Come non ti avevo mai vista

di NIKXart
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Akane ***
Capitolo 2: *** Come non ti avevo mai vista ***



Capitolo 1
*** Akane ***


Mancavano poche ore al mio matrimonio con Akane e questo mi rendeva estremamente nervoso, pronto a scattare come una corda di violino ben tesa.
Certo avevo i miei dubbi riguardo alla cerimonia; in primo luogo non sapevo come vestirmi e tanto meno come atteggiarmi, ma la cosa che mi preoccupava di più era la presenza di quell’idiota di Ryoga a farmi da testimone.
Cosa avrei fatto se fosse andato tutto a rotoli come l’ultima volta, come mi sarei dovuto comportare; non volevo che Akane soffrisse ancora a causa mia…

— è tutto inutile, non cambierà nulla continuare a preoccuparsi — mi dissi, questi pensieri certo diedero un senso a tutto, o forse mi permisero semplicemente di distogliere l’attenzione; ma lasciarono in me anche un lieve cenno di malinconia, che non sembrava aver intenzione di andarsene.

Erano ormai le 20:30 quando la cena venne servita, e del sole, in gran parte già tramontato, rimaneva solo un flebile bagliore arancione lungo l’orizzonte, interrotto solo dai tetti degli edifici di Tokyo. Dopo alcuni minuti, dovetti per forza sedermi a tavola; avrei preferito morire piuttosto che mangiare sotto gli occhi incuriositi di tutti, soprattutto del mio nuovo suocero, Soun che da tempo aveva progettato il mio matrimonio con la figlia.
Il tutto, fortunatamente, finì abbastanza velocemente, anche perché a Kasumi, non essendosi mai sposata, iniziava palesemente a piacere tutta quell’organizzazione, il ché non era mai un buon segno; una cosa però mi rese positivo, soverchiando tutti i miei pensieri: Akane. Non potei fare a meno di notare quanto in questi anni fosse diventata carina e, nonostante l’evidente mancanza sex appeal, dolce.
Terminata quella vera e propria tortura psicologica tornammo entrambi nelle rispettive camere chiudendoci in uno straziante silenzio, tanto che per un attimo avrei giurato di averla sentita piangere; si beh… forse ero io a non andarle bene, forse Ryoga o Mousse sarebbe stati dei partiti migliore, ero sul punto di crollare anch’io, ma mi trattenni, sapevo che se non lo avessi fatto me ne sarei pentito per il resto della vita.
Amavo quella ragazza dai capelli azzurrini che, in qualche modo, faceva da sempre parte del mio destino, l’amavo più di qualunque altra cosa ed il mio solo rammarico era di non averglielo mai detto espressamente.
Iniziai a tremare dalla rabbia ripensando a tutte le occasioni perdute, i rimorsi, timori; mentre i sensi di colpa iniziavano piano a piano a riaffiorare da quel pozzo senza fine, o che almeno speravo fosse tale, in cui li avevo racchiusi.
Durò un istante, una frazione di secondo, ma soprattutto non sentii nulla; ricordo solo uno scricchiolio provenire dal pavimento quando ruppi l’ennesima asse di quella casa con uno dei miei soliti pugni rivolti al pavimento.

— Azz…forse non avrei dovuto farlo — pensai di riflesso quando percepii dei passi lungo il corridoio, passi lenti, leggeri ma in qualche modo insicuri, poi più nulla, non un fiato, non un bagliore, assolutamente ed irrevocabilmente nulla.

Decisi che forse la cosa più saggia da fare era quella di andare a dormire, in modo da dimenticare almeno un poco quella astrusa situazione, che da più di sette anni ormai continuavo lentamente ad alimentare.

— Perché…Perché non sono riuscito a dirglielo; forse sono stato troppo debole, forse non vado bene come… — ed ecco le prime lacrime solcarmi dopo anni il viso inumidendo il futon, mi sentivo solo, triste e volevo solo sfogarmi con qualcuno, ma il mio orgoglio me lo impediva.

Vidi allora sbucare dalla porta un piccolo e grazioso maialino nero, un porcellino d’india o qualcosa di simile, non mi ero mai preoccupato in quale animale si trasformasse Ryoga una volta bagnato, ma fu una gioia, certo non lo avrei ammesso nemmeno sotto tortura, ma mi sentivo felice che il mio più caro amico e rivale fosse lì a darmi sostegno.
P-Chan, o come diavolo si faceva chiamare da quella sconclusionata della mia fidanzata, stranamente silenzioso, si avvicinò a me e si sdraiò sul futon guardandomi con aria di assenso… doveva aver sentito tutto e da quello tratto le sue conclusioni.

— Vuoi che ti dia dell’acqua calda? Così riusciamo a parlare senza grandi intoppi?!? — mi sforzai di chiedergli con una cortesia quasi forzata che non era da me, ma questi subito mi rispose con un rapido movimento laterale del muso; strano ma vero Ryoga, il grande Ryoga, il mio rivale sin dai tempi dell’asilo, voleva starmi accanto, consolarmi ed io, incredulo, non potei fare altro che accettare la sua muta e languida presenza.

