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Splendeva il sole sul regno dei bracciali dorati. Il Dio-senza-nome aveva donato ai suoi fedeli una terra in cui il freddo gelido era cosa sconosciuta, le piogge non erano mai tanto forti da devastare un raccolto ma neanche troppo scarse da far sopraggiungere la siccità e la neve e la grandine non avevano mai turbato la pace del popolo. Nessuno lì moriva di freddo, nessuno lì soffriva la fame. La collina che aveva scelto come appostamento per la sua opera offriva una perfetta visuale della capitale e del palazzo reale in tutto il suo splendore. Aveva sentito dire che il palazzo era enorme e che i templi che dedicavano al loro Dio avevano intarsi d’oro alle pareti. Era un regno piccolo, ma florido.
Non c’erano controlli approfonditi sui visitatori. Quella gente non temeva gli stranieri.
Aveva avuto occasione, nei giorni precedenti, di aggirarsi per le strade del mercato e della piazza principale al riparo del cappuccio del suo mantello. Non era importato a nessuno che, in un posto così caldo, qualcuno si aggirasse per il paese con un mantello addosso e un cappuccio calato in testa. Nessuno aveva fatto domande ma molti avevano risposto alle sue. Il loro Dio, evidentemente, li proteggeva da ogni pericolo e da ogni sofferenza. Eppure quelle persone che aveva visto aggirarsi felicemente per le vie del mercato e chiacchierare senza pensieri nelle taverne del centro della città avevano preso ciò che era sempre stato suo. Non avevano niente di cui lamentarsi, nessun bisogno di rubare, nessuna sofferenza con cui giustificare quello che avevano fatto, eppure era così. La profezia era stata chiara: il re con il bracciale d’oro avrebbe preso quello a cui più teneva al mondo. La sacerdotessa che aveva letto l’avvertimento della Dea nel bacile delle veggenti non aveva capito il motivo e aveva farneticato qualcosa che le sue orecchie si erano rifiutate di ascoltare. Nella sua testa ormai si era impresso a fuoco solo il furto che aveva subito ad opera di uno dei ministri di quel Dio sconosciuto. Non era cosa che potesse restare impunita. Lasciò che i raggi del primo sole illuminassero la città per un’ultima volta, poi scoprì il suo viso facendo scivolare il cappuccio del mantello sulle spalle. Non aveva paura che qualcuno vedesse il suo viso, né aveva intenzione di negarsi il piacere dei primi raggi del sole sulla pelle ormai nascosta da troppo tempo. Sapeva che il re in quel momento stava dando il buongiorno ai suoi sudditi, alzando le mani con i palmi rivolti verso il basso, verso il popolo che accorreva sotto la sua finestra per ricevere quel gesto benedicente nel nome del loro Dio.
Il re di quel posto non sarebbe stato l’unico ad alzare le mani in quel modo. I palmi rivolti verso la brulla terra prudevano piacevolmente di un potere bruciante che era rimasto nascosto per anni, le braccia si caricavano di forza sovrannaturale e un ruggente boato si fece strada nelle sue orecchie. Era come il ruggito di una bestia possente che si svegliava dopo un lungo sonno. Dapprima soffocato e lento, poi sempre più forte e deciso, con un rimbombo in grado di assordare chiunque si trovasse nelle vicinanze. Poteva sentire la terra tremare sotto i suoi piedi e vedere i palazzi della dannata città che si accasciavano su loro stessi.
Le case si scioglievano al suolo, le grandi mura si agitavano come i fili d’erba in una tempesta di vento e, in pochi secondi, anche il palazzo reale sarebbe crollato. Avrebbe vendicato il furto e distrutto i ladri.
Era assolutamente felice dei poteri che la sua Dea aveva fatto scorrere nel suo sangue e felice di dare ai maledetti quello che meritavano. Non potè fare a meno di mescolare le sue risate soddisfatte al rombo della terra.
Nessuno avrebbe toccato ciò che era suo! Il potere ormai scorreva libero dalle sue mani alla terra sotto i suoi piedi, la soddisfazione più completa scorreva nelle sue vene e puntò il almo di una mano nella direzipone del palazzo reale
<< Non avrete ciò che è sempre stato mio! >>
Ma proprio quando credeva di udire il boato del palazzo che cadeva, udì soltanto un tonfo sordo misto a un dolore accecante alla nuca e gli occhi, che avrebbero dovuto osservare la caduta dei suoi nemici, furono oscurati da un buio senza fine. Fu solo tra la sofferenza e la confusione indotta dal potere spezzato che riuscì a promettere alla sua Dea che i maledetti del regno dorato avrebbero pagato anche quell’affronto. A qualunque costo, avrebbe distrutto quel palazzo e tutti i suoi abitanti.
Da mesi ormai la nave
solcava il vasto mare alla ricerca di un porto sicuro dove approdare.
Era la più maestosa che la sua
terra avesse mai costruito, possente e indistruttibile, realizzata in tempi
remoti dai Saggi Sapienti con il solo scopo di salvare le ultime sacerdotesse
del Grande Tempio in caso di bisogno.
Aveva un'unica gemella in tutta la
vastità delle terre emerse, anche questa con il compito di portare in salvo le
poche persone, scelte tra i parenti più prossimi delle Figlie della Dea, che
avevano avuto la fortuna di poter salire a bordo.
Nessuna delle sacerdotesse sapeva
se quella nave fosse riuscita a prendere il largo o meno, né tanto meno che
rotta avesse seguito. La Somma Sacerdotessa aveva detto a tutte di ritenere
fallita quella partenza e dispersi gli occupanti della nave.
Nessuna di loro aveva
protestato e poche avevano trovato la forza di piangere per quella notizia.
Ormai la loro vita andava avanti come la nave,
trascinata dalle onde e dalle correnti.
Avevano visto la loro terra scomparire poco a poco dietro la linea
dell’orizzonte, e, quando i gabbiani cominciarono a sparire e la distesa
azzurra ad occupare ogni angolo della loro visuale, anche loro avevano
cominciato ad abbandonare il ponte.
Una ad una, si erano ritirate nelle anguste camere sotto coperta ed
erano rimaste lì.
Soltanto una si ostinava a non lasciare il parapetto e distogliere gli
occhi dalle onde e dai luccicanti riflessi dell’acqua. Forse senza neanche
vederli realmente.
Passava le giornate così, pensando a quello che era accaduto alle loro
case, a quello che avevano perso e a quello che non avrebbero mai più
ritrovato.
Quella nave poteva portarle dall’altra parte del
mondo conosciuto e poi ancora più in là, ma non le avrebbe mai allontanate
abbastanza da quello che era successo. Né da quello che, probabilmente, doveva
ancora accadere.
<< Selyan! >> gridò una voce improvvisa
facendola sobbalzare per lo spavento << Non serve a niente stare lì a
pensare fissando quei dannati riflessi che mi abbagliano ogni volta che guardo
il mare. Scommetto che, se provi a guardarmi in faccia, non mi vedi neanche perché
abbagliano anche te >>
Quelle proteste riuscirono a riportarle un vago
sorriso e una poderosa imprecazione mentale: vedeva realmente solo chiazze nere
davanti ai suoi occhi.
<< Irmelin, sei la solita. Con te non si può
mai avere un attimo di pace >>
<< Attimo!? >>le chiese lei sbalordita << È da quando siamo partite che
te ne stai lì a fissare il nulla. Non si può cambiare quello che è successo,
neanche se ci pensi così tanto. E poi dicono che quella dove stiamo andando sia
una bella terra… >>
Si avvicinò all’orecchio di Selyan e sussurrò<< E cos’è che non può non avere una
bellissima terra? >>
<< Non lo so >> ammise << Dove
vuoi arrivare? >>
<< Bellissimi uomini, Selyan! Ma dove vivi?
Bella terra … bei ragazzi! È la
regola più ovvia del mondo >>
Selyan, malgrado tutto, cominciò a ridere <<
Quando ti ricorderai che servi la Dea? Se ti sentisse la Somma Sacerdotessa,
butterebbe in mare sia te che me >>
La ragazza sbuffò << Tsk! Sai quanto mi
importa. E non nominarla, per favore. Meno la vedo e meglio sto. Devo già
sopportare la sua brutta faccia mentre mangio rischiando di soffocare a ogni
sua parola, ti sarei lieta se per il resto del giorno evitassi di farmi anche
solo pensare a lei >>
Era assurdo come Irmelin riuscisse a farle dimenticare la tristezza in poco
tempo.
Mise da parte l’angoscia con un altro sospiro e si
lasciò andare alle chiacchiere
<< Irmy, siamo più di venti su una sola nave.
Devi ringraziare che abbia una stanza per sé per la notte e che ci ritenga
troppo inferiori a lei per non uscirne neanche di giorno, altrimenti non
dovresti sopportarla solo nei pasti. E poi, secondo me, dovresti portarle un
po’ più di rispetto. Insomma, non la sopporto neanche io, però… >>
Lei assunse un' aria a metà tra l’arrabbiata e l’imbronciata e la
interruppe senza pensarci due volte
<< Neanche morta! Preferirei di gran lunga
essere il pasto del più grosso pesce che passa sotto la nave piuttosto che
cenare accanto a lei >>
<< Ora esageri >> Ma Selyan stava
ridendo, dopo tutto neanche lei la sopportava e la sua amica non aveva mai
avuto una grande pazienza << Posso sapere perché sei venuta a cercarmi?
>>
L’amica si stampò in faccia un’aria supplichevole e
le porse un pettine << Mi aiuti? >>
<< Sei impossibile! Ogni mattina è la stessa
storia. Com’è possibile che tu non riesca ancora a pettinarti? Le tue mani
ormai stanno benissimo >>
Irmelin, come sempre, aveva solo deciso di
approfittare della situazione, lo sapeva benissimo. << Certo che stanno
bene, ma si sono atrofizzate per via del non fare niente. Questa nave mi farà
invecchiare prima del tempo, sono sicura. Quando scenderemo da qui la mia pelle
sarà raggrinzita come quella della Vecchia
Scema che ci comanda >>
<< Irmy, smettila >> la avvertì di
nuovo mentre sbrogliava i nodi dei suoi capelli << Dovresti prendere in
considerazione l’idea di tagliarli, lo sai? >>
<< Vuoi scherzare?! >> urlò la riccia
arrabbiata << Ti sei bruciata il cervello al sole?! La Dea mi ha fatto un
unico regalo in tutta la mia vita, uno solo, e tu vuoi farmelo buttare via? Sai
che la racchia di Keira li guarda di
continuo quando sono sciolti? Perché credi che io li intrecci tutti i giorni?
Non voglio che me li rovini per dispetto! Credi che gli uomini si fermino a
guardare le ragazze con i capelli corti o brutti? Keira ha un cesto di paglia,
taglia i suoi se proprio vuoi usare le forbici per qualcosa di utile. Poi,
però, comincia a nuotare velocemente o la Somma-testa-vuota
di sua zia strapperà i tuoi per farle una parrucca >>
Era una cosa insensata, lo sapeva, ma scoppiare a ridere le fece
dimenticare per un attimo tutte le sue preoccupazioni.
<< Ely, svegliati! >> gridò Selyan
scuotendo sua sorella nel tentativo di farla alzare dal letto e ottenendo come
unica risposta un poderoso sbadiglio
<< Ely! >> insistette scuotendola per
una spalla.
<< Uffa. Cosa vuoi? Fammi dormire. Non ho
voglia di vedere le altre >>
<< Alzati >>
Elydet si strofinò gli occhi e la guardòassonnata << Si può sapere perché sei
felice e sorridente alle prime luci dell’alba? >> chiese ancora
imbronciata.
<< Siamo arrivate! >>
<< Sì, certo >> commentò Elydet
affondando di nuovo la testa nel cuscino e tirando il lenzuolo fin sopra la testa
per ripararsi dalla luce << Ieri ci hanno ripetuto per tutta la sera che
eravamo nelle vicinanze della foce del fiume, dovevamo per forza esserci
arrivate. Sai quanto manca dalla foce al palazzo del sovrano? Tornatene sul
ponte a fare quello che fai tutti i giorni e lasciami dormire >>
Selyan sapeva che si sarebbe dovuta arrabbiare per le parole annoiate
della sorella, ma sapeva anche che l’antipatia al risveglio era una dote di
famiglia, perciò ignorò le sue proteste
<< Non hai capito, Ely. Siamo arrivate
>> ripetè << Tra poco sbarchiamo >>
Elydet impiegò un paio di secondia capire e poi balzò in piedi di scatto << Perché diamine non
l’hai detto subito?!? >>
Cominciò ad annaspare con una mano tra i suoi
capelli per riportarli in ordine e con l’altra tra le sue cose per cercare una
tunica da indossare prima che Selyan le passasse una veste bianca perfettamente
piegata e stirata
<< La Somma Sacerdotessa ha detto che, per
presentarci al sovrano, è molto più adatta una veste bianca di qualsiasi altro
capo. Tu dormivi e te l’ ho preparata io. Vestiti alla svelta mentre io ti
rifaccio il letto e poi andiamo a fare colazione sulla terra ferma >>
Ma la sorella non aveva ascoltato quasi niente
presa com’era dalla furia e si avvicinò alzandosi i capelli << Dimmi che
non sono l’ultima ad essermi alzata e allacciami dietro per favore >>
Lei sospirò e le chiuse la tunica <<
Tranquilla. Mancavano ancora in sei, compresa la somma Keira >>
Dopo una vigorosa pettinata ai suoi lunghi capelli biondi e un’occhiata
veloce allo specchio, sua sorella si dichiarò pronta e uscì dalla stanza
correndo e lasciandola indietro.
Selyan non potè fare a meno di sospirare di
nuovo e seguirla sul ponte.
Ormai le sacerdotesse erano quasi tutte schierate in attesa della Somma
Dalia.Anche sulla nave mantenevano la
disposizione dei ricevimenti importanti. A lei sembrava stupido, ma non aveva
senso lamentarsi per il posto che doveva occupare al cospetto di una donna che
non voleva neanche vedere. Passò nella seconda fila, in mezzo alle sacerdotesse
provenienti da famiglie meno facoltose, dietro sua sorella e accanto a…
<< Dov’è Irmelin? >> chiese Elydet
nell’istante esatto in cui lei si rese conto di avere accanto solo un posto
vuoto << Se fa tardi di nuovo, Dalia la sbrana viva questa volta >>
Selyan guardò preoccupata la scala che conduceva
alle stanze del piano sottostante. Aveva paura che arrivasse davvero prima
Dalia di Irmelin e la punisse di nuovo, ma con suo grande sollievo, Irmelin
spuntò dalla botola in fretta e furia. Stava correndo lungo il ponte quando
inciampò finendo lunga distesa sul pavimento. Selyan si avvicinò per aiutarla
ad alzarsi prima che arrivasse la Somma
testona e la sgridasse, ma non riuscì ad arrivare prima che la ragazza
decidesse di farsi giustizia da sola come sempre
<< Keira! Cosa diamine volevi fare?! >>
chiese minacciosa alla nipote della Somma Sacerdotessa.
<< Così impari a fare tardi >> rispose
lei stizzita arricciando il naso con la sua solita aria arrogante e altezzosa
<< Mi chiedo come faccia mia zia a sopportare una ragazza così maldestra
>>
L’odio tra Irmelin e Keira durava da sempre, forse anche da prima che
nascessero. Selyan si limitò a tirare la sua amica per un braccio sperando che
la seguisse.
Una speranza che finì in frantumi quando la riccia si tolse di dosso la
sua mano urlando
<< Maldestra a chi? Se non la smetti di fare
sempre da padrona io… >>
<< Tu cosa? Sappiamo tutte che non avresti il
coraggio di colpirmi, le tue minacce non spaventano proprio nessuno
>>tutto il gruppo di oche che
attorniava Keira cominciò a ridacchiare e prendere in giro Irmelin che ormai
aveva i pugni serrati e stava perdendo la pazienza
<< Che sfacciata! Non pensare che, se non ti
do quello che meriti, è perché sei nipote della Somma Sacerdotessa! Non ti
tocco perché mi fai pena! Sei convinta di essere brava e bella ma la realtà è
che sei uncataclisma e neanche il più orribile sfregio che si sia mai visto
potrebbe peggiorare la situazione del tuo viso! Verrà il girono in cui sarai
costretta ad ammettere la tua nullità e ti giuro che quel giorno riderò fino a
stare male per la soddisfazione! >>
Elydet accorse in suo soccorso prendendo Irmelin
per l’altro braccio e sussurrandole un << Datti una calmata, stai
esagerando >>
Un finto colpo di tosse riportò tutte al loro posto
in meno di un attimo. Dalia era arrivata, la recita aveva inizio.
<< Mie care figlie, quest’oggi la Dea è stata
così gentile da farci arrivare nella terra del re che ci ospiterà >>
La sua voce era così mielosa che Elydet davanti a
loro inclinò la testa da un lato come faceva sempre quando guardava qualcosa
che non le piaceva, Irmelin mugolò disgustata e Selyan sussurrò un << Non
ditemi che non si ricorda il nome del re, vi prego >>
Irmelin non perse occasione di commentare <<
Io scommetto che non si ricorda nemmeno quale Dea serve >>
Selyan avrebbe voluto ridere, ma sapeva che avrebbe
solo invogliato la sua amica a peggiorare le offese mettendola nei guai. E
doveva anche farla smettere di guardare la somma Dalia come si guarda qualcosa
di estremamente divertente. Sapeva che c’era una sola soluzione per quei casi:
piantò il suo gomito destro esattamente in mezzo alle costole della sua amica
cogliendola alla sprovvista e togliendole il fiato.
<< Avete il permesso di andare in giro per il
mercato di fronte al porto, ma non voglio che vi stanchiate troppo. Dopo pranzo
andremo al cospetto del Potente Sovrano di questa terra, ricordate che dobbiamo
pregare la Dea che lui ci ospiti o saremo obbligate a tornare indietro senza
aver appreso le nobili arti magiche di questo popolo antico e potente.
Sinceramente, dubito che dopo aver visto i vostri poteri ci farà andare via.
Per questo motivo non dovete stancarvi. Voglio che siate al massimo della forma
quando saremo davanti a lui. L’avvertimento, ovviamente, non vale per le più
maldestre >>
Nel dire questo aveva fatto una pausa ad effetto
fissando Irmelin che in breve tempo si ritrovò tutti gli occhi addosso. Per
fortuna era una che non si faceva intimidire da certe cose e resse senza
problemi lo sguardo della Vecchia
bisbetica.
<< Keira, tesoro, ho sentito dire che il
sovrano di questa terra è molto giovane e non è sposato. Se sei d’accordo,
potrei offrirgli la tua mano. Dopotutto, noi tutte sappiamo che sei di nobile
famiglia e che il tuo potere sta crescendo a vista d’occhio. Se accettasse, per
noi sarebbe come essere di nuovo a casa. Ovviamente se il re scegliesse
un'altra di voi sarebbe la stessa cosa, ma non vedo nessuna più adatta di te,
cara, per governare un regno. Tu cosa ne pensi? >>
Il sorriso soddisfatto sul viso di Keira era la
prova evidente che quel discorso era stato provato e riprovato chissà quante
volte da zia e nipote << Come preferite, Potente Madre. Sarò lieta di
esservi utile >>
<< Bene, ragazze! Potete andare, ma ricordate
tutto quello che vi ho detto >>
Appena scese dalla nave, si radunarono tutte
intorno a Keira facendole i migliori auguri per la proposta e chiedendole se
non avesse paura di farsi offrire a un sovrano sconosciuto e la Dea sapeva
quali altre stupidaggini. Lei e sua sorella passarono oltre per immergersi in
quel turbinio di colori che era il mercato di fronte a loro trascinando una
Irmelin ancora furiosa e urlante.
<< Accidenti alla Somma Testona e alla Somma
Nipote! La offre al Re! Che se la prenda e ce la tolga di torno una volta
per tutte! >>
Elydet rise e cominciò a punzecchiarla<< Sei gelosa? Volevi essere offerta
tu? Dai, a noi puoi dirlo, vero Selyan? >> ma non udì risposta e si fermò
<< Sel? >>
Irmelin non si era accorta di niente perché era
ancora impegnata a urlare contro Keira << Ma cosa dici? Il sole ha dato
alla testa anche a te! È chiaro
che il re non è così giovane come dice. Vuoi che ti dica com’è fatto prima di
vederlo? Bene: è un vecchio, non ancora decrepito -così passa da giovane- ,
bisbetico e incapace, circondato da una corte di grassoni che stanno lì ad
adularlo dalla mattina alla sera! Mi da fastidio che reputi Keira così brava e
potente quando è chiaro come il sole che non sa fare niente e tua sorella, che
invece se la cava anche troppo bene … Dove accidenti è finita quella testa
vuota di tua sorella?!? >>
Elydet conosceva lo scarsissimo senso
dell’orientamento di Selyan e stava già implorando la Dea di non doverla
cercare per tutto il mercato. Per sua fortuna la Dea fu clemente e le fece
ritrovare sua sorella poco più indietro. Era ferma a un banco di bracciali,
collane, orecchini e i gioielli più strani, assolutamente incantata da qualcosa.
Non smise di fissarlo neanche quando Irmelin urlò con tutto il fiato che aveva
in gola << Vuoi avvertire quando ti fermi?! Ci hai fatto girare come due-
>>
<< Guarda che bello! >> la interruppe
con una voce sognante puntando il dito verso un bracciale argentato con una
miriade di pietre azzurre sopra. Irmelin sbuffò ed Elydet non potè fare altro che portarsi una mano alla fronte annoiata.
Quando Selyan guardava così una cosa, c’erano ben poche speranze di farla
ragionare << Compralo, se ti piace tanto, e facciamola finita! >>
Selyan decise di seguire il suo consiglio. Indicò il bracciale all’uomo
dietro il banco, lui parlò in una lingua a loro incomprensibile, ma lei non
batté ciglio. Tirò fuori dalla tasca un preciso numero di monete per pagarlo e
mise al polso il suo nuovo, scintillante, acquisto.
Elydet scosse la testa credendo di averlo sognato.
Guardò Irmelin per avere una conferma e la trovò ancora a bocca aperta a
fissare sua sorella. Dove diamine aveva imparato quella lingua sua sorella?!
<< S-Selyan? Posso sapere cosa… come hai
fatto a capire cosa diceva quell’uomo? Abbiamo imparato la lingua che parlano
qui mentre eravamo sulla nave perché ce l’ha insegnata la Somma Sacerdotessa,
ma… io non ho capito una parola prima >>
La sorella alzò le spalle con un sorriso
soddisfatto << Credo parlasse uno strano dialetto. Ho notato che la Vecchiaccia spesso riesce a capire
quello che dice la gente in qualunque lingua parli. All’inizio credevo che le
sapesse tutte, poi mi sono ricordata che non è così intelligente e ho cercato
di capire come faceva >>
Irmelin era scoppiata a ridere << Hai
ragione! Ve la immaginate immersa nei libri a studiarsi tutte le lingue e i
dialetti di tutte le terre? Dopo pochi minuti cercherebbe di convincere tutti a
parlare la sua e a sposare sua nipote! >>
Elydet la zittì e le sussurrò << Shhh!
Conosci mia sorella, se cambi discorso, si scorda come ha fatto e, prima che le
torni in mente, ce lo avrà già spiegato la Somma
testa-vuota! >>
<< Guarda che ti ho sentita! Ora potrei anche
non dirvelo perché mi sono offesa ma, se lo facessi, tu diresti che me lo sono
dimenticato, perciò ve lo dico, ma piantatela di prendermi in giro! >>
Irmelin le tastò la fronte per controllare che il
sole non le avesse davvero fatto salire la febbre. Effettivamente sua sorella
in certi casi faceva aveva delle idee davvero incomprensibili e stupide, ma
quella che aveva appena tirato fuori le batteva tutte
Selyan si spostò sbuffando << È facilissimo. Keira, mentre
si vantava, mi ha detto che sua zia riesce a capire le intenzioni delle persone
che non hanno una pietra a proteggere le loro menti e ci ho provato anche io.
Il tizio dietro il banco voleva ardentemente un paio di monete perché non
vendeva niente da giorni e gliene ho date tre per farlo contento >>
A quanto pareva, Selyan non si rendeva conto di
quello che aveva appena fatto. Come sempre. Elydet si impose di smetterla di
torturare la propria fronte a causa delle stranezze di sua sorella e costrinse
le sue mani a spostarsi su una ciocca di capelli. Almeno su quelli non
sarebbero rimasti i segni rossi.
<< Sorellina, questa cosa… beh, insomma…. la
fa la Somma Sacerdotessa. Non so se mi spiego… tu non dovresti affatto
riuscirci. Non dovresti proprio >>
Quando Irmelin annuì alle sue parole, Selyan
sospirò << Per questo l’ho detto solo a voi. Non ditelo in giro, non
voglio che Lei e sua nipote vengano a darmi fastidio
>> disse guardando il suo nuovo acquisto.
<<
Guardate come luccica! >>
Non
ottenne risposta, mno di ritrova non era una risposta
che voleva.
La conosceva bene ormai. Quello stupido bracciale era solo il suo modo
di pensare a qualcosa che non fosse il nuovo re.
Aveva notato anche Irmelin guardare preoccupata verso il punto in cui
Dalia aveva indicato quando parlava del palazzo reale. Nessuna di loro era
tranquilla. Lei per prima.
Più viaggiavano, meno speranze avevano di essere ritrovate dalla nave
che avrebbe dovuto seguirle.
Poco le importava di quello che aveva detto Dalia.
Lei non si sarebbe arresa alla morte di sua madre. Non voleva neanche pensarci!
<< Qui staremo bene >> sussurrò Irmelin
alle sue spalle
Elydet si voltò a guardarla. Non parlava con Selyan. Sua sorella era
ferma a guardare le stoffe di un altro banco e sembrava particolarmente intenta
a rigirarle tutte. Evidentemente aveva sentito e si stava tenendo impegnata per
non scoppiare a piangere di nuovo o per non assalire Irmelin dicendole che si
sbagliava e che non avrebbero mai più avuto niente di buono dalla vita.
Ormai Selyan era così…
Eppure, forse la sua amica non aveva tutti i torti.
Quel giorno, a differenza degli ultimi tre mesi, erano a terra con la
vera possibilità di ricominciare a vivere e smettere di viaggiare a vuoto. Quel
re doveva solo essere gentile con loro.
Re Tarìc entrò in
camera sua e si sdraiò sul letto sfinito.
In una sola mattina
aveva avuto tanto da fare che aveva l’impressione di essere in piedi da almeno
tre giorni.
Aveva ascoltato i
rapporti di tutti gli incaricati di valutare i danni, degli incaricati di
sorvegliare i lavori di ricostruzione, di chi si occupava dei feriti, di chi
teneva il conto delle provviste e di tanti altri funzionari che non ricordava
neanche più di aver visto.
La mole di lavoro
necessario al suo regno era immane.
La disgrazia che li
aveva colpiti era durata pochi minuti, ma era stata sufficiente a creare danni
che avrebbero necessitato di mesi interi per essere riparati. Forse anni.
Una delle sue
preoccupazioni maggiori, era che, con il regno in quelle condizioni, qualcuno desideroso di espandere i propri territori
avrebbe potuto approfittarne.
Immaginava uno
qualunque dei re confinanti intento ad organizzare un attacco a sorpresa.
Magari da sud dove le
conseguenze del terremoto erano state peggiori.
Ma erano solo
pensieri, fortunatamente, non c'era nulla di fondato.
Aveva la certezza che
qualcuno quella mattina gli avesse detto che ai confini non c'era niente di
sospetto, anche se non ricordava più chi avesse pronunciato quelle parole.
Re Tarìc sospirò.
Per colpa del
terremoto adesso si ritrovava ad affrontare da solo questioni che prima avrebbe
suddiviso con i suoi aiutanti più fidati. Avrebbe messo la sua vita nelle loro
mani in qualunque momento, sicuro della loro lealtà verso di lui e verso il
regno e certo delle loro competenze. Sapeva che si sarebbe potuto allontanare
anche per anni lasciando loro al governo e quando sarebbe tornato avrebbe
trovato tutto come alla sua partenza, se non meglio.
Il terremoto che
aveva quasi distrutto il suo regno aveva messo in ginocchio anche la sua corte.
Tanet, il comandante
delle guardie, era indaffarato almeno quanto lui e usciva dal palazzo la
mattina all'alba con i suoi uomini per fare ritorno solo a notte fonda per
riposare qualche ora prima di partire di nuovo il giorno seguente. I suoi
soldati dovevano assicurare tutto l’aiuto possibile alla popolazione, anche
controllare giorno e notte le zone in cui le mura esterne erano crollate e
tenere a bada le risse che scoppiavano con troppa facilità in casi come quello.
La Nobile Ismene,
Prima Sacerdotessa del Tempio della Nascita e della Ragione, cugina del suo
nobile e defunto padre, era stata trovata a terra nella grande sala del tempio
priva di sensi e non si era ancora ripresa. Sembrava non avesse niente di grave
e non aveva ferite addosso che non fossero semplici lividi, ma il suo sonno
andava avanti ormai da sette giorni e nessuno era riuscito a svegliarla. Non
aveva mai neanche dato segno di percepire la presenza di suo marito Olen accanto a lei e il pover’uomo, in quanto gestore dei
bilanci reali, dopo due giorni di disperazione si era dedicato anima e corpo al
suo lavoro. Tornava da lei solo a sera tarda e la mattina all’alba ricominciava
il suo lavoro.
Nessuno aveva avuto
il coraggio di muovere una sola critica contro quell’uomo che sembrava
disinteressarsi della moglie. Erano sposati da prima che Tarìc nascesse e non
c’era una sola persona in tutto il palazzo che non sapesse quanto teneva a lei.
Era solo il suo modo
di sfogare la tensione e Tarìc ringraziava Dio ogni minuto per aver lasciato
almeno Olen ad aiutarlo, per quanto si rendesse
perfettamente conto di essere enormemente egoista nel pensare una cosa del
genere in un momento come quello.
Aaren, fratello di
suo padre, al momento del terremoto era fuori del palazzo per questioni private
e per due giorni non avevano avuto nessuna notizia di lui.
Lo credevano tutti
morto finchè Tanet non era piombato nella sala del trono due giorni dopo il
nefasto evento urlando che lo aveva trovato in una delle tende allestite per dare
aiuto alle persone rimaste senza casa. Nessuno sapeva come fosse arrivato lì,
né come si fosse procurato la brutta ferita che aveva sulla fronte, né tanto
meno se si sarebbe ripreso, ma almeno era ancora in vita e poteva contare sulle
migliori cure.
Quanto a suo cugino,
il Nobile Neithel, Primo Sacerdote del tempio della Guarigione e del Perdono, non
si muoveva dalla stanza del padre se non in caso di estrema necessità.
Tarìc sospirò
esausto.
Almeno Neithel era
rimasto illeso dal terremoto.
Non aveva trovato il
coraggio di portarlo via dalla stanza del padre in pericolo di vita, né di
imporgli di portare avanti i suoi doveri nemmeno per poche ore al giorno perché
se, per disgrazia, la chiamata di Dio per suo zio fosse arrivata in un momento
in cui era da solo o con la compagnia di un servo sconosciuto, Tarìc non se lo
sarebbe mai perdonato.
Il re sospirò di
nuovo.
Era il grande e
potente sovrano e non aveva il potere di aiutare le persone a lui più care.
Si passò una mano
sulla fronte nella speranza di fermare quell'incessante pulsare alle tempie.
Sarebbe stato facile restare a letto dicendo di avere mal di testa e alzarsi il
giorno dopo fresco e riposato. Qualche funzionario avrebbe sicuramente preso il
suo posto combinando più o meno disastri e....
I suoi pensieri
furono interrotti da una serie di colpi alla sua porta.
Il
grande e potente re, a quanto pareva, non poteva permettersi neanche un mal di
testa
<< Avanti! >>
A differenza di quello che aveva pensato, fu
felice quando si affacciò alla porta la sua amica Nora
<< Ti disturbo? >>
<< No, vieni pure. Che succede? >>
La
figlia del cugino di suo padre si sedette sul suo letto sbuffando come se
niente fosse. Poco importava che lui fosse il re e che i servi non aspettassero
altro che qualcosa di cui spettegolare. Nora era sempre stata troppo ribelle
per stare alle regole
<< Non avevo più voglia di studiare e
sono venuta a interrompere i tuoi vaneggiamenti sulla distruzione del regno e
lo sterminio della tua gente impedendoti di passare un altro pomeriggio con
l’emicrania >>
Era
l'unica che quando era con lui lo trattava da amico e non da sovrano.
<< Sto bene, ho solo un leggero mal di
testa >>
La
ragazza assunse un'aria stupita <<
Leggero?! Sarai anche il re, ma, dopo
una mattinata come la tua, il resto della gente prenderebbe a testate una
colonna per stordire il dolore! Me esclusa, è ovvio >>
<< Perché tu no? >> chiese curioso
<< Perché io avrei perso la pazienza
dopo la prima mezz'ora di lamentele e avrei mandato alla forca i più petulanti
salvaguardando la mia salute >> concluse fiera della sua improbabilee cruenta soluzione
Il
re scoppiò a ridere << Nora, sei
troppo violenta >>
La
ragazza non si offese, anzi rise con lui << Piano con le offese e torna al
lavoro. La guardia mi ha detto che una straniera vuole parlarti >>
<< Una straniera? >> chiese
dubbioso. Che i nemici fossero già pronti?
<< Una sacerdotessa o roba simile. L'ho
incontrata venendo qui e ho provato a parlarci >>
<< Per quale motivo? >>
<< Perché ero curiosa, non è ovvio? Mi
ha detto che deve assolutamente parlare con te perché sei buono e saggio e
capirai la sua situazione >> disse
imitando un accento che non aveva mai sentito << Non ho niente contro gli stranieri, e so
benissimo che gli ospiti sono sacri a Dio >> continuò la sua amica << ma credo che questo sia il momento meno adatto
per avere gente sconosciuta fra i piedi. Dovresti mandarla via senza neanche
ascoltarla >>
<< Non credi che sarebbe un po’
sgarbato? >>
<< Che ti importa? Sei il figlio
prediletto di Dio Potente! Nessuno si sognerebbe mai di alzare un dito su di
te. Puoi essere sgarbato quanto vuoi. Il rischio più grosso che corri è che
qualcuno ti sputi nel piatto, ma non si muore per quelle cose. Te lo posso
garantire >>
<< Hai sputato nel mio piatto, Nora? >>
chiese sinceramente preoccupato dalle sue parole
<< Non lo farei mai! Tu non mi sbatti le
porte in faccia e non mi tratti da stupida, non avrebbe senso farti dispetti
così grandi >>
Da quelle allusioni a
vecchi episodi, capì subito a chi era toccata la punizione di Nora
<< Dirò a Neithel di trattarti meglio,
stai tranquilla >>
<< Non ce n’è bisogno, grazie. So
difendermi da sola >>
<< Lo so benissimo, non è te che voglio
difendere >> le assicurò .
Arrivato nella sala
del trono, si sedette e sospirò. Neanche il tempo di riposarsi e doveva già
ricominciare. Fece entrare la donna e, al suo saluto, dovette trattenersi dal
ridere al ricordo dell'imitazione di Nora. Aveva lo stesso, identico, accento.
Anni
di addestramento lo avevano abituato a mostrarsi serio ogni volta che
l'occasione lo richiedeva, perciò non fece fatica a nascondere i suoi pensieri.
Decise comunque che avrebbe cercato Nora appena possibile per complimentarsi
con lei della sua imitazione perfetta
<< Chi sei? >>chiese secco e sgarbato.
<< Vostra Altezza, io sono Dalia, Somma
Sacerdotessa della Potente Dea. Io e le mie ragazze siamo venute nella Vostra
nobile terra per implorarvi di concederci la Vostra generosa ospitalità e
insegnarci i segreti delle vostre arti magiche allo scopo di utilizzare al
meglio i poteri che la Potente ci ha concesso >>
<< Di quali poteri parli? >>
Appena
pronunciata la domanda, si rese conto che la donna cercava di attirare la sua
attenzione proprio su questi sconosciuti poteri perché sorrise compiaciuta
<< Ognuna di noi ha poteri e capacità
diverse, maestà. Noi le chiamiamo Arti.
Prendiamo l'energia necessaria ad esse dagli elementi intorno a noi e abbiamo
diverse capacità: l'arte di dominare il fuoco, l'acqua, il vento, l'arte di
dominare le piante e altre cose. Siamo tutte in grado di combattere e qualche
ragazza conosce l'arte medica, ma le nostre, purtroppo, sono solo conoscenze
superficiali. La nostra terra è stata devastata da una guerra, vorremmo aiutare
il nostro re a riconquistarla ma, con le conoscenze che abbiamo adesso, non
abbiamo speranza, altezza. So che il Vostro maestoso regno è molto potente in
fatto di arti magiche e oggi sono qui a implorarvi di aiutarci. Senza il vostro
aiuto, saremo condannate a non rivedere mai più le nostre case >>
<< Che genere di aiuto chiedi? >>
<< Ospitalità e la possibilità per le
mie ragazze di imparare da voi a usare meglio il loro potere >>
Tarìc
non sapeva cosa pensare. Se quella donna avesse chiesto ospitalità in nome di Dio,
non avrebbe potuto negargliela, a meno che non fosse stata pericolosa per il
suo popolo, ma non lo aveva fatto. Aveva solo chiesto aiuto.
<< Quante siete? >>
<< Venti sacerdotesse e trenta schiavi,
ma di loro potete farne ciò che volete, vostra altezza. Considerateli un dono
per ringraziarvi della vostra accoglienza, qualunque sia la vostra decisione e
sappiate che, se ci accetterete, saremo pronte a mettere a Vostra disposizione
i nostri umili servigi senza indugio >>
<< Ti ringrazio >>
Venti persone in possesso di poteri magici nel
suo regno quasi privo di difese potevano essere un pericolo. E se fossero state
mandate lì da qualcuno per distruggerli dall'interno?
Ma se quella che
aveva davanti era davvero una donna in cerca di aiuto, avrebbe potuto fare un
patto con lei offrendole i loro insegnamenti in cambio del loro aiuto a
ricostruire il regno.
Il
re capì che non poteva trovare una risposta immediata alle sue domande. Doveva prendere
tempo e osservare meglio quella donna e le sue seguaci.
<< Voglio sapere quali sono le effettive
capacità delle tue sacerdotesse prima di prendere una decisione >>
<< Naturalmente, Vostra Maestà! Le ho
già fatte preparare , possono venire anche adesso se lo desiderate >>
<< Portale qui tra un'ora. Voglio solo
le migliori, donna, mi hai capito? Solo quelle che sono in grado di farmi dire
di sì appena le vedo. Per le altre ci sarà tempo in seguito di esaminarne le
capacità >>
La donna fece un inchino con un enorme sorriso
sul volto e lo salutò ringraziandolo nuovamente prima di uscire dalla sala.
Tarìc si avviò a passo veloce verso le stanze
di suo zio << Neithel! >>
Come sempre, suo
cugino era immerso in uno dei tanti libri presi dalla biblioteca reale.
Da quando era
successo quel disastro, passava le giornate a cercare rimedi per suo padre o
per Ismene ma, nonostante fosse il più esperto dei guaritori e la sua
biblioteca non li avesse mai delusi, non era ancora riuscito a trovare niente
che li aiutasse davvero.
Alla
vista del re chiuse il libro e scattò in piedi inchinandosi<< Mio re, posso fare qualcosa per voi? >>
Tarìc sospirò<< Sono anni che ti ordino
di smetterla con i convenevoli, se proprio vuoi fare qualcosa di utile comincia
da lì >> poi si rese conto di quello che aveva detto<< Scusa, giornata pessima. Ho bisogno
del tuo aiuto >>
Mentre attraversavano
gli immensi corridoi del palazzo reale diretti alla sala del trono, il re gli
spiegò la situazione
<< ...quindi vorrei il tuo parere sulle
loro capacità visto che sei molto più esperto di me per queste cose >>
<< Perché dovremmo dare loro le nostre
conoscenze? Potrebberoessere qui solo
per spiarci o per imparare e poi allearsi con qualcuno che vuole prendersi le
tue terre. Ti hanno detto subito che hanno dei poteri che derivano dagli
elementi, non sono tante le persone in grado di farlo. L'ultimo tempio che
aveva quelle conoscenze è stato distrutto quasi cento anni fa e si dice che
nessuno sia sopravvissuto al massacro >>
Ecco
una cosa che non sapeva. Sapeva che la capacità di governare gli elementi era
molto rara e nessuno nel suo regno la possedeva, ma non sapeva niente di altri
popoli in grado o meno di dominare le forze della natura.
<< Potrebbe esistere qualche altro posto
sperduto da qualche parte del mondo di cui non sappiamo niente. Ho intenzione
di chiedere loro un giuramento nel caso in cui dovessimo ritenerle all'altezza
di imparare le nostre conoscenze >>
<< Pensi che un giuramento basterebbe
per fermare delle spie nemiche? >> gli chiese scettico
<< No di certo. Quella donna è convinta
che, una volta che le avremo viste, non potremo fare a meno di chiedere loro di
restare e io voglio che capisca che non contano niente. Staranno qui solo per
un periodo di tempo stabilito da noi e si impegneranno a darci il loro aiuto in
caso di bisogno >>
<< Intendi sfruttarle quindi? >>
dal tono di voce che aveva usato, Tarìc capì che sapeva che non l'avrebbe mai
fatto
Un’occhiataccia del
sovrano bastò a farlo inchinare serio << Ai tuoi ordini >>
Sulla loro isola il
tempio della Dea e il palazzo reale erano le costruzioni più imponenti e
maestose in assoluto. La ricchezza che faceva da padrona al loro interno era
sempre stata ben visibile anche dall’esterno, sia per gli isolani che per gli
stranieri che sbarcavano sulla loro terra per cercare i servizi delle
sacerdotesse o per semplice curiosità.
Aveva sentito molti
soldati di suo padre dire che, in tutti i viaggi che avevano fatto nella loro
vita, non avevano mai visto niente di paragonabile al loro palazzo e al loro
tempio e lei era sempre stata certa che avessero ragione.
Il palazzo dello
sconosciuto Re Tarìc aveva eclissato in un istante la bellezza dei palazzi che
ricordava.
Elydet aveva visto
anche Irmelin guardare le mura del palazzo reale a bocca aperta e perfino Keira
aveva interrotto il suo parlare incessante quando avevano varcato la porta delle
mura esterne.
Nessuna descrizione
poteva rendere giustizia a quello che avevano davanti.
Il portone esterno
aveva l’aria di essere la cosa più solida sulla faccia della terra.
Forgiato in una
pietra più nera delle notti senza luna e contornato da fregi cesellati così
finemente che neanche tutti gli scultori della loro isola e di tutto il regno
d’oltremare avrebbero saputo copiarne la precisione. Austero, solido e
imponente. Come tutto il resto del palazzo.
Non si sarebbe mai
aspettata di trovare dei giardini in un palazzo reale, eppure quello ne era
pieno.
Rigorosamente ben tenuti, con i fiori più
colorati che avesse mai visto.
Elydet dubitava
fortemente che il loro vecchio re avesse un qualche interesse per i giardini
reali. Erano cose da regina quelle. Ma la Somma Dalia aveva detto che non era sposato… forse se ne occupava la Regina Madre? O una
sorella… forse la progettazione dei giardini poteva essere una cosa da
principessa.
<< Eccola! >> bisbigliò Irmelin
strappandola ai suoi pensieri. Evidentemente la Somma Dalia aveva già concluso
il suo colloquio con il re
<<
Guarda con che aria cammina per i corridoi. Vuole fare la grande donna potente,
ma se cammina un po' più lenta per darsi le sue stupide arie, va a finire che
la vediamo camminare all'indietro >>
Elydet
sentì uno strano colpo di tosse da sua sorella. Si stavano di nuovo comportando
come due bambine stupide. Erano senza speranza. Dalia non avrebbe certo perso
l’occasione di sgridare Irmelin nel nuovo palazzo reale per metterla in cattiva
luce davanti ai loro ospiti, Selyan si sarebbe messe in mezzo e lei, per legame
di sangue, sarebbe stata screditata agli occhi di una corte che doveva ancora
conoscere. Doveva fermarle.
<< Basta. Se la prenderà di nuovo con te
se ci scopre e adesso siamo nel palazzo del re, devi dare l'impressione di
essere una vera sacerdotessa agli ordini di Dalia >>
La ragazza del vento storse la bocca in
un’espressione profondamente offesa << Tsk! Sai benissimo che sono finita
nel suo tempio per caso. Se si tratta della Dea posso anche servirla, ma lei
proprio non la sopporto! Altro che somma e somma, è solo una lurida
donnicciola- >>
Ma Selyan, come sempre, le tirò una poderosa
gomitata nelle costole e la zittì.
<< Quando sarete vecchie Irmelin avrà le
costole storte e tu, Sel, avrai il gomito eternamente blu dai lividi, lo sapete
vero? >> ridacchiò Elydet.
La
Somma Sacerdotessa nel frattempo aveva raggiunto il loro gruppo e si era
schiarita la voce per attirare l’attenzione di tutte << Mie care figlie, il sovrano ha
chiesto di vedere le migliori di voi prima di decidere del nostro futuro e ha
promesso che, in un secondo momento, vorrà vedere anche le altre. Non siate
tristi per la sua richiesta e non giudicatelo male, per favore. È molto
impegnato e non ha tempo per tutte. Dunque, la scelta da fare è ardua dal
momento che, in quanto appartenenti al mio ordine, siete tutte molto dotate …
>>
Mentre
Dalia fingeva di riflettere Irmelin sfuggì al loro controllo e sussurrò << L’ha detto davvero? è ubriaca?
>>
Elydet
pregò con tutta sé stessa che la somma sacerdotessa non avesse sentito, ma
ormai aveva imparato che pregare non serviva a niente. Dalia stava guardando
male la sua amica.
<< Se mi avessero chiesto di lasciare
fuori le peggiori di voi sarebbe stato semplicissimo, ma, ahimè, pare che la
Dea abbia deciso di mettermi alla prova >>
Questa
volta Selyan era pronta a fare il suo dovere e afferrò il polso di Irmelin
stringendolo con tutta la sua forza distraendola e lasciando il tempo alla
somma sacerdotessa di riprendere a parlare << Bene, credo proprio di essere
costretta a portare con me la mia cara Keira. Voi tutte sapete bene che le sue
doti stanno migliorando notevolmente negli ultimi tempi e, inoltre, mi sembra
giusto che il re sappia che ci sono delle nobili di alto rango tra noi. Non
voglio che pensi di aprire le porte solo a un gruppo di contadine
indisciplinate e inadatte al suo regale palazzo. Solo Keira ha l’educazione
adatta a trattare con un re a mio parere >>
Si
diffuse un brusio di mormorii d’assenso e di commenti eccitati e Dalia
interruppe il suo discorso sicuramente per dare tempo alla nipote di godere a
pieno dell’approvazione delle altre, Elydet non si accorse neanche di parlare
finchè non sentì la propria voce bofonchiare un << Giuro, per la Dea, che
questa la paga! Si pentirà della sua arroganza! >>
Come si permetteva di
insinuare che solo Keira conosceva l’educazione consona a un palazzo reale?
Ma
non ebbe tempo di pensare altro perché la farsa era ricominciata
<< Dal momento che non mi sembra educato
portare una sola di voi, mi vedo costretta a sceglierne almeno un'altra.
Dunque, vediamo…
Mentre la donna fingeva di nuovo di
riflettere, fu Irmelin a esporre le reali intenzioni di Dalia
<<
Dal momento che la sua cara nipote è un impiastro incapace, cara Selyan, dovrai
metterci una toppa >>
Elydet annuì convinta << E fagliela pagare, per favore, o non
ti rivolgerò più la parola >>
Selyan
scosse la testa << Se è così, Irmy, giuro che me la paghi! Non voglio-
>>
Grazie alla Dea il balbettio inutile di sua
sorella fu interrotto dalla fastidiosa voce della Somma insultatrice<< Bene,
ho deciso: Selyan, te la senti di venire con noi? Pensi di essere all'altezza?
>>
<<
Bene, ho deciso: Selyan, te la senti di venire con noi? Pensi di essere
all'altezza? >>
Quella domanda la
spiazzò completamente.
Avrebbe tanto voluto
arrabbiarsi con Elydet e Irmelin in quel momento.
Non voleva andare. Non
voleva avere niente a che fare con quella donna, né tanto meno con sua nipote e
non voleva rappresentare le sue compagne davanti al re d quella terra.
Odiava sia la
situazione che le compagnia che avrebbe avuto, e aveva un desiderio smisurato
di rifiutare, ma sapeva cosa sarebbe successo in quel caso: Keira avrebbe fatto
solo un buco nell'acqua e il re le avrebbe mandate via.
Se non le avessero
accettate avrebbero dovuto viaggiare ancora e lei aveva scoperto che viaggiare
la faceva pensare a quello che era successo alla loro terra.
Era l'ultima cosa che
voleva.
Non voleva mettersi
in mostra, ma non voleva assolutamente essere costretta a passare altri mesi
senza nient'altro da fare che pensare al passato per colpa di un'incapace che
sapeva solo muovere il corpo con cui la Dea l'aveva mandata sulla terra
credendo di incantare tutti.
In quel modo si
abbindolano solo le persone poco serie e, se era vero che nel mondo la Dea
aveva mandato anche la giustizia, in quella terra le cose dovevano andare bene
anche per loro.
Quel re doveva essere
una persona onesta e saggia che non si faceva incantare dalla stupida Dalia. La
Dea doveva avere qualcosa di buono da offrirle se non l'aveva fatta morire in
tutte le occasioni che aveva avuto negli ultimi tempi.
Se davvero la Dea del suo ordine agiva con uno
scopo e, nella Sua infinita giustizia, ricompensava il male subito con un bene
di pari valore, che le mostrasse il modo in cui intendeva riparare ai torti che
le aveva fatto negli ultimi tempi!
Sapeva che era
sbagliato sfidare la Dea, ma aveva passato una vita a servirla fedelmente e ne
aveva ottenuto le peggiori disgrazie.
Se davvero le sfide
agli Dei portavano al male, lei poteva stare tranquilla.
Non aveva più niente
da perdere.
Elydet e Irmelin
avevano bisogno di ricominciare e non sarebbe stato giusto lasciare la loro
possibilità di essere felici nelle mani della stupida Keira.
Le sue sorelle
avevano bisogno di quel regno, lei aveva bisogno di smettere di viaggiare ed
era sicura che quel giorno le preghiere alla Dea fossero inutili come le doti
di Keira davanti al sovrano.
Poteva
solo rimboccarsi le maniche e fare del suo meglio.
Annuì
inchinandosi << Certamente, Mia
Signora. Sono onorata che me lo abbiate chiesto e vi prometto che farò del mio
meglio per tenere alto l'onore di tutte noi al cospetto del sovrano >>
La
donna fece uno dei suoi soliti sorriseti fasulli << Non preoccuparti, cara, non intendevo
darti un compito così gravoso. Dovrai solo farti vedere dal re e aiutare Keira
nel caso in cui avesse bisogno di te. Non credo che servirai a qualcosa. Mia
nipote non ha certo bisogno di aiuto per trattare con dei nobili suoi pari
>>
Selyan si aspettava una risposta del genere e
non ne fu sorpresa quanto Irmelin che aveva i pugni serrati, e neanche quanto
Elydet che bofonchiò un ‘stupida oca’.
<< Naturalmente, Madre. So benissimo
quanto Keira sia brava. Non avrà bisogno del mio aiuto, ma, se le sarà
richiesto qualcosa di troppo gravoso, vi prego di non esitare a mandare avanti
me al suo posto >>
Dalia sembrò apprezzare la risposta << Bene! Voi altre rimanete qui con un
comportamento dignitoso e non provate neanche a varcare la porta d'ingresso.
Non voglio che vi perdiate o che vi succeda qualcosa di brutto. Noi vi
raggiungeremo appena possibile >>
Selyan salutò con un cenno rassegnato le sue
due amiche.
“Falla vergognare” bofonchiò Elydet.
“ Quale vergogna? Deve
ucciderla” la corresse Irmelin prima di rivolgersi a lei
direttamente con quella che aveva tutta l’aria di una minaccia “Per favore, cerca di non fare cose stupide”
Sapeva che non si
riferiva all’impressione che avrebbe dato al re. Irmelin era solo preoccupata
per lei. Era sempre preoccupata per lei negli ultimi tempi.
Oltre all’affetto,
aveva un debito enorme nei confronti di quella ragazza.
Selyan avrebbe fatto
quanto era in suo potere perché quel re le accettasse.
E, purtroppo, sapeva
chepotere ne aveva anche troppo.
Seguendo la
Somma Sacerdotessa, Selyan osservava gli immensi corridoi del palazzo.
Erano
intricati come un labirinto e affiancati da colonne enormi come non ne aveva
mai viste prima.
Erano così grandi
che, forse, neanche gli alberi più antichi dei loro boschi avevano quelle
dimensioni.
Dalia
procedeva a passo sicuro e con il solito comportamento altero. Probabilmente
era più che certa che il re le avrebbe accettate grazie al fascino di sua nipote
o a qualche suo intricato piano che, sicuramente, le avrebbe fatte odiare
subito.
Keira
cercava di imitare sua zia. Aveva lasciato i lunghi ricci rossi sciolti sulle
spalle per poter indossare un fermaglio d'oro più grande del necessario e aveva
messo al polso sinistro un grande bracciale d’oro largo quasi un palmo e
all’altro braccio una quantità indefinita di piccoli cerchietti tintinnanti.
Voleva attirare l’attenzione del re con le ricchezze o voleva essere certa di
attirare l’attenzione con il tintinnio che accompagnava ogni suo passo?
Quello che
Selyan non si sarebbe mai aspettata era vederla mordersi un labbro
nervosamente. Le sembrava impossibile che Keira fosse spaventata. Proprio lei
che si comportava sempre come se niente avesse importanza.
Distolse in
fretta lo sguardo per non sorridere al pensiero di cosa avrebbe detto Irmelin
se avesse scoperto che la sua nemica giurata era solo una ragazzina spaventata.
<<
Bene, ragazze, siamo arrivate. Dietro questa porta c'è il re. Voi fate del
vostro meglio, so che siete le migliori e... beh, che la Dea vi aiuti, bambine
>>
Selyan
rimase ancora più spiazzata. Anche la vecchia
aveva paura?
Era davvero
così temibile quel re?
Oltretutto,
da quando aveva visto quella porta, il cuore aveva cominciato a batterle più
forte per l'emozione.
Aveva una
paura tremenda di sbagliare qualcosa, dire una stupidaggine o non saperne
abbastanza delle cose che le avrebbero chiesto.
<<
Selyan! >> irruppe la gracchiante voce di Keira << Vuoi smettere di
fissare la porta come una stupida? Mia zia ti ha chiesto se hai domande
>>
Si riprese
di scatto << Madre, come dobbiamo comportarci al cospetto del re? Voglio
dire... avete detto che non dobbiamo guardarlo in viso perché non è educato, ma
basta questo o ci sono altre cose che potremmo- >>
<< Sei
la solita>> la interruppe di nuovo la ragazza accanto a lei <<
Stupida come la tua amica! Cosa vorresti fare? Devi limitarti a stare dietro di
me e fissare il pavimento, non mi sembra difficile da capire >>
Se pochi
secondi prima le aveva fatto quasi tenerezza, adesso aveva di nuovo voglia di
strozzarla.
La Somma
Sacerdotessa annuì << Hai ragione, ma non farti sentire gridare così o
passerai da stupida anche tu. Selyan, quando ti sarà richiesto, ti presenterai
e poi ti limiterai a fare come ha detto mia nipote. Adesso andiamo >>
La donna
colpì la grande porta con le nocche di una mano e questa si spalancò
all’istante per mano degli efficienti servi del re.
Selyan si
ricordò troppo tardi che doveva fissare il pavimento e arrossì violentemente
abbassando il viso. Il re era davvero giovane come aveva detto Dalia e, cosa
che non le piaceva per niente, non era solo. Era ovvio che avrebbe avuto
qualcuno a consigliarlo.
Odiava
parlare davanti a tante persone.
Se doveva
fare tutto Keira, perché lei doveva stare lì a tremare come una foglia?
Perché la
Dea aveva stabilito che Keira fosse un disastro e che proprio lei dovesse
rimediare ai suoi errori? Non poteva mandare un’altra delle sue compagne?
Avrebbe
tanto voluto essere nel grande giardino con Irmelin e Elydet.
La voce
acuta e sgradevole della Somma Sacerdotessa riempì la sala
<<
Vostra Altezza, queste sono le mie sacerdotesse più potenti, come avevo
promesso >> poi protese una mano verso la ragazza dai capelli rossi
<< Questa è mia nipote Keira e->>
Ma il
sovrano la interruppe << Se sono potenti come dici, saranno almeno in
grado di presentarsi da sole >>
Dalia
balbettò un << Certamente, Altezza, chiedo scusa. Ragazze... >>
<< Sono
Keira, figlia del secondo fratello del re, dichiarato erede al trono dal
sovrano della terra da cui proveniamo, e della sorella della Somma
Sacerdotessa. So combattere con la spada e tirare con l'arco. So molte cose
sull'arte magica, ma vorrei migliorare le mie conoscenze, se me ne concederete
la possibilità >>
Il re annuì
<< Bene, e tu invece? >>
Selyan
voleva davvero andare via, ma sapeva che non poteva più tirarsi indietro
<< Il mio nome è Selyan, Maestà. Sono in grado di dominare l'acqua e sono
qui per... >> si morse un labbro.
Lei era lì
solo per aiutare Keira e nient'altro, ma non poteva dirlo e non poteva neanche
dire quello che voleva perché Dalia le aveva ripetuto esplicitamente che lei
non contava niente. Ma ormai aveva parlato.
<<
Per...? >> la esortò il re.
Questa
l'avrebbe pagata cara alla Somma Sacerdotessa.
<< Se
mi riterrete all'altezza, maestà, vorrei migliorare le mie conoscenze in campo
medico >>
Il sovrano
sembrò soddisfatto<< Magia e
medicina. Vediamo cosa sapete fare. Dunque, sapete combattere.... >>
Il re fece
una pausa durante la quale Selyan si sentiva sempre più nervosa.
<< Fai
chiamare Tanet e fagli dire di portarsi due spade >>
Doveva
essersi rivolto a uno dei suoi servitori. E chi era quel Tanet che dovevano far
venire? Peccato che fossero costrette a fissare il pavimento.
Poi il re si
rivolse di nuovo a loro << Mentre aspettiamo ditemi qualcosa di più su
chi siete e sul posto da cui venite >>
Era un
ordine chiaro e deciso. Dal tono che aveva usato il re non c’erano dubbi che
non volesse essere ignorato, eppure, come prevedibile, la Somma Sacerdotessa
cercò di evitare la risposta
<<
Beh...potente sovrano noi... ehm… insomma>>
Selyan si
permise di approfittare della balbuzie improvvisa di Dalia per sbirciare il
sovrano. Sembrava serio e annoiato, per niente ben disposto nei loro confronti.
Forse era solo il suo dovere essere diffidente verso chi chiedeva ospitalità,
ma, se avesse dovuto parlare lei al posto di Dalia, sicuramente non si sarebbe
sentita degna neanche di aprire bocca davanti a quegli occhi così seri e
scrutatori. La stupida vecchia, invece, si rivolgeva a lui guardandolo
direttamente in viso come da pari a pari.
<<
Veniamo da una terra al di là del Grande Mare, oltre la foce del fiume, Altezza
>>
<<
Questo l'hai già detto. Il campo di addestramento è abbastanza lontano, hai
tutto il tempo di dirmi qualcosa di nuovo >>
Selyan vide
Dalia irrigidirsi alle ultime parole di quel re così giovane e, a quanto
pareva, così esperto.
Nessuno aveva
mai interrotto la Somma Sacerdotessa. Perfino il loro re si era sempre mostrato
sottomesso. Quella terra avrebbe rimesso le cose al loro posto?
<< Vi
chiedo scusa, ma non mi avete dato il tempo necessario a terminare il mio
discorso. Lì è tutto molto diverso dalla vostra terra: ci sono moltissimi
boschi e i fiumi sono molto più numerosi sebbene sembrino solo torrenti in
confronto al grande fiume della vostra terra, il sole non è così caldo e...
>>
Selyan perse
il resto del racconto di Dalia. Era sbalordita dalla stupidità di quella donna.
Era sicurissima che la vecchia avesse capito che il re voleva sapere il vero
motivo per cui erano lì perché la scusa di imparare da loro le grandi arti non
stava in piedi.
La Somma
Sacerdotessa era convinta che bastasse e la ragazza sapeva che non avrebbe mai
rivelato il vero motivo per cui erano lì.
Selyan, per
certi versi, era anche d'accordo con lei. Se avesse detto la verità, non le
avrebbero mai accettate, ma il modo in cui cercava di prendere tempo era
patetico. Aveva paura che da un momento all'altro l'avrebbe sentita parlare
degli uccellini che cinguettavano sugli alberi.
Il re sembrò
pensarla alla stesso modo perché la interruppe di nuovo cambiando discorso
<<
Come si chiama il posto da cui venite? >>
Poi cambiò
idea << Voglio che mi risponda la ragazza dai capelli rossi. Sembra che
tu abbia dimenticato le cose importanti >>
Selyan
ringraziò la Dea perché il re non lo aveva chiesto a lei. Dalia avrebbe potuto far
scoppiare una rivolta in quel caso, ma, dal momento che la mossa del re aveva
attirato le attenzioni dei presenti in sala sulla nipote, sicuramente avrebbe
dimenticato l’offesa del re nei suoi confronti.
<<
Vostra maestà, vi chiedo umilmente perdono, ma non posso >> esordì Keira
<< Non voglio mancarvi di rispetto, e non lo voleva neanche la Somma
Sacerdotessa, ma tra le nostre leggi una delle più importanti ci vieta di
pronunciare i nomi delle persone defunte e delle città ormai distrutte. La
nostra terra esiste ancora, ma è devastata e in mano al nemico. Per noi è
impossibile farvi ritorno adesso, perciò non possiamo pronunciarne il nome
>>
Keira per
difendere la zia si era inventata una bugia che era grande quanto una delle
enormi colonne nei corridoi del palazzo reale, ma che, proprio come quelle,
sembrava stare in piedi. Lei non sarebbe mai stata così furba al suo posto.
La sua
solidarietà verso Keira, però, andò in pezzi quando la sentì continuare il
discorso << Per questo mia zia non ha pronunciato il nome della nostra
città e Selyan non ha neanche accennato ai suoi genitori quando si è presentata
>>
Dove diamine
voleva arrivare con quel discorso? Doveva capirlo in fretta, ma non ne aveva il
tempo così si convinse che voleva solo farla innervosire prima che qualcuno le
facesse qualche domanda.
In quella
conversazione ci sarebbero state molte cose su cui riflettere, ma decise che
non era il momento adatto, ne avrebbe riparlato in seguito con sua sorella e,
soprattutto, con Irmelin. In quel momento doveva limitarsi a tenerle a mente.
<<
Quindi, una volta che avrete imparato quello che vi serve, dove andrete? Da
quello che ho capito non avete un posto in cui tornare >> chiese il re.
Dalia era
pronta alla domanda<< Cercheremo
di fare ritorno nella nostra terra per riconquistarla, se la Dea lo consentirà
. È distrutta, ma è pur sempre casa
nostra. Avevamo degli alleati, non ci resta che sperare che siano ancora
disposti ad aiutarci e, se questo non sarà possibile, andremo dove la Dea ci
porterà. Non resteremo qui se non saremo gradite mio re >>
<<
Nessuno ha detto questo >> commentò prima di riprendere le domande
<< Keira, giusto? >>
La ragazza
si inchinò << Sì, Mio Signore >>
<<
Perché vuoi imparare l'arte magica? >>
<<
Beh... perché quando combatteremo per salvare la nostra terra ci sarà utile dal
momento che i nostri avversari sono molto forti e agguerriti >>
Il sovrano
non le rispose. Selyan avrebbe pagato oro per poterlo guardare in faccia in
quel momento. Immaginava già la sgridata che si sarebbe presa da Irmelin quando
le avrebbe raccontato che il re era rimasto in silenzio dopo una risposta di
Keira e lei non si era degnata di controllare che fosse abbastanza disgustato
dalla racchia dai capelli rossi
<< Tu affianco a lei, non ricordo il tuo
nome >>
Selyan si
inchinò educatamente << Mi chiamo Selyan, Maestà >>
<<
Già, tu vuoi imparare l'arte medica, vuoi spiegarmi per quale motivo? >>
Dovette
lottare contro una voglia immensa di girarsi e uscire dalla porta senza
rispondere. Maledisse Dalia e, dal momento che ormai, o parlava, o faceva una
figura ancora peggiore, si fece coraggio per dire quello che pensava piuttosto
che quello che la Somma Sacerdotessa avrebbe voluto sentirle dire.
<< In
ogni guerra che viene combattuta, indipendentemente da chi vince o chi perde,
si crea un enorme numero di feriti. Con il potere che mi ha concesso la Dea
posso guarire le ferite superficiali o, se nelle schiere nemiche sono presenti
dei maghi, posso dissolverne i sortilegi, ma contro le ferite serie posso ben
poco mio re. Basta un solo uomo con una ferita profonda a farmi esaurire le mie
forze magiche e senza quelle non sono in grado di fare nient'altro. So che ci
sono un sacco di cose che potrei fare senza dover ricorrere continuamente alla
magia e vorrei poterle imparare qui da voi >>
Per sua
fortuna, l'uomo che era stato mandato a chiamare aveva fatto il suo ingresso e
aveva distratto il sovrano prima che avesse il tempo di farle altre domande. Le
tremavano già le gambe per quella breve conversazione
<<
Vostra Altezza >> si annunciò il nuovo arrivato.
<<
Queste ragazze hanno detto di saper combattere. Dai una spada a una delle due e
valuta le loro capacità >>
<< Sì,
mio re >>
Ma Dalia non
perse occasione di fare la figura della stupida urlando << Ma è inaudito!
Ucciderà le ragazze un uomo così... >>
<<
Così cosa? >> chiese il re con chiaro tono scocciato << È il
comandante delle guardie non un semplice soldato e, dal momento che è
specializzato nell'addestramento, sa riconoscere benissimo il limite di chi ha
davanti. Adesso spostati e lasciagli fare il suo lavoro >>
L'uomo
ringraziò il re e passò una spada a Keira.
Selyan si
sentiva tremare. In realtà non aveva mai smesso di farlo da quando era entrata
nella sala. Odiava essere al centro dell'attenzione quando parlava, come odiava
che qualcuno la guardasse fare qualcosa e, appena il turno di Keira si sarebbe
concluso, tutti l'avrebbero guardata combattere. Aveva una paura tremenda e
decise che poteva smettere di fissare il pavimento e studiare l’avversario per
distrarsi.
Doveva
essere poco più grande del re e la cosa le sembrò strana. Era convinta che il
potere fosse sempre in mano ai più anziani perché più saggi, ma in quel regno
sembravano tutti giovani.
Si rese conto
che stava tornando con la mente a ricordi tristi e lontani, così scosse la
testa e si concentrò sul duello.
A giudicare
dai suoi muscoli, il comandante sembrava davvero forte, ma chiunque avrebbe
potuto parare i colpi che scagliava contro Keira. Forse aspettava che lei
stessa mettesse più forza nella sua spada perché non era abituato a combattere
con le ragazze, o perché era convinto che la ragazza non avesse la forza
necessaria per contrastarlo. Non si era neanche accorta di parlare quando sentì
la sua stessa voce gridare << Keira, mettici più forza! >>
Ma la Somma
Sacerdotessa non approvò<< Se la
distrai, giuro che te la farò pagare! >>
Anche se un
po' goffa e intimorita, Keira riuscì a parare tutti gli attacchi successivi e
il suo avversario sembrò azzardare una cosa diversa. Con un colpo più forte
fece vacillare la ragazza e, nell'attimo in cui questa cercava di non perdere
l'equilibrio, mirò al suo braccio sinistro. Quando Keira capì cosa stava
succedendo, si abbassò nella speranza che il colpo le passasse sopra, ma la
spada si fermò vicinissima al suo orecchio.
L'avversario
sorrise e le tese una mano << Sarebbe stato meglio pararlo. Così avrei
potuto tagliarvi la testa >>
Keira lo
guardò con tutto il disprezzo e l'arroganza che poteva mettere insieme, non
afferrò la mano del comandante per rialzarsi e passò la spada a Selyan
<<
Divertiti!Sei tu quella che ha un
debole per queste cose >>
Selyan si
sentì di nuovo in preda al panico. La spada era finita per terra perché Keira
l'aveva lanciata più che passata e lei era convintissima di aver già dato una
pessima impressione.
<<
Siete mancina? >> chiese incuriosito il comandante.
<<
Come? >>
<<
Combattete usando la mano sinistra? >>
Si stupì a
quella domanda e scosse la testa, poi si rese conto con orrore che stava
reggendo la spada con la mano sbagliata.
Arrossì di
colpo e cambiò mano << Scusate >>
Quando
cominciarono a combattere, Selyan ebbe la conferma di quello che pensava: se lei
aumentava la forza nei colpi, anche il comandante colpiva più forte.
Era da tanto
che non impugnava una spada e, quello strano duello, ebbe il potere di farle
dimenticare il suo imbarazzo, la gente che la stava guardando e anche le sue
preoccupazioni.
L'ultima
volta che aveva impugnato una spada era ancora nella sua terra, in una
battaglia in cui aveva dimenticato chi fosse e aveva combattuto con tutta la
forza e tutta la rabbia che aveva dentro. Aveva ucciso così tanti soldati che
alla fine aveva gettato la sua spada in mare con la speranza che le sue acque
la liberassero dalle tracce dell'orribile strage che aveva commesso.
Ma non
voleva ricordare e non poteva permettersi errori. Il re doveva accettarle e lei
doveva dimostrargli il loro valore, perciò colpiva con tutte le sue forze la
spada del nemico usando quel finto combattimento come sfogo per tutta la rabbia
e tutta la tristezza che non era riuscita ad affrontare in quei giorni di
navigazione tranquilla.
Si era
decisamente rammollita in quel maledetto viaggio e stava lottando contro
quell’uomo e contro la stanchezza che l’aveva assalita in molto meno tempo di
quanto si sarebbe aspettata quando il re li interruppe
<<
Basta così! Per me è abbastanza, tu che ne pensi? >> chiese rivolto al
comandante.
L'uomo,
aveva il fiatone, ma rispose senza esitazione al suo re<< Lei se la cava bene, sono pochi i
soldati che riescono a ferirmi >> e mostrò il dorso della mano destra sul
quale spiccava un lungo taglio rosso scarlatto.
Selyan si
sentì sprofondare. Non si era neanche accorta di quello che faceva presa
com'era dai suoi pensieri e doveva aver perso il controllo della spada
ferendolo per puro caso. Non era un taglio profondo, ma si sentiva rimordere la
coscienza come se gli avesse tagliato una mano.
Perché
diamine non stava mai attenta a quello che faceva?
<< Mi
dispiace davvero tanto per quello che ho fatto, non me ne sono resa conto e-
>>
Ma lui la
fermò agitando una mano << Tranquilla, è solo un graffio. Sul campo di
addestramento è all'ordine del giorno >>
Il
comandante non era arrabbiato, anzi, sembrava soddisfatto. Lei però si sentiva
in colpa ugualmente e ormai era inutile nascondersi per far fare bella figura a
Keira.
Preferiva
prendersi una sgridata da Dalia e magari una punizione, piuttosto che lasciare
le cose come stavano
<< Non
volevo ferirvi. Se mi date il vostro permesso, posso guarirvi >>
<< Non
è necessario >>
Ma il
sovrano lo interruppe e scese dal trono portandosi dietro quello che sembrava
il suo confidente personale << Voglio vedere cosa sa fare >>
Selyan si
morse la lingua. Non pensava di attirare l'attenzione di tutti.
Sua sorella
le diceva sempre che doveva lasciar perdere ogni tanto i danni che combinava,
ma Elydet non capiva che se non rimetteva le cose a posto i rimorsi non le
davano tregua.
Sua sorella
l’avrebbe sicuramente sgridata e anche Irmelin. Soprattutto Irmelin.
Dalia aveva
già abbastanza motivi per prendersela con lei, tanto valeva fare le cose per
bene e non lasciare inutili cicatrici a chi non le aveva fatto niente di male.
Stese la
mano a poca distanza dalla ferita del comandante, l’alone di luce azzurra, che
si sprigionava ogni volta che Selyan usava la sua magia, prese a brillare
avvolgendo le loro mani e, quando si spense, la ferita era scomparsa. Completamente
rimarginata.
Il
comandante guardò la sua mano con aria dubbiosa e la chiuse e la riaprì per
essere sicuro che non fosse una presa in giro.
<<
Posso portarmela sul campo di addestramento? >> chiese al re indicando
Selyan che arrossì di nuovo.
<< Non
è una domanda a cui posso rispondere adesso, Tanet >>
Il
comandante annuì e si scusò prima di rivolgersi nuovamente a Selyan <<
Dove hai imparato a combattere così? >>
Era
decisamente una domanda pericolosa. Non poteva dire dove aveva imparato, né con
chi si allenava tutti i giorni prima che il suo addestramento si rendesse
necessario, poteva solo dire dove aveva imparato la rabbia e la violenza dei
colpi. Si concentrò sulle mattonelle ai suoi piedi e cercò di tenere la voce
più ferma possibile << In guerra. Sul campo di battaglia >>
Aveva sempre
saputo che non si sarebbe mai dimenticata di quello che era successo, lo aveva
giurato lei stessa, ma, se ricordarlo era difficile, parlarne era impossibile.
Aveva
promesso che Keira sarebbe stata al centro dell'attenzione, invece lì dentro
facevano di tutto per valutare anche lei e non era certo colpa sua se la Nobile Testa Vuota, come la chiamava
Irmelin, non sapeva combattere.
Non aveva
chiesto lei di finire sul campo di battaglia mentre Keira se ne stava al sicuro
nel palazzo reale.
La cosa che
le dava più fastidio era che qualcuno il giorno della loro partenza le aveva
detto: "Vedrai che volteremo pagina
e ti scorderai di tutto questo"
Ringraziò la
Dea di non ricordarsi chi fosse perché l'avrebbe fatto fuori all'istante!
Voltare
pagina … Ogni minuto che passava le chiedevano qualcosa sul suo passato e lei
cominciava a non sopportarlo più.
<<
Selyan, avrei una cosa da chiederti >>
Era così
immersa nei suoi pensieri che quasi non sentì il sovrano << Ditemi pure,
Maestà >>
<<
Alcuni dei miei più fidati funzionari sono stati colpiti da qualcosa che i miei
guaritori non sono stati in grado di curare. Hai detto che hai qualche nozione
di medicina e di magia, vorresti dirmi cosa ne pensi? >>
<< Ma,
Altezza, posso farlo io >> si intromise Dalia.
<< Le
tue ragazze devono imparare da noi o devi farlo tu? >>
<< Vi
domando perdono, volevo solo offrirvi il mio aiuto. Se mi permettete un
suggerimento, però, Keira è molto più istruita di lei >>
<<
Bene, vedremo quando sarà ilmomento.
Adesso venite con me e ricordate che nonvoglio che prendiate iniziative senza il mio permesso o sarete accusate
di omicidio. Neithel, Tanet, con me anche voi >>
Selyan era
sparita dietro le grandi porte con la vecchia
bisbetica e la capra di sua nipote
da non sapeva più quanto tempo e quasi tutte le altre erano sedute come lei su un
muretto che costeggiava uno dei grandi giardini reali parlando e ridacchiando
di chissà cosa.
Non era
esattamente odio quello che provava nei loro confronti, ci aveva riflettuto
bene nei lunghi giorni in nave. L’odio era una cosa diversa. Quello che provava
per quelle ragazze in abito da
sacerdotessa era un profondo senso di ripugnanza.
Le loro
movenze e le loro risatine eccessivamente composte e controllate le davano il
voltastomaco. Sembravano ridere solo per educazione, si portavano le mani al
viso per enfatizzare le loro espressioni, ma si vedeva da lontano che non c’era
una sola delle loro reazioni che fosse sincera e una sola mossa che fosse
spontanea.
Come diamine
potevano ancora comportarsi da nobili di alto rango quando ormai non erano
altro che esiliate in cerca di ospitalità?
Doveva
trovare una soluzione per distrarsi o le avrebbe prese tutte a calci, ne era
certa.
Elydet
accanto a lei era persa nei suoi pensierie sembrava guardare le altre ogni tanto come se fosse curiosa. Non
poteva permetterlo! Selyan era impegnata a sopportare le due malefiche stupide perché loro avessero
una casa, non poteva ripagarla dei suoi sforzi facendole trovare una sorella
deviata e passata al lato nemico.
La sua amica
le avrebbe dato una casa sulla terra ferma e lei, in cambio, le avrebbe salvato
la sorella. Doveva trovare una soluzione al più presto.
<<
Ely, secondo te esplorare i giardini reali è dignitoso? >> chiese
alludendo alle raccomandazioni di Dalia.
Il viso della sua amica si illuminò, per sua
fortuna, e i suoi occhi abbandonarono le galline
per schizzare da una parte all’altra dei maestosi giardini. L’aveva distratta
per sua fortuna.
<< Secondo me basta avere un
comportamento come quello della vecchiaccia,
non so se mi spiego. Cammini lentamente imitandola, fingi di essere una brava
ragazza e te ne vai dove ti pare mantenendo comunque un comportamento dignitoso
>>
Bastò
un'occhiata tra le due a sigillare il patto: sarebbero andate in giro per i
cortili reali e poiall’esterno
rispettando la regola di non varcare la porta di ingresso. Ne avrebbero cercata
una sul retro.
Senza dire
una parola e con un grande sorriso emozionato, si alzarono dal muretto che
divideva il corridoio dai giardini interni e si diressero verso gli ampi
corridoi senza neanche una parola per le altre.
Nessuna di
loro tentò di fermarle, ma Irmelin sentì scendere silenzio indignato e sapeva
che era carico di occhiatacce verso di loro.
Non erano
abbastanza furbe da capire che, se Dalia le avesse punite, avrebbe aggiunto
solo un punto in più nell'elenco che tenevano segretamente nascosto tra le cose
di Elydet con le decine e decine di punizioni che la Somma Sacerdotessa si
inventava per loro. Non potevano sapere delle serate passate a leggere
quell’elenco ridendo fino ad avere mal di pancia per i ricordi delle loro
imprese.
Perfino
sulla nave, nella disperazione più nera, Selyan era riuscita a ridere di quella
lista.
Irmelin
prese in seria considerazione l’idea di festeggiare la prima punizione nella
nuova terra non appena avesse trovato il modo di rifornirsi di dolci e
biscotti.
<< Se
ci puniscono festeggiamo? >> chiese Elydet come se stesse spiando i suoi
pensieri
<< Ho
finito le scorte di dolci sulla nave per colpa di Keira, non posso ancora
permettermi una festa, ma ti prometto che mi organizzerò al più presto >>
E aveva
tutte le intenzioni di mantenere quella promessa.
Dalia sulla
nave l’aveva punita per uno stupido dispetto a sua nipote, niente di serio.
Aveva solo finto di farsi scivolare il cucchiaio di mano e le aveva macchiato
la veste. Era passato troppo tempo da quando aveva avuto il tempo e la
spensieratezza necessari a farle inventare uno dei suoi piani perversi per far
impazzire quella vecchia stupida e, forse, era il momento di riportare almeno
le piccole cose alla normalità. Per lei e per la sua amica a pezzi.
<< Per
fortuna non c'è mia sorella o non ci avrebbe permesso di andarcene in giro
così… come se niente fosse. Da che parte andiamo Irmy? >> chiese Elydet
impalata guardandosi intorno.
Irmelin non
aveva la minima idea di quale strada fosse meglio prendere, né tanto meno di
dove volesse andare. Puntò il dito a caso senza pensarci troppo << Quella
e, se è sbagliata, ci scusiamo in maniera dignitosa e cambiamo strada >>
La sorella
della sua amica annuì convinta<<
Speriamo che ci porti in qualche posto interessante >>
<< Ely, speriamo ci porti da qualche uomo interessante! >> la corresse
lei << Devo insegnarti tutto? >>
<< Pensi sempre e solo agli uomini,
vero? >> la prese in giro Elydet.
<< No, ogni tanto anche al cibo e a come
uccidere lavecchia >>
Sapere che
c'era anche Selyan a cercare di convincere il re la rassicurava e la
impensieriva al tempo stesso. Se il sovrano voleva veramente decidere la loro
sorte in base ai poteri che avevano, potevano anche disfare i bagagli perché
quella sarebbe stata la loro casa per il resto della vita, ma Selyan diventava
una stupida davanti agli sconosciuti, figurarsi davanti a un re che doveva
valutare l’intero ordine basandosi su di lei. Se si fossero trovate in una
situazione del genere prima che la guerra distruggesse tutto, Selyan avrebbe
sicuramente cominciato a balbettare e rompere tutto quello che le capitava a
tiro per colpa della sua goffaggine e delle sue maledette mani che tremavano
quando si imbarazzava, in quel caso però, Irmelin aveva paura che la sua amica
si facesse prendere dallo sconforto piuttosto che dall’agitazione e si
incupisse senza rispondere alle domande che le venivano poste.
Irmelin
sospirò pesantemente
<<
Pensi che non riusciremo a restare? >> chiese Elydet preoccupata <<
Io non credo che sopporterei un altro viaggio con quelle stupide >>
Lei si
guardò intorno un po’ per cercare di capire dove stavano andando e un po’ per
prendere tempo prima di risponderle.
Davanti a
loro il corridoio si apriva in un piccolo cortile che non ricordava neanche
lontanamente il grande giardino in cui erano rimaste le altre. A quanto pareva
c’era un muro esterno che circondava il palazzo e loro erano arrivate a una
porta di servizio esattamente come speravano.
Era un
piccolo pizzico di fortuna per loro. Il primo dopo mesi di sventure. Forse
poteva credere che non sarebbe stato l’ultimo. Forse poteva pensare che quella
non sarebbe stata l’ultima volta in cui vedeva quella porta, magari dall’altro
lato come una popolana qualsiasi…
No, qualcosa
le diceva che non sarebbe stato così. Eppure aveva una strana sensazione
addosso.
Come se
l’uomo con l’armatura addosso che sorvegliava quell’uscita secondaria lo
conoscesse da una vita. Non si sentiva come quando si innamorava a prima vista
di qualcuno, aveva provato quell’esperienza diverse volte in passato, sia per
cotte infantili che per quelle che credeva cose
serie e non erano così. In quel momento si sentiva esattamente come quando
vedeva da lontano Selyan o Irmelin dopo una giornata passata a casa dei suoi.
Non erano le emozioni di una cotta, erano quelle di quando si incontra un
vecchio amico.
Forse stava
impazzendo.
<<
Resteremo, Ely >> affermò con una sicurezza che non era certa di potersi
permettere
Elydet rise
di lei e seguì il suo sguardo verso lo sconosciuto soldato << Ti sei
davvero arresa al primo uomo che abbiamo incontrato? Hai già deciso di
sposarlo? >>
Irmelin
represse la voglia di risponderle male e si limitò a sbuffare scuotendo la
testa << No, sciocca. Quanta sfortuna vuoi farci avere? Neanche il fatto
che seguiamo la vecchia bavosa
potrebbe giustificarne tanta! Ora è il momento di una cosa buona per noi, non
credi? Resteremo o giuro che bestemmierò la Dea appena rimetterò piede sulla
maledetta nave con una serie di insulti così pesanti che persino le assi della
nave si sbalordiranno, si staccheranno una alla volta e marciranno da sole
all’istante facendoci affondare. Almeno la
vecchia morirà una volta per tutte >>
Poi si
sistemò meglio le trecce e si diresse a passo deciso verso il soldato
<<
Chiedo scusa >> esordì Irmelin per niente intimidita da quello che stava
facendo << Ci dispiace disturbarla. Siamo a palazzo da almeno tre mesi
ormai, ma non ricordiamo fino a quando è consentito uscire per comprare il
necessario per->>
<< La
porta sarà chiusa al tramonto. Se non tornerete prima, resterete fuori >>
L’uomo
l’aveva interrotta annoiato e lei si era anche finta irritata storcendo la
bocca e mormorando un << Grazie infinite >>
Era stata
assolutamente fantastica!
<<
Irmy sei stata davvero grande! >> si complimentò felice<< Siamo a palazzo da appena due ore e
abbiamo già ignorato un ordine di Dalia e imbrogliato un soldato del re. Di
questo passo ci faremo arrestare in meno di una settimana! >>
Il brivido
della ribellione alla Somma Sacerdotessa le dava alla testa e la rendeva
euforica. Era sempre stato il suo rimedio a ogni preoccupazione.
Lei, Irmelin
e Selyan violavano le regole ogni volta che ne avevano la possibilità, ma ogni
volta per lei era emozionante come la prima. Una vocina piccola piccola, da qualche parte, le ricordava sempre che stava
facendo la cosa sbagliata, ma non le era mai importato e, di certo, non avrebbe
cominciato ad ascoltarla adesso che aveva tutto un mondo da scoprire fuori da
quelle mura.
Irmelin non
le aveva mai dato l'impressone di farsi il minimo problema a trasgredire le
regole e anzi, il più delle volte era proprio lei a organizzare le loro imprese
alle spalle della vecchia Dalia
<< Lo
so, lo so, sono troppo intelligente. Che vuoi farci? La Dea non mi ha dato
grandi poteri e io ho imparato a usare il cervello per sopperire alla mancanza
>> rispose Irmelin con finta noncuranza.
Ma la vocina
nella testa di Elydet questa volta era pressante e aveva qualcosa di vagamente
simile alla voce di sua sorella. Odiava Selyan quando cercava di convincerle a rispettare
le regole e si faceva venire mille dubbi sui loro piani di fuga, ma adesso che
non c'era, nessuno avrebbe chiesto a Irmelin una spiegazione dettagliata del
perché Dalia non le avrebbe scoperte.
Mandò un
accidenti a sua sorella per averla contagiata con l'abitudine della fifa e
decise di chiedere chiarimenti alla sua amica<< Credi che la nostra disobbedienza alla Vecchia Zuccona possa compromettere la decisione del re? >>
domandò cercando di apparire il più disinteressata possibile.
<< E
perché dovrebbe? >> rispose Irmelin guardandosi intorno per capire da che
parte andare
<<
Beh... se lei, nella sua stupidità, dovesse dire al re che siamo delle ribelli
per metterci in cattiva luce ai suoi occhi, lui potrebbe pensare che siamo
pericolose e potrebbe mandarci via tutte >> le spiegò correndole dietro
per le strade sconosciute.
<< Mi
sembra di sentir parlare tua sorella. Dalia non è così stupida, sai? È determinata a restare in questo posto al punto da
mettere in mostra Selyan a scapito di sua nipote. Poteva portare una qualunque
delle oche in giardino, l'idiota di Tahnee sarebbe stata perfetta, per una
presentazione a corte al fianco di Keira, ma non l'ha voluta perché- >>
<< Ehi
aspetta! >> la interruppe Elydet << Perché proprio lei? Credi che
abbia più potere di noi? >> chiese offesa.
Quella che
Irmelin aveva nominato come candidata perfetta per le presentazioni non aveva
che un misero potere legato alle piante, cosa aveva di più speciale di lei? Lei
comandava il fuoco, maledizione! Era una delle poche persone al mondo ad avere
ancora quel potere e Irmelin la riteneva seconda a un'oca come Tahnee? Per
quale motivo?!
<< No
Ely, ma Dalia non può fidarsi di noi. È il prezzo da pagare per tutte le nostre avventure >>
Contro la
sua volontà, si arrese e ammise che la ragazza aveva ragione.
Le faceva
paura Irmelin quando diventava così assorta nei ragionamenti. Si era abituata a
considerarla incapace, avventata, un po' stupida e buffa, e tendeva a
dimenticare questo suo lato calcolatorio.
<<
Tahnee è amica di Keira, di buona famiglia, educata, con una buona dose di
potere e anche di bell'aspetto, o almeno così dicono. A me non è mai sembrata
più bella di una rapa >> concluse Irmelin sprezzante.
<< Che
hanno di brutto le rape? >> chiese Elydet pensando di essersi sbagliata
pochi istanti prima a pesare che la sua amica avesse un’intelligenza fuori del
comune.
<<
Niente, ma non hanno neanche niente di bello. Sono rape e basta, e così lei: è
solo una ragazza >>
La
spiegazione che le aveva dato era bizzarra come il paragone che aveva fatto, ma
non faceva una piega e decise di lasciarle finire il suo discorso senza
interromperla di nuovo << Comunque, cercavo di spiegarti che ha preferito
mettersi nelle mani di tua sorella, che rischia di apparire cento volte più stupida
di quella rapa di Tahnee e di fare una pessima figura a corte, visto il momento
che sta passando, perché la vecchia vuole questa terra con tutte le sue forze e
sa che tua sorella pur di non viaggiare più, riuscirà a trovare il cervello
necessario a convincere il re. A noi resta solo da capire perché dopo quasi due
mesi di viaggio verso un altro maledetto posto di cui non ricordo il nome, ha
finto una visione e ha fatto cambiare rotta alla nave per portarci qui >>
concluse Irmelin.
La più
piccola però non rispose e siimmobilizzò. Irmelin aveva l'abitudine di camminare e parlare tenendo lo
sguardo basso per non inciampare, ma lei no. Elydet aveva sempre avuto un
portamento fiero con lo sguardo alto e questo le aveva permesso di vedere ciò
che alla sua amica era sfuggito
<<
Ely? Perché ti sei bloccata? >> chiese Irmelin raggiungendola
<<
Ecco perché >>disse la ragazza puntando un dito verso le case del nuovo
regno che doveva ospitarle.
Quello che
Dalia aveva definito un nuovo regno in pieno splendore e esperto di magia oltre
ogni loro aspettativa, era ridotto in miseria. Il paese era a pezzi. La maggior
parte delle case erano distrutte e i loro resti erano ammucchiati per le
strade. La terra stessa sembrava devastata da crepe e buche enormi che sembravano
fatte da una mandria di elefanti imbizzarriti. Non si vedeva una casa che non
avesse danni e c’erano pochissime persone in giro.
<<
Maledizione! >> imprecò Irmelin << Si può avere più sfortuna di
così?! Se servire la Dea vuol dire essere perseguitate dalla sfortuna, ti
giuro, Elydet, che mi tolgo queste maledette vesti da sacerdotessa e vado a
fare la mendicante per il resto della vita! >> urlò la ragazza
arrabbiata.
<<
Irmy, ti prego, non bestemmiare e non giurare a caso >> cercò di calmarla
la ragazza. Ma i suoi occhi non vedevano che distruzione davanti a lei e non
sapeva proprio cosa pensare o cosa dirle.
<< Non
bestemmiare?!? Ma mi spieghi quando e dove trovo un marito io se continuiamo a
spostarci da un paese devastato all'altro passando per una nave piena di sole
donne e schiavi di Dalia? >> urlò di nuovo Irmelin.
Nonostante
lo sconforto che aveva avuto al vedere quella che doveva essere la loro
salvezza ridotta a un cumulo di macerie, Elydet si stupì a quelle parole
<<
Marito? Ti sembra il problema più urgente adesso? >>le chiese cercando di
farla ragionare << Mia sorella sta cercando di convincere il re di questa
miseria a tenerci qui, Irmy! Sai cosa vuol dire questo? >> chiese senza
darle il tempo di rispondere << Vuol dire che stasera saremo di nuovo in
viaggio su quella maledetta nave senza una meta o che ci legheranno una corda
ai piedi per non farci scappare e ci costringeranno a sistemare questo disastro
a mani nude! Ti sembra che quello del marito sia il nostro problema
principale!? >>
<< È sempre il problema principale! >> urlò di nuovo
l’altra << Sto invecchiando, Ely, e diventerò come Dalia se non troverò
una soluzione! Non voglio diventare vecchia senza aver avuto figli! Chi si
prenderà cura di me quando comincerò a sbavare mentre mangio?! >>
<<
Smetti ogni tanto di comportarti da idiota e dire stupidaggini! Guarda questo
posto e dimmi se pensi davvero di poterti preoccupare della vecchiaia adesso
>> le disse senza garbo e senza educazione.
Non la
sopportava quando arrivava a questi livelli di stupidità.
Solo un
minuto prima aveva avuto timore dilei
al sentirla parlare come le grandi menti dei governi, e adesso che avrebbe
avuto bisogno di qualcuno di serio accanto a lei, la stupida dell'amica di sua
sorella perdeva la testa e ricominciava a pensare agli uomini.
Avrebbe
voluto prenderla a schiaffi in quel momento e si ritrovò a pensare che, forse,
Dalia aveva ragione quando la insultava. Poi vide che le mani di Irmelin, strette
a pugno, tremavano senza sosta e i suoi occhi continuavano a correre da un lato
all'altro di quel panorama devastato nella speranza di trovare qualcosa di sano
in tutte quelle macerie. Forse la stupidità era passata.
<<
Calmati, Irmy, mia madre aveva più anni di te quando mi ha messo al mondo. Sei
ancora giovanissima e questa terra non sembra devastata da una guerra. Forse
quello che l'ha colpita non ha decimato la popolazione >> cercò di
confortarla<< Sono sicura che
troveremo qualche bell'uomo libero da qualche parte, ma, ti prego, non dire
niente a Selyan di quello che abbiamo visto >>
<<
Perché? >> chiese la ragazza con voce incolore.
<<
Perché comincerebbe a pensare anche lei che siamo maledette o che Dalia ci ha
portate qui per qualche motivo e non voglio che ricominci a preoccuparsi di
cose che non esistono >> chiarì Elydet.
Ma Irmelin
scosse la testa << Ely, hai visto questo posto? Pur ammettendo che il re
abbia tenuto la bocca chiusa sulle condizioni del suo paese per non apparire
debole agli stranieri, quanto credi di poterlo nascondere a tua sorella? Se ci
accetteranno qui, pensi forse che ci rinchiuderanno nel palazzo? >> la
voce di Irmelin tremava ancora di rabbia e delusione.
Era ancora
convinta di aver subito un terribile affronto dalla Dea e aveva preso a
camminare in direzione della porta dalla quale erano uscite senza neanche
avvisarla che voleva rientrare.
Ma Elydet
non voleva arrendersi. Non poteva più sopportare le continue congetture di sua
sorella su Dalia, né i suoi discorsi blasfemi sulla cattiveria della Dea che
servivano.
<< Sei
stata tu a dire che Selyan ha bisogno di tempo per accettare quello che è
successo. Lascia che lo scopra il più tardi possibile, ti prego >> la
implorò.
Lei non
rispose e tutta la strada del ritorno fu in silenzio. Irmelin non parlava e lei
non sapeva cosa dire. Quel posto era davvero devastato ma, se la Dea aveva
voluto mandarle lì, un motivo doveva averlo. La Potente non poteva lasciare le
loro vite in mano a Dalia e alle sue idee folli. Perché le sue amiche non lo
capivano. Perché continuavano a servire una Dea alla quale non davano fiducia?
Quando
rientrarono nel grande giardino del palazzo, si tennero a debita distanza dalle
altre.
<<
Irmy, così non saremo asociali? >> provò a distrarla Elydet.
<<
Tsk! Piuttosto che parlare con quelle io... non lo so, no ho voglia di pensare,
non ho intenzione di avvicinarmi e- >> ma non finì la frase e si passò
una mano sulla fronte.
<< Che
ti succede? Stai male? >> chiese Elydet preoccupata. Possibile che la vista
del villaggio in quelle condizioni l'avesse turbata al punto da farla stare
male?
<<
Io...non so... Ho sentito un'ondata di freddo e... >>
Elydet la
fece sedere sul muretto che costeggiava il grande giardino e prese posto
accanto a lei
<<
Stai tranquilla, avrai preso troppo sole >> cercò di calmarla << Ci
penserà Selyan a rimetterti a posto >> ma Irmelin la interruppe urlando
<< Selyan! >>
<<
Cosa? >> Elydet si voltò di scatto verso la porta aspettandosi di veder
uscire sua sorella e le altre, ma il portone era ben chiuso e non c'erano segni
di movimento da quelle parti.
<< Le
è successo qualcosa di brutto, l'ho sentito, credimi! >> le disse Irmelin
agitatissima, ma Elydet non dette troppo peso alla cosa << Certo che le è
successo qualcosa di brutto: è dal re con quelle due! Uscirà da lì nervosae isterica come al solito, ma vedrai che
starà benissimo. E poi io sono sua
sorella. Se le succedesse qualcosa, lo sentirei io e non tu con quello
scintillino di energia che ti ritrovi dentro la tua misera pietruzza >>
Come poteva
la sua amica pretendere di sapere cosa stava succedendo a sua sorella? Già quel
tipo di contatto era difficile tra parenti stretti molto potenti, figurarsi tra
due amichee con il misero potere di
Irmelin. Nonpoteva essere possibile.
Per di più
si era stancata di tutta quella situazione. Tutte le leccapiedi di Dalia
stavano conversando tranquillamente poco più in là. Sembravano anche felici,
emozionate dalla possibilità di un nuovo inizio e lei era lì con Irmelin a
deprimersi. Non voleva. Voleva essere felice anche lei, voleva parlare di cose
poco serie e voleva che i suoi sogni avessero la possibilità di sopravvivere
almeno fino a sera come quelli di tutte le altre invece di essere distrutti dal
pessimismo di persone come sua sorella e la sua amica. Selyan le aveva portato
via l'allegria nel viaggio costringendola a sopportare i suoi pianti o la sua
muta tristezza ogni volta che si isolava dal mondo che la circondava per
pensare alle sue disgrazie uscendone ogni volta più isterica, Irmelin le aveva
appena portato via la speranza di un bel posto in cui vivere. Era stanca.
Decise di
risollevare la situazione puntando sul punto debole di Irmelin << Ehi
Irmy, possibile che in un intero pomeriggio non abbiamo visto un bell'uomo né a
palazzo né fuori? Dove li tengono secondo te? >>
La ragazza
alzò le spalle, sciolse i lunghi capelli che per comodità aveva annodato dietro
la testa e i riccioli scuri le ricaddero sul viso e nascosero in parte la sua
preoccupazione.
<< Non
lo so >> le rispose con quel tono apatico che ormai era arrivata ad
odiare ed esplose
<<
Uffa! Stai diventando noiosa. Ma ti rendi conto che ti stai facendo un sacco di
problemi troppo presto? Non mi va di spiegarti quello che penso di quello che
abbiamo visto prima qui a portata d'orecchio delle altre e ti stai dando pena
per una stupida sensazione di freddo. Rispondi alla mia domanda: quale elemento
controlli? >>
<< Il
vento, lo sai >> rispose perplessa.
<<
Certo che lo so, stupida! Ti risulta forse che qui ci sia vento? >> chiese
Elydet.
<<
Scherzi? Non si muove un filo d'erba neanche a pagarlo e se si muove è perché
appassisce al sole >>
<<
Quindi...? >> la incitò.
<<
Vuoi di re che questa terra non fa per me? >> le chiese ancora senza
emozione.
<<
Certo che no! Hai sentito freddo perché la tua pietra è a corto di energie.
Ricordi cosa succede a Selyan? >>
<< Sì,
mi fa morire dalle risate. Si arrotola nelle coperte tremando come una foglia
finché non si addormenta e poi dorme ore intere >>
Irmelin si
alzò decisa dal muretto sorridendo << Hai ragione tu: mi preoccupo troppo
della cosa sbagliata. Allora: le guardie fanno pena, ma deve esserci qualche
ragazzo decente! La Dea mi avrà mandato la sfortuna, ma sono sicura che vuole
che io trasmetta la mia enorme intelligenza ad un figlio, quindi non mi
impedirà di trovare un marito. Devo solo avere la pazienza di cercarlo >>
Elydet
sospirò sollevata, per fortuna alla sua amica era tornato il buon umore. Era
impossibile che fosse successo qualcosa a sua sorella. Anche se, a volte, si
cacciava nei guai, cosa avrebbe potuto combinare a un semplice incontro con un
re?
<< Irmy, tu ricordi che le sacerdotesse
sono tali perché scelgono di non avere marito, vero? >> le chiese
ridendo. Il momento brutto era davvero passato per sua fortuna.
<< Io
non ho mai neanche pensato di voler fare la brava sacerdotessa. Appena posso me
ne vado >> replicò Irmelin << Sono entrata nell'ordine perché mia
madre e mio padre volevano a tutti i costi evitarmi la miseria che hanno
sofferto loro quando la nostra piantagione é andata in malora, poi il
giuramento di Dalia mi ha costretta a restare perché non avevamo i soldi
necessari a pagare il mio riscatto. Non sono mai stata una sacerdotessa Ely, e
appena ne avrò l'occasione mi toglierò queste vesti e troverò il modo di
toglierle anche a tua sorella prima che Keira se la sbrani per invidia >>
<< E a
me non ci pensi? >> chiese Elydet con finta aria offesa.
