My choice, our destiny

di MissBlackdeVilliers
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come un tuono ***
Capitolo 2: *** Un incontro non del tutto piacevole ***
Capitolo 3: *** Un cuscino di troppo ***
Capitolo 4: *** Una sorpresa al chiaro di luna ***
Capitolo 5: *** Lyon, 1846: la scelta di una ragazza del futuro ***
Capitolo 6: *** Non ci voglio credere ***
Capitolo 7: *** Un allenamento doloroso ***
Capitolo 8: *** Il potere di Clary ***



Capitolo 1
*** Come un tuono ***


"No! No! No! Cazzo! Cazzo!"

Beh ok.... La finezza non era una mia famosa e rinomata dote, ma - cazzo!!- il cellulare mi era appena caduto nell'enorme pozzanghera davanti a casa mia, dove, come un canotto, galleggiava il prezioso zerbino di zia Prussy. Tirai su con nonchalance l'aggeggio infernale, come lo chiamava la mia adorata nonna, facendo finta di nulla.... Ma non avevo il minimo coraggio a voltarlo per vedere come era ridotto lo schermo.
Tanto ormai era chiaro: la giornata era partita con la luna storta!
Vivere nel Virginia poteva sembrare un'enoooorme figata.... Certo, come no! Avete presente le immense spiagge e il mare che farebbe invidia ai tipi di Baywatch (sì, Pamela Anderson fa parte del mio bagaglio culturale),beh non c'entrano assolutamente nulla con il piccolo paesino di Westcoast, in cui io e la mia "affabile" famiglia vivevamo felicemente e indisturbati...
Dire che sia un posto tranquillo è un eufemismo, posso soltanto farvi notare che l'arrivo del postino era una ricorrenza che ci raccoglieva tutti in torno al fuoco, per la sua grande importanza.
Ma poi che nome è?
West-Coast... Ve lo assicuro, quel posto aveva molto di west, ma ben poco di coast...
L'estate avanzava inesorabile e il caldo afoso sembrava ormai un lontano ricordo, sopratutto ora che un acquazzone stava trasformando la mia casa in una enorme zattera.
Camminavo, cercando di non affogare, tra gli alberi di betulla che circondavano il maestoso giardino di villa Light. La mia famiglia ce l'aveva da sempre: i maestosi corridoi, la miriade di stanze, i saloni da ballo e le imponenti colonne sembravano usciti da un libro dell'ikea del periodo gotico.
Era un luogo molto antico e ricco di mistero, ma ciò che lo rendeva davvero speciale erano le enormi finestre di vetro colorato, che facevano trapelare la luce, la quale, però, non era mai diretta.
Prima regola di casa Light: il nome non deve trarti in inganno, le finestre sono off limits tanto quanto ció che ne può trapelare. Se volevo vedere mia madre davvero infuriata questa era la via migliore...
Gente strana i miei: mia mamma, Annalise, era una bella donna, alta, magra e dai capelli biondissimi. I suoi occhi, oh i suoi occhi erano di un azzurro così chiaro da sembrare ghiaccio. Questo era ciò che accomunava tutta la mia famiglia: capelli chiari e occhi glaciali. Mio padre, Lucian Monroe, era un archeologo; amava più i suoi fossili si qualsiasi altra cosa... Li venerava, letteralmente. Potrei giurare di averlo visto in ginocchio a pronunciare strane parole in una lingua , che mi pareva Arabo, nella sala denominata da mia madre " TU NON CI PUOI ENTRARE". Ecco questa era la seconda strada migliore per vederla soffocare all'istante dalle sue stesse urla...
Beh gli altri sguardi glaciali che percorrevano i bui antri di casa erano quello di mia sorella Lucy, di mio fratello Cody, di zia Prussy e infine, ma non per importanza, di mia nonna Eveline. L'unica donna di casa Light a non trattarmi come una perfetta idiota, cosa che per giunta non ero affatto contando il risultato al QI fatto su internet, o come una lebbrosa.

Volete sapere l'ultima cosa che faceva infuriare davvero Annalise: i miei lunghissimi capelli neri.... nessuno riusciva a capire da dove diavolo fossero usciti fuori... Scherzo del destino? E chi lo sa.
Fatto sta che lei li odiava, per ragioni a me del tutto ignote, e che per questo era sempre meglio tenerli legati o nascosti sotto un cappello a casa: più volte cercó di tagliarmeli di nascosto.
A dire il vero mi si erano appena tutti appiccicati alle tempie e un taglio corto mi avrebbe fatto comodo... Ma questo mia madre non avrebbe mai dovuto sentirlo.
Camminavo assorta nei miei sandali, tutto meno che appropriati vista l'impetuosa pioggia e nel mio vestito lungo a stampa floreale, che , secondo il più che apprezzato parere di nonna, si intonava ai miei occhi verdi scuri. Sì ero una Monroe, niente false speranze ragazzi, lo avevo già appurato: quella fastidiosa e strana famiglia era proprio la mia.

••••••••••••
Ormai il sentiero per raggiungere la casa dei bambini che tenevo abitualmente, lavoro non molto remunerativo, ma abbastanza per farmi saltare la paghetta per l'intera estate, era diventata uno sporco scivolo d'acqua.
La musica alta, mia unica vera grande passione insieme alla lettura di classici (adoro Jane Eyre ed Orgoglio e Pregiudizio, ma quelle cose tipo fantasy... Nah non facevano proprio per me...), mi rombava nelle orecchie.
Insieme al ticchettio della pioggia sempre più insistente, il tutto creava una sinfonia psichedelica.... Mi stavo quasi quasi per perdere in questo vortice di verde erbaceo, di suoni e di umidità, quando un tuono molto vicino mi fede sobbalzare e mi risvegliò, a malincuore, da questo mio sogno ad occhi aperti.

Poi il tuono inizió a spergiurare e a proferire parole che non si addicevano proprio per nulla ad un fenomeno naturale rispettabile.
Mi voltai e ciò che vidi, non era affatto un tuono, ma un ammasso di capelli neri scompigliati, di occhi blu notte e di un sacco di altra roba che richiese tutta la mia attenzione e che impiegó tutti i miei muscoli, specialmente quelli della bocca, perché quest'ultima si spalancò repentinamente...
Un ragazzo, oh al diavolo... Un Dio, si trovava disteso in terra con aria dolorante, probabilmente a causa della caduta fatta a margine del sentiero.
La luna di questa strana giornata si stava lentamente risollevando...


"Ciao a tutti!!!
Sono MissBlackdeVilliers e come potete capire facilmente dal mio nome adoro leggere, mi innamoro sempre di ogni personaggio, tanto che avrei seriamente voluto aggiungere al mio appellativo un "Horendale" o un Cam.... Ma purtroppo Wattpad ha deciso di mettere un limite al numero di lettere...
Beh che dire, questo è il mio primo capitolo di una storia che spero vi faccia venire voglia di ricordarne i nomi e di sognare i personaggi... Anzi se devo dirla tutta è il mio primo capitolo in assoluto! Quindi non siate timidi e scrivetemi pure tutte le critiche e i commenti che vi passano per testa!
Grazie a tutti e spero che questa cascata di capelli neri e questi occhi blu notte abbiamo lo stesso effetto che hanno avuto su di me! :)

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Capitolo 2
*** Un incontro non del tutto piacevole ***


Appena ripresi facoltà di me stessa e mi ricordai di avere un po' di orgoglio, mi ricomposi.
 Lui era ancora lì, disteso su un fianco, mentre snocciolava parolacce davvero molto fantasiose, accostando alla parola "culo" almeno una decina di diversi aggettivi e facendo assonanze per cui anche Leopardi sarebbe sbiancato.
 "Ehm... Scusa, hai bisogno d'aiuto?" Pronunciai quelle banali parole, mossa da una volontà propria e con un tono di voce di almeno 10 decibel più alto del solito. In quel momento stavo odiando anche la mia voce.
 Il ragazzo, che sembrava essersi appena accorto di me, mi rivolse uno sguardo che avrebbe fatto svenire chiunque, anche se non sembrava dar peso all'effetto che provocava. Ma come biasimarlo, era mezzo infognato nel fango, probabilmente con una spalla slogata e tutti i suoi bellissimi, morbidissimi, nerissimi, fantastici, setosi... Ehm ok la smetto... capelli fradici.
 Mi squadrò per 15 secondi buoni con fare accusatorio (ma poi chi ero io per giudicare, dopo che la mia bocca si era aperta e così era rimasta per non so quanto).
 Poi lui disse :
 "E ad aiutarmi saresti te? Senza offesa ma non sono neppure sicuro che tua sia abbastanza forte da reggerti in piedi"
 Con quel poco di amore proprio che mi rimaneva risposi, cercando di farmi più alta di quello che non fossi:
 " Però qua l'unico che appoggia il sedere a terra sei te, mi pare. Non sei... Ehm ,diciamo così, nella "posizione" adatta per i giudicare!" Risposi colpita nell’ orgoglio da quella sentenza che non sembrava detta con fare amichevole, ma piuttosto per stuzzicarmi.
E con fare del tutto teatrale, mi voltai sui tacchi, mi scostai i capelli dagli occhi, mi ricomposi, e inizia a camminare… si, iniziai… perché con fare altrettanto teatrale scivolai su una maledetta pietra. Il dolore partì dall’osso sacro e si diramò velocemente per la colonna vertebrale, fino a salirmi alla nuca.
A distrarmi da questo dolore lancinante furono le risate non molto sommesse del tipo che, in questo momento, si trovava nella mia medesima situazione a pochi metri di distanza.
Non ci potevo credere: 1 a 0 per lo sfrontatello. Ero letteralmente furiosa, ma non con lui, con me stessa. La solita impacciata che non riusciva a farne una giusta.  Avrei davvero voluto ridere e prenderla con filosofia, ma non ci riuscii. Stanca per la pioggia e stremata dall’ennesima litigata con quella donna, mia generatrice, denominata anche “mamma”, avuta prima di uscire,  ridere, sembrava un lontano miraggio.
Una figura molto alta comparì davanti ai miei occhi. Quando alzai lo sguardo, trattenendo a stento lacrime di rabbia, mi scordai immediatamente di tutti i miei insulsi dolorini e dei patetici litigi…
 Mia mamma eh… mamma, mamma ,mamma… quale mamma?
Il suo sguardo indugiava sulle mie guance in fiamme ,la sua mano tesa in segno di aiuto, il suo viso perfetto: zigomi alti, mascella squadrata, occhi magnetici, non un brufolo che fosse uno ( ma almeno ce li aveva i pori?!), mi fecero dimenticare di respirare per un po’.
Poi quella figura idillica, rovinando subito l’atmosfera, iniziò a parlare:
 ” Se fossi un gentiluomo non riderei, ma visto che non lo sono…”
“ Ma non mi dire” commentai, meravigliandomi di avere ancora l’uso della parola.
Ed eccola lì, una fragorosa risata mi riempì le orecchie. Alzai gli occhi al cielo e mi morsi il labbro, due abitudini che mie madre odiava: la prima significava che ero scocciata, la seconda che ero in imbarazzo. Inutile sottolineare che mia mamma era solita vederle entrambe.
Decisi di mettere da parte l’orgoglio e di prendere la sua mano. Beh non che la prospettiva di toccarlo fosse un castigo infernale, ecco….
Quando fummo entrambi in piedi (finalmente), mi accorsi di quanto fosse più alto di me. Il suo corpo statuario mi sovrastava completamente (non che superare il mio metro e 60 fosse un’impresa olimpionica). Doveva fare palestra, immaginai, perché sotto la leggera maglietta nera si potevano scorgere i muscoli definiti.
Ci trovammo fermi, uno di fronte all’altro, la sua mano ancora nella mia e sembrava che nessuno dei due avesse intenzione di mollare la presa. Così decisi di toglierci da questo silenzio imbarazzante e andarmene.
Guardai distrattamente l’orologio e, senza neanche aver letto l’ora, esclamai:
“ Si è fatto tardi, devo andare ora…”
Non potevo credere di starmi privando volontariamente di quel contatto.
“ Ehm si certo, giusto…” Disse lui, come uscito dalla mia stessa trance mitica, forse a malincuore?
Mi voltai con un sorriso sulle labbra, compiaciuta da questa sua inaspettata tristezza nel vedermi andare via.
Ero ormai a dieci metri di distanza, nei quali avevo rischiato di cadere almeno 5 volte, quando una voce saccente alle mie spalle esclamò:
“ Ti dona questo color marrone sul fondoschiena, tesoro!”
Ok, era riuscito a rovinare nuovamente tutto e lo aveva fatto per ben 2 volte.
Decisi che non valeva più il mio tempo e me ne andai stizzita, ma per quanto il mio orgoglio morisse lentamente soffrendo, non riuscii a non compiacermi del fatto che mi avesse chiamata tesoro. Che rabbia!

