Vernice fresca di Egomet (/viewuser.php?uid=38864)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Un portafoglio scuro, aperto a
metà, lascia intravedere il
suo contenuto. Fra le pieghe ci sono delle carte varie.
Uno scontrino della spesa di
chissà quale negozio, una
tessera di un qualche supermercato.
Poi delle banconote da dieci, fresche
fresche di bancomat.
Appunto la tessera della banca, poi altre carte varie.
Ad una prima impressione, quel
portafoglio non appartiene ad
una persona propriamente ordinata.
Poi, ad osservare meglio fra le
pieghe, si può vedere della
carta più spessa.
Ora noi faremo finta di avere uno
zoom millimetrico e
ingrandiremo quella zona.
È una fototessera, di
quelle che si fanno nelle macchinette
accanto ai supermercati.
Ci sono un ragazzo e una ragazza.
Fin qui mi pare tutto normale, no?
La ragazza è
più piccola di lui, ha entrambe le braccia
strizzate attorno al collo di lui, che sembra volersi ritrarre.
Lei gli sta stampando un bacio sulla
guancia, e il ragazzo
ha gli occhi alzati ma sembra stia per scoppiare a ridere.
Okay, ora possiamo lasciar perdere il
portafoglio.
Subito dopo un ragazzo attraversa il
corridoio velocemente,
alla ricerca di qualcosa; si ferma davanti al mobiletto
dell’ingresso, apre il
tiretto e quasi getta all’aria tutto il contenuto.
-Dannazione a me!- esclama nervoso.
Rinuncia alla ricerca e chiude il
tiretto sbuffando. Si guarda
nello specchio davanti a sé.
I capelli castani gli cadono in vari
ciuffi sulla fronte, la
barba è un po’ più cresciuta di come la
ricordavamo, ma gli occhi verdi e
l’espressione preoccupata sono identiche.
Davide appoggia le mani ai lati del
mobile e sbuffa seccato.
Non trova le chiavi della sua
macchina.
Gira tutto il suo appartamento,
disperato.
La cucina, più piccola
della metà della metà dell’aula della
sua università, si illumina alla luce spenta di un
lampadario. Cerca di nuovo
nei cassetti, sotto i giornali.
Niente.
Poi attraversa nuovamente il piccolo
appartamento ed è già
nella camera da letto.
Vestiti sparsi ovunque, lenzuola
sfatte, appunti su appunti,
libri e una scrivania che potrebbe assomigliare ad una discarica.
Davide attraversa il disordine e
rovista sulla scrivania.
Ancora nulla.
Poi vede un barlume di salvezza. Il
Nokia grigio posato sul
comodino.
Lo afferra sdraiandosi sul letto e
guarda soprasotto il
display. Nessuna chiamata e nessuna risposta.
Ci pensa un attimo, poi decide.
Fa un numero e attacca il telefono
all’orecchio.
Sta squillando.
Poi gli risponde.
-Pronto?-
La voce alterata
dall’apparecchio gli parla con tono
divertito.
-Dì la verità-
dice il ragazzo, sorridendo e mettendosi a
pancia in su.
-Di che parli?-
-Oh andiamo… lo sai di che
parlo-
-Invece no-
La ragazza all’altro capo
del telefono ride.
-Dai non farmi spendere soldi-
-Ma io non so davvero di che parli
Davide…- ma mentre lo
dice ride ancora.
Dall’altra parte il ragazzo
sente un rumore strano.
-Ma dove diavolo sei?- chiede.
-Eh sapessi…- fa lei,
enigmatica.
-Come sapessi? Dove sei?-
-E che, ti devo dire anche dove sono,
con chi parlo, quando
mangio…?-
-Sì, per il bene mio e
degli altri-
-Antipatico-
Davide sorride di nuovo.
È sempre la stessa.
-Quando ci vediamo? Dai che domani ho
un sacco di cose da
fare…- le chiede, cambiando tono.
-Beh non saprei…-
-Sapresti, sapresti…
vabbè okay… ti lascio con l’energumeno
di martedì allora-
Sa che dicendo così la fa
andare fuori dai gangheri.
-Oh senti!- la ragazza cambia tono e
si fa battagliera
-giusto quella sera tu dovevi trovarti con me vero? E non è
colpa mia se ho
tanti fan!-
Davide ridacchia.
-Presuntuosa…
dov’è la mia macchina?- chiede
all’improvviso.
Silenzio per un secondo
dall’altra parte.
-Alice è inutile che
cerchi una scappatoia. Ti ho scoperta-
-………
non vale…- gli risponde una voce flebile.
-Dove sei?-
-Ehm…- sente un rumore
strano -la linea non prende bene… ci
sentiamo dopo!-
Così dicendo gli chiude il
telefono; il ragazzo ride, stiracchiandosi.
Ha scoperto che fine hanno fatto le
sue chiavi.
Alice si morde un labbro, chiudendo
lo sportello del suo
Motorola. Quello dorato, ricordate?
Poi accende il motore e alza il
volume dello stereo. C’è
Ligabue con ‘Il giorno dei giorni’.
È l’unica cosa
sua nella macchina di Davide. Si sistema
nello specchietto laterale.
Degli occhiali da sole scuri le
coprono gli occhi e un bel
sorriso le incornicia le labbra.
Poi tira il freno a mano e parte.
Esce dallo spiazzale ed entra in
strada.
Conosce bene la città, ci
ha vissuto per ben diciannove
anni. Da poco compiuti.
Imbocca la strada del corso cittadino.
Non vede l’ora di arrivare
sotto casa sua. Non vede l’ora di
vedere la sua faccia.
Adora fargli le sorprese.
Come quando si era presentata davanti
casa dei suoi. Al
vederla lì Davide era sbiancato; ma lei, perché
Alice ha una reputazione da
mantenere, non si era persa d’animo e aveva salutato tutti
senza problemi.
Così aveva conosciuto il
padre, la madre, il fratello e la
sorella. Una bella famiglia.
Anche suo padre è un
bell’uomo, aveva pensato.
Ma non aveva dubbi su chi preferisse
tra lui e il figlio.
Adorava vederlo spiazzato.
Una volta gli aveva detto di essere
incinta per il solo
gusto di vederlo quasi avere un infarto sul momento.
Poi gli aveva praticato una
respirazione bocca a bocca,
naturalmente.
Morale della favola: niente
più gioco del dottore senza
preservativo.
Alice fa una curva a destra, entra
nella via.
Poi si parcheggia un po’
malamente, ben sapendo che lo farà
arrabbiare.
Scende veloce e citofona. Senza
chiedere già le apre.
Ma non la invita a salire, invece
scende lui.
Fa le scale dal quarto piano in
giù a rompicollo, arrivando
all’ingresso.
-Ma che hai combinato stavolta?- le
chiede divertito.
Alice non gli dà il tempo
di aggiungere altro e lo bacia.
-Mmm… dai…-
protesta quando si stacca.
-Che hai fatto, avanti-
Davide si mette a braccia conserte e
attende la risposta.
Alice lo guarda negli occhi.
-Prometti che non ti arrabbi?-
-Promesso. E tu prometti che non
prendi più la mia macchina di
nascosto?-
-Beh….- lei esita.
Il ragazzo dice, strafottente
-Guarda che non ti porto
più in giro-
-Uffa, antipatico. Promesso-
Ribatte con la migliore faccia
d’angelo, ma lui non può
notare le dita incrociate dietro la schiena.
Allarga le braccia verso
l’auto.
Davide è allibito.
-Non può
essere…ma come…- guarda
prima la Opel, poi la ragazza.
Alice ride.
-L’ho portata
all’autolavaggio!-
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Qualsiasi riferimento a persone o
fatti è puramente casuale.
Davide si alza, si stiracchia
sbadigliando rumorosamente; si
gratta la testa, ancora assonnato, e guarda la sua camera.
Sembra tutto l’opposto di
qualche giorno fa. Le mani
miracolose della sua ragazza (che sanno fare bene anche altri servizi,
gli
viene da pensare) hanno messo tutto a posto. I vestiti in lavatrice,
messi con
ordine nei tiretti, cianfrusaglie al loro posto e il tutto in un solo
pomeriggio.
Ma questo è abbastanza
normale per chi conosce Alice.
È un concentrato di
nitroglicerina.
Il ragazzo si infila un paio di
pantaloni di tuta e va in
bagno a lavarsi. Mentre si sciacqua il viso accende il cellulare, e
trova un
messaggio.
“Buongiorno capo!!! Ancora
a letto, eh? Mmm, visto che la tua
stanza sembra mooolto meglio ora? Oh, dimmela una preghiera, che oggi
ho un
bastardo di quelli… peggio di te! Scherzo! Buona
mattinata!”.
Sorride ma è anche
tranquillizzato da quel messaggio. Lei
c’è, lo pensa.
Ma non le risponde.
Decide di farsi la barba quella
mattina e perciò si attarda
un po’ di più.
Poi controlla l’orologio;
le undici e cinque. Wow, di già?
Gli torna in mente che deva andarsi a
comprare i quaderni e
le robe per le lezioni.
Detesta il pensiero di dover tornare
sui banchi
dell’università, ma è obbligato.
Sbuffando si infila la maglietta, i
jeans e si mette la
giacca. Prende le chiavi e chiude la porta.
Mentre scende le scale incrocia la
portinaia.
Educato la saluta con un
-Buongiorno signora Martini-
La signora smette di spolverare il
pavimento dell’atrio e lo
guarda.
-Buongiorno, buongiorno…
eh sapesse il buongiorno che mi
hanno dato…- dice col suo fiorentino.
-Perché, che le
è successo?- domanda il ragazzo, fermandosi
sulla soglia.
-Eh, sapesse! Il signor Del Mastro,
tanto per cambiare, ha
fatto reclamo! Secondo lui l’ascensore è
soffocante perché si sente troppo
odore di fumo! Come se fosse colpa mia!- dice la signora, tornando a
spazzare e
sospirando.
-Dovrebbe invece dire al signor
Corsini di fumare di meno
nell’atrio! Eh, ma quello lì…-
-Non si preoccupi- dice Davide,
sorridendo comprensivo.
Conosce bene che razza di piantagrane
sia il signor Del
Mastro, sembra che ne debba trovare una per tutti.
-…lui brontola su tutto.
Buona giornata, signora Martini- fa
il gesto di andarsene.
-Aspetti un attimo, ragazzo!- la voce
della portinaia lo
richiama e si affaccia all’uscio.
-Sì?-
La signora Martini stringe la scopa e
lo guarda da dietro le
lenti con occhi saputi.
-Complimenti, la ragazza che ha
portato qui l’altra sera è
molto gentile. Altro che la coppia di sposini… quelli
proprio…-
Davide fa un gran sorriso,
immensamente divertito.
-Eh, lo so. Siamo tra
l’incudine e il martello- risponde.
-Che il Cielo ci aiuti! Buona
giornata-
-Anche a lei-
Chiude il portone con un rumore che
rimbomba, e crede di
aver sentito l’anziana portinaia lamentarsi ancora. Ride, si
mette le mani in
tasca e inizia a passeggiare.
Non prende la Opel, ma va a piedi
fino al pasticcere.
Compra due bei cannoli siciliani, li
mette con cura in una
busta e poi riprende la sua passeggiata. Si ferma alle undici e
venticinque,
più o meno, davanti alla scuola.
Il liceo classico ha i cancelli in
ferro arrugginito; il
ragazzo li oltrepassa e si siede tranquillamente ad un muretto del
cortile.
Poco dopo suona la campanella e una marea di adolescenti si riversa
fuori.
Qualche ragazza è accompagnata da un ragazzo, qualcun'altra
ne aspetta uno
accanto ad un motorino; qualche ragazzo si rintana dietro le mura per
fumarsi
la sigaretta.
Davide la cerca con lo sguardo, ma
lei è più veloce.
-Mani in alto-
Alice simula una pistola tenendo
puntato l’indice contro di
lui; sorride e gli si avvicina. Lui sta al gioco e sorride.
Alza le braccia, avvicinandosi.
-Mi vuole rinchiudere, sceriffo?
Mettere in catene?- alza un
sopracciglio.
-Sì, ma non sai che tipo
di catene sono…-
Si avvicina e lo bacia sulle labbra
per poco più di venti
secondi. Poi si stacca e batte le mani.
-Che mi hai comprato?-
-Fame, eh?-
Escono dal cortile e camminano senza
tenersi per mano.
Il ragazzo le porge il suo cannolo,
non senza aver lasciato
intendere un doppio senso, e ridendo inizia anche lui a mangiare.
Poco dopo, consumato il dolce, Alice
si prende fra pollice
ed indice una striscia di pancia.
-Guarda, ho fatto una collina- dice.
-Se continui così diventi
grassa come la signora Martini,
eh?- commenta Davide, terminando il dolce.
-Però io sono molto
più carina di lei, vero?- ribatte lei
con un sorriso a trentadue denti.
-Ah, non so… sai che
è migliorata? Ora ha smesso di
lamentarsi mattina e sera, lo fa solo dalle dieci a
mezzogiorno…-
-Ma dai, ce l’ha ancora col
tipo che si arrabbia sempre?-
Alice prende dallo zaino un pacchetto
di sigarette.
Davide lo nota e la guarda eloquente.
-Malfidato!- la ragazza si accorge
del suo sguardo e si alza
in piedi -sempre a pensar male! Guarda invece che faccio?-
Prende la mira e lo lancia verso un
cestino, facendo centro
perfetto.
Alza le braccia, sorridendo.
-Canestro! Visto come sono brava?-
-Bravissima, sul serio…-
lui la invita a sedersi a
cavalcioni su di lui.
-Visto che quando voglio…-
comincia la ragazza.
-Era vuoto, vero?- chiede Davide,
interrompendola e
sorridendo strafottente, poggiando la propria fronte sulla sua.
-Sta migliorando, Holmes…-
sorride complice la ragazza.
Poi si baciano.
-Certo, elementare
Watson…- Davide la stringe di più,
poggiandole una mano sul sedere.
Alice si stacca per un attimo, il
tempo che basta a dire
-Mi porti a casa?-
-Aspetta un secondo…-
Si stacca e prende dalla tasca il
resto dei cannoli; poi ad
un edicola lì vicino compra un giornale.
Riprendono a camminare.
-A che ti serve?- chiede curiosa lei,
cercando di sbirciare.
-Sono offerte di lavoro…
dovrò guardarmele uno di questi
giorni…- risponde togliendoglielo alla vista.
-Perché non rapini una
banca invece?-
-Perché dovrei?-
-è molto più
semplice, no? E poi coi soldi mi compri tutti i
gioielli che voglio…-
-Ma io non lavoro per comprarti
gioielli, esci dal paese
delle meraviglie…-
-Ah ah ah- fa lei ironica -che
battuta originale. Ora che ci
penso, è un’idea assurda-
-Bene, ammettere uno sbaglio
è costruttivo…- commenta il
ragazzo.
-Ma che hai capito? Intendo che tu
non saresti mai capace di
svaligiare una banca!-
Lo guarda sorpreso e incredulo e
scoppia a ridere.
Davide fa il finto offeso.
-E così io non ne sarei
capace, eh?- chiede, mordendosi il
labbro.
-No, per nulla. Io
sì…-
Lui cerca di tirarle un buffetto ma
Alice è più veloce e lo
ricambia, andando a segno.
Giocano così, ridendo e
scherzando, arrivando al portone
dell’appartamento di lui senza preoccuparsi dei brontolii del
signor Del
Mastro, che sicuramente ci troverebbe da ridire.
Qualche ora dopo, Alice, sudata e
nuda risale accanto a lui
da sotto le lenzuola. È maliziosa, dolce e si abbraccia al
torace del ragazzo,
nascondendosi nell’incavo del collo.
-Hai sempre lo stesso stupido sorriso
ogni volta che lo
facciamo…- commenta.
Davide fa una mezza risata e la
abbraccia.
-Sono contento, no?-
-Mah, chissà…-
-Come chissà?- chiede
perplesso.
-Chissà se è
vero… o lo dici solo per dire-
-Non ti fidi di me?- domanda,
alzandosi e guardandola serio.
Lei lo guarda e fa un sorriso furbo.
Lo sguardo di lui va su tutto il suo
corpo nudo.
Alice se ne accorge e afferra il
cuscino, nascondendoci il
volto.
-Non guardarmi!- borbotta da sotto.
Poi un bacio troppo audace sul ventre
la fa rabbrividire.
Davide risale sulla pancia, sui seni
fino ad arrivare alla
bocca.
Lei esce da sotto il cuscino e lo
bacia a stampo.
-Ma smettila…- ride lui
sulle sue labbra.
Passa altro tempo, poi la ragazza si
scioglie
dall’abbraccio.
-Ora di pranzo, vado a casa. Che
facciamo a pomeriggio?-
chiede, rivestendosi.
-Boh, veramente… sarei
impegnato…-
Davide si siede, guardandola
infilarsi le scarpe.
-Perfetto, così non mi
rompi. Io e Giò andiamo a fare
shopping- dice tranquilla, alzandosi in piedi e sistemandosi i capelli.
Lui alza un sopracciglio.
-Non sei neanche un po’
sospettosa?- la provoca.
Alice si volta, le mani sui fianchi e
un’espressione furba.
-Dovrei essere gelosa di te?-
Si avvicina al letto nuovamente, e
Davide sorride,
sdraiandosi.
-Di un ragazzo che non riesce a
rapinare una banca per
comprarmi i gioielli… e che soprattutto…- mentre
lo dice lo sovrasta con le
braccia.
-Che soprattutto?-
-Che soprattutto non ha il coraggio
di andare a casa dei
miei- conclude maliziosa.
Il ragazzo sbuffa, accigliandosi.
-Sei sempre una
rompiscatole…-
-E tu sei sempre uno sfaticato. Dai
che me ne vado-
Va alla porta e pensa di
oltrepassarla, ma poi si volta.
Piega la testa di lato, osservandolo mentre si siede meglio e sbadiglia.
D’improvviso corre di nuovo
da lui, gli salta in grembo e lo
bacia a lungo stavolta. Poi si stacca tenendosi vicina al suo volto.
-Ti piacciono i capelli? Li ho fatti
ieri…- dice piano,
cambiando totalmente tono.
-Sono bellissimi, sai prima sembravi
un cespuglio di rovi …-
le dà un altro bacio.
Alice ride, Davide si fa serio e le
sposta con due mani i
capelli dalla fronte, guardandola negli occhi.
Lei ricambia, poi si sente arrossire
e abbassa lo sguardo.
La risposta al suo gesto è
un sorriso semplice, che tanto le
piace. Cerca di togliersi dall’imbarazzo, sposta lo sguardo a
destra e dice
-Passa un buon pomeriggio
allora…-
-Anche tu. Cerca di non uccidere
nessun commesso,
d’accordo?-
-Promesso-
-E se non hanno la tua
taglia…- dice Davide, sorridendo e
tenendo sempre le mani sul suo volto.
-…devo contare fino a
dieci prima di rispondere cose brutte,
lo so…-
Alice si scioglie dalla stretta del
ragazzo e lo saluta,
prima di scendere le scale del condominio. Arrivata
nell’atrio dà uno sguardo
curioso alla signora portinaia.
Esita un attimo, poi sfodera il
miglior sorriso di cui
dispone, un sorriso di chi è veramente felice e ha la
capacità di trasmetterlo
anche agli altri.
-Buongiorno signora Martini!- le dice
passandole davanti. La
signora alza gli occhi e la guarda uscire dal portone tutta allegra.
Scuote la testa e torna a pulire.
Non ha ancora capito bene se questa
Alice dovrà rimanere a
lungo nel palazzo, ma di una cosa è certa.
Quella ragazza è migliore
della coppia di sposini. Chissà
che non riesca a far tacere il signor Del Mastro un giorno.
Per Riza28: felice di
averti ritrovato, e spero che anche il secondo capitolo ti piaccia.
Grazie anche a chi legge
soltanto.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Davide sta lavando i piatti, sporchi
di un pranzo arrangiato
alla buona, quando verso le tre la suoneria del suo Nokia risuona per
casa.
Finisce di sciacquare le posate, le
posa nel lavandino e si
asciuga le mani. Poi con calma va in camera sua e prende il telefono
senza
nemmeno vedere il nome.
-Ciao autostoppista- dice divertito,
infilandosi una mano in
tasca.
Alice, dall’altro capo del
telefono, sorride e si morde un
labbro. Poi assume un’aria altezzosa e risponde
-Come facevi a sapere che ero io?-
Davide ricambia con lo stesso tono.
-Lo sapevo, no?-
-E se non fossi stata io? Se fossi
stata la tua amante?-
Alice continua a mordersi un labbro,
curiosa della risposta
alla sua provocazione.
Il ragazzo ha voglia di mettersi a
ridere, ma si trattiene.
-No, a lei ho detto di chiamare solo
la mattina presto,
quando tu vai a scuola…-
-Che str***o che sei! Beh ma
dopotutto…- lei ride, e la
risata familiare alle orecchie di lui lo ripaga delle ultime ore
passate da
solo.
-…dopotutto potremmo anche
fare una cosa a tre no?-
continua.
-Beh con lei non ci sarebbero
problemi… ma sai, mi sa che tu
e le tue manie possessive mi giocano brutti scherzi…-
-Taci imbecille- fa un finto broncio
da bambina.
Davide ride stavolta, e poi cambia il
tono di voce.
-Allora, che
c’è? Dimmi tutto….-
Anche Alice smette il tono
strafottente e abbassa la voce.
-Niente, volevo solo sapere cosa
pensavi di fare…-
-Perché parli piano?-
-Sono a casa, stupido, non posso mica
urlare…-
-Casa tua, con i tuoi?-
-Sì, quelli che non vuoi
conoscere-
Davide scuote la testa e sbuffa
scocciato.
-La smetti di rompere con
stà storia?-
-Uffa va bene- sospira e riprende
-dai, hai trovato un
lavoro?-
-Dopo vado, però alle
cinque. Deve arrivarmi un libro per
l’università e lo vado a prendere-
-Secchione-
-Scema-
-Poi fammi sapere com’
è andata, okay?-
-Certo che sì-
-Okay ora non ho tempo. Ciao-
E senza dargli il tempo nemmeno di
salutarla gli chiude in
faccia il telefono.
Sospira e spegne il cellulare.
Poi dopo un po’ si prepara,
camicia e scarpe nuove, e scende
in strada.
Apre la Opel Corsa bordeaux, ci si
infila dentro e la
chiude.
È un po’
cambiata da come la ricordavamo tutti. Ora non ci
sono più briciole, polvere e cianfrusaglie
nell’abitacolo. Ora è tutto pulito,
via i tappi di birra, via i cd sparsi a terra (ora chiusi in un bel
contenitore, nuovo di zecca), via tutto il sudiciume che a lei non
piaceva.
Però comunque è già pronta una nuova
generazione di sporco che non aspetta
altro che Alice si distragga in altri…… compiti,
per prendere possesso
dell’auto.
Davide accende il motore, mette la
prima ed esce dallo
spiazzale. Apre il finestrino e mette un gomito fuori. È un
po’ nervoso, per
questo lavoro. Non è che gli piaccia tanto cambiare, anzi,
è piuttosto
abitudinario, ma questo è inevitabile. Non può
vivere ancora coi soldi di mamma
e papà, e soprattutto se vuole ospitare Alice per
più tempo di… di quello che
pensa ora, è necessario che si trovi un impiego.
Così, prima si ferma alla
cartolibreria, ma ne esce senza il
nuovo libro, poi devia nelle zone periferiche.
Prende il giornale che ha sul sedile
anteriore. Ci sono degli
ovali ad evidenziare le parti interessate.
Legge bene l’indirizzo e
controlla. Sì, è quello.
Ora è del tutto nervoso.
Scende dalla Opel e chiude lo
sportello un po’ troppo forte, poi entra nel negozio.
Incerto, si avvicina alla cassa.
-Posso aiutarla?- gli chiede una
donna bionda.
-Ehm… sì, a
dire il vero- si passa una mano fra i capelli,
impacciato, poi continua -ho… ho letto l’avviso
sul giornale, per il posto di
commesso…-
-Aspetti un attimo-
La donna si sporge verso il microfono.
-Il direttore è desiderato
alla cassa quattro- gracchia
nell’altoparlante.
Davide fa un respiro, cercando di
calmarsi.
Butta a terra lo sguardo, fissandosi
i piedi. Crede di
essere vestito abbastanza decentemente, con la camicia azzurra, i jeans
e l’orologio
fresco del compleanno al polso. Tenuta da grandi occasioni, o almeno un
po’ più
curata.
-Signor direttore, questo ragazzo
chiede di lei-
La donna indica Davide, che alza lo
sguardo sull’uomo
accanto a lei.
Il direttore indossa una camicia
coordinata da cravatta, e
porta degli occhiali dalla montatura leggera.
-Piacere-
-Piacere mio- il ragazzo si affretta
a stringergli la mano.
-Mi dica, allora-
-Ehm… sono qui…
sono qui per il posto di commesso, sa, ho
letto l’annuncio…- esordisce, esitante.
Il direttore lo squadra brutalmente;
sembra passarlo al
setaccio con un solo sguardo.
-Mi spiace- dice solo.
Davide sente gli arti cadergli
giù e l’espressione farsi
delusa. Cerca di non farla sembrare troppo tale, però.
-Abbiamo già assunto un
altro. Buona giornata-
-Altrettanto-
Abbattuto esce dal negozio e rientra
nell’auto. Prende il
giornale con gli annunci e depenna l’indirizzo del negozio. E
uno è fuori.
Poi legge il prossimo nome.
Qualche minuto più tardi
si parcheggia in una strada.
Il negozio che sta cercando dovrebbe
essere lì. Però al suo
posto c’è solo una vetrata vuota, spenta e con dei
cartelli affissi
dappertutto. Davide si avvicina e ne legge uno.
“Il negozio
rimarrà chiuso fino al 29\10 per lavori”.
Allarga le braccia.
Un altro nome da cancellare.
La prossima destinazione è
una libreria a cui serve un
commesso. Entra cautamente, facendo silenzio, e si rivolge come prima
al
cassiere, un tipo con gli occhiali.
-Sono qui per il posto di lavoro-
dice.
Il libraio lo scruta attentamente
come ha fatto prima il
direttore, e questo atteggiamento non piace al ragazzo.
-Mmm… d’accordo-
concede piuttosto freddamente -Potrei
assumerti, ma il turno è pesante-
-Sarebbe?-
-Dalle otto di mattina, tutti i
giorni, poi pausa pranzo, e
via fino alle dieci e mezzo di sera-
Il ragazzo sgrana gli occhi.
-Tutti i giorni?-
-Esattamente-
Scuote la testa, indietreggiando.
-No, allora no. Io cerco solo un
lavoro part-time-
-Arrivederci-
Il sonaglio della porta tintinna e
Davide, scoraggiato, esce
fuori. Un’ora dopo ha depennato una decina di nomi.
È molto abbattuto, stanco
e ha fatto il giro della città.
-Etciù!-
Starnutisce rumorosamente.
Dannazione, ci mancava questa…
pure il raffreddore.
Tira su col naso e intanto guida
verso casa. In quel momento
però gli arriva una chiamata sul cellulare. Mentre ha le
mani sul volante ne
infila una nella tasca dei pantaloni, cercando di prendere il telefono.
Senza guardare lo appoggia fra la
spalla e l’orecchio e
risponde.
-Pronto?-
-Mi vieni a prendere?-
Alice gli risponde
dall’altra parte. Facendo una curva e
cercando di mantenere il cellulare fermo, Davide assume una buffa
posizione.
-Dove sei?-
-All’uscita del centro
commerciale, puoi accompagnare me e
Giò?-
-Ma che ore sono?-
-Le sei e mezza. Allora? Dai per
favore….-
Cavoli, già le sei e
mezza? Praticamente ha speso un
pomeriggio a correre in giro; e il peggio è che non ha
ottenuto risultati.
-Arrivo, arrivo… porca
miseria…- impreca senza nemmeno
accorgersene.
Alice lo trova alquanto strano e gli
domanda
-Che hai?-
-Niente, niente, lascia
stare… sto arrivando-
Chiude il telefono e lo rimette in
tasca.
Poco dopo si parcheggia davanti lo
spiazzo del centro
commerciale, e cerca con lo sguardo la ragazza. Non la vede e
perciò deve
scendere.
Appena posa piede a terra una folata
di vento freddo lo
investe, facendolo rabbrividire. Ecco, ci manca questa; che debba pure
prendermi un malanno.
Tira di nuovo su col naso e si
incammina verso l’edificio.
Nell’atrio trova Alice e la sua amica ad aspettarlo.
-Ciao- lo saluta la ragazza;
però lo vede scuro in volto e
intuisce subito che qualcosa non va.
Decide però che
è meglio parlarne fra di loro, da soli. Così
fa finta di nulla e sale in macchina, sedendosi dietro.
Accompagnata l’amica a
casa, si mette davanti.
