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La storia ha luogo due anni dopo la battaglia di Hogwarts.
Questo è un What if nel quale Tonks e Ted sono ancora vivi e dove il piccolo Teddy non è mai esistito.
1. LE
SITUAZIONI DI LUI & LEI
Era una
bella giornata di primavera, nella campagna nei pressi della Tana il sole
splendeva circondatoda gruppi di grandi
nuvole bianche che si spostavano lentamente, seguendo la direzione del vento.
Più in basso tirava una deliziosa brezza che faceva ondeggiare lievemente le
fronde degli alberi e i fili d’erba verde, cresciuti incolti intorno alla riva
di un fosso.
Un merlo,
dallo sgargiante becco giallo, osservava il panorama dal ramo di un albero, muovendo
la testa da una parte all’altra, curioso. Tutto preannunciava l’arrivo
dell’estate, ormai alle porte.
La quiete
del posto fu turbata da un rumore secco e improvviso che spaventò il merlo che
volò più distante, su un'altra pianta, rimettendosi poi a guadare, con fare
curioso, la nuova presenza appena Materializzata.
Un ragazzo
alto e dai lunghi capelli rossi, raccolti in una coda alla base della nuca,
stava in piedi, perplesso, lungo il sentiero che conduceva verso la sua casa;
dopo aver rimuginato per qualche istante decise di sedersi all’ombra di una
quercia non poco distante dal luogo della sua apparizione.
Il volto
pallido, più del solito, la fronte imperlata di sudore per via del caldo e due
borse sotto gli occhi; stancamente si passò una mano sul viso appoggiando poi
la testa all’indietro, contro al tronco dell’albero. Sospirò e rimase in
contemplazione del paesaggio, senza però guardarlo realmente, il flusso dei
suoi pensieri seguiva altre direzioni. Estrasse dalla tasca dei Jeans un orecchino
a forma di zanna e, dopo averlo osservato per qualche istante, se lo mise.
Un’espressione di dolore comparve sul suo volto quando la punta dell’orecchino
bucò la pelle dell’orecchio: erano almeno due anni che non lo indossava più e
il buco si era richiuso.
Poi,
stancamente, si rimise in piedi, sbuffando, avviandosi in direzione della Tana.
Si era Smaterializzato di proposito più lontano del solito dall’abitazione: in
quel momento a Bill, primogenito della famiglia Weasley,
serviva stare da solo con i suoi pensieri, in un posto tranquillo, per
rimettere insieme le idee: e alla Tana era impossibile farlo, anche
rinchiudendosi nella propria stanza.
Era tornato
ad abitare nella casa dei suoi genitori da circa quattro mesi e mezzo, ma la
situazione all’interno del gruppo non era delle più felici. Una volta entrato,
trovò alcuni membri della sua famiglia seduti al tavolo della cucina che
finivano di mangiare, chiacchierando spensierati: appena lo videro il silenzio
calò nella stanza.
Molly stava
aspettando il figlio maggiore già da più di mezz’ora e non mancò di farglielo
notare; “Ti ho mandato un gufo per avvisarti,” rispose in tono asciutto Bill.
Neanche a farlo apposta, in quel momento, qualcosa andò a sbattere contro al
vetro della finestra. “Ecco Leotordo!” Esclamò Ginny, alzandosi dalla sedia per andare a prendere il gufo.
“E pensare
che l’ho inviato più di un’ora fa. Si sarà perso come al solito.”
Uno sbuffo
di Molly riportò tutti alla realtà e il silenzio calò nuovamente tra le
persone.
“Allora,”
iniziò Molly in tono secco, non appena ebbe messo in tavola una nuova ciotola
con dell’insalata, “È tutto finito?” Il suo tono non era dei più materni.
Al suono di
quella frase i presenti smisero di mangiare e guardarono prima Molly poi Bill;
la signora Weasley aveva posto la domanda che
tormentava tutti, ma che nessuno aveva osato fare.
“Sì!” Bill
non si dilungò in inutili spiegazioni.
Il pericolo
sembrava momentaneamente scampato, tutti sapevano bene che quello che Molly
aveva toccato non era un buon argomento di conversazione.
“Ah, ma io
te lo avevo detto!” Esclamò, soddisfatta di sé, la donna.
La fatidica
frase era stata pronunciata; e tra le tante cose che potevano mettere fine
all’armonia familiare, una era proprio quella.
“Mamma, per
favore…” Bill cercò di farle capire che non era né il momento adatto, né il
luogo; disse quella frase con aria stanca, ma Molly continuò ad infierire.
“Oh, andiamo
Bill! Era una cosa che si poteva tranquillamente prevedere, avete fatto le cose
troppo in fretta!”
“Mamma…”
“E poi a me
non era mai piaciuta e lo sai bene! Io difficilmente mi sbaglio.”
“Per favore,
smettiamola”, tentò nuovamente Bill, invano. Se c’era una cosa della quale non
gli andava di parlare era proprio quella; rigirò le due foglie di insalata che
aveva nel piatto, non molto invogliato a mangiarle: quello non era decisamente
uno dei suoi piatti preferiti.
“Ah, ma se
Morgana vuole, adesso è finita.”
Visto che le
sue parole non erano state minimamente prese in considerazione e che aveva
anche lo stomaco chiuso, Bill si alzò da tavola, piuttosto scocciato, e senza
dire niente uscì di casa sbattendo la porta.
Non era
stata una situazione facile quella che aveva passato con Fleur:
in un primo momento era sembrato tutto facile, il loro matrimonio procedeva
bene ed erano felici. Poi erano iniziate le prime incomprensioni, i primi
litigi: discutevano per cose stupide. Infine più nulla: erano diventati come
due estranei. Quando Bill provò a parlarle per cercare di rimediare alla
situazione, Fleur gli aveva confessato di non sapere
più quello che provava per lui. Avevano tirato avanti altri due mesi e poi,
insieme, avevano deciso che era meglio chiudere la loro storia,
definitivamente. Questa notizia aveva avverato tutti i sospetti e tutti i
presentimenti di mamma Molly che, in preda ad un altro semi dramma familiare
con George in crisi con la sua ragazza, era quasi uscita di senno.
Forse Molly aveva avuto ragione quando aveva detto che era troppo presto,
nonostante ciò, Bill era contento di averci provato, di aver seguito il suo
cuore: non aveva nessun rimpianto. Semplicemente non aveva funzionato e ora, a
distanza di oltre quattro mesi, continuare a cercare una causa o un colpevole,
gli sembrava una cosa assurda. Voleva solo dimenticare, ricominciare.
Molly, da
quando era finita la guerra, era cambiata: lo shock per la perdita di Fred era
stata troppo grande per lei e se prima era una persona molto attenta ai suoi
figli, ora lo era anche di più, in modo quasi ossessivo, maniacale. Gli unici
due che si salvavano erano Charlie, perché viveva in Romania e rincasava forse
due volte all’anno; e Percy che, nonostante quello
che aveva combinato, rimaneva comunque la persona precisa e puntigliosa della
famiglia, quello con i piedi per terra, senza troppi grilli per la testa, in
più, la sua ragazza, Audrey andava molto a genio alla madre. I due più piccoli,
Ron e Ginny erano tenuti sotto stretta sorveglianza,
ma non erano oggetto di commenti sarcastici: più che di loro, Molly si fidava
di Hermione e di Harry, ma questo non lo avrebbe mai
ammesso.
George si
era lasciato da poco con una ragazza che sua madre adorava, quindi anche lui
era soggetto a frecciatine, meno comunque di Bill, perché anche lui come
Charlie viveva fuori casa.
La goccia
che aveva fatto traboccare il vaso, la nota che aveva dato conferme ai pensieri
di Molly, sul fatto che i suoi figli non fossero abbastanza maturi per delle
relazioni stabili, fu la fine del matrimonio di Bill, che le diede la possibilità di esclamare con aria
soddisfatta "L'avevo detto io!"
Purtroppo, dalla fine della guerra con Voldemort,
dalla quale erano passati due anni, Molly non era ancora riuscita a riprendersi
del tutto: i suoi figli e Arthur avevano deciso di lasciare tempo al tempo, per
quanto anche per loro non fosse facile.
Bill si
smaterializzò in DiagonAlley
e da lì iniziò a vagare senza una meta precisa: era stanco, confuso, avrebbe
solamente voluto stendersi sul suo letto e dormire, ma non era possibile. Il
rapporto con la madre si deteriorava di giorno in giorno e lui non era più così
sicuro di avere ancora molta pazienza a disposizione. Forse però, l’indomani
avrebbe già dimenticato tutto, lasciandosi le parole di Molly alle spalle e non
dandoci peso, sapendo che comunque sua madrenon era così.
***
“Tesoro,
questa volta hai esagerato”, la ammonì Arthur.
“Sì mamma”,
intervenne Ginny, “Poi, non sei tu quella che dopo la
scena dell’infermeria, hai iniziato ad adorare Fleur
e a ripete quanto stava bene con Bill?”
“Potevi
essere anche un po’ più delicata…”, aggiunse Charlie.
Attaccata,
Molly cercò di difendersi: “Sì, forse ho esagerato, ma anche lui, andarsene
così!”
“Beh, dopo
la mattinata che ha passato, secondo me voleva solo starsene tranquillo; invece
arriva a casa e ci sei tu che metti il dito nella piaga!” Questa volta a
parlare era stato George, scocciato,che aveva vissuto un’esperienza simile.
“Avevo
queste cose dentro da troppo. E la prossima ragazza che porterà a casa mi
assicurerò che sia veramente quella giusta!” Guardò tutti i ragazzi presenti,
“E questo vale anche per voi!”
Un brivido
corse lungo la schiena dei presenti.