<<
Tsk! Tu sai cavartela benissimo anche da sola. Sbaglio o stai andando in giro a
trasgredire tutte le regole mentre quella testona è lì dentro a fare la brava
ragazza? >>
<< Hai
ragionissima! Io so badare a me stessa, tu porta via Selyan. E adesso
esploriamo questo corridoio >> disse puntando il dito verso la sua
destra.
<< No,
Ely, arrivano >> le rispose Irmelin alzandosi in piedi e correndo al
portone
<< Ma
che dici? >> chiese confusa.
<<
Vieni con me, Dalia sta arrivando >>
Ebbero
appena il tempo di prendere i loro posti in mezzo alle altre che la porta si
aprì.
<< Da
quando sei veggente? >> chiese Elydet guardando l'amica a bocca aperta
per lo stupore.
<< Poi
ti spiego >> le disse con un gesto della mano che le imponeva di lasciar
perdere.
Elydet andò
su tutte le furie. Come poteva darle una risposta del genere?
Era davvero una
visione o aveva sentito un rumore e aveva capito che stavano arrivando? Voleva
saperlo a tutti i costi, ma prima che potesse dire o fare qualcosa Dalia prese
la parola.
<<
Bene ragazze, avete obbedito tutte ai miei ordini. Immagino che sarete curiose
di sapere cosa è successo. Come potete vedere, Selyan non è con noi e il motivo
è che ha combinato così tanti disastri davanti al re che lei stessa ne è
rimesta ferita. Il sovrano di questa terra è stato così generoso da ospitarla
finché non si sarà ripresa ma, ahimè, la vostra compagna ci ha screditate tutte
ai suoi occhi, perciò il re ha deciso di pensarci ancora prima di darci una
risposta definitiva >>
Alle sue
parole un mormorio di protesta tra le ragazze, ma la Somma Sacerdotessa fece
uno dei suoi soliti sorrisetti e riprese a parlare << Silenzio, figlie
mie, dimenticate che con me c'era Keira! Di fronte alla sua bravura è rimasto
sbalordito e ci ha concesso di tornare al tramonto. Se ha bisogno di così poco
tempo, ha già deciso cosa fare di noi e non abbiate timore, non ci manderà via.
Adesso andiamo alla nave a prendere qualcosa di caldo da mettervi addosso,
quando calerà il sole farà freddo e non voglio che vi ammaliate >>
Le
sacerdotesse si avviarono mormorando all'uscita ordinatamente in fila per due,
ma Elydet non si mosse. Come si permetteva quella stupida vecchia di parlare
così di sua sorella? E cos'era successo a Selyan? Ormai il pesante portone era
stato chiuso e non si sarebbe certo aperto per loro, ma non poteva abbandonare
Selyan. Non aveva la minima idea di come comportarsi, accidenti! Perché doveva
sempre trovarsi in quelle situazioni assurde?
<<
Irmelin, che facciamo? >> chiese spaventata guardando la porta davanti a
loro
<<
Preparati. Domani sconterai la punizione di Dalia per aver conosciuto in
anticipo il re di questo posto >> ordinò lei prima di cominciare a
bussare ripetutamente contro il grande portone.
Elydet
guardò la fila di sacerdotesse che si allontanavano obbedienti e ridacchianti.
Le stavano sicuramente prendendo in giro. Dalia in testa alla fila si era
fermata guardandola con un sorriso benevolo per invitarla a seguirla. Non
avrebbe passato nessun guaio se l’avesse seguita in quel momento. Sua madre le
aveva fatto promettere di tenersi lontana dai guai un attimo prima che lei si
imbarcasse sulla nave e lei aveva promesso. Aveva giurato che non avrebbe mai
disobbedito a Dalia e che sarebbe stata lontana dai problemi che causava sua
sorella. Elydet manteneva sempre le sue promesse, perciò…
La voce di
Irmelin che discuteva con qualcuno alle sue spalle la distrasse dai suoi
pensieri. Doveva riprendersi sua sorella!
Doveva essere solo
una presentazione, una cosa da nulla. Doveva lasciare Keira al centro
dell'attenzione e non farsi notare e invece era riuscita ad attirare le
attenzioni su di sé.
Maledizione!
E Keira avrebbe
sicuramente combinato qualche disastro.
Era certa che quella
ragazza avesse qualche capacità, ma la sua ambizione la spingeva più a mettersi
in mostra che a pensare quando faceva qualcosa.
In più non riusciva a
capire né per quale motivo il re non avesse permesso al comandante delle guardie
di andare via, né perché lui avesse obbedito a tale ordine senza lasciare le
spade.
Aveva davvero paura
che potessero attaccarlo?
Il
sovrano si fermò davanti a una porta e subito ne uscì quello che aveva tutta
l’aria di essere un guaritore di mezza età, con la mano al petto e la schiena
piegata in un inchino al re
<<
Non ci sono cambiamenti, Altezza. Non so per quanto resisteranno >>
Il
re annuì e si rivolse a Dalia minaccioso << Voglio solo un parere sulle
loro condizioni. Ricordatevelo >>
La stanza era grande
e illuminata da un'ampia finestra e i raggi del sole si posavano su un letto
dove era sdraiata una donna profondamente addormentata. Aveva i capelli
ingrigiti dal tempo, ma il viso non era quello di una persona anziana. Doveva
avere quasi cinquant’anni o poco più.
Il re non aveva
anticipato niente delle sue condizioni, sapeva solo che il suo sonno non era
una cosa normale.
Eppure
lei non sembrava disidratata e non aveva segni evidenti di una persona che
dorme da troppo tempo.
<<
Da quanto- >>
<<
Stai zitta e torna al tuo posto >> la interruppe Dalia imperiosa <<
Non voglio che la tua goffaggine arrechi danni a questa povera donna. Keira,
cara, dimostra cosa siamo in grado di fare a queste persone>>
Queste
persone?
Selyan
non fu sorpresa di vedere il comandante delle guardie storcere la bocca
disgustato. Quella donna non aveva ancora capito che il mondo era diverso dalla
loro piccola isola e che non tutti erano ai suoi piedi.
<<
Ricordati i miei avvertimenti, donna>> le avvertì di nuovo il re
Keira
attivò la sua pietra, la sua mano si circondò di un debole alone di luce rossastra
e, appena sfiorò la donna, cominciò a urlare spaventata
<< Cos’è
successo? >> chiese Dalia in preda al panico << Selyan, guariscila!
>>
Una bruciatura sulla
punta di un dito. Era per quello che urlava come una a cui era appena stata tagliata
una mano?
Lei
sapeva già che guarirla le avrebbe causato una lite furibonda con Irmelin, ma
obbedì a Dalia. Staccare un dito alla stupida
oca al cospetto del re non era una grande idea se volevano restare.
<<
Perché non lo hai fatto tu e hai chiamato lei per guarirla? >> chiese il
re a Dalia
<<
Avete detto voi che devono imparare loro e non io. Era solo un modo per darvi
un'ulteriore dimostrazione del potere delle mie ragazze >>
Altra
bugia degna di essere raccontata alla sua amica. Dalia non era capace di curare
le ferite senza lasciare cicatrici e non ne avrebbe mai lasciate sulla sua
adorata nipote. Neanche una stupida chiazza scura sulla punta di un dito.
Keira
si asciugò il viso con una smorfia stizzita << Provaci tu >>
<<
Da quanto è così ? >>
<<
Cinque giorni >>
Le sfiorò una mano.
Non era fredda e non era rigida. Sembrava solo addormentata.
Un
grande bracciale dorato al suo polso attirò la sua attenzione. Non sembrava un comune
gingillo. Era troppo grande e troppo lavorato. Senza contare che il re ne aveva
uno identico.
<<
Quello non è un comune bracciale, vero? >>
Il
re sembrò esitare a risponderle e l’uomo alle sue spalle si intromise per la
prima volta nei loro discorsi<<
Nonsei qui per fare domande >>
Scortese, sgarbato e
con una copia esatta di quel bracciale al polso. Non lo aveva notato prima.
L’unica cosa di cui era certa in quel momento era che, se fossero rimaste in
quel regno, Irmelin avrebbe avuto pane per i suoi denti con lui.
Comunque, lei non era
lì per mettersi in mostra e per fare domande, tanto valeva che attivasse il suo
potere. Lasciò che il potere della sua pietra le inondasse le vene e toccò di
nuovo la mano della sconosciuta serva del re.
Il suo mondo divenne
buio per un breve istante, poi riuscì a mettere a fuoco i poteri inutilizzati e
invisibili intorno a lei. C’era il tenue alone evanescente e rossastro di
Keira, più simile a quello di una bambina che di una sacerdotessa della sua
età, il buio della Somma Sacerdotessa che, come tale, aveva la protezione della
Dea sul suo potere ma che, a detta di Irmelin, aveva così poco potere da
risultare invisibile, e due abbaglianti aloni dorati alle sue spalle.
Evidentemente dovevano essere il re e il suo antipatico compare.
Il comandante delle guardie
non aveva altro potere che quello della sua spada a quanto pareva e la donna
sul letto era una questione complicata.
La sua luce non era
dorata come quella del re. Neanche lontanamente. L’intensità era quella del
potere di Keira e il colore era uno strano rosa mai visto prima.
Selyan ripensò
velocemente a quello che aveva imparato negli anni riguardo a quella capacità che
aveva tenuto nascosta a Dalia fino a quel momento ma che in realtà aveva sempre
avuto.
La terra appariva marrone
scuro, il vento era grigio, il fuoco rosso intenso, l’acqua azzurra, il potere
delle piante verde… aveva visto diversi colori in
vita sua, ma quello mai.
Certo, anche l’oro
del re era nuovo per lei, ma se il re era dorato e il suo scorbutico aiutante
con lo stesso bracciale aveva lo stesso colore, tutto lasciava pensare che
anche quella donna dovesse avere un potere dorato. Che senso aveva quello
stupido rosa scuro e sbiadito?
Non lottava neanche
contro di lei. Avrebbe potuto ucciderla senza sforzo se avesse voluto.
Selyan
abbandonò quel tipo di visione, tornò al mondo reale e si strofinò la fronte
per la confusione. Doveva trovare il modo di capirci qualcosa se voleva restare
in quel regno!
<<
Mi dispiace, altezza >> si intromise Dalia << Selyan è solo una
sacerdotessa alle prime armi e io non dispongo del mio pieno potere al momento
perché ho forzato le correnti che spingevano la nostra nave per troppo tempo.
Appena mi sarò ripresa potrò aiutare questa donna con il potere della Dea
>>
Il re non rispose,
doveva aver capito che Dalia stava solo cercando di guadagnare tempo in quella
terra.
Lei però capì
qualcosa di diverso in quel momento. Non osava crederci, non osava neanche
pensarlo eppure… Il viola era il potere della pietra del tempio dell’isola. Un
viola intenso come quello delle pietre d’ametista più scure. Era il potere
della Dea concesso solo alle somme sacerdotesse nel rito più importante della
loro religione. Cosa succedeva se un viola del genere veniva sovrapposto a un
oro come quello della corte di quel posto?
Era
una blasfemia, ma dopo quello che aveva visto succedere alla loro isola, Selyan
non credeva più che ci fosse un limite alle crudeltà o alle assurdità
<<
Sembra che qualcuno o qualcosa la tenga prigioniera del suo sonno. È possibile? >> chiese al re senza neanche fissare
a terra. Non le importava un accidenti del decoro visto quello che stava
pensando.
Lui
sembrò scettico << I miei più esperti sacerdoti non hanno trovato nessuna
costrizione da parte di altri >>
Non poteva mettersi a
parlare con lui dei colori, l’avrebbe presa per pazza e Dalia non le avrebbe
permesso di rivedere la luce del sole se avesse capito da quanto tempo la imbrogliava
nascondendole quel dono. Glielo aveva appena sbattuto in faccia, certo, ma era
certa che la Somma Idiota avesse solo
pensato che stava perdendo tempo.
Il viola era il
potere del tempio. Questa era una cosa certa.
A meno che non
esistesse qualcosa o qualcuno con lo stesso colore in giro per il mondo.
Non sapeva neanche
che esistesse l’oro finchè non lo aveva visto nel re di quel posto, perché
escludere l’esistenza di un altro popolo da qualche sperduta parte che avesse
ricevuto in dono dalla Dea lo stesso potere? Era possibile…
Ed era possibile che
questo qualcuno non avesse niente a che fare con Dalia.
Se era così poteva
permettersi di aiutare il re.
Selyan sospirò
confusa. Aiutare quella donna voleva dire dare una buona possibilità alle sue
sorelle di trovare una casa in quel regno e allo stesso tempo poteva essere la
sua condanna.
Lei non era
importante. Le sue sorelle sì.
La sua vita non
valeva quanto una possibilità in più per una loro vita decente in quel posto.
<<
Non voglio apparire presuntuosa, ma credo di poterla aiutare >> dichiarò
decisa.
<<
Credi? >> chiese il re scettico.
<<
Sono sicura di poter fare qualcosa >> si corresse.
<< Non posso permetterlo >>
Poteva
capire la sua posizione. Chi mai avrebbe lasciato un membro della corte reale
in mano a una sconosciuta che non appariva neanche troppo sicura di quello che
faceva? Lei, al posto suo, non avrebbe lasciato una sua collaboratrice neanche
nelle mani della più decisa e sicura straniera in circolazione. Non avrebbe
lasciato proprio nessuno nelle mani di nessuno, vista la scarsa fiducia che
aveva sempre avuto nel prossimo, ma quel re doveva
essere diverso da lei e doveva
fidarsi di lei. Doveva trovare il modo di convincerlo. Per cosa lei avrebbe
acconsentito a lasciar avvicinare una sconosciuta?
<<
Neanche se io vi dessi la mia parola che, qualunque cosa dovesse accadere, le
sue condizioni rimarrebbero immutate? >> azzardò.
<<
Come faccio a fidarmi della tua parola? >>
Non
era uno stupido e lei aveva esaurito le sue idee. Keira e Dalia non sembravano
avere intenzione di intervenire. Poté solo allargare le braccia in segno di
resa e scuotere la testa
<<
Capisco la vostra posizione e non posso darvi torto. Non ho modo di convincervi
a fidarvi di me, maestà >>
Vide
il re alzare lo sguardo verso i suoi accompagnatori e poi sentì arrivare la
possibilità che credeva di aver perso, anche se sotto una forma
inaspettatamente minacciosa
<<
Se peggiorerai le sue condizioni, tu e tutte le tue compagne sarete giustiziate
>>
<<
Selyan, non te lo permetto! >> irruppe la Somma Sacerdotessa.
<<
Ma, Potente Madre, questa donna sta rischiando- >>
<<
Non mi importa. Non puoi metterci tutte in pericolo, sei troppo sbadata per un
compito del genere, la uccideresti per sbaglio >>
<<
Non è vero! >> protestò offesa.
<<
Non contraddirmi! >> la sgridò Dalia.
Agli inferi la
decenza, l’educazione e anche la paura delle conseguenze del suo gesto!
Quella donna poteva
essere salvata e stava morendo perché il re non aveva coraggio di tentare.
Selyan non aveva
intenzione di arrendersi.
Dopo la guerra che
aveva appena vissuto, dopo tutte le morti che pesavano sulla sua coscienza,
poteva finalmente avere la possibilità di salvare una vita, dopo tante
disgrazie poteva fare qualcosa di buono e, dannazione, l’avrebbe fatto!
Non
aveva certo paura di insistere con il re di quel posto
Vostra Maestà, questa donna può essere
salvata. Vi prego non impeditemelo >>
Fu
il soldato a porle una domanda questa volta<< Perché ti stai dando tanta pena per una sconosciuta, ragazza? >>
La
spiazzò. In quel regno la vita delle persone contava così poco che chiunque
poteva stare tranquillamente con le mani in mano a guardare morire qualcun
altro senza rimorsi? In che razza di regno stava cercando di far ospitare le
sue sorelle?
<< Vi prego,
perdonate la mia sfacciataggine, ma non mi sembra una domanda sensata. È una vita, è una persona, avrà una famiglia, delle
persone che le vogliono bene e aspettano il suo risveglio. Dovrei lasciar
perdere solo perché non la conosco? Sarei un mostro. Morirà tra pochi giorni se
nessuno riuscirà ad aiutarla >>
Prima
che Dalia o qualcun altro potesse intromettersi di nuovo, si rivolse al re
direttamente << Posso farcela >> gli assicurò con tutta la
convinzione di cui era capace.
Selyan pregava
ardentemente che quell’uomo capisse che poteva salvarla.
Aveva bisogno di
salvare quella donna. Voleva sapere che, da qualche parte, qualcuno avrebbe
gioito del suo ritorno, che qualcuno non avrebbe dovuto soffrire quel dolore
che lei ancora non riusciva a sopportare.
Dalia
e Keira la fulminarono con lo sguardo, ma non osarono fermarla. Avrebbero solo
decretato il loro esilio ritirando la parola che lei aveva dato al re e,
all’improvviso, arrivò la parola che credeva di non sentire mai
<<
Fallo >>
Istintivamente
sorrise e ringraziò il sovrano, poi si voltò verso la donna e la avvolse in un
alone di luce azzurra, troppo grande per tranquillizzare Dalia e Keira, ma
necessario per quello che doveva fare. Che la torturassero pure, non avrebbe
perso quell'occasione.
Doveva solo essere
più forte di chiunque stesse imprigionando quella donna.
Non era impossibile. Non
per lei.
Dalia l’avrebbe
impiccata, forse o le sue compagne l’avrebbero lapidata.
Pazienza. Quella
donna sarebbe tornata a casa.
La costrizione non
lottava neanche contro di lei. Era solo uno stupido sortilegio lasciato lì
perché si nutrisse delle forze vitali della sua vittima per mantenersi attivo.
Per questo non si svegliava: le sue forze non le appartenevano più.
Non fu difficile mantenere
la parola che aveva dato al re. Faticoso, forse, ma non difficile.
Doveva solo sperare
di non aver creato sbalzi di potere tali da renderla stupida a vita.
*Dea,
non puoi farmi anche questo!*
<<
Potete provare a svegliarla? >> chiese << Non conosco il suo nome >>
Capì
che il sovrano doveva tenere molto a quella donna perché si fece avanti lui
stesso e la scosse leggermente per le spalle << Ismene? Riesci a
sentirmi? >>
Selyan vide lo
stupore del re mentre la donna apriva lentamente gli occhi.
Ce l'aveva fatta. Avrebbe
pagato caro il suo gesto, ma non le importava.
Nessuno
avrebbe potuto toglierle in nessun modo la soddisfazione di aver salvato
qualcuno
<<
Selyan? >>
<<
Sì, Altezza >>
Si
accorse solo in quel momento di avere il fiatone. Non aveva più pensato alla
lotta con le spade. Anche Irmelin e sua sorella l'avrebbero sgridata
pesantemente al suo ritorno.
Quella ragazza
sconosciuta era riuscita dove tutti i suoi migliori guaritori avevano fallito.
Poteva davvero
accettare nel suo regno delle persone tanto forti?
Non sapeva niente di
loro, neanche il nome del posto da cui venivano e non aveva modo di essere
totalmente certo della loro onestà. E se si fossero rivoltate contro di loro?
Probabilmente il suo
regno sarebbe stato più sicuro se le avesse mandate via, ma la risposta che
quella ragazza aveva dato a Tanet lo aveva stupito.
Se avevano così a
cuore la vita degli altri, forse non avevano intenzione di mettere su una
rivolta. Purtroppo non le conosceva e non poteva sapere se tutte le altre
avrebbero risposto nello stesso modo alla domanda di Tanet.
Erano troppo potenti
perché lui potesse prendere una decisione con semplicità.
Però Ismene era salva
e aveva dato segno di riconoscerlo, sebbene fosse allo stremo delle forze per i
lunghi giorni passati prigioniera del sortilegio che l'aveva colpita.
Doveva sentirsi in
debito con quelle persone?
Il re aveva l'obbligo
di ospitalità verso i viandanti che gli chiedevano ristoro, ma, come prima
cosa, aveva il dovere di dare tutto quello che poteva al suo popolo, in
particolar modo ai suoi servitori, e quella ragazza era la sua unica speranza
di ridare la salute a suo zio al momento.
La sua coscienza gli
diceva che era una cosa orribile chiederle di guarire anche lui e poi
obbligarle a lasciare il regno e lui voleva salvare il vecchio Aaren, ma non
poteva mettere in pericolo la sua gente più di quanto non avesse già fatto il
terremoto.
Si ritrovò a pensare
che lui era il re e poteva chiedere qualunque cosa senza dover per forza dare
qualcosa in cambio, perciò se avesse voluto, avrebbe potuto pretendere la
guarigione di suo zio e la partenza delle straniere.
Sospirò. Ma il Dio
Onnipotente, Padre della misericordia, sarebbe stato d'accordo?
E la sua coscienza? Forse no.
Guardò Neithel. Anche
lui sembrava immerso nei suoi pensieri.
Era
sempre stato il più fedele dei suoi servitori e anche un buon amico. Se aveva
anche solo una speranza di guarire suo padre, doveva sfruttarla.
<<
Selyan? >>
<<
Sì, Altezza? >>
Aveva il respiro
leggermente affannato, ma la risposta era stata immediata come immediata era
stata la sua cattiva abitudine di guardarlo negli occhi mentre le parlava.
Le donne del suo
popolo non avrebbero mai avuto una tale sfrontatezza e, se avesse dato loro il
permesso di restare, avrebbe dovuto assicurarsi che venissero educate come si
conveniva nel suo regno. Per ora, però, la loro sfacciataggine era quasi una
fortuna.
Lui
era sempre stato abile con le menzogne raccontate a testa bassa e quelle
straniere gli rendevano molto più facile capire cosa pensavano in quel modo.
<<
Puoi controllare un'altra persona? >>
Tarìc vide il suo
viso passare dalla felice soddisfazione allo sconforto subito nascosto dalla
compostezza che una sacerdotessa non dovrebbe mai perdere.
Non poteva permettere ad una persona così
incerta di curare suo zio, e in seguito avrebbe dovuto scusarsi anche con
Ismene per averla lasciata nelle mani di una ragazza così insicura
<<
Vostra Altezza, posso assicurarvi che farò il possibile per aiutarvi. Ve lo
giuro su tutto quello che ho di più caro >>
<<
Adesso basta! >> si intromise urlando la donna che le comandava << State
sfruttando le mie ragazze! Non era negli accordi che le mie sacerdotesse
curassero i vostri feriti. Le state portando allo stremo delle forze per il
vostro piacere, Maestà! >>
<<
Bada a come parli, donna. Il mio non era un ordine >>
Aveva pensato che la
ragazza fosse maleducata a guardarlo in viso, ma, se la donna che le aveva
istruite era così irrispettosa, come potevano le sue ragazze essere educate?
Tarìc era in dubbio
di nuovo.
Aveva trovato il modo
di salvare suo zio e rischiava di farselo sfuggire dalle mani.
Si
sorprese a stringere i pugni e si rilassò immediatamente per riprendere il
controllo di sé. Quella giornata lo stava mettendo veramente alla prova. Tra
decisioni inaspettate, la guarigione di Ismene e la maleducazione di quella che
doveva essere la guida di un gruppo di indisciplinate e potenti straniere, si
stava innervosendo più di quanto lui stesso volesse ammettere.
<<
Vi chiedo perdono, Madre >> si intromise la diretta interessata << Posso
avere il vostro permesso di aiutare il sovrano della terra a cui stiamo
chiedendo ospitalità? >>
Astuta. Messa in quei
termini davanti a tutti, era difficile che la donna le negasse il permesso.
Se uno dei suoi
funzionari avesse fatto una cosa del genere a lui mettendolo in imbarazzo in
quel modo, lo avrebbe spedito a spalare letame nelle stalle per il resto della
sua vita, probabilmente con la lingua tagliata.
Potenti,
indisciplinate e subdole senza rispetto neanche della loro stessa Somma
Sacerdotessa.
Nella mente di Tarìc stava
prendendo forma un'idea pericolosa: e se quella degli insegnamenti fosse stata
davvero solo una scusa male architettata? Forse erano state mandate proprio
dalla persona che aveva colpito Ismene e suo zio perché si guadagnassero la sua
fiducia e poi attaccassero il palazzo dall’interno. Forse si era messo nei
guai.
Poteva rischiare tutto
il suo regno per salvare suo zio?
Poteva.
Doveva. Ma pregò Dio perché lo
assistesse.
<<
Sarai punita per questo, ma hai il mio permesso >> le rispose
indispettita la donna.
Invece di dispiacersi
la ragazza gli era sembrata addirittura felice.
Ma perché? Perché una
sconosciuta doveva avere quella voglia sviscerata di aiutarlo?
E lei, nell'attimo
stesso in cui aveva ricevuto il permesso, aveva alzato gli occhi raggianti di
felicità verso di lui. Un oltraggio vero e proprio. Una sconosciuta che voleva
condividere con lui la sua felicità in quel modo. Vergognoso, certo, ma ancora
una volta, si trovò ad ammettere che quella sua maledetta abitudine gli aveva
semplificato le cose.
Era il sorriso di
qualcuno sinceramente felice di aiutarlo, non di un'opportunista che aveva
raggiunto i suoi scopi.
Tarìc
pregò di nuovo gli Dei e la condusse nelle stanze di suo zio.
<<
Ragazza >> odiava dimenticare i nomi, ma aveva troppi pensieri per la
testa.
<<
Sì, Maestà >>
<<
Voglio che tu valuti la situazione di quest'uomo e poi mi riferisca, con tutta
la sincerità di cui sei capace, quello che pensi. Non mentire e non nascondere
la verità perché me ne accorgerei. Non voglio che tu faccia niente. Se farai
qualunque cosa, finirai sulla forca insieme a tutte le tue compagne, che tu
l'abbia ucciso o che tu l'abbia salvato. Voglio solo che tu controlli le sue
condizioni e me le riferisca, sono stato chiaro? >>
La
vide irrigidirsi a quella precisazione da parte sua << Sì, Vostra Altezza
>>
Almeno avevano timore
delle autorità. O solo delle minacce di morte?
Sapeva solo che non
poteva permettere che succedesse qualcosa a suo zio.
Lei
alzò una mano malferma e poi la ritrasse << Posso? >>
Annuì e l'alone
azzurro che prima aveva avvolto Ismene avvolse suo zio continuando a farlo per
quella che a lui sembrava un eternità.
Cosa diamine stava
facendo? Aveva cercato di spaventarla minacciando di morte tutto il suo ordine,
ma ucciderle non gli avrebbe ridato indietro suo zio in caso di disgrazia.
E avrebbe perso anche
il coraggio di guardare in faccia suo cugino per il resto della vita.
Per
grazia di Dio, vide la luce diminuire la sua intensità fino a fermarsi, ma la
ragazza non parlava
<<
Selyan? >>
Avrebbe ringraziato
Neithel anche per avergli riportato alla memoria quel nome se l'espressione
della sacerdotessa non lo avesse distratto.
Il
suo viso era teso in quella che sembrava rabbia<< Mi dispiace, Altezza, non posso farcela, io... Posso liberarlo,
quasi sicuramente posso, ma non posso guarirlo >>
<<
Perché? >>
Sapeva
che suo zio Aaren aveva riportato delle ferite gravi, ma voleva sapere quanto
aveva capito quella ragazza toccandolo appena
<<
La ferita alla testa... Non ho assolutamente le forze, né le conoscenze
necessarie per quella. Se anche lo liberassi non si riprenderebbe >>
Quindi,
con il dovuto riposo e le loro istruzioni, quella ragazza sarebbe stata in
grado di sanare le ossa rotte? Era una cosa che andava al di là delle sue
aspettative, ma non poteva farsi vedere stupito.
<<
Quella ferita è stata curata dai miei più capaci guaritori, sapevamo che
avrebbe impiegato tempo per guarire >> ammise lui << Quanto tempo
credi che possa resistere? >>
Lei
non rispose e scosse la testa dispiaciuta.
<<
Ti ho fatto una domanda >> le ricordò.
Nessuno
gli avrebbe mai negato una risposta, non lo avrebbe lasciato fare neanche ad
una ragazza con una parlata a stento comprensibile
<<
Che La Potente Dea fulmini me e le mie sorelle se quella che sto per dirvi non
sarà la verità: penso che sia un uomo di una forza incredibile o non avrebbe
resistito più di un giorno in queste condizioni. Non ho idea di quanto ancora
potrà resistere ma, perdonatemi se sono poco delicata nel dirlo, io non credo
che riuscirà a passare la notte così >>
Qualcosa
di quella risposta lo aveva colpito << Perché hai giurato in quel modo? >>
le chiese.
<<
Ho solo pensato che quelle che stavo per dirvi potevano essere le parole
perfette per chiunque avesse voluto forzarvi la mano per ottenere il permesso
di guarire quest'uomo e convincervi che tenerci con voi potrebbe essere un
grande vantaggio >>
Tarìc
non si aspettava una cosa del genere. Come poteva sapere quello che stava
pensando?
<<
Chiunque lo avrebbe pensato >> precisò lei, quasi scusandosi della sua
affermazione.
Dunque, invece di
conoscere i pensieri altrui, la ragazza conosceva le arti del governo?
Ma Tarìc cominciò a
pensare che forse stava esagerando e le stava sopravvalutando troppo
<<
Non sono così stupido >>
<<
Non avevo intenzione di offendervi in questo modo, Altezza, vi chiedo perdono.
Non volevo che voi riteneste stupida me >> rispose la ragazza
inchinandosi << Se ci fosse un modo per dimostrarvi che sono sincera, lo
sfrutterei. Quest'uomo non ha molto tempo, ma non so quantificarlo e le poche
forze che mi sono rimaste credo che bastino appena per liberarlo dal sortilegio
che gli è stato fatto. Se me lo ordinerete, sarò ben lieta di aiutarvi >>
<<
Puoi farlo? >> le chiese Tarìc.
<< Credo di sì.
Ma non si riprenderà >> lo avvertì di nuovo.
Non aveva bisogno che
quella straniera gli ripetesse di continuo le cose. Credeva di aver a che fare
con uno stupido?
Cercò
di mantenere la calma e rispondere in modo austero << La ferita sarà
tenuta sotto controllo dai migliori guaritori del regno, ma credo non è abbastanza >>
<<
Nel caso in cui non dovessi portare a termine il lavoro, a lui non succederà
niente. Le sue condizioni non peggioreranno e qualcun'altra delle mie compagne
sarà sicuramente in grado di aiutarlo. Probabilmente, non appena avrà ripreso
le forze, la stessa Keira potrà farlo >> disse la ragazza.
<<
Non prendere impegni per le altre! >> si intromise di nuovo la vecchia.
Questa
volta Tarìc la ignorò.
<<
Altezza, vi prometto che questa ragazza sarà punita per la sua maleducazione >>
Sembrava che quella
donna volesse ricordargli per forza, in ogni momento, la sua presenza.
Cominciava
seriamente ad odiarla.
<<
Silenzio! >> impose.
Cosa doveva fare? La
ragazza gli era sembrata sincera. Non gli sembrava una persona capace di
imbrogli tanto elaborati.
Ma
perché sembrava così diversa dalla donna a cui aveva sicuramente giurato
obbedienza? C'erano molte cose che non capiva.
<<
Cosa succederà se le tue forze non saranno sufficienti? >> domandò Tarìc.
<<
A lui non accadrà nulla, ve lo posso assicurare >>
Guardò Neithel, ma
lui sembrava ancora perso nelle sue riflessioni. Sapeva che non si era perso
una sola parola della loro conversazione.
Se avesse avuto qualcosa in contrario, lo
avrebbe detto. Lo conosceva bene.
Lei sembrava
riflettere. La vide alzare lo sguardo sulle altre due donne della sua terra che
però non la guardarono neanche. La vide guardare di nuovo suo zio e poi lui
prima di distogliere in fretta lo sguardo. Era già un inizio.
E
invece lo guardò di nuovo.
<<
Posso farcela, Vostra Altezza >> gli ripeté convinta.
Tarìc
decise che avrebbe sfruttato quella sua abitudine a suo favore<< Non puoi permetterti errori >>
le ricordò.
Lei
annuì.
<<
Neithel? >> non poteva ordinarlo senza il suo consenso, ma non poteva
chiederlo esplicitamente o avrebbe dato l'impressione a quelle straniere di non
essere in grado di decidere da solo.
<<
E se si facesse del male per costringerti a tenere le altre? >> la
domanda di suo cugino era sembrata quasi un'accusa, ma Tarìc si aspettava un
comportamento del genere da lui.
Per questo aveva
richiesto il suo parere senza staccare gli occhi dalla ragazza accanto al letto
di suo zio. La sua reazione a quella domanda lo convinse a lasciarla fare.
Probabilmente
aveva dato dello stupido a suo cugino col pensiero.
<<
Fallo >> le ordinò.
La luce azzurra fece
di nuovo la sua comparsa.
Se davvero avesse
deciso di concedere a quelle ragazze la possibilità di restare, avrebbe avuto
molto da fare con loro.
La mano della ragazza
tremava leggermente. Non era stato così con Ismene. Probabilmente era stanca.
Se non fosse riuscita a risolvere il problema, Tarìc avrebbe dovuto aspettare
che si riprendesse e pregare che suo zio avesse il tempo necessario per
aspettarla.
O forse c'erano
davvero altre nel loro gruppo con quella capacità.
Avrebbe potuto
costringere la Somma Sacerdotessa.
Se comandava non
poteva avere meno potere delle sue ragazze, ma qualcosa di quella donna non lo
convinceva. Era solo una sensazione, ma non avrebbe mai lasciato suo zio nelle
mani di quella donna.
Decise
di ingannare l'attesa cercando di capire qualcosa di più di quella situazione
<< Cosa succede se la ragazza finisce le forze? >> chiese alle
altre.
<<
Selyan si ritroverà al cospetto della Dea >> rispose Dalia.
Tarìc
rimase sbalordito dalla sua freddezza<< Voi non potete fare niente per aiutarla? >> chiese alle
due.
La
risposta arrivò da Keira questa volta << Non avere rispetto dei limiti
che la Dea ci impone vuol dire non avere rispetto di Lei. Aiutare Selyan
vorrebbe dire tradire la Dea, maestà. Fermarla prima che rischiasse così tanto
era tutto quello che mia zia poteva fare per aiutarla >>
E
la Somma Sacerdotessa, al vedersi offrire la possibilità di apparire virtuosa e
innocente quando, Tarìc era certo, i suoi intenti non erano quelli << Ha
ragione! Sta spremendo le mie ragazze! Presentazioni, duelli e sacerdoti da
guarire... avevamo chiesto solo il vostro aiuto e voi ci avete prese per
schiave! >> gli urlò senza pudore.
Fu
la prima volta da quando erano in quella stanza che sentì Tanet parlare<< Badate a come parlate al Re! Se
venite a chiedere aiuto, il minimo che potete fare è mostrarvi educata >>
Chiaro, minaccioso,
arrabbiato come non mai, ma comunque rispettoso verso le alte cariche.
Tarìc sapeva che
Tanet non sopportava quella donna. Lo vedeva da come non la perdeva di vista un
solo istante.
La luce azzurra era
ancora lì, non era cambiata, ma la mano della ragazza adesso tremava molto di
più e, sul suo viso, il re poteva vedere l'enorme sforzo che stava facendo per
salvare suo zio.
Si ritrovò seriamente
a pensare di fermarla, ma vide Neithel avvicinarsi.
Al minimo segnale di
cedimento sarebbe intervenuto lui.
Pochi
istanti dopo, la luce si spense del tutto e Selyan si spostò ansimante pronunciando
una parola incomprensibile in quella che doveva essere la sua lingua. Probabilmente
un’imprecazione, data la loro maleducazione.
<<
Tutto bene? >> le chiese Dalia posandole una mano sulla spalla.
Lei annuì e un attimo
era a terra priva di sensi.
Tutta
la rabbia che Tarìc aveva represso per il loro comportamento inappropriato e la
loro irruenza, ebbe la meglio su di lui << Come ti sei permessa!? >>urlò
in tono minaccioso contro Dalia.
<<
Sapeva che non ero d’accordo con quello che stava facendo. Non vi serviva più e
non avevo intenzione di sopportare oltre la sua arroganza. Si riprenderà
>>
La
donna non sembrava affatto dispiaciuta di quello che aveva fatto, anzi, credeva
di convincerlo che aveva fatto la cosa giusta, ma lui ormai aveva perso la
pazienza e quelle parole non fecero che peggiorare la situazione.
<<
Non mi interessano le tue motivazioni. Qui siamo nella mia terra con le mie
leggi e tu non hai alcun diritto di impedirmi di parlare con qualcuno. Sono
stato abbastanza chiaro?>>
Dalia
alle parole del re assunse un aria offesa. Dalla sua bassa statura gonfiò il
petto, gettò indietro la lunga treccia di capelli bianchi che aveva su una
spalla e puntò un dito contro il suo petto urlando << Giovanotto- >>
Ma
non ebbe neanche il tempo di pensare la parola successiva che Tanet era già
intervenuto inchiodandola al muro con una spada puntata alla gola << Non
ti permettere mai più di avvicinarti al re! Appena ti ho vista ho capito che
avevi un comportamento sbagliato nei suoi riguardi. Ho lasciato perdere le
risposte poco garbate, ma non devi permetterti per nessun motivo di toccarlo!
Mi hai capito? >>
Dalia
pigolò un lieve<< Ma... >>
e Tarìc vide i muscoli del braccio di Tanet tendersi in modo allarmante,
probabilmente nello sforzo di trattenersi dallo sgozzarla << Fa'
silenzio! Se sei ancora viva devi ringraziare solo il nostro Dio che ha
stabilito che l'ospite è sacro o ti avrei già ucciso >>
<<
Lasciala andare, Tanet. Sono certo che abbia capito >>
Il
suo comandante obbedì infoderando la spada e si allontanò << Voglio che
tu sappia una cosa, donna: se il re chiederà il Consiglio di Corte per decidere
cosa fare di voi, io sarò presente, e farò di tutto per non farti restare. Non
mi piaci tu, non mi piacciono i tuoi modi e non mi piace come ti rivolgi al re.
E adesso, vedi di comportarti come si deve >>
Tanet
era stato sufficientemente chiaro perché lui non avesse altro da aggiungere se
non il suo ordine successivo
<<
Tanet : Olen non è ancora rientrato ma non credo che
avrà dei problemi ad ospitare la ragazza che ha salvato sua moglie, falla
portare nelle sue stanze. Per stanotte si ferma qui dal momento che non ho
intenzione di mandare nessuno dei miei uomini sulla loro nave >>
<<
Sì, mio Re >> rispose inchinandosi.
<<
Quanto a voi >> riprese voltandosi verso le due straniere<< non voglio vedervi qui prima dell’alba.
In quel momento sarete rese partecipi della mia decisione >>
Quando
le due uscirono alla stanza il re si sedette e Tanet prese in braccio la
ragazza borbottando. Il comandante non avrebbe certo sprecato l’occasione di
farsi grande con lei al suo risveglio. Era un inguaribile donnaiolo, non c’era
niente che il re potesse dire per fermarlo e non ne aveva neanche voglia. Se ci
teneva a portarla, che lo facesse
<<
Comunque i modi di quella donna non mi piacciono >> aggiunse di nuovo
prima di sparire dalla stanza
Il
re sospirò << Non ha tutti i torti. Potrebbero diventare un problema
>>
<<
Se diventassero un problema, potresti sempre sbatterle fuori dal regno o farle
rinchiudere nella più buia delle prigioni. L’ospite è sacro solo finchè non
arreca danno o offese al padrone di casa. Neanche Dio potrebbe arrabbiarsi con
te se rinchiudessi la vecchia dopo il modo in cui ti ha trattato oggi >>
lo informò Neithel.
Lui annuì e lo
congedò.
Sapere che Ismene
stava bene e che Aaren sarebbe guarito lo aveva tranquillizzato non poco, ma
non voleva che la gratitudine per quello che aveva fatto quella ragazza lo
spingesse davvero ad accettarle affrettatamente. Per quello si era preso il
resto del giorno e l’intera notte per pensarci.
Dio le aveva mandate
nel suo regno e lui non era nessuno per disdegnare i doni di Dio Onnipotente.
Quelle ragazze potevano essere il dono di Dio per sanare il suo regno distrutto
o un’ulteriore prova per lui e per la sua gente.
Non poteva saperlo.
Poteva solo prendersi una pausa da suoi impegni giornalieri, dirigersi al
tempio del Dio Padre della Ragione e pregarlo affinché gli concedesse la Grazia
dei giusti ragionamenti o, in alternativa, un segnale inequivocabile che lo
aiutasse a fare il bene del suo regno e della sua gente.
Seduta su un letto
che profumava di fiori e pulito come non le capitava da anni, Irmelin si
guardava intorno osservando la stanza immensa che era stata preparata per loro
dai servi di quel palazzo. Una serva le aveva detto che se avessero avuto
bisogno di cibo, non avrebbero dovuto fare altro che chiederlo e un’altra aveva
insistito perché accettassero delle tuniche pulite per dormire. Gli ultimi anni
di guerre, carestie e viaggi in nave, le avevano fatto dimenticare cosa fossero
l’ospitalità e il benessere.
Si sentiva quasi a
disagio in quella stanza così grande dedicata solo a loro. A disagio ma felice.
Tutte le sacerdotesse
del loro ordine erano tornate alla nave, lei e Elydet non avevano avuto la
minima intenzione di lasciare Selyan da sola e avevano trovato il modo di farle
compagnia.
Sorrise da sola alla
fioca luce della candela. Loro erano sempre quelle che sfuggivano al controllo
di Dalia.
Era
bastato che la Somma Stupida e sua
nipote varcassero da sole le grandi porte perché lei cominciasse a urlare
contro di loro facendo accorrere le guardie reali.
<<
Io devo sapere come sta Selyan, non mi
potete fermare! >> aveva urlato Irmelin, infischiandosene del fatto che
si stava rivolgendo ad un soldato del re.
<< Il re ha
ordinato di rimandarvi alla vostra nave >> le aveva risposto l'uomo in un
tono così fermo e minaccioso che avrebbe intimorito anche un fuorilegge, ma che
non era servito a niente né contro di lei, né contro Elydet che si era
intromessa urlando << A me non interessa! Mia sorella è nel vostro
palazzo e io devo sapere come sta! Non mi importa se il re non è d'accordo, io
devo entrare! Chiaro?! >>
Poi aveva perso il
senso degli eventi, ricordava solo che qualcuno la teneva per le braccia e che
il re in persona era davanti a lei ad ordinare che la lasciassero entrare
insieme a Elydet. Irmelinandava fiera
di quello che aveva ottenuto. Soprattutto del morbido letto sotto di lei.
Elydet aveva
farfugliato qualcosa sull'andare a cercare il re per sapere cosa avesse deciso,
ed era sparita. Lei non si sarebbe mossa da lì per tutto l’oro del mondo.
Le avevano detto che
la sua amica aveva guarito due importanti funzionari della corte reale e che per
colpa della tiranna di Dalia dopo aveva perso i sensi.
A lei era bastato
mettere piede in quella stanza e vederla dormire completamente arrotolata nelle
coperte per capire quale fosse il suo problema.
Selyan
era arrivata allo stremo delle forze per l'ennesima volta e alla fine era
crollata.
<<
Perché la Dea non mi ha voluta, Irmelin?
Cosa posso aver fatto per offenderla così tanto da non volermi portare via? >>
La domanda che Selyan
le aveva fatto uno dei tanti giorni di viaggio le rimbombava nella testa ogni
volta che la vedeva stare male e le faceva venire i brividi addosso.
Si era arrabbiata per
quella domanda. Le aveva urlato contro per ore e non le aveva rivolto la parola
fino alla mattina successiva, ma Selyan non aveva reagito neanche alla sua
rabbia. Era rimasta a guardare il mare tutto il giorno, non si era presentata a
cena e, per quanto Irmelin fosse rimasta sveglia ad ascoltare il suo respiro,
non l'aveva mai sentita dormire quella notte.
La mattina seguente
l’aveva vista buttarsi a capofitto nei libri e negli esercizi con la pietra e,
al vederla così, aveva pensato che avesse finalmente trovato il modo di reagire
e che lo studio fosse diventato la sua nuova ragione di vita. Poi si era resa
conto di aver sbagliato.
Elydet era sempre
stata fermamente convinta del fatto che Selyan volesse migliorarsi a tutti i
costi per il suo egocentrismo, Irmelin aveva sempre avuto paura di ammettere
che la sua amica stava cercando di suicidarsi violando la prima regola delle
sacerdotesse arrivando a superare i limiti concessi dalla Dea.
Quel pomeriggio, per
colpa dei sommi stranieri, ci aveva
provato di nuovo.
Sospirò e prese a
rigirarsi la sua pietra tra le mani.
Erano successe così
tante cose prima della loro partenza cheneanche i lunghi mesi di viaggio erano bastati ad allontanarle dai
ricordi.
Lei stessa si
obbligava a pensare ad altro, a buttarsi nelle sue giornate lasciando fuori il
resto. Però era difficile. A volte, quasi impossibile.
Odiava Selyan quando
si rendeva conto che non voleva andare avanti, ma capiva che non poteva
riuscirci. Non ancora.
Forse, solo quella
Dea che pregavano ogni giorno poteva sapere cosa avrebbe dovuto fare per
aiutare la sua amica, ma non era sicura neanche di questo.
Se la Dea aveva tra
le sue beate mani una soluzione per aiutarle dopo quello che avevano passato e
non voleva offrirla né a lei, né Selyan, né a Elydet, che razza di Dea era?
Perché si accaniva
tanto contro le sue stesse sacerdotesse?
Era stanca di quella
Dea, era stanca di quell'ordine ed era stanca di non poter vivere una vita
tranquilla.
Avrebbe tanto voluto
tornare dai suoi genitori, sempre che fossero ancora vivi.
Odiava non sapere
cosa era successo dopo la loro partenza.
Quando Selyan si era
buttata nei libri sulla nave, per un breve periodo aveva cercato di fare lo
stesso per imparare a evocare le visioni dei posti lontani. Voleva vedere casa
sua.
Non era mai riuscita
ad evocare nulla. Sapeva che da sola non sapeva gestire il suo potere, aveva
sempre avuto bisogno di Selyan per imparare qualcosa e lei, in quei giorni era
la persona meno adatta a sentir nominare la loro terra.
Elydet aveva provato
un giorno a chiederle di cercare una visione di sua madre in uno specchio
d'acqua. Avevano litigato di brutto dopo il rifiuto di Selyan e quella notte
Irmelin aveva sentito la sua amica piangere per ore.
Quello tra Selyan ed
Elydet era un rapporto strano almeno quanto era strano il loro modo di essere
sorelle. Erano entrambe figlie del generale dell'esercito, ma non avevano avuto
la stessa madre. Elydet era cresciuta da nobile con sua madre, frequentando il
palazzo reale e le alte cariche della loro gente, Selyan era stata adottata da
una famiglia di contadini e non aveva lasciato i campi se non per entrare al
tempio. Erano profondamente diverse. La piccola era sempre stata composta,
educata epensava da nobile, Selyan era
cresciuta con lei giocando nei prati.
Irmelin scosse la
testa. Doveva lasciare subito quei ricordi, non poteva permetterseli.
Quello che doveva
tenere a mente ora era che Selyan aveva costantemente bisogno di essere
controllata e Elydet non sembrava riuscirci.
Forse era ancora
troppo piccola per capire sua sorella o forse non aveva vissuto tutto quello
che avevano vissuto loro.
Lei aveva solo voglia
di ricominciare e quel paese devastato doveva essere la sua nuova possibilità.
Quando aveva visto il
panorama dall’alto della collina, aveva sentito il mondo crollarle addosso.
Aveva pensato che un re con un regno in quella situazione e un po' di cervello
in zucca non avrebbe mai accettato una come Dalia.
In quel momento,
però, in quel palazzo e senza nessuna preoccupazione, Irmelin vide le cose da
un’altra prospettiva: il regno a pezzi a
prima vista non aveva più niente da offrire, eppure Elydet si era già presa la
prima cotta, assurda perché si era innamorata del re in persona, ma forte al
punto di farla girare per il castello senza una meta in piena notte sperando di
incontrarlo e lei si era appena sentita dire che poteva permettersi tutto il
lusso che voleva.
Forse la disgrazia
che li aveva colpiti non li aveva resi poveri né messi nei guai.
E poi anche Selyan
era distrutta, se c'era speranza per la sua amica, allora poteva averne anche
per quel regno.
Senza contare la
strana sensazione che sentiva dentro di lei da quando era entrata in quella
stanza.
Era la stessa
sensazione che si aveva quando andava in cerca di un vestito e capiva di averlo
trovato appena lo vedeva.
Sapeva che sarebbe
tornata altre volte in quella stanza, anche se non ne capiva il motivo. Lei non
era mai stata brava con le visioni, neanche quando le cercava, figurarsi quelle
spontanee.
Eppure era certa di
quella sensazione: sarebbe tornata lì e non avrebbe rivisto il mare.
Rise
di nuovo a quel suo pensiero. Chissà come le era venuta un'idea simile.
<< Dormi quanto
ti pare, Sel. Se ho di nuovo ragione, resteremo qui per parecchio tempo >>
disse alla sua amica ancora addormentata prima di poggiare le spalle al muro,
afferrare la mela più profumata che avesse mai mangiato dal vassoio stracolmo
lasciato per loro dalle serve del re e sistemarsi comoda in attesa di Elydet.
In quel regno, la
loro vita sarebbe cambiata in meglio. Non aveva dubbi.
Elydet era uscita dalla stanza della
nobile che le ospitava senza avere neanche una vaga idea di dove cercare il
sovrano, ma con la ferma convinzione di volerlo incontrare a tutti i costi.
La Somma Dalia quella mattina aveva
detto che il re era giovane, ma mai se lo sarebbe immaginato così tanto giovane e, soprattutto, poi
mai se lo sarebbe immaginato così bello!
Da quando era entrata nell’ordine
della Dea, aveva passato molto del suo tempo libero con Irmelin e aveva
imparato a sopportare i suoi commenti sui ragazzi.
Perfino nei tempi più bui della loro
isola, un giorno in cui il generale del loro esercito aveva dato ordine che
tutte le donne e le persone che non potevano combattere restassero barricate
nelle mura del tempio, aveva sentito Irmelin commentare la bellezza di uno
degli arcieri appostati sui loro torrioni.
Ricordava anche quando, prima che la
loro rovina avesse inizio, che c’era stato un periodo in cui lei stessa aveva preso
la sciocca abitudine di guardarsi intorno mentre camminava cercando qualche
bell’uomo per indicarlo alla sua amica.
Non era mai stato il suo passatempo
preferito, ma adesso si rendeva conto di avere acquisito l’esperienza
necessaria per affermare che non aveva mai visto un uomo più bello del re.
Non aveva mai visto occhi più verdi
di quelli.
Suo padre aveva gli occhi verdi, ma
erano di un verde cupo, quasi marroni; sua sorella li aveva verdi ma non erano
neanche lontanamente paragonabili a quelli. Era un verde intenso, quasi come
gli smeraldi che aveva visto più volte nelle collane di sua madre.
Forse risultavano così per il
contrasto con la sua pelle abbronzata, o per i suoi capelli del colore del
miele più scuro. Perfetto.
Voleva a tutti i costi rivederlo,
voleva parlargli, voleva sapere se, oltre alla bellezza, aveva anche la
gentilezza e quindi le avrebbe ospitate. Voleva sapere tutto di lui e doveva
trovarlo a tutti i costi!
Con suo grande disappunto, si rese
conto che non conosceva affatto quel palazzo e non poteva neanche immaginare di
cercare qualcuno lì dentro.
L'unico posto in cui era in grado di
arrivare era il cortile dove era stata quel pomeriggio con le altre, perciò
decise di iniziare da lì la sua ricerca sperando di avere fortuna. Non aveva alternative.
Quando scoprì che il giardino era
completamente deserto e si dette della stupida.
Cosa poteva
fare il re nel giardino al buio?
<< Cosa
ci fai qui? >>
La domanda
improvvisa di quella voce sconosciuta la fece sobbalzare per lo spavento, ma decise
difingere di non aver sentito. Doveva
guadagnare tempo per inventare una frottola credibile
<< Ragazza,
rispondi al re! >> la sgridò un’altra voce.
Al re? Sentì il sangue gelarsi nelle
vene. Il Divinissimo e Stupendissimo
Sovrano le aveva rivolto una domanda e lei non solo non gli aveva risposto,
non aveva neanche capito che era stato lui a parlarle? Accidenti!
Si voltò di scatto perdendosi nei
suoi meravigliosi occhi e immediatamente si sentì arrossire.
Non poteva
comportarsi così!
<< Io...
vi stavo cercando per... sapere... cosa avete deciso di noi >> balbettò
imbarazzata.
Lo sentì congedare l’altro uomo che
era con lui. Voleva restare davvero solo con lei?
La Dea le
stava facendo un regalo enorme quella sera, forse per farsi perdonare per
averle fatto fare quel viaggio assurdo dall’altra parte del mondo.
<< Starete
qui per un breve periodo, domani vi sarà spiegato tutto >> la informò con
una gentilezza che non aveva mai sentito nella voce di un sovrano.
Era una creatura meravigliosa!
Non sapeva
più cosa dire, e non era certa che il suo cervello fosse in grado di formulare
una frase sensata in quelle condizioni, perciò si limitò ad annuire.
<< Posso
sapere il tuo nome? >> le chiese il re.
Era stata così ansiosa di parlare con lui che
non aveva pensato alle buone maniere e nonsi era neanche presentata. Prima non lo aveva riconosciuto e poi aveva
dimenticato l’educazione.
Non avrebbe
potuto sprecare il regalo della Dea in un modo peggiore!
<< Vi
chiedo perdono, Vostra Altezza. Il mio nome è Elydet e sono la sorella minore
di Selyan >> disse con un inchino.
<>
<< No,
non vi sbagliate. Il mio, però, è legato al fuoco >> rispose orgogliosa.
Nessun'altra
delle sue compagne aveva lo stesso potere perché era molto raro e lei era
sempre andata fiera del suo elemento. Si chiese se il re lo avrebbe trovato
anche solo minimamente accettabile, visti i grandi poteri che aveva nella sua
terra.
<< Mi
piacerebbe davvero vedere cosa sai fare >> esordì il re con sincera
curiosità.
“ Se me lo dici così, posso dare fuoco anche a
Selyan! ” pensò Elydet.
<< Se
volete, posso farvi vedere qualcosa anche adesso >> propose emozionata all'idea
di fargli vedere di cosa era capace.
<< Oh
no, tranquilla, ne avrai tutto il tempo domani, fidati. E poi sarai in pensiero
per tua sorella. Come sta? >>
Certo che si fidava! Sarebbe saltata giù dal
muro più alto del palazzo per una sua parola.
<< Stava
ancora dormendo quando sono uscita, ma si riprenderà di sicuro. Ha solo
esaurito le sue forze fisiche, non quelle magiche. Lo fa molto più spesso di
quanto dovrebbe e si riprenderà benissimo anche questa volta >>
<< Mi
dispiace. Forse le ho chiesto troppo >>
La sorpresa al sentire quelle parole,
la spinse a alzare gli occhi da terra ignorando le regole della buone
educazione. Perché mai un re avrebbe dovuto dispiacersi per una sconosciuta?
Per di più il suo viso sembrava
davvero preoccupato, non lo aveva detto solo per educazione.
E, a pensarci bene, non avrebbe
neanche dovuto mostrarsi educato con lei.
Era un re e i re ordinano e fanno
quello che vogliono, senza bisogno di essere educati con le sacerdotesse in
apprendistato, oltretutto straniere.
Era la
perfezione fatta persona ed era così bello che sarebbe rimasta volentieri a
vivere lì in eterno se le avesse accettate, anche solo per vederlo ogni tanto.
<< Non
dispiacetevi. Mia sorella esagera sempre , ma sa benissimo quando è il caso di
fermarsi. Domani starà bene >>
<< Bene.
Adesso, scusami, ma devo andare >>
Elydet si
inchinò prontamente << Certo, Altezza. Perdonatemi se vi ho fatto perdere
tempo >>
La sua
fortuna era durata poco quella sera. Si concesse un’ultima occhiata al re prima
che fosse troppo tardi e lo vide ancora fermo davanti a lei. Il suo cuore mancò
un battito.
<< Non
scusarti, mi ha fatto piacere conoscerti >>
Il sovrano si incamminò verso una
destinazione che avrebbe tanto voluto conoscere.
Sapeva che
le gambe non l’avrebbero retta oltre dopo tutte le emozioni di quella sera e si
sedette sul muretto che costeggiava il giardino guardando la reale e perfetta
schiena mentre si allontanava
“ Il buio prende, travolge e non
riporta a casa ” diceva la gente dell’isola.
Lei aveva disobbedito a un ordine e
il buio era arrivato a prenderla.
Era giusto così. La sua sola paura
era che il buio durasse poco e, una volta arrivata nel Regno Eterno, non
avrebbe saputo affrontare il generale che aveva impartito quell’ordine.
Come avrebbe mai potuto riuscirci?
Era solo colpa sua.
Se lo avesse ascoltato, se fosse
rimasta al suo posto, se avesse dato al suo piede il tempo di guarire prima di
tornare a combattere…
Se solo non fosse stata tanto
orgogliosa da credersi forte, lui non avrebbe pagato il prezzo della sua
stupidità.
“ Nel buio la Dea ci lascia soli con
la nostra coscienza. Tema l’arrivo del buio chi compie atti orribili ”
Lei nel buio aveva rivissuto quella
scena migliaia di volte senza avere la possibilità cambiare quello che era
stato, né quella di piangere il suo errore.
Migliaia di volte il clamore della
battaglia aveva assordato le sue orecchie e migliaia di volte il rullo dei
tamburi aveva nascosto il silenzio intorno a lei.
Ma non erano i rumori che il buio
portava con sé a distruggere il suo animo già a pezzi.
Erano le immagini. Erano gli occhi
scuri iniettati di sangue e di odio che la guardavano preannunciandole quello
che il suo possessore avrebbe fatto, il martello da guerra già sporco di sangue
che calava inesorabile e poi… poi il suo stesso urlo inutile e insensato che
copriva il tonfo che mai avrebbe voluto sentire.
Vedeva le sue stesse mani tendersi
per fare qualcosa, per fermarlo, per aiutare lui, per fare qualsiasi cosa, ma
non vedeva mai la fine di quel maledetto sogno.
La Dea l’aveva costretta a rivivere
infinite volte il prezzo del suo errore in quel buio senza fine che continuava
solo a ondeggiare ritmico e pacato come il moto di una nave.
Lei non aveva preso quella nave, il
buio l’aveva portata via prima.
La Dea le aveva fatto vedere come
sarebbe andata avanti la sua vita dopo il suo errore.
Paradossalmente non era dispiaciuta
di non averla vissuta.
Lei non voleva vivere senza di lui e
assolutamente non voleva vivere al prezzo della sua vita.
Preferiva vedere infinite altre
volte la scena straziante piuttosto che vivere una nuova vita in un nuovo regno
dopo quello che aveva fatto.
“ Il buio non è era mai benevolo con
i peccatori ”
Il buio torturava e basta e, visto
che per lei quel buio era una speranza, l’unica cosa che la Dea aveva potuto
fare per torturarla era stato rimandarla indietro, di nuovo, trasformando il
lento ondeggiare della nave nell’ondeggiare calmo del respiro di qualcuno
sdraiato accanto a lei.
Qualcuno che sapeva di acqua di rose
e di olio per capelli.
Decisamente non era qualcuno che
avrebbe potuto vedere solo nel maledetto buio della Dea.
Quando
Selyan aprì gli occhi scoprì di essere in un letto, completamente coperta da
una spesso strato di coperte di lana.
Il buio
l’aveva lasciata confusa e con l’animo in frantumi e quello che aveva fatto per
aiutare la corte di quel re, che adesso sapeva non essere solo un sogno,
l’aveva lasciata spossata e incapace di muovere un solo muscolo.
Aveva
riconosciuto il profumo dell’olio per capelli di Irmelin. Se c’era lei, Keira e
Dalia erano sparite quindi non aveva motivo di forzarsi a strisciare da quel
letto. Poteva anche restare lì.
Il letto
ondeggiò di nuovo sotto di lei indicandole che la sua amica si era seduta
accanto a lei.
<< Tua
sorella è corsa dietro all’uomo dei suoi sogni, Sel >>
Non capiva
neanche che tipo di umore avesse la sua amica dalla voce. Sembrava seria, ma
per lei era troppo difficile anche ragionare
<< Ha
avuto la grande idea di perdere la testa per il re. Se resteremo qui, sono
sicura che ci terrà impegnate per parecchio tempo con questa storia. Se ripartiremo… >> Irmelin fece una pausa e sospirò
<< non voglio pensarci. Avremmo dovuto buttare giù dalla nave quella
vecchia stupida di Dalia. Dovevamo lanciarla in mare aperto e sperare che
qualche pescecane fosse tanto coraggioso da divorarla. Quando ti svegli devi
spiegarmi perché non l’abbiamo mai fatta fuori. Anzi, dovrai spiegarmi anche
cos’è questa diamine di sensazione che mi sento addosso. Tu la follia ormai la
conosci, voglio sapere se sto impazzendo anche io o…
>>
Irmelin
sbuffò di nuovo << Scusa, non volevo ricordartelo. È solo che mi sento strana. Come se conoscessi già
questo posto, come se fosse… casa nostra. Forse ho solo una gran voglia di
restare e non risalire a bordo di quella cosa con le Figlie del pettegolezzo >>
Selyan non
aveva la forza di risponderle, ma non avrebbe comunque saputo cosa dirle. Non
poteva prometterle che sarebbero rimaste, né tanto meno che in quel regno le
cose sarebbero andate meglio. La Dea non le aveva portate via nella battaglia e
aveva addirittura rimandato indietro lei sia dal buio della follia che da
quello del sonno profondo. Non c’era posto per loro nei Regni Beati. Forse
Irmelin non poteva accedervi perché portava le vesti delle sacerdotesse ma non
aveva il minimo rispetto per la Dea e la sua Somma Sacerdotessa. Poteva bastare
per una Dea?
Forse, per
la Dea dell’Isola, era anche troppo.
Quanto a sé
stessa, Selyan era consapevole del fatto che la Dea aveva così tanti motivi per
non volerla nel suo Regno che non sapeva neanche da dove cominciare ad
elencarli.
Non che le
importasse molto di quello. Sperava solo che la Potente avesse aperto le porte
del Regno dei Beati almeno due volte nell’ultimo anno concedendo la pace eterna
a-
<<
Irmy! >>
Il tonfo di
una porta sbattuta e l’urlo di sua sorella la strapparono ai suoi pensieri.
Selyan sentì
anche il materasso reagire in modo strano a quell'urlo, probabilmente Irmelin
si era spaventata parecchio<<
L'ho trovato, ce l'ho fatta, mi ha parlato, è stato... bellissimo! >>
<< Che
stai dicendo? >> aveva chiesto la ragazza spaesata.
Ma Elydet
non riusciva a fare un discorso completo << Lui! Bello...il potente,
magnifico, stupendo... >>
<< Re?
>> suggerì Irmelin.
<< Figlio della Dea, com'è bello! >>
rispose Elydet prima che il mondo di Selyan cominciasse a tremare
violentemente.
Sua sorella
la stava scuotendo per una spalla senza la minima pietà o pazienza
<<Svegliati! Perché non mi hai
detto che era così bello? >> insistette.
<<
Forse perché dormiva? >> suggerì Irmelin.
Selyan non
ebbe neanche il tempo di protestare che Elydet le tirò via le coperte di scatto
lasciandola al freddo. Neanche il suo lamento contrariato riuscì a fermare
Elydet
<<
Alzati! >> le ordinò.
Maledizione!
Voleva bene
a sua sorella, ma non la sopportava quando faceva i capricci come le bambine
piccole.
Potè solo fare appello a tutte le sue forze, pregare il
mondo di smettere di girarle intorno e fare leva su un braccio per sedersi
trascinandosi comunque dietro il cuscino per lasciarci la faccia affondata
dentro. Era seduta, ma non aveva voglia di svegliarsi.
<<
Sorellina sei patetica! Sai cosa direbbe Dalia se ti vedesse? Irmy aiutami
>>
Irmelin rise
divertita e poi imitò Dalia agitando le mani con movenze esagerate
<< Ma
guardatela! Una ribelle, saputella come lei che fa tutte queste storie per
alzarsi dal letto! Ridicola >>
Le due
scoppiarono a ridere rumorosamente e la sua testa minacciò di scoppiare.
Sbuffo
abbassando il cuscino per farle contente.
Elydet
sorrise euforica per l'attenzione conquistata e iniziò a girare per la stanza
elencando tutte le qualità del re convintissima che le altre la ascoltassero.
In realtà
Irmelin la guardava convinta che ormai per lei non ci fossero più speranze,
mentre Selyan cercava di dare sollievo al viso che prudeva in modo
insopportabile da quando era sotto le coperte.
<<
Irmy, perché mi brucia il viso? >>
Irmelin
passò in un attimo dal sorriso divertito per le idiozie di Elydet alla paura
per qualcosa che le aveva visto addosso e le afferrò le mani per allontanarle
dalla sua faccia.
<<
Stai ferma. Sei piena di chiazze rosse e gonfie, è meglio non toccarle >>
Nel
frattempo Elydet si rese conto della scarsa considerazione e si infuriò
<< Ma insomma, mi ascoltate sì o…
Selyan-che-ti-è-successo? >>
Nessuno le
rispose. Selyan si alzò una manica e scoprì che anche le sue braccia erano
nelle stesse condizioni
<< E
queste? >>
<< È un allergia >> decretò Irmelin all’improvviso
<< Sì,
certo Irmy, come no >> tagliò corto Elydet<< Adesso vuoi giocare a fare l’esperta
di malattie? Sel, cos’ è quello schifo che hai addosso? >>
Lei non
rispose. Aveva ragione Irmelin.
<<
Insomma! >> protestò sua sorella << Non può essere un’allergia,
ragazze! A meno che mia sorella non si sia spogliata completamente davanti al
re, e giuro che non sei più mia sorella se mi vengo a sapere che è così!, come
potrebbe essere venuta in contatto con la cosa che le ha dato fastidio con
tutto… insomma, le ha anche sulla schiena! >> concluse slacciandole la
veste sulle spalle.
<< Non
sono mica scema!>> insistette Irmelin << Sono allergica a milioni
di cose, so come divento quando sto male! Se non è un’allergia, giuro che bacio
i piedi di Dalia! Tu hai mangiato o bevuto qualcosa che ti hanno offerto questi
stranieri sconosciuti?>>
Selyan fissò
l'amica riflettendo.
Keira aveva smesso di urlare per
quella che credeva essere una ferita incurabile e mortale sul suo dito.
Le tracce della minuscola bruciatura
erano svanite, ma la stupida oca era ancora pallida e scossa per lo spavento.
Dalia la guardava come se si aspettasse di vederla crollare da un attimo
all’altro e l’uomo alle spalle del re si avvicinò a loro con una boccetta in
mano.
<< Bevi >>
Keira aveva teso la mano prima
ancora che la zia avesse avuto il tempo di chiedere cosa ci fosse dentro. Lui
non aveva risposto. Si era limitato a dare anche a lei la stessa cosa senza
neanche fare la fatica di ripeterle l’ordine che aveva dato a Keira.
Selyan non si era fatta problemi a
berla. Tanto più che quella cosa non puzzava di veleno. Sapeva solo di miele e
la Dea sapeva quale erba sconosciuta avessero in quelle terre. Probabilmente
volevano solo fingere con Dalia di aver provveduto alla salute delle sue
ragazze dando loro qualcosa di tanto sconosciuto quanto inutile. Keira aveva
paura di morire avvelenata, lei non aveva paura di morire e basta.
Il suo
silenzio bastò a Irmelin per capire che aveva ragione lei <> le urlò <>
<<
Credevo di potermi fidare del Sacerdote del re >>
<<
Stupida! >> la insultò di nuovo la sua amica << Se avessero voluto
levarvi di mezzo- >>
<<Il Divino >> la interruppe Elydet
arrabbiata << ha rispetto dei suoi ospiti! Non è un re bruto e spietato,
chiaro?! >>
<< E
tua sorella come faceva a saperlo?! >>
<<
Perché si vede subito che il regale viso non è quello di un tiranno crudele! Lo hai
guardato bene quando ci ha fatto entrare?! >>
<< Non
stiamo discutendo di questo >> le fece notare Iremlin
<<
Dove siamo?>> chiese Selyan per fermare la loro lite inutile
<<
Nelle stanze della nobile Ismene>> le rispose sua sorella << Ma lei
non c'è. Quando il Potentissimo mi ha
detto che doveva andare via, l'ho vista aspettarlo poco più lontano. Secondo
voi c'è qualcosa tra i due? Me lo vuole rubare? >> chiese sinceramente
preoccupata.
<< No,
Ely, lavora per lui e ha l’età che potrebbe avere sua madre, non è la sua
promessa sposa. Mi aiuti a cercare qualcuno per favore? >> le chiese
Selyan.
<< No.
Così impari a non bere le cose che ti offrono gli sconosciuti! >>
Non poteva
ignorare quello che aveva addosso e non voleva girare per il castello da sola
in quelle condizioni. Si sarebbe sicuramente persa. Le guardie avrebbero anche
potuto rinchiuderla credendola vittima di una malattia contagiosa portata
apposta nel loro palazzo per… non erano più all’isola! La gente lì non pensava
come loro. Doveva metterselo in testa! E doveva assolutamente convincere sua
sorella ad accompagnarla
<< Ma
quel tipo era l'ombra del re oggi,
non lo lasciava un minuto. Sicuramente saranno insieme anche adesso e, se
verrai con me, potrai vederlo di nuovo. Ti prego! >>
<< No!
>> ribatté Elydet irremovibile << Il Sommissimo mi ha detto che aveva degli impegni e ci saremmo visti
domani. Se io adesso tornassi a cercarlo, lui penserebbe che sono noiosa e
petulante e non ho assolutamente intenzione di fargli avere questo sospetto
>> concluse infilandosi nelle coperte del letto che era stato preparato
per lei.
Selyan non
voleva andare da sola, ma non voleva neanche obbligare sorella. Si voltò verso
Irmelin e scoprì che si era già messa il mantello e le stava porgendo il suo.
<< L'
ho preso prima di tornare qui. Ho pensato che ti avrebbe fatto comodo >>
Non poté
fare a meno di sorridere riconoscente.
La Dea le
aveva tolto tutto, compresa la possibilità di essere portata via dal buio, ma le aveva lasciato Irmelin. Per
quella sera, poteva anche ringraziarla.
<<
Grazie, Irmy, da sola non credo che sarei uscita >> disse Selyan mentre
vagavano per il palazzo in cerca di qualcuno che potesse aiutarle.
<<
Perché? >> chiese Irmelin cercando di orientarsi negli intricati corridoi
di quel palazzo.
<<
Beh, perché sono ancora un po' intontita dal sonno e mi sarei persa. Non avrei
saputo neanche da dove cominciare da sola. Sei sempre stata tu la più
intelligente delle due >>
Irmelin
sorrise compiaciuta per quel complimento e anche divertita da quella ammissione
di incapacità della sua amica. Selyan non aveva mai avuto memoria per le strade
neanche nella terra in cui era cresciuta, pensare che non si sarebbe persa in
quel palazzo da sola, era come pensare che lei avrebbe potuto sputare in faccia
a Dalia: una cosa tanto impossibile quanto desiderata.
<< Hai
ragione. La Dea ti ha riempito di potere per scusarsi di non avere più furbizia
a disposizione il giorno in cui sei nata. Devi cercare quello che ti ha fatto
venire quelle chiazze addosso, quello che hai chiamato Ombra-del-re, e sarebbe una buona cosa se tu
ricordassi il suo vero nome >> la esortò.
<< Non
possiamo cercare qualcun altro? >> le chiese l'altra sconfortata.
<< E
cosa gli chiediamo? No, Sel, muoviti, tira fuori quel nome >>
Il suo piano
prevedeva di andare al portone principale dove avrebbero sicuramente trovato
qualcuno di guardia e lì avrebbe chiesto di questa persona.
Prima di
avventurarsi nei corridoi aveva chiesto a una serva della nobile Ismene dove
fosse la sua padrona, ma la stupida aveva detto che non era a conoscenza degli
affari della sua Signora e che, se anche li avesse conosciuti, non li avrebbe
certo messi a disposizione di due straniere. Aveva odiato quella donna, e la
rabbia sarebbe tornata di nuovo se Selyan non avesse ripreso a parlare
distraendola.
<< Ma
il re l'avrà chiamato per nome una volta sola,sai che non posso ricordarmelo e
poi... Giurami che non lo dici a nessuno >> si raccomandò.
<<
Giuro >> rispose distrattamente guardandosi intorno nella speranza di
trovare qualcuno diutile al suo scopo
che le risparmiasse di lottare ancora con una guardia svogliata.
Poi il
silenzio imbarazzato di Selyan e il suo rossore improvviso sulle guance
devastate dalle bolle attirarono la sua attenzione e le fecero dimenticare
tutto il resto
<<
Sel, quanti anni ha questo tizio? >>
La sua amica
la guardò spiazzata << Non lo so. Perché me lo chiedi? >>
<< È vecchio? >>
<< No.
Non molto più del re ma- >>
<< Ti sei
innamorata anche tu come tua sorella?! >>le chiese stupita.
<>
negò subito Selyan quasi offesa da quella domanda << Credi davvero che
io… Irmy, dannazione, come puoi aver pensato…
>>
Non finì
neanche la frase. Sospirò e basta dandole le spalle.
Irmelin
imprecò silenziosamente.Per quel
momento, per quei pochi istanti in cui aveva visto la sua amica così a disagio,
aveva sperato davvero che Selyan si fosse presa una cotta per qualcuno. Sapeva
che era impossibile, sapeva che non avrebbe neanche dovuto pensare una cosa del
genere, ma si era davvero illusa che la sua amica avesse trovato qualcosa in
grado di risollevarla dal suo baratro di disgrazie. Sapeva che non stava
piangendo e sapeva che poteva rimediare in un attimo al suo errore
<< Se
è giovane, importante e non è storpio, Keira sarà sicuramente cotta di lui come
una triglia bollita >>
<<
Dalia vuole darla al re >>
<<
Parliamo di Keira, è ovvio che sia innamorata del re solo per il titolo che
porta, ma l’ho visto anch’io insieme a tua sorella: non è il suo tipo. La
conosco come le mie tasche >>
<< Mi
fa paura>> ammise Selyan all’improvviso torcendosi le mani come faceva
ogni volta che si imbarazzava.
<< È così brutto? >> le chiese scettica
<<
Shh! Parla piano, ti prego. Con la fortuna che ho io è dietro l'angolo >>
rispose lei guardandosi intorno.
<< Sai
cosa ti dico, Sel? Non so perché la pensi così su questo tizio, ma sono sicura
che in questo momento anche tu gli faresti molta paura >>
Irmelin
avrebbe detto qualche altra stupidaggine, se una voce non l'avesse interrotta
all'improvviso << Paura a chi? >>
Non riuscì a
trattenere un urlo di paura e si aggrappò al braccio di Selyan che, a dispetto
di tutto, cominciò a ridere
<< Chi
sei? >> chiese senza neanche guardare chi aveva davanti mentre cercava di
riprendere un po' di autocontrollo.
<< Mi
dispiace, ti ho spaventata? >> chiese una voce di bambina.
<< No,
tranquilla, ho urlato solo perché mi andava di farlo >> rispose
sarcastica ignorando le risa di Selyan.
<< Ti
chiedo scusa. Il mio nome è Nora. Posso chiedervi chi siete voi? >>
La sua amica
fece le presentazioni mentre lei aveva ancora gli occhi chiusi e una mano sul
cuore che minacciava di uscirle dalle costole per quanto batteva forte.
<< Io
sono Selyan e lei è Irmelin, siamo arrivate oggi con le nostre compagne e la
Somma Dalia >>
<< Ma
certo! Ho sentito Tarìc, ops, scusate...il re, che parlava di una di voi oggi.
Quella che ha salvato Ismene e Aaren. È una di voi vero? >> chiese la ragazzina con un brivido di emozione
nella voce.
Aveva chiamato
il re per nome? Ma chi diamine era?
Adesso che
si era ripresa, aveva avuto modo di guardare in faccia la persona che aveva
rischiato di porre fine alla sua vita prima che lei avesse il tempo
invecchiare: era giovane, forse quasi dell'età di Elydet, con i lunghi capelli
chiari intrecciati in modo elegante e un lungo mantello che non sembrava
economico. Doveva essere una nobile.
<< Sì
>> aveva risposto intanto la sua amica imbarazzata.
Tipico di Selyan.
Non avrebbe mai ammesso alla ragazza di essere proprio lei la persona che aveva
salvato i due illustri sconosciuti, perciò decise di pensarci lei << È stata lei >> chiarì indicando Selyan e
guadagnandosi un calcio contro un piede.
La piccola nobile, che non aveva dato segno
di aver notato quella punizione, aveva cominciato a fare domande entusiasta
<< Ma come hai fatto? Ho visto sacerdoti e guaritori che impazzivano per
cercare un rimedio. E perché te ne stai lì al buio con il cappuccio in testa?
>> domandò avvicinandosi mentre Selyan muoveva un passo indietro.
Se era a
palazzo, con le vesti di una nobile e chiamava il re per nome, allora doveva
per forza conosce il misterioso Signor-ombra-del-re
e forse, con un po' di fortuna, poteva sapere anche dove si trovava in quel
momento.
Sembrava ben
disposta verso di loro, ma non potevano accontentarsi di quello. Irmelin pensò
che doveva guadagnarsi la sua fiducia per farsi aiutare e tirò per una mano
Selyan ignorando le sue proteste. La spinse verso la luce della torcia che
illuminava il corridoio e le tolse il cappuccio con la mano libera
<<
Vedi queste bolle? Le ha ovunque e stavamo cercando il tizio che era con il re
oggi per sapere cosa diamine le ha dato da bere >> la informò senza
troppi giri di parole.
Quella che
aveva detto di chiamarsi Nora aveva l’aria confusa<< Chi? >> chiese di nuovo.
<<
Scusala, ogni tanto si fa prendere dall'euforia del momento >> si
intromise Selyan rialzandosi il cappuccio sul viso e tornando al suo posto
<< Oggi con il sovrano c'erano anche il comandante delle guardie e un
sacerdote, credo, che mi ha dato qualcosa da bere e mi sono svegliata così. Non
mi era mai successo prima e vorrei sapere cosa mi ha fatto, ma non ho idea né
di come si chiami, né di dove cercarlo. Puoi aiutarci, per favore? >>
La ragazza
fece un sorrisetto strano<< È lui che ti fa paura? >>
<<
Beh... ecco, veramente io... >> balbettò Selyan incapace di terminare la
frase.
<< Ho
capito benissimo di chi parli e ti assicuro che faceva paura anche a me prima
che cominciassi a rispondergli a tono >> spiegò Nora << Non ditegli
che ve l'ho detto o avremo una vita impossibile tutte e tre per i prossimi
cinquant’anni. Vi aiuto molto volentieri e ricordatevi che vi devo un favore
per questo >>
Irmelin non
capì il nesso tra le due cose << Perché? >>
<<
Questioni personali, non posso risponderti adesso. Andiamo >> disse
felice la ragazza facendo loro segno di seguirla.
Le
accompagnò chiacchierando allegramente del re e del regno finché arrivarono a una
porta che spalancò con violenza e senza ritegno spingendo avanti Selyan che non
ebbe tempo di difendersi
<<
Neith! Prova dire adesso che non sbagli mai se ne hai il coraggio! >>
urlò Nora entusiasta << Ti sei giocato la possibilità di rinfacciarmi
sempre i miei errori >>
Irmelin, che
fino a un attimo prima era felice di aver risolto il loro problema nel migliore
dei modi, rimase sconcertata da quell'entrata teatrale. Nora, forse, poteva
permettersela, ma loro no davvero.
<< Ma,
Nora, forse- >> cercò di protestare Selyan arretrando.
<<
Stai zitta >>
Serio,
dispotico e maledettamente maldisposto nei loro confronti.
Il
misterioso Ombra-del-re aveva tutta
l'aria di essere un sacerdote tanto potente quanto autoritario. Ecco perché Sel
ne aveva paura, ne avrebbe avuta anche lei al suo posto. Quello che era peggio
che con un'entrata come quella che aveva fatto Nora, Selyan aveva appena fatto
l'ultima cosa di cui aveva bisogno: si era appena resa impossibile tutto il
tempo della loro permanenza lì senza neanche alzare un dito.
Oltre alla
furbizia, la Dea doveva aver finito anche la fortuna il giorno in cui la sua
amica era venuta al mondo.
La
guerra proseguiva ormai da diversi mesi e nel campo regnava il caos.
Lei
ogni mattina usciva dal tempio a passo affrettato diretta al campo di battaglia
e, nelle tende in cui venivano trasportati i feriti, cercava di salvare più
vite possibili.
Ma
quella mattina era diversa.
Non
aveva ancora varcato la soglia del tempio quando una donna con le vesti delle
sacerdotesse più importanti la chiamò fermando la sua corsa.
Non riusciva a vedere
il suo viso, ma sapeva bene di chi si trattava.
<<
La situazione sta precipitando, non puoi
restare qui >>
<< Cosa? Ma i
nostri soldati... >> balbettò confusa.
L'esercito non aveva
mai subito sconfitte e fino a quel momento era riuscito a tenere testa agli
assalti nemici. Lei era sicura che avrebbe salvato l’isola.
<<
Non possono più resistere. Il nemico è
troppo forte e qualcuno li ha traditi. Da adesso, nessuno è più al sicuro qui.
Devi andare via >>
<< Ma io non
voglio andarmene! Questa è la mia casa e la mia famiglia è qui! Io non posso
andare.Preferisco morire qui e adesso
piuttosto che fuggire abbandonando tutti >>
Ma la donna la
interruppe di nuovo <>
<< Di che regno
parli, mamma? Io non capisco. Vieni con me >>
Ma la donna scosse la
testa agitando i lunghi capelli scuri << Il mio posto è qui ormai. Tu sei
l'unica che può scoprire tutta la verità su questa guerra. La nostra città sta
cadendo. Salvati prima che sia troppo tardi, obbediscimi >>
Non sapeva cosa fare.
Lei aveva alzato una mano nel gesto benedicente degli ordini delle Sacerdotesse
Potenti. Non poteva ignorarlo. Con una stretta al cuore decise di accettare ma,
quando parlò, la sua voce tremava << Dove devo andare? >>
<< Sempre
avanti. Corri finché non sarai arrivata al sicuro nelle loro salde mura. Non
hai molto tempo, ma puoi farcela >>
Uscì
dal tempio e cominciò a correre. Era una folle corsa diretta a una meta che
neanche lei conosceva, ma correva più veloce che poteva.
Arrivò
a una delle quattro porte che permettevano l'accesso alla città e vide la più
totale confusione.
I
nemici avevano aperto un varco nelle mura e stavano distruggendo e
saccheggiando tutto uccidendo chiunque incontrassero.
Lei
non si fermò. Passò in mezzo ai soldati, nessuno sembrava vederla.
Fuori
delle mura era stata fatta una vera e propria strage. Centinaia di uomini erano
stati uccisi e i loro corpi erano sparsi a terra. Sua madre aveva ragione:
avevano perso la guerra e la loro città era condannata alla distruzione.
Poco
più avanti a lei c'era un uomo che sembrava aspettarequalcuno.
Era l'unico superstite
di tutta quella strage e, grazie al lungo mantello rosso, lo riconobbe subito
anche se era di spalle << Papà! >>
L'uomo si voltò e lei
si gettò tra le sue braccia cercando di riprendere fiato.
<< Cos’è
successo ai nostri soldati? >>
Il generale la
abbracciò << Non servono spiegazioni. Abbiamo perso. Tu, però, devi
andare avanti, capito? Non ti fermare per nessun motivo. Vai avanti >>
<< Dove? >>
<< È
un posto lontano. Vai, non c'è più tempo e i nemici potrebbero riconoscerti.
Mettiti in salvo >>
Senza
capire realmente, strinse più forte suo padre e riprese la sua corsa.
Perché
non si era fermata di più con lui?
Voleva
dirgli tante cose. Si fermò a guardare indietro, ma non c'era più nessuno. Suo
padre doveva essere tornato dove lei non poteva seguirlo.
Si
lanciò nel fitto di un bosco lasciando che i cespugli e i rovi le graffiassero
la pelle.
Non
le importava di quello che le succedeva, sapeva dove conduceva quella strada e
sapeva che non voleva rivedere la radura che era stata trasformata nel campo di
battagli in cui….
Inciampò
in un sasso e perse l’equilibrio.
Sarebbe
sicuramente caduta se due braccia forti non l'avessero afferrata.
Conosceva
così bene quella stretta, che capì di chi si trattava prima ancora di sentire
la sua voce e cominciò a piangere.
Lui la rimise in piedi
senza sforzo e la strinse in un dolce abbraccio mentre lei posava il viso sulla
sua spalla stringendolo con tutte le sue forze.
<<
Perché... perché sei andato via? >>
<< Non l'ho
deciso io e neanche la Dea sa quanto avrei voluto restare con te. Ma non è
stato possibile >>
<< Mi manchi >>era tutto quello che riusciva a dirgli
piangendo .
<< Lo so, ma
devi trovare la forza di andare avanti. Io starò qui a controllare che nessuno
ti segua e tu devi mettercela tutta. Me lo prometti? >>
<< Cosa devo
fare adesso che... >> non riuscì a finire la frase, ma non fu necessario.
<< Vai avanti e
tieni fede alla promessa che mi hai fatto >>
Le sue risposte erano
così calme e tranquille che sembravano ovvie e non facevano che aumentare la
sua confusione e la sua tristezza.
<< Ma è troppo
tardi... tu non... nonci sei più e
io... sono... sola e... >>
Il ragazzo le
accarezzò dolcemente i capelli << No, non è tardi se vai avanti adesso.
Ti avevo promesso che non saresti stata sola e manterrò la mia promessa, ma tu
devi andare. Se arriverà qualcuno, lo fermerò io e ti giuro che si aggiusterà
tutto >>
<< Non voglio
andare, voglio stare con te, non voglio più... non voglio andare! >>
Lui le posò un bacio
sulla fronte cercando di calmarla<< Se non vuoi farlo per te, allora corri per me. Guarda, hai poco
tempo >>
Si voltò a guardare
nella direzione che le veniva indicata e vide un enorme palazzo sulle rive di
un fiume che stava chiudendo lentamente l'imponente porta d'ingresso.
<< Vai, fa'
presto >>
Contro voglia e in
preda alle lacrime e ai singhiozzi, guardò un'ultima volta il suo viso e
riprese a correre. Era quasi arrivata quando si sentì stringere un polso e si
voltò di scatto trovandosi di fronte una figura incappucciata << Dove
credi di andare? >>
Era in preda al
terrore. Doveva andare, la porta si chiudeva e lei non poteva muoversi. Avrebbe
infranto la promessa
<< Lasciami! Io
devo andare, devo...>>
<< Tu prendi
ordini solo da me e io ti ordino di fermarti! >>
Cercava disperatamente
di liberarsi dalla sua stretta lottando come poteva, ma era troppo forte.
<<
Non puoi fuggire da me. Io ti fermerò
come ho fermato tua madre e quelli che hai incontrato fino ad ora e vuoi sapere
una cosa? La tua corsa è finita! >>
Lei alzò il viso e le
porte in pietra del palazzo misterioso chiusero davanti ai suoi occhi.
<< Tu non puoi
fermarmi, ragazza! >>
<<
Selyan, dannazione, calmati! >>
Si
svegliò di colpo e trovò Irmelin accanto a lei che le teneva i polsi.
<<
Stavi solo sognando >> le disse la sua amica mentre lei si liberava dalla
presa con uno strattone poco gentile.
Irmelin
doveva averla tenuta in quel modo per evitare che si facesse male agitandosi,
ma lei odiava essere trattenuta. La sua amica avrebbe capito.
<<
Sembrava... sembrava così reale che... >> ma non riuscì a finire la frase
e Irmelin tagliò corto per lei
<<
Beh, ora sei sveglia. Ely mi ha informata che il re di questo posto ha deciso
di ospitarci per due anni quindi possiamo anche dimenticarci di quella diamine
di nave, ma credo che ci risaliremo presto di nostra spontanea volontà per sfuggire
all’ira di tua sorella se non ci sbrighiamo. Mi ha svegliata almeno un’ora fa
per dirmi che lei usciva e noi eravamo in ritardo. Pare che abbia provato ad
avvertire prima te, ma il tuo sonno pesante ti ha impedito di sentirlala
prese in giro Irmelin mentre le porgeva una veste pulita per cambiarsi.
<<
Era quasi isterica. Ha giurato che ti impiccherà con le tue stesse coperte se
faremo tardi per colpa del tuo sonno da letargo. Credo che la sua cotta per il
re ci darà diversi problemi nei prossimi giorni >>
Era sconvolgente il
modo in cui Irmelin riusciva sempre a trovare qualcosa da dire per tirarle su
il morale o per costringerla a mettere da parte i brutti pensieri.
Probabilmente
senza di lei non sarebbe neanche partita dall’isola e invece, dopo una notte di
tormenti e pianti, era di nuovo in giro per il palazzo reale, pronta ad
affrontare un altro di quei giorni che aveva giurato di non voler vivere
<<
Grazie, Irmy >>
Non
sapeva neanche lei per cosa l’avesse ringraziata esattamente, ma tra loro non
c’era bisogno di spiegazioni. Sapeva che avrebbe capito. Quello che non sapeva
era il motivo del grande sorriso che illuminava la faccia della sua amica
<<
Figurati! Ti faccio passare volentieri il malumore per tutta la prossima
settimana se rispondi alla mia domanda: come si chiama l'uomo alto e muscoloso
che era in quella stanza ieri sera? >>
<<
Quale stanza? >> chiese sempre più confusa.
<<
Ma insomma, vuoi svegliarti? >> le sbuffò in faccia << Quando siamo
andate a cercare il Signor-ombra-del-re
per farci dare quella crema puzzolente per l'allergia, nella stanza c'erano
altre due persone : il re e lui. Chi
è? >>
Selyan
dovette costringere il suo cervello ancora perso nei suoi brutti ricordi a
riprendere il filo degli eventi della sera precedente. Era sprofondata
nell’imbarazzo più totale per colpa dell’irruenza della ragazza che le aveva
aiutate e non aveva certo perso tempo a guardarsi intorno, ma aveva visto
l’uomo a cui aveva ferito una mano per sbaglio
<<
Si chiama Tanet. Perché ti interessa? >>
Irmelin
alzò le spalle << Mi era sembrato un bell’uomo e volevo saperne qualcosa
di più, ma non sono convinta. Sicuramente c’è di meglio in questo regno
sperduto, lascia stare >>
Irmelin
non chiedeva mai il nome di qualcuno. Guardava, commentava, a volte chiedeva
anche in giro se la persona che le interessava fosse fidanzata o promessa a
qualcuno, ma non chiedeva mai direttamente il nome. C’era qualcosa che non
andava nel suo discorso
<<
Devo crederci? >> le chiese scettica.
Lei
si finse offesa << Ma certo! Che domande...ti sembro una che si innamora
del primo bell’uomo che vede? Mi hai preso per Keira!? >> sbottò prima di
riprendere la sua spiegazione << Mentre eri a cercare di suicidarti dal
re, io e Ely abbiamo girato il palazzo in lungo e largo el'unico uomo che abbiamo trovato era una
guardia che, sinceramente, non ha avuto il dono della bellezza. La situazione è
migliorata decisamente quando siamo tornate a cercarti con la guardia che era
di turno al portone, ma non mi piacciono i biondi, lo sai. Il tizio di ieri
sera non era bello, ma, se il re è occupato da Ely e quello della crema è
davvero insopportabile come mi è sembrato, per il momento mi sembra l'unico
uomo degno di essere preso in considerazione. Ho deciso che lo terrò d'occhio
finché non ne troverò uno migliore, se per te va bene >>
<<
Da quando devo darti la mi approvazione in fatto di uomini? >> le chiese
perplessa.
<<
Da quando ricordi un nome >> la informò trionfante << Non ci sei
mai riuscita in vita tua, ieri non ricordavi neanche il nome del re, ma per
quello non hai esitato. Devo trarre qualche conclusione? >> chiese
prendendola in giro.
Nonostante
tutto, Selyan sorrise<< È il comandante delle guardie, se non ho capito male >>
Sapeva che non
serviva altro per spiegare a Irmelin il motivo per cui il nome di quell'uomo
faceva eccezione alla sua memoria quasi inesistente.
Mentre
Irmelin si guardava intorno indecisa sul corridoio da percorrere, lei si era
persa nel ricordo del suo sogno.
<<
Sel, credo sia di qua >>
La
sua amica era più che libera di innamorarsi della sconosciuto Tanet per quello
che la riguardava…
<<
Sel? >>
… lei non voleva
davvero saperne niente di uomini, tanto meno se soldati.
Tirò
un sospiro e la seguì. Non doveva pensare.
<<
Nel tuo sogno… c'era anche- >>
<<
Lui c'è sempre, Irmy >> tagliò corto lei prima di girare l’angolo e
sbucare esattamente davanti a tutte le loro compagne già in attesa del re.
<<
Siete sempre le ultime! >> tuonò Elydet facendosi spazio tra le altre
<< Si può sapere cos’avete combinato fin’ora?>>
<<
Tua sorella non si svegliava >> rispose Irmelin guadagnandosi una
gomitata da parte sua.
<<
Hanno anticipato l’appuntamento con il Sommo-divino
>> le informò sua sorella << Stavo per venire a chiamarvi
rischiando di fare tardi insieme a voi come sempre >>
<<
Perché hanno anticipato? >> chiese Irmelin curiosa.
<<
Non ne ho idea >> rispose Elydet << Dalia ha provato a chiedere il
motivo al nobile che ci ha informate, ma le ha risposto che gli affari del re
non erano affari suoi e che doveva prendere il suo posto in sala o andarsene e
non farsi vedere finchè non avessero finito di esaminarci >>
<> commentò
Irmelin.
Un
attimo dopo le porte si aprirono e, ne uscì solo una guardia con una pergamena
in mano
<<
Si faccia avanti Lianna della terra >>
La
ragazza obbedì staccandosi dal gruppo di sacerdotesse con cui stava conversando
e l’uomo ordinò di nuovo << Tu vieni dentro, voi altre aspettate il
vostro turno >>
<<
Accidenti, è quello del portone, Irmy >> bisbigliò Elydet << se si
ricorda di noi e lo dice al re siamo spacciate, che facciamo? >>
Ma Irmelin non
rispondeva. Aveva un’aria spaventata e sembrava completamente persa nei suoi
pensieri.
Selyan
le mise una mano sulla spalla e la sentì sobbalzare<< Cosa? Non ho sentito, parlavate con
me? >>
<<
Insomma, Irmy! Si può sapere cos'hai? >> esplose Elydet<< È
da ieri pomeriggio che sei strana e ti spaventi per nulla >>
<<
Io... Selyan! >> le due sorelle sobbalzarono a quell'urlo improvviso.
<<
Così mi fai prendere un colpo al cuore e mi costringi a passare una vecchiaia
senza l'uso delle orecchie >> la rimproverò.
<<
Scusa, però, forse, tu lo sai. Se non lo sai tu non lo sa nessuno e non posso
andare avanti in questo modo. Questa cosa deve avere un senso, ma- >>
Stava
parlando più con sé stessa che con lei e Selyan perse la pazienza<< Cosa?!? >>
<<
Lasciami parlare! >> urlò Irmelin.
A
quel punto insorse anche Elydet<<
La smettete di urlare? Se ci sentono dentro, viene fuori Dalia e ci mette in
punizione tutte e tre! Sembrate due pazze! >>
Irmelin
sospirò , prese lei per un lembo della veste, sua sorella per mano e le tirò
dietro una colona, al riparo dalle orecchie indiscrete delle altre
<<
Ieri pomeriggio, mentre ero con Elydet e aspettavamo che tu uscissi di lì, ho
avuto una strana sensazione ed ero sicura che ti fosse successo qualcosa >>
<<
Era... freddo, ma un freddo strano. Poi tua sorella ha pronunciato il tuo nome
e... ho capito che la cosa era qualcosa legato
a te >>
<<
Coincidenza? >> le suggerì.
Ma
la ragazza scosse la testa << Subito dopo ho avuto l'impressione di dover
tornare con le altre perché Dalia stava tornando e, quando abbiamo raggiunto la
porta, ho scoperto che avevo ragione di nuovo >>
Elydet
alzò gli occhi al cielo esasperata da tutte quelle inutili congetture e
interruppe i pensieri delle due ragazze << Uffa! Insomma, Irmy, non farti
problemi inutili. Te l'ho già spiegato: hai pensato che Selyan e le altre erano
già lì dentro da tanto e sarebbero tornate da un momento all'altro, e ti sei
convinta di dover tornare perché avevi paura che Dalia ti punisse >>
<<
Ma se mi ha punita lo stesso? >> chiese Irmelin stupita e confusa da quel
discorso.
<> la fermò Selyan << Ti è successo anche stamani,
vero? >>
Irmelin
annuì e Selyan non riuscì a non sorridere, felice che l’esilio dalla loro terra
fosse servito a qualcosa.
<<
Perché mi ridi in faccia? >> chiese la diretta interessata quasi offesa <<
Ti togli quel sorriso idiota e mi dici cosami sta succedendo!? >>
<<
Calmati! Hai semplicemente imparato qualcosa di nuovo >> le disse Selyan
<< Nessuno può prevedere il futuro in modo chiaro, credo che le tue siano
visioni legate al presente >>
Irmelin
sembrava confusa << Ma a che mi serve un potere del genere? È inutile. Non posso evitare che accada qualcosa che sta
già accadendo. No? >>
<<
A me sembra che ti abbia già salvata dalle grinfie di Dalia >> la
corresse.
Irmelin
si fermò a riflettere sulle sue parole, poi sfoderò il suo sorriso perfido, il
sorriso dei piani di vendetta pronti a essere messi in atto
<<
La Dea mi fulmini se non userò il suo potere nel più giusto dei modi >>
annunciò seria.
<<
Sarebbe? >> chiese Elydet preoccupata.
<<
Intralciare lo scorfano di Keira ogni
istante delle sue inutili giornate! Imparerò a prevedere i suoi schifosi
risvegli la mattina e le metterò una tagliola ai piedi del letto, le sue
intenzioni di lavarsi e riempirò di acido la sua vasca e metterò le ortiche
nelle vesti che conterà di indossare. La Dea mi ha finalmente dato l’arma per
rivendicarmi di anni di torture e, quanto è vero il mondo, la userò! >>
Mai
si sarebbe aspettata una simile dichiarazione di guerra da parte sue e scoppiò
a ridere. Perfino Elydet si unì alle risate
<<
Cosa avete da ridere? Misere mortali! E tu >> disse puntando il dito
verso Selyan che era piegata in due dalle risate e poggiata a una colonna<< Tra non molto ti inchinerai al mio
immenso potere! >>
<<
Secondo me ha già capito il tuo sommo potere, Irmy!>> rise Elydet
indicandola << Guarda: si è già inchinata! >>
Irmelin
le tese una mano << Non così presto. Devi ancora aiutarmi a capire come
usare questo strano dono della Dea o resterò per sempre incapace come lei >>
Selyan
si rialzò passandosi una manica sul viso<< No, Irmy, non sarai mai come lei. Però per aiutarti con queste
cose c’è Dalia e tra poco ci sarà anche qualche nuovo aiutante del re di questo
posto. Non ti servo io >>
<<
Ma io non voglio che loro lo sappiano! La vecchiaccia non mi crederebbe mai se
dicessi di avere un nuovo potere >> affermò con disprezzo.
La
voglia di ridere di un secondo prima era sparita completamente, rimpiazzata
dall’onda scura del rimorso. Lei non avrebbe mai potuto aiutare Irmelin con
quel nuovo dono.
<<
Che ti prende adesso? >> chiese Elydet quasi scocciata.
<<
Io non ho mai capito niente. Mi rendevo conto del vero significato
dell'avvertimento della Dea solo dopo che... insomma... se fossi riuscita
almeno una volta a capirne il significato come fai tu... probabilmente non... >>
sospirò prima di lasciar andare i ricordi a quando il viaggio sulla maledetta
nave poteva essere evitato.
Non
poteva non ripensare a quella mattina in cui uscire dal tempio le era sembrato
il più grande degli errori, quando il freddo le invadeva le ossa ad ogni passo intimandole
di rientrare e lei, ostinata e cieca agli avvertimenti della Dea, aveva
continuato a correre verso il campo.
