A Trickster Game

di Julsss_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** The Trick ***
Capitolo 3: *** Water ***
Capitolo 4: *** Weeping Angels ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


A TRICKSTER GAME
 
























Capitolo 0 

Prologo:
The Game begins











Rullo di tamburi, luci bianche puntavano il sipario del grande palco scenico rosso carminio, e da un altoparlante, una voce dichiarò: 
 « BUONA SERA GENTE E BENVENUTI AD UN NUOVO TRICKSTER GAME ! »
La folla acclamava impazzita, ma la platea era completamente buia, non c’era nessuno, solo voci che arrivavano da chissà dove.
« SIETE PRONTI PER ACCOGLIERE L’ARCANGELO PIU’ PAZZO CHE CI SIA? IL SOLO, L’UNICO, L’INIMITABILE, IL GRANDE… ARCANGELO GABRIELE ! »
 L’arcangelo Gabriele entrò sul palco inchinandosi e salutando con fare da divo.
Era vestito in modo stravagante: cappello da cow-boy di feltro marrone, una camicia a fondo bianco con disegni rossi all’interno del jeans scuro, stivali a mo’ di far west, e per finire, il suo segno di riconoscimento: i lunghi baffi arrotolati all’insù.  
« Grazie, grazie, troppo buoni » disse l’arcangelo compiaciuto.
Invitò ad abbassare la voce.
« Prima di andare avanti col gioco, volevo dirvi che ci sono stati dei cambiamenti »
La folla fischiò in segno di disapprovazione.
« No, no, no! Non temete! » esclamò titubante.
 « Sarà ancor più divertente! La settimana scorsa, ci sono state molte perdite nel mondo umano, e siccome sono di cuore, ho deciso di movimentare il gioco coinvolgendo, non una, non due, ma ben tre galassie, con esseri di tutti i tipi. CI SARA’ DA DIVERTIRSI, GENTE! »
La folla acclamò ancora una volta le parole dell’arcangelo.
« Luci prego! » alzò le braccia e chinò il capo all’indietro con uno slancio.
Luci furono! I quattro riflettori colpirono il sipario. Non c’era ancora nessuno.
« Adesso, inizierò a presentare i sei fortunati del… TRICKSTER GAME! » annunciò l’arcangelo urlando gioioso e facendo mosse senza un senso.
Il boato acclamava il grande Trickster.
L’arcangelo, con una cartella in mano, iniziò a camminare per il palco e a presentare i concorrenti.
« I primi due concorrenti sono due fratelli umani del pianeta Terra. Conosciuti come “I cacciatori”, il loro motto è “Saving people, hunting things, the family business”. Un applauso ai fratelli SAM e DEAN WINCHESTER ! »
Un grande applauso accolse i fratelli che comparvero all’improvviso sul palco. Erano storditi, si guardarono attorno, ma non videro niente, solo buio. Si guardarono negli occhi con aria sorpresa quanto allarmata. Dean indossava la sua solita giacca di pelle marrone, la maglia nera, il jeans scuro e l’immancabile amuleto al collo. Sam aveva una camicia a quadri di un celeste chiaro, con righe marroni e un jeans semplice.
« Dove siamo, Dean? » disse Sam agitato.
« Cosa vuoi che ne sappia, Sam? » disse Dean girandosi poi verso il Trickster.
« C’è il tuo zampino, maledetto Trickster! Ma non eri morto? » chiese Dean.
« Io non muoio, mio caro Dean Winchester. Mettitelo bene in testa! Ma andiamo avanti, non rovinarmi la festa! » disse seccato.
Dean guardò Sam. Non potevano muoversi, non potevano andare da nessuna parte, né scappare. Ci aveva provato Sam, ma si accorse che erano circondati da un muro invisibile.
« Il prossimo concorrente è un guerriero delle truppe angeliche, un angelo del Signore. Ecco a voi CASTIEL! »
Castiel comparve sul palco abbagliato dalle luci. Mise la mano destra davanti agli occhi, si voltò e vide Dean. Tolse subito la mano dal viso, cercò di andargli contro, ma sbatté l’intero corpo contro il muro invisibile. Nemmeno lui poteva muoversi. Non vi era via di scampo.
« Dean, ma cosa succede? Dove siamo? » chiese Castiel ancora stordito.
« Perché chiedete tutti a me? Non sono mica un indovino! » disse Dean con tono furente.
Il Trickster riprese le presentazioni
« Il prossimo concorrente è conosciuto per avere due cuori, non è umano. E’ l’ultimo della sua specie. Direttamente dal pianeta Gallifrey, signori e signore, il Signore del Tempo, il DOTTORE! »
Un grande boato attraversò la sala, ma del Dottore, nessuna traccia. Il Trickster aveva una faccia sorpresa, non sapeva cosa stava accadendo, forse qualcosa era andato storto.
« Signori e signori forse c’è stato un contratt…» non riuscì nemmeno ad ultimare la frase quando cominciò a turbinare, al di sopra di loro, un vortice, dal quale sbucò una cabina blu della polizia britannica degli anni ’60. Perdeva del fumo. Continuò a volare girando su se stessa al centro della platea finché non atterrò sul palco.
Tutti i presenti avevano lo sguardo rivolto alla cabina che si era posata sul palco. Nessuno parlò.
La porta della cabina si aprì e dall’interno uscì del fumo bianco. All’improvviso si intravide un uomo. Uscì dall’abitacolo. Si fermò senza guardarsi attorno, prese i suoi occhiali da vista dal taschino della giacca e l’indossò. Cominciò a guardarsi attorno con fare curioso.
« Dove sono? Questa non è Barcellona! » esclamò il Dottore sorpreso.
Il Dottore all’apparenza sembrava un comune umano. Alto, snello, capelli castano scuro sistemati all’insù, due grandi occhi marroni e il viso magro e allungato. Indossava, al di sopra del completo gessato marrone, un cappotto lungo color sabbia, una camicia bianca, una cravatta marrone scuro con piccoli disegni quadrangolari blu e delle converse bianche.
« Oh no! » si agitò il Trickster. « Tu sei la decima versione, io volevo l’undicesima! ».
Il Dottore si voltò alla sua sinistra. Vide l'uomo dall'aria buffa e fece un sorriso. 
« Hai incontrato la mia undicesima rigenerazione? Wow, viaggi nel tempo? E com’è? Ha i capelli rossi? A proposito, sono il Dottor… » anche lui, coll’idea di raggiungere l’arcangelo, andò a sbattere contro il muro invisibile.
« Che stregoneria è mai questa? » disse il Dottore prendendo il suo cacciavite sonico.
Usò il cacciavite per analizzare la materia del muro. Non disse una parola, poggiò solo il pollice e indice della mano destra al mento, pensieroso.
« Sei un dottore, curi le persone ? » gli domandò Castiel.
Il Dottore si girò alla sua destra, dove vide un uomo che indossava un trench beige, un completo nero elegante, una camicia bianca e una cravatta lucida blu. L’uomo era alto e snello, aveva occhi di un celeste brillante, sembravano come il cielo.
« No, le aiuto » rispose con fare serio.
Gabriel fece sparire il cacciavite sonico e il T.A.R.D.I.S. dal palco con un sol schiocco di dita.
