Exsilium - Il Dono della Dea

di Acer5520
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. Sbarco ***
Capitolo 3: *** 2. Il palazzo reale ***
Capitolo 4: *** 3.Presentazioni ***
Capitolo 5: *** 4. Piccole vittorie ***
Capitolo 6: *** 5.Nora ***
Capitolo 7: *** 6.Sistemazioni ***
Capitolo 8: *** 7.Funzioni straniere ***
Capitolo 9: *** 8.Incendio ***
Capitolo 10: *** 9.Imbrogli ***
Capitolo 11: *** 10.Punizioni ***
Capitolo 12: *** 11.Chi comanda ***
Capitolo 13: *** 12. Punti di vista ***
Capitolo 14: *** 13. I nobili ***
Capitolo 15: *** 14. Accordi ***
Capitolo 16: *** 15.Sorprese inaspettate ***
Capitolo 17: *** 16.Ospiti ***
Capitolo 18: *** 17.Arcalia ***
Capitolo 19: *** 18. Compromessi ***
Capitolo 20: *** 19. Proposta ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
 
Splendeva il sole sul regno dei bracciali dorati.
Il Dio-senza-nome aveva donato ai suoi fedeli una terra in cui il freddo gelido era cosa sconosciuta, le piogge non erano mai tanto forti da devastare un raccolto ma neanche troppo scarse da far sopraggiungere la siccità e la neve e la grandine non avevano mai turbato la pace del popolo.
 Nessuno lì moriva di freddo, nessuno lì soffriva la fame.
La collina che aveva scelto come appostamento per la sua opera offriva una perfetta visuale della capitale e del palazzo reale in tutto il suo splendore.
Aveva sentito dire che il palazzo era enorme e che i templi che dedicavano al loro Dio avevano intarsi d’oro alle pareti.
Era un regno piccolo, ma florido.
Non c’erano controlli approfonditi sui visitatori. Quella gente non temeva gli stranieri.
Aveva avuto occasione, nei giorni precedenti, di aggirarsi per le strade del mercato e della piazza principale al riparo del cappuccio del suo mantello. Non era importato a nessuno che, in un posto così caldo, qualcuno si aggirasse per il paese con un mantello addosso e un cappuccio calato in testa. Nessuno aveva fatto domande ma molti avevano risposto alle sue.

Il loro Dio, evidentemente, li proteggeva da ogni pericolo e da ogni sofferenza.
Eppure quelle persone che aveva visto aggirarsi felicemente per le vie del mercato e chiacchierare senza pensieri nelle taverne del centro della città avevano preso ciò che era sempre stato suo.
Non avevano niente di cui lamentarsi, nessun bisogno di rubare, nessuna sofferenza con cui giustificare quello che avevano fatto, eppure era così.
La profezia era stata chiara: il re con il bracciale d’oro avrebbe preso quello a cui più teneva al mondo.
La sacerdotessa che aveva letto l’avvertimento della Dea nel bacile delle veggenti non aveva capito il motivo e aveva farneticato qualcosa che le sue orecchie si erano rifiutate di ascoltare. Nella sua testa ormai si era impresso a fuoco solo il furto che aveva subito ad opera di uno dei ministri di quel Dio sconosciuto.
Non era cosa che potesse restare impunita.
Lasciò che i raggi del primo sole illuminassero la città per un’ultima volta, poi scoprì il suo viso facendo scivolare il cappuccio del mantello sulle spalle. Non aveva paura che qualcuno vedesse il suo viso, né aveva intenzione di negarsi il piacere dei primi raggi del sole sulla pelle ormai nascosta da troppo tempo.
Sapeva che il re in quel momento stava dando il buongiorno ai suoi sudditi, alzando le mani con i palmi rivolti verso il basso, verso il popolo che accorreva sotto la sua finestra per ricevere quel gesto benedicente nel nome del loro Dio.
Il re di quel posto non sarebbe stato l’unico ad alzare le mani in quel modo.

I palmi rivolti verso la brulla terra prudevano piacevolmente di un potere bruciante che era rimasto nascosto per anni, le braccia si caricavano di forza sovrannaturale e un ruggente boato si fece strada nelle sue orecchie.
Era come il ruggito di una bestia possente che si svegliava dopo un lungo sonno. Dapprima soffocato e lento, poi sempre più forte e deciso, con un rimbombo in grado di assordare chiunque si trovasse nelle vicinanze.
Poteva sentire la terra tremare sotto i suoi piedi e vedere i palazzi della dannata città che si accasciavano su loro stessi.
Le case si scioglievano al suolo, le grandi mura si agitavano come i fili d’erba in una tempesta di vento e, in pochi secondi, anche il palazzo reale sarebbe crollato.

Avrebbe vendicato il furto e distrutto i ladri.
Era assolutamente felice dei poteri che la sua Dea aveva fatto scorrere nel suo sangue e felice di dare ai maledetti quello che meritavano.

Non potè fare a meno di mescolare le sue risate soddisfatte al rombo della terra.
Nessuno avrebbe toccato ciò che era suo!

Il potere ormai scorreva libero dalle sue mani alla terra sotto i suoi piedi, la soddisfazione più completa scorreva nelle sue vene e puntò il almo di una mano nella direzipone del palazzo reale

<< Non avrete ciò che è sempre stato mio! >>

Ma proprio quando credeva di udire il boato del palazzo che cadeva, udì soltanto un tonfo sordo misto a un dolore accecante alla nuca e gli occhi, che avrebbero dovuto osservare la caduta dei suoi nemici, furono oscurati da un buio senza fine.
Fu solo tra la sofferenza e la confusione indotta dal potere spezzato che riuscì a promettere alla sua Dea che i maledetti del regno dorato avrebbero pagato anche quell’affronto.
A qualunque costo, avrebbe distrutto quel palazzo e tutti i suoi abitanti.

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Capitolo 2
*** 1. Sbarco ***


1. Sbarco

 

Da mesi ormai la nave solcava il vasto mare alla ricerca di un porto sicuro dove approdare.

Era la più maestosa che la sua terra avesse mai costruito, possente e indistruttibile, realizzata in tempi remoti dai Saggi Sapienti con il solo scopo di salvare le ultime sacerdotesse del Grande Tempio in caso di bisogno.

Aveva un'unica gemella in tutta la vastità delle terre emerse, anche questa con il compito di portare in salvo le poche persone, scelte tra i parenti più prossimi delle Figlie della Dea, che avevano avuto la fortuna di poter salire a bordo.

Nessuna delle sacerdotesse sapeva se quella nave fosse riuscita a prendere il largo o meno, né tanto meno che rotta avesse seguito. La Somma Sacerdotessa aveva detto a tutte di ritenere fallita quella partenza e dispersi gli occupanti della nave.

Nessuna di loro aveva protestato e poche avevano trovato la forza di piangere per quella notizia.

Ormai la loro vita andava avanti come la nave, trascinata dalle onde e dalle correnti.    

Avevano visto la loro terra scomparire poco a poco dietro la linea dell’orizzonte, e, quando i gabbiani cominciarono a sparire e la distesa azzurra ad occupare ogni angolo della loro visuale, anche loro avevano cominciato ad abbandonare il ponte.

Una ad una, si erano ritirate nelle anguste camere sotto coperta ed erano rimaste lì.

Soltanto una si ostinava a non lasciare il parapetto e distogliere gli occhi dalle onde e dai luccicanti riflessi dell’acqua. Forse senza neanche vederli realmente.

Passava le giornate così, pensando a quello che era accaduto alle loro case, a quello che avevano perso e a quello che non avrebbero mai più ritrovato.

Quella nave poteva portarle dall’altra parte del mondo conosciuto e poi ancora più in là, ma non le avrebbe mai allontanate abbastanza da quello che era successo. Né da quello che, probabilmente, doveva ancora accadere.

<< Selyan! >> gridò una voce improvvisa facendola sobbalzare per lo spavento << Non serve a niente stare lì a pensare fissando quei dannati riflessi che mi abbagliano ogni volta che guardo il mare. Scommetto che, se provi a guardarmi in faccia, non mi vedi neanche perché abbagliano anche te >>

Quelle proteste riuscirono a riportarle un vago sorriso e una poderosa imprecazione mentale: vedeva realmente solo chiazze nere davanti ai suoi occhi.

<< Irmelin, sei la solita. Con te non si può mai avere un attimo di pace >>

<< Attimo!? >>  le chiese lei sbalordita << È da quando siamo partite che te ne stai lì a fissare il nulla. Non si può cambiare quello che è successo, neanche se ci pensi così tanto. E poi dicono che quella dove stiamo andando sia una bella terra… >> 

Si avvicinò all’orecchio di Selyan e sussurrò  << E cos’è che non può non avere una bellissima terra? >>

<< Non lo so >> ammise << Dove vuoi arrivare? >>

<< Bellissimi uomini, Selyan! Ma dove vivi? Bella terra … bei ragazzi! È la regola più ovvia del mondo >>

Selyan, malgrado tutto, cominciò a ridere << Quando ti ricorderai che servi la Dea? Se ti sentisse la Somma Sacerdotessa, butterebbe in mare sia te che me >>

La ragazza sbuffò << Tsk! Sai quanto mi importa. E non nominarla, per favore. Meno la vedo e meglio sto. Devo già sopportare la sua brutta faccia mentre mangio rischiando di soffocare a ogni sua parola, ti sarei lieta se per il resto del giorno evitassi di farmi anche solo pensare a lei >>

Era assurdo come Irmelin riuscisse a farle dimenticare la tristezza in poco tempo.

Mise da parte l’angoscia con un altro sospiro e si lasciò andare alle chiacchiere

<< Irmy, siamo più di venti su una sola nave. Devi ringraziare che abbia una stanza per sé per la notte e che ci ritenga troppo inferiori a lei per non uscirne neanche di giorno, altrimenti non dovresti sopportarla solo nei pasti. E poi, secondo me, dovresti portarle un po’ più di rispetto. Insomma, non la sopporto neanche io, però… >>

Lei assunse un' aria a metà tra l’arrabbiata e l’imbronciata e la interruppe senza pensarci due volte

<< Neanche morta! Preferirei di gran lunga essere il pasto del più grosso pesce che passa sotto la nave piuttosto che cenare accanto a lei >>

<< Ora esageri >> Ma Selyan stava ridendo, dopo tutto neanche lei la sopportava e la sua amica non aveva mai avuto una grande pazienza << Posso sapere perché sei venuta a cercarmi? >>

L’amica si stampò in faccia un’aria supplichevole e le porse un pettine << Mi aiuti? >>

<< Sei impossibile! Ogni mattina è la stessa storia. Com’è possibile che tu non riesca ancora a pettinarti? Le tue mani ormai stanno benissimo >>

Irmelin, come sempre, aveva solo deciso di approfittare della situazione, lo sapeva benissimo. << Certo che stanno bene, ma si sono atrofizzate per via del non fare niente. Questa nave mi farà invecchiare prima del tempo, sono sicura. Quando scenderemo da qui la mia pelle sarà raggrinzita come quella della Vecchia Scema che ci comanda >>

<< Irmy, smettila >> la avvertì di nuovo mentre sbrogliava i nodi dei suoi capelli << Dovresti prendere in considerazione l’idea di tagliarli, lo sai? >>

<< Vuoi scherzare?! >> urlò la riccia arrabbiata << Ti sei bruciata il cervello al sole?! La Dea mi ha fatto un unico regalo in tutta la mia vita, uno solo, e tu vuoi farmelo buttare via? Sai che la racchia di Keira li guarda di continuo quando sono sciolti? Perché credi che io li intrecci tutti i giorni? Non voglio che me li rovini per dispetto! Credi che gli uomini si fermino a guardare le ragazze con i capelli corti o brutti? Keira ha un cesto di paglia, taglia i suoi se proprio vuoi usare le forbici per qualcosa di utile. Poi, però, comincia a nuotare velocemente o la Somma-testa-vuota di sua zia strapperà i tuoi per farle una parrucca >>

Era una cosa insensata, lo sapeva, ma scoppiare a ridere le fece dimenticare per un attimo tutte le sue preoccupazioni.

Quelle sarebbero tornate anche dopo.

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-Selyan-

 

<< Ely, svegliati! >> gridò Selyan scuotendo sua sorella nel tentativo di farla alzare dal letto e ottenendo come unica risposta un poderoso sbadiglio

<< Ely! >> insistette scuotendola per una spalla.

<< Uffa. Cosa vuoi? Fammi dormire. Non ho voglia di vedere le altre >>

<< Alzati >>

Elydet si strofinò gli occhi e la guardò  assonnata << Si può sapere perché sei felice e sorridente alle prime luci dell’alba? >> chiese ancora imbronciata.

<< Siamo arrivate! >>

<< Sì, certo >> commentò Elydet affondando di nuovo la testa nel cuscino e tirando il lenzuolo fin sopra la testa per ripararsi dalla luce << Ieri ci hanno ripetuto per tutta la sera che eravamo nelle vicinanze della foce del fiume, dovevamo per forza esserci arrivate. Sai quanto manca dalla foce al palazzo del sovrano? Tornatene sul ponte a fare quello che fai tutti i giorni e lasciami dormire >>

Selyan sapeva che si sarebbe dovuta arrabbiare per le parole annoiate della sorella, ma sapeva anche che l’antipatia al risveglio era una dote di famiglia, perciò ignorò le sue proteste

<< Non hai capito, Ely. Siamo arrivate >> ripetè << Tra poco sbarchiamo >>

Elydet impiegò un paio di secondi  a capire e poi balzò in piedi di scatto << Perché diamine non l’hai detto subito?!? >>

Cominciò ad annaspare con una mano tra i suoi capelli per riportarli in ordine e con l’altra tra le sue cose per cercare una tunica da indossare prima che Selyan le passasse una veste bianca perfettamente piegata e stirata

<< La Somma Sacerdotessa ha detto che, per presentarci al sovrano, è molto più adatta una veste bianca di qualsiasi altro capo. Tu dormivi e te l’ ho preparata io. Vestiti alla svelta mentre io ti rifaccio il letto e poi andiamo a fare colazione sulla terra ferma >>

Ma la sorella non aveva ascoltato quasi niente presa com’era dalla furia e si avvicinò alzandosi i capelli << Dimmi che non sono l’ultima ad essermi alzata e allacciami dietro per favore >>

Lei sospirò e le chiuse la tunica << Tranquilla. Mancavano ancora in sei, compresa la somma Keira >>

Dopo una vigorosa pettinata ai suoi lunghi capelli biondi e un’occhiata veloce allo specchio, sua sorella si dichiarò pronta e uscì dalla stanza correndo e lasciandola indietro.

Selyan non potè fare a meno di sospirare di nuovo e seguirla sul ponte.

Ormai le sacerdotesse erano quasi tutte schierate in attesa della Somma Dalia.  Anche sulla nave mantenevano la disposizione dei ricevimenti importanti. A lei sembrava stupido, ma non aveva senso lamentarsi per il posto che doveva occupare al cospetto di una donna che non voleva neanche vedere. Passò nella seconda fila, in mezzo alle sacerdotesse provenienti da famiglie meno facoltose, dietro sua sorella e accanto a…

 

<< Dov’è Irmelin? >> chiese Elydet nell’istante esatto in cui lei si rese conto di avere accanto solo un posto vuoto << Se fa tardi di nuovo, Dalia la sbrana viva questa volta >>

Selyan guardò preoccupata la scala che conduceva alle stanze del piano sottostante. Aveva paura che arrivasse davvero prima Dalia di Irmelin e la punisse di nuovo, ma con suo grande sollievo, Irmelin spuntò dalla botola in fretta e furia. Stava correndo lungo il ponte quando inciampò finendo lunga distesa sul pavimento. Selyan si avvicinò per aiutarla ad alzarsi prima che arrivasse la Somma testona e la sgridasse, ma non riuscì ad arrivare prima che la ragazza decidesse di farsi giustizia da sola come sempre

<< Keira! Cosa diamine volevi fare?! >> chiese minacciosa alla nipote della Somma Sacerdotessa.

<< Così impari a fare tardi >> rispose lei stizzita arricciando il naso con la sua solita aria arrogante e altezzosa << Mi chiedo come faccia mia zia a sopportare una ragazza così maldestra >>

L’odio tra Irmelin e Keira durava da sempre, forse anche da prima che nascessero. Selyan si limitò a tirare la sua amica per un braccio sperando che la seguisse.

Una speranza che finì in frantumi quando la riccia si tolse di dosso la sua mano urlando

<< Maldestra a chi? Se non la smetti di fare sempre da padrona io… >>

<< Tu cosa? Sappiamo tutte che non avresti il coraggio di colpirmi, le tue minacce non spaventano proprio nessuno >>  tutto il gruppo di oche che attorniava Keira cominciò a ridacchiare e prendere in giro Irmelin che ormai aveva i pugni serrati e stava perdendo la pazienza

<< Che sfacciata! Non pensare che, se non ti do quello che meriti, è perché sei nipote della Somma Sacerdotessa! Non ti tocco perché mi fai pena! Sei convinta di essere brava e bella ma la realtà è che sei un  cataclisma e neanche il più orribile sfregio che si sia mai visto potrebbe peggiorare la situazione del tuo viso! Verrà il girono in cui sarai costretta ad ammettere la tua nullità e ti giuro che quel giorno riderò fino a stare male per la soddisfazione! >>

Elydet accorse in suo soccorso prendendo Irmelin per l’altro braccio e sussurrandole un << Datti una calmata, stai esagerando >>

Un finto colpo di tosse riportò tutte al loro posto in meno di un attimo. Dalia era arrivata, la recita aveva inizio.

<< Mie care figlie, quest’oggi la Dea è stata così gentile da farci arrivare nella terra del re che ci ospiterà >>

La sua voce era così mielosa che Elydet davanti a loro inclinò la testa da un lato come faceva sempre quando guardava qualcosa che non le piaceva, Irmelin mugolò disgustata e Selyan sussurrò un << Non ditemi che non si ricorda il nome del re, vi prego >>

Irmelin non perse occasione di commentare << Io scommetto che non si ricorda nemmeno quale Dea serve >>

Selyan avrebbe voluto ridere, ma sapeva che avrebbe solo invogliato la sua amica a peggiorare le offese mettendola nei guai. E doveva anche farla smettere di guardare la somma Dalia come si guarda qualcosa di estremamente divertente. Sapeva che c’era una sola soluzione per quei casi: piantò il suo gomito destro esattamente in mezzo alle costole della sua amica cogliendola alla sprovvista e togliendole il fiato.

<< Avete il permesso di andare in giro per il mercato di fronte al porto, ma non voglio che vi stanchiate troppo. Dopo pranzo andremo al cospetto del Potente Sovrano di questa terra, ricordate che dobbiamo pregare la Dea che lui ci ospiti o saremo obbligate a tornare indietro senza aver appreso le nobili arti magiche di questo popolo antico e potente. Sinceramente, dubito che dopo aver visto i vostri poteri ci farà andare via. Per questo motivo non dovete stancarvi. Voglio che siate al massimo della forma quando saremo davanti a lui. L’avvertimento, ovviamente, non vale per le più maldestre >>

Nel dire questo aveva fatto una pausa ad effetto fissando Irmelin che in breve tempo si ritrovò tutti gli occhi addosso. Per fortuna era una che non si faceva intimidire da certe cose e resse senza problemi lo sguardo della Vecchia bisbetica.

<< Keira, tesoro, ho sentito dire che il sovrano di questa terra è molto giovane e non è sposato. Se sei d’accordo, potrei offrirgli la tua mano. Dopotutto, noi tutte sappiamo che sei di nobile famiglia e che il tuo potere sta crescendo a vista d’occhio. Se accettasse, per noi sarebbe come essere di nuovo a casa. Ovviamente se il re scegliesse un'altra di voi sarebbe la stessa cosa, ma non vedo nessuna più adatta di te, cara, per governare un regno. Tu cosa ne pensi? >>

Il sorriso soddisfatto sul viso di Keira era la prova evidente che quel discorso era stato provato e riprovato chissà quante volte da zia e nipote << Come preferite, Potente Madre. Sarò lieta di esservi utile >>

<< Bene, ragazze! Potete andare, ma ricordate tutto quello che vi ho detto >>

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-Elydet-

 

Appena scese dalla nave, si radunarono tutte intorno a Keira facendole i migliori auguri per la proposta e chiedendole se non avesse paura di farsi offrire a un sovrano sconosciuto e la Dea sapeva quali altre stupidaggini. Lei e sua sorella passarono oltre per immergersi in quel turbinio di colori che era il mercato di fronte a loro trascinando una Irmelin ancora furiosa e urlante.

<< Accidenti alla Somma Testona e alla Somma Nipote! La offre al Re! Che se la prenda e ce la tolga di torno una volta per tutte! >>

Elydet rise e cominciò a punzecchiarla  << Sei gelosa? Volevi essere offerta tu? Dai, a noi puoi dirlo, vero Selyan? >> ma non udì risposta e si fermò << Sel? >>

Irmelin non si era accorta di niente perché era ancora impegnata a urlare contro Keira << Ma cosa dici? Il sole ha dato alla testa anche a te! È chiaro che il re non è così giovane come dice. Vuoi che ti dica com’è fatto prima di vederlo? Bene: è un vecchio, non ancora decrepito -così passa da giovane- , bisbetico e incapace, circondato da una corte di grassoni che stanno lì ad adularlo dalla mattina alla sera! Mi da fastidio che reputi Keira così brava e potente quando è chiaro come il sole che non sa fare niente e tua sorella, che invece se la cava anche troppo bene … Dove accidenti è finita quella testa vuota di tua sorella?!? >>

Elydet conosceva lo scarsissimo senso dell’orientamento di Selyan e stava già implorando la Dea di non doverla cercare per tutto il mercato. Per sua fortuna la Dea fu clemente e le fece ritrovare sua sorella poco più indietro. Era ferma a un banco di bracciali, collane, orecchini e i gioielli più strani, assolutamente incantata da qualcosa. Non smise di fissarlo neanche quando Irmelin urlò con tutto il fiato che aveva in gola << Vuoi avvertire quando ti fermi?! Ci hai fatto girare come due- >>

<< Guarda che bello! >> la interruppe con una voce sognante puntando il dito verso un bracciale argentato con una miriade di pietre azzurre sopra. Irmelin sbuffò ed Elydet non potè fare altro che portarsi una mano alla fronte annoiata. Quando Selyan guardava così una cosa, c’erano ben poche speranze di farla ragionare << Compralo, se ti piace tanto, e facciamola finita! >>

Selyan decise di seguire il suo consiglio. Indicò il bracciale all’uomo dietro il banco, lui parlò in una lingua a loro incomprensibile, ma lei non batté ciglio. Tirò fuori dalla tasca un preciso numero di monete per pagarlo e mise al polso il suo nuovo, scintillante, acquisto.

Elydet scosse la testa credendo di averlo sognato. Guardò Irmelin per avere una conferma e la trovò ancora a bocca aperta a fissare sua sorella. Dove diamine aveva imparato quella lingua sua sorella?!

<< S-Selyan? Posso sapere cosa… come hai fatto a capire cosa diceva quell’uomo? Abbiamo imparato la lingua che parlano qui mentre eravamo sulla nave perché ce l’ha insegnata la Somma Sacerdotessa, ma… io non ho capito una parola prima >>

La sorella alzò le spalle con un sorriso soddisfatto << Credo parlasse uno strano dialetto. Ho notato che la Vecchiaccia spesso riesce a capire quello che dice la gente in qualunque lingua parli. All’inizio credevo che le sapesse tutte, poi mi sono ricordata che non è così intelligente e ho cercato di capire come faceva >>

Irmelin era scoppiata a ridere << Hai ragione! Ve la immaginate immersa nei libri a studiarsi tutte le lingue e i dialetti di tutte le terre? Dopo pochi minuti cercherebbe di convincere tutti a parlare la sua e a sposare sua nipote! >>

Elydet la zittì e le sussurrò << Shhh! Conosci mia sorella, se cambi discorso, si scorda come ha fatto e, prima che le torni in mente, ce lo avrà già spiegato la Somma testa-vuota! >>

<< Guarda che ti ho sentita! Ora potrei anche non dirvelo perché mi sono offesa ma, se lo facessi, tu diresti che me lo sono dimenticato, perciò ve lo dico, ma piantatela di prendermi in giro! >>

Irmelin le tastò la fronte per controllare che il sole non le avesse davvero fatto salire la febbre. Effettivamente sua sorella in certi casi faceva aveva delle idee davvero incomprensibili e stupide, ma quella che aveva appena tirato fuori le batteva tutte

Selyan si spostò sbuffando << È facilissimo. Keira, mentre si vantava, mi ha detto che sua zia riesce a capire le intenzioni delle persone che non hanno una pietra a proteggere le loro menti e ci ho provato anche io. Il tizio dietro il banco voleva ardentemente un paio di monete perché non vendeva niente da giorni e gliene ho date tre per farlo contento >>

A quanto pareva, Selyan non si rendeva conto di quello che aveva appena fatto. Come sempre. Elydet si impose di smetterla di torturare la propria fronte a causa delle stranezze di sua sorella e costrinse le sue mani a spostarsi su una ciocca di capelli. Almeno su quelli non sarebbero rimasti i segni rossi.

<< Sorellina, questa cosa… beh, insomma…. la fa la Somma Sacerdotessa. Non so se mi spiego… tu non dovresti affatto riuscirci. Non dovresti proprio >>

Quando Irmelin annuì alle sue parole, Selyan sospirò << Per questo l’ho detto solo a voi. Non ditelo in giro, non voglio che Lei e sua nipote vengano a darmi fastidio >> disse guardando il suo nuovo acquisto.

<< Guardate come luccica! >>

Non ottenne risposta, mno di ritrova non era una risposta che voleva.

La conosceva bene ormai. Quello stupido bracciale era solo il suo modo di pensare a qualcosa che non fosse il nuovo re.

Aveva notato anche Irmelin guardare preoccupata verso il punto in cui Dalia aveva indicato quando parlava del palazzo reale. Nessuna di loro era tranquilla. Lei per prima.

Più viaggiavano, meno speranze avevano di essere ritrovate dalla nave che avrebbe dovuto seguirle.

Poco le importava di quello che aveva detto Dalia. Lei non si sarebbe arresa alla morte di sua madre. Non voleva neanche pensarci!

<< Qui staremo bene >> sussurrò Irmelin alle sue spalle

Elydet si voltò a guardarla. Non parlava con Selyan. Sua sorella era ferma a guardare le stoffe di un altro banco e sembrava particolarmente intenta a rigirarle tutte. Evidentemente aveva sentito e si stava tenendo impegnata per non scoppiare a piangere di nuovo o per non assalire Irmelin dicendole che si sbagliava e che non avrebbero mai più avuto niente di buono dalla vita.

Ormai Selyan era così…

Eppure, forse la sua amica non aveva tutti i torti.

Quel giorno, a differenza degli ultimi tre mesi, erano a terra con la vera possibilità di ricominciare a vivere e smettere di viaggiare a vuoto. Quel re doveva solo essere gentile con loro.

Forse non era una cosa impossibile.

<< Forse sì, Irmy >>

* Spero di sì*

 

 

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Capitolo 3
*** 2. Il palazzo reale ***


2. Il palazzo reale

 

-Tarìc-

 

Re Tarìc entrò in camera sua e si sdraiò sul letto sfinito.

In una sola mattina aveva avuto tanto da fare che aveva l’impressione di essere in piedi da almeno tre giorni.

Aveva ascoltato i rapporti di tutti gli incaricati di valutare i danni, degli incaricati di sorvegliare i lavori di ricostruzione, di chi si occupava dei feriti, di chi teneva il conto delle provviste e di tanti altri funzionari che non ricordava neanche più di aver visto.

La mole di lavoro necessario al suo regno era immane.

La disgrazia che li aveva colpiti era durata pochi minuti, ma era stata sufficiente a creare danni che avrebbero necessitato di mesi interi per essere riparati. Forse anni.

Una delle sue preoccupazioni maggiori, era che, con il regno in quelle condizioni, qualcuno  desideroso di espandere i propri territori avrebbe potuto approfittarne.

Immaginava uno qualunque dei re confinanti intento ad organizzare un attacco a sorpresa.

Magari da sud dove le conseguenze del terremoto erano state peggiori.

Ma erano solo pensieri, fortunatamente, non c'era nulla di fondato.

Aveva la certezza che qualcuno quella mattina gli avesse detto che ai confini non c'era niente di sospetto, anche se non ricordava più chi avesse pronunciato quelle parole.

Re Tarìc sospirò.

Per colpa del terremoto adesso si ritrovava ad affrontare da solo questioni che prima avrebbe suddiviso con i suoi aiutanti più fidati. Avrebbe messo la sua vita nelle loro mani in qualunque momento, sicuro della loro lealtà verso di lui e verso il regno e certo delle loro competenze. Sapeva che si sarebbe potuto allontanare anche per anni lasciando loro al governo e quando sarebbe tornato avrebbe trovato tutto come alla sua partenza, se non meglio.

Il terremoto che aveva quasi distrutto il suo regno aveva messo in ginocchio anche la sua corte.

Tanet, il comandante delle guardie, era indaffarato almeno quanto lui e usciva dal palazzo la mattina all'alba con i suoi uomini per fare ritorno solo a notte fonda per riposare qualche ora prima di partire di nuovo il giorno seguente. I suoi soldati dovevano assicurare tutto l’aiuto possibile alla popolazione, anche controllare giorno e notte le zone in cui le mura esterne erano crollate e tenere a bada le risse che scoppiavano con troppa facilità in casi come quello.

La Nobile Ismene, Prima Sacerdotessa del Tempio della Nascita e della Ragione, cugina del suo nobile e defunto padre, era stata trovata a terra nella grande sala del tempio priva di sensi e non si era ancora ripresa. Sembrava non avesse niente di grave e non aveva ferite addosso che non fossero semplici lividi, ma il suo sonno andava avanti ormai da sette giorni e nessuno era riuscito a svegliarla. Non aveva mai neanche dato segno di percepire la presenza di suo marito Olen accanto a lei e il pover’uomo, in quanto gestore dei bilanci reali, dopo due giorni di disperazione si era dedicato anima e corpo al suo lavoro. Tornava da lei solo a sera tarda e la mattina all’alba ricominciava il suo lavoro.

Nessuno aveva avuto il coraggio di muovere una sola critica contro quell’uomo che sembrava disinteressarsi della moglie. Erano sposati da prima che Tarìc nascesse e non c’era una sola persona in tutto il palazzo che non sapesse quanto teneva a lei.

Era solo il suo modo di sfogare la tensione e Tarìc ringraziava Dio ogni minuto per aver lasciato almeno Olen ad aiutarlo, per quanto si rendesse perfettamente conto di essere enormemente egoista nel pensare una cosa del genere in un momento come quello.

Aaren, fratello di suo padre, al momento del terremoto era fuori del palazzo per questioni private e per due giorni non avevano avuto nessuna notizia di lui.

Lo credevano tutti morto finchè Tanet non era piombato nella sala del trono due giorni dopo il nefasto evento urlando che lo aveva trovato in una delle tende allestite per dare aiuto alle persone rimaste senza casa. Nessuno sapeva come fosse arrivato lì, né come si fosse procurato la brutta ferita che aveva sulla fronte, né tanto meno se si sarebbe ripreso, ma almeno era ancora in vita e poteva contare sulle migliori cure.

Quanto a suo cugino, il Nobile Neithel, Primo Sacerdote del tempio della Guarigione e del Perdono, non si muoveva dalla stanza del padre se non in caso di estrema necessità.

Tarìc sospirò esausto.

Almeno Neithel era rimasto illeso dal terremoto.

Non aveva trovato il coraggio di portarlo via dalla stanza del padre in pericolo di vita, né di imporgli di portare avanti i suoi doveri nemmeno per poche ore al giorno perché se, per disgrazia, la chiamata di Dio per suo zio fosse arrivata in un momento in cui era da solo o con la compagnia di un servo sconosciuto, Tarìc non se lo sarebbe mai perdonato.

Il re sospirò di nuovo.

Era il grande e potente sovrano e non aveva il potere di aiutare le persone a lui più care.

Si passò una mano sulla fronte nella speranza di fermare quell'incessante pulsare alle tempie. Sarebbe stato facile restare a letto dicendo di avere mal di testa e alzarsi il giorno dopo fresco e riposato. Qualche funzionario avrebbe sicuramente preso il suo posto combinando più o meno disastri e....

I suoi pensieri furono interrotti da una serie di colpi alla sua porta.

Il grande e potente re, a quanto pareva, non poteva permettersi neanche un mal di testa

  << Avanti! >>

 A differenza di quello che aveva pensato, fu felice quando si affacciò alla porta la sua amica Nora

  << Ti disturbo? >>

  << No, vieni pure. Che succede? >>

La figlia del cugino di suo padre si sedette sul suo letto sbuffando come se niente fosse. Poco importava che lui fosse il re e che i servi non aspettassero altro che qualcosa di cui spettegolare. Nora era sempre stata troppo ribelle per stare alle regole

 << Non avevo più voglia di studiare e sono venuta a interrompere i tuoi vaneggiamenti sulla distruzione del regno e lo sterminio della tua gente impedendoti di passare un altro pomeriggio con l’emicrania >>

Era l'unica che quando era con lui lo trattava da amico e non da sovrano.

 << Sto bene, ho solo un leggero mal di testa >>

La ragazza assunse un'aria stupita  <<  Leggero?! Sarai anche il re, ma, dopo una mattinata come la tua, il resto della gente prenderebbe a testate una colonna per stordire il dolore! Me esclusa, è ovvio  >>

 << Perché tu no? >> chiese curioso

  << Perché io avrei perso la pazienza dopo la prima mezz'ora di lamentele e avrei mandato alla forca i più petulanti salvaguardando la mia salute >> concluse fiera della sua improbabile  e cruenta soluzione

Il re scoppiò a ridere  << Nora, sei troppo violenta >>

La ragazza non si offese, anzi rise con lui  << Piano con le offese e torna al lavoro. La guardia mi ha detto che una straniera vuole parlarti >>

  << Una straniera? >> chiese dubbioso. Che i nemici fossero già pronti?

  << Una sacerdotessa o roba simile. L'ho incontrata venendo qui e ho provato a parlarci >>

 << Per quale motivo? >>

 << Perché ero curiosa, non è ovvio? Mi ha detto che deve assolutamente parlare con te perché sei buono e saggio e capirai la sua situazione  >> disse imitando un accento che non aveva mai sentito  <<  Non ho niente contro gli stranieri, e so benissimo che gli ospiti sono sacri a Dio  >> continuò la sua amica  <<  ma credo che questo sia il momento meno adatto per avere gente sconosciuta fra i piedi. Dovresti mandarla via senza neanche ascoltarla >>

  << Non credi che sarebbe un po’ sgarbato? >>

 << Che ti importa? Sei il figlio prediletto di Dio Potente! Nessuno si sognerebbe mai di alzare un dito su di te. Puoi essere sgarbato quanto vuoi. Il rischio più grosso che corri è che qualcuno ti sputi nel piatto, ma non si muore per quelle cose. Te lo posso garantire >>

 << Hai sputato nel mio piatto, Nora? >> chiese sinceramente preoccupato dalle sue parole

 << Non lo farei mai! Tu non mi sbatti le porte in faccia e non mi tratti da stupida, non avrebbe senso farti dispetti così grandi >>

Da quelle allusioni a vecchi episodi, capì subito a chi era toccata la punizione di Nora

 << Dirò a Neithel di trattarti meglio, stai tranquilla >>

 << Non ce n’è bisogno, grazie. So difendermi da sola >>

 << Lo so benissimo, non è te che voglio difendere >> le assicurò .

Arrivato nella sala del trono, si sedette e sospirò. Neanche il tempo di riposarsi e doveva già ricominciare. Fece entrare la donna e, al suo saluto, dovette trattenersi dal ridere al ricordo dell'imitazione di Nora. Aveva lo stesso, identico, accento.

Anni di addestramento lo avevano abituato a mostrarsi serio ogni volta che l'occasione lo richiedeva, perciò non fece fatica a nascondere i suoi pensieri. Decise comunque che avrebbe cercato Nora appena possibile per complimentarsi con lei della sua imitazione perfetta

 << Chi sei? >>  chiese secco e sgarbato.

 << Vostra Altezza, io sono Dalia, Somma Sacerdotessa della Potente Dea. Io e le mie ragazze siamo venute nella Vostra nobile terra per implorarvi di concederci la Vostra generosa ospitalità e insegnarci i segreti delle vostre arti magiche allo scopo di utilizzare al meglio i poteri che la Potente ci ha concesso >>

 << Di quali poteri parli? >>

Appena pronunciata la domanda, si rese conto che la donna cercava di attirare la sua attenzione proprio su questi sconosciuti poteri perché sorrise compiaciuta

  << Ognuna di noi ha poteri e capacità diverse, maestà. Noi le chiamiamo Arti. Prendiamo l'energia necessaria ad esse dagli elementi intorno a noi e abbiamo diverse capacità: l'arte di dominare il fuoco, l'acqua, il vento, l'arte di dominare le piante e altre cose. Siamo tutte in grado di combattere e qualche ragazza conosce l'arte medica, ma le nostre, purtroppo, sono solo conoscenze superficiali. La nostra terra è stata devastata da una guerra, vorremmo aiutare il nostro re a riconquistarla ma, con le conoscenze che abbiamo adesso, non abbiamo speranza, altezza. So che il Vostro maestoso regno è molto potente in fatto di arti magiche e oggi sono qui a implorarvi di aiutarci. Senza il vostro aiuto, saremo condannate a non rivedere mai più le nostre case >>

 << Che genere di aiuto chiedi? >>

 << Ospitalità e la possibilità per le mie ragazze di imparare da voi a usare meglio il loro potere >>

Tarìc non sapeva cosa pensare. Se quella donna avesse chiesto ospitalità in nome di Dio, non avrebbe potuto negargliela, a meno che non fosse stata pericolosa per il suo popolo, ma non lo aveva fatto. Aveva solo chiesto aiuto.

 << Quante siete? >>

  << Venti sacerdotesse e trenta schiavi, ma di loro potete farne ciò che volete, vostra altezza. Considerateli un dono per ringraziarvi della vostra accoglienza, qualunque sia la vostra decisione e sappiate che, se ci accetterete, saremo pronte a mettere a Vostra disposizione i nostri umili servigi senza indugio >>

  << Ti ringrazio >>

 Venti persone in possesso di poteri magici nel suo regno quasi privo di difese potevano essere un pericolo. E se fossero state mandate lì da qualcuno per distruggerli dall'interno?

Ma se quella che aveva davanti era davvero una donna in cerca di aiuto, avrebbe potuto fare un patto con lei offrendole i loro insegnamenti in cambio del loro aiuto a ricostruire il regno.

Il re capì che non poteva trovare una risposta immediata alle sue domande. Doveva prendere tempo e osservare meglio quella donna e le sue seguaci.

  << Voglio sapere quali sono le effettive capacità delle tue sacerdotesse prima di prendere una decisione >>

  << Naturalmente, Vostra Maestà! Le ho già fatte preparare , possono venire anche adesso se lo desiderate >>

 << Portale qui tra un'ora. Voglio solo le migliori, donna, mi hai capito? Solo quelle che sono in grado di farmi dire di sì appena le vedo. Per le altre ci sarà tempo in seguito di esaminarne le capacità >>

 La donna fece un inchino con un enorme sorriso sul volto e lo salutò ringraziandolo nuovamente prima di uscire dalla sala.

 Tarìc si avviò a passo veloce verso le stanze di suo zio  << Neithel! >>

Come sempre, suo cugino era immerso in uno dei tanti libri presi dalla biblioteca reale.

Da quando era successo quel disastro, passava le giornate a cercare rimedi per suo padre o per Ismene ma, nonostante fosse il più esperto dei guaritori e la sua biblioteca non li avesse mai delusi, non era ancora riuscito a trovare niente che li aiutasse davvero.

Alla vista del re chiuse il libro e scattò in piedi inchinandosi   << Mio re, posso fare qualcosa per voi? >>

 Tarìc sospirò   << Sono anni che ti ordino di smetterla con i convenevoli, se proprio vuoi fare qualcosa di utile comincia da lì >> poi si rese conto di quello che aveva detto   << Scusa, giornata pessima. Ho bisogno del tuo aiuto >>

Mentre attraversavano gli immensi corridoi del palazzo reale diretti alla sala del trono, il re gli spiegò la situazione

  << ...quindi vorrei il tuo parere sulle loro capacità visto che sei molto più esperto di me per queste cose >>

 << Perché dovremmo dare loro le nostre conoscenze? Potrebbero  essere qui solo per spiarci o per imparare e poi allearsi con qualcuno che vuole prendersi le tue terre. Ti hanno detto subito che hanno dei poteri che derivano dagli elementi, non sono tante le persone in grado di farlo. L'ultimo tempio che aveva quelle conoscenze è stato distrutto quasi cento anni fa e si dice che nessuno sia sopravvissuto al massacro >>

Ecco una cosa che non sapeva. Sapeva che la capacità di governare gli elementi era molto rara e nessuno nel suo regno la possedeva, ma non sapeva niente di altri popoli in grado o meno di dominare le forze della natura.

 << Potrebbe esistere qualche altro posto sperduto da qualche parte del mondo di cui non sappiamo niente. Ho intenzione di chiedere loro un giuramento nel caso in cui dovessimo ritenerle all'altezza di imparare le nostre conoscenze >>

 << Pensi che un giuramento basterebbe per fermare delle spie nemiche? >> gli chiese scettico

 << No di certo. Quella donna è convinta che, una volta che le avremo viste, non potremo fare a meno di chiedere loro di restare e io voglio che capisca che non contano niente. Staranno qui solo per un periodo di tempo stabilito da noi e si impegneranno a darci il loro aiuto in caso di bisogno >>

 << Intendi sfruttarle quindi? >> dal tono di voce che aveva usato, Tarìc capì che sapeva che non l'avrebbe mai fatto

Un’occhiataccia del sovrano bastò a farlo inchinare serio  << Ai tuoi ordini >>

 

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 -Elydet-

 

Sulla loro isola il tempio della Dea e il palazzo reale erano le costruzioni più imponenti e maestose in assoluto. La ricchezza che faceva da padrona al loro interno era sempre stata ben visibile anche dall’esterno, sia per gli isolani che per gli stranieri che sbarcavano sulla loro terra per cercare i servizi delle sacerdotesse o per semplice curiosità.

Aveva sentito molti soldati di suo padre dire che, in tutti i viaggi che avevano fatto nella loro vita, non avevano mai visto niente di paragonabile al loro palazzo e al loro tempio e lei era sempre stata certa che avessero ragione.

Il palazzo dello sconosciuto Re Tarìc aveva eclissato in un istante la bellezza dei palazzi che ricordava.

Elydet aveva visto anche Irmelin guardare le mura del palazzo reale a bocca aperta e perfino Keira aveva interrotto il suo parlare incessante quando avevano varcato la porta delle mura esterne.

Nessuna descrizione poteva rendere giustizia a quello che avevano davanti.

Il portone esterno aveva l’aria di essere la cosa più solida sulla faccia della terra.

Forgiato in una pietra più nera delle notti senza luna e contornato da fregi cesellati così finemente che neanche tutti gli scultori della loro isola e di tutto il regno d’oltremare avrebbero saputo copiarne la precisione. Austero, solido e imponente. Come tutto il resto del palazzo.

Non si sarebbe mai aspettata di trovare dei giardini in un palazzo reale, eppure quello ne era pieno.

 Rigorosamente ben tenuti, con i fiori più colorati che avesse mai visto.

Elydet dubitava fortemente che il loro vecchio re avesse un qualche interesse per i giardini reali. Erano cose da regina quelle. Ma la Somma Dalia aveva detto che non era sposato… forse se ne occupava la Regina Madre? O una sorella… forse la progettazione dei giardini poteva essere una cosa da principessa.

 

 << Eccola! >> bisbigliò Irmelin strappandola ai suoi pensieri. Evidentemente la Somma Dalia aveva già concluso il suo colloquio con il re

<< Guarda con che aria cammina per i corridoi. Vuole fare la grande donna potente, ma se cammina un po' più lenta per darsi le sue stupide arie, va a finire che la vediamo camminare all'indietro >>

Elydet sentì uno strano colpo di tosse da sua sorella. Si stavano di nuovo comportando come due bambine stupide. Erano senza speranza. Dalia non avrebbe certo perso l’occasione di sgridare Irmelin nel nuovo palazzo reale per metterla in cattiva luce davanti ai loro ospiti, Selyan si sarebbe messe in mezzo e lei, per legame di sangue, sarebbe stata screditata agli occhi di una corte che doveva ancora conoscere. Doveva fermarle.

  << Basta. Se la prenderà di nuovo con te se ci scopre e adesso siamo nel palazzo del re, devi dare l'impressione di essere una vera sacerdotessa agli ordini di Dalia >>

 La ragazza del vento storse la bocca in un’espressione profondamente offesa  << Tsk! Sai benissimo che sono finita nel suo tempio per caso. Se si tratta della Dea posso anche servirla, ma lei proprio non la sopporto! Altro che somma e somma, è solo una lurida donnicciola- >>

 Ma Selyan, come sempre, le tirò una poderosa gomitata nelle costole e la zittì.

  << Quando sarete vecchie Irmelin avrà le costole storte e tu, Sel, avrai il gomito eternamente blu dai lividi, lo sapete vero? >> ridacchiò Elydet.

La Somma Sacerdotessa nel frattempo aveva raggiunto il loro gruppo e si era schiarita la voce per attirare l’attenzione di tutte  << Mie care figlie, il sovrano ha chiesto di vedere le migliori di voi prima di decidere del nostro futuro e ha promesso che, in un secondo momento, vorrà vedere anche le altre. Non siate tristi per la sua richiesta e non giudicatelo male, per favore. È molto impegnato e non ha tempo per tutte. Dunque, la scelta da fare è ardua dal momento che, in quanto appartenenti al mio ordine, siete tutte molto dotate … >>

Mentre Dalia fingeva di riflettere Irmelin sfuggì al loro controllo e sussurrò  << L’ha detto davvero? è ubriaca? >>

Elydet pregò con tutta sé stessa che la somma sacerdotessa non avesse sentito, ma ormai aveva imparato che pregare non serviva a niente. Dalia stava guardando male la sua amica.

 << Se mi avessero chiesto di lasciare fuori le peggiori di voi sarebbe stato semplicissimo, ma, ahimè, pare che la Dea abbia deciso di mettermi alla prova >>

Questa volta Selyan era pronta a fare il suo dovere e afferrò il polso di Irmelin stringendolo con tutta la sua forza distraendola e lasciando il tempo alla somma sacerdotessa di riprendere a parlare  << Bene, credo proprio di essere costretta a portare con me la mia cara Keira. Voi tutte sapete bene che le sue doti stanno migliorando notevolmente negli ultimi tempi e, inoltre, mi sembra giusto che il re sappia che ci sono delle nobili di alto rango tra noi. Non voglio che pensi di aprire le porte solo a un gruppo di contadine indisciplinate e inadatte al suo regale palazzo. Solo Keira ha l’educazione adatta a trattare con un re a mio parere >>

Si diffuse un brusio di mormorii d’assenso e di commenti eccitati e Dalia interruppe il suo discorso sicuramente per dare tempo alla nipote di godere a pieno dell’approvazione delle altre, Elydet non si accorse neanche di parlare finchè non sentì la propria voce bofonchiare un << Giuro, per la Dea, che questa la paga! Si pentirà della sua arroganza! >>

Come si permetteva di insinuare che solo Keira conosceva l’educazione consona a un palazzo reale?

Ma non ebbe tempo di pensare altro perché la farsa era ricominciata

 << Dal momento che non mi sembra educato portare una sola di voi, mi vedo costretta a sceglierne almeno un'altra. Dunque, vediamo…

 Mentre la donna fingeva di nuovo di riflettere, fu Irmelin a esporre le reali intenzioni di Dalia  

<< Dal momento che la sua cara nipote è un impiastro incapace, cara Selyan, dovrai metterci una toppa >>

 Elydet annuì convinta  << E fagliela pagare, per favore, o non ti rivolgerò più la parola >>

Selyan scosse la testa << Se è così, Irmy, giuro che me la paghi! Non voglio- >>

 Grazie alla Dea il balbettio inutile di sua sorella fu interrotto dalla fastidiosa voce della Somma insultatrice  << Bene, ho deciso: Selyan, te la senti di venire con noi? Pensi di essere all'altezza? >>

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-Selyan-

<< Bene, ho deciso: Selyan, te la senti di venire con noi? Pensi di essere all'altezza? >>

Quella domanda la spiazzò completamente.

Avrebbe tanto voluto arrabbiarsi con Elydet e Irmelin in quel momento.

Non voleva andare. Non voleva avere niente a che fare con quella donna, né tanto meno con sua nipote e non voleva rappresentare le sue compagne davanti al re d quella terra.

Odiava sia la situazione che le compagnia che avrebbe avuto, e aveva un desiderio smisurato di rifiutare, ma sapeva cosa sarebbe successo in quel caso: Keira avrebbe fatto solo un buco nell'acqua e il re le avrebbe mandate via.

Se non le avessero accettate avrebbero dovuto viaggiare ancora e lei aveva scoperto che viaggiare la faceva pensare a quello che era successo alla loro terra.

Era l'ultima cosa che voleva.

Non voleva mettersi in mostra, ma non voleva assolutamente essere costretta a passare altri mesi senza nient'altro da fare che pensare al passato per colpa di un'incapace che sapeva solo muovere il corpo con cui la Dea l'aveva mandata sulla terra credendo di incantare tutti.

In quel modo si abbindolano solo le persone poco serie e, se era vero che nel mondo la Dea aveva mandato anche la giustizia, in quella terra le cose dovevano andare bene anche per loro.

Quel re doveva essere una persona onesta e saggia che non si faceva incantare dalla stupida Dalia. La Dea doveva avere qualcosa di buono da offrirle se non l'aveva fatta morire in tutte le occasioni che aveva avuto negli ultimi tempi.

 Se davvero la Dea del suo ordine agiva con uno scopo e, nella Sua infinita giustizia, ricompensava il male subito con un bene di pari valore, che le mostrasse il modo in cui intendeva riparare ai torti che le aveva fatto negli ultimi tempi!

Sapeva che era sbagliato sfidare la Dea, ma aveva passato una vita a servirla fedelmente e ne aveva ottenuto le peggiori disgrazie.

Se davvero le sfide agli Dei portavano al male, lei poteva stare tranquilla.

Non aveva più niente da perdere.

Elydet e Irmelin avevano bisogno di ricominciare e non sarebbe stato giusto lasciare la loro possibilità di essere felici nelle mani della stupida Keira.

Le sue sorelle avevano bisogno di quel regno, lei aveva bisogno di smettere di viaggiare ed era sicura che quel giorno le preghiere alla Dea fossero inutili come le doti di Keira davanti al sovrano.

Poteva solo rimboccarsi le maniche e fare del suo meglio.

Annuì inchinandosi  << Certamente, Mia Signora. Sono onorata che me lo abbiate chiesto e vi prometto che farò del mio meglio per tenere alto l'onore di tutte noi al cospetto del sovrano >>

La donna fece uno dei suoi soliti sorriseti fasulli  << Non preoccuparti, cara, non intendevo darti un compito così gravoso. Dovrai solo farti vedere dal re e aiutare Keira nel caso in cui avesse bisogno di te. Non credo che servirai a qualcosa. Mia nipote non ha certo bisogno di aiuto per trattare con dei nobili suoi pari >>

 Selyan si aspettava una risposta del genere e non ne fu sorpresa quanto Irmelin che aveva i pugni serrati, e neanche quanto Elydet che bofonchiò un ‘stupida oca’.

  << Naturalmente, Madre. So benissimo quanto Keira sia brava. Non avrà bisogno del mio aiuto, ma, se le sarà richiesto qualcosa di troppo gravoso, vi prego di non esitare a mandare avanti me al suo posto >>

 Dalia sembrò apprezzare la risposta  << Bene! Voi altre rimanete qui con un comportamento dignitoso e non provate neanche a varcare la porta d'ingresso. Non voglio che vi perdiate o che vi succeda qualcosa di brutto. Noi vi raggiungeremo appena possibile >>

 Selyan salutò con un cenno rassegnato le sue due amiche.

Falla vergognare” bofonchiò Elydet.

“ Quale vergogna? Deve ucciderla”  la corresse Irmelin prima di rivolgersi a lei direttamente con quella che aveva tutta l’aria di una minaccia “Per favore, cerca di non fare cose stupide”

Sapeva che non si riferiva all’impressione che avrebbe dato al re. Irmelin era solo preoccupata per lei. Era sempre preoccupata per lei negli ultimi tempi.

Oltre all’affetto, aveva un debito enorme nei confronti di quella ragazza.

Selyan avrebbe fatto quanto era in suo potere perché quel re le accettasse.

E, purtroppo, sapeva che  potere ne aveva anche troppo.

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Capitolo 4
*** 3.Presentazioni ***


3. Presentazioni

 

-Selyan-

 

Seguendo la Somma Sacerdotessa, Selyan osservava gli immensi corridoi del palazzo.

Erano intricati come un labirinto e affiancati da colonne enormi come non ne aveva mai viste prima.

Erano così grandi che, forse, neanche gli alberi più antichi dei loro boschi avevano quelle dimensioni.

Dalia procedeva a passo sicuro e con il solito comportamento altero. Probabilmente era più che certa che il re le avrebbe accettate grazie al fascino di sua nipote o a qualche suo intricato piano che, sicuramente, le avrebbe fatte odiare subito.

Keira cercava di imitare sua zia. Aveva lasciato i lunghi ricci rossi sciolti sulle spalle per poter indossare un fermaglio d'oro più grande del necessario e aveva messo al polso sinistro un grande bracciale d’oro largo quasi un palmo e all’altro braccio una quantità indefinita di piccoli cerchietti tintinnanti. Voleva attirare l’attenzione del re con le ricchezze o voleva essere certa di attirare l’attenzione con il tintinnio che accompagnava ogni suo passo? 

Quello che Selyan non si sarebbe mai aspettata era vederla mordersi un labbro nervosamente. Le sembrava impossibile che Keira fosse spaventata. Proprio lei che si comportava sempre come se niente avesse importanza.

Distolse in fretta lo sguardo per non sorridere al pensiero di cosa avrebbe detto Irmelin se avesse scoperto che la sua nemica giurata era solo una ragazzina spaventata.

<< Bene, ragazze, siamo arrivate. Dietro questa porta c'è il re. Voi fate del vostro meglio, so che siete le migliori e... beh, che la Dea vi aiuti, bambine >>

Selyan rimase ancora più spiazzata. Anche la vecchia aveva paura?

Era davvero così temibile quel re?

Oltretutto, da quando aveva visto quella porta, il cuore aveva cominciato a batterle più forte per l'emozione.

Aveva una paura tremenda di sbagliare qualcosa, dire una stupidaggine o non saperne abbastanza delle cose che le avrebbero chiesto.

<< Selyan! >> irruppe la gracchiante voce di Keira << Vuoi smettere di fissare la porta come una stupida? Mia zia ti ha chiesto se hai domande >>

Si riprese di scatto << Madre, come dobbiamo comportarci al cospetto del re? Voglio dire... avete detto che non dobbiamo guardarlo in viso perché non è educato, ma basta questo o ci sono altre cose che potremmo- >>

<< Sei la solita>> la interruppe di nuovo la ragazza accanto a lei << Stupida come la tua amica! Cosa vorresti fare? Devi limitarti a stare dietro di me e fissare il pavimento, non mi sembra difficile da capire >>

Se pochi secondi prima le aveva fatto quasi tenerezza, adesso aveva di nuovo voglia di strozzarla.

La Somma Sacerdotessa annuì << Hai ragione, ma non farti sentire gridare così o passerai da stupida anche tu. Selyan, quando ti sarà richiesto, ti presenterai e poi ti limiterai a fare come ha detto mia nipote. Adesso andiamo >>

La donna colpì la grande porta con le nocche di una mano e questa si spalancò all’istante per mano degli efficienti servi del re.

Selyan si ricordò troppo tardi che doveva fissare il pavimento e arrossì violentemente abbassando il viso. Il re era davvero giovane come aveva detto Dalia e, cosa che non le piaceva per niente, non era solo. Era ovvio che avrebbe avuto qualcuno a consigliarlo.

Odiava parlare davanti a tante persone.

Se doveva fare tutto Keira, perché lei doveva stare lì a tremare come una foglia?

Perché la Dea aveva stabilito che Keira fosse un disastro e che proprio lei dovesse rimediare ai suoi errori? Non poteva mandare un’altra delle sue compagne?

Avrebbe tanto voluto essere nel grande giardino con Irmelin e Elydet.

La voce acuta e sgradevole della Somma Sacerdotessa riempì la sala

<< Vostra Altezza, queste sono le mie sacerdotesse più potenti, come avevo promesso >> poi protese una mano verso la ragazza dai capelli rossi << Questa è mia nipote Keira e->>

Ma il sovrano la interruppe << Se sono potenti come dici, saranno almeno in grado di presentarsi da sole >>

Dalia balbettò un << Certamente, Altezza, chiedo scusa. Ragazze... >>

<< Sono Keira, figlia del secondo fratello del re, dichiarato erede al trono dal sovrano della terra da cui proveniamo, e della sorella della Somma Sacerdotessa. So combattere con la spada e tirare con l'arco. So molte cose sull'arte magica, ma vorrei migliorare le mie conoscenze, se me ne concederete la possibilità >>

Il re annuì << Bene, e tu invece? >>

Selyan voleva davvero andare via, ma sapeva che non poteva più tirarsi indietro << Il mio nome è Selyan, Maestà. Sono in grado di dominare l'acqua e sono qui per... >> si morse un labbro.

Lei era lì solo per aiutare Keira e nient'altro, ma non poteva dirlo e non poteva neanche dire quello che voleva perché Dalia le aveva ripetuto esplicitamente che lei non contava niente. Ma ormai aveva parlato.

<< Per...? >> la esortò il re.

Questa l'avrebbe pagata cara alla Somma Sacerdotessa.

<< Se mi riterrete all'altezza, maestà, vorrei migliorare le mie conoscenze in campo medico >>

Il sovrano sembrò soddisfatto  << Magia e medicina. Vediamo cosa sapete fare. Dunque, sapete combattere.... >>

Il re fece una pausa durante la quale Selyan si sentiva sempre più nervosa.

<< Fai chiamare Tanet e fagli dire di portarsi due spade >>

Doveva essersi rivolto a uno dei suoi servitori. E chi era quel Tanet che dovevano far venire? Peccato che fossero costrette a fissare il pavimento.

Poi il re si rivolse di nuovo a loro << Mentre aspettiamo ditemi qualcosa di più su chi siete e sul posto da cui venite >>

Era un ordine chiaro e deciso. Dal tono che aveva usato il re non c’erano dubbi che non volesse essere ignorato, eppure, come prevedibile, la Somma Sacerdotessa cercò di evitare la risposta

<< Beh...potente sovrano noi... ehm… insomma>>

Selyan si permise di approfittare della balbuzie improvvisa di Dalia per sbirciare il sovrano. Sembrava serio e annoiato, per niente ben disposto nei loro confronti. Forse era solo il suo dovere essere diffidente verso chi chiedeva ospitalità, ma, se avesse dovuto parlare lei al posto di Dalia, sicuramente non si sarebbe sentita degna neanche di aprire bocca davanti a quegli occhi così seri e scrutatori. La stupida vecchia, invece, si rivolgeva a lui guardandolo direttamente in viso come da pari a pari.

<< Veniamo da una terra al di là del Grande Mare, oltre la foce del fiume, Altezza >>

<< Questo l'hai già detto. Il campo di addestramento è abbastanza lontano, hai tutto il tempo di dirmi qualcosa di nuovo >>

Selyan vide Dalia irrigidirsi alle ultime parole di quel re così giovane e, a quanto pareva, così esperto.

Nessuno aveva mai interrotto la Somma Sacerdotessa. Perfino il loro re si era sempre mostrato sottomesso. Quella terra avrebbe rimesso le cose al loro posto?

<< Vi chiedo scusa, ma non mi avete dato il tempo necessario a terminare il mio discorso. Lì è tutto molto diverso dalla vostra terra: ci sono moltissimi boschi e i fiumi sono molto più numerosi sebbene sembrino solo torrenti in confronto al grande fiume della vostra terra, il sole non è così caldo e... >>

Selyan perse il resto del racconto di Dalia. Era sbalordita dalla stupidità di quella donna. Era sicurissima che la vecchia avesse capito che il re voleva sapere il vero motivo per cui erano lì perché la scusa di imparare da loro le grandi arti non stava in piedi.

La Somma Sacerdotessa era convinta che bastasse e la ragazza sapeva che non avrebbe mai rivelato il vero motivo per cui erano lì.

Selyan, per certi versi, era anche d'accordo con lei. Se avesse detto la verità, non le avrebbero mai accettate, ma il modo in cui cercava di prendere tempo era patetico. Aveva paura che da un momento all'altro l'avrebbe sentita parlare degli uccellini che cinguettavano sugli alberi.

Il re sembrò pensarla alla stesso modo perché la interruppe di nuovo cambiando discorso

<< Come si chiama il posto da cui venite? >>

Poi cambiò idea << Voglio che mi risponda la ragazza dai capelli rossi. Sembra che tu abbia dimenticato le cose importanti >>

Selyan ringraziò la Dea perché il re non lo aveva chiesto a lei. Dalia avrebbe potuto far scoppiare una rivolta in quel caso, ma, dal momento che la mossa del re aveva attirato le attenzioni dei presenti in sala sulla nipote, sicuramente avrebbe dimenticato l’offesa del re nei suoi confronti.

<< Vostra maestà, vi chiedo umilmente perdono, ma non posso >> esordì Keira << Non voglio mancarvi di rispetto, e non lo voleva neanche la Somma Sacerdotessa, ma tra le nostre leggi una delle più importanti ci vieta di pronunciare i nomi delle persone defunte e delle città ormai distrutte. La nostra terra esiste ancora, ma è devastata e in mano al nemico. Per noi è impossibile farvi ritorno adesso, perciò non possiamo pronunciarne il nome >>

Keira per difendere la zia si era inventata una bugia che era grande quanto una delle enormi colonne nei corridoi del palazzo reale, ma che, proprio come quelle, sembrava stare in piedi. Lei non sarebbe mai stata così furba al suo posto.

La sua solidarietà verso Keira, però, andò in pezzi quando la sentì continuare il discorso << Per questo mia zia non ha pronunciato il nome della nostra città e Selyan non ha neanche accennato ai suoi genitori quando si è presentata >>

Dove diamine voleva arrivare con quel discorso? Doveva capirlo in fretta, ma non ne aveva il tempo così si convinse che voleva solo farla innervosire prima che qualcuno le facesse qualche domanda.

In quella conversazione ci sarebbero state molte cose su cui riflettere, ma decise che non era il momento adatto, ne avrebbe riparlato in seguito con sua sorella e, soprattutto, con Irmelin. In quel momento doveva limitarsi a tenerle a mente.

<< Quindi, una volta che avrete imparato quello che vi serve, dove andrete? Da quello che ho capito non avete un posto in cui tornare >> chiese il re.

Dalia era pronta alla domanda  << Cercheremo di fare ritorno nella nostra terra per riconquistarla, se la Dea lo consentirà . È distrutta, ma è pur sempre casa nostra. Avevamo degli alleati, non ci resta che sperare che siano ancora disposti ad aiutarci e, se questo non sarà possibile, andremo dove la Dea ci porterà. Non resteremo qui se non saremo gradite mio re >>

<< Nessuno ha detto questo >> commentò prima di riprendere le domande << Keira, giusto? >>

La ragazza si inchinò << Sì, Mio Signore >>

<< Perché vuoi imparare l'arte magica? >>

<< Beh... perché quando combatteremo per salvare la nostra terra ci sarà utile dal momento che i nostri avversari sono molto forti e agguerriti >>

Il sovrano non le rispose. Selyan avrebbe pagato oro per poterlo guardare in faccia in quel momento. Immaginava già la sgridata che si sarebbe presa da Irmelin quando le avrebbe raccontato che il re era rimasto in silenzio dopo una risposta di Keira e lei non si era degnata di controllare che fosse abbastanza disgustato dalla racchia dai capelli rossi

 << Tu affianco a lei, non ricordo il tuo nome >>

Selyan si inchinò educatamente << Mi chiamo Selyan, Maestà >>

<< Già, tu vuoi imparare l'arte medica, vuoi spiegarmi per quale motivo? >>

Dovette lottare contro una voglia immensa di girarsi e uscire dalla porta senza rispondere. Maledisse Dalia e, dal momento che ormai, o parlava, o faceva una figura ancora peggiore, si fece coraggio per dire quello che pensava piuttosto che quello che la Somma Sacerdotessa avrebbe voluto sentirle dire.

<< In ogni guerra che viene combattuta, indipendentemente da chi vince o chi perde, si crea un enorme numero di feriti. Con il potere che mi ha concesso la Dea posso guarire le ferite superficiali o, se nelle schiere nemiche sono presenti dei maghi, posso dissolverne i sortilegi, ma contro le ferite serie posso ben poco mio re. Basta un solo uomo con una ferita profonda a farmi esaurire le mie forze magiche e senza quelle non sono in grado di fare nient'altro. So che ci sono un sacco di cose che potrei fare senza dover ricorrere continuamente alla magia e vorrei poterle imparare qui da voi >>

Per sua fortuna, l'uomo che era stato mandato a chiamare aveva fatto il suo ingresso e aveva distratto il sovrano prima che avesse il tempo di farle altre domande. Le tremavano già le gambe per quella breve conversazione

<< Vostra Altezza >> si annunciò il nuovo arrivato.

<< Queste ragazze hanno detto di saper combattere. Dai una spada a una delle due e valuta le loro capacità >>

<< Sì, mio re >>

Ma Dalia non perse occasione di fare la figura della stupida urlando << Ma è inaudito! Ucciderà le ragazze un uomo così... >>

<< Così cosa? >> chiese il re con chiaro tono scocciato << È il comandante delle guardie non un semplice soldato e, dal momento che è specializzato nell'addestramento, sa riconoscere benissimo il limite di chi ha davanti. Adesso spostati e lasciagli fare il suo lavoro >>

L'uomo ringraziò il re e passò una spada a Keira.

Selyan si sentiva tremare. In realtà non aveva mai smesso di farlo da quando era entrata nella sala. Odiava essere al centro dell'attenzione quando parlava, come odiava che qualcuno la guardasse fare qualcosa e, appena il turno di Keira si sarebbe concluso, tutti l'avrebbero guardata combattere. Aveva una paura tremenda e decise che poteva smettere di fissare il pavimento e studiare l’avversario per distrarsi.

Doveva essere poco più grande del re e la cosa le sembrò strana. Era convinta che il potere fosse sempre in mano ai più anziani perché più saggi, ma in quel regno sembravano tutti giovani.

Si rese conto che stava tornando con la mente a ricordi tristi e lontani, così scosse la testa e si concentrò sul duello.

A giudicare dai suoi muscoli, il comandante sembrava davvero forte, ma chiunque avrebbe potuto parare i colpi che scagliava contro Keira. Forse aspettava che lei stessa mettesse più forza nella sua spada perché non era abituato a combattere con le ragazze, o perché era convinto che la ragazza non avesse la forza necessaria per contrastarlo. Non si era neanche accorta di parlare quando sentì la sua stessa voce gridare << Keira, mettici più forza! >>

Ma la Somma Sacerdotessa non approvò  << Se la distrai, giuro che te la farò pagare! >>

Anche se un po' goffa e intimorita, Keira riuscì a parare tutti gli attacchi successivi e il suo avversario sembrò azzardare una cosa diversa. Con un colpo più forte fece vacillare la ragazza e, nell'attimo in cui questa cercava di non perdere l'equilibrio, mirò al suo braccio sinistro. Quando Keira capì cosa stava succedendo, si abbassò nella speranza che il colpo le passasse sopra, ma la spada si fermò vicinissima al suo orecchio.

L'avversario sorrise e le tese una mano << Sarebbe stato meglio pararlo. Così avrei potuto tagliarvi la testa >>

Keira lo guardò con tutto il disprezzo e l'arroganza che poteva mettere insieme, non afferrò la mano del comandante per rialzarsi e passò la spada a Selyan

<< Divertiti!  Sei tu quella che ha un debole per queste cose >>

Selyan si sentì di nuovo in preda al panico. La spada era finita per terra perché Keira l'aveva lanciata più che passata e lei era convintissima di aver già dato una pessima impressione.

<< Siete mancina? >> chiese incuriosito il comandante.

<< Come? >>

<< Combattete usando la mano sinistra? >>

Si stupì a quella domanda e scosse la testa, poi si rese conto con orrore che stava reggendo la spada con la mano sbagliata.

Arrossì di colpo e cambiò mano << Scusate >>

Quando cominciarono a combattere, Selyan ebbe la conferma di quello che pensava: se lei aumentava la forza nei colpi, anche il comandante colpiva più forte.

Era da tanto che non impugnava una spada e, quello strano duello, ebbe il potere di farle dimenticare il suo imbarazzo, la gente che la stava guardando e anche le sue preoccupazioni.

L'ultima volta che aveva impugnato una spada era ancora nella sua terra, in una battaglia in cui aveva dimenticato chi fosse e aveva combattuto con tutta la forza e tutta la rabbia che aveva dentro. Aveva ucciso così tanti soldati che alla fine aveva gettato la sua spada in mare con la speranza che le sue acque la liberassero dalle tracce dell'orribile strage che aveva commesso.

Ma non voleva ricordare e non poteva permettersi errori. Il re doveva accettarle e lei doveva dimostrargli il loro valore, perciò colpiva con tutte le sue forze la spada del nemico usando quel finto combattimento come sfogo per tutta la rabbia e tutta la tristezza che non era riuscita ad affrontare in quei giorni di navigazione tranquilla.

Si era decisamente rammollita in quel maledetto viaggio e stava lottando contro quell’uomo e contro la stanchezza che l’aveva assalita in molto meno tempo di quanto si sarebbe aspettata quando il re li interruppe

<< Basta così! Per me è abbastanza, tu che ne pensi? >> chiese rivolto al comandante.

L'uomo, aveva il fiatone, ma rispose senza esitazione al suo re  << Lei se la cava bene, sono pochi i soldati che riescono a ferirmi >> e mostrò il dorso della mano destra sul quale spiccava un lungo taglio rosso scarlatto.

Selyan si sentì sprofondare. Non si era neanche accorta di quello che faceva presa com'era dai suoi pensieri e doveva aver perso il controllo della spada ferendolo per puro caso. Non era un taglio profondo, ma si sentiva rimordere la coscienza come se gli avesse tagliato una mano.

Perché diamine non stava mai attenta a quello che faceva?

<< Mi dispiace davvero tanto per quello che ho fatto, non me ne sono resa conto e- >>

Ma lui la fermò agitando una mano << Tranquilla, è solo un graffio. Sul campo di addestramento è all'ordine del giorno >>

Il comandante non era arrabbiato, anzi, sembrava soddisfatto. Lei però si sentiva in colpa ugualmente e ormai era inutile nascondersi per far fare bella figura a Keira.

Preferiva prendersi una sgridata da Dalia e magari una punizione, piuttosto che lasciare le cose come stavano

<< Non volevo ferirvi. Se mi date il vostro permesso, posso guarirvi >>

<< Non è necessario >>

Ma il sovrano lo interruppe e scese dal trono portandosi dietro quello che sembrava il suo confidente personale << Voglio vedere cosa sa fare >>

Selyan si morse la lingua. Non pensava di attirare l'attenzione di tutti.

Sua sorella le diceva sempre che doveva lasciar perdere ogni tanto i danni che combinava, ma Elydet non capiva che se non rimetteva le cose a posto i rimorsi non le davano tregua.

Sua sorella l’avrebbe sicuramente sgridata e anche Irmelin. Soprattutto Irmelin.

Dalia aveva già abbastanza motivi per prendersela con lei, tanto valeva fare le cose per bene e non lasciare inutili cicatrici a chi non le aveva fatto niente di male.

Stese la mano a poca distanza dalla ferita del comandante, l’alone di luce azzurra, che si sprigionava ogni volta che Selyan usava la sua magia, prese a brillare avvolgendo le loro mani e, quando si spense, la ferita era scomparsa. Completamente rimarginata.

Il comandante guardò la sua mano con aria dubbiosa e la chiuse e la riaprì per essere sicuro che non fosse una presa in giro.

<< Posso portarmela sul campo di addestramento? >> chiese al re indicando Selyan che arrossì di nuovo.

<< Non è una domanda a cui posso rispondere adesso, Tanet >>

Il comandante annuì e si scusò prima di rivolgersi nuovamente a Selyan << Dove hai imparato a combattere così? >>

Era decisamente una domanda pericolosa. Non poteva dire dove aveva imparato, né con chi si allenava tutti i giorni prima che il suo addestramento si rendesse necessario, poteva solo dire dove aveva imparato la rabbia e la violenza dei colpi. Si concentrò sulle mattonelle ai suoi piedi e cercò di tenere la voce più ferma possibile << In guerra. Sul campo di battaglia >>

Aveva sempre saputo che non si sarebbe mai dimenticata di quello che era successo, lo aveva giurato lei stessa, ma, se ricordarlo era difficile, parlarne era impossibile.

Aveva promesso che Keira sarebbe stata al centro dell'attenzione, invece lì dentro facevano di tutto per valutare anche lei e non era certo colpa sua se la Nobile Testa Vuota, come la chiamava Irmelin, non sapeva combattere.

Non aveva chiesto lei di finire sul campo di battaglia mentre Keira se ne stava al sicuro nel palazzo reale.

La cosa che le dava più fastidio era che qualcuno il giorno della loro partenza le aveva detto: "Vedrai che volteremo pagina e ti scorderai di tutto questo"

Ringraziò la Dea di non ricordarsi chi fosse perché l'avrebbe fatto fuori all'istante!

Voltare pagina … Ogni minuto che passava le chiedevano qualcosa sul suo passato e lei cominciava a non sopportarlo più.

<< Selyan, avrei una cosa da chiederti >>

Era così immersa nei suoi pensieri che quasi non sentì il sovrano << Ditemi pure, Maestà >>

<< Alcuni dei miei più fidati funzionari sono stati colpiti da qualcosa che i miei guaritori non sono stati in grado di curare. Hai detto che hai qualche nozione di medicina e di magia, vorresti dirmi cosa ne pensi? >>

<< Ma, Altezza, posso farlo io >> si intromise Dalia.

<< Le tue ragazze devono imparare da noi o devi farlo tu? >>

<< Vi domando perdono, volevo solo offrirvi il mio aiuto. Se mi permettete un suggerimento, però, Keira è molto più istruita di lei >>

<< Bene, vedremo quando sarà il  momento. Adesso venite con me e ricordate che non  voglio che prendiate iniziative senza il mio permesso o sarete accusate di omicidio. Neithel, Tanet, con me anche voi >>

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-Irmelin-

 

Irmelin si guardava intorno annoiata.

Selyan era sparita dietro le grandi porte con la vecchia bisbetica e la capra di sua nipote da non sapeva più quanto tempo e quasi tutte le altre erano sedute come lei su un muretto che costeggiava uno dei grandi giardini reali parlando e ridacchiando di chissà cosa.

Non era esattamente odio quello che provava nei loro confronti, ci aveva riflettuto bene nei lunghi giorni in nave. L’odio era una cosa diversa. Quello che provava per quelle ragazze in abito da sacerdotessa era un profondo senso di ripugnanza.

Le loro movenze e le loro risatine eccessivamente composte e controllate le davano il voltastomaco. Sembravano ridere solo per educazione, si portavano le mani al viso per enfatizzare le loro espressioni, ma si vedeva da lontano che non c’era una sola delle loro reazioni che fosse sincera e una sola mossa che fosse spontanea.

Come diamine potevano ancora comportarsi da nobili di alto rango quando ormai non erano altro che esiliate in cerca di ospitalità?

Doveva trovare una soluzione per distrarsi o le avrebbe prese tutte a calci, ne era certa.

Elydet accanto a lei era persa nei suoi pensieri  e sembrava guardare le altre ogni tanto come se fosse curiosa. Non poteva permetterlo! Selyan era impegnata a sopportare le due malefiche stupide perché loro avessero una casa, non poteva ripagarla dei suoi sforzi facendole trovare una sorella deviata e passata al lato nemico.

La sua amica le avrebbe dato una casa sulla terra ferma e lei, in cambio, le avrebbe salvato la sorella. Doveva trovare una soluzione al più presto.

<< Ely, secondo te esplorare i giardini reali è dignitoso? >> chiese alludendo alle raccomandazioni di Dalia.

 Il viso della sua amica si illuminò, per sua fortuna, e i suoi occhi abbandonarono le galline per schizzare da una parte all’altra dei maestosi giardini. L’aveva distratta per sua fortuna.

 << Secondo me basta avere un comportamento come quello della vecchiaccia, non so se mi spiego. Cammini lentamente imitandola, fingi di essere una brava ragazza e te ne vai dove ti pare mantenendo comunque un comportamento dignitoso >>

Bastò un'occhiata tra le due a sigillare il patto: sarebbero andate in giro per i cortili reali e poi  all’esterno rispettando la regola di non varcare la porta di ingresso. Ne avrebbero cercata una sul retro.

Senza dire una parola e con un grande sorriso emozionato, si alzarono dal muretto che divideva il corridoio dai giardini interni e si diressero verso gli ampi corridoi senza neanche una parola per le altre.

Nessuna di loro tentò di fermarle, ma Irmelin sentì scendere silenzio indignato e sapeva che era carico di occhiatacce verso di loro.

Non erano abbastanza furbe da capire che, se Dalia le avesse punite, avrebbe aggiunto solo un punto in più nell'elenco che tenevano segretamente nascosto tra le cose di Elydet con le decine e decine di punizioni che la Somma Sacerdotessa si inventava per loro. Non potevano sapere delle serate passate a leggere quell’elenco ridendo fino ad avere mal di pancia per i ricordi delle loro imprese.

Perfino sulla nave, nella disperazione più nera, Selyan era riuscita a ridere di quella lista.

Irmelin prese in seria considerazione l’idea di festeggiare la prima punizione nella nuova terra non appena avesse trovato il modo di rifornirsi di dolci e biscotti.

<< Se ci puniscono festeggiamo? >> chiese Elydet come se stesse spiando i suoi pensieri

<< Ho finito le scorte di dolci sulla nave per colpa di Keira, non posso ancora permettermi una festa, ma ti prometto che mi organizzerò al più presto >>

E aveva tutte le intenzioni di mantenere quella promessa.

Dalia sulla nave l’aveva punita per uno stupido dispetto a sua nipote, niente di serio. Aveva solo finto di farsi scivolare il cucchiaio di mano e le aveva macchiato la veste. Era passato troppo tempo da quando aveva avuto il tempo e la spensieratezza necessari a farle inventare uno dei suoi piani perversi per far impazzire quella vecchia stupida e, forse, era il momento di riportare almeno le piccole cose alla normalità. Per lei e per la sua amica a pezzi.

 

<< Per fortuna non c'è mia sorella o non ci avrebbe permesso di andarcene in giro così… come se niente fosse. Da che parte andiamo Irmy? >> chiese Elydet impalata guardandosi intorno.

Irmelin non aveva la minima idea di quale strada fosse meglio prendere, né tanto meno di dove volesse andare. Puntò il dito a caso senza pensarci troppo << Quella e, se è sbagliata, ci scusiamo in maniera dignitosa e cambiamo strada >>

La sorella della sua amica annuì convinta  << Speriamo che ci porti in qualche posto interessante >>

 << Ely, speriamo ci porti da qualche uomo interessante! >> la corresse lei << Devo insegnarti tutto? >>

 << Pensi sempre e solo agli uomini, vero? >> la prese in giro Elydet.

 << No, ogni tanto anche al cibo e a come uccidere la vecchia >>

Sapere che c'era anche Selyan a cercare di convincere il re la rassicurava e la impensieriva al tempo stesso. Se il sovrano voleva veramente decidere la loro sorte in base ai poteri che avevano, potevano anche disfare i bagagli perché quella sarebbe stata la loro casa per il resto della vita, ma Selyan diventava una stupida davanti agli sconosciuti, figurarsi davanti a un re che doveva valutare l’intero ordine basandosi su di lei. Se si fossero trovate in una situazione del genere prima che la guerra distruggesse tutto, Selyan avrebbe sicuramente cominciato a balbettare e rompere tutto quello che le capitava a tiro per colpa della sua goffaggine e delle sue maledette mani che tremavano quando si imbarazzava, in quel caso però, Irmelin aveva paura che la sua amica si facesse prendere dallo sconforto piuttosto che dall’agitazione e si incupisse senza rispondere alle domande che le venivano poste.

Irmelin sospirò pesantemente

<< Pensi che non riusciremo a restare? >> chiese Elydet preoccupata << Io non credo che sopporterei un altro viaggio con quelle stupide >>

Lei si guardò intorno un po’ per cercare di capire dove stavano andando e un po’ per prendere tempo prima di risponderle.

Davanti a loro il corridoio si apriva in un piccolo cortile che non ricordava neanche lontanamente il grande giardino in cui erano rimaste le altre. A quanto pareva c’era un muro esterno che circondava il palazzo e loro erano arrivate a una porta di servizio esattamente come speravano.

Era un piccolo pizzico di fortuna per loro. Il primo dopo mesi di sventure. Forse poteva credere che non sarebbe stato l’ultimo. Forse poteva pensare che quella non sarebbe stata l’ultima volta in cui vedeva quella porta, magari dall’altro lato come una popolana qualsiasi…

No, qualcosa le diceva che non sarebbe stato così. Eppure aveva una strana sensazione addosso.

Come se l’uomo con l’armatura addosso che sorvegliava quell’uscita secondaria lo conoscesse da una vita. Non si sentiva come quando si innamorava a prima vista di qualcuno, aveva provato quell’esperienza diverse volte in passato, sia per cotte infantili che per quelle che credeva cose serie e non erano così. In quel momento si sentiva esattamente come quando vedeva da lontano Selyan o Irmelin dopo una giornata passata a casa dei suoi. Non erano le emozioni di una cotta, erano quelle di quando si incontra un vecchio amico.

Forse stava impazzendo.

 

<< Resteremo, Ely >> affermò con una sicurezza che non era certa di potersi permettere

Elydet rise di lei e seguì il suo sguardo verso lo sconosciuto soldato << Ti sei davvero arresa al primo uomo che abbiamo incontrato? Hai già deciso di sposarlo? >>

Irmelin represse la voglia di risponderle male e si limitò a sbuffare scuotendo la testa << No, sciocca. Quanta sfortuna vuoi farci avere? Neanche il fatto che seguiamo la vecchia bavosa potrebbe giustificarne tanta! Ora è il momento di una cosa buona per noi, non credi? Resteremo o giuro che bestemmierò la Dea appena rimetterò piede sulla maledetta nave con una serie di insulti così pesanti che persino le assi della nave si sbalordiranno, si staccheranno una alla volta e marciranno da sole all’istante facendoci affondare. Almeno la vecchia morirà una volta per tutte >>

Poi si sistemò meglio le trecce e si diresse a passo deciso verso il soldato

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-Elydet-

<< Chiedo scusa >> esordì Irmelin per niente intimidita da quello che stava facendo << Ci dispiace disturbarla. Siamo a palazzo da almeno tre mesi ormai, ma non ricordiamo fino a quando è consentito uscire per comprare il necessario per->>

<< La porta sarà chiusa al tramonto. Se non tornerete prima, resterete fuori >>

L’uomo l’aveva interrotta annoiato e lei si era anche finta irritata storcendo la bocca e mormorando un << Grazie infinite >>

Era stata assolutamente fantastica!

<< Irmy sei stata davvero grande! >> si complimentò felice  << Siamo a palazzo da appena due ore e abbiamo già ignorato un ordine di Dalia e imbrogliato un soldato del re. Di questo passo ci faremo arrestare in meno di una settimana! >>

Il brivido della ribellione alla Somma Sacerdotessa le dava alla testa e la rendeva euforica. Era sempre stato il suo rimedio a ogni preoccupazione.

Lei, Irmelin e Selyan violavano le regole ogni volta che ne avevano la possibilità, ma ogni volta per lei era emozionante come la prima. Una vocina piccola piccola, da qualche parte, le ricordava sempre che stava facendo la cosa sbagliata, ma non le era mai importato e, di certo, non avrebbe cominciato ad ascoltarla adesso che aveva tutto un mondo da scoprire fuori da quelle mura.

Irmelin non le aveva mai dato l'impressone di farsi il minimo problema a trasgredire le regole e anzi, il più delle volte era proprio lei a organizzare le loro imprese alle spalle della vecchia Dalia

<< Lo so, lo so, sono troppo intelligente. Che vuoi farci? La Dea non mi ha dato grandi poteri e io ho imparato a usare il cervello per sopperire alla mancanza >> rispose Irmelin con finta noncuranza.

Ma la vocina nella testa di Elydet questa volta era pressante e aveva qualcosa di vagamente simile alla voce di sua sorella. Odiava Selyan quando cercava di convincerle a rispettare le regole e si faceva venire mille dubbi sui loro piani di fuga, ma adesso che non c'era, nessuno avrebbe chiesto a Irmelin una spiegazione dettagliata del perché Dalia non le avrebbe scoperte.

Mandò un accidenti a sua sorella per averla contagiata con l'abitudine della fifa e decise di chiedere chiarimenti alla sua amica  << Credi che la nostra disobbedienza alla Vecchia Zuccona possa compromettere la decisione del re? >> domandò cercando di apparire il più disinteressata possibile.

<< E perché dovrebbe? >> rispose Irmelin guardandosi intorno per capire da che parte andare

<< Beh... se lei, nella sua stupidità, dovesse dire al re che siamo delle ribelli per metterci in cattiva luce ai suoi occhi, lui potrebbe pensare che siamo pericolose e potrebbe mandarci via tutte >> le spiegò correndole dietro per le strade sconosciute.

<< Mi sembra di sentir parlare tua sorella. Dalia non è così stupida, sai? È determinata a restare in questo posto al punto da mettere in mostra Selyan a scapito di sua nipote. Poteva portare una qualunque delle oche in giardino, l'idiota di Tahnee sarebbe stata perfetta, per una presentazione a corte al fianco di Keira, ma non l'ha voluta perché- >>

<< Ehi aspetta! >> la interruppe Elydet << Perché proprio lei? Credi che abbia più potere di noi? >> chiese offesa.

Quella che Irmelin aveva nominato come candidata perfetta per le presentazioni non aveva che un misero potere legato alle piante, cosa aveva di più speciale di lei? Lei comandava il fuoco, maledizione! Era una delle poche persone al mondo ad avere ancora quel potere e Irmelin la riteneva seconda a un'oca come Tahnee? Per quale motivo?!

<< No Ely, ma Dalia non può fidarsi di noi. È il prezzo da pagare per tutte le nostre avventure >>

Contro la sua volontà, si arrese e ammise che la ragazza aveva ragione.

Le faceva paura Irmelin quando diventava così assorta nei ragionamenti. Si era abituata a considerarla incapace, avventata, un po' stupida e buffa, e tendeva a dimenticare questo suo lato calcolatorio.

<< Tahnee è amica di Keira, di buona famiglia, educata, con una buona dose di potere e anche di bell'aspetto, o almeno così dicono. A me non è mai sembrata più bella di una rapa >> concluse Irmelin sprezzante.

<< Che hanno di brutto le rape? >> chiese Elydet pensando di essersi sbagliata pochi istanti prima a pesare che la sua amica avesse un’intelligenza fuori del comune.

<< Niente, ma non hanno neanche niente di bello. Sono rape e basta, e così lei: è solo una ragazza >>

La spiegazione che le aveva dato era bizzarra come il paragone che aveva fatto, ma non faceva una piega e decise di lasciarle finire il suo discorso senza interromperla di nuovo << Comunque, cercavo di spiegarti che ha preferito mettersi nelle mani di tua sorella, che rischia di apparire cento volte più stupida di quella rapa di Tahnee e di fare una pessima figura a corte, visto il momento che sta passando, perché la vecchia vuole questa terra con tutte le sue forze e sa che tua sorella pur di non viaggiare più, riuscirà a trovare il cervello necessario a convincere il re. A noi resta solo da capire perché dopo quasi due mesi di viaggio verso un altro maledetto posto di cui non ricordo il nome, ha finto una visione e ha fatto cambiare rotta alla nave per portarci qui >> concluse Irmelin.

La più piccola però non rispose e si  immobilizzò. Irmelin aveva l'abitudine di camminare e parlare tenendo lo sguardo basso per non inciampare, ma lei no. Elydet aveva sempre avuto un portamento fiero con lo sguardo alto e questo le aveva permesso di vedere ciò che alla sua amica era sfuggito

<< Ely? Perché ti sei bloccata? >> chiese Irmelin raggiungendola

<< Ecco perché >>disse la ragazza puntando un dito verso le case del nuovo regno che doveva ospitarle.

Quello che Dalia aveva definito un nuovo regno in pieno splendore e esperto di magia oltre ogni loro aspettativa, era ridotto in miseria. Il paese era a pezzi. La maggior parte delle case erano distrutte e i loro resti erano ammucchiati per le strade. La terra stessa sembrava devastata da crepe e buche enormi che sembravano fatte da una mandria di elefanti imbizzarriti. Non si vedeva una casa che non avesse danni e c’erano pochissime persone in giro.

<< Maledizione! >> imprecò Irmelin << Si può avere più sfortuna di così?! Se servire la Dea vuol dire essere perseguitate dalla sfortuna, ti giuro, Elydet, che mi tolgo queste maledette vesti da sacerdotessa e vado a fare la mendicante per il resto della vita! >> urlò la ragazza arrabbiata.

<< Irmy, ti prego, non bestemmiare e non giurare a caso >> cercò di calmarla la ragazza. Ma i suoi occhi non vedevano che distruzione davanti a lei e non sapeva proprio cosa pensare o cosa dirle.

<< Non bestemmiare?!? Ma mi spieghi quando e dove trovo un marito io se continuiamo a spostarci da un paese devastato all'altro passando per una nave piena di sole donne e schiavi di Dalia? >> urlò di nuovo Irmelin.

Nonostante lo sconforto che aveva avuto al vedere quella che doveva essere la loro salvezza ridotta a un cumulo di macerie, Elydet si stupì a quelle parole

<< Marito? Ti sembra il problema più urgente adesso? >>le chiese cercando di farla ragionare << Mia sorella sta cercando di convincere il re di questa miseria a tenerci qui, Irmy! Sai cosa vuol dire questo? >> chiese senza darle il tempo di rispondere << Vuol dire che stasera saremo di nuovo in viaggio su quella maledetta nave senza una meta o che ci legheranno una corda ai piedi per non farci scappare e ci costringeranno a sistemare questo disastro a mani nude! Ti sembra che quello del marito sia il nostro problema principale!? >>

<< È sempre il problema principale! >> urlò di nuovo l’altra << Sto invecchiando, Ely, e diventerò come Dalia se non troverò una soluzione! Non voglio diventare vecchia senza aver avuto figli! Chi si prenderà cura di me quando comincerò a sbavare mentre mangio?! >>

<< Smetti ogni tanto di comportarti da idiota e dire stupidaggini! Guarda questo posto e dimmi se pensi davvero di poterti preoccupare della vecchiaia adesso >> le disse senza garbo e senza educazione.

Non la sopportava quando arrivava a questi livelli di stupidità.

Solo un minuto prima aveva avuto timore di  lei al sentirla parlare come le grandi menti dei governi, e adesso che avrebbe avuto bisogno di qualcuno di serio accanto a lei, la stupida dell'amica di sua sorella perdeva la testa e ricominciava a pensare agli uomini.

Avrebbe voluto prenderla a schiaffi in quel momento e si ritrovò a pensare che, forse, Dalia aveva ragione quando la insultava. Poi vide che le mani di Irmelin, strette a pugno, tremavano senza sosta e i suoi occhi continuavano a correre da un lato all'altro di quel panorama devastato nella speranza di trovare qualcosa di sano in tutte quelle macerie. Forse la stupidità era passata.

<< Calmati, Irmy, mia madre aveva più anni di te quando mi ha messo al mondo. Sei ancora giovanissima e questa terra non sembra devastata da una guerra. Forse quello che l'ha colpita non ha decimato la popolazione >> cercò di confortarla  << Sono sicura che troveremo qualche bell'uomo libero da qualche parte, ma, ti prego, non dire niente a Selyan di quello che abbiamo visto >>

<< Perché? >> chiese la ragazza con voce incolore.

<< Perché comincerebbe a pensare anche lei che siamo maledette o che Dalia ci ha portate qui per qualche motivo e non voglio che ricominci a preoccuparsi di cose che non esistono >> chiarì Elydet.

Ma Irmelin scosse la testa << Ely, hai visto questo posto? Pur ammettendo che il re abbia tenuto la bocca chiusa sulle condizioni del suo paese per non apparire debole agli stranieri, quanto credi di poterlo nascondere a tua sorella? Se ci accetteranno qui, pensi forse che ci rinchiuderanno nel palazzo? >> la voce di Irmelin tremava ancora di rabbia e delusione.

Era ancora convinta di aver subito un terribile affronto dalla Dea e aveva preso a camminare in direzione della porta dalla quale erano uscite senza neanche avvisarla che voleva rientrare.

Ma Elydet non voleva arrendersi. Non poteva più sopportare le continue congetture di sua sorella su Dalia, né i suoi discorsi blasfemi sulla cattiveria della Dea che servivano. 

<< Sei stata tu a dire che Selyan ha bisogno di tempo per accettare quello che è successo. Lascia che lo scopra il più tardi possibile, ti prego >> la implorò.

Lei non rispose e tutta la strada del ritorno fu in silenzio. Irmelin non parlava e lei non sapeva cosa dire. Quel posto era davvero devastato ma, se la Dea aveva voluto mandarle lì, un motivo doveva averlo. La Potente non poteva lasciare le loro vite in mano a Dalia e alle sue idee folli. Perché le sue amiche non lo capivano. Perché continuavano a servire una Dea alla quale non davano fiducia?

Quando rientrarono nel grande giardino del palazzo, si tennero a debita distanza dalle altre.

<< Irmy, così non saremo asociali? >> provò a distrarla Elydet.

<< Tsk! Piuttosto che parlare con quelle io... non lo so, no ho voglia di pensare, non ho intenzione di avvicinarmi e- >> ma non finì la frase e si passò una mano sulla fronte.

<< Che ti succede? Stai male? >> chiese Elydet preoccupata. Possibile che la vista del villaggio in quelle condizioni l'avesse turbata al punto da farla stare male?

<< Io...non so... Ho sentito un'ondata di freddo e... >>

Elydet la fece sedere sul muretto che costeggiava il grande giardino e prese posto accanto a lei

<< Stai tranquilla, avrai preso troppo sole >> cercò di calmarla << Ci penserà Selyan a rimetterti a posto >> ma Irmelin la interruppe urlando << Selyan! >>

<< Cosa? >> Elydet si voltò di scatto verso la porta aspettandosi di veder uscire sua sorella e le altre, ma il portone era ben chiuso e non c'erano segni di movimento da quelle parti.

<< Le è successo qualcosa di brutto, l'ho sentito, credimi! >> le disse Irmelin agitatissima, ma Elydet non dette troppo peso alla cosa << Certo che le è successo qualcosa di brutto: è dal re con quelle due! Uscirà da lì nervosa  e isterica come al solito, ma vedrai che starà benissimo. E poi io sono sua sorella. Se le succedesse qualcosa, lo sentirei io e non tu con quello scintillino di energia che ti ritrovi dentro la tua misera pietruzza >>

Come poteva la sua amica pretendere di sapere cosa stava succedendo a sua sorella? Già quel tipo di contatto era difficile tra parenti stretti molto potenti, figurarsi tra due amiche  e con il misero potere di Irmelin. Non  poteva essere possibile.

Per di più si era stancata di tutta quella situazione. Tutte le leccapiedi di Dalia stavano conversando tranquillamente poco più in là. Sembravano anche felici, emozionate dalla possibilità di un nuovo inizio e lei era lì con Irmelin a deprimersi. Non voleva. Voleva essere felice anche lei, voleva parlare di cose poco serie e voleva che i suoi sogni avessero la possibilità di sopravvivere almeno fino a sera come quelli di tutte le altre invece di essere distrutti dal pessimismo di persone come sua sorella e la sua amica. Selyan le aveva portato via l'allegria nel viaggio costringendola a sopportare i suoi pianti o la sua muta tristezza ogni volta che si isolava dal mondo che la circondava per pensare alle sue disgrazie uscendone ogni volta più isterica, Irmelin le aveva appena portato via la speranza di un bel posto in cui vivere. Era stanca.

Decise di risollevare la situazione puntando sul punto debole di Irmelin << Ehi Irmy, possibile che in un intero pomeriggio non abbiamo visto un bell'uomo né a palazzo né fuori? Dove li tengono secondo te? >>

La ragazza alzò le spalle, sciolse i lunghi capelli che per comodità aveva annodato dietro la testa e i riccioli scuri le ricaddero sul viso e nascosero in parte la sua preoccupazione.

<< Non lo so >> le rispose con quel tono apatico che ormai era arrivata ad odiare ed esplose

<< Uffa! Stai diventando noiosa. Ma ti rendi conto che ti stai facendo un sacco di problemi troppo presto? Non mi va di spiegarti quello che penso di quello che abbiamo visto prima qui a portata d'orecchio delle altre e ti stai dando pena per una stupida sensazione di freddo. Rispondi alla mia domanda: quale elemento controlli? >>

<< Il vento, lo sai >> rispose perplessa.

<< Certo che lo so, stupida! Ti risulta forse che qui ci sia vento? >> chiese Elydet.

<< Scherzi? Non si muove un filo d'erba neanche a pagarlo e se si muove è perché appassisce al sole >>

<< Quindi...? >> la incitò.

<< Vuoi di re che questa terra non fa per me? >> le chiese ancora senza emozione.

