Don't wanna share you

di Vanisher
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Che il Feel It All Tour abbia inizio! ***
Capitolo 2: *** L'unica cosa che di noi rimane ***
Capitolo 3: *** A quanto pare abbiamo già parecchie cose in comune, mia cara ***
Capitolo 4: *** What do you mean? ***
Capitolo 5: *** Sei ridicolo, Tom, sei assolutamente ridicolo! ***
Capitolo 6: *** Non sei il Signor Gray ***
Capitolo 7: *** Vuoi negarmi il paradiso? ***
Capitolo 8: *** Ah, l'amore! Che cosa meravigliosa! ***
Capitolo 9: *** Come mi sono innamorata di te ***
Capitolo 10: *** Smettila di scappare! ***



Capitolo 1
*** Che il Feel It All Tour abbia inizio! ***


 
CHE IL FEEL IT ALL TOUR ABBIA INIZIO!





- Sveglia, Madame Kaulitz, sveglia! -
La squillante voce di David Jost interrompe il mio sonno, e a fatica trattengo l'impulso di lanciargli il cuscino dritto in faccia e di zittirlo in modo poco fine. Infilo la testa sotto il cuscino, alla ricerca di buio e silenzio per continuare a dormire, ma David non si arrende e mi strappa il cuscino da sopra la testa, allontanandolo in modo che io non possa più riprenderlo.
- Lasciami dormire, David! - mormoro, tentando di rifugiarmi nel caldo tepore sotto le coperte, la voce impastata dal sonno. 
David parla attraverso un piccolo e mal funzionante megafono - Purtroppo non posso farlo, Madame : oggi è il grande giorno, si parte per il FIATour! -. L'uomo, dalle energie inesauribili e dall'umore contagioso, comincia a cantare il ritornello di Feel It All a squarciagola. Strappandomi anche le coperte da dosso e lasciandomi senza niente sotto al quale rifugiarmi, mi incita a cantare con lui.
- Into the sunrise, falling away now, falling away and we feel it all! Canta con me, Madame Kaulitz! - gracchia attraverso il megafono fischiante.
Sbadigliando, decido finalmente di alzarmi. David continua imperterrito nella sua performance mentre mi consegna felpa e maglia nera del tour, con la scritta bianca "STAFF" stampata a caratteri cubitali sulla schiena di entrambi gli indumenti.
- Ma io non faccio parte dello staff -
- E' per precauzione - David interrompe la sua esibizione - Gli uomini della sicurezza delle varie città potrebbero scambiarti per una semplice fan, quindi è meglio che li indossi durante i concerti e i vari eventi. Dopotutto, non tutti sanno chi è la ragazza di Tom Kaulitz -
David mi ammicca maliziosamente prima di riprendere a cantare a pieni polmoni, utilizzando il megafono rotto come microfono. Come manager dei Tokio Hotel svolge un lavoro impeccabile, ma come cantate lascia parecchio a desiderare.
- Ti voglio pronta tra cinque minuti! -
- E la colazione? - protesto, portandomi una mano allo stomaco brontolante.
- Se ti fossi svegliata prima, avresti avuto il tempo per farla -
- Sei stati tu a svegliarmi adesso! - gli ricordo, ma il manager esce dalla mia stanza chiudendosi la porta alle spalle per permettermi una maggiore privacy mentre mi cambio. Sento il suo concerto continuare anche al piano inferiore.
Ancora assonnata, indosso un paio di jeans e la maglietta e la felpa che mi sono state consegnate. Mi pettino i capelli e li raccolgo in una morbida coda di cavallo, abbastanza alta da lasciare il collo scoperto.
Con un sorriso ricordo qualche settimana prima, quando avevo letteralmente supplicato David in ginocchio per avere il permesso di venire in tour con i Tokio Hotel, non riuscendo a sopportare il pensiero di restare lontana dal mio ragazzo Tom per così tanto tempo. Il manager alla fine fu costretto ad acconsentire ed accontentarmi, ma solo dopo che Tom ebbe minacciato di abbandonare la band e di conseguenza non prendere parte al FIATour. E tutti sappiamo che perdere Tom equivale a perdere milioni di ragazzine urlanti che vengono ai concerti soltanto per vederlo suonare la chitarra. 
Tra uno sbadiglio e l'altro scendo al piano inferiore, trascinando il mio trolley e non preoccupandomi di alzarlo per le scale e quindi provocando abbastanza rumore da sovrastare il concerto ancora in corso di David.
- Boy better run, boy better run, run, run! Girl got a gun, girl got a gun, bang bang! - l'iperattivo manager conclude un'altra raccapricciante esibizione. Non ha proprio intenzione di abbandonare quel maledetto megafono.
- Ora che sono qui la smetti di cantare? - imploro sedendomi sul mio trolley ed osservando David che, in mezzo al soggiorno, ha finito un'altra esibizione mal riuscita. 
- Non la smetterà finché non ci saremo tutti - sospira Gustav, seduto sul divano davanti al televisore acceso su una televendita di gioielli. Sembra essere parecchio interessato al programma, perché non stacca nemmeno per un secondo gli occhi dallo schermo. Non sembra essere particolarmente infastidito dal proprio manager, beato lui.
- We are the kings and queens of suburbia! - David conferma quanto appena detto da Gustav - Somewhere in time, we don't know where we are, come on! We are who we are, come on! -
Esasperata, prego con tutta me stessa che le restanti tre stelle della musica si sbrighino a prepararsi, o potrei spaccare il megafono sulla testa dura del loro manager. Prospettiva allettante, ma devo trattenermi, o addio al tour.
Uno sbadigliante Georg fa il suo ingresso, portando la sua valigia con una mano sola senza fare il minimo sforzo. Mi sorride, avvicinandosi a me per salutarmi. Adoro Georg, siamo sempre sulla stessa lunghezza d'onda e la pensiamo allo stesso modo praticamente su tutto. Così dolce e sensibile, riesce sempre a trovare parole di conforto che possano risollevarmi il morale.
- Buongiorno, Rebecca - il bassista mi circonda le spalle col braccio libero in un abbraccio, posandomi un leggero bacio sulla fronte coperta dalla frangetta. 
- Buongiorno - ricambio l'abbraccio, contenta di poter condividere la mia esasperazione con qualcuno che non sia troppi impegnato col televisore. 
- Sono l'ultimo? - Georg abbandona la sua valigia accanto al mio trolley.
- No, sei il terzo - rispondo, mentre David attacca di nuovo col ritornello di King Of Suburbia, con un'energia pari a quella di un'intero esercito - A dire il vero pensavo di essere io l'ultima, dato che David non mi ha concesso nemmeno il tempo per fare colazione -
- Non l'ha concesso a nessuno, se la cosa ti può consolare -
- Dovrebbe essere contro la legge, impedire la colazione ad un essere umano -
- Sono pienamente d'accordo, si tratta di crudeltà pura -. Io e il mio amico scoppiamo a ridere per qualche istante, prima che Georg torni improvvisamente serio - Hai chiarito con Tom? -
Torno anche io seria, scuotendo ripetutamente il capo. Esito qualche istante, boccheggiando un paio di volte, insicura su cosa rispondere - Immagino non ci sia niente da chiarire, per lui -
Intarprendere una relazione con Tom Kaulitz è davvero faticoso. Quando lo conosci ti accorgi che, nonostante le apparenze e nonostante voglia dar l'impressione di essere un duro privo di sentimenti, è una delle persone più ragionevoli e fragili di questo pianeta. Ci ho messo parecchio tempo per abbattere le sue mura difensive e a vedere il ragazzo semplice e dolce che tiene ben nascosto dentro sé stesso e non libera mai con nessuno. Dopo aver abbattuto queste mura, ho cercato di far capire a Tom che io ero quella persona con cui lui poteva essere il ragazzo semplice e dolce che era davvero, senza paura di essere giudicato o abbandonato. 
Un anno e mezzo fa ci siamo messi insieme. Un giorno indimenticabile, il più bello della mia vita. Nella mia relazione con Tom ci sono sempre stati degli alti, molto alti, e bassi, molto bassi. Litighiamo la mattina, ci baciamo il pomeriggio, ci tiriamo piatti e posate la sera per poi far sesso di notte. Un rapporto controverso e particolare, ma estremamente vero, e per quanto mi riguarda appagante. 
Tre giorni fa abbiamo avuto l'ennesimo litigio, per una scemenza poi. Pensavo che le cose si sarebbero risolte come le altre volte, che dopo qualche ora avremmo ripreso a comportarci come se non fosse successo mai nulla. Invece non è stato così. Da tre giorni non ci parliamo, non ci baciamo, non facciamo sesso. 
- Ti deve una spiegazione, invece! - insiste Georg, trascinandomi nuovamente alla realtà. Si è seduto sulla propria valigia, e adesso siamo alla stessa altezza. La sua mano è posata sul ginocchio, lo stringe delicatamente, come per infondermi quella forza che mi manca e che mi permetterebbe di affrontare questa anomala situazione - Non può comportarsi così, è scorretto ... -
- Se devo essere sincero, Reb, mi chiedo perché tu continui a stare con uno come Tom - Gustav appare improvvisamente alle mie spalle, facendomi sobbalzare dallo spavento. Gli occhi chiari sono severi e duri, come quelli di un professore esigente costretto ad affrontare un'alunna particolarmente svogliata. In tutta risposta sospiro, e torno a dargli le spalle.
Già, perché sto con uno come Tom?
Georg alza un sopracciglio, squadrando l'amico batterista - Ora capisco perché non hai una ragazza, Gus -
In sottofondo, David continua a cantare, imperterrito - No I'll never let you down, down. No I'll never let you down, again! Headphones, headphones, stereo in my ear ... -
- PORCA TROIA, DAVID, DACCI UN TAGLIO! -
Tom impreca sonoramente prima di entrare in soggiorno. Trattengo il respiro, come sempre quando vedo Tom. E' una reazione del tutto involontaria, come se ogni volta il mio cuore non fosse pronto a vedere la ragione del proprio battito. 
Il mio ragazzo indossa il solito cappello da basket calato sulla fronte, e i pantaloni troppo larghi lasciano intravedere una notevole porzione di boxer. Distolgo lo sguardo da quel particolare, cercando di non soffermarmici troppo.
- Dimenticavo quanto potessi essere suscettibile appena sveglio, Tom - Gustav trattiene a fatica una risata, mentre il diretto interessato lo ignora ed attraversa il soggiorno trascinando il suo trolley e parcheggiandolo accanto al divano, dove si stravacca comodamente. Tom accende il televisore, storcendo il naso quando lo trova sintonizzato sul canale delle televendite.
- Dov'è Bill? - gli chiede David, allontanando per qualche istante il megafono dalle labbra.
Il chitarrista cambia canale - E io che ne so? -
- Molto bene, allora riprenderò a cantare - il manager si schiarisce la gola prima di riportare per l'ennesima volta il megafono alla bocca e tornare a cantare la sua versione di Never Let You Down. 
Tom sospira, e i suoi occhi incontrano i miei. Amo i suoi occhi. Così grandi da potertici perdere dentro, ma allo stesso tempo talmente impenetrabili da non riuscire mai a guardare troppo in profondità. Al contrario, sarebbero capaci di rivoltare la tua anima come un guanto.
Perché lo amo. Ecco perché.
Sono talmente presa da quel mare color gocciola che non mi accorgo che Georg mi sta scuotendo una spalla, lentamente. 
- Reb, stai bene? -
- Si, alla grande -
- Buongiorno a tutti! - Bill finalmente appare, vestito con un completo nero ed oro e con degli occhiali da sole talmente grandi da farlo sembrare una mosca. Adoro il lato stravagante di Bill, così come adoro Bill in sé. 
- Alleluia! - suo fratello alza gli occhi al cielo, ringraziando non so quale Dio.
- Ci siamo tutti adesso? - David smette finalmente di cantare, ha il fiatone per tutte le canzoni stonate cantate a squarciagola fino ad adesso. 
Mentre David cerca di riprendere fiato, Bill mi si avvicina e mi abbraccia, i suoi abbracci sono così simili a quelli di Tom. Con la differenza che Bill è molto affettuoso nei suoi abbracci, mentre il suo fratello gemello rimane sempre un po' distaccato.
- Come sta la mia cognatina preferita? - mi domanda premurosamente Bill. Ormai per lui sono "cognatina", così come per David sono diventata "Madame Kaulitz" nel momento stesso in cui mi sono messa con Tom. I soprannomi vanno di moda, ultimamente?
- Assonnata, a dirla tutta -
Bill scoppia a ridere - Come ti capisco, David ci ha buttati tutti giù dal letto con le sue doti di cantante mancato! -
- Avrei preferito essere svegliata in altro modo ... - confesso, con la coda dell'occhio riesco a cogliere Tom che mi guarda. Lo sento ghignare leggermente, evidentemente ha capito cosa intendo dire. 
- Va bene, gente, tutti qui! - David batte un paio di volte le mani per attirare l'attenzione di tutti noi, che ci riuniamo attorno a lui. Afferro il braccio di Georg mentre Bill si allontana per raggiungere suo fratello, e il mio migliore amico mi rivolge un sorriso incoraggiante. Aumento la presa sul suo braccio, posando il mento sulla sua spalla muscolosa. Ho bisogno del contatto di qualcuno a cui voglio terribilmente bene.
- Ci siamo, il grande momento è arrivato! - David sembra essere più elettrizzato di tutti noi messi insieme - Che il Feel It All Tour abbia inizio! -






Eccoci qui! Allora, premettendo che ho lavorato davvero tanto a questo primo capitolo, quindi ci terrei a sapere se è venuto bene.
La storia, come avrete capito, è ambientata durante il Feel It All Tour, ma le vicende narrate sono totalmente inventate da me, anche se alcune ho intenzione di prenderle dal Tour originale e dalla Tokio Hotel TV.
Mi dispiace che questo primo capitolo sia corto, ma diciamo che fa un po' da introduzione al tutto. Cosa ne pensate? Se pensate ci siano cose che devo migliorare o aggiungere, ditemelo.
Un bacio,
Lena

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Capitolo 2
*** L'unica cosa che di noi rimane ***


L'UNICA COSA CHE DI NOI RIMANE






Getto un'occhiata annoiata all'enorme auditorium in fase di allestimento per il concerto di stasera. Diversi uomini dai volti anonimi vanno avanti e indietro trasportando cavi, microfoni, amplificatori, telecomandi dai mille pulsanti colorati ed altre sofisticate apparecchiature di cui ignoro l'utilità. Stanno cercando di migliorare l'acustica dell'auditorium da quasi due ore, anche se a me sembra più che perfetta. 
La muscolosa figura di Georg è seduta accanto a me, mentre ripassa gli spartiti delle canzoni di stasera. Siamo entrambi seduti su due sedie di plastica blu, il mio sedere è diventato quadrato dopo tutte queste ore passate qui seduta a far niente e a guardare gli altri darsi un gran da fare per far si che stasera sia tutto perfetto.
- Sei nervoso per stasera? - chiedo improvvisamente al mio amico bassista, nella speranza di non disturbarlo. Mi rendo immediatamente conto di aver posto una domanda stupida : Georg è il bassista dei Tokio Hotel fin dalle origini, questi concerti per lui sono all'ordine del giorno, un'abitudine come un'altra. 
Georg scrolla le spalle, rimanendo concentrato sugli spartiti - Nah, il concerto d'apertura della tournée è sempre una merda -
- E questo chi l'ha detto? -
- Io -
Scoppiamo entrambi a ridere, e Georg smette di esercitarsi. Abbandona la schiena contro lo schienale leggermente inclinato della sua sedia, i suoi dolci occhi verdi si posano su di me - E tu? Sei nervosa? -
Sospiro, purtroppo non riesco ad essere tranquilla come il mio amico - Solo il pensiero che le vostre fan cominceranno ad etichettarmi come "troia" o "puttana" a prescindere dal fatto che sono la ragazza di Tom ... - lascio la frase in sospeso, improvvisamente mi è venuto freddo.
- Sono tutte semplicemente invidiose. Voglio dire, sei la ragazza di Tom Kaulitz, l'uomo che ogni ragazza tenterebbe di abbordare - Georg trattiene una risata, mentre mi posa una mano sul ginocchio fasciato dal jeans chiaro, come fa sempre quando tenta di confortarmi - Ma esistono anche fan con un minimo di intelligenza, che sono certo ti apprezzeranno per il  semplice fatto che riesci a rendere Tom felice -
Cerco il mio ragazzo con lo sguardo. Durante il viaggio non ci siamo degnati di uno sguardo. Lo trovo seduto poco distante dal palco che i tecnici stanno finendo di montare, seduto su una sedia di plastica blu identica alla mia. Con gli spartiti in equilibrio sulle ginocchia, anche lui si sta esercitando per stasera. Le sue dita accarezzano le corde tese della chitarra, un tocco gentile e deciso, ripetuto. Quanto vorrei che quelle dita tornassero a sfiorarmi come prima, quanto vorrei che quei polpastrelli sfiorassero il mio viso e le mie labbra, facendomi rabbrividire come hanno sempre fatto. 
Come se mi avesse appena letto nel pensiero, Tom smette di pizzicare le corde della chitarra. I suoi occhi cominciano lentamente a perlustrare l'auditorium, cercando qualcosa o qualcuno. E trovano me.
Sussulto appena il suo sguardo incrocia il mio. Rimaniamo qualche attimo a fissarci, in silenzio, un dialogo muto che non può essere tradotto in nessuna lingua del mondo e che non può essere compreso da nessun essere umano tranne noi. Attendiamo entrambi che uno dei due faccia la prima mossa, che muova il primo passo, che dica la prima parola. Ma nessuno dei due muove un passo. 
Abbassiamo lo sguardo quasi in contemporanea. Tom torna ad esercitarsi come se non si fosse mai interrotto, e io provo un'improvviso interesse per le mie converse rosso fuoco. A Georg non è sfuggito l'intenso scambio di sguardi tra me e il mio ragazzo - Perché non vai a parlargli adesso? -
- Si sta esercitando con la chitarra - gli faccio notare, continuando a tenere lo sguardo basso. 
- Anche io mi sto esercitando, eppure sto parlando con te -
 Sbuffo, odio quando Georg ha ragione. Quindi praticamente sempre. 
- Se continuerete così finirete per non rivolgervi mai più la parola - continua il bassista, tristemente. A volte sembra credere più lui nella relazione tra me e Tom che io, e questo mi fa capire che splendida persona sia Georg Listing.
- Bene, allora che metta da parte il suo orgoglio e che venga a chiedermi scusa - 
- Potrebbero volerci anni -
- E allora aspetteremo anni - 
Georg sospira, lanciandomi un'occhiata severa - Ti odio quando sei così testarda, Reb -
- Quindi mi odi sempre? - sorrido amabilmente al mio amico, accavallando con disinvoltura le gambe. 
Georg scoppia a ridere, riprendendo ad esercitarsi - Sai che non potrei mai odiarti per davvero -
Con la coda dell'occhio vedo Tom alzarsi e posare la sua chitarra. Decido di non prestare attenzione a dove si sta dirigendo, dopotutto non sono affari miei. Comincio a canticchiare a bassa voce Covered In Gold, con l'accompagnamento impeccabile di Georg, cercando di non pensare più a Tom. Impresa alquanto difficile, dato che penso perennemente ed ininterrottamente a lui. Che schifo essere innamorati. 
Ho bisogni di distrarmi. Mi alzo in piedi, le gambe doloranti per tutte le ore passate seduta oggi - Vieni con me a fumarti una sigaretta, Geo? -
- Certo. Comincia pure ad andare, ti raggiungo subito -
Mi dirigo verso la larga doppia porta grigia, estraendo il pacco delle Malboro e l'accendino dalla tasca della felpa. Infilo una la stretta e lunga sigaretta tra le labbra, mentre con una mano spingo la pesante doppia porta, quasi accasciandomi sulla maniglia anti panico. 
Una ventata d'aria fresca mi investe piacevolmente, facendomi rabbrividire appena. Il cielo è coperto da diverse sfumature di grigio che si mescolano e si addensano l'una sopra l'altra. Una leggera pioggia, quasi invisibile, scende battendo appena sull'asfalto e sulle auto di passaggio. Una coppia passeggia sul marciapiede di fronte sotto ad un'unico ombrello, i corpi vicini e i sorrisi impressi sulle labbra arrossate dai troppi baci. Enorme è l'invidia che provo per loro.
Chiudo la porta, e il mio cuore fa una capriola, perdendo un battito. Appoggiato al muro di cemento accanto alla porta c'è Tom, lo sguardo fisso sull'asfalto bagnato e anche lui con una sigaretta accesa tra le labbra. Siamo entrambi riparati da una tettoia rettangolare, sento la pioggia batterci sopra con un ritmo irregolare e a tratti fastidioso.
Non sembra minimamente accorgersi della mia presenza, mentre lascia cadere della cenere dalla sua sigaretta mezza consumata. Noto che ai suoi piedi ci sono dei mozziconi di sigaretta già esauriti. Chissà quanto ha fumato. 
Mi accendo la sigaretta, la fiamma dell'accendino mi riscalda lievemente le guance. Inspiro una lunga boccata di fumo, e subito mi sento meglio. Butto fuori il fumo con un soffio, una piccola nuvola grigia si condensa davanti a me per poi disperdersi nell'aria. Ho cominciato a fumare dopo aver conosciuto Tom, ma non sono mai stata vittima del vizio. Fumo solo quando particolarmente stressata. 
Mi appoggio accanto a Tom, ma mantenendo qualche centimetro di distanza. Fumiamo in silenzio, ognuno avvolto nei propri pensieri. Cerco di ignorare la sua presenza, dato che lui sembra riuscire ignorare la mia alla perfezione, ma non riesco. 
Non ce la faccio più ad ignorarlo. - Tom, possiamo parlare? -
Tom butta fuori del fumo dal naso - Di cosa? -
- Di quanto è accaduto tre giorni fa - 
Le immagini del nostro litigio tornano vivide nella mia mente, come le scene di un film che conosco a memoria. 




- Tom, che hai? -
- Tom? -
- Amore, va tutto bene? Che ti succede? -
- Perché non parli? E' successo qualcosa? -
- Di qualcosa, dannazione! - 
- Mi stai facendo preoccupare, Tom! - 
- Tom? Ci sei ancora? Tom? -
- PORCA PUTTANA, REBECCA, STA' ZITTA! -
-No che non sto zitta, cazzo! Mi stai facendo preoccupare! -
- Sta' zitta, ho detto -
- Che succede, Tom? -
- Niente, porca troia, niente -
- Non ti fumi due interi pacchetti di sigarette per niente, smettila di prendermi per il culo e dimmi che cazzo c'hai! -
- TOM! -





Silenzio. E così per i tre giorni a venire.
Sospiro, cercando di scacciare quelle immagini - Mi dispiace -
Tom alza un sopracciglio, girandosi finalmente a guardarmi - Per cosa? -
- Sono stata troppo addosso, forse - 
Il chitarrista scuote la testa, con decisione. Inspira una lunghissima, interminabile boccata di fumo prima di riprendere a parlare - Sei la mia ragazza, è tuo dovere starmi addosso -
Esito prima di porgli la domanda fatale - Perché eri incazzato? - 
Trattengo il respiro, in attesa di una risposta. Tom sfila lentamente la sigaretta dalle labbra ed espira, una nuvola di fumo grigio si disperde veloce nell'aria. Continua a tenere lo sguardo fisso sulle coppie innamorata che si è fermata a sussurrarsi frasi dolci e a scambiarsi qualche bacio sotto l'ombrello che reggono insieme. Anche lui starà provando la stessa gelosia che provo io, verso quella coppia? Anche lui immagina di camminare con me, sotto la pioggia, come una coppia qualsiasi?
Ma non non siamo una coppia qualsiasi.
Gli occhi di cercano i miei. Afferra il mio mento con le dita della mano libera, sollevandolo e girandolo delicatamente nella sua direzione. La sua fronte si appoggia sulla mia, il suo viso occupa tutta la mia visuale. Non che la cosa mi dispiaccia, naturalmente.
Alzo entrambe le sopracciglia, in attesa di una risposta - Allora? - 
Dopo qualche istante, Tom mi sfila la sigaretta tra le dita e la lascia cadere a terra insieme alla sua. Le nostre sigarette giacciono a terra, una sopra l'altra, e la pioggia le bagna fino a spegnerle completamente. Le sue labbra si posano sulle mie, premendole appena. Un bacio leggero, stranamente casto. La sua lingua accarezza il mio labbro inferiore, tentando un'approccio molto meno casto, ma lo allontano con una leggera spinta sul petto muscoloso.
- Non hai risposto alla mia domanda, Tom - gli ricordo, leggermente stizzita. Tipico di lui, cercare di rimandare le cose spiacevoli fino a dimenticarsene per dedicarsi completamente a quelle di suo gradimento. 
- Non ha importanza - 
- Per me ne ha molta, invece -
Il mio ragazzo alza gli occhi al cielo, e la sua mano scivola via dal mio mento - Andiamo, Reb, non possiamo andare avanti e comportarci come se non fosse mai successo niente? Ti ricordo che abbiamo litigato per cose ben peggiori -
- Ma non ci siamo mai comportati come due perfetti sconosciuti per ben tre giorni consecutivi! - 
Tom sospira, esasperato - Eravamo semplicemente tutti e due incazzati -
- Tu eri incazzato, e per una ragione ancora sconosciuta! - 
- Ma tu non sei venuta a cercarmi per chiedermela - replica Tom, sarcastico.
Boccheggio un paio di volte prima di ribattere, tentando di mantenere la calma già al limite - Voglio ricordarti, caro il mio Kaulitz, che quando ti chiesi il motivo del tuo mutismo e del tuo evidente malumore hai cominciato ad urlarmi addosso dicendomi di stare zitta! -
- Stai dicendo che è colpa mia? -
Sorrido, sarcastica - Come sei perspicace. Mia non è di certo - 
Tom rimane impassibile, ma nei suoi occhi riesco a vedere il fuoco che divampa. I suoi occhi scuri s'impiantano nei miei con durezza e distacco, incutendomi quasi paura e mettendomi addosso una soggezione inimmaginabile. Gli occhi di Tom possono ferire più di qualsiasi lama, a volte. 
- Quindi tutto quello che vuoi è delle scuse? - la sua voce è priva di emozioni.
Sbarro gli occhi - Mi stai prendendo per il culo? -
- No, cazzo, no, sto cercando di capire quale sia il tuo problema! -
- Il mio problema è che tu non vuoi dirmi quale sia il tuo, di problema! - sento le lacrime cominciare a crearsi ai lati degli occhi, il segnale di un pianto che presto esploderà se le cose non si sistemano in fretta. Ma non voglio piangere davanti a lui, non voglio dimostrargli che questa situazione mi sta lacerando dentro. Perché tanto lui già lo sa, li vede i miei occhi lucidi, le lacrime che si formano veloci.
- Io non ho nessun problema - replica Tom con decisione, eppure vedo il suo ego vacillare lentamente, come davanti a un dirupo troppo profondo dal quale sa non riuscirebbe mai più a risalire.
- Ah no? - incrocio le braccia sul petto, appena sotto il seno, rivolgendogli  un'occhiata sarcastica - Allora cos'è, una nuova moda? Urlare addosso alla propria fidanzata per il semplice divertimento di farla piangere? -
Tom rimane impassibile ancora una volta. Sembra una statua incapace di provare emozioni, senza un cuore e senza un'anima. Immobile di fronte a me, con le mani infilate nelle ampie tasche dei jeans scoloriti, i capelli scuri raccolti che gli scoprono il viso coperto solo dalla barba curata.
Rimaniamo entrambi in silenzio, cercando di sbollire almeno in parte la rabbia che ci attanaglia. Abbiamo sempre avuto modi contrastanti per mostrare le nostre emozioni : quando io sbraito e gesticolo, Tom rimane immobile ed impassibile; Quando io rimango immobile e impassibile, Tom sbraita e gesticola. 
Improvvisamente, Tom tira fuori dalla tasca dei jeans il pacchetto delle Malboro e pesca una sigaretta dal mucchio allineato nel rettangolo di carta bianca. 
- Cosa ti costa rivelarmi il tuo problema? - riprendo, mentre si accende la sigaretta - Sono la tua ragazza, è mio dovere starti addosso. L'hai detto tu -
- Forse stai troppo addosso. L'hai detto tu - replica, con cattiveria.
Le sue parole mi colpiscono con violenza, ferendomi. E' incredibile come siamo riusciti a rigirare il discorso, ad usare le cose dette in precedenza come arma per difenderci ed avere ragione. Ma quel che mi fa più male è la cattiveria con la quale mi ha ritorto tutto contro, la cattiveria con la quale si permette di parlarmi.
Abbasso leggermente le palpebre mentre lo guardo fumare - Mi preoccupo per te, razza di deficiente -
- Perché non lasci perdere per una volta? - mi suggerisce Tom, il tono cattivo smorzato dalla sigaretta che ha tra le labbra.
La prima lacrima scende dall'angolo dell'occhio sinistro, correndo veloce lungo la guancia. Ne parte una seconda, ma la asciugo velocemente col palmo della mano, cancellando anche la scia bagnata lasciata da quella prima. Stronco altre lacrime sul nascere, prima che possano scivolare sul mio viso.
- Okay - la mia voce è quasi impercettibile. Vorrei dire molto di più, vorrei urlargli addosso, piangere per fargli vedere quanto fa male senza di lui, ma quell'invito a non preoccuparmi di lui cancella tutto.
- Anzi, sai che ti dico? - prosegue Tom senza guardarmi, tenendo la sigaretta tra indice e medio mentre la cenere cade per terra - Non c'è più bisogno che ti preoccupi per me -
Il mondo mi cade addosso - Mi stai lasciando, Tom? -
- E' meglio per entrambi, sopratutto per te -
- TU NON SAI QUELLO CHE E' MEGLIO PER ME! - replico, stringendo i pugni lungo i fianchi con tutta la forza che ho in corpo, le unghie corte si conficcano nei palmi delle mani lasciando delle mezzelune - MANDARE A PUTTANE UN ANNO E MEZZO DI RELAZIONE PER QUESTA CAZZATA NON E' MEGLIO PER ME! -
Tom aspira una lunga, esasperata boccata di fumo prima di rispondere, totalmente apatico - Sei tu che ce l'ha mandata, Rebecca -
Il mondo cade a pezzi su di me, schiacciandomi - MI STAI PRENDENDO PER IL CULO, THOMAS KAULITZ?! -
- REB! -
Le forti mani di Georg si posano sui miei avambracci, impedendomi di scattare contro Tom. Il mio ormai ex ragazzo indietreggia di qualche passo. Cerco di dimenarmi dalla presa del bassista per mollare un ceffone a Tom, ma la sua presa diventa ancora più salda e forte, fino a farmi male - Calmati, Reb, cerca di calmarti - 
Lo ignoro, continuando a dimenarmi come un animale furioso - PORCA PUTTANA, GEORG, LASCIAMI! -
- Tom, vattene via! - gli intima Georg, il suo tono non ammette repliche. C'è una punta di rabbia anche nella sua voce, ma è solo un decimo di tutta quella che vorrei sfogare io in questo momento.
Dopo qualche istante di esitazione, Tom annuisce e si allontana nella direzione opposta alla mia, la sigaretta ancora tra le labbra. Come può essere così menefreghista in una situazione del genere? Non vede come sto male per lui?
Tento nuovamente di liberarmi dalla stretta di Georg, ma con scarso successo - MOLLAMI! - urlo a pieni polmoni, la gola mi brucia e mi fa male - MOLLAMI, CAZZO! -
- Reb, cerca di calmarti adesso! - 
- Non posso calmarmi! - la mia voce si abbassa, diventando un sussurro rauco. Ho urlato troppo, e adesso non ho più voce. La gola mi brucia terribilmente, ho bisogno di un bicchiere d'acqua, ho bisogno di chiudermi in isolamento da qualche parte ad ingurgitare acqua su acqua - Mi ha mollata, quel figlio di puttana mi ha ... -
Non riesco a concludere la frase che le lacrime trattenute fino ad adesso mi appannano la vista, impedendomi di riconoscere e distinguere forme e colori. Tutto diventa informe e incolore, calde lacrime scivolano sul mio viso, racchiudendo tutte le emozioni soffocate. La rabbia, la tristezza, la disperazione ... non manca niente.
Georg mi abbraccia, e io mi accascio contro il suo petto. Gli inzuppo la maglia con le lacrime, che copiose sembrano non terminare mai. Violenti singhiozzi mi scuotono, facendomi sobbalzare di tanto in tanto, e il mio migliore amico tenta di consolarmi accarezzandomi i capelli con una mano, mentre con l'altra mi tiene saldamente per i fianchi, come per timore che possa cadere da un momento all'altro.
- Mi ha mollata - singhiozzo - Mi ha mollata, cazzo, mi ha mollata -
- Respira, Reb, respira profondamente - la voce di Georg è dolce come il miele. Rimaniamo abbracciati, la pioggia che si confonde con le mie lacrime e le sigarette mie e di Tom che lui ha gettato a terra rimangono inermi al suolo, e sono l'unica cosa che di noi rimane. 