« Ehi tu, ma chi diavolo sei? Come hai osato far sparire il mio cacciavite e il mio sexy TARDIS? » disse il Dottore urlando contro il Trickster.
Dall’altro lato, Dean scoppiò a ridere per quello che aveva detto il Dottore.
« Hai sentito, Sam? Quel tipo ha detto che la cabina è sexy! » esclamò facendosi una risata e aggiunse sottovoce « Non sa cos’è veramente sexy! » guardando Castiel. 
Castiel lo guardò con aria innocente, abbassando il capo sulla sua sinistra, come faceva di solito quando non capiva qualcosa.
Il Trickster iniziò ad innervosirsi per via del chiacchiericcio che creavano i suoi concorrenti.
« SILENZIO! » urlò esasperato.
Tutti seguirono il comando, ripresero le presentazioni.
« E adesso, gli ultimi concorrenti! Direttamente da Londra, il più grande investigatore privato e il suo assistente. I signori SHERLOCK HOLMES e il DR. JOHN WATSON ! » ultimò.
La folla applaudì. Comparvero gli ultimi due concorrenti: Sherlock comparve intento a suonare il suo violino, vestito con uno smoking nero e una camicia bianca sbottonata al collo, mentre Watson, era in poltrona a leggere il quotidiano di Londra. Indossava un maglione color ghiaccio sporco, e dallo scollo, fuoriusciva una camicia blu scuro. Sherlock si fermò e si guardò attorno allarmato.
« John! Stamattina hai scambiato la cocaina al posto dello zucchero per caso? » chiese Holmes perplesso.
« No, magari avessi messo la cocaina, a quest’ora saresti stato più simpatico » rispose Watson leggendo ancora il quotidiano senza distogliere lo sguardo.
« Questa non è la nostra casa, John! » urlò Sherlock.
John, data l’isteria di Holmes, iniziò a pensare che forse aveva davvero messo la cocaina nel tè. Finalmente alzò lo sguardo e vide la platea vuota avvolta nel buio. Con uno slancio, si alzò dalla poltrona agitato. 
« Oh mio Dio! Lei è Sherlock Holmes! Sono un suo grande fan! » disse il Dottore stupefatto.
« Ehm…grazie, lei è…? » chiese Sherlock.
« I'm the Doctor ! Nice to meet you* »
« Doctor? Doctor Who?* » domandò Sherlock incuriosito.
« Only Doctor. I'm an alien, I'm a Time Lord* » affermò il Dottore.
Sherlock si voltò alla sua sinistra e si rivolse a Watson.
« Mi sa che la cocaina l’ha presa questo qui » suppose Sherlock.
Non immaginava chi potesse essere il Dottore. Non aveva potuto vedere il modo in cui era comparso col TARDIS sul palco, quindi gli sembrava solo uno strano e pazzo uomo. 
Il Trickster fece sparire il violino e la poltrona, dopodiché riprese la presentazione. Era giunto il momento di spiegare per cosa erano stati scelti. Il Trickster spiegò ai ragazzi che sarebbero stati teletrasportati su altri pianeti della galassia con un solo scopo: SOPRAVVIVERE!
Su ogni pianeta avrebbero incontrato moltissimi ostacoli e tantissime altre forme di vita che avrebbero lottato per cacciarli dalla loro casa. Avrebbero avuto, come punto di riferimento, una sola mappa da seguire per trovare le varie vie d’uscita e le armi da poter utilizzare per sconfiggere i nemici. Ciascun partecipante ha un totale di dieci vite, e ogni qual volta, uno di loro disgraziatamente perdesse la vita, sarebbe rinato e continuerebbe a giocare. Una volta ultimate le vite si è morti per sempre.
Un gioco crudele che veniva fatto dall’arcangelo per noia, gli piaceva mettere a rischio la vita delle persone, soprattutto quelle di Sam, Dean e Castiel, ma questa volta aveva osato a molto di più: un alieno e altri due esseri umani.
I concorrenti protestarono per la crudeltà del gioco e ricoprirono di insulti il presentatore, ma non ci fu niente da fare: l’arcangelo annoiato aveva già deciso il loro destino.
Una volta conclusa la spiegazione, il Trickster, con uno schiocco di dita, aprì le botole sottostanti ai concorrenti, i quali scivolarono sotto al palco.
Non avevano idea di cosa stesse succedendo. Scivolarono all’interno di sei grandi tubi neri, uno per ogni concorrente, alla massima velocità. Dopo circa un minuto, videro tutti una luce, segno che il tunnel stava per concludersi. Sfrecciarono fuori come delle saette e caddero in dell’acqua calda e putrida di un lago non molto grande.
I concorrenti nuotarono verso la riva, solo Castiel non sapeva nuotare; iniziò a dimenarsi in acqua impazzito, con la paura che gli impediva di ragionare. Gli altri stettero a guardare la scena mentre Dean e Sam si erano giù rituffati per aiutare l’amico in difficoltà.
« Cas! Cas! Calmati, ci siamo qui noi! » urlò Dean preoccupato. L’afferrarono per il trench e lo trascinarono sino a riva. Una volta usciti, stritolarono i loro indumenti mentre si guardavano attorno stupefatti. Intorno a loro una grande e fitta foresta li circondava.
« Com’è possibile che un Trickster riesca a fare tutto questo? » si chiese Sam guardando in alto.
« Non l’hai ancora capito, Sam? Questo non è un semplice Trickster. E' Gabriele, mio fratello! » affermò Castiel.
« Gabriele? Non sarà mica l’arcangelo? » chiese Dean.
« Esatto » esclamò Castiel preoccupato.
« Ecco perché non l’abbiamo ucciso! » aggiunse Sam stupito.
In effetti, l’ultima volta che avevano provato ad ucciderlo, lo fecero in un teatro con un paletto di legno dritto al cuore. Il Trickster sparì, sembrava ormai sconfitto, ma questa storia li convinse che non era affatto così.
Dall’altra parte c’erano i due investigatori e il Dottore. Sherlock non poteva credere a quello che gli stava accadendo, così come Watson. Guardavano meravigliati l'oscuro paesaggio davanti a loro.
« Ditemi che sto sognando! » esclamò Sherlock incredulo.
« Mi dispiace ragazzo mio, ma questa è la pura realtà! » disse il Dottore « Devi affrontarla » ultimò asciugandosi gli occhiali da vista col capo chinato in avanti.
Holmes e Watson erano increduli. Non avevano mai vissuto qualcosa del genere. Forse la cosa più eccitante, che avrebbe potuto eguagliare a questa, era la leggenda del Mastino di Baskerville.
Holmes ne era affascinato e aveva deciso di intraprendere quest’avventura, al contrario, Watson era spaventato, forse avrebbe potuto aiutarlo la sua esperienza in battaglia.
Per il Dottore invece, era un’avventura come le altre, era abituato e avrebbe cercato in tutti i modi di riavere il suo TARDIS e di aiutare a sconfiggere l’arcangelo con i suoi nuovi compagni.
Ed infine, per Sam, Dean e Castiel tutto questo era una novità; avevano passato una vita a combattere contro demoni, mutaforma, wendigo, vampiri e tante altre perfide creature, e per loro, questa sarebbe stata una grande sfida.
Una campana iniziò a suonare. Il gioco doveva iniziare. 
Dall’altra parte dell’universo l’arcangelo dichiarava:

