Iridescent

di Portuguese D Rogue
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il risveglio ***
Capitolo 2: *** Presentazioni ***
Capitolo 3: *** Benvenuta! ***
Capitolo 4: *** Rivelazioni ***
Capitolo 5: *** Notizie ***



Capitolo 1
*** Il risveglio ***


N.d.A. Ciao a tutti :) vi consiglio di leggere questo capitolo con la canzone Iridescent dei Linkin Park https://youtu.be/xLYiIBCN9ec . Buona lettura :)

You were standing in the wake of devastation
You were waiting on the edge of the unknown
With the cataclysm raining down
Insides crying, "save me now"
You were there and possibly alone

Guardavo la devastazione che mi circondava e continuavo a chiedermi cosa ci facessi lì. Vedevo gente che scappava urlando, inseguita da uomini di metallo spaventosi. Nessuno mi notava, pensavano fossi morta?
Forse sì, ero distesa a terra tra un cumulo di macerie di un palazzo e una macchina rovesciata.
Sentivo i suoni ovattati e un debole fischio ronzarmi nelle orecchie.
Provai ad alzarmi, ma appena alzai la testa notai che ero sul bordo.... davanti a me il vuoto.. e più sotto una vallata.
Mi lasciai scappate un singulto di sorpresa.
Ad un tratto, all'improvviso, qualcuno mi mise le mani sulle spalle e mi fece mettere seduta. Guardai il ragazzo davanti a me: un bel ragazzo alto e biondo, quasi bianco, degli occhi azzurri e il fisico muscoloso ed atletico.
-hei, stai bene?- mi chiese quasi con urgenza
Non riuscivo a parlare, così mossi la testa in risposta affermativa, continuando sempre a mantenere lo sguardo fisso nei suoi occhi.
-riesci a camminare? Stiamo evacuando la città, devo portarti al più presto verso una scialuppa di salvataggio-
Io continuavo a non rispondere, non che lo facessi apposta, ma non riuscivo proprio a parlare.
Fece uno sbuffo in mia direzione
-tieniti a me ok?- e detto ciò mi prese imbraccio mettendo un braccio sotto le ginocchia e l'altro attorno alle spalle.
Per la sorpresa allacciai le mie braccia al suo collo, lasciandomi sfuggire un altro verso di sorpresa: era stato molto rapido.
Con un sorrisino sul volto girò su se stesso e cominciò a correre.
Non correva in modo normale.
Questo è poco ma sicuro.
Per la paura chiusi gli occhi e mi strinsi al suo collo e nascosi la mia testa nell'incavo tra la spalla e il collo.
Lui fece una risatina e mi disse
-guarda che siamo arrivati-
Mi staccai immediatamente imbarazzatissima, lui continuava a guardarmi sorridendo, quasi ghignando, tenendomi ancora in braccio.
-adesso ti lascio andare ok?- sembrava stesse parlando con un animale indifeso.
Mi mise con i piedi a terra e mi lasciò andare con cautela, assicurandosi che stessi in piedi.
-raggiungi la scialuppa e non preoccuparti, andrà tutto bene- sembrava preoccupato, forse cercava di convincere anche se stesso.
-hei ragazzino, dove sei? Ci servi alla chiesa- sentii una voce dall'auricolare di lui.
Si portò due dita all'orecchio e peremendo sull'auricolare disse -si arrivo subito- poi rivolto a me -scusami, devo andare a salvare il mondo... e le chiappe dei miei compagni. Raggiungi la scialuppa!- e corse via, lasciando dietro di se una scia blu.

