Fall.

di pseudowords
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2. Not a viking anymore ***
Capitolo 3: *** I'm still breathing ***
Capitolo 4: *** Nobody's Hero ***
Capitolo 5: *** 5. Sing me to sleep ***
Capitolo 6: *** Du er ikke alene ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Fall.

 

 

Il cuore minacciava di uscirle dal gracile petto.

Chiuse gli occhi, sentendo le imprecazioni di suo fratello in lontananza.

L'adrenalina che aveva in corpo ora non era assolutamente paragonabile a nessun'altra azione spericolata che avesse mai fatto, e lei, di cose spericolate ne aveva fatte.

Le sembrava di fluttuare, Drago, i suoi amici, Rutto&Vomito, tutto in quel momento sembrò svanire, persino Eret Figlio di Eret.

Si lasciò cullare dall'aria ancora per un po', fino a che non sentì qualcosa afferrarle il braccio con troppa forza.
Con decisamente troppa forza.

Riconobbe le squame rossastre di Zannacurva, mentre sentiva i suoi denti sprofondarle nella carne.

Era tutto troppo ovattato per capire quello che Moccicoso le urlò, poco prima di venire strattonata, giurò di sentire almeno tre tendini strapparsi sotto le possenti mandibole dell'Incubo Orrendo.

Il suo gilet preferito si tinse di un rosso vivo, di un rosso che non aveva mai visto che fissò estasiata con i suoi enormi occhi azzurri.

D'un tratto sentì la trazione fermarsi, e sprofondò dinuovo in quel limbo in cui poco prima si era persa.

Tutte le voci, i fatti e le persone che fino a poco prima erano sparite ricomparirono in un unico istante, che la colpì potente quanto uno schiaffo.

Stava precipitando.

Per la seconda volta.

Ma questa volta con un braccio scarno a penzoloni più del dovuto.

Sorrise estasiata al solo pensiero della cicatrice enorme che le sarebbe rimasta.

Suo fratello di certo l'avrebbe invidiata da morire.

E Moccicoso e Gambedipesce l'avrebbero adulata ancora di più, magari avrebbe fatto colpo su quel bel fusto di Eret.

Il terreno sembrò interrompere quei pensieri così infantili per una ragazza.

Il respiro di Testa Bruta di fermò per un istante che parve infinito, prima di sentire il gelo penetrarle nelle ossa.
Un sapore metallico le pervase la gola, costringendola a tossire più volte.

I suoi occhi incontrarono il rosso di prima, reso ancora più brillante da un accenno di neve.
Con un enorme sforzo intrise le dita nella pozza rossa che si stava creando, macchiandosi i polpastrelli.

Qualcuno strillò il suo nome in modo troppo acuto, il sapore metallico si fece risentire, questa volta in maniera più viscosa.

"Bruta!" urlò Astrid, con la voce spezzata dal fiatone.

 

"Hei" rantolò, prima di iniziare a tossire violentemente.

Percepì i polmoni svuotarsi e bruciarle come non mai, dalla sua bocca uscì un rivolo di sangue.
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Astrid cadde silenziosamete in ginocchio, senza distogliere lo sguardo da quella che, ad ogni modo, era stata fin da sempre l'unica.

L'unica con cui scambiarsi acconciature e con cui giocare da bambina.

"Astrid, sto morendo?" l'amica soffocò un rantolo, alla ricerca di un briciolo di sicurezza.

"No, Bruta. No." rispose atona.
Vide la Thorston sbuffare.

"Oh, peccato." esalò prima di tossire.

 

"Oh per tutti gli dei! Bruta!" la voce leggermente nasale di Hiccup gli arrivò dritta ai timpani, facendole scappare un'occhiataccia.
 

"Sorella! Buon Odino Sorella!" Tufo corse da lei, inciampandosi nei suoi stessi piedi e finendo col muso per terra.
 

"Oh wow" si spazzò via la neve dal naso "Quella si che era una signooooora facciata!" esclamò soddisfatto.

 

"Dov'è l'apprendista di Gothi quando serve?! Qualcuno la chiami!" sbottò lui sull'orlo delle lacrime, ritornando in sè.

 

"Brutto stupido! Guarda che sono io l'apprendista!" sbottò la gemella, rantolando qualche insulto e chiudendo le mani a pugno.

 

"Qualcuno ha una vaga idea di come si fermi un'emorroide!?" chiese Moccicoso in tono virile. "Salvate la mia pupa immediatamente!"

 

"E' emorragia non emorroide! Razza di idiota!” lo rimbeccò Gambedipesce, prima di sorriderle seducentemente, o almeno provarci.

 

D-dovete premere sotto l'ascella e passarci l'impacco che Gothi ha dato ad ognuno, poi dovete fasciare, c-redo si faccia così.” rantolò Testa Bruta. ”N-non che mi interessi! Ovvio!” aggiunse frettolosamente.

 

 

Non ne poteva più di quella situazione snervante, sperava solo che tutto finisse e tornasse alla normalità, anche se in cuor suo sapeva che nulla sarebbe stato come prima; non dopo essere precipitata sul freddo terreno del campo di battaglia.

Due braccia forti la sollevarono da terra con delicatezza estrema.

 

Moccicoso, per Odino! Cosa stai facendo?” sbottò Hiccup.
Sul volto del ragazzo si formò un cipiglio preoccupato e triste allo stesso tempo.

”Non voglio che muoia.” la sua voce echeggiò per l'immenso prato.

Non voglio perdere anche lei” riprese poi, scuro in volto.

 

Il dolore era via via peggiorato, ora sentiva il corpo in fiamme, e ad ogni respiro il torace restringersi.

Prese un respiro nel tentativo di soffocare i gemiti non appena la poggiò sulla schiena di Zannacurva, che si levò in cielo.

 

M-mocci-coso.” Il ragazzo, si girò nella sua direzione.

”Sto morendo, non è così?” lo sentì irrigidirsi, e vide le sue iridi azzurre puntate verso il vuoto.

”Non morirai, bambola.” la ragazza sbuffò.

 

Oh peccato.” bofonchiò, prima che intorno a lei si fece tutto buio e ovattato.
 

L'ultima cosa che sentì fu il giovane Jorgenson urlare il suo nome.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo Autice:

 

Prima mia storia in assoluto nel fandom di Dragon Trainer (HTTYD per il resto di Tumblr).

Mi sentivo in dovere di dedicare una LongMulticapitolo ad uno dei miei personaggi preferiti: Testa Bruta! (Che diciamocelo, Ruffnut suona molto meglio.)

