La Profezia Nascosta

di MrRaider
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Due nuovi semidei ***
Capitolo 3: *** Il Campo ***
Capitolo 4: *** Allenamento con Percy ***
Capitolo 5: *** Arriva Jason! ***
Capitolo 6: *** La sfida di Clarisse ***
Capitolo 7: *** I timori di Ellie ***
Capitolo 8: *** Sfida a Caccia alla Bandiera ***
Capitolo 9: *** Il nemico ***
Capitolo 10: *** I sospetti di Nico ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
 

DAVID

David non era un ragazzo qualunque. Lui credeva di esserlo fino a quando non ha capito chi fosse in realtà.
Non riusciva bene a integrarsi con gli altri, a fare molta amicizia. La sua vita era un gran casino: soffriva di dislessia, iperattività e deficit dell’attenzione che lo hanno portato a diversi guai, a non prendere voti altissimi e a venir espulso da diverse scuole. Pure lui aveva perso il conto delle scuole che aveva frequentato nei diversi anni. In quel periodo aveva 16 anni e viveva a Los Angeles. Alto circa 1 metro e 70, con occhi verdi e capelli castani corti. Prima viveva con sua madre, con la quale non aveva un grandissimo rapporto: a causa delle sue innumerevoli espulsioni si era stancata della sua presenza, così gli affittò un appartamento vicino a casa sua. Lei non lo voleva più tra i piedi, e a lui andava bene così. E da quel punto iniziò a pensare alle proprie responsabilità, prendendosi un lavoro part-time per non dipendere troppo da lei, e lui odiava dipendere da lei. Suo padre non lo aveva mai conosciuto… sua madre diceva che era scomparso quando David era appena nato, magari era morto, oppure era ancora vivo…
Nonostante i suoi problemi David poteva contare su una persona: Ellie Walker, la sua fidanzata. L’aveva conosciuta un anno prima, quando era entrato in una nuova scuola privata. Della stessa classe, cominciarono a frequentarsi e alla fine si misero insieme. E con lei si sentiva bene.  Poteva essere se stesso, non aveva paura di consultarsi con lei. L’amava molto. Per lui, Ellie era tutto ciò che aveva. Anche lei soffriva di dislessia, iperattività e deficit per l’attenzione ma lei riusciva a tenere l’autocontrollo a differenza di David.
E nessuno dei due credeva che le loro vite cambiassero così velocemente per un piccolo viaggio che avevano in mente da molto tempo.

Era il 1° Agosto. E faceva molto caldo, il tipico caldo delle giornate estive. David si trovava sul molo di Los Angeles dopo aver finito il suo turno dal lavoro part-time. Spesso andava lì, per sedersi su una panchina  di fronte al mare, ammirare il panorama e distogliere la mente dai suoi problemi o come pensare a risolverli. Quel posto lo aveva sempre adorato da piccolo. Ogni volta che passava lì si perdeva nella bellezza che solo il mare sapeva offrire. Dopo il suo turno aveva voglia di andare lì per un po’, per riposarsi, assaporare la calma del momento e riflettere al regalo che aveva fatto per lui e per Ellie. Il loro sogno nel cassetto stava per realizzarsi. Restò per circa cinque minuti a osservare il mare fino a quando la vista non si oscurò da delle mani che gli tapparono gli occhi.

-Chi è?- chiese una voce aggraziata e femminile dietro di lui. La voce della sua Ellie.

-Non lo so. Non riconosco questa voce.- rispose lui ridendo.

Ellie tolse le mani dai suoi occhi e si sedette accanto a lui. Era poco più bassa di lui, aveva i capelli castani e lisci, che spesso ne faceva ricadere qualche ciocca sulle sue spalle, e degli occhi castani scuro. David si perdette nella bellezza del suo viso, sorridendole.

-Ciao.-

-Ciao piccola…-

E in un attimo la ragazza diede un tenero bacio sulle labbra a David.

-Perché sei qui? Non stavi lavorando?- chiese curioso lui circondando la ragazza col braccio

-La madre dei ragazzi ha deciso di fare una gita coi suoi figli perciò non farò la babysitter per una settimana. Inoltre sospettavo di trovarti qui.-

-Sospettavi?-

-Già. Sono le 13:30, mi avevi detto che smontavi a quest’ora… inoltre è qui che vieni di solito, no? E’ il tuo posto preferito della città. Così ho pensato che forse volevi rilassarti qui.-

-Non sbagli. Insomma, guarda il panorama.-

E i due guardarono il mare, ammirando il colore dell’acqua cristallina che veniva riflesso dalla luce del sole, una nave da crociera che da lontano si avvicinava al porto.

-Proprio come i tuoi occhi… verde-acqua.- disse lei appoggiando la testa nella spalla del ragazzo.

Restarono così per qualche minuto ad ammirare il mare, con la testa di Ellie appoggiata alla spalla di David e le loro mani unite.

-Come stanno i tuoi?- chiese David dopo un po’.

-Mh… I miei? Intendi quegli idioti che non fanno altro che ignorarmi? Lasciamo stare.-

Ellie era stata adottata da una famiglia da quando aveva tre anni. Era stata abbandonata dalla sua madre appena nata, e visse in orfanotrofio per tre anni fino a quando una famiglia non decise di prendersi cura di lei. Ma lei non riuscì mai a legarsi con loro, e dovette convivere con due adulti che non le portavano rispetto e che non la trattavano come una figlia.

-E tu? Hai parlato con tua madre?- chiese poi Ellie

-Sono ancora arrabbiato. Dopo la decisione che ha preso l’altro giorno io…-

La madre di David frequentava un nuovo tizio, che a David stava pure simpatico. Erano in procinto di sposarsi fino a quando la madre non era finita incinta. Lei non voleva finire con un altro bambino fra i piedi così all’insaputa del suo uomo decise di abortire. E quando lui l’aveva scoperto decise di lasciarla. Anche David non era molto contento. Quando aveva saputo che sua madre era incinta era veramente felice. Avrebbe vissuto una esperienza nuova: un fratello o una sorella più piccolo o piccola di lui che avrebbe voluto bene, dato che lui non aveva né fratelli né sorelle. Ma quando scoprì che la madre aveva abortito andò su tutte le furie, e non parlò più con lei.

-Scusami.- disse lei dispiaciuta.

-E di che? Mi fa un po’ male ma… cerco di dimenticarmene.-

-E’ per questo che sei venuto qui? Per non pensarci?-

In parte Ellie aveva ragione. Non era andato nel suo posto preferito solo per dimenticare la decisione di sua madre, ma anche per pensare a come dire a Ellie la sua sorpresa.

-Sì ma… non solo. Volevo pensare a una cosa. Te la volevo dire oggi, ma dato che sei già qui… perfetto!-

-Devo preoccuparmi?-

-Nono tranquilla. Solo… chiudi gli occhi. E’ una sorpresa.-

Lei roteò un po gli occhi ma alla fine decise di chiudergli. David prese una mano della ragazza e la aprì, per poi prendere due fogli dal suo portafoglio e porgerglieli.

-Guarda.-

Lei li aprì e guardò i due fogli che gli aveva dato David incredula. Erano due biglietti per l’aereo di andata e ritorno per New York. Non credeva che alle fine fosse riuscito a farcela.

-Ti ricordi il nostro sogno? Ebbene mia cara, sono riuscito a comprare due biglietti per New York! Solo per noi due!-

Lei balbettò un attimo ancora stupita -Ma… come...-

-Ho messo da parte un po’ di soldi e alla fine sono riuscito a…-

Ma mentre parlava lei si aggrappò al ragazzo e gli diede un lungo bacio. Dentro di se David sprizzava di gioia e di soddisfazione. Ce l’aveva fatta. Finalmente il sogno nel cassetto dei due ragazzi stava per realizzarsi.
Le loro labbra erano ancora attaccate dal bacio ma poi Ellie staccò le sue per chiedere a David come cavolo avesse fatto

-Beh, diciamo che ho fatto turni extra, et voilà! Piccolo passaggio per New York!-

-Ecco perché mi dicevi che eri sempre occupato. Dio, David, sei così dolce! Però, aspetta… e tua madre? Lo sa?-

-Sì. Non ha detto nulla. Avevo preparato tutto da una settimana, da prima di quella storia, quindi lo sa già. Tu piuttosto dovrai dirlo ai tuoi.-

-Sì, hai ragione!  Penso che glielo dirò quando tornerò a casa. Hey, per festeggiare, che ne dici di andare al cinema oggi?-

-Che film ci sono?-

-Batman!-

Per festeggiare i due decisero così di andare al cinema a vedersi l’uomo pipistrello. Quei due adoravano alla follia Batman, sapevano la sua storia a memoria e riguardavano i suoi film mille volte.
Finito il film uscirono per Los Angeles fino a quando non si fece tardi, e David riaccompagnò Ellie a casa sua nella Downtown.

-Allora, partiamo fra tre giorni! Non  vedo l’ora!- disse Ellie vicino alla porta di casa sua

-Neanch’io. Hey.-

David si avvicinò a lei e la prese delicatamente per i fianchi per darle un bacio sulle labbra

-Ti amo.-

-Ti amo anch’io.-
 
 
PERCY

Era passato un anno dalla battaglia contro Gea. Ripensandoci Percy ancora non credeva che lui e gli altri erano riusciti a sconfiggerla, ma alla fine ce l’avevano fatta. C’erano state diverse perdite, ma quella che feriva di più lui e i suoi amici era Leo. Non era stato ritrovato il corpo e Nico aveva sentito che era morto. Jason e Piper però credevano che fosse da qualche parte, vivo, e che prima o poi sarebbe tornato .
Dopo la sconfitta di Gea, Percy e Annabeth avevano deciso di passare l’ultimo anno del liceo insieme. E i due riuscirono infatti a diplomarsi, e fra qualche mese avrebbero iniziato il college a Nuova Roma. Erano felici, di poter vivere la loro vita senza preoccupazioni, senza troppi mostri o profezie da affrontare.
Percy e Annabeth passavano più volte per il Campo durante l’anno, soprattutto durante i weekend, ma rispetto a prima restavano molto poco. Ma dopo il diploma tornarono al Campo per godersi le vacanze prima di partire per Nuova Roma.

Era il 1° Agosto. Il primo anniversario della vittoria contro la Madre Terra. Tutto il Campo  aveva organizzato una grande festa. Anche i membri del Campo Giove erano stati invitati. Percy fu felice di rivedere Hazel e Frank dopo tanto tempo. Anche Reyna se la passava bene, si era fidanzata ed era molto felice del periodo che stava vivendo al Campo Giove, senza Ottaviano fra le scatole. Era notte fonda e sul Campo tutti quanti circondavano l’enorme falò che avevano preparato, tra risate, scherzi e giochi.
Ma mentre Percy guardava il falò si sentì strano. Cominciò a girargli la testa per un secondo. Forse era stanco per la festa. Provò ad alzarsi e perdette l’equilibrio. Gli venne un capogiro: tutto intorno a lui cominciò a ruotare e per un istante sentì una voce nella sua testa

“Fratello…”

-Hey Percy.- Jason aveva visto l’amico perdere l’equilibrio e vedendolo in quello stato lo prese per le spalle prima che cadesse al suolo.
-Stai bene?- chiese lui.

Il figlio di Poseidone vedette la preoccupazione di Jason e appena si riprese alzò la mano facendogli cenno di lasciarlo.

-Tutto bene… sono… sono solo un po’stanco.- disse lui riprendendo l’equilibrio.

Ma in realtà non era stanco. Credeva di aver sentito una voce. Anzi, era CERTO di averla sentita.
Cercò di non far vedere la sua ansia durante la festa e non appena venne spento il falò Percy se ne andò nella capanna numero 3. Gli girò nuovamente la testa, e la voce di nuovo ritornò a torturarlo con quella parola. Così si sedette vicino alla fontana della sua casa premendosi le mani sulla fronte, fino a quando il giramento  e la voce non svanirono. Aveva uno strano presentimento, e non sapeva dire se era buono o brutto.
Prese una dracma dalla scrivania della sua camera e in un attimo la lanciò nella fontana

-Mostrami mio fratello.-

Ci fu un piccolo arcobaleno nella vasca della fontana e Percy vedette il suo campione Tyson seduto vicino al lago del Campo con l’arpia Ella.
Pensava di ottenere qualcosa ma si sbagliava. Appena l’immagine di Tyson svanì rimase seduto a fissare il suo riflesso, fino a quando non vedette quello di Annabeth.

-Hey.- gli disse guardandolo. Era preoccupata.
-Jason mi ha detto che eri strano. Hai perso l’equilibrio, sembrava che avessi avuto un capogiro. Tutto bene?-

Si girò verso di lei e le diede un sorriso un po’ forzato.

-Sì. Ma… non è solo questo. E’… strano.- e le strinse la mano.

-Ti va di parlarne?-

Lui annuii e cominciò a spiegarle del giramento di testa, del capogiro e della voce che aveva sentito.

-… e questa voce ha detto “fratello”.  Ne sono certo. Quando sono entrato dentro la testa ha girato nuovo e ho risentito la voce di prima che mi diceva “fratello” in continuazione. Non lo so Annabeth, ho una strana sensazione, che forse…-

-Pensi che ci sia ancora un figlio di Poseidone in circolazione? Per questo volevi mandare un messaggio Iride?- tirò lei a indovinare.

-Sì…-

-Percy, gli dei hanno giurato di riconoscere tutti i loro figli fino all’età di tredici anni. E comunque si tratterebbe di un Figlio dei Pezzi Grossi, l’avremmo saputo…-

-Lo so, ma se per caso fosse vero? Se c’è davvero un mio fratello ancora la fuori…-
Percy si bloccò un attimo, poi si premette la fronte e tornò a guardare l’acqua, in parte triste per aver fatto preoccupare Annabeth
-Scusami Annabeth…-

Lei fece un piccolo sorriso e gli diede un piccolo bacio sulla guancia, rassicurandolo

-Non dirlo neanche. E lo sai: per qualunque cosa, potrai contare su di me. Se c’è davvero un figlio di Poseidone non ancora riconosciuto, ti aiuterò a trovarlo.-

Così Percy sorrise e si girò di nuovo, osservando lo splendido viso della sua ragazza, per poi lasciarle un piccolo bacio sulle labbra

-Grazie.-

Angolo dell'autore:
Salve a tutti fandom di Percy Jackson. Mi presento: mi chiamo MrRaider, e sono anch'io un grande fan della nostra Testa d'Alghe preferita.
Dopo aver letto l'ultimo capitolo della saga di Eroi dell'Olimpo (che ho adorato) mi è salita un pò la malinconia e la tristezza, sapendo che forse non rivedrò più i personaggi che ho tanto amato.
Comunque questa storia mi è venuta in mente da qualche giorno di fare una fanfic su Percy, per narrare qualcos'altro sui nostri eroi ed ecco qua il risultato ottenuto, decidendo di aggiungerci due nuovi personaggi. Per il prossimo capitolo dico già che è quasi pronto ma non sono un tipo che aggiorna spesso, aggiorno più che altro quando ho tempo.
Spero che possiate apprezzare il lavoro, se vi va postate una recensione, accetto qualsiasi commento e consiglio per migliorarmi (anche errori che possa fare riguardo alla saga, magari per dimenticanza o altro) 
Detto questo, ci vediamo al prossimo capitolo ;)
-MrRaider

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Capitolo 2
*** Due nuovi semidei ***


Due nuovi semidei
 
PERCY

Erano passati tre giorni dal capogiro che gli era venuto durante il falò al Campo. Da allora non gli era più successo nulla di strano, a parte quando dormiva. Sognava soltanto il buio assieme a una figura lontana e sfuocata, e sentiva delle voci. Sentiva la voce di suo padre Poseidone, che gli diceva di stare attento a ciò che lo circondava, che doveva essere pronto. Sentiva Annabeth che lo chiamava, come se fosse spaventata.  E quando si svegliava era sempre sudato. Solo Annabeth sapeva cosa stava passando. Quando lo aveva visto svegliarsi al suo fianco di soprassalto nella capanna di Poseidone, cercava il più possibile di supportarlo, gli chiedeva cosa sognava, se stava bene, e rimaneva al suo fianco. Era preoccupata e a Percy dispiaceva. Era un anno che i due restavano tranquilli, senza la preoccupazione di morire il giorno dopo per colpa di una profezia. E ora Percy aveva un po’ il timore che stava per accadere qualcosa. Qualcosa di grosso.
Negli ultimi giorni però cercava di non rimuginarci su. Si distraeva il più che poteva con gli allenamenti, con le partite a Caccia alla Bandiera, oppure con la compagnia di Annabeth.  Pensava che forse era la sua immaginazione, magari era un po’ teso,  ma in realtà si sbagliava completamente.

Fatto sta che dopo tre giorni decise di uscire un po’ dal Campo e di tornare a New York dalla madre, magari per qualche giorno. Voleva staccare un po’ dal mondo semidivino, e magari la compagnia della madre lo avrebbe aiutato a dimenticarsi di quei sogni.
E verso il pomeriggio eccolo là, di fronte all’appartamento dove viveva la madre. Aveva con sé uno zaino sulle spalle, dove aveva messo un po’ di vestiti, e alcune scorte di nettare e ambrosia per sicurezza. Vestiva con una giacca nera che gli ricopriva la maglietta azzurra, poi con dei pantaloncini corti beige e delle scarpe da ginnastica. Appena fu di fronte alla porta dell’appartamento fece un bel respiro, e poi bussò. Aspettò un po’, prima che la porta si aprisse e che lui vedesse sua madre Sally

-Oh, Percy!- esclamò lei stupita.

E in un attimo si abbracciarono.

Cavolo, quanto mi è mancata pensò Percy avvolto nelle braccia di sua madre.

-Ciao mamma.- disse lui.

Appena si staccarono, Sally fece entrare suo figlio in casa che si sedette nel salotto. Appoggiando lo zaino vicino alla sedia Percy sentì uno gradevole profumino: i biscotti di sua madre. I suoi preferiti. Infatti Sally uscì dalla cucina, con un vassoio pieno di biscotti blu al cioccolato.

-Allora Percy. Non credevo che saresti davvero venuto. Dimmi, sei per caso scappato?- chiese lei avvicinandogli il vassoio.

Sentendola il ragazzo si limitò a sorriderle e a prendere uno dei biscotti
-No, ho soltanto chiesto a Chirone un piccolo permesso per me e Annabeth, per almeno qualche giorno qui a New York. Volevamo staccare un po’ dal Campo, così ho proposto ad Annabeth di venire qui.-

-E lei dov’è?-

-Mi ha detto che doveva fare alcune faccende al Campo, arriverà sul tardi. Paul non c’è?-

-E’ al lavoro. Ma anche lui tornerà più tardi.-

I due si limitarono a parlare del più e del meno. Sally se la stava passando molto bene, con la compagnia di suo marito Paul, patrigno di Percy. Il ragazzo le raccontò della festa del Campo, di come stava andando con Annabeth e che presto i due avrebbero iniziato il college, una volta finite le vacanze. Ovviamente Percy non disse nulla sul capogiro e dei sogni che stava facendo. Non voleva far preoccupare anche sua madre, e inoltre era venuto lì proprio per non pensarci e passare del tempo con lei.

Dopo un’ora che i due avevano trascorso a parlare tra di loro, Sally andò un attimo in bagno e Percy invece nella terrazza dell’appartamento. Lì ammirò lo splendore della città di New York: le luci dei negozi, i diversi passanti che attraversavano la strada e le diverse macchine che sfrecciavano nei quartieri. Era tutto calmo e perfetto, se non fosse per i nuvoloni e i tuoni che sovrastavano il cielo. Percy alzò lo sguardo, notando le gigantesche nuvole nere.

-Pare che Zeus sia molto arrabbiato oggi…-

Focalizzò l’attenzione su un aereo che stava per atterrare nell’aeroporto, fino a quando questo non fu colpito da un fulmine. Percy sbiancò. Un fulmine aveva appena colpito uno dei motori, che cominciò a prendere fuoco, e infine l’aereo cadde in acqua.
Percy era scioccato. No, era spaventato. E lo fu ancora di più quando in quel preciso momento gli venne un maledetto capogiro.
Gli girò la testa di nuovo, cominciò a perdere l’equilibrio e si appoggiò alla ringhiera della terrazza, cercando di riprendere fiato.

-Percy…-

Quella voce. La conosceva bene. Era di Poseidone.

-Padre…- sussurrò, guardandosi intorno, dopo essersi ripreso dal giramento di testa.

-Figliolo, devi andare nel luogo dell’impatto dell’aereo. Và, subito!-

Riguardò il luogo dello schianto. L’aereo era in acqua, vicino al ponte della città. Non era molto distante, ci volevano circa cinque minuti per arrivarci.

-Oh no…-

Sua madre era appena arrivata, e si era avvicinata a suo figlio. Anche lei guardava impaurita verso il ponte, verso l’aereo che era appena caduto. Guardò prima l’aereo, poi Percy.

-Mamma… Papà mi ha appena parlato. Devo andare a vedere cosa è successo.- disse il ragazzo dispiaciuto, guardando Sally.

-Ti prego, stai attento.-

Lui l’abbracciò, le diede un bacio nella guancia e corse subito verso il ponte di New York.
 

DAVID

David non capiva cosa stava succedendo. Era successo qualcosa. Aveva sentito una specie di rumore, il rumore di un tuono, poi tutto l’aereo aveva cominciato a tremare. Si sentì scendere verso il basso, e capì che l’aereo stava perdendo il controllo. Tutti i passeggeri cominciarono ad urlare in preda al panico. Ellie, seduta vicino a lui, che si era addormentata, si svegliò di colpo.

-Cos’è successo?- chiese a David, guardando il caos che aveva intorno.

-Credo… che l’aereo sia stato colpito.-

Apparvero dal soffitto e di fronte ad ogni passeggero le maschere di ossigeno. L’hostess annunciò che l’aereo era stato colpito da un fulmine e che il pilota stava cercando di farlo atterrare in acqua. Le urla dei passeggeri scatenarono il putiferio durante la caduta. David ed Ellie indossarono le maschere e si strinsero il più possibile, pronti all’impatto.

Dopo qualche minuto riuscì ad uscire da ciò che rimaneva dell’aereo. Si trovava in acqua, vide da un lato i resti dell’aereo, dall’altro la costa e la città di New York. Per fortuna non era lontanissima. Così cominciò a nuotare il più veloce che poteva disperato verso la riva, tenendo con se Ellie che era svenuta. L’unica cosa che lo preoccupava era la salute della ragazza. Aveva perso i sensi e aveva un taglio orizzontale sulla fronte, dal quale usciva un po’ di sangue. Appena arrivò alla riva, distese Ellie sulla sabbia.
Guardò bene dove si trovava: un parchetto era poco distante dalla riva, diverse persone sopravvissute dall’impatto uscivano dall’acqua, alcuni erano molto feriti.
Vide come era ridotto: David aveva parte della maglietta rossa strappata, così come i jeans, ma una cosa che aveva notato era che non era ferito. Per niente. Non sentiva dolore, nessun livido, nessun taglio. Ellie invece non era in condizioni migliori: oltre al taglio sulla fronte e i capelli completamente spettinati, aveva perso la maglietta rosa, era ricoperta soltanto dalla canottiera bianca, e i pantaloncini azzurri erano quasi tutti strappati.  Aveva anche un profondo taglio sul braccio. Inutile dire che quella vista lo spaventò molto.

-Ellie…- disse lui, cercando di scuoterle piano la testa.

Alla fine lei si svegliò, guardando David, ancora un po’ intontita dall’impatto.

-Cos’è successo?- chiese lei.

-L’aereo è precipitato in mare...- rispose lui, indicando i resti dell’aereo ancora in acqua.
-…Sono riuscito a portarti a riva. Siamo a New York. Dove ti fa male?-

-Solo un po’ il braccio ma… ATTENTO!-

Improvvisamente indicò il cielo spaventata, notando qualcosa. David si girò e vide infatti che qualcosa stava cadendo proprio su di loro. Prese Ellie, e rotolò per terra, schivando il colpo. Si rimisero in piedi e finalmente videro la… cosa che li aveva attaccati. David era impietrito. Credeva di sognare, ma di fronte a lui c’era una specie di uccello:  le ali erano ricoperte di piume, le zampe mostravano degli artigli affilati e la testa era quella di una donna.

-Ellie. Vedi anche tu quello che vedo io?- chiese lui impaurito.

-Sì purtroppo.-

Il mostro ringhiò verso i due ragazzi, mostrando i denti affilati e sporchi. All’improvviso attaccò il ragazzo, ma questi l’intercettò, dandogli un calcio in pancia e sbattendolo indietro, ma questi si rialzò subito e riattaccò di nuovo. L’animale spinse David con una incredibile forza nell’acqua. Lui rimase un po’ stordito, poi si rimise in piedi dopo essersi ripreso. Vide il mostro che attaccava la sua ragazza, facendola cadere a terra e graffiandola con i suoi artigli. Guardò inerme la sua ragazza a terra, mentre l’animale si avvicinava lentamente verso di lei. E ciò scatenò la sua ira.

-Non toccarla!- urlò lui.

Ma quella cosa non gli degnava attenzioni, ma si avvicinava ancora di più verso la giovane.
Strinse i pugni e i denti. Improvvisamente, tutto il suo corpo cominciò a provare un certo brivido, una sensazione che non aveva mai provato. Si sentiva forte, come non lo era mai stato prima, e allo stesso tempo era furioso. Arrabbiato.

-Ho detto di NON TOCCARLA!-

Scattò in avanti e diede con tutta la sua forza un pugno nel ventre del mostro. Non se ne era accorto ma quel pugno aveva perforato il ventre dell’animale, che stava urlando di dolore. E mentre la sua mano si ricopriva di sangue David assestò un calcio verticale in piena faccia del suo nemico. Dopodiche, cominciò a dargli pugni a non finire, e in quel momento ringraziò se stesso per le lezioni di arti marziali che aveva seguito negli ultimi due anni. Diede un forte calcio e il mostro cadde a terra. Mentre quello cercava di rialzarsi, guardò intorno in cerca di qualcosa di utile, fino a quando non pose l’attenzione verso un sasso sulla sabbia grande quanto il suo pugno. Istantaneamente lo prese e si avvicinò al mostro. Appena fu sopra di lui caricò la mano che teneva il sasso e lo percosse sulla sua faccia per ben tre volte.
Aveva completamente squartato la faccia del mostro, che improvvisamente svanì davanti ai suoi occhi: tutto il suo corpo si tramutò in sabbia, vera e propria sabbia che volò via, come se fosse spinta da una folata di vento.
David aveva il fiatone: tutta quella forza lo aveva sfinito. Aveva usato i pugni soltanto per difendersi prima d’ora, e non era mai arrivato a tanto. Inoltre non se lo sapeva spiegare ma era come se qualcosa lo avesse potenziato in un nanosecondo, facendolo partire alla carica per salvare Ellie.

Ellie…

Camminò verso di lei, lasciando a terra il sasso. Ellie era seduta sulla sabbia, e guardava il suo ragazzo con una faccia piena di stupore: non aveva mai visto David così arrabbiato. E lui lo sapeva. Era sempre stato dolce e calmo, e mai una volta era arrivato coi pugni contro qualcuno in presenza della ragazza.

-Ellie…- sussurrò piano lui, inginocchiandosi. Aveva ancora il fiatone.

-Hai… hai ucciso quell’affare.- osservò lei calma.

Si sentì in colpa. In colpa per esser arrivato a tanto, a uccidere. Ma cosa poteva fare? Restare fermo a guardare? No, doveva agire subito. Lo aveva fatto solo per difenderla.

-Non volevo che mi vedessi così. Io…-

Lei gemette un po’ dal dolore ma tirò a se il ragazzo per il colletto della maglietta e lo baciò.

-Sta zitto.- gli ordinò lei sorridendo
-Mi hai salvata. Come posso essere arrabbiata?-

Fu sollevato. Sollevato che la ragazza non pensasse male di lui, che l’amasse ancora.

-E’ meglio se ce ne andiamo. Hai bisogno di cure.-

Si alzò e prese delicatamente la ragazza, aiutandola a mettersi in piedi. La prese per un fianco e cominciò a camminare ma…

-O mio Dio. David, guarda il cielo.-

Alzò lo sguardo e vide quattro bestie simili a quella che aveva ucciso prima, che volavano nel cielo ricoperto dalle nuvole. In un attimo quelli scesero in picchiata e atterrarono di fronte a loro. Erano spacciati.
Mentre cercava di pensare a come scampare da quella situazione, David sentì qualcosa. Era il rumore dell’acqua, così si girò verso il mare e quello che vedette fu impressionante: una gigantesca onda si stava dirigendo verso di loro, pronta a colpirli. Lui si accasciò a terra proteggendo Ellie con il suo corpo mentre l’onda colpì la costa. Si rialzò e vide che i mostri erano di nuovo a mezz’aria ma sempre molto vicini. Lui e Ellie invece erano ancora intatti.

-State bene?!-

Udirono una voce dietro di loro, così si girarono e di fronte a loro videro un ragazzo moro coi capelli un po’ spettinati, sui diciotto anni, vestito con una maglietta azzurra e dei pantaloncini beige.

-Amico…- disse David rivolto allo sconosciuto
-Dimmi che li vedi anche tu.- e indicò le bestie in cielo.

-Intendi le arpie?- chiese lui osservandole.

-Sì, quelle… cose!-

Lui sbiancò sentendo le sue parole, e tornò a guardare i due ragazzi. David si sentì sollevato, ma al tempo stesso turbato. Quelle cose erano reali e presto avrebbero attaccato di nuovo.

-Questo è un incubo.- borbottò Ellie, che era ancora dietro David. Lui, sentendola, le strinse la mano per confortarla.

-Sentite, conosco un posto sicuro per quelli come voi.- disse poi lo sconosciuto avvicinandosi a loro.

-Eh?- esclamarono i due, senza capire cosa intendesse.

-Vi spiegherò tutto appena saremo al sicuro. Ma prima, fatemi sistemare queste.-

Il ragazzo misterioso si avvicinò nel bagnasciuga, dove si bagnò i piedi. Alzò un braccio verso il mare, e una gigantesca mano d’acqua avanzò verso i mostri, schiaffeggiandoli e facendoli cadere al suolo. Poi scattò verso di loro e con una spada (che i due non avevano capito da dove l’avesse presa) li attaccò. Colpì con un fendente un’arpia, poi evocò un’altra onda che fece volare una seconda arpia verso  di lui e che la conficcò con la spada appena  gli fu di fronte. Un’altra onda colpì la terza facendola sbattere violentemente a terra, e per l’ultima il ragazzo le lanciò la spada che si conficcò nella sua testa. Tutte le arpie scomparirono, diventando sabbia e volatilizzandosi, come era successo con l’arpia uccisa da David. I due erano rimasti a bocca aperta, osservando quel ragazzo che aveva fatto fuori con facilità quei mostri. Riprese la spada che aveva lanciato e gli mise una specie di cappuccio, e questa si tramutò in una penna a sfera. Poi si avvicinò di nuovo ai due

-Credo che potrebbero arrivarne altri. E’ meglio se ci spostiamo, e non dobbiamo attirare molta attenzione. Seguitemi, vi porterò al sicuro.-

-Aspetta!- intervenne David
-Non ci hai detto come ti chiami.-

Lui gli sorrise e gli porse la mano

-Mi chiamo Percy Jackson. Voi invece?-

-Io sono David Miller, e lei è Ellie Walker.-

Anche Ellie strinse la mano al ragazzo di nome Percy. Si sentiva un po’ più sollevata di prima. E David lo capì dalla sua faccia. Era più calma e rilassata. Ma appena i due staccarono le mani lei gemette di nuovo dal dolore

-Ti fa molto male?- chiese David preoccupato.