Avevo fatto salire sulla scialuppa appena partita una donna con due bambini, restando così a terra aspettando la prossima.
Nel frattempo sentivo esplosioni e boati di tutti i tipi provenire dalla direzione in cui era sparito il ragazzo che mi aveva salvato.
Quando cessarono mi ritrovai accanto ad un tipo con una tuta nera, una feretra con delle frecce ed un arco modernissimo.
Quando si accorse di un bambino rimasto indietro, scese dalla scialuppa di salvataggio e si precipitò nella sua direzione. Io mi affacciai falla balaustra, rapita dal coraggio di quell'uomo, quando ad un tratto sbucò da dietro un palazzo un get che iniziò a sparare a raffica nella loro direzione. Avevo i brividi che correvano lungo la schiena, possibile che dovesse finire così la vita di quell'uomo che era accorso in aiuto di quel bambino senza alcuna esitazione?
Un moto di rabbia mi stava crescendo dentro in pochi secondi... vedevo tutto a rallentatore: come guardare una scena di un film in slow motion, i proiettili che colpiscono il terreno a ripetizione avvicinandosi sempre di più all'uomo che si era messo di spalle per proteggere il bambino, e il ragazzo biondo di prima che si avvicinava più veloce di tutto e tutti correndo nella loro direzione.
Non volevo che morisse qualcuno per fare del bene: non era giusto!
Raccolsi l'arco e una freccia che l'uomo aveva lasciato sulla scialuppa e presi la mira. Mirai ad un cavo che teneva sospesa ancora per miracolo un'impalcatura che utilizzano i lavavetri.
Accadde tutto in pochi secondi: l'impalcatura cadde, frapponendosi tra coloro che volevo salvare e i colpi a ripetizione che ormai erano arrivati sopra di loro, e fece da scudo.
Il get continuò il suo percorso finchè non venne attaccato da un mostro grosso e verde.
I tre si guardavano attorno, sorpresi dal fracasso e dal fatto che nulla li avesse colpiti. Il ragazzo biondo che aveva spostato una macchina per fare da scudo al suo compagno, si girò nella mia direzione e quando mi notò sgranó gli occhi.
Feci un sorriso in sua direzione, contenta di aver ripagato il mio debito, dopodichè tutto divenne nero e persi i sensi.

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Capitolo 2
*** Presentazioni ***


Sono stesa su qualcosa di soffice, deve essere un letto. Provo ad ascoltare i suoni attorno a me tenendo sempre gli occhi chiusi: un bip lento e regolare, delle voci in lontananza e un fruscio vicino a me.

Apro piano gli occhi e mi ritrovo in una stanza bianca piena di strumenti medici. Al mio fianco noto che c'è un medico, direi dal camice bianco, moro, riccio e con un paio di occhiali dalla montatura molto semplice.

-hei, ben svegliata- mi dice con un sorriso timido

-dove...dove mi trovo?-

-sei nell'infermeria dell'avengers tower, a New York-

-come? Perchè mi trovo a New York?-

Il dottore di toglie la fragile montatura degli occhiali e si tocca i capelli, forse tutte queste domande lo mettono in imbarazzo.

-non so bene neanche io il motivo.... ma so che hai salvato la vita a due dei nostri, grazie.-

Come un flash mi ritornano in mente gli ultimi istanti prima di perdere conoscenza io, l'arco, i due eroi, l'impalcatura, i proiettili... mi viene un forte mal di testa che mi costringe a portare le mani sulle tempie, come se stringermi la testa facesse passare il dolore...

L'uomo mi guarda preoccupato e il 'bip' del macchinario aumenta di frequenza, segno che il mio battito cardiaco sta accellerando.

-hei calma, calma... va tutto bene-  il dottore cerca di calmarmi

-è tutto passato, fai dei bei respiri profondi-

Faccio fatica a respirare, credo sia un attacco di panico, non riesco a controllare il mio respiro...

Ad un tratto si spalanca la porta ed entra un uomo, lo stesso che era corso a salvare il bambino, quello con i capelli castani e l'arco, ma stavolta niente arco.

Si abbassa alla mia altezza, punta i suoi occhi grigi su di me e mi mette le mani sulle spalle

-Emi...Emily, calma tranquilla va tutto bene non ti preoccupare, è tutto a posto. Sei al sicuro ora ok? Nessuno vuole farti del male- e senza preavviso alcuno, mi abbraccia.

È un abbraccio caldo, mi sento sicura e protetta tra queste braccia muscolose, una sensazione strana, come quando correvo nelle braccia di papà perchè qualche bambino mi prendeva in giro.