L'ho sempre adorata e non trovo giusto che i produttori abbiano ufficiosamente declassato lei e il fratello a “comic reliefs” o angolinocomicobuttatoacaso (Lo so che ho resto Tufo abbastanza ridicolo pure io, ma se c'è una cosa che detesto con tutta me stessa è l'OOC) Avendo io una mente malata e incredibilmente tragica ho pensato: “ma se non l'avessero presa al volo durante la battaglia, cosa sarebbe successo?”
E preoccupatevi perchè il quadrangolo Bruta-Moccicoso-Eret-Gambedipesce mi alletta e non poco.
Bacini.

 

L.

 

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Capitolo 2
*** 2. Not a viking anymore ***


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2.Not a viking anymore.

 

 

Quando aprì gli occhi una piacevole sensazione di tepore le pervase il corpo.

Si guardò attorno per poi capire che era in casa di Gothi, nel giaciglio dove anche lei aveva imparato a curare i membri del villaggio.

Il piacevole via vai le fece capire che era sana e salva, anche se la schiena le provocava ancora un fortissimo dolore.

Udì dei passi farsi sempre più vicini e d'istinto chiuse gli occhi, cercando comunque di capire chi stesse entrando.

Un grosso tonfo le fece capire che uno dei presenti fosse suo fratello e da un sospiro di rassegnazione capì che Astrid era con lui.

 

"Sono 6 giorni che è in quello stato." mormorò atona Astrid, schiarendosi la gola.

Suo fratello non parlò, ma capì lo stesso che stava soffrendo, lo capiva da come non si era neppure complimentato con Astrid per il pugno in faccia che aveva ricevuto o come avesse lasciato Mazzetta a casa giorni prima.
Per sei giorni aveva fatto da spettatrice nella sua stessa vita.

Altri passi, più pesanti e fieri la fecero scattare sull'attenti.

 

"Come mai sei qui?" fiatò Tufo, con la voce imbrattata d'astio.

Non gli era mai andato a genio quell'Eret Figlio di Eret.

 

"Sento che" fece una pausa prima di ricominciare a parlare "che in parte sia colpa mia, ecco." continuò tutto d'un fiato.

Astrid provò a dirgli che nessuno aveva nulla a riguardo, quando la voce di Eret la bloccò.

 

"Per sei giorni sento le sue urla nei miei sogni. Sento lei che grida il mio nome prima di schiantarsi al suolo. Sento le sue ossa rompersi e il sangue svuotare le vene." via via la sua voce si era fatta più seria, e quasi pentita.

 

"Ascolta, Eret. Non è certo colpa di nessuno, sono cose che un Rider mette in conto, e poi, anche volendo Bruta non ti porterà mai rancore." Iniziò Astrid con voce dolce.

 

"Stai parlando come Hiccup." ringhiò Tufo.

 

"Se tutto questo non fosse iniziato, se questa fottuta guerra non fosse mai stata proclamata. Se ci fossimo... come si dice?" il giovane si fermò qualche minuto, rimuginando sulla parola che tanto gli mancava.

 

"Limitati! Ecco! Ehm si, se ci fossimo limitati e avessimo solo difeso quello che era nostro, bhe, Bruta non sarebbe così" Finì, triste.
Hiccup comparve dietro di loro.

 

"Hiccup" disse Eret con una punta di imbarazzo nella voce.

 

"Tufo, ti capisco. Stiamo affrontando entrambi le conseguenze delle nostre azioni. Non che non abbia pagato anche io.
Ma non dovremmo pentirci di quello che abbiamo fatto, perchè infondo abbiamo salvato tutto cio' che ormai è parte di noi.

E sono fiero di voi ragazzi."

A quelle parole Bruta si sentì in dovere di parlare, sapeva che indirettamente aveva spinto tutti al punto di rottura.

 

"Ha ragione." disse semplicemente lei.

 

"Bruta!" esclamò Astrid, correndo verso di lei. "Mi hai fatto morire di paura." continuò.

 

Eret prese un bel respiro.
Era vero che si trattava del suo peggior incubo, ma vederla in quello stato aveva fatto un certo effetto anche a lui.

Vederla con i capelli lattei sparsi per il cuscino, le occhiaie violacee e la fronte imperlata di sudore lo aveva scosso.

 

 

"Bruta, bhe ecco i-" cominciò l'ex cacciatore di draghi.

 

"Non è colpa tua bellezza, cio'è, Eret." iniziò lei. "Sono cose che capitano" continuò facendo spallucce.

 

"E poi, credo di avere una bella cicatrice proprio qu.." la voce le morì in gola non appena vide il suo braccio.
O meglio.
Quello che ne restava.
Fissò la fasciatura posta dove una volta c'era il gomito.
Il suo cuore perse un battito.

I grandi occhi azzurri erano sbarrati e sul volto si era dipinta un'espressione traumatizzata.

 

"Bruta?" la chiamò Astrid.

La ragazza non rispose.

Aveva sempre desiderato che le amputassero qualcosa e di primo acchitto era stata pervasa da un'enorme gioia.
Ma poi si rese conto di una cosa: non sarebbe più riuscita a fare quello che faceva tutti i giorni.
Come avrebbe picchiato Tufo adesso?
Come si sarebbe acconciata i capelli insieme ad Astrid?
Come avrebbe potuto combattere dinuovo?

Si sentiva così, impotente.

Si alzò di scatto, aveva bisogno di un posto dove nessuno si preoccupasse per lei e la guardasse con fare premuroso. Dopotutto non ci era abituata.
Tutto questo le faceva rabbia.

 

 

"Bruta! Dove pensi di andare!?" sbottò l'amica.

 

"Lasciami sola." intimò con un tono che poco aveva a che fare con la Bruta di sempre.

 

 

 

Per i boschi di Berk rieccheggiavano le urla rabbiose della giovane vichinga, intenta a sfogare la propria rabbia contro tutto ciò che le capitava a tiro.
La sua amata ascia giaceva accanto a lei.

 

"Principessa?" quella voce portò la sua rabbia a livelli estremi.

Prese un respiro profondo.

 

"Quante volte ti ho detto di non chiamarmi così." rispose gelida.
Moccicoso la guardò serio, per poi avanzare verso di lei.

 

"Andiamo bambola, non buttarti giù, sei una vichinga dopotutto." ribattè lui con tono melenso, accingendosi ad avanzare pericolosamente.
A sentire quelle parole Bruta esplose.

"ERO una vichinga." strillò

 

"Guardami Moccicoso, per il grande Odino! Ti sembro forse una vichinga ora?!" continuò.
Il ragazzo la squadrò, certo, la veste bianca, i capelli sciolti e le guance arrossate non aiutavano.
Ma per il ragazzo rimaneva sempre bellissima.

