Cademon's fell - Phoenix's cinders

di yoursincerely_ila
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


Ed Sheeran - FireFly

 
La neve scendeva così lentamente che persi il mio sguardo in un piccolo fiocco.
Erano così fragili e affascinanti allo stesso tempo.
Ma se se ne mettevano insieme un bel gruzzolo erano abbastanza forti da farti male.
Un po' mi ricordavano Jace.
Erano passati solo due giorni e mi erano sembrati un'eternità. Forse per il fatto che ero abituata a vederlo girare per casa, o perché ne ero proprio innamorata persa. Vedendo il suo borsone quel fatidico ventitré Dicembre, avevo capito che se ne stesse andando. Solo, non volevo ammetterlo a me stessa.
Prima che se ne andasse, lo avevo osservato per cercare di imprimere ogni suo piccolo particolare nella mia mente, in modo tale da non farlo diventare solo un ricordo, ma parte di me per ogni singolo giorno.
Ero seduta nell'amaca di camera mia, sdraiata su un fianco. Con un piede scalzo, cercavo di farla muovere per rilassarmi. Non che ci riuscissi.
La routine di questi due giorni era stata abbastanza statica: stavo seduta per tutto il giorno qui, e mia madre aveva rinunciato a farmi mangiare in cucina, mi portava lei i pasti.
Già, Jocelyn era qui. Aveva deciso di non partire perché "mia figlia è caduta in un stato di depressione", disse al caposala dell'ospedale mentre parlava al telefono, l'avevo sentita.
Non ero caduta proprio in niente, forse nei miei passi, anche se ho sempre pensato che bisogna andare avanti. Ma quando non si passa in certe situazioni, è proprio semplice parlare.
Mi sembrava di essere in un limbo dove chiudere gli occhi corrispondeva a incubi, e tenerli aperti al dolore. Non quel tipo di dolore fisico, che guarisce dopo una settimana. Un tipo di dolore diverso, conficcato nell'anima. Questo sì che sarebbe stato difficile da curare.
Solo in quel momento mi ero resa conto che avessi rinunciato subito alla ricerca della 'cura', senza nemmeno provarci. Forse questo significava che avrei avuto un qualcosa su cui concentrarmi.
In questi due giorni mia madre mi aveva aggiornato su una possibile guerra, anche se non mi disse contro chi. Non che glielo avessi chiesto. Veniva, si sedeva di fronte a me sul letto, e incominciava a parlare sperando di trovare nei miei occhi una piccola scintilla di vitalità. L'unica parola che bofonchiavo era un goffo 'grazie', insieme a qualche piccolo sorriso spento. Non volevo far soffrire Jocelyn, ma doveva capire che non riuscivo ad affrontare questo.
-Clary, tesoro. Ci sono visite-. Sussurrò mia madre sulla porta. Non l'avevo sentita entrare. Mi sorrise imbarazzata e se ne andò. Al suo posto entrò un ragazzo alto, capelli spettinati e occhiali un po' storti. Corse subito verso di me e mi abbracciò ma non riuscii a contraccambiare.
-Clary, Clary che ti è successo?-. Chiese Simon scuotendomi le spalle. Lo guardai negli occhi e mi ricordai quando, insieme a Jace, pranzammo tutti insieme. Una lacrima scese com’era successo nei giorni precedenti, ma non mi mossi.
- È stato quello stronzo di Jace. Se lo vedo, lo ammazzo-. Gridò alzandosi per poi mettersi le mani ai capelli.
-Non... offenderlo-. Sussurrai flebilmente, facendo un grande sforzo. Si, se n'era andato senza una spiegazione, ma io l'amavo ancora. E nessuno l'avrebbe offeso. Simon rise istericamente.
-Sul serio, Clary? Ancora lo difendi?-. Mi guardò spregevolmente.
-Sei cambiata-. Disse. -Io non ti riconosco più-. Aggiunse ferendomi nel profondo del cuore. Simon non aveva mai perso le staffe con nessuno. Ero sicura lo avrei perdonato, perché mi voleva solamente troppo bene. Uscì dalla stanza sbattendo la porta.
-Allora?-. Sentii mia madre chiedere.
-Non lo so, Jocelyn. Ho cercato di spronarla ma non ha reagito. Clary non ha reagito!-. Disse confuso e sorpreso. Continuarono a parlare ma decisi di non ascoltarli.
Delle persone si preoccupavano per me, dovevo ricambiare in qualche modo.
Mi alzai faticosamente. Non avevo più tanta forza dato che gli allenamenti erano fuori discussione. Arrivata in bagno, mi guardai allo specchio. Non ero proprio io, se qualche giorno fa mi ero sentita carina, in quel momento mi sentivo un essere insignificante. Le occhiaie scure sottolineavano il cambiamento del colore dei miei occhi verdi, in molto più scuri. Le labbra erano asciutte, non bevevo quasi per niente.
Era normale stare male per una persona così importante come Jace, era solo il primo impatto. Mi sciacquai il viso beandomi di quella freschezza temporanea. Mi asciugai la faccia e riguardai la mia figura allo specchio: era tempo di reagire.