Prima che possa partire, gli blocca
la mano sul cambio.
-Cosa è successo?-
-Nulla- risponde lui tirando su col
naso, imbronciato.
-Dai… si vede che
c’è qualcosa- gli sorride e si avvicina.
Davide scuote la testa.
-Ti porto a casa- dice spiccio, ma la
ragazza toglie le
chiavi dal motore.
-Ehi ma che cavolo fai?- si altera il
ragazzo.
Alice non si fa intimorire e ribatte
a tono.
-Se non mi dici che ti
è successo non ti do le chiavi-
-Ma guarda tu! Ti ho detto che non
è successo niente!-
replica lui.
-A me non sembra proprio invece!-
Ora è seriamente
preoccupata. È raro che Davide sia così
irritabile, e ci sarà sicuramente una buona ragione.
Il ragazzo allarga le braccia ed esce
fuori, sbattendo lo
sportello e ripetendo “ma guarda tu!”.
Alice lo segue, avvicinandosi, e
appoggiandosi al cofano.
Davide sbuffa e tenta di nascondere
qualcosa nel retro
dell’auto. La ragazza è più veloce e
capisce cos’è. Dopodichè sorride
comprensiva.
-Non è andata bene col
lavoro, eh?-
-No, affatto- risponde lui.
Rinuncia nel suo intento e fa un
sospiro rassegnato. Alice
lo abbraccia da dietro, posandogli il mento sulla spalla.
-Be’, significa che non
facevano per te allora-
Lui non la sposta, ma fa un verso
sarcastico.
-Io non cerco un lavoro per me. Lo
cerco per guadagnare.
Per… per te, anche-
La ragazza sorride grata alla frase,
lo lascia andare per
poi porsi a poca distanza dalla sua fronte; si alza sulle punte per
riuscirci.
-Sono stata una scema- dice.
-Perché?-
-Perché ti ho lasciato
scegliere le offerte. La prossima te
la scelgo io, d’accordo? Vedrai che ci riesco-
Davide sorride per la prima volta in
quella serata, un
sorriso vero.
-Tu ci riesci sempre, basta che ti ci
metti-
-Lo so, lo so…-
Non gli fa aggiungere altro,
baciandolo. Le persone vanno e
vengono davanti a loro. Forse il direttore ha già trovato un
dipendente, e il
libraio cerca ancora il suo stacanovista, ma Davide è
più tranquillo.
E non perchè ha riottenuto
le chiavi.
Per Riza28: grazie
ancora...ho cercato di aggiornare il più velocemente
possibile.
per Jiuliet: ma certo che
ne vedremo delle belle...con una come Alice in giro a piede libero...
la tua attesa non è durata a lungo; almeno credo.
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Alice sorride. Sorride e scopre tutti
i denti, non proprio
perfettamente puliti, ma che esprimono il suo stato d’animo a
dir poco
entusiasta.
Sta guardando una foto di lei e
Davide, nella macchinetta
per le fototessere. Se l’è fregata dal suo
portafoglio, ma sono solo dettagli.
Poi sussulta e si ricorda che ha da
fare. Oltre ai suoi
compiti, sono due giorni che cerca incessantemente un lavoro per il suo
ragazzo. Davide non lo dà a vedere, e lo fa per non metterla
in pensiero, ma si
nota. Si nota che è abbattuto.
Sinceramente non capisce tutta questa
necessità di lavorare
subito, ma sembra che per lui sia così
importante…
Il lavoro nobilita l’uomo.
E poi è più
triste, cupo e scoraggiato. Non sorride più
tanto.
Sono un po’ di giorni che
non fanno l’amore. Sia chiaro, se
è per una semplice sveltina, Alice può
costringerlo tranquillamente; solo che
non vuole una semplice sveltina.
Rivuole il suo
Davide.
Così stringe gli occhi per
leggere le scritte piccole di
quella pagina di giornale. Non c’è niente che la
ispira, e dopo un po’
appallottola anche quella pagina e la getta.
Non fa in tempo a stendersi sul
letto, esausta, che sua
madre entra precipitosamente nella stanza.
-Alice! Che ci fai a letto?- chiede.
-Dormo…- risponde lei,
girandosi a pancia in giù.
-Come sarebbe a dire dormi? Hai
scordato che giorno è oggi?-
-Boh… non
saprei…- bofonchia assonnata.
-Oggi è il nostro
anniversario!-
Da sotto il cuscino, la ragazza
sgrana gli occhi. È vero,
cavolo!
Esce da lì sotto e guarda
la madre.
Sua madre è una donna
bionda, alta e che ama le cose
sofisticate. A cominciare dal vestito elaborato che indossa e dalla
collana
pesante che ha al collo.
Ha il suo stesso modo di fare, si
mette le mani sui fianchi
e la guarda.
Alice si siede, mettendosi i capelli
dietro le orecchie.
-Tieni- sua madre le dà
delle banconote.
-Oh grazie, che è,
un’opera di bene?- commenta lei,
alzandosi.
-No… vai dal pasticcere e
compra un vassoio di paste. Sono
solo le sette meno venti, ma al massimo alle otto e mezza ti voglio
qui, che
vengono gli altri, d’accordo?-
-D’accordo,
d’accordo… e tu lo hai fatto il regalo a
papà?-
chiede con un sorrisetto.
-Sbrigati e non fare domande sceme!
Certo che l’ho fatto!-
-Come no…- fa sarcastica,
ma lo dice a bassa voce in modo da
non farsi sentire.
-Che hai detto?-
-Uh… no nulla. Ciao
ma’-
Senza darle il tempo di indagare
oltre, è già scesa per le
scale e ora sta decidendo come andare in pasticceria. Controlla
l’orologio,
sono le sette meno un quarto. La più vicina è a
qualche isolato, vicino casa di
Davide.
Rattristandosi pensandolo in giro a
cercare inutilmente un
impiego, stacca il lucchetto dalla bici. Potrebbe chiedergli un
passaggio. Si
ferma col manubrio fra le mani.
Poi scuote la testa e ci ripensa. Non
ha voglia di vederlo,
non così abbattuto. E poi pensa anche alla pancetta che si
sta formando.
Una ragione in più per
andare in bici.
Pedala fino alla piazza, poi la
appoggia, legandola col
lucchetto pesante, ad una ringhiera.
Scende, si sistema, ed entra nella
pasticceria.
Adora quel posto. Ha un
profumo… a dir poco paradisiaco.
Poi guarda affamata la vetrina,
passando in rassegna le
paste, e sentendo sempre più l’acquolina in bocca
crescere. Il pasticcere, un
uomo che le sta simpaticissimo con quei baffetti da impiegato, le
domanda cosa
desidera.
-Ciao Giancarlo- lo saluta
sorridendo.
-Fammi indovinare…
anniversario- dice Giancarlo, mettendosi
a braccia conserte. È un tipo un po’ robusto, come
ci si aspetta da un
pasticcere, e indossa un grembiule bianco. Sembra che anche lui profumi
di
dolci.
-Esatto. Fammi un vassoio da venti-
gli porge i soldi,
sapendo che può fidarsi, e sceglie le paste.
Alcune al limone, le maddalene alla
marmellata d’albicocche,
dei babà che piacciono al papà, le sfogliatelle
con la ricotta per la mamma, e
qualche bigné alla crema.
Finito il vassoio, Alice guarda
meglio il negozio.
-Ma non lavorava anche un altro
ragazzo qui?- chiede.
Giancarlo le impacchetta i dolci e
sospira.
-Infatti, ma purtroppo ha trovato un
lavoro migliore-
-Ah peccato… mi stava
simpatico-
-Sì, era bravo- annuisce
il pasticcere, mentre le fa lo
scontrino -e ora, anche se sto cercando di tirare avanti, credo proprio
che
dovrò mettere un annuncio per trovare un garzone-
-Capisco…- la ragazza
prende il pacchetto e salutandolo esce
dal negozio.
Si sofferma per un momento sul
ragazzo che lavorava lì
prima. Erano un po’ di anni che c’era.
Una volta si era divertita a giocare
a carte con lui e le
sue amiche, una mattina che aveva marinato la scuola. Peccato, pensa,
mi stava
simpatico.
Sta per impugnare il manubrio della
bici, ma si ferma d’un
tratto.
Ripensa lentamente a ciò
che ha appena sentito.
Sta a riflettere per qualche secondo
prima di capire
finalmente.
Di scatto lascia andare la bici e
torna di corsa nel
negozio.
-Giancarlo!- lo chiama, affannata
-Non mettere nessun
annuncio, so io chi ti può fare da garzone!-
Senza dare il tempo al pasticcere di
ribattere, sale di
nuovo sulla bici, stando attenta al vassoio, e velocissima arriva sotto
casa
del ragazzo. Vede un signore con un lungo impermeabile uscire, e si
affretta ad
infilarsi dentro.
-Mi scusi tanto!- gli grida quando lo
urta per la troppa
fretta; le pare di averlo sentito dire una parolaccia, ma non ci bada.
Arriva
subito al terzo piano e si incolla al campanello.
Dei passi affrettati
dall’altra parte e poi Davide compare
sulla soglia, stupito.
Alice gli fa un gran sorriso.
-Ti ho trovato un lavoro! Ma
sbrigati, dai su…-
-Cosa? E dove?-
-Alla pasticceria qua sotto, dai
dai… muoviti!- quasi lo
spinge fuori di casa. Io ti aspetto qua, ma sbrigati!-
Giancarlo lo studia un po’;
poi annuisce.
-Perché dovrei assumerti?-
chiede.
Davide ha sentito quella domanda
almeno venti volte negli
ultimi giorni.
Non ce la fa più e spara
la prima cosa che gli viene in
mente.
-Perché ho un disperato
bisogno di quel lavoro, mi serve per
mantenermi e per pagare da mangiare alla mia ragazza, perché
conosco tutti in
questo quartiere e perché se lei non mi assume io ci
rinuncio!- sbotta,
allargando le braccia.
Giancarlo è sorpreso da
quello sfogo.
Esita un momento, poi gli porge la
mano.
-Benvenuto. Ma calmati quando lavori,
eh?- gli dice.
Davide rimane immobile, non riesce a
crederci. Poi tutto ad
un tratto si rende conto e stringe con foga la mano robusta del
pasticcere.
Un quarto d’ora dopo infila
la chiave nella serratura e apre
la porta.
Si infila dentro con l’aria
di chi ha scoperto che Natale è
domani.
-Alice?- la chiama, contento.
Nessuna risposta. La cerca in cucina,
in salotto, e mentre
cammina si sbottona la camicia.
Se la toglie quando entra in camera
da letto, certo di trovarla
lì.
Ma non è così.
Si sfila i jeans, rimanendo in maglietta e
boxer. Poi va in bagno e apre la porta.
Lei è seduta sul
lavandino, si controlla le sopracciglia
allo specchio.
Ma soprattutto è coperta
solo da una delle sue camicie
troppo lunghe per lei.
Appena lo vede nel riflesso dello
specchio si volta con un
sorrisone, scivola giù e gli corre incontro.
-Allora?- chiede, ansiosa.
Davide annuisce sorridendo.
-Mi ha preso. Comincio domani
pomeriggio-
Lei lo abbraccia e quasi lo stritola.
-Te l’avevo detto, te
l’avevo detto che ci volevo io!-
esclama.
-Avevi ragione, okay, però
non ti montare la testa-
La abbraccia. Prima è un
abbraccio calmo, amichevole. Poi le
sue mani sentono che sotto è nuda.
Allora inizia a baciarle il collo
piano piano, infilando le dita
sotto il vestito.
Alice chiude gli occhi. Quanto le
è mancato.
Lascia che le sue mani le si infilino
nell’elastico delle
mutandine, ma dopo un po’ gli prende il viso.
-Vieni…-
Gli prende la mano e lo trascina sul
letto. Lo fa sdraiare
(ce lo butta sopra) e poi gli sale su.
Poi è tutto un confuso
mescolio di ansiti, gemiti e vestiti
buttati alla cieca.
Alice si morde un labbro, seduta su
di lui e nuda adesso.
Inizia a muoversi. Il ragazzo la
lascia fare,
accompagnandola con le mani.
E poco dopo la guarda chiudere gli
occhi e lasciarsi andare.
Finito l’esercizio, Davide
la abbraccia.
-Mi sei mancata, lo sai?- le dice,
facendola infilare sotto
le lenzuola e sfregandosi contro di lei.
-Lo so. Pure tu- risponde lei.
Dimenticando tutto, si nasconde fra
la sua spalla e il suo
collo e chiude gli occhi. È felice, e questo le basta.
Dorme ora. Il ragazzo non ha il
coraggio di svegliarla.
Poverina, sorride e pensa.
Chissà quanto tempo
avrà passato a cercare un lavoro per me.
Chissà quanti giornali, quante parole di cui non conosce il
significato avrà
trovato.
Però alla fine ce
l’ha fatta, incredibile. Chi l’ha dura la
vince, vero Alice?
Poverina, pensa di nuovo. Le sposta i
capelli dal viso,
guardandola dormire. Poi una suoneria, proveniente dalla borsa gettata
a terra,
lo riscuote.
È il suo cellulare.
Alice sbadiglia e apre gli occhi,
ancora assonnata.
-Cosa c’è?-
chiede, alzandosi un poco.
Davide si protende oltre il materasso
per afferrare il
telefono e glielo porge.
Alice lo afferra, si abbraccia di
nuovo a lui e risponde.
-Pronto?-
-Alice dove diavolo sei?-
La voce di sua madre la fa gemere
scontenta.
-Che c’è,
ma’?-
-Come che c’è?
Avresti dovuto essere qui cinque minuti fa!-
Sbuffa e si alza. Fa capire al
ragazzo che deve andarsene, e
comincia a rivestirsi.
Lo saluta con un bel sorriso e scende
le scale del palazzo
che ormai è la sua seconda casa.
Torna a casa, e ignorando le proteste
di parenti, amici e di
sua madre, dà gli auguri al papà e va in camera
sua.
Si getta sul letto, chiude gli occhi
e si addormenta subito.
Sorride inconsciamente, perdendosi i dolci di Giancarlo, forse per
preservare
quella linea a cui tiene tanto.
Ma io credo che se lo meriti un
po’ di riposo, no?
Davide si alza. Aveva quasi avuto
voglia di dirle di
rimanere a dormire con lui. Sarebbe stata la prima volta.
Però alla parola
‘è mia madre’ ogni fantasia era sparita.
Si è rassegnato, ma almeno
è felice. È felice di avere un
lavoro e soprattutto di avere una ragazza così.
Così e basta, che non c’è un
aggettivo che la definisca veramente bene.
Passeggia un po’ per la
casa.
Non è molto grande, a dir
la verità; c’è la cucina, la
stanza da letto, una camera per gli ospiti, un bagno e un piccolo
salotto.
Le mura, pensa il ragazzo mentre le
guarda meglio, sono
disastrose.
La vernice è sbiadita e ci
sono macchie di umidità. La prima
volta che le aveva viste Alice, si ricorda con un sorriso, aveva detto
che non
ci avrebbe più messo piede in quella stanza.
I divani verdi contornano
l’atmosfera, ma tutto l’insieme è
spento. Davide poggia una mano sul muro, sfiorandolo e sentendo
com’è ruvido.
Lascia lì la mano per un po’.
D’improvviso stringe gli
occhi e si guarda intorno.
Valuta un po’ la
situazione. Poi va proprio dove l’umidità
ha lasciato i suoi segni.
Tocca un pezzetto di muro che vuole
staccarsi. Lo scolla
dalla parete e lo gira fra le mani.
Poi guarda nuovamente il muro.
Sorride, annuendo. Crede di
aver avuto un’idea.
Grazie mille alle sei
persone che hanno messo questa storia fra i loro preferiti.
Per Jiuliet: spero che la
tua curioistà sia stata soddisfatta.
Per giunigiu95:
grazie per i complimenti riguardo questa storia, e sia per la
precedente. E ti aggiungiamo fra le fans di Alice. Credo che un lavoro
gliel'abbia trovato... ma... gli piacerà?
Per BabyzQueeny: felice
che ti piaccia anche questa, ecco il quarto capitolo.
Grazie a chi legge solamente.
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Una sveglia trilla rumorosamente,
vibrando sul comodino.
Ci manca poco che cada giù
da sola. Poi una mano che scosta
le lenzuola sbadatamente la fa atterrare sul pavimento. Alice non se ne
cura, e
si stiracchia sbadigliando.
Oggi si sente carica. Come sempre,
del resto.
Si alza a sedere di scatto e salta
giù dal letto.
Per prima cosa va in bagno,
sciacquandosi e poi si veste.
Dopo dieci minuti è già pronta ad affrontare il
mondo. Le Converse nere sono
sporchissime, così le ripone ordinatamente nella scatola.
Poi ne prende un’altra e la
apre. Sono un paio di Adidas
nere, con le strisce rosa. Regalo di mami.
Se le infila, poi si controlla
attentamente allo specchio.
Tenuta perfetta per contrastare
quella racchia della prof.
Un orologio digitale lampeggia col
suo consueto bip-bip.
Non accenna a smettere; un gemito
contrariato parte da sotto
un cumulo di lenzuola aggrovigliate; il bip-bip continua. Allora,
volutamente,
una mano sbatte sull’orologio interrompendo il suono.
Uno sbadiglio che farebbe concorrenza
ad un leone e Davide
si mette a sedere.
Ha i capelli tutti sparati in aria,
ed è ancora confuso e
assonnato.
Tira su col naso e si stropiccia gli
occhi.
Ci mette dieci minuti per alzarsi e
andare a vestirsi.
Poi quando apre il frigo per farsi
latte e cereali, scopre
deluso che non c’è latte.
Dannazione, si comincia bene.
Sbuffando si siede. Non posso
iniziare la giornata senza
latte. Così anche se a malincuore, si infila le vecchie
Diesel e scende le
scale del portone.
Va al negozio di alimentari poco
sotto, ma una voce lo
chiama.
-Davide?-
Sentendosi chiamare si volta, e
sorride sorpreso vedendo un
ragazzo avanzare verso di lui.
-Razza di scemo!-
L’altro lo afferra per la
testa e gli strofina il pugno
sopra, facendolo ridere, poi lo abbraccia.
-Che cavolo ci fai tu qua?- chiede
stupito Davide.
-Andiamo a berci qualcosa- propone.
-Offri tu?-
-Ma certo, dai…-
Davanti ad un cappuccino e un succo
di frutta ridono e
scherzano.
Luciano ad un tratto fa una faccia
furba.
-Ma allora è vero?-
-Cosa è vero?-
-è vero che…
dai, che hai una ragazzina?-
Davide scuote la testa.
-Ragazzina, macché! Ha
solo tre anni in meno…-
-è vero allora!
Ah… capito lui…- gli punta un dito contro
-ecco perché non si faceva più vedere in
giro… aveva la sua bambina con cui
giocare!-
Poi ride, seguito
dall’amico.
-No… non dire cavolate.
Lei non è come le altre ragazzine…-
dice sicuro Davide.
-Ah no? Porca miseria…
quanto vorrei essere al tuo posto
amico… una casetta, l’università e una
ragazzina-
-Tu sei fidanzato- gli ricorda
perentorio.
Luciano ad un tratto si fa cupo e
abbassa lo sguardo. Davide
si acciglia, perplesso e domanda
-Non è così?-
Luciano scuote la testa, abbattuto.
Poi mormora pianissimo, come a temere
che qualcuno potesse
sentirlo
-Marilena mi ha lasciato. Dice che si
è stancata di me-
Davide cerca bene le parole giuste;
non è poi del tutto
sorpreso.
-Che hai fatto?-
L’altro indugia per un
momento, poi fa un sospiro.
-Mi ha beccato a letto con
un’altra-
Davide fa per dire qualcosa ma
Luciano è più veloce.
-Lo so… lo so che stai per
dire! Ho fatto una ca**ata-
mormora mettendosi le mani sugli occhi.
-è la terza volta che
glielo fai. Marilena ha ventisei anni,
e tu ventiquattro. Ma perché lo fai?- chiede.
L’amico gli lancia uno
sguardo triste.
-Non so… è
che… aveva venti anni. Venti! Non lo so…
io…-
-Ti sei fatto trasportare- conclude
per lui.
Luciano fa un respiro spezzato, come
se stesse piangendo;
guarda negli occhi l’amico.
-Ho fatto una ca**ata, una ca**ata-
ripete. Trae un respiro,
come a farsi forza.
-Parlale tu. Digli che mi dispiace,
che sono stato un
cretino. Convincila- lo supplica.
Davide scuote la testa, incerto.
-Ma… ma no, scusa, che ti
fa pensare che io potrei
convincerla?-
-Perché tu, porco ca**o,
ci sai fare! Sai come parlare alle
persone! Andiamo… te lo chiedo come amico-
Luciano lo fissa, in attesa. Davide
è riluttante, non gli
piace questa cosa di essere messo in mezzo. Tra moglie e marito non
mettere il
dito, ricordi? Però poi la faccia disperata
dell’amico lo fa cedere.
-D’accordo. Ma non ti
prometto nulla…-
Prima ancora che possa aggiungere
altro, gli occhi di
Luciano si illuminano.
-Grazie, grazie, grazie amico! Ti
sono debitore a vita!-
-Non ti prometto nulla- ripete
l’altro, ora molto meno
convinto.
-Sei un grande. Davvero- gli batte il
pugno sulla spalla, ma
Davide non sorride.
-Senti, però non
oggi… che devo lavorare…-
Luciano cambia totalmente tono ed
espressione.
-Lavori? E dove?-
-Ad una pasticceria-
Il tono con cui pronuncia la frase
non è esattamente
entusiasta.
-Ah bello. Interessante. E
com’è?-
Davide esita prima di rispondere;
mette ordine nei suoi
pensieri.
-A dir la
verità… insomma, non è che mi
entusiasmi tanto. È
solo che…-
Tutto quello che ha taciuto la sera
prima si fa strada ed
esce fuori.
-…è che Alice
ha insistito tanto, e… era contenta, ma… non
fa per me- dice malinconico.
-Wow- commenta Luciano
-però-
-Però cosa?-
-Tieni molto in considerazione la sua
opinione- osserva.
-Poverina- sorride e allarga le
braccia -è stata due giorni
a cercarmi un posto…-
Luciano fa una strana faccia, poi
domanda, con le
sopracciglia corrugate
-Dov’è ora?-
-A scuola-
-Va ancora a scuola?- chiede sorpreso.
-Ultimo anno- alza le spalle Davide,
ma guarda attento la
sua reazione. Non gli piace come gli sta parlando.
Luciano non aggiunge altro, ma
distoglie lo sguardo
dall’amico, che se ne accorge e dice
-Che hai? Forza, spara-
-Beh…vuoi saperlo davvero?-
Questa domanda lo pone di fronte ad
un bivio. È infastidito
da quelle insinuazioni. Perché deve farsi mettere la pulce
nell’orecchio?
Davide si alza.
-No, grazie. Tienitele per te. Devo
andare, ci sentiamo-
Luciano fa lo stesso, gli
dà una pacca sulla spalla.
-D’accordo, ma…
mi raccomando-
-Sì, sì, ciao-
Dice così e torna a casa,
abbandonando i tavoli del bar.
Mentre cammina ripensa a quanto ha appena detto il suo amico. Certo
detto da
uno che tradisce la fidanzata con una di sei anni più
giovane…
Però non gli è
piaciuto quel discorso. Né il tono saputo con
cui l’ha detto. Si ferma un secondo, poi prende il telefono
che ha in tasca.
Lo sa che è sbagliato, ma
gli viene spontaneo. Fa il numero
velocissimo.
Dopo un po’ gli risponde.
-Ehi, che succede?- Alice risponde a
bassissima voce.
-Che stai facendo?- chiede con un
tono un po’ troppo duro.
-Studio, razza d’imbecille-
ribatte la ragazza, irritata -in
caso te lo fossi scordato, io sono a scuola-
-E che stai facendo?-
-Sto in classe, abbassata, anzi
spiaccicata sul banco per
non farmi vedere- fa lei, e ride piano divertita dalle sue stesse
parole.
Davide al sentire quella risata si
rassicura; sorride anche
lui.
-Scusami. Ti lascio…-
-No, macchè. Mi sto
annoiando a morte… sei andato a lavoro?-
chiede.
-Oggi pomeriggio-
-Ah allora poi mi racconti tutto, eh?-
-Ma certo- sorride di nuovo.
-Sai, il pasticcere è una
brava persona-
-Non ne dubito… se riesce
a sopportarti…- dice ironico.
-Be’, se ti ha assunto-
-Sfacciata-
-Antipatico- ribatte lei, ma ride di
nuovo -oh senti, prof a
ore due, ci sentiamo, ciao-
Detto questo chiude la conversazione.
Davide rimane lì, col
cellulare in mano. E ancora il sorriso sul volto.
È tranquillo. Ma che
gliene frega di quello che ha detto
Luciano? Lui non sa. Lui non la conosce, Alice.
Alice sale le scale di casa,
arrivando al portone e facendo
scattare la serratura. Poi si trascina fino in camera, gettando la
borsa sul
letto.
Inaspettatamente, sua madre compare
sulla soglia.
-Ciao tesoro, passata una bella
giornata?- chiede, entrando
nella stanza.
-Sono sopravvissuta- alza le spalle
la figlia, togliendosi
le scarpe.
Già il fatto che sua madre
si sia fermata nella sua camera
più del necessario la insospettisce.
-Senti, devo chiederti una cosa-
Infatti la frase di dopo conferma le
sue aspettative. Si
siede tranquilla sul letto, a gambe incrociate e invita sua madre a
continuare.
-Ieri sera, dopo che sei andata in
pasticceria che hai
fatto? Perché non mi pare che ci voglia un’ora per
andarci-
Alice impreca mentalmente. Lo sapeva
che sarebbe arrivato il
momento. Però ha ancora una scusa pronta e la usa subito.
-Poi ho incontrato Giò e
ci siamo fatte un giro- dice
convinta.
-Ah sì? No
perché ha chiamato Giò ieri sera, e voleva sapere
che fine avessi fatto, dice che non ti ha sentito per tutto il giorno-
O la miseria. Alice impreca di nuovo
fra i denti, cercando
una scappatoia. Non trova nessuna risposta che stia in piedi,
così sua madre
incalza.
-Alice?-
-Mamma…- risponde lei con
un sorriso stentato.
-Con chi eri ieri sera? Ti vedi con
qualcuno?-
Sotto lo sguardo penetrante e serio
della mamma anche Alice
vacilla; e alla fine non riesce a nasconderglielo.
-Sì-
Sua madre sembra più
sollevata.
-E che aspettavi a dirmelo? Che ti
lasciasse incinta?-
-Ma no, mamma… usiamo i
preservativi!- dice come se fosse
ovvio, poi alla vista della faccia che ha assunto sua madre scoppia a
ridere.
-Sto scherzando!- dice fra le risate.
Sua madre però si fa seria.
-Com’è?-
-Bello - risponde subito Alice,
sorridendo.
Alla faccia che fa la madre ride di
nuovo
-Beh…- ci pensa su un
attimo. -A volte mi sembra che da come
parli assomigli a papà- aggiunge sincera.
-Me lo farai conoscere?-
-Ma certo!-
Alice salta giù dal letto,
sfuggendo dalla scomoda
conversazione. Arriva alla porta e poi guarda sua madre.
-Devo solo aspettare il momento
giusto!-
Davide è appena entrato in
pasticceria. Si aspetta non un
granchè da fare, probabilmente il grosso arriverà
dopo.
Giancarlo lo vede e batte le mani.
-Era ora! Su,su, animo!- dice e gli
indica la strada per il
retro del negozio.
Poi senza dire altro gli lancia un
grembiule bianco, che lui
subito si allaccia.
-Allora, per cominciare…-
Gli porge un foglietto; Davide ci
sbircia sopra: sono degli
indirizzi.
-Voglio che consegni questa roba-
Giancarlo indica dei
pacchetti già pronti sul tavolo -a quegli indirizzi. E
sbrigati, che dopo mi
serve aiuto alla cassa-
-D’accordo. Come ci vado?-
-Volando? Prendi la macchina, vai a
piedi, non so, fai tu. E
ora… al lavoro!- gli batte una poderosa manata fra le
scapole che lo fa
vacillare.
Poi legge gli indirizzi. Uno
è vicino.
Facendo molta attenzione al nome
giusto, prende in mano il
pacchetto ed esce fuori. Fa a passo veloce tutta la strada che lo
separa dal
palazzo e poi, una volta arrivato, citofona.
-Consegna a domicilio- dice, e gli
aprono il portone.
Scopre con sconforto che
l’ascensore è guasto, e perciò,
cercando di essere il più svelto possibile, sale le scale.
Ad un certo punto crede di aver
schiacciato una pasta, ma
ora è tardi. Suona al campanello e una signora lo paga.
Dopodichè si fa una
corsa fino a casa per prendere la Opel. Arrivato in pasticceria, carica
le
consegne e inizia il giro.