 

"Non riesco neanche più a tirare un'ascia contro un misero albero." sentì le lacrime pizzicarle gli occhi.

 

"Vattene!" gli urlò con tutta la rabbia che poteva avere.

 

"Ma Principessa, un po' di Moccicoso ti aiuterà." le sfoggiò un melenso sorriso, che lei ignorò, sferrandogli un pugno.

Il ragazzo non si mosse, rimanendo a pensare, poi dopo un attimo di titubnza

la strinse a sè, facendola tacere per un attimo.
Le sembrò tutto così strano.

 

"Lasciami!" gli urlò, cominciando a dimenarsi e ad urlare.

 

"Non capisci!" rinhiò, prima di aumentare la violenza degli strattoni.

La presa non sembrava diminuire, la ragazza si chiese per quale assurdo motivo Moccicoso stesse lì impalato ad incassare i colpi.

L'aveva sempre considerato stupido, ma in quella situazione potè solo che convincersene.

 

"Stupido!" continuò poi.

 

Così presa dai suoi pensieri non si accorse che aveva smesso di colpirlo e stava solo singhiozzando contro il suo forte petto.

Passarono una ventina di minuti in quella posizione, prima che Bruta si addormentasse sfinita dal troppo sforzo nelle sue condizioni.

 

 

 

 

 

 

 

Angolo Autrice.

 

Vi chiedo scusa per questo capitolo così abominevole.

Ma tra l'inizio della scuola e la playlist di musica triste non poteva che uscire un capitolo un po' deprimente.

Ho il terrore di essere andata OOC ma avendo visto i gemelli agire solo in situazioni comiche e un che voleva essere triste ma si è rivelata più comica delle altre, non ho proprio idea di come possano gestire rabbia, emozioni e tristezza più profonda. Ecco beh si, mi sono immaginata questa specie di legge antica , quando un vichingo non è più in grado di scagliare l'ascia, allora non sia più degno di essero, ma prendetelo come un valore che a Berk non viene neanche più considerato. O quasi. ehehe chi lo sa?
Avete visto il banner?
Vi piace?
Non è ancora definitivo quindi accetto proposte lol.

Detto questo, dopo una pseudo scena Ruffret ho voluto chiudere con un po' di sana Rufflout, giusto per confondervi un po' le idee eheh.

SO che il gesto di fare da pungiball non è una cosa propriamente da Moccicoso, ma, vedendo la sua morbosa attrazione per Bruta direi che farebbe qualsiasi cosa. E ho appena trovato delle GIF troppo cucciolose quindi lasciatemi sognare.
Ho anche (quasi) sistemato Tufo sul piano amoroso (e non è neanche il mio l'OC, sto diventando quasi masochista quanto loro), ma questo lo vedrete più avanti ;) preparatevi perchè ne vedrete delle belle!
Vi lascio il mio Tumblr, che ho rispolverato, nel caso vogliate seguirmi anche lì.
Bacini.

 

L:)

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Capitolo 3
*** I'm still breathing ***


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3. I'm still breathing.


Dal giorno in cui si era svegliata nessuno l'aveva più vista in giro.
Tutti si chiedevano dove fosse finita, e per quale motivo non stesse gironzolando per il villaggio sbandierando ai quattro venti la sua nuova ferita di guerra, com'era solita fare con i graffi e i lividi che si procurava durante piccoli diverbi tra villaggi.
Berk non era mai stata così attiva, la sera infatti, si sarebbe svolta la cerimonia in onore di Hiccup, come nuovo capo.
Nessuno stava più nella pelle, non erano solite a Berk le feste con l'Idromele* a fiumi e la musica più disparata.
A turbare quel quadretto perfetto era Astrid, che si stava dirigendo come una furia verso casa Thorston.
Vivevano da sempre vicine, e lei  e Tufo erano stati i suoi primi amici.
Bussò più volte alla massiccia porta in legno, senza ottenere risposte.

”Bruta! So che sei lì dentro!” urlò l'amica.
Cominciò a bussare più forte, urlando il nome dell'amica di tanto in tanto.

”Non farmi usare le maniere forti!” sbottò in fare minaccioso.
Ma il silenzio fu tutto ciò che ottenne.

”L'hai voluto tu.” urlò prima di chiamare Tempestosa con un fischio e arrivare all'altezza della finestra in camera dei gemelli, che sapeva essere perennemente aperta. E così la trovò.
Con un agile balzo saltò dentro la camera, e trovò Bruta stesa sul letto.

”Va via” mormorò l'amica.

”Nossignore, non me ne andrò di qua finchè non sarai pronta per la festa in onore di Hiccup!” esclamò decisa Astrid
Bruta sospirò.

”Non ho nulla da festeggiare.” ribattè lei, scocciata.
Astrid sbuffò, ricordandosi di quanto fosse testarda l'amica.
Sapeva benissimo che avrebbe dovuto giocare sporco per farla uscire da casa, l'aveva messo in conto da subito.

”Così ti perderai Eret, sai che beh, non regge molto l'alcool...” cominciò magliarda Astrid, consapevole di aver detto un'enorme cavolata.
Con la coda dell'occhio notò Bruta dubbiosa.

”E poi ti cercava, doveva parlarti.” disse il vero questa volta, l'ex cacciatore di draghi la stava cercando assiduamente da cinque giorni, nessuno sapeva il motivo.

”Oh oh! Dici davvero?” si era dimenticata della strana capacità dell'amica di piombarti a due millimetri dalla faccia.

”Ah ah!” Astrid si lasciò scappare un sorrisino ”Vuoi una treccia o li vuoi lasciare sciolti?” chiese, giocando con una ciocca dell'amica.
Testa Bruta sbuffò, lasciandosi scappare un sorrisino.


Tufo, ora più che mai, pareva una mina vagante.
Senza la sorella era stranamente calmo, e quasi più riflessivo.
Gli faceva male vedere la sorella in quello stato, avrebbe tanto desiderato un suo pugno sul naso in quel momento, o un insulto, o qualcosa che la facesse sentire meglio.

”Scusami, credo di essermi persa, sai dov'è la casa dei Thorston? Abito vicino a loro.” la voce proveniva da dietro di lui, si girò di scatto, trovandosi difronte una ragazza molto più bassa e minuta di lui, dai capelli neri legati in due buffi codini altri e dei profondissimi occhi marroni, che le davano un'aria dolce.