Lei gli annuì, portandosi la mano nel braccio per coprire la ferita

-Senti, Percy.-  si rivolse lei al ragazzo
-…ti ringraziamo per averci aiutati, ma ora dovremmo andare all’ospedale.-

Lui invece non era dispiaciuto, ma continuava a lasciare il suo sorriso

-Fidatevi di me. Sono in grado di curare quella ferita.-

David e Ellie si guardarono un po’. Non sapevano cosa fare. Avevano fatto un atterraggio di fortuna a New York, erano stati attaccati da delle arpie e infine un ragazzo di nome Percy Jackson li aveva salvati, armato di spada e apparentemente in grado di controllare l’acqua. David annuì a Ellie, dicendole che potevano fidarsi di quel ragazzo. Lei ci pensò su, ma alla fine accettò.

David guardò Percy
-Va bene. Dove andiamo?-

Lui sorrise di nuovo
-In un appartamento qui vicino. Una volta lì curerò Ellie e vi spiegherò.-

I tre così si allontanarono dalla costa per addentrarsi nella città. Durante il cammino David strappò parte della sua maglietta ormai a brandelli e la appoggiò sul braccio della ragazza, cercando di coprire bene la ferita. Lei non fece a meno di sorridergli.
Percy continuava a guardarsi intorno durante il tragitto, osservava i vicoli e le strade con attenzione, come se si aspettasse che qualcosa li avrebbe attaccati da un momento all’altro.
Dopo circa cinque minuti i tre si fermarono di fronte ad un palazzo. Percy entrò, dicendo ai due di seguirlo. Salirono le scale per qualche piano, fino a quando Percy non bussò di fronte a una porta, da dove ne uscì una donna più grande di lui.

-Percy, stai bene?!- esclamò lei

-Sì mamma. Ascolta, non posso più restare qui, mi dispiace. Ho trovato due semidei e devo portarli al sicuro al Campo.- spiegò lui, mostrando alla madre i due ragazzi dietro di lui.

Lei li guardò con attenzione, poi si rivolse di nuovo al figlio

-Ho capito tesoro. Entrate, non siate timidi.-

I due entrarono in casa, tenendosi mano nella mano. Percy li fece sedere in un divano del salotto, poi uscì un attimo, dicendo che stava tornando. David rimase perplesso… aveva sentito che Percy li aveva chiamati semidei. Aveva detto semidei, ne era sicuro. Ma perché? Cosa avevano lui e Ellie di speciale? Voleva domandarlo ad Ellie ma prima di fare qualunque cosa Percy tornò con in mano un bicchiere pieno di liquido e un sacchettino. 

Porse il bicchiere a Ellie
-Bevine un po’, ma non finirlo. Ti aiuterà.-

Lei non protestò e ne bevve un piccolo sorso. David guardò la ragazza bere quel liquido, notando che lo stava apprezzando molto.

-Mi sento meglio.- osservò lei.

David la osservò: le sue ferite avevano smesso di far uscire sangue, e sembrava che si stessero rimarginando.

-Che cosa le hai dato?- chiese lui incuriosito a Percy.

-Nettare. E’ il cibo dei semidei. Prendi anche due di questi. E’ ambrosia.-

Lei prese il sacchettino di Percy e ingoiò due quadratini simili a barrette energetiche. Era impressionata.
-Wow… Mi sento meglio. Molto meglio. Grazie Percy.-

-E’ il minimo che potessi fare. Ora David, bevine un po’ anche tu.-

Appena Percy gli porse il bicchiere, David lo guardò un po’. Non era molto convinto, ma se aveva curato Ellie…
Decise di bere quello che rimaneva. Sembrava che avesse appena bevuto una aletta di pollo, il suo cibo preferito. E si sentiva veramente bene. Come se fosse rinato.

-Nettare e ambrosia… Percy puoi spiegarci ora?-

Lui fece un piccolo sospiro e cominciò
-Ok… ragazzi, io sono un semidio. Sono figlio di una divinità dell’antica Grecia, per metà dio e per metà umano.-

-E’ uno scherzo?!- chiese David

-No amico. Gli dei dell’Olimpo sono ancora vivi. Così come noi semidei e i mostri delle mitologie.-

-N…Noi?- balbettò Ellie.

-Esatto. Anche voi siete semidei. Avete preso il nettare e l’ambrosia, che vi ha curato e restituito le forze. Il nettare e l’ambrosia sono cibo divino, solo semidei e dei possono prenderli, i mortali invece morirebbero. Scommetto che siete iperattivi, dislessici e non riuscite ad ascoltare bene quando siete scuola, o sbaglio?-

David e Ellie si guardarono negli occhi. Entrambi capirono tutto: ecco perché si sentivano diversi, ecco perché non venivano accettati dal resto dei loro compagni di scuola. Annuirono a Percy.

-Appunto. Siete dei semidei. Avete un genitore divino e uno mortale, pertanto voi siete figli di un dio o di una dea.-

Abbassarono il capo. Era un po’ difficile per loro accettarlo, scoprire tutto questo in un solo giorno. Essere semidei, sapere che un loro genitore era una divinità.

David alzò il capo, guardando Percy
-Hai detto che c’è un posto sicuro. Dov’è?-

-Long Island. E’ qui vicino, in aperta campagna. Lì si trova la Collina Mezzosangue, un posto sicuro per i semidei. Una volta lì sarete al sicuro dai mostri.-

Si girò di nuovo verso Ellie. Quello non era affatto programmato. Dovevano soltanto passare qualche giorno di vacanza e visitare la città di New York, e invece tutto era andato a monte.

-Percy…- disse Ellie
-Puoi lasciarci un attimo soli?-

Lui annuì e lasciò i due ragazzi nel salotto. Una volta soli però, David mon sapeva cosa dire e cosa fare.

-Cosa facciamo?- chiese David alla ragazza

-Dovremmo andare con lui. Seguire Percy. A quanto pare non siamo al sicuro, David. Inoltre, abbiamo appena scoperto di essere dei semidei: non vorresti saperne di più? Sapere chi è tuo padre?-

Lui ci pensò su. Non aveva mai pensato a suo padre. Aveva sempre pensato a se stesso (e a Ellie quando è entrata nella sua vita). Sua madre lo ignorava, e magari lei lo sapeva, magari sapeva che David era figlio di una divinità. Ora era più determinato a scoprire la verità: scoprire chi era veramente, e chi era suo padre.

-E va bene. Facciamolo. Visiteremo New York un’altra volta, allora.-

David chiamò Percy. Appena arrivò gli disse che avevano deciso.

-Portaci in questo posto.-

Lui sorridente mostrò il pollice
-Bene. Prima però seguitemi in bagno.-

David e Ellie si squadrarono di nuovo

In… bagno?

Loro si alzarono dal divano e seguirono Percy. Una volta lì, Percy si avvicinò alla vasca e aprì il rubinetto, facendo scorrere l’acqua. Poi tolse dalla tasca una specie di moneta: aveva da un lato lo stemma di un grattacielo, e dall’altra quella di un vecchio con la barba lunga.

-Oh, Dea, accetta la mia offerta.- sussurrò e lanciò la moneta in acqua
-Mostrami Annabeth Chase. Campo Mezzosangue.-

Si formò un piccolo arcobaleno intorno alla vasca e alla fine apparve un’immagine. Intravidero una stanza ben illuminata, dove c’era una ragazza girata di spalle che aveva circa la stessa età di Percy, vestita con dei jeans corti e una maglietta arancione, e i riccioli biondi legati in una codetta. Stava preparando una borsa, mettendoci dentro i propri vestiti.

-Annabeth!- la chiamò Percy.

Lei si girò e lo vide.
-Percy! Che succede?! Perche mi hai chiamata?- chiese lei un po’ confusa.

-Sto tornando al Campo, per cui non prepararti. Ho trovato due semidei che non sono stati riconosciuti. Devo portarli al Campo.-

E mostrò alla ragazza i due. Lei li guardò, rimanendo un po’ curiosa ma allo stesso tempo dubbiosa.

-Sei sicuro?- domandò a Percy.

-Al 100%. Gli ho dato del nettare e dell’ambrosia. Sono sicuramente semidei.-

-Mmm… Ho capito. Stai attento e portali qui. Io intanto avviserò Chirone e il signor D.-

-Dammi un oretta e saremo da te. A dopo.-

E l’arcobaleno assieme all’immagine della ragazza scomparvero, lasciando David ed Ellie a bocca aperta.

-Quella era una…- balbettò Ellie.

-Un’altra semidea? Sì. E ci aspetterà al Campo Mezzosangue. E’ meglio sbrigarci, altrimenti i mostri ci troveranno.-

I tre uscirono e tornarono in salotto. Percy si mise una giacca nera e lo zaino sulle spalle. Nel frattempo, la madre entrò in salotto dando ai ragazzi due magliette, una verde e una azzurra.

-Ho visto come erano ridotti i vostri vestiti. Prendete questi.-

-Grazie mille… davvero.- disse David, sorridendo alla madre di Percy.

Lui si tolse la maglietta rossa, ormai ridotta a uno straccio, e  indossò quella verde, Ellie invece prese quella azzurra. Mentre si vestivano Percy si avvicinò alla madre e l’abbracciò

-Scusa se non posso restare. Cercherò di tornare appena posso.-

-E’ tutto ok tesoro. Ora và, torna al Campo e portali in salvo.-

I due si staccarono, e tutti quanti si diressero verso l’entrata. David e Ellie ringraziarono moltissimo la madre di Percy per l’ospitalità, e alla fine lei li salutò, dicendogli di stare attenti.
Appena i tre uscirono dovettero aspettare nel marciapiede un taxi.
E nel mentre che aspettavano, David parlò a Percy
-Senti… io e Ellie non sappiamo proprio come ringraziarti. Davvero.-

-Non c’è problema. Salvare altri ragazzi come me è un mio dovere.-

-Parlaci un po’ di questo Campo. Quanti semidei ci sono?-

-Beh, ce ne sono molti… siamo più di un centinaio. Figli di Ares, di Apollo, di Atena, a altri... Ci sono anche figli di Zeus, Ade e Poseidone, noi li chiamiamo I Tre Pezzi Grossi, ma sono molto rari e molto potenti, in quanto figli degli dei più potenti.-

-E deduco che tu sia figlio di Poseidone, vero?- chiese Ellie sorridendogli.

-Esattamente. Per ora sono l’unico figlio di Poseidone ancora vivo.-

-Lo sospettavo.- disse David
-E comunque. Cos’è precisamente il Campo Mezzosangue?-

-E’ un Campo estivo. Lì tutti i semidei si allenano durante l’estate, anche se è possibile rimanere per tutto l’anno, dipende dalle nostre decisioni. Oh, ecco un taxi.-
Percy indicò un taxi che stava per fermarsi al semaforo. Alzò il braccio e questi si fermò davanti al marciapiede.
-Comunque… è meglio non parlare di queste cose quando siamo in presenza di mortali. Non so se mi spiego.-
 

Il tragitto fu abbastanza tranquillo. Non fecero parola di semidei o altro simile, ma si limitarono a parlare di loro. David disse che era fidanzato con Ellie, e che loro erano molto felici. Disse che entrambi venivano da Los Angeles, e che volevano partire a New York per un piccolo sogno che i due avevano in mente. Percy era un grande ascoltatore e inoltre era molto simpatico.
Dopo un’ora il taxi si fermò nella strada, in aperta campagna. Dopo aver pagato, i tre scesero dal veicolo.

-Quella è la Collina Mezzosangue. Una volta attraversata saremo all’interno del Campo, e nessun mostro potrà entrare.- spiegò lui, indicando una collina.

I tre cominciarono a salire, e nel mentre Percy parlò di nuovo
-Volevo chiedervi una cosa… avete avuto nella vostra vita la sensazione di… non lo so… ehm… di sentirvi esclusi? Sentirsi isolati, pensando che il posto dove vi trovavate non fosse adatto per voi?-

I due si riguardarono ancora una volta negli occhi. Sapevano bene a cosa si riferiva Percy. A causa della loro iperattività non riuscivano a legarsi con gli altri. Tutti li ignoravano. David e Ellie erano riusciti a legarsi e ad innamorarsi non solo perché si volevano un bene dell’anima, ma anche perché vivevano con quella stessa situazione.

-Sì…- mormorò Ellie.

E Percy sorrise di nuovo

-Lo sapevo! Qui, al Campo Mezzosangue, vi sentirete a casa, Capirete chi siete veramente, cosa siete in grado di fare, e farete amicizia con altri ragazzi simili a voi. Vi allenerete per combattere i mostri e…-

Improvvisamente un muggito fermò la voce di Percy. I tre si girarono e videro un enorme sagoma avvicinarsi a loro, era circa più grande il doppio e aveva una testa di toro.

-Ohh, cavolo… ci risiamo. Voi aspettate qui, vi darò una dimostrazione.- e Percy partì all’attacco.

Prese la sua penna tramutandola in una spada e fermandosi a pochi metri di distanza urlò al mostro
-Hey! Faccia da toro! Ti ricordi di me? Siamo nello stesso punto dove tutto è cominciato, proprio sei anni fa! Che c’è? Non mi attacchi? Lo so il perché: hai paura che ti sconfigga come l’ultima volta! Andiamo!-

Il mostro sentendo gli insulti del ragazzo corse verso di lui. Appena gli fu vicino tentò di colpirlo con la sua enorme mano, ma appena colpì la terra Percy era sparito.

-Sono qui!-

Si girò verso la sua sinistra e vide Percy che gli sogghignava. Ripartì all’attacco, ma questa volta venne trafitto nel petto dalla spada di Percy. Urlò dal dolore e si dissolse in sabbia.
Percy si girò verso i ragazzi, ritrasformando la sua spada in una penna, riponendola in tasca.

-Dai, manca poco. Siamo quasi in cima.-

-Aspetta un secondo.- disse Ellie
-Quello era il Minotauro, vero?-

-Sì, e l’ho già sconfitto tempo fa. Non è stato difficile.-

-Ma se l’hai già sconfitto una volta perché è tornato? Non è morto?- chiese David.

-L’ho sconfitto, ma non è morto. Appena si sconfigge un qualsiasi mostro mitologico questi va nel Tartaro, dove cerca di riformarsi per tornare nel mondo mortale. Può impiegare ore, giorni o anche anni per riformarsi. Dipende da quanta fortuna hai. Ci sono altre cose che dovrete imparare, e al Campo saprete tutto.-

Percy continuò a salire la collina, seguito a sua volta da David ed Ellie, fino a quando non raggiunsero un pino che sovrastava la cima. Da lì poterono ammirare lo spazio che si trovava oltre la collina. Prima intravidero una semplice fattoria, ma osservando meglio tutto lo spazio cambiò: c’era un grande casa, una specie di arena, diversi fiumi, un gran numero di case (forse poco più di venti) situate al centro ed infine il mare occupava l’altra parte dello spazio.

-Ragazzi! Benvenuti al Campo Mezzosangue!-

Angolo dell'autore
Ce l'ho fatta! Finalmente! Ho impiegato molto a scrivere questo capitolo, e alle fine sono riuscito a pubblicarlo! Yay!
Allora, prima di tutto, volevo scusarmi con voi per l'enorme attesa di questo secondo capitolo. Purtroppo non sono uno che pubblica ogni giorno un capitolo, impiego molto per scriverlo e trovare idee, e ci metto circa una settimana per pubblicarlo. Inoltre ho anche un'altra fanfiction a capitoli che sto scrivendo (non su Percy), quindi devo cercare di pubblicare anche su quella. 
Però volevo anche ringraziarvi per il feedback positivo che ho avuto sul primo capitolo! Non me l'aspettavo proprio, quindi grazie infinite! Vi adoro!
Il prossimo lo sto già scrivendo e penso che sarà pronto per il weekend (più verso domenica, se non riuscirò a pubblicarlo entro domenica uscirà spero il lunedì o martedì).
Quindi, spero che vi sia piaciuto questo capitolo. Se volete, recensite, e io vi aspetto al prossimo! Sciao ;)
-MrRaider

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Capitolo 3
*** Il Campo ***


Il Campo
 


ANNABETH

Dopo la chiamata Iride di Percy, era corsa subito ad avvisare Chirone e il signor D. Gli aveva detto che Percy stava tornando con due semidei nuovi che aveva incontrato.
E ora si trovava all’ingresso del Campo, in attesa del ritorno di Percy. Tutta quella pazienza l’aveva stancata, Percy doveva essere già arrivato. Non era preoccupata per lui, d’altronde. Conosceva bene il suo Testa d’Alghe, sapeva che se la sarebbe cavata. Ma la cosa che la lasciava perplessa erano i due ragazzi che aveva visto dal messaggio Iride insieme a Percy. Dimostravano all’incirca 16 anni, come diavolo avevano fatto a non essere stati riconosciuti? Perché nessuno li aveva trovati? La cosa era molto strana. Gli dei avevano promesso che entro i tredici anni tutti i semidei dovevano essere riconosciuti. Ma non era successo con Piper e Leo, e con loro era iniziata la Profezia dei Sette. Che non ci fosse qualcos’altro sotto? Un'altra Profezia?
Rimase immersa nei suoi pensieri fino a quando non sentì una voce familiare che la chiamava. Alzò lo sguardo verso la cima della collina, dove il Pino di Talia sovrastava il Campo, e vide scendere tre ragazzi: riconobbe subito il primo al centro, era il suo Percy, poi vide gli altri due, gli stessi semidei che aveva visto nel messaggio Iride.
Percy corse verso di lei e l’abbracciò contento. Contagiò il sorriso anche ad Annabeth e i due si salutarono con un piccolo bacio a stampo

-Ti sono mancato?- chiese lui scherzoso, stringendola a se.

-Ma che domande fai quando sai già la risposta?- disse lei, facendo finta di fare la seria.

-Quindi sì?-

-No.-

Fece una piccola risatina mentre Percy metteva il broncio.
Si girò verso i due. Si era dimenticata dei nuovi arrivati, troppo presa dall’abbraccio con il suo ragazzo. Staccò l’abbraccio, rimanendo però vicino a Percy e si presentò ai due

-Scusatemi. Comunque, piacere di conoscervi: mi chiamo Annabeth Chase, figlia di Atena, e benvenuti al Campo Mezzosangue.-

Porse la mano ai due, e il primo a stringerla fu il ragazzo: era alto, ma leggermente più basso di Percy, aveva i capelli castani e gli occhi... gli erano molto, molto familiari. Erano molto simili a quelli di Percy.

-Mi chiamo David Miller e lei è Ellie Walker.-

-Molto piacere.- disse lei stringendo la mano ad Annabeth.

La ragazza era più bassa di David, ma non troppo, aveva dei capelli castani lunghi e gli occhi dello stesso colore dei capelli.

-Allora...- disse Annabeth dopo aver fatto conoscenza coi due
-…Immagino che Percy vi abbia già detto che siete semidei, per metà umani e metà dei. Sapete se il vostro genitore divino è vostro padre o vostra madre?-

Il primo a rispondere fu David
-Beh, io per padre. Mentre Ellie non siamo sicuri.-

-Cosa intendi?- chiese Annabeth

Stavolta fu Ellie a parlare
-Beh, quando sono nata, mia madre mi ha abbandonato in un orfanotrofio, e quando ho avuto tre anni mi ha preso un’altra famiglia. Non mi ricordo il viso di mia madre, però se lei è mortale, suppongo che allora il mio genitore divino sia mio padre…-

Annabeth squadrò la ragazza, cercando di capire di chi fosse: sicuramente non era di Atena, i suoi figli erano quasi tutti biondi e avevano gli occhi grigi, lei ce li aveva entrambi castani.

-E non siete stati riconosciuti? Mh… questo è molto strano… da due anni gli dei hanno promesso che avrebbero riconosciuti i loro figlio entro i tredici anni. Voi ne avete sedici vero?-

Ellie annuì
-Sì, entrambi sedici, anche se David ne deve compiere diciassette il mese prossimo.-

Lui guardò la ragazza
-Te ne sei ricordata?-

-OVVIAMENTE! Per chi mi hai preso?! Come posso dimenticarmi del compleanno del mio ragazzo?!-

Mentre lei continuava a prendersela con David, Annebeth guardò Percy. Gli fece un cenno con la testa di avvicinarsi e lui lo fece

-Cosa c’è?- chiese lui.

-Non mi piace Percy. Hai visto che età hanno? Dev’esserci sotto qualcosa. Deve esserci. Come li hai trovati?-

-Vediamo… Ero a casa di mia madre. Stavo guardando nel balcone un aereo che stava per atterrare quando è stato colpito da un fulmine e poi è caduto in acqua. In quel momento ho avuto un altro capogiro.-

-Un altro?-

-Sì. Poi Poseidone mi ha parlato, dicendomi che dovevo correre nel luogo del’impatto. Così sono andato lì e li ho trovati vicino alla costa, mentre venivano attaccati da delle arpie…-

Sentendo la parte dell’aereo colpito ad Annabeth si illuminarono gli occhi. Non accadeva tutti i giorni che Zeus facesse precipitare un aereo, specialmente con dei semidei a bordo. Che non fosse…

-Altri mostri?- chiese cercando di nascondere il suo stupore.

-Il Minotauro poco prima che superassimo il Pino. L’ho sconfitto in un batter d’occhio.-

-Mh… Tu stai bene? A parte il capogiro, non hai avuto nient’altro di strano?-

-No. Sono sano come un pesce. Ahahaha, l’hai capita vero?-

Era preoccupata per lui. Negli ultimi giorni, ogni notte sognava qualcosa di strano, e lei cercava il più delle volte di restargli vicino e farlo distrarre da quei sogni. Aveva una strana sensazione, inoltre adesso sospettava che l’arrivo dei nuovi semidei e lo stato di Percy potessero essere collegati. 

Diede un colpetto di tosse, prendendosi l’attenzione dei due.
-Seguiteci, vi porteremo alla Casa Grande. Lì incontrerete Chirone e il signor D. Dirigono loro il Campo. Una volta vi spiegheremo bene tutto.-

Il gruppo così passò per i prati, addentrandosi all’interno del Campo. I nuovi arrivati ammirarono estasiati gli enormi edifici del Campo. Videro diversi ragazzi, tutti con la stessa maglietta arancione con su scritto “Campo Mezzosangue”, che correvano, si allenavano tra di loro oppure giocavano. Alcuni notando i nuovi arrivati li salutarono allegri, dandogli il benvenuto. Durante il tragitto furono fermati da una ragazza robusta dai capelli castani. Clarisse La Rue.

-Bene bene bene. Riecco il pivello.- disse quella guardando Percy

Lui sbuffò, pronto a risponderle
-Clarisse, dovresti smetterla di chiamarmi pivello, e anche di fare la sbruffona.-

-Sbruffona a me?! AH! Lo vedremo Jackson. Sono migliorata dall’ultima volta, e non attendo altro che sfidarti e batterti.-

-Eh, neppure io.-

Annabeth era veramente seccata. Proprio ora Clarisse doveva venire e rompere le scatole a Percy? Stavano già perdendo tempo, così si intromise fra i due

-Potete gentilmente smetterla? Dobbiamo andare alla Casa Grande.-

Clarisse alzò le mani, in segno di resa
-Va bene, principessa, va bene. Oh, e voi, pivelli… benvenuti al Campo.- e prima di andarsene guardò David ed Ellie sorridendogli

-Clarisse La Rue.- spiegò Annabeth ai due.
-Figlia di Ares, il dio della guerra. Vi consiglio di non mettervi contro di lei o cercare di farla arrabbiare. E’ molto brava nel combattimento, ed è molto orgogliosa.-

-L’ho notato.- commentò David guardandola andarsene.

Il gruppo arrivò alla fine alla Casa Grande. Era un enorme edificio greco, dotato di un piano superiore e di un portico vicino all’ingresso. Si avvicinarono in un tavolo dove si trovavano il centauro Chirone e il signor D: il primo era nella sua forma umana a sedia a rotelle, con una camicia bianca e aveva come sempre la sua barba folta, Dioniso invece indossava la sua classica camicia hawaiana tigrata. Stavano disputando una partita a pinnacolo, quando Chirone alzò lo sguardo vedendo i due.

-Bentornato Percy. Vedo che hai portato due nuovi semidei.- disse lui

-Grazie Chirone. Ragazzi, vi presento i direttori del Campo: Chirone e il signor D… Chirone e signor D, loro sono David Miller ed Ellie Walker.-

-Molto piacere.- disse lei inchinando leggermente il capo in segno di rispetto.

-Pure per me.- disse David imitando la sua ragazza

Chirone li invitò a sedersi, indicando le sedie vicino. Loro si sedettero, mentre Annabeth e Percy rimasero in piedi. Fece una piccola tosse, prima di iniziare a spiegare tutto ai due.

-Allora, immagino che avrete molte domande da fare, e mi immagino anche che vi starete chiedendo perché il qui presente Percy Jackson vi abbia portato qui. Ebbene, ragazzi, noi viviamo in un mondo governato dalle divinità antiche della Grecia. Tutto quello che avete sentito riguardo ai miti greci è tutto vero. Gli dei dell’Olimpo sono reali, lo sono sempre stati, e ora si trovano qui, in America.-

-Posso un attimo?- chiese David curioso, e alla sua domanda Chirone gli annuì.
-Perché in America? Gli dei non dovrebbero vivere nel monte Olimpo, in Grecia?-

-Ahhh, quanta ignoranza!- sbraitò il signor D, che era rimasto zitto per tutto il tempo
-Noi dei ci muoviamo durante il corso del tempo, dove più si concentra la civiltà. Un tempo ad esempio abitavamo in Inghilterra. In quest’epoca invece ci siamo concentrati negli Stati Uniti. Quindi tutto ciò che riguarda la mitologia greca si trova qui, come noi dei ovviamente.

-Voi dei? Anche lei è un dio?- chiese perplessa Ellie

-Ma è ovvio signorina!- sbraitò di nuovo il signor D, bevendosi un sorso della lattina Diet Coke che aveva appoggiato sul tavolo.

-D… Lei il dio del vino, giusto? Dioniso?- chiese dopo aver pensato un po’.

-Attenta, semidea. I nomi sono potenti. Per rispondere alla tua domanda, sì, sono il dio del vino in persona. E vi conviene portarmi rispetto a meno che non vogliate essere folgorati all’istante.-

David ed Ellie alla sua risposta furono colpiti da un brivido per tutta la loro schiena. Annabeth sorrise studiando le loro facce: avevano capito cosa avevano di fronte e che dovevano stare molto attenti.

-Come ha detto il signor D…- continuò Chirone
-Non solo gli dei ma anche tutto ciò che riguarda la cultura greca, mostri inclusi. Loro vivono nel mondo mortale, sono ben nascosti e i mortali molto difficilmente riescono a notarli. Inoltre essi danno la caccia ai semidei che si trovano nel mondo mortale, con lo scopo di ucciderli. Per questo abbiamo creato il Campo Mezzosangue: un capo estivo dove istruiamo tutti i semidei sopravissuti ai mostri, come voi. Li addestriamo a difendersi, a combattere e a padroneggiare i propri poteri da semidei. Potete restare per l’estate e allenarvi, per poi passare il resto dell’anno nel mondo mortale, oppure restare tutto l’anno qui. E’ una vostra scelta. Questa sarà casa vostra, incontrerete altri ragazzi uguali a voi e faremo nuove amicizie. Beh, credo di avervi detto tutto.-

Chirone fini di parlare soddisfatto e guardò i due ragazzi. Anche Annabeth e Percy li osservarono: erano ancora perplessi, però sotto sotto Annabeth vedeva lo sguardo di Ellie molto più convinta. Sembrava un po’ sollevata, come se aspettasse da tanto quel momento. David invece aveva uno sguardo un po’ più cupo rispetto a prima, forse triste.

-Quindi…  noi siamo dei semidei. Ma qual è il nostro genitore divino?- domandò Ellie

-Bella domanda. Ancora non lo sappiamo ma scommetto che entro l’ora di cena saprete di che figlio siete. I vostri genitori penso che vi avranno notato e penso che vi riconosceranno presto, perciò state tranquilli. Non appena lo scopriremo vi assegneremo ad una casa.-

Annabeth scrutò un attimo i due ragazzi. Cominciò da Ellie: sembrava una ragazza attenta, forse un po’ curiosa, ma non sembrava una figlia di Atena, era troppo diversa da lei. David invece era un mistero. In quel momento aveva un atteggiamento molto cupo. Però sospettava che forse… che forse era fratello di Percy. Non ne era sicura, ma aveva i suoi stessi occhi, inoltre Percy recentemente aveva avuto un capogiro e sentiva una voce che gli diceva “fratello”. Quello stesso giorno ne aveva avuto un altro e suo padre gli aveva detto di andare nello stesso posto dove si trovava David, e l’aereo dove lui si trovava era stato abbattuto da Zeus, e lei sapeva che Zeus odiava che un figlio di suo fratello viaggiasse in aereo. Tutto combaciava. Ma non disse nulla, voleva aspettare che quel ragazzo venisse riconosciuto.
Si girò verso Percy. Vedeva il suo ragazzo molto strano: spesso lui era sempre sorridente, a volte sembrava decisamente imbranato o distratto, ma quello sguardo serio che rivolgeva a David incuteva Annabeth. Forse anche lui sospettava qualcosa.

-Meglio che vada. C’è lezione di tiro con l’arco.-
Chirone fece per alzarsi dalla sua sedia a rotelle e impiegò qualche secondo per far uscire le gambe da centauro che teneva in quella sedia a rotelle. Appena mostrò la sua vera forma, stupendo ancora di più i due ragazzi, emise un piccolo respiro di sollievo
-Ahhh… molto meglio. Bene David Miller, Ellie Walker, ci vediamo a cena. Alle 7 e 45. Puntuali.- e galoppò via, uscendo dalla Casa Grande, sotto gli occhi stupiti dei due.

Annabeth rise un po’, prima di parlare di nuovo con loro
-Ragazzi, seguiteci, vi mostreremo il Campo. Percy?-

Appena lo chiamò lui scosse un po’ la testa, come si fosse appena svegliato
-Ti senti bene?-

-Sì, ero solo… soprapensiero. Signor D, ci si vede in giro.-

E il gruppo uscì, cominciando il tuor. Percy e Annabeth li portarono nei diversi settori del Campo: per prima cosa li fecero avvicinare al bosco, dove si svolgeva la Caccia alla Bandiera.

-Una battaglia fra i Campi per la cattura della bandiera, come dice il nome…- spiegò Annabeth
-… la prossima sarà fra quattro giorni. Penso che troverete il tempo per imparare qualcosina, prima di buttarvi nella mischia.-

Poi li portarono al lago, dove intravidero alcune canoe e le ninfee che li salutavano. Si avvicinarono nell’arena, dove diversi ragazzi si allenavano tra di loro, oppure utilizzavano dei manichini, brandendo spade, scudi e coltelli.
Dopo aver visitato il campo di fragole e il muro di arrampicata, finirono il tuor nella zona delle case: era un enorme spazio grande quanto una piazza, dove diverse case disposte a rettangolo circondavano un falò spento. Contarono almeno più di una trentina di case, tutte diverse tra loro, e ce ne erano altre ancora in fase di costruzione.