<>
Elydet alzò gli occhi al cielo, stanca probabilmente del suo continuo cattivo
umore, ma furono gli occhi di Irmelin a costringerla a mettere da parte i suoi
pensieri. Erano così spaventati che non potè fare a meno di cercare il modo di
calmarla
<<
Questa volta sarai tu ad insegnarmi come si fa >> le suggerì.
<<
I-io che... faccio da insegnante... a te? >> e, quando lei annuì, Irmelin
riprese tutta la sua sicurezza e allegria << Ragazze, sto diventando
importante! Se continuo così, forse, alla fine, mi piacerà anche restare
nell'ordine. Potrei diventare Somma Sacerdotessa e prendere a calci Keira dalla
mattina alla sera. Farmi servire da lei sarebbe uno spasso! La costringerei a
portarmi le ciabatte la mattina prima di alzarmi e magari anche a farmi lavare
i piedi la sera prima di andare a dormire! Potrei anche- >>
Elydet
però interruppe il suo momento di gloria << Ehi ragazze! Lianna è uscita.
Adesso a chi toccherà? >>
La
guardia tornò a fare la sua comparsa ordinando << Si faccia avanti Irmelin del vento >>
Contro
ogni aspettativa delle amiche, lei non si scoraggiò affatto << Mi piace
il mio nome straniero! Vado… a stupire il re! >> annunciò con
l'immancabile imitazione di Dalia davanti a tutte.
Quando
la porta si chiuse, Selyan sentì sua sorella imprecare.
<<
Anche lei ha un nuovo potere, tu ne hai un sacco, e io? Resterò sempre così? >>
Selyan
la guardò con aria interrogativa << Ma, sorellina, molte di noi non hanno
neanche un elemento! Guarda Keira >>disse guardando le loro compagne che chiacchieravano lontane da loro
<< Non comanda niente e ha un briciolo di potere di cui nessuno riesce a
capire la natura >>
Rise prima di
continuare pensando ad una vecchia battuta della loro amica
<<
Pensa che Irmelin è convinta che il suo potere derivi direttamente dalla sua
autostima, piuttosto che da un elemento come i nostri. Se la Somma Sacerdotessa
venisse a sapere chepensa una cosa del
genere di sua nipote, come minimo Irmelin finirebbe a pane e acqua a vita >>
<<
Parli così perché tu, oltre a dominare l'acqua, sai fare un sacco di altre cose
e Irmelin... beh, a lei non interessa niente del suo potere >>
Selyan guardò sua
sorella. Aveva sedici anni ormai e era assalita dai dubbi delle ragazze della
sua età, ma lei era sempre stata troppo presa dai suoi drammi personali per
rendersene conto. Era sempre stata troppo impegnata a maledirsi e piangersi
addosso per accorgersi che Elydet la ammirava e troppo chiusa nei suoi pensieri
per capire che sua sorella cercava il suo aiuto.
Era stata una
stupida. La guerra che le aveva portato via la famiglia e la felicità, aveva
portato via a sua sorella la possibilità di imparare a dominare il suo potere.
Era entrata
nell'ordine più tardi delle altre bambine, a quasi tredici anni. Neanche il
tempo di imparare le basi del loro sapere ed era scoppiata la guerra. Sua
sorella era stata forte e aveva imparato a gestire le cose da sola, era
diventata una delle migliori in pochissimo tempo e adesso era in grado di fare
cose spaventose con il suo potere e lei non le era mai stata accanto come
avrebbe dovuto. Non aveva mai neanche pensato a quanto doveva essere difficile
per Elydet essere in quella terra sperduta e lontana da sua madre. Selyan si
rese conto tristemente che stava rischiando di restare intrappolata nel suo
passato maledetto distruggendo anche il futuro.
Doveva stare accanto
a sua sorella, mettere da parte la sua disperazione e farsi forza.
Elydet
aveva bisogno di lei.
<<
Non essere triste, Ely. Il fuoco è il più potente degli elementi, dovresti
andarne fiera. E poi sei più piccola di me e di Irmelin, è probabile che questo
tipo di poteri arrivi con il tempo. Non forzare la Dea a darti un potere che
non ti appartiene, aspetta che sia lei a concederti quello che è più giusto per
te e allora ne svilupperai la forza. Magari sarà così grande che attirerai
l'attenzione del re >> aggiunse per distrarla.
<<
E se non dovesse arrivare? >> chiese preoccupata.
<<
Il fuoco riesce a distruggere se lo usi con rabbia, ti protegge se lo usi
contro i nemici o le bestie selvagge, come facevi nei boschi della nostra
terra, e può darti calore se ti trovi all'aperto nella gelida notte invernale.
Oltre ad usare il tuo elemento con maestria sai combattere davvero bene con la
spada, hai una mira infallibile con l'arco e io sono sempre stata convinta che
nei giochi di abilità te la cavi molto meglio di tutte noi messe insieme. Sei
sicura che sia così indispensabile un altro potere? >>
Elydet
rise all'ammissione della sorella<< È vero. Anche con le vostre previsioni
vi batto sempre a qualunque gioco! Dici che lo stupisco lo stesso il re? >>
chiese speranzosa.
Una Somma Sacerdotessa
insopportabile con una nipote che si comportava da nobile di alto rango, ma che
era quasi un’incapace come altre otto delle sue compagne. Una sacerdotessa
legata al fuoco; tre legate all’aria in modo blando quanto le quattro legate
alla terra; una legata all’acqua per dichiarazione, ma non per dimostrazione, e
la ragazza che aveva salvato la sua corte che si era detta anche lei legata
all’acqua, ma che a Tarìc sembrava molto più legata al potere in sé che a un
semplice elemento.
Questo il resoconto
di un pomeriggio sprecato a esaminare le straniere piuttosto che a cercare di
risolvere i problemi del suo regno.
E non era ancora
finita. Doveva ancora chiedere il parere della sua corte per decidere cosa
farne di loro e sapeva che non sarebbe stata una conversazione tranquilla.
Le
decisioni importanti a quel tavolo non venivano mai prese con calma e
tranquillità.
<<
Ismene, tu cosa ne pensi? Potrebbero esserci utili? >>
<<
Difficile dirlo, Maestà >> ammise lei << Alcune sembrano delle
dilettanti alle prime armi e altre… Sono davvero poche quelle che possono
essere usate per il loro potere e non per la forza delle loro braccia >>
<<
O per l’aria che sollevano agitando i capelli inutilmente >> commentò
Tanet guadagnandosi un’occhiataccia dal re e da tutti gli altri presenti.
<<
Le hai guardate tutte, vero? >> gli chiese Neithel acido.
Il
comandante delle guardie non si lasciò minimamente intimorire da quell’accusa e
ribatté sarcastico << Perdonami, credevo fosse quello il nostro compito.
Vuoi informarmi su quello che hai fatto tu? >>
<<
Basta! >> impose Tarìc << Non siamo qui per giocare, Tanet >>
<<
Non stavo giocando, Maestà. Si danno davvero più arie di quelle che possono
permettersi, a mio parere. Non sono un esperto, ma non credo che possano
qualcosa contro il caos del regno. Di certo non più di quanto possono i miei
uomini con una pala in una mano e un secchio per le macerie nell’altra >>
Olen,
seduto accanto a sua moglie, si schiarì la voce attirando la sua attenzione
prima di parlare
<<
Forse avremmo dovuto controllarle prima di stabilire che le avremmo ospitate
per due anni >>
Tarìc sentì il sangue
ribollirgli nelle vene a quella protesta.
Quando
aveva chiesto il suo parere aveva accettato senza esitazione, convinto che
chiunque potesse aiutare doveva essere il benvenuto, e adesso criticava la sua
scelta.
<<
Avresti potuto dirlo prima >> lo informò.
<<
Le abbiamo ospitate perché lo hanno chiesto in nome del nostro Dio, non perché
ci sembravano utili >> chiarì Neithel.
Tarìc
era sinceramente stanco di quei discorsi. Come potevano perdere ancora tempo
con quelle ragazze? Volevano essere ospitate, venti persone non erano certo un
problema insormontabile quando tutta la capitale e anche alcune cittadine
limitrofe avevano un disperato bisogno della loro attenzione. Poteva
semplicemente dare ordini ai servi che preparassero delle stanze per loro e
provvedessero ai loro pasti. Sarebbe stato semplice. Invece doveva dedicarsi anche
ai loro problemi, dannazione!
<<
Ospitarle non è un problema, ma la loro istruzione richiederà più tempo di
quanto possiamo permetterci di sprecarne con questioni inutili >>
protestò Olen come se gli avesse letto nel pensiero.
<<
Potremmo anche ignorarle finchè non avremo di nuovo tempo per loro >>
La
proposta del re lasciò Tanet a bocca aperta per lo stupore << E lasciarle
libere di fare i loro comodi nel palazzo reale? >> chiese sconvolto.
<<
Potremmo anche dichiarare che saranno istruite dopo che ci avranno aiutato a
rimettere in ordine i disastri maggiori >> propose Ismene cauta.
Fu
una voce secca e dura alle spalle del re a rispondere alla Sacerdotessa della
Ragione
<<
L’ospitalità non è cosa che si venda, Ismene >>
<<
Aaren! >>
Non si aspettava suo
zio in piedi prima di una settimana viste le sue recenti condizioni, ma era
felice di vedere che stava bene.
L’unico
suo problema era che le riunioni di corte con Aaren presente erano molto più
accese del normale.
<<
Non dovresti essere qui >> lo avvertì preoccupato per la sua salute.
<<
Dovrei lasciarvi sbattere la testa sul tavolo fino a notte fonda perché non
sapete risolvere la situazione? Qual è il problema? >> chiese il vecchio
senza esitazione.
Nonostante
la fascia alla testa e il colorito pallido, stava davvero bene se brontolava.
Tarìc era profondamente grato alla ragazza che lo aveva rimesso in piedi.
<<
Sono venti inutili incapaci >> sbottò Tanet prima che chiunque altro
avesse il tempo di parlare.
<<
Ti aspettavi venti Dee che schioccassero le dita e sistemassero il regno? >>
chiese Aaren con lo stesso tono che avrebbe usato per dargli dello stupido
<< e mi permetto anche di offendermi per quello che hai detto >>
<<
Perché dovresti offenderti tu se insulta loro? Hai qualche legame con quella
gente? >> chiese Tarìc.
<<
Quanto meno un legame di gratitudine visto che sono vivo per mano loro >>
Olen
sbatté il pugno sul tavolo e fece la proposta più assurda che il re potesse
aspettarsi da lui
<<
Paghiamole per il favore che ci hanno fatto e mandiamole a casa loro >>
Perché
l’uomo che doveva tenere a mente tutti i bilanci del regno non riusciva a
tenere a mente la necessità di mantenere intatta la credibilità della parola
del re?
<<
Non mi rimangerò la parola data, Olen! >>
<<
In nome di Dio, sono incapaci al vostro servizio, dannazione! Mettetele in
condizioni di esservi utili! >>
<<
Aaren, perdonami se ti contraddico >> si intromise Ismene guadagnandosi
immediatamente un’occhiataccia dal diretto interessato << impiegheremmo
meno tempo a istruire venti bambini di un paio d’anni >>
<<
Quante sono quelle decenti? >> le chiese suo zio esasperato
<<
Non più di cinque >> affermò lei prima che Neithel la correggesse
<< Nemmeno una >>
<<
Ecco perché non ho chiesto a te >> sbottò suo padre.
Nessuno
dei presenti aveva capito cosa lo preoccupava seriamente di quelle ragazze a
quanto pareva. Non era il loro potere, né il fatto che fossero venti inutili
pesi sulle spalle di un regno in rovina, ma il fatto che non avevano la minima
idea di cosa fossero l’educazione e il rispetto.
<<
Non mi importa dei loro poteri >> ammise il re << Il problema è che
sono tutte indisciplinate e incapaci di rispettare le autorità. Senza
esclusioni >>
<<
Non obbediscono alla loro Somma Sacerdotessa? >> chiese Aaren stupito.
<<
Non tutte >> ammise Tarìc << Due di loro hanno discusso con lei
appena fuori la porta del palazzo e hanno passato la notte qui esultando per
essersene liberate >>
<<
Voglio sperare che tu ti sia accertato di poterle portare dalla nostra parte >>
ribatté suo zio.
<<
Una non è un problema >>
Si trovò ad alzare le
spalle davanti all’occhiata indagatoria di Tanet e Neithel prima di capire che
erano delusi dalla sua mancanza di controllo su entrambe le ragazze piuttosto
che sorpresi da quello che aveva detto.
Perché mai si era
sentito preso con le mani nel sacco?!
Doveva
darsi un contegno alla svelta e affermò condeterminazione << La piccola non è un problema >>
<<
Neanche le altre due >> si intromise Nora entrata a sorpresa nella sala.
<<
Buongiorno >> la salutò Aaren scocciato.
Tarìc
aveva chiesto a Nora non allontanarsi dalla camera di suo zio mentre loro
discutevano, ma, a giudicare dalla sua faccia assonnata e dal pesante sbadiglio
che la sua amica lanciò in risposta al vecchio, doveva essersi addormentata
pesantemente.
<<
Ho parlato io con le altre due, non sono un problema >> insistette Nora
senza la minima traccia di vergogna per non aver portato a termine il suo
compito.
<<
Posso sapere su cosa basi il tuo giudizio? >> chiese Neithel con lo
scetticismo che usava sempre nei suoi riguardi.
<<
Sulle mie impressioni personali >> rispose lei fiera alzando il mento
nella sua direzione mentre paralva.
<<
E da quando sono affidabili? >>
Sembrava
che Nora non aspettasse altro che quella domanda. Si portò una mano al petto
con finta aria mortificata e diede inizio alla sceneggiata << Oh, scusa,
di certo non sono niente in confronto alle tue, giusto? Io mi sono solo
limitata a parlarci, dopotutto, come potrei mai competere con chi ne ha
avvelenata una? >>
<<
Smettila! >>
L’ordine
di Neith non servì a niente << Sai che se l’avesse vista la loro vecchia avrebbe potuto ricattarvi a vita
per quello che hai fatto? >>
<<
Se avessi voluto farlo di proposito non l’avrei certo lasciata viva e in grado
di lamentarsi >>
<<
Quindi ammetti il tuo errore? >> chiese Nora con gli occhi lucidi per la
soddisfazione
Ma
Ismene interruppe il suo momento di gloria urlando sconvolta contro Neithel
<< Perché diamine avresti dovuto avvelenarla di proposito?! >>
<<
Non l’ho fatto di proposito, ma non mi piace quella ragazza. Sarà un problema >>
dichiarò serio.
<<
Permaloso! >> urlò Nora sbattendo la mano aperta sul tavolo << Non
puoi avercela con lei perché hai sbagliato! >>
<<
Tarìc, se non la butti fuori me ne vado io >>
Quella
era sempre la fine delle discussioni tra Neith e Nora. Tarìc finiva sempre,
obbligatoriamente, per mandare via Nora, ma quella volta aveva bisogno di lei
<< Nora, sei sicura che possiamo fidarci? >>
<<
Assolutamente >> rispose lei sorridendo di sottecchi contro Neithel per
averla spuntata << Selyan non rispetta la vecchia semplicemente perché la odia, ma non alzerebbe un dito
contro di noi. Ieri ho dovuto ordinarle di smetterla di ringraziarmi e mi ha
chiesto scusa come se fossi una persona importante >>
<<
Ah, ecco come ti ha comprata >> la prese in giro Tanet.
<<
Non interrompermi! >> protestò lei senza neanche guardarlo prima di
riprendere il suo discorso << Irmelin sembra più ribelle di lei, ma credo
che Selyan sappia tenerla al suo posto >>
<<
Ha potere e servi? >> chiese Neithel cinico.
<<
Aaah, Tarìc, ma perché gli permetti di dire queste stupidaggini?! Non è una
riunione seria questa? >>
<<
Credevo lo fosse, Nora >>
<<
Se la corte non è seri, la colpa è del re >> lo informò Aaren.
Tarìc
avrebbe tanto voluto rispondere che non era affatto d’accordo, ma preferì
lasciar perdere e passare al tono di comando << Nora, rispondi a Neith >>
<<
Quali servi?! Cerca solo di limitare i danni della sua amica e la cosa è
reciproca. Irmelin le avrà ordinato almeno dieci volte di stare zitta e
seguirmi perché voleva tornarsene a letto e evitare di infastidire oltre i nobili. Le ho riso in faccia e l’ho trascinata
per un braccio. E, giusto per informarti, non c’era bisogno che tu facessi il
despota, l’avevi già spaventata abbastanza prima con la tua simpatia >>
<<
Non le ho neanche rivolto la parola >>
<<
Beh, allora immagino che sia bastato il tuo asp- >>
<<
Nora, basta! >> la interruppe Tarìc << non ti ho permesso di
entrare per insultare i presenti>>
Lei
sospirò, ma era un sospiro molto più simile a un ringhio e Tarìc capì che
Neithel avrebbe dovuto fare i conti con qualche altra vendetta da parte di
Nora.
<<
Quelle ragazze saranno un problema >> affermò Ismene a sorpresa molto più
seria di quello che si sarebbe mai aspettato in quella circostanza.
<<
L’ho visto anch’io >> confermò Aaren alludendo chiaramente a una visione
di cui il re non era stato informato.
<<
Cosa? >>
<<
Guerra >> rispose la donna << Non so perché e non so quando, ma
l’ho vista mentre la ragazza mi guariva. Non ho idea di quale possa essere il
motivo, mi dispiace. Credo solo che, se è stata una di loro a provocarci la
visione, potrebbero esserne la causa >>
<<
Qualche riferimento temporale? >> chiese Tanet già pronto a scattare.
Ismene
scosse la testa ma Aaren rispose deciso << Di sicuro non a breve >>
<<
Dobbiamo tenerle perché altrimenti ci muoverebbero guerra, perché ci aiuteranno
in una guerra che verrà per altri motivi, o la vostra visione indicava che tenerle ci
porterà la guerra? >> chiese Nora al vecchio Aaren
Quella sera sistemarono
le loro cose nelle stanze che il re aveva concesso al loro ordine.
La loro era spaziosa
e con una buona vista sul fiume. Non che i panorami fossero importanti per lei,
ma aveva sentito la stupida di Wanda lamentarsi di avere un muro orribile
proprio a un paio di metri dalla finestra della sua stanza e non aveva potuto
non gioire quando aveva visto che loro avevano proprio il tipo di vista che le oche desideravano. Si sentiva come se
avesse vinto una gara con loro e il pensiero che qualche nobile avesse deciso
che le stupide non la meritavano e
loro sì, la riempiva di orgoglio.
Probabilmente era
stata una scelta del tutto casuale affidata a qualche inutile servo, ma lei
avrebbe continuato a pensare che quella stanza era un dono del re, della nobile
Ismene o di suo marito per quello che Selyan aveva fatto per loro, del
comandante delle guardie che si era innamorato di lei, o del re che trovava
simpatica Elydet e aveva deciso di provare a conquistarla regalandole ogni
giorno l’alba e il tramonto sulle acque del Grande Fiume.
In realtà, quello che
le dava maggiore soddisfazione in assoluto era pensare che la stanza orribile
fosse stata data di proposito alle sue compagne, magari anche con la speranza
da parte del re che ci finisse Keira.
Poteva
decisamente ritenersi soddisfatta.
<<
Siamo state fortunate >> annunciò fiera alle sue compagne di stanza
<<
Puoi dirlo forte! >> le rispose Elydet << Non mi sarebbe piaciuto
finire in camera con Thanee. A casa andava in giro per il tempio mentre
dormiva, avrei passato le notti nella paura di trovarmela addosso! >>
<<
Non è Thanee il peggio che ci poteva capitare, Ely! >> la corresse prima
di rendersi conto che Selyan era stranamente silenziosa, seduta sul suo letto e
intenta a fissare il suo baule piuttosto che mettere in ordine le sue cose
<< Tu vuoi smetterla di fare quella faccia? Poteva andare peggio anche a
te! >> le urlò
<<
Io ancora non capisco quale sia il suo problema >> sbottò Elydet <<
Non vuoi dormire con noi perché Irmy russa come un orso in letargo? >>
Elydet
fu troppo lenta per evitare la veste che Irmelin le aveva lanciato dopo le sue
parole e la prese in piena faccia.
<<
Sel, potevi finire a dormire con Keira, te ne rendi conto?! >> poi
scoppiò a ridere pensando alla lunga lista di difetti che aveva immaginato
negli anni pregando la Dea che fossero veri << Secondo me di notte parla,
va in giro per la stanza e scommetto anche che le puzzano i piedi >>
Ma
Selyan rimase seria<< Preferivo
dormirci piuttosto che farci lezione >>
<<
Non mi hai ancora detto chi è il vostro maestro >> la informò Elydet.
Selyan
fissò la sorella ancora più abbattuta di prima<< Secondo te chi poteva essere? >>
Irmelin
non smise di ridere. Effettivamente capiva lo sconforto di Selyan e decise di risparmiarle
almeno di informare la sorella << Sel e Keira prenderanno lezioni da Sua-sgarbatezza-il-braccio-destro-del-re
>>
Elydet
lasciò cadere quello che aveva in mano, qualunque cosa fosse << Il nobile
Neithel? Cos’ha che non va? >>
<<
Il tuo divinissimore ha strani gusti in fatto di amicizie.
Tua sorella ha paura di quel tizio e, secondo me, è antipatico come una spina
in un piede il giorno della processione per la Dea. Farei anch’io quella faccia
se sapessi di doverlo sopportare tutti i giorni per due anni >>
<<
Ma dai, Irmelin! >> le Elydet urlò indignata << Il Sommo non sceglie i funzionari di corte
a caso e di certo non potete giudicare così male una persona che non conoscete,
vergogna! >>
<<
Io dico solo quello che penso e sono contenta di non essere al posto di tua
sorella >>
<<
Ripetimi da chi prenderai lezioni tu, per favore >> la implorò Selyan con
i gomiti sulle ginocchia e il viso poggiato sulle mani. Irmelin non poté non
pensare che poter ridere della sua tristezza, finalmente provocata da qualcosa
di stupido, era un altro piccolo regalo di quel nuovo regno
<<
Per la millesima volta: io e Elydet siamo nello stesso gruppo, di ben dieci
persone, sotto la guida della nobile Ismene >> annunciò felice.
<<
Ma perché voi dieci e noi due? >>
La
risposta arrivò da una Elydet sognante al punto tale che Selyan non ebbe dubbi
sul fatto che la spiegazione venisse dal re in persona << Siamo state
tutte scelte in base alle nostre capacità e noi sembriamo più predisposte alle
capacità della Nobile Ismene >>
<<
Sorellina, stai di nuovo sognando il re ad occhi aperti? >> chiese
Selyan.
<<
Sì! Lo ammetto. Ora vado a letto così lo sogno per bene. 'notte a tutte! >>
Dopo
una risposta del genere, capì che c'era ben poco da fare: Elydet era cotta fino
in fondo del re.
<<
Le altre idiote che fine faranno? >> chiese Selyan sempre più sconsolata.
<<
Tutte insieme a lezione con il marito della nobile Ismene. Credo si chiami Olen
o qualcosa del genere. L’hai mai visto? >>
<<
No, non so chi sia >> ammise lei prima di passare la domanda a sua
sorella << Ely, tu sai chi è? >>
<<
No e ti ho detto che voglio dormire. Non disturbarmi, Sel. Devo sognare il re e
ogni minuto che passo a rispondere alle tue domande lo tolgo ai miei sogni.
Buonanotte e dormi bene >>
Irmelin
sbuffò divertita, cominciava seriamente a pensare che stesse diventando
un’ossessione pericolosa quella di Elydet
<< Buonanotte,
Sel >>
<<
Non ho sonno >> protestò lei sdraiandosi sul letto senza neanche
coprirsi.
Irmelin
sciolse il laccio che reggeva i suoi capelli, spense la candela che illuminava
la loro nuova camera e coprì la sua amica<< Non puoi affrontare un maleducato come quello insieme alla
stupida imbecille di Keira senza dormire e, meno che mai, con il raffreddore o
la febbre. Se farai brutta figura con la capra
stupida, ti toglierò il saluto, chiaro? >>
<<
Come vuoi >>
Nel giro di mezz'ora,
sentì il ronfare beato di Elydet e non tardarono ad arrivare anche i singhiozzi
soffocati di Selyan. Non l’avrebbe neanche sentita se la Dea le avesse mandato
il sonno. Selyan aveva imparato anche a piangere in silenzio ormai pur di non
avere nessuno intorno a dirle cose senza senso che non le avrebbero risollevato
il morale, né le avrebbero concesso il diritto di piangere in pace.
Ma come lei aveva
imparato a piangere in silenzio, Irmelin aveva imparato a fingere di dormire
con tanto di respiro pesante.
Quel regno doveva
rimettere le cose a posto, dannazione!
Le loro stanze erano
vicinissime a quelle del re e dei nobili, forse per averle sotto controllo.
Aveva capito subito
che non era una corte di stupidi quella che le aveva accolte.
Dalia aveva mentito
più volte sul vero motivo del loro arrivo in quel palazzo e aveva convinto il
re che avevano bisogno di restare il tempo necessario ad imparare ad utilizzare
al meglio i loro poteri per riconquistare la loro terra. Lui aveva promesso
anche che in due anni sarebbero state pronte, ma il nobile Tarìc non poteva
neanche sospettare che, al termine del periodo da lui fissato, non sarebbero
andate via.
La loro terra era in
mano ai nemici, devastata e distrutta.
Non avevano un posto
dove tornare e non avrebbero combattuto nessuna guerra per l’isola.
Se non le avessero
uccise i soldati, le avrebbe linciate il popolo stesso per vendicare la loro
fuga. Non potevano tornare.
Forse nessuno sapeva
la verità su quella guerra, ma lei era stata coinvolta troppo da vicino per
ignorarla.
Se Selyan avesse
anche solo sospettato quanto si era sporcata le mani in quei tempi di
tradimenti e raggiri… non voleva pensarci.
Nella migliore delle
ipotesi, la figlia del generale avrebbe perso il controllo delle sue azioni e
l’addestramento che suo padre le aveva impartito per difendersi in guerra
l’avrebbe spinta a ucciderla prima che avesse il tempo di scusarsi con lei.
Scuse… quali scuse potevano
esistere per quello che le aveva fatto?
Neanche passare la
vita a cercare di salvarla sua dalla follia e dal baratro nero della tristezza
era abbastanza per ripulire la propria coscienza.
Eppure era stata
costretta a farlo…
Irmelin sospirò prima
di rendersi conto che non poteva permettersi quei pensieri se doveva fingersi
addormentata. Non poteva permettersi di piangere, ma poteva giurare a quella
Dea che era stanca di servire, che si sarebbe vendicata per quella situazione.
Doveva farla pagare alla
persona che aveva distrutto le loro vite.
Elydet era abbastanza
soddisfatta del suo aspetto quella mattina.
I
capelli erano ben spazzolati, la veste era una delle migliori che aveva e, come
sempre, era in anticipo sulle due confusionarie che divedevano la camera con
lei. Ormai erano due settimane che prendevano lezione dai nobili funzionari del
Divino, la loro vita procedeva senza
mancanze o privazioni che, nonostante le condizioni del regno, il Sommo si impegnava a non far gravare su
di loro, ma sua sorella e la sua amica avevano comunque qualcosa per cui
lamentarsi.
<<
Dai, Irmy, ti prego >> pigolò Selyan implorando << Io sono venuta
al tempio con te la settimana scorsa, oggi tocca a te venire con me. Non puoi
lasciarmi sola con Keira di nuovo! Già a lezione è insopportabile, mi ruba le
cose, mi macchia i fogli per non farmi leggere quello che c’è scritto e risponde
alle mie domande facendomi sembrarepiù
incapace di quello che già sembro da sola. Non puoi abbandonarmi così! >>
La discussione andava
avanti ormai da una buona mezz’ora e nessuna delle due era pronta per uscire. A
volte Elydet si chiedeva chi fosse realmente la più grande in quella camera.
Era il giorno
settimanale dedicato alle “funzioni
religiose in tempio straniero”, come lo definiva Irmelin. Il Nobilissimo, Stupendissimo, Sovrano aveva stabilito che, oltre alle lezioni e alle
funzioni di Dalia, le ragazze avrebbero dovuto seguire almeno una volta a
settimana una delle loro funzioni.
La Vecchia, nella sua immensa stupidità,
aveva provato aprotestare dicendo che
non aveva senso che seguissero le funzioni dedicate a un Dio che non
conoscevano, ma Il Figlio dell’Intelligenza
era stato irremovibile e l’aveva zittita dicendo che, se proprio volevano
ostinarsi a restare ignoranti sulla religione del regno che le ospitava,
potevano almeno cogliere l’occasione per imparare al meglio la loro lingua ascoltando
parole che non erano di uso comune nella vita quotidiana.
Era
assolutamente intelligente oltre ogni limite.
<<
Se ti fa i dispetti è colpa tua che non hai ancora imparato a sputarle in
faccia e prenderla a schiaffi ogni volta che il vostro nobile e pomposo insegnante
si gira dall’altra parte >> le rispose Irmelin seria prima di cominciare
a urlare<< Stiamo parlando della
mia nemica giurata! Non puoi chiedermelo! La scorsa settimana ti ho trascinato
con me, è vero, ma c’era tua sorella seduta accanto a noi e sei stata ben
felice di lasciare sola Keira, se non ricordo male. Tu mi vuoi portare nella
fossa dei leoni senza motivo! >> sbottò imbronciata.
<<
Lo so, ma non posso non andare neanche a una funzione da quelle parti. Ti giuro
che non te lo chiederò mai più e dalla prossima volta andrò da sola. Per
favore! >>
<<
Perché non vuoi venire con noi? >> chiese esasperata la sacerdotessa del
vento << Il re ha detto che non gli importa in quale tempio andiamo
purché si segua almeno una delle loro- >>
<<
Il Divino >> la interruppe
Elydetper spiegare a tutte e due per la
centesima volta il motivo del suo fermo rifiuto < >
<<
Cosa vuoi che importi al re di tua sorella? >> chiese Irmelin sempre più
arrabbiata.
<<
Il suo insegnante si lamenterà con lui
e Il sovrano ha già tanti pensieri
essendo a capo di un regno che ha subito la sventura da poco. Non è il caso che
anche noi gli diamo preoccupazioni, Povero
Figlio del creato in difficoltà >>
<<
Allora, vai tu con lei >> la sfidò Irmelin.
<<
Ti ho appena detto che non intendo dare preoccupazioni al re andando nel tempio
sbagliato. Ovvio che non ci vado! >> disse Elydet irremovibile.
Per
sua sfortuna, Elydet si era lasciata sfuggire un dettaglio che alla
sacerdotessa del vento non era sfuggito << Ieri abbiamo sentito Lina
raccontare alla sua stupida amica, vacca
dai capelli rossi, che aveva visto
il re al tempio della nobile Ismene. Io credo che sua maestà cerchi di fare la
sua presenza in entrambi i templi, non credi? Questa settimana non ha ancora
avuto occasione di presentarsi al tempio della Guarigione, quindi la logica
suggerisce che... >> le suggerì lasciando a metà la sua frase.
Il cervello Elydet si
bloccò come se fosse stata appena colpita da un fulmine.
Poteva andare nel tempio sbagliato pur di
vederlo?
Poteva rischiare di
farlo arrabbiare pur di passare una buona mezz’ora a contemplarlo ?
Ma
il Perfettissimo
non poteva arrabbiarsi per così poco e, sicuramente, aveva il pregio del
perdono e della tolleranza verso gli errori che non arrecavano danno a nessuno
<<
Sel, ti accompagno io! >> urlò all’improvviso << Tu puoi andare,
Irmelin, grazie, non ci servi. Sel, ti voglio pronta tra un minuto. Se in quel
tempio comanda il braccio destro della Divina
Luce, allora il re andrà sicuramente lì stamani e noi non possiamo arrivare
in ritardo e fare brutta figura davanti ai suoi regali occhi. Sbrigati! Ti concedo un minuto di tempo per vestirti,
e sono già magnanima! >> tagliò corto spazzolandosi di nuovo i capelli e
controllandosi allo specchio.
Sua
sorella era ancora immobile con la veste in mano e mille pensieri, sicuramente
inutili, per la testa. Come doveva farle capire che non voleva fare tardi?
<<
Sto aspettando >> le ricordò con le mani sui fianchi.
Finalmente
si arrese sospirando e cominciò a collaborare << Irmy, hai vinto, vado
con Ely >>
<<
Certo, come se potessi andare da sola in mezzo a quel branco di lupi famelici >>
commentò Irmelin acida << Ma me la pagherai, Selyan >>
Quando
finalmente riuscì a trascinarle al tempio, scoprì che Keira era già seduta su
una delle panche più vicine all’altare. Il fatto che oltre a lei ci fossero
solo una decina di persone la tranquillizzava, non erano in ritardo, ma sapere
che Keira era arrivata prima di loro le fece ribollire il sangue nelle vene
dalla rabbia. Era tutta colpa di quelle due!
<<
La vecchia ha lasciato sola la sua
cara nipotina? Secondo voi ha paura che il Nobile-ombra-antipatica-del-re la
maltratti anche nel mezzo di una funzione sacra? >> chiese Irmelin
ridacchiando.
Da
quando Selyan tornava ogni girono dalla lezione lamentandosi degli insulti e
dei rimproveri che riceveva, Irmelin aveva allungato la sua lista di
appellativi improbabili per il nobile Neithel. Elydet non lo trovava giusto.
Irmelin sapeva benissimo che l’intelligenza di sua sorella era discutibile, più
che mai negli ultimi tempi. Non aveva senso insultare i funzionari del Sommo rischiando che qualcuno le
sentisse e… non riusciva nemmeno a immaginare il dispiacere e il disappunto sul
perfettissimoviso mentre le sgridava per aver
mancato di rispetto a un suo funzionario. Doveva assolutamente farla smettere
<<
Irmy! Non dire assurdità per favore, qui rimbomba tutto >> la implorò
Selyan in uno dei suoi rari lampi di furbizia subito distrutto dalla domanda
successiva << Secondo voi dove dobbiamo sederci? >>
<<
Ovviamente avanti >> rispose Elydet senza neanche fermarsi << Non
sono venuta fino qui per vedere il re da lontano. Mettiamoci dietro Keira >>
<<
Sei impazzita?! Che idea malata è questa? >> sbraitò Irmelin senza
curarsi di rispettare il silenzio di quel posto.
<<
Irmy, non gridare qui dentro. Il Sommo
potrebbe offendersi se profani i suoi templi sacri >> la sgridò la più
piccola prima di spiegarle quello che aveva in mente << I posti più
avanti, da queste parti, sono riservati alle alte cariche. Non so se Keira
abbai stupidamente occupato anche la scorsa settimana una delle prime panche
perché si ritiene pari ai nobili di questo regno, ma non possiamo dimostrare
agli altri che noi sappiamo come comportarci e non l’abbiamo avvertita. Meglio
far credere a un errore involontario di tutte, non vi pare? >>
Selyan
non era convinta << Perché se restassimo sul fondo la gente non potrebbe
pensare che lei ha ignorato la buona educazione di sua volontà? >>
<<
Ti ho già detto che sono venuta qui per vedere il re da vicino, o sbaglio? >>
chiese Elydet scocciata << mi serve una scusa plausibile, Selyan. Andiamo
a sederci e basta discutere >>
Raggiunsero
la loro indesiderata compagna e si sedettero in silenzio sulla panca dietro la
sua.
<< Voi tre vi
muovete sempre in gruppo come le pecore? >> chiese Keira senza neanche
degnarsi di girarsi per parlare con loro.
Non
risposero alla domanda, ma si udì il chiaro bisbiglio di Irmelin << Sel,
me la paghi. Ti giuro che me la paghi >>
<<
Zitte adesso >> ordinò di nuovo prima che le altre due inveissero contro
la nipote della Somma Sacerdotessa ricevendone solo guai da Dalia e dal Potente Sovrano.
Keira ridacchiò alle
parole di Elydet, ma lei non diede segno di aver sentito e le altre due si
distrassero fissando qualcosa su un lato dell’ immensa sala.
Meglio così. Finchè
guardavano le rifiniture del tempio non potevano creare problemi e, se il Figlio di Dio le avesse viste in
quelle circostanze, non avrebbe potuto che essere orgoglioso del fatto che i
suoi templi erano ammirati dalle straniere. O almeno, così sperava Elydet.
Tutto lì sembrava di
alto pregio, le rifiniture delle statue di marmo bianchissimo che risaltava sul
colore scuro delle pareti, i decori sui muri sembravano addirittura d’oro e le
vetrate erano tra le più colorate che avesse mai visto. Era un posto
assolutamente unico, a parere suo, ma le metteva addosso un senso di
inquietudine che non sapeva spiegarsi. Era come se si sentisse fuori posto lì
dentro. Decisamente, il Grande Re
aveva scelto bene il posto adatto a lei, e non era quello.
Irmelin però non
guardava le rifiniture e l’architettura, avrebbe dovuto aspettarselo. Guardava
attentamente la schiera di uomini misteriosamente avvolti nei loro mantelli
scuri immobili lungo la parete laterale. Sembravano statue scolpite nella dura
pietra da quanto erano fermi.
Non era neanche sicura
che respirassero. Avevano tutti un pesante cappuccio scuro sulla testa
abbassato fino a coprire anche il viso, le braccia erano incrociate e le mani
sparivano all’interno delle maniche. Niente di quegli uomini era visibile.
La
gente continuava a entrare nella grande sala, ma nessuno si curava di loro e loro
altrettanto. Restavano fermi al loro posto invisibili a tutti tranne a Irmelin
e, purtroppo, anche a sua sorella.
<<
Smettete di guardarli >> sibilò decisa.
<<
Chi sono? >> chiese Irmelin.
<<
Rinnegati >> rispose Selyan << La gente li chiama incappucciati. Sono peccatori con gravi
crimini sulla coscienza che hanno chiesto protezione al tempio >>
<<
Farabutti?! >> chiese lei incredula.
<<
Basta! >> si intromise di nuovo Elydet cercando di non farsi sentire
dalla gente intorno.
<<
Sì, Irmy, si coprono così per nascondersi agli occhi della gente e degli Dei.
Credo restino in questo tempio per dare al Dio la possibilità di guarire la
loro anima. Non ricordo la spiegazione precisa >>
<<
Sei proprio stupida, Selyan >> si intromise Keira voltandosi verso di loro
<< Non riesci neanche a ricordare le funzioni del tempio governato dal
tuo insegnate. Mi vergogno per te >>
Un
coro di voci femminili accompagnato da chissà quale strano strumento musicale
cominciò a cantare costringendo Keira a girarsi dal lato giusto e togliendo a
Selyan la possibilità di risponderle a tono, ma non fu sufficiente a coprire il
bisbiglio di Irmelin
<<
Ti giuro che pagherai per avermi costretta a sopportarla più dell’inevitabile >>
<<
Cosa devo fare per farvi stare zitte? >> bofonchiò Elydet con
un’occhiataccia << Devo ripetervi come funziona se qui ci sono lamentele?
Fate silenzio. Non voglio che il Potente
si lamenti di noi >>
<<
O di te? >> la prese in giro Selyan.
<<
Per mia sfortuna, sono sempre con voi, quindi la vostra vergogna è la mia
vergogna. E adesso state zitte >>
Irmelin
si girò di nuovo dalla parte degli incappucciati, sicuramente, più per evitare
di incrociare lo sguardo di sua sorella e scatenarenuove chiacchiere, che per guardare la fila
di statue viventi e Selyan si concentrò attentamente sulle venature dello
schienale della panca davanti alla loro. Forse poteva ritenersi soddisfatta e
tirare un sospiro di sollievo.
<<
Posso sedermi accanto a voi? >> chiese una voce all’improvviso.
Irmelin
si spostò con malgrazia tirandola per una manica
mentre lei non riusciva a credere ai suoi occhi << A… a… altezza… >>
<<
Ho fatto tardi >> le rispose il Figlio
della semplicità.
<<
Ma… perché… perché… >> la Elydet non riusciva a fare altro che balbettare
guardando il trono sull’altare dove, secondo i suoi piani, avrebbe dovuto
sedersi il re
<<
Davanti a Dio, il re non vale nulla, Elydet >>
Selyan rimase stupita
da quella frase.
Era la verità o voleva
controllarle di persona perché nessun altro si era preso la briga di farlo?
Ne avrebbe parlato con
Irmelin una volta in camera loro, e magari anche in assenza di sua sorella.
Cercava disperatamente
di seguire quello che accadeva sull’altare.
Ci provava, ma non
sopportava più quel tipo di cose. Le funzioni religiose non avevano più il
potere di catturare la sua attenzione da tempo, ormai.
Irmelin le tirò un
lembo della veste e le indicò Keira con un cenno della testa.
Sembrava non perdere
una parola di quello che dicevano o facevano, cosa aveva di strano?
Eppure, l’occhiata
esasperata di Irmelin era quella che le lanciava ogni volta che si lasciava
sfuggire qualcosa di ovvio e ridicolo.
Uno strano profumo la
distrasse dal mistero dell’interesse spropositato di Keira.
Che accidenti usavano da quelle parti? Perché
le bruciavano gli occhi?
<<
Perché la Vecchia non ha mai usato una cosa così profumata? >> chiese
Irmelin stupita.
Stava per risponderle
qualcosa, ma si rese conto che le bruciava anche la gola.
Non voleva tossire e
fare rumore davanti a tutti. Avrebbe finito per attirare l’attenzione di nuovo.
Forse poteva ignorarlo e aspettare con pazienza che passasse.
Qualcuno da qualche
parte aveva cominciato a suonare quella che era quasi sicura fosse un’arpa e fu
un coro maschile a cantare questa volta.
Irmelin capì prima che
lei si rendesse conto di quello che stava accadendo, la prese per un braccio
trascinandola fuori da quella sala e lasciando Elydet a bocca aperta accanto al
re.
Nonostante
la lunghezza assurda della navata che avevano dovuto attraversare, erano
arrivate fuori dalle porte in un attimo
<<
Mi ha dato fastidio quell’odore >> si giustificò lei cominciando a
tossire finalmente libera.
<<
Alla gola, forse >> la corresse Irmelin asciugandole il viso con la
manica della sua veste.
<<
Anche agli occhi >> insistette lei allontanandola.
<<
Questo possiamo raccontarlo a tutti gli altri e possiamo anche usarlo come
scusa per non tornare più lì dentro >>
<<
Come l’hai capito? >> le chiese più triste che sorpresa << Io
credevo di averlo solo immaginato >>
<<
Ehi, credi di essere l’unica con un buon orecchio da queste parti? Comunque, anche
io credevo di aver solo immaginato di dover odiare quel maledetto nobile e
invece lui è insopportabile e il suo tempio porta sfortuna. Avrei anche
scommesso una vita di schiavitù sul fatto che fosse stonato, dannazione! >>
Irmelin
cercava di distrarla come sempre e di tirarle su il morale con qualche
stupidaggine. Doveva cercare di calmarsi.
<<
Forse abbiamo sentito male, non era poi così simile, forse… >>
Ma
la sua amica interruppe le sue assurde congetture << Dalla prossima volta
vieni con noi e non discuti. Solo per un po’ >>
Annuì
incapace di rispondere per via della tosse e della tristezza che non voleva
abbandonarla << Secondo te quanto dura? >>
<<
Non ne ho idea, ma possiamo aspettare Ely sedute sul bordo di quella fontana
all’ombra se non muori soffocata nel frattempo >>
Accettò la sua
proposta. Irmelin chiacchierava di quanto faceva caldo in quel regno, di quanto
avesse cercato ovunque un uomo che rispettasse i suoi ideali e tante altre
cose. Selyan sapeva che lo faceva per cercare di distrarla da quello che era
successo.
Non
era giusto che si desse sempre tanta pena per lei<< Calmati, Irmy. Sto bene >>
<<
Oh, non direi proprio! Vorrei chiederti come funziona la questione degli impalati al muro lì dentro, ma non credo
che riusciresti a fare un discorso completo con quella accidenti di tosse.
Appena arriviamo a palazzo cerchiamo qualcuno che sistemi le cose >>
<<
Io spero passi prima >>
<<
Mmm… ne dubito fortemente. Sei più rossa di tua sorella quando ha visto il re
sedersi accanto a lei >>
Riuscì a farla ridere
e tossire ancora di più.
Per
sua fortuna non passò molto tempo prima che la gente cominciasse a uscire e
dopo decine e decine di facce sconosciute spuntò quella di sua sorella.
<<
Ely! >> chiamò Irmelin agitando le braccia in aria per farsi vedere
mentre le andavano incontro.
Lei
parlava con il suo re e non diede il minimo segno di averle sentite. Keira era
dall’altra parte del sovrano in silenzio e con aria assassina.
<< Selyan, va
tutto bene? >> chiese il re guardandola. Doveva avere ancora gli occhi
lucidi e le guance arrossate a giudicare dal caldo che sentiva sul viso e dalle
immagini sfuocate che vedeva.
<<
Mi dispiace per essere andata via così, Vostra Altezza. Non volevo mancare di
rispetto al vostro Dio, né alle vostre funzioni religiose. Credo di avere una
forte allergia a qualcosa che hanno usato >>
<<
Capsico. Mia madre aveva lo stesso problema, anche se più lieve. Scusate, devo
andare adesso >> tagliò corto raggiungendo un paio di guardie dall’altro
lato della strada e incamminandosi con loro.
<<
Le trovi proprio tutte per farti vedere. Non ti vergogni? >> sibilò Keira.
<<
Di stare male? >> chiese Selyan contrariata.
<<
Sei ridicola >> commentò la rossa prima di girare la sua altezzosa testa
e camminare lungo la strada a naso alzato come solo lei e sua zia sapevano
fare.
Selyan
era rimasta allibita da quella scena e non aveva ancora ripreso l’uso della
parola mentre Irmelin sputava insulti a più non posso.
<<
Stupida, pomposa, maledetta, idiota- >>
<<
Irmy >> la fermò Elydet acida << basta, Keira ha ragione >>
Selyan
e Irmelin restarono di sasso << Cosa?! >>
<<
Mi ha rubato le ultime parole del Re!
È un ingiusta traditrice! >>
urlò contro sua sorella << Perché non siete andate via da qui?! Ero la
persona più felice del mondo! Sarei tornata al palazzo con lui, accidenti!
Siete due maledette impiccione guastafeste! >>
Un
attimo di silenzio seguì le urla di Elydet prima che Irmelin sbuffasse
divertita << Sembri Dalia >>
<<
Non prendermi in giro! >> sbottò incamminandosi nervosamente verso il
palazzo mentre le altre due cercavano di raggiungerla.
<<
Dai, Ely! >> Implorò Irmelin al posto suo << Ti abbiamo lasciata
con il DivinissimoPotentissimo accanto, dovresti
ringraziarmi per aver portato via tua sorella >>
La
ragazza fermò la sua marcia per girarsi a urlarle contro con tutta la sua
rabbia << Ringraziarti?! Tutti ci hanno guardato per tutta la funzione e
lui non si avvicinerà più a me adesso! Vi odio con tutte le mie forze! >>
<<
Eravate una bella coppia >> commentò Selyan tra un attacco di tosse e
l’altro.
Elydet
rimase così stupita da quello che aveva detto sua sorella che, per un attimo,
si fermò a guardarla a bocca aperta << Cosa… cosa hai detto? >>
Irmelin
annuì << Ha ragione. Eravate una coppia perfetta. Per prima cosa, sei
dell’altezza giusta per lui e poi- >>
<<
Altezza? >> la interruppe Elydet<< Da quando una donna si giudica in base all’altezza? >>
<<
Da quando fa coppia con il re, stupida >> la insultò la sacerdotessa del
vento << Lasciami parlare: la moglie del re non può essere più alta di
lui, è fuori questione. Il re non ha molte possibilità di correre questo
rischio, ma- >>
<<
Irmy, lui è l’altissimo! devo
ricordartelo? >>
<<
Se non mi lasci parlare, ti arrangi. E tu smetti di tossire una volta per
tutte! >> aggiunse rivolta a Selyan che aveva anche smesso di camminare
ed era di nuovo piegata in due senza fiato.
<<
Proprio perché è l’altissimo >>
riprese Irmelin << non può avere accanto una donna più alta e neanche
alta quasi quanto lui. Ma, d’altra parte, non può neanche avere accanto una
donnina minuscola e insignificante. Sua moglie sarà regina, maledizione, non
può essere gracile e piccola. Una regina è… maestosa >>
Voleva
assolutamente dire a tutte e due che probabilmente era il tipo di comportamento
che cercava di avere Keira poco prima, ma la tosse le rese quasi impossibile
parlare
<<
Keira? mi hai paragonata a quella racchia? >> chiese Elydet sempre più
arrabbiata.
<<
Sel, devi farti vedere da qualcuno >> le disse Irmelin riprendendo a
camminare tirandola per un braccio << Quella cosa ti ha dato al cervello.
La racchia non ha niente di paragonabile a nessuna di noi persone normali. Hai
visto come stava impalata sulla panca? Sembrava che qualcuno le avesse legato
un palo alla schiena. E poi ha sempre quel maledetto naso al vento. Perché lei
non si è intossicata come te? >>
La
risposta arrivò da Elydet << Forse perché era troppo persa a guardare
qualcuno per ricordarsi di respirare >>
<<
Te ne sei accorta! >> esultò Irmelin << Ho cercato di farlo notare
a tua sorella, ma non c’è stato verso e tu, nonostante la distrazione del re
vicino, te ne sei accorta? Sei il mio idolo personale >>
<<
Distrazione e Re non possono stare nella stessa frase, Irmy! Comunque, se ne sono
accorti tutti. Era impossibile non notarlo >>
Ma
per Selyan era ancora un mistero incomprensibile << Chi guardava? >>
<<
Ely, secondo te, la nobile Ismene riesce a farla tornare normale? Credi che
possiamo andare da lei? >>
<<
Irmy, mia sorella è così da sempre, non dire stupidaggini. Non esiste nessuno
sulla faccia della terra in grado di farla diventare una persona normale >>
<<
Nora! >> urlò Selyan per interrompere la conversazione anche se non
riuscì a dire altro.
<<
Ragazze! Ecco perché non vi ho visto stamani. Tarìc mi ha detto… Selyan, stai
peggio di quello che credevo >>
Si
affrettò a negare scuotendo la testa.
<<
Perché sei andata lì dentro? >> chiese ancora la nuova arrivata << Neith
non ti ha detto di stare lontana da quel posto? Dopo la sera in cui ci siamo
conosciute, non può non aver capito che sei allergica a quella pianta. Una
persona per bene ti avrebbe avvertito >>
Scosse
la testa di nuovo senza riuscire a parlare.
<<
Per quel che ne so, le ha detto il contrario >> le rispose.
<<
Quello stupido! Tieni, ho io quello che ti serve >> le disse frugando
nella sua borsa <>
<<
Il re? >> chiese Elydet raggiante di felicità.
Nora
le passò una boccetta piena di un liquido del colore del miele prima di
rispondere a sua sorella << Tu devi essere Elydet del fuoco, giusto? Ti
ho vista qualche volta in giro, ma non ci siamo mai presentate >>
<<
No, infatti. Loro mi hanno parlato di te, ma non abbiamo mai avuto l’occasione
di presentarci di persona >>
Selyan
bevve l’intruglio che le aveva gentilmente portato l’amica del re. Diversamente
da quanto si aspettava, non era cattivo. Sapeva di miele e qualcosa che non
riconobbe, ma ebbe effetto immediato e tornò a respirare senza problemi in
pochi secondi.
<<
È la seconda volta che mi salvi,
Nora. Mi sdebiterò mai con te? >>
<<
In realtà sono quasi io a doverti ringraziare per la soddisfazione di veder
impazzire quel maledetto antipatico >>
<<
Ma… perché lo insulti così ? >> chiese Elydet confusa.
Sua
sorella sembrava abbattuta e Nora aveva espressione che a Selyan avrebbe
sembrava paura, ma non ne capì il motivo.
<<
Per una lunga serie di dispetti che mi è toccato subire >> rispose
l’amica del re in tono distaccato e composto.
Lei
non poteva capire Nora, ma poteva capire benissimo sua sorella: era delusa come
se le avessero appena detto che il re di cui era tanto innamorata, in realtà
era una persona orribile circondata da persone ancora più orribili di lui.
<<
Ely, se l’uomo più fidato del re è una brutta persona, non vuol dire che lo sia
per forza anche lui. Forse è solo un magnanimo sovrano che ha a cuore i propri
parenti anche se scorbutici >>
Elydet si riprese in
un attimo << Indubbiamente è così, Selyan. Smetti di dire ovvietà! >>
la sgridò offesa per la possibilità che Nora avesse capito della sua cotta, ma
rincuorata dal fatto che il re era davvero la persona stupenda che credeva.
<<
Ma certo che è così! >> intervenne Nora << E poi sono io la persona di cui Tarìc si fida di più in
assoluto, o non avrebbe mandato me a cercarvi >>
<<
Ti ha mandato il re?! >> chiese Irmelin stupita.
<<
Mi ha detto quello che le era successo e- niente scusate >>
<<
Cosa!? >>chiese Elydet prima di
riuscire a fermarsi << ti ha detto che l’ho importunato per tutta la
funzione? >>
<<
No, mi ha detto solo che aveva notato qualcosa di strano nella vostra compagna >>
<<
Keira? L’ha capito anche lui?! >> lo stupore di Irmelin era quasi
palpabile proprio come il suo desiderio di sentire una delle persone importanti
del palazzo che insultava la sua peggiore nemica. Doveva fermarla prima che
esagerasse.
<<
Cosa? >> chiese Nora.
<<
Che esiste >> rispose Selyan tagliando corto e provocando la risata
soddisfatta di Irmelin che la abbracciò anche urlando << È tornata normale, Nora, grazie! >>
<<
Figurati >>
<<
Cosa ti ha detto di quella scimmia? >> Irmelin aveva gli occhi luccicanti
di quando si emozionava. Sicuramente stava sperando in un insulto coi fiocchi
da parte del re per Keira.
<<
Irmy, lascia stare, facciamo tardi da Dalia >>
<<
Noi non andiamo da Dalia >> sbottò la sacerdotessa del vento << Ti
sei scordata che stai male? Ti hanno visto il re in persona e la sua migliore amica,
mi sembra che tu abbia abbastanza testimoni per startene in camera tua e aver
anche bisogno di me e Ely >>
<<
Mi fai passare per moribonda senza motivo >> protestò.
<<
Vuoi davvero affrontare la collera di quella capra stamani? >>
<<
Collera? >> chiese confusa.
<<
Nora, l’effetto di quella cosa va a ondate? Possibile che sia già svanito? >>
domandò Irmelin tastandole la fronte per controllare che no avesse la febbre.
<<
Era solo un lenitivo per la gola sinceramente >> rispose la ragazza
dubbiosa mentre guardava la boccetta vuota che aveva in mano come se si
aspettasse di trovarci dentro chissà quale risposta.
<<
Non hai niente per lo stato di ubriacatura che quel diamine di profumo le ha
provocato? >> insistette Irmelin.
<<
Non so… posso controllare >>
<<
Stai tranquilla >> si intromise Elydet << Irmelin esagera sempre e
mia sorella sta benissimo. È solo dannatamente tarda nei
ragionamenti >>
<<
Tu andresti d’accordo con quell’impiastro, lo sai? >> disse Nora
ridacchiando.
<<
Keira?! >> urlò Irmelin spaventata e eccitata al tempo stesso dall’aver
finalmente sentito un insulto.
<<
Non conosco quella ragazza, parlavo di Neith. L’ho sentito dire la stessa cosa
di Selyan >>
L’eccitazione
svanì dal suo viso e fu sostituita dall’aria di rimprovero con le mani sui
fianchie gli occhi stretti che le
rivolgeva ogni volta che faceva una stupidaggine<< Una settimana di lezioni e ti sei
già fatta riconoscere? Non ti vergogni? >>
<<
Sono bastati due giorni perché si lamentasse con Tarìc, veramente >> la
corresse l’amica del re.
<<
Nora, mi stai facendo vergognare come compenso per avermi aiutato di nuovo? >>
le chiese Selyan.
La
ragazza si scusò ridendo e disse di dover portare a termine alcune questioni
importanti. Selyan aveva la netta sensazione che fosse scappata da loro e dalle
loro conversazioni, ma decise di non sollevare la questione. Non era il caso di
parlarne in mezzo ai corridoi del palazzo.
<<
Adesso posso sapere cosa ha fatto Keira? >> chiese mentre entrava per
prima nella loro stanza e andava a sedersi sul suo letto.
<<
Quella capra maleducata! >> sbottò Elydet prima di cominciare a
borbottare la solita solfa sul comportamento scorretto che avrebbe potuto
innervosire il suo intoccabile sovrano.
<<
Di sicuro adesso tutta la nobiltà sa cosa sta tramando nella sua stupida testa >>
sentenziò Irmelin prima di puntare un dito in faccia a Selyan << Tu devi
andare a lezione domani! Cascasse il mondo, se anche tu fossi moribonda, devi
andare! E poi devi raccontarmi tutto. Guarda attentamente la sua faccia mentre
la sgridano, guarda bene la ruga profonda che le viene sulla fronte ogni volta
che si vergogna e anche il labbro storto del risentimento mentre la insultano.
Oh Dea! Posso andare alla tua lezione al posto tuo domani? Ti prego! >>
Non
poté trattenersi dal ridere all’immaginare l’impaziente Irmelin a tenere testa
agli insulti continui del suo insegnante. Avrebbe scommesso qualunque cosa sul
fatto che Irmy avrebbe sopportato pazientemente senza ribellarsi pur di non
perdersi un rimprovero all’odiosa nipote di Dalia. Avrebbe pagato anche con la
vita per vedere l’umiliazione pubblica di Keira, ne era certa.
<<
Come ha fatto a non capire che doveva cedere al re la panca più avanti?! La Dea
non le ha dato cervello quando è nata >> commentò decisa.
<<
Sel, tu non hai capito una cosa molto più ovvia di quella che non ha capito
lei. Nessuno ha pensato al posto sulle panche! >> le urlò sua sorella
<< Sei senza speranza! >>
<<
Non sei neanche lontanamente giustificabile dopo tutto questo tempo senza
averlo capito >> commentò Irmelin << È
innamorata persa! Per questo non ha visto il riccone accanto a lei offrire il
suo posto al re e poi guardarla sdegnato perché non aveva fatto la stessa cosa
proprio lei che era sul posto più esterno della panca >>
<< Innamorata? Di chi? >>
chiese sorpresa.
<<
Irmy, accidenti, non dirglielo! >> urlò Elydet mettendosi in mezzo a loro
<< Poi non riuscirebbe a far finta di niente, lo sai! Riderebbe di
continuo, il nobile Neithel si arrabbierebbe e si lamenterebbe con il Sommo! È
sempre la stessa storia, Selyan non deve in nessun modo farlo innervosire più
di quanto non faccia con le sue scarse doti mentali, lo capisci o no!? >>
<<
Io non capisco il nesso tra le due cose >> protestò Selyan prima che
Irmelin perdesse la pazienza e le spiegasse la situazione.
<<
Tu non capisci mai niente! Keira è innamorata del vostro maestro! >>
<<
Ma Keira si innamora del primo che passa senza problemi >> banalizzò lei
senza dare importanza alla cosa <>
Le
risate di Irmelin riempirono la stanza prima che Elydet le interrompesse
bruscamente con una domanda secca << Perché sei scappata? >>
<<
Ely, scherzi? Stavo soffocando >> le chiese sorpresa dal cambio di umore
improvviso di sua sorella
<<
Sappiamo tutte e tre che potevi risolvere da sola la cosa, perché sei scappata?
>> insistette.
<<
Non posso guarirmi da sola, lo sai >>
Ma
lei non si arrese e non ammorbidì il suo tono << Perché sei scappata? >>
<<
Quante volte vuoi chiederlo? >> le chiese annoiata.
<<
Finché non risponderai >>
Non
poteva dirle la verità, non poteva ammettere quello che aveva solo pensato in
quel tempio << Non si risolveva >>
La
sua bugia fece esplodere sua sorella come mai si sarebbe aspettata << Prima
mi rubi le attenzioni del re e poi non vuoi rispondermi! Vado da Dalia, voi
fate quello che volete, tanto non mi considerate mai! >>
Doveva
calmarla, anche se non sapeva proprio come, e tentò di essere sincera con lei
<< Ely, aspetta. Davvero, non so perché non ci riuscivo. Ci ho provato e
poi c’era altro, hai ragione, ma… era una cosa stupida e mi vergognavo ad
ammetterlo >>
<<
Però lei lo sa! >>
Non
sapeva affrontare la gelosia di Elydet, né la situazione che si era venuta a
creare. Non poteva dirle quello che era successo, non poteva dirlo a nessuno,
neanche a sé stessa. Era troppo.
Fu
Irmelin a salvarla << Io l’ho capito prima di lei. Se non l’avessi tirata
via, non sarebbe mai uscita da quella stanza e sarebbe scoppiata a piangere
accanto al re. Mi è sembrata l’unica cosa da fare >>
<<
Vuoi un applauso perché hai capito mia sorella prima di me? >> la provocò
Elydet per niente interessata a quello che le aveva detto.
<<
Uno di loro aveva la voce simile a quella di… beh, la sua >> spiegò Irmelin.
Non
c’era altro da dire. Il silenzio nella stanza indicava chiaramente che Elydet
aveva capito e a lei restava solo il compito di non farsi atterrare di nuovo da
quel pensiero. Non davanti a sua sorella.
<<
Ma non è vero, io non l’ho sentito >> protestò Elydet.
<<
Ma io lo sento ovunque >> rispose lei lottando di nuovo con le lacrime
che non volevano saperne di stare al loro posto.
<<
Io ho avuto la stessa impressione, ho visto che guardava il coro con gli occhi
lucidi e l’ho portata via >> si giustificò Irmelin cercando di chiudere
la conversazione.
<<
Sel, devi trovare una soluzione, non puoi scoppiare a piangere per niente >>
la sgridò la sorella senza un minimo di pietà né comprensione << Non è
che per noi sia semplice la situazione, sai? Anche noi abbiamo perso la nostra
casa e la nostra famiglia. Devo ricordarti di chi sono figlia? Credi che non
soffra per la morte di nostro padre? Credi che non mi manchi mia madre, Selyan?
Stiamo tutte male, ma tu sei l’unica che da problemi >>
<<
Io non- >>
Elydet
interruppe la sua protesta svogliata urlandole contro con tutta la rabbia che
non aveva mai sfogato con nessuno << Sai che la metà di noi ha perso
almeno un familiare in guerra!? Ti sembra che- >>
<<
Ti ho detto milioni di volte che non voglio parlarne! >> le urlò
interrompendola << Lasciami in pace, se non riesci a sopportarmi e pensa
ai fatti tuoi! >>
<<
Certo, Selyan >> sbottò Elydet prendendo di nuovo la sua borsa dal letto
dove l’aveva buttata entrando << Penserò ai fatti miei. Non vuoi sentirti
dire che stai sbagliando e non vuoi capire che non sei l’unica che soffre.
Continua pure a cercare di avere tutte le attenzioni del mondo, così forse il
re si fermerà di nuovo a compatirti. Io vado dalla Somma Sacerdotessa come una
persona per bene, voi continuate pure a ritenervi superiori alle altre. Ci
vediamo a pranzo >>
*****************************
-Irmelin-
Irmelin
le fu addosso prima che la porta sbattesse e Selyan si aggrappò a lei cercando
di soffocare i singhiozzi << Era solo arrabbiata per la distrazione del
re, Sel, non lo pensa davvero. Calmati >>
<<
Ora… diranno… tutti… >>
<<
Nessuno dirà niente. Non piangere così >>
Selyan
non la ascoltò. Aveva bisogno di parlare anche se non ci riusciva.
<<
Cerco attenzioni anche qui… che voglio… mettermi in mostra e invece… >>
I singhiozzi si fecero
ancora più disperati e non riuscì a finire la sua frase, ma Irmelin sapeva
benissimo cosa voleva dire: invece non voleva altro che vivere nell’ombra in
modo che nessuno si accorgesse di lei.
Come aveva potuto
essere così stupida sua sorella?
E lei come aveva
potuto credere che sarebbe bastato distrarla con un paese nuovo per farle
dimenticare tutto? Si era illusa come una stupida.
Ora che Elydet aveva
distrutto il mondo in cui Selyan si era nascosta per tutto quel tempo, i
singhiozzi erano venuti fuori con tutta la loro forza.
Come avrebbe fatto a
calmarla?
Lei sapeva capirla,
sapeva divertirsi con lei, sapeva farla ragionare, sapeva anche distrarla, ma
non sapeva calmarla. Non aveva la minima idea di come fare e si sentiva
tremendamente in colpa. Forse era questo il problema.
Il suo senso di colpa
per quello che aveva fatto e non le aveva ancora detto le toglieva la
possibilità di trovare le parole giuste?
Forse, molto più
semplicemente, non esistevano le parole giuste per lei. Cosa avrebbe mai potuto
dirle per confortarla?
Non esistevano parole
per quello che era successo alla sua amica.
Ma lei decise che
avrebbe fatto tutto il possibile per rimediare al suo errore.
Irmelin avrebbe
seppellito il suo rimorso in fondo al cuore, lì dove aveva seppellito il
desiderio di dirle quello che aveva fatto. Nessuno doveva saperlo.
Avrebbe seppellito
tutto dove Selyan aveva seppellito la sua felicità, e avrebbe trovato la forza
di andare avanti per tutte e due. Doveva trovarla da qualche parte.
Doveva essere quello
scoglio che Selyan aveva perso e rimetterla in piedi. Per il suo bene, per il
bene delle loro stupide compari, per il bene di quel regno che le ospitava
e anche per alleviare
un po’ il senso di colpa che le attanagliava il cuore dal maledetto giorno in cui
tutto era cambiato.
La sacerdotessa del
vento aveva passato notti intere a pregare la Dea del loro ordine perché le
desse una risposta prima, e una soluzione dopo, ma non le aveva mai risposto.
Dubitava fortemente che il Dio di quel posto sarebbe stato migliore. Perché mai
avrebbe dovuto dare ascolto a una straniera di un’altra fede? Non avrebbe
trovato aiuto da nessuna parte, nessuno le avrebbe dato una mano e nessuno le
avrebbe dato una soluzione. Doveva risolvere le cose da sola come da sola aveva
sbagliato
<<
Ti giuro, Selyan, sulla mia vita e sulla mia discendenza, che andrà tutto bene
qui. Non so quanto tempo ci vorrà, ma le cose si sistemeranno >>
<<
No, Irmy… non è possibile… non… lui non… >>
<<
Lo so, Sel. Fai lo sforzo di credermi: qui staremo bene >> le disse
abbracciandola. Non era convinta neanche lei di quello che le stava
promettendo, ma lo voleva con tutta sé stessa e Selyan aveva bisogno che lei
apparisse sicura di quello che diceva.
<<
Io starei bene solo nel- >>
<<
Non dirlo, ti prego >> la interruppe. Odiava sentirle dire che avrebbe
trovato la sua pace solo nel girone più basso degli inferni della loro Dea. Le
avrebbe promesso qualunque cosa pur di calmarla << Ti prometto che andrà
bene, credimi. Lo sento con quel nuovo, accidenti di potere >>
<<
Allora sbagli e il tuo… nuovo… potere non vale niente! Sei tu che devi credere
a me quando ti dico… che per me… non può esistere niente di buono al mondo…
niente! Sai che non può esistere. Mi ero illusa che si fossero sbagliati tutti,
mi ero illusa di poter sfuggire a quel destino maledetto, mi ero… se io fossi
rimasta al mio posto… se non lo avessi mai incontrato… io non dovevo esistere,
Irmy! >>
Non sapevaassolutamente come calmare quel pianto
disperato.
Cosa faceva suo lui quando stava così? Cosa le aveva
detto quando era morto il povero Kerse? Aveva avuto almeno il tempo di
consolarla, o la guerra aveva tolto a lei il tempo di piangere e a lui quello
di consolarla? Avrebbe trovato il modo di calmarla anche dalla peggiore delle
disgrazie solo sfiorandole il viso, maledizione.
Forse
non doveva cercare qualcosa da dirle, doveva solo lasciare che lui parlasse con
lei di nuovo, per bocca sua.
<<
Sel, ti ricordi quando sei partita con tuo padre per la terraferma al nord
prima che tutto avesse inizio? Sei stata via meno di due giorni interi, hai
dormito fuori solo una notte, ma noi non sapevamo quando e se saresti tornata.
Tua zia aveva detto che forse Kerse voleva cercare il modo di nasconderti da
qualche parte laggiù e io ho parlato con Jonas quella volta. Era in condizioni
orribili. Si trascinava in giro per le stanze senza la capacità di ragionare e
ho provato a convincerlo a venire con me in paese per comprarti i dolci che ti
piacevano tanto per quando saresti tornata, anche se in realtà volevo solo che
mi desse una mano con la spesa che mi aveva ordinato di fare mia madre. Ho
tirargli una scarpa per attirare la sua attenzione perché era perso nel suo
mondo. Quando siamo arrivati in paese si è fermato al tempio, ha scritto
qualcosa sui fogli delle preghiere e è rimasto davanti al braciere sacro finchè
non l’ho minacciato di prenderlo a schiaffi se non si fosse mosso. Gli ho
detto: riesci a immaginare come sarebbe stato se tuo padre non l’avesse
adottata?L’ho visto sfilarsi di dosso l’arco che ti ha detto di aver perso nel
bosco e bruciare anche quello, apparentemente senza motivo. Gli ho chiesto se
fosse impazzito e sai cosa mi ha risposto? Che era grato alla Dea per averti
messa sulla sua strada e che il suo arco era ben misera offerta per
ringraziarla di ogni singolo istante che aveva potuto passare con te perché la
sua vita non avrebbe avuto nessun senso senza di te accanto. Adesso, sentirti
dire che vorresti non essere nata, mi sembra una terribile bestemmia nei suoi
confronti. Non avevo mai visto nessuno tanto convinto di quello che diceva >>
<<
E guarda cosa gli ho fatto >> protestò sconsolata.
<<
L’hai reso felice, Sel. E se la Dea ha deciso di essere spietata con voi, non è
certo colpa tua >>
<<
E di chi? >>
Se
aveva attirato la sua attenzione abbandonando la disperazione, il momentaccio
stava passando. Forse doveva provare a risollevarle il morale con qualche
stupidaggine prima che crollasse di nuovo
<<
Io non credo che la Dea abbia un motivo per fare quello che fa. In più, sai che
è Unica e Sola, quindi non ha marito. Sarà stata invidiosa di- >>
<<
Irmy, stai bestemmiando! >> urlò scuotendo la testa.
Ma
il pianto era finito. Non si era allontanata da lei e dal suo abbraccio, non
aveva calmato la sua voce, ma i singhiozzi erano finiti. Irmelin aveva troppa
poca fede nella Dea per ringraziarla e preferì ringraziare Jonas per averla
fatta smettere di piangere e nominare gli inferi facendole rizzare i peli sulla
nuca dalla paura.
<<
Ha ragione Ely, attiro le attenzioni di tutti e ho attirato anche quella della
Dea di Dalia >>
<<
Non l’hai attirata tu, la Dea è donna, Sel >>
<<
Smetti di bestemmiare, ti prego! Non farla arrabbiare di nuovo >>
<<
Mpf! Allora che mi mandi un marito se non vuole che mi arrabbi e la insulti di
nuovo >> le disse spingendola verso il lavabo perché si rinfrescasse il
viso arrossato.
<< Perché non
posso andare da lui? >> chiese all’improvviso gettando di nuovo Irmelin
in preda al panico che non poteva permettersi di mostrarle.
Perché era sempre così
maledettamente calma quando parlava di ammazzarsi?
Questa
volta le sue parole l’avevano fatta tremare violentemente e ringraziò la buona
sorte che aveva fatto in modo che Selyan restasse di spalle mentre parlava.
<<
Perché i suicidi vanno da un’altra parte, stupida! Sarete separati in eterno se
ti ammazzi >>
<<
E se fosse solo una credenza popolare? >>
<<
E se fosse la verità? >>
Non aveva altra
possibilità che quella per convincerla che non doveva fare idiozie.
Ovvio
che era una credenza popolare, lei per prima non aveva mai creduto a quella
stupidaggine, ma aveva bisogno che lei ci credesse e pregò la vecchia Dea di
Dalia insieme a tutti gli Dei del mondo che Selyan ci cascasse.
<<
Mi manca da morire >>
<<
Ci credo >>
Irmelin ebbe la netta
sensazione che la sua resa non fosse arrivata per volere di quella che ormai
per lei era la Dea delle disgrazie, ma poco le importava di Chi o cosa l’avesse
calmata.
Questa volta era
passata, ma quanto avrebbe resistito Selyan prima di crollare di nuovo?
Quanto tempo le
avrebbe concesso la Dea, che ormai non sopportava più, prima di mandarle
qualche altro tormento che non avrebbe potuto sopportare?
Irmelin era
preoccupata come mai in vita sua. Di non capire davvero quello che le passava
per la testa, di perderla di vista e di fallire miseramente nel suo tentativo
di aiutarla a sopravvivere alla sua disperazione. Cominciava a pensare che non
poteva più riuscirci da sola.
Dannazione! Elydet
doveva svegliarsi e aiutare sua sorella!
Ma sarebbe bastata
Elydet? Forse no.
La
sacerdotessa del fuoco non le sembrava per niente in grado di aiutarla.
<<
Secondo te possiamo uscire dal palazzo? >> le chiese Selyan guardando
qualcosa fuori dalla loro finestra e interrompendo i suoi pensieri.
<<
Ci è mai importato davvero di quello che potevamo o non potevamo fare? >>le rispose aprendo la porta e aspettando che
uscisse per prima.
Selyan aveva bisogno
di distrazioni e lei aveva bisogno di alleati. Doveva trovare al più presto
qualcuno che sapesse occupare il ruolo che Elydet non sapeva ricoprire.
Aveva
troppa paura di continuare ad affrontare la situazione da sola.
<<
Sel, ti avverto: ho intenzione di fare spese. Hai le tasche piene, vero? >>
le chiese prima di pensare ardentemente la cosa più simile a una preghiera che
la sua testa riuscisse a mettere insieme in quel momento:
Se
da qualche parte esiste una Dea o un Dio con una soluzione per le mani, che ce
la mandi subito se vuole che serva a qualcosa.
Le
prime due settimane di permanenza delle sacerdotesse straniere erano trascorse
senza problemi.
Aveva
anche convocato la sua corte per esserne certo e, con suo grande sollievo,
nessuno gli aveva portato cattive notizie fatta eccezione, come sempre, per
Neithel che si era lamentato della loro “snervante
lentezza nell’ apprendere e memorizzare le nozioni di base”.
Tarìc
non aveva ricevuto da Dio né il potere di migliorare l’intelligenza delle due
ragazze, né quello di migliorare la scarsa pazienza di suo cugino o la sua
voglia di lamentarsi sempre degli altri, ma non credeva che fosse un problema
degno della ricerca di una soluzione.
Certo
non quando aveva così tante cose da fare.
I lavori di ricostruzione erano
appena iniziati e lui era di nuovo invaso dai documenti riempiti dai
capisquadra. Era ovvio che sarebbe dovuto trascorrere del tempo perché ci
fossero risultati apprezzabili visivamente, ma tutti smaniavano per scrivere
interminabili e inutili spiegazioni del loro operato.
Tarìc era convinto che quegli uomini
avrebbero fatto molto meglio a impiegare il tempo delle stesure dei rapporti
riposandosi o continuando a lavorare, ma sapeva che i lavori dovevano essere
documentati e che lui doveva controllare che le cose fossero descritte
accuratamente.
Stava per
cominciare a leggere il ventesimo rapporto del giorno quando un Tanet agitato e
sconvolto fece irruzione nelle sue stanze mandando a terra i servi che avevano
provato a fermarlo o ad annunciarlo come si conveniva
<<
Altezza, è scoppiato un terribile incendio! I miei uomini sono già sul posto ma
non riescono a controllare le fiamme >>
<<
Dove? >>
<<
Nella cittadella, alla periferia della città. Non so come sia stato possibile
ma ha già raggiunto il mercato e tra poco… >>
Tarìc era
già balzato in piedi e stava già correndo fuori << Perché diamine non mi
hai chiamato prima, Tanet?! Volevi che bruciasse tutto il regno?! >>
chiese infuriato pensando a quanto era già stato divorato dalle fiamme
<< Mi
dispiace. Le case in quella zona sono quasi tutte in legno e paglia e ha
raggiunto grandi dimensioni in breve tempo, inoltre…
io… >>
Non c’era
bisogno di aggiungere altro. Tarìc era arrivato al portone e aveva capito da
solo il dubbio di Tanet. Niente che fosse naturale avrebbe potuto espandersi
così in fretta sprigionando un fumo così nero ma così poco denso. Per un
incendio di quelle dimensioni avrebbe dovuto oscurare completamente la vista di
quello che stava accadendo e invece… qualcosa non tornava.
Il re si
rivolse a una delle tante guardie che lo avevano seguito e ora erano fermi alle
sue spalle in attesa di ordini << Di alla mia corte di raggiungermi
immediatamente alla porta della cittadella >>
<< Ma
laggiù- >>
<<
Tanet, fai silenzio e vieni con me >> gli ordinò interrompendolo
Tarìc tornò
indietro, imboccò il corridoio delle nuove ospiti e fece irruzione nella stanza
di Dalia
<<
Altezza, ma- >>
Non gli
importava che fosse stato maleducato nei suoi confronti. Né tanto meno che
l’avesse trovata a letto al buio totale, sicuramente addormentata a metà
giornata
<<
Voglio che tu e le tue sacerdotesse siate alla porta della cittadella in meno
di mezzora >>
<< La
Dea mi ha inviato la visione di quanto sta accadendo e mi ha ordinato di tenere
al sicuro le sue predilette, Altezza. Non siamo in grado di fermare
quell’incendio o non saremmo qui a chiedervi di istruirci >>
Sapeva cosa
stava succedendo e invece di aiutare si era messa a dormire! Tarìc perse la
pazienza e le urlò contro << Non ti ho detto di fermare le fiamme, donna!
Voglio che le tue ragazze si occupino delle persone ferite e portino acqua,
cibo e una parola di conforto agli sfollati. Se le tue ragazze non sanno cos’è
la pietà non sono degne della tunica che portano e non le voglio nel mio regno.
Ricordatelo >>
La paura di
quello che stava accadendo, mischiata alla rabbia per lo scontro con la Somma
Sacerdotessa straniera spingevano il re a correre per il suo stesso palazzo con
la smania di arrivare il prima possibile. Neanche il cavallo sembrava correre
abbastanza per i suoi gusti.
Tanet aveva
ragione: era impossibile che un incendio raggiungesse quelle dimensioni in così
poco tempo…eraenorme.
Gli uomini facevano il possibile per evacuare le persone in pericolo e fermare
la continua espansione delle fiamme ma sembrava impossibile, era una lotta
contro il tempo. Nessuno si era dato pena di contare i morti e i feriti erano
troppi per perdere tempo a contarli.
<<
Altezza! >> urlò la voce di Ismene alle sue spalle
Guardiani e
sacerdotesse erano schierati in attesa di ordini. Tarìc era pronto
<<
Ismene e Tanet, prendete il comando degli uomini da quella parte. Neithel, con
me, e tu >> ordinò indicando Elydet << hai detto di avere il potere
del fuoco, puoi fare qualcosa di utile? >>
Era stato
più rude di quello che avrebbe voluto con lei, ma non era certo la situazione
adatta alle gentilezze. Meno che mai con loro.
<< È troppo grande perché io riesca a farlo spengere. Posso
evitarne l’espansione in un determinato punto se lo ritenete opportuno, ma non
posso fare di più, mi dispiace >>
Decisamente
doveva farle salvare le case che erano state risparmiate. Le indicò il punto in
cui posizionarsi e le ordinò di fare il suo lavoro senza mettersi in pericolo.
Pur con tutta la fretta di quel momento, Tarìc riuscì a vedere la scintilla
entusiasta e riconoscente nei suoi occhi a quell’avvertimento.
<<
Dove sono le tre del vento e le due dell’acqua? >>
Le ragazze
si guardarono spaventate mentre Dalia prendeva di nuovo la parola << Rea
e Lysa sono qui, Altezza, ma credo che siano più
adatte ad aiutare la povera gente in fuga piuttosto che ad utilizzare il loro
potere per qualcosa che non sanno fare. Per quanto riguarda Irmelin e Selyan,
non erano nella loro camera e nessuno ha idea di che fine abbiano fatto. Sono
costernata, ma vi assicuro che saranno punite appena tutta questa storia sarà
risolta >>
Di
nuovo quella donna cercava di negare il suo aiuto. Tarìc era snervato e non
aveva tempo di discutere. Si tenesse le sue incapaci. La sua gente era più che
in gado di gestire da sola la cosa. Congedò la donna ordinandole
di non perdere altro tempo. Non voleva più vederla
<<
Dov’è Nora? >> chiese Neithel
<<
Nel palazzo con tuo padre. Mi hanno riferito che una guardia è riuscita a
trascinarla nelle sue stanze e mi fido del fatto che tuo padre saprà tenere a
bada lei e tutti quelli che si staranno disperando per la paura dentro quelle
mura. Se la situazione dovesse precipitare farò aprire il palazzo al popolo.
Avevo bisogno che qualcuno fosse dentro a coordinare i soldati >>
<<
Vuoi davvero lasciare la cosa in mano ai soldati? >>
<<
Dio ci ha dato una parte del suo potere per risolvere le situazioni umanamente
irrisolvibili, Neithel. Voglio accertarmi che sia una di quelle situazioni
prima di fermare i soldati. Assicurati che Elydet non abbia problemi e facciamo
finire questa situazione prima possibile >>
<< Irmy, corri! >> urlò
Selyan mentre si faceva spazio in mezzo alla folla in fuga.
Era
a questo che portava chiedere aiuto al Dio di quella terra?
L’ultima
cosa che aveva pensato prima di uscire dalla sua stanza era una richiesta di
aiuto al Dio straniero, si era illusa di poter passare un pomeriggio tranquillo
in mezzo ai banchi del mercato e non aveva avuto neanche il tempo di trattare
con un solo mercante per una veste nuova che si era trovata a fuggire da un
immenso incendio.
In
cosa il Dio del re Tarìc era migliore della Dea di Dalia?!
E
quella gente non era certo meglio dei loro vecchi compaesani quando perdeva la
testa!
In un attimo si era scatenato il
delirio completo. Le persone correvano da tutte le parti urlando e prendendosi
a spintoni gli uni con gli altri, una folla che Irmelin non aveva idea di come
si fosse formata stava bloccando le strade costringendole a soffocare nel fumo
e a rischiare di essere schiacciate. Lei non aveva notato tutte quelle persone
in giro, prima, da dove diamine erano uscite?!
<< Non da quella parte!
>> la avvertì la sua amica tirandola per la veste e indirizzandola verso
una strada a lei sconosciuta << C’è il centro della cittadella e le
locande sono piene anche di giorno, sarà sicuramente peggio che qui >>
Se
avesse avuto fiato, Irmelin avrebbe sbuffato. Seguì Selyan tenendosi premuto un
lembo della veste sul viso per cercare di ripararsi da quel maledetto fumo nero
e rialzò la testa solo sentì l'aria farsi più fresca intorno a loro. Selyan
l’aveva trascinata lungo la sponda del fiume. Altri avevano avuto la stessa
idea e la piccola spiaggia era piena di persone che urlavano, pregavano o
cercavano di calmare i loro bambini urlanti, ma almeno non si prendevano a
spintoni rischiando di uccidersi a vicenda. Avevano avuto il buon senso di
trovare un posto sicuro dove aspettare gli aiuti del re. Forse quella gente era
davvero più furba degli isolani.
<< C’è qualcosa che non va
>>
Irmelin sentiva uno snervante
fastidio alla gola da quando avevano cominciato a correre, ma l’esclamazione
ovvia e stupida della sua amica rischiò di farla soffocare
<< Siamo in mezzo a un
incendio, Sel! Mi sembra che ci sia più di qualcosa che non va, non trovi?!
>>
Ma lei si guardava intorno cercando
di vedere al di sopra della calca di gente << È arrivato troppo in fretta >>
La rabbia verso l’idiozia di Selyan
fu rimpiazzata dallo stupore: aveva ragione, dannazione! Quale incendio
sprigionava tutto quel fumo in così poco tempo?
Irmelin alzò gli occhi verso la
collina del tempio della Nobile Ismene. Gli alberi intorno si piegavano
ondeggiando come non li aveva mai visti fare da quando era arrivata e il fumo
non si stava espandendo da solo, seguiva il vento.
<< Da dove diamine è venuto
questo vento?! Non ce n’è mai stato in questo torrido regno senz’aria, da dove
viene ora questa bufera?! >> sbottò arrabbiata.
<< Non credo sia naturale.
Dobbiamo andare >> la informò Selyan cominciando a correre nell’esatta
direzione da cui erano venute
<< Sei impazzita?! >>
urlò seguendola << Non possiamo- >>
<< Sai che dobbiamo farlo o
non mi avresti seguita. Non protestare. Puoi provare a fermare il vento? >>
<< Certo! Fermo il vento,
cerco di non respirare troppo fumo e intanto corro per non finire arrostita o
schiacciata dalla gente, poi cosa vuoi che faccia? Che canti una canzone
battendo le mani a tempo?! Tua sorella sarà nel palazzo! >>
<< Voglio accertarmene di
persona >>
<< La tua cocciutaggine ci
farà morire prima o poi! >>
Non sarebbe stata in pace finchè non
avesse raggiunto sua sorella o fosse morta carbonizzata nel tentativo di
raggiungerla. Semplice. E lei l’avrebbe seguita. Si era lanciata dietro di lei,
in mezzo al delirio e al mercato in fuga e poi verso le case di legno e paglia
che stavano già bruciando.
<< Sei pazza se credi che
passerò in mezzo al fuoco! Non voglio morire! >> la avvertì.
<< Non passeremo in mezzo al
fuoco, idiota! Voglio aggirarlo >>
Selyan ormai era impazzita. Doveva
essere così. Non aveva retto alla paura e si era giocata il poco cervello che
le era rimasto.
<< Pensi di correre più veloce
delle fiamme? >> chiese scettica.
<< Allora inventa tu qualcosa
di più sensato! >>
Per
la prima volta da quando erano sbarcate, Irmelin odiava quel regno.
Possibile
che il re e i suoi due nobili preferiti fossero temuti e rispettati per il loro
enorme potere e non potessero niente contro quel delirio?!
Il
potere del re era più segreto e nascosto dell’intelligenza di Keira, la nobile
Ismene si occupava di donne in travaglio, illusioni, previsioni e altri
giochini mentali, il NobileInsultatore guariva la gente e il suo
Dio solo sapeva cos’altro, e nessuno sapeva difendere il regno da un incendio.
Assurdo!
A cosa servivano i grossi bracciali d’oro massiccio che si portavano dietro con
la scusa che fossero il tramite della loro magia potentissima se poi lasciavano
bruciare tutto?
All’isola non sarebbe mai successo.
Prima che arrivasse la stupida di Dalia, ovviamente. Dopo sarebbero bruciati
tutti allegramente proprio come stava succedendo lì. Tanto valeva restarsene a
casa invece di cercare un regno che le istruisse. Dannazione!
<< Attenta! >> Selyan la
spostò all’ultimo secondo dalla traiettoria di una trave in caduta libera da
chissà quale tetto delle vicinanze.
<< Voglio sapere perché
dobbiamo correre da tua sorella che sicuramente sarà al sicuro! >>
<< Perché ormai o troviamo lei
o moriamo bruciate >> ammise lei con la sua stupida ovvietà.
Quando sarebbero arrivate a casa,
perché sapeva che ci sarebbero arrivate per mano di quella stupida esaltata
della sua amica, Irmelin avrebbe controllato i propri capelli e, se ne avesse
trovato anche solo uno bianco per la paura o uno bruciacchiato e rovinato,
l’avrebbe presa a schiaffi fino a rompersi le mani. Era una promessa a sé
stessa e decise che l’avrebbe rispettata a qualunque costo.
<< Ti detesto! >> le
urlò.
Non era vero, ma era bene avvertirla….
<< Fai vento da quella parte e
speriamo che funzioni. Io non ho altre idee >>
<< Ti odio! >>
… E forse, non era una bugia così
grossa in quel momento.
Elydet
stava impedendo l’avanzamento del fuoco su un fronte esteso almeno dieci metri.
Non
era molto, ma non poteva fare di più.
Il
re avrebbe trovato una soluzione a breve, ne era sicura.
Lui
e la sua corte avevano un potere enorme nei loro bracciali, in più Il sommo aveva una grande intelligenza e
avrebbe trovato una soluzione rapida.
Tutti
dicevano che il fuoco non sembrava naturale, eppure lei non sentiva la minima
traccia di ostilità o di potere nemico da quelle fiamme, era banalissimo fuoco!
Il
Divino non avrebbe mai potuto
commettere un errore di quel tipo.
Forse
aveva ragione lui e doveva controllare meglio. Forse c’era davvero qualcuno
infinitamente più forte di lei con il suo stesso potere che aveva creato
quell’inferno.
Selyan
le aveva spiegato come individuare gli altri poteri usando la sua pietra e,
anche se stava già lavorando duramente per compiacere il DivinoFigliodelSole,
cercò con tutta sé stessa di trovare qualcosa o qualcuno che alimentasse quel
fuoco.
Il
re sarebbe stato sicuramente fiero di lei se ci fosse riuscita.
In
effetti, concentrandosi meglio, qualcosa c’era.
In
un angolo, poco distante dalla terra libera, c’era un lieve pulsare di una
pietra come le loro di cui non intuiva né colore né natura perché non era
ancora in grado di farlo, ma lo sentiva chiaro ormai. Si stava avvicinando.
Doveva
fermare l’autore di quella follia prima che infierisse ancora contro il regno
del NobileFigliodel Dio!
Concentrò
le sue forze nel punto esatto in cui sapeva essere l’intruso, ma un attimo
dopo, invece della soddisfazione, dal suo attacco derivò la paura più
sviscerata.
Non capiva più niente, aveva perso
il controllo del fuoco e non si era neanche resa conto che la voce che urlava
era la sua
<< L’ho uccisa! Qualcuno
faccia qualcosa! Non è
possibile io- >>
<< Calmati! >> le urlò
qualcuno scuotendola per le spalle << Che stai dicendo!? >>
Era il nobile che tutte odiavano, ma
non le importava chi fosse a scuoterla. Era sicura di quello che aveva fatto
<< Mia sorella era in mezzo aquell’inferno e l’ho colpita. Ho ucciso mia sorella! >>
Perché non faceva niente? Che razza
di persone aveva accanto il suo adorato re?
<< Ely! >>
Irmelin. Lei avrebbe capito
scuramente meglio di quello che non sembrava essere un funzionario molto
capace, ma non aveva il coraggio di alzare gli occhi verso di lei.
<< Si può sapere dov’eravate?!
>> sbottò il nobile Neithel.
Sua sorella era appena morta per
colpa sua e lui brontolava. Aveva ragione Irmelin quando-
<< Ely, stai bene? >>
Alzò lo sguardo spaventata<< Selyan?! Sei impazzita per caso?! Ti
ho creduta morta, idiota! >>
<< Non ho la fortuna di morire
per così poco >> commentò lei provocando la rabbia di Irmelin che la
insultò davanti a tutti con un poderoso << Imbecille! >>
<< Piantatela con le idiozie!
Ismene ha bisogno di vento da quella parte e il re di acqua dall’altra, datevi
una mossa! >>
Elydet
insultò di nuovo sua sorella col pensiero e riprese quello che stava facendo
prima che le due stupide delle sue amiche la distraessero in quel modo.
Dopo
quello che era successo il nobile Neithel avrebbe detto al re del suo errore e
lei avrebbe fatto la figura della stupida isterica incapace.
Sua
sorella non l’avrebbe passata liscia!
Sfogò
la sua rabbia sulla pietra e il fronte stabile raddoppiò le dimensioni.
Quello
che sua sorella chiamava Tanet le rivolse un cenno di gratitudine. Almeno lui
avrebbe parlato bene di lei al re.
<< Irmelin, abbiamo bisogno
che tu fermi il vento >> ordinò secco il re.
<< Io non so se… >>
balbettò lei indecisa.
<< Puoi farcela, Irmy. Sai che
puoi >> la incoraggiò Selyan<< e, se non ci riesci, non peggiorerai di certo le cose >>
Non sembrava convinta. Non era
abituata a essere presa in considerazione per le cose serie, era normale che la
sua reazione fosse quella, ma non potevano perdere tempo se volevano salvare il
resto della città. Irmelin non disse una parola, ma attivò la sua pietra e
cominciò a sottomettere i venti con il suo potere. Poteva riuscirci. Selyan ne
era sicura.
<< Selyan, abbiamo bisogno di
acqua in fretta. I pozzi più vicini si stanno asciugando >> le disse il
nobile Tanet.
<< Posso farla salire dagli
strati più bassi del terreno, ma non più di un pozzo alla volta. Da dove
comincio? >>
<< Segui Palis, ti dirà lui
cosa fare >> le disse indicando un uomo di mezza età che sbraitava contro
un ragazzo che aveva lasciato cadere un secchio per colpa della tosse causata
dal fumo.
<< Palis? >> chiese a un
passo da lui.
<< Adesso dobbiamo anche
affidarci alle donne, prima o poi il sole sorgerà a ovest. Andiamo >>
Il soldato la guidò fino a quello
che sembrava un fossato appena scavato e rimase in attesa
<< Vuoi cominciare o
aspettiamo che vada a fuoco anche il palazzo reale? >> le chiese irritato
e scontroso << Andiamo, ragazza, riempi la fossa! Non è che con il tuo
potere puoi anche scavare pozzi? >>
<< No, Wanda ha il potere
della terra, non io >>
<< E dov’è questa ragazza? >>
insistette.
<< Non ho idea di dove siano
le altre, mi dispiace >>
<< Alekos! >>urlò lui mentre lei cominciava a far emergere
l’acqua dal terreno<< Tra le
straniere ce n’è una che può scavare le maledette buche senza farci perdere
tempo, trovala! >>
L’uomo che avrebbe dovuto obbedire
alla sua richiesta scosse la testa amareggiato << Il re ha vietato di
portare qui le altre. Dice che sono troppo inesperte e rallenterebbero la cosa.
In più il nobile Neithel ha detto che forse è il caso di mandare via anche
quelle che stanno aiutando, non le faranno mai venire ad aiutarci >>
Palis sbuffò imprecando << Almeno
la nobile Ismene ragiona in questo delirio e ha detto qualcosa di sensato?! >>
Lui alzò le spalle << Non so
cosa ne pensa, ma Tanet ha giurato che se allontaneranno una sola persona utile
anche a portare un secchio, si rifiuterà di guidare i soldati adesso e la
ricostruzione dopo >>
<< Perché i nobili hanno
sempre il tempo di ciarlare e discutere anche nella confusione?! >>
chiese sbuffando prima di ricordarsi di lei << Ragazza, quanto ti ci
vuole?! >>
<< Ho finito, scusate se ci ho
messo tanto >>
In effetti se non avesse perso tempo
ad ascoltare i loro discorsi, avrebbe già finito da un pezzo…
<< Non sono un nobile. Vieni
con me! >>
Improvvisamente
ili fuoco si espanse nella loro direzione in modo del tutto innaturale e rapido
e lei agì d’istinto innalzando una barriera di ghiaccio che li proteggesse. Non
avrebbe retto al calore per molto, ma non aveva trovato nient’altro di rapido
che fosse più efficace.
L’ondata
di fuoco si ritrasse così com’era venuta e l’imprecazione di Palis la lasciò a
bocca aperta. Nemmeno i pescatori dell’isola nelle loro giornate peggiori
avevano mai inventato qualcosa di così volgare, ma capiva in pieno lo stupore e
la paura di quell’uomo.
Lei stessa non credeva a quello che
era appena successo.
<< Questo dannato incendio è
comandato da qualcuno?! >> chiese ai soldati come se potessero
risponderle
<< Ci hai salvato la pelle.
Grazie >> le disse Alekos senza risponderle. Doveva essere ancora scosso,
ma non era il momento di avere paura. Non delle cose passate, almeno.
<< Palis, sicuri che non ci
sia magia alle spalle di questa cosa? >>
<< Ragazzo >> lo tuonò
Palis << Trova un nobile e fallo venire qui! >>
<< Non serve, soldato >>
intervenne la nobile Ismene arrivata dal niente<< Non sappiamo quale sia l’origine dell’incendio. Puoi fare la
stessa cosa a dimensioni più grandi? >>
Non
capì il senso della sua richiesta e non sapeva cosa rispondere. Il calore si
stava facendo insopportabile così vicini al fuoco e era troppo diverso dal suo
elemento perché potesse ignorarlo. Il fumo poi rendeva tutto più pesante da sopportare…
Tutte
scuse. Lo sapeva. La nobile Ismene le aveva chiesto una barriera e lei ne aveva
appena fatta una per puro istinto. Come poteva dirle che non si spiegava
neanche lei quello che aveva fatto?
Un tempo sarebbe stata in grado di
obbedire al suo ordine a occhi chiusi, ma poi…
<< Almeno prova >>
ordinò Palis sdegnato.
La battaglia si era fatta serrata e
ormai erano tutti scontri corpo a corpo. Ognuno doveva combattere per la
propria sopravvivenza più che per il proprio esercito e lei era appena riuscita
ad avvistare Jonas. Aveva cercato di raggiungerlo con ogni mezzo, combattendo
con la sua spada e con la sua magia. Lo aveva visto cadere da cavallo, doveva
raggiungerlo. Doveva aiutarlo prima che fosse troppo tardi.
Un
soldato nemico era a pochi passi da lui con un’ascia enorme tra le mani. Doveva
sbrigarsi, doveva fare una barriera che lo proteggesse
<<
Sel, attenta! >>
Non
aveva neanche visto la spada che le avrebbe tagliato la gola se lui non avesse
colpito l’uomo alle sue spalle con la freccia che avrebbe dovuto salvargli la
vita dall’ascia e la sua barriera era crollata per la sua distrazione…
Era colpa sua!
<<
Jonas! >>
<< Posso farlo! >> urlò
alla nobile più per allontanare i ricordi che per altro.
Prese
la sua pietra tra le mani e cercò con tutta sé stessa di non pensare a
nient’altro che quello che doveva fare.
Era
una sacerdotessa dell’acqua. Aveva il dovere di aiutare quella gente e doveva
alzare quel muro di ghiaccio.
Anche
se non ne capiva il senso. Anche se l’ultimo che aveva cercato di fare era
crollato e aveva provocato… Niente pensieri!
Doveva
solo far emergere l’acqua e alzarla poco alla volta mentre la faceva congelare.
Poteva farlo.
Un
basso strato di ghiaccio stava già salendo. Non era facile renderlo resistente
al fuoco.
Doveva
essere abbastanza lontano e spesso e lei doveva essere rapida se non voleva che
si sciogliesse prima che fosse servito a qualcosa.
Anche
se non capiva proprio che intenzioni avesse la nobile Ismene.
Il
fuoco distrusse il suo misero tentativo. Era stata troppo lenta.
Tentò
una via diversa. Fece emergere molta più acqua di prima allagando lo spazio
circostante. Sarebbe stato più rapido spostarla che farla arrivare dalle
profondità della terra
Stavolta
procedeva con più velocità e convinzione. Il muro stava salendo ma lei stava
finendo le forze, maledizione!
Perché
si stava stancando così? Perché all’isola era una passeggiata per lei innalzare
quelle dannate barriere e adesso non ne aveva alzata neanche mezza e era già al
limite. Perché?!?
A
che gioco giocava con lei la Dea di Dalia?
Le
stava togliendo anche il suo potere dopo tutto quello che le aveva già tolto?
Che
razza di Dea serviva?!
Quel
muro doveva alzarsi, dannazione, doveva salire!
Aveva
bisogno di dimostrare ai reali di quel posto che poteva fare qualcosa di buono
con quel maledetto potere!
Era
stanca di sentirlo scorrere nelle vene, di doverlo tenere nascosto a tutti e
poi vederlo cedere così miseramente quando ne aveva bisogno.
Perché
vacillava nei momenti peggiori?
Perché
non riusciva ad accontentare la nobile Ismene con una stupidaggine come quella?
Perché
non era riuscita a fare quella maledetta barriera quando poteva salvare
Jonas?!?
Il
ghiaccio tornò improvvisamente acqua e cadde con uno schianto a terra
lasciandola delusa e in ginocchio. Non le importava di avere le mani e le gambe
nell’acqua. Non le importava del fuoco che incombeva a un paio di metri da lei.
Non
le importava di niente e nessuno, nemmeno di Ismene che si scusava e ordinava
che la aiutassero a rialzarsi.