”Sei fortunata!” esclamò col suo solito tono ”Io sono Testa di Tufo Thorston! L'unico e solo piantagrane del villaggio” la sua voce si affievolì ”assieme a mia sorella”

”Oh, forte!” esclamò la mora. ”Grimhilda Bergstrom, dalle terre del Nord” aggiunse dopo, sorridendo.
Tufo pensò che fosse bella.
Anche più della sua Mazzetta.
La contemplò ancora mentre si guardava intorno con fare estasiato.

”Puoi mostrarmi la via di casa?” gli chiese, e lui annuì fissandola ancora, con le guance in fiamme.

”V-verrai sta sera, alla festa in onore di Hiccup?” chiese poi, mentre sorpassarono la fucina di Skaracchio si rese conto che mancava poco.

”Si, anche se sono un po' intimorita, non conosco nessuno qua.” rispose ”Apparte te, ovvio” aggiunse con un sorriso.

Il ragazzo accennò un sorriso sghembo.

”Fantastico! Piacerai sicuramente a tutti i miei amici, Mazzetta non ne sarà molto felice però.” la vide alzare un sopracciglio.

”Chi è Mazzetta?” chiese, con quella punta di dubbio che già adorava.

”Oh, storia lunga.” disse, dandosi mentalmente dell'idiota.

”Questa è la mia porta, ci vediamo, Grande Piantagrane di Berk!” disse prima di sparire dalla vista del  giovane vichingo.



 
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Tra la musica, l'idromele e il buon cibo non ci si riusciva ad annoiare.
C'era chi suonava, chi ballava e chi raccontava avventure avute in gioventù con l'enfasi di chi ha bevuto troppo.
Hiccup, profondamente a disagio, aspettava con ansia l'arrivo di Astrid, l'unica che riusciva sempre ad infondergli sicurezza.

”Cavolo! La mia pupa è in ritardo, si starà facendo bella per questo” iniziò Moccicoso, gonfiando i bicipiti.
”Uh, è per questo!” continuò assumendo quella che doveva essere una posa da Adone, ma risultava più simile ad uno spasmo epilettico.

”Ti prego Moccicoso, è stata un'ardua impresa quella di farle mettere il naso fuori da casa, ti ricordo che ha perso il pugno sinistro, ma il destro è ancora potentissimo.” Hiccup sorrise vedendo arrivare Astrid.

”Si si, va bene... come mai ci sei solo tu?” continuò il giovane Jorgenson.
Astrid si girò sbuffando, era la terza volta che Bruta tentava la fuga, e sperava solo che non ci fosse riuscita.
La trovò seduta fuori dalla Sala Grande, intenta a giocare con dei fili d'erba.

”Si può sapere qual'è il problema ora” disse Astrid, visibilmente esasperata.

”Non so se voglio farmi vedere in giro vestita così.” rispose l'amica.

”Quello è uno dei vestiti più belli che tua zia ti abbia mai portato da un suo viaggio**!” la ragazza sollevò un po' della seta con cui era fatto l'abito.
Aveva un'ampia gonna blu, lunga fino ai piedi, un corpetto di cuoio, posto sopra una casacca con le maniche a pipistrello, che ne accentuava la vita esile dandole un tocco più che femminile.

“E poi non poteva uscirmi acconciatura più bella di quella che hai in testa! Qual'è il problema?” In effetti Astrid si era impegnata proprio, i capelli erano, per una delle poche volte nella sua vita, sciolti, fatta eccezione per le solite treccine ai lati della testa, che erano state unite in un unica treccia.

Testa Bruta sospirò, seguendo l'amica in silenzio.
Appena entrò nella sala, sentì lo sguardo di tutti addosso, di chi era stranamente contento e sollevato nel rivederla, di chi terrorizzato sperava che non fosse la prossima vittima degli scherzi assieme a suo fratello e di chi stentava a riconoscerla.

”Oh Bruta, allora sei viva!” esclamò Heather, che era giunta dal Nord solo per l'occasione.
Le scagliò un'occhiata di fuoco, sogghignando.

”Vedo che le voci arrivano in fretta” ribatté la bionda. 

”Comunque si, sono viva, purtroppo” continuò.

”E tuo fratello è ancora vivo?” riniziò Bruta ”Squilibrata.”** *soffiò poi.

”Sta bene, anche se ti avrebbe preferito nel Valhalla.”****
Testa Bruta sogghignò, tra lei e Dagur c'era sempre stato questo rapporto di “rispetto strafottente”, come lo aveva definito lui.

Qualcuno la urtò, facendola spostare di parecchio.
“Dev'essere qualcuno di molto grosso”
Pensò la vichinga, non appena si sentì spingere.

”Chiedo perdono, non l'avevo vista” Brut si girò appena in tempo per vedere Eret con un grande vassoio carico di pinte.

”Da quando ho questo trattamento?” chiese, più a sé stessa che all'uomo difronte a lei.

”Bruta?” chiese esterrefatto, non riusciva mai ad immaginarsela senza la bava alla bocca e l'espressione stupida.

”Sei-sei- Oh Thor, sei diversa!” esclamò poco dopo.
La ragazza sorrise soddisfatta.

”Ho un braccio in meno!” rispose allegra, anche se non era ancora riuscita a metabolizzare la cosa.

”Sei... bella.” stava seriamente parlando con lei? 
Si girò per constatare che non ci fosse nessuna ragazza dietro di lei, ma non c'era nessuno.
Forse non era stata una brutta idea venire.







Angolo Autrice

Bene gente, dopo ANNI sono riuscita a scrivere qualcosa!
Apro un siparietto per i chiarimenti

*L'idromele è una bevanda alcolica nordica, collocata al tempo dei Vichinghi.

** è un mio headcanon(o viaggione mentale per spiegare cose che non sono nella trama) ho sempre visto i gemelli "vivere" con due zii assenti che vivono come viaggiatori, amanti così tanto dell'avventura da lasciare a casa due ragazzi che potrebbero essere usati come armi nucleari,per tornare una volta all'anno.

***scusate l'enorme spoiler, ma, per una serie di motivi che dovrete scoprire guardandovi gli spin-off, Heather e Dagur SONO o DIVENTANO (sta a voi scoprirlo) fratelli ehehe

**** Il Valhalla è il cimitero che spetta ai caduti in guerra

IL NOSTRO TUFO HA INCONTRATO CUPIDO?
Eh, chi lo sa, forse si, forse no dehehehe.

NON è un mio OC ma è di una disegnatrice americana che io stimo molto.
Cercate “Grimnut” su Tumblr e vi si aprirà un mondo.
Vi lascio qui il suo blog, merita tantissimo, ve lo consiglio!

Anyway, torno a studiare Latino.

Bacini.

L





 

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Capitolo 4
*** Nobody's Hero ***


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4.Nobody's hero.