In effetti,
quella appena passata non era stata una delle mattine migliori di Bill in
quanto era stato tutto il tempo in un tribunale a concludere la sua causa di
divorzio dalla moglie, FleurDelacour.
I due si
erano separati ormai da quattro mesi, ma solamente quel giorno erano riusciti a
rendere ufficiale la cosa: il tribunale magico aveva i suoi tempi.
Ormai erano
più di due ore che Bill camminava senza una meta precisa; di tornare a casa non
ne aveva assolutamente intenzione, ancora si rimproverava per aver accettato di
tornare a casa dei suoi dopo l’accaduto. Solo un mese prima, preso dalla
disperazione aveva annunciato che sarebbe andato a vivere da solo ed era stato
minacciato di disconoscimento.
Camminando,
Bill arrivò ad un posto per lui fin troppo familiare.
Si fermò da
un fiorista lì vicino e, dopo aver preso due margherite giganti bianche,
oltrepassò un enorme cancello in ferro battuto.
Quello era
il luogo dove riposava Fred, suo fratello.
Con sua
sorpresa trovò qualcuno davanti alla tomba e da lontano non riuscì a
riconoscere chi fosse. Arrivato davanti salutò la ragazza, senza riconoscerla,
aveva pensato fosse un’amica di Fred. Lei aveva ricambiato il suo saluto
continuando a fissarlo mentre lui si chinava a deporre i fiori accanto a quelli
già presenti, intuendo che lui non l’aveva riconosciuta. Una volta che Bill si
fu alzato, lei gli rivolse la parola.
“Come stai?”
chiese quasi sottovoce.
Bill si
girò, fissandola per qualche istante; aprì la bocca per parlare, ma non uscì
nessun suono.
“Sorpreso di
vedermi?” La ragazza gli sorrise.
“Non sai
quanto…”
Ma quello
non era il luogo per parlare. Salutarono Fred e si incamminarono verso l’uscita
in silenzio. Appena fuori dal cancello si abbracciarono, era il saluto tra due
vecchi amici, due compagni di squadra che avevano combattuto fianco a fianco
nell’ultima guerra e che non si vedevano ad tanto tempo.
“Andiamo a
bere qualcosa e a parlare un po’? Ti va?”, chiese Tonks
e Bill annuì.
Erano due
anni che non si vedevano e che non si sentivano salvo un paio di lettere una
volta ogni tanto.
Durante la
guerra era morto Remus e da quel momento, Tonks non si era più ripresa: prima si era rinchiusa in
casa un paio di mesi, poi era andata ad abitare lontano. Da quel poco che Bill
sapeva, lei non riusciva più a trasformarsi e ne ebbe la conferma quando, una
volta entrati in un pub, si tolse il cappello da strega mostrando i suoi
capelli, color castano spento.
Tonks si
era dimessa dal dipartimento Auror subito dopo
l’ultima battaglia, il colpo era stato tale che per un breve periodo non era
riuscita ad eseguire nemmeno le magie più semplici.
Parlando, Tonks seppe tutta la storia di Bill, si informò su Molly e
si stupì del suo cambiamento.
Lei, invece,
raccontò di aver passato gli ultimi due anni da dei parenti di suo padre
lavorando come commessa in un negozio Babbano; adesso era ritornata nel mondo
magico per restare ed era in cerca di un nuovo lavoro.
Nonostante
non riuscisse a trasformarsi era serena, dopo due anni era riuscita ad
accettare la cosa ed era pronta a rifarsi una vita.
I due
ragazzi rimasero a parlare fino a tarda sera e si lasciarono con una promessa,
da parte di lui, di un invito a cena alla Tana, come ai vecchi tempi; di sicuro
a Molly avrebbe fatto piacere rivederla, e anche agli altri.
Quando Bill
rincasò le luci erano già tutte spente e tutti erano già andati a dormire. Poco
prima che riuscisse ad entrare in camera Molly uscì dalla propria stanza.
“Ti sembra
questa l’ora di rientrare?”, chiese.
“Non ho più
vent’anni, mamma.”
“Dove sei
stato?”
“Fuori, con
degli amici, e ora scusa ma vado a dormire. Buona notte.” Detto questo, Bill si
chiuse la porta della sua stanza alle spalle; Molly, rassegnata e per nulla
contenta, fece altrettanto.
*Titolo del
capitolo preso da un Manga giapponese.
Era questa,
adesso, la frase che probabilmente passava in simultanea nella testa di Bill e
in quella di George.
Era una
tranquilla e calda domenica pomeriggio: Charlie era uscito per farsi una delle
ultime passeggiate nei pressi della Tana, di lì a poco sarebbe ritornato in
Romania; Bill si era assopito sul divano e George, che aveva pranzato nella
casa dei genitori, gli faceva compagnia seduto in una posizione molto comoda ma
poco elegante sulla poltrona. Molly stava sgranando i fagioli in cucina mentre
Arthur fingeva di leggere un libro coricato su una sdraio in giardino.
I due fratelli più piccoli non erano in casa, mentre il piccolo Percy continuava a girare nervosamente da una stanza
all’altra, disturbando la sonnolenta armonia.
George
cominciò a dare segni di nervosismo iniziando a rigirarsi sulla poltrona e poco
dopo Bill fece lo stesso, cambiando fianco ogni due minuti, sbuffando.
Rassegnati all’idea di oziare per tutta la giornata si alzarono, fermando poi Percy chiedendogli se fosse successo qualcosa: così nervoso
non lo avevano mai visto! Per tutta risposta lui divenne tutto rosso e poi,
prendendo coscienza che quella cosa
era troppo grande per lui, decise di confidarsi con i fratelli, non prima però
di averli trascinati nella sua camera.
A quella
confessione, Percy voleva fosse presente anche
l’altro fratello ma visto che questi tardava a tornare, rinunciò ai suoi
propositi.
Maledetto Perce!
Dopo che il
fratello si fu confidato i due gli diedero sonore pacche sulla spalla,
congratulandosi con lui. Erano contenti per lui, ma come al solito il piccolo Perce aveva un tempismo pessimo. L’idea di essere
tormentati a lungo su quanto fosse perfetto Percy,
terrorizzava Bill e George che videro sfumato il sogno di essere lasciati in
pace da mamma Molly per la loro vita sentimentale.
“Beh…” Concluse Percy,
incerto, “Credo che andrò a prendere Audrey.” Era visibilmente agitato. L’idea
di dire ai suoi genitori che voleva sposarsi lo metteva alquanto in imbarazzo.
Senza contare la preoccupazione per la reazione di Molly. “Vai tranquillo,
Audrey le piace, sarà sicuramente d’accordo con la vostra decisione!” Gli
avevano ripetuto i due fratelli, pur sapendo che erano mere parole di
circostanza volte solo a farlo sentire più tranquillo e sereno. Nessuno, ora
come ora, poteva prevedere quale sarebbe stata la reazione di Molly.
Nell’uscire
dalla stanza i tre si imbatterono in Charlie, di ritorno dalla sua passeggiata. Percy li superò, salutandoli e scendendo poi le scale
con passo svelto. George e Bill trascinarono Charlie nella sua stanza, che era
poi quella che condivideva con il fratello maggiore da quando erano piccoli. Su
una parete c’era appeso un vecchio poster del Quidditch,
mentre sull’armadio faceva bella mostra di sé un adesivo a forma di drago che,
di tanto in tanto, emetteva una nuvola di vapore.
I due fratelli fecero sedere Charlie sul
letto, senza troppi complimenti e dopo che George, dalla finestra, vide Percy Smaterializzarsi, andò al fianco di Bill facendoun cenno di assenso e quest’ultimo iniziò a
parlare.
“Charlie…Percy, stasera, dirà a
mamma e a papà che lui e Audrey si sono fidanzati!”
“Voleva
dirtelo di persona come ha fatto con noi, ma tu eri fuori.”
Il ragazzo
li fissò perplesso per alcuni istanti, spostando lo sguardo da un fratello
all’altro, aspettandosi da un momento all’altro che comparisse uno striscione
con su scritto che era tutto uno scherzo, ma viste le espressione di George e
Bill si convinse, quasi, che non lo stavano prendendo in giro.
“Davvero?”
George
annuì, serio. Fu questione di un nanosecondo e Charlie si trovò steso sul
letto, con le lacrime agli occhi per il troppo ridere. I due fratelli lo
fissarono, poi si guardarono nemmeno troppo sorpresi della reazione: da lui
potevano aspettarsi anche di peggio.
Quella
stessa sera, come promesso da Percy, Audrey andò a
cena a casa Weasley. Era una ragazza piuttosto
minuta, con la pelle molto chiara e una massa di capelli crespi neri, che le
ricadeva sulle spalle; di carattere chiuso, parlava raramente, anche se con i
coniugi Weasley si era ormai ambientata e quindi era
più sciolta. A farle soggezione erano gli altri fratelli, specialmente quelli
più grandi con cui non aveva mai avuto niente a che fare, se non in rarissime
occasioni. Con Ginny, invece si era instaurato da
subito un bellissimo rapporto, tanto che le due uscivano spesso insieme, in
compagnia di Hermione. Proveniva da una famiglia Babbana di idee un po’ all’antica che faceva fatica a
concepire e ad integrarsi con il mondo Magico.
Una volta
che ebbero finito di cenare, i ragazzi sparecchiarono, lasciando in tavola
solamente i bicchieri. Il colorito di Percy aveva
iniziato a virare dal bianco al verde; Bill se ne accorse e facendo cenno al
fratello di non muoversi, fece arrivare lui in tavola la bottiglia di
Champagne.
“Champagne
Elfico Crystal!” Esclamò Arthur prendendo la bottiglia. “Cosa dobbiamo
festeggiare?” Chiese rivolto a Bill che fece spallucce.