N.A.
 
Ciao bellissime! Sono tornata dopo tanto(scusatemi scusatemi scusatemi) con il primo capitolo di Cademon's fell- Phoenix's cinders. Se vi state chiedendo cosa c'entra la fenice, vi rispondo subito: comparirà durante la storia! Comunque, cosa ne pensate ? Cosa fará la Clary distrutta? Scrivetelo qui sotto!

1) Per prima cosa volevo dedicare questo capitolo a @weirdistheway ( non so come si tagga o qualcosa del genere quindi spero che lo leggerà(i) ) per esserci stata in ogni capitolo, GRAZIE!

2) VOLEVO SCUSARMI PER L'IMMENSO RITARDO, ma pensavo che all'inizio non interessasse a nessuno, poi ho visto i frutti ed ho capito la lezione. Scusate <3

Tanti bacioni di ri-inizio

La vostra Ila xx

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


Jason Mraz - I Won't Give Up

L'aria fresca mi sferzò il viso. Tenevo le braccia distese lungo il corpo con il diario in mano continuando a camminare con estrema lentezza. Era straordinario come il 24 di Dicembre si mostrava un po' di sole, anche se nascosto dietro le nuvole.

Finalmente arrivai all' Edward's, il bar più conosciuto di Cademon's fell, e ordinai un muffin ai frutti di bosco. Qui ero venuta con Jace la prima volta che eravamo veramente usciti insieme. Mi diressi verso il nostro tavolo vicino la finestra e lo accarezzai, ricordando le nostre mani unite proprio in quel punto, sorrisi.

Mi sedetti al mio posto, e incominciai ad osservare fuori dalla finestra.

Mi piaceva osservare, riuscivo a capire la maggior parte delle cose o sensazioni o stati d'animo senza fare domande inutili.

Il bambino che piangeva mano nella mano con la madre.

Lo studente con il telefono in mano.

Il datore che correva con la sua valigetta di lavoro.

Vivevano la vita e basta, giorno per giorno.

Se prendiamo in considerazione il fatto che la vita deve andare avanti, è ovvio che non ci sia alcun dubbio. D'altronde si vive lo stesso. Se si paragona il vivere ad una corsa, si sa che ci saranno sempre degli ostacoli o delle fosse durante il tragitto. La stessa cosa avviene ogni giorno.

Ma una persona può andare avanti in due modi: o la vita ti vive, o tu vivi la vita. Due concetti semplici e chiari ma completamente opposti.

Se la vita vive la persona allora i giorni passano senza che tu te ne accorga non sapendo neanche quando sia il tuo compleanno.

Se la persona vive la vita allora si godrá ogni singolo secondo della sua esistenza, ogni singolo giorno pensando fosse l'ultimo.

Vedendola da questo punto di vista e sapendo che potrei avere una scelta, sceglierei sinceramente la seconda.

Anche se posso fare una scelta, reagirò sempre d'istinto, senza pensarci. Ed è proprio quello che ho fatto.

Avevo deciso che la vita mi doveva vivere, perché io non riuscivo a fare il contrario.

-Ecco a lei-. Disse la cameriera sorridendomi. Mi porse il muffin su un piattino poggiandomi affianco un bicchiere d'acqua.