 

"I'm a loaded gun

an only son

But i'm nobody's hero"

 

 

"A-astrid mi ha detto che dovevi parlarmi.." iniziò Bruta, sentendosi incredibilmente persa.

 

"Oh beh si, ecco, volevo solo scusarmi." l'uomo la fissò per qualche secondo, rendendosi conto che i suoi occhi erano blu come il Mare Del Nord, nel quale aveva tanto navigato.

 

"Ti ho già detto che non è colpa tua! E poi come potrei non perdonarti con dei muscoli del genere." disse la bionda, piegando la testa in modo inquietante.

 

"Ehm beh ecco si, volevo solo dirti che mi dispiace." Eret si grattò la testa imbarazzato.

 

"Non è né colpa tua, né dei tuoi muscoli" continuò lei.

Eret sbuffò spazientito.

"Puoi essere TE stessa per mezz'ora?" Bruta si fermò di colpo, abbassando lo sguardo.

"Cosa?" chiese in tono beota.

"Senti, so che ti è estremamente difficile ma io non sono come quell'idiota di Moccicoso, pensi che non abbia capito che tu qua dentro hai più cervello di tutti noi?" la ragazza sussultò.

 

"Non so come stanno le cose a Berk, ma io ne ho vista di gente come te, e la parte dell'idiota con me non regge.
Quindi"
sospirò "Puoi essere te stessa, anche solo 10 minuti?"

 

"Non sono più me stessa." si stupì lei stessa del tono duro con cui aveva parlato all'uomo che tanto desiderava.

 

"La Bruta che conosci è morta cadendo dal suo drago." sibilò prima di lasciarlo lì impalato.

 

"Eh Amico, non è proprio il modo giusto di parlare con i gemelli." si girò non appena sentì la voce di Hiccup, lasciandosi scappare un sospiro.

 

"Ha un bel caratterino" bevve un sorso dalla sua pinta. "Quando non sbava." concluse poi.

 

 

 

 

 

*

 

 

Bruta rabbrividì non appena si lasciò alle spalle la soglia della sala grande lo sbalzo di temperatura fra dentro e fuori era a dir poco pazzesco.

Qualcosa di caldo e confortevole le si posò sulle spalle.

 

"Ti ammalerai a stare qua fuori" Astrid la riportò alla realtà.

 

"Sei tu che mi hai fatto vestire così." ribattè Bruta.

 

Astrid le appoggiò una mano sulla spalla, avvicinandosi di poco.

 

"Sei strana, qualcosa ti turba?" La giovane Thorston le rivolse uno dei suoi soliti sorrisini inquietanti.

 

"Astrid, io sono sempre strana." disse.

Vide la ragazza sbuffare.

 

"Sei strana più del solito" aggiunse.

 

"Non so, ho un brutto presentimento." ammise dopo poco.

 

"Quanto brutto?" chiese pacatamente Astrid.

 

"Molto brutto." rispose laconica.

 

"Mi stai spaventando." ribattè lei, non appena vide Bruta alzare un indice con fare puntiglioso aggiunse "Più del solito." lasciandosi scappare un suono gutturale.

 

"Cosa doveva dirti Eret?" cominciò Astrid, guardandola di sottecchi.

 

"Solo scusarsi."

 

Astrid non fece in tempo a formulare la frase, che una scarica elettrica colpì un punto vicino alle due ragazze.

La giovane Hofferson sobbalzò.

 

"A TERRA!" sentirono qualcuno urlare.

 

Mentre il gracile corpo di Testa Bruta collideva col terreno, tutto sembrò fermarsi dinuovo.

I ricordi delle battaglie precedenti le piombarono lividi nella mente, come poteva essere utile dinuvo se non riusciva neanche a tirare su un'ascia?

Un senso di angoscia le pervase le membra.
Non volevano proprio darle tregua tutte queste cazzate, pensò sbuffando.

 

"Montate sui draghi, forza!" esclamò Valka, con un aria estremamente gloriosa.

 

"Hiccup vi vuole a raccolta al porto." continuò prima di schizzare via a bordo di Saltanuvole.

Astrid chiamò Tempestosa con un fischio, e montarono in sella tutte e due.

 

"Dobbiamo difenderci alla svelta." disse Hiccup, con tono fermo.

 

"La tribù degli Svear ha pensato di attaccare quando non teniamo la guardia."continuò, diventando sempre più serio.

 

Le facce dei ragazzi divennero sempre più contrite.

Tufo guardò la sorella, con uno sguardo stranamente serio.

Gli Svear avevano innescato in lui una strana reazione, come se in realtà ne avesse già avuto un contatto.

 

"Moccicoso, metti a riparo i bambini." impartì Hiccup, con un tono che lasciava intendere un "Non mi contraddire."

 

"Gambedipesce, riesci a darmi informazioni sui loro draghi?" continuò.
In quel momento agli occhi di tutti sembrò un uomo.

Un capo.

 

"No, ma posso lavorarci su." disse titubante il ragazzo biondo.

 

"Noi restanti raduniamo gli uomini e difendiamoci nel caso la situazione peggiorasse." i ragazzi annuirono, prima di librarsi nel cielo.

 

Testa Bruta non riusciva proprio a stare tranquilla, se la stava cavando bene nel guidare il Bizippo assieme al fratello, eppure non riusciva a scacciare quella strana sensazione che l'aveva attanagliata da quando aveva sentito pronunciare il nome degli Svear.

 

"Vedi di non fartela nelle mutande." raccomandò a Tufo, raccomandazione che nella loro strano modo di comunicare significava "Ti prego non morire".

 

"Certo che no! Altrimenti sarei costretto a cambiarle e infrangerei il mio record!" ribattè il ragazzo, rifilandole un sorrisino sghembo.

 

I due gemelli schivarono appena in tempo una scarica elettrica, proveniente da sopra di loro.

Un colpo di coda, simile più ad una frusta, li disarcionò, facendoli cadere nella fanghiglia.

Bruta si accorse di essere sola, in mezzo alle case che stavano andando in fiamme.

Un uomo alto e corpulento le si parò davanti, un fremito le percorse la schiena.
Aveva lunghi capelli biondi e una cicatrice che gli aveva portato via l'occhio destro, lasciando un solo occhio, blu notte.

La cicatrice sull'occhio le ricordava qualcosa.

E non qualcosa di bello.

 

"Oh, Testa Bruta Thorston." parlò l'uomo.

 

La ragazza si impose di non tremare, e continuò a scrutarlo con occhi coraggiosi.

 

"Sei proprio bella." sibilò l'uomo, allungando una mano verso la sua guancia.
Mano che fu prontamente bloccata da quella della bionda.