******************
Sprofondai pesantemente sul divano di velluto giallo della sala di casa mia.
Ero davvero esausta. Badare a due bambini non era affatto una cosa semplice.  Anzi a QUEI due bambini.
Gordon, il più piccolo di circa 5 anni, era letteralmente una peste, non tanto così per dire... Il gioco che lo appassionava maggiorente era catapultarsi dal divano, al tavolo, alla credenza, e con un triplo carpiato scaraventarsi su di me. Non era mai stanco, io ci provavo e riprovavo a farlo addormentare anche solo per 5 minuti, ma la  mission impossible si rivelava fallimentare già al primo tentativo, quando con aria angelica sfilava la fodera del cuscino, ci si infialava dentro e giocava da solo alla corsa con i sacchi. In un certo senso mi ricordava il mio fratellino Cody. Entrambi avevano dei bellissimi capelli biondi, ma gli occhi di mio fratello non erano imitabili: sembravano chiarissimi blocchetti di ghiaccio che si scioglievano lentamente al sole.
La bimba più grande, Trecy di 8 anni, era un geniaccio del male: lo stesso pomeriggio in cui suo fratello cercò di spiccare il volo dal secondo piano, decise di provare su di lui un fantastico e letale miscuglio di alcool, amuchina e acido muriatico, con il presuntuoso obiettivo di fargli crescere un paio di corna.

Devo ammettere che non me la cavavo per nulla male, tenendoli a bada, e tutta questa attività fisica, che consisteva in poche parole nell’evitare che  si ammazzassero, era un ottimo sostituto della palestra.

Finite queste considerazioni mi ricordai di lui. Non ci avevo pensato per tutto il pomeriggio. Anzi, quando lessi ai due piccoli un vecchio libro che parlava di maghi e magie trovato in soffitta, una rappresentazione al fondo della storia del famigerato signore del male, me lo ricordava, per quei tratti duri e quella carnagione lunare.
Ma di conseguenza mi sovvenne in mente anche la mia spettacolare caduta, il suo sguardo che sprizzava superiorità da tutti i pori e la sua battuta finale che tanto mi aveva fatta infuriare :"Ti dona questo color marrone sul fondoschiena, tesoro!”

Oddio… il mio fondoschiena sporco di fango… sul divano giallo di velluto…

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Capitolo 3
*** Un cuscino di troppo ***


~~-Tesoro, mi potresti passare il sale?- Chiese mia madre freddamente.

Mi sporsi leggermente su tavolo e glielo passai.

Non facevo altro dall'inizio della cena che tirare delle occhiate furtive alla famigerata macchia lasciata sul divano. Avevo deciso di sprimacciare il cuscino dai pavoni gialli ocra e adagiarcelo sopra. Non che speravo sparisse per magia, ma semplicemente per ritardare una sfuriata.

-Tesoro il sale ti ho chiesto!- ripetè mia mamma in tono di ammonimento. Mi accorsi di avergli passato il pepe, così mi allungai nuovamente per prenderle il condimento. Il mio essere impacciata lo avete già appurato, quindi non vi stupirete quando verrete a conoscenza che urtai con il gomito il bicchiere di vino di zia Prussy, la quale sedeva di abitudine alla mia destra.

-Oh ma sta un po' attenta, signorina!- squillò quella alzandosi rumorosamente dalla sedia, cercando di non macchiarsi il vestito bianco di flanella, senza successo.

Subito le due pesti dei miei fratelli iniziarono a ridere a crepa pelle: Lucy, distraendosi, si infilò il purè sul naso, facendo aumentare di gran lunga le risate, già fuori luogo, di Cody, che si dondolava pericolosamente sul seggiolone. No, zia non aveva molti fan in casa Light.

-Scusami, ehm non l'ho fatto apposta. - dissi con tono falsamente dispiaciuto: a quella vecchia stizzita stava più che bene. Non che fosse anziana, ma i suoi 50 anni se li portava davvero male. Tutto il veleno delle sentenze che mi sputava dalla mattina alla sera, doveva averla logorata dall'interno. Non aveva mai avuto figli e non si era sposata... chissà perchè. Così era diventata come una seconda madre; almeno, quella che non vorresti mai, che non inviteresti a nessun tuo compleanno e dalla quale non accetteresti neppure un bacio. Si divertiva a mettere su piazza ogni mio piccolo difetto, sia fisico sia linguistico sia di atteggiamento non propriamente inerente ad una" signorina rispettabile e graziosa" , come piaceva dire a lei.

-Annalise, ti prego, dille qualcosa, non possiamo andare aventi con un pericolo ambulante in casa! - concluse la zia riferendosi a mia madre, che sedeva di fronte a me.

-Ha ragione Maddison, hai costantemente la testa tra le nuvole. A cosa stai pensando?- Mi chiese con accondiscendenza, conoscendo già la mia risposta, la quale era uguale per tutte e 50 le volte al giorno in cui me lo domandava.

-Niente mamma, niente...- risposi sbuffando rumorosamente. In realtà la parola niente aveva un ben altro significato e prendeva il nome di... ehm ora che ci penso, non sapevo il suo nome. Ma la sua figura era scolpita in modo indelebile nella mia testa. Non ero attratta solamente dal fisico e dal bel visino, ecco diciamo che quello aiutava, ma dal suo atteggiamento lunatico. Mi aveva tenuto testa e ciò mi piaceva.

" Se ti chiedo il sale, mi passi il sale..." continuò lei, facendo sfumare quella paradisiaca visione.

Ormai mi stavo spazientendo: le avevo passato il pepe, non una dannata bomba atomica!

-Ma non farne un dramma, avevi il sale a tre centimetri, facevi prima a prendertelo... sai, ora che ci penso, dovresti chiedere anche te scusa alla zia... senza la tua richiesta non mi sarei neppure spostata!" sentenziai spazientita dal fatto che non me ne faceva passare mezza.

- Maddison Monroe, come osi rivolgerti a me in questo modo... Lucian, per l'amor di Dio, dì qualcosa! - si rivolse a mio padre, seduto al suo fianco, con fare implorante.

Egli, che stava leggendo un antico libro sui fossili di aracnidi preistorici, alzò brevemente lo sguardo e i suoi occhi azzurrissimi spuntarono dagli occhialini alla Harry Potter :-Tesoro fa la brava.- Borbottò in tono annoiato. E in men che non si dica, tornò a leggere il suo preziosissimo libro.

-Come? Tutto qui ciò che sai fare? Oh certo la parte della cattiva tocca alla sottoscritta. Come al solito..- e ruotando lentamente la testa verso di me, probabilmente prendendo tempo per pensare ad una adeguata punizione, il suo sguardo mutò e iniziò a sbraitare:

- Legati bene immediatamente quei dannatissimi capelli!!!-

No, non c'era proprio nulla che la faceva imbestialire come loro. L'occasione non mi sarebbe sfuggita: mi tolsi l'elastico che li aveva tenuti fissati in una coda bassa fino a quel momento, mi alzai e, proprio come un'attrice del 1940, inizia a farli ondeggiare, come se mi trovassi in poppa al Titanic. Con questa ultima azione mi sarei guadagnata ben un mese di punizione. Ne ero al corrente, ma ne valeva la pena.

-Fermati, fermati subito!- strillarono mia zia e mia madre in coro. Poi quest'ultima aggiunse, rassegnata:

-immagino che tu sappia il grave impatto delle tue azioni. Cellulare sequestrato..-

-Ma mamma...- protestò mia sorella, prendendo le mie parti.

-...fino a nuovi ordini.- concluse.

-...ma sono solo capelli... tesoro, ripensaci.- aggiunse mia nonna, la quale si trovava alla mia sinistra e che, se pur con gran garbo, aveva sogghignato notando l'enorme macchia di vino sul vestito di zia Prussy.

Mia madre si risedette e con questo gesto affermò silenziosamente che l'argomento era concluso.

Mi feci ricadere sulla sedia e bisbigliai alla mia sinistra un grazie, davvero sentito.

Questa mi rispose con un gran sorriso e dopo un secondo aggiunse:

" Sarebbe un vero peccato se non sciogliessi mai questi bellissimi capelli color ebano, Maddy cara.-

Aveva ragione, io affermavo di avere capelli neri, ma non era propriamente esatto. Davano sul marrone molto, molto scuro.

Ma qualsiasi gradazione che mi avvicinasse al colore biondo spettrale, tanto decantato da mia madre Annalise, andava assolutamente ignorata.

******************************

La cena si concluse in un silenzio di tomba.