  

« SIGNORI E SIGNORE, CHE IL TRICKSTER GAME ABBIA INIZIO! »










Note:
* = Ho lasciato le parole in inglese perché sono tratti importanti dei personaggi.

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Capitolo 2
*** The Trick ***


Primo capitolo di "A Trickster Game".
Ringrazio tutti quelli che hanno letto il "Prologo" della mia storia. Spero che il primo capitolo non vi deluda.


 


A TRICKSTER GAME


















Capitolo 1:

The Trick









La quiete padroneggiava nell’oscura foresta. Era buio, solo un raggio di luce illuminava il loro sentiero.
Si poteva intravedere una vasta vegetazione di alberi, alberi che ad un primo sguardo, non attento, potevano sembrare normali. Il flebile fascio di luce dava loro colore, colori intensi e particolari per delle semplici piante; colori inusuali come il blu, giallo e rosso.
Maestosi tronchi blu invadevano i sentieri rendendoli quasi inagibili, e giganteschi e lunghi rami, toglievano la visuale; a forma simil di stelle, le foglie erano di un colore indefinito, troppo in alto per carpirlo. Il terreno pietroso e spoglio sottostava al loro peso e grandi e forti radici vi penetravano attraverso.
Il lago, la cui vera colorazione era impossibile da stabilire, era circondato da grandi massi bianchi e  pietre di ogni grandezza che si estendevano sino all’inizio della vegetazione; al suo centro, vi si innalzava un vulcano non molto alto, quasi dieci metri, simile ad una collina. La sua bocca era sproporzionata all’altezza, il quale eruttava ogni dieci minuti di orologio.
I loro occhi rimasero colpiti da questi strani e grandi alberi, e poterono affermare con certezza che non era la Terra. Il male s’insidiava in quella foresta.
Un vento fresco attraversava i loro gelidi corpi facendo rabbrividire la loro pelle. Sam, Dean e John si sedettero sugli enormi massi posati vicino al lago, mentre gli altri rimasero in piedi.
Il Dottore, dopo aver asciugato gli occhiali fradici, scrutò con attenzione la vegetazione, non credeva di averla mai vista prima ed fu per lui un grande shock; Sherlock, al contrario, era affascinato dalle stranezze che lo circondavano.
Dean aprì la conversazione.
« Quel maledetto arcangelo, se lo prendo, l’ammazzo! » gridò Dean con rabbia.
« Senz’armi non andiamo da nessuna parte » aggiunse Sam.
« Scusatemi, ma tutto questo mi sembra assurdo! » intervenne Watson. « L’arcangelo Gabriele? Stiamo scherzando?! ».
« No. Perché? Io sono un angelo del Signore » rispose Castiel.
« Vorresti dire che anche tu vuoi distruggerci come lui? » strepitò John impaurito.
« Ehi, ehi, bada a come parli con Cas! Lui è dalla nostra parte » intervenne Dean.
« Conoscete quest’angelo? Ma che razza di persone siete voi? » chiese ancora John.
« Sono cacciatori » Sherlock affermò.
Sam scosse il capo in segno di approvazione.
« Cacciatori di cosa? E tu poi cosa ne sai? » domandò John.
« Elementare, John » rispose Sherlock incrociando le mani dietro la schiena e iniziando a camminare. « Entrambi non sono sorpresi, né spaventati di trovarsi in un posto come questo, e hanno come compagno questo strano individuo che afferma di essere un angelo. Per me esistenti e logici come pianeti ed alieni. Hanno entrambi polvere da sparo sotto le unghie e sui vestiti; vestiti semplici, non di un semplice cacciatore. Notando la suola delle scarpe del fratello maggiore, perché si, è il fratello maggiore, vedendo gli atteggiamenti protettivi nei confronti del fratello minore, è molto logorata al centro, segno di chi guida, e a giudicare della quantità del materiale logorato, presumo che i due non abbiano fissa dimora e che viaggino spesso.
Inoltre vi sono tracce di sale su entrambe le loro camice; le credenze dicono che allontani gli spiriti. Un fisico allenato e agile presumo per combattere poiché entrambi hanno delle cicatrici, cicatrici provocate non da semplici animali… ».
Mentre Sherlock, euforico, descriveva i fratelli avanti a sé, John scrutava i due uomini seguendo le parole dell’amico.
« E basta guardare i loro volti per capire quanto sia difficile quello stile di vita; di quante vite abbiano salvato e di quante ne abbiano perse, di quanti sensi di colpa. Hanno iniziato questa vita insieme, da piccoli…vi è stata tramandata da vostro padre, dico bene? »
Dean strinse i pugni e Sam abbassò lo sguardo. Sherlock continuò.
« Per qualcosa di cui ha dovuto vendicarsi, forse la morte di un familiare, uno importante, di grande rilevanza… un padre, una madre… no! Una moglie! Vostra madre » venne interrotto da Dean che gli gridò di smetterla. Era visibilmente irritato.
In quel tangente, il Dottore avvertì come una strana sensazione. Si voltò verso i compagni « Zitti! » esclamò e, all’improvviso, sotto di lui, la terra cominciò a tremare e a spaccarsi. Indietreggiò rapidamente, quando vide Cas e il signor Holmes che fissavano il terreno.
« Ehi, voi due, spostatevi! » urlandogli contro, si scagliò su di loro e caddero sul terreno pietroso. Non fu un atterraggio piacevole per nessuno dei tre.
Si venne a creare una voragine, dove fuoriuscì un leggio argenteo di media grandezza; sosteneva su di sé una pergamena, la quale conteneva istruzioni per prima prova da affrontare: cercare la mappa.
Il Dottore l’afferrò con decisione e iniziò a leggere a voce alta.
« La mappa è una, ed una soltanto. Posta sul cratere del vulcano, al centro del lago, è avvolta da un incantesimo il quale la rende immune alla lava. Avete solo trenta minuti a vostra disposizione dopodiché essa sprofonderà nella sua bocca. Solo uno di voi può affrontare questa sfida » così recitava la pergamena.
Tutti i concorrenti voltarono i loro timorosi sguardi verso il lago. La prova era pericolosa e i loro pensieri erano confusi, solo il Dottore lo trovava eccitante, glielo si poteva leggere in faccia grazie al suo sorriso.
In quel momento, la terra iniziò a tremare di nuovo, ma questa volta nei pressi del vulcano; il vulcano eruttò. Rovente come il Sole, la lava fuoriusciva con forza dal cratere insieme ai gas che s’innalzandosi verso il cielo, crearono una nube di fumo densa e nera, e i lapilli e la cenere che, a causa della potenza del getto, caddero in modo confuso per la foresta. La lava scendeva lentamente inoltrandosi sul suolo del vulcano incendiando tutto fino a formare una nuova pavimentazione di lava solidificata. Le acque del lago divennero bollenti, impossibile d’attraversare per un uomo normale.
La terra cessò di tremare. I concorrenti erano sconcertati, impauriti; mai nella vita avevano visto una cosa del genere, ma toccava affrontarla se volevano sopravvivere e vendicarsi del Trickster. Iniziarono a pensare come affrontare la prova. Sherlock, per primo, ebbe un’intuizione: aspettare la prossima eruzione. Aspettarono circa dieci minuti quando ci fu l’altra. Ormai era chiaro: avevano dieci minuti per escogitare un piano in fretta.
« Il tempo non è dalla nostra parte » disse Sherlock « Abbiamo solamente altri venti minuti per escogitare un piano ma, prima di tutto, dobbiamo decidere chi andrà »
« Vado io! » disse il Dottore con fare serio.
« N’è sicuro Dottore? » domandò Sherlock.
« Well*, ho anni di esperienza con questo genere di cose e ciò che faccio è aiutare le persone »
 « Non abbiamo bisogno di balie o di qualcuno che ci salvi…posso andare anch’io! » intervenne John con voce decisa e seria, così come il suo sguardo rivolto a Sherlock.
« Perché John? Non sei costr…» John interruppe Sherlock.
« Si, invece! Siamo gli unici qui a sopravvivere con le sole nostre capacità, senza poteri o altre vie di fuga. Posso mettermi in gioco anche ora. Se poi andrà male, potrà sempre salvarvi a modo suo » esclamò John con rabbia.
Tutti, nel loro silenzio, gli diedero ragione.
Sherlock disapprovava la scelta di John, non avrebbe voluto perdere l’amico. In qualche modo, sapeva che ce l’avrebbe fatta, ma era troppo pericoloso, aveva paura. L’avrebbe difeso con una pistola se solo avesse potuto, ma ora non aveva niente e non si trovavano nella loro cara Londra dove conoscevano ogni strada o vicolo. Ma John era convinto. Voleva rendersi utile. Voleva sentirsi utile per gli altri come aveva fatto in guerra e nessuno l’avrebbe smosso da quella situazione. Voleva sentirsi vivo come quando lui e Sherlock lavoravano a un caso; come la prima volta in cui l’aveva salvato dalla sua noiosa vita: come quando John stesso aveva salvato Sherlock dicendogli “sì” seguendolo nella casa al 221b di Baker Street.
Gli altri non poterono che accettare il suo volere.
Sherlock prese le redini della situazione. Voleva occuparsi di lui, del suo amico e l’avrebbe aiutato. Andarono alla ricerca di una liana da legare alla vita di John in caso di estrema necessità. L’idea di Sherlock era quella di partire dopo la prossima eruzione. Mancavano cinque minuti. Iniziò a spiegare il suo piano.
