Vernice fresca

di Egomet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Un portafoglio scuro, aperto a metà, lascia intravedere il suo contenuto. Fra le pieghe ci sono delle carte varie.

Uno scontrino della spesa di chissà quale negozio, una tessera di un qualche supermercato.

Poi delle banconote da dieci, fresche fresche di bancomat. Appunto la tessera della banca, poi altre carte varie.

Ad una prima impressione, quel portafoglio non appartiene ad una persona propriamente ordinata.

Poi, ad osservare meglio fra le pieghe, si può vedere della carta più spessa.

Ora noi faremo finta di avere uno zoom millimetrico e ingrandiremo quella zona.

È una fototessera, di quelle che si fanno nelle macchinette accanto ai supermercati.

Ci sono un ragazzo e una ragazza.

Fin qui mi pare tutto normale, no?

La ragazza è più piccola di lui, ha entrambe le braccia strizzate attorno al collo di lui, che sembra volersi ritrarre.

Lei gli sta stampando un bacio sulla guancia, e il ragazzo ha gli occhi alzati ma sembra stia per scoppiare a ridere.

Okay, ora possiamo lasciar perdere il portafoglio.

Subito dopo un ragazzo attraversa il corridoio velocemente, alla ricerca di qualcosa; si ferma davanti al mobiletto dell’ingresso, apre il tiretto e quasi getta all’aria tutto il contenuto.

-Dannazione a me!- esclama nervoso.

Rinuncia alla ricerca e chiude il tiretto sbuffando. Si guarda nello specchio davanti a sé.

 

I capelli castani gli cadono in vari ciuffi sulla fronte, la barba è un po’ più cresciuta di come la ricordavamo, ma gli occhi verdi e l’espressione preoccupata sono identiche.

Davide appoggia le mani ai lati del mobile e sbuffa seccato.

Non trova le chiavi della sua macchina.

Gira tutto il suo appartamento, disperato.

La cucina, più piccola della metà della metà dell’aula della sua università, si illumina alla luce spenta di un lampadario. Cerca di nuovo nei cassetti, sotto i giornali.

Niente.

Poi attraversa nuovamente il piccolo appartamento ed è già nella camera da letto.

Vestiti sparsi ovunque, lenzuola sfatte, appunti su appunti, libri e una scrivania che potrebbe assomigliare ad una discarica.

Davide attraversa il disordine e rovista sulla scrivania.

Ancora nulla.

Poi vede un barlume di salvezza. Il Nokia grigio posato sul comodino.

Lo afferra sdraiandosi sul letto e guarda soprasotto il display. Nessuna chiamata e nessuna risposta.

Ci pensa un attimo, poi decide.

Fa un numero e attacca il telefono all’orecchio.

Sta squillando.

Poi gli risponde.

-Pronto?-

La voce alterata dall’apparecchio gli parla con tono divertito.

-Dì la verità- dice il ragazzo, sorridendo e mettendosi a pancia in su.

-Di che parli?-

-Oh andiamo… lo sai di che parlo-

-Invece no-

La ragazza all’altro capo del telefono ride.

-Dai non farmi spendere soldi-

-Ma io non so davvero di che parli Davide…- ma mentre lo dice ride ancora.

Dall’altra parte il ragazzo sente un rumore strano.

-Ma dove diavolo sei?- chiede.

-Eh sapessi…- fa lei, enigmatica.

-Come sapessi? Dove sei?-

-E che, ti devo dire anche dove sono, con chi parlo, quando mangio…?-

-Sì, per il bene mio e degli altri-

-Antipatico-

Davide sorride di nuovo.

È sempre la stessa.

-Quando ci vediamo? Dai che domani ho un sacco di cose da fare…- le chiede, cambiando tono.

-Beh non saprei…-

-Sapresti, sapresti… vabbè okay… ti lascio con l’energumeno di martedì allora-

Sa che dicendo così la fa andare fuori dai gangheri.

-Oh senti!- la ragazza cambia tono e si fa battagliera -giusto quella sera tu dovevi trovarti con me vero? E non è colpa mia se ho tanti fan!-

Davide ridacchia.

-Presuntuosa… dov’è la mia macchina?- chiede all’improvviso.

Silenzio per un secondo dall’altra parte.

-Alice è inutile che cerchi una scappatoia. Ti ho scoperta-

-……… non vale…- gli risponde una voce flebile.

-Dove sei?-

-Ehm…- sente un rumore strano -la linea non prende bene… ci sentiamo dopo!-

Così dicendo gli chiude il telefono; il ragazzo ride, stiracchiandosi.

Ha scoperto che fine hanno fatto le sue chiavi.

 

Alice si morde un labbro, chiudendo lo sportello del suo Motorola. Quello dorato, ricordate?

Poi accende il motore e alza il volume dello stereo. C’è Ligabue con ‘Il giorno dei giorni’.

È l’unica cosa sua nella macchina di Davide. Si sistema nello specchietto laterale.

Degli occhiali da sole scuri le coprono gli occhi e un bel sorriso le incornicia le labbra.

Poi tira il freno a mano e parte.

Esce dallo spiazzale ed entra in strada.

Conosce bene la città, ci ha vissuto per ben diciannove anni. Da poco compiuti.

Imbocca la strada del corso cittadino.

Non vede l’ora di arrivare sotto casa sua. Non vede l’ora di vedere la sua faccia.

Adora fargli le sorprese.

Come quando si era presentata davanti casa dei suoi. Al vederla lì Davide era sbiancato; ma lei, perché Alice ha una reputazione da mantenere, non si era persa d’animo e aveva salutato tutti senza problemi.

Così aveva conosciuto il padre, la madre, il fratello e la sorella. Una bella famiglia.

Anche suo padre è un bell’uomo, aveva pensato.

Ma non aveva dubbi su chi preferisse tra lui e il figlio.

Adorava vederlo spiazzato.

Una volta gli aveva detto di essere incinta per il solo gusto di vederlo quasi avere un infarto sul momento.

Poi gli aveva praticato una respirazione bocca a bocca, naturalmente.

Morale della favola: niente più gioco del dottore senza preservativo.

 

Alice fa una curva a destra, entra nella via.

Poi si parcheggia un po’ malamente, ben sapendo che lo farà arrabbiare.

Scende veloce e citofona. Senza chiedere già le apre.

Ma non la invita a salire, invece scende lui.

Fa le scale dal quarto piano in giù a rompicollo, arrivando all’ingresso.

-Ma che hai combinato stavolta?- le chiede divertito.

Alice non gli dà il tempo di aggiungere altro e lo bacia.

-Mmm… dai…- protesta quando si stacca.

-Che hai fatto, avanti-

Davide si mette a braccia conserte e attende la risposta.

Alice lo guarda negli occhi.

-Prometti che non ti arrabbi?-

-Promesso. E tu prometti che non prendi più la mia macchina di nascosto?-

-Beh….- lei esita.

Il ragazzo dice, strafottente

-Guarda che non ti porto più in giro-

-Uffa, antipatico. Promesso-

Ribatte con la migliore faccia d’angelo, ma lui non può notare le dita incrociate dietro la schiena.

Allarga le braccia verso l’auto.

Davide è allibito.

-Non può essere…ma come…-  guarda prima la Opel, poi la ragazza.

Alice ride.

-L’ho portata all’autolavaggio!-

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Qualsiasi riferimento a persone o fatti è puramente casuale.

 

 

Davide si alza, si stiracchia sbadigliando rumorosamente; si gratta la testa, ancora assonnato, e guarda la sua camera.

Sembra tutto l’opposto di qualche giorno fa. Le mani miracolose della sua ragazza (che sanno fare bene anche altri servizi, gli viene da pensare) hanno messo tutto a posto. I vestiti in lavatrice, messi con ordine nei tiretti, cianfrusaglie al loro posto e il tutto in un solo pomeriggio.

Ma questo è abbastanza normale per chi conosce Alice.

È un concentrato di nitroglicerina.

Il ragazzo si infila un paio di pantaloni di tuta e va in bagno a lavarsi. Mentre si sciacqua il viso accende il cellulare, e trova un messaggio.

“Buongiorno capo!!! Ancora a letto, eh? Mmm, visto che la tua stanza sembra mooolto meglio ora? Oh, dimmela una preghiera, che oggi ho un bastardo di quelli… peggio di te! Scherzo! Buona mattinata!”.

Sorride ma è anche tranquillizzato da quel messaggio. Lei c’è, lo pensa.

Ma non le risponde.

Decide di farsi la barba quella mattina e perciò si attarda un po’ di più.

Poi controlla l’orologio; le undici e cinque. Wow, di già?

Gli torna in mente che deva andarsi a comprare i quaderni e le robe per le lezioni.

Detesta il pensiero di dover tornare sui banchi dell’università, ma è obbligato.

Sbuffando si infila la maglietta, i jeans e si mette la giacca. Prende le chiavi e chiude la porta.

Mentre scende le scale incrocia la portinaia.

Educato la saluta con un

-Buongiorno signora Martini-

La signora smette di spolverare il pavimento dell’atrio e lo guarda.

-Buongiorno, buongiorno… eh sapesse il buongiorno che mi hanno dato…- dice col suo fiorentino.

-Perché, che le è successo?- domanda il ragazzo, fermandosi sulla soglia.

-Eh, sapesse! Il signor Del Mastro, tanto per cambiare, ha fatto reclamo! Secondo lui l’ascensore è soffocante perché si sente troppo odore di fumo! Come se fosse colpa mia!- dice la signora, tornando a spazzare e sospirando.

-Dovrebbe invece dire al signor Corsini di fumare di meno nell’atrio! Eh, ma quello lì…-

-Non si preoccupi- dice Davide, sorridendo comprensivo.

Conosce bene che razza di piantagrane sia il signor Del Mastro, sembra che ne debba trovare una per tutti.

-…lui brontola su tutto. Buona giornata, signora Martini- fa il gesto di andarsene.

-Aspetti un attimo, ragazzo!- la voce della portinaia lo richiama e si affaccia all’uscio.

-Sì?-

La signora Martini stringe la scopa e lo guarda da dietro le lenti con occhi saputi.

-Complimenti, la ragazza che ha portato qui l’altra sera è molto gentile. Altro che la coppia di sposini… quelli proprio…-

Davide fa un gran sorriso, immensamente divertito.

-Eh, lo so. Siamo tra l’incudine e il martello- risponde.

-Che il Cielo ci aiuti! Buona giornata-

-Anche a lei-

 

Chiude il portone con un rumore che rimbomba, e crede di aver sentito l’anziana portinaia lamentarsi ancora. Ride, si mette le mani in tasca e inizia a passeggiare.

Non prende la Opel, ma va a piedi fino al pasticcere.

Compra due bei cannoli siciliani, li mette con cura in una busta e poi riprende la sua passeggiata. Si ferma alle undici e venticinque, più o meno, davanti alla scuola.

Il liceo classico ha i cancelli in ferro arrugginito; il ragazzo li oltrepassa e si siede tranquillamente ad un muretto del cortile. Poco dopo suona la campanella e una marea di adolescenti si riversa fuori. Qualche ragazza è accompagnata da un ragazzo, qualcun'altra ne aspetta uno accanto ad un motorino; qualche ragazzo si rintana dietro le mura per fumarsi la sigaretta.

Davide la cerca con lo sguardo, ma lei è più veloce.

-Mani in alto-

Alice simula una pistola tenendo puntato l’indice contro di lui; sorride e gli si avvicina. Lui sta al gioco e sorride.

Alza le braccia, avvicinandosi.

-Mi vuole rinchiudere, sceriffo? Mettere in catene?- alza un sopracciglio.

-Sì, ma non sai che tipo di catene sono…-

Si avvicina e lo bacia sulle labbra per poco più di venti secondi. Poi si stacca e batte le mani.

-Che mi hai comprato?-

-Fame, eh?-

Escono dal cortile e camminano senza tenersi per mano.

Il ragazzo le porge il suo cannolo, non senza aver lasciato intendere un doppio senso, e ridendo inizia anche lui a mangiare.

Poco dopo, consumato il dolce, Alice si prende fra pollice ed indice una striscia di pancia.

-Guarda, ho fatto una collina- dice.

-Se continui così diventi grassa come la signora Martini, eh?- commenta Davide, terminando il dolce.

-Però io sono molto più carina di lei, vero?- ribatte lei con un sorriso a trentadue denti.

-Ah, non so… sai che è migliorata? Ora ha smesso di lamentarsi mattina e sera, lo fa solo dalle dieci a mezzogiorno…-

-Ma dai, ce l’ha ancora col tipo che si arrabbia sempre?-

Alice prende dallo zaino un pacchetto di sigarette.

Davide lo nota e la guarda eloquente.

-Malfidato!- la ragazza si accorge del suo sguardo e si alza in piedi -sempre a pensar male! Guarda invece che faccio?-

Prende la mira e lo lancia verso un cestino, facendo centro perfetto.

Alza le braccia, sorridendo.

-Canestro! Visto come sono brava?-

-Bravissima, sul serio…- lui la invita a sedersi a cavalcioni su di lui.

-Visto che quando voglio…- comincia la ragazza.

-Era vuoto, vero?- chiede Davide, interrompendola e sorridendo strafottente, poggiando la propria fronte sulla sua.

-Sta migliorando, Holmes…- sorride complice la ragazza.

Poi si baciano.

 

-Certo, elementare Watson…- Davide la stringe di più, poggiandole una mano sul sedere.

Alice si stacca per un attimo, il tempo che basta a dire

-Mi porti a casa?-

-Aspetta un secondo…-

Si stacca e prende dalla tasca il resto dei cannoli; poi ad un edicola lì vicino compra un giornale.

Riprendono a camminare.

-A che ti serve?- chiede curiosa lei, cercando di sbirciare.

-Sono offerte di lavoro… dovrò guardarmele uno di questi giorni…- risponde togliendoglielo alla vista.

-Perché non rapini una banca invece?-

-Perché dovrei?-

-è molto più semplice, no? E poi coi soldi mi compri tutti i gioielli che voglio…-

-Ma io non lavoro per comprarti gioielli, esci dal paese delle meraviglie…-

-Ah ah ah- fa lei ironica -che battuta originale. Ora che ci penso, è un’idea assurda-

-Bene, ammettere uno sbaglio è costruttivo…- commenta il ragazzo.

-Ma che hai capito? Intendo che tu non saresti mai capace di svaligiare una banca!-

Lo guarda sorpreso e incredulo e scoppia a ridere.

Davide fa il finto offeso.

-E così io non ne sarei capace, eh?- chiede, mordendosi il labbro.

-No, per nulla. Io sì…-

Lui cerca di tirarle un buffetto ma Alice è più veloce e lo ricambia, andando a segno.

Giocano così, ridendo e scherzando, arrivando al portone dell’appartamento di lui senza preoccuparsi dei brontolii del signor Del Mastro, che sicuramente ci troverebbe da ridire.

 

 

Qualche ora dopo, Alice, sudata e nuda risale accanto a lui da sotto le lenzuola. È maliziosa, dolce e si abbraccia al torace del ragazzo, nascondendosi nell’incavo del collo.

-Hai sempre lo stesso stupido sorriso ogni volta che lo facciamo…- commenta.

Davide fa una mezza risata e la abbraccia.

-Sono contento, no?-

-Mah, chissà…-

-Come chissà?- chiede perplesso.

-Chissà se è vero… o lo dici solo per dire-

-Non ti fidi di me?- domanda, alzandosi e guardandola serio.

Lei lo guarda e fa un sorriso furbo.

Lo sguardo di lui va su tutto il suo corpo nudo.

Alice se ne accorge e afferra il cuscino, nascondendoci il volto.

-Non guardarmi!- borbotta da sotto.

Poi un bacio troppo audace sul ventre la fa rabbrividire.

Davide risale sulla pancia, sui seni fino ad arrivare alla bocca.

Lei esce da sotto il cuscino e lo bacia a stampo.

-Ma smettila…- ride lui sulle sue labbra.

Passa altro tempo, poi la ragazza si scioglie dall’abbraccio.

-Ora di pranzo, vado a casa. Che facciamo a pomeriggio?- chiede, rivestendosi.

-Boh, veramente… sarei impegnato…-

Davide si siede, guardandola infilarsi le scarpe.

-Perfetto, così non mi rompi. Io e Giò andiamo a fare shopping- dice tranquilla, alzandosi in piedi e sistemandosi i capelli.

Lui alza un sopracciglio.

-Non sei neanche un po’ sospettosa?- la provoca.

Alice si volta, le mani sui fianchi e un’espressione furba.

-Dovrei essere gelosa di te?-

Si avvicina al letto nuovamente, e Davide sorride, sdraiandosi.

-Di un ragazzo che non riesce a rapinare una banca per comprarmi i gioielli… e che soprattutto…- mentre lo dice lo sovrasta con le braccia.

-Che soprattutto?-

-Che soprattutto non ha il coraggio di andare a casa dei miei- conclude maliziosa.

Il ragazzo sbuffa, accigliandosi.

-Sei sempre una rompiscatole…-

-E tu sei sempre uno sfaticato. Dai che me ne vado-

Va alla porta e pensa di oltrepassarla, ma poi si volta. Piega la testa di lato, osservandolo mentre si siede meglio e sbadiglia.

D’improvviso corre di nuovo da lui, gli salta in grembo e lo bacia a lungo stavolta. Poi si stacca tenendosi vicina al suo volto.

-Ti piacciono i capelli? Li ho fatti ieri…- dice piano, cambiando totalmente tono.

-Sono bellissimi, sai prima sembravi un cespuglio di rovi …- le dà un altro bacio.

Alice ride, Davide si fa serio e le sposta con due mani i capelli dalla fronte, guardandola negli occhi.

Lei ricambia, poi si sente arrossire e abbassa lo sguardo.

La risposta al suo gesto è un sorriso semplice, che tanto le piace. Cerca di togliersi dall’imbarazzo, sposta lo sguardo a destra e dice

-Passa un buon pomeriggio allora…-

-Anche tu. Cerca di non uccidere nessun commesso, d’accordo?-

-Promesso-

-E se non hanno la tua taglia…- dice Davide, sorridendo e tenendo sempre le mani sul suo volto.

-…devo contare fino a dieci prima di rispondere cose brutte, lo so…-

Alice si scioglie dalla stretta del ragazzo e lo saluta, prima di scendere le scale del condominio. Arrivata nell’atrio dà uno sguardo curioso alla signora portinaia.

Esita un attimo, poi sfodera il miglior sorriso di cui dispone, un sorriso di chi è veramente felice e ha la capacità di trasmetterlo anche agli altri.

-Buongiorno signora Martini!- le dice passandole davanti. La signora alza gli occhi e la guarda uscire dal portone tutta allegra.

Scuote la testa e torna a pulire.

Non ha ancora capito bene se questa Alice dovrà rimanere a lungo nel palazzo, ma di una cosa è certa.

Quella ragazza è migliore della coppia di sposini. Chissà che non riesca a far tacere il signor Del Mastro un giorno.




Per Riza28: felice di averti ritrovato, e spero che anche il secondo capitolo ti piaccia.
Grazie anche a chi legge soltanto.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Davide sta lavando i piatti, sporchi di un pranzo arrangiato alla buona, quando verso le tre la suoneria del suo Nokia risuona per casa.

Finisce di sciacquare le posate, le posa nel lavandino e si asciuga le mani. Poi con calma va in camera sua e prende il telefono senza nemmeno vedere il nome.

-Ciao autostoppista- dice divertito, infilandosi una mano in tasca.

Alice, dall’altro capo del telefono, sorride e si morde un labbro. Poi assume un’aria altezzosa e risponde

-Come facevi a sapere che ero io?-

Davide ricambia con lo stesso tono.

-Lo sapevo, no?-

-E se non fossi stata io? Se fossi stata la tua amante?-

Alice continua a mordersi un labbro, curiosa della risposta alla sua provocazione.

Il ragazzo ha voglia di mettersi a ridere, ma si trattiene.

-No, a lei ho detto di chiamare solo la mattina presto, quando tu vai a scuola…-

-Che str***o che sei! Beh ma dopotutto…- lei ride, e la risata familiare alle orecchie di lui lo ripaga delle ultime ore passate da solo.

-…dopotutto potremmo anche fare una cosa a tre no?- continua.

-Beh con lei non ci sarebbero problemi… ma sai, mi sa che tu e le tue manie possessive mi giocano brutti scherzi…-

-Taci imbecille- fa un finto broncio da bambina.

Davide ride stavolta, e poi cambia il tono di voce.

-Allora, che c’è? Dimmi tutto….-

Anche Alice smette il tono strafottente e abbassa la voce.

-Niente, volevo solo sapere cosa pensavi di fare…-

-Perché parli piano?-

-Sono a casa, stupido, non posso mica urlare…-

-Casa tua, con i tuoi?-

-Sì, quelli che non vuoi conoscere-

Davide scuote la testa e sbuffa scocciato.

-La smetti di rompere con stà storia?-

-Uffa va bene- sospira e riprende -dai, hai trovato un lavoro?-

-Dopo vado, però alle cinque. Deve arrivarmi un libro per l’università e lo vado a prendere-

-Secchione-

-Scema-

-Poi fammi sapere com’ è andata, okay?-

-Certo che sì-

-Okay ora non ho tempo. Ciao-

E senza dargli il tempo nemmeno di salutarla gli chiude in faccia il telefono.

 

Sospira e spegne il cellulare.

Poi dopo un po’ si prepara, camicia e scarpe nuove, e scende in strada.

Apre la Opel Corsa bordeaux, ci si infila dentro e la chiude.

È un po’ cambiata da come la ricordavamo tutti. Ora non ci sono più briciole, polvere e cianfrusaglie nell’abitacolo. Ora è tutto pulito, via i tappi di birra, via i cd sparsi a terra (ora chiusi in un bel contenitore, nuovo di zecca), via tutto il sudiciume che a lei non piaceva. Però comunque è già pronta una nuova generazione di sporco che non aspetta altro che Alice si distragga in altri…… compiti, per prendere possesso dell’auto.

Davide accende il motore, mette la prima ed esce dallo spiazzale. Apre il finestrino e mette un gomito fuori. È un po’ nervoso, per questo lavoro. Non è che gli piaccia tanto cambiare, anzi, è piuttosto abitudinario, ma questo è inevitabile. Non può vivere ancora coi soldi di mamma e papà, e soprattutto se vuole ospitare Alice per più tempo di… di quello che pensa ora, è necessario che si trovi un impiego.

Così, prima si ferma alla cartolibreria, ma ne esce senza il nuovo libro, poi devia nelle zone periferiche.

Prende il giornale che ha sul sedile anteriore. Ci sono degli ovali ad evidenziare le parti interessate.

Legge bene l’indirizzo e controlla. Sì, è quello.

Ora è del tutto nervoso. Scende dalla Opel e chiude lo sportello un po’ troppo forte, poi entra nel negozio.

Incerto, si avvicina alla cassa.

-Posso aiutarla?- gli chiede una donna bionda.

-Ehm… sì, a dire il vero- si passa una mano fra i capelli, impacciato, poi continua -ho… ho letto l’avviso sul giornale, per il posto di commesso…-

-Aspetti un attimo-

La donna si sporge verso il microfono.

-Il direttore è desiderato alla cassa quattro- gracchia nell’altoparlante.

Davide fa un respiro, cercando di calmarsi.

Butta a terra lo sguardo, fissandosi i piedi. Crede di essere vestito abbastanza decentemente, con la camicia azzurra, i jeans e l’orologio fresco del compleanno al polso. Tenuta da grandi occasioni, o almeno un po’ più curata.

-Signor direttore, questo ragazzo chiede di lei-

La donna indica Davide, che alza lo sguardo sull’uomo accanto a lei.

Il direttore indossa una camicia coordinata da cravatta, e porta degli occhiali dalla montatura leggera.

-Piacere-

-Piacere mio- il ragazzo si affretta a stringergli la mano.

-Mi dica, allora-

-Ehm… sono qui… sono qui per il posto di commesso, sa, ho letto l’annuncio…- esordisce, esitante.

Il direttore lo squadra brutalmente; sembra passarlo al setaccio con un solo sguardo.

-Mi spiace- dice solo.

Davide sente gli arti cadergli giù e l’espressione farsi delusa. Cerca di non farla sembrare troppo tale, però.

-Abbiamo già assunto un altro. Buona giornata-

-Altrettanto-

Abbattuto esce dal negozio e rientra nell’auto. Prende il giornale con gli annunci e depenna l’indirizzo del negozio. E uno è fuori.

Poi legge il prossimo nome.

Qualche minuto più tardi si parcheggia in una strada.

Il negozio che sta cercando dovrebbe essere lì. Però al suo posto c’è solo una vetrata vuota, spenta e con dei cartelli affissi dappertutto. Davide si avvicina e ne legge uno.

“Il negozio rimarrà chiuso fino al 29\10 per lavori”.

Allarga le braccia.

Un altro nome da cancellare.

 

La prossima destinazione è una libreria a cui serve un commesso. Entra cautamente, facendo silenzio, e si rivolge come prima al cassiere, un tipo con gli occhiali.

-Sono qui per il posto di lavoro- dice.

Il libraio lo scruta attentamente come ha fatto prima il direttore, e questo atteggiamento non piace al ragazzo.

-Mmm… d’accordo- concede piuttosto freddamente -Potrei assumerti, ma il turno è pesante-

-Sarebbe?-

-Dalle otto di mattina, tutti i giorni, poi pausa pranzo, e via fino alle dieci e mezzo di sera-

Il ragazzo sgrana gli occhi.

-Tutti i giorni?-

-Esattamente-

Scuote la testa, indietreggiando.

-No, allora no. Io cerco solo un lavoro part-time-

-Arrivederci-

Il sonaglio della porta tintinna e Davide, scoraggiato, esce fuori. Un’ora dopo ha depennato una decina di nomi.

È molto abbattuto, stanco e ha fatto il giro della città.

-Etciù!-

Starnutisce rumorosamente. Dannazione, ci mancava questa… pure il raffreddore.

Tira su col naso e intanto guida verso casa. In quel momento però gli arriva una chiamata sul cellulare. Mentre ha le mani sul volante ne infila una nella tasca dei pantaloni, cercando di prendere il telefono.

Senza guardare lo appoggia fra la spalla e l’orecchio e risponde.

-Pronto?-

-Mi vieni a prendere?-

Alice gli risponde dall’altra parte. Facendo una curva e cercando di mantenere il cellulare fermo, Davide assume una buffa posizione.

-Dove sei?-

-All’uscita del centro commerciale, puoi accompagnare me e Giò?-

-Ma che ore sono?-

-Le sei e mezza. Allora? Dai per favore….-

Cavoli, già le sei e mezza? Praticamente ha speso un pomeriggio a correre in giro; e il peggio è che non ha ottenuto risultati.

-Arrivo, arrivo… porca miseria…- impreca senza nemmeno accorgersene.

Alice lo trova alquanto strano e gli domanda

-Che hai?-

-Niente, niente, lascia stare… sto arrivando-

Chiude il telefono e lo rimette in tasca.

Poco dopo si parcheggia davanti lo spiazzo del centro commerciale, e cerca con lo sguardo la ragazza. Non la vede e perciò deve scendere.

Appena posa piede a terra una folata di vento freddo lo investe, facendolo rabbrividire. Ecco, ci manca questa; che debba pure prendermi un malanno.

Tira di nuovo su col naso e si incammina verso l’edificio. Nell’atrio trova Alice e la sua amica ad aspettarlo.

-Ciao- lo saluta la ragazza; però lo vede scuro in volto e intuisce subito che qualcosa non va.

Decide però che è meglio parlarne fra di loro, da soli. Così fa finta di nulla e sale in macchina, sedendosi dietro.

Accompagnata l’amica a casa, si mette davanti.