Vanisher says : 
Ma ciao gente! Allora, è da tre giorni che lavoro a questo capitolo, quindi spero sia venuto bene. 
Ringrazio di cuore 
Tefnuth e Sommerfugl per aver recensito lo scorso capitolo, grazie davvero :*
A 3 recensioni posterò il prossimo capitolo, daje rega!
Popolo di EFP : Ma chi vuoi che recensisca questa cazzata di storia?
Siete cattivi fino al midollo osseo T.T



 

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Capitolo 3
*** A quanto pare abbiamo già parecchie cose in comune, mia cara ***


A QUANTO PARE ABBIAMO GIÀ' PARECCHIE COSE IN COMUNE, MIA CARA






- Bill, per l'amor del Cielo, smettila di cambiare posizione ogni dieci secondi! -
- Gustav, sei troppo rigido! Mi sembra di lavorare con un ceppo di legno!
- Georg, smettila di muoverti, o le foto verranno tutte sfocate! E' una macchina professionale, questa, non un'invenzione dal futuro! -
- Tom, per Dio, hai l'espressività di un bradipo con le mestruazioni! -
La voce fastidiosamente acuta di Alicia Ruckescherz, ufficiale fotografa dei Tokio Hotel, spezza per l'ennesima volta la quiete interrotta soltando dai flash della sua elegante macchina fotografica di non so quale marchio prodigioso. Ora capisco perché Georg sostenga che i photo shoot siano così stressanti. Sono davvero felice di non far parte del mondo dello spettacolo e di non dovermi sottopormi a simili torture. Cambia posa, cambia i vestiti, cambia trucco, fammi questo sguardo ... avrei già abbandonato la mia carriera senza ripensamenti.
Nel mentre mi interrogo su come sia l'espressività di un bradipo con le mestruazioni, Alicia lancia l'ennesimo urlo esasperato - RAGAZZI! -
Mi rifiuto ascoltare cosa ci sia che non vada questa volta, chiedendomi piuttosto per quale motivo nessuno le urli di tappare quella boccaccia. L'esigente fotografa aveva intenzione di cacciarmi dal set, data la mia inutilità al suo lavoro, ma Bill l'ha costretta a farmi rimanere affidandomi un ruolo di vitale importanza ... ovvero badare al bulldog Pumba, e assicurarsi che non si avvicini al set. Pumba ormai è diventato la mascotte del gruppo, e generalmente tutti adorano averlo nei paraggi perché incredibilmente tenero e nemmeno troppo fastidioso. Tutti tranne Alicia, che lo accusa di rovinare il suo lavoro. Quella donna è insopportabile.
L'unica cosa che invidio di lei è il fisico snello e slanciato, accompagnato dalla fluente chioma rossa e riccia e dagli occhi verde smeraldo. Chiunque sfigurerebbe al suo fianco, così come chiunque pagherebbe oro per avere almeno un quarto della sua bellezza. Io faccio parte di entrambi i gruppi, purtroppo.
- Facciamo cinque minuti di pausa, ho bisogno di un caffè! - annuncia Alicia, le mani che torturano i capelli legati in una treccia che le ricade sulla spalla. Le luci si spengono, tutti fanno un sospiro di sollievo e ne approfittano per un caffè o un sorso d'acqua. 
Georg mi raggiunge, visibilmente stanco. Indossa un paio di pantaloni mimetici e una canotta nera che mette in risalto il fisico muscoloso, e i capelli corti sono stati spettinati con quintali di gel profumato. 
- Non ce la faccio più - annuncia, sedendosi su una sedia poco distante. Mi siedo accanto a lui su una sedia identica, e poso Pumba per terra. Il bulldog comincia a trotterellare senza esitazioni verso il suo padrone, che nonostante la stanchezza, decide di giocare con lui durante quei minuti di pausa. Bill ha un cuore enorme. 
- Perché nessuno le dice di darsi una calmata? - chiedo.
- Sarebbe del tutto inutile - scuote il capo il bassista - Dopo che Elle l'ha nominata come "una delle fotografe più abili del secolo", ha completamente perso la testa. Prima non era così, era persino piacevole lavorarci insieme -
Sorrido debolmente, voltandomi automaticamente a cercare Alicia. Georg confonde il mio obbiettivo, credendo che stia cercando Tom, e mi gira delicatamente il viso nella sua direzione prendendolo tra indice e pollice, interrompendo la mia ricerca.
- Tu come stai, Reb? - mi chiede, premuroso.
- Oh, alla grande - sorrido.
- Rebecca - mi rimprovera severamente.
- Cosa c'è? -
- Smettila -
- Di fare cosa? -
- Di fingere che vada tutto bene -
- Io non sto fingendo proprio nulla! - ribatto, incrociando le braccia davanti al seno, offesa da quelle accuse mosse così sfacciatamente dal mio migliore amico. 
- Stavi cercando Tom -
- Stavo cercando Alicia - lo correggo, ma lui naturalmente non mi crede. Okay, lo ammetto, oltre a cercare la fotografa stavo cercando anche il mio ex ragazzo. Ci siamo lasciati da meno di ventiquattro ore, è normale che l'abitudine di cercarlo per vedere cosa sta facendo sia rimasta, e non credo che andrà via velocemente. Quando fai una cosa ripetutamente per un anno e mezzo, è difficile dimenticarsi di farla.
- Rebecca - mi rimprovera, ancora.
- Georg - rimprovero anche io la sua insistenza.
- Non sono io quello che finge di stare bene, qua -
- Ma io sto alla grande! -
- Certo, dopo aver passato la notte a consumare interi pacchetti di fazzoletti, mangiare barattoli di gelato alla stracciatella, avere visto Titanic e i video girati con Tom, stai decisamente alla grande -
Sbuffo, come sempre Georg ha ragione, e lo odio. Dopo qualche attimo di silenzio, scrollo e spalle e mi concentro sulla finestra alle mie spalle che si affaccia sul paesaggio urbano in pieno movimento. Macchine che sfrecciano, persone che corrono e camminano per andare a lavorare, bambini che giocano, negozi che aprono ... la vita va avanti, anche se la mia sembra essere iniziata da stamattina, al mio risveglio dopo la nottataccia insonne appena passata.
- Io lo odio, se proprio ti interessa saperlo - mormoro infine. Mi volto nuovamente verso il bassista per guardare la sua reazione a tale bugia.
- Tu lo odi - ripete Georg per niente convinto, alzando un sopracciglio. Non mi crede, è evidente. Nemmeno io mi crederei.
- Sì, io lo odio - annuisco vigorosamente, cercando di convincere sia me stessa che il mio migliore amico. Ma dopo qualche istante abbasso il capo, scuotendolo in cenno di nego - Ma chi voglio prendere in giro? - 
- Lo ami - sospira Georg, posandomi una mano sul ginocchio e stringendolo appena, nel tentativo di infondermi coraggio - Dopotutto, è impossibile dimenticare una persona dall'oggi al domani. Sopratutto se quella persona è Tom Kaulitz -
Le sue parole sono maledettamente vere quanto dolorose. Cerco il mio ex ragazzo con lo sguardo, e questa volta Georg non me lo impedisce, ma la sua stretta sul mio ginocchio diventa più forte. 
E lo trovo, il mio cuore smette di battere per poi riprendere un po' più forte. Indossa dei jeans strappati in vari punti, e una maglietta bianca che lascia intravedere il fisico scolpito. I capelli davanti sono stati raccolti dietro la nuca, mentre quelli dietro sono stati lasciati sciolti sulle spalle. E' dannatamente sexy, anche se non dovrei più pensarlo. 
Sospiro, tornando al mio amico Georg - Che merda di situazione -
- Passerà - risponde semplicemente Georg, sorridendomi incoraggiante.
- Quando? -
Georg apre bocca per rispondermi, quando Alicia ritorna, visibilmente più rilassata. Si è rifatta la treccia e si è rimessa la sciarpa attorno al collo, e adesso sembra una fotografa spensierata e che ama il suo lavoro. Ma l'effetto durerà solo pochi minuti, per poi tornare ad essere la personificazione del demonio.
- Forza, ricominciamo! - esclama, riprendendo la sua macchina fotografica professionale - Georg, è il tuo turno! Tom, preparati perché il prossimo sei tu! -
Dopo qualche mormorio, Georg mi posa un bacio sulla guancia e trascina i piedi verso l'enorme telo bianco che serve da sfondo al servizio fotografico. Adesso inizia la sua sessione di scatti singoli, e mi dispiace che debba essere proprio lui la prima vittima.
Prelevo Pumba, che si accoccola docilmente tra le mie braccia, ed assisto alla sessione. Dopo nemmeno qualche scatto, la vera Alicia torna ad infestare il set. E ritorna anche il mio mal di testa dovuto alla sua insopportabile voce. 
Dopo una decina di minuti, Georg ha finito.
- Tom, tocca a te! Bill, comincia a prepararti! - strilla Alice.
Bill indossa un paio di pantaloni color oro, lucidi, e una maglia con lo scollo a V che arriva fino a sopra gli addominali e con le maniche strappate. Egocentrico e particolare, decisamente da lui. Mi si avvicina, sorridendomi splendente come un raggio di sole - Hey, Reb, mi daresti una mano a sistemare i capelli? - mi chiede gentilmente. 
Annuisco, e Bill si siede dove prima era seduto Georg. Poso Pumba a terra, tra le mie gambe divaricate, ma dopo pochi secondi sguscia via trotterellando chissà dove. Sarà andato a giocare con Georg o con Gustav, dopotutto sono i sostituti quando Bill è impegnato. 
Passo entrambe le mani tra i capelli tinti biondi del cantate, in modo da alzargli la cresta e sparpagliandola in tutte le direzioni, come vuole Alicia. Sento lo sguardo penetrante di Bill posarsi su di me per tutto il tempo, ma cerco di ignorarlo concentrandomi sulla sua chioma. 
Lo sento espirare rumorosamente - Allora Georg non scherzava quando ha detto che Tom ti ha lasciata - sussurra, in modo che possa sentirlo soltanto io. Ecco perché mi fissava con tanta intensità, probabilmente cercava delle lacrime da asciugare. 
- E' così evidente? - chiedo, interrompendo il lavoro sui suoi capelli.
- Si vede dai tuoi occhi. Sono ... spenti, vuoti -
Riprendo ad armeggiare coi suoi capelli - Quando la ragione della tua vita decide di abbandonarti, è normale svuotarsi e spegnere la luce interiore, lasciando che l'oscurità entri a far parte di te - mormoro a bassa voce, trattenendo delle lacrime che fino a qualche attimo fa non c'erano.
- Tornerà da te, e si renderà conto della colossale cazzata che ha fatto - mi assicura, ma io non riesco a credere a nessuna delle sue parole. Tom non tornerà, quando decide di abbandonare qualcuno, lo fa senza ripensamenti. 
- Tu sai cosa gli passa per la testa? - gli chiedo, speranzosa. Magari Bill riesce a svelarmi cose che potrebbero spiegare il comportamento anomalo di Tom.
- No, piccola, mi dispiace - è mortificato, lo sento dal suo tono di voce.
- Non importa, Bill. Ecco, ho finito - abbasso le mani, osservando soddisfatta il lavoro concluso dei suoi capelli. Questo look sbarazzino rende Bill ancora più affascinante di quanto già non sia. 
Bill si alza, i suoi centimetri d'altezza torreggiano sulla mia bassa statura - Ieri sera non c'eri al concerto -
- No, non me la sono sentita. Sono rimasta in hotel -
- Ma non devi lasciare che il dolore ti renda prigioniera! - esclama il cantante.
Mi stringo nelle spalle, sorridendo.
Passerà.
Adesso le parole di Georg cominciano ad avere senso. Il dolore è temporaneo, e non bisogna lasciare che si prenda il meglio di noi. 
- CHE CI FA QUESTO CANE SUL MIO SET?! - la voce acuta di Alicia interrompe bruscamente la conversazione tra me e Bill. Oh, porca troia. Allora Pumba non è andato da Gustav o da Georg. Mi volto a guardare la scena, consapevole che presto Alicia comincerà a maledirmi per non star svolgendo il lavoro che mi è stato assegnato. 
Il muso rugoso di Pumba annusa rumorosamente  la gamba di Tom, emettendo dei buffi e rochi versi. Dal canto suo, Tom soffoca le risate tappandosi la bocca con una mano, mentre il bulldog continua imperterrito nel suo lavoro di riconoscere l'odore del suo secondo padrone, celato dai quintali di lacca e gel.
Mi fiondo sull'enorme lenzuolo bianco, la sessione di scatti singoli del chitarrista si è momentaneamente interrotta. 
- Scusatemi, è colpa mia! - mi scuso frettolosamente, chinandomi a sollevare il grasso bulldog. Lo afferro per la pancia con entrambe le mani e tento di sollevarmi, ma Pumba si rifiuta di collaborare e comincia a muovere convulsamente le corte zampe impiantandosi a terra. Non pensavo potesse essere così pesante, dannazione! 
- Coraggio, Rossana, non abbiamo tutta la giornata! - strilla Alicia, esasperata.
- In realtà mi chiamo Rebecca - le ricordo, stizzita. Dopo qualche sforzo, riesco ad avere la meglio e a sollevare Pumba tra le braccia, il grosso sedere riscalda la mia pancia. Un flash mi acceca rapido, e tra la confusione e la sorpresa sbatto le palpebre più volte nel tentativo di riacquistare la vista. 
- E' PERFETTO! - esulta Alice, saltellando sul posto - Rossana, non ti muovere! Cerca di rifare l'espressione confusa e sorpresa di prima! E' DECISAMENTE PERFETTO! -
Sono ancora più perplessa di prima, ma una vagonata di flash tornano ad accecarmi senza darmi il tempo di reagire. Rimango immobile, mi fanno male gli occhi - Alicia, che cosa ... -
- Rossana, hai mai pensato di fare la modella? - domanda in tutta serietà Alicia, i suoi occhi verde smeraldo mi inchiodano. Tutto questo è decisamente assurdo, anzi, assurdo è un eufemismo. 
- Rebecca - la correggo, ignorando la sua domanda.
- Si, come vuoi - Alicia mi ignora, i suoi occhi brillano per l'emozione - Che ne dici di andare a prendere un caffè, finito qui? -


 



* * * 





- Tu, una modella? - ridacchia Georg per l'ennesima volta, prima di bere un lungo sorso di birra dalla sua bottiglia.
Finito il photo shoot, Alicia mi ha cortesemente invitata a prendere un caffè con lei. Ha cominciato a parlare e straparlare di quanto la fotocamera mi adori, di come io abbia un portamento naturale, di quanto sarei perfetta come modella. E tutto questo per una foto di cui non sapevo essere la protagonista. Naturalmente se avessi saputo che Alicia avesse scattato la foto, mi sarei comportata in maniera assolutamente differente. Per esempio, avrei mandato Gustav a recuperare Pumba al mio posto, così la foto veniva scattata a lui.
- Perché, non mi ci vedi? - fingo di essere offesa col mio migliore amico, ma dura poco perché scoppio sonoramente a ridere. 
- Certo che ti ci vedo, dopotutto sono sempre il primo a dire che sei bellissima -
Arrossisco, imbarazzata dal complimento, accarezzando col palmo della mano il collo di vetro freddo e verdognolo della mia bottiglia di birra. Dovremmo trascorrere più serate simili a questa, io e Georg : spaparanzati sul letto, una cassa di birra fresca, sigarette e Michael Jackson in sottofondo. Una serata tranquilla, intima, e se spari qualche cazzata puoi dare tranquillamente la colpa alla birra di troppo. 
- Accetterai l'offerta di Alicia? - mi chiede improvvisamente Georg.
Mi porto la bottiglia alle labbra - Non lo so, io e i riflettori non abbiamo mai avuto un ottimo rapporto -
- A proposito di riflettori, domani sera ci sarai al concerto? - gli occhi del bassista sono colmi di speranza, mentre alterna i lunghi sorsi di birra a lunghe tirate alla sigaretta. 
Finisco la mia birra, piccole gocce scure rimangono intrappolate sul fondo piatti e leggermente incurvato - Forse. Ma tu non dovresti essere a letto? Se non sbaglio domani dovrete dedicare tutta le giornata alle prove -
Georg scrolla le spalle - Dovrò lasciarti sola tuto domani, non mi va di farlo anche stasera -



People always told me 
be careful what you do 
And don't go around 
breaking young girls' hearts 
And mother always told me 
be careful of who you love
And be careful of what you do 
'cause the lie becomes the truth 




Michael Jackson attacca col ritornello di Billie Jean. Poggio la testa sulla spalla di Georg, inspirando una lunga boccata di fumo dalla sigaretta appena accesa. La finestra aperta per arieggiare la stanza ormai puzzolente lascia passare un lieve venticello, il cielo nero come la pece lascia intravedere uno spiraglio di luna anche da dove siamo seduti. 
Guardo l'orologio che ho al polso : mezzanotte meno dieci minuti. Meglio andare, oppure domani mattina non sarò in grado di alzarmi dal letto. Poso svogliatamente la sigaretta consumata nemmeno fino a metà nel posacenere tra me e Georg, alzandomi con un balzo dal letto matrimoniale. 
- Vai? - mi chiede Georg, mentre mi esce dalla bocca un sonoro sbadiglio, che tappo prontamente con una mano.
- Sì, oppure rischio di addormentarmi qui - sorrido, sistemandomi allo specchio appeso alla parete. Con entrambe le mani liscio le pieghe della canottiera bianca, con un filo di imbarazzo noto che si vede il reggiseno nero. Come ho fatto ad essere così stupida da mettermi un reggiseno bianco che si confondesse con la canottiera? 
Mi avvicino al bassista e gli do un bacio sulla guancia - Buonanotte, Geo -
- 'Notte, Reb - 
Esco dalla stanza di Georg, chiudendomi la porta alle spalle. Mi incammino nel corridoio deserto a quest'ora, le mie converse strusciano sul pavimento verde opaco. Con mia grande sorpresa, sento delle voci in lontananza, ma non riesco a riconoscere a chi appartengano tali voci. Decido di ignorarle, e volto l'angolo.
Ma voltando l'angolo, trovo i proprietari delle due voci.
Tom indossa un semplice paio di jeans e una maglietta scura, i capelli sono raccolti disordinatamente sulla nuca e da dove sono riesco a leggere chiara l'espressione contrariata e scocciata sul suo viso. Di fronte a lui c'è una ragazza dalla fluente chioma bionda che ricade ad onde sulla schiena, il fisico palestrato fasciato da un tubino rosso fuoco e le gambe lunghe slanciate dai tacchi vertiginosi. Una prostituta, forse?
- Che cosa ci fai qui, Chantelle? - chiede Tom, che non sembra per niente felice di avere di fronte la ragazza. 
- Ma come, non si usa più salutare? - sbotta sarcasticamente la ragazza, la voce mielosa nonostante la tensione palpabile. 
Sentendomi intrusa in questa situazione evidentemente personale, faccio per andarmene e rinchiudermi in camera mia a tormentarmi dalle mille domande su questo incontro, ma i miei occhi incontrano involontariamente quelli di Tom. 
Troppo tardi.
- Rebecca - la sua voce è preoccupata e severa, come se stesse rimproverando la mia presenza nel corridoio. Riesco a percepire un'allarme che scatta dentro di lui, come qualcosa che stesse andando storto in un piano che aveva progettato con cura fin nei minimi particolari.
La ragazza bionda, Chantelle, si volta per scoprire l'oggetto di distrazione del chitarrista. E' bella da mozzare il fiato, i suoi grandi occhi quasi trasparenti sono indescrivibili - Oh, salve! - mi saluta allegramente, come se fossimo amiche di vecchia data - Io sono Chantelle, piacere! -
Alzo educatamente una mano in segno di saluto, parecchio imbarazzata - Salve, sono Rebecca -
- Chi è questa graziosa ragazza, Tom? - chiede Chantelle, sorridendo cordialmente al chitarrista che è rimasto in silenzio ad osservare le presentazioni. Leggo nei suoi occhi il desiderio che questa cosa si concluda il più velocemente possibile.
- La mia ex ragazza - risponde, evitando accuratamente il mio sguardo.
La ferita si è riaperta, e brucia terribilmente. 
Chantelle mi rivolge un sorriso complice e gentile allo stesso tempo, spostando i capelli con un gesto secco del capo - A quanto pare abbiamo già parecchie cose in comune, mia cara -
Che anche Chantelle sia un'ex ragazza di Tom? Ma allora perché è qui, per chiedergli di tornare insieme a lui? Sorrido, indossando un'apatia che non mi appartiene. Non deve più interessarmi quello che succede a Tom, non deve più interessarmi se una sua ex si presenta casualmente nell'hotel in cui alloggia, e non deve più interessarmi della vita sentimentale passata di Tom. Quante volte me lo sarò ripetuta, invano?
- Che ne diresti se andassimo a fare una passeggiata, domani? Sai, avrei davvero tantissime cose di cui parlare con te, ed inoltre sembri simpatica! - Chantelle mi si avvicina, un braccio magro ed abbronzato mi avvolge affettuosamente le spalle mentre i tacchi le conferiscono qualche centimetro d'altezza in vantaggio rispetto a me. 
- No - risponde per me Tom, duramente.
- Mi piacerebbe molto, invece - ribatto, sorridendo a mia volta alla ragazza.
- No che non ti piacerebbe, Rebecca -
- Non sei più il mio ragazzo, Tom, ricordi? Non ti è permesso decidere per me - 
Chantelle ridacchia sommessamente, evidentemente divertita dal piccolo battibecco tra me e Tom - Facciamo per le quattro, cara? -
- Per le quattro va benissimo - le sorrido amabilmente, annuendo.
- Rebecca, potresti lasciarci soli? - s'intromette bruscamente Tom, spazientito e scocciato. Adesso sembra essere lui il terzo in comodo, non io, e la cosa mi da una soddisfazione immane. 
Sorrido con finta innocenza - Oh, certo. Buonanotte, allora -
Li supero velocemente e mi avvicino a grandi passi alla mia stanza, chiudendomi velocemente la porta alle spalle. Tom e Chantelle riprendono a parlare solo quando mi sentono chiudere a chiave la porta. Incollo l'orecchio alla superficie liscia della porta, ma il dialogo tra i due arriva lontano ed ovattato e non riesco a distinguere alcuna parola, mi sembra solo di sentire mormorii senza senso. 
Stanca, deciso di lasciare perdere. Non mi deve importare quello che si dicono, e poi domani ho appuntamento con Chantelle, che sono certa mi racconterà un sacco di cose interessanti su Thomas Kaulitz. 




Vanisher says :
Ciao bella gente! Ditelo che non vi aspettavate l'arrivo di Chantelle, ditelo.
In effetti ho deciso di inserirla quasi all'ultimo secondo, in realtà sarebbe dovuta apparire un po' più avanti ma in questo modo le cose diventeranno decisamente molto più interessanti ;)
A 4 recensioni posterò il prossimo capitolo, dai che ce la facciamo! 
Popolo di EFP : Tanto non se la caga nessunoooo.
Si, lo so, ma non infierite così T.T
Anche se la scuola comincia a riprendere il solito ritmo frenetico, quindi non posso comunicarvi quando esattamente uscirà il nuovo capitolo.
Ringrazio tantissimo 
Un Punk Perso A Hollywood , Tefnuth , Sommerfugl e il dolce bacio di Harry per aver detto cose veramente carine sugli scorsi capitoli, siete veramente degli angeli :*
 

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Capitolo 4
*** What do you mean? ***



WHAT DO YOU MEAN? 






Improvvisamente nessuno dei vestiti che ho portato per il FIATour sembra adatto per andare a fare una passeggiata e quattro chiacchiere con la ex del mio ex ragazzo. Ho passato l'intera playlist di Michael Jackson alla ricerca di qualcosa che potesse sembrare vagamente femminile e aderente, per poi ricordarmi che ho la femminilità pari a quella di un giocatore da rugby. Ergo, è pressoché inesistente. 
Accompagnata dall'ultimo singolo di Justin Bieber, rovisto nel cumulo di vestiti che si è creato sul mio letto simile a una montagna, passando in rassegna per la dodicesima volta il mio ristretto guardaroba. Ci sarà pure qualcosa che non sia quattro taglie più grande di me!



What do you mean?
When you nod your head yes,
But you wanna say no
What do you mean?




- When you don't want me to move, but you tell me to go. What do you mean? - canticchio, esasperata. Trovo una camicia sui toni del blu che non ricordavo nemmeno di avere, e decido di abbinarla insieme a un paio di jeans scuri e alle solite converse rosse. 
Mentre abbottono i bottoni bianchi della camicia, qualcuno bussa alla porta. Invito chiunque sia ad entrare, e la testa bionda di Gustav fa capolino nella mia stanza, seguita poi dal resto del corpo muscoloso. 
- Said we’re running out of time. What do you mean? Oh, ciao Gus - lo saluto allegramente, osservando il risultato del mio veloce abbinamento allo specchio. Sono abbastanza soddisfatta, almeno accanto a Chantelle non sembrerò una barbona uscita dal cassonetto della spazzatura.
- Da quando ascolti Justin Bieber? - Gustav aggrotta le sopracciglia, visibilmente perplesso. 
Scoppio istintivamente a ridere, recuperando il pettine e cominciando a pettinare i capelli lavati stamattina per l'occasione - Scherzi, qualche tempo fa ero una sua fan sfegatata -
Il batterista sospira, alzando gli occhi chiari al cielo mentre si chiude la porta alle spalle e fa qualche passo in avanti - Pensavo almeno tu ti fossi salvata dal fenomeno Bieber -
- Beh, è indubbiamente un bel ragazzo -. Osservo allo specchio i miei capelli lunghi appena sotto alle spalle, sistemando con le mani le fastidiose zone gonfie che si vanno a formare sotto alle orecchie. La frangetta ricade ordinata sulla fronte, coprendola come una tenda.
- Più di Tom? - ridacchia Gustav, poggiandosi alla parete della camera.
No, certo che no! - Si, certo che si! Comunque, qual buon vento ti porta qui? -
- Oh, giusto, una certa Chantelle ti aspetta nella hall dell'hotel -
Annuisco più volte, infilandomi le converse e allacciandole strette ai piedi. Ho passato la notte a studiare diversi modi di comportarmi con Chantelle e diverse risposte da dare nel caso dovessimo affrontare l'argomento Tom. Certo che l'affronteremo, è inevitabile - Dimmi un po', Gus, conosci una certa Chantelle Paige? -
Gustav riflette qualche secondo pensieroso, prima di rispondere - E' una delle tante ex ragazze di Tom, perché? Aspetta ... - il batterista sgrana appena gli occhi chiari, visibilmente sorpreso - Non dirmi che è la stessa Chantelle che ti sta aspettando! - 
- Già, mi ha invitata a fare una passeggiata ... e quattro chiacchiere - cerco di celare il nervosismo con una risata, ma la verità è che ho paura di tutto ciò che quella bionda bella da mozzare il fiato voglia dirmi o chiedermi. Non importa quanto possa essermi preparata all'argomento Tom, avrò sempre gli occhi lucidi e il rimorso di qualche mia azione sbagliata che possa aver contribuito alla nostra rottura. 
- Devo avvertire i carabinieri? -
- No, credo non sia necessario. Dopotutto, ha detto che le sembro simpatica -
Afferro la borsa e lancio un'ultima rapida occhiata allo specchio. Ho un aspetto decente, presentabile, ma sto per camminare accanto a una modella. Sfigurerei in ogni caso, mi chiedo perché ci abbia messo così tanto tempo per scegliere cosa indossare. 
Secondo alcune ricerche fatte su internet, Chantelle Paige e Tom Kaulitz erano fidanzati nel 2009, ma la relazione non è durata poi tanto. I motivi della loro rottura rimangono un mistero, ed è questa la cosa che mi rende più nervosa. E se Tom avesse lasciato Chantelle senza una spiegazione, come ha fatto con me? 
Saluto Gustav con un rapido bacio sulla guancia paffuta e mi incammino per i corridoi dell'hotel, a quest'ora del pomeriggio abbastanza silenziosi e deserti se non per qualche coniuge che esce per una passeggiata sotto il sole e qualche bambino che armato di costume da bagno va nella piscina all'ultimo piano. 
Chantelle spicca in mezzo al solito e monotono via vai della hall. E' come un raggio di sole durante una giornata piovosa, impossibile da notare ma sopratutto da ammirare. Indossa una gonna rosa confetto lunga fino al ginocchio, abbinata a una camicetta nera dai sobri decori floreali sui toni del rosa e il tutto abbinato a un paio di sandali oro e a una Michael Kors color platino. Chissà quanto deve aver speso per un'abbinamento così sobrio e raffinato. 
- Rebecca, cara! - la sua voce squillante e melodiosa mi saluta, mentre le braccia magre si spalancano pronte ad abbracciarmi. Dopo avermi stretta, mi bacia entrambe le guance col suo profumato rossetto alla ciliegia - Che ne dici se andassimo a prenderci qualcosa? Conosco un bar qui vicino che prepara i migliori cappuccini del mondo! -
- Vada per il cappuccino! - acconsento, e la mia nuova amica mi prende sotto braccio. 
Ci incamminiamo sotto il sole del primo pomeriggio, caldo ma sopportabile e persino piacevole. Cominciamo a parlare del tempo, dei nostri gusti musicali, dei nostri piatti preferiti, dei film che abbiamo in progetto da vedere, come due semplici amiche di vecchia data che avevano proprio bisogno di un'uscita intima.
Il bar di cui parlava Chantelle non è molto distante dall'hotel, e apparentemente sembra un semplice bar dalle vetrine oscurate decorate dalle scritte in oro che citano il nome del locale e dalle semplice tende verdi. Entriamo e prendiamo un tavolino accanto a una delle vetrine del bar, da dove possiamo osservare i passanti e le macchine che sfrecciano sulla strada. 
I sandali oro di Chantelle picchiettano sul pavimento piastrellato mentre accavalla le gambe con disinvoltura. 
- Allora - esordisce la ragazza, mentre il cameriere ci porta velocemente la nostra ordinazione per poi lasciarci di nuovo sole - Immagino che Tom ti abbia lasciata da pochissimo tempo se adesso sei in tournée coi Tokio Hotel -
- Cosa ti fa pensare che non sia stata io a mollarlo? - le chiedo, prendendo tra le mani la mia tazza di porcellana piena di cappuccino schiumoso. 
Chantelle ride piano, prendendo la sua tazza - Credo sappiamo entrambe che è sempre Tom a mollare, no? Che io sappia, nessuna ragazza ha mai troncato una relazione con lui -
Sospiro, sconfitta - Hai ragione, mi ha mollato lui -
- Spero di non star toccando un argomento spinoso -
- No, affatto - mento, sorridendole rassicurante. 
- Quando vi siete lasciati? -
- Due giorni fa -
- L'ha fatto senza una spiegazione plausibile, vero? -
Che la storia di Chantelle sia davvero simile alla mia? - Proprio così -
Chantelle sorride, scuotendo il capo. Ad ogni movimento della sua testa la sua coda di cavallo ondeggia a destra e a sinistra, sù e giù, senza sosta. Come minimo deve avergliela fatta un parrucchiere, perché una donna non sarebbe mai in grado di raccogliere i capelli con così tanta precisione ed ordine - Tipico di Tom -
- L'ha fatto anche con te? -
- A me ha dato una spiegazione valida, o almeno, "valida" per lui - 
- Posso chiederti quale? - le chiedo, esitante.
- Prima preferisco entrare un po' più in confidenza con te, Rebecca, ti dispiace? -
Bevo una lunga sorsata di cappuccino, in effetti è il più buono che abbia mai assaggiato fino ad adesso. Finisco la mia tazza in fretta, e sono contenta di aver seguito il consiglio di Chantelle e di essere venuta qui. Magari potrei tornarci con Georg - No, affatto -
Anche Chantelle finisce il suo cappuccino, e mi chiedo come faccia il suo rossetto ad non avere la minima sbavatura - Bene, allora andiamo! - si alza, improvvisamente entusiasta mentre afferra la sua Michael Kors e si avvicina a grandi passi alla porta del bar, tirandomi per un braccio.
- Dove? - le chiedo, perplessa.
- ANDIAMO A FARE SHOPPING! -
Titubante, lascio che la bionda mi trascini verso i numerosi negozi che si propagano a vista d'occhio verso il centro della città. Non pensavo che "conoscersi meglio" per Chantelle volesse dire "andare a fare shopping", pensavo si trattasse di rimanere al bar e ordinare un secondo cappuccino mentre ci ponevamo domande più intime a vicenda. Sarebbe decisamente più divertente che fare la maratona in mezzo a centinaia di vetrine luminose, grucce piene di abiti dalle assurde fantasie e manichini dagli abbinamenti improbabili. Se devo essere sincera sono mesi che non faccio shopping, e l'ultima volta ho comprato solo con una maglietta con il logo dei Nirvana, band che ascolto dai tempi del liceo. 
- Cominciamo con Zara, la nuova collezione è assolutamente divina! - sospira beatamente Chantelle, e sono certa che sta per attendermi una lunga passeggiata nel dimenticato e da me trascurato mondo della moda. 