« Dopo l’eruzione, aspetterai esattamente sette minuti dopodiché ti tufferai, l’acqua sarà molto calda, se non bollente. Avrai tre minuti per salire in cima e prendere la mappa e riscendere. Se avrai bisogno, ti tireremo con la liana » ultimò Sherlock sospirando e abbassando il capo e rimanendo in silenzio.
I minuti passarono così in fretta che ci fu un’altra eruzione. Tutti alzarono gli sguardi mentre erano intenti a cercare e costruire, come meglio potevano, paletti di legno. Tutti tranne Sherlock. Il suo viso era pallido, preoccupato, triste. John percepì tutto dal suo sguardo e lo rassicurò.
« Sai che se muoio, ho altre nove vite! » disse scherzando con un sorriso forzato sulle labbra.
Sherlock non rise alla sua battuta, ma voltò la testa e allontanandosi disse « Mancano pochi minuti, preparati ».
John, iniziò ad incamminarsi verso il lago. Aveva davanti il vulcano, non era lontano da lui, l’avrebbe raggiunto in poche bracciate. Si abbassò per toccare l’acqua. In un primo momento, esitò a toccarla, ma poi lo fece. Era caldissima, non sapeva se ce l’avrebbe fatta. Iniziò quasi a pentirsi della sua scelta, ma il tempo stava per scadere.
Gli altri si alzarono e raggiunsero la riva. Anche Sherlock andò e sussurrò all’orecchio di John « Torna vivo ».
John scosse il capo guardandolo negli occhi. Era pronto. Non aveva tempo da perdere, prese due paletti di legno, li infilò nel maglione e si abbassò per testare di nuovo l’acqua; era ancora caldissima, ma doveva buttarsi. Strinse la liana attorno la vita.
Il conto alla rovescia partì: John si introdusse lentamente nell’acqua; si sentirono dei gemiti di dolore mentre iniziò a nuotare. Nuotava più in fretta che poteva, dimenticando che il magma stava continuando a riscaldare il fondale del lago. Urlava, urlava dal dolore, quando all’improvviso riuscì a toccare il fondale coi piedi e iniziò ad uscire. Il calore era insopportabile. La sua pelle era scottata, rossa e dolorante bastava guardare le sue mani per capirlo.
Si fermò per un attimo sulla terra ferma per provare un po’ di sollievo e guardò verso l’alto; la lava solidificata era ovunque in cima, ma non aveva tempo per pensare, doveva agire, doveva correre. E corse.
Dalla riva, i compagni guardavano preoccupati la scena; il loro destino era nelle mani di John, solo con la mappa avrebbero potuto raggiungere l’uscita di quello strano mondo.
« Chissà se ce la farà » disse il Dottore preoccupato.
Sherlock si voltò verso di lui, esitò per un attimo e poi disse con convinzione « Ce la farà » e tornò ad osservare il compagno.
John era quasi in cima, non aveva avuto difficoltà sino a quel momento, la lava era dall’altra parte del vulcano, ma lì la salita era troppo ripida per proseguire normalmente. Si fermò, si asciugò il sudore dalla fronte con la mano, prese uno alla volta i paletti di legno dal maglione e li infilzò nella terreno per aiutarsi.
Raggiunta la cima, John prese i paletti, li poggiò a terra e slegò la liana attorno la vita. Davanti a sé aveva la bocca del vulcano, circondata dalla lava di un rosso vivo. Mancava un solo minuto alla prossima. La terra iniziò a tremare. John doveva affrettarsi.
« Sbrigati, John! » gli urlava Sherlock da lontano, non poteva sentirlo, ma John si voltò ugualmente. La mappa uscì dal cratere; arrotolata e avvolta da una strana luce rossa. John avrebbe dovuto saltare per prenderla. La terra si agitava sempre più e John saltò. Ai ragazzi mancò il respiro.
Il vulcano eruttò.   
« John!!! » l’urlo di Sherlock fu coperto dalla grande esplosione del vulcano; si agitò e cercò di buttarsi in acqua, ma gli altri lo tennero con forza.
 Lasciarono la liana e corsero velocemente dall’altra parte del vulcano. Non c’era nulla. Nessuna traccia, né di John né della mappa.
Sherlock si accasciò a terra sulle ginocchia e col capo abbassato. Dean gli mise una mano sulla spalla. Sherlock non si voltò.
All’improvviso, comparvero, sulla superficie dell’acqua, delle bollicine; John riemerse dall’acqua bollente urlando « Ce l’ho fatta! » con la poca voce che gli era rimasta a causa del troppo sforzo e sfoggiando in mano la mappa fuori dall’acqua e perse completamente i sensi.
« John!!! » urlò Sherlock gettandosi in acqua non curante della temperatura. Non gli interessava, doveva salvare l’amico.
Lo portò in salvo. Castiel l’aiutò poggiandolo sul suolo pietroso. Sherlock si accasciò su di lui tenendogli la mano. Aveva riportato varie ustioni ed escoriazioni sul viso, collo e mani; non gravissime, ma gli avrebbero dato non poco fastidio. John andava curato.
Il Dottore sfilò gentilmente la mappa dalle mani di John; era fradicia, sporca e un po’ bruciata all’estremità in alto. Nel frattempo gli altri si avvicinarono al Dottore.
« Allora Dottore, cosa dice? » chiese Sam.
« Un momento »
La strofinò sul suo vestito in modo da asciugarla, pose gli occhiali sul naso e poi lentamente la srotolò. Comparvero lettere scritte in grassetto maiuscolo: “ I'M THE TRICKSTER !
La speranza sui loro volti si tramutò in rabbia. John aveva rischiato la vita per nulla. Per uno scherzo. Dean urlò dalla rabbia, prese la mappa dalle mani del Dottore e la strappò in mille pezzi, i quali, poi, caddero in modo confuso a terra.
« Avremo dovuto immaginarlo » disse Sam con tono severo.
« Ah si? Come avremmo potuto immaginare che saremmo finiti nella testa di un pazzo, eh? Cosa ne potevamo sapere che ci avrebbe fregati? Cosa-…»
« Ehi, tu, silenzio! » gridò Sherlock a terra vicino John. « Qui, il mio amico è ferito e dobbiamo pensare a qualcosa, non ho tempo per ascoltare i tuoi monologhi da donna isterica »
« Tu non mi chiami donna isterica, hai capito bene Sherlock da strapazzo Holmes? »
« Ah, perché se no che fai, D-o-n-n-a I-s-t-e-r-i-c-a? » ribatté Sherlock alzandosi da terra e scandendo ogni lettera.
Dean ebbe intenzione di colpirlo, ma Sam e Castiel lo fermarono.
« Dean, smettila! Non è il momento di litigare » disse Sam.
« Ma hai sentito cos’ha detto? »
Sam ignorò il fratello che evidentemente non ragionava e si rivolse a Sherlock « Senta signor Holmes, Castiel potrà dare una mano al suo amico John, può curarlo ».
« Davvero? » disse stupefatto Sherlock voltandosi verso Castiel. Era alla sua sinistra.
« A questo proposito, temo proprio di non poterlo fare » rispose Castiel avvilito.
Sam e Dean lo guardarono increduli. Castiel continuò « Non ho più i miei poteri » .
« Awesome!* » esclamò Dean « E quando ce lo avresti detto? ».
« Non volevo peggiorare la situazione » rispose Cas.
« Beh sta peggiorando comunque! » disse Dean seccato.
« Sher..lock! » era John con voce flebile che chiamava il suo amico. Aveva aperto gli occhi finalmente; l’altro si abbassò di nuovo al suo fianco.
« Dimmi, John ». Sherlock gli rivolse un sorriso.
« Cosa dice la mappa? » chiese John chiudendo gli occhi e tossendo.
« Era solo uno scherzo, John. Siamo stati ingannati » rispose.
« Male…detto! » disse John sforzandosi per poi chiudere gli occhi. Era molto debole. Sherlock tolse la sua giacca e glielo mise addosso come una coperta. Gli fece un sorriso.
« Trovo saggio » interruppe il Dottore « Allontanarci da qui, non possiamo sapere la prossima eruzione quanto possa essere forte ».
« Cosa suggerisce allora, Dottore? » chiese Dean.
« Di trovare un riparo. Il tempo sta cambiando qui fuori, questo cielo è strano, troppo scuro e non è un buon seg…»
Un tonfo bloccò le parole del Dottore. Tutti si voltarono verso il lago e videro un pezzo di ghiaccio emergere dal lago.
« What?!* » esclamò sconcertato il Dottore inarcando entrambe le sopracciglia.
Iniziarono a cadere dall’oscuro cielo, uno dopo l’altro, enormi pezzi irregolari di ghiaccio a tutta velocità; si schiantarono contro gli alberi, al suolo, nel lago, sul vulcano, distruggendo tutto. I ragazzi iniziarono ad indietreggiare guardando in alto. Il vento iniziò a spirare violentemente tra di loro; si coprirono gli occhi colle mani.
« Cosa diavolo sta succedendo?! » urlò Dean guardandosi attorno.
« Non lo so!!! » urlò Cas.
« Dobbiamo andarcene! Aiutatemi con John! » urlò Sherlock.
« Lo prendo io, voi fatemi strada! » disse l’angelo. Gli altri annuirono e con forzo avanzarono verso Sherlock. Aiutarono a caricare John sulle sue spalle, iniziarono a correre entrando nella fitta foresta. Castiel si fermò, si voltò. Il Dottore era lì che fissava il cielo con fare serio, con le mani nelle tasche dei pantaloni. Pensava tra sé e sé “Non ho mai visto un cielo senza stelle…dove sono in realtà?”.
Il tempo stava peggiorando. Il ghiaccio era sempre più grande ed irregolare.
« Dottore, si sbrighi! » urlò Cas socchiudendo gli occhi a casa del forte vento.
Il Dottore si voltò verso l’angelo che era all’entrata della foresta con John accovacciato sulle spalle; si guardò attorno e vide che era rimasto da solo al lago. Castiel andò via.
“Sarà una lunga notte” pensò ancora il Dottore. In quel momento, un pezzo di ghiaccio puntava nella sua direzione.
« Oh yes!* » esclamò vigorosamente chinandosi all’indietro colle mani ancora nelle tasche per poi  farsi una risata. « Quasi dimenticavo! » disse sospirando, dopodiché si voltò per correre esclamando:

 

« ALLOOONS-Y! »

 







Note:
* = Ho lasciato le parole in inglese perché sono tratti importanti dei personaggi.

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Capitolo 3
*** Water ***


A TRICKSTER GAME










 












Capitolo 3

Water



















Gli enormi massi di ghiaccio continuarono a cadere imperterriti, mentre i partecipanti del Trickster Game correvano a perdifiato per cercare un riparo. Dean e Sam correvano davanti a tutti, seguiti da Sherlock che si voltava spesso per vedere dove fosse Castiel col suo John poggiato su di lui. Il Dottore era l’ultimo e sembrava quello più in difficoltà; pensava che i massi ghiaccio ce l’avessero con lui siccome cadevano dritti verso di lui.
All’improvviso Dean urlò: « Da questa parte! »
Tutti seguirono la sua voce e si ritrovarono davanti una caverna. Entrarono tutti e si accasciarono a terra sfiniti dallo sforzo immane che aveva fatto e un ultimo masso di ghiaccio si conficcò davanti l’entrata.
« Grandioso! » esclamò ironicamente Dean.
« E adesso come facciamo ad uscire? » domandò Castiel poggiando delicatamente John a terra.
« Per adesso non è importante uscire da qui, prima pensiamo a John che dev’essere curato » affermò il Dottore.
Sherlock non aveva parole, era disperato per il suo amico. Si accasciò accanto a lui e da lì non si sarebbe mosso. John era già stato in pericolo altre volte, ma questa volta era diversa. Non erano in città dove avrebbe potuto portarlo in ospedale e farlo curare, no. Questa volta erano nel bel mezzo del nulla, chissà dove e lì non c’erano che alberi, massi di ghiaccio che sembravano avessero una propria coscienza, un alieno che si faceva chiamare il Dottore, ma che di dottore forse aveva solo il nome, un angelo senza poteri, ne ali e due fratelli che di medicina non ne capivano un tubo.
Tutto era inutile per Sherlock in quel momento, non ragionava.
« Signor H - Holmes…mi fa ancora strano dirlo, ma non si disperi, troveremo una soluzione » disse Sam.
« Non si disperi? NON SI DISPERI? » disse Sherlock alzando la voce « Qui non siamo in uno stupido gioco a quiz dove se sbagli la risposta perdi solo il denaro, qua si perde la vita! OVVIO CHE MI DISPERO! »
« Perdere le staffe non aiuterà il signor Watson, signor Holmes » aggiunse il Dottore con tono calmo.
Sherlock buttò un’occhiata veloce al Dottore e poi tolse lo sguardo posandolo su John che era svenuto per il dolore. Sapeva che era del tutto inutile, il Dottore aveva ragione.
In quel preciso istante, dalla terra, si aprì una voragine proprio davanti all’entrata della caverna e i partecipanti dovettero spostarsi altrimenti sarebbero sprofondati.
Fuoriuscì lo stesso leggìo argenteo che era uscito prima della prova di John, su cui poggiava una nuova pergamena.
Il Dottore, che era il più vicino di tutti, l’afferrò con disinvoltura e la lesse a voce alta.
« Prima prova superata: raggiungere la caverna. Alcuni bonus vi saranno aggiunti a breve » .
La pergamena prese fuoco e le sue ceneri caddero a terra.
« Sembra di essere in un videogame » disse Dean.
« Sì, ma dove sono questi bonus? Che cosa sono? » domandò Castiel.
« Sono dei.. »
Sam venne interrotto quando dalla parete della caverna spuntò una piantina di Aloe Vera.
« Ma certo! L’aloe vera serve per le ustioni! » esclamò Sam.
« Sei tornato nerd tutto ad un tratto » disse Dean.
« Smettila, dobbiamo incidere le foglie e ricavarne l’estratto e ci serve anche dell’acqua fredda »
« Per l’acqua non sarà un problema, sento una cascata infondo alla caverna» affermò il Dottore.
« Bene, allora mettiamoci in cammino » aggiunse Castiel.
« Andremo io, Sam e il Dottore. Cas rimani qui col signor Holmes a riposarti » disse Dean.
Castiel non ribatté a Dean, ma il suo volto parlava chiaro, avrebbe voluto andare con loro, come il vecchio Team Free Will, ma era stanco, senza poteri non era più invincibile come una volta. Si sentiva inutile.
La caverna era stretta, bassa e umida, e cadevano, di tanto in tanto, gocce d’acqua dall’alto, segno che qualcosa scorreva sopra di loro.
« Non pensavo che Sherlock Holmes fosse così sentimentale… eppure nei libri e nei film non sembra affatto così » iniziò Sam.
« Come sempre i libri e i film non sono mai fedeli all’originale » rispose Dean.
Dopo aver percorso per 5 minuti il lungo e stretto tunnel, vi si trovarono davanti ai loro occhi increduli, una grande grotta con all’interno stalagmiti e stalattiti che facevano da contorno a una grande pozza d’acqua limpida quasi ghiacciata. La pozza veniva riempita da una cascata d’acqua che proveniva da una parete della caverna. Avrebbero potuto raccogliere dell’acqua proprio da lì.
« Ma come facciamo senza un recipiente? » chiese Dean.
« Ottima domanda! » esclamò il Dottore.
In quel preciso istante, si aprì una nuova voragine dove fuoriuscì il solito leggio argenteo, però questa volta, conteneva un piccolo recipiente invece della pergamena.
« Sembra quasi che ci senta, quel maledetto! » esclamò Sam.
« Non perdiamo altro tempo, dirigiamoci lì » aggiunse il Dottore.
Tutti e tre scesero verso la pozza e Sam prese il recipiente. Il problema adesso era prendere l’acqua, ma non era affatto uno scherzo. Se non fosse stato circondato dalle stalagmiti sarebbe stato un gioco da ragazzi. Dovevano stare attenti altrimenti sarebbero rimasti infilzati delle loro punte aguzze.

Nel frattempo, John peggiorava. Le sue ustioni, sparse per tutto il corpo, erano gravi e avrebbe avuto bisogno di un intervento tempestivo. Sherlock tolse i vestito umidi e bruciati e coprì il suolo con la sua giacca e col trench di Castiel.
« Mi sento così inutile… l’avrei guarito in un attimo. Gabriele, stupido figlio di puttana! » esclamò Castiel dando un pugno sul muro della caverna.
Sherlock distolse lo sguardo dal povero John e guardò Castiel con aria stanca e sofferente.
« Non è colpa tua Castiel, non è colpa di nessuno »
Pian piano, John rinvenì e sussurrò una parola: « A-a-acqua ».
Sherlock si girò di scatto verso l’amico e alzandogli la testa disse « Non ti preoccupare John, gli altri sono andati a prendere l’acqua. Andrà tutto bene »
John gli sorrise debolmente e svenne di nuovo. Sherlock accennò ad un sorriso, ma il suo celava tutt’altro che la felicità. Sapeva che la situazione si stava complicando sempre di più e John sarebbe potuto morire.