Prima che possa partire, gli blocca la mano sul cambio.

-Cosa è successo?-

-Nulla- risponde lui tirando su col naso, imbronciato.

-Dai… si vede che c’è qualcosa- gli sorride e si avvicina.

Davide scuote la testa.

-Ti porto a casa- dice spiccio, ma la ragazza toglie le chiavi dal motore.

-Ehi ma che cavolo fai?- si altera il ragazzo.

Alice non si fa intimorire e ribatte a tono.

 

-Se non mi dici che ti  è successo non ti do le chiavi-

-Ma guarda tu! Ti ho detto che non è successo niente!- replica lui.

-A me non sembra proprio invece!-

Ora è seriamente preoccupata. È raro che Davide sia così irritabile, e ci sarà sicuramente una buona ragione.

Il ragazzo allarga le braccia ed esce fuori, sbattendo lo sportello e ripetendo “ma guarda tu!”.

Alice lo segue, avvicinandosi, e appoggiandosi al cofano.

Davide sbuffa e tenta di nascondere qualcosa nel retro dell’auto. La ragazza è più veloce e capisce cos’è. Dopodichè sorride comprensiva.

-Non è andata bene col lavoro, eh?-

-No, affatto- risponde lui.

Rinuncia nel suo intento e fa un sospiro rassegnato. Alice lo abbraccia da dietro, posandogli il mento sulla spalla.

-Be’, significa che non facevano per te allora-

Lui non la sposta, ma fa un verso sarcastico.

-Io non cerco un lavoro per me. Lo cerco per guadagnare. Per… per te, anche-

La ragazza sorride grata alla frase, lo lascia andare per poi porsi a poca distanza dalla sua fronte; si alza sulle punte per riuscirci.

-Sono stata una scema- dice.

-Perché?-

-Perché ti ho lasciato scegliere le offerte. La prossima te la scelgo io, d’accordo? Vedrai che ci riesco-

Davide sorride per la prima volta in quella serata, un sorriso vero.

-Tu ci riesci sempre, basta che ti ci metti-

-Lo so, lo so…-

Non gli fa aggiungere altro, baciandolo. Le persone vanno e vengono davanti a loro. Forse il direttore ha già trovato un dipendente, e il libraio cerca ancora il suo stacanovista, ma Davide è più tranquillo.

E non perchè ha riottenuto le chiavi.





Per Riza28: grazie ancora...ho cercato di aggiornare il più velocemente possibile.
per Jiuliet: ma certo che ne vedremo delle belle...con una come Alice in giro a piede libero... la tua attesa non è durata a lungo; almeno credo.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Alice sorride. Sorride e scopre tutti i denti, non proprio perfettamente puliti, ma che esprimono il suo stato d’animo a dir poco entusiasta.

Sta guardando una foto di lei e Davide, nella macchinetta per le fototessere. Se l’è fregata dal suo portafoglio, ma sono solo dettagli.

Poi sussulta e si ricorda che ha da fare. Oltre ai suoi compiti, sono due giorni che cerca incessantemente un lavoro per il suo ragazzo. Davide non lo dà a vedere, e lo fa per non metterla in pensiero, ma si nota. Si nota che è abbattuto.

Sinceramente non capisce tutta questa necessità di lavorare subito, ma sembra che per lui sia così importante…

Il lavoro nobilita l’uomo.

E poi è più triste, cupo e scoraggiato. Non sorride più tanto.

Sono un po’ di giorni che non fanno l’amore. Sia chiaro, se è per una semplice sveltina, Alice può costringerlo tranquillamente; solo che non vuole una semplice sveltina.

Rivuole il suo Davide.

Così stringe gli occhi per leggere le scritte piccole di quella pagina di giornale. Non c’è niente che la ispira, e dopo un po’ appallottola anche quella pagina e la getta.

Non fa in tempo a stendersi sul letto, esausta, che sua madre entra precipitosamente nella stanza.

-Alice! Che ci fai a letto?- chiede.

-Dormo…- risponde lei, girandosi a pancia in giù.

-Come sarebbe a dire dormi? Hai scordato che giorno è oggi?-

-Boh… non saprei…- bofonchia assonnata.

-Oggi è il nostro anniversario!-

Da sotto il cuscino, la ragazza sgrana gli occhi. È vero, cavolo!

Esce da lì sotto e guarda la madre.

Sua madre è una donna bionda, alta e che ama le cose sofisticate. A cominciare dal vestito elaborato che indossa e dalla collana pesante che ha al collo.

Ha il suo stesso modo di fare, si mette le mani sui fianchi e la guarda.

Alice si siede, mettendosi i capelli dietro le orecchie.

-Tieni- sua madre le dà delle banconote.

-Oh grazie, che è, un’opera di bene?- commenta lei, alzandosi.

-No… vai dal pasticcere e compra un vassoio di paste. Sono solo le sette meno venti, ma al massimo alle otto e mezza ti voglio qui, che vengono gli altri, d’accordo?-

 

-D’accordo, d’accordo… e tu lo hai fatto il regalo a papà?- chiede con un sorrisetto.

-Sbrigati e non fare domande sceme! Certo che l’ho fatto!-

-Come no…- fa sarcastica, ma lo dice a bassa voce in modo da non farsi sentire.

-Che hai detto?-

-Uh… no nulla. Ciao ma’-

Senza darle il tempo di indagare oltre, è già scesa per le scale e ora sta decidendo come andare in pasticceria. Controlla l’orologio, sono le sette meno un quarto. La più vicina è a qualche isolato, vicino casa di Davide.

Rattristandosi pensandolo in giro a cercare inutilmente un impiego, stacca il lucchetto dalla bici. Potrebbe chiedergli un passaggio. Si ferma col manubrio fra le mani.

Poi scuote la testa e ci ripensa. Non ha voglia di vederlo, non così abbattuto. E poi pensa anche alla pancetta che si sta formando.

Una ragione in più per andare in bici.

Pedala fino alla piazza, poi la appoggia, legandola col lucchetto pesante, ad una ringhiera.

Scende, si sistema, ed entra nella pasticceria.

Adora quel posto. Ha un profumo… a dir poco paradisiaco.

Poi guarda affamata la vetrina, passando in rassegna le paste, e sentendo sempre più l’acquolina in bocca crescere. Il pasticcere, un uomo che le sta simpaticissimo con quei baffetti da impiegato, le domanda cosa desidera.

-Ciao Giancarlo- lo saluta sorridendo.

-Fammi indovinare… anniversario- dice Giancarlo, mettendosi a braccia conserte. È un tipo un po’ robusto, come ci si aspetta da un pasticcere, e indossa un grembiule bianco. Sembra che anche lui profumi di dolci.

-Esatto. Fammi un vassoio da venti- gli porge i soldi, sapendo che può fidarsi, e sceglie le paste.

Alcune al limone, le maddalene alla marmellata d’albicocche, dei babà che piacciono al papà, le sfogliatelle con la ricotta per la mamma, e qualche bigné alla crema.

Finito il vassoio, Alice guarda meglio il negozio.

-Ma non lavorava anche un altro ragazzo qui?- chiede.

Giancarlo le impacchetta i dolci e sospira.

-Infatti, ma purtroppo ha trovato un lavoro migliore-

-Ah peccato… mi stava simpatico-

-Sì, era bravo- annuisce il pasticcere, mentre le fa lo scontrino -e ora, anche se sto cercando di tirare avanti, credo proprio che dovrò mettere un annuncio per trovare un garzone-

-Capisco…- la ragazza prende il pacchetto e salutandolo esce dal negozio.

Si sofferma per un momento sul ragazzo che lavorava lì prima. Erano un po’ di anni che c’era.

Una volta si era divertita a giocare a carte con lui e le sue amiche, una mattina che aveva marinato la scuola. Peccato, pensa, mi stava simpatico.

Sta per impugnare il manubrio della bici, ma si ferma d’un tratto.

Ripensa lentamente a ciò che ha appena sentito.

Sta a riflettere per qualche secondo prima di capire finalmente.

Di scatto lascia andare la bici e torna di corsa nel negozio.

-Giancarlo!- lo chiama, affannata -Non mettere nessun annuncio, so io chi ti può fare da garzone!-

Senza dare il tempo al pasticcere di ribattere, sale di nuovo sulla bici, stando attenta al vassoio, e velocissima arriva sotto casa del ragazzo. Vede un signore con un lungo impermeabile uscire, e si affretta ad infilarsi dentro.

-Mi scusi tanto!- gli grida quando lo urta per la troppa fretta; le pare di averlo sentito dire una parolaccia, ma non ci bada. Arriva subito al terzo piano e si incolla al campanello.

Dei passi affrettati dall’altra parte e poi Davide compare sulla soglia, stupito.

Alice gli fa un gran sorriso.

-Ti ho trovato un lavoro! Ma sbrigati, dai su…-

-Cosa? E dove?-

-Alla pasticceria qua sotto, dai dai… muoviti!- quasi lo spinge fuori di casa. Io ti aspetto qua, ma sbrigati!-

 

Giancarlo lo studia un po’; poi annuisce.

-Perché dovrei assumerti?- chiede.

Davide ha sentito quella domanda almeno venti volte negli ultimi giorni.

Non ce la fa più e spara la prima cosa che gli viene in mente.

-Perché ho un disperato bisogno di quel lavoro, mi serve per mantenermi e per pagare da mangiare alla mia ragazza, perché conosco tutti in questo quartiere e perché se lei non mi assume io ci rinuncio!- sbotta, allargando le braccia.

Giancarlo è sorpreso da quello sfogo.

Esita un momento, poi gli porge la mano.

-Benvenuto. Ma calmati quando lavori, eh?- gli dice.

Davide rimane immobile, non riesce a crederci. Poi tutto ad un tratto si rende conto e stringe con foga la mano robusta del pasticcere.

Un quarto d’ora dopo infila la chiave nella serratura e apre la porta.

Si infila dentro con l’aria di chi ha scoperto che Natale è domani.

-Alice?- la chiama, contento.

Nessuna risposta. La cerca in cucina, in salotto, e mentre cammina si sbottona la camicia.

Se la toglie quando entra in camera da letto, certo di trovarla lì.

Ma non è così. Si sfila i jeans, rimanendo in maglietta e boxer. Poi va in bagno e apre la porta.

Lei è seduta sul lavandino, si controlla le sopracciglia allo specchio.

Ma soprattutto è coperta solo da una delle sue camicie troppo lunghe per lei.

Appena lo vede nel riflesso dello specchio si volta con un sorrisone, scivola giù e gli corre incontro.

-Allora?- chiede, ansiosa.

Davide annuisce sorridendo.

-Mi ha preso. Comincio domani pomeriggio-

Lei lo abbraccia e quasi lo stritola.

-Te l’avevo detto, te l’avevo detto che ci volevo io!- esclama.

-Avevi ragione, okay, però non ti montare la testa-

La abbraccia. Prima è un abbraccio calmo, amichevole. Poi le sue mani sentono che sotto è nuda.

Allora inizia a baciarle il collo piano piano, infilando le dita sotto il vestito.

Alice chiude gli occhi. Quanto le è mancato.

Lascia che le sue mani le si infilino nell’elastico delle mutandine, ma dopo un po’ gli prende il viso.

-Vieni…-

Gli prende la mano e lo trascina sul letto. Lo fa sdraiare (ce lo butta sopra) e poi gli sale su.

Poi è tutto un confuso mescolio di ansiti, gemiti e vestiti buttati alla cieca.

Alice si morde un labbro, seduta su di lui e nuda adesso.

Inizia a muoversi. Il ragazzo la lascia fare, accompagnandola con le mani.

E poco dopo la guarda chiudere gli occhi e lasciarsi andare.

Finito l’esercizio, Davide la abbraccia.

-Mi sei mancata, lo sai?- le dice, facendola infilare sotto le lenzuola e sfregandosi contro di lei.

-Lo so. Pure tu- risponde lei.

Dimenticando tutto, si nasconde fra la sua spalla e il suo collo e chiude gli occhi. È felice, e questo le basta.

 

Dorme ora. Il ragazzo non ha il coraggio di svegliarla. Poverina, sorride e pensa.

Chissà quanto tempo avrà passato a cercare un lavoro per me. Chissà quanti giornali, quante parole di cui non conosce il significato avrà trovato.

Però alla fine ce l’ha fatta, incredibile. Chi l’ha dura la vince, vero Alice?

Poverina, pensa di nuovo. Le sposta i capelli dal viso, guardandola dormire. Poi una suoneria, proveniente dalla borsa gettata a terra, lo riscuote.

È il suo cellulare.

Alice sbadiglia e apre gli occhi, ancora assonnata.

-Cosa c’è?- chiede, alzandosi un poco.

Davide si protende oltre il materasso per afferrare il telefono e glielo porge.

Alice lo afferra, si abbraccia di nuovo a lui e risponde.

-Pronto?-

-Alice dove diavolo sei?-

La voce di sua madre la fa gemere scontenta.

-Che c’è, ma’?-

-Come che c’è? Avresti dovuto essere qui cinque minuti fa!-

Sbuffa e si alza. Fa capire al ragazzo che deve andarsene, e comincia a rivestirsi.

Lo saluta con un bel sorriso e scende le scale del palazzo che ormai è la sua seconda casa.

Torna a casa, e ignorando le proteste di parenti, amici e di sua madre, dà gli auguri al papà e va in camera sua.

Si getta sul letto, chiude gli occhi e si addormenta subito. Sorride inconsciamente, perdendosi i dolci di Giancarlo, forse per preservare quella linea a cui tiene tanto.

Ma io credo che se lo meriti un po’ di riposo, no?

 

 

Davide si alza. Aveva quasi avuto voglia di dirle di rimanere a dormire con lui. Sarebbe stata la prima volta.

Però alla parola ‘è mia madre’ ogni fantasia era sparita.

Si è rassegnato, ma almeno è felice. È felice di avere un lavoro e soprattutto di avere una ragazza così. Così e basta, che non c’è un aggettivo che la definisca veramente bene.

 

Passeggia un po’ per la casa.

Non è molto grande, a dir la verità; c’è la cucina, la stanza da letto, una camera per gli ospiti, un bagno e un piccolo salotto.

Le mura, pensa il ragazzo mentre le guarda meglio, sono disastrose.

La vernice è sbiadita e ci sono macchie di umidità. La prima volta che le aveva viste Alice, si ricorda con un sorriso, aveva detto che non ci avrebbe più messo piede in quella stanza.

I divani verdi contornano l’atmosfera, ma tutto l’insieme è spento. Davide poggia una mano sul muro, sfiorandolo e sentendo com’è ruvido. Lascia lì la mano per un po’.

D’improvviso stringe gli occhi e si guarda intorno.

Valuta un po’ la situazione. Poi va proprio dove l’umidità ha lasciato i suoi segni.

Tocca un pezzetto di muro che vuole staccarsi. Lo scolla dalla parete e lo gira fra le mani.

Poi guarda nuovamente il muro. Sorride, annuendo. Crede di aver avuto un’idea.

 

 

 

 

Grazie mille alle sei persone che hanno messo questa storia fra i loro preferiti.
Per Jiuliet: spero che la tua curioistà sia stata soddisfatta.
Per giunigiu95:  grazie per i complimenti riguardo questa storia, e sia per la precedente. E ti aggiungiamo fra le fans di Alice. Credo che un lavoro gliel'abbia trovato... ma... gli piacerà?
Per BabyzQueeny: felice che ti piaccia anche questa, ecco il quarto capitolo.
Grazie a chi legge solamente.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Una sveglia trilla rumorosamente, vibrando sul comodino.

Ci manca poco che cada giù da sola. Poi una mano che scosta le lenzuola sbadatamente la fa atterrare sul pavimento. Alice non se ne cura, e si stiracchia sbadigliando.

Oggi si sente carica. Come sempre, del resto.

Si alza a sedere di scatto e salta giù dal letto.

Per prima cosa va in bagno, sciacquandosi e poi si veste. Dopo dieci minuti è già pronta ad affrontare il mondo. Le Converse nere sono sporchissime, così le ripone ordinatamente nella scatola.

Poi ne prende un’altra e la apre. Sono un paio di Adidas nere, con le strisce rosa. Regalo di mami.

Se le infila, poi si controlla attentamente allo specchio.

Tenuta perfetta per contrastare quella racchia della prof.

 

Un orologio digitale lampeggia col suo consueto bip-bip.

Non accenna a smettere; un gemito contrariato parte da sotto un cumulo di lenzuola aggrovigliate; il bip-bip continua. Allora, volutamente, una mano sbatte sull’orologio interrompendo il suono.

Uno sbadiglio che farebbe concorrenza ad un leone e Davide si mette a sedere.

Ha i capelli tutti sparati in aria, ed è ancora confuso e assonnato.

Tira su col naso e si stropiccia gli occhi.

Ci mette dieci minuti per alzarsi e andare a vestirsi.

Poi quando apre il frigo per farsi latte e cereali, scopre deluso che non c’è latte.

Dannazione, si comincia bene.

Sbuffando si siede. Non posso iniziare la giornata senza latte. Così anche se a malincuore, si infila le vecchie Diesel e scende le scale del portone.

Va al negozio di alimentari poco sotto, ma una voce lo chiama.

-Davide?-

Sentendosi chiamare si volta, e sorride sorpreso vedendo un ragazzo avanzare verso di lui.

-Razza di scemo!-

L’altro lo afferra per la testa e gli strofina il pugno sopra, facendolo ridere, poi lo abbraccia.

-Che cavolo ci fai tu qua?- chiede stupito Davide.

-Andiamo a berci qualcosa- propone.

-Offri tu?-

-Ma certo, dai…-

Davanti ad un cappuccino e un succo di frutta ridono e scherzano.

Luciano ad un tratto fa una faccia furba.

-Ma allora è vero?-

-Cosa è vero?-

-è vero che… dai, che hai una ragazzina?-

Davide scuote la testa.

-Ragazzina, macché! Ha solo tre anni in meno…-

-è vero allora! Ah… capito lui…- gli punta un dito contro -ecco perché non si faceva più vedere in giro… aveva la sua bambina con cui giocare!-

Poi ride, seguito dall’amico.

-No… non dire cavolate. Lei non è come le altre ragazzine…- dice sicuro Davide.

-Ah no? Porca miseria… quanto vorrei essere al tuo posto amico… una casetta, l’università e una ragazzina-

-Tu sei fidanzato- gli ricorda perentorio.

Luciano ad un tratto si fa cupo e abbassa lo sguardo. Davide si acciglia, perplesso e domanda

-Non è così?-

Luciano scuote la testa, abbattuto.

Poi mormora pianissimo, come a temere che qualcuno potesse sentirlo

-Marilena mi ha lasciato. Dice che si è stancata di me-

Davide cerca bene le parole giuste; non è poi del tutto sorpreso.

-Che hai fatto?-

L’altro indugia per un momento, poi fa un sospiro.

-Mi ha beccato a letto con un’altra-

Davide fa per dire qualcosa ma Luciano è più veloce.

-Lo so… lo so che stai per dire! Ho fatto una ca**ata- mormora mettendosi le mani sugli occhi.

-è la terza volta che glielo fai. Marilena ha ventisei anni, e tu ventiquattro. Ma perché lo fai?- chiede.

L’amico gli lancia uno sguardo triste.

-Non so… è che… aveva venti anni. Venti! Non lo so… io…-

-Ti sei fatto trasportare- conclude per lui.

Luciano fa un respiro spezzato, come se stesse piangendo; guarda negli occhi l’amico.

-Ho fatto una ca**ata, una ca**ata- ripete. Trae un respiro, come a farsi forza.

-Parlale tu. Digli che mi dispiace, che sono stato un cretino. Convincila- lo supplica.

 

Davide scuote la testa, incerto.

-Ma… ma no, scusa, che ti fa pensare che io potrei convincerla?-

-Perché tu, porco ca**o, ci sai fare! Sai come parlare alle persone! Andiamo… te lo chiedo come amico-

Luciano lo fissa, in attesa. Davide è riluttante, non gli piace questa cosa di essere messo in mezzo. Tra moglie e marito non mettere il dito, ricordi? Però poi la faccia disperata dell’amico lo fa cedere.

-D’accordo. Ma non ti prometto nulla…-

Prima ancora che possa aggiungere altro, gli occhi di Luciano si illuminano.

-Grazie, grazie, grazie amico! Ti sono debitore a vita!-

-Non ti prometto nulla- ripete l’altro, ora molto meno convinto.

-Sei un grande. Davvero- gli batte il pugno sulla spalla, ma Davide non sorride.

-Senti, però non oggi… che devo lavorare…-

Luciano cambia totalmente tono ed espressione.

-Lavori? E dove?-

-Ad una pasticceria-

Il tono con cui pronuncia la frase non è esattamente entusiasta.

-Ah bello. Interessante. E com’è?-

Davide esita prima di rispondere; mette ordine nei suoi pensieri.

-A dir la verità… insomma, non è che mi entusiasmi tanto. È solo che…-

Tutto quello che ha taciuto la sera prima si fa strada ed esce fuori.

-…è che Alice ha insistito tanto, e… era contenta, ma… non fa per me- dice malinconico.

-Wow- commenta Luciano -però-

-Però cosa?-

-Tieni molto in considerazione la sua opinione- osserva.

-Poverina- sorride e allarga le braccia -è stata due giorni a cercarmi un posto…-

Luciano fa una strana faccia, poi domanda, con le sopracciglia corrugate

-Dov’è ora?-

-A scuola-

-Va ancora a scuola?- chiede sorpreso.

-Ultimo anno- alza le spalle Davide, ma guarda attento la sua reazione. Non gli piace come gli sta parlando.

Luciano non aggiunge altro, ma distoglie lo sguardo dall’amico, che se ne accorge e dice

-Che hai? Forza, spara-

-Beh…vuoi saperlo davvero?-

Questa domanda lo pone di fronte ad un bivio. È infastidito da quelle insinuazioni. Perché deve farsi mettere la pulce nell’orecchio?

Davide si alza.

-No, grazie. Tienitele per te. Devo andare, ci sentiamo-

Luciano fa lo stesso, gli dà una pacca sulla spalla.

-D’accordo, ma… mi raccomando-

-Sì, sì, ciao-

Dice così e torna a casa, abbandonando i tavoli del bar. Mentre cammina ripensa a quanto ha appena detto il suo amico. Certo detto da uno che tradisce la fidanzata con una di sei anni più giovane…

Però non gli è piaciuto quel discorso. Né il tono saputo con cui l’ha detto. Si ferma un secondo, poi prende il telefono che ha in tasca.

Lo sa che è sbagliato, ma gli viene spontaneo. Fa il numero velocissimo.

Dopo un po’ gli risponde.

-Ehi, che succede?- Alice risponde a bassissima voce.

-Che stai facendo?- chiede con un tono un po’ troppo duro.

-Studio, razza d’imbecille- ribatte la ragazza, irritata -in caso te lo fossi scordato, io sono a scuola-

-E che stai facendo?-

-Sto in classe, abbassata, anzi spiaccicata sul banco per non farmi vedere- fa lei, e ride piano divertita dalle sue stesse parole.

Davide al sentire quella risata si rassicura; sorride anche lui.

-Scusami. Ti lascio…-

-No, macchè. Mi sto annoiando a morte… sei andato a lavoro?- chiede.

-Oggi pomeriggio-

-Ah allora poi mi racconti tutto, eh?-

-Ma certo- sorride di nuovo.

-Sai, il pasticcere è una brava persona-

-Non ne dubito… se riesce a sopportarti…- dice ironico.

-Be’, se ti ha assunto-

-Sfacciata-

-Antipatico- ribatte lei, ma ride di nuovo -oh senti, prof a ore due, ci sentiamo, ciao-

Detto questo chiude la conversazione. Davide rimane lì, col cellulare in mano. E ancora il sorriso sul volto.

È tranquillo. Ma che gliene frega di quello che ha detto Luciano? Lui non sa. Lui non la conosce, Alice.

 

Alice sale le scale di casa, arrivando al portone e facendo scattare la serratura. Poi si trascina fino in camera, gettando la borsa sul letto.

Inaspettatamente, sua madre compare sulla soglia.

-Ciao tesoro, passata una bella giornata?- chiede, entrando nella stanza.

-Sono sopravvissuta- alza le spalle la figlia, togliendosi le scarpe.

Già il fatto che sua madre si sia fermata nella sua camera più del necessario la insospettisce.

-Senti, devo chiederti una cosa-

Infatti la frase di dopo conferma le sue aspettative. Si siede tranquilla sul letto, a gambe incrociate e invita sua madre a continuare.

-Ieri sera, dopo che sei andata in pasticceria che hai fatto? Perché non mi pare che ci voglia un’ora per andarci-

Alice impreca mentalmente. Lo sapeva che sarebbe arrivato il momento. Però ha ancora una scusa pronta e la usa subito.

-Poi ho incontrato Giò e ci siamo fatte un giro- dice convinta.

-Ah sì? No perché ha chiamato Giò ieri sera, e voleva sapere che fine avessi fatto, dice che non ti ha sentito per tutto il giorno-

O la miseria. Alice impreca di nuovo fra i denti, cercando una scappatoia. Non trova nessuna risposta che stia in piedi, così sua madre incalza.

-Alice?-

-Mamma…- risponde lei con un sorriso stentato.

-Con chi eri ieri sera? Ti vedi con qualcuno?-

Sotto lo sguardo penetrante e serio della mamma anche Alice vacilla; e alla fine non riesce a nasconderglielo.

-Sì-

Sua madre sembra più sollevata.

-E che aspettavi a dirmelo? Che ti lasciasse incinta?-

-Ma no, mamma… usiamo i preservativi!- dice come se fosse ovvio, poi alla vista della faccia che ha assunto sua madre scoppia a ridere.

-Sto scherzando!- dice fra le risate.

Sua madre però si fa seria.

-Com’è?-

-Bello - risponde subito Alice, sorridendo.

Alla faccia che fa la madre ride di nuovo

-Beh…- ci pensa su un attimo. -A volte mi sembra che da come parli assomigli a papà- aggiunge sincera.

-Me lo farai conoscere?-

-Ma certo!-

Alice salta giù dal letto, sfuggendo dalla scomoda conversazione. Arriva alla porta e poi guarda sua madre.

-Devo solo aspettare il momento giusto!-

 

Davide è appena entrato in pasticceria. Si aspetta non un granchè da fare, probabilmente il grosso arriverà dopo.

Giancarlo lo vede e batte le mani.

-Era ora! Su,su, animo!- dice e gli indica la strada per il retro del negozio.

Poi senza dire altro gli lancia un grembiule bianco, che lui subito si allaccia.

-Allora, per cominciare…-

Gli porge un foglietto; Davide ci sbircia sopra: sono degli indirizzi.

-Voglio che consegni questa roba- Giancarlo indica dei pacchetti già pronti sul tavolo -a quegli indirizzi. E sbrigati, che dopo mi serve aiuto alla cassa-

-D’accordo. Come ci vado?-

-Volando? Prendi la macchina, vai a piedi, non so, fai tu. E ora… al lavoro!- gli batte una poderosa manata fra le scapole che lo fa vacillare.

Poi legge gli indirizzi. Uno è vicino.

Facendo molta attenzione al nome giusto, prende in mano il pacchetto ed esce fuori. Fa a passo veloce tutta la strada che lo separa dal palazzo e poi, una volta arrivato, citofona.

-Consegna a domicilio- dice, e gli aprono il portone.

Scopre con sconforto che l’ascensore è guasto, e perciò, cercando di essere il più svelto possibile, sale le scale.

Ad un certo punto crede di aver schiacciato una pasta, ma ora è tardi. Suona al campanello e una signora lo paga. Dopodichè si fa una corsa fino a casa per prendere la Opel. Arrivato in pasticceria, carica le consegne e inizia il giro.

Piazza Fiorentino.