Piazza Fiorentino.
Dannazione, è
dall’altra parte della città. Cercando di fare
in fretta, sceglie una strada secondaria. A metà
però si accorge di aver
sbagliato, e perciò fa retromarcia. Arrivato
all’indirizzo giusto si fa pagare
e riparte. E così via, fra un indirizzo sbagliato, una
consegna scambiata e un
ingorgo nel traffico cittadino, un’ora e mezza dopo
parcheggia la macchina
davanti alla pasticceria e si precipita dentro. Consegna i soldi a
Giancarlo,
che lo squadra con un minimo di sospetto, ma poi dopo averli contati
gli
rivolge un’occhiata soddisfatta.
-Ora alla cassa, che
c’è una fila…-
Svelto più che
può Davide entra nel negozio e si mette alla
cassa. Una ragazza, più o meno della stessa età
di Alice, chiede un cono
gelato.
-Con la panna?- domanda lui.
Però si accorge del doppio
senso solo quando l’amica della ragazza ridacchia e lei
risponde un po’rossa
-No, grazie-
Maledicendo i complicati aggeggi
posti alle sue spalle
riesce a superare il pomeriggio, e alle otto e mezza Giancarlo lo
congeda.
Sbuffando distrutto si getta in
macchina. Non ha nemmeno la
forza di accendere il motore; però la trova pensando che
magari quella è zona
con divieto di sosta. Allora sì che la trova, la forza.
Mentre guida gli squilla il
cellulare. Lo prende e risponde.
-Alice?-
-Com’è andata?-
-Poi ti dico. Novità?-
-Ho preso otto. Cavoli, mi porti
fortuna, eh?-
-Modestamente- sorride Davide -altro?-
-Mmm… credo di no. Ah
sì, aspetta!-
-Che c’è?-
-Domenica sei invitato a mangiare dai
miei-
In questo capitolo
entrano in scena nuovi personaggi, che poi si svilupperanno meglio
più tardi. Grazie a chi ha messo la storia nei preferiti.
Per Jiuliet: felice che
apprezzi anche il seguito, perchè a volte il sequel
è peggiore del primo.
Per giunigiu95:
continuato. E spero che ti piaccia. Ma... un piccolo appunto: sono un
ragazzo.
Per BabyzQueeny: l'idea
di Davide direi che è facilmente intuibile, ma dovrai
aspettare un po' temo. Grazie per i complimenti.
Per Riza28: per l'idea...
che sarà mai? Lo scoprirai più avanti, sempre che
tu non abbia già fatto centro. Nel frattempo leggiti il
quinto capitolo.
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Giovedì pomeriggio. Alice
ha in grembo un libro, e in mano
una penna. Anzi, a dirla tutta ha il cappuccio in bocca.
Piega la testa da un lato, china sul
suo quaderno, e scrive
la risposta ad una domanda.
Davide è entrato adesso in
salotto.
Ha in mano un vassoio ma sta fermo
appoggiato alla grande
porta scorrevole e la guarda tutta intenta a cercare il paragrafo che
le
interessa. Poi sottolinea un paio di cose e scrive ancora sul quaderno.
È semplicemente incantato.
È zitta, non dorme e studia.
Non gli sembra vero.
Sempre guardandola, attraversa in
silenzio, cercando di non
far rumore, il salotto. Sale sul tappeto e arriva alle spalle del
divano dove è
seduta lei.
Alice non se ne accorge, ma invece si
prende le varie
ciocche di capelli e se le porta dietro la nuca, senza staccare gli
occhi dal
libro.
Il
ragazzo sorride,
poi aggira il divano e si siede accanto a lei. Poggia il vassoio sul
tavolino e
guarda il libro. Lei lo nota e appoggia la testa contro la sua spalla,
sbuffando scocciata.
-Mi rompo…- dice.
-Eh, lo so. Hai fame?-
Mangiano qualcosa insieme, poi Davide
riesce a non cedere
alle suppliche di farle i compiti di lei, e la ragazza gli mette su il
broncio.
-Cattivo-
-Tanto non te li faccio-
-Antipatico-
-Non attacca-
-Ti prego-
-No- scuote la testa.
Alice incrocia le braccia e stringe
gli occhi.
-Non faccio più
l’amore con te-
A questa uscita lui scoppia a ridere.
-E io dovrei crederci?-
-Sì- fa
l’altezzosa e non lo guarda.
-Non ci credo-
-E non ci credere-
-Non resisteresti mai- la stuzzica.
Lei si volta con sguardo di sfida.
Gli si avvicina.
-Scommetto che invece tu non resisti-
-Oh, io credo di farcela-
Si allontana, gettandogli
un’occhiata sospettosa.
Dopo vari tentativi, è
costretta a finire i suoi compiti.
Chiude il libro, il quaderno e li
getta da qualche parte sul
pavimento. Poi con un sorriso furbo si avventa contro il ragazzo.
-Non mi merito un premio per aver
fatto i compiti?-
Davide ricambia il sorriso e si
lascia stendere a terra.
-Vedi che non resisti?-
-Uffa, come sei…-
abbandona il tono malizioso e si siede sul
suo bacino a braccia conserte -e allora niente. Arrangiati-
-Bene, fa lo stesso. Ora…
puoi toglierti da lì sopra?-
Alice torna a sorridere maliziosa.
-Da lì dove?-
-Da lì-
E con un colpo di reni la fa rotolare
a terra; si alza incredula.
-Brutto antipatico!- dice, mettendosi
le mani sui fianchi.
Il ragazzo si alza ed esce dal
salotto, andando ad infilarsi
una giacca.
-Dove stai andando?- chiede lei,
raggiungendolo.
-A lavoro. Ma…tu puoi
restare se vuoi- dice, prendendo le
chiavi della macchina.
Alice si mette le mani dietro la
schiena.
-Pensavo che avremmo passato il
pomeriggio insieme…-
comincia delusa.
-Eh che ci devo fare? Il lavoro me
l’hai trovato tu…-
Poi le dà un baio
velocissimo ed è già sceso.
-Okay, allora ci…- Alice
non fa in tempo a finire la frase
che si trova sola -…vediamo- conclude.
Sbuffando torna nel salotto e
recupera le sue cose.
È un po’ delusa.
Si annoia e non sa che fare.
Per un momento si acciglia, e le
verrebbe quasi voglia di
andarsene a passeggio con un’amica, alla faccia
dell’antipatico.
Poi però si contraddice, e
qualcosa la fa rimanere
inchiodata su quel divano.
Alice si mette una mano fra i capelli
e geme sconsolata.
Lo sa già
cos’è.
Si è innamorata.
Davide è fermo davanti ad
un bancone con i soliti dieci
pacchetti da consegnare. Decide di cominciare e si avvia con la
macchina in
giro per la città. Un po’ gli dispiace di aver
lasciato sola Alice, ma dopo
tutta la fatica fatta per trovarne uno, marinare il lavoro non
è una grande
idea.
Dopo si farà perdonare,
pensa.
Curiosamente è lo stesso
pensiero che fa la ragazza, solo
che, cercando nei cassetti del ragazzo, si accorge che ha finito le
munizioni.
Si acciglia.
Cavolo, possibile che abbiamo
già finito un pacchetto?
Be’, di certo non
aspetterà che torni lui; prende la borsa,
le chiavi di casa, si aggiusta un po’ e scende le scale.
La sua fedelissima bicicletta, che
Davide sfotte sempre, è
attaccata alla ringhiera del cancello fuori la palazzina.
Monta su e si dirige verso la
farmacia più vicina.
Arrivata all’entrata esita.
Un po’, se proprio lo deve
ammettere, si vergogna. Però… in compenso, per un
attimo di imbarazzo, potrà
gustarsi la faccia sbalordita e ammirata di Davide. E non è
l’unica cosa che si
gusterà.
Sì, ne vale decisamente la
pena.
Fa un bel respiro ed entra.
La farmacia è piccolina e
individua subito la sua preda.
Dannazione, giusto vicino al bancone deve essere?
Cerca di darsi un’aria
sicura e si avvicina.
Fingendo di controllare altre
medicine, getta lo sguardo lì.
C’è solo un
pacchetto, un unico pacchetto.
Andiamo Alice, non è
difficile.
-Posso aiutarla?-
La farmacista sfodera un sorriso
incoraggiante e
disponibile, che ha la capacità (incredibile a dirsi) di far
arrossire la
ragazza.
-Ehm… forse sì-
Si schiarisce la voce. Mai mostrarsi
insicuri. Dopotutto non
c’è nulla di male, no?
Ma prima che possa aggiungere altro,
una voce maschile e
sicura la precede.
-Quanto costa?-
Alice si volta immediatamente.
Un ragazzo alto, dai capelli
spettinati artisticamente, di
sicuro reduci di un taglio costoso, le sta dietro e indica proprio quel
pacchetto lì.
La commessa, educata risponde, e il
ragazzo prende in mano
il portafogli.
Lei capisce che vuole fregarle la
preda e interviene. Chissà
come, l’imbarazzo di prima è svanito.
-Ehi tu! L’ho visto prima
io!-
Si mette le mani sui fianchi nella
classica posizione e
parte all’attacco.
-Scusami?-
Il ragazzo alza un sopracciglio e la
guarda da sotto in su.
Lo stesso fa lei.
Ha una maglia parecchio aderente, il
tipo. Ed è pure
griffata.
Poi incrocia il suo sguardo; ha occhi
marroni.
-L’ho visto prima io,
rispetta la fila!-
Curioso che lo dica proprio lei, in
ricordo dell’esperienza
dell’autogrill. A quel pensiero le scappa un sorriso.
-E ora che hai da ridere?-
-Non sono fatti tuoi, ti pare?-
ribatte.
Il ragazzo porge alla commessa il
dovuto e si prende il
pacchetto. Alice è sbalordita.
Come se nulla fosse, il tipo esce dal negozio. Ha dei bei
pantaloni di marca, si
trova a pensare.
Poi però la furia
vendicativa la invade e lo segue fuori.
-Ehi tu! Calvin Klein!- lo chiama.
Il ragazzo si gira.
-Dici a me?-
-Si a te, ladro di preservativi!-
Gli si avvicina.
-Come cavolo ti sei permesso di
fregarmeli?-
Il tipo la guarda perplesso.
-Scusa, ma qual è il
problema? Compratene altri, sai ci sono
anche i distributori-
-Non è questo il punto! Io
voglio quelli! Sono migliori-
Nel dirlo è lievemente
imbarazzata, ma reprime subito quel
sentimento.
-E che ne sai tu?- ora il tipo ha una
smorfia maliziosa.
Alice si acciglia; quel ragazzo la
sta infastidendo sempre
di più.
-Oh andiamo! Dai…- fa un
sospiro e pensa rapidamente a
qualcosa per convincerlo -se mi mettono incinta sarà colpa
tua, eh?- lo
avverte.
Il ragazzo prima la guarda ancora
più perplesso. Poi le
labbra gli si allargano in un sorriso. Il suo sguardo cambia,
è diverso ora.
Lei se ne accorge e distoglie il suo.
Il tipo prende in mano il pacchetto
che ha appena comprato e
lo apre.
-Facciamo così- dice,
estraendone qualcuno -te ne dò la
metà. Tanto a te servono con più urgenza, i miei
erano solo… così, per ogni
evenienza…-
Alice batte le mani, felice di aver
raggiunto il suo scopo.
-Oh, lo vedi che sei ragionevole?-
Poi se li infila in tasca, sorridendo
pensando alla faccia
che farà Davide.
-Come ti chiami?- chiede lui, non
più strafottente come
prima.
-Alice. Sai, come i pesci che si
mangiano- sorride
divertita.
Anche il tipo allarga il sorriso
già presente sul suo volto.
-E hai già trovato il tuo
paese delle meraviglie?- domanda
ancora, con tono leggermente più basso.
La ragazza lo fissa da sotto in su.
Mette le braccia
conserte e sta al suo gioco.
-Spero presto…- comincia,
divertendosi a vederlo arrossire
-ma per ora è alto, bellissimo e fa il pasticcere!-
-Il pasticcere?- ripete lui, con un
tono stupito.
-Sì, perché?-
domanda lei perplessa dal suo tono.
Il tipo tossicchia e sembra divertito.
-Oh no, nulla…-
Alice capisce subito che intende dire.
-Senti, tu, Calvin Klein…-
comincia minacciosa -permettiti
ancora di parlarmi come un imbecille viziato e ti buco i preservativi!-
Sorpreso l’altro non
ribatte.
-Ma no, non… non intendevo
dire nulla contro i pasticceri…-
cerca di rimediare.
-Lo spero- fa Alice, altezzosa.
-A posto allora?- chiede preoccupato.
Lei lo guarda un attimo. Lo squadra.
Non è del tutto
convinta, ma annuisce.
-D’accordo… ma
alla prossima sfilata voglio i posti in prima
fila!- sorride e fa per andarsene.
-E comunque non mi chiamo Calvin
Klein…- le grida il tipo,
già lontano.
-E come?- fa la ragazza in risposta.
Il tipo sorride e mette le mani a
coppa attorno alla bocca.
-Oscar!-
Alice non può trattenere
una risata. Si allontana e monta
sulla bici. Prima di andarsene però guarda il tipo tutto
griffato aprire il
portellone di una bella Peugeot 207 nera e salire al posto di guida.
Non si muove, ma aspetta che le
arrivi davanti. Oscar
abbassa il finestrino.
Le porge un biglietto.
-Semmai dovesse andar male, chiama
mio padre- Alice prende
il biglietto -fa il ginecologo-
Così dicendo accelera e se
ne va.
Alice rimane ferma e legge il
biglietto. C’è un numero, il
nome del papà di Calvin Klein e l’indirizzo per lo
studio privato. Hai capito…
Se lo infila in tasca e pedala fino a
casa.
Sale le scale, evitando di incrociare
il signor Del Mastro;
l’ultima volta le aveva dato, senza ritegno, della sgualdrina
perché portava
una gonna troppo corta. Avrebbe voluto rispondere, ma Davide le aveva
tappato
la bocca e trascinata via. Un giorno di questi gliel’avrebbe
fatta pagare, a
quel vecchiaccio scorbutico.
Apre il portone ed entra in casa.
Cioè, ad essere precisi la
casa è di Davide.
Però le piace pensare che
abbia le chiavi per aprire la
porta.
Si toglie le scarpe e va in cucina.
Che mangiamo oggi?
Sceglie qualcosa da cucinare veloce
veloce.
Davide sbuffa ed esce dal negozietto,
salutando il
proprietario. È una settimana che va avanti così,
e deve ammettere che non è
poi tanto male. Però……
c’è un però che non lo convince del
tutto.
Suona il campanello. Nessuno gli
risponde. Suona ancora. Ma
niente.
Dannazione, pensa. Alice si
è arrabbiata e se n’è andata.
Per fortuna ha un doppio delle chiavi.
Apre la porta e la chiama. Nessuna
risposta.
Sbuffa seccato, si toglie giacca e
jeans e poi va in cucina.
Ah, ecco dov’è.
Sta preparando qualcosa, è
voltata verso i fornelli e non
sembra essersi accorta di nulla.
-Alice? Dai mi dispiace…-
comincia avanzando.
La ragazza non si volta
però gira la pasta.
-Non potevo non andare.
Dai… scusami… ti prometto che
qualche giorno usciamo- dice per giustificarsi.
-…usciamo e ti porto dove
vuoi, fosse anche a quel cavolo di
centro commerciale!-
A questa uscita dovrebbe ridere,
pensa. Ma non accade, e
questo lo fa irritare.
Magari l’ha presa proprio
male.
Le si avvicina da dietro,
l’abbraccia e le dà un bacio sul
collo.
-Oh andiamo… che fai, la
bambina?- le dice.
Alice si volta solo allora, ma non
è né arrabbiata, né
delusa. Gli fa un gran sorriso e ricambia il bacio.
-Scusami- dice ridendo -non ho
sentito, che hai detto?-
Si toglie le cuffie
dell’Mp3.
Davide scoppia a ridere.
-Brutta imbrogliona! E io che pensavo
che mi tenessi il
muso!-
Però non si sposta e non
la lascia.
-Allora, che hai fatto? Ti sei
annoiata?-
-Macchè!- fa lei, mettendo
il sale -Sono andata a comprare i
preservativi-
-Che hai fatto?- domanda sbalordito,
allontanandosi un po’.
Alice ride.
-Sì, e pensa, Calvin Klein
in persona voleva rubarmeli! Poi
però… beh, insomma ce li siamo divisi…-
-Ma che vai dicendo?-
Lui non presta più di
tanto attenzione alle sue parole,
pensa che stia bluffando. Ricomincia a baciarla.
-E allora vogliamo provarli?- dice.
Se deve farsi perdonare, è
meglio farlo per bene. Lei si
contorce sotto le carezze che le fa, ma ride ancora.
-Fa il solletico…-
Davide la fa staccare dai fornelli e
le prende il viso con
le mani.
-Mi perdoni?- dice. Poi sorride.
Lei lo ha già perdonato da
quando l’ha abbracciata, ma non
vuole dargliela vinta.
-Questa è
l’ultima- dice.
Si volta di nuovo e riprende a
cucinare. Davide si allontana
e si siede su una sedia. La guarda mentre scola la pasta e ci aggiunge
il sugo.
Sorride.
Poi gli torna in mente qualcosa che
doveva dirle.
-Alice, vieni qui un
attimo…- si alza e la prende per mano.
Lei, stupita si fa condurre di
là. D’un tratto le viene in
mente un’ipotesi che la fa arrossire a dismisura.
Decisamente, per ora, è
questo il suo paese delle meraviglie.
Il ragazzo la porta in salotto, e le
indica il muro alla
destra del divano.
-Guarda- le indica il muro segnato
dalle umidità e dalla
vernice giallina sbiadita.
-Vedo. E fa schifo.
Perciò?-
È leggermente delusa.
Pensava che avesse di meglio da farle
vedere che un muro pieno di crepe.
Lui sorride come chi deve fare una
sorpresa, e sa già che le
piacerà immensamente.
-Allora… eh,
pensavo… sai, ci vorrebbe una bella verniciata-
inizia.
-Vuoi chiamare i pittori?-
-No- fa una mezza risata
-io… pensavo che potevamo farlo
noi… se, se ti va-
Alice guarda il muro; ad un certo
punto sul viso le compare
un sorriso grandissimo, per quanto sia possibile.
Batte le mani e si morde un labbro.
-Sì sì
sì! Sarà una cosa fichissima! Sì, dai
facciamolo!-
-Sei sicura? Mi vuoi aiutare?- chiede.
-Ma certo che voglio! Che domande
fai? E poi…- si interrompe
e arrossisce -sarà come se fosse un po’ casa
nostra…-
Davide sorride, ma è un
sorriso tirato.
-Ehi…- prova a scherzare
-…rallenta…-
La ragazza annuisce, rassicurandolo.
Mentre mangiano, però,
Davide non ha ancora abbandonato la sorpresa insolita al suo
‘casa nostra’.
Un altro nuovo
personaggio. Decidete voi se vi piace o meno, anche se forse
è un po' presto.
Grazie ai dieci, che
hanno messo la storia nei preferiti.
Per giunigiu95: non
importa, dopotutto errare umanum est; perciò è
piuttosto comprensibile.
Per Riza28: allora, 1)
Davide, per dirla tutta, se la fa sotto per quanto riguarda andare a
conoscere la sua famiglia. Quindi bisognerà trascinarlo. 2)
Sì, forse lo verrà a sapere... ma forse...solo
che non sarà più così importante
perchè avrà altro a cui pensare...ma basta con
gli spoiler.
Per demetra85:
grazie per i complimenti su questa e la precedente. E come ho
detto prima... non ha assolutamente il coraggio. Vedremo.
Grazie anche a chi legge
soltanto.
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
-è tardi. Hai sonno?-
Alice prende la borsa e guarda il
ragazzo che si dondola
sulle gambe della sedia.
-Un po’. Non dovevamo
vederci quel film- dice, regalandogli
un sorriso.
Davide la guarda infilarsi la felpa
sopra la maglietta, e
poi guarda l’orologio. Le undici e quarantatré.
Una strana malinconia lo assale, e
smette di stare in
equilibrio per poggiare la sedia a terra.
Lei sta per andarsene, e vuole
salutarlo.
Lui, senza pensarci più di
tanto, dice
-Dormi con me-
Non è una domanda, o
un’ipotesi buttata lì tanto per. È
un’affermazione e la ragazza lo capisce.
-Cosa? Ma…-
Arrossisce in modo incredibile.
Strano per lei.
Davide le si avvicina, spegne con una
mano la luce della
sala, e con l’altra la avvicina a sé. E la bacia.
Chissà perchè
tutta questa intraprendenza. È che gli è tanto
piaciuta quando prima si è data da fare per preparare da
mangiare. Lei apre le
labbra e gioca con la sua lingua.
Il bacio è
qualcos’altro adesso.
È strano che sia lui a
comandare, di solito non succede.
La trascina via via verso la camera
da letto, per poi
farcela cadere sopra.
Alice d’improvviso si
stacca; lui però continua, non vuole
fermarsi. Allora gli tira un piccolo schiaffo sulla guancia.
-Ehi dico, ma che ti prende?-
-Voglio fare l’amore con
te…- risponde semplicemente con
voce roca.
Ricomincia a baciarla sul collo, e
lei chiude gli occhi per
un attimo. Poi si riscuote e lo ferma.
È stupita.
-Davide… che fai?-
-Non hai voglia?-
-No, non è questo,
però……… cavoli!- sorride
-da dove viene
tutto questo spirito d’iniziativa?-
Lui si alza, scostandosi.
-Va bene, scusa…-
è deluso e si vede. Scende dal letto e
inizia a spogliarsi.
La ragazza se ne accorge e lo segue.
-Che fai?- è lui a
chiederlo stavolta.
-Mi spoglio. Hai detto che dobbiamo
dormire insieme o
sbaglio?- fa maliziosa.
Solo che non si mette semplicemente
il pigiama. Si toglie
tutti i vestiti, anche l’intimo. Rimane nuda.
Incrocia le gambe e lo guarda
divertita mentre il suo
sguardo si posa intenso sulla sua nudità.
-Scusa come fai a dirmi di
resisterti?-
-Eh no, non vale sai…-
protesta mentre la schiaccia di nuovo
sul letto.
Un dito temerario la sfiora
lì e questo interrompe tutte le
proteste.
-Grazie di avermi trovato il
lavoro…- comincia lui.
La mano nel frattempo non smette di
stuzzicarla.
-Grazie di aver cucinato per
me…-
Alice geme un pochino e inarca la
schiena. Però continua a
fissarlo.
Ora altre dita si muovono
lì sotto. Ad un certo punto lei
trattiene il respiro e si morde un labbro.
-Davide……-
Non finisce di dirlo che
già lui ritrae la mano, bagnata
però.
Lo guarda con un sorriso appagato, le
braccia sopra la
testa.
Si alza e si pulisce le mani. Lei si
alza, un po’ triste e
fa per riprendersi i vestiti.
A metà
nell’infilarsi il reggiseno la mano di lui la blocca.
-Che fai?-
-Be’ scusa…
secondo te come ci torno a casa, nuda?- scuote
la testa e riprende a coprirsi.
Davide la guarda serio.
-Guarda che non scherzavo prima.
Dormi qui-
Si sdraia sotto le coperte e batte
una mano sul materasso.
Alice si acciglia.
-Dai non prendermi in
giro…-
Lui si siede e la guarda.
-Sono serio-
Si guardano negli occhi; la ragazza
vede un’espressione
decisa, che poche volte gli ha visto sul volto. Poi sente dei brividi
per il
freddo e nega.
-No, dai…che gli dico a
mia madre?- chiede.
-Quello che vuoi… che sei
andata a dormire da una tua amica.
Una cavolata qualsiasi. Dai…- le prende le mani e la tira a
sé. Incapace di
resistergli Alice si lascia portare sul letto.
Valuta la situazione, e a dir la
verità non l’ha mai fatto.
Abbassa lo sguardo.
-Non ho mai dormito con un
ragazzo……- dice; arrossisce pure
ma per fortuna l’amico buio copre il suo imbarazzo.
Lui fa un verso scettico.
-Ma dai… non
c’è bisogno di dirmi così…-
-E tra l’altro ho pure
freddo, sarà meglio che torni a
casa…-
Fa di nuovo per rivestirsi ma due
braccia ben decise la accerchiano
da dietro.
-Ti scaldo io-
A questa frase la ragazza sente
batterle il cuore molto
veloce; non sa che rispondere e sta zitta. Cioè, in
realtà avrebbe due paroline
ben precise da dirgli, ma non se la sente. Sa che tutte le sue amiche
si
scambiano sdolcinatezze e parole smielate con i rispettivi ragazzi.
Loro non
sono così, il più delle volte si sfottono, a
parte quando fanno l’amore. Anzi,
certe volte pure in quei casi.
E le sta bene così
però… non ha mai sentito quelle due
magiche parole uscire dalla sua bocca. Parole che sono capaci di far
perdere la
testa a tutte.
Non si accorge quasi, immersa nei
suoi pensieri, che è
finita sdraiata accanto a lui; il quale ora le sta sistemando i capelli
tutti
scompigliati.
-Mi sa che è meglio se
torni dal parrucchiere, va’…-
sorride.
Lei però pensa a
tutt’altro. Non se la sente proprio di
ribattere quella sera; o perlomeno vuole una sera diversa dalle altre.
Ammette che a volte le piacerebbe
sentirsi dedicare qualche
bella frase, o una smanceria in pubblico, un gesto carino.
Però……
pensa anche che così è più fica, la
cosa.
Ed è di lui che si
è innamorata, non di un ragazzo col miele
al posto delle parole.
Un tipo normale.
Davide.
Sorride e gli si abbraccia, contenta
di aver raggiunto un
accordo con se stessa.
Si infilano sotto le coperte, e solo
allora capisce quanto
sonno ha in realtà.
Fa uno sbadiglio contro il suo
torace, facendolo sorridere,
e chiude gli occhi.
-Ti amo- dice a bassa voce, come se
temesse di farsi
sentire.
Come se non volesse farsi sentire.
Eppure lui le ha sentite
benissimo, quelle due parole. Gli sono arrivate dritte nel petto, e non
solo
perché è lì che si poggia la sua testa.
Lo hanno fatto rabbrividire dentro,
fino nelle ossa. Gli
trema la voce; vuole rispondere ma non sa come. Non sa se è
il caso, non sa se
dorme.
La guarda. Scivola in basso in modo
da arrivare all’altezza
della sua fronte e le prende il viso con le mani.
Sorride, un sorriso che anche se
è ad occhi chiusi può
sentire anche lei.
-Modestamente…- dice, tra
lo strafottente e il dolce.
Però subito dopo gli
arriva un pugno sullo sterno.
-Ahio- fa.
E sia Davide che Alice ridono.
La luce mattutina, di quelle che ti
sbattono sugli occhi
chiamandoti ad iniziare di malavoglia un nuovo giorno e a lasciare il
tuo
letto, quella luce invadente, si intrufola nella stanza dove dormono i
due
ragazzi, e Davide apre gli occhi lentamente, con cautela. La prima cosa
che
sente è un qualcosa di caldo che sta appiccicato alla sua
maglietta. Poi una
gamba che si infila in mezzo alle sue. Alice.
Poi però sente un male
forte dappertutto. Ha dormito su un
fianco e ora si sente tutti i muscoli indolenziti. Piano si mette a
pancia in
su, massaggiandosi dove gli fa male.
Guarda l’orologio, e sono
le otto e cinque.
Subito dà uno scossone
alla ragazza, che alza la testa di
scatto e tiene semischiusi gli occhi.
-Che c’è?
Dov’è l’incendio?- domanda, confusa.
-A scuola-
Alice gli crolla addosso,
strusciandosi nell’incavo della
sua spalla.
-Vacci tu, secchione…-
brontola.
-Ma che dici, mica puoi mancare.
Alzati che è tardi-
-No-
Si aggrappa ancora di più
a lui, sbadigliando.
-Ti butto giù dal letto-
-Devi solo provarci- sogghigna lei.
Lui rinuncia.
-E allora che dirai ai tuoi?-
-Perché devi essere sempre
così…… adulto? E smettila di
pensare una volta tanto…-
-Gentile… davvero-
Davide se la scrolla di dosso e si
sdraia, rilassando i
muscoli doloranti. La ragazza si accorge del cambio di tono e lo
guarda. C’è
rimasto male.
-Oh…-
-Che vuoi?-
-Calmati fratello, eh?- si acciglia e
si siede sul letto. Ha
dormito senza vestiti.
Questo gli fa perdere un
po’ di rabbia. Lei si abbraccia le
gambe e aspetta la sua reazione senza guardarlo.
Il ragazzo sospira, pentito.
-Scusa- dice.
-Ecco, bravo. A volte le dici le cose
giuste-
Alice si infila daccapo nelle
coperte, ma dall’altra parte.
Davide si è dispiaciuto.