* * *




Partiamo dal fatto che pensavo dovesse essere soltanto Chantelle a comprare nuovi vestiti, e che cercasse una consulente che le assicurasse che ogni cosa che indossa la fa sembrare più divina di quanto già sia. Ebbene, Chantelle non ha comprato assolutamente niente, nemmeno una maglietta giusto per lo sfizio di infilare qualcosa di nuovo nell'armadio. Quella ad avere fatto shopping sono stata io. O meglio, Chantelle ha fatto shopping al mio posto, comprando decine di pantaloni aderenti, vestiti che non metterò mai nella vita, scarpe dal tacco decisamente alto, magliette dai colori sobri e dalle fantasie ridotte e gioielli appariscenti. Insomma, mi ha rifatto il guardaroba. Adesso non dovrò più lamentarmi di non avere niente di femminile da mettere, perché adesso non avrò più niente di sportivo da mettere. 
Ma in fin dei conti, è stato un pomeriggio piacevole, l'argomento Tom è rimasto chiuso nel bar a bere cappuccini caldi, ed è meglio così. Ritorno in hotel con i piedi e le gambe doloranti per la lunga maratona appena conclusa, e i sacchetti di carta e plastica colorata con dentro tutti i miei nuovi acquisti mi ingombrano mani e braccia. Saranno almeno una ventina, e non so come li infilerò nel trolley.
Decisamente esausta, spalanco la porta della camera, desiderosa di disfarmi di tutti questi sacchetti e immergermi nella vasca per fare un bel bagno caldo e rilassante, per poi non riemergere fino al mattino seguente. Ma appena vedo Bill, Georg e Gustav comodamente stravaccati sul mio letto intenti a chiacchierare animatamente tra di loro, capisco che purtroppo il mio meritato relax dovrà attendere ancora qualche minuto.
- BENTORNATA! - esclamano in coro i tre ragazzi, alzandosi con un balzo dal mio letto e venendomi incontro mente mi richiudo la porta della camera alle spalle.
Sospiro, non voglio sapere per quale motivo si ritrovino tutti a tre in camera mia, ma non posso astenermi dal chiederlo - Che ci fate qui? -
- Ti stavamo aspettando! - Bill mi prende per un braccio trascinandomi verso il letto, Georg afferra quello libero e Gustav si disfa dei sacchetti pieni di acquisti, poggiandoli frettolosamente ai piedi del letto. Perché ho come l'impressione che stiano architettando qualcosa di losco alle mie spalle?
- Perché? -
- Vogliamo sapere tutto! - afferma con decisione Gustav, mentre senza nemmeno accorgermene mi siedo sul morbido materasso. Evidentemente si riferisce al mio appuntamento appena concluso con Chantelle. Perlomeno posso stare tranquilla che sono solo alla ricerca di qualche gossip e che non hanno intenzione di farmi saltare in aria con una bomba. Almeno spero. 
- Ragazzi, sono stanchissima, non possiamo parlarne dopo? - rispondo con voce lamentosa, ritrovandomi ad essere al centro di un triangolo formato dai musicisti che mi impediscono ogni via di fuga dal letto. 
- Assolutamente no, devi raccontarci tutto! - ribatte esaltato Bill.
- Vi ha mandati Tom? - domando, improvvisamente allarmata.
- No, e anche se ci avesse mandato, non gli riferirei quello che stai per dirci - mi rassicura ancora il cantante, i capelli tinti di biondo perfettamente pettinati e i numerosi piercing che brillano. 
- E va bene, ma facciamo in fretta - acconsento, stancamente. Prima iniziamo, prima finiamo, e prima potrò rilassarmi come si deve - Chiedete adesso o tacete per sempre -
- Vi siete tirate i capelli, prese a calci e insultato le vostre madri? - domanda improvvisamente Gustav, ansioso di sapere la versione cruenta dei fatti, come sempre. 
- Vi siete rinfacciate ciò che Tom ha fatto e non ha fatto con voi? - chiede Georg, passando alla parte sentimentale della faccenda e interrompendo bruscamente il batterista.
- Ma sopratutto - Bill interrompe i due amici, il suo volto serio zittisce immediatamente tutti - Aveva una borsa firmata? E in tal caso, gliel'hai rovinata irreparabilmente, vendicandoti delle cattiverie che quella strega ti ha detto? Io l'avrei fatto! -
Georg e Gustav scoppiano a ridere, e mi lascio andare anche io a una risata, cercando di sciogliere la tensione che mi sta facendo dolere le spalle - No, siamo semplicemente andate a prendere un cappuccino e poi mi ha portata a fare shopping - indico distrattamente con una mano i sacchetti che Gustav ha abbandonato sul pavimento - E aveva una Michael Kors platino molto carina, Bill -
- Non gliel'hai rovinata? -
- Non avevo motivo di farlo -
- Avete parlato di Tom? - chiede Georg, allungando prontamente la solita mano sul mio ginocchio, come sempre. Quel semplice gesto riesce sempre a calmarmi più di un sedativo, e mi infonde una forza pari a quella di un tornado.
Sospiro, confortata da quell'abituale gesto - Si, ma non ne abbiamo parlato tanto -
- Cos'hai scoperto? - domanda Gustav, il suo entusiasmo è decisamente diminuito. Gustav detesta le storie d'amore, preferisce le risse da strada e le sparatorie piene di feriti gravi e morti brutali. 
- Ho scoperto che Tom l'ha mollata con una spiegazione apparentemente valida - mormoro, le parole di Chantelle ritornano alla mente con chiarezza e precisione. Automaticamente, guardo Bill - Tu ne sai qualcosa? -
Bill scrolla le spalle - Tom mi disse soltanto che si era scocciato di Chantelle, niente di più. Non mi sono mai addentrato nella faccenda -
- Non le hai chiesto spiegazioni? - interviene Georg.
- Certo, ma ha detto che prima voleva conoscermi meglio - 
- E quindi ti ha portata a fare shopping - Bill osserva perplesso i sacchetti colorati, a quanto pare nemmeno un amante della moda come lui opterebbe per lo shopping per conoscere meglio una persona. Credo che nemmeno la stilista più famosa del mondo opterebbe per tale opzione, ma mai dire mai. 
- Non me ne parlare, non ho mai camminato così tanto in tutta la mia vita - scuoto il capo, slacciando i lunghi lacci bianchi delle converse per liberare i piedi doloranti.
- Vi vedrete ancora? - domanda improvvisamente Gustav.
- Sì, questa sera mi ha invitata al Blue Hause insieme a delle sue amiche -
I tre musicisti si scambiano un'occhiata preoccupata, rimanendo qualche secondo in silenzio. Il loro scambio di sguardi non passa inosservato ai miei occhi, e rimango in attesa di una spiegazione, che mi viene prontamente fornita da Georg - Il Blue Hause non ha una bella fama, Reb - 
Scrollo le spalle con indifferenza, ignorando Georg - Perché non venite anche voi? - 
- Abbiamo l'intervista radiofonica - mi ricorda Gustav, sbuffando sonoramente. A detta sua, le interviste radiofoniche sono la cosa più noiosa che possa esistere su questo pianeta. 
- Venite a intervista conclusa - suggerisco ancora, e questa volta nessuno dei tre ragazzi ha niente da ribattere. Tornano a guardarsi, chiedendosi silenziosamente un parere a vicenda. Bill è il primo ad acconsentire, seguito a ruota da Gustav e alla fine, Georg è costretto a cedere. Bill sembra essere ancora più esaltato di prima mentre dice che ha proprio bisogno di passare una bella serata, ma non lo sto più ascoltando, sono troppo stanca. 
Dopo una bella mezz'ora, riesco finalmente a cacciare i tre musicisti, anche se Bill protesta perché vuole sapere cosa indosserò stasera per adeguarsi di conseguenza ed indossare colori diversi da quelli che indosserò io. Dopo nemmeno una decina di minuti, tornano a bussare alla mia porta.
- NON HO IDEA DI COSA MI METTERÒ', BILL! - apro nuovamente la porta, quasi di scatto, i nervi a fior di pelle per la stanchezza. Ma invece di trovarmi il biondo cantante e il suo splendente sorriso, mi ritrovo il suo scuro gemello dal volto perennemente imbronciato. Sospiro, ci mancava solo lui - Che ci fai qui, Tom? -
Non sono proprio in vena di litigare con lui, adesso. Mi allontano dalla porta e lascio entrare il mio nuovo ospite, che va a stravaccarsi come se niente fosse dove prima c'erano i suoi tre amici e colleghi. Troppo stanca per ribattere, comincio a slacciarmi la camicia come se il ragazzo non fosse presente. 
Tom sta per rispondermi, quando la sua attenzione viene attirata dai numerosi sacchetti colorati sul pavimento - Chantelle ti ha portata a fare shopping? - domanda, tra il deluso e il sollevato. Evidentemente, anche lui temeva dovessimo incontrarci per una rissa, come nei film americani che Gustav ama vedere. Sono orgogliosa di poter affermare che, invece, io e Chantelle siamo diventate già  ottime amiche.
- Avevo bisogno di rifarmi il guardaroba - rispondo frettolosamente - Vorrei farmi un bagno, puoi andartene? - gli indico con un cenno approssimativo del capo la porta, smettendo di sbottonarmi la camicia, aperta fin sotto a una generosa porzione del mio poco seno coperto dal reggiseno color carne.
- Che c'è, improvvisamente ti vergogni della tua nudità con me, Rebecca? - ghigna maliziosamente il chitarrista, i suoi occhi scuri si posano sulla camicia mezza aperta. Una parte di me vorrebbe raggiungerlo sul letto e ricordare com'è fare l'amore con lui, l'altra vorrebbe lanciargli le numerose scarpe tacco dieci appena comprate sui suoi testicoli, una ad una. 
Apaticamente, mi porto le braccia al seno - Non ti è più concesso vederla -
- Peccato, era la parte che preferivo -
- Per la seconda volta, che ci fai qui? -
Tom diventa improvvisamente serio, i suoi grandi occhi scuri s'impiantano nei miei con prepotenza mentre mi allontano per scampare a quello sguardo improvvisamente fastidioso - Che ti ha detto Chantelle? -
Alzo le spalle con indifferenza, avvicinandomi all'armadio - Niente che possa in qualche modo interessanti -
- Finché riguarda me, si -
- Non so se te ne sia già accorto, Thomas, ma non sei al centro dell'universo - prendo da un cassetto dell'ampio armadio della biancheria intima pulita, sempre dando le spalle al chitarrista per sfuggire ai suoi occhi perforanti. Sto per prendere anche il pigiama, quando un paio di mani forti chiudono rumorosamente il cassetto.
Mi volto, e trovo Tom a un palmo di distanza da me. Sussulto, cercando subito di ricompormi allontanando il chitarrista con una leggera spinta sul petto robusto, imbarazzata e infastidita dalla vicinanza tra noi due. 
Ma Tom non si muove di un centimetro, e rimango incastrata tra il suo corpo e l'armadio - Da quando sono diventato Thomas? - sibila, simile a un serpente pronto ad attaccare. 
- Da quando io sono diventata Rebecca
- Lo sei sempre stata -
- E tu sei sempre stato Thomas - mi volto dandogli nuovamente le spalle e tornando alla ricerca del pigiama, ma il cassetto si richiude di scatto, facendomi sobbalzare. Questa volta le mani di Tom rimangono ferme sul cassetto, impedendomi di riaprirlo. Scocciata dall'insistenza del chitarrista, mi volto a guardarlo - Si può sapere cosa vuoi, Tom? -
- Voglio sapere che cosa ti ha detto Chantelle -
Sto per replicare per l'ennesima volta che la sua ex non mi ha detto nulla di compromettente su di lui, quando mi trattengo e decido di giocare la situazione a mio favore. Poggio la schiena sull'armadio alle mie spalle, incrociando con disinvoltura le braccia davanti al petto - E io voglio sapere perché mi hai lasciata -
Tom boccheggia un paio di volte, evidentemente sorpreso dal mio ricatto. Si passa una mano sul viso, soffocando un sospiro, le sue dita accarezzano la barba scura per poi ricadere sul fianco - E' complicato -
- Anche quello che mi ha detto Chantelle è complicato - 
- Rebecca, sono serio -
- Anche io sono seria, Thomas -
- E' importante -
- Anche sapere perché mi hai lasciata è importante -
- Cazzo, smettila! - vedo Tom tirare indietro un pugno ed istintivamente chiudo gli occhi, ma invece di coprire me, la sua mano colpisce con violenza la superficie piatta dell'armadio, vicino al mio orecchio. Il colpo rimbomba nelle mie orecchie e nella stanza, tutto tace mentre l'eco dell'irascibilità di Tom si propaga fino a disperdesi completamente. Mi immobilizzo per lo spavento, per un attimo ho creduto che Tom volesse colpirmi. Dimenticavo quanto a fatica riesca a gestire le sue emozioni, sopratutto quelle negative - Non sto giocando, sono serio! Ho bisogno di sapere! E' importante, cazzo! - parla con una durezza che mai gli avevo sentito usare, quasi mi stesse sgridando.
La mia voce trema, involontariamente, forse per lo spavento, anche se so che Tom non mi avrebbe mai e poi mai colpita, anche se fosse stato profondamente arrabbiato con me - Non mi ha detto niente - ripeto ancora - Te lo giuro -
Non mi crede - Rebecca -
- NON MI HA DETTO NIENTE, PORCA PUTTANA, QUANTE VOLTE TE LO DEVO RIPETERE?! - la mia voce rimbomba tra le pareti della stanza, con la stessa potenza del colpo di Tom. Lo vedo sgranare gli occhi scuri, evidentemente sorpreso dalla mia reazione piena di un'ira che non mi appartiene e che non mi è mai appartenuta. Sono sempre stata così calma, così tranquilla. Mi porto le mani al viso, coprendomi gli occhi con le dita e la bocca coi palmi, oscurandomi la vista nel tentativo di calmarmi.
- Reb ... - tenta Tom, questa volta è la sua voce a tremare.
- Vattene via, ti prego -
Il chitarrista non replica, non ribatte. Sento i suoi pesanti passi avvicinarsi verso la porta della camera, per poi sbatterla con violenza mentre esce. Il violento colpo mi fa cadere a terra, come un pugno che mi è stato tirato, e l'eco dell'ennesimo gesto di rabbia di Tom mi invade fastidiosamente le orecchie, lacerandomi l'anima. Sono io quella che è stata attaccata, eppure lui si permette di essere arrabbiato. Davvero non ti capisco, Tom. 



You’re so indecisive of what I’m saying
Trying to catch the beat, make up your heart.
Don’t know if you’re happy, or complaining.

Don’t want for us to end where do I start
First you wanna go to the left and you want to turn right
Wanna argue all day, making love all night.
First you up and you’re down and then between

Oh, I really want to know…
What do you mean? 





Vanisher says :
Un applauso a me che sono finalmente riuscita a finire di scrivere questo capitolo, dopo aver tentato di scriverlo come minimo 7 volte. Avrei voluto inserire la scena della Blue Hause e della serata, ma è ancora da finire e in più pensavo che in questo modo avrei lasciato un po' più di suspance.
Che dire, penso costantemente a questa fan fiction e ai innumerevoli modi per poterla rendere unico nel suo genere, e spero solo di star facendo un buon lavoro. Questo spetta a voi dirlo :)
Come sempre, grazie a  
 
Tefnuth
il dolce bacio di Harry
Sommerfugl
Che hanno sempre tanta pazienza con me, e che sono di una gentilezza infinita <3

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Capitolo 5
*** Sei ridicolo, Tom, sei assolutamente ridicolo! ***


SEI RIDICOLO, TOM, SEI ASSOLUTAMENTE RIDICOLO!






La Blue Hause è chiamata così per le luci al neon azzurre che illuminano interamente il locale, e anche per l'arredamento completamente sui toni del blu. Non è male, è come trovarsi in una stanza sottomarina e appena varcata la porta del locale diventi automaticamente blu come un puffo. 
Chantelle è divina nel suo vestito aderente lungo fino alle ginocchia a righe nere e grigie, le maniche lunghe fino al polso le fasciano le braccia magre e la scollatura ovale mette in risalto il seno generoso. I capelli biondi e boccolosi sono stati raccolti in una coda alta sulla nuca, qualche ciocca ribelle le incornicia il viso marmoreo rendendola ancora più bella. 
La sua mano laccata di rosso si chiude attorno al suo Long Beach Iced Tea. Sembra reggere molto bene l'alcool, anzi sembra non sentirlo affatto, come se stesse bevendo un semplice bicchiere d'acqua - Allora, cara, ti stai divertendo? - mi domanda, alzando la voce per farsi sentire attraverso le note insistenti di Don't You Worry Child.
Annuisco freneticamente, buttando giù tutto d'un fiato il mio Telford. Sarà il terzo bicchiere che butto giù, questa sera? Non è da me esagerare con gli alcoolici, ma la tensione che mi si è accumulata in corpo finito l'ennesimo litigio con Tom è talmente tanta che un semplice bagno caldo non è riuscito a neutralizzarla. 
Il liquido amarognolo corre nella mia gola, lasciando una scia di piacevole bruciore che si spegne poco dopo, e il mio corpo e la mia mente ne chiede insistentemente ancora e ancora. Poggio il bicchiere di vetro sul piano del lucido bancone blu, attirando l'attenzione del giovane barista - Un altro Telford, grazie -
Chantelle si sporge verso di me dal suo alto sgabello, guardandomi curiosa - Cosa c'è lì dentro? - mi chiede, riferendosi al cocktail che mi sta facendo compagnia dall'inizio della serata.
Scrollo le spalle - Rum bianco, rum scuro, Tequila, Cointreau, Apricot Brandy, succo d'arancia, Bitt ... - comincio ad elencare, contando i diversi ingredienti sulle dita di una mano mentre l'altra torna ad afferrare il bicchiere di vetro che è stato nuovamente riempito dal barista. 
La bionda ridacchia sarcastica, mentre sorseggia elegantemente il suo cocktail - Leggero, insomma. Hai per caso litigato con qualcuno, oggi pomeriggio? - 
Butto giù anche il quarto bicchiere - Con Tom. Come sempre -
- Ora capisco - sospira Chantelle, posando il suo bicchiere vuoto sul bancone e rivolgendomi un'occhiata allegra - Andiamo a ballare, cara? -
- Andiamo! - esulto balzando dal mio sgabello, ma appena poso i piedi per terra la testa comincia a pulsare dolorosamente e il locale mi gira attorno vorticosamente, come se fossi su una giostra. Mi aggrappo con entrambe le mani al bancone, chiudendo gli occhi nel tentativo di scendere da quella giostra immaginaria.
Forse ho bevuto troppo.
Chantelle mi si avvicina premurosamente, cingendomi la vita con un braccio nel tentativo di sorreggermi. Le sue labbra colorate si posano sul mio orecchio, in modo che possa sentirla nonostante la musica assordante - Ti senti bene, cara? -
- Sì, mi sono alzata troppo in fretta - riapro gli occhi, il mondo sembra girare molto più lentamente. Le sorrido rassicurante - Andiamo! -
La mia amica bionda mi prende per mano e mi trascina attraverso il mare di corpi sulla affollata pista da ballo, migliaia di persone che ballano a ritmo di musica. Abbiamo perso le sue amiche a inizio serata, e probabilmente le ritroveremo alla fine, quando dovremo tornare a casa. Ci facciamo spazio in mezzo ai corpi sudati e scatenati, in mezzo a coppie che si baciano come se non ci fosse un domani, persone che bevono drink più alcoolici dei miei, persone che per qualche ora si dimenticano del mondo e vivono la notte così come si presenta. 
Chantelle balla sensuale, centinaia di ragazzi posano i loro occhi su di lei, che non li degna minimamente di uno sguardo mentre cerca di coinvolgere anche me. Mi lascio trasportare dalle note decisamente alte di That Power, ancheggiando insieme alla mia amica muovendo le braccia e gambe a ritmo di musica, una solitaria danza sensuale che non prevede nessun accompagnatore.
Due forti mani si posano sui miei fianchi, interrompendo la mia danza. Mi volto, e trovo Luke, il fratello di Chantelle. Un bel ragazzo, molto simile a sua sorella in bellezza e sensualità. I capelli biondissimi e corti, pettinati all'indietro con quintali di gel, mette in mostra i denti bianchissimi mentre mi indirizza un sorriso cordiale e smagliante. Assomiglia molto al Ken delle Barbie, stessa perfezione, stesso fisico palestrato simile a plastica, stesso look alla moda e dai colori sgargianti. Indubbiamente un bel ragazzo, ma decisamente non il mio tipo.
I suoi occhi azzurri, molto simili a quelli di Chantelle, percorrono il mio corpo da cima a fondo, soffermandosi sulla morbida curva del seno - Sei bellissima - mi sussurra con fare sensuale.
Sorrido, compiaciuta del complimento. Il vestito che indosso è tra i tanti che Chantelle ha insistito nel farmi comprare, ma è il più sobrio e il più semplice. Di un bellissimo e lucido grigio perla, la scollatura ovale che mette in mostra una piccola porzione del mio seno, lungo fino a coprire le cosce, molto simile a una maglietta con l'unica differenza che è aderente e terribilmente sexy. Le sottili calze nere coprono le mie gambe, slanciate dalle scarpe chiuse col tacco alto. Inizialmente barcollavo su quei trampoli, ma a furia di bere Telford è diventato facile come indossare un semplice paio di scarpe da tennis.
Mi passo una mano tra i capelli lisci e sottili, mentre Luke mi cinge entrambi i fianchi con le braccia possenti e spalma il suo corpo sul mio, prendendo a ballare con me. Non sarà Tom, ma è comunque un gran bel ragazzo, gentile e carismatico. E' arrivato il momento di mettere un punto al capitolo Tom e cominciarne uno nuovo, e magari Luke è la persona adatta con cui cominciarlo. 
Gli cingo il collo con entrambe le braccia, l'alcool mi fa sentire leggera come una piuma e un sorriso d'ebete mi si stampa sulla faccia. La mente mi si svuota, le braccia di Luke sono l'unica cosa a sostenermi. Tutto mi sembra così distante, così surreale, come se mi trovassi dentro una bolla trasparente che mi consente di vedere quello che mi accade intorno, ma non mi permette di realizzarlo. 
Ho decisamente esagerato con l'alcool.
- Scollati, è già impegnata -
Una voce arriva ovattata alle mie orecchie, Luke smette di ballare con me. Peccato, eravamo così vicini dal baciarci. Lo vedo voltarsi, contrariato e scocciato dall'interruzione - Davvero? Da quel che ricordo l'hai lasciata, Tom -
Tom? Quel Tom? 
- Ho intenzione di riprendermela, quindi levati -
- Avresti dovuto pensarci prima -
- Te lo ripeterò di nuovo, Ken : levati. Lei è mia -
Le braccia di Luke scivolano via dal mio corpo, mi sento precipitare. Ma invece di accasciarmi a terra, mi accascio contro il petto di qualcuno. Due forti e familiari braccia mi circondando possessive, protettive come uno scudo. Un profumo familiare, così intenso e tenue allo stesso tempo, una barba ruvida mi solletica la fronte facendomi ridere senza freno. I miei occhi incontrano quelli grandi e divertiti di Tom Kaulitz, e la mia risata si spegne lentamente.
- Tu che ci fai qui? - gli chiedo, squadrando il mio nuovo compagno di danze. Indossa dei jeans strappati e una maglietta bianca che lascia intravedere il fisico muscoloso e scolpito, una camicia sempre di jeans aperta e con le maniche arrotolate fino ai gomiti. Un cappello da basket rosso gli copre la fronte, donandogli un'aspetto ribelle e tremendamente affascinante.
- Il tuo amico ti ha sostituita in fretta - con un cenno del capo Tom indica Luke, che è andato a ballare con una delle amiche di Chantelle. Sono costretta a dargli ragione, mi ha sostituita decisamente in fretta.
- Sono evidentemente facile da rimpiazzare - sputo amaramente. 
Tom rimane impassibile, poggia la sua fronte sulla mia - Ho detto a Luke che sei mia, prima, te lo sei persa? - 
- Mi hai mollata, te ne sei dimenticato? -
- Ho intenzione di riprenderti - 
Il mio cuore smette di battere, involontariamente trattengo il respiro. Sto sognando, ho bevuto decisamente troppo. Scoppio a ridere, tra l'isterico e il divertito, posando la guancia sul petto muscoloso del chitarrista, le gambe non mi reggono più. Il chitarrista mi tiene con maggiore forza, e mi accascio completamente su di lui, priva di forze per il troppo alcool ingerito e per la quantità di illusioni e film mentali irrealizzabili che si stanno accalcando nella mia mente.
- Adesso mi riprendi, tra dieci minuti riprenderai Chantelle, tra due giorni la tua ex di quattro anni fa. Sei ridicolo, Tom, sei assolutamente ridicolo! - parlo a fatica a causa delle risate che continuano a scuotermi il petto, e non riesco a fermarle, come se ci fosse qualcun altro che mi stesse comandando contro il mio volere - Perché non vai a divertiti con una delle amiche di Chantelle, invece di perdere tempo con me, eh? -
Tom mi afferra il viso in una mano, costringendomi a guardarlo. Le sue labbra sono così vicine alle mie che potrei baciarlo stendendole appena. I suoi occhi mi guardano, una luce divertita e maliziosa illumina i suoi occhi penetranti ma impenetrabili. La sua voce è bassa e calda, sensualmente roca - E' con te che voglio divertirmi
Le sue labbra si posano sulle mie, caste e leggere. La sua barba ruvida e curata strofina delicatamente sulle mie guance, qualsiasi altra donna lo troverebbe fastidioso, ma io lo trovo stranamente eccitante. Le nostre labbra cominciano a muoversi in sintonia, voraci, la lingua di Tom s'infila nella mia bocca, cercando famelica la mia. Le nostre lingue iniziano una danza sensuale, desiderose di un contatto che era venuto a meno per troppo tempo e che adesso ha bisogno di essere saziato. Non oppongo alcuna resistenza mentre Tom mi stringe prepotentemente contro il suo corpo, spalmandosi sensualmente sul mio, quasi volesse diventare un'unica cosa con me. I nostri corpi aderiscono perfettamente, come se fossero stati plasmati insieme, destinati ad incastrarsi in quel modo.
Gli circondo il collo con le braccia, mordendo il labbro inferiore del mio partner, per stuzzicarlo. Sento Tom sorridere sulle mie labbra, le sue mani accarezzano veloci la mia schiena e la pancia piatta. I nostri corpi premono, desiderosi l'uno dell'altro, affamati, insaziabili. Le mie mani accarezzano i suoi addominali ben scolpiti, che sembrano di marmo. Dio, quanto mi era mancato il suo corpo. Quanto vorrei essere in hotel per poterci spostare in camera da letto. Siamo entrambi ansimanti, entrambi senza fiato, ma nessuno dei due desidera separarsi dall'altro. 
Le mani di Tom si muovono abili sul mio corpo, esperte, spostandosi con audacia sul mio sedere, stringendolo appena, come in forte segno di possessività per chiunque ci stia guardando in questo momento. Le sue labbra sanno di fumo e di alcool, non sono l'unica che ha bevuto.
Ci stacchiamo lentamente, la musica attorno a noi rimbomba, le luci blu ci rendono protagonisti di un momento tutto nostro. Tom mi sorride malizioso, le mani ancora sul mio sedere.
Sto per sorridergli anche io, ma improvvisamente le gambe non reggono più per davvero, come se le ossa si stessero sgretolando. La vista mi si appanna, oscurandosi fino a diventare nera, la mia pelle diventa fredda come quella di un cadavere, anzi, mi sembra di morire.
- Tom, non ci vedo più - riesco a dire, prima di perdere conoscenza tra le braccia del mio amato.

 



* * *




Mi sento uno schifo, un completo straccio. Mi viene da vomitare. Mi sento come se non avessi più le ossa, come se fossi diventata un invertebrato. 
Apro lentamente gli occhi, il dolore alla testa è lancinante, come se mi stessero spaccando in due il cranio. Mi trovo in quella che sembrerebbe un'ambulanza, uno spazio talmente piccolo da essere claustrofobico. Sono stesa su un basso lettino bianco, vorrei avere una coperta per poter coprire la pelle, brividi di freddo mi percuotono violentemente. 
Tom è seduto accanto a me, su un sedile foderato di verde. Si è tolto il cappello, i capelli sono disordinati nella coda ormai sfatta che lascia cadere diverse ciocche scure sulle sue guance. Sussulta appena si rende conto che sono sveglia, la sua mano si posa delicatamente sulla mia fronte, come se temesse potesse ferirmi con quel semplice gesto - Piccola - sussurra, la sua voce è sollevata e preoccupata allo stesso tempo - Come ti senti? -
- Uno schifo - 
- Non pensavo che i miei baci ti facessero tale effetto - ridacchia Tom, tra il malizioso e il preoccupato. La sua mano calda è in totale contrasto con la mia pelle fredda, una scarica di brividi mi percuotono la schiena, il mio corpo lentamente si riscalda. 
- Non puoi neanche lontanamente immaginare l'effetto che mi fai - mormoro, più a me stessa che a lui. 
Il chitarrista mi sorride dolcemente, forse la mia ultima per la mia ultima e veritiera affermazione, per poi tornare serio subito dopo - Cos'hai bevuto? -
Esito, distogliendo il mio sguardo dal suo, improvvisamente a disagio. Mi mordo il labbro inferiore, come sempre quando sono nervosa oppure incredibilmente a disagio - Nulla. Solo un bicchierino di Telford - 
- Un bicchierino? -
- E va bene, ne ho bevuti quattro -
Tom strabuzza gli occhi, incredulo. Ritrae la sua mano e mi sento improvvisamente scoperta, ho dannatamente bisogno del suo tocco, delle sue mani sulla mia pelle che mi riscaldano più di una coperta - Quattro?! Sei impazzita?! Un bicchierino di quella roba è già una bomba, figuriamoci quattro! -
Non oso rispondere, il mio corpo torna ad essere freddo come ghiaccio. Mi stropiccio le mani, vergognandomi terribilmente. La voce di Tom si addolcisce, lo vedo scuotere il capo come ancora scosso per l'accaduto, incredulo della mia avventatezza nell'aver così esagerato con l'alcool - Perché hai bevuto quella robaccia? -
Evito i suoi occhi, consapevole che se li incontrassi proprio adesso ci riverserei dentro tutta la mia debolezza e il mio disperato bisogno di lui. Cerco di trovare le parole giuste per rispondere, le parole più significative, ma al momento ogni parola sembra minimizzare quello che ho dentro e quello che vorrei dire. Sospiro, concentrandomi sul basso soffitto immacolato dell'ambulanza - Volevo dimenticarmi di te. Ma non ci sono riuscita -
Rimaniamo in silenzio, assaporando quelle parole così vere. La mano di Tom prende la mia, il suo pollice accarezza il mio palmo, le sue dita s'intrecciano strette alle mie. E rimaniamo così, in silenzio, ognuno assaporando il silenzio, il silenzio carico di quelle emozioni che entrambi proviamo, alcune identiche, alcune contrastanti. Ma sono tutte i tasselli di un unico puzzle. Il nostro.
Tom sospira, la sua voce è triste - Sono un coglione -
- Sì, tesoro, lo sei -
Il chitarrista ridacchia - Tu non sei da meno -
- Da qualcuno devo aver imparato - ridacchio a mia volta, guardandolo.
E in quegli occhi ritrovo tutto l'amore di cui ho bisogno, e che solo lui è in grado di darmi. 




Vanisher says :
Sono consapevole del fatto che questo capitolo è abbastanza cortino, ma ... boh, a me è piaciuto un sacco scriverlo! Dal prossimo capitolo le cose si complicheranno, quindi non abituatevi a vedere la coppia protagonista così felice come adesso ... sono malefica, lo so.
A 4 recensioni ci sarà il prossimo capitolo, daje, non siate pigri!
Un grazie di cuore a tutti!