<< Certo che no! Hai sentito freddo perché la tua pietra è a corto di energie. Ricordi cosa succede a Selyan? >>

<< Sì, mi fa morire dalle risate. Si arrotola nelle coperte tremando come una foglia finché non si addormenta e poi dorme ore intere >>

Irmelin si alzò decisa dal muretto sorridendo << Hai ragione tu: mi preoccupo troppo della cosa sbagliata. Allora: le guardie fanno pena, ma deve esserci qualche ragazzo decente! La Dea mi avrà mandato la sfortuna, ma sono sicura che vuole che io trasmetta la mia enorme intelligenza ad un figlio, quindi non mi impedirà di trovare un marito. Devo solo avere la pazienza di cercarlo >>

Elydet sospirò sollevata, per fortuna alla sua amica era tornato il buon umore. Era impossibile che fosse successo qualcosa a sua sorella. Anche se, a volte, si cacciava nei guai, cosa avrebbe potuto combinare a un semplice incontro con un re?

 << Irmy, tu ricordi che le sacerdotesse sono tali perché scelgono di non avere marito, vero? >> le chiese ridendo. Il momento brutto era davvero passato per sua fortuna.

<< Io non ho mai neanche pensato di voler fare la brava sacerdotessa. Appena posso me ne vado >> replicò Irmelin << Sono entrata nell'ordine perché mia madre e mio padre volevano a tutti i costi evitarmi la miseria che hanno sofferto loro quando la nostra piantagione é andata in malora, poi il giuramento di Dalia mi ha costretta a restare perché non avevamo i soldi necessari a pagare il mio riscatto. Non sono mai stata una sacerdotessa Ely, e appena ne avrò l'occasione mi toglierò queste vesti e troverò il modo di toglierle anche a tua sorella prima che Keira se la sbrani per invidia >>

<< E a me non ci pensi? >> chiese Elydet con finta aria offesa.

<< Tsk! Tu sai cavartela benissimo anche da sola. Sbaglio o stai andando in giro a trasgredire tutte le regole mentre quella testona è lì dentro a fare la brava ragazza? >>

<< Hai ragionissima! Io so badare a me stessa, tu porta via Selyan. E adesso esploriamo questo corridoio >> disse puntando il dito verso la sua destra.

<< No, Ely, arrivano >> le rispose Irmelin alzandosi in piedi e correndo al portone

<< Ma che dici? >> chiese confusa.

<< Vieni con me, Dalia sta arrivando >>

Ebbero appena il tempo di prendere i loro posti in mezzo alle altre che la porta si aprì.

<< Da quando sei veggente? >> chiese Elydet guardando l'amica a bocca aperta per lo stupore.

<< Poi ti spiego >> le disse con un gesto della mano che le imponeva di lasciar perdere.

Elydet andò su tutte le furie. Come poteva darle una risposta del genere?

Era davvero una visione o aveva sentito un rumore e aveva capito che stavano arrivando? Voleva saperlo a tutti i costi, ma prima che potesse dire o fare qualcosa Dalia prese la parola.

<< Bene ragazze, avete obbedito tutte ai miei ordini. Immagino che sarete curiose di sapere cosa è successo. Come potete vedere, Selyan non è con noi e il motivo è che ha combinato così tanti disastri davanti al re che lei stessa ne è rimesta ferita. Il sovrano di questa terra è stato così generoso da ospitarla finché non si sarà ripresa ma, ahimè, la vostra compagna ci ha screditate tutte ai suoi occhi, perciò il re ha deciso di pensarci ancora prima di darci una risposta definitiva >>

Alle sue parole un mormorio di protesta tra le ragazze, ma la Somma Sacerdotessa fece uno dei suoi soliti sorrisetti e riprese a parlare << Silenzio, figlie mie, dimenticate che con me c'era Keira! Di fronte alla sua bravura è rimasto sbalordito e ci ha concesso di tornare al tramonto. Se ha bisogno di così poco tempo, ha già deciso cosa fare di noi e non abbiate timore, non ci manderà via. Adesso andiamo alla nave a prendere qualcosa di caldo da mettervi addosso, quando calerà il sole farà freddo e non voglio che vi ammaliate >>

Le sacerdotesse si avviarono mormorando all'uscita ordinatamente in fila per due, ma Elydet non si mosse. Come si permetteva quella stupida vecchia di parlare così di sua sorella? E cos'era successo a Selyan? Ormai il pesante portone era stato chiuso e non si sarebbe certo aperto per loro, ma non poteva abbandonare Selyan. Non aveva la minima idea di come comportarsi, accidenti! Perché doveva sempre trovarsi in quelle situazioni assurde?

<< Irmelin, che facciamo? >> chiese spaventata guardando la porta davanti a loro

<< Preparati. Domani sconterai la punizione di Dalia per aver conosciuto in anticipo il re di questo posto >> ordinò lei prima di cominciare a bussare ripetutamente contro il grande portone.

Elydet guardò la fila di sacerdotesse che si allontanavano obbedienti e ridacchianti. Le stavano sicuramente prendendo in giro. Dalia in testa alla fila si era fermata guardandola con un sorriso benevolo per invitarla a seguirla. Non avrebbe passato nessun guaio se l’avesse seguita in quel momento. Sua madre le aveva fatto promettere di tenersi lontana dai guai un attimo prima che lei si imbarcasse sulla nave e lei aveva promesso. Aveva giurato che non avrebbe mai disobbedito a Dalia e che sarebbe stata lontana dai problemi che causava sua sorella. Elydet manteneva sempre le sue promesse, perciò…

La voce di Irmelin che discuteva con qualcuno alle sue spalle la distrasse dai suoi pensieri. Doveva riprendersi sua sorella!

 

 

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Capitolo 5
*** 4. Piccole vittorie ***


-Selyan-

 

Doveva essere solo una presentazione, una cosa da nulla. Doveva lasciare Keira al centro dell'attenzione e non farsi notare e invece era riuscita ad attirare le attenzioni su di sé.

Maledizione!

E Keira avrebbe sicuramente combinato qualche disastro.

Era certa che quella ragazza avesse qualche capacità, ma la sua ambizione la spingeva più a mettersi in mostra che a pensare quando faceva qualcosa.

In più non riusciva a capire né per quale motivo il re non avesse permesso al comandante delle guardie di andare via, né perché lui avesse obbedito a tale ordine senza lasciare le spade.

Aveva davvero paura che potessero attaccarlo?

Il sovrano si fermò davanti a una porta e subito ne uscì quello che aveva tutta l’aria di essere un guaritore di mezza età, con la mano al petto e la schiena piegata in un inchino al re

<< Non ci sono cambiamenti, Altezza. Non so per quanto resisteranno >>

Il re annuì e si rivolse a Dalia minaccioso << Voglio solo un parere sulle loro condizioni. Ricordatevelo >>

La stanza era grande e illuminata da un'ampia finestra e i raggi del sole si posavano su un letto dove era sdraiata una donna profondamente addormentata. Aveva i capelli ingrigiti dal tempo, ma il viso non era quello di una persona anziana. Doveva avere quasi cinquant’anni o poco più.

Il re non aveva anticipato niente delle sue condizioni, sapeva solo che il suo sonno non era una cosa normale.

Eppure lei non sembrava disidratata e non aveva segni evidenti di una persona che dorme da troppo tempo.

<< Da quanto- >>

<< Stai zitta e torna al tuo posto >> la interruppe Dalia imperiosa << Non voglio che la tua goffaggine arrechi danni a questa povera donna. Keira, cara, dimostra cosa siamo in grado di fare a queste persone>>

Queste persone?

Selyan non fu sorpresa di vedere il comandante delle guardie storcere la bocca disgustato. Quella donna non aveva ancora capito che il mondo era diverso dalla loro piccola isola e che non tutti erano ai suoi piedi.

<< Ricordati i miei avvertimenti, donna>> le avvertì di nuovo il re

Keira attivò la sua pietra, la sua mano si circondò di un debole alone di luce rossastra e, appena sfiorò la donna, cominciò a urlare  spaventata

<< Cos’è successo? >> chiese Dalia in preda al panico << Selyan, guariscila! >>

 

Una bruciatura sulla punta di un dito. Era per quello che urlava come una a cui era appena stata tagliata una mano?

Lei sapeva già che guarirla le avrebbe causato una lite furibonda con Irmelin, ma obbedì a Dalia. Staccare un dito alla stupida oca al cospetto del re non era una grande idea se volevano restare.

<< Perché non lo hai fatto tu e hai chiamato lei per guarirla? >> chiese il re a Dalia

<< Avete detto voi che devono imparare loro e non io. Era solo un modo per darvi un'ulteriore dimostrazione del potere delle mie ragazze >>

Altra bugia degna di essere raccontata alla sua amica. Dalia non era capace di curare le ferite senza lasciare cicatrici e non ne avrebbe mai lasciate sulla sua adorata nipote. Neanche una stupida chiazza scura sulla punta di un dito.

Keira si asciugò il viso con una smorfia stizzita << Provaci tu >>

<< Da quanto è così ? >>

<< Cinque giorni >>

Le sfiorò una mano. Non era fredda e non era rigida. Sembrava solo addormentata.

Un grande bracciale dorato al suo polso attirò la sua attenzione. Non sembrava un comune gingillo. Era troppo grande e troppo lavorato. Senza contare che il re ne aveva uno identico.

<< Quello non è un comune bracciale, vero? >>

Il re sembrò esitare a risponderle e l’uomo alle sue spalle si intromise per la prima volta nei loro discorsi  << Non  sei qui per fare domande >>

Scortese, sgarbato e con una copia esatta di quel bracciale al polso. Non lo aveva notato prima. L’unica cosa di cui era certa in quel momento era che, se fossero rimaste in quel regno, Irmelin avrebbe avuto pane per i suoi denti con lui.

Comunque, lei non era lì per mettersi in mostra e per fare domande, tanto valeva che attivasse il suo potere. Lasciò che il potere della sua pietra le inondasse le vene e toccò di nuovo la mano della sconosciuta serva del re.

Il suo mondo divenne buio per un breve istante, poi riuscì a mettere a fuoco i poteri inutilizzati e invisibili intorno a lei. C’era il tenue alone evanescente e rossastro di Keira, più simile a quello di una bambina che di una sacerdotessa della sua età, il buio della Somma Sacerdotessa che, come tale, aveva la protezione della Dea sul suo potere ma che, a detta di Irmelin, aveva così poco potere da risultare invisibile, e due abbaglianti aloni dorati alle sue spalle. Evidentemente dovevano essere il re e il suo antipatico compare.

Il comandante delle guardie non aveva altro potere che quello della sua spada a quanto pareva e la donna sul letto era una questione complicata.

La sua luce non era dorata come quella del re. Neanche lontanamente. L’intensità era quella del potere di Keira e il colore era uno strano rosa mai visto prima.

Selyan ripensò velocemente a quello che aveva imparato negli anni riguardo a quella capacità che aveva tenuto nascosta a Dalia fino a quel momento ma che in realtà aveva sempre avuto.

La terra appariva marrone scuro, il vento era grigio, il fuoco rosso intenso, l’acqua azzurra, il potere delle piante verde… aveva visto diversi colori in vita sua, ma quello mai.

Certo, anche l’oro del re era nuovo per lei, ma se il re era dorato e il suo scorbutico aiutante con lo stesso bracciale aveva lo stesso colore, tutto lasciava pensare che anche quella donna dovesse avere un potere dorato. Che senso aveva quello stupido rosa scuro e sbiadito?

Non lottava neanche contro di lei. Avrebbe potuto ucciderla senza sforzo se avesse voluto.

Selyan abbandonò quel tipo di visione, tornò al mondo reale e si strofinò la fronte per la confusione. Doveva trovare il modo di capirci qualcosa se voleva restare in quel regno!

<< Mi dispiace, altezza >> si intromise Dalia << Selyan è solo una sacerdotessa alle prime armi e io non dispongo del mio pieno potere al momento perché ho forzato le correnti che spingevano la nostra nave per troppo tempo. Appena mi sarò ripresa potrò aiutare questa donna con il potere della Dea >>

Il re non rispose, doveva aver capito che Dalia stava solo cercando di guadagnare tempo in quella terra.

Lei però capì qualcosa di diverso in quel momento. Non osava crederci, non osava neanche pensarlo eppure… Il viola era il potere della pietra del tempio dell’isola. Un viola intenso come quello delle pietre d’ametista più scure. Era il potere della Dea concesso solo alle somme sacerdotesse nel rito più importante della loro religione. Cosa succedeva se un viola del genere veniva sovrapposto a un oro come quello della corte di quel posto?

Era una blasfemia, ma dopo quello che aveva visto succedere alla loro isola, Selyan non credeva più che ci fosse un limite alle crudeltà o alle assurdità

<< Sembra che qualcuno o qualcosa la tenga prigioniera del suo sonno. È possibile? >> chiese al re senza neanche fissare a terra. Non le importava un accidenti del decoro visto quello che stava pensando.

Lui sembrò scettico << I miei più esperti sacerdoti non hanno trovato nessuna costrizione da parte di altri >>

Non poteva mettersi a parlare con lui dei colori, l’avrebbe presa per pazza e Dalia non le avrebbe permesso di rivedere la luce del sole se avesse capito da quanto tempo la imbrogliava nascondendole quel dono. Glielo aveva appena sbattuto in faccia, certo, ma era certa che la Somma Idiota avesse solo pensato che stava perdendo tempo.

Il viola era il potere del tempio. Questa era una cosa certa.

A meno che non esistesse qualcosa o qualcuno con lo stesso colore in giro per il mondo.

Non sapeva neanche che esistesse l’oro finchè non lo aveva visto nel re di quel posto, perché escludere l’esistenza di un altro popolo da qualche sperduta parte che avesse ricevuto in dono dalla Dea lo stesso potere? Era possibile…

Ed era possibile che questo qualcuno non avesse niente a che fare con Dalia.

Se era così poteva permettersi di aiutare il re.

Selyan sospirò confusa. Aiutare quella donna voleva dire dare una buona possibilità alle sue sorelle di trovare una casa in quel regno e allo stesso tempo poteva essere la sua condanna.

Lei non era importante. Le sue sorelle sì.

La sua vita non valeva quanto una possibilità in più per una loro vita decente in quel posto.

 

<< Non voglio apparire presuntuosa, ma credo di poterla aiutare >> dichiarò decisa.

<< Credi? >> chiese il re scettico.

<< Sono sicura di poter fare qualcosa >> si corresse.

 << Non posso permetterlo >>

Poteva capire la sua posizione. Chi mai avrebbe lasciato un membro della corte reale in mano a una sconosciuta che non appariva neanche troppo sicura di quello che faceva? Lei, al posto suo, non avrebbe lasciato una sua collaboratrice neanche nelle mani della più decisa e sicura straniera in circolazione. Non avrebbe lasciato proprio nessuno nelle mani di nessuno, vista la scarsa fiducia che aveva sempre avuto nel prossimo, ma quel re doveva essere diverso da lei e doveva fidarsi di lei. Doveva trovare il modo di convincerlo. Per cosa lei avrebbe acconsentito a lasciar avvicinare una sconosciuta?  

<< Neanche se io vi dessi la mia parola che, qualunque cosa dovesse accadere, le sue condizioni rimarrebbero immutate? >> azzardò.

<< Come faccio a fidarmi della tua parola? >>

Non era uno stupido e lei aveva esaurito le sue idee. Keira e Dalia non sembravano avere intenzione di intervenire. Poté solo allargare le braccia in segno di resa e scuotere la testa

<< Capisco la vostra posizione e non posso darvi torto. Non ho modo di convincervi a fidarvi di me, maestà >>

Vide il re alzare lo sguardo verso i suoi accompagnatori e poi sentì arrivare la possibilità che credeva di aver perso, anche se sotto una forma inaspettatamente minacciosa

<< Se peggiorerai le sue condizioni, tu e tutte le tue compagne sarete giustiziate >>

<< Selyan, non te lo permetto! >> irruppe la Somma Sacerdotessa.

<< Ma, Potente Madre, questa donna sta rischiando- >>

<< Non mi importa. Non puoi metterci tutte in pericolo, sei troppo sbadata per un compito del genere, la uccideresti per sbaglio >>

<< Non è vero! >> protestò offesa.

<< Non contraddirmi! >> la sgridò Dalia.

Agli inferi la decenza, l’educazione e anche la paura delle conseguenze del suo gesto!

Quella donna poteva essere salvata e stava morendo perché il re non aveva coraggio di tentare.

Selyan non aveva intenzione di arrendersi.

Dopo la guerra che aveva appena vissuto, dopo tutte le morti che pesavano sulla sua coscienza, poteva finalmente avere la possibilità di salvare una vita, dopo tante disgrazie poteva fare qualcosa di buono e, dannazione, l’avrebbe fatto!

Non aveva certo paura di insistere con il re di quel posto

 Vostra Maestà, questa donna può essere salvata. Vi prego non impeditemelo >>

Fu il soldato a porle una domanda questa volta  << Perché ti stai dando tanta pena per una sconosciuta, ragazza? >>

La spiazzò. In quel regno la vita delle persone contava così poco che chiunque poteva stare tranquillamente con le mani in mano a guardare morire qualcun altro senza rimorsi? In che razza di regno stava cercando di far ospitare le sue sorelle?

<< Vi prego, perdonate la mia sfacciataggine, ma non mi sembra una domanda sensata. È una vita, è una persona, avrà una famiglia, delle persone che le vogliono bene e aspettano il suo risveglio. Dovrei lasciar perdere solo perché non la conosco? Sarei un mostro. Morirà tra pochi giorni se nessuno riuscirà ad aiutarla >>

Prima che Dalia o qualcun altro potesse intromettersi di nuovo, si rivolse al re direttamente << Posso farcela >> gli assicurò con tutta la convinzione di cui era capace.

Selyan pregava ardentemente che quell’uomo capisse che poteva salvarla.

Aveva bisogno di salvare quella donna. Voleva sapere che, da qualche parte, qualcuno avrebbe gioito del suo ritorno, che qualcuno non avrebbe dovuto soffrire quel dolore che lei ancora non riusciva a sopportare.

Dalia e Keira la fulminarono con lo sguardo, ma non osarono fermarla. Avrebbero solo decretato il loro esilio ritirando la parola che lei aveva dato al re e, all’improvviso, arrivò la parola che credeva di non sentire mai

<< Fallo >>

Istintivamente sorrise e ringraziò il sovrano, poi si voltò verso la donna e la avvolse in un alone di luce azzurra, troppo grande per tranquillizzare Dalia e Keira, ma necessario per quello che doveva fare. Che la torturassero pure, non avrebbe perso quell'occasione.

Doveva solo essere più forte di chiunque stesse imprigionando quella donna.

Non era impossibile. Non per lei.

Dalia l’avrebbe impiccata, forse o le sue compagne l’avrebbero lapidata.

Pazienza. Quella donna sarebbe tornata a casa.

La costrizione non lottava neanche contro di lei. Era solo uno stupido sortilegio lasciato lì perché si nutrisse delle forze vitali della sua vittima per mantenersi attivo. Per questo non si svegliava: le sue forze non le appartenevano più.

Non fu difficile mantenere la parola che aveva dato al re. Faticoso, forse, ma non difficile.

Doveva solo sperare di non aver creato sbalzi di potere tali da renderla stupida a vita.

*Dea, non puoi farmi anche questo!*

<< Potete provare a svegliarla? >> chiese << Non conosco il suo nome >>

Capì che il sovrano doveva tenere molto a quella donna perché si fece avanti lui stesso e la scosse leggermente per le spalle << Ismene? Riesci a sentirmi? >>

Selyan vide lo stupore del re mentre la donna apriva lentamente gli occhi.

Ce l'aveva fatta. Avrebbe pagato caro il suo gesto, ma non le importava.

Nessuno avrebbe potuto toglierle in nessun modo la soddisfazione di aver salvato qualcuno

<< Selyan? >>

<< Sì, Altezza >>

Si accorse solo in quel momento di avere il fiatone. Non aveva più pensato alla lotta con le spade. Anche Irmelin e sua sorella l'avrebbero sgridata pesantemente al suo ritorno.

<< Puoi controllare un'altra persona? >>

 

***************************************************************************************

-Tarìc-

 

Ismene si era ripresa.

Quella ragazza sconosciuta era riuscita dove tutti i suoi migliori guaritori avevano fallito.

Poteva davvero accettare nel suo regno delle persone tanto forti?

Non sapeva niente di loro, neanche il nome del posto da cui venivano e non aveva modo di essere totalmente certo della loro onestà. E se si fossero rivoltate contro di loro?

Probabilmente il suo regno sarebbe stato più sicuro se le avesse mandate via, ma la risposta che quella ragazza aveva dato a Tanet lo aveva stupito.

Se avevano così a cuore la vita degli altri, forse non avevano intenzione di mettere su una rivolta. Purtroppo non le conosceva e non poteva sapere se tutte le altre avrebbero risposto nello stesso modo alla domanda di Tanet.

Erano troppo potenti perché lui potesse prendere una decisione con semplicità.

Però Ismene era salva e aveva dato segno di riconoscerlo, sebbene fosse allo stremo delle forze per i lunghi giorni passati prigioniera del sortilegio che l'aveva colpita.

Doveva sentirsi in debito con quelle persone?

Il re aveva l'obbligo di ospitalità verso i viandanti che gli chiedevano ristoro, ma, come prima cosa, aveva il dovere di dare tutto quello che poteva al suo popolo, in particolar modo ai suoi servitori, e quella ragazza era la sua unica speranza di ridare la salute a suo zio al momento.

La sua coscienza gli diceva che era una cosa orribile chiederle di guarire anche lui e poi obbligarle a lasciare il regno e lui voleva salvare il vecchio Aaren, ma non poteva mettere in pericolo la sua gente più di quanto non avesse già fatto il terremoto.

Si ritrovò a pensare che lui era il re e poteva chiedere qualunque cosa senza dover per forza dare qualcosa in cambio, perciò se avesse voluto, avrebbe potuto pretendere la guarigione di suo zio e la partenza delle straniere.

Sospirò. Ma il Dio Onnipotente, Padre della misericordia, sarebbe stato d'accordo?

E la sua coscienza?  Forse no.

Guardò Neithel. Anche lui sembrava immerso nei suoi pensieri.

Era sempre stato il più fedele dei suoi servitori e anche un buon amico. Se aveva anche solo una speranza di guarire suo padre, doveva sfruttarla.

<< Selyan? >>

<< Sì, Altezza? >>

Aveva il respiro leggermente affannato, ma la risposta era stata immediata come immediata era stata la sua cattiva abitudine di guardarlo negli occhi mentre le parlava.

Le donne del suo popolo non avrebbero mai avuto una tale sfrontatezza e, se avesse dato loro il permesso di restare, avrebbe dovuto assicurarsi che venissero educate come si conveniva nel suo regno. Per ora, però, la loro sfacciataggine era quasi una fortuna.

Lui era sempre stato abile con le menzogne raccontate a testa bassa e quelle straniere gli rendevano molto più facile capire cosa pensavano in quel modo.

<< Puoi controllare un'altra persona? >>

Tarìc vide il suo viso passare dalla felice soddisfazione allo sconforto subito nascosto dalla compostezza che una sacerdotessa non dovrebbe mai perdere.

 Non poteva permettere ad una persona così incerta di curare suo zio, e in seguito avrebbe dovuto scusarsi anche con Ismene per averla lasciata nelle mani di una ragazza così insicura

<< Vostra Altezza, posso assicurarvi che farò il possibile per aiutarvi. Ve lo giuro su tutto quello che ho di più caro >>

<< Adesso basta! >> si intromise urlando la donna che le comandava << State sfruttando le mie ragazze! Non era negli accordi che le mie sacerdotesse curassero i vostri feriti. Le state portando allo stremo delle forze per il vostro piacere, Maestà! >>

<< Bada a come parli, donna. Il mio non era un ordine >>

Aveva pensato che la ragazza fosse maleducata a guardarlo in viso, ma, se la donna che le aveva istruite era così irrispettosa, come potevano le sue ragazze essere educate?

Tarìc era in dubbio di nuovo.

Aveva trovato il modo di salvare suo zio e rischiava di farselo sfuggire dalle mani.

Si sorprese a stringere i pugni e si rilassò immediatamente per riprendere il controllo di sé. Quella giornata lo stava mettendo veramente alla prova. Tra decisioni inaspettate, la guarigione di Ismene e la maleducazione di quella che doveva essere la guida di un gruppo di indisciplinate e potenti straniere, si stava innervosendo più di quanto lui stesso volesse ammettere.

<< Vi chiedo perdono, Madre >> si intromise la diretta interessata << Posso avere il vostro permesso di aiutare il sovrano della terra a cui stiamo chiedendo ospitalità? >>

Astuta. Messa in quei termini davanti a tutti, era difficile che la donna le negasse il permesso.

Se uno dei suoi funzionari avesse fatto una cosa del genere a lui mettendolo in imbarazzo in quel modo, lo avrebbe spedito a spalare letame nelle stalle per il resto della sua vita, probabilmente con la lingua tagliata.

Potenti, indisciplinate e subdole senza rispetto neanche della loro stessa Somma Sacerdotessa.

Nella mente di Tarìc stava prendendo forma un'idea pericolosa: e se quella degli insegnamenti fosse stata davvero solo una scusa male architettata? Forse erano state mandate proprio dalla persona che aveva colpito Ismene e suo zio perché si guadagnassero la sua fiducia e poi attaccassero il palazzo dall’interno. Forse si era messo nei guai.

Poteva rischiare tutto il suo regno per salvare suo zio?

Poteva. Doveva.  Ma pregò Dio perché lo assistesse.

<< Sarai punita per questo, ma hai il mio permesso >> le rispose indispettita la donna.

Invece di dispiacersi la ragazza gli era sembrata addirittura felice.

Ma perché? Perché una sconosciuta doveva avere quella voglia sviscerata di aiutarlo?

E lei, nell'attimo stesso in cui aveva ricevuto il permesso, aveva alzato gli occhi raggianti di felicità verso di lui. Un oltraggio vero e proprio. Una sconosciuta che voleva condividere con lui la sua felicità in quel modo. Vergognoso, certo, ma ancora una volta, si trovò ad ammettere che quella sua maledetta abitudine gli aveva semplificato le cose.

Era il sorriso di qualcuno sinceramente felice di aiutarlo, non di un'opportunista che aveva raggiunto i suoi scopi.

Tarìc pregò di nuovo gli Dei e la condusse nelle stanze di suo zio.

<< Ragazza >> odiava dimenticare i nomi, ma aveva troppi pensieri per la testa.

<< Sì, Maestà >>

<< Voglio che tu valuti la situazione di quest'uomo e poi mi riferisca, con tutta la sincerità di cui sei capace, quello che pensi. Non mentire e non nascondere la verità perché me ne accorgerei. Non voglio che tu faccia niente. Se farai qualunque cosa, finirai sulla forca insieme a tutte le tue compagne, che tu l'abbia ucciso o che tu l'abbia salvato. Voglio solo che tu controlli le sue condizioni e me le riferisca, sono stato chiaro? >>

La vide irrigidirsi a quella precisazione da parte sua << Sì, Vostra Altezza >>

Almeno avevano timore delle autorità. O solo delle minacce di morte?

Sapeva solo che non poteva permettere che succedesse qualcosa a suo zio.

Lei alzò una mano malferma e poi la ritrasse << Posso? >>

Annuì e l'alone azzurro che prima aveva avvolto Ismene avvolse suo zio continuando a farlo per quella che a lui sembrava un eternità.

Cosa diamine stava facendo? Aveva cercato di spaventarla minacciando di morte tutto il suo ordine, ma ucciderle non gli avrebbe ridato indietro suo zio in caso di disgrazia.

E avrebbe perso anche il coraggio di guardare in faccia suo cugino per il resto della vita.

Per grazia di Dio, vide la luce diminuire la sua intensità fino a fermarsi, ma la ragazza non parlava

<< Selyan? >>

Avrebbe ringraziato Neithel anche per avergli riportato alla memoria quel nome se l'espressione della sacerdotessa non lo avesse distratto.

Il suo viso era teso in quella che sembrava rabbia  << Mi dispiace, Altezza, non posso farcela, io... Posso liberarlo, quasi sicuramente posso, ma non posso guarirlo >>

<< Perché? >>

Sapeva che suo zio Aaren aveva riportato delle ferite gravi, ma voleva sapere quanto aveva capito quella ragazza toccandolo appena

<< La ferita alla testa... Non ho assolutamente le forze, né le conoscenze necessarie per quella. Se anche lo liberassi non si riprenderebbe >>

Quindi, con il dovuto riposo e le loro istruzioni, quella ragazza sarebbe stata in grado di sanare le ossa rotte? Era una cosa che andava al di là delle sue aspettative, ma non poteva farsi vedere stupito.

<< Quella ferita è stata curata dai miei più capaci guaritori, sapevamo che avrebbe impiegato tempo per guarire >> ammise lui << Quanto tempo credi che possa resistere? >>

Lei non rispose e scosse la testa dispiaciuta.

<< Ti ho fatto una domanda >> le ricordò.

Nessuno gli avrebbe mai negato una risposta, non lo avrebbe lasciato fare neanche ad una ragazza con una parlata a stento comprensibile

<< Che La Potente Dea fulmini me e le mie sorelle se quella che sto per dirvi non sarà la verità: penso che sia un uomo di una forza incredibile o non avrebbe resistito più di un giorno in queste condizioni. Non ho idea di quanto ancora potrà resistere ma, perdonatemi se sono poco delicata nel dirlo, io non credo che riuscirà a passare la notte così >>

Qualcosa di quella risposta lo aveva colpito << Perché hai giurato in quel modo? >> le chiese.

<< Ho solo pensato che quelle che stavo per dirvi potevano essere le parole perfette per chiunque avesse voluto forzarvi la mano per ottenere il permesso di guarire quest'uomo e convincervi che tenerci con voi potrebbe essere un grande vantaggio >>

Tarìc non si aspettava una cosa del genere. Come poteva sapere quello che stava pensando?

<< Chiunque lo avrebbe pensato >> precisò lei, quasi scusandosi della sua affermazione.

Dunque, invece di conoscere i pensieri altrui, la ragazza conosceva le arti del governo?

Ma Tarìc cominciò a pensare che forse stava esagerando e le stava sopravvalutando troppo

<< Non sono così stupido >>

<< Non avevo intenzione di offendervi in questo modo, Altezza, vi chiedo perdono. Non volevo che voi riteneste stupida me >> rispose la ragazza inchinandosi << Se ci fosse un modo per dimostrarvi che sono sincera, lo sfrutterei. Quest'uomo non ha molto tempo, ma non so quantificarlo e le poche forze che mi sono rimaste credo che bastino appena per liberarlo dal sortilegio che gli è stato fatto. Se me lo ordinerete, sarò ben lieta di aiutarvi >>

<< Puoi farlo? >> le chiese Tarìc.

<< Credo di sì. Ma non si riprenderà >> lo avvertì di nuovo.

Non aveva bisogno che quella straniera gli ripetesse di continuo le cose. Credeva di aver a che fare con uno stupido?

Cercò di mantenere la calma e rispondere in modo austero << La ferita sarà tenuta sotto controllo dai migliori guaritori del regno, ma credo non è abbastanza >>

<< Nel caso in cui non dovessi portare a termine il lavoro, a lui non succederà niente. Le sue condizioni non peggioreranno e qualcun'altra delle mie compagne sarà sicuramente in grado di aiutarlo. Probabilmente, non appena avrà ripreso le forze, la stessa Keira potrà farlo >> disse la ragazza.

<< Non prendere impegni per le altre! >> si intromise di nuovo la vecchia.

Questa volta Tarìc la ignorò.

<< Altezza, vi prometto che questa ragazza sarà punita per la sua maleducazione >>

Sembrava che quella donna volesse ricordargli per forza, in ogni momento, la sua presenza.

Cominciava seriamente ad odiarla.

<< Silenzio! >> impose.

Cosa doveva fare? La ragazza gli era sembrata sincera. Non gli sembrava una persona capace di imbrogli tanto elaborati.

Ma perché sembrava così diversa dalla donna a cui aveva sicuramente giurato obbedienza? C'erano molte cose che non capiva.

<< Cosa succederà se le tue forze non saranno sufficienti? >> domandò Tarìc.

<< A lui non accadrà nulla, ve lo posso assicurare >>

Guardò Neithel, ma lui sembrava ancora perso nelle sue riflessioni. Sapeva che non si era perso una sola parola della loro conversazione.

 Se avesse avuto qualcosa in contrario, lo avrebbe detto. Lo conosceva bene.

Lei sembrava riflettere. La vide alzare lo sguardo sulle altre due donne della sua terra che però non la guardarono neanche. La vide guardare di nuovo suo zio e poi lui prima di distogliere in fretta lo sguardo. Era già un inizio.

E invece lo guardò di nuovo.

<< Posso farcela, Vostra Altezza >> gli ripeté convinta.

Tarìc decise che avrebbe sfruttato quella sua abitudine a suo favore  << Non puoi permetterti errori >> le ricordò.

Lei annuì.

<< Neithel? >> non poteva ordinarlo senza il suo consenso, ma non poteva chiederlo esplicitamente o avrebbe dato l'impressione a quelle straniere di non essere in grado di decidere da solo.

<< E se si facesse del male per costringerti a tenere le altre? >> la domanda di suo cugino era sembrata quasi un'accusa, ma Tarìc si aspettava un comportamento del genere da lui.

Per questo aveva richiesto il suo parere senza staccare gli occhi dalla ragazza accanto al letto di suo zio. La sua reazione a quella domanda lo convinse a lasciarla fare.

Probabilmente aveva dato dello stupido a suo cugino col pensiero.

<< Fallo >> le ordinò.

La luce azzurra fece di nuovo la sua comparsa.

Se davvero avesse deciso di concedere a quelle ragazze la possibilità di restare, avrebbe avuto molto da fare con loro.

La mano della ragazza tremava leggermente. Non era stato così con Ismene. Probabilmente era stanca. Se non fosse riuscita a risolvere il problema, Tarìc avrebbe dovuto aspettare che si riprendesse e pregare che suo zio avesse il tempo necessario per aspettarla.

O forse c'erano davvero altre nel loro gruppo con quella capacità.

Avrebbe potuto costringere la Somma Sacerdotessa.

Se comandava non poteva avere meno potere delle sue ragazze, ma qualcosa di quella donna non lo convinceva. Era solo una sensazione, ma non avrebbe mai lasciato suo zio nelle mani di quella donna.

Decise di ingannare l'attesa cercando di capire qualcosa di più di quella situazione << Cosa succede se la ragazza finisce le forze? >> chiese alle altre.

<< Selyan si ritroverà al cospetto della Dea >> rispose Dalia.

Tarìc rimase sbalordito dalla sua freddezza  << Voi non potete fare niente per aiutarla? >> chiese alle due.

La risposta arrivò da Keira questa volta << Non avere rispetto dei limiti che la Dea ci impone vuol dire non avere rispetto di Lei. Aiutare Selyan vorrebbe dire tradire la Dea, maestà. Fermarla prima che rischiasse così tanto era tutto quello che mia zia poteva fare per aiutarla >>

E la Somma Sacerdotessa, al vedersi offrire la possibilità di apparire virtuosa e innocente quando, Tarìc era certo, i suoi intenti non erano quelli << Ha ragione! Sta spremendo le mie ragazze! Presentazioni, duelli e sacerdoti da guarire... avevamo chiesto solo il vostro aiuto e voi ci avete prese per schiave! >> gli urlò senza pudore.

Fu la prima volta da quando erano in quella stanza che sentì Tanet parlare  << Badate a come parlate al Re! Se venite a chiedere aiuto, il minimo che potete fare è mostrarvi educata >>

Chiaro, minaccioso, arrabbiato come non mai, ma comunque rispettoso verso le alte cariche.

Tarìc sapeva che Tanet non sopportava quella donna. Lo vedeva da come non la perdeva di vista un solo istante.

La luce azzurra era ancora lì, non era cambiata, ma la mano della ragazza adesso tremava molto di più e, sul suo viso, il re poteva vedere l'enorme sforzo che stava facendo per salvare suo zio.

Si ritrovò seriamente a pensare di fermarla, ma vide Neithel avvicinarsi.

Al minimo segnale di cedimento sarebbe intervenuto lui.

Pochi istanti dopo, la luce si spense del tutto e Selyan si spostò ansimante pronunciando una parola incomprensibile in quella che doveva essere la sua lingua. Probabilmente un’imprecazione, data la loro maleducazione.

<< Tutto bene? >> le chiese Dalia posandole una mano sulla spalla.

Lei annuì e un attimo era a terra priva di sensi.

Tutta la rabbia che Tarìc aveva represso per il loro comportamento inappropriato e la loro irruenza, ebbe la meglio su di lui << Come ti sei permessa!? >>urlò in tono minaccioso contro Dalia.

<< Sapeva che non ero d’accordo con quello che stava facendo. Non vi serviva più e non avevo intenzione di sopportare oltre la sua arroganza. Si riprenderà >>

La donna non sembrava affatto dispiaciuta di quello che aveva fatto, anzi, credeva di convincerlo che aveva fatto la cosa giusta, ma lui ormai aveva perso la pazienza e quelle parole non fecero che peggiorare la situazione.

<< Non mi interessano le tue motivazioni. Qui siamo nella mia terra con le mie leggi e tu non hai alcun diritto di impedirmi di parlare con qualcuno. Sono stato abbastanza chiaro?>>

Dalia alle parole del re assunse un aria offesa. Dalla sua bassa statura gonfiò il petto, gettò indietro la lunga treccia di capelli bianchi che aveva su una spalla e puntò un dito contro il suo petto urlando << Giovanotto- >>

Ma non ebbe neanche il tempo di pensare la parola successiva che Tanet era già intervenuto inchiodandola al muro con una spada puntata alla gola << Non ti permettere mai più di avvicinarti al re! Appena ti ho vista ho capito che avevi un comportamento sbagliato nei suoi riguardi. Ho lasciato perdere le risposte poco garbate, ma non devi permetterti per nessun motivo di toccarlo! Mi hai capito? >>

Dalia pigolò un lieve  << Ma... >> e Tarìc vide i muscoli del braccio di Tanet tendersi in modo allarmante, probabilmente nello sforzo di trattenersi dallo sgozzarla << Fa' silenzio! Se sei ancora viva devi ringraziare solo il nostro Dio che ha stabilito che l'ospite è sacro o ti avrei già ucciso >>

<< Lasciala andare, Tanet. Sono certo che abbia capito >>

Il suo comandante obbedì infoderando la spada e si allontanò << Voglio che tu sappia una cosa, donna: se il re chiederà il Consiglio di Corte per decidere cosa fare di voi, io sarò presente, e farò di tutto per non farti restare. Non mi piaci tu, non mi piacciono i tuoi modi e non mi piace come ti rivolgi al re. E adesso, vedi di comportarti come si deve >>

Tanet era stato sufficientemente chiaro perché lui non avesse altro da aggiungere se non il suo ordine successivo

<< Tanet : Olen non è ancora rientrato ma non credo che avrà dei problemi ad ospitare la ragazza che ha salvato sua moglie, falla portare nelle sue stanze. Per stanotte si ferma qui dal momento che non ho intenzione di mandare nessuno dei miei uomini sulla loro nave >>

<< Sì, mio Re >> rispose inchinandosi.

<< Quanto a voi >> riprese voltandosi verso le due straniere  << non voglio vedervi qui prima dell’alba. In quel momento sarete rese partecipi della mia decisione >>

Quando le due uscirono alla stanza il re si sedette e Tanet prese in braccio la ragazza borbottando. Il comandante non avrebbe certo sprecato l’occasione di farsi grande con lei al suo risveglio. Era un inguaribile donnaiolo, non c’era niente che il re potesse dire per fermarlo e non ne aveva neanche voglia. Se ci teneva a portarla, che lo facesse

<< Comunque i modi di quella donna non mi piacciono >> aggiunse di nuovo prima di sparire dalla stanza

Il re sospirò << Non ha tutti i torti. Potrebbero diventare un problema >>

<< Se diventassero un problema, potresti sempre sbatterle fuori dal regno o farle rinchiudere nella più buia delle prigioni. L’ospite è sacro solo finchè non arreca danno o offese al padrone di casa. Neanche Dio potrebbe arrabbiarsi con te se rinchiudessi la vecchia dopo il modo in cui ti ha trattato oggi >> lo informò Neithel.

Lui annuì e lo congedò.

Sapere che Ismene stava bene e che Aaren sarebbe guarito lo aveva tranquillizzato non poco, ma non voleva che la gratitudine per quello che aveva fatto quella ragazza lo spingesse davvero ad accettarle affrettatamente. Per quello si era preso il resto del giorno e l’intera notte per pensarci.

Dio le aveva mandate nel suo regno e lui non era nessuno per disdegnare i doni di Dio Onnipotente. Quelle ragazze potevano essere il dono di Dio per sanare il suo regno distrutto o un’ulteriore prova per lui e per la sua gente.

Non poteva saperlo. Poteva solo prendersi una pausa da suoi impegni giornalieri, dirigersi al tempio del Dio Padre della Ragione e pregarlo affinché gli concedesse la Grazia dei giusti ragionamenti o, in alternativa, un segnale inequivocabile che lo aiutasse a fare il bene del suo regno e della sua gente.

 

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-Irmelin-

 

Seduta su un letto che profumava di fiori e pulito come non le capitava da anni, Irmelin si guardava intorno osservando la stanza immensa che era stata preparata per loro dai servi di quel palazzo. Una serva le aveva detto che se avessero avuto bisogno di cibo, non avrebbero dovuto fare altro che chiederlo e un’altra aveva insistito perché accettassero delle tuniche pulite per dormire. Gli ultimi anni di guerre, carestie e viaggi in nave, le avevano fatto dimenticare cosa fossero l’ospitalità e il benessere.

Si sentiva quasi a disagio in quella stanza così grande dedicata solo a loro. A disagio ma felice.

Tutte le sacerdotesse del loro ordine erano tornate alla nave, lei e Elydet non avevano avuto la minima intenzione di lasciare Selyan da sola e avevano trovato il modo di farle compagnia.

Sorrise da sola alla fioca luce della candela. Loro erano sempre quelle che sfuggivano al controllo di Dalia.

Era bastato che la Somma Stupida e sua nipote varcassero da sole le grandi porte perché lei cominciasse a urlare contro di loro facendo accorrere le guardie reali.

<< Io devo sapere come sta Selyan, non mi potete fermare! >> aveva urlato Irmelin, infischiandosene del fatto che si stava rivolgendo ad un soldato del re.

<< Il re ha ordinato di rimandarvi alla vostra nave >> le aveva risposto l'uomo in un tono così fermo e minaccioso che avrebbe intimorito anche un fuorilegge, ma che non era servito a niente né contro di lei, né contro Elydet che si era intromessa urlando << A me non interessa! Mia sorella è nel vostro palazzo e io devo sapere come sta! Non mi importa se il re non è d'accordo, io devo entrare! Chiaro?! >>

Poi aveva perso il senso degli eventi, ricordava solo che qualcuno la teneva per le braccia e che il re in persona era davanti a lei ad ordinare che la lasciassero entrare insieme a Elydet. Irmelin  andava fiera di quello che aveva ottenuto. Soprattutto del morbido letto sotto di lei.

Elydet aveva farfugliato qualcosa sull'andare a cercare il re per sapere cosa avesse deciso, ed era sparita. Lei non si sarebbe mossa da lì per tutto l’oro del mondo.

Le avevano detto che la sua amica aveva guarito due importanti funzionari della corte reale e che per colpa della tiranna di Dalia dopo aveva perso i sensi.

A lei era bastato mettere piede in quella stanza e vederla dormire completamente arrotolata nelle coperte per capire quale fosse il suo problema.

Selyan era arrivata allo stremo delle forze per l'ennesima volta e alla fine era crollata.

<< Perché la Dea non mi ha voluta, Irmelin? Cosa posso aver fatto per offenderla così tanto da non volermi portare via? >>

La domanda che Selyan le aveva fatto uno dei tanti giorni di viaggio le rimbombava nella testa ogni volta che la vedeva stare male e le faceva venire i brividi addosso.

Si era arrabbiata per quella domanda. Le aveva urlato contro per ore e non le aveva rivolto la parola fino alla mattina successiva, ma Selyan non aveva reagito neanche alla sua rabbia. Era rimasta a guardare il mare tutto il giorno, non si era presentata a cena e, per quanto Irmelin fosse rimasta sveglia ad ascoltare il suo respiro, non l'aveva mai sentita dormire quella notte.

La mattina seguente l’aveva vista buttarsi a capofitto nei libri e negli esercizi con la pietra e, al vederla così, aveva pensato che avesse finalmente trovato il modo di reagire e che lo studio fosse diventato la sua nuova ragione di vita. Poi si era resa conto di aver sbagliato.

Elydet era sempre stata fermamente convinta del fatto che Selyan volesse migliorarsi a tutti i costi per il suo egocentrismo, Irmelin aveva sempre avuto paura di ammettere che la sua amica stava cercando di suicidarsi violando la prima regola delle sacerdotesse arrivando a superare i limiti concessi dalla Dea.

Quel pomeriggio, per colpa dei sommi stranieri, ci aveva provato di nuovo.

Sospirò e prese a rigirarsi la sua pietra tra le mani.

Erano successe così tante cose prima della loro partenza che  neanche i lunghi mesi di viaggio erano bastati ad allontanarle dai ricordi.

Lei stessa si obbligava a pensare ad altro, a buttarsi nelle sue giornate lasciando fuori il resto. Però era difficile. A volte, quasi impossibile.

Odiava Selyan quando si rendeva conto che non voleva andare avanti, ma capiva che non poteva riuscirci. Non ancora.

Forse, solo quella Dea che pregavano ogni giorno poteva sapere cosa avrebbe dovuto fare per aiutare la sua amica, ma non era sicura neanche di questo.

Se la Dea aveva tra le sue beate mani una soluzione per aiutarle dopo quello che avevano passato e non voleva offrirla né a lei, né Selyan, né a Elydet, che razza di Dea era?

Perché si accaniva tanto contro le sue stesse sacerdotesse?

Era stanca di quella Dea, era stanca di quell'ordine ed era stanca di non poter vivere una vita tranquilla.

Avrebbe tanto voluto tornare dai suoi genitori, sempre che fossero ancora vivi.

Odiava non sapere cosa era successo dopo la loro partenza.

Quando Selyan si era buttata nei libri sulla nave, per un breve periodo aveva cercato di fare lo stesso per imparare a evocare le visioni dei posti lontani. Voleva vedere casa sua.

Non era mai riuscita ad evocare nulla. Sapeva che da sola non sapeva gestire il suo potere, aveva sempre avuto bisogno di Selyan per imparare qualcosa e lei, in quei giorni era la persona meno adatta a sentir nominare la loro terra.

Elydet aveva provato un giorno a chiederle di cercare una visione di sua madre in uno specchio d'acqua. Avevano litigato di brutto dopo il rifiuto di Selyan e quella notte Irmelin aveva sentito la sua amica piangere per ore.

Quello tra Selyan ed Elydet era un rapporto strano almeno quanto era strano il loro modo di essere sorelle. Erano entrambe figlie del generale dell'esercito, ma non avevano avuto la stessa madre. Elydet era cresciuta da nobile con sua madre, frequentando il palazzo reale e le alte cariche della loro gente, Selyan era stata adottata da una famiglia di contadini e non aveva lasciato i campi se non per entrare al tempio. Erano profondamente diverse. La piccola era sempre stata composta, educata e  pensava da nobile, Selyan era cresciuta con lei giocando nei prati.

Irmelin scosse la testa. Doveva lasciare subito quei ricordi, non poteva permetterseli.

Quello che doveva tenere a mente ora era che Selyan aveva costantemente bisogno di essere controllata e Elydet non sembrava riuscirci.

Forse era ancora troppo piccola per capire sua sorella o forse non aveva vissuto tutto quello che avevano vissuto loro.

Lei aveva solo voglia di ricominciare e quel paese devastato doveva essere la sua nuova possibilità.

Quando aveva visto il panorama dall’alto della collina, aveva sentito il mondo crollarle addosso. Aveva pensato che un re con un regno in quella situazione e un po' di cervello in zucca non avrebbe mai accettato una come Dalia.

In quel momento, però, in quel palazzo e senza nessuna preoccupazione, Irmelin vide le cose da un’altra prospettiva: il regno a pezzi  a prima vista non aveva più niente da offrire, eppure Elydet si era già presa la prima cotta, assurda perché si era innamorata del re in persona, ma forte al punto di farla girare per il castello senza una meta in piena notte sperando di incontrarlo e lei si era appena sentita dire che poteva permettersi tutto il lusso che voleva.

Forse la disgrazia che li aveva colpiti non li aveva resi poveri né messi nei guai.

E poi anche Selyan era distrutta, se c'era speranza per la sua amica, allora poteva averne anche per quel regno.

Senza contare la strana sensazione che sentiva dentro di lei da quando era entrata in quella stanza.

Era la stessa sensazione che si aveva quando andava in cerca di un vestito e capiva di averlo trovato appena lo vedeva.

Sapeva che sarebbe tornata altre volte in quella stanza, anche se non ne capiva il motivo. Lei non era mai stata brava con le visioni, neanche quando le cercava, figurarsi quelle spontanee.

Eppure era certa di quella sensazione: sarebbe tornata lì e non avrebbe rivisto il mare.

Rise di nuovo a quel suo pensiero. Chissà come le era venuta un'idea simile.

<< Dormi quanto ti pare, Sel. Se ho di nuovo ragione, resteremo qui per parecchio tempo >> disse alla sua amica ancora addormentata prima di poggiare le spalle al muro, afferrare la mela più profumata che avesse mai mangiato dal vassoio stracolmo lasciato per loro dalle serve del re e sistemarsi comoda in attesa di Elydet.

In quel regno, la loro vita sarebbe cambiata in meglio. Non aveva dubbi.

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-Elydet-

 

Elydet era uscita dalla stanza della nobile che le ospitava senza avere neanche una vaga idea di dove cercare il sovrano, ma con la ferma convinzione di volerlo incontrare a tutti i costi.

La Somma Dalia quella mattina aveva detto che il re era giovane, ma mai se lo sarebbe immaginato così tanto giovane e, soprattutto, poi mai se lo sarebbe immaginato così bello!

Da quando era entrata nell’ordine della Dea, aveva passato molto del suo tempo libero con Irmelin e aveva imparato a sopportare i suoi commenti sui ragazzi.

Perfino nei tempi più bui della loro isola, un giorno in cui il generale del loro esercito aveva dato ordine che tutte le donne e le persone che non potevano combattere restassero barricate nelle mura del tempio, aveva sentito Irmelin commentare la bellezza di uno degli arcieri appostati sui loro torrioni.

Ricordava anche quando, prima che la loro rovina avesse inizio, che c’era stato un periodo in cui lei stessa aveva preso la sciocca abitudine di guardarsi intorno mentre camminava cercando qualche bell’uomo per indicarlo alla sua amica.

Non era mai stato il suo passatempo preferito, ma adesso si rendeva conto di avere acquisito l’esperienza necessaria per affermare che non aveva mai visto un uomo più bello del re.

Non aveva mai visto occhi più verdi di quelli.

Suo padre aveva gli occhi verdi, ma erano di un verde cupo, quasi marroni; sua sorella li aveva verdi ma non erano neanche lontanamente paragonabili a quelli. Era un verde intenso, quasi come gli smeraldi che aveva visto più volte nelle collane di sua madre.

Forse risultavano così per il contrasto con la sua pelle abbronzata, o per i suoi capelli del colore del miele più scuro. Perfetto.

Voleva a tutti i costi rivederlo, voleva parlargli, voleva sapere se, oltre alla bellezza, aveva anche la gentilezza e quindi le avrebbe ospitate. Voleva sapere tutto di lui e doveva trovarlo a tutti i costi!

Con suo grande disappunto, si rese conto che non conosceva affatto quel palazzo e non poteva neanche immaginare di cercare qualcuno lì dentro.

L'unico posto in cui era in grado di arrivare era il cortile dove era stata quel pomeriggio con le altre, perciò decise di iniziare da lì la sua ricerca sperando di avere fortuna. Non aveva alternative.

Quando scoprì che il giardino era completamente deserto e si dette della stupida.

Cosa poteva fare il re nel giardino al buio?

<< Cosa ci fai qui? >>

La domanda improvvisa di quella voce sconosciuta la fece sobbalzare per lo spavento, ma decise di  fingere di non aver sentito. Doveva guadagnare tempo per inventare una frottola credibile

<< Ragazza, rispondi al re! >> la sgridò un’altra voce.

Al re? Sentì il sangue gelarsi nelle vene. Il Divinissimo e Stupendissimo Sovrano le aveva rivolto una domanda e lei non solo non gli aveva risposto, non aveva neanche capito che era stato lui a parlarle? Accidenti!

Si voltò di scatto perdendosi nei suoi meravigliosi occhi e immediatamente si sentì arrossire.

Non poteva comportarsi così!

<< Io... vi stavo cercando per... sapere... cosa avete deciso di noi >> balbettò imbarazzata.

Lo sentì congedare l’altro uomo che era con lui. Voleva restare davvero solo con lei?

La Dea le stava facendo un regalo enorme quella sera, forse per farsi perdonare per averle fatto fare quel viaggio assurdo dall’altra parte del mondo.

<< Starete qui per un breve periodo, domani vi sarà spiegato tutto >> la informò con una gentilezza che non aveva mai sentito nella voce di un sovrano.

Era una creatura meravigliosa!

Non sapeva più cosa dire, e non era certa che il suo cervello fosse in grado di formulare una frase sensata in quelle condizioni, perciò si limitò ad annuire.

<< Posso sapere il tuo nome? >> le chiese il re.

 Era stata così ansiosa di parlare con lui che non aveva pensato alle buone maniere e non  si era neanche presentata. Prima non lo aveva riconosciuto e poi aveva dimenticato l’educazione.

Non avrebbe potuto sprecare il regalo della Dea in un modo peggiore!

<< Vi chiedo perdono, Vostra Altezza. Il mio nome è Elydet e sono la sorella minore di Selyan >> disse con un inchino.

<>

<< No, non vi sbagliate. Il mio, però, è legato al fuoco >> rispose orgogliosa.

Nessun'altra delle sue compagne aveva lo stesso potere perché era molto raro e lei era sempre andata fiera del suo elemento. Si chiese se il re lo avrebbe trovato anche solo minimamente accettabile, visti i grandi poteri che aveva nella sua terra.

<< Mi piacerebbe davvero vedere cosa sai fare >> esordì il re con sincera curiosità.

Se me lo dici così, posso dare fuoco anche a Selyan! ” pensò Elydet.

<< Se volete, posso farvi vedere qualcosa anche adesso >> propose emozionata all'idea di fargli vedere di cosa era capace.

<< Oh no, tranquilla, ne avrai tutto il tempo domani, fidati. E poi sarai in pensiero per tua sorella. Come sta? >>

 Certo che si fidava! Sarebbe saltata giù dal muro più alto del palazzo per una sua parola.

<< Stava ancora dormendo quando sono uscita, ma si riprenderà di sicuro. Ha solo esaurito le sue forze fisiche, non quelle magiche. Lo fa molto più spesso di quanto dovrebbe e si riprenderà benissimo anche questa volta >>

<< Mi dispiace. Forse le ho chiesto troppo >>

La sorpresa al sentire quelle parole, la spinse a alzare gli occhi da terra ignorando le regole della buone educazione. Perché mai un re avrebbe dovuto dispiacersi per una sconosciuta?

Per di più il suo viso sembrava davvero preoccupato, non lo aveva detto solo per educazione.

E, a pensarci bene, non avrebbe neanche dovuto mostrarsi educato con lei.

Era un re e i re ordinano e fanno quello che vogliono, senza bisogno di essere educati con le sacerdotesse in apprendistato, oltretutto straniere.

Era la perfezione fatta persona ed era così bello che sarebbe rimasta volentieri a vivere lì in eterno se le avesse accettate, anche solo per vederlo ogni tanto.

<< Non dispiacetevi. Mia sorella esagera sempre , ma sa benissimo quando è il caso di fermarsi. Domani starà bene >>

<< Bene. Adesso, scusami, ma devo andare >>

Elydet si inchinò prontamente << Certo, Altezza. Perdonatemi se vi ho fatto perdere tempo >>

La sua fortuna era durata poco quella sera. Si concesse un’ultima occhiata al re prima che fosse troppo tardi e lo vide ancora fermo davanti a lei. Il suo cuore mancò un battito.

<< Non scusarti, mi ha fatto piacere conoscerti >>

Il sovrano si incamminò verso una destinazione che avrebbe tanto voluto conoscere.

Sapeva che le gambe non l’avrebbero retta oltre dopo tutte le emozioni di quella sera e si sedette sul muretto che costeggiava il giardino guardando la reale e perfetta schiena mentre si allontanava

“ Sapessi il piacere che ha fatto a me... ”

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Capitolo 6
*** 5.Nora ***


5. Nora

-Selyan-

 

“ Il buio prende, travolge e non riporta a casa ” diceva la gente dell’isola.

Lei aveva disobbedito a un ordine e il buio era arrivato a prenderla.

Era giusto così. La sua sola paura era che il buio durasse poco e, una volta arrivata nel Regno Eterno, non avrebbe saputo affrontare il generale che aveva impartito quell’ordine.

Come avrebbe mai potuto riuscirci?

Era solo colpa sua.

Se lo avesse ascoltato, se fosse rimasta al suo posto, se avesse dato al suo piede il tempo di guarire prima di tornare a combattere…

Se solo non fosse stata tanto orgogliosa da credersi forte, lui non avrebbe pagato il prezzo della sua stupidità.

“ Nel buio la Dea ci lascia soli con la nostra coscienza. Tema l’arrivo del buio chi compie atti orribili ”

Lei nel buio aveva rivissuto quella scena migliaia di volte senza avere la possibilità cambiare quello che era stato, né quella di piangere il suo errore.

Migliaia di volte il clamore della battaglia aveva assordato le sue orecchie e migliaia di volte il rullo dei tamburi aveva nascosto il silenzio intorno a lei.

Ma non erano i rumori che il buio portava con sé a distruggere il suo animo già a pezzi.

Erano le immagini. Erano gli occhi scuri iniettati di sangue e di odio che la guardavano preannunciandole quello che il suo possessore avrebbe fatto, il martello da guerra già sporco di sangue che calava inesorabile e poi… poi il suo stesso urlo inutile e insensato che copriva il tonfo che mai avrebbe voluto sentire.

Vedeva le sue stesse mani tendersi per fare qualcosa, per fermarlo, per aiutare lui, per fare qualsiasi cosa, ma non vedeva mai la fine di quel maledetto sogno.

La Dea l’aveva costretta a rivivere infinite volte il prezzo del suo errore in quel buio senza fine che continuava solo a ondeggiare ritmico e pacato come il moto di una nave.

Lei non aveva preso quella nave, il buio l’aveva portata via prima.

La Dea le aveva fatto vedere come sarebbe andata avanti la sua vita dopo il suo errore.

Paradossalmente non era dispiaciuta di non averla vissuta.

Lei non voleva vivere senza di lui e assolutamente non voleva vivere al prezzo della sua vita.

Preferiva vedere infinite altre volte la scena straziante piuttosto che vivere una nuova vita in un nuovo regno dopo quello che aveva fatto.

“ Il buio non è era mai benevolo con i peccatori ”

Il buio torturava e basta e, visto che per lei quel buio era una speranza, l’unica cosa che la Dea aveva potuto fare per torturarla era stato rimandarla indietro, di nuovo, trasformando il lento ondeggiare della nave nell’ondeggiare calmo del respiro di qualcuno sdraiato accanto a lei.

Qualcuno che sapeva di acqua di rose e di olio per capelli.

Decisamente non era qualcuno che avrebbe potuto vedere solo nel maledetto buio della Dea.

 

Quando Selyan aprì gli occhi scoprì di essere in un letto, completamente coperta da una spesso strato di coperte di lana.

Il buio l’aveva lasciata confusa e con l’animo in frantumi e quello che aveva fatto per aiutare la corte di quel re, che adesso sapeva non essere solo un sogno, l’aveva lasciata spossata e incapace di muovere un solo muscolo.

Aveva riconosciuto il profumo dell’olio per capelli di Irmelin. Se c’era lei, Keira e Dalia erano sparite quindi non aveva motivo di forzarsi a strisciare da quel letto. Poteva anche restare lì.

Il letto ondeggiò di nuovo sotto di lei indicandole che la sua amica si era seduta accanto a lei.

<< Tua sorella è corsa dietro all’uomo dei suoi sogni, Sel >>

Non capiva neanche che tipo di umore avesse la sua amica dalla voce. Sembrava seria, ma per lei era troppo difficile anche ragionare

<< Ha avuto la grande idea di perdere la testa per il re. Se resteremo qui, sono sicura che ci terrà impegnate per parecchio tempo con questa storia. Se ripartiremo… >> Irmelin fece una pausa e sospirò << non voglio pensarci. Avremmo dovuto buttare giù dalla nave quella vecchia stupida di Dalia. Dovevamo lanciarla in mare aperto e sperare che qualche pescecane fosse tanto coraggioso da divorarla. Quando ti svegli devi spiegarmi perché non l’abbiamo mai fatta fuori. Anzi, dovrai spiegarmi anche cos’è questa diamine di sensazione che mi sento addosso. Tu la follia ormai la conosci, voglio sapere se sto impazzendo anche io o… >>

Irmelin sbuffò di nuovo << Scusa, non volevo ricordartelo. È solo che mi sento strana. Come se conoscessi già questo posto, come se fosse… casa nostra. Forse ho solo una gran voglia di restare e non risalire a bordo di quella cosa con le Figlie del pettegolezzo >>

Selyan non aveva la forza di risponderle, ma non avrebbe comunque saputo cosa dirle. Non poteva prometterle che sarebbero rimaste, né tanto meno che in quel regno le cose sarebbero andate meglio. La Dea non le aveva portate via nella battaglia e aveva addirittura rimandato indietro lei sia dal buio della follia che da quello del sonno profondo. Non c’era posto per loro nei Regni Beati. Forse Irmelin non poteva accedervi perché portava le vesti delle sacerdotesse ma non aveva il minimo rispetto per la Dea e la sua Somma Sacerdotessa. Poteva bastare per una Dea?

Forse, per la Dea dell’Isola, era anche troppo.

Quanto a sé stessa, Selyan era consapevole del fatto che la Dea aveva così tanti motivi per non volerla nel suo Regno che non sapeva neanche da dove cominciare ad elencarli.

Non che le importasse molto di quello. Sperava solo che la Potente avesse aperto le porte del Regno dei Beati almeno due volte nell’ultimo anno concedendo la pace eterna a-

<< Irmy! >>

Il tonfo di una porta sbattuta e l’urlo di sua sorella la strapparono ai suoi pensieri.

Selyan sentì anche il materasso reagire in modo strano a quell'urlo, probabilmente Irmelin si era spaventata parecchio  << L'ho trovato, ce l'ho fatta, mi ha parlato, è stato... bellissimo! >>

<< Che stai dicendo? >> aveva chiesto la ragazza spaesata.

Ma Elydet non riusciva a fare un discorso completo << Lui! Bello...il potente, magnifico, stupendo... >>

<< Re? >> suggerì Irmelin.

<< Figlio della Dea, com'è bello! >> rispose Elydet prima che il mondo di Selyan cominciasse a tremare violentemente.

Sua sorella la stava scuotendo per una spalla senza la minima pietà o pazienza <<  Svegliati! Perché non mi hai detto che era così bello? >> insistette.

<< Forse perché dormiva? >> suggerì Irmelin.

Selyan non ebbe neanche il tempo di protestare che Elydet le tirò via le coperte di scatto lasciandola al freddo. Neanche il suo lamento contrariato riuscì a fermare Elydet

<< Alzati! >> le ordinò.

Maledizione!

Voleva bene a sua sorella, ma non la sopportava quando faceva i capricci come le bambine piccole.

Potè solo fare appello a tutte le sue forze, pregare il mondo di smettere di girarle intorno e fare leva su un braccio per sedersi trascinandosi comunque dietro il cuscino per lasciarci la faccia affondata dentro. Era seduta, ma non aveva voglia di svegliarsi.

<< Sorellina sei patetica! Sai cosa direbbe Dalia se ti vedesse? Irmy aiutami >>

Irmelin rise divertita e poi imitò Dalia agitando le mani con movenze esagerate

<< Ma guardatela! Una ribelle, saputella come lei che fa tutte queste storie per alzarsi dal letto! Ridicola >>

Le due scoppiarono a ridere rumorosamente e la sua testa minacciò di scoppiare.

Sbuffo abbassando il cuscino per farle contente.

Elydet sorrise euforica per l'attenzione conquistata e iniziò a girare per la stanza elencando tutte le qualità del re convintissima che le altre la ascoltassero.

In realtà Irmelin la guardava convinta che ormai per lei non ci fossero più speranze, mentre Selyan cercava di dare sollievo al viso che prudeva in modo insopportabile da quando era sotto le coperte.

<< Irmy, perché mi brucia il viso? >>

Irmelin passò in un attimo dal sorriso divertito per le idiozie di Elydet alla paura per qualcosa che le aveva visto addosso e le afferrò le mani per allontanarle dalla sua faccia.

<< Stai ferma. Sei piena di chiazze rosse e gonfie, è meglio non toccarle >>

Nel frattempo Elydet si rese conto della scarsa considerazione e si infuriò << Ma insomma, mi ascoltate sì o… Selyan-che-ti-è-successo? >>

Nessuno le rispose. Selyan si alzò una manica e scoprì che anche le sue braccia erano nelle stesse condizioni

<< E queste? >>

<< È un allergia >> decretò Irmelin all’improvviso

<< Sì, certo Irmy, come no >> tagliò corto Elydet  << Adesso vuoi giocare a fare l’esperta di malattie? Sel, cos’ è quello schifo che hai addosso? >>

Lei non rispose. Aveva ragione Irmelin.

<< Insomma! >> protestò sua sorella << Non può essere un’allergia, ragazze! A meno che mia sorella non si sia spogliata completamente davanti al re, e giuro che non sei più mia sorella se mi vengo a sapere che è così!, come potrebbe essere venuta in contatto con la cosa che le ha dato fastidio con tutto… insomma, le ha anche sulla schiena! >> concluse slacciandole la veste sulle spalle.

<< Non sono mica scema!>> insistette Irmelin << Sono allergica a milioni di cose, so come divento quando sto male! Se non è un’allergia, giuro che bacio i piedi di Dalia! Tu hai mangiato o bevuto qualcosa che ti hanno offerto questi stranieri sconosciuti?>>

Selyan fissò l'amica riflettendo.

Keira aveva smesso di urlare per quella che credeva essere una ferita incurabile e mortale sul suo dito.

Le tracce della minuscola bruciatura erano svanite, ma la stupida oca era ancora pallida e scossa per lo spavento. Dalia la guardava come se si aspettasse di vederla crollare da un attimo all’altro e l’uomo alle spalle del re si avvicinò a loro con una boccetta in mano.

<< Bevi >>

Keira aveva teso la mano prima ancora che la zia avesse avuto il tempo di chiedere cosa ci fosse dentro. Lui non aveva risposto. Si era limitato a dare anche a lei la stessa cosa senza neanche fare la fatica di ripeterle l’ordine che aveva dato a Keira.

Selyan non si era fatta problemi a berla. Tanto più che quella cosa non puzzava di veleno. Sapeva solo di miele e la Dea sapeva quale erba sconosciuta avessero in quelle terre. Probabilmente volevano solo fingere con Dalia di aver provveduto alla salute delle sue ragazze dando loro qualcosa di tanto sconosciuto quanto inutile. Keira aveva paura di morire avvelenata, lei non aveva paura di morire e basta.

 

Il suo silenzio bastò a Irmelin per capire che aveva ragione lei <> le urlò <>

<< Credevo di potermi fidare del Sacerdote del re >>

<< Stupida! >> la insultò di nuovo la sua amica << Se avessero voluto levarvi di mezzo- >>

<<Il Divino >> la interruppe Elydet arrabbiata << ha rispetto dei suoi ospiti! Non è un re bruto e spietato, chiaro?! >>

<< E tua sorella come faceva a saperlo?! >>

<< Perché si vede subito che il regale viso  non è quello di un tiranno crudele! Lo hai guardato bene quando ci ha fatto entrare?! >>

<< Non stiamo discutendo di questo >> le fece notare Iremlin

<< Dove siamo?>> chiese Selyan per fermare la loro lite inutile

<< Nelle stanze della nobile Ismene>> le rispose sua sorella << Ma lei non c'è. Quando il Potentissimo mi ha detto che doveva andare via, l'ho vista aspettarlo poco più lontano. Secondo voi c'è qualcosa tra i due? Me lo vuole rubare? >> chiese sinceramente preoccupata.

<< No, Ely, lavora per lui e ha l’età che potrebbe avere sua madre, non è la sua promessa sposa. Mi aiuti a cercare qualcuno per favore? >> le chiese Selyan.

<< No. Così impari a non bere le cose che ti offrono gli sconosciuti! >>

Non poteva ignorare quello che aveva addosso e non voleva girare per il castello da sola in quelle condizioni. Si sarebbe sicuramente persa. Le guardie avrebbero anche potuto rinchiuderla credendola vittima di una malattia contagiosa portata apposta nel loro palazzo per… non erano più all’isola! La gente lì non pensava come loro. Doveva metterselo in testa! E doveva assolutamente convincere sua sorella ad accompagnarla

<< Ma quel tipo era l'ombra del re oggi, non lo lasciava un minuto. Sicuramente saranno insieme anche adesso e, se verrai con me, potrai vederlo di nuovo. Ti prego! >>

<< No! >> ribatté Elydet irremovibile << Il Sommissimo mi ha detto che aveva degli impegni e ci saremmo visti domani. Se io adesso tornassi a cercarlo, lui penserebbe che sono noiosa e petulante e non ho assolutamente intenzione di fargli avere questo sospetto >> concluse infilandosi nelle coperte del letto che era stato preparato per lei.

Selyan non voleva andare da sola, ma non voleva neanche obbligare sorella. Si voltò verso Irmelin e scoprì che si era già messa il mantello e le stava porgendo il suo.

<< L' ho preso prima di tornare qui. Ho pensato che ti avrebbe fatto comodo >>

Non poté fare a meno di sorridere riconoscente.

La Dea le aveva tolto tutto, compresa la possibilità di essere portata via dal buio, ma le aveva lasciato Irmelin. Per quella sera, poteva anche ringraziarla.

 

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-Irmelin-

 

<< Grazie, Irmy, da sola non credo che sarei uscita >> disse Selyan mentre vagavano per il palazzo in cerca di qualcuno che potesse aiutarle.

<< Perché? >> chiese Irmelin cercando di orientarsi negli intricati corridoi di quel palazzo.

<< Beh, perché sono ancora un po' intontita dal sonno e mi sarei persa. Non avrei saputo neanche da dove cominciare da sola. Sei sempre stata tu la più intelligente delle due >>

Irmelin sorrise compiaciuta per quel complimento e anche divertita da quella ammissione di incapacità della sua amica. Selyan non aveva mai avuto memoria per le strade neanche nella terra in cui era cresciuta, pensare che non si sarebbe persa in quel palazzo da sola, era come pensare che lei avrebbe potuto sputare in faccia a Dalia: una cosa tanto impossibile quanto desiderata.

<< Hai ragione. La Dea ti ha riempito di potere per scusarsi di non avere più furbizia a disposizione il giorno in cui sei nata. Devi cercare quello che ti ha fatto venire quelle chiazze addosso, quello che hai chiamato Ombra-del-re, e sarebbe una buona cosa se tu ricordassi il suo vero nome >> la esortò.

<< Non possiamo cercare qualcun altro? >> le chiese l'altra sconfortata.

<< E cosa gli chiediamo? No, Sel, muoviti, tira fuori quel nome >>

Il suo piano prevedeva di andare al portone principale dove avrebbero sicuramente trovato qualcuno di guardia e lì avrebbe chiesto di questa persona.

Prima di avventurarsi nei corridoi aveva chiesto a una serva della nobile Ismene dove fosse la sua padrona, ma la stupida aveva detto che non era a conoscenza degli affari della sua Signora e che, se anche li avesse conosciuti, non li avrebbe certo messi a disposizione di due straniere. Aveva odiato quella donna, e la rabbia sarebbe tornata di nuovo se Selyan non avesse ripreso a parlare distraendola.

<< Ma il re l'avrà chiamato per nome una volta sola,sai che non posso ricordarmelo e poi... Giurami che non lo dici a nessuno >> si raccomandò.

<< Giuro >> rispose distrattamente guardandosi intorno nella speranza di trovare qualcuno di  utile al suo scopo che le risparmiasse di lottare ancora con una guardia svogliata.

Poi il silenzio imbarazzato di Selyan e il suo rossore improvviso sulle guance devastate dalle bolle attirarono la sua attenzione e le fecero dimenticare tutto il resto

<< Sel, quanti anni ha questo tizio? >>

La sua amica la guardò spiazzata << Non lo so. Perché me lo chiedi? >>

<< È vecchio? >>

<< No. Non molto più del re ma- >>

<< Ti sei innamorata anche tu come tua sorella?! >>le chiese stupita.

<> negò subito Selyan quasi offesa da quella domanda << Credi davvero che io… Irmy, dannazione, come puoi aver pensato… >>

Non finì neanche la frase. Sospirò e basta dandole le spalle.

Irmelin imprecò silenziosamente.  Per quel momento, per quei pochi istanti in cui aveva visto la sua amica così a disagio, aveva sperato davvero che Selyan si fosse presa una cotta per qualcuno. Sapeva che era impossibile, sapeva che non avrebbe neanche dovuto pensare una cosa del genere, ma si era davvero illusa che la sua amica avesse trovato qualcosa in grado di risollevarla dal suo baratro di disgrazie. Sapeva che non stava piangendo e sapeva che poteva rimediare in un attimo al suo errore

<< Se è giovane, importante e non è storpio, Keira sarà sicuramente cotta di lui come una triglia bollita >>

<< Dalia vuole darla al re >>

<< Parliamo di Keira, è ovvio che sia innamorata del re solo per il titolo che porta, ma l’ho visto anch’io insieme a tua sorella: non è il suo tipo. La conosco come le mie tasche >>

<< Mi fa paura>> ammise Selyan all’improvviso torcendosi le mani come faceva ogni volta che si imbarazzava.

<< È così brutto? >> le chiese scettica

<< Shh! Parla piano, ti prego. Con la fortuna che ho io è dietro l'angolo >> rispose lei guardandosi intorno.

<< Sai cosa ti dico, Sel? Non so perché la pensi così su questo tizio, ma sono sicura che in questo momento anche tu gli faresti molta paura >>

Irmelin avrebbe detto qualche altra stupidaggine, se una voce non l'avesse interrotta all'improvviso << Paura a chi? >>

Non riuscì a trattenere un urlo di paura e si aggrappò al braccio di Selyan che, a dispetto di tutto, cominciò a ridere

<< Chi sei? >> chiese senza neanche guardare chi aveva davanti mentre cercava di riprendere un po' di autocontrollo.

<< Mi dispiace, ti ho spaventata? >> chiese una voce di bambina.

<< No, tranquilla, ho urlato solo perché mi andava di farlo >> rispose sarcastica ignorando le risa di Selyan.

<< Ti chiedo scusa. Il mio nome è Nora. Posso chiedervi chi siete voi? >>

La sua amica fece le presentazioni mentre lei aveva ancora gli occhi chiusi e una mano sul cuore che minacciava di uscirle dalle costole per quanto batteva forte.

<< Io sono Selyan e lei è Irmelin, siamo arrivate oggi con le nostre compagne e la Somma Dalia >>

<< Ma certo! Ho sentito Tarìc, ops, scusate...il re, che parlava di una di voi oggi. Quella che ha salvato Ismene e Aaren. È una di voi vero? >> chiese la ragazzina con un brivido di emozione nella voce.

Aveva chiamato il re per nome? Ma chi diamine era? 

Adesso che si era ripresa, aveva avuto modo di guardare in faccia la persona che aveva rischiato di porre fine alla sua vita prima che lei avesse il tempo invecchiare: era giovane, forse quasi dell'età di Elydet, con i lunghi capelli chiari intrecciati in modo elegante e un lungo mantello che non sembrava economico. Doveva essere una nobile.

<< Sì >> aveva risposto intanto la sua amica imbarazzata.

Tipico di Selyan. Non avrebbe mai ammesso alla ragazza di essere proprio lei la persona che aveva salvato i due illustri sconosciuti, perciò decise di pensarci lei << È stata lei >> chiarì indicando Selyan e guadagnandosi un calcio contro un piede.

La piccola nobile, che non aveva dato segno di aver notato quella punizione, aveva cominciato a fare domande entusiasta << Ma come hai fatto? Ho visto sacerdoti e guaritori che impazzivano per cercare un rimedio. E perché te ne stai lì al buio con il cappuccio in testa? >> domandò avvicinandosi mentre Selyan muoveva un passo indietro.

Se era a palazzo, con le vesti di una nobile e chiamava il re per nome, allora doveva per forza conosce il misterioso Signor-ombra-del-re e forse, con un po' di fortuna, poteva sapere anche dove si trovava in quel momento.

Sembrava ben disposta verso di loro, ma non potevano accontentarsi di quello. Irmelin pensò che doveva guadagnarsi la sua fiducia per farsi aiutare e tirò per una mano Selyan ignorando le sue proteste. La spinse verso la luce della torcia che illuminava il corridoio e le tolse il cappuccio con la mano libera

<< Vedi queste bolle? Le ha ovunque e stavamo cercando il tizio che era con il re oggi per sapere cosa diamine le ha dato da bere >> la informò senza troppi giri di parole.

Quella che aveva detto di chiamarsi Nora aveva l’aria confusa  << Chi? >> chiese di nuovo.

<< Scusala, ogni tanto si fa prendere dall'euforia del momento >> si intromise Selyan rialzandosi il cappuccio sul viso e tornando al suo posto << Oggi con il sovrano c'erano anche il comandante delle guardie e un sacerdote, credo, che mi ha dato qualcosa da bere e mi sono svegliata così. Non mi era mai successo prima e vorrei sapere cosa mi ha fatto, ma non ho idea né di come si chiami, né di dove cercarlo. Puoi aiutarci, per favore? >>

La ragazza fece un sorrisetto strano  << È lui che ti fa paura? >>

<< Beh... ecco, veramente io... >> balbettò Selyan incapace di terminare la frase.

<< Ho capito benissimo di chi parli e ti assicuro che faceva paura anche a me prima che cominciassi a rispondergli a tono >> spiegò Nora << Non ditegli che ve l'ho detto o avremo una vita impossibile tutte e tre per i prossimi cinquant’anni. Vi aiuto molto volentieri e ricordatevi che vi devo un favore per questo >>

Irmelin non capì il nesso tra le due cose << Perché? >>

<< Questioni personali, non posso risponderti adesso. Andiamo >> disse felice la ragazza facendo loro segno di seguirla.

Le accompagnò chiacchierando allegramente del re e del regno finché arrivarono a una porta che spalancò con violenza e senza ritegno spingendo avanti Selyan che non ebbe tempo di difendersi

<< Neith! Prova dire adesso che non sbagli mai se ne hai il coraggio! >> urlò Nora entusiasta << Ti sei giocato la possibilità di rinfacciarmi sempre i miei errori >>

Irmelin, che fino a un attimo prima era felice di aver risolto il loro problema nel migliore dei modi, rimase sconcertata da quell'entrata teatrale. Nora, forse, poteva permettersela, ma loro no davvero.

<< Ma, Nora, forse- >> cercò di protestare Selyan arretrando.

<< Stai zitta >>

Serio, dispotico e maledettamente maldisposto nei loro confronti.

Il misterioso Ombra-del-re aveva tutta l'aria di essere un sacerdote tanto potente quanto autoritario. Ecco perché Sel ne aveva paura, ne avrebbe avuta anche lei al suo posto. Quello che era peggio che con un'entrata come quella che aveva fatto Nora, Selyan aveva appena fatto l'ultima cosa di cui aveva bisogno: si era appena resa impossibile tutto il tempo della loro permanenza lì senza neanche alzare un dito.

Oltre alla furbizia, la Dea doveva aver finito anche la fortuna il giorno in cui la sua amica era venuta al mondo.

 

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Capitolo 7
*** 6.Sistemazioni ***


6. Sistemazioni

 

-Selyan-

 

La guerra proseguiva ormai da diversi mesi e nel campo regnava il caos.

Lei ogni mattina usciva dal tempio a passo affrettato diretta al campo di battaglia e, nelle tende in cui venivano trasportati i feriti, cercava di salvare più vite possibili.

Ma quella mattina era diversa.

Non aveva ancora varcato la soglia del tempio quando una donna con le vesti delle sacerdotesse più importanti la chiamò fermando la sua corsa.

Non riusciva a vedere il suo viso, ma sapeva bene di chi si trattava.

<< La situazione sta precipitando, non puoi restare qui >>

<< Cosa? Ma i nostri soldati... >> balbettò confusa.

L'esercito non aveva mai subito sconfitte e fino a quel momento era riuscito a tenere testa agli assalti nemici. Lei era sicura che avrebbe salvato l’isola.

<< Non possono più resistere. Il nemico è troppo forte e qualcuno li ha traditi. Da adesso, nessuno è più al sicuro qui. Devi andare via >>

<< Ma io non voglio andarmene! Questa è la mia casa e la mia famiglia è qui! Io non posso andare.  Preferisco morire qui e adesso piuttosto che fuggire abbandonando tutti >>

Ma la donna la interruppe di nuovo <>

<< Di che regno parli, mamma? Io non capisco. Vieni con me >>

Ma la donna scosse la testa agitando i lunghi capelli scuri << Il mio posto è qui ormai. Tu sei l'unica che può scoprire tutta la verità su questa guerra. La nostra città sta cadendo. Salvati prima che sia troppo tardi, obbediscimi >>

Non sapeva cosa fare. Lei aveva alzato una mano nel gesto benedicente degli ordini delle Sacerdotesse Potenti. Non poteva ignorarlo. Con una stretta al cuore decise di accettare ma, quando parlò, la sua voce tremava << Dove devo andare? >>

<< Sempre avanti. Corri finché non sarai arrivata al sicuro nelle loro salde mura. Non hai molto tempo, ma puoi farcela >>

Uscì dal tempio e cominciò a correre. Era una folle corsa diretta a una meta che neanche lei conosceva, ma correva più veloce che poteva.

Arrivò a una delle quattro porte che permettevano l'accesso alla città e vide la più totale confusione.

I nemici avevano aperto un varco nelle mura e stavano distruggendo e saccheggiando tutto uccidendo chiunque incontrassero.

Lei non si fermò. Passò in mezzo ai soldati, nessuno sembrava vederla.

Fuori delle mura era stata fatta una vera e propria strage. Centinaia di uomini erano stati uccisi e i loro corpi erano sparsi a terra. Sua madre aveva ragione: avevano perso la guerra e la loro città era condannata alla distruzione.

Poco più avanti a lei c'era un uomo che sembrava aspettare qualcuno.

Era l'unico superstite di tutta quella strage e, grazie al lungo mantello rosso, lo riconobbe subito anche se era di spalle << Papà! >>

L'uomo si voltò e lei si gettò tra le sue braccia cercando di riprendere fiato.

<< Cos’è successo ai nostri soldati? >>

Il generale la abbracciò << Non servono spiegazioni. Abbiamo perso. Tu, però, devi andare avanti, capito? Non ti fermare per nessun motivo. Vai avanti >>

<< Dove? >>

<< È un posto lontano. Vai, non c'è più tempo e i nemici potrebbero riconoscerti. Mettiti in salvo >>

Senza capire realmente, strinse più forte suo padre e riprese la sua corsa.

Perché non si era fermata di più con lui?

Voleva dirgli tante cose. Si fermò a guardare indietro, ma non c'era più nessuno. Suo padre doveva essere tornato dove lei non poteva seguirlo.

Si lanciò nel fitto di un bosco lasciando che i cespugli e i rovi le graffiassero la pelle.

Non le importava di quello che le succedeva, sapeva dove conduceva quella strada e sapeva che non voleva rivedere la radura che era stata trasformata nel campo di battagli in cui….

Inciampò in un sasso e perse l’equilibrio.

Sarebbe sicuramente caduta se due braccia forti non l'avessero afferrata.

Conosceva così bene quella stretta, che capì di chi si trattava prima ancora di sentire la sua voce e cominciò a piangere.

Lui la rimise in piedi senza sforzo e la strinse in un dolce abbraccio mentre lei posava il viso sulla sua spalla stringendolo con tutte le sue forze.

<< Perché... perché sei andato via? >>

<< Non l'ho deciso io e neanche la Dea sa quanto avrei voluto restare con te. Ma non è stato possibile >>

<< Mi manchi >>  era tutto quello che riusciva a dirgli piangendo .

<< Lo so, ma devi trovare la forza di andare avanti. Io starò qui a controllare che nessuno ti segua e tu devi mettercela tutta. Me lo prometti? >>

<< Cosa devo fare adesso che... >> non riuscì a finire la frase, ma non fu necessario.

<< Vai avanti e tieni fede alla promessa che mi hai fatto >>

Le sue risposte erano così calme e tranquille che sembravano ovvie e non facevano che aumentare la sua confusione e la sua tristezza.

<< Ma è troppo tardi... tu non... non  ci sei più e io... sono... sola e... >>

Il ragazzo le accarezzò dolcemente i capelli << No, non è tardi se vai avanti adesso. Ti avevo promesso che non saresti stata sola e manterrò la mia promessa, ma tu devi andare. Se arriverà qualcuno, lo fermerò io e ti giuro che si aggiusterà tutto >>

<< Non voglio andare, voglio stare con te, non voglio più... non voglio andare! >>

Lui le posò un bacio sulla fronte cercando di calmarla  << Se non vuoi farlo per te, allora corri per me. Guarda, hai poco tempo >>

Si voltò a guardare nella direzione che le veniva indicata e vide un enorme palazzo sulle rive di un fiume che stava chiudendo lentamente l'imponente porta d'ingresso.

<< Vai, fa' presto >>

Contro voglia e in preda alle lacrime e ai singhiozzi, guardò un'ultima volta il suo viso e riprese a correre. Era quasi arrivata quando si sentì stringere un polso e si voltò di scatto trovandosi di fronte una figura incappucciata << Dove credi di andare? >>

Era in preda al terrore. Doveva andare, la porta si chiudeva e lei non poteva muoversi. Avrebbe infranto la promessa

<< Lasciami! Io devo andare, devo...>>

<< Tu prendi ordini solo da me e io ti ordino di fermarti! >>

Cercava disperatamente di liberarsi dalla sua stretta lottando come poteva, ma era troppo forte.

<< Non puoi fuggire da me. Io ti fermerò come ho fermato tua madre e quelli che hai incontrato fino ad ora e vuoi sapere una cosa? La tua corsa è finita! >>

Lei alzò il viso e le porte in pietra del palazzo misterioso chiusero davanti ai suoi occhi.

<< Tu non puoi fermarmi, ragazza! >>

 

<< Selyan, dannazione, calmati! >>

Si svegliò di colpo e trovò Irmelin accanto a lei che le teneva i polsi.

<< Stavi solo sognando >> le disse la sua amica mentre lei si liberava dalla presa con uno strattone poco gentile.

Irmelin doveva averla tenuta in quel modo per evitare che si facesse male agitandosi, ma lei odiava essere trattenuta. La sua amica avrebbe capito.

<< Sembrava... sembrava così reale che... >> ma non riuscì a finire la frase e Irmelin tagliò corto per lei

<< Beh, ora sei sveglia. Ely mi ha informata che il re di questo posto ha deciso di ospitarci per due anni quindi possiamo anche dimenticarci di quella diamine di nave, ma credo che ci risaliremo presto di nostra spontanea volontà per sfuggire all’ira di tua sorella se non ci sbrighiamo. Mi ha svegliata almeno un’ora fa per dirmi che lei usciva e noi eravamo in ritardo. Pare che abbia provato ad avvertire prima te, ma il tuo sonno pesante ti ha impedito di sentirla   la prese in giro Irmelin mentre le porgeva una veste pulita per cambiarsi.

<< Era quasi isterica. Ha giurato che ti impiccherà con le tue stesse coperte se faremo tardi per colpa del tuo sonno da letargo. Credo che la sua cotta per il re ci darà diversi problemi nei prossimi giorni >>

Era sconvolgente il modo in cui Irmelin riusciva sempre a trovare qualcosa da dire per tirarle su il morale o per costringerla a mettere da parte i brutti pensieri.

Probabilmente senza di lei non sarebbe neanche partita dall’isola e invece, dopo una notte di tormenti e pianti, era di nuovo in giro per il palazzo reale, pronta ad affrontare un altro di quei giorni che aveva giurato di non voler vivere

<< Grazie, Irmy >>

Non sapeva neanche lei per cosa l’avesse ringraziata esattamente, ma tra loro non c’era bisogno di spiegazioni. Sapeva che avrebbe capito. Quello che non sapeva era il motivo del grande sorriso che illuminava la faccia della sua amica

<< Figurati! Ti faccio passare volentieri il malumore per tutta la prossima settimana se rispondi alla mia domanda: come si chiama l'uomo alto e muscoloso che era in quella stanza ieri sera? >>

<< Quale stanza? >> chiese sempre più confusa.

<< Ma insomma, vuoi svegliarti? >> le sbuffò in faccia << Quando siamo andate a cercare il Signor-ombra-del-re per farci dare quella crema puzzolente per l'allergia, nella stanza c'erano altre due persone : il re e lui. Chi è? >>

Selyan dovette costringere il suo cervello ancora perso nei suoi brutti ricordi a riprendere il filo degli eventi della sera precedente. Era sprofondata nell’imbarazzo più totale per colpa dell’irruenza della ragazza che le aveva aiutate e non aveva certo perso tempo a guardarsi intorno, ma aveva visto l’uomo a cui aveva ferito una mano per sbaglio

<< Si chiama Tanet. Perché ti interessa? >>

Irmelin alzò le spalle << Mi era sembrato un bell’uomo e volevo saperne qualcosa di più, ma non sono convinta. Sicuramente c’è di meglio in questo regno sperduto, lascia stare >>

Irmelin non chiedeva mai il nome di qualcuno. Guardava, commentava, a volte chiedeva anche in giro se la persona che le interessava fosse fidanzata o promessa a qualcuno, ma non chiedeva mai direttamente il nome. C’era qualcosa che non andava nel suo discorso

<< Devo crederci? >> le chiese scettica.

Lei si finse offesa << Ma certo! Che domande...ti sembro una che si innamora del primo bell’uomo che vede? Mi hai preso per Keira!? >> sbottò prima di riprendere la sua spiegazione << Mentre eri a cercare di suicidarti dal re, io e Ely abbiamo girato il palazzo in lungo e largo e  l'unico uomo che abbiamo trovato era una guardia che, sinceramente, non ha avuto il dono della bellezza. La situazione è migliorata decisamente quando siamo tornate a cercarti con la guardia che era di turno al portone, ma non mi piacciono i biondi, lo sai. Il tizio di ieri sera non era bello, ma, se il re è occupato da Ely e quello della crema è davvero insopportabile come mi è sembrato, per il momento mi sembra l'unico uomo degno di essere preso in considerazione. Ho deciso che lo terrò d'occhio finché non ne troverò uno migliore, se per te va bene >>

<< Da quando devo darti la mi approvazione in fatto di uomini? >> le chiese perplessa.

<< Da quando ricordi un nome >> la informò trionfante << Non ci sei mai riuscita in vita tua, ieri non ricordavi neanche il nome del re, ma per quello non hai esitato. Devo trarre qualche conclusione? >> chiese prendendola in giro.

Nonostante tutto, Selyan sorrise  << È il comandante delle guardie, se non ho capito male >>

Sapeva che non serviva altro per spiegare a Irmelin il motivo per cui il nome di quell'uomo faceva eccezione alla sua memoria quasi inesistente.

Mentre Irmelin si guardava intorno indecisa sul corridoio da percorrere, lei si era persa nel ricordo del suo sogno.

<< Sel, credo sia di qua >>

La sua amica era più che libera di innamorarsi della sconosciuto Tanet per quello che la riguardava…

<< Sel? >>

… lei non voleva davvero saperne niente di uomini, tanto meno se soldati.

Tirò un sospiro e la seguì. Non doveva pensare.

<< Nel tuo sogno… c'era anche- >>

<< Lui c'è sempre, Irmy >> tagliò corto lei prima di girare l’angolo e sbucare esattamente davanti a tutte le loro compagne già in attesa del re.

<< Siete sempre le ultime! >> tuonò Elydet facendosi spazio tra le altre << Si può sapere cos’avete combinato fin’ora?>>

<< Tua sorella non si svegliava >> rispose Irmelin guadagnandosi una gomitata da parte sua.

<< Hanno anticipato l’appuntamento con il Sommo-divino >> le informò sua sorella << Stavo per venire a chiamarvi rischiando di fare tardi insieme a voi come sempre >>

<< Perché hanno anticipato? >> chiese Irmelin curiosa.

<< Non ne ho idea >> rispose Elydet << Dalia ha provato a chiedere il motivo al nobile che ci ha informate, ma le ha risposto che gli affari del re non erano affari suoi e che doveva prendere il suo posto in sala o andarsene e non farsi vedere finchè non avessero finito di esaminarci >>

<> commentò Irmelin.

Un attimo dopo le porte si aprirono e, ne uscì solo una guardia con una pergamena in mano

<< Si faccia avanti Lianna della terra >>

La ragazza obbedì staccandosi dal gruppo di sacerdotesse con cui stava conversando e l’uomo ordinò di nuovo << Tu vieni dentro, voi altre aspettate il vostro turno >>

<< Accidenti, è quello del portone, Irmy >> bisbigliò Elydet << se si ricorda di noi e lo dice al re siamo spacciate, che facciamo? >>

Ma Irmelin non rispondeva. Aveva un’aria spaventata e sembrava completamente persa nei suoi pensieri.

Selyan le mise una mano sulla spalla e la sentì sobbalzare  << Cosa? Non ho sentito, parlavate con me? >>

<< Insomma, Irmy! Si può sapere cos'hai? >> esplose Elydet  << È da ieri pomeriggio che sei strana e ti spaventi per nulla >>

<< Io... Selyan! >> le due sorelle sobbalzarono a quell'urlo improvviso.

<< Così mi fai prendere un colpo al cuore e mi costringi a passare una vecchiaia senza l'uso delle orecchie >> la rimproverò.

<< Scusa, però, forse, tu lo sai. Se non lo sai tu non lo sa nessuno e non posso andare avanti in questo modo. Questa cosa deve avere un senso, ma- >>

Stava parlando più con sé stessa che con lei e Selyan perse la pazienza  << Cosa?!? >>

<< Lasciami parlare! >> urlò Irmelin.

A quel punto insorse anche Elydet  << La smettete di urlare? Se ci sentono dentro, viene fuori Dalia e ci mette in punizione tutte e tre! Sembrate due pazze! >>

Irmelin sospirò , prese lei per un lembo della veste, sua sorella per mano e le tirò dietro una colona, al riparo dalle orecchie indiscrete delle altre

<< Ieri pomeriggio, mentre ero con Elydet e aspettavamo che tu uscissi di lì, ho avuto una strana sensazione ed ero sicura che ti fosse successo qualcosa >>

<< Cos'hai sentito? >> chiese Selyan sinceramente incuriosita.

<< Era... freddo, ma un freddo strano. Poi tua sorella ha pronunciato il tuo nome e... ho capito che la cosa era qualcosa legato a te >>

<< Coincidenza? >> le suggerì.

Ma la ragazza scosse la testa << Subito dopo ho avuto l'impressione di dover tornare con le altre perché Dalia stava tornando e, quando abbiamo raggiunto la porta, ho scoperto che avevo ragione di nuovo >>

Elydet alzò gli occhi al cielo esasperata da tutte quelle inutili congetture e interruppe i pensieri delle due ragazze << Uffa! Insomma, Irmy, non farti problemi inutili. Te l'ho già spiegato: hai pensato che Selyan e le altre erano già lì dentro da tanto e sarebbero tornate da un momento all'altro, e ti sei convinta di dover tornare perché avevi paura che Dalia ti punisse >>

<< Ma se mi ha punita lo stesso? >> chiese Irmelin stupita e confusa da quel discorso.

<> la fermò Selyan << Ti è successo anche stamani, vero? >>

Irmelin annuì e Selyan non riuscì a non sorridere, felice che l’esilio dalla loro terra fosse servito a qualcosa.

<< Perché mi ridi in faccia? >> chiese la diretta interessata quasi offesa << Ti togli quel sorriso idiota e mi dici cosa  mi sta succedendo!? >>

<< Calmati! Hai semplicemente imparato qualcosa di nuovo >> le disse Selyan << Nessuno può prevedere il futuro in modo chiaro, credo che le tue siano visioni legate al presente >>

Irmelin sembrava confusa << Ma a che mi serve un potere del genere? È inutile. Non posso evitare che accada qualcosa che sta già accadendo. No? >>

<< A me sembra che ti abbia già salvata dalle grinfie di Dalia >> la corresse.

Irmelin si fermò a riflettere sulle sue parole, poi sfoderò il suo sorriso perfido, il sorriso dei piani di vendetta pronti a essere messi in atto

<< La Dea mi fulmini se non userò il suo potere nel più giusto dei modi >> annunciò seria.

<< Sarebbe? >> chiese Elydet preoccupata.

<< Intralciare lo scorfano di Keira ogni istante delle sue inutili giornate! Imparerò a prevedere i suoi schifosi risvegli la mattina e le metterò una tagliola ai piedi del letto, le sue intenzioni di lavarsi e riempirò di acido la sua vasca e metterò le ortiche nelle vesti che conterà di indossare. La Dea mi ha finalmente dato l’arma per rivendicarmi di anni di torture e, quanto è vero il mondo, la userò! >>

Mai si sarebbe aspettata una simile dichiarazione di guerra da parte sue e scoppiò a ridere. Perfino Elydet si unì alle risate

<< Cosa avete da ridere? Misere mortali! E tu >> disse puntando il dito verso Selyan che era piegata in due dalle risate e poggiata a una colonna  << Tra non molto ti inchinerai al mio immenso potere! >>

<< Secondo me ha già capito il tuo sommo potere, Irmy!>> rise Elydet indicandola << Guarda: si è già inchinata! >>

Irmelin le tese una mano << Non così presto. Devi ancora aiutarmi a capire come usare questo strano dono della Dea o resterò per sempre incapace come lei >>

Selyan si rialzò passandosi una manica sul viso  << No, Irmy, non sarai mai come lei. Però per aiutarti con queste cose c’è Dalia e tra poco ci sarà anche qualche nuovo aiutante del re di questo posto. Non ti servo io >>

<< Ma io non voglio che loro lo sappiano! La vecchiaccia non mi crederebbe mai se dicessi di avere un nuovo potere >> affermò con disprezzo.