Mi accarezzava piano i capelli, continuando a tenermi stretta e piano riuscì a calmare il respiro, che tornò regolare dopo poco.

-grazie...- riuscì solo a dire una volta calma.

L'uomo si allontanò e ora sembrava imbarazzato -figurati- e dopo aver fatto un cenno con la testa al dottore si rivolse nuovamente a me e con un lieve sorriso mi disse un semplice -a più tardi-

Guardai il dottore confusa -come fa a sapere il mio nome?-

-abbiamo fatto delle ricerche. Avevi perso conoscenza e volevamo sapere qualcosa su di te, almeno per sapere chi eri e da dove venivi-

Mi limitai ad annuire con la testa.

-Oh comunque piacere, Bruce Banner- riprese porgendomi la mano che afferrai

-Emily Barns, ma già lo sapeva...- conclusi con un sorriso.

 

Il dottore mi fece uscire dall'infermeria dopo poco e mi portò in un salotto al piano superiore, dove erano radunate un po' di persone, che si girarono al nostro arrivo.

-oh, la bella addormentata si è svegliata!- riconobbi subito l'uomo che aveva parlato, era apparso spesso sulle copertine di molte riviste. Anthony Stark, o meglio conosciuto come Tony, si avvicinava sicuro di se verso di noi, seguito da tutti gli altri.

-Emily, voglio presentarti gli Avengers: Tony Stark, Ironman- che portò alla tempia due dita e poi le allontanò.

-Steve Rogers, alias Captain America- che non era altro che un bellissimo uomo, alto, biondo, con gli occhi azzurri e un fisico favoloso, che con un sorriso alzò la mano in segno di saluto.

-Thor, il dio del tuono- anche questo non è messo male, mi ritovai a pensare mentre l'uomo dalle fattezze nordiche chinava la testa in segno di saluto.

-l'agente Natasha Romanoff, conosciuta anche come vedova nera- la rossa mi rivolse uno gran sorriso

-l'agente Clint Barton, che hai conosciuto prima, Occhio di falco- l'uomo mi rivolse un sorriso imbarazzato a cui riposi.

-e i gemelli Maximoff: Pietro e Wanda, rispettivamente Quicksilver e Scarletwich.- questi ultimi non sembravano affatto gemelli. Lui alzò la mano e mi sorrise, lei rimase impassibile.

Ci misi un attimo ma poi riconobbi il ragazzo che mi aveva salvata e ricambiai più che volentieri il sorriso.

-piacere di fare la vostra conoscenza, io sono Emily Barns, ma per gli amici Emi- conclusi sorridendo.

Palammo del più e del meno seduti sui divanetti della stanza che si trovava su uno dei piani più alti del grattacielo.

-sono laureata in amministrazione aziendale e ero con il mio capo a Sokovia per delle trattative con il nostro partner commerciale, purtroppo credo che si trattasse di un'azienda affiliata all'idra... quindi mi ritrovo momentaneamente disoccupata- stavo raccontando alla scquadra del perchè mi trovassi a Sokovia in quel momento.

-fortunatamente sei uscita viva da quell'inferno- disse Stive

-sì, e devo ringraziare Pietro per questo- mi rivolsi a lui con un sorriso.

Lui sorrise e con aria un po'ammiccante mi rispose un -figurati, è stato un piacere- ricevendo di risposta un occhiataccia da parte di Clint. E io venni incenerita dallo sguardo di Wanda....almeno credo.

Ad un tratto arrivò un uomo dalla pelle rossa, vestito in maniera simile a Thor e con una gemma luminosa incastonata sulla fronte.

-Emi, lui è visione!- Tony lo presentò fiero come lo si potrebbe essere di un figlio.

-è un vero piacere fare la sua conoscenza- disse lo strano uomo facendo un lieve inchino... ok ora sono sicura che Wanda maximoff mi stia incenerendo con lo sguardo.