Dannazione, è dall’altra parte della città. Cercando di fare in fretta, sceglie una strada secondaria. A metà però si accorge di aver sbagliato, e perciò fa retromarcia. Arrivato all’indirizzo giusto si fa pagare e riparte. E così via, fra un indirizzo sbagliato, una consegna scambiata e un ingorgo nel traffico cittadino, un’ora e mezza dopo parcheggia la macchina davanti alla pasticceria e si precipita dentro. Consegna i soldi a Giancarlo, che lo squadra con un minimo di sospetto, ma poi dopo averli contati gli rivolge un’occhiata soddisfatta.

-Ora alla cassa, che c’è una fila…-

Svelto più che può Davide entra nel negozio e si mette alla cassa. Una ragazza, più o meno della stessa età di Alice, chiede un cono gelato.

-Con la panna?- domanda lui. Però si accorge del doppio senso solo quando l’amica della ragazza ridacchia e lei risponde un po’rossa

-No, grazie-

Maledicendo i complicati aggeggi posti alle sue spalle riesce a superare il pomeriggio, e alle otto e mezza Giancarlo lo congeda.

Sbuffando distrutto si getta in macchina. Non ha nemmeno la forza di accendere il motore; però la trova pensando che magari quella è zona con divieto di sosta. Allora sì che la trova, la forza.

Mentre guida gli squilla il cellulare. Lo prende e risponde.

-Alice?-

-Com’è andata?-

-Poi ti dico. Novità?-

-Ho preso otto. Cavoli, mi porti fortuna, eh?-

-Modestamente- sorride Davide -altro?-

-Mmm… credo di no. Ah sì, aspetta!-

-Che c’è?-

-Domenica sei invitato a mangiare dai miei-

 





In questo capitolo entrano in scena nuovi personaggi, che poi si svilupperanno meglio più tardi. Grazie a chi ha messo la storia nei preferiti.
Per Jiuliet: felice che apprezzi anche il seguito, perchè a volte il sequel è peggiore del primo.
Per giunigiu95: continuato. E spero che ti piaccia. Ma... un piccolo appunto: sono un ragazzo.
Per BabyzQueeny: l'idea di Davide direi che è facilmente intuibile, ma dovrai aspettare un po' temo. Grazie per i complimenti.
Per Riza28: per l'idea... che sarà mai? Lo scoprirai più avanti, sempre che tu non abbia già fatto centro. Nel frattempo leggiti il quinto capitolo.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Giovedì pomeriggio. Alice ha in grembo un libro, e in mano una penna. Anzi, a dirla tutta ha il cappuccio in bocca.

Piega la testa da un lato, china sul suo quaderno, e scrive la risposta ad una domanda.

Davide è entrato adesso in salotto.

Ha in mano un vassoio ma sta fermo appoggiato alla grande porta scorrevole e la guarda tutta intenta a cercare il paragrafo che le interessa. Poi sottolinea un paio di cose e scrive ancora sul quaderno.

È semplicemente incantato. È zitta, non dorme e studia.

Non gli sembra vero.

Sempre guardandola, attraversa in silenzio, cercando di non far rumore, il salotto. Sale sul tappeto e arriva alle spalle del divano dove è seduta lei.

Alice non se ne accorge, ma invece si prende le varie ciocche di capelli e se le porta dietro la nuca, senza staccare gli occhi dal libro.

 Il ragazzo sorride, poi aggira il divano e si siede accanto a lei. Poggia il vassoio sul tavolino e guarda il libro. Lei lo nota e appoggia la testa contro la sua spalla, sbuffando scocciata.

-Mi rompo…- dice.

-Eh, lo so. Hai fame?-

Mangiano qualcosa insieme, poi Davide riesce a non cedere alle suppliche di farle i compiti di lei, e la ragazza gli mette su il broncio.

-Cattivo-

-Tanto non te li faccio-

-Antipatico-

-Non attacca-

-Ti prego-

-No- scuote la testa.

Alice incrocia le braccia e stringe gli occhi.

-Non faccio più l’amore con te-

A questa uscita lui scoppia a ridere.

 

-E io dovrei crederci?-

-Sì- fa l’altezzosa e non lo guarda.

-Non ci credo-

-E non ci credere-

-Non resisteresti mai- la stuzzica.

Lei si volta con sguardo di sfida. Gli si avvicina.

-Scommetto che invece tu non resisti-

-Oh, io credo di farcela-

Si allontana, gettandogli un’occhiata sospettosa.

Dopo vari tentativi, è costretta a finire i suoi compiti.

Chiude il libro, il quaderno e li getta da qualche parte sul pavimento. Poi con un sorriso furbo si avventa contro il ragazzo.

-Non mi merito un premio per aver fatto i compiti?-

Davide ricambia il sorriso e si lascia stendere a terra.

-Vedi che non resisti?-

-Uffa, come sei…- abbandona il tono malizioso e si siede sul suo bacino a braccia conserte -e allora niente. Arrangiati-

-Bene, fa lo stesso. Ora… puoi toglierti da lì sopra?-

Alice torna a sorridere maliziosa.

-Da lì dove?-

-Da lì-

E con un colpo di reni la fa rotolare a terra; si alza incredula.

-Brutto antipatico!- dice, mettendosi le mani sui fianchi.

Il ragazzo si alza ed esce dal salotto, andando ad infilarsi una giacca.

-Dove stai andando?- chiede lei, raggiungendolo.

-A lavoro. Ma…tu puoi restare se vuoi- dice, prendendo le chiavi della macchina.

Alice si mette le mani dietro la schiena.

-Pensavo che avremmo passato il pomeriggio insieme…- comincia delusa.

-Eh che ci devo fare? Il lavoro me l’hai trovato tu…-

Poi le dà un baio velocissimo ed è già sceso.

-Okay, allora ci…- Alice non fa in tempo a finire la frase che si trova sola -…vediamo- conclude.

Sbuffando torna nel salotto e recupera le sue cose.

È un po’ delusa. Si annoia e non sa che fare.

Per un momento si acciglia, e le verrebbe quasi voglia di andarsene a passeggio con un’amica, alla faccia dell’antipatico.

Poi però si contraddice, e qualcosa la fa rimanere inchiodata su quel divano.

Alice si mette una mano fra i capelli e geme sconsolata.

Lo sa già cos’è.

Si è innamorata.

 

Davide è fermo davanti ad un bancone con i soliti dieci pacchetti da consegnare. Decide di cominciare e si avvia con la macchina in giro per la città. Un po’ gli dispiace di aver lasciato sola Alice, ma dopo tutta la fatica fatta per trovarne uno, marinare il lavoro non è una grande idea.

Dopo si farà perdonare, pensa.

Curiosamente è lo stesso pensiero che fa la ragazza, solo che, cercando nei cassetti del ragazzo, si accorge che ha finito le munizioni.

Si acciglia.

Cavolo, possibile che abbiamo già finito un pacchetto?

Be’, di certo non aspetterà che torni lui; prende la borsa, le chiavi di casa, si aggiusta un po’ e scende le scale.

La sua fedelissima bicicletta, che Davide sfotte sempre, è attaccata alla ringhiera del cancello fuori la palazzina.

Monta su e si dirige verso la farmacia più vicina.

Arrivata all’entrata esita. Un po’, se proprio lo deve ammettere, si vergogna. Però… in compenso, per un attimo di imbarazzo, potrà gustarsi la faccia sbalordita e ammirata di Davide. E non è l’unica cosa che si gusterà.

Sì, ne vale decisamente la pena.

Fa un bel respiro ed entra.

La farmacia è piccolina e individua subito la sua preda. Dannazione, giusto vicino al bancone deve essere?

Cerca di darsi un’aria sicura e si avvicina.

Fingendo di controllare altre medicine, getta lo sguardo lì.

C’è solo un pacchetto, un unico pacchetto.

Andiamo Alice, non è difficile.

-Posso aiutarla?-

La farmacista sfodera un sorriso incoraggiante e disponibile, che ha la capacità (incredibile a dirsi) di far arrossire la ragazza.

-Ehm… forse sì-

Si schiarisce la voce. Mai mostrarsi insicuri. Dopotutto non c’è nulla di male, no?

Ma prima che possa aggiungere altro, una voce maschile e sicura la precede.

-Quanto costa?-

Alice si volta immediatamente.

Un ragazzo alto, dai capelli spettinati artisticamente, di sicuro reduci di un taglio costoso, le sta dietro e indica proprio quel pacchetto lì.

La commessa, educata risponde, e il ragazzo prende in mano il portafogli.

Lei capisce che vuole fregarle la preda e interviene. Chissà come, l’imbarazzo di prima è svanito.

-Ehi tu! L’ho visto prima io!-

Si mette le mani sui fianchi nella classica posizione e parte all’attacco.

-Scusami?-

Il ragazzo alza un sopracciglio e la guarda da sotto in su. Lo stesso fa lei.

Ha una maglia parecchio aderente, il tipo. Ed è pure griffata.

Poi incrocia il suo sguardo; ha occhi marroni.

-L’ho visto prima io, rispetta la fila!-

Curioso che lo dica proprio lei, in ricordo dell’esperienza dell’autogrill. A quel pensiero le scappa un sorriso.

-E ora che hai da ridere?-

-Non sono fatti tuoi, ti pare?- ribatte.

Il ragazzo porge alla commessa il dovuto e si prende il pacchetto. Alice è sbalordita.

Come se nulla fosse, il tipo esce dal  negozio. Ha dei bei pantaloni di marca, si trova a pensare.

Poi però la furia vendicativa la invade e lo segue fuori.

-Ehi tu! Calvin Klein!- lo chiama.

Il ragazzo si gira.

-Dici a me?-

-Si a te, ladro di preservativi!-

Gli si avvicina.

-Come cavolo ti sei permesso di fregarmeli?-

Il tipo la guarda perplesso.

-Scusa, ma qual è il problema? Compratene altri, sai ci sono anche i distributori-

-Non è questo il punto! Io voglio quelli! Sono migliori-

Nel dirlo è lievemente imbarazzata, ma reprime subito quel sentimento.

-E che ne sai tu?- ora il tipo ha una smorfia maliziosa.

Alice si acciglia; quel ragazzo la sta infastidendo sempre di più.

-Oh andiamo! Dai…- fa un sospiro e pensa rapidamente a qualcosa per convincerlo -se mi mettono incinta sarà colpa tua, eh?- lo avverte.

 

Il ragazzo prima la guarda ancora più perplesso. Poi le labbra gli si allargano in un sorriso. Il suo sguardo cambia, è diverso ora. Lei se ne accorge e distoglie il suo.

Il tipo prende in mano il pacchetto che ha appena comprato e lo apre.

-Facciamo così- dice, estraendone qualcuno -te ne dò la metà. Tanto a te servono con più urgenza, i miei erano solo… così, per ogni evenienza…-

Alice batte le mani, felice di aver raggiunto il suo scopo.

-Oh, lo vedi che sei ragionevole?-

Poi se li infila in tasca, sorridendo pensando alla faccia che farà Davide.

-Come ti chiami?- chiede lui, non più strafottente come prima.

-Alice. Sai, come i pesci che si mangiano- sorride divertita.

Anche il tipo allarga il sorriso già presente sul suo volto.

-E hai già trovato il tuo paese delle meraviglie?- domanda ancora, con tono leggermente più basso.

La ragazza lo fissa da sotto in su. Mette le braccia conserte e sta al suo gioco.

-Spero presto…- comincia, divertendosi a vederlo arrossire -ma per ora è alto, bellissimo e fa il pasticcere!-

-Il pasticcere?- ripete lui, con un tono stupito.

-Sì, perché?- domanda lei perplessa dal suo tono.

Il tipo tossicchia e sembra divertito.

-Oh no, nulla…-

Alice capisce subito che intende dire.

-Senti, tu, Calvin Klein…- comincia minacciosa -permettiti ancora di parlarmi come un imbecille viziato e ti buco i preservativi!-

Sorpreso l’altro non ribatte.

-Ma no, non… non intendevo dire nulla contro i pasticceri…- cerca di rimediare.

-Lo spero- fa Alice, altezzosa.

-A posto allora?- chiede preoccupato.

Lei lo guarda un attimo. Lo squadra. Non è del tutto convinta, ma annuisce.

-D’accordo… ma alla prossima sfilata voglio i posti in prima fila!- sorride e fa per andarsene.

-E comunque non mi chiamo Calvin Klein…- le grida il tipo, già lontano.

-E come?- fa la ragazza in risposta.

Il tipo sorride e mette le mani a coppa attorno alla bocca.

-Oscar!-

Alice non può trattenere una risata. Si allontana e monta sulla bici. Prima di andarsene però guarda il tipo tutto griffato aprire il portellone di una bella Peugeot 207 nera e salire al posto di guida.

Non si muove, ma aspetta che le arrivi davanti. Oscar abbassa il finestrino.

Le porge un biglietto.

-Semmai dovesse andar male, chiama mio padre- Alice prende il biglietto -fa il ginecologo-

Così dicendo accelera e se ne va.

Alice rimane ferma e legge il biglietto. C’è un numero, il nome del papà di Calvin Klein e l’indirizzo per lo studio privato. Hai capito…

Se lo infila in tasca e pedala fino a casa.

Sale le scale, evitando di incrociare il signor Del Mastro; l’ultima volta le aveva dato, senza ritegno, della sgualdrina perché portava una gonna troppo corta. Avrebbe voluto rispondere, ma Davide le aveva tappato la bocca e trascinata via. Un giorno di questi gliel’avrebbe fatta pagare, a quel vecchiaccio scorbutico.

Apre il portone ed entra in casa. Cioè, ad essere precisi la casa è di Davide.

Però le piace pensare che abbia le chiavi per aprire la porta.

Si toglie le scarpe e va in cucina. Che mangiamo oggi?

Sceglie qualcosa da cucinare veloce veloce.

 

Davide sbuffa ed esce dal negozietto, salutando il proprietario. È una settimana che va avanti così, e deve ammettere che non è poi tanto male. Però…… c’è un però che non lo convince del tutto.

Suona il campanello. Nessuno gli risponde. Suona ancora. Ma niente.

Dannazione, pensa. Alice si è arrabbiata e se n’è andata. Per fortuna ha un doppio delle chiavi.

Apre la porta e la chiama. Nessuna risposta.

Sbuffa seccato, si toglie giacca e jeans e poi va in cucina.

Ah, ecco dov’è.

Sta preparando qualcosa, è voltata verso i fornelli e non sembra essersi accorta di nulla.

-Alice? Dai mi dispiace…- comincia avanzando.

La ragazza non si volta però gira la pasta.

-Non potevo non andare. Dai… scusami… ti prometto che qualche giorno usciamo- dice per giustificarsi.

-…usciamo e ti porto dove vuoi, fosse anche a quel cavolo di centro commerciale!-

A questa uscita dovrebbe ridere, pensa. Ma non accade, e questo lo fa irritare.

Magari l’ha presa proprio male.

Le si avvicina da dietro, l’abbraccia e le dà un bacio sul collo.

-Oh andiamo… che fai, la bambina?- le dice.

Alice si volta solo allora, ma non è né arrabbiata, né delusa. Gli fa un gran sorriso e ricambia il bacio.

-Scusami- dice ridendo -non ho sentito, che hai detto?-

Si toglie le cuffie dell’Mp3.

Davide scoppia a ridere.

-Brutta imbrogliona! E io che pensavo che mi tenessi il muso!-

Però non si sposta e non la lascia.

-Allora, che hai fatto? Ti sei annoiata?-

-Macchè!- fa lei, mettendo il sale -Sono andata a comprare i preservativi-

-Che hai fatto?- domanda sbalordito, allontanandosi un po’.

Alice ride.

-Sì, e pensa, Calvin Klein in persona voleva rubarmeli! Poi però… beh, insomma ce li siamo divisi…-

-Ma che vai dicendo?-

Lui non presta più di tanto attenzione alle sue parole, pensa che stia bluffando. Ricomincia a baciarla.

-E allora vogliamo provarli?- dice.

Se deve farsi perdonare, è meglio farlo per bene. Lei si contorce sotto le carezze che le fa, ma ride ancora.

-Fa il solletico…-

Davide la fa staccare dai fornelli e le prende il viso con le mani.

-Mi perdoni?- dice. Poi sorride.

Lei lo ha già perdonato da quando l’ha abbracciata, ma non vuole dargliela vinta.

-Questa è l’ultima- dice.

Si volta di nuovo e riprende a cucinare. Davide si allontana e si siede su una sedia. La guarda mentre scola la pasta e ci aggiunge il sugo. Sorride.

Poi gli torna in mente qualcosa che doveva dirle.

-Alice, vieni qui un attimo…- si alza e la prende per mano.

Lei, stupita si fa condurre di là. D’un tratto le viene in mente un’ipotesi che la fa arrossire a dismisura. Decisamente, per ora, è questo il suo paese delle meraviglie.

Il ragazzo la porta in salotto, e le indica il muro alla destra del divano.

-Guarda- le indica il muro segnato dalle umidità e dalla vernice giallina sbiadita.

-Vedo. E fa schifo. Perciò?-

È leggermente delusa. Pensava che avesse di meglio da farle vedere che un muro pieno di crepe.

Lui sorride come chi deve fare una sorpresa, e sa già che le piacerà immensamente.

-Allora… eh, pensavo… sai, ci vorrebbe una bella verniciata- inizia.

-Vuoi chiamare i pittori?-

-No- fa una mezza risata -io… pensavo che potevamo farlo noi… se, se ti va-

Alice guarda il muro; ad un certo punto sul viso le compare un sorriso grandissimo, per quanto sia possibile.

Batte le mani e si morde un labbro.

-Sì sì sì! Sarà una cosa fichissima! Sì, dai facciamolo!-

-Sei sicura? Mi vuoi aiutare?- chiede.

-Ma certo che voglio! Che domande fai? E poi…- si interrompe e arrossisce -sarà come se fosse un po’ casa nostra…-

Davide sorride, ma è un sorriso tirato.

-Ehi…- prova a scherzare -…rallenta…-

La ragazza annuisce, rassicurandolo. Mentre mangiano, però, Davide non ha ancora abbandonato la sorpresa insolita al suo ‘casa nostra’.




Un altro nuovo personaggio. Decidete voi se vi piace o meno, anche se forse è un po' presto.
Grazie ai dieci, che hanno messo la storia nei preferiti.
Per giunigiu95: non importa, dopotutto errare umanum est; perciò è piuttosto comprensibile.
Per Riza28: allora, 1) Davide, per dirla tutta, se la fa sotto per quanto riguarda andare a conoscere la sua famiglia. Quindi bisognerà trascinarlo. 2) Sì, forse lo verrà a sapere... ma forse...solo che non sarà più così importante perchè avrà altro a cui pensare...ma basta con gli spoiler.
Per demetra85:  grazie per i complimenti su questa e la precedente. E come ho detto prima... non ha assolutamente il coraggio. Vedremo.
Grazie anche a chi legge soltanto.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


-è tardi. Hai sonno?-

Alice prende la borsa e guarda il ragazzo che si dondola sulle gambe della sedia.

-Un po’. Non dovevamo vederci quel film- dice, regalandogli un sorriso.

Davide la guarda infilarsi la felpa sopra la maglietta, e poi guarda l’orologio. Le undici e quarantatré.

Una strana malinconia lo assale, e smette di stare in equilibrio per poggiare la sedia a terra.

Lei sta per andarsene, e vuole salutarlo.

Lui, senza pensarci più di tanto, dice

-Dormi con me-

Non è una domanda, o un’ipotesi buttata lì tanto per. È un’affermazione e la ragazza lo capisce.

-Cosa? Ma…-

Arrossisce in modo incredibile. Strano per lei.

Davide le si avvicina, spegne con una mano la luce della sala, e con l’altra la avvicina a sé. E la bacia.

Chissà perchè tutta questa intraprendenza. È che gli è tanto piaciuta quando prima si è data da fare per preparare da mangiare. Lei apre le labbra e gioca con la sua lingua.

Il bacio è qualcos’altro adesso.

È strano che sia lui a comandare, di solito non succede.

La trascina via via verso la camera da letto, per poi farcela cadere sopra.

Alice d’improvviso si stacca; lui però continua, non vuole fermarsi. Allora gli tira un piccolo schiaffo sulla guancia.

-Ehi dico, ma che ti prende?-

-Voglio fare l’amore con te…- risponde semplicemente con voce roca.

Ricomincia a baciarla sul collo, e lei chiude gli occhi per un attimo. Poi si riscuote e lo ferma.

È stupita.

-Davide… che fai?-

-Non hai voglia?-

-No, non è questo, però……… cavoli!- sorride -da dove viene tutto questo spirito d’iniziativa?-

Lui si alza, scostandosi.

-Va bene, scusa…- è deluso e si vede. Scende dal letto e inizia a spogliarsi.

La ragazza se ne accorge e lo segue.

-Che fai?- è lui a chiederlo stavolta.

-Mi spoglio. Hai detto che dobbiamo dormire insieme o sbaglio?- fa maliziosa.

Solo che non si mette semplicemente il pigiama. Si toglie tutti i vestiti, anche l’intimo. Rimane nuda.

Incrocia le gambe e lo guarda divertita mentre il suo sguardo si posa intenso sulla sua nudità.

-Scusa come fai a dirmi di resisterti?-

-Eh no, non vale sai…- protesta mentre la schiaccia di nuovo sul letto.

Un dito temerario la sfiora lì e questo interrompe tutte le proteste.

-Grazie di avermi trovato il lavoro…- comincia lui.

La mano nel frattempo non smette di stuzzicarla.

-Grazie di aver cucinato per me…-

Alice geme un pochino e inarca la schiena. Però continua a fissarlo.

Ora altre dita si muovono lì sotto. Ad un certo punto lei trattiene il respiro e si morde un labbro.

-Davide……-

Non finisce di dirlo che già lui ritrae la mano, bagnata però.

Lo guarda con un sorriso appagato, le braccia sopra la testa.

Si alza e si pulisce le mani. Lei si alza, un po’ triste e fa per riprendersi i vestiti.

A metà nell’infilarsi il reggiseno la mano di lui la blocca.

-Che fai?-

-Be’ scusa… secondo te come ci torno a casa, nuda?- scuote la testa e riprende a coprirsi.

 

Davide la guarda serio.

-Guarda che non scherzavo prima. Dormi qui-

Si sdraia sotto le coperte e batte una mano sul materasso. Alice si acciglia.

-Dai non prendermi in giro…-

Lui si siede e la guarda.

-Sono serio-

Si guardano negli occhi; la ragazza vede un’espressione decisa, che poche volte gli ha visto sul volto. Poi sente dei brividi per il freddo e nega.

-No, dai…che gli dico a mia madre?- chiede.

-Quello che vuoi… che sei andata a dormire da una tua amica. Una cavolata qualsiasi. Dai…- le prende le mani e la tira a sé. Incapace di resistergli Alice si lascia portare sul letto.

Valuta la situazione, e a dir la verità non l’ha mai fatto. Abbassa lo sguardo.

-Non ho mai dormito con un ragazzo……- dice; arrossisce pure ma per fortuna l’amico buio copre il suo imbarazzo.

Lui fa un verso scettico.

-Ma dai… non c’è bisogno di dirmi così…-

-E tra l’altro ho pure freddo, sarà meglio che torni a casa…-

Fa di nuovo per rivestirsi ma due braccia ben decise la accerchiano da dietro.

-Ti scaldo io-

A questa frase la ragazza sente batterle il cuore molto veloce; non sa che rispondere e sta zitta. Cioè, in realtà avrebbe due paroline ben precise da dirgli, ma non se la sente. Sa che tutte le sue amiche si scambiano sdolcinatezze e parole smielate con i rispettivi ragazzi. Loro non sono così, il più delle volte si sfottono, a parte quando fanno l’amore. Anzi, certe volte pure in quei casi.

E le sta bene così però… non ha mai sentito quelle due magiche parole uscire dalla sua bocca. Parole che sono capaci di far perdere la testa a tutte.

Non si accorge quasi, immersa nei suoi pensieri, che è finita sdraiata accanto a lui; il quale ora le sta sistemando i capelli tutti scompigliati.

-Mi sa che è meglio se torni dal parrucchiere, va’…- sorride.

Lei però pensa a tutt’altro. Non se la sente proprio di ribattere quella sera; o perlomeno vuole una sera diversa dalle altre.

Ammette che a volte le piacerebbe sentirsi dedicare qualche bella frase, o una smanceria in pubblico, un gesto carino.

Però…… pensa anche che così è più fica, la cosa.

Ed è di lui che si è innamorata, non di un ragazzo col miele al posto delle parole.

Un tipo normale.

Davide.

Sorride e gli si abbraccia, contenta di aver raggiunto un accordo con se stessa.

Si infilano sotto le coperte, e solo allora capisce quanto sonno ha in realtà.

Fa uno sbadiglio contro il suo torace, facendolo sorridere, e chiude gli occhi.

-Ti amo- dice a bassa voce, come se temesse di farsi sentire.

 

 

 

Come se non volesse farsi sentire. Eppure lui le ha sentite benissimo, quelle due parole. Gli sono arrivate dritte nel petto, e non solo perché è lì che si poggia la sua testa.

Lo hanno fatto rabbrividire dentro, fino nelle ossa. Gli trema la voce; vuole rispondere ma non sa come. Non sa se è il caso, non sa se dorme.

La guarda. Scivola in basso in modo da arrivare all’altezza della sua fronte e le prende il viso con le mani.

Sorride, un sorriso che anche se è ad occhi chiusi può sentire anche lei.

-Modestamente…- dice, tra lo strafottente e il dolce.

Però subito dopo gli arriva un pugno sullo sterno.

-Ahio- fa.

E sia Davide che Alice ridono.

 

La luce mattutina, di quelle che ti sbattono sugli occhi chiamandoti ad iniziare di malavoglia un nuovo giorno e a lasciare il tuo letto, quella luce invadente, si intrufola nella stanza dove dormono i due ragazzi, e Davide apre gli occhi lentamente, con cautela. La prima cosa che sente è un qualcosa di caldo che sta appiccicato alla sua maglietta. Poi una gamba che si infila in mezzo alle sue. Alice.

Poi però sente un male forte dappertutto. Ha dormito su un fianco e ora si sente tutti i muscoli indolenziti. Piano si mette a pancia in su, massaggiandosi dove gli fa male.

Guarda l’orologio, e sono le otto e cinque.

Subito dà uno scossone alla ragazza, che alza la testa di scatto e tiene semischiusi gli occhi.

-Che c’è? Dov’è l’incendio?- domanda, confusa.

-A scuola-

Alice gli crolla addosso, strusciandosi nell’incavo della sua spalla.

-Vacci tu, secchione…- brontola.

-Ma che dici, mica puoi mancare. Alzati che è tardi-

-No-

Si aggrappa ancora di più a lui, sbadigliando.

-Ti butto giù dal letto-

-Devi solo provarci- sogghigna lei. Lui rinuncia.

-E allora che dirai ai tuoi?-

-Perché devi essere sempre così…… adulto? E smettila di pensare una volta tanto…-

-Gentile… davvero-

Davide se la scrolla di dosso e si sdraia, rilassando i muscoli doloranti. La ragazza si accorge del cambio di tono e lo guarda. C’è rimasto male.

-Oh…-

-Che vuoi?-

-Calmati fratello, eh?- si acciglia e si siede sul letto. Ha dormito senza vestiti.

Questo gli fa perdere un po’ di rabbia. Lei si abbraccia le gambe e aspetta la sua reazione senza guardarlo.

Il ragazzo sospira, pentito.

-Scusa- dice.

-Ecco, bravo. A volte le dici le cose giuste-

Alice si infila daccapo nelle coperte, ma dall’altra parte.

