgrado la snella ed elegante figura della madre in avvicinamento nella sua direzione.

Pregò mentalmente che non li avesse già visti e senza pensarci due volte prese per mano la ragazza, accennando un sorriso.

“ C-che ne dici se andiamo a parlare in un altro posto?”

Fu così veloce nel voltarsi e nell’iniziare a camminare che non notò il volto rosso pomodoro di Taylor, che aveva appena accennato un “Sì …”

 

 

 

“ M-mamma, è imbarazzante …” altrettanto rosso in viso era Tengoku Sawada, intento a ballare un lento con Kyoko, che rise divertita.

“ Lo facevamo sempre quando eri piccino. Ti mettevi coi piedi sulle mie scarpe e ti aggrappavi alle mie mani. Ti piaceva tanto vedermi ballare.”

Il ragazzo abbassò lo sguardo, sperando che non ci fossero i suoi amici nei dintorni.

“ Sì, ma adesso sono … cresciuto.” Sussurrò tra sé e sé, notando nella sala da ballo proprio Drake parlare con Akane seduta su ad un tavolino con Giorgia. A quanto pare la ragazza stava negando una richiesta del ragazzo, come si capiva dal fatto che scuoteva la testa ogni volta che lui apriva bocca.

Improvvisamente lui rise e la sollevò di colpo, prendendola per le mani.

La trascinò sghignazzando vicino alla altre coppie di danzatori e la guardò finalmente serio per un po’ di tempo.

Parlò. Lei alzò gli occhi al cielo ed iniziò a condurre il ballo, sempre con aria riluttante.

 

“ Ah, ho capito …” sentì dire da sua madre.

“ Piacerebbe ballare anche a te con la ragazza che ti piace?” sorrise Kyoko, accarezzando l’ancora più rosso figlio.

“ Ma ch-che dici mamma?! A Drake non piace Akane e non c’è nessuna ragazza che mi piace!” rispose tutto d’un fiato, allontanandosi dalla donna che rideva divertita.

“ Sì, sì. Anche tuo padre negava alla tua età. Infatti iniziò a corteggiarmi a diciassette anni, prima tramite lettere e poi a feste, balli … Poi mi presentò ai suoi genitori, mi portò in vacanza con lui …” Kyoko si era lanciata in un monologo dove non faceva altro che sospirare con aria sognante ed un lieve rossore sulle guance.

“ Mamma?” Ten si rese conto che l’aveva persa.

Decise di approfittarsi della situazione e di andare a cercare Azura.

 

Però … un’enorme figura gli si parò davanti non appena si voltò.

Quasi non cadde a terra. Sentì l’stinto omicida più grande che avesse mai avvertito e chiaramente intuiva che la figura lo stava osservando.

 

“ … omaggi …” grugnì una rauca e graffiante voce maschile.

“ C-come?”

“ Ho detto: i miei omaggi.” 

 

Quando sollevò appena lo sguardo capì di essere davanti a più di una persona, bensì cinque uomini in giacca e cravatta vestiti con gli stessi colori dei Guardiani di suo padre.

Il primo, quello che gli aveva parlato, faceva davvero paura, come la sua voce. Era il più alto e muscoloso, con la carnagione molto abbronzata ed un ustione che gli passava da guancia a guancia poco sotto gli occhi ferali che lo stavano osservando nell’anima.

Capelli corvini lunghi che ricadevano sia davanti che dietro e  dei vari ninnoli attaccati ad una catenina sulla sua giacca.

Alla sua destra c’era un uomo albino dal lineamenti appuntiti e i denti affilati visibili dal suo ghigno perfido. Aveva dei lunghissimi capelli che, nonostante fossero raccolti in una coda alta che arrivava quasi al suo bacino, ricadevano sulle spalle fino alle sue ginocchia. - Superbi Squalo, Pioggia dei Varia. Peccato della Superbia.

Gli ricordava qualcuno di già visto.