“Be…e…ec…ecco…” Percy iniziò a
balbettare, ma da sotto al tavolo, George gli tirò un calcio dritto nello
stinco che lo fece urlare; Charlie mimò la parola “Alzati!” E lui obbedì,
seguito da Audrey.
Tutto questo si chiama amore fraterno.
“Noiabbiamodecisodisposarci!”
“Scusa,
caro, non ho capito.” Disse Molly, “Sai, con la vecchiaia divento un po’
sorda.”
Percy
riprese fiato, poi guardò Audrey e poi di nuovo i suoi genitori: “Abbiamo
deciso di sposarci!”
Gli occhi di
Arthur si illuminarono di gioia, “Oh, Percy, ma che…”
“Non sarai
mica incinta?” Chiese in tono asciutto e sbrigativo Molly, rivolgendosi alla
futura nuora.
“No!”
Esclamò quasi scandalizzata la ragazza.
"Certe cose non si fanno
prima del matrimonio" mormorò tra sè e sè, abbassando lo sguardo, Percy.
Charlie fu l'unico a leggere il
labiale e, ripensando alla sua fama e ai suoi anni di vita vissuta, si chiese
da dove spuntasse quel fratello così strano. Se non fosse stato sicuro
dell'assoluta fedeltà di sua madre, avrebbe ipotizzato fosse figlio del
pulitore di camini.
“Ma è meraviglioso!” Molly urlò,
tutta soddisfatta per la notizia e corse poi ad abbracciare suo figlio e Audrey
e così fecero gli altri.
Charlie si passò una mano sul
volto, per nascondere un sorriso divertito, ancora ripensava a quella frase;
più cercava di non ricordarsi il volto di Percy in
quel momento, più questo gli compariva davanti. Dopo il brindisi con una scusa
banale uscì dalla stanza per cercare di riprendersi.
Parecchi minuti dopo rientrò, giusto in tempo per salutare i due neo fidanzati
che andavano a dare la bella notizia anche ai genitori di lei, che però, viste
le loro origini, avrebbero fatto molta più fatica ad accettare la cosa.
Molly era in estasi, girava per
la cucina tutta felice, trovandosi poi a discutere con Ginny
ed Hermione della cerimonia, dei fiori, del buffet…
anche se il matrimonio sarebbe stato celebrato da lì ad una decina di mesi,
presumibilmente a Marzo dell’anno nuovo. Per un attimo sembrava tornata la
vecchia Molly, ma nessuno si aspettava che durasse. Arthur, passata l’iniziale
felicità, invece, si era appartato in un angolo a discutere con Harry e Ron di Quidditch: loro, di merletti, pizzi e bomboniere non
volevano saperne.
I restanti tre, Charlie, Bill e
George andarono ad accasciarsi su delle sdraio in giardino, dopo averle
asciugati dal momento che aveva smesso di piovere solo da pochi minuti. Si
coricarono tutti e tre, godendosi il fresco della sera; un forte odore di terra
bagnata si sprigionava dal terreno circostante e ora il cielo era tornato
limpido, tanto che si potevano vedere le stelle.
Charlie, come al solito, fu il
primo a rompere il silenzio: “Ah, che pace!”
Bill rise, “E tu, come sempre,
interrompi questi momenti!”
Passarono altri minuti di
silenzio, poi fu il turno di George: “E così, il perfetto Percy
si sposa…” Sospirò. “Stiamo invecchiando, vero?
Inesorabilmente.”
A Charlie scappò un sorriso
divertito, benché George, secondo lui, stesse parlando seriamente: “No, non
siamo noi ad invecchiare, è Percy ad essere precoce,”
rispose.
“C’è qualcosa che non va?”
Negli ultimi due anni si era instaurato un nuovo tipo di rapporto tra i tre
ragazzi. Con la morte di Fred, George si era avvicinato molto a Bill e Charlie,
in special modo al primo in quanto più presente nella
sua vita.
Bill era contento di questa cosa: sapere che suo fratello non si era chiuso a
riccio dopo la morte del gemello, due anni prima, lo aveva sollevato. In fondo
lui era quello grande, quello responsabile, a detta degli altri. E quando
George aveva tentato per la prima volta di aprirsi, lo aveva accolto a braccia
aperte.
“George…” Lo incalzò Bill.
“Domani sera esco con
Angelina.” Lo disse tranquillamente, quasi senza darci peso, ma la cosa lo
turbava molto. Lei, ai tempi della scuola, anche se per un brevissimo arco di
tempo, era stata la ragazza di Fred. Ora lui aveva paura di essere scambiato
per il gemello e, al contempo, di tradirlo. Eppure, Angelina gli piaceva.
I due fratelli maggiori
soppesarono le parole. Non era un momento facile, quello.
“Lei ti piace?” Chiese Charlie,
sedendosi e fissando il fratello che annuì. Poi sorrise, “Ma hai paura che ti
scambi per Fred…” Concluse, e George annuì nuovamente.
“Non può farlo,” intervenne
Bill. “George, voi due, benché identici, eravate molto differenti. E una
ragazza intelligente come Angelina, non può confondervi.” Charlie diede il suo
assenso alle parole del fratello.
“Eravamo… diversi?”
“Sì, e se una persona vi
conosce, beh vi avesse conosciuto, veramente, non avrebbe avuto problemi adistinguervi. Quindi credo che Angelina non
abbia dubbi sul fatto che tu sia George.”
Il silenzio calò nuovamente tra
i tre, fino a quando il più piccolo non si alzò per ritornare nel suo
appartamento. Entrò in casa per salutare gli altri, poi uscì nuovamente in
giardino e dopo aver ringraziato i due fratelli più grandi si Smaterializzò con
l’animo molto più sollevato.
“E tu, cosa mi dici?” Chiese
Bill rivolto a Charlie, “Stai ancora con quella tirocinante svedese?”
A Bill veniva molto più
naturale confidarsi con Charlie.
“Con chi?”
“Con la tirocinante svedese!”
“Ah, no, storia vecchia. Ora
sto con… aspetta…” Charlie si portò una mano alla fronte, “Charlotte!”
Bill rise, “Non cambierai mai.
Ah, ma prima o poi la troverai la persona che ti farà capitolare, bello mio!”
“Cos’è, porti sfiga?” Entrambi
scoppiarono a ridere.
“E tu, come stai?”, Chiese
Charlie improvvisamente, spiazzando Bill.
“Bene…”
“Sicuro?”
“Sì, e se non fosse per la
mamma, per le sue continue insinuazioni, forse andrebbe meglio.” Sospirò.
Le loro conversazioni non erano mai state molto profonde o ricche di dettagli,
bastavano due parole per capirsi e in caso, sapevano anche stare in silenzio.
Rimasero ad ascoltare il vento
che soffiava tra i rami fino a quando i loro genitori non li richiamarono in
casa, perché “Fuori fa freddo!” Proprio come quando erano bambini. Sembrava quasi
non fosse cambiato nulla da allora… ma era solo apparenza.
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Un grazie particolare a nina92
per aver lasciato un commento; grazie anche a quelli che hanno messo la storia
tra i preferiti e a quelli che leggono nell’ombra.
Passati un paio di giorni il rapporto tra
Bill e sua madre ancora non si era sistemato; a fare da intermediari si
alternavano Charlie e suo padre, ma senza ottenere risultati rilevanti. Molly
voleva sempre di più essere parte della vita del figlio e più si comportava
così, più lui faceva l’esatto opposto.
Quel giorno, Bill aveva detto che avrebbe
portato a cena un’ospite e subito il radar di Molly si era messo in funzione e
anche la sua parlantina: domande sul genere, “Chi è?”, “Da dove viene?”, “Ma è
una ragazza?” venivano ripetute continuamente a tutti, nessuno escluso; l’unico
però a sapere chi sarebbe venuto a cena era Bill.
“Ah, ma se si è già trovato una ragazza mi
sente!” Molly stava cucinando aiutata da Ginny e da Hermione mentre i baldi uomini stavano preparando la tavola
in giardino.
“Mamma!”, la riprese la figlia, “Anche se
fosse?”
“Si è lasciato da soli quattro mesi con Fleur, e poi, chi mi dice che anche questa non sia uguale a
lei?”
“Ma ha detto che porta a cena la sua nuova
fidanzata?”, chiese stupita Hermione, ignara di
quanto stesse succedendo alla Tana in quel periodo, mentre pelava alcune
patate.
“No, ha detto
solamente che avrebbe portato a cena una persona che ci avrebbe fatto piacere
rivedere”, specificò Ginny lanciando un’occhiataccia
alla madre. “Quindi calmati!”, con le ultime parole si era rivolta direttamente
a Molly che sbuffò.
Due schiocchi secchi annunciarono l’arrivo di
Bill e dell’ospite a sorpresa. Una volta riconosciuta la figura in lontananza
Molly le andò incontro salutandola calorosamente: era poco più di due anni che
non si vedevano. Dopo cinque minuti buoni di saluti, abbracci e constatazioni
sull’età e su quanto fossero cresciuti e cambiatii più giovani, si sedettero tutti a tavola.
La cena andò bene. Tonks
rimase alla Tana fino a dopo la mezzanotte; per tutto il tempo avevano parlato
rinvangando vecchi ricordi: il brutto periodo della guerra e tutti quelli che
ora non erano più lì con loro. Al nome di Remus alla
ragazza gli occhi divennero leggermente lucidi, reazione perfettamente normale.
Dai vecchi tempi a quelli attuali: Molly si informò sulle condizioni di Tonks e dei suoi genitori, sulle sue intenzioni e sulla sua
attuale sistemazione; lei rispose cortesemente a tutte le domande, chiedendo a
sua volta della situazione della famiglia, tasto dolente. Molly le raccontò
tutto, senza evitare qualche occhiataccia. Al contrario di quello che aveva
previsto Bill, non fu lui ad essere preso di mira, ma George.