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Capitolo 6
*** Non sei il Signor Gray ***


NON SEI IL SIGNOR GRAY





- Piccola, entra pure -
Timidamente entro nella stanza di Tom, grande il doppio rispetto alla mia. In realtà tutto qui è più grande rispetto a quello che c'è nella mia stanza. Sento il chitarrista chiudere la porta mentre io mi perdo nel contemplare l'enorme e quasi dispersiva camera. La sua presenza accanto a me mi riscuote dai miei pensieri.
Lo vedo posizionarsi davanti a me e sorridermi dolcemente, afferrandomi il viso con entrambe le mani e posandomi un casto bacio sulla fronte coperta dalla frangia scura. Le sue labbra rosee rimangono qualche secondo sulla mia fronte, come a voler controllare se avessi la febbre.
- Come stai? - mi chiede, ancora sulla mia pelle.
Mi perdo nel suo inebriante profumo, il mio naso sul suo collo - Meglio, grazie. E tu, invece? -
Tom si allontana leggermente da me, allargando le braccia come a volersi mostrare. Ridacchia, abbassando le braccia dopo qualche secondo - Non ho bevuto bicchieri su bicchieri di Telford - 
- Giusto. Ho bisogno di parlarti -
Con un cenno del capo, Tom mi indica l'enorme tavolo rotondo di fronte alla finestra che affaccia sulla città, il tramonto arancio e rosa illumina le strade mentre il sole si nasconde tra gli alti palazzi. Una vista spettacolare, da immortalare.
- Di cosa vuoi parlarmi? - mi chiede il chitarrista mentre ci sediamo.
Esito qualche istante - Del perché mi hai lasciata. Di nuovo -
Tom espira rumorosamente - Non ha importanza, Reb, davvero -
- Ne ha moltissima, invece! - ribatto.  
- Siamo tornati insieme, non è questo quello che conta? -
- Certo, tesoro, ma ... - mi interrompo, alla ricerca delle parole adatte da utilizzare - Ma ho davvero bisogno di saperlo. Se non me lo dici continuerò a chiedermelo e a cercare spiegazioni plausibili per la nostra rottura per il resto della mia vita, e finirò per diventare pazza -
Tom mi sorride, l'anellino che ha all'angolo sinistro del labbro inferiore viene colpito da un raggio di sole color arancio - Come se già non lo fossi -
- Tom, ti prego! - gli afferro entrambe le mani, così grandi rispetto alle mie. Nei miei occhi c'è una tacita ed esigente preghiera, una supplica e un desiderio che vorrei Tom soddisfasse al più presto - Ho bisogno di saperlo. Si tratta della tournée? Non vuoi che io venga? -
Tom sospira - Reb, piccola ... -
- Non è un problema, prendo il primo volo e torno a casa - mi affretto a continuare, timorosa che il chitarrista possa aver frainteso la mia domanda - Ti aspetterò lì, dopotutto non dovrai stare via per sempre e durante la tournée potrai divertirti senza preoccuparti per me - 
Tom mi sorride rassicurante, le sue mani stringono con forza le mie - Come puoi pensare di essere un peso, sciocca? -
- Allora cosa c'è che non va? - insisto. 
Tom sospira ancora, il suo sguardo si sposta sull'enorme tavolo rotondo che c'è tra di noi. Rimane in silenzio per quelli che sembrano anni, anni in cui rimango pazientemente in attesa di un suo gesto, di una sua parola che possa spiegarmi quello che da giorni ho tentato di spiegarmi. Lo sguardo di Tom rimane fisso sul legno lucido del tavolo, l'unica cosa che mi impedisce di stringerlo tra le mie braccia per infondergli il coraggio di confidarsi con me. 
Quando rialza gli occhi, quasi di scatto, sussulto - Credo sia giunto il momento di rivelarti una cosa, piccola - la sua voce è carica di determinazione e paura, le sue mani stringono le mie talmente forte da farmi quasi male, ma ignoro la stretta e continuo a fissarlo - Però promettimi che quello che sto per dirti non influenzerà il nostro rapporto, quello che sto per dirti non deve in alcun modo allontanarti da me -
- Non mi allontanerei mai da te in qualsiasi caso - ridacchio, quasi sarcastica.
- Parlo sul serio, Reb - mi ammonisce severamente Tom.
Annuisco, comincio ad avere paura di ciò che Tom voglia rivelarmi. Non l'ho mai visto così serio e preoccupato in tutta la mia vita, non gli ho mai letto una tale paura e insicurezza negli occhi. Lui, che riesce sempre a sdrammatizza ogni situazione col suo sarcasmo e il so umorismo a volte spinto, con la sua testardaggine e col suo godersi la vita comunque vada e qualsiasi cosa accada. Cosa lo sta cambiando? 
- Qualsiasi cosa ti dica, promettimi che non te ne andrai sbattendo la porta, che continuerai a parlarmi e a trattarmi come se non ti avessi mai detto nulla. Promettimi che prima di giungere a qualsiasi conclusione affrettata ne parleremo, mi farai tutte le domande di cui avrai bisogno e io ti risponderò sinceramente -
- Che cosa ... -
- Promettimelo -
Annuisco ancora, il cuore batte frenetico nel petto, quasi volesse spaccare la cassa toracica. Allora ci siamo, il momento della verità è finalmente giunto, e io ho paura di affrontarlo - Te lo prometto -
Tom fa un respiro profondo, i suoi occhi s'impiantano nei miei - Sono padre -
Il mio labbro inferiore si allontana da quello superiore, quasi involontariamente mi ritrovo con la bocca spalancata e gli occhi sgranati quasi fuori dalle orbite. Mi sarei aspettata qualsiasi genere di notizia, mi ero preparata a tutto, anche al peggio. Ma non avrei mai immaginato che Tom Kaulitz potesse darmi una tale notizia. 
Improvvisamente collego tutto, tutti i tasselli mancanti s'incastrano perfettamente al loro posto finendo il puzzle che da tanto tempo cercavo di concludere. Tutto adesso ha senso : l'improvvisa comparsa di Chantelle in hotel, la sua rottura con Tom, il suo volermi rivelare tutto quando ci saremo conosciute meglio. La preoccupazione di Tom nel sapere che sarei uscita con lei, la sua necessità di sapere se avevamo parlato di lui e cosa ci eravamo dette. Il suo perenne malumore, l'avermi lasciata così all'improvviso e senza un'apparente motivo. 
Non so cosa provare, non so cosa dire. Non so se esserne felice, arrabbiata, triste. Non so se alzarmi e andarmene lontano da lui, anche se ho promesso di non farlo, non so se riempirlo di domande, non so se farmi raccontare quando e come è successo. Ci sono così tante cose ancora che vorrei chiedergli, chiarire, eppure ho paura di sapere, di chiedere. 
Boccheggio un paio di volte, mi manca il fiato sufficiente per poter elaborare una risposta decente, per poter ragionare con calma e senza saltare a conclusioni affrettate che peggiorino la situazione. Allora Tom decide di anticiparmi - Se sei arrabbiata lo capisco, avrei dovuto dirtelo subito. Volevo dirtelo, ma temevo tu potessi allontanarti ulteriormente da me e ... -
- Quando? - lo interrompo bruscamente.
- Cosa? -
- Quando l'hai scoperto? - 
Tom risponde prontamente - Qualche minuto prima del nostro litigio, quando eravamo ancora a casa, tre giorni prima dell'inizio del tour - 
Ora si spiega l'intero pacchetto di sigarette consumato al mio arrivo a casa, Tom non ha mai fumato così tante sigarette consecutive, nemmeno quando eccessivamente arrabbiato o nervoso. La scena del litigio torna vivida nella mia mente, non si è ancora sbiadita e tutto quello che prima non capivo ora lo capisco fin troppo bene. Purtroppo.
Annuisco, questa volta sono io ad aumentare la presa sulle sue mani, come se potesse lasciarmele da un momento all'altro e dirmi addio per sempre per unirsi alla sua nuova famiglia - Quanti anni ha? -
- Si chiama Jeanny, ha compiuto sei anni la scorsa settimana - Tom esita qualche istante prima di proseguire, evidentemente in attesa di una mia reazione che però non arriva, perché sto ancora cercando di capire e di elaborare il modo più corretto e sereno di agire - Chantelle mi ha tenuto all'oscuro per tutto questo tempo - 
- Perché si è decisa a parlare solo adesso? - domando con involontaria ma spontanea amarezza.
- Perché la bambina vuole conoscere il suo vero padre, me - 
Comprensibile, perfettamente comprensibile. E' naturale che una bambina abbia il desiderio di conoscere l'uomo con la quale la madre l'ha concepita, è un diritto. Ed è anche comprensibile che Tom abbia fatto questa follia con Chantelle, non ho motivo di essere arrabbiata perché dopotutto ancora non ci conoscevamo. Tom Kaulizt allora era un perfetto sconosciuto, era semplicemente il chitarrista della famigerata band dei Tokio Hotel. Ma allora perché sono furiosa?
Non riuscendo più a contenermi, abbandono la schiena contro lo schienale morbido della sedia e lascio andare le mani di Tom con un gesto secco. Mi copro il viso con entrambe le mani, i suoi escono smorzati dalla mia bocca a causa dei palmi premuti con forza contro essa - Merda! - 
Mentre continuo ad imprecare silenziosamente nella mia mente, Tom lascia cadere rumorosamente le mani ormai libere sul piano del tavolo - Cerchiamo di non perdere la calma, Reb - lo sento dire con innaturale pazienza. 
- Porca troia, Tom, una bambina! Hai una fottutissima figlia! - scandisco ogni parola con tono grave, scoprendomi il viso per poter mostrare al chitarrista tutto il mio stupore e la mia incredulità - Tutto questo è assurdo! - decreto infine.
- Ora riesci a capire perché ti trattavo di merda? Volevo allontanarti il più possibile da me, per tenerti alla larga da questa storia - accenna un mezzo sorriso, sollevando gli angoli della bocca - Ma io non riesco a staccarmi da te -
Alzo gli occhi al cielo. Per quanto apprezzi i suoi improvvisi moti di dolcezza e tenerezza, che sono sempre bene accetti, al momento non sono a me graditi - Non sei il Signor Gray, smettila -
- Hai ragione, sono meglio -
- Il Signor Gray usava i preservativi, almeno! - 
- Li uso anche io, se no sai quante volte saresti rimasta incinta? -
- Evidentemente quella volta ti sei dimenticato di usarli, perché altrimenti adesso non ti ritroveresti ad essere padre -
- Si sarà rotto, Reb, sono cose che capitano! -
- Sono cose che capitano? - replico, sgranando gli occhi basita - Dovresti assicurarti che siano integri, prima di usarli! -
- Erano integri - ribatte stancamente Tom, lasciandosi andare sullo schienale della sua sedia e allungando le lunghe gambe sotto al tavolo, stravaccandosi come suo solito - Evidentemente ho il cazzo talmente lungo da ... -
- THOMAS! - 
Il chitarrista ridacchia, chinando il capo in dietro, divertito. I suoi caldi occhi scuri si fissano nei miei con fare malizioso, inclinando la testa di lato come per guardarmi meglio - Andiamo, non puoi negarlo -
Lo squadro apaticamente dalla testa ai piedi - Posso eccome, tesoro -
Tom s'inumidisce le labbra con fare sensuale, i suoi occhi ancora nei miei - Probabilmente te ne sei dimenticata, dato che sono giorni che non facciamo sesso. Vuoi dare una controllatina per rinfrescarti la memoria? -
Devo ricorrere a tutto il mio autocontrollo per non alzarmi dalla sedia e saltargli addosso per riempirlo di baci. Perderei l'ennesima sfida che mi sta lanciando. Al contrario, abbasso leggermente le palpebre per fulminarlo - Scusami, ma ho paura del vuoto -
Il chitarrista riprende a ridacchiare - Quindi niente sesso? -
- Tom, per l'amor del Cielo, sii serio! - sbotto alzando gli occhi al cielo. Torno a posarli su di lui, seria come non mai - Quando vedrai la bambina? -
- Non lo so. Immagino che Chantelle voglia lasciarmi il tempo necessario per prepararmi psicologicamente all'incontro -
Improvvisamente un dubbio, una domanda attraversa la mia mente come un fulmine nel momento stesso in cui il mio ragazzo termina di parlare - Ha portato la bambina con sé? -
Il chitarrista sospira, confermando - Già, è intenzionata a seguirmi per tutta la durata del tour se necessario -
Tutto questo è assurdo, Chantelle non può insistere così! Tra i concerti, le prove, le interviste radiofoniche e televisive, gli incontri con i fan e i servizi fotografici, Tom non troverà mai il tempo necessario per incontrare sua figlia, com'è logico che sia. Non ne ha per me che sono la sua ragazza, figuriamoci!
Sospiro anche io, portandomi le mani alla testa e massaggiandomi nervosamente le tempie coi polpastrelli. Tutto questo è stressante per me che non sono direttamente addentra alla situazione, figuriamoci quanto debba essere stressante per Tom. Una bambina, una bambina di sei anni di cui nemmeno lui conosceva l'esistenza. 
- E se la bambina non fosse tua? - scatto improvvisamente.
Tom aggrotta la fronte, perplesso - Cosa stai dicendo, certo che è mia! -
- Che certezze hai? Chantelle potrebbe aver avuto la bambina con un altro e vuole spacciarla per tua figlia per costringerti a tornare con lei - la mia immaginazione senza confini comincia a creare una serie di situazioni in cui Chantelle e Tom tornano insieme, vivono sotto lo stesso tetto e accudiscono una miriade di bambini con gli occhi di lui e i capelli di lei. Mi sento male al solo pensiero.
Tom ride piano, nel tentativo di sdrammatizzare - Quindi magari la bambina potrebbe essere nostra -
- Sei anni fa non ci conoscevamo neanche, pirla -
- Oh, è vero. Peccato, ero un gran figo all'epoca. Non che non lo sia anche adesso, ma ... -
- TOM -
Qualcuno bussa alla porta della sua camera, e rimaniamo silenziosamente in attesa. Dopo qualche istante, Bill entra con un grande sorriso stampato sulle labbra e coi capelli biondi e corti perfettamente pettinati. Dietro di lui entrano Georg e Gustav, anche loro con dei sorridi da ebeti stampati sui volti. Che accidenti ci fanno qui?
Guardo Tom con aria interrogativa, in attesa di una spiegazione che mi viene prontamente data - Ho intenzione di dare la "lieta" notizia anche a loro - 
- Oh, ma già lo sappiamo che vi siete rimessi insieme! - esclama Bill, applaudendo entusiasta mentre si siede sul letto di Tom.
- E che ci avete dato dentro - aggiunge Gustav, rivolgendo un'occhiata complice al chitarrista che, purtroppo, e costretto a smentire con un ripetuto cenno di nego del capo. 
- Ah, ho capito - interviene Georg, trattenendo una risata mentre si stravacca accanto a Bill, che freme dalla curiosità - Volete tenervi per stasera? -
- Georg, ti prego - alzo gli occhi al cielo esasperata, almeno lui pensavo avesse un briciolo di cervello e non solo un bel visino e un bel corpo. Il bassista in tutta risposta mi manda un bacio volante sulle punte delle dita. 
- Ragazzi, è una cosa seria - la voce di Tom è ferma e decisa, ma i suoi occhi sono fissi sul tavolo di legno, come incollati. Rimaniamo tutti in silenzio, adesso più nessuno ride e scherza, perché quando Tom è serio e non è il primo a fare del sarcasmo, allora vuol dire che c'è qualcosa di veramente grosso in ballo - La notizia che sto per darvi è veramente ... - si interrompe, non riuscendo a trovare le parole. Fa un lungo sospiro, prima di continuare - Non mi sono mai cacciato in un guaio così grosso in vita mia, e sì che io di guai ne ho fatti tanti -
- Fratellino, che succede? - domanda Bill, improvvisamente allarmato.
Tom sospira ancora, come incapace di respirare normalmente - Sono padre -




Vanisher says :
Sono perfettamente conscia del fatto che anche questo capitolo è corto, ma ci tenevo a postare ed a incentrare un unico capitolo sul casino che Tommuccio ha combinato. Ora, sinceramente, quanti di voi se lo aspettavano? 
Immagino che avrete notato che ho cambiato il nome della storia, e adesso vi dico il perché. Come tutti voi vi ricorderete, originariamente si chiamava "Feel It All" perché la storia è ambientata durante il Feel It All Tour, però come titolo mi sembrava un po' ... pacco (?), insulso. Questo mi piace decisamente di più, voi che dite??
Avrete anche capito che ho cambiato il nickname, questo mi si addice di più hihihi
A 4 recisioni arriva il capitolo, dajeeeee.
Un bacino a todos, buon week end!
Lena

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Capitolo 7
*** Vuoi negarmi il paradiso? ***


VUOI NEGARMI IL PARADISO?



 
- COSA?! - la reazione di Bill arriva immediata e rumorosa mentre balza in piedi. Gli occhi scuri sgranati e sconvolti dall'assurda notizia appena ricevuta, la bocca che cerca di articolare qualcosa di vagamente sensato con cui ribattere. Non riuscendo ad elaborare nulla, ridacchia istericamente - Stai scherzando, vero? -
- Certo che sta scherzando - annuisce convinto Gustav, scuotendo il capo in cenno d'assenso, quanto vorrei avesse ragione. Lo sbigottimento del batterista è perfettamente celato dietro gli occhiali che nascondono le emozioni dei suoi piccoli occhi chiari mentre si posano su Tom - Hai sempre detto e ripetuto che non avresti mai avuto dei figli, perché altrimenti saresti stato costretto ad abbandonare i Tokio Hotel -
- Non lascerò mai la band - conferma Tom con decisione.
Georg sospira pesantemente, attirando l'attenzione di tutti. Rimaniamo in attesa che anche lui possa esprimere il suo sbigottimento e la sua perplessità. Invece, il bassista mi rivolge un triste e sarcastico sorriso - Allora è per questo che Chantelle è riapparsa dopo tutti questi anni -
Annuisco, confermando quanto ha appena detto. Georg ha capito tutto e subito, e sono felice di non essere costretta a sentire per la seconda volta il racconto di come ciò è potuto accadere. Sentirlo una volta mi ha colpita, la seconda potrebbe affondarmi completamente. 
Anche Bill sembra finalmente capire e collegare, perché è come se un centinaio di ricordi stessero scorrendo sotto i suoi occhi che, illuminati da un'insolita ed inquietante luce cattiva, si posano con rabbia sul fratello - Non dirmi che ... - i suoi occhi non hanno mai guardato con così tanta ostilità qualcuno.
Tom annuisce, tra il colpevole e il mortificato - Proprio così -
- Quale delle tante volte? -
Il chitarrista non sembra essere per niente imbarazzato - Quando abbiamo scopato in hotel - 
Bill ghigna sarcastico, alzando gli occhi al cielo - Quale delle tante? - ripete ancora.
- Vorrei evitare di sapere tutti i particolari - sbotto nervosamente, fulminando i due gemelli con occhi che non sembrano nemmeno i miei. Mi alzo, spostando rumorosamente la sedia e rivolgendo la mia attenzione al pavimento scuro per non mostrare ai ragazzi i miei occhi lucidi. Mi sento improvvisamente avvampare, come se qualcuno mi avesse appena tirato una violente sberla - Scusate, ho bisogno di andare a fare due passi - mormoro velocemente, prima di uscire veloce dalla stanza.
- Aspetta, Reb! - Tom tenta di fermarmi, lo sento mentre veloce scosta rumorosamente la sua sedia per raggiungermi ed impedirmi di fuggire così.
- Lasciala stare, Tom - replica Georg, quasi infastidito. Come sempre lui riesce a capire i miei bisogni nascosti, i miei taciti desideri, le mie mute preghiere, a volte meglio di quanto ci riesca Tom. 
Chiudo la porta accasciandomici sopra con le poche ed inesistenti forze che mi sono rimaste in corpo, lasciandomi scappare un gemito frustato che annuncia l'arrivo di tante lacrime.  Devo staccarmi da questa situazione almeno per qualche minuto, devo realizzare tutte le assurde ed impossibili notizie che mi hanno investita come un treno, per non parlare delle centinaia di emozioni negative e contrastanti che si sono ficcate violente e prepotenti nel mio cuore. Devo rimanere da sola per un secondo, uno solo basta. 
- Pensavo avessi smesso di fare il puttaniere - lo rimprovera Bill con voce troppo alta, le sue parole arrivano lontane ma ben chiare anche da dove mi trovo. Poggio un'orecchio sulla liscia superficie della porta nel tentativo di ascoltare quello che il cantante sta dicendo, ma le voci arrivano a tratti ovattate. 
- E' successo sei maledetti anni fa - ribatte duramente Tom nel tentativo di difendersi, anche lui alzando la voce e permettendomi di sentire tutto come se fosse accanto a me in questo momento. Me lo immagino, in piedi mentre fronteggia il fratello gemello - Non sapevo che Chantelle fosse rimasta incinta dopo una delle innumerevoli volte che abbiamo fatto sesso, e lei non mi ha fatto la cortesia di dirmelo fino all'inzio del tour! -
- Ha partorito senza dirti nulla? - chiede Gustav, riesco a cogliere senza alcuna fatica il suo tono incredulo.
- Già, e adesso la bambina vuole conoscermi -
- Persino femmina! - conclude Bill, come scioccato. 
- Quindi è per questo che hai mollato Rebecca - aggiunge ancora Gustav, sempre più sbigottito ed affascinato, consapevole di ritrovarsi all'interno di una di quelle scene da telenovela argentina. Le ho sempre odiate, sono tutte così surreali ed inverosimili ... 
- Volevo proteggerla - precisa infastidito Tom, abbassando la voce. 
Seguono parecchi attimi di silenzio, e rimpiango di non essere rimasta per poter leggere tutte le emozioni che stanno correndo sui volti dei miei amici in questo momento. Rimango in attesa, trattenendo il respiro nel timore di fare rumore e di farmi scoprire. Premo l'orecchio ancora di più sulla porta per cogliere ogni singolo movimento dei loro corpi, ma è come se qualcuno avesse messo in pausa la telenovela. Dopo secoli di interminabile e palpabile tensione, Tom torna a parlare.
- Vai da lei, Georg - sospira, si sente il rumore di una sedia che viene pesantemente trascinata a terra. Probabilmente è tornato a sedersi.
- Non dovresti andarci tu? - domanda il bassista, neutro ed apatico.
- Sono l'ultima persona che vuole vedere in questo momento - risponde Tom, con una punta di amarezza ed invidia nella voce dura - Vai da lei, ha bisogno di te -
Mi allontano rapida dalla porta, trascinandomi verso la parete vicina. Mi alzo velocemente in piedi, passando i palmi delle mani sugli occhi lucidi e bagnati che non hanno voluto riversare alcuna lacrima. 
Georg esce dalla stanza, e subito mi trova. Rimaniamo in silenzio mentre si chiude la porta alle spalle, i suoi occhi piccoli e scuri scrutano con amara tristezza i miei occhi lucidi e il mio tacito desiderio di un pianto e di emozioni che devono essere buttate fuori dal mio corpo e dalla mia mente, o potrei esplodere da un momento all'altro come una bomba. Mi tende una mano, e io l'afferro senza esitazioni mentre mi conduce lontana dal corridoio, momentaneamente lontana da questo casino. 
Non presto attenzione ai corridoio che percorriamo, la mano stringe forte la mia come un'ancora di salvataggio che non lascerei per nulla al mondo. Il braccio di Georg avvolge protettivo le mie spalle, improvvisamente ci fermiamo in mezzo all'ennesimo corridoio che percorriamo e mi ritrovo stretta al suo petto muscoloso in un abbraccio. Ricambio la stretta con le poche forze rimaste, nascondendo il viso nella sua spalla. Cerco di esternarmi dai miei sentimenti, di chiudere il mio dolore, la mia tristezza e la mia frustrazione in un angolo remoto della mia mente, di allontanare tutto questo dal mio cuore e di pensare in modo logico e razionale. Ma come fai ad escludere il cuore in una situazione tanto delicata come questa? Come fai a pensare in modo razionare, calmo? 
Georg mi accarezza lentamente i capelli con una mano, mentre con l'altra mi sorregge per le spalle. La sua voce è triste e dolce - Puoi piangere, sai? Sono qui per questo -
Qualcosa di automatico si aziona in me, la prima lacrima scende lenta, seguita da altre molto più veloci. Cerco di fermarle, di smetterla prima che sia troppo tardi. Mi impongo di non piangere, di essere forte perché lo sono. 
Ma chi voglio prendere in giro? 
Sconfitta cerco di soffocare i singhiozzi, col solo risultato di tremare come una foglia. Mi rassegno al fatto che sarà un lungo pianto e che nemmeno questo riuscirà a farmi sfogare come si deve, servirà solo a farmi stare peggio quando rivedrò Tom e a farmi vedere il mondo negativamente. 
Mi nascondo nella spalla di Georg, inzuppandogli la maglietta color fumo con le mie lacrime - Voglio fumare - mormoro tra i singhiozzi.
Georg smette di accarezzarmi i capelli ed estrae il pacchetto di sigarette dalla tasca dei pantaloni, tirando poi fuori due sigarette - Lo sapevo - ridacchia - Ormai ti conosco troppo bene -



 

* * * 




Andiamo a fumare sulle isolate scale antincendio, i gradini di ferro bucherellato color bottiglia e le piccole piattaforme quadrate abbastanza larghe da poter far stare un minimo di cinque persone in contemporanea su una stessa piattaforma. Una luce al neon verde è appesa sulla pesante porta d'emergenza, colorandoci. Tengo la sigaretta stretta tra le labbra mentre faccio scattare ripetutamente la piccola rotella dell'accendino col pollice. Dopo qualche tentativo, finalmente una piccola fiamma si sprigiona e posso accendere la sigaretta. Georg ripete la stessa operazione subito dopo di me, sedendosi sul primo gradino delle scale.
- Hai sentito tutto, vero? - domanda, concentrato sull'accendino.
- Conosci già la risposta, perché me lo chiedi? - ribatto, quasi stizzita.
Georg sospira, la sua pazienza con me è infinita - Avanti, sfogati -
Rimango in silenzio, aspirando una lunga boccata di fumo dalla mia sigaretta. Butto fuori una grossa nuvole grigia che si disperde veloce nella fredda aria notturna. Se prima avevo disperatamente bisogno di piangere, di urlare e di sfogarmi, adesso tutto quello che voglio è rimanere in silenzio e svuotare completamente la mente senza pensare più a nulla. E' come se la parte emotiva e sensibile di me fosse uscita dal mio corpo per andare a prendersi un gelato, mentre quella apatica e razionale è rimasta ad occupare tutta me stessa.
- Allora? - mi incita Georg.
Mi mordo il labbro inferiore con forza - Ho paura che Tom possa lasciarmi di nuovo -
- Per Chantelle? -
- Per sua figlia. Per quanto Tom possa essere egoista o irresponsabile, non negherebbe mai a sua figlia, voluta o non voluta che sia, di avere un padre. Ha un cuore troppo grande per impedirglielo -
Georg annuisce, la sigaretta in equilibrio tra le labbra smorza ogni sua parola - Si è ritrovato ad essere padre da un momento all'altro, senza preavviso. Se Chantelle gli avesse rivelato prima della bambina, subito dopo il parto, Tom avrebbe gestito la situazione in maniera differente. Ma quando conobbe Chantelle era un puttaniere di prima categoria, un donnaiolo che portava ogni sera una ragazza diversa nel suo letto. Forse avrebbe negato la bambina, forse l'avrebbe preso come un invito a maturare e a prendersi le proprie responsabilità. Ma adesso è cresciuto ed è diventato un uomo, e il fatto che abbia voluto condividere questa cosa con te è già un gran passo avanti -
Sorrido sarcastica - Ho insistito per saperlo, altrimenti non me l'avrebbe mai detto -
- Ne sei sicura? -
- Purtroppo sì -
Inspiro a grandi polmoni dalla mia sigaretta, il fumo brucia nella mia gola e nei miei polmoni, facendomi quasi lacrimare gli occhi. Chino la testa all'indietro e una colonna di fumo si forma veloce sul mio naso, confondendosi col cielo color pece. 
- Lui non ti lascerebbe mai per Chantelle - dice improvvisamente il bassista, con determinazione e sicurezza.
- Perché no? Voglio dire, Chantelle è una modella, bella da mozzare il fiato, con un fisico invidiabile e un portamento elegante ... nulla a che vedere con me. Io sono insulsa, piatta come una tavola da surf, con un portamento da camionista, una semplice studentessa che non ha nemmeno finito di frequentare il liceo! - rido piano, quasi istericamente.
- Tu sei vera - replica duramente Georg.
- Io sono un fallimento -
- Eppure Tom ha scelto te -
- Probabilmente gli mancava l'avventura da vivere con la ragazza ingenua e sfigata, giusto per vedere se quel tipo di ragazza se la cavava bene a letto - 
- Rebecca, Tom non è più quel tipo di ragazzo - replica ancora il bassista, la sua sigaretta esaurità per metà in equilibrio tra il pollice e l'indice della mano destra, quella sinistra appoggiata sul corrimano della scala antincendio. Esita qualche istante prima di tornare a parlare, il tono di voce insicuro e basso - Se sei tanto incerta sulla vostra relazione allora lascialo -
Scuoto il capo - Non sono abbastanza forte -
- Da lasciarlo? -
- Da stare senza di lui - raggiungo Georg sullo scalino, sedendomi accanto a lui. Appoggio la fronte sulle ginocchia, lasciando penzolare la mano reggente la sigaretta esaurita verso terra. Chiudo gli occhi, inspirando il forte odore di fumo che mi circonda che improvvisamente, come per magia, si tramuta nel dolce aroma mascolino del mio ragazzo - Lo amo da morire -
Sento il mio migliore amico sorridere, la sua mano libera scivola sulla mia nuca - Stagli vicino, piccola. Ha davvero bisogno di te in questo momento -