 

Alla sinistra del grande uomo c’era un altro armadio dalla carnagione scura, degli irti capelli castani e del lunghi baffi appuntiti. Aveva diversi piercing sulle labbra. - Levi A Than, Fulmine dei Varia. Peccato d’Invidia

Appoggiato alla sua spalla, un biondo dai capelli piuttosto lunghi e mossi che gli coprivano gli occhi, sghignazzava di continuo facendogli venire la pelle d’oca. - Belphegor, Tempesta dei Varia. Peccato d’Accidia.

Ma non come l’ultimo uomo, anche lui quasi più alto del corvino, di carnagione chiara  e dal ciuffo verde foglia che gli ricadeva sul fianco destro, con un’altra cresta stavolta arancione sparata verso l’alto.

Si sentiva osservato da dietro quegli occhiali da sole con le lenti a specchio. - Lussuria, Sole dei Varia. Peccato della Lussuria.

 

“ Noi siamo i Varia … il mio nome è Xanxus e so che tu sei il figlio di Tsunayoshi.” - Xanxus, Boss dei Varia.

 

Tengoku per poco non svenne in mezzo alla sala. Erano quelli i tanto temuti Varia, che i Bravi di Xian volevano spodestare per prendere il loro posto? Certo che, anche se non lo avrebbe mai detto, incontrarli gli metteva più paura che sentirne parlare da Reborn o da Akane.

“ Sì.” Si fece coraggio dopo una lunga pausa. Infondo, erano ad una festa sulla fratellanza, cosa gli avrebbero potuto fare?

 

“ OHI, Boss, ti sei sbagliato!! Non siamo ancora al completo se manca la Ranocchia!!!” ruggì l’albino.

Di tutta risposta Xanxus non lo degnò nemmeno di uno sguardo, ma invece si voltò e lo colpì di rovescio con il dorso della mano, spedendolo con violenza dall’altra parte della sala.

Ora il ragazzo non era per niente sicuro!!

 

“ Feccia, non contraddirmi.” Sibilò il corvino, chiudendosi in un attimo di silenzio, interpretata da tutti come una pausa di riflessione.

“ Boss, quindi dov’è Fran?” si sforzò a dire il castano, capendo che Xanxus non avrebbe mai fatto la prima mossa senza una domanda diretta.

“ Credo … a giocare con i bambini.”

“ L’ho visto prima con Dokuchin!” squittì il ragazzone effemminato dal ciuffo verde.

“ Ushishishi … che idiota.” Mormorò glaciale il biondo, scoprendo dei canini molto appuntiti in un sorriso malizioso.

 

 

“ Oi, zietto!” li interruppe una voce che il ragazzo riconobbe subito con sollievo.

“ Akane …” sussurrò Xanxus vedendo arrivare la mora. Era davvero cresciuta dall’ultima volta che si erano visti, pensò.

 

La ragazza prese le mani del Boss dei Varia tra le sue e gli sorrise.

“ Vedo che hai già conosciuto il Juichidaime! Cosa ne pensi? ”

 

L’enorme Boss passò più volte lo sguardo da Akane a Tengoku, mantenendo sempre la stessa espressione neutra.

- Sta pensando che sono un buono a nulla!- pianse il ragazzo interpretando l’ennesimo silenzio del Varia.

 

“ Non lo so …” sbadigliò l’uomo, grattandosi pigramente le cicatrici sul volto.

- Ecco, lo sapevo!!-

“ … non so cosa diventerai in futuro.” Riprese l’uomo, sorprendendo i due ragazzi.

“ Ma da quello che ho visto sei una bella copia di Tsunayoshi. Ho seguito l’attentato alla Namimori tramite delle mie spie e … ti ho anche visto poco fa in giardino con quel rosso dall’aria pericolosa.”

- Kevin … -

“ Probabilmente con un po’ di serio allenamento diventeresti il più forte tra tutti questi mocciosi.”

 

Akane era quasi commossa. Non se lo sarebbe mai aspettato che Ten potesse ottener il rispetto anche dello spaventoso Boss dei Varia, che anni prima aveva condotto un duello mortale tra la sua quadra e gli attuali Guardiani di Tsuna.