“Si era trovato una così brava ragazza!”
Tonks non poté non ridere a quell’affermazione, conosceva già tutta la
storia, gliela aveva raccontata Bill.
“Non ti preoccupare Molly, ce ne sono di
brave ragazze in giro.” Nel pronunciare la frase cercò di rimanere il più seria
possibile data la faccia molto contrariata di George, fortunatamente nascosta
dalla visuale della madre.
“Io vi devo chiedere scusa,” disse Tonks ad un certo punto, quando i ragazzi più giovani si
erano seduti in disparte in un angolo del giardino, “Non mi sono fatta sentire
per tutto questo tempo e…” Fu però bloccata da Arthur.
“Non devi scusarti, non hai passato un bel
periodo. L’importante è che tu ora stia bene… e che ti faccia viva più spesso.”
Bill annuì insieme a Charlie.
“Ciò non toglie che mi sono comportata male,
e vi chiedo scusa. Voi mi avete aiutato tanto anni fa e io me ne sono andata
così… non sono l’unica ad aver sofferto.”
“Ma basta rinvangare cose tristi. Un’altra
fetta di torta?” Chiese Molly.
“Ti vede un po’ deperita,” spiegò George. “Ma non preoccuparti, ha visto deperito
anche Charlie che dall’ultima volta che è stato qui ha messo su un buon cinque
chili.”
“Saranno al massimo due!” Si offese
l’interpellato.
Tonks, che era seduta al suo fianco, scoppiò a ridere di gusto. “Beh,
dall’ultima volta che ti ho visto io, sono anche più di cinque…”
Anche gli altri risero; Charlie le si
avvicinò all’orecchio.
“È bello vederti ridere di nuovo.”
Tonks lo abbracciò, “Grazie!” Sussurrò al suo orecchio. Charlie non era
per niente cambiato: avevano frequentato Hogwarts
insieme, stesso anno ma non stessa casa, e tra loro ai tempi della scuola si
era instaurato un bellissimo rapporto, deteriorato poi dalla partenza del
ragazzo per la Romania.
Quella sera Tonks aveva rivisto in lui l’amico di
sempre, una delle persone che ad oggi, nonostante si fosse perso parecchi anni,
la conosceva meglio e quella frase ne era stata la prova.
Molly ritornò e posò un po’ troppo
violentemente il piatto con la fetta di torta. “Cosa stavamo dicendo?” Chiese.
Un’ora dopo la serata volse al termine e Tonks salutò tutti i presenti, non prima però di aver
abbracciato forte Arthur e Molly.
Charlie, scherzosamente, la salutò
pronunciando il suo nome a chiare lettere: “Ciao, Ninfadora!”
“Ciao, Charlie”, rispose tranquillamente lei.
Il ragazzo, visibilmente scocciato, sbuffò,
“Com’è che non ti arrabbi?”
“Sono cresciuta”, scherzò lei, sorridendo;
poi salutò gli altri e si Smaterializzò.
Molly aveva osservato attentamente la scena
tra Tonks e il suo secondogenito e la cosa non le era
andata a genio. Non aveva capito, però, che quello tra i due ragazzi era stato
un saluto scherzoso tra due vecchi compagni di scuola.
“Ah, povera Tonks!”
Esordì Molly, sperando che qualcuno le desse un motivo per continuare.
Sfortunatamente, però, i suoi figli e suo marito la conoscevano troppo bene per
commettere un errore così banale.
“Povera, non riuscirà mai a rifarsi una
vita!” Continuò imperterrita.
A questa affermazione, però, Charlienon riuscì a stare zitto.
“Perché dici questo?”
“Ma caro”, iniziò a spiegare, felice per la
domanda del figlio, “Perché vive nell’ombra di Remus,
nel suo ricordo, non hai notato che non si è ancora ripresa dalla sua morte?
Vive nel suo ricordo e questo le impedirà di amare un’altra persona.”
L’affermazione di Molly era stata molto
pesante ma lei era soddisfatta delle sue parole, voleva che i suoi figli
sapessero come la pensava, in special modo dopo
quello che aveva visto.
“Io non la vedo così.”
“Tu sei troppo giovane, Charlie. Mi spiace
solo, nel caso dovesse risposarsi, anche se non credo, per quel povero ragazzo:
lei non lo amerà mai.” Molly disse l’ultima frase sconsolata, poi augurò la
buona notte e si avviò al piano superiore, lasciando i restanti membri della
sua famiglia perplessi.
Arthur era perplesso tanto quanto i figli. George fece finta di augurare la
buona notte al padre facendo uno strano gesto ai fratelli.
Quella non era la Molly che loro conoscevano.
Charlie entrò nella sua camera appena dopo
Bill sbattendo la porta.
“Perché deve comportarsi così?” Urlò. Il fratello
fece appena in tempo ad insonorizzare la stanza.
“È da quando è morto Fred che è cambiata. Poi
se ci aggiungi George che la lasciato la sua –Adorata Ashley-
e io che ho appena divorziato da Fleur, quando lei,
-Lo aveva detto!-” Tentò di spiegare Bill indossando la maglietta del pigiama,
sedendosi poi sul letto.
“Comunque, quello che ha detto su Tonks non mi è piaciuto: è come se tu non riuscissi a
rifarti una vita perché sei depresso. In fondo, tua moglie ti ha lasciato e il
tuo matrimonio è naufragato!”
Bill sorrise, “Grazie per la delicatezza, e
per la rima. Il mio caso è un po’ diverso, comunque.”
George si Materializzò nella stanza dei due
ragazzi che lo stavano aspettando, il gesto di prima era stato molto eloquente,
almeno per loro.
“Scusate l’intrusione, ma veramente non ce la
faccio più!” Prese la sedia vicino la scrivania e si sedette. Charlie gli
assestò una poco delicata pacca sulla spalla. “Qui urge trovare un rimedio.”
Se c’era una persona che aveva sofferto
tantissimo per la perdita di Fred, quello era George. Dalla nascita erano
sempre stati insieme, inseparabili, ma si era fatto forza, come Fred avrebbe
voluto e stava proseguendo la sua vita, mandando avanti al meglio la loro
attività.
Non era stata una cosa facile da affrontare e non lo era tutt’ora. In fondo,
tutte le volte che si guardava allo specchio poteva vedere il volto del
fratello.
“Non vedo vie d’uscita. Dobbiamo solo
aspettare che le passi e sopportare pazientemente,” affermò Bill, convinto.
“Mi chiedo, però, perché si comporti così
solo con noi”, sbuffò George.
“Beh, Percy rimane
sempre Percy, quello perfetto; Ginny
è fidanzata con il salvatore del mondo magico, per cui ha carta bianca; Ron con
Hermione, stessa cosa che per Ginny;
rimaniamo noi”, spiegò Charlie.
“Rimaniamo NOI, vorrai dire!” Precisò Bill
guardando George che annuì. “Tu te ne stai bello-bello in Romania per la
maggior parte dell’anno.”
“Comunque spero le passi presto, sono due
anni che è così!”
“Non credo le passerà presto, George”, asserì
Bill.
“Per ora credo le basti sapere che nessuno di
noi ha mire su Tonks”, scherzò Charlie, “Anche se non
la penso come lei.”
“Quelle affermazioni sono state veramente di
cattivo gusto” George incrociò le braccia al petto; “Passi che era innamorata
di Remus, ma non credo che questo le impedirà di
poter essere comunque felice.”
“La botta è stata comunque grande, come lo è
stata per tutti noi…”
Dopo la frase di Bill nella stanza calò il
silenzio per qualche secondo, poi il ragazzo continuò; “Ancora non riesce a
fare le metamorfosi e per quanto riguarda le magie… le riescono solo le più
semplici.”
“Io l’ho
comunque trovata bene!” Affermò convinto Charlie, “La conosco da tanto e sento
di poterlo dire con sicurezza!”
“Sicuro di non
avere mire su di lei?” Chiese ridacchiando George: da quando non c’era più Fred
si era accorto di sapere molto poco della vita privata dei fratelli, almeno di
quelli più grandi, e l’idea che si era insinuata nella mente di Molly per un
nanosecondo aveva colpito anche lui, quindi aveva voluto indagare.
“No, lui non ha
nessuna mira su Tonks,” intervenne Bill.
Charlie
confermò con un cenno di assenso.
“Perché?”
Chiese curioso George.
“Perché siamo
sempre stati ottimi amici,” intervenne Charlie, “Anzi, spero di poter
recuperare un po’ il vecchio rapporto. Lei è sempre stata l’unica capace di
tenermi un po’ a freno,” nel dire la frase rise.
“È vero, dopo
che vi siete persi di vista sei degenerato!” Confermò Bill.
George non
sapeva di queste situazioni ma aveva abbastanza intuito da capire che parlavano
di vecchie fiamme di Charlie e che lui non era propriamente famoso per avere
rapporti seri e duraturi.
La discussione si protrasse ancora per alcuni minuti, fino a
quando, esausti, i tre ragazzi cedettero al sonno; George, prima di crollare,
riuscì a malapena a Smaterializzarsi nella sua casa, sopra al negozio di
scherzi.
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Hola!
Allora, ringrazio le persone che hanno
recensito questa storia:
Nina92: grazie per aver recensito entrambi i
capitoli!
Isabel Lupin: Grazie!^^
Spero lo sia anche il seguito.
Thiliol: George non è propriamente sereno, ma
sta imparando ad andare avanti, come tutti del resto. Sono comunque passati più
di due anni, non due mesi… in più il tempo di
reazione, se così vogliamo chiamarlo, è diverso da persona a persona. Lo vedrai
andando avanti. Intanto grazie mille per la recensione e spero capirai al più
presto (Due/tre capitoli massimo) dove la storia andrà a parare.