Davide si è dispiaciuto. Vuole toccarla ma non vuole nemmeno rovinare tutto.

-Scusa se ti ho risposto male- dice esitante.

La ragazza sorride dall’altra parte, ma senza farsi vedere.

-Scusa se ti ho detto che sei antiquato-

-Ma non me l’hai detto…- sorride lui, vedendo che si è girata.

-Ah già… ops…-

Il sorriso gli si trasforma in un’espressione incredula.

-Dovrei cacciarti, sai? Ripudiarti…-

-Mica ti ho fatto le corna-

-Non ancora…-

-Ci penserò-

 

Tre ore dopo Alice mette i piedi sul sedile per allacciarsi le scarpe.

Davide le getta uno sguardo che le basta per capire che deve abbassarli.

-Uffa…- fa, ma obbedisce.

-Dove si va?-

-Qui guarda-

Gli indica la rotatoria e poi la destra, verso la periferia. Il ragazzo si acciglia.

-Ma dove mi stai portando?- chiede.

-In un posto-

La Opel arriva davanti ad una palazzina. Lui è perplesso e confuso.

-Siamo a casa mia- dice semplicemente lei.

-Cosa?- il tono con cui lo dice è un po’ troppo alto.

Sbianca e si guarda intorno. Non ci tiene proprio ad affrontare quel problema ora.

-Dai, ma che hai? Hai paura dei miei?-

-Sì- dice istintivamente.

Alice sospira teatralmente e scuote la testa. Scende dall’auto , fa il giro e gli prende un braccio.

-Muoviti, tanto non ci sono di mattina-

Tra le proteste plateali di lui salgono le scale e arrivano nell’appartamento. Davide si dice tutte le litanie e coroncine che conosce pregando che non ci sia sua madre in casa.

Alice apre il portone, e lo tira dentro.

Il silenzio rimane immutato. Il ragazzo si guarda in giro, tranquillizzandosi man mano che passano i secondi; non c’è nessuno in casa.

Lei nota questo suo sollevamento e senza farsi accorgere sorride maliziosa.

-Mia madre dev’essere sul balcone. Aspetta che la chiamo-

-No!- reagisce d’istinto.

La ragazza ride, tenendosi il fianco.

-Perché ridi?-

-Perché sei un fifone, stupido!- gli tira un buffetto sulla spalla.

-Mia madre non c’è, è fuori tutta la mattina!- ride ancora.

Davide stringe gli occhi. Brutta… ti diverti, eh?

-Razza di impostora…- comincia, avvicinandosi.

-Fifone, fifone!- canticchia lei, allontanandosi.

D’improvviso lui fa per afferrarla ma la ragazza è più veloce e gli sfugge.

Cominciano a correre così in casa, ma Alice la conosce meglio e ridendo si chiude in bagno.

Davide si schiaccia contro la porta, sentendo la sua risata.

-Apri scema!-

-No! Cattivo!-

La sente ridere dall’altra parte, gioca un po’ così, ma la sua attenzione viene catturata da altro.

Smette di forzare la porta e si avvicina. Il salotto di casa sua ha la moquette, e dall’altra parte, su un cassettone di legno, sono messe in fila varie fotografie. Ma la sua attenzione è catturata da una in particolare.

Getta uno sguardo indietro, per assicurarsi che non ci sia nessuno. Poi prende in mano la foto. Sorride.

C’è una ragazza seduta su una pietra, che guarda dal basso l’obiettivo. Sorride scoprendo i denti.

Avvicina di più la foto al suo volto.

Tutto preso a guardare quella foto non si accorge che Alice è uscita dal bagno e gli è arrivata alle spalle. Fa un piccolo grido quando vede che foto sta guardando, e lo fa sobbalzare.

-No! Non guardare quella stupida foto!-

-Madonna, mi hai fatto prendere un colpo…- riprende fiato e alza la foto in modo da non fargliela prendere.

-Dai, faccio schifo!- protesta lei.

Davide gliela mostra, con sguardo però interessato.

-è bella- dice, osservando la sua reazione.

-Non è vero. Dai mettila via, c’è solo perché mia madre la vuole…- e gliela fa posare.

-Un talento precoce, vero? Quanti anni avevi, quindici? Già facevi tutte quelle mosse?- la scherza.

Alice si mette abbracciata attorno al suo busto e con la testa sulla sua spalla. Il ragazzo prende in mano un’altra fotografia.

-Questa è tua madre?- chiede.

-Sì, è lei-

È la foto di una donna e suo marito sullo sfondo del mare. La donna è più alta di lui, indossa un vestito turchese e porta una collana piuttosto pesante. Il marito sorride ampiamente, abbraccia la moglie all’altezza della vita; porta un paio di bermuda beige e una camicia. In una mano regge una canna da pesca.

-Tuo padre pesca?- chiede subito.

-Macchè…- fa una risata -voleva farsi bello per la foto-

L’uomo è un po’ pelato, con dei ciuffi brizzolati ai lati della testa, ma la moglie è tutto l’opposto.

Ha dei lunghi capelli biondi, spartiti sopra la fronte da un paio di occhiali da sole. Fa un sorriso molto tirato, al contrario del marito, che ne sfodera uno bello ampio.

-Allora?- Alice allontana la foto e la rimette a posto -che ne pensi?-

Davide si infila le mani in tasca e scrolla le spalle.

-Non assomigli per niente a tua madre- dice, secondo la sua prima impressione.

Lei si acciglia, e si stacca per guardarlo negli occhi.

-Davvero?-

-No. O almeno così mi sembra, poi…- aggiunge subito, passeggiando per la stanza.

C’è un quadro sul muro a cui è appoggiato il cassettone. Poi un divano, violetto in tinta con la moquette, le pareti lilla. Un tavolino al centro, di vetro, poi delle poltrone.

Questo è il salotto, che però comunica con un’altra stanza, che dev’essere la cucina.

-Perché le pareti viola?- chiede con un sorriso.

-Piacevano a mamma- risponde lei, e lo prende per mano -a proposito, devo farti vedere una cosa…-

Lo trascina fino in camera sua e lo stende sul letto. Poi va alla scrivania e fruga tra le carte. Cerca, rovistando negli appunti di una lezione di filosofia, e prende un foglio dal mucchio.

Poi si mette in grembo a lui e glielo mostra.

Davide lo avvicina al volto, ma facendo in modo che anche lei possa guardarlo.

C’è scritto sopra “Muro decrepito”. C’è lo schizzo di una parete, poi una fantasia a rettangoli verdi e arancioni.

-Cos’è?- domanda.

-Avevi detto che dovevamo dipingere o sbaglio?-

-Sì…-

-E questo è il mio progetto!- allarga le mani, girandosi per osservare la sua reazione.

Davide alza un sopracciglio.

-Rettangoli?- non riesce a trattenersi -rettangoli verdi e arancioni?-

Alice si acciglia.

-Perché, non ti piacciono?-

-Io pensavo più a qualcosa tipo… non so, bianco?-

-Naa… ma che dici?- lei muove la mano come se dovesse scacciare un qualcosa davanti al suo naso -troppo comune-

-Be’, io mica ho detto che volevo il premio all’originalità…-

-Vedremo, vedremo chi la spunterà…- ripiega con cura il foglio e se lo infila in una tasca.

Poi prende un altro foglio bianco.

Ci scrive sopra qualcosa, lo mette in bella vista sulla cucina e apre il portone.

-Usciamo?-

-D’accordo, ma… calma, eh? Che dirai ai tuoi? Non sei andata a scuola, non hai dormito a casa…- comincia lui, ma subito la ragazza lo tira fuori.

-Tu lascia fare a me- dice.

È questo che lo preoccupa, in realtà.






Non so se va granchè bene. L'ho quasi finita di scrivere, ma... non so se è soddisfacente.
Per Riza28: non ti posso dire nulla, ma credo che ti ci dovrai abituare, a Calvin Klein
Per demetra85: non so se hai ragione, o meglio lo so ma sarebbe uno spoiler, quindi...

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Un ragazzo in grembiule bianco ha in mano della cioccolata e la sta spalmando con molta attenzione. Di solito la sua materia preferita sono i computer, programmare e lavorarci su, ma stavolta sta mettendo la stessa attenzione che metterebbe per un linguaggio di programmazione nella preparazione di un semplice pasticcino.

Sorride soddisfatto, ammirando il suo lavoro. Il bignè sta perfettamente in piedi sul bancone da lavoro, e sopra ora ha un ciuffo ribelle di cioccolato appena fatto.

Da leccarsi i baffi. Giancarlo lo vede, lo esamina e annuisce.

-Bene, niente male- sorride incoraggiante -ora devi preparane una ventina-

Davide si sente cadere le braccia.

Sbuffa, riprende in mano il dosatore e si dedica ad un'altra pasta.

È sempre così.

Quel pomeriggio sembra non passare mai; Giancarlo ha deciso che è pronto per aiutarlo a preparare i dolci, e così ora si trova alle prese con creme, ornamenti, tempi di cottura, cioccolato, vaniglia, mandorle, glassa, frutta sciroppata, nocciole, liquori, ricotta………

Gli sta venendo un leggero mal di stomaco.

Mentre decora l’ultima pasta è certo di stare per vomitare a furia di vedere dolci. Va a sciacquarsi le mani e sente la voce del suo capo.

-Pulisci la cucina se hai finito!-

-E certo, non sia mai che io me ne stia con le mani in mano…- commenta a bassa voce lui.

Prende lo straccio e comincia a lavorare.

Nemmeno sente il vociare che proviene dal negozio, inginocchiato a terra per pulire una macchia di crema piuttosto ostinata. Mentre strofina vigorosamente, una scarpa gli colpisce le mani.

Alza gli occhi; Alice lo guarda maliziosa.

-Come sta il mio pasticcere?- chiede.

Davide getta lo straccio nel secchio e si alza. Lei gira nella cucina.

-Non sono un pasticcere…- sorride, avvicinandosi.

La ragazza raccoglie con un dito un po’ di cioccolato residuo.

-Buono?- domanda.

-Mmm… può darsi…-

Lo spinge fino al bordo del bancone.

-Ma io preferisco quello bianco, di cioccolato, non so se mi spiego…-

Mentre gli lascia un bacio sulle labbra la sua mano lo tocca.

-Ehi scema… ma che fai?- si ritrae ma non proprio dispiaciuto.

-Dai…- ride, dà uno sguardo dietro di sé e non trovando nessuno continua a cercare di farlo star fermo.

-Ma che fai?- ripete stupito, quando cerca di slacciargli il pantalone.

La allontana deciso, cercando di non far capire niente al capo.

-Che, sei scema? Non possiamo!-

Alice alza un sopracciglio con espressione saputa.

-Non possiamo? Lo vieni a dire a me che l’ho fatto nel letto dei miei genitori?-

-Cosa?-

Davide fa una risata però è meravigliato. Forse anche un po’ammirato.

-Tutto vero. Ma visto che non vuoi… be’, tanto piacere-

Torna nel negozio, lasciandolo lì fermo. Gli viene da ridere. Scuote la testa divertito e riprende a pulire il pavimento.

Mezz’ora, un pavimento e una macchia ostinata più tardi, Davide saluta Giancarlo e si infila nell’auto.

Anzi, correggiamoci. Prima di infilarsi nell’auto guarda in cielo. È piuttosto nuvoloso e grigio, e pare che si stia per mettere a piovere. Sentendo un tuono rimbombare e una folata di vento freddo far rabbrividire le sue braccia scoperte, si infila dentro. Infatti, poco dopo, diluvia.

Goccioloni cadono sul parabrezza, spostati ritmicamente dai tergicristalli.

Il ragazzo starnutisce e tira su col naso; detesta la stradina che sta percorrendo, perché c’è sempre molto traffico. E inoltre, avendo la macchina, deve per forza andare dritto per la strada, facendo il giro lungo.

Passa davanti a vari negozi, ma la sua attenzione viene catturata da una buffa figura.

C’è una ragazza, con i capelli fradici, che si stringe le spalle e guarda la pioggia cadere. È rannicchiata sotto un balcone, su un marciapiede, e cerca di telefonare a qualcuno. È così buffa che sembra……

No, è lei.

Davide scuote la testa, e abbassa il finestrino.

-Vieni!- la chiama.

Alice alza lo sguardo, lo vede e fa un gran sorriso.

Subito corre verso la macchina, aprendo lo sportello e infilandosi dentro.

I capelli sono appiccicati alla fronte e goccioline le cadono dal naso. Però compone un sorriso dolce.

-Grazie- tira su col naso.

-Che ti salta in testa di uscire con stò tempo?- domanda, quasi a rimprovero.

Lei alza le spalle.

-Senti, non sapevo che fare. A casa non c’è nessuno e comunque non potevo tornarci. Tu eri a lavoro… - si giustifica.

 

-Sei sicura di stare bene?- domanda preoccupato quando la sente starnutire.

-No, sto bene… dai. Ci vuole altro per battermi!- dice sorridendo ma fa un altro starnuto e tossisce.

Davide le dà uno sguardo pensieroso.

-Dai, ti porto a casa…- dice -…prima che ti prendi un malanno…-

-No, non ci voglio andare a casa!- protesta -se ci torno mamma vorrà sapere dove sono stata ieri notte. Ho detto a papà di reggermi il gioco, ma non so fin quanto ce la fa-

Un po’ dopo sono davanti casa del ragazzo. Alice continua a starnutire e giusto il tempo di salire che si trova infilata sotto le coperte.

-Non sto male!-

-Lo dici tu. Tieni-

Le porge una tazza di latte caldo. Lei si siede e comincia a berlo.

Fa molti altri starnuti e si infila sotto le coperte, rannicchiandosi su se stessa.

-Ti porto a casa-

-Sto bene. Ho bisogno di riposare-

-Anche io sai? sono distrutto… tutto il pomeriggio a fare bigné…-

Lei sorride e lo fa stendere accanto a sé.

Qualche minuto dopo sono già addormentati. La prima sogna una storia felice, che sta già vivendo e che non vuole lasciarsi scappare. L’altro probabilmente pensa che non mangerà più bigné al cioccolato in vita sua.

 

Sabato pomeriggio la Opel parcheggia nel grande spiazzale del centro commerciale. Davide, riluttante all’inverosimile, scende di malavoglia mentre la ragazza schizza fuori con un gran sorriso.

Ma perché diamine ha dovuto proporle di riverniciare casa? Comunque, dieci minuti dopo sono in un negozio di arredamenti e fai-da-te. Alice sta esaminando la tabella dei vari colori, mentre il ragazzo sbircia i prezzi dei barattoli.

Si china per leggere quello di un pezzo medio. Una trentina di euro. Beh, ci può stare, direi… ma basterà per quattro pareti?

Si domanda se non sia il caso di chiamare i pittori, piuttosto che fare una spesa inutile.

-Ho scelto!- Alice batte le mani e lo invita ad alzarsi.

Davide indossa una sciarpa attorno al collo.

Ironia della sorte, a lei era passato il raffreddore, mentre lui si era preso una bel mal di gola. Tira fuori dalla tasca un fazzoletto e starnutisce.

-…Ehm, scusa- fa, poi si avvicina alla tabella.

La ragazza gli indica un verde e un arancione. Il verde è piuttosto scuro, dello stesso colore della ringhiera del suo balcone. Un verde da bottiglia di vetro, tipo. L’arancione è pure scuro.

Tira su col naso e alza un sopracciglio.

-Sei sicura?- chiede.

-Sì perché? Non ti piacciono?-

-No, cioè sì…-

Lei si mette le mani sui fianchi, con cipiglio scettico.

-Davide…- comincia.

Lui allarga le braccia.

-Beh che vuoi? Non è che io voglio spendere soldi così, all’aria! È solo un mese che lavoro!-

È vero. è un mese che lavora da Giancarlo, anche se ultimamente comincia a stargli stretto quel posto. Deve studiare di mattina all’università, ovviamente con tutto il lavoraccio che comporta, lavorare dalle quattro e mezza fino alle nove, e trovare il tempo di stare con Alice.

Più volte, tornato a casa, si era gettato sul letto, capacissimo di addormentarsi col giubbotto.

E molte più volte era stato costretto a rimandare la cena coi genitori della ragazza, anche se di questo non era affatto dispiaciuto.

Ha paura che poi, ascoltato il giudizio della madre, Alice si ricreda. Pensa molto spesso di essere fortunato ad averla tutta per sé. Forse troppo fortunato.

Si toglie quei pensieri dalla testa con un sospiro.

Si sente chiamare. Guarda interrogativo Alice, ma sta scegliendo i barattoli di vernice. Perplesso si volta nel grande ingrosso e vede due persone avanzare verso di lui.

Una ragazza, dai capelli biondi e con gli occhiali, e un ragazzo. Più basso di lei, ma col sorriso sulle labbra.

-Non ci posso credere! Sei proprio tu!-

La ragazza gli vola incontro e lo abbraccia. Un po’ imbarazzato, lui arrossisce e ricambia l’abbraccio.

-Ciao-

Alice ha smesso di guardare lo scaffale, e ora sta col suo solito cipiglio battagliero. Getta un’occhiata eloquente al ragazzo e lui subito si scioglie dall’abbraccio.

-Ehm… Alice…- va verso la ragazza e la prende per mano -lei è Marilena. Marilena, lei è Alice…-

Esita, poi pensa sia meglio dirlo ed evitare inutili scenate dopo.

-…la mia ragazza-

Marilena la guarda sorpresa. Avrà almeno sei anni in più di lei. Poi sembra riscuotersi dai suoi pensieri e le tende la mano con un sorriso.

-Piacere…- dice.

-Piacere…- Alice la stringe ma ha qualche dubbio. Non le regala il suo solito sorriso.

-Ehi, guarda chi c’è?-

Marilena si sposta per far venire allo scoperto il ragazzo di prima. Ha capelli molto corti e castani, è infagottato in un cappotto ma sul volto, seppur cosparso di qualche lentiggine, gli compare un sorriso larghissimo.

-C-ci…- inizia.

Alice alza un sopracciglio, ascoltando il balbettio del ragazzo.

-Ci…ci-ciao- riesce a dire e abbraccia Davide.

Un abbraccio che lui ricambia con molto più entusiasmo, battendogli una mano sulla spalla e regalandogli un sorriso molto ampio.

-Alice…- indica la ragazza -lui è Tommaso-

Tommaso la guarda e balbetta

-Pia-pia…piacere-

Alice ride, la sua solita risata e stira le labbra. Ma non è strafottente. È solo divertita.

-Piacere anche per me, Tommaso-

-Cosa fate qui?- domanda Marilena.

-Oh… noi… cercavamo della vernice- risponde Davide, indicando i barattoli esposti.

-Sì, sai, stiamo riverniciando casa- spiega Alice, abbracciando il braccio del suo ragazzo.

Questo gesto lo stupisce un po’, ma decide di non badarci.

-E voi?-

-N-noi ce-cer…cerchia-cerchiamo un pa…- comincia Tommaso, e sembra fare molto sforzo per articolare le parole.

-Un pa…?-

-Un p-pa… un p-pa…-

-Un palo?-

-Un pa che, Tommaso?-

-Un pa…- vorrebbe tanto dirlo, ma non riesce a continuare.

Marilena interviene.

-Vuole dire che stiamo cercando un pannello di legno. Si è rotto il mobile dell’ingresso- alza le spalle.

-Ah capisco-

Alice sorride e guarda curiosa Tommaso. Gli fa un sorriso molto dolce.

Poi i due si congedano, salutando Davide (Marilena con un bacio sulla guancia, e per questo si becca un’occhiataccia da Alice) e la ragazza.

Non fanno nemmeno in tempo a sparire dalla loro vista che Alice si lancia sul ragazzo.

-E allora? Chi era quella? La segretaria da film porno?- si acciglia.

Davide invece scoppia a ridere sentendo come l’ha apostrofata, e scuote la testa.

-Ma no, che dici! È la ragazza di un mio amico!-

-Sicuro?-

-Sicurissimo. Anche se ora si sono lasciati e lui le ha fatto le corna…- dice.

Questo gli ricorda che deve ancora convincerla a perdonare Luciano; il pensiero lo scoccia terribilmente, ma ormai gliel’ha promesso…

Alice la guarda stringendo gli occhi.

-“Non ci posso credere! Sei proprio tu!”- le fa il verso ovviamente storpiando la voce e facendolo ridere -non mi piace affatto- aggiunge.

Davide si fa serio.

-Sì, nemmeno a me. È una tipa tutta perfetta… guai a intralciarla in qualcosa-

-Stanno insieme?- chiede.

-Macché. Sono fratello e sorella- spiega, mettendosi le mani in tasca e tirando su col naso.

 

-Che carino Tommaso……- dice con un sorriso.

Lui alza gli angoli della bocca in su.

-Allora sei gelosa, eh? Sei gelosa di me?- chiede alzando un sopracciglio.

Alice prende in mano tre barattoli, facendosi aiutare da lui.

-Ecco, ho scelto- evita la domanda di prima.

-Sei gelosa-

-Ho preso uno verde, uno arancione e uno bianco- continua ignorandolo.

-E dillo che sei gelosa-

-Ora, io ho trenta euro e ne posso pagare uno. Tu hai gli altri?-

-Gelosa, gelosa…-

-E basta!-

Lo dice a voce troppo alta, e alcune persone si voltano. Davide la trascina alla cassa, evitandole altre figuracce.

Pagato il conto e rientrati in auto, torna all’attacco.

-Sei gelosa di me?-

Alice sbuffa e guarda dall’altra parte.

-Mi avvalgo della facoltà di non rispondere-

Lui sorride e mette in moto. Fanno il tragitto fino a casa senza dire una parola, mentre i Queen suonano per loro. Lei fa l’offesa; fa finta di essersi arrabbiata e così facendo spera che lui faccia qualcosa per farsi perdonare.

Davide parcheggia sotto casa sua, e ferma il motore. Poi tira fuori qualcosa da una busta che ha sotto il sedile; fa un balzo, appoggia la mano al suo poggiatesta e la chiama.

-Oh, scema…-

Lei si gira; le labbra incontrano il ciuffo di cioccolato di un bigné che il ragazzo sta tenendo in mano vicinissimo a lei. Le sorride immensamente divertito.

Alice rimane stupita per un attimo; poi ride, e fa ridere anche lui. Assaggia la pasta che gli porge.

-è buono?- chiede.

-Mmm… delizioso. Ma tanto lo so che non l’hai fatto tu- ribatte maliziosa.

-Sé…- risponde scettico -e sentiamo, allora chi avrebbe dovuto farlo?-

-Giancarlo, no? Sai quanti dolci ho mangiato da lui? Riconosco il suo stile…-

Finisce di mangiare il dolce.

-Beh, ma scusa! Devi sempre buttarmi giù? Io ci avevo messo tanta pazienza…-

Non finisce la frase che gli tappa la bocca con un bacio. Lo porta di peso, senza staccarsi, sul suo sedile e ci si siede sopra.

Subito, senza mezzi termini, gli apre i pantaloni.

-Mi sa che ho ancora fame, sai?-

Lo dice con una faccia innocente, ma il modo con cui lo accarezza dopo non lo è affatto.

Davide si ritrae, stupito.

-Che sei scema? Siamo sotto casa tua!- dice -E se tuo padre torna dal lavoro e ti vede così?-

Fuori iniziano a cadere le prime gocce di pioggia, che bagnano il finestrino.

Poco dopo diluvia. Alice alza il suo sedile e si mette dietro.

-Allora vorrà dire che ci metteremo qui. Sei tu lo specialista, no?-

-Ma…-

-Niente ma!- ribatte decisa -E cavolo, è una settimana che cerco di stare sola con te, e ora per il lavoro, ora per quella cavolissima università non possiamo mai! Ora muoviti e non fare storie!-

Lui scoppia a ridere, ma la segue sul sedile posteriore.

Lascia che lo faccia sdraiare (per quanto può) contro il finestrino ricoperto di gocce sempre più fitte.

Poi gli si avvicina, tornando a baciarlo, mentre le sue mani si infilano nei pantaloni.

-Allora… senti un po’……- muove la mano e a quel gesto il ragazzo geme.

-…azzardati ancora una volta a farti abbracciare in quel modo…- mentre lo dice è divertita perché contemporaneamente lo sta torturando piuttosto piacevolmente.

Davide ansima ma riesce a dire

-E perché… cosa… cosa mi faresti?-

Non serve una risposta, quando la sua mano lo tocca lì.

Un gemito piuttosto eloquente esce dalle sue labbra, a confermare l’approvazione.

Alice risale fino all’orecchio, baciandolo.

-Ce l’hai?-

-No, ma che ti frega…?-

-Invece mi frega eccome, fratello…-

Si abbassa fra le sue gambe.

-Vediamo se mi ricordo come si fa…-

 

 

Per Riza28: la scena in cui lui va a casa di Alice è quasi autobiografica, e per il muro, dovremo aspettare...
Per Jiuliet: ripeto quello che ti ho scritto nel commento, e cioè che riesci a cogliere molto ben quello che voglio dire. Grazie mille. Per farlo dire a Davide... ci vorrà un poco...
Per demetra85: come detto sopra, la scena è più o meno vera,  e spero che anche l'ottavo capitolo ti piaccia.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


-Basta, ti prego…-

Davide si trascina, costretto da un’occhiata della ragazza, nell’atrio del centro commerciale diretto davanti ad una vetrina.

-Oh senti! Chi ti ha obbligato?-

-Tu- ribatte piccato -dici che non passo mai il tempo con te-

-Ed è vero. Il mio pasticcere… chissà che combini là dentro…- dice, osservando con occhio critico un paio di scarpe.

-Madonna mia, puoi sbrigarti? Dai che pesano questi!-

Sventola le tre buste che ha in mano.

-Sì…arrivo- fa distratta.

Poco dopo sono seduti ad un tavolino e mangiano.

-Hai comprato tutto? Non credi che ti serva anche la cintura abbinata col vestito che hai preso per il diciottesimo di Giò? O magari l’ombretto coordinato? O qualche altra scemenza…- chiede.

Alice lo guarda male.

-Che stai insinuando?-

-Che hai comprato tanta roba inutile-

-Non è vero…-

-Sì-

-No-

-Ti dico di sì-

-E invece no-

-Ma se ti dico di sì-

-Ehi… allora, chi si vede. La ragazza dei preservativi-

Davide inghiotte rapidamente il boccone e Alice alza lo sguardo.

Un ragazzo vestito molto elegante, col maglione annodato sulle spalle, un paio di occhiali in testa e i capelli un po’ lunghi sta accanto al loro tavolo.

-Alice?- la chiama.

Davide lo fissa accigliato. Non gli è affatto piaciuto il modo con cui l’ha chiamata. Ragazza dei preservativi? Ma poi, chi sarà sto tipo? Tutto convinto…

La ragazza lascia il pezzo di pizza e lo guarda. Poi allarga gli occhi, capendo.

-Ma sì! Aspetta…. Aspetta, non me lo dire…- stringe gli occhi.

-Dai che te lo ricordi…- il tipo si mette una mano in tasca e le rivolge un sorriso provocante.

Che a Davide, rimasto escluso dallo scambio di battute, non piace affatto. Ha voglia di alzarsi e mettere bene in chiaro le cose.

Alice è la sua ragazza.

-…Calvin Klein!- esclama vittoriosa, e sorride.

Il tipo scoppia a ridere, ma è una risata controllata.

-Mi chiamo Oscar, veramente- aggiunge.

Alice lo guarda sorridente; poi una tosse finta le ricorda che c’è anche il suo ragazzo lì davanti a lei.

-Oh, sì certo. Lui è Davide. Il mio ragazzo-

Oscar gli tende la mano, che Davide stringe fissandolo senza sorridere.

-Piacere…-

-Piacere mio. Allora…-

Senza problemi si siede accanto a lei, sorridendole.