Vuole toccarla ma non vuole nemmeno
rovinare tutto.
-Scusa se ti ho risposto male- dice
esitante.
La ragazza sorride
dall’altra parte, ma senza farsi vedere.
-Scusa se ti ho detto che sei
antiquato-
-Ma non me l’hai
detto…- sorride lui, vedendo che si è
girata.
-Ah già…
ops…-
Il sorriso gli si trasforma in
un’espressione incredula.
-Dovrei cacciarti, sai?
Ripudiarti…-
-Mica ti ho fatto le corna-
-Non ancora…-
-Ci penserò-
Tre ore dopo Alice mette i piedi sul
sedile per allacciarsi
le scarpe.
Davide le getta uno sguardo che le
basta per capire che deve
abbassarli.
-Uffa…- fa, ma obbedisce.
-Dove si va?-
-Qui guarda-
Gli indica la rotatoria e poi la
destra, verso la periferia.
Il ragazzo si acciglia.
-Ma dove mi stai portando?- chiede.
-In un posto-
La Opel arriva davanti ad una
palazzina. Lui è perplesso e
confuso.
-Siamo a casa mia- dice semplicemente
lei.
-Cosa?- il tono con cui lo dice
è un po’ troppo alto.
Sbianca e si guarda intorno. Non ci
tiene proprio ad affrontare
quel problema ora.
-Dai, ma che hai? Hai paura dei miei?-
-Sì- dice istintivamente.
Alice sospira teatralmente e scuote
la testa. Scende
dall’auto , fa il giro e gli prende un braccio.
-Muoviti, tanto non ci sono di
mattina-
Tra le proteste plateali di lui
salgono le scale e arrivano
nell’appartamento. Davide si dice tutte le litanie e
coroncine che conosce
pregando che non ci sia sua madre in casa.
Alice apre il portone, e lo tira
dentro.
Il silenzio rimane immutato. Il
ragazzo si guarda in giro, tranquillizzandosi
man mano che passano i secondi; non c’è nessuno in
casa.
Lei nota questo suo sollevamento e
senza farsi accorgere
sorride maliziosa.
-Mia madre dev’essere sul
balcone. Aspetta che la chiamo-
-No!- reagisce d’istinto.
La ragazza ride, tenendosi il fianco.
-Perché ridi?-
-Perché sei un fifone,
stupido!- gli tira un buffetto sulla
spalla.
-Mia madre non
c’è, è fuori tutta la mattina!- ride
ancora.
Davide stringe gli occhi.
Brutta… ti diverti, eh?
-Razza di impostora…-
comincia, avvicinandosi.
-Fifone, fifone!- canticchia lei,
allontanandosi.
D’improvviso lui fa per
afferrarla ma la ragazza è più
veloce e gli sfugge.
Cominciano a correre così
in casa, ma Alice la conosce
meglio e ridendo si chiude in bagno.
Davide si schiaccia contro la porta,
sentendo la sua risata.
-Apri scema!-
-No! Cattivo!-
La sente ridere dall’altra
parte, gioca un po’ così, ma la
sua attenzione viene catturata da altro.
Smette di forzare la porta e si
avvicina. Il salotto di casa
sua ha la moquette, e dall’altra parte, su un cassettone di
legno, sono messe
in fila varie fotografie. Ma la sua attenzione è catturata
da una in
particolare.
Getta uno sguardo indietro, per
assicurarsi che non ci sia
nessuno. Poi prende in mano la foto. Sorride.
C’è una ragazza
seduta su una pietra, che guarda dal basso
l’obiettivo. Sorride scoprendo i denti.
Avvicina di più la foto al
suo volto.
Tutto preso a guardare quella foto
non si accorge che Alice
è uscita dal bagno e gli è arrivata alle spalle.
Fa un piccolo grido quando
vede che foto sta guardando, e lo fa sobbalzare.
-No! Non guardare quella stupida
foto!-
-Madonna, mi hai fatto prendere un
colpo…- riprende fiato e
alza la foto in modo da non fargliela prendere.
-Dai, faccio schifo!- protesta lei.
Davide gliela mostra, con sguardo
però interessato.
-è bella- dice, osservando
la sua reazione.
-Non è vero. Dai mettila
via, c’è solo perché mia madre la
vuole…- e gliela fa posare.
-Un talento precoce, vero? Quanti
anni avevi, quindici? Già
facevi tutte quelle mosse?- la scherza.
Alice si mette abbracciata attorno al
suo busto e con la
testa sulla sua spalla. Il ragazzo prende in mano un’altra
fotografia.
-Questa è tua madre?-
chiede.
-Sì, è lei-
È la foto di una donna e
suo marito sullo sfondo del mare.
La donna è più alta di lui, indossa un vestito
turchese e porta una collana
piuttosto pesante. Il marito sorride ampiamente, abbraccia la moglie
all’altezza della vita; porta un paio di bermuda beige e una
camicia. In una
mano regge una canna da pesca.
-Tuo padre pesca?- chiede subito.
-Macchè…- fa
una risata -voleva farsi bello per la foto-
L’uomo è un
po’ pelato, con dei ciuffi brizzolati ai lati
della testa, ma la moglie è tutto l’opposto.
Ha dei lunghi capelli biondi,
spartiti sopra la fronte da un
paio di occhiali da sole. Fa un sorriso molto tirato, al contrario del
marito,
che ne sfodera uno bello ampio.
-Allora?- Alice allontana la foto e
la rimette a posto -che
ne pensi?-
Davide si infila le mani in tasca e
scrolla le spalle.
-Non assomigli per niente a tua
madre- dice, secondo la sua
prima impressione.
Lei si acciglia, e si stacca per
guardarlo negli occhi.
-Davvero?-
-No. O almeno così mi
sembra, poi…- aggiunge subito,
passeggiando per la stanza.
C’è un quadro
sul muro a cui è appoggiato il cassettone. Poi
un divano, violetto in tinta con la moquette, le pareti lilla. Un
tavolino al
centro, di vetro, poi delle poltrone.
Questo è il salotto, che
però comunica con un’altra stanza,
che dev’essere la cucina.
-Perché le pareti viola?-
chiede con un sorriso.
-Piacevano a mamma- risponde lei, e
lo prende per mano -a
proposito, devo farti vedere una cosa…-
Lo trascina fino in camera sua e lo
stende sul letto. Poi va
alla scrivania e fruga tra le carte. Cerca, rovistando negli appunti di
una
lezione di filosofia, e prende un foglio dal mucchio.
Poi si mette in grembo a lui e glielo
mostra.
Davide lo avvicina al volto, ma
facendo in modo che anche
lei possa guardarlo.
C’è scritto
sopra “Muro decrepito”. C’è lo
schizzo di una
parete, poi una fantasia a rettangoli verdi e arancioni.
-Cos’è?- domanda.
-Avevi detto che dovevamo dipingere o
sbaglio?-
-Sì…-
-E questo è il mio
progetto!- allarga le mani, girandosi per
osservare la sua reazione.
Davide alza un sopracciglio.
-Rettangoli?- non riesce a
trattenersi -rettangoli verdi e
arancioni?-
Alice si acciglia.
-Perché, non ti
piacciono?-
-Io pensavo più a qualcosa
tipo… non so, bianco?-
-Naa… ma che dici?- lei
muove la mano come se dovesse
scacciare un qualcosa davanti al suo naso -troppo comune-
-Be’, io mica ho detto che
volevo il premio all’originalità…-
-Vedremo, vedremo chi la
spunterà…- ripiega con cura il
foglio e se lo infila in una tasca.
Poi prende un altro foglio bianco.
Ci scrive sopra qualcosa, lo mette in
bella vista sulla
cucina e apre il portone.
-Usciamo?-
-D’accordo, ma…
calma, eh? Che dirai ai tuoi? Non sei andata
a scuola, non hai dormito a casa…- comincia lui, ma subito
la ragazza lo tira
fuori.
-Tu lascia fare a me- dice.
È questo che lo preoccupa,
in realtà.
Non so se va
granchè bene. L'ho quasi finita di scrivere, ma... non so se
è soddisfacente.
Per Riza28: non ti posso
dire nulla, ma credo che ti ci dovrai abituare, a Calvin Klein
Per demetra85: non so se
hai ragione, o meglio lo so ma sarebbe uno spoiler, quindi...
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Un ragazzo in grembiule bianco ha in
mano della cioccolata e
la sta spalmando con molta attenzione. Di solito la sua materia
preferita sono
i computer, programmare e lavorarci su, ma stavolta sta mettendo la
stessa
attenzione che metterebbe per un linguaggio di programmazione nella
preparazione di un semplice pasticcino.
Sorride soddisfatto, ammirando il suo
lavoro. Il bignè sta
perfettamente in piedi sul bancone da lavoro, e sopra ora ha un ciuffo
ribelle
di cioccolato appena fatto.
Da leccarsi i baffi. Giancarlo lo
vede, lo esamina e
annuisce.
-Bene, niente male- sorride
incoraggiante -ora devi
preparane una ventina-
Davide si sente cadere le braccia.
Sbuffa, riprende in mano il dosatore
e si dedica ad un'altra
pasta.
È sempre così.
Quel pomeriggio sembra non passare
mai; Giancarlo ha deciso
che è pronto per aiutarlo a preparare i dolci, e
così ora si trova alle prese
con creme, ornamenti, tempi di cottura, cioccolato, vaniglia, mandorle,
glassa,
frutta sciroppata, nocciole, liquori,
ricotta………
Gli sta venendo un leggero mal di
stomaco.
Mentre decora l’ultima
pasta è certo di stare per vomitare a
furia di vedere dolci. Va a sciacquarsi le mani e sente la voce del suo
capo.
-Pulisci la cucina se hai finito!-
-E certo, non sia mai che io me ne
stia con le mani in
mano…- commenta a bassa voce lui.
Prende lo straccio e comincia a
lavorare.
Nemmeno sente il vociare che proviene
dal negozio,
inginocchiato a terra per pulire una macchia di crema piuttosto
ostinata.
Mentre strofina vigorosamente, una scarpa gli colpisce le mani.
Alza gli occhi; Alice lo guarda
maliziosa.
-Come sta il mio pasticcere?- chiede.
Davide getta lo straccio nel secchio
e si alza. Lei gira
nella cucina.
-Non sono un pasticcere…-
sorride, avvicinandosi.
La ragazza raccoglie con un dito un
po’ di cioccolato
residuo.
-Buono?- domanda.
-Mmm… può
darsi…-
Lo spinge fino al bordo del bancone.
-Ma io preferisco quello bianco, di
cioccolato, non so se mi
spiego…-
Mentre gli lascia un bacio sulle
labbra la sua mano lo
tocca.
-Ehi scema… ma che fai?-
si ritrae ma non proprio
dispiaciuto.
-Dai…- ride, dà
uno sguardo dietro di sé e non trovando
nessuno continua a cercare di farlo star fermo.
-Ma che fai?- ripete stupito, quando
cerca di slacciargli il
pantalone.
La allontana deciso, cercando di non
far capire niente al
capo.
-Che, sei scema? Non possiamo!-
Alice alza un sopracciglio con
espressione saputa.
-Non possiamo? Lo vieni a dire a me
che l’ho fatto nel letto
dei miei genitori?-
-Cosa?-
Davide fa una risata però
è meravigliato. Forse anche un
po’ammirato.
-Tutto vero. Ma visto che non
vuoi… be’, tanto piacere-
Torna nel negozio, lasciandolo
lì fermo. Gli viene da
ridere. Scuote la testa divertito e riprende a pulire il pavimento.
Mezz’ora, un pavimento e
una macchia ostinata più tardi,
Davide saluta Giancarlo e si infila nell’auto.
Anzi, correggiamoci. Prima di
infilarsi nell’auto guarda in
cielo. È piuttosto nuvoloso e grigio, e pare che si stia per
mettere a piovere.
Sentendo un tuono rimbombare e una folata di vento freddo far
rabbrividire le
sue braccia scoperte, si infila dentro. Infatti, poco dopo, diluvia.
Goccioloni cadono sul parabrezza,
spostati ritmicamente dai
tergicristalli.
Il ragazzo starnutisce e tira su col
naso; detesta la
stradina che sta percorrendo, perché
c’è sempre molto traffico. E inoltre,
avendo la macchina, deve per forza andare dritto per la strada, facendo
il giro
lungo.
Passa davanti a vari negozi, ma la
sua attenzione viene
catturata da una buffa figura.
C’è una ragazza,
con i capelli fradici, che si stringe le
spalle e guarda la pioggia cadere. È rannicchiata sotto un
balcone, su un
marciapiede, e cerca di telefonare a qualcuno. È
così buffa che sembra……
No, è lei.
Davide scuote la testa, e abbassa il
finestrino.
-Vieni!- la chiama.
Alice alza lo sguardo, lo vede e fa
un gran sorriso.
Subito corre verso la macchina,
aprendo lo sportello e
infilandosi dentro.
I capelli sono appiccicati alla
fronte e goccioline le
cadono dal naso. Però compone un sorriso dolce.
-Grazie- tira su col naso.
-Che ti salta in testa di uscire con
stò tempo?- domanda,
quasi a rimprovero.
Lei alza le spalle.
-Senti, non sapevo che fare. A casa
non c’è nessuno e
comunque non potevo tornarci. Tu eri a lavoro… - si
giustifica.
-Sei sicura di stare bene?- domanda
preoccupato quando la
sente starnutire.
-No, sto bene… dai. Ci
vuole altro per battermi!- dice
sorridendo ma fa un altro starnuto e tossisce.
Davide le dà uno sguardo
pensieroso.
-Dai, ti porto a casa…-
dice -…prima che ti prendi un
malanno…-
-No, non ci voglio andare a casa!-
protesta -se ci torno
mamma vorrà sapere dove sono stata ieri notte. Ho detto a
papà di reggermi il
gioco, ma non so fin quanto ce la fa-
Un po’ dopo sono davanti
casa del ragazzo. Alice continua a
starnutire e giusto il tempo di salire che si trova infilata sotto le
coperte.
-Non sto male!-
-Lo dici tu. Tieni-
Le porge una tazza di latte caldo.
Lei si siede e comincia a
berlo.
Fa molti altri starnuti e si infila
sotto le coperte,
rannicchiandosi su se stessa.
-Ti porto a casa-
-Sto bene. Ho bisogno di riposare-
-Anche io sai? sono
distrutto… tutto il pomeriggio a fare
bigné…-
Lei sorride e lo fa stendere accanto
a sé.
Qualche minuto dopo sono
già addormentati. La prima sogna
una storia felice, che sta già vivendo e che non vuole
lasciarsi scappare.
L’altro probabilmente pensa che non mangerà
più bigné al cioccolato in vita
sua.
Sabato pomeriggio la Opel parcheggia
nel grande spiazzale
del centro commerciale. Davide, riluttante all’inverosimile,
scende di
malavoglia mentre la ragazza schizza fuori con un gran sorriso.
Ma perché diamine ha
dovuto proporle di riverniciare casa?
Comunque, dieci minuti dopo sono in un negozio di arredamenti e
fai-da-te.
Alice sta esaminando la tabella dei vari colori, mentre il ragazzo
sbircia i
prezzi dei barattoli.
Si china per leggere quello di un
pezzo medio. Una trentina
di euro. Beh, ci può stare, direi… ma
basterà per quattro pareti?
Si domanda se non sia il caso di
chiamare i pittori,
piuttosto che fare una spesa inutile.
-Ho scelto!- Alice batte le mani e lo
invita ad alzarsi.
Davide indossa una sciarpa attorno al
collo.
Ironia della sorte, a lei era passato
il raffreddore, mentre
lui si era preso una bel mal di gola. Tira fuori dalla tasca un
fazzoletto e
starnutisce.
-…Ehm, scusa- fa, poi si
avvicina alla tabella.
La ragazza gli indica un verde e un
arancione. Il verde è
piuttosto scuro, dello stesso colore della ringhiera del suo balcone.
Un verde
da bottiglia di vetro, tipo. L’arancione è pure
scuro.
Tira su col naso e alza un
sopracciglio.
-Sei sicura?- chiede.
-Sì perché? Non
ti piacciono?-
-No, cioè
sì…-
Lei si mette le mani sui fianchi, con
cipiglio scettico.
-Davide…- comincia.
Lui allarga le braccia.
-Beh che vuoi? Non è che
io voglio spendere soldi così,
all’aria! È solo un mese che lavoro!-
È vero. è un
mese che lavora da Giancarlo, anche se
ultimamente comincia a stargli stretto quel posto. Deve studiare di
mattina
all’università, ovviamente con tutto il lavoraccio
che comporta, lavorare dalle
quattro e mezza fino alle nove, e trovare il tempo di stare con Alice.
Più volte, tornato a casa,
si era gettato sul letto,
capacissimo di addormentarsi col giubbotto.
E molte più volte era
stato costretto a rimandare la cena
coi genitori della ragazza, anche se di questo non era affatto
dispiaciuto.
Ha paura che poi, ascoltato il
giudizio della madre, Alice si
ricreda. Pensa molto spesso di essere fortunato ad averla tutta per
sé. Forse
troppo fortunato.
Si toglie quei pensieri dalla testa
con un sospiro.
Si sente chiamare. Guarda
interrogativo Alice, ma sta
scegliendo i barattoli di vernice. Perplesso si volta nel grande
ingrosso e
vede due persone avanzare verso di lui.
Una ragazza, dai capelli biondi e con
gli occhiali, e un
ragazzo. Più basso di lei, ma col sorriso sulle labbra.
-Non ci posso credere! Sei proprio
tu!-
La ragazza gli vola incontro e lo
abbraccia. Un po’
imbarazzato, lui arrossisce e ricambia l’abbraccio.
-Ciao-
Alice ha smesso di guardare lo
scaffale, e ora sta col suo
solito cipiglio battagliero. Getta un’occhiata eloquente al
ragazzo e lui
subito si scioglie dall’abbraccio.
-Ehm… Alice…-
va verso la ragazza e la prende per mano -lei
è Marilena. Marilena, lei è Alice…-
Esita, poi pensa sia meglio dirlo ed
evitare inutili scenate
dopo.
-…la mia ragazza-
Marilena la guarda sorpresa.
Avrà almeno sei anni in più di
lei. Poi sembra riscuotersi dai suoi pensieri e le tende la mano con un
sorriso.
-Piacere…- dice.
-Piacere…- Alice la
stringe ma ha qualche dubbio. Non le
regala il suo solito sorriso.
-Ehi, guarda chi
c’è?-
Marilena si sposta per far venire
allo scoperto il ragazzo
di prima. Ha capelli molto corti e castani, è infagottato in
un cappotto ma sul
volto, seppur cosparso di qualche lentiggine, gli compare un sorriso
larghissimo.
-C-ci…- inizia.
Alice alza un sopracciglio,
ascoltando il balbettio del
ragazzo.
-Ci…ci-ciao- riesce a dire
e abbraccia Davide.
Un abbraccio che lui ricambia con
molto più entusiasmo,
battendogli una mano sulla spalla e regalandogli un sorriso molto ampio.
-Alice…- indica la ragazza
-lui è Tommaso-
Tommaso la guarda e balbetta
-Pia-pia…piacere-
Alice ride, la sua solita risata e
stira le labbra. Ma non è
strafottente. È solo divertita.
-Piacere anche per me, Tommaso-
-Cosa fate qui?- domanda Marilena.
-Oh… noi…
cercavamo della vernice- risponde Davide,
indicando i barattoli esposti.
-Sì, sai, stiamo
riverniciando casa- spiega Alice,
abbracciando il braccio del suo ragazzo.
Questo gesto lo stupisce un
po’, ma decide di non badarci.
-E voi?-
-N-noi
ce-cer…cerchia-cerchiamo un pa…- comincia
Tommaso, e
sembra fare molto sforzo per articolare le parole.
-Un pa…?-
-Un p-pa… un
p-pa…-
-Un palo?-
-Un pa che, Tommaso?-
-Un pa…- vorrebbe tanto
dirlo, ma non riesce a continuare.
Marilena interviene.
-Vuole dire che stiamo cercando un
pannello di legno. Si è
rotto il mobile dell’ingresso- alza le spalle.
-Ah capisco-
Alice sorride e guarda curiosa
Tommaso. Gli fa un sorriso
molto dolce.
Poi i due si congedano, salutando
Davide (Marilena con un
bacio sulla guancia, e per questo si becca un’occhiataccia da
Alice) e la
ragazza.
Non fanno nemmeno in tempo a sparire
dalla loro vista che
Alice si lancia sul ragazzo.
-E allora? Chi era quella? La
segretaria da film porno?- si
acciglia.
Davide invece scoppia a ridere
sentendo come l’ha
apostrofata, e scuote la testa.
-Ma no, che dici! È la
ragazza di un mio amico!-
-Sicuro?-
-Sicurissimo. Anche se ora si sono
lasciati e lui le ha
fatto le corna…- dice.
Questo gli ricorda che deve ancora
convincerla a perdonare
Luciano; il pensiero lo scoccia terribilmente, ma ormai
gliel’ha promesso…
Alice la guarda stringendo gli occhi.
-“Non ci posso credere! Sei
proprio tu!”- le fa il verso
ovviamente storpiando la voce e facendolo ridere -non mi piace affatto-
aggiunge.
Davide si fa serio.
-Sì, nemmeno a me.
È una tipa tutta perfetta… guai a
intralciarla in qualcosa-
-Stanno insieme?- chiede.
-Macché. Sono fratello e
sorella- spiega, mettendosi le mani
in tasca e tirando su col naso.
-Che carino
Tommaso……- dice con un sorriso.
Lui alza gli angoli della bocca in su.
-Allora sei gelosa, eh? Sei gelosa di
me?- chiede alzando un
sopracciglio.
Alice prende in mano tre barattoli,
facendosi aiutare da
lui.
-Ecco, ho scelto- evita la domanda di
prima.
-Sei gelosa-
-Ho preso uno verde, uno arancione e
uno bianco- continua
ignorandolo.
-E dillo che sei gelosa-
-Ora, io ho trenta euro e ne posso
pagare uno. Tu hai gli
altri?-
-Gelosa, gelosa…-
-E basta!-
Lo dice a voce troppo alta, e alcune
persone si voltano.
Davide la trascina alla cassa, evitandole altre figuracce.
Pagato il conto e rientrati in auto,
torna all’attacco.
-Sei gelosa di me?-
Alice sbuffa e guarda
dall’altra parte.
-Mi avvalgo della facoltà
di non rispondere-
Lui sorride e mette in moto. Fanno il
tragitto fino a casa
senza dire una parola, mentre i Queen suonano per loro. Lei fa
l’offesa; fa
finta di essersi arrabbiata e così facendo spera che lui
faccia qualcosa per
farsi perdonare.
Davide parcheggia sotto casa sua, e
ferma il motore. Poi
tira fuori qualcosa da una busta che ha sotto il sedile; fa un balzo,
appoggia
la mano al suo poggiatesta e la chiama.
-Oh, scema…-
Lei si gira; le labbra incontrano il
ciuffo di cioccolato di
un bigné che il ragazzo sta tenendo in mano vicinissimo a
lei. Le sorride
immensamente divertito.
Alice rimane stupita per un attimo;
poi ride, e fa ridere
anche lui. Assaggia la pasta che gli porge.
-è buono?- chiede.
-Mmm… delizioso. Ma tanto
lo so che non l’hai fatto tu-
ribatte maliziosa.
-Sé…- risponde
scettico -e sentiamo, allora chi avrebbe
dovuto farlo?-
-Giancarlo, no? Sai quanti dolci ho
mangiato da lui?
Riconosco il suo stile…-
Finisce di mangiare il dolce.
-Beh, ma scusa! Devi sempre buttarmi
giù? Io ci avevo messo
tanta pazienza…-
Non finisce la frase che gli tappa la
bocca con un bacio. Lo
porta di peso, senza staccarsi, sul suo sedile e ci si siede sopra.
Subito, senza mezzi termini, gli apre
i pantaloni.
-Mi sa che ho ancora fame, sai?-
Lo dice con una faccia innocente, ma
il modo con cui lo
accarezza dopo non lo è affatto.
Davide si ritrae, stupito.
-Che sei scema? Siamo sotto casa
tua!- dice -E se tuo padre
torna dal lavoro e ti vede così?-
Fuori iniziano a cadere le prime
gocce di pioggia, che
bagnano il finestrino.
Poco dopo diluvia. Alice alza il suo
sedile e si mette
dietro.
-Allora vorrà dire che ci
metteremo qui. Sei tu lo
specialista, no?-
-Ma…-
-Niente ma!- ribatte decisa -E
cavolo, è una settimana che
cerco di stare sola con te, e ora per il lavoro, ora per quella
cavolissima
università non possiamo mai! Ora muoviti e non fare storie!-
Lui scoppia a ridere, ma la segue sul
sedile posteriore.
Lascia che lo faccia sdraiare (per
quanto può) contro il
finestrino ricoperto di gocce sempre più fitte.
Poi gli si avvicina, tornando a
baciarlo, mentre le sue mani
si infilano nei pantaloni.
-Allora… senti un
po’……- muove la mano e a quel gesto il
ragazzo geme.
-…azzardati ancora una
volta a farti abbracciare in quel
modo…- mentre lo dice è divertita
perché contemporaneamente lo sta torturando
piuttosto piacevolmente.
Davide ansima ma riesce a dire
-E perché…
cosa… cosa mi faresti?-
Non serve una risposta, quando la sua
mano lo tocca lì.
Un gemito piuttosto eloquente esce
dalle sue labbra, a
confermare l’approvazione.
Alice risale fino
all’orecchio, baciandolo.
-Ce l’hai?-
-No, ma che ti frega…?-
-Invece mi frega eccome,
fratello…-
Si abbassa fra le sue gambe.
-Vediamo se mi ricordo come si
fa…-
Per Riza28: la scena in cui lui va a casa di Alice è quasi
autobiografica, e per il muro, dovremo aspettare...
Per Jiuliet: ripeto quello che ti ho scritto nel commento, e
cioè che riesci a cogliere molto ben quello che voglio dire.
Grazie mille. Per farlo dire a Davide... ci vorrà un poco...
Per demetra85: come detto sopra, la scena è più o
meno vera, e spero che anche l'ottavo capitolo ti piaccia.
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
-Basta, ti prego…-
Davide si trascina, costretto da
un’occhiata della ragazza,
nell’atrio del centro commerciale diretto davanti ad una
vetrina.
-Oh senti! Chi ti ha obbligato?-
-Tu- ribatte piccato -dici che non
passo mai il tempo con
te-
-Ed è vero. Il mio
pasticcere… chissà che combini là
dentro…- dice, osservando con occhio critico un paio di
scarpe.
-Madonna mia, puoi sbrigarti? Dai che
pesano questi!-
Sventola le tre buste che ha in mano.
-Sì…arrivo- fa
distratta.
Poco dopo sono seduti ad un tavolino
e mangiano.
-Hai comprato tutto? Non credi che ti
serva anche la cintura
abbinata col vestito che hai preso per il diciottesimo di
Giò? O magari
l’ombretto coordinato? O qualche altra scemenza…-
chiede.
Alice lo guarda male.
-Che stai insinuando?-
-Che hai comprato tanta roba inutile-
-Non è vero…-
-Sì-
-No-
-Ti dico di sì-
-E invece no-
-Ma se ti dico di sì-
-Ehi… allora, chi si vede.
La ragazza dei preservativi-
Davide inghiotte rapidamente il
boccone e Alice alza lo
sguardo.
Un ragazzo vestito molto elegante,
col maglione annodato
sulle spalle, un paio di occhiali in testa e i capelli un po’
lunghi sta
accanto al loro tavolo.
-Alice?- la chiama.
Davide lo fissa accigliato. Non gli
è affatto piaciuto il
modo con cui l’ha chiamata. Ragazza dei preservativi? Ma poi,
chi sarà sto
tipo? Tutto convinto…
La ragazza lascia il pezzo di pizza e
lo guarda. Poi allarga
gli occhi, capendo.
-Ma sì!
Aspetta…. Aspetta, non me lo dire…- stringe gli
occhi.
-Dai che te lo ricordi…-
il tipo si mette una mano in tasca
e le rivolge un sorriso provocante.
Che a Davide, rimasto escluso dallo
scambio di battute, non
piace affatto. Ha voglia di alzarsi e mettere bene in chiaro le cose.
Alice è la sua
ragazza.
-…Calvin Klein!- esclama
vittoriosa, e sorride.
Il tipo scoppia a ridere, ma
è una risata controllata.
-Mi chiamo Oscar, veramente- aggiunge.
Alice lo guarda sorridente; poi una
tosse finta le ricorda
che c’è anche il suo ragazzo lì davanti
a lei.
-Oh, sì certo. Lui
è Davide. Il mio ragazzo-
Oscar gli tende la mano, che Davide
stringe fissandolo senza
sorridere.
-Piacere…-
-Piacere mio. Allora…-
Senza problemi si siede accanto a
lei, sorridendole.