L'atmosfera non era di certo alleggerita dalle pesanti tende che coprivano le finestre rigorosamente chiuse della stanza. La sala era rivestita da una spessa moquette color verde vomito (o verde smeraldo, come l'aveva definita il rivenditore porta a porta, fin troppo felice di liberarsi di una trentina di metri quadrati di tanta orribilanza) che la zia aveva comprato, dopo che uno strano incendio ebbe aperto una voragine in mezzo al parquet anni prima. Le pareti erano decorate da una fantasia tutt'altro che moderna e il pesante lampadario sembrava uno dei misteriosi fossili di papà.

Cody non riusciva a stare un secondo di più, seduto su quell'alto seggiolone; così, dopo aver ripetutamente pregato di poter scendere, decise di seguire il detto "Chi fa da sé, fa per tre": si slacciò e si sporse dalla seduta, la quale però non resse il suo peso.

Il tutto poi accadde molto velocemente: Cody urlò furiosamente, mentre il seggiolone perse l'equilibrio. Nello stesso istante Lucy fece cadere il piatto per terra, spantegando così l'ottima crema inglese, preparata dalla nonna, sulla moquette, che ora pareve davvero vomito.

Il dramma che si era già presentato nella mia testa non accadde nella realtà, perché oltre al frastuono attutito dalla moquette, del seggiolone che rimbalzò in terra, Cody si trovò adagiato su un comodissimo cuscino giallo ocra, ancora con gli occhi increduli per ciò che era appena accaduto: ma come biasimarlo, si era prefissato di dover piangere a più non posso, causa grave colpo in testa, quando invece non c'era proprio alcun motivo per cui farlo.

Osservai Annalise, non particolarmente scossa, ragionando sul fatto che suo figlio stava per lasciarci le penne, che si portò il bimbo al grembo e con lui si adagiò sul divano...

... Aspetta un attimo... il divano...

Tornai immediatamente con gli occhi sul cuscino che si trovava ancora per terra.

Era giallo.

Era giallo ocra.

Era giallo ocra con dei pavoni ricamati del tutto improponibili.

Lo avrei riconosciuto d'ovunque, anche perchè lo avevo fissato per tutta la serata, sperando nascondesse la macchia di fango.

Ma come era possibile che fosse lì, a terra, nel posto giusto, al momento giusto...

Mia madre, vedendomi probabilmente fissare il cuscino, con uno strano interesse per un oggetto tanto comune, esclamò, particolarmente agitata:

-Che fortuna eh, che quel cuscino fosse per terra... Dovete ricordarmi di non sgridare più Dhorotea per la carenza di ordine. - e concluse il tutto con una risata, che era nervosa almeno quanto il tono utilizzato per sentenziare il resto della frase.

-Si.... Fortuna...- pronunciai queste parole senza un minimo di convinzione: non ero una facile da abbindolare.

Annalise se ne dovette accorgere, perchè una serie di sguardi sfuggenti e ansiosi vennero rivolti a Lucian, a zia Prussy e nuovamente tornarono su mio padre. L'aria era talmente densa, che si sarebbe potuta tagliare con un coltello, e la rete tessuta dalle occhiate che sfrecciavano in sala era talmente fine, che quasi mi sentii soffocare.

Questa storia non sarebbe finita qua.

**************

-Dhorotea, gentilmente andresti a chiamarmi Maddison? - chiese mia madre con tono autoritario alla governante.

-Certo signora Light. - rispose l'anziana signora con tono vigile.

Due minuti dopo eccola bussare alla porta di camera mia.

-Miss Light, vostra madre richiede la vostra presenza nello studio. - annunciò con estrema gentilezza.

Sì, forse ispiravo fiducia e simpatia solo alle donne anziane di questa casa, meglio che niente.

Non riuscivo proprio a capire perché mia madre non potesse chiamarmi da sola, visto che la mia camera e il suo studio si trovavano sullo stesso piano, e, oltre tutto, l'avevo appena sentita chiedere a Dhorotea di chiamarmi, quindi la questione si stava dimostrando una perdita di tempo.

La mia camera non era particolarmente piena e adorna. Le enormi finestre che si aprivano su un balconcino, le uniche a rimanere aperte, facevano entrare una luce calda ed estiva, che creava fantasiose ombre quando puntava sulle centinaia di libri, che si trovavano nella libreria, sulle mensole e accatastanti sulla scrivania e per terra vicino al letto.. ok, erano davvero dovunque.

Ma che ci volete fare, erano la mia passione. Una delle raccolte di William Blake sormontava la pericolante pila accanto al comodino. A pagina 167 sostava la mia matita per tenere il segno, con la quale prendevo appunti e scrivevo considerazioni ai lati. Lo avevo letto decine di volte, ma ognuna era come la prima.

Il mio tallone d'Achille consisteva nei libri della saga di Harry Potter. Non c'entravano nulla con il mio stile romantico ottocentesco, ma che dire, Maddison Monroe aveva un debole per quei maghetti e uno affascinante rapporto con la Rowling: mi identificavo con Hermione, per ovvie ragioni: brava a scuola, passione per la lettura e una curiosità da vendere.

-Si Dhorotea, arrivo subito- risposi di malavoglia. Rivedere mia madre non era proprio la mia più alta aspirazione. Ascoltai i suoi leggeri passi allontanarsi in corridoio e mi alzai pesantemente dal mio letto, su cui mi ero accovacciata ripensando a... ok, dai lo sapete.

Presi il cellulare, già consapevole dello scopo di questa privata conferenza. Me lo avrebbe ritirato senza se e senza ma. Nel suo studio avvenivano solo cose particolarmente spiacevoli.

Entrai senza bussare, non ero in vena di cerimonie.

E con mia grande sorpresa notai zia Prussy seduta su una poltrona a lato dell' enorme scrivania di mogano. Oh perfetto, ora era diventata una cerimonia pubblica.

-Maddison, siediti, gentilmente - disse mia madre seduta su un maestoso seggio.

Scostai la sedia, strisciandola sul pavimento, cosa che fece storcere la bocca a mia zia.

-Credo che tu sappia perchè ti ho fatta chiamare. Ecco vedi, ciò che è successo sta sera...-

-Ok, tagliamo corto, prendi questo dannato cellulare e brucialo se ci tieni !- dissi, sperando di accorciare il più possibile l'agonia.

-Come il cellulare? Cosa c'entra ora il tuo cellulare?- Disse mia madre sinceramente stupita.

Ok, il tutto era davvero molto strano.

Lei era strana.

Sembrava esserci e non esserci allo stesso tempo. Aveva la testa altrove ed era più preoccupata che arrabbiata... non riuscivo proprio a capire...

-Mamma, non ricordi? La sventolata di capelli... Non è per questo che mi hai fatta chiamare?- Domandai, cercando di dare una spiegazione a quella situazione surreale.

-Ah si giusto... beh in realtà... questa non è la priorità. Ora gentilmente rilassati e guardami. Prima ci togliamo il pensiero, meglio è...- continuò mia madre, cambiando repentinamente espressione. Iniziò a guardarmi dritta negli occhi, strizzando regolarmente le palpebre.

Ora sì che il tutto aveva preso una piega bizzarra. Cercavo invano di trovare un filo logico in questo caos di sguardi e occhiate.

-Maddison, non ti muovere e concentrati sui miei occhi. - aggiunse in tono calmo, ma che lasciava trapelare una nota di impazienza.

-Ma cosa stai facendo? Si può sapere che diavolo...- Domandai voltandomi verso Prussy, cercando di capire se anche lei era stranita quanto me dallo strano comportamento di mia madre.

-Ora guardami e basta!! Fa subito ciò che ti ho detto! -

Era pazza. Unica spiegazione logica.

Mi aveva già sgridata in passato, molte volte. Ma questa era diversa. Dalla sua insistenza nel voler che la guardassi negli occhi, si intravedeva una supplica, come se ne andasse della sua stessa vita. Allora decisi di assecondarla, solo per capire dove volesse arrivare e dare finalmente un significato a questa assurda agonia.

I suoi occhi si fecero più chiari, quasi a sbiadire completamente. Sembrava tentasse di leggere una scritta minuscola all'interno dei miei... come se volesse raccogliere ed estrapolare qualcosa, un ricordo.

Era turbata, perché la sua bocca era ridotta ad una sottile fessura.

Muoveva la testa, facendo dei piccoli e frenetici scatti; sembrava che ciò che cercava disperatamente di afferrare, gli sfuggisse come fumo tra le dita.

-Oh, dannazione! Maledizione, maledizione...- Queste erano le uniche parole che si udivano da almeno 5 minuti...

-Ci rinuncio!- concluse infine esasperata e stremata, come se avesse appena corso la maratona di New York.

-Maddalene non ci riesco, mi dispiace ci sto provando da una vita!- disse Eveline rivolta alla sorella.

Allora quella, che era stata ferma sulla poltrona, senza aver proferito parola, si rivolse a me:

-Maddy cara - Ehm, scusate, ho sentito bene? Mi aveva appena chiamata "Maddy cara"?! Ora sì che ero preoccupata -Ti ricordi se è successo qualcosa di...particolare... sta sera a cena?-

- Ti stai mica riferendo all'apparizione di un cuscino sul pavimento, zia cara?- Conclusi la frase con un tono nettamente provocatorio.

Entrambe scossero la testa in segno di rassegnazione. Sembravano sull'orlo di piangere.

Invece si ersero contemporaneamente e mia madre mi fece cenno di andare. Mi alzai e uscii dalla stanza, chiudendomi la porta alle spalle con un tonfo sordo.

Rimasi lì, ferma, con la schiena poggiata allo stipite, cercando di dare una spiegazione sensata a quell'assurda situazione in cui mi ero ritrovata, pur non avendo fatto nulla.

Ero una ragazza logica, attenta e con i piedi per terra e ciò che era appena accaduto non sembrava appartenermi proprio per nulla.

Era tardi, le undici passate, e dalla stanza dietro le mie spalle si sentiva una discussione tra le due donne che 10 minuti prima avevano cercato di spappolarmi il cervello.

Era ricca di "shhh", di "zitta" e di "dobbiamo informarli".

Ora ero davvero incuriosita.

E la curiosità era il mio miglior difetto in assoluto.

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Capitolo 4
*** Una sorpresa al chiaro di luna ***


Il ricordo della giornata precedente era vivido nella mia memoria.
Il particolare incontro nell'ufficio di mia madre mi metteva ancora i brividi e mille domande mi affollavano la testa.
La mattinata era passata in un soffocante silenzio e il pranzo era circondato da uno strano alone di imbarazzo.
La situazione mi intrigava sempre di più: che diavolo erano quelle strane occhiate che mia madre mi aveva rivolto per tutta la sera? Come mai il telefono lo avevo ancora io, invece di trovarsi nelle sue mani affusolate a beffeggiarsi di me?... Ma soprattutto, quel dannato cuscino, come era finito per terra…

Basta. Mi imposi di smettere di pensare a tutto quello che stava accadendo, perché la testa mi sarebbe scoppiata da un momento all'altro.