La voglia di ridere di un secondo prima era sparita completamente, rimpiazzata dall’onda scura del rimorso. Lei non avrebbe mai potuto aiutare Irmelin con quel nuovo dono.

<< Che ti prende adesso? >> chiese Elydet quasi scocciata.

<< Io non ho mai capito niente. Mi rendevo conto del vero significato dell'avvertimento della Dea solo dopo che... insomma... se fossi riuscita almeno una volta a capirne il significato come fai tu... probabilmente non... >> sospirò prima di lasciar andare i ricordi a quando il viaggio sulla maledetta nave poteva essere evitato.

Non poteva non ripensare a quella mattina in cui uscire dal tempio le era sembrato il più grande degli errori, quando il freddo le invadeva le ossa ad ogni passo intimandole di rientrare e lei, ostinata e cieca agli avvertimenti della Dea, aveva continuato a correre verso il campo.

<> Elydet alzò gli occhi al cielo, stanca probabilmente del suo continuo cattivo umore, ma furono gli occhi di Irmelin a costringerla a mettere da parte i suoi pensieri. Erano così spaventati che non potè fare a meno di cercare il modo di calmarla

<< Questa volta sarai tu ad insegnarmi come si fa >> le suggerì.

<< I-io che... faccio da insegnante... a te? >> e, quando lei annuì, Irmelin riprese tutta la sua sicurezza e allegria << Ragazze, sto diventando importante! Se continuo così, forse, alla fine, mi piacerà anche restare nell'ordine. Potrei diventare Somma Sacerdotessa e prendere a calci Keira dalla mattina alla sera. Farmi servire da lei sarebbe uno spasso! La costringerei a portarmi le ciabatte la mattina prima di alzarmi e magari anche a farmi lavare i piedi la sera prima di andare a dormire! Potrei anche- >>

Elydet però interruppe il suo momento di gloria << Ehi ragazze! Lianna è uscita. Adesso a chi toccherà? >>

La guardia tornò a fare la sua comparsa ordinando << Si faccia avanti Irmelin del vento >>

Contro ogni aspettativa delle amiche, lei non si scoraggiò affatto << Mi piace il mio nome straniero! Vado… a stupire il re! >> annunciò con l'immancabile imitazione di Dalia davanti a tutte.

Quando la porta si chiuse, Selyan sentì sua sorella imprecare.

<< Anche lei ha un nuovo potere, tu ne hai un sacco, e io? Resterò sempre così? >>

Selyan la guardò con aria interrogativa << Ma, sorellina, molte di noi non hanno neanche un elemento! Guarda Keira >>  disse guardando le loro compagne che chiacchieravano lontane da loro << Non comanda niente e ha un briciolo di potere di cui nessuno riesce a capire la natura >>

Rise prima di continuare pensando ad una vecchia battuta della loro amica

<< Pensa che Irmelin è convinta che il suo potere derivi direttamente dalla sua autostima, piuttosto che da un elemento come i nostri. Se la Somma Sacerdotessa venisse a sapere che  pensa una cosa del genere di sua nipote, come minimo Irmelin finirebbe a pane e acqua a vita >>

<< Parli così perché tu, oltre a dominare l'acqua, sai fare un sacco di altre cose e Irmelin... beh, a lei non interessa niente del suo potere >>

Selyan guardò sua sorella. Aveva sedici anni ormai e era assalita dai dubbi delle ragazze della sua età, ma lei era sempre stata troppo presa dai suoi drammi personali per rendersene conto. Era sempre stata troppo impegnata a maledirsi e piangersi addosso per accorgersi che Elydet la ammirava e troppo chiusa nei suoi pensieri per capire che sua sorella cercava il suo aiuto.

Era stata una stupida. La guerra che le aveva portato via la famiglia e la felicità, aveva portato via a sua sorella la possibilità di imparare a dominare il suo potere.

Era entrata nell'ordine più tardi delle altre bambine, a quasi tredici anni. Neanche il tempo di imparare le basi del loro sapere ed era scoppiata la guerra. Sua sorella era stata forte e aveva imparato a gestire le cose da sola, era diventata una delle migliori in pochissimo tempo e adesso era in grado di fare cose spaventose con il suo potere e lei non le era mai stata accanto come avrebbe dovuto. Non aveva mai neanche pensato a quanto doveva essere difficile per Elydet essere in quella terra sperduta e lontana da sua madre. Selyan si rese conto tristemente che stava rischiando di restare intrappolata nel suo passato maledetto distruggendo anche il futuro.

Doveva stare accanto a sua sorella, mettere da parte la sua disperazione e farsi forza.

Elydet aveva bisogno di lei.

<< Non essere triste, Ely. Il fuoco è il più potente degli elementi, dovresti andarne fiera. E poi sei più piccola di me e di Irmelin, è probabile che questo tipo di poteri arrivi con il tempo. Non forzare la Dea a darti un potere che non ti appartiene, aspetta che sia lei a concederti quello che è più giusto per te e allora ne svilupperai la forza. Magari sarà così grande che attirerai l'attenzione del re >> aggiunse per distrarla.

<< E se non dovesse arrivare? >> chiese preoccupata.

<< Il fuoco riesce a distruggere se lo usi con rabbia, ti protegge se lo usi contro i nemici o le bestie selvagge, come facevi nei boschi della nostra terra, e può darti calore se ti trovi all'aperto nella gelida notte invernale. Oltre ad usare il tuo elemento con maestria sai combattere davvero bene con la spada, hai una mira infallibile con l'arco e io sono sempre stata convinta che nei giochi di abilità te la cavi molto meglio di tutte noi messe insieme. Sei sicura che sia così indispensabile un altro potere? >>

Elydet rise all'ammissione della sorella  << È vero. Anche con le vostre previsioni vi batto sempre a qualunque gioco! Dici che lo stupisco lo stesso il re? >> chiese speranzosa.

<< Lo scopriremo tra poco >>

**************************************************************************************

-Tarìc-

 

Una Somma Sacerdotessa insopportabile con una nipote che si comportava da nobile di alto rango, ma che era quasi un’incapace come altre otto delle sue compagne. Una sacerdotessa legata al fuoco; tre legate all’aria in modo blando quanto le quattro legate alla terra; una legata all’acqua per dichiarazione, ma non per dimostrazione, e la ragazza che aveva salvato la sua corte che si era detta anche lei legata all’acqua, ma che a Tarìc sembrava molto più legata al potere in sé che a un semplice elemento. 

Questo il resoconto di un pomeriggio sprecato a esaminare le straniere piuttosto che a cercare di risolvere i problemi del suo regno.

E non era ancora finita. Doveva ancora chiedere il parere della sua corte per decidere cosa farne di loro e sapeva che non sarebbe stata una conversazione tranquilla.

Le decisioni importanti a quel tavolo non venivano mai prese con calma e tranquillità.

<< Ismene, tu cosa ne pensi? Potrebbero esserci utili? >>

<< Difficile dirlo, Maestà >> ammise lei << Alcune sembrano delle dilettanti alle prime armi e altre… Sono davvero poche quelle che possono essere usate per il loro potere e non per la forza delle loro braccia >>

<< O per l’aria che sollevano agitando i capelli inutilmente >> commentò Tanet guadagnandosi un’occhiataccia dal re e da tutti gli altri presenti.

<< Le hai guardate tutte, vero? >> gli chiese Neithel acido.

Il comandante delle guardie non si lasciò minimamente intimorire da quell’accusa e ribatté sarcastico << Perdonami, credevo fosse quello il nostro compito. Vuoi informarmi su quello che hai fatto tu? >>

<< Basta! >> impose Tarìc << Non siamo qui per giocare, Tanet >>

<< Non stavo giocando, Maestà. Si danno davvero più arie di quelle che possono permettersi, a mio parere. Non sono un esperto, ma non credo che possano qualcosa contro il caos del regno. Di certo non più di quanto possono i miei uomini con una pala in una mano e un secchio per le macerie nell’altra >>

Olen, seduto accanto a sua moglie, si schiarì la voce attirando la sua attenzione prima di parlare

<< Forse avremmo dovuto controllarle prima di stabilire che le avremmo ospitate per due anni >>

Tarìc sentì il sangue ribollirgli nelle vene a quella protesta.

Quando aveva chiesto il suo parere aveva accettato senza esitazione, convinto che chiunque potesse aiutare doveva essere il benvenuto, e adesso criticava la sua scelta.

<< Avresti potuto dirlo prima >> lo informò.

<< Le abbiamo ospitate perché lo hanno chiesto in nome del nostro Dio, non perché ci sembravano utili >> chiarì Neithel.

Tarìc era sinceramente stanco di quei discorsi. Come potevano perdere ancora tempo con quelle ragazze? Volevano essere ospitate, venti persone non erano certo un problema insormontabile quando tutta la capitale e anche alcune cittadine limitrofe avevano un disperato bisogno della loro attenzione. Poteva semplicemente dare ordini ai servi che preparassero delle stanze per loro e provvedessero ai loro pasti. Sarebbe stato semplice. Invece doveva dedicarsi anche ai loro problemi, dannazione!

<< Ospitarle non è un problema, ma la loro istruzione richiederà più tempo di quanto possiamo permetterci di sprecarne con questioni inutili >> protestò Olen come se gli avesse letto nel pensiero.

<< Potremmo anche ignorarle finchè non avremo di nuovo tempo per loro >>

La proposta del re lasciò Tanet a bocca aperta per lo stupore << E lasciarle libere di fare i loro comodi nel palazzo reale? >> chiese sconvolto.

<< Potremmo anche dichiarare che saranno istruite dopo che ci avranno aiutato a rimettere in ordine i disastri maggiori >> propose Ismene cauta.

Fu una voce secca e dura alle spalle del re a rispondere alla Sacerdotessa della Ragione

<< L’ospitalità non è cosa che si venda, Ismene >>

<< Aaren! >>

Non si aspettava suo zio in piedi prima di una settimana viste le sue recenti condizioni, ma era felice di vedere che stava bene.

L’unico suo problema era che le riunioni di corte con Aaren presente erano molto più accese del normale.

<< Non dovresti essere qui >> lo avvertì preoccupato per la sua salute.

<< Dovrei lasciarvi sbattere la testa sul tavolo fino a notte fonda perché non sapete risolvere la situazione? Qual è il problema? >> chiese il vecchio senza esitazione.

Nonostante la fascia alla testa e il colorito pallido, stava davvero bene se brontolava. Tarìc era profondamente grato alla ragazza che lo aveva rimesso in piedi.

<< Sono venti inutili incapaci >> sbottò Tanet prima che chiunque altro avesse il tempo di parlare.

<< Ti aspettavi venti Dee che schioccassero le dita e sistemassero il regno? >> chiese Aaren con lo stesso tono che avrebbe usato per dargli dello stupido << e mi permetto anche di offendermi per quello che hai detto >>

<< Perché dovresti offenderti tu se insulta loro? Hai qualche legame con quella gente? >> chiese Tarìc.

<< Quanto meno un legame di gratitudine visto che sono vivo per mano loro >>

Olen sbatté il pugno sul tavolo e fece la proposta più assurda che il re potesse aspettarsi da lui

<< Paghiamole per il favore che ci hanno fatto e mandiamole a casa loro >>

Perché l’uomo che doveva tenere a mente tutti i bilanci del regno non riusciva a tenere a mente la necessità di mantenere intatta la credibilità della parola del re?

<< Non mi rimangerò la parola data, Olen! >>

<< In nome di Dio, sono incapaci al vostro servizio, dannazione! Mettetele in condizioni di esservi utili! >>

<< Aaren, perdonami se ti contraddico >> si intromise Ismene guadagnandosi immediatamente un’occhiataccia dal diretto interessato << impiegheremmo meno tempo a istruire venti bambini di un paio d’anni >>

<< Quante sono quelle decenti? >> le chiese suo zio esasperato

<< Non più di cinque >> affermò lei prima che Neithel la correggesse << Nemmeno una >>

<< Ecco perché non ho chiesto a te >> sbottò suo padre.

Nessuno dei presenti aveva capito cosa lo preoccupava seriamente di quelle ragazze a quanto pareva. Non era il loro potere, né il fatto che fossero venti inutili pesi sulle spalle di un regno in rovina, ma il fatto che non avevano la minima idea di cosa fossero l’educazione e il rispetto.

<< Non mi importa dei loro poteri >> ammise il re << Il problema è che sono tutte indisciplinate e incapaci di rispettare le autorità. Senza esclusioni >>

<< Non obbediscono alla loro Somma Sacerdotessa? >> chiese Aaren stupito.

<< Non tutte >> ammise Tarìc << Due di loro hanno discusso con lei appena fuori la porta del palazzo e hanno passato la notte qui esultando per essersene liberate >>

<< Voglio sperare che tu ti sia accertato di poterle portare dalla nostra parte >> ribatté suo zio.

<< Una non è un problema >>

Si trovò ad alzare le spalle davanti all’occhiata indagatoria di Tanet e Neithel prima di capire che erano delusi dalla sua mancanza di controllo su entrambe le ragazze piuttosto che sorpresi da quello che aveva detto.

Perché mai si era sentito preso con le mani nel sacco?!

Doveva darsi un contegno alla svelta e affermò con  determinazione << La piccola non è un problema >>

<< Neanche le altre due >> si intromise Nora entrata a sorpresa nella sala.

<< Buongiorno >> la salutò Aaren scocciato.

Tarìc aveva chiesto a Nora non allontanarsi dalla camera di suo zio mentre loro discutevano, ma, a giudicare dalla sua faccia assonnata e dal pesante sbadiglio che la sua amica lanciò in risposta al vecchio, doveva essersi addormentata pesantemente.

<< Ho parlato io con le altre due, non sono un problema >> insistette Nora senza la minima traccia di vergogna per non aver portato a termine il suo compito.

<< Posso sapere su cosa basi il tuo giudizio? >> chiese Neithel con lo scetticismo che usava sempre nei suoi riguardi.

<< Sulle mie impressioni personali >> rispose lei fiera alzando il mento nella sua direzione mentre paralva.

<< E da quando sono affidabili? >>

Sembrava che Nora non aspettasse altro che quella domanda. Si portò una mano al petto con finta aria mortificata e diede inizio alla sceneggiata << Oh, scusa, di certo non sono niente in confronto alle tue, giusto? Io mi sono solo limitata a parlarci, dopotutto, come potrei mai competere con chi ne ha avvelenata una? >>

<< Smettila! >>

L’ordine di Neith non servì a niente << Sai che se l’avesse vista la loro vecchia avrebbe potuto ricattarvi a vita per quello che hai fatto? >>

<< Se avessi voluto farlo di proposito non l’avrei certo lasciata viva e in grado di lamentarsi >>

<< Quindi ammetti il tuo errore? >> chiese Nora con gli occhi lucidi per la soddisfazione

Ma Ismene interruppe il suo momento di gloria urlando sconvolta contro Neithel << Perché diamine avresti dovuto avvelenarla di proposito?! >>

<< Non l’ho fatto di proposito, ma non mi piace quella ragazza. Sarà un problema >> dichiarò serio.

<< Permaloso! >> urlò Nora sbattendo la mano aperta sul tavolo << Non puoi avercela con lei perché hai sbagliato! >>

<< Tarìc, se non la butti fuori me ne vado io >>

Quella era sempre la fine delle discussioni tra Neith e Nora. Tarìc finiva sempre, obbligatoriamente, per mandare via Nora, ma quella volta aveva bisogno di lei << Nora, sei sicura che possiamo fidarci? >>

<< Assolutamente >> rispose lei sorridendo di sottecchi contro Neithel per averla spuntata << Selyan non rispetta la vecchia semplicemente perché la odia, ma non alzerebbe un dito contro di noi. Ieri ho dovuto ordinarle di smetterla di ringraziarmi e mi ha chiesto scusa come se fossi una persona importante >>

<< Ah, ecco come ti ha comprata >> la prese in giro Tanet.

<< Non interrompermi! >> protestò lei senza neanche guardarlo prima di riprendere il suo discorso << Irmelin sembra più ribelle di lei, ma credo che Selyan sappia tenerla al suo posto >>

<< Ha potere e servi? >> chiese Neithel cinico.

<< Aaah, Tarìc, ma perché gli permetti di dire queste stupidaggini?! Non è una riunione seria questa? >>

<< Credevo lo fosse, Nora >>

<< Se la corte non è seri, la colpa è del re >> lo informò Aaren.

Tarìc avrebbe tanto voluto rispondere che non era affatto d’accordo, ma preferì lasciar perdere e passare al tono di comando << Nora, rispondi a Neith >>

<< Quali servi?! Cerca solo di limitare i danni della sua amica e la cosa è reciproca. Irmelin le avrà ordinato almeno dieci volte di stare zitta e seguirmi perché voleva tornarsene a letto e evitare di infastidire oltre i nobili. Le ho riso in faccia e l’ho trascinata per un braccio. E, giusto per informarti, non c’era bisogno che tu facessi il despota, l’avevi già spaventata abbastanza prima con la tua simpatia >>

<< Non le ho neanche rivolto la parola >>

<< Beh, allora immagino che sia bastato il tuo asp- >>

<< Nora, basta! >> la interruppe Tarìc << non ti ho permesso di entrare per insultare i presenti>>

Lei sospirò, ma era un sospiro molto più simile a un ringhio e Tarìc capì che Neithel avrebbe dovuto fare i conti con qualche altra vendetta da parte di Nora.

<< Quelle ragazze saranno un problema >> affermò Ismene a sorpresa molto più seria di quello che si sarebbe mai aspettato in quella circostanza.

<< L’ho visto anch’io >> confermò Aaren alludendo chiaramente a una visione di cui il re non era stato informato.

<< Cosa? >>

<< Guerra >> rispose la donna << Non so perché e non so quando, ma l’ho vista mentre la ragazza mi guariva. Non ho idea di quale possa essere il motivo, mi dispiace. Credo solo che, se è stata una di loro a provocarci la visione, potrebbero esserne la causa >>

<< Qualche riferimento temporale? >> chiese Tanet già pronto a scattare.

Ismene scosse la testa ma Aaren rispose deciso << Di sicuro non a breve >>

<< Dobbiamo tenerle perché altrimenti ci muoverebbero guerra, perché ci aiuteranno in una guerra che verrà per altri motivi,  o la vostra visione indicava che tenerle ci porterà la guerra? >> chiese Nora al vecchio Aaren

<< Non lo so >>

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-Irmelin-

 

Quella sera sistemarono le loro cose nelle stanze che il re aveva concesso al loro ordine.

La loro era spaziosa e con una buona vista sul fiume. Non che i panorami fossero importanti per lei, ma aveva sentito la stupida di Wanda lamentarsi di avere un muro orribile proprio a un paio di metri dalla finestra della sua stanza e non aveva potuto non gioire quando aveva visto che loro avevano proprio il tipo di vista che le oche desideravano. Si sentiva come se avesse vinto una gara con loro e il pensiero che qualche nobile avesse deciso che le stupide non la meritavano e loro sì, la riempiva di orgoglio.

Probabilmente era stata una scelta del tutto casuale affidata a qualche inutile servo, ma lei avrebbe continuato a pensare che quella stanza era un dono del re, della nobile Ismene o di suo marito per quello che Selyan aveva fatto per loro, del comandante delle guardie che si era innamorato di lei, o del re che trovava simpatica Elydet e aveva deciso di provare a conquistarla regalandole ogni giorno l’alba e il tramonto sulle acque del Grande Fiume.

In realtà, quello che le dava maggiore soddisfazione in assoluto era pensare che la stanza orribile fosse stata data di proposito alle sue compagne, magari anche con la speranza da parte del re che ci finisse Keira.

Poteva decisamente ritenersi soddisfatta.

<< Siamo state fortunate >> annunciò fiera alle sue compagne di stanza

<< Puoi dirlo forte! >> le rispose Elydet << Non mi sarebbe piaciuto finire in camera con Thanee. A casa andava in giro per il tempio mentre dormiva, avrei passato le notti nella paura di trovarmela addosso! >>

<< Non è Thanee il peggio che ci poteva capitare, Ely! >> la corresse prima di rendersi conto che Selyan era stranamente silenziosa, seduta sul suo letto e intenta a fissare il suo baule piuttosto che mettere in ordine le sue cose << Tu vuoi smetterla di fare quella faccia? Poteva andare peggio anche a te! >> le urlò

<< Io ancora non capisco quale sia il suo problema >> sbottò Elydet << Non vuoi dormire con noi perché Irmy russa come un orso in letargo? >>

Elydet fu troppo lenta per evitare la veste che Irmelin le aveva lanciato dopo le sue parole e la prese in piena faccia.

<< Sel, potevi finire a dormire con Keira, te ne rendi conto?! >> poi scoppiò a ridere pensando alla lunga lista di difetti che aveva immaginato negli anni pregando la Dea che fossero veri << Secondo me di notte parla, va in giro per la stanza e scommetto anche che le puzzano i piedi >>

Ma Selyan rimase seria  << Preferivo dormirci piuttosto che farci lezione >>

<< Non mi hai ancora detto chi è il vostro maestro >> la informò Elydet.

Selyan fissò la sorella ancora più abbattuta di prima  << Secondo te chi poteva essere? >>

Irmelin non smise di ridere. Effettivamente capiva lo sconforto di Selyan e decise di risparmiarle almeno di informare la sorella << Sel e Keira prenderanno lezioni da Sua-sgarbatezza-il-braccio-destro-del-re >>

Elydet lasciò cadere quello che aveva in mano, qualunque cosa fosse << Il nobile Neithel? Cos’ha che non va? >>

<< Il tuo divinissimo re ha strani gusti in fatto di amicizie. Tua sorella ha paura di quel tizio e, secondo me, è antipatico come una spina in un piede il giorno della processione per la Dea. Farei anch’io quella faccia se sapessi di doverlo sopportare tutti i giorni per due anni >>

<< Ma dai, Irmelin! >> le Elydet urlò indignata << Il Sommo non sceglie i funzionari di corte a caso e di certo non potete giudicare così male una persona che non conoscete, vergogna! >>

<< Io dico solo quello che penso e sono contenta di non essere al posto di tua sorella >>

<< Ripetimi da chi prenderai lezioni tu, per favore >> la implorò Selyan con i gomiti sulle ginocchia e il viso poggiato sulle mani. Irmelin non poté non pensare che poter ridere della sua tristezza, finalmente provocata da qualcosa di stupido, era un altro piccolo regalo di quel nuovo regno

<< Per la millesima volta: io e Elydet siamo nello stesso gruppo, di ben dieci persone, sotto la guida della nobile Ismene >> annunciò felice.

<< Ma perché voi dieci e noi due? >>

La risposta arrivò da una Elydet sognante al punto tale che Selyan non ebbe dubbi sul fatto che la spiegazione venisse dal re in persona << Siamo state tutte scelte in base alle nostre capacità e noi sembriamo più predisposte alle capacità della Nobile Ismene >>

<< Sorellina, stai di nuovo sognando il re ad occhi aperti? >> chiese Selyan.

<< Sì! Lo ammetto. Ora vado a letto così lo sogno per bene. 'notte a tutte! >>

Dopo una risposta del genere, capì che c'era ben poco da fare: Elydet era cotta fino in fondo del re.

<< Le altre idiote che fine faranno? >> chiese Selyan sempre più sconsolata.

<< Tutte insieme a lezione con il marito della nobile Ismene. Credo si chiami Olen o qualcosa del genere. L’hai mai visto? >>

<< No, non so chi sia >> ammise lei prima di passare la domanda a sua sorella << Ely, tu sai chi è? >>

<< No e ti ho detto che voglio dormire. Non disturbarmi, Sel. Devo sognare il re e ogni minuto che passo a rispondere alle tue domande lo tolgo ai miei sogni. Buonanotte e dormi bene >>

Irmelin sbuffò divertita, cominciava seriamente a pensare che stesse diventando un’ossessione pericolosa quella di Elydet

<< Buonanotte, Sel >>

 

<< Non ho sonno >> protestò lei sdraiandosi sul letto senza neanche coprirsi.

Irmelin sciolse il laccio che reggeva i suoi capelli, spense la candela che illuminava la loro nuova camera e coprì la sua amica  << Non puoi affrontare un maleducato come quello insieme alla stupida imbecille di Keira senza dormire e, meno che mai, con il raffreddore o la febbre. Se farai brutta figura con la capra stupida, ti toglierò il saluto, chiaro? >>

<< Come vuoi >>

Nel giro di mezz'ora, sentì il ronfare beato di Elydet e non tardarono ad arrivare anche i singhiozzi soffocati di Selyan. Non l’avrebbe neanche sentita se la Dea le avesse mandato il sonno. Selyan aveva imparato anche a piangere in silenzio ormai pur di non avere nessuno intorno a dirle cose senza senso che non le avrebbero risollevato il morale, né le avrebbero concesso il diritto di piangere in pace.

Ma come lei aveva imparato a piangere in silenzio, Irmelin aveva imparato a fingere di dormire con tanto di respiro pesante.

Quel regno doveva rimettere le cose a posto, dannazione!

Le loro stanze erano vicinissime a quelle del re e dei nobili, forse per averle sotto controllo.

Aveva capito subito che non era una corte di stupidi quella che le aveva accolte.

Dalia aveva mentito più volte sul vero motivo del loro arrivo in quel palazzo e aveva convinto il re che avevano bisogno di restare il tempo necessario ad imparare ad utilizzare al meglio i loro poteri per riconquistare la loro terra. Lui aveva promesso anche che in due anni sarebbero state pronte, ma il nobile Tarìc non poteva neanche sospettare che, al termine del periodo da lui fissato, non sarebbero andate via. 

La loro terra era in mano ai nemici, devastata e distrutta.

Non avevano un posto dove tornare e non avrebbero combattuto nessuna guerra per l’isola.

Se non le avessero uccise i soldati, le avrebbe linciate il popolo stesso per vendicare la loro fuga. Non potevano tornare.

Forse nessuno sapeva la verità su quella guerra, ma lei era stata coinvolta troppo da vicino per ignorarla.

Se Selyan avesse anche solo sospettato quanto si era sporcata le mani in quei tempi di tradimenti e raggiri… non voleva pensarci.

Nella migliore delle ipotesi, la figlia del generale avrebbe perso il controllo delle sue azioni e l’addestramento che suo padre le aveva impartito per difendersi in guerra l’avrebbe spinta a ucciderla prima che avesse il tempo di scusarsi con lei.

Scuse… quali scuse potevano esistere per quello che le aveva fatto?

Neanche passare la vita a cercare di salvarla sua dalla follia e dal baratro nero della tristezza era abbastanza per ripulire la propria coscienza.

Eppure era stata costretta a farlo…

Irmelin sospirò prima di rendersi conto che non poteva permettersi quei pensieri se doveva fingersi addormentata. Non poteva permettersi di piangere, ma poteva giurare a quella Dea che era stanca di servire, che si sarebbe vendicata per quella situazione.

Doveva farla pagare alla persona che aveva distrutto le loro vite.

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Capitolo 8
*** 7.Funzioni straniere ***


7. Funzioni straniere

 

-Elydet-

 

Elydet era abbastanza soddisfatta del suo aspetto quella mattina.

I capelli erano ben spazzolati, la veste era una delle migliori che aveva e, come sempre, era in anticipo sulle due confusionarie che divedevano la camera con lei. Ormai erano due settimane che prendevano lezione dai nobili funzionari del Divino, la loro vita procedeva senza mancanze o privazioni che, nonostante le condizioni del regno, il Sommo si impegnava a non far gravare su di loro, ma sua sorella e la sua amica avevano comunque qualcosa per cui lamentarsi.

<< Dai, Irmy, ti prego >> pigolò Selyan implorando << Io sono venuta al tempio con te la settimana scorsa, oggi tocca a te venire con me. Non puoi lasciarmi sola con Keira di nuovo! Già a lezione è insopportabile, mi ruba le cose, mi macchia i fogli per non farmi leggere quello che c’è scritto e risponde alle mie domande facendomi sembrare  più incapace di quello che già sembro da sola. Non puoi abbandonarmi così! >>

La discussione andava avanti ormai da una buona mezz’ora e nessuna delle due era pronta per uscire. A volte Elydet si chiedeva chi fosse realmente la più grande in quella camera.

Era il giorno settimanale dedicato alle “funzioni religiose in tempio straniero”, come lo definiva Irmelin. Il Nobilissimo, Stupendissimo, Sovrano  aveva stabilito che, oltre alle lezioni e alle funzioni di Dalia, le ragazze avrebbero dovuto seguire almeno una volta a settimana una delle loro funzioni.

La Vecchia, nella sua immensa stupidità, aveva provato a  protestare dicendo che non aveva senso che seguissero le funzioni dedicate a un Dio che non conoscevano, ma Il Figlio dell’Intelligenza era stato irremovibile e l’aveva zittita dicendo che, se proprio volevano ostinarsi a restare ignoranti sulla religione del regno che le ospitava, potevano almeno cogliere l’occasione per imparare al meglio la loro lingua ascoltando parole che non erano di uso comune nella vita quotidiana.

Era assolutamente intelligente oltre ogni limite.

<< Se ti fa i dispetti è colpa tua che non hai ancora imparato a sputarle in faccia e prenderla a schiaffi ogni volta che il vostro nobile e pomposo insegnante si gira dall’altra parte >> le rispose Irmelin seria prima di cominciare a urlare  << Stiamo parlando della mia nemica giurata! Non puoi chiedermelo! La scorsa settimana ti ho trascinato con me, è vero, ma c’era tua sorella seduta accanto a noi e sei stata ben felice di lasciare sola Keira, se non ricordo male. Tu mi vuoi portare nella fossa dei leoni senza motivo! >> sbottò imbronciata.

<< Lo so, ma non posso non andare neanche a una funzione da quelle parti. Ti giuro che non te lo chiederò mai più e dalla prossima volta andrò da sola. Per favore! >>

<< Perché non vuoi venire con noi? >> chiese esasperata la sacerdotessa del vento << Il re ha detto che non gli importa in quale tempio andiamo purché si segua almeno una delle loro- >>

<< Il Divino >> la interruppe Elydet  per spiegare a tutte e due per la centesima volta il motivo del suo fermo rifiuto < >

<< Cosa vuoi che importi al re di tua sorella? >> chiese Irmelin sempre più arrabbiata.

<< Il suo insegnante si lamenterà con lui e Il sovrano ha già tanti pensieri essendo a capo di un regno che ha subito la sventura da poco. Non è il caso che anche noi gli diamo preoccupazioni, Povero Figlio del creato in difficoltà >>

<< Allora, vai tu con lei >> la sfidò Irmelin.

<< Ti ho appena detto che non intendo dare preoccupazioni al re andando nel tempio sbagliato. Ovvio che non ci vado! >> disse Elydet irremovibile.

Per sua sfortuna, Elydet si era lasciata sfuggire un dettaglio che alla sacerdotessa del vento non era sfuggito << Ieri abbiamo sentito Lina raccontare alla sua stupida amica, vacca dai capelli rossi,  che aveva visto il re al tempio della nobile Ismene. Io credo che sua maestà cerchi di fare la sua presenza in entrambi i templi, non credi? Questa settimana non ha ancora avuto occasione di presentarsi al tempio della Guarigione, quindi la logica suggerisce che... >> le suggerì lasciando a metà la sua frase.

Il cervello Elydet si bloccò come se fosse stata appena colpita da un fulmine.

 Poteva andare nel tempio sbagliato pur di vederlo?

Poteva rischiare di farlo arrabbiare pur di passare una buona mezz’ora a contemplarlo ?

Ma il Perfettissimo non poteva arrabbiarsi per così poco e, sicuramente, aveva il pregio del perdono e della tolleranza verso gli errori che non arrecavano danno a nessuno

<< Sel, ti accompagno io! >> urlò all’improvviso << Tu puoi andare, Irmelin, grazie, non ci servi. Sel, ti voglio pronta tra un minuto. Se in quel tempio comanda il braccio destro della Divina Luce, allora il re andrà sicuramente lì stamani e noi non possiamo arrivare in ritardo e fare brutta figura davanti ai suoi regali occhi. Sbrigati! Ti concedo un minuto di tempo per vestirti, e sono già magnanima! >> tagliò corto spazzolandosi di nuovo i capelli e controllandosi allo specchio.

Sua sorella era ancora immobile con la veste in mano e mille pensieri, sicuramente inutili, per la testa. Come doveva farle capire che non voleva fare tardi?

<< Sto aspettando >> le ricordò con le mani sui fianchi.

Finalmente si arrese sospirando e cominciò a collaborare << Irmy, hai vinto, vado con Ely >>

<< Certo, come se potessi andare da sola in mezzo a quel branco di lupi famelici >> commentò Irmelin acida << Ma me la pagherai, Selyan >>

Quando finalmente riuscì a trascinarle al tempio, scoprì che Keira era già seduta su una delle panche più vicine all’altare. Il fatto che oltre a lei ci fossero solo una decina di persone la tranquillizzava, non erano in ritardo, ma sapere che Keira era arrivata prima di loro le fece ribollire il sangue nelle vene dalla rabbia. Era tutta colpa di quelle due!

<< La vecchia ha lasciato sola la sua cara nipotina? Secondo voi ha paura che il Nobile-ombra-antipatica-del-re la maltratti anche nel mezzo di una funzione sacra? >> chiese Irmelin ridacchiando.

Da quando Selyan tornava ogni girono dalla lezione lamentandosi degli insulti e dei rimproveri che riceveva, Irmelin aveva allungato la sua lista di appellativi improbabili per il nobile Neithel. Elydet non lo trovava giusto. Irmelin sapeva benissimo che l’intelligenza di sua sorella era discutibile, più che mai negli ultimi tempi. Non aveva senso insultare i funzionari del Sommo rischiando che qualcuno le sentisse e… non riusciva nemmeno a immaginare il dispiacere e il disappunto sul perfettissimo viso mentre le sgridava per aver mancato di rispetto a un suo funzionario. Doveva assolutamente farla smettere

<< Irmy! Non dire assurdità per favore, qui rimbomba tutto >> la implorò Selyan in uno dei suoi rari lampi di furbizia subito distrutto dalla domanda successiva << Secondo voi dove dobbiamo sederci? >>

<< Ovviamente avanti >> rispose Elydet senza neanche fermarsi << Non sono venuta fino qui per vedere il re da lontano. Mettiamoci dietro Keira >>

<< Sei impazzita?! Che idea malata è questa? >> sbraitò Irmelin senza curarsi di rispettare il silenzio di quel posto.

<< Irmy, non gridare qui dentro. Il Sommo potrebbe offendersi se profani i suoi templi sacri >> la sgridò la più piccola prima di spiegarle quello che aveva in mente << I posti più avanti, da queste parti, sono riservati alle alte cariche. Non so se Keira abbai stupidamente occupato anche la scorsa settimana una delle prime panche perché si ritiene pari ai nobili di questo regno, ma non possiamo dimostrare agli altri che noi sappiamo come comportarci e non l’abbiamo avvertita. Meglio far credere a un errore involontario di tutte, non vi pare? >>

Selyan non era convinta << Perché se restassimo sul fondo la gente non potrebbe pensare che lei ha ignorato la buona educazione di sua volontà? >>

<< Ti ho già detto che sono venuta qui per vedere il re da vicino, o sbaglio? >> chiese Elydet scocciata << mi serve una scusa plausibile, Selyan. Andiamo a sederci e basta discutere >>

Raggiunsero la loro indesiderata compagna e si sedettero in silenzio sulla panca dietro la sua.

<< Voi tre vi muovete sempre in gruppo come le pecore? >> chiese Keira senza neanche degnarsi di girarsi per parlare con loro.

Non risposero alla domanda, ma si udì il chiaro bisbiglio di Irmelin << Sel, me la paghi. Ti giuro che me la paghi >>

<< Zitte adesso >> ordinò di nuovo prima che le altre due inveissero contro la nipote della Somma Sacerdotessa ricevendone solo guai da Dalia e dal Potente Sovrano.

Keira ridacchiò alle parole di Elydet, ma lei non diede segno di aver sentito e le altre due si distrassero fissando qualcosa su un lato dell’ immensa sala.

Meglio così. Finchè guardavano le rifiniture del tempio non potevano creare problemi e, se il Figlio di Dio le avesse viste in quelle circostanze, non avrebbe potuto che essere orgoglioso del fatto che i suoi templi erano ammirati dalle straniere. O almeno, così sperava Elydet.

Tutto lì sembrava di alto pregio, le rifiniture delle statue di marmo bianchissimo che risaltava sul colore scuro delle pareti, i decori sui muri sembravano addirittura d’oro e le vetrate erano tra le più colorate che avesse mai visto. Era un posto assolutamente unico, a parere suo, ma le metteva addosso un senso di inquietudine che non sapeva spiegarsi. Era come se si sentisse fuori posto lì dentro. Decisamente, il Grande Re aveva scelto bene il posto adatto a lei, e non era quello.

Irmelin però non guardava le rifiniture e l’architettura, avrebbe dovuto aspettarselo. Guardava attentamente la schiera di uomini misteriosamente avvolti nei loro mantelli scuri immobili lungo la parete laterale. Sembravano statue scolpite nella dura pietra da quanto erano fermi.

Non era neanche sicura che respirassero. Avevano tutti un pesante cappuccio scuro sulla testa abbassato fino a coprire anche il viso, le braccia erano incrociate e le mani sparivano all’interno delle maniche. Niente di quegli uomini era visibile.

La gente continuava a entrare nella grande sala, ma nessuno si curava di loro e loro altrettanto. Restavano fermi al loro posto invisibili a tutti tranne a Irmelin e, purtroppo, anche a sua sorella.

<< Smettete di guardarli >> sibilò decisa.

<< Chi sono? >> chiese Irmelin.

<< Rinnegati >> rispose Selyan << La gente li chiama incappucciati. Sono peccatori con gravi crimini sulla coscienza che hanno chiesto protezione al tempio >>

<< Farabutti?! >> chiese lei incredula.

<< Basta! >> si intromise di nuovo Elydet cercando di non farsi sentire dalla gente intorno.

<< Sì, Irmy, si coprono così per nascondersi agli occhi della gente e degli Dei. Credo restino in questo tempio per dare al Dio la possibilità di guarire la loro anima. Non ricordo la spiegazione precisa >>

<< Sei proprio stupida, Selyan >> si intromise Keira voltandosi verso di loro << Non riesci neanche a ricordare le funzioni del tempio governato dal tuo insegnate. Mi vergogno per te >>

Un coro di voci femminili accompagnato da chissà quale strano strumento musicale cominciò a cantare costringendo Keira a girarsi dal lato giusto e togliendo a Selyan la possibilità di risponderle a tono, ma non fu sufficiente a coprire il bisbiglio di Irmelin

<< Ti giuro che pagherai per avermi costretta a sopportarla più dell’inevitabile >>

<< Cosa devo fare per farvi stare zitte? >> bofonchiò Elydet con un’occhiataccia << Devo ripetervi come funziona se qui ci sono lamentele? Fate silenzio. Non voglio che il Potente si lamenti di noi >>

<< O di te? >> la prese in giro Selyan.

<< Per mia sfortuna, sono sempre con voi, quindi la vostra vergogna è la mia vergogna. E adesso state zitte >>

Irmelin si girò di nuovo dalla parte degli incappucciati, sicuramente, più per evitare di incrociare lo sguardo di sua sorella e scatenare  nuove chiacchiere, che per guardare la fila di statue viventi e Selyan si concentrò attentamente sulle venature dello schienale della panca davanti alla loro. Forse poteva ritenersi soddisfatta e tirare un sospiro di sollievo.

<< Posso sedermi accanto a voi? >> chiese una voce all’improvviso.

Irmelin si spostò con malgrazia tirandola per una manica mentre lei non riusciva a credere ai suoi occhi << A… a… altezza… >>

<< Ho fatto tardi >> le rispose il Figlio della semplicità.

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-Selyan-

<< Ma… perché… perché… >> la Elydet non riusciva a fare altro che balbettare guardando il trono sull’altare dove, secondo i suoi piani, avrebbe dovuto sedersi il re

<< Davanti a Dio, il re non vale nulla, Elydet >>

Selyan rimase stupita da quella frase.

Era la verità o voleva controllarle di persona perché nessun altro si era preso la briga di farlo?

Ne avrebbe parlato con Irmelin una volta in camera loro, e magari anche in assenza di sua sorella.

Cercava disperatamente di seguire quello che accadeva sull’altare.

Ci provava, ma non sopportava più quel tipo di cose. Le funzioni religiose non avevano più il potere di catturare la sua attenzione da tempo, ormai.

Irmelin le tirò un lembo della veste e le indicò Keira con un cenno della testa.

Sembrava non perdere una parola di quello che dicevano o facevano, cosa aveva di strano?

Eppure, l’occhiata esasperata di Irmelin era quella che le lanciava ogni volta che si lasciava sfuggire qualcosa di ovvio e ridicolo.

Uno strano profumo la distrasse dal mistero dell’interesse spropositato di Keira.

 Che accidenti usavano da quelle parti? Perché le bruciavano gli occhi?

<< Perché la Vecchia non ha mai usato una cosa così profumata? >> chiese Irmelin stupita.

Stava per risponderle qualcosa, ma si rese conto che le bruciava anche la gola.

Non voleva tossire e fare rumore davanti a tutti. Avrebbe finito per attirare l’attenzione di nuovo. Forse poteva ignorarlo e aspettare con pazienza che passasse.

Qualcuno da qualche parte aveva cominciato a suonare quella che era quasi sicura fosse un’arpa e fu un coro maschile a cantare questa volta.

Irmelin capì prima che lei si rendesse conto di quello che stava accadendo, la prese per un braccio trascinandola fuori da quella sala e lasciando Elydet a bocca aperta accanto al re.

Nonostante la lunghezza assurda della navata che avevano dovuto attraversare, erano arrivate fuori dalle porte in un attimo

<< Mi ha dato fastidio quell’odore >> si giustificò lei cominciando a tossire finalmente libera.

<< Alla gola, forse >> la corresse Irmelin asciugandole il viso con la manica della sua veste.

<< Anche agli occhi >> insistette lei allontanandola.

<< Questo possiamo raccontarlo a tutti gli altri e possiamo anche usarlo come scusa per non tornare più lì dentro >>

<< Come l’hai capito? >> le chiese più triste che sorpresa << Io credevo di averlo solo immaginato >>

<< Ehi, credi di essere l’unica con un buon orecchio da queste parti? Comunque, anche io credevo di aver solo immaginato di dover odiare quel maledetto nobile e invece lui è insopportabile e il suo tempio porta sfortuna. Avrei anche scommesso una vita di schiavitù sul fatto che fosse stonato, dannazione! >>

Irmelin cercava di distrarla come sempre e di tirarle su il morale con qualche stupidaggine. Doveva cercare di calmarsi.

<< Forse abbiamo sentito male, non era poi così simile, forse… >>

Ma la sua amica interruppe le sue assurde congetture << Dalla prossima volta vieni con noi e non discuti. Solo per un po’ >>

Annuì incapace di rispondere per via della tosse e della tristezza che non voleva abbandonarla << Secondo te quanto dura? >>

<< Non ne ho idea, ma possiamo aspettare Ely sedute sul bordo di quella fontana all’ombra se non muori soffocata nel frattempo >>

Accettò la sua proposta. Irmelin chiacchierava di quanto faceva caldo in quel regno, di quanto avesse cercato ovunque un uomo che rispettasse i suoi ideali e tante altre cose. Selyan sapeva che lo faceva per cercare di distrarla da quello che era successo.

Non era giusto che si desse sempre tanta pena per lei  << Calmati, Irmy. Sto bene >>

<< Oh, non direi proprio! Vorrei chiederti come funziona la questione degli impalati al muro lì dentro, ma non credo che riusciresti a fare un discorso completo con quella accidenti di tosse. Appena arriviamo a palazzo cerchiamo qualcuno che sistemi le cose >>

<< Io spero passi prima >>

<< Mmm… ne dubito fortemente. Sei più rossa di tua sorella quando ha visto il re sedersi accanto a lei >>

Riuscì a farla ridere e tossire ancora di più.

Per sua fortuna non passò molto tempo prima che la gente cominciasse a uscire e dopo decine e decine di facce sconosciute spuntò quella di sua sorella.

<< Ely! >> chiamò Irmelin agitando le braccia in aria per farsi vedere mentre le andavano incontro.

Lei parlava con il suo re e non diede il minimo segno di averle sentite. Keira era dall’altra parte del sovrano in silenzio e con aria assassina.

<< Selyan, va tutto bene? >> chiese il re guardandola. Doveva avere ancora gli occhi lucidi e le guance arrossate a giudicare dal caldo che sentiva sul viso e dalle immagini sfuocate che vedeva.

<< Mi dispiace per essere andata via così, Vostra Altezza. Non volevo mancare di rispetto al vostro Dio, né alle vostre funzioni religiose. Credo di avere una forte allergia a qualcosa che hanno usato >>

<< Capsico. Mia madre aveva lo stesso problema, anche se più lieve. Scusate, devo andare adesso >> tagliò corto raggiungendo un paio di guardie dall’altro lato della strada e incamminandosi con loro.

<< Le trovi proprio tutte per farti vedere. Non ti vergogni? >> sibilò Keira.

<< Di stare male? >> chiese Selyan contrariata.

<< Sei ridicola >> commentò la rossa prima di girare la sua altezzosa testa e camminare lungo la strada a naso alzato come solo lei e sua zia sapevano fare.

Selyan era rimasta allibita da quella scena e non aveva ancora ripreso l’uso della parola mentre Irmelin sputava insulti a più non posso.

<< Stupida, pomposa, maledetta, idiota- >>

<< Irmy >> la fermò Elydet acida << basta, Keira ha ragione >>

Selyan e Irmelin restarono di sasso << Cosa?! >>

<< Mi ha rubato le ultime parole del Re! È un ingiusta traditrice! >> urlò contro sua sorella << Perché non siete andate via da qui?! Ero la persona più felice del mondo! Sarei tornata al palazzo con lui, accidenti! Siete due maledette impiccione guastafeste! >>

Un attimo di silenzio seguì le urla di Elydet prima che Irmelin sbuffasse divertita << Sembri Dalia >>

<< Non prendermi in giro! >> sbottò incamminandosi nervosamente verso il palazzo mentre le altre due cercavano di raggiungerla.

<< Dai, Ely! >> Implorò Irmelin al posto suo << Ti abbiamo lasciata con il Divinissimo Potentissimo accanto, dovresti ringraziarmi per aver portato via tua sorella >>

La ragazza fermò la sua marcia per girarsi a urlarle contro con tutta la sua rabbia << Ringraziarti?! Tutti ci hanno guardato per tutta la funzione e lui non si avvicinerà più a me adesso! Vi odio con tutte le mie forze! >>

<< Eravate una bella coppia >> commentò Selyan tra un attacco di tosse e l’altro.

Elydet rimase così stupita da quello che aveva detto sua sorella che, per un attimo, si fermò a guardarla a bocca aperta << Cosa… cosa hai detto? >>

Irmelin annuì << Ha ragione. Eravate una coppia perfetta. Per prima cosa, sei dell’altezza giusta per lui e poi- >>

<< Altezza? >> la interruppe Elydet  << Da quando una donna si giudica in base all’altezza? >>

<< Da quando fa coppia con il re, stupida >> la insultò la sacerdotessa del vento << Lasciami parlare: la moglie del re non può essere più alta di lui, è fuori questione. Il re non ha molte possibilità di correre questo rischio, ma- >>

<< Irmy, lui è l’altissimo! devo ricordartelo? >>

<< Se non mi lasci parlare, ti arrangi. E tu smetti di tossire una volta per tutte! >> aggiunse rivolta a Selyan che aveva anche smesso di camminare ed era di nuovo piegata in due senza fiato.

<< Proprio perché è l’altissimo >> riprese Irmelin << non può avere accanto una donna più alta e neanche alta quasi quanto lui. Ma, d’altra parte, non può neanche avere accanto una donnina minuscola e insignificante. Sua moglie sarà regina, maledizione, non può essere gracile e piccola. Una regina è… maestosa >>

Voleva assolutamente dire a tutte e due che probabilmente era il tipo di comportamento che cercava di avere Keira poco prima, ma la tosse le rese quasi impossibile parlare

<< Keira? mi hai paragonata a quella racchia? >> chiese Elydet sempre più arrabbiata.

<< Sel, devi farti vedere da qualcuno >> le disse Irmelin riprendendo a camminare tirandola per un braccio << Quella cosa ti ha dato al cervello. La racchia non ha niente di paragonabile a nessuna di noi persone normali. Hai visto come stava impalata sulla panca? Sembrava che qualcuno le avesse legato un palo alla schiena. E poi ha sempre quel maledetto naso al vento. Perché lei non si è intossicata come te? >>

La risposta arrivò da Elydet << Forse perché era troppo persa a guardare qualcuno per ricordarsi di respirare >>

<< Te ne sei accorta! >> esultò Irmelin << Ho cercato di farlo notare a tua sorella, ma non c’è stato verso e tu, nonostante la distrazione del re vicino, te ne sei accorta? Sei il mio idolo personale >>

<< Distrazione e Re non possono stare nella stessa frase, Irmy! Comunque, se ne sono accorti tutti. Era impossibile non notarlo >>

Ma per Selyan era ancora un mistero incomprensibile << Chi guardava? >>

<< Ely, secondo te, la nobile Ismene riesce a farla tornare normale? Credi che possiamo andare da lei? >>

<< Irmy, mia sorella è così da sempre, non dire stupidaggini. Non esiste nessuno sulla faccia della terra in grado di farla diventare una persona normale >>

<< Nora! >> urlò Selyan per interrompere la conversazione anche se non riuscì a dire altro.

<< Ragazze! Ecco perché non vi ho visto stamani. Tarìc mi ha detto… Selyan, stai peggio di quello che credevo >>

Si affrettò a negare scuotendo la testa.

<< Perché sei andata lì dentro? >> chiese ancora la nuova arrivata << Neith non ti ha detto di stare lontana da quel posto? Dopo la sera in cui ci siamo conosciute, non può non aver capito che sei allergica a quella pianta. Una persona per bene ti avrebbe avvertito >>

Scosse la testa di nuovo senza riuscire a parlare.

<< Per quel che ne so, le ha detto il contrario >> le rispose.

<< Quello stupido! Tieni, ho io quello che ti serve >> le disse frugando nella sua borsa <>

<< Il re? >> chiese Elydet raggiante di felicità.

Nora le passò una boccetta piena di un liquido del colore del miele prima di rispondere a sua sorella << Tu devi essere Elydet del fuoco, giusto? Ti ho vista qualche volta in giro, ma non ci siamo mai presentate >>

<< No, infatti. Loro mi hanno parlato di te, ma non abbiamo mai avuto l’occasione di presentarci di persona >>

Selyan bevve l’intruglio che le aveva gentilmente portato l’amica del re. Diversamente da quanto si aspettava, non era cattivo. Sapeva di miele e qualcosa che non riconobbe, ma ebbe effetto immediato e tornò a respirare senza problemi in pochi secondi.

<< È la seconda volta che mi salvi, Nora. Mi sdebiterò mai con te? >>

<< In realtà sono quasi io a doverti ringraziare per la soddisfazione di veder impazzire quel maledetto antipatico >>

<< Ma… perché lo insulti così ? >> chiese Elydet confusa.

Sua sorella sembrava abbattuta e Nora aveva espressione che a Selyan avrebbe sembrava paura, ma non ne capì il motivo.

<< Per una lunga serie di dispetti che mi è toccato subire >> rispose l’amica del re in tono distaccato e composto.

Lei non poteva capire Nora, ma poteva capire benissimo sua sorella: era delusa come se le avessero appena detto che il re di cui era tanto innamorata, in realtà era una persona orribile circondata da persone ancora più orribili di lui.

<< Ely, se l’uomo più fidato del re è una brutta persona, non vuol dire che lo sia per forza anche lui. Forse è solo un magnanimo sovrano che ha a cuore i propri parenti anche se scorbutici >>

Elydet si riprese in un attimo << Indubbiamente è così, Selyan. Smetti di dire ovvietà! >> la sgridò offesa per la possibilità che Nora avesse capito della sua cotta, ma rincuorata dal fatto che il re era davvero la persona stupenda che credeva.

<< Ma certo che è così! >> intervenne Nora << E poi sono io la persona di cui Tarìc si fida di più in assoluto, o non avrebbe mandato me a cercarvi >>

<< Ti ha mandato il re?! >> chiese Irmelin stupita.

<< Mi ha detto quello che le era successo e- niente scusate >>

<< Cosa!? >>  chiese Elydet prima di riuscire a fermarsi << ti ha detto che l’ho importunato per tutta la funzione? >>

<< No, mi ha detto solo che aveva notato qualcosa di strano nella vostra compagna >>

<< Keira? L’ha capito anche lui?! >> lo stupore di Irmelin era quasi palpabile proprio come il suo desiderio di sentire una delle persone importanti del palazzo che insultava la sua peggiore nemica. Doveva fermarla prima che esagerasse.

<< Cosa? >> chiese Nora.

<< Che esiste >> rispose Selyan tagliando corto e provocando la risata soddisfatta di Irmelin che la abbracciò anche urlando << È tornata normale, Nora, grazie! >>

<< Figurati >>

<< Cosa ti ha detto di quella scimmia? >> Irmelin aveva gli occhi luccicanti di quando si emozionava. Sicuramente stava sperando in un insulto coi fiocchi da parte del re per Keira.

<< Irmy, lascia stare, facciamo tardi da Dalia >>

<< Noi non andiamo da Dalia >> sbottò la sacerdotessa del vento << Ti sei scordata che stai male? Ti hanno visto il re in persona e la sua migliore amica, mi sembra che tu abbia abbastanza testimoni per startene in camera tua e aver anche bisogno di me e Ely >>

<< Mi fai passare per moribonda senza motivo >> protestò.

<< Vuoi davvero affrontare la collera di quella capra stamani? >>

<< Collera? >> chiese confusa.

<< Nora, l’effetto di quella cosa va a ondate? Possibile che sia già svanito? >> domandò Irmelin tastandole la fronte per controllare che no avesse la febbre.

<< Era solo un lenitivo per la gola sinceramente >> rispose la ragazza dubbiosa mentre guardava la boccetta vuota che aveva in mano come se si aspettasse di trovarci dentro chissà quale risposta.

<< Non hai niente per lo stato di ubriacatura che quel diamine di profumo le ha provocato? >> insistette Irmelin.

<< Non so… posso controllare >>

<< Stai tranquilla >> si intromise Elydet << Irmelin esagera sempre e mia sorella sta benissimo. È solo dannatamente tarda nei ragionamenti >>

<< Tu andresti d’accordo con quell’impiastro, lo sai? >> disse Nora ridacchiando.

<< Keira?! >> urlò Irmelin spaventata e eccitata al tempo stesso dall’aver finalmente sentito un insulto.

<< Non conosco quella ragazza, parlavo di Neith. L’ho sentito dire la stessa cosa di Selyan >>

L’eccitazione svanì dal suo viso e fu sostituita dall’aria di rimprovero con le mani sui fianchi  e gli occhi stretti che le rivolgeva ogni volta che faceva una stupidaggine  << Una settimana di lezioni e ti sei già fatta riconoscere? Non ti vergogni? >>

<< Sono bastati due giorni perché si lamentasse con Tarìc, veramente >> la corresse l’amica del re.

<< Nora, mi stai facendo vergognare come compenso per avermi aiutato di nuovo? >> le chiese Selyan.

La ragazza si scusò ridendo e disse di dover portare a termine alcune questioni importanti. Selyan aveva la netta sensazione che fosse scappata da loro e dalle loro conversazioni, ma decise di non sollevare la questione. Non era il caso di parlarne in mezzo ai corridoi del palazzo.

<< Adesso posso sapere cosa ha fatto Keira? >> chiese mentre entrava per prima nella loro stanza e andava a sedersi sul suo letto.

<< Quella capra maleducata! >> sbottò Elydet prima di cominciare a borbottare la solita solfa sul comportamento scorretto che avrebbe potuto innervosire il suo intoccabile sovrano.

<< Di sicuro adesso tutta la nobiltà sa cosa sta tramando nella sua stupida testa >> sentenziò Irmelin prima di puntare un dito in faccia a Selyan << Tu devi andare a lezione domani! Cascasse il mondo, se anche tu fossi moribonda, devi andare! E poi devi raccontarmi tutto. Guarda attentamente la sua faccia mentre la sgridano, guarda bene la ruga profonda che le viene sulla fronte ogni volta che si vergogna e anche il labbro storto del risentimento mentre la insultano. Oh Dea! Posso andare alla tua lezione al posto tuo domani? Ti prego! >>

Non poté trattenersi dal ridere all’immaginare l’impaziente Irmelin a tenere testa agli insulti continui del suo insegnante. Avrebbe scommesso qualunque cosa sul fatto che Irmy avrebbe sopportato pazientemente senza ribellarsi pur di non perdersi un rimprovero all’odiosa nipote di Dalia. Avrebbe pagato anche con la vita per vedere l’umiliazione pubblica di Keira, ne era certa.

<< Come ha fatto a non capire che doveva cedere al re la panca più avanti?! La Dea non le ha dato cervello quando è nata >> commentò decisa.

<< Sel, tu non hai capito una cosa molto più ovvia di quella che non ha capito lei. Nessuno ha pensato al posto sulle panche! >> le urlò sua sorella << Sei senza speranza! >>

<< Non sei neanche lontanamente giustificabile dopo tutto questo tempo senza averlo capito >> commentò Irmelin << È innamorata persa! Per questo non ha visto il riccone accanto a lei offrire il suo posto al re e poi guardarla sdegnato perché non aveva fatto la stessa cosa proprio lei che era sul posto più esterno della panca >>

<< Innamorata? Di chi? >> chiese sorpresa.

<< Irmy, accidenti, non dirglielo! >> urlò Elydet mettendosi in mezzo a loro << Poi non riuscirebbe a far finta di niente, lo sai! Riderebbe di continuo, il nobile Neithel si arrabbierebbe e si lamenterebbe con il Sommo! È sempre la stessa storia, Selyan non deve in nessun modo farlo innervosire più di quanto non faccia con le sue scarse doti mentali, lo capisci o no!? >>

<< Io non capisco il nesso tra le due cose >> protestò Selyan prima che Irmelin perdesse la pazienza e le spiegasse la situazione.

<< Tu non capisci mai niente! Keira è innamorata del vostro maestro! >>

<< Ma Keira si innamora del primo che passa senza problemi >> banalizzò lei senza dare importanza alla cosa <>

Le risate di Irmelin riempirono la stanza prima che Elydet le interrompesse bruscamente con una domanda secca << Perché sei scappata? >>

<< Ely, scherzi? Stavo soffocando >> le chiese sorpresa dal cambio di umore improvviso di sua sorella

<< Sappiamo tutte e tre che potevi risolvere da sola la cosa, perché sei scappata? >> insistette.

<< Non posso guarirmi da sola, lo sai >>

Ma lei non si arrese e non ammorbidì il suo tono << Perché sei scappata? >>

<< Quante volte vuoi chiederlo? >> le chiese annoiata.

<< Finché non risponderai >>

Non poteva dirle la verità, non poteva ammettere quello che aveva solo pensato in quel tempio << Non si risolveva >>

La sua bugia fece esplodere sua sorella come mai si sarebbe aspettata << Prima mi rubi le attenzioni del re e poi non vuoi rispondermi! Vado da Dalia, voi fate quello che volete, tanto non mi considerate mai! >>

Doveva calmarla, anche se non sapeva proprio come, e tentò di essere sincera con lei << Ely, aspetta. Davvero, non so perché non ci riuscivo. Ci ho provato e poi c’era altro, hai ragione, ma… era una cosa stupida e mi vergognavo ad ammetterlo >>

<< Però lei lo sa! >>

Non sapeva affrontare la gelosia di Elydet, né la situazione che si era venuta a creare. Non poteva dirle quello che era successo, non poteva dirlo a nessuno, neanche a sé stessa. Era troppo.

Fu Irmelin a salvarla << Io l’ho capito prima di lei. Se non l’avessi tirata via, non sarebbe mai uscita da quella stanza e sarebbe scoppiata a piangere accanto al re. Mi è sembrata l’unica cosa da fare >>

<< Vuoi un applauso perché hai capito mia sorella prima di me? >> la provocò Elydet per niente interessata a quello che le aveva detto.

<< Uno di loro aveva la voce simile a quella di… beh, la sua >> spiegò Irmelin.

Non c’era altro da dire. Il silenzio nella stanza indicava chiaramente che Elydet aveva capito e a lei restava solo il compito di non farsi atterrare di nuovo da quel pensiero. Non davanti a sua sorella.

<< Ma non è vero, io non l’ho sentito >> protestò Elydet.

<< Ma io lo sento ovunque >> rispose lei lottando di nuovo con le lacrime che non volevano saperne di stare al loro posto.

<< Io ho avuto la stessa impressione, ho visto che guardava il coro con gli occhi lucidi e l’ho portata via >> si giustificò Irmelin cercando di chiudere la conversazione.

<< Sel, devi trovare una soluzione, non puoi scoppiare a piangere per niente >> la sgridò la sorella senza un minimo di pietà né comprensione << Non è che per noi sia semplice la situazione, sai? Anche noi abbiamo perso la nostra casa e la nostra famiglia. Devo ricordarti di chi sono figlia? Credi che non soffra per la morte di nostro padre? Credi che non mi manchi mia madre, Selyan? Stiamo tutte male, ma tu sei l’unica che da problemi >>

<< Io non- >>

Elydet interruppe la sua protesta svogliata urlandole contro con tutta la rabbia che non aveva mai sfogato con nessuno << Sai che la metà di noi ha perso almeno un familiare in guerra!? Ti sembra che- >>

<< Ti ho detto milioni di volte che non voglio parlarne! >> le urlò interrompendola << Lasciami in pace, se non riesci a sopportarmi e pensa ai fatti tuoi! >>

<< Certo, Selyan >> sbottò Elydet prendendo di nuovo la sua borsa dal letto dove l’aveva buttata entrando << Penserò ai fatti miei. Non vuoi sentirti dire che stai sbagliando e non vuoi capire che non sei l’unica che soffre. Continua pure a cercare di avere tutte le attenzioni del mondo, così forse il re si fermerà di nuovo a compatirti. Io vado dalla Somma Sacerdotessa come una persona per bene, voi continuate pure a ritenervi superiori alle altre. Ci vediamo a pranzo >>

*****************************

-Irmelin-

 

Irmelin le fu addosso prima che la porta sbattesse e Selyan si aggrappò a lei cercando di soffocare i singhiozzi << Era solo arrabbiata per la distrazione del re, Sel, non lo pensa davvero. Calmati >>

<< Ora… diranno… tutti… >>

<< Nessuno dirà niente. Non piangere così >>

Selyan non la ascoltò. Aveva bisogno di parlare anche se non ci riusciva.

<< Cerco attenzioni anche qui… che voglio… mettermi in mostra e invece… >>

I singhiozzi si fecero ancora più disperati e non riuscì a finire la sua frase, ma Irmelin sapeva benissimo cosa voleva dire: invece non voleva altro che vivere nell’ombra in modo che nessuno si accorgesse di lei.

Come aveva potuto essere così stupida sua sorella?

E lei come aveva potuto credere che sarebbe bastato distrarla con un paese nuovo per farle dimenticare tutto? Si era illusa come una stupida.

Ora che Elydet aveva distrutto il mondo in cui Selyan si era nascosta per tutto quel tempo, i singhiozzi erano venuti fuori con tutta la loro forza.

Come avrebbe fatto a calmarla?

Lei sapeva capirla, sapeva divertirsi con lei, sapeva farla ragionare, sapeva anche distrarla, ma non sapeva calmarla. Non aveva la minima idea di come fare e si sentiva tremendamente in colpa. Forse era questo il problema.

Il suo senso di colpa per quello che aveva fatto e non le aveva ancora detto le toglieva la possibilità di trovare le parole giuste?

Forse, molto più semplicemente, non esistevano le parole giuste per lei. Cosa avrebbe mai potuto dirle per confortarla?

Non esistevano parole per quello che era successo alla sua amica.

Ma lei decise che avrebbe fatto tutto il possibile per rimediare al suo errore.

Irmelin avrebbe seppellito il suo rimorso in fondo al cuore, lì dove aveva seppellito il desiderio di dirle quello che aveva fatto. Nessuno doveva saperlo.

Avrebbe seppellito tutto dove Selyan aveva seppellito la sua felicità, e avrebbe trovato la forza di andare avanti per tutte e due. Doveva trovarla da qualche parte.

Doveva essere quello scoglio che Selyan aveva perso e rimetterla in piedi. Per il suo bene, per il bene delle loro stupide compari, per il bene di quel regno che le ospitava

e anche per alleviare un po’ il senso di colpa che le attanagliava il cuore dal maledetto giorno in cui tutto era cambiato.

La sacerdotessa del vento aveva passato notti intere a pregare la Dea del loro ordine perché le desse una risposta prima, e una soluzione dopo, ma non le aveva mai risposto. Dubitava fortemente che il Dio di quel posto sarebbe stato migliore. Perché mai avrebbe dovuto dare ascolto a una straniera di un’altra fede? Non avrebbe trovato aiuto da nessuna parte, nessuno le avrebbe dato una mano e nessuno le avrebbe dato una soluzione. Doveva risolvere le cose da sola come da sola aveva sbagliato

<< Ti giuro, Selyan, sulla mia vita e sulla mia discendenza, che andrà tutto bene qui. Non so quanto tempo ci vorrà, ma le cose si sistemeranno >>

<< No, Irmy… non è possibile… non… lui non… >>

<< Lo so, Sel. Fai lo sforzo di credermi: qui staremo bene >> le disse abbracciandola. Non era convinta neanche lei di quello che le stava promettendo, ma lo voleva con tutta sé stessa e Selyan aveva bisogno che lei apparisse sicura di quello che diceva.

<< Io starei bene solo nel- >>

<< Non dirlo, ti prego >> la interruppe. Odiava sentirle dire che avrebbe trovato la sua pace solo nel girone più basso degli inferni della loro Dea. Le avrebbe promesso qualunque cosa pur di calmarla << Ti prometto che andrà bene, credimi. Lo sento con quel nuovo, accidenti di potere >>

<< Allora sbagli e il tuo… nuovo… potere non vale niente! Sei tu che devi credere a me quando ti dico… che per me… non può esistere niente di buono al mondo… niente! Sai che non può esistere. Mi ero illusa che si fossero sbagliati tutti, mi ero illusa di poter sfuggire a quel destino maledetto, mi ero… se io fossi rimasta al mio posto… se non lo avessi mai incontrato… io non dovevo esistere, Irmy! >>

Non sapeva  assolutamente come calmare quel pianto disperato.

Cosa faceva suo lui quando stava così? Cosa le aveva detto quando era morto il povero Kerse? Aveva avuto almeno il tempo di consolarla, o la guerra aveva tolto a lei il tempo di piangere e a lui quello di consolarla? Avrebbe trovato il modo di calmarla anche dalla peggiore delle disgrazie solo sfiorandole il viso, maledizione.

Forse non doveva cercare qualcosa da dirle, doveva solo lasciare che lui parlasse con lei di nuovo, per bocca sua.

<< Sel, ti ricordi quando sei partita con tuo padre per la terraferma al nord prima che tutto avesse inizio? Sei stata via meno di due giorni interi, hai dormito fuori solo una notte, ma noi non sapevamo quando e se saresti tornata. Tua zia aveva detto che forse Kerse voleva cercare il modo di nasconderti da qualche parte laggiù e io ho parlato con Jonas quella volta. Era in condizioni orribili. Si trascinava in giro per le stanze senza la capacità di ragionare e ho provato a convincerlo a venire con me in paese per comprarti i dolci che ti piacevano tanto per quando saresti tornata, anche se in realtà volevo solo che mi desse una mano con la spesa che mi aveva ordinato di fare mia madre. Ho tirargli una scarpa per attirare la sua attenzione perché era perso nel suo mondo. Quando siamo arrivati in paese si è fermato al tempio, ha scritto qualcosa sui fogli delle preghiere e è rimasto davanti al braciere sacro finchè non l’ho minacciato di prenderlo a schiaffi se non si fosse mosso. Gli ho detto: riesci a immaginare come sarebbe stato se tuo padre non l’avesse adottata?L’ho visto sfilarsi di dosso l’arco che ti ha detto di aver perso nel bosco e bruciare anche quello, apparentemente senza motivo. Gli ho chiesto se fosse impazzito e sai cosa mi ha risposto? Che era grato alla Dea per averti messa sulla sua strada e che il suo arco era ben misera offerta per ringraziarla di ogni singolo istante che aveva potuto passare con te perché la sua vita non avrebbe avuto nessun senso senza di te accanto. Adesso, sentirti dire che vorresti non essere nata, mi sembra una terribile bestemmia nei suoi confronti. Non avevo mai visto nessuno tanto convinto di quello che diceva >>

<< E guarda cosa gli ho fatto >> protestò sconsolata.

<< L’hai reso felice, Sel. E se la Dea ha deciso di essere spietata con voi, non è certo colpa tua >>

<< E di chi? >>

Se aveva attirato la sua attenzione abbandonando la disperazione, il momentaccio stava passando. Forse doveva provare a risollevarle il morale con qualche stupidaggine prima che crollasse di nuovo

<< Io non credo che la Dea abbia un motivo per fare quello che fa. In più, sai che è Unica e Sola, quindi non ha marito. Sarà stata invidiosa di- >>

<< Irmy, stai bestemmiando! >> urlò scuotendo la testa.

Ma il pianto era finito. Non si era allontanata da lei e dal suo abbraccio, non aveva calmato la sua voce, ma i singhiozzi erano finiti. Irmelin aveva troppa poca fede nella Dea per ringraziarla e preferì ringraziare Jonas per averla fatta smettere di piangere e nominare gli inferi facendole rizzare i peli sulla nuca dalla paura.

<< Ha ragione Ely, attiro le attenzioni di tutti e ho attirato anche quella della Dea di Dalia >>

<< Non l’hai attirata tu, la Dea è donna, Sel >>

<< Smetti di bestemmiare, ti prego! Non farla arrabbiare di nuovo >>

<< Mpf! Allora che mi mandi un marito se non vuole che mi arrabbi e la insulti di nuovo >> le disse spingendola verso il lavabo perché si rinfrescasse il viso arrossato.

<< Perché non posso andare da lui? >> chiese all’improvviso gettando di nuovo Irmelin in preda al panico che non poteva permettersi di mostrarle.

Perché era sempre così maledettamente calma quando parlava di ammazzarsi?

Questa volta le sue parole l’avevano fatta tremare violentemente e ringraziò la buona sorte che aveva fatto in modo che Selyan restasse di spalle mentre parlava.

<< Perché i suicidi vanno da un’altra parte, stupida! Sarete separati in eterno se ti ammazzi >>

<< E se fosse solo una credenza popolare? >>

<< E se fosse la verità? >>

Non aveva altra possibilità che quella per convincerla che non doveva fare idiozie.

Ovvio che era una credenza popolare, lei per prima non aveva mai creduto a quella stupidaggine, ma aveva bisogno che lei ci credesse e pregò la vecchia Dea di Dalia insieme a tutti gli Dei del mondo che Selyan ci cascasse.

<< Mi manca da morire >>

<< Ci credo >>

Irmelin ebbe la netta sensazione che la sua resa non fosse arrivata per volere di quella che ormai per lei era la Dea delle disgrazie, ma poco le importava di Chi o cosa l’avesse calmata.

Questa volta era passata, ma quanto avrebbe resistito Selyan prima di crollare di nuovo?

Quanto tempo le avrebbe concesso la Dea, che ormai non sopportava più, prima di mandarle qualche altro tormento che non avrebbe potuto sopportare?

Irmelin era preoccupata come mai in vita sua. Di non capire davvero quello che le passava per la testa, di perderla di vista e di fallire miseramente nel suo tentativo di aiutarla a sopravvivere alla sua disperazione. Cominciava a pensare che non poteva più riuscirci da sola.

Dannazione! Elydet doveva svegliarsi e aiutare sua sorella!

Ma sarebbe bastata Elydet? Forse no.

La sacerdotessa del fuoco non le sembrava per niente in grado di aiutarla.

<< Secondo te possiamo uscire dal palazzo? >> le chiese Selyan guardando qualcosa fuori dalla loro finestra e interrompendo i suoi pensieri.

<< Ci è mai importato davvero di quello che potevamo o non potevamo fare? >>  le rispose aprendo la porta e aspettando che uscisse per prima.

Selyan aveva bisogno di distrazioni e lei aveva bisogno di alleati. Doveva trovare al più presto qualcuno che sapesse occupare il ruolo che Elydet non sapeva ricoprire.

Aveva troppa paura di continuare ad affrontare la situazione da sola.

<< Sel, ti avverto: ho intenzione di fare spese. Hai le tasche piene, vero? >> le chiese prima di pensare ardentemente la cosa più simile a una preghiera che la sua testa riuscisse a mettere insieme in quel momento:

Se da qualche parte esiste una Dea o un Dio con una soluzione per le mani, che ce la mandi subito se vuole che serva a qualcosa.

 

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Capitolo 9
*** 8.Incendio ***


8. Incendio

 

-Tarìc-

 

Le prime due settimane di permanenza delle sacerdotesse straniere erano trascorse senza problemi.

Aveva anche convocato la sua corte per esserne certo e, con suo grande sollievo, nessuno gli aveva portato cattive notizie fatta eccezione, come sempre, per Neithel che si era lamentato della loro “snervante lentezza nell’ apprendere e memorizzare le nozioni di base”.

Tarìc non aveva ricevuto da Dio né il potere di migliorare l’intelligenza delle due ragazze, né quello di migliorare la scarsa pazienza di suo cugino o la sua voglia di lamentarsi sempre degli altri, ma non credeva che fosse un problema degno della ricerca di una soluzione.

Certo non quando aveva così tante cose da fare.

I lavori di ricostruzione erano appena iniziati e lui era di nuovo invaso dai documenti riempiti dai capisquadra. Era ovvio che sarebbe dovuto trascorrere del tempo perché ci fossero risultati apprezzabili visivamente, ma tutti smaniavano per scrivere interminabili e inutili spiegazioni del loro operato.

Tarìc era convinto che quegli uomini avrebbero fatto molto meglio a impiegare il tempo delle stesure dei rapporti riposandosi o continuando a lavorare, ma sapeva che i lavori dovevano essere documentati e che lui doveva controllare che le cose fossero descritte accuratamente.

Stava per cominciare a leggere il ventesimo rapporto del giorno quando un Tanet agitato e sconvolto fece irruzione nelle sue stanze mandando a terra i servi che avevano provato a fermarlo o ad annunciarlo come si conveniva

<< Altezza, è scoppiato un terribile incendio! I miei uomini sono già sul posto ma non riescono a controllare le fiamme >>

<< Dove? >>

<< Nella cittadella, alla periferia della città. Non so come sia stato possibile ma ha già raggiunto il mercato e tra poco… >>

Tarìc era già balzato in piedi e stava già correndo fuori << Perché diamine non mi hai chiamato prima, Tanet?! Volevi che bruciasse tutto il regno?! >> chiese infuriato pensando a quanto era già stato divorato dalle fiamme

<< Mi dispiace. Le case in quella zona sono quasi tutte in legno e paglia e ha raggiunto grandi dimensioni in breve tempo, inoltre… io… >>

Non c’era bisogno di aggiungere altro. Tarìc era arrivato al portone e aveva capito da solo il dubbio di Tanet. Niente che fosse naturale avrebbe potuto espandersi così in fretta sprigionando un fumo così nero ma così poco denso. Per un incendio di quelle dimensioni avrebbe dovuto oscurare completamente la vista di quello che stava accadendo e invece… qualcosa non tornava.

Il re si rivolse a una delle tante guardie che lo avevano seguito e ora erano fermi alle sue spalle in attesa di ordini << Di alla mia corte di raggiungermi immediatamente alla porta della cittadella >>

<< Ma laggiù- >>

<< Tanet, fai silenzio e vieni con me >> gli ordinò interrompendolo

Tarìc tornò indietro, imboccò il corridoio delle nuove ospiti e fece irruzione nella stanza di Dalia

<< Altezza, ma- >>

Non gli importava che fosse stato maleducato nei suoi confronti. Né tanto meno che l’avesse trovata a letto al buio totale, sicuramente addormentata a metà giornata

<< Voglio che tu e le tue sacerdotesse siate alla porta della cittadella in meno di mezzora >>

<< La Dea mi ha inviato la visione di quanto sta accadendo e mi ha ordinato di tenere al sicuro le sue predilette, Altezza. Non siamo in grado di fermare quell’incendio o non saremmo qui a chiedervi di istruirci >>

Sapeva cosa stava succedendo e invece di aiutare si era messa a dormire! Tarìc perse la pazienza e le urlò contro << Non ti ho detto di fermare le fiamme, donna! Voglio che le tue ragazze si occupino delle persone ferite e portino acqua, cibo e una parola di conforto agli sfollati. Se le tue ragazze non sanno cos’è la pietà non sono degne della tunica che portano e non le voglio nel mio regno. Ricordatelo >>

La paura di quello che stava accadendo, mischiata alla rabbia per lo scontro con la Somma Sacerdotessa straniera spingevano il re a correre per il suo stesso palazzo con la smania di arrivare il prima possibile. Neanche il cavallo sembrava correre abbastanza per i suoi gusti.

Tanet aveva ragione: era impossibile che un incendio raggiungesse quelle dimensioni in così poco tempo…era enorme. Gli uomini facevano il possibile per evacuare le persone in pericolo e fermare la continua espansione delle fiamme ma sembrava impossibile, era una lotta contro il tempo. Nessuno si era dato pena di contare i morti e i feriti erano troppi per perdere tempo a contarli.

<< Altezza! >> urlò la voce di Ismene alle sue spalle

Guardiani e sacerdotesse erano schierati in attesa di ordini. Tarìc era pronto

<< Ismene e Tanet, prendete il comando degli uomini da quella parte. Neithel, con me, e tu >> ordinò indicando Elydet << hai detto di avere il potere del fuoco, puoi fare qualcosa di utile? >>

Era stato più rude di quello che avrebbe voluto con lei, ma non era certo la situazione adatta alle gentilezze. Meno che mai con loro.

<< È troppo grande perché io riesca a farlo spengere. Posso evitarne l’espansione in un determinato punto se lo ritenete opportuno, ma non posso fare di più, mi dispiace >>

Decisamente doveva farle salvare le case che erano state risparmiate. Le indicò il punto in cui posizionarsi e le ordinò di fare il suo lavoro senza mettersi in pericolo. Pur con tutta la fretta di quel momento, Tarìc riuscì a vedere la scintilla entusiasta e riconoscente nei suoi occhi a quell’avvertimento.

<< Dove sono le tre del vento e le due dell’acqua? >>

Le ragazze si guardarono spaventate mentre Dalia prendeva di nuovo la parola << Rea e Lysa sono qui, Altezza, ma credo che siano più adatte ad aiutare la povera gente in fuga piuttosto che ad utilizzare il loro potere per qualcosa che non sanno fare. Per quanto riguarda Irmelin e Selyan, non erano nella loro camera e nessuno ha idea di che fine abbiano fatto. Sono costernata, ma vi assicuro che saranno punite appena tutta questa storia sarà risolta >>

Di nuovo quella donna cercava di negare il suo aiuto. Tarìc era snervato e non aveva tempo di discutere. Si tenesse le sue incapaci. La sua gente era più che in gado di gestire da sola la cosa. Congedò la donna ordinandole di non perdere altro tempo. Non voleva più vederla

 

<< Dov’è Nora? >> chiese Neithel

 

<< Nel palazzo con tuo padre. Mi hanno riferito che una guardia è riuscita a trascinarla nelle sue stanze e mi fido del fatto che tuo padre saprà tenere a bada lei e tutti quelli che si staranno disperando per la paura dentro quelle mura. Se la situazione dovesse precipitare farò aprire il palazzo al popolo. Avevo bisogno che qualcuno fosse dentro a coordinare i soldati >>

 

<< Vuoi davvero lasciare la cosa in mano ai soldati? >>

 

<< Dio ci ha dato una parte del suo potere per risolvere le situazioni umanamente irrisolvibili, Neithel. Voglio accertarmi che sia una di quelle situazioni prima di fermare i soldati. Assicurati che Elydet non abbia problemi e facciamo finire questa situazione prima possibile >>

 

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-Irmelin-

 

<< Irmy, corri! >> urlò Selyan mentre si faceva spazio in mezzo alla folla in fuga.

Era a questo che portava chiedere aiuto al Dio di quella terra?

L’ultima cosa che aveva pensato prima di uscire dalla sua stanza era una richiesta di aiuto al Dio straniero, si era illusa di poter passare un pomeriggio tranquillo in mezzo ai banchi del mercato e non aveva avuto neanche il tempo di trattare con un solo mercante per una veste nuova che si era trovata a fuggire da un immenso incendio.

In cosa il Dio del re Tarìc era migliore della Dea di Dalia?!

E quella gente non era certo meglio dei loro vecchi compaesani quando perdeva la testa!

In un attimo si era scatenato il delirio completo. Le persone correvano da tutte le parti urlando e prendendosi a spintoni gli uni con gli altri, una folla che Irmelin non aveva idea di come si fosse formata stava bloccando le strade costringendole a soffocare nel fumo e a rischiare di essere schiacciate. Lei non aveva notato tutte quelle persone in giro, prima, da dove diamine erano uscite?!

<< Non da quella parte! >> la avvertì la sua amica tirandola per la veste e indirizzandola verso una strada a lei sconosciuta << C’è il centro della cittadella e le locande sono piene anche di giorno, sarà sicuramente peggio che qui >>

Se avesse avuto fiato, Irmelin avrebbe sbuffato. Seguì Selyan tenendosi premuto un lembo della veste sul viso per cercare di ripararsi da quel maledetto fumo nero e rialzò la testa solo sentì l'aria farsi più fresca intorno a loro. Selyan l’aveva trascinata lungo la sponda del fiume. Altri avevano avuto la stessa idea e la piccola spiaggia era piena di persone che urlavano, pregavano o cercavano di calmare i loro bambini urlanti, ma almeno non si prendevano a spintoni rischiando di uccidersi a vicenda. Avevano avuto il buon senso di trovare un posto sicuro dove aspettare gli aiuti del re. Forse quella gente era davvero più furba degli isolani.

 

<< C’è qualcosa che non va >>

Irmelin sentiva uno snervante fastidio alla gola da quando avevano cominciato a correre, ma l’esclamazione ovvia e stupida della sua amica rischiò di farla soffocare

<< Siamo in mezzo a un incendio, Sel! Mi sembra che ci sia più di qualcosa che non va, non trovi?! >>

Ma lei si guardava intorno cercando di vedere al di sopra della calca di gente << È arrivato troppo in fretta >>

La rabbia verso l’idiozia di Selyan fu rimpiazzata dallo stupore: aveva ragione, dannazione! Quale incendio sprigionava tutto quel fumo in così poco tempo?

Irmelin alzò gli occhi verso la collina del tempio della Nobile Ismene. Gli alberi intorno si piegavano ondeggiando come non li aveva mai visti fare da quando era arrivata e il fumo non si stava espandendo da solo, seguiva il vento.

 

<< Da dove diamine è venuto questo vento?! Non ce n’è mai stato in questo torrido regno senz’aria, da dove viene ora questa bufera?! >> sbottò arrabbiata.

<< Non credo sia naturale. Dobbiamo andare >> la informò Selyan cominciando a correre nell’esatta direzione da cui erano venute

<< Sei impazzita?! >> urlò seguendola << Non possiamo- >>

<< Sai che dobbiamo farlo o non mi avresti seguita. Non protestare. Puoi provare a fermare il vento? >>

<< Certo! Fermo il vento, cerco di non respirare troppo fumo e intanto corro per non finire arrostita o schiacciata dalla gente, poi cosa vuoi che faccia? Che canti una canzone battendo le mani a tempo?! Tua sorella sarà nel palazzo! >>

<< Voglio accertarmene di persona >>

<< La tua cocciutaggine ci farà morire prima o poi! >>

Non sarebbe stata in pace finchè non avesse raggiunto sua sorella o fosse morta carbonizzata nel tentativo di raggiungerla. Semplice. E lei l’avrebbe seguita. Si era lanciata dietro di lei, in mezzo al delirio e al mercato in fuga e poi verso le case di legno e paglia che stavano già bruciando.

<< Sei pazza se credi che passerò in mezzo al fuoco! Non voglio morire! >> la avvertì.

<< Non passeremo in mezzo al fuoco, idiota! Voglio aggirarlo >>   

Selyan ormai era impazzita. Doveva essere così. Non aveva retto alla paura e si era giocata il poco cervello che le era rimasto.

<< Pensi di correre più veloce delle fiamme? >> chiese scettica.

<< Allora inventa tu qualcosa di più sensato! >>

Per la prima volta da quando erano sbarcate, Irmelin odiava quel regno.

Possibile che il re e i suoi due nobili preferiti fossero temuti e rispettati per il loro enorme potere e non potessero niente contro quel delirio?!

Il potere del re era più segreto e nascosto dell’intelligenza di Keira, la nobile Ismene si occupava di donne in travaglio, illusioni, previsioni e altri giochini mentali, il Nobile Insultatore guariva la gente e il suo Dio solo sapeva cos’altro, e nessuno sapeva difendere il regno da un incendio.

Assurdo! A cosa servivano i grossi bracciali d’oro massiccio che si portavano dietro con la scusa che fossero il tramite della loro magia potentissima se poi lasciavano bruciare tutto?

All’isola non sarebbe mai successo. Prima che arrivasse la stupida di Dalia, ovviamente. Dopo sarebbero bruciati tutti allegramente proprio come stava succedendo lì. Tanto valeva restarsene a casa invece di cercare un regno che le istruisse. Dannazione!

<< Attenta! >> Selyan la spostò all’ultimo secondo dalla traiettoria di una trave in caduta libera da chissà quale tetto delle vicinanze.

<< Voglio sapere perché dobbiamo correre da tua sorella che sicuramente sarà al sicuro! >>

<< Perché ormai o troviamo lei o moriamo bruciate >> ammise lei con la sua stupida ovvietà.

Quando sarebbero arrivate a casa, perché sapeva che ci sarebbero arrivate per mano di quella stupida esaltata della sua amica, Irmelin avrebbe controllato i propri capelli e, se ne avesse trovato anche solo uno bianco per la paura o uno bruciacchiato e rovinato, l’avrebbe presa a schiaffi fino a rompersi le mani. Era una promessa a sé stessa e decise che l’avrebbe rispettata a qualunque costo.

<< Ti detesto! >> le urlò.

Non era vero, ma era bene avvertirla….

<< Fai vento da quella parte e speriamo che funzioni. Io non ho altre idee >>

<< Ti odio! >>

… E forse, non era una bugia così grossa in quel momento.

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-Elydet-

 

 

Elydet stava impedendo l’avanzamento del fuoco su un fronte esteso almeno dieci metri.

Non era molto, ma non poteva fare di più.

Il re avrebbe trovato una soluzione a breve, ne era sicura.

Lui e la sua corte avevano un potere enorme nei loro bracciali, in più Il sommo aveva una grande intelligenza e avrebbe trovato una soluzione rapida.

Tutti dicevano che il fuoco non sembrava naturale, eppure lei non sentiva la minima traccia di ostilità o di potere nemico da quelle fiamme, era banalissimo fuoco!

Il Divino non avrebbe mai potuto commettere un errore di quel tipo.

Forse aveva ragione lui e doveva controllare meglio. Forse c’era davvero qualcuno infinitamente più forte di lei con il suo stesso potere che aveva creato quell’inferno.

Selyan le aveva spiegato come individuare gli altri poteri usando la sua pietra e, anche se stava già lavorando duramente per compiacere il Divino Figlio del Sole, cercò con tutta sé stessa di trovare qualcosa o qualcuno che alimentasse quel fuoco.

Il re sarebbe stato sicuramente fiero di lei se ci fosse riuscita.

In effetti, concentrandosi meglio, qualcosa c’era.

In un angolo, poco distante dalla terra libera, c’era un lieve pulsare di una pietra come le loro di cui non intuiva né colore né natura perché non era ancora in grado di farlo, ma lo sentiva chiaro ormai. Si stava avvicinando.

Doveva fermare l’autore di quella follia prima che infierisse ancora contro il regno del Nobile Figlio del Dio!

Concentrò le sue forze nel punto esatto in cui sapeva essere l’intruso, ma un attimo dopo, invece della soddisfazione, dal suo attacco derivò la paura più sviscerata.

Non capiva più niente, aveva perso il controllo del fuoco e non si era neanche resa conto che la voce che urlava era la sua

<< L’ho uccisa! Qualcuno faccia qualcosa! Non è possibile io- >>

<< Calmati! >> le urlò qualcuno scuotendola per le spalle << Che stai dicendo!? >>

Era il nobile che tutte odiavano, ma non le importava chi fosse a scuoterla. Era sicura di quello che aveva fatto << Mia sorella era in mezzo a  quell’inferno e l’ho colpita. Ho ucciso mia sorella! >>

Perché non faceva niente? Che razza di persone aveva accanto il suo adorato re?

<< Ely! >>

Irmelin. Lei avrebbe capito scuramente meglio di quello che non sembrava essere un funzionario molto capace, ma non aveva il coraggio di alzare gli occhi verso di lei.

<< Si può sapere dov’eravate?! >> sbottò il nobile Neithel.

Sua sorella era appena morta per colpa sua e lui brontolava. Aveva ragione Irmelin quando-

<< Ely, stai bene? >>

Alzò lo sguardo spaventata  << Selyan?! Sei impazzita per caso?! Ti ho creduta morta, idiota! >>

<< Non ho la fortuna di morire per così poco >> commentò lei provocando la rabbia di Irmelin che la insultò davanti a tutti con un poderoso << Imbecille! >>

<< Piantatela con le idiozie! Ismene ha bisogno di vento da quella parte e il re di acqua dall’altra, datevi una mossa! >>

Elydet insultò di nuovo sua sorella col pensiero e riprese quello che stava facendo prima che le due stupide delle sue amiche la distraessero in quel modo.

Dopo quello che era successo il nobile Neithel avrebbe detto al re del suo errore e lei avrebbe fatto la figura della stupida isterica incapace.

Sua sorella non l’avrebbe passata liscia!

Sfogò la sua rabbia sulla pietra e il fronte stabile raddoppiò le dimensioni.

Quello che sua sorella chiamava Tanet le rivolse un cenno di gratitudine. Almeno lui avrebbe parlato bene di lei al re.

Forse non era tutto perduto.

 

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-Selyan-

 

<< Irmelin, abbiamo bisogno che tu fermi il vento >> ordinò secco il re.

<< Io non so se… >> balbettò lei indecisa.

<< Puoi farcela, Irmy. Sai che puoi >> la incoraggiò Selyan  << e, se non ci riesci, non peggiorerai di certo le cose >>

Non sembrava convinta. Non era abituata a essere presa in considerazione per le cose serie, era normale che la sua reazione fosse quella, ma non potevano perdere tempo se volevano salvare il resto della città. Irmelin non disse una parola, ma attivò la sua pietra e cominciò a sottomettere i venti con il suo potere. Poteva riuscirci. Selyan ne era sicura.

<< Selyan, abbiamo bisogno di acqua in fretta. I pozzi più vicini si stanno asciugando >> le disse il nobile Tanet.

<< Posso farla salire dagli strati più bassi del terreno, ma non più di un pozzo alla volta. Da dove comincio? >>

<< Segui Palis, ti dirà lui cosa fare >> le disse indicando un uomo di mezza età che sbraitava contro un ragazzo che aveva lasciato cadere un secchio per colpa della tosse causata dal fumo.

<< Palis? >> chiese a un passo da lui.

<< Adesso dobbiamo anche affidarci alle donne, prima o poi il sole sorgerà a ovest. Andiamo >>

Il soldato la guidò fino a quello che sembrava un fossato appena scavato e rimase in attesa

<< Vuoi cominciare o aspettiamo che vada a fuoco anche il palazzo reale? >> le chiese irritato e scontroso << Andiamo, ragazza, riempi la fossa! Non è che con il tuo potere puoi anche scavare pozzi? >>

<< No, Wanda ha il potere della terra, non io >>

<< E dov’è questa ragazza? >> insistette.

<< Non ho idea di dove siano le altre, mi dispiace >>

<< Alekos! >>  urlò lui mentre lei cominciava a far emergere l’acqua dal terreno  << Tra le straniere ce n’è una che può scavare le maledette buche senza farci perdere tempo, trovala! >>

L’uomo che avrebbe dovuto obbedire alla sua richiesta scosse la testa amareggiato << Il re ha vietato di portare qui le altre. Dice che sono troppo inesperte e rallenterebbero la cosa. In più il nobile Neithel ha detto che forse è il caso di mandare via anche quelle che stanno aiutando, non le faranno mai venire ad aiutarci >>

Palis sbuffò imprecando << Almeno la nobile Ismene ragiona in questo delirio e ha detto qualcosa di sensato?! >>

Lui alzò le spalle << Non so cosa ne pensa, ma Tanet ha giurato che se allontaneranno una sola persona utile anche a portare un secchio, si rifiuterà di guidare i soldati adesso e la ricostruzione dopo >>

<< Perché i nobili hanno sempre il tempo di ciarlare e discutere anche nella confusione?! >> chiese sbuffando prima di ricordarsi di lei << Ragazza, quanto ti ci vuole?! >>

<< Ho finito, scusate se ci ho messo tanto >>

In effetti se non avesse perso tempo ad ascoltare i loro discorsi, avrebbe già finito da un pezzo…

<< Non sono un nobile. Vieni con me! >>

Improvvisamente ili fuoco si espanse nella loro direzione in modo del tutto innaturale e rapido e lei agì d’istinto innalzando una barriera di ghiaccio che li proteggesse. Non avrebbe retto al calore per molto, ma non aveva trovato nient’altro di rapido che fosse più efficace.

L’ondata di fuoco si ritrasse così com’era venuta e l’imprecazione di Palis la lasciò a bocca aperta. Nemmeno i pescatori dell’isola nelle loro giornate peggiori avevano mai inventato qualcosa di così volgare, ma capiva in pieno lo stupore e la paura di quell’uomo.

Lei stessa non credeva a quello che era appena successo.

<< Questo dannato incendio è comandato da qualcuno?! >> chiese ai soldati come se potessero risponderle

<< Ci hai salvato la pelle. Grazie >> le disse Alekos senza risponderle. Doveva essere ancora scosso, ma non era il momento di avere paura. Non delle cose passate, almeno.

<< Palis, sicuri che non ci sia magia alle spalle di questa cosa? >>

<< Ragazzo >> lo tuonò Palis << Trova un nobile e fallo venire qui! >>

<< Non serve, soldato >> intervenne la nobile Ismene arrivata dal niente  << Non sappiamo quale sia l’origine dell’incendio. Puoi fare la stessa cosa a dimensioni più grandi? >>

Non capì il senso della sua richiesta e non sapeva cosa rispondere. Il calore si stava facendo insopportabile così vicini al fuoco e era troppo diverso dal suo elemento perché potesse ignorarlo. Il fumo poi rendeva tutto più pesante da sopportare…

Tutte scuse. Lo sapeva. La nobile Ismene le aveva chiesto una barriera e lei ne aveva appena fatta una per puro istinto. Come poteva dirle che non si spiegava neanche lei quello che aveva fatto?

Un tempo sarebbe stata in grado di obbedire al suo ordine a occhi chiusi, ma poi…

<< Almeno prova >> ordinò Palis sdegnato.

 

La battaglia si era fatta serrata e ormai erano tutti scontri corpo a corpo. Ognuno doveva combattere per la propria sopravvivenza più che per il proprio esercito e lei era appena riuscita ad avvistare Jonas. Aveva cercato di raggiungerlo con ogni mezzo, combattendo con la sua spada e con la sua magia. Lo aveva visto cadere da cavallo, doveva raggiungerlo. Doveva aiutarlo prima che fosse troppo tardi.

Un soldato nemico era a pochi passi da lui con un’ascia enorme tra le mani. Doveva sbrigarsi, doveva fare una barriera che lo proteggesse

<< Sel, attenta! >>

Non aveva neanche visto la spada che le avrebbe tagliato la gola se lui non avesse colpito l’uomo alle sue spalle con la freccia che avrebbe dovuto salvargli la vita dall’ascia e la sua barriera era crollata per la sua distrazione… Era colpa sua!

<< Jonas! >>

<< Posso farlo! >> urlò alla nobile più per allontanare i ricordi che per altro.

Prese la sua pietra tra le mani e cercò con tutta sé stessa di non pensare a nient’altro che quello che doveva fare.

Era una sacerdotessa dell’acqua. Aveva il dovere di aiutare quella gente e doveva alzare quel muro di ghiaccio.

Anche se non ne capiva il senso. Anche se l’ultimo che aveva cercato di fare era crollato e aveva provocato… Niente pensieri!

Doveva solo far emergere l’acqua e alzarla poco alla volta mentre la faceva congelare. Poteva farlo.

Un basso strato di ghiaccio stava già salendo. Non era facile renderlo resistente al fuoco.

Doveva essere abbastanza lontano e spesso e lei doveva essere rapida se non voleva che si sciogliesse prima che fosse servito a qualcosa.

Anche se non capiva proprio che intenzioni avesse la nobile Ismene.

Il fuoco distrusse il suo misero tentativo. Era stata troppo lenta.

Tentò una via diversa. Fece emergere molta più acqua di prima allagando lo spazio circostante. Sarebbe stato più rapido spostarla che farla arrivare dalle profondità della terra

Stavolta procedeva con più velocità e convinzione. Il muro stava salendo ma lei stava finendo le forze, maledizione!

Perché si stava stancando così? Perché all’isola era una passeggiata per lei innalzare quelle dannate barriere e adesso non ne aveva alzata neanche mezza e era già al limite. Perché?!?

A che gioco giocava con lei la Dea di Dalia?