-Sapete, sono distrutto. Mia zia ha
il negozio lì…- indica
una vetrina più infondo.
Alice sgrana gli occhi e apre la
bocca.
-Non ci credo. Tu sei il nipote della
proprietaria di quel
negozio?-
-Sì perché?- fa
lui, cercando di sembrare naturalmente
stupito della reazione.
-Io adoro quel negozio!- esclama,
battendo le mani.
-Ma dai… anche io.
Soprattutto perché non pago mai-
Oscar chiama il barista.
-Una birra- ordina.
Davide lo guarda sempre molto
sospettoso. Gli sta meno
simpatico ogni secondo che passa.
Bevono la birra, parlano e ridono
(loro due); il terzo
incomodo si irrita e alla fine li saluta.
-Io vado. Devo studiare.
Alice… ci, ci sentiamo?- chiede
alzandosi.
Lei lo osserva mentre dà
un’occhiata delusa ad Oscar e
capisce. Gli rivolge un sorriso dolce, totalmente diverso dagli altri
fatti
all’altro tipo.
Si alza e lo prende per mano.
-Noi- e marca bene il noi -andiamo.
Magari ci vediamo in
giro. Ciao-
Oscar si alza e saluta col sorriso.
Una volta allontanato, Davide prende
le buste e le fa cenno
di avviarsi all’uscita.
Alice ride e lo abbraccia da dietro.
Gli bacia il collo poi
arriva all’ orecchio.
-Sei geloso?-
Lui sbuffa.
-Un po’-ammette infastidito.
Lei gli prende la mano e la intreccia
con la sua. Poi lo
tira verso la macchina.
-Davvero eri geloso?- chiede.
-Beh sì-
Davide mette le buste di lei dietro e
sale. Si allaccia la
cintura e accende.
-…sai, è
arrivato... Con i capelli lunghi, gli occhiali…
vestito alla moda- dice, seccato.
La ragazza sorride ma non si fa
vedere.
-E poi che storia è quella
dei preservativi? Non è che…-
aggiunge più aggressivo, ma Alice si affretta a spiegare.
-Oh. Ho capito- borbotta.
Intanto parcheggia la macchina sotto
casa.
-Arrivata-
Si baciano ma lei lo invita a
scendere.
-Come?-
Davide impallidisce.
-Dai- Alice lo tira di forza fuori
dall’abitacolo.
Lui scende e chiude la macchina. La
ragazza suona al
citofono. Rispondono dall’altra parte.
-Apri. Ho portato una sorpresa- dice
nell’interfono
guardando il suo ragazzo.
-No. No, dai……-
indietreggia, cercando una scappatoia.
-Eddai- si avvicina -dai. Tanto lo so
che lo farai. Sei
tanto tanto bravo……-
Compone l’espressione
tipica. ‘Non puoi rifiutarmi nulla’.
Davide è nervoso. Non se
la sente ancora di fare quel passo.
Solo al pensarci suda freddo, ma Alice è di
tutt’altra idea. Ripensa ad Oscar,
e un po’ di paura lo assale. Non vuole perderla. No, questo
mai.
Pur se a malincuore, annuisce.
Alice lo abbraccia e lo bacia.
-Dio, grazie! Grazie grazie! Non sai
che regalo mi fai!-
-Io……- esita,
poi le prende il viso con due mani.
La fissa dritta negli occhi.
-Basta che sei contenta- dice.
-Come posso non esserlo?-
Dopo un po’ di tempo
imprecisato passato a ringraziarlo alla
sua maniera, lo prende per mano e lo fa entrare nel portone.
Davide non sa cosa lo aspetta di
sopra. Ma è sicuro che,
almeno per ora, non c’è pericolo che
quell’Oscar o comunque si chiami, gliela
porti via.
La sua autostoppista preferita.
Salgono insieme le scale fino ad
arrivare alla porta.
Lei suona il campanello, e poco dopo
gli apre un signore
mezzo pelato.
-Era ora! Ci hai messo dieci minuti a
salire le scale?-
chiede, lasciandola entrare.
-No, macché…
è che lui non voleva salire…-
Alice tira dentro anche Davide.
L’uomo lo guarda
interrogativo, poi i suoi occhi si posano sulle mani dei due che sono
intrecciate.
Alice fa un bel respiro, molto
sorridente. Sembra che
aspetti quel momento da un secolo.
-Papà…-
esordisce, esponendo il ragazzo alla vista -lui è
Davide. Il mio ragazzo-
Lui, oltremodo impacciato, esitante e
soprattutto rosso in
viso, tende la mano al signore.
Il quale però ha un attimo
di smarrimento. Guarda la mano
tesa e si affretta a stringerla in una presa vigorosa, pensa Davide.
-Piacere, Gennaro- dice, con un
sorriso stavolta.
Lui rivede in quel sorriso lo stesso
della figlia, e sebbene
sia poca cosa, lo tranquillizza un po’.
-Davide-
Alice sposta lo sguardo
dall’uno all’altro entusiasta, poi
afferra le buste che ha appena comprato e si allontana.
-Porto queste in camera mia. Non
scannatevi, eh?-
Lui stiracchia le labbra, ma la
maledice per averlo lasciato
solo. E adesso?
Si guarda intorno e nota una canna da
pesca. La indica,
guardando ora lei ora Gennaro.
-Lei va a pesca?-
-Eh, magari- fa un sospirone e si
affianca al ragazzo per
contemplarla.
-…in realtà,
sai… un mio amico ci va spesso, a pescare…
conosci il lago qui vicino?- chiede.
-Sì, certo. Va
lì?-
-Esatto. E torna sempre tutto gonfio
di pesci…e si
vanta quando viene a cena da noi. Mia
moglie dice che così le faccio fare brutta figura, e
allora…-
-…sta imparando. Capisco-
sorride Davide.
Guarda la canna e può
figurarsi benissimo l’immagine della
madre di Alice che rimprovera Gennaro. È la scena che tante
volte fanno lui ed
Alice.
-E a te, piace la pesca?- domanda
Gennaro, infilandosi le
mani nei pantaloni e guardandolo adesso curioso.
-Beh… mi piacerebbe
imparare. Sembra interessante. Ma…. non
credo di essere portato…- ammette, stringendosi nelle spalle.
-E non sei l’unico-
commenta l’altro, facendolo ridere.
Poi lo invita in cucina.
Bevono un caffé preparato
da Alice, e mentre lo fa Gennaro la
fissa accigliato.
-Alice, senti una cosa…-
dice, stringendo gli occhi.
-Dimmi-
-Ma non puoi andare in giro
così vestita, fa freddo fuori!-
dice -A sto punto non te la mettevi la maglietta, bella di
papà!-
Davide reprime una bella risata, e si
sforza in tutti i modi
di non guardare la sua ragazza. Però dopo arriva la
risposta, sempre
perennemente sfacciata.
-Senti, ma che vuoi saperne tu?- dice.
-Sempre maleducata, eh?- la
rimprovera suo padre.
-Lo vuoi il caffé?-
domanda, mettendosi le mani sui fianchi,
accigliata -e allora meno commenti sul mio abbigliamento-
Gennaro scuote la testa ma rinuncia a
combattere.
-Le donne sono la mia croce. Sia lei
che sua madre- spiega a
Davide.
Lui sorride comprensivo e risponde
-Sì, la capisco molto
bene…-
Guarda Alice con un sopracciglio
alzato e lei lo fissa male.
-Con te facciamo i conti
dopo…- fa.
Dopo poco, con la scusa di andare al
bagno, rimangono soli
per un attimo. Davide la ferma con un braccio mentre sta tornando in
cucina.
-Bastarda. Te la faccio
pagare… non dovevi lasciarmi solo-
dice, ma sorride malizioso e non arrabbiato.
Lei sta al gioco e si avvicina.
-Non vedo l’ora…
sai che ancora non hai scoperto cosa sono
capace di fare?- ribatte con un’espressione doppiamente
maliziosa.
-Non dire così…-
-Perché, sennò
che succede?-
Cerca di toccarlo ma si scansa
velocemente.
-Scema. C’è tuo
padre di là- la ammonisce e fa per tornare
in cucina.
-Stupido. Non hai ancora scoperto
cosa sono capace di fare…-
Così dicendo lo spinge
verso la cucina, dove Gennaro finisce
di bere il suo caffé.
-C’è
n’è ancora se ne vuoi, pa’-
-No, basta grazie…-
-Ah non importa, lo finisce Davide-
comincia sorridendo
malvagia e porgendogli la caffettiera per versargli il caffé
-a lui piace
tanto…-
Lui si acciglia e non può
maledirla ad alta voce, però
sostiene il suo sguardo e beve senza battere ciglio, pur non essendo la
sua
bevanda preferita.
-Allora Davide… segui il
calcio?-
-Eh, come no- sorride il ragazzo
-lei?-
-Eh, io sono innamorato del
Napoli…-
-Ah ma infatti sa che si sente
l’accento? È diverso…-
-Sì sono di
Napoli… ma mi sono trasferito qua, per seguire
mia moglie-
Dovrebbe essere il contrario, pensa
Davide stupito.
-Il Napoli di Maradona- dice con aria
sognante -ricordo che quando
avevo ventisette anni andavo tutte le domeniche allo stadio, e lo
vedevo dal
vivo. Pensa, Maradona… e ho anche una maglietta di quei
tempi-
-Ah sul serio? Wow…- fa
sinceramente ammirato.
Tutto sommato pensa due ore dopo,
quando ormai è a casa sua,
chino sui suoi libri, pensava peggio.
Gli sta simpatico, Gennaro; e non ha
avuto grandi problemi a
parlare con lui. Si stiracchia sulla sedia. Se questo è il
peggio, beh…
La strada è tutta in
discesa.
-Sai che ti dico?-
-Che mi dici?-
Alice prende la borsa, pronta ad
uscire, ma si ferma sulla
soglia per ascoltare il padre.
-Mi piace questo ragazzo. Sembra
proprio bravo.
Complimenti…-
Si avvicina alla figlia e le bacia,
fra le proteste vane, la
testa.
-Oh insomma! Che li avevo lavati i
capelli!-
Gennaro ride e glieli scompiglia di
più.
Poi le sorride e domanda
-Lo hai già detto alla
mamma?-
Alice perde il buonumore e si fa
preoccupata.
-No, e infatti non so più
che scuse inventarmi-
-Vuoi che ci parli io?-
-Sì, per
favore… insomma, parlagliene bene- lo raccomanda.
-Certo. Lascia fare a me. E, Alice?-
-Sì?-
Si volta sulla soglia.
-Alzati la scollatura-
Lei ride e scende le scale. Per
questo le piace Davide. Le
ricorda tanto suo padre a volte.
Per Jiuliet: esattamente,
essere riuscito a rendere i personaggi abbastanza reali mi gratifica
molto.
Per Lion E Lamb: non so
se qualcuno metterà i bastoni fra le ruote ai due, ma
ti ringrazio per la recensione e spero di essere stato veloce.
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
Passa velocemente un mese. In un mese succedono tante cose.
E possono cambiare.
Alice e Davide stanno ancora insieme, tranquilli.
Ma qualcosa è cambiato.
Alice lo nota, che c’è un cambiamento.
È cominciato da quando lo ha presentato a sua madre. La sua
prima domanda era stata “dove studi?”. Davide,
preso in contropiede aveva balbettato la risposta, ma a quella ne erano
seguite altre.
Sotto lo sguardo sempre più preoccupato della ragazza e di
Gennaro, altre che sembravano proiettili sparati da un mitra.
Davide se l’era cavata, tutto sommato: sua madre non ci aveva
trovato nulla di male, anche se credeva, per qualche ignota ragione, di
non esserle affatto andato a genio.
La sera ne avevano parlato, e lei lo aveva rassicurato dicendogli
-Probabilmente è solo sospettosa, sai non ho mai portato un
ragazzo a casa dei miei-
Ma lui non era affatto così tranquillo.
Dopo di quello, si era aggiunto il problema non meno grave dello stress.
Il lavoro in pasticceria lo stancava sempre di più,
così come studiare sui tomi di giorno.
Capitava che il pomeriggio, nella cucina, si addormentasse mentre
doveva preparare un dolce.
Più volte era stato rimproverato, e più volte
tornato a casa si era addormentato senza mangiare.
Inoltre, il tempo che poteva passare con la ragazza era sempre
più limitato.
-Avevi detto che mi avresti accompagnato!-
Pur facendo la sua espressione da ‘non poi rifiutarmi
nulla’ Alice non aveva ottenuto quello che voleva; ed era la
prima volta che succedeva.
-Non posso da…- sbadiglia -…davvero. Sono
stanco…-
Così per ripicca ci era andata col primo cavaliere
improvvisato.
Oscar, naturalmente.
Sembrava, agli occhi di Davide, che quel tipo non avesse aspettato
altro che lui la lasciasse sola per farsi avanti.
Aveva passato una terribile nottata. Incubi di gelosia, misti a quelli
scolastici del giorno dopo, lo assalivano e non gli lasciavano scampo.
Oscar è un ragazzo di diciannove anni. Ha la sua stessa
età, dannazione.
È più bello, più bravo, più
interessante. È sfondato di soldi, quel damerino.
La accompagna a far shopping.
Geme e si dispera e si maledice per tutto quello che ha fatto.
Starnutisce e si controlla il termometro. Trentotto e mezzo.
Dannazione, ci voleva anche la febbre. Come se non bastasse tutto il
resto.
Davide, alle nove e trenta decide che non può farcela
più ad aspettare.
Si alza, pur se rosso e raffreddato, si infila una camicia, un maglione
blu scuro e dei pantaloni.
Prende vari pacchi di fazzoletti e fa una telefonata.
-Pronto? Giorgia?-
L’amica di Alice le risponde dall’altra parte.
-Ciao. Cosa c’è?-
-Alice è lì con te? Perché ce
l’ha spento e pensavo…-
-No mi spiace...- fa lei -non c'è...-
Davide sente i suoi peggiori timori prendere forma più
consistente.
No, dannazione, no!
Chiude il telefono in faccia alla
ragazza senza preoccuparsi
di scusarsi. È pronto ad uscire, e dici minuti dopo,
tossendo e tremando per il
freddo, è in macchina.
Si ricorda che quel giorno
c’era una qualche festa in un
locale, Alice gliene aveva parlato.
Crede che il posto sia quello, scende
ed entra.
Vede subito Giorgia, vestita
abbastanza carina, ma non si
ferma a parlare con lei.
-Permesso, scusate…-
Scansa, sgomita e spinge ragazzi e
ragazze che lo guardano
male.
Osserva di tanto in tanto gruppetti
ai tavoli, altri che
fumano fuori, altri ancora che (e spera davvero che Alice non sia fra
questi) scambiano
effusioni coi
rispettivi accompagnatori in un angolo un po’ appartato.
Cavoli, non c’è.
Si ferma al centro del locale e si
passa una mano fra i
capelli.
Sempre che quei due non siano
già belli che lanciati in
camera del damerino e io non abbia già un bel paio di corna
sulla testa.
Poi, spostando lo sguardo
all’entrata, stringendo gli occhi
per vedere attraverso la luce soffusa del locale, la vede.
Come la vede il suo stomaco, arrivato
all’altezza del cuore
e contratto per la tensione, si lascia andare dandogli una piacevole
sensazione
di sollievo.
Sorride e le si avvicina rapido.
Lei non lo nota subito, sembra stia
cercando qualcuno
all’interno.
Davide arriva alle sue spalle e
gliene picchietta una.
Alice sbuffa seccata.
-Senti, imbecille… te
l’ho detto, porca miseria, io sono
fidanza…- fa per urlare contro di lui ma voltandosi lo
riconosce.
Rimane a bocca schiusa
finché il ragazzo non gliela fa
richiudere con una mano.
Stanno zitti per un attimo, poi lei fa
-Ma……
tu… l’università… la
pasticceria…-
Davide alza le spalle.
Alice sembra spiazzata dalla muta
risposta. Poi sorride e lo
abbraccia fortissimo. Tanto che il ragazzo protesta, ma invano.
-Scusa se non abbiamo passato tanto
tempo insieme…- dice,
ancora stretto in quella morsa.
Come se d’improvviso lo
capisse, lei alza la testa di scatto
e si avvicina.
-Avanti, dillo. Dillo che sei venuto
solo perché mi vuoi
scopare-
È decisa, pronta a
ricevere la notizia senza battere ciglio.
O almeno senza piangere,
perché poi sarebbero grossi dolori.
-Cosa dici?- chiede sconcertato -Cosa
credi, che sia per
questo che stiamo insieme?- inizia ad alterarsi.
Prende fiato e ricomincia.
-Che è solo per il sesso
che ti faccio dormire a casa tua,
che ho conosciuto tua madre, tuo padre?- si acciglia e alza la voce.
Alice non replica, ma lo guarda
attenta.
-Sei più carino quando ti
arrabbi- dice alla fine.
Torna ad abbracciarlo. Lui fa lo
stesso, anche se è un po’
meno tranquillo.
-E Oscar?- le domanda.
-Boh, e chi l’ha visto?-
risponde ancora stretta
nell’abbraccio.
-Come?- alza un sopracciglio -E
allora con chi sei venuta
alla festa?-
-Indovina- ride lei.
Visto che il ragazzo non dice nulla
poco dopo si allontana
un po’, giusto per guardarlo negli occhi.
-Con nessuno, stupido. Non volevo
venirci con lui. Io volevo
venirci con te-
Lo bacia a stampo e torna a
stringerselo forte contro di sé.
Davide sorride un po’ spaesato, ma contento della sua
risposta.
-Perché tremi?- domanda
Alice ad un certo punto,
sciogliendosi dalla stretta; poi si alza sulle punte e guarda meglio il
suo
volto.
Gli mette una mano sulla guancia, poi
sulla fronte e sente
che è caldo.
-Ma tu hai la febbre!- esclama.
-Eh, forse…- tira su col
naso e tenta un sorriso
incoraggiante.
Lei gli tira uno schiaffo sul braccio
e si mette a braccia
conserte.
-Che cavolo ti salta in mente di
venire qui, con questo
tempo e con la febbre?- chiede accigliandosi -ma sei un bel tipo sai?
invece di
stare a casa a curarti…-
Davide scoppia a ridere, anche se poi
starnutisce.
Alice lo prende per un braccio e lo
tira fuori, verso la
macchina.
-Andiamo, forza. E guido io-
Pochi minuti dopo sono a casa.
-Allora è vero che volevi
solo scoparmi, brutto imbecille!-
Alice ride e protesta, ma lascia che
la baci dappertutto
mentre la spinge sul divano.
-Che c’entra, questo
è un vantaggio. È compreso nel
pacchetto-
Davide si sdraia sopra di lei e
comincia a sbottonarsi i
pantaloni.
-Se continui così
penserò che quella è l’unica parte che
ti
piace di me-
La ragazza lo fa mettere in mezzo e
intreccia le mani,
poggiandosele dietro la nuca.
-Può darsi…-
Un labbro morso e un gemito
più tardi, Alice si ritrae
improvvisamente.
-E che cavolo! Chi è a
st’ora?-
Davide alza la testa, piuttosto rosso
e scarmigliato, come
lei del resto.
Ha suonato il citofono.
-E che ne so? Boh, lascia
stare…-
Riprende la sua posizione ma non fa
in tempo a continuare
che suona di nuovo.
-Uffa!- Alice si mette a sedere,
spingendo via il ragazzo
-Conoscono il diritto alla privacy?-
Si rivestono entrambi e lui va ad
aprire.
La voce nell’interfono gli
fa capire tutto. Tsk, chi è
specializzato nel scocciare la gente?
Luciano.
L’amico sale tutto
infreddolito poco dopo, fregandosi le
mani e infilandole nelle tasche del cappotto lungo che ha.
-Ehilà… ciao.
Scusa l’orario, ti disturbo?-
-Oh no, figurati. Io, ehm…
stavo… stavo… di là…-
balbetta
una qualche scusa, nemmeno troppo credibile, ma quello che fa distrarre
Luciano
è Alice che compare dalla porta del salotto.
Si appoggia al muro, guardando ora
l’amico, ora il suo
ragazzo.
-Che, non mi presenti?- fa.
Ha i capelli messi un
po’alla buona, la gonna corta che ha
copre poco le gambe, anche se fa freddo, e la maglietta è
visibilmente
arricciata.
Come se con uno sguardo si capissero,
lei si aggiusta meglio
e fa un passo avanti.
-Alice-
Tende la mano a Luciano. Lui non le
ha tolto gli occhi di
dosso da quando l’ha vista, poi come in trance la stringe.
-Luciano…- pare abbia la
gola secca.
Davide lo guarda male e allora per
riprendersi tossisce e
fissa l’amico.
-Ora se ne va, deve solo darmi una
cosa…- dice con un
sorriso alla ragazza.
-Okay, fate pure. Io devo telefonare
un attimo a mia madre…-
Alice sparisce nella stanza da letto
e appena se ne va
Luciano spalanca la bocca.
-è lei? È lei
la tua ragazza?-
-Sì-
-Che culo! Brutto …- si
mette il palmo in bocca per non dire
parolacce -Tutte a te!-
-Eh…-
Davide alza le spalle ma non gli
piace come parla.
-Ci credo che non ti fai
più vedere! Che figa!-
Per quello riceve uno schiaffo sulla
testa.
-Razza di stupido! Non parlare di lei
così!- si acciglia.
Luciano fa un respiro, sembra
riflettere e poi dice
-Stavate… eh?- fa un gesto
eloquente.
-Senti- Davide lo prende per le
spalle, irritato dai modi
dell’amico, e lo spinge verso la porta -vattene, ti prego-
-Ho ragione, stavate belli
presi…- fa malizioso.
L’altro apre la porta e
gliela indica.
-Fuori-
-Senti, okay, a parte gli
scherzi… - Luciano si fa serio -le
hai parlato?-
-A chi?-
-A Marilena!-
-Ah…… no-
scuote la testa -l’abbiamo incontrata l’altro
giorno all’ingrosso…-
-Abbiamo?-
-Io e Alice- spiega.
Luciano alza un sopracciglio, poi
rinuncia.
-Eh vabbè, ma
l’hai promesso. Torna a fare… eh?-
Fa di nuovo quel gesto volgare e
Davide lo spinge.
-Fuori. Adesso- intima.
-Oh, Davide? alzati la cerniera-
Lui si guarda i jeans e nota la
cerniera ancora aperta.
Stavolta è lui a fare un gesto volgare all’amico,
e gli chiude la porta in faccia.
Sbuffa, poi raggiunge Alice di
là.
Parla ancora con sua madre, ed
è piuttosto arrabbiata, pare.
Pensando che sia meglio non
immischiarsi, il ragazzo si
tiene fuori, ma quando finisce le domanda
-Cosa è successo?-
-Mia madre. Madonna che
nervi……-
Raccoglie le sue cose e lo supera.
-Ma aspetta, dove vai?- la rincorre
lui.
-A casa- lo dice irritata e Davide
capisce che è meglio non
insistere -ci vediamo, e scusa… se dovevi vederti col tuo
amico potevi pure
dirmelo-
-No aspetta tu, eh?-
Le prende un braccio e la fa fermare.
-Mica lo sapevo che veniva! E ora
l’ho mandato via, per cui
saresti così gentile da spiegarmi che cavolo hai?-
Alice stringe gli occhi e lo fissa
minacciosa. Poi lascia
cadere il braccio, senza più opporre resistenza.
-Fatti nostri. Lascia perdere, okay?
Sul serio…- si
divincola e apre il portone -va’ a dormire, e riguardati-
Se ne va senza baciarlo, e la
sensazione è che non sia
affatto dell’umore giusto.
Davide chiude la porta e ci si
appoggia contro. Chiude gli
occhi.
Decisamente c’è
qualche cosa che non va.
Per demetra85: volevo
fare una distinzione bella grossa fra la madre e il padre di Alice.
Distinzione che si vedrà meglio fra qualche capitolo.
Comunque qualocsa di positivo c'è, perchè in
effetti se ha conosciuto il padre è merito di Oscar. Grazie
di aver recensito.
Per Riza28: non so se
Davide farà qualcosa, sfaticato com'è, ma penso
che abbia già capito che non può starsene con le
mani in mano. Ho cercato di aggiornare il più presto
possibile.
Per Jiuliet: povero
Oscar, dopotutto se Davide ha preso un po' di coraggio
è colpa\merito suo, no?
|
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
Davide si asciuga il moccio sul naso
e citofona.
Gli risponde una voce femminile che
lo invita a salire. Il
ragazzo entra nell’atrio, poi incrocia un ragazzo.
-C-ciao-
-Ciao Tommaso. Dove vai?- domanda.
-A ca…ca…
calcetto-
Infatti il ragazzo ha un borsone in
spalla e indossa una
tuta.
-De-devo andare. Ciao-
Tommaso accelera il passo verso il
portone. Il ragazzo lo
saluta con un cenno, poi riprende a salire.
Arriva all’appartamento e
suona il campanello.
-Avanti, è aperto- gli fa
una voce dall’altra parte.
Davide si intrufola dentro, chiude la
porta e aspetta la
ragazza senza girare casa.
L’appartamento è
piuttosto moderno, verniciato di grigio
metallizzato, con i mobili spigolosi.
Lui non osa avventurarsi
all’interno, ma la aspetta fermo
davanti alla porta. Sta fissando un quadretto quando una voce lo fa
voltare.
-Eccomi-
Marilena esce dalla porta del bagno,
con una camicia rosa
troppo aperta e i capelli bagnati.
-Ciao- la saluta serio Davide, senza
smuoversi.
Lei lo guarda fisso da dietro i suoi
occhi azzurri mentre
avanza verso di lui.
Le ciocche bagnate le si appiccicano
alla fronte.
-Ti stavo aspettando- dice -siediti-
Gli indica il divano e lui si
accomoda, ma continuando a
fissarla serio e pensoso, come se fosse in attesa di qualcosa.
Marilena si siede sulla poltrona poco
distante.
-è incredibile che tu e
Luciano vi passiate tre anni. Tu sei
molto più uomo di lui- inizia.
Il ragazzo non fiata, ma si appoggia
allo schienale.
-Tu hai una ragazza. Tu non la
tradiresti mai- il tono con
cui pronuncia le parole è triste, ma non si commuove. Non le
trema la voce, non
le luccicano gli occhi.
Perché Davide lo sa,
Marilena è una donna forte; non c’è
nulla che la possa far vacillare. Non si fa mettere in confusione o in
crisi da
nessuno.
Deve sempre trovare il modo di girare
le cose a suo
vantaggio.
In sintesi, possiamo dire che
è furba; molto furba. E poi
che a volte sembra che delle cose non gliene freghi nulla.
-Per quel che mi riguarda, non so
perché sei qui. Io non
torno da lui. Non mi importa- dice.
Poi lo guarda. Ora è il
suo turno di parlare.
-Perché non ti importa?
Pensavo che stessi bene con lui-
Marilena sorride fredda.
-Se lui non lo ritiene abbastanza
importante, a me non frega
nulla. Può scoparsi tutte le ragazzine che vuole-
Si interrompe per vedere se il
ragazzo ribatte, ma la
risposta non arriva.
-Perché non è
come te? Tu sei diverso- aggiunge.
Il complimento non lo fa
né arrossire né altro, perché
sospetta che ci sia un fine dietro.
Marilena si alza e si siede accanto a
lui.
-Dimmi la verità-
comincia, fissandolo dritto negli occhi
-tu hai intenzioni serie con quella ragazzina?-
Lo dice con un tono sprezzante che lo
fa innervosire. Si
drizza a sedere e si schiarisce la voce.
-A me piace. Mi piace stare con lei.
Conosco ragazze più
grandi, ma lei è molto più matura-
Ricambia lo sguardo penetrante che
gli ha lanciato.
Lei si scioglie e si avvicina.
-Ti meriti di meglio-
-Perché?-
Davide si acciglia ma non si sposta
quando gli arriva
vicino. Guarda la camicia ed è aperta; i capelli sono
bagnati.
-Asciugati o ti verrà un
malanno- dice freddo, smettendo di
guardarla.
-Andiamo Davide. Io non ti credo-
insiste.
Gli prende una mano e lo fa voltare.
Si guardano un attimo. Al ragazzo
sembra come nei più
squallidi film; appena sente la tensione salire provvede a smentirla.
Si alza e
prende a passeggiare.
-Non è di questo che
dobbiamo parlare-
Marilena sorride e si alza a sua
volta, raggiungendolo.
-Perché non gli dai una
possibilità? Io lo vedo… lo so che
gli dispiace-
-Non mi importa di lui, te
l’ho detto- risponde fredda e
senza problemi.
-Pare che vi piacciano le donne
più giovani. Cos’è, sono
troppo vecchia?-
Davide si volta di scatto e nega.
-Non è questo…
io, che c’entra?- chiede.
Marilena gli si avvicina di nuovo e
lo guarda da sotto in
su.