 

“ Non sono proprio io la persona adatta per dire questo, ma … hai la stoffa del Boss, Tengoku Marco Sawada.”

 

Il bruno sorrise. La preoccupazione era svanita, ora quel gigante assassino si era aperto a lui e non aveva più motivo di essere spaventato.

Era forte, era forte!

 

Si sentì immediatamente soddisfatto e realizzato.

Era dovuto venir fino in Italia per scoprire che la sua vera forza era anche nei suoi difetti.

“ Grazie, Xanxus-sama.”

 

 

Quell’aura.

Ebbe un sussulto. Quell’istinto omicida era di nuovo lì a sovrastarlo.

Ma … non erano i Varia, era qualcosa di molto più lontano, ma ugualmente forte, anche se con una violenza bestiale, simile a …

“ Ira ?” sussurrò Gokudera al fianco del suo Boss, che sgranò gli occhi fissando la fonte di quella forza.

 

“ No … Tengoku è in pericolo!” gridò ai suoi Guardiani, che subito lo affiancarono nella corsa.

 

CHE COOOSA ?!!  PAAADREEE!!

Quell’urlo stava letteralmente schiacciando Ten, rendendolo incapace di muoversi e di pensare.

Le gambe tremavano, il volto si ricoprì presto di sudore e gli occhi divennero sempre più sbiaditi, ormai perdendo la lucidità.

 

COME HAI POTUTO … LUIIII !??

 

Xanxus ghignò, facendo un leggero segno ai suoi adepti, che si allontanarono con lui.

“ Buona fortuna …”

 

“ X-x …” boccheggiò il ragazzo, stringendosi ancor di più ad Akane, che come lui faticava a stare in piedi.

 

“  TENGOKU!! ” Si udì di nuovo quella profonda e terrificante voce.

Invitati, tavoli e sedie vennero sbalzati in aria, mentre un incendio era scoppiato appiccando fuoco ad un’intera parete.

 

Ma … a guardarlo meglio non era nessun fuoco.

 

C’era un essere umano, circondato da un’aura fatta di fiamme color arancione scuro e nero, che presto stavano inghiottendo tutto i mobili nelle vicinanze.

E l’essere al centro di quell’energia spaventosa …

 

“ Ten!” tre ombre gli passarono accanto ad alta velocità, posizionandosi un istante dopo davanti a lui, dividendolo da quella presenza furiosa.

Azura brandiva il suo tridente di ferro, un ultimo regalo di Reborn, Drake faceva oscillare leggermente il peso del mazzafrusto, mentre Giorgia teneva stretto a due mani il chackram.

Anche se non poteva vederli in faccia, si capiva che anche loro era terrorizzati.

 

“ Fermi, mocciosi, lasciate fare a noi!” prima che le fiamme li raggiungessero, una vampata di calore rosso scarlatto li circondò come una barriera, dissipando appena il fuoco.

Quando i ragazzi aprirono gli occhi, c’erano i Guardiani con Decimo a sbarrare la strada a …

“ Xian, perché fai questo?” urlò Tsuna per farsi sentire tra tutte le urla terrorizzate delle persone.

 

L’alta ragazza dal lunghi capelli d’ebano non cessò il suo impeto, ma alzò il suo volto sfigurato dal calore delle fiamme da lei emanate.

Ormai i suoi occhi grigi erano diventati tutt’uno con la sclera, ora nero pece.

TSUNAYOSHI, SONO IO CHE MERITO DI DIVENTARE BOSS! NON LUI !! ” gridò ancora, indicando il ragazzo mingherlino, figlio del Boss.

 

“ Piccola mia, nessuno sta parlando di successione. Perché non ti tranquillizzi.”

Nonostante la situazione, Sawada sorrise e parlò alla furiosa ragazza con tono rassicurante, come se si ritrovasse davanti una bambina.

“ Dici questo perché ti senti in difficoltà, Xian? Perché non verifichiamo se quanto hai detto è vero.”