Le stava togliendo anche il suo potere dopo tutto quello che le aveva già tolto?

Che razza di Dea serviva?!

Quel muro doveva alzarsi, dannazione, doveva salire!

Aveva bisogno di dimostrare ai reali di quel posto che poteva fare qualcosa di buono con quel maledetto potere!

Era stanca di sentirlo scorrere nelle vene, di doverlo tenere nascosto a tutti e poi vederlo cedere così miseramente quando ne aveva bisogno.

Perché vacillava nei momenti peggiori?

Perché non riusciva ad accontentare la nobile Ismene con una stupidaggine come quella?

Perché non era riuscita a fare quella maledetta barriera quando poteva salvare Jonas?!?

Il ghiaccio tornò improvvisamente acqua e cadde con uno schianto a terra lasciandola delusa e in ginocchio. Non le importava di avere le mani e le gambe nell’acqua. Non le importava del fuoco che incombeva a un paio di metri da lei.

Non le importava di niente e nessuno, nemmeno di Ismene che si scusava e ordinava che la aiutassero a rialzarsi.

Non le risultò importante neanche dell’urlo che arrivò un attimo dopo

<< Selyan, si può sapere come credevi di riuscirci in quelle condizioni?! >>

Era distrutta. E allora? Il suo insegnante credeva forse di sapere cosa le passava per la testa?

<< Che hai combinato?! >> le urlò di nuovo.

Le afferrò un braccio con poca grazia e a lei sfuggì un lamento. In un attimo le tornò in mente la trave da cui aveva salvato Irmelin mentre correvano.

Si era resa conto che avrebbe colpito Irmelin, l’aveva spostata e  era consapevole di essere stata colpita, o almeno graffiata dal legno, ma non si era fermata a controllare e la fretta di aiutare i soldati, unita ai ricordi maledetti, avevano stordito tutti i suoi sensi a quanto pareva.

Non si era resa conto di avere una grossa ferita piena di schegge di legno poco sopra il gomito destro. Sembrava che le mancasse anche un pezzo di pelle.

Si liberò dalla presa del nobile con poca educazione. Le faceva male  << Non me n’ero accorta >>

<< Vai dalle tue amiche a farti sistemare. Non abbiamo tempo per stare dietro agli svenimenti improvvisi >>

Non aveva neanche voglia di offendersi.

Si incamminò verso la casa che avevano improvvisato rifugio per i feriti, ma le bastò girare le spalle all’inferno che tutti cercavano di domare perché vedesse le cose cambiare in un attimo.

Del grosso incendio che stava mettendo in difficoltà i funzionari più potenti del re e tutto l’esercito della capitale, non era rimasto nulla.

C’erano solo il denso fumo nell’aria ormai immobile e uno strato d’acqua che non aveva creato lei. Il suo primo pensiero fu per sua sorella stordita dall’interruzione improvvisa del suo potere.

Era immobile dove l’aveva lasciata, ma qualcosa davanti a lei le fece gelare il sangue nelle vene. Una densa nebbia violacea si faceva strada in mezzo al fumo esattamente davanti a Elydet e cresceva alla stessa velocità con cui prima era cresciuto il fuoco.

Le sue gambe stavano già correndo verso di lei ignorando gli ordini, le minacce e la stanchezza.

Congelò l’acqua che non sapeva da dove fosse arrivata, spinse via sua sorella e si parò il viso dall’improvviso attacco di quella assurda nebbia.

 

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Capitolo 10
*** 9.Imbrogli ***


9. Imbrogli  

 

-Elydet-

 

Elydet era rimasta stordita come se le avessero dato una botta in testa.

Un attimo prima stava usando a pieno il suo potere sul fuoco davanti a lei e un attimo dopo… il suo potere si era interrotto bruscamente perché il fuoco era sparito.

Che fosse opera dei funzionari del Sommo? Forse era stato proprio lui a farlo.

Quello che sapeva era che era stordita e incapace di muoversi.

Aveva visto Irmelin a qualche decina di metri da lei crollare a terra quando i venti erano spariti e anche due soldati portarla via.

Lei non era caduta.

Sentiva qualcosa di freddo e bagnato alle caviglie.

Forse era stata Selyan a fermare il fuoco? Non capiva.

E la strana luce viola che si espandeva dal terreno davanti ai suoi occhi cos’era?

Chi delle sue compagne aveva un potere di un colore simile? Non ricordava.

<< Ely! >>

Non riuscì neanche a vedere sua sorella e si ritrovò a terra a scivolare su un ghiaccio di cui non sapeva l’esistenza, senza possibilità di fermarsi, né di fare nient’altro che scivolare.

Poi un boato improvviso la spaventò a morte prima che colpisse qualcosa che arrestò la sua corsa

<< Ahia! >>

<< Stai bene? >> chiese una voce mentre una mano compariva davanti alla sua visuale.

La Sua mano! La afferrò improvvisamente lucida << Vi ringrazio infinitamente per… >>

Cosa stava guardando il perfetto re con così tanta paura?!

Si girò anche lei.

Il viso stupendo del re non era fatto per la paura e non la esprimeva abbastanza a quanto pareva.

Qualcuno stava attaccando sua sorella!

L’energia sconosciuta dell’innaturale viola screziato d’oro stava attraversando Selyan senza che lei riuscisse a liberarsi. Tutto quello che sua sorella poteva fare era scaricare quell’energia sull’acqua che ormai aveva allagato gran parte del terreno circostante e formava sculture intrecciate e contorte alte come case, che un attimo dopo ricadevano a terra disciolte solo per ricominciare il gioco pazzesco e terrificante di statue e esplosioni.

<< C'era qualcuno dietro tutto questo! >> urlò Elydet al re << Un mago, o una sacerdotessa molto potente che adesso vuole uccidere mia sorella. Selyan sta cercando di scaricare tutta l'energia che la attraversa sull'acqua con la sua pietra, ma le strane cose che fa con il ghiaccio sono… viola >>

Aveva parlato così velocemente che non sapeva se il re avesse capito tutto quello che aveva detto e probabilmente l'aveva confuso.

<< E questo che vuol dire? >> le chiese mentre il suo viso perfetto abbandonava per un attimo i tratti della paura per assumere quelli del dubbio.

Ma la risposta arrivò dal nobile Neithel prima che lei avesse la possibilità di soddisfare il suo sovrano << Che la ragazza è solo un tramite ormai >>

<< Cosa facciamo? >> chiese disperata al re.

<< Non ti hanno mai parlato del potere di questo regno? >> le chiese il Divino figlio del sole.

<< No >>

Sapeva che anche loro avevano dei poteri magici o non sarebbero andate nel loro regno a cercare aiuto, ma nessuno le aveva mai spiegato la differenza.

Forse doveva fidarsi e lasciarli fare. Ma c'erano troppe particolarità riguardanti il loro potere che loro non conoscevano e non poteva lasciare che facessero i loro tentativi. Il rischio era troppo alto

<< Qualunque sia il vostro potere, se voi vi intrometterete, sarà mia sorella a pagarne le conseguenze. Ho paura che non possiamo più aiutarla se ogni nostro attacco la mette in pericolo >>

<< Fidati, Elydet >>

Elydet si convinse che sulla faccia della terra non potesse esistere un sovrano migliore di quello. Non aveva la minima idea di cosa gli passasse per la divina e nobile testa, sapeva solo che si sarebbe fidata di lui in ogni caso.

<< Neith, non farmi pentire di averti dato il permesso >>

Elydet non capì il senso di quella frase, ma sentì una mano calda e rassicurante posarsi sulla sua spalla.

<< Andrà bene, non preoccuparti >>

 Sentì le gambe diventare improvvisamente molli. Non sapeva come fosse possibile, ma solo a vedere quel viso così perfetto le sue preoccupazioni sparivano all’istante.

“Se Selyan lo delude e tira le cuoia, dopo la ammazzo anche io!”

 

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-Neithel-

 

Neithel cercava di farsi strada tra le sculture di ghiaccio in continuo movimento, ma non riusciva ad avanzare più di qualche passo prima di trovarsi davanti un muro intricato e trasparente che fino ad un attimo prima non esisteva.

Ogni volta era costretto a distruggerlo utilizzando una grande quantità di energia senza risolvere niente e, oltretutto, continuava a chiamare quella dannatissima ragazza che si ostinava a non rispondere.

Maledisse l'istante in cui aveva deciso di appoggiare la decisione del sovrano di far restare le sacerdotesse e sé stesso per essersi preso l'incarico di istruirle.

Si sentiva responsabile di quella situazione e non riusciva a non pensare che, se l’avesse mandata con le altre idiote invece di illudersi che potesse servire a qualcosa, non si sarebbe trovato in quella situazione.

Spaccò un altro muro e riuscì finalmente a raggiungerla, non c'era più tempo per i ripensamenti. Selyan sembrava stremata ed era convinto che con il freddo che faceva in mezzo a tutto quel ghiaccio rischiasse anche l'assideramento. Però capì perfettamente perché non aveva mai risposto: in quel punto si sentiva un rumore assordante prodotto dal vento che infuriava fra i muri di ghiaccio che si innalzavano senza sosta e dalle continue esplosioni.

<< Selyan! >>

La ragazza sobbalzò e perse terreno rispetto all'energia che cercava di contrastare << Andate via! >>

Sembrava spaventata, ma non era una buona scusa per dargli degli ordini 

<< Non osare mancarmi di rispetto! Fai quello che ti dico e ti tiro fuori di qui! >>

<< Lasciate stare, per favore. Non riuscirei a... >>

Non riuscì a finire la frase perché rischiò di nuovo di cadere indietro sotto la spinta dell' energia nemica e la sorresse un istante prima che crollasse. Solo in quel momento si rese conto che stava perdendo parecchio sangue dalla ferita al braccio.

Non poteva credere che riuscisse a controllare quella cupola disperdendone l'energia in acqua e trattenere anche quest'ultima per non provocare altri danni senza combinare i soliti disastri.

Nonostante le sue condizioni, doveva ammettere che si stava davvero impegnando.

 Non sembrava neanche la ragazzina distratta e sbadata che a lezione commetteva gli errori stupidi e impensabili tanto che spesso dubitava che la sua Dea l’avesse dotata di un minimo di cervello.

Stava rivalutando le sue capacità, ma quante cose si possono fare in uno stesso momento con una sbadataggine abissale come la sua e senza la minima possibilità di errore?

<< Secondo voi, la situazione è abbastanza grave da fare una stupidaggine? >> chiese lei.

<< Parla chiaro >>

<< Non posso o l’avrei già fatto. Posso fermare questa cosa, ma non posso permettere che sospettino che sono stata io >>

<< Perché? >>

<< Io salvo la vita a voi e alla vostra gente da questa cosa, voi salvate la mia dalle pretese di Dalia. Non voglio che sospetti che sono stata io e non credo di potervi concedere molto tempo per decidere >>

<< Come faccio a fidarmi? >>

<< Io come faccio a fidarmi del vostro silenzio? >> chiese prima di prendergli una mano apparentemente senza motivo.

Neithel vide il suo bracciale attivarsi senza che lui avesse fatto niente e senza che quell’attivazione richiedesse il minimo consumo di energia da parte sua, ma non ebbe neanche il tempo di arrabbiarsi che un grosso alone dorato avvolse la cupola viola mentre il vento aumentava e lei urlava qualcosa che non riusciva a capire.

O meglio, avrebbe voluto non capire.

Cosa ne sapeva lei di formule proibite?

Cosa ne sapeva del funzionamento dei loro bracciali?

Chi diamine era quella ragazza?!

Quello che seguì fu un'enorme esplosione che riportò tutto alla calma e alla normalità. Niente vento, niente ghiaccio e niente energia in giro. Tutto assolutamente normale.

Il suo bracciale disattivato senza problemi.

Era così spiazzato da quella situazione che quando Selyan cadde a terra stremata, non mosse un dito per aiutarla. Non aveva perso i sensi anche se non riusciva a fare altro che restare sulle ginocchia con le mani a terra cercando di riprendere fiato.

<< Se Dalia…. lo scoprisse…. mi ucciderebbe >>

Non gli importava un accidenti di lei e dei suoi problemi.

Non voleva assolutamente saperne delle sue stranezze e dei rischi che correva. Non le disse una parola e la lasciò lì.

Quando incrociò Elydet che correva verso sua sorella, si concesse solo un ordine

<< Portala dentro, dalle una ripulita e poi falla venire da me >>

Aveva parlato di lei come avrebbe fatto per una schiava o un oggetto.

Non gli importava.

Aveva sprecato anche troppe parole e gli dispiaceva soltanto di non aver trovato niente di peggio da dire. Se non fosse stato per il re, non si sarebbe mai preso l'incarico di occuparsi del suo braccio, ma, vista la sua posizione a corte, non poteva permettersi di creare rivalità tra quel maledetto ordine di sacerdotesse straniere e il re sul quale sicuramente sarebbero ricadute le lamentele della Somma Sacerdotessa per un impegno preso e non rispettato.

Avrebbe svolto il suo dovere e poi avrebbe fatto in modo di non vederla più.

 

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-Selyan-

 

Era su una spiaggia della costa orientale dell’isola.

Una piccola spiaggia irraggiungibile a chiunque non fosse in grado di scalare una parete rocciosa alta tre metri e nascosta dagli scogli.  Era sempre deserta e perfetta per esercitarsi con la sua pietra.

Quel giorno stava cercando di superare il suo limite di barriere d’acqua ed era riuscita ad innalzarne sei, ma la settima non voleva saperne di completarsi.

Era entrata in acqua fino alle ginocchia, eppure proprio non ci riusciva. Ogni volta la barriera ricadeva in mare con uno schianto schizzandola tutta e, dopo l’ennesimo tentativo fallito, si girò irritata verso il ragazzo che era con lei e che sembrava preso da tutt’altra situazione

<< Mi aiuti, per favore! >> chiese con più impazienza che educazione.

Lui, a quanto pareva, si era messo in testa di voler migliorare le sue doti di arciere imparando a tirare tre frecce insieme e stava cercando di mirare a un tronco d’albero che lui e suo fratello avevano piantato in mezzo alla spiaggia per utilizzarlo come bersaglio.

<< Esci dall’acqua >>

Non aveva neanche mollato il suo arco, né lo aveva abbassato. Lei obbedì senza capire, sapeva bene che era più semplice in acqua quello che voleva fare, ma difficilmente discuteva una sua richiesta.

<< Ferma dove sei >>

Solo in quel momento si rese conto che l’albero che usava da bersaglio era esattamente dietro di lei, anche se alla distanza di qualche metro, e che, se avesse sbagliato solo di un soffio, l’avrebbe presa in pieno.

<< Jonas! Smettila di attentare alla mia vita e vieni ad aiutarmi! >>

Il ragazzo non perse la concentrazione e le rispose con una calma che disarmante << Non sto attentando alla tua vita >>

Scagliò le tre frecce ottenendo un centro perfetto e la raggiunse soddisfatto  << Centro! >>

<< Tu e la tua smania di imparare a lanciarne tre in una volta sola! Perché diamine mi hai fatto mettere in mezzo? >>

<< Perché una freccia continuava a spostarsi troppo verso sinistra e per niente al mondo potrei colpire te. Doveva funzionare per forza in quel modo >>

Quella che le aveva appena detto era la cosa più romantica del mondo, ne era certa, eppure sentiva una punta di rabbia per essere stata usata da bersaglio.

<< Va bene, ora aiutami! >> tagliò corto imbronciata.

<< Ancora alle prese con la quinta barriera? >>

Sbottò offesa << Ma che dici? Guarda per bene e conta, sono sei! >>

Jonas sospirò e afferrò la sua pietra, la luce azzurra si fece molto più intensa del solito e la settima barriera si innalzò senza il minimo problema.

Selyan si voltò felice dopo averle fatte ricadere con uno schianto più grande del normale e provocando un onda che bagnò anche lui << Grazie! >>

<< Sai una cosa, Sel? Ho sempre pensato che per te una pietra sola sia inutile. Forse dovresti averne due >>

<< Sai una cosa, Jon? >> chiese imitandolo << Secondo me hai preso troppo sole! Prima non sai contare e poi tiri fuori questo discorso assurdo. Non è che stai male? >>

Gli posò una mano sulla fronte, ma lui la spostò subito << Non ho preso troppo sole, sono serio >>

<< Allora ti rinfresco le idee! Primo: nessuno può avere due pietre, è contro la legge e secondo: io non ho due pietre, caro il mio fratellone! >>

Il ragazzo stava armeggiando con un laccio che aveva al collo e lo lasciò cadere mentre la guardava stupito

<< Così sarei solo tuo fratello adesso? >>

Selyan arrossì all’istante << Beh … infondo siamo cresciuti insieme e… è un po’ come se i tuoi genitori mi avessero adottata… >>

<< Ma davvero? Ti devo ricordare quello che hanno deciso tuo padre e il mio?O forse te lo ricordi e hai deciso di rifiutare? >>

Si voltò dandogli le spalle e incrociando le braccia arrabbiata << Oggi sei insopportabile! >>

Jonas rise del suo imbarazzo << Non ti arrabbiare, scherzavo >>

<< Stupido! Sai benissimo che non rifiuterei mai >>

Non riusciva ancora a credere a quello che aveva detto e fu immensamente felice che non potesse vederla in viso. Lui però l’aveva abbracciata e le aveva messo in mano una pietra identica alla sua. Selyan lo guardò di nuovo stupita << Non puoi farlo! >>

<< Perché no? Sai benissimo che a me non serve se non ci sei tu che la controlli. L’unica cosa che posso fare è darti la forza che ti manca. Non ho mai imparato ad usarla e ora è troppo tardi per farlo, perciò è meglio che la tenga tu >>

Si sentì gelare e sapeva che non era perché era completamente bagnata  << Cosa … Jon, cosa vuoi dire? >>

Era stata assalita da un’ondata di terrore e probabilmente lui l’aveva capito perché le aveva sorriso scompligliandole i capelli come aveva sempre fatto da quando erano piccoli.

<< Niente, sciocca! Non sono in grado di controllarla né per una difesa, né per attaccare. Cosa credi che me ne farò in battaglia? È molto meglio che la tenga tu se può salvarti >>

<< Perché hai detto che è tardi? >> gli chiese incapace di controllare il tremito della voce.

<< Perché sono un po’ troppo cresciuto secondo me e, se non imparato niente fino ad ora, di certo non riuscirò ad imparare adesso. Stai tranquilla >>

Ma come faceva a stare tranquilla?La Dea gli aveva concesso il dono di vedere avanti nel tempo, più di una volta era successo che Jonas sapesse cosa stava per succedere o aveva fatto strani sogni che poi si rivelavano avvertimenti della Dea e Selyan lo sapeva benissimo anche se  lui aveva sempre cercato di convincerla che erano solo coincidenze e che la sua non era preveggenza ma intuito.

Nessuno si separava mai dalla propria pietra, soprattutto in guerra perché poteva rappresentare l’ultima fonte di salvezza e quello strano gesto la spaventava più della possibilità di venire uccisa in battaglia.

<< Ma è proibito >>

<< Ti è mai importato qualcosa delle regole del tempio? >>

Sapeva che non l’avrebbe ascoltata, ma doveva provarci anche se era un tentativo patetico.

Non sapeva più come fare per convincerlo e non le importava se le cose che stava per dirgli erano imbarazzanti, non poteva permettergli di abbandonare l’ultima possibilità di salvarsi.

<< Sai che funziona solo se sono con te >>

<< Beh, allora funzionerà sempre >>

 

Selyan si svegliò di colpo rischiando di cadere dal letto.

Aveva ancora in mano la piccola pietra che era stata di Jonas. Aveva dormito tutta la notte stringendola e il sonno pesante dovuto ai sedativi che probabilmente le aveva dato il suo insegnante per curarle il braccio avevano fatto in modo che gli avvenimenti risultassero sfocati e confusi, ma aveva permesso ai suoi ricordi di tornare con tutta la loro forza.

Quello dal quale si era appena svegliata non era un sogno, ma uno dei tanti ricordi che aveva cercato di cancellare dalla sua memoria senza riuscirci davvero.

Mise di nuovo la pietra nella piccola custodia ricamata che di solito portava in tasca. Forse aveva ragione Irmelin quando diceva che doveva smettere di portarsela dietro.

Guardò meglio la sua stanza e si rese conto di essersi svegliata abbastanza tardi a giudicare dalla luce che entrava dalla finestra e dai letti già rifatti delle sue compagne.

Sul suo comodino c’era anche un biglietto che, dalla grafia, doveva essere di una Irmelin particolarmente di fretta e in ritardo:

 

L’ora della sveglia è passata da un pezzo. Non devi andare a lezione. Ci vediamo a pranzo”

 

Posò il foglio e si sdraiò di nuovo sul letto ripensando allo strano incendio.

Erano successe tante cose e non ricordava tutto. Non aveva idea di cosa fosse successo dopo che l’energia nemica era sparita, non ricordava di essersi mossa da lì e, se non fosse stato per la fascia che aveva al braccio, avrebbe dato per scontato che aveva solo sognato di essere nelle stanze del suo insegnate mentre la risistemava.

Sembrava davvero molto arrabbiato con lei.

Non le aveva mai rivolto la parola e, quando aveva cercato di scusarsi, l’aveva interrotta con uno “Stai zitta” duro e freddo. Per il resto non ricordava altro.

Sapeva solo che non aveva usato la sua magia per guarirla e l’unica spiegazione che riusciva a darsi era che non aveva la minima intenzione di non farle male mentre la ricuciva.

E allora perché l’aveva drogata?

Sperava forse che in quel modo lei gli dicesse la verità quando le aveva chiesto dove avesse imparato quella formula?

Sospirò e decise di non pensarci per il momento.

Uscì dalla stanza senza avere un idea precisa di dove andare, ma con la ferma intenzione di distrarsi dai suoi pensieri.

Nonostante tutto, le lezioni non erano state annullate, perciò erano tutti impegnati. Le sarebbe piaciuto uscire dal palazzo, ma non sapeva se questa possibilità le era concessa o meno e non voleva davvero peggiorare la sua situazione.

Per sua fortuna trovò Nora in uno dei tanti cortili interni intenta a curare delle piantine.

<< Nora? >>

<< Ciao, Selyan! Stai bene? >>

<< Sì, grazie. Posso chiederti cosa stai facendo? >>

<< Due volte alla settimana devo occuparmi di questo giardino anche se lo detesto. Ismene è convinta che non posso imparare a ricordare tutte le caratteristiche delle piante che mi servono per i miei studi se non le coltivo da sola. Odio le piante, odio studiare e figurati se mi piace occuparmi di un orto, ma Tarìc è convinto che Ismene abbia ragione e mio padre ci tiene alla mia istruzione. Sono costretta a obbedire >>

Nora sembrava così presa dalla sua chiacchierata che non sembrava fare troppo caso a quello che faceva.

<< Scusa, ma non stai dando un po’ troppa acqua a quella pianta? >> le chiese vedendo la pozza decisamente troppo grande alla base della piantina.

<< AAAAHHH! Mi sono distratta a parlare! No! Adesso questa piantina morirà affogata >>

 Poi sembrò riflettere su quello che era appena successo << Infondo era solo una pianta e qui ce ne sono tante... Non mi scopriranno >> concluse convinta banalizzando tutto con un’alzata di spalle.

<< Che succede se ti scoprono? >>

<< Se mi scoprono … ehm, se Aaren mi scopre, ora che suo figlio è arrabbiato … >> la disperazione si impadronì di Nora che si inginocchiò a terra implorando << Piantina non morire! >>

Selyan non poté fare a meno di sorridere e aiutarla.

Non si era ancora ripresa del tutto, ma era stata lei a mettere nei guai la sua amica e avrebbe usato pochissima energia per rimettere le cose a posto.

<< Dai, ti aiuto io >>

Le bastò mettere una mano a terra e l’acqua svanì lentamente sotto gli occhi stupiti di Nora

<< Come ci sei riuscita? >>

<< Ho fatto scendere l’acqua nel terreno così è lontana dalle radici e non la soffoca >>

Lei le buttò le braccia al collo felice << Che bello, mi hai davvero salvata! Aaren se ne sarebbe sicuramente accorto, a quello non sfugge mai niente, accidenti! Si sarebbe arrabbiato, Neith sarebbe venuto a saperlo e non mi avrebbe più dato pace >> la ragazza cominciò a elencare sulle dita la lista dei suoi scampati insulti << Mi sembra già di sentirlo dire al re che la mia inesistente intelligenza mi impedisce di imparare dai libri, la mia stupidità mi vieta di capire le cose che mi vengono dette, che non sono neanche in grado di usare un secchio d’acqua per… Lo detesto! >>

<< Ma lui cosa c’entra? >> chiese confusa. Possibile che il suo maestro fosse dappertutto?

Nora la guardò seria come se le fosse sfuggito qualcosa di ovvio, ma proprio non capiva.

<< Queste sono le piante che usavate a lezione, Selyan. Possibile che non te ne sia accorta? >>

Arrossì fino alla punta dei capelli e scosse la testa. Per fortuna Nora riprese a parlare subito

<< Mi hai salvata dalle sue lamentele ridicole e noiose, ti devo un favore >>

Selyan scoppiò a ridere. Aveva paura che la sua nuova amica rischiasse una punizione, ma a quanto pareva Nora era preoccupata solo per motivi di orgoglio.

<< Non se ne parla! Sono stata io a metterti nei guai, quindi siamo pari almeno per questa volta. Ho ancora qualche miliardo di debiti con te >>

Fece per alzarsi, ma il giardino prese a girarle intorno ad una velocità frenetica e fu costretta ad appoggiarsi a Nora per non cadere. Fortunatamente la ragazza capì al volo cosa stava succedendo e la aiutò a sedersi sotto il colonnato, lontano dal sole e con la schiena poggiata al muro

<< Stai bene? Forse non ti saresti dovuta alzare per oggi >>

Appena il mondo rallentò la sua corsa si rimise in piedi senza lasciare comunque la colonna dietro di lei << Grazie. Non so cosa sia successo >>

<< Lo so io. Vieni con me! >>

Iniziò a tirarla per il polso, senza che lei avesse la minima idea di dove volesse portarla

<< Dove mi porti? >>

<< In camera tua e ti rimetto a letto! Aaren ha detto che dopo pranzo devi andare da lui e per affrontarlo devi essere in piena forma >>

A quelle parole Selyan si fermò di colpo riuscendo perfino a liberarsi dalla sua stretta << Cosa!? E perché? >>

Nora era incerta, sembrava che avesse paura della sua reazione  << Per il tuo nuovo … piano di studi. O almeno credo… >>

<< Capisco >>

Non disse altro perché sapeva che non sarebbe riuscita a fare l’indifferente ancora per molto e Nora sembrò accettare perché la riprese per il braccio << Andiamo adesso! >>

La ragazza riprese a parlare incessantemente, ma Selyan ormai non la ascoltava quasi più.

Doveva aspettarselo un provvedimento del genere, era la regola più diffusa in qualunque tipo di scuola: se l’alunno non rispetta un insegnante, viene allontanato dalla classe.

Non era andata dalle sue compagne come le aveva ordinato, aveva usato una formula proibita davanti a lui e aveva anche messo mano alla sua magia senza il suo permesso.

Non poteva certo pretendere di tornare a lezione come se non fosse successo niente.

Era già fortunata se non la condannavano a morte.

Una volta arrivate in camera, Nora chiuse la porta e Selyan si sedette sul letto sperando che non si accorgesse di quanto era stanca e preoccupata

<< Ehi, non te la prendere. Neith è fatto così. Non è certo colpa tua se- >>

<< No, Nora, sono stata io. Gli ho disobbedito troppe volte, non importa quali fossero i miei motivi. Ha ragione lui >>

<< Non dirmi che sei convinta che sia arrabbiato con te perché- >> Nora si fermò di colpo << Già… non puoi sapere perché non vuole vederti >>

Non ci capiva più niente e aveva l’impressione che non le avrebbe detto niente di più, ma aveva bisogno di una spiegazione logica per quanto era successo.

<< C’è qualcosa che dovrei sapere, Nora? >>

L’apprendista maga era in seria difficoltà << Ti basti sapere che non è colpa tua. Questo lo sa benissimo anche lui, ma credo sia difficile da accettare >>

<< Cosa? >>

<< Niente, solo che è … abbastanza raro, anzi, per dirti la verità eravamo convinti che nessuno al di fuori dei funzionari del re fosse a conoscenza di certe cose. Magari un giorno capirai perché se l’è presa tanto >>

<< Ha detto a tutti quello che ho fatto? >> chiese spaventata

<< No, solo a Tarìc e lui l’ha detto a Ismene, me, Olen, Tanet e Aaren. Non possiamo non sapere le cose importanti, ma non siamo pettegoli. Sinceramente credo anche che Olen sia mezzo muto visto che non apre mai bocca nemmeno ai consigli. Io non ti metterò in pericolo, Tanet ti stima non ha ancora capito cosa deve fare ma ha paura dei grandi poteri perciò non si metterà contro di te per adesso, Tarìc è intelligente e non ti tradirà, Ismene obbedisce sempre al re e rispetterà la sua richiesta di silenzio… Quanto all’antipatico , avrebbe comunque rispettato l’ordine del re, ma sei stata intelligente quando l’hai nella condizione di essere in debito con te dicendogli che gli salvavi la pelle al prezzo del suo silenzio. Aaren è stato l’unico a tirare un sospiro di sollievo quando ha saputo quello che hai fatto. Non corri nessun rischio, puoi starne certa >>

<< Il nobile Aaren non credeva che i vostri ci sarebbero riusciti? >>

Nora scosse la testa decisa << Non siamo stupidi, sai?! Ovvio che ci saremmo riusciti, ma il re aveva ordinato a Neith di fare quello che hai fatto tu e Aaren… beh… >>

Ormai aveva capito, poteva salvare Nora dall’imbarazzo << Quelle cose hanno dei rischi ed è stato ben felice di sapere che, se fosse andata male, ci avrebbe rimesso la pelle una straniera sconosciuta piuttosto che suo figlio. Lo avrebbe fatto chiunque >>

<< Io avrei preferito il contrario. Tu mi stai simpatica, lui… non capisco perché Aaren non si decide ad accettare una delle centinaia di richieste di matrimonio che riceve ogni anno e ce lo tolga di torno! >>

Avrebbe riso della rabbia di Nora, ma le aveva appena fatto presente che, oltre a disobbedire diverse volte, lo aveva anche messo alle strette. Non avrebbe dovuto indispettire un membro della corte reale, dannazione!

<< Cambierebbe qualcosa se mi scusassi con lui? >>

<>

Selyan scosse la testa << Comunque ho ignorato i suoi ordini. Mi ha anche rimesso a posto senza troppe storie >>

Stava parlando fissandosi il braccio fasciato e Nora assunse una strana espressione << Non provare a ringraziarlo! Sai che Tarìc ha urlato per almeno mezzora quando ha saputo che non aveva usato la magia per guarirti? È un maledetto dispettoso e antipatico, e… Quante volte devo dirti che lo odio e che è una persona orribile prima che tu lo capisca?! >>

Poi però qualcosa cambiò nel tono di quella ragazza << Senti, non so se la tua sia una buona idea o no, Sel. Non ho mai capito come ragiona, e sia chiaro che vado fiera di me stessa per questo, e scommetterei qualunque cosa su un pesante maltrattamento da parte sua. Se proprio hai intenzione di scusarti, dammi retta e vai con un’ arma efficace e una scorta. Forse potrei anche chiedere a Tanet di aiutarti. Sono sicura che, se gli dicessi quello che vuoi fare, ti manderebbe una cinquantina di uomini armati di sua iniziativa. D’altra parte,  può darsi anche che alzi le spalle come il suo solito, o ti sbatta la porta in faccia senza risponderti … Puoi provare, ma solo dopo pranzo. Bisogna essere al massimo della forma per sfidare la sorte! >>

<< Sono contenta di averti incontrato >>

<< Anche io, ma adesso devo proprio finire con le piante o mi sbatteranno fuori a calci. Fammi sapere come va a finire questa storia e, se devi difenderti, hai la mia autorizzazione a picchiarlo con tutte le tue forze >>

Selyan sorrise e la salutò mentre usciva. Adesso era di nuovo sola. Si sdraiò fissando il soffitto. Odiava non avere niente da fare né qualcosa a cui pensare, ma non voleva uscire di nuovo dopo che Nora l’aveva riportata in camera. C’erano troppe persone che era meglio evitare, comprese le sue compagne. Non aveva idea di quello che Dalia aveva raccontato alle altre sacerdotesse per giustificare la sua assenza al rito di ringraziamento alla Dea, a colazione e a lezione. Forse era meglio non farsi vedere in giro.

Pensò alla formula che aveva usato. Era stata una stupida.

 Qualcuno le avrebbe sicuramente chiesto spiegazioni e lei non avrebbe potuto rispondere.

Era nei guai fino al collo.

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-Tarìc-

 

Avrebbe trovato il responsabile e gliel'avrebbe fatta pagare cara.

Era tutto quello che continuava a ripetersi guardando le case distrutte

Avrebbe trovato il responsabile di quello che era successo al suo regno, già in difficoltà, e lo avrebbe costretto a implorare la morte e quanto altro poteva esserci al mondo pur di far finire la tortura che gli avrebbe inflitto. Si sarebbe pentito più di ogni altro peccato sulla sua coscienza del maledetto pomeriggio che gli aveva fatto passare e di tutti i danni che aveva portato alla sua gente.

Ma come trovarlo?

Aveva tentato immediatamente di individuare la fonte del potere che li aveva attaccati e non ci era riuscito. Neanche Ismene e Neithel avevano risolto niente in quel senso.

Quella cosa lo mandava in bestia.

Come accidenti aveva fatto il responsabile a nascondersi così bene!?

Il fatto che la Somma Sacerdotessa straniera parlasse di una fonte lontana, poi, non faceva che alimentare i suoi sospetti su di lei.

Non la riteneva affidabile e niente di quello che diceva sembrava degno di essere preso in considerazione, ma... se chi aveva colpito il suo regno aveva usato un potere più simile a quello delle straniere che a quello della sua corte, forse era davvero possibile che Dalia lo avesse individuato più facilmente.

Ma esistevano veramente tipi così diversi di potere?

E se l'avesse detto solo per parlare?

Quella donna sembrava disposta a tutto pur di attirare su di sé l'attenzione.

Doveva assolutamente scoprire cosa stava succedendo al suo regno.

Forse, per il momento, poteva accontentarsi di quello che gli Dei avevano mandato nella sua terra e usare prima i mezzi illeciti di quelli bellici.

Quello che era certo, era che aveva bisogno di una persona all’interno di quel maledetto ordine straniero di cui fidarsi ciecamente. Qualcuno che non lo avrebbe mai tradito, che non gli avrebbe mai mentito per nessun motivo al mondo e che sapesse la verità sui piani di Dalia.

Tarìc sapeva anche di dover interrogare di nuovo Selyan. Dopo quello che gli aveva raccontato Neithel, cominciava a sospettare che anche lei fosse una buona parte dei problemi che quella gente rappresentava per il suo regno.

Non aveva risposto quando le avevano chiesto dove avesse imparato la formula che aveva usato. Non andava fiero di quello che aveva fatto la sera prima, ma l’aveva fatta drogare con la scusa di alleviare il dolore al suo braccio e poi l’aveva interrogata.

Credeva che in quel modo avrebbe ottenuto la sua verità nascosta, ma, per un motivo sconosciuto sia a lui che a Ismene, aveva ottenuto solo il suo lato ribelle e privo di inibizioni.

Si era praticamente ribellata a loro protestando che non le sembrava giusto essere processata quando non aveva fatto altro che salvare la vita del re rischiando la propria e che, se fosse stata pericolosa per loro, avrebbe semplicemente sfruttato quell’occasione per lasciarli uccidere da qualcuno che si era preso la briga di distruggerli al posto suo, o che si sarebbe presa in pieno il merito delle sue azioni senza cercare coperture dai membri della sua corte.

Non si aspettava quella resistenza e aveva preferito non insistere. Tanto più che avevano scoperto una sua allergia alla metà delle loro piante medicinali e Ismene si era dovuta accontentare di una dose da bambini per non farla stare male.

Se volevano passare inosservati, non poteva certo avvelenarla.

L’aveva lasciata libera di tenersi i suoi misteri, ma aveva capito che non poteva fidarsi di lei e che doveva controllarla più di tutte le altre.

La persona di cui aveva bisogno Tarìc era una sacerdotessa che avesse un legame anche con lei, saldo al punto da conoscere i suoi segreti e, allo stesso tempo, distaccato abbastanza da tradirla se in caso di necessità.

Tarìc sapeva da tempo di avere a portata di mano la persona giusta per il suo scopo.

Doveva solo mettere a tacere la coscienza che protestava al solo pensiero di raggirare una ragazza innocente e follemente innamorata di lui.

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Capitolo 11
*** 10.Punizioni ***


10. Punizioni

 

-Selyan-

 

Doveva andare.

Si era svegliata con il cuore in gola per l’angoscia, aveva aspettato trepidante che passasse l’ora di pranzo e poi aveva messo insieme tutto il suo coraggio ed era uscita dalla sua stanza.

Sapeva dove andare. Doveva solo arrivare in fondo al corridoio riservato alle sacerdotesse del suo ordine, girare a desta e scendere la scala, attraversare il giardino, salirne un’altra e andare a sinistra.

Era semplice.

Ma qualcuno doveva aver murato la scala dall’altra parte del giardino senza avvertirla e doveva anche aver fatto un lavoro perfetto visto che non ne vedeva i segni sul muro davanti a lei.

Dove aveva sbagliato questa volta?!

Doveva tornare in camera sua e ricominciare da capo, non aveva altra possibilità.

Il suo solo problema era che la scala che l’avrebbe portata alla sua stanza doveva essere in salita, non in discesa come quella che si trovava davanti a lei in quel momento.

Imprecò contro se stessa e sentì la disperazione assalirla mentre si guardava intorno.

Perché si perdeva di continuo? Qual era il suo problema con quei corridoi?!

Forse doveva davvero scendere da quella parte per capire dove diamine fosse finita.

 

<< Selyan! >>

 

La voce di Nora la salvò dalla disperazione e le corse incontro << Mi hai salvato di nuovo, credo di essermi persa >>

 

Lei rise divertita prima di annuire << Sapevo che sarebbe successo. Irmelin è passata da me prima di andare a lezione per chiedermi di accompagnarti, ma non riuscivo a trovarti. Andiamo >>

Selyan cominciava a sentirsi agitata. Non sapeva cosa avrebbe dovuto dire o fare e soprattutto non sapeva cosa aspettarsi. E se l’avessero mandata via? Potevano mandarla via?

Nora sembrò capire la sua confusione perché le dette una spinta affettuosa a un braccio << Guarda che il vecchio Aaren non ha intenzione di ucciderti, non fare quella faccia! >>

<< Beh, non è quello che mi preoccupa ad essere sincera... >>

<< E non può infliggere punizioni corporali. Tarìc non lo permette >> la informò ridendo di qualcosa che solo lei poteva sapere.

<< Nemmeno quello >>

<< E allora qual è il problema? >>

Non sapeva se dovesse dirle o meno che aveva paura che la rispedissero a casa. Se le avesse risposto che era possibile, avrebbe perso la testa prima di arrivare dal nobile Aaren.

Purtroppo, Nora fraintese il suo silenzio e cominciò a urlare << Non dirmi che ti sei innamorata di quell’antipatico di Neith e ti vergogni a parlare con lui e suo padre! >>

Si fermò di colpo stupita. Ma come aveva fatto a pensarlo?!

<< Pensa di nuovo una cosa del genere e dopo non aspettarti di trovare una sola delle tue piante ancora in vita! >> le urlò con tutta la rabbia di cui era capace.

Nora rise di cuore alla sua reazione e Selyan si rese conto che probabilmente era arrossita parecchio visto che si sentiva il viso più caldo del normale.

Quando la sua amica finalmente si asciugò gli occhi chiarì il motivo delle sue risate <>

<< In che senso? >>

<< Di solito sei calma, seria … lascia perdere! Comunque non ci sarebbe stato niente di male se- >>

<< Adesso basta! Ti diverti a provocarmi, per caso? E poi mi vieni a dire queste cose proprio tu che lo odi?! >>

<< Io sì, ma la tua amica ha ammesso davanti a tutti che farebbe di tutto per sposarlo. Posso anche capire che a una sconosciuta sembri attraente, ma non capisco come possa volerci così tanto tempo a rendersi conto che è un maledetto dispettoso, arrogante e insopportabile! Ho chiesto centinaia di volte a Tarìc di esiliarlo e sono sicura che mi avrebbe accontentata se non avessero avuto legami di sangue. Lo detesto! >>

Che diamine di piega aveva preso quel discorso? Doveva andare a scoprire quello che ne avrebbero fatto di lei da quel momento in poi a causa del suo comportamento scorretto, e si ritrovava a spettegolare con la migliore amica del re. Però, già che c’era… << Chi è la mia amica? >>

Di certo non poteva essere Elydet e tanto meno Irmelin che lo odiava già a morte.

<< La rossa che viene a lezione con te >>

<< Keira?! Ma lei non è mia amica >> protestò indignata anche solo dall’idea che Nora potesse pensare che fosse amica sua

<< Lo so e la odio anche io. Una volta ero con Tarìc, lei ci ha incrociati nel corridoio e si è fermata solo a salutare lui. Io mi sono presentata e lei non mi ha neanche risposto. Avrei voluto picchiarla a sangue, ma non mi va che Tarìc pensi che sono violenta >>

Ora parlava anche del re… non ci voleva. Doveva distrarla  << Manca molto? >>

<< Sali quelle scale e ricordati che voglio sapere tutto! >>

<< Grazie, Nora, senza di te non so come avrei fatto >>

<< Avrai tempo per ringraziarmi, adesso vai! >> la esortò spingendola con tutt’e due le mani piantate nella schiena << Non dargli anche la possibilità di farsi grande sgridandoti per i tuoi ritardi o non te la perdono! >>

Salì le scale di corsa anche se ad ogni gradino sentiva l’ansia aumentare. Aveva una paura folle di essere mandata via, o peggio ancora di essere esclusa dal palazzo.

Cosa avrebbe fatto in una terra sconosciuta?

Le altre l’avrebbero disprezzata in eterno e non sapeva come si sarebbe comportata la gente del villaggio con una sacerdotessa scacciata dal suo ordine, ma sicuramente non l’avrebbero vista di buon occhio.

 

“Dea, aiutami”

 

Si rese conto all’istante che ormai non aveva più il diritto di pregare la Dea per chiedere il suo aiuto. Non sapeva più cosa pensare e si limitò a bussare alla porta. Solo così avrebbe messo fine a tutte quelle domande. Quando vide il suo insegnante, però, si pentì amaramente di essere andata da lui e avrebbe voluto sprofondare nel pavimento. Dire che la guardava male era poco

<< Ti avevo detto chiaramente di sparire >>

 Aveva ragione. Le aveva detto di non farsi più vedere dopo averle fasciato il braccio, ma lei era tornata. Ormai era troppo tardi per cambiare idea e andare via.

<< Vi chiedo perdono per avervi disturbato, mio signore, volevo solo scusarmi con voi per il mio comportamento di ieri. Non ho rispettato i vostri ordini, ho visto mia sorella in pericolo e ho perso la testa. Non era mia intenzione mancarvi di rispetto >>

<< Sei davvero patetica! Se pensi di farmi cambiare idea sulla tua punizione, ti sbagli di grosso. Ormai ho deciso, se la cosa ti crea dei problemi è solo colpa tua >>

Il disprezzo era scontato, ma quello che le aveva detto per lei non aveva senso.

<< Mi dispiace, ma non so di cosa state parlando, non sono a conoscenza della vostra decisione >>

<< E allora, a maggior ragione, non dovresti essere qui! >>

La porta si richiuse con uno schianto tanto forte che Selyan rimase stordita da quel rumore improvviso.

Perché mai avrebbe dovuto supplicare il suo insegnante i cambiare idea? Era davvero una punizione così terribile? Non riusciva a capire ma, qualunque cosa fosse, se l’era meritata ed era inutile continuare a pensarci. 

Stava ancora pensando quando sentì una voce dietro di lei << Selyan, ti avevo fatta avvisare di venire subito da me >>

<< Ecco, veramente… io… >> non sapeva cosa dire e il suo imbarazzo doveva essere evidente perché il nobile Aaren aprì un’altra porta lasciandola passare.

<< Non importa, entra >>

L’uomo la guardava in modo strano, forse perché aveva capito come si sentiva dal suo viso. Non era mai stata brava a nascondere le sue emozioni anche se le sacerdotesse come lei dovevano imparare a restare impassibili in qualunque situazione. Era sempre stato tra i suoi più grandi difetti.

Il nobile Neithel e l’uomo si era seduto a un tavolo facendole cenno di fare altrettanto. Nello scostare la sedia Selyan si accorse che le tremavano parecchio le mani così si sedette facendole sparire tra le pieghe della veste.

Nonostante quell’uomo non fosse stato scontroso né arrogante con lei, non aveva il coraggio di guardarlo in faccia. Non sapeva il motivo di quella sensazione, ma almeno stava rispettando le regole della buona educazione di quelle parti.

<< Posso sapere perché hai ignorato anche il mio ordine? >>

<< Volevo scusarmi per il mio comportamento di ieri. Mi sono resa conto di aver sbagliato e ci tenevo a farlo sapere al nobile Neithel, ma non volevo che pensasse che mi scusavo solo per fargli cambiare idea su una punizione >>

L’uomo non parlava più e lei non sapeva cosa pensare. Voleva solo scappare da quella stanza.

<< Immagino che tu voglia sapere subito la decisione che è stata presa nei tuoi confronti, vero? >>

Annuì semplicemente.

<< Bene… Innanzitutto, come sai, gli ordini dei vostri responsabili non possono essere contraddetti, tu li hai addirittura ignorati. La cosa è stata discussa alla presenza del re e della vostra somma sacerdotessa. Il nostro re sa che non dai problemi di solito e ha più di un motivo per esserti grato, ma non poteva ignorare quello che hai fatto. Visto che hai disobbedito al tuo insegnante, sarai allontanata dalle lezioni >>

Si sentì crollare il mondo addosso. Era un provvedimento scontato e doveva aspettarselo. Era ovvio che, se un allievo non rispettava il suo insegnante, veniva allontanato dalla classe, ma si sentiva malissimo lo stesso. A  causa della sua impulsività aveva messo fine alla sua possibilità di imparare a dominare il suo potere in modo efficace, aveva messo fine alle sue possibilità di imparare qualcosa di buono e, probabilmente, sarebbe anche stata allontanata da palazzo. Era stata una stupida!

<< Seguirai le lezioni della nobile Ismene >> disse il vecchio improvvisamente.

Lo guardò stupita. Allora non volevano mandarla via né tanto meno farla restare a palazzo a non poter imparare niente mentre le sue compagne avrebbero seguito un piano di studi personalizzato! Avrebbe imparato anche lei qualcosa per rendersi utile.

<< Ma non è l’unica decisione che hanno preso >> la avvertì stroncando sul nascere il vago senso di calma che le aveva appena riportato. << Dal momento che Neithel è anche un membro della Corte Reale, ha deciso di punirti anche per aver ignorato un ordine reale >>

E ora arrivava l’esilio dal palazzo, lo sapeva. Lo capiva dalla pausa smisurata di quell’uomo.

<< Dovrò… andare via da qui? >> quella domanda le costò uno sforzo enorme come la paura che aveva della risposta che per ricevere.

<< No. Avrai anche disobbedito e usato poteri di discutibile provenienza, ma hai pur sempre salvato la vita di molte persone compreso il re >>

Poteri di discutibile provenienza Il nobile Neithel aveva sbandierato alla corte quello che aveva fatto alla faccia della sua supplica di tenere la bocca chiusa in cambio di quello che aveva fatto per loro. Perché mai si era fidata di lui?! Avrebbe tanto voluto chiedere al nobile Aaren se, per caso, non avesse capito male quello che intendeva, ma fu lui a toglierle ogni dubbio senza bisogno di inutili domande

<< Sì, Selyan, sappiamo esattamente  cosa hai fatto e nessuno di noi accetta volentieri l’idea che una di voi abbia simili poteri per le mani >>

<< Io non voglio- >>

<< Non importa >> la interruppe << Ti rendi conto che il fatto che tu abbia chiesto di tenere nascosta la cosa alla tua stessa Somma Sacerdotessa ci fa sospettare parecchio della tua lealtà? >>

<< Me ne rendo conto, Mio Signore >> 

Non disse altro. Cosa altro poteva dire che non peggiorasse le cose? Non era mai stata brava con i discorsi. Meno che mai con quelli riparatori.

<< Quello che hai fatto comporta la pena di morte per la tua gente? >> insistette lui.

<< Non ne sono  certa, ma credo sia molto probabile. Soprattutto considerando il fatto che la Somma Dalia sopporta male me e il mio potere dal giorno in cui sono entrata al tempio >>

<< Perché? >> chiese lui con quel tono che ordinava più che domandare.

<< Un tempo tra la nostra gente, solo i nobili avevano potere sufficiente per governare una pietra. Negli ultimi anni non era più così e la Somma Sacerdotessa… Beh… Il fatto che i contadini avessero il potere riservato ai nobili era in qualche modo il segnale evidente che il tempio aveva fallito nel controllarne la diffusione. Mio padre era un nobile, è vero, ma mia madre era una donna di umili origini con cui aveva diviso il letto una notte in cui un temporale l’aveva sorpreso sulla strada del ritorno. Non sono neanche figlia di una coppia sposata. La mia stessa esistenza per il nostro tempio era al limite del disonore e la Potente Dalia mi ha sempre… sopportata solo perché mio padre aveva una delle cariche più alte del nostro regno. Era difficile che qualcuno si opponesse a lui almeno quanto è difficile che qualcuno si opponga a una decisione del vostro re >>

<< Il generale aveva così tanto potere nel vostro regno? >> chiese improvvisamente incuriosito da quel dettaglio.

<< Mio padre sì >> lo corresse lei prima di rendersi conto che, forse, aveva di nuovo parlato troppo.

<< Beh, qui non sei a casa tua e tuo padre non può coprire le tue prese di posizione, Selyan >>

<< Ho sempre cercato di non dare problemi a mio padre quando era in vita, Mio Signore, non intendo disonorare la sua memoria adesso. Tutto quello che ho fatto ieri, l’ho fatto per proteggere mia sorella. Niente di più. Mi dispiace se ho arrecato offese o… giuro che anche ripensandoci adesso, non so in che altro modo sarei potuta uscirne >>

<< Fidandoti di noi, magari? >>

<< Mio padre mi chiese di occuparmi di Elydet se fossimo rimaste sole e gli promisi che lo avrei fatto. Ieri sarei morta se qualcuno si fosse messo in mezzo e mi sarei vergognata in eterno quando avessi raggiunto mio padre nei Regno Eterni per aver lasciato sola sua figlia >>

Un attimo di silenzio calò nella stanza. Lei non sarebbe riuscita a dire altro senza scoppiare a piangere come una stupida al tavolo del nobile e lui sembrava pensare a qualcosa della massima serietà. Sperava con tutta sé stessa che non pensasse al modo di dirle che l’avrebbero mandata via dal palazzo

<< Il re in persona ha stabilito che il vostro ordine sarebbe rimasto a palazzo per due anni, non puoi essere mandata via da qui se non per ordine del re e lui ritiene che tu sia un pericolo, ma non una minaccia. Sarò sincero con te, ragazza, non ci fidiamo molto della vostra Somma Sacerdotessa e l’idea che sappia di avere a portata di mano una ragazza in grado di fare quello che hai fatto tu, ci piace ancora meno di sapere quello che tu potresti fare da sola >>

Di nuovo si trovò incapace di rispondere.

<< Sai che il nostro paese è stato devastato da un terribile terremoto e non mi sembri troppo stupida per capire che l’incendio di ieri sera ha peggiorato di molto la situazione >> ricominciò l’uomo cambiando discorso << Il re ha ordinato la formazione di tre squadre di soldati e volontari che avranno il compito di svolgere i lavori di ristrutturazione. Parteciperai a quelle squadre ogni mattina e seguirai le lezioni della nobile Ismene il pomeriggio >>

Selyan credette di aver capito male. Quella che avrebbe dovuto essere una terribile punizione, a lei apparve come il modo in cui poteva rendersi utile e tenere la mente impegnata in qualcosa che non fossero il suo passato o gli intrighi inesistenti che disegnava nella sua mente ogni volta che era libera di pensare quello che voleva. Era possibile?!

<< Mi dispiace che sia andata in questo modo >> le disse il vecchio Aaren che probabilmente aveva interpretato male il suo silenzio.

Lei scosse la testa << No, va bene così, mi meritavo di peggio >>

Ringraziò e stava per andare via quando l’uomo la fermò con una domanda << Non ti interessa la durata? >>

Si stupì così tanto che smise di fissare il tavolo e alzò il viso verso di lui  << Durata? >>

<< Non avrai pensato che ti avremmo fatta lavorare in eterno per rimettere in piedi un paese che dovrai abbandonare? Tre mesi a partire da domani. Ovviamente non vale la stessa cosa per le lezioni >>

Si sentì immensamente sollevata e sorrise all’uomo ringraziandolo, tanto ormai era convinta di aver imparato a memoria lo schema delle venature del tavolo.

Sapeva che avrebbe preso parte alle lezioni del pomeriggio, ma non avrebbe capito niente di quello che la Nobile Ismene avrebbe detto per la stanchezza, che sarebbe arrivata a palazzo troppo tardi per andare a lezione, o chissà cos’altro sarebbe riuscita a combinare per mettersi nei guai in quelle squadre, ma alla fine avrebbe potuto dedicarsi solo alle lezioni e recuperare il tempo perso.

Forse non sarebbe mai stata ai livelli delle sue compagne, ma avrebbe comunque imparato qualcosa.

Doveva assolutamente raccontare tutto a Irmelin prima che la preoccupazione la facesse impazzire.

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-Aaren-

 

Il vecchio Aaren rimase seduto al suo posto anche dopo che la porta si chiuse alle spalle della ragazza che aveva fatto passare un’altra notte insonne a tutta la corte.

Era deciso ad avvertirla di quanto il re fosse stato vicino ad esiliarla per convincerla a ridimensionare il suo carattere assurdo, ma quando l’aveva vista così spaventata all’idea di essere cacciata, aveva capito che avrebbe avuto esattamente l’effetto contrario con lei.

Sapeva da Nora che era convinta di aver perso quasi tutto nella vita e metterla di fronte alla consapevolezza di essere a un passo dal perdere il resto, avrebbe potuto fare di lei una disperata senza cervello, pronta a compiere le peggiori stupidaggini senza più freni.

Quello che quella ragazza non aveva capito era che, usando il potere della corte reale, aveva reso impossibile da sola il suo esilio.

Perfino la ferma determinazione del re e di suo figlio erano crollate quando Aaren aveva fatto notare alla corte che era stupido esiliare una persona che aveva per le mani il loro potere e poteva disporne a suo piacimento. Altri avrebbero potuto avere per le mani lei, la sua lealtà e la possibilità di ordinarle di mettere fuori combattimento la corte.

Loro non avevano considerato quel lato della faccenda e lei non era neanche lontanamente vicina all’immaginarlo vista la paura che aveva di sentirsi allontanare dal regno o dal palazzo.

Ma era quella paura a preoccupare Aaren.

Perché non voleva essere allontanata? Era solo per le sue sorelle e amiche o c’era qualcosa di più? La possibilità di comandare il Bracciale del Potere di suo figlio le aveva fatto credere di potersene impossessare per chissà quale scopo? Liberare la sua terra forse?

Il nobile Aaren si alzò e raggiunse la portafinestra che dava sull’immenso balcone che collegava tutte le stanze dei reali.

C’era una questione molto più banale e molto più urgente da risolvere in quel momento

<< Sai, figliolo, mi chiedevo da quando hai preso l’abitudine di origliare le conversazioni altrui >>

Neithel non gli rispose. Era troppo impegnato a guardare il giardino sotto di loro dove quella che era stata la sua allieva correva verso sua sorella.

Non era raro che Aaren vedesse il disprezzo sul viso di suo figlio, e non era strano che la odiasse dopo quello che lei aveva fatto, ma decise comunque di tentare di risollevare la situazione

<< Sembrava sinceramente pentita di quello che ha fatto. Chi avrebbe lasciato uccidere sua sorella senza fare niente? >>

<< Fosse stato per me l’avrei venduta al mercato degli schiavi >> sbottò tornando nella sua stanza senza neanche guardarlo in faccia.

Il nobile Aaren non riuscì a trattenere uno sbuffo divertito.

Nonostante tutti i problemi, nonostante tutto quello che era successo negli ultimi anni, per un attimo si era sentito riportare indietro nel tempo di quasi un ventennio.

Poteva davvero avere paura di una ragazza in grado di riportare le cose alla normalità senza neanche saperlo?

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-Elydet-

Elydet aveva deciso di saltare la lezione della nobile Ismene fingendo un malessere.

Sospettava che la donna avesse capito il motivo della sua assenza, ma non le importava: aveva bisogno di sapere cosa avevano deciso per sua sorella. La curiosità l’avrebbe sicuramente distratta dalla lezione ed era meglio non andare che dare motivo alla nobile Ismene di lamentarsi di lei per la sua disattenzione.

Era curiosa e impaziente, ma non aveva la minima paura. Nonostante tutte le paure di Selyan e le preoccupazioni malcelate di Irmelin, lei sapeva che il re era troppo perfetto e magnanimo per essere spietato nel punire chi, pur con mezzi discutibili, gli aveva fatto un favore. Non era un ingrato, né tanto meno uno stupido. Erano le sue compagne di stanza ad avere dei problemi nel giudicare le alte cariche, lo sapeva da tempo ormai, eppure-

<< Ely, attenta! >>

 La voce di sua sorella la face tornare alla realtà appena in tempo per vedere una colonna a pochissimi centimetri dal suo viso.

Si riprese velocemente e tornò indietro di un paio di passi prima di esplodere

 << Tu da dove sbuchi!? >>

Selyan la guardava come se avesse parlato un’ altra lingua << Sorellina, mi sei passata davanti senza neanche accorgerti di me. Stavi pensando di nuovo al re per caso? >>

 L’immagine del sovrano le tornò in mente limpida e perfetta e le fece dimenticare la figura da stupida che aveva appena fatto rischiando di schiantarsi contro il grosso pilastro.

 << Divina Luce! Com’è bello! >>

 Perché sua sorella sembrava divertita?! Che il Divino era stupendo era una verità indiscutibile e, se lei non lo vedeva così, il problema era solo suo.

 << Vuoi dirmi cosa ti hanno detto o vuoi prendermi in giro e basta? >> tagliò corto.

<< Non ti arrabbiare, mi ha fatto ridere la faccia che hai fatto. Se tu fossi stata un cagnolino, ti saresti messa a scodinzolare al pensiero del re >>

Ma dove le prendeva sua sorella certe idee? Però i cani le piacevano e l’idea anche…  

<< Sì! Avrei scodinzolato e poi sarei andata a strusciarmi alle gambe del Potentissimo che mi avrebbe accarezzato e… Selyan-cosa-mi-fai-dire!? >> urlò arrossendo di colpo.

Sua sorella riusciva sempre a confonderla e farla parlare troppo. L’unica soluzione in quei casi era cambiare discorso immediatamente  << Cosa ti hanno detto? >>

 << Non posso più fare lezione con il nobile Neithel >>

 Elydet trovò strana quella risposta. Lei avrebbe esultato, invece Selyan era impassibile, quasi triste. Dopo tutte le volte che si era lamentata di lui che senso aveva? Doveva esserci qualcos’altro.

<< E questa è la buona notizia, suppongo. La cattiva? >> la esortò in ansia.

  Non ottenne risposta. Selyan alzò solo le spalle persa nei suoi pensieri.

<< Ma allora non ti hanno punita! Lo dicevo che il Sommo era troppo buono per punire qualcuno! Davvero è solo questo? >>

 << La mattina prenderò parte ai lavori di restauro del regno e il pomeriggio, se farò in tempo, potrò venire a lezione nel vostro gruppo >>

 Non capiva perché sua sorella non fosse contenta di quella decisione. Lei avrebbe fatto salti di gioia mentre invece l’espressione che aveva attraversato il volto di sua sorella, anche se era durata meno di un secondo, era inconfondibilmente abbattuta. Selyan era una stupida.

 << Non posso crederci, torni con noi! >> esultò felice buttandole le braccia al collo.

Con tutte le cose che sapeva lei, Elydet avrebbe potuto farsi aiutare con gli studi, sarebbe diventata la più brava, la nobile Ismene si sarebbe vantata di lei con il re e lui avrebbe saputo che, oltre al potere del fuoco, aveva anche una buona dose di intelligenza e l’avrebbe apprezzata ancora di più! Era un sogno!

Se ripensava a quando sulla nave passava le giornate nella paura che sarebbero finite in un posto più orribile della loro isola, si sentiva ancora più stupida di quando aveva quasi sbattuto contro la colonna un attimo prima.

Quel posto era perfetto come il re che lo governava.

Non doveva più sopportare Dalia a lezione, non doveva più vedere Keira in classe e sopportare le sue prese in giro, poteva vedere lo Splendore del creato della Dea e sentirsi chiamare per nome da lui e adesso sua sorella tornava in classe con lei. Era tutto semplicemente perfetto!

Probabilmente si era sbagliata ed era solo stanchezza quella che aveva visto sul viso di Selyan un attimo prima. Non poteva credere che sua sorella non fosse felice di tornare insieme a loro e togliersi di mezzo Keira.

<< Da domani sono con voi, però- >>

Irmelin la interruppe dal fondo del cortile urlando come una pazza << Ely, perché non mi avverti mai, dannazione!? Ho dovuto fingere un malore per venire via così presto! >>

<< Ciao, Irmy >> la salutò Selyan senza emozione nella voce.

<< Piantala con i convenevoli: chi devo uccidere? >> chiese lei alzandosi le maniche.

Quando Irmelin si alzava le maniche era sempre per prepararsi a un inutile e stupido scontro con qualche alta carica che le avrebbe fatte di nuovo mettere in punizione.

Elydet aveva perso le speranze ormai. Alzò gli occhi al cielo prima di spiegarle la situazione sperando che si calmasse da sola

<< Non devi uccidere nessuno. Sel verrà a lezione con noi >>

Irmelin si illuminò di euforia e abbracciò Selyan << Ti avevo detto che questo posto avrebbe riportato tutto alla normalità! Devi pulire il pavimento di qualche tempio? >>

<< Ricostruire il paese >> la corresse sua sorella.

<< Diamine! >> imprecò Irmeòin << Sospettavo che Sua Cattiveria fosse più vendicativo della Vecchia Stupida, ma credevo che il re l’avrebbe fermato. Sicura che non devo ucciderlo? >>

<> le disse Selyan << Il nobile Aaren ha detto che da domani partiranno delle squadre di ricostruzione del paese e ne farò parte anche io >>

<< No, aspetta! Squadre di costruttori?! Uomini?! >> chiese incredula Irmelin costringendo Elydet a deviare la conversazione per evitare altri stupidi discorsi sugli uomini che avrebbero portato Irmelin al delirio e Selyan alla depressione << Vi siete accorte di cosa è appena successo, vero? >>

<< Cosa? >> chiesero le altre due quasi in coro.

<< Tu hai appena preso una punizione per aver fatto quello che ti pareva e lei sta cercando il modo di farsi coinvolgere. Siamo alle solite! Una delle due viene punita e l’altra cerca disperatamente di raggiungerla. Quante volte avete lustrato in due la Sala Grande del Tempio dei Cristalli per lo stesso motivo? >>

Sua sorella sembrò convincersi finalmente a sorridere divertita, ma Irmelin sbuffò arrabbiata prima di urlare << Selyan, dannazione! Mi hai rubato la vittoria! Tu e la tua buona educazione mi avete imbrogliato e mi avete rubato la prima punizione dei nuovi regnanti! Me la pagherai! >>

Elydet annuì convinta << Io ero praticamente sicura che la prima fosse di Irmy, mi hai sorpreso! >>

<< Guarda che mi hanno punita per averti salvato la pelle >> le ricordò sua sorella.

<< È anche merito mio, allora! >> esultò la più piccola battendo le mani per la felicità  << Ti abbiamo battuta! >> urlò contro Irmelin.

La sacerdotessa del vento le guardava con gli occhi stretti a due fessure, minacciosa e decisa come se parlasse della più seria delle questioni: << Giuro che riuscirò a vendicarmi di tutte e due! Sarete niente al mio cospetto appena riuscirò a inventare un piano adeguato! >>

<< Stai cospirando contro il nostro regno? >> chiese una voce da dietro una delle grosse colonne alle loro spalle.

<< Ciao, Nora! >> salutò felice Selyan.

L’amica della Divina Creazione aveva appena fatto la sua comparsa in giardino con una veste da principessa e un’acconciatura perfetta. Elydet l’aveva invidiata dalla prima volta in cui l’aveva vista. Era così… adatta al re! Non sarebbe mai stata come lei, accidenti!

<< Sto cospirando solo contro queste due >> spiegò Irmelin << Non intendo accettare l’offesa che ho subito! Sel si è presa la prima punizione dai nuovi regnanti! Dannazione, io sono l’esperta! Il primato è sempre stato mio e me l’ha rubato, capisci? Non posso accettare che lei i suoi modi educati e composti mi abbiano battuta! >>

<< Devo ripeterti che non l’ho fatto apposta? >> protestò Selyan.

<< Non peggiorare le cose! >> urlò la sacerdotessa del vento << È inutile che ti vanti di esserci riuscita senza neanche impegnarti troppo perché mi vendicherò, Selyan, e ti ripeto che la tua punizione sembrerà niente in confronto alla mia! >>

<< Da chi vuoi farti punire? >> chiese Nora divertita e curiosa.

<< Non lo so ancora. Devo prima valutare bene i pomposi nobili di questo posto e la loro cattiveria. Non posso fare le cose a caso come lei! >>

<> la informò << Ma è difficile che punisca qualcuno. Di solito suggerisce al re di farlo >>

<< Perché? >> chiese Elydet incapace di accettare che il suo Perfetto Sovrano vestisse i panni del boia o del torturatore per ordine di suo zio.

<< Aaren non prende decisioni definitive >> spiegò Nora alzando le spalle come se fosse una cosa ovvia.

<< Ma se le prendesse sarebbero drastiche, ho capito bene? >> chiese Irmelin con la faccia inconfondibile di chi sta meditando un piano di conquista del mondo.

<< Io non l’ho mai visto punire qualcuno. Quello che so, lo so dai racconti di Tarìc su quando era piccolo. Dice sempre che nessuno aveva mai il coraggio di contraddirlo o farlo arrabbiare >>

Elydet si perse per un attimo a immaginare l’aspetto del Perfettissimo da bambino. Doveva essere uno dei bambini più belli del paese, se non dell’intero mondo. Stava cercando di immaginarlo correre felice per i prati reali quando vide la faccia seria e concentrata di Irmelin. Stava davvero inventando il modo di farsi punire, maledetta stupida!

<< Oh, no >> sospirò Elydet  << Nora, basta, ti prego >>

Il sorriso sul viso di Irmelin andava allargandosi pericolosamente ogni secondo che passava << Nora, sei la nostra salvezza, lo sai? >>

<< Irmy, calmati >> cercò di fermarla Selyan.

Sua sorella non era il massimo della furbizia, ma conosceva Irmelin meglio delle sue tasche e doveva aver capito anche lei quello che le passava per la testa in quel momento.

<< Ho appena deciso che farò arrabbiare lui e farò sparire voi alla mia ombra! >> esultò Irmelin << Ci riuscirò, lo giuro! Lo farò impazzire! >>

<< Guarda che Aaren potrebbe arrivare all’esilio >> la avvertì Nora.

<< In quel caso avrei vinto senza possibilità di rivalsa! >>

<< Sei impossibile! >> le urlò Elydet prima di girarsi verso la sorella << Sel, diglielo tu che… Selyan? >>

Selyan era immobile con lo sguardo assente e non sembrava sentirla. Doveva essere di nuovo persa nei suoi pensieri o in una qualche visione.

<< Maledizione, Sel! >> sbraitò Irmelin << Sel, smettila! >> la prese per un braccio per scuoterla, ma si immobilizzò anche lei.

Erano assurde! Elydet stava ancora decidendo quale delle due prendere a schiaffi per farle rinsavire quando Nora alzò una mano decisa per colpire Selyan. Sua sorella si riprese di scatto fermando la mano di Nora a pochi millimetri dal suo viso.

<< Non volevo… >>

<< Grazie >> la interruppe lei.

<< Non ti ha neanche toccata >> protestò Elydet.

L’aveva vista irrigidirsi e esitare prima di lasciare libero il polso di Nora. La sua stupida sorella aveva rischiato di colpire una nobile, per di più amica del Divino Re, per colpa dei suoi maledetti riflessi incondizionati da soldato!

Perché non poteva comportarsi come tutte le persone normali?!

Qualunque altra sacerdotessa in quella situazione sarebbe stata riportata indietro dallo schiaffo, perché lei era stata portata indietro dall’istinto di combattere!?

A volte pensava che sua sorella fosse un uomo sotto mentite spoglie.

Irmelin non cercò neanche di contenersi e esplose con tutta la sua rabbia contro Selyan << Avrebbe dovuto spaccarti la faccia, idiota! Mi hai spaventata! >>

<< Colpa tua >> le rispose Selyan alzando le spalle come se fosse una cosa ovvia << Non dovresti toccarmi quando succede >>

La sacerdotessa del vento non si lasciò intimidire e le puntò un dito dritto contro il petto << Odio te, il tuo maledetto potere e le tue maledette visioni incontrollate e incomprensibili! >>

<< Io vi odio tutte e due perché mi escludete sempre! >> urlò Elydet.

Perché doveva sempre essere tagliata fuori da tutto? Perché lei che era sua sorella doveva essere esclusa da una visione sul loro futuro quando Irmelin veniva coinvolta a pieno?

<< Tanto, per quello che si capisce delle visioni di tua sorella, è inutile farne parte >> commentò la sacerdotessa del vento << Sei uno schifo, Sel! >>

<< Posso sapere cos’era? >> chiese Nora incuriosita.

<< Non ho mai imparato a capire il senso delle mie visioni. Mi dispiace >>

<< Dimmi cos’hai visto, forse posso aiutarti >>

Ma il tentativo di Nora fu ucciso dalla risposta sdegnata di Irmelin << La maggior parte delle volte la cretina della mia amica non vede niente, sente e basta. Mi chiedo a cosa serva un dono del genere! >>

<< Era qualcosa di bello? >> insistette l’amica del re per niente propensa a lasciar perdere.

<< Orrendo >> rispose Irmelin con il labbro arricciato per lo sdegno.

Tipico di Selyan. Ecco perché lei non aveva chiesto cosa avessero visto, sapeva già che non sapeva prevedere niente che non fosse una disgrazia.

<< Quando mai mia sorella pensa cose buone? Non c’è speranza con lei >>

<< La mia speranza è morta, Ely >> disse lei con il viso di nuovo abbassato a terra.

<< Non ricominciare! >> la avvertì.

Era davvero stanca dei suoi continui pianti immotivati e improvvisi. La sua punizione non era stata drastica e una sacerdotessa del suo livello doveva essere in grado di non lasciarsi intristire da una visione, non aveva il minimo motivo per fare una scenata di nuovo, eppure i suoi occhi erano bassi e un attimo dopo i suoi sospetti furono confermati dalla sua improvvisa fuga.

<< Ehi, fermati! Non puoi fare sempre quello che ti pare >> cercò anche di rincorrerla, ma la sua maledetta amica la teneva per la veste << Lasciami, Irmy, maledizione! Lasciami! Sai che ho ragione e non può andare avanti così! >>

<< Lasciala andare, non serve a niente fermarla adesso >>

Ecco il motivo per cui sua sorella non riusciva a riprendersi. Elydet era convintissima che Irmelin dovesse imparare a farsi i fatti propri invece di difenderla di continuo. Doveva lasciare che Selyan imparasse ad affrontare la realtà invece di lasciare che si affogasse nella tristezza.

<< Tu devi smettere di appoggiarla sempre! Non si lascerà mai il passato alle spalle se continua a crogiolarsi nella tristezza! Mia sorella ha bisogno di essere presa a manate quando fa così, lo capisci?! >>

<< No, Ely >> insistette lei << E smetti di urlare, per favore >>

<< Oh, certo, quando lei fa così tu le vai dietro. Giusto. Mi state stancando, chiaro!? >>

<< Posso sapere cosa le è successo? Perché fa così? >>  chiese di nuovo Nora rischiando di farle perdere la pazienza anche lei.

Che razza di persone aveva intorno il re?! Era dotato di Divina bellezza e Somma intelligenza, ma aveva accanto l’incarnazione della cattiveria e quella della curiosità. Come diamine li sopportava?!

Decise di invocare la pazienza e soddisfare la nobile davanti a loro visto che Irmelin, per qualche motivo che poteva sapere solo lei, aveva smesso di parlare.

<< Perché è convinta che tutti i mali del mondo colpiscano solo lei. Non capisce che non ha passato niente di diverso da quello che hanno passato tutte le altre. Sai quante di noi hanno visto morire la propria famiglia? Suo padre era anche mio padre, dannazione, l’ho perso anch’io! E almeno sette di noi hanno visto morire i fratelli in guerra. Perché lei dev’essere l’unica a non accettare- >>

<< Basta, Ely! >> la interruppe Irmelin all’improvviso << È tua sorella e dovresti aiutarla invece di criticarla! Se non riesce a sopportare quello che ci è successo, non puoi fargliene una colpa. Non è insultandola che risolverai i suoi problemi e non è trattandola in questo modo che le farai capire che, nonostante tutto quello che ha perso, ha ancora una sorella >>

Aveva ragione. Forse.

La maledetta Irmelin sapeva sempre come risolvere quelle situazioni e le sopportava con una pazienza che non aveva mai capito da dove venisse. Forse doveva davvero averne anche lei con Selyan per calmarla invece di cercare di convincerla a ragionare.

<< Uff… vado a cercarla. Mi farò inzuppare la veste, non preoccuparti >>

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-Irmelin-

Appena Elydet imboccò la scala delle loro stanze, Irmelin sospirò stanca << Scusa, Nora. Sembriamo tre pazze, vero? >>

<< Per niente. Posso capire >>

<< Davvero? >>

La ragazza annuì seria << Tutti prima o poi ci troviamo a fare i conti con le chiamate di Dio e non è facile per nessuno accettarle. Forse non è sbagliato scuoterla un po’ >>

Irmelin non aveva la forza di raccontare tutto a quella ragazza, né tanto meno aveva voglia di condividere le sue paure più grandi con quella che era poco più che un’estranea. Forse non era il caso che la nobiltà sapesse che aveva paura dei comportamenti strani e pericolosi di Selyan nei momenti peggiori.

Decise di limitarsi ad esporle i fatti. Nora avrebbe capito da sola, non era stupida.

<< Ely diventa troppo cattiva con lei in questi casi. Credo sia anche colpa del fatto che il loro padre passava molto più tempo con Selyan che con lei. Sel è distrutta per aver perso tutto e Ely è arrabbiata perché ... credo la ritenga responsabile dell’assenza continua di suo padre nella sua vita. Penso sia per questo che discutono di continuo >>

<< I genitori non dovrebbero fare preferenze >> obiettò Nora.

Non era un’accusa a qualcuno, sembrava più una sua convinzione personale. Forse Nora era ancora troppo piccola per capire come andava il mondo, o forse aveva sempre vissuto in un palazzo reale dove i legami di sangue contavano più di qualunque altra cosa, ma Irmelin non poteva lasciare che qualcuno pensasse male del nobile Kerse. Lei lo aveva conosciuto bene e non poteva sopportare l’idea che re Tarìc e i suoi pomposi seguaci pensassero a lui come a un uomo che trascurava una figlia solo perché non era la primogenita e non la riteneva importante.

<< Ely aveva sua madre e, la Dea voglia concedermi la grazia di dire il vero, è ancora viva e vegeta  in salvo da qualche parte con i nostri parenti più stretti. Selyan non ha mai conosciuto sua madre. Kerse non poteva fare a meno di passare più tempo possibile con lei per non farla sentire sola nonostante la famiglia a cui l’aveva affidata. La gente dell’isola guardava male i figli nati fuori del matrimonio e lui non sopportava che sua figlia fosse costretta a vivere con persone che non avevano nessun legame con lei, per quanto, ti giuro, quella famiglia le volesse bene come se fosse una di loro. Kerse ha sempre cercato di starle accanto perché aveva il terrore che qualcuno le facesse venire il dubbio che non la volesse tra i piedi >>

<< Che ne è stato delle vostre famiglie? >> chiese cauta Nora come se avesse paura della sua risposta.

Irmelin alzò le spalle prima di riferirle quello che aveva sempre detto la vecchia stupida  senza però avere la certezza che fosse la verità << Imbarcate su una nave come la nostra. La stupida di Dalia doveva aver comunicato anche a loro la nostra destinazione, ma sono partiti dopo di noi e noi abbiamo perso la rotta per più di una volta a causa di tempeste, timonieri idioti o sa la Dea cosa. Non so neanche come siamo finite nel vostro regno e non credo che Dalia avesse in mente di venire qui dall’inizio. Non sappiamo dove siano finiti gli altri. La Somma Idiota ha giurato di aver cercato una visione e di averli visti in salvo in partenza da un porto di sosta. Io non mi sono mai fidata di lei >>

<< Vuoi che chieda a Ismene di scoprire qualcosa? >> si offrì Nora preoccupata.

Perché la migliore amica del re, una dei nobili di quel regno che avrebbe dovuto diffidare di loro, cercava sempre il modo di aiutarle? Selyan era convinta che il re sospettasse di loro, lei non riusciva a darle torto, eppure quella ragazza non sembrava avere cattive intenzioni. Ormai Irmelin cominciava a fare sempre più affidamento sullo strano potere che aveva scoperto di avere di recente e si fidava sempre più delle sue sensazioni piuttosto che della logica dei fatti: non aveva mai avuto cattive sensazioni nei confronti di Nora e il fatto che si fosse offerta di smuovere la nobile Ismene per aiutarle, le aveva fatto provare un moto di gratitudine infinita verso quella ragazza.

E, considerando l’offerta che le aveva fatto, aveva anche avuto un’altra sensazione forte e decisa quanto la sua voglia di sputare in faccia alla Somma Sacerdotessa << Non preoccuparti, io so che i miei sono vivi, Nora. Non chiedermi come, ma lo so >>

<< Se Ismene ci riuscisse, Selyan si calmerebbe un po’? >>

<< Su quella nave non c’è nessuno che potrebbe aiutarla a stare meglio >> le rispose stringendo i  pugni per cercare di calmarsi. Non avrebbe mai imparato a gestire il panico misto a rabbia che la assaliva ogni volta che pensava a quello che era successo. Doveva imparare a non lasciarsi trasportare dai ricordi anche lei.

<< Tutto quello che le è rimasto della sua famiglia è già nella tua terra. Suo padre, i genitori adottivi, i suoi fratelli… ha solo sua sorella ormai e, se anche lei si allontana, Selyan non ha davvero più nessuno >>

<< A me sembra che lei tenga più a te che a sua sorella, sai? >>

<< Perché è con me che è cresciuta >> ammise con orgoglio << La madre di Ely non ha mai voluto farla avvicinare a sua sorella. Hanno stretto i rapporti solo da qualche anno, da quando Ely è entrata al tempio. Saranno tre anni, forse. Io conosco Sel da quando avevamo cinque anni, siamo cresciute giocando insieme tutto il giorno, tutti i giorni. Ci separavamo solo per andare a dormire. Non sopporto di vedere sua sorella che le da contro quando sta così male solo perché anche lei ha bisogno di sfogarsi. Capisco Ely, a volte ne avrei bisogno anche io, ma Selyan è l’ultima persona in grado di sopportare gli sfoghi isterici di qualcuno adesso. E credo che non lo sarà più per molto tempo >>

<< È presto, Irmelin >> disse Nora solidale. Poi la ragazza si illuminò improvvisamente euforica << Ehi, tu hai deciso di farti punire da Aaren e io ho deciso di aiutarti con Selyan, così avrai la mente più libera per pensare a come farlo impazzire, ti sta bene? >>

<< Cosa ne guadagni? >> chiese insospettita da quella inaspettata offerta di aiuto.

<< Prima di tutto, sono davvero curiosa di vedere cosa inventerai per farlo arrabbiare e anche di vedere lui perdere la pazienza. Io da parte sua non sono mai riuscita a prendermi niente più di una minaccia di rispedirmi a mia madre. E poi è tutta una vita che mi impegno a far impazzire quello zuccone pomposo di Neithel, e posso assicurarti che ci riuscivo alla grande, ma ti giuro che da quando è arrivata Selyan non passa giorno che non sia isterico per qualche sua stupidaggine. Credo che il dispetto più grosso che io possa fargli sia tenergliela alle costole e che, se insisterò a farlo, prima o poi impazzirà davvero e Tarìc sarà costretto a darmi ragione e mandarlo via dal palazzo. Devo fare parte delle idiozie di Selyan più spesso, ti prego non dirmi di no! >>

La richiesta di Nora era a dir poco assurda. Non capiva come avesse potuto farle una proposta del genere.

<< Nora… ecco, io… io non credo che le idiozie di Selyan siano volontarie >> ammise sentendosi quasi in colpa per quello che aveva tutta l’aria di essere un insulto alla sua migliore amica.

La ragazza non si perse d’animo e, anzi, sembrava quasi più convinta di prima << È proprio questo che lo manda in bestia! Neanche io riuscivo a credere che fosse la persona che descriveva lui nelle sue stupide lamentele. Ero convinta che fosse una persona capace, dotata, seria e tutte le stupidaggini delle brave sacerdotesse e invece, in nome di Dio, è una persona normale! >>

<< Ti stai illudendo, è molto più stupida delle persone normali quando si impegna >>

Nora scoppiò a ridere divertita << Sì! A me le sue risposte improbabili fanno ridere, a lui fanno saltare la pazienza in un modo impareggiabile! Ho bisogno di lei per spingerlo alla follia e farlo buttare fuori dalla corte reale, i suoi insulti mi hanno stancato! Ho bisogno che Selyan lo faccia impazzire, poi lo farò rinchiudere o sbattere fuori dal regno e vivrò libera e tranquilla per il resto della vita! Ti prego, ti prego, ti prego! >>

Non era una richiesta impossibile messa in quei termini. Se si trattava di dare libero sfogo alle stupidaggini di Selyan…<< È solo una questione di intelletto? >> chiese per accertarsi di non aver capito male.

<< Cosa vuoi dire? >>

<< Capisco che Selyan possa far irritare le grandi menti, irrita anche me nelle giornate peggiori, ma quello non è l’unico dono di quella ragazza e ho paura a dirti che accetto quello che mi chiedi >>

<< Perché? Che ha di strano? >>

<< Oh, è più strana di quanto tu possa immaginare >> ammise << Quello che intendevo è che la Dea le ha dato il dono di abbindolare tutti quelli che le si avvicinano troppo senza rendersene conto. Corre rischi? >>

<< Assolutamente no >> asserì Nora decisa scuotendo la testa.

<< Sicura? >>

<< Ma hai capito di chi parlo? Il nobile scorbutico che non parla mai con nessuno se non per insultare, a meno che non si tratti del re o di suo padre, e non sa cosa sia l’educazione con le altre persone. Non ha il minimo interesse per nessuno che non sia sé stesso e la sua cattiveria. Puoi stare davvero tranquilla! Per quanto la odia, puoi solo avere paura che le stacchi la testa in un eccesso di rabbia >>

<< Guarda che ci tengo a lei! Non la darò in mano a un pazzo omicida! >>

<< Se non l’ha mai ammazzata dopo quello che ha fatto nell’incendio, non lo farà mai >> banalizzò Nora con un’alzata di spalle.

Il fatto che Nora sapesse il modo in cui Selyan aveva salvato la situazione la sera prima non la stupì affatto. Sapeva già che quella ragazza era molto più che una semplice apprendista e amica del re in quel palazzo. Sembrava essere una specie di confidente personale del sovrano.

 << E ora che ci penso >> riprese lei << potrei anche raccontare a Tarìc la tua preoccupazione che si avvicini a una donna e fargli fare due risate per tirargli su il morale e distrarlo dalle preoccupazioni. Voi che fate di solito dopo cena? >>

<< Niente. Stiamo in camera a dire stupidaggini o ad aspettare il sonno >>

Che razza di domanda! Che idee aveva in testa quella ragazza? Pensava che le sacerdotesse della loro terra avessero l’abitudine di andare in giro per le taverne?

<< Ma Selyan la sera peggiora, vero? >>

<< Nora, come mai sei così esperta? >> chiese stupita dall’aver capito di aver sbagliato in pieno a valutare la sua domanda.

<< Ti sei chiesta che fine hanno fatto i genitori di Tarìc se lui è re? >> domandò lei di rimando come se le fosse sfuggito qualcosa di ovvio.

Irmelin rimase a bocca aperta, non ci aveva minimamente pensato. Forse Nora capiva cosa stava passando in quel momento. Forse anche lei aveva dovuto consolare il suo amico per la perdita della sua famiglia e stargli accanto come lei cercava di fare con Selyan. Non poteva chiedere a Nora quanto era stato difficile con il re, ma poteva cercare di essere sincera con chi poteva davvero aiutarle a risolvere la situazione << Non ci avevo pensato, scusa. La sera peggiora parecchio >>

<< Beh, di solito dopo cena io e Tanet ci diamo battaglia davanti alla scacchiera e ho deciso che, da domani, voi giocherete con noi! >>

<< Ho visto una delle vostre scacchiere. Non ho idea di come si usi e Sel è uno schifo nei giochi di strategia. Non funzionerà >>

<< Non ho detto che la farò diventare brava in quelle cose >> protestò Nora irritata << ti ho detto che ti aiuterò a tirarle su il morale aspettando che passi il peggio >>

Compagnia, Tanet… chiacchiere, Tanet… Non era poi male come idea! << Giura che non la metterai nei guai con quel tiranno >>

<< Giuro che non intendo fare altro che farli discutere tutti i benedetti giorni che Dio ci concede per far impazzire lui e far sfogare lei >>

Irmelin si fermò a guardare la ragazzina che aveva davanti. Aveva gli occhi lucidi per l’eccitazione di aver trovato il modo di vendicarsi di qualcuno che la prendeva in giro di continuo, ma in realtà era lei ad offrirle una buona soluzione al suo problema più grosso. Senza aspettarsi niente di eccessivo in cambio, senza neanche che lei le chiedesse il suo aiuto. Quale nobile nella loro vecchia isola avrebbe sprecato il suo tempo dietro a due sconosciute addirittura offrendo loro aiuto costante? Quel regno non smetteva di sorprenderla un attimo da quando era arrivata.

<< Ci stai? >> insistette Nora eccitata << Tutte le sere in camera mia a scacciare la malinconia divertendovi in cambio della spontanea ingenuità di Selyan al mio servizio? >>

<< A patto che… >> la esortò sperando che ricordasse la sua preoccupazione. Non voleva rischiare di peggiorare la situazione della sua amica per niente al mondo. Neanche per cercare di aiutare la ragazza con cui avevano più debiti sulla faccia della terra.

<< Mmm... >> la maga sembrò riflettere presa in contro piede << che io non lasci la possibilità a quello stupido di vendicarsi contro di lei? >> chiese incerta.

<< Esatto! Mi piaci, lo sai? >> ammise felice di aver constatato che non correva rischi.

<< Anche tu o non sarei qui a trattare. I miei patti sono rari come le risate di quell’antipatico isterico >>

<< Se avessi un po’ più di confidenza con te, ti chiederei se ti piace >> azzardò prendendola in giro.

Nora impazzì cominciando a urlare << Lo odio! Cosa non hai capito di tutto quello che ho detto? Odio! È come per te Dalia! Lo detesto con tutte le mie forze e non vedo l’ora che Tarìc lo faccia rinchiudere! >>

Irmelin scoppiò a ridere. Nora era sincera, Selyan rischiava solo di passare delle serate spensierate con una nuova amica e il bell’uomo muscoloso che aveva conosciuto alla presentazione dal re. Poteva mettere da parte i sospetti con Nora.

<< Io posso reggere la vecchia, è sua nipote il problema serio >> la corresse.

<< Ti ha fatto qualcosa di particolare? >> chiese la ragazza curiosa.

<< Oh, non mi ricordo neanche più l’ultima cosa che ci ha fatto discutere. La cosa che sopporto meno di quella stupida è il fatto che sia nata, non so se mi spiego >>

<< Benissimo, lo stesso è per me con quel tiranno. Possiamo cercare di far mettere insieme loro se pensi che possa servire a qualcosa >>

<< No! >> urlò decisa.

L’aveva spaventata con la sua reazione improvvisa, ma non se ne curò minimamente.

Come poteva essere tanto intelligente da capire tutto e risolvere le cose e poi crollare su una cosa così banale?! Che problemi aveva nel cervello l’amica del re?!

 << Tutto quello che vuole quella racchia è un marito di un buon casato e, al momento, credo che niente la renderebbe più felice di avere proprio quel marito per un motivo che non mi spiegherò mai grazie alla Dea che mi ha fatto dono di avere un cervello talmente diverso da quello di quella pecora dalla lanugine arrugginita da essere incapace di capirne i ragionamenti. Non ti azzardare a farmi il dispetto di farli mettere insieme! Sarei costretta a farli fuori tutti e due mentre dormono per rimediare >>

Nora si coprì improvvisamente il viso orripilata da qualcosa  << Che schifo! Non sai cosa mi hai fatto pensare! Per ammazzarli tutti e due mentre dormono, dovrebbero… dormire insieme! Che schifo, che schifo, che schifo! >> ribadì scuotendo la testa con le mani nei capelli per scacciare quel pensiero.

In effetti l’idea di Keira in certe circostanze… non riuscì neanche a pensarlo che il suo stomaco si contorse per l’orrore << Bleah! Non dormirò per mesi per colpa delle mie stesse parole. Mi sono fatta venire il mal di stomaco! Nei tuoi intrugli c’è qualcosa per il vomito da schifo profondo? >>

<< Se ci fosse, lo berrei tutto io in questo momento. Dimmi che accetti lo scambio e lasciami correre al bagno, ti prego >>

<< Va bene, accetto >>

<< Grazie, ciao! >> concluse lei con una stretta di mano frettolosa almeno quanto la sua fuga.

Era un buon patto. Irmelin era fiera di sé per averlo stretto. Adesso le restava solo da controllare che Selyan si fosse calmata e poi avrebbe dovuto trovare il modo di convincere il suo stomaco a non vomitare per colpa dell’orrendo pensiero che le aveva suggerito Nora.

Ripensandoci, forse Selyan poteva aspettare.

 

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Capitolo 12
*** 11.Chi comanda ***


11

-Selyan-

 

La discussione con Elydet era finita in un maledetto pianto di quelli che la facevano sempre vergognare di sé stessa e le lasciavano sempre un pesante mal di testa.

Stava così male che avrebbe anche saltato la cena se una serva non si fosse presentata alla loro porta annunciando che il re aveva indetto una riunione urgente quella sera e che pretendeva anche la presenza delle straniere che avevano preso parte agli ultimi eventi del regno.

Selyan era ben consapevole di non essere in grado di affrontare un tavolo intero di nobili arrabbiati e sospettosi con lo stomaco vuoto.

Tanto meno avrebbe sopportato sua sorella! Elydet, dopo l’annuncio, era diventata insopportabile. Le aveva costrette a mangiare poco e velocemente in modo da finire prima delle altre e evitare il sonno indotto dalla digestione.

Decisamente sarebbe stata una lunga sera.

Lei e Irmelin erano pronte, in camera loro e in largo anticipo, ma sua sorella non si calmava.

<< Secondo voi devo intrecciarmi i capelli? >> chiese Elydet per la sesta volta.

Selyan si era addirittura sdraiata nell’attesa che la più piccola fosse soddisfatta della sua immagine e non le rispose, ma lo sbuffo di Irmelin fu così annoiato che bastò tranquillamente per tutte e due

<< Non stiamo andando a una gara di bellezza, te l’ho già detto mille volte, Ely! Pettinati e andiamo! >> sbottò la sacerdotessa del vento.

<< Se hai così tanta fretta di correre a guardare gli uomini che saranno presenti, puoi avviarti anche da sola. La strada la conosci e non mi pare che tu ti perda come mia sorella >>

<< Ehi! >> protestò la diretta interessata << Ely, niente treccia se vuoi piacere al re. Hai notato che Nora porta sempre i capelli intrecciati o acconciati e mai sciolti? Se al re fosse piaciuto quel tipo di ragazza, avrebbe potuto sposare Nora senza problemi, non ti pare? >>

<< Da quando i re giudicano le donne in base all’acconciatura dei capelli?! >> chiese la più piccola con la spazzola in mano e gli occhi sgranati per la sorpresa.

<< È esattamente quello che volevo farti capire: non le giudicano dai capelli, perciò puoi fare quello che ti pare dei tuoi, basta che ti sbrighi o mi addormento >>

<< Sei insopportabile, Sel! >>

Eppure sua sorella si limitò a spazzolare i lunghi capelli biondi lasciandoli sciolti e si infilò finalmente la veste che aveva scelto dopo averle tirate fuori tutte.

<< Possiamo andare >> dichiarò Elydet << Credete che io sia abbastanza- >>

Irmelin interruppe la sua domanda senza la minima pietà << Sì, Ely, sei abbastanza bella e profumata, andiamo! Non voglio arrivare dopo le stupide capre che, sicuramente, saranno presenti >>

C’erano almeno una ventina di persone ad attendere che le porte della sala delle riunioni venissero aperte. Non si aspettava così tanta gente.

Da un’occhiata rapida sembravano sacerdoti, funzionari e anche qualche guardia.

<< Secondo te chi è questa gente? >> chiese bisbigliando all’orecchio di Irmelin.

<< Non lo so, ma le guardie sono giovani >>

Sospirò scoraggiata. Irmelin non avrebbe messo in funzione il cervello finchè il re non avesse cominciato a parlare. Non c’era speranza che collaborasse prima.

Dalia e Keira erano lontane da loro e la Somma sacerdotessa cercava parlare con gli altri funzionari del re, ma non sembrava ottenere grande considerazione da parte loro. Meglio così, meno gente ascoltava i suoi discorsi, meno gente si rendeva conto di quanto fosse stupida la donna che le comandava.

Finalmente i servi aprirono le grandi porte.

La grande sala delle udienze, che di giorno era sempre inondata di luce, adesso appariva completamente diversa. Era illuminata da moltissime candele ma, per quanto numerose potessero essere, la luce prodotta era solo un tenue chiarore a confronto con quella del sole.

I servi indicarono la disposizione dei posti: il re, che non era ancora entrato, naturalmente a capotavola dove era stato già sistemato il suo trono; nelle sue immediate vicinanze doveva posizionarsi la sua corte; poi le rappresentanti delle sacerdotesse straniere ed infine tutti gli altri.

<< Posti importanti i nostri … >> sentenziò Elydet dopo un fischio d’approvazione << Vicino al Sommo-Divino-Sovrano >>

<< Oppure posti facilmente controllabili da entrambi i lati >> le fece notare sua sorella.

<< Che dici, Sel? Possibile che tu debba sempre pensare male? >>

Elydet poteva pensare quello che voleva, ma lei era convintissima della sua idea. I servi  avevano anche insistito perché si dividessero e non restassero tutte dallo stesso lato del tavolo. La cosa non le dispiaceva affatto perché così non era vicina a Keira né a sua zia, ma non aveva fatto che rafforzare le sue convinzioni: con quella disposizione potevano tenerle tutte sott’occhio.

<< Eccoli! >> annunciò Elydet scattando in piedi come tutti gli altri per attendere l’arrivo del re  al tavolo.

La seduta fu introdotta da una serie interminabile di convenevoli e saluti e poi qualcuno cominciò a leggere la lista dei presenti

<< Mi aspettavo una cosa diversa >> sussurrò delusa Irmelin.

Selyan trattenne una risatina. Col suo carattere, la sua amica era la persona meno adatta agli incontri di quel tipo. Selyan decise di sfruttare l’occasione per guardarsi intorno.

La loro“guida” guardava senza ritegno ognuno dei presenti sconosciuti, sicuramente per imprimersi nella memoria i loro volti, ma chiunque l’avesse osservata avrebbe pensato che stesse guardando qualcosa di estremamente disgustoso.

Probabilmente non le andava bene che nessuno le avesse ancora rivolto la parola o che non avessero elencato tutti gli appellativi che era solita usare nella loro terra quando avevano pronunciato il suo nome.

Anche Keira si limitava a guardarsi intorno soffermandosi di tanto in tanto in direzione del nobile Neithel. Era molto più  contenuta di Elydet, dovette ammetterlo. Sua sorella fissava continuamente il re e la sua aria sognante la diceva lunga. Le avrebbe detto due paroline appena fossero uscite, non poteva comportarsi così.

Soffocò una risata e stava per chiamare Irmelin e farle notare la situazione quando si rese conto che era molto più strana del solito.

Aveva perso la prima parte del discorso del re. Perché era sempre così distratta?!

<< Dubito fortemente che siano in grado di fare una cosa del genere, Vostra Maestà >>  intervenne Dalia << ma non posso dire se abbiano o meno contribuito in qualche modo >>

Cosa? Voleva dire al re che erano state loro a combinare quel disastro?

Ecco perché Irmelin stava attenta alla vecchia! Doveva aver capito prima di lei che la stupida di Dalia aveva deciso di far ricadere i sospetti su di loro.

<< Non è quello che ti ho chiesto >>

Il re sembrava non esserci cascato per fortuna, ma il Nobile Olen intervenne ad esprimere quello che la maggior parte dei presenti stava sicuramente pensando << Volete quindi farci intendere che queste tre ragazze non sono affidabili? >>

<< Con tutto il rispetto, mio signore, poiché sono stata allontanata dai vostri pari, io non ho più avuto potere di controllare queste tre ragazze. Non posso sapere cosa è successo >>

Finalmente aveva scoperto le sue carte.