-Cos’è, ora
siccome non facciamo più la scuola siamo meno
belle?-
-No…-
Il ragazzo indietreggia, ma lei lo
afferra per la manica e
se lo porta vicino. Le sue labbra provano a catturare quelle di lui.
Davide è come attraversato
dalla corrente e di scatto si
ritrae.
-No!-
Scuote la testa e si allontana verso
la porta.
-No…- ripete,
indietreggiando -no. Non posso. Non voglio-
Marilena stringe gli occhi e sibila
-Ma sì, andate. Andate
appresso alle pu***ne, voi due!-
-Non chiamarla così!- si
altera anche lui.
Lei sta zitta un momento, poi inizia
a perdere la calma. Lo
spinge verso la porta, aprendola.
-Vattene. Vattene via. Torna dalla
tua ragazzina-
-Ma che hai? Calmati, eh?-
Lo sbatte fuori chiudendo la porta.
Sconcertato, Davide si allontana,
scendendo le scale.
Dentro di sé pensa che
anche se Luciano è un maniaco,
Marilena è schizofrenica.
Ah però. Stanno bene
insieme.
Alice pedala, seduta sulla sua
bicicletta, e di tanto in
tanto canticchia la canzone che sta ascoltando con l’mp3.
Sta percorrendo il viale di
periferia, diretta al campetto;
sta andando a vedere giocare un suo amico.
Arrivata nei pressi della palestra,
si toglie gli occhiali
da sole, scende, mette il lucchetto ed entra.
Ci sono urla, grida amplificate
dall’acustica della
palestra, e tanti ragazzi che corrono di qua e di là.
Alice raggiunge la sua amica sugli
spalti e insieme si
godono gli ultimi minuti della partita.
Partecipano al gioco, commentano, si
infuriano con
l’arbitro, e fischiano anche.
Poi, a partita finita, scendono in
campo per salutarlo.
Alice gli dà un pugno
sulla spalla, sorridendo.
-Ecco perché sei
così dimagrito-
Il ragazzo ride e raccoglie le sue
cose.
-Tu invece… sei impegnata
con altri tipi di esercizi…-
Gli piovono due schiaffi leggeri e
scherzosi.
Continuano a scherzare
finché Alice non vede in lontananza
qualcuno che conosce.
Gli sembra proprio…
Decide di controllare, al massimo
farà una figuraccia.
-Ciao Tommaso!-
Tommaso finisce di strofinarsi i
capelli con l’asciugamano e
le rivolge un sorriso.
-Ci…ciao Alice- le si
avvicina.
-Non lo sapevo che anche tu giocavi
qui-
-Vengo se… sempre-
-Ma dai. Allora ci vedremo
più spesso- sorride pure lei; poi
lo guarda curiosa.
-Senti…- comincia -hai da
fare ora?-
-N-no. Pe-perché?-
-Ti va di fare quattro passi?-
Dieci minuti dopo stanno passeggiando
poco lontano da lì, e
Alice porta a mano la bicicletta. Stanno ridendo.
-Non ci credo… sul serio?
La prossima volta lo sfotto per
bene allora- dice fra le risate.
Tommaso sorride storto e la guarda.
-Tu… tu v-vuoi bene a
Da-davide?-
Lei stringe gli occhi, sorpresa.
-Sì, certo-
-M-ma… bene o…
o ta-tanto per?-
-Certo che gli voglio bene!
Sai…- sorride e abbassa lo
sguardo, forse arrossendo -…è il primo ragazzo
che ho presentato a mamma e
papà…-
-Da-davvero?-
-Sì, e in effetti
è andata benino. A papà è piaciuto.
Alla
mamma…… eh- lascia cadere il discorso nel
malinconico.
Tommaso lo nota e sorride.
-D-davide è…
è un bra-bravo ragazzo- dice, spostando la
sacca sull’altra spalla -…lu-lui vuole be-bene sul
serio alle pe-persone-
-Vuoi aiuto?-
-N-no, grazie…- poi guarda
meglio Alice -tu… tu mi stai
si-simpatica-
-Perché?-
-La…la ra-ragazza c-che
aveva prima… non mi pia-piaceva-
-Ah no?-
-A mia so-sorella sì-
aggiunge, e sembra farsi più cupo.
-Non le sto molto simpatica, vero?-
sorride lei.
Tommaso si stringe nelle spalle.
-Le-lei non lo fa per te…-
-E allora?-
-è che…
Lu-luciano… lo… lo conosci?-
-Sì, ma poco-
-Lu-lui l’ha tra-tradita
con una ragazzina- spiega.
-Ah… ora capisco-
-Ma-marilena pe-pensa che…
che Davide si voglia so-solo
di-divertire-
Osserva attento la sua reazione, che
non tarda ad esplodere.
-Se è così,
guarda… non importa che sia buono e tutto, ma io
lo ammazzo, lo rovino!-
Il ragazzo ride, poi annuisce.
-Sei pro-proprio c-come ti descrive
lui-
Fanno altri dieci metri, poi
incontrano un ragazzo che si
ferma sul marciapiede con la sua macchina. Abbassa il finestrino.
-Ehilà- sfodera un sorriso
a trentadue denti pulitissimi e
candidi.
-Ciao- Alice sorride non del tutto
entusiasta.
-Cosa fate? Dove hai lasciato il tuo
ragazzo?- chiede
alzando un sopracciglio.
-è… boh, in
realtà non saprei- ammette, guardando Tommaso.
Lui si ricorda ovviamente di averlo
incrociato mentre saliva
dalla sorella. Poi però guardando quel tipo, con la faccia
da furbetto e l’aria
di aspettare una risposta per insinuarle la pulce
nell’orecchio, decide per il
meglio dei suoi amici.
-Sa-sarà a la-lavoro- dice.
Oscar al suo balbettare alza un
sopracciglio e un sorriso
gli compare sul volto.
-Noi andiamo- Alice prende
sottobraccio Tommaso -ciao-
Oscar abbassa il finestrino senza
salutare e mette in moto.
Loro lo guardano andare via. Il
ragazzo spera di non aver
detto nulla di male; Alice pensa ancora alle parole di lui
“vuole solo
divertirsi”.
Ognuno, a modo suo, è
turbato.
Per Riza28: sì Davide non c'entra nulla con il lieve momento
di crisi di Alice... spero che anche questo capitolo ti piaccia.
Per Jiuliet: grazie mille e spero di non averti fatto nè
attendre troppo, nè di averti deluso.
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
Alice ha lasciato Tommaso sotto casa
sua e ora ha
ricominciato a pedalare. Nei pressi della casa del suo ragazzo si ferma
un po’
per comprare una cosa che serve a mamma.
Però guardando
dall’altra parte del marciapiede, lo vede. Si
acciglia.
Sono ancora le sette meno dieci.
Dovrebbe essere a lavoro,
pensa.
Un timore improvviso la travolge e
senza pensarci due volte lascia
la bici a terra e corre verso di lui, furiosa.
-Dove sei stato?-
Davide sobbalza e se la trova alle
spalle; impallidisce e
balbetta.
-Ehi che… che
cavolo…-
-Mi hai sentito, brutto str**zo!- lo
afferra per la maglia e
alza la voce -dove sei stato?-
-Ma da nessuna parte!- si giustifica
lui, totalmente
spaesato.
-Non ti credo. Dovresti essere a
lavoro!- insiste.
Siccome ora alcuni passanti li
guardano, il ragazzo la
invita a salire.
Una volta di sopra lei si divincola
animatamente e sbatte
sul divano del salotto la borsa. Prende fiato, si mette i capelli
dietro le
orecchie e ricomincia a gridare.
-Allora, dove diavolo sei stato? No,
adesso me lo spieghi,
sennò giro tutta la città finché non
mi faccio dire la verità e se scopro che
mi hai mentito te lo faccio amputare con un calcio!-
Davide le tappa la bocca con una
mano, costringendola a
stare ferma.
-Stà buona…- le
dice piano, poi molla la presa.
Alice borbotta, incrocia le braccia
al petto e lo guarda
accigliata. Se deve saperlo, è meglio che lo dica ora e la
facciano finita.
-Vuoi sapere dove sono stato?- chiede
lui, togliendosi la
giacca.
-Certo- fa rabbiosa.
Davide si mette una mano fra i
capelli; non voleva dirglielo
per prudenza, ma ormai, già che c’è,
è costretto.
-A casa di Marilena-
Alice schiude la bocca, sorpresa.
Sembra che sia imbambolata
e incredula.
Poi lentamente riprende il controllo.
-E… che avresti fatto a
casa sua?- la rabbia pare uscirle
fuori dalle labbra.
-Niente…-
-Non dirmi ca**ate! Non raccontarmi
balle!- lo afferra di
nuovo per la maglia e lo strattona.
-Lasciami! Lasciami e ascolta!- si
libera di scatto.
Anche lui fa un sospiro e prova a
calmarsi.
-Okay… calmati.
Calma…- le prende le mani e si avvicina al
suo volto -vuoi sapere che è successo? Va bene, te lo dico,
ma tu-
Marca il pronome e la guarda fisso
negli occhi.
-…devi credermi, eh?-
-E tu non raccontarmi balle-
-Ti ricordi di Luciano?- chiede, dopo
un attimo passato a
fissarsi negli occhi.
-Sì-
-Si sono lasciati-
-Lo so-
-Mi ha chiesto di parlarle-
-E allora?-
-L’ho fatto-
-Quindi?-
-Quindi niente!- Davide si allontana,
distogliendo lo
sguardo dal suo -Lei… eh… non, non ha voluto
ascoltarmi-
-Sei tornato solo adesso da casa sua?
Mi sembra che sia
passata più che un’ora-
La ragazza alza un sopracciglio
scettica.
Stavolta è Davide ad
innervosirsi.
-Tu pensi che ci abbia scopato?
È questo che pensi?-
-Sì-
Si ferma e la fissa stringendo gli
occhi.
-Già…
tu… tu pensi che io sia andato lì e me la sia
fatta
senza tanti complimenti, vero? vero, Alice? Mentre tu puoi andare a
tutte le
ca**o di feste che vuoi, da sola, vero?-
-Cosa c’entra adesso? Io
non ho fatto nulla!-
-E io manco!-
Riprendono entrambi fiato; lui scuote
la testa e abbassa lo
sguardo.
-Perché tanto…
se lo faccio io, sono uno str**zo, mentre se
lo fai tu…-
-Senti- Alice fa due passi, gli si
avvicina e lo costringe
ad alzare lo sguardo. Per un secondo il ragazzo pensa che si a
lì lì per
tirargli un ceffone.
Poi sembra ripensarci.
-Giura che non hai fatto niente-
sibila.
-Giuro. Se poi non mi
credi…-
Perde tutta la grinta di poco fa e
sospira.
Mormora qualcosa, ma lo dice
così piano e voltandosi
dall’altra parte che Davide non riesce a capire.
-Cosa?-
Lei sorride imbarazzata e arrossisce.
Lo dice di nuovo
pianissimo.
-Che hai detto?-
Sorride anche lui e con una mano la
fa voltare verso sé,
avvicinandola.
La invita a ripetere con un cenno.
Lei ride, intrappolata vicino alla
sua faccia e ripete
-Mi dispiace……-
Lui fa una mezza risata, ma non leva
la presa. La guarda
negli occhi.
-Non ho sentito, che hai detto?-
-Ho detto…- ride e
ricambia lo sguardo intenso che le sta
dando -che mi dispiace. Scusa. Non volevo, non lo farò
più, perdonami…- non
continua perché viene interrotta dalle labbra del ragazzo
sulle sue.
-Che scema. Non l’avrei mai
fatto- la rassicura -altrimenti
mi avresti ucciso-
-Probabile-
Poi lui sorride colpevole.
-Scusa se non ti ho detto nulla. Ma
pensavo che ti saresti
arrabbiata… per niente-
-Che stupido- gli tira un buffetto
sulla testa -devi capire
la psicologia, se me l’avessi detto io mi sarei preparata
prima, e avrei
valutato le possibilità, e… avrei pensato che ti
fidi di me-
L’ultima parte la pronuncia
con una faccia che farebbe
squagliare un ghiacciolo.
-Scusa- alza le spalle.
Si allontana e guarda
l’orologio della cucina.
-Hai da fare?-
-Sì, i compiti. Mi aiuti?-
-Sogna. E…senti, facciamo
così. Tu puoi stare qui se vuoi,
io… devo andare in un posto-
-In che posto?- Alice si mette le
mani sui fianchi.
-In un posto- la bacia e apre la
porta -ciao. Torno presto.
Tu fai i compiti-
Ma mentre lo dice è
già sparito giù per le scale; lei rimane
delusa, chiude il portone, sbuffa e ci si appoggia.
Pensa che qualcosa, forse,
è cambiato; e mica le piace tanto.
Triste, guarda il pavimento, e poi
sente vibrare il
cellulare che ha in tasca. Legge il numero, stupita e risponde.
-Pronto?-
-Allora sei già in sala
operatoria? Quanti sono, sei mesi,
sette?-
-Cretino- ride lei -che
c’è?-
-No nulla- Oscar sorride compiaciuto
dall’altra parte -pensavo…
stasera… c’è un diciottesimo. Conosci
Antonio Molinaro?-
-Certo che sì-
E come non ricordarlo? Gli aveva
sbavato dietro per due
anni.
-La sorella fa diciotto anni. Ti va
di venire? Puoi portare
anche amici se vuoi…-
Lei si morde un labbro.
-Veramente… non
so…-
Pensa a Davide uscito per comprare
qualcosa. Poi però la
vendetta si fa strada nella sua mente. Ma sì, che provi lui
un po’ di gelosia.
Così vediamo se non la fa la scenata.
Ma sì, dai…
-Va bene, d’accordo. Posso
portare amici?- chiede, più
sicura.
-Certo! Ci vediamo… ora
sono le otto meno un quarto… tra
un’oretta, che dici?-
-Okay, perfetto. A dopo- chiude il
Motorola.
Lo stringe ancora in mano.
Poi si guarda intorno. Raccoglie le
sue cose e fa per
aprire. Un’ultima briciola di rimorso la assale.
Però pensando alle parole di
Tommaso e al modo con cui quella l’aveva salutata quel
giorno, riesce a
sopprimerlo.
Davide esce giusto in quel momento
dal supermercato. Ha
comprato due pennelli belli grossi, per cominciare a dipingere. Lui e
Alice
ultimamente non passano più tanto tempo insieme. Forse
questo è un modo per
sistemare le cose.
Caricati gli attrezzi in macchina,
arriva sotto casa.
-Buonasera- saluta educato la signora
Martini.
-Buonasera. Ah, la ragazza che
è uscita, mi ha detto di
consegnarle questo-
-Uscita?- domanda lui perplesso -chi?
-La ragazza che viene sempre qui,
quella… come si chiama…
Alice?-
-Sì…-
Stupito e accigliato si avvicina per
prendere il biglietto.
Non c’è dubbio,
la scrittura è sua.
Lo spiega e lo legge.
‘Sono andata ad un
diciottesimo. Tu fai pure quello che
dovevi fare, io starò bene. Non chiamarmi, perché
tanto ci sarà casino,
immagino. Un bacio’.
-Grazie mille…-
Se lo infila in tasca e incomincia a
salire le scale.
È confuso e non capisce.
Ad una festa? Di chi?
Ma soprattutto… con chi?
Ci scommetto la faccia che si
tratta ancora di quel damerino sfondato di soldi.
Maledetto lui.
Quasi non si accorge di essere
arrivato a casa, preso com’è
dai suoi pensieri più o meno belli.
Giorgia guarda la sua amica rovistare
nel cassettone. Non
riescono a trovare una maglietta.
-Porca miseria, l’avevo
messa qui! Se mamma non l’ha…
MAMMA!- grida, facendola sobbalzare.
Alice sbuffa e si lascia cadere sul
letto. Indossa solo un
paio di pantaloni neri, le scarpe delle grandi occasioni e sopra solo
il
reggiseno.
Sua madre si precipita sulla soglia.
-Che hai da urlare tanto?-
-Dov’è la mia
maglia? Quella nera? Quella che dici che mi fa
sembrare una prostituta?-
Giorgia ridacchia. La signora si
indigna.
-Alice ma come parli? Che, sei figlia
ad uno scaricatore di
porto?-
-Eddai, come la fai lunga!-
La mamma sospira e la tira fuori,
cercando senza guardare,
da un tiretto.
-Era così
semplice…- gliela porge, poi la guarda meglio.
-Ma dove andate stasera, tutte
eleganti?-
-Ad una festa- risponde Giorgia
mentre l’altra si infila la
maglietta e si rimira allo specchio.
-Ah… con, come si
chiama… aspetta…-
-Davide- sibila irritata Alice,
fissando la madre nel
riflesso.
-Ah certo- fa, con un gesto ovvio
della mano.
-Comunque, per tua immensa
fortuna… non ci vado con lui-
-Sì, andiamo con un altro
ragazzo- aggiunge l’amica.
-Ah sì? E
com’è questo?-
Al tono tutto diverso con cui lo dice
la ragazza si volta,
con le mani sui fianchi.
-Senti un po’…-
comincia minacciosa -…a me non importa un
fico secco che a te Davide non piaccia, e sinceramente non ne capisco
il
perché, dato che di tutti i figli dei tuoi stupidissimi
amici lui ne vale dieci
volte tanto…-
-… però non
sopporto che ne parli così! La devi smettere,
okay? È mia la vita, non tua!-
-Ma… ma tesoro, io cerco
solamente…-
-Di fare il mio bene- le fa il verso
-Allora, fai il mio
bene ed esci per favore, che dobbiamo andare. Ciao ciao-
Tutta imbestialita la supera,
trascinandosi appresso
l’amica, e scende le scale.
A metà però si
ferma.
-Io non capisco Alice, davvero-
comincia Giorgia -se dici
che poco fa ci hai quasi litigato, ora che fai, lo difendi a spada
tratta?-
Alice sbuffa e si mette le mani sul
volto.
-Io.._.
che
ne so… boh…- incrocia le braccia.
-Ma tu ci vuoi andare a questa festa?-
-No- scuote la testa.
-E allora?-
-E allora… uff- sospira e
le racconta di quel pomeriggio.
-… e allora volevo
vendicarmi-
Giorgia alza un sopracciglio.
-è carino Oscar-
-Fatti suoi- sembra piuttosto
combattuta e pensa ad altro.
-Io lo so che cos’ho,
maledizione-
-Sarebbe?-
-Mi sono innamorata-
Davide guarda il suo salotto,
indeciso sul da farsi; aspetta
un po’ tenendo acceso il cellulare, per controllare
un’eventuale ripensamento
di lei. Ma alle nove meno venti ogni speranza è sfumata.
Seccato e infastidito
si alza di scatto, passandosi una mano fra i capelli.
Ha chiuso con la pasticceria. Si
è licenziato dopo circa il
primo mese. A lei non piacerà, ma a lui non piaceva il
lavoro.
Dovrà cercarsene un altro.
Però per la serata aveva
altri programmi. Già, tutt’altro
che feste e diciottesimi.
Evidentemente non sono abbastanza
mondani per lei. Beh, se è
così, che vada pure a quella festa.
Perché devo essere sempre
io a cercarla? Che venga lei da me
per una volta.
Prende il Nokia e fa il numero.
-Lucià, che fai stasera?-
-C’ho due belle gnocche
proprio qui… dai, vieni che ci
scialiamo!-
A quella battuta chiude il telefono.
Ma vedi tu se uno ha
bisogno di aiuto e questo si mette a fare il cretino.
Cinque minuti dopo Luciano lo
richiama.
-Oh scherzavo!-
-Ecco, fai scherzi meno
cretini… se c’era Alice e sentiva?-
-E che ca**o! Allora che
c’è?-
-Hai da fare? No perché ci
sarebbe un lavoretto…-
Ultimo aggiornamento
dell'anno, il prossimo avverrà non prima di due settimane
causa vacanze, perciò buon Natale e felice anno nuovo a
tutti.
Per Lady Alice: immagino
che sia normale, il nemico deve avere fascino, essere intrigante, no?
altrimenti che nemico è? Spero che ti piaccia anche questo
capitolo.
per Jiuliet: se le cose
si complicano adesso vedrai dopo... grazie della recensione.
Grazie a chi ha messo la
storia nei preferiti e anche a chi legge solamente.
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Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
-Bella no?-
Oscar invita le due ragazze a salire
sulla sua auto. Lui
indossa una camicia rosa e dei pantaloni attraversati da una cintura
bianca.
Una mano sullo sterzo e un’altra sul bordo del finestrino.
Alice entra per seconda, costretta a
stare davanti, e guarda
sinceramente ammirata l’abitacolo.
Pulitissima, i sedili in pelle nera,
il navigatore acceso e
un design… moderno, bellissimo.
Ma sembra proprio che
l’accessorio più accattivante della
Peugeot sia lui, il guidatore.
Gli fa un sorriso.
-Grazie dell’invito-
-Di nulla. Pensavo che…
visto che andiamo nella stessa
scuola… forse lo conoscevi-
-Sì, hai pensato bene-
-E poi, stasera mica avevi nulla da
fare?-
La guarda con un sorriso non
malizioso, ma nemmeno tanto
ingenuo. Ha i capelli più lunghi del normale aggiustati a
regola d’arte e dai
quali spunta un paio di occhiali da sole posti sulla testa. Anche se
è sera e
certo il sole non è un problema.
-Andiamo allora?- fa Alice, sviando
il discorso.
Sembra che quella macchina non possa
andare più veloce di così.
In pochissimo tempo sono già arrivati.
Non si è messa la cintura
e non ha ricevuto nessun
rimprovero. Però, strano.
Sorride divertita a quel pensiero e
scende dall’auto.
-Vedi che è già
servito a qualcosa?- lui la raggiunge
facendo il giro.
-Cioè? A cosa?-
-Ti ho fatto ridere-
Lei è tentata di dirgli la
verità, ma poi qualcosa la fa
trattenere. E anche questo, pensa, è strano.
Luciano spinge il portone e
dà una pacca sulla spalla
dell’amico. Poi lo guarda interrogativo.
-Allora qual è il
problema?-
-Beh vedi- gli mostra il salotto.
Ci sono giornali, barattoloni di
vernice e qualche pennello.
-Io e Alice pensavamo di verniciare
questa parete- la
indica.
-E c’avete ragione, fa
schifo…-
-…però prima
dobbiamo spostare un po’ di roba-
-Ah, ho capito. Ti serve un altro
paio di braccia e un ca…-
-Sì, certo- lo interrompe
Davide ridendo.
-Ma… e lei?-
La risata gli scompare dal viso e si
intristisce.
-Ad una festa-
Subito dopo va verso il divano, come
a non voler dare peso a
quell’affermazione.
Luciano se ne accorge, ma decide di
non insistere.
-Allora, da che cominciamo?-
Decine di metri più
lontana, Alice ha appena finito di farsi
un ballo con la sua amica, che ora è stata, per usare i suoi
termini, “rapita”
da un ragazzo.
Così ora si riposa bevendo
un… un qualcosa di non
identificato.
Poi però si stufa di non
fare nulla, e pensando che non c’è
Davide, prende dalla borsetta sigarette e accendino e riesce a
sgusciare fuori.
Si appoggia ad una macchina
lì davanti al locale e accende
la sigaretta.
-Ah però. Non
l’avrei mai detto che fumavi-
Oscar sorride sornione e si appoggia
alla macchina, accanto
a lei.
-Posso?-
Lei gli porge volentieri la
sigaretta, sorridendo, e il
ragazzo si fa un tiro.
Gliela rende.
-C’è anche
altro, se ti va…- inizia, vago.
-Altro di che tipo?-
-Altro-
-No-
Ribatte secca, poi riprende a fumare.
-Come ti va… ma che hai
stasera?-
-Perché dovrei avere
qualcosa?- domanda.
-Perchè… beh-
Oscar esita, incrociando le braccia e alzando
le spalle -ti ho vista le altre volte. Tutta combattiva…-
-Sono stanca- sospira e chiude gli
occhi per un attimo.
-Problemi col… col
fidanzato?- chiede lui.
Alice lo squadra, sospettosa. Poi
decide di fidarsi.
-Un po’… ma
sai… cose che capitano-
-Altrimenti non saresti mai venuta
qui con me-
Lei lo guarda stringendo gli occhi
-Forse no- ammette.
-Allora meno male. Non avrei avuto
nessuno con cui andarci-
La ragazza ride e fa un verso
scettico.
-Certo, come no… ma chi
vuoi prendere in giro?-
-Ma è vero!- fa lui -Che
non mi credi? Posso provartelo…-
Aspetta, doveva ridere anche lui,
pensa Alice. Non ha riso.
-Okay okay…
d’accordo- lo tranquillizza, stupita.
Oscar non pare accorgersi dello
sbaglio di battuta che ha
fatto.
-Vieni a ballare o ti geli qua fuori?-
Si allontana ma le tenda la mano.
La ragazza schiaccia la sigaretta a
terra; poi ci pensa su.
-Va bene-
Uno strappo deciso e il giornale
è a metà.
-Ehi, pensa te… la Roma
compra un esterno francese…- Luciano
è seduto sulla scrivania e legge un brandello della Gazzetta
dello Sport.
-Ma va’?- Davide riemerge
da terra, dove ha sistemato un
tappeto di giornali -è di agosto quello-
-Ah… ecco, mi pareva di
averlo già sentito…-
L’altro scende
giù e si sbottona la camicia.
Davide si è cambiato.
Indossa una maglietta a maniche corte
e dei pantaloni di tuta.
-Mi daresti una mano invece di
guardarti allo specchio?-
domanda irritato.
-Cosa?- Luciano si riscuote ma si
china ad aiutarlo.
-Prendi il cartone-
Lo prendono e lo ficcano di forza
nello spazio libero dei
giornali.
Una volta finito ammirano il loro
lavoro. Luciano annuisce
soddisfatto.
-Non male, no?-
-Sì, ora spostiamo i
mobili dal muro-
-Che?- chiede l’altro.
-Spostiamo i mobili. Che credevi,
fosse tutto qui?-
ridacchia.
-Ehi, so farlo amico. Che ci vuole?-
Allarga le braccia e alza le spalle.
Si mettono l’uno ad un capo
della scrivania e l’altro
all’opposto.
Poi insieme fanno forza e la
sollevano da terra.
-Madonna santa quanto
pesa…- sbuffa Luciano.
-E pensa che è
vuota…-
Fanno qualche passo, attenti a non
spostare i giornali
sistemati con tanta cura, e la posano con un tonfo al muro opposto.
-è una è andata-
Davide guarda la parete disastrosa
ora scoperta.
-Ma poi tu…
perché due scrivanie?-
-Boh, erano belle. Comode e grandi-
alza le spalle.
-Si però… spero
che questo non lo dobbiamo alzare…- Luciano
indica il divano.
-Eh… mi sa di
sì…-
-Sei pazzo? Pagati un traslocatore! O
chiedilo ad Alice-
-Se non le ho chiesto di spostare i
mobili…- fa lui con tono
ovvio.
-Secondo me quella ha più
forza di noi. Pare dinamite-
Davide ride.
-Questo è vero- ammette.
-Senti ma… poi ci sei
andato da Marilena?-
Ahia, impreca mentalmente. Lo sapeva
che sarebbe arrivato
quel discorso.
-Sì, oggi pomeriggio-
-E allora?- Luciano lo segue mentre
vanno in cucina a
prendersi da bere -Non mi dici nulla?-
-E che ti devo dire?-
-Che ha detto, che le hai detto?-
-Beh………-
Sai, di te non gliene frega e ha
provato a baciarmi. Bella
risposta.
-Io ho detto che stavi uno
schifo…-
-Sì, te la sei lavorata
con qualche scemenza… e poi?-
-E poi… niente. Non ne ha
voluto sapere-
-Porca miseria!- fa lui, battendo il
pugno sul legno del
tavolo. Poi però dopo se lo massaggia.
-Io in realtà non capisco
perché vuoi stare con lei- dice
Davide, bevendo un bicchiere d’acqua.
-è bella-
-Poi?-
-è……
è sofisticata- continua.
-E basta?-
-Beh… in questo momento
non mi viene, però ce le ha le
qualità!- Luciano sorride e fa la faccia maliziosa -vedessi
a letto…-
-Si vabbè non me ne frega-
lo interrompe.
Un pensiero lo attraversa.
-Ma tu sei sicuro che lei ti sia
stata fedele?-
-Che vuoi dire?-
Ripensando alla sera prima non gli
riesce difficile.
-Beh… che ne sai, dicevo
così… un’ipotesi…- si pente
di
averlo detto.
Ma Luciano non si muove e sembra
pensarci su.
-Che hai in mente? Mi fai
paura…- Davide posa il bicchiere.
L’altro si riprende e fa un
sorriso finto.
-Oh no, nulla…
continuiamo?-
Non del tutto convinto, il ragazzo
torna di là.
Un’ora dopo, un paio di
balli, cocktail sospetti e una
toccata troppo audace del ragazzo, Alice decide che ne ha abbastanza di
quella
serata.