 

“ Cosa?” gridarono all’unisono padre e figlio voltandosi.

Il Tutor Hitman Reborn stava camminando nella loro direzione con uno strano sorriso in volto.

“ Che dici, ragazza? Dimostraci adesso che sei capace di ucciderlo per prendere il suo posto. Oppure sei solo brava a parlare?”

Il bruno, come quella volta con Akane, aveva le lacrime agli occhi. Perché a volte sembrava che il Tutor giocasse con la sua vita? Non aveva chance contro quel mostro di Xian!

 

“ Non serve lei!”

Lo spaventò una voce maschile proveniente da dietro di lui.

Con appena la coda nell’occhio vide Reborn scansare un proiettile umano, che mano a mano che si avvicinava prendeva la forma di … Superbi Kravis, della squadra Bravi.

Vestiva una divisa di pelle con un alto colletto e sui polsi erano visibile dei congegni metallici simili a grandi bracciali, da cui spuntava una corta lama poco sopra il dorso della mano.

Dei Katar!

 

“ Addio per sempre, Undicesimo fallito! “ Ruggì, per poi fermarsi a pochi metri del ragazzo, che lo fissava spaventato.

Quest’ultimo ci mise poco a capire il perché di quella frenata improvvisa dell’argentato.

 

Una mano gli aveva afferrato la testa, stringendolo così forte da fargli scendere alcuni sottili rivoli di sangue dalla fronte.

“ Allora, la smettete di fare casino?” domandò retorico Corex, Boss dei Licaone, con aria glaciale.

 

“C-cosa?” Kravis tossì un po’ di bile e solo allora si accorse della lunga katana a pochi centimetri dalla sua gola.

“ Mi dispiace, ma non toccherete Ten.” Sussurrò Simon, al suo fianco, lanciandogli uno sguardo omicida.

 

 

 

“ Dannazione!” Daezel Tortora, avvertito il pericolo, cercò subito di riunirsi ai suoi compagni per dare man forte a Xian, ma anche lui venne ostacolato da degli individui poco intenzionati a farlo passare.

 

“ Allora, Tortora … che hai intenzione di fare? Kfufufu …” rise Doku, facendo brillare il suo unico occhio scoperto, quello color ametista con dentro l’ideogramma di Veleno, lo stesso del suo nome.

Il rosato arretrò appena, imprecando tra i denti, ma avvertì un’aura ancor più pericolosa che lo costrinse a bloccarsi sul posto.

 

“ Neanche un po’ di calma …” mormorò seccato Devon, mentre un paio di vene iniziavano a pulsare sulla sua fronte.

Con lentezza si riabbottonò del tutto la camicia, per poi spiazzare Daezel con un’occhiata furente.

 

 

Anche il resto dei Simon si erano mobilitati per impedire la fuga dei Bravi.

I primi ad agire erano stati Bulldozer e Zaffiria, che avevano intercettato il lento colosso di Luc1f3r0.

“ Bellissima Zaffiria, aspettami!” un urlo distrasse la bionda, che fu costretta a voltarsi, affidandosi alla guardia alta di Sieg.

Ma, una volta inteso chi fosse il disturbatore, si rivoltò seccata.

 

“ Sparisci, Vito ... è una situazione pericolosa questa.”

“ Ma … ma … Non mi credi abbastanza uomo, vero?” il moro, avvicinandosi, tirò su col naso, probabilmente per trattenere il pianto.

 

“ Ti salverò io, allora. Qual è il nemico?!” urlò, mentre indossava le sue preziose corna dorate. Piccole scintille iniziarono a crepitare intorno a lui, rizzandogli i capelli.

“ Lui …” Sieg indicò Luc1f3r0 e Vito svenne istantaneamente per lo spavento, senza nemmeno il tempo di urlare.

 

“ Poveraccio …” sibilò Zaffiria, estraendo cinque coltelli di piccola fattura da una saccoccia sulla sua cintura.

Seta di ragno! ” le lame vennero scagliate all’unisono, colorando la loro traiettoria di un insolito colore tra il grigio scuro e l’azzurro.