* * *




I miei abiti puzzano tremendamente di fumo, mi sono fumata cinque sigarette consecutive e i miei polmoni hanno deciso di ripagarmi con una generosa e dolosa tosse. Devo avere un aspetto terribile, non ho bisogno di cogliere la mia immagine in nessuno specchio per rendermene conto. Lentamente mi incammino verso la mia stanza, trascinando rumorosamente i piedi sul pavimento lucido. 
Apro la porta e non mi preoccupo di accendere la luce, mi lascio cadere sul letto nella totale oscurità. Rimbalzo sul materasso prima di sprofondarci dentro, la guancia contro il tessuto morbido e profumato, il buio che mi avvolge come una coperta. Potrei addormentarmi così, senza preoccuparmi dei vestiti puzzolenti e del viso appiccicoso di lacrime. Potrei chiudere gli occhi e abbandonare questo mondo fino a domani mattina.
Decido invece di alzarmi, orientandomi nell'oscurità. Mi alzo in piedi, sfilandomi la maglietta e sbottonando i jeans a vita alza. Lascio cadere i vestiti ai piedi del letto senza preoccuparmi di piegarli, invece cerco della biancheria pulita e il pigiama. In biancheria intima, mi avvio con passo trascinato verso il bagno, decisa a farmi una doccia veloce prima di infilarmi sotto alle coperte.
Sciolgo la stretta coda di cavallo e lascio cadere i capelli lisci sulle spalle, aprendo la porta del bagno. Con mia grande sorpresa la luce è già accesa, eppure ero sicura di averla spenta. Scrollo le spalle, entrando e chiudendo la porta. 
- Eccoti, finalmente -
Sobbalzo, voltandomi di scatto verso la voce mascolina che mi ha sorpresa. Col cuore che trema nel petto per lo spavento, trovo Tom immerso nella mia vasca da bagno, l'acqua piena di vaporosa schiuma bianca che copre, purtroppo o per fortuna, la sua nudità e il suo corpo da divinità greca. Le ginocchia emergono dall'adacqua schiumosa come due montagne, la schiuma vaporosa arriva a coprirgli i pettorali ben scolpiti e a bagnare le punte dei capelli lunghi tenuti sciolti. Solo le ciocche davanti, quelle più lunghe, sono state tirate indietro sulla nuca lasciando la fronte e il viso scoperto. 
Mi porto una mano al petto nel tentativo di placare il mio cuore impazzito - Che cosa ci fai qui? -
Tom mi sorride dolcemente, inclinando appena la testa di lato - Non facciamo il bagno insieme da mesi, o sbaglio? - 
Alzo gli occhi al cielo - Non sono in vena di ... -
Il chitarrista alza entrambe le mani in segno di resa, lasciando volare alcune gocce di acqua e schiuma sul pavimento pulito - Prometto che non farò nulla! -
Scruto il suo viso con attenzione. Non c'è traccia di malizia e sensualità, il che è davvero strano e bizzarro conoscendo Tom. C'è del semplice desiderio di dolcezza e di tranquillità, come se non avesse secondi fini o programmi ben precisi sulla notte che è in corso.  
Sospiro, voltandomi dandogli le spalle - Chiudi gli occhi - gli intimo.
Tom ghigna beffardamente - Vuoi negarmi il paradiso? - 
Eccola la malizia che caratterizza Tom Kaulitz dalla notte dei tempi. E io che mi stavo preoccupando che stesse male o che avesse chissà quale malattia mentale. 
- A meno che non vuoi che l'inferno ti si scateni contro, allora chiudi gli occhi - ribatto, slacciando rapidamente i gancetti del reggiseno color crema e lasciandolo cadere a terra. Tom mi avrà vista nuda più volte di quanto l'abbia mai fatto mia madre o mio padre, per cui non è più un problema nascondere la mia nudità di fronte ai suoi peccaminosi occhi scuri. Lascio cadere gli slip a terra, e con la coda dell'occhio vedo che Tom ha davvero chiuso gli occhi e ha abbandonato il capo contro il bordo curvo della vasca, il collo chinato all'indietro. 
Mi immergo nell'acqua bollente coperta di bolle, accoccolandomi sul suo petto. Le sue braccia forti si chiudono attorno al mio corpo nudo, stringendomi forte a se - Adesso posso aprire gli occhi? -
Sbuffo - Tanto li hai chiusi all'ultimo momento -
- Touché - ridacchia colpevole.
Rimango in silenzio, la schiena contro il suo petto robusto e la testa abbandonata sulla sua spalla scoperta. Le sue braccia si stringono attorno al mio petto, coprendomi il seno con fare protettivo ed affettuoso. Le sue labbra lasciano una scia umida sul mio collo e sulla mia spalla, percorrendo un percorso preciso che si ferma sulla mia clavicola per poi ripetersi lento a ritroso. 
Lo sento annusare il mio collo, appena sotto l'orecchio - Puzzi di fumo -
- Ho smesso adesso di fumare, infatti - mormoro piano - Anche tu puzzi di fumo -
- Io puzzo sempre di fumo -
- Questa volta più del solito -
- Anche tu -
- Quante sigarette hai fumato? -
- Tu quante ne hai fumate? -
Roteo gli occhi al cielo, esasperata - Cinque -
- Otto, o poco più -
- Ci andranno i polmoni a puttane - 
- Lascia che ci vadano -
Chiudo gli occhi, beandomi di quell'abbraccio e di quelle labbra che lente accarezzano la mia pelle umida. L'acqua bollente e schiumosa lambisce il mio corpo che copre come una coperta quello scolpito di Tom. La sua lingua accarezza il lobo del mio orecchio, giocherellandoci e mordicchiandolo sensualmente. Conosce perfettamente a memoria ogni mio punto debole, e sa come rendermi orribilmente vulnerabile.
- Stai cercando di farti perdonare? - interrompo con voce bassa questo momento di intimità e silenzio.
Tom sorride sulla mia pelle - Ci sto riuscendo? -
- Non hai nulla di cui farti perdonare - le parole e il discorso ragionevole di Georg affiora nella mia mente, mi sembra quasi di sentire la sua voce mentre giustifica il chitarrista.
- Avrei dovuto dirti subito di Jeanny - si scusa improvvisamente Tom.
- Avevi paura. Ne hai tuttora -
Quasi non riesco a capirmi, a capire questo andare e venire della mia sicurezza e della mia determinazione. Un attimo prima riesco a trovare tutte le giustificazioni del mondo per il segreto di Tom, per mettere una pietra sopra a questa faccenda ed aiutarlo come meglio posso, mentre quello dopo una rabbia incredibile monta nel mio cuore e tutto quello che vorrei fare è sbattere in faccia al chitarrista tutte le cose cattive che penso su di lui. 
Apro leggermente gli occhi, tenendoli comunque leggermente socchiusi come se mi stessi svegliando da un sonno molto profondo - Non c'è il concerto stasera? -
Tom scuote il capo, la barba scura gratta e solletica il mio collo facendomi sorridere - Questa sera voglio passarla con te -
- Hai organizzato qualcosa? -
La mano del chitarrista accarezza con provocante lentezza la mia pancia nuda, risalendo e chiudendosi a coppa sopra al mio seno, il suo desiderio è palpabile - Io qualcosa in mente ce l'avrei ... -
- Non starai pensando al sesso proprio adesso -
- Penso sempre al sesso quando ci sei tu nei paraggi -
Involontariamente sorrido, lentamente stacco la mia schiena dal corpo di Tom per allungarmi a prendere l'accappatoio. Mi alzo lentamente, l'acqua scivola via dal mio corpo scoprendomi, e senza fretta copro le mie nudità con l'accappatoio leggero. L'aria fredda sfiora le mie gambe bagnate, facendomi rabbrividire appena. Esco dalla vasca legando i lunghi lacci dell'accappatoio sulla pancia, chiudendolo.
- Rebecca? - mi chiama improvvisamente Tom.
- Sì? -
- Ti amo -
Il mio cuore perde improvvisamente un battito, sviene e riviene con velocità anormale, facendomi quasi barcollare. Per quanto amore possa provare Tom per una persona, qualsiasi essa sia, non lo dichiara mai in maniera così diretta, senza tergiversare o giri di parole che possano nascondere i suoi veri sentimenti. E' raro che lui mi dia questa conferma così decisa, ma ogni volta mi sento come rinascere.
- Anch'io - gli sorrido dolcemente.
E' così bello, immerso per metà nell'acqua piena di bolle chiare, i capelli scuri per metà sciolti sulle spalle, gli occhi colmi di un'amore dedicato interamente a me, che mi rende orgogliosa e mi fa sentire unica al mondo. Credo non sia mai stato così bello.
- Ti aspettò di là - civetto sensualmente, improvvisamente i piani di Tom per questa sera mi allettano ed intrigano. Esco socchiudendo la porta, sento il chitarrista uscire immediatamente dalla vasca e la sua reazione così rapida mi fa scoppiare sonoramente a ridere.
Raccolgo i puzzolenti vestiti abbandonati a terra e li piego approssimativamente su una sedia, dopo nemmeno una frazione di secondi Tom spalanca la porta del bagno, un'asciugamano legato in vita che copre le sue nudità e un sorriso malizioso ed impaziente largo sulle sue labbra carnose. 
Con passo deciso si avvina a me, i suoi occhi scuri bloccano i miei mentre mi afferra il viso tra le mani e posa veloce le sue labbra sulle mie. Subito le nostre labbra si divorano fameliche e voraci, le nostre lingue si incontrano senza esitazioni e cominciano a legarsi e a scontrarsi instancabili. Gli accarezzo il petto muscoloso, sento i suoi muscoli guizzare eccitati ad ogni mia carezza, premendosi contro la mia pancia e il mio seno. I nostri corpi s'incastrano ed aderiscono perfettamente mentre le mie mani risalgono le sue spalle e i miei polsi s'incrociano dietro al suo collo, incatenandomi a lui. Le mani di Tom scivolano senza esitazioni sulla mia schiena coperta solo dal sottile strato dell'accappatoio, posandosi poi sul mio sedere con sensuale prepotenza, premendolo e stringendolo abile.
I nostri respiri si uniscono in un unico, ansimante sospiro, le nostre labbra affamano la fame reciproca facendone crescere una ancora più insaziabile. Le mani di Tom armeggiano desiderose ed impazienti coi lacci del mio accappatoio, sciogliendo il nodo e facendo scivolare l'ormai ingombrante ed inutile indumento ai nostri piedi, seguito a ruota dall'asciugamano che ha legato in vita. Le sue mani accarezzano e tastano il mio corpo umido, ogni carezza lascia una scia rovente. Infilo le mani nei capelli lunghi, premendo ancora di più il suo viso contro il mio cercando un contatto ancora più profondo. 
Cadiamo entrambi sul letto, sprofondando nel materasso e tra le fredde e candide coperte. Il corpo bollente di Tom sovrasta il mio, le sue labbra accarezzano la mia gola e scendono a baciarmi la pancia, sospiro appagata e beata mentre le sue mani roventi accarezzano e premono eccitate il mio seno. Gli accarezzo la schiena possente con entrambe le mani, solleticandogliela con le unghie corte e coi polpastrelli. Lo sento trattenere il respiro per poi sospirare, brividi d'eccitazione  percuotono violentemente il suo corpo. Ama quando gli accarezzo la schiena, ogni carezza gli fa perdere sempre di più il controllo. La sua bocca torna impaziente e passionale sulla mia, le sue mani scendono bollenti sulle mie cosce, modellando il mio corpo. 
- Il preservativo, SexGott - gli ricordo, ansimante.
Tom mugugna mentre mi mordicchia la pelle bianca del collo - E' più divertente senza -
- Non ci tengo a rimanere incinta adesso -
- Nascerebbe un bel bambino -
- Che tu non vuoi -. Tom sbuffa sonoramente mentre si allunga verso il comodino ed apre il primo cassetto, dove in bella vista c'è un preservativo chiuso nuovo di zecca. Sgrano leggermente gli occhi - Non ci credo, avevi previsto tutto -
Tom ridacchia maliziosamente mentre se lo infila - Piccola, il Signor Gray non è niente in confronto al SexGott -
Sto per replicare, ma le labbra di Tom mi zittiscono veloci. Le sue mani si posano sui miei fianchi mentre entra dolcemente in me, un sospiro esce dalla mia bocca mentre chino la testa all'indietro. I movimenti rapidi ed esperti di Tom si fanno sempre più veloci, entrambi ansimiamo appagati e le sue labbra tornano a catturare le mie. Gemo, mio Dio, dimenticavo quanto fosse bello fare sesso con Tom. Accarezzo la schiena possente di Tom, i nostri corpi frementi e sudati.
- Allora non ti sei arrugginita - soffia sarcastico sulla mia fronte.
- Tesoro, così mi sottovaluti - 



Vanisher says :
Okay, questo capitolo è stato una bella impresa quindi spero vivamente che sia venuto bene! 
Non ho altro da dire se non ...
Alle solite 4 recensioni il capitolo!!!!
Bacioni,
Lena

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Capitolo 8
*** Ah, l'amore! Che cosa meravigliosa! ***


AH, L'AMORE! CHE COSA MERAVIGLIOSA!






- Fratello, hai l'aria serena di chi s'è fatto una bella scopata dopo un lungo periodo di astinenza! - l'esclamazione di Bill Kaulitz mi fa arrossire di colpo, e mi affretto a coprirmi la faccia con la grossa tazza di cappuccino schiumoso che ho davanti. Improvvisamente mi pento della geniale idea di scendere a fare colazione col resto della band, rimpiangendo la tranquilla colazione che mi sarei potuta godere in camera con Tom. 
- E che scopata! - Gustav mi guarda di sottecchi con fare complice, probabilmente accennando alle mie labbra ancora gonfie e i miei capelli leggermente spettinati.
Tiro un calcio sotto al tavolo al batterista, che finge una smorfia di dolore. Accanto a me Tom ghigna, il suo braccio si allunga sullo schienale della mia sedia circondandomi le spalle - Sì, ho passato una bella serata - consente sospirando tra il beato e soddisfatto.
- Il periodo di astinenza di cui parli, Bill, è di una settimana - commento abbassando la tazza sul tavolo.
- Cosa?! - Georg sgrana gli occhi con fare incredulo, rivolgendosi al chitarrista seduto davanti a lui - Una settimana senza sesso?! Il SexGott sta perdendo colpi, gente! -
- Si tratta di un evento storico! - concorda Bill.
- Parlate di me come se fossi un maniaco sessuale che aggredisce la prima dodicenne che passa! - sbotta Tom improvvisamente alzando un cespuglioso sopracciglio. 
- Non lo sei? - domanda retoricamente Gustav, sarcastico.
Appoggio la fronte nell'incavo del collo del mio povero fidanzato, soffocando una risata spontanea mentre Tom aumenta affettuoso la stretta attorno alle mie spalle magre - La prossima volta si fa colazione in camera, e non si discute - mugugna lamentoso nel mio orecchio, prima di stamparmi un bacio sulla tempia.
Bill sospira sonoramente, i suoi occhi fissi sul suo gemello che si stringe a me, gli occhi che brillano per l'entusiasmo e un sorriso da ebete stampato sulle labbra dove agli angoli pendono due anellini argentei - Ah, l'amore! Che cosa meravigliosa! - ci osserva come se fossimo i protagonisti della sua telenovela preferita.
- In questi momenti rimpiangi di non avere una ragazza, eh amico? - lo stuzzica Georg, dando una gomitata al cantante che è rimasto imbambolato e perso nei suoi sogni d'amore.
Sembra riscuotersi totalmente - Arriverà quella giusta! - ribatte, quasi dimenticavo il suo assurdo progetto di aspettare la ragazza giusta, quella dei suoi sogni, quella con cui vivere una vita perfetta - E quando arriverà le darò tutto me stessa! -
- Nel frattempo scopa, fratellino - gli suggerisce Tom, ridacchiando sarcasticamente e guadagnandosi un'occhiata fulminea dal gemello offeso - Quello ad essere in astinenza sei tu qui, non io! -
Il cellulare nella mia tasca comincia a vibrare, e dopo pochi secondi parte la suoneria. Lo tiro fuori e avvio la chiamata senza neanche controllare chi mi stia disturbando in questo momento di intimità coi miei amici - Pronto? -
"Rebecca, mia cara!"
Oh porca troia, no. Non lei, non adesso.
Sbianco quasi involontariamente, cominciando ad accarezzare nervosamente il manico della mia tazza con le dita. Sento il sangue gelarmi nelle vene. Tom sembra notare il mio improvviso cambio d'umore e si sporge in avanti per attirare la mia attenzione.
"Chi é?" mima con le labbra, corrugando la fronte perplesso.
- Ciao, Chantelle, come posso esserti utile? - esclamo con finta allegria in risposta. Tom appoggia la schiena contro lo schienale inclinato della sua sedia, sbuffando sonoramente. 
"C'è Tom lì con te? Ho provato a chiamarlo più e più volte ma non risponde. Avrei bisogno di parlare con lui" riprende a parlare la bionda al mio orecchio, il tono di voce troppo alto ed acuto non lascia presagire niente di buono, come se stesse tentando di mascherare le sue vere intenzioni.
- Certamente, te lo passo subito -
Allungo riluttante il cellulare verso il mio ragazzo, che esitante lo afferra. Imposta il vivavoce e lo appoggia sul tavolo, chinandosi per avvicinare le labbra al microfono - Che c'è? - risponde, secco e sbrigativo.
Io, Bill, Georg e Gustav ci stringiamo in cerchio attorno al cellulare, tendendo le orecchie come per paura di perdere qualche pezzo fondamentale della conversazione. 
La voce mielosa di Chantelle diventa un concentrato di furia e di rabbia "Si può sapere dove accidenti ti eri cacciato?! Ho provato a chiamarti tutta la notte!"
Tom ridacchia, tra il sarcastico e il cattivo - Scusa, stavo facendo sesso con la mia ragazza
"Mettevi al mondo un altro bambino da ignorare?"
- Non ricominciare con questa storia - taglia corto Tom - Cosa vuoi? -
"Quando incontrerai tua figlia?"
- Non lo so, sono preso col tour -
"Eppure il tempo per scopare con la tua ragazza lo trovi!"
Scuoto il braccio del chitarrista, attirando la sua attenzione - Oggi - gli propongo sottovoce, mentre Bill copre con una mano il microfono del cellulare per accertarsi che Chantelle non mi senta.
- Sei impazzita? - replica Tom.
- Incontrala, così Chantelle non ti perseguiterà più durante tutta la durata del tour. Risolverai questa cosa con calma una volta tornato a casa - spiego frettolosamente, stringendo il suo braccio al mio petto come se fosse una corda a cui aggrapparmi per non cadere. In tutta risposta Tom mi fissa, l'incertezza leggibile nei suoi occhi in questo momento così vuoti.
"Che c'è, non sai più cosa dire?!" urla Chantelle.
Tom torna a parlare con la sua bellissima ex - Che ne dici di oggi? -
"Va bene, basta che non viene anche lei" mormora sprezzante la modella, evidentemente riferendosi a me.
- Rebecca? -
"Sì, come si chiama!"
- Certo che viene - risponde Tom con naturalezza, come se fosse la cosa più ovvia e normale di questo mondo.
"Non lascerò entrare quella sgualdrina in casa mia!"
- Stammi a sentire figlia di puttana, troia che non sei altro! - il tono rabbioso di Tom annuncia una serie di insulti poco amichevoli nei confronti della ex ragazza, e questa volta è Georg a coprire prontamente il microfono per evitare una lite.
- TOM! - mi trattengo dall'urlare, rimproverandolo.
Gustav lancia al bassista un'occhiata delusa - Perché l'hai fatto? Era arrivata la parte divertente! -
- Non me ne frega un cazzo, non deve permettersi di insultarti - replica duramente Tom, i suoi occhi si accendono di fuoco. Sono davvero contenta che Chantelle non sia qui in questo momento, perché sarebbe stata la prima volta che Tom avrebbe alzato un dito contro una donna.
- Sai quante persone lo fanno? - cerco di sdrammatizzare, sarcastica. Gli accarezzo il viso con una mano, nel tentativo di calmare l'improvviso eccesso di rabbia, anche se da un lato questa sua reazione mi intenerisce molto - Tesoro, a me non interessa quello che quella troia dice di me, okay? -
- Ma a me sì - replica ancora Tom, questa volta con meno forza.
"COSA MI HAI DETTO?!" la voce furiosa di Chantelle arriva ovattata a causa della mano di Georg premuta contro il microfono del cellulare.
Tom inspira profondamente prima di tornare a riprendere il controllo di se stesso - Ho detto che la lascerai entrare in casa, perché io ho bisogno di lei - 
"Questa storia non è affare suo"
- Ma è affare mio, quindi decido io -
"Incontrerai tua figlia per la prima volta e vuoi farlo portandoti dietro una sconosciuta?!"
- Non è una sconosciuta, per Dio! -
"Per Jeanny sì"
- Molto presto non lo sarà più. Rassegnati, Chantelle, la mia ragazza verrà con me che ti piaccia oppure no - conclude Tom, con un gesto secco mi ripassa il cellulare ponendo definitivamente fine alla conversazione tanto travagliata. Tolgo il vivavoce e mi porto il cellulare all'orecchio, cercando di assumere il tono più gentile possibile - C'è altro che posso fare per te, cara? -
La velocità con la quale la modella riesce a cancellare la rabbia dal suo animo è incredibile e surreale "Non preoccuparti, sei stata di grandissimo aiuto". Terminata la chiamata decido di spegnere l'aggeggio, per evitare di ricevere altre chiamate indesiderate e poter rimanere tranquilla.
Poso un bacio sulla guancia di Tom coperta dal sottile strato di barba, vedo ancora nei suoi occhi i resti di quel fuoco rabbioso che si era acceso intenso poco fa. Lo abbraccio circondandogli i fianchi con le mie esili braccia, il capo di Tom si posa sulla mia spalla come stanco, sembra un cucciolo ferito ed indifeso.
- Sei stato fantastico - gli poso un bacio sulla fronte.
- Quella puttana - sputa amaramente.
- Ma forse Chantelle ha ragione, Tom - mormoro piano, abbassando gli occhi sulle mie converse rosse - Incontrerai tua figlia per la prima volta, non avrai bisogno di me. Si tratta di una cosa tua, non voglio essere di troppo -
Tom afferra il mio viso con una mano, sollevandolo dolcemente verso il suo. La sua mano calda è totalmente in contrasto con la mia pelle fredda, i suoi occhi sono tornati a riempirsi di quella luce che fin dal primo momento, fin dal nostro primo incontro mi hanno stregata ed ipnotizzata, rendendomi sua per sempre. 
- Non azzardarti minimamente a pensarlo - dice severo, come se fosse un rimprovero o un'accusa - Io ho sempre bisogno di te -
- E così oggi incontrerete la bambina - esordisce Bill, al metà tra il preoccupato e l'eccitato. Ecco un'altra surreale situazione da telenovela argentina, le ama alla follia.
- Ma sei sicuro che è veramente tua figlia? - domanda dubbioso Gustav, aggrottando le sopracciglia chiare sulla fronte pallida - Voglio dire, non è da te non usare il preservativo! -
Tom sospira pesantemente - Si sarà rotto, Gus, che ti devo dire? -
- Oppure Jeanny non è tua figlia - gli occhi di tutti si puntano sulla figura muscolosa di Georg, che con occhi e voce seri annuncia la sua teoria, sfidando chiunque dei presenti a contraddirlo con certezza. 
Alzo gli occhi e le braccia al cielo, invocando non so che strana divinità - Grazie Dio, non sono l'unica deficiente ad avere esposto questa teoria! -
- Che vorresti dire? - chiede dubbioso e perplesso Bill, per niente convinto della teoria mia e del mio migliore amico.
- Andiamo, è palese che Chantelle voglia tornare con Tom - comincia a spiegare il bassista, gesticolando animatamente come un politico pronto ad esporre una convincente campagna elettorale - Ma lui ha occhi solo per la nostra Rebecca, e quale miglior modo per incrinare un rapporto di coppia se non infilandoci in mezzo l'esistenza di una presunta figlia? Dopotutto, l'unica persona a sapere se Tom è effettivamente il padre di Jeanny è Chantelle : Tom non si ricorda, com'è giusto che sia, ma per quanto sia tonto si ricorderebbe di aver messo al mondo una bambina; e noi non possiamo saperlo, dato che sei anni fa non eravamo nemmeno a conoscenza del fatto. Chantelle è l'unica a conoscere la verità -
- Quindi cosa proponi, detective Listing? - lo canzona Tom.
- Detective Listing, Listing! - comincia a canticchiare animatamente Bill, storpiando la siglia originale del cartone animato "Detective Conan".
- Un bel test del DNA - mormoro io, quasi sovrappensiero mentre osservo le mie converse distrattamente. Quando alzo gli occhi, mi accorgo che la mia proposta ha attirato l'attenzione generale e gli occhi dei componenti della band è incentrata su di me in attesa che questa volta sia io ad esporre una mia teoria - Avete idee migliori? -
Tom scuote il capo, perplesso - Chantelle non lascerebbe mai sottoporre Jeanny a un test del DNA -
- Allora vuol dire che ha qualcosa da nascondere - replico.
- Reb ha ragione - conviene Gustav - Per quanto Chantelle possa essere una madre protettiva, farebbe di tutto pur di dimostrare che Tom è il vero padre di sua figlia -
Dopo qualche istante di esitazione e di silenzio in cui ognuno fa lavorare il proprio cervello alla ricerca di una soluzione brillante, Tom annuisce lentamente - Possiamo provare a parlargliene, ma nel caso rifiutasse? -
- Ci serve un piano B di Bill - conviene Bill.
- Proviamo con questo - propone Georg - In caso rifiutasse ... Tom, non credo che le tue abilità seduttive si siano arrugginite nel corso degli anni quindi potresti tentare con quelle -
- Anche se non credo che Rebecca approverebbe - ridacchia Gustav.
- No che non approvo! - confermo.
- E chi la vuole una modella quando ho questo pezzo di figa accanto a me? - ribatte Tom, posandomi un lungo bacio sulle labbra ed accarezzandomi le cosce con la sua solita ed immancabile malizia che lo rende sempre così eccitante. 




* * *




Aumento la stretta sulla mano di Tom intrecciata alla mia da quando siamo usciti, nessuno dei due è intenzionato a spezzare quel contatto carico di valore e significato. Il chitarrista ricambia dolcemente la stretta, i suoi occhi scuri cercano nei miei la conferma di quello che stiamo per fare, anche se entrambi sappiamo che a questo punto tornare indietro non avrebbe senso. Annuisco con decisione, e la mano libera di Tom si posa sul campanello dell'appartamento di Chantelle Paige, annunciando la nostra presenza e il nostro arrivo.
Dopo qualche istante di silenzio carico di tensione e attesa, la porta si apre e una Chantelle vestita con semplici jeans e una semplice maglietta accollata ci accoglie, i capelli legati morbidi sulla nuca e solo un filo di fard colorisce le guance pallide. Anche in questa versione casalinga riesce ad essere bellissima.
- Contenta di vederti, Tom - sorride Chantelle. Tom si limita ad annuire senza proferire parola e la modella mi rivolge un sorriso premuroso quanto falso - Rebecca, tesoro, sono felice che sia venuta anche tu! -
Vorrei poterle urlare addosso tutto quello che penso di lei, tutta la falsità che ha sempre dimostrato fino a questo momento. Invece, mi limito a sorridere e Chantelle si fa da parte per farci entrare nell'enorme e luminoso appartamento. Con un cenno cordiale della mano ci indica un divano di pelle bianca su cui accomodarci, posizionato al centro del salotto dal quale si può godere di una meravigliosa vista sul centro urbano in pieno movimento. Chantelle si siede su una poltrona del medesimo colore e materiale, adiacente al divano. 
- Dov'è? - domanda Tom secco, stravaccandosi sul divano.
- Non vedi l'ora di incontrarla oppure di andartene? - lo provoca sarcastica Chantelle, accavallando le gambe con la solita eleganza che la caratterizza.
Il chitarrista apre bocca per ribattere, ma con una gomitata nelle costole riesco a zittirlo e a fargli cambiare idea. Tom decide di concentrarsi sul cielo plumbeo e nuvoloso che annuncia l'arrivo di un imminente temporale, facendo il broncio come un bambino che è stato appena messo in punizione dalla mamma. 
Come da programma, mi alzo e rivolgo un sorriso gentile alla padrona di casa - Perdonami, Chantelle, posso chiederti dov'è il bagno? -
- Oh, ma certo! E' in fondo al corridoio, sulla sinistra -
- Grazie - a grandi passi mi allontano dal salotto. Chiudo rumorosamente la porta del bagno per dare l'impressione di esserci entrata, per poi avvicinarmi in punta di piedi al salotto dove la modella e il chitarrista sono rimasti da soli. Rimango nascosta in corridoio, in attesa che i due comincino a parlare. 
Adesso è il tuo turno, Tom.
Chantelle esita qualche istante, come se volesse accertarsi di essere rimasta veramente sola col suo ex ragazzo, prima di commentare sarcastica e sprezzante - Ma guardati, ti lasci comandare da lei come un cagnolino -
- Se mi lascio comandare è perché mi piace che lei lo faccia, non credi? - ridacchia Tom, maligno - E se non ci fosse lei a comandarmi, adesso probabilmente sarei in carcere - 
Sorrido tra me e me, gonfiano il petto orgogliosa. Spenta, troia!
Chantelle scoppia sonoramente a ridere - In carcere? Non dire cazzate, tu non faresti del male a una mosca, figuriamoci a una persona! - 
- Vuoi mettermi alla prova? - la voce di Tom è carica di cattiveria, il suo tono è quasi inquietante ed allarmante. Se non fossi a conoscenza della sua purezza d'animo e del suo cuore d'oro, probabilmente mi spaventerei e mi allontanerei.
Chantelle decide di sviare il discorso, la sua voce trema appena - Jeanny arriverà tra poco, è dal dentista - 
- Con chi è andata, se tu sei qui? -
- Ho assunto una badante molto brava -
- Ma che brava mamma. Oh, a proposito - dice improvvisamente Tom con finta innocenza - Ho intenzione di fare il test del DNA -
Chantelle alza la voce, furiosa come non mai - Stai insinuando che Jeanny non è tua figlia?! -
- Lo stai dicendo tu -
- MI STAI DANDO DELLA BUGIARDA?! -
- Al contrario, voglio accertarmi che tu non lo sia -
Chantelle fa una pausa, probabilmente per riprendere fiato. Sento Tom ridacchiare piano in sottofondo, evidentemente divertito dalla reazione della sua ex ragazza. Vorrei essere una mosca per vedere il volto stravolto e rabbioso della modella - Dimmi un po', è stata la tua brillante fidanzata a darti questa idea? -
- Già - conferma Tom, sospirando come orgoglioso - Vedi, lei ha un cervello -
- Non ti lascerò fare nessun test! - ribatte Chantelle come scandalizzata.
- Io ho intenzione di farlo, quindi prepara psicologicamente tua figlia -
- Si tratta anche della tua di figlia, Tom! -
- Questo è ancora da stabilire -
- Io non lascerò che Jeanny venga sottoposta a nessuno stupido test solo perché tu non vuoi assumerti le tue responsabilità d genitore! Cosa pensi, che io mi sia divertita a fare da mamma durante questi sei anni in cui ho dovuto accudire la bambina da sola? -
- Non è colpa mia se tu hai voluto tenermi all'oscuro di tutto questo fino ad adesso. Ti avrei aiutata se me ne avessi parlato, credimi -
- Ma solo se prima avessi fatto il test! -
- Non mi metto a fare da padre a una bambina non mia -
- Ma Jeanny è tua figlia! - Chantelle sta urlando a pieni polmoni, sono costretta a tapparmi le orecchie coi palmi delle mani per non rimanere stordita. Dio, quanto vorrei poter vedere la sua faccia in questo momento.
- Facciamo il test così lo scopriamo, facile! -
- NON FARAI NESSUN TEST, E NEMMENO JEANNY! -
Il tono di Tom è duro e minaccioso, non ammette repliche - Stammi bene a sentire. O mi lasci fare il test così metteremo in chiaro una volta per tutte se io sono o meno il padre di Jeanny oppure nego direttamente di avere una figlia e te me torni da dove sei venuta, e se provi ad avvicinarti a me non basterà Rebecca ad impedirmi di fare qualche cazzata -. Sento Chantelle trattenere il respiro, probabilmente spaventata dal ricatto e dalla provocazione, incapace di rispondere qualcosa che possa contraddire il suo ex ragazzo o trovare compromessi, e allora Tom continua - Se non mi lasci fare il test vuol dire che hai qualcosa da nascondere, Chantelle, altrimenti non ti faresti problemi e tenteresti di dimostrarmi in tutti i modi possibili ed immaginabili che Jeanny è veramente mia figlia. Se mi hai detto una cazzata ti conviene dirmelo adesso, prima che lo venga a sapere dai risultati del test e ti denunci, mettendo fine alla tua brillante carriera. A te la scelta -
Sono tremendamente orgogliosa del mio ragazzo e della sua fermezza. Adesso Chantelle è costretta a prendere una decisione, e sarà fatale. 
Decido di intervenire, tornando in scena quasi saltellando per la felicità e attirando l'attenzione di una furibonda e scioccata Chantelle, in piedi davanti alla sua poltrona. Mi siedo con noncuranza vicino a Tom, che mi stampa un lungo e passionale bacio sulle labbra prendendomi il viso tra le mani, saziandosi col premio che tanto desidera per aver giocato con tanta bravura e fermezza il piano che avevamo studiato ed organizzato, e che è andato a buon fine. Dopotutto, se lo merita un premio.
Quando ci stacchiamo Chantelle è rossa sia dalla rabbia che dall'invidia - Hai sentito tutto, non è vero?! -
Le sorrido vittoriosa e soddisfatta, probabilmente come non lo sono mai stata in vita mia - I suoi problemi sono anche i miei, quindi fai bene attenzione a non causargliene -




Vanisher says :
Sono in un ritardo megagalattico ma la scuola mi sta uccidendo in tutti i modi possibili ed immaginabili! Sto andando di cacca, i miei che non sono contenti se non prendo voti al di sopra del 6 e i prof che mettono voti a caso, ma okay ...
Sono andata al Games Week venerdì ed è stato EPICO. Sono stata davvero felicissima di aver incontrato Antony Di Francesco, Alberirco De Giglio e Tyler Strikes (di cui non ricordo il cognome, lol) ... volevo vedere anche Favij (mio unico grande amore) ma sono arrivata troppo tardi T.T Voi ci siete andati? Vi è piaciuto? Chi avete incontrato? Ma sopratutto, che youtubers seguite?
Altra new (new mica tanto, è più un sondaggio) stavo pensando di basare il prossimo capitolo sul modo in cui Rebecca e Tom si sono conosciuti e si sono messi insieme, un unico flashback. Voi che dite, vi piacerebbe un capitolo così? 
Alle solite 4 recensioni arriva il capitolo!
Chiedo ancora perdono per il ritardo, buon proseguimento di settimana a tutti!