-Sapete, sono distrutto. Mia zia ha il negozio lì…- indica una vetrina più infondo.

Alice sgrana gli occhi e apre la bocca.

-Non ci credo. Tu sei il nipote della proprietaria di quel negozio?-

-Sì perché?- fa lui, cercando di sembrare naturalmente stupito della reazione.

-Io adoro quel negozio!- esclama, battendo le mani.

-Ma dai… anche io. Soprattutto perché non pago mai-

 

Oscar chiama il barista.

-Una birra- ordina.

Davide lo guarda sempre molto sospettoso. Gli sta meno simpatico ogni secondo che passa.

Bevono la birra, parlano e ridono (loro due); il terzo incomodo si irrita e alla fine li saluta.

-Io vado. Devo studiare. Alice… ci, ci sentiamo?- chiede alzandosi.

Lei lo osserva mentre dà un’occhiata delusa ad Oscar e capisce. Gli rivolge un sorriso dolce, totalmente diverso dagli altri fatti all’altro tipo.

Si alza e lo prende per mano.

-Noi- e marca bene il noi -andiamo. Magari ci vediamo in giro. Ciao-

Oscar si alza e saluta col sorriso.

Una volta allontanato, Davide prende le buste e le fa cenno di avviarsi all’uscita.

Alice ride e lo abbraccia da dietro. Gli bacia il collo poi arriva all’ orecchio.

-Sei geloso?-

Lui sbuffa.

-Un po’-ammette infastidito.

Lei gli prende la mano e la intreccia con la sua. Poi lo tira verso la macchina.

-Davvero eri geloso?- chiede.

-Beh sì-

Davide mette le buste di lei dietro e sale. Si allaccia la cintura e accende.

-…sai, è arrivato... Con i capelli lunghi, gli occhiali… vestito alla moda- dice, seccato.

La ragazza sorride ma non si fa vedere.

-E poi che storia è quella dei preservativi? Non è che…- aggiunge più aggressivo, ma Alice si affretta a spiegare.

-Oh. Ho capito- borbotta.

Intanto parcheggia la macchina sotto casa.

-Arrivata-

Si baciano ma lei lo invita a scendere.

-Come?-

Davide impallidisce.

-Dai- Alice lo tira di forza fuori dall’abitacolo.

Lui scende e chiude la macchina. La ragazza suona al citofono. Rispondono dall’altra parte.

-Apri. Ho portato una sorpresa- dice nell’interfono guardando il suo ragazzo.

-No. No, dai……- indietreggia, cercando una scappatoia.

-Eddai- si avvicina -dai. Tanto lo so che lo farai. Sei tanto tanto bravo……-

Compone l’espressione tipica. ‘Non puoi rifiutarmi nulla’.

Davide è nervoso. Non se la sente ancora di fare quel passo. Solo al pensarci suda freddo, ma Alice è di tutt’altra idea. Ripensa ad Oscar, e un po’ di paura lo assale. Non vuole perderla. No, questo mai.

Pur se a malincuore, annuisce.

Alice lo abbraccia e lo bacia.

-Dio, grazie! Grazie grazie! Non sai che regalo mi fai!-

-Io……- esita, poi le prende il viso con due mani.

La fissa dritta negli occhi.

-Basta che sei contenta- dice.

-Come posso non esserlo?-

 

Dopo un po’ di tempo imprecisato passato a ringraziarlo alla sua maniera, lo prende per mano e lo fa entrare nel portone.

Davide non sa cosa lo aspetta di sopra. Ma è sicuro che, almeno per ora, non c’è pericolo che quell’Oscar o comunque si chiami, gliela porti via.

La sua autostoppista preferita.

Salgono insieme le scale fino ad arrivare alla porta.

Lei suona il campanello, e poco dopo gli apre un signore mezzo pelato.

-Era ora! Ci hai messo dieci minuti a salire le scale?- chiede, lasciandola entrare.

-No, macché… è che lui non voleva salire…-

Alice tira dentro anche Davide. L’uomo lo guarda interrogativo, poi i suoi occhi si posano sulle mani dei due che sono intrecciate.

Alice fa un bel respiro, molto sorridente. Sembra che aspetti quel momento da un secolo.

-Papà…- esordisce, esponendo il ragazzo alla vista -lui è Davide. Il mio ragazzo-

Lui, oltremodo impacciato, esitante e soprattutto rosso in viso, tende la mano al signore.

Il quale però ha un attimo di smarrimento. Guarda la mano tesa e si affretta a stringerla in una presa vigorosa, pensa Davide.

-Piacere, Gennaro- dice, con un sorriso stavolta.

Lui rivede in quel sorriso lo stesso della figlia, e sebbene sia poca cosa, lo tranquillizza un po’.

-Davide-

Alice sposta lo sguardo dall’uno all’altro entusiasta, poi afferra le buste che ha appena comprato e si allontana.

-Porto queste in camera mia. Non scannatevi, eh?-

Lui stiracchia le labbra, ma la maledice per averlo lasciato solo. E adesso?

Si guarda intorno e nota una canna da pesca. La indica, guardando ora lei ora Gennaro.

-Lei va a pesca?-

-Eh, magari- fa un sospirone e si affianca al ragazzo per contemplarla.

-…in realtà, sai… un mio amico ci va spesso, a pescare… conosci il lago qui vicino?- chiede.

-Sì, certo. Va lì?-

-Esatto. E torna sempre tutto gonfio di pesci…e  si vanta quando viene a cena da noi. Mia moglie dice che così le faccio fare brutta figura, e allora…-

-…sta imparando. Capisco- sorride Davide.

Guarda la canna e può figurarsi benissimo l’immagine della madre di Alice che rimprovera Gennaro. È la scena che tante volte fanno lui ed Alice.

-E a te, piace la pesca?- domanda Gennaro, infilandosi le mani nei pantaloni e guardandolo adesso curioso.

-Beh… mi piacerebbe imparare. Sembra interessante. Ma…. non credo di essere portato…- ammette, stringendosi nelle spalle.

-E non sei l’unico- commenta l’altro, facendolo ridere.

Poi lo invita in cucina.

Bevono un caffé preparato da Alice, e mentre lo fa Gennaro la fissa accigliato.

-Alice, senti una cosa…- dice, stringendo gli occhi.

-Dimmi-

-Ma non puoi andare in giro così vestita, fa freddo fuori!- dice -A sto punto non te la mettevi la maglietta, bella di papà!-

Davide reprime una bella risata, e si sforza in tutti i modi di non guardare la sua ragazza. Però dopo arriva la risposta, sempre perennemente sfacciata.

-Senti, ma che vuoi saperne tu?- dice.

-Sempre maleducata, eh?- la rimprovera suo padre.

-Lo vuoi il caffé?- domanda, mettendosi le mani sui fianchi, accigliata -e allora meno commenti sul mio abbigliamento-

Gennaro scuote la testa ma rinuncia a combattere.

-Le donne sono la mia croce. Sia lei che sua madre- spiega a Davide.

Lui sorride comprensivo e risponde

-Sì, la capisco molto bene…-

Guarda Alice con un sopracciglio alzato e lei lo fissa male.

-Con te facciamo i conti dopo…- fa.

Dopo poco, con la scusa di andare al bagno, rimangono soli per un attimo. Davide la ferma con un braccio mentre sta tornando in cucina.

-Bastarda. Te la faccio pagare… non dovevi lasciarmi solo- dice, ma sorride malizioso e non arrabbiato.

Lei sta al gioco e si avvicina.

-Non vedo l’ora… sai che ancora non hai scoperto cosa sono capace di fare?- ribatte con un’espressione doppiamente maliziosa.

-Non dire così…-

-Perché, sennò che succede?-

Cerca di toccarlo ma si scansa velocemente.

-Scema. C’è tuo padre di là- la ammonisce e fa per tornare in cucina.

-Stupido. Non hai ancora scoperto cosa sono capace di fare…-

Così dicendo lo spinge verso la cucina, dove Gennaro finisce di bere il suo caffé.

-C’è n’è ancora se ne vuoi, pa’-

-No, basta grazie…-

-Ah non importa, lo finisce Davide- comincia sorridendo malvagia e porgendogli la caffettiera per versargli il caffé -a lui piace tanto…-

Lui si acciglia e non può maledirla ad alta voce, però sostiene il suo sguardo e beve senza battere ciglio, pur non essendo la sua bevanda preferita.

-Allora Davide… segui il calcio?-

-Eh, come no- sorride il ragazzo -lei?-

-Eh, io sono innamorato del Napoli…-

-Ah ma infatti sa che si sente l’accento? È diverso…-

-Sì sono di Napoli… ma mi sono trasferito qua, per seguire mia moglie-

Dovrebbe essere il contrario, pensa Davide stupito.

-Il Napoli di Maradona- dice con aria sognante -ricordo che quando avevo ventisette anni andavo tutte le domeniche allo stadio, e lo vedevo dal vivo. Pensa, Maradona… e ho anche una maglietta di quei tempi-

-Ah sul serio? Wow…- fa sinceramente ammirato.

 

Tutto sommato pensa due ore dopo, quando ormai è a casa sua, chino sui suoi libri, pensava peggio.

Gli sta simpatico, Gennaro; e non ha avuto grandi problemi a parlare con lui. Si stiracchia sulla sedia. Se questo è il peggio, beh…

La strada è tutta in discesa.

-Sai che ti dico?-

-Che mi dici?-

Alice prende la borsa, pronta ad uscire, ma si ferma sulla soglia per ascoltare il padre.

-Mi piace questo ragazzo. Sembra proprio bravo. Complimenti…-

Si avvicina alla figlia e le bacia, fra le proteste vane, la testa.

-Oh insomma! Che li avevo lavati i capelli!-

Gennaro ride e glieli scompiglia di più.

Poi le sorride e domanda

-Lo hai già detto alla mamma?-

Alice perde il buonumore e si fa preoccupata.

-No, e infatti non so più che scuse inventarmi-

-Vuoi che ci parli io?-

-Sì, per favore… insomma, parlagliene bene- lo raccomanda.

-Certo. Lascia fare a me. E, Alice?-

-Sì?-

Si volta sulla soglia.

-Alzati la scollatura-

Lei ride e scende le scale. Per questo le piace Davide. Le ricorda tanto suo padre a volte.

 







Per Jiuliet: esattamente, essere riuscito a rendere i personaggi abbastanza reali mi gratifica molto.
Per Lion E Lamb: non so se qualcuno metterà i bastoni fra le ruote ai due, ma ti ringrazio per la recensione e spero di essere stato veloce.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Passa velocemente un mese. In un mese succedono tante cose.
E possono cambiare.
Alice e Davide stanno ancora insieme, tranquilli.
Ma qualcosa è cambiato.
Alice lo nota, che c’è un cambiamento.
È cominciato da quando lo ha presentato a sua madre. La sua prima domanda era stata “dove studi?”. Davide, preso in contropiede aveva balbettato la risposta, ma a quella ne erano seguite altre.
Sotto lo sguardo sempre più preoccupato della ragazza e di Gennaro, altre che sembravano proiettili sparati da un mitra.
Davide se l’era cavata, tutto sommato: sua madre non ci aveva trovato nulla di male, anche se credeva, per qualche ignota ragione, di non esserle affatto andato a genio.
La sera ne avevano parlato, e lei lo aveva rassicurato dicendogli
-Probabilmente è solo sospettosa, sai non ho mai portato un ragazzo a casa dei miei-
Ma lui non era affatto così tranquillo.
Dopo di quello, si era aggiunto il problema non meno grave dello stress.
Il lavoro in pasticceria lo stancava sempre di più, così come studiare sui tomi di giorno.
Capitava che il pomeriggio, nella cucina, si addormentasse mentre doveva preparare un dolce.
Più volte era stato rimproverato, e più volte tornato a casa si era addormentato senza mangiare.

Inoltre, il tempo che poteva passare con la ragazza era sempre più limitato.
-Avevi detto che mi avresti accompagnato!-
Pur facendo la sua espressione da ‘non poi rifiutarmi nulla’ Alice non aveva ottenuto quello che voleva; ed era la prima volta che succedeva.
-Non posso da…- sbadiglia -…davvero. Sono stanco…-
Così per ripicca ci era andata col primo cavaliere improvvisato.
Oscar, naturalmente.
Sembrava, agli occhi di Davide, che quel tipo non avesse aspettato altro che lui la lasciasse sola per farsi avanti.
Aveva passato una terribile nottata. Incubi di gelosia, misti a quelli scolastici del giorno dopo, lo assalivano e non gli lasciavano scampo.
Oscar è un ragazzo di diciannove anni. Ha la sua stessa età, dannazione.
È più bello, più bravo, più interessante. È sfondato di soldi, quel damerino.
La accompagna a far shopping.
Geme e si dispera e si maledice per tutto quello che ha fatto.
Starnutisce e si controlla il termometro. Trentotto e mezzo.
Dannazione, ci voleva anche la febbre. Come se non bastasse tutto il resto.
Davide, alle nove e trenta decide che non può farcela più ad aspettare.
Si alza, pur se rosso e raffreddato, si infila una camicia, un maglione blu scuro e dei pantaloni.
Prende vari pacchi di fazzoletti e fa una telefonata.
-Pronto? Giorgia?-
L’amica di Alice le risponde dall’altra parte.
-Ciao. Cosa c’è?-
-Alice è lì con te? Perché ce l’ha spento e pensavo…-
-No mi spiace...- fa lei -non c'è...-
Davide sente i suoi peggiori timori prendere forma più consistente. No, dannazione, no!

Chiude il telefono in faccia alla ragazza senza preoccuparsi di scusarsi. È pronto ad uscire, e dici minuti dopo, tossendo e tremando per il freddo, è in macchina.

Si ricorda che quel giorno c’era una qualche festa in un locale, Alice gliene aveva parlato.

Crede che il posto sia quello, scende ed entra.

Vede subito Giorgia, vestita abbastanza carina, ma non si ferma a parlare con lei.

-Permesso, scusate…-

Scansa, sgomita e spinge ragazzi e ragazze che lo guardano male.

Osserva di tanto in tanto gruppetti ai tavoli, altri che fumano fuori, altri ancora che (e spera davvero che Alice non sia fra questi)  scambiano effusioni coi rispettivi accompagnatori in un angolo un po’ appartato.

Cavoli, non c’è.

Si ferma al centro del locale e si passa una mano fra i capelli.

Sempre che quei due non siano già belli che lanciati in camera del damerino e io non abbia già un bel paio di corna sulla testa.

Poi, spostando lo sguardo all’entrata, stringendo gli occhi per vedere attraverso la luce soffusa del locale, la vede.

Come la vede il suo stomaco, arrivato all’altezza del cuore e contratto per la tensione, si lascia andare dandogli una piacevole sensazione di sollievo.

Sorride e le si avvicina rapido.

Lei non lo nota subito, sembra stia cercando qualcuno all’interno.

Davide arriva alle sue spalle e gliene picchietta una.

Alice sbuffa seccata.

-Senti, imbecille… te l’ho detto, porca miseria, io sono fidanza…- fa per urlare contro di lui ma voltandosi lo riconosce.

Rimane a bocca schiusa finché il ragazzo non gliela fa richiudere con una mano.

Stanno zitti per un attimo, poi lei fa

-Ma…… tu… l’università… la pasticceria…-

Davide alza le spalle.

Alice sembra spiazzata dalla muta risposta. Poi sorride e lo abbraccia fortissimo. Tanto che il ragazzo protesta, ma invano.

-Scusa se non abbiamo passato tanto tempo insieme…- dice, ancora stretto in quella morsa.

Come se d’improvviso lo capisse, lei alza la testa di scatto e si avvicina.

-Avanti, dillo. Dillo che sei venuto solo perché mi vuoi scopare-

È decisa, pronta a ricevere la notizia senza battere ciglio.

O almeno senza piangere, perché poi sarebbero grossi dolori.

-Cosa dici?- chiede sconcertato -Cosa credi, che sia per questo che stiamo insieme?- inizia ad alterarsi.

Prende fiato e ricomincia.

-Che è solo per il sesso che ti faccio dormire a casa tua, che ho conosciuto tua madre, tuo padre?- si acciglia e alza la voce.

Alice non replica, ma lo guarda attenta.

-Sei più carino quando ti arrabbi- dice alla fine.

Torna ad abbracciarlo. Lui fa lo stesso, anche se è un po’ meno tranquillo.

-E Oscar?- le domanda.

-Boh, e chi l’ha visto?- risponde ancora stretta nell’abbraccio.

-Come?- alza un sopracciglio -E allora con chi sei venuta alla festa?-

-Indovina- ride lei.

Visto che il ragazzo non dice nulla poco dopo si allontana un po’, giusto per guardarlo negli occhi.

-Con nessuno, stupido. Non volevo venirci con lui. Io volevo venirci con te-

Lo bacia a stampo e torna a stringerselo forte contro di sé. Davide sorride un po’ spaesato, ma contento della sua risposta.

-Perché tremi?- domanda Alice ad un certo punto, sciogliendosi dalla stretta; poi si alza sulle punte e guarda meglio il suo volto.

Gli mette una mano sulla guancia, poi sulla fronte e sente che è caldo.

-Ma tu hai la febbre!- esclama.

-Eh, forse…- tira su col naso e tenta un sorriso incoraggiante.

Lei gli tira uno schiaffo sul braccio e si mette a braccia conserte.

-Che cavolo ti salta in mente di venire qui, con questo tempo e con la febbre?- chiede accigliandosi -ma sei un bel tipo sai? invece di stare a casa a curarti…-

Davide scoppia a ridere, anche se poi starnutisce.

Alice lo prende per un braccio e lo tira fuori, verso la macchina.

-Andiamo, forza. E guido io-

 

 

Pochi minuti dopo sono a casa.

-Allora è vero che volevi solo scoparmi, brutto imbecille!-

Alice ride e protesta, ma lascia che la baci dappertutto mentre la spinge sul divano.

-Che c’entra, questo è un vantaggio. È compreso nel pacchetto-

Davide si sdraia sopra di lei e comincia a sbottonarsi i pantaloni.

-Se continui così penserò che quella è l’unica parte che ti piace di me-

La ragazza lo fa mettere in mezzo e intreccia le mani, poggiandosele dietro la nuca.

-Può darsi…-

Un labbro morso e un gemito più tardi, Alice si ritrae improvvisamente.

-E che cavolo! Chi è a st’ora?-

Davide alza la testa, piuttosto rosso e scarmigliato, come lei del resto.

Ha suonato il citofono.

-E che ne so? Boh, lascia stare…-

Riprende la sua posizione ma non fa in tempo a continuare che suona di nuovo.

-Uffa!- Alice si mette a sedere, spingendo via il ragazzo -Conoscono il diritto alla privacy?-

Si rivestono entrambi e lui va ad aprire.

La voce nell’interfono gli fa capire tutto. Tsk, chi è specializzato nel scocciare la gente?

Luciano.

L’amico sale tutto infreddolito poco dopo, fregandosi le mani e infilandole nelle tasche del cappotto lungo che ha.

-Ehilà… ciao. Scusa l’orario, ti disturbo?-

-Oh no, figurati. Io, ehm… stavo… stavo… di là…- balbetta una qualche scusa, nemmeno troppo credibile, ma quello che fa distrarre Luciano è Alice che compare dalla porta del salotto.

Si appoggia al muro, guardando ora l’amico, ora il suo ragazzo.

-Che, non mi presenti?- fa.

Ha i capelli messi un po’alla buona, la gonna corta che ha copre poco le gambe, anche se fa freddo, e la maglietta è visibilmente arricciata.

Come se con uno sguardo si capissero, lei si aggiusta meglio e fa un passo avanti.

-Alice-

Tende la mano a Luciano. Lui non le ha tolto gli occhi di dosso da quando l’ha vista, poi come in trance la stringe.

-Luciano…- pare abbia la gola secca.

Davide lo guarda male e allora per riprendersi tossisce e fissa l’amico.

-Ora se ne va, deve solo darmi una cosa…- dice con un sorriso alla ragazza.

-Okay, fate pure. Io devo telefonare un attimo a mia madre…-

Alice sparisce nella stanza da letto e appena se ne va Luciano spalanca la bocca.

-è lei? È lei la tua ragazza?-

-Sì-

-Che culo! Brutto …- si mette il palmo in bocca per non dire parolacce -Tutte a te!-

-Eh…-

Davide alza le spalle ma non gli piace come parla.

-Ci credo che non ti fai più vedere! Che figa!-

Per quello riceve uno schiaffo sulla testa.

-Razza di stupido! Non parlare di lei così!- si acciglia.

Luciano fa un respiro, sembra riflettere e poi dice

-Stavate… eh?- fa un gesto eloquente.

-Senti- Davide lo prende per le spalle, irritato dai modi dell’amico, e lo spinge verso la porta -vattene, ti prego-

-Ho ragione, stavate belli presi…- fa malizioso.

L’altro apre la porta e gliela indica.

-Fuori-

-Senti, okay, a parte gli scherzi… - Luciano si fa serio -le hai parlato?-

-A chi?-

-A Marilena!-

-Ah…… no- scuote la testa -l’abbiamo incontrata l’altro giorno all’ingrosso…-

-Abbiamo?-

-Io e Alice- spiega.

Luciano alza un sopracciglio, poi rinuncia.

-Eh vabbè, ma l’hai promesso. Torna a fare… eh?-

Fa di nuovo quel gesto volgare e Davide lo spinge.

-Fuori. Adesso- intima.

-Oh, Davide? alzati la cerniera-

Lui si guarda i jeans e nota la cerniera ancora aperta. Stavolta è lui a fare un gesto volgare all’amico, e gli chiude la porta in faccia.

Sbuffa, poi raggiunge Alice di là.

Parla ancora con sua madre, ed è piuttosto arrabbiata, pare.

Pensando che sia meglio non immischiarsi, il ragazzo si tiene fuori, ma quando finisce le domanda

-Cosa è successo?-

-Mia madre. Madonna che nervi……-

Raccoglie le sue cose e lo supera.

-Ma aspetta, dove vai?- la rincorre lui.

-A casa- lo dice irritata e Davide capisce che è meglio non insistere -ci vediamo, e scusa… se dovevi vederti col tuo amico potevi pure dirmelo-

-No aspetta tu, eh?-

Le prende un braccio e la fa fermare.

-Mica lo sapevo che veniva! E ora l’ho mandato via, per cui saresti così gentile da spiegarmi che cavolo hai?-

Alice stringe gli occhi e lo fissa minacciosa. Poi lascia cadere il braccio, senza più opporre resistenza.

-Fatti nostri. Lascia perdere, okay? Sul serio…- si divincola e apre il portone -va’ a dormire, e riguardati-

Se ne va senza baciarlo, e la sensazione è che non sia affatto dell’umore giusto.

Davide chiude la porta e ci si appoggia contro. Chiude gli occhi.

Decisamente c’è qualche cosa che non va.







Per demetra85: volevo fare una distinzione bella grossa fra la madre e il padre di Alice. Distinzione che si vedrà meglio fra qualche capitolo. Comunque qualocsa di positivo c'è, perchè in effetti se ha conosciuto il padre è merito di Oscar. Grazie di aver recensito.
Per Riza28: non so se Davide farà qualcosa, sfaticato com'è, ma penso che abbia già capito che non può starsene con le mani in mano. Ho cercato di aggiornare il più presto possibile.
Per Jiuliet: povero Oscar, dopotutto se Davide ha preso un po' di coraggio  è colpa\merito suo, no?

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Davide si asciuga il moccio sul naso e citofona.

Gli risponde una voce femminile che lo invita a salire. Il ragazzo entra nell’atrio, poi incrocia un ragazzo.

-C-ciao-

-Ciao Tommaso. Dove vai?- domanda.

-A ca…ca… calcetto-

Infatti il ragazzo ha un borsone in spalla e indossa una tuta.

-De-devo andare. Ciao-

Tommaso accelera il passo verso il portone. Il ragazzo lo saluta con un cenno, poi riprende a salire.

Arriva all’appartamento e suona il campanello.

-Avanti, è aperto- gli fa una voce dall’altra parte.

Davide si intrufola dentro, chiude la porta e aspetta la ragazza senza girare casa.

L’appartamento è piuttosto moderno, verniciato di grigio metallizzato, con i mobili spigolosi.

Lui non osa avventurarsi all’interno, ma la aspetta fermo davanti alla porta. Sta fissando un quadretto quando una voce lo fa voltare.

-Eccomi-

Marilena esce dalla porta del bagno, con una camicia rosa troppo aperta e i capelli bagnati.

-Ciao- la saluta serio Davide, senza smuoversi.

Lei lo guarda fisso da dietro i suoi occhi azzurri mentre avanza verso di lui.

Le ciocche bagnate le si appiccicano alla fronte.

-Ti stavo aspettando- dice -siediti-

Gli indica il divano e lui si accomoda, ma continuando a fissarla serio e pensoso, come se fosse in attesa di qualcosa.

Marilena si siede sulla poltrona poco distante.

-è incredibile che tu e Luciano vi passiate tre anni. Tu sei molto più uomo di lui- inizia.

Il ragazzo non fiata, ma si appoggia allo schienale.

-Tu hai una ragazza. Tu non la tradiresti mai- il tono con cui pronuncia le parole è triste, ma non si commuove. Non le trema la voce, non le luccicano gli occhi.

Perché Davide lo sa, Marilena è una donna forte; non c’è nulla che la possa far vacillare. Non si fa mettere in confusione o in crisi da nessuno.

Deve sempre trovare il modo di girare le cose a suo vantaggio.

In sintesi, possiamo dire che è furba; molto furba. E poi che a volte sembra che delle cose non gliene freghi nulla.

-Per quel che mi riguarda, non so perché sei qui. Io non torno da lui. Non mi importa- dice.

Poi lo guarda. Ora è il suo turno di parlare.

-Perché non ti importa? Pensavo che stessi bene con lui-

Marilena sorride fredda.

-Se lui non lo ritiene abbastanza importante, a me non frega nulla. Può scoparsi tutte le ragazzine che vuole-

Si interrompe per vedere se il ragazzo ribatte, ma la risposta non arriva.

-Perché non è come te? Tu sei diverso- aggiunge.

Il complimento non lo fa né arrossire né altro, perché sospetta che ci sia un fine dietro.

Marilena si alza e si siede accanto a lui.

-Dimmi la verità- comincia, fissandolo dritto negli occhi -tu hai intenzioni serie con quella ragazzina?-

Lo dice con un tono sprezzante che lo fa innervosire. Si drizza a sedere e si schiarisce la voce.

-A me piace. Mi piace stare con lei. Conosco ragazze più grandi, ma lei è molto più matura-

Ricambia lo sguardo penetrante che gli ha lanciato.

Lei si scioglie e si avvicina.

-Ti meriti di meglio- 

-Perché?-

Davide si acciglia ma non si sposta quando gli arriva vicino. Guarda la camicia ed è aperta; i capelli sono bagnati.

-Asciugati o ti verrà un malanno- dice freddo, smettendo di guardarla.

-Andiamo Davide. Io non ti credo- insiste.

Gli prende una mano e lo fa voltare.

Si guardano un attimo. Al ragazzo sembra come nei più squallidi film; appena sente la tensione salire provvede a smentirla. Si alza e prende a passeggiare.

-Non è di questo che dobbiamo parlare-

Marilena sorride e si alza a sua volta, raggiungendolo.

-Perché non gli dai una possibilità? Io lo vedo… lo so che gli dispiace-

-Non mi importa di lui, te l’ho detto- risponde fredda e senza problemi.

-Pare che vi piacciano le donne più giovani. Cos’è, sono troppo vecchia?-

Davide si volta di scatto e nega.

-Non è questo… io, che c’entra?- chiede.

Marilena gli si avvicina di nuovo e lo guarda da sotto in su.