Le sorrisi per ricambiare e presi il cucchiaino per incominciare a mangiare. Il gusto aspro e dolce allo stesso tempo, e la crosta dura, ma con il  cuore morbido,mi riportarono alla mente il viso di Jace. Ero proprio così:scontroso con tutti, ma affettuoso con pochi. Se riuscivi a conquistarti la sua fiducia, avrebbe dato la vita pur di non perderti. Io avrei fatto lo stesso, anzi, lo stavo facendo. Stavo perdendo la mia vita, il senso della mia vita, perchè stavo perdendo Jace. O forse l'avevo già perso.

Lasciai i soldi vicino al piattino con un po' di mancia, e uscii fuori per dirigermi a casa.

Dovevo combattere, dovevo reagire, lo avevo promesso. Oggi finalmente, dopo che Simon mi aveva fatto visita, ero riuscita ad uscire senza troppe spiegazioni.

Era già un passo avanti. Ora dovevo incominciare con la mia vecchia vita, quindi allenamenti graduali, ma sopratutto dovevo ricominciare un rapporto col mondo esterno. Riallacciare i rapporti con Simon e con mia madre, o anche con Alec e Isabelle, se fossi riuscita a scoprire dove fossero. Ma volevo anche trovare il distruttore della mia anima, il ragazzo che si era preso un pezzo del mio cuore, doveva pur essere da qualche parte.

L'unica cosa che riuscivo a pensare, però, era che Jace mi mancava, tanto.




N.A.
Allora, siamo al secondo capitolo e Clary rimane la guerriera di sempre. Jace ovviamente è sempre il pallino rompipalle che le rimane in testa... ma che fine ha fatto? eheh scrivete!
Pubblico il prossimo a due recensioni

Vi amo

ila xx

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


The Cinematic Orchestra - To Build A Home

Mi sentivo così bene. Potrei dire finalmente, ma in quel momento mi sentivo protetta da una persona a me cara, ma che non era Jace. L'avevo capito subito, perché quando Jace mi abbraccia è come se fossi in paradiso.

-Buongiorno-. Disse mia madre, e potei sentirla sorridere. Mantenni gli occhi chiusi e incominciò a farmi un lieve solletico. Incominciai a ridacchiare e aprii gli occhi. Solo in quel momento mi accorsi che ero praticamente sdraiata su mia madre, che su letto. Seduta, mi abbracciava facendomi sentire piccola e protetta, come quand'ero più giovane.

La guardai negli occhi, sorriso su sorriso, e finalmente la vidi alzare le labbra verso l'alto. Niente sorrisi tirati o imbarazzati o finti. Sorrideva per quello che era, e dovevo ammettere che mia madre aveva il sorriso più bello che avessi mai visto, anche se non me n'ero mai accorta.

-Auguri-. Mi disse abbracciandomi ancora di più, facendo sì che potessi appoggiare la testa sulla sua spalla. All'inizio non capii a cosa si riferisse, infatti la guardai confusa. Poi il mio cervello si accese, collegando tutto.

-Oggi è Natale!-. Affermai capendo, guardando mia madre ridere di gusto. -Auguri!-. Aggiunsi. La abbracciai così forte che cadde con la schiena su letto.

-Vieni, dobbiamo aprire i regali-. Disse alzandosi. La seguii di sotto, dove trovai Simon stravaccato sul divano, dormiente con la bocca un po' aperta. Incominciai a ridere, ma mi tappai la bocca subito cercando di pensare a qualcos'altro per smettere. Non che ci volle molto a pensare alla mancanza di Jace.

Decisi di scacciare quel pensiero perché quella giornata me la volevo godere, e mi avvicinai sedendomi sulle ginocchia difronte il suo viso.

-Simon-. Gli sussurrai all'orecchio, e girò la testa dall'altra parte.

-Mamma è domenica..-. Sussurrò dandomi le spalle. Decisi di sedermi sopra la sua schiena buttandomi di peso.

-Mamma sono sveglio, sono sveglio!-. Disse aprendo gli occhi di colpo facendo cadere gli occhiali, che erano posati sul poggiatesta, a terra con un gomitata. Risi a crepapelle e notai che pure mia madre, appoggiata vicino le scale, ridacchiava. Mi alzai, e la stessa cosa fece Simon fulminandomi con lo sguardo, anche se poi sorrise lo stesso.