Non le risultò importante neanche
dell’urlo che arrivò un attimo dopo
<< Selyan, si può sapere come
credevi di riuscirci in quelle condizioni?! >>
Era distrutta. E allora? Il suo
insegnante credeva forse di sapere cosa le passava per la testa?
<< Che hai combinato?! >>
le urlò di nuovo.
Le
afferrò un braccio con poca grazia e a lei sfuggì un lamento. In un attimo le
tornò in mente la trave da cui aveva salvato Irmelin mentre correvano.
Si
era resa conto che avrebbe colpito Irmelin, l’aveva spostata eera consapevole di essere stata colpita, o
almeno graffiata dal legno, ma non si era fermata a controllare e la fretta di
aiutare i soldati, unita ai ricordi maledetti, avevano stordito tutti i suoi
sensi a quanto pareva.
Non
si era resa conto di avere una grossa ferita piena di schegge di legno poco
sopra il gomito destro. Sembrava che le mancasse anche un pezzo di pelle.
Si liberò dalla presa del nobile con
poca educazione. Le faceva male<<
Non me n’ero accorta >>
<< Vai dalle tue amiche a
farti sistemare. Non abbiamo tempo per stare dietro agli svenimenti improvvisi >>
Non
aveva neanche voglia di offendersi.
Si
incamminò verso la casa che avevano improvvisato rifugio per i feriti, ma le
bastò girare le spalle all’inferno che tutti cercavano di domare perché vedesse
le cose cambiare in un attimo.
Del
grosso incendio che stava mettendo in difficoltà i funzionari più potenti del
re e tutto l’esercito della capitale, non era rimasto nulla.
C’erano
solo il denso fumo nell’aria ormai immobile e uno strato d’acqua che non aveva
creato lei. Il suo primo pensiero fu per sua sorella stordita dall’interruzione
improvvisa del suo potere.
Era
immobile dove l’aveva lasciata, ma qualcosa davanti a lei le fece gelare il
sangue nelle vene. Una densa nebbia violacea si faceva strada in mezzo al fumo
esattamente davanti a Elydet e cresceva alla stessa velocità con cui prima era
cresciuto il fuoco.
Le
sue gambe stavano già correndo verso di lei ignorando gli ordini, le minacce e
la stanchezza.
Congelò
l’acqua che non sapeva da dove fosse arrivata, spinse via sua sorella e si parò
il viso dall’improvviso attacco di quella assurda nebbia.
Elydet era
rimasta stordita come se le avessero dato una botta in testa.
Un attimo
prima stava usando a pieno il suo potere sul fuoco davanti a lei e un attimo
dopo… il suo potere si era interrotto bruscamente perché il fuoco era sparito.
Che fosse
opera dei funzionari del Sommo? Forse
era stato proprio lui a farlo.
Quello che
sapeva era che era stordita e incapace di muoversi.
Aveva visto
Irmelin a qualche decina di metri da lei crollare a terra quando i venti erano
spariti e anche due soldati portarla via.
Lei non era
caduta.
Sentiva
qualcosa di freddo e bagnato alle caviglie.
Forse era
stata Selyan a fermare il fuoco? Non capiva.
E la strana
luce viola che si espandeva dal terreno davanti ai suoi occhi cos’era?
Chi delle sue compagne aveva un
potere di un colore simile? Non ricordava.
<< Ely! >>
Non riuscì
neanche a vedere sua sorella e si ritrovò a terra a scivolare su un ghiaccio di
cui non sapeva l’esistenza, senza possibilità di fermarsi, né di fare
nient’altro che scivolare.
Poi un boato improvviso la spaventò a morte prima che
colpisse qualcosa che arrestò la sua corsa
<< Ahia! >>
<<
Stai bene? >> chiese una voce mentre una mano compariva davanti alla sua
visuale.
La Sua mano!
La afferrò improvvisamente lucida << Vi ringrazio infinitamente per…
>>
Cosa stava
guardando il perfetto re con così tanta paura?!
Si girò
anche lei.
Il viso
stupendo del re non era fatto per la paura e non la esprimeva abbastanza a
quanto pareva.
Qualcuno
stava attaccando sua sorella!
L’energia
sconosciuta dell’innaturale viola screziato d’oro stava attraversando Selyan
senza che lei riuscisse a liberarsi. Tutto quello che sua sorella poteva fare
era scaricare quell’energia sull’acqua che ormai aveva allagato gran parte del
terreno circostante e formava sculture intrecciate e contorte alte come case,
che un attimo dopo ricadevano a terra disciolte solo per ricominciare il gioco
pazzesco e terrificante di statue e esplosioni.
<<
C'era qualcuno dietro tutto questo! >> urlò Elydet al re << Un
mago, o una sacerdotessa molto potente che adesso vuole uccidere mia sorella.
Selyan sta cercando di scaricare tutta l'energia che la attraversa sull'acqua
con la sua pietra, ma le strane cose che fa con il ghiaccio sono… viola >>
Aveva
parlato così velocemente che non sapeva se il re avesse capito tutto quello che
aveva detto e probabilmente l'aveva confuso.
<< E
questo che vuol dire? >> le chiese mentre il suo viso perfetto abbandonava
per un attimo i tratti della paura per assumere quelli del dubbio.
Ma la
risposta arrivò dal nobile Neithel prima che lei avesse la possibilità di
soddisfare il suo sovrano << Che la ragazza è solo un tramite ormai
>>
<<
Cosa facciamo? >> chiese disperata al re.
<< Non
ti hanno mai parlato del potere di questo regno? >> le chiese il Divinofigliodelsole.
<< No
>>
Sapeva che
anche loro avevano dei poteri magici o non sarebbero andate nel loro regno a
cercare aiuto, ma nessuno le aveva mai spiegato la differenza.
Forse doveva fidarsi e lasciarli
fare. Ma c'erano troppe particolarità riguardanti il loro potere che loro non
conoscevano e non poteva lasciare che facessero i loro tentativi. Il rischio
era troppo alto
<<
Qualunque sia il vostro potere, se voi vi intrometterete, sarà mia sorella a
pagarne le conseguenze. Ho paura che non possiamo più aiutarla se ogni nostro
attacco la mette in pericolo >>
<<
Fidati, Elydet >>
Elydet si
convinse che sulla faccia della terra non potesse esistere un sovrano migliore
di quello. Non aveva la minima idea di cosa gli passasse per la divina e nobile testa, sapeva solo che
si sarebbe fidata di lui in ogni caso.
<<
Neith, non farmi pentire di averti dato il permesso >>
Elydet non
capì il senso di quella frase, ma sentì una mano calda e rassicurante posarsi
sulla sua spalla.
<<
Andrà bene, non preoccuparti >>
Sentì le gambe diventare improvvisamente
molli. Non sapeva come fosse possibile, ma solo a vedere quel viso così
perfetto le sue preoccupazioni sparivano all’istante.
“Se Selyan lo delude e tira le
cuoia, dopo la ammazzo anche io!”
Neithel
cercava di farsi strada tra le sculture di ghiaccio in continuo movimento, ma
non riusciva ad avanzare più di qualche passo prima di trovarsi davanti un muro
intricato e trasparente che fino ad un attimo prima non esisteva.
Ogni volta
era costretto a distruggerlo utilizzando una grande quantità di energia senza
risolvere niente e, oltretutto, continuava a chiamare quella dannatissima
ragazza che si ostinava a non rispondere.
Maledisse
l'istante in cui aveva deciso di appoggiare la decisione del sovrano di far
restare le sacerdotesse e sé stesso per essersi preso l'incarico di istruirle.
Si sentiva
responsabile di quella situazione e non riusciva a non pensare che, se l’avesse
mandata con le altre idiote invece di illudersi che potesse servire a qualcosa,
non si sarebbe trovato in quella situazione.
Spaccò un altro muro e riuscì
finalmente a raggiungerla, non c'era più tempo per i ripensamenti. Selyan
sembrava stremata ed era convinto che con il freddo che faceva in mezzo a tutto
quel ghiaccio rischiasse anche l'assideramento. Però capì perfettamente perché
non aveva mai risposto: in quel punto si sentiva un rumore assordante prodotto
dal vento che infuriava fra i muri di ghiaccio che si innalzavano senza sosta e
dalle continue esplosioni.
<<
Selyan! >>
La ragazza
sobbalzò e perse terreno rispetto all'energia che cercava di contrastare
<< Andate via! >>
Sembrava
spaventata, ma non era una buona scusa per dargli degli ordini
<< Non
osare mancarmi di rispetto! Fai quello che ti dico e ti tiro fuori di qui!
>>
<<
Lasciate stare, per favore. Non riuscirei a... >>
Non riuscì a
finire la frase perché rischiò di nuovo di cadere indietro sotto la spinta
dell' energia nemica e la sorresse un istante prima che crollasse. Solo in quel
momento si rese conto che stava perdendo parecchio sangue dalla ferita al
braccio.
Non poteva
credere che riuscisse a controllare quella cupola disperdendone l'energia in
acqua e trattenere anche quest'ultima per non provocare altri danni senza
combinare i soliti disastri.
Nonostante
le sue condizioni, doveva ammettere che si stava davvero impegnando.
Non sembrava neanche la ragazzina distratta e
sbadata che a lezione commetteva gli errori stupidi e impensabili tanto che
spesso dubitava che la sua Dea l’avesse dotata di un minimo di cervello.
Stava rivalutando le sue capacità,
ma quante cose si possono fare in uno stesso momento con una sbadataggine
abissale come la sua e senza la minima possibilità di errore?
<<
Secondo voi, la situazione è abbastanza grave da fare una stupidaggine?
>> chiese lei.
<<
Parla chiaro >>
<< Non
posso o l’avrei già fatto. Posso fermare questa cosa, ma non posso permettere
che sospettino che sono stata io >>
<<
Perché? >>
<< Io
salvo la vita a voi e alla vostra gente da questa cosa, voi salvate la mia
dalle pretese di Dalia. Non voglio che sospetti che sono stata io e non credo
di potervi concedere molto tempo per decidere >>
<<
Come faccio a fidarmi? >>
<< Io
come faccio a fidarmi del vostro silenzio? >> chiese prima di prendergli
una mano apparentemente senza motivo.
Neithel vide
il suo bracciale attivarsi senza che lui avesse fatto niente e senza che
quell’attivazione richiedesse il minimo consumo di energia da parte sua, ma non
ebbe neanche il tempo di arrabbiarsi che un grosso alone dorato avvolse la
cupola viola mentre il vento aumentava e lei urlava qualcosa che non riusciva a
capire.
O meglio,
avrebbe voluto non capire.
Cosa ne
sapeva lei di formule proibite?
Cosa ne sapeva
del funzionamento dei loro bracciali?
Chi diamine
era quella ragazza?!
Quello che
seguì fu un'enorme esplosione che riportò tutto alla calma e alla normalità.
Niente vento, niente ghiaccio e niente energia in giro. Tutto assolutamente
normale.
Il suo
bracciale disattivato senza problemi.
Era così spiazzato da quella
situazione che quando Selyan cadde a terra stremata, non mosse un dito per
aiutarla. Non aveva perso i sensi anche se non riusciva a fare altro che
restare sulle ginocchia con le mani a terra cercando di riprendere fiato.
<< Se Dalia….
lo scoprisse…. mi ucciderebbe >>
Non gli
importava un accidenti di lei e dei suoi problemi.
Non voleva
assolutamente saperne delle sue stranezze e dei rischi che correva. Non le
disse una parola e la lasciò lì.
Quando incrociò Elydet che correva
verso sua sorella, si concesse solo un ordine
<<
Portala dentro, dalle una ripulita e poi falla venire da me >>
Aveva
parlato di lei come avrebbe fatto per una schiava o un oggetto.
Non gli
importava.
Aveva sprecato
anche troppe parole e gli dispiaceva soltanto di non aver trovato niente di
peggio da dire. Se non fosse stato per il re, non si sarebbe mai preso
l'incarico di occuparsi del suo braccio, ma, vista la sua posizione a corte,
non poteva permettersi di creare rivalità tra quel maledetto ordine di
sacerdotesse straniere e il re sul quale sicuramente sarebbero ricadute le
lamentele della Somma Sacerdotessa per un impegno preso e non rispettato.
Avrebbe
svolto il suo dovere e poi avrebbe fatto in modo di non vederla più.
Era su una spiaggia della costa orientale dell’isola.
Una piccola spiaggia irraggiungibile a chiunque non
fosse in grado di scalare una parete rocciosa alta tre metri e nascosta dagli
scogli.Era sempre deserta e perfetta
per esercitarsi con la sua pietra.
Quel giorno stava cercando di superare il suo limite
di barriere d’acqua ed era riuscita ad innalzarne sei, ma la settima non voleva
saperne di completarsi.
Era entrata in acqua fino alle ginocchia, eppure proprio non ci riusciva.
Ogni volta la barriera ricadeva in mare con uno schianto schizzandola tutta e, dopo
l’ennesimo tentativo fallito, si girò irritata verso il ragazzo che era con lei
e che sembrava preso da tutt’altra situazione
<< Mi aiuti, per favore!
>> chiese con più impazienza che educazione.
Lui, a quanto pareva, si era messo
in testa di voler migliorare le sue doti di arciere imparando a tirare tre
frecce insieme e stava cercando di mirare a un tronco d’albero che lui e suo
fratello avevano piantato in mezzo alla spiaggia per utilizzarlo come
bersaglio.
<< Esci dall’acqua >>
Non aveva neanche mollato il suo
arco, né lo aveva abbassato. Lei obbedì senza capire, sapeva bene che era più
semplice in acqua quello che voleva fare, ma difficilmente discuteva una sua
richiesta.
<< Ferma dove sei >>
Solo in quel momento si rese conto
che l’albero che usava da bersaglio era esattamente dietro di lei, anche se
alla distanza di qualche metro, e che, se avesse sbagliato solo di un soffio,
l’avrebbe presa in pieno.
<< Jonas! Smettila di
attentare alla mia vita e vieni ad aiutarmi! >>
Il ragazzo non perse la concentrazione
e le rispose con una calma che disarmante << Non sto attentando alla tua
vita >>
Scagliò le tre frecce ottenendo un
centro perfetto e la raggiunse soddisfatto<< Centro! >>
<< Tu e la tua smania di
imparare a lanciarne tre in una volta sola! Perché diamine mi hai fatto mettere
in mezzo? >>
<< Perché una freccia
continuava a spostarsi troppo verso sinistra e per niente al mondo potrei
colpire te. Doveva funzionare per forza in quel modo >>
Quella che le aveva appena detto era
la cosa più romantica del mondo, ne era certa, eppure sentiva una punta di
rabbia per essere stata usata da bersaglio.
<< Va bene, ora aiutami!
>> tagliò corto imbronciata.
<< Ancora alle prese con la
quinta barriera? >>
Sbottò offesa << Ma che dici?
Guarda per bene e conta, sono sei! >>
Jonas sospirò e afferrò la sua
pietra, la luce azzurra si fece molto più intensa del solito e la settima
barriera si innalzò senza il minimo problema.
Selyan si voltò felice dopo averle fatte ricadere con uno schianto più
grande del normale e provocando un onda che bagnò anche lui << Grazie!
>>
<< Sai una cosa, Sel? Ho
sempre pensato che per te una pietra sola sia inutile. Forse dovresti averne
due >>
<< Sai una cosa, Jon? >>
chiese imitandolo << Secondo me hai preso troppo sole! Prima non sai
contare e poi tiri fuori questo discorso assurdo. Non è che stai male? >>
Gli posò una mano sulla fronte, ma
lui la spostò subito << Non ho preso troppo sole, sono serio >>
<< Allora ti rinfresco le
idee! Primo: nessuno può avere due pietre, è contro la legge e secondo: io non
ho due pietre, caro il mio fratellone! >>
Il ragazzo stava armeggiando con un
laccio che aveva al collo e lo lasciò cadere mentre la guardava stupito
<< Così sarei solo tuo
fratello adesso? >>
Selyan arrossì all’istante << Beh
… infondo siamo cresciuti insieme e… è un po’ come se i tuoi genitori mi
avessero adottata… >>
<< Ma davvero? Ti devo
ricordare quello che hanno deciso tuo padre e il mio?O forse te lo ricordi e
hai deciso di rifiutare? >>
Si voltò dandogli le spalle e
incrociando le braccia arrabbiata << Oggi sei insopportabile! >>
Jonas rise del suo imbarazzo
<< Non ti arrabbiare, scherzavo >>
<< Stupido! Sai benissimo che
non rifiuterei mai >>
Non riusciva ancora a credere a
quello che aveva detto e fu immensamente felice che non potesse vederla in
viso. Lui però l’aveva abbracciata e le aveva messo in mano una pietra identica
alla sua. Selyan lo guardò di nuovo stupita << Non puoi farlo! >>
<< Perché no? Sai benissimo
che a me non serve se non ci sei tu che la controlli. L’unica cosa che posso
fare è darti la forza che ti manca. Non ho mai imparato ad usarla e ora è
troppo tardi per farlo, perciò è meglio che la tenga tu >>
Si sentì gelare e sapeva che non era
perché era completamente bagnata<< Cosa … Jon, cosa vuoi dire? >>
Era stata assalita da un’ondata di
terrore e probabilmente lui l’aveva capito perché le aveva sorriso
scompligliandole i capelli come aveva sempre fatto da quando erano piccoli.
<< Niente, sciocca! Non sono
in grado di controllarla né per una difesa, né per attaccare. Cosa credi che me
ne farò in battaglia? È molto
meglio che la tenga tu se può salvarti >>
<< Perché hai detto che è
tardi? >> gli chiese incapace di controllare il tremito della voce.
<< Perché sono un po’ troppo
cresciuto secondo me e, se non imparato niente fino ad ora, di certo non
riuscirò ad imparare adesso. Stai tranquilla >>
Ma come faceva a stare tranquilla?La
Dea gli aveva concesso il dono di vedere avanti nel tempo, più di una volta era
successo che Jonas sapesse cosa stava per succedere o aveva fatto strani sogni
che poi si rivelavano avvertimenti della Dea e Selyan lo sapeva benissimo anche
selui aveva sempre cercato di
convincerla che erano solo coincidenze e che la sua non era preveggenza ma
intuito.
Nessuno si separava mai dalla propria pietra, soprattutto in guerra perché
poteva rappresentare l’ultima fonte di salvezza e quello strano gesto la
spaventava più della possibilità di venire uccisa in battaglia.
<< Ma è proibito >>
<< Ti è mai importato qualcosa
delle regole del tempio? >>
Sapeva che non l’avrebbe ascoltata,
ma doveva provarci anche se era un tentativo patetico.
Non sapeva più come fare per convincerlo e non le importava se le cose che
stava per dirgli erano imbarazzanti, non poteva permettergli di abbandonare
l’ultima possibilità di salvarsi.
<< Sai che funziona solo se
sono con te >>
<< Beh, allora funzionerà
sempre >>
Selyan si
svegliò di colpo rischiando di cadere dal letto.
Aveva ancora
in mano la piccola pietra che era stata di Jonas. Aveva dormito tutta la notte
stringendola e il sonno pesante dovuto ai sedativi che probabilmente le aveva
dato il suo insegnante per curarle il braccio avevano fatto in modo che gli
avvenimenti risultassero sfocati e confusi, ma aveva permesso ai suoi ricordi di
tornare con tutta la loro forza.
Quello dal
quale si era appena svegliata non era un sogno, ma uno dei tanti ricordi che
aveva cercato di cancellare dalla sua memoria senza riuscirci davvero.
Mise di
nuovo la pietra nella piccola custodia ricamata che di solito portava in tasca.
Forse aveva ragione Irmelin quando diceva che doveva smettere di portarsela
dietro.
Guardò
meglio la sua stanza e si rese conto di essersi svegliata abbastanza tardi a
giudicare dalla luce che entrava dalla finestra e dai letti già rifatti delle
sue compagne.
Sul suo
comodino c’era anche un biglietto che, dalla grafia, doveva essere di una
Irmelin particolarmente di fretta e in ritardo:
“L’ora della sveglia è passata da un pezzo.
Non devi andare a lezione. Ci vediamo a pranzo”
Posò il
foglio e si sdraiò di nuovo sul letto ripensando allo strano incendio.
Erano
successe tante cose e non ricordava tutto. Non aveva idea di cosa fosse
successo dopo che l’energia nemica era sparita, non ricordava di essersi mossa
da lì e, se non fosse stato per la fascia che aveva al braccio, avrebbe dato
per scontato che aveva solo sognato di essere nelle stanze del suo insegnate
mentre la risistemava.
Sembrava
davvero molto arrabbiato con lei.
Non le aveva
mai rivolto la parola e, quando aveva cercato di scusarsi, l’aveva interrotta
con uno “Stai zitta” duro e freddo.
Per il resto non ricordava altro.
Sapeva solo
che non aveva usato la sua magia per guarirla e l’unica spiegazione che
riusciva a darsi era che non aveva la minima intenzione di non farle male
mentre la ricuciva.
E allora
perché l’aveva drogata?
Sperava
forse che in quel modo lei gli dicesse la verità quando le aveva chiesto dove
avesse imparato quella formula?
Sospirò e
decise di non pensarci per il momento.
Uscì dalla
stanza senza avere un idea precisa di dove andare, ma con la ferma intenzione
di distrarsi dai suoi pensieri.
Nonostante
tutto, le lezioni non erano state annullate, perciò erano tutti impegnati. Le
sarebbe piaciuto uscire dal palazzo, ma non sapeva se questa possibilità le era
concessa o meno e non voleva davvero peggiorare la sua situazione.
Per sua fortuna trovò Nora in uno
dei tanti cortili interni intenta a curare delle piantine.
<< Nora? >>
<<
Ciao, Selyan! Stai bene? >>
<< Sì,
grazie. Posso chiederti cosa stai facendo? >>
<< Due
volte alla settimana devo occuparmi di questo giardino anche se lo detesto.
Ismene è convinta che non posso imparare a ricordare tutte le caratteristiche
delle piante che mi servono per i miei studi se non le coltivo da sola. Odio le
piante, odio studiare e figurati se mi piace occuparmi di un orto, ma Tarìc è
convinto che Ismene abbia ragione e mio padre ci tiene alla mia istruzione.
Sono costretta a obbedire >>
Nora
sembrava così presa dalla sua chiacchierata che non sembrava fare troppo caso a
quello che faceva.
<<
Scusa, ma non stai dando un po’ troppa acqua a quella pianta? >> le
chiese vedendo la pozza decisamente troppo grande alla base della piantina.
<<
AAAAHHH! Mi sono distratta a parlare! No! Adesso questa piantina morirà
affogata >>
Poi sembrò riflettere su quello che era appena
successo << Infondo era solo una pianta e qui ce ne sono tante... Non mi
scopriranno >> concluse convinta banalizzando tutto con un’alzata di
spalle.
<< Che
succede se ti scoprono? >>
<< Se
mi scoprono … ehm, se Aaren mi scopre, ora che suo figlio è arrabbiato …
>> la disperazione si impadronì di Nora che si inginocchiò a terra
implorando << Piantina non morire! >>
Selyan non
poté fare a meno di sorridere e aiutarla.
Non si era ancora ripresa del tutto,
ma era stata lei a mettere nei guai la sua amica e avrebbe usato pochissima
energia per rimettere le cose a posto.
<<
Dai, ti aiuto io >>
Le bastò
mettere una mano a terra e l’acqua svanì lentamente sotto gli occhi stupiti di
Nora
<<
Come ci sei riuscita? >>
<< Ho
fatto scendere l’acqua nel terreno così è lontana dalle radici e non la soffoca
>>
Lei le buttò
le braccia al collo felice << Che bello, mi hai davvero salvata! Aaren se
ne sarebbe sicuramente accorto, a quello non sfugge mai niente, accidenti! Si
sarebbe arrabbiato, Neith sarebbe venuto a saperlo e non mi avrebbe più dato
pace >> la ragazza cominciò a elencare sulle dita la lista dei suoi
scampati insulti << Mi sembra già di sentirlo dire al re che la mia
inesistente intelligenza mi impedisce di imparare dai libri, la mia stupidità
mi vieta di capire le cose che mi vengono dette, che non sono neanche in grado
di usare un secchio d’acqua per… Lo detesto! >>
<< Ma
lui cosa c’entra? >> chiese confusa. Possibile che il suo maestro fosse
dappertutto?
Nora la
guardò seria come se le fosse sfuggito qualcosa di ovvio, ma proprio non
capiva.
<<
Queste sono le piante che usavate a lezione, Selyan. Possibile che non te ne
sia accorta? >>
Arrossì fino
alla punta dei capelli e scosse la testa. Per fortuna Nora riprese a parlare
subito
<< Mi
hai salvata dalle sue lamentele ridicole e noiose, ti devo un favore >>
Selyan
scoppiò a ridere. Aveva paura che la sua nuova amica rischiasse una punizione,
ma a quanto pareva Nora era preoccupata solo per motivi di orgoglio.
<< Non
se ne parla! Sono stata io a metterti nei guai, quindi siamo pari almeno per
questa volta. Ho ancora qualche miliardo di debiti con te >>
Fece per
alzarsi, ma il giardino prese a girarle intorno ad una velocità frenetica e fu
costretta ad appoggiarsi a Nora per non cadere. Fortunatamente la ragazza capì
al volo cosa stava succedendo e la aiutò a sedersi sotto il colonnato, lontano
dal sole e con la schiena poggiata al muro
<<
Stai bene? Forse non ti saresti dovuta alzare per oggi >>
Appena il
mondo rallentò la sua corsa si rimise in piedi senza lasciare comunque la
colonna dietro di lei << Grazie. Non so cosa sia successo >>
<< Lo
so io. Vieni con me! >>
Iniziò a tirarla
per il polso, senza che lei avesse la minima idea di dove volesse portarla
<<
Dove mi porti? >>
<< In
camera tua e ti rimetto a letto! Aaren ha detto che dopo pranzo devi andare da
lui e per affrontarlo devi essere in piena forma >>
A quelle
parole Selyan si fermò di colpo riuscendo perfino a liberarsi dalla sua stretta
<< Cosa!? E perché? >>
Nora era
incerta, sembrava che avesse paura della sua reazione<< Per il tuo nuovo … piano di studi. O
almeno credo… >>
<<
Capisco >>
Non disse
altro perché sapeva che non sarebbe riuscita a fare l’indifferente ancora per
molto e Nora sembrò accettare perché la riprese per il braccio << Andiamo
adesso! >>
La ragazza
riprese a parlare incessantemente, ma Selyan ormai non la ascoltava quasi più.
Doveva
aspettarselo un provvedimento del genere, era la regola più diffusa in
qualunque tipo di scuola: se l’alunno non rispetta un insegnante, viene
allontanato dalla classe.
Non era
andata dalle sue compagne come le aveva ordinato, aveva usato una formula
proibita davanti a lui e aveva anche messo mano alla sua magia senza il suo
permesso.
Non poteva
certo pretendere di tornare a lezione come se non fosse successo niente.
Era già
fortunata se non la condannavano a morte.
Una volta arrivate in camera, Nora
chiuse la porta e Selyan si sedette sul letto sperando che non si accorgesse di
quanto era stanca e preoccupata
<<
Ehi, non te la prendere. Neith è fatto così. Non è certo colpa tua se- >>
<< No,
Nora, sono stata io. Gli ho disobbedito troppe volte, non importa quali fossero
i miei motivi. Ha ragione lui >>
<< Non
dirmi che sei convinta che sia arrabbiato con te perché- >> Nora si fermò
di colpo << Già… non puoi sapere perché non vuole vederti >>
Non ci
capiva più niente e aveva l’impressione che non le avrebbe detto niente di più,
ma aveva bisogno di una spiegazione logica per quanto era successo.
<< C’è
qualcosa che dovrei sapere, Nora? >>
L’apprendista
maga era in seria difficoltà << Ti basti sapere che non è colpa tua.
Questo lo sa benissimo anche lui, ma credo sia difficile da accettare >>
<<
Cosa? >>
<<
Niente, solo che è … abbastanza raro, anzi, per dirti la verità eravamo
convinti che nessuno al di fuori dei funzionari del re fosse a conoscenza di
certe cose. Magari un giorno capirai perché se l’è presa tanto >>
<< Ha
detto a tutti quello che ho fatto? >> chiese spaventata
<< No,
solo a Tarìc e lui l’ha detto a Ismene, me, Olen, Tanet e Aaren. Non possiamo non
sapere le cose importanti, ma non siamo pettegoli. Sinceramente credo anche che
Olen sia mezzo muto visto che non apre mai bocca nemmeno ai consigli. Io non ti
metterò in pericolo, Tanet ti stima non ha ancora capito cosa deve fare ma ha
paura dei grandi poteri perciò non si metterà contro di te per adesso, Tarìc è
intelligente e non ti tradirà, Ismene obbedisce sempre al re e rispetterà la
sua richiesta di silenzio… Quanto all’antipatico
, avrebbe comunque rispettato l’ordine del re, ma sei stata intelligente
quando l’hai nella condizione di essere in debito con te dicendogli che gli
salvavi la pelle al prezzo del suo silenzio. Aaren è stato l’unico a tirare un
sospiro di sollievo quando ha saputo quello che hai fatto. Non corri nessun
rischio, puoi starne certa >>
<< Il
nobile Aaren non credeva che i vostri ci sarebbero riusciti? >>
Nora scosse
la testa decisa << Non siamo stupidi, sai?! Ovvio che ci saremmo
riusciti, ma il re aveva ordinato a Neith di fare quello che hai fatto tu e Aaren…
beh… >>
Ormai aveva
capito, poteva salvare Nora dall’imbarazzo << Quelle cose hanno dei
rischi ed è stato ben felice di sapere che, se fosse andata male, ci avrebbe
rimesso la pelle una straniera sconosciuta piuttosto che suo figlio. Lo avrebbe
fatto chiunque >>
<< Io avrei
preferito il contrario. Tu mi stai simpatica, lui… non capisco perché Aaren non
si decide ad accettare una delle centinaia di richieste di matrimonio che
riceve ogni anno e ce lo tolga di torno! >>
Avrebbe riso
della rabbia di Nora, ma le aveva appena fatto presente che, oltre a
disobbedire diverse volte, lo aveva anche messo alle strette. Non avrebbe
dovuto indispettire un membro della corte reale, dannazione!
<<
Cambierebbe qualcosa se mi scusassi con lui? >>
<>
Selyan
scosse la testa << Comunque ho ignorato i suoi ordini. Mi ha anche
rimesso a posto senza troppe storie >>
Stava
parlando fissandosi il braccio fasciato e Nora assunse una strana espressione
<< Non provare a ringraziarlo! Sai che Tarìc ha urlato per almeno mezzora
quando ha saputo che non aveva usato la magia per guarirti? È un maledetto dispettoso e antipatico, e… Quante volte
devo dirti che lo odio e che è una persona orribile prima che tu lo capisca?!
>>
Poi però
qualcosa cambiò nel tono di quella ragazza << Senti, non so se la tua sia
una buona idea o no, Sel. Non ho mai capito come ragiona, e sia chiaro che vado
fiera di me stessa per questo, e scommetterei qualunque cosa su un pesante
maltrattamento da parte sua. Se proprio hai intenzione di scusarti, dammi retta
e vai con un’ arma efficace e una scorta. Forse potrei anche chiedere a Tanet
di aiutarti. Sono sicura che, se gli dicessi quello che vuoi fare, ti
manderebbe una cinquantina di uomini armati di sua iniziativa. D’altra
parte,può darsi anche che alzi le
spalle come il suo solito, o ti sbatta la porta in faccia senza risponderti …
Puoi provare, ma solo dopo pranzo. Bisogna essere al massimo della forma per
sfidare la sorte! >>
<< Sono
contenta di averti incontrato >>
<<
Anche io, ma adesso devo proprio finire con le piante o mi sbatteranno fuori a
calci. Fammi sapere come va a finire questa storia e, se devi difenderti, hai
la mia autorizzazione a picchiarlo con tutte le tue forze >>
Selyan
sorrise e la salutò mentre usciva. Adesso era di nuovo sola. Si sdraiò fissando
il soffitto. Odiava non avere niente da fare né qualcosa a cui pensare, ma non
voleva uscire di nuovo dopo che Nora l’aveva riportata in camera. C’erano
troppe persone che era meglio evitare, comprese le sue compagne. Non aveva idea
di quello che Dalia aveva raccontato alle altre sacerdotesse per giustificare
la sua assenza al rito di ringraziamento alla Dea, a colazione e a lezione.
Forse era meglio non farsi vedere in giro.
Pensò alla
formula che aveva usato. Era stata una stupida.
Qualcuno le avrebbe sicuramente chiesto
spiegazioni e lei non avrebbe potuto rispondere.
Era nei guai
fino al collo.
********************************************
-Tarìc-
Avrebbe
trovato il responsabile e gliel'avrebbe fatta pagare cara.
Era tutto
quello che continuava a ripetersi guardando le case distrutte
Avrebbe
trovato il responsabile di quello che era successo al suo regno, già in
difficoltà, e lo avrebbe costretto a implorare la morte e quanto altro poteva
esserci al mondo pur di far finire la tortura che gli avrebbe inflitto. Si
sarebbe pentito più di ogni altro peccato sulla sua coscienza del maledetto
pomeriggio che gli aveva fatto passare e di tutti i danni che aveva portato
alla sua gente.
Ma come
trovarlo?
Aveva
tentato immediatamente di individuare la fonte del potere che li aveva
attaccati e non ci era riuscito. Neanche Ismene e Neithel avevano risolto
niente in quel senso.
Quella cosa
lo mandava in bestia.
Come
accidenti aveva fatto il responsabile a nascondersi così bene!?
Il fatto che
la Somma Sacerdotessa straniera parlasse di una fonte lontana, poi, non faceva
che alimentare i suoi sospetti su di lei.
Non la
riteneva affidabile e niente di quello che diceva sembrava degno di essere
preso in considerazione, ma... se chi aveva colpito il suo regno aveva usato un
potere più simile a quello delle straniere che a quello della sua corte, forse
era davvero possibile che Dalia lo avesse individuato più facilmente.
Ma
esistevano veramente tipi così diversi di potere?
E se
l'avesse detto solo per parlare?
Quella donna
sembrava disposta a tutto pur di attirare su di sé l'attenzione.
Doveva
assolutamente scoprire cosa stava succedendo al suo regno.
Forse, per
il momento, poteva accontentarsi di quello che gli Dei avevano mandato nella
sua terra e usare prima i mezzi illeciti di quelli bellici.
Quello che
era certo, era che aveva bisogno di una persona all’interno di quel maledetto
ordine straniero di cui fidarsi ciecamente. Qualcuno che non lo avrebbe mai
tradito, che non gli avrebbe mai mentito per nessun motivo al mondo e che
sapesse la verità sui piani di Dalia.
Tarìc sapeva
anche di dover interrogare di nuovo Selyan. Dopo quello che gli aveva
raccontato Neithel, cominciava a sospettare che anche lei fosse una buona parte
dei problemi che quella gente rappresentava per il suo regno.
Non aveva
risposto quando le avevano chiesto dove avesse imparato la formula che aveva
usato. Non andava fiero di quello che aveva fatto la sera prima, ma l’aveva
fatta drogare con la scusa di alleviare il dolore al suo braccio e poi l’aveva
interrogata.
Credeva che
in quel modo avrebbe ottenuto la sua verità nascosta, ma, per un motivo
sconosciuto sia a lui che a Ismene, aveva ottenuto solo il suo lato ribelle e
privo di inibizioni.
Si era
praticamente ribellata a loro protestando che non le sembrava giusto essere
processata quando non aveva fatto altro che salvare la vita del re rischiando
la propria e che, se fosse stata pericolosa per loro, avrebbe semplicemente
sfruttato quell’occasione per lasciarli uccidere da qualcuno che si era preso
la briga di distruggerli al posto suo, o che si sarebbe presa in pieno il
merito delle sue azioni senza cercare coperture dai membri della sua corte.
Non si
aspettava quella resistenza e aveva preferito non insistere. Tanto più che
avevano scoperto una sua allergia alla metà delle loro piante medicinali e
Ismene si era dovuta accontentare di una dose da bambini per non farla stare
male.
Se volevano
passare inosservati, non poteva certo avvelenarla.
L’aveva
lasciata libera di tenersi i suoi misteri, ma aveva capito che non poteva
fidarsi di lei e che doveva controllarla più di tutte le altre.
La persona
di cui aveva bisogno Tarìc era una sacerdotessa che avesse un legame anche con
lei, saldo al punto da conoscere i suoi segreti e, allo stesso tempo,
distaccato abbastanza da tradirla se in caso di necessità.
Tarìc sapeva
da tempo di avere a portata di mano la persona giusta per il suo scopo.
Doveva solo
mettere a tacere la coscienza che protestava al solo pensiero di raggirare una
ragazza innocente e follemente innamorata di lui.
Si
era svegliata con il cuore in gola per l’angoscia, aveva aspettato trepidante che
passasse l’ora di pranzo e poi aveva messo insieme tutto il suo coraggio ed era
uscita dalla sua stanza.
Sapeva
dove andare. Doveva solo arrivare in fondo al corridoio riservato alle
sacerdotesse del suo ordine, girare a desta e scendere la scala, attraversare
il giardino, salirne un’altra e andare a sinistra.
Era
semplice.
Ma
qualcuno doveva aver murato la scala dall’altra parte del giardino senza
avvertirla e doveva anche aver fatto un lavoro perfetto visto che non ne vedeva
i segni sul muro davanti a lei.
Dove
aveva sbagliato questa volta?!
Doveva
tornare in camera sua e ricominciare da capo, non aveva altra possibilità.
Il
suo solo problema era che la scala che l’avrebbe portata alla sua stanza doveva
essere in salita, non in discesa come quella che si trovava davanti a lei in
quel momento.
Imprecò
contro se stessa e sentì la disperazione assalirla mentre si guardava intorno.
Perché
si perdeva di continuo? Qual era il suo problema con quei corridoi?!
Forse
doveva davvero scendere da quella parte per capire dove diamine fosse finita.
<<
Selyan! >>
La
voce di Nora la salvò dalla disperazione e le corse incontro << Mi hai
salvato di nuovo, credo di essermi persa >>
Lei rise divertita prima di annuire
<< Sapevo che sarebbe successo. Irmelin è passata da me prima di andare a
lezione per chiedermi di accompagnarti, ma non riuscivo a trovarti. Andiamo >>
Selyan cominciava a sentirsi
agitata. Non sapeva cosa avrebbe dovuto dire o fare e soprattutto non sapeva
cosa aspettarsi. E se l’avessero mandata via? Potevano mandarla via?
Nora sembrò capire la sua confusione
perché le dette una spinta affettuosa a un braccio << Guarda che il
vecchio Aaren non ha intenzione di ucciderti, non fare quella faccia! >>
<< Beh, non è quello che mi
preoccupa ad essere sincera... >>
<< E non può
infliggere punizioni corporali. Tarìc non lo permette >> la informò
ridendo di qualcosa che solo lei poteva sapere.
<< Nemmeno
quello >>
<< E
allora qual è il problema? >>
Non sapeva se dovesse dirle o meno che aveva paura
che la rispedissero a casa. Se le avesse risposto che era possibile, avrebbe
perso la testa prima di arrivare dal nobile Aaren.
Purtroppo,
Nora fraintese il suo silenzio e cominciò a urlare << Non dirmi che ti
sei innamorata di quell’antipatico di Neith e ti vergogni a parlare con lui e
suo padre! >>
Si fermò
di colpo stupita. Ma come aveva fatto a pensarlo?!
<< Pensa
di nuovo una cosa del genere e dopo non aspettarti di trovare una sola delle
tue piante ancora in vita! >> le urlò con tutta la rabbia di cui era
capace.
Nora
rise di cuore alla sua reazione e Selyan si rese conto che probabilmente era
arrossita parecchio visto che si sentiva il viso più caldo del normale.
Quando la sua amica finalmente si
asciugò gli occhi chiarì il motivo delle sue risate <>
<< In che senso? >>
<< Di solito sei calma, seria
… lascia perdere! Comunque non ci sarebbe stato niente di male se- >>
<< Adesso basta! Ti diverti a
provocarmi, per caso? E poi mi vieni a dire queste cose proprio tu che lo odi?!
>>
<< Io sì, ma la tua amica ha
ammesso davanti a tutti che farebbe di tutto per sposarlo. Posso anche capire
che a una sconosciuta sembri attraente, ma non capisco come possa volerci così
tanto tempo a rendersi conto che è un maledetto dispettoso, arrogante e
insopportabile! Ho chiesto centinaia di volte a Tarìc di esiliarlo e sono
sicura che mi avrebbe accontentata se non avessero avuto legami di sangue. Lo
detesto! >>
Che diamine di piega aveva preso
quel discorso? Doveva andare a scoprire quello che ne avrebbero fatto di lei da
quel momento in poi a causa del suo comportamento scorretto, e si ritrovava a
spettegolare con la migliore amica del re. Però, già che c’era… << Chi è
la mia amica? >>
Di certo non poteva essere Elydet e
tanto meno Irmelin che lo odiava già a morte.
<< La rossa che viene a
lezione con te >>
<< Keira?! Ma lei non è mia
amica >> protestò indignata anche solo dall’idea che Nora potesse pensare
che fosse amica sua
<< Lo so e la odio anche io.
Una volta ero con Tarìc, lei ci ha incrociati nel corridoio e si è fermata solo
a salutare lui. Io mi sono presentata e lei non mi ha neanche risposto. Avrei
voluto picchiarla a sangue, ma non mi va che Tarìc pensi che sono violenta >>
Ora parlava anche del re… non ci voleva. Doveva distrarla<< Manca molto? >>
<< Sali quelle scale e
ricordati che voglio sapere tutto! >>
<< Grazie, Nora, senza di te
non so come avrei fatto >>
<< Avrai tempo per ringraziarmi,
adesso vai! >> la esortò spingendola con tutt’e due le mani piantate
nella schiena << Non dargli anche la possibilità di farsi grande
sgridandoti per i tuoi ritardi o non te la perdono! >>
Salì
le scale di corsa anche se ad ogni gradino sentiva l’ansia aumentare. Aveva una
paura folle di essere mandata via, o peggio ancora di essere esclusa dal
palazzo.
Cosa
avrebbe fatto in una terra sconosciuta?
Le
altre l’avrebbero disprezzata in eterno e non sapeva come si sarebbe comportata
la gente del villaggio con una sacerdotessa scacciata dal suo ordine, ma
sicuramente non l’avrebbero vista di buon occhio.
“Dea, aiutami”
Si rese conto all’istante che ormai
non aveva più il diritto di pregare la Dea per chiedere il suo aiuto. Non
sapeva più cosa pensare e si limitò a bussare alla porta. Solo così avrebbe
messo fine a tutte quelle domande. Quando vide il suo insegnante, però, si
pentì amaramente di essere andata da lui e avrebbe voluto sprofondare nel
pavimento. Dire che la guardava male era poco
<< Ti avevo detto chiaramente
di sparire >>
Aveva ragione. Le aveva detto di non farsi più
vedere dopo averle fasciato il braccio, ma lei era tornata. Ormai era troppo
tardi per cambiare idea e andare via.
<< Vi chiedo perdono per
avervi disturbato, mio signore, volevo solo scusarmi con voi per il mio
comportamento di ieri. Non ho rispettato i vostri ordini, ho visto mia sorella
in pericolo e ho perso la testa. Non era mia intenzione mancarvi di rispetto >>
<< Sei davvero patetica! Se
pensi di farmi cambiare idea sulla tua punizione, ti sbagli di grosso. Ormai ho
deciso, se la cosa ti crea dei problemi è solo colpa tua >>
Il disprezzo era scontato, ma quello
che le aveva detto per lei non aveva senso.
<< Mi dispiace, ma non so di
cosa state parlando, non sono a conoscenza della vostra decisione >>
<< E allora, a maggior
ragione, non dovresti essere qui! >>
La
porta si richiuse con uno schianto tanto forte che Selyan rimase stordita da
quel rumore improvviso.
Perché mai avrebbe dovuto supplicare
il suo insegnante i cambiare idea? Era davvero una punizione così terribile?
Non riusciva a capire ma, qualunque cosa fosse, se l’era meritata ed era
inutile continuare a pensarci.
Stava ancora pensando quando sentì
una voce dietro di lei << Selyan, ti avevo fatta avvisare di venire
subito da me >>
<< Ecco, veramente… io… >>
non sapeva cosa dire e il suo imbarazzo doveva essere evidente perché il nobile
Aaren aprì un’altra porta lasciandola passare.
<< Non importa, entra >>
L’uomo
la guardava in modo strano, forse perché aveva capito come si sentiva dal suo
viso. Non era mai stata brava a nascondere le sue emozioni anche se le
sacerdotesse come lei dovevano imparare a restare impassibili in qualunque
situazione. Era sempre stato tra i suoi più grandi difetti.
Il
nobile Neithel e l’uomo si era seduto a un tavolo facendole cenno di fare
altrettanto. Nello scostare la sedia Selyan si accorse che le tremavano
parecchio le mani così si sedette facendole sparire tra le pieghe della veste.
Nonostante quell’uomo non fosse
stato scontroso né arrogante con lei, non aveva il coraggio di guardarlo in
faccia. Non sapeva il motivo di quella sensazione, ma almeno stava rispettando
le regole della buona educazione di quelle parti.
<< Posso sapere perché hai
ignorato anche il mio ordine? >>
<< Volevo scusarmi per il mio
comportamento di ieri. Mi sono resa conto di aver sbagliato e ci tenevo a farlo
sapere al nobile Neithel, ma non volevo che pensasse che mi scusavo solo per
fargli cambiare idea su una punizione >>
L’uomo non parlava più e lei non sapeva
cosa pensare. Voleva solo scappare da quella stanza.
<< Immagino che tu voglia
sapere subito la decisione che è stata presa nei tuoi confronti, vero? >>
Annuì semplicemente.
<< Bene… Innanzitutto, come
sai, gli ordini dei vostri responsabili non possono essere contraddetti, tu li
hai addirittura ignorati. La cosa è stata discussa alla presenza del re e della
vostra somma sacerdotessa. Il nostro re sa che non dai problemi di solito e ha
più di un motivo per esserti grato, ma non poteva ignorare quello che hai
fatto. Visto che hai disobbedito al tuo insegnante, sarai allontanata dalle
lezioni >>
Si sentì crollare il mondo addosso.
Era un provvedimento scontato e doveva aspettarselo. Era ovvio che, se un
allievo non rispettava il suo insegnante, veniva allontanato dalla classe, ma
si sentiva malissimo lo stesso. Acausa
della sua impulsività aveva messo fine alla sua possibilità di imparare a
dominare il suo potere in modo efficace, aveva messo fine alle sue possibilità
di imparare qualcosa di buono e, probabilmente, sarebbe anche stata allontanata
da palazzo. Era stata una stupida!
<< Seguirai le lezioni della
nobile Ismene >> disse il vecchio improvvisamente.
Lo guardò stupita. Allora non
volevano mandarla via né tanto meno farla restare a palazzo a non poter
imparare niente mentre le sue compagne avrebbero seguito un piano di studi
personalizzato! Avrebbe imparato anche lei qualcosa per rendersi utile.
<< Ma non è l’unica decisione
che hanno preso >> la avvertì stroncando sul nascere il vago senso di calma
che le aveva appena riportato. << Dal momento che Neithel è anche un
membro della Corte Reale, ha deciso di punirti anche per aver ignorato un
ordine reale >>
E ora arrivava l’esilio dal palazzo,
lo sapeva. Lo capiva dalla pausa smisurata di quell’uomo.
<< Dovrò… andare via da qui? >>
quella domanda le costò uno sforzo enorme come la paura che aveva della
risposta che per ricevere.
<< No. Avrai anche disobbedito
e usato poteri di discutibile provenienza, ma hai pur sempre salvato la vita di
molte persone compreso il re >>
Poteri
di discutibile provenienza… Il nobile Neithel aveva sbandierato
alla corte quello che aveva fatto alla faccia della sua supplica di tenere la
bocca chiusa in cambio di quello che aveva fatto per loro. Perché mai si era
fidata di lui?! Avrebbe tanto voluto chiedere al nobile Aaren se, per caso, non
avesse capito male quello che intendeva, ma fu lui a toglierle ogni dubbio
senza bisogno di inutili domande
<< Sì, Selyan, sappiamo
esattamentecosa hai fatto e nessuno di
noi accetta volentieri l’idea che una di voi abbia simili poteri per le mani >>
<< Io non voglio- >>
<< Non importa >> la
interruppe << Ti rendi conto che il fatto che tu abbia chiesto di tenere
nascosta la cosa alla tua stessa Somma Sacerdotessa ci fa sospettare parecchio
della tua lealtà? >>
<< Me ne rendo conto, Mio
Signore >>
Non disse altro. Cosa altro poteva
dire che non peggiorasse le cose? Non era mai stata brava con i discorsi. Meno
che mai con quelli riparatori.
<< Quello che hai fatto
comporta la pena di morte per la tua gente? >> insistette lui.
<< Non ne sonocerta, ma credo sia molto probabile.
Soprattutto considerando il fatto che la Somma Dalia sopporta male me e il mio
potere dal giorno in cui sono entrata al tempio >>
<< Perché? >> chiese lui
con quel tono che ordinava più che domandare.
<< Un tempo tra la nostra
gente, solo i nobili avevano potere sufficiente per governare una pietra. Negli
ultimi anni non era più così e la Somma Sacerdotessa…
Beh… Il fatto che i contadini avessero il potere riservato ai nobili era in
qualche modo il segnale evidente che il tempio aveva fallito nel controllarne
la diffusione. Mio padre era un nobile, è vero, ma mia madre era una donna di
umili origini con cui aveva diviso il letto una notte in cui un temporale
l’aveva sorpreso sulla strada del ritorno. Non sono neanche figlia di una
coppia sposata. La mia stessa esistenza per il nostro tempio era al limite del
disonore e la Potente Dalia mi ha sempre…sopportata solo perché mio padre aveva
una delle cariche più alte del nostro regno. Era difficile che qualcuno si
opponesse a lui almeno quanto è difficile che qualcuno si opponga a una
decisione del vostro re >>
<< Il generale aveva così
tanto potere nel vostro regno? >> chiese improvvisamente incuriosito da
quel dettaglio.
<< Mio padre sì >> lo
corresse lei prima di rendersi conto che, forse, aveva di nuovo parlato troppo.
<< Beh, qui non sei a casa tua
e tuo padre non può coprire le tue prese di posizione, Selyan >>
<< Ho sempre cercato di non
dare problemi a mio padre quando era in vita, Mio Signore, non intendo
disonorare la sua memoria adesso. Tutto quello che ho fatto ieri, l’ho fatto
per proteggere mia sorella. Niente di più. Mi dispiace se ho arrecato offese o… giuro che anche ripensandoci adesso, non so in che altro
modo sarei potuta uscirne >>
<< Fidandoti di noi, magari? >>
<< Mio padre mi chiese di
occuparmi di Elydet se fossimo rimaste sole e gli promisi che lo avrei fatto.
Ieri sarei morta se qualcuno si fosse messo in mezzo e mi sarei vergognata in
eterno quando avessi raggiunto mio padre nei Regno Eterni per aver lasciato
sola sua figlia >>
Un attimo di silenzio calò nella
stanza. Lei non sarebbe riuscita a dire altro senza scoppiare a piangere come
una stupida al tavolo del nobile e lui sembrava pensare a qualcosa della
massima serietà. Sperava con tutta sé stessa che non pensasse al modo di dirle
che l’avrebbero mandata via dal palazzo
<< Il re in persona ha
stabilito che il vostro ordine sarebbe rimasto a palazzo per due anni, non puoi
essere mandata via da qui se non per ordine del re e lui ritiene che tu sia un
pericolo, ma non una minaccia. Sarò sincero con te, ragazza, non ci fidiamo
molto della vostra Somma Sacerdotessa e l’idea che sappia di avere a portata di
mano una ragazza in grado di fare quello che hai fatto tu, ci piace ancora meno
di sapere quello che tu potresti fare da sola >>
Di nuovo si trovò incapace di
rispondere.
<< Sai che il nostro paese è
stato devastato da un terribile terremoto e non mi sembri troppo stupida per
capire che l’incendio di ieri sera ha peggiorato di molto la situazione >>
ricominciò l’uomo cambiando discorso << Il re ha ordinato la formazione
di tre squadre di soldati e volontari che avranno il compito di svolgere i
lavori di ristrutturazione. Parteciperai a quelle squadre ogni mattina e
seguirai le lezioni della nobile Ismene il pomeriggio >>
Selyan credette di aver capito male.
Quella che avrebbe dovuto essere una terribile punizione, a lei apparve come il
modo in cui poteva rendersi utile e tenere la mente impegnata in qualcosa che
non fossero il suo passato o gli intrighi inesistenti che disegnava nella sua
mente ogni volta che era libera di pensare quello che voleva. Era possibile?!
<< Mi dispiace che sia andata
in questo modo >> le disse il vecchio Aaren che probabilmente aveva
interpretato male il suo silenzio.
Lei scosse la testa << No, va
bene così, mi meritavo di peggio >>
Ringraziò e stava per andare via
quando l’uomo la fermò con una domanda << Non ti interessa la durata? >>
Si stupì così tanto che smise di
fissare il tavolo e alzò il viso verso di lui<< Durata? >>
<< Non avrai pensato che ti
avremmo fatta lavorare in eterno per rimettere in piedi un paese che dovrai
abbandonare? Tre mesi a partire da domani. Ovviamente non vale la stessa cosa
per le lezioni >>
Si
sentì immensamente sollevata e sorrise all’uomo ringraziandolo, tanto ormai era
convinta di aver imparato a memoria lo schema delle venature del tavolo.
Sapeva
che avrebbe preso parte alle lezioni del pomeriggio, ma non avrebbe capito
niente di quello che la Nobile Ismene avrebbe detto per la stanchezza, che
sarebbe arrivata a palazzo troppo tardi per andare a lezione, o chissà
cos’altro sarebbe riuscita a combinare per mettersi nei guai in quelle squadre,
ma alla fine avrebbe potuto dedicarsi solo alle lezioni e recuperare il tempo
perso.
Forse
non sarebbe mai stata ai livelli delle sue compagne, ma avrebbe comunque
imparato qualcosa.
Doveva assolutamente raccontare
tutto a Irmelin prima che la preoccupazione la facesse impazzire.
Il
vecchio Aaren rimase seduto al suo posto anche dopo che la porta si chiuse alle
spalle della ragazza che aveva fatto passare un’altra notte insonne a tutta la
corte.
Era
deciso ad avvertirla di quanto il re fosse stato vicino ad esiliarla per
convincerla a ridimensionare il suo carattere assurdo, ma quando l’aveva vista
così spaventata all’idea di essere cacciata, aveva capito che avrebbe avuto
esattamente l’effetto contrario con lei.
Sapeva
da Nora che era convinta di aver perso quasi tutto nella vita e metterla di
fronte alla consapevolezza di essere a un passo dal perdere il resto, avrebbe
potuto fare di lei una disperata senza cervello, pronta a compiere le peggiori
stupidaggini senza più freni.
Quello
che quella ragazza non aveva capito era che, usando il potere della corte
reale, aveva reso impossibile da sola il suo esilio.
Perfino
la ferma determinazione del re e di suo figlio erano crollate quando Aaren
aveva fatto notare alla corte che era stupido esiliare una persona che aveva
per le mani il loro potere e poteva disporne a suo piacimento. Altri avrebbero
potuto avere per le mani lei, la sua lealtà e la possibilità di ordinarle di
mettere fuori combattimento la corte.
Loro
non avevano considerato quel lato della faccenda e lei non era neanche
lontanamente vicina all’immaginarlo vista la paura che aveva di sentirsi
allontanare dal regno o dal palazzo.
Ma
era quella paura a preoccupare Aaren.
Perché
non voleva essere allontanata? Era solo per le sue sorelle e amiche o c’era
qualcosa di più? La possibilità di comandare il Bracciale del Potere di suo
figlio le aveva fatto credere di potersene impossessare per chissà quale scopo?
Liberare la sua terra forse?
Il
nobile Aaren si alzò e raggiunse la portafinestra che dava sull’immenso balcone
che collegava tutte le stanze dei reali.
C’era una questione molto più banale
e molto più urgente da risolvere in quel momento
<< Sai, figliolo, mi chiedevo
da quando hai preso l’abitudine di origliare le conversazioni altrui >>
Neithel
non gli rispose. Era troppo impegnato a guardare il giardino sotto di loro dove
quella che era stata la sua allieva correva verso sua sorella.
Non era raro che Aaren vedesse il
disprezzo sul viso di suo figlio, e non era strano che la odiasse dopo quello
che lei aveva fatto, ma decise comunque di tentare di risollevare la situazione
<< Sembrava sinceramente
pentita di quello che ha fatto. Chi avrebbe lasciato uccidere sua sorella senza
fare niente? >>
<< Fosse stato per me l’avrei
venduta al mercato degli schiavi >> sbottò tornando nella sua stanza
senza neanche guardarlo in faccia.
Il
nobile Aaren non riuscì a trattenere uno sbuffo divertito.
Nonostante
tutti i problemi, nonostante tutto quello che era successo negli ultimi anni,
per un attimo si era sentito riportare indietro nel tempo di quasi un ventennio.
Poteva
davvero avere paura di una ragazza in grado di riportare le cose alla normalità
senza neanche saperlo?
Elydet
aveva deciso di saltare la lezione della nobile Ismene fingendo un malessere.
Sospettava
che la donna avesse capito il motivo della sua assenza, ma non le importava:
aveva bisogno di sapere cosa avevano deciso per sua sorella. La curiosità
l’avrebbe sicuramente distratta dalla lezione ed era meglio non andare che dare
motivo alla nobile Ismene di lamentarsi di lei per la sua disattenzione.
Era curiosa e impaziente, ma non
aveva la minima paura. Nonostante tutte le paure di Selyan e le preoccupazioni
malcelate di Irmelin, lei sapeva che il re era troppo perfetto e magnanimo per
essere spietato nel punire chi, pur con mezzi discutibili, gli aveva fatto un
favore. Non era un ingrato, né tanto meno uno stupido. Erano le sue compagne di
stanza ad avere dei problemi nel giudicare le alte cariche, lo sapeva da tempo
ormai, eppure-
<< Ely, attenta! >>
La
voce di sua sorella la face tornare alla realtà appena in tempo per vedere una
colonna a pochissimi centimetri dal suo viso.
Si riprese velocemente e tornò
indietro di un paio di passi prima di esplodere
<< Tu da dove sbuchi!? >>
Selyan la guardava come se avesse
parlato un’ altra lingua << Sorellina, mi sei passata davanti senza
neanche accorgerti di me. Stavi pensando di nuovo al re per caso? >>
L’immagine del sovrano le
tornò in mente limpida e perfetta e le fece dimenticare la figura da stupida
che aveva appena fatto rischiando di schiantarsi contro il grosso pilastro.
<< Divina Luce! Com’è bello! >>
Perché sua sorella sembrava
divertita?! Che il Divino era stupendo
era una verità indiscutibile e, se lei non lo vedeva così, il problema era solo
suo.
<< Vuoi dirmi cosa ti
hanno detto o vuoi prendermi in giro e basta? >> tagliò corto.
<< Non ti arrabbiare, mi ha
fatto ridere la faccia che hai fatto. Se tu fossi stata un cagnolino, ti
saresti messa a scodinzolare al pensiero del re >>
Ma dove le prendeva sua sorella
certe idee? Però i cani le piacevano e l’idea anche…
<< Sì! Avrei scodinzolato e
poi sarei andata a strusciarmi alle gambe del Potentissimo che mi avrebbe accarezzato e… Selyan-cosa-mi-fai-dire!?
>> urlò arrossendo di colpo.
Sua sorella riusciva sempre a
confonderla e farla parlare troppo. L’unica soluzione in quei casi era cambiare
discorso immediatamente << Cosa ti hanno detto? >>
<< Non posso più fare
lezione con il nobile Neithel >>
Elydet trovò strana quella
risposta. Lei avrebbe esultato, invece Selyan era impassibile, quasi triste.
Dopo tutte le volte che si era lamentata di lui che senso aveva? Doveva esserci
qualcos’altro.
<<
E questa è la buona notizia, suppongo. La cattiva? >> la esortò in ansia.
Non ottenne risposta.
Selyan alzò solo le spalle persa nei suoi pensieri.
<< Ma allora non ti hanno
punita! Lo dicevo che il Sommo era
troppo buono per punire qualcuno! Davvero è solo questo? >>
<< La mattina prenderò
parte ai lavori di restauro del regno e il pomeriggio, se farò in tempo, potrò
venire a lezione nel vostro gruppo >>
Non capiva perché sua sorella
non fosse contenta di quella decisione. Lei avrebbe fatto salti di gioia mentre
invece l’espressione che aveva attraversato il volto di sua sorella, anche se
era durata meno di un secondo, era inconfondibilmente abbattuta. Selyan era una
stupida.
<< Non posso crederci,
torni con noi! >> esultò felice buttandole le braccia al collo.
Con
tutte le cose che sapeva lei, Elydet avrebbe potuto farsi aiutare con gli
studi, sarebbe diventata la più brava, la nobile Ismene si sarebbe vantata di
lei con il re e lui avrebbe saputo che, oltre al potere del fuoco, aveva anche
una buona dose di intelligenza e l’avrebbe apprezzata ancora di più! Era un
sogno!
Se
ripensava a quando sulla nave passava le giornate nella paura che sarebbero
finite in un posto più orribile della loro isola, si sentiva ancora più stupida
di quando aveva quasi sbattuto contro la colonna un attimo prima.
Quel
posto era perfetto come il re che lo governava.
Non
doveva più sopportare Dalia a lezione, non doveva più vedere Keira in classe e
sopportare le sue prese in giro, poteva vedere lo Splendore del creato della Dea e sentirsi chiamare per nome da lui
e adesso sua sorella tornava in classe con lei. Era tutto semplicemente
perfetto!
Probabilmente si era sbagliata ed
era solo stanchezza quella che aveva visto sul viso di Selyan un attimo prima.
Non poteva credere che sua sorella non fosse felice di tornare insieme a loro e
togliersi di mezzo Keira.
<< Da domani sono con voi,
però- >>
Irmelin la interruppe dal fondo del
cortile urlando come una pazza << Ely, perché non mi avverti mai,
dannazione!? Ho dovuto fingere un malore per venire via così presto! >>
<< Ciao, Irmy >> la
salutò Selyan senza emozione nella voce.
<< Piantala con i convenevoli:
chi devo uccidere? >> chiese lei alzandosi le maniche.
Quando
Irmelin si alzava le maniche era sempre per prepararsi a un inutile e stupido
scontro con qualche alta carica che le avrebbe fatte di nuovo mettere in
punizione.
Elydet aveva perso le speranze
ormai. Alzò gli occhi al cielo prima di spiegarle la situazione sperando che si
calmasse da sola
<< Non devi uccidere nessuno.
Sel verrà a lezione con noi >>
Irmelin si illuminò di euforia e
abbracciò Selyan << Ti avevo detto che questo posto avrebbe riportato
tutto alla normalità! Devi pulire il pavimento di qualche tempio? >>
<< Ricostruire il paese >>
la corresse sua sorella.
<< Diamine! >> imprecò Irmeòin << Sospettavo che Sua Cattiveria fosse più vendicativo della Vecchia Stupida, ma credevo che il re l’avrebbe fermato. Sicura che
non devo ucciderlo? >>
<> le disse Selyan << Il nobile Aaren ha detto che da
domani partiranno delle squadre di ricostruzione del paese e ne farò parte
anche io >>
<< No, aspetta! Squadre di
costruttori?! Uomini?! >> chiese incredula Irmelin costringendo Elydet a
deviare la conversazione per evitare altri stupidi discorsi sugli uomini che
avrebbero portato Irmelin al delirio e Selyan alla depressione << Vi
siete accorte di cosa è appena successo, vero? >>
<< Cosa? >> chiesero le
altre due quasi in coro.
<< Tu hai appena preso una
punizione per aver fatto quello che ti pareva e lei sta cercando il modo di
farsi coinvolgere. Siamo alle solite! Una delle due viene punita e l’altra
cerca disperatamente di raggiungerla. Quante volte avete lustrato in due la
Sala Grande del Tempio dei Cristalli per lo stesso motivo? >>
Sua sorella sembrò convincersi
finalmente a sorridere divertita, ma Irmelin sbuffò arrabbiata prima di urlare
<< Selyan, dannazione! Mi hai rubato la vittoria! Tu e la tua buona
educazione mi avete imbrogliato e mi avete rubato la prima punizione dei nuovi
regnanti! Me la pagherai! >>
Elydet annuì convinta << Io
ero praticamente sicura che la prima fosse di Irmy, mi hai sorpreso! >>
<< Guarda che mi hanno punita
per averti salvato la pelle >> le ricordò sua sorella.
<< È anche merito mio, allora!
>> esultò la più piccola battendo le mani per la felicità<< Ti abbiamo battuta! >> urlò
contro Irmelin.
La sacerdotessa del vento le
guardava con gli occhi stretti a due fessure, minacciosa e decisa come se
parlasse della più seria delle questioni: << Giuro che riuscirò a
vendicarmi di tutte e due! Sarete niente al mio cospetto appena riuscirò a
inventare un piano adeguato! >>
<< Stai cospirando contro il
nostro regno? >> chiese una voce da dietro una delle grosse colonne alle
loro spalle.
<< Ciao, Nora! >> salutò
felice Selyan.
L’amica della Divina Creazione aveva appena fatto la sua comparsa in giardino con
una veste da principessa e un’acconciatura perfetta. Elydet l’aveva invidiata
dalla prima volta in cui l’aveva vista. Era così… adatta al re! Non sarebbe mai
stata come lei, accidenti!
<< Sto cospirando solo contro
queste due >> spiegò Irmelin << Non intendo accettare l’offesa che
ho subito! Sel si è presa la prima punizione dai nuovi regnanti! Dannazione, io
sono l’esperta! Il primato è sempre stato mio e me l’ha rubato, capisci? Non
posso accettare che lei i suoi modi educati e composti mi abbiano battuta! >>
<< Devo ripeterti che non l’ho
fatto apposta? >> protestò Selyan.
<< Non peggiorare le cose! >>
urlò la sacerdotessa del vento << È inutile che ti vanti di esserci
riuscita senza neanche impegnarti troppo perché mi vendicherò, Selyan, e ti
ripeto che la tua punizione sembrerà niente in confronto alla mia! >>
<< Da chi vuoi farti punire? >>
chiese Nora divertita e curiosa.
<< Non lo so ancora. Devo
prima valutare bene i pomposi nobili
di questo posto e la loro cattiveria. Non posso fare le cose a caso come lei! >>
<> la informò << Ma è difficile che punisca qualcuno. Di
solito suggerisce al re di farlo >>
<< Perché? >> chiese
Elydet incapace di accettare che il suo Perfetto
Sovrano vestisse i panni del boia o del torturatore per ordine di suo zio.
<< Aaren non prende decisioni
definitive >> spiegò Nora alzando le spalle come se fosse una cosa ovvia.
<< Ma se le prendesse sarebbero
drastiche, ho capito bene? >> chiese Irmelin con la faccia inconfondibile
di chi sta meditando un piano di conquista del mondo.
<< Io non l’ho mai visto
punire qualcuno. Quello che so, lo so dai racconti di Tarìc su quando era
piccolo. Dice sempre che nessuno aveva mai il coraggio di contraddirlo o farlo
arrabbiare >>
Elydet si perse per un attimo a
immaginare l’aspetto del Perfettissimo
da bambino. Doveva essere uno dei bambini più belli del paese, se non
dell’intero mondo. Stava cercando di immaginarlo correre felice per i prati
reali quando vide la faccia seria e concentrata di Irmelin. Stava davvero
inventando il modo di farsi punire, maledetta stupida!
<< Oh, no >> sospirò
Elydet<< Nora, basta, ti prego >>
Il sorriso sul viso di Irmelin
andava allargandosi pericolosamente ogni secondo che passava << Nora, sei
la nostra salvezza, lo sai? >>
<< Irmy, calmati >>
cercò di fermarla Selyan.
Sua sorella non era il massimo della
furbizia, ma conosceva Irmelin meglio delle sue tasche e doveva aver capito
anche lei quello che le passava per la testa in quel momento.
<< Ho appena deciso che farò
arrabbiare lui e farò sparire voi alla mia ombra! >> esultò Irmelin <<
Ci riuscirò, lo giuro! Lo farò impazzire! >>
<< Guarda che Aaren potrebbe
arrivare all’esilio >> la avvertì Nora.
<< In quel caso avrei vinto
senza possibilità di rivalsa! >>
<< Sei impossibile! >>
le urlò Elydet prima di girarsi verso la sorella << Sel, diglielo tu che…
Selyan? >>
Selyan era immobile con lo sguardo assente
e non sembrava sentirla. Doveva essere di nuovo persa nei suoi pensieri o in
una qualche visione.
<< Maledizione, Sel! >>
sbraitò Irmelin << Sel, smettila! >> la prese per un braccio per
scuoterla, ma si immobilizzò anche lei.
Erano assurde! Elydet stava ancora
decidendo quale delle due prendere a schiaffi per farle rinsavire quando Nora
alzò una mano decisa per colpire Selyan. Sua sorella si riprese di scatto
fermando la mano di Nora a pochi millimetri dal suo viso.
<< Non volevo… >>
<< Grazie >> la
interruppe lei.
<<
Non ti ha neanche toccata >> protestò Elydet.
L’aveva
vista irrigidirsi e esitare prima di lasciare libero il polso di Nora. La sua
stupida sorella aveva rischiato di colpire una nobile, per di più amica del Divino Re, per colpa dei suoi maledetti
riflessi incondizionati da soldato!
Perché
non poteva comportarsi come tutte le persone normali?!
Qualunque
altra sacerdotessa in quella situazione sarebbe stata riportata indietro dallo
schiaffo, perché lei era stata portata indietro dall’istinto di combattere!?
A volte pensava che sua sorella
fosse un uomo sotto mentite spoglie.
Irmelin non cercò neanche di
contenersi e esplose con tutta la sua rabbia contro Selyan << Avrebbe
dovuto spaccarti la faccia, idiota! Mi hai spaventata! >>
<< Colpa tua >> le
rispose Selyan alzando le spalle come se fosse una cosa ovvia << Non
dovresti toccarmi quando succede >>
La sacerdotessa del vento non si
lasciò intimidire e le puntò un dito dritto contro il petto << Odio te,
il tuo maledetto potere e le tue maledette visioni incontrollate e incomprensibili!
>>
<< Io vi odio tutte e due perché
mi escludete sempre! >> urlò Elydet.
Perché doveva sempre essere tagliata
fuori da tutto? Perché lei che era sua sorella doveva essere esclusa da una
visione sul loro futuro quando Irmelin veniva coinvolta a pieno?
<< Tanto, per quello che si
capisce delle visioni di tua sorella, è inutile farne parte >> commentò
la sacerdotessa del vento << Sei uno schifo, Sel! >>
<< Non ho mai imparato a
capire il senso delle mie visioni. Mi dispiace >>
<< Dimmi cos’hai visto, forse
posso aiutarti >>
Ma il tentativo di Nora fu ucciso
dalla risposta sdegnata di Irmelin << La maggior parte delle volte la cretina della mia amica non vede
niente, sente e basta. Mi chiedo a cosa serva un dono del genere! >>
<< Era qualcosa di bello? >>
insistette l’amica del re per niente propensa a lasciar perdere.
<< Orrendo >> rispose
Irmelin con il labbro arricciato per lo sdegno.
Tipico di Selyan. Ecco perché lei
non aveva chiesto cosa avessero visto, sapeva già che non sapeva prevedere
niente che non fosse una disgrazia.
<< Quando mai mia sorella
pensa cose buone? Non c’è speranza con lei >>
<< La mia speranza è morta,
Ely >> disse lei con il viso di nuovo abbassato a terra.
<< Non ricominciare! >>
la avvertì.
Era davvero stanca dei suoi continui
pianti immotivati e improvvisi. La sua punizione non era stata drastica e una
sacerdotessa del suo livello doveva essere in grado di non lasciarsi intristire
da una visione, non aveva il minimo motivo per fare una scenata di nuovo,
eppure i suoi occhi erano bassi e un attimo dopo i suoi sospetti furono
confermati dalla sua improvvisa fuga.
<< Ehi, fermati! Non puoi fare
sempre quello che ti pare >> cercò anche di rincorrerla, ma la sua
maledetta amica la teneva per la veste << Lasciami, Irmy, maledizione!
Lasciami! Sai che ho ragione e non può andare avanti così! >>
<< Lasciala andare, non serve
a niente fermarla adesso >>
Ecco
il motivo per cui sua sorella non riusciva a riprendersi. Elydet era
convintissima che Irmelin dovesse imparare a farsi i fatti propri invece di
difenderla di continuo. Doveva lasciare che Selyan imparasse ad affrontare la
realtà invece di lasciare che si affogasse nella tristezza.
<< Tu devi smettere di
appoggiarla sempre! Non si lascerà mai il passato alle spalle se continua a
crogiolarsi nella tristezza! Mia sorella ha bisogno di essere presa a manate
quando fa così, lo capisci?! >>
<< No, Ely >> insistette
lei << E smetti di urlare, per favore >>
<< Oh, certo, quando lei fa
così tu le vai dietro. Giusto. Mi state stancando, chiaro!? >>
<<
Posso sapere cosa le è successo? Perché fa così? >>chiese di nuovo Nora rischiando di farle
perdere la pazienza anche lei.
Che
razza di persone aveva intorno il re?! Era dotato di Divina bellezza e Somma intelligenza,
ma aveva accanto l’incarnazione della cattiveria e quella della curiosità. Come
diamine li sopportava?!
Decise di invocare la pazienza e
soddisfare la nobile davanti a loro visto che Irmelin, per qualche motivo che
poteva sapere solo lei, aveva smesso di parlare.
<< Perché è convinta che tutti
i mali del mondo colpiscano solo lei. Non capisce che non ha passato niente di
diverso da quello che hanno passato tutte le altre. Sai quante di noi hanno
visto morire la propria famiglia? Suo padre era anche mio padre, dannazione,
l’ho perso anch’io! E almeno sette di noi hanno visto morire i fratelli in
guerra. Perché lei dev’essere l’unica a non accettare- >>
<< Basta, Ely! >> la
interruppe Irmelin all’improvviso << È
tua sorella e dovresti aiutarla invece di criticarla! Se non riesce a
sopportare quello che ci è successo, non puoi fargliene una colpa. Non è
insultandola che risolverai i suoi problemi e non è trattandola in questo modo
che le farai capire che, nonostante tutto quello che ha perso, ha ancora una
sorella >>
Aveva
ragione. Forse.
La maledetta Irmelin sapeva sempre
come risolvere quelle situazioni e le sopportava con una pazienza che non aveva
mai capito da dove venisse. Forse doveva davvero averne anche lei con Selyan
per calmarla invece di cercare di convincerla a ragionare.
<< Uff…
vado a cercarla. Mi farò inzuppare la veste, non preoccuparti >>
Appena Elydet imboccò la scala delle
loro stanze, Irmelin sospirò stanca << Scusa, Nora. Sembriamo tre pazze,
vero? >>
<< Per niente. Posso capire >>
<< Davvero? >>
La ragazza annuì seria << Tutti
prima o poi ci troviamo a fare i conti con le chiamate di Dio e non è facile
per nessuno accettarle. Forse non è sbagliato scuoterla un po’ >>
Irmelin
non aveva la forza di raccontare tutto a quella ragazza, né tanto meno aveva
voglia di condividere le sue paure più grandi con quella che era poco più che
un’estranea. Forse non era il caso che la nobiltà sapesse che aveva paura dei
comportamenti strani e pericolosi di Selyan nei momenti peggiori.
Decise di limitarsi ad esporle i
fatti. Nora avrebbe capito da sola, non era stupida.
<< Ely diventa troppo cattiva
con lei in questi casi. Credo sia anche colpa del fatto che il loro padre
passava molto più tempo con Selyan che con lei. Sel è distrutta per aver perso
tutto e Ely è arrabbiata perché ... credo la ritenga responsabile dell’assenza
continua di suo padre nella sua vita. Penso sia per questo che discutono di
continuo >>
<< I genitori non dovrebbero
fare preferenze >> obiettò Nora.
Non era un’accusa a qualcuno,
sembrava più una sua convinzione personale. Forse Nora era ancora troppo
piccola per capire come andava il mondo, o forse aveva sempre vissuto in un
palazzo reale dove i legami di sangue contavano più di qualunque altra cosa, ma
Irmelin non poteva lasciare che qualcuno pensasse male del nobile Kerse. Lei lo
aveva conosciuto bene e non poteva sopportare l’idea che re Tarìc e i suoi pomposi seguaci pensassero a lui come a
un uomo che trascurava una figlia solo perché non era la primogenita e non la
riteneva importante.
<< Ely aveva sua madre e, la
Dea voglia concedermi la grazia di dire il vero, è ancora viva e vegetain salvo da qualche parte con i nostri
parenti più stretti. Selyan non ha mai conosciuto sua madre. Kerse non poteva fare
a meno di passare più tempo possibile con lei per non farla sentire sola
nonostante la famiglia a cui l’aveva affidata. La gente dell’isola guardava
male i figli nati fuori del matrimonio e lui non sopportava che sua figlia
fosse costretta a vivere con persone che non avevano nessun legame con lei, per
quanto, ti giuro, quella famiglia le volesse bene come se fosse una di loro.
Kerse ha sempre cercato di starle accanto perché aveva il terrore che qualcuno
le facesse venire il dubbio che non la volesse tra i piedi >>
<< Che ne è stato delle vostre
famiglie? >> chiese cauta Nora come se avesse paura della sua risposta.
Irmelin alzò le spalle prima di
riferirle quello che aveva sempre detto la vecchia
stupida senza però avere la certezza
che fosse la verità << Imbarcate su una nave come la nostra. La stupida
di Dalia doveva aver comunicato anche a loro la nostra destinazione, ma sono
partiti dopo di noi e noi abbiamo perso la rotta per più di una volta a causa
di tempeste, timonieri idioti o sa la Dea cosa. Non so neanche come siamo
finite nel vostro regno e non credo che Dalia avesse in mente di venire qui
dall’inizio. Non sappiamo dove siano finiti gli altri. La SommaIdiota ha giurato
di aver cercato una visione e di averli visti in salvo in partenza da un porto
di sosta. Io non mi sono mai fidata di lei >>
<< Vuoi che chieda a Ismene di
scoprire qualcosa? >> si offrì Nora preoccupata.
Perché
la migliore amica del re, una dei nobili di quel regno che avrebbe dovuto
diffidare di loro, cercava sempre il modo di aiutarle? Selyan era convinta che
il re sospettasse di loro, lei non riusciva a darle torto, eppure quella
ragazza non sembrava avere cattive intenzioni. Ormai Irmelin cominciava a fare
sempre più affidamento sullo strano potere che aveva scoperto di avere di
recente e si fidava sempre più delle sue sensazioni piuttosto che della logica
dei fatti: non aveva mai avuto cattive sensazioni nei confronti di Nora e il
fatto che si fosse offerta di smuovere la nobile Ismene per aiutarle, le aveva
fatto provare un moto di gratitudine infinita verso quella ragazza.
E, considerando l’offerta che le
aveva fatto, aveva anche avuto un’altra sensazione forte e decisa quanto la sua
voglia di sputare in faccia alla Somma Sacerdotessa << Non preoccuparti,
io so che i miei sono vivi, Nora. Non chiedermi come, ma lo so >>
<< Se Ismene ci riuscisse,
Selyan si calmerebbe un po’? >>
<<
Su quella nave non c’è nessuno che potrebbe aiutarla a stare meglio >> le
rispose stringendo ipugni per cercare
di calmarsi. Non avrebbe mai imparato a gestire il panico misto a rabbia che la
assaliva ogni volta che pensava a quello che era successo. Doveva imparare a
non lasciarsi trasportare dai ricordi anche lei.
<< Tutto quello che le è
rimasto della sua famiglia è già nella tua terra. Suo padre, i genitori adottivi,
i suoi fratelli… ha solo sua sorella ormai e, se anche lei si allontana, Selyan
non ha davvero più nessuno >>
<< A me sembra che lei tenga
più a te che a sua sorella, sai? >>
<< Perché è con me che è
cresciuta >> ammise con orgoglio << La madre di Ely non ha mai
voluto farla avvicinare a sua sorella. Hanno stretto i rapporti solo da qualche
anno, da quando Ely è entrata al tempio. Saranno tre anni, forse. Io conosco Sel
da quando avevamo cinque anni, siamo cresciute giocando insieme tutto il
giorno, tutti i giorni. Ci separavamo solo per andare a dormire. Non sopporto
di vedere sua sorella che le da contro quando sta così male solo perché anche
lei ha bisogno di sfogarsi. Capisco Ely, a volte ne avrei bisogno anche io, ma
Selyan è l’ultima persona in grado di sopportare gli sfoghi isterici di
qualcuno adesso. E credo che non lo sarà più per molto tempo >>
<< È presto, Irmelin >> disse Nora solidale. Poi la
ragazza si illuminò improvvisamente euforica << Ehi, tu hai deciso di
farti punire da Aaren e io ho deciso di aiutarti con Selyan, così avrai la
mente più libera per pensare a come farlo impazzire, ti sta bene? >>
<< Cosa ne guadagni? >>
chiese insospettita da quella inaspettata offerta di aiuto.
<< Prima di tutto, sono
davvero curiosa di vedere cosa inventerai per farlo arrabbiare e anche di
vedere lui perdere la pazienza. Io da parte sua non sono mai riuscita a
prendermi niente più di una minaccia di rispedirmi a mia madre. E poi è tutta
una vita che mi impegno a far impazzire quello zuccone pomposo di Neithel, e
posso assicurarti che ci riuscivo alla grande, ma ti giuro che da quando è
arrivata Selyan non passa giorno che non sia isterico per qualche sua
stupidaggine. Credo che il dispetto più grosso che io possa fargli sia
tenergliela alle costole e che, se insisterò a farlo, prima o poi impazzirà
davvero e Tarìc sarà costretto a darmi ragione e mandarlo via dal palazzo. Devo
fare parte delle idiozie di Selyan più spesso, ti prego non dirmi di no! >>
La richiesta di Nora era a dir poco
assurda. Non capiva come avesse potuto farle una proposta del genere.
<< Nora… ecco, io… io non
credo che le idiozie di Selyan siano volontarie >> ammise sentendosi
quasi in colpa per quello che aveva tutta l’aria di essere un insulto alla sua
migliore amica.
La ragazza non si perse d’animo e,
anzi, sembrava quasi più convinta di prima << È proprio questo che lo manda in bestia!
Neanche io riuscivo a credere che fosse la persona che descriveva lui nelle sue
stupide lamentele. Ero convinta che fosse una persona capace, dotata, seria e
tutte le stupidaggini delle brave sacerdotesse e invece, in nome di Dio, è una
persona normale! >>
<< Ti stai illudendo, è molto
più stupida delle persone normali quando si impegna >>
Nora scoppiò a ridere divertita
<< Sì! A me le sue risposte improbabili fanno ridere, a lui fanno saltare
la pazienza in un modo impareggiabile! Ho bisogno di lei per spingerlo alla
follia e farlo buttare fuori dalla corte reale, i suoi insulti mi hanno
stancato! Ho bisogno che Selyan lo faccia impazzire, poi lo farò rinchiudere o
sbattere fuori dal regno e vivrò libera e tranquilla per il resto della vita!
Ti prego, ti prego, ti prego! >>
Non era una richiesta impossibile messa
in quei termini. Se si trattava di dare libero sfogo alle stupidaggini di
Selyan…<< È solo una questione di intelletto? >>
chiese per accertarsi di non aver capito male.
<< Cosa vuoi dire? >>
<< Capisco che Selyan possa
far irritare le grandi menti, irrita anche me nelle giornate peggiori, ma
quello non è l’unico dono di quella ragazza e ho paura a dirti che accetto
quello che mi chiedi >>
<< Perché? Che ha di strano? >>
<< Oh, è più strana di quanto
tu possa immaginare >> ammise << Quello che intendevo è che la Dea
le ha dato il dono di abbindolare tutti quelli che le si avvicinano troppo
senza rendersene conto. Corre rischi? >>
<< Assolutamente no >>
asserì Nora decisa scuotendo la testa.
<< Sicura? >>
<< Ma hai capito di chi parlo?
Il nobile scorbutico che non parla mai con nessuno se non per insultare, a meno
che non si tratti del re o di suo padre, e non sa cosa sia l’educazione con le
altre persone. Non ha il minimo interesse per nessuno che non sia sé stesso e
la sua cattiveria. Puoi stare davvero tranquilla! Per quanto la odia, puoi solo
avere paura che le stacchi la testa in un eccesso di rabbia >>
<< Guarda che ci tengo a lei!
Non la darò in mano a un pazzo omicida! >>
<< Se non l’ha mai ammazzata
dopo quello che ha fatto nell’incendio, non lo farà mai >> banalizzò Nora
con un’alzata di spalle.
Il fatto che Nora sapesse il modo in
cui Selyan aveva salvato la situazione la sera prima non la stupì affatto.
Sapeva già che quella ragazza era molto più che una semplice apprendista e
amica del re in quel palazzo. Sembrava essere una specie di confidente
personale del sovrano.
<< E ora che ci penso >> riprese
lei << potrei anche raccontare a Tarìc la tua preoccupazione che si
avvicini a una donna e fargli fare due risate per tirargli su il morale e distrarlo
dalle preoccupazioni. Voi che fate di solito dopo cena? >>
<< Niente. Stiamo in camera a
dire stupidaggini o ad aspettare il sonno >>
Che razza di domanda! Che idee aveva
in testa quella ragazza? Pensava che le sacerdotesse della loro terra avessero
l’abitudine di andare in giro per le taverne?
<< Ma Selyan la sera peggiora,
vero? >>
<< Nora, come mai sei così
esperta? >> chiese stupita dall’aver capito di aver sbagliato in pieno a
valutare la sua domanda.
<< Ti sei chiesta che fine
hanno fatto i genitori di Tarìc se lui è re? >> domandò lei di rimando
come se le fosse sfuggito qualcosa di ovvio.
Irmelin rimase a bocca aperta, non
ci aveva minimamente pensato. Forse Nora capiva cosa stava passando in quel
momento. Forse anche lei aveva dovuto consolare il suo amico per la perdita
della sua famiglia e stargli accanto come lei cercava di fare con Selyan. Non
poteva chiedere a Nora quanto era stato difficile con il re, ma poteva cercare
di essere sincera con chi poteva davvero aiutarle a risolvere la situazione
<< Non ci avevo pensato, scusa. La sera peggiora parecchio >>
<< Beh, di solito dopo cena io
e Tanet ci diamo battaglia davanti alla scacchiera e ho deciso che, da domani,
voi giocherete con noi! >>
<< Ho visto una delle vostre
scacchiere. Non ho idea di come si usi e Sel è uno schifo nei giochi di
strategia. Non funzionerà >>
<< Non ho detto che la farò
diventare brava in quelle cose >> protestò Nora irritata << ti ho
detto che ti aiuterò a tirarle su il morale aspettando che passi il peggio >>
Compagnia, Tanet… chiacchiere, Tanet…
Non era poi male come idea! << Giura che non la metterai nei guai con
quel tiranno >>
<< Giuro che non intendo fare
altro che farli discutere tutti i benedetti giorni che Dio ci concede per far
impazzire lui e far sfogare lei >>
Irmelin si fermò a guardare la
ragazzina che aveva davanti. Aveva gli occhi lucidi per l’eccitazione di aver
trovato il modo di vendicarsi di qualcuno che la prendeva in giro di continuo,
ma in realtà era lei ad offrirle una buona soluzione al suo problema più
grosso. Senza aspettarsi niente di eccessivo in cambio, senza neanche che lei
le chiedesse il suo aiuto. Quale nobile nella loro vecchia isola avrebbe
sprecato il suo tempo dietro a due sconosciute addirittura offrendo loro aiuto
costante? Quel regno non smetteva di sorprenderla un attimo da quando era
arrivata.
<< Ci stai? >>
insistette Nora eccitata << Tutte le sere in camera mia a scacciare la
malinconia divertendovi in cambio della spontanea ingenuità di Selyan al mio
servizio? >>
<< A patto che… >> la
esortò sperando che ricordasse la sua preoccupazione. Non voleva rischiare di
peggiorare la situazione della sua amica per niente al mondo. Neanche per
cercare di aiutare la ragazza con cui avevano più debiti sulla faccia della
terra.
<< Mmm... >> la maga
sembrò riflettere presa in contro piede << che io non lasci la
possibilità a quello stupido di vendicarsi contro di lei? >> chiese
incerta.
<< Esatto! Mi piaci, lo sai? >>
ammise felice di aver constatato che non correva rischi.
<< Anche tu o non sarei qui a
trattare. I miei patti sono rari come le risate di quell’antipatico isterico >>
<< Se avessi un po’ più di
confidenza con te, ti chiederei se ti piace >> azzardò prendendola in
giro.
Nora impazzì cominciando a urlare
<< Lo odio! Cosa non hai capito di tutto quello che ho detto? Odio! È come per te Dalia! Lo detesto con tutte le mie forze e
non vedo l’ora che Tarìc lo faccia rinchiudere! >>
Irmelin scoppiò a ridere. Nora era
sincera, Selyan rischiava solo di passare delle serate spensierate con una
nuova amica e il bell’uomo muscoloso che aveva conosciuto alla presentazione
dal re. Poteva mettere da parte i sospetti con Nora.
<< Io posso reggere la vecchia, è sua nipote il problema
serio >> la corresse.
<< Ti ha fatto qualcosa di
particolare? >> chiese la ragazza curiosa.
<< Oh, non mi ricordo neanche
più l’ultima cosa che ci ha fatto discutere. La cosa che sopporto meno di
quella stupida è il fatto che sia nata, non so se mi spiego >>
<< Benissimo, lo stesso è per
me con quel tiranno. Possiamo cercare di far mettere insieme loro se pensi che
possa servire a qualcosa >>
<< No! >> urlò decisa.
L’aveva
spaventata con la sua reazione improvvisa, ma non se ne curò minimamente.
Come poteva essere tanto
intelligente da capire tutto e risolvere le cose e poi crollare su una cosa
così banale?! Che problemi aveva nel cervello l’amica del re?!
<< Tutto quello che vuole quella racchia è un marito di un buon
casato e, al momento, credo che niente la renderebbe più felice di avere
proprio quel marito per un motivo che
non mi spiegherò mai grazie alla Dea che mi ha fatto dono di avere un cervello
talmente diverso da quello di quella pecoradalla lanugine arrugginita da essere
incapace di capirne i ragionamenti. Non ti azzardare a farmi il dispetto di
farli mettere insieme! Sarei costretta a farli fuori tutti e due mentre dormono
per rimediare >>
Nora si coprì improvvisamente il
viso orripilata da qualcosa<< Che schifo! Non sai cosa mi hai
fatto pensare! Per ammazzarli tutti e due mentre dormono, dovrebbero…
dormire insieme! Che schifo, che
schifo, che schifo! >> ribadì scuotendo la testa con le mani nei capelli
per scacciare quel pensiero.
In effetti l’idea di Keira in certe circostanze… non riuscì neanche a pensarlo che il suo
stomaco si contorse per l’orrore << Bleah! Non dormirò per mesi per colpa
delle mie stesse parole. Mi sono fatta venire il mal di stomaco! Nei tuoi
intrugli c’è qualcosa per il vomito da schifo profondo? >>
<< Se ci fosse, lo berrei
tutto io in questo momento. Dimmi che accetti lo scambio e lasciami correre al bagno,
ti prego >>
<< Va bene, accetto >>
<< Grazie, ciao! >>
concluse lei con una stretta di mano frettolosa almeno quanto la sua fuga.
Era
un buon patto. Irmelin era fiera di sé per averlo stretto. Adesso le restava
solo da controllare che Selyan si fosse calmata e poi avrebbe dovuto trovare il
modo di convincere il suo stomaco a non vomitare per colpa dell’orrendo
pensiero che le aveva suggerito Nora.
La
discussione con Elydet era finita in un maledetto pianto di quelli che la
facevano sempre vergognare di sé stessa e le lasciavano sempre un pesante mal
di testa.
Stava
così male che avrebbe anche saltato la cena se una serva non si fosse
presentata alla loro porta annunciando che il re aveva indetto una riunione urgente
quella sera e che pretendeva anche la presenza delle straniere che avevano preso parte agli ultimi eventi del regno.
Selyan
era ben consapevole di non essere in grado di affrontare un tavolo intero di
nobili arrabbiati e sospettosi con lo stomaco vuoto.
Tanto
meno avrebbe sopportato sua sorella! Elydet, dopo l’annuncio, era diventata
insopportabile. Le aveva costrette a mangiare poco e velocemente in modo da
finire prima delle altre e evitare il sonno indotto dalla digestione.
Decisamente
sarebbe stata una lunga sera.
Lei e Irmelin erano pronte, in
camera loro e in largo anticipo, ma sua sorella non si calmava.
<< Secondo voi devo
intrecciarmi i capelli? >> chiese Elydet per la sesta volta.
Selyan si era addirittura sdraiata
nell’attesa che la più piccola fosse soddisfatta della sua immagine e non le
rispose, ma lo sbuffo di Irmelin fu così annoiato che bastò tranquillamente per
tutte e due
<< Non stiamo andando a una
gara di bellezza, te l’ho già detto mille volte, Ely! Pettinati e andiamo! >>
sbottò la sacerdotessa del vento.
<< Se hai così tanta fretta di
correre a guardare gli uomini che saranno presenti, puoi avviarti anche da
sola. La strada la conosci e non mi pare che tu ti perda come mia sorella >>
<< Ehi! >> protestò la
diretta interessata << Ely, niente treccia se vuoi piacere al re. Hai
notato che Nora porta sempre i capelli intrecciati o acconciati e mai sciolti?
Se al re fosse piaciuto quel tipo di ragazza, avrebbe potuto sposare Nora senza
problemi, non ti pare? >>
<< Da quando i re giudicano le
donne in base all’acconciatura dei capelli?! >> chiese la più piccola con
la spazzola in mano e gli occhi sgranati per la sorpresa.
<< È esattamente quello che volevo farti capire: non le
giudicano dai capelli, perciò puoi fare quello che ti pare dei tuoi, basta che
ti sbrighi o mi addormento >>
<< Sei insopportabile, Sel! >>
Eppure sua sorella si limitò a
spazzolare i lunghi capelli biondi lasciandoli sciolti e si infilò finalmente
la veste che aveva scelto dopo averle tirate fuori tutte.
<< Possiamo andare >>
dichiarò Elydet << Credete che io sia abbastanza- >>
Irmelin interruppe la sua domanda
senza la minima pietà << Sì, Ely, sei abbastanza bella e profumata,
andiamo! Non voglio arrivare dopo le stupide
capre che, sicuramente, saranno presenti >>
C’erano
almeno una ventina di persone ad attendere che le porte della sala delle
riunioni venissero aperte. Non si aspettava così tanta gente.
Da un’occhiata rapida sembravano
sacerdoti, funzionari e anche qualche guardia.
<< Secondo te chi è questa
gente? >> chiese bisbigliando all’orecchio di Irmelin.
<< Non lo so, ma le guardie
sono giovani >>
Sospirò
scoraggiata. Irmelin non avrebbe messo in funzione il cervello finchè il re non
avesse cominciato a parlare. Non c’era speranza che collaborasse prima.
Dalia
e Keira erano lontane da loro e la Somma sacerdotessa cercava parlare con gli
altri funzionari del re, ma non sembrava ottenere grande considerazione da
parte loro. Meglio così, meno gente ascoltava i suoi discorsi, meno gente si
rendeva conto di quanto fosse stupida la donna che le comandava.
Finalmente
i servi aprirono le grandi porte.
La
grande sala delle udienze, che di giorno era sempre inondata di luce, adesso
appariva completamente diversa. Era illuminata da moltissime candele ma, per
quanto numerose potessero essere, la luce prodotta era solo un tenue chiarore a
confronto con quella del sole.
I servi indicarono la disposizione
dei posti: il re, che non era ancora entrato, naturalmente a capotavola dove
era stato già sistemato il suo trono; nelle sue immediate vicinanze doveva
posizionarsi la sua corte; poi le rappresentanti delle sacerdotesse straniere
ed infine tutti gli altri.
<< Posti importanti i nostri …
>> sentenziò Elydet dopo un fischio d’approvazione << Vicino al Sommo-Divino-Sovrano>>
<< Oppure posti facilmente
controllabili da entrambi i lati >> le fece notare sua sorella.
<< Che dici, Sel? Possibile
che tu debba sempre pensare male? >>
Elydet poteva pensare quello che
voleva, ma lei era convintissima della sua idea. I serviavevano anche insistito perché si dividessero
e non restassero tutte dallo stesso lato del tavolo. La cosa non le dispiaceva
affatto perché così non era vicina a Keira né a sua zia, ma non aveva fatto che
rafforzare le sue convinzioni: con quella disposizione potevano tenerle tutte
sott’occhio.
<< Eccoli! >> annunciò
Elydet scattando in piedi come tutti gli altri per attendere l’arrivo del
real tavolo.
La seduta fu introdotta da una serie
interminabile di convenevoli e saluti e poi qualcuno cominciò a leggere la
lista dei presenti
<< Mi aspettavo una cosa
diversa >> sussurrò delusa Irmelin.
Selyan
trattenne una risatina. Col suo carattere, la sua amica era la persona meno
adatta agli incontri di quel tipo. Selyan decise di sfruttare l’occasione per
guardarsi intorno.
La
loro“guida” guardava senza ritegno
ognuno dei presenti sconosciuti, sicuramente per imprimersi nella memoria i
loro volti, ma chiunque l’avesse osservata avrebbe pensato che stesse guardando
qualcosa di estremamente disgustoso.
Probabilmente
non le andava bene che nessuno le avesse ancora rivolto la parola o che non
avessero elencato tutti gli appellativi che era solita usare nella loro terra
quando avevano pronunciato il suo nome.
Anche
Keira si limitava a guardarsi intorno soffermandosi di tanto in tanto in
direzione del nobile Neithel. Era molto piùcontenuta di Elydet, dovette ammetterlo. Sua sorella fissava continuamente
il re e la sua aria sognante la diceva lunga. Le avrebbe detto due paroline
appena fossero uscite, non poteva comportarsi così.
Soffocò
una risata e stava per chiamare Irmelin e farle notare la situazione quando si
rese conto che era molto più strana del solito.
Aveva perso la prima parte del
discorso del re. Perché era sempre così distratta?!
<< Dubito fortemente che siano
in grado di fare una cosa del genere, Vostra Maestà >>intervenne Dalia << ma non posso dire
se abbiano o meno contribuito in qualche modo >>
Cosa? Voleva dire al re che erano state
loro a combinare quel disastro?
Ecco perché Irmelin stava attenta
alla vecchia! Doveva aver capito prima di lei che la stupida di Dalia aveva
deciso di far ricadere i sospetti su di loro.
<< Non è quello che ti ho
chiesto >>
Il re sembrava non esserci cascato
per fortuna, ma il Nobile Olen intervenne ad esprimere quello che la maggior
parte dei presenti stava sicuramente pensando << Volete quindi farci
intendere che queste tre ragazze non sono affidabili? >>
<< Con tutto il rispetto, mio
signore, poiché sono stata allontanata dai vostri pari, io non ho più avuto
potere di controllare queste tre ragazze. Non posso sapere cosa è successo >>
Finalmente
aveva scoperto le sue carte.
Selyan
si rese conto di aver esagerato: gettare dei sospetti sulle sue ragazze per
Dalia sarebbe stato come tirarseli addosso. Per quanto sembrasse stupida, la
vecchia era dotata di un’astuzia micidiale e aveva messo in conto che non
poteva perdere la fiducia del re, né per lei, né per loro. La strategia che
stava usando puntava solo un po’ più in basso ed era quella che usava più
spesso, ormai la conosceva bene. Insisteva sulla sua lontananza perché il re si
scusasse davanti a tutti e le assicurasse che in altre situazioni del genere
l’avrebbero tenuta in maggiore considerazione.
Che
donna illusa!
Il
problema era che Irmelin non aveva neanche preso in considerazione quella
possibilità.
Nel
momento stesso in cui la vecchia aveva aperto bocca, Selyan aveva visto la sua
amica allungare una mano sotto la tovaglia e fu solo per un caso fortunato che
riuscì a vedere quello che stava facendo prima che fosse troppo tardi. Irmelin
si stava sfilando un sandalo sicuramente con l’idea di lanciarlo a Dalia.
Evidentemente non scherzava quando aveva giurato che, se la vecchia le avesse messe nei guai, le avrebbe tappato la bocca
con le sue scarpe.