L'uomo ghignò ridendo.

 

"Sei tutta tua madre." continuò.

Lei di sua madre aveva vaghi ricordi.

Era morta in un assalto da parte di una tribù nemica.

Testa Bruta sussultò.

La cicatrice sull'occhio.

Le sembrava di rivivere un incubo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hello Beautiful People!

 

Dopo quasi un mese di assenza (grazie Liceo Linguistico, ti amo.) Sono tornata con un capitolo più o meno corposo.
Rimango comunque la regina degli Stay Stronz quindi vi ho tagliato il maxicapitolo a metà, ma vi amo lo stesso.

Quante cose che stanno accandendo alla mia Bruta, piango.

La seconda parte potrebbe essere un po' angst, ma ne riparleremo nel prossimo aggiornamento.

Anywaaay, la frase all'inizio del capitolo è della canzone Nobody's Hero dei Black Veil Brider che adoro infinitamente.

Capirete più in là il perchè della frase.
Torno a studiare matematica, bye.

L.

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Capitolo 5
*** 5. Sing me to sleep ***


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5. Sing Me to Sleep
 
Testa Bruta si acquattò tra l’erba alta, inspirando il fresco profumo di Primavera.
Come ogni Loki Day che si rispetti aveva progettato lo scherzo più epico di sempre da fare a Tufo, nel tentativo di dimostrargli la sua superiorità.
Udendo un fruscio,  la bambina dai grandi occhi celesti tacque, in attesa che il fratello uscisse dal nascondiglio che aveva scelto.



“Certo che è proprio strano” pensò Bruta “avrebbe già dovuto essere qui, è così impaziente quando si parla di Nascondino” sospirò.
Aspettare Tufo stava mettendo a dura prova la sua pazienza.
Era lì da quasi mezz’ora e di suo fratello neanche l’ombra.

“Quella stupida testa di yak rammollita!”
Imprecò a denti stretti prima di dirigersi vero Berk. “Devo sempre evitare che si cacci nei guai!”
Man mano che si allontanava dal cuore della foresta un odore sempre più acre le penetrava le narici.

“Bleah!” pensò la bambina “E io che pensavo che Tufo fosse imbattibile!” continuò corrucciando la fronte in un’espressione di puro disgusto.
Quell’odore, a cui non sapeva ricongiungere una provenienza, andava aumentando fino a quando, in lontananza, non scorse Berk.
In fiamme.
Si impose di restare forte, perché come le diceva sempre papà “I Vichinghi non piangono, signorina!”
Aumentò svelta il passo col cuore che martellava nel piccolo e gracile petto, era terrorizzata: il fuoco stava divorando qualsiasi cosa, i luoghi che erano testimoni di tanti ricordi felici, ora avevano sagome distorte mentre venivano inghiottiti dalle più svariate sfumature di rosso.

La sua casa, essendo nella parte alta del villaggio, era ancora illesa e questo sembrò rincuorare la bambina, che sperava di trovarci dentro la sua famiglia, intenta a calciare nel didietro chiunque avesse sfidato la casata Thorsthon.
Ma quando la porta si aprì con un cigolio sordo, non vide null’altro che il disordine.
Il suo sguardo vagava dalle sedie rovesciate alla brace spenta, cercando un minimo di consolazione. Era pur sempre un’impavida vichinga!
Tra le piccole manine strinse un piccolo yak di pezza, del fratello, che aveva trovato nel trambusto.
Dei passi pesanti dietro di lei le fecero stringere quel pupazzo con tutta la sua forza, rannicchiandosi in posizione fetale.

“Bruta, tesoro!”  esclamò trafelata una donna dai folti capelli biondi e gli occhi di un blu intenso.

“Mamma!” esclamò la bambina aggrappandosi alla sua veste.

“Dove ti eri cacciata? Siamo stati tanto in pensiero…” esalò in un sussurro la madre, accarezzandole i capelli.

“Tu e chi?!” sbottò la piccola, sperando di udire il nome di suo fratello.
La donna le sfiorò una guancia lentigginosa, ancora trafelata per la corsa di poco prima.

“Io e tutti gli altri, dobbiamo andare assieme a loro nella Sala Grande!” esclamò la madre prendendola per mano.
Bruta fu subito più sicura nello stringere la mano sottile e callosa della madre sperando di non doverla lasciare mai più.
Altri passi, però, fecero mollare repentinamente la presa di sua madre, che la avvicinò all’armadio, prima di aprirne un’anta.

“Salta dentro e non uscire finché non vedi Stoick l’Immenso.” Le impose.
I singhiozzi furono più forti di lei, che aveva pur sempre sette anni.



“E tu? Cosa farai?” la donna le poggiò le labbra sulla fronte corrucciata in un’espressione fra il terrorizzato e il triste.

“Starò bene, ora fa silenzio e rimani qui.” Le diede un buffetto sul naso. “Ti voglio bene.” Sussurò, prima di chiudere l’anta.
Con uno scatto repentino si parò al centro della stanza, aspettando il nemico.



“Bene bene, chi abbiamo qui?” una voce maschile e tremendamente rude fece sussultare Bruta, che rimase però fedele a ciò che le aveva ordinato la madre.

“Nessuno che ti riguardi.” Rispose la donna, cercando conforto negli dei.

“Ohoh, facciamo le minacciose.” Bruta si avvicinò ad una fessura nel legno dell’armadio riuscendo a vedere un uomo corpulento e dai lunghi capelli biondi raccolti in una treccia, avvicinare una mano al viso di sua madre.
La donna bloccò la mano ruvida e prepotente del vichingo, che per tutta risposta, le diede uno schiaffo, facendola cadere a terra.

“Puttanella, con me non scherzi!” ringhiò prima di lanciarsi addosso alla povera donna, che aveva preso a dimenarsi.
Lungo le guance di Bruta aveva cominciato a crearsi una ragnatela di lacrime.
L’uomo alzò lo sguardo, rivelando una cicatrice in viso.

“Se non stai ferma con le buone, starai ferma con le cattive.” Sogghignò, con un gesto repentino sguainò la spada piantandogliela in pieno petto.
Bruta sussultò.
Imponendosi di trattenere i gemiti di dolore.


Håkon, il loro contrattacco si è rivelato più forte del previsto, dobbiamo battere la ritirata o sarà troppo tardi!” L’uomo fece scorrere lo sguardo dal commilitone più giovane all’armadio in cui era nascosta Bruta.

“Ci rivedremo…” disse, mantenendo lo sguardo fisso verso la bambina.

“Presto.”