Mi alzai e andai sotto l'albero a prendere tutti i regali per metterli sul tavoli di fronte al divano. Ci buttammo tutti e tre sul divano, io in mezzo. Mia madre prese un piccolo regalo rivestito di carta rossa e me lo porse. Mi sorrise e io ricambiai, incominciando a scartarlo. Tolta la carta, rimase una scatola nera. La aprii delicatamente e trovai una collana. La catenina argentea era molto sottile ma corta, con al centro un ciondolo anch'esso sottile, ma incantevole.

-È l'alfa, la prima lettera dell'alfabeto greco-. Intervenne mia madre, la guardai confusa.

-Non ti posso spiegare ora il significato, deve arrivare il suo tempo-.

-Grazie comunque, è bellissima-. La abbracciai e alzai i capelli con una mano in modo che me la mettesse.

-Mh.. no. Non te la devo mettere io-. Mi sorrise tristemente, ma non capii il perché.

-Aspetta e vedrai. Abbi pazienza-. Decisi di ascoltarla e le rivolsi un piccolo sorriso. Mia madre mi mise le gambe in grembo in modo da stenderle, e continuammo a scartale regali. Era felice e speranzosa, e fui contenta che finalmente non mi vedeva più come un fantasma senza emozioni vittima di se stesso.

Diedi i miei regali quasi subito, e gli piacquero molto. Simon regalò a mia madre un libro e lei delle bacchette firmate dal batterista preferito di Simon. Era fuori di sè , e ringraziò mia madre qualche quindici volte. Gli era rimasto abbracciato per cinque minuti buoni. Simon invece mi regalò una felpa verde scuro che avevo adocchiato a Brooklyn, ma che costava troppo. Prima lo rimproverai perché non ne era valsa la pena, ma subito dopo lo ringraziai felice.

Anche se eravamo sempre noi tre, quello fu il Natale più tranquillo e bello di sempre, perché riuscì a percepire cosa volesse dire 'ama le persone che ti amano'.

Anche se mancava la persona più importante per me. Forse da una parte è stato un bene. In fondo le mie attenzioni erano rivolte sempre a lui, ma quel giorno ero riuscita a dedicarmi alle persone che volevo davvero bene.

Finalmente stavo riuscendo a rialzarmi, ma non ce l'avrei mai fatta senza l'aiuto di mia madre e di Simon. Quel giorno capii una cosa molto importante: non bisogna mai smettere di vivere, perché ci sono persone che a te ci tenevano e che di conseguenza soffrivano insieme a te.



N.A.
La scuola è iniziata e la mia vita sociale si è ridotta all'1%,scusate se lo pubblico dopo un mese!
Per farmi perdonare, pubblico anche il quarto
Bacioni

Ila xx

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


Cher Lloyd -Want U Back

-Clary sei sicura?- . Mi chiese preoccupato nella speranza di farmi cambiare idea. Io ormai avevo deciso: quella sera doveva essere un momento di libertà,  non volevo pensare a niente e dimenticare tutto. Feci un respiro profondo.

-Si-. Risposi sicura guardandolo negli occhi. A quel punto Simon annuí arreso per poi guardare fuori dal finestrino. Stranamente quella sera il cielo era piuttosto sereno, anche se era la notte di Natale.

Poche ore e sarebbe stata la fine di quell'agonia.  Poche ore e sarei diventata la ragazza di Jace. Poche ore e speravo l'avrei rivisto, speravo sarebbe tornato. Doveva venire, lo sapeva.

Oppure no?

Il taxi si fermò proprio di fronte al locale da dove si sentiva già una leggera musica. Scendemmo e dovetti mettere tutta me stessa per non ritornare a casa e arrotolarmi sotto le coperte con un pigiama extra-large , al posto di quel vestito aderente con quei tacchi vertiginosi. Quel giorno ero diversa.  Volevo esserlo.

Io e Simon ci fiondammo subito a bere, anche se lui mi buttava diverse occhiatacce come per dire 'stai attenta'. Gli rispondevo sempre con un sorriso prima di mandare giù il bicchiere pieno di liquido dolciastro che mi ritrovavo davanti. Che fosse stato amaro o dolce,  volevo solamente dimenticare.