Oscar le è stato tutto il
tempo appiccicato. Il che non è
stato un male, perché non conosceva nessun altro, ma quando
la sua mano è
scivolata… casualmente, diciamo, troppo in basso, aveva
cominciato a tenersi
più distante e a trattarlo con più freddezza.
Così, recuperata
Giò dalle braccia non proprio discrete di
un ragazzo, si avviavano verso l’uscita.
-Mi spiace che devi andartene dalla
festa…- si scusa mentre
salgono di nuovo in macchina.
-Fa nulla, anche perché,
se vuoi la verità……-
-Cioè?-
Alice sorride maliziosa e alza un
sopracciglio.
-… ci siamo imbucati-
ammette.
-Sul serio?-
-Ehi tranquille… se ci
becca la festeggiata mio padre può…-
-Scherzi?-
Alice lo interrompe. Poi scambia
un’occhiata con l’amica.
-è una ficata!- ride lei.
Accompagnata a casa Giorgia,
rimangono soli in macchina.
Lei si fa accompagnare sotto casa di
Davide.
-Casa tua?- domanda Oscar.
-No, di Davide- risponde sorridendo.
-Davide?-
-Il mio ragazzo-
-Ah… capisco…-
-Sai, è un sacco che
non…- lascia cadere nell’ovvio il resto
e fa una smorfia maliziosa.
-Ho capito. Prego allora, vai-
-Grazie per la festa, ciao-
Scende velocemente, senza dargli il
tempo di fare altro. Gli
ha chiuso ogni prospettiva invitante, giocando d’anticipo.
Potrà essere bello
quanto vuole, ma…
La Peugeot sgomma
sull’asfalto e si allontana nella notte.
Sono le undici e cinquanta.
Suona al citofono, poi nota una
macchina nera che non ha mai
visto lì sotto.
Si acciglia. Poi si apre il portone.
Avanza lentamente
nell’atrio, formulando ipotesi. Non è detto che
debba essere per forza con
un’altra. Non è detto che debba essere
per forza con quella Marilena!
Ma un timore tremendo la assale e non
riesce a toglierselo
di dosso.
Fa velocissima le scale e suona il
campanello.
Sente due voci dall’altra
parte.
Impreca mentalmente. Razza di
stupido, io sono fuori e
faccio la brava e tu…
Ti diverti a casa con lei!
Ma ora ti sistemo io…
-Sono io, scemo, Cenerentola!
È mezzanotte, ricordi?-
La porta si apre e spunta lui.
Subito lo getta di lato e fa per
guardare alle sue spalle.
Ma nel salotto messo sottosopra c’è solo Luciano.
Che la guarda stupito.
-Andata bene la festa?- chiede con un
sorriso.
Davide la raggiunge.
-Cercavi qualcuno?-
Lei lo guarda; sta sorridendo
strafottente. Ha capito a cosa
stava pensando.
Alice si sente mortificata.
Le viene spontaneo.
-Scusami… scusami scusami
scusami amore!-
Gli prende le mani, supplichevole e
lo fissa dritta negli
occhi.
Il ragazzo, spiazzato, ci mette un
po’ a riprendersi.
-Come… come mi hai
chiamato?-
Grazie a coloro che hanno
messo la storia nei preferiti, a chi recensisce e a chi legge solamente.
Dunque...
Per Jiuliet: diciamo che
Davide non ha proprio l'istinto per arrabbiarsi con lei, ma
Alice sì che ce l'ha. E penso abbia fatto bene a
prendersela, la sua seppure piccola rivincita. Grazie di aver recensito.
Per titti6493: questa
sì che è una recensione che mi fa molto piacere,
sapere che sono migliorato è un bel complimento e ovviamente
molto gradito, ma non mi monterò la testa perchè
ancora non sono bravo. E tra parentesi non credo che si molleranno...
non ora almeno...
Per giunigiu95: grazie
per gli auguri, altrettanto ovviamente, beh giudica tu come si
è comportato Davide.
Per Lady Alice: dato il
suo carattere immagino sarebbe sembrato strano che non avesse reagito
in altro modo...è giusto che si prenda la sua piccola
vendetta. Spero che anche questo capitolo ti piaccia.
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Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
Spiegata la situazione, Alice guarda
il lavoro che hanno
fatto i due. Ora il salotto è ricoperto, sul pavimento, da
giornali vari, carte
e pezzi enormi di cartone. Le due scrivanie sono addossate al muro di
destra,
accanto al divano e il tavolino. La parete scoperta rivela molte crepe.
Alice sorride e sposta lo sguardo ora
alla stanza, ora al
ragazzo.
-E io che pensavo… e tu
invece hai lavorato tutto il tempo-
-Visto che bravi?-
-Non è stato facile, eh?-
aggiunge Luciano.
Poi nota l’espressione sul
volto della ragazza e capisce che
è meglio tagliare la corda e lasciarli in pace.
-Io vado, che è tardi e
domani in ufficio chi lo sente… se
ti servo, io ci sono- saluta Davide e scompare dietro il portone.
Davide si infila le mani in tasca.
-Com’è andata la
festa?- non la guarda, ma tiene gli occhi
sul muro.
-Insomma, poteva andare peggio- alza
le spalle lei.
Silenzio in casa. Nessuno dei due
parla. Poi lei si decide a
fare la prima mossa.
-Ora iniziamo a dipingere?- chiede
con un sorriso
larghissimo.
-Ora? Sei pazza? Io vado a
dormire…- annuncia lui,
indietreggiando.
-E dai… hai già
sonno?-
-Beh sai… tre ore passate
a sistemare giornali, spostare
mobili e soprattutto togliere tutte le cose che stavano sopra le
scrivanie…
mica è una passeggiata-
-Beh, non importa; posso farlo sola-
Alice avanza verso il
pennello nuovo di zecca, ma un braccio la avvolge e la tira via.
-Che faresti tu? A
quest’ora di notte? Non lo sai che le
brave bimbe vanno a letto presto?-
-Lasciami! Perché, ti
sembro una brava bimba io?-
Dice così ma ride.
-A letto-
-No!-
Davide è costretto a
prendersela in spalla, fra le risate e
le finte proteste della ragazza.
-Lasciami, lasciami stupido!-
Gli molla qualche pugno leggero sulla
schiena, ma si
rassegna e lascia che la lanci letteralmente sul letto.
Atterra sul materasso, un
po’ male, ma si siede. Sposta i
capelli dal volto e lo guarda.
Si inginocchia, si avvicina e lo
bacia.
Lo prende per il bavero della
maglietta e lo trascina sul
letto.
Davide si ritrae, ad un certo punto.
-Bleah- commenta.
Si pulisce il labbro col dorso della
mano.
-Sai di alcol e fumo. Che
schifo…-
-Dai non fare il cretino…-
Si sdraia sul letto, appropriandosi
del cuscino, e lo tira a
sé.
Si nasconde nello spazio fra il suo
collo e la spalla.
Lui sorride, si toglie le scarpe ed
è subito accanto a lei.
-Ho lasciato il lavoro in
pasticceria- dice.
-Perché?- mormora la
ragazza assonnata.
-Non mi piaceva. Non te
l’ho detto che sennò ti arrabbiavi…-
E anche perché non te
l’ho mai detto che non mi piaceva,
aggiunge mentalmente.
-E ma… adesso?-
Alice si tira su e lo guarda mezza
addormentata mezza
interessata, strizzando gli occhi.
-Adesso me ne devo trovare un altro-
-Che ci compriamo coi soldi del primo
mese?- domanda.
-Direi che metà e
più se n’è andata per i pennelli, i
colori
e varie cose. Ma tanto domani dovrebbe arrivarmi la busta coi soldi da
mamma e
papà- si stiracchia e sbadiglia.
-Dovremmo andare a trovarli, qualche
volta…-
-Sì, può
darsi…-
Sorride e con un braccio si allunga e
spegne la luce della
lampada.
Alice sbadiglia, stringendosi di
più contro di lui. Non sa
se deve dirglielo o meno.
-Lo sai che mi ha toccato il culo?-
-Ma chi?- sorride il ragazzo, e anche
se sono al buio può
sentire un piccolo sbuffo divertito uscire dalle labbra.
-Oscar- dice, divertita, mentre si
allontana e inizia a
togliersi la maglietta tanto odiata da sua madre.
-Davvero? E tu ci sei stata
ovviamente…-
-Scherzi? Sono fuggita-
-Brava…-
Si alza un attimo, per infilarsi
sotto le coperte.
-Sei fredda- nota poco dopo quando si
toccano sotto le
lenzuola.
-Pure lui fuma- lo informa
-e…- sbadiglia -…e… si fa altre
cose…- la sua voce si fa più debole.
-Basta che non lo segui, sai?
Sennò già tua madre non mi può
vedere, poi se pensa che ti ci ho trascinata io in quello…-
Si interrompe, osservandola dormire.
Ha gli occhi chiusi,
indossa solo la biancheria intima. È raggomitolata su se
stessa e si sfrega
contro di lui.
Gli viene da ridere.
E meno male che lei non aveva sonno.
Alice apre gli occhi, ancora
assonnata e leggermente
infreddolita. Rabbrividisce e si mette a sedere. Si scompiglia i
capelli,
portandoseli sopra la testa. Guarda Davide dormire beato sdraiato
accanto a
lei. Sorride, si china e lo bacia sulle labbra, senza svegliarlo.
Poi scivola giù.
Va verso l’armadio della
stanza, lo apre e cerca. Cerca… e
trova una scatola.
Era sicura di averla messa
lì.
È uno scatolone, e dentro
ci trova un ricambio adatto per la
scuola.
Infilatasi le Adidas, alza la
serranda, lasciando entrare la
luce del sole, e va in bagno a prepararsi.
Dopo cinque minuti è
pronta, diciamo, per il mondo.
Torna in camera da letto e prende il
cellulare.
Invia un messaggio al ragazzo, poi
controlla l’orologio.
Cavoli, meglio muoversi.
È indecisa se svegliarlo o
meno. Poi però lo guarda dormire.
Sorride e lo lascia così.
Scende sotto e inforca la bicicletta.
Ora il problema è non
svegliare mamma o papà.
Arrivata sotto casa, apre il portone,
arriva
all’appartamento. Pianissimo, infila la chiave nella toppa, e
altrettanto
lentamente la gira.
Poi si infila dentro, premurandosi di
non far nessun rumore.
Con passi calcolati e lenti, cerca di arrivare alla sua stanza.
Controlla l’orologio, sono
le sette e mezza. Infatti papà
dorme, ne sente il russare.
Ma il problema non è lui,
è la mamma.
Prega intensamente che non si sia
ancora svegliata, altrimenti…
sono dolori.
Ce l’ha quasi fatta.
Sorride e si allunga per abbassare la
maniglia.
-Alice!-
La voce della madre la fa scattare
come una molla. Si volta
di scatto e si poggia la mano sul petto.
-Ma’… madonna
mia…- riprende fiato e prova a sorridere -…
m’hai fatto prendere un colpo-
-Alice che diavolo ci facevi fuori da
casa?- la mamma
abbassa la voce per non svegliare nessuno e si acciglia.
-Mica stavo fuori, io!- la ragazza fa
la faccia offesa.
-E allora come mai non ti ho sentito
rientrare?-
-La festa è finita tardi e
Oscar mi ha riaccompagnato che
erano le… le due- decide che due ore in più non
guastano, per coronare la
bugia.
Sua madre la guarda dal capo ai piedi.
-Come mai sei vestita allora?-
Uffa, non demorde.
-Perché devo andare a
scuola, magari?- cerca di buttarla
sull’ovvio, non facendosi beccare impreparata. Mai mostrarsi
titubanti quando
si dicono le bugie. Meglio essere convinti.
Ma sua madre non sembra berla. La
guarda, sospettosa,
piegando la testa da un lato proprio come farebbe la figlia. Indossa
solo il
suo pigiama.
-Finito di guardarmi? Sono bella,
vero?- dice, per smorzare
la tensione.
-è facile scoprire se mi
hai mentito-
La mamma, trionfante, la supera.
-E sarebbe?- la voce le vacilla un
po’, ma riesce a non
apparire in crisi.
Va verso la camera.
-Vediamo…
vediamo…-
Alice impallidisce e allarga gli
occhi.
Cerca di trattenerla, ma non
può evitarlo. Si prepara alla
gridata da migliaia di decibel in arrivo.
-Alice!-
Argh! Eccola……
Si azzarda ad aprire gli occhi,
nervosa, e si morde un
labbro.
Sua madre esce dalla stanza.
-Non hai fatto il letto! Che cavolo
aspetti, la donna di
servizio? Fila a fartelo!- con un dito le indica la sua camera, poi la
supera e
va in cucina.
-E potevi anche svegliarmi, sai? Che
è tardi!- aggiunge
scomparendo nel bagno.
Alice rimane incredula e confusa in
mezzo al salotto, a metà
fra la camera e la cucina.
Non capisce. Poi si porge oltre la
porta.
Che
culo………
Il letto è totalmente
disfatto, con vestiti buttati
all’aria, un pigiama, magliette e pure una gonna.
Si ricorda e ringrazia i santi che ha
pregato.
Prima di andare alla festa non aveva
rifatto il letto. Mamma
se l’è bevuta.
-Allora, proviamo così,
che dici?-
Davide si sposta verso
l’angolo della parete, e mima il
movimento da sotto a sopra del pennello che ha in mano. Indossa una
maglia
nera, dalle maniche tirate su, e dei jeans. Sotto però,
novità, ha delle scarpe
nuove. Levi’s.
Alice guarda pensosa il ragazzo. Lei
ha una camicia aperta
di un po’, e un jeans. Le maniche arrotolate, ovviamente.
-Non so… sai, dopotutto
non è più facile se…?-
-Se?-
Lei lascia il pennello sul tavolo,
prende con due mani il
barattolo di vernice bianca e lo solleva.
Con un po’ di fatica,
riesce a tenerlo su.
-Potremmo semplicemente fare
così…- fa il gesto di buttarlo
contro la parete -e poi spalmiamo la vernice-
Sorride invitante, poi la presa le
cede e il barattolo sta
per cadere dalle sue braccia.
Ma Davide è pronto e lo
afferra prima che si combini il
disastro.
-Ehm… scusa…-
sorride lei.
Lui lo poggia al sicuro a terra. Poi
le rende il pennello.
-No, si fa a modo mio.
Allora… - strappa la carta che
imprigiona l’attrezzo e legge.
-“Non lasciare residui di
pittura, specialmente antimuffa,
perché corrode le setole…”- poi lo
bagna sotto l’acqua.
-Vado?-
-Vai vai…-
Intinge il pennello nel barattolo, si
china a terra e lo
spalma sul muro rovinato. Quello si tinge di un bianco candidissimo,
del tutto
diverso dal resto.
Alice batte le mani.
-Ora io! Aspetta…- si
rimbocca le maniche e compie lo stesso
gesto del ragazzo.
-Non male… dai cominciamo
così poi…-
-Oh senti… sai stamattina
mia madre mi ha beccato mentre
tornavo a casa- dice.
-Davvero?-
-Sì, però per
fortuna l’ho convinta…-
Parlano mentre iniziano a colorare la
prima facciata di quel
muro vecchio e ammuffito.
-Ma perché arancione e
verde?- domanda lui, scuotendo la
testa.
-E perché no? Devi essere
artistico, creativo…- ribatte la
ragazza.
-Ma dico… non andava bene
farlo… per dire… bianco?-
-Bianco, bianco… bianco
è scontato- fa Alice, con voce ovvia
-arancione è brillante, vivace, imprevedibile…-
-Allora l’arancione sei
tu…- commenta piano Davide.
-Il verde è più
tranquillo, no? È rilassante…-
Si ferma e lo guarda attenta, come a
scrutarne qualche cosa
di particolare.
-Che ho?- domanda.
-Sei poco fiducioso nelle mie
capacità -
-Si vabbé- ride e riprende
a dipingere.
-No, non scherzo… che
ficata! Sì, il verde e l’arancione.
Però mica uniforme la pittura…- aggiunge,
ripensandoci.
-E come scusa?-
-Aspetta-
Va verso lo zaino che ha posato in
camera da letto, e cerca
fra i libri. Poi ne trova uno, quello di filosofia, e lo sfoglia. Trova
quello
che cercava.
Torna di là. Davide la
guarda mentre con una mano si torce
un capello e tutta concentrata fissa il foglio. Pensa a quanto
è bella.
-Guarda…- mormora lei,
avvicinandosi e porgendoglielo.
Il ragazzo lo prende e lo guarda.
-Vedi… prima facciamo
tutto bianco, di sotto… poi dipingiamo
dei rettangoli… a casaccio…-
Indica il foglio.
C’è un riquadro bianco, poi a tratti sono
disegnati dei rettangoli arancioni e verdi. Non è male,
l’insieme.
Allontana il foglio, guarda prima
quello, poi la parete.
Poi sposta gli occhi su Alice.
-E questo quando l’hai
fatto?- domanda strafottente.
-Nell’ora di filosofia, mi
rompevo…-
Lei gli si avvicina e gli batte una
mano sul ventre.
-Oh, sai che sei ingrassato?- sorride
riprendendosi il
foglio.
-Sì, lo so…-
ricambia il sorriso -devo riprendere a
correre…-
-No che hai capito? Io intendevo un
altro tipo di
esercizio…-
Si fa maliziosa e gli allaccia le
braccia attorno al collo;
poi sposta la bocca al suo orecchio e gli mormora qualcosa.
Davide sorride, poi la prende in
braccio.
-Pure tu non scherzi, sai?- ridacchia.
La appoggia alla parete
dell’ingresso, separato dal salotto
da una porta scorrevole.
-Ahia!- si lamenta.
-Scusa…- fa lui, fra un
bacio e l’altro e la sistema meglio.
Poi la bacia sul collo, scendendo
sempre più giù; cerca di
intrufolarsi più sotto, ma l’ostacolo della
camicia glielo impedisce.
Allora ride e Alice se la sbottona,
sorridendo.
Lascia che la baci dappertutto,
chiudendo gli occhi e
aggrappandosi alla sua schiena.
Fa un leggero sospiro quando una mano
di lui va a scoprirle
il seno.
Rischia anche di farla cadere a
terra.
-Ce l’hai?-
-No… ma che cavolo! Che ti
frega…?- sbuffa leggermente
seccato.
Lei alza un sopracciglio, poi cerca
qualcosa nella tasca dei
jeans.
-Visto che anche Oscar serve a
qualcosa?- tira fuori i
famosi preservativi di un mese fa.
Gli apre il pantalone, facendolo
scorrere a terra, poi fa lo
stesso con i boxer.
Lo aiuta a spogliarla, e si stringe
di più contro il suo
bacino.
Lui la sostiene con un braccio solo,
mentre la mano destra
si poggia sulla sua guancia.
La guarda dritto e intenso negli
occhi.
Alice arrossisce e sorride
imbarazzata, poi abbassa lo
sguardo. Davide ricambia il sorriso e ricomincia a baciarla.
-Madonna da
quant’è che non lo facevamo?- domanda con voce
roca poco dopo.
-Tanto… - fa lei con lo
stesso tono.
Dunque...
Per giunigiu95: povero
Oscar. Grazie per i complimenti, anche se non sono così
bravo. Continua a leggere.
Per demetra85: direi che
immagini bene entrambe le volte. Sia su Davide, sia su Alice. Forse
sarà lei a commettere qualche errore e farsi prendere dal
"nemico"?
Per Jiuliet: caspita, mi
sa che ci hai preso ancora. Diciamo che nessuno dei due aveva molta
voglia di litigare. Grazie di aver recensito e spero di non averti
fatto aspettare troppo.
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Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
Il viale di periferia, quello che
porta all’ospedale, è
privo di abitazioni; di tanto in tanto vi passano auto, ma nulla di
più.
Pochissimi sono i passanti, per lo più medici o infermieri.
Ed è per questo che
quel viale, parecchio lungo, è il preferito di Davide.
Il quale lo sta percorrendo a passo
di corsa.
Ha un iPod attaccato al polso e le
cuffie nelle orecchie.
Sono le quattro e mezza, e ha deciso
di prendere in
considerazione l’idea di un nuovo lavoro. Gli sembra che il
bar poco lontano
casa di Alice abbia affisso un annuncio.
Più tardi andrà
a vederlo.
-Corri, sfaticato!-
Una risata, accompagnata dal cigolare
della catena della
bici, lo fa voltare; senza smettere di correre la guarda, avanzando a
ritroso.
-Visto che se mi ci
metto…?- dice, sorridendo anche lui.
Alice lo raggiunge e rallenta il
passo, per quanto può. Gli
fa segno di togliersi le cuffie, poi dice
-Ho incontrato Marilena-
Davide si preoccupa e fa una faccia
timorosa.
-E che ti ha detto?-
La ragazza si acciglia e guarda
davanti a sé, affiancandosi
al lato sinistro del marciapiede.
-Stavo con mamma a fare compere, che
voleva il mio aiuto… e
l’ho vista. Ma stava con un altro tipo-
-Ah sì?-
Il ragazzo non smette di correre e
perciò inizia a venirgli
il fiatone.
-Dovremmo dirlo a Luciano?- domanda
lei.
Lui sbuffando, si ferma e si piega,
appoggiando le mani
sulle ginocchia per riprendere fiato.
-Sfaticato!- Alice ferma la bici e
aspetta.
Davide alza la testa, stringendo gli
occhi per via del sole.
-Non so……
quella ragazza è la cosa peggiore che gli sia mai
capitata-
-Perché?-
Si siedono sul muretto che contorna
il viale.
-Perché… sai,
Luciano… fa l’impiegato in una grossa
società-
fa un bel respiro -e… beh, guadagna abbastanza, direi.
Marilena se l’è sempre
tenuto stretto, e… e certe volte che voleva mollare lo ha
sempre fatto
ricredere…-
-Poi lui l’ha tradita?-
-Beh sì, ma…
fatti loro, che ne so io…comunque penso che…-
-…che voglia solo il suo
bello stipendio?- completa la
ragazza.
-Esatto. Oh, ma non una parola con
Luciano-
-Sì, certo. Ma lei? Non
lavora? Sembra una tipa tutta
impegnata…-
Davide ridacchia.
-Sì, lei è una
tosta. Ha preso la laurea in scienze della
comunicazione, ma… non lavora-
-Non lavora? E come fa?-
-Secondo te perché sta col
suo fratellino?-
-Tommaso?-
Lui fa una smorfia.
-Sì. Difetto di pronuncia
a parte, lavora all’ospedale, qui-
indica il grande edificio alle loro spalle.
-Ma dai! Che forza!- commenta Alice.
-Fa l’infermiere. Ma sta
facendo un sacco di corsi per… mi
pare sia odontoiatria, boh…-
Rimangono a meditare sulle parole per
un po’.
-Quindi lei ha la casa col fratello?
Solo perché…-
-…perché ha un
bel lavoro, sì-
Alice si acciglia.
-Beh scusa, ma è ingiusto!
Che fa, vive alle spese degli
altri?- esclama, saltando in piedi.
-Lo so, ma che ci possiamo fare?-
-E tu?- di colpo si fa seria -Tu
pensi che io viva a spese
tue?-
-No, tu vivi a spese di tua madre e
tuo padre-
Per questo riceve un pugno leggero
sul braccio.
-Stupido-
-Dai, seriamente. Tu che vuoi fare?-
D’un tratto lei si fa
triste e pensosa. Abbassa lo sguardo e
fa una buffa smorfia.
-Non so…- poi si appoggia
con la testa alla spalla del
ragazzo.
Lui sorride divertito. Poi le fa
alzare lo sguardo con una
mano.
-Stasera vado a vedere per il lavoro
al bar sotto casa tua-
le dice, per distoglierla da quel discorso.
Lei però non sembra tanto
spensierata.
-Bravo…- lo guarda negli
occhi, seriamente preoccupata -Tu
mi lascerai se non prendo l’università?-
Davide vorrebbe ridere ma capisce che
non è il caso. Si
stiracchia e le posa una mano dalla presa forte sulla spalla.
-No- dice con un sorriso, tranquillo
-dovrei? Tu… fai quello
che vuoi. Trovati qualcosa che ti piace…-
-E chi lo dice ai miei?-
-Glielo dico io-
Alice lo guarda stupita; poi sorride
e fa un verso scettico.
-Certo… -
-Certo che sì-
Le dà un bacio sulla
testa, si alza e riprende a correre.
La ragazza lo guarda andare via, poi
si alza anche lei,
sorride, mette le mani attorno alla bocca formando un piccolo megafono.
-Guarda che ci conto!- gli grida
dietro.
Lui si volta e ricambia.
-Promesso!-
Scuote la testa, prende il manubrio
della bici e monta su.
Qualche manciata di minuti dopo, si
ferma all’entrata della
piscina comunale.
Sta aspettando la sua amica per farsi
un giro, come sempre.
Ecco che esce, puntuale
com’è suo solito, ma non è sola.
Non è possibile. Le viene
voglia di battersi una mano sulla
fronte.
Insieme a Giorgia
c’è Oscar.
Oh, possibile che ci dobbiamo sempre
incontrare? Madonna, e
che è?
Quando si fanno vicini compone un bel
sorriso.
-Ehilà… ciao-
-Chi si rivede. Allora è
proprio destino…-
Fa un altro di quei sorrisi da
svenimento, ma lei ha tanta
voglia di alzare un sopracciglio e mandarlo a quel suo ricco paese.
-Sembra… beh, andiamo?- fa
rivolta a Giorgia.
Lei scuote la testa.
-Come no?-
-Ha chiamato mia madre, devo stare a
casa con mio fratello.
Mi spiace…-
-Oh, ma se vuoi… ti
accompagno io…- dice Oscar con
disinteresse.
-Beh…-
Alice alza un sopracciglio e scambia
un’occhiata con
l’amica. Però deve aver sbagliato espressione,
perché Giorgia batte sulla
spalla del ragazzo.
-Ma sì, dai, vacci con
lui!-
Con un sorriso a denti stretti lei
sibila
-Grazie…-
Poco dopo sono sul corso, camminano
vicini.
Oscar si infila le mani in tasca e
comincia
-Dove vuoi andare?-
-C’è un
negozio… là in fondo… non so se lo
conosci…- indica
un punto dall’altra parte della strada -lì vendono
belle cose. E non costano
manco una cifra- propone.
Se proprio deve passarci un
pomeriggio, che lo passi a modo
suo. Decide almeno di divertirsi.
Lui scuote il capo, divertito.
-No no no… Alice, ma che
mi combini? Invece ti porto io in
un posto-
-Che posto?-
-Vedrai- fa misterioso.
La guida fino ad un negozio molto
elegante, ben arredato e
con parecchi capi costosi in esposizione.
Alice sgrana gli occhi davanti a
tanto sfarzo; sbalordita
entra e si guarda intorno. Però non osa nemmeno avvicinarsi
ai vestiti, anche
solo per guardarli da vicino: non potrebbe permettersi neanche una
manica,
pensa.
Oscar, sicuro di sé, entra
dentro e la conduce alla cassa.
Appena lo vede, la commessa gli fa un
enorme sorriso.
-Buonasera, signorino Perugini.
Compere stasera?- esordisce
speranzosa con un sorriso che più allargato non si
può.
-Solo di passaggio; anzi…-
guarda un attimo Alice -…mi
chiami Ines?-
-Certo, vado subito-
Svolazzante che sembra una farfalla,
e velocissima, vola nel
retro del negozio.
La ragazza la guarda andare via e poi
fissa il ragazzo;
sembra molto tranquillo e a suo agio.
-Ehm…- cerca di attirare
la sua attenzione.
-Si?-
-Non credo di potermi permettere
nulla…- spiega a bassa voce
-sai… puntavo a qualcosa di meno… principesco-
Guarda gli abiti, ma basta anche solo
osservare
l’arredamento e i colori del negozio. Il bancone di vetro, le
poltrone
argentate, i tappeti grigio chiaro e l’aria che tutto,
lì sia perfetto.
-Ma sono il meglio del meglio-
ribatte lui.
-Beh sì, ma- Alice sorride
come quando si spiega qualcosa di
ovvio -costa troppo-
-Tu lascia fare a me- conclude,
bloccando altre risposte
alzando una mano.
-Oscar!-
Chiamato, si gira.
Una signora in tailleur compare dal
retro e gli va incontro
a braccia aperte.
Sempre con quel sorriso
incredibilmente allargato, lo bacia
(per modo di dire, più che altro ha fatto solo la mossa,
pensa Alice) e lo
esamina.
-Ma guardati, sei… sei
incredibilmente fantastico!-
-Anche lei- fa lui compiaciuto del
complimento.
Ines sposta lo sguardo sulla ragazza,
alla quale non piace
per niente l’occhiata “a scanner” , come
la ribattezza nella sua mente, che le
ha dato.
-E lei?-
-Un’amica. Mi chiedevo se
tu avessi qualcosa di adatto per
farla sembrare molto più bella di come non sia
già-
A quell’inaspettato
complimento lei arrossisce, ma non
ribatte.