Susan, classe 1973, Tassorosso, una
strega nata da due maghi con origini Babbane, non
eccessivamente alta, dinoccolata e dai corti capelli castani; ai tempi di
Hogwarts era la migliore amica di Tonks, con la quale
si era tenuta in contatto tutti gli anni successivi all’uscita dalla scuola. I
rapporti tra le due si erano incrinati quando Tonks
era entrata a far parte dell’Ordine della Fenice, in quanto non riusciva più ad
uscire come faceva prima con i suoi amici e a dedicare loro troppo tempo. Susan
era stata una delle poche persone invitate al matrimonio di Tonks;
guerra finita l’amica era venuta a conoscenza di tutte le vicende che avevano
occupato il tempo e i pensieri di Ninfadora negli ultimi anni: Tonks si era sfogata, aveva appena perso l’uomo che amava,
suo marito da nemmeno un anno.
Un mese e mezzo dopo la loro conversazione Tonks era
partita, premurandosi di lasciare a Susan un indirizzo dove cercarla e così il
rapporto tra le due giovani era continuato ed era tornato indietro, com’era ai
tempi di Hogwarts, specialmente nell’ultimo periodo, quando Tonks
si stava riprendendo.
“Rilassati,” le rispose Tonks
uscendo dal bagno della sua casa cercando di chiudere con la clip un orecchino.
“Abbiamo l’appuntamento tra mezz’ora e Smaterializzandoci ci mettiamo la
bellezza di cinque secondi!”
“Lo so, però muoviti!” Susan era veramente impaziente, lo era
sempre stata fin da ragazzina e alla faccia della puntualità si presentava agli
appuntamenti lustri prima. “Stasera conoscerai altre persone, credo. Almeno, Rob mi ha detto che vengono dei suoi colleghi tra i quali
ce ne sono un paio veramente carini!”
“Susan!” L’ammonì Tonks. Erano già
andate sull’argomento ragazzi, e lei aveva
già spiegato all’amica che voleva andare con calma e che quello era l’ultimo
dei suoi pensieri. Ma Susan aveva preso alla leggera le sue parole, non
riusciva a capire a pieno quello che lei provava. Dopo averla ripresa nessuno
tornò più sull’argomento.
Adesso che Tonks era ritornata a
vivere nel mondo magico, Susan non aveva più intenzione di abbandonarla.
Quasi tutte le sere la compagnia si trovava a fine lavoro a bere qualcosa in un
bar di DiagonAlley e Tonks si era finalmente riunita ai vecchi amici. Aveva
notato che, dai tempi della scuola, era cambiato: alcuni ragazzi non c’erano
più perché lavoravano all’estero, e al loro posto ne erano entrati di nuovi e
il gruppo si era allargato. Tra le persone nuove l’allargamento più interessante era Rob, nome
completo Robert Oswald Bernard Christopher, figlio della vecchia e ricca
nobiltà inglese Babbana, discendente della famiglia Bracknell che aveva possedimenti in tutta la
regione del Westessex. La delusione dei suoi genitori
era stata cocente quando il figlio aveva ricevuto la lettere per l’ingresso
alla prestigiosa scuola di stregoneria e magia di Hogwarts. “Almeno è
prestigiosa…” aveva affermato la madre, il cui sogno di vedere il proprio
figlio nelle fila del Parlamento inglese era improvvisamente sfumato.
Effettivamente, che non fosse proprio un bambino comune, avrebbero potuto
sospettarlo quando, all’età di tre anni, giocava con le costruzioni insieme a
quello che lui chiamava “Reginald”, il fantasma di
casa Bracknell: fantasma che prima di allora non
sapevano di avere ospite nella dimora, e pensare che era lì dal lontano 1431.
Soprannominato, per amor di
abbreviazione, Rob, lui era il ragazzo di Susan
classe 1968 e Serpeverde.
Una volta fatte le dovute
presentazioni e aver chiacchierato un po’ Tonks aveva
già a grandi linee inquadrato Rob, questo anche
grazie a Susan che le parlava di lui tutte le volte che poteva: si stava
rivelando un ragazzo tranquillo, molto posato e taciturno, infatti per la
maggior parte del tempo era stata Tonks a parlare. La
ragazza aveva anche notato che lui era l’esatto opposto rispetto alla sua amica
e questa era un’ottima cosa: Susan ogni tanto aveva bisogno di un freno.
Mentre la sue testa vagava
in felici considerazioni sulla sua amica e sul suo ragazzo Tonks
vide entrare nel locale prima Bill e Charlie, poi George in compagnia di
un’alta ragazza dalla pelle scura che doveva essere Angelina, ne aveva sentito
parlare parecchio nei giorni precedenti da Charlie.
I quattro si unirono alla compagnia e Charlie le si andò a sedere di fianco;
dopo aver parlato per un po’ anche con gli altri iniziarono una conversazione
tra di loro, come ai tempi di Hogwarts.
“Carina quella ragazza,”
disse Charlie indicando una persona appena passata vicino a loro.
“Tu non cambierai mai,
vero?” Chiese Tonks, ridendo.
“Perché dovrei, sono
perfetto così!”
“Sì… e modesto. Ma questo
lo sapevo già.” Rispose Tonks con tono rassegnato,
alzando gli occhi al cielo.
“Non ci provo con quella
solo perché sono fedele alla mia Charlotte.” Disse il ragazzo, fiero.
“Non ci provi con quella
perché il ragazzo che è con lei è il doppio di te in altezza e quasi in
larghezza.”
“Colpito e affondato. E tu,
ti senti pronta?” Le chiese cambiando improvvisamente tono di voce, diventando
serio.
Tonks prese il suo bicchiere vuoto dal tavolo e
iniziò a rigirarselo tra le mani fissandolo insistentemente.
Tra Charlie e Susan, lui era il solo tra i due a poterle fare una domanda del
genere.
“Non lo so…” Sospirò, “Non sono a caccia, se è questo che vuoi sapere.”
“Non era quello che volevo
sapere.”
“Non lo so, ci ho pensato
diverse volte ma…”
“Non sai come potresti
reagire,” concluse e lei annuì.
Né Tonks
né Charlie continuarono a parlare d quell’argomento e lentamente si inserirono
nuovamente nella conversazione generale del gruppo che verteva sugli ultimi
spettacoli usciti al teatro magico nell’ultimo mese. La serata passò in modo
tranquillo; Bill preoccupato per George lo aveva osservato più volte in quelle
ore e anche Charlie ogni tanto controllava la situazione. George e Angelina
erano già usciti un paio di volte insieme, ma il ragazzo non ne aveva ancora
parlato.
Bill sorrise vedendo che George era leggermente impacciato con la ragazza, ma
non avrebbe saputo dire se era nel carattere del ragazzo o se era perché la
ragazza in questione era Angelina, che era stata anche, anni addietro, insieme
a Fred.
“Allora, domani parti?”
Chiese Tonks a Charlie all’uscita del locale.
“Sì, ritornerò sotto
Natale.”
“Spero sia una promessa.”
Disse Tonks abbracciandolo, “Nel mentre scrivimi…
soprattutto se trovi qualcuno che ti mette il cappio al collo.” Rise
sciogliendosi dall’abbraccio.
“Me la stai tirando anche
tu?” Chiese Charlie, quasi schifato. Amava troppo la sua libertà di scapolo
giovane e anche la sua fama di gigolò.
Il gruppo si separò e
Susan, dopo aver salutato Rob si incamminò con Tonks; davanti a loro di duecento metri c’erano George e
Angelina che camminavano fianco a fianco.
“Che ti succede?” Chiese
Angelina a George dopo un po’ che i due si furono avviati verso casa a piedi.
“Nulla,” rispose George,
tentando di apparire il più normale possibile
“Oh, andiamo! Ci conosciamo
da tanto tempo, ormai lo so quando c’è qualcosa che non va!” Sbuffò arrabbiata.
“Mi hai chiesto di uscire e siamo usciti, questa è la quarta volta che ci
vediamo e o ti comporti come se io non esistessi, o sembri quasi imbarazzato
dalla mia presenza.
Ecco, ora George era
veramente nei guai: come poteva spiegare quello che sentiva?
“Senti,” iniziò il ragazzo,
ritrovando un po’ del suo vecchio carattere, “Tu mi piacim
altrimenti non ti avrei chiesto di uscire, solo…”
“Da come ti comporti non
sembra,” sbottò Angelina, interrompendolo, “Solo che cosa?” Aggiunse poi.
“Tu mi vedi come Fred o
come George?”
Angelina sgranò gli occhi.
Ora le era tutto perfettamente chiaro, ma come aveva fatto a non pensarci
prima?
“Quando mi hai chiesto di
uscire, durante gli appuntamenti e adesso, tu per me sei George. Solo George.
E, come tuo ex capitano, pretendo che ritorni te stesso, il solito
giocherellone, deciso e impulsivo George.” Lo redarguì con cipiglio severo e
deciso.
George parve spiazzato, era
vero, tra i due quello più impulsivo era lui. Allora lei non stava pensando a
Fred. Decise quindi di fare quello che non aveva fatto nelle sere precedenti,
si fermò all’improvviso davanti alla ragazza e la baciò.
“Sono tre sere che lo
aspetto, lo sai?” Sussurrò al suo orecchio Angelina dopo aver risposto al
bacio.
Tonks e Susan avevano assistito a tutta la
scena da lontano, senza però sapere cosa fosse successo realmente, quindi, visto
l’evolversi delle cose decisero di cambiare strada e presero una via alla loro
destra, tanto di lì a poco si sarebbero smaterializzate.