-Qui è dove alloggiamo. Ogni casa è legata ad un determinato dio. I loro figli vivono nella casa del proprio genitore. Io ad esempio vivo nella casa 6, la casa di Atena. Percy invece nella numero 3, la casa di Poseidone. Alcune sono solo commemorative per qualche dio, dato che alcuni non possono avere figli. Altre le stiamo ancora costruendo.-

-Già…- continuò Percy.
-Negli ultimi due anni le case sono aumentate. Abbiamo deciso di costruirne di più, per fare in modo di trovare più semidei. Un nostro amico, Jason Grace, sta dando molto contributo per la costruzione delle case e dei tempi dei diversi dei. A proposito Annabeth, quando torna Jason?-

-Ehm… domani, penso sul tardi. Piper non vede l’ora che torni. Oh, a proposito, eccola.-

Annabeth alzò un braccio verso una delle case, la numero 10, che aveva le pareti rosa. Nell’ingresso c’era una ragazza molto abbronzata, coi capelli color cioccolato legati in diverse treccine, con una piuma legata in una ciocca. Lei vide Annabeth e si avvicinò sorridente.

-Ciao ragazzi. Hey Percy, credevo che tornassi fra qualche giorno.-

Lui fece spallucce
-Ho dovuto salvare questi ragazzi, per poco non venivano sbranati dalle arpie. Ah ragazzi, lei è Piper McLean, capogruppo della casa di Afrodite.-

-Non avevo dubbi.- rispose David ammirando la bellezza di Piper, quasi incantato, coa che gli fece ottenere una occhiataccia dalla sua ragazza.

Parlò Ellie
-Io sono Ellie Walker, e lui è David Miller, il mio ragazzo.-

Lei sorrise ancora di più e strinse le loro mani
-Piacere ragazzi. Ellie, non pensare male, ho già il ragazzo.- e Piper scoccò un occhiolino a lei, lasciandola un po’ più rilassata.
-Meglio che torni. Drew sta continuando a fare di testa sua. Ci vediamo più tardi.-

Appena Piper rientrò nella sua casa il gruppo proseguì, con Percy e Annabeth che dicevano ai due a chi appartenevano le case e i loro capogruppi, fino a quando non rimbombò per il Campo il suono di una campana.

-E’ ora di cena. Percy, ti occupi tu di David ed Ellie? Io devo raggiungere i miei fratelli.- disse Annabeth al suo ragazzo

-Con piacere. Ci vediamo dopo.-

E i due si lasciarono scambiandosi un piccolo bacio.
 

ELLIE

Lasciata Annabeth che si dirigeva nella casa numero 6, David ed Ellie furono incitati da Percy di seguirlo. Mentre salivano una piccola collinetta, Ellie si guardava intorno, ammirando la bellezza del Campo. Se ne era innamorata, quel posto le piaceva molto. Vide più di un centinaio di ragazzi, dai tredici anni in su, salire la collinetta insieme a loro, oltre ai satiri e ad altre creature come le ninfee che uscivano dal bosco, tutti diretti nello stesso luogo.
Salita la collina, notarono un enorme padiglione, dove da un lato il fuoco ardeva scoppiettante, e il resto del padiglione, che era senza tetto, era ricoperto da diversi tavoli lunghi. Percy fece posto nel numero tre, e invitò i due a sedersi.

-Questa è la panchina di Poseidone. Di solito qui mangio da solo, ma qualche volta Annabeth viene a farmi compagnia, oppure arriva il mio fratello ciclope Tyson.-

-Ciclope hai detto?- chiese Ellie sedendosi di fronte a Percy, con David seduto sulla sua sinistra.

-Sì, mio fratello Tyson. In genere i ciclopi sono molto cruenti verso noi semidei, ma  lui a differenza degli altri è un coccolone.  Scommetto che farete subito amicizia.-

La sua parlata fu interrotta da due ninfee che arrivarono nel tavolo portando vassoi pieni di cibo. Percy riempì la sua portata di qualunque cosa immaginabile, Ellie si accontentò di qualche fetta di formaggio e di una bistecca di cavallo, mentre David prese un panino e delle patatine fritte.

-Ah dimenticavo. Lasciatene un po’ e poi buttatela nel falò. E’ cibo in offerta per gli dei.-

Ellie annuì al ragazzo, che nel frattempo prese un bicchiere vuoto e gli ordinò una Cherry Coke azzurra. Lei rimase impressionata vedendo il suo bicchiere riempirsi di quella bibita, così ci provò anche lui, ordinando al suo un bicchiere di aranciata. Come sospettava, il bicchiere si riempì di quella bevanda.

-Wow! Hai visto David? David?-

La ragazza vide l sguardo cupo e rivolto verso il basso di David. Vedeva in lui la tristezza e l’amarezza. Conosceva bene quello sguardo. David lo aveva sempre quando era giù di morale, soprattutto nel periodo in cui aveva scoperto che sua madre aveva abortito. Ma Ellie era rimasta al suo fianco, supportandolo per quel momento che stava passando. E capiva come si sentiva ora David, che guardava il basso e qualche volta mordeva il suo panino.
Lei si avvicinò a lui e gli strinse la mano libera appoggiata sul tavolo.

-Hey…-

Sentendo il tatto di lei, David la guardò, mostrando lo sguardo pieno di amarezza e tristezza.

-Che cos’hai?- chiese lei.

-E’ solo… insomma, guardaci: abbiamo appena scoperto di essere semidei, che un nostro genitore ci ha ignorato da sempre e che per tutta la nostra vita l’abbiamo vissuta nella menzogna, senza sapere chi fossimo veramente…-

Parlava in modo serio e quasi triste, Ellie comprendeva come si sentisse, anche lei era un po’ scioccata, ma a differenza sua era rimasta incantata dal Campo.

-David, almeno ora sappiamo chi siamo. Qui possiamo ricominciare, insieme. Una nuova vita, senza avere la preoccupazione di sentirci incomodi o esclusi.-
Lui annuì un po’, ma lasciando un il suo viso un po’ triste, e riprese a mordere il suo panino.

Dopo aver mangiato per un po’ e offerto il proprio cibo agli dei (Ellie aveva pensato “al mio genitore divino, chiunque tu sia” mentre buttava gli avanzi nel fuoco) sentì Chirone che faceva rimbombare il suo zoccolo per il padiglione, dominando il silenzio e l’attenzione di tutti quanti, fino a quando non alzò il suo bicchiere quasi vuoto.

-Agli dei!- urlò.

-Agli dei!- lo imitarono gli altri presenti.

-Prima di procedere per il nostro falò, voglio fare un piccolo annuncio: oggi Percy Jackson è tornato presto al Campo, e ha portato qui due nuovi semidei. Date il vostro benvenuto a David Miller e ad Ellie Walker.-

Tutti i ragazzi seduti negli altri tavoli si girarono nel tavolo di Poseidone e alzando i loro bicchieri gli diedero il loro caloroso benvenuto.

-Ok, e ora tutti a… oh…-

Mentre tutti quanti si alzavano, la voce di Chirone si fermò. Si bloccò, osservando Ellie. Ma non stava guardando proprio lei, ma sopra la sua testa. Lei si guardò intorno, notando tutti i ragazzi che facevano lo stesso. Così anche lei alzò lo sguardo, e quello che vide fu incredibile: la testa di un cinghiale illuminato da un bagliore rosso girava in continuazione sopra di lei, causando lo stupore di tutti i presenti.
Dal tavolo 5 si alzò la ragazza robusta che aveva visto prima, che diceva

-Salutate la nostra nuova sorella, figlia di Ares!-

Ellie rimase stupita dalle sue parole. Clarisse le lanciò un sorriso, e rispetto a quello di prima era rassicurante, quasi orgoglioso. In un attimo tutti quanti cominciarono ad applaudire ad Ellie, che non si aspettava di essere figlia del dio della guerra, di Ares.
Il cinghiale sopra la sua testa svanì e lei si voltò verso David. Appena si girò notò qualcosa sopra la sua testa: era un tridente di luce verde che ruotava senza fermarsi. David alzò lo sguardo, notando anche lui la lancia a tre punte che ruotava. Guardò Ellie, poi Percy, che aveva la bocca aperta, e infine il resto dei presenti.

-Il secondo figlio di Poseidone.- disse un ragazzo di Apollo.

-Mio fratello…- borbottò Percy, che si era alzato e si era avvicinato a David. La sua faccia, la sua espressione, era difficile da descrivere per Ellie: era prima stupito, poi intontito e infine felice.
Sì, Percy in quel momento era felice.
Il diciottenne prese un braccio di David e lo alzò in alto, verso gli altri.

-Salutate David Miller! Figlio di Poseidone! Il mio nuovo fratello!-

Angolo dell'autore
Eeee... eccoci qua! Il terzo capitolo! Che dire, finalmente siamo arrivati al Campo e sappiamo chi sono David ed Ellie: il primo è il figlio di Poseidone, il nuovo fratello di Percy,(ma penso che lo sospettavate già) mentre Ellie è figlia di Ares. C'è un motivo del perchè ho fatto questa scelta, ma non credo che possa dirvelo adesso.
Quindi, come sempre, recensite se vi va, e io vi aspetto al prossimo capitolo ;)
-MrRaider
 

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Capitolo 4
*** Allenamento con Percy ***


Allenamento con Percy
 
DAVID

Pensate che David in quel momento fosse felice di essere il figlio di Poseidone? Di scoprire che era il figlio di uno dei più potenti dei greci? No, non lo era. Non lo era per niente.
Era arrabbiato, e molto.
Non bastava l’incitamento del suo nuovo fratello, Percy (che però gli stava molto simpatico), o che gli altri semidei del Campo lo lodassero di essere figlio di uno dei Tre Pezzi Grossi. Era arrabbiato e in parte deluso
Anche durante il falò, i canti con gli altri semidei non aiutavano. Nonostante ciò, cercava di restare sereno agli occhi degli altri ragazzi, non voleva mostrare cosa provasse davvero.
Appena il falò fu spento gli altri ragazzi cominciarono a dirigersi nelle loro rispettive case, e David cercò con lo sguardo la sua ragazza. Da quando Ellie era stata riconosciuta ella era rimasta circondata dai figli di Ares, che le davano il benvenuto tra loro.
Appena pose lo sguardo verso la casa di Ares vide Ellie vicino alla porta d’ingresso. I suoi fratelli e sorelle la chiamavano ma lei rimase fuori… e si allontanò da lì, dirigendosi dal suo ragazzo

-David…-

Provò a sorridere ma anche lei teneva qualcosa dentro. David un pò sospettava che cosa provasse.

-E’ così, sono figlia di Ars, il dio della guerra… Non me l’aspettavo…-

Non sapeva se essere felice o no per lei. David provò a dire qualcosa, cercò di congratularsi ma gli mancavano le parole.

-Ehm… Ellie, io…-

-David, è stata una lunga giornata, ascolta…-

Si avvicinò sempre di più a lui, facendogli apparire un piccolo rossore in faccia. E appena i loro nasi si sfiorarono, Ellie prese la mano del ragazzo e la strinse forte

-Perché non parliamo domani, ti va? Siamo entrambi stanchi, e abbiamo bisogno di riposarci.-

-Oh, ehm… va bene. Buonanotte Ellie.-

I due si salutarono con un piccolo bacio a stampo, augurandosi a vicenda la buonanotte.

Lui rimase lì, in piedi vicino al falò ormai spento, a guardare Ellie che entrava timidamente in quella casa. Forse era una sua impressione, ma secondo David, la casa di Ares non faceva per lei. Non era una combattente e non aveva un comportamento rozzo o irascibile  come suo padre. Era diversa, e lui lo capiva dalla sua faccia.

-Hey!-

Una voce alle sue spalle lo fece riportare alla realtà, togliendolo dai pensieri che lo affliggevano. Si girò, vedendo Percy Jackson che gli sorrideva.

-Vieni, ti faccio vedere la tua nuova casa.-

Il suo nuovo fratello lo accompagnò nella casa numero 3: era lunga, bassa e massiccia, le pareti esterne erano di pietra grigia, nei quali erano incastrati diversi frammenti di conchiglie e corallo. Appena entrò sentì un piacevole e rilassante odore salmastro, un profumo che lui aveva assaporato diverse volte, da piccolo. La stanza principale aveva una piccola scrivania vicino al muro, una fontana e due letti.

-Eccoci qua. Ciò che è mio è tuo, come si dice. Lì trovi il bagno  e quello è il letto. Per i tuoi vestiti… beh, te ne farò portare un paio della tua taglia, assieme a qualche maglietta del Campo. Inoltre penso che Chirone ti farà portare qualcosa da casa. Chiamerà tua madre, per dirle che sei qui, al sicuro, o almeno spero…-

David si avvicinò alla finestra della stanza, osservando il fiume che si stendeva vicino al bosco. Percy intanto entrò e riuscì da una stanza, con indosso un pigiama, per poi distendersi nel letto.

-Avevo ragione...- sussurrò guardando il soffitto.
-Avevo ragione! E io che pensavo di essermi sbagliato. Invece ho un nuovo fratello. Cavolo, non vedo l’ora di dirlo a Tyson, scommetto che sarà felicissimo. Allora David, cosa ne pensi?-

David aveva le mani appoggiate nei suoi fianchi e continuava a guardare fuori. Era ancora arrabbiato, furioso e deluso. Si girò, guardando il fratello disteso sul letto.

-Perché?- chiese.

Quella domanda fece brillare gli occhi a Percy, lasciandolo perplesso
-Eh?-

-Perché?! Perché sono qui adesso?!-

-Aspetta, non ti seguo. Di che stai parlando?-

-Parlo del fatto che io sia stato ignorato! Del fatto che ho passato una vita da schifo per anni! Perché mi hanno riconosciuto solo adesso?! Fino ad oggi non ho avuto nessun mostro alle calcagna, mai! Ho passato anni cercando di ignorare e sopportare gli altri, che mi prendevano per il culo per la mia dislessia, isolandomi ancora di più! E solo ora scopro di essere un semidio! La cosa che mi fa veramente arrabbiare è che pare si siano accorti ora della mia esistenza, che Poseidone si sia ricordato di me solo ora. “Oh guarda, uno dei miei figli. Come ho fatto a dimenticarmene?”. Chissà quanti ne avrà ignorato lui nella sua vita!-
Poi guardò in alto, sul soffitto, alzando le braccia
-Cosa sono per te, Poseidone?! Se mi consideri davvero tuo figlio, perché diamine ti sei ricordato di me adesso?! Sedici anni!-

Finalmente si era sfogato. Tutta la sua rabbia che aveva provato quel giorno era appena esplosa, adirato verso suo padre. Si sentiva trattato come uno schifo… no, come spazzatura. Ecco come si sentiva David: spazzatura da gettare via quando agli altri fa comodo.
Si sedette nel letto, ponendo lo sguardo a terra.

-Hai finito?- gli chiese Percy, che nel mentre si era messo seduto e non la smetteva di guardarlo.

Lui si limitò ad annuirgli

-Senti, David. La vita di noi semidei non è mai facile. Mai. E’ normale quello che provi adesso: ti senti escluso, escluso da tutti: da coloro che ti ignoravano nel mondo mortale, da tuo padre… da tutti.-

Improvvisamente Percy si alzò, e si sedette vicino a David, circondandogli il collo con un braccio. Lui, sentendo il contatto, guardò Percy, notando come questi gli sorrideva amichevolmente.

-Credimi, ci sono passato anch’io. Ok, forse non ero tanto adirato quanto te, sono arrivato qui al Campo a dodici anni. Ma so come funzionano le cose: David, se conosco bene papà, scommetto che lui ha da sempre vegliato su di te. Ti avrà riconosciuto agli altri solo ora, certo, ma forse perché presto o tardi dovrai dimostrare il tuo valore, le tue… capacità.-

David era completamente colpito. Era ancora arrabbiato, però quel gesto affettivo di Percy l’aveva tirato su di morale. Lo apprezzava, e gli era grato che lui gli stesse vicino. Nessun altro lo aveva fatto, a eccezione di Ellie.

-Lo credi davvero?- chiese David.

-Ovvio! Quando sono arrivato qui, sono rimasto nella casa di Ermes per giorni, dato che non sapevo chi fosse mio padre. E sai cosa ho dovuto fare per lui appena mi ha riconosciuto? Ho avuto la mia primissima impresa: ho dovuto dimostrare che papà non aveva rubato la Folgore di Zeus, perciò sono sceso negli Inferi, mi son ritrovato faccia a faccia col signore dei morti che mi aveva accusato di aver rubato la Folgore e il suo elmo, poi ho combattuto con Ares in persona scoprendo che c’era lui dietro tutto (più o meno) riuscendo a batterlo per poco, un mio amico mi aveva tradito.... Insomma, è successo un casino.-

David  era stupito. Quel ragazzo vicino a lui, che gli circondava il collo, suo fratello, era sceso negli Inferi ed era entrato nella dimora di Ade. Quasi non ci credeva, ma la faccia sorridente di Percy era sincera.

-Wow. E questa è stata la tua prima impresa? A dodici anni?-

-Sì! Ma non mi fermo a questo. Se vuoi posso raccontarti altro ma credo che ormai sia tardi. Domani è il tuo primo giorno vero e proprio qui al Campo. Dato che sono il tuo capogruppo, sarò il tuo maestro: ti insegnerò a combattere e a padroneggiare i tuoi poteri.-
Si alzò e si ridistese nel suo letto
-Domani inizierai l’allenamento. Perciò ti consiglio di riposarti. Ne avrai bisogno.-

Percy non ci mise molto ad addormentarsi, circa qualche minuto. David lo guardò: stava sbavando, letteralmente. La scena era talmente comica che David liberò una risatina.
Decise anch’egli di distendersi nel letto. Non riusciva a dormire, e non faceva altro che pensare a quella situazione: era figlio di Poseidone, un semidio in carne ed ossa. Non aveva mai pensato che tutto il mondo fosse governato dalle divinità antiche. Fino ad ora pensava che essi assieme ai miti dei vari eroi fossero soltanto delle storie, parte di una antichissima cultura, ma mai che esistessero davvero, che predominassero il mondo, plasmandolo a loro piacimento. E ora cosa gli attendeva? Secondo i miti, i semidei erano dediti a svolgere imprese, spesso talmente pericolose che avrebbero potuto mettere in pericolo la civiltà allora conosciuta.

Sarà la stessa cosa per me?  pensò, prima di addormentarsi.
 

Non poteva svegliarsi normalmente quel giorno.  Proprio no.
Il sole ormai illuminava completamente la stanza della casa di Poseidone. Non aveva fatto in tempo ad aprire gli occhi che sentì qualcosa che gli stava leccando la faccia. Aprì lentamente gli occhi, il tanto giusto per vedere vicino al letto una specie di cane, molto grosso e di colore nero, che li stava leccandola faccia felice.

-AH!-

Scattò in piedi sul letto, spaventato dalla vista di quel grosso cane dall’aspetto infernale. Ecco, aveva già sentito parlare di quelle bestie: segugi infernali. Pensò di essere spacciato, che presto quel segugio lo avrebbe sbranato.
Nel frattempo Percy si alzò istantaneamente dal letto, spaventato dall’urlo di David.

-Cosa?! Ci attaccano?!-

Aveva la spada sguainata e la puntava intorno alla stanza, fino a quando non vide David in piedi sul suo letto, ancora spaventato dalla presenza del cane.

-Ahahahaha! Vero, mi ero dimenticato di dirtelo: David, ti presento la Signora O’Leary, il nostro cane.-

Trasformò la sua arma in penna e mise entrambe le mani sulle ginocchia, chiamando il segugio. Appena fischiò il cane si avventò su di lui, leccandolo felice.
David ancora non credeva  ai suoi occhi, nel vedere un segugio infernale che si attaccava affettuosamente a Percy, talmente grande da coprire un terzo della stanza.

-Dovresti vedere la tua faccia!- scherzò Percy.

-Ehm… Percy… sbaglio o quello è un segugio infernale?-

-Eheh. Sì, lo è. E’ l’unico segugio infernale buono che abbia mai conosciuto. Dedalo prima di morire l’ha affidata a me. Dai, avvicinati.-

David era ancora impietrito, ma alla fine cercò di avvicinarsi. Scese dal letto e camminò lentamente verso la Signora O’Leary, e appena le fu vicino, provò ad accarezzarle il capo. Lei cominciò a scodinzolare e ringraziò il ragazzo donandogli una leccata sulla guancia.

-Wow…-

Sorrise e continuò ad accarezzare la Signora O’Leary, rendendola ancora più felice.

Percy si schiarì la voce
-Ok, è ora di fare colazione. Signora O’Leary, vai pure a giocare fuori.-

Il cane scodinzolò di nuovo e improvvisamente scomparve dalla loro vista, come se fosse stata inghiottita dalla terra.

-Dovrò farci l’abitudine.- commentò David.

-Intendi per la signora O’Leary?-

-No… per tutto. Intendo il mondo semidivino.-

Percy si avvicinò e sorridendo gli diede una pacca sulla spalla
-Naaa, stai tranquillo. Vedrai che ti troverai a tuo agio in un batter d’occhio.-
 

Qualche minuto dopo i due erano già arrivati nella mensa. Anche David, così come Percy, aveva indosso la maglietta arancione del Campo Mezzosangue. I due si sedettero nel loro tavolo, quello di Poseidone.

-Dimmi Percy.- disse David prendendo una fetta di bacon
-Da cosa inizieremo oggi?-

-Prima di tutto ti servirà un’arma. Io sono esperto nell’uso della spada. Hai mai provato ad usarla?-

-Conosco le basi, ma non ho mai approfondito molto.-

-Ottimo. Dopo colazione andremo nella casa di Efesto, avranno sicuramente l’arma adatta a te. Comunque, sei bravo in qualcosa in particolare?-

A quella domanda David sorrise soddisfatto.
-Sì. Arti marziali miste. Ho seguito lezioni per due anni, e sono diventato cintura nera. Conosco diverse tecniche ma ho usato le arti marziali solo per difendermi, come è accaduto ieri con quell’arpia.-

-Arti marziali, eh? Mmm… penso che potresti entrare in competizione con i ragazzi di Ares, loro sono molto bravi nel combattimento, non solo spada, ma anche a mani nude.-

-Ares…-

Lanciò uno sguardo al tavolo dei figli di Ares. Era molto affollato, pieno di ragazzi molto robusti. Riusciva a vedere la sagoma di Ellie, la meno robusta del gruppo, seduta vicino a Clarisse La Rue che le parlava in continuazione

-Non defi pveoggubavdi.- disse Percy con un boccone di cibo in bocca

David si girò su di lui
-Eh?-

Percy ingoiò il pezzo, dopo aver bevuto un bicchiere d’acqua
-Scusa. Ho detto che non devi preoccuparti. Non sai quante volte mi son ritrovato in competizione con Annabeth, e lei è una figlia di Atena. Non pensare che Ellie è figlia di Ares come se fosse una brutta cosa. Non creiamo odio fra le nostre case. Siamo tutti rivali, amici.-

-Grazie.-

-Ok, ora andiamo alla capanna di Efesto.-

La casa 9 era una vera e propria stufa secondo David. All’interno si moriva di caldo, potevano esserci almeno più di 40°. I ragazzi di Efesto erano per la maggior parte dei tizi abbastanza grossi dediti al lavoro, alcuni avevano pure la faccia sporca di fuliggine. Uno dei figli di Efesto si avvicinò a loro

-Percy, e il nuovo arrivato nonché suo fratello, David giusto? Allora, cosa possiamo fare per voi?-

Fu Percy a parlare
-Ciao Mason. David, lui è Jake Mason, capogruppo della casa di Efesto. Allora, ci servirebbe un’arma per mio fratello. Una spada.-

-Va bene, seguitemi.-

I due seguirono Mason, scendendo sottoterra nelle fucine. Arrivato lì David notò moltissime armi, tra spade, pugnali e altre, appese nei muri, ma la cosa che incuriosiva David era un’altra: c’era un’enorme foto su uno dei muri, ritraeva un ragazzo basso, magro, coi capelli riccioli color castano e le orecchie da elfo. Era sudato, sporco di fuliggine e sorrideva, mostrando il proprio pollice mentre riparava qualcosa che aveva vicino, una specie di drago-robot. Molti ragazzi di Efesto davano qualche occhiata a quella foto, come in segno di rispetto. David guardò bene il viso di quel ragazzo: gli era vagamente familiare

-Allora!-
Percy lo fece tornare in se appena gli diede una manata sulla schiena
-Vieni a vedere queta spada.-

Guardò Percy e gli annuì. Arrivò Mason che diede a David una spada lunga e molto affilata, con la lama fatta di bronzo. Mason lo incitò a provarla, dicendogli che era in bronzo celeste, e che doveva fare attenzione essendo letale per i semidei.
Percy e Mason si allontanarono da David che provò qualche fendente nell’aria, sentendosi a suo agio con l’arma. Era comoda e riusciva a tenerla ben salda anche con una sola mano.

-Bene.- disse sorridendo
-E’ perfetta.-

-Ottimo, tieni anche questa cintura.-

Mason gli offrì una cintura in pelle, nella quale si intravedeva il fodero per inserire la spada. David la indossò subito e ripose la spada nella cintura.

-Ora possiamo allenarci. Grazie Mason.- disse Percy ringraziando il figlio di Efesto

-E’ stato un piacere Percy!-

Così Percy e David uscirono dalla casa di Efesto. Appena fu all’aria aperta, David emanò un lungo sospiro di sollievo. Quella casa era caldissima, probabilmente non avrebbe retto un minuto di più.
Mentre i due si incamminavano verso l’arena, a David tornò in mente la foto di quel ragazzo. Come mai credeva di averlo già visto?

-Hey Percy. Posso chiederti una cosa?-

-Certo. Di che si tratta?-

-Nella casa di Efesto ho visto una foto. Ritraeva un ragazzo che riparava una specie di drago-robot. Lo conoscevi?-

Alla sua domanda però, il fratello abbassò il capo, tenendo lo sguardo un po’ triste

Forse non avrei dovuto fargli questa domanda pensò pentito David

-Leo Valdez. Faceva parte della Profezia dei Sette, legata allo scontro contro la Madre Terra, Gea. Io e Annabeth eravamo dei Sette, e Leo era un nostro amico. Nella battaglia contro Gea, l’anno scorso, riuscì a distruggerla, ma perse la vita. Era molto legato a Piper e a Jason, il ragazzo di Piper.-

Si sentì subito in colpo per aver fatto quella domanda a Percy. Si trattava di un suo vecchio amico ormai morto, poteva capire cosa provava.

-Mi dispiace…- sussurrò.

-E di che? Non lo sapevi, perciò non dovresti arrabbiarti con te stesso. Dimentica. Oh, siamo arrivati.-

I due entrarono in una specie di campetto dove c’erano dei manichini e diversi semidei si stavano allenando tra di loro, brandendo spade, pugnali, lance e scudi. Notò da una parte Ellie con una spada in mano che stava prendendo lezioni da Clarisse. Anche lei lo vide e lo salutò alzando il braccio. Per David, era bellissima

-Andiamo!- lo incitò Percy, prendendo la sua penna e trasformandola in spada.

 David invece tolse la sua spada dalla cintura e si avvicinò a Percy. Lui gli spiegava i diversi colpi che aveva imparato nel corso dei suoi anni, passando dai più semplici, così li testò con David. Colpì a destra e a sinistra mostrandoglieli con facilità e invitò David a provarli anche lui. Poi cominciarono a scontrarsi, facendo venire a contatto le due spade. Dopotutto, David non se la cavava male. Aveva usato da poco la spada, ma allenandosi con Percy si sentì subito a suo agio.

-Devo dire che impari in fretta David.- si complimentò Percy dopo una lunga ora di allenamento.

I due erano entrambi seduti in una gradinata dell’arena ed erano sudatissimi. Poi Percy passò un asciugamano al fratello

-Dici di conoscere solo le basi, ma ammetto che la sai usare bene, per essere alle prime armi. E’ molto più di conoscere le basi.-

-Eheh, grazie.- rispose lui, passandosi l’asciugamano tra i capelli.

Percy intanto prese una bottiglia piena d’acqua e si bagnò la faccia. David rimase sbalordito: anche se l’acqua passava sulla sua pelle, era come se non si fosse mai bagnato, come se l’acqua non l’avesse  mai toccato.

-Inzuppati la faccia con questa.-fece Percy porgendogli la bottiglia.

Lui la prese e fece come aveva fatto il fratello. Il suo viso però si bagnò, ma al tempo stesso, mentre l’acqua scivolava sul suo viso, gli tornarono le forze. La stanchezza era completamente sparita.

-Per stamattina credo che basti con la spada. Adesso andiamo al lago.-

I due si alzarono e dopo qualche secondo si avvicinarono al lago. Una volta lì, Percy entrò nel bagnasciuga, poi si girò verso David, incitandolo ad entrare in acqua.
Appena prese contatto provò una specie di sollievo. Era diventato più forte, pronto persino a spaccare qualche muro.

-Questo è uno dei poteri dei figli di Poseidone.- spiegò Percy
-L’acqua ci dà forza, ci fa diventare molto più potenti e la nostra velocità aumenta. Inoltre, a contatto con essa, siamo in grado persino di guarire le nostre ferite. Ti faccio un esempio: fammi un taglio.-

-Cosa?-

Si mise in posizione, alzando il braccio sinistro la cielo
-Colpiscimi il braccio sinistro. Fidati.-

David non era molto sicuro, però prese la spada e scattò verso di lui, facendo un taglio forse troppo profondo sul braccio di Percy. Lui gemette un po’ dal dolore, ma lasciò il braccio aperto, mostrando a David il potere dei figli del mare: la ferita si chiuse, lasciando una piccola cicatrice, e il sangue si fermò. In un attimo il suo braccio divenne completamente intatto.

-Ahhh. Visto? Questa è parte della nostra potenza. E non ci fermiamo qui. Possiamo controllare l’acqua a nostro piacimento, creando ad esempio vortici, onde… Possiamo respirare sott’acqua e non risentiamo della forza della pressione. Possiamo uscire dall'acqua completamente asciutti, a meno che tu non voglia restare zuppo. E per finire possiamo parlare con le creature marine e con i cavalli, dato che sono stati inventati da nostro padre.-

-Incredibile.- disse David.

 Le ultime due ore le passarono creando onde nell’intero lago. Percy dava diversi esempi a David, dicendogli che doveva sentire l’acqua dentro di se, che doveva concentrarci al massimo. Lui riuscì a fare diverse onde piccole, ma Percy fu soddisfatto lo stesso del risultato, così come lo era David. Era una sensazione nuova per lui, ma provando una certa forza non faceva altro che sorridere mentre creava le onde.
Ad un tratto Percy lo studiò un po’  con lo sguardo, fino a quando non gli fece una piccola richiesta.

-Hai detto che sei cintura nera, giusto?- chiese curioso

-Esatto.-

Sorrise di nuovo, come se gli fosse venuta un’illuminazione. Si allontanò con qualche metro di distanza da David, e si mise in posizione.

-Ho un’idea! David, attaccami corpo a corpo con tutta la tua forza! L’acqua ti aiuterà, sfruttala per dare il meglio di te!-

Lui rimase perplesso alla domanda di Percy. Non aveva mai picchiato se non per difendersi, e la cosa era un po’ strana per lui.

-Sei sicuro?-

-Assolutamente! Attaccami, forza!-


Angolo dell'autore
Ed eccoci al quarto capitolo! Che dire, diciamo che la storia sta andando molto bene, anche grazie al vostro feedback! ^^
Volevo però dirvi che il prossimo capitolo pobabilmente arriverà in ritardo di qualche giorno, sto avendo veramente pochissimo tempo a disposizione,  causa verifiche. Spero che possiate comprendere, e io vi aspetto al prossimo capitolo, ciao! ;)
-MrRaider

 

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Capitolo 5
*** Arriva Jason! ***


Arriva Jason!