Selyan si rese conto di aver esagerato: gettare dei sospetti sulle sue ragazze per Dalia sarebbe stato come tirarseli addosso. Per quanto sembrasse stupida, la vecchia era dotata di un’astuzia micidiale e aveva messo in conto che non poteva perdere la fiducia del re, né per lei, né per loro. La strategia che stava usando puntava solo un po’ più in basso ed era quella che usava più spesso, ormai la conosceva bene. Insisteva sulla sua lontananza perché il re si scusasse davanti a tutti e le assicurasse che in altre situazioni del genere l’avrebbero tenuta in maggiore considerazione.

Che donna illusa!

Il problema era che Irmelin non aveva neanche preso in considerazione quella possibilità.

Nel momento stesso in cui la vecchia aveva aperto bocca, Selyan aveva visto la sua amica allungare una mano sotto la tovaglia e fu solo per un caso fortunato che riuscì a vedere quello che stava facendo prima che fosse troppo tardi. Irmelin si stava sfilando un sandalo sicuramente con l’idea di lanciarlo a Dalia. Evidentemente non scherzava quando aveva giurato che, se la vecchia le avesse messe nei guai, le avrebbe tappato la bocca con le sue scarpe.

Le rifilò una gomitata più forte del solito, ma non riuscì comunque a impedirle di urlarle contro << Non vorrete insistere per tutta la sera a cercare di convincere tutti che siamo state noi a fare quella cosa, spero! >>

<< Certo che non siete state voi >> rispose Dalia con la calma di chi parla a una pazza << siete sotto la mia responsabilità e vi ho educate io. Mi sarei stupita del contrario >>

La risposta della Somma Sacerdotessa non aveva fatto che aumentare la rabbia di Irmelin che cominciò a urlare << Badate a cosa insinuate allora! Vi rendete conto che ci avete accusato, a torto, davanti a tutti?! >>

Selyan era allibita da quella scena. Non l’aveva mai vista scattare per così poco.

<< Piccola insolente! Io non ti permetto di rispondermi in questo modo ad una riunione così importante. Il tuo comportamento evidenzia il fatto che non puoi prendere parte a queste cose perciò ti ordino di andare nella tua stanza >>

<< Non puoi farlo >>

La ragazza non aveva sentito la calma protesta del re e aveva cercato di alzarsi in piedi, ma era stata trattenuta da Selyan e Elydet anche se continuava a urlare.

Se non l’avessero presa tutte e due nello stesso istante non sarebbero riuscite a trattenerla seduta.

<< Io non mi muovo di qui perché chi comanda da queste parti è- >> in un istante si rese conto che la persona che stava indicando come Chi-comanda-da-queste-parti la stava guardando e che forse aveva anche parlato poco prima.

<< Scusate, Vostra Maestà, avete detto qualcosa? >>

<< Ho detto che non può allontanarti da qui visto che ti ho chiamata io >>

Selyan era sicurissima che lei e Elydet come minimo sarebbero arrossite a quella risposta vista al situazione, ma lei rimase impassibile. Non l’avrebbe mai data vinta alla vecchia proprio ora che il re l’aveva contraddetta << Grazie. Vi chiedo perdono per aver perso la pazienza. Non succederà di nuovo >>

Tarìc fece un gesto per dirle di lasciar perdere e lei si sedette meglio risistemando i riccioli che le erano sfuggiti davanti al viso. La donna davanti a lei la guardava come se volesse incenerirla e chissà quali punizioni o vendette stava tramando, ma Irmelin le rispose con un sorriso sfrontato << Chiedo perdono anche a voi, Potente Madre, questa situazione mi ha scosso più del dovuto e ho perso la calma. Vi prometto che non accadrà più >>

Il re riprese in mano la situazione e Dalia fu costretta a distogliere per prima gli occhi da quelli della ragazza.

<< Cosa stavi dicendo? >> chiese il sovrano a Dalia.

<< Stavo dicendo che, nonostante tutto, ho avuto modo di percepire una grande aura di potere e posso dire che la sua fonte era molto lontana da qui >>

<< Dove per la precisione? >> insistette Ismene.

<< Verso est, molto lontano >>

Il re passò a interrogare i suoi uomini e Selyan dovette fare uno sforzo incredibile per non ridere. Per la Somma Sacerdotessa stava andando tutto storto, doveva essere su tutte le furie.

A un tratto, però, la conversazione si era fermata. Nessuno parlava e nessuno si muoveva, cosa stava succedendo?

Anche Elydet sembrò riprendersi e smise di fissare il re per rivolgere una muta domanda alle altre due

<< A questo punto abbiamo poca scelta, credo. Ci resta un’unica soluzione >> Ismene  lasciò in sospeso la sua frase, ma ottenne comunque l’assenso di tutti gli altri.

Ovviamente, né Selyan né le sue compagne capirono di cosa stessero parlando, anche se il fatto che nessuno dei presenti fosse felice di dover dar ragione a Ismene era evidente anche loro. Doveva essere qualcosa di cui avevano già discusso in privato e non intendevano parlarne adesso ma Dalia, nonostante tutto, non accettava di essere tagliata fuori da qualcosa  << Posso chiedere di che soluzione si tratta? >>

<< Non sono cose che ti riguardano >>

Selyan non poté non ammirare il re a quella risposta e dal viso di Irmelin era sicura che pensasse la stessa cosa. Era raro vedere la faccia di Dalia così oltraggiata, la stessa sacerdotessa del vento ci riusciva solo nei suoi momenti migliori e si beccava una punizione mentre il re la zittiva sempre senza lasciarle nessuna possibilità di vendetta. Aveva ragione Elydet: era un re fantastico.

<< Da voi volevamo soltanto sapere se avete trovato qualcosa di diverso nelle ustioni dei feriti di cui vi siete occupate >> precisò il re rivolto a Dalia.

<< Che cosa intende? >> chiese lei come se la cosa avesse poca importanza.

<< Keira, erano normali ustioni o c’era qualcosa di insolito, i feriti avevano qualche sintomo strano? Hai percepito qualche aura di potere mentre li curavi? >>

Quella domanda aveva scatenato reazioni totalmente contrastanti tra le straniere: rivolgendosi direttamente alla nipote, la Somma stupida era zittita, Selyan non poté che ammirare la mossa del re, Irmelin aveva la faccia di chi aveva appena vinto una sfida, probabilmente per il rossore imbarazzato e il balbettio incerto nella risposta di Keira e Elydet guardava il re adorante come sempre

<< Non… non ho notato niente di strano e non sono in grado di percepire i poteri degli altri, Vostra Altezza, mi dispiace >>

<< Mio re, c’ero anch’io con lei e posso garantirvi che non c’era nessuna traccia di potere là dentro >> intervenne Dalia << Io lo avrei sicuramente sentito e mai mi sarei permessa di nascondervelo >>

<< Ma non è vero! >> sussurrò Irmelin indignata a Selyan.

<< Cosa? >>

Purtroppo la loro conversazione fu notata << Irmelin, hai qualcosa da dire? >> chiese il re

<< Anch’io sono stata portata in quelle tende e ho sentito chiaramente la traccia di un potere. Anche io, come Keira, non sono molto brava con queste cose, quindi non posso dire da dove provenisse, ma so che era vicino e non era quello della somma Dalia >>

<< E come fai a dire una cosa del genere, sentiamo? >> chiese la donna.

<< Ormai il vostro potere lo conosco, madre. Dopo tanti anni al tempio so riconoscere sia il vostro che quello di Selyan e di Elydet. Quello di ieri era diverso >>

La donna assunse un’aria indispettita. Voleva sicuramente trovare il modo di sbugiardarla davanti a tutti << Eri svenuta per aver usato troppo potere, le tue percezioni sicuramente erano alterate e hai visto una cosa che non c’era >>

Irmelin mantenne un sorriso calmo << La donna ferita nel letto accanto al mio c’era, e ve lo posso garantire, e quel potere anche >>

Il re prese la parola << Irmelin, sei sicura che ci fosse realmente? Hai detto che riconosci Dalia, Selyan e Elydet, forse quella che hai avvertito era la presenza di Keira o di un’altra delle tue compagne >>

Mai, in tutta la sua vita, Selyan avrebbe potuto prevedere la calma risposta di Irmelin al re.  Per quanto la conoscesse e avesse imparato a prevedere le sue risposte, quella che seguì il suggerimento del re non se la sarebbe mai aspettata

<< Scusate, non ci avevo pensato. Non essendo molto brava, percepisco solo i poteri più forti, ma se le mie percezioni erano davvero alterate, allora, è possibile che abbia davvero avvertito per la prima volta il potere di Keira. Non posso esserne sicura, vi chiedo scusa >>

<< Non importa. Grazie lo stesso, Irmelin >>

Doveva trovare il modo di fermare la guerra di Irmelin a Keira. Almeno davanti al re.

Dal modo in cui Elydet si era coperta il viso con una mano per l’imbarazzo, aveva capito che anche lei la pensava allo stesso modo e forse l’avrebbe aiutata, ma aveva la netta sensazione che sarebbe stato più semplice convincere Irmelin a tagliarsi una mano piuttosto che smettere di insultare la sua peggiore nemica.

Tutto quello che poteva fare in quel momento era pregare gli Dei del nuovo regno di trattenere il re che li serviva dal fare qualche altra domanda a Irmelin o alle due pompose. Forse, anche se era una serva di un’altra Dea, l’avrebbero ascoltata per amore della decenza nelle riunioni importanti del loro regno.

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-Irmelin-

 

<< Dovevi proprio farle impazzire in quel modo? >> le chiese Selyan una volta in camera << Sai che poi si vendicano >>

<< Non ho certo paura di loro! >> sbuffò lei.

<< Paura no, ma un po’ di contegno davanti al re non ti avrebbe fatto male >>

Irmelin alzò gli occhi al cielo esasperata mentre la parola “re” veniva come sempre sottolineata da un lungo sospiro proveniente dal letto di Elydet.

Insieme alla sua presenza, la ragazza fece tornare in mente a Irmelin che la sua speranza di tenere nascosta la sua cotta per il re era andata a farsi benedire

<< Bella la veste del re di stasera, vero Ely? >> la prese in giro

<< Lui sarebbe bello anche con un sacco di iuta addosso >> sospirò Elydet.

Scoppiò a ridere, ma non servì a calmare Selyan. La sua amica si faceva prendere dall’isteria ogni volta che si limitavano a parlare dei reali, figurarsi dopo una riunione seria al loro tavolo. Per sua fortuna, però, era riuscita a spostare le sue attenzioni su sua sorella facendole dimenticare la sua irriverenza nei confronti della vecchia bavosa e sua nipote

<< Anche tu: hai passato tutta la sera a guardarlo, ti sembra il modo di comportarsi?! Sono sicura che più di una volta se n’è anche accorto >>

<< Certo che se ne è accorto >> rispose Elydet indignata << A lui non sfugge nulla >>

Irmelin credette di aver capito male. Lo aveva davvero fatto apposta?

<< Vorresti dire che tu lo guardavi… e sei contenta che lui si sia accorto di quello che facevi? >> le chiese.

<< Sì… No! Mi ha vista davvero!? >> chiese sconvolta sedendosi di scatto.

<< Un paio di volte di sicuro >> la informò Selyan.

<< Oh, no! >> urlò lei disperata << Cosa avrà pensato? >>

<< Beh, avrà pensato che lo stavi guardando >> rispose Irmelin facendo scoppiare a ridere anche Selyan.

<< Oh, Dea, che figuraccia! Cosa avrà pensato di me? Siete sicure? >>

Non voleva mandare a letto la povera Elydet nell’imbarazzo più totale, ma sua sorella aveva già annuito senza nessuna paura. A volte a quella ragazza mancava il cervello. Irmelin era convinta che quel suo difetto fosse una fortuna in molti casi, una persona normale non si sarebbe lasciata distrarre dalle banali cotte della sorella.

<< Sai, dopo un po’, una persona normale si accorge di essere fissata >>

In risposta arrivò un’imprecazione molto colorita.

<< Elydet! Che maniere! >> urlò Selyan.

<< Tu con la tua improvvisa voglia di comandare, invece, che mi dici? >> la rimbeccò Elydet << Ormai ho fatto la mia figuraccia, adesso dormo >>

<< Anche noi. Forza, Sel! >> ordinò Irmelin.

<< Sì, mamma >> rispose scherzando mentre si metteva sotto le coperte.

Quando spensero le candele il buio fu totale, ma il silenzio fu rotto subito dal bisbiglio di Elydet << Sel? Mi ha vista davvero? >>

<< No, Ely >>

<< Non prendermi in giro. Mi ha vista o no? >>

<< Sì >>

Irmelin sorrise nel buio. Selyan era un’idiota totale nelle questioni sentimentali.

<< Sel? >> bisbigliò di nuovo Elydet << Pensi che non mi rivolgerà mai più la parola? >>

<< Non sembrava arrabbiato >>

<< Come sembrava? >>

Grazie a qualche Dio o Dea la sua amica le passò la domanda << Irmy, come sembrava? >>

<< Stanco. Molto stanco. Credo che le tue attenzioni gli abbiano fatto piacere in un periodaccio come questo >>

<< Oh, Dea, il Grande Re è una persona impegnata e abbattuta, è vero! Speriamo che stanotte dorma bene e che il suo Dio gli faccia dono di una buonanotte >> sussurrò più a sé stessa che a lei.

<< E noi non valiamo niente? >> chiese Irmelin ridacchiando.

<< Al confronto con lui, nessuno vale niente >>

Dopo un ultimo sospiro Elydet non fece più domande imbarazzanti e cominciò a ronfare beatamente in pochi secondi. Ora che il silenzio era totale, la stanchezza cominciava a farsi sentire. Aveva sistemato la vecchia, sua nipote aveva ricevuto abbastanza offese, Elydet era sprofondata nel mondo dei sogni senza arrabbiarsi con nessuna di loro… forse poteva anche dormire tranquilla

<< Ehi, Irmy >>

<< Che c’è, Sel? ho sonno >>

<< Sono felice che tu sia mia amica >>

Abbandonò all’istante l’idea di dormire. Selyan non si lanciava mai in quelle dimostrazioni d’affetto senza motivo. Perché diamine lo stava facendo?

<< Perché? >>

<< Perché sei troppo furba. Se tu fossi mia avversaria, non saprei come batterti >>

Tirò un sospiro di sollievo. Era solo una stupida battuta, non l’onda nera dei ricordi o, peggio ancora, il resoconto di quanto le era rimasto nella vita. Scosse la testa divertita dai suoi stessi pensieri e sbuffò << È una delle mie doti principali, non lo sapevi? >>

<< Certo! ‘notte, Irmy >>

<< ’notte, Sel >>

Forse non avrebbe dormito subito, ma non era una di quelle notti in cui Irmelin doveva mordere le coperte per trattenersi dal dirle qualcosa o dal farle capire che era sveglia.

Si ritrovò a pensare che avrebbe potuto chiedere a Nora una buona dose di sonniferi. In quella stanza ce n’era un forte bisogno.

Forse i discorsi del re avrebbero tenuto impegnata Selyan finchè non fosse arrivato il sonno anche per lei.

C’erano tante cose a cui pensare quella notte. Perché il re cercava delle tracce di potere nelle ferite della gente? Da dove veniva tutta l’energia della cupola?

 Lei non aveva mai pensato a cercarne la fonte. Aveva mentito al re solo per far arrabbiare Dalia, tanto nessuno avrebbe tenuto in seria considerazione la sua opinione, sapevano già tutti che non era la migliore delle sacerdotesse.

Quello che non capiva era perché la dannata cosa viola si fosse concentrata subito su Elydet invece di espandersi a caso. Per quanto fosse stata vicina la sua amica, non era l’unica da quelle parti e la nobile Ismene non era a più di un paio di metri da lei, alla stessa distanza da quella maledetta cosa. Perché non aveva colpito la nobile? Non aveva senso che qualcuno costruisse una trappola del genere e poi la lasciasse libera di colpire una persona a caso dei presenti?

E, se era un attacco destinato a distruggere o indebolire il regno, perché colpire una straniera? Chiunque aveva progettato una cosa del genere doveva sapere che loro non avevano niente a che fare con quel regno.

Il re non aveva fatto caso a quel particolare e, grazie alla buona sorte, neanche Selyan.

Le sembrava assurdo pensare che fosse un attacco mirato a loro, ma non poteva permettersi di abbassare la guardia.

<< Non dovrai mai smettere di guardarti intorno, Irmy, mai. Neanche quando ti sembrerà di essere al sicuro, va bene? Promettimi che starai sempre attenta >>

Fu strano sentir riecheggiare quelle parole nei suoi ricordi.

Quel giorno, purtroppo, aveva promesso.

Ignorando il tormento di quello che la promessa avrebbe comportato, ingoiando la paura di quello che avrebbe dovuto fare, aveva accettato, convinta che fosse una promessa inutile, che fosse solo una preoccupazione eccessiva dello stupido che le aveva chiesto di farlo. 

Aveva promesso e si trovava a fare i conti con un pericolo più grosso di lei e di tutti i nuovi reali messi insieme.

Non era una magia che mirava a colpire la persona più potente nelle vicinanze e non era neanche un attacco mirato al re o ai reali.

Era un attacco mirato a loro, maledizione! E da qualcuno che, molto probabilmente, era in grado di vedere quello che stava facendo.

Maledetto lo stupido che l’aveva fatta promettere e poi si era fatto colpire in guerra!

Come credeva che avrebbe fatto da sola?!

Tirò un pugno al cuscino e poi ci affondò il viso. Aveva un disperato bisogno di alleati.

 Subito. Forse era già troppo tardi.

<< Irmy, stai bene? >> chiese la stupida nel letto accanto al suo.

<< Dormi, Sel >>

Lei non rispose ma la sentì alzarsi e un attimo dopo si infilò sotto le sue coperte abbracciandola

<< La faremo pagare alla vecchia stupida prima o poi >>

Beate le sue convinzioni infanitli! Avrebbe tanto voluto anche lei stare così per colpa della vecchia, ma ringraziò la sua fantasia contorta e resse il suo gioco.

<< Non sarà mai abbastanza >> le rispose con voce malferma.

Selyan le baciò una guancia e si sistemò meglio sotto le coperte. La sua possibilità di sfogarsi piangendo di nascosto era svanita come quella di stare comoda nel suo letto.

Quello che Irmelin non riuscì a capire prima che il sonno arrivasse alla sprovvista, era come erano sparite anche la rabbia e la tristezza che un attimo prima la stavano soffocando. Ebbe solo il tempo di pregare la vecchia Dea e il Dio straniero che l’idiota nel suo letto non le avesse nascosto anche il potere di alterare gli stati d’animo altrui.

<< Buonanotte, Irmy >>

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-Tarìc-

 

Come poteva imbrogliare una ragazza che non faceva che guardarlo e ammirarlo?

Ma, d’altro canto, come poteva continuare a lasciare che le straniere facessero i loro comodi nel suo regno con tutti i loro segreti, le loro prese di posizione nelle situazioni pericolose e la loro sprezzante superbia nei confronti dei loro problemi?

L’incendio aveva chiarito la loro posizione molto più di quanto avevano fatto le loro parole e loro promesse: non erano disposte a collaborare in caso di bisogno e non erano disposte a essere sincere con lui. Avevano la sola intenzione di farsi ospitare da lui e farsi coprire di onori e favori come se fossero importanti e rispettabili quando in realtà valevano meno di niente.

I loro poteri erano davvero un problema in quel caso. La maggior parte di loro non aveva neanche attivato una pietra, un paio avevano perso una o due ore del loro tempo nel cercare di rimediare ai danni che i raccolti avevano subito accelerando la crescita di alcune piante, e una aveva attivato la sua pietra vicino al terreno bruciato prima di affermare che non aveva tutto il potere necessario a riportarlo al suo stato originale e che non aveva neanche le competenze necessarie a farlo.

Tarìc aveva perso un pomeriggio intero a chiedersi come si potesse possedere un potere legato alla terra e non avere le competenze per utilizzarlo ma ancora non aveva capito come quella situazione fosse possibile.

E poi c’erano loro, le tre preoccupazioni più grosse dopo le bugie della Somma Sacerdotessa. Vento, fuoco e acqua. Tre poteri dominati quasi alla perfezione da tre persone che lo preoccupavano più di tutte le altre messe insieme.

Nora ormai era la sua fonte più propizia di informazioni su quelle ragazze. Con tutta la sua innocenza e la sua lealtà, si era detta disposta a diventare loro amica e a fargli presente ogni cosa che avesse ritenuto strana o pericolosa nei loro comportamenti.

Non aveva avuto molte occasioni di parlare con loro fino a quel momento, ma sapeva che aveva in programma di passare con loro le sue serate. Quello che lo incuriosiva, era che Nora sembrava davvero convinta che non avessero niente di strano e sembrava anche ben disposta nei loro confronti. Era difficile che Nora trovasse simpatico qualcuno, soprattutto se potente, ma l’unica cosa negativa che le aveva sentito dire era che aveva il sospetto che Elydet la trovasse antipatica e che quindi non credeva che avrebbe mai risolto niente con lei.

La potente sacerdotessa del fuoco era un compito che non poteva delegare a nessun altro. Né a Ismene, né a Nora.

Irmelin del vento gli aveva dato l’impressione di essere una persona forte e determinata, forse non era dotata di molto potere, ma sapeva usarlo e Ismene gli aveva riferito che sospettava che fosse in grado anche di avere delle visioni, ma lei non lo aveva fatto presente quando si era presentata al cospetto suo e della sua corte al loro arrivo, né ne aveva mai fatto parola con Nora.

Perché nasconderlo? E, soprattutto, perché quando aveva chiesto il suo aiuto nell’incendio si era tirata indietro apparendo quasi spaventata finchè non l’aveva calmata la sua amica?

Selyan le aveva detto qualcosa nella loro lingua e lei si era messa al lavoro con scarsa convinzione, ma senza ulteriori proteste. Cosa diamine le aveva detto? E perché non voleva mettere il suo potere al loro servizio con la scusa della sua incapacità? Nessuna delle altre aveva mai fatto qualcosa di diverso dal cercare di apparire potente ai suoi occhi. Nessuna eccetto lei e la sua amica.

Selyan dell’acqua, sorella di Elydet del fuoco, era il suo più grosso grattacapo da quando erano sbarcate. Timida all’eccesso, spaventata dalla sua stessa ombra e palesemente schiava della disperazione più nera, in possesso di un potere di cui non conosceva le dimensioni né tanto meno le possibilità e degli occhi più espressivi che avesse mai visto. Gli occhi di una ribelle messa a tacere dalla paura di qualcosa che le era successo e che sarebbe potuto succederle ancora, gli occhi di una persona fiera e indipendente ormai domata dalla tristezza e dalla disperazione.

Non capiva quella ragazza.

 Dalia la insultava di continuo, la sminuiva a vantaggio della nipote e di qualunque altra incapace al suo comando, ma era sicuro che anche lei la guardasse con sospetto. Il perché era un mistero che non sapeva risolvere. Selyan non si faceva problemi a mettersi a sua disposizione, aveva insistito perché Dalia la lasciasse salvare Ismene e Aaren, si era offerta per aiutarlo nell’incendio, non aveva protestato quando l’avevano spedita nelle squadre, eppure… Tarìc stesso non riusciva a lasciarsi spaventare dal fatto che avesse usato una formula proibita per fermare l’energia che l’avrebbe uccisa facendo fuori anche Neithel e parecchia della gente in quella zona. Avrebbe dovuto restare sbalordito dal sapere che quella ragazza era a conoscenza di formule così proibite e così potenti che nemmeno i suoi primi sacerdoti si azzardavano a usare per quanto erano pericolose e segrete. Eppure l’aveva usata e lui non riusciva a preoccuparsene. Riusciva solo a pensare che quello che avrebbe dovuto essere un grosso alone azzurro era stato coperto dall’oro dei loro bracciali e che Neith gli aveva assicurato di non aver minimamente usato il suo.

Nessuno a eccezione dei legittimi proprietari dei bracciali che Dio aveva concesso al suo regno poteva toccarli, meno che mai tentare di usarli senza morire all’istante.

Lei ci era riuscita senza il minimo problema.

Aveva usato il potere di Neithel per coprire il proprio senza chiedergli niente e senza che ne subisse alcun danno. Non un fulmine diretto al suo cuore, non una bruciatura sulla sua mano. Assolutamente niente.

E poi era tornata la ragazza spaventata e sottomessa di sempre. Aveva implorato il silenzio e si era lasciata insultare, maltrattare e anche punire. Non aveva preteso un ringraziamento per aver salvato tutti, non aveva protestato davanti alla punizione per averli protetti e si era anche scusata con Neith per avergli fatto perdere la pazienza.

Tarìc non capiva.

Odiava non capire, odiava non sapere e odiava che le cose sfuggissero al suo controllo.

Quella ragazza aveva vinto dove i suoi più esperti guaritori avevano fallito, padroneggiato una formula proibita, piegato al suo volere un bracciale del Potere  e viveva cercando di nascondere ogni singolo particolare della sua vita. Sapeva solo che aveva perso la famiglia e che soffriva per le sue perdite, ma cosa sarebbe successo quando la tristezza fosse passata?

Non riusciva a farsi un’idea del reale carattere di quella ragazza né delle sue intenzioni.

Nora gli aveva detto che Irmelin le aveva raccontato di decine e decine di punizioni che si erano prese per aver mancato di rispetto a Dalia o per aver disobbedito ai suoi ordini. L’aveva vista anche lui raggirarla e disobbedire al suo volere quando aveva cercato di impedirle di curare Aaren e sapeva anche che più di una volta aveva sbuffato o aveva risposto male a Neithel.

Possibile che la tristezza stesse tenendo buona una pericolosa ribelle?

Tanet si era detto seriamente preoccupato da quella ragazza e Nora lo aveva insultato convinta che non fosse un problema, Ismene gli aveva chiesto del tempo per valutare il suo comportamento nelle squadre e, quanto a Neithel, era assolutamente inutile prendere in considerazione le sue critiche. Non poteva essere razionale nei suoi confronti.

Tarìc non sapeva cosa pensare. Sapeva solo che aveva bisogno di capire come stavano le cose e non aveva il tempo di occuparsene.

<< Vostra altezza >>

<< Olen, qualcosa non va? >>

<< Ecco… >> cominciò lui lisciandosi nervosamente la barba ben curata che portava da quando Tarìc aveva memoria << Sono stato informato del fatto che cominciano a sollevarsi delle proteste sul pagamento delle tasse nella capitale. Pare che molti usino come scusa la perdita del raccolto o la necessità di ricostruire la propria casa e si lamentino del fatto che una nuova disgrazia li ha colpiti prima che i danni della precedente fossero sanati. Dicono che il denaro potrebbe servire loro per le prossime sventure che verranno. La gente non si senta al sicuro, maestà >>

La sua gente era spaventata e scoraggiata. Era ovvio che fosse così, ma non era facile trovare una soluzione rapida a quel problema. Forse doveva parlare pubblicamente con il suo popolo e cercare di rassicurarlo, anzi, senza dubbio era così, ma Olen aveva altro da dire, lo conosceva troppo bene. Doveva dire qualcosa e non ne aveva il coraggio

<< E la mia gente cosa crede che possa fare io contro il volere di Dio? >>

<< Smettere di offendere il nostro Dio ospitando le serve di un’altra divinità >> ammise lui a mezza voce

 

Tarìc sgranò gli occhi per la sorpresa << Cosa?! Ma loro non erano qui quando è arrivato il terremoto! >>

 

L’uomo alzò le spalle sconsolato << No, ma forse cacciandole il nostro Dio si placherà un po’ >>

Il Dio della Misericordia non si sarebbe certo placato per una cosa del genere! 

Come avevano fatto a pensarlo?

E perché Olen lo guardava come se si aspettasse qualcosa da lui a quella rivelazione?

Odiava quando non aveva il coraggio di fargli notare i suoi errori, ma quella volta aveva capito da solo

 

<< Ho trascurato il popolo, vero? >>

 

Le questioni del palazzo lo avevano tenuto lontano dai pubblici discorsi e, come gli aveva sempre detto suo padre, un re che non ha tempo per calmare gli animi, è il re di un regno in subbuglio.

Dannazione!

<< Credo che abbiate fatto il possibile, maestà >> disse prima di congedarsi con un inchino.

Tarìc sospirò e prese foglio e inchiostro.

Poco importava che fosse notte fonda, il re all’alba avrebbe fatto il suo discorso.

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Capitolo 13
*** 12. Punti di vista ***


12. Punti di vista

-Selyan-

Il nobile Tanet impiegò almeno un'ora della mattinata per illustrare alla squadra il piano di ricostruzione del paese. Ad ognuno dei presenti era stata consegnata una cartina del territorio suddiviso in regioni con numeri e colori diversi: quindici zone complete di date, durata dei lavori, numero di uomini richiesti, un elenco al lato con i dettagli e un secondo foglio, diverso per tutti, con il calendario dei giorni di lavoro, con indicata la mansione da ricoprire, e quelli di riposo.

Rimettere tutto a posto non era cosa facile viste le dimensioni dell'area danneggiata e la portata dei danni e Selyan dubitava che il re prevedesse una semplice risistemata per il suo regno.

Era sicura che, una volta finito, i segni del passaggio del terremoto e dell’incendio sarebbero stati completamente cancellati.

Era un’organizzazione precisa e studiata come non ne aveva mai viste prima.

Ovviamente il suo calendario non prevedeva giorni liberi e scoprì che la mansione per lei era sempre la stessa: gruppo trasportatori.

Quando il Nobile Tanet aveva descritto quel ruolo aveva detto che i trasportatori erano quelli da chiamare ogni volta che un costruttore, un guaritore o chiunque altro aveva bisogno di qualcosa che non era nel suo raggio d’azione per non perdere tempo. In sostanza, erano una sorta di servi e, mentre gli altri avrebbero ricoperto quel ruolo a rotazione, per lei era fisso.

Immaginava già le urla di Irmelin. Come minimo, l’avrebbe definita La sguattera di duecento uomini.

Lei non aveva comunque intenzione di lamentarsi. Le andava bene così.

Quando la squadra iniziò il suo turno, scoprì che nessuno aveva intenzione di prendere le cose alla leggera e si erano buttati tutti a capo fitto nel loro lavoro.

Loro ordinavano, lei doveva correre.

All’ora di pranzo, con il cambio dei soldati, ringraziò la Dea di essere finalmente libera di andarsene a letto. Era esausta, con le ossa a pezzi, le mani piene di schegge di legno prese neanche lei sapeva dove, e distrutta dal caldo opprimente di quel regno.

Eppure, il fatto che non si fossero allontanati troppo dal palazzo, le dava la possibilità di tornare in tempo per la lezione della nobile Ismene.

Era stanca, ma non voleva dare l’impressione di essere il tipo di persona che si prendeva un girono libero appena aveva una scusa. Non certo alla prima lezione che avrebbe dovuto seguire in quella classe. Si limitò a un bagno veloce, un abito pulito e si convinse ad andare.

Entrò nell'aula ignorando le occhiatine e dei commenti delle sue vecchie compagne.

Aveva troppi anni di esperienza per sentirsi anche minimamente irritata da quelle cose.

Elydet era stranamente seduta accanto ad una delle pettegole amiche di Keira, ma Irmelin era sola

<< Posso? >> chiese già certa di poter poggiare la sua roba su quel banco.

<< No, mi dispiace >> rispose seria, senza guardarla e senza neanche l'ombra di un sorriso

Che fosse arrabbiata con lei per qualcosa?

O forse i posti erano assegnati dall'insegnante e non potevano cambiarli. Quello avrebbe spiegato anche Elydet in mezzo al gruppo di oche, ma perché la freddezza di Irmelin?

<< Sto aspettando la mia compagna di banco preferita>>

Non sapeva cosa dire, non le aveva mai detto niente, ma era normale che qualcuno avesse preso il suo posto. Non era più a lezione con loro da troppo tempo ormai.

<< Ha degli adorabili capelli lunghi, ricci e rossi, un sorriso simpaticissimo e si chiama Keira>>

Le ultime parole erano state sottolineate da una faccia schifata e un acidissimo tono di voce che eliminarono ogni dubbio e la fecero scoppiare a ridere. Il posto era tutto suo.

<< Mmm, credo di aver capito chi è, ma sembra che stia tardando. Sicura che venga a lezione? >>

<< Credo proprio che dovrò arrangiarmi con te >>

Si sedette mentre ancora rideva e guardò sua sorella per cercare di capire cosa facesse in mezzo a quella gente. Era anche immersa in una accesa chiacchierata. Non poteva crederci.

<< Da quando Ely è così amica di Thanee? >>

<< Quando Keira non c’è, le galline abbassano un po' la cresta. Siamo state vicine solo all’inizio >>

<< Non lo sapevo. Mi sono persa parecchie cose, vero? >>

<< Adesso recuperiamo >> rispose lei sbattendo sul banco dei fogli impiastrati di inchiostro << Hai dato un'occhiata a quella lista che ti ha fatto avere la nobile Ismene? >>

<< Sì. Non sembra molto diverso da quello che facevamo con la tirapiedi di Dalia all’isola >>

<< Perfetto! >> gongolò mettendole davanti la sua pergamena con una piuma per scrivere senza tanti complimenti e un sorriso soddisfatto stampato in faccia  << Correggi e sbrigati! La nobile Ismene potrebbe arrivare a momenti. Se ci vede, possiamo dirle che volevi vedere i nostri compiti per sapere quale argomento abbiamo affrontato nella lezione di ieri, ma non voglio rischiare. Ogni volta che le rifilo una bugia mi guarda male >>

Selyan sospirò. L’euforia di Irmelin davanti alla possibilità che lei sistemasse i suoi errori prima che fosse troppo tardi era impossibile da distruggere.

<< Se sbaglio, ti arrangi. E non usare più quei paroloni con me, per favore >>

<< Devo esercitarmi per parlare dignitosamente alle persone di rango più elevato, visto che stiamo a contatto con la corte reale >> si giustificò lei imitando le movenze esagerate di Keira.

Quando la Nobile varcò la soglia, nella stanza calò il silenzio e Elydet schizzò in piedi

<< Facciamo i turni per distribuire gli esercizi >> le sussurrò Irmelin

Perfino le lezioni alle straniere erano organizzate nel dettaglio. Quel regno era sorprendente.

Ringraziò sua sorella quando le passò il suo foglio e si stupì quando non ottenne risposta.

Aveva già preso le maniere delle stupide?!

La spiegazione venne di nuovo da Irmelin << Quando sta con loro si comporta come loro >>

<< Vorresti dire che cambia idea come cambia il vento? >>

Poi si rese conto che quella frase detta a lei aveva uno strano significato e scoppiò a ridere seguita a ruota dalla sua amica. Furono richiamate al silenzio da un’occhiataccia della Nobile e non potè fare a meno di notare la differenza abissale tra le lezioni in quella classe e quelle che seguiva prima: con Keira non c'era mai stato niente di cui parlare e le risate erano solo una leggenda.

<< Potete cominciare >>

Il permesso di iniziare a risolvere gli esercizi le dette quasi i brividi.

Selyan prese la sua piuma e spostò il foglio in direzione di Irmelin in nome del vecchio accordo stretto da bambine e anche della pestata di piede che aveva appena ricevuto.

Selyan doveva farla copiare e Irmelin doveva farlo in modo da non renderlo ovvio all'insegnante. Di solito copiava gli esercizi a metà e li finiva da sola infilando qualche errore alla fine ma, per un motivo noto solo a lei, riempì il suo foglio di errori stupidi e banali che la costrinsero a passare parecchio tempo nella correzione alla cattedra mandando in bestia le ragazze in fila dopo di lei.

<< Perché non hai copiato di più? >> le chiese una volta uscite.

<< Perché facciamo quella roba da una settimana e non ho mai capito niente. Non potevo fare bene oggi che ci sei anche tu per la prima volta. Sarebbe stato sospetto >>

<< Astuta come sempre! >> la elogiò

<< Credi di avere a che fare con Keira?! Vieni con noi adesso? >> le chiese speranzosa << Ely guarda solo il re e io ho bisogno di qualcuno che insulti con me gli incapaci, ti prego! >>

Selyan ormai sapeva che, da almeno una settimana, mentre lei passava i pomeriggi a sgobbare sui libri, Irmelin e sua sorella facevano di tutto per uscire per prime dalle lezioni e poi correvano a spiare i soldati nel campo di addestramento. Elydet lo faceva perché spesso il re passava a controllare, Irmelin per cercare qualcuno che rispecchiasse i suoi ideali di marito perfetto. Ormai era abituata ad andare a letto ascoltando i suoi racconti di spadaccini incapaci ma dotati di bellissimi capelli e arcieri incapaci di centrare il bersaglio e con i muscoli così flaccidi che, se fossero nati donne, nessuno le avrebbe mai guardate.

L’assurdo era che, quella mattina, era sicura di aver passato un secchio d’acqua a un uomo di cui aveva sentito per un’ora intera per la sua camminata strana. Irmelin aveva fatto tanto di imitazione per lui e, quando se lo era trovato davanti, poco ci era mancato che gli ridesse in faccia.

Ma ascoltare i racconti era una cosa, andare al campo…

<< Mi spiace, Irmy, sono stanca. Ci vediamo a cena >>

<< Non aspetti neanche Ely? >>

<< No, non voglio darle spiegazioni >>

Non poteva sopportare di stare ferma a guardare i soldati. Avrebbe disperatamente cercato in ognuno di loro qualcosa che le ricordasse il soldato che non avrebbe più rivisto

<< Sicura di trovare camera nostra senza perderti di nuovo? >> chiese lei scettica.

<< Ciao, Irmy. Buon divertimento >> le rispose acida.

Ovviamente, riuscì a perdersi. Il tempio della nobile Ismene non era lontano dalla stanza in cui facevano lezione, lo sapeva, eppure era riuscita a sbagliare e non aveva neanche visto le grandi mura. Come accidenti aveva fatto!? Irmelin l’avrebbe insultata per il resto della vita.

E perché diamine si era ritrovata al mercato che costeggiava il porto dall’altra parte della città?

Sospirò sconfitta dal suo inutile senso dell’orientamento e decise di approfittarne per risanare le sue scorte di cibo. La mattina le avrebbe fatto sicuramente comodo avere qualche biscotto in tasca.

<< Posso permettermi di aggiungere una cosa alla tua busta? >> le chiese l’uomo dietro il banco

<< Perché? >>

<< Oggi ho offerto un dolce nuovo a tutti i miei clienti abituali, tu non ti servi da noi da molto tempo, ma ci tengo lo stesso a sapere cosa ne pensi se ti va di assaggiarlo >>

<< Vi ringrazio, lo accetto volentieri. Sono qui da poco e, anzi, vorrei farvi i complimenti per la vostra merce, signore. È tutto buonissimo >>

<< È buffo detto da una che compra sempre le solite tre cose, ma ti ringrazio. Da dove vieni? >>

<< Caro, smetti di importunare le clienti. La ragazza è una delle sacerdotesse straniere ospiti al palazzo reale >> si intromise quella che doveva essere la moglie del mercante.

<< Come fate a saperlo? >> chiese stupita.

<< Ho buona memoria per le facce. Ti ho vista in mezzo al tuo gruppo quando siete sbarcate e tutti sanno che il re vi ospita. Come mai le tue compagne non si vedono in giro spesso come te? >>

Come spiegare alla signora che le sue altezzose compagne si ritenevano troppo al di sopra di un banale mercato di paese? Nessuna di loro avrebbe mai fatto messo un piede fuori del palazzo per andare in mezzo alla calca e, meno che mai, per comprare cose che erano state tutto il giorno all’aperto e non provenivano da una cucina reale con ingredienti di prima qualità.

Lei era convinta che fosse tutto molto più buono su quei banchi che alla tavola di Dalia dove la vecchia benediceva il cibo con le parole e lo malediceva allo stesso tempo con tutto l’anima.

In quel momento, però, doveva costringere il suo cervello a elaborare una risposta che facesse apparire perfette le sue compagne e soddisfacesse la curiosità della donna << Le mie compagne passano molto tempo sui libri, signora. Io non sono mai stata molto brava con lo studio >>

<< Sei quella che hanno spedito nelle squadre di ricostruzione? >> le chiese come se avesse appena scoperto qualcosa di interessante.

Odiava la gente curiosa. La odiava da tutta una vita e voleva solo prendere i suoi maledetti biscotti e andarsene ma fu costretta a rispondere di nuovo << Sì, signora, sono io >>

<< Mio figlio mi ha parlato di te. Si chiama Feori, mi ha detto che non ti avrebbe mai ritenuta in grado di trasportare quella grossa trave con lui stamani >>

Non ricordava il figlio di quella donna, non aveva neanche guardato in faccia le persone, ma ricordava l’uomo che l’aveva presa in giro pesantemente quando si era offerta di aiutarlo al posto di un soldato che si lamentava per la stanchezza. L’aveva lasciata fare per sfidarla e si era dovuto arrendere quando avevano raggiunto la destinazione del grosso pezzo di legno. Ben gli stava!

<< Mi spiace se sono stata scortese con lui >>

<< Se mio figlio si comportasse bene con le donne non sarebbe ancora scapolo alla sua età, sono sicura che è stato maleducato anche lui. Oggi offro io. Sono felice di poter fare qualcosa per chi lavora alla ricostruzione del nostro paese >>

Come doveva spiegare a quella donna che non era solo una punizione la sua?

<< Ci ripagherai dicendo in giro che la nostra roba è la migliore>>  le disse l’uomo soddisfatto.

Poteva accettare. Anche se nessuna delle galline avrebbe mai neanche assaggiato qualcosa di quel banco << Vi ringrazio >>

Era assolutamente sicura che quella volta la strada fosse quella giusta, ma la sua attenzione fu attirata da un’anziana signora intenta a trascinare due borse decisamente troppo pesanti  per lei.

Non le era forse stato detto che il suo compito era portare le cose agli altri? << Posso aiutarvi? >>

Lei la guardò in modo strano, come per valutare se potesse o meno fidarsi di lei o meno

<< Sarebbe stato molto meglio se tu fossi stato un bel ragazzo muscoloso. Pensi di farcela? >>

<< Posso provarci >> le rispose quasi divertita dalla situazione. Solo un attimo prima si era sentita dire che aveva stupito un soldato e adesso una vecchietta le chiedeva se avesse la forza di portare due borse della spesa. Le raccolse da terra.

Cosa diamine aveva comprato quella donna? Mattoni e pezzi di ferro?

Ignorò il peso e si avviò con lei lungo una strada che non aveva mai fatto

<< Non ti ho mai vista prima, sei di queste parti? >>

<< No, signora >>

<< In effetti si capisce dal tuo accento >>

Selyan si sentì arrossire. Non ci aveva mai pensato perché con le altre si capiva benissimo e nessuno glielo aveva mai fatto notare.

<< Scusami, non volevo metterti in imbarazzo. In realtà non te la cavi male per essere straniera >>

<< È lontana casa vostra? >>

<< È quella in cima alla collina, ma tu puoi tornare indietro quando vuoi. Ti sono già riconoscente per esserti offerta di aiutarmi. Nessuno l’ha fatto e mi hanno vista in molti. Fai parte di quel gruppo di sacerdotesse che sono arrivate qui qualche tempo fa con quegli strani poteri, vero? >>

<< Sì >> rispose cauta

<< Al villaggio dicono che quella cosa strana nata sotto le mentite spoglie di un incendio che ha minacciato di distruggerci, sia stata fermata da una sola ragazza che ne è uscita illesa. È vero? >>

<< Hanno un po’ ingrandito le cose >>

<< Posso chiederti com’è andata veramente? Se sono cose riservate non importa, non voglio metterti nei guai né tanto meno farmi grande con la gente del paese. Sono solo curiosa >>

Selyan si fermò un attimo a pensare. Nessuno le aveva detto di non parlare di quello che era successo, ma non le sembrava il caso di esagerare

<< Non credo siano cose riservate. Il fuoco è stato fermato da parecchie persone e per quanto riguarda il resto… Da sola quella ragazza sarebbe sicuramente morta >>

La donna annuì << Capisco. In effetti il nobile Neithel è impareggiabile in queste cose >>

Quella donna sapeva troppo e lei si stava mettendo nei guai. Non rispose, né disse altro di sua iniziativa e cominciò a pregare mentalmente la Dea che la casa si avvicinasse in fretta

<> le chiese la donna

Nessuno le avrebbe mai detto una cosa del genere all’isola. Era tutto diverso, dannazione!

Non le rispose e, dopo una salita infinita, posò le borse davanti alla porta di casa << Perdonate la fretta, ma devo rientrare prima del tramonto, vi dispiace indicarmi la strada per il palazzo? >>

<< Posso sapere almeno come ti chiami? >>

<< Selyan >>

<< Selyan >> ripeté come se lo stesse studiando << È un bel nome >>

Ringraziò la donna e cominciò a correre verso il palazzo con la netta sensazione che la vecchietta non si fosse mossa dalla porta della sua casa. Forse voleva solo assicurarsi che non sbagliasse strada anche mentre scendeva la collina, ma era una sensazione diversa dalla preoccupazione quella che sentiva. Sembrava più una specie di dubbio misto a soddisfazione. Probabilmente la signora era soddisfatta di averle indicato bene la strada e non era ben disposta verso il gruppo di sacerdotesse straniere che il re aveva accolto nel suo palazzo prima di incontrare lei.

Quello che era certo era che era in ritardo e stava rischiando di nuovo di essere sgridata da Dalia.

 

***************************************

-Irmelin-

La Dea da a ognuno di noi i Doni più giusti

Lo ripetevano a tutti all’isola in ogni occasione, che si trattasse di poteri, mogli e mariti, bambini o disgrazie. La Dea mandava solo le cose più giuste ai suoi figli secondo loro. Lei non ci credeva.

Perché avrebbe dovuto credere che la Dea ritenesse giusto farla restare zitella?

Perché era giusto farle avere la stessa dose di potere data a Keira?

Irmelin scosse la testa: quel detto era stupido e la Dea distribuiva a caso doni e sventure.

La buona stella sotto cui lei era nata aveva guidato la mano della Dea a donarle un cervello infinitamente superiore a quello della capra dai capelli rossi, due genitori affettuosi, un potere che le piaceva possedere ma non era grande da crearle problemi e una vista perfetta.

Poteva accontentarsi: per quanto lontani, riusciva a vedere benissimo i soldati e i loro movimenti.

Non erano novellini alle prime armi, dovevano essere i migliori al servizio del Nobile Tanet. Avevano i corpi di uomini addestrati da anni, con i muscoli scolpiti e solidi come la roccia.

Non erano molti quelli giovani oltre al comandante: un moro che non aveva mai conosciuto una battaglia dato che si muoveva con la raffinatezza delle bambine che spargevano i fiori il giorno della Dea, un biondo che si allenava senza maglia, con i lunghi capelli intrecciati e ondeggianti-

<< Irmy, ha ragione mia sorella, non dovremmo stare qui >>

La sacerdotessa del vento quasi imprecò contro la sua amica che aveva interrotto il filo dei suoi pensieri. L’aveva distratta proprio quando il biondo aveva deciso di smettere visto che, quando lo aveva ritrovato in mezzo alla folla, aveva di nuovo la maglia addosso e si stava allontanando con un arco in mano. Il bersaglio era fuori dal loro campo visivo, dannazione!

<< Lascia perdere tua sorella, Ely, l’ha detto solo perché non riesce a guardare delle persone che maneggiano una spada senza averne anche lei una per le mani >>

<< Selyan doveva nascere uomo! >> sbottò lei sedendosi con le spalle al muro e ignorando lo spettacolo per cui andavano lì ogni giorno  << E il re non c’è oggi >>

Qualcosa nel suo tono di voce le fece capire che la sacerdotessa del fuoco non aveva più la minima voglia di restare lì << Vuoi andare a cercare Selyan? >>

<< No. Mia sorella si sarà sicuramente persa e sarebbe impossibile ritrovarla. Meglio tornare in camera e aspettare che qualcuno le faccia il favore di indicarle la strada. È senza speranze >> si lamentò lei con gli occhi al cielo per l’esasperazione

<< Io voglio guardare ancora un po’ >>

<< Beh, andrò da sola allora. Separate saremo anche meno in vista sulla strada del ritorno. Si accorgeranno di noi prima o poi e non voglio che il re mi creda una guardona >>

Non la fermò. Irmelin era rimasta con il mento poggiato sulla mano che faceva da cuscino tra il suo viso e il muro e i lunghi capelli sciolti senza la minima traccia di acconciatura.

Non c’era mai vento in quel regno, perché perdere tempo ad aggiustarli? Tanto non si sarebbero mossi comunque e, in ogni caso, a nessuno importava dei suoi capelli.

All’isola non avrebbe mai cercato il modo di guardare un addestramento di uomini senza maglia perché l’onta della vergogna per un simile atto sarebbe arrivata a casa sua in meno di un attimo. Le voci che Irmelin figlia di Deneb passava le sue giornate guardando gli uomini nudi come le poco di buono avrebbero raggiunto le orecchie di suo padre in meno tempo di quanto ne avrebbe impiegato lei per sbattere le ciglia e, al suo rientro a casa, sua madre l’avrebbe presa a schiaffi e il povero Deneb le avrebbe tolto la parola. Lì a nessuno importava del suo onore.

E all’isola non avrebbe mai dovuto spiare da lontano perché avrebbe avuto una spada anche lei e sarebbe stata proprio in mezzo a quei soldati a combattere senza che risultasse osceno per nessuno.

Dannazione! Anche lei aveva nostalgia di quelle cose!

Da sola non riusciva a concentrarsi solo sui pettorali dei soldati, doveva andarsene.

Selyan era riuscita a distruggere il loro pomeriggio di idiozie senza il minimo sforzo.

Quella ragazza era una condanna e, in quanto tale, sapeva la Dea dove era andata a finire in quel momento. Tanto valeva andare a cercarla.

Elydet era andata via pochi minuti prima di lei eppure la strada era libera e lei non c’era. Probabilmente aveva sentito nominare il re da qualche passante e lo aveva seguito per origliare.

Irmelin aveva sempre avuto una grande stima di Kerse, ma era sempre stata convinta che quell’uomo avesse avuto sfortuna enorme con le figlie.

Anche suo padre diceva sempre che il povero Kerse avrebbe potuto sputare nel tempio della Dea per come erano andate le cose nella sua famiglia.

Erano sempre stati amici e aveva sentito spesso il Generale raccomandarsi a suo padre di tenere d’occhio Selyan. Non che la famiglia a cui l’aveva affidata non fosse affidabile, ma ogni volta che salutava sua figlia per tornare ai suoi doveri, faceva sempre in modo di incontrare prima Deneb

“Assicurati che- “

“La trattino come io tratto la mia bambina “ lo interrompeva sempre lui con una pacca sulla spalla

Solo a distanza di anni, aveva capito che Kerse aveva paura che Lemno e Aytha la trattassero con troppi riguardi perché non era figlia loro.  Quel pover’uomo era vissuto nel tormento, prima per la figlia e poi per la guerra. La Dea non aveva mandato neanche a lui i giusti doni, ne era sicura.

E se la Dea avesse dato la pace a Kerse ? Cosa ne sarebbe stato di lei senza Selyan?

Forse non sarebbe mai neanche entrata al tempio.

Deneb era abituato a viaggiare. Suo nonno era stato un mercante e si era sempre spostato per lavoro, la stessa Patrina le aveva raccontato che per anni non erano riusciti a trovare un posto fisso in cui Deneb non sbuffasse dopo sei mesi o un anno al massimo perché non gli piaceva o gli veniva a noia.  Solo all’isola aveva trovato pace.

Forse suo padre si era arreso a fermarsi lì per lei. Perché lei stava bene al tempio con la sua amica e sua moglie sembrava andare d’accordo con la gente del paese. Non ci aveva mai pensato.

E lei non aveva idea di dove fossero finiti i suoi genitori.

Avrebbe tanto voluto pregare la Dea che fossero salvi, ma aveva cominciato a disprezzare e temere quella Dea più di ogni altra cosa. Aveva il folle presentimento che se le avesse chiesto di proteggerli, la Dea dell’isola avrebbe fatto accadere quello che lei non avrebbe mai voluto, ma aveva molta più paura di saperli soli, dispersi e abbandonati da qualsiasi divinità.

Non poteva sopportarlo.

Abbandonò la via principale, attraversò la piazza del paese e puntò dritta verso il Tempio.

Non aveva senso andare al Tempio delle Nascite e della Ragione, non doveva implorare il Dio straniero per nessun bambino, né per la sua fertilità, e neanche per la salute di qualche partoriente.

Tanto meno doveva implorare per la sua salute mentale. Lei non era certo la peggiore tra tutte le pazze del suo ordine e, se la Nobile Ismene non aveva mai ritenuto indispensabile analizzare la mente contorta di Keira, non aveva alcun motivo di analizzare la sua.

A lei serviva il posto in cui guarivano le ferite che non si rimarginavano da sole.

Aveva bisogno del Dio della Pace e della Speranza e non le importava che non fosse governato dalla Nobile a cui era stata affidata dal re. Non aveva bisogno che un umano facesse da tramite per parlare con un Dio che tutti lì ritenevano onnisciente.

Varcò le grandi porte e attraversò la sala: non aveva bisogno neanche che qualcuno la vedesse lì e sparlasse per tutto il paese di lei e della sua dubbia lealtà alla sua Dea e alla sua Nobile.

Afferrò uno degli scialli che il tempio lasciava a disposizione per coprirsi la testa nell’area più mistica del tempio e lo posò sui suoi capelli prima di scostare le pesanti tende.

Era deserto. Esattamente come voleva che fosse.

C’erano i Rinnegati nelle lunghe cappe nere lungo le pareti a guardia di un grande braciere.

Selyan le aveva spiegato che le persone scrivevano i loro peccati su dei fogli e poi li lasciavano bruciare in quel fuoco perché potessero liberare le proprie anime dei pesi che li opprimevano.

Istintivamente si avvicinò a quella fiamma viva e scoppiettante.

Qualcuno doveva aver messo delle erbe aromatiche in mezzo alle braci. Era il tipo di odore che avrebbe mandato Selyan all’altro mondo se lo avesse respirato per troppo tempo.

Irmelin sapeva cosa si provava a voler vedere qualcosa arso dal fuoco purificatore.

Come aveva fatto la sua amica a non capire? Come aveva potuto dimenticare tutto?

Irmelin alzò le sue stesse mani davanti agli occhi osservandone la pelle liscia e perfetta.

Era stata Selyan a curarle, eppure quando lo aveva fatto, non ricordava cosa le avesse danneggiate e non lo aveva mai ricordato dopo. Come aveva potuto dimenticare?

<< Che stai facendo? >>

Sobbalzò spaventata e arretrò di mezzo passo dal braciere prima di capire chi era lo stupido che l’aveva fatta quasi morire di paura << Stavo pregando il vostro Dio. Non mi pare sia vietato >>

<< Hai la coda di paglia, Irmelin del vento? >>

Era sicuramente una presa in giro, ne era certa, ma non ne capiva il senso, dannazione!

Avrebbe dovuto farsi spiegare da Nora il significato esatto, ma non avrebbe mai ammesso con il pomposo Sommo Sacerdote di quel posto che non capiva la sua offesa

<< Dalle mie parti si dice che, chi si spaventa, ha la coscienza sporca e che non si disturbavano le persone che pregano >>

<< Nel mio tempio si prega alla panca, e un’incapace accanto al fuoco non mi piace in ogni caso >>

Lo odiava. Era semplice. Solo al vederlo lì, in mezzo alla sala con la sua maledetta posa immobile e pomposa, il suo stomaco le aveva mandato la stessa fitta che le mandava sempre quando incontrava La stupida nipote. Poteva parlare usando i termini dovuti a un Sommo Sacerdote, ma non gli avrebbe mai permesso di provocarla a vuoto

<< Non sono Selyan >> gli ricordò

<< No, ma sei un’incapace, sei nel mio tempio e non mi hai ancora detto perché >>

Ovvio… la stupida doveva essersi dimenticata di dirle che quella sala era controllata e lei era troppo confusa per capirlo da sola. Dannazione!

Non combattere battaglie che sai di non poterti permettere se vuoi salvare la pelle

Era una delle cose che ripeteva sempre Kerse e il suo cervello le aveva fatto il favore di ricordargliela al momento giusto. Non poteva vincere contro di lui nel suo tempio, ma poteva andarsene e lasciarlo lì come un’idiota.

<< Che hai combinato? >> le chiese lui impassibile mentre gli passava accanto

<< Niente >> sbottò togliendosi lo scialle e puntando all’uscita

Si sentì afferrare per un polso e si voltò decisa a mettergli le mani addosso, ma rimase spiazzata dal suo comportamento. Non l’aveva seguita, non si era neanche girato per prenderla. Aveva semplicemente allungato una mano ad afferrare il suo polso.

Lui era rimasto immobile e lei si era ritrovata davanti alla sua schiena.

Maledetto lui e la sua superiorità verso il mondo! Non la guardava neanche in faccia!

<< Non parlo del nostro regno >>

<< E allora non sono affari vostri! >>

<< Ma potrebbero diventarlo se svieni davanti al fuoco e poi corri a metterci le mani dentro >>

Questa volta fu il suo cuore a subire un pesante colpo. Cosa ne sapeva lui di quello che le era successo nell’incendio? Lei era svenuta per la stanchezza e per lo sforzo di dominare i venti dopo troppo tempo che non lo faceva, non certo per l’inquietudine che le aveva dato trovarsi così vicina alle fiamme di nuovo e senza più Selyan accanto.  E comunque non erano affari suoi!

<< Non lo diventeranno >> gli ribadì sperando che capisse che avrebbe voluto prenderlo a schiaffi e riprendendosi il suo braccio

<< Hai la sicurezza di chi ci è già passato o sbaglio? >>

Agli inferi le buone maniere! Lui non le usava, non le avrebbe usate lei << Siete il capo del tempio o il Signore dei pettegoli?! Cosa volete da me?! >>

<< La verità da chi giura di aver combattuto una guerra ma ha le mani più lisce delle dame >>

Il respiro di Irmelin si fermò per diversi secondi. Quanto accidenti l’aveva tenuta d’occhio?!

Non poteva essere così… Qualcosa che le sfuggiva, sentiva il suo cervello andare in ebollizione insieme al suo viso, tutto il suo sangue stava ribollendo nelle vene per la rabbia e la paura di quello che avrebbe potuto scoprire su quel nobile dannato eppure non riusciva a capire, perché?!

<< E fammi un favore: smetti di arrossire come un’idiota e usa il cervello. Qui la gente parla >>

Maledetto insultatore da quattro soldi! Non si era neanche accorta di essere faccia a faccia con lui in quel momento. Perché era così stupida?!

E la dannatissima sacerdotessa del fuoco doveva aver parlato troppo di nuovo per attirare le attenzioni del re. Stupida bimbetta incosciente e innamorata!

<< È stato un incidente? >>

Quanto lo odiava! Irmelin del vento non vacillava mai davanti a nessuno, dannazione!

Perché con lui era diverso? Perché era divisa a metà tra l’impulso di correre via e quello di confessare tutto?

Dio ci offre il suo aiuto, noi dobbiamo meritarlo capendo i suoi suggerimenti e pagandone il prezzo

La Nobile Ismene lo aveva detto una volta a lezione. Forse il Dio straniero le aveva mandato l’aiuto per mano di Sua insopportabilità e il suo prezzo era l’umiliazione di chiedere il suo aiuto.

Ma aiuto per cosa? Per quanto potere avesse, non avrebbe certo potuto salvare i suoi genitori…

<< Perché nessuno ne sa niente? >>

… ma forse poteva tenere d’occhio Selyan e capire il motivo del suo vuoto di memoria.

<< Selyan ha guarito le mie mani, ma crede sia stato un incidente di guerra. Non ne capisco il motivo e non ho coraggio di chiederle quanto realmente ricorda di quegli eventi >>

<< Hai chiesto alla tua Dea di farle dimenticare? >>

Sua incomprensibilità insisteva a cercare di farla sentire stupida e lei insisteva a chiedere mentalmente a qualunque divinità le venisse in mente di fargliela pagare.

Che razza di domanda le aveva fatto?! Credeva che quelle del suo ordine chiedessero alla Dea quello che voleva e Lei mandasse i suoi doni dall’alto? Era certa che gli avessero detto e ripetuto che ognuna di loro aveva un proprio potere e che poteva usarlo a suo piacimento. O lo sapeva e credeva davvero che la Dea le avesse fatto un regalo cancellando la memoria di Selyan. Era pazzo?

<< La Dea della mia gente non ascoltava le sue serve in pace, figuratevi in guerra >>

<< Qualcuno può averlo fatto al posto tuo? >>

Irmelin implorò con tutta sé stessa il Dio che governava quel posto perché le desse la calma necessaria a rispondere anche a quella stupida domanda << Non ho mai sentito parlare di manipolazione mentale sulla mia isola e nessuno sapeva il perché del mio gesto. Neanche lei >>

<< Ne sei certa? >>

<< Potrei scommetterci la testa e, se sapeste come stanno le cose, mi dareste ragione >>

Lui sbuffò e lei incrociò le braccia al petto per avere un minimo di controllo sulle mani che, sapeva, si sarebbero schiantate sulla sua faccia alla provocazione che stava per arrivare

<< Voi straniere siete tutte presuntuose alla stessa maniera >>

Inutile. Il sangue le ribollì nelle vene e si ritrovò a meno di un centimetro da lui a urlargli  << Io non sono pari in niente all’ oca giuliva della vostra allieva! >>

Lui non si era mosso di un solo millimetro e né aveva dato il minimo segno di reazione alle sue azioni.  Dea quanto lo odiava!

<< Le persone cambiano, e per disperazione accettano quello che credevano non avrebbero mai sopportato. Attenta a scommettere contro chi crede di aver perso tutto: insieme alla voglia di vivere, si perdono i freni inibitori >>

Sbruffone! Stava dando della stupida a lei e della pazza a Selyan, non poteva permetterglielo! Non era il Signore della Ragione e non poteva permettersi di offenderla!

<< Voi non sapete niente di noi >> gli sibilò con il tono più minaccioso che conosceva

Quello che successe dopo la spiazzò di nuovo. Lui l’aveva allontanata con una mano sulla spalla e lei aveva obbedito. Per quale assurdo motivo il suo corpo si era mosso ai comandi di Sua imperiosità senza neanche chiederle il permesso di farlo?!

<< Non c’è bisogno di sapere qualcosa di particolare per dirti di stare attenta alle scommesse che fai. Il nostro Dio non permette di giocare con la vita >>

Riprese il controllo di sé stessa, allontanò la sua mano con quanto più sgarbo possibile e poi si scosse la veste per ripulirla

<< Quando il vostro Dio otterrà la mia fiducia, seguirò le sue leggi. Per adesso non ha nessun legame con me e la Dea della mia gente mi ha stancato da troppo tempo perché io possa ancora ritenerla degna dei miei servigi,  perciò l’unica padrona della mia testa sono io e sono liberissima di scommetterla su quello che mi pare. Detto questo, la stupida non ha la minima idea del perché io abbia fatto quello che ho fatto quel maledetto giorno >>

<< Lo rifaresti? >>

<< Non è affar vostro >>

<< Irmelin >>

Il Dio straniero dava il Dono del controllo ai Sommi Sacerdoti? Non aveva potuto fare a meno di immobilizzarsi e guardarlo dritto negli occhi mentre le chiedeva di nuovo  <>

Odiava lui, la sua prepotenza e l’effetto che le faceva essere alle sue dipendenze, ma capiva che, probabilmente, stava a lui giudicare la sua pericolosità per sé stessa e per chi le stava intorno.

Era odioso, ma non poteva negargli la risposta senza attirare ancora di più l’attenzione su di loro

<< Da quel giorno fino ad oggi, non c’è stato momento in cui io non abbia pensato che non lo rifarei per tutte l’oro e tutte le belle promesse del mondo, ma prego il vostro Dio, e qualsiasi altra divinità diversa dalla Dea della mia terra, che un giorno la mia risposta possa diventare un sì >>

E poi non si curò neanche di non essere scortese andandosene così. Non le importava niente.

Irmelin del vento si fermò solo al sicuro tra le quattro mura della stanza in cui dormiva con le sue amiche e sprangò la porta con il chiavistello.

Maledetto sacerdote invadente! Era insopportabile!

L’ultima persona alla quale avrebbe mai voluto rivolgere la parola eppure l’unica in grado di farla parlare contro la sua volontà. Che diamine di potere aveva quel nobile?!

Il Dio del Perdono aveva dato al suo servo l’arte dell’ipnosi? Non aveva mai avuto problemi a controllare la sua lingua in tutta la sua vita e aveva temuto di non essere in grado di fermare la sua bocca dal rivelargli tutto quello che non aveva mai detto a nessuno. Dannazione!

Selyan  aveva ragione ad averne paura. I nobili di quel posto erano pericolosi!

La nobile Ismene come minimo aveva un quadro completo delle loro menti e del loro modo di agire, sempre che non spiasse anche i loro sogni; il re non aveva sguinzagliato il suo potere neanche davanti alla distruzione del regno perciò Irmelin non poteva che pensare al peggio; il Nobile Olen non aveva poteri magici, ma era certa che avesse già trovato il modo di far sapere al re tutti i dettagli della loro isola, per non parlare del vecchio Aaren e del nobile Tanet!

Erano rinchiuse in un palazzo pericoloso, maledizione! Dovevano andare via!

Qualcuno bussò alla sua porta facendole gelare il sangue nelle vene

<< Irmy, so che sei qui dentro, apri o sfondo la porta >>

Nora! Nora era il pericolo principale!  << Voglio dormire >>

<< Sua cattiveria  mi ha fatto informare che sei stata troppo vicina a quel maledetto intruglio e so che effetto fa alle persone. Apri immediatamente! >>

Obbedì e si ritrovò investita da un turbine urlante << Sei una delusione! Credevo di potermi fidare di te e invece sei la più grossa delusione della mia vita! Ero convinta che saresti stata la mia più fedele alleata contro di lui e invece sei corsa nel suo tempio. Una delusione incommensurabile! >> le urlò di nuovo

<< Volevo solo- >>

<< Non ci sono giustificazioni! E mi permetto anche di insultarti: stupida! >>

<< Ma- >>

<< Stai zitta! Adesso ha la possibilità di rinfacciare a te di aver mollato quello che stavi facendo per venire a calmare il tuo pianto e di chiedere a me un maledettissimo compenso per avermi informata che avevi bisogno di aiuto. Spero tu ti renda conto  di quello che hai fatto! >> urlò Nora con il viso arrossato per la rabbia << Il nostro Dio è ovunque! Puoi pregarlo da camera tua, puoi andare al tempio di Ismene, oppure, idiota, puoi andare nel suo quando lui è nelle squadre! >>

<< Non tornerò in quel tempio >> la rassicurò

<< Sei una sacerdotessa, dannazione, credevo sapessi come si tratta con la gente nei templi: quel coso è drogato! Perché credevi avesse quell’odore? >>

<< Che ne so? Dalia sparge profumi ovunque >>

<< Oh, certo, e credevi che Neithel avesse buon gusto per i profumi? Irmy, in nome di Dio, riprenditi! La gente fa bruciare i foglietti con i peccati e dopo si sente libera perché è stordita! E i rinnegati che stanno lì dentro in piedi immobili tutto il giorno? Non hai pensato che eravamo dei pazzi a lasciarli soli fidandoci di loro? Sai cos’hanno fatto prima di chiedere il perdono?! La gente crede che siano davvero redenti e che il Dio tenga ferma la loro mano quando il loro cervello si perde, ma chi ha un minimo di intelligenza e di insegnamenti, dovrebbe capire che quella roba che respirano, alla lunga li stordisce. Non succede niente a chi prega per un ora o due sulla sua panca, lontano da quel fuoco, ma se ci passi tutto il giorno…. Irmy, accidenti! Non dovrei neanche parlare di queste cose! >> concluse lei prima di lasciarsi cadere sdraiata sul suo letto con le mani sul viso

<< Ho pensato che era il tipico odore che avrebbe soffocato Selyan e poi non ho più avuto la capacità di capire altro >> ammise

<< L’hai detto al pazzo? >>

Lei scosse la testa e Nora sospirò rincuorata << Dio sia lodato! Avrebbe cominciato a dire che Selyan finge di soffocare per non farsi sottomettere da quelle cose >>

<< Sel non è così intelligente e non ha niente da nascondere >> le disse prima di sdraiarsi sul letto accanto a lei << Mi ha toccato la veste >>

<< Cosa?! >>

<< Sulla spalla. Se fossi stata lucida gli avrei tagliato la mano >>

<< Cambiati immediatamente! Non puoi metterti sul letto con la veste sporca di Neithel, vuoi morire?! Dio solo sa cosa ha combinato oggi da solo a lezione con Keira! >>

<< Se fosse successo qualcosa, la scimmia lo avrebbe già fatto sapere a tutto il reame >>

<< Corri nel suo tempio, ti confidi con lui prima che con me, ti rifiuti di cambiarti dopo che ti ho fatto presente di stare infestando il letto… devo andarmene per caso? >> chiese Nora

<< Come vuoi, io voglio dormire >>

Ma appena chiuse gli occhi il suo cervello riuscì a trovare le forze per capire quello che le aveva detto la sua nuova amica e il suo corpo, finalmente di nuovo fedele a lei, si mosse prima che se ne rendesse conto

<< Maledetto imbecille! >> sbottò mentre si chiudeva in bagno a cambiarsi.

L’avrebbe pagata cara per aver approfittato del suo stordimento!

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-  Elydet -

 

Era stata una lunga giornata.

Da quando erano arrivate, ogni mattina si alzava prima dell’alba per andare a vedere il re che ringraziava il suo Dio di un nuovo giorno concesso al suo popolo e benediceva la sua gente. Quella mattina si era dovuta alzare ancora prima del solito perché sapeva che sua sorella avrebbe dovuto cominciare i turni di punizione nelle squadre di lavoro e, conoscendola, sapeva anche che non si sarebbe fatta scrupoli nel dirle che a lei il bagno serviva per cose importanti e che lei avrebbe potuto benissimo evitare di vedere il re quel giorno.

Per quanto si atteggiasse, spesso, da saggia sorella maggiore, Selyan sapeva comportarsi da bambina molto più di quanto non avrebbe fatto un’infante.

Si era alzata a un’ora indecente, si era lavata, vestita e rimessa nel letto cercando di spiegazzare la veste il meno possibile e aveva aspettato che sua sorella si preparasse.

Peccato che non aveva fatto i conti con il pessimo rapporto che Selyan aveva con gli orari.

Fuori il cielo si stava già rischiarando e sua sorella non era ancora uscita dal bagno. Sbuffò annoiata e bussò leggermente alla sua porta

<< Sel, posso fare la pipì? >>

Lei era uscita senza una parola, senza neanche essersi cambiata e le aveva lasciato il bagno. Sua sorella aveva di nuovo pianto tutta la notte e aveva pensato che avesse passato quell’ora a cercare di limitare i danni sul viso finchè non si era resa conto che non c’era nessuna crema in giro, né altro che indicasse che sua sorella si era minimamente interessata a non fare tardi. Selyan non era ordinata e, se non aveva lasciato niente fuori posto, voleva dire che aveva solo passato anche quell’ora a piangere. Dannazione!

E quando tornò in camera trovò solo il suo letto rifatto con la veste da notte piegata sopra il cuscino, ma di lei neanche l’ombra. Perché doveva andare in giro malconcia?!

Voleva farla essere La sorella della sudicia stracciona?

Sbuffò sconfitta pregando la Dea che almeno si fosse pettinata e tornò a farlo di nuovo lei per sicurezza.

Il re quella mattina aveva fatto un bellissimo discorso alla sua gente. Aveva parlato di risanare le ferite, di rialzarsi dopo le cadute e tante altre cose che le sue amiche avrebbero dovuto ascoltare, ma non si erano mai degnate di alzarsi per ascoltare il re che le ospitava.

C’erano altre del loro ordine, ma loro mai.

Quella mattina, per la prima volta da giorni che andava lì, si ritrovò a parlare con Thanee del discorso del re. Non era stupida come diceva sempre Irmelin e non era antipatica come credeva Selyan. Certo, non era il massimo della simpatia, ma non si erano parlate per anni pur essendo nella stessa classe, cosa poteva pretendere in un giorno solo?

Anche lei pensava che fosse giusto farsi vedere all’alba dai funzionari di quel posto. Era almeno intelligente.

E il pomeriggio a lezione, quando si era seduta in un banco diverso da quello di Irmelin per lasciare posto a sua sorella, Thanee le aveva chiesto di sedersi accanto a lei.

Non riuscì a negarle il posto e quando sua sorella arrivò, in ritardo come sempre, non si preoccupò neanche di andare a salutarla. Puntò dritto alla sua amica e si sistemò accanto a lei.

Che razza di sorella!

Neanche l’avevano aspettata dopo la correzione degli esercizi. Erano assurde!

Selyan non aveva più la minima percezione degli altri intorno a lei e Irmelin, stupida, la assecondava isolandola ancora di più. Come credeva di rifarsi una vita se insisteva a stare da sola?

Neanche vedere il campo dei soldati le aveva riportato un po’ di buon senso.

Elydet sperava che la nostalgia per le armi l’avrebbe spinta a reagire, invece Selyan era fuggita e la sua amica l’aveva lasciata andare.

Irmelin era la sua rovina, non la sua salvezza. E comunque le importavano più gli uomini mezzi nudi di sua sorella. Che schifo!

Elydet aveva provato a seguirla, avrebbe voluto parlare con lei e farla ragionare, avrebbe voluto ripeterle le bellissime parole del re di quella mattina sulla ripresa e la speranza, ma non riuscì a trovarla per strada.

Forse, per la necessità di tornare in camera, il cervello di sua sorella era riuscito a ragionare e l’aveva portata sulla strada giusta. Era possibile. Selyan non sarebbe stata capace di correre neanche se la Dea le avesse messo Jonas infondo a una strada con la promessa di renderglielo indietro se avesse corso fino a lui, ma era abbastanza veloce nel camminare e poteva benissimo essere al castello.

La sacerdotessa del fuoco si trovò a sbuffare affranta e irritata davanti ai tre letti vuoti della loro stanza. Dove diamine era finita la stupida?!

Forse la piccola spiaggia ai confini della città?

Sapeva che andava lì, l’aveva sentita parlare una notte con Irmelin prima di addormentarsi.

Elydet non era felice che ci andasse, se era così lontana dal centro, era sicuramente posto per malintenzionati di ogni tipo, e non temeva tanto per l’incolumità di sua sorella quanto per la sua reputazione. Nessuno avrebbe mai messo le mani addosso al soldato istruito da suo padre e dal suo maledetto fratello, ma Selyan ricordava davvero di esserlo?

Sospirò di nuovo. La Selyan dell’isola quando non trovava pace andava a combattere con suo fratello, la Selyan degli ultimi mesi quando non trovava pace andava al mercato come se il palazzo reale non offrisse abbastanza cibo o se quello che le offrivano non fosse abbastanza buono.

Era un insulto bello e buono al re che le ospitava, ma lei non lo capiva come non capiva tutto il resto. Si era sempre creduta troppo al di sopra dei nobili per comportarsi come loro.

Dannati contadini!

Non riuscì a trovarla neanche al mercato. Aveva girato banchi, comprato anche una veste nuova nel frattempo, ma non aveva trovato sua sorella e aveva cominciato a perdere le speranze

<< Elydet del fuoco? >>

Sobbalzò spaventata e si trovò davanti un uomo con una semplice veste bianca. Era certa di non averlo mai visto prima in vita sua

<< Chi siete?>>

<< Un servo del Dio, dovete consegnare questa a sua maestà >>

<< Perché io? >>

<< Ordini superiori >>

<< Io non vi conosco e non porterò al re qualcosa a nome di uno sconosciuto >>

L’uomo le mise in vista il sigillo sulla lettera. Era identico a quello del casato reale, ma lei come poteva sapere che non fosse un falso? Non avrebbe mai consegnato al re qualcosa che non sapeva cosa fosse. E se la lettera fosse stata avvelenata? E se qualcuno voleva far sfigurare il loro ordine agli occhi del re? No! Non l’avrebbe consegnata

<< Chiunque può farne uno uguale! Non consegnerò nulla al re che- >>

<< Digli che la mando io >> la interruppe una voce che invece conosceva fin troppo bene a causa delle imitazioni della sua amica

<< Nobile Neithel ma cosa… >>

<< Puoi consegnarla o no? >>

<< Perché io? >> chiese guardandosi intorno preoccupata dal fatto che qualcuno potesse origliare

<< Il re si fida di te, ma non ho problemi a darla a un passante, chiunque può farlo al posto tuo >> le disse riprendendosi la busta

<< No, posso- >>

<< Non importa >>

<< La consegno io! >> gli urlò dimenticando le buone maniere dovute a un nobile

<< Non ho voglia di queste bambinate, Elydet >>

Ma si era fermato. L’aveva fatta cercare un giro per il regno, aveva fatto in modo di essere presente per assicurarsi che lei la accettasse e, nonostante avesse detto di poterla dare anche a un passante, non lo aveva fatto. Non aveva bisogno di lei con tutti i servi che poteva avere, forse stava mettendo alla prova la sua lealtà verso il re? C’era una sola cosa che poteva tentare in quel caso

<< Cosa volete in cambio? >>

<< La tua è corruzione. Sei sfacciata come tua sorella >>

Dannazione! Se l’avesse presa a schiaffi in mezzo alla piazza della capitale le avrebbe fatto meno male. Accidenti a sua sorella!

<< Non ho intenzione di corrompervi ma vi ho mancato di rispetto ed è giusto che io paghi per questo. Ve ne domando scusa e vi chiedo, per favore, di rimettermi in pace con la mia coscienza dicendomi come posso rimediare, mio signore >>

<< Tua sorella o la tua amica potrebbero accusarti di aver parlato troppo. Voglio che confermi i loro sospetti >>

<< Riguardo a- >>

<< Non deve interessarti. Lo capirai se te lo chiederanno >>

Era una richiesta assurda! Era come se le stesse chiedendo di scegliere tra il re e le sue sorelle. Poteva farlo? Loro cosa avrebbero fatto al suo posto?

Elydet non ebbe bisogno di troppo tempo per pensare: non avrebbero certo pensato a lei

<< Va bene >> rispose convinta

<< E hai mancato anche di rispetto alla credibilità del sigillo reale infamando la corte perché incapace di controllare la produzione di falsi >>

<< Che altro posso fare per voi? >>

<< Oggi non mi hai visto >>

<< Neanche per il re? >>

<< Davvero mentiresti al re su ordine di qualcuno? >> le chiese minaccioso

Il panico assalì la sacerdotessa del fuoco. Perché aveva pensato una cosa del genere? Lei non avrebbe mai mentito al re per niente al mondo ma non riusciva a dirglielo. Riusciva solo a balbettare un flebile << No… Io… io… >>

<< Lascia perdere >>

Era sparito lasciandola con la busta in mano e la confusione più totale in testa. Non voleva perdere tempo!

Elydet nascose la lettera nella tasca della veste e corse al palazzo.

Perché usare lei per consegnarla? Avrebbe tanto voluto chiedere a sua sorella cosa ne pensava di quella mossa, lei doveva conoscerlo meglio, doveva… no! Selyan non era più quella di una volta, Irmelin odiava il nobile Neithel e lei, di riflesso, lo riteneva solo uno stupido prepotente. Ma il re si fidava di lui più che di Ismene, lo sapeva, aveva sempre avuto quell’impressione e sapeva di non sbagliarsi.

Doveva trovare il re immediatamente! Varcò le porte del palazzo senza che i soldati di guardia la fermassero, non poteva chiedere a loro. Forse poteva cercare la Nobile Nora e chiedere a lei. Era nel panico più totale quando la Dea le fece la grazia di mettere la persona giusta sulla sua strada

<< Nobile Tanet! >>

Evidentemente doveva essere sconvolta perché lui sembrò preoccuparsi << Elydet, tutto bene? >>

<< Sì, vi prego di perdonarmi per il disturbo, ma non so a chi altro chiedere. È una questione importante >>

Lui congedò con un gesto della mano gli uomini che aveva accanto e restarono soli nel grande atrio del palazzo. Era una situazione imbarazzante, ma non era quello che contava al momento

<< Parla pure, ti è successo qualcosa? >>

<< No, io… devo… devo consegnare una cosa al re >>

<< Da parte di chi? >>

<< Io… non posso… potete solo dirmi dove posso trovarlo, per favore? È importante, davvero! >>

<< Non metto in dubbio le tue parole, ma ti rendi conto di quello che mi stai chiedendo? Il mio compito è proteggere il re, non fargli arrivare lettere da sconosciuti misteriosi >>

<< Ma non è uno sconosciuto misterioso, lo giuro! Non ve lo avrei mai chiesto altrimenti! non voglio il male del re! >>

Lui era rimasto in silenzio e sembrava studiare la sua espressione perciò Elydet decise di insistere sperando che capisse da solo

<< Ha il sigillo reale >>

La ragazza non capì quello che accadde dopo, non riuscì assolutamente ad accettare la risata divertita del nobile alle sue parole, né tanto meno la pacca sulla spalla che le arrivò in seguito

<< Andiamo, ragazza, ti porto dal re e poi vado a dire due parole al bruto che ti ha spaventata >>

<< Ma non- >>

<< Oh, tranquilla: non hai parlato. Non è necessario che tu parli perché capisca chi è stato, non sono stupido e non è per qualcosa che hai fatto o detto tu che andrò a parlare con lui appena Palis mi farà sapere che è rientrato a palazzo >>

Aveva la certezza di essersi messa nei guai, ma non aveva la minima idea di come fare per risolvere la situazione. Se avesse chiesto di nuovo di non andare avrebbe provocato solo altre risate e altre prese in giro al Nobile Neithel e, sicuramente, non avrebbe migliorato la sua posizione. Forse era meglio seguirlo in silenzio stringendo forte la busta che doveva consegnare

<< Tanet >> lo salutò il re sorpreso spalancando la porta

<< Elydet deve consegnarti qualcosa a nome di un bruto che pretende di mantenere segreto il suo nome >>

<< P-p-però a v-v-voi p-p-posso dirlo >>

<< Non ho mai visto il vecchio Aaren arrendersi a qualcosa ma credo proprio che lo vedrò arrendersi al morire di vecchiaia senza nipoti >>

<< Almeno non devo preoccuparmi come tua madre di ritrovarmi una sconosciuta alla porta con un figlio in braccio a pretendere qualcosa >>

<< Oh, su quello non ci giurerei. Parlavo di nipoti legittimi benedetti e dichiarati insieme alla madre, non con il rito riparatorio >>

<< Sparisci dalla mia vista >>

<< C’è altro Tanet? >>

Il re prese la busta, lesse il contenuto e lo passò al vecchio Aaren

<< Mando Nora >>

<< Grazie >>

Erano rimasti soli di nuovo. Nelle sue stanze.

<< Ti va di raccontarmi la giornata di una persona normale, per favore? >>

Aveva un enorme voglia di piangere, ma non poteva davanti al re. Non poteva proprio permetterselo

<< Stai bene? >>

<< No >> ammise prima di ritrovarsi a piangere sulla regale spalla profumata e forte

<< Piangi finchè ne hai bisogno. Tu hai ascoltato me stamani all’alba e tutte le altre mattine dal tuo arrivo, io ascolterò te adesso e tutte le prossime volte che vorrai raccontarmi qualcosa. Non c’è niente di sbagliato, credimi >>

Elydet non aveva più la facoltà di pensare. Sapeva solo che avrebbe creduto al re qualsiasi cosa le avesse detto.

 

 

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Capitolo 14
*** 13. I nobili ***


Ciao!

Chiedo immensamente scusa a tutti per il ritardo immane! Non ho abbandonato né voi, né la storia, ho solo avuto problemi enormi al pc….

Adesso che è tutto risolto gli aggiornamenti riprenderanno come prima… Almeno uno a settimana è garantito ^^

Grazie a tutti per la pazienza e buona lettura! (spero =P )

 

 

13. Nobili

 

-Selyan-

 

Era il decimo giorno nelle squadre di ricostruzione.

Ormai aveva fatto l’abitudine ai lavori pesanti e non sentiva più la stanchezza come i primi giorni. Non era più un problema neanche alzarsi all’alba e saltare la colazione.

Quello che ancora non riusciva a sopportare, e che mai avrebbe sopportato, era il caldo opprimente di quel posto. Non si sarebbe mai abituata al sole che le cuoceva la testa. Era sicura che le ultime due ore di ogni mattina non fossero pesanti per la stanchezza accumulata, ma per il caldo insopportabile.

Irmelin le aveva detto che aveva viso e spalle spellati e sua sorella aveva sbottato che, se fosse cresciuta da ragazza invece che da maschiaccio, avrebbe imparato a spalmarsi una crema prima di andare sotto il sole e che, se insisteva a non farlo, la colpa dello stato della sua pelle era solo sua.

Ma la sua esperta sorella non aveva trovato una soluzione migliore per i giramenti di testa e la stanchezza del: ti ci devi abituare.

<< Ragazza! Serve acqua da questa parte! >> chiamò un soldato.

<< Arrivo! >>

Dieci giorni non erano bastati a lei per abituarsi, ma erano certamente bastati agli uomini per imparare che, se c’era lei in giro, non dovevano portarsi dietro secchi colmi d’acqua per la calce o per qualunque altro loro bisogno. Restavano al loro posto, scavano una stupida buca e chiamavano lei, con tutta la loro voce, perché la facesse venire su dal terreno.

<< È sufficiente? >>

<< Se non basta, ti richiamo. Porta questo a- >>

<< Pelmar, idiota, come credi che possa bastare questo sputo d’acqua? Non puoi mandarla via! >> urlò un altro intento a mescolare qualcosa in un secchio << Ragazza, ci sono altre cinque buche sul retro della casa, riempi anche quelle e poi, se questa è vuota di nuovo, torni qui >>

<< Va bene >>

Qualcuno le indicò le buche, qualcun altro si fermò alle sue spalle in attesa che lei facesse il suo lavoro e lei attivò la sua pietra con la mano a terra. L’acqua obbediva lentamente ormai, ma non poteva farci niente.

<< Ehi, non abbiamo tutta la mattina! >>

Odiava le pretese di chi la trattava come l’ultima dei servi, ma era inutile mettersi a discutere.

<< Palis, calmati, perché hai tutta questa fretta di lavorare? >> chiese uno dei soldati.

<< Non ne avrei se non dovessi fare anche la metà del tuo lavoro visto che passi il tempo a spettegolare con gli altri come una donna al mercato! >>

Costrinse la sua pietra a lavorare più velocemente e si rese conto di avere un’ombra dorata e immobile alle sue spalle.

Istintivamente si girò a controllare. Il nobile Neithel la fissava poco più in là con la solita aria schifata. Per cosa si sarebbe lamentato questa volta?

Non aveva ancora capito quale schema seguissero i Nobili per alternarsi al comando delle squadre.

Da quando lei e Irmelin avevano cominciato ad andare ogni sera in camera di Nora dopo cena, era capitato che qualche volta ci fosse anche il nobile Tanet e le dicesse in anticipo chi avrebbe trovato la mattina successiva. Per il resto, era convintissima che decidessero giorno per giorno, in base ai loro impegni.  Lei sapeva solo che, quando comandava lui, non aveva pace.

Decise di ignorarlo e riprese il suo lavoro.

Tutti i secchi erano pieni, tutte le buche erano state riempite di nuovo e nessuno sembrava avere niente da chiederle.

L’uomo che l’aveva chiamata era il tipo tarchiato, sulla cinquantina, che aveva seguito nell’incendio. Quel soldato aveva lo stesso carattere irruento e attaccabrighe ogni giorno, che fosse una giornata tranquilla o che ci fossero problemi, Palis brontolava contro tutto e contro tutti

<< Vai a fare qualcos’altro. Qui non ci servi più >>

Non rispose e obbedì. Neanche il tempo di allontanarsi che sentì l’ombra minacciosa alle sue spalle di nuovo, molto più vicina questa volta

<< Vedi e senti i poteri degli altri >> le disse il nobile Neithel sbucato all’improvviso

Non era una domanda, era un’affermazione. Anzi, dal tono che aveva usato, sembrava un’accusa vera e propria. Non voleva dargli spiegazioni, era già troppo per lei che avesse capito.

<< Anche mia sorella >> tagliò corto

<< Tua sorella non ci riesce con noi, tu sì >>

Ecco qual era il problema: Elydet aveva deciso che non doveva tenere nascosti i suoi poteri al re e stava facendo in modo che li scoprissero tutti contro la sua volontà.

Doveva fermare la bocca di sua sorella prima che la sua pazienza saltasse davvero o che Elydet la mettesse in guai molto più seri di quelli che si sarebbe mai potuta immaginare il giorno in cui aveva deciso di essere l’informatrice del re della nuova terra.

Non aveva speranze di tirarsi indietro, poteva solo accontentarlo spiegandogli come stavano le cose e sperare che bastasse.

<< Mia sorella ritiene oltraggioso controllare la famiglia reale e non ha neanche provato a imparare, quanto a me, non ho chiesto io alla Dea questa capacità. È stato solo un caso se ho imparato a vedere anche Voi della corte quando cercavo di guarire la Nobile Ismene il giorno del nostro arrivo. Il vostro potere non è molto diverso dal nostro >>

<< Perché noi non riusciamo a vedervi? >>

<< Perché non sapete cosa cercare >> attivò la sua pietra in modo da far brillare una tenue luce azzurra intorno alla sua mano << Basta pensare che è lo così anche quando è invisibile agli occhi >>

Non era molto convinto e tornò ai fatti suoi senza una parola di più. Era assurdo.

Tanto valeva che tornasse a obbedire agli ordini dei soldati.

Neanche un’ora dopo se lo ritrovò davanti di nuovo senza una parola, ma con un’aria assassina che l’avrebbe sicuramente spaventata se non avesse avuto la certezza che il re non voleva che accadesse qualcosa alle sacerdotesse ospiti, meno che mai per mano dei membri della sua corte.

<< Ho fatto qualcosa di sbagliato? >>

<< Vista la tua reazione, credo proprio di sì >>

<< Ma stavo solo- >>

<< Non ci riesco >>

Selyan non aveva mai visto un’ammissione di incapacità più dignitosa in tutta la sua vita, doveva dargliene atto. Sembrava quasi un’accusa nei suoi confronti.

Gli tese la mano, ma lui non si mosse << Ti sei dimenticata di attivarla >>

<< Non funzionerà mai se non vi fidate quel poco che basta per accettare di imparare >>

Prese la sua mano e lei attivò la sua pietra. Sapeva che si stava giocando tutto con quel gesto. Sapeva che lui avrebbe potuto scoprire troppo sul suo conto con quello che gli stava facendo fare, ma, se gli avesse negato il suo aiuto, si sarebbero insospettiti tutti nei loro confronti.

Non poteva far credere alla corte reale che non intendeva soddisfare le loro richieste per continuare a proteggere qualche stupido segreto di Dalia. E poi lui ormai sapeva che conosceva le formule proibite, avrebbe comunque potuto farla impiccare in qualunque momento.

Aumentò la dose di potere nella sua mano.

Quanto diamine era cocciuto?! Possibile che fosse tanto esperto in tutto e incapace di riuscire a imparare una cosa che Irmelin aveva imparato in un istante?

Aumentò ancora. Anche Keira ci sarebbe riuscita a quel punto.

 Quanto ancora doveva aumentare prima di… si ritrasse all’improvviso.

<< Potevate avvertire! >> gli urlò offesa per essere stata imbrogliata in quel modo.

Certo che aveva capito. Doveva aver capito nell’attimo esatto in cui aveva toccato la sua mano, ma aveva lasciato che lei insistesse e mettesse allo scoperto il suo potere poco alla volta.

<< Perché? Cosa nascondi? >>

Maledetto lui e gli imbrogli! Era dannatamente preoccupata di averlo salvato con lui il suo segreto.

<< Se avessi voluto nascondervi qualcosa, non vi avrei offerto il mio aiuto! Non sarei qui adesso se non avessi abbastanza forza da usare quella formula, non vi pare? Avreste dovuto aspettarvi di trovare più potere di quello di Keira invece di raggirarmi e mettermi alla prova in questo modo >>

<< Modera i toni. Posso raggirarti come e quando voglio finchè sconti la pena per la tua insolenza >>

Come aveva fatto a essere tanto stupida da fidarsi di lui ?!

Era un pazzo esaltato e lei si era fidata del suo silenzio! Quel maniaco di onnipotenza avrebbe potuto sbandierare quello che aveva fatto solo per farsi grande agli occhi di qualcuno.

Perché non riusciva mai a fermarsi quando aveva la possibilità di fare una stupidaggine?! Poteva lasciare che fermasse lui lo schifo viola, poteva lasciare che ci rimettesse la pelle e poteva lasciare che restasse incapace di cercare il loro potere, perché diamine aveva fatto sempre la scelta sbagliata!?

Irmelin aveva ragione quando la insultava. Stava davvero rischiando grosso.

Non era abbastanza furba da dirgli qualcosa che non peggiorasse la sua situazione e non aveva neanche idea di quale fosse realmente la sua situazione.

Fu la voce di Kerse nella sua testa a suggerirle come muoversi:

Se non puoi vincere, batti in ritirata. Subirai sempre meno danni che con una sconfitta.

<< Avete ragione, Mio Signore, vi chiedo perdono per la mia maleducazione. Posso tornare al mio lavoro? >> chiese con un inchino.

<< Non mi pare che tu sia qui per passare il tuo tempo in chiacchiere o per chiederti cosa fare. Datti una mossa >>

Prese i secchi da terra mentre nelle sue orecchie rimbombava il probabile rimprovero di Irmelin “Avresti dovuto friggergliela quella stramaledetta manaccia! Non imparerai mai!” seguita dalla calda voce arrabbiata e spaventata al tempo stesso che non avrebbe più sentito

“Non devi permettere che abbiano sospetti su di te per niente al mondo, capito?”

 Sì, aveva capito quando glielo aveva detto e ripetuto e si era nascosta tutta la vita per rispettare la sua richiesta. Ma adesso perché doveva continuare a farlo?

Lasciò i secchi all’uomo che glieli aveva chiesti.

<< Porta queste carte all’uomo su quel tetto. Dovresti essere in grado di salire sull’impalcatura, ma puoi far venire giù lui se non ci riesci >>

Non gli rispose. Prese il rotolo con i disegni di come andava costruito quel tetto, lo incastrò nella cintura e si arrampicò sulla scala.

<< … e allora ho rifilato un pugno a quel bastardo in piena faccia! >> stava dicendo uno dei due uomini impegnati a inchiodare le assi.

<< Sei impossibile! Tua sorella non troverà mai un marito se continuerai a farli scappare tutti! >> rispose l’altro ridendo.

Gli tese i fogli << Mi hanno detto di portarvi questi >>

<< Era ora che si svegliassero! Un altro po’ e avrei inventato una soluzione per conto mio! E comunque, Merido, non ci vedo proprio niente di male in quello che faccio con Laveria >> sbottò l’uomo mentre lei tornava a scendere << Sono suo fratello maggiore, non permetterò che quel porco le metta le mani addosso per poi  passare a un’altra quando si riterrà soddisfatto! Lo ucciderò se rimetterà piede in casa mia, lo giuro davanti a Dio! >>

Capiva l’uomo che voleva proteggere la sorella. Ecco perché doveva continuare a nascondersi e cercare di sopravvivere allo schifo di vita che non voleva. Doveva pensare a sua sorella anche se non le importava più niente di sé stessa.

Elydet aveva bisogno di lei e l’avrebbe…

L’impatto col terreno arrivò prima che avesse il tempo di pensare cosa avrebbe fatto per sua sorella e anche prima che potesse rendersi conto che il piolo della scala su cui aveva messo il piede si era troncato. Dea potente!

<< Come diamine hai fatto a troncare la scala?! >> imprecò un soldato che non riusciva a vedere perché la testata le aveva annebbiato la vista.

<< Posso far ridere Tanet alle tue spalle quando lo vedo? Come hai fatto a cadere di schiena?! >>

Era Kore, amico stretto di Tanet e uno dei pochi che si mostravano gentili con lei.

<< Giuro che non lo so >> rispose accettando la sua mano tesa per rimettersi in piedi.

<< Stai bene? >>

<< Niente di rotto >>

<< Kore, quella stupida ha la testa troppo dura per rompersela così facilmente >> commentò il nobile Neithel da un punto imprecisato dietro di lei << Rispediscila a fare il suo lavoro >>

Non poteva odiarlo più di quanto lo odiava già per averla presa in giro, perciò lasciò perdere. Doveva decisamente chiedere a Nora quale fosse il tempio più adatto per fare una pesante offerta al loro Dio perché si muovesse a protezione dalla sfortuna.

Non poteva andare avanti così.

 

***************************************************************************

 

-Irmelin-

 

Anche quella sera, appena terminata la cena con le bisbetiche, tornarono in camera per non dare nell’occhio alle altre e attesero la fine dei rumori nel corridoio.

Elydet si era di nuovo rifiutata di andare con loro da Nora e Irmelin aveva alzato le spalle e trascinato via Selyan che guardava sua sorella combattuta sicuramente tra il voler andare a divertirsi e il dover restare con lei.

La sacerdotessa del fuoco era abbastanza grande da sapere da sola cosa voleva, Selyan no. Non aveva opposto una grande resistenza quando l’aveva tirata per mano ed erano sgusciate di soppiatto in camera di Nora.

<< Stasera ci avete messo più del solito, credevo di dovervi venire a cercare! >> brontolò la piccola maga sola e imbronciata al tavolo di camera sua

Il nobile Tanet andava sempre da Nora appena finiva di cenare per giocare con loro e, se non era ancora in quella stanza, quella sera aveva impegni. Irmelin affogò la delusione in una sfuriata contro Dalia << La stupida vecchia ha preteso di dire una preghiera tutte insieme e poi ha cominciato a parlare delle sue idiozie. Non la smetteva più! >> concluse sedendosi.