“È stata una bella serata,”
disse Tonks.
“Ah-ha,”
rispose Susan, “E di Rob, che mi dici?”
“Mi piace, da quel poco che
ho visto sembra un tipo a posto.” Sorrise alla sua amica.
“Davvero? Quindi è
approvato?”
“Hai ancora bisogno della
mia approvazione?” Chiese Tonks, ridendo.
“Beh, in caso di giudizio
negativo lo terrei comunque, ma ci tengo ad avere un tuo parere, lo sai!”
“In tal caso, approvato.”
Non fece in tempo a finire la frase che si ritrovò Susan che l’abbracciava,
avvinghiata al collo. Entrambe scoppiarono poi a ridere.
Camminarono ancora per
svariati minuti durante i quelli Susan le raccontò nuovi sviluppi su alcune
persone che erano presenti quella sera: del sano gossip, insomma. Poi si
salutarono e si Smaterializzarono ognuna a casa propria.
Grazie a Isabel Lupin e a Thiliol per aver lasciato un commento.
Tonks aveva finalmente trovato la sua
routine: il suo nuovo lavoro alla cartoleria di DiagonAlley non era male e se aggiunto alle uscite con gli
amici e al caos quotidiano che regnava nel suo appartamento formava un insieme
di circostanze che riuscivano a tenerle la mente occupata per buona parte della
giornata.
Mente occupata significava mano pensieri negativi o tristi e la conseguenza non
poteva che essere un ritrovato buon umore. Già quando era ritornata nel mondo
magico stava meglio, ora era ulteriormente migliorata.
Ma, se per lei le cose stavano andando bene, per un’altra
persona non era così. Bill, una volta superato il momento di crisi più critico
e lasciato un po’ in pace da sua madre, presa al momento da Percy
e Audrey, credeva di poter raggiungere
finalmente la pace interiore e ce l’avrebbe fatta se una sera Tonks non fosse andata a cena da loro.
Si prospettava una serata come tante altre, Molly non vedeva la ragazza da un
po’ di tempo e quindi aveva pensato di invitarla.
Quello che Molly non mise in conto è che la sera della cena, alla Tana
probabilmente c’era un illuminazione insolita, forse più soffusa o forse molto
più luminosa e che anche l’acustica era molto differente, tale da far arrivare
la voce delle persone quasi come se fosse una dolce melodia. Probabilmente non
tutti si accorsero di questi cambiamenti nella casa, ma una persona lo fece di
sicuro. E, in particolare, una voce gli sembrava più piacevole del solito:
contando che nella stanza, a parte sua madre e le due presenze femminili
costanti in casa Weasley, Ginny
ed Hermione, l’unica donna rimasta era Tonks, quella voce così soave proveniva da lei.
Complice la sua posizione, Bill era seduto con le spalle rivolte al camino, ad
un certo punto della serata aveva iniziato a sentire caldo, tanto che si
dovette alzare dalla sua sedia e con una scusa qualunque andare al piano di
sopra. Una volta arrivato in camera aveva deciso di indossare qualcosa di più
leggero e prima di ritornare di sotto fece una capatina in bagno a
risciacquarsi il viso.
Quando entrò in cucina quell’aura misteriosa era svanita, tutte le voci erano
tornate assolutamente normali, l’illuminazione era quella di sempre e non
provava più così caldo.
Qualunque cosa gli avesse provocato quelle reazioni era passata. O almeno così
credeva…
Quando arrivò il momento dei saluti e Tonks lo
abbracciò, come faceva sempre, il suo cuore mancò un colpo… brutto segno, pensò
il ragazzo.
Quegli strani sintomi continuarono per parecchi giorni, per l’esattezza tutte
le volte che Tonks era nei paraggi.
Una sera, al Pub, Rob gli confermò sottilmente i suoi
sospetti.
Bill fu scosso da Rob che gli aveva afferrato una
spalla riportandolo così nel mondo reale, posandogli davanti un bicchiere
contenente un cocktail dal colore blu intenso.
“Allora, che succede?”Chiese Rob, guardandolo dritto negli occhi. E
se Rob aveva un pregio, quello era proprio la
franchezza: non parlava spesso, ma quando lo faceva, soprattutto in materia di
sentimenti umani, aveva sempre dannatamente ragione.
“Nulla, sono solo un po’ stanco… Anzi, credo che finirò il
mio bicchiere e poi andrò.” Rispose Bill con nonchalance.
“Mi vuoi dire che succede? O devo indovinare…”
“Ma niente, davvero.”
“Ho capito, devo indovinare, non che sia poi così difficile.”
Affermò Rob sospirando. “Sono due ore che hai gli
occhi fissi su una certa persona, non devo abbassarmi tanto da dirti chi,
vero?” Chiese, e quando vide che Bill non dava alcun segnale, proseguì. “Tu sei
attratto da quella persona! Giusto?”
“Sì, no… non è esatto.”
“Oh, sì che è esatto. Solo che al momento non sai come
comportarti con Tonks vista la sua situazione.”
“Dannazione!” Esclamò Bill e Rob
rise, sapeva di aver colto nel segno e quella ne era la conferma.
Oh sì, lui era innegabilmente attratto da Tonks.
La conosceva da anni e l’aveva sempre reputata una brava persona, un po’ pazza
questo sì, un buona amica e un ottimo membro per l’Ordine della Fenice, ormai
ex Ordine, ma niente di più. Bill sapeva che Tonks
era sempre stata una ragazza decisa, spiritosa, aperta e nonostante
all’apparenza sembrasse una persona svagata, in realtà aveva ben chiare le sue
priorità e quello che voleva. Ma questo prima della fine della guerra contro Voldemort.
Ora delle domande gli sorgevano spontanee: perché lei? E perché adesso, dopo tanti
anni che si conoscevano?
“Sì, ma perché?” Rob aveva sempre
la risposta a tutto, quindi lui, dopo aver gettato il sasso era obbligato a
dargli una risposta. Glielo doveva!
“Non ti sembra una domanda un po’ troppo profonda per un
povero, piccolo essere umano, anche se dotato di poteri magici?” Rispose Rob, saggiamente. In effetti, forse Bill aveva preteso un po’
troppo.
“Grazie, lasciami qui a disperare da solo… già che c'eri potevi darmi dell'alcol, così mi
ubriacavo e chiudevo la serata in bellezza.”
“Hai il tuo cocktail alcolico in mano, e te l’ho portato io…”
Rob sospirò nuovamente, capiva quali erano gli
ostacoli, ma non li reputava poi così insormontabili, ma lui certe cose le
faceva sempre troppo semplici; lasciò che il suo amico dalla chioma fulva
bevesse il duo drink e pensasse a qualcosa, a qualunque cosa, senza però sapere
che era già arrivato al terzo bicchiere. Se lo avesse saputo prima non gli
avrebbe mai portato da bere… Bill l’alcol lo reggeva poco e succedeva che, se
appena brillo, iniziava a parlare a vanvera e ad una velocità impressionante,
facendo ragionamenti a caso, senza un filo logico.
“Ma tu, lo sai quello che ho dovuto sopportare con mia madre?
No dico, ne hai una minima idea? Insomma, Tonks mi
piace, ma non vale la pena di sopportare mia madre! Insomma, l’hai mai vista
incazzata? Cioè, quel pigiama è orribile.”
“Bill, che stai dicendo?” Chiese Rob,
allarmato.
“Sto dicendo che sono un uomo finito.”
Oh, adesso sì che lo riconosceva… forse non era così perso
come sembrava. “E il problema, quale sarebbe?”
Non ottenne nessuna risposta immediata da Bill che si era
appoggiato contro lo schienale del divanetto. “Succede che mi gira
terribilmente la testa…” Chiuse gli occhi e si portò una mano sugli occhi. Rob considerò più saggio lasciarlo dormire tranquillamente
fino a fine serata e parlarci più tardi, nel mentre avrebbe portato via qualche
minuto o più Susan alle sua amiche.
A fine serata, dopo aver salutato la sua fidanzata, Rob decise di fare quattro passi con il bell’addormentato,
nonostante la temperatura non fosse proprio delle più calde.
“Allora, ti sei ripreso?”
“Poco.”
“Cosa stavi farneticando su tua madre, Tonks
e un pigiama, prima?”
“Un pigiama? Oh, non ricordo nessun pigiama, ma so
perfettamente che me, più Tonks, più Molly non è una
tripletta favorevole.”
Rob lo guardò stranito. “E con
questo?”
“Non potrei mai stare con lei, capisci?”
“Ma tu sei ancora lontanissimo dal fare una cosa del genere.”
Lo riportò con i piedi per terra, pensando che non dovesse aver smaltito del
tutto l’alcol. Bill lo guardò come se gli avesse fato la rivelazione del
secolo.
“Hai ragione,” mormorò. “Ed è per questo che è meglio non
pensarci più.” Camminarono ancora per diversi minuti prima di salutarsi.
La situazione, nonostante lui cercasse di essere indifferente,
non migliorò. In un’altra situazione sì sarebbe comportato in modo più
baldanzoso ma ora… a parte che erano anni che non abbordava più una ragazza,
l’ultima era stata Fleur, ma questo era il minore dei
problemi.
Aveva appena finito di litigare con sua madre per Fleur,
che gli piacesse Tonks sembrava proprio un atto di
sfida…
Ormai, dopo nemmeno un mese dalla chiacchierata con Rob
era giunto a un punto di non ritorno, ma vedeva Tonks
così serena, che non vedeva per quale motivo avrebbe dovuto riportare caos
nella sua vita. Si accontentò quindi di stargli vicino come amico, cercando di
approfondire il suo rapporto, arrivando quasi all’intimità che la ragazza aveva
con suo fratello Charlie.