JASON 
 
Un interminabile viaggio. Il figlio di Giove, Jason Grace, non aspettava altro che tornare al Campo Mezzosangue, rincontrare gli altri e riabbracciare la sua fidanzata Piper. Ormai mancavano soltanto pochi templi, poco più di una decina, e una volta fatto finalmente avrebbe smesso di fare avanti e indietro fra il Campo Giove e il Campo Mezzosangue, e si sarebbe stabilito al Camio Mezzosangue per un pò.
Il tragitto era ancora lungo, doveva arrivare almeno entro l'ora di pranzo, ma il figlio di Giove non aveva intenzione di arrivare così tardi. Studiò i venti: c'era una brezza leggera, ma era abbastanza sufficiente per permettergli di vibrarsi in volo.

 
Se volassi ci impiegherei meno tempo... e va bene! Venti a me!


Aprì le braccia, concentrandosi e catturando l'aria. Si alzò in cielo per diversi metri di altezza, fino a quando non riuscì ad ammirare le immense praterie che aveva sotto di lui. Si guardó dietro, riuscendo a vedere la città di New York.
Si concentró di nuovo e spiccò il volo, verso il Campo Mezzosangue. I suoi capelli biondi e la maglietta arancione del Campo venivano continuamente scompigliati dalla forza del vento. Cercó di tenersi gli occhiali, sperando che non volassero via.
Viaggiare in quel modo era molto rilassante per Jason: non solo perché era un figlio di Giove, (aveva preso sicuramente da suo padre), ma anche perché in quel modo riusciva ad arrivare più velocemente ai propri obiettivi. Non usava spesso l'abilità del volo, anche perché voleva evitare di farsi vedere dai mortali, nonostante la Foschia dovesse coprirlo dai loro occhi. Ma col passare del tempo era diventato molto più cauto. Inoltre da quando era stata sconfitta Gea aveva continuato ad allenarsi duramente, diventando sempre più forte, padroneggiando sempre di più i propri poteri. Infatti rispetto a prima riusciva a controllare a più piacimento i tuoni e i fulmini, e la sua abilità del volo era migliorata moltissimo, riuscendo a volare a velocità supersonica. Si sentiva proprio come Superman, o un qualsiasi personaggio di Dragon Ball. In quel momento gli venne in mente una discussione che aveva avuto con Percy qualche tempo fa riguardo a Dragon Ball, dato che spesso i due si guardavano qualche puntata appena lo mandavano in onda.

-Beh, amico. Tu puoi volare e sei biondo. Quindi... tecnicamente dovresti essere un Super Saiyan.- gli aveva detto Percy mentre guardavano la tv nella capanna 3 del Campo.

-Amico, i saiyan sono una razza aliena, e inoltre hanno la coda. Per di più non so lanciare onde energetiche. Pensi che io sia nato con la coda?-

-Sei sicuro?- gli aveva fatto una faccia interrogativa

-Non ti degno di risposta...-

Dopo una mezz'oretta riuscì a intravedere le pianure verdi della Collina Mezzosangue. Atterrò vicino al Pino di sua sorella Talia, dove il drago che sorvegliava il vello si svegliò appena Jason toccò il suolo, ma appena lo riconobbe si riaddormentò. Jason cominciò quindi a scendere e ad addentrarsi nel Campo. Alcuni ragazzi lo riconobbero e lo salutarono, dandogli il bentornato, altri invece andavano da un altra parte. Sembrava che tutti stessero andando nello stesso luogo, e la cosa incuriosì Jason. Entrò un attimo nella capanna numero 1, dove dopo aver dato un occhiata di curiosita alla statua del padre (che lo intimoriva diverse volte) appoggiò lo zaino che aveva sulle spalle nel proprio letto. Poi uscì dalla casa e rivide quel gruppo di ragazzi, e tra di loro, riconobbe la figura della sua Piper. Lui alla vista della sua splendida fidanzata non fece a meno di sorridere.

-Pips!- la chiamò lui

Lei si girò intorno, fino a quando non lo vide e fece un grande sorriso. Corse verso di lui e lo baciò affettuosamente appena si abbracciarono

-Jason! Credevo che tornassi sul tardi.-disse lei, contenta di poter riabbracciare il suo ragazzo

-Eheh, non avevo più voglia di aspettare, così ho deciso di volare per arrivare prima. Tranquilla, non mi ha visto nessuno. A proposito, dove vanno tutti gli altri?-

Piper si voltò verso il gruppo di ragazzi che si dirigeva nella stessa direzione.

-Mmm... non lo so. Volevo seguirli, per vedere cosa stava succedendo. Andiamo insieme?-

Lui gli fece un gesto con un braccio e Piper si attaccò a lui, incollandosi al suo braccio.

Seguirono tutti gli altri ragazzi, fino ad arrivare al lago. Una volta lì Jason sentì il rumore dell'acqua che si muoveva ininterrottamente.
Sicuramente Percy stava dando spettacolo, ma c'era troppa gente e non riusciva a vedere bene.

-Vedi qualcosa?- chiese Piper, in punta di piedi

-No, ma presto ci riusciremo.-

Prese Piper in braccio e si alzò in volo per qualche metro e i due si sedettero sul ramo di un albero li vicino. Riuscirono così a vedere cosa stava attirando tutti gli altri: Percy era nel lago, che si allenava con un ragazzo. Sembrava leggermente più giovane di Percy, e aveva i capelli castani corti, un pò scompigliati. I due si combattevano nel lago, o meglio, il ragazzo combatteva: assestava pugni, ganci e calci con un enorme velocitá verso Percy, che lui li schivava prontamente o li parava.

-Continua così, David, non ti fermare.-

Lui continuava senza sosta ad assestare diversi colpi, senza risentire di alcuna fatica. Le sue mosse erano molto particolari, sembravano uscite da un qualche film di combattimento. Jason le riconobbe subito: erano mosse di arti marziali. E nessuno al Campo riusciva ad essere così bravo ad apprenderle. Soltanto un paio la praticavano ma quel ragazzo sembrava un vero e proprio esperto. Si muoveva con destrezza e prontezza, come se capisse quale colpo dare a Percy. Ogni volta che i due si scontravano, l'acqua emanava diverse onde per il lago, che si schiantavano tra di loro nel letto del lago oppure nel bagnasciuga.

-Wow! È un nuovo ragazzo? Chi è Piper?- chiese voltandosi verso la ragazza

-Si chiama David Miller. È un semidio che è arrivato ieri al Campo con una sua amica. Percy li ha trovati e li ha portati al Campo. E ieri lui e la sua amica sono stati riconosciuti: lui è un figlio di Poseidone.-

-Cosa?!-

Riguardò quel ragazzo di nome David. Credeva che fosse Percy il solo figlio di Poseidone, e non pensava che ce ne fosse un altro.

-Aspetta un attimo. Pips, questo ragazzo... David, è stato trovato ieri? Ma quanti anni ha?-

-Sedici. Anche la sua amica.-

La cosa insospettì ancora di più Jason. Gli dei avevano promesso che avrebbero riconosciuto subito i propri figli. E allora perchè quel ragazzo era stato riconosciuto proprio in quel momento? La cosa era molto strana, ma non ci pensò molto.
Ritornò al conbattimento: ad un certo punto il ragazzo caricó velocemente il braccio destro indietro e diede un forte pugno in faccia a Percy, che cadde all'indietro nel bagnasciuga.

-Oh diamine!- esclamò David rendendosi conto di cosa aveva fatto.

Percy si rialzò piano. Come sempre, non aveva niente, anche se aveva la faccia ancora un po stordita dal pugno.

-Percy, tutto ok?- chiese preoccupato David.

-Se sto bene?! Porca vacca David, sei stato strepitoso! Woooo!-

-Fenomenale!- urlò una ragazza di Afrodite, che mandava occhi dolci a David.

Solo adesso i due si accorsero che almeno più di una ventina di persone li stavano osservando.

-Oh... avete...visto tutto?- chiese Percy.

-TU!-

Jason riconobbe Clarisse La Rue camminare velocemente e calpestando i piedi verso David

-Tu, come diavolo hai fatto?! Spiega, adesso!-

Fu Percy a rispondere a nome suo

-David ha praticato arti marziali per anni, ed è cintura nera. Volevo vedere come poteva essere forte a contatto con l'acqua, così gli ho detto di attaccarmi.-

-Impossibile!- protestò Clarisse
-Siamo noi figli di Ares i migliori! Non un pivello come lui.-

-Ci stai sfidando Clarisse?- disse Percy
-E va bene. David, che ne dici di combattere contro Clarisse?- e stavolta di rivolse al fratello
-Aspetta, che?- domandò lui.

-Molto bene.- disse Clarisse
-Allora pivello. Domani alle 17 all'arena. Battaglia corpo a corpo. Ti schiaccierò come un insetto.- e se ne andò sotto gli occhi di tutti.

Dopo di lei anche tutti gli altri cominciarono ad andarsene. Rimasero soltanto due ragazze vicino al bagnasciuga. Jason riconobbe i riccioli biondi di Annabeth, e vicino a lei c'era un altra ragazza più bassa coi capelli castani. Jason dedusse che ella doveva essere l'amica di David. I due fratelli uscirono dall'acqua e Annabeth e la ragazza si avvicinarono verso i due.

-Sono impressionata David, sei veramente in gamba.- fece la bionda, complimentandosi.

La ragazza più giovane invece si aggrappò a lui, circondandogli il collo con le braccia

-Sei stato fantastico David!-

Lui sorrise alle ragazze. Ma appena si girò verso Percy, il suo umore cambiò. Era arrabbiato

-Percy, sei impazzito? Io, sfidare Clarisse? Quella mi farà a pezzettini.-

-Ahaha! No affatto. Conosco Clarisse, se vuole combatterti a mani nude vincerai sicuramente.-

-Mi stai prendendo in giro?-

-No, non ti sta prendendo in giro!-

Appena Jason alzó la voce, i quattro si girarono verso di lui. Prese Piper per un braccio e scese lentamente verso terra
-Hey amico!-

-Jason! Sei tornato.- disse Annabeth

-Già.- fece Jason ai due. Dopodiche guardò il fratello di Percy, sorridendogli
-Percy ha ragione: puoi vincere contro Clarisse. Ho visto come lottavi. Sei veramente bravo. A differenza di te, Clarisse non è portata per il corpo a corpo, vuole solo mostrare il suo orgoglio e dimostrare di essere migliore di tutti. E comunque, scusa se non mi son presentato: sono Jason Grace, figlio di Giove.-

Jason porse la mano a David che la strinse sorridente

-David Miller, figlio di Poseidone.-

-Bene. E tu sei?- chiese Jason rivolto alla ragazza

-Oh, mi chiamo Ellie Walker, sono la ragazza di David..-.

Il rumore della campana sussultó tutti gli altri. Si era fatta ora di pranzo.

-È ora di mangiare. Che ne dite di continuare la discussione dopo pranzo? -

Dopo il pasto infatti Jason, Piper, Percy, Annabeth, David ed Ellie erano tutti quanti seduti nel tavolo 1, il tavolo di Jason, mentre tutti gli altri semidei erano già usciti. Ognuno di loro si era tenuto un pò di roba avanzata dal pranzo

-Allora Ellie...- disse Jason prima di mordere una fettina di pollo

-Stavi dicendo... di che figlia sei? Chi è il tuo genitore divino?-

-Oh, beh... sono figlia di Ares.-

In quel momento Jason stava ingoiando un pezzo di quella fetta di carne, e alla risposta di Ellie sussultò, e la fetta gli si incastrò in gola. Piper, vedendo che stava soffocando, gli porse subito un bicchiere pieno d'acqua.

-Ares?!- chiese stupito dopo aver bevuto l'intero bicchiere

-Sul serio? Diamine, sei molto diversa da Clarisse, e dagli altri...-

-È vero... ero sorpresa anch'io appena l'ho saputo.... appena mi è spuntato quel cinghiale sopra la mia testa. Non mi aspettavo di essere figlia del dio della guerra. Insomma... non trovo nulla in comune con lui...-

-Non dirlo a me...- commentò Piper
-Ero nella tua stessa situazione quando ho scoperto di essere figlia di Afrodite. Non mi piaceva, insomma... ero troppo diversa da lei, non mi rispecchiavo. Ma col tempo ho capito che avevo qualcosa con lei in comune, che ognuno di noi ha qualcosa che ci lega col nostro genitore. Bisogna... soltanto trovarla.-

Jason rimase stupito udendo le parole della sua fidanzata, non si aspettava quel discorso da lei. E non si aspettava di vederla in un lato diverso, a dare insegnamenti a ragazzi meno esperti di lei

-Wow... beh, non so che dire, grazie.- si congratulò Ellie.

-Non c'è di che.- e lei le scoccò l'occhiolino.

-Dimmi un pò, David.- fece poi Jason, rivolgendosi di nuovo al figlio di Poseidone
-Sei un lottatore, o simile?-

-Ho praticato arti marziali miste per quattro anni, e sono diventato cintura nera. Posso considerarmi un esperto e posso dire di cavarmela molto bene ma... vorrei migliorare con la spada, ne ho bisogno.-

-Di quello non hai nulla di cui preoccuparti, Percy è un ottimo spadaccino, e sono sicuro che ti insegnerà diversi trucchetti, oltre ad imparare ad utilizzare l'acqua.-

E a quella risposta Percy battè il cinque a Jason

-Grazie per il complimento amico.-

-È il mio lavoro.-

E risero tutti assieme.
Passarono il resto del pomeriggio ad allenarsi. David si allenò con Percy e Jason, mentre Piper e Annabeth tra di loro. Ellie purtroppo dovette lasciarli, dato che Clarisse aveva intenzione di allenarsi con lei. Tutti quanti erano nell'arena, e si allenavano costantemente. Per prima cosa, Jason e Percy fecero un piccolo combattimento con le proprie spade, dando un piccolo assaggiò a David. Quando Jason si allenava con suo cugino, per lui era davvero divertente. In quell'ultimo anno, molto spesso i due si erano allenati tra di loro, e qualche volta i loro amici scommettevano su chi avrebbe vinto fra i due. Ma loro erano sempre di pari potenza, non si poteva capire quale tra i due fosse più bravo. Erano entrambi degli esperti.
Finito il combattimento, lasciò Percy a David e guardò come se la cavava: per essere alle prime armi, era davvero bravo, in poco tempo probabilmente avrebbe potuto dominare sul campo.

Il tempo passò velocemente e arrivò la notte. Finita la cena tutti quanti circondarono il falò, cantando diverse canzoni e mangiandosi i marsh mellow arrostiti al fuoco. David restava accoccolato con Ellie, seduti vicino al fuoco, Percy e Annabeth erano vicini ad un albero scambiandosi effusioni d'amore, mentre Jason aveva portato Piper sopra il tetto della casa di Zeus.
I due erano distesi sul tetto ammirando le stelle. Per Jason quel momento era perfetto. Se non fosse stata per la faccenda dei templi, a questo punto sarebbe rimasto tutto il tempo al Campo, al fianco di Piper. Ma gli andava bene così: un periodo di pace, niente Profezie, niente pericoli da affrontare. Solo un semidio che si godeva la vita. Mancava soltanto una cosa per Jason...

-Jason...- disse Piper, mentre passava la mano sul suo petto

-Dimmi.- chiese guardandola negli occhi

-Nico non ti ha detto nulla? Non lo ha trovato?-

Leo... Il suo migliore amico morto nella battaglia contro Gea. A Jason e a Piper mancava molto Leo, avrebbero fatto di tutto per poterlo rivedere, riabbracciarlo e ridere di nuovo insieme, come una volta... ma ormai quei tempi erano finiti.

-No, è ancora nel Regno dei Morti ma non lo ha trovato. Ha cercato ovunque ma non ha ottenuto nessuna traccia di Leo.-

Piper fece un piccolo sorriso. Jason la conosceva troppo bene. Lei era ancora convinta che Leo era riuscito a salvarsi, ma secondo Jason, forse Piper non voleva accettare il fatto che il loro migliore amico non c'era più.

-Sono sicura che è vivo. Scommetto che prima o poi tornerà con qualche genialata, ne sono sicura.-

Abbassò il capo, un pò triste. Non poteva far perdere le speranze a Piper, ma le probabilità erano molto, molto poche. -Lo spero, Pips... lo spero...-


NICO

Niente di niente. Nessun indizio. Nessuna traccia. Nulla. Aveva vagato per giorni in cerca di Leo, ma non l'aveva ancora trovato. Aveva chiesto pure all'anima di Bianca e al suo stesso padre, ma nessuno dei due lo aveva visto. Anche Ade era sospettoso. Essendo un dio, aveva visto la battaglia contro Gea, e aveva visto come era morto quel ragazzo. Era sicuro che fosse morto. Ma perché non riusciva a trovarlo? Era strano, per un dio come Ade. E lo era anche per Nico. Anche lui aveva sentito che Leo era morto, ne era sicuro. Nonostante ciò, aveva deciso di accontentare la richiesta del suo amico Jason.

-Ti prego.- gli aveva detto.
-Ho bisogno di sapere se riesci a trovare Leo. Io e Piper dobbiamo saperlo.-

Voleva davvero aiutare Jason, e inoltre anche lui voleva ritrovare Leo. Nonostante avesse passato pochissimo tempo con lui, gli era simpatico. Ma ormai aveva vagato per giorni nel regno dei morti, e forse non lo avrebbe mai trovato. Così decise di tornare in superficie, di ritornare al Campo e dare un altra brutta notizia a Jason e Piper.
Ma poco prima di aprire un portale sentì qualcosa, una specie di brusio. Si girò, sentendo dei rumori che aumentavano sempre di più. Provenivano da molto lontano, ed erano cupi... molto cupi...
Camminò per diversi minuti, fino a quando non trovò la fonte: la voragine che conduceva al Tartaro. Le voci provenivano da lì. E Nico aveva un brutto presentimento. Curioso, aprì un portale per scendere nel Tartaro. Toccata terra si nascose dietro ad un masso. Riconobbe subito il luogo: era vicino alle Porte della Morte, il luogo dove i Giganti lo avevano catturato. Le catene che tenevano aperte le Porte erano completamente assenti. Ade era riuscito a rimuoverle e con la sua magia unita a quella dei suoi fratelli era riuscito a chiuderle completamente. In quel modo, poteva bastare una qualsiasi forza soprannaturale, ma nessuno avrebbe avuto la possibilità di riaprirle di nuovo, a parte gli dei.
Si guardò intorno: vicino alle porte c'erano diversi mostri, tra centauri, lestrigoni, segugi infernali e tanti altri. Erano un esercito, sembrava che si stessero preparando per qualcosa.
Ad un certo punto Nico vide due figure più alte e grosse dei mostri, dietro una specie di tenda, che discutevano. Avevano delle voci grosse e profonde, che incutevano timore al ragazzo, talmente tanto da fargli venire i brividi nella colonna vertebrale

-Quindi, Alcione si sta riformando?- chiese la prima voce.

-Sì. Mancherà soltanto un mese e la Profezia Nascosta finalmente avrà inizio. Intanto i due semidei sono arrivati da poco al Campo Mezzosangue. Tempismo perfetto. Tutto sta andando secondo i piani. Appena Alcione si riformerà, la Profezia Nascosta avrà inizio, e nessuno potrà fermarci.-

-Fratello...- disse di nuovo la prima voce
-Questa volta non avremo l'aiuto degli altri. Soltanto Alcione, e saremo soli.-

-Lo so, ma abbiamo un esercito, e se il piano andrà bene, non avremo bisogno degli altri.-

A Nico rimbombò la testa. La Profezia Nascosta? Cosa poteva essere? Il mondo era di nuovo in pericolo ... qualcuno stava tornando e aveva un esercito pronto? Doveva saperne di più, così aprì un portale e si teletrasportò nel palazzo di suo padre. Si trattava di una Profezia antica, e suo padre poteva saperne qualcosa.

-Nico...- disse lui appena lo vedette davanti al suo trono.
-Cosa sta succedendo? Non dovevi tornare al Campo?-

Nico si girò su di lui, cercando il suo sguardo. Il dio era come sempre calmo e rilassato, mentre il figlio invece era preoccupato.

-Padre... sai di cosa si tratta la Profezia Nascosta?-

Il viso di suo padre cambiò di colpo. Nico vide una certa paura in suo padre. Capì che era preoccupato, e probabilmente ne sapeva qualcosa a riguardo...

-La... la Profezia Nascosta dici?- chiese lui guardando il figlio.

-Sì padre... ho sentito qualcosa nel Tartaro, due mostri che parlavano tra loro, non li ho riconosciuti purtroppo, riguardo ad Alcione che si sta riformando, e a questa Profezia che avrà inizio fra un mese... parlavano di due semidei che sono appena arrivati al Campo, e a quanto pare sono essenziali per questa Profezia. Sai niente di questa "Profezia Nascosta", padre?-

Lui si passò una mano sul mento, cominciando a pensare e a guardare il soffitto.

-Mmmh... No, non ne ho sentito parlare. Però ho bisogno che tu mi faccia un favore, sono un pò preoccupato. Torna al Campo, e sorveglia questi semidei. Non far insospettire gli altri, e non fare parola a nessuno di questa conversazione che abbiamo avuto. Non dobbiamo scatenare il panico per nessun motivo.-

Guardò il padre: Nico sospettava che Ade sapesse qualcosa riguardo a quella Profezia Nascosta, e sentire che non ne sapeva nulla gli puzzava un pò. Ma non disse nulla, decise di annuirgli e di eseguire il suo incarico

-Sará fatto.-


Angolo dell'autore:
Sì, non sono morto. Sono ancora vivo e vegeto. Dopo un mese (circa) sono riuscito FINALMENTE a portarvi un nuovo capitolo. Avevo detto che sarebbe arrivato in ritardo di qualche giorno e mi dispiace, davvero. Vi do il permesso di pestarmi, fucilarmi, infilzarmi con Vortice e gettarmi nel Tartaro. Purtroppo avevo le mie ragioni, che adesso vi spiegherò con calma. Ero alla fine della scuola, e avevo bisogno di tempo per recuperare, dato che era praticamente la fine. Inoltre non ho aggiornato subito perché ho altri problemi proprio ora... diciamo che ho la casa un pò in casino, e con casino intendo che abbiamo spostato i mobili di camera mia e devo cambiarli. Quindi attualmente sono senza pc da poter utilizzare per pubblicare e potete anche notare che non c'è un vero e proprio codice HTML in questo capitolo, questo perché sto pubblicando dal cellulare. Sono molto pignolo riguardo al codice, ma non ci tenevo a lasciarvi a bocca asciutta senza capitoli, dato che dovrò restare in questa situazione per un mese (metà luglio o anche prima se tutto va bene). Mi dispiace di avervi fatto aspettare così tanto per questo capitolo, ma attenzione! Ciò non vuol dire che in questo periodo non ho scritto, anzi. Ho avuto modo per gettare più basi alla mia storia, che mi vedrà costretto a cambiare il "bollino" della storia. Da giallo passerà ad arancione. Scusatemi per questo cambiamento ma ho le mie ragioni. Vi posso assicurare che la storia, non all'inizio ma un po più avanti, diventerà più violenta appunto, e secondo me per una storia così è meglio tenere il bollino arancione. Quindi, chiedo scusa ancora e spero che abbiate gradito il capitolo. Non so quando riuscirò a portarvi il prossimo, ma farò del mio meglio.
Per ora posso solo dirvi: alla prossima!
-MrRaider

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Capitolo 6
*** La sfida di Clarisse ***


La sfida di Clarisse

 
DAVID


David pensava che non poteva andare peggio di così. Insomma, era arrivato da un giorno al Campo Mezzosangue e già una ragazza molto più grande di lui, vedendo la sua bravura, aveva deciso di sfidarlo e fargli fare una figuraccia davanti all'intero Campo. Ma suo fratello Percy e quel Jason l'avevano rassicurato, e se loro conoscevano davvero bene quella Clarisse, forse David avrebbe avuto una chance contro di lei il giorno dopo. Ma ormai, non gli importava tanto in quel momento che stava passando assieme a Ellie, di fronte al falò, accoccolato con lei alla luce della luna.
Restando al suo fianco tutto i problemi che lo circondavano non gli importavano più: gli bastava la compagnia di Ellie e il gioco era fatto.

-Sembra che la tua sorellona voglia farmi secco, domani.- scherzò lui.

Ed Ellie fece una piccola risatina

-Hai sentito Percy e Jason, no? Mi fido di loro, scommetto che ce la farai.-

Lui sorrise alle incitazioni della ragazza. Non poteva farne a meno. E restare fianco a fianco con lei, in questo Campo Mezzosangue, senza la preoccupazione dei propri genitori era... una sensazione che non aveva mai provato in vita sua.

-È  bello qui.- commentò David, guardandosi intorno.

Vide Percy e Annabeth che si scambiavano diversi baci e carezze vicino ad un albero, altri ragazzi che ballavano o parlavano intorno al falò, e poi Jason e Piper, distesi sopra il tetto della capanna 1.


-Hai ragione. Abbiamo fatto bene a restare. Siamo al sicuro, senza nessuno che possa separarci...-

Lui si voltò verso di lei, guardandola negli occhi. Quel giorno non avevano avuto l'occasione per rimanere soli e per poter parlare tra di loro, da soli.

-Tu come stai?- chiese lui

-Bene. Sono ancora un po scossa dalla faccenda del dio della guerra. Clarisse ha provato ad allenarmi, e a mostrarmi la mia "forza nascosta". Ho anche maneggiato la spada. Secondo Clarisse non me la cavo male, ma mi serve pratica.-

-Mh... idem. Percy mi ha allenato e mi ha fatto vedere cosa possiamo fare. A contatto dell'acqua siamo... più forti. Quando l'ho toccata e ho attaccato Percy, stamattina, era come se mi sentissi libero, e potente. Capivo cosa fare, che colpi dare a Percy e come. Dovrò ancora imparare bene, ecco...-

I due ripresero a parlare, scherzando e ridendo e il tempo passò velocemente. La campana suonò di nuovo, annunciando l'ora di tornare nelle proprie capanne, e andare a riposarsi.

-Dobbiamo andare... Hey.- Ellie si avvicinò ancora di più a lui e gli consegnò un dolce bacio romantico sulle labbra.
-Dormi bene...-

-Anche tu.-

I due si staccarono e David si diresse nella capanna 3. Si distese nel letto, dopo essersi messo il pigiama. E si concluse così la prima giornata per David al Campo Mezzosangue. Ormai si era innamorato di quel posto. La civiltà greca lo aveva sempre affascinato e sapere di essere un semidio era una cosa nuova e sotto sotto... bella. Anche se desiderava una cosa: incontrare suo padre, per la prima volta. Cercò di scacciare dalla testa questi pensieri e di fare una bella dormita.
Cosa che purtroppo non riuscì a fare.


Sognò un vecchio ricordo, uno sgradevole ricordo della sua vecchia vita...
Era una giornata di luglio. Era quasi ora di pranzo e faceva molto caldo, dati i 30 gradi che quel giorno offriva la città di Los Angeles. E David aveva passato la mattinata al bar: il suo lavoro part-time. Un vecchio amico di sua madre gli aveva offerto un piccolo posto come barista per il suo bar, e David aveva accettato. Gli pagava bene ed era sempre in movimento, cosa che giovava alla sua natura iperattiva.
Vestito col grembiule blu dei dipendenti del bar, stava pulendo alcuni bicchieri sporchi vicino al lavandino, mentre i clienti, data l'ora ormai tarda, cominciavano ad uscire e a dirigersi nelle proprie case a mangiare.

-David!-

Sentendo il suo nome,  si girò sulla propria sinistra, dove il suo capo, un uomo poco più alto di lui, sulla cinquantina, leggermente sovrappeso e coi capelli neri provvisti di qualche riga bianca, gli regalava un sorriso gargiante e soddisfatto.

-Hai fatto un ottimo lavoro oggi.- gli disse lui dandogli una pacca sulla spalla.

-Grazie Tom.- rispose David, tornando al proprio bicchiere che stava finendo di pulire.

-Perché non ti siedi?- chiese Tom, facendogli un cenno verso uno dei tanti tavoli del locale ormai liberi.
-Ti offro una birra.-

David non poté rifiutare, così dopo aver finito di lavare, si tolse i guanti e si sedette nel tavolo indicatogli dal capo, mentre questi tornava con due birre prese dal frigo, una normale per lui e una al limone le David. I due le stapparono e brindarono.

-Come va con la tua ragazza? Ha scoperto della... sorpresa?- chiese Tom dopo un sorso di birra.

David sorseggiò un po la bevanda alcolica e rispose
-Ce la caviamo. E comunque, no, non l'ha ancora scoperto. Sto cercando di tenerlo il più segreto possibile. Voglio che sia stupita.-

-E come sta la vecchia Emily? È da un bel pò che non la sento...-

A quella domanda, David fissò la sua birra per qualche secondo, mentre gli tornava in mente sua madre Emily. Da quando aveva scoperto che sua madre era incinta, più o meno una settimana fa, il rapporto fra lei e David era nettamente migliorato. I due ormai passavano più tempo rispetto a prima e piano piano si stavano riappacificando.

-Beh, ci stiamo provando. Siamo più vicini di prima, e... Insomma Tom... avrò un fratellino, o una sorellina... te ne rendi conto?-

Si voltò verso il suo capo e ormai vecchio amico, che non faceva altro che essere felice per lui. Tom era stata la persona che piu si avvicinava ad un padre per David, gli era stato vicino nei momenti bisognosi e gli aveva offerto pure un lavoro, cosa che David si era sempre sentito in debito.

-Al nuovo arrivato.- fece lui alzando la birra al cielo.

-Al nuovo arrivato.- disse anche David, alzando la birra e brindando con Tom.

Dieci minuti dopo David era già arrivato a casa di sua madre, in un piccolo appartamento nella zona est della città. Era stato invitato da sua madre a pranzo, assieme ad Ellie al compagno di sua madre di nome Chris. Prese l'ascensore del palazzo, arrivando quindi al terzo piano, ma prima di bussare alla porta sentì qualcuno urlare dall'interno. Lui rimase fuori e appoggiò l'orecchio alla porta, cercando di sentire.

-Non ci posso credere che tu abbia fatto questo!- strillò la prima voce. David la riconobbe subito: era di Chris.

-Te l'ho già detto. Non voglio avere altre delusioni nella mia vita.- disse calma una seconda voce, che David identificò come quella di sua madre.

-Non ti vergogni di cosa hai appena fatto?! E senza il mio consenso! Prima di fare una decisione come questa avresti dovuto rivolgerti a me, o a tuo figlio! Non pensi a lui?! Cosa pensi che dirà?!-

-Sapevo che avresti reagito così. E comunque, dirlo a mio figlio? Spero che tu stia scherzando. Non ho voglia di sentire l'opinione di quella nullità.-

-Ora basta, me ne vado! Noi due abbiamo chiuso. Non voglio più vederti.-

Intuendo cosa stava accadendo David si staccò dalla porta e dopo qualche secondo essa si aprì. Chris, un uomo alto quanto David, magro e coi capelli biondi,  uscì adirato dalla casa ma si fermò vedendo il ragazzo.

-Ciao David.- disse freddamente e con una voce piena di dolore. Non provava odio per David, i due andavano molto d'accordo.

-Cosa è successo?- chiese David all'uomo che alla domanda fece una risatina sarcastica.

-Perché non lo chiedi a tua madre? Alla dolce Emily.-

E se ne andò. Quella fu l'ultima volta che David vedette Chris.
Entró nell'appartamento, dove trovò la madre seduta in cucina. Aveva i capelli castani come quelli di David, ma rispetto a lui, lei era di una corporatura un pó più massiccia, ed era poco più bassa di suo figlio. Aveva uno sguardo vuoto e indifferente.