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Capitolo 3
*** Benvenuta! ***


Sono stati tutti gentilissimi con me, ho passato una giornata stupenda. Mi hanno mostrato la palestra, il laboratorio del signor Stark e la sala di controllo, insomma... un sacco di cose che mi hanno lasciata senza parole.

-grazie davvero a tutti, ho passato una giornata fantastica, ma credo sia ora che torni a casa-

Mi stanno guardando in modo strano...

-cosa ce che non va?- ora sono meno sicura di me... insomma, che ho detto di così sbagliato?

-pensavamo avessi capito- mi dice Steve

-...cosa esattamente?- chiedo timorosa

-beh non pensavo servisse dirlo, ma... benvenuta nello SHIELD!- dice Tony allargando le braccia.

-pensavi che avremmo mostrato la nostra torre di controllo a chiunque?- questa volta a parlare è stata Natasha

-beh... no, effettivamente- come mi sento stupida....

-oltre ad avere un ottimo curriculum, hai anche salvato due dei nostri... questo è il minimo- Bruce è sempre troppo buono...

-Così pare che ci vedremmo di frequente- mi dice ammiccando Pietro.

Non posso far altro che sorridere un po' imbarazzata

-hei pivello, non spaventarla!- Clint sta incenerendo il platinato con un'occhiataccia.

Si è da subito dimostrato molto disponibile e protettivo nei miei confronti, al contrario di come me lo hanno descritto gli altri.

-sta buono nonnetto!- gli rispose Pietro con un sorrisetto canzonatorio

-è fantastico ragazzi, grazie!- non riesco a trattenere un sorriso enorme che non ne vuole sapere di andarsene... insomma, sono felicissima della notizia! Lavorerò a New York, al fianco degli Avengers!

-quali saranno le mie mansioni?-

-Beh, starai al fianco di Maria e l'aiuterai- disse Tony indicandomi con il pollice la signorina Hill che annuì in mia direzione.

 

Grazie a Tony tutte le mie cose mi vennero recapitate quel pomeriggio stesso al mio nuovo appartamento nell'Avenger Tower dal mio vecchio appartamento di Boston.

La sera ci ritrovammo tutti a mangiare nel mega salone della pizza buonissima, fatta arrivare da una pizzeria italiana.

L'aria che si respirava era allegra e piena di risate. Steve e Tony non facevano altro che punzecchiarsi a vicenda, Thor stava raccontando di una battuta di caccia su Asgard e dell'enorme banchetto che seguì.

Io cercavo di mangiare tranquillamente, ma scoppiavo a ridere ogni due secondi, quel gruppo era una comica, altro che Avengers!

 

Quando ci augurammo la buonanotte, decisi di fare prima un salto sul terrazzo che avevo addocchiato in precedenza.

Una volta fuori rimasi incantata dal paesaggio spettacolare che mi circondava: New York e le sue luci viste dall'alto.

Mi sedetti su una delle poltrone e guardai il cielo, ma purtroppo non si vedevano stelle: l'inquinamento luminoso era troppo, e la cosa mi intristì un po'.

-hei, cosa ci fai qui?-

Mi ritrovai a sobbalzare nell'udire una voce alle mie spalle.

Mi girai di scatto e vidi Pietro con le mani in tasca fermo vicino alla porta.

-Pietro! Mi hai spaventat- dissi portandomi una mano al petto -cercavo le stelle, ma qui non ci sono-

Si avvicinò e si sedette accanto a me

-ti vedo giù di morale... come mai?- la sua voce era bassa, come per non disturbare i rumori della città.

-stavo pensando che i miei genitori sarebbero orgogliosi di me-

-ah...-

-sono morti un paio di anni fa in un incidente stradale... mio padre era operaio e mia madre una maestra-

Pietro rimaneva in silenzio così mi voltai e vidi che aveva gli occhi persi nel vuoto.