Una scarica elettrica a pochi centimetri da lei la riportò bruscamente alla realtà.
Il petto le bruciava da impazzire e i muscoli della gola si contraevano senza più alcun controllo.
Le immagini confuse si fecero più vivide secondo dopo secondo e il dolore con loro.
Se l’era quasi dimenticato, quel giorno.
Da un lato avrebbe tanto voluto scordarselo, in modo da non avere fissa nella mente l’immagine degli occhi vitrei di sua madre così simili a quelli di Tufo.
Una morsa allo stomaco sembrò ricordarle dove fosse in quel momento.
Dov’era suo fratello?
Stava bene?


“Lurido traditore.”  La voce dell’uomo, che aveva il nome di Håkon, le fece girare la testa di scatto.
Davanti a lei Håkon aveva afferrato Eret per il collo, sbattendolo contro il freddo suolo.

“Scappa!” le impartì l’ex cacciatore di draghi, ma le gambe sembravano non volerla ascoltare.
Il cuore le martellava nel petto  e il respiro pesante rimbombava nella sua mente.
Le fiamme, per la seconda volta, avevano inghiottito la maggior parte del villaggio, dando al paesaggio una nota rossastra.
Bruta sentiva la cenere entrarle nei polmoni e pervaderle le narici facendo infiammare le sue membra scarne e stanche.

“Hiccup! Portala via!”  la voce di Eret le arrivò dritta alle orecchie, prima di sentire i piedi sollevarsi da terra e due braccia attorno alla vita.
“Gothi ha bisogno di te! So che ce la puoi fare”  Per un attimo i due si guardarono, prima che il contatto visivo venisse interrotto da una scarica elettrica.
A provocarla erano delle creature simili agli Skrill, ma biancastre e dagli occhi di un rosso brillante. Nessuno ne aveva mai visti prima in circolazione e da come si comportavano, anche la specie stessa doveva aver visto ben pochi umani degni di essere etichettati tali.
Un rumore assordante fece guizzare nuovamente il suo sguardo verso il cielo scuro, che veniva stagliato dal bagliore delle scariche elettriche.

“Hiccup! Si ritirano!” esclamò Scarakkio, confuso come tutti gli altri Berkiani dal fatto che, pur essendo in superiorità numerica e militare, avessero battuto la ritirata. Hiccup osservò come quei draghi si muovessero in modo fin troppo ordinato e macchinoso per quella che era la loro natura. Mentre le urla degli avversari echeggiavano nell’aria, Berk si rialzava in silenzio da quello che era stato, seppur per qualche ora, uno degli scontri più impegnativi che avessero mai fronteggiato. Il fuoco aveva cominciato ad affievolirsi, lasciando spazio alle più svariate tonalità di grigio.
D’un tratto, con il diminuire dell’adrenalina, Testa Bruta cominciò a sentire nuovamente quel dolore pungente alla schiena, e così, accompagnata dal canto dei grilli e dal fievole vociare, tutto si fece scuro e ovattato.



 
 
Angolo Autrice.

Ciao a tutti, dopo DUE paurosi anni di assenza torno a riprendere questa storia.
Mi spiace di avervi fatto aspettare tanto e di avervi fatto perdere le speranze, ma quando il blocco dello scrittore ti blocca per qualcosa come due anni  c’è poco da fare. In ogni caso, come dicono, “dopo il temporale c’è sempre l’arcobaleno” e pian piano, ho ripreso carta e penna.
Spero che questo capitolo non vi abbia annoiato molto e che, come un tempo, la storia vi piaccia.
Come direbbe Octavia Blake, I’M BACK BITCHEEEEEEEES.

Bacini,
L.

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Capitolo 6
*** Du er ikke alene ***


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5. Du er ikke alene



Ancora una volta, Bruta si svegliò circondata da persone indaffarate sul lettino della casa di Gothi.
Sbuffò, preparandosi all’ennesima antifona nel quale Astrid le avrebbe ricordato in tutti i modi possibili la sua inutilità al momento.
Era stato un brutto attacco, quello della sera prima, lo poteva notare dalla moltitudine di vichinghi che stavano entrando e uscendo dalla casa di Gothi.
Aguzzò la vista e l’udito, speranzosa di captare qualcosa che le segnalasse la presenza di suo fratello.
Nulla.
Una sensazione di angoscia le pervase le membra.
Dov’era finito?
 
 
 
 
Aprì gli occhi lentamente, cercando di riconnettere gli avvenimenti della sera prima.
Intorno a lui, una fitta nebbia incupiva la foresta.
Sperava che non fosse finito lì in mezzo dopo aver scommesso qualche cosa con Moccicoso durante la sbronza, ma non aveva né il tipico mal di testa né la nausea, il che lo preoccupò.
Strinse le iridi azzurre con fare investigatore.

“Dev’essere qualcosa di serio allora.”  

Pensò il giovane ragazzo, meravigliandosi della parola “serio”, non  la usava quasi mai, né gli capitava di essere giudicato tale e quindi gli sembrava così estranea, quasi in un’altra lingua.
Fece per alzarsi, ma qualcosa lo tenne inchiodato a terra.
Il suo sguardo vagò per la foresta, di cui si riconosceva quasi nulla, in cerca di una possibile trappola che potesse averlo preso in ostaggio.
Quando, spostando lo sguardo verso il basso, vide una folta chioma nera sul suo petto tutto gli si fece più chiaro.
Gli avvenimenti della sera prima gli balenarono nella mente e tutto sembrò farsi più tetro e cupo.
L’attacco al villaggio, le scariche elettriche, la confusione.
E ancora più chiaro si fece il fatto che il suo primo pensiero, per la prima volta nella sua vita,  non fosse andato alla sorella, da poco mutilata, da sola in mezzo ad un’orda di guerrieri sanguinari ma a lei, Grimhilda Bergstrom.
La stessa ragazza che aveva portato in spalla per miglia e miglia dopo che una freccia le aveva colpito la gamba, non sapendo cosa fare.
Gli ricordava Heather, più fisicamente,  che caratterialmente.
In verità, il ragazzo sperava che non si rivelasse come lei.
Heather era stato un punto dolente nella vita del ragazzo: con i suoi lunghi capelli neri e gli  occhi smeraldo dalla forma vagamente felina aveva risvegliato qualcosa in lui che neanche con Astrid, a differenza della maggior parte dei ragazzi a Berk, era scattata.
Era così felice, che per una volta qualcuno stesse ad ascoltarlo per ore senza alzare gli occhi al cielo o dubitare di lui.
Si sentiva capito.
L’euforia però, durò poco, tutto si era rivelato solo uno stupido tranello, che, fatto in buona fede o meno, Tufo non riusciva proprio a perdonare.
Ma la cosa che lo faceva andare in bestia era che tutti l’avessero compatita e ci fossero passati sopra come niente, passando così anche sopra i pezzi del suo cuore.
Capitava spesso che gli dessero dello stupido, ma poche volte si era sentito tale.
Quella era una delle poche volte.
E, per aggiungere il danno alla beffa, Heather aveva cominciato a presentarsi spesso a Berk e ad avere un certo interesse verso Gambedipesce, lasciandolo in un angolo a mangiarsi le mani bollendo d’invidia.
Era per questo che sperava con tutto lui stesso che la sorella rivolgesse la propria attenzione a Moccicoso o a Gambedipesce –preferendo comunque il primo- piuttosto che a quell’Eret figlio di Eret.
Vederla soffrire lo distruggeva sempre, che fosse per Eret o per il suo desiderio di essere come Astrid o per qualsiasi altro motivo.
Le lacrime di sua sorella facevano più male a lui che a lei.
Avrebbe solo voluto vederla felice.