Per il momento non voleva nulla più di questo.
Grazie a: SakiJune: sì, direi
che con questo capitolo inizio ad entrare a pieno nello svolgimento della
storia. Lentezza sì, ma non troppa. Vedremo lungo il cammino. Grazie per aver
lasciato un commento! Ciao!
Eccolo nuovamente a casa, dopo circa cinque mesi d’assenza.
Non era mai rientrato così spesso alla Tana come negli ultimi anni, ma vista la
situazione era meglio non far alterare ulteriormente sua madre.
Charlie posò la borsa nell’ingresso e si tolse il mantello: era infreddolito e
quindi si andò a posizionare immediatamente vicino al caminetto dopoaver chiamato, invano, un qualunque abitante
della casa che sembrava deserta. Dopo appena cinque minuti sentì un rumore
provenire dal piano di sopra, nemmeno il tempo di chiedersi chi fosse che Molly
entrò in cucina correndo ad abbracciarlo.
“È andato
bene il viaggio?”
Charlie
annuì.
“Ma come,
sei da solo?” Chiese Molly indispettita, senza dare tempo al figlio di
aggiungere altro.
“Sì,
perché?” Rispose il ragazzo sorpreso.
“Ah, non ti
ci mettere anche tu, eh? Sono anni che aspetto che tu ti presenti con una
ragazza, e ancora niente! Non vorrai fare lo scapolo a vita, vero?” Charlie fu
preso alla sprovvista e quel cucchiaio di legno che sua madre aveva preso in mano
permescolare il contenuto di una
pentola non gli era mai parso più pericoloso. “A ben pensarci, non ti ho mai
visto con una ragazza… mi preoccupi, lo sai?”
Era vero, Molly non lo aveva mai visto con una ragazza ma per il semplice
motivo che di storie stabili e durature ne aveva avute poche, lui non era mai
stato un fan del rapporto di coppia. Fortunatamente per Charlie ad interrompere
quella conversazione ci pensò Ginny che ebbe il
tempismo di entrare in casa proprio in quel momento; il ragazzo ne approfittò
per andare verso la camera che condivideva con Bill a posare la sua roba e,
perché no, coricarsi anche un po’ sul letto.
I giorni che seguirono il suo rientro a casa furono frenetici: c’era poco
tempo, a detta di sua madre, perorganizzare la cena della Vigilia, quella del giorno di
Natale e dell’ultimo dell’anno.
Molly passava quasi tutte le giornate ai fornelli e ogni membro della famiglia
libero doveva pulire e rassettare la casa: oltre ai soliti parenti, durante
questi giorni di festa, i signori Weasley avrebbero
conosciuto i genitori di Audrey e lei voleva assolutamente fare bella figura.
In tutto
quel trambusto a Charlie non sfuggì che il rapporto tra sua madre e i membri
della sua famiglia era migliorato, l’aria era molto più distesa dell’ultima
volta che era stato lì e soprattutto Bill sembrava molto più cordiale e servizievole
che nei mesi precedenti. Nei suoi modi, però, Charlie non notò nulla di
spontaneo. Non ebbe molte occasioni per parlare con il fratello, tra il suo
lavoro, i preparativi e qualche uscita con gli amici, tornava sempre a casa
stanco e appena si coricava a letto si addormentava.
Proprio a
causa di questo comportamento Charlie si annoiava, e se c’era qualcosa che
proprio non sopportava era non saper cosa fare o ritrovarsi alle undici di sera
con lo sguardo rivolto verso il soffitto e senza avere sonno. Da quando era
arrivato non avevano ancora parlato, gli mancavano le sedute notturne con Burrobirra e cioccolata fondente passate a parlare, che
l’argomento fosse serio o ludico non faceva differenza. Era riuscito a
scambiare due parole con George, un giorno che era venuto a cena, ma non era
riuscito a sapere nulla di rilevante, anzi, per il fratello era tutto
assolutamente normale.
La mattina
di Natale, quando Charlie scese con il suo nuovo maglione rosso con ricamata
una C in marrone trovò Bill intento a sorseggiare una tazza di tè, con un
espressione strana dipinta in volto. Ecco, quella era l’occasione giusta, il
momento che aspettava: lo osservò ancora per qualche secondo, l’espressione
dipinta sul volto del fratello l’aveva già vista… già, ma quando? Non riusciva
a ricordarselo. Infine entrò in cucina, pronto a sferrare il suo attacco ma gli
era sfuggito un piccolo particolare: Molly stava cucinando e lui non l’aveva
sentita armeggiare ai fornelli. Occasione sfumata.
Charlie
lasciò passare il giorno di Natale che fu devastante psicologicamente anche per
lui ma entro la fine diSanto Stefano
avrebbe portato a termine la sua missione.
Quello era un giorno di vacanza, nessuna visita, nessun pranzo o cena da
preparare e i Weasley ne approfittarono per
recuperare le forze. Mentre tutti facevano la pennichella pomeridiana Charlie
entrò nella sua camera; Bill stava sfogliando un giornale distrattamente, senza
guardarlo realmente.
Charlie si sedette sul suo letto dopo aver posato due tavolette di cioccolato e
una Burrobirra per Bill sul comodino. Bill lo aveva
guardato stupito, posando poi il giornale per terra: sul volto di Charlie era
comparso un ghigno che non prometteva niente di buono.
“Hai la
faccia da Fleur,” disse Charlie dopo aver bevuto un
sorso della sua Burrobirra e dall’espressione che
assunse il fratello intuì che il suo messaggio non era stato capito.
“Ho detto
che hai la faccia da Fleur!” Ripeté. “Hai la stessa espressione
di quando eri cotto di Fleur.
“Non vedo Fleur da quando ho firmato per il divorzio.” Rispose calmo
Bill.
“Lo so…
infatti vorrei tanto sapere chi è che ha preso il suo posto e quando ti
azzarderai a portarla a casa.” Charlie bevve un altro sorso di Burrobirra poi puntò su una delle due tavolette di
cioccolato fondente.
“Nessuna ha
preso il posto di Fleur.” Bill si sedette sul letto,
prese la sua bottiglia e iniziò a sorseggiare la bevanda.
Charlie
stava perdendo la pazienza: certo, quelli non erano affari suoi ma il fatto di
essere escluso dalla vita di Bill lo rendeva in un certo senso… geloso. Si
erano sempre detti tutto e dove non arrivavano le parole compensavano i gesti:
insomma, si erano sempre capiti al volo e ora questo cambiamento lo indisponeva,
e tanto anche!
“Beh, se non
vuoi parlarne…” disse infine.
“Non è che
non voglio parlarne, è che nessuno ha peso il posto di Fleur…
sono ancora felicemente single.” Ribatté Bill, un po’ stizzito, chiedendosi
come mai suo fratello lo conoscesse così dannatamente bene da accorgersi di
ogni suo minimo cambiamento. Anche se, valeva la stessa cosa per lui nel
confronti del fratello.
Charlie lo
scrutò per qualche istante: sì, Bill diceva il vero. “E allora, a chi stai
pensando?” Chiese e vide il fratello ricoricarsi sul letto e allungare poi alla
cieca una mano verso il comodino e prendere la tavoletta di cioccolata
rimanente.
“Non so…”
Ecco, quella
risposta stava a significare: “Penso a
qualcuno ma non sono ancora pronto per dirti chi è.”
“Qualcuno ci
sarebbe, ma è una situazione troppo complicata.”
“Cos’è, ti
ha dato il due di picche?” Buttò lì Charlie per stemperare un po’ la tensione
che si era creata.
“Non ci ho
nemmeno provato. E non è il momento giusto.”
“Però questa
persona ti piace… cos’è che ti frena?”
Bella
domanda, ottima domanda. Per Merlino, Charlie sapeva esattamente dove andare a
parare. Bill annuì. “La sua situazione. Non ha passato un bel periodo
ultimamente.”
Con questa
frase sapeva di avergli messo in mano la soluzione, la risposta a tutte le sue
domande, ma Charlie stranamente non ci arrivò
“Forse
potresti esserle di aiuto…” Buttò lì, non sapendo come stava realmente la
situazione.
“Al momento
no.”
Quella
conversazione era andata anche troppo per le lunghe e Charlie decise di
troncarla: aveva comunque raggiunto il suo scopo e se suo fratello era restio a
parlarne probabilmente aveva i suoi buoni motivi che un giorno, al momento
giusto, gli avrebbe rivelato. Ne era sicuro, era già successo in passato. “Oh…”
“E le tue
mille donne, come stanno?”
“Male…”
Rispose Charlie, “Non mi vedono da quasi una settimana, saranno disperate.
“Non dirmi
che tieni di nuovo il piede in due staffe…” rise Bill.
“No, solo in
una, ma ne ho parecchie dietro…” Si pavoneggiò come un adolescente Charlie.
“Merlino, pensa
se mamma ne venisse a conoscenza.” Bill si rimise seduto, ora quello in
difficoltà era suo fratello.
“L’altro
giorno ha detto che la preoccupo perché non mi ha mai visto in compagnia di una
ragazza.” Rispose serio.
Entrambi scoppiarono a ridere di gusto. Merlino, Charlie senza una ragazza… lui
che ai tempi di Hogwarts era molto gettonato e che anche dopo la scuola si era
dato da fare bene… a ben pensarci era stato il più furbo di tutta la famiglia.
Charlie non aveva mai provato quella sgradevole sensazione che prende la bocca
dello stomaco quando si va davanti ai propri genitori e si dice: “Voglio farvi
conoscere una persona, va bene se la invito a cena sabato prossimo?”
Grazie Saki! Sì, la situazione è ancora precaria per entrambi ma
ormai sono passati più di due anni e tra poco credo saranno pronti. Ovviamente
andandoci molto piano…
Da
quando era tornata, Tonks si era recata spesso al
cimitero, sempre da sola.