-Tre Long Island e tre Sex On The Beach-. Mi alzai sui gomiti e il barista mi guardò sorridendo.

-Che hai intenzione di fare?-. Chiese Simon seduto sulla sgabello accanto a me e di fronte al bancone. Teneva bene l'alcol, a differenza mia che avevo già gli occhi lucidi, ma non lo ero altrettanto mentalmente. Risi tranquillizzandolo, fin quando il barista ci portò le ordinazioni.

-Grazie-. Dissi spostando i tre Long Island verso Simon.

-Non dovresti ringraziarmi, ti sto facendo solo del male dandoti questi-.Disse il barista indicando tutti e sei i bicchieri. Lo osservai mentre pulita il bancone con una pezza vecchia ormai grigiastra.

-Ma è quello che voglio, tu non c'entri-. Dissi facendo dei movimenti circolari con il bicchiere.

-Il mio lavoro non è uno dei migliori. Posso sapere chi è questa bella ragazza che vuole farsi del male?-. Ci riflettei un attimo prima di rispondere. 

-No,non puoi-. Sorrisi incominciando a bere il primo bicchiere.

-Si chiama Clary- . Si intromissione Simon,facendo l'occhiolino al barista.

-Il suo numero è 334347...-.

-Simon!Ma... cosa ti salta in mente?!-.  Lo interruppi prima che potesse continuare. Invece di darmi una risposta seria rise,e anch'io lo imitai senza un motivo preciso. L'alcol faceva già effetto,mi sentivo più leggera e libera e il dolore per Jace era passato quasi in secondo piano.

-Io sono Jake-. Disse sorridendomi ,e solo in quel momento notai la somiglianza con Alec: capelli corvini, occhi azzurri ma caratterialmente erano sicuramente opposti. Fermai Simon quando lo vidi poggiare sulle labbra il secondo bicchiere.

-Oh no,ti dichiaro guerra,caro mio. Bevili tutte e due di seguito a vetro. Se perdi paghi pegno-. Annuì buffamente e gonfiò il petto. Alzò il bicchiere, fece un respiro, dando il via alla gara. Jake lo incoraggiava e io ridevo, e come avevo previsto, alla fine vinse. Gli applaudimmo e fece un qualcosa che somigliava ad un inchino, anche se stava per cadere. Risi ancora di più,quando fu il mio turno, fin quando una voce parlò.

-Bene bene,Clary. Dai, voglio vedere quello che sai fare. Se perdi balli con me-. 

Mi girai di scatto,troppo velocemente, inziando a focalizzare dopo qualche secondo la sua presenza di fronte a me.

Rimasi paralizzata.
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. ***


Adele - Make You Feel My Love

In quel frangente capii che il mondo stava cadendo, che tutti i castelli che mi ero costruita si erano sgretolati, sentii il rumore di tutti i pezzi infrangersi a terra con un rumore e una lentezza assordante. E tutto questo fu provocato da un semplice sguardo. Ma no, non era uno qualsiasi. Era il suo sguardo. Quello sguardo che mi aveva trasmesso miliardi di messaggi e emozioni in poco più di un mese. Sentivo troppe cose, troppe. I miei occhi erano fissati nei suoi e non riuscivo proprio a cacciarli. Riuscii a isolare la musica che batteva nella mia testa come un martello, riuscii a isolare la mia mente. Non sentivo più niente. Solo il suo sguardo caldo su di me. Improvvisamente fu tutto sfocato,troppo. Poi, tutto buio.

***

Un radura enorme, maestosa, il verde brillava sulle foglie toccate dalla rugiada. Alcuni fiori bianchi prendevano spazio nel terreno, redendo quel posto speciale. I miei passi continuavano lenti, cercando di trovare il suo sguardo. Camminai e camminai, poi sentii un rumore. Mi fermai affilando lo sguardo.
Qualcosa mi coprì la vista, sentendo solo il profumo del cioccolato bianco. Risi poggiando le mie mani sulle sue,stringendole leggermente. Mi girai incapace di contenere la felicità, che finalmente aveva preso il mio possesso, e lo abbracciai. Mi prese per i fianchi facendomi fare un giro completo. 
-Ti amo tanto,piccola Clary-. 
-Anche io, piccolo shadowhunter-. La mia fronte sulla sua, i nostri respiri all'unisono. Le nostre labbra erano sul punto di sfiorarsi, mancavano pochi millimetri. Aspettare era diventata un'agonia, volevo avere assolutamente un contatto diretto. 
Non accadde.