“Mh, Tufo?” la voce tremante di Grimhilda lo distrasse da suoi pensieri, e ne fu anche grato, odiava pensare.
 
“Si?” rispose flebilmente, notando che la ragazza non aveva una bella cera.

“Ho freddo…” mormorò lei, accoccolandosi ancora di più contro il suo petto.
Tufo lottò contro il rossore che si stava propagando per la sua faccia, cercando di agire come al solito.
“Avrò molte cose da spiegarti, Gallina”  sussurrò il ragazzo con tono affranto, pensando alla sua amica pennuta.
“Hai detto qualcosa?”  chiese la ragazza in un sussurro.
Grimhilda non aveva per nulla l’aria di stare bene, era pallida ed emaciata, le labbra tendenti al viola e  la gamba colpita, visibilmente infettata.
Tufo non sapeva cosa fare.
Lui non era un uomo d’azione, non era un esperto né era dotato di grandi capacità di sopravvivenza.
Lui era solamente Tufo.
 
 
 
 
 
“Adesso riposto TOTALE, mi sono spiegata?”  tuonò la giovane Hofferson.
Bruta si accigliò, sbuffando.

“Ma Gothi ha bisogno di me! C’è la metà del villaggio che ha bisogno di cure mediche, non può farcela da sola!” Astrid la guardò, e Bruta sembrò intercettare quello che era in procinto di dire e l’avvisò con un’occhiata di fuoco.
Astrid sospirò, pensando a quanto fossero diversi i gemelli se presi singolarmente.
“Permesso! Scusatemi… Oh, Bucket ciao ehm si ci parlerò, permesso!”
Hiccup si fece strada fra la moltitudine di gente che gremiva la casa di Gothi, ignorando le imprecazioni e le lamentele che i Berkiani gli rivolgevano e scusandosi di tanto in tanto.
Sperava solo qualcuno non lo fermasse per lamentargli chissà quale problema, ora che era il nuovo Capo di Berk.
Si fermò davanti alle due ragazze, col suo solito sorriso sghembo e portò una mano dietro la nuca.
“Ho qualcosa per te” disse poi, rivolgendo lo sguardo verso Bruta.

“Ci ho lavorato sopra tre giorni, è stato un lavoro complicato, ma te lo meriti.” Dalla tasca della veste tirò fuori un aggeggio in ferro e cuoio, accuratamente rifinito e dai tratti delicati.

“Woa, grazie!”  esclamò la ragazza, poi reclinò la testa da un lato e strinse gli occhi a due fessure  “Ma, che cos’è?”  finì poi.
Hiccup la guardò per un secondo, indeciso sul come reagire.
“Dammi il braccio.” Disse con fare rassicurante. “Quello che ti è cadutola scimmiottò, ricordando con una risatina come i gemelli inventassero strane teorie su come gli fosse caduta la gamba.
Bruta, allungò il moncherino titubante, finché non si tranquillizzò quando il ragazzo le strinse una delle fibbie di cuoio attorno all’inizio dell’amputazione.
Ne legò altre due, una a metà del braccio e l’altra poco più su.
Improvvisamente il braccio si fece più pesante e la ragazza non poté fare a meno di guardare la protesti estasiata.

“Non è un uncino!” esclamò euforica. “Non è un uncino!” ripeté poi.
Era la prima volta che un sorriso, per lo meno spontaneo, le illuminava il volto.

“Tirando la cordicella, si contrae.” Le spiegò Hiccup, meravigliato di essere riuscito ad avere l’attenzione del gemelli per più di 7 secondi.

“Grazie!” esclamò con fare da bambina.
Bruta guardò sorniona Astrid, che era rimasta zitta per tutto il tempo.

“Ora che ho due braccia, posso rendermi utile!” disse, prima di dirigersi verso Gothi.
Astrid sospirò, non sarebbe mai cambiata.

Gothi era visibilmente corrucciata, mentre si barcamenava fra tutti i feriti con una maestria invidiabile. Il vociare andava via via aumentando, e se avesse potuto, si sarebbe sicuramente messa a gridare.
La puzza di unguenti era più forte che mai, alcuni stavano addirittura lacrimando.
La giovane Thorsthon la picchiettò su una spalla.
“Serve una mano? Perché io ne ho appena acquistata una nuova di zecca!” il viso di Gothi si rilassò finalmente, lasciandosi scappare un mezzo sorriso.
La vecchia indico con la punta del bastone un angolo buio, dove doveva stare uno dei tanti pazienti.
Si diresse nella direzione indicata da Gothi.
Nella penombra riuscì a riconoscere lo stemma di Drago di un colore rosastro e il suo cuore perse un battito.
Eret.
Era ridotto parecchio male, ed era, colpa sua.
La porta si aprì e andò a sbattere contro la parete con un fragoroso tonfo.
Quello che vide, o meglio, chi vide, la rincuorò tantissimo.

Tufo.
Portava sulle spalle quella che doveva essere la ragazza descritta da uno dei feriti, il ragazzo si guardò un po’ intorno prima di esclamare.

“Che fate lì impalati? Muovetevi!”

 
 
Angolo Autrice.

Hey hey!
Dopo una settimana precisa torno ad aggiornare, vi prego di scusarmi per un eventuale OOC che continuo a temere come la peste, ma non sapevo proprio come caratterizzare Tufo di fronte ad una situazione del genere.
In ogni caso, sono contenta che la storia continui a piacervi.
Sono riuscita a trovare il tempo di aggiornare fra le varie materie da studiare che mi uccidono sempre di più.
Vi lascio i miei social, in caso voleste darmi il vostro parere anche lì.
Bacini
L.


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