« Dovremo fare gioco di squadra. Siete pronti? » domandò il Dottore allegro come se non fosse successo nulla.
Dean pensò che quello strano alieno fosse fuori di testa dopo una situazione del genere, ma almeno dava una mano col suo bizzarro modo di fare.
« Sì, hai un piano? » chiese Sam.
« Non proprio » rispose il Dottore esaminando il posto.
« Alla faccia del gioco di squadra! Non hai nemmeno un piano! » bofonchiò Dean.
Il Dottore si avvicinò alla cascata che portava l’acqua alla pozza. La toccò con una mano facendo schizzare gocce d’acqua  qua e là.
“Sembra tutto apposto” pensò. Tornò indietro con aria rassicurante.
« Se permetti, ‘tutto muscoli niente cervello’…» (« Ehi! » esclamò Dean) « Adesso ho un piano »
« Oh, era ora! » esclamò esausto Dean.
« Siccome sono più mingherlino di voi, prenderò io l’acqua. Nel frattempo però dovrete tenermi in caso, accidentalmente, accadesse qualcosa » ultimò il Dottore.
« Okay, diamoci una mossa » disse Sam.
Il Dottore afferrò il recipiente dalle mani di Sam e si affacciò tra le stalagmiti che circondavano quella pozza.
« Non sarà affatto facile » dichiarò il Dottore.
Sam e Dean lo tenevano per i fianchi e il Dottore si sporse tra l’incavatura dei due stalagmiti. Non appena il recipiente toccò l’acqua la terra iniziò a tremare.
« Non ci posso credere! » esclamò Dean mollando la presa sui fianchi del Dottore.
« Dean! » gridò Sam ( « Ehi, ‘tutto muscoli niente cervello’, afferrami! » urlò il Dottore ).
Dean si accorse di quello che aveva appena fatto e riafferrò il Dottore che cercava di andare più affondo.
« Un po’ più giù, non ci arrivo! » gridò.
I due fratelli lo spinsero più giù e il Dottore si teneva con una mano alla stalagmite.
Dal soffitto, a casa del tremore della terra, le stalattiti iniziarono a cadere in modo confuso. Dovevano affrettarsi se non volevano essere infilzati.
« Si sbrighi Dottore o moriremo! » gli urlò Sam.
Il Dottore c’era quasi, bastava allungarsi un altro po’ e ci sarebbe riuscito.
« Giusto un po’ più giù! » esclamò e in quell’istante una stalattite sfrecciò nella pozza mancando di poco il Dottore e questo gli consentì di prendere l’acqua.
« Tiratemi su! » gridò ancora.
I ragazzi lo tirarono su e, facendo attenzione a dove cadevano le stalattiti, si diressero verso l’uscita. Il tremore della terra sembrava essere interessato solamente in quell’area della grotta, mentre nel tunnel tutto era calmo e umido.
Cercarono di fare in fretta muovendosi a passo veloce. Di tanto in tanto qualche goccia dal recipiente cadde.
« Ce l’avete fatta! » esclamò Castiel pieno di contentezza andando contro i ragazzi e abbracciandoli. « Temevo il peggio »
« In effetti, non è stata proprio una passeggiata » rispose Sam.
« John, svegliati, è arrivata l’acqua » disse Sherlock.
John, poco a poco si svegliò aprendo non di molto gli occhi. Il Dottore andò verso John e gli porse l’acqua.
« Non berla tutta, dobbiamo tamponarla sulle tue ferite » ricordò il Dottore.
 Dopo aver pronunciato quella frase, John iniziò a lamentarsi e a dimenarsi. C’era qualcosa che non andava.
« John? Cos’hai John? >>» iniziando ad agitarsi. « Che cosa gli avete fatto?! » disse urlando il povero Sherlock.
« Niente! Abbiamo trovato una pozza d’acqua e…» ( « Ed era avvelenata » aggiunse il Dottore ).
« Avrei dovuto immaginarlo »
« AVVELENATA?! » gridò Sherlock con rabbia.
« Ma non era tutto apposto? » domandò Sam.
« La cascata non era avvelenata… CHE STUPIDO! » disse il Dottore che sembrava quasi voler far testa e muro.
Sherlock ormai non li ascoltava più, ormai la vita di John era ad un passo dalla fine. Continuava a dimenarsi e a lamentarsi del dolore. Una scena straziante stava avvenendo dinanzi a loro.
Sherlock si accasciò su di lui abbracciandolo cercando di tenerlo stretto. Si poteva udire il suo singhiozzare: stava piangendo.
Il veleno scorreva velocemente nel corpo di John facendo esplodere le vene e causando un’enorme emorragia: c’era sangue ovunque. Ormai era del tutto inutile fermare l’emorragia, la sua fine era segnata.
Il Dottore stava in disparte, di spalle alla scena che stava svolgendosi dietro di lui. Si sentiva in colpa, in colpa perché non era stato abbastanza attento e soprattutto perché non l’aveva previsto. Ma non ne aveva nessuna colpa. Il Trickster avrebbe potuto ingannarlo in qualsiasi momento e l’acqua avrebbe potuto tramutarsi anche in fuoco se solo l’avesse voluto.
Il gioco lo dirigeva lui. Loro erano solo pedine che venivano spostate secondo il suo volere e non avevano il potere di cambiare il corso degli eventi.
John morì poche ore dopo. Il suo corpo sparì dalle braccia di Sherlock come per magia. Lui sapeva che non sarebbe morto definitivamente, aveva ancora 9 vite da giocare e avrebbe fatto di tutto, questa volta, per tenerlo in vita. Non l’avrebbe più lasciato decidere, anche se questo voleva dire mettersi contro di John stesso. Era già deceduto una volta e non poteva permettersi di perderlo di nuovo. Avrebbe preferito sacrificarsi lui piuttosto che il suo amico.
Quella ‘notte’, se si poteva definire notte, non ne avevano la più pallida idea siccome erano richiusi lì, rimasero nella caverna per riposarsi mentre il Dottore faceva da sentinella.
Sherlock però non dormiva, la morte di John Watson l’aveva scioccato e non poco. Si poteva dire che l’unico amico a cui tenesse davvero non c’era più, almeno all’apparenza. Rimase sveglio ancora per un’ora poi crollò, come tutti, con le lacrime agli occhi.
Il ghiaccio, che bloccava il passaggio verso la foreste, iniziò a sciogliersi, per fortuna. Il Dottore, che era ancora sveglio, cercò di smuovere il grande masso per poi spingerlo verso l’esterno. Tutto inutile. Nonostante si stesse sciogliendo, non riusciva a muoverlo di un millimetro. Era troppo pesante per lui e decise che avrebbe aspettato il risveglio dei suoi compagni.
Un raggio di luce colpì il ghiaccio facendolo gocciolare e creando una piccola pozzanghera di acqua ghiacciata. Questa scivolò verso l’angelo che dormiva a poca distanza da lì.
Castiel, a cui il sonno era nuovo, percepì l’acqua fredda sulle sue dita. Si svegliò tutto intontito e non riusciva a capire cosa gli fosse successo.
« Buongiorno!» gli disse il Dottore che era lì proprio di fronte a lui a braccia conserte aspettando che si sciogliesse il ghiaccio.
« B- buongiorno » rispose l’angelo.
« Si sta sciogliendo, faremo meglio a svegliare gli altri, dobbiamo proseguire » disse il Dottore con fare serio.
Castiel annuì e andò a svegliare i fratelli Winchester abbassandosi verso le loro orecchie.
« Dean! » chiamò l’angelo.
« Altri cinque minuti mamma » rispose il ragazzo ancora dormiente.
« Sam! »
Sam si alzò di botto.
« Sì sono sveglio! Che succede? »
« Niente, il Dottore dice che dovremo andare » rispose Castiel mentre Sam si alzava in piedi.
Sherlock, udendo le voci nel sonno, iniziò a svegliarsi. Poco a poco i suoi occhi si aprirono e non ricordava dove fosse finito. Si alzò lentamente in piedi guardandosi attorno.
« Ma dove siamo, John? »
Ma John non c’era. 









Angolo Autrice:

...chiedo perdono! Sono mesi che non scrivo un capitolo, e ho anche la scusa! Stavo dedicando il tempo all'altra mia ff "L'angelo che s'innamorò di un uomo". Eheh... Scusate!
D'ora in poi alternerò le pubblicazioni in modo da accontentare tutti quelli che seguono le due ff.  
Tornando a noi, spero che non mi uccidiate per questo finale (non per niente c'è scritto che c'è angst), ma non temete, comparirà molto presto il nostro Watson <3
Commentate se ve la sentite, e voglio sapere se vi è piaciuto. 
Alla prossima,
Juls


 

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Capitolo 4
*** Weeping Angels ***


A TRICKSTER GAME



























Capitolo 4:

Weeping Angels


 