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Capitolo 9
*** Come mi sono innamorata di te ***


COME MI SONO INNAMORATA DI TE






05 dicembre 2013, 08:30 a.m



- Merda, merda, merda! - premetti con forza il piede sull'acceleratore, nella speranza che il mio vecchio catorcio di terza mano si trasformasse in una potente macchina col turbo, in grado di catapultarmi al lavoro in pochi secondi. Mi ero regalata quel rottame per il mio diciottesimo compleanno avvenuto da poco, e dati i pochissimi soldi che avevo potevo permettermi solo quello. I miei genitori non mi fecero alcun tipo di regalo e non mi aiutarono economicamente né con l'acquisto di una macchina che non si spegnesse ogni volta che svoltavo a sinistra né con l'aquisto di un nuovo appartamento. Dopo che abbandonai la scuola, pochi mesi prima, si erano decisi a disconoscermi e negare con tutte le loro forze che Annalise Rebecca Lahey era loro figlia.
Sì, avete capito bene, il mio vero nome è Annalise. Mia madre me lo diede in memoria della sua povera sorella defunta, mentre Rebecca era pin memoria della sorella di mio padre (sempre defunta). Ma dato che Annalise mi era sempre sembrato un nome da vecchia ed acida zitella, decisi che il mio vero nome sarebbe stato Rebecca, e così cominciai a presentarmi alle persone, gettando nell'ombra quello vero.
Avevo trovato lavoro in un piccolo locale in periferia, il Patrick's, frequentato essenzialmente da vecchi che sedevano a giocare a briscola tra una zuppa di lenticchie e una di carote e da ragazzini che capitavano casualmente insieme alle loro fidanzatine. La paga non era il massimo, ma perlomeno riuscivo a pagare l'affitto senza ritardare e ad andare a letto con la pancia piena.
Inutile specificarlo, ma ero dannatamente in ritardo. Di nuovo. Il capo era davvero stanco dei miei ritardi, e come biasimarlo dato il deficit di personale. Se non ricordo male eravamo rimasti in quattro a lavorare in quel posto maleodorante, il che non era affatto strano : tutti chiedevano le dimissioni appena trovato un posto migliore in cui lavorare, e onestamente anche io ero in procinto di andarmene. Il problema era trovare qualcuno che si accontentasse di una diciottenne che non aveva nemmeno terminato il liceo a causa della poca voglia di studiare.
A quell'ora le strade di Los Angeles erano piene zeppe di aiuto pronte a dirigersi verso i rispettivi posti di lavoro, e non era facile evitare code interminabili a semafori sfigati o altri incidenti che il destino crudele creava per farti arrivare in ritardo rischiare il licenziamento. Avevo trovato una scorciatoia veramente comoda, la strada era deserta e il mio rottame color vomito era l'unica cosa che stesse passando in quel momento, una benedizione dal cielo insomma ... finché il rottame decise di fermarsi in mezzo alla strada, immobile come una statua, emettendo qualche inquietante cigolio che non annunciava niente di buono.
Indovinate il perché? Esatto, avevo svoltato a sinistra.
- No, non di nuovo! - mugugnai lamentosa. Comincia a colpire affettuosamente il volante del catorcio, come ad accarezzare un gattino impaurito sul ciglio della strada - Andiamo, dolcezza, non adesso! Non adesso, o mamma Reb finisce senza lavoro! E niente lavoro vuol dire niente soldi, niente soldi vuol dire niente casa, niente casa vuol dire vivere in mezzo alla strada come una barbona! QUINDI NON ADESSO! -
Ma le mie preghiere non furono sufficienti a far ripartire il catorcio. No, quello rimase immobile, probabilmente morto. Che mi avesse abbandonata, questa volta per sempre? Non aveva i soldi necessari per comprarne una nuova e non ne aveva nemmeno per chiamare un carrattrezzi che potesse spostare il rottame dalla strada e portarselo via.
Decisi di scendere e provare a spingere la macchina lontano dalla strada, ma il mio esile e gracile corpo da diciottenne non era in grado di spostare quel rottame. Dopo nemmeno due spinte ero esausta e sudavo. 
- Dio, ti prego - mormorai implorante, spingendo invano il rottame con entrambe le mani, facendo leva sulle gambe fasciate nei jeans rattoppati con toppe rosse ricavate da vecchie magliette inutilizzate - Ti prego, se mi aiuti a spostare questo schifo da qui e a farmi arrivare a lavoro prima delle dieci giuro che mi metto a ballare la samba nuda su YouTube! -
- Non ti conviene giocare in questo modo con la rete, tesoro, potresti rimanere marchiata a vita - 
Sussultai spaventata, rischiando quasi di cadere a terra. Mi voltai, un bel ragazzo decisamente più alto di me dai capelli corti e biondi pettinati in una voluminosa cresta e dal viso coperto di piercing mi sorrise gentile. Gli occhi scuri sembravano brillare di luce propria, due soli radiosi.
- Serve una mano? - la sua voce era dolce, ma non troppo. 
- In effetti sì - ammisi leggermente imbarazzata, grattandomi nervosamente la nuca con le unghie mangiucchiate. Avevo un aspetto orribile : i capelli  raccolti in una coda disordinata che ormai era scesa penzolando pateticamente sul collo, una felpa viola di cinque taglie più grande di me, i pantaloni rattoppati e le immancabili converse rosse che da sempre mi avevano accompagnata nelle mie strambe avventure. Non mi ero nemmeno truccata, anche se lo facevo di rado. Con una mano indicai il catorcio immobile alle mie spalle - Credo che la mia auto mi abbia abbandonata -
- Ti dispiace se do una controllata? -
- Fai pure -
Il ragazzo biondo si avvicinò alla macchina, sollevando il cofano con un po' di fatica. Gettò un'occhiata distratta al motore e a tutti quei marchingegni di cui ignoro l'utilità e il nome, per poi ridacchiare con fare colpevole - Non sarò un meccanico, ma credo proprio che la tua auto sia morta -
- Oh, fantastico - sbottai ironicamente.
- Conosco un esperto -
- Non ho soldi per pagare, e non accetterò che tu paghi al posto mio -
Il ragazzo scoppiò a ridere, piegandosi quasi in due - Non preoccuparti, non ho bisogno di pagarlo : si tratta di mio fratello. Lui se ne intende molto più di me per quanto riguarda motori e queste cose qui - detto questo, il ragazzo afferrò con decisione il cellulare dalla tasca degli appariscenti pantaloni giallo canarino e digitò un numero che sembrava conoscere a memoria. Si portò il cellulare all'orecchio e dopo qualche secondo, cominciò a parlare - Fratello, ho bisogno di te. Sì, adesso. Si tratta di un'emergenza, devo aiutare una fanciulla in difficoltà. Se ti sto chiamando è perché ho bisogno del tuo aiuto, idiota! Si tratta di motori, sai che io non ne capisco niente. Ti ricordo che mi devi un favore, quindi alza in culo e vieni! Ti mando l'indirizzo per messaggio. Sbrigati! -
A fatica riuscii a trattenere una risata, e il ragazzo rise con me dopo che terminò la chiamata col presunto fratello. 
- Mi dispiace di scomodare tuo fratello - mormoro piano, mortificata.
- Non preoccuparti, non starà facendo nulla di produttivo - il ragazzo liquida la faccenda con un gesto frettoloso ed approssimativo della mano, per poi sorridermi raggiante come il sole - Spero solo che si sbrighi -
- Già, teoricamente dovrei andare a lavorare -
- Mi dispiace ma credo che oggi salterai il lavoro. E' un problema? -
Scrollai le spalle con finta indifferenza, una risata isterica esce dalle mie labbra come il sibilo di un serpente - Mi licenzieranno, ma cosa vuoi che sia? -





05 dicembre 2013, 10:05 a.m



La voglia di ammazzare il fratello di questo ragazzo così gentile crebbe a dismisura quando mi resi conto che era in ritardo di più di un ora e mezza, e ormai ebbi la certezza che mi avevano licenziata. Il ragazzo biondo, premuroso come non ne avevo mai incontrati, aveva tentato di richiamare il fratello più e più volte, ma quello zuccone aveva evidentemente spento il telefono per evitare di essere scocciato ulteriormente. Gran bella persona, davvero!
- Sono mortificato - si scusò per la decima volta il biondo.
- Non preoccuparti, sono abituata ai parenti serpenti - 
- Spero davvero non ti abbiano licenziata -
- Sì, lo spero anche io -
Improvvisamente, un potente rombo mi fece sobbalzare. Al contrario, il biondo sembrò riconoscere perfettamente quel rumore, perché si voltò con disinvoltura ed andò incontro alla lucida macchina rosso fuoco che si stava fermando dietro al mio catorcio. Una macchina senza ombra di dubbio costosa e moderna, di quelle che puoi ammirare solo nei cataloghi dei concessionari e sognare nei tuoi signi più belli. Evidentemente la famiglia del biondo doveva essere davvero molto ricca per permettersi un tale gioiellino.
Seguii il biondo, e dalla macchina rossa fiammante uscì un ragazzo identico al primo solo per i tratti delicati e marcati del viso, evidentemente il fratello che avevamo tanto aspettato. La corporatura non troppo muscolosa ma notevole, anche lui decisamente più alto di me, i capelli scuri tenuti in strette treccine legate approssimativamente sulla testa e gli occhi coperti dagli occhiali da sole neri. Aveva un anellino all'angolo sinistro del carnoso labbro inferiore, che continuava a stuzzicare con la punta della lingua. Indubbiamente un bel ragazzo, ma non il mio tipo. Mi bastò uno sguardo per capire che era uno che se la tirava una cifra. Il solito latin lover, patetico.
- Si può sapere dove ti eri cacciato?! - lo rimproverò severamente il biondo andandogli incontro coi pugni serrati sui fianchi magri, da fare invidia persino alla modella più anoressica del mondo. 
Il fratello sbatté con un gesto secco la portiera dell'auto, chiudendola - Stavo facendo sesso duro e violento, e mi hai interrotto proprio sul più bello -
Arricciai il naso, disgustata. Ecco, il genere di ragazzo che eviterei a tutti i costi.
Il ragazzo biondo alzò gli occhi al cielo, disgustato quanto me - Prima finisci, prima torni al tuo sesso -
Il fratello si tolse gli occhiali da sole, rivelando un paio di enormi occhi scuri - E allora, dove sarebbero questa fanciulla da salvare e questo motore tanto complicato? -
- Qua - il biondo indicò me e il mio rottame con un cenno della testa prima di avvicinarsi, seguito dal fratello. Il biondo mi sorrise gentile, i suoi occhi scuri così simili a quelli del fratello che trascinava rumorosamente i piedi sull'asfalto - Scusami, tesoro, il tuo nome? - 
- Mi chiamo Rebecca -
- Bene, Rebecca, facciamo in fretta - sbottò il treccinato, avvicinandosi con fare esperto al mio rottame e sollevando il cofano senza fare fatica. Si stuzzicò il piercing con la lingua, spostandolo ripetutamente a destra e a sinistra mentre analizzava con occhi attenti il motore e tutte le parti metalliche che, un tempo, gli permettevano di funzionare. Con le grosse mani spostò qualche tubo e mosse qualche rotella, prima di scuotere il capo - Questo cesso a pedali è da rottamare, fine della storia. E' completamente andato, nemmeno il meccanico più bravo del pianeta riuscirebbe a resuscitarlo -
- Smettila di fare l'insensibile, idiota! - il fratello biondo gli diede una pacca sulla spalla larga, rimproverandolo ancora. Intuii subito che quei due ragazzi erano l'uno l'opposto dell'altro, il biondo probabilmente era l'acqua santa e il fratello era il diavolo. Chissà perché, quella attribuzione di ruoli non mi sorprese affatto.
- Non preoccuparti, non avevo alcun legame affettivo con quel coso - con un cenno del capo indicai il rottame ormai deceduto. 
- A proposito, non ci siamo nemmeno presentati! - il biondo mi sorrise ancora, raggiante - Io sono Bill, e questo zuccone accanto a me è Tom - 
Ebbi come la vaga impressione di aver già visto quei due ragazzi da qualche parte, e rovistai accuratamente nella mia mente alla ricerca di qualche frammento in cui quei visi e quei nomi potessero collegarsi a qualcosa che potesse spiegare la mia sensazione. Probabilmente era solo una mia impressione.
- Aspetta, vuoi dire che non ci hai riconosciuti? - sbottò il fratello Tom, sgranando leggermente gli occhi e fissandomi con fare allibito e scioccato, come se avessi appena pronunciato la bestemmia più eclatante del secolo.
Alzai un sopracciglio - Dovrei? -
Tom boccheggiò un paio di volte, sempre più scandalizzato - Stai parlando con Bill e Tom Kaulitz, dannazione! -
Ora tutto tornava. Erano rispettivamente il cantante e il chitarrista dei Tokio Hotel, band abbastanza famosa ma non eccessivamente da doverla riconoscere appena uditone il nome. 
- Non tutti sono tenuti a riconoscerci, Tom - sospirò esasperato il biondo Bill.
- Vuoi scherzare?! Le ragazze mi saltano addosso appena mi vedono! -
Alzai anche l'altro sopracciglio - Perché, lanci soldi in mezzo alla strada? -
Bill scoppiò sonoramente a ridere, senza riuscire a contenersi. Rise forte, come se avessi appena fatto la battuta più divertente del secondo - Sei decisamente simpatica, Rebecca! - riuscì ad interrompere le risate per singhiozzare quella semplice frase, per poi riprendere ancora più forte. 
Tom, al contrario, mi lanciò una lunga occhiata fulminante e torva, come se fosse rimasto seriamente offeso dal mio sarcasmo. Dopo qualche secondo in cui Bill tentò invano di trattenere le abbondanti risate, Tom scosse il capo e si incamminò con passo trascinato verso l'auto rossa fiammante - Felice di esserti stato d'aiuto - borbottò, prima di rivolgersi al fratello - La prossima volta che mi chiami per queste cazzate chiudo a chiave il tuo armadio e butto la chiave nel cesso -
Bill smise improvvisamente di ridere - Non puoi farlo! In quell'armadio ci sono vestiti che valgono molto più della tua stessa vita! -
In tutta risposta Tom accese la macchina, che rombò rumorosamente annunciandone l'accensione - Sali, se non vuoi tornare a casa a piedi! -
Bill annuì per voi voltarsi a guardarmi e rivolgere un altro dei suoi radiosi sorrisi - Possiamo darti un passaggio a casa, se vuoi -
Scossi il capo declinando il gentile invito, incapace di sorridere. Adesso mi sarebbe toccato chiamare un carrattrezzi che rimuovesse il catorcio dalla strada, andare a lavoro sorbendomi l'interminabile ed ennesima ramanzina del capo, acquistare i biglietti della metropolitana e dell'autobus per tornarmene a casa una volta finito il turno ... Anzi, forse andare a lavorare ormai non aveva assolutamente senso, si era fatto tardi. 
Decisi di non approfittare ancora della gentilezza dei due gemelli - Non preoccuparti, la mia migliore amica verrà a prendermi -
Ma la verità era che la mia migliore amica era a scuola, poiché lei a differenza mia era un'alunna modello e una studentessa diligente che non saltava un giorno di scuola nemmeno con la febbre a quaranta.
Forza, Rebecca, o perdi la metro.





28 dicembre 2013, 7:30 a.m



Incredibile ma vero non fui licenziata per il mio ennesimo ritardo, ma questo solo perché quel giorno il capo rimase a casa a curare la polmonite della sua povera moglie. Il fatto che l'uomo non avesse mai nominato un suo vice rese le cose ancora più facili, perché nessuno fu in grado di testimoniare il mio clamoroso ritardo e nessuno aveva il potere di licenziarmi per questo.
Da quando il mio vecchio catorcio di terza mano mi abbandonò, dovetti cominciare a prendere i mezzi pubblici per andare al Patrick's. Se con quel rottame arrivavo sempre in ritardo, coi mezzi pubblici mi era impossibile arrivare con grande anticipo. Probabilmente il fatto che ogni mattina ero costretta ad alzarmi alle sei per non perdere l'autobus contribuì, e dopo dieci fermate di autobus me ne aspettavano altre otto di metropolitana più una bella corsetta di mezz'ora a piedi per le strade affollate della periferia di Los Angeles. Persi anche qualche kilo a causa di tutto quel quotidiano esercizio fisico, e fui costretta a dare via diverse paia di pantaloni perché improvvisamente troppo grandi. Fui costretta ad ammettere la mancanza del mio rottame di terza mano dopo pochissimo tempo.
Arrivavo talmente in anticipo da essere sempre la prima a varcare la soglia del Patrick's, e questo voleva dire che toccava a me alzare le saracinesche, togliere la polvere dai tavoli e dal bancone, lucidare il pavimento e le finestre e, infine, attaccare il cartellino fuori dalla porta d'ingresso che annunciava l'apertura del locale. I miei colleghi sarebbero arrivati alle otto, quindi le pulizia toccavano sempre ed esclusivamente solo a me. 
Quella mattina decisi che il mio eroe ed idolo Michael Jackson doveva accompagnare le mie pulizie, quindi misi a tutto volume Blood On The Dance Floor ed afferrai la scopa per grattare via alcune macchie di sporco rappreso dalle piastrelle giallo senape. 


She got your number
She know your game
She put you under
It's so insane
Since you seduced her
How does it feel
To know that woman
Is out to kill



- Every night stance is like takin' a chance, It's not about love and romance and now you're gonna get it! - cominciai a canticchiare, sfregando con forza la scopa su quelle macchie che sembravano essersi incollate al pavimento. Dopo qualche sforzo, quelle disgustose macchie si staccarano e insudiciarono la scopa - Every hot man is out takin' a chance, It's not about love and romance and now you do regret it! -
Decisi di accompagnare Michael Jackson anche nel ritornello, sfregando la scopa anche sul resto del pavimento ed improvvisando qualche passo di danza preso dal videoclip ufficiale della canzone. La musica di Michael mi aveva sempre accompagnata nel corso della mia vita, sia nei momenti di goia e di felicità che in quelli di tristezza e solitudine. Per me è come una divinità - To escape the world I've got to enjoy that simple dance and it seemed that everything was on my side! She seemed sincere like it was love and true romance and now she's out to get me, and I just can't take it, just can't break it! -
Nel momento stesso in cui decisi di girarmi per una piroetta e riporre la scopa, quest'ultima mi cadde dalle mani precipitando sordamente sul pavimento e mi portai le mani al petto per placare il mio cuore spaventato dalla persona che mi sorprese nel mezzo di una performance segreta : Tom Kaulitz era in piedi a pochi metri da me, del divertimento puro alzava gli angoli della sua bocca verso l'alto in un sorriso che presto si sarebbe tramutato in una risata che mi avrebbe gettata nell'imbarazzo totale. Le treccine scure spettinate sulle spalle larghe, una grossa felpa grigia e gli occhiali da sole neri calati sugli occhi grandi e scuri. 
Con un gesto imbarazzato afferrai il telefono, mettendo in pausa la musica. Mi sentii immediatamente avvampare dall'imbarazzo e dalla vergogna. Boccheggiai un paio di volte cercando una frase intelligente con cui liquidare la scena imbarazzante nella quale ero appena stata colta, quando Tom si chinò a terra per raccogliere la scopa sporca. 
- Però, ti dai un gran da fare nel tuo lavoro! - commentò beffardo porgendomi l'oggetto, che afferrai con entrambe le mani ed evitando accuratamente i suoi occhi coperti dalle spesse lenti nere - Rebecca, giusto? -
- Io, ehm, sì è giusto - riuscii a mormorare confusamente. Che figura di merda. Riposi velocemente la scopa al suo posto e presi posizione dietro al bancone per servire il mio primo cliente della giornata, con la poca dignità rimasta - Qual buon vento ti porta qui? -
- Quello di un Martini Dry - rispose Tom sedendosi su uno dei tanti sgabelli allineati davanti al bancone. 
Cercai di trattenere il mio sgomento : un alcoolico alle sette e mezza del mattino? Richiesta insolita, ma non potevo permettermi di rifiutare gli ordini di un cliente, così mi affrettai a preparare la sua ordinazione senza fare domande impertinenti. Mi stupii del fatto che non fece commenti sul posto orribile in cui era capitato quella mattina, era tipico dei nuovi clienti.
- Sei riuscita a trovare qualcosa che potesse sostituire il cesso a pedali? - domandò Tom riferendosi alla mia vecchia e ormai deceduta automobile. Probabilmente lo chiese per gentilezza e non per vero interesse, ma decisi di reggergli comunque il gioco per avviare una sorta di conversazione.
- In realtà non ho avuto il tempo di guardarmi attorno - risposi servendogli il suo Martini e facendo qualche passo indietro per appoggiarmi allo scaffale dei liquori e degli alcoolici. "In più non ho soldi" avrei voluto aggiungere, ma decisi di sorvolare su questo dettaglio - Tu cosa ci fai da queste parti? Pensavo che una grande stella del firmamento musicale come te mandasse i servi ad acquistargli il Martini -
Tom sorseggiò lentamente il suo Martini, riuscendo a cogliere il sarcasmo nella mia voce - Sono stato a casa di un'amica ... - rispose vago, accennando un sorriso malizioso. 
- A fare del  sesso "duro e violento"? - chiesi, ricordando le parole pronunciate dal chitarrista al fratello Bill più di due settimane fa, al nostro primissimo incontro in cui il mio rottame di terza mano morì.
Una luce maligna e maliziosa si accese negli occhi scuri di Tom, era perfettamente vedibile anche da dietro gli occhiali scuri. Colse ancora una volta la mia ironia mentre calava gli occhiali da sole sul naso piccolo per guardami meglio - Già, forse -
Gli occhi del chitarrista vagarono sfacciati sul mio corpo, soffermandosi qualche secondo di troppo sulla lieve curva del mio seno. In effetti quel giorno ero vestita in maniera insolitamente decente dato che quella sera avrei incontrato la mia migliore amica Amber terminato il mio turno : indossavo un paio di pantaloni blu a vita alta e una maglietta aderente a righe bianche e blu dal largo scollo che attraversava obliquamente il mio petto lasciandomi una spalla scoperta e lasciando intravedere il reggiseno scuro. I capelli lisci erano sciolti disordinatamente sulla mia schiena e la frangetta copriva fittamente la mia fronte. 
Avvampai e decisi di sottrarmi a quegli occhi scrupolosi e peccaminosi dandogli le spalle e mostrandomi impegnata a fare pulizia nello scaffale degli alcolici, mossa sbagliata perché sentii subito lo sguardo di quel maniaco sul mio sedere.
- Che fai domani sera? - mi chiese improvvisamente, facendomi sussultare.
Voltandomi nuovamente tentai di nascondere il mio scetticismo. Mi stava chiedendo un appuntamento? - Perché? -
- Io e Bill diamo una festa a casa nostra, mi piacerebbe se venissi anche tu -
- Perdonami, ma non credo mi troverei a mio agio in mezzo a una festa piena zeppa di celebrità del tuo calibro - ridacchiai malignamente, ero davvero in vena di scherzare quella mattina.
Anche Tom rise, i suoi occhi non si staccarono dal mio corpo nemmeno per un secondo - Niente celebrità, solo persone normali che ascoltano musica normale -
- Cosa ti dice che io ascolti musica normale? - 
- Ascolti Michael Jackson -
- Michael è il Re del Pop, chi non ascolta la sua musica? -
- Potrei mostrarti la mia collezione di dischi di Michael Jackson -
- La mia va più che bene - replicai, inclinando leggermente il capo - E poi tu non mi sembri il tipo di ragazzo appassionato di Michael Jackson, correggimi se sbaglio -
Tom sbuffò sonoramente, aumentando il mio divertimento - Allora, verrai? -
- In realtà avevo promesso alla mia migliore amica che avrei passato la serata con lei ... - risposi sincera.
Il chitarrista scrollò le spalle con indifferenza - Porta anche lei -
Boccheggiai un paio di volte alla ricerca di qualcosa con cui declinare ancora una volta l'invito, ma la mia mente era sgombra, non avevo idee o scuse convincenti. Ma ero certa che non'appena Tom Kaulitz se ne sarebbe andato mi sarebbero venute in mente un sacco di idee geniali. 
Tom sorrise vittorioso e soddisfatto, capì di averi vinto lui - Adesso non hai più scuse, Rebecca - 
- No, non è ho più - ammisi sincera, all'epoca per me non era un problema dire le cose con assoluta franchezza e sincerità, a volte apparivo persino più sfacciata del chitarrista che mi sedeva di fronte in quel momento. Fui costretta a sospirai, sconfitta - E va bene, ci sarò -
Dovevo andare a quella festa, in parte perché costretta, in parte perché ... beh ... 
Perché costretta. Punto.





28 dicembre 2013, 08:38 p.m



- Tom Kaulitz ti ha invitata a una festa e tu volevi dire di no?! - la mia migliore amica Amber Pratt lasciò trapelare il suo disgusto nei miei confronti. A differenza mia lei conosceva i Tokio Hotel, e anche abbastanza bene. Sebbene non ne fosse una fan accanita ascoltava volentieri la loro musica e metteva volentieri like ai post di Bill Kaulitz su instagram perdendosi in commenti su quanto fosse figo. 
Alzando gli occhi al cielo davanti al suo sgomento, bevvi un lungo sorso dalla mia lattina di coca cola quasi finita. Sedevamo in un piccolo bar vicino a casa sua, dove mi sarei fermata a dormire - Guarda che ha invitato anche te! - 
- E tu volevi rifiutare? -
- Mi ha invitata dopo aver esaminato attentamente il mio culo e le mie tette - replicai senza troppe cerimonie, Amber scoppiò immediatamente a ridere e io ripresi a parlare dopo un altro sorso di coca cola - Mi sa tanto di tattica per portarmi a letto -
- Non ci andresti? Quel ragazzo è uno schianto! - sospirò con occhi sognanti la mia migliore amica, totalmente il mio opposto. Amber aveva i capelli di un bellissimo rosso naturale e gli occhi verde smeraldo, curve abbondanti e carisma che attirava qualsiasi uomo le passasse accanto. La conoscevo dai tempi delle scuole elementari, frequentavamo la stessa classe e fu un vero dramma quando alle scuole medie ci misero in classi diverse. Una delle differenze fondamentali tra me ed Amber era che lei continuava ad andare a scuola, era una studentessa eccellente. Un'altra era che con i ragazzi aveva molte più esperienze di me, forse perché lei sapeva sedurre e io no.
Fui costretta a sospirare, sconfitta - Chi non ci andrebbe? -
- A proposito, quanti anni ha? -
- Ventitré - risposi prontamente.
- Te lo sei scelto grande, eh? -
- Sono solo cinque anni di differenza, che vuoi che siano? E poi io non ho scelto proprio un bel niente! - 
- Hai ragione, lui ha scelto te - rispose frettolosamente Amber terminando la sua lattina di Sprite, concludendo un con gesto approssimativo della mano ben smaltata la faccenda - Hai già deciso cosa indosserai? -
- Un jeans e una maglietta andranno più che bene - scrollai le spalle disinteressata, la moda non era mai stato il mio forte, anzi, mi aveva sempre annoiata terribilmente.
- Cosa?! Non puoi rimorchiare con un jeans e una maglietta! - Amber era sempre più scandalizzata - Ti presto qualcosa io, dovrei avere qualche vestito adatto a te -
- Non devo rimorchiare nessuno! -
- Non sembravi dello stesso parere fino a due secondi fa. Lascia fare a me, vedrai che sarai la ragazza più sexy della festa! - la mia migliore amica mi ammiccò con fare complice.
- Non voglio sembrare una bomboniera - mi affidai completamente a lei e sperai con tutte le mie forze di non pentirmene. 
- Piuttosto, perché non ammetti che ti piace? - 
Avvampai violentemente, sentii le mie guance tingersi improvvisamente di rosso e decisi di chinare il capo per nascondere l'improvviso colorito acceso sulla mia pelle. Slegai i capelli e finsi di voler ricomporre la coda di cavallo sulla nuca, impiegandoci più tempo del normale per tenermi occupata e non incontrare gli occhi di Amber - Ma se nemmeno lo conosco! -
- Al cuor non si comanda, Reb -
- Non mi piace, è solo un pallone gonfiato che si diverte a giocare coi cuori e coi corpi delle ragazze perché consapevole di essere incredibilmente sexy. Tutto qui - spiegai tutto d'un fiato, tornando ad alzare finalmente la testa.
Amber si sporse dalla sua sedia, i suoi occhi verde smeraldo mi fissarono penetranti, scavando nelle mie profondità alla ricerca della vera risposta e dei miei veri sentimenti, anche se sembrava conoscerli già. Cercava solo un modo per umiliarmi - E allora perché hai deciso di andare alla festa? -
- Perché amo le feste -
- Tu odi le feste! -
Sospirai esasperata, alzando gli occhi al cielo - Non possiamo cambiare argomento? -
Amber alzò le mani come in segno di resa, accavallando le gambe fasciate in un paio di collant neri e la gonna a palloncino che le copriva le ginocchia ossute - Okay, cambiamo argomento! - acconsentì con mia immensa gioa.
Ero davvero stanca di parlare di Tom e sui miei presunti sentimenti nei suoi confronti. Non lo conoscevo, sapevo solo che era il chitarrista dei Tokio Hotel, che adorava spassarsela con le ragazze in tutti i sensi e in tutti i modi possibili ed immaginabili, che era il ragazzo più bello che l'universo avesse mai plasmato, che aveva un fratello davvero gentile e che aveva una macchina costosa. Poteva definirsi amore, il mio? Assolutamente no, ero semplicemente attratta dalla figura del cattivo ragazzo, tutto qui. Si trattava di un'attrazione  passeggera, non sprecai nemmeno il mio tempo a fantasticarci sopra perché sapevo che mi sarei creata solo illusioni e false speranze. Ci sarei andata a letto volentieri, quello non lo negavo, ma si trattava solo di attrazione. 
Già, ero attratta dal tipico demone con le ali d'angelo.





29 dicembre 2013, 11:00 p.m



Solo a guardarla da fuori la villa dei Kaulitz era imponente e sfarzosa, la piscina sul retro era stata coperta a causa della stagione invernale che non permetteva l'agio di una nuotata. La villa era a tre piani, il tetto spiovente e la vernice color crema copriva le pareti esterne dell'edificio senza nemmeno una macchia di sporco o di cedimento del rivestimento. Avvicinandosi al rettangolare portone d'ingresso a due battenti si riusciva a sentire la voce soave di Selena Gomez intonare le note di Slow Down, il volume così tanto da riuscire a distinguere ogni singola parola come a un concerto dal vivo. 
Quel giorno saltai il lavoro fingendomi malata, ma in realtà passai tutta la giornata a casa di Amber per preparare con estrema cura i preparativi per la tanto nominata ed attesa festa. Amber mi lavò meticolosamente i capelli utilizzando una serie di prodotti costosissimi e dai colori sgargianti ed inquietanti, massaggiando la cute come una professionista; poi decise di piastrarli, anche se per me la cosa non ebbe senso dato che i miei capelli erano già lisci naturali. Tentò di farmi una elegante manicure coi resti delle mie unghie mangiucchiate, impresa ardua dato che sin dalla notte dei tempi avevo il terribile vizio di mangiarmele. Massaggiò il mio corpo con creme ed oli profumati, mi fece la dolorosa ceretta, mi tolse brufoli e punti neri, diede una ritoccata alla mie sopracciglia.
E poi venne la parte più difficile di tutte : il vestito.
Ogni vestito che io approvai venne scartato senza pietà da Amber, così come i vestiti che io scartai vennero definiti dalla mia migliore amica come "strepitosi" e "unici nel loro genere". Tra i tanti, Amber mi propose diversi vestiti che avrebbero fatto invidia a Lady Gaga e a diverse prostitute sul ciglio della strada. Era ufficiale, l'armadio di Amber era colmo di cose fantastiche ma decisamente bizzarre.
Alla fine optammo per un vestito che Amber si dimenticò persino di avere, acquistato mesi e mesi prima a una svendita. Era l'abito che mi piaceva di più tra tutti quelli che la mia migliore amica mi aveva proposto, decisamente il più particolare ma non eccessivamente egocentrico. Era un vestito nero dal corpetto con la scollatura a cuore ricoperto di sottili ed intriganti ricami in pizzo nero e l'ampia gonna di tulle nero. Quando lo indossai per provarmelo fu come amore a prima vista, era la primissima volta che mi innamoravo di un indumento, specialmente di un abito da sera. Il vestito cadeva a pennello sul mio corpo esile, lasciandomi le spalle scoperte e la scollatura a cuore lasciava intraverede un accenno del mio piccolo seno. La gonna mi copriva le coscie, voluminosa, e passai intere ore ad accarezzare i ricami in pizzo nero con le dita come estasiata. 
Per la prima volta mi trasformai una versione femminile di me stessa che mi piaceva.
Amber allungò con decisione una mano verso il campanello per annunciare il nostro arrivo, ma presi il suo polso interrompendo l'azione. Improvvisamente non ero più così sicura di voler varcare quella soglia, non ero più sicura che il vestito che avevo scelto solo quella mattina fosse adatto per l'occasione, non ero sicura dei miei capelli perfettamente piastrati e della manicure brillantinata e del trucco sobrio e leggero.
Cominciai a trovare una serie di difetti inesistenti.
- Potremmo fingerci malate - proposi, balbettando nel panico - Oppure potremmo fingere di esserci rotte una gamba. Anzi, sai che ti dico? Vado a buttarmi sotto una macchina, così almeno ... -
- Tu non vai proprio da nessuna parte, Annalise Rebecca! - mi bloccò Amber, per niente sorpresa dal mio atteggiamento carico di ansia e di tensione. Mi posò entrambe le mani sulle spalle, cominciando a strofinarle come a volerle riscaldare e proteggerle dalla fredda aria invernale  - Questa sera sei bellissima come non lo sei mai stata in vita tua, quindi gotidi la serata al meglio, che quel zoticone di Tom Kaulitz decida di prestarti attenzione o meno! -
Annuì, cercando di convincermi di quello che la mia migliore amica aveva appena detto. Sorrisi, improvvisamente cambiando umore e diventando positiva e raggiante - Al diavolo Tom, devo divertirmi! -
- Ben detto, ragazza! - Amber tornò ad allungare la mano e premette ripetutamente sul campanello della villa, e quando uno dei due battenti della porta si aprì l'ansia tornò a divorare il mio cuore senza pietà e compassione. 
Un ragazzo dagli occhi verdi e dai lunghi capelli castani tenuti sciolti sul petto muscoloso ci aprì, in una mano reggeva un bicchiere di vetro trasparente con al suo interno un liquido verdognolo, sicuramente un alcoolico. Era decisamente un bel ragazzo, ci sorrise amichevolmente mentre sorseggiava il suo drink tenendo gli occhi piccoli puntati su di noi. Ebbi come l'impressione di averlo già visto da qualche parte ...
Amber sollevò una mano laccata di viola in aria, sorridendo con disinvoltura mentre si presentava come se fosse una conoscente - Ciao, noi siamo ... - la sua voce si interruppe di colpo mentre l'attenzione dei suoi occhi verde smeraldo fu attirata da qualcosa o da qualcuno alle spalle del ragazzo che ci aveva aperto. Trattenne il respiro, portandosi la mano alla bocca spalancata - Non ci posso credere! Quella è KateMoss! - 
Il ragazzo dai lunghi capelli castani si voltò per guardare nella direzione indicata da Amber, prima di annuire e tornare a rivolgerci la sua attenzione - Sì, è proprio lei - e lo disse con una tale disinvoltura da lasciarmi esterrefatta, evidentemente doveva essere amico della modella in questione. 
- Devo andare a fare un selfie! - Amber cominciò a correre sui tacchi vertiginosi, il ragazzo dagli occhi verdi si spostò appena in tempo per non essere travolto dall'euforia della mia migliore amica, che rischiò di inciampare rovinosamente sul tappeto al centro della stanza. 
Scoppiai sonoramente a ridere, e il ragazzo rise con me. Indicai Amber con un dito, aveva appena braccato Kate Moss cominciando a scattare foto a più non posso col suo cellulare ricoperto di brillantini rosa - Lei è Amber Pratt, io sono Rebecca Lahey. Ci ha invitate Tom - 
Il ragazzo annuì - Io sono Georg, Georg Listing. Siete le benvenute! -
Era il bassista dei Tokio Hotel, ricordai immediatamente dove avevo già visto quei lineamenti così dolci. Non mi stupii del fatto che riuscisse a restare così tranquillo sapendo di avere una modella come Kate Moss nei paraggi, dopotutto non faticavo a credere che fosse stato a feste molto più affollate e alla moda e in compagnia di persone decisamente più importanti e popolari. 
Georg mi lasciò entrare e chiuse la porta, raggiungendomi subito dopo. La villa era totalmente affollata, piena di ragazze dagli abiti succinti ed aderenti come se indossassero soltanto la propria pelle e ragazzi con in mano bottiglie di birra ed alcoolici più pesanti. Numerosissime luci al neon fluorescente erano state installate sul soffitto, proiettando e colorando l'ambiente con colori diversi che cambiavano ogni dieci secondi, illuminando l'improvvisata pista da ballo e gli invitati intenti a ballare, chiacchierare e bere senza limiti. 
Una luce al neon dipinse la mia pelle di verde mentre Georg mi affiancò, Selena Gomez continuò a cantare a pieni polmoni nelle mie orecchie - Allora, tu non vai a scattare selfie con nessuno? - 


If you want me I'm accepting an application
So long that we can k-e-ep this record on rotation
You know im good to mouth to mouth resuscitation
Breath me in breath me out so amazing!