Le rifilò una gomitata più forte del
solito, ma non riuscì comunque a impedirle di urlarle contro << Non
vorrete insistere per tutta la sera a cercare di convincere tutti che siamo
state noi a fare quella cosa, spero! >>
<< Certo che non siete state
voi >> rispose Dalia con la calma di chi parla a una pazza << siete
sotto la mia responsabilità e vi ho educate io. Mi sarei stupita del contrario
>>
La risposta della Somma Sacerdotessa
non aveva fatto che aumentare la rabbia di Irmelin che cominciò a urlare
<< Badate a cosa insinuate allora! Vi rendete conto che ci avete
accusato, a torto, davanti a tutti?! >>
Selyan era allibita da quella scena.
Non l’aveva mai vista scattare per così poco.
<< Piccola insolente! Io non
ti permetto di rispondermi in questo modo ad una riunione così importante. Il
tuo comportamento evidenzia il fatto che non puoi prendere parte a queste cose
perciò ti ordino di andare nella tua stanza >>
<< Non puoi farlo >>
La
ragazza non aveva sentito la calma protesta del re e aveva cercato di alzarsi
in piedi, ma era stata trattenuta da Selyan e Elydet anche se continuava a
urlare.
Se non l’avessero presa tutte e due
nello stesso istante non sarebbero riuscite a trattenerla seduta.
<< Io non mi muovo di qui
perché chi comanda da queste parti è- >> in un istante si rese conto che
la persona che stava indicando come Chi-comanda-da-queste-parti la stava guardando e che forse
aveva anche parlato poco prima.
<< Scusate, Vostra Maestà,
avete detto qualcosa? >>
<< Ho detto che non può
allontanarti da qui visto che ti ho chiamata io >>
Selyan era sicurissima che lei e
Elydet come minimo sarebbero arrossite a quella risposta vista al situazione,
ma lei rimase impassibile. Non l’avrebbe mai data vinta alla vecchia proprio ora che il re l’aveva
contraddetta << Grazie. Vi chiedo perdono per aver perso la pazienza. Non
succederà di nuovo >>
Tarìc fece un gesto per dirle di
lasciar perdere e lei si sedette meglio risistemando i riccioli che le erano
sfuggiti davanti al viso. La donna davanti a lei la guardava come se volesse
incenerirla e chissà quali punizioni o vendette stava tramando, ma Irmelin le
rispose con un sorriso sfrontato << Chiedo perdono anche a voi, Potente
Madre, questa situazione mi ha scosso più del dovuto e ho perso la calma. Vi
prometto che non accadrà più >>
Il re riprese in mano la situazione
e Dalia fu costretta a distogliere per prima gli occhi da quelli della ragazza.
<< Cosa stavi dicendo? >>
chiese il sovrano a Dalia.
<< Stavo dicendo che,
nonostante tutto, ho avuto modo di percepire una grande aura di potere e posso
dire che la sua fonte era molto lontana da qui >>
<< Dove per la precisione? >>
insistette Ismene.
<< Verso est, molto lontano >>
Il
re passò a interrogare i suoi uomini e Selyan dovette fare uno sforzo
incredibile per non ridere. Per la Somma Sacerdotessa stava andando tutto
storto, doveva essere su tutte le furie.
A
un tratto, però, la conversazione si era fermata. Nessuno parlava e nessuno si
muoveva, cosa stava succedendo?
Anche Elydet sembrò riprendersi e
smise di fissare il re per rivolgere una muta domanda alle altre due
<< A questo punto abbiamo poca
scelta, credo. Ci resta un’unica soluzione >> Ismene lasciò in sospeso la sua frase, ma ottenne
comunque l’assenso di tutti gli altri.
Ovviamente, né Selyan né le sue
compagne capirono di cosa stessero parlando, anche se il fatto che nessuno dei
presenti fosse felice di dover dar ragione a Ismene era evidente anche loro.
Doveva essere qualcosa di cui avevano già discusso in privato e non intendevano
parlarne adesso ma Dalia, nonostante tutto, non accettava di essere tagliata
fuori da qualcosa<< Posso
chiedere di che soluzione si tratta? >>
<< Non sono cose che ti
riguardano >>
Selyan non poté non ammirare il re a
quella risposta e dal viso di Irmelin era sicura che pensasse la stessa cosa.
Era raro vedere la faccia di Dalia così oltraggiata, la stessa sacerdotessa del
vento ci riusciva solo nei suoi momenti migliori e si beccava una punizione
mentre il re la zittiva sempre senza lasciarle nessuna possibilità di vendetta.
Aveva ragione Elydet: era un re fantastico.
<< Da voi volevamo soltanto
sapere se avete trovato qualcosa di diverso nelle ustioni dei feriti di cui vi
siete occupate >> precisò il re rivolto a Dalia.
<< Che cosa intende? >>
chiese lei come se la cosa avesse poca importanza.
<< Keira, erano normali
ustioni o c’era qualcosa di insolito, i feriti avevano qualche sintomo strano?
Hai percepito qualche aura di potere mentre li curavi? >>
Quella domanda aveva scatenato
reazioni totalmente contrastanti tra le straniere: rivolgendosi direttamente
alla nipote, la Somma stupida era
zittita, Selyan non poté che ammirare la mossa del re, Irmelin aveva la faccia
di chi aveva appena vinto una sfida, probabilmente per il rossore imbarazzato e
il balbettio incerto nella risposta di Keira e Elydet guardava il re adorante
come sempre
<< Non… non ho notato niente
di strano e non sono in grado di percepire i poteri degli altri, Vostra
Altezza, mi dispiace >>
<< Mio re, c’ero anch’io con
lei e posso garantirvi che non c’era nessuna traccia di potere là dentro >>
intervenne Dalia << Io lo avrei sicuramente sentito e mai mi sarei
permessa di nascondervelo >>
<< Ma non è vero! >>
sussurrò Irmelin indignata a Selyan.
<< Cosa? >>
Purtroppo la loro conversazione fu
notata << Irmelin, hai qualcosa da dire? >> chiese il re
<< Anch’io sono stata portata
in quelle tende e ho sentito chiaramente la traccia di un potere. Anche io,
come Keira, non sono molto brava con queste cose, quindi non posso dire da dove
provenisse, ma so che era vicino e non era quello della somma Dalia >>
<< E come fai a dire una cosa
del genere, sentiamo? >> chiese la donna.
<< Ormai il vostro potere lo
conosco, madre. Dopo tanti anni al tempio so riconoscere sia il vostro che
quello di Selyan e di Elydet. Quello di ieri era diverso >>
La donna assunse un’aria
indispettita. Voleva sicuramente trovare il modo di sbugiardarla davanti a
tutti << Eri svenuta per aver usato troppo potere, le tue percezioni
sicuramente erano alterate e hai visto una cosa che non c’era >>
Irmelin mantenne un sorriso calmo
<< La donna ferita nel letto accanto al mio c’era, e ve lo posso
garantire, e quel potere anche >>
Il re prese la parola << Irmelin,
sei sicura che ci fosse realmente? Hai detto che riconosci Dalia, Selyan e
Elydet, forse quella che hai avvertito era la presenza di Keira o di un’altra
delle tue compagne >>
Mai, in tutta la sua vita, Selyan
avrebbe potuto prevedere la calma risposta di Irmelin al re.Per quanto la conoscesse e avesse imparato a prevedere
le sue risposte, quella che seguì il suggerimento del re non se la sarebbe mai
aspettata
<< Scusate, non ci avevo
pensato. Non essendo molto brava, percepisco solo i poteri più forti, ma se le
mie percezioni erano davvero alterate, allora, è possibile che abbia davvero
avvertito per la prima volta il potere di Keira. Non posso esserne sicura, vi
chiedo scusa >>
<< Non importa. Grazie lo
stesso, Irmelin >>
Doveva
trovare il modo di fermare la guerra di Irmelin a Keira. Almeno davanti al re.
Dal
modo in cui Elydet si era coperta il viso con una mano per l’imbarazzo, aveva
capito che anche lei la pensava allo stesso modo e forse l’avrebbe aiutata, ma
aveva la netta sensazione che sarebbe stato più semplice convincere Irmelin a
tagliarsi una mano piuttosto che smettere di insultare la sua peggiore nemica.
Tutto
quello che poteva fare in quel momento era pregare gli Dei del nuovo regno di
trattenere il re che li serviva dal fare qualche altra domanda a Irmelin o alle
due pompose. Forse, anche se era una
serva di un’altra Dea, l’avrebbero ascoltata per amore della decenza nelle
riunioni importanti del loro regno.
<< Dovevi proprio farle
impazzire in quel modo? >> le chiese Selyan una volta in camera <<
Sai che poi si vendicano >>
<< Non ho certo paura di loro!
>> sbuffò lei.
<< Paura no, ma un po’ di
contegno davanti al re non ti avrebbe fatto male >>
Irmelin
alzò gli occhi al cielo esasperata mentre la parola “re” veniva come sempre sottolineata da un lungo sospiro proveniente
dal letto di Elydet.
Insieme alla sua presenza, la
ragazza fece tornare in mente a Irmelin che la sua speranza di tenere nascosta
la sua cotta per il re era andata a farsi benedire
<< Bella la veste del re di
stasera, vero Ely? >> la prese in giro
<< Lui sarebbe bello anche con
un sacco di iuta addosso >> sospirò Elydet.
Scoppiò a ridere, ma non servì a
calmare Selyan. La sua amica si faceva prendere dall’isteria ogni volta che si
limitavano a parlare dei reali, figurarsi dopo una riunione seria al loro
tavolo. Per sua fortuna, però, era riuscita a spostare le sue attenzioni su sua
sorella facendole dimenticare la sua irriverenza nei confronti della vecchia bavosa e sua nipote
<< Anche tu: hai passato tutta
la sera a guardarlo, ti sembra il modo di comportarsi?! Sono sicura che più di
una volta se n’è anche accorto >>
<< Certo che se ne è accorto >>
rispose Elydet indignata << A lui non sfugge nulla >>
Irmelin credette di aver capito
male. Lo aveva davvero fatto apposta?
<< Vorresti dire che tu lo
guardavi… e sei contenta che lui si sia accorto di quello che facevi? >> le
chiese.
<< Sì… No! Mi ha vista
davvero!? >> chiese sconvolta sedendosi di scatto.
<< Un paio di volte di sicuro >>
la informò Selyan.
<< Oh, no! >> urlò lei
disperata << Cosa avrà pensato? >>
<< Beh, avrà pensato che lo
stavi guardando >> rispose Irmelin facendo scoppiare a ridere anche
Selyan.
<< Oh, Dea, che figuraccia!
Cosa avrà pensato di me? Siete sicure? >>
Non voleva mandare a letto la povera
Elydet nell’imbarazzo più totale, ma sua sorella aveva già annuito senza
nessuna paura. A volte a quella ragazza mancava il cervello. Irmelin era
convinta che quel suo difetto fosse una fortuna in molti casi, una persona
normale non si sarebbe lasciata distrarre dalle banali cotte della sorella.
<< Sai, dopo un po’, una
persona normale si accorge di essere fissata >>
In risposta arrivò un’imprecazione
molto colorita.
<< Elydet! Che maniere! >>
urlò Selyan.
<< Tu con la tua improvvisa
voglia di comandare, invece, che mi dici? >> la rimbeccò Elydet << Ormai
ho fatto la mia figuraccia, adesso dormo >>
<< Anche noi. Forza, Sel! >>
ordinò Irmelin.
<< Sì, mamma >> rispose
scherzando mentre si metteva sotto le coperte.
Quando spensero le candele il buio
fu totale, ma il silenzio fu rotto subito dal bisbiglio di Elydet << Sel?
Mi ha vista davvero? >>
<< No, Ely >>
<< Non prendermi in giro. Mi
ha vista o no? >>
<< Sì >>
Irmelin sorrise nel buio. Selyan era
un’idiota totale nelle questioni sentimentali.
<< Sel? >> bisbigliò di
nuovo Elydet << Pensi che non mi rivolgerà mai più la parola? >>
<< Non sembrava arrabbiato >>
<< Come sembrava? >>
Grazie a qualche Dio o Dea la sua
amica le passò la domanda << Irmy, come sembrava? >>
<< Stanco. Molto stanco. Credo
che le tue attenzioni gli abbiano fatto piacere in un periodaccio come questo >>
<< Oh, Dea, il Grande Re è una persona impegnata e
abbattuta, è vero! Speriamo che stanotte dorma bene e che il suo Dio gli faccia
dono di una buonanotte >> sussurrò più a sé stessa che a lei.
<< E noi non valiamo niente? >>
chiese Irmelin ridacchiando.
<< Al confronto con lui, nessuno vale niente >>
Dopo un ultimo sospiro Elydet non
fece più domande imbarazzanti e cominciò a ronfare beatamente in pochi secondi.
Ora che il silenzio era totale, la stanchezza cominciava a farsi sentire. Aveva
sistemato la vecchia, sua nipote aveva ricevuto abbastanza offese, Elydet era
sprofondata nel mondo dei sogni senza arrabbiarsi con nessuna di loro… forse
poteva anche dormire tranquilla
<< Ehi, Irmy >>
<< Che c’è, Sel? ho sonno >>
<< Sono felice che tu sia mia
amica >>
Abbandonò all’istante l’idea di
dormire. Selyan non si lanciava mai in quelle dimostrazioni d’affetto senza
motivo. Perché diamine lo stava facendo?
<< Perché? >>
<< Perché sei troppo furba. Se
tu fossi mia avversaria, non saprei come batterti >>
Tirò un sospiro di sollievo. Era
solo una stupida battuta, non l’onda nera dei ricordi o, peggio ancora, il
resoconto di quanto le era rimasto nella vita. Scosse la testa divertita dai
suoi stessi pensieri e sbuffò << È una delle mie doti principali, non
lo sapevi? >>
<< Certo! ‘notte, Irmy >>
<< ’notte, Sel >>
Forse
non avrebbe dormito subito, ma non era una di quelle notti in cui Irmelin
doveva mordere le coperte per trattenersi dal dirle qualcosa o dal farle capire
che era sveglia.
Si
ritrovò a pensare che avrebbe potuto chiedere a Nora una buona dose di
sonniferi. In quella stanza ce n’era un forte bisogno.
Forse
i discorsi del re avrebbero tenuto impegnata Selyan finchè non fosse arrivato
il sonno anche per lei.
C’erano
tante cose a cui pensare quella notte. Perché il re cercava delle tracce di
potere nelle ferite della gente? Da dove veniva tutta l’energia della cupola?
Lei non aveva mai pensato a cercarne la fonte.
Aveva mentito al re solo per far arrabbiare Dalia, tanto nessuno avrebbe tenuto
in seria considerazione la sua opinione, sapevano già tutti che non era la
migliore delle sacerdotesse.
Quello
che non capiva era perché la dannata cosa
viola si fosse concentrata subito su Elydet invece di espandersi a caso.
Per quanto fosse stata vicina la sua amica, non era l’unica da quelle parti e
la nobile Ismene non era a più di un paio di metri da lei, alla stessa distanza
da quella maledetta cosa. Perché non aveva colpito la nobile? Non aveva senso
che qualcuno costruisse una trappola del genere e poi la lasciasse libera di
colpire una persona a caso dei presenti?
E,
se era un attacco destinato a distruggere o indebolire il regno, perché colpire
una straniera? Chiunque aveva progettato una cosa del genere doveva sapere che
loro non avevano niente a che fare con quel regno.
Il
re non aveva fatto caso a quel particolare e, grazie alla buona sorte, neanche
Selyan.
Le sembrava assurdo pensare che
fosse un attacco mirato a loro, ma non poteva permettersi di abbassare la
guardia.
<<
Non dovrai mai smettere di guardarti intorno, Irmy, mai. Neanche quando ti
sembrerà di essere al sicuro, va bene? Promettimi che starai sempre attenta >>
Fu
strano sentir riecheggiare quelle parole nei suoi ricordi.
Quel
giorno, purtroppo, aveva promesso.
Ignorando
il tormento di quello che la promessa avrebbe comportato, ingoiando la paura di
quello che avrebbe dovuto fare, aveva accettato, convinta che fosse una
promessa inutile, che fosse solo una preoccupazione eccessiva dello stupido che
le aveva chiesto di farlo.
Aveva
promesso e si trovava a fare i conti con un pericolo più grosso di lei e di
tutti i nuovi reali messi insieme.
Non
era una magia che mirava a colpire la persona più potente nelle vicinanze e non
era neanche un attacco mirato al re o ai reali.
Era
un attacco mirato a loro, maledizione! E da qualcuno che, molto probabilmente,
era in grado di vedere quello che stava facendo.
Maledetto
lo stupido che l’aveva fatta promettere e poi si era fatto colpire in guerra!
Come
credeva che avrebbe fatto da sola?!
Tirò
un pugno al cuscino e poi ci affondò il viso. Aveva un disperato bisogno di
alleati.
Subito. Forse era già troppo tardi.
<< Irmy, stai bene? >>
chiese la stupida nel letto accanto al suo.
<< Dormi, Sel >>
Lei non rispose ma la sentì alzarsi
e un attimo dopo si infilò sotto le sue coperte abbracciandola
<< La faremo pagare alla vecchia stupida prima o poi >>
Beate le sue convinzioni infanitli! Avrebbe tanto voluto anche lei stare così per
colpa della vecchia, ma ringraziò la sua fantasia contorta e resse il suo
gioco.
<< Non sarà mai abbastanza >>
le rispose con voce malferma.
Selyan
le baciò una guancia e si sistemò meglio sotto le coperte. La sua possibilità
di sfogarsi piangendo di nascosto era svanita come quella di stare comoda nel
suo letto.
Quello che Irmelin non riuscì a
capire prima che il sonno arrivasse alla sprovvista, era come erano sparite
anche la rabbia e la tristezza che un attimo prima la stavano soffocando. Ebbe
solo il tempo di pregare la vecchia Dea e il Dio straniero che l’idiota nel suo
letto non le avesse nascosto anche il potere di alterare gli stati d’animo
altrui.
Come
poteva imbrogliare una ragazza che non faceva che guardarlo e ammirarlo?
Ma,
d’altro canto, come poteva continuare a lasciare che le straniere facessero i
loro comodi nel suo regno con tutti i loro segreti, le loro prese di posizione
nelle situazioni pericolose e la loro sprezzante superbia nei confronti dei
loro problemi?
L’incendio
aveva chiarito la loro posizione molto più di quanto avevano fatto le loro
parole e loro promesse: non erano disposte a collaborare in caso di bisogno e
non erano disposte a essere sincere con lui. Avevano la sola intenzione di
farsi ospitare da lui e farsi coprire di onori e favori come se fossero
importanti e rispettabili quando in realtà valevano meno di niente.
I
loro poteri erano davvero un problema in quel caso. La maggior parte di loro
non aveva neanche attivato una pietra, un paio avevano perso una o due ore del
loro tempo nel cercare di rimediare ai danni che i raccolti avevano subito
accelerando la crescita di alcune piante, e una aveva attivato la sua pietra
vicino al terreno bruciato prima di affermare che non aveva tutto il potere
necessario a riportarlo al suo stato originale e che non aveva neanche le
competenze necessarie a farlo.
Tarìc
aveva perso un pomeriggio intero a chiedersi come si potesse possedere un
potere legato alla terra e non avere le competenze per utilizzarlo ma ancora
non aveva capito come quella situazione fosse possibile.
E
poi c’erano loro, le tre preoccupazioni più grosse dopo le bugie della Somma
Sacerdotessa. Vento, fuoco e acqua. Tre poteri dominati quasi alla perfezione
da tre persone che lo preoccupavano più di tutte le altre messe insieme.
Nora
ormai era la sua fonte più propizia di informazioni su quelle ragazze. Con tutta
la sua innocenza e la sua lealtà, si era detta disposta a diventare loro amica
e a fargli presente ogni cosa che avesse ritenuto strana o pericolosa nei loro
comportamenti.
Non
aveva avuto molte occasioni di parlare con loro fino a quel momento, ma sapeva
che aveva in programma di passare con loro le sue serate. Quello che lo
incuriosiva, era che Nora sembrava davvero convinta che non avessero niente di
strano e sembrava anche ben disposta nei loro confronti. Era difficile che Nora
trovasse simpatico qualcuno, soprattutto se potente, ma l’unica cosa negativa
che le aveva sentito dire era che aveva il sospetto che Elydet la trovasse
antipatica e che quindi non credeva che avrebbe mai risolto niente con lei.
La
potente sacerdotessa del fuoco era un compito che non poteva delegare a nessun
altro. Né a Ismene, né a Nora.
Irmelin
del vento gli aveva dato l’impressione di essere una persona forte e
determinata, forse non era dotata di molto potere, ma sapeva usarlo e Ismene
gli aveva riferito che sospettava che fosse in grado anche di avere delle
visioni, ma lei non lo aveva fatto presente quando si era presentata al
cospetto suo e della sua corte al loro arrivo, né ne aveva mai fatto parola con
Nora.
Perché
nasconderlo? E, soprattutto, perché quando aveva chiesto il suo aiuto
nell’incendio si era tirata indietro apparendo quasi spaventata finchè non
l’aveva calmata la sua amica?
Selyan
le aveva detto qualcosa nella loro lingua e lei si era messa al lavoro con
scarsa convinzione, ma senza ulteriori proteste. Cosa diamine le aveva detto? E
perché non voleva mettere il suo potere al loro servizio con la scusa della sua
incapacità? Nessuna delle altre aveva mai fatto qualcosa di diverso dal cercare
di apparire potente ai suoi occhi. Nessuna eccetto lei e la sua amica.
Selyan
dell’acqua, sorella di Elydet del fuoco, era il suo più grosso grattacapo da
quando erano sbarcate. Timida all’eccesso, spaventata dalla sua stessa ombra e
palesemente schiava della disperazione più nera, in possesso di un potere di
cui non conosceva le dimensioni né tanto meno le possibilità e degli occhi più
espressivi che avesse mai visto. Gli occhi di una ribelle messa a tacere dalla
paura di qualcosa che le era successo e che sarebbe potuto succederle ancora,
gli occhi di una persona fiera e indipendente ormai domata dalla tristezza e
dalla disperazione.
Non
capiva quella ragazza.
Dalia la insultava di continuo, la sminuiva a
vantaggio della nipote e di qualunque altra incapace al suo comando, ma era
sicuro che anche lei la guardasse con sospetto. Il perché era un mistero che
non sapeva risolvere. Selyan non si faceva problemi a mettersi a sua
disposizione, aveva insistito perché Dalia la lasciasse salvare Ismene e Aaren,
si era offerta per aiutarlo nell’incendio, non aveva protestato quando
l’avevano spedita nelle squadre, eppure… Tarìc stesso non riusciva a lasciarsi
spaventare dal fatto che avesse usato una formula proibita per fermare
l’energia che l’avrebbe uccisa facendo fuori anche Neithel e parecchia della
gente in quella zona. Avrebbe dovuto restare sbalordito dal sapere che quella
ragazza era a conoscenza di formule così proibite e così potenti che nemmeno i
suoi primi sacerdoti si azzardavano a usare per quanto erano pericolose e
segrete. Eppure l’aveva usata e lui non riusciva a preoccuparsene. Riusciva
solo a pensare che quello che avrebbe dovuto essere un grosso alone azzurro era
stato coperto dall’oro dei loro bracciali e che Neith gli aveva assicurato di
non aver minimamente usato il suo.
Nessuno
a eccezione dei legittimi proprietari dei bracciali che Dio aveva concesso al
suo regno poteva toccarli, meno che mai tentare di usarli senza morire
all’istante.
Lei
ci era riuscita senza il minimo problema.
Aveva
usato il potere di Neithel per coprire il proprio senza chiedergli niente e
senza che ne subisse alcun danno. Non un fulmine diretto al suo cuore, non una
bruciatura sulla sua mano. Assolutamente niente.
E
poi era tornata la ragazza spaventata e sottomessa di sempre. Aveva implorato
il silenzio e si era lasciata insultare, maltrattare e anche punire. Non aveva
preteso un ringraziamento per aver salvato tutti, non aveva protestato davanti
alla punizione per averli protetti e si era anche scusata con Neith per avergli
fatto perdere la pazienza.
Tarìc
non capiva.
Odiava
non capire, odiava non sapere e odiava che le cose sfuggissero al suo
controllo.
Quella
ragazza aveva vinto dove i suoi più esperti guaritori avevano fallito,
padroneggiato una formula proibita, piegato al suo volere un bracciale del
Poteree viveva cercando di nascondere
ogni singolo particolare della sua vita. Sapeva solo che aveva perso la
famiglia e che soffriva per le sue perdite, ma cosa sarebbe successo quando la
tristezza fosse passata?
Non
riusciva a farsi un’idea del reale carattere di quella ragazza né delle sue
intenzioni.
Nora
gli aveva detto che Irmelin le aveva raccontato di decine e decine di punizioni
che si erano prese per aver mancato di rispetto a Dalia o per aver disobbedito
ai suoi ordini. L’aveva vista anche lui raggirarla e disobbedire al suo volere
quando aveva cercato di impedirle di curare Aaren e sapeva anche che più di una
volta aveva sbuffato o aveva risposto male a Neithel.
Possibile
che la tristezza stesse tenendo buona una pericolosa ribelle?
Tanet
si era detto seriamente preoccupato da quella ragazza e Nora lo aveva insultato
convinta che non fosse un problema, Ismene gli aveva chiesto del tempo per
valutare il suo comportamento nelle squadre e, quanto a Neithel, era
assolutamente inutile prendere in considerazione le sue critiche. Non poteva
essere razionale nei suoi confronti.
Tarìc non sapeva cosa pensare.
Sapeva solo che aveva bisogno di capire come stavano le cose e non aveva il
tempo di occuparsene.
<< Vostra altezza >>
<< Olen, qualcosa non va? >>
<< Ecco… >> cominciò lui
lisciandosi nervosamente la barba ben curata che portava da quando Tarìc aveva
memoria << Sono stato informato del fatto che cominciano a sollevarsi
delle proteste sul pagamento delle tasse nella capitale. Pare che molti usino
come scusa la perdita del raccolto o la necessità di ricostruire la propria
casa e si lamentino del fatto che una nuova disgrazia li ha colpiti prima che i
danni della precedente fossero sanati. Dicono che il denaro potrebbe servire
loro per le prossime sventure che verranno. La gente non si senta al sicuro,
maestà >>
La sua gente era spaventata e
scoraggiata. Era ovvio che fosse così, ma non era facile trovare una soluzione
rapida a quel problema. Forse doveva parlare pubblicamente con il suo popolo e
cercare di rassicurarlo, anzi, senza dubbio era così, ma Olen aveva altro da
dire, lo conosceva troppo bene. Doveva dire qualcosa e non ne aveva il coraggio
<< E la mia gente cosa crede
che possa fare io contro il volere di Dio? >>
<<
Smettere di offendere il nostro Dio ospitando le serve di un’altra divinità >>
ammise lui a mezza voce
Tarìc
sgranò gli occhi per la sorpresa << Cosa?! Ma loro non erano qui quando è
arrivato il terremoto! >>
L’uomo alzò le spalle sconsolato
<< No, ma forse cacciandole il nostro Dio si placherà un po’ >>
Il
Dio della Misericordia non si sarebbe
certo placato per una cosa del genere!
Come
avevano fatto a pensarlo?
E
perché Olen lo guardava come se si aspettasse qualcosa da lui a quella
rivelazione?
Odiava
quando non aveva il coraggio di fargli notare i suoi errori, ma quella volta
aveva capito da solo
<<
Ho trascurato il popolo, vero? >>
Le
questioni del palazzo lo avevano tenuto lontano dai pubblici discorsi e, come
gli aveva sempre detto suo padre, un re che non ha tempo per calmare gli animi,
è il re di un regno in subbuglio.
Dannazione!
<< Credo che abbiate fatto il
possibile, maestà >> disse prima di congedarsi con un inchino.
Tarìc
sospirò e prese foglio e inchiostro.
Poco importava che fosse notte
fonda, il re all’alba avrebbe fatto il suo discorso.
Il nobile Tanet impiegò almeno
un'ora della mattinata per illustrare alla squadra il piano di ricostruzione
del paese. Ad ognuno dei presenti era stata consegnata una cartina del territorio
suddiviso in regioni con numeri e colori diversi: quindici zone complete di
date, durata dei lavori, numero di uomini richiesti, un elenco al lato con i
dettagli e un secondo foglio, diverso per tutti, con il calendario dei giorni
di lavoro, con indicata la mansione da ricoprire, e quelli di riposo.
Rimettere tutto a posto non era cosa
facile viste le dimensioni dell'area danneggiata e la portata dei danni e
Selyan dubitava che il re prevedesse una semplice risistemata per il suo regno.
Era sicura che, una volta finito, i
segni del passaggio del terremoto e dell’incendio sarebbero stati completamente
cancellati.
Era un’organizzazione precisa e
studiata come non ne aveva mai viste prima.
Ovviamente il suo calendario non
prevedeva giorni liberi e scoprì che la mansione per lei era sempre la stessa:
gruppo trasportatori.
Quando il Nobile Tanet aveva
descritto quel ruolo aveva detto che i trasportatori erano quelli da chiamare
ogni volta che un costruttore, un guaritore o chiunque altro aveva bisogno di
qualcosa che non era nel suo raggio d’azione per non perdere tempo. In
sostanza, erano una sorta di servi e, mentre gli altri avrebbero ricoperto quel
ruolo a rotazione, per lei era fisso.
Immaginava già le urla di Irmelin.
Come minimo, l’avrebbe definita La
sguattera di duecento uomini.
Lei non aveva comunque intenzione di
lamentarsi. Le andava bene così.
Quando la squadra iniziò il suo
turno, scoprì che nessuno aveva intenzione di prendere le cose alla leggera e
si erano buttati tutti a capo fitto nel loro lavoro.
Loro ordinavano, lei doveva correre.
All’ora di pranzo, con il cambio dei
soldati, ringraziò la Dea di essere finalmente libera di andarsene a letto. Era
esausta, con le ossa a pezzi, le mani piene di schegge di legno prese neanche
lei sapeva dove, e distrutta dal caldo opprimente di quel regno.
Eppure, il fatto che non si fossero
allontanati troppo dal palazzo, le dava la possibilità di tornare in tempo per
la lezione della nobile Ismene.
Era stanca, ma non voleva dare
l’impressione di essere il tipo di persona che si prendeva un girono libero
appena aveva una scusa. Non certo alla prima lezione che avrebbe dovuto seguire
in quella classe. Si limitò a un bagno veloce, un abito pulito e si convinse ad
andare.
Entrò nell'aula ignorando le occhiatine
e dei commenti delle sue vecchie compagne.
Aveva troppi anni di esperienza per
sentirsi anche minimamente irritata da quelle cose.
Elydet era
stranamente seduta accanto ad una delle pettegole amiche di Keira, ma Irmelin
era sola
<<
Posso? >> chiese già certa di poter poggiare la sua roba su quel banco.
<<
No, mi dispiace >> rispose seria, senza guardarla e senza neanche l'ombra
di un sorriso
Che fosse arrabbiata con lei per
qualcosa?
O forse i
posti erano assegnati dall'insegnante e non potevano cambiarli. Quello avrebbe
spiegato anche Elydet in mezzo al gruppo di oche, ma perché la freddezza di
Irmelin?
<<
Sto aspettando la mia compagna di banco preferita>>
Non sapeva
cosa dire, non le aveva mai detto niente, ma era normale che qualcuno avesse preso
il suo posto. Non era più a lezione con loro da troppo tempo ormai.
<< Ha
degli adorabili capelli lunghi, ricci e rossi, un sorriso simpaticissimo e si
chiama Keira>>
Le ultime
parole erano state sottolineate da una faccia schifata e un acidissimo tono di
voce che eliminarono ogni dubbio e la fecero scoppiare a ridere. Il posto era
tutto suo.
<<
Mmm, credo di aver capito chi è, ma sembra che stia tardando. Sicura che venga
a lezione? >>
<<
Credo proprio che dovrò arrangiarmi con te >>
Si sedette
mentre ancora rideva e guardò sua sorella per cercare di capire cosa facesse in
mezzo a quella gente. Era anche immersa in una accesa chiacchierata. Non poteva
crederci.
<< Da
quando Ely è così amica di Thanee? >>
<<
Quando Keira non c’è, le galline abbassano
un po' la cresta. Siamo state vicine solo all’inizio >>
<<
Non lo sapevo. Mi sono persa parecchie cose, vero? >>
<<
Adesso recuperiamo >> rispose lei sbattendo sul banco dei fogli
impiastrati di inchiostro << Hai dato un'occhiata a quella lista che ti
ha fatto avere la nobile Ismene? >>
<<
Sì. Non sembra molto diverso da quello che facevamo con la tirapiedi di Dalia
all’isola >>
<<
Perfetto! >> gongolò mettendole davanti la sua pergamena con una piuma
per scrivere senza tanti complimenti e un sorriso soddisfatto stampato in
faccia<< Correggi e sbrigati! La
nobile Ismene potrebbe arrivare a momenti. Se ci vede, possiamo dirle che
volevi vedere i nostri compiti per sapere quale argomento abbiamo affrontato
nella lezione di ieri, ma non voglio rischiare. Ogni volta che le rifilo una
bugia mi guarda male >>
Selyan sospirò. L’euforia di Irmelin
davanti alla possibilità che lei sistemasse i suoi errori prima che fosse
troppo tardi era impossibile da distruggere.
<< Se
sbaglio, ti arrangi. E non usare più quei paroloni con me, per favore >>
<<
Devo esercitarmi per parlare dignitosamente alle persone di rango più elevato,
visto che stiamo a contatto con la corte reale >> si giustificò lei
imitando le movenze esagerate di Keira.
Quando la
Nobile varcò la soglia, nella stanza calò il silenzio e Elydet schizzò in piedi
<<
Facciamo i turni per distribuire gli esercizi >> le sussurrò Irmelin
Perfino le lezioni alle straniere
erano organizzate nel dettaglio. Quel regno era sorprendente.
Ringraziò sua sorella quando le passò
il suo foglio e si stupì quando non ottenne risposta.
Aveva già
preso le maniere delle stupide?!
La
spiegazione venne di nuovo da Irmelin << Quando sta con loro si comporta
come loro >>
<<
Vorresti dire che cambia idea come cambia il vento? >>
Poi si rese
conto che quella frase detta a lei aveva uno strano significato e scoppiò a
ridere seguita a ruota dalla sua amica. Furono richiamate al silenzio da
un’occhiataccia della Nobile e non potè fare a meno di notare la differenza
abissale tra le lezioni in quella classe e quelle che seguiva prima: con Keira
non c'era mai stato niente di cui parlare e le risate erano solo una leggenda.
<<
Potete cominciare >>
Il permesso di iniziare a risolvere
gli esercizi le dette quasi i brividi.
Selyan prese la sua piuma e spostò
il foglio in direzione di Irmelin in nome del vecchio accordo stretto da
bambine e anche della pestata di piede che aveva appena ricevuto.
Selyan
doveva farla copiare e Irmelin doveva farlo in modo da non renderlo ovvio
all'insegnante. Di solito copiava gli esercizi a metà e li finiva da sola
infilando qualche errore alla fine ma, per un motivo noto solo a lei, riempì il
suo foglio di errori stupidi e banali che la costrinsero a passare parecchio
tempo nella correzione alla cattedra mandando in bestia le ragazze in fila dopo
di lei.
<<
Perché non hai copiato di più? >> le chiese una volta uscite.
<<
Perché facciamo quella roba da una settimana e non ho mai capito niente. Non
potevo fare bene oggi che ci sei anche tu per la prima volta. Sarebbe stato
sospetto >>
<<
Astuta come sempre! >> la elogiò
<<
Credi di avere a che fare con Keira?! Vieni con noi adesso? >> le chiese
speranzosa << Ely guarda solo il re e io ho bisogno di qualcuno che
insulti con me gli incapaci, ti prego! >>
Selyan ormai sapeva che, da almeno
una settimana, mentre lei passava i pomeriggi a sgobbare sui libri, Irmelin e
sua sorella facevano di tutto per uscire per prime dalle lezioni e poi
correvano a spiare i soldati nel campo di addestramento. Elydet lo faceva
perché spesso il re passava a controllare, Irmelin per cercare qualcuno che
rispecchiasse i suoi ideali di marito perfetto. Ormai era abituata ad andare a
letto ascoltando i suoi racconti di spadaccini incapaci ma dotati di bellissimi
capelli e arcieri incapaci di centrare il bersaglio e con i muscoli così
flaccidi che, se fossero nati donne, nessuno le avrebbe mai guardate.
L’assurdo era che, quella mattina,
era sicura di aver passato un secchio d’acqua a un uomo di cui aveva sentito
per un’ora intera per la sua camminata strana. Irmelin aveva fatto tanto di
imitazione per lui e, quando se lo era trovato davanti, poco ci era mancato che
gli ridesse in faccia.
Ma
ascoltare i racconti era una cosa, andare al campo…
<< Mi
spiace, Irmy, sono stanca. Ci vediamo a cena >>
<< Non
aspetti neanche Ely? >>
<<
No, non voglio darle spiegazioni >>
Non poteva
sopportare di stare ferma a guardare i soldati. Avrebbe disperatamente cercato
in ognuno di loro qualcosa che le ricordasse il soldato che non avrebbe più
rivisto
<<
Sicura di trovare camera nostra senza perderti di nuovo? >> chiese lei
scettica.
<<
Ciao, Irmy. Buon divertimento >> le rispose acida.
Ovviamente, riuscì a perdersi. Il
tempio della nobile Ismene non era lontano dalla stanza in cui facevano
lezione, lo sapeva, eppure era riuscita a sbagliare e non aveva neanche visto
le grandi mura. Come accidenti aveva fatto!? Irmelin l’avrebbe insultata per il
resto della vita.
E perché diamine si era ritrovata al
mercato che costeggiava il porto dall’altra parte della città?
Sospirò
sconfitta dal suo inutile senso dell’orientamento e decise di approfittarne per
risanare le sue scorte di cibo. La mattina le avrebbe fatto sicuramente comodo
avere qualche biscotto in tasca.
<<
Posso permettermi di aggiungere una cosa alla tua busta? >> le chiese
l’uomo dietro il banco
<<
Perché? >>
<<
Oggi ho offerto un dolce nuovo a tutti i miei clienti abituali, tu non ti servi
da noi da molto tempo, ma ci tengo lo stesso a sapere cosa ne pensi se ti va di
assaggiarlo >>
<< Vi
ringrazio, lo accetto volentieri. Sono qui da poco e, anzi, vorrei farvi i
complimenti per la vostra merce, signore. È tutto buonissimo >>
<< È
buffo detto da una che compra sempre le solite tre cose, ma ti ringrazio. Da
dove vieni? >>
<<
Caro, smetti di importunare le clienti. La ragazza è una delle sacerdotesse
straniere ospiti al palazzo reale >> si intromise quella che doveva
essere la moglie del mercante.
<<
Come fate a saperlo? >> chiese stupita.
<< Ho
buona memoria per le facce. Ti ho vista in mezzo al tuo gruppo quando siete
sbarcate e tutti sanno che il re vi ospita. Come mai le tue compagne non si
vedono in giro spesso come te? >>
Come spiegare alla signora che le
sue altezzose compagne si ritenevano troppo al di sopra di un banale mercato di
paese? Nessuna di loro avrebbe mai fatto messo un piede fuori del palazzo per
andare in mezzo alla calca e, meno che mai, per comprare cose che erano state
tutto il giorno all’aperto e non provenivano da una cucina reale con
ingredienti di prima qualità.
Lei era convinta che fosse tutto
molto più buono su quei banchi che alla tavola di Dalia dove la vecchia
benediceva il cibo con le parole e lo malediceva allo stesso tempo con tutto
l’anima.
In quel
momento, però, doveva costringere il suo cervello a elaborare una risposta che facesse
apparire perfette le sue compagne e soddisfacesse la curiosità della donna
<< Le mie compagne passano molto tempo sui libri, signora. Io non sono
mai stata molto brava con lo studio >>
<<
Sei quella che hanno spedito nelle squadre di ricostruzione? >> le chiese
come se avesse appena scoperto qualcosa di interessante.
Odiava la
gente curiosa. La odiava da tutta una vita e voleva solo prendere i suoi
maledetti biscotti e andarsene ma fu costretta a rispondere di nuovo <<
Sì, signora, sono io >>
<<
Mio figlio mi ha parlato di te. Si chiama Feori, mi ha detto che non ti avrebbe
mai ritenuta in grado di trasportare quella grossa trave con lui stamani
>>
Non
ricordava il figlio di quella donna, non aveva neanche guardato in faccia le
persone, ma ricordava l’uomo che l’aveva presa in giro pesantemente quando si
era offerta di aiutarlo al posto di un soldato che si lamentava per la
stanchezza. L’aveva lasciata fare per sfidarla e si era dovuto arrendere quando
avevano raggiunto la destinazione del grosso pezzo di legno. Ben gli stava!
<< Mi
spiace se sono stata scortese con lui >>
<< Se
mio figlio si comportasse bene con le donne non sarebbe ancora scapolo alla sua
età, sono sicura che è stato maleducato anche lui. Oggi offro io. Sono felice
di poter fare qualcosa per chi lavora alla ricostruzione del nostro paese
>>
Come doveva
spiegare a quella donna che non era solo una punizione la sua?
<< Ci
ripagherai dicendo in giro che la nostra roba è la migliore>>le disse l’uomo soddisfatto.
Poteva
accettare. Anche se nessuna delle galline avrebbe mai neanche assaggiato
qualcosa di quel banco << Vi ringrazio >>
Era
assolutamente sicura che quella volta la strada fosse quella giusta, ma la sua
attenzione fu attirata da un’anziana signora intenta a trascinare due borse
decisamente troppo pesantiper lei.
Non le era
forse stato detto che il suo compito era portare le cose agli altri? <<
Posso aiutarvi? >>
Lei la
guardò in modo strano, come per valutare se potesse o meno fidarsi di lei o
meno
<<
Sarebbe stato molto meglio se tu fossi stato un bel ragazzo muscoloso. Pensi di
farcela? >>
<< Posso provarci >> le
rispose quasi divertita dalla situazione. Solo un attimo prima si era sentita
dire che aveva stupito un soldato e adesso una vecchietta le chiedeva se avesse
la forza di portare due borse della spesa. Le raccolse da terra.
Cosa diamine aveva comprato quella
donna? Mattoni e pezzi di ferro?
Ignorò il
peso e si avviò con lei lungo una strada che non aveva mai fatto
<<
Non ti ho mai vista prima, sei di queste parti? >>
<<
No, signora >>
<< In
effetti si capisce dal tuo accento >>
Selyan si
sentì arrossire. Non ci aveva mai pensato perché con le altre si capiva
benissimo e nessuno glielo aveva mai fatto notare.
<<
Scusami, non volevo metterti in imbarazzo. In realtà non te la cavi male per
essere straniera >>
<< È
lontana casa vostra? >>
<< È quella in cima alla collina, ma tu puoi tornare
indietro quando vuoi. Ti sono già riconoscente per esserti offerta di aiutarmi.
Nessuno l’ha fatto e mi hanno vista in molti. Fai parte di quel gruppo di
sacerdotesse che sono arrivate qui qualche tempo fa con quegli strani poteri,
vero? >>
<< Sì
>> rispose cauta
<< Al
villaggio dicono che quella cosa strana nata sotto le mentite spoglie di un
incendio che ha minacciato di distruggerci, sia stata fermata da una sola
ragazza che ne è uscita illesa. È vero? >>
<<
Hanno un po’ ingrandito le cose >>
<<
Posso chiederti com’è andata veramente? Se sono cose riservate non importa, non
voglio metterti nei guai né tanto meno farmi grande con la gente del paese.
Sono solo curiosa >>
Selyan si
fermò un attimo a pensare. Nessuno le aveva detto di non parlare di quello che
era successo, ma non le sembrava il caso di esagerare
<<
Non credo siano cose riservate. Il fuoco è stato fermato da parecchie persone e
per quanto riguarda il resto… Da sola quella ragazza sarebbe sicuramente morta
>>
La donna
annuì << Capisco. In effetti il nobile Neithel è impareggiabile in queste
cose >>
Quella
donna sapeva troppo e lei si stava mettendo nei guai. Non rispose, né disse
altro di sua iniziativa e cominciò a pregare mentalmente la Dea che la casa si
avvicinasse in fretta
<> le chiese la donna
Nessuno le avrebbe mai detto una
cosa del genere all’isola. Era tutto diverso, dannazione!
Non le
rispose e, dopo una salita infinita, posò le borse davanti alla porta di casa
<< Perdonate la fretta, ma devo rientrare prima del tramonto, vi dispiace
indicarmi la strada per il palazzo? >>
<<
Posso sapere almeno come ti chiami? >>
<<
Selyan >>
<<
Selyan >> ripeté come se lo stesse studiando << È un bel nome
>>
Ringraziò la donna e cominciò a
correre verso il palazzo con la netta sensazione che la vecchietta non si fosse
mossa dalla porta della sua casa. Forse voleva solo assicurarsi che non
sbagliasse strada anche mentre scendeva la collina, ma era una sensazione
diversa dalla preoccupazione quella che sentiva. Sembrava più una specie di
dubbio misto a soddisfazione. Probabilmente la signora era soddisfatta di
averle indicato bene la strada e non era ben disposta verso il gruppo di
sacerdotesse straniere che il re aveva accolto nel suo palazzo prima di
incontrare lei.
Quello che era certo era che era in
ritardo e stava rischiando di nuovo di essere sgridata da Dalia.
***************************************
-Irmelin-
La Dea da a ognuno di noi i Doni più
giusti
Lo ripetevano a tutti all’isola in
ogni occasione, che si trattasse di poteri, mogli e mariti, bambini o
disgrazie. La Dea mandava solo le cose più giuste ai suoi figli secondo loro.
Lei non ci credeva.
Perché avrebbe dovuto credere che la
Dea ritenesse giusto farla restare zitella?
Perché era giusto farle avere la
stessa dose di potere data a Keira?
Irmelin scosse la testa: quel detto
era stupido e la Dea distribuiva a caso doni e sventure.
La buona stella sotto cui lei era
nata aveva guidato la mano della Dea a donarle un cervello infinitamente
superiore a quello della capra dai
capelli rossi, due genitori affettuosi, un potere che le piaceva possedere
ma non era grande da crearle problemi e una vista perfetta.
Poteva accontentarsi: per quanto
lontani, riusciva a vedere benissimo i soldati e i loro movimenti.
Non erano novellini alle prime armi,
dovevano essere i migliori al servizio del Nobile Tanet. Avevano i corpi di
uomini addestrati da anni, con i muscoli scolpiti e solidi come la roccia.
Non erano
molti quelli giovani oltre al comandante: un moro che non aveva mai conosciuto
una battaglia dato che si muoveva con la raffinatezza delle bambine che
spargevano i fiori il giorno della Dea, un biondo che si allenava senza maglia,
con i lunghi capelli intrecciati e ondeggianti-
<<
Irmy, ha ragione mia sorella, non dovremmo stare qui >>
La
sacerdotessa del vento quasi imprecò contro la sua amica che aveva interrotto
il filo dei suoi pensieri. L’aveva distratta proprio quando il biondo aveva
deciso di smettere visto che, quando lo aveva ritrovato in mezzo alla folla,
aveva di nuovo la maglia addosso e si stava allontanando con un arco in mano.
Il bersaglio era fuori dal loro campo visivo, dannazione!
<<
Lascia perdere tua sorella, Ely, l’ha detto solo perché non riesce a guardare
delle persone che maneggiano una spada senza averne anche lei una per le mani
>>
<<
Selyan doveva nascere uomo! >> sbottò lei sedendosi con le spalle al muro
e ignorando lo spettacolo per cui andavano lì ogni giorno<< E il re non c’è oggi >>
Qualcosa
nel suo tono di voce le fece capire che la sacerdotessa del fuoco non aveva più
la minima voglia di restare lì << Vuoi andare a cercare Selyan? >>
<<
No. Mia sorella si sarà sicuramente persa e sarebbe impossibile ritrovarla.
Meglio tornare in camera e aspettare che qualcuno le faccia il favore di
indicarle la strada. È senza speranze >> si lamentò lei con gli occhi al
cielo per l’esasperazione
<< Io
voglio guardare ancora un po’ >>
<<
Beh, andrò da sola allora. Separate saremo anche meno in vista sulla strada del
ritorno. Si accorgeranno di noi prima o poi e non voglio che il re mi creda una
guardona >>
Non la fermò. Irmelin era rimasta
con il mento poggiato sulla mano che faceva da cuscino tra il suo viso e il
muro e i lunghi capelli sciolti senza la minima traccia di acconciatura.
Non c’era mai vento in quel regno,
perché perdere tempo ad aggiustarli? Tanto non si sarebbero mossi comunque e, in
ogni caso, a nessuno importava dei suoi capelli.
All’isola non avrebbe mai cercato il
modo di guardare un addestramento di uomini senza maglia perché l’onta della
vergogna per un simile atto sarebbe arrivata a casa sua in meno di un attimo.
Le voci che Irmelin figlia di Deneb passava le sue giornate guardando gli
uomini nudi come le poco di buono avrebbero raggiunto le orecchie di suo padre
in meno tempo di quanto ne avrebbe impiegato lei per sbattere le ciglia e, al
suo rientro a casa, sua madre l’avrebbe presa a schiaffi e il povero Deneb le
avrebbe tolto la parola. Lì a nessuno importava del suo onore.
E all’isola non avrebbe mai dovuto
spiare da lontano perché avrebbe avuto una spada anche lei e sarebbe stata
proprio in mezzo a quei soldati a combattere senza che risultasse osceno per
nessuno.
Dannazione! Anche lei aveva
nostalgia di quelle cose!
Da sola non riusciva a concentrarsi
solo sui pettorali dei soldati, doveva andarsene.
Selyan era riuscita a distruggere il
loro pomeriggio di idiozie senza il minimo sforzo.
Quella ragazza era una condanna e,
in quanto tale, sapeva la Dea dove era andata a finire in quel momento. Tanto
valeva andare a cercarla.
Elydet era andata via pochi minuti
prima di lei eppure la strada era libera e lei non c’era. Probabilmente aveva
sentito nominare il re da qualche passante e lo aveva seguito per origliare.
Irmelin aveva sempre avuto una
grande stima di Kerse, ma era sempre stata convinta che quell’uomo avesse avuto
sfortuna enorme con le figlie.
Anche suo padre diceva sempre che il
povero Kerse avrebbe potuto sputare nel tempio della Dea per come erano andate
le cose nella sua famiglia.
Erano
sempre stati amici e aveva sentito spesso il Generale raccomandarsi a suo padre
di tenere d’occhio Selyan. Non che la famiglia a cui l’aveva affidata non fosse
affidabile, ma ogni volta che salutava sua figlia per tornare ai suoi doveri,
faceva sempre in modo di incontrare prima Deneb
“Assicurati che- “
“La trattino come io tratto la mia
bambina “ lo
interrompeva sempre lui con una pacca sulla spalla
Solo a distanza di anni, aveva
capito che Kerse aveva paura che Lemno e Aytha la trattassero con troppi
riguardi perché non era figlia loro.Quel pover’uomo era vissuto nel tormento, prima per la figlia e poi per
la guerra. La Dea non aveva mandato neanche a lui i giusti doni, ne era sicura.
E se la Dea avesse dato la pace a
Kerse ? Cosa ne sarebbe stato di lei senza Selyan?
Forse non sarebbe mai neanche
entrata al tempio.
Deneb era abituato a viaggiare. Suo
nonno era stato un mercante e si era sempre spostato per lavoro, la stessa
Patrina le aveva raccontato che per anni non erano riusciti a trovare un posto
fisso in cui Deneb non sbuffasse dopo sei mesi o un anno al massimo perché non
gli piaceva o gli veniva a noia.Solo
all’isola aveva trovato pace.
Forse suo padre si era arreso a
fermarsi lì per lei. Perché lei stava bene al tempio con la sua amica e sua
moglie sembrava andare d’accordo con la gente del paese. Non ci aveva mai
pensato.
E lei non aveva idea di dove fossero
finiti i suoi genitori.
Avrebbe tanto voluto pregare la Dea
che fossero salvi, ma aveva cominciato a disprezzare e temere quella Dea più di
ogni altra cosa. Aveva il folle presentimento che se le avesse chiesto di
proteggerli, la Dea dell’isola avrebbe fatto accadere quello che lei non
avrebbe mai voluto, ma aveva molta più paura di saperli soli, dispersi e
abbandonati da qualsiasi divinità.
Non poteva sopportarlo.
Abbandonò la via principale,
attraversò la piazza del paese e puntò dritta verso il Tempio.
Non aveva senso andare al Tempio
delle Nascite e della Ragione, non doveva implorare il Dio straniero per nessun
bambino, né per la sua fertilità, e neanche per la salute di qualche
partoriente.
Tanto meno doveva implorare per la
sua salute mentale. Lei non era certo la peggiore tra tutte le pazze del suo
ordine e, se la Nobile Ismene non aveva mai ritenuto indispensabile analizzare
la mente contorta di Keira, non aveva alcun motivo di analizzare la sua.
A lei serviva il posto in cui guarivano
le ferite che non si rimarginavano da sole.
Aveva bisogno del Dio della Pace e
della Speranza e non le importava che non fosse governato dalla Nobile a cui
era stata affidata dal re. Non aveva bisogno che un umano facesse da tramite
per parlare con un Dio che tutti lì ritenevano onnisciente.
Varcò le grandi porte e attraversò
la sala: non aveva bisogno neanche che qualcuno la vedesse lì e sparlasse per
tutto il paese di lei e della sua dubbia lealtà alla sua Dea e alla sua Nobile.
Afferrò uno degli scialli che il
tempio lasciava a disposizione per coprirsi la testa nell’area più mistica del
tempio e lo posò sui suoi capelli prima di scostare le pesanti tende.
Era deserto. Esattamente come voleva
che fosse.
C’erano i Rinnegati nelle lunghe
cappe nere lungo le pareti a guardia di un grande braciere.
Selyan le aveva spiegato che le
persone scrivevano i loro peccati su dei fogli e poi li lasciavano bruciare in
quel fuoco perché potessero liberare le proprie anime dei pesi che li
opprimevano.
Istintivamente si avvicinò a quella
fiamma viva e scoppiettante.
Qualcuno doveva aver messo delle
erbe aromatiche in mezzo alle braci. Era il tipo di odore che avrebbe mandato
Selyan all’altro mondo se lo avesse respirato per troppo tempo.
Irmelin sapeva cosa si provava a
voler vedere qualcosa arso dal fuoco purificatore.
Come aveva fatto la sua amica a non
capire? Come aveva potuto dimenticare tutto?
Irmelin alzò le sue stesse mani
davanti agli occhi osservandone la pelle liscia e perfetta.
Era stata
Selyan a curarle, eppure quando lo aveva fatto, non ricordava cosa le avesse
danneggiate e non lo aveva mai ricordato dopo. Come aveva potuto dimenticare?
<<
Che stai facendo? >>
Sobbalzò
spaventata e arretrò di mezzo passo dal braciere prima di capire chi era lo stupido
che l’aveva fatta quasi morire di paura << Stavo pregando il vostro Dio.
Non mi pare sia vietato >>
<<
Hai la coda di paglia, Irmelin del vento?
>>
Era sicuramente una presa in giro,
ne era certa, ma non ne capiva il senso, dannazione!
Avrebbe dovuto
farsi spiegare da Nora il significato esatto, ma non avrebbe mai ammesso con il
pomposo Sommo Sacerdote di quel posto che non capiva la sua offesa
<<
Dalle mie parti si dice che, chi si spaventa, ha la coscienza sporca e che non
si disturbavano le persone che pregano >>
<<
Nel mio tempio si prega alla panca, e un’incapace accanto al fuoco non mi piace
in ogni caso >>
Lo odiava.
Era semplice. Solo al vederlo lì, in mezzo alla sala con la sua maledetta posa
immobile e pomposa, il suo stomaco le aveva mandato la stessa fitta che le
mandava sempre quando incontrava La
stupida nipote. Poteva parlare usando i termini dovuti a un Sommo
Sacerdote, ma non gli avrebbe mai permesso di provocarla a vuoto
<<
Non sono Selyan >> gli ricordò
<<
No, ma sei un’incapace, sei nel mio tempio e non mi hai ancora detto perché
>>
Ovvio… la
stupida doveva essersi dimenticata di dirle che quella sala era controllata e
lei era troppo confusa per capirlo da sola. Dannazione!
Non combattere battaglie che sai di
non poterti permettere se vuoi salvare la pelle
Era una
delle cose che ripeteva sempre Kerse e il suo cervello le aveva fatto il favore
di ricordargliela al momento giusto. Non poteva vincere contro di lui nel suo
tempio, ma poteva andarsene e lasciarlo lì come un’idiota.
<< Che
hai combinato? >> le chiese lui impassibile mentre gli passava accanto
<<
Niente >> sbottò togliendosi lo scialle e puntando all’uscita
Si sentì afferrare per un polso e si
voltò decisa a mettergli le mani addosso, ma rimase spiazzata dal suo
comportamento. Non l’aveva seguita, non si era neanche girato per prenderla.
Aveva semplicemente allungato una mano ad afferrare il suo polso.
Lui era rimasto immobile e lei si
era ritrovata davanti alla sua schiena.
Maledetto
lui e la sua superiorità verso il mondo! Non la guardava neanche in faccia!
<<
Non parlo del nostro regno >>
<< E
allora non sono affari vostri! >>
<< Ma
potrebbero diventarlo se svieni davanti al fuoco e poi corri a metterci le mani
dentro >>
Questa
volta fu il suo cuore a subire un pesante colpo. Cosa ne sapeva lui di quello
che le era successo nell’incendio? Lei era svenuta per la stanchezza e per lo
sforzo di dominare i venti dopo troppo tempo che non lo faceva, non certo per
l’inquietudine che le aveva dato trovarsi così vicina alle fiamme di nuovo e
senza più Selyan accanto.E comunque non
erano affari suoi!
<<
Non lo diventeranno >> gli ribadì sperando che capisse che avrebbe voluto
prenderlo a schiaffi e riprendendosi il suo braccio
<<
Hai la sicurezza di chi ci è già passato o sbaglio? >>
Agli inferi
le buone maniere! Lui non le usava, non le avrebbe usate lei << Siete il
capo del tempio o il Signore dei
pettegoli?! Cosa volete da me?! >>
<< La
verità da chi giura di aver combattuto una guerra ma ha le mani più lisce delle
dame >>
Il respiro di Irmelin si fermò per
diversi secondi. Quanto accidenti l’aveva tenuta d’occhio?!
Non poteva
essere così… Qualcosa che le sfuggiva, sentiva il suo cervello andare in
ebollizione insieme al suo viso, tutto il suo sangue stava ribollendo nelle vene
per la rabbia e la paura di quello che avrebbe potuto scoprire su quel nobile
dannato eppure non riusciva a capire, perché?!
<< E
fammi un favore: smetti di arrossire come un’idiota e usa il cervello. Qui la
gente parla >>
Maledetto insultatore da quattro
soldi! Non si era neanche accorta di essere faccia a faccia con lui in quel
momento. Perché era così stupida?!
E la
dannatissima sacerdotessa del fuoco doveva aver parlato troppo di nuovo per
attirare le attenzioni del re. Stupida bimbetta incosciente e innamorata!
<< È
stato un incidente? >>
Quanto lo odiava! Irmelin del vento
non vacillava mai davanti a nessuno, dannazione!
Perché con
lui era diverso? Perché era divisa a metà tra l’impulso di correre via e quello
di confessare tutto?
Dio ci offre il suo aiuto, noi
dobbiamo meritarlo capendo i suoi suggerimenti e pagandone il prezzo
La Nobile Ismene lo aveva detto una
volta a lezione. Forse il Dio straniero le aveva mandato l’aiuto per mano di Sua insopportabilità e il suo prezzo era
l’umiliazione di chiedere il suo aiuto.
Ma aiuto
per cosa? Per quanto potere avesse, non avrebbe certo potuto salvare i suoi
genitori…
<<
Perché nessuno ne sa niente? >>
… ma forse
poteva tenere d’occhio Selyan e capire il motivo del suo vuoto di memoria.
<<
Selyan ha guarito le mie mani, ma crede sia stato un incidente di guerra. Non
ne capisco il motivo e non ho coraggio di chiederle quanto realmente ricorda di
quegli eventi >>
<<
Hai chiesto alla tua Dea di farle dimenticare? >>
Sua
incomprensibilità insisteva
a cercare di farla sentire stupida e lei insisteva a chiedere mentalmente a
qualunque divinità le venisse in mente di fargliela pagare.
Che razza
di domanda le aveva fatto?! Credeva che quelle del suo ordine chiedessero alla
Dea quello che voleva e Lei mandasse i suoi doni dall’alto? Era certa che gli
avessero detto e ripetuto che ognuna di loro aveva un proprio potere e che
poteva usarlo a suo piacimento. O lo sapeva e credeva davvero che la Dea le
avesse fatto un regalo cancellando la memoria di Selyan. Era pazzo?
<< La
Dea della mia gente non ascoltava le sue serve in pace, figuratevi in guerra
>>
<<
Qualcuno può averlo fatto al posto tuo? >>
Irmelin
implorò con tutta sé stessa il Dio che governava quel posto perché le desse la
calma necessaria a rispondere anche a quella stupida domanda << Non ho
mai sentito parlare di manipolazione mentale sulla mia isola e nessuno sapeva
il perché del mio gesto. Neanche lei >>
<< Ne
sei certa? >>
<<
Potrei scommetterci la testa e, se sapeste come stanno le cose, mi dareste
ragione >>
Lui sbuffò
e lei incrociò le braccia al petto per avere un minimo di controllo sulle mani
che, sapeva, si sarebbero schiantate sulla sua faccia alla provocazione che
stava per arrivare
<<
Voi straniere siete tutte presuntuose alla stessa maniera >>
Inutile. Il
sangue le ribollì nelle vene e si ritrovò a meno di un centimetro da lui a
urlargli<< Io non sono pari in
niente all’ oca giuliva della vostra allieva! >>
Lui non si
era mosso di un solo millimetro e né aveva dato il minimo segno di reazione
alle sue azioni.Dea quanto lo odiava!
<< Le
persone cambiano, e per disperazione accettano quello che credevano non
avrebbero mai sopportato. Attenta a scommettere contro chi crede di aver perso
tutto: insieme alla voglia di vivere, si perdono i freni inibitori >>
Sbruffone!
Stava dando della stupida a lei e della pazza a Selyan, non poteva
permetterglielo! Non era il Signore della Ragione e non poteva permettersi di
offenderla!
<<
Voi non sapete niente di noi >> gli sibilò con il tono più minaccioso che
conosceva
Quello che
successe dopo la spiazzò di nuovo. Lui l’aveva allontanata con una mano sulla
spalla e lei aveva obbedito. Per quale assurdo motivo il suo corpo si era mosso
ai comandi di Sua imperiosità senza
neanche chiederle il permesso di farlo?!
<<
Non c’è bisogno di sapere qualcosa di particolare per dirti di stare attenta
alle scommesse che fai. Il nostro Dio non permette di giocare con la vita
>>
Riprese il controllo di sé stessa,
allontanò la sua mano con quanto più sgarbo possibile e poi si scosse la veste
per ripulirla
<< Quando il vostro Dio
otterrà la mia fiducia, seguirò le sue leggi. Per adesso non ha nessun legame
con me e la Dea della mia gente mi ha stancato da troppo tempo perché io possa ancora
ritenerla degna dei miei servigi,perciò
l’unica padrona della mia testa sono io e sono liberissima di scommetterla su
quello che mi pare. Detto questo, la stupida non ha la minima idea del perché
io abbia fatto quello che ho fatto quel maledetto giorno >>
<< Lo
rifaresti? >>
<<
Non è affar vostro >>
<<
Irmelin >>
Il Dio
straniero dava il Dono del controllo ai Sommi Sacerdoti? Non aveva potuto fare
a meno di immobilizzarsi e guardarlo dritto negli occhi mentre le chiedeva di
nuovo<>
Odiava lui, la sua prepotenza e
l’effetto che le faceva essere alle sue dipendenze, ma capiva che,
probabilmente, stava a lui giudicare la sua pericolosità per sé stessa e per
chi le stava intorno.
Era odioso,
ma non poteva negargli la risposta senza attirare ancora di più l’attenzione su
di loro
<< Da
quel giorno fino ad oggi, non c’è stato momento in cui io non abbia pensato che
non lo rifarei per tutte l’oro e tutte le belle promesse del mondo, ma prego il
vostro Dio, e qualsiasi altra divinità diversa dalla Dea della mia terra, che
un giorno la mia risposta possa diventare un sì >>
E poi non si curò neanche di non
essere scortese andandosene così. Non le importava niente.
Irmelin del vento si fermò solo al
sicuro tra le quattro mura della stanza in cui dormiva con le sue amiche e
sprangò la porta con il chiavistello.
Maledetto sacerdote invadente! Era
insopportabile!
L’ultima persona alla quale avrebbe
mai voluto rivolgere la parola eppure l’unica in grado di farla parlare contro
la sua volontà. Che diamine di potere aveva quel nobile?!
Il Dio del Perdono aveva dato al suo
servo l’arte dell’ipnosi? Non aveva mai avuto problemi a controllare la sua
lingua in tutta la sua vita e aveva temuto di non essere in grado di fermare la
sua bocca dal rivelargli tutto quello che non aveva mai detto a nessuno.
Dannazione!
Selyanaveva ragione ad averne paura. I nobili di
quel posto erano pericolosi!
La nobile Ismene come minimo aveva
un quadro completo delle loro menti e del loro modo di agire, sempre che non
spiasse anche i loro sogni; il re non aveva sguinzagliato il suo potere neanche
davanti alla distruzione del regno perciò Irmelin non poteva che pensare al
peggio; il Nobile Olen non aveva poteri magici, ma era certa che avesse già
trovato il modo di far sapere al re tutti i dettagli della loro isola, per non
parlare del vecchio Aaren e del nobile Tanet!
Erano rinchiuse in un palazzo
pericoloso, maledizione! Dovevano andare via!
Qualcuno
bussò alla sua porta facendole gelare il sangue nelle vene
<<
Irmy, so che sei qui dentro, apri o sfondo la porta >>
Nora! Nora
era il pericolo principale!<<
Voglio dormire >>
<< Sua cattiveria mi ha fatto informare che sei stata troppo
vicina a quel maledetto intruglio e so che effetto fa alle persone. Apri
immediatamente! >>
Obbedì e si
ritrovò investita da un turbine urlante << Sei una delusione! Credevo di
potermi fidare di te e invece sei la più grossa delusione della mia vita! Ero
convinta che saresti stata la mia più fedele alleata contro di lui e invece sei
corsa nel suo tempio. Una delusione incommensurabile! >> le urlò di nuovo
<<
Volevo solo- >>
<<
Non ci sono giustificazioni! E mi permetto anche di insultarti: stupida!
>>
<<
Ma- >>
<<
Stai zitta! Adesso ha la possibilità di rinfacciare a te di aver mollato quello
che stavi facendo per venire a calmare il tuo pianto e di chiedere a me un
maledettissimo compenso per avermi informata che avevi bisogno di aiuto. Spero
tu ti renda contodi quello che hai
fatto! >> urlò Nora con il viso arrossato per la rabbia << Il nostro
Dio è ovunque! Puoi pregarlo da camera tua, puoi andare al tempio di Ismene,
oppure, idiota, puoi andare nel suo quando lui è nelle squadre! >>
<<
Non tornerò in quel tempio >> la rassicurò
<<
Sei una sacerdotessa, dannazione, credevo sapessi come si tratta con la gente
nei templi: quel coso è drogato! Perché credevi avesse quell’odore? >>
<<
Che ne so? Dalia sparge profumi ovunque >>
<<
Oh, certo, e credevi che Neithel avesse buon gusto per i profumi? Irmy, in nome
di Dio, riprenditi! La gente fa bruciare i foglietti con i peccati e dopo si
sente libera perché è stordita! E i rinnegati che stanno lì dentro in piedi
immobili tutto il giorno? Non hai pensato che eravamo dei pazzi a lasciarli
soli fidandoci di loro? Sai cos’hanno fatto prima di chiedere il perdono?! La
gente crede che siano davvero redenti e che il Dio tenga ferma la loro mano
quando il loro cervello si perde, ma chi ha un minimo di intelligenza e di
insegnamenti, dovrebbe capire che quella roba che respirano, alla lunga li
stordisce. Non succede niente a chi prega per un ora o due sulla sua panca,
lontano da quel fuoco, ma se ci passi tutto il giorno…. Irmy, accidenti! Non
dovrei neanche parlare di queste cose! >> concluse lei prima di lasciarsi
cadere sdraiata sul suo letto con le mani sul viso
<< Ho
pensato che era il tipico odore che avrebbe soffocato Selyan e poi non ho più
avuto la capacità di capire altro >> ammise
<<
L’hai detto al pazzo? >>
Lei scosse
la testa e Nora sospirò rincuorata << Dio sia lodato! Avrebbe cominciato a
dire che Selyan finge di soffocare per non farsi sottomettere da quelle cose
>>
<<
Sel non è così intelligente e non ha niente da nascondere >> le disse
prima di sdraiarsi sul letto accanto a lei << Mi ha toccato la veste
>>
<<
Cosa?! >>
<<
Sulla spalla. Se fossi stata lucida gli avrei tagliato la mano >>
<<
Cambiati immediatamente! Non puoi metterti sul letto con la veste sporca di
Neithel, vuoi morire?! Dio solo sa cosa ha combinato oggi da solo a lezione con
Keira! >>
<< Se
fosse successo qualcosa, la scimmia
lo avrebbe già fatto sapere a tutto il reame >>
<<
Corri nel suo tempio, ti confidi con lui prima che con me, ti rifiuti di
cambiarti dopo che ti ho fatto presente di stare infestando il letto… devo
andarmene per caso? >> chiese Nora
<<
Come vuoi, io voglio dormire >>
Ma appena
chiuse gli occhi il suo cervello riuscì a trovare le forze per capire quello
che le aveva detto la sua nuova amica e il suo corpo, finalmente di nuovo
fedele a lei, si mosse prima che se ne rendesse conto
<<
Maledetto imbecille! >> sbottò mentre si chiudeva in bagno a cambiarsi.
L’avrebbe
pagata cara per aver approfittato del suo stordimento!
Da quando erano arrivate, ogni
mattina si alzava prima dell’alba per andare a vedere il re che ringraziava il
suo Dio di un nuovo giorno concesso al suo popolo e benediceva la sua gente.
Quella mattina si era dovuta alzare ancora prima del solito perché sapeva che
sua sorella avrebbe dovuto cominciare i turni di punizione nelle squadre di
lavoro e, conoscendola, sapeva anche che non si sarebbe fatta scrupoli nel
dirle che a lei il bagno serviva per cose importanti e che lei avrebbe potuto
benissimo evitare di vedere il re quel giorno.
Per quanto si atteggiasse, spesso,
da saggia sorella maggiore, Selyan sapeva comportarsi da bambina molto più di
quanto non avrebbe fatto un’infante.
Si era alzata a un’ora indecente, si
era lavata, vestita e rimessa nel letto cercando di spiegazzare la veste il
meno possibile e aveva aspettato che sua sorella si preparasse.
Peccato che non aveva fatto i conti
con il pessimo rapporto che Selyan aveva con gli orari.
Fuori il
cielo si stava già rischiarando e sua sorella non era ancora uscita dal bagno.
Sbuffò annoiata e bussò leggermente alla sua porta
<<
Sel, posso fare la pipì? >>
Lei era uscita senza una parola,
senza neanche essersi cambiata e le aveva lasciato il bagno. Sua sorella aveva
di nuovo pianto tutta la notte e aveva pensato che avesse passato quell’ora a
cercare di limitare i danni sul viso finchè non si era resa conto che non c’era
nessuna crema in giro, né altro che indicasse che sua sorella si era
minimamente interessata a non fare tardi. Selyan non era ordinata e, se non aveva
lasciato niente fuori posto, voleva dire che aveva solo passato anche quell’ora
a piangere. Dannazione!
E quando tornò in camera trovò solo
il suo letto rifatto con la veste da notte piegata sopra il cuscino, ma di lei
neanche l’ombra. Perché doveva andare in giro malconcia?!
Voleva farla essere La sorella della sudicia stracciona?
Sbuffò sconfitta pregando la Dea che
almeno si fosse pettinata e tornò a farlo di nuovo lei per sicurezza.
Il re quella mattina aveva fatto un
bellissimo discorso alla sua gente. Aveva parlato di risanare le ferite, di
rialzarsi dopo le cadute e tante altre cose che le sue amiche avrebbero dovuto
ascoltare, ma non si erano mai degnate di alzarsi per ascoltare il re che le
ospitava.
C’erano altre del loro ordine, ma
loro mai.
Quella mattina, per la prima volta
da giorni che andava lì, si ritrovò a parlare con Thanee del discorso del re.
Non era stupida come diceva sempre Irmelin e non era antipatica come credeva
Selyan. Certo, non era il massimo della simpatia, ma non si erano parlate per
anni pur essendo nella stessa classe, cosa poteva pretendere in un giorno solo?
Anche lei pensava che fosse giusto
farsi vedere all’alba dai funzionari di quel posto. Era almeno intelligente.
E il pomeriggio a lezione, quando si
era seduta in un banco diverso da quello di Irmelin per lasciare posto a sua
sorella, Thanee le aveva chiesto di sedersi accanto a lei.
Non riuscì a negarle il posto e
quando sua sorella arrivò, in ritardo come sempre, non si preoccupò neanche di
andare a salutarla. Puntò dritto alla sua amica e si sistemò accanto a lei.
Che razza di sorella!
Neanche l’avevano aspettata dopo la
correzione degli esercizi. Erano assurde!
Selyan non aveva più la minima
percezione degli altri intorno a lei e Irmelin, stupida, la assecondava isolandola
ancora di più. Come credeva di rifarsi una vita se insisteva a stare da sola?
Neanche vedere il campo dei soldati
le aveva riportato un po’ di buon senso.
Elydet sperava che la nostalgia per
le armi l’avrebbe spinta a reagire, invece Selyan era fuggita e la sua amica
l’aveva lasciata andare.
Irmelin era la sua rovina, non la
sua salvezza. E comunque le importavano più gli uomini mezzi nudi di sua
sorella. Che schifo!
Elydet aveva provato a seguirla,
avrebbe voluto parlare con lei e farla ragionare, avrebbe voluto ripeterle le
bellissime parole del re di quella mattina sulla ripresa e la speranza, ma non
riuscì a trovarla per strada.
Forse, per la necessità di tornare
in camera, il cervello di sua sorella era riuscito a ragionare e l’aveva portata
sulla strada giusta. Era possibile. Selyan non sarebbe stata capace di correre
neanche se la Dea le avesse messo Jonas infondo a una strada con la promessa di
renderglielo indietro se avesse corso fino a lui, ma era abbastanza veloce nel
camminare e poteva benissimo essere al castello.
La sacerdotessa del fuoco si trovò a
sbuffare affranta e irritata davanti ai tre letti vuoti della loro stanza. Dove
diamine era finita la stupida?!
Forse la piccola spiaggia ai confini
della città?
Sapeva che andava lì, l’aveva
sentita parlare una notte con Irmelin prima di addormentarsi.
Elydet non era felice che ci
andasse, se era così lontana dal centro, era sicuramente posto per
malintenzionati di ogni tipo, e non temeva tanto per l’incolumità di sua
sorella quanto per la sua reputazione. Nessuno avrebbe mai messo le mani
addosso al soldato istruito da suo padre e dal suo maledetto fratello, ma
Selyan ricordava davvero di esserlo?
Sospirò di nuovo. La Selyan
dell’isola quando non trovava pace andava a combattere con suo fratello, la
Selyan degli ultimi mesi quando non trovava pace andava al mercato come se il
palazzo reale non offrisse abbastanza cibo o se quello che le offrivano non
fosse abbastanza buono.
Era un insulto bello e buono al re
che le ospitava, ma lei non lo capiva come non capiva tutto il resto. Si era
sempre creduta troppo al di sopra dei nobili per comportarsi come loro.
Dannati contadini!
Non riuscì
a trovarla neanche al mercato. Aveva girato banchi, comprato anche una veste
nuova nel frattempo, ma non aveva trovato sua sorella e aveva cominciato a
perdere le speranze
<<
Elydet del fuoco? >>
Sobbalzò
spaventata e si trovò davanti un uomo con una semplice veste bianca. Era certa
di non averlo mai visto prima in vita sua
<<
Chi siete?>>
<< Un
servo del Dio, dovete consegnare questa a sua maestà >>
<<
Perché io? >>
<<
Ordini superiori >>
<< Io
non vi conosco e non porterò al re qualcosa a nome di uno sconosciuto >>
L’uomo le
mise in vista il sigillo sulla lettera. Era identico a quello del casato reale,
ma lei come poteva sapere che non fosse un falso? Non avrebbe mai consegnato al
re qualcosa che non sapeva cosa fosse. E se la lettera fosse stata avvelenata?
E se qualcuno voleva far sfigurare il loro ordine agli occhi del re? No! Non
l’avrebbe consegnata
<< Chiunque
può farne uno uguale! Non consegnerò nulla al re che- >>
<<
Digli che la mando io >> la interruppe una voce che invece conosceva fin
troppo bene a causa delle imitazioni della sua amica
<<
Nobile Neithel ma cosa… >>
<<
Puoi consegnarla o no? >>
<<
Perché io? >> chiese guardandosi intorno preoccupata dal fatto che
qualcuno potesse origliare
<< Il
re si fida di te, ma non ho problemi a darla a un passante, chiunque può farlo
al posto tuo >> le disse riprendendosi la busta
<<
No, posso- >>
<<
Non importa >>
<< La
consegno io! >> gli urlò dimenticando le buone maniere dovute a un nobile
<<
Non ho voglia di queste bambinate, Elydet >>
Ma si era
fermato. L’aveva fatta cercare un giro per il regno, aveva fatto in modo di
essere presente per assicurarsi che lei la accettasse e, nonostante avesse
detto di poterla dare anche a un passante, non lo aveva fatto. Non aveva
bisogno di lei con tutti i servi che poteva avere, forse stava mettendo alla
prova la sua lealtà verso il re? C’era una sola cosa che poteva tentare in quel
caso
<<
Cosa volete in cambio? >>
<< La
tua è corruzione. Sei sfacciata come tua sorella >>
Dannazione!
Se l’avesse presa a schiaffi in mezzo alla piazza della capitale le avrebbe
fatto meno male. Accidenti a sua sorella!
<<
Non ho intenzione di corrompervi ma vi ho mancato di rispetto ed è giusto che
io paghi per questo. Ve ne domando scusa e vi chiedo, per favore, di rimettermi
in pace con la mia coscienza dicendomi come posso rimediare, mio signore
>>
<<
Tua sorella o la tua amica potrebbero accusarti di aver parlato troppo. Voglio
che confermi i loro sospetti >>
<<
Riguardo a- >>
<<
Non deve interessarti. Lo capirai se te lo chiederanno >>
Era una richiesta assurda! Era come
se le stesse chiedendo di scegliere tra il re e le sue sorelle. Poteva farlo?
Loro cosa avrebbero fatto al suo posto?
Elydet non
ebbe bisogno di troppo tempo per pensare: non avrebbero certo pensato a lei
<< Va
bene >> rispose convinta
<< E
hai mancato anche di rispetto alla credibilità del sigillo reale infamando la
corte perché incapace di controllare la produzione di falsi >>
<<
Che altro posso fare per voi? >>
<<
Oggi non mi hai visto >>
<<
Neanche per il re? >>
<<
Davvero mentiresti al re su ordine di qualcuno? >> le chiese minaccioso
Il panico
assalì la sacerdotessa del fuoco. Perché aveva pensato una cosa del genere? Lei
non avrebbe mai mentito al re per niente al mondo ma non riusciva a dirglielo.
Riusciva solo a balbettare un flebile << No… Io… io… >>
<<
Lascia perdere >>
Era sparito lasciandola con la busta
in mano e la confusione più totale in testa. Non voleva perdere tempo!
Elydet nascose la lettera nella
tasca della veste e corse al palazzo.
Perché usare lei per consegnarla?
Avrebbe tanto voluto chiedere a sua sorella cosa ne pensava di quella mossa,
lei doveva conoscerlo meglio, doveva… no! Selyan non era più quella di una
volta, Irmelin odiava il nobile Neithel e lei, di riflesso, lo riteneva solo
uno stupido prepotente. Ma il re si fidava di lui più che di Ismene, lo sapeva,
aveva sempre avuto quell’impressione e sapeva di non sbagliarsi.
Doveva
trovare il re immediatamente! Varcò le porte del palazzo senza che i soldati di
guardia la fermassero, non poteva chiedere a loro. Forse poteva cercare la
Nobile Nora e chiedere a lei. Era nel panico più totale quando la Dea le fece
la grazia di mettere la persona giusta sulla sua strada
<<
Nobile Tanet! >>
Evidentemente
doveva essere sconvolta perché lui sembrò preoccuparsi << Elydet, tutto
bene? >>
<<
Sì, vi prego di perdonarmi per il disturbo, ma non so a chi altro chiedere. È una questione importante >>
Lui congedò
con un gesto della mano gli uomini che aveva accanto e restarono soli nel
grande atrio del palazzo. Era una situazione imbarazzante, ma non era quello
che contava al momento
<<
Parla pure, ti è successo qualcosa? >>
<<
No, io… devo… devo consegnare una cosa al re >>
<< Da
parte di chi? >>
<<
Io… non posso… potete solo dirmi dove posso trovarlo, per favore? È importante, davvero! >>
<<
Non metto in dubbio le tue parole, ma ti rendi conto di quello che mi stai
chiedendo? Il mio compito è proteggere il re, non fargli arrivare lettere da
sconosciuti misteriosi >>
<< Ma
non è uno sconosciuto misterioso, lo giuro! Non ve lo avrei mai chiesto
altrimenti! non voglio il male del re! >>
Lui era rimasto in silenzio e
sembrava studiare la sua espressione perciò Elydet decise di insistere sperando
che capisse da solo
<< Ha il sigillo reale
>>
La ragazza
non capì quello che accadde dopo, non riuscì assolutamente ad accettare la
risata divertita del nobile alle sue parole, né tanto meno la pacca sulla
spalla che le arrivò in seguito
<<
Andiamo, ragazza, ti porto dal re e poi vado a dire due parole al bruto che ti
ha spaventata >>
<< Ma
non- >>
<<
Oh, tranquilla: non hai parlato. Non è necessario che tu parli perché capisca
chi è stato, non sono stupido e non è per qualcosa che hai fatto o detto tu che
andrò a parlare con lui appena Palis mi farà sapere che è rientrato a palazzo
>>
Aveva la
certezza di essersi messa nei guai, ma non aveva la minima idea di come fare per
risolvere la situazione. Se avesse chiesto di nuovo di non andare avrebbe
provocato solo altre risate e altre prese in giro al Nobile Neithel e,
sicuramente, non avrebbe migliorato la sua posizione. Forse era meglio seguirlo
in silenzio stringendo forte la busta che doveva consegnare
<<
Tanet >> lo salutò il re sorpreso spalancando la porta
<<
Elydet deve consegnarti qualcosa a nome di un bruto che pretende di mantenere
segreto il suo nome >>
<<
P-p-però a v-v-voi p-p-posso dirlo >>
<<
Non ho mai visto il vecchio Aaren arrendersi a qualcosa ma credo proprio che lo
vedrò arrendersi al morire di vecchiaia senza nipoti >>
<<
Almeno non devo preoccuparmi come tua madre di ritrovarmi una sconosciuta alla
porta con un figlio in braccio a pretendere qualcosa >>
<<
Oh, su quello non ci giurerei. Parlavo di nipoti legittimi benedetti e
dichiarati insieme alla madre, non con il rito riparatorio >>
<<
Sparisci dalla mia vista >>
<<
C’è altro Tanet? >>
Il re prese
la busta, lesse il contenuto e lo passò al vecchio Aaren
<<
Mando Nora >>
<<
Grazie >>
Erano
rimasti soli di nuovo. Nelle sue stanze.
<< Ti
va di raccontarmi la giornata di una persona normale, per favore? >>
Aveva un
enorme voglia di piangere, ma non poteva davanti al re. Non poteva proprio
permetterselo
<< Stai
bene? >>
<< No
>> ammise prima di ritrovarsi a piangere sulla regale spalla profumata e
forte
<<
Piangi finchè ne hai bisogno. Tu hai ascoltato me stamani all’alba e tutte le
altre mattine dal tuo arrivo, io ascolterò te adesso e tutte le prossime volte
che vorrai raccontarmi qualcosa. Non c’è niente di sbagliato, credimi >>
Elydet non aveva più la facoltà di
pensare. Sapeva solo che avrebbe creduto al re qualsiasi cosa le avesse detto.
Chiedo
immensamente scusa a tutti per il ritardo immane! Non ho abbandonato né voi, né
la storia, ho solo avuto problemi enormi al pc….
Adesso
che è tutto risolto gli aggiornamenti riprenderanno come prima… Almeno uno a
settimana è garantito ^^
Grazie
a tutti per la pazienza e buona lettura! (spero =P )
13.
Nobili
-Selyan-
Era il decimo giorno
nelle squadre di ricostruzione.
Ormai aveva fatto
l’abitudine ai lavori pesanti e non sentiva più la stanchezza come i primi
giorni. Non era più un problema neanche alzarsi all’alba e saltare la
colazione.
Quello che ancora non
riusciva a sopportare, e che mai avrebbe sopportato, era il caldo opprimente di
quel posto. Non si sarebbe mai abituata al sole che le cuoceva la testa. Era
sicura che le ultime due ore di ogni mattina non fossero pesanti per la
stanchezza accumulata, ma per il caldo insopportabile.
Irmelin le aveva
detto che aveva viso e spalle spellati e sua sorella aveva sbottato che, se
fosse cresciuta da ragazza invece che da maschiaccio, avrebbe imparato a
spalmarsi una crema prima di andare sotto il sole e che, se insisteva a non
farlo, la colpa dello stato della sua pelle era solo sua.
Ma
la sua esperta sorella non aveva trovato una soluzione migliore per i giramenti
di testa e la stanchezza del: ti ci devi
abituare.
<<
Ragazza! Serve acqua da questa parte! >> chiamò un soldato.
<<
Arrivo! >>
Dieci
giorni non erano bastati a lei per abituarsi, ma erano certamente bastati agli
uomini per imparare che, se c’era lei in giro, non dovevano portarsi dietro
secchi colmi d’acqua per la calce o per qualunque altro loro bisogno. Restavano
al loro posto, scavano una stupida buca e chiamavano lei, con tutta la loro
voce, perché la facesse venire su dal terreno.
<<
È sufficiente? >>
<<
Se non basta, ti richiamo. Porta questo a- >>
<<
Pelmar, idiota, come credi che possa bastare questo sputo d’acqua? Non puoi
mandarla via! >> urlò un altro intento a mescolare qualcosa in un secchio
<< Ragazza, ci sono altre cinque buche sul retro della casa, riempi anche
quelle e poi, se questa è vuota di nuovo, torni qui >>
<<
Va bene >>
Qualcuno
le indicò le buche, qualcun altro si fermò alle sue spalle in attesa che lei
facesse il suo lavoro e lei attivò la sua pietra con la mano a terra. L’acqua
obbediva lentamente ormai, ma non poteva farci niente.
<<
Ehi, non abbiamo tutta la mattina! >>
Odiava
le pretese di chi la trattava come l’ultima dei servi, ma era inutile mettersi
a discutere.
<<
Palis, calmati, perché hai tutta questa fretta di lavorare? >> chiese uno
dei soldati.
<<
Non ne avrei se non dovessi fare anche la metà del tuo lavoro visto che passi
il tempo a spettegolare con gli altri come una donna al mercato! >>
Costrinse la sua
pietra a lavorare più velocemente e si rese conto di avere un’ombra dorata e
immobile alle sue spalle.
Istintivamente si
girò a controllare. Il nobile Neithel la fissava poco più in là con la solita
aria schifata. Per cosa si sarebbe lamentato questa volta?
Non aveva ancora capito
quale schema seguissero i Nobili per alternarsi al comando delle squadre.
Da quando lei e
Irmelin avevano cominciato ad andare ogni sera in camera di Nora dopo cena, era
capitato che qualche volta ci fosse anche il nobile Tanet e le dicesse in anticipo
chi avrebbe trovato la mattina successiva. Per il resto, era convintissima che
decidessero giorno per giorno, in base ai loro impegni.Lei sapeva solo che, quando comandava lui, non aveva pace.
Decise di ignorarlo e
riprese il suo lavoro.
Tutti i secchi erano
pieni, tutte le buche erano state riempite di nuovo e nessuno sembrava avere
niente da chiederle.
L’uomo
che l’aveva chiamata era il tipo tarchiato, sulla cinquantina, che aveva
seguito nell’incendio. Quel soldato aveva lo stesso carattere irruento e
attaccabrighe ogni giorno, che fosse una giornata tranquilla o che ci fossero
problemi, Palis brontolava contro tutto e contro tutti
<<
Vai a fare qualcos’altro. Qui non ci servi più >>
Non
rispose e obbedì. Neanche il tempo di allontanarsi che sentì l’ombra minacciosa
alle sue spalle di nuovo, molto più vicina questa volta
<<
Vedi e senti i poteri degli altri >> le disse il nobile Neithel sbucato
all’improvviso
Non
era una domanda, era un’affermazione. Anzi, dal tono che aveva usato, sembrava
un’accusa vera e propria. Non voleva dargli spiegazioni, era già troppo per lei
che avesse capito.
<<
Anche mia sorella >> tagliò corto
<<
Tua sorella non ci riesce con noi, tu sì >>
Ecco qual era il
problema: Elydet aveva deciso che non doveva tenere nascosti i suoi poteri al
re e stava facendo in modo che li scoprissero tutti contro la sua volontà.
Doveva fermare la
bocca di sua sorella prima che la sua pazienza saltasse davvero o che Elydet la
mettesse in guai molto più seri di quelli che si sarebbe mai potuta immaginare
il giorno in cui aveva deciso di essere l’informatrice del re della nuova
terra.
Non
aveva speranze di tirarsi indietro, poteva solo accontentarlo spiegandogli come
stavano le cose e sperare che bastasse.
<<
Mia sorella ritiene oltraggioso controllare la famiglia reale e non ha neanche
provato a imparare, quanto a me, non ho chiesto io alla Dea questa capacità. È stato solo un caso se ho imparato a vedere anche Voi
della corte quando cercavo di guarire la Nobile Ismene il giorno del nostro
arrivo. Il vostro potere non è molto diverso dal nostro >>
<<
Perché noi non riusciamo a vedervi? >>
<<
Perché non sapete cosa cercare >> attivò la sua pietra in modo da far
brillare una tenue luce azzurra intorno alla sua mano << Basta pensare
che è lo così anche quando è invisibile agli occhi >>
Non era molto
convinto e tornò ai fatti suoi senza una parola di più. Era assurdo.
Tanto valeva che
tornasse a obbedire agli ordini dei soldati.
Neanche
un’ora dopo se lo ritrovò davanti di nuovo senza una parola, ma con un’aria
assassina che l’avrebbe sicuramente spaventata se non avesse avuto la certezza
che il re non voleva che accadesse qualcosa alle sacerdotesse ospiti, meno che
mai per mano dei membri della sua corte.
<<
Ho fatto qualcosa di sbagliato? >>
<<
Vista la tua reazione, credo proprio di sì >>
<<
Ma stavo solo- >>
<<
Non ci riesco >>
Selyan non aveva mai visto
un’ammissione di incapacità più dignitosa in tutta la sua vita, doveva
dargliene atto. Sembrava quasi un’accusa nei suoi confronti.
Gli
tese la mano, ma lui non si mosse << Ti sei dimenticata di attivarla
>>
<<
Non funzionerà mai se non vi fidate quel poco che basta per accettare di
imparare >>
Prese la sua mano e
lei attivò la sua pietra. Sapeva che si stava giocando tutto con quel gesto. Sapeva
che lui avrebbe potuto scoprire troppo sul suo conto con quello che gli stava
facendo fare, ma, se gli avesse negato il suo aiuto, si sarebbero insospettiti
tutti nei loro confronti.
Non poteva far
credere alla corte reale che non intendeva soddisfare le loro richieste per
continuare a proteggere qualche stupido segreto di Dalia. E poi lui ormai
sapeva che conosceva le formule proibite, avrebbe comunque potuto farla
impiccare in qualunque momento.
Aumentò la dose di
potere nella sua mano.
Quanto diamine era
cocciuto?! Possibile che fosse tanto esperto in tutto e incapace di riuscire a
imparare una cosa che Irmelin aveva imparato in un istante?
Aumentò ancora. Anche
Keira ci sarebbe riuscita a quel punto.
Quanto ancora doveva aumentare prima di… si
ritrasse all’improvviso.
<< Potevate
avvertire! >> gli urlò offesa per essere stata imbrogliata in quel modo.
Certo
che aveva capito. Doveva aver capito nell’attimo esatto in cui aveva toccato la
sua mano, ma aveva lasciato che lei insistesse e mettesse allo scoperto il suo
potere poco alla volta.
<<
Perché? Cosa nascondi? >>
Maledetto
lui e gli imbrogli! Era dannatamente preoccupata di averlo salvato con lui il
suo segreto.
<<
Se avessi voluto nascondervi qualcosa, non vi avrei offerto il mio aiuto! Non sarei
qui adesso se non avessi abbastanza forza da usare quella formula, non vi pare?
Avreste dovuto aspettarvi di trovare più potere di quello di Keira invece di
raggirarmi e mettermi alla prova in questo modo >>
<<
Modera i toni. Posso raggirarti come e quando voglio finchè sconti la pena per
la tua insolenza >>
Come aveva fatto a
essere tanto stupida da fidarsi di lui ?!
Era un pazzo esaltato
e lei si era fidata del suo silenzio! Quel maniaco di onnipotenza avrebbe
potuto sbandierare quello che aveva fatto solo per farsi grande agli occhi di
qualcuno.
Perché non riusciva
mai a fermarsi quando aveva la possibilità di fare una stupidaggine?! Poteva
lasciare che fermasse lui lo schifo viola,
poteva lasciare che ci rimettesse la pelle e poteva lasciare che restasse
incapace di cercare il loro potere, perché diamine aveva fatto sempre la scelta
sbagliata!?
Irmelin aveva ragione
quando la insultava. Stava davvero rischiando grosso.
Non era abbastanza
furba da dirgli qualcosa che non peggiorasse la sua situazione e non aveva
neanche idea di quale fosse realmente la sua situazione.
Fu la voce di Kerse
nella sua testa a suggerirle come muoversi:
Se non puoi vincere,
batti in ritirata. Subirai sempre meno danni che con una sconfitta.
<<
Avete ragione, Mio Signore, vi chiedo perdono per la mia maleducazione. Posso
tornare al mio lavoro? >> chiese con un inchino.
<<
Non mi pare che tu sia qui per passare il tuo tempo in chiacchiere o per
chiederti cosa fare. Datti una mossa >>
Prese
i secchi da terra mentre nelle sue orecchie rimbombava il probabile rimprovero
di Irmelin “Avresti dovuto friggergliela
quella stramaledetta manaccia! Non imparerai mai!” seguita dalla calda voce
arrabbiata e spaventata al tempo stesso che non avrebbe più sentito
“Non devi permettere
che abbiano sospetti su di te per niente al mondo, capito?”
Sì, aveva capito quando glielo aveva detto e
ripetuto e si era nascosta tutta la vita per rispettare la sua richiesta. Ma
adesso perché doveva continuare a farlo?
Lasciò
i secchi all’uomo che glieli aveva chiesti.
<<
Porta queste carte all’uomo su quel tetto. Dovresti essere in grado di salire
sull’impalcatura, ma puoi far venire giù lui se non ci riesci >>
Non
gli rispose. Prese il rotolo con i disegni di come andava costruito quel tetto,
lo incastrò nella cintura e si arrampicò sulla scala.
<<
… e allora ho rifilato un pugno a quel bastardo in piena faccia! >> stava
dicendo uno dei due uomini impegnati a inchiodare le assi.
<<
Sei impossibile! Tua sorella non troverà mai un marito se continuerai a farli
scappare tutti! >> rispose l’altro ridendo.
Gli
tese i fogli << Mi hanno detto di portarvi questi >>
<<
Era ora che si svegliassero! Un altro po’ e avrei inventato una soluzione per
conto mio! E comunque, Merido, non ci vedo proprio niente di male in quello che
faccio con Laveria >> sbottò l’uomo mentre lei tornava a scendere
<< Sono suo fratello maggiore, non permetterò che quel porco le metta le
mani addosso per poipassare a un’altra
quando si riterrà soddisfatto! Lo ucciderò se rimetterà piede in casa mia, lo
giuro davanti a Dio! >>
Capiva l’uomo che
voleva proteggere la sorella. Ecco perché doveva continuare a nascondersi e
cercare di sopravvivere allo schifo di vita che non voleva. Doveva pensare a
sua sorella anche se non le importava più niente di sé stessa.
Elydet aveva bisogno
di lei e l’avrebbe…
L’impatto
col terreno arrivò prima che avesse il tempo di pensare cosa avrebbe fatto per
sua sorella e anche prima che potesse rendersi conto che il piolo della scala
su cui aveva messo il piede si era troncato. Dea potente!
<<
Come diamine hai fatto a troncare la scala?! >> imprecò un soldato che
non riusciva a vedere perché la testata le aveva annebbiato la vista.
<< Posso far ridere
Tanet alle tue spalle quando lo vedo? Come hai fatto a cadere di schiena?!
>>
Era
Kore, amico stretto di Tanet e uno dei pochi che si mostravano gentili con lei.
<<
Giuro che non lo so >> rispose accettando la sua mano tesa per rimettersi
in piedi.
<<
Stai bene? >>
<<
Niente di rotto >>
<<
Kore, quella stupida ha la testa troppo dura per rompersela così facilmente
>> commentò il nobile Neithel da un punto imprecisato dietro di lei
<< Rispediscila a fare il suo lavoro >>
Non poteva odiarlo
più di quanto lo odiava già per averla presa in giro, perciò lasciò perdere.
Doveva decisamente chiedere a Nora quale fosse il tempio più adatto per fare
una pesante offerta al loro Dio perché si muovesse a protezione dalla sfortuna.
Anche quella sera,
appena terminata la cena con le bisbetiche, tornarono in camera per non dare
nell’occhio alle altre e attesero la fine dei rumori nel corridoio.
Elydet si era di
nuovo rifiutata di andare con loro da Nora e Irmelin aveva alzato le spalle e
trascinato via Selyan che guardava sua sorella combattuta sicuramente tra il
voler andare a divertirsi e il dover restare con lei.
La
sacerdotessa del fuoco era abbastanza grande da sapere da sola cosa voleva,
Selyan no. Non aveva opposto una grande resistenza quando l’aveva tirata per
mano ed erano sgusciate di soppiatto in camera di Nora.
<<
Stasera ci avete messo più del solito, credevo di dovervi venire a cercare!
>> brontolò la piccola maga sola e imbronciata al tavolo di camera sua
Il
nobile Tanet andava sempre da Nora appena finiva di cenare per giocare con loro
e, se non era ancora in quella stanza, quella sera aveva impegni. Irmelin
affogò la delusione in una sfuriata contro Dalia << La stupida vecchia ha preteso di dire una
preghiera tutte insieme e poi ha cominciato a parlare delle sue idiozie. Non la
smetteva più! >> concluse sedendosi.
<<
Ha detto che è felice che facciamo del nostro meglio per integrarci con voi
>> spiegò Selyan << ma che, a suo parere, non è giusto che
ignoriamo i riti dedicati alla Dea e che saremo sicuramente punite quando
arriveremo ai Suoi Cancelli. Ci ha insistentemente consigliato di seguire
almeno i riti che non rientrano in orari dedicati agli stranieri ospiti >>
Lo
stupore sul viso di Nora era enorme <<Avete smesso di andare alle sue funzioni?! >>
Selyan
alzò lei spalle e Irmelin scoppiò a ridere << Magari potessimo davvero saltarle
tutte! Quelle obbligatorie le seguiamo ancora. Se ci togliesse la veste
sacerdotale, non avremmo più diritto alla protezione del tuo re. Non siamo
stupide!>>
Selyan
non aveva risposto. Non era una buona giornata, il discorso di Dalia l’aveva
preoccupata e il dubbio di come comportarsi con Elydet l’aveva confusa ancora
di più. Doveva tenerla impegnata e lontana dai brutti pensieri
<<
Nora, giochiamo insieme contro di lei? >> propose decisa
<<
Va bene >> gongolò lei mentre Selyan protestava << Ma io non
ricordo ancora le regole! >>
<<
Oh, certo >> la prese in giro spingendola dal lato giusto del tavolo
<< vuoi farci credere che, se le ricordassi, avresti speranza di vincere
una partita? Sei uno schifo in questi giochi, Sel! >>
<< Mi
spiace che tu non abbia più con chi divertirti >> commentò a testa bassa
Dannazione!