Eppure sentivo che mi stava sfuggendo qualcosa.

Mi distesi su un lato, alla ricerca di una posizione più comoda, per finire di leggere il libro che sostava, a mio parere, da troppo tempo sulla scrivania…
Ma no, la posizione non avrebbe cambiato nulla.

Decisi che il gelato doveva essere la soluzione adatta al mio malessere, di cui non conoscevo neanche il nome. Ma che dire, il gelato funziona per tutto.
Scesi in cucina a piedi scalzi, cercando di non fare rumore. Erano le quattro di pomeriggio e tutti stavano sonnecchiando.
Almeno credo, perché ero abbastanza convinta che zia Prussy fosse un vampiro.

Mi avvicinai al frigo, sperando che quello al pistacchio non fosse finito… Non pregavo spesso, ma quella era una delle occasioni.
Lo aprii con calma e lo trovai. Un'ondata di felicità mi pervase all'istante. Neanche avessi vinto alla lotteria.
Mi sentii subito rinvigorita. Ancora con l'anta aperta mi domandai se fosse il caso di prendermi una coppetta, naturalmente scelsi di mangiare direttamente dalla vaschetta.
Così, tutta felice, chiusi con un colpo secco il freezer e…

-Oh Dio!- lanciai il gelato in aria che si aprì', con mio grande dispiacere, e si rovesciò in terra.
Un ragazzo si trovava esattamente di fronte a me e potrei giurare che prima non ci fosse stato.
-Mi dispiace averti spaventata- disse lui, con una voce musicale e con degli occhi che trasudavano
imbarazzo. Erano azzurri. Azzurri ghiaccio.

-No, nulla. Figurati…- risposi io con voce tremante.
Stavo ancora fissando il gelato sul pavimento, cercando delle valide scuse da propinare a mia madre. “Eh sai mamma, un gatto delle nevi è entrato in casa e ha deciso che il gelato al pistacchio fosse la sua priorità”. Ok non avrebbe funzionato.

-Io sono Adrian, Adrian Light, un lontanissimo parente di tua madre- continuò lui con tono pacato.
-Oh, sì, certo scusami. Io sono Maddison, Maddison Monroe. E come te, vorrei essere un lontanissima parente di Annalise, ma purtroppo sono la figlia.- sentenziai io con tono serio.

Probabilmente la prese come una fantasiosa battuta per rompere il ghiaccio, perché subito iniziò a ridere a crepa pelle. Se solo avesse saputo quanto fosse vero.
Mi piaceva la sua risata sincera, i suoi modi educati e i suoi occhi.
Ora che ebbi superato lo shock per il gelato, potevo osservarlo più da vicino.
 Era affascinante, una bellezza palese e pulita, nulla di misterioso, ma sinceramente bello. Gli occhi chiari si intonavano al biondo scuro che gli incorniciava il viso. Le ciglia lunghissime gli solleticavano la pelle e il sorriso, oh il suo sorriso, era smagliante e si schiudeva spesso dalle labbra carnose. Il suo colorito era imbrunito, molto simile a quello della mia famiglia.
I miei genitori non uscivano quasi mai da casa, eppure, anche in inverno, sembrava fossero stati baciati dal sole.

All'improvviso sentii mia madre entrare dalla porta, tutta affannata e coperta fin troppo, per una giornata calda come quella.

-Oh, bene. Vedo che vi siete già presentati. Lui è Adrian, mio nipote di secondo grado.-
Disse mia mamma in tono piatto. Non un minimo segnale d'affetto, né nei miei confronti (questo era normale), ma neppure nei suoi.

- Ehm ehm- si schiarì la gola il ragazzo, - in realtà, zia, non sono proprio di secondo grado, ma ben più lontano. Non è così?- disse Adrian con un'occhiata eloquente.

Mia madre sembrò prendere la palla al balzo:
- Ma certo! Scusami caro mi devo essere confusa con… Dreew- disse in tono incerto. -Ora se non vi dispiace devo andare di sopra a sistemare le camere degli ospiti: Adrian e sua sorella alloggeranno da noi per un mese.- E con questo si congedò.

Subito dopo anche Adrian mi disse che aveva da fare di sopra.
 Mi ammiccò in un modo non del tutto angelico e di sicuro non pertinente per una cugina, se pur lontana.
Quando giunse in cima alle scale, si voltò e disse:
 - Comunque, è stato un vero piacere,  Miss Monroe.-  ed eccola lì, un'altra strizzata d'occhio che non lasciava molto all'immaginazione.

Non so perché, ma sentivo che ci fosse qualcosa di sbagliato.

Ero abituata ad avere molte persone diverse a casa; anche se, devo dire, mi sarebbe piaciuto venire avvisata quando cugini di quell'aspetto facevano visita.
Quindi, ciò su cui si diresse la mia attenzione fu il gelato sciolto per terra.

Strano.
Mia madre non mi aveva sgridato per il disastro in cucina.

Strano.
Io non conoscevo nessun Drew.


La cena passò tranquillamente, almeno all'apparenza.
 Nessuno sembrava accorgersi delle frecciatine che mi mandava Adrian continuamente, oppure tutti facevano finta di nulla. “oh Maddy ti dona proprio questo colore” (da notare che scesi a cena con i pantaloni verdi della tuta e una maglietta grigia sgualcita di almeno due taglie più grande), “Anche io adoro i pistacchio, coincidenza?”, “I tuoi occhi sembrano pietre preziose”....
Ad ogni complimento mi facevo sempre più piccola e le mie guance si tingevano di un rosso acceso. L'unica a trovarsi a disagio come me sembrava essere mia nonna, che rischiava di soffocarsi ad ogni occhiolino.
Non mi dispiacevano queste attenzioni: lui era carino, anzi bello, nulla da dire, ma era particolarmente insistente. Scoprii che sua sorella era in realtà gemella, altrettanto bella ma molto meno eloquente e più riservata. Di sicuro la preferivo tra i due.

*******************

Passeggiavo a piedi scalzi sull'erba bagnata, che circondava il lago dietro a casa mia.
Io ero terrorizzata dall’acqua, una vera e propria fobia… eppure…
Lo adoravo.
Adoravo come la luce ci si rispecchiava, come le onde leggere si increspavano e come il mio riflesso risultava magico e delineato in quelle acque.
 Almeno una volta alla settimana mi ritagliavo un'oretta in solitudine, dimenticando i miei problemi e ricordandomi di me stessa, la vera me.
Assorta nei miei pensieri, non mi accorsi che dei passi si avvicinavano.

 Ma quando la sua voce profonda e roca mi solleticò le orecchie, la realtà si riprese possesso di me.
- Ci rincontriamo, è davvero un piacere vederti in piedi e bella pulita- disse il ragazzo che avevo incontrato
un paio di giorni prima.

-Ah... ehm, ciao- spulcia io.
Ora che ci trovavamo al chiaro di luna, la sua particolare bellezza risaltava ancora di più.
 Era vestito pesantemente, forse troppo per una serata di fine estate, Il maglioncino gli copriva le braccia fino ai polsi e i pantaloni lunghi lasciavano intravedere solo una piccola porzione di caviglia. Sapevo di essere arrabbiata con lui, ma ora come ora non riuscivo a ricordare il perché...
Anche lui sembrava essere interessato a me, perché i suoi occhi indugiarono sulla mia camicetta bordeaux e sui miei leggings neri... avrei preferito essermi curata di più i capelli e aver messo il mascara.

- Ti va se faccio un giro con te?- mi chiese leggermente impacciato.
Non avrei mai permesso a nessuno di accompagnarmi in queste uscite serali, ma come dire di no a...
-Allora te saresti?- chiesi, accorgendomi di non sapere ancora il suo nome.
- Eatan, Eatan Shadows... e te?- chiese con un sorriso sulle labbra.
-Sono Maddison Monroe- arrossii all'istante, anche il mio nome mi era sembrato stupido in quel momento.
-Bene Maddison Monroe...è un vero piacere conoscerti- Il suo sorriso ormai sfiorava le orecchie e la sua mano stringeva la mia, che quasi scompariva del tutto all’interno delle sue.

Iniziammo a parlare e, mentre camminavamo, le nostre spalle si sfioravano di tanto in tanto, ma nessuno dei due sembrava infastidirsi da quel contatto casuale, che forse tanto casuale non era.
 Scoprii che aveva 19 anni, che ascoltava i Muse e le prime canzoni dei Beatles, che adorava i vecchi film in bianco e nero. Ma quando citò, durante un' animata discussione che vedeva me, a favore del cinema, e lui, a favore del teatro, uno dei versetti meno conosciuto, ma a mio parere uno dei migliori, di Shakespeare... capii che mi sarei innamorata di lui. Era presto, lo sapevo, ma il modo in cui mi faceva sentire...
 Ogni tanto faceva ancora qualche battuta sulla mia statura da “puffo” o sulla mia leggera “r moscia”, ma il fatto che non cercasse di piacermi per forza, me lo faceva piacere ancora di più.
-Quindi, dicevi, che vi siete trasferiti da poco in questa zona?- continuai io. Ormai parlare con lui era facile.
-Sì esatto, dopo la morte di mia sorella avevamo bisogno di cambiare aria...-
-Oh, mi... mi dispiace. Io non...-
-Non ti preoccupare, non potevi saperlo- disse lui abbassando lo sguardo. -Invece i tuoi da dove vengono?-
Rimasi un attimo scossa dall'improvviso cambio di argomento e dal fatto di dover parlare di mia madre. -Ehm sì, mio padre si chiama Lucian Monroe ed è un archeologo. Mia madre è Annalise, Annalise Light.-

Lo sentii irrigidirsi all'istante. Non la conosceva ancora, ma già sembrava che non la sopportasse.
-Come scusa?! Tua madre è Annalise Light?!- gridò lui all'improvviso, sgranando gli occhi e allontanandosi da me di tre metri.

-Sì- risposi io, incerta – e fidati, non ne vado pazza neppure io.-
-No, no, no, no, no... Te non capisci... Non puoi capire... Cosa abbiamo fatto...- era letteralmente terrorizzato, mi guardava con occhi sbarrati e iniziò a sudare freddo.

-Come, cosa abbiamo fatto?! Abbiamo semplicemente parlato, cosa c'è che non va?-
-Te non capisci... Oddio... Quanti anni hai?- chiese lui affannandosi.
Sempre più stranita risposi che ne avrei compiti 18 dopo due settimane.
-Ecco perché, non hai ancora 18 anni... Io, io devo andare via subito- disse egli, voltandosi verso il sentiero principale.
-No, aspetta Eatan! Mi dici cosa diavolo sta succedendo?- ero sull'orlo delle lacrime. Mi stava piantando in asso, anche se non era un vero appuntamento.
-Io non posso Mad, io non... devo andarmene subito.- e dicendo così iniziò a correre nella parte opposta. Quando stava per sparire dalla mia visuale si voltò verso di me e urlò: -Non dire a nessuno che ci siamo visti.. Mi dispiace, davvero... Io...- e lasciando queste parole in sospeso, si dileguò.