Quando colpirono il corpo immobile del bestione, lo trapassarono da parte a parte in tutte le direzioni, emettendo una pioggia di scintille.

 

Il corpo vacillò e sbuffò un’altra vampata di vapore dalla maschera. Non poteva più muoversi adesso.

 

Nonostante la sua mole, Bulldozer si portò di fronte a lui, caricando a due mani il suo manganello mentre era ancora in movimento.

 

Impeto della Montagna! ” l’arma in una frazione di secondo venne ricoperta da piccole scaglie di pietra, ghiaia e granito, per poi abbattersi con un potente fragore sul presunto volto della creatura.

Luc1f3r0 cadde a terra senza più reagire, come se fosse stato un bambolotto di latta.

 

 

 

“ Undicesima !” Geronimo, della squadra Bravi colpì con un pugno il tavolo a lui vicino, fracassandolo in due parti.

Iniziò a correre con sguardo preoccupato per la sorte di Xian, che si trovava davanti al Boss dei Vongola con i suoi Guardiani. Una battaglia persa in principio.

La disperazione e la foga nella corsa gli impedirono di vedere un’ombra scattare agilissima davanti a lui.

 

Venne colpito al plesso solare in una frazione di secondo. Quando riaprì gli occhi era in ginocchio.

Vomitò la sua stessa saliva, sentendo chiaramente che c’era qualcuno davanti a lui.

 

“ Non puoi passare.” Decretò calma la voce di Raylai Spadafora, dei Simon.

 

 

La ragazza caricò il pugno sopra la sua testa, ma inaspettatamente non colpì Geronimo.

 

Pyramid Powers! ”       

Il terreno, al contatto con il suo pugno avvolto da delle misteriose bende, iniziò a diventare meno stabile ed il ragazzo iniziò a sprofondare leggermente.

 

“ S-sabbia?!”

 

Un metro quadrato intorno a lui era diventato completamente formato da sabbia sottilissima e calda.

 

Swamp Shoot!

Un bagliore verde scuro lo sfiorò, andandosi ad illuminare i pochi granelli colpiti.

 

Geronimo perso ogni tipo di base o appoggio e affondò ancor di più, ormai fino alla gola.

Un istante dopo era immobilizzato completamente da un pesante strato di sabbia.

 

Provò a gridare, il  rumore di una corda che si tendeva attirò la sua attenzione.

 

“ Apri bocca e ti uccido.” Mormorò Aris Chosen, con la freccia già incoccata a pochi centimetri dalla sua fronte.

Il suo guanto da arceria iniziò a ricoprirsi di un sottile stato di brina, raggiungendo anche il dardo.

“ Non solo il ritardo … adesso anche la torta saremmo costretti a mangiarla con tredici minuti di differenza rispetto a prima …” La figura agghiacciante di Angelo Adith al fianco di Aris, con le sue pistole gemelle puntate e la sua calma spettrale fece arrendere definitivamente il soldato.

 

 

 

“ Che vuol dire che ho già perso? Vuoi fare la stessa fine del tuo amico, bamboccio!” ruggì Duncan dei Bravi rivolto a Yuro Raiko.

Il Simon osservò triste il corpo privo di sensi di Miguel Nostrado, sopraggiunto prima di lui ad intervenire sul biondo cadaverico.

 

“ Mi dispiace se non mi hai capito, bello …” rispose sereno il moro, facendo ringhiare Duncan.

“ … Ma hai perso nel momento esatto in cui ho lanciato quelle tre carte.” E nel dirlo, indicò tre carte ai piedi del biondo. Tutte erano Assi di Fiori.

 

Il soldato dei Bravi non fece nemmeno in tempo ad allontanarsi, che una luce verde chiaro lo travolse, accecandolo.

Un istante dopo era immobilizzato da dei robusti e spessi arbusti sui quali spuntavano fiori altrettanto grandi. Con incredulità scoprì che tutti germogliavano dalle carte lanciate poco prima, come se li avessero le loro radici.