***

Sentii il cuore pulsare dentro la mia testa, che doleva come non mai. Dovetti stringere gli occhi e farmi forza per alzarmi e andare a prendere un bicchiere d'acqua. Tutti quei giramenti erano dovuti al post-sbornia, e molto probabilmente alla sua vista. Non sapevo se l'avevo visto realmente, o se era stata colpa dell'alcol,  non sapevo e basta. Potevano essere sì e no le cinque di mattina,  il sole incominciava a filtrare i suoi raggi. Tornando in stanza, vidi una figura seduta a terra, con la schiena e la testa poggiate al muro. Quando mi vide si alzò di colpo, ma non si avvicinò subito. Capii che quello che era successo poche ore prima era tutto vero, che Jace era lì, di fronte a me. In quei pochi secondi volevo urlargli quanto cazzo mi era mancato, quanto avevo sofferto e di certo volevo baciarlo e abbracciarlo e stargli vicino per sempre.  Volevo dirgli che lo amavo come non avevo mai amato nessuno, come se fosse la cosa più semplice del mondo.  Perché, sì, lui rendeva le cose piuttosto semplici,  e il solo fatto di non esserci stato per quella settimana mi aveva cambiato totalmente la visione della vita, ma anche delle stupidagini. Volevo sdraiarmi accanto a lui e raccontargli tutto, volevo che anche lui mi raccontasse tutto quello che aveva, e non aveva fatto. Volevo sentire il suono della sua voce, una melodia nata per essere ascoltata.

Ma in quel momento, riuscii a dire solo quelle quattro parole. Possibile che mettere in ordine delle lettere andava a formare frasi che ti uccidevano dentro?

-Mi hai lasciata sola-.

Il suo sguardo triste tramutò in rabbia contro se stesso, ma fu l'unica cosa che vidi del suo viso. Mi rinchiusi in camera poggiando la mia mano tremante sulla bocca. Perché ero riuscita a dire solo quello? Perché non gli ero corsa in contro? Appoggiai la schiena alla porta scivolando lentamente fino a toccare il pavimento. Un pugno al muro mi scosse ancora di più, facendomi sussultare tra le lacrime.

Tra i singhiozzi senza tregua, qualcosa di estenuante che reprimevo da tanto, capii che "quelle quattro parole" erano la verità sbattuta in faccia a tutti e due.

N.A.
Salve a tutti! Finalmente il quinto capitolo! Clary soffriva troppo per la mancanza di Jace.. ma chi dice che ora non soffrirà più? Questo capitolo mi sta specialmente a cuore, perché un po'  rispecchia la vera me di ogni giorno, quella che vuole dire cento cose, ma se ne dice una forse è anche sbagliata. Comunque volevo ringraziare tutte quelle persone che votano/commentano questa storia che è diventata una fetta fondamentale di questo periodo. 
Se volete contattarmi anche su  altri social, 
Facebook: Ilaria Genovese 
Twitter: @fulminash

Scusate la breve parentesi, e mi raccomando, lasciate il vostro pensiero qui sotto! 
Baci

Ila xx

P.s. vi voglio bene, anche se non vi conosco, ma non importa. Mi avete reso felice quando non vedevo il motivo di esserlo. Non ve lo dico mai, ma esiste sempre la prima volta!

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6. ***


One Republic - Apologize

 

"Caro James,

Finalmente ho scoperto che i distruttori della nostra persona siamo noi stessi. Vedi, se consideriamo un'azione,bella o brutta che sia, ci saranno sempre delle conseguenze. Siamo succubi delle nostre scelte. Siamo succubi di noi stessi. Il che, non risolve il mio stato d'animo, né lo allieva. É solo colpa mia se provo qualcosa per Jace, o se tutti sono preoccupati per me.