-Ciao... puoi dirmi cosa è successo con Chris?- domandò David, sedendosi di fronte a lei.

Emily guardava da tutt'altra parte, come se non avesse notato la presenza di David, cosa che diede al ragazzo non poco fastidio. Poi fece un piccolo respiro, pronta a parlare.

-Ho abortito.- rispose, continuando a non guardare David.

Gliel'aveva detto così. Con tranquillità, senza rimorso, senza esitare e senza provare alcun sentimento. David rimase a bocca aperta, scandalizzato dalla sua confessione fredda. Non credeva che l'avesse davvero fatto, non da lei.
 
-Dimmi che è uno scherzo.- disse rivolto a lei.

Stavolta sua madre si decise a guardarlo negli occhi, e scosse il capo. Non stava mentendo.
David si alzò e cominciò a camminare avanti e indietro per la cucina, passandosi le mani nei capelli.

-Non capisco perché ti agiti tanto...- commentò sua madre ancora seduta.

E quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. David, che era di spalle, si girò verso di lei, infuriato.

-Perché mi agito? Non capisci?! Sei TU che non capisci!-

-IO?! AH! Questa è bella!-


-Modera i termini, ragazzino. Sono sempre tua madre.-

-NO! Tu, adesso, mi ascolterai e non fiaterai fino a quando non avrò finito.- e le puntó il dito contro.
-Ho sempre sopportato le tue decisioni, col passare degli anni. SEMPRE! Ho sopportato gli uomini che venivano in casa nostra e che entravano nel tuo letto e che mi trattavano come spazzatura, ho sopportato come tu mi guardavi... come sembravi delusa da me, TUO FIGLIO!-

-Ascolta...-

-NO, TU MI ASCOLTI! In questo ultimo periodo, quando hai conosciuto Chris, e quando abbiamo saputo che aspettavi un altro bambino sembrava che tutto stesse andando per il verso giusto... che tu avessi finalmente capito. Avevi trovato una persona giusta, e non un bastardo che si approfittava del tuo corpo. Ma invece no, come sempre hai fatto di testa tua! Hai preso una decisione, senza averci interpellato!-

-L'ho fatto perché non volevo avere un altro figlio. Hai idea di quanto costi avere un altra bocca da sfamare?-

-BALLE! Non mentirmi! Ti conosco troppo bene, tu volevi evitare di mettere al mondo una "delusione" come me, che non volevi più altri ragazzini tra i piedi, o mi sbaglio? Ti ho sentita, sai?-

Silenzio. Emily guardò verso il pavimento, mentre David, che stringeva i denti, colmo di ira, continuava ad osservare con disgusto sua madre.

-GUARDAMI!- ordinò David.

Emily alzò lentamente il capo, puntandolo verso il viso di suo figlio.
-Sì... è vero... non avevo intenzione di avere un altra peste in casa mia, che probabilmente mi avrebbe deluso come hai fatto tu. Sempre alla ricerca di una nuova scuola, tu che vai sempre in cerca di guai, voti bassi, condotta pessima... se devo avere un altro figlio come te, preferisco di no, grazie.-

-Ciò non toglie che hai ucciso un bambino, non ancora nato. Hai tolto la vita al mio fratello, me lo hai portato via...-

Non aveva più voglia di restare in quella casa. La sola presenza di sua madre lo disgustava. Così si avvicinò alla porta della cucina, verso l'ingresso, ma prima di uscire si girò di nuovo verso sua madre.

-Non te lo perdoneró mai...-

Aprì la porta d'ingresso, dove però trovo Ellie che stava per bussare.

-Oh, David!- esclamò lei sorridendo alla vista del ragazzo. Ma vedendo la sua espressione, rimase perplessa
-Che hai?- chiese lei.

-Andiamocene.-

-Ma... non dobbiamo cenare coi tuoi?-

-Ti prego, Ellie... ovunque, tranne che qui.-

Lei notò il tono che aveva David mentre parlava. Era triste... e pieno di dolore...

-Va bene... Andiamo a casa mia.-




PERCY



Per Percy, tutto stava andando alla perfezione. Non solo aveva trovato il suo fratello, ma i sogni erano completamente finiti. In quegli ultimi due giorni non fece più sogni strani, nessuna voce che gli faceva girare la testa. Si sentiva veramente bene. David era ancora un po confuso per quella storia degli semidei, e lo capiva bene: era proprio come lui appena era arrivato al Campo (a parte il fatto che credeva di aver perso sua madre Sally).
Si svegliò presto e andò subito nella mensa a fare colazione. La sala era ancora poco affollata, ma intravide Annabeth. Stava per sedersi al suo tavolo, ancora vuoto, ma appena vide Percy fece un grande sorriso e si avvicinò al tavolo.

-Ciao.- disse lei sedendosi e donandogli un bacio sulle labbra

-Hey Annabeth.- rispose lui divertito

-Sei di buon umore?- chiese lei, notando il suo sorriso di primo mattino.

-Già. Ho una bella notizia: non ho più avuto incubi.-

-Sul serio?-

-Sul serio.- annuì lui.

Mentre i due brandivano la colazione, Percy spiegò alla fidanzata tutto quanto, sul fatto che i sogni fossero finiti, e che non aveva più avuto alcun capogiro. Intravide la felicitá di Annabeth, contenta di vedere il suo ragazzo in buona salute. Per colpa di quei sogni e di quei capogiri l'aveva fatta preoccupare, sentendosi in colpa per quello, ma ora tutto era finito.  O almeno, così credeva...

-Lo sai, scommetto che dietro a tutto questo c'era papà.- fece lui, bevendo un bicchiere di latte

-Ci sei arrivato eh? Ce ne hai messo per capirlo.-

Alle sue parole Percy rimase incredulo, e per poco non sputò il liquido che aveva ancora in bocca. Lo ingoiò subito e fece qualche colpo di tosse

-Aspetta...- disse appena si riprese. -Tu... lo sospettavi?-

Lei alzò gli occhi al cielo e scosse la testa divertita.
-Ahhh, Testa d'Alghe, non impari mai. Ragiona: settimana scorsa ti vengono questi capogiri, e senti una voce che ti sussurra "fratello". Poi sogni una figura scura in lontananza e senti la voce di tuo padre in sogno. Pochi giorni dopo vai a New York, un aereo fa un atterraggio di fortuna e tuo padre ti richiama dirigendoti di dirigerti lì. E guarda caso incontri David ed Ellie.-

-Quindi lo sospettavi... Perché non me l'hai detto?-

Alla sua domanda Annabeth rise ancora
-Aspettavo che tu ci arrivassi a capirlo.- E gli diede dei colpettini con l'indice sulla fronte  
-Quando farai funzionare questa testolina?-

A quel punto Percy fece un finto broncio alla ragazza. Adorava quei momenti tranquilli con lei, da soli. Lui quasi sempre ignorante e lei che era sempre pronta per correggerlo e fargli ruotare qualche rotella fuori posto. Semplicemente perfetto per Percy. Senza nessun mostro alle calcagna, senza alcuna divinità che aveva intenzione di ucciderlo o di stravolgere il mondo. In quell'ultimo anno, Percy riuscì a trascorrere una vita da semidio "normale" al Campo.
Stava avvicinando le sue labbra a quella della bionda quando poco prima di chiudere gli occhi, vide Annabeth cambiare espressione.

-Hey, arriva tuo fratello.-

Si voltò, vedendo un David mezzo-zombie sedersi al tavolo di Poseidone.

Non aveva un bell'aspetto, probabilmente aveva fatto un incubo,  cosa normale per i semidei. I due gli diedero il buongiorno anche se lui ci mise un po a rispondere

-Eh? Oh, si... buongiorno ragazzi.- disse lui, passandosi una mano sul volto.

-Hey David...- iniziò Annabeth.
-Tutto bene?-

-Sì, soltanto... un sogno tutto qua.-

-Stai attento ai sogni fratello...- spiegò ad un tratto Percy -Qualsiasi cosa tu faccia nei sogni potrebbe anche mostrarti il futuro, o il presente...-

-O il passato...- finì poi David

-Sì... anche quello. Ma il punto è che non devi prendere alla leggera ciò che sogni. Più di una volta ho visto cosa tremavano i nostri nemici, quindi fai attenzione.-

-Afferrato. Hey, sapete cosa?-

David prese il bicchiere vuoto ed essò si riempì di una bevanda scura. Copriva soltanto il fondo del bicchiere e Percy capì subito che tipo di bevanda si trattava.

-Caffè? Sul serio?- domandò incredulo Percy. David lo guardò un pò, come se avesse appena fatto una domanda idiota

-Sì. Perché, c'è qualche problema?-

-Nono, tutto ok. Non ti facevo tipo da caffè... Comunque oggi non ci alleniamo.-

-Perchè?-

-Beh, questo pomeriggio hai la sfida contro Clarisse, non vorresti mica entrare dopo un po di allenamento? Potresti partire svantaggiato. Perché non sfrutti la mattina per stare, sai...-

Le ultime due parole Percy le sussurrò così piano che neppure Annabeth riusciva a capirlo. Ma David intese subito dove voleva andare a parare, così il suo umore cambiò, e si voltò verso il tavolo di Ares, dove si stava sedendo Ellie.

-Hai ragione...-


Erano le 16:55. Clarisse era già nell'arena, con la maglietta arancione del Campo e la bandana rossa che le copriva la fronte.
Faceva avanti e indietro per l'arena, in attesa del suo sfidante. Intanto Percy e Annabeth erano seduti nelle gradinate dell'arena, vicino a Piper e Jason. Le gradinate cominciavano già a riempirsi di diversi ragazzi, curiosi di vedere la sfida. Percy vide Grover e Rachel avvicinarsi a loro, il primo con due bottiglie vuote di Diet Coke come spuntino.

-Grover, Rachel! Anche voi qui?-

-Bee! Ovviamente amico, siamo curiosi di vedere come se la cava tuo fratello.-

-Ma siete sicuri? Insomma, è qui da due giorni, e Clarisse c'è da un bel po...- domandò la rossa.

-Sì, ma Clarisse non è preparata per il corpo a corpo come lo è David. Vedrai Rachel.- le rispose Jason

Poi entrò nell'arena Ellie che prese subito posto tra Annabeth e Piper.

-Allora?- chiese Piper eccitata a Ellie.

-Sta arrivando. Eccolo!-

David era vestito con la classica maglietta del Campo e con dei pantaloncini corti neri. Ma mentre entrava nell'arena non diede alcuno sguardo alle gradinate. Era come se lui non vedesse tutti i ragazzi seduti intorno che non aspettavano di vedere l'incontro. Anche Percy era stupito da quella calma.
David guardò Clarisse, poi si tolse la maglietta del Campo, lanciandola lontano, restando quindi in canottiera bianca e lasciando intravedere i muscoli sviluppati delle proprie braccia. Cominciò a schioccarsi le dita delle mani, e per finire il collo, che fece un rumore così forte che alcuni ragazzi sussultarono.

-Hai finito di fare spettacolo, pivello?- esclamò Clarisse, sfidandolo con lo sguardo a diversi metri di distanza. Lui sorrise alla ragazza e si posizionò: si mise di lato, le gambe leggermente piegate, e il braccio sinistro piegato a 90 gradi in verticale, davanti alla faccia, e il braccio destro portato dietro, vicino al fianco.

-Bene.- disse sorridendo -Sono pronto.-

La sfida stava per iniziare: Clarisse non attendeva altro che quelle parole, così cominciò a correre verso di lui.

-Preparati a perdere!-

Clarisse assestò un pugno verso di lui, precisamente la faccia, ma David lo scansò subito,  piegando verso dietro la schiena, come se stesse giocando a Limbo. Clarisse fu poco sorpresa da quella schivata, così tentò di colpirlo ma non riuscì fare nulla: ricevette un calcio verticale in pieno mento,  e nel mentre David fece due verticali all'indietro, allontanandosi da Clarisse.
A quella scena, Percy fischiò sbalordito e Annabeth spalancò gli occhi
 
-Fiuuuu... però.-

Clarisse, ancora intontita dal calcio, si passò una mano nella faccia, cercando di riprendersi.

-Mi sono fatta fregare così facilmente!- si lamentò lei, stringendo il pugno.

-Ok, ora è il mio turno.-

David scattò in avanti e saltò, facendo un calcio in alto verso Clarisse, lei però riuscì a schivarlo andando indietro, ma  ricevette il secondo calcio in pieno petto.
Indietreggió un po, presa dal colpo.

-Ok, va bene. Sei bravino.-

Lui fece finta di non aver ascoltato il piccolo complimento di Clarisse. Percy noto lo sguardo di David:  gli occhi erano completamente calmi e rilassati, fissi sull'avversaria... aveva il pieno controllo della situazione.
Lui alzò la mano e fece cenno a Clarisse di venire, piegando le dita avanti e indietro. Lei, presa dalla provocazione, riattaccò assestando un altro pugno, ma David schivò verso destra, poi verso sinistra, e ancora verso destra. Si muoveva con calma e concentrazione, riuscendo a schivare ogni pugno che Clarisse cercava di assestargli. E lei non riusciva a colpirlo neanche una volta. Il decimo pugno fu bloccato dalla mano di David, e con l'altra colpì Clarisse con un forte pugno in pancia. Poi la colpì con un montante in pieno mento.
Clarisse indietreggió di nuovo, completamente incavolata.

-Come diavolo...- disse, passandosi la mano sul mento.

-Dovresti smetterla di lamentarti.-

Quelle parole presero alla sprovvista Clarisse, e la cosa la fece arrabbiare ancora di più.

-Eh?! Chi ti credi di essere per dirmi queste cose?!-

-Solo uno che guarda i tuoi difetti. Non ti avrò vista maneggiare un arma, ma con i pugni lasci troppe lacune Clarisse. Sei troppo lenta e riesco a schivare facilmente ogni tuo colpo, inoltre ti stai lamentando troppo e incolpi te stessa ogni volta che sbagli. Non mantieni la completa concentrazione sulla battaglia, e questo ti fa perdere tempo, lasciando in vantaggio il tuo avversario.

-Cosa?!- ringhiò di nuovo Clarisse

-Sei troppo sicura di vincere. Ma non vincerai mai contro di me in questo modo.-

-Questo lo vedremo!-

Clarisse scattò di nuovo e stavolta tentò di colpire David con un calcio Lui però lo schivò e assestò un forte pugno nella guancia di Clarisse. Ad un certo punto David si distese per terra con una grande velocità, poi prese le caviglie di Clarisse con le proprie gambe e mettendoci forza la fece cadere a terra.

-Maledetto!-  

Clarisse si rialzò. Aveva il fiatone e un piccolo livido sulla guancia destra, a causa del forte pugno di David. Alcuni ragazzi di Ares parlarono tra di loro, e Chris Rodriguez guardava perplesso la sua ragazza. Percy lo sapeva bene: erano sorpresi, anche se non era la prima volta che Clarisse faceva una figuraccia.
All'improvviso David corse verso la Clarisse stanca e sudata, per poi dargli una forte gomitata sullo stomaco. La colpì di nuovo in faccia con un forte pugno e lei presa dalla rabbia riuscì a colpire David per la prima volta: lo colpì in faccia con un fortissimo pugno e David cadde a terra. Clarisse era ancora affaticata ma almeno rimase soddisfatta per esser riuscita a colpirlo, dopo che lui l'aveva già colpita diverse.
Ma poi David cominció a ridere

-Cosa c'è di così divertente?!- sbraitò Clarisse.

Lui, ancora a terra, guardò Clarisse sorridendo, poi con calma si rialzò. Passò la mano sul proprio labbro sanguinante, per pulirsi dal sangue

-Ehehe... Perché mi sto divertendo. Mi piace confrontarmi con altre ragazzi come te, tutto qua. E poi quel pugno m'ha fatto molto male.-
Poi si rimise nella stessa posa di combattimento di prima-
-Eheh. Lo ammetto: hai una grande forza, se avessi più tecnica scommetto che mi avresti battuto subito.-

Percy guardò David di nuovo: egli osservava Clarisse e dalla faccia era divertito. Sì, David non stava bluffando: lo capì da quello sguardo, da quella faccia sorridente e compiaciuta. Si stava letteralmente divertendo.
Clarisse colpì di nuovo verso di lui, e stavolta David non si mosse, e parò il pugno con l'avambraccio sinistro. Riuscì a parare altri pugni di Clarisse, fino a quando lei non riuscì a colpirlo in piena pancia. Lui gemette dal dolore, a causa del pugno, e Clarisse gli assestò una ginocchiata, colpendo di nuovo la sua pancia. Ora la figlia di Ares era in vantaggio: colpì tre volte David in faccia, sogghignando mentre lo faceva, e per finire lo allontanò con un calcio. David traballò un po, ma rimase in piedi. Aveva un piccolo livido sulla guancia, il labbro spaccato ancora macchiato di sangue. Sorrise di nuovo e riguardò Clarisse soddisfatto.

-Così va meglio.- disse rivolto alla sfidante.  

Percy si girò, guardando Annabeth. Anche lei fece lo stesso. Erano veramente stupiti da David. Percy lo era già il giorno prima, quando lo aveva testato sull'acqua, ed era rimast davvero sbalordito. Quel giorno si muoveva con una velocità assurda grazie all'acqua, e Percy essendo anch'egli figlio dello stesso padre, riusciva a tenergli testa intercettando ogni colpo. Ma anche con Clarisse, nonostante non fosse a contatto con l'acqua, era veramente bravo. Era meno veloce, ma lo era abbastanza da rimanere in vantaggio contro Clarisse.

Annabeth squadrò Percy, anche lei sbalordita dell'abilitá di David.
-Però. Tuo fratello è in gamba.- commentò lei sorridendogli. Anche Percy le sorrise e poi i due tornarono al combattimento.

Clarisse scattò di nuovo e David intercettó un suo pugno bloccandolo con la mano e colpendola con un calcio laterale sul fianco. Dopo il colpo subito, Clarisse assestò un pugno nel pieno petto di David.
Negli ultimi minuti continuarono all'infinito a colpirsi tra di loro, ma più che altro Clarisse riceveva la maggior parte delle volte danni. David schivava, parava e colpiva in continuazione, soltanto qualche volta veniva colpito da Clarisse. Ma nonostante tutto lui resisteva bene e aveva soltanto un piccolo fiatone, Clarisse invece cominciava a stancarsi e diventava col passare del tempo sempre più lenta.    
            Ad un certo punto David parò con gli avambracci ben cinque pugni di Clarisse, fino a quando non bloccò una sua mano, per poi darle un forte calcio verticale, dritto sul suo petto.
Clarisse cadde di nuovo a terra, rimanendo in quella posizione per almeno una decina di secondi. Ansimava in continuazione, senza fermarsi, con il viso e la maglietta completamente sudata.
David invece si guardò le braccia,  precisamente i punti dove aveva parato i colpi di Clarisse, facendo qualche piccolo lamento di dolore. Anche lui era leggermente sudato ma rispetto alla sua avversaria era ancora in piedi.
Clarisse infatti non si rialzò più. David aveva vinto.
Lui si guardò per un pò le braccia, ancora indolenzite di pugni che aveva parato, ma dal suo sorriso, Percy intuì che David era soddisfatto del risultato.
Poi fece qualche passo, avvicindosi a Clarisse ancora a terra e guardandola dall'alto verso il basso.
 
-Ce la fai?- chiese lui tranquillo.

In un attimo il suo sorriso cambiò: ora era un sorriso di rispetto, di rispetto nei confronti dell'avversaria appena battuta. Indirizzò il braccio verso di lei, con lo scopo di aiutarla a rialzarsi.
Lei lo guardò con rabbia mentre lui continuava a sorriderle

-Lo sai? Mi sono divertito. Se devo dire la verità, mi piacerebbe sfidarti di nuovo.-

Ma Clarisse non poteva e non voleva farsi aiutare in quel modo. Gli fece un gesto con la mano, affermando che ce la faceva anche da sola, così si rialzò, cercando di non guardare in faccia il vincitore. Era troppo orgogliosa per farsi aiutare per queste cosucce. E quando fu di nuovo in piedi, il pubblico applaudì ai due giocatori.




Angolo autore:

Rieccomi con un altro capitolo della mia fic. Come potete vedere non ho ancora un buon codice HTML, per ora sono senza PC.  Allora, ammetto che ho fatto fare una figuraccia a Clarisse, ma non fraintendete: adoro Clarisse, ma volevo creare un modo per caratterizzare ancora di più il personaggio di David. In questi capitoli mi sono concentrato un pò su David, ma tranquilli: presto vi spiegherò bene anche la personalità di Ellie, che ho lasciato un po da parte. Inoltre, posso dirvi che mano a mano con la storia riprenderò diversi personaggi già apparsi, come ovviamente Frank e Hazel, per cui state freschi. ;)

Intanto, recensite e fatemi sapere le vostre opinioni sulla storia.

E noi ci vediamo alla prossima! :)

-MrRaider

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Capitolo 7
*** I timori di Ellie ***


I timori di Ellie


ELLIE



Se prima aveva leggermente paura di sua sorella Clarisse, adesso ciò che si trovava davanti non era per nulla paragonabile alla ragazza forzuta e intimidatrice che aveva conosciuto in quei due giorni. E non si aspettava che il suo ragazzo riuscisse a batterla. Lei sapeva quanto era bravo David nel combattimento a mani nude, ma non l'aveva mai visto impegnarsi tanto. Ma allo stesso tempo era sicura che David non stesse dando il meglio di se, anzi si stava trattenendo per restare al passo con Clarisse, ma al tempo stesso si divertiva. Lo capì da quello sguardo compiaciuto e divertito che aveva mentre duellava contro la ragazza. Rare volte Ellie vedeva quel lato di David, ma esso non la intimidiva affatto, anzi la affascinava ancora di più.
Appena Clarisse si rialzò,  ignorando l'aiuto di David, il pubblico cominciò ad applaudire. Alcuni incitarono Clarisse, i figli di Ares, mentre la maggior parte faceva il nome di David. Clarisse, presa dalla sconfitta se ne andò dell'arena.  Aveva bisogno di restare sola.  
David sorrise al pubblico e si avvicinò alle gradinate dove si trovavano la sua ragazza e gli altri.

-Che ti dicevo?- disse Percy al fratello, dandogli il cinque.

-E va bene, e va bene, avevi ragione. Però Clarisse è veramente forte. Sono rimasto colpito.-

-Certo che lo è.- commentò Annabeth .
-Clarisse è molto brava, ma non ha mai eccelso nel corpo a corpo. Tu eri avvantaggiato, e sei stato fortunato. Se avessi giocato contro di lei con una spada, non credo che avresti vinto facilmente. É molto esperta.-

-Beh, vorrà dire che dovrò migliorarmi...- commentò lui sorridente.

Jason fece per alzarsi e aiutò la propria ragazza ad alzarsi, affermando che se ne sarebbe andato con Piper da qualche parte per il Campo, magari per fare qualcosa insieme. Successivamente anche Percy e gli altri si alzarono e uscirono dell'arena.

-Ci vediamo dopo, David.- disse Percy prima di allontanarsi mano nella mano con Annabeth, e battendo il pugno di David. Alla fine rimasero soltanto David ed Ellie.

-Hey piccola...- fece lui avvicinandosi ma Ellie lo fermò, appoggiando la mano sulla sua canottiera fradicia.

-Sei sudato... ti consiglio di farti una doccia e... incontriamoci dietro la casa di Ares, ti aspetto lì.-

Lui la guardò un po, con la faccia incuriosita da quella proposta. Ma alla fine alzò le braccia al cielo in segno di resa.
                                                 
-E va bene, figlia di Ares...- disse inarcando le sopracciglia.
 
I due fecero una piccola risatina per poi separarsi, dandosi appuntamento per dopo.
Appena tornò nella casa di Ares non si aspettava di certo che stesse scoppiando una Terza Guerra mondiale all'interno. Appena Ellie entrò, vide una sedia di legno librarsi in aria e sbattere in diversi pezzettini vicino all'ingresso. Ovviamente sospettava chi poteva essere la causa del disastro.
Clarisse continuava a camminare velocemente per tutta la casa in preda alla furia mentre gli altri fratelli e sorelle la guardavano stupiti. Anche Ellie non era da meno ma quando Clarisse vedette la ragazza andò su tutte le furie.

-Come...- disse indicandola con un dito.
-Come diavolo fa quel tizio?-
Ellie sbuffò.

-Senti Clarisse. Perché te la prendi tanto con David? Ha accettato la tua sfida, e ha vinto, va bene? Non capisco cosa ci trovi per arrabbiarti così tanto...-

-Non mi capisci?! Pff... senti ragazzina. Sei da poco in questa casa, ma devi sapere una cosa: noi figli di Ares cerchiamo la gloria, il rispetto. E non lo otteniamo di certo facendoci battere da delle mezze calzette.-

-Mentre lanciando in aria qualsiasi cosa che ti capiti a tiro funziona?-

Alcuni dei suoi fratelli e sorelle la guardarono con gli occhi spalancati e le fecero cenno di piantarla. Altri mimarono il labiale, dicendo "Smettila" o "Hai fatto arrabbiare Clarisse."
Infatti la forzuta figlia di Ares divampò sempre di più di rabbia, e si avvicinò a lei.
Ellie, nonostante dentro se stessa affermasse di essere un po preoccupata per cosa avrebbe fatto Clarisse, si armò di sangue freddo e la guardò negli occhi. Non doveva far vedere cosa stava provando, ma doveva mostrarsi battagliera e sicura. Forse era cosi che agivano i figli di Ares pensò lei in quel momento

-Mi stai sottovalutando, pivella?!- ringhiò Clarisse.

-Sottovalutando? Perché dovrei? Non ne ho bisogno.-

Era la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Clarisse prese per entrambi le mani il colletto della maglietta di Ellie, che non si fece intimidire e rimase calma. Doveva mantenere il controllo, altrimenti sarebbe diventata lo zimbello della casa di Ares. Lentamente, alzò le mani verso quelle grosse di Clarisse che le tenevano il colletto, cercando di togliersele.

-Levami le mani di dosso!- sbottò lei, furiosa.

in un attimo, l'espressione di Clarisse cambiò: la furia era sparita, scambiandosi in uno sguardo curioso rivolto ad Ellie, come si stesse concentrando su cosa volesse fare. E alla fine, mollò la presa dal colletto, senza cambiare espressione.
Ellie, in preda alla collera, fece per andarsene, sbattendo la porta uscendo dalla casa. Se c'era una cosa che non sopportava erano i tipi come Clarisse. Non riusciva a reggerli, mai. Convinti di essere migliori di tutti in tutto, ma che alla fine si dimostrano meno bravi di quanto affermassero. Si diresse dietro la casa, trovando un grosso albero, così decise così di avvicinarsi e di sedersi a terra, appoggiando la schiena al tronco e sospirando, in attesa del suo ragazzo.
E cominció a pensare a lui. David la faceva impazzire. La sola vista la mandava fuori dal mondo. Non aveva mai trovato un ragazzo tanto dolce e gentile quanto lui. Era la sua roccia, la sua ancora di salvezza. Probabilmente senza David non avrebbe mai tirato avanti nella propria vita... forse. Se non per un particolare...

-Hey!-

Appena sentì la voce, Ellie alzò gli occhi,vedendo David camminare verso di lei. Aveva l'aria più calma, si era lavato, cambiato e il suo sorriso... Il suo sorriso, la mandava su di giri. E questo le bastava per farla sorridere di nuovo. David si sedette vicino a lei, alla sua destra, e strinse la mano con la sua, gesto che fece sentire Ellie al sicuro.

-Ora me lo concedi un bacio?- chiese lui, piegando un po la testa verso di lei, speranzoso.

Ellie non poté resistere, così unì le sue labbra con quelle del ragazzo, e... cavolo, era bellissimo. Tutto.
Le labbra vennero a contatto tra di loro in continuazione, le lingue si cercavano, e loro due si abbracciavano. Si dovettero staccare, riprendendo un po di aria.

-Allora?- chiese poi David.

-Allora cosa?-

-Intendo la battaglia... come ti sono sembrato?-
                         
Lei alzò un pò gli occhi al cielo, pensierosa, indecisa su che voto dargli. Di sicuro era stato bravissimo, ma optò per stuzzicarlo un pò.

-Mmmm... sufficiente.- disse alla fine.

-Sufficiente?!- esclamò lui stupito.

-Sì. Forse anche meno di sufficiente...-
-Oh, andiamo! Ho pure cercato di controllarmi per stare al passo con lei!-
Lei sorrise divertita.

-Beh... penso che dovrai migliorare... ora zitto e baciami!-

Tirò a se il ragazzo, prendendolo per la maglietta e lo baciò con foga, mettendoci tutta se stessa. David fu sorpreso dal gesto, cosa che fece soddisfare Ellie, ma si lasciò catturare dalle labbra della ragazza.

-Hey...- disse David dopo essersi scambiati diversi baci. -Che ne di un posto più tranquillo? Andiamo nella mia casa?-

-Certamente!-

I due si alzarono e mano nella mano camminarono per il Campo verso la casa di Poseidone. Oltrepassarono diversi ragazzi, alcuni che parlavano tra di loro, altri che giocavano o si allenavano, e per loro fortuna, nessuno di loro badò ad Ellie e a David, che raggiunsero ed entrarono nella casa.
Ellie spinse il ragazzo in uno dei letti, rimanendo sopra il suo corpo. Rimasero per qualche secondo a squadrarsi negli occhi, nel completo silenzio, fino a quando Ellie unì le sue labbra a quelle di David. Accoccolati nel letto, i due stavano cominciando a spogliarsi, sicuri di quello che volevano fare: David aveva già sfilato la maglietta di Ellie, rimasta col suo reggiseno nero e lei stava per fare lo stesso con lui quando...

-Quindi ho chiesto a Chirone e... AH!-

La porta si era aperta e i due innamorati, pieni di imbarazzo furono costretti a girarsi verso la porta, e urlarono anche loro per lo spaventò.  Lì Percy ed Annabeth erano in piedi, un pò esterrefatti nell'essere entrati in camera durante il momento di... intimità di Ellie e David.  
E Percy non ci pensò due volte a cominciare a ridere, nonostante l'imbarazzo, e di tutta risposta Annabeth gli diede una forte gomitata in pancia

-Cosa ridi tu?-

E presi dal momento, anche Ellie e David cominciarono a ridere, lasciandosi alle spalle il rossore che dominava i loro visi.

-Scusate se vi abbiamo interrotto ragazzi...- disse Annabeth che era l'unica ad a non aver riso.

-Non importa.- fece Ellie, che si sedette sul letto a fianco di David e si riprese la maglietta.

-Allora...- Percy si rimise in piedi, ancora indolenzito dal colpo della figlia di Atena.
-Stavo dicendo... ah sì. Che Chirone mi ha permesso di fare la piccola modifica alla partita.-

-Di che cosa parlate?- chiese David interessato.

Percy col suo solito sorriso si avvicinò a loro.
-Dopodomani inizia la Caccia al Bandiera. Oggi a cena, Chirone dirà quali saranno le due squadre. Ma la cosa interessante è che gli ho chiesto di fare una piccola modifica solo per questa partita. Ovviamente non posso dire nulla, a parte ai miei compagni di squadra...- e fece l'occhiolino rivolto a David.

Dato che i due erano fratelli di diritto dovevano essere in squadra, per cui per il momento poteva dirlo soltanto a David.

-Ah e comunque vi stavamo cercando.- disse poi Annabeth, guardando i due

-Di che si tratta?- chiese Ellie

-Sono arrivate le vostre cose da Los Angeles. E David... c'è tua madre al telefono che aspetta.-  

Ellie guardò subito il fidanzato, al quale brillarono subito gli occhi udendo che suo madre la stava aspettando. Soltanto Ellie sapeva Quanto David era in collera, e quanto era giù di morale in quel periodo. Lei aveva fatto di tutto per tirarlo su, di farlo stare meglio. Ci aveva impiegato tutta se stessa, ma dentro di sé sapeva che David in fondo stava ancora soffrendo.