Ero esterrefatta.
Le lacrime iniziarono a scendermi a fiumi sulle guance fresche dalla brezza serale, ma infuocate per la rabbia. Iniziai a correre verso casa, infuriata dalla situazione talmente surreale, da pensare che fosse un incubo.
Cosa diavolo avevo che non andava? Perché ero sempre così sbagliata?
Raggiunsi casa mia in un attimo, le gambe mi bruciavano per la corsa e gli occhi per l'instancabile pianto.
 Non mi ero neppure accorta che le luci della sala fossero accese, quando mia madre richiamò la mia attenzione.
Era tardi e volevo solo andarmi a soffocare con il cuscino.
Così riscesi i tre scalini che avevo percorso e, mentre mi affacciavo alla porta della sala, dissi che non ero per nulla in vena di una chiaccherata notturna. Avrei voluto scoppiare a piangere lì, in quel momento, ma nell’udire altre voci, mi fermai. Allora, entrai completamente nella sala e vidi, con mio grande stupore, mia madre seduta sul divano, con mio padre, zia Prussy, nonna Eveline, Adrian e sua sorella Clary. Mi fissavano tutti, ma non erano interessati ai miei occhi lucidi per il pianto o alle lacrime che ancora mi inumidivano il mento.

-Tesoro- disse mia madre in tono serio e risoluto -siediti.-
La sua voce non ammetteva repliche. Così feci ciò che aveva detto.

- Direi che è arrivato il momento che ti venga rivelata una cosa, e dopo, la tua vita non sarà più la stessa.-

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Capitolo 5
*** Lyon, 1846: la scelta di una ragazza del futuro ***


"...In poche parole, miei cari, quando nascerà questa ragazza nel mese “in cui tutto comincia”, la sua volontà nel diventare Guardiana del Sole o della Luna, deciderà il nostro futuro…”

Queste erano le parole che a Eveline Light, amata nonna di Maddison, riecheggiavano in testa da tanti anni. Più precisamente da quando sua madre, Penelope Light, gliele aveva sussurrate, facendogli promettere di portare avanti questa profezia, ormai cancellata e dimenticata.
Doveva informarla, prima che si portasse questo segreto nella tomba con lei. I 93 anni si facevano sentire… ma non era ancora arrivato il momento...


Lyon, Francia, 1846
Consiglio straordinario dei “Guardiani della Luce del Sole”

La notte incombeva sul grigio cielo francese, come un'ombra che divora tutto ciò che non è polvere.
La pioggia che aveva inumidito i tristi tetti della citta di Lyon, aveva tracciato delle spesse linee nere sulle sottili pareti color avorio del quartiere di Saint-Jean, le quali sembravano le striature sulle guance paonazze di una fanciulla, reduce da un instancabile pianto.
Il fiume Rodano proteggeva la città, circondandola da un manto di vapore e magia.
Le richieste dei bambini squillavano in strada, esortando le loro madri con un'unica richiesta, in tono lamentoso: “Ancora due minuti!”
L'elite parigina e le soirèe non avevano casa in questo sobborgo cupo e misterioso.

A quanto pare era proprio questo l'effetto che “Il Sommo Guardiano” (da quest'anno la Somma Guardiana… -che squallore-) aveva ritenuto adatto all'argomento del consiglio di emergenza, indetto la settimana precedente.
Non avveniva di sovente che a tutti, nessuno escluso, i 28 Guardiani Minori delle altrettante Regioni Illuminate venisse richiesto di sedersi al medesimo tavolo, dopo il famoso incidente diplomatico in Perù, in cui il guardiano giapponese Tekeji per poco non fece scoppiare la Terza guerra mondiale contro l'America, in quanto Vernon Light si rifiutò di assaggiare una specialità orientale a base di gatto.
Il palazzo prescelto trasudava magia al primo sguardo.
Nessun umano avrebbe dovuto avvicinarsi.
Il pallore delle colonne corinzie si sposava con l'allegro grigio dei soffitti.

Ma il passare inosservati è la qualità più prelibata per un “Figlio della Luce”, di qualunque natura esso sia.

La stanza era ampia e scarna. Un tavolo circolare ne occupava il centro. Questo era sovrastato da un antico lampadario a lumini ad olio d'oro.
Il mosaico sul pavimento raffigurava l'incontro tra luce e ombre.
 A quanto pare, una scelta non casuale.
Tutti i membri del consiglio si trovavano già seduti sulle pesanti sedie in velluto. Agli antipodi di questo sostavano Tekeji e Vernon Light, che si astenevano da una civile conversazione. Quest'ultimo aveva portato con sè la figlia, Penelope Light di 14 anni, che a causa della morte della madre doveva seguire il padre in tutti i suoi viaggi di lavoro. Indossava un vestitino rosa che risaltava in mezzo al grigio di tutti gli altri.
Sussurri sommessi riecheggiavano nell'aria troppo spessa e la mancanza di luce solare si stava dimostrando un digiuno inaspettato.
D'un tratto la porta di legno spesso si aprì e una donna bassa e magrolina la sorpassò con passo deciso.
Nessuno si alzò.
Naturale, era una donna, che, per uno strano scherzo del destino, si era ritrovata ad essere a capo di 28 uomini. Anzi 27, perché le Indie erano rappresentate anch'esse da un membro appartenente al sesso debole. A quanto pare, però, la società magica era più all'avanguardia di quella degli inconsci umani, che non riconoscevano le donne neppure come cuoche.
Questa mancanza di rispetto non fu però notata, almeno all'apparenza, dalla donnina che prendeva il ruolo di Somma Guardiana di Francia, perché con eleganza prese posto sull'ultima sedia libera.

-Membri elevatissimi del circolo dei “Guardiani della Luce del Sole”, vi do il mio benvenuto. Sono Fleur Lumie, figlia del deceduto Fredrich Lumie.- sentenziò la donna, senza lasciar trapelare nulla dal suo tono impassibile, né incertezza né impazienza. Il borbottio si fece più insistente nell'udire quelle ultime parole.
Suo padre non aveva avuto figli maschi, quindi lo scettro era passato nelle sue aggraziate mani di femmina. Cosa del tutto inaudita.
-Silenzio. Vi ho convocati tutti qui, con insistenza, per un fatto che non possiamo ignorare.- Probabilmente si fermò per godersi il raro momento in cui tutti gli occhi erano puntati su di lei.
-Come tutti sapete, quando i primi “Guardiani della Luce Diretta” chiesero di poter essere al di sopra, come poteri e come capacità, ai “Guardiani della Luce Riflessa”, questi vennero accontentati.-
Un insieme di urla sovrastò immediatamente la voce di Fleur, per condividere gioia ed emozioni nel ricordare un momento tanto glorioso come quello. Finalmente, ciò che è sempre stato di Cesare, venne restituito a Cesare.

Nella sala si riversarono molti commenti di apprezzamento, tra i quali, i più frequenti sottolineavano il fatto che fosse -logico-, -pienamente sensato- e -senza ombra di dubbio giusto- che i “Guardiani della luce Diretta del Sole” fossero più potenti di quelli della “Luce Riflessa della Luna”.
Non c'era neppure da discutere.
-D'accordo, ora basta!- urlò la donna infastidita, - Questo subbuglio non si sarebbe mai verificato se fossi uomo- pensò con rabbia.
-Siamo tutti lieti nel far riaffiorare alla nostre menti questo avvenimento di importanza storica, che ci ha visto diventare i Padroni dei “Guardiani della Luna” e di conseguenza di tutta la Luce che sfiora questo mondo…- continuò ella riacquistando parte della propria pacatezza.
- Ma un grave presagio incombe su di noi. Come tutti sapete ogni richiesta fatta al mondo della Luce ha un pegno da pagare...- pronunciò la parola pegno” con una gravità che fece alzare le orecchie a ogni membro seduto al tavolo.
-… è stata rinvenuta una pergamena sulla quale spicca la firma del Sommo Guardiano dell'epoca, in cui egli sottoscriveva un patto… accettando così una profezia. Arriverà un giorno, nel mese in cui tutto comincia, un Guardiano di sesso femminile nato da famiglia devota al Sole, che potrà scegliere se appartenere ai “Guardiani della Luce Diretta” o ai “Guardiani della Luce Riflessa”, ovvero se donare la propria anima al Sole o alla Luna. Il suo libero arbitrio decreterà quale dei due astri (sole o luna) governerà sull'altro.- concluse Fleur con tono solenne.
Si guardò in torno e ogni singolo uomo e la Guardiana delle Indie  la fissava con occhi spalancati e aria allibita.
-In poche parole, miei cari, quando nascerà questa ragazza nel mese in cui tutto comincia, la sua volontà nel diventare Guardiano di Sole o della Luna, deciderà il nostro futuro. Se sceglierà la Luce Diretta allora continueremo noi a governare… se invece sceglierà la Luna, i ruoli si invertiranno. E vi posso assicurare che quelli, i Guardiani lunari, ci riserveranno lo stesso trattamento che noi stiamo riservando a loro.- concluse la frase con un misto di disprezzo e assoluta mancanza di interesse.
Nella sala tutti si fecero prendere dalla frenesia.
C'era molto di sbagliato, di strano… e di inaccettabile in quelle parole.
Per prima cosa era del tutto impossibile che il futuro di ogni singolo Mago Guardiano fosse lasciato nelle mani di una ragazza.
Come seconda cosa, il fatto che al compimento dei 18 anni qualcuno potesse scegliere a quale natura legarsi insolubilmente, non era un concetto conosciuto in quel mondo.
Non esisteva una libera scelta. Se si nasceva da una famiglia di Guardiani Solari, questa sarebbe stata la tua ovvia e forzata scelta. I tuoi capelli biondi e gli occhi azzurrissimi ti avrebbero guidato verso la Luce Diretta, o Luce Solare; se invece i capelli corvini e gli occhi profondi avevano fatto capolino sul tuo volto, i guardiani della notte erano i tuoi genitori e la Luce riflessa, o Luce Lunare, avrebbe riscattato la tua anima il prima possibile.
No, una scelta non era contemplata. Almeno, non ancora...