Io sono un disastro, James. E l'ho capito solo ora. Ora che forse ho perso la persona che più amo solo perché sono stata io a mandarla via. Ora che non merito di stare in questa vita, io non merito niente. Quando l'ho visto li, di fronte ai miei occhi, il cuore ha incominciato a battere così forte che per un momento ho pensato potesse uscire fuori dal petto. Ho pensato che finalmente ero riuscita a trovare un posto nel mondo. Ma poi il dolore era tornato come un'ondata d'acqua salata e non ho potuto non sentirmi sbagliata.

Io lo amo, perché non si può smettere di amare una persona da un giorno all'altro. Si può smettere di divertirsi, o di comprare scarpe costose. Amare é come respirare, non potevo farne a meno ora che sapevo come si facesse.

Ma lui mi aveva lasciato senza dire niente. Gli addii erano la cosa più difficile del mondo, ma quello era stato troppo.

Io.. Non sapevo che pensare. Non mi amava abbastanza? Speravo di avere avuto amore a sufficienza per entrambi, forse non era bastato.

Almeno so che tu ci sarai sempre per me,no?"

Lasciai cadere la testa contro la porta. Chiusi gli occhi inspirando profondamente, per poi buttare via tutta l'aria. Uscire da quella stanza avrebbe significato incontrare Jace, o almeno in fondo speravo fosse rimasto. Da una parte volevo ascoltare tutte le spiegazioni che mi avrebbe dato, spinte anche e sopratutto dal desiderio di vederlo, dall'altra volevo rimanere ad affogare nei miei pensieri seduta contro la porta, le gambe strette al petto.

-Non si può raggirare il futuro-. Sussurrai sospirando. Presi il diario in mano e prima di dirigermi in bagno, lo posai sull'amaca. Misi dei semplici jeans e una felpa verde, ma guardando il mio riflesso allo specchio non riuscii a non sentirmi sbagliata per la seconda volta. L'amore è qualcosa di pericoloso, di rischioso, perché in quel momento mi stava uccidendo.

Mi versai un po' di succo d'ananas nel bicchiere, quando arrivai in cucina. Quel ventisei Dicembre la mia voglia di fare qualcosa era tarata zero, e ringraziai mentalmente mia madre per non aver esagerato con le decorazioni, perché mi avrebbero solo fatta chiudere in camera. Volevo distrarmi, dimostrare che non ero asociale come credevano, così mi diressi in salotto a vedere un po' di televisione.

Seduto sul divano in tutta la sua magnificenza, vidi Jace di spalle, che probabilmente guardava qualcosa fuori nel giardino. Mi bloccai, cercando di mantenere il controllo.

La sua presenza è irrilevante, mi ripetevo. Era così surreale la sua figura ferma lì, ma di più il fatto che volevo stargli lontana. Il che, era piuttosto strano in quanto ero ipoteticamente la sua ragazza. Ipoteticamente.

Prendendo in considerazione il fatto che in quella stanza c'era solo un divano, mi dovetti sedere insieme a lui, ma a debita distanza. Presi il telecomando e incominciai a cercare un programma decente che rispecchiasse il mio stato d'animo. Sentivo il suo sguardo profondo e sicuro bruciarmi la pelle, ma mantenni costante la mia attenzione alla TV. Trasmettevano Romeo & Giulietta.

-È incredibilmente affascinante come l'amore possa portare a scelte,come dire, estreme-. Ammise con un sorrisetto dopo un teso silenzio. Aveva allungato le gambe, e disteso le braccia, arrivando con la mano ad attorcigliare una ciocca dei miei capelli.

-Infatti. Ma sai, loro si amano. Non che tu sappia cosa sia,ovviamente-. Ribattei dando uno schiaffettto alla sua mano, continuando a guardare il film. Giulietta si stava per uccidere, pronta a non vivere più senza il suo amato. Ero riuscita a cacciare quel sorrisetto furbo dalla sua faccia, e per questo mi sentii soddisfatta. Jace si fece serio, avvicinandosi un po', ma mi alzai subito in piedi,scoppiando.

-Clary, io...-.