-Scusami, non volevo annoiarti...-

-Oh,no, tranquilla, ti capisco, anche io e Wanda abbiamo perso perso i nostri genitori quando avevamo dieci anni-

-Oddio! Mi dispiace non sapevo...- ero estremamente imbarazzata dall'enorme gaffe che avevo appena fatto

-Non ti preoccupare, ormai è passato tanto tempo...- mi fece un lieve sorriso -perché non mi parli di loro?-

-Sicuro?- chiesi con un po' di timore

-Sì, non ti preoccupare-

-Grazie...- ora anche io sorridevo

-Loro non erano i miei veri genitori, ma io li consideravo come tali. Mi hanno dato tutto quello di cui potessi aver bisogno, mi volevano un gran bene e io ne volevo loro. Ero molto legata soprattutto con mio padre, facevamo in sacco di cose insieme e mi ha sempre incoraggiata qualsiasi cosa decidessi di fare.

A diciannove anni me ne andai di casa per cercare lavoro e cercare i miei genitori naturali, mi è stato detto che erano brave persone e che mi avevano data in adozione perchè non potevano tenermi con loro nonostante mi volessero bene.

È per questo che non li odio. Anche se mi hanno data in adozione, hanno cercato una brava famiglia, che non potesse avere figli. Questo è stato il loro modo di dimostrarmi amore- una lacrima mi sfuggì e subito la cancellai con la manica della felpa che indossavo.

-purtroppo non ho trovato alcuna informazione su di loro. Come scomparsi nel nulla, mi arresi dopo un anno di ricerche.

Con i miei veri genitori ci sentivamo quasi tutti i giorni, finchè un pomeriggio un pirata della strada non li centrò in pieno con il suo fuoristrada.- non riusc8 a trattenerr dei singulti e le lacrime iniziarono a scendere senza controllo.

-scusami, non vorrei piangere...- gli dissi nascondendo la faccia nelle mani

-hei, no, tranquilla. È giusto che tu pianga. Piangere non è un simbolo di debolezza, è una manifestazione del tuo stato d'animo- dicendo questo mi cinse le spalle con un braccio e mi portò a se.

-grazie Pietro, non mi conosci neanche eppure mi consoli....-

-non è vero che non ti conosco: tu sei Emily Barns, mi hai salvato la vita e fai parte della squadra un sorriso era impresso sulle sue labbra.

 

Mi accompagno poi alla porta del mio appartamento, vicino al suo, e ci scambiammo la buonanotte prima che chiudessi la porta alle mie spalle.

Tutto sotto l'occhio vigile di qualcuno che stava nascosto nell'ombra senza essersi mai fatto notare.

N.d.A. Ciao a tutti! Spero che la mia storia vi piaccia :) Mi farebbe molto piacere se lasciaste un commentino, giusto per sapere la vostra opinione.
Come avrete già notato pubblicherò circa una volta a settimana, a presto, Rogue :)

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Capitolo 4
*** Rivelazioni ***


Erano ormai passate due settimane da quando mi trovavo alla Tower e mi ero ambientata ormai alla routine di quel tecnologico posto, ma non mi sarei mai abituata alle stranezze degli abitanti.

Ogni tanto vedevo Tony aggirarsi per la Tower con strani aggeggi addosso, dopo la seconda volta, non chiesi più nulla... la mia conoscenza dell'ingegneria era molto limitata.

La Hill, nonostante continuasse a sembrarmi una donna alquanto fredda, mi aveva spiegato tutte le mansioni e mi ha riservato qualche sorriso che non credevo fosse capace di fare.

Ho iniziato anche ad allenarmi, come previsto dal mio nuovo contratto di lavoro: ogni agente SHIELD deve essere pronto a qualunque tipo di scontro. Da piccola ho seguito dei corsi di arti marziali, devo dire che mi sono stati abbastanza utili.

Sapevo già tirare con l'arco, ho imparato al campeggio ed ho vinto anche una medaglia, ma mi hanno insegnato anche ad utilizzare pistole di diverso calibro.

Ero riuscita a stringere un buon rapporto con gli Avengers, a cui davo una mano nel momento in cui avevano bisogno. Era uno dei miei compiti.

L'unica con cui non parlavo se non per trasmettere delle comunicazioni era Scarlet Wich, non che mi stesse antipatica, semplicemete mi ignorava. Non penso di averle fatto nulla... ma boh.