Il fatto di scegliere volontariamente di diventare “Guardiani della Luna”, non era una minaccia tanto grave, perché nessuno con un po' di sale in zucca avrebbe scelto la prigionia della luna, invece che la libertà e il potere del sole. Ma nessuno si sentì abbastanza sicuro di questo, perché a decisione unanime si decise di far sparire il documento della profezia e tutti dovettero giurare di non proferire una sola parola di ciò per avevano appena discusso, salvaguardando così l'equilibrio cosmico tanto venerato.
Era una cosa illegale, su questo non ci pioveva. Distruggere documenti ufficiali non era un gesto corretto, ma ripensandoci la legge erano loro stessi, quindi a chi avrebbero dovuto rispondere delle loro azioni?
Tutti dovettero lasciare una parte del loro vestiario all'interno dell'enorme ampolla di ceramica, fatta comparire dal Guardiano del Marocco al centro della tavola. Si trattava di un oggetto magico, in quanto, come spiegò lo stesso, chiunque avesse inserito all'interno la propria parte di stoffa, sarebbe morto all'istante se avesse riferito ad esterni la profezia.
E così fecero.
28 ritagli dalle più disparate tonalità di grigio giacevano nell'ampolla.
Tutti e 28 si salutarono, più rilassati rispetto alla mezz'ora precedente, con le maniche dei vestiti in cui mancava di un quadretto di stoffa, Uscirono dalla stanza in fila indiana.
1,2,3,4,5...27 e 28.

…29. Penelope Light raggiunse il padre di corsa, prima che la pesante porta si fosse chiusa.

Tutti si erano dimenticati di lei, il 29esimo membro di quella segretissima riunione.
Ma neppure un pezzo di stoffa rosa risiedeva nell'ampolla magica e il suo vestitino era incolume.

**********
Nonna Evelin sapeva che la ragazza nata nel mese "in cui tutto comincia" era giunta.
Sapeva che quella ragazza non sarebbe stata più al sicuro.
 

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Capitolo 6
*** Non ci voglio credere ***


Affogo...
...l'acqua mi lambiva ormai i fianchi e dei lenti brividi mi solleticavano la colonna vertebrale. Ero completamente nuda. Sommersa. Un grido silenzioso usciva dalle mie labbra cianotiche. Delle raffiche di vento bussavano alle mia palpebre serrate.
Ormai anche il seno era ricoperta da quell'acqua, che mi trascinava sempre più a fondo. Dovevo nuotare, ma le mie mani non reagivano al leggero implorare dei miei nervi.
"Seguici " un sussurro ruppe quel rumoroso silenzio. Era invitante, quasi familiare. Per un millisecondo decisi di assecondarlo: le mie gambe reagirono simultaneamente a quel malsano pensiero.
"Così, da brava, raggiungici"...

Una mano mi cinse la spalla, scrollandomi violentemente.
-Maddison! Maddison mi senti?- chiese una voce allarmata.
Aprii cautamente gli occhi. Avevo la vista appannata, ma riuscii a identificare la figura di mia madre, sfocata...
-Io non..- Avevo la voce impastata, come quando ti svegli da un lungo sonno.
Quel sogno... così reale...
-Oh, meno male- disse con un pesante sospiro di sollievo. -Sta bene! Sta benissimo!- urlò poi ad alta voce a tutti i presenti, con un tono squillante.
Giusto, ero in sala con tutta la mia famiglia... ma cosa stava succedendo?
-Cosa mi è successo?- chiesi ancora intontita.
Una mano magra e familiare si accostò alla mia fronte. Era bagnata, capii che teneva uno straccio inumidito. Era nonna Eveline.
-Sei svenuta, ma ora stai bene.-
Mi tirai su a sedere sul divano giallo della sala. La testa mi girava irrimediabilmente.
Tutto ad un tratto mi si avvicinò Adrian, sedendosi troppo vicino al mio fianco, facendo mi scorrere una mano sulla schiena madida di sudore.
Stava esagerando.
-Beh devo dire che l'ha presa piuttosto bene- disse Adrian sarcastico, rivolto a nessuno particolare.
-Oh, sta' zitto Addy, come se te avessi preso facilmente la Cerimonia di iniziazione e il fatto di essere un Guardiano!- disse Clary, pungente, rivolta al fratello.
Le parole mi giungevano ovattate, come se avessi avuto del cotone nelle orecchie, ma quelle ultime mi giunsero fin troppo chiare e tonde.
Tutto ad un tratto mi ricordai cos'era successo...

"No Mad tu non capisci, io...io devo andare..."
 Gli occhi di Eatan si allontanavano dai miei...
"Tesoro, vieni, ti devo parlare"
 Non avevo voglia di parlare con mia mamma o di vedere nessun altro...

"Maddison, avrai notato che ci sono stati avvenimenti particolarmente strani in questo periodo e ormai hai quasi 18 anni, quindi è giunto il momento..." La  voce di mia madre era carica di aspettative...
"Tua sei una Maga Guardiana, Maddison... i tuoi poteri sono..."
A quel
punto persi i sensi, la tensione mi aveva spezzata e caddi a terra con un tonfo sordo...

Ora il ricordo era vivido nella mia mente.
Doveva essere tutto uno scherzo, dovevano avermi presa in giro.
La mia faccia probabilmente perse una qualche tonalità di colore, perché subito mia nonna mi sorresse la testa, pensando che sarei svenuta da un momento all'altro.
-No, non è uno scherzo.- sentenziò zia Prussy con un ghigno stampato in faccia, felice dei miei continui sbandamenti, avrebbe potuto rinfacciarmeli successivamente.
Era come se mi avesse letto nel pensiero... aspetta un attimo...
-Sì, esatto, posso leggerti nel pensiero- disse, rispondendo alla mia muta domanda.
-Come diavolo...?- chiesi ad alta voce, tanto tenermi queste domande per me o dirle apertamente non avrebbe fatto differenza.
-Hahahah!  Maddison, Maddison... Appena sei entrata in sala a cena, l'altro giorno, ci è voluto un secondo perché tutti sapessero che avevi sporcato il divano... e pensare che tanto ti turbavi a non farcelo scoprire...- e concluse il tutto con un'altra risata, accompagnata dalla sorella.
-Come tutti voi? Mamma? Papà?- chiesi con un filo di voce. Era del tutto assurdo.
Non ci potevo credere. Erano diventati tutti pazzi!
 Sentivo di essere sul punto di avere un attacco di panico.
-Sì, tesoro- rispose mio padre dolcemente. - E non siamo pazzi- concluse con un occhiolino.
-Ma perché non mi avete mai detto nulla?... e perché proprio ora?- Domandai sul punto di piangere.
Che razza di domande stavo facendo? Di che diavolo stavamo parlando?!
-Perche hai quasi 18 anni, no?- disse Adrian con un sorriso smagliante sulle labbra. Ok, iniziavo ad odiarlo. Cosa c'era da ridere!?
-Aspetta...- dissi accorgendomi all'improvviso di una cosa...-Anche voi due siete...ecco...-
-Maghi?- Disse Adrian - Sì, io e Clary abbiamo fatto il compleanno a febbraio, quindi..-
Di nuovo questa storia del compleanno, ma perché tutti erano fissati con i miei 18 anni, prima Eatan, poi mia madre, ora Adrian...
Questa volta a leggermi nella mente fu Clary, perchè rispose: - A diciotto anni si inizia la Cerimonia di iniziazione, in poche parole si sacrifica la propria anima in nome della Luna o del Sole...E dopo di ciò si concluderà la tua vita da umana, per iniziarne una nuova da Maga Guardiana... capisco che probabilmente la cosa ti possa spaventare - aggiunse osservando la mia faccia terrorizzata - ma non c'è nulla di preoccupante. Tu sei figlia dei Light, Maghi Guardiani molto potenti e antichi, la tua devozione al Sole è più che palese, anche se... i tuoi capelli.. e i tuoi occhi non..-
- Ehm ehm... ora basta! - disse prontamente mia madre. Era agitata e tormentata, come se ci fosse qualcosa che la turbava profondamente. - Per sta sera è abbastanza, domani inizierà l'addestramento. Non è nulla di che, dovrai solamente esercitarti con i nostri poteri base, come, ad esempio, mantenere il controllo sui Maghi Guardiani della Luna. Sai, loro sono ai nostri piedi e il loro potere ai nostri servigi. - concluse sottolineando l'ultima frase con grande orgoglio.
-Quegli sporchi lunari valgono meno di zero, devono solo stare al loro posto: In basso. - Aggiunse zia Prussy, storcendo la bocca.
Molti commenti d'appoggio si udirono in sala; tranne mia nonna, che non mi toglieva gli occhi di dosso, pensierosa.
Il mal di testa mi stava struggendo.
- Quindi ora basta!- La voce di Annalise coprì le altre -Domani fatti trovare di sotto per le dieci, ho convocato la famiglia di Guardiani Lunari della zona per l'allenamento. Si sono trasferiti qui da poco, dovrebbero essere gli Shadow... Il ragazzo si chiama qualcosa tipo Meatan, o Eatan... Ma tanto non importa. -

Eatan, Eatan Shadow...
 Oddio... La testa riprese a girarmi vorticosamente e caddi nuovamente nel silenzio.


 

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Capitolo 7
*** Un allenamento doloroso ***


Passai una nottata orribile, rigirandomi tra le coperte aderenti alla mia pelle madida di sudore.

Sapevo di sognare tra una dormita e l'altra, che, comunque, non durava più di un'ora, ma non ricordavo mai che sogno fosse. Mi svegliai almeno dieci volte con un sussulto e cercai di convincermi che se fossi tornata a dormire, mi sarei risvegliata appurando che tutto quello a cui avevo assistito fosse un lungo e realistico incubo. Ma non fu così...

Alle 8,30 sentii un leggero toc,toc alla porta di legno di camera mia. Era Dhorotea che mi diceva di scendere per la colazione. Pur non avendomi svegliata da un sonno profondo, ma semplicemente avendomi fatta riemergere da una dormiveglia sfinente, sobbalzai a quel leggero rumore... sembrava così ordinale e comune, rispetto a tutto quello che mi stava accadendo...

Sentii una forte nostalgia per quella banalità e mediocrità che avevano fatto da protagoniste nella mia vita, fino alla mattinata precedente.

Scesi le scale, sforzandomi di non cadere. Ero ancora in pigiama e ciò non sarebbe piaciuto alla zia, ma quello era, al momento, l'ultimo dei miei incasinati pensieri.

Il primo cambiamento che notai entrando in corridoio, fu un'immensa ondata di luce, luce?

Le finestre erano state spalancate.

Ero allibita. Per 17 anni abbondanti non avevo potuto nemmeno scostare una tenda per controllare il tempo fuori, che mia mamma iniziava ad urlare.

Fui talmente assorta da questo pensiero, che mi inciampai sull'ultimo scalino delle scale che conducevano al piano di sotto.

Entrai in sala tremando, impaurita da cosa avrei potuto trovare una volta aperta la porta.

-Ti sei fatta male inciampando?- esortò Clary, la sorella gemella di Adrian, con un sorriso sulle labbra appena entrai nella stanza.

-Tu come...?- ma mi risposi da sola, prima di riuscire a concludere la frase.