<< Ha detto che è felice che facciamo del nostro meglio per integrarci con voi >> spiegò Selyan << ma che, a suo parere, non è giusto che ignoriamo i riti dedicati alla Dea e che saremo sicuramente punite quando arriveremo ai Suoi Cancelli. Ci ha insistentemente consigliato di seguire almeno i riti che non rientrano in orari dedicati agli stranieri ospiti >>

Lo stupore sul viso di Nora era enorme <<  Avete smesso di andare alle sue funzioni?! >>

Selyan alzò lei spalle e Irmelin scoppiò a ridere << Magari potessimo davvero saltarle tutte! Quelle obbligatorie le seguiamo ancora. Se ci togliesse la veste sacerdotale, non avremmo più diritto alla protezione del tuo re. Non siamo stupide!  >>

Selyan non aveva risposto. Non era una buona giornata, il discorso di Dalia l’aveva preoccupata e il dubbio di come comportarsi con Elydet l’aveva confusa ancora di più. Doveva tenerla impegnata e lontana dai brutti pensieri

<< Nora, giochiamo insieme contro di lei? >> propose decisa

<< Va bene >> gongolò lei mentre Selyan protestava << Ma io non ricordo ancora le regole! >>

<< Oh, certo >> la prese in giro spingendola dal lato giusto del tavolo << vuoi farci credere che, se le ricordassi, avresti speranza di vincere una partita? Sei uno schifo in questi giochi, Sel! >>

<< Mi spiace che tu non abbia più con chi divertirti >> commentò a testa bassa

Dannazione! Non aveva pensato ai lunghi pomeriggi chiusi in casa per colpa della pioggia a sfidarsi nei giochi di strategia in cui lei giocava sempre e solo in coppia con Jonas. Lei non era tipo da giochi, non aveva mai avuto la pazienza di riflettere prima di muovere e meno che mai l’intelligenza per capire cosa fare e lui era sempre stato la voce della sua intelligenza inesistente.

<<  Tanto tra poco arriverà Tanet >> si intromise Nora <<  Penserà lui a salvare la tua partita! Perché tua sorella non è venuta? >>

<< Ha detto che preferiva dormire >> rispose Selyan mentre Irmelin tirava un sospiro di sollievo e ringraziava ancora il Dio di Nora per averla messa sulla loro strada. Poteva reggere il gioco insistendo con le battute su Elydet  << Dormire o spiare il re >>

Ma Nora scosse la testa decisa << Tarìc è impegnato a inventare idiozie con gli altri quattro pazzi. Se non smettono di immaginare pericoli inesistenti, giuro che li uccido a mani nude. Ormai ha il mal di testa costante e soffre anche di insonnia. Lo porteranno alla follia >>

<< Quattro pazzi? >> chiese confusa

<< Olen, Neithel, Tanet e Aaren. Io e Ismene ci alterniamo a tenerli buoni: la sera tocca a lei perché io non ho pazienza e io faccio la mia parte di giorno, quando lei ha gli impegni del Tempio >> spiegò lei alzandosi per raggiungere la grossa libreria dove teneva anche i giochi

Fu allora che le venne l’idea di sviare del tutto la conversazione su qualcosa che, era certa, avrebbe interessato anche Selyan. Irmelin desiderava fare quella domanda alla maga da quando l’aveva incontrata la prima volta << Nora, posso chiederti perché la famiglia reale qui è così strana? >>

La ragazza era quasi arrivata al tavolo con scacchiera e pedine in mano, ma le cose le scivolarono di mano e si sparsero per la stanza. Che aveva di tanto segreto la famiglia reale per farla reagire in quel modo? Sia lei che Selyan si chinarono a raccogliere i pezzi mentre Nora imprecava e nascondeva la testa sotto il suo letto per controllare che non ci fosse finito niente o, più probabilmente, per nascondersi mentre le chiedeva << Strana in che senso, scusa? >>

<< È… ridotta. Da noi c’erano re, regine, una sessantina di fratelli e sorelle e la Dea sola sa quali altri parenti e qui… mancano anche gli anziani. C’è un motivo? >>

Nora si rialzò scuotendosi capelli e vesti e si sedette al suo posto di sempre accanto alla finestra

<< Oh… beh, in realtà non siamo così pochi. La madre di Tarìc aveva due fratelli, mia madre è la figlia più piccola del fratello più grande e ha sposato un parente di Aaren. Tanet è figlio della sorella della moglie di uno dei due zii materni di Tarìc >>

Irmelin sentì il cervello annodarsi nel cercare di capire la parentela << Mi sono persa >>

<< Te lo spiego io dopo >> le promise Selyan senza un interesse particolare per quella spiegazione.

Dannazione, se l’albero genealogico della nobiltà non funzionava, cosa poteva fare? Nora continuava a snocciolare parentele contando tutti con le dita mentre parlava e Selyan era alle sue spalle intenta a guardare fuori. Dannata lei e la sua recente abitudine di farsi i fatti propri! Certo, le distrazioni erano sempre state all’ordine del giorno per lei, ma almeno fingeva di far parte delle conversazioni, adesso si allontanava anche fisicamente e non fingeva neanche di non guardare da un’altra parte. Non era cosa da lei quella. Prima si preoccupava di apparire interessata anche quando non lo era, di non sembrare arrogante e invece adesso… Irmelin ebbe un’illuminazione

<< Ismene è cugina del padre di Tarìc e- >>

<< Andiamo al sodo, Nora: il nobile altezzoso ha fratelli? >> chiese con un pugno sul tavolo <<  Se mi innamorassi di un uomo e poi scoprissi che è suo fratello mi ucciderei per lo schifo!  >>

Nora rise divertita da quella teoria pazzesca e Selyan, anche se ancora interessata alla finestra, sorrise con loro. Quello era un buon argomento e a lei piaceva da pazzi insultarlo!

<< Hai visto come ci guarda!? >> chiese a Nora << Neanche fossimo bestie da macello! Se mi innamorassi di suo fratello, dovrei a vederlo almeno quanto vedo Dalia nelle mie giornate. Mi sposerei per sfuggire ai pasti con una vecchia sbrodolona e finirei con lui. Cosa ne guadagnerei?! >>

La maga scoppiò a ridere divertita <<  Gli tireresti un piatto alla prima offesa a colazione >>

E nella sua testa partirono degli applausi immaginari quando Selyan si intromise << La mattina Irmy non sopporta nemmeno che le si parli >>

<< Allora lascia perdere gli uomini del palazzo, fidati. Tralasciando il fatto che non vedo come una donna potrebbe mai innamorarsi di uno di loro, la mattina facciamo colazione tutti insieme >>

L’idea della schiera di nobili assonnati e dieci volte più bisbetici del normale rischiò di farla cadere dalla sedia <<  Devo trovarmi un mercante >>

<< O un soldato >> suggerì Nora

<< Niente soldati! Poi vanno in guerra, non tornano e io devo ricominciare tutto da capo. Già faccio fatica ora che sono giovane, figurati da vecchia quando- >> Irmelin fermò i suoi sproloqui con un morso alla sua stessa lingua e tutte le imprecazioni a lei note nella testa

<< Maledizione >> bisbigliò prima di sospirare << Ehi, Sel? >> nessuna risposta. Aveva fatto una battuta degna della forca! Come aveva fatto a essere così idiota?!

<< Sel, va tutto bene? >> chiese Nora preoccupata girandosi a cercarla

<< Nora, lasciala stare. A volte si perde nei suoi pensieri. Prima o poi si sveglierà da sola >>

Non ne era certa, ma era sicura che le troppe attenzioni in un momento come quello avrebbero solo peggiorato la situazione. Se Nora si fosse intromessa, lei sarebbe scappata da quella stanza.

<< Sicura che sia normale? >> bisbigliò l’amica del re

<< Normale? Si vede che non la conosci: lei non ha niente di normale >>

Grazie a entrambi gli Dei, Selyan sbuffò annoiata << Guarda che ti sento, Irmy. Nora, perché nessuno può innamorarsi dei nobili da queste parti? >>

<< Ma li hai guardati bene!? Quale donna può avere dei gusti tanto orrendi? >>

<< Mia sorella? >>

<< Tua sorella si è innamorata del re. Se non lo ritenessi un fratello, anche me ne innamorerei >>

E Nora le aveva inconsapevolmente dato il colpo di grazia. Irmelin aveva visto benissimo l’espressione inconfondibile del “non ci si innamora dei fratelli e, se io avessi lasciato in pace il mio, ora sarebbe qui con me”. Doveva smettere con i discorsi quella sera e cominciare a giocare! Prese le pedine e le schierò nel suo lato della scacchiera aspettando che Nora facesse lo stesso, ma la maga aveva altre idee per la testa

<<  Sel, Tanet riesce a reggere il comando delle squadre? >>

Lei alzò le spalle  << Certo, perché non dovrebbe? >>

<< Non lo conosci ancora bene, a quanto pare o avresti dei dubbi anche tu >> rispose lei ridacchiando << Vorrei chiedere a Tarìc il permesso di partecipare ma non voglio le troppe ansie di Ismene nei miei riguardi e non ho intenzione di prendere ordini da Neithel. Se mi dici che Tanet è sopportabile, chiederò di seguire solo i suoi turni >>

Lei annuì convinta << A me sembra che sappia il fatto suo. Quando comanda lui- >>  ma il comandante delle guardie spalancò la porta proprio in quel momento e né lei né Nora ebbero modo di sapere cosa voleva dire Selyan

<< Perdonate il ritardo, signore! >>

<< Oh, no! >> urlò la maga << Stavamo parlando di te, non puoi fare irruzione così nelle stanze degli altri! >> lo sgridò lanciandogli una pedina che fu diligentemente afferrata al volo.

<< Davvero? >> chiese lui con il viso illuminato dalla sorpresa

Non aveva davvero nessun difetto, dannazione! Per fortuna Nora aveva sempre la battuta pronta

<< Non fare quella faccia, nessuno ha detto che dicevamo cose belle >>

E lui, nella sua perfezione, invece di offendersi si fece una grossa risata, raggiunse il tavolo e scambiò due pedine di cui Irmelin aveva sbagliato i posti <<  Non avete ancora iniziato perché non vi ricordate le regole o hai invitato il tuo amico Neith e dobbiamo aspettarlo? >>

<< Sei odioso! Vattene! Sai che non intendo farlo entrare in camera mia perché lo detesto! >>

Lui si versò senza problemi un bicchiere d’acqua dalla brocca sul comodino di Nora. Quei due sembravano fratello e sorella più che lontani parenti per come si comportavano l’uno con l’altra

 << Volete sapere cosa ho scoperto da un soldato oggi? >> chiese lui con l’inconfondibile tono di chi deve rivelare qualcosa di scandaloso. Non poteva non dargli l’attenzione che chiedeva ma non voleva apparire zelante di soddisfarlo così cercò qualcosa nella sua testa in grado di farle tornare il cattivo umore anche davanti al sorriso del comandante. Irmelin sapeva benissimo a chi pensare in quei casi << Keira si è innamorata di nuovo? >>

Lui rise divertito ma scosse la testa << Merido mi ha parlato di una ragazza mora piuttosto bassa che va spesso in giro con lei >>

<< Wanda >> suggerì Selyan << Quella piena di bracciali e collane vistose? >>

<< Esatto! Mi ha detto che gli piacerebbe conoscerla e portarla a passeggiare in riva al fiume >>

Aveva bisogno di una stupidaggine subito! << Ci sono i coccodrilli nel vostro fiume, vero? >>

<< Irmy, contieniti >> la avvertì la sua amica finalmente tornata tra loro

<< Ho solo chiesto se ci sono i coccodrilli! Non ho detto che spero che abbiano fame e saltino fuori per mangiare proprio quando Wanda porterà Keira a vedere il posto in cui ha fatto la passeggiatina con il suo ammiratore. E poi qualcuno deve pur sacrificarsi per un bene superiore! L’intero reame sarà riconoscente al coccodrillo che la farà fuori >>

Selyan nascose il viso in una mano e Tanet scoppiò a ridere. Era fiera di sé stessa, si sarebbe fatta i complimenti da sola ma il Nobile distrusse la sua felicità con una sola stupida domanda << Vuoi farla fuori perché ha perso la testa per Neith e sei gelosa? >>

Lo avrebbe preso a colpi con una sedia. Come poteva pensare una cosa del genere?! Lei gelosa della capra… Lo credeva intelligente! Credeva che le sue battute fossero solo frutto di una eccessiva simpatia, non di una idiozia letale. La delusione rischiava di annientarla. Doveva andare via subito! << Nora, grazie per l’invito, è stata una bella serata, adesso devo andare >>

Selyan la afferrò per un braccio impedendole di andarsene e spiegò la situazione a Tanet  << Piuttosto morte che gelose degli interessi di quella stupida serpe altezzosa. Niente di quello che piace a lei potrà mai piacere a noi, niente di ciò che lei trova interessante sfiorerà mai la nostra attenzione e considereremo morti e sepolti tutti quelli che ci paragoneranno a lei >>

<< Cos’è? Un giuramento? >> chiese lui spaesato

Selyan scosse la testa decisa <<  È la realtà delle cose. Dirci che pensiamo come lei è come dirci che siamo stupide come lei e non siamo venute qui per farci insultare >>

<< Mi scuso per avervi offese entrambe >> dichiarò lui con tanto di finto inchino

Lei rise e si inchinò a sua volta << Scuse più che accettate. Irmy, anche tu o passeremo di nuovo per le perfette amiche delle somme idiote che si offendono per niente >>

<< Paragonarmi a quella cosa viscida non è niente ma accetto le scuse e adesso giochiamo! Siamo qui per imparare >> ordinò trascinando Selyan al tavolo

Lei guardò indecisa il nobile che aveva già fatto spazio accanto a lui sulla panca << Andiamo, ragazza, non discutere o andrò a lamentarmi con il tuo responsabile >>

Tanet sapeva come prenderla. Era un brav’uomo. Era un bell’uomo e a Selyan piaceva. Irmelin non sapeva ancora quanto e come, ne era certa. Forse solo come amico, forse, quando Selyan avesse accettato che la sua vita poteva andare avanti, come qualcosa di più.

<< Inverti quelle due >> le suggerì Tanet indicando le pedine ai lati

<< Scusa, non imparerò mai >>

<< Secondo me da oggi in poi lo ricorderai. Impari più dalle correzioni che dagli insegnamenti >>

<< Non dirlo al Nobile Neithel >> scherzò lei

<< Non dargli del nobile in camera mia! >> insorse Nora sbattendo le mani sul tavolo per alzarsi in piedi e torreggiare sulla sua amica <<  È solo figlio di suo padre, non ha niente di nobile! >>

<< Nora, così rischi di far credere agli altri che sua madre era una donna di strada >>

<< Sua madre, Dio la protegga, doveva lasciargli anche l’educazione insieme agli occhi azzurri! >>

<< Era una brava persona? >> chiese Irmelin curiosa

<< Decisamente! Papà mi ha sempre detto che era una donna esemplare e, se lo dice lui, è vero >>

<< Dalia ci ha detto che anche voi avete il divieto di parlare del vostro passato >> commentò Selyan

<< Esattamente come voi >> le rispose Tanet

I reali sapevano che Dalia aveva mentito e le avevano lasciate fare. Chissà per quale motivo?

Avrebbe dato qualsiasi cosa per poterlo chiedere. I loro poteri non erano niente di interessante, avevano mentito e le avevano accettate lo stesso. Perché?

Forse credevano davvero che, pur con le loro poche conoscenze, sarebbero state un valido aiuto per ricostruire la capitale?

<< Irmy, tocca a noi >> la richiamò Nora << proviamo ad attaccare al centro? >>

Lei ormai aveva completamente perso il filo della partita. Avevano sedici pedine a testa, ciascuna con le proprie regole per muoversi sulla scacchiera, e dovevano utilizzarle per mangiare le pedine avversarie e arrivare a conquistare il lato opposto del campo di gioco. Pur con tutta la sua buona volontà, ormai si era distratta perciò preferì assecondarla << Sì, certo, decidi tu come >> per poi aggiungere << E i genitori del re? >>

<< Guerra >> rispose Tanet con un’alzata di spalle

<< La casa delle nascite non sarebbe ancora in piedi se due reali di fila fossero morte di parto! >> sbottò Nora << Tarìc ha avuto la decenza di non ammazzare nessuno per venire al mondo >>

<< Stai esagerando >> la avvertì Tanet

Lei lo ignorò e fece decisa la sua mossa successiva mangiando la pedina di Tanet << Probabilmente la povera donna ci stava mettendo troppo e lui si stava annoiando. Tocca a voi >>

<< Sel, muovi tu >> ma lei non si mosse e solo allora Irmelin si accorse dell’ombra scura sul suo viso << Sel? >>

<< Scusate >> mormorò lei alzandosi e sparendo fuori della camera di Nora

<< Anche sua madre è morta così >> la informò Tanet.

> urlò lei alzandosi per raggiungerla.

Quella era la storia che Selyan aveva sempre raccontato a tutti. Era possibile che fosse uscita per reggere la bugia, ma lei era certa che ci fosse altro dietro la sua fuga

<< Nora, ferma. Vado io >> si intromise <<  So come prenderla in questi casi >>

La maga annuì e lei uscì in corridoio. Selyan era appoggiata al muro con la testa bassa e il fiato corto << Che è successo? >>

<< Non so, Irmy, è come… non so spiegarlo… Credo sia una specie di visione rimasta a metà che mi ha stordito. Non vedo mai bene le cose e questa… forse era la visione di una cosa così lontana che si è interrotta da sola, ma mi ha lasciato… Non so spiegartelo, so solo che non sto bene. Vado a letto, fai tu le mie scuse agli altri per favore >>

<< Cosa racconto? >>

<< Ciò che vuoi >>

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-Elydet-

 

Perché andare in camera della migliore amica del re?

Avrebbe potuto pensare che andava lì solo per estorcerle informazioni sul sovrano o per ingraziarsi i suoi favori in attesa che lei la avvicinasse al re.

Decisamente, la camera di Nora non era il migliore dei posti da frequentare secondo lei. Non voleva restare in camera e il terrazzino non serviva a niente. Selyan poteva passare le sue serate a guardare il panorama nostalgica, lei no. Tanto più che la loro finestra dava sul cortile interno e non era neanche uno di quelli che frequentava il re. Fuori questione anche quello.

Prese il suo mantello senza una meta precisa. Sapeva che Keira e le sue amiche a volte si ritrovavano tutte in una stanza per spettegolare. Non era cosa che le interessasse neanche quella. Non voleva passare le ore a sentir lodare il nobile Neithel da Keira o il resto del corpo delle guardie da tutte le altre. Forse poteva cercare di farsi invitare da loro per scoprire se qualcun’altra avesse interesse per il Divino Sovrano, ma la sua reputazione con loro era troppo compromessa a causa di sua sorella e della sua amica che le insultavano di continuo. A volte parlava con loro a lezione, ma riconquistare la loro fiducia dopo anni di dispetti non era cosa facile.

L’ultima volta che aveva visto il re aveva pianto come una stupida sulla sua spalla. Doveva scusarsi con lui. Forse poteva passare la sera in giro per il grande palazzo sperando di incontrarlo.

Si addentrò nei corridoi e cominciò a girare a caso pensando all’abbraccio caldo delle braccia del divino e a cosa gli avrebbe detto se lo avesse incontrato

<< Cerchi qualcuno? >> le chiese una guardia di passaggio.

<< No, stavo solo… Posso restare in giro per i cortili? >>

Lui alzò le spalle senza risponderle e continuò per la sua strada. Maleducato. Decisamente non aveva niente a che fare con il Figlio di Dio.

Si avvicinò alla grande fontana al centro del giardino.

Come poteva riuscire ad attirare l’attenzione del re senza fare niente di eclatante?

Doveva attirarne l’interesse più che l’attenzione. Era ancora più difficile.

Sua sorella era in grado di attirare l’attenzione con la sua goffaggine o con il suo potere, Keira era in grado di attirarla con la sua stupidità o con i suoi modi raffinati, Irmelin con il suo carattere ribelle e la sua simpatia… e lei? In cosa si distingueva dalle altre?

Aveva un potere raro, certo, ma il re aveva già visto quel potere e non ne era rimasto troppo colpito. Forse aveva ragione Selyan quando diceva che il re si fermava a parlare con lei per indagare su di loro…

No!

Il nobile, perfetto, Tarìc non era un subdolo cospiratore come il re della loro terra e sua sorella era pazza e tormentata dalle manie di persecuzione. Questa era la realtà.

E questa realtà comprendeva anche il fatto che lei non avesse modo di interessare il re.

Guardò il suo riflesso nell’acqua. Molte del suo gruppo forse potevano attirare l’attenzione di un uomo con il loro aspetto. Lei poteva farlo?

Non era il riflesso di una ragazza in grado di far girare la testa a un re abituato a vedere principesse e regine. La stessa Nora era sempre curata e bellissima anche appena sveglia. Lei?

Avrebbe tanto voluto il dono di costringere l’acqua a mostrarle il suo futuro.

Perché la Dea non glielo aveva concesso? Perché aveva dato tutto a sua sorella? E perché le aveva dato una sorella maledettamente concentrata sui propri problemi e totalmente disinteressata a lei e alle sue questioni?

Elydet pensava seriamente di essere stanca di quella vita e, soprattutto, era stanca di Selyan.

<< Ciao, Elydet, va tutto bene? >>

Sobbalzò e arrossì allo stesso tempo. Non poteva crederci!

<< A-A-Altezza… io… >>

<<  Hai avuto una buona giornata? >>

Era la perfetta incarnazione del Dio di quel posto. Non c’era altro da dire.  Un re che chiedeva a una misera ragazzina se il suo umore era migliorato era una cosa impossibile da immaginare eppure lui era lì e si stava preoccupando per lei.

<< Sto bene, grazie. Voi avete avuto una buona giornata? >>

<< Un re non ha buone giornate, Elydet >> sentenziò << Non in un regno in queste condizioni >>

Il suo viso preoccupato nella notte era una visione celestiale. Gli occhi scuri si perdevano nel buio e il suo respiro era una musica lieve e ipnotica. Elydet scosse la testa per tornare alla realtà

Doveva dire qualcosa! << Un re potrebbe pensare ai  lati belli della vita e consolarsi >>

<< Sarebbero? >>

<< Beh… insomma…  >>  e ora perché non aveva parole? Era stata tanto audace da proporre l’argomento e poi? Si vergognava a morte di sé stessa. Perché non sapeva cosa dire? Cosa c’era di bello nella vita? Doveva ricordarlo anche lei!

Tutta colpa di sua sorella e della vita triste che le aveva fatto vivere negli ultimi mesi! non ricordava più cos’era la calma!

Una cosa bella per lei era il re, ma non poteva dirglielo e certo non poteva parlare di amore con lui

<< Non dirmi che anche tu hai dimenticato i lati belli della vita >> chiese lui con un mezzo sorriso

Era bellissimo e il suo cuore le diede la risposta alla domanda che lei stessa aveva proposto

<< La speranza, altezza >>

E quando lui inclinava la testa lievemente di lato per chiedere spiegazioni, lei sentiva le gambe cedere << Di poter tornare a casa tua? >>

<< Di trovare un posto che senta casa mia, forse. Non credo che mi piacerebbe tornare all’isola e non posso chiamare casa il vostro regno. Casa è il posto in cui è la famiglia. Mia madre è lontana, non so dove, e mia sorella non è più la stessa da troppo tempo. Comincio anche a pensare che forse non l’ho mai conosciuta davvero >>

<< Non siete cresciute insieme? >>

<< Oh, no! >> la sola idea di sua madre accanto a Selyan le fece venire la pelle d’oca << Io vivevo con mia madre in una villa vicino al palazzo reale, lei alla periferia del villaggio, in una casetta in mezzo ai campi con i parenti di sua madre >>

Non poteva fare a meno di pensare allo sdegno che si dipingeva sul viso di sua madre ogni volta che vedeva Selyan anche solo da lontano.

<< I figli illegittimi non erano ammessi alla vostra corte? >> chiese il re

<< Dipendeva molto dal rango sociale di entrambi i genitori e dalle loro intenzioni. Comunque non erano visti di buon occhio e lei è figlia di una povera contadina. Il fratello di sua madre l’ha accolta in casa sua perché papà non aveva molto tempo per la famiglia, per quanto cercasse di occuparsi di lei. Mia madre mi ha raccontato che prima che adottassero Selyan saltavano spesso la rata delle tasse reali perché non avevano soldi. Papà manteneva tutta la sua famiglia pur di non farle mancare nulla >>

<< E voi? >>

<< Papà era molto ricco. Manteneva mia sorella con gli spiccioli del suo stipendio >>

<< Ti manca? >>

<< Papà? Sì. Sono cresciuta abituata a vederlo quasi una volta al mese e per poco tempo, ma… era mio padre, credo sia normale sentirne la mancanza comunque >>

Lui annuì convinto << Anche mio padre era spesso assente, capisco come ti senti. Perché guardavi la fontana? Vi hanno spiegato come richiamare le visioni negli specchi d’acqua? >>

<< No, maestà. Non c’è un motivo preciso. Stavo solo pensando che potrebbe essere utile avere quel dono >>

<< Su cosa vorresti chiedere consiglio alla tua Dea? >> le chiese avvicinandosi all’acqua.

Forse il re aveva il dono delle visioni? Era quello che teneva nascosto e stava per sfoderarlo per lei? Sentiva i brividi in ogni centimetro di pelle del suo corpo. Il potere del re utilizzato per il piacere di una singola, misera, sacerdotessa. Come era possibile che la Dea le donasse tanto?

<< Niente di preciso >> rispose cercando di sembrare il più vaga possibile.

Un attimo dopo il re, con tutta la naturalezza di un Figlio del creato, ruotò su sé stesso, si poggiò alla fontana e incrociò le braccia al petto <<  Ismene ha il potere di vedere avanti nel tempo in varie occasioni, credo ve lo abbia detto. Vuoi che le chieda di provare a scoprire qualcosa di tua madre?  >>

La ragazza arrossì scuotendo la testa <<  No, non serve. Siete molto gentile, ma… non importa  >>

<<  Sai, io ringrazio il nostro Dio ogni volta che ci manda un avvertimento, ma poi… penso sempre che le visioni creino molta più confusione della cieca ignoranza sul nostro futuro  >>

Era strano sentirgli fare un ragionamento così simile a quelli che sentiva tutti i giorni. Come poteva il Re della Perfezione, parlare come la prima dei disperati , che poi non era altro che sua sorella?

Che il re avesse saputo cosa ne pensava Selyan e la stesse mettendo alla prova?

Non avrebbe mai nascosto niente al sovrano, che fosse una cosa seria o una sciocca come un opinione di sua sorella. Doveva dirglielo << Mia sorella pensa una cosa simile. È convinta che le decisioni della Dea non possano essere evitate e che quindi le visioni siano solo l’avvertimento di prepararsi a sopportare qualcosa che non può essere evitato  >>

<<  Sta passando un brutto momento, Elydet  >>

<<  Come tutte noi  >>

In un solo istante si rese conto dell’inadeguatezza del suo tono al Messaggero del Dio straniero sulla terra e si sentì sprofondare. Scusarsi non era abbastanza, parlare non aveva senso. Gli aveva mancato drasticamente di rispetto e lui…

Lui stava solo guardando l’erba ai suoi piedi. Forse era offeso?

<<  Sai, ho ricontrollato la lista delle vostre assegnazioni e mi sono reso conto di aver caricato di troppa responsabilità Ismene. Ho intenzione di comunicarle che non sarai più una sua responsabilità anche se farai comunque lezione nella sua classe  >>

<< Cosa?! >> chiese sconvolta

Era già arrivata la sua punizione dunque? Anche lei stava per seguire la stessa sorte di sua sorella ed essere gettata nel baratro della vergogna da tutte le altre?

<< Di te mi occupo io adesso, perciò se hai qualcosa da chiedere, non farti problemi >>

<< Perché io?  >>

<<  Il tuo potere è molto più interessante di quello delle altre e ritengo che tu sia una persona che ragiona prima di parlare. Credimi se ti dico che non è una dote concessa a molti al mondo. Quello che hai fatto nell’incendio non è da sottovalutare e credo che potresti fare di più se fossi seguita da qualcuno costantemente. Forse toglierò altre ragazze a Ismene e Olen, non ne sono certo, so solo che vorrei occuparmi di te, se per te va bene  >>

Annuì. Il re sorrise e riprese la sua strada.

Lui era arrivato, le aveva tirato su il morale, le aveva anche detto che si sarebbe personalmente preso cura di lei e lei… aveva annuito! Stupida idiota!

Avrebbe voluto rincorrerlo, ringraziarlo, dirgli quanto si ritenesse onorata a servire un re come lui e invece le sue gambe tremavano come le foglie degli alberi dell’isola nei giorni di tempesta e il suo cervello era immobile come la roccia più salda.

Non riusciva a pensare niente che non fosse il perfettissimo sorriso del re.

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Capitolo 15
*** 14. Accordi ***


14. Accordi

 

-Tarìc-

 

<< Ho bisogno di una settimana di pausa dalle squadre. Devo risolvere delle questioni importanti al tempio >>

Da quando il terremoto aveva devastato il suo regno e l’incendio aveva peggiorato le cose, Tarìc era abituato a ogni tipo di lamentela da parte di ogni singolo abitante di quella città, ma la richiesta di Neithel lo stupì più di tutte quelle che aveva sentito fino a quel momento.

Era stato chiaro quando aveva detto che lui, Ismene e Tanet non potevano tirarsi indietro dal comando delle squadre di ricostruzione e era sicuro di avere la loro piena disponibilità.

Olen si era occupato dei turni e sapeva che si era assicurato che non andassero contro nessun impegno. Quale imprevisto poteva esserci al tempio del Dio Potente da richiedere una settimana intera per essere risolto? E, soprattutto, quale imprevisto poteva essere comunicato al re come “questioni importanti”?

<< Vuoi essere un po’ meno vago, per cortesia? >> chiese più dubbioso che preoccupato.

<< Non posso >>

<< Capisco… i segreti del tempio sono inviolabili, giusto? >> gli chiese scettico << Può conoscerli solo il Sommo Sacerdote e il re deve attenersi alle sue decisioni e affogare nella sua curiosità se questi ritiene che non vadano comunicate neanche al Figlio Prediletto di Dio. Dico bene? >>

<< Esatto >>

Non si sarebbe mai aspettato una mossa del genere da parte sua, ma non si sarebbe arreso. Se Neithel aveva intenzione di prenderlo in giro per nascondergli il reale motivo della sua richiesta, poteva giocare al suo stesso gioco senza problema. 

<< Sai, Neith, pare che le straniere abbiano portato nel nostro regno una malattia pericolosa. A quanto pare è un morbo rarissimo che colpisce solo i Sommi Sacerdoti e li costringe a mentire spudoratamente al re anche per le questioni più stupide. Devo chiedere a Ismene come si sente e correre ai ripari prima che si ammali anche lei. Cosa comporta questo morbo? Febbre? Dolori articolari? Soffri per caso? >>

<< Che stai- >>

Tarìc lo interruppe prima che potesse finire la sua protesta << Sei l’ultimo da cui mi sarei aspettato un comportamento così infantile! Non puoi fermare tutto adesso. Se cominciamo con le pause, nessuno crederà che sia una cosa seria e non vedremo mai la fine dei lavori! >>

<< Non voglio fermare i lavori. Chiederò a Tanet di coprire i miei turni >>

Tarìc sospirò indeciso. Neithel aveva bisogno di tempo, ma lui aveva bisogno che Tanet non perdesse di vista il suo compito principale. Come poteva uscirne?

<< Non mi piace l’idea di una settimana intera di doppi turni e sono sicuro che anche lui avrà le sue questioni importanti con i suoi uomini. Non puoi rischiare che faccia confusione con le guardie >>

<< Sai che il palazzo è protetto e che la tua immaginazione lavora troppo ultimamente >>

<< Almeno quanto non lavora la tua pazienza >> commentò il re. << Puoi chiedergli tre giorni, fatteli bastare >> affermò convinto di aver trovato un buon compromesso.

Ma Neithel non si muoveva e non aveva per niente l’espressione di chi stava prendendo in considerazione la proposta del re. Non sarebbe sceso a patti e non avrebbe accettato compromessi. La settimana che chiedeva o niente. Sapeva che funzionava così con lui e decise di sfidarlo per capire quanto fosse serio il problema.

<< Puoi avere la tua settimana se mi dici qual è il motivo per cui ti serve >>

<< È un ricatto? >>

<< Sì. Il re può permetterselo, no? >>

<< Coraggioso a sfidare il Primo Sacerdote >>

<< Devo parlare con Ismene prima che sia troppo tardi. Dalia ha diffuso proprio una brutta malattia nel mio regno. In nome di Dio, smetti di fare l’idiota! Perché questa richiesta assurda? >>

<< Ho le mie ragioni >>

Tarìc sbuffò sconfitto.

Le sue ragioni… Sapeva che se avesse insistito, Neithel gli avrebbe fornito una convincente lista di cose che erano rimaste in sospeso al tempio e che potevano giustificare la sua richiesta, non era uno stupido. Il problema serio era che Tarìc aveva la seria paura che quella lista fosse stata creata appositamente per coprire un motivo molto più stupido, impossibile da riferire perfino al re. Solo pensare che alcuni doveri verso il Dio erano stati lasciati appositamente incompiuti rischiando di offenderlo in un periodo del genere, fece correre un brivido freddo lungo la nuca del re.

Neithel non era uno stupido, questo lo sapeva, perciò non aveva sicuramente lasciato indietro questioni troppo importanti, ma preferiva comunque non saperne di più. Per il bene della propria salute mentale.

Non voleva sapere che il suo Sommo Sacerdote aveva messo da parte il Dio pur di togliersi dai piedi lei… la straniera che stava facendo passare le notti in banco a mezza corte.

Gli aveva permesso di sbatterla fuori dalla sua classe, non gli avrebbe permesso di tirarsi fuori dalle squadre e aumentare le distanze che si era preso da lei. Non gli importava che la controllasse o che si occupasse di lei, non gli importava neanche del fatto che Tanet gli aveva riferito chiaramente che Selyan ogni benedetto giorno di lavoro riusciva a procurarsi un numero imprecisato di lividi e graffi che non venivano fatti rimarginare e a stento venivano controllati dagli altri guaritori che la squadra si portava dietro. La ragazza non sarebbe certo morta per quello e non sembrava nemmeno lamentarsi con Dalia del modo in cui veniva trattata, non erano le lamentele il problema. Il problema era che Tarìc pretendeva che non si allontanasse troppo da lei per una questione troppo difficile da affrontare per tutti e due perché avessero voglia di parlarne.

<< Immagino tu ti sia già reso conto del fatto che, se le tue ragioni misteriose comprendono le straniere, la situazione ti sta sfuggendo di mano. Parla pure con Tanet, ma trova una soluzione in un tempo ragionevole, per favore >>

<< Sì, altezza >>

Come poteva rinfacciargli anche la corona?!

<< Neith, piantala! Se avessi voluto comportarmi da re, ti avrei costretto a parlare e poi ti avrei negato nella maniera più categorica di sottrarti al comando delle squadre, fosse anche per metà mattina. Non mi sembra di fare la parte del tiranno a chiederti di non tirarti indietro da una cosa che tu stesso hai- >>

<< Se non vuoi essere trattato da re, puoi anche essere interrotto. La straniera che vuoi raggirare è in giardino da sola a cercare il sonno perduto nel fondo della fontana >>

<< Che stai farneticando ora? >> gli chiese esasperato.

<< La ragazza del fuoco sta contemplando l’acqua. Incoerente come tutte le sue compagne >>

<< O come sua sorella? >> lo provocò mentre gli passava accanto per raggiungere la finestra.

<< Questa la paghi >> era stato più un ringhio che una minaccia e gli rise in faccia prima di provocarlo di nuovo.

<< Ops, perdonami. Preferisci che ti dica che è incoerente come te? >> gli chiese prendendolo in giro con un improvviso buon umore che non sapeva da dove gli fosse arrivato.

 << Tarìc, spero tu ringrazi Dio di avere la corona sulla testa ogni tanto >>

<< Tutte le sere! >> gli urlò scendendo le scale.

Elydet era davvero sola alla fontana e lui doveva trovare il modo di guadagnarsi la fiducia di quella ragazza. Sarebbe andato volentieri a dormire, ma ormai il sonno era passato e, se poteva fare qualcosa per il regno che non richiedesse sforzi mentali eccessivi, perché sprecare l’occasione?

Cercò di darsi un contegno più regale e disinvolto possibile per non far capire alla ragazza che era lì di proposito e si fece avanti.

<< Elydet, tutto bene? >>

<< Altezza! >> scattò lei arrossendo improvvisamente.

La follia che aveva contagiato Neithel aveva colpito anche lui!

L’aveva vista dalla finestra ed era corso a parlarle. Non aveva niente da chiederle quella sera, non c’era niente che meritasse un chiarimento da parte sua, disgrazia che sua sorella avesse combinato da cui risollevarle il morale… niente! Non aveva uno straccio di motivo per essere lì eppure aveva corso per le scale pur di raggiungerla.

Ismene, mano del Potente Dio, avrebbe visto il re varcare la soglia dei suoi appartamenti prima di andare a dormire e si sarebbe svegliata se lui fosse arrivato troppo tardi nelle sue stanze quella sera. Il re aveva deciso.

 

*******************************************************

-Selyan-

Selyan era concentratissima sulla partita quella sera.

Irmelin si era addormentata subito dopo cena, sua sorella si era rifiutata come sempre di andare in camera di Nora e l’amica del re aveva proposto a Tanet di sfidarle in coppia. Le regole della partita stabilivano che giocassero un turno ciascuna, pur avendo tutta la libertà di decidere insieme cosa muovere e lei non voleva assolutamente mettere in difficoltà Nora distraendosi o confondendola con idee stupide sulle mosse da fare.

Stava studiando attentamente la scacchiera quando la porta si spalancò all’improvviso con un tonfo assordante facendola sobbalzare.

<< Tanet, non ti sembra di aver esagerato stavolta? Addirittura due? >> brontolò il Nobile Neithel senza neanche salutare la padrona della stanza.

La risata di Tanet chiarì il senso di quella domanda e lei sentì il viso ribollire dall’imbarazzo.

<< Screanzato! >> urlò Nora senza mezzi termini mentre lei si chinava a raccogliere la pedina che le era scivolata di mano per lo spavento che si era presa per colpa della porta.

Tanet fu ignorò le loro reazioni e resse il suo gioco << Ti avevo detto di venire con me, non hai voluto… >>

<< Tu sei più idiota di lui! >> urlò di nuovo Nora << Smettila subito! >>

<< Metti la lingua a posto, ragazzina >> la avvertì il Nobile Neithel senza però avere nessun effetto su di lei che ribatté spavalda << E tu esci dalla mia stanza! >>

<< Tanet, sai che se la giochi bene, le mandi a dormire in meno di dieci mosse, vero? >> disse il nobile ignorando la padrona della stanza che aveva cominciato a fare uno strano rumore dal petto.

<< Stai ringhiando >> le bisbigliò Selyan sicura che la sua amica non se ne fosse neanche resa conto.

<< Vattene, Neith! >> esplose lei << Trovati qualcosa di meglio da fare stasera invece di infastidire noi! Io e Selyan vinceremo questa partita, vattene! >>

<< Vuoi che chieda a Tanet quante volte hai vinto da quando giocate? Scommetto che le conta su una mano >>

<< Tu non ti azzardare a metterti dalla sua parte! >> sbraitò Nora puntando un dito contro Tanet.

<< E in coppia con lei non puoi che peggiorare la situazione >> insistette il sacerdote.

<< Ora basta! Se credi di essere tanto bravo, vieni qui e finisci la partita tu! >>

<< Non ne vale la pena. Tanet, ho bisogno che tu copra i miei turni per i prossimi tre giorni >>

 << La rossa si è lamentata per la tua assenza? >> chiese lui ridendo.

<< Sei geloso? Quante donne ti servono per sentirti soddisfatto? >>

Nora ormai aveva perso la pazienza definitivamente e cominciò a tirare il Nobile per un braccio verso la porta con scarsissimi risultati.

<< Come devo dirti che non voglio te e i tuoi discorsi da pervertito in camera mia?! >>

<< Finisci la partita e copro anche quattro giorni di fila >> lo sfidò Tanet.

<< Bastano cinque mosse se sono stupide come penso. Ho già vinto >>

<< Tu fallo e io giuro che copro una settimana >> disse lui alzando la posta.

<< Non ce la farai! >> urlò Nora << Non siamo due stupide, cosa credi?! >>

<< A chi tocca? >>

<< A loro >> concluse Tanet alzandosi e cedendogli la sedia.

<< Sel, muovi quella pedina e mangia la sua! >> ordinò Nora << Fagli vedere chi ha il cervello in questa camera! >>

Avrebbe tanto voluto accontentarla. Davvero. Ma non riusciva proprio a capire cosa avesse in mente Nora. Per lei non c’era nessuna mossa sensata da poter fare in quel momento e si trovò costretta a chiederle, con il tono più innocente che riuscì a dimostrare << Quale pedina? >>

Nora nascose il viso nella mano sbuffando, Tanet scoppiò a ridere alle sua spalle e lei pensò che avrebbe tanto voluto seppellirsi in quel momento senza andare oltre con quella scena imbarazzante.

<< Tanet, non ti vergogni a giocare con queste due? >> chiese schifato il nobile Neithel.

<< Sono convinto che prima o poi Nora riuscirà a ragionare correttamente per una partita intera >>

<< Nora, forse >>

<< Sel, ti decidi a difenderti?! >> sbottò la ragazza muovendo al posto suo.

<< Perché non hai usato quella all’angolo? >> le chiese convinta di aver visto troppo tardi una mossa utile.

<< Lascia perdere, finisco da sola >>

Ma Nora non riuscì minimamente a salvarsi e subì una sconfitta clamorosa come profetizzato.

<< E una settimana sia >> proclamò Tanet prima che il nobile Neithel si alzasse e sbattesse la porta alle sue spalle senza un’altra parola.

Nora, dal canto suo, era ancora immobile davanti alla scacchiera a guardare le pedine << Non è possibile, ha imbrogliato! >>

<< Non ha imbrogliato, Nora. Sei tu che non hai possibilità contro di lui >> la corresse Tanet.

<< Ho perso perché Selyan non conosce ancora le regole! >>

<< Hai perso perché la partita era già persa prima che arrivasse lui. Se avessi ascoltato Selyan, forse, avreste avuto una possibilità di salvarvi, ma in molte più mosse di quelle che avevate a disposizione e vi sareste sicuramente messe nei guai prima di capire che avreste potuto vincere. Gli ho praticamente regalato una settimana libera, tanto a me non dispiace staccare un po’ dai soliti turni di guardia e organizzazione delle sentinelle. Vuoi che chieda a Selyan se le dispiace che comandi io una settimana al posto di Neith? >>

Non aveva ancora considerato le conseguenze di quella partita e si trovò imbarazzata dalla domanda di Tanet.

<< Perché sei arrossita? >> chiese Nora minacciosa.

Tanet non le diede il tempo di protestare << Quante volte hai implorato la tua Dea di trattenere la tua mano per non lanciargli qualcosa e fargli male? >>

Non poteva permettersi di rispondere sinceramente al comandante e non poteva deludere Nora. Non sapeva cosa dire.

 

 << Smetti di fare la timida >> la esortò Tanet << Sappiamo tutti che è un tiranno odioso e prepotente >>

<< Non è che sia tiranno… è solo… >>

<< Selyan, sai che ti trovo simpatica e ultimamente mi sto affezionando a te, vero? >> chiese Nora impugnando la scacchiera con entrambe le mani e ignorando le pedine che caddero a terra spargendosi per la stanza.

<< Anche- >> non ebbe tempo di dirle che ricambiava, che arrivò una minaccia bella e buona con la scacchiera pronta a calare sulla sua testa << Stai per dire che la pensi come la rossa della tua gente e ti piace quel pazzo?! >>

<< Sei impazzita?! >> urlò lei senza riuscire più a contenersi << Stavo per dire che è snervante perché sembra che abbia occhi dappertutto, dannazione! È da tutt’altra parte, impegnato in qualche critica a qualcuno, poso un attimo il maledetto secchio e me lo ritrovo alle spalle a urlare come un pazzo che sono lì per pentirmi di quello che ho fatto e non per prendere il sole passeggiando. Lo chiamano in una casa a curare qualcuno, varca la soglia, io inciampo e non faccio in tempo a toccare terra che sta già sbraitando sul tornare al lavoro e andare a letto presto invece di passare la sera con te e poi non reggermi in piedi. Non sono una lavativa, giuro che ci metto tutto il mio impegno, ma mi sento sempre una scansafatiche incapace quando c’è lui e non è giusto, accidenti! Certo che sono contenta di non vederlo una settimana! >>

Il silenzio seguì il suo sfogo e lei si coprì la faccia per la vergogna di quello che aveva appena fatto. Come aveva potuto perdere la calma in quel modo e lasciarsi andare a una di quelle sfuriate che avrebbero reso fiera Irmelin, ma che non poteva certo permettersi davanti a Nora e meno che mai a Tanet?

<< Scusate, ho esagerato >>

Tanet scoppiò a ridere senza pudore e la voce di Nora al suo orecchio sussurrò un << Sicura che tu sia Selyan? >>

<< Sapevo che eri una persona normale! >> commentò Tanet tra una risata e l’altra.

<< Che stai dicendo? >> chiese la maga confusa.

<< Non c’è soldato che non bestemmi dietro alle critiche di Neith e da quando lei viene qui e tiriamo fuori la questione delle squadre non l’avevo mai sentita lamentarsi o sbuffare. Credevo fosse insensibile alle critiche o una specie di sacerdotessa dall’addestramento impossibile e invece ci ha solo messo una vita a capire che lui è un pazzo esaltato e non è lei che è incapace >>

<< Non ho detto questo! >> protestò di nuovo senza avere ancora il coraggio di scoprire il viso.

<< Ma lo pensi >> insistette Tanet.

<< Non è vero! >>

<< Dopo una lamentela come quella non puoi tornare indietro >> la avvertì Nora << Ammetti che lo odi anche tu e la notte sogni di vendicarti con tutti i mezzi più crudeli che riesci a immaginare >>

<< Veramente, la notte penso ai modi più cruenti di farla pagare a Dalia >>

Tanet rise di nuovo << E così, Nora, te lo sogni la notte, eh? Passi le notti insonni a pensare a lui… >> la provocò.

<< Tanet, piantala! >>

Ma il comandante non si arrese << La rossa è innamorata, tu lo sogni la notte…  Perché ha tutte queste pretendenti? Le donne sono attratte dalla cattiveria? >>

<< Io non sono una sua pretendente, smettila! Non ti rivolgerò mai più la parola! Vattene dalla mia camera, vattene! >> urlò spingendolo verso la porta a cuscinate.

La bassa statura e l’esile corporatura di Nora non avevano potuto niente contro il Nobile Neithel quando lo aveva tirato per un braccio con tutte le sue forze, non aveva la minima speranza neanche di spostare di un centimetro il colosso del suo amico con un misero cuscino.

<< Ehi, Selyan, sicura che nessuna delle tue compari sia interessata anche minimamente a me? Non posso dormire sapendo di essere così in svantaggio >> chiese lui tranquillo come se Nora non fosse impegnata a mettere tutta la sua forza nel suo tentativo di allontanarlo.

<< Una, forse. Non ne sono sicura >> rispose lei più per accontentarlo che per sincerità.

<< Dimmi chi è! Perché non me ne sono accorto? Tu da cosa l’hai capito? >>

<< Conosco le mie adorabili compagne da quando ero bambina, so come pensano e credo che una sia interessata. Se ci tieni, posso indagare per te nei prossimi giorni >>

<< In cambio di…? >>

<< Della tua pazienza davanti alla scacchiera >>

<< Sei troppo indulgente, chiedi un giorno libero, Sel! >> si intromise Nora che ormai cercava di colpire Tanet direttamente in faccia pur di avere un minimo risultato

<< Non voglio giorni liberi! Se non devo andare alle squadre non ho scuse per non andare da Dalia. Preferisco portare pesi tutto il giorno piuttosto che vedere lei un’ora >>

<< Questo è odio, ragazza, lo sai? >> la prese in giro Tanet.

<< Ti ho detto miliardi di volte che è una persona normalissima e con il cervello a posto! Se credi al tuo amico, la colpa è solo tua! E ora fila via! >> ordinò Nora.

<< Se non indaghi per me, chiederò che i miei turni si limitino al pomeriggio e non avrai più speranza di avere pace la mattina >>

<< Indagherò sicuramente >> gli assicurò Selyan.

<< Vattene! >> sbottò Nora spingendolo definitivamente fuori dalla porta chiudendola con tanto di chiavistello.

<< La ragazza vagamente interessata a Tanet per caso è Irmelin? >>

<< No >> le rispose in fretta.

<< Perché ti sei girata dall’altra parte? >>

Non era mai stata capace di nascondere la verità e si era messa nei guai. Non poteva tradire la fiducia di Irmelin, ma non era riuscita a mentire a Nora. Optò per una parte della verità

<< Uff, Nora io non so nascondere le cose! A Irmelin non piace Tanet, ma ha una voglia sviscerata di uscire dal nostro maledetto ordine e farsi una famiglia. Ha solo detto che potrebbe prenderlo in considerazione, non che ne è innamorata >>

<< Davvero? >> chiese lei incredula << Anche dopo che lo ha conosciuto sul serio giocando con noi? Non ha ancora capito quanto è stupido? >>

<< Non ne abbiamo più parlato e ieri mi ha detto che si è presa una cotta per un mercante che ha visto mentre cercava di comprare una veste nuova dopo la funzione di Dalia, ma non so altro. È possibile anche che le altre serpi siano tutte innamorate di lui e io non ne so nulla. Non ho davvero idea di come stanno le cose >>

Se non credeva a quello era spacciata. Si immaginava già a litigare con Irmelin e non voleva assolutamente che accadesse. Cosa avrebbe fatto se la sua amica avesse smesso di parlarle?

<< Tua sorella è ancora innamorata di Tarìc? >> chiese Nora cambiando discorso e concedendole di tirare un sospiro di sollievo.

<< Mia sorella ha perso la testa e non si riprenderà finché il re non si sposerà con un’altra. Vuoi che le dica di darsi un contegno? >>

<< No, no! Non credo che a Tarìc dispiaccia la cosa. Sono tutti ansiosi di sapere che qualcuno sbava alle loro spalle. Gli uomini sono insopportabili! >> concluse fiera di quello che aveva appena detto.

Vista la situazione, forse poteva anche concedersi quella domanda per cui Irmelin l’aveva costretta ad andare da sola quella sera. La sfacciata e temeraria sacerdotessa del vento si era detta incapace di reggere un’altra serata in quella stanza con Nora e Tanet senza sapere cosa c’era effettivamente tra loro. Non sarebbe mai riuscita a chiederlo a Nora e aveva costretto lei a promettere che avrebbe provato a indagare. Forse quello era il momento buono… << Nora, a te non piace Tanet? >>

<< Scherzi!? >> chiese lei come se avesse appena chiesto la cosa più assurda del mondo << Non lo ritengo neanche un uomo! Bleah! >>

<< E Tarìc? >>

<< Figurati se ho voglia di diventare regina di questo branco di pazzi! E poi Tarìc non è il mio tipo, è troppo serio e dedito ai suoi impegni. Quando mio padre mi costringerà a scegliere un uomo, credo che la prima cosa che farò sarà escludere tutti quelli che hanno messo piede in questo palazzo. Secondo me queste mura hanno effetti distruttivi sull’intelligenza maschile. Di te che mi dici? C’è qualcuno che ti interessa? Con tutti gli uomini che vedi nelle squadre, qualcuno deve esserci per forza! >>

La maga era riuscita a spezzare il clima di divertimento e ironia con una semplice domanda. Non era niente di più di quello che lei le aveva chiesto un attimo prima, ma si trovò a distogliere lo sguardo da quello divertito e speranzoso della sua nuova amica.

<< Non ho neanche voglia di guardarli, Nora. Scusa, devo andare o Irmy verrà a cercarmi >>

<< Dai, non scappare, era solo una domanda stupida. Scusa. Tanet mi confonde con le sue idiozie e poi non ragiono. Capisci perché devo escludere tutti gli uomini di questo palazzo? >> chiese lei quasi implorandola e sbarrando la porta della sua stanza con il suo stesso corpo per non farla uscire.

<< Sì, hai ragione. Ci vediamo domani. Grazie per la serata >>

Controvoglia e con una tristezza che non avrebbe mai voluto vedere sul suo viso, Nora la lasciò uscire salutandola.

<< Buonanotte, Nora >>

Ne vedeva tanti, aveva ragione. E aveva mentito all’apprendista maga, li guardava anche.

Li guardava tutti e cercava di ascoltare i loro discorsi nella speranza che qualcuno gli somigliasse in qualcosa eppure, per quanto assurdo le sembrasse, nessuno era come lui. Non c’era viso che desiderasse rivedere, occhi che sentisse il bisogno di incontrare e neanche discorsi che le sembrassero interessanti come i suoi.

C’era qualcuno che le interessava, c’era qualcuno che amava disperatamente, ma la Dea glielo aveva portato via e con lui era sparita anche la sua voglia di vivere, figurarsi quella di guardare gli uomini.

Forse avrebbe approfittato del favore che Tanet le doveva e avrebbe chiesto di essere spostata nel gruppo di volontarie che si occupavano del pranzo per le squadre.

Magari in mezzo alle altre donne avrebbe smesso di pensare a quanto il resto del mondo era diverso da lui

***********************************************************************************

-Aaren-

 

<< È tutto a posto, mio signore >>

 

La voce alle spalle della poltrona su cui era seduto aveva tremolato per un istante. L’aveva sentito.

Non c’era uomo al suo servizio che non sapesse dominare le proprie emozioni, quello non era uno dei suoi. Era sicuramente un servo, incapace di dominare il timore reverenziale verso i nobili.

 

<< Puoi andare >>

 

Nessuna risposta. Almeno quello lo avevano imparato.

Appena il tonfo della porta annunciò l’uscita del servo, Aaren si alzò dalla sua poltrona. Se i suoi avevano usato un servo per riferirgli quel messaggio, il re era tornato nelle sue stanze e lui aveva campo libero per riferire il suo.

 

Lo aveva visto, prima, dalla finestra. Aveva incontrato di nuovo Elydet del Fuoco e si era perso in chiacchiere con lei. Non era stata una pessima idea quella di suo nipote: la ragazza era un pozzo di informazioni sulla famiglia reale dell’isola da cui provenivano, ma non sapeva molto sui loro poteri o sulla loro Somma Sacerdotessa. Tutta la sua attenzione era concentrata sulla sorella. Non era inutile, ma non era l’unica da ascoltare per tenere d’occhio le straniere. Non erano molte, ma il loro gruppo era frammentato da faide interne in piccoli gruppetti diffidenti l’uno nei confronti dell’altro. Come se non venissero dalla stessa terra e non avessero tutte gli stessi problemi. Neanche l’esilio aveva insegnato loro lo spirito di fratellanza. Non erano persone affidabili, non gli avevano mai dato quell’impressione. Per questo aveva pagato due dei suoi perché ammaliassero altre due sacerdotesse e ricavassero da loro le informazioni mancanti.

Se solo pensava che il re si era offerto spontaneamente per fare di persona quello che lui faceva fare ai suoi dietro compenso…

Aaren chiuse gli occhi recuperando la calma e bussò alla porta delle stanze reali. Non ottenne risposta. Il re aveva evidentemente congedato i servi e non voleva essere disturbato. Meglio così.

La porta era fatta per fermare i disturbatori e gli incompetenti, non certo i nobili. Gli fu sufficiente posare la mano sulla maniglia perché la serratura scattasse e lo lasciasse entrare.

Dalla stanza della vasca proveniva un intenso profumi di olii e lozioni. Il re doveva aver ordinato un bagno ristoratore

 

<< Tarìc, posso disturbarti? >>

Lui chiuse di nuovo la vestaglia che stava per togliere prima di immergersi nella grande vasca e si fece avanti

 

<< Quanto devo preoccuparmi questa volta? >>

C’era preoccupazione nei suoi occhi. Sapeva che le informazioni riportate in privato, dopo il congedo dei servi e la riduzione delle guardie di ronda nei corridoi erano quelle più importanti e preoccupanti.

 

<< Sono rimasti dei servi nelle tue stanze? >> chiese lui per rimarcare il concetto senza alimentare le chiacchiere di eventuali servitori rimasti

Lui scosse la testa chiarendo << No, li ho congedati tutti >>

<< Ho ricevuto delle notizie su quello che abbiamo perduto anni fa >> disse il vecchio con una pausa a effetto mirata a fargli a cosa si riferiva << Non ho notizie certe su come sia arrivato dove è adesso, ma pare che sia a molti giorni di viaggio dal nostro regno. Forse qualche mese >>

 

<< Dove esattamente? >>

<< Non conosco la posizione esatta. So soltanto che è stato pagato con la più grossa somma che il mercato nero ricordi, da un uomo proveniente dalle rive del Grande Oceano >>

Il re era rimasto immobile a pensare. Con le mani sui fianchi e gli occhi persi a fissare il pavimento.

<< Ci sono decine di regni sulle sponde dell’Oceano. Non possono scoprire niente di più? >>

Aaren sapeva che, al suo posto, probabilmente, anche lui sarebbe rimasto frustrato per la mancanza di informazioni. Per come stavano le cose però, non poté non provare una punta di rabbia al pensiero che gli sforzi dei suoi uomini venissero banalizzati in quel modo. Solo trovare quello che cercavano da anni e sapere in che direzione cercarlo, era un enorme risultato di cui andare fieri a suo parere.

<< Mi dispiace, Tarìc. Sono questioni della massima segretezza e i miei uomini costretti a muoversi in un campo molto pericoloso. Scoprire che è stato venduto e restringere il territorio in cui cercare mi sembrava già un risultato oltre ogni nostra aspettativa. Io attenderei qualche settimana per non destare ulteriori sospetti, ma, se è tuo volere che si muovano ancora- >>

<< No >> lo interruppe << Concedi pure ai tuoi uomini il tempo necessario a sparire di nuovo e a muoversi con la dovuta cautela. Se qualcuno scoprisse che lo stiamo cercando, potremmo avere dei guai che non possiamo permetterci in questo momento. Sai qualcosa delle sue condizioni? >>

Il vecchio scosse la testa di nuovo << No, ma le fonti parlano di resti e di un pericoloso acquirente. Non so dirti se il pericolo venga dal fatto che l’acquisto da parte di questa persona squilibri il potere dei regni o se sia una persona pericolosa per le sue inclinazioni violente >>

<< Ho capito. Proporrei di non informare gli altri finché non ne sapremo qualcosa di più, sei d’accordo? >>

<< Assolutamente >> confermò il vecchio

<< Grazie, Aaren. Buonanotte >>

<< Buonanotte, Altezza >>

Il vecchio udì il tonfo del re che si gettava nella vasca prima ancora di uscire dalle sue stanze.

Aveva sperato per anni, concentrando tutte le forze dei suoi uomini migliori, di scoprire qualcosa e adesso perfino lui era preoccupato.

Diffondere quella notizia alla corte avrebbe portato dei risvolti immediati, nasconderla avrebbe portato esiti disastrosi. Per anni aveva pregato il Potente Dio di mandargli qualche notizia e il Sommo lo aveva accontentato nel momento meno tranquillo. Non che un vecchio volesse permettersi di criticare i Doni del Potente o la Sua infinita Sapienza nel distribuirli, ma avrebbe tanto preferito riceverle in momenti migliori.

Aaren chiuse la porta alle sue spalle e si addentrò nel buio della sua camera. Non voleva luci, non di notte. Non ne aveva bisogno. Le tende spalancate gli davano tutta la luce di cui aveva bisogno per sfilarsi la veste e sdraiarsi nel suo letto.

La notte non chiudeva mai le tende. Nessuno poteva spiare nella sua finestra, data la posizione che aveva nel palazzo e lui non aveva intenzione di privarsi della vista delle stelle.

Io posso solo osservarlo da lontano, sii la sua ombra dove a me non è dato seguirlo se puoi. Presto ne avrà bisogno. E anche io.

 

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Capitolo 16
*** 15.Sorprese inaspettate ***


15. Sorprese inaspettate

-Selyan-

<< Kaleb, idiota, guarda dove vai! >> urlò la voce del nobile Tanet.

Selyan lasciò cadere i secchi che stava trasportando e si girò a cercarlo in mezzo agli altri. Il comandante dei soldati non era tipo da urlare contro i suoi uomini, non con quella rabbia poi. Doveva essere successo qualcosa di grave.

<< Mio signore, mi dispiace, io - >>

<< Non mi interessa! >> urlò di nuovo rendendo finalmente chiara la sua posizione dietro un gruppo di soldati che gli si erano accalcati intorno << Torna a fare il tuo lavoro! >>

Mollò anche lei le sue cose. Nora le avrebbe staccato la testa se non le avesse riferito per filo e per segno quello che era successo al suo amico e lei stessa doveva ammettere di essere un po’ preoccupata.

Il nobile Tanet si reggeva un braccio con una mano ormai completamente piena di sangue mentre un uomo si allontanava contrito con una sega in mano continuando a pigolare scuse.  A quanto pareva lo sconosciuto Kaleb era andato a sbattere contro il comandante e lo aveva ferito per sbaglio.

<< Garlem! >> urlò il comandante << Fascia questo schifo!  Mi scivolano le cose di mano se sono imbrattato di sangue >>

<< Nobile Tanet, sarebbe meglio se io ricucissi quella ferita invece di fasciarla >> suggerì il sacerdote già comparso alle sue spalle.

Era l’uomo che prendeva sempre il posto del nobile Neithel nelle squadre o al tempio. Di sicuro doveva essere una persona competente e degna di rispetto ma, per un motivo a lei ancora oscuro, gli uomini preferivano chiamare i sacerdoti minori quando si ferivano e andavano a disturbarlo solo nei casi più gravi. Probabilmente anche il nobile Tanet si sarebbe rifiutato di chiamarlo se avesse potuto farlo senza arrecargli offesa. Selyan lo aveva capito da come il comandante aveva alzato gli occhi al cielo alla protesta del sacerdote

<< Non cominciare con le stupidaggini dei sacerdoti zelanti, per favore. Se vuoi fasciarmi, fallo, sennò ci penso da solo >> sbottò lui come se avesse parlato l’ultimo degli incapaci.

<< Insisto perché mi facciate fare il mio lavoro, mio signore. Non è una semplice graffio quello e non si rimarginerà se non lo ricucio >>

<< Potente Garlem, è una battaglia persa! >> si intromise Kore posando la trave che aveva sulle spalle fino a quel momento << Ha paura degli aghi. Piuttosto che farsi cucire, si fa ammazzare >>

Il chiarimento di Kore strappò un sorriso a lei e un << Pensa a fare il tuo lavoro tu! >> al comandante.

Poteva offrirgli il suo aiuto? Forse no. C’erano dei guaritori agli ordini del nobile Neithel per quelle cose e, se lei avesse guarito Tanet al posto loro, si sarebbero lamentati con lui e la sua pace sarebbe finita anche durante la settimana di comando di Tanet. Doveva restare al suo posto. Non era nelle squadre per mettere in mostra le sue capacità o per rubare il mestiere ai guaritori. Lei doveva solo trasportare le cose e rifornire le scorte d’acqua al bisogno. Niente di più. Tanto valeva riprendere i suoi secchi e continuare il suo lavoro

<< Sono spiacente, mio signore >> continuò il sacerdote << ma io non ho i poteri curativi del nobile Neithel. Posso ricucirvi senza che sentiate il minimo dolore, ma non posso guarire la ferita. Vi fascerò come chiedete e poi potrete farvi curare da lui >>

<< Sai che ti dico, Garlem? Scusa se ti ho disturbato. Selyan! Lascia quei sacchi e vieni qui! >>

Al sentirsi chiamare il suo stomaco si era stretto come una morsa e aveva sussultato di brutto. Non voleva attirare l’attenzione! Obbedì all’ordine e lo raggiunse inchinandosi << Mio Signore >>

<< Puoi farla sparire? >> chiese mettendole davanti il braccio.

Cosa doveva rispondere? Se avesse detto di sì, avrebbe fatto arrabbiare il Potente Garlem e tutti avrebbero sicuramente spettegolato del suo potere, se avesse detto di no avrebbe mentito a un nobile e avrebbe screditato gli insegnamenti di un altro, per quanto ricevuti in un tempo limitato. Cosa doveva fare?

<< Selyan?! >> la richiamò il comandante

<< Sì >>

<< Bene, ragazza, impegnati >> le ordinò soddisfatto.

Obbedì sotto gli occhi contrariati del sacerdote e si prese una possente pacca sulla spalla da Tanet appena ebbe finito.

<< Alla faccia di Neith! Nemmeno una cicatrice, ti devo un favore >>

<< Cosa?! >> urlò Kore incredulo << Se fa quelle cose perché la tenete a spalare melma e portare secchi? Siete pazzi? >>

<< Ordini di Neithel >> spiegò semplicemente il comandante.

<< Ragazza, hai ucciso qualcuno con quel potere davanti a lui per esserti presa una punizione del genere? >>le chiese Kore curioso e incredulo.

Troppi discorsi, troppe domande, troppe attenzioni, maledizione! Cosa doveva rispondere per non mettersi di nuovo nei guai? Il nobile Tanet intercettò la sua occhiata spaventata e capì da solo cosa doveva fare << Gli ha risposto male e basta. Torna a lavoro anche tu o ti metto a spalare con lei. Non faccio favoritismi nemmeno agli amici >>

<< Smetti di fare il duro. Potrai anche coprire i suoi turni, ma non sarai mai come lui >> lo prese in giro il soldato riprendendo il suo lavoro.

<< Uomini, vi autorizzo tutti a chiederle di evitarvi ago e filo! >> ordinò Tanet all’improvviso << Selyan, non ti azzardare a esagerare e crollare perché te ne farei pentire >>

Qualcosa del suo tono le fece capire che il comandante aveva in testa quell’idea da quando erano partiti e sospettò anche che ci fosse lo zampino di Nora. Probabilmente si erano accordati per renderle un minimo di dignità in quel lavoro e un po’ di orgoglio personale per quello che faceva. Era infinitamente riconoscente a tutti e due.

<< Grazie >>

<< Ringraziami quando andrai a prendere il tuo pranzo >> gongolò lui come se le stesse nascondendo qualcosa.

<< Dose doppia? >> tirò a indovinare.

<< Non essere impaziente, ragazza >>

Per altre due ore non fece che trasportare sacchi e guarire piccoli graffi di uomini che la mettevano alla prova con stupide ferite per valutare le sue capacità e, quando arrivò la chiamata per il pranzo, si accorse di essere impaziente di scoprire che sorpresa le avesse riservato il nobile. Il cuore le impazzì a diversi metri dal banco del cibo

 

<< Irmy! >> urlò felice di vederla dietro il banco del cibo, insieme alle donne che distribuivano le razioni ai soldati << Che ci fai qui? >>

<< Servo il pranzo, idiota! >> le rispose passandole il suo vassoio colmo di cibo << Se mi aspetti, pranziamo insieme appena finisco di servire la mia parte di soldati >>

Si sedette poco lontano dal banco di distribuzione del cibo e attese impaziente la sua amica per poi abbracciarla entusiasta << Sono contenta di vederti qui! >>

Irmelin si sedette accanto a lei con uno sbuffo << Non credevo ci fossero così tante persone! In tutti questi giorni non hai mai detto una parola sui tuoi compagni di lavoro e guarda quanti uomini a petto nudo! Vuoi che ti prenda a schiaffi? >>

Sapeva che la sua prima reazione sarebbe stata quella di ammirare i suoi compagni di lavoro << Irmy, devo lavorare, non ho tempo di guardarmi intorno >>

<< Oh, certo… come no >> la prese in giro << Menomale che sono arrivata io! Sai come si chiama quello laggiù? >> le chiese puntando il dito decisa.

<< Merido, ma è sposato e ha due bambini >>

<< Ti sei informata?! >>

<< No, l’ho capito dai discorsi che faceva con gli altri >>

<< Mmm… quello lì? >>

<< Kore, migliore amico di Tanet e spesso a guardia del portone centrale. Come hai fatto a non vederlo? >>

<< L’ho visto, e l’ho anche guardato più volte, ma non potevo certo andare a chiedergli come si chiamava! Ragiona, su! >>

<< Lei che ragiona? Irmy hai preso troppo sole? >> chiese una voce alle sue spalle.

<< Nora?! >>

<< No, sono Neith travestito >> la prese in giro l’amica del re prima di sedersi accanto a lei << Stamani ho fatto tardi e ho deciso di cominciare dal turno di pomeriggio. Devi cominciare a tirarmi giù dal letto la mattina >>

<< Allora? Sono o no il migliore comandante da queste parti? >> chiese Tanet con una delle sue poderose pacche sulle spalle.

<< Il migliore in assoluto >> confermò lei.

<< Per Nora ha deciso il re, io non la volevo >>

Contrariamente alle sue aspettative, la maga non si indignò per l’offesa che aveva appena subito, ma lo avvertì comunque << Tu me la pagherai prima o poi. Te l’ho giurato e sai che mantengo le mie promesse, ma credo che Sel si sia appena innamorata perdutamente di te >>

Non riuscì a trattenersi e sentì la sua stessa voce urlare << Imbecille! >> contro Nora che scoppiò a ridere divertita.

<< Non mi dispiacerebbe >> ammise Tanet.

<< Ti sono riconoscente, niente di più >>

<< Allora cercherò un altro modo di farti sdebitare con me: resti anche per il pomeriggio? Ho parlato con Ismene, non è un problema se non sei stanca >>

<< Dai, Sel, Irmy va via e io resterei sola… >> insistette Nora.

<< Con cento uomini e venti addette ai piatti? >> le chiese scettica.

<< Le addette ai piatti stanno ai piatti e quale compagnia possono mai farmi gli uomini? Dai, ti prego! >>

Non riuscì a dire di no davanti agli occhi imploranti della ragazza che non avevo mai perso occasione per aiutarla e che metteva a disposizione la sua stanza ogni sera solo perché così lei e la sua amica non restassero sole a pensare al passato.

<< Va bene! Ma solo per oggi, poi voglio studiare >>

 

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-Irmelin-

 

Irmelin quella mattina si era svegliata con un pesante mal di testa e una strana sensazione nelle ossa.

Non era niente che avesse a che fare con la stanchezza per aver lavorato nelle squadre il giorno prima, ne era sicura.

Ormai conosceva quel tipo di risveglio, la Dea dei Cristalli le aveva fatto il Dono e il dispetto di sapere quando stava per accadere qualcosa di importante e lei avrebbe scommesso la sua testa dolorante che quella mattina stava per succedere qualcosa di grosso.

Sapeva che il mal di testa preannunciava preoccupazioni e le palpitazioni al cuore erano qualcosa di buono, ma non aveva la minima idea di come le due cose potessero legarsi insieme.

Quando le capitava in mezzo alla giornata, sapeva sempre capire a cosa si riferiva la Dea grazie al suo intuito, ma così, appena sveglia, era impossibile indovinare.

Il frusciare delle coperte dal letto davanti al suo la avvertì del fatto che Selyan si stava alzando e che l’avrebbe chiamata a breve perché facesse altrettanto, ma non aveva la minima intenzione di alzarsi da quel letto senza aver capito cosa diamine sarebbe successo dopo

<< Irmy, sei sveglia? >>

<< No >> le rispose provocando il suo sbuffo contrariato.

Possibile che Selyan non avesse il minimo presentimento? Diverse volte aveva ricevuto anche lei visioni dalla Dea e, con tutto il potere della sua amica e con tutta la forza con cui Irmelin aveva percepito quell’avvertimento, non poteva credere che Selyan non ne sapesse niente.

A meno che…. Che si trattasse di qualcosa che riguardava lei?

<< Andiamo, oggi sei nelle squadre anche tu. Non puoi fare tardi il secondo giorno >> la esortò sedendosi sul suo letto.

La sensazione di pericolo improvviso mista a sollievo non era cambiata. Forse Selyan non sarebbe stata responsabile di quello che sarebbe successo.

Grazie alla Dea dei Cristalli e al Dio straniero!

Da quando era in quelle squadre non c’era giorno in cui non tornasse a casa piena di lividi causati dagli oggetti pesanti che doveva trasportare ma che puntualmente finivano per scivolarle di mano, o con le mani piene di schegge provenienti da travi di legno o, peggio ancora, con i segni catastrofici di cadute da scale improvvisate senza che nessuno avesse idea di come avesse fatto a finire per terra.

Poi Nora aveva convinto la stupida a restare in quelle maledette squadre anche il pomeriggio e le sue preoccupazioni erano raddoppiate di nuovo.

Ormai Selyan non seguiva una lezione da almeno due settimane, ma sembrava più ottimista negli ultimi tempi e lei cercava di tenere a bada la preoccupazione e la paura che si uccidesse per sbaglio mentre inciampava in una buca o sbatteva la testa contro una trave non vista.

Il problema era che tutte quelle preoccupazioni la stancavano e non aveva la minima intenzione di alzarsi da quel letto per affrontare una giornata che non si preannunciava tranquilla.

Prese tempo con un possente sbadiglio, volutamente esagerato, per ritardare l’uscita dalle coperte e dal comodo materasso.

<< Sai che, se non ti alzerai con me, arriverà Nora a tirarti fuori con la forza e con le urla, vero? >>

Lo sapeva, ma aveva deciso che era il caso di rischiare e azzardò la domanda che si era giurata di non farle mai più << Posso sapere cosa hai sognato stanotte? >>

<< Il solito >> rispose lei con una velocità che stonava con la tranquillità che cercava di far assumere alla sua voce. Si nascondeva sempre dietro mezze verità rifilate alla svelta quando non voleva parlare di qualcosa. Non avrebbe mai imparato a mentire con convinzione quella ragazza.

<< Io non credo che lavoreremo oggi. Mi sento strana >>

<< Stai male? >> le chiese posandole subito una mano sulla fronte per controllare la febbre

<< No, ma… >>

La sua risposta fu interrotta dall’entrata irruenta di Nora << Ehi, voi, in piedi! Tarìc ha detto che dovete correre tutte nella sala del trono perché ha delle cose importanti da dire alla vostra gente >>

<< Che genere di cose? >> chiese Elydet svegliandosi dal sonno pesante che fingeva ogni mattina.

<< Non mi ha detto niente per paura che io vi avvertissi prima di lui >> le informò stizzita l’amica del re << So solo che non avrete lezione oggi e che scoprirò con voi quello che sta succedendo, perciò muovetevi e tirate giù dal letto le vostre compari. Odio dover aspettare! >>

Irmelin sospirò alzandosi << Sel, ti avevo detto che oggi non saremmo andate da nessuna parte. Questo diamine di potere mi rovina tutte le sorprese! >>

Ma Nora corresse la sua affermazione con un ringhio nervoso che poteva indicare solo una sua conversazione poco gradita con il nobile Neithel << No, Irmy. Tu starai a casa, lei ascolterà quello che Tarìc ha da dire e poi dovrà tornare a fare la sguattera di quel tiranno! >>

<< Non arrabbiarti, Nora. Mi piace stare lì >> cercò di calmarla Selyan.

<< Dagli ragione di nuovo e non ti rivolgerò più la parola! >> le urlò minacciandola con un dito.

Elydet sbuffò sonoramente. Irmelin si rese conto che, mentre era persa nei suoi ragionamenti, la sacerdotessa del fuoco si era già vestita e si stava spazzolando i capelli con la faccia schifata che faceva sempre Keira quando parava con loro

<< Datevi una mossa. Non mi piace che il Divino aspetti a causa delle mie compagne di stanza >> concluse uscendo.

Qualunque fosse la notizia che il re aveva da riferire, qualunque fosse lo stato d’ansia della sua amica ai piedi del suo letto, Irmelin non riuscì a tenere la bocca chiusa << Tua sorella sta esagerando, Selyan >>

<< Lo so >>

<< E tu mi stai nascondendo qualcosa >> la avvertì minacciosa.

Le bastò una frazione di secondo e un’occhiata alle sue mani strette sulle coperte per capire che si era sbagliata << Ti ho già detto che non ho sentito niente e non so niente. Non so gestire quel tipo di potere e stanotte non ho sognato niente di diverso dal solito. Andiamo adesso >>

Non era qualcosa che aveva scoperto che le stava nascondendo, ma qualcosa che voleva continuare a tenere nascosto anche a sé stessa per non ripensarci e non soffrire di nuovo. Doveva aver sognato solo dei ricordi, dannazione!

<< Accidenti a te e ai tuoi sogni inutili! >> sbottò prima di alzarsi e cominciare a proporle ogni possibile scenario di distruzione o disgrazia che potessero dare un senso alla convocazione del re e la distraesse dai suoi pensieri.

<< E se avesse deciso di mettere a morte la vecchia? >> chiese in un improvviso moto di speranza << Nora, credi che il re potrebbe mandarla alla forca? >>

<< Sinceramente: no. E adesso devo correre a origliare alla porta di Tarìc. Non mi piacciono le sorprese, ci vediamo dopo >> annunciò la maga correndo via.

Erano rimaste di nuovo sole. Loro due e l’alone di tristezza di Selyan. La spinse fuori imprecando contro le alzatacce e gli avvertimenti confusi di una Dea che non voleva, tirò la sua mano fino alla sala del trono ignorando le loro vecchie compagne lungo il corridoio e bofonchiando qualunque cosa le passasse per la testa per distrarla e la lasciò solo nella sala del trono ben lontana da Keira e sua zia

<< Sel, vuoi collaborare?! Andiamo! Ho bisogno di sapere cosa aspettarmi, non posso morire di infarto quando il re annuncerà a tutte l’impiccagione della vecchia ciarlatana e non posso neanche correre sul trono ad abbracciarlo per l’annuncio dell’esilio della perfida nipote >>

<< Irmy, smettila! >> sbottò lei esasperata << Non può fare una cosa del genere. Il massimo che può comunicarci, è che ha deciso di spedirci fuori dal suo regno perché si è stancato di noi >>

Tipico di Selyan, pensare sempre al peggio. Doveva necessariamente correggere la blasfemia che aveva appena proposto << O si è stancato di sentire le lamentele del suo parente a causa delle molestie di quella sanguisuga appiccicosa… Secondo te hanno già fatto qualcosa dalla morale discutibile mentre facevano lezione? >>

<< Smettila! >> le impose improvvisamente rossa in faccia.

Non funzionavano le chiacchiere senza senso con lei, ma quelle imbarazzanti sì. Irmelin sorrise e decise di insistere << Magari hanno deciso di giustificarlo come lezione approfondita su- >>

<< In nome della Dea, basta con queste volgarità! >> le urlò coprendole la bocca con le mani.

<< E tu smetti di urlare come una pazza >> insorse Elydet alle loro spalle << Sai che Irmelin non si rende conto di quello che dice quando parla di Keira. Sembrate due stupide senza educazione >>

Avrebbe volentieri, davvero volentieri, detto a quella che ormai era diventata una compagna di stanza più che un’amica cosa ne pensava dei suoi improvvisi modi altezzosi e scontrosi, ma aveva visto la porta delle stanze del re socchiudersi. Il re stava per entrare ma qualcosa lo aveva trattenuto.

Perché mai un re doveva tentennare dietro una porta?

<< Ely, non credi di darti troppe arie ultimamente? >> chiese Selyan ingenua come solo lei sapeva essere

<< Cosa!? Solo perché vi ho detto di smetterla? >> urlò Elydet offesa.

Irmelin aveva bisogno di riflettere e non avrebbe potuto farlo con quelle due che discutevano, le conosceva troppo bene per sperare che si sarebbero zittite durante il discorso del re << No, Ely, è come l'hai detto che ci ha dato fastidio. Keira sarebbe stata più gentile. E, comunque, credo che stia arrivando il re >>

Come previsto, la piccola sbuffò convinta che lei avesse sbandierato di nuovo il suo nuovo potere e Selyan si irrigidì in attesa di una disgrazia che non sapeva neanche immaginare, ma che era sicura sarebbe arrivata.

Il sovrano si sedette sul suo trono e gli altri nobili della corte presero posto dietro di lui. Era una cosa formale e seria?

<< Ho una cosa importante da comunicarvi >>

La stanza cadde nel più assoluto silenzio. Nemmeno Dalia, dal fondo della stanza, sembrava emettere un solo respiro. Lei sperò ardentemente che il re se la prendesse comoda e la vecchia morisse soffocata nell’attesa, ma sapeva che la Dea non avrebbe mai preso una bisbetica del genere nel suo Regno

<< Questa mattina è stata avvistata una nave identica alla vostra. Ne sapete qualcosa? >>

Sentì l’aria sparire dai suoi polmoni e i suoi muscoli farsi rigidi di colpo a quelle parole. Che il re si fosse sbagliato?

<< Vostra altezza… >> balbettò Dalia << se è vero quello che avete detto, allora questo vuol dire che- >>

<< Osi mettere in dubbio le parole del re? >> la interruppe prontamente il nobile Neithel.

Per quanto Irmelin apprezzasse vedere zittita la vecchia stupida, avrebbe picchiato il nobile che aveva interrotto la conversazione per perdere tempo con precisazioni inutili. Voleva sapere immediatamente di che nave parlavano!

<< Non mi permetterei mai! >> chiarì Dalia alzando anche le mani in segno di resa << Però, il sole potrebbe aver giocato un brutto scherzo alle vostre vedette, o potrebbe essere una nave simile- >>

<< È identica >> tagliò corto il sovrano << Chi c’è sopra? >>

<< I nostri familiari più stretti, Maestà. Il tempio disponeva solo di due navi risalenti ai tempi in cui le sacerdotesse erano molte di più e noi l'abbiamo destinata ai nostri familiari in modo che le ragazze non restassero sole, Altezza >>

<< Bene. In questo caso, le lezioni saranno sospese e quelle di voi che hanno altre occupazioni possono ritenersi libere di passare il loro tempo con la propria famiglia. È comunque necessario che io valuti se la loro presenza possa costituire una minaccia per la mia gente prima di assicurare a tutti una casa nel mio regno >>

<< Maestà, io- >>

<< Non contraddirmi >> tuonò il re contro Dalia.

<< Non oserei mai! >> pigolò lei sfoderando tutta la sua arte teatrale << Volevo solo esprimervi la gratitudine mia e delle mie allieve. Vi siamo riconoscenti per quello che fate per noi, altezza. Grazie >>

<< Lode a Dio per quello che vi ha concesso. Potete lasciare la sala e tornare alle vostre occupazioni >>

Nella sala si scatenò l’euforia. Tutte cominciarono a pigolare felici e abbracciarsi entusiaste. Lei sentì un improvviso senso di buon umore e l’impressione che una grossa preoccupazione che non ricordava di avere si dissolvesse e la abbandonasse del tutto. I suoi stavano bene e li avrebbe visti a breve. Non poteva crederci!

<< Irmy, io credo di dover andare >> la avvertì Selyan.

Improvvisamente le parole di Nora riecheggiarono nella sua testa: nessuno avrebbe avuto lezione quel giorno a parte Selyan e il re aveva detto che il giorno successivo sarebbero state “Libere di passare il tempo con la propria famiglia”

Non libere e basta! Maledetto imbecille di un nobile pomposo! C’era il suo zampino in quelle parole, lo sapeva! Il re sapeva benissimo chi c’era su quella nave come lo sapeva tutta la sua corte, le avevano convocate solo per mettere alla prova la sincerità di quella bugiarda di Dalia e per osservare di persona le loro reazioni e il Maledetto Pomposo… Lo odiava con tutte le sue forze!

Doveva essere stato lui a fermare il re prima che aprisse la porta e annunciasse a tutte che erano libere dai loro impegni per essere sicuro che la stupida che aveva relegato a fare il lavoro da schiavi non avesse la grazia di un giorno libero!

<< Ti hanno raggirata, dannazione! >> urlò contro Selyan prima di rendersi conto di quello che faceva << Quel tiranno non ti lascerà libera neanche domani! Scommetto che è stato lui a dire al re di farti lavorare, sta passando il limite! >>

<< A me va bene così, non preoccuparti >>

La sua tranquilla alzata di spalle azzerò la sua furia in meno di un istante lasciandola a bocca aperta. Era impazzita?!

<< Tu domani resterai con noi! A mia madre prenderà un colpo se verrà a sapere che i piani alti di questo posto ti odiano così tanto da non concederti un giorno libero nemmeno per salutare la tua gente, lo capisci?! Sai che ha paura delle cariche alte e della tua goffaggine?! Come credi che dovrei spiegarle che passi le tue giornate in una squadra di lavoro dove ti fai male di continuo? E come dovrei convincerla che hai ancora tutte le ossa al loro posto, sentiamo?! >>

Lei rise a dispetto della sua rabbia << Troverò il modo di salutare i tuoi prima che tua madre si preoccupi per me >> le assicurò.

<< Tsk! Credi che io non sia preoccupata al pensiero di mandarti da sola domani? Credi che Nora non resti a palazzo a spiare e spettegolare di tutti quelli che scenderanno da quella nave? >>

<< So cavarmela in quella squadra. Me la cavavo anche quando voi due non avevate ancora preso parte ai lavori. Non preoccuparti >>

Selyan le baciò una guancia e la salutò prima di correre alla sua dannata punizione giornaliera.

I suoi stavano bene, la nave sarebbe approdata il giorno, eppure Irmelin aveva la netta convinzione che avrebbe avuto una giornata felice, ma non tranquilla. Soprattutto quando si era resa conto che Selyan, sparendo dalla sua vista, aveva fatto sparire anche il senso di oppressione causato dalla visione. Per l’ennesima volta si trovò costretta ad ammettere che sarebbe stato qualcosa legato a lei a farla preoccupare il giorno successivo e il fatto che preferisse i lavori forzati al rivedere la loro gente non era per niente un buon segno.

 

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-Elydet-

 

Non aveva chiuso occhio tutta la notte. Sua madre stava arrivando!

Erano mesi che non aveva sue notizie ed era fuori di sé per la gioia e per la preoccupazione.

E se non fosse stata in salute?

Se le fosse successo qualcosa durante il viaggio o prima della partenza?

Sua madre era pur sempre la moglie del Grande Kerse e lei sapeva fin troppo bene cosa succedeva alle mogli delle persone importanti cadute in guerra.

Dalia aveva fatto imbarcare le sacerdotesse prima che l’isola fosse del tutto in mano al nemico. Sua sorella disprezzava la Somma Sacerdotessa per la sua fuga, Irmelin la odiava da sempre, ma cosa pensavano che avrebbero fatto i soldati una volta che avessero avuto il pieno comando della loro terra?

Che ne avrebbero fatto di una schiera di vergini chiuse in un tempio?

Quelle due erano sempre state convinte di poter rovesciare un esercito solo con la loro forza di volontà ma non avevano mai davvero fatto niente di utile per l’isola.

Kerse non aveva mai avuto grande considerazione di sua moglie, certo, ma i nemici cosa potevano saperne?

Se le avessero messo le mani addosso per insultare ulteriormente la memoria di suo padre?

Non poteva pensarci.

Aveva passato la notte in bianco a rigirarsi nel letto per il nervoso che le provocava sentire le altre due che dormivano beatamente con Irmelin che russava come un orso in letargo e sua sorella che sospirava anche nel sonno e all’alba era schizzata giù dal letto.

<< Volete svegliarvi?! >>

Irmelin aveva mugolato qualcosa e Selyan, come sempre, aveva sospirato. Lei, dal canto suo, aveva sbuffato e si era chiusa nel bagno.

Non sarebbe andata da sua madre puzzolente o in disordine!

Però una volta preso in mano il suo profumo si fermò a pensare.

E se sua madre fosse stata in disordine e sporca?

Si sarebbe sentita una mendica davanti a sua figlia o sarebbe stata felice di vedere che lei stava bene?

Una madre non poteva che essere felice di vedere una figlia scampata alla miseria, ma lei non voleva farla sentire a disagio

<< Ely, rischio di fare tardi >>

<< Allora dovevi alzarti prima invece di poltrire! >> urlò contro sua sorella.

Selyan era un’irresponsabile!

Sapeva che doveva lavorare nella squadra di costruttori per ripagare il Divino dell’offesa che aveva arrecato al suo collaboratore e continuava a fare tardi tutte le mattine. Sapeva anche che lei doveva andare da sua madre ma se ne fregava e le chiedeva lo stesso di avere la precedenza sul bagno!

<< E a me scappa la pipì >> fece eco l’altra.

Elydet sospirò pesantemente annoiata, infilò la tunica pulita, si mise il suo profumo e uscì a spazzolarsi i capelli davanti allo specchio di camera. Tanto Irmelin era più che in grado di intrecciare i propri senza specchio e i capelli di Selyan non sapevano cosa fosse l’ordine. Dubitava anche che ricordassero com’era fatta una spazzola visto che sua sorella aveva preso la pessima abitudine di snodarli passandoci le dita e poi legarli con qualsiasi cosa avesse per le mani. Era sicura di averla vista tenerli annodati con un rametto di legno una volta.

Non aveva ancora capito come potesse andare avanti in quel modo né quanto tempo ancora servisse a Selyan per capire che il suo disordine faceva sentire una stracciona anche lei visto che era sua sorella.

Ogni volta che incontrava il Divino Figlio del Sole, prima di arrossire per la sua bellezza, pregava la Dea che non avesse incontrato prima sua sorella.

Urlò un saluto confuso e affrettato e si avviò correndo verso la sala del trono.

Non ne poteva più di aspettare in camera.

<< Buongiorno, Elydet >>

Si pietrificò immediatamente. Quella voce aveva sempre il potere di bloccare il suo cervello e farle avvampare il viso in un solo istante

<< B-buongiorno, altezza, io… >>

<< Ismene e Neithel stanno controllando che i vostri parenti non abbiano contratto malattie infettive con le quali potrebbero contagiare il nostro regno, ma mi hanno fatto sapere che tua madre sta bene. Devi solo avere ancora un po’ di pazienza prima di riabbracciarla >>

Era il Figlio della bontà e della gentilezza!

<< Vi ringrazio infinitamente, mio re >>

Dea quanto le piaceva usare quell’appellativo nei suo confronti! Magari fosse stato suo davvero….

E le piaceva da impazzire anche quando lui la salutava con un semplice sorriso prima di continuare per la sua strada. Era il Figlio della perfezione e della bellezza.

Perché mai un re avrebbe dovuto far attendere i suoi regali impegni per parlare con una stupida sacerdotessa che incontrava lungo il suo regale cammino?

Che beneficio poteva trarre un sovrano impegnato come lui nel risollevare il morale di una straniera?

Elydet sospirò.

Non sapeva perché fosse così gentile nei suoi confronti, non sapeva perché ogni sera attraversasse il giardino della fontana dove lei si fermava a riflettere e non sapeva neanche perché continuava a far finta di non vedere il suo rossore ogni volta.

In cuor suo, Elydet aveva la speranza di aver capito cosa lo spingesse a comportarsi in quel modo, ma non voleva ammetterlo neanche a sé stessa. Non voleva rischiare di illudersi di una cosa così grossa. Ne sarebbe uscita distrutta quando la triste realtà avesse preso il sopravvento sui suoi sogni.

Una volta si era concessa di andare con sua sorella e Irmelin in camera di Nora dopo cena. Una sola, giusto per avere un’idea dei discorsi che facevano e per non passare da maleducata con Nora visto che era stata lei in persona a invitarla.

L’aveva sentita dire che se un uomo si finge gentile con una donna è solo perché ha un secondo fine molto poco adatto a una sacerdotessa.

Lei aveva provato a ribattere che solo i vili si comportavano in quel modo e Nora aveva ribattuto che non conosceva un solo uomo della capitale, compresi tutti gli abitanti del palazzo, che non si comportasse in quel modo.

Aveva smesso di andarci e maltrattato sua sorella quando aveva provato a insistere.

Non aveva la minima intenzione di partecipare a raduni cospiratori contro il re!

Meno che mai a incontri che avevano il solo scopo di insultarlo.

<< Buongiorno, Elydet >>

<< Ciao, Keira >> la salutò tornando alla realtà

<< Le altre sono ancora perse nei preparativi, io non sono riuscita a dormire >> ammise la rossa passandosi una mano sugli occhi

<< Neanche io, ero preoccupata per mia madre >>

La rossa annuì stranamente più comprensiva del solito quella mattina << Loro non sanno cosa vuol dire avere genitori importanti come i nostri. Tua madre non era nobile come la mia, ma credo tu possa immaginare come mi sento. Che ne sarebbe di me se fossi rimasta orfana? La nobiltà di questo posto non prenderebbe mai in considerazione l’idea di sposarmi se non avessi dei genitori e non ho certo intenzione di disonorare il mio buon nome sposando un contadino. D’altra parte non potrei neanche portare avanti il lavoro di mia zia alla sua morte perché la gente mi additerebbe come la poverina che non voleva essere sposata da nessuno perché era rimasta orfana. La parte degli orfani di buona famiglia è così infamante che riesce bene solo a tua sorella >> commentò arricciando il naso.

Molte delle cose che Keira diceva erano offensive, non c’erano dubbi, ma non era del tutto sbagliato quello che le aveva appena detto. Le sue preoccupazioni non erano infondate

<< Il palazzo era protetto bene per quello che ne sapevo, se i tuoi erano lì dentro- >>

Lei la interruppe sbuffando << Oh, i soldati sono sempre stati più fedeli a tuo padre e al suo stupido successore piuttosto che alla nobiltà. Su quell’isola la situazione era talmente assurda che forse è un bene che qualcuno abbia messo fine a quella follia. Non mi stupirei se venissi a sapere che le nostre guardie hanno aperto i cancelli ai nemici condannandosi a morte solo per sapere che la nostra nobiltà aveva fatto l’orribile fine che speravano. Siamo sempre stati in mano a stupidi ribelli buoni solo a fare confusione. Tuo padre addestrava i suoi soldati esattamente come educava tua sorella >>

Quello era troppo! Si ritrovò a stringere i pugni e urlarle << Non ti permetto di insultare mio padre! >> prima di riprendere contegno e allontanarsi da lei di un paio di passi. Giusto per stare più tranquilla. Non aveva mai picchiato nessuno, ma l’influenza delle sue compagne di stanza poteva essere pericolosa se abbinata al nervoso che aveva addosso dal giorno prima.

Keira non aveva tutti i torti, ma nessuno poteva insultare il Grande Kerse davanti a lei.

Non poteva farlo per il fastidio che le dava sentir parlare male di suo padre e nemmeno per la possibilità che la sentisse il re e la ritenesse appartenente a una stirpe di ribelli inaffidabili.

E comunque non voleva che una principessina altezzosa offendesse suo padre solo per fare conversazione!

<< Come vuoi… credevo tu fossi più intelligente di tua sorella >>

Per sua fortuna arrivarono Wanda, Thanee e Pedry a distrarre Keira e lei fu isolata dalla conversazione prima ancora di avere il tempo di ribattere e difendersi.  

Suo padre non era uno stupido!

E appena i servi del re aprirono la porta, poté gioire anche nel constatare che sua madre era sana e salva e per niente simile a una mendica.

Corse ad abbracciarla.

<< Mamma! >>

Sua madre ricambiò la stretta e lei sentì un grosso peso scivolare dal cuore quando si rese conto che non era affatto pelle e ossa come aveva immaginato nel buio della sua notte insonne. Aveva avuto abbastanza cibo durante il viaggio da non patire la fame

<< Possibile che tu debba sempre essere spettinata? >> le chiese facendole notare che un lungo ciuffo di capelli era sfuggito dalla sua acconciatura.

Se quello per lei era essere spettinati, sua madre sarebbe di sicuro inorridita alla vista di sua sorella, più di quanto non facesse all’isola. Dea se era bello poter tornare a quelle stupide preoccupazioni!

Poté concedersi anche un sorriso nel vedere quanto i capelli biondi di sua madre fossero ormai costellati da fili argentei che, sapeva, detestava vedersi in testa.

<< Il re è stato così gentile da farci avere delle vesti adeguate al suo palazzo. Credo si immaginasse una nave di straccioni. Voi siete arrivate in miseria, per caso? >>

Quello era il suo modo di chiederle se fosse vissuta di stenti durante il viaggio. Non era cambiata per niente nonostante quello che aveva appena passato e lei era assurdamente felice che fosse così.

<< Dalia si è presa buona cura di noi, mamma, non ci ha fatto mancare nulla. Il re si è comportato così con voi perché è una persona gentile e premurosa >>

<< Mia figlia è innamorata del re di questo posto per caso? >>

Arrossì balbettando qualcosa che neanche lei sapeva cosa fosse. Aveva dimenticato che sua madre riusciva sempre a capire quello che pensava solo guardandola

<< Prima mi ha cercato per dirmi che stavi bene e che potevo smettere di preoccuparmi, non lo ha fatto per nessun’altra >> le spiegò come se dovesse scusarsi della sua cotta prima di cambiare discorso << Raccontami del viaggio >>

<< Non in mezzo a questa confusione, Ely. Ne ho abbastanza di queste persone che non fanno che piangere e lamentarsi, tesoro. Usciamo da qui >>

Sua madre la condusse all’aperto con un braccio intorno alla vita. Era appena arrivata e già sapeva muoversi senza problemi nei corridoi in cui sua sorella continuava ancora a perdersi.

<< Hai avuto occasione di parlare da sola con il re? >> le chiese diretta

<< Io… sì… >>

<< Quante volte? >>

Era una strana conversazione. Per sua sorella il fatto che lei parlasse da sola con il re era da sempre motivo di litigi perché la accusava di essere inopportuna a restare da sola con un uomo, sua madre invece sembrava seriamente interessata alla sua risposta e non certo per sgridarla, la conosceva bene.

<< Non… non saprei, mamma. A volte la sera esco e… e lui arriva, mi parla e poi va via >>

<< È lui a cercarti? >>

Quella domanda le fece bruciare le guance all’istante << No! Passa solo per caso e… insomma… >>

<< I re non fanno niente per caso, Ely. Vieni con me >> ordinò trascinandola dentro una stanza con due guardie alla porta.

Elydet restò a bocca aperta quando scoprì che era a stanza usata come deposito temporaneo dei bagagli dei nuovi arrivati. Sua madre le fece cenno di avvicinarsi e solo allora notò il vecchio baule che era sempre stato in camera da letto dei suoi genitori nella vecchia villa all’isola. Maleca le aveva sempre vietato di aprirlo e solo in quel momento la sacerdotessa del fuoco pensò che probabilmente, la moglie del generale degli eserciti aveva sempre tenuto un bagaglio pronto per le emergenze. Sua madre non avrebbe mai smesso di stupirla!