Pietro era il più carino con me, appena aveva tempo passava per un saluto e la sera ci ritrovavamo a parlare spesso prima di andare a dormire.

Passavo parecchio tempo con Clint, il quale mi allenava personalmente, aveva deciso di essere il mio AS.

 

Ero seduta dietro la mia scrivania nel mio studio, accanto a quello di Maria, che in questo momento si trovava fuori dalla Tower a controllare una delle altre basi, quando la voce di JARVIS si diffuse nel mio studio

-signorina, il signor Barton chiede di vederla nel suo alloggio-

-grazie Jarvis, ti ha detto il perchè?- Era strano che Clint mi facesse chiamare da Jarvis

-no signorina-

-grazie, arrivo subito-

-è un piacere-

Quanto mi piaceva parlare con Jarvis! Era sempre così educato!

E con questi pensieri e un sorriso sul volto mi diressi verso l'alloggio di Clint, pensando a quanto fossi felice di quanto fosse cambiata la mia vita.

 

Arrivata all'alloggio bussai ed aspettai il permesso per entrare.

-accomodati pure- Clint, con un sorriso che azzarderei dire un po' tirato, mi fece accomodare su delle poltrone in una specie di salotto antecedente un altra camera che supposi essere la camera da letto. Il mio appartamento era disegnato allo stesso modo.

-grazie, come mai mi hai chiamato qui?-

Infondo ci vedevamo per delle semplici chiacchierate nella sala comune, era la prima volta che entravo nel suo appartamento.

-beh, volevo parlati in un posto tranquillo e senza che nessuno ci disturbi-

-ok, ti ascolto- mi sembrava teso, forse preoccupato, ma era difficile notarlo, infondo era una spia e sapeva ben mascherare le emozioni... ma, come dire, me lo dicevano i suoi occhi.

-beh, non so se lo sai, ma io sono sposato-

Assunsi un'espressione stupita: no, non lo sapevo... ma che c'entra? Lo esortai con lo sguardo a proseguire.

-non risulta dai fascicoli per ordine di Fury, l'abbiamo accordato quando ho iniziato il servizio, per la loro sicurezza-

Mi sembrava una cosa molto bella, dover fingere davanti a tutti i tuoi amici e compagni per proteggere chi ami è un gesto molto nobile.

-io e Laura abbiamo quattro figli, uno nato da pochi giorni e sarà la prima volta che lo vedo di persona-

Stava sorridendo tenendo lo sguardo basso, con una smorfia di tenerezza solo al pensiero di poter vedere quella piccola creaturina.

-Anne ha dieci anni e Rayan sette...- il sorriso non abbandonava la sua bocca e lo sguardo perso era sintomo che stesse pensando proprio a loro.

-Il quarto...?- chiesi un po' confusa

-eravamo giovani, appena maggiorenni, non potevamo permetterci di tenere un bambino, per quanto l'amassimo. Avevo preso da poco il servizio e Laura doveva finire gli studi. Facemmo visita a diverse famiglie, cercando quella giusta. E alla fine la trovammo in un paesino centrale della Virginia- ora lo sguardo sembrava triste e malinconico.

-siete stati responsabili a darlo in affido se non potevate tenerlo- avevo un sorriso dolce sulle labbra, vedere quanto Clint fosse legato ai suoi figli era una cosa magnifica. Mi chiedevo perchè me lo raccontasse, soprattutto se doveva essere un segreto anche per lo SHIELD stesso.

-tenerla- marcò il "la" -è una ragazza-

Ora ero davvero confusa... mi sembrava una storia così familiare... così simile alla mia...

Lo gardai negli occhi, fissi ora nei miei, quel colore del cielo un po' uggioso, così cristallino, un po' umidi..

-sei così simile a tua madre... hai i suoi stessi occhi-

Gli occhi mi si rempirono di lacrime, facevo fatica a crederci, davvero...

Le lacrime scendevano ora senza controllo sulle guance, lacrime di gioia, sgomento, incredulità... insomma, li avevo forse trovati dopo tanto cercare?