-Dove?- chiese David, guardando Annabeth

-Nella Casa Grande.-


Arrivati di fronte alla Casa, e accompagnati da Percy e Annabeth, videro Chirone nel portico, trasformato nella sua versione umana in sedia a rotelle vicino ad alcune valigie appoggiate sui piedi del tavolo, parlare al telefono.

-David.- disse lui appena vide i ragazzi. Diede il telefono al ragazzo -È tua madre.-

Lui osservò il cellulare per svariati secondi, quasi ipnotizzato, poi si fece coraggio e lo prese, e andò dall'altra parte del portico, col cellulare all'orecchio.

-Mi duole dirle che non siamo riusciti a rintracciare i suoi tutori, signorina Ellie...- disse Chirone, stavolta rivoltosi alla ragazza

-Non si preoccupi, signore. Grazie comunque.- disse lei, senza degnare di uno sguardo al centauro.
La sua preoccupazione principale era David. Era girato di spalle e lei riusciva a sentire cosa stava dicendo alla madre. Diceva che si trovava ad un campo estivo, che era un semidio ed era figlio di Poseidone. Ma poi, il silenzio. David rimase zitto per un pò, e Ellie si preparò al peggio.

-Non è in buoni rapporti con sua madre?- bisbiglió Annabeth ad Ellie.

Lei annuì
-Per niente. Sono successe diverse cose tra loro e...-

-Sei incredibile!-

La voce ormai alzata e arrabbiata di David fece sussultare la ragazza, assieme a Percy e Annabeth. David si girò, ed Ellie poté notare finalmente il suo viso: gli occhi sembrava chr fossero infuocati di rabbia, e lui stringeva i denti mentre ascoltava la voce di sua madre.

-Sai cosa? Io e te abbiamo chiuso! Ne ho abbastanza! Non mi importa più nulla della tua vita! Non tornerò mai più da te! Me ne resterò qui, dove è giusto che stia! Da ora in poi vivrò per conto mio, adesso che so chi sono veramente! Fanculo a te, e fanculo alle tue relazioni del cazzo!-

Chiuse il telefono, camminò velocemente verso Chirone per restituirglielo e poi si allontanò, sotto gli occhi sbalorditi dei presenti.

Percy fece per seguirlo ma Ellie gli bloccò il braccio

-No. Ha bisogno di stare un po da solo. Conosco David...-

Lui fece per dibattere, ma poi guardò anche Annabeth e alla fine decise di restare dov'era.
Chirone intanto si trasformò in centauro.

-Sentite... io devo andare ad allenare alcuni ragazzi. Tenetemi aggiornato.- e anche Chirone li lasciò.

Ormai David era sparito. Sicuramente doveva essere andato da qualche parte a schiarirsi le idee, e per calmarsi.

-Senti Ellie...- cominciò Percy, prendendo posto nel tavolo assieme alle altre -Non voglio costringerti, ma vorrei sapere cosa è successo a David. È mio fratello... vorrei sapere cosa sta passando.-

Ellie ci pensò su. Non aveva detto mai a nessuno i problemi che aveva il suo ragazzo, ma d'altronde, di trattava di  Percy e di Annabeth, anche se non era tanto sicura di farlo. Una parte di lei temeva che David si sarebbe arrabbiato, un altra invece pensava il contrario.
Così, dopo averci riflettuto  per qualche minuto, cominciò a raccontare: parló del rapporto che aveva David con sua madre, di nome Emily. I due non erano andati molto d'accordo, e a causa delle diverse espulsioni del ragazzo, Emily cominciò a vederlo come una nullità. E David non apprezzava gli uomini che frequentava la madre, che spesso faceva ricadere nel proprio letto intenta a fare l'amore con tizi subdoli. Tutto cambiò quando Emily conobbe un uomo, dall'aspetto premuroso e gentile, che divenne simpatico anche a David. Emily e l'uomo di nome Chris rimasero insieme per diversi mesi, intenti pure a decidere le nozze. Ma successe qualcosa, e la situazione cambiò di nuovo: Emily fu di nuovo incinta, del figlio di Chris, e tutti quanti furono felici di festeggiare, David sopratutto. Ma Emily non la pensava così e decise di abortire subito senza il consenso degli altri. Chris lasciò la donna e David non parlò più con lei.

-La notizia dell'aborto aveva toccato nel profondo David. Non si aspettava che sua madre facesse una decisione simile. Passò un momento difficile, e io ero l'unica che gli era rimasta vicino.-

Finito il racconto, Percy si limitò a scuotere il capo rivolto verso il basso,  mentre Annabeth si era portata una mano nella bocca.
-Non lo sa nessun altro, e vorrei che la cosa rimanga così.-

Annabeth annuì.
-Stai tranquilla, puoi fidarti di noi.-

Percy continuò a scuotere il capo, poi cominciò a mordersi la nocca dell'indice, nervoso

-Non so che cosa dire...-

-Sentite... ci parlerò io, ok?- spiegò Ellie. -Riuscirò a calmarlo. Ne sono sicura.-


Pochi minuti dopo, Ellie fu di fronte alla casa di Poseidone, con una valigia che portava dietro con se. Notò che la porta era socchiusa, così la aprì ed entrò.
Non ci volle molto a trovare David: aveva un braccio appoggiato al muro vicino alla finestra, e guardava fuori.

-Hey.-

La voce della ragazza lo fece riportare in se, dato che si giró verso di lei. Per un attimo, Ellie vide la tristezza di David, poi un sorriso forzato, segno che stava tentando di nascondere i propri sentimenti.
Lei si avvicinò sempre di più a lui, fino a quando non fu alla sua destra, con lo sguardo fisso nei suoi occhi.

-Ti ho... ti ho portato la valigia.- disse lei indicando la valigia che aveva appoggiato ai piedi del letto.
-Che ti ha detto Emily?- chiese poi.

Lui non disse nulla per un pò. Sciolse il sorriso forzato e si portò una mano nei capelli castani.

-Appena le ho detto che mi trovavo al Campo... lei mi ha riferito che sapeva tutto. Da sempre. Sin da quando era incinta di me.  Si aspettava grandi cose, un figlio che potesse renderla fiera, ma che invece non ha fatto altro che ferirla. Mi ha detto che l'avevo delusa... e altre cazzate.-

E nel frattempo tornó a riguardare fuori.

-Senti David... ho detto a Percy e ad Annabeth dei tuoi problemi con tua madre, anche del suo aborto. So che non volevo farlo ma...-

-No...- la interruppe lui.

Aveva alzato la mano, e gli aveva tappato dolcemente la bocca con l'indice e il medio. Si girò di nuovo, ed Ellie poté notare che non era arrabbiato.

-No, hai fatto bene... ci hanno aiutato, meritavano di sapere, specialmente Percy...-

Finalmente anche Ellie sorrise. Portò la mano sulla guancia del fidanzato, cominciando ad accarezzarla.

-Non serve che nasconda cosa provi, David. Non sei più solo. Hai me, e ora anche degli amici di cui puoi contare.-

Questa volta David sorrise veramente. Era un viso sincero e dolce, pieno di gratitudine e affetto verso Ellie. Con calma imitó il gesto della ragazza, e in pochi secondi anche lui teneva una mano la guancia della sua splendida fidanzata.

-Grazie.-



Angolo dell'autore
Siamo tornati, yeee! Come sempre, chiedo scusa per il tempo che ci ho messo per pubblicare questo capitolo, in compenso spero che vi sia piaciuto. Ammetto che non sapevo bene che titolo dare al capitolo, ma ho scelto l'attuale per descrivere bene cosa prova Ellie, sia per come si comporta Clarisse, sia per il suo amore e l'affetto che dimostra per David. Vi voglio comunque  dire che presto avrò di nuovo il PC,  per cui rimodificheró questi capitoli per renderli più carini esteticamente (e potrò continuare l'altra fanfiction che sto scrivendo, avevo tutto segnato nel PC e non ho potuto aggiornare per più di un mese. Rendetevi conto...).
Come sempre, vi ringrazio per le recensioni passate, e spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto. Se vi va, postatene anche qui una e io vi aspetto alla prossima! ;)
-MrRaider

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Capitolo 8
*** Sfida a Caccia alla Bandiera ***


Sfida a Caccia alla Bandiera


PERCY



Quel giorno Percy cercó di non fare parola a David di sua madre. Quando prese posto a tavola a cena, dopo essere rimasto per un pò nella cabina con Ellie, David si limitò a rispondere a Percy se stesse bene

-Sì, certo. Sto bene.- gli rispose lui.

Servendosi di pizza, Percy ascoltó dal tavolo di Poseidone l'annuncio che stava dando Chirone al Campo

-Agli dei! Dunque, prima di iniziare, vorrei fare un piccolo aggiornamento. Fra due giorni inizierà la Caccia alla Bandiera. La Squadra Rossa sarà composta da: Ares, Zeus, Apollo, Demetra, Ecate, Dionisio, Nemesi, Ebe, Ecate, Persefone e la cabina di Ares sarà il capitano della squadra; mentre la Squadra Blu sarà composta da: Atena, Poseidone, Afrodite, Efesto, Ermes, Iride, Ipno, Nike, Tiche, Erebo e Eolo, e la cabina di Atena sarà il capitano della squadra. E un ultima cosa: per questa partita abbiamo deciso di fare un piccola modifica: la bandiera della Squadra Blu, che di norma viene appostata vicino al ruscello, questa volta verrà spostata vicino al lago. Non ci saranno altre modifiche, e questa chicca sarà soltanto per questa partita. E ora, buon appetito a tutti!-

Quando Chirone finì di parlare si creò un gran brusio tra i tavoli. C'era chi si chiedeva come mai spostare la bandiera, chi discuteva riguardo le squadre e altri (Jason) che se ne lamentava. Per Percy era perfetto: era in squadra con Annabeth, e anche le altre cabine in squadra erano davvero ottime. Si prese un trancio di pizza e cominciò a mangiarlo

-Scommetto che c'eri tu dietro.- disse David al fratello che lo guardò incuriosito.

Ingoiò il trancio
-Riguardo a cosa?-

-Alla modifica della partita.-

-Okok mi hai scoperto. Oggi avevo chiesto a Chirone questa piccola cosa anche perché volevo testare le tue capacità. Ti spiegherò domani, ora mangiamo.-

Durante il falò, Percy se ne rimase in disparte, vicino ad un albero. Ma senza farsi notare, guardava suo fratello che stava parlando con Ellie, Jason, Piper e alcuni ragazzi della casa di Ermes. Sembrava tranquillo, anche se Percy intuiva che David cercasse in tutti i modi di nascondere cosa stesse provando. Non poteva certo biasimarlo.

-Hey.-

Appena Annabeth si avvicinò a lui, stringendogli i fianchi col braccio, Percy non poté fare a meno di sorridere e di guardare la propria ragazza, ma dopo un po tornò ad osservare David.

-So a che stai pensando.- disse lei, riprendendosi l'attenzione di Percy.

-Mh? Riguardo a cosa?-

-A tuo fratello, Testa d'Alghe. Sei dispiaciuto per lui, per quello che ha passato poco fa, nel portico della Casa Grande. E vorresti fare qualcosa...-

Lui inarcò le sopracciglia e riguardò Annabeth.
-Diamine Sapientona, non ti sfugge niente, eh?-

-Soltanto intuito. Ma posso consigliarti cosa fare per lui: fallo sentire a casa. Fagli capire che è questo il suo posto, dove potrà vivere per come è veramente. Fagli vedere che questa è casa sua, che questa è la sua famiglia. Pensaci bene Percy, e credo che tu sappia già la risposta.-

Come sempre, il figlio di Poseidone rimase sbalordito dalle parole della sua ragazza. Non sapeva neanche che dire, ma fu veramente grato per il suo aiuto. Ma era una sua caratteristica:Annabeth aveva sempre aiutato Percy nel momento del bisogno, e lui faceva la stessa cosa quando serviva a lei. Era persino caduto nel Tartaro per lei, e non l'aveva mai lasciata sola. Mai.

-Grazie Sapientona.-


Anche quella notte, Percy non dormì tranquillo purtroppo. Non aveva fatto sogni strani come quelli di qualche giorno fa, ma soltanto brutti ricordi. In particolare, il Tartaro. Quel luogo oscuro e cupo che Percy e Annabeth avevano attraversato, fianco a fianco, senza separarsi.
Innumerevoli immagini gli si piazzarono davanti, facendogli rimbombare la testa: loro che bevevano nel Flegetonte, tentando di restare vivi e sopravvivere. La battaglia nelle Porte della Morte, dove i due furono costretti a lasciare Bob, Bobbino e Damaseno alla mercè di Tartaro. Ma fra tutte, l'immagine di Annabeth completamente cieca, che credeva che Percy l'avesse abbandonata, era la peggiore, e non riusciva a togliersela dalla testa.

-È solo un ricordo! Non è più reale! BASTA!-


Con un urlo, si svegliò di soprassalto, con la fronte bagnata fradicia dal sudore. Ancora non riusciva a credere che il Tartaro continuasse a tormentarlo. Era come se fosse ancora lì, con Annabeth, lottando per sopravvivere.

-Riprenditi, Percy, riprenditi!- si disse martellandosi la fronte col pugno.

Guardò fuori: era già mattina, e poteva già vedere qualche semideo salire la collina verso il padiglione della mensa per fare colazione.

-Percy?-

David sbucò dalla porta del bagno, già pronto per uscire. Doveva aver sentito l'urlo del fratello, dato che aveva una faccia molto preoccupata.

-Sto bene, David. Tranquillo...-

Non parve tanto convinto, ma annuì

-Dai, andiamo a fare colazione.-

Purtroppo, nonostante quel piatto pieno di cibo davanti, Percy non riuscì a stare tranquillo, quell'incubo lo aveva distrutto.
Mentre mangiava però sentì dei passi, così alzò lo sguardo, notando Annabeth e gli altri suoi fratelli che si stavano sedendo nel loro tavolo. Da quando si era svegliato, era preoccupatissimo per la figlia di Atena, ma vederla tranquilla e serena mentre prendeva posto lo fece rilassare.
Lei lo notò e gli sorrise caldamente, poi fece un gesto con gli occhi, rivolto al fratello. Fallo sentire a casa, aveva detto il giorno prima. E a Percy venne un'idea.


C'era un luogo che Percy non aveva ancora mostrato al fratello, e non si era reso conto di essersene completamente dimenticato. Si sentì uno stupido, ma era convinto che farlo quel giorno era l'occasione migliore per rimediare. I due si allontanarono dalla mensa e si diressero verso le stalle dei pegasi. Lì i cavalli alati nitrivano contenti alla vista di loro e Percy riuscì a sentire cosa stessero dicendo. David intanto stava osservando i cavalli con grande stupore, fino a quando non si avvicinò ai due un pegaso dal manto completamente nero.

-Ciao BlackJack.- disse Percy accarezzandogli il muso.

"Heyla capo. Hai delle zollette di zucchero?"

Percy frugò nella tasca e diede al pegaso una manciata di zucchero che ringraziò nitrendo.

-Stupendo...- commentò David avvicinandosi lentamente al pegaso.

"Hey amico, avvicinati pure. Non mordo mica, a differenza di alcuni miei cugini..."

David sgranò gli occhi appena il pegaso gli parlò. Era una caratteristica comune dei figli di Poseidone, ossia la possibilità di comunicare con i cavalli O simili, essendo stati creati dal dio del mare.

-Ahahahah, te l'avevo detto... Comunque, David, ti presento BlackJack, il nostro pegaso. BlackJack, David, mio fratello.-

"Oh, un altro? Allora dovrò chiamarti vice."

-Vice?- disse David confuso

BlackJack nitrì
"Già, sei il fratello del capo, per cui ti chiamerò vice"

-Ma, aspetta, non abbiamo un altro fratello?- chiese stavolta a Percy

-Ehm... sì, ma vedi, il fatto è che Tyson è un ciclope, e BlackJack non gradisce il suo peso.-

"Una volta mi ha quasi spezzato la colonna vertebrale. Non voglio pensarci. Comunque vice, vuoi fare un giro?"

Alla proposta del pegaso, David spalancò gli occhi incredulo.
BlackJack si inginocchiò un po, per far salire facilmente David. Poi, una volta fatto, BlackJack partì alla carica, e volò in cielo, con sopra David, che urlò di felicità. Percy rimase a terra, vicino alle stalle, osservando dal basso il fratello e il pegaso che si divertivano. Li vide scendere in picchiata nel lago, dove una coppia di driadi andò sott'acqua notandoli, per poi riemergere e urlargli contro. Poi tornarono in alto, sempre più in alto, riscesero in picchiata e cominciarono a fare un giro per il cielo del Campo.
Distratto dai due, Percy non notò Annabeth al suo fianco, anche lei che osservava i due nel cielo.

-Ottima idea, Testa d'Alghe.-

Sentendola, finalmente la notò, e vide il volto bello e affascinante di Annabeth rivolto al suo, che gli sorrideva raggiante. Anche lui non poté fare a meno di sorridere.

-Che ci fai qui?- chiese dolcemente alla ragazza.

-Vi stavo cercando, per decidere sulla strategia per domani.-

Percy annuì, poi tornò verso BlackJack e David. Si portò l'indice e il pollice di una mano nella bocca, e fischiò. Il richiamo fu sentito fa BlackJack che scese verso di loro.

-È stato fantastico! Ciao Annabeth!- esclamò David sceso dalla groppa del pegaso.

"Vice, sei molto più leggero del capo. È stata una goduria volare con te."

Percy notó il commento del pegaso, così data la sua piccola occasione, tentò di stuzzicarlo.

-Hey BlackJack, che stai insinuando? Non sono alla tua portata?-chiese duramente, ma con lo scopo di spaventarlo.

Ci riuscì, dato che il pegaso nitrì preoccupato
"Nononono, capo! Non intendevo offenderti! Ma il fatto è..."

Sia Percy che David risero alle parole di BlackJack, e Percy accarezzò il muso del cavallo, dicendogli che stava scherzando.
Alla fine i tre lasciarono le stalle e si diressero nella Cabina di Atena. Lì, tutta la squadra era già pronta ad aspettarli. Percy vide Piper e i ragazzi di Afrodite riuniti con lei (ad eccezione di Drew), I fratelli Stoll coi ragazzi di Ermes, Iride ed Efesto.
Annabeth assunse quella faccia seria e determinata, che dimostrava soltanto quando c'era qualcosa da programmare. Appoggiò il berretto degli Yankes sul tavolo, il regalo di sua madre, che dall'impresa dei Sette, aveva ripreso a funzionare. Accese il suo fidato portatile, non era quello tecnologico e moderno di Dedalo, ma almeno Annabeth, sospettando che sarebbe potuto succedere qualcosa, aveva salvato tutti i file presenti nel precedente. Era uguale, ad eccezione del simbolo di Dedalo mancante sul retro.

-Allora, Percy ha deciso di fare questa cosa per Caccia alla Bandiera, quindi, Testa d'Alghe, a te l'onore.-

Percy annuì serio e si avvicinò al portatile, cominciando a puntare diversi punti della mappa.
-La mia idea era una tattica difensiva. Piazzeremo la bandiera qui, proprio di fronte al lago. Vorrei un paio di ragazzi in difesa, ben nascosti, qui e qui, mentre io e David saremo qui.-

Appena indicó il lago, tutti quanti squadrarono Percy, curiosi per quella scelta.

-Saremo sott'acqua.- spiegò.
-Nascosti sul fondo del lago. E appena sentiremo avvicinarsi i membri dell'altra squadra, noi balzeremo fuori, e useremo il potere dell'acqua per restare in vantaggio. La squadra avversaria sarà molto occupata con noi, e nel frattempo, mentre le forze nemiche cercheranno in tutti i modi di avere la meglio, Annabeth, Piper e altri ragazzi potranno andare a recuperare la bandiera e portarla alla base. Che ne dite?-

Gli altri si guardarono tra di loro, ma dalle loro espressioni Percy dedusse che erano davvero sbalorditi.

-Che diavolo! Facciamolo!- esclamò Piper.

Tutti quanti alzarono le mani e gridarono, in segno di approvazione. Il giorno dopo avrebbero provato la strategia di Percy.

Tutta la squadra si organizzò al meglio il resto della giornata per dedicarsi agliallenamentie dividersi in gruppi. Ovviamente, Percy si allenò solamente con David. I due infatti, dopo la mattina passata ad allenarsi nell'arena, verso il pomeriggio andarono nel lago. Si tuffarono entrambi, e Percy fece cenno a David di seguirlo sott'acqua.

"Verso il fondo." Gli disse col pensiero.

Essendo figli di Poseidone, essi potevano tranquillamente comunicare col pensiero una volta sott'acqua.
David annuì e seguì il fratello. Nuotarono per diversi minuti verso la parte più bassa del lago, fino a quando entrambi non toccarono terra.
Percy alzò le braccia, e creò un enorme bolla d'aria con lui e il fratello all'interno, ma la fece crescere ancora di più, fino a quando non divenne grande quanto un campo da tennis. Poteva vedere benissimo le diverse creature marine che popolavano il lago. Era perfetto per allenarsi con l'acqua, senza occhi indiscreti o qualcuno che potesse disturbarli.

-Ora alleniamoci. Iniziamo con qualcosa di semplice: ogni volta che farò entrare un po di acqua in questa bolla, tu dovrai cercare di controllarla prima che io la faccia uscire. Poi passeremo a qualcosa di più complicato. Tutto chiaro?-

-Va bene mister.-

Percy si incupì
-E non chiamarmi mister... non mi piace. Chiamami semplicemente Percy, o fratello. Tutto ma non mister, o Testa d'Alghe. Solo Annabeth mi chiama così.-

David annuì serio e, camminò verso l'altra parte della bolla e si mise in posizione. Così Percy, concentrandosi, fece entrare nella bolla, precisamente dalle sue spalle, un piccolo fiume d'acqua e lo fece volare in aria per la bolla, manovrandolo verso la parte opposta. David tentò di prenderla, ma fallì diverse volte.

-Non preoccuparti. Abbiamo tutto il tempo che vogliamo. Fai con calma.- Lo incitò Percy.

Ci provò per diversi minuti, e anche se non ci riusciva, Percy notava che si stava davvero impegnando. Ci poteva tempo, e lo capiva.
Quando era al Campo la prima volta aveva inzuppato alcuni ragazzi della casa di Ares, nei gabinetti del Campo, e lui non riusciva nemmeno a controllarla.
Dopo diversi minuti finalmente David ci riuscì: mentre l'acqua stava per uscire dalla bolla, la fermò proprio all'ultimo momento, sopra la sua testa.

-Eccellente, David.- disse il fratello.

Provarono per diverse volte, fino a quando David non riuscì a manovrare a suo piacimento l'acqua. Provò con successo anche a farne entrare un po nella bolla, cosa che rese Percy ancora più soddisfatto.

"Impara in fretta... molto bene."

Poi fecero diversi esercizi, come ad esempio colpire Percy con un getto d'acqua, creare diverse bolle d'aria, e infine, come la prima volta, attaccare corpo a corpo a contatto con l'acqua, che Percy aveva lasciato ai piedi della bolla.

Percy disfece la bolla, e i due nuotarono per un bel pò. Lo scopo stavolta era che David mantenesse il passo è seguisse il fratello, ma il fatto era che Percy era molto veloce sott'acqua, e dubitava che David ci riuscisse. Cosa che si riveló falsa, dato che riuscì a restare proprio attaccato a lui, anche se qualche volta rallentava.

"Basta così." si fermò Percy, guardando il fratello.
"Sei andato benissimo. Sei pronto per domani. Un ultima lezione per oggi. Ora, concentrati al massimo. Devi sentire l'acqua che c'è intorno. Una volta fatto, dovrai sentire dei rumori e delle voci sopra di noi. Saranno ragazzi che si stanno allenando."

David chiuse gli occhi, e cercò di fare come aveva detto Percy. Era un'abilità che aveva sfruttato poco, Riuscire a sentire cosa accadeva all'esterno, ma si era dimostrata molto utile. Si concentró anche lui, sentendo alcuni ragazzi che correvano ai piedi del lago, e stranamente, sentì la voce di Annabeth li vicino.

"Al mio segnale, risaliremo velocemente in superficie. Controlla l'acqua del lago, usala come un trampolino, e cerca di atterrare senza schiantarti. Al tre: uno... due...TRE!"

Percy fece in modo che l'acqua lo trasportasse in alto verso la superficie, ad una velocità supersonica. Prima di uscire dal lago, si girò, notando che anche David ci era riuscito.
Fece un grande balzo di diversi metri, una volta uscito dal lago, e atterrò "dolcemente" nella fonte della voce di Annabeth. Si rese conto, infatti, di averla distesa sull'erba, e lui era seduto sopra di lei.

-PERSEUS JACKSON!- sbraitò lei, ma Percy le chiuse delicatamente le labbra con l'indice.

-A rapporto, Sapientona.- rispose lui ridendo.

Ci vollero una faccia da cucciolo e diverse scuse per calmare Annabeth, ma alla fine la ragazza cercò di darsi una regolata.

-Non farlo mai più.- disse una volta in piedi.

-Non ti prometto niente. Dove è andato David?-

Cercó il fratello con lo sguardo fino a quando non lo vide seduto sul ramo di un albero lì vicino.

-Eccomi!- disse sventolando mano.
-Presumo che sia andata bene...- commentò Annabeth guardando il ragazzo sull'albero.

-Più che bene, Sapientona. Non vedo l'ora che sia domani.-


E infatti, il giorno della partita arrivò subito. Verso il pomeriggio, la squadra al completo si riunì alla riva del lago. Dopo che Chirone rispiegò velocemente le regole, la squadra posizionò la bandiera di fronte al lago, di colore grigio e con la sagoma di un grosso gufo disegnata. Annabeth, Piper e diversi ragazzi cominciarono ad allontanarsi. Il loro obiettivo era restare nascosti fino a quando non sarebbe cominciata la battaglia al lago, per poi partire per il Pugno di Zeus.
I fratelli Stoll e il resto della squadra si nascose nei cespugli e negli alberi vicini, mentre i figli di Poseidone si tuffarono in acqua. Come il giorno prima, si posizionarono nel fondo del lago, ma questa volta si sedettero. Entrambi intrecciarono le braccia e le gambe, e chiusero gli occhi, cercando di ascoltare ogni minimo particolare proveniente dalla superficie.

Aspettarono per un quarto d'ora, che per Percy parvero ore. Non gli piaceva stare fermo, dato che era molto iperattivo, ma sapeva che non poteva mandare tutto a monte, così cercò di calmarsi. "Sento dei movimenti, Percy."

Era vero. Anche Percy udì dei rumori, erano almeno una decina di ragazzi che si stavano avvicinando alla Bandiera.

"Sono loro. Sei pronto?" aprì gli occhi e si voltò verso David, notando che anche lui lo stava osservando.

Lui annuì serio.
"Sono pronto."

"Allora andiamo!"

Sì slanciarono sfruttando l'acqua del lago, e i due atterrarono proprio poco più avanti la bandiera, faccia a faccia con i membri della squadra avversaria. Erano diversi ragazzi e ragazze, delle Cabine di Nemesi, Dionisio, ma non riconobbe tra loro nessuno della cabina di Ares, e nemmeno Jason.

-Hey ragazzi. State cercando la bandiera? ADESSO!-

Appena urlò, gli alleati sbucarono dal loro nascondiglio, ma allo stesso tempo, apparvero i rinforzi nemici dal bosco, e tra di loro riconobbe Ellie e Clarisse.

-Ora, David!-

I due fratelli si affiancarono, spalla contro spalla, indirizzarono il loro braccio verso il nemico mentre un'onda gigantesca si abbattè davanti a loro.
La squadra avversaria faticò a rimettersi in piedi ma appena Clarisse urlò di attaccare la battaglia incominciò sul serio.
Vide Clarisse sfrecciare verso David, brandendo la sua ascia elettrica, ma Percy fu più veloce e la bloccó con Vortice.

-Mi spiace Clarisse. Perché non te la prendi con me?-

La ragazza, che era serissima, non protestò e cominciò ad attaccare Percy, che si parava e schivava con prudenza. Ma allo stesso tempo, mentre lei attaccava, notava che lo stava facendo indietreggiare. Non la fermò, ma fece in modo che la figlia di Ares continuasse a spingerlo, fino a quando Percy non si ritrovò i piedi bagnati dalla riva.

"Perfetto."

Un onda proprio sui suoi piedi investì Clarisse, che le fece fare un grande balzo e cadde poco più avanti.
In quell'istante, Percy si girò un attimo per vedere come se la stava cavando David: il fratello era da solo contro due ragazzi avversari, cercando di difendersi con la spada. Ad un certo punto, la perse a causa di uno scontro con la lama dell'avversario, così cominció ad indietreggiare, e si ritrovò I piedi nel bagnasciuga.

"Andiamo David. Mostrami cosa sai fare."

E lo fece. David scattò con una velocità assurda, diede un calcio sul petto del primo avversario (per fortuna aveva l'armatura), ma il colpo era talmente forte che lo spedì su un albero. L'altro avversario provò con un fendente orizzontale, David lo schivò di nuovo piegando la schiena tipo Limbo (come aveva fatto nella sfida con Clarisse), e poi si drizzò velocemente in avanti e diede una forte testata al nemico.
Era incredibile come fosse diventato potente in quel poco che gli era bastato per toccare l'acqua. Aveva messo fuori gioco due ragazzi in un battibaleno.

-Recupera la spada David! Non restare disarmato!-

Udito l'ordine del fratello, corse subito e riprese la spada. Ma appena si rialzò si ritrovò faccia faccia ad Ellie. I due si guardarono per un momento, poi Ellie attaccò.
David intercettó il colpo con la spada, e i due cominciarono la loro battaglia, tra attacchi, schivate e parate. David riusciva a tenere la guardia alzata e a non distrarsi ma Ellie sembrava avere la meglio con la spada, dato che la maneggiava con una buona maestria.
Chissà che tipo di allenamento le aveva dato Clarisse...
Ma proprio mentre Clarisse si riavvicinò a Percy tutti i presenti si fermarono di colpo. Poi un enorme folata di vento passò fra i presenti, talmente potente da far svolazzare l'armatura di Percy.

-Che succede?!- chiese David.

Percy però sapeva la risposta. E sorrise.

-È Jason. Sta arrivando.-

Lentamente, indietreggió verso il lago, e concentrandosi, rimase esattamente in piedi sul letto del lago. Poi il vento si fece più intenso e Percy guardò in alto. Come sospettava, Jason stava scendendo in picchiata, proprio verso di lui. Percy si mise in posizione difensiva, e in un attimo, ci fu un enorme scossone.
I tuoni rimbombarono per il campo di battaglia, le acque del lago cominciarono a diventare sempre più mosse, e Jason era proprio davanti a Percy, sospeso a mezz'aria, la sua spada a contatto con Vortice. I due erano faccia a faccia, e avevano un ghigno pazzo e divertito. Non era la prima volta che succedeva.
Jason provò a colpire Percy, ma lui riuscì a parare il colpo, e cercò di contrattaccare. Per diversi minuti i due continuarono quella specie di danza, fatta di attacchi, parate e schivate, fino a quando le due spade non si incontrarono di nuovo.

-Divertiamoci.- disse Jason, ancora con quel sorriso strano.