Maleca si guardò alle spalle e poi estrasse un piccolo involto di stoffe e richiuse il coperchio ma non la serratura e si limitò solo a legare una corda che univa il coperchio al cassone

<< Mamma, hai dimenticato- >>

<< Pochi altri hanno la serratura e tutti sanno che le serrature si chiudono per proteggere le cose importanti. Nessuno frugherebbe mai in un baule di chi non ha niente da proteggere. Lascialo così >>

Non sarebbe mai stata alla sua altezza. E il suo stupore sarebbe aumentato a dismisura se non fosse già stato ai livelli massimi quando lo scialle di sua madre si aprì lasciando apparire delle costosissime pietre preziose ben intagliate

<< Queste le useremo per far tornare mia figlia alle sue vecchie ricchezze. Il re si dichiarerà, fosse l’ultima promessa che ti faccio, Ely! >>

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Capitolo 17
*** 16.Ospiti ***


16. Ospiti

 

-Neithel-

 

Quella mattina il palazzo era in fermento.

Gli stranieri erano sbarcati e avevano incontrato le sacerdotesse di Dalia nella sala reale dei ricevimenti e il re non aveva badato a regole o spese nel preparare la colazione per tutti.

Per un Sommo Sacerdote l’ospitalità era sacra e lui non aveva niente in contrario ad ospitare degli sventurati in fuga da una guerra finita male, il suo problema era ospitare persone che, come la vecchia e le sue ragazze, avrebbero approfittato di loro senza la minima riconoscenza nei loro confronti.

Dalia si sentiva esattamente a casa al palazzo e i nuovi arrivati non avrebbero esitato a fare lo stesso.

Neithel aveva anticipato la partenza con la squadra per evitare di sentire la confusione e i festeggiamenti che sicuramente avrebbero fatto.

Quella gente sembrava non fare altro che festeggiare, qualsiasi cosa succedesse.

Erano sfollati in un paese sconosciuto e festeggiavano perché erano stati accolti, erano una massa di incapaci che elemosinavano insegnamenti da sconosciuti per dominare un potere che avevano da millenni e, invece di piangere la loro vergogna, festeggiavano per l’aiuto trovato.

Erano assurde le sacerdotesse, era assurda la donna che le guidava e sarebbero stati ancora più assurdi i parenti, lo sapeva.

Ma il re aveva deciso che li avrebbero ospitati per lo stesso periodo che avevano concesso all’Ordine della Dea e lui non si era opposto.

Aveva dato loro il benvenuto nella loro terra a nome del loro Dio, aveva radunato gli uomini per la squadra e aveva aspettato che la straniera combina guai facesse i suoi comodi salutando e abbracciando parenti non suoi pur di perdere tempo e fare tardi come ogni mattina.

Non aveva avuto voglia di sgridarla e sorbirsi i suoi sbuffi annoiati o le sue lamentele con tanto di piagnistei al seguito su quanto le mancasse la sua terra e stupidaggini varie.

Se non aveva parenti, non aveva neanche un buon motivo per ritirarsi dai suoi doveri.

Come previsto, gli uomini non facevano che parlare dei nuovi arrivati e chi non si lamentava perché non approvava, si perdeva a inventare le probabili parenti delle sacerdotesse.

Ormai era cosa risaputa che Dalia era una stupida che credeva di avere al seguito una schiera di vergini mentre in realtà aveva una schiera di ragazzette dalla dubbia morale.

Le più sensate dispensavano i loro favori agli uomini nella speranza che le prendessero in moglie e le portassero via dall’ordine. Così, oltre a non lavorare per ripagare il favore che Tarìc stava facendo alla loro gente, non avrebbero più neanche studiato e sarebbero vissute a spese dei loro uomini per il resto dei loro giorni.

<< Mio signore, Amhal si è ferito a una mano e il Potente Garlem mi ha detto di cercare voi >>

<< Dov’è? >>

<< Al secondo piano di quella casa ma state attento: è pericolante >>

Come se fosse una novità. Se quelle case fossero state in buone condizioni, loro non avrebbero certo perso tempo e soldi a risistemarle. Non rispose all’uomo e entrò nella casa.

Era davvero malconcia, dannazione!

Il tetto del piano superiore doveva essere crollato e l’acqua piovana aveva fatto marcire il legno delle travi interne. Non era per niente messa bene.

<< Tu >> ordinò a quello che aveva in mano i progetti dei lavori per risistemarla << Perché non hai ordinato la demolizione? >>

<< Il nobile Olen mi ha ordinato di salvare tutti gli edifici che possono essere salvati, mio signore, per non eccedere con le spese. Questa casa non è messa bene, è vero, ma le travi principali sono ancora in buono stato. Entro sera sarà risistemata >>

Non era d’accordo, ma erano affari loro. Quello che invece sarebbe stato a breve un affare suo era la discussione che sentiva arrivare dal piano di sopra.

<< Soldato, smetti di fare lo stupido! Vuoi perdere la vita forse? >>

<< Ti ho detto che ho una famiglia da mantenere e la mano mi serve! Chiama la ragazza straniera se il tuo Signore non può venire! >>

<< Volete smetterla di comportarvi da idioti? >> tuonò appena li raggiunse.

Garlem, si inchinò prontamente al suo arrivo << Mio Signore, io- >>

<< Piantala con le riverenze inutili, che è successo? >> chiese guardando l’uomo seduto a terra

<< Quest’uomo non vuole capire che ormai la sua mano è- >>

<< La mia mano non è persa! >> urlò il soldato con la mano stretta al petto

Garlem non era uno stupido, ma odiava i rischi e preferiva tagliare piuttosto che veder morire di infezione qualcuno che aveva curato.

<< Garlem, vai a fare qualcos’altro, ci penso io >>

<< Sì, Signore >> mormorò lui inchinandosi mortificato.

L’uomo non si arrese neanche davanti a lui. Per la ferita che aveva, gli erano rimaste anche troppe forze per litigare

<< Devo mantenere la mia famiglia >> lo avvertì credendo di apparire minaccioso

<< Meriteresti di restare così per la scarsa fede che hai nel tuo Dio >>

<< Ho fede nel Dio ma- >>

Neithel alzò gli occhi al cielo e lo interruppe prima che potesse dire qualcosa in grado di fargli saltare definitivamente la pazienza e convincerlo lasciarlo così << Se non hai fede nei suoi servi non hai fede neanche in Lui. Ti ho sentito dire che avresti preferito finire in mano alle straniere, serve di una Dea sconosciuta, vendi la tua anima al migliore offerente dunque? >>

<< Non era mia intenzione offendere voi, i vostri sacerdoti o il Potente Dio, mio signore, ma ho una famiglia da mantenere e, se per sfamare i miei figli un giorno dovessi vendere la mia anima a qualche Dio degli inferi, non mi tirerei indietro. Lode a Dio che mi ha concesso la Grazia di farvi essere qui adesso >>

Poteva accontentarsi. Cominciò a guarire la sua mano con il potere dei Bracciali reali e maledisse Garlem per averlo messo nella situazione di non poterlo convincere che quella mano non poteva essere guarita.

Avrebbe dovuto sprecare tempo e energie per un esercito per la mano di un solo uomo.

Pazienza.

Almeno lassù erano solo in sei e sembravano impegnati a lavorare seriamente piuttosto che a ciarlare di cose inutili perdendo tempo.

<< Chi è Amhal? >> chiese una voce fin troppo odiosa alle sue spalle.

Chi diamine si era permesso di andarla a chiamare?!

<< Io, ragazza >> rispose l’uomo che stava curando.

Non diede tempo a nessuno dei due di andare avanti con quella follia << Cosa ci fai qui?! >>

Lei sembrò arretrare di un passo alla sua domanda, ma poi scosse la testa annoiata e lui capì che un attimo prima non era indietreggiata per timore ma aveva solo perso l’equilibrio come al suo solito rischiando di cadere dalle scale che aveva appena salito << Mi hanno chiesto di portargli questo martello >>

Neithel non aveva mai sentito una scusa peggiore di quella!

Era ovvio il motivo per cui era lì: lo stupido con la mano a pezzi l’aveva fatta chiamare da qualcuno mentre litigava con Garlem e lei se n’era infischiata del fatto che ci fosse lui presente.

Lo stupido di Tanet l’avrebbe pagata cara per averle fatto montare la testa in quel modo e lei avrebbe pagato per la sua superbia

<< Se tu non ci avessi messo così tanto non sarei in questo stato! >> la accusò il soldato

<< Sono corsa qui appena me lo hanno dato, mi dispiace >>

E riecco le sue lamentele snervanti. Non poteva sopportarla << Vattene adesso >> le ordinò secco.

Le annuì e si avvicinò per posare a terra il martello accanto al proprietario

<< Ha il manico curvo in quel modo perché sei mancino, vero? >>

<< Ti ho detto di andartene, non di fare conversazione >> le ricordò << Vuoi sparire o devo farti trascinare a fare il tuo lavoro? >>

<< Chiedo perdono, mio signore >>

Patetica! La tenne d’occhio finché non raggiunse le scale maledicendo ad ogni suo passo il momento in cui il re le aveva accettate nel loro regno. Non voleva altro che vederla sparire fuori da quella casa.

<< Ehi, Sel >>

Neithel fulminò Kore con lo sguardo. Come si permetteva di darle una scusa per ignorare il suo ordine?

<< Mentre vai giù, porta questi fogli a Treab e digli che è uno stupido, che questi progetti fanno schifo e che mia nonna cieca avrebbe fatto un disegno migliore e avrebbe avuto un idea cento volte più sensata della sua per questo tetto. Ne voglio uno nuovo entro un’ora >>

<< Va bene >>

Lo stava ignorando di nuovo e davanti ai suoi occhi. Si poteva essere più sfacciati di così?!

Le aveva ordinato di scendere e lei aveva ignorato del tutto le scale per obbedire a Kore e passando lui per stupido.

Questa l’avrebbe pagata immediatamente!

Interruppe il potere del suo bracciale, si alzò in piedi asciugandosi le mani a uno straccio e avrebbe imprecato al rumore dell’uomo sul tetto che inciampava se ne avesse avuto il tempo.

Neithel non riuscì a credere ai suoi occhi quando vide più di mezzo soffitto crollare esattamente sopra Kore, lei e gli altri uomini.

Non poteva crederci!

Di nuovo aveva ordinato qualcosa alla ribelle sacerdotessa dell’acqua, di nuovo aveva disobbedito con la disinvoltura che solo lei poteva avere nei confronti di un ordine della corte reale e, prima che lui potesse arrabbiarsi, l’aveva vista sparire sotto mezzo soffitto.

Dannata ragazza!

Ordinò agli uomini rimasti di rimuovere immediatamente le macerie per liberare quelli che erano rimasti sepolti pregando Dio che gli stupidi in preda all’agitazione non perdessero la testa e peggiorassero la situazione di chi era lì sotto.

Non aveva la minima intenzione di comunicare al re che c’erano stati dei morti nella squadra, né tanto meno di dover discutere con la Vecchia pazza perché una delle sue ragazze era morta quando il re aveva garantito loro la degna protezione che si riserva a un’ospite.

Stupida ribelle!

Una volta tirata fuori da lì le avrebbe fatto pagare anche quella. Se sperava di cavarsela tirando le cuoia, si sbagliava di grosso: sarebbe uscita di lì viva e avrebbe affrontato le conseguenze della sua disobbedienza.

 

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-Ismene-

 

Quello che era dato sapere a uno dei membri reali era concesso anche agli altri.

In minore misura, certo, era la pratica a fare la differenza, e Ismene era molto più brava con i poteri della mente e delle visioni che con le arti curative, ma la nobile sovrintendente della Casa delle Nascite della capitale, non era una novellina.

Il suo occhio esperto in raggiri l’aveva spinta a recarsi al Tempio delle Guarigioni dopo la riunione con il re quel pomeriggio.

I sacerdoti di guardia alla porta si inchinavano al suo passaggio e i servi le chiedevano in cosa potessero servirla. Non era lì per essere servita, era il suo servizio ad essere necessario.

La sua esperienza di Serva della Dea della Ragione la guidò a colpo sicuro verso l’ala riservata alla protezione dei segreti e dei peccati inconfessabili, degni di essere raccontati solo al Divino Protettore del benessere fisico e spirituale.

Oltrepassò la pesante tenda che divideva l’ala dei rinnegati da quella delle persone comuni

<< Posso sapere perché non mi hai chiesto di guarirti? >> chiese al suo pari intento a leggere i fogli sui quali i fedeli lasciavano le loro colpe sperando che il Dio li perdonasse

<< Non ho niente da chiederti >>

<< Stai davvero cercando di imbrogliarmi? >> gli chiese scettica

<< Credi che io sia una donnicciola lamentosa? >>

Ismene sospirò afferrandogli il braccio che, sapeva, aveva qualcosa che non andava << In nome del Potente, smetti di farneticare >>

Il Bracciale si attivò immediatamente facendo sparire il grosso livido viola dal braccio che Neithel aveva nascosto tra le pieghe del mantello

<< Adesso sei soddisfatta? >>

Preferì non rispondere alla sua domanda, non era lì per fare chiacchiere inutili

<< Non è colpa tua quello che è successo a quell’uomo >>

<< Questo è ovvio. Non gli ho certo ordinato io di arrampicarsi su quel tetto >>

Era vero. Eppure Ismene continuava a pensare che, se fosse stata lei a capo delle squadre quella mattina, i sensi di colpa l’avrebbero divorata.

<< L’amico di Tanet ha giurato che, appena ne avrà l’occasione, si scolerà una botte di vino per dimenticare lo spavento, le mogli degli altri tre sono corse al mio tempio per ringraziare Dio di aver fatto tornare a casa i padri dei loro figli e credevo di dover drogare la madre di Irmelin per calmarla quando ha saputo quello che era successo. Non mi aspettavo una reazione così da- >>

<< Sarebbe stata una seccatura snervante discutere con la vecchia se la stupida fosse morta per la sua idiozia >> la interruppe lui lasciandola a bocca aperta

<< Neithel! Come puoi- >>

<< Le avevo ordinato di levarsi dai piedi, non l’ha fatto e ha pagato le conseguenze del suo gesto. Se quella donna tiene tanto a lei, dille che trovi il modo di farla stare al suo posto o la prossima volta non mi limiterò a metterla ai lavori forzati >>

<< Non stai esagerando? >>

<< E a te non sembra assurdo che quattro soldati che passano le loro giornate a riparare case non si accorgano che una sta per crollare e continuino a lavorarci come degli stupidi? >>

Ismene non riusciva a credere che l’odio di Neithel verso quella ragazza lo avesse portato a inventare cose così orribili sul suo conto.

Lei aveva osservato Selyan, aveva usato il suo potere su di lei ed era certa che non avesse cattive intenzioni, cosa gli faceva credere che fosse un’assassina?

<< Stai dicendo che potrebbe essere stata lei? >> chiese per essere certa di non aver capito male quello che Neithel intendeva dirle

<< Sai se Nora l’ha informata della fine che fanno i sabotatori del regno che non vengono accettati nel tempio del Dio? >>

<< Credo lo abbia fatto Tanet >>

Fu solo in quel momento che Ismene si rese conto di come veramente Neithel vedeva Selyan: una disperata in cerca solo di torture per espiare le proprie colpe, attenta solo ad accertarsi che le conseguenze dei suoi gesti non colpissero altri che lei e spaventata solo dal fatto che tali conseguenze non sarebbero state abbastanza pesanti. Aveva disobbedito a Dalia appena arrivate per essere certa che il re avrebbe dato una casa alle sue sorelle, ma che qualcuno avrebbe impedito a lei di gioire di quella nuova sistemazione; aveva trovato quello che voleva nelle lezioni che prendeva da Neithel e, quando si era resa conto che rischiava di essere fiera di sé stessa per i suoi progressi, aveva commesso il peggiore dei crimini mettendo le mani sul suo bracciale sacro per essere certa che lui la allontanasse e così via… fino ad arrivare a quella mattina. Ma non era un’assassina.

<< Andiamo, Neith, non avrebbe ucciso volontariamente qualcuno e non è stupida da non capire che il rischio di morte era alto in quello che ha fatto >>

<< Il re ha omesso una parte nel suo racconto oggi perché sa che Nora spia spesso le riunioni: era pieno di schegge di ghiaccio sotto le travi, lei è l’unica ad aver riportato ferite. L’uomo che è morto era sul tetto e quando è crollato lui è volato a terra ed è morto per l’impatto >>

Perciò adesso, invece dell’assassina, Selyan aveva la parte della salvezza per i soldati coinvolti? Ismene non capiva e sapeva fin troppo bene che, se avesse chiesto altri particolari, Neithel avrebbe trovato il modo di chiudere la conversazione. Doveva farlo parlare << Il re che ne pensa? >>

<< Pare che la Somma Sacerdotessa sia costretta a tagliare i ponti tra loro e le loro pietre in caso di richiesta di matrimonio accettata dai parenti di entrambi gli sposi. Può valere anche per lei >>

<< Vuole mandarla via dalla capitale o soltanto dal palazzo? >>

Un tonfo al piano di sopra distrasse Neithel dal risponderle. Ismene non aveva idea di cosa ci fosse al piano di sopra, ma i rumori continuavano e avevano l’aria di non essere niente di buono.

Seguì Neithel nella sua corsa verso le scale e restò a bocca aperta quando trovò Selyan in preda a una rabbia isterica senza controllo. Doveva essere legata al letto prima che si svegliasse

<< Perché l’hai legata? >>

<< Cade di continuo >> fu la sua unica risposta mentre cercava di afferrarla << Vuoi fermarti?! >>

Neithel la prese per la vita e lei afferrò il polso di lui e anche quello di Ismene. Se non era pronta a trovare lei in quelle condizioni lo era ancora meno per quello che successe un attimo dopo.

 

Il colore chiaro delle tende della stanza del Tempio della Guarigione fu sostituito improvvisamente da un pesante verde cupo e la stanza si era fatta di colpo più scura, come se qualcuno avesse di proposito coperto la luce del sole ma senza creare il buio totale chiudendo le imposte.

Ismene aveva la sensazione di essere sdraiata in un letto sotto le coperte e capì che era una visione offertale dalla Dea straniera. Se una Dea aveva qualcosa da farle vedere, non sarebbe stata lei a fermarla

<< Avanti, piccole, è l’ora di riposare adesso >> disse una voce dolce di donna.

<< Ma io non ci riesco >> protestò la vocina della bimba di cui Ismene stava prendendo il posto.

Doveva essere Selyan diversi anni prima

<< Perché, piccina? Hai poche coperte come al solito? >>

<< No, ma… non ho voglia di dormire! Voglio correre fuori! >>

Una donna si sedette sul suo letto e le spostò i capelli dal viso. Ismene notò gli occhi del colore più strano che avesse mai visto. Ricordavano il miele dorato ed erano resi ancora più visibili dagli scuri capelli neri che incorniciavano il viso della giovane donna.

<< Bimba, sai che, se non dormi, poi sarai troppo stanca per studiare questo pomeriggio. È nostro dovere di sacerdotesse essere sempre al massimo della forza quando siamo al tempio e voi, piccole pesti scalmanate, avete il vostro diritto di giocare fino a stancarvi e di dormire prima di ricominciare >>

La donna le posò un bacio sulla fronte << Se non vuoi dormire. Resta qui con gli occhi chiusi e riposati >>

<< Tu dove vai? >>

<< Io sarò sulla mia poltrona a cucire e cantare per voi come sempre, piccola curiosona >>

<< Va bene >>

Poi un’altra vocina dal letto accanto protestò che voleva un bacio anche lei e la donna sparì dalla sua visuale.

La bimba nascose la testa sotto le coperte al buio, ma quello stato di agitazione nelle ossa non si calmava.

La donna di prima aveva cominciato a cantare una tranquilla ninnananna e lei si era fermata ad ascoltare. Non aveva sonno, ma era piacevole stare lì al caldo ad ascoltare quella canzone.

Poi i rumori al piano di sotto interruppero la voce cristallina della loro balia

<< Cosa sta succedendo, maestra? >> chiese una bimba

<< Non vi muovete di qui >> rispose lei prima di uscire.

Uscirono tutte dai loro lettini, non erano più di dieci valutò Ismene da quello che riuscì a vedere e nessuna era rimasta al suo posto. Una era corsa fuori dalla porta per seguire la sua maestra e le altre cercavano di fermarla perché obbedisse. Selyan era rimasta ferma accanto al letto, poi una donna era comparsa urlando di seguirla.

Le urla al piano di sotto erano orribili. Si sentivano schianti e richieste di aiuto e le bambine piangevano e correvano dietro alla donna che le stava guidando proprio alla scala.

Stupida donna! Perché portare le bambine in mezzo al delirio?

<< Non voglio scendere, maestra! Cosa sono questi rumori? >> chiese una bambina da qualche parte

<< Passeremo dalla cucina, fate silenzio o ci sentiranno >> ma la porta che cercava di aprire era chiusa dall’esterno e la sacerdotessa perse la testa. Sbatté una mano sul legno per la frustrazione e la porta si aprì per mano di un soldato con la spada coperta di sangue

<< Trovate >> commentò lui.

Il panico si diffuse tra le piccole che cominciarono a correre mentre lui e altri le acciuffavano per i capelli o per le vesti tirandole nella sala del caos << Ecco le piccole, capo! >>

Selyan cercò di correre per le scale ma qualcuno la prese per la veste. Cominciò a scalciare e mordere e urlare ma ne guadagnò solo uno schiaffo e una tirata di capelli. I suoi pianti non servivano a niente.

Fu trascinata anche lei nella sala delle urla e del sangue. L’odore era tremendo, le urla anche peggio.

Lì tutti lottavano, le vecchie sacerdotesse erano a terra, i soldati urlavano, lei chiuse gli occhi per non guardare

<< Mettete giù le bambine! >> urlò la donna che aveva cantato per loro fuori di sé dalla rabbia

Selyan cadde a terra con tutto il peso dell’uomo sopra, qualcuno doveva averlo colpito e lui non si muoveva più. Si fece spazio per respirare e la vide: la grossa tovaglia dell’altare proprio davanti a lei.

Era così lunga da strusciare per terra da tutti e quattro i lati, lo sapeva. Le sue amiche si nascondevano sempre lì sotto quando volevano fare i dispetti alla Somma Sacerdotessa o per non mangiare le verdure cattive a pranzo. Doveva nascondersi lì sotto.

Strisciò veloce sotto la grossa tovaglia e si coprì le orecchie con le mani. Nessuno l’avrebbe vista, doveva solo non sentire più quella confusione e la maestra avrebbe risolto tutto, lei risolveva sempre tutto perché lei era potente e forte. Doveva solo aspettare. Ma ci metteva troppo.

Alzò un lembo della tovaglia per spiare e in mezzo alla confusione vide la maestra a terra con due uomini che la tenevano e un uomo brutto che si avvicinava ridendo e dicendo cose che lei non capiva, poi prese il vestito della maestra e lo strappò. Lei urlava, ma perché non si difendeva?

Perché non usava il suo potere? Lei era forte! Lei era davvero tanto forte! Perché urlava?! I piedi di qualcuno si avvicinarono al suo viso e lei tornò al suo nascondiglio. Alzò le mani per coprirsi la bocca per non farsi sentire, ma si accorse che erano sporche di sangue e allora si coprì le orecchie di nuovo e strinse gli occhi sperando e pregando che la maestra si liberasse e le salvasse.

Dov’erano le altre? Perché volevano farle dormire nel tempio? Lei non voleva dormire lì!

Le maestre dicevano che era meglio dormire dopo pranzo ma lei voleva andare a casa!

Lei voleva sempre andare a casa da zio e zia. Perché l’avevano costretta a dormire nel tempio?!

I rumori si fecero più forti e lei si coprì la faccia anche con le ginocchia. Se avessero alzato la tovaglia non avrebbe avuto scampo e sarebbe finita a terra picchiata e derisa come la maestra.

Perché l’avevano costretta a dormire?!

Non voleva piangere perché l’avrebbero sentita, ma non riusciva più a trattenersi e forse le ginocchia avrebbero soffocato i suoi singhiozzi o le urla fuori dalla tovaglia li avrebbero coperti, non lo sapeva, voleva solo piangere. Qualcuno afferrò le sue braccia da dietro di lei. Era colpa sua che era stata tanto stupida da piangere!

<< Lasciami, lasciami! Non voglio! Lasciami! >>

<< Sel, sono papà, sono io, va tutto bene >>

Smise di lottare a quelle parole ed era vero, era il viso di suo padre quello davanti ai suoi occhi. Era sporco di sangue, era puzzolente anche lui e spaventato e piangeva, ma era papà

<< Io non volevo dormire! >> urlò arrabbiata

 

<< Tieni gli occhi sulla mia spalla, ti porto a casa >>

Lei non obbedì a suo padre. Vide un grosso mantello rosso steso a terra su quella che sapeva essere la maestra buona, vide alcune delle sue amichette a terra con i volti esanimi e coperti di sangue, i soldati cattivi morti, quelli agli ordini di suo padre che ancora giravano per la sala controllando i corpi e una mano abbandonata a terra senza un braccio attaccato. Urlò di nuovo e lui le posò una delle sue grandi mani sugli occhi coprendoli

<< Andiamo a casa, piccola >>

 La visione svanì e Ismene vide Selyan seduta sul letto a testa bassa e con il respiro pesante

<< Selyan- >>

<< Non si dorme nei templi >> la interruppe lei decisa.

Non seppe darle torto.

<< Ti accompagno al palazzo >>

<< Ci penso io >> si intromise Neithel << La tua amica ti ha portato una borsa con la tua roba. Cambiati e andiamo >> le ordinò prima di fare cenno a lei di seguirlo fuori dalla stanza.

<< Non ne sapevo niente. Perché nessuno ce lo ha raccontato? È orribile >>

<< Vuoi un fazzoletto per piangere? >> chiese lui irrisorio

<< Neithel! >>

<< Che vuoi che ti dica? Il fatto che il suo tempio fosse governato da imbecilli non giustifica la sua convinzione che tutti i templi al mondo siano incapaci di difendersi da un manipolo di assassini >>

Di nuovo, le contorte idee di Neithel la sorpresero << Hai pensato che ritenesse anche il tuo tempio un posto governato da stupidi incapaci di chiudere una porta e ti sei offeso? >>

<< Non dire idiozie >>

<< E allora perché vuoi riportarla a casa tu? Non vuoi dimostrarle che- >>

<< Non voglio dimostrare niente a nessuno. Ha una costola rotta e sa la sua Dea che altro. Se la mandassi con Garlem o qualcun altro, lo imbroglierebbe prima ancora di arrivare al portone e dovremmo spiegare alla vecchia e alla soffocante famiglia della sua amica il motivo per cui è morta in mezzo a una strada dopo che li ho sbattuti tutti fuori dal tempio >>

<< Perché non l’hai- >>

Ma lui la interruppe di nuovo << Ismene, se la visione di quella pazza ti ha sconvolto faresti meglio a tornare a casa anche tu. Perché credi che non l’abbia rimessa a posto? >>

Evidentemente non ci riusciva e non era mai stato in grado di accettare le sconfitte, né tanto meno i limiti del suo potere. Selyan era comunque in buone mani e lei non aveva altro da fare lì, poteva solo tornare al palazzo con la consapevolezza di aver intuito un’altra delle capacità che la ragazza dell’acqua nascondeva a tutti loro.

Quel senso di inquietudine che non le aveva permesso di dormire non era solo la noia di una bimbetta di quattro o cinque anni, era il chiaro avvertimento della sua Dea di alzarsi da quel letto e correre finché le sue gambe ne avessero avuto la forza.

Nora aveva detto che Selyan non capiva le visioni che riceveva dalla sua Dea, lei non capiva come potesse essere possibile che una bambina così piccola avesse delle visioni.

Sapeva che il potere magico si sviluppava con l’età nella loro gente e aveva sentito che era così anche per le straniere, perché una bambina così piccola aveva avuto una visione così chiara?

Doveva essere molto più forte di quello che credevano e il re forse aveva ragione a temerla.

Ismene sospirò di nuovo quando aprì la porta dei suoi appartamenti privati nel palazzo reale.

Suo marito era intento a scrivere qualcosa dietro al suo tavolo e lei si lasciò andare su una poltrona

<< Stai bene, cara? >> chiese lui premuroso lasciando cadere la sua piuma

<< Olen, posso raccontarti un sogno orrendo? >>

<< Non è questo il posto per i sogni >> le disse alzandosi e offrendole una mano.

Lo seguì in camera da letto e si sdraiò con lui. Le sue calde mani sulla schiena erano confortanti

<< Dimmi ciò che non può essere detto a nessun altro che a te stessa >> le sussurrò accarezzandola

<< Ho ancora il dubbio di offendere il nostro Dio, sai? >>

<< Per la miliardesima volta, mia Signora della Ragione ma pur sempre cocciuta come tutte le donne: Dio ci ha unito in matrimonio per farci essere una cosa sola. Io sono parte di te e tu sei parte di me. Solo un pazzo non sa cosa fanno le sue mani o dove vanno i suoi piedi, perciò io che sono parte di te non posso non sapere cosa fai o cosa vedi. Dio non ha motivo di offendersi. I tuoi occhi sono i miei occhi, la tua mente è la mia mente e la mia bocca è la tua bocca. Mantengo i tuoi segreti e lo sai >>

<< I miei occhi sono tuoi, la mia mente è tua ma solo la tua bocca è mia? >>

<< Il mio cuore e la mia vita ti appartengono da molto prima che ci sposassimo. Racconta adesso >>

<< Credo che Neithel abbia cercato di imbrogliarmi per far apparire Selyan pazza al punto di doverla allontanare dalla capitale >>

Lui annuì come se avesse capito che era una questione seria, ma sapeva che era il modo di suo marito di prenderla in giro

<< Permettimi di farti una domanda, vita mia: dov’è Neithel adesso? >>

<< Mi ha detto che l’avrebbe accompagnata a casa perché non stava bene e non poteva guarirla a dovere >> rispose confusa

Olen ridacchiò divertito << Come immaginavo. Lascialo perdere, Ismene, il figlio di tuo cugino deve ancora mettersi d’accordo con sé stesso per decidere cosa perdonarle e cosa no. Non la manderà mai da nessuna parte. Dalia potrebbe essere accusata di aver portato nel regno delle stupide addestrate per distruggerci e invece è la migliore scusa da sempre per non perdere di vista la buona salute di quella ragazza. Lascia stare, amore, queste cose esulano dall’addestramento di una Somma Sacerdotessa esperta nell’uso del Potere di Dio >>

<< Stai bestemmiando? >>

<< No, ti sto dicendo che non serve il tuo immenso potere per capire cosa passa per la testa di quei due pazzi. Se il figlio di tuo cugino riuscisse a perdonare lei, dovrebbe a maggior ragione perdonare sé stesso, perciò non le da pace. Eppure è pur sempre un Sommo Sacerdote tuo pari, perciò a volte rinsavisce e si rende conto che prendersela con lei non serve a niente e credo che dopo si arrabbi con lei perché è più inutile di quello che credeva. Lasciali perdere. Selyan non gli ha ancora messo le mani addosso e si sfoga con Nora e Tanet che non aspettano altro che un suo sbuffo annoiato per divertirsi a prenderlo in giro. Ora vuoi spiegarmi perché continui a guardare le tende? >>

Adorava l’attenzione che Olen aveva per lei. Il loro era stato un matrimonio combinato dai loro genitori, ma non avrebbe mai saputo scegliere un uomo migliore per sé stessa. Neanche se avesse passato una vita a cercarlo. Non le aveva mai fatto mancare nulla, meno che mai le sue attenzioni o il suo sostegno. Ismene sospirò e raccontò la visione della Dea di quel giorno.

Il silenzio che prese a regnare un attimo dopo nella loro stanza la incuriosì e fece leva sul petto del marito per alzarsi e guardarlo negli occhi. Non voleva turbarlo con quel racconto.

 

<< Sai, tesoro, conosco un mercante che ha delle stoffe che vanno a ruba per i loro colori accesi. A te piace il viola, giusto? Domani le farò avere alle nostre serve, per stanotte dormiamo senza >>

<< Ma caro, non è così importante >>

<< Per te che sei la Signora della Ragione, forse. Io sono un misero contabile e pretendo di sapere che sono in camera mia quando non riesco a dormire! Non voglio tende verdi in camera mia >>

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-Selyan-

Irmelin si sarebbe arrabbiata con lei, lo sapeva.

Non aveva la minima idea di dove si trovasse in quel momento, sapeva solo di avere un pesante mal di testa e non avere la sua pietra al polso. O almeno credeva di non averla visto che non riusciva ad attivarla e neanche ad aprire gli occhi per controllare. Dannazione!

L’ultima mattina che ricordava era quella in cui erano arrivati i parenti delle sue compagne.

Forse poteva partire da lì e cercare di ricostruire il resto.

Ricordava che Irmelin l’aveva afferrata per un polso e trascinata fuori dalla camera correndo.

Le loro compagne nei corridoi correvano nel modo raffinato delle nobili che riescono a mantenere intatta la pettinatura, loro le avevano superate tutte e fregandosene delle buone maniere e delle loro proteste. Avevano varcato la porta della sala del trono finendo in mezzo a persone e facce che sapevano di casa e sentendo voci e parole che Selyan si era forzata a dimenticare.

Irmelin si era buttata letteralmente tra le braccia di entrambi i genitori  con gli occhi lucidi e lei si era sentita fuori posto come mai in vita sua prima che Patrina la attirasse a sé e le baciasse le guance stringendola come aveva fatto con sua figlia. Deneb aveva fatto altrettanto appena la moglie l’aveva lasciata libera << Eravamo in pensiero anche per te, sai? >>

Quelle parole le avevano scaldato il cuore, ma non abbastanza da farle passare la voglia di fuggire e di slacciarsi dalla stretta di Patrina che aveva continuato a singhiozzare

<< Oh, cielo, quanto ho sperato che arrivasse questo momento. Vi sognavo tutte le notti e sospiravo tutto il giorno, credevo di impazzire! >>

Ricordava anche la protesta di Irmelin a quello che doveva essere stato il cinquantesimo bacio di sua madre << Mamma, basta adesso o mi si scioglierà la faccia! >>

Selyan era stata felice di vederli, ovviamente, ma l’ombra opprimente del desiderio di veder comparire qualcun altro in mezzo a quella folla che, sapeva, non sarebbe mai tornato ad abbracciarla, le aveva impedito di godersi gli abbracci e le aveva imposto di correre via il prima possibile.

Era arrivata al campo nell’esatto momento della partenza e si era persa di nuovo in una giornata di lavoro intenso in una zona di danni ingenti alle strutture e case quasi rase al suolo. Una di quelle giornate in cui i soldati non avevano tempo di parlare e, se ne avevano, fingevano di non averne per non intristirsi a vicenda discutendo della devastazione che il terremoto aveva portato al loro regno e della miseria che rischiava di stroncare la gente più povera dei villaggi.

Forse era successo qualcosa nella squadra?

Probabile…

Ricordava le battute di Palis sulla lentezza degli uomini alle sue direttive, ricordava i racconti di Merido sulla sorella e la voce di qualcuno che le ordinava di portare un martello a qualcuno.

C’erano decine e decine di martelli a disposizione dei soldati, ma aveva imparato che il suo compito era quello di obbedire alle richieste senza protestare, perciò non si era opposta.

Ricordava bene anche l’odore di marcio della casa in cui era entrata per svolgere il suo compito e la cattiva sensazione che le aveva dato stare lì dentro.

Poi?

Forse era caduta dalle scale? Eppure ricordava il piano superiore con il tetto quasi del tutto crollato e ricordava… Lui! Il suo tormento personale urlarle << Che diamine ci fai qui!? >> spaventandola e facendole quasi perdere l’equilibrio a un passo dalla scala che aveva appena salito.

Ma sapeva di non essere caduta in quel momento perché ricordava anche la mano gonfia e malmessa del soldato ferito ed era certa di essersi scusata con lui per qualcosa, ricordava anche Kore che la chiamava dicendo qualcosa su sua nonna e… c’era qualcosa che le sfuggiva proprio in quel punto.

Il ricordo vago di qualcosa di inaspettato e assurdo come un fa core chiesto da qualcuno che non doveva essere lì, ma perché?

Doveva sfidare il mal di testa e ragionare. Kore le aveva dato dei fogli e poi… poi aveva urlato. Sì. L’urlo di Kore arrivò chiaro nella sua testa insieme al ricordo di Brando sul tetto che inciampava e cadeva insieme ai resti del soffitto. Ricordava anche il dolore al polso che le aveva causato l’attivazione improvvisa della sua pietra per proteggere Kore e sé stessa e poi il buio totale.

Dannazione!

Quello che non capiva era perché non riusciva a muoversi. Forse aveva battuto la testa.

Probabile… la cosa avrebbe spiegato anche il dolore sordo che sentiva dietro la nuca.

E lo strano odore che sentiva cos’era?

Sembrava qualcosa di dolciastro, lo aveva già sentito da qualche parte.

Forse era uno dei profumi di sua sorella. Elydet doveva essersi coperta di profumo all’eccesso per rendere fiera sua madre e tentare di attirare l’attenzione del re esagerando più del solito.

 Non capiva che troppo profumo rischiava di avvelenare il sovrano esattamente come…

Qualcosa scattò nel suo cervello e lei capì che non era colpa di Elydet quell’odore strano e che doveva andare via subito. Strisciando se necessario!

Non era ferma per una botta in testa, era ferma perché era legata e il maledetto odore era quello del tempio del maledetto sbruffone che la metteva continuamente in punizione!

Cosa le aveva fatto? L’aveva legata e bendata perché non combinasse altri guai?

Era pazzo?!

Cercò di divincolarsi con tutte le sue forze, non c’era modo di muovere le mani, ma era riuscita ad aprire gli occhi. Almeno non era bendata!

E la paura le aveva schiarito il cervello. La sua pietra era su un tavolo poco lontano dal letto, era più facile vedendo quello che aveva intorno. Poteva farcela, poteva usarla anche a distanza se non c’era nessuno a sbraitare che era una cosa impossibile e proibita.

Concentrò tutte le sue forze in quel tentativo e la sua mano destra fu libera.

Non sarebbe ai riuscita a liberare anche la seconda con la sua magia, ma poteva cercare qualcosa che la aiutasse a tagliare la maledetta cinghia di cuoio che aveva intorno al polso.

Sperava tanto che un girono o l’altro avrebbe potuto stringere una cinghia come quella intorno al collo di quel pazzo! Perché poi le aveva tolto la pietra dal braccio?!

Affari suoi. Se voleva la guerra, avrebbe avuto la guerra. Spaccò la brocca con l’acqua che c’era sul suo comodino e cominciò a tagliare la cinghia con uno dei cocci.

Era a un passo dalla libertà quando la porta della stanza si spalancò lasciando entrare il pazzo con la Nobile Ismene al seguito. La donna la guardava come se fosse impazzita, lui ormai era sicuro che lei fosse pazza sul serio e lei era stanca di essere trattata da idiota.

Afferrò le loro mani prima di rendersi conto che non aveva le forze per quello che voleva fare e forse non era neanche il caso di farlo, ma ormai il suo cervello ragionava da solo e lei attivò la sua pietra per passare a tutti e due la visione del motivo per cui avrebbe strozzato a mani nude il presunto guaritore che legava la gente ai letti nel suo tempio.

Che giudicassero loro se era pazza o no una persona che aveva visto l’assalto al tempio di quando era bambina. Che capissero da soli cosa si provava nei suoi panni!

<< Selyan- >>

<< Non si dorme nei templi >> affermò interrompendo la nobile Ismene

La donna sembrava sconvolta e lei si era davvero stancata più di quanto credesse possibile. Aveva anche cominciato a sentire una fitta all’addome che prima non aveva notato ma che cominciava a pulsare sempre più forte

<< La tua amica ti ha portato una borsa con la tua roba, cambiati e ti porto a casa >>

Questa era la cosa più simile a una richiesta di scuse da parte sua. Poteva accettare.

Il problema quando chiusero la porta era solo cambiarsi.

Dea se faceva male! Non riusciva nemmeno a muoversi adesso che la paura era svanita.

<< Sei pronta? >>

<< Non ci riesco >> ammise sommersa dall’imbarazzo

<< Così impari a comportarti come una pazza >>

<< Non è colpa mia se mi avete legata come un animale al macello >>

<< Cosa devo fare per insegnarti l’educazione, si può sapere? >>

Avrebbe sospirato se non avesse fatto così male. Aveva ragione lui stavolta. Aveva esagerato

<< Scusate, io… >>

<< Lascia stare >>

Per qualche motivo la sua mano sul punto esatto che le faceva male la fece sussultare. Non aveva premuto e non era per il dolore che si era spaventata. Non capiva nemmeno lei quale fosse il motivo. Lui aveva semplicemente ignorato la cosa.

<< Rotta? >> chiese

<< Non posso guarirla e non posso drogarti. Devi arrangiarti per oggi >>

<< Posso farlo io >> tentò << Non posso farlo con la mia pietra ma posso guarirmi usando voi >>

Lui la guardava come la guardava sempre quando diceva una stupidaggine

<< È più facile farlo che spiegarlo >> sbuffò afferrando la sua mano e attivando la sua pietra.

In meno di un minuto il dolore era sparito

<< Non è guarita >>

<< Non del tutto, ma va meglio. Grazie >>

<< Non mi pare di aver fatto niente >>

Forse quello era il suo modo di rispondere? Non lo avrebbe mai capito e non intendeva farlo. Voleva solo andarsene da quel posto. Si infilò nel bagno, cambiò la veste con quella che le aveva portato Irmelin con la velocità di un fulmine, ma non senza lasciarsi sfuggire un lamento quando alzò le braccia e rifece la treccia più velocemente di quanto Irmelin avrebbe mai fatto in vita sua. Poteva ritenersi soddisfatta. Doveva solo uscire da quel posto.

<< Posso andare da sola, grazie per esservi- >>

<< Muoviti >>

Obbedì. Era il primo degli ordini che sentiva da lui che non le dispiaceva ricevere. Se fosse caduta in mezzo alla strada per la stanchezza, Irmelin l’avrebbe mangiata viva, sua sorella si sarebbe arrabbiata per aver fatto avere una preoccupazione al re e Patrina e Deneb, appena arrivati, avrebbero subito pensato che era riuscita a mettersi nei guai anche in quella terra. Non aveva voglia di affrontarli tutti insieme quando aveva ancora il suo potere al completo per non averlo usato quasi tutto il giorno e una stanchezza addosso da farla dormire in piedi.

Si sentiva come se avesse la forza di spaccare una montagna col suo potere purché le avessero dato il permesso di farlo con gli occhi chiusi. Non si fidava molto di sé stessa.

Era colpa di quel maledetto profumo assurdo? Le dava al cervello?

O era un effetto normale e tutti lì dentro erano drogati?

Forse era per quello che il Nobile Neithel era così cattivo…

Stava pensando delle idiozie. Se ne rendeva conto da sola.

Esattamente come si rendeva conto del fatto che non sarebbe riuscita a scendere le scale perché giravano troppo. O era la sua testa a girare?

Non poteva chiedere aiuto! Poteva farcela. Erano solo scale! Doveva solo mettere un piede davanti all’altro e ce l’avrebbe fatta. Il mondo girava, ma sapeva che le scale erano dritte

<< Andiamo >> sbuffò il nobile offrendole la mano

Non poteva accettare anche quello!

Nora non l’avrebbe più guardata in faccia per giorni e lei non voleva accettare l’aiuto di quel pazzo! L’aveva appena legata al letto, non poteva scordarlo, le avrebbe sicuramente fatto pagare anche quello prima o poi

<< Devo portarti giù di peso? >>

<< No, grazie >>

Afferrò la sua mano e si lasciò portare al piano di sotto. L’aria pulita dell’esterno schiarì del tutto la sua mente annebbiata

<< Perché drogate la gente lì dentro? >>

<< Nessuno ha mai avuto problemi del genere. Se ti sei ubriacata a colazione non è colpa mia >>

<< Ma io non bevo vino! È quel posto che mi stordisce >>

<< Me ne ricorderò >>

Alzò gli occhi al cielo grata al fatto che camminava mezzo passo avanti a lei e non poteva vederla

<< Gli altri stanno bene? >>

<< Quello che era sul tetto è morto >>

<< Brando? >>

<< Non ne ho idea >>

<< È inciampato e caduto, credo sia stato lui a far cadere il- >>

Si era fermata incapace di proseguire e di organizzare un discorso sensato.

Davanti a lei, a pochi metri di distanza, una figura voltata di spalle indossava il lungo mantello rosso dei generali con le inconfondibili spalline dorate. Non era stato il fatto che avesse di fronte colui che aveva preso il posto di suo padre a fermarla quanto il colore dei suoi capelli, la sua statura e la assoluta certezza che somigliasse terribilmente a una persona che credeva di non poter mai più rivedere in vita sua. Non osava chiamarlo. Si accorse di tremare e arretrò involontariamente.

<< Che ti prende adesso? >> non sapeva cosa rispondergli.

Aveva un nodo al cervello che le impediva di pensare qualsiasi cosa che non fosse cercare di ricordare un particolare che le dicesse che la persona davanti a lei non poteva essere chi pensava

<< Selyan? >>

A sentir chiamare il suo nome l’uomo si voltò e le tolse ogni dubbio. Se prima cercava di convincersi che era veramente lui, ora cercava il modo di convincersi che non era solo un sogno come gli altri. Non poteva esserlo, era troppo reale per essere un sogno e lui era troppo diverso da come lo sognava per non essere vero. Non appena la vide le sorrise e il suo cuore perse diversi battiti mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime. Era sicura che non avrebbe mai più visto un sorriso sul suo viso, o come minimo, non rivolto a lei e vedere che si era sbagliata era un'emozione che neanche lei sapeva spiegarsi. Sentiva che il nobile Neithel accanto a lei era diventato improvvisamente immobile. Non ne capì il motivo e non se ne preoccupò nemmeno

<< Che fai? Non mi saluti? >>

Non voleva corrergli incontro e scoprire che stava solo sognando. Non lo avrebbe sopportato e non si mosse. Il ragazzo le si avvicinò e si presentò al nobile sotto il suo sguardo stupito.

<< Bene. Vi lascio soli allora >>

Adesso era anche arrabbiato, ma c'era poco che potesse fare, non riusciva a staccare gli occhi dal nuovo arrivato 

<< Domani sei libera come le altre. Passa stasera a farti controllare >>

Riuscì a ringraziarlo chissà come senza smettere di fissare un solo secondo gli occhi scuri del ragazzo di fronte a lei e il suo viso cambiato per il tempo trascorso e abbronzato dal sole.

Lui le sfiorò una guancia << Ehi, che ti prende? >>

Se il suo sorriso le era sembrato impossibile, pensare di avere il suo affetto era una cosa impensabile, eppure era così e sapeva bene che era sveglia. Cominciò a singhiozzare e si buttò fra le sue braccia. Aveva ragione, non era un sogno questa volta e non la odiava. Non sapeva come potesse essere possibile, ma la forza del suo abbraccio le diceva che era tutto reale e che adesso non era più così sola

<< Xander >>

<< Sì >> le rispose stringendola forte e affondando il viso nei suoi capelli << Scusa se ci ho messo tanto a farmi vedere, sono stato tutta la mattina a parlare con il re. Non avrai pensato che ti avevo abbandonata? >>

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Capitolo 18
*** 17.Arcalia ***


17. Arcalia

-Elydet-

<< Oh, mamma, guarda! Quella è la torre da cui il Magnifico annuncia l’inizio della settimana! Ogni primo giorno della settimana, all’alba, esce e benedice il suo popolo. Ci tiene davvero alla sua gente, è… è così premuroso! >> disse Elydet sperando che le sue emozioni contagiassero anche sua madre.

Maleca era pensierosa. Non sembrava distratta, conosceva sua madre, sapeva che l’aveva ascoltata, ma stava anche valutando la situazione. Forse la riteneva stupida anche lei?

<< Mamma? >>

<< Ely, tesoro, questo re sarà probabilmente già promesso a qualcuno, non puoi far vedere in giro quanto sei innamorata di lui. Capisco che alla tua età sia normale avere una cotta, e tu sei stata intelligente ad innamorarti del re piuttosto che di uno sguattero, ma… pensa questo: hai fatto vedere a tutti che non hai occhi che per il re, quale nobile accetterebbe di sposare una donna che fino al giorno precedente aveva occhi solo per un altro uomo? Avrebbe il dubbio di essere deriso dai suoi pari e di essere etichettato come quello che ha sposato la donna innamorata del re. Non va bene >>

Il commento di sua madre aveva senso. Tutti i commenti di sua madre avevano senso. Ma sua madre aveva dato per scontato che lei non sarebbe mai stata niente più che un’ospite per il re. Elydet aveva sentito qualcosa andare in pezzi dentro di lei. Non sapeva bene cosa fosse, era qualcosa in mezzo al petto, direttamente collegato al suo respiro a giudicare da come l’aria intorno a lei si era fatta pesante.

Lei non interessava al re

Sospirò sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e abbassando la testa. Non voleva che sua madre vedesse i suoi occhi umidi.

<< Re Tarìc mi ha detto che non ha intenzione di sposare una sconosciuta >> tentò.

<< Niente vieta al re di ospitare la ragazza che sposerà per un periodo prima delle nozze >> la corresse Maleca.

Così avrebbe dovuto vedere la futura moglie del Figlio del Sole aggirarsi per i cortili del palazzo. Magari attorniata dalle sue dame che ne proteggessero le virtù, con chissà quali ornamenti addosso e quale bellezza sul viso perfetto. Era giusto così. Lei non aveva nessuna dama, solo una sorella troppo presa a pensare al suo passato e a piangersi addosso e un’amica che non era affatto credibile quanto a morale. Anche lei doveva ammettere di aver compromesso non poco la sua posizione seguendo Irmelin a spiare i soldati. Nessun uomo avrebbe mai provato interesse per una guardona, figurarsi il re. Si era distrutta con le sue mani.

<< Mamma, io… è colpa sua, vero? È colpa di quella stupida se non sono abbastanza nobile per il re di questo posto! Tu sei nobile, tuo padre era cugino del re, accidenti! Qui la gente pulisce per terra prima che passi il cugino del re! Si uccidono per una sua parola perché ha sangue reale e noi?! Noi siamo nobili, dannazione! Papà era la persona più importante all’isola dopo il re eppure il Figlio di Dio non mi guarda nemmeno per colpa di quella stupida di mia sorella e della poco di buono della sua amica! Non è giusto! >> urlò scoppiando a piangere << Mi ha portato via papà per tutta una vita e adesso anche lui, perché?! >> chiese coprendosi il viso per la vergogna di piangere per strada.

<< Ti avevo detto di non passare troppo tempo con loro. Hai sempre preferito ascoltare quel… >> Maleca sospirò arrabbiata prima di ricominciare << Hai sempre preferito ascoltare tuo padre. Lui compariva una volta all’anno, ti diceva una cosa e tu la facevi sperando di accaparrarti un po’ della sua stima. L’ho sempre odiato per questo >>

Elydet si asciugò le lacrime alla manica annuendo.

Sapeva quanto Maleca aveva odiato il Grande Kerse. Tutti ne parlavano come se fosse il migliore degli uomini, ma nessuno sapeva come si comportava con la propria famiglia.

Vedevano tutti quanto fosse gentile con la figlia che avrebbe potuto tranquillamente ignorare e nessuno vedeva quanto ignorava la figlia che avrebbe dovuto crescere. E così faceva sua figlia. Buttava la sua vita dietro ai morti e ignorava i vivi.

Non poteva sopportare di avere quello stesso sangue nelle vene, e se fosse diventata anche lei orribile come loro? Se un giorno avesse disprezzato anche lei i propri figli? O il proprio marito?

Era orribile pensare di non essere all’altezza dell’uomo che amava per una colpa che non aveva.

La Dea aveva deciso di farla essere figlia di quell’uomo e sorella di quella pazza, la Dea l’aveva mandata in quella terra e sempre la Dea aveva acceso nel suo cuore la fiamma dell’amore.

Perché la Dea non risolveva quella situazione allora?

<< La madre di una tua compagna ha detto che pensava di fare un’offerta al Dio di questo posto perché sua figlia trovasse un marito. Come funzionano queste cose? >> chiese all’improvviso Maleca

<< La madre di chi? >>

<< Non è importante, Ely, non essere pettegola. Non mi ricordo chi sia quella donna, non mi è mai importato. Quello che so dirti è che era convinta che questo Dio accettasse quel tipo di offerte perché glielo aveva detto la figlia, è vero? >>

<< Io so solamente che il Dio protegge le famiglie, i bambini e la casa. È il Signore della ragione e della fedeltà e le donne vanno nel Tempio della Famiglia a pregare quando i loro mariti sono in qualche missione pericolosa >>

Sua madre annuì più per quello che stava pensando che per quello chele aveva appena detto Elydet e poi le spiegò << Perciò lo pregheremo perché mia figlia abbia il marito che ama tanto e, se sarà un Dio giusto, ci ascolterà >>

<< Altrimenti? >>

<< Può una regina regnare senza la benedizione di un Dio? Se il Dio non ti aiuta devi toglierti dalla testa il re, Ely, mi dispiace >>

Le parole di sua madre erano taglienti, decise. Erano un colpo al cuore ma una fonte di speranza al tempo stesso. C’era qualcosa che poteva fare, doveva solo fidarsi del Dio che il Potente  serviva.

Quale regina poteva governare senza l’appoggio degli Dei del regno? Sua madre aveva ragione.

Il suo cuore prese a battere più forte e l’eccitazione si impossessò di lei: poteva fare qualcosa!

<< Andiamo, mamma, il tempio è da questa parte, corri! >> gridò imboccando la strada che le avrebbe portate alla collina del tempio della Nobile Ismene.

Perché non le era mai venuto in mente prima? Sua madre era una benedizione.

<< Comportati bene, Ely! Non puoi andare a chiedere a un Dio di darti il suo regno senza dimostrargli di avere la giusta educazione! >>

<< Hai ragione, perdonami, sono solo felice >> ammise lei sperando comunque che la donna accelerasse il passo.

Maleca la raggiunse accarezzandole una guancia << Lo so. E so anche che avevi dimenticato come ci si sente quando si è felici >>

Non poté fare a meno di abbracciare sua madre. Le era mancata da morire negli ultimi mesi e solo in quel momento capiva quanto

<< Questo piacerà al Dio del tuo re, ma credo che gli piacerà anche questo se davvero accetta i doni >> disse lei tirando fuori dalla tasca un piccolo oggetto nascosto da una stoffa rossa

<< Cos’è? >>

Il rosso era sempre stato il colore del generale all’isola, come l’oro era il colore dei re. Cosa aveva in tasca sua madre?

<< Il filo d’oro e pietre che le donne della mia famiglia portavano in testa nel giorno del loro matrimonio. Offrilo al Dio, diventerà sua proprietà e potrai indossarlo solo se diventerai la moglie del re >>

<< Ma in caso contrario sarà perso, non puoi! >> le disse cercando di ridarle il prezioso oggetto. Era nella famiglia di sua madre da secoli, tutte le donne lo indossavano quando si sposavano e lo tenevano da parte per le figlie. Era assurdo pensare di donarlo a un tempio per una sua speranza.

<< Vai a chiedere un re, non un mendicante >>

Elydet strinse tra le mani il prezioso pacchetto e sorrise a sua madre con il cuore che scoppiava di gratitudine prima di dirigersi verso il tempio

<< Ti ho detto di non correre! >> le urlò Maleca.

La strada del tempio della Nobile Ismene non le era mai sembrata tanto breve.

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-Irmelin­-

Era passata una settimana dallo sbarco dei suoi genitori e non sopportava più le ansie di sua madre.

Patrina non era mai stata una donna opprimente o ansiosa, ma adesso non c’era mattina in cui non le chiedesse cosa avrebbe fatto nella giornata, pomeriggio in cui non le domandasse ripetutamente se avesse mangiato abbastanza, o sera in cui non si accertasse che non fosse troppo stanca.

La guerra aveva cambiato tutti quelli che conosceva e sua madre non aveva fatto eccezione.

Il cervello di Irmelin stava per andare in ebollizione.

Non era stato il suo turno nelle squadre e si era dovuta sorbire la lezione della Nobile Ismene.

Era arrivata prima dell’insegnate e di alcune sue compagne, era rimasta lì fino alla fine ed era uscita dopo Elydet e qualche altra, ma non c’era il minimo ricordo delle parole della donna nella sua testa.

Niente, il vuoto assoluto e totale. Non poteva andare avanti così.

Non che le importasse davvero delle lezioni che seguiva, ma non era sicura che non avrebbe dimenticato qualcosa di più importante di lì a breve.

Doveva fare qualcosa.

Selyan aveva usato l’ultimo dei giorni liberi che le restavano dopo l’incidente per passare un po’ di tempo con suo fratello, ovviamente dopo che le aveva giurato sulla tomba di Kerse che non avrebbe alzato un dito e non si sarebbe stancata rischiando di peggiorare la sua salute, Elydet era ancora in giro con sua madre e i suoi genitori sarebbero tornati a breve.

Il re aveva concesso alla loro gente un pezzo di terra e tutto il necessario per costruire delle case in cui vivere e delle tende per ripararsi la notte durante la costruzione.

Era stato un gesto molto generoso da parte sua, il vecchio e stupido re dell’isola non avrebbe fatto altrettanto per un gruppo di stranieri senza casa. Al massimo li avrebbe fatti gettare giù dalla scogliera più alta per fare loro dono di una morte veloce e di una tomba nel Grande Mare.

Re Tarìc era un uomo con la testa sulle spalle e un cuore nel petto, questo era certo.

La sua corte aveva degli elementi discutibili, ma aveva i suoi buoni aiutanti. Irmelin aveva giusto bisogno di una di loro per risollevarsi la giornata e sapeva benissimo a quale porta bussare

<< Nora, hai un minuto? >>

<< Entra >> le urlò << Hai di nuovo saltato la lezione di Ismene? >>

L’amica del re aveva fatto a meno dei servi come al solito per il suo enorme orgoglio e si era arrampicata su uno scaffale per prendere qualcosa che, evidentemente, si trovava sul ripiano più alto ed era rimasta lì: appesa con le mani alla mensola più alta e un piede che cercava disperatamente di posarsi sulla mensola più bassa senza risultati per la troppa distanza

<< Ti serve aiuto per caso? >>

<< No, posso farcela. Intanto raccontami tutto >>

Era divertente guardarla, ma non sarebbe mai riuscita a scendere da sola e non avrebbe mai ammesso di aver bisogno di lei. I nobili di quel posto avevano dei seri problemi con l’egocentrismo.

<< Dai, vieni qui >> le disse allungando le braccia verso di lei per sorreggerla

Un attimo dopo erano a terra entrambe tra le imprecazioni e i lamenti per la botta

<< Ti credevo più leggera! >>

<< Fortuna che non sei un uomo o mi sarei uccisa per lo schifo! >> rispose lei ignorando del tutto la sua critica << Perché mi hai retto dal didietro?! >>

<< Cosa credevi che facessi, scusa? Volevi che ti afferrassi al volo? !>>

Nora si affrettò a rialzarsi e correre a controllare lo scaffale << Si vede niente? >>

<< Di che tipo? >>

<< Impronte di mani o piedi che Tanet potrebbe notare per ridere di me >>

<< Non serve un’impronta per ridere di te >>

La voce del nobile Neithel spaventò Irmelin e provocò la furia istantanea di Nora

<< Cosa ci fai in camera mia?! >> urlò la maga squadrandolo malevola

<< Ho sentito il tonfo >>

<< Sei gentile, grazie >> disse la ragazza per niente riconoscente prima di aggiungere, con tanto di mano agitata verso la porta << Non c’è bisogno che ti preoccupi per me, puoi andare >>

<< Non era per te che ero preoccupato. Volevo solo informarti che il re ha già abbastanza da fare senza che tu gli dia la preoccupazione dei restauri nel castello per colpa della tua goffaggine >>

Lei socchiuse gli occhi con fare minaccioso. Irmelin era certa che non lo avrebbe minimamente spaventato ma a lei non importava << Giuro sulla mia tomba che ti pedinerò, Neithel, ti seguirò fino al giorno in cui inciamperai e riderò finché Dio verrà a prendermi per portarmi nei Regni Eterni! >>

<< Vuoi diventare immortale quindi? >> la sfidò lui

Nora si scagliò contro il nobile senza il minimo ripensamento <>

Lo stava spingendo con tutte le sue forze verso la porta quando qualcuno fece capolino dietro di lui distruggendo il sorriso che quella scena aveva provocato sul viso di Irmelin.

Selyan ovviamente non si aspettava il nobile Neithel in camera di Nora ed era tornata indietro, ma Irmelin lo aveva visto. La Dea le aveva fatto dono di due occhi troppo buoni perché quello che la stupida aveva cercato di nascondere correndo prima da Nora le passasse inosservato. Scattò veloce come mai in vita sua, aggirò Nora e il nobile e le afferrò un braccio prima che raggiungesse le scale.

Selyan era potente, ma, per sua fortuna, era più lenta di una lumaca quando correva

<< Fermati! >> le ordinò strattonandola << Avevi giurato sulla memoria di tuo padre, dannazione! Da quando sei una spergiura?! >>

Aveva un grosso livido violaceo sulla fronte. Non era niente di grave per lei, ma non sopportava di vederla coperta di lividi. Soprattutto in faccia.

<< Non sono una spergiura! Ho sbattuto contro una porta! >>

<< Non dire stupidaggini! >> le urlò irritata dalle sue stupide bugie

<< La piantate di urlare nei corridoi?! >> si intromise il suo maledetto responsabile.

Per quanto lo odiasse, forse in quel momento poteva essere felice che fosse lì. Era la giusta punizione per la sua amica che smise subito di lottare

<< Irmy, calmati, ho solo sbattuto perché ero distratta >>

Cosa doveva fare? Sbandierare i suoi dubbi così davanti a mezza corte reale? Forse poteva fingere di crederle di nuovo sperando che il dubbio si insinuasse da solo nei parenti del re. Forse era la cosa giusta. Ma non riuscì comunque a frenare la rabbia e le urlò in faccia << Un giorno o l’altro ti troverò morta per le tue distrazioni! Come hai fatto? >>

Lei sospirò annoiata << Non lo so. Stavo entrando in una casa con Xander, mi hanno chiamato, mi sono distratta e non ho visto la porta chiudersi >>

<< Accidenti, Sel! Devono averla sbattuta per farti quel coso nero in fronte! >> le disse Nora avvicinandosi << Come hanno fatto a non vederti? >>

<< Nora, lascia stare, stupida com’è l’avrà chiusa da sola >> banalizzò il nobile Neithel andandosene

<< Tu prova a dire che ha ragione e io ti renderò irriconoscibile anche a tuo fratello, chiaro?! >> impose Nora col dito alzato verso di lei per minacciarla

<< Non sono così idiota, è stato un incidente >>

<< Chi è stato? >> insorse Irmelin andando al nocciolo del suo problema.

Lei alzò le spalle e si liberò dalla sua stretta << Reno mi ha chiamato all’improvviso e- >>

<< Chi ti ha chiuso la porta in faccia? >> chiese ignorando il fatto che si fosse fermata a parlare con il fratello della stupida di Wanda.

Lei abbassò il viso e scosse la testa << Non lo so, non… Reno mi ha chiesto se stessi bene e non ho pensato a cercare il colpevole, non era importante e non volevo certo vendicarmi di un incidente >>

<< E perché non lo ha fatto lui?! >> chiese Nora cadendo nel suo tranello di stupida

<< Perché non era niente di serio e gli incidenti capitano a tutti. Irmy, Dalia ha fatto avvertire tutti che anticiperà la cena, ero venuta a cercarti per questo >>

<< Non ho voglia di vederla anche stasera. Io ero qui per chiedere a Nora un infuso di pazienza >>

<< Non esiste o lo avrei prosciugato per sopportare quello stupido, egocentrico, pomposo- >>

<< Nora, calmati >> le impose Selyan e lei sbuffò arrabbiata << Lo odio! Poteva guarirti e non l’ha fatto! Non fa il minimo sforzo per queste cose e invece… Me la prenderò con Aaren prima o poi! È colpa sua se esiste! >>

Selyan rise della sua amica, ma il cervello di Irmelin lavorava a ritmo frenetico contro la stanchezza degli ultimi giorni: Selyan con un livido nero che fingeva di aver imparato a mentire e nascondeva qualcuno dietro la scusa di un incidente, sua madre che era diventata impossibile da sopportare e non avrebbe mai reagito bene a un livido di quella portata, suo padre taciturno da troppo tempo… non poteva aggiungere anche Dalia alla lista, non lo avrebbe sopportato!

<< Va bene, basta! >> urlò più per zittire il ronzio della sua testa che per le altre due che forse neanche stavano parlando << Non intendo cenare con quella zotica intenta a maledirmi il piatto! Nora, dove possiamo trovare una cena decente? >>

<< Posso chiedere a Tarìc se- >>

<< No! >> la interruppe decisa << Mi libererei di Dalia per poi avere davanti il tuo amico, no! Voglio una cena fuori da qui! >>

<< Avresti anche me oltre a lui, sei scortese >> la avvertì Nora <>

<< Milo >> si intromise Selyan lasciandola a bocca aperta per lo stupore. Perché sapeva i posti preferiti di Tanet?!

<< Giusto! >> riprese Nora ignara della sua reazione << Ci va spesso con i suoi amici perché dice che ha il vino migliore della capitale >>

<< Non guardarmi così, Irmy. Ne parlano di continuo mentre lavorano >>

Ovvio. Lei era costretta ad ascoltare i discorsi noiosi delle donne dei piatti sulla vita da sposate e sui bambini o, peggio ancora, sul desiderio di avere un uomo accanto e una famiglia numerosa, e Selyan ascoltava i discorsi degli uomini sulle taverne e sulle loro bravate.

La ragazza che giocava con le spade e con le zappe, ma che si era sempre comportata da perfetta fidanzata fedele e amorevole, quella che aveva vissuto gli anni del tempio nella cerchia delle promesse in moglie e non aveva mai deluso una sola delle vecchie acide che cercavano di istruirle alla cura della casa, adesso viveva in mezzo ai più lascivi degli uomini parlando delle loro cose come se fosse la più normale delle situazioni. Cosa diamine frullava per la testa di quella zuccona?!

<< Mangeremo lì >> sentenziò decisa << E tu verrai con noi >>

<< Ma io- >>

<< Preferisci Maleca e Dalia a mia madre e mio padre?! >> la interruppe prima che potesse pigolare qualche scusa assurda che l’avrebbe convinta a lasciarla in balia delle arpie

<< No, vengo >> si affrettò a rispondere lei <>

<< Lo tolgo io quello >> si offrì Nora << Non scherzavo quando ho detto che Neithel non avrebbe fatto la minima fatica, vieni >>

<< Perché non sei andata dalla nobile Ismene? >> le chiese Irmelin, giusto per amore di curiosità

<< Non volevo disturbarla >>

Bugiarda di nuovo. La nobile le avrebbe chiesto sicuramente il colpevole e magari avrebbe insistito con il Potere della Dea della Ragione fino a farla confessare.

Selyan era troppo stupida per rendersi conto che non era difficile capire chi stesse proteggendo. Tra tutte le persone sbarcate ultimamente nel regno del re Tarìc, ce n’era una sola che avrebbe potuto farle del male intenzionalmente senza scatenare la sua rabbia. Da nessun altro Selyan avrebbe accettato di farsi maltrattare senza sbuffare né vendicarsi e Irmelin sapeva chi era.

Per quanto la cosa la sorprendesse, era più che sicura che il colpevole era il maledetto idiota che lei aveva odiato da quando aveva messo piede nel giardino ai piedi della collina quindici anni prima.

Il giorno dei parenti, come lo aveva definito Nora, quando i suoi avevano detto che Xander aveva preso il maledetto mantello dei generali per diritto di famiglia, per poco non le era preso un colpo.

Aveva urlato contro i suoi genitori accusandoli di essere impazziti ed era corsa a cercare Elydet e sua madre in cerca della prova della follia di Patrina e Deneb, ma Maleca aveva confermato la loro versione: Xander era vivo e vegeto.

Aveva abbandonato il castello correndo verso la zona dei lavori di quel giorno e aveva scoperto quello che era successo a Selyan.  Quel giorno aveva seriamente rischiato di impazzire.

Tanet l’aveva personalmente informata dell’accaduto, lei era corsa al tempio pronta a lottare con il Sommo pomposo per poterla vedere e invece l’aveva trovata abbracciata a Xander.

La stretta allo stomaco che aveva sentito non l’avrebbe mai dimenticata, ne era certa.

La Dea era stata fin troppo chiara nell’avvertimento nefasto.

Quella, per assurdo, era stata la cosa che l’aveva sorpresa meno di tutte: Xander per lei era portatore di strette allo stomaco da quando lo conosceva.

Aytha, la povera donna che aveva cresciuto Selyan come una figlia, le aveva sempre assicurato che Xander e Jonas erano gemelli e lei le aveva sempre chiesto se ne fosse sicura, anche quando ormai era diventata grande e aveva capito quanto fosse stupido chiedere a una donna se fosse sicura di aver messo al mondo due bambini insieme.

Da bambina lo chiedeva per ignoranza, da grande lo chiedeva per scetticismo.

Xander non aveva niente che lo facesse assomigliare a suo fratello. Niente!

Se la vecchia leggenda per cui due gemelli mentre crescono nel ventre di una stessa madre si contendono le virtù, Jonas era stato scorretto con suo fratello prima di nascere, dannazione!

Non gli aveva lasciato nulla, nemmeno la più piccola buona qualità.

Aytha diceva sempre che Xander era più furbo di Jonas, Lemno, suo marito, diceva che era più legato alla famiglia e più ambizioso, Irmelin aveva sempre pensato che fosse solo uno scontroso egoista.

Forse avrebbe fatto strada alla corte di re Tarìc visto che era piena di maniaci di onnipotenza.

Irmelin aveva sempre voluto bene a Jonas, ma non aveva mai sopportato quel gemello che, prima ancora di chiederle come si chiamasse, il giorno in cui era arrivata all’isola le disse che le straniere dovevano stare lontane dalla sua casa e dal suo giardino. Gli aveva morso una mano quel giorno e ne era stata fiera tutta la vita. Con il tempo aveva imparato a sopportarlo, a giocare con lui e passare con lui come con gli altri i suoi pomeriggi al sole, ma non aveva mai dimenticato né il suo insulto, né il morso che gli aveva dato.

E nemmeno lo schiaffo che le era arrivato da Patrina un attimo dopo.

Avrebbe scommesso altri dieci schiaffi come quello che era stato lui a farle quel livido e che non lo aveva fatto per sbaglio.

Forse era stata la sua vendetta perché Sel aveva detto che le faceva male la costola malmessa e non poteva aiutarlo a costruire la sua nuova casa, forse perché stava parlando con un altro uomo ignorando lui o forse, più semplicemente, per tutte e due le cose.

Lei lo avrebbe comunque minacciato di morte per sventramento appena lo avrebbe visto.

<< Stasera ceneremo anche noi a quella locanda, Sel. Non voglio vedere brutte facce e non voglio mordermi la lingua ogni volta che mi viene in mente qualcosa di divertente da raccontare ai miei per non farmi sentire dalle dirette interessate. Ho bisogno di libertà >>

Lei annuì semplicemente e baciò Nora su una guancia per congedarsi.

Era insolito per Selyan che non baciava mai neanche lei o sua sorella, e Irmelin ringraziò il Dio dell’amica del re per averla messa sulla loro strada.

Un’ora dopo Irmelin dovette ringraziare mentalmente anche Tanet per avergli fatto dire davanti a Selyan il nome della taverna con la migliore zuppa di verdure che avesse mai mangiato.

Era semplicemente perfetta! E il garzone li aveva sistemati in un perfetto tavolo all’esterno della locanda, dove potevano parlare tranquillamente senza dover urlare per sovrastare la confusione degli ubriachi. Anche Selyan aveva spazzolato il piatto in meno tempo del solito.

Irmelin era semplicemente orgogliosa della propria scelta quella sera.

<< Sel, vuoi che ti faccia portare altro cibo? >> chiese Patrina quando la vide addentare anche il pane

<< No, grazie >>

<< Sicura? Irmy mi ha detto che il tuo lavoro è molto duro, devi mangiare per tenerti in forze >>

<< Sono a posto, Patrina, grazie >>

<< Mamma, lasciala stare, quando ha fame non la ferma nessuno, non preoccuparti >>

<< Ma… forse non mangi perché stai ancora male? Vuoi che Deneb ti accompagni al tempio dei guaritori di questo posto? >>

Irmelin soffocò con l’acqua che stava bevendo prima di urlare << No! Quello scorbutico di un nobile ha già abbastanza di cui lamentarsi di lei. Non la porterete lì per farlo predicare una settimana intera su quanto sia imbranata e incapace di gestire le conseguenze della sua stupidità! >>

<< Irmelin! >> disse sua madre a bocca aperta per lo stupore.

<< Hai appena sconvolto tua madre, vero, straniera dei piatti? >> si intromise una voce alle loro spalle

<< Ciao, Kore >> rispose Selyan improvvisamente sorridente << Niente turno di guardia oggi? >>

<< Oggi è il mio turno alle otri di vino, ragazza. Tu stai meglio? >> chiese lui

<< Certo! Domani torno con voi >> rispose orgogliosa

<< Ci vediamo domani, allora. Quando uscirò di lì potrei non essere in grado di riconoscerti >>

Irmelin non riuscì a trattenere la curiosità, nemmeno davanti a sua madre << Cosa festeggi? >>

<< La donna di Treab è di nuovo incinta. Lui ha detto che ci avrebbe aspettato dentro e non voglio tardare se voglio brindare con un uomo che riesca a tenere dritto il bicchiere >>

Lei annuì sorridendo e lui non perse altro tempo. Kore non tardava mai per bere

<< Vi trattano tutti così? >> chiese Patrina dubbiosa

<< Così come, mamma? >>

Dubitava che sua madre avesse capito una sola parola di quello che aveva detto Kore visto che non parlava la loro lingua.

<< Come se… insomma…  >>

<< Sono nostri amici, Patrina >> la informò Selyan tranquilla

<< Mamma, smetti di preoccuparti >> le disse alzando gli occhi al cielo per poi aggiungere nella lingua straniera in modo che capisse solo Selyan << Non capirà mai che qui non è come all’isola e, se due persone si salutano, la gente non pensa subito che stanno insieme di nascosto >>

<< No, Irmelin del vento, ma non dirò davanti ai tuoi cosa pensa in realtà la nostra gente >>

<< Nobile Tanet! >> urlò Selyan più imbarazzata che felice di vederlo << Kore è già dentro, immagino vi stai aspettando >>

<< Mi stai cacciando, ragazza? >>

Lei arrossì ancora di più mentre scuoteva la testa. Quello che sorprese Irmelin fu il comportamento di Tanet. Il soldato si inchinò ai suoi genitori presentandosi nella perfetta lingua dell’isola con il titolo di Sovrintendente delle guardie reali in tempi di pace e capo dell’esercito in tempi dannati.

Quando aveva imparato a parlare come loro? E perché diamine aveva fatto una cosa del genere? Irmelin era così stupita che non capì neanche cosa disse a suo padre, né cosa rispose lui.

Pregò la Dea e il Dio stranieri che Selyan fosse stata attenta per una volta in vita sua perché non avrebbe mai avuto il coraggio di chiederlo ai suoi. Sapeva che avrebbero pensato che lei avesse un qualche interesse nei confronti di Tanet e si sarebbero preoccupati. Non voleva che lo scoprissero, non voleva che nessuno lo scoprisse. Il fatto che forse Selyan poteva ricordare che una volta lei aveva detto che Tanet le sembrava interessante era già troppo!

Solo quando l’uomo sparì poté tirare un sospiro di sollievo.

<< Perché diamine parla come noi?! >> chiese isterica alla sua amica

<< Come tieni sotto controllo venti sacerdotesse con poteri magici e una folle al comando se non capisci cosa dicono mentre sono convinte di essere incomprensibili? >> le disse lei alzando le spalle

Non la guardava in faccia e tirava nervosamente la tovaglia. Irmelin esplose << L’hai aiutato tu?! >>

<< In camera di Nora quando tu non venivi ma aveva già appreso le basi da mia sorella, credo >>

Assurdo! Era rimasta a letto solo tre o quattro volte, giusto quando la luna la faceva stare troppo male per sopportare una serata di idiozie, e lei ne aveva approfittato così?!

<< Sembrano brave persone >> commentò sua madre alla sprovvista.

Patrina era sempre stata il tipo di donna che non si faceva problemi a commentare gli uomini e suo marito non si era mai offeso per quella sua abitudine perché sapeva bene che lo faceva solo in sua presenza. Almeno quello di sua madre non era cambiato

<< Dillo quando usciranno da lì ubriachi fradici >> la corresse lei arricciando il labbro sdegnata.

Selyan rise della sua battuta, sua madre alzò gli occhi al cielo e suo padre non disse niente.

Deneb non poteva non dire niente! Era assurdo!

Perché non stava facendo una stupida battuta su quando era giovane e assaltava i barili di vino dell’isola con i suoi amici? Perché non raccontava per la milionesima volta di quando era piccolo nel regno di terra e aveva rubato il boccale di suo padre facendo venire un colpo a sua madre per la vergogna di avere un bambino ubriaco in casa che teneva svegli i vicini cantando a squarciagola?

Aveva raccontato quella storia miliardi di volte e adesso stava zitto davanti a un commento su due soldati che bevevano per festeggiare una moglie incinta?

Doveva capire cosa c’era sotto così prese a parlare di Nora e delle serate che passavano con lei solo per avere un argomento semplice da trattare mentre osservava suo padre con più attenzione.

Lei parlava, Selyan annuiva e aggiungeva dettagli, Patrina sorrideva felice di sentire che sua figlia aveva avuto una vita tranquilla negli ultimi tempi e lui non la guardava in faccia.

Non guardava in faccia nessuna delle due veramente.

Che fosse preda di quella stessa tristezza che attanagliava la sua amica?

Forse anche lui era ancora scosso dal viaggio e dalla fuga dalle loro case?

Ma Patrina aveva detto che non era andata male in nave e si erano fermati in molte città diverse. Per loro era stato un viaggio così lungo che avevano avuto modo, se non di dimenticare, almeno di calmarsi e imparare ad andare avanti. Perché per lui non era stato così?

Cosa rimpiangeva suo padre?

Certo, sapeva che gli piaceva la vita all’isola e lui stesso aveva sempre detto che tra tanti posti in cui si era trasferito, con i genitori mercanti prima e con la moglie poi, l’isola era quella che preferiva.

Un uomo che non aveva mai avuto fissa dimora poteva essersi attaccato tanto a una misera isoletta?

Poteva capire la delusione di sentirsi finalmente a casa in un posto e poi vedersi allontanare, ma non credeva sinceramente che fosse il caso di suo padre.

Aveva un piano per capirlo, rischiava di distruggere due persone con un colpo solo, ma doveva capire perciò decise di parlare

<< Dalia ha convinto il re dicendo che un giorno saremmo tornate a casa >>

Come previsto, Selyan smise di parlare, sospirò e abbassò gli occhi sul piatto scuotendo la testa. Sapeva che sarebbe andata così come sapeva che sua madre avrebbe alzato gli occhi al cielo sbuffando per la stupidità di quella donna e mormorando preghiere ai vecchi Dei della terra dei suoi genitori piuttosto che alla Dea dell’isola. Suo padre guardò Selyan come per studiare la sua reazione.

<< Il re si fida di lei? >> chiese serio.

<< Credo proprio di no >> rispose Irmelin << Il re non sembra affatto stupido e la sua corte non è da meno. La Nobile Ismene non si pronuncia mai ma, dopo tutte le lezioni che ho seguito con lei, ho imparato che quando non approva qualcosa o qualcuno le si gonfia una vena sulla fronte >> disse fiera di poter dimostrare a sua madre che seguiva con attenzione la donna dalla quale doveva imparare << E ho notato che quando arriva Dalia- >>

<< Spero non si gonfi anche quando parla con te >> la interruppe Patrina provocando la sua ira

<< La nobile Ismene è sempre perfettamente rilassata quando parla con me! >> le urlò offesa.

<< Tranne quando le porti i compiti da correggere >> si intromise Selyan.

<< O quando qualcuno la informa che sei caduta >> la zittì lei

Patrina aveva di nuovo la mano sulla fronte esasperata << Non cambierete mai. Tu sarai sempre per terra e tu non riuscirai mai a farmi vantare con qualcuno di avere una figlia studiosa >>

<>

<< È molto peggio quella di Mina, fidati >> la corresse di nuovo Selyan << Ho sentito un soldato chiedere a Palis se fosse lecito fare un’offerta alla Dea e al Dio perché trattenessero le loro mani dal donare un figlio a lui e quella che ha definito la straniera delle meraviglie >>

<< E Dalia le lascia fare?! >> chiese Patrina con gli occhi quasi fuori dalle orbite per lo stupore.

<< Mamma, quando capirai che non ha nessun interesse verso il nostro ordine ma cerca solo di ristabilire il benessere perduto della sua persona? Le basta essere trattata con tutto il rispetto che richiede il suo titolo anche se non si venera la sua Dea, avere tutto quello di cui necessita senza uno sforzo più grande del parlare per chiederlo e far sposare sua nipote con qualcuno che le assicuri una vita agiata finchè la Dea non deciderà di liberarci della sua presenza. Quando siamo sbarcate ha annunciato a tutte che l’avrebbe offerta al re, poi si è resa conto che il re non la guarda nemmeno e lei è molto più interessata al Nobile perfido e l’ha lasciata fare. Credo che passi le sue giornate a sgridarla perché ci sta mettendo troppo a saltargli addosso e farsi sposare. Io comincio anche a pensare che non si siano accorte che non gli piacciono le donne >>

Non si aspettava che Selyan cominciasse a tossire per essersi quasi soffocata con quello che stava mangiando. Le versò dell’acqua e stava per tirarle una poderosa pacca sulla sua spalla prima che suo padre le ordinasse di fermarsi. Si era dimenticata della sua costola appena tornata normale, dannazione << Non sai più neanche mangiare adesso? >>

<< Chi ti ha detto quella cosa? >>

<< Nessuno, è ovvio! Era una stupidaggine. Credi che Nora passerebbe le sue serate a sbraitare che prima o poi si ritroverà a scegliere se farsi sommergere dall’onta di congratularsi con lui per qualcosa o gioire per la furia del vecchio Aaren quando una sconosciuta si presenterà con un bimbo in braccio dichiarandolo suo e lui non potrà giurare davanti al Dio della Verità che non può essere vero? >>

<< Ti piace quell’uomo, Selyan? >> chiese Patrina con interesse

<< No! >> negò lei scuotendo la testa decisa

<< Mamma, Sel lo odia. Ha solo il terrore di ridergli in faccia la prossima volta che lo incontra >>

Sua padre non aveva minimamente preso parte alla cosa.

Non si era indignato quando avevano parlato del disonore delle loro compagne, non aveva commentato la stupidità di Dalia ma era scattato quando Selyan si era quasi soffocata.

Suo padre non era perso nel suo mondo, le ascoltava benissimo, stava solo nascondendo qualcosa << Sputa il rospo, papà >>

<< Irmy, io… >>

<< Non farmi preoccupare, dannazione! Sono stata in ansia per mesi e adesso che sei qui vuoi farmi morire? Cosa stai nascondendo? >>

Deneb sospirò grattandosi la testa e sua madre si intromise << Lascialo in pace per stasera >>

<< Vorrei avere anche io la mia pace, mamma! >> sbottò lei << Non trovi che io meriti un po’ di sonno tranquillo finalmente? >>

<< Trina, tesoro, lascia stare. Irmy ha ragione, devo dirglielo >>

Irmelin si preparò a ricevere una notizia che sapeva l’avrebbe sconvolta. Deneb non esitava mai e se quella volta stava riflettendo prima di parlare, era qualcosa di grave

<< Non sei tu a doverti spaventare, figliola >>

<< Cosa? >>

<< Selyan io… ho fatto una cosa deprecabile. Non ti biasimerò se non vorrai perdonarmi >>

<< Che è successo? >> chiese lei già in ansia.

Perché non era stata zitta? Perché non aveva ascoltato sua madre? Non voleva vederla impazzire di nuovo eppure lei aveva già il fiato corto e gli occhi spalancati per la paura. Dannazione!

<< Papà! >> lo esortò sperando che almeno la facesse finita in fretta

<< Prima di lasciare l’isola io… ho preso la spada di Kerse. So che l’avevi lasciata sulla sua tomba, ma io e mia moglie siamo scappati nel bosco, non avevo armi per le mani e… giuro che avevo la seria intenzione di portartela appena vi avessimo raggiunte. Avrei voluto lasciarla al suo posto, ma volevo difendere me e mia moglie per poter tornare a occuparci di voi e poi… io… l’ho venduta >>

<< Sei pazzo?! >> urlò Irmelin prima ancora di capire che stava urlando.

La spada di Kerse era leggendaria, accidenti! Era la cosa più costosa dell’isola dopo la corona del re e c’erano leggende infinite sulla spada dei generali dell’isola. Aveva secoli di storia alle spalle, c’era chi giurava che al sua lama avesse trafitto il cuore di un drago agli inizi della storia dell’isola e chi diceva che era la spada che la Dea in persona aveva donato al generale che avrebbe protetto la sua isola. Neanche Jonas, successore di Kerse nel ruolo di generale, legittimo erede di quella spada si era mai permesso di toccarla dal momento che il rito di passaggio richiedeva una settimana intera di benedizioni ininterrotte nel Grande Tempio e suo padre non solo l’aveva impugnata, ma l’aveva anche venduta! Deneb non aveva mai avuto grande fede nella Dea dell’isola, Irmelin neanche, ma avrebbe sognato sicuramente le mani degli inferi che si prendevano suo padre quella notte!

Poi una voce tremula alla sua destra interruppe i suoi pensieri <> chiese Selyan

I suoi genitori avrebbero dovuto essere grassi come vacche se avessero davvero usato i soldi ricavati da quella spada per sfamarsi. Ma conosceva suo padre piuttosto che offendere la memoria di Kerse sarebbe morto facendo morire di stenti anche la moglie che amava più della sua vita.

<< Ho ingaggiato un uomo perché si mettesse sulle tracce di mio figlio e gli facesse sapere che stavamo bene. Non volevo che si mettesse in viaggio per l’isola per cercarci e ci rimettesse la vita. Mi dispiace. L’ha accettata e ha detto che avrebbe fatto quello che gli avevo chiesto ma non so… Mi dispiace, Sel, ho venduto la spada di tuo padre per una speranza vana >>

Irmelin sbatté le mani sul piano del tavolo facendo sussultare i bicchieri << Hai venduto la spada di Kerse perché lo stupido di tuo figlio non ti scrive più da anni! Se avesse avuto il giusto rispetto verso i genitori, invece di passare la sua vita dietro al lusso e alla donna che ha scelto in cambio della sua famiglia, non sarebbe stato necessario fare un affronto simile all’uomo che ha buttato la sua vita per difendere la nostra con quella spada! Come ti è venuto in mente, papà?! >>

<< Forse il nobile Aaren può fare qualcosa per rintracciarla >> pigolò di nuovo Selyan

<< Sei impazzita anche tu?! >>

<< Irmy, papà avrebbe fatto la stessa cosa per un figlio e, se fosse stato vivo, si sarebbe anche tagliato una mano pur di aiutare tuo padre a rintracciare tuo fratello Domian. Smetti di urlare inutilmente e aiutami a ragionare: il nobile Aaren ha al suo comando il migliore esercito di spie del regno. Forse lui può far trovare quella spada, ma come possiamo chiederglielo e come potremmo riscattarla? >>

<< Come sai queste cose?! >> chiese Patrina con le mani sul viso.

Giustamente sua madre aveva rischiato di farsi cadere la mandibola per la sorpresa dopo la stupida risposta di Selyan. Come poteva la sua amica dire ad una donna appena uscita dal vagabondaggio causato dalla guerra nel suo paese che il regno in cui era sbarcata aveva una rete di spie così importante come se non fosse qualcosa di cui preoccuparsi?

<< Gli uomini parlano mentre lavorano. Palis una volta ha preso in giro Merido dicendo che era più informato delle spie del nobile Aaren e gli ho chiesto di cosa stesse parlando. Solo per curiosità >>

Lei sapeva che non era solo curiosità la sua, ma decise di lasciar perdere e prenderla in giro << Quando capirai che in quelle squadre devi trovare un marito e non un informatore? >>

<< Marito?! >> chiese Patrina con gli occhi quasi fuori dalle orbite

<< No! Mamma, era una battuta >>

<< Trina, lasciale libere. Non puoi pretendere che non si innamorino mai perché speri- >>

<< Basta così, Deneb >> intimò Patrina alzandosi dal tavolo

Lui annuì seguendola, ma Irmelin aveva capito. Sua madre sperava un giorno di poter andare a vivere vicino a quel figlio che li aveva rifiutati, magari portandosi dietro anche Selyan. Forse sperava che si sarebbero liberate di Dalia in un modo semplice, come il vecchio compenso in oro per ripagare la Dea del furto di una sacerdotessa con il benessere delle altre.

Magari nei suoi sogni dorati avrebbero trovato tutte e due un marito nella stessa città dello stupido di Domian e lei avrebbe fatto la nonna dei figli di tutti e tre davanti al camino…

Sua madre aveva davvero dei sogni bellissimi ed era bello che, nonostante fosse appena scesa dalla nave infernale, avesse ancora la certezza che il futuro potesse essere semplice e meraviglioso.

Lei sperava solo che Dalia morisse o sparisse dalla sua vita portandosi dietro la sua orribile nipote, che le oscene canzoni di Kore, Tanet e chissà chi altro si era ubriacato con loro finissero e che nessuna delle persone che erano sedute a quel tavolo riuscisse mai a scoprire che suo padre non era stato l’unico a lasciare l’isola con le mani sporche di un crimine che non avrebbe mai potuto perdonarsi.

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-Tarìc-

<< Il popolo è scontento e tu accogli stranieri che cercheranno case e lavori che non abbiamo per la nostra gente >> lo accusò Aaren sdegnato.

Quella discussione andava avanti da quando gli avevano riferito di aver avvistato la nave dei nuovi arrivati e lui non era ancora riuscito a trovare una soluzione soddisfacente.

Aveva permesso agli stranieri di entrare nel suo palazzo, fatto il possibile perché i suoi sacerdoti si accertassero che non ci fosse il rischio di malattie contagiose e raddoppiato le guardie nel castello.

Aveva dato disposizioni perché fossero condotti in un campo vicino ai confini della capitale, poco lontano dal tempio della Nascita, dove avrebbero costruito da soli le case in cui vivere.

Non poteva dare delle case fatte e finite a degli ospiti quando la sua stessa gente aveva bisogno dell’aiuto delle squadre dei soldati per ricostruire le proprie. Era tutto quello che poteva fare per compiacere il Dio Protettore dell’ospitalità.

<< Non posso negare loro l’ospitalità che chiedono. Non mi sembra il caso di offendere il nostro Dio, soprattutto in questo momento >> gli spiegò cercando di farlo ragionare.

<< Se volete la mia opinione, mio re >> si intromise Olen cauto << dovreste utilizzare quest'occasione per le vostre nozze >>

Lo stupore ebbe la meglio sul re << Cosa!? >> chiese senza curarsi di mantenere un tono composto << Come posso pensare ad una cosa così inutile adesso!? >>

<< No, maestà, non è inutile >> lo corresse il Controllore delle Finanze Reali << Così dimostrerete alla vostra gente che è al sicuro e non deve temere altre sventure. Il popolo dopo gli ultimi eventi ha bisogno di rilassarsi. La gente è stanca di vedere disgrazie e ha bisogno di una tregua in cui essere felice e non pensare ai problemi. Quale evento può essere più lieto delle nozze del sovrano? >>

<< Ti sei dimenticato che stiamo ricostruendo la capitale e parte dei villaggi vicini dopo quello che è successo?! >>

<< No, altezza >> insistette Olen << ma impiegheremo meno tempo a preparare le vostre nozze che a ricostruire il regno. Perdonatemi, ma credo che possiate fare a meno del pieno splendore del vostro regno date le circostanze. Mi sembra il modo migliore per far capire alla gente che può smetterla di avere paura e agli altri re che non devono permettersi di pensare che siamo in ginocchio>

Non era lo stato della capitale che lo preoccupava, non ci aveva neanche pensato << Cosa dovremo raccontare alla nobiltà dei regni limitrofi per non invitarli senza scatenare il loro sdegno? >>

<< Non pensavo di fare le cose in piccolo, altezza. Ci manca il tempo di ricostruire, non i soldi per farlo. Possiamo fare le adeguate spese per le nozze reali >> asserì lui serio srotolando un’enorme lista di conti e calcoli.

Tarìc sentì una fitta alla testa solo alla vista di quanto era lunga, non aveva la minima intenzione di mettersi a controllare quello che Olen aveva scritto su quel foglio.

<< Sicuro che si possa fare >> chiese Aaren interessato alla proposta.

Se suo zio non si opponeva, Olen aveva avuto davvero un’idea sensata e lui avrebbe dovuto accettare dimenticando la sua vita e le sue volontà per il benessere del regno.

Eppure non riuscì a tenere la bocca chiusa << Dovrei sposarmi solo per far avere una festa al mio regno? >> chiese sconcertato.

Aveva sempre saputo che accettare la corona voleva dire rinunciare alla propria vita, ma non poteva fare a meno di sentirsi derubato della sua libertà.

L’ammonimento di suo zio non fece che rafforzare quella convinzione << Essere un re comporta sacrifici da re, Tarìc >>

Olen fu più accomodante, ma non meno deciso << Capisco quello che pensate, ma le festività sono troppo lontane. Non mi viene in mente nessuna occasione migliore di questa e mia moglie la pensa come me. Credo che quattro mesi possano essere sufficienti per i preparativi >>

In sostanza, tutta la corte aveva già deciso per lui. Neithel non aveva parlato, ma Tarìc non si aspettava certo un intromissione in quel tipo di discorsi da parte sua.

Sembrava particolarmente preso dai suoi pensieri mentre guardava qualcosa fuori dalla finestra

<< Tu cosa ne pensi? >> gli chiese sperando di riportarlo a quello che per lui era un problema cruciale << Neithel?! >>

<< Hanno ragione, ma l’ultima parola spetta al re >>

La sua ultima speranza di trovare un alleato morì in quella risposta.

Come potevano chiedergli di fare una cosa del genere? L'avrebbe fatto per il bene di tutta la sua gente, certo, ma chi poteva garantire che durante le nozze non li avrebbero attaccati? E cosa sarebbe successo in quel caso?

<< Devo pensarci. Potete andare >>

Rimasto solo, sospirò sconfitto. Neanche Nora lo avrebbe aiutato se schierarsi con lui voleva dire perdere la possibilità di una grande festa. Nora adorava le feste e i ricevimenti e sognava di vedere le nozze reali da quando aveva messo piede nel suo palazzo.

Dopotutto, lui era il re e sulle sue spalle aveva la salvezza del popolo e il suo benessere.

La sua vita era poca cosa in confronto a tutte quelle che doveva tranquillizzare e, se per farlo avrebbe dovuto sposare una sconosciuta, lo avrebbe fatto.

Ma come poteva passare la vita con una sconosciuta? Poteva avere fortuna e ricevere dal Dio una donna che avrebbe imparato ad amare o poteva capitargli il peggio del peggio. Di solito i matrimoni combinati venivano decisi in base alla buona famiglia e, in casi eccezionalmente rari, il re poteva avere delle pretese sulla bellezza della sposa, aveva sentito raccontare diverse storie su re che si erano visti mettere davanti tutte le figlie di qualche altro nobile e aveva ricevuto la grazia di scegliere quella che più si addiceva ai suoi gusti personali, come bestie al mercato.

Detestava quella situazione.

Decise di concedersi una pausa da quei brutti pensieri e cercare il motivo della pesante distrazione di Neithel dalla loro conversazione di prima. Nel giardino reale c’era Nora impegnata in quella che sembrava una accesa conversazione con Elydet, sua sorella e la loro amica. Ecco cosa lo aveva distratto. Non avrebbe mai perdonato quella ragazza.

Ma il re aveva capito cosa fare. Batté le mani e due servi si precipitarono ad attendere i suoi ordini.

<< Voglio Nora nelle mie stanze. Adesso >>

Un inchino veloce ed erano già spariti. La sua amica non lo avrebbe aiutato a evitare le nozze, ma di certo poteva aiutarlo a non impazzire.

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Capitolo 19
*** 18. Compromessi ***


18. Compromessi

-Elydet-

 

Fin da quando era bambina, il tempio della Dea dell’isola era sempre stata la cosa più sfarzosa che avesse visto. Solo il palazzo del re riusciva a tenere testa al lusso del tempio, ma non lo superava.

In quel regno, la Dea Potente non aveva che una misera casupola nei pressi del castello per le funzioni a lei dedicate.

Il re era stato molto generoso a offrirla, certo, però le faceva una strana impressione pensare alla differenza. Sarebbe stata curiosa di sapere se la Dea apprezzava realmente quel dono o se si era offesa per la miseria in cui era costretta ad essere onorata.

Sua madre aveva insistito perché si recassero insieme a pregare lì dopo aver lasciato il dono al Dio.

Lei aveva cercato di convincerla che non era necessario, che se era il Figlio di quella terra che voleva, era il Dio di quella terra che doveva pregare.

Maleca però era stata irremovibile:

<< Non devi mai dimenticare chi sei, neanche per l’uomo che credi di amare più della tua vita perché prima o poi la tua natura prenderà il sopravvento e l’uomo che avrai accanto resterà stordito dal cambiamento >>

E lei l’aveva seguita. Non voleva imbrogliare il Divino Tarìc.

Lei era una straniera dell’isola distrutta, lui non lo avrebbe mai dimenticato nella sua perfezione, ma lei non doveva fargli fare la fatica di ricordarlo da solo.