Quando Dean si svegliò tutti erano intenti a spostare il grande blocco di ghiaccio incastrato verso l’uscita della caverna. Sam si voltò mentre cercava di spingere.
« Non è che ci daresti una mano? » chiese a Dean.
« Su, principessina, forza! » incitò il Dottore.
« Vengo, vengo, quanta fretta… » bofonchiò.
Dean si aggiunse alla squadra, ma notò che il signor Holmes non faceva poi così tanta forza. Probabilmente se ne erano accorti anche gli altri, ma sorvolarono. La situazione non era facile per lui visto ciò che era accaduto poche ore prima.
Con l’aiuto del sole e un po’ di olio di gomito erano riusciti a spostare il blocco di ghiacchio, ma qualcosa attirò l’attenzione del Dottore: un enorme drago dormiente proprio davanti a loro.
Il drago era enorme non c’era che dire, bastava guardare le loro facce incredule e senza parole per capirlo. Dalla loro posizione, cioè fuori la caverna, non si riusciva a capire quale fosse la fine di quel mostro gigantesco, ma poteva essere quindici metri solo di lunghezza, senza contare la lunga coda che chissà dov’era nascosta. La sua testa era proprio davanti a loro e sarà stata di circa tre metri e quel dente che spuntava da sotto la bocca, almeno di sessanta centimetri o forse più. Era di un beige lucente, sembrava quasi oro, e le sue ali al sole quasi brillavano. Non avevano mai visto qualcosa di così incredibile nella loro vita; certo, si pensava che i draghi fossero delle leggende volanti sputa fuoco. A quel punto, però, sembrava non trattarsi di una leggenda. Era proprio lì davanti a loro, in tutta la sua grandezza e magnificenza.
« Ditemi che non è quello che penso! » esclamò Dean sottovoce per non svegliare il drago.
« Dean, temo che questo sia proprio un drago in carne ed ossa » rispose Sam.
« Oh, fantastico! Adesso siamo capitati in Game of Thrones! »
« Piantala di lamentarti, o lo sveglierai » disse il Dottore osservando il drago dormiente.
L’alieno uscì fuori dalla caverna a passo felpato per esaminare la situazione.
Dean sembrava agitato, non capiva perché il Dottore ce l’avesse sempre con lui e se la prendeva con Sam.
« Volete smetterla voi due? Volete farci scoprire? » disse Castiel intromettendosi tra i due fratelli.
In tutto ciò, Sherlock non proferiva parola. Sembrava che la situazione non gli interessasse più di tanto, ormai non sembrava avere più senso se lì a fargli compagnia non c’era il suo amico John Watson. Ma per lui non era finita lì, sicuramente era così.
Nel frattempo, il Dottore aveva esaminato l’area circostante e aveva trovato un piccolo sentiero da seguire, l’unico problema è che non sapeva a cosa avrebbe portato.
« Ho trovato una pista da seguire, però non so a cosa ci porterà »
« Non abbiamo niente da perdere ormai, buttiamoci »
I cinque partecipanti s’incamminarono senza far rumore verso il sentiero. L’aria era mite e quindi tutto era sopportabile, stranamente. Mentre si allontanavano da lì, venne fuori come per magia, uno strano pulsante rosso dove Sam, non avendolo visto, inciampò clamorosamente, ma non cadde a terra.
Scattò un’allarme che stordì i poveri partecipanti e svegliò il drago dal suo sonno. Questo si alzò su due zampe facendo tremare la terra circostante. Era mostruosamente alto e nobile. Voltò lo sguardo verso di loro e emise un ruggito che quasi diede fastidio ai loro timpani e iniziò ad inclinare la testa: voleva sputare fuoco.
« Cooooorrete!! » urlò il Dottore.
Tutti iniziarono a correre a perdi fiato col drago alle calcagna. Spiccò il volo spostando una grande quantità d’aria che fece piegare tutti gli alberi circostanti. Molti si spezzarono e caddero sul sentiero creando ostacoli da saltare e questo gli portò molto svantaggio. Dall’alto il drago aveva un’ottima visuale e li individuava tutti.
« Dobbiamo nasconderci! » disse Sam correndo.
« E dimmi dove? » rispose il Dottore che correva al suo fianco. « Basta che sputi fuoco e siamo comunque spacciati »
Dovevano fare qualcosa, e anche in fretta, non c’era un minuto da perdere, dovevano nascondersi o chissà che fine avrebbero fatto. Il drago sputò fuoco e tutto quello che li circondava iniziò ad incendiarsi.  Il fumo venuto a crearsi non aiutava i ragazzi, stavano rallentando.
Presto si accorsero che avevano girato in tondo e si ritrovarono davanti alla caverna. Non avevano via d’uscita.
« Oh no! Siamo spacciati! » esclamò Sam.
« Non del tutto » disse con fare sorpreso Sherlock che aveva alzato gli occhi al cielo e visto che sopra la caverna, molto, ma molto in alto, c’era una strana scritta “EXIT”. Forse quella era l’uscita!
Entrarono nella caverna per stare al sicuro dal drago almeno per un po’. Come sempre, si fece largo il solito leggìo che non annunciava nulla di buono. Questa volta fu Sherlock a leggere la pergamena: « A breve compariranno delle indicazioni, seguitele »
« Io non mi fido » aggiunse il Dottore.
« Già, nemmeno io e direi di fare l’opposto di quello che ci indica » concordò Sherlock.
« Ottima osservazione! »
Sherlock non era affatto stupito che qualcuno gli dicesse di fare delle ottime osservazioni, così fece un’espressione soddisfatta del tipo “Lo so che faccio delle ottime osservazioni, cioè guardami, sono Sherlock Holmes”.
Dean vide Castiel allontanarsi verso l’uscita della caverna e tentò di ricorrerlo se non fosse stato per il Dottore che afferrandolo per un braccio gli disse di rimanere dentro.
« Ma Castiel?! » gridò Dean.
« Sa quello che fa, non ha bisogno della balia » rispose l’alieno.
«Non solo la sua balia, sono solo preoccupato! »
« Ehi ragazzi! » chiamò Cas. « Ho trovato un sentiero che porta in cima. E’ molto ripido, ma credo che possiamo farcela »
A prescindere da ciò che aveva detto, Dean era sollevato e sembrava non aver sentito, mentre gli altri avevano ascoltato ogni singola parola.
« Allora? Che state aspettando? Allons-y! » esclamò il Dottore con la sua solita frase.
Il Dottore era al capo del gruppo, seguito da Sherlock, Sam, Dean e Cas. Con molta calma aspettarono il momento giusto per seguire il sentiero. Non ci volle molto, il drago sembrava quasi essere scomparso nel cielo ed era quindi il momento propizio.
I grandi alberi colorati, dal colore spento di giorno e brillanti di notte, capeggiavano il sentiero stretto e ripido. I rami degli alberi s’incontravano formando quasi delle arcate e sembravano formare colori di tante sfumature.
« Che spettacolo fantastico! » esclamò il Dottore meravigliato.
Ma non era il solo stupito da quella fusione di colori, anche gli altri avevano le bocche spalancate a cotanto splendore.
Però le forze dopo un po’ iniziarono a cedere. Non mangiavano da quando erano arrivati e questo stava diventando un grosso problema. Castiel, che ormai senza grazia, poteva definirsi umano, stava iniziando ad accusare i primi sintomi della fame e non riusciva a spiegarli bene a Dean.
« Non ho capito, Cas. Per caso hai fame? » chiese.
« Non lo so Dean, proprio in questo punto » disse toccandosi la pancia « Lo sento lamentarsi » rispose Cas.
« Ah, hai fame! » esclamò « Non dirlo a me, sento di svenire »
« Ehi, voi due laggiù! La fame non ci fermerà! Dobbiamo salire in cima »
« Parla facile lui. Vedi com’è magro! » sussurrò a Castiel.
Sam e Sherlock non badavano alla fame; per via dell’apparente morte di John. Per Sherlock in quel momento era come se fosse sparita. Sam azzardava domande sui racconti che lui aveva letto, sul personaggio inventato che in quel momento aveva davanti a lui. Quale migliore occasione di fare un’intervista al grande Sherlock Holmes scalando una montagna per sfuggire a un drago!
Ormai stanchi e sfiniti, avevano marciato per circa un chilometro, ma erano ancora nel bel mezzo del nulla, finché non si udirono altri passi, una dozzina o forse più. Tutti si fermarono di botto. Qualcuno li stava seguendo; Sherlock avrebbe voluto si trattasse di John, Dean sognava una cameriera con un pezzo di torta e il Dottore… aveva già capito cosa fossero.
« Adesso vi consiglio di correre più veloce che potete, di non girarvi indietro, MAI E DI NON BATTERE CIGLIO QUALSIASI COSA ACCADA! 
»
I ragazzi presero alla lettere le sue istruzioni iniziando a correre più veloce che potevano con la poca energia rimasta nei loro corpi.
Il Dottore era rimasto dietro per controllare se fossero davvero le creature che temeva e…aveva ragione! Erano proprio loro… GLI ANGELI PIANGENTI!
Gli angeli piangenti non erano altro che statue di pietra raffiguranti creature alate, ma non avevano per niente un volto angelico bensì terrificante quando toglievano le loro mani dal volto di pietra; e apparivano con occhi e bocche spalancate dove fuoriuscivano denti aguzzi, le braccia prostrate in avanti, con mani arcuate che sembravano poter afferrare di tutto. Gli angeli piangenti erano tutt’altro che angeli.
Allora il Dottore iniziò a correre, in certi momenti veniva comodo possedere due cuori!
Urlava « Correte, correte! », ma sembrava che gli angeli guadagnassero sempre di più terreno rispetto a loro.
« Ma da cosa stiamo fuggendo? » chiese Dean col fiatone.
« Dagli angeli piangenti! » rispose l’alieno che quasi li aveva raggiunti.
« Da angeli? » risposero in coro.
Castiel fece l’errore di girarsi e si trovò faccia a faccia con uno di loro.
« Castiel, che hai combinato?! » gridò il Dottore agitato pensando che per lui ormai era la fine.
Castiel stava per girarsi senza togliere lo sguardo dall’angelo di pietra quando il Dottore gli gridò ancora una volta « Non battere ciglio! »
Cas continuava a guardare l’angelo negli occhi impaurito perché senza la sua grazia non poteva fare nulla per sconfiggerlo.
Dean si girò e vide Cas bloccato che fissava quella creatura.
« Cas! » lo chiamò e Castiel si girò (« Nooo! » urlò il Dottore) come se fosse la cosa più normale del mondo, ma l'urlo del Dottore gli fece capire di aver commesso un errore e la sua faccia mutò in uno sguardo di terrore. Non avrebbe dovuto girarsi, ma ormai l’angelo l’aveva toccato e Castiel sparì.
« Caaaaas! » Sam e Dean urlarono disperati.
Il loro angelo non c’era più, era svanito come per magia. A quel punto, gli altri si erano fermarono e scesero verso di loro quando furono circondati da altri angeli.
« Fermi! » ordinò il Dottore « Continuate a fissarli senza battere ciglio. Ho un piano! »
« Che cosa sono queste statue? » chiese Sherlock senza distogliere lo sguardo dal suo angelo.
« Sono delle creature terribili, possono mandarti nel passato e nel futuro e farti rimanere bloccato lì per sempre! »rispose l’alieno che ne sapeva abbastanza sull’argomento.
« Oh, fantastico! » esclamò Dean furioso senza battere ciglio « E adesso dov’è Castiel?! »
Il Dottore non rispose, non sapeva che destino crudele era toccato all’angelo e in quel momento non poteva interessagli perché doveva procedere col suo piano.