- Sono stata accolta nella villa dei Kaulitz dal bassista dei Tokio Hotel, che mi ha catapultata in una festa con Kate Moss e chissà quali altre celebrità che non vedrò ma più in vita mia; ho già tanto da raccontare - ridacchio sarcasticamente.
Georg bevve un lungo sorso del suo drink prima di ridere - La notte è giovane, avrai ancora tanto da raccontare. Hai detto di essere stata invitata da Tom, giusto? -
- Esatto -
- Perdonami ma la domanda mi sorge spontanea : sei una sua vecchia fiamma, una sua probabile fiamma, una sua amica o una sconosciuta che si è infiltrata a questa festa utilizzando Tom come scusa? -
Scoppiai a ridere, quel ragazzo cominciava a starmi davvero simpatico ed in più il suo ragionamento era del tutto logico e non faceva una piega - Diciamo che sono una conoscente, ha dato una controllata alla mia vecchia macchina per decretare che era da rottamare ... ed è stato un mio cliente ieri nel locale dove lavoro, dove ha avuto l'occasione di invitarmi qui - 
- Grandioso sapere che non sei una delle tante prostitute che frequenta -
- Grandioso non esserlo -
Georg rise ancora, aprì ancora la bocca per continuare quella piacevole conversazioni quando un paio di braccia forti circondarono la mia pancia abbracciandomi da dietro, e un petto muscoloso si spalmò contro la mia schiena. Mi voltai, sussultando a contatto di quella pelle sconosciuta. Il mio cuore smise di battere nello stesso momento in cui Tom Kaulitz mi sorrise, i suoi centimetri d'altezza in più rispetto ai miei troneggiavano sulla mia piccola ed esile figura di diciottenne - Felice di rivederti, Rebecca -


I just wanna feel your body right next to mine
All night long, 
baby slow down the song
And when it’s coming closer to the end everyone
All night long, 
baby slow down the
So-o-o-o-o-ng 



- Ciao, Tom - sorridi debolmente, quasi imbarazzata. 
- Vedo che hai fatto la conoscenza del nostro Georg - esordì allegramente Tom, la stretta sulla mia pancia aumentò, e mi ritrovai praticamente spalmata contro quel corpo da urlo. Il chitarrista lanciò una veloce occhiata all'amico bassista, che continuò a sorseggiare il suo drink godendosi lo spettacolo in silenzio - Come ti sembra, amico? -
Georg scrollò le spalle - Amico, è decisamente la migliore che ha messo piede in questa casa. Fossi in te non me la lascerei scappare! -
- Non lo farò, infatti - ridacchio maliziosamente Tom, prendendomi per una mano e tirandomi lentamente per una mano, in una direzione imprecisata - Vieni con me? - sembrava una richiesta, e invece sapevo perfettamente che era un ordine ben preciso. Annuii e lasciai che Tom mi guidasse in mezzo alla folla di persone che ballavano sulle note scatenate di una nuova canzone, a me sconosciuta. Mi guidò in un angolo isolato della casa, c'era un divanetto di pelle nera da dove era possibile vedere la festa in pieno svolgimento ma senza rimanerne travolti. Ci sedemmo, la musica arrivò ovattata e lontana come se ci trovassimo in una stanza totalmente differente. Sistemai la leggera gonna di tulle sulle cosce, la luce al neon mi colorò di azzurro per qualche istante. 
- Sai, sinceramente pensavo non saresti venuta - Tom allungò un braccio sul bordo arrotondato dello schienale del divanetto, appoggiandocelo sopra e circondandomi così le spalle scoperte.
- Non avevo scuse, dopotutto - gli ricordai.
- Ma ciò non ti costringeva a venire -
Alzai gli occhi al cielo, fingendomi offesa - Insomma, Tom, così mi fai pensare che avresti preferito fossi rimasta a casa a guardare sdolcinate serie tv con la mia migliore amica, invece che deliziarti con la mia presenza! - 
Tom rise divertito, le luci al neon lo colorarono di arancione - Al contrario, sono felice che tu sia venuta - le sue labbra si avvicinarono sensuali al mio orecchio, la sua voce era un sussurro roco e desideroso di cose proibite - E poi sei davvero uno schianto stasera -
- Sai, quando il mio represso lato femminile decide di uscire, succedono cose eclatanti - gli confido ironicamente.
- Dovresti farlo uscire più spesso, allora! -
Scoppiai a ridere divertita, chinando il capo all'indietro. Tornai seria dopo qualche secondo, inclinando leggermente la testa di lato per incontrare gli occhi interrogativi del chitarrista seduto accanto a me - Mi chiedo perché tu stia seduto insieme a una mezza sconosciuta invece di andare a ballare con le tue amiche modelle superfighe -
- Anche la mezza sconosciuta con cui sono seduto è superfiga - replica con naturalezza Tom, scrollando le spalle come se avessi appena fatto la domanda più banale del mondo.
Sospirai, sarcastica - A quante ragazze hai già detto la stessa cosa? -
- Sai, devo confidarti che con le altre non perdo tempo in complimenti -
- Ah no, le conduci direttamente in camera da letto? -
- A volte sono già lì ad aspettarmi senza che io lo sappia -
Studiai Tom, per la prima volta in quella serata. Le treccine scure erano sparse disordinate sulle spalle allenate, una fascia nera gli copriva la fronte donandogli un aspetto trasandato e ribelle. Indossava una semplice maglia nera che aderiva perfettamente al fisico scolpito nel marmo, lasciando intravedere un accenno di addominali, e un paio di jeans strappati sul ginocchio di qualche taglia più grande coprivano le lunghe gambe. Gli occhi scuri e penetranti fecero lo stesso, studiarono il mio corpo senza tralasciare nessun particolare e nessun dettaglio, una luce peccaminosa si fece sempre più vivida in essa. 
Mi voleva.
Sorrisi, con una certa punta d'orgoglio - Mi dispiace deluderti ma non sono quel tipo di ragazza -
- L'ho capito da come ieri hai cercato di evitare in tutti i modi possibili questa festa - fece un vago gesto con le braccia per indicare la festa che continuava indisturbata attorno a noi - E poi quel genere di ragazza comincia ad annoiarmi -
- Quindi cosa stai cercando, adesso? -
Un ghigno si fece largo sulle labbra carnose di Tom, con la punta della lingua cominciò a giocherellare con il sottile anellino appeso all'angolo sinistro del labbro inferiore, leccandolo con maliziosa lentezza come se stesse gustando pensieri piacevoli - Ti piacciono le sfide, Rebecca? -
Sospirai, decidendo di smascherare il suo gioco - Intendi un modo per portarmi a letto? -
- Ammetto che sarebbe una bella vittoria - 
- Ma io amo vincere, quindi credo che uno dei due rimarrà deluso a fine serata -
- Oppure potremmo guadagnarci entrambi - mi sussurrò sensuale Tom, il suo naso sfiorò il mio. Le sue labbra sfiorarono le mie, leggere e veloci come un battito di ciglia. Lo vidi chinarsi ancora di più su di me per tentare un approccio più diretto e meno timido, ma mi affrettai a retrocedere e a scostare il mio viso dal suo - E sentiamo, cosa ci guadagnerei io a venire a letto con te, Tom? -
Il chitarrista accanto a me fece un verso orgoglioso - Sono Tom Kaulitz, un'occasione del genere non ti ricapiterà mai più nella vita! -
Scoppiai a ridere, malignamente - Non sono stata in grado di riconoscerti la prima volta che ci siamo incontrati, pensi che possa importarmene qualcosa? E poi, non sei nemmeno così famoso come ti piace  credere -
- Non giocare col fuoco, piccola, finirai per scottarti - Tom alzò un sopracciglio con fare arrogante, probabilmente avevo colto nel segno come desideravo.
- Non usare frasi fatte, le trovo patetiche - gli suggerii con finta innocenza, sbattendo un paio di volte le lunghe ciglia piene di mascara resistente. Tom scoppiò a ridere, divertito dalla mia simulazione della ragazza innocente e pura.
- Vediamo ... potrei garantirti la nottata di sesso migliore della tua vita, ma abbiamo stabilito che non sei quel tipo di ragazza, e questo è un vero peccato perché in questo momento staresti testando le abilità del SexGott -
Lo guardai, perplessa - SexGott, tu? -
Tom allargò le braccia come a volersi mettere in mostra, gonfiando il petto d'orgoglio - Hai capito bene, piccola -
- Non metto in dubbio che tu sia bravo a letto ma, senza offesa caro, sono certa che al mondo esistano uomini che ci sappiano fare molto più di te - trattenni una risata sarcastica, consapevole di aver sgonfiato il suo orgoglio. O forse avrebbe cercato un modo per dimostrarmi che mi stavo sbagliando di grosso? Fui costretta ad ammettere che da una parte ci speravo, e anche tanto. 
La malizia si accese negli occhi del chitarrista, intensa ed incantatrice - Come fai a dirlo se non sei mai stata a letto con me? -
Scrollai le spalle con indifferenza - Sesto senso -
- Posso provare a convincere gli altri cinque, di sensi? - le labbra di Tom sfiorarono ed accarezzarono la mia spalla scoperta, percorrendola lentamente fino a raggiungere la base del mio collo. Il chitarrista si inumidì sensualmente le labbra con la punta della lingua, accarezzando l'anellino argenteo che brillava al buio come una stella, prima di risalire il mio collo verso il mio mento, la sua lingua sulla mia gola mi fece fremere. La mia pelle fremeva ad ogni battito del suo cuore, ogni mio muscoloso attendeva con impazienza che le sue mani in movimento gli dessero vita. 
- Pensi di riuscirci? - chiesi con finta innocenza.
Il naso di Tom sfiorò il mio - Ogni mezzo mi è concesso? -
L'unico modo di liberarsi di una tentazione è cedervi, dopotutto - Naturalmente -
Le sue labbra si posarono sulle mie, lente e caste, assaporando immediatamente la passione più sconvolgente ed ardente che il mio cervello, il mio cuore ed il mio corpo abbiano mai conosciuto. Ci premettero dolcemente sopra, la sua lingua accarezzò il mio labbro inferiore annunciando un approccio decisamente meno casto. Schiusi le labbra, concordando quel nuovo approccio così invitante mentre le mani di Tom s'infilarono sotto la vaporosa gonna di tulle per accarezzare le mie cosce. Il mio cuore smise definitivamente di battere quando la sua lingua incontrò la mia, cominciando a stuzzicarla sensualmente. Le nostre lingue cominciarono a muoversi in sintonia come se già si conoscessero, le nostre labbra approfondivano sempre di più un contatto unicamente nostro dal quale non ci volevamo sottrarre. Le sua labbra divorarono voraci ed affamate le mie, mordendole e succhiandole affamate. Lo sentii sospirare beatamente quando le mie unghie corte gli accarezzarono la pelle della schiena, solleticandogliela. Sorrisi, avevo trovato il suo punto debole da sfruttare e col quale giocare a mio piacimento. 
La sua mano salì lungo il mio fianco, accarezzandomi la spalla e posandosi bollente sul mio collo. Gli accarezzai ancora la schiena, lo sentii fremere eccitato sotto al mio tocco lento e dolce mentre mi sollevava dolcemente posizionandomi a cavalcioni sulle sue gambe, sopra di lui. Il suo petto si spalmò contro il mio, i nostri visi uniti si fondevano in un'unica cosa e le nostre labbra sembravano non volersi separare mai più, divertendosi ad affamare la fame reciproca che si era manifestata nel momento stesso in cui avevamo cominciato a baciarci. Le mani di Tom percorsero la mia schiena e si posarono sul mio sedere, premendoci eccitato mentre gli accarezzavo gli addominali e il pettorali scolpiti come una scultura. Le labbra di Tom passarono a baciarmi umide il collo, lo sentii ansimare contro la mia pelle bollente mentre io tentai di reprimere un sospiro beato mentre la sua lingua accarezzava la mia clavicola scoperta. Tornai a catturare le sue labbra, come stregata da quella pelle, attratta da quel contatto. 
Un vortice di emozioni forti e contrastanti agitò il mio cuore mentre continuavamo quella lotta e quella danza peccaminosa : volevo ardentemente che le sue mani continuassero ad esplorare il mio corpo, ma allo stesso tempo volevo si fermassero perché altrimenti sapevo sarei caduta nel profondo abisso dell'amore dal quale è difficile riemergere; volevo essere sua almeno per quella notte, ma sapevo che la mattina dopo mi sarei pentita di aver giocato con così tanta superficialità coi miei sentimenti, illudendomi che per Tom potesse trattarsi di qualcosa di serio da coltivare con me. Sapevo di essere una semplice avventura per lui, una delle tante che presto avrebbe portato nel suo letto, che avrebbe presto dimenticato e sostituito.
La parte razionale di me mi impose di staccarmi, me lo ordinò con prepotenza. Ma decisi di ignorarla : volevo l'amore, anche solo per una notte. 
E volevo Tom.
La mia già alta eccitazione crebbe quando sentii la sua erezione premere contro di me. Ansimai forte quando Tom morse la mia gola come un vampiro assetato, succhiando la mia pelle. Accarezzai le strette treccine, lasciandole scivolare con lentezza tra le mie dita mentre Tom proseguiva con la sua sensuale tortura che sperai non avesse fine.
Improvvisamente le mani di Tom si chiusero sul mio sedere e mi sollevarono, prendendomi in braccio mentre si alzava. Incrociai le gambe dietro la sua schiena muscolosa per non cadere, anche se la stretta del chitarrista sulla mia pelle era salda. Indovinai immediatamente dove fossimo diretti, e non feci niente per deviare la rotta o impedire di arrivare a destinazione, non feci niente per evitare ciò che stava per accadere, perché volevo accadesse. Volevo andare a letto con Tom anche se probabilmente non l'avrei mai ammesso ad alta voce per il troppo orgoglio che soffocava parole non dette. Il mio cuore batteva forte, così forte che sarei potuta svenire. 
Tom mi portò nella sua stanza, lontana dalla festa che avevamo abbandonato e da chiunque avesse potuto disturbare e interrompere quel momento così intimo e solo nostro. Mi baciò con trasporto per tutto il tragitto, cademmo insieme sul letto freddo ed ordinato. Sorrisi al pensiero che molto presto non lo sarebbe più stato, che molto presto sarei stata coperta unicamente da quelle lenzuola profumate, quelle lenzuola che sarebbero state le uniche testimone di ciò che sarebbe successo quella notte.
Ci baciammo con passione e desiderio, le nostre mani impegnate ad esplorare ed accarezzare i reciprochi corpi. Con un gesto impaziente Tom abbassò la cerniera sulla mia schiena, liberandomi dal vestito diventato improvvisamente fastidioso. Con la stessa fretta ed impazienza lo aiutai a disfarsi dei pantaloni e della maglietta che coprivano quel corpo così perfetto che sarebbe stato di mia proprietà almeno per quella notte. 
Ripresi la mia lenta tortura, solleticando con calcolata lentezza la schiena possente di Tom con le unghie corte. Lo sentii tremare, sospirare mentre le sue mani plasmavano roventi il mio corpo nudo sotto di lui. Avvicinò le sue labbra al mio orecchio, la sensuale voce roca trattenne un gemito di piacere - Mi stai facendo eccitare da pazzi -
- Ma tu guarda, puntavo proprio a quello - non riuscii a trattenermi dal ghignare con puro ed innocente sarcasmo. 
La bocca di Tom scese lenta sul mio seno, la sua lingua accarezzò i miei capezzoli cominciando a stuzzicarli e a giocarci provocante. A quel punto fui io ad essere tremendamente eccitata.
Le mani di Tom afferrarono con prepotenza le mie anche, con una spinta lenta e decisa entrò in me. Inarcai la schiena, una vampata di calore e di piacere mi pervase all'istante. Le spinte di Tom si fecero sempre più rapide e veloci, l'eccitazione indomabile mentre il suo corpo sudato si muoveva fremente sul mio. Ansimavamo entrambi, insaziabili ed instancabili avremmo potuto continuare per tutta la vita. Tom entrava forte in me facendomi gemere contro la sua pelle, facendomi godere e sospirare come mai nessuno era riuscito a fare. 
- Tom ... - gemetti roca, la mia bocca contro la sua spalla mentre spingeva eccitato.
Le mani del chitarrista premettero sulla mia schiena, i nostri bacini si muovevano armoniosamente all'unisono in una danza sensuale che non aveva fine. Il suo petto sudato contro il mio, la sua lingua che stuzzicava e giocava col lobo del mio orecchio - Urla il mio nome - ansimò.
Urlai il suo nome ad ogni spinta, gemendo ed ansimando mentre il corpo di Tom si muoveva esperto sul mio. La spinta finale, quella che rese i nostri corpi come due tizzoni ardenti, lo fece crollare sul mio corpo. Il suo respiro sulla mia pelle sudata, le sue braccia che circondavano protettive il mio corpo stremato.
Posai le sue labbra sulle mie, caste e dolci. Ci baciammo dolcemente, abbracciati senza malizia, come a voler suggellare quello che avevamo appena fatto, la notte appena trascorsa.
Quella fu la prima volta che feci sesso con Tom, e fu la più bella.





30 dicembre 2013, 08:40 a.m



Quando mi svegliai, l'altro lato del letto era freddo. Allungai le dita cercando il calore di Tom, ma trovai solo la tela fredda del morbido materasso. Decisi di aprire gli occhi, accogliendo il nuovo giorno con improvviso malumore. Lanciai una rapida e sprezzante occhiata al lato vuoto dell'enorme letto matrimoniale dove passai probabilmente la notte migliore di tutta la mia vita. Proprio come aveva previsto lui la sera prima, alla festa.
Ci impiegai parecchi secondi ad accorgermi del piccolo biglietto abbandonato sul cuscino accanto al mio, mi stropicciai gli occhi con entrambe le mani per assicurarmi che non si trattasse di una mia semplice allucinazione. Allungai svogliatamente una mano per afferrarlo, alzandomi a sedere per leggerne il contenuto.


Sotto questo cuscino  ci sono dei vestiti, mettiteli prima di uscire dalla stanza.
Alla tua sinistra proseguendo sempre dritto troverai il terrazzo. Ti aspetto lì. Ho bisogno di parlarti.
T.



Rilessi più volte il messaggio breve e conciso. Sbadigliai sonoramente, alzando il citato cuscino e trovando una camicia e un paio di pantaloni, entrambi di molte taglie più grandi di me ed evidentemente da uomini, sarei sembrata uno spaventapasseri.
Afferrai i vestiti e me li infilai, il risultato fu esattamente come me l'ero immaginato, comico e patetico allo stesso tempo : la camicia era talmente lunga da coprirmi le ginocchia come un vestito e fui costretta a rimboccare le maniche sette volte per farle arrivare fino ai polsi magri; i pantaloni troppo larghi cadevano e fui costretta ad arrotolare anche quelli per evitare di inciampare ad ogni passo. Con un sospiro esasperato mi passai una mano nei capelli spettinati, cercando di appiattirli. Ed ecco che tornai ad essere il brutto ranocchio, diventato principessa solo per una notte.
Mentre mi vestivo, la pesante consapevolezza di ciò di cui Tom volesse parlarmi appesantì il mio cuore come un pesante macigno. Ero pronta ad affrontare le conseguenze di quella notte in cui avevo bellamente ignorato la parte razionale e ragionevole di me, ero pronta a sentire la voce di Tom pronunciare parole che avrebbero segnato la fine di qualcosa che non sarebbe mai nato. Sapevo che Tom non era intenzionato ad avere una relazione con me, sapevo che per lui questa nottata di sesso non aveva avuto nessun valore o significato. Ero psicologicamente preparata a sentire le sue scuse, la falsità del suo dispiacere, perché a lui non dispiaceva affatto avermi avuta come una semplice avventura notturna. Ero perfettamente consapevole che sarei stata sostituita in fretta, ero stata veloce ed insignificante. Ma nonostante ciò, nonostante tutte le mie consapevolezze, avevo comunque deciso di lasciarmi usare come oggetto di piacere e di divertimento.
Non ci misi molto a trovare il terrazzo citato nel biglietto di Tom, le sue istruzioni furono precise e corrette. Il secondo piano della villa era completamente deserto e silenzioso, fummo probabilmente gli unici quella notte ad approfittare del piano superiore per soddisfare i nostri proibiti piaceri personali. 
Trovai Tom affacciato alla bassa ringhiera del terrazzo, sporto in avanti per guardare il quartiere che entrava lentamente in movimento. Indossava gli stessi pantaloni della sera prima e una canottiera larga e sformata che metteva in risalto il fisico invidiabile per qualsiasi uomo, le treccine scure raccolte sulla nuca. Non sembrava sentire affatto la fredda aria invernale pungere la sua pelle come un fastidioso insetto, al contrario di me che tremavo come una foglia.
La luce del pallido sole invernale illuminava debole il cielo talmente chiaro da sembrare quasi trasparente, i tiepidi raggi di sole incorniciarono la possente figura del chitarrista rendendolo una visione celestiale e perfetta.
Decisi di farmi avanti, schiarendomi la voce - Ciao -
Tom si voltò all'istante, solo allora mi accorsi della sigaretta appena accesa che teneva incastrata tra le labbra carnose. La prese tra le dita e soffiò una veloce nuvola di fumo bianco, indirizzandola verso il sole con un movimento del capo - Hey, Rebecca -
Mi avvicinai, notai i suoi grandi occhi color cioccolata improvvisamente vuoti. L'incertezza trasudava da quelle pupille, e non faticai ad indovinarne il perché. Mi appoggiai coi gomiti alla bassa ringhiera di ferro nero, gettando un'occhiata distratta alla strada popolata solo da qualche macchina parcheggiata e qualche gatto mattiniero che passeggiava. 
Sventolai il biglietto trovato poco prima sotto al naso del chitarrista, in silenziosa attesa. Tom si portò la sigaretta alle labbra, passarono parecchi secondi in cui lo vidi riempire i polmoni con quel dannoso fumo bianco che faceva uscire poi dal naso e dalla bocca leggermente aperta. I suoi occhi inanimati si posarono su di me - Dobbiamo parlare -
Eccolo, il grande momento - Va bene, parliamo -
Tom sospirò, i suoi occhi si concentrarono sul pallido sole di su noi, come se cercasse le parole adatte per cominciare un discorso che sapevo già perfettamente dove cio avrebbe portati - Quello che è successo questa notte ... è stato fantastico e ... sbagliato - 
Sbagliato.
Osi definire sbagliato il sesso?

- Non voglio illuderti, per me si è trattato solo di sesso -
Solo sesso.
- Credo tu abbia capito che tipo di ragazzo sono, dopotutto l'hai capito sin dal nostro primo incontro. Quindi credo che sia meglio fermarci qui e ... -
- Hai ragione - lo interruppi bruscamente, sorridendogli con falsa ma ben recitata cordialità. Attirai la sua attenzione e il suo sguardo, perciò mi affrettai a proseguire il mio discorso ben recitato e studiato - Mi hai letto nel pensiero, volevo parlartene anche io. Credo tu abbia ragione, è meglio fermarsi qui per evitare che l'altro si crei illusioni e false speranze, o che comunque possa soffrire inutilmente per un errore -
- Beh, grandioso! - Tom sorrise, sinceramente sollevato - Allora ci comporteremo come se non fosse mai successo nulla -
Come se non fosse mai successo nulla.
- Sì, è perfetto - fui costretta ad annuire con finta convinzione.
- Rimaniamo amici - concluse il chitarrista, tornando a fumare la sua sigaretta con una serenità che mi disgustò immediatamente. 
Amici.
Automaticamente la mia mano si spostò sul livido violaceo che avevo al lato del collo, il succhiotto fatto da Tom la sera prima alla festa dove avevo deciso di seppellire il mio cervello con involontarie speranze che quel discorso e quelle conclusioni non fossero mai state fatte. Nonostante tutte le consapevolezze e le preparazioni psicologiche che mi ero imposta, avevo sperato di poter diventare qualcosa di più che una semplice amica per il chitarrista, avevo sperato in un futuro nel quale gli avrei insegnato ad amare con tutte le mie forze. L'avevo detto la sera prima a Tom, uno dei due avrebbe perso. 
E a perdere ero stata io.
- Amici -




27 febbraio 2014, 08:30 a.m



Ben presto dovetti fare i conti con la parte razionale di me, quella che mi aveva imposto di ignorare le evidenti avance di Tom e che avevo deciso di seppellire nel mare di illusioni e false speranze in rimasi schiacciata, soffocata e seppellita per un lungo, interminabile ed angosciante periodo di tempo. Venne a darmi il tormento, crudele, creando mille rimpianti e rimorsi che sgretolarono il mio cuore e la mia mente così debole e facilmente influenzabile. 
Passai capodanno in agonia, rinchiusa in casa a piangere insensate ed interminabili lacrime e soffocare violenti singhiozzi sdraiata su un letto che sentivo non appartenermi, sebbene fosse il letto dove avevo dormito da quando avevo deciso di affittare quel desolante appartamento in periferia. Mentre le mie lacrime cariche di emozioni represse e contrastanti scavavano le mie guance, sentivo di appartenere unicamente al letto matrimoniale nel quale avevo fatto sesso quella notte.
Passarono i giorni e settimane completamente identiche tra loro, la mia vita continuò a scorrere monotona e incolore e lentamente le ferite nella mia anima e nel mio cuore si tramutarono in cicatrici. Cicatrici chiuse, ma il dolore che provavo ogni volta che i miei pensieri le sfioravano rimaneva lo stesso, anzi, sembrava amplificarsi ed aumentare col passare dei minuti. 
Nonostante il tempo passasse inesorabilmente, niente riusciva a cancellare il ricordo dei meravigliosi momenti vissuti insieme a Tom, che amplificava il mio desiderio di viverne di altri e ancora più magici. E questo desiderio così sbagliato e segreto mi portò a piangere nuove lacrime e a passare diverse notti insonni per il timore di poter incontrare Tom nei miei sogni, come a volermi dire altre cose che avrebbero potuto ferirmi ulteriormente e gettarmi nella più bassa e sconfinata disperazione. Avrei tanto voluto potergli dire io alcune cose, cose che non ero riuscita a dire al momento giusto per il maledetto orgoglio, cose che non avrei mai potuto dirgli perché lui non c'era più, lui non mi apparteneva. 
Numerosi erano i momenti in cui i miei pensieri venivano affollati dai suoi ricordi, mille espressioni, immagini, situazioni, la sua voce ... Era come se il mio cuore accettasse più la soluzione, come se cercasse di saziare il desiderio di averlo accanto tuffandosi nel passato, ma purtroppo non riuscì a colmare un così grande bisogno.
Perché sì, maledizione, mi ero innamorata di un mezzo sconosciuto. Perché la parte razionale di me aveva ragione, Tom Kaulitz era un mezzo sconosciuto del quale non sapevo assolutamente nulla, era un mezzo sconosciuto che dopo essersi divertito ad illudermi ed usarmi aveva deciso di scappare con la scusa della celata paura di noi ... ma nonostante tutto, mi ritrovai ancora a versai inutili lacrime che non servirono a farlo tornare da me.
Tom Kaulitz continuò a vivere solo nei miei ricordi, come un fantasma. Non venne più al Patrick's, e dato che ormai uscivo di casa unicamente per andare a lavorare, non ebbi nemmeno l'occasione di incontrarlo casualmente in mezzo alla strada. O meglio, tremavo al solo pensiero di incontrarlo. 
Quella mattina il Patrick's era più deserto e desolato del solito, c'era solo qualche anziano mattiniero che si godeva il primo caffè della giornata o qualche uomo in giacca e cravatta che sostava per uno spuntino mattutino prima di andare in ufficio. La mia collega era a casa in malattia, aveva contratto una strana forma di raffreddore e quindi mi ritrovai a dover gestire il locale da sola. Non che fossi particolarmente indispettita o infastidita dalla situazione, perché oltre ad essere abituale trovavo sempre sollevante dover lavorare da sola. In quel periodo cupo della mia vita ero particolarmente suscettibile ed aggressiva, scoppiavo a piangere per una scarpa slacciata o per uno starnuto di troppo. 
Avevo approfittato della calma e dei pochi clienti per ascoltare la mia dose giornaliera di Michael Jackson, l'unica cosa che mi aiutasse e mi spingesse a continuare la giornata con sufficiente grinta per non piangere, ma l'arrivo di un nuovo cliente mi costrinse a mettere in pausa Speed Demon. Abbandonai rapidamente il cellulare su uno scaffale e mi tolsi le cuffie, abbandonandole alla rinfusa nella tasca posteriore dei jeans scoloriti per svolgere il mio dovere di cameriera per il quale venivo pagata, anche se poco. 
- Cosa le porto? - mi voltai sorridendo cordialmente al mio nuovo cliente, ma il sorriso morì sulle mie labbra nello stesso momento il cui gli occhi di quel cliente incontrarono i miei. Il sangue smise di scorrere indisturbato nelle vene, il cuore smise di battere nel petto, il mio cervello si liberò immediatamente di tutti i pensieri che ci vagavano dentro in quel momento. Ogni fibra del mio essere si concentrò su quegli occhi che avevano animato i miei incubi peggiori e disturbato i miei sogni più belli, quegli occhi che non avrei mai pensato di rivedere. La voce morì in gola, riuscii ad esalare un basso sussurro - Ciao, Tom -
Era cambiato davvero tanto dall'ultima volta che lo vidi. Le strette treccine scure erano state sostituite e al loro posto la vera chioma castana e ribelle del chitarrista era stata lasciata libera, senza particolari acconciature. Un accenno di barba corta e curata copriva le guance e il mento, donandogli un aspetto più maturo e mascolino. Era diventato, con mia sorpresa ed amarezza, ancora più bello di quanto già non fosse prima. Era legale che un essere umano fosse in possesso di così tanta bellezza? 
Tom fece un mezzo ed imbarazzato sorriso - Rebecca, è bello rivederti -
Le cicatrici si aprirono dolorosamente, tornarono a sanguinare - Anche per me -
Gli occhi penetranti del chitarrista studiarono rapidi il mio corpo, creando una scossa di interminabili brividi che mi percossero violentemente la schiena come una frusta. Tornò a sorridermi, un sorriso di tirata gentilezza, quella che conviene usare con un conoscente - Ti trovo bene -
Sorrisi, ma riuscire a leggere quella distanza e quel distacco nei suoi occhi e nelle sue labbra frantumò i pochi pezzi rimasti intatti del mio cuore, facendo crollare la debole struttura che lentamente lo stava ricostruendo - Grazie - 
Volevo gridare il mio dolore. Volevo piangere fino a svuotare l'anima, già vuota. Volevo correre per stancare il mio cuore già pieno di lividi e ferite. Volevo, volevo, l'unica cosa che volevo davvero era gridargli quanto l'amavo ... volevo piangere per la gioa di rivederlo, correre, correre tanto per poter arrivare da lui e stringerlo tra le mie braccia. 
- Cosa ti porto? - gli chiesi, non vedevo l'ora che si alzasse da quello sgabello, che sparisse nuovamente dalla mia vita per poi non tornarci mai più. Ero stanca di stare male per quel mezzo sconosciuto, di piangere notti intere pensando al suo corpo sudato sopra al mio, di passare intere notti senza chiudere occhio per timore di poter sognare un futuro insieme a lui, per poi alzarmi la mattina dopo e stare male il doppio. Volevo non soffrire più, tornare indietro e non rifare più lo stesso errore. Volevo che il mondo si fermasse per un istante, chiudere quei sentimenti nel buio dell'immensità.
- Un Martini Dry - rispose automaticamente Tom, senza perdere tempo a riflettere.
Proprio come quella volta.
Gli diedi le spalle, rovistando nel vasto scaffale pieno di bottiglie alcoliche dai liquidi dai colori smorti e dagli odori penetranti. Preparai velocemente la sua ordinazione, proprio come quel giorno, con la differenza che il mio unico desiderio fu quello di vederlo sparire veloce come era arrivato. Dopo un paio di minuti, gli servii il suo Martini Dry senza battere ciglio e senza aggiungere una parola. 
Tom si schiarì la voce con evidente soggezione - Allora, come procede la ricerca per la macchina nuova? -
Proprio come quella volta.
Scrollai le spalle, fingendomi impegnata a grattare via una macchia di sporco dal grembiule immacolato legato sui fianchi - Per adesso non procedono - 
- Come mai? -
- Alcuni problemi economici, ma niente di cui preoccuparsi - liquidai l'argomento, veloce come si era creato. 
Tom annuì semplicemente, portandosi alle labbra il Martini Dry che gli avevo appena preparato. Bevve velocemente, continuai a fingermi interessata alle macchie di sporco inesistenti sul grembiule che mi forniva una valida scusa per non guardarlo negli occhi. 
Lo sentii poggiare bruscamente il bicchiere vuoto sul bancone, alzai automaticamente lo sguardo pensando che fosse finalmente in procinto di andarsene, ma si rivelò una pessima scelta. Quegli occhi scuri ed enormi mi stavano infatti aspettando, tendendomi una trappola in cui sapevo sarei caduta con facilità imbarazzante. Mi scrutarono con attenzione e pietà, quasi riuscisse a trovare i residui delle lacrime di quella notte, quasi riuscisse a leggere dentro le mie iridi color fango la mia sofferenza e il mio disperato bisogno di lui nella mia vita. 
Sospirò pesantemente, continuando a reggere il mio sguardo - Rebecca, per quanto è successo quella sera ... -
Feci un sorriso tirato, interrompendo le sue parole  - Ci abbiamo messo una pietra sopra e siamo andati avanti, quindi non c'è motivo per pensarci - 
Tom riuscì a leggere senza troppa fatica la falsità nel mio sorriso, ma decise di non insistere. Si limitò a scrollare le spalle, i capelli scuri incorniciavano il suo viso dai tratti mascolini e decisi come una cornice racchiude un'opera d'arte di immenso valore, come un angelo possiede la sua aureola dorata - Volevo solo ... -
Negai quell'angelo, quell'opera d'arte - Non voglio parlarne, scusami -
E così chiusi fuori Tom Kaulitz dalla mia vita, lo vidi sparire nuovamente, ma questa volta ero decisa a non rincorrere il fantasma di un amore che sapevo non avremo mai condiviso. Questa volta volevo vederlo sparire per sempre. 
Ma chi volevo prendere in giro?
Il mio desiderio di lui mi stava consumando pian piano ... Volevo solo lui, possibile che non potevo realizzare questo mio unico sogno?