Si librò in aria per diversi metri, e i tuoni si fecero più frequenti.
Percy rimase dov'era, ma si concentrò sempre di più sull'acqua del lago, per fare in modo di ottenere la maggior potenza possibile. Poi, Jason scese di nuovo, spada sguainata, mentre Percy si alzò, spinto dall'acqua che aveva creato una cascata ai suoi piedi. E appena le spade si scontrarono, ci fu un altro scossone.
Rimasero entrambi per diverso tempo in aria, uno con il potere del cielo, l'altro con quello del mare. E quando si scontravano, era come se stesse per arrivare un terremoto.
Alla fine Percy cadde in acqua, ma rimase come prima in piedi nel letto, mentre Jason continuò a salire. Vide che alzò il braccio, e un fulmine gli passò sulla mano. Percy invece si concentrò, ed un onda gigantesca si erse sulle sue spalle. E quando il fulmine e l'onda si scontrarono, un flash di luce bianca inondò l'area circostanze.

Dopo qualche secondo Percy piombò sul suolo, ancora in piedi, vicino al lago. Jason era davanti, anche lui in piedi. Entrambi non erano stanchi. Entrambi ne volevano ancora. Si attaccarono di nuovo, stavolta a terra, e le spade si scontrarono più di una volta e...

-Ehm... Testa d'Alghe?-

-Scintilla?-

-CHE C'È?!- chiesero i due, udendo le voci delle loro ragazze.

Si voltarono, vedendo le due ragazze in piedi che lo guardavano, ma i due notarono che a parte loro, non c'era nessun altro.

-Hey, dove sono gli altri?- chiese Jason.

-La partita a Caccia alla Bandiera è finita venti minuti fa!- spiegò Piper.

I due sbiancarono
-Cosa?! È impossibile! Abbiamo soltanto...-

-Testa d'Alghe, la vostra battaglia non aveva verso di finire. Noi abbiamo continuato la partita senza di voi, e ci mancava poco che perdessimo...-

-Oh... raccontami.-

Percy trasformò Vortice in penna, salutó Jason e Piper e si allontanò con Annabeth. Era così preso dalla adrenalina dell'incontro con Jason che si era dimenticato della partita, ma ora voleva sapere.

-Allora, raccontami tutto, nei particolari.- disse appoggiandosi da un albero lì vicino, assieme ad Annabeth.
E lo fece: gli raccontò di come era riuscita con gli altri della squadra a prendere la bandiera.
-Ma mentre tornavamo alla base era successo qualcosa: la squadra avversaria stava per prendere la bandiera, se non fosse stato per David. Era stanco e affaticato dalla battaglia, ma ad un certo punto aveva chiamato le acque del lago, che lo avevano circondato per tutto il corpo... era diventato una specie di sfera d'acqua gigante, un tutt'uno con l'acqua, non so come abbia fatto a farlo, po si è tuffato verso Clarisse e gli altri. Li ha stesi subito.-

Percy fischiò dallo stupore
-Wow, questo sì che è mio fratello. E poi?-

-Poi son riuscita con gli altri a portare la bandiera. Avevamo vinto. Ma David era... strano. Io mi sono avvicinata, e ho visto che stava male: continuava a sudare come una fontana, aveva il fiatone, e in pochi secondi era caduto a terra, svenuto. Gli abbiamo dato un pò di ambrosia. Chirone poi lo ha preso e lo ha portato in infermeria.-

-Cosa?! Dov'è adesso?!-

Percy era spaventato, e preoccupato. Come uno stupido, si era completamente dimenticato di suo fratello durante la partita, che aveva provato una pazzia come quella: era ovvio che stesse male, doveva procedere con calma nell'uso dei suoi poteri.

Annabeth gli appoggiò una mano sulla guancia, per rassicurarlo.
-Heyhey, tranquillo. Sta bene ora, si sta rilassando. Ti porto da lui.-

Annabeth lo prese per mano, e lo scortò via dal lago. Percy si era sentito un vero idiota ad aver agito come un egoista, fregandosene degli altri, ma era grato che Annabeth gli stesse accanto. A dimostrarlo non erano soltanto le sue parole di conforto, ma era anche quella salda stretta di mano, che Annabeth tirava per guidare Percy. Era una forse una cosa da niente ma erano anche quelle piccole cose che gli facevano capire quanto lei amasse Percy.
Appena arrivarono all'ingresso della Casa Grande, notarono sul portico David ed Ellie, seduti su una panchina, che ridevano e parlavano tra di loro. David teneva in mano un bicchiere mezzo vuoto che Percy intuì fosse nettare. Ma da quel sorriso e dalla sua tranquillità, non sembrava che stesse male.
Percy camminò veloce su di lui, leggermente adirato. David lo sentì e non fece a meno di sorridere

-Alleluia, ce l'hai fatta!- disse lui alzando le braccia.

-Smettila di fare il simpatico con me!-

Il tono di Percy era duro e severo. David notò quel cambiamento d'umore di suo fratello nei suoi confronti, e rimase perplesso da ciò.

-Che intendi?!

-Quello che mi ha detto Annabeth! Hai idea di cosa hai fatto!? Non puoi usare così i tuoi poteri. Stai iniziando solo ora a controllarli, non capisci che...-

-Testa d'Alghe...- cerco di dire Annabeth.

-No, Annabeth, aspetta.- intervenne David.

Aveva alzato la mano verso di lei, in cenno di fermarla. A quanto pare sapeva che dire.

-No, Percy ha ragione.-

Sembrava che non avesse capito: suo fratello gli aveva appena detto che aveva ragione?

-Ho sbagliato, è vero. Non so perché l'ho fatto. Ho agito d'istinto, penso che sia stata l'adrenalina del combattimento, non ne ho idea. Ma mi sono accorto in quel preciso istante che mi ero spinto oltre, non avevo mai fatto una cosa del genere prima d'ora. Ora conosco i miei limiti attuali, e so quando dovrò fermarmi.-

David si alzò piano, ed Ellie, con calma, lo aiutò a sollevarsi. Bevette un piccolo sorso del bicchiere e osservò suo fratello.

-Ti chiedo scusa per averlo fatto. Prometto di stare più attento.- disse infine, sorridendo.

Percy era davvero sorpreso. Non succedeva spesso che qualcuno gli desse ragione. Era davvero impreparato ad una situazione come questa.

-Wow, io non... è che ero preoccupato, sei mio fratello e...-

-Lo so, tranquillo. Perché non ci mettiamo una pietra sopra e andiamo a festeggiare? Abbiamo vinto!-

Alla fine i due passarono il resto della giornata a divertirsi per il Campo, passeggiarono per la riva del lago dove David gli raccontò bene come era andata: aveva cercato assieme agli altri della squadra di difendere la bandiera con tutto se stesso, anche se anche lui era rimasto concentrato su Ellie. La ragazza era davvero brava a maneggiare la spada, e David affermò di aver avuto non poche difficoltà nell'affrontarla.
Alla fine, arrivó l'ora di cena. Non succedette nulla di particolare a parte il fatto che il signor D mancasse. Non era nel tavolo principale con Chirone e la cosa era strana. Magari aveva una riunione con gli dei, o qualcos'altro di importante, ma a quanto pareva nemmeno Chirone sapeva dove fosse. Cosa strana, dato che Dioniso diceva almeno a Chirone dove andasse di solito.
Non ci pensò molto, scartò infatti quei pensieri e si limitò a divertirsi, fino a quando non avrò tornò in cabina con David.

-Sai...- disse ad un tratto il fratello, appena si distese sul suo letto.
-Avevo sempre desiderato avere qualcuno come un fratello o una sorella. Prima che arrivassi qui... mia madre era incinta. Io e lei non andavamo tanto d'accordo, ma quando mi disse che aspettava un bambino ero davvero felice. Finalmente avevo qualcuno da voler bene, in termini di famiglia intendo. Allora era solo con Ellie che provavo certi sentimenti, ma mai un affetto del genere per uno della mia famiglia. Potevo avere qualcuno da volere bene, magari anche crescerlo e aiutarlo come si fa tra fratelli... questo genere di cose. Ma poi mia madre abortì all'improvviso, senza avvisarmi. Da quel momento ogni mia speranza di avere un fratellino o una sorellina svanirono. Mi dissi che probabilmente non avrei mai avuto quel tipo di sentimento... ma poi sono arrivato qui, e tutto è cambiato. Ho conosciuto il Campo, ho conosciuto te Percy, e sono felice di averti come fratello.-

Aveva già sentito quella storia, da parte di Ellie, ma sentirla dalle orecchie di David faceva un altro effetto. Era lui che aveva provato quel dolore, ma ora si sentiva bene. Perché aveva trovato un posto dove sentirsi a casa. Non poté far altro che sorridergli.

-Beh, non ci sono solo io. Vieni.-

Percy si avvicinò alla fontana e David lo seguì. Prese una delle dracme da scrivania e la buttò sull'acqua calda che aveva formato un piccolo arcobaleno

-Oh Dea, accetta la mia offerta. Mostraci Tyson, fucine del palazzo di Poseidone.-

L'aria cominciò a scaldarsi lievemente, e davanti a loro apparve un'immagine: un omaccione alto di circa 2 metri, grosso, con una zazzera di capelli che gli ricadevano sulla fronte, e un solo grosso occhio che guardava fisso sul materiale che stava lavorando a colpi di martello.

-Hey, Tyson!- disse Percy.

Alle sue parole, il ciclope alzò lo sguardo e sorrise gargiante vedendo la figura di Percy.

-Fratello! Come stai?-

-Tutto bene campione. Come va il lavoro?-

-Abbastanza bene direi. Tyson andrà in vacanza fra qualche giorno, e tornerà al Campo.-

-Davvero? Allora scommetto che non vedrai l'ora di conoscere il nostro nuovo fratello.-

Percy fece cenno a David di avvicinarsi un pò di più verso di lui, in modo che Tyson lo vedesse. Lui infatti saltellò di gioia, contento.

-Yeee, un altro fratello! Ciao, mi chiamo Tyson!-

-Ciao Tyson! Io mi chiamo David!-

-Che bel nome! A Tyson piace! Non vedo l'ora di conoscerti meglio appena torno!-

-Anch'io!-

-Oh, è meglio che vada, altrimenti il capo si arrabbia. Ciao fratelli, ci incontreremo fra qualche giorno!-

I ragazzi sventolarono la mano, mentre l'immagine di Tyson scompariva lentamente dalla cabina.


NICO



Era la terza volta da quando era partito che non faceva altro che correre. Correva a per di fiato, mentre alcuni mostri lo inseguivano.
Aveva fatto ricorso ai suoi amici scheletri, sperando che lo proteggessero abbastanza da permettergli di scappare, ma purtroppo niente da fare.
Nico di Angelo non era mai stato un codardo, ma dopo aver combattuto quei mostri più volte, l'unica alternativa era scappare.
Spuntavano ogni volta. E ormai Nico era stremato. Aveva attraversato l'intero paese evitando i viaggi nell'ombra, ormai mancava poco per arrivare al Campo, ma non ce la faceva più.
Cadde a terra, in ginocchio, stremato e con la fronte bagnata dal sudore. I diversi tagli che gli avevano dato i mostri erano molto profondi. Era un miracolo che fosse ancora vivo. Ma presto lo avrebbero raggiunto, e con molta probabilità lo avrebbero ucciso.
Una manticora, seguita da altre sue simili e da dei demoni del Tartaro, gli arrivarono davanti, con un ghigno malefico dipinto sul loro viso.

-Finalmente ce l'abbiamo fatta. Presto potrai dire addio alla tua vita, figlio di Ade.-

Pensava che ormai fosse finita. Nico di Angelo, che aveva combattuto mostri ben peggiori, ucciso da una stupida manticora. Ma forse aveva una chance per farcela.
Alzò lo sguardo, vedendo che la manticora stava alzando il braccio, pronta a dargli il colpo di grazia. Ma Nico non voleva dargliela vinta.

Sorrise al mostro
-Non oggi.-

E con tutta la sua forza di volontà, utilizzó un viaggio ombra per entrare nel Campo. Per sua fortuna, funzionò, dato che atterrò proprio vicino al falò ormai spento. Ma per sua sfortuna, stava per svenire, e le arpie che erano di pattuglia di notte molto probabilmente lo avrebbero mangiato come spuntino notturno.
Sperò con tutto se stesso che qualcuno accorse in suo aiuto, ma poi, i suoi occhi si chiusero, e svenì...


Angolo dell'autore
Sì... sono un'idiota lo ammetto. Chiedo infinitamente scusa per averci messo così tanto con questo capitolo.
Ammetto che mi sono preso un pò di tempo pee farlo, cercando di scriverne uno decente, e anche abbastanza lungo per la lunga attesa. Ma purtroppo ho avuto anche poco tempo per dedicarmi bene alla storia. Spero che voi capiate e che nonostante tutto questo capitolo vi sia piaciuto. Non so quando uscirà l'altro, dato che starò via un po per Ferragosto, ma posso dirvi che presto la storia si farà più intensa.
Tra l'altro, ho dato agli scorsi capitoli un codice HTML più decente.
Per le scritte lascio ancora quello standard dato che non ho trovato ancora uno buono ma appena lo troverò lo imposterò per tutti i capitoli.
Quindi, mi raccomando, recensite e vi aspetto al prossimo capitolo!
See ya! :)
-MrRaider

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Capitolo 9
*** Il nemico ***


Il nemico


ELLIE



Gli incubi continuavano a tormentarla da quando era tornata in cabina per riposare. Le avevano già spiegato che i sogni, per quanto fossero strani, erano normali per i semidei, ma quello era veramente troppo...
Non credeva che quel fatto sarebbe tornato a tormentarla un'altra volta. Se ne era completamente dimenticata, l'aveva cancellato dalla sua mente da quando era entrata al Campo, come se non fosse successo nulla... ma purtroppo, non era così.
Il sogno mostrava un parte molto fitta di un bosco nella notte, ma che si affacciava ai piedi di una collina. Era molto vicino alla Collina Mezzosangue, ed era lì che vide la figura scura che stava sognando.

-Ma brava. Non sapevo che ti fossi dimenticata di tutto. Ora è meglio che venga qui, prima che ti ci porti io con la forza.- disse la figura in tono gelido rivolta a lei.

A quelle parole, Ellie si svegliò in preda al panico, spaventata che il suo incubo peggiore fosse tornato. Si era messa a sedere ai piedi del letto e aveva il fiatone, ma cercò con tutta se stessa di riprendere la calma, ma non ci riusciva.
Si guardó intorno, notando che tutti i suoi fratelli erano addormentati, non ce ne era nessuno sveglio. La cosa avrebbe dovuto tranquillizzarla, ma non fu così. Con calma, si tolse il pigiama e indossò la maglietta del Campo e dei pantaloncini mimetici, per poi uscire di nascosto dalla cabina di Ares. Era notte fonda, e la mezzanotte doveva essere già passata. A quell'orario, le arpie pattugliavano il Campo e potevano papparsi tranquillamente chiunque fosse stato sorpreso da una di loro.
Guardò a destra e a sinistra, controllando che le arpie non fossero nei paraggi, e dopodiché corse più veloce che poteva. Non le importava se faceva rumore, la cosa fondamentale era cercare di uscire immediatamente dai confini del Campo.
E dopo qualche minuto di corsa, ci riuscì. Appena superò la barriera del Campo si fermò un attimo per riprendere fiato, poi si voltò per osservare il perimetro del Campo. Il senso di colpa non faceva altro che danneggiarla, però proseguì verso il bosco vicino, quello che aveva visto in sogno. Non ci volle molto a incontrarlo...
Dall'ombra di un albero uscì un ragazzo sui venticinque anni, ma dal suo viso ne dimostrava di meno; aveva la pelle molto chiara, e i capelli erano completamente rasati a zero. Portava una maglietta grigia e dei pantaloncini scuri, ma ciò che catturò l'attenzione di Ellie erano i suoi occhi: neri, che la intimorivano ogni volta che li guardava. Il ragazzo aveva anche uno sguardo pazzo in viso, un sorriso diabolico e inquietante da paragonarlo al Joker (e lei se ne intendeva). Lei conosceva bene quel tizio: si chiamava Trevor.

-Complimenti. Alla fine sei riuscita ad arrivare al Campo con il tuo ragazzo. Sei stata brava.- si congratulò lui, senza smettere di osservare Ellie.

Lei, nonostante la paura, prese coraggio e si avvicinò con passo svelto verso di lui, per prendergli il colletto della giacca e sbatterlo sul tronco dell'albero dal quale era apparso.

-Tu, brutto figlio di puttana! Mi hai mandata a morire!-

Lui però cominciò a ridere, non era affatto stupito o spaventato dal coraggio di Ellie, ma ci rideva sopra. Ma con una forza sovrumana, Trevor prese Ellie e le stritolò il collo con una mano, soffocandola.

-Cosa vieni a lamentarti con me?! Tu mi hai detto che volevi sapere la verità su tuo padre! Tu volevi vendicarti verso di lui! Io ti ho soltanto aiutato!-

Quello continuava a stritolarla con una espressione pazza. Aveva un sorriso da maniaco, quei sorrisi che ti fanno capire che chi hai di fronte non è affatto sano di mente.
Ellie cercò di divincolarsi dalla presa del tizio, ma alla fine costui la lasciò andare. Ellie si accasciò a terra, e cominciò a tossire e a riprendere il fiato.

-Questo era il tuo piano? "Devi prendere un aereo qualsiasi con il tuo ragazzo"? Tu sapevi tutto: sapevi che David era figlio di Poseidone, sapevi che l'aereo sarebbe precipitato. L'hai fatto apposta, maledetto stronzo! Ho rischiato di morire!

-Ahahahaha! Certo che l'ho fatta apposta mia cara Ellie! Era ovvio che l'aereo sarebbe precipitato: l'odore di Miller è forte, ed è diverso per i figli di Poseidone. Tutti sanno che Zeus odia che qualche figlio di suo fratello faccia uso di mezzi volanti. Quando voi piccioncini siete entrati in aereo, Zeus ha sentito la presenza di Miller, credendo che fosse quell'idiota di Jackson, e non ci ha pensato due volte ad abbatterlo. Ma vedi, cara Ellie, è questo che ha rappresentato tutto.-

Lei non capiva affatto cosa stesse blaterando quel pazzo, ne tantomeno cosa ci facesse lui qui.

-Rappresentato tutto? Di che stai parlando?- chiese una volta alzatasi

Lui scrollò le spalle.
-Appena Zeus vi ha "trovati" era come se qualcosa avesse acceso il vostro odore, qualcosa che vi rendesse rintracciabili. Come mai in vita vostra nessuno di voi due è mai stato attaccato da dei mostri? Come mai avete passato una vita tranquilla, a differenza di tanti altri semidei, costretti a fuggire? Perché gli dei vi hanno nascosti da sempre , cara mia. Temevano del vostro destino, ed è proprio per questo che anche i vostri genitori vi hanno ignorato, e hanno cercato di mascherare la vostra esistenza. Ma l'aereo ha cambiato tutto: per questo le arpie vi hanno attaccati.-

Ora Ellie riuscì finalmente a mettere a posto tutti i pezzi del puzzle: ora sapeva la verità, del perché il suo incubo le avesse consigliata di scegliere proprio l'aereo. Tutto combaciava.
La verità era che quando Ellie era stata adottata, fu affidata ad un centauro travestito da umano, che l'aveva riconosciuta. Quel centauro non era affatto come Chirone, era spregevole e malvagio e tramava contro gli dei.
Non voleva uccidere Ellie, perché conosceva la sua natura, e sapeva che doveva essere importante per una antica Profezia, che poteva portare la sua fazione al successo. Ci pensava Trevor ad insegnarla.
Le aveva spiegato che lei era una semidea, che aveva un padre sconosciuto che sapeva della sua esistenza ma che la aveva da sempre ignorata. Ellie dovette resistere alle loro pressioni per anni, e soltanto quando si innamorò di David si sentì libera.
Cercava sempre di stargli vicino, il più lontano possibile dal centauro e da Trevor. Ma purtroppo, ciò non fece che peggiorare le cose. A quanto pareva il centauro e il ragazzo riconobbero David e capirono che era un semidio, ma non dissero niente riguardo tutto ciò ad Ellie, ma soltanto che David poteva portarla da suo padre.
Nonostante le pressioni per tutti quegli anni, Ellie si sentiva in dovere di vendicarsi per suo padre, voleva soltanto che lui la notasse e che non l'avesse scartata e dimenticata. Alla fine Ellie decise di appoggiare il centauro e il pazzo, dicendo che voleva aiutarli.
Così aveva convinto David ad organizzare come loro "sogno nel cassetto" il viaggio a New York, ma non si aspettava che David comprasse i biglietti così presto. Ma non gli importava, dato che finalmente avrebbe saputo chi era suo padre.
Ma da quando era entrata nel Campo, dimenticò del piano attuato. Erano stati gentili con lei, l'avevano accolta come una di loro, un membro della loro famiglia. Si era pentita amaramente di aver aiutato quegli altri, anche se non sapeva bene cosa tramandassero. Ma era sicura che sarebbe successo qualcosa di grosso, e che lei ne sarebbe stata la causa.

-Ora, mia cara Ellie, il piano sta procedendo come stabilito. Posso solo dirti che...-

-No, tu non mi dirai un bel niente! Non mi importa più di voi. Ho chiuso. Questa è casa mia, e non posso permettervi di attaccarla!-

Ormai non le fregava più niente del piano per vendicarsi di suo padre, non gli importava più di nulla, voleva soltanto restare al Campo con David, che aveva sempre amato. Ma tuttavia, il pazzo non era della stessa idea, dato che la colpì in testa con un pugno e lei svenne sul colpo.


Provava un forte dolore sul capo quando si era svegliata, ma anche qualcosa di strano. Si trovava in piedi appena aveva aperto gli occhi, ma la prima cosa che aveva notato erano le sue mani legate. Delle funi circondavano ogni palmo delle mani, disposte sopra di lei in modo obliquo e collegate ai rami dell'albero dietro di lei. Era completamente indifesa.
Poi sentì dei passi avvicinarsi a lei. Era Trevor, il pazzo che l'aveva chiamata in sogno, il pazzo che l'aveva costretta a partecipare al suo piano. Si avvicinava sempre di più a lei, ancora con quel sorriso da psicopatico. Ellie aveva paura da sempre di lui, ma se c'era una cosa che aveva imparato in quei giorni era che lei era una figlia di Ares. Lei era una combattente, non doveva cedere e non doveva assolutamente farsi intimidire.

-Mia cara Ellie, sei veramente testarda. Sappi che non ce ne andremo di qui fino a quando non cederai a me.-

Ellie lo guardava carica di odio e disprezzo per lui. Odio per essere stata costretta da Trevor a partecipare. Ma era davvero stata costretta? Certo, lui ci aveva messo la forza, ma allo stesso tempo Ellie voleva farla pagare a suo padre per averla abbandonata. Ma non così.
E subito, Trevor caricó il braccio e la colpì con un forte pugno sull'addome. Ellie sussultó dal colpo, e fece un verso di dolore. Ma proprio quando il pugno era andato a contatto con la sua pelle aveva notato qualcosa di strano. Non era un pugno normale.
C'era qualcosa di diverso.
Trevor continuò a torturarla, picchiandola senza fermarsi e lei, inerme, subiva. All'ennesimo colpo, Trevor guardò la ragazza, ancora con quel maledetto sorriso stampato in faccia. Disgustava talmente tanto ad Ellie che gli sputò in faccia.
Lui rimase in silenzio per qualche secondo, e osservava la ragazza intensamente. Si asciugò la faccia e prese quella di Ellie per una mano.

-Se ti rifiuti, ti lascerò in vita, col gusto di vederti soffrire mentre ti torturerò e ucciderò uno ad uno i tuoi cari, a cominciare dal tuo ragazzo.-

Poi le alzò la maglietta e le appoggiò una mano sulla pancia ormai scoperta.
Di nuovo, quel tatto strano, diverso da qualsiasi altro. Ma ben presto scoprì il perché si differenziava dagli altri. Sentì la pelle bruciarsi al contatto, ed Ellie urlò in preda al dolore.
I pugni che aveva provato prima non erano nulla a quello che stava provando in quel preciso istante, a quella mano calda che le scottava la pancia.
Trevor scostò la mano, mentre il corpo di Ellie emanava fumo. Ansimando e con la testa bassa, osservò l'orrore che si trovava davanti: il punto dove Trevor l'aveva toccata era di un colore rossiccio, e fumava in continuazione. Quando Ellie guardò il tizio, tutto gli fu chiaro quando lui le mostrò il palmo della mano, che emanava piccole scintille di fuoco. Sapeva che Trevor era un semidio ma non che sapesse fare una cosa del genere.

-Figlio di Efesto col potere del fuoco.- disse lui soddisfatto di vedere la ragazza sofferente.

Stava ormai per avvicinare la mano calda sul viso di Ellie quando...

-Basta!-

Trevor si fermò non appena Ellie gli urlò contro. Scostò la mano e avvicinò la sua faccia a quella di Ellie

-Allora?- chiese impaziente

-Farò quello che vuoi, ma ti prego... smettila, e lascia stare David.-

Trevor fece qualche passo all'indietro, poi lanciò dalla mano delle scintille sulle funi liberando Ellie. Lei si inginocchiò a terra, dolorante, e si toccò il punto dove lui l'aveva toccata.

-Hai fatto la scelta giusta. Dopotutto, era questo che volevi.-

Trevor diede le spalle ad Ellie e con una risata malefica si allontanò.

-Ti darò istruzioni fra un mese, tu dovrai aspettare e non destare sospetti. Ricordati: se scopro che tu mi stai fregando, ucciderò David, e poi te.

Passarono degli interminabili minuti,minuti che Ellie li aveva trascorsi in quella posizione, agonizzante dal dolore e a tormentarsi per quello che aveva appena fatto.
Aveva accettato di collaborare, che avrebbe aiutato Trevor e il suo esercito per il loro piano, e che avrebbe tradito i suoi amici. Perché lo aveva fatto? Perché aveva ceduto a quel pazzo? Si sentiva una stupida!
Una vera stupida, ad aver accettato. Era così che agivano i figli di Ares? Cedere alla tortura e passare al nemico? Ormai non poteva più fare niente, se lo avesse detto a qualcuno probabilmente si sarebbe saputo, e Trevor l'avrebbe cercata.
Con fatica, cercò di alzarsi, ma il dolore sulla pancia era qualcosa di insopportabile. Zoppicante e dolorante, riprese il percorso che aveva usato prima e tornò al Campo.
Camminò per minuti nel bosco buio, illuminato soltanto dalla lieve luce della mezzaluna che brillava in cielo, fino a quando non riattraversò i confini del Campo. Sperò che non ci fosse alcuna arpia a pattugliare la zona e si diresse verso la casa 5 per riposare. Ma proprio mentre stava per toccare la maniglia, sentì qualcosa alle sue spalle, qualcosa di sinistro e cupo, che lei non aveva mai sentito in vita sua. Si girò, e vide qualcosa che non aveva notato una volta tornata.
Vide una sagoma scura accasciata a terra, vicino al falò ormai spento. Ellie si avvicinò il tanto che bastava per capire che si trattava di un ragazzo svenuto. Dimostrava più o meno quindici anni, aveva la pelle olivastra, i capelli neri scuri, indossava una giacca in pelle nera e dei jeans dello stesso colore. Ma la cosa che preoccupò Ellie era il suo aspetto: era molto pallido, più del normale, aveva un grosso livido sulla fronte e diversi tagli. Ce ne era uno molto grave sul suo braccio, quello dove teneva una spada: il taglio che gli passava sull'avambraccio era profondo, e anche la giacca era macchiata di sangue. Sangue fresco.
Ellie provò a svegliarlo ma invano, non rispondeva. Allora premette piano con l'indice e il medio sul suo collo. Per fortuna, il ragazzo era ancora vivo, ma il battito era molto debole. Doveva salvarlo subito. Le arpie erano di pattuglia e se fossero arrivare sarebbe successo un casino.
Corse subito, (nonostante il dolore) verso la casa di Apollo e bussò dando dei forti pugni alla porta e urlando aiuto. Ad aprire fu il capogruppo della casa, Will Solace. Era in pigiama, aveva la faccia impastata dal sonno e appena vide Ellie fece un grosso sbadiglio.

-Sei Ellie, vero? Perché hai bussato? È notte fonda.-

Fu in quel momento che Ellie cercò di improvvisare. Non poteva certo dire che aveva incontrato il ragazzo dopo essere uscita dai confini del Campo così cercò di dire le prime cose che le vennero in mente

-Ecco, ero ancora sveglia nella mia cabina quando ho sentito un rumore. Mi sono affacciata e ho visto qualcosa vicino al falò. È apparso un ragazzo, privo di sensi, ed è ridotto male.-

La faccia di Solace cambiò di colpo, come se fosse sveglio da qualche ora e non da qualche secondo.

-È apparso un ragazzo?! Per caso ha i capelli neri, la pelle olivastra, giacca in pelle nera?-

-Sì, proprio lui.-

Will si portò la mano alla bocca, cominciò a mordersi il labbro e passò la mano per i suoi capelli biondi. Dalla sua espressione Ellie intuì che Will conosceva bene il ragazzo svenuto, e che era preoccupato per lui.
Will si voltò veloce verso la casa e con un urlo ordinò ai suoi fratelli di svegliarsi e di portare una barella, poi chiese ad Ellie di portarlo da lui.
Ellie lo accompagnò fino al falò e fu lì che Will si accasciò vicino al ragazzo svenuto. Portò l'orecchio sul suo petto per alcuni secondi, dopodiché provò ad aprire un occhio del ragazzo.

-Cavolo Nico... è svenuto da poco. Il battito è debole ma possiamo stabilizzarlo. Ragazzi, la barella!-

Due ragazzi di Apollo, provvisti di barella e di un kit di pronto soccorso, arrivarono il più velocemente possibile, caricando il ragazzo di nome Nico sulla barella. Fu allora che Ellie notò il trambusto che si stava creando: da tutte le cabine diversi ragazzi uscirono a vedere cosa stava succedendo. Tra la folla vide Annabeth, Piper, Jason, Percy e David. Questi si avvicinarono di più verso di loro, e tutti quanti a eccezione di David si spaventarono alla vista del semidio.

-Oh miei dei, Nico!- esclamò Annabeth.

-Nico! Cos'è successo?!- chiese bruscamente Jason.

Nessuno però gli rispose, dato che i ragazzi di Apollo lo caricarono sulla barella, portandolo verso la Casa Grande.

-Solo amici stretti ragazzi, non voglio troppa gente.- disse Will mentre scortava Nico con gli altri. Ellie fece per andarsene, ma Will la chiamò subito
-Vieni anche tu, Ellie!-

Gli altri si girarono verso di lei, curiosi del perché Will la volesse con lei. Ellie chiese di rimandare le spiegazioni a dopo, e seguì Will. Con grande sforzo, cercò di camminare con calma e composta, ma il dolore era insopportabile. Ogni passo era un agonia, ma lei cercò con tutta la sua forza d'animo di nascondere ciò che stava provando agli altri.
Il gruppo entrò nella Casa Grande senza neanche bussare, seguirono i ragazzi di Apollo fino all'infermeria e si sedettero nella sala d'attesa, impazienti di sapere come stesse Nico. Fu allora che i ragazzi le chiesero spiegazioni. Ellie fece un sospiro e iniziò a raccontare, ma come per Will, nascose la verità: disse che si trovava nella casa di Ares, ancora sveglia, quando aveva sentito un rumore proveniente dall'esterno, per poi essere uscita e controllare il ragazzo appena apparso, notando era ridotto molto male, e fu allora che chiamò i ragazzi di Apollo, essendo medici.