Dopo pochi attimi ripresi a parlare con voce spezzata dal pianto, cercando di sciogliere il nodo alla gola che, nel frattempo, mi si era formato:

— Akane… non sono mai riuscito a dirtelo, e forse nemmeno ad ammetterlo a me stesso… ma so anche che dare sempre la colpa al mio orgoglio era stata, finora, l’unica opzione che non mi facesse sentire un completo schifo… Akane… IO TI AMO! — Forse non avrei dovuto urlarlo, ma ciò che avvenne pochi attimi dopo fu la cosa più irrazionale ed eccitante che mi fosse mai capitata.

La porta iniziò scorrere lentamente sino ad aprirsi del tutto lasciando comparire una figura femminile, poco più bassa di me in semplice canottiera e slip.

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Capitolo 2
*** Come non ti avevo mai vista ***


Entrò; appena si accorse che l’avevo riconosciuta, sapeva che il mio imbarazzo superava qualunque immaginazione, ma non diede peso alla cosa. Mentre tentavo di indietreggiare, scattò, come la molla che era. Si mosse così velocemente che quasi non me ne accorsi, un istante prima ero lì, fermo, ad osservarla, uno dopo mi ritrovavo a terra con la guancia pulsante; lo schiaffo che ricevetti non fu poi tanto doloroso, solo mi lasciò basito.

— PERCHE’… PERCHE’ NON ME LO HAI MAI DETTO PRIMA?!? — fu tremendo, nemmeno per un secondo mi sarei sognato che, di punto in bianco, si mettesse a strillare in piena notte, ma soprattutto fu una vera e propria pugnalata al petto date le circostanze.

Non ebbi, in realtà, il tempo di dire qualcosa poiché l’esile figura di prima, era ora sopra di me a cavalcioni, a ‘mo di rissa, imponente come non mai, mentre l’unica cosa che riuscii a domandarmi fu se effettivamente stavo sudando freddo o se quella che mi bagnava la fronte fosse semplicemente acqua.
La risposta mi arrivò subito alzando lo sguardo… stava piangendo e sembrava soffrire le pene dell’inferno, mentre un flebile sorriso di malinconia, sfumava dal suo volto.

— Io ti ho sempre amato e da tempo avrei voluto condividere con te tutto quanto mi era possibile, ma per colpa tua… per colpa tua quei momenti non torneranno mai più, lo capisci questo vero?!? — seguì una pausa di pochi secondi, che parve non finire mai, durante la quale prese fiato mentre, visibilmente sconvolta, mi teneva braccia e gambe bloccate al pavimento — Cosa dovevo fare per fartelo capire?!? ME LO SPIEGHI??? — 

Quest’ultima frase somigliò, però, più ad una disperata richiesta d’aiuto che ad uno dei sui normali ruggiti di collera, mentre, singhiozzante, mi dava dei leggeri colpetti sul petto.
Ancora in lacrime appoggiò il capo sul mio petto, che piano piano si intrise delle sue emozioni rimanendo immobile in quella scomoda posizione per un eternità prima che io riuscissi a proferire anche solo una parola; una sola, piccola, frase:
— Akane… mi dispiace —

A quelle parole sgranò gli occhi e, palesemente sorpresa, avvicinò lentamente la bocca alla mia sino a far sfiorare le sue labbra con le mie, forse il fatto averle chiesto scusa per la prima volta l’aveva destabilizzata, o più semplicemente voleva farlo da tempo e aveva trovato la scusa perfetta. Il contatto dapprima lieve, poi sempre più consistente e passionale, era qualcosa che nessuno dei due aveva mai provato, le lacrime si mischiavano alla saliva dandole un retrogusto agrodolce, mentre le lingue si facevano spazio nella bocca dell’altro. Iniziammo a farle roteare, strusciare, assaporare; continuando quella silenziosa danza senza un attimo di tregua; ogni istante era una sensazione nuova, radicalmente diversa da quella precedente e… lentamente… mi prese la mano e se la portò al seno. Ebbi un attimo d’esitazione, ma non riuscii a sostare oltre, perché Akane, la persona della quale pensavo di conoscere tutto e che pensavo non potesse offrirmi altro oltre a quello che già mi aveva dato giorno dopo giorno, protendendosi verso di me; fece scivolare la canottiera lasciando scoperto il seno nudo.
I capezzoli turgidi erano piccoli e di una forma particolare, non assomigliavano ai miei quando mi trasformavo in ragazza a contatto con l’acqua, anzi… erano… teneri.
Iniziai a spogliarmi anch’io, incurante del fatto che la porta fosse rimasta aperta per tutto il tempo, ed in breve ci ritrovammo lei con addosso un paio di slip stranamente seducenti ed io con i miei consueti boxer.
Il calore dei nostri corpi era l’unica cosa che ci offriva del tepore contro la fredda notte.
La mente mi si annebbiò, lasciandomi senza filtri, ma nonostante ciò seppi che il nostro amore era sincero, poiché non andammo oltre. Non eravamo legati ad alcuna mentalità trasmessaci dai nostri padri, semplicemente non desideravamo altro che conoscere l’altro nel modo in cui già lo stavamo facendo.
Fu bello, molto bello, tanto che ci addormentammo abbracciati, incuranti di tutto.


IL GIORNO SEGUENTE


Non ebbi alcuna reazione al mio risveglio, sentii gli altri urlare per casa, ma non provai nessun timore, l’unica cosa che riuscii a pensare fu che forse le parole che la sera prima avevo pronunciato non erano poi del tutto corrette; forse mi ero effettivamente sbagliato… quella non era una stata bella giornata di primavera… era un sogno di una notte di mezza estate.

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