Non aveva pensato ai lunghi pomeriggi chiusi in casa per colpa della pioggia a
sfidarsi nei giochi di strategia in cui lei giocava sempre e solo in coppia con
Jonas. Lei non era tipo da giochi, non aveva mai avuto la pazienza di
riflettere prima di muovere e meno che mai l’intelligenza per capire cosa fare
e lui era sempre stato la voce della sua intelligenza inesistente.
<<Tanto tra poco arriverà Tanet >> si
intromise Nora <<Penserà lui a
salvare la tua partita! Perché tua sorella non è venuta? >>
<< Ha
detto che preferiva dormire >> rispose Selyan mentre Irmelin tirava un
sospiro di sollievo e ringraziava ancora il Dio di Nora per averla messa sulla
loro strada. Poteva reggere il gioco insistendo con le battute su Elydet<< Dormire o spiare il re >>
Ma Nora
scosse la testa decisa << Tarìc è impegnato a inventare idiozie con gli
altri quattro pazzi. Se non smettono di immaginare pericoli inesistenti, giuro
che li uccido a mani nude. Ormai ha il mal di testa costante e soffre anche di
insonnia. Lo porteranno alla follia >>
<<
Quattro pazzi? >> chiese confusa
<<
Olen, Neithel, Tanet e Aaren. Io e Ismene ci alterniamo a tenerli buoni: la
sera tocca a lei perché io non ho pazienza e io faccio la mia parte di giorno,
quando lei ha gli impegni del Tempio >> spiegò lei alzandosi per
raggiungere la grossa libreria dove teneva anche i giochi
Fu allora
che le venne l’idea di sviare del tutto la conversazione su qualcosa che, era
certa, avrebbe interessato anche Selyan. Irmelin desiderava fare quella domanda
alla maga da quando l’aveva incontrata la prima volta << Nora, posso
chiederti perché la famiglia reale qui è così strana? >>
La ragazza
era quasi arrivata al tavolo con scacchiera e pedine in mano, ma le cose le
scivolarono di mano e si sparsero per la stanza. Che aveva di tanto segreto la
famiglia reale per farla reagire in quel modo? Sia lei che Selyan si chinarono
a raccogliere i pezzi mentre Nora imprecava e nascondeva la testa sotto il suo letto
per controllare che non ci fosse finito niente o, più probabilmente, per
nascondersi mentre le chiedeva << Strana in che senso, scusa? >>
<< È… ridotta. Da noi c’erano re, regine, una sessantina di
fratelli e sorelle e la Dea sola sa quali altri parenti e qui… mancano anche
gli anziani. C’è un motivo? >>
Nora si
rialzò scuotendosi capelli e vesti e si sedette al suo posto di sempre accanto
alla finestra
<<
Oh… beh, in realtà non siamo così pochi. La madre di Tarìc aveva due fratelli,
mia madre è la figlia più piccola del fratello più grande e ha sposato un
parente di Aaren. Tanet è figlio della sorella della moglie di uno dei due zii
materni di Tarìc >>
Irmelin
sentì il cervello annodarsi nel cercare di capire la parentela << Mi sono
persa >>
<< Te
lo spiego io dopo >> le promise Selyan senza un interesse particolare per
quella spiegazione.
Dannazione,
se l’albero genealogico della nobiltà non funzionava, cosa poteva fare? Nora
continuava a snocciolare parentele contando tutti con le dita mentre parlava e
Selyan era alle sue spalle intenta a guardare fuori. Dannata lei e la sua
recente abitudine di farsi i fatti propri! Certo, le distrazioni erano sempre
state all’ordine del giorno per lei, ma almeno fingeva di far parte delle
conversazioni, adesso si allontanava anche fisicamente e non fingeva neanche di
non guardare da un’altra parte. Non era cosa da lei quella. Prima si
preoccupava di apparire interessata anche quando non lo era, di non sembrare
arrogante e invece adesso… Irmelin ebbe un’illuminazione
<<
Ismene è cugina del padre di Tarìc e- >>
<<
Andiamo al sodo, Nora: il nobile
altezzoso ha fratelli? >> chiese con un pugno sul tavolo
<<Se mi innamorassi di un uomo e
poi scoprissi che è suo fratello mi ucciderei per lo schifo!>>
Nora rise
divertita da quella teoria pazzesca e Selyan, anche se ancora interessata alla
finestra, sorrise con loro. Quello era un buon argomento e a lei piaceva da
pazzi insultarlo!
<<
Hai visto come ci guarda!? >> chiese a Nora << Neanche fossimo
bestie da macello! Se mi innamorassi di suo fratello, dovrei a vederlo almeno
quanto vedo Dalia nelle mie giornate. Mi sposerei per sfuggire ai pasti con una
vecchia sbrodolona e finirei con lui.
Cosa ne guadagnerei?! >>
La maga
scoppiò a ridere divertita <<Gli
tireresti un piatto alla prima offesa a colazione >>
E nella sua
testa partirono degli applausi immaginari quando Selyan si intromise <<
La mattina Irmy non sopporta nemmeno che le si parli >>
<<
Allora lascia perdere gli uomini del palazzo, fidati. Tralasciando il fatto che
non vedo come una donna potrebbe mai innamorarsi di uno di loro, la mattina
facciamo colazione tutti insieme >>
L’idea
della schiera di nobili assonnati e dieci volte più bisbetici del normale
rischiò di farla cadere dalla sedia <<Devo trovarmi un mercante >>
<< O
un soldato >> suggerì Nora
<<
Niente soldati! Poi vanno in guerra, non tornano e io devo ricominciare tutto
da capo. Già faccio fatica ora che sono giovane, figurati da vecchia quando-
>> Irmelin fermò i suoi sproloqui con un morso alla sua stessa lingua e
tutte le imprecazioni a lei note nella testa
<<
Maledizione >> bisbigliò prima di sospirare << Ehi, Sel? >>
nessuna risposta. Aveva fatto una battuta degna della forca! Come aveva fatto a
essere così idiota?!
<<
Sel, va tutto bene? >> chiese Nora preoccupata girandosi a cercarla
<<
Nora, lasciala stare. A volte si perde nei suoi pensieri. Prima o poi si
sveglierà da sola >>
Non ne era
certa, ma era sicura che le troppe attenzioni in un momento come quello
avrebbero solo peggiorato la situazione. Se Nora si fosse intromessa, lei
sarebbe scappata da quella stanza.
<<
Sicura che sia normale? >> bisbigliò l’amica del re
<<
Normale? Si vede che non la conosci: lei non ha niente di normale >>
Grazie a
entrambi gli Dei, Selyan sbuffò annoiata << Guarda che ti sento, Irmy.
Nora, perché nessuno può innamorarsi dei nobili da queste parti? >>
<< Ma
li hai guardati bene!? Quale donna può avere dei gusti tanto orrendi? >>
<<
Mia sorella? >>
<<
Tua sorella si è innamorata del re. Se non lo ritenessi un fratello, anche me
ne innamorerei >>
E Nora le
aveva inconsapevolmente dato il colpo di grazia. Irmelin aveva visto benissimo
l’espressione inconfondibile del “non ci
si innamora dei fratelli e, se io avessi lasciato in pace il mio, ora sarebbe
qui con me”. Doveva smettere con i discorsi quella sera e cominciare a
giocare! Prese le pedine e le schierò nel suo lato della scacchiera aspettando
che Nora facesse lo stesso, ma la maga aveva altre idee per la testa
<<Sel, Tanet riesce a reggere il comando delle
squadre? >>
Lei alzò le
spalle<< Certo, perché non
dovrebbe? >>
<<
Non lo conosci ancora bene, a quanto pare o avresti dei dubbi anche tu >>
rispose lei ridacchiando << Vorrei chiedere a Tarìc il permesso di
partecipare ma non voglio le troppe ansie di Ismene nei miei riguardi e non ho
intenzione di prendere ordini da Neithel. Se mi dici che Tanet è sopportabile,
chiederò di seguire solo i suoi turni >>
Lei annuì
convinta << A me sembra che sappia il fatto suo. Quando comanda lui-
>>ma il comandante delle guardie
spalancò la porta proprio in quel momento e né lei né Nora ebbero modo di
sapere cosa voleva dire Selyan
<<
Perdonate il ritardo, signore! >>
<<
Oh, no! >> urlò la maga << Stavamo parlando di te, non puoi fare
irruzione così nelle stanze degli altri! >> lo sgridò lanciandogli una
pedina che fu diligentemente afferrata al volo.
<<
Davvero? >> chiese lui con il viso illuminato dalla sorpresa
Non aveva
davvero nessun difetto, dannazione! Per fortuna Nora aveva sempre la battuta
pronta
<<
Non fare quella faccia, nessuno ha detto che dicevamo cose belle >>
E lui,
nella sua perfezione, invece di offendersi si fece una grossa risata, raggiunse
il tavolo e scambiò due pedine di cui Irmelin aveva sbagliato i posti
<<Non avete ancora iniziato
perché non vi ricordate le regole o hai invitato il tuo amico Neith e dobbiamo
aspettarlo? >>
<<
Sei odioso! Vattene! Sai che non intendo farlo entrare in camera mia perché lo
detesto! >>
Lui si
versò senza problemi un bicchiere d’acqua dalla brocca sul comodino di Nora.
Quei due sembravano fratello e sorella più che lontani parenti per come si
comportavano l’uno con l’altra
<< Volete sapere cosa ho scoperto da un
soldato oggi? >> chiese lui con l’inconfondibile tono di chi deve
rivelare qualcosa di scandaloso. Non poteva non dargli l’attenzione che
chiedeva ma non voleva apparire zelante di soddisfarlo così cercò qualcosa
nella sua testa in grado di farle tornare il cattivo umore anche davanti al
sorriso del comandante. Irmelin sapeva benissimo a chi pensare in quei casi
<< Keira si è innamorata di nuovo? >>
Lui rise
divertito ma scosse la testa << Merido mi ha parlato di una ragazza mora
piuttosto bassa che va spesso in giro con lei >>
<<
Wanda >> suggerì Selyan << Quella piena di bracciali e collane
vistose? >>
<<
Esatto! Mi ha detto che gli piacerebbe conoscerla e portarla a passeggiare in
riva al fiume >>
Aveva
bisogno di una stupidaggine subito! << Ci sono i coccodrilli nel vostro
fiume, vero? >>
<<
Irmy, contieniti >> la avvertì la sua amica finalmente tornata tra loro
<< Ho
solo chiesto se ci sono i coccodrilli! Non ho detto che spero che abbiano fame
e saltino fuori per mangiare proprio quando Wanda porterà Keira a vedere il
posto in cui ha fatto la passeggiatina con il suo ammiratore. E poi qualcuno
deve pur sacrificarsi per un bene superiore! L’intero reame sarà riconoscente
al coccodrillo che la farà fuori >>
Selyan
nascose il viso in una mano e Tanet scoppiò a ridere. Era fiera di sé stessa,
si sarebbe fatta i complimenti da sola ma il Nobile distrusse la sua felicità
con una sola stupida domanda << Vuoi farla fuori perché ha perso la testa
per Neith e sei gelosa? >>
Lo avrebbe
preso a colpi con una sedia. Come poteva pensare una cosa del genere?! Lei gelosa
della capra… Lo credeva intelligente!
Credeva che le sue battute fossero solo frutto di una eccessiva simpatia, non
di una idiozia letale. La delusione rischiava di annientarla. Doveva andare via
subito! << Nora, grazie per l’invito, è stata una bella serata, adesso
devo andare >>
Selyan la
afferrò per un braccio impedendole di andarsene e spiegò la situazione a
Tanet<< Piuttosto morte che
gelose degli interessi di quella stupida
serpe altezzosa. Niente di quello che piace a lei potrà mai piacere a noi,
niente di ciò che lei trova interessante sfiorerà mai la nostra attenzione e
considereremo morti e sepolti tutti quelli che ci paragoneranno a lei >>
<<
Cos’è? Un giuramento? >> chiese lui spaesato
Selyan
scosse la testa decisa <<È la realtà delle cose. Dirci che pensiamo come lei è
come dirci che siamo stupide come lei e non siamo venute qui per farci
insultare >>
<< Mi
scuso per avervi offese entrambe >> dichiarò lui con tanto di finto
inchino
Lei rise e
si inchinò a sua volta << Scuse più che accettate. Irmy, anche tu o
passeremo di nuovo per le perfette amiche delle somme idiote che si offendono per niente >>
<<
Paragonarmi a quella cosa viscida non
è niente ma accetto le scuse e adesso
giochiamo! Siamo qui per imparare >> ordinò trascinando Selyan al tavolo
Lei
guardò indecisa il nobile che aveva già fatto spazio accanto a lui sulla panca
<< Andiamo, ragazza, non discutere o andrò a lamentarmi con il tuo
responsabile >>
Tanet
sapeva come prenderla. Era un brav’uomo. Era un bell’uomo e a Selyan piaceva. Irmelin non sapeva ancora quanto e
come, ne era certa. Forse solo come amico, forse, quando Selyan avesse
accettato che la sua vita poteva andare avanti, come qualcosa di più.
<<
Inverti quelle due >> le suggerì Tanet indicando le pedine ai lati
<<
Scusa, non imparerò mai >>
<<
Secondo me da oggi in poi lo ricorderai. Impari più dalle correzioni che dagli
insegnamenti >>
<<
Non dirlo al Nobile Neithel >> scherzò lei
<<
Non dargli del nobile in camera mia! >> insorse Nora sbattendo le mani
sul tavolo per alzarsi in piedi e torreggiare sulla sua amica <<È solo figlio di suo padre, non ha
niente di nobile! >>
<<
Nora, così rischi di far credere agli altri che sua madre era una donna di
strada >>
<<
Sua madre, Dio la protegga, doveva lasciargli anche l’educazione insieme agli
occhi azzurri! >>
<<
Era una brava persona? >> chiese Irmelin curiosa
<<
Decisamente! Papà mi ha sempre detto che era una donna esemplare e, se lo dice
lui, è vero >>
<<
Dalia ci ha detto che anche voi avete il divieto di parlare del vostro passato
>> commentò Selyan
<<
Esattamente come voi >> le rispose Tanet
I reali sapevano che
Dalia aveva mentito e le avevano lasciate fare. Chissà per quale motivo?
Avrebbe dato
qualsiasi cosa per poterlo chiedere. I loro poteri non erano niente di
interessante, avevano mentito e le avevano accettate lo stesso. Perché?
Forse
credevano davvero che, pur con le loro poche conoscenze, sarebbero state un
valido aiuto per ricostruire la capitale?
<<
Irmy, tocca a noi >> la richiamò Nora << proviamo ad attaccare al
centro? >>
Lei
ormai aveva completamente perso il filo della partita. Avevano sedici pedine a
testa, ciascuna con le proprie regole per muoversi sulla scacchiera, e dovevano
utilizzarle per mangiare le pedine avversarie e arrivare a conquistare il lato
opposto del campo di gioco. Pur con tutta la sua buona volontà, ormai si era
distratta perciò preferì assecondarla << Sì, certo, decidi tu come
>> per poi aggiungere << E i genitori del re? >>
<<
Guerra >> rispose Tanet con un’alzata di spalle
<<
La casa delle nascite non sarebbe ancora in piedi se due reali di fila fossero
morte di parto! >> sbottò Nora << Tarìc ha avuto la decenza di non
ammazzare nessuno per venire al mondo >>
<<
Stai esagerando >> la avvertì Tanet
Lei
lo ignorò e fece decisa la sua mossa successiva mangiando la pedina di Tanet
<< Probabilmente la povera donna ci stava mettendo troppo e lui si stava
annoiando. Tocca a voi >>
<<
Sel, muovi tu >> ma lei non si mosse e solo allora Irmelin si accorse
dell’ombra scura sul suo viso << Sel? >>
<<
Scusate >> mormorò lei alzandosi e sparendo fuori della camera di Nora
<<
Anche sua madre è morta così >> la informò Tanet.
> urlò lei alzandosi per
raggiungerla.
Quella
era la storia che Selyan aveva sempre raccontato a tutti. Era possibile che
fosse uscita per reggere la bugia, ma lei era certa che ci fosse altro dietro
la sua fuga
<<
Nora, ferma. Vado io >> si intromise <<So come prenderla in questi casi >>
La
maga annuì e lei uscì in corridoio. Selyan era appoggiata al muro con la testa
bassa e il fiato corto << Che è successo? >>
<<
Non so, Irmy, è come… non so spiegarlo… Credo sia una specie di visione rimasta
a metà che mi ha stordito. Non vedo mai bene le cose e questa… forse era la
visione di una cosa così lontana che si è interrotta da sola, ma mi ha
lasciato… Non so spiegartelo, so solo che non sto bene. Vado a letto, fai tu le
mie scuse agli altri per favore >>
Perché andare in
camera della migliore amica del re?
Avrebbe potuto
pensare che andava lì solo per estorcerle informazioni sul sovrano o per
ingraziarsi i suoi favori in attesa che lei la avvicinasse al re.
Decisamente, la
camera di Nora non era il migliore dei posti da frequentare secondo lei. Non
voleva restare in camera e il terrazzino non serviva a niente. Selyan poteva
passare le sue serate a guardare il panorama nostalgica, lei no. Tanto più che
la loro finestra dava sul cortile interno e non era neanche uno di quelli che
frequentava il re. Fuori questione anche quello.
Prese il suo mantello
senza una meta precisa. Sapeva che Keira e le sue amiche a volte si ritrovavano
tutte in una stanza per spettegolare. Non era cosa che le interessasse neanche
quella. Non voleva passare le ore a sentir lodare il nobile Neithel da Keira o
il resto del corpo delle guardie da tutte le altre. Forse poteva cercare di
farsi invitare da loro per scoprire se qualcun’altra avesse interesse per il Divino Sovrano, ma la sua reputazione
con loro era troppo compromessa a causa di sua sorella e della sua amica che le
insultavano di continuo. A volte parlava con loro a lezione, ma riconquistare
la loro fiducia dopo anni di dispetti non era cosa facile.
L’ultima volta che
aveva visto il re aveva pianto come una stupida sulla sua spalla. Doveva
scusarsi con lui. Forse poteva passare la sera in giro per il grande palazzo
sperando di incontrarlo.
Si
addentrò nei corridoi e cominciò a girare a caso pensando all’abbraccio caldo
delle braccia del divino e a cosa gli
avrebbe detto se lo avesse incontrato
<<
Cerchi qualcuno? >> le chiese una guardia di passaggio.
<<
No, stavo solo… Posso restare in giro per i cortili? >>
Lui alzò le spalle
senza risponderle e continuò per la sua strada. Maleducato. Decisamente non
aveva niente a che fare con il Figlio di
Dio.
Si avvicinò alla
grande fontana al centro del giardino.
Come poteva riuscire
ad attirare l’attenzione del re senza fare niente di eclatante?
Doveva attirarne
l’interesse più che l’attenzione. Era ancora più difficile.
Sua sorella era in grado
di attirare l’attenzione con la sua goffaggine o con il suo potere, Keira era
in grado di attirarla con la sua stupidità o con i suoi modi raffinati, Irmelin
con il suo carattere ribelle e la sua simpatia… e lei? In cosa si distingueva
dalle altre?
Aveva un potere raro,
certo, ma il re aveva già visto quel potere e non ne era rimasto troppo
colpito. Forse aveva ragione Selyan quando diceva che il re si fermava a
parlare con lei per indagare su di loro…
No!
Il nobile, perfetto,
Tarìc non era un subdolo cospiratore come il re della loro terra e sua sorella
era pazza e tormentata dalle manie di persecuzione. Questa era la realtà.
E questa realtà
comprendeva anche il fatto che lei non avesse modo di interessare il re.
Guardò il suo
riflesso nell’acqua. Molte del suo gruppo forse potevano attirare l’attenzione
di un uomo con il loro aspetto. Lei poteva farlo?
Non era il riflesso
di una ragazza in grado di far girare la testa a un re abituato a vedere
principesse e regine. La stessa Nora era sempre curata e bellissima anche
appena sveglia. Lei?
Avrebbe tanto voluto
il dono di costringere l’acqua a mostrarle il suo futuro.
Perché la Dea non
glielo aveva concesso? Perché aveva dato tutto a sua sorella? E perché le aveva
dato una sorella maledettamente concentrata sui propri problemi e totalmente
disinteressata a lei e alle sue questioni?
Elydet
pensava seriamente di essere stanca di quella vita e, soprattutto, era stanca
di Selyan.
<<
Ciao, Elydet, va tutto bene? >>
Sobbalzò
e arrossì allo stesso tempo. Non poteva crederci!
<<
A-A-Altezza… io… >>
<<Hai avuto una buona giornata? >>
Era
la perfetta incarnazione del Dio di quel posto. Non c’era altro da dire.Un re che chiedeva a una misera ragazzina se
il suo umore era migliorato era una cosa impossibile da immaginare eppure lui
era lì e si stava preoccupando per lei.
<<
Sto bene, grazie. Voi avete avuto una buona giornata? >>
<<
Un re non ha buone giornate, Elydet >> sentenziò << Non in un regno
in queste condizioni >>
Il
suo viso preoccupato nella notte era una visione celestiale. Gli occhi scuri si
perdevano nel buio e il suo respiro era una musica lieve e ipnotica. Elydet
scosse la testa per tornare alla realtà
Doveva
dire qualcosa! << Un re potrebbe pensare ailati belli della vita e consolarsi >>
<< Sarebbero?
>>
<< Beh… insomma…>>e ora perché non aveva parole? Era stata tanto audace da proporre
l’argomento e poi? Si vergognava a morte di sé stessa. Perché non sapeva cosa dire?
Cosa c’era di bello nella vita? Doveva ricordarlo anche lei!
Tutta colpa di sua sorella e della
vita triste che le aveva fatto vivere negli ultimi mesi! non ricordava più
cos’era la calma!
Una cosa
bella per lei era il re, ma non poteva dirglielo e certo non poteva parlare di
amore con lui
<<
Non dirmi che anche tu hai dimenticato i lati belli della vita >> chiese
lui con un mezzo sorriso
Era
bellissimo e il suo cuore le diede la risposta alla domanda che lei stessa
aveva proposto
<< La
speranza, altezza >>
E quando lui
inclinava la testa lievemente di lato per chiedere spiegazioni, lei sentiva le
gambe cedere << Di poter tornare a casa tua? >>
<< Di
trovare un posto che senta casa mia, forse. Non credo che mi piacerebbe tornare
all’isola e non posso chiamare casa il vostro regno. Casa è il posto in cui è
la famiglia. Mia madre è lontana, non so dove, e mia sorella non è più la
stessa da troppo tempo. Comincio anche a pensare che forse non l’ho mai
conosciuta davvero >>
<<
Non siete cresciute insieme? >>
<<
Oh, no! >> la sola idea di sua madre accanto a Selyan le fece venire la
pelle d’oca << Io vivevo con mia madre in una villa vicino al palazzo
reale, lei alla periferia del villaggio, in una casetta in mezzo ai campi con i
parenti di sua madre >>
Non poteva
fare a meno di pensare allo sdegno che si dipingeva sul viso di sua madre ogni
volta che vedeva Selyan anche solo da lontano.
<< I
figli illegittimi non erano ammessi alla vostra corte? >> chiese il re
<<
Dipendeva molto dal rango sociale di entrambi i genitori e dalle loro
intenzioni. Comunque non erano visti di buon occhio e lei è figlia di una
povera contadina. Il fratello di sua madre l’ha accolta in casa sua perché papà
non aveva molto tempo per la famiglia, per quanto cercasse di occuparsi di lei.
Mia madre mi ha raccontato che prima che adottassero Selyan saltavano spesso la
rata delle tasse reali perché non avevano soldi. Papà manteneva tutta la sua
famiglia pur di non farle mancare nulla >>
<< E
voi? >>
<<
Papà era molto ricco. Manteneva mia sorella con gli spiccioli del suo stipendio
>>
<< Ti
manca? >>
<<
Papà? Sì. Sono cresciuta abituata a vederlo quasi una volta al mese e per poco
tempo, ma… era mio padre, credo sia normale sentirne la mancanza comunque
>>
Lui annuì
convinto << Anche mio padre era spesso assente, capisco come ti senti.
Perché guardavi la fontana? Vi hanno spiegato come richiamare le visioni negli
specchi d’acqua? >>
<<
No, maestà. Non c’è un motivo preciso. Stavo solo pensando che potrebbe essere
utile avere quel dono >>
<< Su
cosa vorresti chiedere consiglio alla tua Dea? >> le chiese avvicinandosi
all’acqua.
Forse il re
aveva il dono delle visioni? Era quello che teneva nascosto e stava per
sfoderarlo per lei? Sentiva i brividi in ogni centimetro di pelle del suo
corpo. Il potere del re utilizzato per il piacere di una singola, misera,
sacerdotessa. Come era possibile che la Dea le donasse tanto?
<<
Niente di preciso >> rispose cercando di sembrare il più vaga possibile.
Un attimo
dopo il re, con tutta la naturalezza di un Figlio
del creato, ruotò su sé stesso, si poggiò alla fontana e incrociò le
braccia al petto <<Ismene ha il
potere di vedere avanti nel tempo in varie occasioni, credo ve lo abbia detto.
Vuoi che le chieda di provare a scoprire qualcosa di tua madre?>>
La
ragazza arrossì scuotendo la testa <<No, non serve. Siete molto gentile, ma… non importa>>
<<Sai, io ringrazio il nostro Dio ogni volta
che ci manda un avvertimento, ma poi… penso sempre che le visioni creino molta
più confusione della cieca ignoranza sul nostro futuro>>
Era strano sentirgli fare un
ragionamento così simile a quelli che sentiva tutti i giorni. Come poteva il Re della Perfezione, parlare come la prima dei disperati , che poi non era
altro che sua sorella?
Che il re avesse saputo cosa ne
pensava Selyan e la stesse mettendo alla prova?
Non avrebbe
mai nascosto niente al sovrano, che fosse una cosa seria o una sciocca come un
opinione di sua sorella. Doveva dirglielo << Mia sorella pensa una cosa
simile. È convinta che
le decisioni della Dea non possano essere evitate e che quindi le visioni siano
solo l’avvertimento di prepararsi a sopportare qualcosa che non può essere
evitato>>
<<Sta passando un brutto momento, Elydet>>
<<Come tutte noi>>
In un solo istante si rese conto
dell’inadeguatezza del suo tono al Messaggero
del Dio straniero sulla terra e si sentì sprofondare. Scusarsi non era
abbastanza, parlare non aveva senso. Gli aveva mancato drasticamente di
rispetto e lui…
Lui stava
solo guardando l’erba ai suoi piedi. Forse era offeso?
<<Sai, ho ricontrollato la lista delle vostre
assegnazioni e mi sono reso conto di aver caricato di troppa responsabilità
Ismene. Ho intenzione di comunicarle che non sarai più una sua responsabilità
anche se farai comunque lezione nella sua classe>>
<<
Cosa?! >> chiese sconvolta
Era
già arrivata la sua punizione dunque? Anche lei stava per seguire la stessa
sorte di sua sorella ed essere gettata nel baratro
della vergogna da tutte le altre?
<<
Di te mi occupo io adesso, perciò se hai qualcosa da chiedere, non farti
problemi >>
<<
Perché io?>>
<<Il tuo potere è molto più interessante di
quello delle altre e ritengo che tu sia una persona che ragiona prima di
parlare. Credimi se ti dico che non è una dote concessa a molti al mondo.
Quello che hai fatto nell’incendio non è da sottovalutare e credo che potresti
fare di più se fossi seguita da qualcuno costantemente. Forse toglierò altre
ragazze a Ismene e Olen, non ne sono certo, so solo che vorrei occuparmi di te,
se per te va bene>>
Annuì. Il
re sorrise e riprese la sua strada.
Lui era arrivato, le aveva tirato su
il morale, le aveva anche detto che si sarebbe personalmente preso cura di lei
e lei… aveva annuito! Stupida idiota!
Avrebbe voluto rincorrerlo,
ringraziarlo, dirgli quanto si ritenesse onorata a servire un re come lui e
invece le sue gambe tremavano come le foglie degli alberi dell’isola nei giorni
di tempesta e il suo cervello era immobile come la roccia più salda.
Non riusciva a pensare niente che
non fosse il perfettissimo sorriso del re.
<<
Ho bisogno di una settimana di pausa dalle squadre. Devo risolvere delle
questioni importanti al tempio >>
Da quando il
terremoto aveva devastato il suo regno e l’incendio aveva peggiorato le cose,
Tarìc era abituato a ogni tipo di lamentela da parte di ogni singolo abitante
di quella città, ma la richiesta di Neithel lo stupì più di tutte quelle che
aveva sentito fino a quel momento.
Era stato chiaro
quando aveva detto che lui, Ismene e Tanet non potevano tirarsi indietro dal
comando delle squadre di ricostruzione e era sicuro di avere la loro piena
disponibilità.
Olen
si era occupato dei turni e sapeva che si era assicurato che non andassero
contro nessun impegno. Quale imprevisto poteva esserci al tempio del Dio Potente da richiedere una settimana
intera per essere risolto? E, soprattutto, quale imprevisto poteva essere
comunicato al re come “questioni importanti”?
<<
Vuoi essere un po’ meno vago, per cortesia? >> chiese più dubbioso che
preoccupato.
<<
Non posso >>
<<
Capisco… i segreti del tempio sono inviolabili, giusto? >> gli chiese
scettico << Può conoscerli solo il Sommo Sacerdote e il re deve attenersi
alle sue decisioni e affogare nella sua curiosità se questi ritiene che non
vadano comunicate neanche al Figlio Prediletto di Dio. Dico bene? >>
<<
Esatto >>
Non
si sarebbe mai aspettato una mossa del genere da parte sua, ma non si sarebbe
arreso. Se Neithel aveva intenzione di prenderlo in giro per nascondergli il
reale motivo della sua richiesta, poteva giocare al suo stesso gioco senza
problema.
<<
Sai, Neith, pare che le straniere abbiano portato nel nostro regno una malattia
pericolosa. A quanto pare è un morbo rarissimo che colpisce solo i Sommi
Sacerdoti e li costringe a mentire spudoratamente al re anche per le questioni
più stupide. Devo chiedere a Ismene come si sente e correre ai ripari prima che
si ammali anche lei. Cosa comporta questo morbo? Febbre? Dolori articolari? Soffri per caso? >>
<<
Che stai- >>
Tarìc
lo interruppe prima che potesse finire la sua protesta << Sei l’ultimo da
cui mi sarei aspettato un comportamento così infantile! Non puoi fermare tutto
adesso. Se cominciamo con le pause, nessuno crederà che sia una cosa seria e
non vedremo mai la fine dei lavori! >>
<<
Non voglio fermare i lavori. Chiederò a Tanet di coprire i miei turni >>
Tarìc
sospirò indeciso. Neithel aveva bisogno di tempo, ma lui aveva bisogno che
Tanet non perdesse di vista il suo compito principale. Come poteva uscirne?
<<
Non mi piace l’idea di una settimana intera di doppi turni e sono sicuro che
anche lui avrà le sue questioni importanti con i suoi uomini. Non puoi
rischiare che faccia confusione con le guardie >>
<<
Sai che il palazzo è protetto e che la tua immaginazione lavora troppo
ultimamente >>
<<
Almeno quanto non lavora la tua pazienza >> commentò il re. << Puoi
chiedergli tre giorni, fatteli bastare >> affermò convinto di aver
trovato un buon compromesso.
Ma
Neithel non si muoveva e non aveva per niente l’espressione di chi stava
prendendo in considerazione la proposta del re. Non sarebbe sceso a patti e non
avrebbe accettato compromessi. La settimana che chiedeva o niente. Sapeva che
funzionava così con lui e decise di sfidarlo per capire quanto fosse serio il
problema.
<<
Puoi avere la tua settimana se mi dici qual è il motivo per cui ti serve
>>
<<
È un ricatto? >>
<<
Sì. Il re può permetterselo, no? >>
<<
Coraggioso a sfidare il Primo Sacerdote >>
<<
Devo parlare con Ismene prima che sia troppo tardi. Dalia ha diffuso proprio
una brutta malattia nel mio regno. In nome di Dio, smetti di fare l’idiota!
Perché questa richiesta assurda? >>
<<
Ho le mie ragioni >>
Tarìc sbuffò
sconfitto.
Le sue ragioni…
Sapeva che se avesse insistito, Neithel gli avrebbe fornito una convincente
lista di cose che erano rimaste in sospeso al tempio e che potevano
giustificare la sua richiesta, non era uno stupido. Il problema serio era che
Tarìc aveva la seria paura che quella lista fosse stata creata appositamente
per coprire un motivo molto più stupido, impossibile da riferire perfino al re.
Solo pensare che alcuni doveri verso il Dio erano stati lasciati appositamente
incompiuti rischiando di offenderlo in un periodo del genere, fece correre un
brivido freddo lungo la nuca del re.
Neithel non era uno
stupido, questo lo sapeva, perciò non aveva sicuramente lasciato indietro
questioni troppo importanti, ma preferiva comunque non saperne di più. Per il
bene della propria salute mentale.
Non voleva sapere che
il suo Sommo Sacerdote aveva messo da parte il Dio pur di togliersi dai piedi
lei… la straniera che stava facendo passare le notti in banco a mezza corte.
Gli
aveva permesso di sbatterla fuori dalla sua classe, non gli avrebbe permesso di
tirarsi fuori dalle squadre e aumentare le distanze che si era preso da lei.
Non gli importava che la controllasse o che si occupasse di lei, non gli
importava neanche del fatto che Tanet gli aveva riferito chiaramente che Selyan
ogni benedetto giorno di lavoro riusciva a procurarsi un numero imprecisato di
lividi e graffi che non venivano fatti rimarginare e a stento venivano
controllati dagli altri guaritori che la squadra si portava dietro. La ragazza
non sarebbe certo morta per quello e non sembrava nemmeno lamentarsi con Dalia
del modo in cui veniva trattata, non erano le lamentele il problema. Il
problema era che Tarìc pretendeva che non si allontanasse troppo da lei per una
questione troppo difficile da affrontare per tutti e due perché avessero voglia
di parlarne.
<<
Immagino tu ti sia già reso conto del fatto che, se le tue ragioni misteriose
comprendono le straniere, la situazione ti sta sfuggendo di mano. Parla pure
con Tanet, ma trova una soluzione in un tempo ragionevole, per favore >>
<<
Sì, altezza >>
Come poteva
rinfacciargli anche la corona?!
<<
Neith, piantala! Se avessi voluto comportarmi da re, ti avrei costretto a
parlare e poi ti avrei negato nella maniera più categorica di sottrarti al
comando delle squadre, fosse anche per metà mattina. Non mi sembra di fare la
parte del tiranno a chiederti di non tirarti indietro da una cosa che tu stesso
hai- >>
<<
Se non vuoi essere trattato da re, puoi anche essere interrotto. La straniera
che vuoi raggirare è in giardino da sola a cercare il sonno perduto nel fondo
della fontana >>
<<
Che stai farneticando ora? >> gli chiese esasperato.
<<
La ragazza del fuoco sta contemplando l’acqua. Incoerente come tutte le sue
compagne >>
<<
O come sua sorella? >> lo provocò mentre gli passava accanto per
raggiungere la finestra.
<<
Questa la paghi >> era stato più un ringhio che una minaccia e gli rise
in faccia prima di provocarlo di nuovo.
<<
Ops, perdonami. Preferisci che ti dica che è incoerente come te? >> gli
chiese prendendolo in giro con un improvviso buon umore che non sapeva da dove
gli fosse arrivato.
<< Tarìc, spero tu ringrazi Dio di avere
la corona sulla testa ogni tanto >>
<<
Tutte le sere! >> gli urlò scendendo le scale.
Elydet era davvero
sola alla fontana e lui doveva trovare il modo di guadagnarsi la fiducia di
quella ragazza. Sarebbe andato volentieri a dormire, ma ormai il sonno era
passato e, se poteva fare qualcosa per il regno che non richiedesse sforzi
mentali eccessivi, perché sprecare l’occasione?
Cercò
di darsi un contegno più regale e disinvolto possibile per non far capire alla
ragazza che era lì di proposito e si fece avanti.
<<
Elydet, tutto bene? >>
<<
Altezza! >> scattò lei arrossendo improvvisamente.
La follia che aveva
contagiato Neithel aveva colpito anche lui!
L’aveva vista dalla
finestra ed era corso a parlarle. Non aveva niente da chiederle quella sera,
non c’era niente che meritasse un chiarimento da parte sua, disgrazia che sua
sorella avesse combinato da cui risollevarle il morale… niente! Non aveva uno
straccio di motivo per essere lì eppure aveva corso per le scale pur di
raggiungerla.
Ismene, mano del
Potente Dio, avrebbe visto il re varcare la soglia dei suoi appartamenti prima
di andare a dormire e si sarebbe svegliata se lui fosse arrivato troppo tardi
nelle sue stanze quella sera. Il re aveva deciso.
Selyan era
concentratissima sulla partita quella sera.
Irmelin si era addormentata
subito dopo cena, sua sorella si era rifiutata come sempre di andare in camera
di Nora e l’amica del re aveva proposto a Tanet di sfidarle in coppia. Le
regole della partita stabilivano che giocassero un turno ciascuna, pur avendo
tutta la libertà di decidere insieme cosa muovere e lei non voleva
assolutamente mettere in difficoltà Nora distraendosi o confondendola con idee
stupide sulle mosse da fare.
Stava
studiando attentamente la scacchiera quando la porta si spalancò all’improvviso
con un tonfo assordante facendola sobbalzare.
<< Tanet, non
ti sembra di aver esagerato stavolta? Addirittura due? >> brontolò il
Nobile Neithel senza neanche salutare la padrona della stanza.
La
risata di Tanet chiarì il senso di quella domanda e lei sentì il viso ribollire
dall’imbarazzo.
<<
Screanzato! >> urlò Nora senza mezzi termini mentre lei si chinava a
raccogliere la pedina che le era scivolata di mano per lo spavento che si era
presa per colpa della porta.
Tanet
fu ignorò le loro reazioni e resse il suo gioco << Ti avevo detto di
venire con me, non hai voluto… >>
<<
Tu sei più idiota di lui! >> urlò di nuovo Nora << Smettila subito!
>>
<<
Metti la lingua a posto, ragazzina >> la avvertì il Nobile Neithel senza
però avere nessun effetto su di lei che ribatté spavalda << E tu esci
dalla mia stanza! >>
<<
Tanet, sai che se la giochi bene, le mandi a dormire in meno di dieci mosse,
vero? >> disse il nobile ignorando la padrona della stanza che aveva
cominciato a fare uno strano rumore dal petto.
<<
Stai ringhiando >> le bisbigliò Selyan sicura che la sua amica non se ne
fosse neanche resa conto.
<<
Vattene, Neith! >> esplose lei << Trovati qualcosa di meglio da
fare stasera invece di infastidire noi! Io e Selyan vinceremo questa partita,
vattene! >>
<<
Vuoi che chieda a Tanet quante volte hai vinto da quando giocate? Scommetto che
le conta su una mano >>
<<
Tu non ti azzardare a metterti dalla sua parte! >> sbraitò Nora puntando
un dito contro Tanet.
<<
E in coppia con lei non puoi che peggiorare la situazione >> insistette
il sacerdote.
<<
Ora basta! Se credi di essere tanto bravo, vieni qui e finisci la partita tu!
>>
<<
Non ne vale la pena. Tanet, ho bisogno che tu copra i miei turni per i prossimi
tre giorni >>
<< La rossa si è lamentata per la tua
assenza? >> chiese lui ridendo.
<<
Sei geloso? Quante donne ti servono per sentirti soddisfatto? >>
Nora ormai aveva
perso la pazienza definitivamente e cominciò a tirare il Nobile per un braccio
verso la porta con scarsissimi risultati.
<<
Come devo dirti che non voglio te e i tuoi discorsi da pervertito in camera
mia?! >>
<<
Finisci la partita e copro anche quattro giorni di fila >> lo sfidò
Tanet.
<<
Bastano cinque mosse se sono stupide come penso. Ho già vinto >>
<<
Tu fallo e io giuro che copro una settimana >> disse lui alzando la
posta.
<<
Non ce la farai! >> urlò Nora << Non siamo due stupide, cosa
credi?! >>
<<
A chi tocca? >>
<<
A loro >> concluse Tanet alzandosi e cedendogli la sedia.
<<
Sel, muovi quella pedina e mangia la sua! >> ordinò Nora << Fagli vedere
chi ha il cervello in questa camera! >>
Avrebbe
tanto voluto accontentarla. Davvero. Ma non riusciva proprio a capire cosa
avesse in mente Nora. Per lei non c’era nessuna mossa sensata da poter fare in
quel momento e si trovò costretta a chiederle, con il tono più innocente che
riuscì a dimostrare << Quale pedina? >>
Nora
nascose il viso nella mano sbuffando, Tanet scoppiò a ridere alle sua spalle e
lei pensò che avrebbe tanto voluto seppellirsi in quel momento senza andare
oltre con quella scena imbarazzante.
<<
Tanet, non ti vergogni a giocare con queste due? >> chiese schifato il
nobile Neithel.
<<
Sono convinto che prima o poi Nora riuscirà a ragionare correttamente per una
partita intera >>
<<
Nora, forse >>
<<
Sel, ti decidi a difenderti?! >> sbottò la ragazza muovendo al posto suo.
<<
Perché non hai usato quella all’angolo? >> le chiese convinta di aver
visto troppo tardi una mossa utile.
<<
Lascia perdere, finisco da sola >>
Ma
Nora non riuscì minimamente a salvarsi e subì una sconfitta clamorosa come
profetizzato.
<<
E una settimana sia >> proclamò Tanet prima che il nobile Neithel si
alzasse e sbattesse la porta alle sue spalle senza un’altra parola.
Nora,
dal canto suo, era ancora immobile davanti alla scacchiera a guardare le pedine
<< Non è possibile, ha imbrogliato! >>
<<
Non ha imbrogliato, Nora. Sei tu che non hai possibilità contro di lui >>
la corresse Tanet.
<<
Ho perso perché Selyan non conosce ancora le regole! >>
<<
Hai perso perché la partita era già persa prima che arrivasse lui. Se avessi
ascoltato Selyan, forse, avreste avuto una possibilità di salvarvi, ma in molte
più mosse di quelle che avevate a disposizione e vi sareste sicuramente messe
nei guai prima di capire che avreste potuto vincere. Gli ho praticamente
regalato una settimana libera, tanto a me non dispiace staccare un po’ dai
soliti turni di guardia e organizzazione delle sentinelle. Vuoi che chieda a
Selyan se le dispiace che comandi io una settimana al posto di Neith? >>
Non
aveva ancora considerato le conseguenze di quella partita e si trovò
imbarazzata dalla domanda di Tanet.
<<
Perché sei arrossita? >> chiese Nora minacciosa.
Tanet
non le diede il tempo di protestare << Quante volte hai implorato la tua
Dea di trattenere la tua mano per non lanciargli qualcosa e fargli male?
>>
Non poteva
permettersi di rispondere sinceramente al comandante e non poteva deludere
Nora. Non sapeva cosa dire.
<< Smetti di fare la timida >> la
esortò Tanet << Sappiamo tutti che è un tiranno odioso e prepotente
>>
<<
Non è che sia tiranno… è solo… >>
<<
Selyan, sai che ti trovo simpatica e ultimamente mi sto affezionando a te,
vero? >> chiese Nora impugnando la scacchiera con entrambe le mani e
ignorando le pedine che caddero a terra spargendosi per la stanza.
<<
Anche- >> non ebbe tempo di dirle che ricambiava, che arrivò una minaccia
bella e buona con la scacchiera pronta a calare sulla sua testa << Stai
per dire che la pensi come la rossa della tua gente e ti piace quel pazzo?!
>>
<<
Sei impazzita?! >> urlò lei senza riuscire più a contenersi << Stavo
per dire che è snervante perché sembra che abbia occhi dappertutto, dannazione!
È da tutt’altra parte, impegnato in qualche critica a qualcuno, poso un attimo
il maledetto secchio e me lo ritrovo alle spalle a urlare come un pazzo che sono
lì per pentirmi di quello che ho fatto e non per prendere il sole passeggiando.
Lo chiamano in una casa a curare qualcuno, varca la soglia, io inciampo e non
faccio in tempo a toccare terra che sta già sbraitando sul tornare al lavoro e
andare a letto presto invece di passare la sera con te e poi non reggermi in
piedi. Non sono una lavativa, giuro che ci metto tutto il mio impegno, ma mi
sento sempre una scansafatiche incapace quando c’è lui e non è giusto,
accidenti! Certo che sono contenta di non vederlo una settimana! >>
Il
silenzio seguì il suo sfogo e lei si coprì la faccia per la vergogna di quello
che aveva appena fatto. Come aveva potuto perdere la calma in quel modo e
lasciarsi andare a una di quelle sfuriate che avrebbero reso fiera Irmelin, ma
che non poteva certo permettersi davanti a Nora e meno che mai a Tanet?
<<
Scusate, ho esagerato >>
Tanet
scoppiò a ridere senza pudore e la voce di Nora al suo orecchio sussurrò un <<
Sicura che tu sia Selyan? >>
<<
Sapevo che eri una persona normale! >> commentò Tanet tra una risata e
l’altra.
<<
Che stai dicendo? >> chiese la maga confusa.
<<
Non c’è soldato che non bestemmi dietro alle critiche di Neith e da quando lei
viene qui e tiriamo fuori la questione delle squadre non l’avevo mai sentita
lamentarsi o sbuffare. Credevo fosse insensibile alle critiche o una specie di
sacerdotessa dall’addestramento impossibile e invece ci ha solo messo una vita
a capire che lui è un pazzo esaltato e non è lei che è incapace >>
<<
Non ho detto questo! >> protestò di nuovo senza avere ancora il coraggio
di scoprire il viso.
<<
Ma lo pensi >> insistette Tanet.
<<
Non è vero! >>
<<
Dopo una lamentela come quella non puoi tornare indietro >> la avvertì
Nora << Ammetti che lo odi anche tu e la notte sogni di vendicarti con
tutti i mezzi più crudeli che riesci a immaginare >>
<<
Veramente, la notte penso ai modi più cruenti di farla pagare a Dalia >>
Tanet
rise di nuovo << E così, Nora, te lo sogni la notte, eh? Passi le notti
insonni a pensare a lui… >> la provocò.
<<
Tanet, piantala! >>
Ma
il comandante non si arrese << La rossa è innamorata, tu lo sogni la
notte…Perché ha tutte queste
pretendenti? Le donne sono attratte dalla cattiveria? >>
<<
Io non sono una sua pretendente, smettila! Non ti rivolgerò mai più la parola!
Vattene dalla mia camera, vattene! >> urlò spingendolo verso la porta a
cuscinate.
La
bassa statura e l’esile corporatura di Nora non avevano potuto niente contro il
Nobile Neithel quando lo aveva tirato per un braccio con tutte le sue forze,
non aveva la minima speranza neanche di spostare di un centimetro il colosso
del suo amico con un misero cuscino.
<<
Ehi, Selyan, sicura che nessuna delle tue compari sia interessata anche
minimamente a me? Non posso dormire sapendo di essere così in svantaggio
>> chiese lui tranquillo come se Nora non fosse impegnata a mettere tutta
la sua forza nel suo tentativo di allontanarlo.
<<
Una, forse. Non ne sono sicura >> rispose lei più per accontentarlo che
per sincerità.
<<
Dimmi chi è! Perché non me ne sono accorto? Tu da cosa l’hai capito? >>
<<
Conosco le mie adorabili compagne da quando ero bambina, so come pensano e
credo che una sia interessata. Se ci tieni, posso indagare per te nei prossimi
giorni >>
<<
In cambio di…? >>
<<
Della tua pazienza davanti alla scacchiera >>
<<
Sei troppo indulgente, chiedi un giorno libero, Sel! >> si intromise Nora
che ormai cercava di colpire Tanet direttamente in faccia pur di avere un
minimo risultato
<<
Non voglio giorni liberi! Se non devo andare alle squadre non ho scuse per non
andare da Dalia. Preferisco portare pesi tutto il giorno piuttosto che vedere
lei un’ora >>
<<
Questo è odio, ragazza, lo sai? >> la prese in giro Tanet.
<<
Ti ho detto miliardi di volte che è una persona normalissima e con il cervello
a posto! Se credi al tuo amico, la colpa è solo tua! E ora fila via! >>
ordinò Nora.
<<
Se non indaghi per me, chiederò che i miei turni si limitino al pomeriggio e
non avrai più speranza di avere pace la mattina >>
<<
Indagherò sicuramente >> gli assicurò Selyan.
<< Vattene!
>> sbottò Nora spingendolo definitivamente fuori dalla porta chiudendola
con tanto di chiavistello.
<<
La ragazza vagamente interessata a Tanet per caso è Irmelin? >>
<<
No >> le rispose in fretta.
<<
Perché ti sei girata dall’altra parte? >>
Non
era mai stata capace di nascondere la verità e si era messa nei guai. Non
poteva tradire la fiducia di Irmelin, ma non era riuscita a mentire a Nora.
Optò per una parte della verità
<<
Uff, Nora io non so nascondere le cose! A Irmelin non piace Tanet, ma ha una
voglia sviscerata di uscire dal nostro maledetto ordine e farsi una famiglia.
Ha solo detto che potrebbe prenderlo in considerazione, non che ne è innamorata
>>
<<
Davvero? >> chiese lei incredula << Anche dopo che lo ha conosciuto
sul serio giocando con noi? Non ha ancora capito quanto è stupido? >>
<<
Non ne abbiamo più parlato e ieri mi ha detto che si è presa una cotta per un
mercante che ha visto mentre cercava di comprare una veste nuova dopo la
funzione di Dalia, ma non so altro. È possibile anche che le altre serpi siano
tutte innamorate di lui e io non ne so nulla. Non ho davvero idea di come
stanno le cose >>
Se
non credeva a quello era spacciata. Si immaginava già a litigare con Irmelin e
non voleva assolutamente che accadesse. Cosa avrebbe fatto se la sua amica
avesse smesso di parlarle?
<<
Tua sorella è ancora innamorata di Tarìc? >> chiese Nora cambiando
discorso e concedendole di tirare un sospiro di sollievo.
<<
Mia sorella ha perso la testa e non si riprenderà finché il re non si sposerà
con un’altra. Vuoi che le dica di darsi un contegno? >>
<<
No, no! Non credo che a Tarìc dispiaccia la cosa. Sono tutti ansiosi di sapere
che qualcuno sbava alle loro spalle. Gli uomini sono insopportabili! >>
concluse fiera di quello che aveva appena detto.
Vista
la situazione, forse poteva anche concedersi quella domanda per cui Irmelin
l’aveva costretta ad andare da sola quella sera. La sfacciata e temeraria
sacerdotessa del vento si era detta incapace di reggere un’altra serata in
quella stanza con Nora e Tanet senza sapere cosa c’era effettivamente tra loro.
Non sarebbe mai riuscita a chiederlo a Nora e aveva costretto lei a promettere
che avrebbe provato a indagare. Forse quello era il momento buono… << Nora,
a te non piace Tanet? >>
<<
Scherzi!? >> chiese lei come se avesse appena chiesto la cosa più assurda
del mondo << Non lo ritengo neanche un uomo! Bleah! >>
<<
E Tarìc? >>
<<
Figurati se ho voglia di diventare regina di questo branco di pazzi! E poi
Tarìc non è il mio tipo, è troppo serio e dedito ai suoi impegni. Quando mio
padre mi costringerà a scegliere un uomo, credo che la prima cosa che farò sarà
escludere tutti quelli che hanno messo piede in questo palazzo. Secondo me
queste mura hanno effetti distruttivi sull’intelligenza maschile. Di te che mi
dici? C’è qualcuno che ti interessa? Con tutti gli uomini che vedi nelle
squadre, qualcuno deve esserci per forza! >>
La
maga era riuscita a spezzare il clima di divertimento e ironia con una semplice
domanda. Non era niente di più di quello che lei le aveva chiesto un attimo
prima, ma si trovò a distogliere lo sguardo da quello divertito e speranzoso
della sua nuova amica.
<<
Non ho neanche voglia di guardarli, Nora. Scusa, devo andare o Irmy verrà a
cercarmi >>
<<
Dai, non scappare, era solo una domanda stupida. Scusa. Tanet mi confonde con
le sue idiozie e poi non ragiono. Capisci perché devo escludere tutti gli
uomini di questo palazzo? >> chiese lei quasi implorandola e sbarrando la
porta della sua stanza con il suo stesso corpo per non farla uscire.
<<
Sì, hai ragione. Ci vediamo domani. Grazie per la serata >>
Controvoglia
e con una tristezza che non avrebbe mai voluto vedere sul suo viso, Nora la
lasciò uscire salutandola.
<<
Buonanotte, Nora >>
Ne vedeva tanti,
aveva ragione. E aveva mentito all’apprendista maga, li guardava anche.
Li guardava tutti e
cercava di ascoltare i loro discorsi nella speranza che qualcuno gli
somigliasse in qualcosa eppure, per quanto assurdo le sembrasse, nessuno era
come lui. Non c’era viso che desiderasse rivedere, occhi che sentisse il
bisogno di incontrare e neanche discorsi che le sembrassero interessanti come i
suoi.
C’era qualcuno che le
interessava, c’era qualcuno che amava disperatamente, ma la Dea glielo aveva
portato via e con lui era sparita anche la sua voglia di vivere, figurarsi
quella di guardare gli uomini.
Forse avrebbe
approfittato del favore che Tanet le doveva e avrebbe chiesto di essere
spostata nel gruppo di volontarie che si occupavano del pranzo per le squadre.
Magari in
mezzo alle altre donne avrebbe smesso di pensare a quanto il resto del mondo
era diverso da lui
La voce alle spalle
della poltrona su cui era seduto aveva tremolato per un istante. L’aveva
sentito.
Non c’era uomo al suo
servizio che non sapesse dominare le proprie emozioni, quello non era uno dei
suoi. Era sicuramente un servo, incapace di dominare il timore reverenziale
verso i nobili.
<< Puoi andare
>>
Nessuna risposta.
Almeno quello lo avevano imparato.
Appena il tonfo della
porta annunciò l’uscita del servo, Aaren si alzò dalla sua poltrona. Se i suoi
avevano usato un servo per riferirgli quel messaggio, il re era tornato nelle
sue stanze e lui aveva campo libero per riferire il suo.
Lo aveva visto,
prima, dalla finestra. Aveva incontrato di nuovo Elydet del Fuoco e si era
perso in chiacchiere con lei. Non era stata una pessima idea quella di suo
nipote: la ragazza era un pozzo di informazioni sulla famiglia reale dell’isola
da cui provenivano, ma non sapeva molto sui loro poteri o sulla loro Somma
Sacerdotessa. Tutta la sua attenzione era concentrata sulla sorella. Non era
inutile, ma non era l’unica da ascoltare per tenere d’occhio le straniere. Non
erano molte, ma il loro gruppo era frammentato da faide interne in piccoli
gruppetti diffidenti l’uno nei confronti dell’altro. Come se non venissero
dalla stessa terra e non avessero tutte gli stessi problemi. Neanche l’esilio
aveva insegnato loro lo spirito di fratellanza. Non erano persone affidabili,
non gli avevano mai dato quell’impressione. Per questo aveva pagato due dei
suoi perché ammaliassero altre due sacerdotesse e ricavassero da loro le
informazioni mancanti.
Se solo pensava che
il re si era offerto spontaneamente per fare di persona quello che lui faceva
fare ai suoi dietro compenso…
Aaren chiuse gli
occhi recuperando la calma e bussò alla porta delle stanze reali. Non ottenne
risposta. Il re aveva evidentemente congedato i servi e non voleva essere
disturbato. Meglio così.
La porta era fatta
per fermare i disturbatori e gli incompetenti, non certo i nobili. Gli fu
sufficiente posare la mano sulla maniglia perché la serratura scattasse e lo
lasciasse entrare.
Dalla stanza della
vasca proveniva un intenso profumi di olii e lozioni. Il re doveva aver
ordinato un bagno ristoratore
<<
Tarìc, posso disturbarti? >>
Lui chiuse di nuovo
la vestaglia che stava per togliere prima di immergersi nella grande vasca e si
fece avanti
<<
Quanto devo preoccuparmi questa volta? >>
C’era preoccupazione
nei suoi occhi. Sapeva che le informazioni riportate in privato, dopo il
congedo dei servi e la riduzione delle guardie di ronda nei corridoi erano quelle
più importanti e preoccupanti.
<<
Sono rimasti dei servi nelle tue stanze? >> chiese lui per rimarcare il
concetto senza alimentare le chiacchiere di eventuali servitori rimasti
Lui
scosse la testa chiarendo << No, li ho congedati tutti >>
<< Ho ricevuto
delle notizie su quello che abbiamo perduto anni fa >> disse il vecchio
con una pausa a effetto mirata a fargli a cosa si riferiva << Non ho
notizie certe su come sia arrivato dove è adesso, ma pare che sia a molti
giorni di viaggio dal nostro regno. Forse qualche mese >>
<<
Dove esattamente? >>
<<
Non conosco la posizione esatta. So soltanto che è stato pagato con la più
grossa somma che il mercato nero ricordi, da un uomo proveniente dalle rive del
Grande Oceano >>
Il
re era rimasto immobile a pensare. Con le mani sui fianchi e gli occhi persi a
fissare il pavimento.
<<
Ci sono decine di regni sulle sponde dell’Oceano. Non possono scoprire niente
di più? >>
Aaren
sapeva che, al suo posto, probabilmente, anche lui sarebbe rimasto frustrato
per la mancanza di informazioni. Per come stavano le cose però, non poté non
provare una punta di rabbia al pensiero che gli sforzi dei suoi uomini
venissero banalizzati in quel modo. Solo trovare quello che cercavano da anni e
sapere in che direzione cercarlo, era un enorme risultato di cui andare fieri a
suo parere.
<<
Mi dispiace, Tarìc. Sono questioni della massima segretezza e i miei uomini
costretti a muoversi in un campo molto pericoloso. Scoprire che è stato venduto
e restringere il territorio in cui cercare mi sembrava già un risultato oltre
ogni nostra aspettativa. Io attenderei qualche settimana per non destare
ulteriori sospetti, ma, se è tuo volere che si muovano ancora- >>
<<
No >> lo interruppe << Concedi pure ai tuoi uomini il tempo
necessario a sparire di nuovo e a muoversi con la dovuta cautela. Se qualcuno
scoprisse che lo stiamo cercando, potremmo avere dei guai che non possiamo
permetterci in questo momento. Sai qualcosa delle sue condizioni? >>
Il
vecchio scosse la testa di nuovo << No, ma le fonti parlano di resti e di un pericolosoacquirente.
Non so dirti se il pericolo venga dal fatto che l’acquisto da parte di questa
persona squilibri il potere dei regni o se sia una persona pericolosa per le
sue inclinazioni violente >>
<<
Ho capito. Proporrei di non informare gli altri finché non ne sapremo qualcosa
di più, sei d’accordo? >>
<<
Assolutamente >> confermò il vecchio
<<
Grazie, Aaren. Buonanotte >>
<<
Buonanotte, Altezza >>
Il
vecchio udì il tonfo del re che si gettava nella vasca prima ancora di uscire
dalle sue stanze.
Aveva
sperato per anni, concentrando tutte le forze dei suoi uomini migliori, di
scoprire qualcosa e adesso perfino lui era preoccupato.
Diffondere
quella notizia alla corte avrebbe portato dei risvolti immediati, nasconderla
avrebbe portato esiti disastrosi. Per anni aveva pregato il Potente Dio di
mandargli qualche notizia e il Sommo lo aveva accontentato nel momento meno
tranquillo. Non che un vecchio volesse permettersi di criticare i Doni del
Potente o la Sua infinita Sapienza nel distribuirli, ma avrebbe tanto preferito
riceverle in momenti migliori.
Aaren
chiuse la porta alle sue spalle e si addentrò nel buio della sua camera. Non voleva
luci, non di notte. Non ne aveva bisogno. Le tende spalancate gli davano tutta la
luce di cui aveva bisogno per sfilarsi la veste e sdraiarsi nel suo letto.
La
notte non chiudeva mai le tende. Nessuno poteva spiare nella sua finestra, data
la posizione che aveva nel palazzo e lui non aveva intenzione di privarsi della
vista delle stelle.
Io posso solo
osservarlo da lontano, sii la sua ombra dove a me non è dato seguirlo se puoi.
Presto ne avrà bisogno. E anche io.
<<
Kaleb, idiota, guarda dove vai! >> urlò la voce del nobile Tanet.
Selyan
lasciò cadere i secchi che stava trasportando e si girò a cercarlo in mezzo
agli altri. Il comandante dei soldati non era tipo da urlare contro i suoi
uomini, non con quella rabbia poi. Doveva essere successo qualcosa di grave.
<<
Mio signore, mi dispiace, io - >>
<<
Non mi interessa! >> urlò di nuovo rendendo finalmente chiara la sua
posizione dietro un gruppo di soldati che gli si erano accalcati intorno
<< Torna a fare il tuo lavoro! >>
Mollò anche
lei le sue cose. Nora le avrebbe staccato la testa se non le avesse riferito
per filo e per segno quello che era successo al suo amico e lei stessa doveva
ammettere di essere un po’ preoccupata.
Il nobile
Tanet si reggeva un braccio con una mano ormai completamente piena di sangue
mentre un uomo si allontanava contrito con una sega in mano continuando a
pigolare scuse.A quanto pareva lo
sconosciuto Kaleb era andato a sbattere contro il comandante e lo aveva ferito
per sbaglio.
<<
Garlem! >> urlò il comandante << Fascia questo schifo!Mi scivolano le cose di mano se sono
imbrattato di sangue >>
<<
Nobile Tanet, sarebbe meglio se io ricucissi quella ferita invece di fasciarla
>> suggerì il sacerdote già comparso alle sue spalle.
Era l’uomo
che prendeva sempre il posto del nobile Neithel nelle squadre o al tempio. Di
sicuro doveva essere una persona competente e degna di rispetto ma, per un
motivo a lei ancora oscuro, gli uomini preferivano chiamare i sacerdoti minori
quando si ferivano e andavano a disturbarlo solo nei casi più gravi.
Probabilmente anche il nobile Tanet si sarebbe rifiutato di chiamarlo se avesse
potuto farlo senza arrecargli offesa. Selyan lo aveva capito da come il
comandante aveva alzato gli occhi al cielo alla protesta del sacerdote
<<
Non cominciare con le stupidaggini dei sacerdoti zelanti, per favore. Se vuoi
fasciarmi, fallo, sennò ci penso da solo >> sbottò lui come se avesse
parlato l’ultimo degli incapaci.
<<
Insisto perché mi facciate fare il mio lavoro, mio signore. Non è una semplice
graffio quello e non si rimarginerà se non lo ricucio >>
<<
Potente Garlem, è una battaglia persa! >> si intromise Kore posando la
trave che aveva sulle spalle fino a quel momento << Ha paura degli aghi.
Piuttosto che farsi cucire, si fa ammazzare >>
Il
chiarimento di Kore strappò un sorriso a lei e un << Pensa a fare il tuo
lavoro tu! >> al comandante.
Poteva
offrirgli il suo aiuto? Forse no. C’erano dei guaritori agli ordini del nobile
Neithel per quelle cose e, se lei avesse guarito Tanet al posto loro, si sarebbero
lamentati con lui e la sua pace sarebbe finita anche durante la settimana di
comando di Tanet. Doveva restare al suo posto. Non era nelle squadre per
mettere in mostra le sue capacità o per rubare il mestiere ai guaritori. Lei
doveva solo trasportare le cose e rifornire le scorte d’acqua al bisogno.
Niente di più. Tanto valeva riprendere i suoi secchi e continuare il suo lavoro
<<
Sono spiacente, mio signore >> continuò il sacerdote << ma io non
ho i poteri curativi del nobile Neithel. Posso ricucirvi senza che sentiate il
minimo dolore, ma non posso guarire la ferita. Vi fascerò come chiedete e poi
potrete farvi curare da lui >>
<<
Sai che ti dico, Garlem? Scusa se ti ho disturbato. Selyan! Lascia quei sacchi
e vieni qui! >>
Al sentirsi
chiamare il suo stomaco si era stretto come una morsa e aveva sussultato di
brutto. Non voleva attirare l’attenzione! Obbedì all’ordine e lo raggiunse
inchinandosi << Mio Signore >>
<<
Puoi farla sparire? >> chiese mettendole davanti il braccio.
Cosa doveva
rispondere? Se avesse detto di sì, avrebbe fatto arrabbiare il Potente Garlem e
tutti avrebbero sicuramente spettegolato del suo potere, se avesse detto di no
avrebbe mentito a un nobile e avrebbe screditato gli insegnamenti di un altro,
per quanto ricevuti in un tempo limitato. Cosa doveva fare?
<<
Selyan?! >> la richiamò il comandante
<< Sì
>>
<<
Bene, ragazza, impegnati >> le
ordinò soddisfatto.
Obbedì
sotto gli occhi contrariati del sacerdote e si prese una possente pacca sulla
spalla da Tanet appena ebbe finito.
<<
Alla faccia di Neith! Nemmeno una cicatrice, ti devo un favore >>
<<
Cosa?! >> urlò Kore incredulo << Se fa quelle cose perché la tenete
a spalare melma e portare secchi? Siete pazzi? >>
<<
Ordini di Neithel >> spiegò semplicemente il comandante.
<< Ragazza, hai ucciso qualcuno con quel
potere davanti a lui per esserti presa una punizione del genere? >>le
chiese Kore curioso e incredulo.
Troppi
discorsi, troppe domande, troppe attenzioni, maledizione! Cosa doveva
rispondere per non mettersi di nuovo nei guai? Il nobile Tanet intercettò la
sua occhiata spaventata e capì da solo cosa doveva fare << Gli ha
risposto male e basta. Torna a lavoro anche tu o ti metto a spalare con lei.
Non faccio favoritismi nemmeno agli amici >>
<<
Smetti di fare il duro. Potrai anche coprire i suoi turni, ma non sarai mai
come lui >> lo prese in giro il soldato riprendendo il suo lavoro.
<<
Uomini, vi autorizzo tutti a chiederle di evitarvi ago e filo! >> ordinò
Tanet all’improvviso << Selyan, non ti azzardare a esagerare e crollare
perché te ne farei pentire >>
Qualcosa
del suo tono le fece capire che il comandante aveva in testa quell’idea da
quando erano partiti e sospettò anche che ci fosse lo zampino di Nora.
Probabilmente si erano accordati per renderle un minimo di dignità in quel
lavoro e un po’ di orgoglio personale per quello che faceva. Era infinitamente
riconoscente a tutti e due.
<<
Grazie >>
<<
Ringraziami quando andrai a prendere il tuo pranzo >> gongolò lui come se
le stesse nascondendo qualcosa.
<<
Dose doppia? >> tirò a indovinare.
<<
Non essere impaziente, ragazza
>>
Per altre due ore non fece che
trasportare sacchi e guarire piccoli graffi di uomini che la mettevano alla
prova con stupide ferite per valutare le sue capacità e, quando arrivò la
chiamata per il pranzo, si accorse di essere impaziente di scoprire che
sorpresa le avesse riservato il nobile. Il cuore le impazzì a diversi metri dal
banco del cibo
<<
Irmy! >> urlò felice di vederla dietro il banco del cibo, insieme alle
donne che distribuivano le razioni ai soldati << Che ci fai qui? >>
<<
Servo il pranzo, idiota! >> le rispose passandole il suo vassoio colmo di
cibo << Se mi aspetti, pranziamo insieme appena finisco di servire la mia
parte di soldati >>
Si sedette
poco lontano dal banco di distribuzione del cibo e attese impaziente la sua
amica per poi abbracciarla entusiasta << Sono contenta di vederti qui!
>>
Irmelin si
sedette accanto a lei con uno sbuffo << Non credevo ci fossero così tante
persone! In tutti questi giorni non hai mai detto una parola sui tuoi compagni
di lavoro e guarda quanti uomini a petto nudo! Vuoi che ti prenda a schiaffi?
>>
Sapeva che
la sua prima reazione sarebbe stata quella di ammirare i suoi compagni di
lavoro << Irmy, devo lavorare, non ho tempo di guardarmi intorno >>
<<
Oh, certo… come no >> la prese in giro << Menomale che sono
arrivata io! Sai come si chiama quello laggiù? >> le chiese puntando il
dito decisa.
<<
Merido, ma è sposato e ha due bambini >>
<<
Ti sei informata?! >>
<<
No, l’ho capito dai discorsi che faceva con gli altri >>
<<
Mmm… quello lì? >>
<<
Kore, migliore amico di Tanet e spesso a guardia del portone centrale. Come hai
fatto a non vederlo? >>
<<
L’ho visto, e l’ho anche guardato più volte, ma non potevo certo andare a
chiedergli come si chiamava! Ragiona, su! >>
<<
Lei che ragiona? Irmy hai preso troppo sole? >> chiese una voce alle sue
spalle.
<<
Nora?! >>
<<
No, sono Neith travestito >> la prese in giro l’amica del re prima di
sedersi accanto a lei << Stamani ho fatto tardi e ho deciso di cominciare
dal turno di pomeriggio. Devi cominciare a tirarmi giù dal letto la mattina
>>
<<
Allora? Sono o no il migliore comandante da queste parti? >> chiese Tanet
con una delle sue poderose pacche sulle spalle.
<< Il
migliore in assoluto >> confermò lei.
<<
Per Nora ha deciso il re, io non la volevo >>
Contrariamente
alle sue aspettative, la maga non si indignò per l’offesa che aveva appena
subito, ma lo avvertì comunque << Tu me la pagherai prima o poi. Te l’ho
giurato e sai che mantengo le mie promesse, ma credo che Sel si sia appena
innamorata perdutamente di te >>
Non riuscì
a trattenersi e sentì la sua stessa voce urlare << Imbecille! >>
contro Nora che scoppiò a ridere divertita.
<<
Non mi dispiacerebbe >> ammise Tanet.
<< Ti
sono riconoscente, niente di più >>
<<
Allora cercherò un altro modo di farti sdebitare con me: resti anche per il
pomeriggio? Ho parlato con Ismene, non è un problema se non sei stanca >>
<<
Dai, Sel, Irmy va via e io resterei sola… >> insistette Nora.
<<
Con cento uomini e venti addette ai piatti? >> le chiese scettica.
<< Le
addette ai piatti stanno ai piatti e quale compagnia possono mai farmi gli
uomini? Dai, ti prego! >>
Non riuscì
a dire di no davanti agli occhi imploranti della ragazza che non avevo mai
perso occasione per aiutarla e che metteva a disposizione la sua stanza ogni
sera solo perché così lei e la sua amica non restassero sole a pensare al
passato.
<< Va
bene! Ma solo per oggi, poi voglio studiare >>
Irmelin quella
mattina si era svegliata con un pesante mal di testa e una strana sensazione
nelle ossa.
Non era niente che
avesse a che fare con la stanchezza per aver lavorato nelle squadre il giorno
prima, ne era sicura.
Ormai conosceva quel
tipo di risveglio, la Dea dei Cristalli le aveva fatto il Dono e il dispetto di
sapere quando stava per accadere
qualcosa di importante e lei avrebbe scommesso la sua testa dolorante che quella
mattina stava per succedere qualcosa di grosso.
Sapeva che il mal di
testa preannunciava preoccupazioni e le palpitazioni al cuore erano qualcosa di
buono, ma non aveva la minima idea di come le due cose potessero legarsi
insieme.
Quando le capitava in
mezzo alla giornata, sapeva sempre capire a cosa si riferiva la Dea grazie al
suo intuito, ma così, appena sveglia, era impossibile indovinare.
Il
frusciare delle coperte dal letto davanti al suo la avvertì del fatto che
Selyan si stava alzando e che l’avrebbe chiamata a breve perché facesse
altrettanto, ma non aveva la minima intenzione di alzarsi da quel letto senza
aver capito cosa diamine sarebbe successo dopo
<<
Irmy, sei sveglia? >>
<<
No >> le rispose provocando il suo sbuffo contrariato.
Possibile che Selyan
non avesse il minimo presentimento? Diverse volte aveva ricevuto anche lei
visioni dalla Dea e, con tutto il potere della sua amica e con tutta la forza
con cui Irmelin aveva percepito quell’avvertimento, non poteva credere che Selyan
non ne sapesse niente.
A
meno che…. Che si trattasse di qualcosa che riguardava lei?
<<
Andiamo, oggi sei nelle squadre anche tu. Non puoi fare tardi il secondo giorno
>> la esortò sedendosi sul suo letto.
La sensazione di
pericolo improvviso mista a sollievo non era cambiata. Forse Selyan non sarebbe
stata responsabile di quello che sarebbe successo.
Grazie alla Dea dei
Cristalli e al Dio straniero!
Da quando era in
quelle squadre non c’era giorno in cui non tornasse a casa piena di lividi causati
dagli oggetti pesanti che doveva trasportare ma che puntualmente finivano per
scivolarle di mano, o con le mani piene di schegge provenienti da travi di
legno o, peggio ancora, con i segni catastrofici di cadute da scale
improvvisate senza che nessuno avesse idea di come avesse fatto a finire per
terra.
Poi Nora aveva convinto
la stupida a restare in quelle maledette squadre anche il pomeriggio e le sue
preoccupazioni erano raddoppiate di nuovo.
Ormai Selyan non
seguiva una lezione da almeno due settimane, ma sembrava più ottimista negli
ultimi tempi e lei cercava di tenere a bada la preoccupazione e la paura che si
uccidesse per sbaglio mentre inciampava in una buca o sbatteva la testa contro
una trave non vista.
Il problema era che
tutte quelle preoccupazioni la stancavano e non aveva la minima intenzione di
alzarsi da quel letto per affrontare una giornata che non si preannunciava
tranquilla.
Prese
tempo con un possente sbadiglio, volutamente esagerato, per ritardare l’uscita
dalle coperte e dal comodo materasso.
<<
Sai che, se non ti alzerai con me, arriverà Nora a tirarti fuori con la forza e
con le urla, vero? >>
Lo
sapeva, ma aveva deciso che era il caso di rischiare e azzardò la domanda che
si era giurata di non farle mai più << Posso sapere cosa hai sognato
stanotte? >>
<<
Il solito >> rispose lei con una velocità che stonava con la tranquillità
che cercava di far assumere alla sua voce. Si nascondeva sempre dietro mezze
verità rifilate alla svelta quando non voleva parlare di qualcosa. Non avrebbe
mai imparato a mentire con convinzione quella ragazza.
<<
Io non credo che lavoreremo oggi. Mi sento strana >>
<<
Stai male? >> le chiese posandole subito una mano sulla fronte per
controllare la febbre
<<
No, ma… >>
La
sua risposta fu interrotta dall’entrata irruenta di Nora << Ehi, voi, in
piedi! Tarìc ha detto che dovete correre tutte nella sala del trono perché ha
delle cose importanti da dire alla vostra gente >>
<<
Che genere di cose? >> chiese Elydet svegliandosi dal sonno pesante che
fingeva ogni mattina.
<<
Non mi ha detto niente per paura che io vi avvertissi prima di lui >> le
informò stizzita l’amica del re << So solo che non avrete lezione oggi e
che scoprirò con voi quello che sta succedendo, perciò muovetevi e tirate giù
dal letto le vostre compari. Odio dover aspettare! >>
Irmelin sospirò alzandosi << Sel,
ti avevo detto che oggi non saremmo andate da nessuna parte. Questo diamine di
potere mi rovina tutte le sorprese! >>
Ma
Nora corresse la sua affermazione con un ringhio nervoso che poteva indicare
solo una sua conversazione poco gradita con il nobile Neithel << No,
Irmy. Tu starai a casa, lei ascolterà quello che Tarìc ha da dire e poi dovrà
tornare a fare la sguattera di quel tiranno!
>>
<<
Non arrabbiarti, Nora. Mi piace stare lì >> cercò di calmarla Selyan.
<<
Dagli ragione di nuovo e non ti rivolgerò più la parola! >> le urlò
minacciandola con un dito.
Elydet
sbuffò sonoramente. Irmelin si rese conto che, mentre era persa nei suoi
ragionamenti, la sacerdotessa del fuoco si era già vestita e si stava
spazzolando i capelli con la faccia schifata che faceva sempre Keira quando
parava con loro
<<
Datevi una mossa. Non mi piace che il Divino
aspetti a causa delle mie compagne di stanza >> concluse uscendo.
Qualunque
fosse la notizia che il re aveva da riferire, qualunque fosse lo stato d’ansia
della sua amica ai piedi del suo letto, Irmelin non riuscì a tenere la bocca
chiusa << Tua sorella sta esagerando, Selyan >>
<<
Lo so >>
<<
E tu mi stai nascondendo qualcosa >> la avvertì minacciosa.
Le
bastò una frazione di secondo e un’occhiata alle sue mani strette sulle coperte
per capire che si era sbagliata << Ti ho già detto che non ho sentito
niente e non so niente. Non so gestire quel tipo di potere e stanotte non ho
sognato niente di diverso dal solito. Andiamo adesso >>
Non
era qualcosa che aveva scoperto che le stava nascondendo, ma qualcosa che
voleva continuare a tenere nascosto anche a sé stessa per non ripensarci e non
soffrire di nuovo. Doveva aver sognato solo dei ricordi, dannazione!
<<
Accidenti a te e ai tuoi sogni inutili! >> sbottò prima di alzarsi e
cominciare a proporle ogni possibile scenario di distruzione o disgrazia che
potessero dare un senso alla convocazione del re e la distraesse dai suoi
pensieri.
<<
E se avesse deciso di mettere a morte la
vecchia? >> chiese in un improvviso moto di speranza << Nora,
credi che il re potrebbe mandarla alla forca? >>
<<
Sinceramente: no. E adesso devo correre a origliare alla porta di Tarìc. Non mi
piacciono le sorprese, ci vediamo dopo >> annunciò la maga correndo via.
Erano
rimaste di nuovo sole. Loro due e l’alone di tristezza di Selyan. La spinse
fuori imprecando contro le alzatacce e gli avvertimenti confusi di una Dea che
non voleva, tirò la sua mano fino alla sala del trono ignorando le loro vecchie
compagne lungo il corridoio e bofonchiando qualunque cosa le passasse per la
testa per distrarla e la lasciò solo nella sala del trono ben lontana da Keira
e sua zia
<<
Sel, vuoi collaborare?! Andiamo! Ho bisogno di sapere cosa aspettarmi, non
posso morire di infarto quando il re annuncerà a tutte l’impiccagione della vecchia ciarlatana e non posso neanche
correre sul trono ad abbracciarlo per l’annuncio dell’esilio della perfida nipote >>
<<
Irmy, smettila! >> sbottò lei esasperata << Non può fare una cosa
del genere. Il massimo che può comunicarci, è che ha deciso di spedirci fuori
dal suo regno perché si è stancato di noi >>
Tipico
di Selyan, pensare sempre al peggio. Doveva necessariamente correggere la
blasfemia che aveva appena proposto << O si è stancato di sentire le
lamentele del suo parente a causa delle molestie di quella sanguisuga appiccicosa… Secondo te hanno già fatto qualcosa dalla
morale discutibile mentre facevano lezione? >>
<<
Smettila! >> le impose improvvisamente rossa in faccia.
Non
funzionavano le chiacchiere senza senso con lei, ma quelle imbarazzanti sì.
Irmelin sorrise e decise di insistere << Magari hanno deciso di
giustificarlo come lezione approfondita su- >>
<<
In nome della Dea, basta con queste volgarità! >> le urlò coprendole la
bocca con le mani.
<<
E tu smetti di urlare come una pazza >> insorse Elydet alle loro spalle
<< Sai che Irmelin non si rende conto di quello che dice quando parla di
Keira. Sembrate due stupide senza educazione >>
Avrebbe
volentieri, davvero volentieri, detto a quella che ormai era diventata una
compagna di stanza più che un’amica cosa ne pensava dei suoi improvvisi modi
altezzosi e scontrosi, ma aveva visto la porta delle stanze del re
socchiudersi. Il re stava per entrare ma qualcosa lo aveva trattenuto.
Perché
mai un re doveva tentennare dietro una porta?
<<
Ely, non credi di darti troppe arie ultimamente? >> chiese Selyan ingenua
come solo lei sapeva essere
<<
Cosa!? Solo perché vi ho detto di smetterla? >> urlò Elydet offesa.
Irmelin
aveva bisogno di riflettere e non avrebbe potuto farlo con quelle due che
discutevano, le conosceva troppo bene per sperare che si sarebbero zittite
durante il discorso del re << No, Ely, è come l'hai detto che ci ha dato
fastidio. Keira sarebbe stata più gentile. E, comunque, credo che stia
arrivando il re >>
Come previsto, la
piccola sbuffò convinta che lei avesse sbandierato di nuovo il suo nuovo potere
e Selyan si irrigidì in attesa di una disgrazia che non sapeva neanche immaginare,
ma che era sicura sarebbe arrivata.
Il
sovrano si sedette sul suo trono e gli altri nobili della corte presero posto
dietro di lui. Era una cosa formale e seria?
<<
Ho una cosa importante da comunicarvi >>
La
stanza cadde nel più assoluto silenzio. Nemmeno Dalia, dal fondo della stanza,
sembrava emettere un solo respiro. Lei sperò ardentemente che il re se la
prendesse comoda e la vecchia morisse
soffocata nell’attesa, ma sapeva che la Dea non avrebbe mai preso una bisbetica
del genere nel suo Regno
<<
Questa mattina è stata avvistata una nave identica alla vostra. Ne sapete
qualcosa? >>
Sentì
l’aria sparire dai suoi polmoni e i suoi muscoli farsi rigidi di colpo a quelle
parole. Che il re si fosse sbagliato?
<<
Vostra altezza… >> balbettò Dalia << se è vero quello che avete
detto, allora questo vuol dire che- >>
<<
Osi mettere in dubbio le parole del re? >> la interruppe prontamente il
nobile Neithel.
Per
quanto Irmelin apprezzasse vedere zittita la vecchia stupida, avrebbe picchiato il nobile che aveva interrotto
la conversazione per perdere tempo con precisazioni inutili. Voleva sapere
immediatamente di che nave parlavano!
<<
Non mi permetterei mai! >> chiarì Dalia alzando anche le mani in segno di
resa << Però, il sole potrebbe aver giocato un brutto scherzo alle vostre
vedette, o potrebbe essere una nave simile- >>
<<
È identica >> tagliò corto il sovrano << Chi c’è sopra? >>
<<
I nostri familiari più stretti, Maestà. Il tempio disponeva solo di due navi
risalenti ai tempi in cui le sacerdotesse erano molte di più e noi l'abbiamo
destinata ai nostri familiari in modo che le ragazze non restassero sole,
Altezza >>
<<
Bene. In questo caso, le lezioni saranno sospese e quelle di voi che hanno
altre occupazioni possono ritenersi libere di passare il loro tempo con la
propria famiglia. È comunque necessario che io valuti se la loro presenza possa
costituire una minaccia per la mia gente prima di assicurare a tutti una casa
nel mio regno >>
<<
Maestà, io- >>
<<
Non contraddirmi >> tuonò il re contro Dalia.
<<
Non oserei mai! >> pigolò lei sfoderando tutta la sua arte teatrale
<< Volevo solo esprimervi la gratitudine mia e delle mie allieve. Vi
siamo riconoscenti per quello che fate per noi, altezza. Grazie >>
<<
Lode a Dio per quello che vi ha concesso. Potete lasciare la sala e tornare
alle vostre occupazioni >>
Nella
sala si scatenò l’euforia. Tutte cominciarono a pigolare felici e abbracciarsi
entusiaste. Lei sentì un improvviso senso di buon umore e l’impressione che una
grossa preoccupazione che non ricordava di avere si
dissolvesse e la abbandonasse del tutto. I suoi stavano bene e li avrebbe visti
a breve. Non poteva crederci!
<<
Irmy, io credo di dover andare >> la avvertì Selyan.
Improvvisamente
le parole di Nora riecheggiarono nella sua testa: nessuno avrebbe avuto lezione
quel giorno a parte Selyan e il re aveva detto che il giorno successivo
sarebbero state “Libere di passare il
tempo con la propria famiglia”
Non libere e basta!
Maledetto imbecille di un nobile pomposo! C’era il suo zampino in quelle
parole, lo sapeva! Il re sapeva benissimo chi c’era su quella nave come lo
sapeva tutta la sua corte, le avevano convocate solo per mettere alla prova la
sincerità di quella bugiarda di Dalia e per osservare di persona le loro
reazioni e il Maledetto Pomposo… Lo
odiava con tutte le sue forze!
Doveva
essere stato lui a fermare il re prima che aprisse la porta e annunciasse a
tutte che erano libere dai loro impegni per essere sicuro che la stupida che
aveva relegato a fare il lavoro da schiavi non avesse la grazia di un giorno
libero!
<<
Ti hanno raggirata, dannazione! >> urlò contro Selyan prima di rendersi
conto di quello che faceva << Quel tiranno non ti lascerà libera neanche
domani! Scommetto che è stato lui a dire al re di farti lavorare, sta passando
il limite! >>
<<
A me va bene così, non preoccuparti >>
La
sua tranquilla alzata di spalle azzerò la sua furia in meno di un istante
lasciandola a bocca aperta. Era impazzita?!
<<
Tu domani resterai con noi! A mia madre prenderà un colpo se verrà a sapere che
i piani alti di questo posto ti odiano così tanto da non concederti un giorno
libero nemmeno per salutare la tua gente, lo capisci?! Sai che ha paura delle
cariche alte e della tua goffaggine?! Come credi che dovrei spiegarle che passi
le tue giornate in una squadra di lavoro dove ti fai male di continuo? E come
dovrei convincerla che hai ancora tutte le ossa al loro posto, sentiamo?! >>
Lei
rise a dispetto della sua rabbia << Troverò il modo di salutare i tuoi
prima che tua madre si preoccupi per me >> le assicurò.
<<
Tsk! Credi che io non sia preoccupata al pensiero di mandarti da sola domani?
Credi che Nora non resti a palazzo a spiare e spettegolare di tutti quelli che
scenderanno da quella nave? >>
<<
So cavarmela in quella squadra. Me la cavavo anche quando voi due non avevate
ancora preso parte ai lavori. Non preoccuparti >>
Selyan le baciò una
guancia e la salutò prima di correre alla sua dannata punizione giornaliera.
I suoi stavano bene,
la nave sarebbe approdata il giorno, eppure Irmelin aveva la netta convinzione
che avrebbe avuto una giornata felice, ma non tranquilla. Soprattutto quando si
era resa conto che Selyan, sparendo dalla sua vista, aveva fatto sparire anche
il senso di oppressione causato dalla visione. Per l’ennesima volta si trovò
costretta ad ammettere che sarebbe stato qualcosa legato a lei a farla
preoccupare il giorno successivo e il fatto che preferisse i lavori forzati al
rivedere la loro gente non era per niente un buon segno.
Non aveva chiuso
occhio tutta la notte. Sua madre stava arrivando!
Erano mesi che non
aveva sue notizie ed era fuori di sé per la gioia e per la preoccupazione.
E se non fosse stata
in salute?
Se le fosse successo
qualcosa durante il viaggio o prima della partenza?
Sua madre era pur
sempre la moglie del Grande Kerse e lei sapeva fin troppo bene cosa succedeva
alle mogli delle persone importanti cadute in guerra.
Dalia aveva fatto
imbarcare le sacerdotesse prima che l’isola fosse del tutto in mano al nemico.
Sua sorella disprezzava la Somma Sacerdotessa per la sua fuga, Irmelin la
odiava da sempre, ma cosa pensavano che avrebbero fatto i soldati una volta che
avessero avuto il pieno comando della loro terra?
Che ne avrebbero
fatto di una schiera di vergini chiuse in un tempio?
Quelle due erano
sempre state convinte di poter rovesciare un esercito solo con la loro forza di
volontà ma non avevano mai davvero fatto niente di utile per l’isola.
Kerse non aveva mai
avuto grande considerazione di sua moglie, certo, ma i nemici cosa potevano
saperne?
Se le avessero messo
le mani addosso per insultare ulteriormente la memoria di suo padre?
Non poteva pensarci.
Aveva
passato la notte in bianco a rigirarsi nel letto per il nervoso che le
provocava sentire le altre due che dormivano beatamente con Irmelin che russava
come un orso in letargo e sua sorella che sospirava anche nel sonno e all’alba
era schizzata giù dal letto.
<<
Volete svegliarvi?! >>
Irmelin aveva
mugolato qualcosa e Selyan, come sempre, aveva sospirato. Lei, dal canto suo,
aveva sbuffato e si era chiusa nel bagno.
Non sarebbe andata da
sua madre puzzolente o in disordine!
Però una volta preso
in mano il suo profumo si fermò a pensare.
E se sua madre fosse
stata in disordine e sporca?
Si sarebbe sentita
una mendica davanti a sua figlia o sarebbe stata felice di vedere che lei stava
bene?
Una
madre non poteva che essere felice di vedere una figlia scampata alla miseria,
ma lei non voleva farla sentire a disagio
<<
Ely, rischio di fare tardi >>
<<
Allora dovevi alzarti prima invece di poltrire! >> urlò contro sua
sorella.
Selyan era un’irresponsabile!
Sapeva
che doveva lavorare nella squadra di costruttori per ripagare il Divino dell’offesa che aveva arrecato al
suo collaboratore e continuava a fare tardi tutte le mattine. Sapeva anche che
lei doveva andare da sua madre ma se ne fregava e le chiedeva lo stesso di
avere la precedenza sul bagno!
<<
E a me scappa la pipì >> fece eco l’altra.
Elydet sospirò
pesantemente annoiata, infilò la tunica pulita, si mise il suo profumo e uscì a
spazzolarsi i capelli davanti allo specchio di camera. Tanto Irmelin era più
che in grado di intrecciare i propri senza specchio e i capelli di Selyan non
sapevano cosa fosse l’ordine. Dubitava anche che ricordassero com’era fatta una
spazzola visto che sua sorella aveva preso la pessima abitudine di snodarli
passandoci le dita e poi legarli con qualsiasi cosa avesse per le mani. Era
sicura di averla vista tenerli annodati con un rametto di legno una volta.
Non aveva ancora
capito come potesse andare avanti in quel modo né quanto tempo ancora servisse
a Selyan per capire che il suo disordine faceva sentire una stracciona anche
lei visto che era sua sorella.
Ogni volta che
incontrava il Divino Figlio del Sole,
prima di arrossire per la sua bellezza, pregava la Dea che non avesse
incontrato prima sua sorella.
Urlò un saluto
confuso e affrettato e si avviò correndo verso la sala del trono.
Non
ne poteva più di aspettare in camera.
<<
Buongiorno, Elydet >>
Si
pietrificò immediatamente. Quella voce aveva sempre il potere di bloccare il
suo cervello e farle avvampare il viso in un solo istante
<<
B-buongiorno, altezza, io… >>
<<
Ismene e Neithel stanno controllando che i vostri parenti non abbiano contratto
malattie infettive con le quali potrebbero contagiare il nostro regno, ma mi
hanno fatto sapere che tua madre sta bene. Devi solo avere ancora un po’ di
pazienza prima di riabbracciarla >>
Era
il Figlio della bontà e della gentilezza!
<<
Vi ringrazio infinitamente, mio re >>
Dea quanto le piaceva
usare quell’appellativo nei suo confronti! Magari fosse stato suo davvero….
E le piaceva da
impazzire anche quando lui la salutava con un semplice sorriso prima di
continuare per la sua strada. Era il Figlio
della perfezione e della bellezza.
Perché mai un re
avrebbe dovuto far attendere i suoi regali
impegni per parlare con una stupida sacerdotessa che incontrava lungo il suo regale cammino?
Che beneficio poteva
trarre un sovrano impegnato come lui nel risollevare il morale di una
straniera?
Elydet sospirò.
Non sapeva perché
fosse così gentile nei suoi confronti, non sapeva perché ogni sera
attraversasse il giardinodellafontana dove lei si fermava a riflettere e non sapeva neanche
perché continuava a far finta di non vedere il suo rossore ogni volta.
In cuor suo, Elydet
aveva la speranza di aver capito cosa lo spingesse a comportarsi in quel modo,
ma non voleva ammetterlo neanche a sé stessa. Non voleva rischiare di illudersi
di una cosa così grossa. Ne sarebbe uscita distrutta quando la triste realtà
avesse preso il sopravvento sui suoi sogni.
Una volta si era
concessa di andare con sua sorella e Irmelin in camera di Nora dopo cena. Una
sola, giusto per avere un’idea dei discorsi che facevano e per non passare da
maleducata con Nora visto che era stata lei in persona a invitarla.
L’aveva sentita dire
che se un uomo si finge gentile con una donna è solo perché ha un secondo fine
molto poco adatto a una sacerdotessa.
Lei aveva provato a
ribattere che solo i vili si comportavano in quel modo e Nora aveva ribattuto
che non conosceva un solo uomo della capitale, compresi tutti gli abitanti del
palazzo, che non si comportasse in quel modo.
Aveva smesso di
andarci e maltrattato sua sorella quando aveva provato a insistere.
Non aveva la minima
intenzione di partecipare a raduni cospiratori contro il re!
Meno
che mai a incontri che avevano il solo scopo di insultarlo.
<<
Buongiorno, Elydet >>
<<
Ciao, Keira >> la salutò tornando alla realtà
<<
Le altre sono ancora perse nei preparativi, io non sono riuscita a dormire >>
ammise la rossa passandosi una mano sugli occhi
<<
Neanche io, ero preoccupata per mia madre >>
La
rossa annuì stranamente più comprensiva del solito quella mattina << Loro
non sanno cosa vuol dire avere genitori importanti come i nostri. Tua madre non
era nobile come la mia, ma credo tu possa immaginare come mi sento. Che ne
sarebbe di me se fossi rimasta orfana? La nobiltà di questo posto non
prenderebbe mai in considerazione l’idea di sposarmi se non avessi dei genitori
e non ho certo intenzione di disonorare il mio buon nome sposando un contadino.
D’altra parte non potrei neanche portare avanti il lavoro di mia zia alla sua
morte perché la gente mi additerebbe come la
poverina che non voleva essere sposata da nessuno perché era rimasta orfana. La
parte degli orfani di buona famiglia è così infamante che riesce bene solo a
tua sorella >> commentò arricciando il naso.
Molte
delle cose che Keira diceva erano offensive, non c’erano dubbi, ma non era del
tutto sbagliato quello che le aveva appena detto. Le sue preoccupazioni non
erano infondate
<<
Il palazzo era protetto bene per quello che ne sapevo, se i tuoi erano lì
dentro- >>
Lei
la interruppe sbuffando << Oh, i soldati sono sempre stati più fedeli a
tuo padre e al suo stupido successore piuttosto che alla nobiltà. Su
quell’isola la situazione era talmente assurda che forse è un bene che qualcuno
abbia messo fine a quella follia. Non mi stupirei se venissi a sapere che le
nostre guardie hanno aperto i cancelli ai nemici condannandosi a morte solo per
sapere che la nostra nobiltà aveva fatto l’orribile fine che speravano. Siamo
sempre stati in mano a stupidi ribelli buoni solo a fare confusione. Tuo padre
addestrava i suoi soldati esattamente come educava tua sorella >>
Quello
era troppo! Si ritrovò a stringere i pugni e urlarle << Non ti permetto
di insultare mio padre! >> prima di riprendere contegno e allontanarsi da
lei di un paio di passi. Giusto per stare più tranquilla. Non aveva mai
picchiato nessuno, ma l’influenza delle sue compagne di stanza poteva essere
pericolosa se abbinata al nervoso che aveva addosso dal giorno prima.
Keira non aveva tutti
i torti, ma nessuno poteva insultare il Grande Kerse davanti a lei.
Non poteva farlo per
il fastidio che le dava sentir parlare male di suo padre e nemmeno per la
possibilità che la sentisse il re e la ritenesse appartenente a una stirpe di
ribelli inaffidabili.
E
comunque non voleva che una principessina altezzosa offendesse suo padre solo
per fare conversazione!
<<
Come vuoi… credevo tu fossi più intelligente di tua sorella >>
Per sua fortuna
arrivarono Wanda, Thanee e Pedry a distrarre Keira e lei fu isolata dalla
conversazione prima ancora di avere il tempo di ribattere e difendersi.
Suo padre non era uno
stupido!
E appena i servi del
re aprirono la porta, poté gioire anche nel constatare che sua madre era sana e
salva e per niente simile a una mendica.
Corse
ad abbracciarla.
<<
Mamma! >>
Sua
madre ricambiò la stretta e lei sentì un grosso peso scivolare dal cuore quando
si rese conto che non era affatto pelle e ossa come aveva immaginato nel buio
della sua notte insonne. Aveva avuto abbastanza cibo durante il viaggio da non
patire la fame
<< Possibile
che tu debba sempre essere spettinata? >> le chiese facendole notare che
un lungo ciuffo di capelli era sfuggito dalla sua acconciatura.
Se quello per lei era
essere spettinati, sua madre sarebbe
di sicuro inorridita alla vista di sua sorella, più di quanto non facesse
all’isola. Dea se era bello poter tornare a quelle stupide preoccupazioni!
Poté
concedersi anche un sorriso nel vedere quanto i capelli biondi di sua madre
fossero ormai costellati da fili argentei che, sapeva, detestava vedersi in
testa.
<<
Il re è stato così gentile da farci avere delle vesti adeguate al suo palazzo.
Credo si immaginasse una nave di straccioni. Voi siete arrivate in miseria, per
caso? >>
Quello
era il suo modo di chiederle se fosse vissuta di stenti durante il viaggio. Non
era cambiata per niente nonostante quello che aveva appena passato e lei era
assurdamente felice che fosse così.
<<
Dalia si è presa buona cura di noi, mamma, non ci ha fatto mancare nulla. Il re
si è comportato così con voi perché è una persona gentile e premurosa >>
<<
Mia figlia è innamorata del re di questo posto per caso? >>
Arrossì
balbettando qualcosa che neanche lei sapeva cosa fosse. Aveva dimenticato che
sua madre riusciva sempre a capire quello che pensava solo guardandola
<<
Prima mi ha cercato per dirmi che stavi bene e che potevo smettere di
preoccuparmi, non lo ha fatto per nessun’altra >> le spiegò come se
dovesse scusarsi della sua cotta prima di cambiare discorso << Raccontami
del viaggio >>
<<
Non in mezzo a questa confusione, Ely. Ne ho abbastanza di queste persone che
non fanno che piangere e lamentarsi, tesoro. Usciamo da qui >>
Sua
madre la condusse all’aperto con un braccio intorno alla vita. Era appena
arrivata e già sapeva muoversi senza problemi nei corridoi in cui sua sorella
continuava ancora a perdersi.
<<
Hai avuto occasione di parlare da sola con il re? >> le chiese diretta
<<
Io… sì… >>
<<
Quante volte? >>
Era
una strana conversazione. Per sua sorella il fatto che lei parlasse da sola con
il re era da sempre motivo di litigi perché la accusava di essere inopportuna a
restare da sola con un uomo, sua madre invece sembrava seriamente interessata
alla sua risposta e non certo per sgridarla, la conosceva bene.
<<
Non… non saprei, mamma. A volte la sera esco e… e lui arriva, mi parla e poi va
via >>
<<
È lui a cercarti? >>
Quella
domanda le fece bruciare le guance all’istante << No! Passa solo per caso
e… insomma… >>
<<
I re non fanno niente per caso, Ely. Vieni con me >> ordinò trascinandola
dentro una stanza con due guardie alla porta.
Elydet restò a bocca
aperta quando scoprì che era a stanza usata come deposito temporaneo dei
bagagli dei nuovi arrivati. Sua madre le fece cenno di avvicinarsi e solo
allora notò il vecchio baule che era sempre stato in camera da letto dei suoi
genitori nella vecchia villa all’isola. Maleca le aveva sempre vietato di
aprirlo e solo in quel momento la sacerdotessa del fuoco pensò che
probabilmente, la moglie del generale degli eserciti aveva sempre tenuto un
bagaglio pronto per le emergenze. Sua madre non avrebbe mai smesso di stupirla!
Maleca
si guardò alle spalle e poi estrasse un piccolo involto di stoffe e richiuse il
coperchio ma non la serratura e si limitò solo a legare una corda che univa il
coperchio al cassone
<<
Mamma, hai dimenticato- >>
<<
Pochi altri hanno la serratura e tutti sanno che le serrature si chiudono per
proteggere le cose importanti. Nessuno frugherebbe mai in un baule di chi non
ha niente da proteggere. Lascialo così >>
Non
sarebbe mai stata alla sua altezza. E il suo stupore sarebbe aumentato a
dismisura se non fosse già stato ai livelli massimi quando lo scialle di sua
madre si aprì lasciando apparire delle costosissime pietre preziose ben
intagliate
<<
Queste le useremo per far tornare mia figlia alle sue vecchie ricchezze. Il re
si dichiarerà, fosse l’ultima promessa che ti faccio, Ely! >>
Gli stranieri erano
sbarcati e avevano incontrato le sacerdotesse di Dalia nella sala reale dei
ricevimenti e il re non aveva badato a regole o spese nel preparare la
colazione per tutti.