-Oh- esclamai, accorgendomi di aver fatto una domanda stupida –Un altro dei vostri trucchetti, giusto...-

-Dei nostri, splendore- Aggiunse Adrian, seduto di fianco alla sorella, con un tono davvero troppo squillante per i miei gusti. Non riuscii neppure a rabbrividire dal fatto che mi avesse chiamata splendore, che i miei occhi ricaddero sulle braccia nude di mia madre, la quale era seduta dall'altra parte del tavolo, affiancata da mio padre e da zia Prussy... Erano decorate con strani tatuaggi, molto sottili e chiari, color ambra, ma ben visibili, che le circondavano tutto l'avambraccio e le risalivano la clavicola, su fino al collo. Feci scorrere lo sguardo sul braccio e il collo di mio padre e così anche su quelli di tutti gli altri presenti.

Rimasi però particolarmente colpita quando osservai la pelle di mia nonna: anche lei era piena di quei disegni, anche se erano più sbiaditi e irregolari. Non capita tutti i giorni di osservare una signora anziana piena di tatuaggi, soprattutto se quella persona è tua nonna.

Com'era possibile che non avessi mai notato nulle del genere. Era vero che nessuno si scopriva mai troppo a casa, ma mi era già capitato di guardare le braccia a qualcuno.

Una voce interruppe i miei pensieri.

-Sono rune Mad- disse Adrian, probabilmente osservando la mia faccia interrogativa... Oh ma che dico, naturalmente non aveva bisogno di osservarmi il volto, visto che poteva leggermi la mente come un libro aperto. Dovevo ancora farci l'abitudine... Mi fece segno di accomodarmi vicino a lui, accarezzando eloquentemente il cuscino. Essendo l'ultima sedia rimasta feci come mi aveva detto.

-Ecco, vedi, sono come tatuaggi- disse mostrando il polso – ma hanno un significato ben più profondo e complesso. Simboleggiano il fatto di aver donato l'anima al sole, come puoi vedere da qui- e così dicendo indicò sulla sua spalla un complesso insieme di linee che formavano un sole, con i raggi che risalivano su tutto il collo. Li seguii attentamente con gli occhi, rapita da quel turbinio di line e tratti. Appena mi accorsi di averlo fissato insistentemente, arrossii violentemente e distolsi lo sguardo, che ricadde sul suo polso.

-Questo che stai osservando ora...- aggiunse lui con un ghigno compiaciuto – è una Chiave. Indica la supremazia dei Guardiani solari su quelli lunari. Loro, invece, hanno un lucchetto chiuso, intorno al polso, simbolo del loro dovere a rispondere ai nostri ordini. – e concluse il tutto con un tono trionfante.

Appena pronunciate queste parole, mi ricordai di Eatan... Lui era un Guardiano lunare... per quello si era allontanato da me così violentemente la notte scorsa... chissà se due guardiani di fazioni opposte potevano...

Ma subito mi ricordai della facoltà di tutti, in quella stanza, di leggermi nel pensiero e cercai di pensare ad altro. Mi concentrai su una cosa qualsiasi, come le tende... che erano stranamente scostate...

-Come mai avete aperto tutte le finestre?- chiesi, mossa da una sincera curiosità

A rispondere fu mia madre, che disse: -Vedi Maddison, questi simboli, o rune, come dice il brillante Adrian, - Aggiunse con uno sguardo mieloso che mi provocò un conato di vomito, -che ci identificano, rispondono e si evidenziano solamente quando la Luce diretta del Sole, nel nostro caso, o quella riflessa della luna, nel caso di quei sporchi lunari, ci picchia sopra. Se la pelle rimane a lungo senza essere illuminata da una o dall'altra luce, allora pian piano sbiadiscono. Per questo le finestre sono sempre chiuse, i vetri oscurati e nessuno di noi esce spesso di casa, e quando capita, ci dobbiamo coprire più del necessario.-

Mi venne in mente la visione di mia mamma che entrava in cucina il giorno prima, quando arrivarono Clary e Adrian, e mi ricordai di aver pensato che fossero vestiti tutti fin troppo, per un pomeriggio estivo. Ora capivo.

-Come avrai di certo notato non ci sono i tuoi fratelli sta mattina, e così sarà ancora per due settimane, fino a quando anche te non avrai effettuato la Cerimonia di iniziazione, che avverrà il giorno del tuo diciottesimo compleanno: non possiamo permetterci che si accorgano di qualcosa....- disse la zia in tono solenne. Arrossii, accorgendomi di non aver per nulla notato la mancanza di Lucy e Cody.

–Quindi, ora che tutti in questa casa sono a conoscenza della nostra vera natura, possiamo finalmente lasciarci illuminare dal sole e tornare a respirare- concluse quella con un profondo sospiro.

Stavo per domandare come mai non potevamo essere messi al corrente di tutto fin dalla nascita, le cose sarebbero state indubbiamente più semplici e lo shock non così forte, che mia madre saltò in piedi osservando l'orologio.

-Oh cielo! Maddison andiamo, l'allenamento inizia tra pochissimo... gli Shodow saranno già arrivati...- annunciò in tono preoccupato. –Non possiamo permetterci che si prendano certe libertà quelli-

-Oh fantastico-pensai, alzandomi dalla sedia rumorosamente. -Non vedevo proprio l'ora.

A quanto pare Clary mi aveva appena letto nel pensiero, perché mi sorrise, passandomi a fianco, comprensiva.

******************************

Il sole era caldo e piacevole sulla pelle nuda. Uscendo di casa ci dirigemmo tutti nel giardino, circondato da betulle, dietro casa. Ero impaziente e molto agitata. Cosa avrei dovuto fare? Come avrei potuto nascondere i miei pensieri , se mi fossi trovata faccia a faccia con Eatan? Di sicuro non potevano aspettarsi che io esercitassi del controllo su di lui...

Appena giunti a metà del vialetto, un viaggio che durò un'eternità a parer mio, in quanto Adrian non smetteva di stiracchiarsi per mettere in luce i muscoli decorati dalle rune, sempre più evidenti, scorsi in lontananza quattro scure figure. Il cuore iniziò a martellarmi violentemente e la testa a girarmi.

Una volta raggiunti i quattro individui notai che anche loro erano coperti da rune, che, però, non splendevano riflettendo la luce del sole. Pensai che probabilmente sarebbero state molto più evidenti di notte, al chiaro di luna.

-Bene, vedo che ci siamo tutti- disse mia zia in voce formale e distaccata. Tutti i presenti si squadravano, anche se era palese che coloro che dettavano legge fossero i miei parenti. Eatan non alzò però lo sguardo, anche se io cercai più volte i suoi occhi.

-Questi, Maddison, sono la famiglia Shadow, naturalmente te non sai chi sono.- Mi sentii sprofondare per un attimo...perché era così ovvio che non li conoscessi, se avessero saputo...

- Ci sono la signora e il signor Shadow e i due figli.- continuò quella con fare altezzoso. Però fu presto interrotta da una voce roca, ma decisa.

-Abbiamo dei nomi, noi- disse la quarta figura con un uno scatto d'ira. Doveva essere il fratello maggiore di Eatan. Subito la madre lo mise a tacere con un gesto della mano e gli sussurrò qualcosa che somigliava preoccupantemente a 'tortura'.

- Allora, ora che abbiamo soffocato gli animi caldi- riprese Prussy minacciosa - stavo dicendo, questa prima sessione di allenamento sarà puramente formale e decisamente basica. La ragazza è a conoscenza del minimo indispensabile, per ovvie ragioni, e, oltre tutto, abbiamo dovuto anticipare di una settimana l'inizio delle lezioni, per altrettante ovvie ragioni.-

Tutte queste ovvie ragioni erano tali per tutti, tranne che per la sottoscritta.

- In poche parole mostreremo alla nuova iniziata il potere più importante per un guardiano solare, avvero quello di controllare, attraverso tortura psicologica e fisica, i guardiani lunari, piegandoli così al nostro volere...- concluse con un sorriso così ampio da sembrare Joker pronto ad uccidere Batman.

A quelle parole mi sentii mancare. Tortura? Piegare al proprio volere? Ma che diavolo...

Subito un braccio mi circondò la vita, con fare protettivo e possessivo. Era Adrian, naturalmente non mi sorprendevo più dei suoi modi insistenti, ma quando alzai lo sguardo vidi che Eatan aveva smesso di osservare con strano interesse l'erba, ma mi, o meglio ci, stava guardando con aria ostile. Appena capii che il suo sguardo indugiava sulla mia vita attorniata dal braccio di Adrian, mi scostai violentemente. Ero abbastanza certa che quest'ultimo lo avesse fatto apposta.

-Bene, Maddy- disse mia madre prendendo in mano la situazione. –Naturalmente te non hai ancora effettuato la cerimonia di iniziazione in cui sacrificherai la tua anima al Sole, ma i poteri della luce diretta sono sempre stati dentro di te, latenti... beh, è giunto il momento di liberarli.

-Ora Adrian ti mostrerà come fare a piegare la mente di un lunare. Se il ragazzo più giovane potesse avvicinarsi al centro- disse indicando con il mento Eatan –potrai osservare attentamente ciò che succede, e poi lo ripeterai tu, quindi sta attenta.-

Prima che Eatan potesse avvicinarsi ad Adrian, quest'ultimo aveva già toccato con le dita il sole sulla sua spalla, che si accese di una luce propria appena venne sfiorato. Nello stesso momento la chiave posta al suo polso scattò. La mia attenzione fu subito richiamata dall'urlo disperato di Eatan, che dopo essere crollato a terra, si contorceva in preda al dolore, strofinandosi convulsamente i polsi, attorno ai quali delle rune che tracciavano il disegno di una catena, si colorarono di un rosso vivo, come un misto di sangue e fuoco.

Avrei voluto urlare e piangere per far cessare quella gratuita sofferenza, ma delle mani gentili mi fecero voltare, distogliendomi da quell'atroce spettacolo, e facendomi appoggiare la testa sella sua spalla.