La signora la scruta di nuovo,
pensosa. Poi agita l’indice.
-Credo di avere qualcosa. Vieni,
forza-
La prende per mano (anche se come
Alice sottolinea in mente,
la rapisce) e la porta nella zona camerini. Le pareti nere contrastano
col
pavimento argentato e con la fila di tendine gialle che nascondono i
cubicoli.
Ines va verso i manichini.
-Allora…. Ehm…-
-Alice-
-Sì, bene. Alice, cosa ti
piacerebbe indossare?-
-Beh io…-
Osserva i vari modelli esposti, non
avrebbe mai pensato che
un giorno avrebbe dovuto scegliere fra quelli. Però Alice
è pur sempre Alice.
Non può farsi prendere in contropiede.
Indica un vestito grigio chiaro.
-Può andare- acconsente la
signora. Lo sfila e glielo porge.
Poi le indica uno dei camerini.
La ragazza ne esce tutta stretta
nell’abito più scandaloso e
al tempo stesso da capogiro che abbia mai indossato.
Certo le Adidas non vanno bene sotto,
ma guardandosi allo
specchio non riesce a credere al riflesso che le dà.
-Sei bellissima-
Oscar le sorride nello specchio e
voltandosi lo vede a
braccia conserte, vestito con la camicia nera e i pantaloni bianchi,
che la
osserva attento.
-Sì, ma si può
far di meglio-
Ines va immediatamente a prendere in
mano un altro abito,
nero stavolta.
Glielo porge e lei obbediente lo
indossa.
Esce nuovamente da camerino, stavolta
ancora più scoperta.
Lo spacco è molto alto e anche la scollatura non scherza.
Tanto che spunta un
po’ del reggiseno nero dall’abito. Si guarda di
nuovo allo specchio.
-Stupenda. Favolosa- decreta il
ragazzo, seduto su una
poltroncina.
-Esattamente-
-Dici?- Alice lo guarda un
po’ incerta.
Poi si volta verso lo specchio e
piega di lato la testa.
Non le convince.
-Tesoro, se non ti piace questo non
so che farti. Ti sta
d’incanto. Sembra fatto per te-
Ma ancora non è convinta.
Cerca un modo per dirlo a quei due,
che sembrano d’accordo.
Per un attimo pensa alla faccia di Davide se la vedesse con quel
vestito.
Sorride; avrebbe tanta voglia di fare una piroetta in modo che la gonna
le
svolazzi intorno; ma non può, insomma, sembra di essere dal
sarto di una
principessa.
Però, in ogni caso, non
sia mai che Alice si faccia
comandare da qualcuno.
Si volta, prende fiato.
-A me piace l’altro- dice
convinta.
-L’altro? Questo?-
Ines lo mostra con disprezzo.
-Sì-
-Questo ti sta molto meglio, lascialo
dire a chi di moda se
ne intende-
Lei si acciglia e ribatte
istintivamente.
-Beh, non so, certamente lei
capirà quanto cavolo vuole di
moda, ma chi sceglie il vestito sono io scusi!-
Poi guarda Oscar, che pare sbalordito.
-Anzi- prosegue -non lo voglio questo
vestito, visto che io-
e marca il pronome -di moda non me ne intendo!-
Va nel camerino e si cambia.
Ma quando esce i due sono scomparsi.
Li trova all’ingresso del
negozio, intenti a confabulare.
Oscar si riprende una carta di credito e prende la ragazza per mano.
Ines la guarda accigliata e sibila un
-Buonasera- molto
tirato.
Una volta fuori il ragazzo le domanda
-Ma sei impazzita? Farla arrabbiare
così! Quella è…
è la regina qui! Nessuno sano di mente la
contraddirebbe!-
-Beh scusa, mi ha detto che non
capisco nulla di moda!-
ribatte con le mani sui fianchi.
-Cercava di consigliarti…-
-Non è vero-
Oscar sorride comprensivo e la prende
per le mani.
-Dai…-
Le porge la busta che ha in mano.
-Ti piace allora?- domanda mentre lei
si fa scorrere fra le
mani il tessuto grigio chiaro del primo vestito. Schiude la bocca,
sorpresa.
-Mi hai comprato quel vestito?-
-Sì-
Prima scuote piano la testa, fissando
l’abito fra le sue
mani; poi sorride e lancia un piccolo urlo.
Gli salta al collo.
-Grazie grazie!- si allontana e
guarda prima lui poi il
vestito -Io… grazie, ti sarà costato una
fortuna…-
-Le belle ragazze si meritano solo il
meglio, no?- fa lui,
sorridendo.
Anche Alice sorride, poi si accorge
che sono molto vicini.
Non abbassa lo sguardo, ma sembra, da
come la guarda, che
Oscar stia pensando le stesse cose.
Non osano avvicinarsi, ma prima che
uno solo dei due possa
fare altro, una voce femminile chiama la ragazza.
-Alice!-
Lei si volta e vede sua madre venirle
incontro.
-Mamma?- chiede stupita -Che fai qui?-
-Oh nulla, cercavo solo…
non so, qualcosa di carino… beh, e
voi?- la signora guarda il ragazzo accanto alla figlia.
Riconosce che non è Davide
e lo fissa attenta.
-Lui chi è?- domanda.
-Lui è Oscar. Mamma,
Oscar; Oscar, mamma- li presenta.
-Piacere- fa il ragazzo, sorridendo
invitante -stavamo
facendo delle compere anche noi-
Sua madre ha
quell’espressione che conosce bene, come di
quando si ha un’idea, e non le piace affatto.
Poi, la tragedia.
-Ti andrebbe di venire a cena da noi?-
Argh.
E da lì, cominciano i guai.
Domando scusa per il
ritardo, ma ho avuto un po' di problemi fisici (non auguro a nessuno di
rompersi l'osso del collo). Grazie per i commenti che mi avete
lasciato, e cercherò di aggiornare quanto prima possibile.
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Capitolo 16 *** Capitolo 16 ***
Gennaro crede di avere una buona
memoria, almeno per quegli
anni che ha. È raro che si scordi qualche cosa.
Però quando alla porta si
presenta quel ragazzone con gli occhiali sopra la testa, i capelli
lunghi, è
perplesso.
Mentre quello, accompagnato dalla sua
cara consorte, entra
dentro, prende per un braccio la figlia.
-Ma che hai fatto a Davide?- chiede.
Alice sbuffa e si mette una mano sul
volto.
-Colpa di mamma. Mannaggia a
lei…- dice a denti stretti.
-Ma…… questo
chi è?-
-Calvin Klein…- sorride
lei complice al padre.
Gennaro sorride e le dà un
buffetto sulla testa, invitandola
a raggiungere l’ospite inaspettato.
Poco dopo sono seduti tutti e quattro
a tavola.
Alice mangia il suo piatto meditando
vendetta sulla madre.
Gennaro scruta il nuovo arrivato con
aria critica.
Ma la signora Stefania, tutta allegra
ed entusiasta, è
l’unica che tenga viva la conversazione.
Oscar sorride alla signora, del tutto
a suo agio.
-Che pensi di fare una volta finita
la scuola?-
-Beh……- il
ragazzo si gratta il mento con una mano -pensavo…
sa, molti amici di mio padre lavorano in politica, e
…… beh, pensavo di
buttarmi su quello. Penso di sì-
Stefania annuisce, ammirata e
soprattutto catturata dal
ragazzo.
La serata passa così, sua
madre si diverte, trova sempre più
carino Oscar, e lui ovviamente è compiaciuto di esserle
andato a genio.
Quando la porta si chiude dietro al
ragazzo, il sorriso
svanisce dal volto di Alice.
Guarda la madre accigliata, incrocia
le braccia e si prepara
al combattimento.
-Perché lo hai invitato a
mangiare?- inizia minacciosa.
Gennaro scuote la testa, prende il
giornale e va a sedersi
su una poltrona del salotto: ha ormai imparato a sue spese che quando
le due
litigano, è meglio rinunciare a (o quantomeno è
inutile) intromettersi.
-Beh, mi sembrava un bravo
ragazzo… insomma, che male c’è?-
-Oh lo so io che male
c’è!- Alice alza la voce -Lo so che
volevi fare! Cos’è, ti è piaciuto? Ti
piace Oscar? Ma sposatelo tu, che
cavolo!-
Stefania arrossisce vistosamente.
-Ma cosa dici?-
-Lo so cosa dico! Lo so
perfettamente! Senti, ma’… per
l’ultima volta…- prende fiato e si prepara ad
esplodere -… TU NON PUOI
SCEGLIERE LA MIA VITA! SONO IO, IO, CAPITO? SONO IO CHE DEVO SCEGLIERE
CHI MI
PIACE E CHI PORTARE A CASA! NON SEI TU CHE DEVI DECIDERE CHI DEVO
FREQUENTARE!-
Gennaro sorride sotto i baffi, e ha
voglia di ridere; ammira
molto la figlia.
-Non ti permetto di parlarmi
così!-
Alice si ferma un momento. Suo padre
alza gli occhi dal
giornale, preoccupato: non vorrà mettersi a piangere?
Ma ovviamente no; ricomincia a
parlare.
-Allora dimmi. Avanti dimmi
perché non ti piace Davide.
Perché non ti piace?- continua con tono più
calmo. Gennaro, rassicurato, torna
a leggere.
Sua madre mette le braccia conserte
proprio come la figlia.
-Non è che non mi
piace… e abbassa la voce, che ci sente
tutto il palazzo!-
-Col cavolo!-
-Davide……
lui… è un bravissimo ragazzo, non sto negando
questo…- comincia Stefania.
-E allora?-
-Io… non lo so
…… è che…- sua madre fa un
sospiro, poi si
decide a vuotare il sacco -non mi sembra… insomma, studia da
programmatore-
Fa un gesto con le mani ovvio.
La ragazza si imbestialisce di
più.
-E questo che vorrebbe dire scusa?-
-Che… se tu per caso
decidessi… non so, di…… di fare una
cosa più seria… non so fino a che punto ce la
farà. Credimi, io voglio solo che
tu non rimanga delusa- si affretta ad aggiungere.
-Davide si fa un mazzo tanto- e mima
il gesto con due mani
-per trovare un lavoro, anzi, già ne aveva uno, e stasera ha
cominciato quello
nuovo! E sai perché?
Perché……- si interrompe.
Stringe di più gli occhi e
scuote la testa.
-Ma che ci parlo a fare con
te…-
Supera la madre e sbatte la porta
della sua camera alle
spalle.
Stefania resta lì ferma,
senza dire nulla. Gennaro ripiega
il giornale e guarda la moglie.
-Secondo te ho sbagliato qualcosa?-
domanda lei.
Lui alza un sopracciglio e si liscia
i baffi.
-Il problema è che tu e
tua figlia siete entrambe dova
ciocc’ tost!- (due teste dure).
Gennaro si alza e fa per andare in
camera da letto.
Però a metà si
gira.
-Ma poi, tu credi che Calvin Klein
abbia intenzione di
cercarsi un lavoro qua?-
-E questo che c’entra?-
-C’entra. Io non voglio che
Alice vada a fare la moglie di
un politico. Buonanotte-
Stefania guarda il marito entrare
nella stanza. È allibita.
Non ha ancora capito chi dovrebbe essere Calvin Klein.
Alice intanto, rinchiusa in camera e
imbronciata, accende il
Motorola.
Subito fa il numero a memoria.
-Ciao……- parla
con voce mogia.
-Che succede? Ti ho chiamato un sacco
di volte…- Davide le
risponde preoccupato.
-Scusa, ce l’avevo
spento……-
-Cos’hai?-
Sospirando, lei gli racconta tutto
quel pomeriggio. Anche di
Oscar, del vestito, della proprietaria, e dell’invito di sua
madre.
Evita però di raccontargli
le ultime parole della mamma,
anche perché già a lei provocano tanta rabbia.
Invece gli dice della litigata.
-Mi dispiace…- fa lui
dall’altra parte.
-Pure a me. Non volevo alzare la voce
però… non la sopporto
quando fa così-
Davide sorride e si sdraia sul letto
a pancia in su.
-A che pensi?- le domanda.
-Penso che il vestito che mi ha
comprato Oscar non lo
metterò mai-
-Perché?-
-Perché è
troppo… troppo per me. Se lo vedessi…
lì
sembravano tutti principi e regine. Che cavolo ci stavo a fare io
lì?-
-Va beh, però…
ci avrà speso una cifra…-
-Ecco, questa è
un’altra cosa che mi fa inca**are- sbotta
lei.
Lui lo sa bene, e compiaciuto aspetta
la sfuriata.
-Mica gliel’ho chiesto io
di compramelo! Cavolo, e se non
volevo? Arriva lì, mi porta e dice ‘cerco un
vestito che la faccia sembrare
ancora più bella’- storpia la sua voce
naturalmente.
Il ragazzo si acciglia.
-Ha detto così?-
Cavolo, ma chi si crede di essere
questo?
-Sì-
Davide ci pensa un attimo, restando
in silenzio. Poi si
butta
-Alice, posso farti una domanda?-
-Spara-
-Ma a te piace Oscar?-
La ragazza stringe di più
il cuscino contro il suo corpo e
stringe gli occhi.
-Perché mi fai questa
domanda?-
-Perché… beh
sai… sembra proprio il tipo che piacerebbe a
tua madre…-
-Già.
Però… boh. Cioè, non è male
ma… per certe cose mi fa
incavolare. Tipo quando se la tira da morire con gli altri…
‘mio padre, mio
padre’… manco fosse il presidente degli Stati
Uniti-
Dall’altra parte lui
scoppia a ridere. È questa l’Alice che
conosce e che gli piace.
-Mi hanno preso al bar. Lavoro di
sera stavolta. Così il
pomeriggio ti accompagno io a fare shopping-
Lei fa un sorriso dolce.
-Tu odi andare in giro per negozi-
-Lo so, appunto-
Lei ride per la prima volta nella
serata. Poi sbadiglia.
-C’hai sonno?-
-Sì…- geme
nascondendo la faccia nel cuscino -c’ho sonno.
Buonanotte-
-Notte-
Chiude il telefono, ma non sorride.
Ripensa alle parole
della ragazza, e si acciglia immaginandosi la scena con Oscar.
È bene che
qualcuno gli ricordi con chi sta Alice, pensa.
Lei trova un messaggio una volta
finita la chiamata.
‘Scusa se sono stato
pesante stasera. Non volevo farti
problemi con tua madre’. Oscar.
Sorride e risponde.
‘Come sai che ho avuto
problemi con mia madre?’.
Qualche minuto dopo il display vibra.
‘Qualcosa la so anche io.
Ho visto come mi guardava e come
tu guardavi lei…’.
Alice si mette a pancia in
giù e coi gomiti si tiene dritta.
Digita la risposta.
‘Beh, hai
ragione… ma ora è a posto,
credo…’.
Il che non è del tutto
vero, ma preferisce sorvolare.
‘Metterai il mio
vestito?’.
A questa domanda arrossisce nel buio.
E ora che gli
risponde?
Gli sembra brutto a dir di no. Con
Davide troverà un
compromesso.
‘Beh… ceeerto. A
scuola è perfetto’.
La risposta la lascia stupita.
‘Io intendevo ad una festa.
Sarebbe un vero peccato non far
morire d’invidia tutte le ragazze che conosco. Che ne
dici?’.
Alice osserva il display del
telefono, unica fonte di luce
nel buio della camera.
L’ha invitata ad
un’altra festa. Per indossare quel
meraviglioso abito. Per… andarci con lui.
Ci pensa un po’, cercando
di trovare un modo carino per
dirlo. O forse per decidere quello che vuole fare.
Poi sceglie.
‘……beh,
d’accordo. Ma dovrò dirlo a Davide’.
La risposta è ancora
più stupefacente.
‘Devi proprio
dirglielo?’.
Subito scrive il messaggio.
‘Beh, magari
perché… non so… è il mio
ragazzo? Che dici?’.
‘Dico che non ti
farà venire. E io ti ci voglio vedere con
quel vestito’.
O Madonna beata e santi del paradiso!
Ad una risposta così
diretta e provocante nemmeno la ragazza
può evitare di arrossire.
Però prova a tenere in
mano la situazione.
‘No senti… okay
ci vengo. Però a Davide lo dico’.
‘Come ti pare. Ma io credo
che non ti ci farà venire’.
‘Beh… potrei,
non so… portare anche lui con me?’.
Spera che dicendo così non
si sia messa in un enorme casino.
Non le piace per nulla quella conversazione e la piega che sta
prendendo.
Poi decide di chiuderla lì.
‘Senti ne parliamo domani
va bene? Ora ho sonno…’.
Inviato l’ultimo messaggio
spegne il telefono.
Ha tanta paura di aver combinato un
pasticcio colossale.
-Che prendete?-
Davide si rivolge a due ragazzi da
dietro il bancone.
Gli piace molto di più
questo nuovo lavoro che si è trovato.
Sta dietro il banco, indossa un grembiule, si destreggia fra bottiglie,
bicchieri, marche di alcolici, tappi di birra e cocktail. E cameriere,
clienti
scatenati e ubriaconi. Si sa che in un bar, il barista è
quello che conosce i
fatti di tutti.
Ma al ragazzo questo non interessa
minimamente.
-Due birre-
-Subito-
Si volta e prende dal frigo due
bottiglie verdi, le stappa
cercando di essere veloce e le posa sul banco.
-A voi-
Sente la porta aprirsi e sbircia la
nuova arrivata. Le sorride,
quando si siede ad uno sgabello davanti al banco.
-Ciao-
-Ciao. Non sapevo lavorassi qua-
Giorgia posa la borsa e lo guarda
stupita.
Lui alza le spalle.
-Mi arrangio per guadagnare. Ma
è meglio questo della
pasticceria-
-Ti piace di più?-
-Sì. Che ti serve?-
-No nulla. Devo… devo
incontrarmi con una persona-
-Ah- fa lui, mettendo su un cipiglio
curioso e mezzo
strafottente -appuntamento al buio?-
-Più o meno- sorride la
ragazza.
-Hai visto Alice?- domanda poi.
Giorgia si acciglia, pensosa.
-Sai che è da ieri
pomeriggio che non la sento? Oggi… niente
scuola e non mi ha chiamato…-
Davide non aggiunge altro, ma si
acciglia e si incupisce.
Quella ragazza ha un po’ di
cose da spiegargli.
Mezz’ora dopo, Giorgia ha
incontrato il suo tipo e, dopo
aver bevuto qualcosa, lo ha salutato.
Poco dopo che lei ha lasciato vuoto
il posto, entra un
ragazzo che Davide sta incominciando a detestare. Oscar, avvolto in una
ovviamente costosa maglietta e nei jeans che più griffati
non se ne può, si
avvicina al bancone.
-Ciao- lo saluta con un sorriso.
-Ciao- fa l’altro, ma non
sorride -bevi qualcosa?-
-No… è che
cercavo te, sai-
-Ah sì? Me? E
perché mai?-
Smette di sciacquare un bicchiere e
lo guarda bene negli
occhi. Oscar si siede, poggia il gomito sul banco e ricambia lo sguardo.
-Non so se lo
sai…… ho invitato Alice ad una festa-
Cerca di rimanere impassibile, ma lo
stomaco gli bolle
furiosamente. Di questo non sa nulla.
-E allora?- il tono con cui lo
pronuncia non è dei più
amichevoli.
-Niente pensavo…visto che
state insieme, se eri d’accordo-
-Ma che, mi prendi in giro per caso?-
stavolta gli saltano i
nervi e ribatte secco. Si poggia sul banco, protendendosi verso di lui
con le
sopracciglia inarcate.
-No, perché?- dice
l’altro.
-Sentimi bene, tu…- gli
punta un dito contro, ma prima che
possa finire la frase la porta del locale si spalanca di nuovo.
-Davide?-
Riconosce la voce e colpevolmente
abbassa il dito e si
allontana. Alice sposta lo sguardo ora all’uno, ora
all’altro.
-Ciao Alice- le dice, preoccupato
dallo strano sguardo che
gli sta rivolgendo.
-Ciao- la ragazza si siede
esattamente di fronte a lui, poi
guarda Oscar.
-Che… di che parlavate?-
domanda.
-Stavo dicendo a Davide che andrai
alla festa con me, per…
per dirglielo insomma…-
La ragazza sembra precipitare nel
panico. Subito osserva
meglio il ragazzo, che però non fa una piega, anzi abbassa
lo sguardo e
riprende a sciacquare il bicchiere di prima.
-Sì, mi diceva…
che andrete ad una festa…- tenta di far
finta che la cosa non lo sfiori minimamente; alza le spalle e parla
alle sue
mani che strofinano il vetro -…beh, andate-
-Bene- Oscar batte le mani sul banco
e si alza -ci vediamo…
beh ti chiamo io okay?-
-Sì…
okay…- acconsente incerta.
Poi il ragazzo saluta entrambi ed
esce.
Subito Alice si rivolge a Davide.
-Senti… ora, non ti
mettere strane idee in testa…- comincia.
-Qual è il problema
Alice?- non alza la voce ma lo dice con
un tono forzato che la ragazza non gli ha mai sentito.
Butta lo straccio con cui sta
asciugando il bicchiere sul
lavandino. Poi la guarda.
-Vai alla festa. Vacci con lui.
Potevi dirmelo però-
-Ma che ca**o credi? Che io ci voglia
veramente andare?- lei
alza la voce.
-Beh, non mi sembrava che fossi
esattamente dispiaciuta!-
Lo afferra dal bavero della maglietta
e lo tira vicino al
suo volto. Per fortuna che nel bar ci sono pochissime persone, pensa
lui.
-Senti io ci vado solo
perché mi ha comprato quello stupido
vestito! Per gratitudine! Sai che significa?-
-Cos’è, io sono
il fidanzato “ufficiale”, e invece con lui
te la vai a spassare?-
Le parole gli escono di getto dalle
labbra prima che possa
fermarle. E la reazione a queste non è da meno.
Alice stringe gli occhi e gli tira
uno schiaffo sulla
guancia.
Davide rimane fermo, e quando la
ragazza prende in mano la
borsa, salta giù dallo sgabello ed esce, non prova a
fermarla. Si tiene la mano
sul punto dove l’ho colpito.
Dopo un poco si riscuote e
velocemente esce. La trova seduta
imbronciata alla panchina della fermata.
Le si avvicina, e appena lo vede lei
distoglie lo sguardo.
-Vattene via-
-Senti…-
-Vattene- ripete.
Lui sospira, ma non demorde e si
siede accanto a lei.
Si fa forza e parla.
-Non lo pensavo davvero-
-Ho detto che non ti voglio
ascoltare-
Alice tiene ostinatamente lo sguardo
fisso davanti a sé.
Lui tira fuori dalla tasca delle
chiavi. Sono della sua
macchina. Le poggia in grembo alla ragazza, che le guarda un attimo.
-Embè?- chiede, sempre con
quel tono duro.
-Vai a casa. Preparati- dice con tono
rassegnato.
Stavolta non ribatte, ma lo ascolta.
Davide si alza, spolverandosi il
grembiule e il pantalone.
-Sarai bellissima con quel vestito-
aggiunge, poi si
allontana.
Tornato nel bar, serve un paio di
signori, poi si dà dello
stupido. Non avrebbe dovuto dire quelle cose. Ma che volete farci,
quando uno
si incavola non risponde delle proprie azioni.
E forse uno non ne risponde anche
quando è geloso.
Alice sta provandosi dei tacchi che
non le piacciono
affatto.
Per la miseria, sono scomodissimi!
Cammina e rivolge
un’espressione eloquente alla mamma,
sperando che capisca.
-Le stanno benissimo!-
“Ca**o, mia madre non
capisce nulla” si trova a pensare e le
verrebbe da sbattersi una mano sulla fronte.
-Mamma- le dice a denti stretti, e le
fa cenno di
avvicinarsi.
-Dimmi tesoro-
-Stì cosi fanno schifo- si
regge a lei e se li sfila.
-Ma scusa, mica con quel vestito puoi
metterti le scarpe da
tennis- fa Stefania.
-Però mi piacerebbe molto-
sospira e si siede sul pouf del
negozio. La commessa è in cerca di un altro paio.
Sconsolata, geme e si regge il viso
con le mani.
Sua madre le poggia una mano sulla
spalla, invitandola a
guardarla.
-Che c’è, Alice?-
-Niente- risponde laconica.
Stefania sorride. Si avvicina al suo
orecchio.
-Sarò anche arretrata e
non capisco affatto le battute che
fai, ma so che c’è qualcosa. Pensa, l’ho
capito anche io!-
Sua madre che fa una battuta? Questo
sì che fa ridere.
Infatti sorride un poco e la guarda.
-Ho litigato con Davide-
-Ah… e perché?-
-Perché… vado
alla festa con Oscar-
Stefania stringe gli occhi stupita.
-Ma… tu… stai
con lui ancora?-
-Sì mamma, che domande!-
sbuffa esasperata -io ti dico un
pezzetto e tu subito salti alla tragedia! Ecco perché non ti
raccontavo mai
nulla…-
La commessa è tornata. Lei
prova e riprova scarpe che trova
eccessive, ma che deve ammettere che andranno a pennello con
quell’abito. Però
mentre indossa e sfila e si guarda allo specchio e ascolta i commenti
della
madre, ha la testa altrove.
Fuori c’è
parcheggiata la macchina del suo ragazzo.
Finita l’odissea dei
tacchi, saluta la mamma che va a far la
spesa, e si infila nella Opel.
Fuori tuona, e poi inizia a cadere la
pioggia.
Alice sbuffa scontenta e si appoggia
contro lo schienale,
rintanata nel giubbotto.
Le goccioline mano a mano si
ingrossano, aumentano di volume
e ricoprono il parabrezza della macchina così che non si
riesca a vedere nulla.
Sbuffa e una nuvoletta piccolissima di vapore esce dalle sue labbra.
Con un sorriso pensa che
può farlo, tanto non c’è Davide.
Si morde un labbro, allargandosi in
un sorriso, e poggia
entrambe le scarpe sul sedile; si abbraccia le gambe e rimane
così per un po’.
Ha freddo.
Lo sguardo le va al porta cd nuovo.
Lo prende e sceglie un
disco. Lo infila nel lettore, accende l’auto e lascia partire
la musica.
‘Starlight’.
‘Far
away,
the ship is taking me far away, far away from the
memories…’.
Magari, pensa lei.
Sta un po’ ferma a fissare
una gocciolina che scivola sul
vetro, seguita presto da altre. Poi decide.
Prende il telefono dalla borsa e lo
accende. Nessun
messaggio.
Un po’ si dispiace, pensava
che le avesse mandato un poema
di scuse con tanto di dichiarazione d’amore. Che dite, era un
po’ troppo
pretenzioso?
Mordendosi un labbro digita un
messaggio.
Davide ha appena finito il suo turno,
alle otto e
quarantacinque, ed esce dal bar. Avvolto in una giacca e con la sciarpa
attorno
al collo, sente comunque freddo. Va a sedersi sulla panchina della
fermata, in
attesa del bus che lo riporti a casa.
Non può fare a meno di
pensarla.
Chissà se ha preso la
macchina. Chissà com’è bella con quel
vestito.
Chissà se in macchina con
lei c’è Oscar.
Argh, dannazione!
Sbuffa e guarda a terra, poggiandosi
la testa fra le mani.
Brutta bestia la gelosia.
No, pensa subito dopo. Non
è possibile. Lei non lo farebbe
mai entrare lì. Anche perché sicuramente lui ha
una macchina che alla mia la
guarda dall’alto. Una jeep. Una Ferrari. Una ca**o di
macchina da ricco.
Mentre aspetta l’autobus, e
sa che ci vuole ancora un quarto
d’ora, prende in mano il Nokia.
Inaspettatamente, ci trova un
messaggio. Prima di premere
‘visualizza’ prega il Padreterno che sia lei.
Poi preme il pulsante. E il cuore gli
fa un balzo verso il
basso.
È lei.
Che, gli avrà mandato un
messaggio per lasciarlo? Un modo
indolore per dirgli che sta con Oscar.
E no, che cavolo, no. Non ci sto.
Non può scaricarmi con un
messaggio.
Gira il display verso il basso: non
è sicuro di voler
leggere.
Due sono le cose: o mi lascia o mi ha
mandato al diavolo per
sms.
Poi ci pensa meglio. Forse Luciano ha
ragione.
Forse a lei piacciono altri tipi di
ragazzi.
Mannaggia. Dopo che le ho prestato la
macchina lei se la fa
con un altro.
Lo fa dove lo abbiamo fatto la prima
volta, dannazione.
Okay amico, calma. Non è
detto.
Ma non posso leggere quel messaggio.
Cerca di dimenticarsene.
Però il pensiero di non
sapere e avere la risposta fra le
mani lo tormenta e alla fine cede.
Gira il display; legge il messaggio.
Grazie a chi ha
commentato, ma non so se continuerò questa storia.
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