Questa
volta però era diverso, Bill si era offerto di andare con lei e nel mentre
avrebbe portato dei fiori anche a Fred. Lui non sopportava i cimiteri, le poche
volte che vi si era recato, negli ultimi due anni, era stato su sollecitazione
di sua madre e, comunque, ci era andato sempre in compagnia di qualcuno. Non
sapeva spiegarselo, essere lì, osservare la lapide… tutte le volte era come se
suo fratello morisse di nuovo, la sensazione era la stessa: con una persona al
suo fianco era diverso, come se quella seconda presenza al suo fianco gli desse
la forza per affrontare l’aria intrisa di dolore e desolazione del posto.
Nell’ultimo periodo lui e Tonks si erano avvicinati
l’uno all’altro, in particolar modo Bill che si accorgeva che i suoi sentimenti
nei confronti della ragazza stavano cambiando, non si trattava più di semplice
affetto o amicizia. Per il momento, però, si accontentava di starle vicino
senza rivelarle nulla, non sapendo che quello che provava, invece, era chiaro a
molte persone: lo si poteva intuire dal suo comportamento, dalle sue parole e
dalle sue azioni.
L’unica a non essersene accorta era la diretta interessata.
Era
una giornata di inizio Gennaio, particolarmente fredda,aveva nevicato per tutta
la notte e ora le aiuole e i tetti erano nascosti da un manto bianco; nelle
strade, invece, erano già intervenuti gli operatori magici rendendole
percorribili.
Bill
stava aspettando Tonks all’ingresso del cimitero,
adeguatamente riparato dal freddo da un caldo mantello invernale e da un paio di
guanti in lana; la ragazza non tardò a Materializzarsi nel luogo del loro
incontro.
Insieme
andarono a comperare dei fiori e poi entrarono.
Camminarono
lungo un viale di cipressi dal quale si snodavano una serie di stradine; la
tomba più vicina era quella di Fred, sepolto vicino ai fratelli di Molly morti
nella prima guerra contro Voldemort. La foto sulla
lapide era stata scattata al matrimonio di Bill e Fleur,
lo avevano preso alla sprovvista perché non amava farsi fotografare: in quel
momento nessuno avrebbe mai pensato che quell’immagine sarebbe stata il suo
ricordo più recente.
Gli
occhi di Bill divennero lucidi non appena si fu chinato a posare i fiori:
nonostante fossero passati due anni e mezzo, ogni qualvolta ritornava in quel
luogo non riusciva a non provare una morsa allo stomaco e quella sgradevole
sensazione poi si propagava lungo tutto il suo corpo e l’unica soluzione era
lasciarla uscire sottoforma di lacrime.
Tonks gli posò una mano sulla spalla, stringendola;
appena si riprese, Bill si alzò e dopo aver salutato un’ultima volta Fred che
sorrise ad entrambi, i due proseguirono lungo il sentierino,
in silenzio.
Arrivati
alla tomba di Remus, mentre Tonks
posava i suoi fiori, Bill notò qualcosa che il giorno del funerale non c’era.
Una striscia in marmo bianco circondava la lapide e la foto di Remus era stata spostata più in alto, nel punto in cui le
due pietre si univano.
Il
ragazzo vide Tonks inginocchiarsi e posare i fiori,
poi con un gesto delicato lei aveva accarezzato la foto di Remus,
che le sorrideva felice; infine aveva fatto scorrere la mano lungo la parte
bianca della lapide per poi alzarsi.
“Come
mai hai fatto aggiungere…” non finì la frase perché Tonks
si era girata verso di lui e nonostante gli occhi lucidi stava sorridendo.
Tonks si girò nuovamente verso la tomba. “Vedi questo è…”
stava per scoppiare in lacrime ma riuscì a resistere inspirando profondamente,
“Lui è…” Questa volta, però, non riuscì a trattenersi, nascose il viso tra le
mani. Istintivamente Bill l’abbracciò e non appena si fu calmata la lasciò
andare.
Ripresero a camminare, questa volta verso l’uscita.
“Scusa,
non dovevo interferire.” Le disse Bill seriamente dispiaciuto.
“Tu
non hai fatto nulla. Prima o poi dovrò riuscire a parlane, il fatto è che… non
sono ancora pronta.”
Una
volta usciti si sedettero su una panchina e il ragazzo le passò una mano
intorno alla spalle facendola appoggiare contro di lui.
Quel
gesto stupì Tonks che ancora una volta, però, lo
scambiò per un atto di profonda amicizia.
“Grazie,” sussurrò Bill dopo qualche istante di silenzio.
“Per
cosa?” Gli chiese Tonks sciogliendosi dall’abbraccio
e prendendo un fazzoletto dalla tasca interna del mantello.
“Io…
faccio fatica ad entrare nei cimiteri, da solo non ci riesco.” Ammise, infine.
“Non venivo qui da almeno un anno e non sono mai rimasto per più di pochi
minuti, giusto il tempo di arrivare dalla lapide di Fred, posare due fiori e
tornare indietro. Mi sono sempre vergognato per questo.”
“È
un modo di reagire… molte persone non riescono nemmeno a fare quello che hai
fatto tu.” Tonks si asciugò una lacrima e nel mentre
l’orologio di un campanile nelle vicinanze batté le tre.
“Dobbiamo
tornare verso DiagonAlley,”
disse Bill, guardandola negli occhi e sorridendole, un timido raggio di sole
gli illuminava il volto rendendo più evidenti le cicatrici che sfiguravano il
suo volto.
Dopo essersi alzati dalla panchina si Smaterializzarono.
“Ci vediamo stasera.” Gli disse Tonks una volta che
furono comparsi in DiagonAlley.
“Stasera? Ah, giusto, la cena…” Bill assunse uno sguardo preoccupato. “So che
ti sembrerà strano, ma potresti evitare di dire quello che abbiamo fatto oggi?”
Anche
se perplessa Tonks annuì. Poi ognuno andò per la sua
strada.
Quella sera si sarebbero rivisti: sapendo della lunga amicizia tra lei e
Charlie, Molly aveva deciso di invitarla a cena, in quel modo avrebbe anche
verificato se il messaggio non proprio velato dell’estate precedente era stato
recepito dal suo secondogenito. In realtà Molly, pensando che a Charlie
interessasse Tonks, aveva preso un colossale granchio
ma questo non poteva saperlo: se solo si fosse dimenticata per un istante delle
sue teorie e avesse osservato attentamente i due ragazzi, lo avrebbe capito.
Quella
sera Tonks si presentò alla Tana in perfetto orario.
Come sempre i piatti cucinati dalla signora Weasley
erano prelibati e la compagnia era eccellente; per la prima volta vide la tanto
decantata Audrey, sia Bill che George gliene avevano parlato, per non parlare
di Molly che la nominava in tutte le lettere che le scriveva.
La serata fu molto piacevole, l’unica cosa che lasciò un po’ perplessa Tonks fu la freddezza di Bill, era abituata a conversare
con lui, le piaceva la sua compagnia, ma quella sera le aveva rivolto la parola
sì e no tre volte e nemmeno in tono così tanto amichevole. Tutto ciò, contando
in particolar modo l’ora trascorsa insieme nel pomeriggio, era strano e anche
lievemente irritante. Prima di giungere a conclusioni affrettate, però, decise
di chiedergli cosa non andasse. Bill le rispose sottovoce che aveva mal di
testa. Tonks non credette molto a quella risposta, ma
poi decise di non pensarci e di godersi il resto della serata. Dopo, però, capì
lo strano comportamento del ragazzo. Nell’unico momento in cui Molly aveva
lasciato la cucina, Charlie le aveva detto che non poteva scherzare troppo con
lei perché già sua madre aveva supposto una love story tra loro due durante la
cena dell’estate precedente.
Senza
sapere realmente quali fossero i sentimenti di Bill, Charlie aveva aggiunto:
“Suppongo
che anche mio fratello stasera ti stia trattando in modo un po’ freddo, ma se
mia madre dovesse anche solo supporre un attaccamento tra voi due, non lo
lascerebbe più stare.”
“In che senso?” Quella frase l’aveva leggermente alterata.
“Nel senso che ha minacciato di fare la radiografia alle future ragazze che
porteremo a casa. E siccome la pace familiare sembra durare, almeno per ora,
credo non voglia dare a Molly nessuna scusa, nessun appiglio per farla
rincominciare a sragionare. E nemmeno io, quindi scusa se sarò un po’ freddo…
però ti voglio bene.” Charlie fece appena in tempo a sorriderle che Molly fece
ritorno nella stanza e, dopo aver controllato la situazione, si risedette a tavola
al fianco della sua futura nuora.
“Comunque ti manderò una lettera non appena ritornato in Romania,” le sussurrò
il ragazzo di sfuggita. Si sentiva un po’ vigliacco, non aveva voluto
raccontare il reale motivo… non credeva che Tonks
avrebbe preso molto bene la notizia che lei, secondo Molly, non avrebbe mai più
potuto essere felice di nuovo.
A fine serata Tonks salutò Charlie che il giorno dopo
sarebbe ripartito e, stando attenta a non farsi sentire, gli ricordò la
promessa della lettera. Poi salutò anche Bill con un abbraccio ringraziandolo,
sempre sottovoce, per il pomeriggio trascorso insieme.
Infine andò da Molly la quale non si era accorta di nulla, troppo presa da Ginny ed Hermione.
Quando finalmente riuscì ad arrivare a casa e ad infilarsi sotto al piumone
ripensò alla strana giornata appena passata e al bizzarro comportamento dei
suoi amici. Nonostante le perplessità si addormentò con il sorriso sulle
labbra.