-Lo so- disse Clary. -So tutto Maddison-

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Capitolo 8
*** Il potere di Clary ***


Le urla laceravano l'aria tiepida del giardino e mi trapanavano la testa, che ben presto sarebbe scoppiata. La camicia di Clary era ormai fradicia a causa delle mie lacrime che le colavano fino al seno.
Non potevo sopportarlo, un urlo disumano.
Il peggio era essere consapevole che quel suono provenisse dalle labbra di Eatan, proprio dalle stesse labbra che pochi giorni prima avevano ostentato tanta sicurezza e spavalderia...
Cosa intendeva dire Clary...  “Io so tutto...” Ma di cosa parlava?
-Maddison, se hai finito di dare spettacolo e di disperarti per questo,- disse mia zia, indicando Eatan con il mento -potrai certamente tornare tra noi.-
-Ci penso io- mi sussurrò Clary nell'orecchio, in modo che la potessi sentire solo io.
Mi voltai lentamente, nascondendo il viso tra le mani, ma osservando tra le dita la figura che ancora si contorceva a terra, scossa da spasmi di dolore. Non ero in grado di guardarlo negli occhi.
Anche se, da quanto avevo capito, coloro che si sarebbero dovuti vergognare della loro natura sarebbero dovuti essere i Guardiani Lunari, mi sentivo sporca come non mai a venire associata alla mia così prestigiosa famiglia. La madre di Eatan piangeva, osservando i polsi del figlio bruciati e il fratello stringeva forte i pugni, tanto da far diventare bianche le nocche.
-Hai visto come ha fatto Adrian, Maddison. Naturalmente non hai ancora applicate le rune, quindi il tuo controllo sarà molto più flebile e fragile, ma dovresti riuscire ugualmente a trasmettere qualche piccola scossa- concluse Prussy con una risatina orgogliosa.
-Io... Io non so cosa fare... Io non voglio... Vi prego non fatemi...- pregai, rivolta a nessuno in particolare, con voce rotta dai singhiozzi.
-Oh, ora non vuoi, ma tra poco non sarà così, proverai quasi piacere ad assecondare il giusto evolversi delle cose. Posso capire che il tutto possa sembrarti brutale all'inizio, ma capisci è naturale... “Come la luna non può brillare di luce propria, ma per farlo utilizza quella riflessa del sole, e, invece, il sole brilla di per sé, noi Guardiani Solari abbiamo il diritto di governare sui lunarli, diciamo... come semplice rimborso della nostra celestiale gentilezza...”- narrò mia zia, con tono solenne, come se stesse leggendo le tavole di pietra di Mosè...
Tutta questa falsa della luna che deve qualcosa al sole, mi sembrava solo un pretesto come un altro di ottenere un potere, altrimenti condiviso.
-Ora è il tuo turno- Aggiunse mia madre, che, per la prima volta, mi guardava con orgoglio.
Con un breve cenno della testa ordinò a Eatan di spostarsi, per far avanzare suo fratello, il quale, avvicinandosi al centro del cerchio formatosi, sussurrò parole che suonavano come “strumenti”, “pezzi di carne” e “guasti”. Io lo osservavo, nel completo panico, pregando un aiuto da non so dove.
-Su avanti, non essere timida...- continuò mia madre, che doveva credersi molto incoraggiante.
Finalmente qualcosa ruppe quell'insostenibile silenzio. Un tonfo sordo fece voltare tutti.
Clary era per terra, ad occhi chiusi, con un'angolazione delle gambe ben poco naturale.
Subito Adrian si fece avanti a spintoni tra mia nonna e mia madre già accorse ad aiutarla.
-Clary... Clary svegliati!- disse con una punta di panico, picchiettando sulla guancia della sorella.
-Forse è meglio che la portiamo dentro, si sarà sentita male alla presenza di questi luridi...- ma la voce di Adrian fu interrotta dal fratello di Eatan, ancora in ginocchio, che urlò a pieni polmoni.
-Oh certo! Ora se lei è svenuta è colpa nostra, giusto!?-
Doveva aver fatto qualcosa di veramente stupido ed eroico allo stesso tempo, parlando in quel modo, perché subito sua madre si lanciò davanti a lui, mentre le dita di mia zia si spostavano sul sole posto sulla propria spalla. Un urlo diverso spaccò l'aria che ci circondava, la donna urlava, Eatan e suo fratello accorsero subito da lei, mentre il padre si avventava su zia Prussy.
-Certo, uccidetela come avete fatto con Mary- sbraitò Eatan, il quale parlava per la prima volta.
Non sapevo chi fosse Mary, ma il fatto che fosse morta a causa della mia specie, mi fece rabbrividire.
-Andate, continueremo un'altra volta, qui ci penso io- disse mia zia con voce atona, che però si premeva la spalla come se dovesse scavarci una buca.
Non riuscivo a muovermi, ma le braccia di mio padre mi avvolsero le spalle, facendomi voltare, mentre Clary veniva trasportata in braccio dal fratello.
Una volta giunti in casa, lei venne portata nella camera degli ospiti, da un aitante Adrian, che non sembrava per nulla dispiaciuto dal dover mostrare la sua forza.
Mi spostai in sala, non sapendo cosa pensare. Se essere un Guardiano Solare significava torturare, comandare in nome di una strana legge fisica e persino...uccidere... allora non volevo essere nulla di tutto ciò.
Sentii ancora in lontananza urli sommessi della famiglia Shadow e l'idea che tutta la situazione fosse fortemente malsana si rafforzò.

***********************************************

Il pranzo si svolse normalmente. E proprio questo mi mandò in confusione.
Non una parola su quanto fosse appena successo, come se tutti avessimo preso parte a un banale corso di cucina o se fossimo andati al cinema. Non toccai cibo, sopratutto perché mia zia mangiava con più entusiasmo del solito.
Doveva essersi affaticata... pensai rabbiosa.
L'unica persona che pareva scossa quanto me, sembrava essere mia nonna Eveline, che più volte cercò di parlarmi: continuava ad aprire e a chiudere la bocca, come se fosse sottoposta ad un profondo dilemma interiore. Doveva essere una cosa importante, perché si torturava le labbra con i denti.
Il pomeriggio sul presto decisi di andare a fare visita a Clary, che non era scesa per pranzo. Una cosa di cui ero davvero sicura, in tutta quella drammatica e insensata mattinata, era il fatto che lei non fosse svenuta casualmente nel momento in cui mi dovetti fare avanti io.
Volevo, anzi, dovevo capire almeno una cosa, tra tutte quelle paradossali che mi stavano opprimendo.
Bussai alla porta che si trovava al terzo piano e una voce grave mi disse di farmi avanti.
-Oh ma sei te!!- annunciò lei, vedendomi entrare, con un tono molto più allegro e togliendosi la pesante coperta dalle gambe.
-Scusa per tutta questa messa in scena, ma non sapevo chi fosse.-
-Ehm, allora...- iniziai io, imbarazzata e, non sapendo da cosa cominciare, decisi che era il momento di stare zitta e far parlare lei.
-Ti starai chiedendo come mai ti abbia aiutato questa mattina, vedi... se non fossi svenuta, bloccando il tuo allenamento, si sarebbe verificato un vero disastro-
-Ok... beh, scusa se te lo dico, ma il tuo piano non ha proprio funzionato- dissi io, incapace di mascherare una punta di risentimento.
-Certo, ma te non hai idea di che cosa sarebbe potuto succedere.- disse lei gentile e subito aggiunse, osservando la mia faccia che esprimeva tutta la mia incredulità nel pensare che ci fosse qualcosa di peggio -Vedi, appena ti fossi impegnata ad esercitare un minimo di controllo sul Guardiano Lunare, la tortura ti si sarebbe ritorta contro. Non chiedermi perché, non ne ho la minima idea, ma di sicuro tutti sarebbero stati convinti che fosse il ragazzo a farlo... a ribellarsi. Io non so, davvero... ma ti posso assicurare che quello che è realmente successo oggi non è nulla a quello che sarebbe successo a lui nel caso in cui non fossi intervenuta.-
-Ma te come fai a dire cosa sarebbe potuto o non sarebbe potuto succedere?- chiesi io, mentre cercavo di non pensare a cosa ci poteva essere di peggio ad una tortura gratuita.
-Beh, come avrai capito, tutti noi abbiamo dei poteri e uno di questi è la visione del futuro. Ecco, questa è una capacità che pochi hanno dalla nascita, è davvero molto rara, anche se tutti, in realtà, possono affinarla con il tempo, ma non saranno mai precisi ed esatti nelle visioni come noi, come me...-
-Tu puoi...?- chiesi allibita. Quante cosa le avrei potuto chiedere...
-Ti blocco subito Maddison. Non possiamo osservare sprazzi futuri a comando, è più come aprire delle finestre a caso, che ti mostrano attimi che devono ancora avvenire... è difficile da spiegare.- concluse quasi in tono di scuse.
-Ma come mai ti preoccupi di quello che sarebbe successo agli, come è che dite voi, sporchi lunari?- dissi, sputando quelle ultime parole in tono di sfida.
-Senti, io non posso dire di considerare quelli pari a noi, hai ragione, ma di sicuro non trovo giusto il modo in cui vengono torturati e come Adrian ci si diverte. Su questo punto siamo d'accordo.-
Sembrava sincera e nei suoi occhi si poteva leggere il disprezzo che provava verso il fratello.
-Tu hai detto...”io so tutto”... ma a cosa ti riferivi?- chiesi impanicata. Sapeva di Eatan?
-In una di queste visioni future ho osservato un lago, una ragazza e un ragazzo... ad ognuna di queste tre cose ho dato un nome appena giunta qua, se mi spiego... Ti ho riconosciuta subito entrata in casa e, appena giunti in giardino, anche Eatan mi è sembrato particolarmente familiare.- disse con un occhiolino.
-Si, ecco... lui non sapeva che io fossi... e neppure io che lui...ecco noi non...- Aveva visto il nostro casuale incontro giù al lago, il panico mi pervase immeditatamente e il sangue mi corse alle guance, rendendole bollenti. Dovevo trovare le parole esatte per evitare che qualcun' altro venisse punito.
-Non ti preoccupare, non ho intenzione di dire niente a nessuno, non porterebbe nulla di buono. Oltre tutto la sua leggerezza, se così possiamo chiamarla, nel rivolgerti a te è comprensibile: guardandoti non si direbbe mai che tu sia una figlia di solari... ecco i tuoi capelli e gli occhi non...-
Indugiò, osservando i miei tratti.
-Beh, grazie di tutto- snocciolai imbarazzata. Cosa avrei dovuto dire alla persona che mi aveva salvata più di una volta, osservando squarci del mio incasinato futuro?
Nonostante tutto, sentivo di aver trovato un'amica e mi crogiolai per un secondo pensando a quella nuova prospettiva.
Il momento durò letteralmente un secondo, perché fu interrotto da Adrian, che si precipitò in camera, senza bussare.
La sua faccia era terrorizzata e mi guardava con timore. Non era da lui questo atteggiamento trasandato e subito il tono balbuziente della sua voce mi fece allarmare.
-Mad, si tratta di tua nonna, lei... ecco, lei sta male, molto male... l'hanno portata di sotto, non credo che ci sia nulla da...- Ma non riuscì a finire la frase, perché lo sorpassai, urtandolo, con le lacrime che già mi bagnavano le guance.

Mi diressi, guidata da un istinto sconosciuto, nella stanza di sotto, quella di cui nessuno mi aveva mai voluto informare, quella che mie era sempre stata vietata, sapendo che era là, il posto in cui l'avrebbero portata.

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