Senza pensarci mi gettai tra le sue braccia che mi accolsero subito stringendomi in un abbraccio. Un abbraccio caldo, familiare, riprovai la stessa sensazione di calore e benessere della prima volta. La mia testa sul suo petto, con le braccia che ci stringevano a vicenda, la sua guancia sulla mia testa mi dava baci e continuava a ripetere il mio nome.

-oh Emi, quanto ci sei mancata! Sei l'orgoglio mio e di tua madre, abbiamo sempre ricevuto notizie e foto su di te dai tuoi genitori adottivi. Siamo stati tanto in pena per te quando sono scomparsi. Volevamo parlarti, vederti... ma per la tua stessa sicurezza non potevamo-

-non sai quanto vi abbia cercato... volevo conoscervi. Almeno per dirvi grazie per avermi fatta nascere ed affidata ad una famiglia splendida, sapendo che non potevate. Grazie... papà-

Oh, amore mio, non ti lasceremo più, quando tua madre ha saputo che eri qui ha iniziato a dare di matto per poterti conoscere anche lei-

-ahaha ma quindi ho dei fratellini?-

La consapevolezza di poter essere nuovamente parte di una famiglia mi rendeva la persona più felice del mondo, e da figlia unica avevo addirittura tre fratelli!

-sì, sono sicuro che ti adoreranno-

Parlammo tanto, le cose da dire e raccontare erano molte, e con la promessa che presto sarei andata a trovare mia madre e i miei fratelli migliorò ulteriormente il mio umore.

N.d.A. Volevo ringraziare tutti i lettori/lettrici che leggono silenziosamente la mia storia, tutte quelle che l'hanno messa tra i seguiti, le ricordate e i preferiti e a WelcometotheBlackParade per aver lasciato una commento :) Un grazie di cuore a tutti! 
A presto, Rogue :*
 

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Capitolo 5
*** Notizie ***


Ciao a tutte, leggendo il commento di Kyem ho capito che forse non era molto chiaro il mio personaggio, credo comunque che quattro capitoli siano troppo pochi per definirne uno.

Emily mi è venuto di getto, senza pensarci ho scritto quel nome, inizialmente ne avevo scelto un altro, ma poi ho capito che era più giusto quello.

Il mio personaggio non è una creatura dalle fattezze angeliche, se avete fatto caso, non l'ho ancora descritta fisicamente, non ne ho ancora avuta l'occasione. Sono sull'idea di creare una ragazza semplice, anonima quasi, perchè mi sembra ingiusto che tutte le protagoniste siano sempre considerate molto belle.

Mi piace l'idea che una come tante abbia anche lei la possibilità di raccontare una bella storia.

Emily è una ventiduenne alta 1,65 con gli occhi e i capelli castano scuri, questi ultimi sono tagliati corti a caschetto lisci e con le punte un po' più lunghe sul davanti. Non è magra e neppure grassa, ma nonostante ciò è atletica.

Io non ho letto i fumetti, ho solo visto i film della Marvel, e Clint mi è sembrato un tipo tutt'altro che freddo con gli altri avengers, l'ho notato soprattutto nell'ultimo film Age of Ultron. Ha un comportamento scherzoso e amichevole con gli altri del gruppo. Ha molto a cuore la sua famiglia, tanto da non farne parola con nessuno finchè non ce ne sarà la necessità.

Detto questo, non è detto che tra lei e Pietro nascerà qualcosa, per adesso è una semplice amicizia, vedrò se svilupparla o no.

Grazie per aver letto fino a qui, buona lettura, Rogue :)

 

Per l'ora di cena ci dirigemmo verso la sala comune, per cenare tutti insieme, come ormai d'abitudine.

Arrivammo alla sala e gli occhi di tutti si voltarono verso di noi, eravamo gli ultimi mancanti nella sala, ci aspettavano per andare a tavola.

-finalmente! È una vita che aspettiamo!-

-Stark come sei melodrammatico- Steve gli lanciò un'occhiata al quanto spazientita

-chi? Io?- fece Tony di risposta indicandosi con una mano come se fosse una diva di Hollywood. A questo punto non poté non scatenarsi un dibattito che durò per tutta la cena, distogliendo l'attenzione da me e Clint che ci scambiavamo qualche sorrisetto.