-Cos’è, ora siccome non facciamo più la scuola siamo meno belle?-

-No…-

Il ragazzo indietreggia, ma lei lo afferra per la manica e se lo porta vicino. Le sue labbra provano a catturare quelle di lui.

Davide è come attraversato dalla corrente e di scatto si ritrae.

-No!-

Scuote la testa e si allontana verso la porta.

-No…- ripete, indietreggiando -no. Non posso. Non voglio-

Marilena stringe gli occhi e sibila

-Ma sì, andate. Andate appresso alle pu***ne, voi due!-

-Non chiamarla così!- si altera anche lui.

Lei sta zitta un momento, poi inizia a perdere la calma. Lo spinge verso la porta, aprendola.

-Vattene. Vattene via. Torna dalla tua ragazzina-

-Ma che hai? Calmati, eh?-

Lo sbatte fuori chiudendo la porta.

Sconcertato, Davide si allontana, scendendo le scale.

Dentro di sé pensa che anche se Luciano è un maniaco, Marilena è schizofrenica.

Ah però. Stanno bene insieme.

 

Alice pedala, seduta sulla sua bicicletta, e di tanto in tanto canticchia la canzone che sta ascoltando con l’mp3.

Sta percorrendo il viale di periferia, diretta al campetto; sta andando a vedere giocare un suo amico.

Arrivata nei pressi della palestra, si toglie gli occhiali da sole, scende, mette il lucchetto ed entra.

Ci sono urla, grida amplificate dall’acustica della palestra, e tanti ragazzi che corrono di qua e di là.

Alice raggiunge la sua amica sugli spalti e insieme si godono gli ultimi minuti della partita.

Partecipano al gioco, commentano, si infuriano con l’arbitro, e fischiano anche.

Poi, a partita finita, scendono in campo per salutarlo.

Alice gli dà un pugno sulla spalla, sorridendo.

-Ecco perché sei così dimagrito-

Il ragazzo ride e raccoglie le sue cose.

-Tu invece… sei impegnata con altri tipi di esercizi…-

Gli piovono due schiaffi leggeri e scherzosi.

Continuano a scherzare finché Alice non vede in lontananza qualcuno che conosce.

Gli sembra proprio…

Decide di controllare, al massimo farà una figuraccia.

-Ciao Tommaso!-

Tommaso finisce di strofinarsi i capelli con l’asciugamano e le rivolge un sorriso.

-Ci…ciao Alice- le si avvicina.

-Non lo sapevo che anche tu giocavi qui-

-Vengo se… sempre-

-Ma dai. Allora ci vedremo più spesso- sorride pure lei; poi lo guarda curiosa.

-Senti…- comincia -hai da fare ora?-

-N-no. Pe-perché?-

-Ti va di fare quattro passi?-

Dieci minuti dopo stanno passeggiando poco lontano da lì, e Alice porta a mano la bicicletta. Stanno ridendo.

-Non ci credo… sul serio? La prossima volta lo sfotto per bene allora- dice fra le risate.

Tommaso sorride storto e la guarda.

-Tu… tu v-vuoi bene a Da-davide?-

Lei stringe gli occhi, sorpresa.

-Sì, certo-

-M-ma… bene o… o ta-tanto per?-

-Certo che gli voglio bene! Sai…- sorride e abbassa lo sguardo, forse arrossendo -…è il primo ragazzo che ho presentato a mamma e papà…-

-Da-davvero?-

-Sì, e in effetti è andata benino. A papà è piaciuto. Alla mamma…… eh- lascia cadere il discorso nel malinconico.

Tommaso lo nota e sorride.

-D-davide è… è un bra-bravo ragazzo- dice, spostando la sacca sull’altra spalla -…lu-lui vuole be-bene sul serio alle pe-persone-

-Vuoi aiuto?-

-N-no, grazie…- poi guarda meglio Alice -tu… tu mi stai si-simpatica-

-Perché?-

-La…la ra-ragazza c-che aveva prima… non mi pia-piaceva-

-Ah no?-

-A mia so-sorella sì- aggiunge, e sembra farsi più cupo.

-Non le sto molto simpatica, vero?- sorride lei.

Tommaso si stringe nelle spalle.

-Le-lei non lo fa per te…-

-E allora?-

-è che… Lu-luciano… lo… lo conosci?-

-Sì, ma poco-

-Lu-lui l’ha tra-tradita con una ragazzina- spiega.

-Ah… ora capisco-

-Ma-marilena pe-pensa che… che Davide si voglia so-solo di-divertire-

Osserva attento la sua reazione, che non tarda ad esplodere.

-Se è così, guarda… non importa che sia buono e tutto, ma io lo ammazzo, lo rovino!-

Il ragazzo ride, poi annuisce.

-Sei pro-proprio c-come ti descrive lui-

Fanno altri dieci metri, poi incontrano un ragazzo che si ferma sul marciapiede con la sua macchina. Abbassa il finestrino.

-Ehilà- sfodera un sorriso a trentadue denti pulitissimi e candidi.

-Ciao- Alice sorride non del tutto entusiasta.

-Cosa fate? Dove hai lasciato il tuo ragazzo?- chiede alzando un sopracciglio.

-è… boh, in realtà non saprei- ammette, guardando Tommaso.

Lui si ricorda ovviamente di averlo incrociato mentre saliva dalla sorella. Poi però guardando quel tipo, con la faccia da furbetto e l’aria di aspettare una risposta per insinuarle la pulce nell’orecchio, decide per il meglio dei suoi amici.

-Sa-sarà a la-lavoro- dice.

Oscar al suo balbettare alza un sopracciglio e un sorriso gli compare sul volto.

-Noi andiamo- Alice prende sottobraccio Tommaso -ciao-

Oscar abbassa il finestrino senza salutare e mette in moto.

Loro lo guardano andare via. Il ragazzo spera di non aver detto nulla di male; Alice pensa ancora alle parole di lui “vuole solo divertirsi”.

Ognuno, a modo suo, è turbato.




Per Riza28: sì Davide non c'entra nulla con il lieve momento di crisi di Alice... spero che anche questo capitolo ti piaccia.
Per Jiuliet: grazie mille e spero di non averti fatto nè attendre troppo, nè di averti deluso.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Alice ha lasciato Tommaso sotto casa sua e ora ha ricominciato a pedalare. Nei pressi della casa del suo ragazzo si ferma un po’ per comprare una cosa che serve a mamma.

Però guardando dall’altra parte del marciapiede, lo vede. Si acciglia.

Sono ancora le sette meno dieci. Dovrebbe essere a lavoro, pensa.

Un timore improvviso la travolge e senza pensarci due volte lascia la bici a terra e corre verso di lui, furiosa.

-Dove sei stato?-

Davide sobbalza e se la trova alle spalle; impallidisce e balbetta.

-Ehi che… che cavolo…-

-Mi hai sentito, brutto str**zo!- lo afferra per la maglia e alza la voce -dove sei stato?-

-Ma da nessuna parte!- si giustifica lui, totalmente spaesato.

-Non ti credo. Dovresti essere a lavoro!- insiste.

Siccome ora alcuni passanti li guardano, il ragazzo la invita a salire.

Una volta di sopra lei si divincola animatamente e sbatte sul divano del salotto la borsa. Prende fiato, si mette i capelli dietro le orecchie e ricomincia a gridare.

-Allora, dove diavolo sei stato? No, adesso me lo spieghi, sennò giro tutta la città finché non mi faccio dire la verità e se scopro che mi hai mentito te lo faccio amputare con un calcio!-

Davide le tappa la bocca con una mano, costringendola a stare ferma.

-Stà buona…- le dice piano, poi molla la presa.

Alice borbotta, incrocia le braccia al petto e lo guarda accigliata. Se deve saperlo, è meglio che lo dica ora e la facciano finita.

-Vuoi sapere dove sono stato?- chiede lui, togliendosi la giacca.

-Certo- fa rabbiosa.

Davide si mette una mano fra i capelli; non voleva dirglielo per prudenza, ma ormai, già che c’è, è costretto.

-A casa di Marilena-

Alice schiude la bocca, sorpresa. Sembra che sia imbambolata e incredula.

Poi lentamente riprende il controllo.

-E… che avresti fatto a casa sua?- la rabbia pare uscirle fuori dalle labbra.

-Niente…-

-Non dirmi ca**ate! Non raccontarmi balle!- lo afferra di nuovo per la maglia e lo strattona.

-Lasciami! Lasciami e ascolta!- si libera di scatto.

Anche lui fa un sospiro e prova a calmarsi.

-Okay… calmati. Calma…- le prende le mani e si avvicina al suo volto -vuoi sapere che è successo? Va bene, te lo dico, ma tu-

Marca il pronome e la guarda fisso negli occhi.

-…devi credermi, eh?-

-E tu non raccontarmi balle-

-Ti ricordi di Luciano?- chiede, dopo un attimo passato a fissarsi negli occhi.

-Sì-

-Si sono lasciati-

-Lo so-

-Mi ha chiesto di parlarle-

-E allora?-

-L’ho fatto-

-Quindi?-

-Quindi niente!- Davide si allontana, distogliendo lo sguardo dal suo -Lei… eh… non, non ha voluto ascoltarmi-

-Sei tornato solo adesso da casa sua? Mi sembra che sia passata più che un’ora-

La ragazza alza un sopracciglio scettica.

 

Stavolta è Davide ad innervosirsi.

-Tu pensi che ci abbia scopato? È questo che pensi?-

-Sì-

Si ferma e la fissa stringendo gli occhi.

-Già… tu… tu pensi che io sia andato lì e me la sia fatta senza tanti complimenti, vero? vero, Alice? Mentre tu puoi andare a tutte le ca**o di feste che vuoi, da sola, vero?-

-Cosa c’entra adesso? Io non ho fatto nulla!-

-E io manco!-

Riprendono entrambi fiato; lui scuote la testa e abbassa lo sguardo.

-Perché tanto… se lo faccio io, sono uno str**zo, mentre se lo fai tu…-

-Senti- Alice fa due passi, gli si avvicina e lo costringe ad alzare lo sguardo. Per un secondo il ragazzo pensa che si a lì lì per tirargli un ceffone.

Poi sembra ripensarci.

-Giura che non hai fatto niente- sibila.

-Giuro. Se poi non mi credi…-

Perde tutta la grinta di poco fa e sospira.

Mormora qualcosa, ma lo dice così piano e voltandosi dall’altra parte che Davide non riesce a capire.

-Cosa?-

Lei sorride imbarazzata e arrossisce. Lo dice di nuovo pianissimo.

-Che hai detto?-

Sorride anche lui e con una mano la fa voltare verso sé, avvicinandola.

La invita a ripetere con un cenno.

Lei ride, intrappolata vicino alla sua faccia e ripete

-Mi dispiace……-

Lui fa una mezza risata, ma non leva la presa. La guarda negli occhi.

-Non ho sentito, che hai detto?-

-Ho detto…- ride e ricambia lo sguardo intenso che le sta dando -che mi dispiace. Scusa. Non volevo, non lo farò più, perdonami…- non continua perché viene interrotta dalle labbra del ragazzo sulle sue.

-Che scema. Non l’avrei mai fatto- la rassicura -altrimenti mi avresti ucciso-

-Probabile-

Poi lui sorride colpevole.

-Scusa se non ti ho detto nulla. Ma pensavo che ti saresti arrabbiata… per niente-

-Che stupido- gli tira un buffetto sulla testa -devi capire la psicologia, se me l’avessi detto io mi sarei preparata prima, e avrei valutato le possibilità, e… avrei pensato che ti fidi di me-

L’ultima parte la pronuncia con una faccia che farebbe squagliare un ghiacciolo.

-Scusa- alza le spalle.

Si allontana e guarda l’orologio della cucina.

-Hai da fare?-

-Sì, i compiti. Mi aiuti?-

-Sogna. E…senti, facciamo così. Tu puoi stare qui se vuoi, io… devo andare in un posto-

-In che posto?- Alice si mette le mani sui fianchi.

-In un posto- la bacia e apre la porta -ciao. Torno presto. Tu fai i compiti-

Ma mentre lo dice è già sparito giù per le scale; lei rimane delusa, chiude il portone, sbuffa e ci si appoggia.

 

Pensa che qualcosa, forse, è cambiato; e mica le piace tanto.

Triste, guarda il pavimento, e poi sente vibrare il cellulare che ha in tasca. Legge il numero, stupita e risponde.

-Pronto?-

-Allora sei già in sala operatoria? Quanti sono, sei mesi, sette?-

-Cretino- ride lei -che c’è?-

-No nulla- Oscar sorride compiaciuto dall’altra parte -pensavo… stasera… c’è un diciottesimo. Conosci Antonio Molinaro?-

-Certo che sì-

E come non ricordarlo? Gli aveva sbavato dietro per due anni.

-La sorella fa diciotto anni. Ti va di venire? Puoi portare anche amici se vuoi…-

Lei si morde un labbro.

-Veramente… non so…-

Pensa a Davide uscito per comprare qualcosa. Poi però la vendetta si fa strada nella sua mente. Ma sì, che provi lui un po’ di gelosia. Così vediamo se non la fa la scenata.

Ma sì, dai…

-Va bene, d’accordo. Posso portare amici?- chiede, più sicura.

-Certo! Ci vediamo… ora sono le otto meno un quarto… tra un’oretta, che dici?-

-Okay, perfetto. A dopo- chiude il Motorola.

Lo stringe ancora in mano.

Poi si guarda intorno. Raccoglie le sue cose e fa per aprire. Un’ultima briciola di rimorso la assale. Però pensando alle parole di Tommaso e al modo con cui quella l’aveva salutata quel giorno, riesce a sopprimerlo.

 

Davide esce giusto in quel momento dal supermercato. Ha comprato due pennelli belli grossi, per cominciare a dipingere. Lui e Alice ultimamente non passano più tanto tempo insieme. Forse questo è un modo per sistemare le cose.

Caricati gli attrezzi in macchina, arriva sotto casa.

-Buonasera- saluta educato la signora Martini.

-Buonasera. Ah, la ragazza che è uscita, mi ha detto di consegnarle questo-

-Uscita?- domanda lui perplesso -chi?

-La ragazza che viene sempre qui, quella… come si chiama… Alice?-

-Sì…-

Stupito e accigliato si avvicina per prendere il biglietto.

Non c’è dubbio, la scrittura è sua.

Lo spiega e lo legge.

‘Sono andata ad un diciottesimo. Tu fai pure quello che dovevi fare, io starò bene. Non chiamarmi, perché tanto ci sarà casino, immagino. Un bacio’.

-Grazie mille…-

Se lo infila in tasca e incomincia a salire le scale.

È confuso e non capisce.

Ad una festa? Di chi?

Ma soprattutto… con chi? Ci scommetto la faccia che si tratta ancora di quel damerino sfondato di soldi.

Maledetto lui.

Quasi non si accorge di essere arrivato a casa, preso com’è dai suoi pensieri più o meno belli.

 

Giorgia guarda la sua amica rovistare nel cassettone. Non riescono a trovare una maglietta.

-Porca miseria, l’avevo messa qui! Se mamma non l’ha… MAMMA!- grida, facendola sobbalzare.

Alice sbuffa e si lascia cadere sul letto. Indossa solo un paio di pantaloni neri, le scarpe delle grandi occasioni e sopra solo il reggiseno.

Sua madre si precipita sulla soglia.

-Che hai da urlare tanto?-

-Dov’è la mia maglia? Quella nera? Quella che dici che mi fa sembrare una prostituta?-

Giorgia ridacchia. La signora si indigna.

-Alice ma come parli? Che, sei figlia ad uno scaricatore di porto?-

-Eddai, come la fai lunga!-

La mamma sospira e la tira fuori, cercando senza guardare, da un tiretto.

-Era così semplice…- gliela porge, poi la guarda meglio.

-Ma dove andate stasera, tutte eleganti?-

-Ad una festa- risponde Giorgia mentre l’altra si infila la maglietta e si rimira allo specchio.

-Ah… con, come si chiama… aspetta…-

-Davide- sibila irritata Alice, fissando la madre nel riflesso.

-Ah certo- fa, con un gesto ovvio della mano.

-Comunque, per tua immensa fortuna… non ci vado con lui-

-Sì, andiamo con un altro ragazzo- aggiunge l’amica.

-Ah sì? E com’è questo?-

Al tono tutto diverso con cui lo dice la ragazza si volta, con le mani sui fianchi.

-Senti un po’…- comincia minacciosa -…a me non importa un fico secco che a te Davide non piaccia, e sinceramente non ne capisco il perché, dato che di tutti i figli dei tuoi stupidissimi amici lui ne vale dieci volte tanto…-

-… però non sopporto che ne parli così! La devi smettere, okay? È mia la vita, non tua!-

-Ma… ma tesoro, io cerco solamente…-

-Di fare il mio bene- le fa il verso -Allora, fai il mio bene ed esci per favore, che dobbiamo andare. Ciao ciao-

Tutta imbestialita la supera, trascinandosi appresso l’amica, e scende le scale.

A metà però si ferma.

-Io non capisco Alice, davvero- comincia Giorgia -se dici che poco fa ci hai quasi litigato, ora che fai, lo difendi a spada tratta?-

Alice sbuffa e si mette le mani sul volto.

-Io.._. che ne so… boh…- incrocia le braccia.

-Ma tu ci vuoi andare a questa festa?-

-No- scuote la testa.

-E allora?-

-E allora… uff- sospira e le racconta di quel pomeriggio.

-… e allora volevo vendicarmi-

Giorgia alza un sopracciglio.

-è carino Oscar-

-Fatti suoi- sembra piuttosto combattuta e pensa ad altro.

-Io lo so che cos’ho, maledizione-

-Sarebbe?-

-Mi sono innamorata-

 

Davide guarda il suo salotto, indeciso sul da farsi; aspetta un po’ tenendo acceso il cellulare, per controllare un’eventuale ripensamento di lei. Ma alle nove meno venti ogni speranza è sfumata. Seccato e infastidito si alza di scatto, passandosi una mano fra i capelli.

Ha chiuso con la pasticceria. Si è licenziato dopo circa il primo mese. A lei non piacerà, ma a lui non piaceva il lavoro.

Dovrà cercarsene un altro.

Però per la serata aveva altri programmi. Già, tutt’altro che feste e diciottesimi.

Evidentemente non sono abbastanza mondani per lei. Beh, se è così, che vada pure a quella festa.

Perché devo essere sempre io a cercarla? Che venga lei da me per una volta.

Prende il Nokia e fa il numero.

-Lucià, che fai stasera?-

-C’ho due belle gnocche proprio qui… dai, vieni che ci scialiamo!-

A quella battuta chiude il telefono. Ma vedi tu se uno ha bisogno di aiuto e questo si mette a fare il cretino.

Cinque minuti dopo Luciano lo richiama.

-Oh scherzavo!-

-Ecco, fai scherzi meno cretini… se c’era Alice e sentiva?-

-E che ca**o! Allora che c’è?-

-Hai da fare? No perché ci sarebbe un lavoretto…-

 




Ultimo aggiornamento dell'anno, il prossimo avverrà non prima di due settimane causa vacanze, perciò buon Natale e felice anno nuovo a tutti.
Per Lady Alice: immagino che sia normale, il nemico deve avere fascino, essere intrigante, no? altrimenti che nemico è? Spero che ti piaccia anche questo capitolo.
per Jiuliet: se le cose si complicano adesso vedrai dopo... grazie della recensione.
Grazie a chi ha messo la storia nei preferiti e anche a chi legge solamente.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


-Bella no?-

Oscar invita le due ragazze a salire sulla sua auto. Lui indossa una camicia rosa e dei pantaloni attraversati da una cintura bianca. Una mano sullo sterzo e un’altra sul bordo del finestrino.

Alice entra per seconda, costretta a stare davanti, e guarda sinceramente ammirata l’abitacolo.

Pulitissima, i sedili in pelle nera, il navigatore acceso e un design… moderno, bellissimo.

Ma sembra proprio che l’accessorio più accattivante della Peugeot sia lui, il guidatore.

Gli fa un sorriso.

-Grazie dell’invito-

-Di nulla. Pensavo che… visto che andiamo nella stessa scuola… forse lo conoscevi-

-Sì, hai pensato bene-

-E poi, stasera mica avevi nulla da fare?-

La guarda con un sorriso non malizioso, ma nemmeno tanto ingenuo. Ha i capelli più lunghi del normale aggiustati a regola d’arte e dai quali spunta un paio di occhiali da sole posti sulla testa. Anche se è sera e certo il sole non è un problema.

-Andiamo allora?- fa Alice, sviando il discorso.

Sembra che quella macchina non possa andare più veloce di così. In pochissimo tempo sono già arrivati.

Non si è messa la cintura e non ha ricevuto nessun rimprovero. Però, strano.

Sorride divertita a quel pensiero e scende dall’auto.

-Vedi che è già servito a qualcosa?- lui la raggiunge facendo il giro.

-Cioè? A cosa?-

-Ti ho fatto ridere-

Lei è tentata di dirgli la verità, ma poi qualcosa la fa trattenere. E anche questo, pensa, è strano.

 

Luciano spinge il portone e dà una pacca sulla spalla dell’amico. Poi lo guarda interrogativo.

-Allora qual è il problema?-

-Beh vedi- gli mostra il salotto.

Ci sono giornali, barattoloni di vernice e qualche pennello.

-Io e Alice pensavamo di verniciare questa parete- la indica.

-E c’avete ragione, fa schifo…-

-…però prima dobbiamo spostare un po’ di roba-

-Ah, ho capito. Ti serve un altro paio di braccia e un ca…-

-Sì, certo- lo interrompe Davide ridendo.

-Ma… e lei?-

La risata gli scompare dal viso e si intristisce.

-Ad una festa-

Subito dopo va verso il divano, come a non voler dare peso a quell’affermazione.

Luciano se ne accorge, ma decide di non insistere.

-Allora, da che cominciamo?-

 

Decine di metri più lontana, Alice ha appena finito di farsi un ballo con la sua amica, che ora è stata, per usare i suoi termini, “rapita” da un ragazzo.

Così ora si riposa bevendo un… un qualcosa di non identificato.

Poi però si stufa di non fare nulla, e pensando che non c’è Davide, prende dalla borsetta sigarette e accendino e riesce a sgusciare fuori.

Si appoggia ad una macchina lì davanti al locale e accende la sigaretta.

-Ah però. Non l’avrei mai detto che fumavi-

Oscar sorride sornione e si appoggia alla macchina, accanto a lei.

-Posso?-

Lei gli porge volentieri la sigaretta, sorridendo, e il ragazzo si fa un tiro.

Gliela rende.

-C’è anche altro, se ti va…- inizia, vago.

-Altro di che tipo?-

-Altro-

-No-

Ribatte secca, poi riprende a fumare.

-Come ti va… ma che hai stasera?-

-Perché dovrei avere qualcosa?- domanda.

-Perchè… beh- Oscar esita, incrociando le braccia e alzando le spalle -ti ho vista le altre volte. Tutta combattiva…-

-Sono stanca- sospira e chiude gli occhi per un attimo.

-Problemi col… col fidanzato?- chiede lui.

Alice lo squadra, sospettosa. Poi decide di fidarsi.

-Un po’… ma sai… cose che capitano-

-Altrimenti non saresti mai venuta qui con me-

Lei lo guarda stringendo gli occhi

-Forse no- ammette.

-Allora meno male. Non avrei avuto nessuno con cui andarci-

La ragazza ride e fa un verso scettico.

-Certo, come no… ma chi vuoi prendere in giro?-

-Ma è vero!- fa lui -Che non mi credi? Posso provartelo…-

Aspetta, doveva ridere anche lui, pensa Alice. Non ha riso.

-Okay okay… d’accordo- lo tranquillizza, stupita.

Oscar non pare accorgersi dello sbaglio di battuta che ha fatto.

-Vieni a ballare o ti geli qua fuori?-

Si allontana ma le tenda la mano.

La ragazza schiaccia la sigaretta a terra; poi ci pensa su.

-Va bene-

 

Uno strappo deciso e il giornale è a metà.

-Ehi, pensa te… la Roma compra un esterno francese…- Luciano è seduto sulla scrivania e legge un brandello della Gazzetta dello Sport.

-Ma va’?- Davide riemerge da terra, dove ha sistemato un tappeto di giornali -è di agosto quello-

-Ah… ecco, mi pareva di averlo già sentito…-

L’altro scende giù e si sbottona la camicia.

Davide si è cambiato. Indossa una maglietta a maniche corte e dei pantaloni di tuta.

-Mi daresti una mano invece di guardarti allo specchio?- domanda irritato.

-Cosa?- Luciano si riscuote ma si china ad aiutarlo.

-Prendi il cartone-

Lo prendono e lo ficcano di forza nello spazio libero dei giornali.

Una volta finito ammirano il loro lavoro. Luciano annuisce soddisfatto.

-Non male, no?-

-Sì, ora spostiamo i mobili dal muro-

-Che?- chiede l’altro.

-Spostiamo i mobili. Che credevi, fosse tutto qui?- ridacchia.

-Ehi, so farlo amico. Che ci vuole?-

Allarga le braccia e alza le spalle.

Si mettono l’uno ad un capo della scrivania e l’altro all’opposto.

Poi insieme fanno forza e la sollevano da terra.

-Madonna santa quanto pesa…- sbuffa Luciano.

-E pensa che è vuota…-

Fanno qualche passo, attenti a non spostare i giornali sistemati con tanta cura, e la posano con un tonfo al muro opposto.

-è una è andata-

Davide guarda la parete disastrosa ora scoperta.

-Ma poi tu… perché due scrivanie?-

-Boh, erano belle. Comode e grandi- alza le spalle.

-Si però… spero che questo non lo dobbiamo alzare…- Luciano indica il divano.

-Eh… mi sa di sì…-

-Sei pazzo? Pagati un traslocatore! O chiedilo ad Alice-

-Se non le ho chiesto di spostare i mobili…- fa lui con tono ovvio.

-Secondo me quella ha più forza di noi. Pare dinamite-

Davide ride.

-Questo è vero- ammette.

-Senti ma… poi ci sei andato da Marilena?-

Ahia, impreca mentalmente. Lo sapeva che sarebbe arrivato quel discorso.

-Sì, oggi pomeriggio-

-E allora?- Luciano lo segue mentre vanno in cucina a prendersi da bere -Non mi dici nulla?-

-E che ti devo dire?-

-Che ha detto, che le hai detto?-

-Beh………-

Sai, di te non gliene frega e ha provato a baciarmi. Bella risposta.

-Io ho detto che stavi uno schifo…-

-Sì, te la sei lavorata con qualche scemenza… e poi?-

-E poi… niente. Non ne ha voluto sapere-

-Porca miseria!- fa lui, battendo il pugno sul legno del tavolo. Poi però dopo se lo massaggia.

-Io in realtà non capisco perché vuoi stare con lei- dice Davide, bevendo un bicchiere d’acqua.

-è bella-

-Poi?-

-è…… è sofisticata- continua.

-E basta?-

-Beh… in questo momento non mi viene, però ce le ha le qualità!- Luciano sorride e fa la faccia maliziosa -vedessi a letto…-

-Si vabbè non me ne frega- lo interrompe.

Un pensiero lo attraversa.

-Ma tu sei sicuro che lei ti sia stata fedele?-

-Che vuoi dire?-

Ripensando alla sera prima non gli riesce difficile.

-Beh… che ne sai, dicevo così… un’ipotesi…- si pente di averlo detto.

Ma Luciano non si muove e sembra pensarci su.

-Che hai in mente? Mi fai paura…- Davide posa il bicchiere.

L’altro si riprende e fa un sorriso finto.

-Oh no, nulla… continuiamo?-

Non del tutto convinto, il ragazzo torna di là.