Dalia si avvicinò a loro con il sorriso che Irmelin avrebbe deriso, ma che sua madre ricambiò

<< Potente Dalia, i miei saluti >>

<< Saluti a voi, nobile Maleca e piccola Elydet. Siete in visita alla Dea per chiedere qualcosa? >>

 

Avrebbe tanto voluto dirle che non erano affari suoi quello che loro dovevano dire alla Dea, ma fu di nuovo sua madre a parlare per lei

<< Abbiamo chiesto una grazia al Dio straniero e volevamo assicurare alla Dea, nostra madre, che non l’abbiamo dimenticata, né ritenuta inferiore. La nostra sola intenzione era quella di non metterla in difficoltà chiedendole qualcosa che non apparteneva alla sua terra e alle sue ali protettrici >>

Gli occhi di Dalia lampeggiarono di interesse in modo strano. Quella donna sapeva.

Doveva aver capito che era innamorata del re, forse l’aveva addirittura spiata.

<< La piccola Elydet ha chiesto, forse, un uomo della fede straniera, Maleca? >>

<< Sì, somma Dalia, è così. Io non voglio che la bellezza di mia figlia appassisca inutilmente e non è rimasto nessuno, nella nostra gente, che sia all’altezza del suo titolo nobiliare. Non credo di offendere la Dea a rispettare il sangue nobile che ha messo nelle sue vene, giusto? Noi nobili portatori del sangue della Dea dobbiamo sempre aiutarci e rispettarci a vicenda, dico bene? >>

Dalia annuì a quello che anche a lei era suonata come una promessa di fedeltà da parte di sua madre alla Somma Sacerdotessa

<< Sei sempre stata una donna saggia, Maleca. È una fortuna che tu sia tornata ad occuparti di tua figlia. Credo stesse smarrendo la retta via per colpa di sua sorella >>

<< Sono certa che avete fatto quanto in vostro potere per evitare che ciò accadesse, potente Dalia. È per questo che vorrei che accettaste il mio omaggio >>

Elydet vide sua madre offrire alla Somma Sacerdotessa una boccetta di profumo che aveva tutta l’aria di essere molto costosa.

Quando si congedarono da Dalia, Maleca posò una mano sulla spalla della figlia lungo il tragitto verso il palazzo

<< Visto tesoro? È facile non mettersi contro le persone importanti. A cosa serve farsi nemica Dalia quando puoi averla dalla tua parte con così poco? Adesso gli Dei sono in pace, non hanno di che lamentarsi di te, le loro rappresentanti sulla terra ti rispettano e niente e nessuno ha un valido motivo per negarti quello che hai chiesto >>

 

<< Ma, se il Dio avesse piani più alti per il re? >>

<< Sciocchezze. I piani per un re sono sempre avere una moglie che appaia bella agli altri e gli dia dei figli forti e sani. Che altro può desiderare? >>

<< Un regno, forse >>

<< Questo regno ha già troppi problemi perché lui possa preoccuparsi di averne un altro da gestire. Vai nella tua stanza adesso e prega. Stai lontana da tua sorella e dalle sue idee rivoluzionarie e dormi bene stanotte. Noi ci vediamo domani >>

<< Non ci sarai a cena? >>

<< Io sì, tu farai meglio a dormire, tesoro mio. Non vorrai presentarti al re la prima notte di nozze con la pancia grassa? >>

<< No, hai ragione, mamma. Buonanotte >>

<< Sono sacrifici che una donna deve fare, bambina. Appena aspetterai un figlio saranno tutti ansiosi di vederti ingrassare e potrai rifarti dei pasti saltati. Per adesso, cerca di pazientare, va bene? >>

Annuì e si congedò da sua madre. Non era entusiasta di saltare la cena, ma cos’era una misera notte con i morsi della fame di fronte alla possibilità di sposare il suo re?

Era davvero una fortuna che sua madre fosse tornata ad occuparsi di lei.

 

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-Tarìc-

 

Rimasto solo, il re sospirò sconfitto. Neanche Nora lo avrebbe aiutato se schierarsi con lui voleva dire perdere la possibilità di una grande festa. Nora adorava le feste e i ricevimenti e sognava di vedere le nozze reali da quando aveva messo piede nel suo palazzo.

E, dopotutto, lui era il re e sulle sue spalle aveva la salvezza del popolo e il suo benessere.

La sua vita era poca cosa in confronto a tutte quelle che doveva tranquillizzare e, se per farlo avrebbe dovuto sposare una sconosciuta, lo avrebbe fatto.

Ma come poteva passare la vita con una sconosciuta? Poteva avere fortuna e ricevere dagli Dei una donna che lui imparasse ad amare o poteva capitargli il peggio del peggio. Di solito i matrimoni combinati venivano decisi in base alla buona famiglia e, in casi eccezionalmente rari, il re poteva avere delle pretese sulla bellezza della sposa, aveva sentito raccontare diverse storie su re che si erano visti mettere davanti tutte le figlie di qualche altro nobile e aveva ricevuto la grazia di scegliere quella che più si addiceva ai suoi gusti personali. Come bestie al mercato.

Detestava quella situazione.

Il lieve bussare di Nora alla porta lo scosse dai suoi pensieri.

La sua amica non lo avrebbe aiutato a evitare le nozze, ma di certo poteva aiutarlo a non sposare la persona sbagliata.

<< Tarìc, va tutto bene? >> chiese lei preoccupata da quella chiamata improvvisa.

<< Ti hanno già esposto i grandi piani della corte reale? >>

<< Me ne ha parlato Ismene questa mattina. Aspettavo solo che gli altri ti lasciassero in pace per chiederti cosa ne pensi >>

Nora era composta e reticente. Era l’ultima delle reazioni che il re si aspettava da lei.

<< Io vorrei sapere la tua opinione prima di decidere >> insistette il re.

<< Non esporrò la mia opinione a un uomo che sembra appena stato calpestato da un esercito! >> dichiarò lei senza neanche cercare di trattenersi dal ridergli in faccia << Sul serio, Tarìc, sembri più preoccupato di quando è arrivato il terremoto. È un matrimonio, non un impiccagione! >>

Forse Nora era troppo giovane per rendersi conto della gravità della situazione. La donna che avrebbe scelto avrebbe influenzato la sua vita e il suo regno finché Dio non l’avesse chiamata nei Regni Eterni. Come poteva prendere a cuore leggero quella nuova decisione?

<< Non mi dirai che hai paura che Elydet del fuoco non accetti? >> gli chiese con il sorriso del bambino che aveva appena rubato tutti i vasi di miele delle dispense reali.

<< Cosa!? >>

Nora scoppiò in una sonora risata divertita << Andiamo, ti conosco troppo bene! Hai passato l’ultimo mese in compagnia di Elydet quando ormai ti aveva già detto tutto quello che poteva dirti sulla sua gente e ti ho visto anche prima alla finestra impegnato a guardarla. Puoi imbrogliare Aaren e gli altri, ma non hai speranze con me >> concluse trionfante.

L’affetto che provava per quella ragazza era inqualificabile. Aveva centrato in pieno il suo problema prima ancora che lui fosse in grado di ammetterlo a sé stesso e, invece di prendere la posizione dei nobili responsabili, si era schierata immediatamente dalla sua parte. Tarìc sapeva che, se avesse avuto la corte contraria e Nora dalla sua parte, pur con tutte le perle di saggezza di Aaren, non si sarebbe mai sentito in colpa per la decisione che avrebbe preso. Nora era in grado di convincere anche le persone più ostinate.

<< Era Neith alla finestra >> le disse per provocarla accusandola di averli confusi.

<< Cosa c’entra lui?! >> chiese arrabbiandosi all’istante << L’ho visto, non preoccuparti! Credi che la vecchia Nora perda di vista i suoi nemici proprio mentre la spiano apertamente!? >>

<< Non credo spiasse te >>

<< Lo so >> annuì ancora furente << Se lo avessi sospettato veramente, mi sarei già vendicata >> ammise come se fosse stata la cosa più ovvia del mondo prima di lasciarsi cadere seduta sul suo letto mettendo da parte l’aria giocosa << Qualcuno degli altri sa delle tue intenzioni? >>

<< Io non ho detto niente >> ammise sperando con tutto sé stesso che nessun altro fosse giunto alla conclusione di Nora con la propria testa.

<< Meglio così. Quei cinque profanatori delle libertà altrui vanno presi alla sprovvista e con decisione perché non possano farti cambiare idea con delle studiate argomentazioni da maniaci del governo >>

<< Ti sembra il modo di parlare della corte reale? >> le chiese divertito.

 Da nessun altro avrebbe accettato un insulto neanche vagamente lontano verso la sua corte, ma Nora era una di loro e sapeva che li rispettava tutti esattamente come rispettava lui. Nel bene e nel male. E lei riprese il suo discorso senza la minima esitazione

<< Tu devi metterti in testa che sei il re. Vuoi sposare una straniera sconosciuta che non sai se porterà beneficio alla tua terra? Sposala! E, se poi le cose vanno male, la accusi di tradimento e la fai esiliare. Nessuno verrà a rinfacciarti che non è vero, sei il re! Il regno è tuo e la tua gente crederà a te! >>

<< Perché, quando parlo con te, sembra sempre tutto semplice? >> le chiese sinceramente ammirato

Lei alzò gli occhi al cielo in un gesto di finta, o forse vera, esasperazione << Perché è semplice! Una cosa è difficile solo se credi che lo sia >>

Tarìc era sicuro che quella non fosse una frase di Nora. Non l’aveva mai sentita in vita sua e sospettava fortemente di sapere da quale regno veniva quel detto << Questa dove l’hai presa? >>

<< Irmelin >> confessò lei fiera confermando le sue ipotesi << Quella ragazza è più furba di tutta la tua corte messa insieme >>

<< Hai scoperto qualcosa? >>

<< Oh, sì! È il tuo giorno fortunato! Ultimamente Sel e Irmy hanno capito che Ely è diventata la tua spia personale per colpa di quello zuccone di tuo cugino. Se Ely ti dice una cosa, tu la dici a lui e lui fa il despota con Selyan sputandole in faccia cose che solo sua sorella può sapere, è ovvio che Sel capirà chi è stato a parlare! E, se non lo capisce lei, lo capisce Irmelin senza la minima difficoltà. Devi dirgli che la smetta di usare le tue informazioni per le sue torture >>

<< Non ho mai riferito a Neith le cose che mi dice Elydet >> le rivelò serio.

Nora rimase un attimo immobile con gli occhi sgranati per la sorpresa << Mai?! >>

Vide la confusione passare sul viso della sua amica prima che lei annuisse da sola ai suoi pensieri

<< Ti spiava >> disse in tono solenne convinta della propria teoria << È un guardone che ti spiava sperando di vederti - >>

<< Nora, cos’è successo ieri? >> la interruppe il re prima che si perdesse negli insulti a Neithel e dimenticasse il resto.

<< Tu hai rapito Elydet, Sel ha detto che sarebbe andata alla funzione serale settimanale di Dalia e Irmy l’ha spedita da sola da quella vecchia ciarlatana dandole della pazza perché ancora si ostina ad ascoltarla. Poi si è sentita in colpa e l’ha seguita >>

Non c’era niente di strano in quello che gli aveva raccontato. Evidentemente era una delle sue pause ad effetto. << Qual è il problema? >>

<< Selyan non è mai arrivata da Dalia e non c’era neanche suo fratello. Irmy è corsa a chiedermi se l’avessi vista e, quando ho detto di no, è impazzita. Ha cominciato a imprecare e parlare di tutto e di tutti come non aveva mai fatto prima >>

Le guance di Nora erano arrossate dal fervore del discorso e dal suo orgoglio per aver svolto il compito che le aveva affidato. Tarìc prese una sedia e si mise comodo sapendo che ne avrebbe avuto per un po’ e che, forse, avrebbe scoperto delle cose per le quali era meglio che fosse seduto

<< Irmy crede che Xander sia un idiota senza cervello e che sia anche pericoloso lasciare Sel sola con lui. Ha detto che lui è un violento e un pazzo e che lei non ha la capacità di rendersi conto di essere nei guai fino al collo da quando lui è tornato >>

Aveva decisamente fatto bene a sedersi << Perché? >>

<< Non ne ho idea. Irmy ha detto che è sicura che lui le farà del male se non si allontana in fretta, ma non ha voluto dirmi altro e io avevo troppa paura che smettesse di parlare per insistere >>

<< Saggia decisione. Le hai chiesto perché Ely non passa più molto tempo con loro? >>

<< Mi hai preso per una buona a nulla? Neithel ti sta contagiando e anche tu pensi che io riesca solo a fare confusione?! >>

<< Sai che non penserei mai una cosa del genere >>

Nora sembrò pensarci su e la vide rilassarsi e annuire felice. Era una bambina.

<< Non hanno proprio discusso, è solo… ecco… io credo che tu abbia scelto la persona sbagliata per le tue indagini, Tarìc. Elydet è cresciuta insultando e sentendo insultare sua sorella ogni benedetto giorno che la sua Dea le ha concesso, secondo le esatte parole di Irmelin. Maleca odia Selyan, la detesta con tutte le sue forze dal giorno in cui ha sposato un uomo che aveva già una figlia e passava tutto il suo tempo libero con lei >>

<< Perché? >>

<< Beh… credo che il matrimonio con Maleca sia stata una forzatura della nobiltà di quel posto. Pare che lui amasse perdutamente la madre di Selyan e che tenesse molto più a lei che alla moglie e alla sua seconda figlia >>

<< Come si può fare distinzione tra i propri figli? >> chiese Tarìc scioccato da quella cosa e trasportato da un moto di affetto improvviso verso Elydet.

<< Irmy ha detto che faceva così perché Elydet aveva sua madre e non sopportava che Selyan fosse cresciuta da persone che non avevano nessun legame di sangue con lei, per quanto pare che la trattassero come una figlia. Elydet è cresciuta sentendo insultare sua sorella e odiandola per averle rubato il padre. Quando è entrata al tempio non si rivolgevano neanche la parola. Pare che siano diventate improvvisamente amiche quando è scoppiata la guerra e Selyan si è trovata a essere una tra le più potenti sacerdotesse del tempio con un fratello messo in buona posizione nell’esercito che non pensava ad altro che a proteggere lei e le sue sorelle >>

Quello di Nora era una ragionamento che aveva senso, ma non riusciva a credere che la ragazza che aveva imparato a conoscere fosse una persona capace di approfittare di una sorella che odiava solo per avere la vita un po’ meno difficile di quello che sarebbe stata altrimenti. Elydet non era così.

<< Non credo che Elydet sia il tipo di persona che stringe rapporti per convenienza, Nora >>

Lei alzò le spalle con una chiara espressione di dubbio sul viso << Forse non l’ha fatto consapevolmente. Potrebbe essersi trovata costretta a stare con sua sorella per convenienza o per ordine del padre. Per un breve periodo ha creduto di volerle bene o di essere sua amica, ma alla lunga la cosa l’ha stancata. Ho visto quanto Sel si dia da fare per aiutare Elydet e anche quanto possa diventare scostante e isolata nelle sue giornatacce. Irmy ha detto che una come Sel si ama o si odia senza vie di mezzo e che Elydet è troppo figlia di sua madre per essere sua sorella. Credo di aver afferrato il senso di questa frase, ma non chiedermi di spiegartelo per favore. Per me è troppo! >> concluse scuotendo la testa con le mani alle tempie per la complessità del ragionamento.

<< Ho capito, non preoccuparti. Sono impressionato dalle tue doti di spionaggio, davvero. Sei la migliore fonte di informazioni di tutto il palazzo >>

<< Oh, non lusingarmi così! >> disse lei arrossendo però per il piacere di quel complimento << Uso solo il cervello e le buone maniere. Voi siete troppo impegnati a tessere reti di spionaggio per ricordarvi che basta fare una domanda ai diretti interessati. Sposerai Elydet? >>

<< Ne ho tutta l’intenzione >>

<< Ma…? >> lo esortò.

Lui sospirò sconfortato << Il regno si aspettava una principessa di un casato benestante che risanasse la nostra situazione >>

<< La tua gente si aspetta solo un grosso, colossale, banchetto nunziale, un tetto sopra la testa, il cibo sul tavolo e un soldato che passi ogni tanto per strada per ricordare a tutti che hai un esercito pronto a difenderci in caso di bisogno. Puoi scegliere anche una mendica se fai queste cose >>

<< Irmelin di nuovo? >>

<< Tanet >> lo corresse << Lo ha detto quando hai preso la corona e qualcuno ha fatto una battuta su chi avresti sposato >>

Ecco il vero dono di Nora. Non era la sua simpatia, la sua intelligenza o la discreta dose di potere magico che Dio le aveva concesso, la sua qualità principiale era ricordare le conversazioni a anni di distanza. Ne erano passati almeno sei da quando aveva preso la corona e lei era solo una bambina all’epoca, ma ricordava ancora tutto.

<< Vai a dormire invece di perdere altro tempo a pensarci, hai davvero un pessimo aspetto >>

E la sua sincerità non era da meno.

<< Ti ringrazio, Nora >>

<< Ti insulto quando vuoi >> lo prese in giro abbracciandolo per salutarlo << Ci vediamo a cena >>

<< Devo chiederti un favore >>

<< Devo uccidere Neithel? >> chiese lei saltellando per la felicità.

<< Devi lasciare che Irmelin e Selyan continuino a credere che Neith sappia da me e da Elydet quello che loro cercano di nascondergli >>

Nora si fermò a riflettere sulle sue parole e lui sapeva di doverle lasciare il tempo che le serviva perché capisse che era davvero serio << Vuoi che si convincano che è incapace di spiarle a dovere? >>

<< Esatto >>

<< Sai che, se si tratta di farlo sembrare incapace, hai tutta la mia collaborazione. Non dirò niente! >>

Quando Nora sparì, il consiglio di sdraiarsi lo tentò davvero, ma un re non poteva permettersi il riposo di metà pomeriggio. Certo non un re con tutti gli impegni che aveva lui. Se la storia del matrimonio doveva essere portata a termine, non poteva perdere un minuto di più.

 

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-Selyan-

Tanet le aveva ordinato di non esagerare sotto il suo comando e lei aveva giurato che avrebbe obbedito. Aveva provato con tutta sé stessa a rispettare quell’ordine, ma come poteva ignorare Palis con la mano quasi mozzata per un incidente con una parete crollata?

Garlem non aveva neanche parlato e si era avvicinato con la sega, il soldato aveva bestemmiato in un modo che anche alle sue orecchie straniere era parso osceno e lei si era precipitata ad implorare Tanet perché lo fermasse.

Sapeva che il comandante delle guardie teneva a quell’uomo e che era l’unico in grado di fermare il sacerdote. Il Potente Garlem l’aveva guardata con tutto lo sdegno possibile e poi le aveva giurato che non l’avrebbe assolutamente aiutata e poi si era presa lo sdegno del sacerdote e il suo giuramento di non aiutarla nemmeno in caso di rischio di decesso dell’infortunato.

Selyan aveva accettato a testa alta. E se n’era anche pentita quasi subito.

Non era stata cosa facile, era stato un lavoro pesante e stancante e non era neanche certa che quella mano non avesse riportato difetti permanenti, ma almeno era attaccata, non sarebbe andata in cancrena, ed era sicura che avesse una minima capacità di movimento.

A suo parere qualsiasi cosa era meglio che una mano tagliata e Palis era più che d’accordo con lei. Avrebbe volentieri implorato il perdono di Garlem implorandolo di far ricucire il resto a qualcuno, ma il sacerdote aveva giurato a tutti i suoi di farli sbattere fuori dal tempio se l’avessero aiutata e lei era certa che il Sommo Neithel avrebbe appoggiato quella decisione sbattendo fuori veramente chiunque l’avesse aiutata.

Non le era rimasto che avvertire Palis che non era brava a ricucire e provarci togliendo la sensibilità dal gomito in giù per non farlo soffrire inutilmente con i suoi tentennamenti.

<< Ragazza, dimmi la verità, mi hai mozzato la mano a tradimento? >>

<< Fammi finire, la tua mano è ancora al suo posto >> lo tranquillizzò vagamente divertita.

Se non lo avesse conosciuto si sarebbe offesa e gli avrebbe dato dell’arrogante, ma sapeva che Palis era troppo orgoglioso per ammettere di avere paura e cercava di nascondere la preoccupazione sotto il tono di rimprovero. 

<< Sei pallida, vuoi riposarti? Io posso resistere, se svieni tu, sono sicuro che me la taglieranno >>

Lei scosse la testa << Sto bene, solo… non sono abituata a ricucire con ago e filo e mi dà fastidio >>

<< Sei una strana guaritrice >> commentò << ma, se mi riattaccherai la mano prima di sera, ti pagherò in oro per il tuo lavoro >>

<< Non voglio il tuo oro, uso solo quello che la Dea mi ha dato per qualcosa di buono >> e se solo quell’uomo avesse saputo quanto c’era di nascosto dietro quella frase, sarebbe sicuramente fuggito il più lontano possibile da lei, senza neanche farsi guarire

<< Mi stai dando la possibilità di prendere in braccio il mio primo nipote stasera >> le rivelò entusiasta

Ecco il motivo delle distrazioni continue di quell’uomo quella mattina. Aveva sentito una lista di bestemmie più lunga del solito provenire dalla sua direzione mentre lavorava, ma aveva pensato solo a una brutta giornata o a una lite con la moglie. L’ansia di prendere in braccio il nipotino spiegava tutto << È nato da poco? >>

Lui scosse la testa contrariato << Mia figlia ha fatto chiamare la levatrice questa mattina prima che io venissi al campo e quella donna ha detto che probabilmente avrei fatto prima io a tornare che lei a farlo nascere >>

<< Perché così tanto? >>

<< Mia figlia è giovane, ragazza, ed è il suo primo bambino, è normale che ci voglia del tempo. Sei così esperta di mani e così poco di bambini? >>

Lei alzò le spalle. Palis aveva ragione, aveva fatto una domanda stupida, ma la sua memoria era piena solo di battaglie e ferite di soldati. Non ricordava più di aver imparato altro al suo tempio. Però aveva scoperto che parlare distraeva entrambi alleggerendo la tensione da lui e la paura di sbagliare da lei. Non era una cattiva cosa…

<< Ho imparato il mio mestiere sul campo di battaglia soldato, la Dea non mi ha dato la fortuna di imparare la mia arte facendo nascere le creature >>

ma preferì non dire che le aveva dato la sfortuna di veder morire la gente << Tu hai combattuto molte battaglie? >> chiese per cambiare discorso

<< Nessuno può dire di aver combattuto molte battaglie, ragazza >> sbottò lui << Se senti qualcuno dire una cosa del genere, probabilmente è un nobile pomposo che se ne stava nelle retrovie o nel suo palazzo mandando avanti i soldati o è un bugiardo che vuole farsi bello agli occhi di una ragazza. Io ne ho combattuta solo una, grazie a Dio, e sono tornato a casa tutto intero >>

Il suo cervello stanco si riattivò tutto insieme. Nessuno parlava mai del passato in quel regno, era un’occasione da non perdere! << Posso chiederti quando? >>

<< Quasi dieci anni fa. Cosa vuoi sapere? Se sono fiero del lavoro della mia spada o se mi manca la guerra? Sei anche tu una di quelle ragazze che stravedono per gli assassini? >> chiese lui guardandola in faccia con l’aria schifata. Non poteva insistere sulla guerra che lui si era lasciato sfuggire, forse poteva raccontare lei qualcosa a quell’uomo e guadagnarsi la sua fiducia

<< Credo… credo di far parte degli assassini, piuttosto. Combattevo con i soldati >> ammise

<< Lo so, ne parlano tutti ma nessuno ci crede >> le disse << Sarebbero state strane le cose nella tua terra se fosse vero! >>

<< Io potrei dire che sono strane nella vostra >> ribattè. Sentir criticare l’isola le aveva dato una stretta allo stomaco e, per quanto capisse che era stupido da parte sua, si era offesa.

<< Sciocchezze! >> sbottò lui << Qui è tutto perfettamente normale: le donne fanno i bambini e gli uomini fanno le guerre. Ognuno ha il suo posto. Se le donne combattevano, vuoi forse dire che erano i vostri uomini a partorire i vostri figli? >>

Palis aveva eliminato la sua rabbia con quella stupida domanda. La fece anche ridere << Hai ragione tu, soldato. Avevamo ruoli un po’ confusi negli ultimi tempi >>

<< A dir poco, ragazza! Chi manderebbe delle ragazze sul campo di battaglia? >> chiese lui dopo aver dato un generoso sorso a una bottiglia di vino portatagli da un altro soldato

Ma il desiderio di difendere la sua terra non era sparito e non si era alleviato << Sapevamo difenderci anche noi >>

<< Non riesco a immaginarmi una ragazza dell’età di mia figlia con una spada in mano che uccide la gente. Hai ucciso molti soldati? >>

Non voleva rispondere. Non voleva neanche pensarci! Aveva sbagliato in pieno a parlare di quelle cose con lui. Meglio tornare al lieto evento in casa sua e parlarne almeno finché non avesse finito con la sua mano << Tua figlia ha già scelto il nome per il bambino? >>

<< Ancora confusione >> sospirò lui prima di spiegarle << La donna dà la vita alla creatura e l’uomo il nome >>

<< Ma avevi detto “l’uomo la guerra e la donna i bambini” >>

Lui sbuffò di nuovo << L’uomo la guerra e la donna la casa. Ho paura a chiederti chi era a scegliere i nomi da voi >>

<< Non c’era una persona in particolare per sceglierli. Ognuno poteva fare le sue proposte. Era un accordo tra tutta la famiglia, credo. Il mio lo hanno scelto mio fratello e mia zia >>

Già… perfino il nome che portava lo aveva scelto lui… Forse per quello non le dava fastidio che nelle squadre usassero un appellativo invece del suo nome. Anche sentirsi chiamare le ricordava suo fratello

<< Che strana cosa. Perché non tua madre? >>

<< Mia madre era convinta che fosse assurdo scegliere un nome prima di vedermi in faccia e purtroppo la Dea non gliene ha dato la possibilità >>

<< Sei riuscita a farmi preoccupare dannazione! >> la sgridò rischiando di muovere la mano che stava riattaccando per lo scatto

Appena lo toccò di nuovo, Selyan ebbe la certezza che le cose sarebbero andate bene per lui. Era raro che capisse qualcosa delle visioni, più che mai in quelle istantanee e fugaci come quella. Se era così chiara, non poteva nascondere niente di brutto per quell’uomo

<< Non preoccuparti per tua figlia. Anche mia madre aveva il dono delle visioni e molti credevano che non avesse mai voluto darmi un nome perché sapeva quello che sarebbe successo e la sua famiglia era troppo povera per permettersi una levatrice del tempio. Le cose sono andate come la Dea ha voluto. Sono sicura che tua figlia non avrà problemi. E , per quanto lieve, il dono di mia madre mi ha suggerito di tranquillizzarti e mandarti a casa subito. Abbraccia tua figlia e culla tuo nipote. Soldato, ho finito con la tua mano >>

<< Sul serio? >>

<< Non odiarmi troppo per la brutta cicatrice, per favore. Ti ho detto che non so ricucire >>

Lui le mise la mano sana sulla spalla mentre ammirava l’altra fasciata e ancora gonfia << Ti sono riconoscente, ragazza, dal profondo del cuore: grazie >>

<< Ho fatto solo quello che dovevo >>

Qualcuno si era avvicinato a spettegolare con Palis del suo lavoro, qualcun altro la chiamava per trasportare qualcosa. Lei aveva la testa pesante e le orecchie che fischiavano. Era troppo stanca per continuare. Non sapeva se era colpa del lavoro che aveva fatto con quell’uomo o delle chiacchiere e dei pensieri. Sapeva solo che non poteva continuare. Chiese il permesso a Tanet e poi si avviò verso casa

<< Ehi, aspetta >>

Un giovane soldato dai lunghi ricci biondi si stava dirigendo verso di lei << Hai dimenticato le tue cose >> le disse porgendole la sua borsa.

Lei la afferrò ringraziandolo e imprecando mentalmente per la propria idiozia

<< Sei strana >> commentò lui a sorpresa alle sue spalle

<< Perché ho dimenticato una borsa? Se voi non dimenticaste mai niente non esisterebbero i trasportatori nelle squadre >> rispose scortese. Sperava di toglierselo di torno il prima possibile. Non voleva compagnia e non voleva uno sconosciuto tra i piedi. Voleva solo andare a dormire

<< La comprensibile acidità di chi deve fare tutti i giorni quel lavoro. Posso accettarlo. A me è toccato tre giorni di fila per un cambio e volevo picchiare qualcuno, immagino te che- >>

<< Senti, puoi dirmi cosa vuoi e la facciamo finita? >> lo interruppe

<< Accompagnarti per po’ e chiederti perché ti trattano in quel modo >> ammise lui come se fosse stata la cosa più innocente del mondo

<< Quale modo? >>

<< Ragazza >> chiarì quasi schifato << I più non sanno ancora come ti chiami, il nobile Tanet non ti chiama mai per non infierire su di te e ti tratta da condannata da aiutare, il nobile Neithel non ti chiama perché non gliene dai mai modo e tu tratti lui come se fosse la tua peggiore condanna. Solo la Nobile Ismene sembra trattarti come tutti gli altri >>

La osservava da parecchio a quanto pareva. Perché? Forse doveva chiederglielo, ma sapeva che nessuno dava niente per niente al mondo. Se voleva una sua risposta, doveva essere prima lei a farlo << Mi chiamo Selyan >>

<< Lo so. Io sono Alekos >> le rivelò sorridendo divertito probabilmente dalla sua sorpresa

<< Perché mi hai osservata tutto questo tempo? >>

<< Sei diversa da tutte le ragazze che conosco e fidati, mia moglie ha tante amiche e riempie sempre la casa, ne conosco tante >> le rivelò ridendo di gusto per qualcosa che solo lui poteva sapere

Non aveva la minima voglia di attirare le chiacchiere del paese o la rabbia della moglie. Doveva allontanarlo subito << Se hai una moglie perché guardi le altre? >>

Lui rise seriamente divertito a quella risposta << Oh, andiamo, non vuoi proprio deporre le armi? Non mi pare di averti fatto qualcosa di male. Ho notato la camminata ridicola di Treab, il caratteraccio di Palis, i baci che mi lancia la stupida ai piatti e il tuo comportamento completamente disinteressato al fatto che tu sia una donna che fa un lavoro da uomo >>

<< Sono cresciuta in mezzo ai soldati, per me è normale >>

<< Kore mi ha detto che ha saputo da Tanet che sei figlia di un generale e combatti con la spada >>

Kore…. Tanet… era troppo! Ma non avevano proprio di meglio da fare?!

<< Perché parlate di me?! >> chiese arrabbiata

<< Ragazza, non hai notato che parliamo di tutti? >> le suggerì con una pacca sulla spalla

Era decisamente il momento d chiarire la questione. Se lui era stupido, lo avrebbe rimesso a posto lei << Non voglio avere rogne. Tu mi tocchi la spalla in pubblico, qualcuno lo va a dire a tua moglie e io ho problemi che non voglio >>

<< Mia moglie sa benissimo che ho la brutta abitudine di toccare le persone con cui parlo. Non farti problemi non tuoi. La amo più della mia vita, non la tradirei né metterei mai in giro voci che potrebbero farla vergognare mentre è impegnata a crescere il nostro bambino di sei mesi. È una donna eccezionale e si preoccupa anche di badare a mio fratello, mia sorella e mia madre ormai cieca e malata mentre io lavoro per guadagnare il pane. La sua famiglia sta a due giorni da qui. Di solito non mi prendo mezze giornate libere perché più lavoro, meglio viviamo tutti, ma ieri sono scivolato e mi fa ancora male la spalla. Non voglio sforzarla troppo rischiando di stare a casa una settimana invece che un pomeriggio >>

Era certa che Irmelin avrebbe imprecato dopo un discorso così lungo fatto da qualcuno quando lei era così stanca e stordita. Lui aveva lavorato tutta la mattina e aveva ancora tanto fiato da sprecare. Possibile? Forse c’era altro sotto…

<< Sei uno che parla tanto, ma non credo alla storia della gentilezza e della compagnia, cosa vuoi chiedermi, soldato? >>

<< Non sono un truffatore, ragazza! Volevo solo essere gentile con te, ma ha ragione il nobile Neithel, meglio starti alla larga >> sbottò lui prima di cambiare improvvisamente strada lasciandola sola.

Assurdo come quel suo improvviso offendersi l’avesse fatta sentire in colpa. Era solo un soldato che lavorava con lei ogni mattina, perché lo aveva trattato così male?

Probabilmente era stata la stanchezza a parlare per lei. Tornò al palazzo e si costrinse a dormire almeno un’ora prima di cercare un viso noto tra le guardie di turno al palazzo. La buona sorte quella volta aveva deciso di mettere Kore al portone. Bastò raccontargli quello che era successo per ottenere le indicazioni per arrivare a casa di Alekos, l’invito a recarsi a casa sua e il racconto di come si era slogato una spalla che non ne voleva sapere di dargli pace. Probabilmente cercava solo il modo di chiederle aiuto senza sembrare invadente o senza farla sentire usata e lei lo aveva maltrattato. Si sentiva in colpa da morire e mentre camminava, pregando la Dea di far funzionare il suo senso dell’orientamento scadente e il Dio straniero di farla arrivare alla casa del suo soldato, cercava di trovare il modo più giusto di scusarsi. Non era mai stata brava a trattare con gli sconosciuti, dannata la sua poca fiducia negli altri!

Bussò alla porta della terza casa del quartiere delle guardie di basso rango, come indicato da Kore e si vide aprire da una bambina di sei o sette anni

<< Ciao, sto cercando- >>

<< Liviaaaa! È arrivata la tua amica! >> urlò lei con tutto il fiato che aveva in gola mentre la tirava dentro. Sicuramente avevano sentito anche tutti i vicini. Perché aveva gridato in quel modo? << Liviaaaaaaa! >>

L’aveva lasciata da sola ed era corsa via per la casa. Selyan non sapeva cosa fare. Non voleva aggirarsi per una casa che non era la sua, e non aveva idea del perché avesse urlato in quel modo.

Un attimo dopo dalla stessa porta da cui era sparita la bambina era comparsa una donna. Doveva avere la sua età. Era davvero una donna bellissima a suo parere. Aveva dei lunghi capelli biondi intrecciati in una treccia ormai tutta spettinata, aveva il viso rotondo di chi ha qualche chilo di troppo, ma a lei sembrava bellissima. Forse per gli occhi blu mare che aveva

<< Immagino tu sia Selyan, vero? >>

<< Sì, io… volevo scusarmi e… >>

Lei scosse la testa e la interruppe << Mio marito mi ha raccontato quello che ha fatto, non sei tu a doverti scusare. Gli avevo detto che doveva lasciarti in pace >>

Sembrava che non volesse avere niente a che fare con lei. Come poteva darle torto dopo il modo in cui aveva trattato il marito?

<< Sono stata sgarbata con lui e non mi aveva fatto niente. La sua spalla è tanto grave? >>

Lei scosse la testa di nuovo << Domani chiamerò un sacerdote del nostro Dio, non preoccuparti, sono cose che capitano >>

Ma non voleva andare via senza aver rimediato al suo errore, perciò provò a insistere << Il mio promesso sposo all’isola si ruppe una spalla cadendo da cavallo. So com’è. Se avete bisogno di qualsiasi cosa, anche la spesa o per i bambini, io… vorrei ripagare l’offesa di questa mattina >>

<< Qui le offese non si ripagano, non preoccuparti. Solo… Il tuo fidanzato si è ripreso del tutto? >>

Quella era la giornata dei ricordi a quanto pareva. Non c’era modo di starne lontana. Annuì e basta sperando che bastasse alla donna

<< Io ho saputo da una vicina che suo padre ha avuto dolore per tutta la vita per un brutto incidente. I sacerdoti del Dio gli hanno sempre detto che non aveva niente e che era normale che le ossa rotte facessero male col passare degli anni, ma… Alekos è giovane e io non vorrei…  >>

Non bastava. Lei non le era simpatica, lo vedeva da come la guardava, ma forse poteva calmarla comunque raccontandole un altro dei pezzi di vita che cercava di tenere nascosti perché non le facessero troppo male

<< Nei due anni dopo la sua guarigione non l’ho mai sentito lamentarsi né l’ho mai visto soffrire in silenzio per quella ferita. So guarire le persone, ero tra le migliori del mio tempio prima che la guerra ci separasse portando me a giurare fedeltà al vostro re e lui al cospetto della  Dea. Tuo marito si riprenderà, ti chiedo scusa per avergli risposto male e per essere venuta qui senza avvisare >>

Non le lasciò neanche il tempo di girarsi per andarsene che le chiarì il problema << Mio marito mi ha detto che sei una protetta del nobile Neithel e che lui non ti perde mai di vista. Perché lo fa? Non sei affidabile? >>

<< Tendo a mettermi nei guai più spesso di quanto vorrei ed essendo una sua responsabilità, non vuole doversi scusare con la Somma Sacerdotessa per avermi costretta ad una punizione che mi è costata la vita solo perché sono stupida >> era la risposta più sincera che poteva darle

<< Quindi non sei inadatta al posto che ti avevano riservato >> disse la donna più a se stessa che a lei << Vorresti… Non credo sia un’offesa al Dio se sei protetta del suo Sommo sacerdote se… >> poi sbuffò e riprese da capo << Potresti controllare anche tu? Io non l’ho mai visto lamentarsi per qualcosa. L’ho visto lavorare con la febbre alta, passare una notte intera in piedi con il bambino quando avevo la febbre io e poi lavorare senza lamentarsi e adesso… ho paura di vederlo a letto a quest’ora del pomeriggio ma mi è stato detto che il nobile Neithel non è in città e il Potente Garlem lo ha già controllato ieri. Non che io non mi fidi dei ministri del Dio, ma più di una persona si è lamentata dei servigi del Potente Garlem. Non ricorrerei a te se non ne avessi necessità >>

Era vagamente offensiva come richiesta, ma non poteva lamentarsi dopo il modo in cui aveva trattato suo marito << Capisco. Potete sempre dire al Nobile Neithel che vi ho mentito o- >>

<< È del Dio che ho paura, non degli uomini >> chiarì lei << ma non credo che ti abbia fatta venire qui per metterci alla prova, mi pare che ce ne dia già abbastanza negli ultimi tempi. Vieni >>

Lei preferì non chiedere chiarimenti rischiando di passare per impicciona e si limitò a seguirla. La bambina che le aveva aperto la porta era seduta su una sedia poco lontana dal letto e chiacchierava spedita al soldato che, evidentemente, era troppo stordito per ascoltarla ma provava lo stesso a mostrarsi interessato. Non poteva lasciare a pezzi un uomo del genere. Neanche dopo aver riattaccato la mano a Palis dando quasi fondo al suo potere. Le bastò attivare la pietra per capire che Alekos non avrebbe mai dovuto alzarsi dal letto quella mattina

<< Come diamine hai fatto a lavorare in queste condizioni stamani?! >> gli chiese stupita

<< Se spaventi mia moglie, parlo con il Sommo del tuo tempio >> la minacciò lui

Guardò la bambina, poi la moglie del soldato e lei capì << Tesoro, vai in cucina e restaci >>

<< Fortuna che sposto travi tutte le mattine e tengo allenati i muscoli >> sbottò prima di tirare la sua spalla indietro con uno strattone. Allo schioccò seguì l’urlo soffocato di Alekos e quello terrorizzato di sua moglie ma nessuno dei due si mosse e il suo potere smorzò il dolore

<< Era fuori posto >> li informò

Fu lui a riprendersi per primo << Il potente Garlem aveva detto che sarebbe rientrata da sola e, se non era insopportabile, di lasciare che guarisse così >>

Lei, purtroppo, quel giorno aveva spinto il suo cervello a pensare troppe volte alla sua vita passata per non avere la risposta pronta allo strano comportamento dei sacerdoti << Per chi non deve lavorare tutti i giorni non è un pessimo consiglio: risparmia le energie dei Potenti per cose più gravi e mette a riposo un operaio stanco che produrrà di più al suo rientro, ma non aiuta certo un padre di famiglia a tirare avanti >>

Livia annuì e Alekos si sedette muovendo il braccio offeso per essere sicuro che stesse bene

<< Ci danno metà paga quando siamo malati per colpa loro >>

Lei rise divertita prima di ammettere << Io non sono neanche pagata >>

<< Hanno scommesso su di te >>

Lei sussultò e la moglie si intromise << Caro, non dovresti dirglielo >>

Perché anche una donna che non aveva mai visto sapeva i pettegolezzi su di lei ma lei non ne era a conoscenza?! << Chi?! >>

<< Kore e il nobile Tanet hanno scommesso che troverai marito entro la fine della tua permanenza nelle squadre >>

Scosse la testa rifiutandosi di pensare che non era neanche a un anno di distanza dalla caduta dell’isola e lei non avrebbe mai potuto innamorarsi di qualcuno prima che… Non doveva pensare! << Beh, si sbagliano. Non sono una donnaccia >>

<< Per questo piaci a molti >>

<< Lavorate o vi fate i fatti… >> si rese contro immediatamente che la sua domanda non aveva senso. Era ovvio che si facessero i fatti degli altri << Oh, lascia perdere >>

<< Brava, ragazza >> la prese in giro lui << Come mi sdebito con te? >>

<< Posso non essere mai stata qui a meno che il nobile Neithel o altri del tempio non abbiano da lamentarsi con voi? >>

<< Non sei stata qui se non per i sacerdoti guaritori. Mia sorella ha già fatto sapere a tutti i vicini che sei la sua amica perciò mia moglie uscirà con te, ti accompagnerà al mercato e appena il piccolo uragano si addormenterà li lascerò soli un attimo per godermi un po’ d’aria con la mia adorata >>

La strada con la sconosciuta non era stata niente di eccezionale. La donna era confusa dall’uscire con una persona nuova lasciando la famiglia a casa e lei non le stava neanche troppo simpatica. Selyan era stanca e scoprì che non si ricordava più come si parlava con le persone appena conosciute. Forse non lo aveva mai saputo, ma non le importava poi tanto. Le bastava sapere che il dannato potere nelle sue vene quel giorno invece di distruggere aveva aiutato due brave persone a non perdere la loro vita di tutti i giorni. Poteva anche saltare la cena ed andare a letto soddisfatta.

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Capitolo 20
*** 19. Proposta ***


Capitolo 19

 

-Tarìc-

 

Mentre scendeva nelle profondità della zona proibita del Tempio della Ragione, il re continuava a pregare il Dio onnipotente di aiutarlo.

Non era vigliacco, non lo era mai stato, ma scendere nella cripta Proibita lo innervosiva sempre.

Tutti erano stati minacciato almeno una volta dai genitori di venirci rinchiusi, poi erano cresciuti e avevano imparavano a credere all’esistenza di quella cripta come ai mostri sotto il letto.

Tutti tranne i reali che quel posto, purtroppo, lo conoscevano.

Il re era certo che nessun altro posto al mondo fosse in grado di incutere quel timore dentro le ossa.

Il corridoio di accesso era noto solo al re, ai Sommi Sacerdoti e a uno o due altri sacerdoti maggiori.

Nessun altro sapeva che alla fine della scala delle prigioni ne iniziava un’altra che scendeva molto più in profondità e che una identica era posta sotto l’altare del tempio della Ragione.

La cripta proibita era alla fine di una interminabile scala a chiocciola posta a metà del corridoio sotterraneo che univa i due templi, nelle viscere della terra.

Quel posto era più vecchio del regno stesso, costruito da Dio con le sue Mani per imprigionare il male e proteggere il suo popolo e le sue pareti assorbivano i poteri magici di chiunque vi entrasse come la sabbia delle spiagge assorbiva l’acqua del fiume.

Tarìc era certo che qualcuno gli avesse raccontato delle storie di potenti sacerdoti scesi lì e tornati in superficie senza la minima traccia dei loro poteri, incapaci anche di usare la più infantile delle formule magiche. Sapeva che i bracciali del Dio proteggevano da quell’effetto, ma sentiva la pelle d’oca e le orecchie che fischiavano.

Raggiunto l’ultimo gradino, alzò la torcia verso la cella e si prese un attimo per calmarsi. Non poteva permettersi tentennamenti davanti alla grata che rivedeva ogni notte nei suoi incubi

<< Il re in persona >> commentò la voce da sotto il pesante mantello da rinnegato.

Neanche le cappe magiche e la cella della cripta riuscivano a sottomettere il suo potere.

Tarìc non riusciva ancora a guardare oltre le sbarre e provare pena per le braccia sicuramente segnate dalle catene, né per gli occhi impossibilitati da mesi a vedere la luce del sole. Non gli importava niente delle sue condizioni. Niente che non fosse il desiderio di vedere Dio concedere la morte a quella che secondo lui era l’incarnazione della perfidia.

<< Non è buffo che un sovrano per sposarsi debba chiedere il permesso ad un prigioniero? >>

Dal giorno in cui quella creatura infernale aveva messo piede nel suo regno, Tarìc aveva scoperto che il suo bisogno di uccidere diventava più forte ogni volta che si trovava davanti a quelle sbarre.

A nessuno che supplicasse la protezione del Dio del perdono giurando di avere un buon motivo per gli atti che aveva commesso poteva essere negata l’espiazione da Rinnegato, ma Tarìc aveva discusso con tutta la corte e passato svariate notti in bianco nella cappella del palazzo prima di convincersi a concedere anche a quel mostro quella possibilità. Avrebbe preferito infinitamente farlo giustiziare. O, meglio, giustiziarlo con le sue stesse mani. Non era compito del re eseguire le condanne a morte, ma vedere il suo regno distrutto era una cosa che non riusciva a sopportare. Le catene e le torture che, sapeva, erano state inflitte a quello sputo dell’Inferno, non erano abbastanza.

<< I tuoi permessi non valgono niente >> affermò il re con disprezzo

<< No, certo. Vale il fatto che i miei occhi al buio riescano a vedere più lontano dei vostri alla luce del sole >> commentò << Cosa fareste se mi rifiutassi di rispondervi? >>

<< Tu cosa faresti se sfidassi il mio Dio e la mia coscienza per il puro piacere di vendicarmi? >> chiese Tarìc invocando mentalmente il perdono di Dio. Sapeva che, per dispetto a quell’abominio, avrebbe davvero commesso anche il più vile degli atti

<< Non vi facevo così duro. Elydet del fuoco sarà una buona moglie e il suo amore per voi non svanirà nel tempo. Adesso siete più tranquillo?>> chiese prima di cominciare a ridere

La risata dei folli era una cosa che odiava. Cominciava a pentirsi di essere sceso lì da solo. Era disarmato, ma aveva paura di perdere la pazienza e offendere il Dio commettendo un omicidio a mani nude. Sapeva che era inutile, ma tentò comunque la via della corruzione

<< Potrei concedere diverse grazie a numerosi prigionieri il giorno del mio matrimonio >>

<< Oh, non la concedereste mai a me. Non imbrogliate, altezza, non ne siete capace >>

<< Avrai la libertà se rinuncerai al tuo potere >>

Tarìc si pentì quasi immediatamente delle sue stesse parole, ma il mostro lo sorprese di nuovo << Non mi interessa la libertà. Non adesso. Non è il momento giusto >>

Odiava quella voce. Odiava il fatto che avesse ancora la forza di prendersi gioco di lui e di chiunque si presentasse alle sue sbarre. Odiava anche che avesse ancora la forza di parlare. << Perciò, se ti sbattessi fuori da questa cella, ti farei un dispetto? >>

<< Volete provare? >>

No. Non voleva provare. Voleva solo vedere il suo cadavere riverso a terra, ordinare che fosse bruciato, portare personalmente le sue ceneri fuori dal regno con una scorta di sacerdoti purificatori al seguito e anche così non sarebbe certo che avrebbe dormito sonni tranquilli

<< Perché il mio regno? >> chiese per l’ennesima volta

<< Vi ho già detto che conosco il passato >> disse ancora senza aggiungere altro che chiarisse quella sua frase. Poi la sua voce lasciò il tono irrisorio e divenne quasi seria mentre cambiava discorso << Qualcuno nella famiglia della vostra adorata mente da anni e voi state portando quel qualcuno nella vostra cerchia di parenti. Io non correrei il vostro stesso rischio >>

Non era difficile capire a chi si riferiva. Elydet aveva solo sua madre e sua sorella e, tra le due, non c’era bisogno di conoscere passato e futuro per capire chi fosse la più pericolosa

<< Sul serio non lo avete capito? Voi con tutte le vostre conoscenze, con i vostri poteri divini, avete bisogno che vi dica io che c’è qualcosa di strano in vostra moglie? >>

<< Non osare! >>

Il mostro rise di nuovo con tutto il divertimento nella voce. Probabilmente era quella follia a tenere a freno la morte <sbagliando… che sorpresa! Voi sapete già che c’è qualcosa di assurdo e siete qui per chiedermi conferma dei vostri dubbi ma non ne avete il coraggio>>

Tarìc avrebbe voluto chiarire il punto delle menzogne, ma sapeva che doveva prendere la palla al balzo o avrebbe perso anche l’occasione di capire quello che lo tormentava da mesi << Perché nessuno se n’è mai accorto? >>

<< Gli umani sono stupidi. Distraeteli con la storia di un elefante che vola, loro guarderanno il cielo e non vedranno lo strapiombo ai loro piedi. Quanto alla vostra donna, nessuno parlerà mai >>

<< Non è quello che ti ho chiesto >>

Ma non lo ascoltò e continuò le sue chiacchiere << Perché dovrebbero farlo? Voi sareste così stupido da cercare l’esilio da un paese che non vi fa mancare niente per amore della verità? >>

Il mostro stava confermando le sue teorie. Ismene aveva dichiarato il giorno dello sbarco che due sorelle non potevano avere poteri tanto diversi, ma nessuna delle due aveva mai parlato, né con lui né con Nora. Neanche Irmelin aveva mai detto niente. Era impossibile che non sapessero come stavano le cose

<< Voi conoscete la differenza tra un cieco per volere divino e un cieco volere umano? >> sussurrò la voce dietro le sbarre

Tarìc sentì un brivido lungo la schiena e non rispose. Sapeva che la risposta sarebbe arrivata comunque da quell’incubo che si credeva più intelligente di tutti i ministri del suo regno

<< I ciechi per nascita, in certi casi possono vedere le ombre, chi viene reso cieco, o peggio lo fa con le proprie mani, non vede neanche la differenza tra la luce e il buio dietro le palpebre >>

La tristezza comparsa nella voce non lo impietosì minimamente. Anzi, gli portò un minimo di soddisfazione e si allontanò dalla cella con la speranza che quella tristezza durasse a lungo.

Niente avrebbe ripagato quello che aveva fatto al suo regno.

Solo quando fu di nuovo alla luce del sole, fuori anche dal tempio, Tarìc sospirò.

I soldati che lo scortavano erano già al suo fianco, ma erano addestrati a seguirlo e non fare domande, perciò si prese il tempo che gli serviva per riflettere e capire dove andare.

Elydet non aveva mentito. Ci avrebbe scommesso la testa sua e di ogni abitante del regno. Eppure la gente dell’isola aveva soprannominato Selyan la Figlia di Kerse. Gli era stato spiegato che quel soprannome le era stato dato per come aveva imparato a combattere e per proteggerla dalla vergogna dell’abbandono. Adesso era chiaro che, per quanto credibili e forse anche validi quei motivi, la gente dell’isola sapeva che Selyan era figlia del generale ed Elydet no.

Doveva parlare con le persone giuste per chiarire la faccenda.

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-Selyan-

Aveva di nuovo passato la notte tra sonni agitati e incubi.

Sapeva che la stanchezza ottenebrava il cervello, ma non era mai riuscita a essere tanto razionale da riuscire a dormire quando doveva prendere delle decisioni importanti.

Ecco perché Kersediceva sempre che la razionalità apparteneva agli Dei e la stupidità agli uomini.

Sapere che Arcalia,la spada di suo padre, era uscita dall’isola, aveva riacceso in lei la speranza di ritrovarla. Non che le servisse a qualcosa, non aveva bisogno di una spada, né tanto meno dell’oro che valeva, ma era la spada di suo padre, dannazione!

Anche se Deneb l’aveva usata per aiutare la sua famiglia, lei voleva disperatamente riprendersela.

Avrebbe tanto voluto chiedere a Xander se sapesse qualcosa di quella storia, ma aveva il vago sentore che, se Deneb lo aveva detto a lei, suo fratello non ne era al corrente e non avrebbe approvato.

Come poteva Xander non aver visto Deneb con Arcalia in mano?

Non era spada che si confondesse quella. Il padre di Irmelin aveva detto di averla venduta dopo aver lasciato l’isola, sulla terra ferma. Perché Xander non lo aveva visto?

C’era qualcosa che non tornava nel racconto di suo fratello.

Trovare Arcalia era fuori dalle sue possibilità, ma sapere cosa nascondeva Xander no.

Afferrò la sua borsa e si diresse verso il portone principale del palazzo.

 Ciao, Palis, non dovresti riposare la mano invece di lavorare oggi? >>

Lo aveva salutato con tutta la tranquillità di sempre, ma lui le aveva sbarrato la strada aiutato dal soldato dall’altro lato della porta.Selyan arretrò di un passo stupita e lo guardò confusa

<< Mi dispiace, ragazza, ordini superiori >> ammise lui << Non sei con le squadre e non sei alle lezioni della Nobile Ismene, non hai il permesso di andare da nessun’altra parte >>

<< Cosa?! Da quando sono reclusa?! >> chiese incredula

<< Mi è stato ordinato questa mattina. Che altro hai combinato? >>

Palis sembrava quasi divertito da quell’ordine, come se si aspettasse di sentirla raccontare qualcosa di improbabile che aveva combinato negli ultimi due giorni e che l’aveva portata alla reclusione da parte dei nobili. Era tutto assurdo!

<< Palisio… non lo so, voglio solo andare da mio fratello. Con chi devo parlare per uscire? >>

Lui abbandonò l’aria ironica e non mosse le armi di un centimetro << Non con me>>

<< Chi ha dato l’ordine? >> chiese ancora

<< Non insistere, mi metteresti nella posizione di usare la forza e preferirei non farlo >>

Accettò, sebbene furibonda, di lasciar perdere. Non era certo colpa sua se aveva l’obbligo di eseguire gli ordini dei piani superiori.

Eppure, aveva la netta sensazione di sapere benissimo chi fosse dietro quell’ordine.

Tanet non le avrebbe impedito di uscire e il re aveva fatto in modo che nessuna di loro restasse lontana dalla famiglia, perché dare una casa a suo fratello per poi impedirle di andare a trovarlo?

E poi la mano di Palis non poteva essere già guarita al punto di farlo tornare a lavorare. Non spontaneamente almeno. Qualcuno doveva aver sistemato le cose con i Doni del Dio.

Dannazione! Cosa aveva fatto adesso a quel maledetto nobile perché le vietasse di uscire?

Non sei con le squadre e non sei a lezione.

Credeva forse che avrebbe abusato della loro ospitalità passando le giornate a ciarlare con Xander?

E perché poi dovevano impedirlo solo a lei?

Non era certo l’unica a saltare le lezioni da quando erano arrivati i loro parenti!

Irmelin si assentava spesso per aiutare Patrina e Deneb con la casa nuova, perché lei non poteva?!

Aveva quasi voglia di andare a cercare Nora per lamentarsi con lei di quel divieto insensato e prepotente. Almeno avrebbe avuto la certezza di chi insultare. Lei glielo avrebbe sicuramente detto.

Si fermò all’ombra di una grossa colonna e si passò le mani sulla fronte.

Aveva così tante cose da fare fuori da quel posto…

<< Selyan! >>

Si guardò intorno per capire chi l’avesse chiamata e vide un uomo agitare una mano verso di lei

<< Reno? >>

Lui si avvicinò << Ho riaccompagnato mia sorella nella sua stanza. Era da noi per aiutarci a costruire la nostra casa, ma il sole l’ha indebolita. Wanda non è fatta per i lavori faticosi >> ammise

<< È il sole di questo posto che non è fatto per noi >> lo corresse.

Non voleva aiutare Wanda, non si erano mai piaciute, ma Reno era sempre stato gentile con lei.

<< Ho saputo che tu ti sei abituata bene >>

<< Obbligo >> ammise << Ho disobbedito a un nobile e mi ha messo ai lavori forzati >>

<< So anche questo >> la informò << E ho visto le guardie sbarrarti la porta, stavi scappando? >>

<< No, volevo solo andare da Xander. A quanto pare se non sono a lezione o a sgobbare per loro, non posso impiegare quel tempo diversamente per ordine di qualcuno che non ha intenzione di mettermi al corrente né delle sue motivazioni, né della sua identità >>

<< Wanda è convinta che tu stia a cuore a qualcuno dei potenti di questo posto >> ammise lui e prima che lei potesse chiedere spiegazioni aggiunse << Non ti hanno forse appena impedito di andare dove non avrebbero potuto controllarti? >>

Fu costretta ad annuire. Reno era una delle guardie al portone del palazzo del re, una delle mansioni più ambite per una guardia. Da lui dipendeva la sicurezza della nobiltà dell’isola e sapeva chi poteva entrare a palazzo, chi no e anche il perché. Era stato proprio il fatto che lui e suo padre avessero quel ruolo a permettere a Wanda una vita talmente agiata da coprirsi notte e giorno dei gioielli che le erano sempre valsi le prese in giro sue e di Irmelin.

<< Io penso solo che il nobile che si occupa di me stia cercando di farmi impazzire per dispetto >>

<< Anche tu sai come pensano i nobili, figlia di Kerse >>

Perché si era fermato con lei? Perché non parlava neanche più?

<< Reno, stai bene? >>

Lui restò immobile per diversi secondi, come se stesse valutando la possibilità o me no di confidarsi. Alla fine scosse la testa in un chiaro segno di negazione a sé stesso: non ne aveva intenzione.

Eppure prese a parlare lo stesso << Io e mio padre non siamo mai stati altro che guardie e mio nonno lo era prima di noi. Non abbiamo mai usato una zappa o un martello e adesso ci troviamo a dover costruire da soli la nostra casa e a coltivare per mangiare. Papà è zoppo per colpa della guerra, mia madre è quasi totalmente cieca e io sono totalmente inutile >>

Non era quello il suo problema più grosso, ne era certa, ma sarebbe bastato già da solo ad atterrare un uomo normale. Quale soldato della sua carica avrebbe sopportato di veder morire di stenti la sua famiglia per colpa della sua incapacità di adattarsi ad imparare un mestiere nuovo? Ma Reno non era un incapace! Era un soldato di Kerse, dannazione, non uno stupido! Lei era certa che avrebbe trovato il modo di andare avanti se solo avesse avuto la voglia di farlo.

<< Non dire queste cose! Il re non lascia morire di fame la sua gente e neanche gli ospiti! Potresti venire nelle squadre con me la mattina. Pagano bene e non importa se non sei un costruttore esperto, puoi fare il trasportatore come me. Non è il lavoro migliore del mondo, ma… >>

<< Sempre pronta ad aiutare gli altri, vero? >> la interruppe lui

Sembrava quasi un’accusa << Non dovrei aiutare quello che mio fratello considerava un buon amico? >>

<< Se la guerra non si fosse presa Kerse, le cose sarebbero andate in modo diverso >>sospirò lasciandola spiazzata. Non lo aveva mai sentito dare dell’incapace a Jonas. Evidentemente era sconvolto più di quanto lei riuscisse a immaginare

<< Reno, puoi chiedere a Xander di aiutarti con l’orto, o posso dirti io quello che so appena mi lasceranno libera di uscire da qui, o… Deneb e Patrina ti aiuteranno senza problemi. I tuoi genitori non soffriranno la fame. Non preoccuparti >>

<< Non offenderti, ma non chiederei aiuto a tuo fratello neanche se mio padre fosse digiuno da tre giorni. Non mi piaceva all’isola e non mi piace adesso che si crede il Dio del mondo >>

<< Chi gli ha dato il mantello rosso? Lo sai? >>

Lui allargò le braccia in segno di resa << Era l’unico parente in vita dell’ultimo Generale. Quando lo ha preteso, nessuno glielo ha negato. Io ci ho provato e mi sono preso un pugno in faccia. Per quello che valeva quel mantello ormai, abbiamo lasciato che lo indossasse >>

Era una cosa pienamente nei canoni di XanderSelyan sospirò esasperata dalla sua incapacità di comportarsi da persona civile. Capiva che era appena scampato alla guerra e aveva appena ritrovato le persone che lo avevano abbandonato, era normale che fosse arrabbiato, ma questo non giustificava comunque un pugno in faccia a un disgraziato suo pari 

<< Mi dispiace >> ammise al posto dello stupido di suo fratello

<< Non è colpa tua, non sei neanche sua sorella >>

Lei non aveva simpatia per Wanda come lui non ne aveva per Xander, ma lui era una persona rispettabile e maledettamente distrutta come lei. Neanche Reno aveva ancora trovato pace.

<< Devo cominciare a pensare che lascerai il tuo ordine per un uomo, Selyan? >> chiese una voce dal fondo del corridoio.

Selyan cominciava ad avere il forte sospetto che Nora la pedinasse negli ultimi tempi. Forse Reno non aveva tutti i torti quando le aveva detto che i nobili la tenevano d’occhio

<< Nora, ti presento Reno, fratello di Wanda, sacerdotessa della terra >>

<< Quella con i gioielli? >> chiese lei curiosa

<< Esatto, mia signora>> rispose lui inchinandosi

Il tono arrabbiato e le mani sui fianchi indicavano chiaramente che Nora non era d’accordo e non riuscì a non sorridere della sua rabbia prima di spiegarle come stavano le cose << Reno è mio amico. Posso chiedere al Nobile Olen se può entrare nelle squadre stipendiate? >>

Lei annuì rincuorata << Glielo chiederò io stessa questa sera a cena >>

<< Vi ringrazio, signora >> aggiunse lui prima di inchinarsi << Devo tornare a fare il mio lavoro >>

<< La tua Dea ti assista >> rispose prontamente Nora nell’educato saluto dell’isola

<< E il vostro Dio assista voi, signora. Sel… >>

Si era fermato cercando le parole per congedarsi senza riuscire evidentemente a trovare qualcosa che avesse senso e non risultasse fasullo per tutti e due. Fu lei a salvarlo dall’imbarazzo del momento

<< Ci vediamo in giro, Reno. Buona giornata >>

<< Anche a te>> annuì lui rincuorato

Appena l’uomo oltrepassò le guardie Nora sbuffò annoiata << Non ho ancora capito come diamine vi salutate voi isolani! Cosa ho sbagliato questa volta? >>

<< Il saluto era giusto, ma anche Reno ha perso la fede nella Dea spietata, Nora >>

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-Tarìc-

<< Vostra Altezza, vi prego di scusarmi se vi ho fatto aspettare >>

Selyan dell’acqua era sulla soglia della sua stanza accanto alla serva che l’aveva fatta entrare. Era seria e composta come ogni sacerdotessa, niente che ricordasse le storie folli di Nora sui suoi improvvisi scatti d’ira che facevano ridere la piccola nobile fino a stare male, niente dell’idiozia di cui si lamentava sempre Neithel e ancora meno della curiosità che stupiva tanto Tanet.

Niente più che il timore descritto da Ismene nei confronti dei nobili e il senso di colpa ormai sottomesso dall’abitudine che aveva visto anche Aaren.

Era ovvio che fosse così al suo cospetto. Sarebbe stato normale anche se non avesse passato un pomeriggio intero confinata nel castello senza una minima spiegazione del perché o del chi avesse dato l’ordine.

Dai racconti di Elydet aveva avuto più volte a sensazione che Selyan intuisse gli stati d’animo altrui e lui non poteva permettere che una delle straniere intuisse il suo turbamento all’uscita del tempio. Doveva essere assolutamente certo di aver recuperato il totale controllo di sé stesso prima di avere il dubbio di incontrarla nei corridoi. Se avesse avuto davvero quel dono, e avesse rivelato alla sua amica che il re era sconvolto… Tarìc non osava immaginare la catena di eventi e pettegolezzi che sarebbe seguita. Avrebbero probabilmente interrogato Elydet e lei si sarebbe spaventata a morte per una cosa che non avrebbe mai potuto rivelarle.

Era dispiaciuto per la sua prigionia ma allo stesso tempo sapeva di aver fatto la cosa giusta.

La fece sedere al tavolo e le avvicinò un vassoio di dolci e frutta. Aveva sentito Tanet e Nora prenderla in giro per quanto mangiava quando tornava a casa dai lavori, ma lei non toccò niente

<< La tua punizione sarebbe finita tra una settimana, ma hai chiesto a Tanet di restare >>

Lei annuì<< Mi sembra il modo migliore di impiegare il mio tempo. Dopo tutto quello che fate per noi, il minimo che possiamo fare è dare una mano. Lo avrei fatto volentieri in ogni caso >>

<< Lieto di sentirlo, ma ti ricordo che siete qui per imparare, non per lavorare. Il giorno in cui siete arrivate, tu insistevi per guarire Ismene e mio zio. Non ho mai capito per quale motivo. Cercavi di attirare la nostra attenzione? >>

<< Avrei fatto quanto in mio potere per convincervi e non dover ripartire. Il periodo che avevo appena trascorso in nave… >> si interruppe incapace di continuare << non volevo ripartire >>

Era ovvio, Tarìc non era stupido. Sapeva benissimo perché si era comportata in quel modo, ma aveva bisogno di sapere quanto poteva aspettarsi da lei. Quanta sincerità e quanti segreti quella ragazza intendeva tenere con il re in persona << Cos’era a tormentarti? >>

Lei si prese una pausa in cui sembrava che stesse fissando il legno del tavolo, poi il re si rese conto guardava qualcosa che solo lei poteva vedere. Qualcosa che probabilmente cercava di dimenticare e che la costringeva a torcersi morbosamente una ciocca di capelli << Non riuscivo a pensare ad altro che alla guerra. Non sopportavo l’idea di… aver ucciso tutte quelle persone, e avevo bisogno di… >> sospirò prima di ricominciare << Volevo dimostrare che le mie mani erano ancora capaci di qualcosa di buono ma... non so come si chiama quello che cercavo >>

<< Io credo si chiami redenzioneSelyan >> le suggerì << È questo che ti ha fatto chiedere di restare nelle squadre anche se la tua punizione è finita? >>

<< Più che una punizione, credo che quel lavoro sia un’ancora di salvezza e se posso restare… >>

<< Ormai ti sarai resa conto che, chiunque possa aiutare, è il benvenuto lì. Anche il fratello della tua compagna è stato accettato, Olen glielo farà comunicare questa sera >>

Quello le aveva fatto abbozzare una timida traccia di sorriso, subito cancellata dai dubbi che ormai era abituato a vedere sul suo viso.

 

<< Non voglio creare problemi, tutti i danni che ho fatto sono stati solo incidenti. Vi prometto che non farò più niente che vada contro gli ordini. Per favore, credetemi. Non voglio che le mie azioni compromettano irreparabilmente il nome di mia sorella agli occhi vostri e della vostra corte >>

Questa volta Tarìc restò a bocca aperta << Quando hai capito il motivo per cui sei qui? >>

Allora era vero quello che pensava di lei? Poteva davvero intuire i pensieri degli altri?

Lei era arrossita e aveva abbassato di nuovo gli occhi sui capelli che stava torturando << Ely vi adora più di quanto farebbe con un Dio. Per quanto cercasse di nascondere i vostri incontri, i suoi occhi lo urlavano ogni volta che parlava con voi. Inizialmente, ho avuto paura che vi approfittaste di lei per spiarci. Perdonatemi, ma le vecchie abitudini non si abbandonano facilmente. Sono abituata ai re subdoli che sfruttano la povera gente per poi buttarla via quando hanno finito. E io sono una che ha paura di tutto e di tutti in ogni caso, Nora ve l’avrà detto >>

Non era una risposta alla sua domanda. Quello che Tarìc non riusciva a capire era se fosse volutamente prolissa per confonderlo o se fosse davvero sinceramente confusa dai suoi stessi pensieri e si fosse dimenticata la domanda. Forse doveva essere più diretto

<< Cosa ti ha convinto che non stavo usando Elydet? >>

<< In realtà… non smetterò mai di avere paura che, un giorno, uno di voi confesserà che voi avete solo usato mia sorella e Nora ha solo cercato di estorcere chissà quali informazioni a me e Irmelin; il tutto solo per trovare il modo di farci schiave a causa dei nostri tanto declamati poteri che qui sembrano non essere niente di eccezionale in confronto a quelli della vostra corte, ma che in realtà fanno gola al vostro regno da quando Dalia ha fatto attraccare la nostra barca al vostro molo >>

Tarìc rischiò di impallidire. Aveva di nuovo preso tempo. Si versò un bicchiere di vino e decise di insistere con le domande prima che i dubbi la assalissero di nuovo proprio quando aveva cominciato a parlare.

<< Perché avremmo dovuto controllare solo voi tre in quel caso? >>

<< Siamo le uniche tre che odiano Dalia e se ne stanno per i fatti loro >> ammise lei alzando le spalle << Per voi sarebbe stato più facile scoprire da noi i punti deboli di Dalia e della nostra gente piuttosto che da chi si farebbe torturare per difendere la sua fedeltà alla Somma Sacerdotessa >>

<< Avete davvero dei segreti da dover difendere così strenuamente? >>

<< Io non credo neanche che qualcuna delle nostre compagne resisterebbe a una minaccia da parte vostra prima di raccontarvi quello che volete, a costo di inventare qualcosa per compiacervi >>

Doveva sapere tutto di loro prima di fare una mossa tanto azzardata<< Puoi rispondere alla mia domanda, per favore? >>

<< Avreste potuto smettere di incontrare casualmentemia sorella da molto tempo, non credo che Ely abbia impiegato più di due o tre sere per raccontarvi tutto ciò che vi serviva su di noi e invece siete arrivato al punto di chiamare sua sorella nelle vostre stanze per parlarne e poi… so che è una maledetta abitudine che non riesco a togliermi quella di guardare i nobili… ho capito che tenevate a Ely quando ho visto i vostri occhi mentre parlavate di lei un attimo fa e me l’avete confermato chiamandola per nome invece di usare un semplice ‘tua sorella’. Mi dispiace, non avrei voluto controllare così pesantemente le mosse del re ma è mia sorella, altezza, non potevo abbandonarla >>

Forse le sue parole avevano un senso. Non gli sembravano bugie o scuse accampate.

<< Fai molta attenzione ai particolari >> osservò << Avrei la tua benedizione? >>

 Ora il pallore sul suo viso era diventato fin troppo evidente ed era di nuovo accompagnato dall’ombra di una paura troppo grande per passare inosservata << Perché non avete chiesto a Maleca? È sua madre, io cosa c’entro? >>avrebbe giurato che era la reazione di qualcuno che aveva subito qualcosa di grosso da parte dei nobili della sua terra.

<< Parlerò sicuramente con la madre di Elydet, ma quale madre impedirebbe alla sua unica figlia di sposare il re se fosse lui in persona a chiederlo? >>

<< Quale sorellastra impedirebbe alla legittima figlia di suo padre di sposare un re? >>

<< Quella che le vuole molto bene e vede qualche problema in quel matrimonio >>

<< Per esempio? >> chiese lei di nuovo immobile e attenta.

<< Cosa succederebbe nel vostro ordine? >>

Un sorriso passò improvvisamente sul suo viso. Riusciva a cambiare umore in meno di quanto Tarìc credesse possibile

<< Posso permettermi di fare una domanda all’uomo innamorato di mia sorella invece che al re? >>

<< Va bene >> le concesse improvvisamente incuriosito dalla sua audacia nel chiedergli di mettere da parte la corona pur continuando a non alzare gli occhi su di lui

<< Il re non lo saprà mai? >>

Sorrise a quella precisazione << Non lo saprà mai >>

<< Secondo te, se una di noi si sposa con il re di questo posto, lui ci lascerà restare o ci manderà via comunque? Dopotutto, se la regina fosse una di noi, non avremmo motivo di dare fastidio. Forse Dalia arriverebbe addirittura a capire che trarrebbe maggior vantaggio da una regina che la rispetta piuttosto che da una che la odia a morte e la ritiene una stupida senza cervello. Sarebbe forzata a comportarsi bene, soprattutto se il re le desse un buon motivo per stare al suo posto >>

<< Quale sarebbe? >>

<< Il re potrebbe chiederle se avesse fretta di tornare a casa o preferisse restare un altro mese o, magari, un anno per istruire meglio le sue ragazze. Dalia accetterebbe e starebbe buona nella speranza che il re le tenesse per sempre, e lui avrebbe del tempo per inventare un nuovo modo di tenerla buona in seguito. Sono convinta che il re di questo posto sia abbastanza furbo da tenerla a bada finché la sua Dea deciderà di prenderla con sé. Credi sia possibile? >>

<< Se il re decidesse davvero di tenervi qui, chi salverebbe la vostra terra? >>

Sul suo viso era rimasta impressa la traccia del sorriso che aveva accompagnato la sua scherzosa domanda, ma i suoi occhi si erano intristiti di colpo mentre chiedeva << Secondo te, il re non ha ancora capito che venti sacerdotesse non possono sconfiggere un esercito intero e che sarebbero felici in eterno se una di loro lo sposasse e lo implorasse di dare una casa alle cinquanta persone che rappresentano tutto ciò che resta del regno in cui sono nate? >>

<< Secondo la vostra Somma Sacerdotessa, avete diversi alleati pronti ad aiutarvi >>

La vide sfilarsi il bracciale che portava al polso e rigirarselo nervosa tra le mani. Solo allora si accorse di un particolare che aveva ignorato: quello non era il bracciale che portava tutti i giorni. Era solo una banale striscia di cuoio ricamata. Dov’era la sua pietra? Non aveva neanche il laccio al collo che portavano le altre. Se non se ne separavano mai, perché lei era andata nella sua stanza senza? Tarìc usò anche il suo potere per controllare. Niente. Perché aveva fatto una cosa del genere?

<< La figlia illegittima del più grande generale che la storia d’oltre mare ricordi mi ha detto una cosa, ma passerebbe dei guai seri se si sapesse in giro. Posso fidarmi di te? >>

Possibile che avesse già deciso di raccontargli tutto quello che sapeva della sua gente e avesse lasciato la sua pietra fuori da quella stanza per non essere trovata dalle sue compagne?

<< Posso sapere prima da chi è stata informata? Vorrei farmi un’idea di quante persone sanno questa cosa prima di promettere >>

<< La sua migliore amica ne è al corrente, ma non parlerebbe neanche sotto tortura e il suo fratellastro… Se sapeva la verità, l’ha dimenticata. Il resto della gente di quell’isola vive nell’illusione che Dalia e il successore di Kerse hanno costruito perché non si perdesse d’animo >>

<< Chi l’ha informata? >> ripeté Tarìc più esigente di quanto avrebbe voluto << Dalia? >>

<< Dalia non è sicura che lei sappia la verità. Lo sospetta e la tiene d’occhio perché non parli, per questo non posso rivelarti quello che mi ha detto se non giuri di tenerlo per te. La ragazza è stata informata da suo padre e dal suo… dall’ultimo vero generale degli eserciti della sua terra >>

Aveva le mani strette a pungo e aveva visto le sue nocche sbiancare sulle ultime parole. Elydet gli aveva raccontato la storia della sua vita e sapeva quanto era stata legata al successore di suo padre

<< Te lo prometto >>

<< Non ci sono alleati. La nostra isola era così potente da comandare parecchie terre anche al di là del mare. La guerra doveva passare da loro prima di arrivare a noi e il nostro stupido re era convinto che nessun esercito avrebbe mai raggiunto l’isola >>

<< Cos’è successo? >>

<< I deboli legami con le Terre d’Oltremare sono stati spezzati con un’offerta più conveniente di chi ci aveva mosso guerra e quelle persone non avevano certo voglia di farsi massacrare per difenderci. Lorcan non era un re degno per noi che lo vedevamo ogni giorno, pensa cos’era per loro che non avevano neanche idea di che faccia avesse. Per loro non era che un nome accanto a una richiesta di tasse. Né un viso da immaginare, né un’impresa da ricordare. Niente. Era solo un ordine a combattere e farsi massacrare. Re Theoden, il nostro nemico, era la promessa di vivere in cambio del passaggio indisturbato verso la nostra isola. Chiedi al tuo re quanto pensa che abbia impiegato il regno di terra a tradirci >>

Era sbalordito da quella storia. Elydet non sapeva molto di come si era svolta la guerra, solo che li avevano attaccati per la loro ricchezza. Evidentemente la differenza sociale delle due sorelle si rifletteva nella differenza di informazioni e di visione del mondo. Elydet aveva visto la cosa dalla parte dei nobili dell’isola che difficilmente ammettono gli errori del re, Selyan aveva conosciuto la guerra dalla parte del popolo e dei soldati di alto grado in un regno in cui l’esercito non era d’accordo con il sovrano. Lui non sapeva quale fosse la verità, ma la versione di Selyan sembrava sensata.

Ecco cosa succedeva ai re che perdevano la stima della propria gente.

Olen aveva ragione quando diceva che doveva fare qualcosa per il suo popolo e, se avrebbe dovuto sposarsi di fretta e contro la sua volontà, lo avrebbe fatto. Anche a costo di permettere a suo zio di trattare con qualche famiglia nobile, lasciare Elydet e soffrire tutta la vita per non averla accanto. Non poteva rischiare di vedere la sua gente sottomessa e straziata come quelle ragazze per un suo capriccio personale.

Selyan riprese il suo racconto dopo un sospiro<< La promessa di Theoden si sgretolò come un castello di sabbia sulla spiaggia in un giorno di tempesta e il Regno d’Oltremare fu distrutto. Non so che fine abbia fatto quella gente, ma ne ho una vaga idea. Quelli che hanno raggiunto l’isola, sono entrati a far parte dell’esercito di mio padre, altri fuggiaschi dei regni devastati da Theoden ci hanno raggiunto. La nostra isola era il faro di speranza contro la tirannia di quel pazzo sanguinario, ma quanti soldati poteva mai avere un’isola e quanti invece poteva averne un re che aveva preso possesso dell’unico lato di costa davanti al nostro mare? E chi poteva essere così interessato ad aiutarci da far rischiare alle sue navi un viaggio nell’oceano aperto? Ormai la nostra piccola isola non poteva offrire più niente. Eravamo soli. Con nient’altro che la nostra speranza più grande… >>

<< Il vostro tempio? >> suggerì.

<< Mio padre >> lo corresse << Quando Lorcan, maledetto il suo nome, fuggì abbandonandoci, mio padre prese in mano la situazione. Riunì l’esercito, accolse i fuggiaschi dal regno di terra e ordinò loro di nominare un loro comandante in modo che non si sentissero suoi schiavi. Voleva che combattessero per la loro gente piuttosto che per noi sconosciuti e il nostro maledettissimo re. Per questo Kerse è ricordato come Generale degli eserciti. I migliori strateghi dell’isola ci davano per sconfitti in meno di due mesi. Dopo quasi un anno, Kerse riusciva ancora a garantire la nostra sopravvivenza. La  dentro le mura aveva ancora speranza, era davvero illusa che ce l’avremmo fatta e mio padre ordinò al suo uomo più fidato di non far morire quella speranza per niente al mondo >>

<< Tuo fratello mentì a tutti con la storia degli alleati? >>

<< No >> scosse la testa con decisione << non avrebbe mai mentito ingannando un popolo intero. Cercò di dare alla gente quello di cui aveva bisogno per non arrendersi. Che fossero sacerdotesse per curare le malattie della povera gente di cui nessuno si occupava più, qualcuno a cui rivolgersi quando le famiglie senza più padri finivano alla fame, o la testa di quel vigliacco del re legata a un palo sulla spiaggia. Mio padre era la libertà, Jonas era la speranza. Quando Dalia mentì a tutti annunciando la visione degli alleati pronti a correre in nostro soccorso, Jonas non ebbe il coraggio di smentirla distruggendo la fiducia nelle sacerdotesse >>

<< Perché nessun’altro sa la verità? >>

<< Non lo so. Non l’ho mai raccontato a nessuno. Avrei voluto farlo prima che la bugia di Dalia venisse presa sul serio, ma mio fratello mi implorò di non crearmi nemici potenti in tempi così difficili e mio padre mi avvertì che l’offesa che avrei arrecato a Dalia avrebbe potuto creare dei problemi anche a mia sorella. Non c’era niente che non avrei fatto e non farei tutt’ora per mia sorella. Incluso mentirle facendo vivere anche lei, come tutte le altre, con la falsa e felice speranza che un giorno torneremo a casa >>

<< Perché vi attaccarono? >>

Alzò le spalle << Il vostro regno non ha mai avuto guerre? >>

<< Non senza motivo >>

<< Intendete un pretesto? >> chiese con una nota di amara ironia nella voce << L’isola era ricca oltre ogni immaginazione. Lorcan chiedeva una tassa a chi sbarcava e Dalia faceva pagare i servizi del tempio. In passato non avremmo mai avuto bisogno di cercare altrove le conoscenze che ci mancavano, le sacerdotesse erano esperte di ogni cosa e la vostra biblioteca era niente in confronto alla nostra. I primi scontri distrussero il tempio e Dalia… potete valutare da solo quanto potesse essere adatta al suo ruolo. Quando l’esercito è caduto, prima ancora che Theoden dichiarasse sua l’isola, Dalia aveva già fatto i bagagli e caricato le sacerdotesse sulla nave. Perché Theoden avrebbe dovuto rischiare altri uomini per rincorrere venti incapaci? >>

Non credeva che avrebbe scoperto tanto quel giorno. Non sapeva neanche da dove cominciare a riflettere su quello che gli aveva detto. Immaginava che quella di Dalia fosse solo una menzogna, ma non avrebbe mai creduto che fosse così grande.

<< Vi ho raccontato cosa hanno passato le cinquanta persone là fuori prima di trovare la pace del vostro regno. Credete che qualcuno possa essere così stupido da creare problemi? La gente dell’isola sarà felice di potersi fermare qui, ma non fidatevi mai di noi sacerdotesse, maestà. Mai >>

Quell’avvertimento lo sorprese parecchio << Perché? >>

<< Il re sa che Dalia in un solo giorno riesce a mentire più volte di quante respira? >> chiese lei tornando a ironizzare sulla posizione.

<< Lo sospettava da tempo, in effetti >>

<< Il re di questo posto è un a persona intelligente. Questo puoi dirglielo, se ti va >>

Sapeva di avere la lealtà di Selyan anche se non ne aveva mai capito il motivo preciso. Quell’ammissione da parte sua non poté che fargli piacere, ma decise di valutare quanto effettivamente fosse disposta a schierarsi dalla sua parte e tradire la sua Somma Sacerdotessa<< Dalia ha mentito solo per non distruggere i sogni delle sue ragazze? >>

<< Ci avreste aperto le vostre porte quel giorno, se aveste saputo la verità? Dalia è convinta che i sovrani siano stupidi come Lorcan e credo che abbia messo la tunica da sacerdotessa alle più stupide dell’isola, ad eccezione di mia sorella che è stata infilata in quell’ordine a forza da papà >>

<< Cosa vuol dire? >>

<< Ely ha cominciato a sviluppare molto tardi il suo potere. Quando papà ha ordinato a Dalia di prenderla con sé, vi giuro che aveva meno potere di Keira e ormai era grande per iniziare l’apprendistato. Papà voleva allontanare Elydet dai nobili della nostra terra perché corresse meno rischi possibili durante la guerra che, sapeva, sarebbe arrivata. La Dea della nostra gente aveva uno strano modo di dispensare i suoi doni.  Mia sorella si è impegnata molto più di tutte le altre in quel tempio, si è esercitata fino allo stremo per migliorare. Credo possiate valutare da solo i suoi progressi se vi dico che è arrivata a quello che è in meno di due anni >>

<< Il suo miglioramento è merito di Dalia? >>

<< Di Dalia, di mio padre che l’ha mandata al tempio, della sua testardaggine e del suo orgoglio >>

Non riuscì a non ammirare ancora di più la ragazza del fuoco. Indubbiamente era aveva un carattere fermo e deciso, in grado di raggiungere tutti gli obiettivi che si prefissava al punto di cambiare sé stessa e le sue capacità pur di riuscirci. Come poteva non essere adatta a governare al suo fianco?

<< Non dev’essere facile essere l’incapace sorella della più dotata- >>

<< No, vi prego! >> scattò Selyan alzando improvvisamente gli occhi spaventati su di lui

Tarìc non si aspettava certo quella reazione. Era sicuro che le sue parole fossero solo di apprezzamento, ma lei si era spaventata. Selyan era un problema quando era arrivata e continuava a restarlo anche adesso nonostante la sua lealtà.

<< Scusate. Sono abituata a… a cercare di convincere Dalia che non sono niente ai vostri occhi >> si giustificò lei cominciando a grattarsi nervosamente un polso mentre parlava<< Se vi sentisse dire una cosa del genere, non mi darebbe pace >>

<< Capisco >>

Quella era stata la prima bugia seria da quando aveva cominciato a parlare con lei. Per qualche motivo, non voleva che la ritenesse potente.

<< Avevo paura che allo scadere dei due anni la vostra gente sarebbe ripartita e tua sorella avrebbe sofferto nel non potervi seguire a causa mia >>

<< Ely è fortunata ad avere un pretendente così premuroso. C’è altro che volete chiedermi? >>

<< Perché tu e la tua amica odiate Dalia? >>

<< Dalia odia Irmelin da quando ha messo piede nel tempio perché non dovrebbe avere più potere di sua nipote, figlia di nobili di alto rango. La punisce per le cose più stupide e molte volte ha incluso anche me e Ely nelle sue punizioni per il semplice fatto di esserle amiche. Tra Dalia e Irmelin, io ho scelto Irmelin e, tra le altre e noi, mia sorella ha scelto noi. Non so cosa pensino le altre di questa storia >>

Non era quello che si aspettava. Troppo semplice.  E lei era ancora lì, tormentata da una paura a lui sconosciuta e con la sua immancabile punizione a sé stessa, sul polso ormai arrossato. Decise di tentare di indovinare i suoi pensieri << O sei figlia dell’uomo che ha dato la vita per la tua isola, o sei fedele a chi ha ingannato tutta la tua gente prima di fuggire quando l’isola è caduta. Giusto? >>

Aveva indovinato e lei sembrava felice che lo avesse detto al posto suo << È davvero un grande onore servire un re come voi, vi ringrazio >>

Dopo un inchino, Selyan sparì dalla stanza. Dalya non voleva Elydet nel suo tempio. La spiegazione poteva essere solo una e lui cominciava ad averne paura. Un re poteva sposare la figlia di un importante generale che aveva fatto le veci del sovrano alla sua caduta e che era stato un eroe per la sua gente, nessuno avrebbe obiettato, ma la figlia di un padre sconosciuto non sarebbe stata accettata in nessun regno, in nessun caso. Doveva muoversi prima che tutta quella storia venisse a galla.

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-Elydet-

Doveva solo aspettare. Così aveva detto sua madre. Aspettare e pregare.

Aveva passato la mattina a pregare nel tempio di Dalia, il primo pomeriggio a lezione e dopo si era rinchiusa in quella che era la loro stanza nel regno del Divino a pregare di nuovo.

Quella stanza non aveva più niente di suo ormai.

Ci tornava per dormirci, certo, ma la confusione che regnava per colpa delle altre due non aveva niente a che fare con lei e non le lasciava neanche lo spazio necessario per sentirsi in camera sua. Come potevano vivere in quel modo?

Dieci servi reali non avrebbero ritrovato l’ordine in meno di un mese. Forse aveva ragione sua madre a dirle di stare lontana da loro. Una regina non poteva essere disordinata.

Si stese sul suo letto fissando il soffitto e pensando.

Il dono che sua madre aveva fatto al Dio sarebbe stato sufficiente? Forse sì dato il suo valore. Eppure non era qualcosa che aveva offerto lei personalmente.

Sarebbe stata lei ad essere accontentata, ma non era stata lei a offrire qualcosa in cambio.

Però la Nobile Ismene una volta a lezione aveva detto che non si gioca alla compravendita con gli Dei e che chiedere una grazia non era come chiedere un’offerta ad un banco del mercato.

La Nobile Ismene aveva sicuramente ragione e sapeva di sicuro come si trattava con gli Dei, ma Dalia aveva sempre detto che ogni cosa aveva il suo prezzo e per chiedere qualcosa ad un Dio o una Dea, era necessario offrire qualcosa in cambio che avesse lo stesso valore.

Ma cosa poteva avere lo stesso valore della vita che sognava?

Con cosa poteva scambiare il marito migliore del mondo e i futuri figli che sarebbero arrivati?

Non c’era niente che valesse una vita di felicità.

Elydet sospirò sconsolata. Dalla finestra arrivavano voci indistinte di schiamazzi e urla.

Sicuramente era qualche sua compagna che non aveva ancora capito che in casa del Potente bisognava comportarsi bene. Poi tese l’orecchio e capì che era solo Irmelin che discuteva con Selyan. Avrebbe tanto voluto sapere di cosa discutevano. Solo qualche giorno prima sarebbe stata lì a ciarlare con loro. Forse poteva offrire quello alla Dea di Dalia: la vecchia vita in cambio della nuova.

Forse poteva avere un senso. Poteva scambiare sua sorella e la sua amica con il re?

Forse sì…

Scosse la testa confusa. Non erano ragionamenti sensati quelli! Gli Dei sapevano tutto e decidevano tutto! Sapevano che voleva il Perfettissimo re nella sua vita e sapevano che potevano chiederle tutto quello che volevano in cambio, senza limite alcuno.

Avrebbero deciso da soli senza stupide offerte da parte sua!

Fuori ormai era buio e i morsi della fame cominciavano a farsi sentire. Avrebbe voluto rubare un biscotto dalle scorte di sua sorella, ma se davvero aveva ragione sua madre, che senso aveva mandare tutto all’aria per un misero biscotto?

Elydet sospirò e decise di scendere, come ogni sera, nei giardini reali.

Ormai il re non si faceva vedere da un paio di giorni. Doveva essersi stancato di lei.

Sentiva già la voce di Irmelin nella sua testa:

“Ovvio che non venga più a trovarti! Ha saputo tutto quello che poteva sapere da te e adesso ti ha abbandonata”

E quella di sua sorella rispondere:

“Cosa gli hai detto, ElyÈ importante che lo sappiamo anche noi”

Impiccione! Ecco cos’erano!

Due impiccione scontente della loro vita al punto di non permettere neanche agli altri di essere felici.

Si avvicinò sul bordo della fontana e sospirò di nuovo.

Il re non avrebbe mai apprezzato un viso come il suo. Aveva anche due profondi cerchi neri sotto gli occhi adesso.

<< Disturbo? >>

Lo spavento rischiò di farla cadere in acqua, ma si trattenne. Il re!

<< Altezza! Voi non disturbate mai >> ammise prima di rendersene conto e arrossire.

<< Sei gentile, Elydet >>

Ormai il suo stomaco era dolorosamente attorcigliato su sé stesso, un po’ per i complimenti, un po’ per la fame. Lei sapeva solo che le faceva un gran male.

<< Ti va di fare una passeggiata? >>

Ma certo che sì! Però si limitò ad annuire con gli occhi bassi.

Il re cominciò a camminare lentamente verso una porta che non aveva mai visto aperta, infilò la mano nel mantello e ne estrasse una chiave.

Elydet rimase a bocca aperta. Era il giardino più bello, più colorato e più curato che avesse mai visto.

Non sapeva neanche che esistessero dei fiori che restavano aperti di notte. Era un giardino stupendo.

<< Era il giardino privato di mia madre. Continuo a farlo curare per onorare la sua memoria >>

<< È È >> non riusciva neanche a parlare.

Lui le posò una mano sulla schiena per indicarle la strada. Probabilmente il re non aveva idea del marchio infuocato che aveva lasciato sulla sua pelle, anche se lui non aveva toccato altro che la stoffa della sua veste

<< Vieni. Ho notato che ti piacciono le fontane, voglio farti vedere questa >>

Lo seguì. Senza annuire, senza parlare, senza avere la capacità di fare altro. Lo seguì e basta.

Era effettivamente la fontana più dettagliata, scolpita e raffinata che avesse mai visto, ma non riusciva ad apprezzarla come avrebbe dovuto e voluto. Riusciva solo a pensare che non capiva il perché di tutto quello. Perché il re l’aveva portata nel giardino privato di sua madre? Perché ci teneva a farle vedere le cose più belle del suo palazzo? Perché sembrava essere lì solo per lei?

Non lo sapeva.

Lui le indicò una panchina, le obbedì di nuovo e un attimo dopo cercò di convincere il suo cuore a battere più piano e il suo respiro a farsi un po’ più profondo per non morire. Ma come poteva stare calma con il re seduto accanto a lei?

<< Oggi ho chiamato tua sorella nelle mie stanze >>

I suoi sogni dorati andarono in frantumi in un istante.

<< Oh >> non riuscì a dire altro.

<< Le ho chiesto cosa ne pensasse della vostra situazione, di Dalia, delle sue bugie e anche della fine della vostra isola. Non si è fatta scrupoli a tradire la vostra legge che vi vieta di parlare del passato perduto >>

Di nuovo il re voleva solo parlare di sua sorella e dei problemi del loro ordine. Elydet si sentì mortificata nel profondo all’idea di aver pensato che l’aveva portata in quel giardino per renderla felice. Lui voleva solo un luogo appartato per parlare di ciò che non poteva essere sentito dalle sue compagne. Amava il re, era il suo sogno da quando erano sbarcate, ma non poteva sopportare anche quello. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime e si alzò dalla panchina.

<< Scusate, altezza, devo andare >>

<< Perché? >> chiese lui stupito.

Non credeva che il re fosse stupido, non lo aveva mai pensato prima di quel momento.

Avrebbe ucciso chiunque avesse detto o pensato una cosa del genere fino a un attimo prima e invece si trovava a pensarlo lei stessa.

<< Io… vi prego, lasciatemi andare >>

Avrebbe corso, sarebbe tornata dritta in camera sua se avesse potuto, ma la sua mano era stata afferrata dalla stretta salda e decisa di sua maestà.

<< Dalla conversazione con tua sorella, credo di aver capito che non hai un grande interesse a tornare alla tua isola, vero Elydet? >>

<< Cosa c’entra questo adesso? >> gli chiese esasperata dalle sue farneticazioni.

<< Volevo essere sicuro di non chiederti qualcosa che ti avrebbe fatto soffrire in eterno >>

<< Avete una missione per me? >>

<< Ho una proposta per te, Elydet, figlia di Kerse >>

Il suo nome completo pronunciato da lui le provocò un brivido nonostante la rabbia e la delusione. Con suo rammarico, sapeva che non gli avrebbe negato il più grande dei sacrifici in quel momento

<< Ditemi, altezza >>

<< Vuoi sposarmi? >>

Elydet si buttò tra le braccia del re singhiozzando. Aveva frainteso tutto come al solito, era solo una stupida bambina che non gli aveva dato il tempo di parlare e aveva rovinato la sua proposta. Si sentiva una stupida. Ma si sentiva anche tremendamente bene tra quelle braccia calde e forti. Aveva sognato quell’abbraccio infinite notti, e infinite altre lo aveva immaginato, adesso che lo provava davvero sapeva che non si era mai neanche avvicinata alla realtà. Era la cosa più bella del mondo

<< Voglio sperare che sia un sì >> commentò lui appoggiando il viso perfetto alla sua testa

Elydet riuscì solo ad annuire e a scusarsi. Lui la spinse di nuovo sulla panchina senza slacciare la loro stretta e la tenne così finché i singhiozzi non finirono e anche dopo.

<< Mi dispiace di aver rovinato la vostra proposta, mio re >>

<< Elydet, hai appena detto che mi sposerai, non devi più usare le formalità con me >>

La sacerdotessa si prese un attimo di tempo per riflettere e capì che era una concessione troppo grande per lei. Non voleva correre il rischio di dimenticare che aveva accanto il Figlio del Dio, né credersi una sua pari con il tempo. Non si poteva essere pari ad una persona del genere. Né alla sua bellezza, né alla sua intelligenza, né al sangue che portava nelle sue benedette vene.

Non avrebbe mai negato al suo re il rispetto che meritava. Neanche sotto tortura.

<< Userò sempre le formalità che meriti >>

Il solo rivolgersi a lui come a una qualunque altra persona le costò un certo sforzo, ma lo sbuffo divertito che sentì dal suo petto cancellò subito quella sensazione di fatica. Era perfetto.

<< Sono felice che tu abbia accettato >>

<< Sono felice io che tu me l’abbia chiesto >>

Lui le sfiorò il viso con la più lieve delle carezze e poi la scostò leggermente per alzarsi.

<< Nessuno sa dove sono, né sospetta minimamente quello che ti ho appena chiesto, ad eccezione di Nora ovviamente. Passerei con te tutta la notte, ma sono costretto a rientrare >>

<< Non voglio sottrarti ai tuoi impegni >>

<< Io non vorrei sottrarmi al tuo abbraccio, ma… la vita di un re è fatta di obblighi e rinunce, spero capirai che quella di una regina non è migliore >>

<< La mia vita è migliore da quando mi sono innamorata di te >> ammise arrossendo.

<< E la mia da quando ti ho visto. Devo andare, ma sappi che sono l’uomo più felice della terra >>

<< Come so che non è un sogno? >> gli chiese sfidando il suo sentirsi stupida

Lui si sfilò una collana e la appese al suo collo << L’anello del re ti ricorderà la verità >>

Lei ammirò il grosso anello che penzolava dalla collana. Lo aveva visto più volte al dito del sovrano, specialmente nelle grandi occasioni e nelle sedute importanti. Era un dono di inestimabile valore.

<< Grazie >>

Per tutta risposta le baciò la fronte << Perdonami, ma devo chiedere il permesso a tua madre >>

Aveva ragione. Il figlio di Dio doveva comportarsi secondo le leggi di Dio, era giusto, per questo Elydet annuì seria e decisa e soffocò la sua voglia di urlare le parole che rischiavano di uscire da sole dalla sua bocca. Certamente gli Dei apprezzavano più la sua educazione della sua insistenza, ma appena il re sparì dalla sua visuale, non poté non dirlo al cielo

“Mia madre sarà d’accordo e darà il consenso senza fare storie o non sarà più mia madre!”

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 Nancyiry

 = un immenso grazie per la tua recensione!

Non credevo che qualcuno avrebbe letto ancora questa storia.

Mi spiace per il ritardo, ti avevo promesso un capitolo qualche giorno fa ma poi non ce l’ho fatta. A presto!

 

                                                                                                                                          

 

 

 

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