Castiel si ritrovò a terra, disteso sul suolo erboso di un posto sconosciuto. Era giorno, il sole era caldo e splendeva in cielo. Faceva caldo, ma un caldo sopportabile anche per chi aveva un trench e un completo.
Aprì pian piano gli occhi e si stupì nel vedere davanti a sé una grande vallata.   
Essa era circondata da maestosi abeti, tutti vicini tra loro, sembravano formassero una sorta di barriera. Castiel si guardò attorno e non vedeva altro che quella vegetazione, ma nessun sentiero da seguire e andare via da quel posto. Non c’era nessuno, era solo, almeno all’apparenza.
Iniziò a camminare per esplorare quel territorio sconosciuto quando sentì un fruscio di foglie provenire dall’interno della barriera. Non tirava un filo di vento, tutto era molto calmo, troppo calmo, e si rese conto di non essere da solo come aveva creduto. Cercò di individuare da dove provenisse quel rumore guardandosi attorno agitato, e se fossero stati altri angeli di pietra? Che cosa ne avrebbero fatto di lui? Era già spacciato in chissà quale epoca e sarebbe rimasto a morire lì, perché adesso era mortale.
Sentì una specie di ruggito che lo fece subito voltare e si trovò davanti a sé un Tirannosauro. Era enorme, alto dieci metri circa, con denti affilati e sanguinanti come se avesse appena finito di sbranare una sfortunata preda. Iniziò a correre verso Castiel facendo tremare la terra ad ogni suo passo.
L’angelo iniziò a correre più in fretta che poteva, ma il dinosauro era più veloce di lui.
Castiel non aveva mai avuto paura come quella volta, non aveva mai temuto di morire, la paura della morte non gli aveva mai sfiorato la mente, ma quella volta sì perché non era più come un tempo. Non era, però, la morte in sé che lo spaventava, perché sapeva che sarebbe tornato in vita, anche se non ne aveva l’assoluta certezza; aveva paura delle fauci, del modo in cui il dinosauro l’avrebbe mangiato, di quanto sarebbe stato doloroso e struggente, di come fosse indignitoso morire in quel modo senza aver potuto difendere se stesso.
Sfinito, si fermò voltandosi verso il mostro consapevole a quello che stava andando incontro;  il Tirannosauro lo raggiunse spalancando le sue fauci spaventose pronte a sbranarlo, ma quando il dinosauro si apprestò a divorarlo…
« Nah, non mi va di farti morire così » disse una voce.
A Castiel sembrò quella del fratello, ma non ebbe tempo per rifletterci perché scomparve nel nulla lasciando il mostro a stomaco vuoto.

Castiel ricomparve nel posto in cui Gabriele li aveva trasportati una volta. Lo aveva risparmiato, incredibile! Sbucò dietro un albero gigante non lontano dai suoi amici.
« Abbassatevi! » stava urlando il Dottore quando ricomparve Castiel.
Tutti seguirono i suoi comandi. Gli angeli si trovarono l’uno faccia a faccia, e guardandosi, rimasero immobili come statue.
« Okay, adesso strisciate fuori e filiamo da qui! »
« Ma lei Dottore, è un genio! » esclamò Sam.
« L’avevo già fatto…col Tardis » rammentò.
« Beh, lo è comunque! » continuò.
Castiel lì raggiunse « Dean! »
Dean si girò all’udire la voce di Castiel « Cas, dov’eri finito? »
« Temo nel giurassico! » esclamò con sorriso sghembo. « Un tirannosauro mi aveva in pugno »
« E come hai fatto a tornare? » chiese Dean.
« In effetti è strano. Ho solo pensato di ritrovarmi qui con voi perché mi sentivo solo e tutto ad un tratto eccomi qui »
Dean si accigliò e gli si fece più vicino « Ti sono tornati i poteri? »
Cas abbassò il capo e si fissò le scarpe « Credo di aver sentito Gabriele...mi ha lasciato andare. Si sta divertendo »
Dean divenne una furia « Quel figlio di puttana! »
Il Dottore intervenne « Calmo, ragazzo. Intanto dobbiamo pensare ad allontanarci da qui, è possibile che ce ne siano altri »
Ripresero la loro scalata verso la cima della montagna dove gli aspettava l’uscita. La prova non sembrava affatto facile, chissà quali altri tranelli il Trickster aveva in serbo per loro.
Erano riusciti nella prima prova al vulcano, ma con scarsi risultati visto che alla fine si era rivelato un tranello di cattivo gusto, un tranello che è costato alla fine la morte di John Watson.
Non solo il dottor Watson aveva dovuto provare l’allucinante dolore della lava che gli bruciava la pelle, ma anche il dolore dell’acqua avvelenata che gli aveva corroso l’intero corpo provocandogli la morte. Tutto questo nella mente del suo amico Sherlock si ripeteva ancora e ancora, silenzioso durante la loro scalata. Non aveva aperto bocca. Non era il momento. Era distratto, ma sapeva, o almeno sperava, che John tornasse.
Non avevano armi con sé, erano completamente indifesi, avevano solo le loro menti. Per fortuna non mancava molto alla cima e non avevano incontrato nessun altro ostacolo da valicare.
« Ci siamo quasi! » disse Sam che faceva da capofila.
Mentre scalavano, Sam continuava a pensare da cosa erano scappati e si rivolse al Dottore « Quegli angeli, sono molto diversi da ciò che conosco »
« Sono creature molto pericolose. Esistono solo quando le guardi e non te ne rendi conto. Sono pur sempre statue e non devi mai, mai, mostrargli le spalle e battere ciglio altrimenti ti trasportano in qualsiasi secolo, passato o futuro… o era solo passato?! Well…»
Gli altri ascoltarono in silenzio. Sam annuì e Dean guardò Castiel. Tornarono a concentrarsi sulla strada che stavano percorrendo e si accorsero di essere arrivati.
« Era ora! » esclamò annoiato Dean dietro di lui.
« Un ultimo forzo e andremo via da qui » aggiunse calmo il Dottore.
« Finalmente! »  sussurrò Sherlock.
Ecco, ce l’avevano fatta! Erano in cima, ma… non era come si erano aspettati.









Angolo Autrice: 

...dai questa volta ho aggiornato presto.
Un pò di tregua dopo la morte di John sia per voi che leggete, sia per i personaggi che penso vorrebbero lamentarsi con me. Pazienza, qua comando io B)
Comunque, cosa ne pensate? Secondo voi, cosa aspetta ai nostri protagonisti? Voglio supposizioni ù.ù Aspetto vostri commenti creativi! ^^
Alla prossima.
Juls



 

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