 

Un’ora dopo, un paio di balli, cocktail sospetti e una toccata troppo audace del ragazzo, Alice decide che ne ha abbastanza di quella serata.

Oscar le è stato tutto il tempo appiccicato. Il che non è stato un male, perché non conosceva nessun altro, ma quando la sua mano è scivolata… casualmente, diciamo, troppo in basso, aveva cominciato a tenersi più distante e a trattarlo con più freddezza.

Così, recuperata Giò dalle braccia non proprio discrete di un ragazzo, si avviavano verso l’uscita.

-Mi spiace che devi andartene dalla festa…- si scusa mentre salgono di nuovo in macchina.

-Fa nulla, anche perché, se vuoi la verità……-

-Cioè?-

Alice sorride maliziosa e alza un sopracciglio.

-… ci siamo imbucati- ammette.

-Sul serio?-

-Ehi tranquille… se ci becca la festeggiata mio padre può…-

-Scherzi?-

Alice lo interrompe. Poi scambia un’occhiata con l’amica.

-è una ficata!- ride lei.

Accompagnata a casa Giorgia, rimangono soli in macchina.

Lei si fa accompagnare sotto casa di Davide.

-Casa tua?- domanda Oscar.

-No, di Davide- risponde sorridendo.

-Davide?-

-Il mio ragazzo-

-Ah… capisco…-

-Sai, è un sacco che non…- lascia cadere nell’ovvio il resto e fa una smorfia maliziosa.

-Ho capito. Prego allora, vai-

-Grazie per la festa, ciao-

Scende velocemente, senza dargli il tempo di fare altro. Gli ha chiuso ogni prospettiva invitante, giocando d’anticipo. Potrà essere bello quanto vuole, ma…

La Peugeot sgomma sull’asfalto e si allontana nella notte. Sono le undici e cinquanta.

Suona al citofono, poi nota una macchina nera che non ha mai visto lì sotto.

Si acciglia. Poi si apre il portone. Avanza lentamente nell’atrio, formulando ipotesi. Non è detto che debba essere per forza  con un’altra. Non è detto che debba essere per forza con quella Marilena!

Ma un timore tremendo la assale e non riesce a toglierselo di dosso.

Fa velocissima le scale e suona il campanello.

Sente due voci dall’altra parte.

Impreca mentalmente. Razza di stupido, io sono fuori e faccio la brava e tu…

Ti diverti a casa con lei!

Ma ora ti sistemo io…

 

-Sono io, scemo, Cenerentola! È mezzanotte, ricordi?-

La porta si apre e spunta lui.

Subito lo getta di lato e fa per guardare alle sue spalle. Ma nel salotto messo sottosopra c’è solo Luciano.

Che la guarda stupito.

-Andata bene la festa?- chiede con un sorriso.

Davide la raggiunge.

-Cercavi qualcuno?-

Lei lo guarda; sta sorridendo strafottente. Ha capito a cosa stava pensando.

Alice si sente mortificata.

Le viene spontaneo.

-Scusami… scusami scusami scusami amore!-

Gli prende le mani, supplichevole e lo fissa dritta negli occhi.

Il ragazzo, spiazzato, ci mette un po’ a riprendersi.

-Come… come mi hai chiamato?-

 



Grazie a coloro che hanno messo la storia nei preferiti, a chi recensisce e a chi legge solamente.
Dunque...
Per Jiuliet: diciamo che Davide non ha proprio l'istinto per arrabbiarsi con lei, ma Alice sì che ce l'ha. E penso abbia fatto bene a prendersela, la sua seppure piccola rivincita. Grazie di aver recensito.
Per titti6493: questa sì che è una recensione che mi fa molto piacere, sapere che sono migliorato è un bel complimento e ovviamente molto gradito, ma non mi monterò la testa perchè ancora non sono bravo. E tra parentesi non credo che si molleranno... non ora almeno...
Per giunigiu95: grazie per gli auguri, altrettanto ovviamente, beh giudica tu come si è comportato Davide.
Per Lady Alice: dato il suo carattere immagino sarebbe sembrato strano che non avesse reagito in altro modo...è giusto che si prenda la sua piccola vendetta. Spero che anche questo capitolo ti piaccia.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Spiegata la situazione, Alice guarda il lavoro che hanno fatto i due. Ora il salotto è ricoperto, sul pavimento, da giornali vari, carte e pezzi enormi di cartone. Le due scrivanie sono addossate al muro di destra, accanto al divano e il tavolino. La parete scoperta rivela molte crepe.

Alice sorride e sposta lo sguardo ora alla stanza, ora al ragazzo.

-E io che pensavo… e tu invece hai lavorato tutto il tempo-

-Visto che bravi?-

-Non è stato facile, eh?- aggiunge Luciano.

Poi nota l’espressione sul volto della ragazza e capisce che è meglio tagliare la corda e lasciarli in pace.

-Io vado, che è tardi e domani in ufficio chi lo sente… se ti servo, io ci sono- saluta Davide e scompare dietro il portone.

Davide si infila le mani in tasca.

-Com’è andata la festa?- non la guarda, ma tiene gli occhi sul muro.

-Insomma, poteva andare peggio- alza le spalle lei.

Silenzio in casa. Nessuno dei due parla. Poi lei si decide a fare la prima mossa.

-Ora iniziamo a dipingere?- chiede con un sorriso larghissimo.

-Ora? Sei pazza? Io vado a dormire…- annuncia lui, indietreggiando.

-E dai… hai già sonno?-

-Beh sai… tre ore passate a sistemare giornali, spostare mobili e soprattutto togliere tutte le cose che stavano sopra le scrivanie… mica è una passeggiata-

-Beh, non importa; posso farlo sola- Alice avanza verso il pennello nuovo di zecca, ma un braccio la avvolge e la tira via.

-Che faresti tu? A quest’ora di notte? Non lo sai che le brave bimbe vanno a letto presto?-

-Lasciami! Perché, ti sembro una brava bimba io?-

Dice così ma ride.

-A letto-

-No!-

Davide è costretto a prendersela in spalla, fra le risate e le finte proteste della ragazza.

-Lasciami, lasciami stupido!-

Gli molla qualche pugno leggero sulla schiena, ma si rassegna e lascia che la lanci letteralmente sul letto.

Atterra sul materasso, un po’ male, ma si siede. Sposta i capelli dal volto e lo guarda.

Si inginocchia, si avvicina e lo bacia.

Lo prende per il bavero della maglietta e lo trascina sul letto.

Davide si ritrae, ad un certo punto.

-Bleah- commenta.

Si pulisce il labbro col dorso della mano.

-Sai di alcol e fumo. Che schifo…-

-Dai non fare il cretino…-

Si sdraia sul letto, appropriandosi del cuscino, e lo tira a sé.

Si nasconde nello spazio fra il suo collo e la spalla.

Lui sorride, si toglie le scarpe ed è subito accanto a lei.

-Ho lasciato il lavoro in pasticceria- dice.

-Perché?- mormora la ragazza assonnata.

-Non mi piaceva. Non te l’ho detto che sennò ti arrabbiavi…-

E anche perché non te l’ho mai detto che non mi piaceva, aggiunge mentalmente.

-E ma… adesso?-

Alice si tira su e lo guarda mezza addormentata mezza interessata, strizzando gli occhi.

-Adesso me ne devo trovare un altro-

-Che ci compriamo coi soldi del primo mese?- domanda.

-Direi che metà e più se n’è andata per i pennelli, i colori e varie cose. Ma tanto domani dovrebbe arrivarmi la busta coi soldi da mamma e papà- si stiracchia e sbadiglia.

-Dovremmo andare a trovarli, qualche volta…-

-Sì, può darsi…-

Sorride e con un braccio si allunga e spegne la luce della lampada.

Alice sbadiglia, stringendosi di più contro di lui. Non sa se deve dirglielo o meno.

-Lo sai che mi ha toccato il culo?-

-Ma chi?- sorride il ragazzo, e anche se sono al buio può sentire un piccolo sbuffo divertito uscire dalle labbra.

-Oscar- dice, divertita, mentre si allontana e inizia a togliersi la maglietta tanto odiata da sua madre.

-Davvero? E tu ci sei stata ovviamente…-

-Scherzi? Sono fuggita-

-Brava…-

Si alza un attimo, per infilarsi sotto le coperte.

-Sei fredda- nota poco dopo quando si toccano sotto le lenzuola.

-Pure lui fuma- lo informa -e…- sbadiglia -…e… si fa altre cose…- la sua voce si fa più debole.

-Basta che non lo segui, sai? Sennò già tua madre non mi può vedere, poi se pensa che ti ci ho trascinata io in quello…-

Si interrompe, osservandola dormire. Ha gli occhi chiusi, indossa solo la biancheria intima. È raggomitolata su se stessa e si sfrega contro di lui.

Gli viene da ridere.

E meno male che lei non aveva sonno.

 

Alice apre gli occhi, ancora assonnata e leggermente infreddolita. Rabbrividisce e si mette a sedere. Si scompiglia i capelli, portandoseli sopra la testa. Guarda Davide dormire beato sdraiato accanto a lei. Sorride, si china e lo bacia sulle labbra, senza svegliarlo.

Poi scivola giù.

Va verso l’armadio della stanza, lo apre e cerca. Cerca… e trova una scatola.

Era sicura di averla messa lì.

È uno scatolone, e dentro ci trova un ricambio adatto per la scuola.

Infilatasi le Adidas, alza la serranda, lasciando entrare la luce del sole, e va in bagno a prepararsi.

Dopo cinque minuti è pronta, diciamo, per il mondo.

Torna in camera da letto e prende il cellulare.

Invia un messaggio al ragazzo, poi controlla l’orologio. Cavoli, meglio muoversi.

È indecisa se svegliarlo o meno. Poi però lo guarda dormire. Sorride e lo lascia così.

Scende sotto e inforca la bicicletta.

Ora il problema è non svegliare mamma o papà.

Arrivata sotto casa, apre il portone, arriva all’appartamento. Pianissimo, infila la chiave nella toppa, e altrettanto lentamente la gira.

Poi si infila dentro, premurandosi di non far nessun rumore. Con passi calcolati e lenti, cerca di arrivare alla sua stanza.

Controlla l’orologio, sono le sette e mezza. Infatti papà dorme, ne sente il russare.

Ma il problema non è lui, è la mamma.

Prega intensamente che non si sia ancora svegliata, altrimenti… sono dolori.

Ce l’ha quasi fatta. Sorride e si allunga per abbassare la maniglia.

-Alice!-

La voce della madre la fa scattare come una molla. Si volta di scatto e si poggia la mano sul petto.

-Ma’… madonna mia…- riprende fiato e prova a sorridere -… m’hai fatto prendere un colpo-

-Alice che diavolo ci facevi fuori da casa?- la mamma abbassa la voce per non svegliare nessuno e si acciglia.

-Mica stavo fuori, io!- la ragazza fa la faccia offesa.

-E allora come mai non ti ho sentito rientrare?-

-La festa è finita tardi e Oscar mi ha riaccompagnato che erano le… le due- decide che due ore in più non guastano, per coronare la bugia.

Sua madre la guarda dal capo ai piedi.

-Come mai sei vestita allora?-

Uffa, non demorde.

-Perché devo andare a scuola, magari?- cerca di buttarla sull’ovvio, non facendosi beccare impreparata. Mai mostrarsi titubanti quando si dicono le bugie. Meglio essere convinti.

Ma sua madre non sembra berla. La guarda, sospettosa, piegando la testa da un lato proprio come farebbe la figlia. Indossa solo il suo pigiama.

-Finito di guardarmi? Sono bella, vero?- dice, per smorzare la tensione.

-è facile scoprire se mi hai mentito-

La mamma, trionfante, la supera.

-E sarebbe?- la voce le vacilla un po’, ma riesce a non apparire in crisi.

Va verso la camera.

-Vediamo… vediamo…-

Alice impallidisce e allarga gli occhi.

Cerca di trattenerla, ma non può evitarlo. Si prepara alla gridata da migliaia di decibel in arrivo.

-Alice!-

Argh! Eccola……

Si azzarda ad aprire gli occhi, nervosa, e si morde un labbro.

Sua madre esce dalla stanza.

-Non hai fatto il letto! Che cavolo aspetti, la donna di servizio? Fila a fartelo!- con un dito le indica la sua camera, poi la supera e va in cucina.

-E potevi anche svegliarmi, sai? Che è tardi!- aggiunge scomparendo nel bagno.

Alice rimane incredula e confusa in mezzo al salotto, a metà fra la camera e la cucina.

Non capisce. Poi si porge oltre la porta.

Che culo………

Il letto è totalmente disfatto, con vestiti buttati all’aria, un pigiama, magliette e pure una gonna.

Si ricorda e ringrazia i santi che ha pregato.

Prima di andare alla festa non aveva rifatto il letto. Mamma se l’è bevuta.

 

-Allora, proviamo così, che dici?-

Davide si sposta verso l’angolo della parete, e mima il movimento da sotto a sopra del pennello che ha in mano. Indossa una maglia nera, dalle maniche tirate su, e dei jeans. Sotto però, novità, ha delle scarpe nuove. Levi’s.

Alice guarda pensosa il ragazzo. Lei ha una camicia aperta di un po’, e un jeans. Le maniche arrotolate, ovviamente.

-Non so… sai, dopotutto non è più facile se…?-

-Se?-

Lei lascia il pennello sul tavolo, prende con due mani il barattolo di vernice bianca e lo solleva.

Con un po’ di fatica, riesce a tenerlo su.

-Potremmo semplicemente fare così…- fa il gesto di buttarlo contro la parete -e poi spalmiamo la vernice-

Sorride invitante, poi la presa le cede e il barattolo sta per cadere dalle sue braccia.

Ma Davide è pronto e lo afferra prima che si combini il disastro.

-Ehm… scusa…- sorride lei.

Lui lo poggia al sicuro a terra. Poi le rende il pennello.

-No, si fa a modo mio. Allora… - strappa la carta che imprigiona l’attrezzo e legge.

-“Non lasciare residui di pittura, specialmente antimuffa, perché corrode le setole…”- poi lo bagna sotto l’acqua.

-Vado?-

-Vai vai…-

Intinge il pennello nel barattolo, si china a terra e lo spalma sul muro rovinato. Quello si tinge di un bianco candidissimo, del tutto diverso dal resto.

Alice batte le mani.

-Ora io! Aspetta…- si rimbocca le maniche e compie lo stesso gesto del ragazzo.

-Non male… dai cominciamo così poi…-

-Oh senti… sai stamattina mia madre mi ha beccato mentre tornavo a casa- dice.

-Davvero?-

-Sì, però per fortuna l’ho convinta…-

Parlano mentre iniziano a colorare la prima facciata di quel muro vecchio e ammuffito.

-Ma perché arancione e verde?- domanda lui, scuotendo la testa.

-E perché no? Devi essere artistico, creativo…- ribatte la ragazza.

-Ma dico… non andava bene farlo… per dire… bianco?-

-Bianco, bianco… bianco è scontato- fa Alice, con voce ovvia -arancione è brillante, vivace, imprevedibile…-

-Allora l’arancione sei tu…- commenta piano Davide.

-Il verde è più tranquillo, no? È rilassante…-

Si ferma e lo guarda attenta, come a scrutarne qualche cosa di particolare.

-Che ho?- domanda.

-Sei poco fiducioso nelle mie capacità -

-Si vabbé- ride e riprende a dipingere.

-No, non scherzo… che ficata! Sì, il verde e l’arancione. Però mica uniforme la pittura…- aggiunge, ripensandoci.

-E come scusa?-

-Aspetta-

Va verso lo zaino che ha posato in camera da letto, e cerca fra i libri. Poi ne trova uno, quello di filosofia, e lo sfoglia. Trova quello che cercava.

Torna di là. Davide la guarda mentre con una mano si torce un capello e tutta concentrata fissa il foglio. Pensa a quanto è bella.

-Guarda…- mormora lei, avvicinandosi e porgendoglielo.

Il ragazzo lo prende e lo guarda.

-Vedi… prima facciamo tutto bianco, di sotto… poi dipingiamo dei rettangoli… a casaccio…-

Indica il foglio. C’è un riquadro bianco, poi a tratti sono disegnati dei rettangoli arancioni e verdi. Non è male, l’insieme.

Allontana il foglio, guarda prima quello, poi la parete.

Poi sposta gli occhi su Alice.

-E questo quando l’hai fatto?- domanda strafottente.

-Nell’ora di filosofia, mi rompevo…-

Lei gli si avvicina e gli batte una mano sul ventre.

-Oh, sai che sei ingrassato?- sorride riprendendosi il foglio.

-Sì, lo so…- ricambia il sorriso -devo riprendere a correre…-

-No che hai capito? Io intendevo un altro tipo di esercizio…- 

Si fa maliziosa e gli allaccia le braccia attorno al collo; poi sposta la bocca al suo orecchio e gli mormora qualcosa.

Davide sorride, poi la prende in braccio.

-Pure tu non scherzi, sai?- ridacchia.

La appoggia alla parete dell’ingresso, separato dal salotto da una porta scorrevole.

-Ahia!- si lamenta.

-Scusa…- fa lui, fra un bacio e l’altro e la sistema meglio.

Poi la bacia sul collo, scendendo sempre più giù; cerca di intrufolarsi più sotto, ma l’ostacolo della camicia glielo impedisce.

Allora ride e Alice se la sbottona, sorridendo.

Lascia che la baci dappertutto, chiudendo gli occhi e aggrappandosi alla sua schiena.

Fa un leggero sospiro quando una mano di lui va a scoprirle il seno.

Rischia anche di farla cadere a terra.

-Ce l’hai?-

-No… ma che cavolo! Che ti frega…?- sbuffa leggermente seccato.

Lei alza un sopracciglio, poi cerca qualcosa nella tasca dei jeans.

-Visto che anche Oscar serve a qualcosa?- tira fuori i famosi preservativi di un mese fa.

Gli apre il pantalone, facendolo scorrere a terra, poi fa lo stesso con i boxer.

Lo aiuta a spogliarla, e si stringe di più contro il suo bacino.

Lui la sostiene con un braccio solo, mentre la mano destra si poggia sulla sua guancia.

La guarda dritto e intenso negli occhi.

Alice arrossisce e sorride imbarazzata, poi abbassa lo sguardo. Davide ricambia il sorriso e ricomincia a baciarla.

-Madonna da quant’è che non lo facevamo?- domanda con voce roca poco dopo.

-Tanto… - fa lei con lo stesso tono.

 


Dunque...
Per giunigiu95: povero Oscar. Grazie per i complimenti, anche se non sono così bravo. Continua a leggere.
Per demetra85: direi che immagini bene entrambe le volte. Sia su Davide, sia su Alice. Forse sarà lei a commettere qualche errore e farsi prendere dal "nemico"?
Per Jiuliet: caspita, mi sa che ci hai preso ancora. Diciamo che nessuno dei due aveva molta voglia di litigare. Grazie di aver recensito e spero di non averti fatto aspettare troppo.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Il viale di periferia, quello che porta all’ospedale, è privo di abitazioni; di tanto in tanto vi passano auto, ma nulla di più. Pochissimi sono i passanti, per lo più medici o infermieri. Ed è per questo che quel viale, parecchio lungo, è il preferito di Davide.

Il quale lo sta percorrendo a passo di corsa.

Ha un iPod attaccato al polso e le cuffie nelle orecchie.

Sono le quattro e mezza, e ha deciso di prendere in considerazione l’idea di un nuovo lavoro. Gli sembra che il bar poco lontano casa di Alice abbia affisso un annuncio.

Più tardi andrà a vederlo.

-Corri, sfaticato!-

Una risata, accompagnata dal cigolare della catena della bici, lo fa voltare; senza smettere di correre la guarda, avanzando a ritroso.

-Visto che se mi ci metto…?- dice, sorridendo anche lui.

Alice lo raggiunge e rallenta il passo, per quanto può. Gli fa segno di togliersi le cuffie, poi dice

-Ho incontrato Marilena-

Davide si preoccupa e fa una faccia timorosa.

-E che ti ha detto?-

La ragazza si acciglia e guarda davanti a sé, affiancandosi al lato sinistro del marciapiede.

-Stavo con mamma a fare compere, che voleva il mio aiuto… e l’ho vista. Ma stava con un altro tipo-

-Ah sì?-

Il ragazzo non smette di correre e perciò inizia a venirgli il fiatone.

-Dovremmo dirlo a Luciano?- domanda lei.

Lui sbuffando, si ferma e si piega, appoggiando le mani sulle ginocchia per riprendere fiato.

-Sfaticato!- Alice ferma la bici e aspetta.

Davide alza la testa, stringendo gli occhi per via del sole.

-Non so…… quella ragazza è la cosa peggiore che gli sia mai capitata-

-Perché?-

Si siedono sul muretto che contorna il viale.

-Perché… sai, Luciano… fa l’impiegato in una grossa società- fa un bel respiro -e… beh, guadagna abbastanza, direi. Marilena se l’è sempre tenuto stretto, e… e certe volte che voleva mollare lo ha sempre fatto ricredere…-

-Poi lui l’ha tradita?-

-Beh sì, ma… fatti loro, che ne so io…comunque penso che…-

-…che voglia solo il suo bello stipendio?- completa la ragazza.

-Esatto. Oh, ma non una parola con Luciano-

-Sì, certo. Ma lei? Non lavora? Sembra una tipa tutta impegnata…-

Davide ridacchia.

-Sì, lei è una tosta. Ha preso la laurea in scienze della comunicazione, ma… non lavora-

-Non lavora? E come fa?-

-Secondo te perché sta col suo fratellino?-

-Tommaso?-

Lui fa una smorfia.

-Sì. Difetto di pronuncia a parte, lavora all’ospedale, qui- indica il grande edificio alle loro spalle.

-Ma dai! Che forza!- commenta Alice.

-Fa l’infermiere. Ma sta facendo un sacco di corsi per… mi pare sia odontoiatria, boh…-

Rimangono a meditare sulle parole per un po’.

-Quindi lei ha la casa col fratello? Solo perché…-

-…perché ha un bel lavoro, sì-

Alice si acciglia.

-Beh scusa, ma è ingiusto! Che fa, vive alle spese degli altri?- esclama, saltando in piedi.

-Lo so, ma che ci possiamo fare?-

-E tu?- di colpo si fa seria -Tu pensi che io viva a spese tue?-

-No, tu vivi a spese di tua madre e tuo padre-

Per questo riceve un pugno leggero sul braccio.

-Stupido-

-Dai, seriamente. Tu che vuoi fare?-

D’un tratto lei si fa triste e pensosa. Abbassa lo sguardo e fa una buffa smorfia.

-Non so…- poi si appoggia con la testa alla spalla del ragazzo.

Lui sorride divertito. Poi le fa alzare lo sguardo con una mano.

-Stasera vado a vedere per il lavoro al bar sotto casa tua- le dice, per distoglierla da quel discorso.

Lei però non sembra tanto spensierata.

-Bravo…- lo guarda negli occhi, seriamente preoccupata -Tu mi lascerai se non prendo l’università?-

Davide vorrebbe ridere ma capisce che non è il caso. Si stiracchia e le posa una mano dalla presa forte sulla spalla.

-No- dice con un sorriso, tranquillo -dovrei? Tu… fai quello che vuoi. Trovati qualcosa che ti piace…-

-E chi lo dice ai miei?-

-Glielo dico io-

Alice lo guarda stupita; poi sorride e fa un verso scettico.

-Certo… -

-Certo che sì-

Le dà un bacio sulla testa, si alza e riprende a correre.

La ragazza lo guarda andare via, poi si alza anche lei, sorride, mette le mani attorno alla bocca formando un piccolo megafono.

-Guarda che ci conto!- gli grida dietro.

Lui si volta e ricambia.

-Promesso!-

Scuote la testa, prende il manubrio della bici e monta su.

 

Qualche manciata di minuti dopo, si ferma all’entrata della piscina comunale.

Sta aspettando la sua amica per farsi un giro, come sempre.

Ecco che esce, puntuale com’è suo solito, ma non è sola.

Non è possibile. Le viene voglia di battersi una mano sulla fronte.

Insieme a Giorgia c’è Oscar.

Oh, possibile che ci dobbiamo sempre incontrare? Madonna, e che è?

Quando si fanno vicini compone un bel sorriso.

-Ehilà… ciao-

-Chi si rivede. Allora è proprio destino…-

Fa un altro di quei sorrisi da svenimento, ma lei ha tanta voglia di alzare un sopracciglio e mandarlo a quel suo ricco paese.

-Sembra… beh, andiamo?- fa rivolta a Giorgia.

Lei scuote la testa.

-Come no?-

-Ha chiamato mia madre, devo stare a casa con mio fratello. Mi spiace…-

-Oh, ma se vuoi… ti accompagno io…- dice Oscar con disinteresse.

-Beh…-

Alice alza un sopracciglio e scambia un’occhiata con l’amica. Però deve aver sbagliato espressione, perché Giorgia batte sulla spalla del ragazzo.

-Ma sì, dai, vacci con lui!-

Con un sorriso a denti stretti lei sibila

-Grazie…-

Poco dopo sono sul corso, camminano vicini.

Oscar si infila le mani in tasca e comincia

-Dove vuoi andare?-

-C’è un negozio… là in fondo… non so se lo conosci…- indica un punto dall’altra parte della strada -lì vendono belle cose. E non costano manco una cifra- propone.

Se proprio deve passarci un pomeriggio, che lo passi a modo suo. Decide almeno di divertirsi.

Lui scuote il capo, divertito.

-No no no… Alice, ma che mi combini? Invece ti porto io in un posto-

-Che posto?-

-Vedrai- fa misterioso.

La guida fino ad un negozio molto elegante, ben arredato e con parecchi capi costosi in esposizione.

Alice sgrana gli occhi davanti a tanto sfarzo; sbalordita entra e si guarda intorno. Però non osa nemmeno avvicinarsi ai vestiti, anche solo per guardarli da vicino: non potrebbe permettersi neanche una manica, pensa.

Oscar, sicuro di sé, entra dentro e la conduce alla cassa.

Appena lo vede, la commessa gli fa un enorme sorriso.

-Buonasera, signorino Perugini. Compere stasera?- esordisce speranzosa con un sorriso che più allargato non si può.

-Solo di passaggio; anzi…- guarda un attimo Alice -…mi chiami Ines?-

-Certo, vado subito-

Svolazzante che sembra una farfalla, e velocissima, vola nel retro del negozio.

La ragazza la guarda andare via e poi fissa il ragazzo; sembra molto tranquillo e a suo agio.

-Ehm…- cerca di attirare la sua attenzione.

-Si?-

-Non credo di potermi permettere nulla…- spiega a bassa voce -sai… puntavo a qualcosa di meno… principesco-

Guarda gli abiti, ma basta anche solo osservare l’arredamento e i colori del negozio. Il bancone di vetro, le poltrone argentate, i tappeti grigio chiaro e l’aria che tutto, lì sia perfetto.

-Ma sono il meglio del meglio- ribatte lui.

-Beh sì, ma- Alice sorride come quando si spiega qualcosa di ovvio -costa troppo-

-Tu lascia fare a me- conclude, bloccando altre risposte alzando una mano.

-Oscar!-

Chiamato, si gira.

Una signora in tailleur compare dal retro e gli va incontro a braccia aperte.

Sempre con quel sorriso incredibilmente allargato, lo bacia (per modo di dire, più che altro ha fatto solo la mossa, pensa Alice) e lo esamina.

-Ma guardati, sei… sei incredibilmente fantastico!-

-Anche lei- fa lui compiaciuto del complimento.

Ines sposta lo sguardo sulla ragazza, alla quale non piace per niente l’occhiata “a scanner” , come la ribattezza nella sua mente, che le ha dato.