Per un Sommo
Sacerdote l’ospitalità era sacra e lui non aveva niente in contrario ad ospitare
degli sventurati in fuga da una guerra finita male, il suo problema era
ospitare persone che, come la vecchia
e le sue ragazze, avrebbero approfittato di loro senza la minima riconoscenza nei
loro confronti.
Dalia si sentiva
esattamente a casa al palazzo e i nuovi arrivati non avrebbero esitato a fare lo
stesso.
Neithel aveva
anticipato la partenza con la squadra per evitare di sentire la confusione e i
festeggiamenti che sicuramente avrebbero fatto.
Quella gente sembrava
non fare altro che festeggiare, qualsiasi cosa succedesse.
Erano sfollati in un
paese sconosciuto e festeggiavano perché erano stati accolti, erano una massa
di incapaci che elemosinavano insegnamenti da sconosciuti per dominare un
potere che avevano da millenni e, invece di piangere la loro vergogna,
festeggiavano per l’aiuto trovato.
Erano assurde le
sacerdotesse, era assurda la donna che le guidava e sarebbero stati ancora più
assurdi i parenti, lo sapeva.
Ma il re aveva deciso
che li avrebbero ospitati per lo stesso periodo che avevano concesso all’Ordine
della Dea e lui non si era opposto.
Aveva dato loro il
benvenuto nella loro terra a nome del loro Dio, aveva radunato gli uomini per
la squadra e aveva aspettato che la
straniera combina guai facesse i suoi comodi salutando e abbracciando
parenti non suoi pur di perdere tempo e fare tardi come ogni mattina.
Non aveva avuto
voglia di sgridarla e sorbirsi i suoi sbuffi annoiati o le sue lamentele con
tanto di piagnistei al seguito su quanto le mancasse la sua terra e
stupidaggini varie.
Se non aveva parenti,
non aveva neanche un buon motivo per ritirarsi dai suoi doveri.
Come previsto, gli
uomini non facevano che parlare dei nuovi arrivati e chi non si lamentava
perché non approvava, si perdeva a inventare le probabili parenti delle
sacerdotesse.
Ormai era cosa
risaputa che Dalia era una stupida che credeva di avere al seguito una schiera
di vergini mentre in realtà aveva una schiera di ragazzette dalla dubbia
morale.
Le
più sensate dispensavano i loro favori agli uomini nella speranza che le
prendessero in moglie e le portassero via dall’ordine. Così, oltre a non
lavorare per ripagare il favore che Tarìc stava facendo alla loro gente, non
avrebbero più neanche studiato e sarebbero vissute a spese dei loro uomini per
il resto dei loro giorni.
<<
Mio signore, Amhal si è ferito a una mano e il Potente Garlem mi ha detto di
cercare voi >>
<<
Dov’è? >>
<<
Al secondo piano di quella casa ma state attento: è pericolante >>
Come se fosse una
novità. Se quelle case fossero state in buone condizioni, loro non avrebbero
certo perso tempo e soldi a risistemarle. Non rispose all’uomo e entrò nella
casa.
Era davvero
malconcia, dannazione!
Il
tetto del piano superiore doveva essere crollato e l’acqua piovana aveva fatto
marcire il legno delle travi interne. Non era per niente messa bene.
<<
Tu >> ordinò a quello che aveva in mano i progetti dei lavori per
risistemarla << Perché non hai ordinato la demolizione? >>
<<
Il nobile Olen mi ha ordinato di salvare tutti gli edifici che possono essere
salvati, mio signore, per non eccedere con le spese. Questa casa non è messa
bene, è vero, ma le travi principali sono ancora in buono stato. Entro sera
sarà risistemata >>
Non
era d’accordo, ma erano affari loro. Quello che invece sarebbe stato a breve un
affare suo era la discussione che sentiva arrivare dal piano di sopra.
<<
Soldato, smetti di fare lo stupido! Vuoi perdere la vita forse? >>
<<
Ti ho detto che ho una famiglia da mantenere e la mano mi serve! Chiama la ragazza straniera se il tuo Signore
non può venire! >>
<<
Volete smetterla di comportarvi da idioti? >> tuonò appena li raggiunse.
Garlem,
si inchinò prontamente al suo arrivo << Mio Signore, io- >>
<<
Piantala con le riverenze inutili, che è successo? >> chiese guardando
l’uomo seduto a terra
<<
Quest’uomo non vuole capire che ormai la sua mano è- >>
<<
La mia mano non è persa! >> urlò il soldato con la mano stretta al petto
Garlem
non era uno stupido, ma odiava i rischi e preferiva tagliare piuttosto che
veder morire di infezione qualcuno che aveva curato.
<<
Garlem, vai a fare qualcos’altro, ci penso io >>
<<
Sì, Signore >> mormorò lui inchinandosi mortificato.
L’uomo
non si arrese neanche davanti a lui. Per la ferita che aveva, gli erano rimaste
anche troppe forze per litigare
<<
Devo mantenere la mia famiglia >> lo avvertì credendo di apparire
minaccioso
<<
Meriteresti di restare così per la scarsa fede che hai nel tuo Dio >>
<<
Ho fede nel Dio ma- >>
Neithel
alzò gli occhi al cielo e lo interruppe prima che potesse dire qualcosa in
grado di fargli saltare definitivamente la pazienza e convincerlo lasciarlo
così << Se non hai fede nei suoi servi non hai fede neanche in Lui. Ti ho
sentito dire che avresti preferito finire in mano alle straniere, serve di una
Dea sconosciuta, vendi la tua anima al migliore offerente dunque? >>
<<
Non era mia intenzione offendere voi, i vostri sacerdoti o il Potente Dio, mio
signore, ma ho una famiglia da mantenere e, se per sfamare i miei figli un
giorno dovessi vendere la mia anima a qualche Dio degli inferi, non mi tirerei
indietro. Lode a Dio che mi ha concesso la Grazia di farvi essere qui adesso >>
Poteva accontentarsi.
Cominciò a guarire la sua mano con il potere dei Bracciali reali e maledisse
Garlem per averlo messo nella situazione di non poterlo convincere che quella
mano non poteva essere guarita.
Avrebbe dovuto
sprecare tempo e energie per un esercito per la mano di un solo uomo.
Pazienza.
Almeno
lassù erano solo in sei e sembravano impegnati a lavorare seriamente piuttosto
che a ciarlare di cose inutili perdendo tempo.
<<
Chi è Amhal? >> chiese una voce fin troppo odiosa alle sue spalle.
Chi
diamine si era permesso di andarla a chiamare?!
<<
Io, ragazza >> rispose l’uomo
che stava curando.
Non
diede tempo a nessuno dei due di andare avanti con quella follia << Cosa
ci fai qui?! >>
Lei
sembrò arretrare di un passo alla sua domanda, ma poi scosse la testa annoiata
e lui capì che un attimo prima non era indietreggiata per timore ma aveva solo
perso l’equilibrio come al suo solito rischiando di cadere dalle scale che
aveva appena salito << Mi hanno chiesto di portargli questo martello >>
Neithel non aveva mai
sentito una scusa peggiore di quella!
Era ovvio il motivo
per cui era lì: lo stupido con la mano a pezzi l’aveva fatta chiamare da
qualcuno mentre litigava con Garlem e lei se n’era infischiata del fatto che ci
fosse lui presente.
Lo
stupido di Tanet l’avrebbe pagata cara per averle fatto montare la testa in
quel modo e lei avrebbe pagato per la sua superbia
<<
Se tu non ci avessi messo così tanto non sarei in questo stato! >> la
accusò il soldato
<<
Sono corsa qui appena me lo hanno dato, mi dispiace >>
E
riecco le sue lamentele snervanti. Non poteva sopportarla << Vattene
adesso >> le ordinò secco.
Le
annuì e si avvicinò per posare a terra il martello accanto al proprietario
<<
Ha il manico curvo in quel modo perché sei mancino, vero? >>
<<
Ti ho detto di andartene, non di fare conversazione >> le ricordò
<< Vuoi sparire o devo farti trascinare a fare il tuo lavoro? >>
<<
Chiedo perdono, mio signore >>
Patetica!
La tenne d’occhio finché non raggiunse le scale maledicendo ad ogni suo passo
il momento in cui il re le aveva accettate nel loro regno. Non voleva altro che
vederla sparire fuori da quella casa.
<<
Ehi, Sel >>
Neithel
fulminò Kore con lo sguardo. Come si permetteva di darle una scusa per ignorare
il suo ordine?
<<
Mentre vai giù, porta questi fogli a Treab e digli che è uno stupido, che
questi progetti fanno schifo e che mia nonna cieca avrebbe fatto un disegno
migliore e avrebbe avuto un idea cento volte più sensata della sua per questo
tetto. Ne voglio uno nuovo entro un’ora >>
<<
Va bene >>
Lo stava ignorando di
nuovo e davanti ai suoi occhi. Si poteva essere più sfacciati di così?!
Le aveva ordinato di
scendere e lei aveva ignorato del tutto le scale per obbedire a Kore e passando
lui per stupido.
Questa l’avrebbe
pagata immediatamente!
Interruppe il potere
del suo bracciale, si alzò in piedi asciugandosi le mani a uno straccio e avrebbe
imprecato al rumore dell’uomo sul tetto che inciampava se ne avesse avuto il
tempo.
Neithel non riuscì a
credere ai suoi occhi quando vide più di mezzo soffitto crollare esattamente
sopra Kore, lei e gli altri uomini.
Non poteva crederci!
Di nuovo aveva
ordinato qualcosa alla ribelle sacerdotessa dell’acqua, di nuovo aveva
disobbedito con la disinvoltura che solo lei poteva avere nei confronti di un
ordine della corte reale e, prima che lui potesse arrabbiarsi, l’aveva vista
sparire sotto mezzo soffitto.
Dannata ragazza!
Ordinò agli uomini
rimasti di rimuovere immediatamente le macerie per liberare quelli che erano
rimasti sepolti pregando Dio che gli stupidi in preda all’agitazione non
perdessero la testa e peggiorassero la situazione di chi era lì sotto.
Non aveva la minima
intenzione di comunicare al re che c’erano stati dei morti nella squadra, né
tanto meno di dover discutere con la Vecchia
pazza perché una delle sue ragazze era morta quando il re aveva garantito
loro la degna protezione che si riserva a un’ospite.
Stupida ribelle!
Una volta tirata
fuori da lì le avrebbe fatto pagare anche quella. Se sperava di cavarsela
tirando le cuoia, si sbagliava di grosso: sarebbe uscita di lì viva e avrebbe
affrontato le conseguenze della sua disobbedienza.
Quello che era dato
sapere a uno dei membri reali era concesso anche agli altri.
In minore misura,
certo, era la pratica a fare la differenza, e Ismene era molto più brava con i
poteri della mente e delle visioni che con le arti curative, ma la nobile
sovrintendente della Casa delle Nascite della capitale, non era una novellina.
Il suo occhio esperto
in raggiri l’aveva spinta a recarsi al Tempio delle Guarigioni dopo la riunione
con il re quel pomeriggio.
I sacerdoti di
guardia alla porta si inchinavano al suo passaggio e i servi le chiedevano in
cosa potessero servirla. Non era lì per essere servita, era il suo servizio ad
essere necessario.
La sua esperienza di
Serva della Dea della Ragione la guidò a colpo sicuro verso l’ala riservata
alla protezione dei segreti e dei peccati inconfessabili, degni di essere
raccontati solo al Divino Protettore del benessere fisico e spirituale.
Oltrepassò
la pesante tenda che divideva l’ala dei rinnegati da quella delle persone
comuni
<<
Posso sapere perché non mi hai chiesto di guarirti? >> chiese al suo pari
intento a leggere i fogli sui quali i fedeli lasciavano le loro colpe sperando
che il Dio li perdonasse
<<
Non ho niente da chiederti >>
<<
Stai davvero cercando di imbrogliarmi? >> gli chiese scettica
<<
Credi che io sia una donnicciola lamentosa? >>
Ismene
sospirò afferrandogli il braccio che, sapeva, aveva qualcosa che non andava <<
In nome del Potente, smetti di farneticare >>
Il
Bracciale si attivò immediatamente facendo sparire il grosso livido viola dal
braccio che Neithel aveva nascosto tra le pieghe del mantello
<<
Adesso sei soddisfatta? >>
Preferì
non rispondere alla sua domanda, non era lì per fare chiacchiere inutili
<<
Non è colpa tua quello che è successo a quell’uomo >>
<<
Questo è ovvio. Non gli ho certo ordinato io di arrampicarsi su quel tetto
>>
Era
vero. Eppure Ismene continuava a pensare che, se fosse stata lei a capo delle
squadre quella mattina, i sensi di colpa l’avrebbero divorata.
<<
L’amico di Tanet ha giurato che, appena ne avrà l’occasione, si scolerà una
botte di vino per dimenticare lo spavento, le mogli degli altri tre sono corse
al mio tempio per ringraziare Dio di aver fatto tornare a casa i padri dei loro
figli e credevo di dover drogare la madre di Irmelin per calmarla quando ha
saputo quello che era successo. Non mi aspettavo una reazione così da- >>
<<
Sarebbe stata una seccatura snervante discutere con la vecchia se la stupida
fosse morta per la sua idiozia >> la interruppe lui lasciandola a bocca
aperta
<<
Neithel! Come puoi- >>
<<
Le avevo ordinato di levarsi dai piedi, non l’ha fatto e ha pagato le
conseguenze del suo gesto. Se quella donna tiene tanto a lei, dille che trovi
il modo di farla stare al suo posto o la prossima volta non mi limiterò a
metterla ai lavori forzati >>
<<
Non stai esagerando? >>
<<
E a te non sembra assurdo che quattro soldati che passano le loro giornate a
riparare case non si accorgano che una sta per crollare e continuino a
lavorarci come degli stupidi? >>
Ismene
non riusciva a credere che l’odio di Neithel verso quella ragazza lo avesse
portato a inventare cose così orribili sul suo conto.
Lei
aveva osservato Selyan, aveva usato il suo potere su di lei ed era certa che non
avesse cattive intenzioni, cosa gli faceva credere che fosse un’assassina?
<<
Stai dicendo che potrebbe essere stata lei? >> chiese per essere certa di
non aver capito male quello che Neithel intendeva dirle
<<
Sai se Nora l’ha informata della fine che fanno i sabotatori del regno che non
vengono accettati nel tempio del Dio? >>
<<
Credo lo abbia fatto Tanet >>
Fu
solo in quel momento che Ismene si rese conto di come veramente Neithel vedeva
Selyan: una disperata in cerca solo di torture per espiare le proprie colpe,
attenta solo ad accertarsi che le conseguenze dei suoi gesti non colpissero
altri che lei e spaventata solo dal fatto che tali conseguenze non sarebbero
state abbastanza pesanti. Aveva disobbedito a Dalia appena arrivate per essere
certa che il re avrebbe dato una casa alle sue sorelle, ma che qualcuno avrebbe
impedito a lei di gioire di quella nuova sistemazione; aveva trovato quello che
voleva nelle lezioni che prendeva da Neithel e, quando si era resa conto che
rischiava di essere fiera di sé stessa per i suoi progressi, aveva commesso il
peggiore dei crimini mettendo le mani sul suo bracciale sacro per essere certa
che lui la allontanasse e così via… fino ad arrivare a quella mattina. Ma non
era un’assassina.
<<
Andiamo, Neith, non avrebbe ucciso volontariamente qualcuno e non è stupida da
non capire che il rischio di morte era alto in quello che ha fatto >>
<<
Il re ha omesso una parte nel suo racconto oggi perché sa che Nora spia spesso
le riunioni: era pieno di schegge di ghiaccio sotto le travi, lei è
l’unica ad aver riportato ferite. L’uomo che è morto era sul tetto e quando è
crollato lui è volato a terra ed è morto per l’impatto >>
Perciò
adesso, invece dell’assassina, Selyan aveva la parte della salvezza per i
soldati coinvolti? Ismene non capiva e sapeva fin troppo bene che, se avesse
chiesto altri particolari, Neithel avrebbe trovato il modo di chiudere la
conversazione. Doveva farlo parlare << Il re che ne pensa? >>
<<
Pare che la Somma Sacerdotessa sia costretta a tagliare i ponti tra loro e le
loro pietre in caso di richiesta di matrimonio accettata dai parenti di
entrambi gli sposi. Può valere anche per lei >>
<<
Vuole mandarla via dalla capitale o soltanto dal palazzo? >>
Un tonfo al piano di
sopra distrasse Neithel dal risponderle. Ismene non aveva idea di cosa ci fosse
al piano di sopra, ma i rumori continuavano e avevano l’aria di non essere
niente di buono.
Seguì
Neithel nella sua corsa verso le scale e restò a bocca aperta quando trovò
Selyan in preda a una rabbia isterica senza controllo. Doveva essere legata al
letto prima che si svegliasse
<<
Perché l’hai legata? >>
<<
Cade di continuo >> fu la sua unica risposta mentre cercava di afferrarla
<< Vuoi fermarti?! >>
Neithel la prese per
la vita e lei afferrò il polso di lui e anche quello di Ismene. Se non era
pronta a trovare lei in quelle condizioni lo era ancora meno per quello che
successe un attimo dopo.
Il
colore chiaro delle tende della stanza del Tempio della Guarigione fu sostituito
improvvisamente da un pesante verde cupo e la stanza si era fatta di colpo più
scura, come se qualcuno avesse di proposito coperto la luce del sole ma senza
creare il buio totale chiudendo le imposte.
Ismene aveva la
sensazione di essere sdraiata in un letto sotto le coperte e capì che era una
visione offertale dalla Dea straniera. Se una Dea aveva qualcosa da farle
vedere, non sarebbe stata lei a fermarla
<< Avanti,
piccole, è l’ora di riposare adesso >> disse una voce dolce di donna.
<< Ma io non ci
riesco >> protestò la vocina della bimba di cui Ismene stava prendendo il
posto.
Doveva essere Selyan
diversi anni prima
<< Perché,
piccina? Hai poche coperte come al solito? >>
<< No, ma… non
ho voglia di dormire! Voglio correre fuori! >>
Una donna si sedette
sul suo letto e le spostò i capelli dal viso. Ismene notò gli occhi del colore
più strano che avesse mai visto. Ricordavano il miele dorato ed erano resi
ancora più visibili dagli scuri capelli neri che incorniciavano il viso della
giovane donna.
<< Bimba, sai
che, se non dormi, poi sarai troppo stanca per studiare questo pomeriggio. È
nostro dovere di sacerdotesse essere sempre al massimo della forza quando siamo
al tempio e voi, piccole pesti scalmanate, avete il vostro diritto di giocare
fino a stancarvi e di dormire prima di ricominciare >>
La donna le posò un
bacio sulla fronte << Se non vuoi dormire. Resta qui con gli occhi chiusi
e riposati >>
<< Tu dove vai?
>>
<< Io sarò sulla
mia poltrona a cucire e cantare per voi come sempre, piccola curiosona >>
<< Va bene
>>
Poi
un’altra vocina dal letto accanto protestò che voleva un bacio anche lei e la
donna sparì dalla sua visuale.
La
bimba nascose la testa sotto le coperte al buio, ma quello stato di agitazione
nelle ossa non si calmava.
La
donna di prima aveva cominciato a cantare una tranquilla ninnananna e lei si
era fermata ad ascoltare. Non aveva sonno, ma era piacevole stare lì al caldo
ad ascoltare quella canzone.
Poi i rumori al piano
di sotto interruppero la voce cristallina della loro balia
<< Cosa sta
succedendo, maestra? >> chiese una bimba
<< Non vi
muovete di qui >> rispose lei prima di uscire.
Uscirono
tutte dai loro lettini, non erano più di dieci valutò Ismene da quello che
riuscì a vedere e nessuna era rimasta al suo posto. Una era corsa fuori dalla
porta per seguire la sua maestra e le altre cercavano di fermarla perché
obbedisse. Selyan era rimasta ferma accanto al letto, poi una donna era
comparsa urlando di seguirla.
Le
urla al piano di sotto erano orribili. Si sentivano schianti e richieste di
aiuto e le bambine piangevano e correvano dietro alla donna che le stava
guidando proprio alla scala.
Stupida donna! Perché
portare le bambine in mezzo al delirio?
<< Non voglio
scendere, maestra! Cosa sono questi rumori? >> chiese una bambina da
qualche parte
<< Passeremo
dalla cucina, fate silenzio o ci sentiranno >> ma la porta che cercava di
aprire era chiusa dall’esterno e la sacerdotessa perse la testa. Sbatté una
mano sul legno per la frustrazione e la porta si aprì per mano di un soldato
con la spada coperta di sangue
<< Trovate
>> commentò lui.
Il panico si diffuse
tra le piccole che cominciarono a correre mentre lui e altri le acciuffavano
per i capelli o per le vesti tirandole nella sala del caos << Ecco le
piccole, capo! >>
Selyan
cercò di correre per le scale ma qualcuno la prese per la veste. Cominciò a
scalciare e mordere e urlare ma ne guadagnò solo uno schiaffo e una tirata di
capelli. I suoi pianti non servivano a niente.
Fu
trascinata anche lei nella sala delle urla e del sangue. L’odore era tremendo,
le urla anche peggio.
Lì tutti lottavano, le
vecchie sacerdotesse erano a terra, i soldati urlavano, lei chiuse gli occhi
per non guardare
<< Mettete giù
le bambine! >> urlò la donna che aveva cantato per loro fuori di sé dalla
rabbia
Selyan
cadde a terra con tutto il peso dell’uomo sopra, qualcuno doveva averlo colpito
e lui non si muoveva più. Si fece spazio per respirare e la vide: la grossa
tovaglia dell’altare proprio davanti a lei.
Era
così lunga da strusciare per terra da tutti e quattro i lati, lo sapeva. Le sue
amiche si nascondevano sempre lì sotto quando volevano fare i dispetti alla
Somma Sacerdotessa o per non mangiare le verdure cattive a pranzo. Doveva
nascondersi lì sotto.
Strisciò
veloce sotto la grossa tovaglia e si coprì le orecchie con le mani. Nessuno
l’avrebbe vista, doveva solo non sentire più quella confusione e la maestra
avrebbe risolto tutto, lei risolveva sempre tutto perché lei era potente e
forte. Doveva solo aspettare. Ma ci metteva troppo.
Alzò
un lembo della tovaglia per spiare e in mezzo alla confusione vide la maestra a
terra con due uomini che la tenevano e un uomo brutto che si avvicinava ridendo
e dicendo cose che lei non capiva, poi prese il vestito della maestra e lo
strappò. Lei urlava, ma perché non si difendeva?
Perché
non usava il suo potere? Lei era forte! Lei era davvero tanto forte! Perché
urlava?! I piedi di qualcuno si avvicinarono al suo viso e lei tornò al suo
nascondiglio. Alzò le mani per coprirsi la bocca per non farsi sentire, ma si
accorse che erano sporche di sangue e allora si coprì le orecchie di nuovo e
strinse gli occhi sperando e pregando che la maestra si liberasse e le
salvasse.
Dov’erano
le altre? Perché volevano farle dormire nel tempio? Lei non voleva dormire lì!
Le
maestre dicevano che era meglio dormire dopo pranzo ma lei voleva andare a
casa!
Lei
voleva sempre andare a casa da zio e zia. Perché l’avevano costretta a dormire
nel tempio?!
I
rumori si fecero più forti e lei si coprì la faccia anche con le ginocchia. Se
avessero alzato la tovaglia non avrebbe avuto scampo e sarebbe finita a terra
picchiata e derisa come la maestra.
Perché
l’avevano costretta a dormire?!
Non voleva piangere perché
l’avrebbero sentita, ma non riusciva più a trattenersi e forse le ginocchia
avrebbero soffocato i suoi singhiozzi o le urla fuori dalla tovaglia li
avrebbero coperti, non lo sapeva, voleva solo piangere. Qualcuno afferrò le sue
braccia da dietro di lei. Era colpa sua che era stata tanto stupida da
piangere!
<< Lasciami,
lasciami! Non voglio! Lasciami! >>
<< Sel, sono
papà, sono io, va tutto bene >>
Smise di lottare a
quelle parole ed era vero, era il viso di suo padre quello davanti ai suoi
occhi. Era sporco di sangue, era puzzolente anche lui e spaventato e piangeva,
ma era papà
<<
Io non volevo dormire! >> urlò arrabbiata
<< Tieni gli
occhi sulla mia spalla, ti porto a casa >>
Lei non obbedì a suo
padre. Vide un grosso mantello rosso steso a terra su quella che sapeva essere
la maestra buona, vide alcune delle sue amichette a terra con i volti esanimi e
coperti di sangue, i soldati cattivi morti, quelli agli ordini di suo padre che
ancora giravano per la sala controllando i corpi e una mano abbandonata a terra
senza un braccio attaccato. Urlò di nuovo e lui le posò una delle sue grandi
mani sugli occhi coprendoli
<< Andiamo a
casa, piccola >>
La visione svanì e Ismene vide Selyan seduta
sul letto a testa bassa e con il respiro pesante
<<
Selyan- >>
<<
Non si dorme nei templi >> la interruppe lei decisa.
Non
seppe darle torto.
<<
Ti accompagno al palazzo >>
<<
Ci penso io >> si intromise Neithel << La tua amica ti ha portato
una borsa con la tua roba. Cambiati e andiamo >> le ordinò prima di fare
cenno a lei di seguirlo fuori dalla stanza.
<<
Non ne sapevo niente. Perché nessuno ce lo ha raccontato? È orribile >>
<<
Vuoi un fazzoletto per piangere? >> chiese lui irrisorio
<<
Neithel! >>
<<
Che vuoi che ti dica? Il fatto che il suo tempio fosse governato da imbecilli non
giustifica la sua convinzione che tutti i templi al mondo siano incapaci di difendersi
da un manipolo di assassini >>
Di
nuovo, le contorte idee di Neithel la sorpresero << Hai pensato che
ritenesse anche il tuo tempio un posto governato da stupidi incapaci di chiudere
una porta e ti sei offeso? >>
<<
Non dire idiozie >>
<<
E allora perché vuoi riportarla a casa tu? Non vuoi dimostrarle che- >>
<<
Non voglio dimostrare niente a nessuno. Ha una costola rotta e sa la sua Dea
che altro. Se la mandassi con Garlem o qualcun altro, lo imbroglierebbe prima
ancora di arrivare al portone e dovremmo spiegare alla vecchia e alla soffocante famiglia della sua amica il motivo per
cui è morta in mezzo a una strada dopo che li ho sbattuti tutti fuori dal
tempio >>
<<
Perché non l’hai- >>
Ma
lui la interruppe di nuovo << Ismene, se la visione di quella pazza ti ha
sconvolto faresti meglio a tornare a casa anche tu. Perché credi che non
l’abbia rimessa a posto? >>
Evidentemente non ci
riusciva e non era mai stato in grado di accettare le sconfitte, né tanto meno
i limiti del suo potere. Selyan era comunque in buone mani e lei non aveva
altro da fare lì, poteva solo tornare al palazzo con la consapevolezza di aver
intuito un’altra delle capacità che la ragazza dell’acqua nascondeva a tutti
loro.
Quel senso di
inquietudine che non le aveva permesso di dormire non era solo la noia di una
bimbetta di quattro o cinque anni, era il chiaro avvertimento della sua Dea di
alzarsi da quel letto e correre finché le sue gambe ne avessero avuto la forza.
Nora aveva detto che
Selyan non capiva le visioni che riceveva dalla sua Dea, lei non capiva come
potesse essere possibile che una bambina così piccola avesse delle visioni.
Sapeva che il potere
magico si sviluppava con l’età nella loro gente e aveva sentito che era così
anche per le straniere, perché una bambina così piccola aveva avuto una visione
così chiara?
Doveva essere molto
più forte di quello che credevano e il re forse aveva ragione a temerla.
Ismene sospirò di
nuovo quando aprì la porta dei suoi appartamenti privati nel palazzo reale.
Suo
marito era intento a scrivere qualcosa dietro al suo tavolo e lei si lasciò
andare su una poltrona
<<
Stai bene, cara? >> chiese lui premuroso lasciando cadere la sua piuma
<<
Olen, posso raccontarti un sogno orrendo? >>
<<
Non è questo il posto per i sogni >> le disse alzandosi e offrendole una
mano.
Lo
seguì in camera da letto e si sdraiò con lui. Le sue calde mani sulla schiena erano
confortanti
<<
Dimmi ciò che non può essere detto a nessun altro che a te stessa >> le
sussurrò accarezzandola
<<
Ho ancora il dubbio di offendere il nostro Dio, sai? >>
<<
Per la miliardesima volta, mia Signora della Ragione ma pur sempre cocciuta
come tutte le donne: Dio ci ha unito in matrimonio per farci essere una cosa
sola. Io sono parte di te e tu sei parte di me. Solo un pazzo non sa cosa fanno
le sue mani o dove vanno i suoi piedi, perciò io che sono parte di te non posso
non sapere cosa fai o cosa vedi. Dio non ha motivo di offendersi. I tuoi occhi
sono i miei occhi, la tua mente è la mia mente e la mia bocca è la tua bocca.
Mantengo i tuoi segreti e lo sai >>
<<
I miei occhi sono tuoi, la mia mente è tua ma solo la tua bocca è mia? >>
<<
Il mio cuore e la mia vita ti appartengono da molto prima che ci sposassimo.
Racconta adesso >>
<<
Credo che Neithel abbia cercato di imbrogliarmi per far apparire Selyan pazza
al punto di doverla allontanare dalla capitale >>
Lui
annuì come se avesse capito che era una questione seria, ma sapeva che era il
modo di suo marito di prenderla in giro
<<
Permettimi di farti una domanda, vita mia: dov’è Neithel adesso? >>
<<
Mi ha detto che l’avrebbe accompagnata a casa perché non stava bene e non
poteva guarirla a dovere >> rispose confusa
Olen
ridacchiò divertito << Come immaginavo. Lascialo perdere, Ismene, il
figlio di tuo cugino deve ancora mettersi d’accordo con sé stesso per decidere
cosa perdonarle e cosa no. Non la manderà mai da nessuna parte. Dalia potrebbe
essere accusata di aver portato nel regno delle stupide addestrate per
distruggerci e invece è la migliore scusa da sempre per non perdere di vista la
buona salute di quella ragazza. Lascia stare, amore, queste cose esulano
dall’addestramento di una Somma Sacerdotessa esperta nell’uso del Potere di Dio
>>
<<
Stai bestemmiando? >>
<<
No, ti sto dicendo che non serve il tuo immenso potere per capire cosa passa
per la testa di quei due pazzi. Se il figlio di tuo cugino riuscisse a
perdonare lei, dovrebbe a maggior ragione perdonare sé stesso, perciò non le da
pace. Eppure è pur sempre un Sommo Sacerdote tuo pari, perciò a volte
rinsavisce e si rende conto che prendersela con lei non serve a niente e credo
che dopo si arrabbi con lei perché è più inutile di quello che credeva. Lasciali
perdere. Selyan non gli ha ancora messo le mani addosso e si sfoga con Nora e
Tanet che non aspettano altro che un suo sbuffo annoiato per divertirsi a
prenderlo in giro. Ora vuoi spiegarmi perché continui a guardare le tende?
>>
Adorava l’attenzione
che Olen aveva per lei. Il loro era stato un matrimonio combinato dai loro
genitori, ma non avrebbe mai saputo scegliere un uomo migliore per sé stessa.
Neanche se avesse passato una vita a cercarlo. Non le aveva mai fatto mancare
nulla, meno che mai le sue attenzioni o il suo sostegno. Ismene sospirò e
raccontò la visione della Dea di quel giorno.
Il silenzio che prese
a regnare un attimo dopo nella loro stanza la incuriosì e fece leva sul petto
del marito per alzarsi e guardarlo negli occhi. Non voleva turbarlo con quel
racconto.
<<
Sai, tesoro, conosco un mercante che ha delle stoffe che vanno a ruba per i
loro colori accesi. A te piace il viola, giusto? Domani le farò avere alle
nostre serve, per stanotte dormiamo senza >>
<<
Ma caro, non è così importante >>
<<
Per te che sei la Signora della Ragione, forse. Io sono un misero contabile e
pretendo di sapere che sono in camera mia quando non riesco a dormire! Non
voglio tende verdi in camera mia >>
Non aveva la minima
idea di dove si trovasse in quel momento, sapeva solo di avere un pesante mal
di testa e non avere la sua pietra al polso. O almeno credeva di non averla visto che non riusciva ad attivarla e neanche
ad aprire gli occhi per controllare. Dannazione!
L’ultima mattina che
ricordava era quella in cui erano arrivati i parenti delle sue compagne.
Forse poteva partire
da lì e cercare di ricostruire il resto.
Ricordava che Irmelin
l’aveva afferrata per un polso e trascinata fuori dalla camera correndo.
Le loro compagne nei
corridoi correvano nel modo raffinato delle nobili che riescono a mantenere
intatta la pettinatura, loro le avevano superate tutte e fregandosene delle
buone maniere e delle loro proteste. Avevano varcato la porta della sala del
trono finendo in mezzo a persone e facce che sapevano di casa e sentendo voci e
parole che Selyan si era forzata a dimenticare.
Irmelin
si era buttata letteralmente tra le braccia di entrambi i genitori con gli occhi lucidi e lei si era sentita
fuori posto come mai in vita sua prima che Patrina la attirasse a sé e le baciasse
le guance stringendola come aveva fatto con sua figlia. Deneb aveva fatto
altrettanto appena la moglie l’aveva lasciata libera << Eravamo in
pensiero anche per te, sai? >>
Quelle
parole le avevano scaldato il cuore, ma non abbastanza da farle passare la voglia
di fuggire e di slacciarsi dalla stretta di Patrina che aveva continuato a
singhiozzare
<<
Oh, cielo, quanto ho sperato che arrivasse questo momento. Vi sognavo tutte le
notti e sospiravo tutto il giorno, credevo di impazzire! >>
Ricordava
anche la protesta di Irmelin a quello che doveva essere stato il cinquantesimo
bacio di sua madre << Mamma, basta adesso o mi si scioglierà la faccia!
>>
Selyan era stata felice
di vederli, ovviamente, ma l’ombra opprimente del desiderio di veder comparire
qualcun altro in mezzo a quella folla che, sapeva, non sarebbe mai tornato ad
abbracciarla, le aveva impedito di godersi gli abbracci e le aveva imposto di
correre via il prima possibile.
Era arrivata al campo
nell’esatto momento della partenza e si era persa di nuovo in una giornata di
lavoro intenso in una zona di danni ingenti alle strutture e case quasi rase al
suolo. Una di quelle giornate in cui i soldati non avevano tempo di parlare e,
se ne avevano, fingevano di non averne per non intristirsi a vicenda discutendo
della devastazione che il terremoto aveva portato al loro regno e della miseria
che rischiava di stroncare la gente più povera dei villaggi.
Forse era successo
qualcosa nella squadra?
Probabile…
Ricordava le battute
di Palis sulla lentezza degli uomini alle sue direttive, ricordava i racconti
di Merido sulla sorella e la voce di qualcuno che le ordinava di portare un
martello a qualcuno.
C’erano decine e
decine di martelli a disposizione dei soldati, ma aveva imparato che il suo compito
era quello di obbedire alle richieste senza protestare, perciò non si era opposta.
Ricordava bene anche
l’odore di marcio della casa in cui era entrata per svolgere il suo compito e
la cattiva sensazione che le aveva dato stare lì dentro.
Poi?
Forse era caduta
dalle scale? Eppure ricordava il piano superiore con il tetto quasi del tutto
crollato e ricordava… Lui! Il suo
tormento personale urlarle << Che diamine ci fai qui!? >> spaventandola
e facendole quasi perdere l’equilibrio a un passo dalla scala che aveva appena
salito.
Ma sapeva di non
essere caduta in quel momento perché ricordava anche la mano gonfia e malmessa
del soldato ferito ed era certa di essersi scusata con lui per qualcosa,
ricordava anche Kore che la chiamava dicendo qualcosa su sua nonna e… c’era
qualcosa che le sfuggiva proprio in quel punto.
Il ricordo vago di
qualcosa di inaspettato e assurdo come un fa core chiesto da qualcuno che non
doveva essere lì, ma perché?
Doveva sfidare il mal
di testa e ragionare. Kore le aveva dato dei fogli e poi… poi aveva urlato. Sì.
L’urlo di Kore arrivò chiaro nella sua testa insieme al ricordo di Brando sul
tetto che inciampava e cadeva insieme ai resti del soffitto. Ricordava anche il
dolore al polso che le aveva causato l’attivazione improvvisa della sua pietra
per proteggere Kore e sé stessa e poi il buio totale.
Dannazione!
Quello che non capiva
era perché non riusciva a muoversi. Forse aveva battuto la testa.
Probabile… la cosa
avrebbe spiegato anche il dolore sordo che sentiva dietro la nuca.
E lo strano odore che
sentiva cos’era?
Sembrava qualcosa di
dolciastro, lo aveva già sentito da qualche parte.
Forse era uno dei
profumi di sua sorella. Elydet doveva essersi coperta di profumo all’eccesso
per rendere fiera sua madre e tentare di attirare l’attenzione del re
esagerando più del solito.
Non capiva che troppo profumo rischiava di
avvelenare il sovrano esattamente come…
Qualcosa scattò nel
suo cervello e lei capì che non era colpa di Elydet quell’odore strano e che
doveva andare via subito. Strisciando se necessario!
Non era ferma per una
botta in testa, era ferma perché era legata e il maledetto odore era quello del
tempio del maledetto sbruffone che la metteva continuamente in punizione!
Cosa le aveva fatto? L’aveva
legata e bendata perché non combinasse altri guai?
Era pazzo?!
Cercò di divincolarsi
con tutte le sue forze, non c’era modo di muovere le mani, ma era riuscita ad
aprire gli occhi. Almeno non era bendata!
E la paura le aveva
schiarito il cervello. La sua pietra era su un tavolo poco lontano dal letto,
era più facile vedendo quello che aveva intorno. Poteva farcela, poteva usarla
anche a distanza se non c’era nessuno a sbraitare che era una cosa impossibile
e proibita.
Concentrò tutte le
sue forze in quel tentativo e la sua mano destra fu libera.
Non sarebbe ai
riuscita a liberare anche la seconda con la sua magia, ma poteva cercare
qualcosa che la aiutasse a tagliare la maledetta cinghia di cuoio che aveva
intorno al polso.
Sperava tanto che un
girono o l’altro avrebbe potuto stringere una cinghia come quella intorno al
collo di quel pazzo! Perché poi le aveva tolto la pietra dal braccio?!
Affari suoi. Se
voleva la guerra, avrebbe avuto la guerra. Spaccò la brocca con l’acqua che
c’era sul suo comodino e cominciò a tagliare la cinghia con uno dei cocci.
Era a un passo dalla
libertà quando la porta della stanza si spalancò lasciando entrare ilpazzo
con la Nobile Ismene al seguito. La donna la guardava come se fosse impazzita,
lui ormai era sicuro che lei fosse pazza sul serio e lei era stanca di essere
trattata da idiota.
Afferrò le loro mani
prima di rendersi conto che non aveva le forze per quello che voleva fare e
forse non era neanche il caso di farlo, ma ormai il suo cervello ragionava da
solo e lei attivò la sua pietra per passare a tutti e due la visione del motivo
per cui avrebbe strozzato a mani nude il presunto guaritore che legava la gente ai letti nel suo tempio.
Che
giudicassero loro se era pazza o no una persona che aveva visto l’assalto al
tempio di quando era bambina. Che capissero da soli cosa si provava nei suoi
panni!
<<
Selyan- >>
<<
Non si dorme nei templi >> affermò interrompendo la nobile Ismene
La
donna sembrava sconvolta e lei si era davvero stancata più di quanto credesse
possibile. Aveva anche cominciato a sentire una fitta all’addome che prima non
aveva notato ma che cominciava a pulsare sempre più forte
<<
La tua amica ti ha portato una borsa con la tua roba, cambiati e ti porto a
casa >>
Questa era la cosa
più simile a una richiesta di scuse da parte sua. Poteva accettare.
Il problema quando
chiusero la porta era solo cambiarsi.
Dea
se faceva male! Non riusciva nemmeno a muoversi adesso che la paura era
svanita.
<<
Sei pronta? >>
<<
Non ci riesco >> ammise sommersa dall’imbarazzo
<<
Così impari a comportarti come una pazza >>
<<
Non è colpa mia se mi avete legata come un animale al macello >>
<<
Cosa devo fare per insegnarti l’educazione, si può sapere? >>
Avrebbe
sospirato se non avesse fatto così male. Aveva ragione lui stavolta. Aveva
esagerato
<<
Scusate, io… >>
<<
Lascia stare >>
Per
qualche motivo la sua mano sul punto esatto che le faceva male la fece
sussultare. Non aveva premuto e non era per il dolore che si era spaventata.
Non capiva nemmeno lei quale fosse il motivo. Lui aveva semplicemente ignorato
la cosa.
<<
Rotta? >> chiese
<<
Non posso guarirla e non posso drogarti. Devi arrangiarti per oggi >>
<<
Posso farlo io >> tentò << Non posso farlo con la mia pietra ma
posso guarirmi usando voi >>
Lui
la guardava come la guardava sempre quando diceva una stupidaggine
<<
È più facile farlo che spiegarlo
>> sbuffò afferrando la sua mano e attivando la sua pietra.
In
meno di un minuto il dolore era sparito
<<
Non è guarita >>
<<
Non del tutto, ma va meglio. Grazie >>
<<
Non mi pare di aver fatto niente >>
Forse
quello era il suo modo di rispondere? Non lo avrebbe mai capito e non intendeva
farlo. Voleva solo andarsene da quel posto. Si infilò nel bagno, cambiò la
veste con quella che le aveva portato Irmelin con la velocità di un fulmine, ma
non senza lasciarsi sfuggire un lamento quando alzò le braccia e rifece la
treccia più velocemente di quanto Irmelin avrebbe mai fatto in vita sua. Poteva
ritenersi soddisfatta. Doveva solo uscire da quel posto.
<<
Posso andare da sola, grazie per esservi- >>
<<
Muoviti >>
Obbedì. Era il primo
degli ordini che sentiva da lui che non le dispiaceva ricevere. Se fosse caduta
in mezzo alla strada per la stanchezza, Irmelin l’avrebbe mangiata viva, sua
sorella si sarebbe arrabbiata per aver fatto avere una preoccupazione al re e
Patrina e Deneb, appena arrivati, avrebbero subito pensato che era riuscita a
mettersi nei guai anche in quella terra. Non aveva voglia di affrontarli tutti
insieme quando aveva ancora il suo potere al completo per non averlo usato
quasi tutto il giorno e una stanchezza addosso da farla dormire in piedi.
Si sentiva come se
avesse la forza di spaccare una montagna col suo potere purché le avessero dato
il permesso di farlo con gli occhi chiusi. Non si fidava molto di sé stessa.
Era colpa di quel
maledetto profumo assurdo? Le dava al cervello?
O era un effetto
normale e tutti lì dentro erano drogati?
Forse era per quello
che il Nobile Neithel era così cattivo…
Stava pensando delle
idiozie. Se ne rendeva conto da sola.
Esattamente come si
rendeva conto del fatto che non sarebbe riuscita a scendere le scale perché
giravano troppo. O era la sua testa a girare?
Non
poteva chiedere aiuto! Poteva farcela. Erano solo scale! Doveva solo mettere un
piede davanti all’altro e ce l’avrebbe fatta. Il mondo girava, ma sapeva che le
scale erano dritte
<<
Andiamo >> sbuffò il nobile offrendole la mano
Non poteva accettare
anche quello!
Nora
non l’avrebbe più guardata in faccia per giorni e lei non voleva accettare
l’aiuto di quel pazzo! L’aveva appena legata al letto, non poteva scordarlo, le
avrebbe sicuramente fatto pagare anche quello prima o poi
<<
Devo portarti giù di peso? >>
<<
No, grazie >>
Afferrò
la sua mano e si lasciò portare al piano di sotto. L’aria pulita dell’esterno
schiarì del tutto la sua mente annebbiata
<<
Perché drogate la gente lì dentro? >>
<<
Nessuno ha mai avuto problemi del genere. Se ti sei ubriacata a colazione non è
colpa mia >>
<<
Ma io non bevo vino! È quel posto che mi stordisce
>>
<<
Me ne ricorderò >>
Alzò
gli occhi al cielo grata al fatto che camminava mezzo passo avanti a lei e non
poteva vederla
<<
Gli altri stanno bene? >>
<<
Quello che era sul tetto è morto >>
<<
Brando? >>
<<
Non ne ho idea >>
<<
È inciampato e caduto, credo sia
stato lui a far cadere il- >>
Si era fermata
incapace di proseguire e di organizzare un discorso sensato.
Davanti
a lei, a pochi metri di distanza, una figura voltata di spalle indossava il
lungo mantello rosso dei generali con le inconfondibili spalline dorate. Non
era stato il fatto che avesse di fronte colui che aveva preso il posto di suo
padre a fermarla quanto il colore dei suoi capelli, la sua statura e la
assoluta certezza che somigliasse terribilmente a una persona che credeva di
non poter mai più rivedere in vita sua. Non osava chiamarlo. Si accorse di
tremare e arretrò involontariamente.
<<
Che ti prende adesso? >> non sapeva cosa rispondergli.
Aveva
un nodo al cervello che le impediva di pensare qualsiasi cosa che non fosse
cercare di ricordare un particolare che le dicesse che la persona davanti a lei
non poteva essere chi pensava
<<
Selyan? >>
A
sentir chiamare il suo nome l’uomo si voltò e le tolse ogni dubbio. Se prima
cercava di convincersi che era veramente lui, ora cercava il modo di
convincersi che non era solo un sogno come gli altri. Non poteva esserlo, era
troppo reale per essere un sogno e lui era troppo diverso da come lo sognava
per non essere vero. Non appena la vide le sorrise e il suo cuore perse diversi
battiti mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime. Era sicura che non
avrebbe mai più visto un sorriso sul suo viso, o come minimo, non rivolto a lei
e vedere che si era sbagliata era un'emozione che neanche lei sapeva spiegarsi.
Sentiva che il nobile Neithel accanto a lei era diventato improvvisamente
immobile. Non ne capì il motivo e non se ne preoccupò nemmeno
<<
Che fai? Non mi saluti? >>
Non
voleva corrergli incontro e scoprire che stava solo sognando. Non lo avrebbe
sopportato e non si mosse. Il ragazzo le si avvicinò e si presentò al nobile
sotto il suo sguardo stupito.
<<
Bene. Vi lascio soli allora >>
Adesso
era anche arrabbiato, ma c'era poco che potesse fare, non riusciva a staccare
gli occhi dal nuovo arrivato
<<
Domani sei libera come le altre. Passa stasera a farti controllare >>
Riuscì
a ringraziarlo chissà come senza smettere di fissare un solo secondo gli occhi
scuri del ragazzo di fronte a lei e il suo viso cambiato per il tempo trascorso
e abbronzato dal sole.
Lui
le sfiorò una guancia << Ehi, che ti prende? >>
Se
il suo sorriso le era sembrato impossibile, pensare di avere il suo affetto era
una cosa impensabile, eppure era così e sapeva bene che era sveglia. Cominciò a
singhiozzare e si buttò fra le sue braccia. Aveva ragione, non era un sogno
questa volta e non la odiava. Non sapeva come potesse essere possibile, ma la
forza del suo abbraccio le diceva che era tutto reale e che adesso non era più
così sola
<<
Xander >>
<<
Sì >> le rispose stringendola forte e affondando il viso nei suoi capelli
<< Scusa se ci ho messo tanto a farmi vedere, sono stato tutta la mattina
a parlare con il re. Non avrai pensato che ti avevo abbandonata? >>
<<
Oh, mamma, guarda! Quella è la torre da cui il Magnifico annuncia l’inizio della settimana! Ogni primo giorno
della settimana, all’alba, esce e benedice il suo popolo. Ci tiene davvero alla
sua gente, è… è così premuroso! >> disse Elydet sperando che le sue
emozioni contagiassero anche sua madre.
Maleca
era pensierosa. Non sembrava distratta, conosceva sua madre, sapeva che l’aveva
ascoltata, ma stava anche valutando la situazione. Forse la riteneva stupida
anche lei?
<<
Mamma? >>
<<
Ely, tesoro, questo re sarà probabilmente già promesso a qualcuno, non puoi far
vedere in giro quanto sei innamorata di lui. Capisco che alla tua età sia
normale avere una cotta, e tu sei stata intelligente ad innamorarti del re
piuttosto che di uno sguattero, ma… pensa questo: hai fatto vedere a tutti che
non hai occhi che per il re, quale nobile accetterebbe di sposare una donna che
fino al giorno precedente aveva occhi solo per un altro uomo? Avrebbe il dubbio
di essere deriso dai suoi pari e di essere etichettato come quello che ha sposato la donna innamorata
del re. Non va bene >>
Il
commento di sua madre aveva senso. Tutti i commenti di sua madre avevano senso.
Ma sua madre aveva dato per scontato che lei non sarebbe mai stata niente più
che un’ospite per il re. Elydet aveva sentito qualcosa andare in pezzi dentro
di lei. Non sapeva bene cosa fosse, era qualcosa in mezzo al petto, direttamente
collegato al suo respiro a giudicare da come l’aria intorno a lei si era fatta
pesante.
Lei non interessava al
re
Sospirò
sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e abbassando la testa. Non
voleva che sua madre vedesse i suoi occhi umidi.
<<
Re Tarìc mi ha detto che non ha intenzione di sposare una sconosciuta >>
tentò.
<<
Niente vieta al re di ospitare la ragazza che sposerà per un periodo prima
delle nozze >> la corresse Maleca.
Così
avrebbe dovuto vedere la futura moglie del Figlio
del Sole aggirarsi per i cortili del palazzo. Magari attorniata dalle sue
dame che ne proteggessero le virtù, con chissà quali ornamenti addosso e quale
bellezza sul viso perfetto. Era giusto così. Lei non aveva nessuna dama, solo
una sorella troppo presa a pensare al suo passato e a piangersi addosso e
un’amica che non era affatto credibile quanto a morale. Anche lei doveva
ammettere di aver compromesso non poco la sua posizione seguendo Irmelin a
spiare i soldati. Nessun uomo avrebbe mai provato interesse per una guardona,
figurarsi il re. Si era distrutta con le sue mani.
<< Mamma, io… è
colpa sua, vero? È colpa di quella stupida se non sono
abbastanza nobile per il re di questo posto! Tu sei nobile, tuo padre era
cugino del re, accidenti! Qui la gente pulisce per terra prima che passi il
cugino del re! Si uccidono per una sua parola perché ha sangue reale e noi?!
Noi siamo nobili, dannazione! Papà era la persona più importante all’isola dopo
il re eppure il Figlio di Dio non mi
guarda nemmeno per colpa di quella stupida di mia sorella e della poco di buono
della sua amica! Non è giusto! >> urlò scoppiando a piangere << Mi
ha portato via papà per tutta una vita e adesso anche lui, perché?! >>
chiese coprendosi il viso per la vergogna di piangere per strada.
<<
Ti avevo detto di non passare troppo tempo con loro. Hai sempre preferito
ascoltare quel… >> Maleca sospirò arrabbiata prima di ricominciare <<
Hai sempre preferito ascoltare tuo padre. Lui compariva una volta all’anno, ti
diceva una cosa e tu la facevi sperando di accaparrarti un po’ della sua stima.
L’ho sempre odiato per questo >>
Elydet si asciugò le
lacrime alla manica annuendo.
Sapeva quanto Maleca
aveva odiato il Grande Kerse. Tutti
ne parlavano come se fosse il migliore degli uomini, ma nessuno sapeva come si
comportava con la propria famiglia.
Vedevano tutti quanto
fosse gentile con la figlia che avrebbe potuto tranquillamente ignorare e
nessuno vedeva quanto ignorava la figlia che avrebbe dovuto crescere. E così
faceva sua figlia. Buttava la sua vita dietro ai morti e ignorava i vivi.
Non poteva sopportare
di avere quello stesso sangue nelle vene, e se fosse diventata anche lei
orribile come loro? Se un giorno avesse disprezzato anche lei i propri figli? O
il proprio marito?
Era orribile pensare
di non essere all’altezza dell’uomo che amava per una colpa che non aveva.
La Dea aveva deciso
di farla essere figlia di quell’uomo e sorella di quella pazza, la Dea l’aveva
mandata in quella terra e sempre la Dea aveva acceso nel suo cuore la fiamma
dell’amore.
Perché
la Dea non risolveva quella situazione allora?
<<
La madre di una tua compagna ha detto che pensava di fare un’offerta al Dio di
questo posto perché sua figlia trovasse un marito. Come funzionano queste cose?
>> chiese all’improvviso Maleca
<<
La madre di chi? >>
<<
Non è importante, Ely, non essere pettegola. Non mi ricordo chi sia quella donna,
non mi è mai importato. Quello che so dirti è che era convinta che questo Dio
accettasse quel tipo di offerte perché glielo aveva detto la figlia, è vero?
>>
<<
Io so solamente che il Dio protegge le famiglie, i bambini e la casa. È il Signore della ragione e della fedeltà e le donne
vanno nel Tempio della Famiglia a pregare quando i loro mariti sono in qualche
missione pericolosa >>
Sua
madre annuì più per quello che stava pensando che per quello chele aveva appena
detto Elydet e poi le spiegò << Perciò lo pregheremo perché mia figlia
abbia il marito che ama tanto e, se sarà un Dio giusto, ci ascolterà >>
<<
Altrimenti? >>
<<
Può una regina regnare senza la benedizione di un Dio? Se il Dio non ti aiuta
devi toglierti dalla testa il re, Ely, mi dispiace >>
Le parole di sua
madre erano taglienti, decise. Erano un colpo al cuore ma una fonte di speranza
al tempo stesso. C’era qualcosa che poteva fare, doveva solo fidarsi del Dio
che il Potente serviva.
Quale regina poteva
governare senza l’appoggio degli Dei del regno? Sua madre aveva ragione.
Il
suo cuore prese a battere più forte e l’eccitazione si impossessò di lei:
poteva fare qualcosa!
<<
Andiamo, mamma, il tempio è da questa parte, corri! >> gridò imboccando
la strada che le avrebbe portate alla collina del tempio della Nobile Ismene.
Perché
non le era mai venuto in mente prima? Sua madre era una benedizione.
<<
Comportati bene, Ely! Non puoi andare a chiedere a un Dio di darti il suo regno
senza dimostrargli di avere la giusta educazione! >>
<<
Hai ragione, perdonami, sono solo felice >> ammise lei sperando comunque
che la donna accelerasse il passo.
Maleca
la raggiunse accarezzandole una guancia << Lo so. E so anche che avevi
dimenticato come ci si sente quando si è felici >>
Non
poté fare a meno di abbracciare sua madre. Le era mancata da morire negli
ultimi mesi e solo in quel momento capiva quanto
<<
Questo piacerà al Dio del tuo re, ma credo che gli piacerà anche questo se
davvero accetta i doni >> disse lei tirando fuori dalla tasca un piccolo
oggetto nascosto da una stoffa rossa
<<
Cos’è? >>
Il
rosso era sempre stato il colore del generale all’isola, come l’oro era il
colore dei re. Cosa aveva in tasca sua madre?
<<
Il filo d’oro e pietre che le donne della mia famiglia portavano in testa nel
giorno del loro matrimonio. Offrilo al Dio, diventerà sua proprietà e potrai
indossarlo solo se diventerai la moglie del re >>
<<
Ma in caso contrario sarà perso, non puoi! >> le disse cercando di
ridarle il prezioso oggetto. Era nella famiglia di sua madre da secoli, tutte
le donne lo indossavano quando si sposavano e lo tenevano da parte per le
figlie. Era assurdo pensare di donarlo a un tempio per una sua speranza.
<<
Vai a chiedere un re, non un mendicante >>
Elydet
strinse tra le mani il prezioso pacchetto e sorrise a sua madre con il cuore
che scoppiava di gratitudine prima di dirigersi verso il tempio
<<
Ti ho detto di non correre! >> le urlò Maleca.
La
strada del tempio della Nobile Ismene non le era mai sembrata tanto breve.
Era passata una
settimana dallo sbarco dei suoi genitori e non sopportava più le ansie di sua
madre.
Patrina non era mai
stata una donna opprimente o ansiosa, ma adesso non c’era mattina in cui non le
chiedesse cosa avrebbe fatto nella giornata, pomeriggio in cui non le
domandasse ripetutamente se avesse mangiato abbastanza, o sera in cui non si
accertasse che non fosse troppo stanca.
La guerra aveva
cambiato tutti quelli che conosceva e sua madre non aveva fatto eccezione.
Il cervello di
Irmelin stava per andare in ebollizione.
Non era stato il suo
turno nelle squadre e si era dovuta sorbire la lezione della Nobile Ismene.
Era arrivata prima
dell’insegnate e di alcune sue compagne, era rimasta lì fino alla fine ed era
uscita dopo Elydet e qualche altra, ma non c’era il minimo ricordo delle parole
della donna nella sua testa.
Niente, il vuoto
assoluto e totale. Non poteva andare avanti così.
Non che le importasse
davvero delle lezioni che seguiva, ma non era sicura che non avrebbe
dimenticato qualcosa di più importante di lì a breve.
Doveva fare qualcosa.
Selyan aveva usato
l’ultimo dei giorni liberi che le restavano dopo l’incidente per passare un po’
di tempo con suo fratello, ovviamente dopo che le aveva giurato sulla tomba di
Kerse che non avrebbe alzato un dito e non si sarebbe stancata rischiando di
peggiorare la sua salute, Elydet era ancora in giro con sua madre e i suoi
genitori sarebbero tornati a breve.
Il re aveva concesso
alla loro gente un pezzo di terra e tutto il necessario per costruire delle
case in cui vivere e delle tende per ripararsi la notte durante la costruzione.
Era stato un gesto
molto generoso da parte sua, il vecchio e stupido re dell’isola non avrebbe
fatto altrettanto per un gruppo di stranieri senza casa. Al massimo li avrebbe
fatti gettare giù dalla scogliera più alta per fare loro dono di una morte
veloce e di una tomba nel Grande Mare.
Re Tarìc era un uomo
con la testa sulle spalle e un cuore nel petto, questo era certo.
La
sua corte aveva degli elementi discutibili, ma aveva i suoi buoni aiutanti.
Irmelin aveva giusto bisogno di una di loro per risollevarsi la giornata e
sapeva benissimo a quale porta bussare
<<
Nora, hai un minuto? >>
<<
Entra >> le urlò << Hai di nuovo saltato la lezione di Ismene? >>
L’amica
del re aveva fatto a meno dei servi come al solito per il suo enorme orgoglio e
si era arrampicata su uno scaffale per prendere qualcosa che, evidentemente, si
trovava sul ripiano più alto ed era rimasta lì: appesa con le mani alla mensola
più alta e un piede che cercava disperatamente di posarsi sulla mensola più
bassa senza risultati per la troppa distanza
<<
Ti serve aiuto per caso? >>
<<
No, posso farcela. Intanto raccontami tutto >>
Era
divertente guardarla, ma non sarebbe mai riuscita a scendere da sola e non
avrebbe mai ammesso di aver bisogno di lei. I nobili di quel posto avevano dei
seri problemi con l’egocentrismo.
<<
Dai, vieni qui >> le disse allungando le braccia verso di lei per
sorreggerla
Un
attimo dopo erano a terra entrambe tra le imprecazioni e i lamenti per la botta
<<
Ti credevo più leggera! >>
<<
Fortuna che non sei un uomo o mi sarei uccisa per lo schifo! >> rispose
lei ignorando del tutto la sua critica << Perché mi hai retto dal
didietro?! >>
<<
Cosa credevi che facessi, scusa? Volevi che ti afferrassi al volo? !>>
Nora
si affrettò a rialzarsi e correre a controllare lo scaffale << Si vede
niente? >>
<<
Di che tipo? >>
<<
Impronte di mani o piedi che Tanet potrebbe notare per ridere di me >>
<<
Non serve un’impronta per ridere di te >>
La
voce del nobile Neithel spaventò Irmelin e provocò la furia istantanea di Nora
<<
Cosa ci fai in camera mia?! >> urlò la maga squadrandolo malevola
<<
Ho sentito il tonfo >>
<<
Sei gentile, grazie >> disse la ragazza per niente riconoscente prima di
aggiungere, con tanto di mano agitata verso la porta << Non c’è bisogno
che ti preoccupi per me, puoi andare >>
<<
Non era per te che ero preoccupato. Volevo solo informarti che il re ha già
abbastanza da fare senza che tu gli dia la preoccupazione dei restauri nel
castello per colpa della tua goffaggine >>
Lei
socchiuse gli occhi con fare minaccioso. Irmelin era certa che non lo avrebbe
minimamente spaventato ma a lei non importava << Giuro sulla mia tomba
che ti pedinerò, Neithel, ti seguirò fino al giorno in cui inciamperai e riderò
finché Dio verrà a prendermi per portarmi nei Regni Eterni! >>
<<
Vuoi diventare immortale quindi? >> la sfidò lui
Nora
si scagliò contro il nobile senza il minimo ripensamento <>
Lo stava spingendo
con tutte le sue forze verso la porta quando qualcuno fece capolino dietro di
lui distruggendo il sorriso che quella scena aveva provocato sul viso di
Irmelin.
Selyan ovviamente non
si aspettava il nobile Neithel in camera di Nora ed era tornata indietro, ma
Irmelin lo aveva visto. La Dea le aveva fatto dono di due occhi troppo buoni
perché quello che la stupida aveva cercato di nascondere correndo prima da Nora
le passasse inosservato. Scattò veloce come mai in vita sua, aggirò Nora e il
nobile e le afferrò un braccio prima che raggiungesse le scale.
Selyan
era potente, ma, per sua fortuna, era più lenta di una lumaca quando correva
<<
Fermati! >> le ordinò strattonandola << Avevi giurato sulla memoria
di tuo padre, dannazione! Da quando sei una spergiura?! >>
Aveva
un grosso livido violaceo sulla fronte. Non era niente di grave per lei, ma non
sopportava di vederla coperta di lividi. Soprattutto in faccia.
<<
Non sono una spergiura! Ho sbattuto contro una porta! >>
<<
Non dire stupidaggini! >> le urlò irritata dalle sue stupide bugie
<<
La piantate di urlare nei corridoi?! >> si intromise il suo maledetto
responsabile.
Per
quanto lo odiasse, forse in quel momento poteva essere felice che fosse lì. Era
la giusta punizione per la sua amica che smise subito di lottare
<<
Irmy, calmati, ho solo sbattuto perché ero distratta >>
Cosa
doveva fare? Sbandierare i suoi dubbi così davanti a mezza corte reale? Forse
poteva fingere di crederle di nuovo sperando che il dubbio si insinuasse da
solo nei parenti del re. Forse era la cosa giusta. Ma non riuscì comunque a
frenare la rabbia e le urlò in faccia << Un giorno o l’altro ti troverò
morta per le tue distrazioni! Come hai fatto? >>
Lei
sospirò annoiata << Non lo so. Stavo entrando in una casa con Xander, mi
hanno chiamato, mi sono distratta e non ho visto la porta chiudersi >>
<<
Accidenti, Sel! Devono averla sbattuta per farti quel coso nero in fronte! >>
le disse Nora avvicinandosi << Come hanno fatto a non vederti? >>
<<
Nora, lascia stare, stupida com’è l’avrà chiusa da sola >> banalizzò il
nobile Neithel andandosene
<<
Tu prova a dire che ha ragione e io ti renderò irriconoscibile anche a tuo
fratello, chiaro?! >> impose Nora col dito alzato verso di lei per
minacciarla
<<
Non sono così idiota, è stato un incidente >>
<<
Chi è stato? >> insorse Irmelin andando al nocciolo del suo problema.
Lei
alzò le spalle e si liberò dalla sua stretta << Reno mi ha chiamato
all’improvviso e- >>
<<
Chi ti ha chiuso la porta in faccia? >> chiese ignorando il fatto che si
fosse fermata a parlare con il fratello della stupida di Wanda.
Lei
abbassò il viso e scosse la testa << Non lo so, non… Reno mi ha chiesto
se stessi bene e non ho pensato a cercare il colpevole, non era importante e
non volevo certo vendicarmi di un incidente >>
<<
E perché non lo ha fatto lui?! >> chiese Nora cadendo nel suo tranello di
stupida
<<
Perché non era niente di serio e gli incidenti capitano a tutti. Irmy, Dalia ha
fatto avvertire tutti che anticiperà la cena, ero venuta a cercarti per questo >>
<<
Non ho voglia di vederla anche stasera. Io ero qui per chiedere a Nora un
infuso di pazienza >>
<<
Non esiste o lo avrei prosciugato per sopportare quello stupido, egocentrico,
pomposo- >>
<<
Nora, calmati >> le impose Selyan e lei sbuffò arrabbiata << Lo
odio! Poteva guarirti e non l’ha fatto! Non fa il minimo sforzo per queste cose
e invece… Me la prenderò con Aaren prima o poi! È
colpa sua se esiste! >>
Selyan
rise della sua amica, ma il cervello di Irmelin lavorava a ritmo frenetico
contro la stanchezza degli ultimi giorni: Selyan con un livido nero che fingeva
di aver imparato a mentire e nascondeva qualcuno dietro la scusa di un incidente,
sua madre che era diventata impossibile da sopportare e non avrebbe mai reagito
bene a un livido di quella portata, suo padre taciturno da troppo tempo… non
poteva aggiungere anche Dalia alla lista, non lo avrebbe sopportato!
<<
Va bene, basta! >> urlò più per zittire il ronzio della sua testa che per
le altre due che forse neanche stavano parlando << Non intendo cenare con
quella zotica intenta a maledirmi il piatto! Nora, dove possiamo trovare una
cena decente? >>
<<
Posso chiedere a Tarìc se- >>
<<
No! >> la interruppe decisa << Mi libererei di Dalia per poi avere
davanti il tuo amico, no! Voglio una cena fuori da qui! >>
<<
Avresti anche me oltre a lui, sei scortese >> la avvertì Nora
<>
<<
Milo >> si intromise Selyan lasciandola a bocca aperta per lo stupore.
Perché sapeva i posti preferiti di Tanet?!
<<
Giusto! >> riprese Nora ignara della sua reazione << Ci va spesso
con i suoi amici perché dice che ha il vino migliore della capitale >>
<<
Non guardarmi così, Irmy. Ne parlano di continuo mentre lavorano >>
Ovvio. Lei era
costretta ad ascoltare i discorsi noiosi delle donne dei piatti sulla vita da sposate e sui bambini o, peggio
ancora, sul desiderio di avere un uomo accanto e una famiglia numerosa, e
Selyan ascoltava i discorsi degli uomini sulle taverne e sulle loro bravate.
La
ragazza che giocava con le spade e con le zappe, ma che si era sempre
comportata da perfetta fidanzata fedele e amorevole, quella che aveva vissuto
gli anni del tempio nella cerchia delle promesse in moglie e non aveva mai
deluso una sola delle vecchie acide che cercavano di istruirle alla cura della
casa, adesso viveva in mezzo ai più lascivi degli uomini parlando delle loro
cose come se fosse la più normale delle situazioni. Cosa diamine frullava per
la testa di quella zuccona?!
<<
Mangeremo lì >> sentenziò decisa << E tu verrai con noi >>
<<
Ma io- >>
<<
Preferisci Maleca e Dalia a mia madre e mio padre?! >> la interruppe
prima che potesse pigolare qualche scusa assurda che l’avrebbe convinta a
lasciarla in balia delle arpie
<<
No, vengo >> si affrettò a rispondere lei <>
<<
Lo tolgo io quello >> si offrì Nora << Non scherzavo quando ho
detto che Neithel non avrebbe fatto la minima fatica, vieni >>
<<
Perché non sei andata dalla nobile Ismene? >> le chiese Irmelin, giusto
per amore di curiosità
<<
Non volevo disturbarla >>
Bugiarda di nuovo. La
nobile le avrebbe chiesto sicuramente il colpevole e magari avrebbe insistito
con il Potere della Dea della Ragione fino a farla confessare.
Selyan era troppo
stupida per rendersi conto che non era difficile capire chi stesse proteggendo.
Tra tutte le persone sbarcate ultimamente nel regno del re Tarìc, ce n’era una
sola che avrebbe potuto farle del male intenzionalmente senza scatenare la sua
rabbia. Da nessun altro Selyan avrebbe accettato di farsi maltrattare senza
sbuffare né vendicarsi e Irmelin sapeva chi era.
Per quanto la cosa la
sorprendesse, era più che sicura che il colpevole era il maledetto idiota che
lei aveva odiato da quando aveva messo piede nel giardino ai piedi della
collina quindici anni prima.
Il giorno dei parenti, come lo aveva
definito Nora, quando i suoi avevano detto che Xander aveva preso il maledetto
mantello dei generali per diritto di famiglia, per poco non le era preso un
colpo.
Aveva urlato contro i
suoi genitori accusandoli di essere impazziti ed era corsa a cercare Elydet e
sua madre in cerca della prova della follia di Patrina e Deneb, ma Maleca aveva
confermato la loro versione: Xander era vivo e vegeto.
Aveva abbandonato il castello
correndo verso la zona dei lavori di quel giorno e aveva scoperto quello che
era successo a Selyan. Quel giorno aveva
seriamente rischiato di impazzire.
Tanet l’aveva
personalmente informata dell’accaduto, lei era corsa al tempio pronta a lottare
con il Sommo pomposo per poterla
vedere e invece l’aveva trovata abbracciata a Xander.
La stretta allo
stomaco che aveva sentito non l’avrebbe mai dimenticata, ne era certa.
La Dea era stata fin
troppo chiara nell’avvertimento nefasto.
Quella, per assurdo,
era stata la cosa che l’aveva sorpresa meno di tutte: Xander per lei era
portatore di strette allo stomaco da quando lo conosceva.
Aytha, la povera
donna che aveva cresciuto Selyan come una figlia, le aveva sempre assicurato
che Xander e Jonas erano gemelli e lei le aveva sempre chiesto se ne fosse
sicura, anche quando ormai era diventata grande e aveva capito quanto fosse
stupido chiedere a una donna se fosse sicura di aver messo al mondo due bambini
insieme.
Da bambina lo
chiedeva per ignoranza, da grande lo chiedeva per scetticismo.
Xander non aveva
niente che lo facesse assomigliare a suo fratello. Niente!
Se la vecchia
leggenda per cui due gemelli mentre crescono nel ventre di una stessa madre si
contendono le virtù, Jonas era stato scorretto con suo fratello prima di
nascere, dannazione!
Non gli aveva
lasciato nulla, nemmeno la più piccola buona qualità.
Aytha diceva sempre
che Xander era più furbo di Jonas, Lemno, suo marito, diceva che era più legato
alla famiglia e più ambizioso, Irmelin aveva sempre pensato che fosse solo uno
scontroso egoista.
Forse avrebbe fatto
strada alla corte di re Tarìc visto che era piena di maniaci di onnipotenza.
Irmelin aveva sempre
voluto bene a Jonas, ma non aveva mai sopportato quel gemello che, prima ancora
di chiederle come si chiamasse, il giorno in cui era arrivata all’isola le
disse che le straniere dovevano stare lontane dalla sua casa e dal suo
giardino. Gli aveva morso una mano quel giorno e ne era stata fiera tutta la
vita. Con il tempo aveva imparato a sopportarlo, a giocare con lui e passare
con lui come con gli altri i suoi pomeriggi al sole, ma non aveva mai
dimenticato né il suo insulto, né il morso che gli aveva dato.
E nemmeno lo schiaffo
che le era arrivato da Patrina un attimo dopo.
Avrebbe scommesso
altri dieci schiaffi come quello che era stato lui a farle quel livido e che
non lo aveva fatto per sbaglio.
Forse era stata la
sua vendetta perché Sel aveva detto che le faceva male la costola malmessa e
non poteva aiutarlo a costruire la sua nuova casa, forse perché stava parlando
con un altro uomo ignorando lui o forse, più semplicemente, per tutte e due le
cose.
Lei
lo avrebbe comunque minacciato di morte per sventramento appena lo avrebbe
visto.
<<
Stasera ceneremo anche noi a quella locanda, Sel. Non voglio vedere brutte
facce e non voglio mordermi la lingua ogni volta che mi viene in mente qualcosa
di divertente da raccontare ai miei per non farmi sentire dalle dirette
interessate. Ho bisogno di libertà >>
Lei annuì
semplicemente e baciò Nora su una guancia per congedarsi.
Era insolito per
Selyan che non baciava mai neanche lei o sua sorella, e Irmelin ringraziò il
Dio dell’amica del re per averla messa sulla loro strada.
Un’ora dopo Irmelin
dovette ringraziare mentalmente anche Tanet per avergli fatto dire davanti a
Selyan il nome della taverna con la migliore zuppa di verdure che avesse mai
mangiato.
Era semplicemente
perfetta! E il garzone li aveva sistemati in un perfetto tavolo all’esterno
della locanda, dove potevano parlare tranquillamente senza dover urlare per
sovrastare la confusione degli ubriachi. Anche Selyan aveva spazzolato il
piatto in meno tempo del solito.
Irmelin
era semplicemente orgogliosa della propria scelta quella sera.
<<
Sel, vuoi che ti faccia portare altro cibo? >> chiese Patrina quando la
vide addentare anche il pane
<<
No, grazie >>
<<
Sicura? Irmy mi ha detto che il tuo lavoro è molto duro, devi mangiare per tenerti
in forze >>
<<
Sono a posto, Patrina, grazie >>
<<
Mamma, lasciala stare, quando ha fame non la ferma nessuno, non preoccuparti >>
<<
Ma… forse non mangi perché stai ancora male? Vuoi che Deneb ti accompagni al
tempio dei guaritori di questo posto? >>
Irmelin
soffocò con l’acqua che stava bevendo prima di urlare << No! Quello
scorbutico di un nobile ha già abbastanza di cui lamentarsi di lei. Non la
porterete lì per farlo predicare una settimana intera su quanto sia imbranata e
incapace di gestire le conseguenze della sua stupidità! >>
<<
Irmelin! >> disse sua madre a bocca aperta per lo stupore.
<<
Hai appena sconvolto tua madre, vero, straniera
dei piatti? >> si intromise una voce alle loro spalle
<<
Ciao, Kore >> rispose Selyan improvvisamente sorridente << Niente
turno di guardia oggi? >>
<<
Oggi è il mio turno alle otri di vino, ragazza. Tu stai meglio? >> chiese
lui
<<
Certo! Domani torno con voi >> rispose orgogliosa
<<
Ci vediamo domani, allora. Quando uscirò di lì potrei non essere in grado di
riconoscerti >>
Irmelin
non riuscì a trattenere la curiosità, nemmeno davanti a sua madre << Cosa
festeggi? >>
<<
La donna di Treab è di nuovo incinta. Lui ha detto che ci avrebbe aspettato
dentro e non voglio tardare se voglio brindare con un uomo che riesca a tenere
dritto il bicchiere >>
Lei
annuì sorridendo e lui non perse altro tempo. Kore non tardava mai per bere
<<
Vi trattano tutti così? >> chiese Patrina dubbiosa
<<
Così come, mamma? >>
Dubitava
che sua madre avesse capito una sola parola di quello che aveva detto Kore
visto che non parlava la loro lingua.
<<
Come se… insomma… >>
<<
Sono nostri amici, Patrina >> la informò Selyan tranquilla
<<
Mamma, smetti di preoccuparti >> le disse alzando gli occhi al cielo per
poi aggiungere nella lingua straniera in modo che capisse solo Selyan << Non
capirà mai che qui non è come all’isola e, se due persone si salutano, la gente
non pensa subito che stanno insieme di nascosto >>
<<
No, Irmelin del vento, ma non dirò
davanti ai tuoi cosa pensa in realtà la nostra gente >>
<<
Nobile Tanet! >> urlò Selyan più imbarazzata che felice di vederlo
<< Kore è già dentro, immagino vi stai aspettando >>
<<
Mi stai cacciando, ragazza? >>
Lei arrossì ancora di
più mentre scuoteva la testa. Quello che sorprese Irmelin fu il comportamento
di Tanet. Il soldato si inchinò ai suoi genitori presentandosi nella perfetta
lingua dell’isola con il titolo di Sovrintendente
delle guardie reali in tempi di pace e capo dell’esercito in tempi dannati.
Quando aveva imparato
a parlare come loro? E perché diamine aveva fatto una cosa del genere? Irmelin
era così stupita che non capì neanche cosa disse a suo padre, né cosa rispose
lui.
Pregò la Dea e il Dio
stranieri che Selyan fosse stata attenta per una volta in vita sua perché non
avrebbe mai avuto il coraggio di chiederlo ai suoi. Sapeva che avrebbero
pensato che lei avesse un qualche interesse nei confronti di Tanet e si
sarebbero preoccupati. Non voleva che lo scoprissero, non voleva che nessuno lo
scoprisse. Il fatto che forse Selyan poteva ricordare che una volta lei aveva
detto che Tanet le sembrava interessante era già troppo!
Solo
quando l’uomo sparì poté tirare un sospiro di sollievo.
<<
Perché diamine parla come noi?! >> chiese isterica alla sua amica
<<
Come tieni sotto controllo venti sacerdotesse con poteri magici e una folle al
comando se non capisci cosa dicono mentre sono convinte di essere
incomprensibili? >> le disse lei alzando le spalle
Non
la guardava in faccia e tirava nervosamente la tovaglia. Irmelin esplose <<
L’hai aiutato tu?! >>
<<
In camera di Nora quando tu non venivi ma aveva già appreso le basi da mia sorella,
credo >>
Assurdo!
Era rimasta a letto solo tre o quattro volte, giusto quando la luna la faceva
stare troppo male per sopportare una serata di idiozie, e lei ne aveva
approfittato così?!
<<
Sembrano brave persone >> commentò sua madre alla sprovvista.
Patrina
era sempre stata il tipo di donna che non si faceva problemi a commentare gli
uomini e suo marito non si era mai offeso per quella sua abitudine perché
sapeva bene che lo faceva solo in sua presenza. Almeno quello di sua madre non
era cambiato
<<
Dillo quando usciranno da lì ubriachi fradici >> la corresse lei
arricciando il labbro sdegnata.
Selyan rise della sua
battuta, sua madre alzò gli occhi al cielo e suo padre non disse niente.
Deneb non poteva non
dire niente! Era assurdo!
Perché non stava
facendo una stupida battuta su quando era giovane e assaltava i barili di vino
dell’isola con i suoi amici? Perché non raccontava per la milionesima volta di
quando era piccolo nel regno di terra e aveva rubato il boccale di suo padre
facendo venire un colpo a sua madre per la vergogna di avere un bambino ubriaco
in casa che teneva svegli i vicini cantando a squarciagola?
Aveva raccontato
quella storia miliardi di volte e adesso stava zitto davanti a un commento su
due soldati che bevevano per festeggiare una moglie incinta?
Doveva capire cosa
c’era sotto così prese a parlare di Nora e delle serate che passavano con lei
solo per avere un argomento semplice da trattare mentre osservava suo padre con
più attenzione.
Lei parlava, Selyan
annuiva e aggiungeva dettagli, Patrina sorrideva felice di sentire che sua
figlia aveva avuto una vita tranquilla negli ultimi tempi e lui non la guardava
in faccia.
Non guardava in
faccia nessuna delle due veramente.
Che fosse preda di
quella stessa tristezza che attanagliava la sua amica?
Forse anche lui era
ancora scosso dal viaggio e dalla fuga dalle loro case?
Ma Patrina aveva
detto che non era andata male in nave e si erano fermati in molte città
diverse. Per loro era stato un viaggio così lungo che avevano avuto modo, se
non di dimenticare, almeno di calmarsi e imparare ad andare avanti. Perché per
lui non era stato così?
Cosa rimpiangeva suo
padre?
Certo, sapeva che gli
piaceva la vita all’isola e lui stesso aveva sempre detto che tra tanti posti
in cui si era trasferito, con i genitori mercanti prima e con la moglie poi,
l’isola era quella che preferiva.
Un uomo che non aveva
mai avuto fissa dimora poteva essersi attaccato tanto a una misera isoletta?
Poteva capire la
delusione di sentirsi finalmente a casa in un posto e poi vedersi allontanare,
ma non credeva sinceramente che fosse il caso di suo padre.
Aveva
un piano per capirlo, rischiava di distruggere due persone con un colpo solo,
ma doveva capire perciò decise di parlare
<<
Dalia ha convinto il re dicendo che un giorno saremmo tornate a casa >>
Come
previsto, Selyan smise di parlare, sospirò e abbassò gli occhi sul piatto
scuotendo la testa. Sapeva che sarebbe andata così come sapeva che sua madre
avrebbe alzato gli occhi al cielo sbuffando per la stupidità di quella donna e
mormorando preghiere ai vecchi Dei della terra dei suoi genitori piuttosto che
alla Dea dell’isola. Suo padre guardò Selyan come per studiare la sua reazione.
<<
Il re si fida di lei? >> chiese serio.
<<
Credo proprio di no >> rispose Irmelin << Il re non sembra affatto
stupido e la sua corte non è da meno. La Nobile Ismene non si pronuncia mai ma,
dopo tutte le lezioni che ho seguito con lei, ho imparato che quando non
approva qualcosa o qualcuno le si gonfia una vena sulla fronte >> disse
fiera di poter dimostrare a sua madre che seguiva con attenzione la donna dalla
quale doveva imparare << E ho notato che quando arriva Dalia- >>
<<
Spero non si gonfi anche quando parla con te >> la interruppe Patrina
provocando la sua ira
<<
La nobile Ismene è sempre perfettamente rilassata quando parla con me! >>
le urlò offesa.
<<
Tranne quando le porti i compiti da correggere >> si intromise Selyan.
<<
O quando qualcuno la informa che sei caduta >> la zittì lei
Patrina
aveva di nuovo la mano sulla fronte esasperata << Non cambierete mai. Tu
sarai sempre per terra e tu non riuscirai mai a farmi vantare con qualcuno di
avere una figlia studiosa >>
<>
<<
È molto peggio quella di Mina, fidati
>> la corresse di nuovo Selyan << Ho sentito un soldato chiedere a
Palis se fosse lecito fare un’offerta alla Dea e al Dio perché trattenessero le
loro mani dal donare un figlio a lui e quella che ha definito la straniera delle meraviglie >>
<<
E Dalia le lascia fare?! >> chiese Patrina con gli occhi quasi fuori
dalle orbite per lo stupore.
<<
Mamma, quando capirai che non ha nessun interesse verso il nostro ordine ma
cerca solo di ristabilire il benessere perduto della sua persona? Le basta
essere trattata con tutto il rispetto che richiede il suo titolo anche se non
si venera la sua Dea, avere tutto quello di cui necessita senza uno sforzo più
grande del parlare per chiederlo e far sposare sua nipote con qualcuno che le
assicuri una vita agiata finchè la Dea non deciderà
di liberarci della sua presenza. Quando siamo sbarcate ha annunciato a tutte
che l’avrebbe offerta al re, poi si è resa conto che il re non la guarda
nemmeno e lei è molto più interessata al Nobile
perfido e l’ha lasciata fare. Credo che passi le sue giornate a sgridarla
perché ci sta mettendo troppo a saltargli addosso e farsi sposare. Io comincio
anche a pensare che non si siano accorte che non gli piacciono le donne >>
Non
si aspettava che Selyan cominciasse a tossire per essersi quasi soffocata con
quello che stava mangiando. Le versò dell’acqua e stava per tirarle una poderosa
pacca sulla sua spalla prima che suo padre le ordinasse di fermarsi. Si era
dimenticata della sua costola appena tornata normale, dannazione << Non
sai più neanche mangiare adesso? >>
<<
Chi ti ha detto quella cosa? >>
<<
Nessuno, è ovvio! Era una stupidaggine. Credi che Nora passerebbe le sue serate
a sbraitare che prima o poi si ritroverà a scegliere se farsi sommergere
dall’onta di congratularsi con lui per qualcosa o gioire per la furia del
vecchio Aaren quando una sconosciuta si presenterà con un bimbo in braccio
dichiarandolo suo e lui non potrà giurare davanti al Dio della Verità che non
può essere vero? >>
<<
Ti piace quell’uomo, Selyan? >> chiese Patrina con interesse
<<
No! >> negò lei scuotendo la testa decisa
<<
Mamma, Sel lo odia. Ha solo il terrore di ridergli in faccia la prossima volta
che lo incontra >>
Sua padre non aveva
minimamente preso parte alla cosa.
Non si era indignato
quando avevano parlato del disonore delle loro compagne, non aveva commentato
la stupidità di Dalia ma era scattato quando Selyan si era quasi soffocata.
Suo
padre non era perso nel suo mondo, le ascoltava benissimo, stava solo nascondendo
qualcosa << Sputa il rospo, papà >>
<<
Irmy, io… >>
<<
Non farmi preoccupare, dannazione! Sono stata in ansia per mesi e adesso che
sei qui vuoi farmi morire? Cosa stai nascondendo? >>
Deneb
sospirò grattandosi la testa e sua madre si intromise << Lascialo in pace
per stasera >>
<<
Vorrei avere anche io la mia pace, mamma! >> sbottò lei << Non
trovi che io meriti un po’ di sonno tranquillo finalmente? >>
Irmelin
si preparò a ricevere una notizia che sapeva l’avrebbe sconvolta. Deneb non
esitava mai e se quella volta stava riflettendo prima di parlare, era qualcosa
di grave
<<
Non sei tu a doverti spaventare, figliola >>
<<
Cosa? >>
<<
Selyan io… ho fatto una cosa deprecabile. Non ti biasimerò se non vorrai
perdonarmi >>
<<
Che è successo? >> chiese lei già in ansia.
Perché
non era stata zitta? Perché non aveva ascoltato sua madre? Non voleva vederla
impazzire di nuovo eppure lei aveva già il fiato corto e gli occhi spalancati
per la paura. Dannazione!
<<
Papà! >> lo esortò sperando che almeno la facesse finita in fretta
<<
Prima di lasciare l’isola io… ho preso la spada di Kerse. So che l’avevi
lasciata sulla sua tomba, ma io e mia moglie siamo scappati nel bosco, non
avevo armi per le mani e… giuro che avevo la seria intenzione di portartela
appena vi avessimo raggiunte. Avrei voluto lasciarla al suo posto, ma volevo
difendere me e mia moglie per poter tornare a occuparci di voi e poi… io… l’ho
venduta >>
<<
Sei pazzo?! >> urlò Irmelin prima ancora di capire che stava urlando.
La
spada di Kerse era leggendaria, accidenti! Era la cosa più costosa dell’isola
dopo la corona del re e c’erano leggende infinite sulla spada dei generali
dell’isola. Aveva secoli di storia alle spalle, c’era chi giurava che al sua
lama avesse trafitto il cuore di un drago agli inizi della storia dell’isola e
chi diceva che era la spada che la Dea in persona aveva donato al generale che
avrebbe protetto la sua isola. Neanche Jonas, successore di Kerse nel ruolo di
generale, legittimo erede di quella spada si era mai permesso di toccarla dal
momento che il rito di passaggio richiedeva una settimana intera di benedizioni
ininterrotte nel Grande Tempio e suo padre non solo l’aveva impugnata, ma
l’aveva anche venduta! Deneb non aveva mai avuto grande fede nella Dea
dell’isola, Irmelin neanche, ma avrebbe sognato sicuramente le mani degli
inferi che si prendevano suo padre quella notte!
Poi
una voce tremula alla sua destra interruppe i suoi pensieri <> chiese Selyan
I
suoi genitori avrebbero dovuto essere grassi come vacche se avessero davvero
usato i soldi ricavati da quella spada per sfamarsi. Ma conosceva suo padre
piuttosto che offendere la memoria di Kerse sarebbe morto facendo morire di
stenti anche la moglie che amava più della sua vita.
<<
Ho ingaggiato un uomo perché si mettesse sulle tracce di mio figlio e gli
facesse sapere che stavamo bene. Non volevo che si mettesse in viaggio per
l’isola per cercarci e ci rimettesse la vita. Mi dispiace. L’ha accettata e ha
detto che avrebbe fatto quello che gli avevo chiesto ma non so… Mi dispiace,
Sel, ho venduto la spada di tuo padre per una speranza vana >>
Irmelin
sbatté le mani sul piano del tavolo facendo sussultare i bicchieri << Hai
venduto la spada di Kerse perché lo stupido di tuo figlio non ti scrive più da
anni! Se avesse avuto il giusto rispetto verso i genitori, invece di passare la
sua vita dietro al lusso e alla donna che ha scelto in cambio della sua
famiglia, non sarebbe stato necessario fare un affronto simile all’uomo che ha
buttato la sua vita per difendere la nostra con quella spada! Come ti è venuto
in mente, papà?! >>
<<
Forse il nobile Aaren può fare qualcosa per rintracciarla >> pigolò di
nuovo Selyan
<<
Sei impazzita anche tu?! >>
<<
Irmy, papà avrebbe fatto la stessa cosa per un figlio e, se fosse stato vivo,
si sarebbe anche tagliato una mano pur di aiutare tuo padre a rintracciare tuo
fratello Domian. Smetti di urlare inutilmente e aiutami a ragionare: il nobile
Aaren ha al suo comando il migliore esercito di spie del regno. Forse lui può far
trovare quella spada, ma come possiamo chiederglielo e come potremmo
riscattarla? >>
<<
Come sai queste cose?! >> chiese Patrina con le mani sul viso.
Giustamente
sua madre aveva rischiato di farsi cadere la mandibola per la sorpresa dopo la
stupida risposta di Selyan. Come poteva la sua amica dire ad una donna appena
uscita dal vagabondaggio causato dalla guerra nel suo paese che il regno in cui
era sbarcata aveva una rete di spie così importante come se non fosse qualcosa
di cui preoccuparsi?
<<
Gli uomini parlano mentre lavorano. Palis una volta ha preso in giro Merido dicendo
che era più informato delle spie del nobile Aaren e gli ho chiesto di cosa
stesse parlando. Solo per curiosità >>
Lei
sapeva che non era solo curiosità la sua, ma decise di lasciar perdere e prenderla
in giro << Quando capirai che in quelle squadre devi trovare un marito e
non un informatore? >>
<<
Marito?! >> chiese Patrina con gli occhi quasi fuori dalle orbite
<<
No! Mamma, era una battuta >>
<<
Trina, lasciale libere. Non puoi pretendere che non si innamorino mai perché
speri- >>
<<
Basta così, Deneb >> intimò Patrina alzandosi dal tavolo
Lui annuì seguendola,
ma Irmelin aveva capito. Sua madre sperava un giorno di poter andare a vivere
vicino a quel figlio che li aveva rifiutati, magari portandosi dietro anche
Selyan. Forse sperava che si sarebbero liberate di Dalia in un modo semplice,
come il vecchio compenso in oro per ripagare la Dea del furto di una
sacerdotessa con il benessere delle altre.
Magari nei suoi sogni
dorati avrebbero trovato tutte e due un marito nella stessa città dello stupido
di Domian e lei avrebbe fatto la nonna dei figli di tutti e tre davanti al
camino…
Sua madre aveva
davvero dei sogni bellissimi ed era bello che, nonostante fosse appena scesa
dalla nave infernale, avesse ancora
la certezza che il futuro potesse essere semplice e meraviglioso.
Lei sperava solo che
Dalia morisse o sparisse dalla sua vita portandosi dietro la sua orribile
nipote, che le oscene canzoni di Kore, Tanet e chissà chi altro si era ubriacato
con loro finissero e che nessuna delle persone che erano sedute a quel tavolo
riuscisse mai a scoprire che suo padre non era stato l’unico a lasciare l’isola
con le mani sporche di un crimine che non avrebbe mai potuto perdonarsi.
<<
Il popolo è scontento e tu accogli stranieri che cercheranno case e lavori che
non abbiamo per la nostra gente >> lo accusò Aaren sdegnato.
Quella discussione
andava avanti da quando gli avevano riferito di aver avvistato la nave dei
nuovi arrivati e lui non era ancora riuscito a trovare una soluzione
soddisfacente.
Aveva permesso agli
stranieri di entrare nel suo palazzo, fatto il possibile perché i suoi
sacerdoti si accertassero che non ci fosse il rischio di malattie contagiose e
raddoppiato le guardie nel castello.
Aveva dato
disposizioni perché fossero condotti in un campo vicino ai confini della
capitale, poco lontano dal tempio della Nascita, dove avrebbero costruito da
soli le case in cui vivere.
Non
poteva dare delle case fatte e finite a degli ospiti quando la sua stessa gente
aveva bisogno dell’aiuto delle squadre dei soldati per ricostruire le proprie.
Era tutto quello che poteva fare per compiacere il Dio Protettore dell’ospitalità.
<<
Non posso negare loro l’ospitalità che chiedono. Non mi sembra il caso di
offendere il nostro Dio, soprattutto in questo momento >> gli spiegò
cercando di farlo ragionare.
<<
Se volete la mia opinione, mio re >> si intromise Olen cauto << dovreste
utilizzare quest'occasione per le vostre nozze >>
Lo
stupore ebbe la meglio sul re << Cosa!? >> chiese senza curarsi di
mantenere un tono composto << Come posso pensare ad una cosa così inutile
adesso!? >>
<<
No, maestà, non è inutile >> lo corresse il Controllore delle Finanze
Reali << Così dimostrerete alla vostra gente che è al sicuro e non deve
temere altre sventure. Il popolo dopo gli ultimi eventi ha bisogno di
rilassarsi. La gente è stanca di vedere disgrazie e ha bisogno di una tregua in
cui essere felice e non pensare ai problemi. Quale evento può essere più lieto
delle nozze del sovrano? >>
<<
Ti sei dimenticato che stiamo ricostruendo la capitale e parte dei villaggi
vicini dopo quello che è successo?! >>
<<
No, altezza >> insistette Olen << ma impiegheremo meno tempo a
preparare le vostre nozze che a ricostruire il regno. Perdonatemi, ma credo che
possiate fare a meno del pieno splendore del vostro regno date le circostanze.
Mi sembra il modo migliore per far capire alla gente che può smetterla di avere
paura e agli altri re che non devono permettersi di pensare che siamo in
ginocchio>
Non
era lo stato della capitale che lo preoccupava, non ci aveva neanche pensato <<
Cosa dovremo raccontare alla nobiltà dei regni limitrofi per non invitarli senza
scatenare il loro sdegno? >>
<<
Non pensavo di fare le cose in piccolo, altezza. Ci manca il tempo di
ricostruire, non i soldi per farlo. Possiamo fare le adeguate spese per le
nozze reali >> asserì lui serio srotolando un’enorme lista di conti e
calcoli.
Tarìc
sentì una fitta alla testa solo alla vista di quanto era lunga, non aveva la
minima intenzione di mettersi a controllare quello che Olen aveva scritto su
quel foglio.
<<
Sicuro che si possa fare >> chiese Aaren interessato alla proposta.
Se
suo zio non si opponeva, Olen aveva avuto davvero un’idea sensata e lui avrebbe
dovuto accettare dimenticando la sua vita e le sue volontà per il benessere del
regno.
Eppure
non riuscì a tenere la bocca chiusa << Dovrei sposarmi solo per far avere
una festa al mio regno? >> chiese sconcertato.
Aveva
sempre saputo che accettare la corona voleva dire rinunciare alla propria vita,
ma non poteva fare a meno di sentirsi derubato della sua libertà.
L’ammonimento
di suo zio non fece che rafforzare quella convinzione << Essere un re
comporta sacrifici da re, Tarìc >>
Olen
fu più accomodante, ma non meno deciso << Capisco quello che pensate, ma
le festività sono troppo lontane. Non mi viene in mente nessuna occasione
migliore di questa e mia moglie la pensa come me. Credo che quattro mesi
possano essere sufficienti per i preparativi >>
In
sostanza, tutta la corte aveva già deciso per lui. Neithel non aveva parlato,
ma Tarìc non si aspettava certo un intromissione in quel tipo di discorsi da
parte sua.
Sembrava
particolarmente preso dai suoi pensieri mentre guardava qualcosa fuori dalla
finestra
<<
Tu cosa ne pensi? >> gli chiese sperando di riportarlo a quello che per
lui era un problema cruciale << Neithel?! >>
<<
Hanno ragione, ma l’ultima parola spetta al re >>
La sua ultima
speranza di trovare un alleato morì in quella risposta.
Come
potevano chiedergli di fare una cosa del genere? L'avrebbe fatto per il bene di
tutta la sua gente, certo, ma chi poteva garantire che durante le nozze non li
avrebbero attaccati? E cosa sarebbe successo in quel caso?
<<
Devo pensarci. Potete andare >>
Rimasto solo, sospirò
sconfitto. Neanche Nora lo avrebbe aiutato se schierarsi con lui voleva dire
perdere la possibilità di una grande festa. Nora adorava le feste e i
ricevimenti e sognava di vedere le nozze reali da quando aveva messo piede nel
suo palazzo.
Dopotutto, lui era il
re e sulle sue spalle aveva la salvezza del popolo e il suo benessere.
La sua vita era poca
cosa in confronto a tutte quelle che doveva tranquillizzare e, se per farlo
avrebbe dovuto sposare una sconosciuta, lo avrebbe fatto.
Ma come poteva
passare la vita con una sconosciuta? Poteva avere fortuna e ricevere dal Dio
una donna che avrebbe imparato ad amare o poteva capitargli il peggio del
peggio. Di solito i matrimoni combinati venivano decisi in base alla buona
famiglia e, in casi eccezionalmente rari, il re poteva avere delle pretese
sulla bellezza della sposa, aveva sentito raccontare diverse storie su re che
si erano visti mettere davanti tutte le figlie di qualche altro nobile e aveva
ricevuto la grazia di scegliere quella che più si addiceva ai suoi gusti
personali, come bestie al mercato.
Detestava quella
situazione.
Decise di concedersi
una pausa da quei brutti pensieri e cercare il motivo della pesante distrazione
di Neithel dalla loro conversazione di prima. Nel giardino reale c’era Nora
impegnata in quella che sembrava una accesa conversazione con Elydet, sua
sorella e la loro amica. Ecco cosa lo aveva distratto. Non avrebbe mai
perdonato quella ragazza.
Ma
il re aveva capito cosa fare. Batté le mani e due servi si precipitarono ad
attendere i suoi ordini.
<<
Voglio Nora nelle mie stanze. Adesso >>
Un
inchino veloce ed erano già spariti. La sua amica non lo avrebbe aiutato a
evitare le nozze, ma di certo poteva aiutarlo a non impazzire.
Fin da quando era
bambina, il tempio della Dea dell’isola era sempre stata la cosa più sfarzosa
che avesse visto. Solo il palazzo del re riusciva a tenere testa al lusso del
tempio, ma non lo superava.
In quel regno, la Dea
Potente non aveva che una misera casupola nei pressi del castello per le
funzioni a lei dedicate.
Il re era stato molto
generoso a offrirla, certo, però le faceva una strana impressione pensare alla
differenza. Sarebbe stata curiosa di sapere se la Dea apprezzava realmente quel
dono o se si era offesa per la miseria in cui era costretta ad essere onorata.
Sua madre aveva
insistito perché si recassero insieme a pregare lì dopo aver lasciato il dono
al Dio.
Lei aveva cercato di
convincerla che non era necessario, che se era il Figlio di quella terra che voleva, era il Dio di quella terra che
doveva pregare.
Maleca
però era stata irremovibile:
<<
Non devi mai dimenticare chi sei, neanche
per l’uomo che credi di amare più della tua vita perché prima o poi la tua
natura prenderà il sopravvento e l’uomo che avrai accanto resterà stordito dal
cambiamento >>
E lei l’aveva
seguita. Non voleva imbrogliare il Divino
Tarìc.
Lei era una straniera dell’isola distrutta, lui non
lo avrebbe mai dimenticato nella sua perfezione, ma lei non doveva fargli fare
la fatica di ricordarlo da solo.
Dalia
si avvicinò a loro con il sorriso che Irmelin avrebbe deriso, ma che sua madre
ricambiò
<<
Potente Dalia, i miei saluti >>
<< Saluti a
voi, nobile Maleca e piccola Elydet. Siete in visita alla Dea per chiedere
qualcosa? >>
Avrebbe
tanto voluto dirle che non erano affari suoi quello che loro dovevano dire alla
Dea, ma fu di nuovo sua madre a parlare per lei
<<
Abbiamo chiesto una grazia al Dio straniero e volevamo assicurare alla Dea, nostra
madre, che non l’abbiamo dimenticata, né ritenuta inferiore. La nostra sola
intenzione era quella di non metterla in difficoltà chiedendole qualcosa che
non apparteneva alla sua terra e alle sue ali protettrici >>
Gli occhi di Dalia
lampeggiarono di interesse in modo strano. Quella donna sapeva.