-Ma non capisco una cosa...- domandò Ellie una volta finito di raccontare
-Come ha fatto ad apparire così all'improvviso?-

Fu Piper a darle la risposta
-Nico di Angelo è figlio di Ade, il re dei morti. Essendo suo figlio, ha il potere di viaggiare nell'ombra, di apparire da un luogo ad un altro.-

-Solo che è pericoloso.- disse Percy
-Ci vuole molta energia per farlo, e la cosa stanca molto a Nico.-

-Deve aver usato il viaggio nell'ombra dopo esser stato attaccato. Ellie ha detto che era ridotto male.- commentò Annabeth.

Il gruppo degli amici di Nico cominciò a discutere tra di loro ponendosi innumerevoli domande su cosa potesse aver attaccato Nico. Ellie si sentiva leggermente fuori posto, fino a quando David (che era stato invitato dal fratello di venire) non si allontanò da Percy e si sedette vicino a lei.

-Sei stata grande. Se non ci fossi stata tu, forse quel ragazzo non ce l'avrebbe fatta.- la incitò lui circondandole le spalle con un braccio.

Wow, pensò Ellie. Era quello che ci voleva. Dopo l'inferno che aveva passato prima, dopo esser stata torturata da Trevor, ritrovarsi tra le braccia di David era il meglio che potesse sperare. Ma ciò la fece rattristare: a meno che lui non la seguisse, Ellie prima o poi doveva tradire lui e i suoi amici, e ciò la fece star male. Ma non poteva permettere che Trevor uccidesse David.

-Stai bene? Ti vedo turbata...- chiese lui preoccupato.

Ellie cercò di restare calma, e osservò il suo ragazzo negli occhi -Sono solo stanca, non sono riuscita a dormire... e mi ha sorpreso l'apparizione di Nico. Dovrei...-

Ma non finì la frase, perché Will uscì dalla stanza, e divenne il centro dell'attenzione degli altri

-Come sta?- chiese Jason.

-Se la caverà. Siamo riusciti a stabilizzarlo, e a curargli le ferite. È debole, e avrà bisogno di riposo.-

Tutti quanti, compresi Ellie e David, tirarono un filo di sollievo alla notizia.

-Possiamo vederlo?- chiese Piper.

La domanda fece sorridere Will
-Certo ragazzi, ma solo per un pò. Voglio che riposi.-

I ragazzi ringraziarono il figlio di Apollo e tutti quanti entrarono. Ellie fu l'ultima del gruppo, ma proprio mentre stava per entrare fu fermata da Will

-Aspetta... volevo, ecco... dirti grazie per avermi avvisato, altrimenti, chissà cosa gli sarebbe successo. Il fatto è che Nico è un mio... grande amico, ehm, beh... ci tengo a lui...-

Ellie capì subito e con un sorriso alzò la mano verso di lui
-Capisco perfettamente, non preoccuparti. L'importante è che ora stia bene.-

Will annuì, ringraziò di nuovo la ragazza e la fece entrare.
Nico si trovava coricato su un letto, i suoi vestiti di prima erano stesi su una sedia li vicino, e in quel momento indossava la maglietta arancione del Campo. Aveva delle fasciature sul braccio e sulla fronte, e il suo viso sembrava leggermente più pallido, ma solo leggermente. Era bianchissimo, quasi come se fosse uno spettro, e aveva un espressione strana in viso.

-Hey ragazzi.- disse Nico, guardando uno ad uno i suoi amici.

Tutti quanti furono sollevati che Di Angelo fosse vivo, cominciarono a chiedergli cosa fosse successo, e Nico provò a spiegare, affermando di essere stato attaccato da diversi mostri per giorni e che stavano per dargli il colpo di grazia se non avesse usato il viaggio nell'ombra. Poi arrivò Will che disse a Nico che a salvarlo era stata una ragazza.

-Nico, ti presento Ellie Walker, figlia di Ares. È nuova, è arrivata al Campo da un paio di giorni, ma è stata lei a vederti steso vicino al falò e ad avvisarci.-

Nico si girò e guardò intensamente la ragazza. Per un attimo era come se lui la stesse studiando, come se sospettasse di un qualcosa che aveva fatto. Quello sguardo era strano... molto strano.
Ma fu per un attimo dato che Nico sorrise e le porse la mano buona

-Ellie eh? Grazie per avermi salvato.-

-Di nulla. Non potevo certo lasciarti lì in balia delle arpie.-

Nico sorrise ancora, poi guardò David che si trovava vicino a Ellie

-E tu sei?- chiese gentilmente

-Oh Nico!- esclamò allora Percy, e circondò le spalle di David con il braccio
-Ti presento David Miller. Mio fratello.-

Dalla sua espressione Nico quasi non credeva ai suoi occhi. Era una sorpresa per lui, e non se l'aspettava. Questo era quello che vedeva Ellie in lui.

-Aspetta, tu... sei fratello di Percy?-

A quel punto iniziò una discussione tra Nico e i figli di Poseidone. Percy con grande soddisfazione elogiava David per la sua bravura, nel corpo a corpo, nel come aveva difeso la base a Caccia alla Bandiera e così via... a volte anche alcuni dei ragazzi intervenivano, dicendo la loro. Erano tutti occupati, ed Ellie approfittò di quell'attimo.
Mentre loro erano distratti, lei intravide un barattolo di ambrosia in un comodino vicino ad un letto dall'altra parte della stanza, completamente isolato dagli altri. Odiava quello che stava facendo, ma doveva mantenere il segreto. Se avessero visto come era conciata, di sicuro le avrebbero fatto diverse domande, e lei doveva evitare tutto ciò. Se si scopriva, forse Trevor lo avrebbe scoperto, e a quel punto era certa che lui avrebbe ucciso David. Non poteva permetterlo, non poteva permettere che quello psicopatico gli facesse del male. Doveva impedirlo.
Senza farsi vedere dagli altri, si avvicinò al letto e prese il barattolo dal comodino del letto, e lo mise subito in tasca, ben nascosto alla vista degli altri.
Rimasero li per pochi minuti dato che Will li fece uscire, ordinando al gruppo che Nico doveva assolutamente riposarsi. Così tutti gli altri si diressero nelle rispettive cabine. Ellie era già di fronte alla sua porta quando...

-Aspetta!-

Era David. Lei si girò verso di lui e lo guardò negli occhi

-Dimmi...- borbottò lei

-Non mi saluti neanche?- si lamentò, anche se aveva un tono scherzoso.

Lei si avvicinò e lo baciò. Era talmente persa nel bacio che non si accorse che David stava toccando i suoi fianchi, fino a quando non sfiorò il punto dove era stata torturata, e il problema era che quel punto era leggermente ruvido e bruciava, ed Ellie senza volerlo fece un piccolo gemito di dolore.

-Ellie, stai bene?- chiese lui preoccupato, finito il bacio.

Lei annuì, ma preoccupata di cosa poteva succedere, salutò bruscamente David ed entrò velocemente in cabina.

-Stupida!- si disse, maledicendosi per quello che aveva fatto.

Per fortuna, gli altri fratelli stavano dormendo tranquillamente, e ciò non fu un problema per lei.
Con calma, tornó nel suo letto e si distese. Fu allora che capì quanto fosse stanca, e quanto le serviva dormire.
Prese dalla tasca il barattolo di ambrosia, e ingoiò due piccoli quadratini. Nonostante il gustoso sapore dell'ambrosia, Ellie non riusciva a stare tranquilla. Ormai, non sapeva più cosa fare.
Non voleva più fare parte di quell'attacco, di quel piano per vendicarsi degli dei. Non voleva distruggere quel mondo, non dopo quello che era successo in quegli ultimi giorni. Era tentata di dirlo a qualcuno, ma a chi? Se lo avrebbe fatto, innanzitutto i ragazzi del Campo la avrebbero odiata per aver appoggiato il nemico, la cosa sarebbe girata e Trevor avrebbe ucciso David. Si trovava a un bivio. Doveva scegliere, e qualunque scelta avesse preso, le sarebbe stata fatale.



Angolo dell'autore
Colpo di scena: Ellie sta dalla parte del nemico (più o meno)!
Sorpresi? Spero di si, dato che questa "idea" non è una cosa che ho improvvisato adesso.
Tutto ciò lo avevo già pensato sin dall'inizio della storia, insieme allo svolgimento di diversi fatti che accadranno nella storia sempre più in là. L'incidente dell'aereo, Ellie figlia di Ares (mostrerà la sua forza più in là, state freschi), lei che sta dalla parte del nemico anche se costretta... sono tutte cose che avevo già pensato dall'inizio.
Ovviamente non posso ancora dirvi cosa succede più avanti, dovrete aspettare i prossimi capitoli :)
Nonostante ciò, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, e recensite mi raccomando! Sono curioso di sapere cosa pensate di questo colpo di scena (e anche del capitolo in se).
Quindi, ci vediamo alla prossima!
-MrRaider

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Capitolo 10
*** I sospetti di Nico ***


I sospetti di Nicoo


NICO



Restare fermo per giorni era una vera tortura per il figlio di Ade. Non solo perché era costretto a restare a letto tutto il giorno per riposarsi, ma anche perché doveva subire le lamentele di Will Solace, con i suoi avvertimenti e "ordini del dottore".
Certo, era innamorato di Solace, i due erano ufficialmente una coppia, ma avercelo come medico era una cosa stressante. Durante quel periodo, le visite degli amici non mancarono, e anche quelle di Chirone, che gli domandava precisamente cosa gli fosse successo. Aveva notato però che nè Piper nè Jason avevano accennato con Nico a Leo Valdez, e lui sapeva che prima o poi uno dei due avrebbe chiesto novità.
Li conosceva bene. E proprio ripensando a Leo Valdez gli tornò in mente il momento in cui era sceso nel Tartaro, quando aveva ascoltato quelle voci tetre e cupe, che pianificavano un piano, un piano che avrebbe avuto inizio ad un mese di distanza. Ma la cosa scioccante era che due ragazzi erano coinvolti. Forse non direttamente, ma la cosa certa era che facevano parte della "Profezia Nascosta".
Aveva accettato la richiesta di suo padre Ade, di non fare parola a nessuno nè della Profezia, nè di ciò che aveva visto nel Tartaro. Non doveva creare il panico tra i semidei. Inoltre non sapeva nulla di questa Profezia Nascosta, soltanto che due ragazzi dovevano essere essenziali.
Ma proprio pensando a ció gli tornò in mente le parole che aveva sentito nel Tartaro.

"Sì. Mancherà soltanto un mese e la Profezia Nascosta finalmente avrà imizio. Intanto i due semidei sono arrivati da poco al Campo Mezzosangue. Tempismo perfetto. Tutto sta andando secondo i piani. Appena Alcione si riformerà, la Profezia Nascosta avrà inizio, e nessuno potrà fermarci."

-Che hai, la testa fra le nuvole?-

La voce di Will Solace, che era appena entrato nella sua stanza, lo fece tornare in se. Scosse un po la testa, cercando di riprendersi.

-Ero soprapensiero, tutto qua...- borbottò lui, cercando di non guardare imbarazzato Will.

Però il figlio di Apollo non era stupido, aveva osservato l'espressione perplessa di Nico, che stava cercando di nascondere il più possibile.

-Tu non vuoi dirmi qualcosa, ho ragione?- chiese, prendendosi la sedia e mettendosi di fronte a lui.

Nico cercò di guardare oltre, ma ormai il danno era fatto e guardò Will.

-Hai... trovato Leo alla fine?- domandò ancora Will.

Stava facendo troppe domande per i gusti di Nico, che alla fine fu costretto a fare cenno di no col capo. Però doveva cercare di non far insospettire Will ancor di più, così optò per creare una discussione riguardo Leo, anche se voleva parlare di qualcuno riguardo al figlio di Efesto. Gli venne un colpo di genio, quando gli tornò in mente una cosa col quale rimuginava già da un bel pò di tempo. Voleva parlarne con qualcuno di fidato, e Will era la persona giusta.

-No... ancora nessuna traccia... ma ho sentito la sua forza vitale spegnersi, un anno fa, ne sono sicuro! C'è... qualcosa. Qualcosa che non torna. Sono un anno che cerco negli Inferi e non ho ancora trovato Leo!- rispose.

-Beh... probabilmente Leo non è morto. Magari è rimasto per un pò di tempo in fin di vita, e poi è riuscito a riprendersi.-

-Will, c'è una differenza tra fin di vita e morte, anche sulle forze vitali di una persona. Ho sentito la sua forza vitale spegnersi completamente... come se fosse completamente morto.-

Will provò a pensarci su, riguardo a quella storia. Era un vero casino: forze vitali, fin di vita, morto... nè lui nè Nico sapevano che pesci pigliare.

-Beh, per quanto riguardo il percepire le forze vitali, perché non funziona con Rachel?-

- Rachel è diventata l'Oracolo e ha assunto poteri divini... ma è viva. Però non sento la sua forza vitale soltanto quando interviene lo spirito dell'Oracolo in lei, appunto perchè si tratta di un potere divino. Non sento neanche le forze vitali degli dei perché loro sono immortali, non possono muorire. Quindi Leo non può aver preso dei poteri divini, o essere diventato dio... o qualcosa del genere, lo avremmo saputo. Ma ho delle teorie riguardo a lui...-

-Ti ascolto.-

-O Leo è morto, e non sono riuscito a trovarlo negli Inferi... oppure, qualcuno lo sta nascondendo...-

Quell'ultima frase, il qualcuno che stava nascondendo Leo fece incupire Will. Nico sapeva come era fatto Will e sapeva dalla sua espressione che quel mistero non gli piaceva per niente.

-Nascondere Leo... e perché mai?-

-Non so il perché, ma è una mia teoria, forse mi sto solo sbagliando, ma potrebbe anche essere.-

-E chi potrebbe aver intenzione di voler nascondere Leo?-

Nico ci pensò su: non aveva idee su chi aveva la possibilità di farlo, ma aveva la certezza su cosa poteva.

-Solo un dio sarebbe in grado di nascondere Leo, in questo caso la sua forza vitale, ma non ho idea di chi... e neanche il perché. Senti Will...-

Nico aveva stretto con forza il braccio di Solace, con lo scopo di dirgli qualcosa di importante, e doveva essere sicuro che lui mantenesse la parola.

-Dimmi...- disse lui

-Questa teoria che ho detto adesso... potrebbe non essere nulla, magari mi sto sbagliando, ma voglio che non dici a nessuno di quello che ci siamo detti, non vorrei creare false speranze o preoccupare Jason e Piper. Va bene?-

E lui rispose con un suo classico sorriso, cosa che fece sentire Nico meglio.

-Non preoccuparti. Lo giuro sullo Stige.-

Il tratto era fatto, Will aveva giurato e ciò rese Nico più sereno, anche se stava ancora nascondendo altre cose al figlio di Apollo.

-Bene... allora, posso finalmente andarmene da qui?- chiese Nico stavolta.

Will prese subito la sua cartella e la studiò per qualche secondo -Mmmh... sì, puoi andare.-

Nico fece per alzarsi ma...

-Aspetta.- Lo fermò Will bloccandogli il petto con la mano.

-Cosa adesso?- si lamentò lui.

-Ho degli avvertimenti per te: per un paio di giorni non dovrai combattere, correre, stancarti, evocare mostri, e sopratutto NIENTE, e ripeto, NIENTE viaggi nell'ombra. Ordini del dottore.-

-E VA BENE! Ho capito! Posso andare adesso?!-

Will non se lo fece ripetere due volte, così aiutò Nico ad alzarsi, ma dovette lasciarlo per assistere gli altri pazienti
. Per Nico non furono problemi, dato che aveva già in mente cosa fare.

Csì il figlio di Ade uscì dall'ospedale del Campo, con soltanto una benda che gli ricopriva il braccio sinistro, dove si trovava la ferita più grave, ormai in stato di guarigione.
Uscito dalla Casa Grande, per prima cosa su diresse verso la zona delle capanne e durante il tragitto tornò a rimuginare sulla Profezia Nascosta. Prima che Will lo interrompesse, aveva capito che due semidei ne dovevano far parte, secondo le voci che aveva sentito nel Tartaro. Fece due più due e capì immediatamente di chi si trattava. I due nuovi arrivati, il fratello di Percy, David Miller, e la sorella di Clarisse, Ellie Walker.
Li aveva osservati nei giorni che venivano a trovarlo in ospedale, e nonostante alcuni dubbi gli sembravano molto tranquilli.
Ade stesso gli aveva anche chiesto di sorvegliarli e Nico lo avrebbe fatto, oltre ad ottenere informazioni sulla Profezia Nascosta. Doveva sapere su cosa si stava cacciando. Il problema era come ottenerle senza destare troppi sospetti.
Appena fu nella zona delle capanne gli venne subito un'idea. Si diresse nella casa di Atena, e bussò. Aspettò qualche secondo, fino a quando non fu Malcom ad aprirgli.

-Hey Nico! Will ti ha dimesso alla fine, eh? Come stai?- disse lui sorridendo.

Sforzandosi un pò, anche Nico sorrise al figlio di Atena.

-Ciao Malcolm. Sto bene, diciamo che devo passare un paio di giorni di riposo. Comunque, potrei entrare nella vostra biblioteca? Vorrei prendere in prestito qualche libro.-

Malcolm acconsentì tranquillamente e fece entrare Nico nella sua cabina, al cui interno si trovavano una decina di figli di Atena che studiavano, leggevano e così via...
Ovviamente il primo piano era strapieno di scrivanie, dove squadre, cartine, matite, gomme e tanto altro occupavano lo spazio disponibile. Sui muri tuttavia si trovavano delle librerie immense, piene zeppe di libri della mitologia greca. Nico sperava di trovare qualcosa che potesse aiutarlo.

-Ti serve aiuto?- chiese il figlio di Atena.

-No, faccio da solo. Grazie ancora.-

Con tutta calma, Nico prese un paio di libri riguardanti le antiche profezie, e subito dopo uscì dalla cabina di Atena per andare nella numero 13, quella di Ade.

In quell'ultimo anno Nico aveva deciso di restare al Campo e pertanto aveva reso la capanna più confortevole di come era all'inizio, con tanto di foto dei suoi amici appese per i muri. Quelle rappresentavano molto per Nico, gli facevano capire che finalmente non doveva più chiudersi al mondo e isolarsi, e che aveva degli amici che gli stavano molto a cuore.
Nico portò i libri sulla scrivania, e passò diverse ore a sfogliarli, in cerca di qualcosa che potesse aiutarlo.
Purtroppo, nelle ore che aveva passato a studiare quei libri con attenzione, non trovò niente di niente, neanche un piccolo accenno riguardo alla Profezia Nascosta, aveva persino trovato un accenno a quanto fossero pericolose le due Grandi Profezie degli anni scorsi (ovviamente non c'era scritto cosa dicevano, ma soltanto la pericolosità) ma di questa Profezia Nascosta non c'era proprio nulla. Si arrese e cominciò a dondolarsi con la sedia, pensando a come fare. Peccato che ciò gli fu interrotto.

-NICO DI ANGELO!!-

L'urlo di una ragazza fece sobbalzare Nico, che cadde dalla sedia e si ritrovò a terra, e sbattè la testa. Quando si rimise in piedi, con un forte dolore nel capo, capì subito cosa, o meglio chi, lo avesse causato.

-Hazel...- borbottò, sorridendole.

Davanti a sé si trovava l'immagine del messaggio Iride di sua sorella, Hazel Levesque, figlia di Plutone: carnagione scura, capelli ricci castani che le ricadevano sulle spalle, occhi ambrati e uno sguardo omicida rivolto a Nico.

-Come... come mai mi chiami?- chiese il figlio di Ade, non sapendo che aveva premuto un tasto pericoloso.

-E ME LO CHEDI ANCHE?! Ho ricevuto un messaggio da Chirone, nel quale mi informava che eri stato aggredito da dei mostri, e che eri messo molto male! Per gli dei Nico, mi sono preoccupata a morte! Perché non mi hai informata?! Ero in pensiero, io...-

In quel momento Nico studiò bene l'espressione di Hazel: aveva le guance leggermente arrossate e rigate dalle lacrime, e quella vista rese il figlio di Ade un completo imbecille.

-Io ho temuto di perderti, e non voglio che succeda, mi capisci?!-

Il fratello annuì e cominciò a scusarsi profondamente verso Hazel.

-Scusami, sono un imbecille. Ero preso da ciò che mi era successo che non ho pensato ad altro...-

Alla fine, la figlia di Plutone si diede una calmata, si passò una mano sul viso e diede il suo primo sorriso a Nico.
A quel punto, dopo che Nico spiegò bene cosa gli era successo, i due cominciarono a parlare del più e del meno, di come andassero le cose al Campo Mezzosangue e al Campo Giove, le novità riguardo le capanne nuove, il lavoro da pretore di Frank e così via...
Hazel stava passando un periodo fantastico con Frank. Nonostante il lavoro da pretore, i due avevano abbastanza tempo da passare insieme da soli, e il loro rapporto stava crescendo sempre di più. Fu una conversazione tranquilla fino a quando Hazel non confessó una cosa a Nico.

-Papà mi ha contattata...-

Nico sussultó
-Cosa? Come mai?-

-Mi ha... riferito di ciò che vi siete detti giorni fa, gli sembrava giusto che lo dicesse anche a me. Mi ha parlato di ciò che hai visto nel Tartaro, e della tua missione al Campo.-

-Sì... Hazel, ciò che sto per dirti deve rimanere segreto. Sei da sola?-

-Mh-Mh... vai avanti.-

-Dopo che sono tornato dal Tartaro e ho riferito ad Ade della Profezia Nascosta, ho notato qualcosa di strano in lui... come se fosse spaventato, ma è stato per un attimo e mi ha detto che non sapeva nulla riguardo alla Profezia Nascosta. Temo che papá ci stia mentendo, e temo anche che non solo lui, ma anche gli altri dei conoscano questa Profezia da molto tempo. Penso che due ragazzi ne sono coinvolti.-

-Due ragazzi? Gente che conosciamo?-

-No. Sono arrivati da un paio di giorni, mentre io mi trovavo negli Inferi. Ascoltami attentamente: la ragazza è figlia di Ares, Ellie Walker, ma il ragazzo... è figlio di Poseidone.-

Dalla espressione che aveva in faccia, Hazel non credeva alle sue orecchie, che un altro figlio dei Pezzi Grossi fosse stato identificato.

-Un... altro...- balbettò lei.

-Sì. Si chiama David Miller, ed è il ragazzo di Ellie. Hazel, non somo certo che loro sappiano di far parte di questa Profezia, ma questa non è una coincidenza: quando ho sentito quelle voci, uno di loro ha detto che i due ragazzi erano arrivati al Campo, e loro sono gli ultimi semidei arrivati al Campo negli ultimi giorni! È per forza collegato! E uno dei due è figlio di Poseidone, uno dei Pezzi Grossi.-

-La cosa è sospetta, e molto preoccupante. Cosa pensi di quei ragazzi?-

-Sembrano apposto, ma voglio tenerli d'occhio, non si sa mai...-

-E fai in modo che nessuno lo sappia, almeno fino a quando non ne sapremo di più riguardo a questa storia.-

-Tranquilla... Hazel, questa conversazione che abbiamo avuto non deve saltar fuori. Non dirlo a nessuno, neanche a Frank.-

-D'accordo. Sarà dura, ma terrò la bocca chiusa.-

Così i due raccomandandosi entrambi di fare attenzione, si salutarono e staccarono il messaggio Iride.
Alla fine la cosa aveva giovato molto per Nico, non solo perché aveva parlato un pò con sua sorella, ma anche per discutere di questa faccenda con qualcuno di cui si poteva fidare. Certo, si fidava ciecamente dei suoi amici, ma con Hazel era diverso. Aveva un legame molto più vicino con lei rispetto a chiunque altro conoscesse.
Si era fatto pomeriggio, così Nico decise di uscire fuori e fare una piccola passeggiata, per schiarirsi le idee. E proprio mentre passava di fronte alla casa di Afrodite, vide Piper che gli salutava dall'ingresso.

-Nico! Will ti ha dimesso!-

Con un sorriso raggiante, Piper si avvicinò al figlio di Ade e gli circondò il collo con il braccio.

-Già, dovrò stare per un paio di giorni di riposo, ma ora sto bene. Sai dove è Jason?-

-Ehm... credo che sia nel bosco, con Percy e David. Parlavano di qualcosa riguardo ad alcuni mostri, o roba del genere, stavo andando proprio da loro. Ci andiamo insieme?-

Nico annuì e i due si diressero verso il bosco.

La vicinanza di Piper nei suoi confronti non dava alcun fastidio a Nico, anzi. Nell'ultimo periodo, era riuscito a legarsi molto di più con gli altri del Campo, specialmente con il gruppo dei Sette, instaurando una grandissima amicizia. Qualche anno fa Nico si distaccava, ma rispetto a prima era cambiato, a tal punto di non dimostrarsi troppo chiuso verso le altre persone.
Durante il tragitto infatti, Piper bombardó di domande il povero figlio di Ade riguardo lui e Will. La cosa faceva arrossire molto Nico, ma rispose senza dare troppi dettagli alle domande di Piper. Ancora strano, ma la ragazza non aveva fatto nessuna domanda riguardo Leo. Nico conosceva Piper, e sapeva che lei non si sarebbe data pace per scoprire la verità, ma gli sembrava molto strano il fatto che non gli aveva chiesto nulla...

Si erano ormai addentrati nel bosco del Campo, non avevano per fortuna incontrato nessun mostro, fino a quando uno scorpione di grandi dimensioni e di un colore nero non apparve proprio davanti a loro, vicino al ruscello.

-Fermati, bestione!-

Sentirono altre voci, e in pochi secondi apparvero vicino a loro i due figli di Poseidone e il figlio di Giove, abbastanza sudati. Percy e Jason erano soltanto stremati, mentre David aveva qualche graffio e la maglietta a brandelli.

-Pips... Nico... ci cercavate?- chiese Jason, ansimando ininterrottamente.

-Già ma... cosa state facendo qui?- chiese Nico.

-Avevamo sentito che c'erano alcuni mostri nel bosco, sopratutto questo bestione, così volevamo divertirci.- rispose Percy, con Vortice sulla mano.

-In realtà stiamo allenando David.- riprese Jason
-Vogliamo vedere cosa riesce a fare. Noi dobbiamo solo guardare o intervenire quando serve...-

Lo scorpione gigante fece un verso di sfida e sfoderò una delle sue chele verso i ragazzi, che si dispersero per evitare il colpo. La cosa fu un piccolo problema per Nico, dato che non doveva sforzarsi, ma dovette per forza buttarsi di lato per evitare il colpo. Si trovava ancora a terra, quando lo scorpione stava proprio puntando verso di lui.

-Hey, sono qui!- esclamò una voce.

La bestia si girò di spalle, dove David lo attendeva pronto a fronteggiarlo
. Così lo scorpione si mosse velocemente verso il semidio che cominció a schivare i suoi attacchi.
Nel frattempo, gli altri si avvicinarono a Nico e lo aiutarono a rimettersi in piedi.

-Ce la fai?- gli domandò Percy.

-Sì, sto bene, state tranquilli.-

I ragazzi si allontanarono dalla battaglia e si godettero lo spettacolo appoggiandosi ad un tronco d'albero lì vicino.

-Cosa ha intenzione di fare?- chiese Piper

-Non ne ho idea...- commentò Percy.

Fantastico pensó Nico, anche se era curioso di quale strategia voleva provare David.
Lo scorpione continuava ad attaccare con le chele o con il grosso pungiglione che aveva come coda, ma David non faceva altro che schivare, fino a quando i due non arrivarono al ruscello.

-Ecco! Vediamo adesso.- disse Percy osservando bene.

Lo scorpione attaccò con la chela ma David la fermò per una mano, poi saltó verso la sua testa e la colpì con un pugno. Lo scorpione arretrò e ringhiò al semidio. Alzò il pungiglione verso David, ma lui fece due verticali all'indietro, e il pungiglione si incastrò nel punto dove si trovava David prima. Il semidio, notando l'arto incastrato, estrasse la spada e tagliò il pungiglione dalla coda. L'animale si lamentò del dolore, mentre dalla schiena il sangue usciva a fiotti.
Ancora arrabbiato, riutilizzò la chela, ma David la fermò con entrambe le mani (aveva smesso di usare la spada, riponendola nel fodero) e con un'enorme forza provò a sollevarla. Incredibilmente, David tenendo lo scorpione con le braccia, lo sollevò e lo scaraventò alle sue spalle, lasciandolo a pancia all'aria.
Lo scorpione adirato, cercò per quasi un minuto di rimettersi in piedi, ma quando lo fece, si diresse ancora verso David. Anche lui corse verso il mostro, ma quando si trovò di fronte a lui, scivolò sotto di lui, ritrovandosi nel suo retro. Poi prese ciò che rimaneva della sua coda per la sua estremità, e a quel punto fece una cosa assurda, che gli altri non si aspettavano: con tutta la forza che aveva, e tenendo stretta la presa, cominciò a girare, e con lui, anche lo scorpione, che girava lentamente come una trottola ma che prendeva leggermente velocità. Poi, David lasciò la presa, e scagliò lo scorpione in un albero, che a causa dell'impatto, si vaporizzò in sabbia.
Nico, Piper, Percy e Jason erano a bocca aperta di fronte a quella scena. Poi, Percy e Jason gli applaudirono

-Sei stato mitico, David!-

-Woooo! Fantastico!-

Il ragazzo si avvicinò a loro, con un pò di fiatone e la fronte sudata dalla fatica.
Nico era veramente stupito, insomma, vedere un semidio che prendeva con tale forza uno scorpione grande il triplo di lui per la coda, farlo girare e scaraventarlo in un albero non era cosa da tutti i giorni.

-Come accidenti hai fatto?!- chiese ancora a bocca aperta al figlio di Poseidone.

-Ho... improvvisato. Mi trovavo sul ruscello, mi sentivo più potente, ed era come se qualcosa mi dicesse che potevo riuscirci... così ho provato...-

Il rumore di una campana in lontananza fermò le parole di David. Tutti quanti si girarono verso la fonte, incuriositi. Nico non sapeva cosa rappresentava la camlana, dato che era troppo presto per cenare.

-Sapete di che cosa si tratta?- chiese lui.

Si girò verso gli altri. Piper, Jason e David erano ancora confusi, mentre Percy aveva un enorme sorriso stampato in faccia
-Tyson è tornato!-


Angolo dell'autore
Rieccoci con un nuovo capitolo! ^^
Ammetto che questo capitolo l'ho usato per riorganizzare bene il personaggio di Nico, dato che lo avevo usato soltanto per pochi capitoli, e anche per mostrare i suoi dubbi e i suoi pensieri.
Ho cercato anche di dare un piccolo contentino a coloro che shippano la Solangelo e ammetto che è uno schifo per il poco che mi è venuto. E vi dico la verità: io non shippo la Solangelo. La trovo sì una coppia carina, Nico e Will ci stanno molto bene ma non sono un grande shippatore di coppie gay (sono uno che rispetta qualunque persona e non giudica nessuno, che sia gay, lesbo o semplicemente shippa certe coppie, a me non dá alcun fastidio ^^ ). Ma nonostante ciò mi sembrava una coppia carina e ho voluto aggiungerla per un poco e dare un contentino ai fan della Solangelo che sono moltissimi.
Mi rivolgo ora ai fan della Solangelo, scusandomi per il piccolo spazio che ho lasciato per loro rispetto ad altre coppie, spero che non mi odiate per questo.
Quindi, tralasciando questo piccolo discorso, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, recensite se volete e ricordate: stay tuned per il prossimo, che vedrà il ritorno di Tyson!
See ya! ;)
-MrRaider

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