-Cosa? Pensavi che tornando ti avrei accolta a braccia aperte come se tu non te ne fossi mai andato senza dire nulla?-. Dissi indicando la porta, per poi lasciar cadere le braccia lungo i fianchi. -Mi sa che allora non hai capito proprio niente di me-. Aggiunsi per poi andarmene in camera, senza lasciargli il tempo di ribattere. Sentivo che mi stava seguendo, sentivo i suoi passi. Quando feci per sbattere la porta, mise il piede in modo tale da non rimanere fuori, ed entrò chiudendola.

-Lasciami spiegare, ascoltami solo per un secondo!-. Disse cercando di avvicinarsi, ma ad ogni passo in avanti io ne facevo un indietro. Annuii incrociando le braccia al petto.

-Portarti con me avrebbe significato rischiare di farti del male, perchè hanno attaccato alcuni dei nostri. Clary, non potevo rischiare di rallentare le ricerche,se tu ti saresti fatta male io...-.

-Dio Jace, ma ti senti? Parli come se fossi una stupida ragazzina indifesa! Tu mi hai addestrato ad affrontare queste cose per settimane, perché io credevo nelle tue parole, e ora mi vieni a dire che vi avrei rallentati?-. Gridai arrabbiata come non mai. -Oh grazie tante, davvero! Le tue erano solo parole per limonare, giusto? Idiota io che ci sono cascata!-. Gridai ancora più frustrata, mi ero avvicinata senza accorgermene. Sentii il mio stomaco più leggero, come se mi fossi liberata di un peso enorme. Improvvisamente il suo sguardo si fece cupo e strinse la mascella. Fece un passo avanti e mi strinse il polso troppo velocemente. I suoi occhi erano sui miei e sentivo il suo respiro sulla mia pelle. Passarono alcuni secondi prima che prendesse parola, nel frattempo misi tutta me stessa per non annullare quella distanza.

-Non dire mai che ti ho usata. Non lo devi nemmeno pensare-. la sua voce rauca mi risuonò nelle orecchie come una melodia. La mia rabbia verso di lui stava andando a dissolversi, le sue labbra erano come una calamita.

-Lasciarti è stata la cosa più difficile di questo mondo, Clary. Dio sa quante volte ho cercato il tuo sguardo tra tutte le persone, ogni giorno, sperando di trovarti a ridere o ad osservarmi. Solo che lasciarti in quel modo mi era sembrata la cosa meno dolorosa, anche se è stato peggio per entrambi-. Aggiunse per poi liberarmi il polso. Le lacrime incominciarono a scendere come un uragano e la rabbia si era trasformata in stanchezza e afflizione. Non avevo più la forza di gridare.

-Tu hai la minima idea invece di cosa ho provato io in questa settimana? Ho - ho provato l'inferno, Jace. Non è stato solo 'peggio'. Mi sono sentita senza vita, ho pensato che non ne valesse più la pena, capisci? Ho pensato che non sono stata abbastanza, ho pensato che non ero riuscita a dimostrarti quanto ti amassi. Ho pensato di aver fallito, ancora una volta. Mi sentivo una carcassa, un peso, un nulla. Ho pensato...-. Scossi la testa chiudendo gli occhi ormai fiocchi di lacrime. Feci un respiro profondo, e cercai il suo sguardo.

-Senti, io non so a cosa tu creda o no, ma non c'è stato attimo in cui tu non mi sia mancato. Io stavo morendo dentro, Jace. Tu mi sei mancato da morire,letteralmente, capisci?-. Aggiunsi. Cercavo nei suoi occhi un qualcosa che mi facesse capire cosa stesse provando. Ma Jace rimase fermo a fissare un punto indistinto, non disse niente. Niente.

-Bene-. Alzai le spalle facendo sbattere le braccia lungo i fianchi. Le lacrime continuarono a scendere. 

-Penso la discussione sia conclusa-. Detto ciò, incominciai a dirigermi verso Il corridoio. Sarei uscita a prendere aria fresca nella speranza che le lacrime avrebbero smesso di fare il loro stupidissimo lavoro.

Prima di scendere le scale, sentii qualcosa che mi tirava indietro. Mi ritrovai le sue labbra premute sulle mie, disperate e avide. Poggiò la sua fronte sulla mia, per poi guardarmi negli occhi.

-Anche tu mi sei mancata da morire, amore-.

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