Doveva
aver capito che era innamorata del re, forse l’aveva addirittura spiata.
<<
La piccola Elydet ha chiesto, forse, un uomo della fede straniera, Maleca?
>>
<<
Sì, somma Dalia, è così. Io non voglio che la bellezza di mia figlia appassisca
inutilmente e non è rimasto nessuno, nella nostra gente, che sia all’altezza
del suo titolo nobiliare. Non credo di offendere la Dea a rispettare il sangue
nobile che ha messo nelle sue vene, giusto? Noi nobili portatori del sangue
della Dea dobbiamo sempre aiutarci e rispettarci a vicenda, dico bene? >>
Dalia
annuì a quello che anche a lei era suonata come una promessa di fedeltà da
parte di sua madre alla Somma Sacerdotessa
<<
Sei sempre stata una donna saggia, Maleca. È
una fortuna che tu sia tornata ad occuparti di tua figlia. Credo stesse
smarrendo la retta via per colpa di sua sorella >>
<<
Sono certa che avete fatto quanto in vostro potere per evitare che ciò
accadesse, potente Dalia. È per questo che vorrei che
accettaste il mio omaggio >>
Elydet vide sua madre
offrire alla Somma Sacerdotessa una boccetta di profumo che aveva tutta l’aria
di essere molto costosa.
Quando
si congedarono da Dalia, Maleca posò una mano sulla spalla della figlia lungo
il tragitto verso il palazzo
<< Visto
tesoro? È facile non mettersi contro le
persone importanti. A cosa serve farsi nemica Dalia quando puoi averla dalla
tua parte con così poco? Adesso gli Dei sono in pace, non hanno di che
lamentarsi di te, le loro rappresentanti sulla terra ti rispettano e niente e
nessuno ha un valido motivo per negarti quello che hai chiesto >>
<<
Ma, se il Dio avesse piani più alti per il re? >>
<<
Sciocchezze. I piani per un re sono sempre avere una moglie che appaia bella
agli altri e gli dia dei figli forti e sani. Che altro può desiderare? >>
<<
Un regno, forse >>
<<
Questo regno ha già troppi problemi perché lui possa preoccuparsi di averne un
altro da gestire. Vai nella tua stanza adesso e prega. Stai lontana da tua
sorella e dalle sue idee rivoluzionarie e dormi bene stanotte. Noi ci vediamo
domani >>
<<
Non ci sarai a cena? >>
<<
Io sì, tu farai meglio a dormire, tesoro mio. Non vorrai presentarti al re la
prima notte di nozze con la pancia grassa? >>
<<
No, hai ragione, mamma. Buonanotte >>
<<
Sono sacrifici che una donna deve fare, bambina. Appena aspetterai un figlio
saranno tutti ansiosi di vederti ingrassare e potrai rifarti dei pasti saltati.
Per adesso, cerca di pazientare, va bene? >>
Annuì e si congedò da
sua madre. Non era entusiasta di saltare la cena, ma cos’era una misera notte
con i morsi della fame di fronte alla possibilità di sposare il suo re?
Era davvero una
fortuna che sua madre fosse tornata ad occuparsi di lei.
Rimasto solo, il re
sospirò sconfitto. Neanche Nora lo avrebbe aiutato se schierarsi con lui voleva
dire perdere la possibilità di una grande festa. Nora adorava le feste e i
ricevimenti e sognava di vedere le nozze reali da quando aveva messo piede nel
suo palazzo.
E, dopotutto, lui era
il re e sulle sue spalle aveva la salvezza del popolo e il suo benessere.
La sua vita era poca
cosa in confronto a tutte quelle che doveva tranquillizzare e, se per farlo
avrebbe dovuto sposare una sconosciuta, lo avrebbe fatto.
Ma come poteva
passare la vita con una sconosciuta? Poteva avere fortuna e ricevere dagli Dei
una donna che lui imparasse ad amare o poteva capitargli il peggio del peggio.
Di solito i matrimoni combinati venivano decisi in base alla buona famiglia e,
in casi eccezionalmente rari, il re poteva avere delle pretese sulla bellezza
della sposa, aveva sentito raccontare diverse storie su re che si erano visti
mettere davanti tutte le figlie di qualche altro nobile e aveva ricevuto la
grazia di scegliere quella che più si addiceva ai suoi gusti personali. Come
bestie al mercato.
Detestava quella
situazione.
Il lieve bussare di
Nora alla porta lo scosse dai suoi pensieri.
La
sua amica non lo avrebbe aiutato a evitare le nozze, ma di certo poteva
aiutarlo a non sposare la persona sbagliata.
<<
Tarìc, va tutto bene? >> chiese lei preoccupata da quella chiamata
improvvisa.
<<
Ti hanno già esposto i grandi piani della corte reale? >>
<<
Me ne ha parlato Ismene questa mattina. Aspettavo solo che gli altri ti
lasciassero in pace per chiederti cosa ne pensi >>
Nora
era composta e reticente. Era l’ultima delle reazioni che il re si aspettava da
lei.
<<
Io vorrei sapere la tua opinione prima di decidere >> insistette il re.
<<
Non esporrò la mia opinione a un uomo che sembra appena stato calpestato da un
esercito! >> dichiarò lei senza neanche cercare di trattenersi dal
ridergli in faccia << Sul serio, Tarìc, sembri più preoccupato di quando
è arrivato il terremoto. È un matrimonio, non un impiccagione!
>>
Forse
Nora era troppo giovane per rendersi conto della gravità della situazione. La
donna che avrebbe scelto avrebbe influenzato la sua vita e il suo regno finché
Dio non l’avesse chiamata nei Regni Eterni. Come poteva prendere a cuore leggero
quella nuova decisione?
<<
Non mi dirai che hai paura che Elydet del
fuoco non accetti? >> gli chiese con il sorriso del bambino che aveva
appena rubato tutti i vasi di miele delle dispense reali.
<<
Cosa!? >>
Nora
scoppiò in una sonora risata divertita << Andiamo, ti conosco troppo
bene! Hai passato l’ultimo mese in compagnia di Elydet quando ormai ti aveva
già detto tutto quello che poteva dirti sulla sua gente e ti ho visto anche
prima alla finestra impegnato a guardarla. Puoi imbrogliare Aaren e gli altri,
ma non hai speranze con me >> concluse trionfante.
L’affetto
che provava per quella ragazza era inqualificabile. Aveva centrato in pieno il
suo problema prima ancora che lui fosse in grado di ammetterlo a sé stesso e,
invece di prendere la posizione dei nobili responsabili, si era schierata
immediatamente dalla sua parte. Tarìc sapeva che, se avesse avuto la corte
contraria e Nora dalla sua parte, pur con tutte le perle di saggezza di Aaren,
non si sarebbe mai sentito in colpa per la decisione che avrebbe preso. Nora
era in grado di convincere anche le persone più ostinate.
<<
Era Neith alla finestra >> le disse per provocarla accusandola di averli
confusi.
<<
Cosa c’entra lui?! >> chiese arrabbiandosi all’istante << L’ho
visto, non preoccuparti! Credi che la vecchia Nora perda di vista i suoi nemici
proprio mentre la spiano apertamente!? >>
<<
Non credo spiasse te >>
<<
Lo so >> annuì ancora furente << Se lo avessi sospettato veramente,
mi sarei già vendicata >> ammise come se fosse stata la cosa più ovvia
del mondo prima di lasciarsi cadere seduta sul suo letto mettendo da parte
l’aria giocosa << Qualcuno degli altri sa delle tue intenzioni? >>
<<
Io non ho detto niente >> ammise sperando con tutto sé stesso che nessun
altro fosse giunto alla conclusione di Nora con la propria testa.
<<
Meglio così. Quei cinque profanatoridelle libertà altrui vanno presi alla
sprovvista e con decisione perché non possano farti cambiare idea con delle
studiate argomentazioni da maniaci del governo >>
<<
Ti sembra il modo di parlare della corte reale? >> le chiese divertito.
Da nessun altro avrebbe accettato un insulto
neanche vagamente lontano verso la sua corte, ma Nora era una di loro e sapeva
che li rispettava tutti esattamente come rispettava lui. Nel bene e nel male. E
lei riprese il suo discorso senza la minima esitazione
<<
Tu devi metterti in testa che sei il re. Vuoi sposare una straniera sconosciuta
che non sai se porterà beneficio alla tua terra? Sposala! E, se poi le cose
vanno male, la accusi di tradimento e la fai esiliare. Nessuno verrà a
rinfacciarti che non è vero, sei il re! Il regno è tuo e la tua gente crederà a te!
>>
<<
Perché, quando parlo con te, sembra sempre tutto semplice? >> le chiese
sinceramente ammirato
Lei
alzò gli occhi al cielo in un gesto di finta, o forse vera, esasperazione <<
Perché è semplice! Una cosa è
difficile solo se credi che lo sia >>
Tarìc
era sicuro che quella non fosse una frase di Nora. Non l’aveva mai sentita in
vita sua e sospettava fortemente di sapere da quale regno veniva quel detto <<
Questa dove l’hai presa? >>
<<
Irmelin >> confessò lei fiera confermando le sue ipotesi << Quella
ragazza è più furba di tutta la tua corte messa insieme >>
<<
Hai scoperto qualcosa? >>
<<
Oh, sì! È il tuo giorno fortunato!
Ultimamente Sel e Irmy hanno capito che Ely è diventata la tua spia personale
per colpa di quello zuccone di tuo cugino. Se Ely ti dice una cosa, tu la dici
a lui e lui fa il despota con Selyan sputandole in faccia cose che solo sua
sorella può sapere, è ovvio che Sel capirà chi è stato a parlare! E, se non lo
capisce lei, lo capisce Irmelin senza la minima difficoltà. Devi dirgli che la
smetta di usare le tue informazioni per le sue torture >>
<<
Non ho mai riferito a Neith le cose che mi dice Elydet >> le rivelò
serio.
Nora
rimase un attimo immobile con gli occhi sgranati per la sorpresa << Mai?!
>>
Vide
la confusione passare sul viso della sua amica prima che lei annuisse da sola
ai suoi pensieri
<<
Ti spiava >> disse in tono solenne convinta della propria teoria <<
È un guardone che ti spiava sperando
di vederti - >>
<<
Nora, cos’è successo ieri? >> la interruppe il re prima che si perdesse
negli insulti a Neithel e dimenticasse il resto.
<<
Tu hai rapito Elydet, Sel ha detto che sarebbe andata alla funzione serale
settimanale di Dalia e Irmy l’ha spedita da sola da quella vecchia ciarlatana
dandole della pazza perché ancora si ostina ad ascoltarla. Poi si è sentita in
colpa e l’ha seguita >>
Non
c’era niente di strano in quello che gli aveva raccontato. Evidentemente era
una delle sue pause ad effetto. << Qual è il problema? >>
<<
Selyan non è mai arrivata da Dalia e non c’era neanche suo fratello. Irmy è
corsa a chiedermi se l’avessi vista e, quando ho detto di no, è impazzita. Ha
cominciato a imprecare e parlare di tutto e di tutti come non aveva mai fatto
prima >>
Le
guance di Nora erano arrossate dal fervore del discorso e dal suo orgoglio per
aver svolto il compito che le aveva affidato. Tarìc prese una sedia e si mise
comodo sapendo che ne avrebbe avuto per un po’ e che, forse, avrebbe scoperto
delle cose per le quali era meglio che fosse seduto
<<
Irmy crede che Xander sia un idiota senza cervello e che sia anche pericoloso
lasciare Sel sola con lui. Ha detto che lui è un violento e un pazzo e che lei non
ha la capacità di rendersi conto di essere nei guai fino al collo da quando lui
è tornato >>
Aveva
decisamente fatto bene a sedersi << Perché? >>
<<
Non ne ho idea. Irmy ha detto che è sicura che lui le farà del male se non si
allontana in fretta, ma non ha voluto dirmi altro e io avevo troppa paura che
smettesse di parlare per insistere >>
<<
Saggia decisione. Le hai chiesto perché Ely non passa più molto tempo con loro?
>>
<<
Mi hai preso per una buona a nulla? Neithel ti sta contagiando e anche tu pensi
che io riesca solo a fare confusione?! >>
<<
Sai che non penserei mai una cosa del genere >>
Nora
sembrò pensarci su e la vide rilassarsi e annuire felice. Era una bambina.
<<
Non hanno proprio discusso, è solo… ecco… io credo che tu abbia scelto la
persona sbagliata per le tue indagini, Tarìc. Elydet è cresciuta insultando e
sentendo insultare sua sorella ogni benedetto giorno che la sua Dea le ha
concesso, secondo le esatte parole di Irmelin. Maleca odia Selyan, la detesta
con tutte le sue forze dal giorno in cui ha sposato un uomo che aveva già una
figlia e passava tutto il suo tempo libero con lei >>
<<
Perché? >>
<<
Beh… credo che il matrimonio con Maleca sia stata una forzatura della nobiltà
di quel posto. Pare che lui amasse perdutamente la madre di Selyan e che tenesse
molto più a lei che alla moglie e alla sua seconda figlia >>
<<
Come si può fare distinzione tra i propri figli? >> chiese Tarìc
scioccato da quella cosa e trasportato da un moto di affetto improvviso verso
Elydet.
<<
Irmy ha detto che faceva così perché Elydet aveva sua madre e non sopportava
che Selyan fosse cresciuta da persone che non avevano nessun legame di sangue
con lei, per quanto pare che la trattassero come una figlia. Elydet è cresciuta
sentendo insultare sua sorella e odiandola per averle rubato il padre. Quando è
entrata al tempio non si rivolgevano neanche la parola. Pare che siano
diventate improvvisamente amiche quando è scoppiata la guerra e Selyan si è
trovata a essere una tra le più potenti sacerdotesse del tempio con un fratello
messo in buona posizione nell’esercito che non pensava ad altro che a
proteggere lei e le sue sorelle >>
Quello
di Nora era una ragionamento che aveva senso, ma non riusciva a credere che la
ragazza che aveva imparato a conoscere fosse una persona capace di approfittare
di una sorella che odiava solo per avere la vita un po’ meno difficile di
quello che sarebbe stata altrimenti. Elydet non era così.
<<
Non credo che Elydet sia il tipo di persona che stringe rapporti per
convenienza, Nora >>
Lei
alzò le spalle con una chiara espressione di dubbio sul viso << Forse non
l’ha fatto consapevolmente. Potrebbe essersi trovata costretta a stare con sua
sorella per convenienza o per ordine del padre. Per un breve periodo ha creduto
di volerle bene o di essere sua amica, ma alla lunga la cosa l’ha stancata. Ho
visto quanto Sel si dia da fare per aiutare Elydet e anche quanto possa
diventare scostante e isolata nelle sue giornatacce. Irmy ha detto che una come
Sel si ama o si odia senza vie di mezzo e che Elydet è troppo figlia di sua
madre per essere sua sorella. Credo di aver afferrato il senso di questa frase,
ma non chiedermi di spiegartelo per favore. Per me è troppo! >> concluse
scuotendo la testa con le mani alle tempie per la complessità del ragionamento.
<<
Ho capito, non preoccuparti. Sono impressionato dalle tue doti di spionaggio,
davvero. Sei la migliore fonte di informazioni di tutto il palazzo >>
<<
Oh, non lusingarmi così! >> disse lei arrossendo però per il piacere di
quel complimento << Uso solo il cervello e le buone maniere. Voi siete
troppo impegnati a tessere reti di spionaggio per ricordarvi che basta
fare una domanda ai diretti interessati. Sposerai Elydet? >>
<<
Ne ho tutta l’intenzione >>
<<
Ma…? >> lo esortò.
Lui
sospirò sconfortato << Il regno si aspettava una principessa di un casato
benestante che risanasse la nostra situazione >>
<<
La tua gente si aspetta solo un grosso, colossale, banchetto nunziale, un tetto
sopra la testa, il cibo sul tavolo e un soldato che passi ogni tanto per strada
per ricordare a tutti che hai un esercito pronto a difenderci in caso di
bisogno. Puoi scegliere anche una mendica se fai queste cose >>
<<
Irmelin di nuovo? >>
<<
Tanet >> lo corresse << Lo ha detto quando hai preso la corona e
qualcuno ha fatto una battuta su chi avresti sposato >>
Ecco
il vero dono di Nora. Non era la sua simpatia, la sua intelligenza o la
discreta dose di potere magico che Dio le aveva concesso, la sua qualità
principiale era ricordare le conversazioni a anni di distanza. Ne erano passati
almeno sei da quando aveva preso la corona e lei era solo una bambina
all’epoca, ma ricordava ancora tutto.
<<
Vai a dormire invece di perdere altro tempo a pensarci, hai davvero un pessimo
aspetto >>
E
la sua sincerità non era da meno.
<<
Ti ringrazio, Nora >>
<<
Ti insulto quando vuoi >> lo prese in giro abbracciandolo per salutarlo <<
Ci vediamo a cena >>
<<
Devo chiederti un favore >>
<<
Devo uccidere Neithel? >> chiese lei saltellando per la felicità.
<<
Devi lasciare che Irmelin e Selyan continuino a credere che Neith sappia da me
e da Elydet quello che loro cercano di nascondergli >>
Nora
si fermò a riflettere sulle sue parole e lui sapeva di doverle lasciare il
tempo che le serviva perché capisse che era davvero serio << Vuoi che si
convincano che è incapace di spiarle a dovere? >>
<<
Esatto >>
<<
Sai che, se si tratta di farlo sembrare incapace, hai tutta la mia
collaborazione. Non dirò niente! >>
Quando
Nora sparì, il consiglio di sdraiarsi lo tentò davvero, ma un re non poteva
permettersi il riposo di metà pomeriggio. Certo non un re con tutti gli impegni
che aveva lui. Se la storia del matrimonio doveva essere portata a termine, non
poteva perdere un minuto di più.
Tanet le aveva
ordinato di non esagerare sotto il suo comando e lei aveva giurato che avrebbe
obbedito. Aveva provato con tutta sé stessa a rispettare quell’ordine, ma come
poteva ignorare Palis con la mano quasi mozzata per un incidente con una parete
crollata?
Garlem non aveva
neanche parlato e si era avvicinato con la sega, il soldato aveva bestemmiato
in un modo che anche alle sue orecchie straniere era parso osceno e lei si era
precipitata ad implorare Tanet perché lo fermasse.
Sapeva che il
comandante delle guardie teneva a quell’uomo e che era l’unico in grado di
fermare il sacerdote. Il Potente Garlem l’aveva guardata con tutto lo sdegno
possibile e poi le aveva giurato che non l’avrebbe assolutamente aiutata e poi
si era presa lo sdegno del sacerdote e il suo giuramento di non aiutarla
nemmeno in caso di rischio di decesso dell’infortunato.
Selyan aveva
accettato a testa alta. E se n’era anche pentita quasi subito.
Non era stata cosa
facile, era stato un lavoro pesante e stancante e non era neanche certa che
quella mano non avesse riportato difetti permanenti, ma almeno era attaccata,
non sarebbe andata in cancrena, ed era sicura che avesse una minima capacità di
movimento.
A suo parere
qualsiasi cosa era meglio che una mano tagliata e Palis era più che d’accordo
con lei. Avrebbe volentieri implorato il perdono di Garlem implorandolo di far
ricucire il resto a qualcuno, ma il sacerdote aveva giurato a tutti i suoi di
farli sbattere fuori dal tempio se l’avessero aiutata e lei era certa che il
Sommo Neithel avrebbe appoggiato quella decisione sbattendo fuori veramente
chiunque l’avesse aiutata.
Non
le era rimasto che avvertire Palis che non era brava a ricucire e provarci
togliendo la sensibilità dal gomito in giù per non farlo soffrire inutilmente
con i suoi tentennamenti.
<<
Ragazza, dimmi la verità, mi hai
mozzato la mano a tradimento? >>
<<
Fammi finire, la tua mano è ancora al suo posto >> lo tranquillizzò
vagamente divertita.
Se
non lo avesse conosciuto si sarebbe offesa e gli avrebbe dato dell’arrogante,
ma sapeva che Palis era troppo orgoglioso per ammettere di avere paura e
cercava di nascondere la preoccupazione sotto il tono di rimprovero.
<<
Sei pallida, vuoi riposarti? Io posso resistere, se svieni tu, sono sicuro che
me la taglieranno >>
Lei
scosse la testa << Sto bene, solo… non sono abituata a ricucire con ago e
filo e mi dà fastidio >>
<<
Sei una strana guaritrice >> commentò << ma, se mi riattaccherai la
mano prima di sera, ti pagherò in oro per il tuo lavoro >>
<<
Non voglio il tuo oro, uso solo quello che la Dea mi ha dato per qualcosa di
buono >> e se solo quell’uomo avesse saputo quanto c’era di nascosto
dietro quella frase, sarebbe sicuramente fuggito il più lontano possibile da lei,
senza neanche farsi guarire
<<
Mi stai dando la possibilità di prendere in braccio il mio primo nipote stasera
>> le rivelò entusiasta
Ecco
il motivo delle distrazioni continue di quell’uomo quella mattina. Aveva
sentito una lista di bestemmie più lunga del solito provenire dalla sua
direzione mentre lavorava, ma aveva pensato solo a una brutta giornata o a una
lite con la moglie. L’ansia di prendere in braccio il nipotino spiegava tutto <<
È nato da poco?
>>
Lui
scosse la testa contrariato << Mia figlia ha fatto chiamare la levatrice
questa mattina prima che io venissi al campo e quelladonna ha detto che
probabilmente avrei fatto prima io a tornare che lei a farlo nascere >>
<<
Perché così tanto? >>
<<
Mia figlia è giovane, ragazza, ed è il
suo primo bambino, è normale che ci voglia del tempo. Sei così esperta di mani
e così poco di bambini? >>
Lei
alzò le spalle. Palis aveva ragione, aveva fatto una domanda stupida, ma la sua
memoria era piena solo di battaglie e ferite di soldati. Non ricordava più di
aver imparato altro al suo tempio. Però aveva scoperto che parlare distraeva
entrambi alleggerendo la tensione da lui e la paura di sbagliare da lei. Non
era una cattiva cosa…
<<
Ho imparato il mio mestiere sul campo di battaglia soldato, la Dea non mi ha
dato la fortuna di imparare la mia arte facendo nascere le creature >>
… ma
preferì non dire che le aveva dato la sfortuna di veder morire la gente << Tu hai combattuto molte
battaglie? >> chiese per cambiare discorso
<<
Nessuno può dire di aver combattuto molte battaglie, ragazza >> sbottò lui << Se senti qualcuno dire una
cosa del genere, probabilmente è un nobile pomposo che se ne stava nelle
retrovie o nel suo palazzo mandando avanti i soldati o è un bugiardo che vuole
farsi bello agli occhi di una ragazza. Io ne ho combattuta solo una, grazie a
Dio, e sono tornato a casa tutto intero >>
Il
suo cervello stanco si riattivò tutto insieme. Nessuno parlava mai del passato
in quel regno, era un’occasione da non perdere! << Posso chiederti quando?
>>
<<
Quasi dieci anni fa. Cosa vuoi sapere? Se sono fiero del lavoro della mia spada
o se mi manca la guerra? Sei anche tu una di quelle ragazze che stravedono per
gli assassini? >> chiese lui guardandola in faccia con l’aria schifata.
Non poteva insistere sulla guerra che lui si era lasciato sfuggire, forse
poteva raccontare lei qualcosa a quell’uomo e guadagnarsi la sua fiducia
<<
Credo… credo di far parte degli assassini, piuttosto. Combattevo con i soldati
>> ammise
<<
Lo so, ne parlano tutti ma nessuno ci crede >> le disse << Sarebbero
state strane le cose nella tua terra se fosse vero! >>
<<
Io potrei dire che sono strane nella vostra >> ribattè. Sentir criticare
l’isola le aveva dato una stretta allo stomaco e, per quanto capisse che era
stupido da parte sua, si era offesa.
<<
Sciocchezze! >> sbottò lui << Qui è tutto perfettamente normale: le
donne fanno i bambini e gli uomini fanno le guerre. Ognuno ha il suo posto. Se
le donne combattevano, vuoi forse dire che erano i vostri uomini a partorire i
vostri figli? >>
Palis
aveva eliminato la sua rabbia con quella stupida domanda. La fece anche ridere <<
Hai ragione tu, soldato. Avevamo ruoli un po’ confusi negli ultimi tempi
>>
<<
A dir poco, ragazza! Chi manderebbe
delle ragazze sul campo di battaglia? >> chiese lui dopo aver dato un
generoso sorso a una bottiglia di vino portatagli da un altro soldato
Ma
il desiderio di difendere la sua terra non era sparito e non si era alleviato <<
Sapevamo difenderci anche noi >>
<<
Non riesco a immaginarmi una ragazza dell’età di mia figlia con una spada in
mano che uccide la gente. Hai ucciso molti soldati? >>
Non
voleva rispondere. Non voleva neanche pensarci! Aveva sbagliato in pieno a
parlare di quelle cose con lui. Meglio tornare al lieto evento in casa sua e parlarne
almeno finché non avesse finito con la sua mano << Tua figlia ha già
scelto il nome per il bambino? >>
<<
Ancora confusione >> sospirò lui prima di spiegarle << La donna dà
la vita alla creatura e l’uomo il nome >>
<<
Ma avevi detto “l’uomo la guerra e la donna i bambini” >>
Lui
sbuffò di nuovo << L’uomo la guerra e la donna la casa. Ho paura a
chiederti chi era a scegliere i nomi da voi >>
<<
Non c’era una persona in particolare per sceglierli. Ognuno poteva fare le sue
proposte. Era un accordo tra tutta la famiglia, credo. Il mio lo hanno scelto
mio fratello e mia zia >>
Già…
perfino il nome che portava lo aveva scelto lui… Forse per quello non le dava
fastidio che nelle squadre usassero un appellativo invece del suo nome. Anche
sentirsi chiamare le ricordava suo fratello
<<
Che strana cosa. Perché non tua madre? >>
<<
Mia madre era convinta che fosse assurdo scegliere un nome prima di vedermi in
faccia e purtroppo la Dea non gliene ha dato la possibilità >>
<<
Sei riuscita a farmi preoccupare dannazione! >> la sgridò rischiando di
muovere la mano che stava riattaccando per lo scatto
Appena
lo toccò di nuovo, Selyan ebbe la certezza che le cose sarebbero andate bene
per lui. Era raro che capisse qualcosa delle visioni, più che mai in quelle
istantanee e fugaci come quella. Se era così chiara, non poteva nascondere
niente di brutto per quell’uomo
<<
Non preoccuparti per tua figlia. Anche mia madre aveva il dono delle visioni e
molti credevano che non avesse mai voluto darmi un nome perché sapeva quello che
sarebbe successo e la sua famiglia era troppo povera per permettersi una
levatrice del tempio. Le cose sono andate come la Dea ha voluto. Sono sicura
che tua figlia non avrà problemi. E , per quanto lieve, il dono di mia madre mi
ha suggerito di tranquillizzarti e mandarti a casa subito. Abbraccia tua figlia
e culla tuo nipote. Soldato, ho finito con la tua mano >>
<<
Sul serio? >>
<<
Non odiarmi troppo per la brutta cicatrice, per favore. Ti ho detto che non so
ricucire >>
Lui
le mise la mano sana sulla spalla mentre ammirava l’altra fasciata e ancora
gonfia << Ti sono riconoscente, ragazza,
dal profondo del cuore: grazie >>
<<
Ho fatto solo quello che dovevo >>
Qualcuno
si era avvicinato a spettegolare con Palis del suo lavoro, qualcun altro la
chiamava per trasportare qualcosa. Lei aveva la testa pesante e le orecchie che
fischiavano. Era troppo stanca per continuare. Non sapeva se era colpa del
lavoro che aveva fatto con quell’uomo o delle chiacchiere e dei pensieri.
Sapeva solo che non poteva continuare. Chiese il permesso a Tanet e poi si
avviò verso casa
<<
Ehi, aspetta >>
Un
giovane soldato dai lunghi ricci biondi si stava dirigendo verso di lei <<
Hai dimenticato le tue cose >> le disse porgendole la sua borsa.
Lei
la afferrò ringraziandolo e imprecando mentalmente per la propria idiozia
<<
Sei strana >> commentò lui a sorpresa alle sue spalle
<<
Perché ho dimenticato una borsa? Se voi non dimenticaste mai niente non
esisterebbero i trasportatori nelle squadre >> rispose scortese. Sperava
di toglierselo di torno il prima possibile. Non voleva compagnia e non voleva
uno sconosciuto tra i piedi. Voleva solo andare a dormire
<<
La comprensibile acidità di chi deve fare tutti i giorni quel lavoro. Posso
accettarlo. A me è toccato tre giorni di fila per un cambio e volevo picchiare
qualcuno, immagino te che- >>
<<
Senti, puoi dirmi cosa vuoi e la facciamo finita? >> lo interruppe
<<
Accompagnarti per po’ e chiederti perché ti trattano in quel modo >>
ammise lui come se fosse stata la cosa più innocente del mondo
<<
Quale modo? >>
<<
Ragazza >> chiarì quasi
schifato << I più non sanno ancora come ti chiami, il nobile Tanet non ti
chiama mai per non infierire su di te e ti tratta da condannata da aiutare, il
nobile Neithel non ti chiama perché non gliene dai mai modo e tu tratti lui
come se fosse la tua peggiore condanna. Solo la Nobile Ismene sembra trattarti
come tutti gli altri >>
La
osservava da parecchio a quanto pareva. Perché? Forse doveva chiederglielo, ma
sapeva che nessuno dava niente per niente al mondo. Se voleva una sua risposta,
doveva essere prima lei a farlo << Mi chiamo Selyan >>
<<
Lo so. Io sono Alekos >> le rivelò sorridendo divertito probabilmente
dalla sua sorpresa
<<
Perché mi hai osservata tutto questo tempo? >>
<<
Sei diversa da tutte le ragazze che conosco e fidati, mia moglie ha tante
amiche e riempie sempre la casa, ne conosco tante >> le rivelò ridendo di
gusto per qualcosa che solo lui poteva sapere
Non
aveva la minima voglia di attirare le chiacchiere del paese o la rabbia della
moglie. Doveva allontanarlo subito << Se hai una moglie perché guardi le
altre? >>
Lui
rise seriamente divertito a quella risposta << Oh, andiamo, non vuoi
proprio deporre le armi? Non mi pare di averti fatto qualcosa di male. Ho
notato la camminata ridicola di Treab, il caratteraccio di Palis, i baci che mi
lancia la stupida ai piatti e il tuo comportamento completamente disinteressato
al fatto che tu sia una donna che fa un lavoro da uomo >>
<<
Sono cresciuta in mezzo ai soldati, per me è normale >>
<<
Kore mi ha detto che ha saputo da Tanet che sei figlia di un generale e
combatti con la spada >>
Kore….
Tanet… era troppo! Ma non avevano proprio di meglio da fare?!
<<
Perché parlate di me?! >> chiese arrabbiata
<<
Ragazza, non hai notato che parliamo
di tutti? >> le suggerì con una pacca sulla spalla
Era
decisamente il momento d chiarire la questione. Se lui era stupido, lo avrebbe
rimesso a posto lei << Non voglio avere rogne. Tu mi tocchi la spalla in
pubblico, qualcuno lo va a dire a tua moglie e io ho problemi che non voglio
>>
<<
Mia moglie sa benissimo che ho la brutta abitudine di toccare le persone con
cui parlo. Non farti problemi non tuoi. La amo più della mia vita, non la
tradirei né metterei mai in giro voci che potrebbero farla vergognare mentre è
impegnata a crescere il nostro bambino di sei mesi. È una donna eccezionale e
si preoccupa anche di badare a mio fratello, mia sorella e mia madre ormai
cieca e malata mentre io lavoro per guadagnare il pane. La sua famiglia sta a
due giorni da qui. Di solito non mi prendo mezze giornate libere perché più
lavoro, meglio viviamo tutti, ma ieri sono scivolato e mi fa ancora male la
spalla. Non voglio sforzarla troppo rischiando di stare a casa una settimana
invece che un pomeriggio >>
Era
certa che Irmelin avrebbe imprecato dopo un discorso così lungo fatto da
qualcuno quando lei era così stanca e stordita. Lui aveva lavorato tutta la
mattina e aveva ancora tanto fiato da sprecare. Possibile? Forse c’era altro
sotto…
<<
Sei uno che parla tanto, ma non credo alla storia della gentilezza e della
compagnia, cosa vuoi chiedermi, soldato? >>
<<
Non sono un truffatore, ragazza! Volevo solo essere gentile con te, ma ha
ragione il nobile Neithel, meglio starti alla larga >> sbottò lui prima
di cambiare improvvisamente strada lasciandola sola.
Assurdo
come quel suo improvviso offendersi l’avesse fatta sentire in colpa. Era solo
un soldato che lavorava con lei ogni mattina, perché lo aveva trattato così
male?
Probabilmente era
stata la stanchezza a parlare per lei. Tornò al palazzo e si costrinse a
dormire almeno un’ora prima di cercare un viso noto tra le guardie di turno al
palazzo. La buona sorte quella volta aveva deciso di mettere Kore al portone.
Bastò raccontargli quello che era successo per ottenere le indicazioni per
arrivare a casa di Alekos, l’invito a recarsi a casa sua e il racconto di come
si era slogato una spalla che non ne voleva sapere di dargli pace.
Probabilmente cercava solo il modo di chiederle aiuto senza sembrare invadente
o senza farla sentire usata e lei lo aveva maltrattato. Si sentiva in colpa da
morire e mentre camminava, pregando la Dea di far funzionare il suo senso
dell’orientamento scadente e il Dio straniero di farla arrivare alla casa del
suo soldato, cercava di trovare il modo più giusto di scusarsi. Non era mai
stata brava a trattare con gli sconosciuti, dannata la sua poca fiducia negli
altri!
Bussò
alla porta della terza casa del quartiere delle guardie di basso rango, come
indicato da Kore e si vide aprire da una bambina di sei o sette anni
<<
Ciao, sto cercando- >>
<<
Liviaaaa! È arrivata la
tua amica! >> urlò lei con tutto il fiato che aveva in gola mentre la
tirava dentro. Sicuramente avevano sentito anche tutti i vicini. Perché aveva
gridato in quel modo? << Liviaaaaaaa! >>
L’aveva lasciata da
sola ed era corsa via per la casa. Selyan non sapeva cosa fare. Non voleva
aggirarsi per una casa che non era la sua, e non aveva idea del perché avesse
urlato in quel modo.
Un
attimo dopo dalla stessa porta da cui era sparita la bambina era comparsa una
donna. Doveva avere la sua età. Era davvero una donna bellissima a suo parere.
Aveva dei lunghi capelli biondi intrecciati in una treccia ormai tutta
spettinata, aveva il viso rotondo di chi ha qualche chilo di troppo, ma a lei
sembrava bellissima. Forse per gli occhi blu mare che aveva
<<
Immagino tu sia Selyan, vero? >>
<<
Sì, io… volevo scusarmi e… >>
Lei
scosse la testa e la interruppe << Mio marito mi ha raccontato quello che
ha fatto, non sei tu a doverti scusare. Gli avevo detto che doveva lasciarti in
pace >>
Sembrava
che non volesse avere niente a che fare con lei. Come poteva darle torto dopo
il modo in cui aveva trattato il marito?
<<
Sono stata sgarbata con lui e non mi aveva fatto niente. La sua spalla è tanto
grave? >>
Lei
scosse la testa di nuovo << Domani chiamerò un sacerdote del nostro Dio,
non preoccuparti, sono cose che capitano >>
Ma
non voleva andare via senza aver rimediato al suo errore, perciò provò a
insistere << Il mio promesso sposo all’isola si ruppe una spalla cadendo
da cavallo. So com’è. Se avete bisogno di qualsiasi cosa, anche la spesa o per
i bambini, io… vorrei ripagare l’offesa di questa mattina >>
<<
Qui le offese non si ripagano, non preoccuparti. Solo… Il tuo fidanzato si è ripreso
del tutto? >>
Quella
era la giornata dei ricordi a quanto pareva. Non c’era modo di starne lontana.
Annuì e basta sperando che bastasse alla donna
<<
Io ho saputo da una vicina che suo padre ha avuto dolore per tutta la vita per
un brutto incidente. I sacerdoti del Dio gli hanno sempre detto che non aveva
niente e che era normale che le ossa rotte facessero male col passare degli
anni, ma… Alekos è giovane e io non vorrei… >>
Non
bastava. Lei non le era simpatica, lo vedeva da come la guardava, ma forse
poteva calmarla comunque raccontandole un altro dei pezzi di vita che cercava
di tenere nascosti perché non le facessero troppo male
<<
Nei due anni dopo la sua guarigione non l’ho mai sentito lamentarsi né l’ho mai
visto soffrire in silenzio per quella ferita. So guarire le persone, ero tra le
migliori del mio tempio prima che la guerra ci separasse portando me a giurare
fedeltà al vostro re e lui al cospetto dellaDea. Tuo marito si riprenderà, ti chiedo scusa per avergli risposto male
e per essere venuta qui senza avvisare >>
Non
le lasciò neanche il tempo di girarsi per andarsene che le chiarì il problema <<
Mio marito mi ha detto che sei una protetta del nobile Neithel e che lui non ti
perde mai di vista. Perché lo fa? Non sei affidabile? >>
<<
Tendo a mettermi nei guai più spesso di quanto vorrei ed essendo una sua
responsabilità, non vuole doversi scusare con la Somma Sacerdotessa per avermi
costretta ad una punizione che mi è costata la vita solo perché sono stupida
>> era la risposta più sincera che poteva darle
<<
Quindi non sei inadatta al posto che ti avevano riservato >> disse la
donna più a se stessa che a lei << Vorresti… Non credo sia un’offesa al
Dio se sei protetta del suo Sommo sacerdote se… >> poi sbuffò e riprese
da capo << Potresti controllare anche tu? Io non l’ho mai visto
lamentarsi per qualcosa. L’ho visto lavorare con la febbre alta, passare una
notte intera in piedi con il bambino quando avevo la febbre io e poi lavorare
senza lamentarsi e adesso… ho paura di vederlo a letto a quest’ora del
pomeriggio ma mi è stato detto che il nobile Neithel non è in città e il
Potente Garlem lo ha già controllato ieri. Non che io non mi fidi dei ministri
del Dio, ma più di una persona si è lamentata dei servigi del Potente Garlem.
Non ricorrerei a te se non ne avessi necessità >>
Era
vagamente offensiva come richiesta, ma non poteva lamentarsi dopo il modo in
cui aveva trattato suo marito << Capisco. Potete sempre dire al Nobile
Neithel che vi ho mentito o- >>
<<
È del Dio che ho paura,
non degli uomini >> chiarì lei << ma non credo che ti abbia fatta
venire qui per metterci alla prova, mi pare che ce ne dia già abbastanza negli
ultimi tempi. Vieni >>
Lei
preferì non chiedere chiarimenti rischiando di passare per impicciona e si
limitò a seguirla. La bambina che le aveva aperto la porta era seduta su una
sedia poco lontana dal letto e chiacchierava spedita al soldato che,
evidentemente, era troppo stordito per ascoltarla ma provava lo stesso a
mostrarsi interessato. Non poteva lasciare a pezzi un uomo del genere. Neanche
dopo aver riattaccato la mano a Palis dando quasi fondo al suo potere. Le bastò
attivare la pietra per capire che Alekos non avrebbe mai dovuto alzarsi dal
letto quella mattina
<<
Come diamine hai fatto a lavorare in queste condizioni stamani?! >> gli
chiese stupita
<<
Se spaventi mia moglie, parlo con il Sommo del tuo tempio >> la minacciò
lui
Guardò
la bambina, poi la moglie del soldato e lei capì << Tesoro, vai in cucina
e restaci >>
<<
Fortuna che sposto travi tutte le mattine e tengo allenati i muscoli >>
sbottò prima di tirare la sua spalla indietro con uno strattone. Allo schioccò
seguì l’urlo soffocato di Alekos e quello terrorizzato di sua moglie ma nessuno
dei due si mosse e il suo potere smorzò il dolore
<<
Era fuori posto >> li informò
Fu
lui a riprendersi per primo << Il potente Garlem aveva detto che sarebbe
rientrata da sola e, se non era insopportabile, di lasciare che guarisse così
>>
Lei,
purtroppo, quel giorno aveva spinto il suo cervello a pensare troppe volte alla
sua vita passata per non avere la risposta pronta allo strano comportamento dei
sacerdoti << Per chi non deve lavorare tutti i giorni non è un pessimo
consiglio: risparmia le energie dei Potenti per cose più gravi e mette a riposo
un operaio stanco che produrrà di più al suo rientro, ma non aiuta certo un
padre di famiglia a tirare avanti >>
Livia
annuì e Alekos si sedette muovendo il braccio offeso per essere sicuro che
stesse bene
<<
Ci danno metà paga quando siamo malati per colpa loro >>
Lei
rise divertita prima di ammettere << Io non sono neanche pagata >>
<<
Hanno scommesso su di te >>
Lei
sussultò e la moglie si intromise << Caro, non dovresti dirglielo
>>
Perché
anche una donna che non aveva mai visto sapeva i pettegolezzi su di lei ma lei
non ne era a conoscenza?! << Chi?! >>
<<
Kore e il nobile Tanet hanno scommesso che troverai marito entro la fine della
tua permanenza nelle squadre >>
Scosse
la testa rifiutandosi di pensare che non era neanche a un anno di distanza
dalla caduta dell’isola e lei non avrebbe mai potuto innamorarsi di qualcuno
prima che… Non doveva pensare! << Beh, si sbagliano. Non sono una
donnaccia >>
<<
Per questo piaci a molti >>
<<
Lavorate o vi fate i fatti… >> si rese contro immediatamente che la sua
domanda non aveva senso. Era ovvio che si facessero i fatti degli altri <<
Oh, lascia perdere >>
<<
Brava, ragazza >> la prese in
giro lui << Come mi sdebito con te? >>
<<
Posso non essere mai stata qui a meno che il nobile Neithel o altri del tempio
non abbiano da lamentarsi con voi? >>
<<
Non sei stata qui se non per i sacerdoti guaritori. Mia sorella ha già fatto
sapere a tutti i vicini che sei la sua amica perciò mia moglie uscirà con te,
ti accompagnerà al mercato e appena il piccolo uragano si addormenterà li
lascerò soli un attimo per godermi un po’ d’aria con la mia adorata >>
La
strada con la sconosciuta non era stata niente di eccezionale. La donna era
confusa dall’uscire con una persona nuova lasciando la famiglia a casa e lei
non le stava neanche troppo simpatica. Selyan era stanca e scoprì che non si
ricordava più come si parlava con le persone appena conosciute. Forse non lo
aveva mai saputo, ma non le importava poi tanto. Le bastava sapere che il
dannato potere nelle sue vene quel giorno invece di distruggere aveva aiutato
due brave persone a non perdere la loro vita di tutti i giorni. Poteva anche
saltare la cena ed andare a letto soddisfatta.
Mentre scendeva nelle profondità della
zona proibita del Tempio della Ragione, il re continuava a pregare il Dio
onnipotente di aiutarlo.
Non era vigliacco, non lo era mai stato,
ma scendere nella cripta Proibita lo innervosiva sempre.
Tutti erano stati minacciato almeno una volta dai
genitori di venirci rinchiusi, poi erano cresciuti e avevano imparavano a
credere all’esistenza di quella cripta come ai mostri sotto il letto.
Tutti tranne i reali che quel posto, purtroppo, lo
conoscevano.
Il re era certo che nessun altro posto al mondo fosse
in grado di incutere quel timore dentro le ossa.
Il corridoio di accesso era noto solo al re, ai Sommi
Sacerdoti e a uno o due altri sacerdoti maggiori.
Nessun altro sapeva che alla fine della scala delle
prigioni ne iniziava un’altra che scendeva molto più in profondità e che una
identica era posta sotto l’altare del tempio della Ragione.
La cripta proibita era alla fine di una interminabile
scala a chiocciola posta a metà del corridoio sotterraneo che univa i due
templi, nelle viscere della terra.
Quel posto era più vecchio del regno stesso, costruito
da Dio con le sue Mani per imprigionare il male e proteggere il suo popolo e le
sue pareti assorbivano i poteri magici di chiunque vi entrasse come la sabbia
delle spiagge assorbiva l’acqua del fiume.
Tarìc era certo che
qualcuno gli avesse raccontato delle storie di potenti sacerdoti scesi lì e
tornati in superficie senza la minima traccia dei loro poteri, incapaci anche
di usare la più infantile delle formule magiche. Sapeva che i bracciali del Dio
proteggevano da quell’effetto, ma sentiva la pelle d’oca e le orecchie che
fischiavano.
Raggiunto
l’ultimo gradino, alzò la torcia verso la cella e si prese un attimo per
calmarsi. Non poteva permettersi tentennamenti davanti alla grata che rivedeva
ogni notte nei suoi incubi
<<
Il re in persona >> commentò la voce da sotto il pesante mantello da
rinnegato.
Neanche le cappe magiche e la cella della cripta
riuscivano a sottomettere il suo potere.
Tarìc non riusciva ancora a guardare oltre
le sbarre e provare pena per le braccia sicuramente segnate dalle catene, né
per gli occhi impossibilitati da mesi a vedere la luce del sole. Non gli
importava niente delle sue condizioni. Niente che non fosse il desiderio di
vedere Dio concedere la morte a quella che secondo lui era l’incarnazione della
perfidia.
<<
Non è buffo che un sovrano per sposarsi debba chiedere il permesso ad un
prigioniero? >>
Dal giorno in cui quella creatura infernale aveva
messo piede nel suo regno, Tarìc aveva
scoperto che il suo bisogno di uccidere diventava più forte ogni volta che si
trovava davanti a quelle sbarre.
A
nessuno che supplicasse la protezione del Dio del perdono giurando di avere un
buon motivo per gli atti che aveva commesso poteva essere negata l’espiazione
da Rinnegato, ma Tarìc aveva discusso con
tutta la corte e passato svariate notti in bianco nella cappella del palazzo
prima di convincersi a concedere anche a quel mostro quella possibilità.
Avrebbe preferito infinitamente farlo giustiziare. O, meglio, giustiziarlo con
le sue stesse mani. Non era compito del re eseguire le condanne a morte, ma
vedere il suo regno distrutto era una cosa che non riusciva a sopportare. Le
catene e le torture che, sapeva, erano state inflitte a quello sputo
dell’Inferno, non erano abbastanza.
<<
I tuoi permessi non valgono niente >> affermò il re con disprezzo
<<
No, certo. Vale il fatto che i miei occhi al buio riescano a vedere più lontano
dei vostri alla luce del sole >> commentò << Cosa fareste se mi
rifiutassi di rispondervi? >>
<<
Tu cosa faresti se sfidassi il mio Dio e la mia coscienza per il puro piacere
di vendicarmi? >> chiese Tarìc invocando
mentalmente il perdono di Dio. Sapeva che, per dispetto a quell’abominio,
avrebbe davvero commesso anche il più vile degli atti
<<
Non vi facevo così duro. Elydet del fuoco
sarà una buona moglie e il suo amore per voi non svanirà nel tempo. Adesso
siete più tranquillo?>> chiese prima di cominciare a ridere
La risata dei folli era una cosa che odiava.
Cominciava a pentirsi di essere sceso lì da solo. Era disarmato, ma aveva paura
di perdere la pazienza e offendere il Dio commettendo un omicidio a mani nude.
Sapeva che era inutile, ma tentò comunque la via della corruzione
<<
Potrei concedere diverse grazie a numerosi prigionieri il giorno del mio
matrimonio >>
<<
Oh, non la concedereste mai a me. Non imbrogliate, altezza, non ne siete capace
>>
<<
Avrai la libertà se rinuncerai al tuo potere >>
Tarìc si pentì quasi immediatamente delle
sue stesse parole, ma il mostro lo sorprese di nuovo << Non mi interessa
la libertà. Non adesso. Non è il momento giusto >>
Odiava
quella voce. Odiava il fatto che avesse ancora la forza di prendersi gioco di
lui e di chiunque si presentasse alle sue sbarre. Odiava anche che avesse
ancora la forza di parlare. << Perciò, se ti sbattessi fuori da questa
cella, ti farei un dispetto? >>
<<
Volete provare? >>
No.
Non voleva provare. Voleva solo vedere il suo cadavere riverso a terra,
ordinare che fosse bruciato, portare personalmente le sue ceneri fuori dal
regno con una scorta di sacerdoti purificatori al seguito e anche così non
sarebbe certo che avrebbe dormito sonni tranquilli
<<
Perché il mio regno? >> chiese per l’ennesima volta
<<
Vi ho già detto che conosco il passato >> disse ancora senza aggiungere
altro che chiarisse quella sua frase. Poi la sua voce lasciò il tono irrisorio
e divenne quasi seria mentre cambiava discorso << Qualcuno nella famiglia
della vostra adorata mente da anni e voi state portando
quel qualcuno nella vostra cerchia di parenti. Io non correrei
il vostro stesso rischio >>
Non
era difficile capire a chi si riferiva. Elydet aveva
solo sua madre e sua sorella e, tra le due, non c’era bisogno di conoscere
passato e futuro per capire chi fosse la più pericolosa
<<
Sul serio non lo avete capito? Voi con tutte le vostre conoscenze, con i vostri
poteri divini, avete bisogno che vi dica io che c’è qualcosa di
strano in vostra moglie? >>
<<
Non osare! >>
Il
mostro rise di nuovo con tutto il divertimento nella voce. Probabilmente era
quella follia a tenere a freno la morte <sbagliando… che sorpresa! Voi sapete già che c’è
qualcosa di assurdo e siete qui per chiedermi conferma dei vostri dubbi ma non
ne avete il coraggio>>
Tarìc avrebbe voluto chiarire il punto
delle menzogne, ma sapeva che doveva prendere la palla al balzo o avrebbe perso
anche l’occasione di capire quello che lo tormentava da mesi << Perché
nessuno se n’è mai accorto? >>
<<
Gli umani sono stupidi. Distraeteli con la storia di un elefante che vola, loro
guarderanno il cielo e non vedranno lo strapiombo ai loro piedi. Quanto alla
vostra donna, nessuno parlerà mai >>
<<
Non è quello che ti ho chiesto >>
Ma
non lo ascoltò e continuò le sue chiacchiere << Perché dovrebbero farlo?
Voi sareste così stupido da cercare l’esilio da un paese che non vi fa mancare
niente per amore della verità? >>
Il
mostro stava confermando le sue teorie. Ismene aveva
dichiarato il giorno dello sbarco che due sorelle non potevano avere poteri
tanto diversi, ma nessuna delle due aveva mai parlato, né con lui né con Nora.
Neanche Irmelin aveva mai detto niente. Era
impossibile che non sapessero come stavano le cose
<<
Voi conoscete la differenza tra un cieco per volere divino e un cieco volere
umano? >> sussurrò la voce dietro le sbarre
Tarìc sentì un brivido lungo la schiena e
non rispose. Sapeva che la risposta sarebbe arrivata comunque da quell’incubo
che si credeva più intelligente di tutti i ministri del suo regno
<<
I ciechi per nascita, in certi casi possono vedere le ombre, chi viene reso
cieco, o peggio lo fa con le proprie mani, non vede neanche la differenza tra
la luce e il buio dietro le palpebre >>
La tristezza comparsa nella voce non lo impietosì
minimamente. Anzi, gli portò un minimo di soddisfazione e si allontanò dalla
cella con la speranza che quella tristezza durasse a lungo.
Niente avrebbe ripagato quello che aveva fatto al suo
regno.
Solo quando fu di nuovo alla luce del sole, fuori
anche dal tempio, Tarìc sospirò.
I soldati che lo scortavano erano già al suo fianco,
ma erano addestrati a seguirlo e non fare domande, perciò si prese il tempo che
gli serviva per riflettere e capire dove andare.
Elydet non
aveva mentito. Ci avrebbe scommesso la testa sua e di ogni abitante del regno.
Eppure la gente dell’isola aveva soprannominato Selyanla
Figlia di Kerse. Gli era stato spiegato che
quel soprannome le era stato dato per come aveva imparato a combattere e per
proteggerla dalla vergogna dell’abbandono. Adesso era chiaro che, per quanto
credibili e forse anche validi quei motivi, la gente dell’isola sapeva
che Selyan era figlia del generale ed Elydet no.
Doveva parlare con le persone giuste per chiarire la
faccenda.
Aveva di nuovo passato la notte tra sonni
agitati e incubi.
Sapeva che la stanchezza ottenebrava il
cervello, ma non era mai riuscita a essere tanto razionale da riuscire a
dormire quando doveva prendere delle decisioni importanti.
Ecco perché Kersediceva sempre
che la razionalità apparteneva agli Dei e la stupidità agli uomini.
Sapere che Arcalia,la
spada di suo padre, era uscita dall’isola, aveva riacceso in lei la speranza di
ritrovarla. Non che le servisse a qualcosa, non aveva bisogno di una spada, né
tanto meno dell’oro che valeva, ma era la spada di suo padre, dannazione!
Anche se Deneb l’aveva
usata per aiutare la sua famiglia, lei voleva disperatamente riprendersela.
Avrebbe tanto voluto chiedere a Xander se sapesse qualcosa di quella storia, ma aveva
il vago sentore che, se Deneb lo aveva
detto a lei, suo fratello non ne era al corrente e non avrebbe approvato.
Come poteva Xander non
aver visto Deneb con Arcalia in mano?
Non era spada che si confondesse quella.
Il padre di Irmelin aveva detto di averla
venduta dopo aver lasciato l’isola, sulla terra ferma. Perché Xander non lo aveva visto?
C’era qualcosa che non tornava nel
racconto di suo fratello.
Trovare Arcalia era
fuori dalle sue possibilità, ma sapere cosa nascondeva Xander no.
Afferrò
la sua borsa e si diresse verso il portone principale del palazzo.
Ciao, Palis,
non dovresti riposare la mano invece di lavorare oggi? >>
Lo
aveva salutato con tutta la tranquillità di sempre, ma lui le aveva sbarrato la
strada aiutato dal soldato dall’altro lato della porta.Selyan arretrò
di un passo stupita e lo guardò confusa
<<
Mi dispiace, ragazza, ordini superiori >> ammise lui <<
Non sei con le squadre e non sei alle lezioni della Nobile Ismene, non hai il permesso di andare da nessun’altra parte
>>
<<
Cosa?! Da quando sono reclusa?! >> chiese incredula
<<
Mi è stato ordinato questa mattina. Che altro hai combinato? >>
Palis sembrava quasi divertito da
quell’ordine, come se si aspettasse di sentirla raccontare qualcosa di
improbabile che aveva combinato negli ultimi due giorni e che l’aveva portata
alla reclusione da parte dei nobili. Era tutto assurdo!
<<
Palis, io… non lo
so, voglio solo andare da mio fratello. Con chi devo parlare per uscire? >>
Lui
abbandonò l’aria ironica e non mosse le armi di un centimetro << Non con
me>>
<<
Chi ha dato l’ordine? >> chiese ancora
<<
Non insistere, mi metteresti nella posizione di usare la forza e preferirei non
farlo >>
Accettò, sebbene furibonda, di lasciar
perdere. Non era certo colpa sua se aveva l’obbligo di eseguire gli ordini dei
piani superiori.
Eppure, aveva la netta sensazione di sapere
benissimo chi fosse dietro quell’ordine.
Tanet non le avrebbe
impedito di uscire e il re aveva fatto in modo che nessuna di loro restasse
lontana dalla famiglia, perché dare una casa a suo fratello per poi impedirle
di andare a trovarlo?
E poi la mano di Palis non
poteva essere già guarita al punto di farlo tornare a lavorare. Non
spontaneamente almeno. Qualcuno doveva aver sistemato le cose
con i Doni del Dio.
Dannazione!
Cosa aveva fatto adesso a quel maledetto nobile perché le vietasse di uscire?
Non
sei con le squadre e non sei a lezione.
Credeva forse che avrebbe abusato della
loro ospitalità passando le giornate a ciarlare con Xander?
E perché poi dovevano impedirlo solo a
lei?
Non era certo l’unica a saltare le lezioni
da quando erano arrivati i loro parenti!
Irmelin si
assentava spesso per aiutare Patrina e Deneb con la casa nuova, perché lei non poteva?!
Aveva quasi voglia di andare a cercare
Nora per lamentarsi con lei di quel divieto insensato e prepotente. Almeno
avrebbe avuto la certezza di chi insultare. Lei glielo avrebbe sicuramente
detto.
Si fermò all’ombra di una grossa colonna e
si passò le mani sulla fronte.
Aveva
così tante cose da fare fuori da quel posto…
<<
Selyan! >>
Si
guardò intorno per capire chi l’avesse chiamata e vide un uomo agitare una mano
verso di lei
<<
Reno? >>
Lui
si avvicinò << Ho riaccompagnato mia sorella nella sua stanza. Era da noi
per aiutarci a costruire la nostra casa, ma il sole l’ha indebolita. Wanda non
è fatta per i lavori faticosi >> ammise
<<
È il
sole di questo posto che non è fatto per noi >> lo corresse.
Non
voleva aiutare Wanda, non si erano mai piaciute, ma Reno era sempre stato
gentile con lei.
<<
Ho saputo che tu ti sei abituata bene >>
<<
Obbligo >> ammise << Ho disobbedito a un nobile e mi ha messo ai
lavori forzati >>
<<
So anche questo >> la informò << E ho visto le guardie sbarrarti la
porta, stavi scappando? >>
<<
No, volevo solo andare da Xander. A quanto pare
se non sono a lezione o a sgobbare per loro, non posso impiegare quel tempo
diversamente per ordine di qualcuno che non ha intenzione di mettermi al
corrente né delle sue motivazioni, né della sua identità >>
<<
Wanda è convinta che tu stia a cuore a qualcuno dei potenti di questo posto >>
ammise lui e prima che lei potesse chiedere spiegazioni aggiunse << Non
ti hanno forse appena impedito di andare dove non avrebbero potuto
controllarti? >>
Fu
costretta ad annuire. Reno era una delle guardie al portone del palazzo del re,
una delle mansioni più ambite per una guardia. Da lui dipendeva la sicurezza
della nobiltà dell’isola e sapeva chi poteva entrare a palazzo, chi no e anche
il perché. Era stato proprio il fatto che lui e suo padre avessero quel ruolo a
permettere a Wanda una vita talmente agiata da coprirsi notte e giorno dei
gioielli che le erano sempre valsi le prese in giro sue e di Irmelin.
<<
Io penso solo che il nobile che si occupa di me stia cercando di farmi
impazzire per dispetto >>
<<
Anche tu sai come pensano i nobili, figlia di Kerse
>>
Perché
si era fermato con lei? Perché non parlava neanche più?
<<
Reno, stai bene? >>
Lui
restò immobile per diversi secondi, come se stesse valutando la possibilità o
me no di confidarsi. Alla fine scosse la testa in un chiaro segno di negazione
a sé stesso: non ne aveva intenzione.
Eppure
prese a parlare lo stesso << Io e mio padre non siamo mai stati altro che
guardie e mio nonno lo era prima di noi. Non abbiamo mai usato una zappa o un
martello e adesso ci troviamo a dover costruire da soli la nostra casa e a
coltivare per mangiare. Papà è zoppo per colpa della guerra, mia madre è quasi
totalmente cieca e io sono totalmente inutile >>
Non
era quello il suo problema più grosso, ne era certa, ma sarebbe bastato già da
solo ad atterrare un uomo normale. Quale soldato della sua carica avrebbe
sopportato di veder morire di stenti la sua famiglia per colpa della sua
incapacità di adattarsi ad imparare un mestiere nuovo? Ma Reno non era un
incapace! Era un soldato di Kerse, dannazione,
non uno stupido! Lei era certa che avrebbe trovato il modo di andare avanti se
solo avesse avuto la voglia di farlo.
<<
Non dire queste cose! Il re non lascia morire di fame la sua gente e neanche
gli ospiti! Potresti venire nelle squadre con me la mattina. Pagano bene e non
importa se non sei un costruttore esperto, puoi fare il trasportatore come me.
Non è il lavoro migliore del mondo, ma… >>
<<
Sempre pronta ad aiutare gli altri, vero? >> la interruppe lui
Sembrava
quasi un’accusa << Non dovrei aiutare quello che mio fratello considerava
un buon amico? >>
<<
Se la guerra non si fosse presa Kerse, le cose
sarebbero andate in modo diverso >>sospirò lasciandola spiazzata. Non lo
aveva mai sentito dare dell’incapace a Jonas.
Evidentemente era sconvolto più di quanto lei riuscisse a immaginare
<<
Reno, puoi chiedere a Xander di aiutarti
con l’orto, o posso dirti io quello che so appena mi lasceranno libera di
uscire da qui, o…Deneb e Patrina ti aiuteranno senza problemi. I tuoi genitori
non soffriranno la fame. Non preoccuparti >>
<<
Non offenderti, ma non chiederei aiuto a tuo fratello neanche se mio padre
fosse digiuno da tre giorni. Non mi piaceva all’isola e non mi piace adesso che
si crede il Dio del mondo >>
<<
Chi gli ha dato il mantello rosso? Lo sai? >>
Lui
allargò le braccia in segno di resa << Era l’unico parente in vita
dell’ultimo Generale. Quando lo ha preteso, nessuno glielo ha negato. Io ci ho
provato e mi sono preso un pugno in faccia. Per quello che valeva quel mantello
ormai, abbiamo lasciato che lo indossasse >>
Era
una cosa pienamente nei canoni di Xander. Selyan sospirò esasperata dalla sua incapacità di
comportarsi da persona civile. Capiva che era appena scampato alla guerra e
aveva appena ritrovato le persone che lo avevano abbandonato, era normale che
fosse arrabbiato, ma questo non giustificava comunque un pugno in faccia a un
disgraziato suo pari
<<
Mi dispiace >> ammise al posto dello stupido di suo fratello
<<
Non è colpa tua, non sei neanche sua sorella >>
Lei
non aveva simpatia per Wanda come lui non ne aveva per Xander,
ma lui era una persona rispettabile e maledettamente distrutta come lei.
Neanche Reno aveva ancora trovato pace.
<<
Devo cominciare a pensare che lascerai il tuo ordine per un uomo, Selyan? >> chiese una voce dal fondo del corridoio.
Selyan cominciava ad avere il forte
sospetto che Nora la pedinasse negli ultimi tempi. Forse Reno non aveva tutti i
torti quando le aveva detto che i nobili la tenevano d’occhio
<<
Nora, ti presento Reno, fratello di Wanda, sacerdotessa della terra >>
<<
Quella con i gioielli? >> chiese lei curiosa
<<
Esatto, mia signora>> rispose lui inchinandosi
Il
tono arrabbiato e le mani sui fianchi indicavano chiaramente che Nora non era
d’accordo e non riuscì a non sorridere della sua rabbia prima di spiegarle come
stavano le cose << Reno è mio amico. Posso chiedere al Nobile Olen se può entrare nelle squadre stipendiate? >>
Lei
annuì rincuorata << Glielo chiederò io stessa questa sera a cena >>
<<
Vi ringrazio, signora >> aggiunse lui prima di inchinarsi << Devo
tornare a fare il mio lavoro >>
<<
La tua Dea ti assista >> rispose prontamente Nora nell’educato saluto
dell’isola
<<
E il vostro Dio assista voi, signora. Sel… >>
Si
era fermato cercando le parole per congedarsi senza riuscire evidentemente a
trovare qualcosa che avesse senso e non risultasse fasullo per tutti e due. Fu
lei a salvarlo dall’imbarazzo del momento
<<
Ci vediamo in giro, Reno. Buona giornata >>
<<
Anche a te>> annuì lui rincuorato
Appena
l’uomo oltrepassò le guardie Nora sbuffò annoiata << Non ho ancora capito
come diamine vi salutate voi isolani! Cosa ho sbagliato questa volta? >>
<<
Il saluto era giusto, ma anche Reno ha perso la fede nella Dea spietata, Nora >>
<<
Vostra Altezza, vi prego di scusarmi se vi ho fatto aspettare >>
Selyan dell’acqua era
sulla soglia della sua stanza accanto alla serva che l’aveva fatta entrare. Era
seria e composta come ogni sacerdotessa, niente che ricordasse le storie folli
di Nora sui suoi improvvisi scatti d’ira che facevano ridere la piccola nobile
fino a stare male, niente dell’idiozia di cui si lamentava sempre Neithel e ancora meno della curiosità che stupiva
tanto Tanet.
Niente
più che il timore descritto da Ismene nei
confronti dei nobili e il senso di colpa ormai sottomesso dall’abitudine che
aveva visto anche Aaren.
Era
ovvio che fosse così al suo cospetto. Sarebbe stato normale anche se non avesse
passato un pomeriggio intero confinata nel castello senza una minima
spiegazione del perché o del chi avesse dato l’ordine.
Dai
racconti di Elydet aveva avuto più volte a
sensazione che Selyan intuisse gli stati
d’animo altrui e lui non poteva permettere che una delle straniere intuisse il
suo turbamento all’uscita del tempio. Doveva essere assolutamente certo di aver
recuperato il totale controllo di sé stesso prima di avere il dubbio di
incontrarla nei corridoi. Se avesse avuto davvero quel dono, e avesse rivelato
alla sua amica che il re era sconvolto…Tarìc non osava immaginare la catena di eventi e
pettegolezzi che sarebbe seguita. Avrebbero probabilmente interrogato Elydet e lei si sarebbe spaventata a morte per una
cosa che non avrebbe mai potuto rivelarle.
Era
dispiaciuto per la sua prigionia ma allo stesso tempo sapeva di aver fatto la
cosa giusta.
La
fece sedere al tavolo e le avvicinò un vassoio di dolci e frutta. Aveva
sentito Tanet e Nora prenderla in giro per
quanto mangiava quando tornava a casa dai lavori, ma lei non toccò niente
<<
La tua punizione sarebbe finita tra una settimana, ma hai chiesto a Tanet di restare >>
Lei
annuì<< Mi sembra il modo migliore di impiegare il mio tempo. Dopo tutto
quello che fate per noi, il minimo che possiamo fare è dare una mano. Lo avrei
fatto volentieri in ogni caso >>
<<
Lieto di sentirlo, ma ti ricordo che siete qui per imparare, non per lavorare.
Il giorno in cui siete arrivate, tu insistevi per guarire Ismene e mio zio. Non ho mai capito per quale motivo.
Cercavi di attirare la nostra attenzione? >>
<<
Avrei fatto quanto in mio potere per convincervi e non dover ripartire. Il
periodo che avevo appena trascorso in nave… >>
si interruppe incapace di continuare << non volevo ripartire >>
Era
ovvio, Tarìc non era stupido. Sapeva
benissimo perché si era comportata in quel modo, ma aveva bisogno di sapere
quanto poteva aspettarsi da lei. Quanta sincerità e quanti segreti quella
ragazza intendeva tenere con il re in persona << Cos’era a tormentarti? >>
Lei
si prese una pausa in cui sembrava che stesse fissando il legno del tavolo, poi
il re si rese conto guardava qualcosa che solo lei poteva vedere. Qualcosa che
probabilmente cercava di dimenticare e che la costringeva a torcersi
morbosamente una ciocca di capelli << Non riuscivo a pensare ad altro che
alla guerra. Non sopportavo l’idea di… aver
ucciso tutte quelle persone, e avevo bisogno di…
>> sospirò prima di ricominciare << Volevo dimostrare che le mie
mani erano ancora capaci di qualcosa di buono ma... non so come si chiama
quello che cercavo >>
<<
Io credo si chiami redenzione, Selyan >>
le suggerì << È questo che ti ha fatto chiedere di restare nelle squadre
anche se la tua punizione è finita? >>
<<
Più che una punizione, credo che quel lavoro sia un’ancora di salvezza e se
posso restare… >>
<<
Ormai ti sarai resa conto che, chiunque possa aiutare, è il benvenuto lì. Anche
il fratello della tua compagna è stato accettato, Olen glielo
farà comunicare questa sera >>
Quello le aveva fatto abbozzare una timida
traccia di sorriso, subito cancellata dai dubbi che ormai era abituato a vedere
sul suo viso.
<<
Non voglio creare problemi, tutti i danni che ho fatto sono stati solo
incidenti. Vi prometto che non farò più niente che vada contro gli ordini. Per
favore, credetemi. Non voglio che le mie azioni compromettano irreparabilmente
il nome di mia sorella agli occhi vostri e della vostra corte >>
Questa
volta Tarìc restò a bocca aperta << Quando
hai capito il motivo per cui sei qui? >>
Allora
era vero quello che pensava di lei? Poteva davvero intuire i pensieri degli
altri?
Lei
era arrossita e aveva abbassato di nuovo gli occhi sui capelli che stava
torturando << Ely vi adora più di
quanto farebbe con un Dio. Per quanto cercasse di nascondere i vostri incontri,
i suoi occhi lo urlavano ogni volta che parlava con voi. Inizialmente, ho avuto
paura che vi approfittaste di lei per spiarci. Perdonatemi, ma le vecchie
abitudini non si abbandonano facilmente. Sono abituata ai re subdoli che
sfruttano la povera gente per poi buttarla via quando hanno finito. E io sono
una che ha paura di tutto e di tutti in ogni caso, Nora ve l’avrà detto >>
Non
era una risposta alla sua domanda. Quello che Tarìc non
riusciva a capire era se fosse volutamente prolissa per confonderlo o se fosse
davvero sinceramente confusa dai suoi stessi pensieri e si fosse dimenticata la
domanda. Forse doveva essere più diretto
<<
Cosa ti ha convinto che non stavo usando Elydet?
>>
<<
In realtà… non smetterò mai di avere paura
che, un giorno, uno di voi confesserà che voi avete solo usato mia sorella e
Nora ha solo cercato di estorcere chissà quali informazioni a me e Irmelin; il tutto solo per trovare il modo di farci schiave
a causa dei nostri tanto declamati poteri che qui sembrano non essere niente di
eccezionale in confronto a quelli della vostra corte, ma che in realtà fanno
gola al vostro regno da quando Dalia ha fatto attraccare la nostra barca al
vostro molo >>
Tarìc rischiò di impallidire. Aveva di
nuovo preso tempo. Si versò un bicchiere di vino e decise di insistere con le
domande prima che i dubbi la assalissero di nuovo proprio quando aveva
cominciato a parlare.
<<
Perché avremmo dovuto controllare solo voi tre in quel caso? >>
<<
Siamo le uniche tre che odiano Dalia e se ne stanno per i fatti loro >>
ammise lei alzando le spalle << Per voi sarebbe stato più facile scoprire
da noi i punti deboli di Dalia e della nostra gente piuttosto che da chi si
farebbe torturare per difendere la sua fedeltà alla Somma Sacerdotessa >>
<<
Avete davvero dei segreti da dover difendere così strenuamente? >>
<<
Io non credo neanche che qualcuna delle nostre compagne resisterebbe a una
minaccia da parte vostra prima di raccontarvi quello che volete, a costo di
inventare qualcosa per compiacervi >>
Doveva
sapere tutto di loro prima di fare una mossa tanto azzardata<< Puoi
rispondere alla mia domanda, per favore? >>
<<
Avreste potuto smettere di incontrare casualmentemia sorella da molto tempo,
non credo che Ely abbia impiegato più di
due o tre sere per raccontarvi tutto ciò che vi serviva su di noi e invece
siete arrivato al punto di chiamare sua sorella nelle vostre stanze per
parlarne e poi… so che è una maledetta
abitudine che non riesco a togliermi quella di guardare i nobili… ho capito che tenevate a Ely quando ho visto i vostri occhi mentre parlavate di
lei un attimo fa e me l’avete confermato chiamandola per nome invece di usare
un semplice ‘tua sorella’. Mi dispiace, non avrei voluto
controllare così pesantemente le mosse del re ma è mia sorella, altezza, non
potevo abbandonarla >>
Forse
le sue parole avevano un senso. Non gli sembravano bugie o scuse accampate.
<<
Fai molta attenzione ai particolari >> osservò << Avrei la tua
benedizione? >>
Ora
il pallore sul suo viso era diventato fin troppo evidente ed era di nuovo
accompagnato dall’ombra di una paura troppo grande per passare inosservata
<< Perché non avete chiesto a Maleca? È
sua madre, io cosa c’entro? >>avrebbe giurato che era la reazione di qualcuno
che aveva subito qualcosa di grosso da parte dei nobili della sua terra.
<<
Parlerò sicuramente con la madre di Elydet, ma
quale madre impedirebbe alla sua unica figlia di sposare il re se fosse lui in
persona a chiederlo? >>
<<
Quale sorellastra impedirebbe alla legittima figlia di suo padre di sposare un
re? >>
<<
Quella che le vuole molto bene e vede qualche problema in quel matrimonio >>
<<
Per esempio? >> chiese lei di nuovo immobile e attenta.
<<
Cosa succederebbe nel vostro ordine? >>
Un
sorriso passò improvvisamente sul suo viso. Riusciva a cambiare umore in meno
di quanto Tarìc credesse possibile
<<
Posso permettermi di fare una domanda all’uomo innamorato di mia sorella invece
che al re? >>
<<
Va bene >> le concesse improvvisamente incuriosito dalla sua audacia nel
chiedergli di mettere da parte la corona pur continuando a non alzare gli occhi
su di lui
<<
Il re non lo saprà mai? >>
Sorrise
a quella precisazione << Non lo saprà mai >>
<<
Secondo te, se una di noi si sposa con il re di questo posto, lui ci lascerà
restare o ci manderà via comunque? Dopotutto, se la regina fosse una di noi,
non avremmo motivo di dare fastidio. Forse Dalia arriverebbe addirittura a
capire che trarrebbe maggior vantaggio da una regina che la rispetta piuttosto
che da una che la odia a morte e la ritiene una stupida senza cervello. Sarebbe
forzata a comportarsi bene, soprattutto se il re le desse un buon motivo per
stare al suo posto >>
<<
Quale sarebbe? >>
<<
Il re potrebbe chiederle se avesse fretta di tornare a casa o preferisse
restare un altro mese o, magari, un anno per istruire meglio le sue ragazze.
Dalia accetterebbe e starebbe buona nella speranza che il re le tenesse per
sempre, e lui avrebbe del tempo per inventare un nuovo modo di tenerla buona in
seguito. Sono convinta che il re di questo posto sia abbastanza furbo da
tenerla a bada finché la sua Dea deciderà di prenderla con sé. Credi sia
possibile? >>
<<
Se il re decidesse davvero di tenervi qui, chi salverebbe la vostra terra? >>
Sul
suo viso era rimasta impressa la traccia del sorriso che aveva accompagnato la
sua scherzosa domanda, ma i suoi occhi si erano intristiti di colpo mentre
chiedeva << Secondo te, il re non ha ancora capito che venti sacerdotesse
non possono sconfiggere un esercito intero e che sarebbero felici in eterno se
una di loro lo sposasse e lo implorasse di dare una casa alle cinquanta persone
che rappresentano tutto ciò che resta del regno in cui sono nate? >>
<<
Secondo la vostra Somma Sacerdotessa, avete diversi alleati pronti ad aiutarvi >>
La
vide sfilarsi il bracciale che portava al polso e rigirarselo nervosa tra le
mani. Solo allora si accorse di un particolare che aveva ignorato: quello non
era il bracciale che portava tutti i giorni. Era solo una banale striscia di
cuoio ricamata. Dov’era la sua pietra? Non aveva neanche il laccio al collo che
portavano le altre. Se non se ne separavano mai, perché lei era andata nella
sua stanza senza? Tarìc usò anche il suo
potere per controllare. Niente. Perché aveva fatto una cosa del genere?
<<
La figlia illegittima del più grande generale che la storia d’oltre mare
ricordi mi ha detto una cosa, ma passerebbe dei guai seri se si
sapesse in giro. Posso fidarmi di te? >>
Possibile
che avesse già deciso di raccontargli tutto quello che sapeva della sua gente e
avesse lasciato la sua pietra fuori da quella stanza per non essere trovata
dalle sue compagne?
<<
Posso sapere prima da chi è stata informata? Vorrei farmi un’idea di quante
persone sanno questa cosa prima di promettere >>
<<
La sua migliore amica ne è al corrente, ma non parlerebbe neanche sotto tortura
e il suo fratellastro… Se sapeva la verità,
l’ha dimenticata. Il resto della gente di quell’isola vive nell’illusione che
Dalia e il successore di Kerse hanno
costruito perché non si perdesse d’animo >>
<<
Chi l’ha informata? >> ripeté Tarìc più
esigente di quanto avrebbe voluto << Dalia? >>
<<
Dalia non è sicura che lei sappia la verità. Lo sospetta e la tiene d’occhio
perché non parli, per questo non posso rivelarti quello che mi ha detto se non
giuri di tenerlo per te. La ragazza è stata informata da suo padre e dal suo… dall’ultimo vero generale degli eserciti della
sua terra >>
Aveva
le mani strette a pungo e aveva visto le sue nocche sbiancare sulle ultime
parole. Elydet gli aveva raccontato la
storia della sua vita e sapeva quanto era stata legata al successore di suo
padre
<<
Te lo prometto >>
<<
Non ci sono alleati. La nostra isola era così potente da comandare parecchie
terre anche al di là del mare. La guerra doveva passare da loro prima di
arrivare a noi e il nostro stupido re era convinto che nessun esercito avrebbe
mai raggiunto l’isola >>
<<
Cos’è successo? >>
<<
I deboli legami con le Terre d’Oltremare sono stati spezzati con
un’offerta più conveniente di chi ci aveva mosso guerra e quelle persone non
avevano certo voglia di farsi massacrare per difenderci. Lorcan non era un re degno per noi che lo vedevamo
ogni giorno, pensa cos’era per loro che non avevano neanche idea di che faccia
avesse. Per loro non era che un nome accanto a una richiesta di tasse. Né un
viso da immaginare, né un’impresa da ricordare. Niente. Era solo un ordine a
combattere e farsi massacrare. Re Theoden, il
nostro nemico, era la promessa di vivere in cambio del passaggio indisturbato
verso la nostra isola. Chiedi al tuo re quanto pensa che abbia impiegato
il regno di terra a tradirci >>
Era sbalordito da quella storia. Elydet non sapeva molto di come si era svolta la
guerra, solo che li avevano attaccati per la loro ricchezza. Evidentemente la
differenza sociale delle due sorelle si rifletteva nella differenza di
informazioni e di visione del mondo. Elydet aveva
visto la cosa dalla parte dei nobili dell’isola che difficilmente ammettono gli
errori del re, Selyan aveva conosciuto la
guerra dalla parte del popolo e dei soldati di alto grado in un regno in cui
l’esercito non era d’accordo con il sovrano. Lui non sapeva quale fosse la
verità, ma la versione di Selyan sembrava
sensata.
Ecco cosa succedeva ai re che perdevano la
stima della propria gente.
Olen aveva ragione quando diceva che
doveva fare qualcosa per il suo popolo e, se avrebbe dovuto sposarsi di fretta
e contro la sua volontà, lo avrebbe fatto. Anche a costo di permettere a suo
zio di trattare con qualche famiglia nobile, lasciare Elydet e
soffrire tutta la vita per non averla accanto. Non poteva rischiare di vedere
la sua gente sottomessa e straziata come quelle ragazze per un suo capriccio
personale.
Selyan riprese il suo racconto dopo un
sospiro<< La promessa di Theoden si
sgretolò come un castello di sabbia sulla spiaggia in un giorno di tempesta e
il Regno d’Oltremare fu distrutto. Non so che fine abbia fatto
quella gente, ma ne ho una vaga idea. Quelli che hanno raggiunto l’isola, sono
entrati a far parte dell’esercito di mio padre, altri fuggiaschi dei regni
devastati da Theoden ci hanno raggiunto. La
nostra isola era il faro di speranza contro la tirannia di quel pazzo
sanguinario, ma quanti soldati poteva mai avere un’isola e quanti invece poteva
averne un re che aveva preso possesso dell’unico lato di costa davanti al
nostro mare? E chi poteva essere così interessato ad aiutarci da far rischiare
alle sue navi un viaggio nell’oceano aperto? Ormai la nostra piccola isola non
poteva offrire più niente. Eravamo soli. Con nient’altro che la nostra speranza
più grande… >>
<<
Il vostro tempio? >> suggerì.
<<
Mio padre >> lo corresse << Quando Lorcan,
maledetto il suo nome, fuggì abbandonandoci, mio padre prese in mano la
situazione. Riunì l’esercito, accolse i fuggiaschi dal regno di terra e
ordinò loro di nominare un loro comandante in modo che non si sentissero suoi
schiavi. Voleva che combattessero per la loro gente piuttosto che per noi
sconosciuti e il nostro maledettissimo re. Per questo Kerse è
ricordato come Generale degli eserciti. I migliori strateghi
dell’isola ci davano per sconfitti in meno di due mesi. Dopo quasi un
anno, Kerse riusciva ancora a garantire la
nostra sopravvivenza. La dentro le mura aveva ancora speranza, era
davvero illusa che ce l’avremmo fatta e mio padre ordinò al suo uomo più fidato
di non far morire quella speranza per niente al mondo >>
<<
Tuo fratello mentì a tutti con la storia degli alleati? >>
<<
No >> scosse la testa con decisione << non avrebbe mai mentito
ingannando un popolo intero. Cercò di dare alla gente quello di cui aveva
bisogno per non arrendersi. Che fossero sacerdotesse per curare le malattie
della povera gente di cui nessuno si occupava più, qualcuno a cui rivolgersi
quando le famiglie senza più padri finivano alla fame, o la testa di quel
vigliacco del re legata a un palo sulla spiaggia. Mio padre era la
libertà, Jonas era la speranza. Quando
Dalia mentì a tutti annunciando la visione degli alleati pronti a correre in
nostro soccorso, Jonas non ebbe il coraggio
di smentirla distruggendo la fiducia nelle sacerdotesse >>
<<
Perché nessun’altro sa la verità? >>
<<
Non lo so. Non l’ho mai raccontato a nessuno. Avrei voluto farlo prima che la
bugia di Dalia venisse presa sul serio, ma mio fratello mi implorò di non
crearmi nemici potenti in tempi così difficili e mio padre mi avvertì che
l’offesa che avrei arrecato a Dalia avrebbe potuto creare dei problemi anche a
mia sorella. Non c’era niente che non avrei fatto e non farei tutt’ora per mia
sorella. Incluso mentirle facendo vivere anche lei, come tutte le altre, con la
falsa e felice speranza che un giorno torneremo a casa >>
<<
Perché vi attaccarono? >>
Alzò
le spalle << Il vostro regno non ha mai avuto guerre? >>
<<
Non senza motivo >>
<<
Intendete un pretesto? >> chiese con una nota di amara ironia nella voce
<< L’isola era ricca oltre ogni immaginazione. Lorcan chiedeva
una tassa a chi sbarcava e Dalia faceva pagare i servizi del tempio. In passato
non avremmo mai avuto bisogno di cercare altrove le conoscenze che ci
mancavano, le sacerdotesse erano esperte di ogni cosa e la vostra biblioteca
era niente in confronto alla nostra. I primi scontri distrussero il tempio
e Dalia… potete valutare da solo quanto
potesse essere adatta al suo ruolo. Quando l’esercito è caduto, prima ancora
che Theoden dichiarasse sua l’isola, Dalia
aveva già fatto i bagagli e caricato le sacerdotesse sulla nave. Perché Theoden avrebbe dovuto rischiare altri uomini per
rincorrere venti incapaci? >>
Non
credeva che avrebbe scoperto tanto quel giorno. Non sapeva neanche da dove
cominciare a riflettere su quello che gli aveva detto. Immaginava che quella di
Dalia fosse solo una menzogna, ma non avrebbe mai creduto che fosse così
grande.
<<
Vi ho raccontato cosa hanno passato le cinquanta persone là fuori prima di
trovare la pace del vostro regno. Credete che qualcuno possa essere così
stupido da creare problemi? La gente dell’isola sarà felice di potersi fermare
qui, ma non fidatevi mai di noi sacerdotesse, maestà. Mai >>
Quell’avvertimento
lo sorprese parecchio << Perché? >>
<<
Il re sa che Dalia in un solo giorno riesce a mentire più volte di quante
respira? >> chiese lei tornando a ironizzare sulla posizione.
<<
Lo sospettava da tempo, in effetti >>
<<
Il re di questo posto è un a persona intelligente. Questo puoi dirglielo, se ti
va >>
Sapeva
di avere la lealtà di Selyan anche se non
ne aveva mai capito il motivo preciso. Quell’ammissione da parte sua non poté
che fargli piacere, ma decise di valutare quanto effettivamente fosse disposta
a schierarsi dalla sua parte e tradire la sua Somma Sacerdotessa<< Dalia
ha mentito solo per non distruggere i sogni delle sue ragazze? >>
<<
Ci avreste aperto le vostre porte quel giorno, se aveste saputo la verità?
Dalia è convinta che i sovrani siano stupidi come Lorcan e
credo che abbia messo la tunica da sacerdotessa alle più stupide dell’isola, ad
eccezione di mia sorella che è stata infilata in quell’ordine a forza da papà >>
<<
Cosa vuol dire? >>
<<
Ely ha cominciato a sviluppare molto tardi il
suo potere. Quando papà ha ordinato a Dalia di prenderla con sé, vi giuro che
aveva meno potere di Keira e ormai era
grande per iniziare l’apprendistato. Papà voleva allontanare Elydet dai nobili della nostra terra perché corresse
meno rischi possibili durante la guerra che, sapeva, sarebbe arrivata. La Dea
della nostra gente aveva uno strano modo di dispensare i suoi doni. Mia
sorella si è impegnata molto più di tutte le altre in quel tempio, si è
esercitata fino allo stremo per migliorare. Credo possiate valutare da solo i
suoi progressi se vi dico che è arrivata a quello che è in meno di due anni >>
<<
Il suo miglioramento è merito di Dalia? >>
<<
Di Dalia, di mio padre che l’ha mandata al tempio, della sua testardaggine e
del suo orgoglio >>
Non
riuscì a non ammirare ancora di più la ragazza del fuoco. Indubbiamente era
aveva un carattere fermo e deciso, in grado di raggiungere tutti gli obiettivi
che si prefissava al punto di cambiare sé stessa e le sue capacità pur di
riuscirci. Come poteva non essere adatta a governare al suo fianco?
<<
Non dev’essere facile essere l’incapace sorella
della più dotata- >>
<<
No, vi prego! >> scattò Selyan alzando
improvvisamente gli occhi spaventati su di lui
Tarìc non si aspettava certo quella
reazione. Era sicuro che le sue parole fossero solo di apprezzamento, ma lei si
era spaventata. Selyan era un problema
quando era arrivata e continuava a restarlo anche adesso nonostante la sua
lealtà.
<<
Scusate. Sono abituata a… a cercare di
convincere Dalia che non sono niente ai vostri occhi >> si giustificò lei
cominciando a grattarsi nervosamente un polso mentre parlava<< Se vi
sentisse dire una cosa del genere, non mi darebbe pace >>
<<
Capisco >>
Quella
era stata la prima bugia seria da quando aveva cominciato a parlare con lei.
Per qualche motivo, non voleva che la ritenesse potente.
<<
Avevo paura che allo scadere dei due anni la vostra gente sarebbe ripartita e
tua sorella avrebbe sofferto nel non potervi seguire a causa mia >>
<< Ely è fortunata ad avere un pretendente così
premuroso. C’è altro che volete chiedermi? >>
<<
Perché tu e la tua amica odiate Dalia? >>
<<
Dalia odia Irmelin da quando ha messo piede
nel tempio perché non dovrebbe avere più potere di sua nipote, figlia di nobili
di alto rango. La punisce per le cose più stupide e molte volte ha incluso
anche me e Ely nelle sue punizioni per il
semplice fatto di esserle amiche. Tra Dalia e Irmelin,
io ho scelto Irmelin e, tra le altre e noi,
mia sorella ha scelto noi. Non so cosa pensino le altre di questa storia
>>
Non
era quello che si aspettava. Troppo semplice. E lei era ancora lì,
tormentata da una paura a lui sconosciuta e con la sua immancabile punizione a
sé stessa, sul polso ormai arrossato. Decise di tentare di indovinare i suoi
pensieri << O sei figlia dell’uomo che ha dato la vita per la tua isola,
o sei fedele a chi ha ingannato tutta la tua gente prima di fuggire quando
l’isola è caduta. Giusto? >>
Aveva
indovinato e lei sembrava felice che lo avesse detto al posto suo << È
davvero un grande onore servire un re come voi, vi ringrazio >>
Dopo
un inchino, Selyan sparì dalla stanza.
Dalya non voleva Elydet nel
suo tempio. La spiegazione poteva essere solo una e lui cominciava ad averne
paura. Un re poteva sposare la figlia di un importante generale che aveva fatto
le veci del sovrano alla sua caduta e che era stato un eroe per la sua gente,
nessuno avrebbe obiettato, ma la figlia di un padre sconosciuto non sarebbe
stata accettata in nessun regno, in nessun caso. Doveva muoversi prima che
tutta quella storia venisse a galla.
Doveva solo aspettare. Così aveva detto
sua madre. Aspettare e pregare.
Aveva passato la mattina a pregare nel
tempio di Dalia, il primo pomeriggio a lezione e dopo si era rinchiusa in
quella che era la loro stanza nel regno del Divino a pregare
di nuovo.
Quella stanza non aveva più niente di suo
ormai.
Ci tornava per dormirci, certo, ma la
confusione che regnava per colpa delle altre due non aveva niente a che fare
con lei e non le lasciava neanche lo spazio necessario per sentirsi in camera
sua. Come potevano vivere in quel modo?
Dieci servi reali non avrebbero ritrovato
l’ordine in meno di un mese. Forse aveva ragione sua madre a dirle di stare
lontana da loro. Una regina non poteva essere disordinata.
Si stese sul suo letto fissando il
soffitto e pensando.
Il dono che sua madre aveva fatto al Dio
sarebbe stato sufficiente? Forse sì dato il suo valore. Eppure non era qualcosa
che aveva offerto lei personalmente.
Sarebbe stata lei ad essere accontentata,
ma non era stata lei a offrire qualcosa in cambio.
Però la Nobile Ismene una
volta a lezione aveva detto che non si gioca alla compravendita con gli Dei e
che chiedere una grazia non era come chiedere un’offerta ad un banco del
mercato.
La Nobile Ismene aveva
sicuramente ragione e sapeva di sicuro come si trattava con gli Dei, ma Dalia
aveva sempre detto che ogni cosa aveva il suo prezzo e per chiedere qualcosa ad
un Dio o una Dea, era necessario offrire qualcosa in cambio che avesse lo
stesso valore.
Ma cosa poteva avere lo stesso valore
della vita che sognava?
Con cosa poteva scambiare il marito
migliore del mondo e i futuri figli che sarebbero arrivati?
Non c’era niente che valesse una vita di
felicità.
Elydet sospirò
sconsolata. Dalla finestra arrivavano voci indistinte di schiamazzi e urla.
Sicuramente era qualche sua compagna che
non aveva ancora capito che in casa del Potente bisognava
comportarsi bene. Poi tese l’orecchio e capì che era solo Irmelin che discuteva con Selyan.
Avrebbe tanto voluto sapere di cosa discutevano. Solo qualche giorno prima
sarebbe stata lì a ciarlare con loro. Forse poteva offrire quello
alla Dea di Dalia: la vecchia vita in cambio della nuova.
Forse poteva avere un senso. Poteva
scambiare sua sorella e la sua amica con il re?
Forse sì…
Scosse la testa confusa. Non erano
ragionamenti sensati quelli! Gli Dei sapevano tutto e decidevano tutto!
Sapevano che voleva il Perfettissimo re nella
sua vita e sapevano che potevano chiederle tutto quello che volevano in cambio,
senza limite alcuno.
Avrebbero deciso da soli senza stupide
offerte da parte sua!
Fuori ormai era buio e i morsi della fame
cominciavano a farsi sentire. Avrebbe voluto rubare un biscotto dalle scorte di
sua sorella, ma se davvero aveva ragione sua madre, che senso aveva mandare
tutto all’aria per un misero biscotto?
Elydet sospirò
e decise di scendere, come ogni sera, nei giardini reali.
Ormai il re non si faceva vedere da un
paio di giorni. Doveva essersi stancato di lei.
Sentiva
già la voce di Irmelin nella sua testa:
“Ovvio
che non venga più a trovarti! Ha saputo tutto quello che poteva sapere da te e
adesso ti ha abbandonata”
E
quella di sua sorella rispondere:
“Cosa
gli hai detto, Ely? È importante che lo
sappiamo anche noi”
Impiccione! Ecco cos’erano!
Due impiccione scontente della loro vita
al punto di non permettere neanche agli altri di essere felici.
Si avvicinò sul bordo della fontana e
sospirò di nuovo.
Il
re non avrebbe mai apprezzato un viso come il suo. Aveva anche due profondi
cerchi neri sotto gli occhi adesso.
<<
Disturbo? >>
Lo
spavento rischiò di farla cadere in acqua, ma si trattenne. Il re!
<<
Altezza! Voi non disturbate mai >> ammise prima di rendersene conto e
arrossire.
<<
Sei gentile, Elydet >>
Ormai
il suo stomaco era dolorosamente attorcigliato su sé stesso, un po’ per i
complimenti, un po’ per la fame. Lei sapeva solo che le faceva un gran male.
<<
Ti va di fare una passeggiata? >>
Ma certo che sì! Però si limitò ad annuire
con gli occhi bassi.
Il re cominciò a camminare lentamente
verso una porta che non aveva mai visto aperta, infilò la mano nel mantello e
ne estrasse una chiave.
Elydet rimase
a bocca aperta. Era il giardino più bello, più colorato e più curato che avesse
mai visto.
Non
sapeva neanche che esistessero dei fiori che restavano aperti di notte. Era un
giardino stupendo.
<<
Era il giardino privato di mia madre. Continuo a farlo curare per onorare la
sua memoria >>
<<
È…È… >> non
riusciva neanche a parlare.
Lui
le posò una mano sulla schiena per indicarle la strada. Probabilmente il re non
aveva idea del marchio infuocato che aveva lasciato sulla sua pelle, anche se
lui non aveva toccato altro che la stoffa della sua veste
<<
Vieni. Ho notato che ti piacciono le fontane, voglio farti vedere questa >>
Lo seguì. Senza annuire, senza parlare,
senza avere la capacità di fare altro. Lo seguì e basta.
Era effettivamente la fontana più
dettagliata, scolpita e raffinata che avesse mai visto, ma non riusciva ad
apprezzarla come avrebbe dovuto e voluto. Riusciva solo a pensare che non
capiva il perché di tutto quello. Perché il re l’aveva portata nel giardino
privato di sua madre? Perché ci teneva a farle vedere le cose più belle del suo
palazzo? Perché sembrava essere lì solo per lei?
Non lo sapeva.
Lui
le indicò una panchina, le obbedì di nuovo e un attimo dopo cercò di convincere
il suo cuore a battere più piano e il suo respiro a farsi un po’ più profondo
per non morire. Ma come poteva stare calma con il re seduto accanto a lei?
<<
Oggi ho chiamato tua sorella nelle mie stanze >>
I
suoi sogni dorati andarono in frantumi in un istante.
<<
Oh >> non riuscì a dire altro.
<<
Le ho chiesto cosa ne pensasse della vostra situazione, di Dalia, delle sue
bugie e anche della fine della vostra isola. Non si è fatta scrupoli a tradire
la vostra legge che vi vieta di parlare del passato perduto >>
Di
nuovo il re voleva solo parlare di sua sorella e dei problemi del loro
ordine. Elydet si sentì mortificata nel
profondo all’idea di aver pensato che l’aveva portata in quel giardino per
renderla felice. Lui voleva solo un luogo appartato per parlare di ciò che non
poteva essere sentito dalle sue compagne. Amava il re, era il suo sogno da
quando erano sbarcate, ma non poteva sopportare anche quello. Sentì gli occhi
riempirsi di lacrime e si alzò dalla panchina.
<<
Scusate, altezza, devo andare >>
<<
Perché? >> chiese lui stupito.
Non credeva che il re fosse stupido, non
lo aveva mai pensato prima di quel momento.
Avrebbe
ucciso chiunque avesse detto o pensato una cosa del genere fino a un attimo
prima e invece si trovava a pensarlo lei stessa.
<<
Io… vi prego, lasciatemi andare >>
Avrebbe
corso, sarebbe tornata dritta in camera sua se avesse potuto, ma la sua mano
era stata afferrata dalla stretta salda e decisa di sua maestà.
<<
Dalla conversazione con tua sorella, credo di aver capito che non hai un grande
interesse a tornare alla tua isola, vero Elydet?
>>
<<
Cosa c’entra questo adesso? >> gli chiese esasperata dalle sue
farneticazioni.
<<
Volevo essere sicuro di non chiederti qualcosa che ti avrebbe fatto soffrire in
eterno >>
<<
Avete una missione per me? >>
<<
Ho una proposta per te, Elydet, figlia di Kerse>>
Il
suo nome completo pronunciato da lui le provocò un brivido nonostante la rabbia
e la delusione. Con suo rammarico, sapeva che non gli avrebbe negato il più
grande dei sacrifici in quel momento
<<
Ditemi, altezza >>
<<
Vuoi sposarmi? >>
Elydet si buttò tra le braccia del re
singhiozzando. Aveva frainteso tutto come al solito, era solo una stupida
bambina che non gli aveva dato il tempo di parlare e aveva rovinato la sua
proposta. Si sentiva una stupida. Ma si sentiva anche tremendamente bene tra
quelle braccia calde e forti. Aveva sognato quell’abbraccio infinite notti, e
infinite altre lo aveva immaginato, adesso che lo provava davvero sapeva che
non si era mai neanche avvicinata alla realtà. Era la cosa più bella del mondo
<<
Voglio sperare che sia un sì >> commentò lui appoggiando il viso perfetto
alla sua testa
Elydet riuscì solo ad annuire e a scusarsi.
Lui la spinse di nuovo sulla panchina senza slacciare la loro stretta e la
tenne così finché i singhiozzi non finirono e anche dopo.
<<
Mi dispiace di aver rovinato la vostra proposta, mio re >>
<<
Elydet, hai appena detto che mi sposerai, non devi
più usare le formalità con me >>
La sacerdotessa si prese un attimo di
tempo per riflettere e capì che era una concessione troppo grande per lei. Non
voleva correre il rischio di dimenticare che aveva accanto il Figlio del Dio,
né credersi una sua pari con il tempo. Non si poteva essere pari ad una persona
del genere. Né alla sua bellezza, né alla sua intelligenza, né al sangue che
portava nelle sue benedette vene.
Non
avrebbe mai negato al suo re il rispetto che meritava. Neanche sotto tortura.
<<
Userò sempre le formalità che meriti >>
Il
solo rivolgersi a lui come a una qualunque altra persona le costò un certo
sforzo, ma lo sbuffo divertito che sentì dal suo petto cancellò subito quella
sensazione di fatica. Era perfetto.
<<
Sono felice che tu abbia accettato >>
<<
Sono felice io che tu me l’abbia chiesto >>
Lui
le sfiorò il viso con la più lieve delle carezze e poi la scostò leggermente
per alzarsi.
<<
Nessuno sa dove sono, né sospetta minimamente quello che ti ho appena chiesto,
ad eccezione di Nora ovviamente. Passerei con te tutta la notte, ma sono
costretto a rientrare >>
<<
Non voglio sottrarti ai tuoi impegni >>
<<
Io non vorrei sottrarmi al tuo abbraccio, ma… la
vita di un re è fatta di obblighi e rinunce, spero capirai che quella di una
regina non è migliore >>
<<
La mia vita è migliore da quando mi sono innamorata di te >> ammise
arrossendo.
<<
E la mia da quando ti ho visto. Devo andare, ma sappi che sono l’uomo più
felice della terra >>
<<
Come so che non è un sogno? >> gli chiese sfidando il suo sentirsi
stupida
Lui
si sfilò una collana e la appese al suo collo << L’anello del re ti
ricorderà la verità >>
Lei
ammirò il grosso anello che penzolava dalla collana. Lo aveva visto più volte
al dito del sovrano, specialmente nelle grandi occasioni e nelle sedute
importanti. Era un dono di inestimabile valore.
<<
Grazie >>
Per
tutta risposta le baciò la fronte << Perdonami, ma devo chiedere il
permesso a tua madre >>
Aveva
ragione. Il figlio di Dio doveva comportarsi secondo le leggi di Dio, era
giusto, per questo Elydet annuì seria e
decisa e soffocò la sua voglia di urlare le parole che rischiavano di uscire da
sole dalla sua bocca. Certamente gli Dei apprezzavano più la sua educazione
della sua insistenza, ma appena il re sparì dalla sua visuale, non poté non
dirlo al cielo
“Mia
madre sarà d’accordo e darà il consenso senza fare storie o non sarà più mia
madre!”