-E lei?-

-Un’amica. Mi chiedevo se tu avessi qualcosa di adatto per farla sembrare molto più bella di come non sia già-

A quell’inaspettato complimento lei arrossisce, ma non ribatte.

La signora la scruta di nuovo, pensosa. Poi agita l’indice.

-Credo di avere qualcosa. Vieni, forza-

La prende per mano (anche se come Alice sottolinea in mente, la rapisce) e la porta nella zona camerini. Le pareti nere contrastano col pavimento argentato e con la fila di tendine gialle che nascondono i cubicoli.

Ines va verso i manichini.

-Allora…. Ehm…-

-Alice-

-Sì, bene. Alice, cosa ti piacerebbe indossare?-

-Beh io…-

Osserva i vari modelli esposti, non avrebbe mai pensato che un giorno avrebbe dovuto scegliere fra quelli. Però Alice è pur sempre Alice. Non può farsi prendere in contropiede.

Indica un vestito grigio chiaro.

-Può andare- acconsente la signora. Lo sfila e glielo porge.

Poi le indica uno dei camerini.

La ragazza ne esce tutta stretta nell’abito più scandaloso e al tempo stesso da capogiro che abbia mai indossato.

Certo le Adidas non vanno bene sotto, ma guardandosi allo specchio non riesce a credere al riflesso che le dà.

-Sei bellissima-

Oscar le sorride nello specchio e voltandosi lo vede a braccia conserte, vestito con la camicia nera e i pantaloni bianchi, che la osserva attento.

-Sì, ma si può far di meglio-

Ines va immediatamente a prendere in mano un altro abito, nero stavolta.

Glielo porge e lei obbediente lo indossa.

Esce nuovamente da camerino, stavolta ancora più scoperta. Lo spacco è molto alto e anche la scollatura non scherza. Tanto che spunta un po’ del reggiseno nero dall’abito. Si guarda di nuovo allo specchio.

-Stupenda. Favolosa- decreta il ragazzo, seduto su una poltroncina.

-Esattamente-

-Dici?- Alice lo guarda un po’ incerta.

Poi si volta verso lo specchio e piega di lato la testa.

Non le convince.

-Tesoro, se non ti piace questo non so che farti. Ti sta d’incanto. Sembra fatto per te-

Ma ancora non è convinta.

Cerca un modo per dirlo a quei due, che sembrano d’accordo. Per un attimo pensa alla faccia di Davide se la vedesse con quel vestito. Sorride; avrebbe tanta voglia di fare una piroetta in modo che la gonna le svolazzi intorno; ma non può, insomma, sembra di essere dal sarto di una principessa.

Però, in ogni caso, non sia mai che Alice si faccia comandare da qualcuno.

Si volta, prende fiato.

-A me piace l’altro- dice convinta.

-L’altro? Questo?-

Ines lo mostra con disprezzo.

-Sì-

-Questo ti sta molto meglio, lascialo dire a chi di moda se ne intende-

Lei si acciglia e ribatte istintivamente.

-Beh, non so, certamente lei capirà quanto cavolo vuole di moda, ma chi sceglie il vestito sono io scusi!-

Poi guarda Oscar, che pare sbalordito.

-Anzi- prosegue -non lo voglio questo vestito, visto che io- e marca il pronome -di moda non me ne intendo!-

Va nel camerino e si cambia.

Ma quando esce i due sono scomparsi.

Li trova all’ingresso del negozio, intenti a confabulare. Oscar si riprende una carta di credito e prende la ragazza per mano.

Ines la guarda accigliata e sibila un -Buonasera- molto tirato.

 

Una volta fuori il ragazzo le domanda

-Ma sei impazzita? Farla arrabbiare così! Quella è…  è la regina qui! Nessuno sano di mente la contraddirebbe!-

-Beh scusa, mi ha detto che non capisco nulla di moda!- ribatte con le mani sui fianchi.

-Cercava di consigliarti…-

-Non è vero-

Oscar sorride comprensivo e la prende per le mani.

-Dai…-

Le porge la busta che ha in mano.

-Ti piace allora?- domanda mentre lei si fa scorrere fra le mani il tessuto grigio chiaro del primo vestito. Schiude la bocca, sorpresa.

-Mi hai comprato quel vestito?-

-Sì-

Prima scuote piano la testa, fissando l’abito fra le sue mani; poi sorride e lancia un piccolo urlo.

Gli salta al collo.

-Grazie grazie!- si allontana e guarda prima lui poi il vestito -Io… grazie, ti sarà costato una fortuna…-

-Le belle ragazze si meritano solo il meglio, no?- fa lui, sorridendo.

Anche Alice sorride, poi si accorge che sono molto vicini.

Non abbassa lo sguardo, ma sembra, da come la guarda, che Oscar stia pensando le stesse cose.

Non osano avvicinarsi, ma prima che uno solo dei due possa fare altro, una voce femminile chiama la ragazza.

-Alice!-

Lei si volta e vede sua madre venirle incontro.

-Mamma?- chiede stupita -Che fai qui?-

-Oh nulla, cercavo solo… non so, qualcosa di carino… beh, e voi?- la signora guarda il ragazzo accanto alla figlia.

Riconosce che non è Davide e lo fissa attenta.

-Lui chi è?- domanda.

-Lui è Oscar. Mamma, Oscar; Oscar, mamma- li presenta.

-Piacere- fa il ragazzo, sorridendo invitante -stavamo facendo delle compere anche noi-

Sua madre ha quell’espressione che conosce bene, come di quando si ha un’idea, e non le piace affatto.

Poi, la tragedia.

-Ti andrebbe di venire a cena da noi?-

Argh.

E da lì, cominciano i guai.

 





Domando scusa per il ritardo, ma ho avuto un po' di problemi fisici (non auguro a nessuno di rompersi l'osso del collo). Grazie per i commenti che mi avete lasciato, e cercherò di aggiornare quanto prima possibile.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Gennaro crede di avere una buona memoria, almeno per quegli anni che ha. È raro che si scordi qualche cosa. Però quando alla porta si presenta quel ragazzone con gli occhiali sopra la testa, i capelli lunghi, è perplesso.

Mentre quello, accompagnato dalla sua cara consorte, entra dentro, prende per un braccio la figlia.

-Ma che hai fatto a Davide?- chiede.

Alice sbuffa e si mette una mano sul volto.

-Colpa di mamma. Mannaggia a lei…- dice a denti stretti.

-Ma…… questo chi è?-

-Calvin Klein…- sorride lei complice al padre.

Gennaro sorride e le dà un buffetto sulla testa, invitandola a raggiungere l’ospite inaspettato.

Poco dopo sono seduti tutti e quattro a tavola.

Alice mangia il suo piatto meditando vendetta sulla madre.

Gennaro scruta il nuovo arrivato con aria critica.

Ma la signora Stefania, tutta allegra ed entusiasta, è l’unica che tenga viva la conversazione.

Oscar sorride alla signora, del tutto a suo agio.

-Che pensi di fare una volta finita la scuola?-

-Beh……- il ragazzo si gratta il mento con una mano -pensavo… sa, molti amici di mio padre lavorano in politica, e …… beh, pensavo di buttarmi su quello. Penso di sì-

Stefania annuisce, ammirata e soprattutto catturata dal ragazzo.

La serata passa così, sua madre si diverte, trova sempre più carino Oscar, e lui ovviamente è compiaciuto di esserle andato a genio.

Quando la porta si chiude dietro al ragazzo, il sorriso svanisce dal volto di Alice.

Guarda la madre accigliata, incrocia le braccia e si prepara al combattimento.

-Perché lo hai invitato a mangiare?- inizia minacciosa.

Gennaro scuote la testa, prende il giornale e va a sedersi su una poltrona del salotto: ha ormai imparato a sue spese che quando le due litigano, è meglio rinunciare a (o quantomeno è inutile) intromettersi.

-Beh, mi sembrava un bravo ragazzo… insomma, che male c’è?-

-Oh lo so io che male c’è!- Alice alza la voce -Lo so che volevi fare! Cos’è, ti è piaciuto? Ti piace Oscar? Ma sposatelo tu, che cavolo!-

Stefania arrossisce vistosamente.

-Ma cosa dici?-

-Lo so cosa dico! Lo so perfettamente! Senti, ma’… per l’ultima volta…- prende fiato e si prepara ad esplodere -… TU NON PUOI SCEGLIERE LA MIA VITA! SONO IO, IO, CAPITO? SONO IO CHE DEVO SCEGLIERE CHI MI PIACE E CHI PORTARE A CASA! NON SEI TU CHE DEVI DECIDERE CHI DEVO FREQUENTARE!-

Gennaro sorride sotto i baffi, e ha voglia di ridere; ammira molto la figlia.

-Non ti permetto di parlarmi così!-

Alice si ferma un momento. Suo padre alza gli occhi dal giornale, preoccupato: non vorrà mettersi a piangere?

Ma ovviamente no; ricomincia a parlare.

-Allora dimmi. Avanti dimmi perché non ti piace Davide. Perché non ti piace?- continua con tono più calmo. Gennaro, rassicurato, torna a leggere.

Sua madre mette le braccia conserte proprio come la figlia.

-Non è che non mi piace… e abbassa la voce, che ci sente tutto il palazzo!-

-Col cavolo!-

-Davide…… lui… è un bravissimo ragazzo, non sto negando questo…- comincia Stefania.

-E allora?-

-Io… non lo so …… è che…- sua madre fa un sospiro, poi si decide a vuotare il sacco -non mi sembra… insomma, studia da programmatore-

Fa un gesto con le mani ovvio.

La ragazza si imbestialisce di più.

-E questo che vorrebbe dire scusa?-

-Che… se tu per caso decidessi… non so, di…… di fare una cosa più seria… non so fino a che punto ce la farà. Credimi, io voglio solo che tu non rimanga delusa- si affretta ad aggiungere.

-Davide si fa un mazzo tanto- e mima il gesto con due mani -per trovare un lavoro, anzi, già ne aveva uno, e stasera ha cominciato quello nuovo! E sai perché? Perché……- si interrompe.

Stringe di più gli occhi e scuote la testa.

-Ma che ci parlo a fare con te…-

Supera la madre e sbatte la porta della sua camera alle spalle.

Stefania resta lì ferma, senza dire nulla. Gennaro ripiega il giornale e guarda la moglie.

-Secondo te ho sbagliato qualcosa?- domanda lei.

Lui alza un sopracciglio e si liscia i baffi.

-Il problema è che tu e tua figlia siete entrambe dova ciocc’ tost!- (due teste dure).

Gennaro si alza e fa per andare in camera da letto.

Però a metà si gira.

-Ma poi, tu credi che Calvin Klein abbia intenzione di cercarsi un lavoro qua?-

-E questo che c’entra?-

-C’entra. Io non voglio che Alice vada a fare la moglie di un politico. Buonanotte-

Stefania guarda il marito entrare nella stanza. È allibita. Non ha ancora capito chi dovrebbe essere Calvin Klein.

 

Alice intanto, rinchiusa in camera e imbronciata, accende il Motorola.

Subito fa il numero a memoria.

-Ciao……- parla con voce mogia.

-Che succede? Ti ho chiamato un sacco di volte…- Davide le risponde preoccupato.

-Scusa, ce l’avevo spento……-

-Cos’hai?-

Sospirando, lei gli racconta tutto quel pomeriggio. Anche di Oscar, del vestito, della proprietaria, e dell’invito di sua madre.

Evita però di raccontargli le ultime parole della mamma, anche perché già a lei provocano tanta rabbia. Invece gli dice della litigata.

-Mi dispiace…- fa lui dall’altra parte.

-Pure a me. Non volevo alzare la voce però… non la sopporto quando fa così-

Davide sorride e si sdraia sul letto a pancia in su.

-A che pensi?- le domanda.

-Penso che il vestito che mi ha comprato Oscar non lo metterò mai-

-Perché?-

-Perché è troppo… troppo per me. Se lo vedessi… lì sembravano tutti principi e regine. Che cavolo ci stavo a fare io lì?-

-Va beh, però… ci avrà speso una cifra…-

-Ecco, questa è un’altra cosa che mi fa inca**are- sbotta lei.

Lui lo sa bene, e compiaciuto aspetta la sfuriata.

-Mica gliel’ho chiesto io di compramelo! Cavolo, e se non volevo? Arriva lì, mi porta e dice ‘cerco un vestito che la faccia sembrare ancora più bella’- storpia la sua voce naturalmente.

Il ragazzo si acciglia.

-Ha detto così?-

Cavolo, ma chi si crede di essere questo?

-Sì-

Davide ci pensa un attimo, restando in silenzio. Poi si butta

-Alice, posso farti una domanda?-

-Spara-

-Ma a te piace Oscar?-

La ragazza stringe di più il cuscino contro il suo corpo e stringe gli occhi.

-Perché mi fai questa domanda?-

-Perché… beh sai… sembra proprio il tipo che piacerebbe a tua madre…-

-Già. Però… boh. Cioè, non è male ma… per certe cose mi fa incavolare. Tipo quando se la tira da morire con gli altri… ‘mio padre, mio padre’… manco fosse il presidente degli Stati Uniti-

Dall’altra parte lui scoppia a ridere. È questa l’Alice che conosce e che gli piace.

-Mi hanno preso al bar. Lavoro di sera stavolta. Così il pomeriggio ti accompagno io a fare shopping-

Lei fa un sorriso dolce.

-Tu odi andare in giro per negozi-

-Lo so, appunto-

Lei ride per la prima volta nella serata. Poi sbadiglia.

-C’hai sonno?-

-Sì…- geme nascondendo la faccia nel cuscino -c’ho sonno. Buonanotte-

-Notte-

Chiude il telefono, ma non sorride. Ripensa alle parole della ragazza, e si acciglia immaginandosi la scena con Oscar. È bene che qualcuno gli ricordi con chi sta Alice, pensa.

Lei trova un messaggio una volta finita la chiamata.

‘Scusa se sono stato pesante stasera. Non volevo farti problemi con tua madre’. Oscar.

Sorride e risponde.

‘Come sai che ho avuto problemi con mia madre?’.

Qualche minuto dopo il display vibra.

‘Qualcosa la so anche io. Ho visto come mi guardava e come tu guardavi lei…’.

Alice si mette a pancia in giù e coi gomiti si tiene dritta. Digita la risposta.

‘Beh, hai ragione… ma ora è a posto, credo…’.

Il che non è del tutto vero, ma preferisce sorvolare.

‘Metterai il mio vestito?’.

A questa domanda arrossisce nel buio. E ora che gli risponde?

Gli sembra brutto a dir di no. Con Davide troverà un compromesso.

‘Beh… ceeerto. A scuola è perfetto’.

La risposta la lascia stupita.

‘Io intendevo ad una festa. Sarebbe un vero peccato non far morire d’invidia tutte le ragazze che conosco. Che ne dici?’.

Alice osserva il display del telefono, unica fonte di luce nel buio della camera.

L’ha invitata ad un’altra festa. Per indossare quel meraviglioso abito. Per… andarci con lui.

Ci pensa un po’, cercando di trovare un modo carino per dirlo. O forse per decidere quello che vuole fare.

Poi sceglie.

‘……beh, d’accordo. Ma dovrò dirlo a Davide’.

La risposta è ancora più stupefacente.

‘Devi proprio dirglielo?’.

Subito scrive il messaggio.

‘Beh, magari perché… non so… è il mio ragazzo? Che dici?’.

‘Dico che non ti farà venire. E io ti ci voglio vedere con quel vestito’.

O Madonna beata e santi del paradiso!

Ad una risposta così diretta e provocante nemmeno la ragazza può evitare di arrossire.

Però prova a tenere in mano la situazione.

‘No senti… okay ci vengo. Però a Davide lo dico’.

‘Come ti pare. Ma io credo che non ti ci farà venire’.

‘Beh… potrei, non so… portare anche lui con me?’.

Spera che dicendo così non si sia messa in un enorme casino. Non le piace per nulla quella conversazione e la piega che sta prendendo.

Poi decide di chiuderla lì.

‘Senti ne parliamo domani va bene? Ora ho sonno…’.

Inviato l’ultimo messaggio spegne il telefono.

Ha tanta paura di aver combinato un pasticcio colossale.

 

-Che prendete?-

Davide si rivolge a due ragazzi da dietro il bancone.

Gli piace molto di più questo nuovo lavoro che si è trovato. Sta dietro il banco, indossa un grembiule, si destreggia fra bottiglie, bicchieri, marche di alcolici, tappi di birra e cocktail. E cameriere, clienti scatenati e ubriaconi. Si sa che in un bar, il barista è quello che conosce i fatti di tutti.

Ma al ragazzo questo non interessa minimamente.

-Due birre-

-Subito-

Si volta e prende dal frigo due bottiglie verdi, le stappa cercando di essere veloce e le posa sul banco.

-A voi-

Sente la porta aprirsi e sbircia la nuova arrivata. Le sorride, quando si siede ad uno sgabello davanti al banco.

-Ciao-

-Ciao. Non sapevo lavorassi qua-

Giorgia posa la borsa e lo guarda stupita.

Lui alza le spalle.

-Mi arrangio per guadagnare. Ma è meglio questo della pasticceria-

-Ti piace di più?-

-Sì. Che ti serve?-

-No nulla. Devo… devo incontrarmi con una persona-

-Ah- fa lui, mettendo su un cipiglio curioso e mezzo strafottente -appuntamento al buio?-

-Più o meno- sorride la ragazza.

-Hai visto Alice?- domanda poi.

Giorgia si acciglia, pensosa.

-Sai che è da ieri pomeriggio che non la sento? Oggi… niente scuola e non mi ha chiamato…-

Davide non aggiunge altro, ma si acciglia e si incupisce.

Quella ragazza ha un po’ di cose da spiegargli.

Mezz’ora dopo, Giorgia ha incontrato il suo tipo e, dopo aver bevuto qualcosa, lo ha salutato.

Poco dopo che lei ha lasciato vuoto il posto, entra un ragazzo che Davide sta incominciando a detestare. Oscar, avvolto in una ovviamente costosa maglietta e nei jeans che più griffati non se ne può, si avvicina al bancone.

-Ciao- lo saluta con un sorriso.

-Ciao- fa l’altro, ma non sorride -bevi qualcosa?-

-No… è che cercavo te, sai-

-Ah sì? Me? E perché mai?-

Smette di sciacquare un bicchiere e lo guarda bene negli occhi. Oscar si siede, poggia il gomito sul banco e ricambia lo sguardo.

-Non so se lo sai…… ho invitato Alice ad una festa-

Cerca di rimanere impassibile, ma lo stomaco gli bolle furiosamente. Di questo non sa nulla.

-E allora?- il tono con cui lo pronuncia non è dei più amichevoli.

-Niente pensavo…visto che state insieme, se eri d’accordo-

-Ma che, mi prendi in giro per caso?- stavolta gli saltano i nervi e ribatte secco. Si poggia sul banco, protendendosi verso di lui con le sopracciglia inarcate.

-No, perché?- dice l’altro.

-Sentimi bene, tu…- gli punta un dito contro, ma prima che possa finire la frase la porta del locale si spalanca di nuovo.

-Davide?-

Riconosce la voce e colpevolmente abbassa il dito e si allontana. Alice sposta lo sguardo ora all’uno, ora all’altro.

-Ciao Alice- le dice, preoccupato dallo strano sguardo che gli sta rivolgendo.

-Ciao- la ragazza si siede esattamente di fronte a lui, poi guarda Oscar.

-Che… di che parlavate?- domanda.

-Stavo dicendo a Davide che andrai alla festa con me, per… per dirglielo insomma…-

La ragazza sembra precipitare nel panico. Subito osserva meglio il ragazzo, che però non fa una piega, anzi abbassa lo sguardo e riprende a sciacquare il bicchiere di prima.

-Sì, mi diceva… che andrete ad una festa…- tenta di far finta che la cosa non lo sfiori minimamente; alza le spalle e parla alle sue mani che strofinano il vetro -…beh, andate-

-Bene- Oscar batte le mani sul banco e si alza -ci vediamo… beh ti chiamo io okay?-

-Sì… okay…- acconsente incerta.

Poi il ragazzo saluta entrambi ed esce.

Subito Alice si rivolge a Davide.

-Senti… ora, non ti mettere strane idee in testa…- comincia.

-Qual è il problema Alice?- non alza la voce ma lo dice con un tono forzato che la ragazza non gli ha mai sentito.

Butta lo straccio con cui sta asciugando il bicchiere sul lavandino. Poi la guarda.

-Vai alla festa. Vacci con lui. Potevi dirmelo però-

-Ma che ca**o credi? Che io ci voglia veramente andare?- lei alza la voce.

-Beh, non mi sembrava che fossi esattamente dispiaciuta!-

Lo afferra dal bavero della maglietta e lo tira vicino al suo volto. Per fortuna che nel bar ci sono pochissime persone, pensa lui.

-Senti io ci vado solo perché mi ha comprato quello stupido vestito! Per gratitudine! Sai che significa?-

-Cos’è, io sono il fidanzato “ufficiale”, e invece con lui te la vai a spassare?-

Le parole gli escono di getto dalle labbra prima che possa fermarle. E la reazione a queste non è da meno.

Alice stringe gli occhi e gli tira uno schiaffo sulla guancia.

Davide rimane fermo, e quando la ragazza prende in mano la borsa, salta giù dallo sgabello ed esce, non prova a fermarla. Si tiene la mano sul punto dove l’ho colpito.

Dopo un poco si riscuote e velocemente esce. La trova seduta imbronciata alla panchina della fermata.

Le si avvicina, e appena lo vede lei distoglie lo sguardo.

-Vattene via-

-Senti…-

-Vattene- ripete.

Lui sospira, ma non demorde e si siede accanto a lei.

Si fa forza e parla.

-Non lo pensavo davvero-

-Ho detto che non ti voglio ascoltare-

Alice tiene ostinatamente lo sguardo fisso davanti a sé.

Lui tira fuori dalla tasca delle chiavi. Sono della sua macchina. Le poggia in grembo alla ragazza, che le guarda un attimo.

-Embè?- chiede, sempre con quel tono duro.

-Vai a casa. Preparati- dice con tono rassegnato.

Stavolta non ribatte, ma lo ascolta.

Davide si alza, spolverandosi il grembiule e il pantalone.

-Sarai bellissima con quel vestito- aggiunge, poi si allontana.

 

Tornato nel bar, serve un paio di signori, poi si dà dello stupido. Non avrebbe dovuto dire quelle cose. Ma che volete farci, quando uno si incavola non risponde delle proprie azioni.

E forse uno non ne risponde anche quando è geloso.

 

Alice sta provandosi dei tacchi che non le piacciono affatto.

Per la miseria, sono scomodissimi!

Cammina e rivolge un’espressione eloquente alla mamma, sperando che capisca.

-Le stanno benissimo!-

“Ca**o, mia madre non capisce nulla” si trova a pensare e le verrebbe da sbattersi una mano sulla fronte.

-Mamma- le dice a denti stretti, e le fa cenno di avvicinarsi.

-Dimmi tesoro-

-Stì cosi fanno schifo- si regge a lei e se li sfila.

-Ma scusa, mica con quel vestito puoi metterti le scarpe da tennis- fa Stefania.

-Però mi piacerebbe molto- sospira e si siede sul pouf del negozio. La commessa è in cerca di un altro paio.

Sconsolata, geme e si regge il viso con le mani.

Sua madre le poggia una mano sulla spalla, invitandola a guardarla.

-Che c’è, Alice?-

-Niente- risponde laconica.

Stefania sorride. Si avvicina al suo orecchio.

-Sarò anche arretrata e non capisco affatto le battute che fai, ma so che c’è qualcosa. Pensa, l’ho capito anche io!-

Sua madre che fa una battuta? Questo sì che fa ridere.

Infatti sorride un poco e la guarda.

-Ho litigato con Davide-

-Ah… e perché?-

-Perché… vado alla festa con Oscar-

Stefania stringe gli occhi stupita.

-Ma… tu… stai con lui ancora?-

-Sì mamma, che domande!- sbuffa esasperata -io ti dico un pezzetto e tu subito salti alla tragedia! Ecco perché non ti raccontavo mai nulla…-

La commessa è tornata. Lei prova e riprova scarpe che trova eccessive, ma che deve ammettere che andranno a pennello con quell’abito. Però mentre indossa e sfila e si guarda allo specchio e ascolta i commenti della madre, ha la testa altrove.

Fuori c’è parcheggiata la macchina del suo ragazzo.

Finita l’odissea dei tacchi, saluta la mamma che va a far la spesa, e si infila nella Opel.

Fuori tuona, e poi inizia a cadere la pioggia.

Alice sbuffa scontenta e si appoggia contro lo schienale, rintanata nel giubbotto.

Le goccioline mano a mano si ingrossano, aumentano di volume e ricoprono il parabrezza della macchina così che non si riesca a vedere nulla. Sbuffa e una nuvoletta piccolissima di vapore esce dalle sue labbra.

Con un sorriso pensa che può farlo, tanto non c’è Davide.

Si morde un labbro, allargandosi in un sorriso, e poggia entrambe le scarpe sul sedile; si abbraccia le gambe e rimane così per un po’.

Ha freddo.

Lo sguardo le va al porta cd nuovo. Lo prende e sceglie un disco. Lo infila nel lettore, accende l’auto e lascia partire la musica.

‘Starlight’.

‘Far away, the ship is taking me far away, far away from the memories…’.

Magari, pensa lei.

Sta un po’ ferma a fissare una gocciolina che scivola sul vetro, seguita presto da altre. Poi decide.

Prende il telefono dalla borsa e lo accende. Nessun messaggio.

Un po’ si dispiace, pensava che le avesse mandato un poema di scuse con tanto di dichiarazione d’amore. Che dite, era un po’ troppo pretenzioso?

Mordendosi un labbro digita un messaggio.

 

Davide ha appena finito il suo turno, alle otto e quarantacinque, ed esce dal bar. Avvolto in una giacca e con la sciarpa attorno al collo, sente comunque freddo. Va a sedersi sulla panchina della fermata, in attesa del bus che lo riporti a casa.

Non può fare a meno di pensarla.

Chissà se ha preso la macchina. Chissà com’è bella con quel vestito.

Chissà se in macchina con lei c’è Oscar.

Argh, dannazione!

Sbuffa e guarda a terra, poggiandosi la testa fra le mani.

Brutta bestia la gelosia.

No, pensa subito dopo. Non è possibile. Lei non lo farebbe mai entrare lì. Anche perché sicuramente lui ha una macchina che alla mia la guarda dall’alto. Una jeep. Una Ferrari. Una ca**o di macchina da ricco.

Mentre aspetta l’autobus, e sa che ci vuole ancora un quarto d’ora, prende in mano il Nokia.

Inaspettatamente, ci trova un messaggio. Prima di premere ‘visualizza’ prega il Padreterno che sia lei.

Poi preme il pulsante. E il cuore gli fa un balzo verso il basso.

È lei.

Che, gli avrà mandato un messaggio per lasciarlo? Un modo indolore per dirgli che sta con Oscar.

E no, che cavolo, no. Non ci sto.

Non può scaricarmi con un messaggio.

Gira il display verso il basso: non è sicuro di voler leggere.

Due sono le cose: o mi lascia o mi ha mandato al diavolo per sms.

 

Poi ci pensa meglio. Forse Luciano ha ragione.

Forse a lei piacciono altri tipi di ragazzi.

Mannaggia. Dopo che le ho prestato la macchina lei se la fa con un altro.

Lo fa dove lo abbiamo fatto la prima volta, dannazione.

Okay amico, calma. Non è detto.

Ma non posso leggere quel messaggio.

Cerca di dimenticarsene.

Però il pensiero di non sapere e avere la risposta fra le mani lo tormenta e alla fine cede.

Gira il display; legge il messaggio.




Grazie a chi ha commentato, ma non so se continuerò questa storia.

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