Durante la cena notai che Nat guardava me e Clint sorridendo, da quanto mi aveva detto mio padre loro erano molto amici e sapeva già dell'esistenza di Laura e della mia, anche se accennata.

Finito di cenare ci spostammo tutti nell'area relax: ovvero il salone con il bancone bar e i divani.

Ci posizionammo davanti a tutti, Clint al mio fianco.

-Ragazzi io e Emy dobbiamo dirvi una cosa- il suo tono non trasmetteva alcuna emozione se non un po' di impazienza.

Si voltarono tutti nella nostra direzione con le facce più diverse, solo Nat aveva un sorriso rilassato sulle labbra.

-vi volevamo solo informare che staremo via per circa cinque giorni, la porto alla casa sicura-

-non doveva rimanere segreta?- Steve era la voce del gruppo

-sì, certo, ma non per la famiglia- disse guardandomi e circondandomi con un braccio le spalle -è ora che la famiglia si riunisca-

Tony spalancò la bocca, Steve, Pietro e Bruce sgranarono gli occhi. Thor fece un sorriso da orecchio a orecchio, contento per il suo amico. Wanda prima sgranò gli occhi, poi assottigliò lo sguardo crucciando le fini sopracciglia, la sua espressione non promette nulla di buono.

Infatti, dopo avermi lanciato un ultimo sguardo di fuoco girò sui tacchi e si diresse all'ascensore.

Pietro guardò la sorella uscire di scena, come tutti noi, ma poi si alzò e dopo avermi stretto in un abbraccio stritolante e detto di non preoccuparmi, uscì anche lui di scena nella stessa direzione della gemella.

Ricevemmo abbracci e complimenti da tutti che chiesero di poter ascoltare la nostra storia e ci dimenticammo momentaneamente del comportamento di Wanda.

 

-hei sorellina, che ti prende?- Pietro la raggiunse grazie alla super velocità nella camera di lei, collegata alla sua da una porta.

-niente va!- Wanda camminava velocemente avanti e in dietro per la stanza, difficilmrnte perdeva così il controllo, capitava quando doveva ancora imparare a controllare i suoi poteri o la situazione le sfuggiva di mano. Ma lui non capiva davvero: avevano trovato un gruppo unito che si era dimostrato aperto e disponibile nei loro confronti, da Sokovia le cose sembravano essere tranquille o c'eranp missioni di ordinaria amministrazione, loro avevano preso ad allenarsi essendo entrati ufficialmente nella squadra.

Le cose non potevano andare meglio.

-no Pietro, le cose non vanno bene- Wanda gli aveva letto nel pensiero -tu non hai idea di quanto possa essere frustrante! Tu stavi per morire, io non potevo fare nulla, ma l'ho avvertito! La tua vita che per un soffio non si è spenta per salvare Clint e quel bambino! Vivevo la scena attraverso i tuoi occhi. E poi arriva lei che ti salva al posto mio. Dovrei ringraziarla ma non ci riesco! Mi fa rabbia!

E ora? Ora è al centro dell'attenzione di tutti, persino della tua! Cos'ha di così speciale? Niente! È riuscita a scoccare una freccia. Perchè io pur essendomi proposta e sottoposta a degli esperimenti di uno scienziato pazzo non ce l'ho fatta??- urlava e piangeva, gli occhi che prendevano una sfumatura rossastra e gli oggetti che tremavano sui mobili.

Pietro non credeva che la gemella fosse ancora scossa da tutto quello che è successo. Fece l'unica cosa che reputava giusta da fare: l'abbracciò. Come quella volta che si ripararono sotto il letto, come prima di sottoporsi agli esperimenti, come dopo quella battaglia. Non servivano parole, bastava il legame che li univa, la consapevolezza della presenza l'uno dell'altra. Rimasero così finchè i singhiozzi di lei si calmarono e gli oggetti smisero di muoversi.

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