 

Checkmate Verde Speranza!

 

 

 

 

Il corpo di Xian adesso tremava dalla rabbia.

Sentiva che i suoi soldati avevano fallito, ma avrebbe comunque strappato via quella faccia da perfettino a Tengoku, fosse l’ultima cosa da fare nella sua vita!

 

“ Allora ?” rincalcò la dose Reborn, sapendo che provocando la ragazza avrebbe soltanto ottenuto quello che voleva.

“ Taci, Reborn! Non capisci, questo non è un semplice allenamento?” Inaspettatamente Tsuna lo afferrò per il bavero della camicia, strattonandolo per zittirlo definitivamente.

 

Ci riuscì. Adesso il sicario lo guardava serio ed impassibile.

“ Ti sei rammollito Tsuna ...” Disse soltanto, liberandosi con forza dalla presa del Decimo per poi lanciargli un’ultima occhiata di disprezzo.

 

 

“ Se posso intromettermi …” li interruppe una voce anziana, ma comunque ferma e decisa.

“ La signorina Xian sarebbe più che volenterosa di prender parte a questa sfida, ma le attuali condizioni non stabilirebbero una reale equità ...”

“ Alberto! ” ringhiò Xian, voltandosi verso il suo badante.

 

“ Mi dispiace signorina, ma è la verità … “ L’uomo riprese a guardare Decimo e Reborn.

“ Credo sarebbe molto stimolante per il signorino Tengoku partecipare a questa sfida, così come anche i compagni della signorina prenderanno parte. Se per voi va bene, i duelli si potrebbero tenere tra … cinque settimane, al campo di addestramento dei Varia, in Italia del Nord. ”

 

“ E se rifiutassi? ” si fece forza Ten, sorprendendo felicemente il Tutor.

“ Allora dimostrerai a tutti che sei un rammollito indegno di diventare Boss!! ” Rise il capitano dei Bravi, spiazzando il ragazzo con uno sguardo carico d’odio.

 

“ Indegno, dici ?!” Alle sue spalle, Akane aveva sfoderato la sua pistola/coltello e aveva iniziato a volteggiarsela tra le dita sostenendo le occhiate di Xian.

 

“ Invece tu ti credi degna? Ma fammi il piacere, Tengoku è più Undicesimo di quanto tu non lo sarai mai!”

 

“ Oh, ecco l’altra preferita di papà …” mormorò la corvina, stringendo così forte i pugni da far sbiancare le nocche.

“ E allora perché non accetta? Hai forse paura, moccioso!?” sbraitò infine, osservando il corpo tremante del bruno.

 

“ S-sì, ho paura …” ammise lui, osservandosi la mano con l’anello dei Vongola.

“ Paura che …” Lo stemma dorato prese ad illuminarsi di una calda luce arancione che spaventò i presenti.

Ten alzò la testa, rivelando una fiamma brillante che da tempo non scaturiva dal suo ciuffo albino.

 

“ … che tu possa diventare Undicesima, Xian. Non ti farò diventare Boss, a costo della vita!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTORE:

 

Già, sono bastardo forte. ECCO il vero ultimo capitolo XD!

Perché ho deciso così?

Tre motivi:

    1)      Mi sembrava ideale concludere con l’Undicesimo capitolo

    2)      Questo è l’imput per la prossima saga

    3)      Perché sono stronzo.

 

 

Forse vi sembrerà sbagliato, ma credo che questa sia una conclusione migliore, rispetto al discorso di Tsuna. Insomma, questa festa me la stavo trascinando da quattro capitoli, dovevo pur farvela vedere!

Quindi ecco il perché non ho risposto a tutte le vostre recensioni. Tranquilli, ero solo preso da questo capitolo.

La prossima saga inizierà riprendendo dal momento dopo la frase di Tengoku e, sarà incentrata su le battaglie accennate da Alberto. Alla prossima!

P.S: Simon alla riscossa X3!

P.P.S: Solo ora ritorno la connessione … avrei voluto aggiornare stamattina -.-’

 

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