27 febbraio 2014, 03:09 p.m



Calai il berretto nero sulla fronte, la grossa sciarpa del medesimo colore copriva il mio pallido viso lasciando scoperti soltanto gli occhi di quel banale e stupido color fango. . Battei le mani più volte tra di loro, strofinandole ripetutamente nel tentativo di scaldare la mia pelle fredda come quella di un cadavere che era diventata bersaglio della fredda aria invernale, tagliente come carta vetrata. Odiavo l'inverno con tutta me stessa, odiavo l'inevitabile freddo che essa portava e che si insinuava fin sotto le ossa senza darti tregua, odiavo gli alberi nudi, morti e privi di foglie, odiavo l'erba addormentata ricoperta di ghiaccio scivoloso ed odiavo il senso di tristezza e solitudine che questa stagione portava, quell'anno più del solito. 
Sebbene un pallido sole brillasse libero nel cielo di un azzurro intenso e quasi innaturale, i suoi raggi non erano abbastanza forti da riscaldare Los Angeles addormentata nelle prime ore del pomeriggio, dove le strade erano quasi deserte e un pacifico silenzio regnava sulla città, spezzato solo dal rumore delle macchine che passavano incessanti per la strada. Ma le macchine in perenne movimento erano il simbolo di quell'immensa metropoli, dopotutto.
Estrassi tremante le cuffie che erano rimaste incastrate nella tasca posteriore dei jeans scoloriti, sperando di non averle rotte. Avevo bisogno della musica del mio eroe in quel momento più che mai, avevo davvero bisogno di parole confortanti che potessero donarmi un barlume di speranza in cui credere. 
Misi Dangerous ed alzai il volume al massimo, fregandomene della testa che cominciò immediatamente a dolere e della voce di Michael che urlava troppo alta nei miei timpani. Volevo che la musica facesse più rumore dei miei pensieri confusi e del battito del mio cuore, quel silenzio pomeridiano mi induceva solo a pensare. E io ero stanca di pensare. 
Tentai di concentrarmi sulla canzone, di concentrarmi sul mio idolo che venne strappato via da questo mondo quando ancora poteva fare grandi cose. Avevo trovato una panchina isolata nel piccolo parco che c'era a pochi isolati dal Patrick's, posizionata sotto un albero dalla corteccia quasi grigia e dai rami che possenti si diramavano in diverse posizioni, creando una sorta di corona sospesa sopra la mia testa. Qualche vecchietto passeggiava lungo la via polverosa e ricoperta di ciottoli del parco, qualche mamma portava i bambini a giocare e qualche ragazzo aveva deciso di sfidare il freddo per una partita a pallone con gli amici.
Improvvisamente una mano si posò sulla mia spalla facendomi sussultare. Mi voltai e trovai con mia grande sorpresa il volto sorridente di Georg Listing, leggermente arrossato per il freddo e un grande sorriso sulle labbra strette e sottili. Nonostante i capelli spettinati sulle spalle robuste e nonostante gli occhi lucidi per l'aria fredda che non sembrava dare tregua nemmeno lui, riusciva a mantenere il suo fascino e il suo aspetto da orso da strapazzare di coccole.
- Rebecca! - la sua voce allegra e dolce mi salutò - E' dalla serata della festa che non ci vediamo! -
- Ciao, Georg - lo salutai sfilandomi le cuffie dalle orecchie. Mi accorsi solo allora che il bassista non era da solo, in piedi accanto a lui c'era un ragazzo abbastanza basso e dalla corporatura robusta. I capelli biondi corti quasi rasati e un paio di occhiali restavano in equilibrio sul naso rosso per l'inverno, coprendo un paio di occhi piccoli e scuri. Ebbi come l'impressione di averlo già visto da qualche parte, ma non riuscii a ricordare dove.
Georg indicò con un cenno del capo il ragazzo che avevo preso a studiare con interesse, passando alle presentazioni - Lui è Gustav, il batterista dei Tokio Hotel. Gustav, lei è Rebecca, un'amica di Tom - 
L'essere presentata come amica di Tom fu come ricevere un forte calcio nei reni. Mi costrinsi a sorridere amichevolmente a Gustav che mi strinse educatamente la mano, seppellendo un forte senso di nausea e nostalgia che avrei liberato una volta sola. Tentai di cambiare argomento fingendomi di buon umore - Allora, che ci fate qui? -
- Stiamo aspettando Bill e Tom, abbiamo un'intervista tra poco - risponde prontamente Gustav. 
Tom, Tom e ancora Tom, sempre in mezzo!
- Va tutto bene, Reb? - Georg sembrò accorgersi della mia aria afflitta, lo vidi corrugare impercettibilmente la fronte con preoccupazione. Fece rapidamente il giro della panchina, sedendosi accanto a me. 
- Certo, sono solo stanca -
Georg alzò un sopracciglio, evidentemente non mi credeva. Decise allora di provare a colpirmi dritto all'anima, di toccare un nervo scoperto e di premere su un livido particolarmente premuroso - Che è successo la sera della festa? Non ti ho più visto e Tom non ci ha raccontato nulla, non ha più parlato di te -
Non ha più parlato di te.
Cazzo se faceva male.
Sbuffai sonoramente, sconfitta - E' successo un casino -
- Ecco perché l'aria afflitta - indovinò immediatamente Gustav, raggiungendoci sulla panchina e sedendosi accanto a me. Mi ritrovai così seduta tra i due musicisti che cominciarono a fissare con un misto di pietà e curiosità negli occhi, quell'improvviso interesse nei miei confronti mi mise non poca soggezione. 
- Ti va di parlarne? - mi chiese Georg, retorico. 
Naturalmente volevo parlarne.
Dopo un lungo sospiro comincia a raccontare gli avvenimenti che precedettero quella fatidica notte, quella dove avevo venduto l'anima al diavolo. Cominciai con la mattina dove il mio catorcio rottamato decise di spegnersi completamente, lasciandomi su quella strada dove ricevetti il soccorso di Bill Kaulitz che, non intendendosi di motori, chiamò il fratello Tom per un aiuto. Raccontai della mattina dove rincontrai Tom dopo settimane, la mattina dove si era presentato al Patrick's e mi aveva sorpresa in una delle mie esibizioni canore private. Raccontai di come mi invitò alla festa, di quanto fossi perplessa. Raccontai di Amber e della nostra conversazione, dell'ardua preparazione alla festa. Avvampai notevolmente quando cominciai a raccontare del sesso con Tom, tralasciando i particolari ed arrivando direttamente alla mattina dopo, quando il chitarrista mi rivelò che si era trattato di semplice sesso. Raccontai della mia depressione, delle mie lacrime che piangevo ogni sera. Raccontai di quella stessa mattina al Patrick's, quando rividi Tom dopo mesi. 
E il mio racconto terminò.
Gustav fischiò, sgranando leggermente gli occhi scuri - Bel casino -
- Ti sei innamorata? - chiese quindi Georg, le mani giunte davanti al viso come uno psicologo che cerca di fare chiarezza nel complicato intrico delle emozioni e dei sentimenti mai chiariti, come se cercasse di ricomporre i pezzi del mio cuore ormai perduto e cercasse di analizzare il mio cervello manomesso da quel chitarrista.
- Innamorata forse è una parola un po' forte - replicai quasi automaticamente - Forse sono semplicemente attratta da lui -
- Non esiste salvaguardia contro il senso naturale dell'attrazione, purtroppo - sospirò Georg, la schiena poggiata contro lo schienale di legno ruvido della panchina che condivideva con me e l'amico bassista - Quindi oggi hai preferito non affrontare l'argomento con lui. Posso chiederti perché? -
Abbasso il capo, come vergognandomi di me stessa - Perché sarei crollata -
- Gli avresti rivelato i tuoi sentimenti? - indagò Gustav.
Mi limitai ad annuire, nascondendo il viso nella sciarpa ingombrante. Percependo la mia sofferenza e il mio dispiacere, Georg mi circondò le spalle con un braccio e mi strinse affettuosamente a sé. Il suo petto contro la mia guancia e le sue labbra contro la mia nuca furono un antidepressivo potente, il più potente che qualsiasi medico avrebbe mai potuto prescrivere. Nell'abbraccio di Georg trovai tutto l'amore e l'affetto di cui avevo bisogno per superare quel brutto momento della mia vita, quel braccio muscoloso attorno alle mie spalle ossute riuscì a raccogliere le macerie del mio cuore e a spazzarne via la polvere. 
Allora è proprio vero che gli amici sono come angeli dal cielo che decidono di diventare esseri umani. 
Georg sospirò, spezzando il silenzio - Ama, Rebecca, ama perdutamente e se ti dicono che l'amore è peccato, ama il peccato e sarai innocente -
- Non voglio amare qualcuno che non mi ama - replicai duramente, stringendomi al corpo caldo del bassista. Mi sentivo così debole, così insulta ed inutile, una sensazione totalmente sgradevole che incrementò la mia depressione e la mia sofferenza.
- Vuoi che proviamo noi a parlarci? - mi chiese gentilmente Gustav.
Scrollai le spalle con indifferenza ed apatia - Tanto, a che servirebbe? -
- Potremmo aiutarlo a capire quanto si sia comportato da idiota con te, una bella ramanzina fatta come si deve non gli farebbe affatto male. Anzi, magari lo indurrebbe persino a riflettere un po' di più sulle sue azioni -
- Non le voglio le sue scuse - decreto con decisione - Non sarebbero sincere, e io non me ne faccio niente di scuse forzate - 
- Tom ha sempre avuto questo comportamento orribile con le ragazze - Georg strofina affettuosamente la mia spalla con una mano, riscaldandola appena - Mi dispiace solo che tu sia stata solo un'altra delle sue vittime, sei decisamente la migliore che ha varcato la soglia di casa Kaulitz -
Trattenni una debole risata - Cos'è, una sorta di complimento? -
- Considerando che Tom ha sempre portato solo prostitute, sì - annuì ripetutamente il batterista Gustav con decisione. 
- Vorrei solo tornare indietro e cancellare tutto -
- Le regole del tempo e del destino non ci appartengono, noi dobbiamo solo vivere al meglio le stupende occasioni che ci vengono prospettate con pazienza e passione -
Lanciai una rapida occhiata fulminea al bassista che mi abbracciava - Stai dispensando citazioni non tue, Listing! -
- Attimi pieni di passione, ricordi stupendi, canzoni che ricordano bei momenti, ma tutto finisce in un attimo. Che tristezza - sospirò tristemente Gustav, i suoi occhi scuri erano concentrati sulla strada non asfaltata del parco, dove passavano signori in tuta che percorrevano il parco correndo per combattere il freddo opprimente. La frase appena pronunciata dal batterista mi fece riflettere, era dolorosamente vera. Forse correre mi avrebbe aiutata a scaricare tutta la tensione fuori dal mio corpo.
- NON CI POSSO CREDERE! Rebecca, è grandioso rivederti! -
Saltai in piedi spaventata quando Bill Kaulitz, vestito in un completo invernale sui toni del viola e del beije con tanto di cappello bordato di pelliccia leopardata, si materializzò sotto al mio naso con un sorriso a trentadue denti che splendeva più dei piercing sul suo volto.
Il cantante mi abbracciò, stringendomi talmente forte da togliermi il respiro e da soffocarmi. Ricambiai la stretta, battendo qualche leggera pacca sulla schiena magra del ragazzo nella speranza che si staccasse al più presto e mi lasciasse respirare - Anche per me è bello rivederti, Bill - 
Da sopra la spalla del cantante vidi Tom, che mi fissava inespressivo ed apatico pochi metri dietro al fratello gemello. Mi affrettai a distogliere lo sguardo, nascondendo il viso nella spalla del cantante che con la sua stretta stava sbriciolando le mie costole. Ma non ci dieci peso, ero comunque rotta interiormente. 
Bill sciolse finalmente l'abbraccio, sorridendomi radioso - Allora, come stai? -
Decisi di ignorare Tom con un gran sorriso - Bene, e tu? -
- Io alla gra... Oh my gloss! Quello è un coniglio?! - esclamò istericamente Bill, la sua voce si alzò di qualche ottava. Si portò le mani guantate alla bocca, cominciando a saltellare allegramente prima di strattonare Gustav per una spalla verso un punto indefinito parecchi metri distante dalla panchina, la voce incredibilmente acuta - Vieni con me Gus, c'è un  tenero coniglio! Mi ci devo fare un selfie, ORA! -
Gustav emesse un gemito disperato, lasciandosi trascinare dal cantante che saltellava in mezzo all'erba ghiacciata, rischiando più volte di inciampare nei suoi stessi piedi. Trattenni una risata divertita, era uno scenario veramente comico.
Georg alzò gli occhi al cielo prima di posarli dolcemente su di me - Meglio che vada a sostenere Gustav, Bill riesce ad essere veramente estenuante coi suoi selfie - 
Strabuzzai gli occhi, fulminando il bassista. Non poteva lasciarmi sola con Tom, non dopo avergli raccontato l'intera storia della mia depressione crescente, non dopo aver aperto il mio cuore con così tanta sincerità e fragilità. Rimanere sola con Tom equivaleva a rimanere sola col demonio, col diavolo che mi stava lentamente trascinando all'inferno. Adesso ignorarlo sarebbe stato difficile, anzi, impossibile.
Riuscendo a leggere la perplessità nei miei occhi, Georg mi si avvicinò e poggio le sue labbra sottili sul mio orecchio con una delicatezza tale, quasi temesse di spezzarmi con quel semplice gesto - Domani ti chiamo, okay? - 
- Okay - sussurrai.
Il bassista mi posò un rapido bacio sulla guancia e si smaterializzò, lasciandomi sola con Tom rimasto in silenzio fino a questo momento. I capelli castani sciolti e spettinati come quella stessa mattina, gli occhi grandi come pozzi vuoti ed inanimati, gli angoli della bocca piegati impercettibilmente verso il basso, come tentasse di trattenere una smorfia triste. Il suo imbarazzo era grande quasi quanto il mio, e perfettamente palpabile.
- Ciao di nuovo - mi salutò impacciatamente, strofinando la punta della scarpa contro l'erba coperta da un sottile strato di ghiaccio bianco. 
- Ciao - lo salutai a mia volta, accennando un debole ed imbarazzato sorriso. Maledii mentalmente in tutte le lingue conosciute dall'uomo i tre musicisti per avermi abbandonata da sola tra le fauci del lupo cattivo pronto a sbranare ciò che rimaneva di me.
- Come va? -
Scrollai le spalle - Come prima, a te? -
- Già, pure a me - Tom boccheggiò indeciso un paio di volte - Volevo dirti che ... -
- Se è per la scorsa sera ... -  mi affrettai ad interromperlo.
- Lasciami parlare - mi supplicò seccamente Tom, e decisi di accontentarlo. Con un cenno del capo lo incoraggiai a continuare il suo discorso, e dopo un lungo attimo in cui il chitarrista raccolse le idee per formulare un discorso giusto e completo, tornò a parlare - Volevo dirti che mi dispiace, mi dispiace per quella notte. Mi sono comportato da stupido, non avrei mai dovuto approfittare di te -
- Il sesso si fa in due, la colpa è anche mia - dissi con una nota di consapevolezza e amarezza, continuai a sorridere anche se dentro di me il mondo continuava a gravare sulle mie spalle, schiacciandomi nell'abisso più profondo. 
- Ma io ho insistito quando non avrei dovuto -
- Ma io ti ho lasciato fare -
Sembrava quasi una gara a chi aveva commesso il reato peggiore. Tom restò in silenzio quasi secondo, probabilmente aveva esaurito frasi convincenti con le quali ribattere per addossarsi la colpa. Si limitò allora a scuotere il capo con amarezza - Se potessi tornare indietro ... -
- ... cancelleresti tutto? - l'ipotesi mi colpì mortalmente.
Tom rispose senza alcuna esitazione, rendendo il colpo ancora più forte - Sì, assolutamente sì - 





28 febbraio 2014, 07:31 p.m





Do you remember 
when we fell in love?
We were so young 
and innocent then 
Do you remember 
how it all began?
It just seemed like heaven 
so why did it end? 



Michael Jackson fece riaffiorare l'eccitata figura di Tom Kaulitz che mi stringeva tra le sue braccia possenti, baciando ogni centimetro della mia pelle con passione pura. Chiusi gli occhi nel tentativo di scacciare quel ricordo così doloroso, soffocando il viso nel piatto cuscino che da circa due ore mi teneva compagnia nella mia abituale agonia serale. Abbracciai quel vuoto cuscino, stringendomelo al petto sfinita ed esausta. 
- Se solo potessi tornare indietro ... -
- ... cancelleresti tutto? -

Un nuovo giorno era ormai andato via ed ero sola, sempre più sola; sola come quando nacqui, sola quando crebbi, sola come quando amai. Un altro sole stava andando a morire, ed io con lui. 
- Sì, assolutamente sì -


Do you remember the time 
when we fell in love?
Do you remember the time 
when we first met? 
Do you remember the time 
when we fell in love? 
Do you remember the time?



Mi sentivo come rinchiusa in un vicolo cieco nel quale non riuscivo a trovare una via alternativa per uscirne. Mi trovavo rinchiusa nel labirinto delle emozioni e dei ricordi frammentati, e nessuna via sembrava quella corretta per uscirne. Non potevo guardare indietro, avevo il timore di ricordare qualcosa di bello che non sarebbe mai tornato; non potevo guardare avanti, avevo il timore di immaginare qualcosa di bello che non sarebbe mai arrivato. Chiusi stancamente gli occhi, decisa a riaprirli solamente quando avrei avuto la forza di voltarmi senza piangere e guardare avanti sorridendo. Ma sarebbe mai arrivato quel momento? Sarei mai riuscita a pensare al passato, a quei pochi ma importanti momenti di intimità passati con Tom senza versare qualche sincera lacrima di nostalgia? E sarei riuscita a pensare al futuro senza ricorrere a quelle false speranze ed illusioni che mi ero ripromessa più e più volte di non farmi? 


Do you remember 
back in the Spring?
Every morning birds would sing
Do you remember 
those special times? 
They'll just go on and on 
in the back of my mind



Il cellulare prese a vibrare rumoroso nella tasca dei jeans, la vibrazione troppo forte fece tremare convulsamente il mio corpo e mi affrettai a prenderlo tra le mani per rispondere. Controllai il nome della persona che in quel momento mi stava cercando, ma non apparse nessun nome. Apparse un semplice numero di telefono a me sconosciuto, probabilmente un numero che mi ero dimenticata di memorizzare in passato oppure qualcuno che aveva il mio numero e io non ne ero a conoscenza. Odiavo quella situazione, era snervante sapere che qualcuno possedeva il mio numero di cellulare a mia insaputa. 
Pensai immediatamente a Georg, non ricordavo se avessi memorizzato il suo numero oppure no. Probabilmente mi stava chiamando per riferirmi novità riguardanti Tom, probabilmente aveva scoperto qualcosa di importante che pensava fosse meglio riferirmi. Risposi, praticamente certa che si trattasse del bassista - Ho disperatamente bisogno di te, Georg -
La persona dall'altra parte fece un lungo e sostenuto sospiro prima di rivelarsi - Non sono Georg, vado bene lo stesso o devo riattaccare? -
Sussultai, scattando spaventata a sedere e lasciando cadere il cuscino stroppicciato sul pavimento. Doveva essere uno scherzo, non poteva essere realmente lui. Doveva trattarsi sicuramente di uno scherzo, non esisteva alcun valido motivo per il quale lui possedesse il mio numero e nemmeno per chiamarmi. Che il destino si stesse divertendo a prendersi gioco di me fino alla fine, approfittando della mia instabilità mentale ed emotiva? 
La mia voce era un sussurro appena accennato - Tom, sei davvero tu? - 
Lo sentii ridacchiare sommessamente - Già, proprio io -
- Non ti offendere, pensavo davvero tu fossi Georg - 
- Me ne sono accorto -
Esitai qualche istante, il cuore sembrava essersi fermato nel petto per l'emozione, l'incredulità di quella situazione così stramba e l'enorme spavento - Come fai ad avere il mio numero? - 
- Perché invece non mi chiedi perché ti ho chiamata? - mi suggerì beffardamente il chitarrista dall'altro capo del telefono. 
Alzai gli occhi al cielo, ascoltando il suo consiglio - Perché mi hai chiamata? -
Seguirono parecchi attimi di silenzio in cui il mio cuore riprese a battere troppo velocemente, pensai che fosse caduta la linea o che Tom avesse improvvisamente riattaccato. Quando il mio pollice si avvicinò al tasto rosso che avrebbe segnato la fine di quella chiamata, la voce serie ed impacciata di Tom giunse nuovamente alle mie orecchie - E' forse troppo tardi per scusarmi, per dirti che mi manchi? - 
Fu il mio turno di rimanere in silenzio. La domanda del chitarrista mi colse alla sprovvista, temetti di essere intrappolata nel sogno più verosimile nel quale fossi mai sprofondata, temetti di risvegliarmi da un momento all'altro e di tornare alla triste realtà in cui Tom Kaulitz non mi avrebbe mai telefonata per chiedermi scusa. Per dirmi che gli mancavo. Decisi di ridurre ulteriormente la mia sanità e stabilità mentale già bassa, di distruggere ed interrompere il mio cuore in fase di restauro e ristrutturazione - Che cosa? -
- Sto dicendo che mi manchi, Rebecca - l'impaccio e l'imbarazzo di Tom nel ripetere e di esternare tali emozioni era palpabile anche a distanza, quella sua insicurezza mi fece cadere definitivamente nel baratro che portava il suo nome - E so che tu riuscirai a perdonare il mio grosso errore, so che ... -
- No, tu non sai assolutamente nulla! Tu non puoi ... - rimasi completamente senza fiato dopo aver udito il motivo della sua improvvisa chiamata. Un misto di rabbia ed incredulità incrinava leggermente la mia voce - Tu non puoi, non puoi entrare improvvisamente a far parte della mia vita, sedurmi, fare sesso con me per poi chiedere di dimenticarmi tutto e di andare avanti con la mia vita come se non fosse mai successo niente, poi tornare e dirmi che ti manco e che hai bisogno del mio perdono! Ho passato due mesi di totale angoscia perché non riuscivo a dimenticarti, non riuscivo ad odiarti e anche se riuscivo a trovare un briciolo di forza per farlo, riuscivo a perdonarti e ad amarti. Tu mi hai dimenticata, Tom Kaulitz, adesso lascia che sia io a farlo! -
- No, porca troia, io non ti ho dimenticato! - replicò amaramente Tom, la sicurezza nella sua voce mi disarmò completamente - Rebecca, mi ritorna alla mente la notte passata insieme e vorrei riviverla mille e mille volte. Penso agli attimi che non abbiamo ancora vissuto e che forse non vivremo mai ... e mi mancano ancora prima di averli assaporati  -
- E quindi cosa vuoi, scusarti? - chiesi acidamente, ripensando a tutte quelle giornate e quelle settimane passate a piangere ore e intere inseguendo il ricordo di quella notte, ripensando alla mia vita che da quella notte prese a scorrere priva di emozioni e colori che non andassero oltre alla disperazione e alla desolazione. Per giorni pensai che il tempo avrebbe guarito ogni cosa, ma il vuoto che Tom aveva lasciato intorno e dentro a me aumentava ogni giorno di più, non c'era tempo che potesse guarire il vuoto che aveva lasciato dentro al mio cuore. 
- Io voglio te, porco mondo - scandì con rabbia il chitarrista, facendomi rabbrividire - Non mi importa cosa pensi di me, puoi dirmi ciò che vuoi, puoi colpirmi, puoi insultarmi ma io non mi arrenderò mai a ... -
- Le mie orecchie non sono disposte ad ascoltare le tue scuse - lo fermai bruscamente, decisa a mettere fine a quella conversazione così assurda e lacerante. 
- Ma il tuo cuore, Rebecca? Il tuo cuore è disposto ad ascoltarmi, per una volta in vita mia che dico la dannata verità a una donna? -
- Io ... - mi portai automaticamente una mano al petto, quello aveva continuato a battere furiosamente nel mio petto. Il mio corpo urlava furiosamente il bisogno e la necessità di avere Tom vicino, la mia pelle voleva lui, la mia bocca voleva la sua, le mie mani volevano toccarlo, la mia anima voleva unirsi di nuovo alla sua, il mio odore di unirsi al suo, i miei occhi di entrare dentro ai suoi, e io volevo lui dentro di me - Ascolta, Tom, quello che ho vissuto con te è un ricordo indelebile e da un lato vorrei cancellarti dalla mia mente per non soffrire più -
- Rebecca, in vita mia non ho mai telefonato una ragazza per dirle queste cose, non ho mai sentito la nostalgia di una ragazza a tal punto da doverla supplicare a tornare da me, non ho mai confessato i miei sentimenti così apertamente e sai perché? - la dura insistenza nella voce di Tom si affievolì leggermente, ma mantenne comunque una certa strafottenza e severità. Il suo tono di voce era talmente alto che avrei potuto sentirlo tranquillamente posizionando il telefono a kilometri di distanza dal mio orecchio - Perché non ho mai provato sentimenti veri e sinceri nei confronti di una ragazza, sopratutto nei confronti una sconosciuta della quale non so assolutamente nulla - 
- E te ne accorgi solo ora? - sputai con cattiveria e verità.
- So di essere un deficiente, ma ho capito il mio errore - replicò il chitarrista - Non è questa la cosa più importante, che io capisca dove ho sbagliato? Adesso che l'ho capito aiutami a rimediare, se davvero te ne frega qualcosa di me e di noi! -
Con un gesto secco e rabbioso riattaccai, ponendo fine a quella telefonata. Lui aveva sbagliato, lui aveva giocato coi miei sentimenti e col mio corpo, lui voleva persino riaprire l'argomento per dire chissà quale altra cazzata che mi avrebbe fatta stare male il doppio e poi pretese che io l'aiutassi a rimediare? Assolutamente no, se davvero ci teneva a me si ingegnava e trovava un modo per ottenere il mio perdono, se davvero esisteva un modo dopo quello che aveva fatto!
Lanciai il telefono sul letto, decisa a dimenticare quella telefonata. Ma dopo un minuto o forse meno, qualcuno bussò ripetutamente alla porta di legno decadente. Colpi forti e violenti che fecero tremare le pareti abbastanza instabili, e decisi di andare ad aprire prima che lo sconosciuto mi facesse crollare l'appartamento.
- Arrivo, arrivo! - urlai rabbiosa, aprendo la porta di scatto pronta a cogliere l'intruso che avrei certamente preso ad insulti e bestemmie per aver contribuito a rendere quella giornata da dimenticare. Ma gli insulti e le minacce che avevo preparato morirono sulle mie labbra nel momento stesso in cui realizzai che lo sconosciuto che mi stava fronteggiando era Tom Kaulitz.
Gli occhi carichi di rabbia e risentimento, i capelli spettinati sciolti sulle spalle formavano un groviglio informe, la barba cresciuta copriva le guance arrossate per il freddo e per la corsa appena terminata che veniva smaltita tramite il pesante fiatone che agitava il suo petto. Mi superò, entrando in casa mia senza nemmeno una parola e cominciando a percorrere avanti e indietro l'appartamento piccolo e ristretto. Mi affrettai a chiudere la porta, gli occhi ancora sgranati per lo stupore e la sorpresa - Che cosa diamine ci fa qui? -
- Secondo te? - il sarcasmo animò la voce cattiva di Tom. Mi sventolò sotto al naso il suo cellulare, ancora aperto sulla chiamata che io avevo volontariamente interrotto - Non azzardarti mai più a sbattermi il telefono in faccia, mi hai capito? -
- Chi pensi di essere per darmi ordini, eh? -
- Stammi a sentire - i centimetri d'altezza in più di Tom rispetto ai miei mi costrinsero a piegare leggermente la testa all'indietro, i suoi occhi scuri lampeggiavano e brillavano come fulmini e saette - Mi sono scopato altre sei ragazze dopo essere andato a letto con te -
- E cosa vuoi, un applauso? - chiesi, sarcastica.
- Sì perché con nessuna di queste maledette sei ragazze ho provato le stesse cose che ho provato con te, Rebecca! Per la prima volta ho provato del vero amore nei confronti di una donna, per una volta ho dei sentimenti veri che nessuna ragazza mi ha mai fatto provare in vita mia! Per te provo qualcosa di talmente grande e strano da spaventarmi - fece una pausa, quasi volesse riordinare le idee e l'incredibile confusione che sembrava avere in testa. Sospirò, nel tentativo di placare la tempesta che lo stava agitando peggio di un uragano - E' triste non averti, ma è ancora più triste sapere che ci potresti essere ... e che invece non ci sei. Voglio sentirti ed averti in tutti i sensi e con tutti i sensi -
Rimasi senza fiato, come se mi avessero appena tirato un pugno troppo forte nello stomaco. Il respiro di Tom riscaldava la mia fronte e il mio viso, il suo respiro costituiva il mio ossigeno per continuare a vivere. I nostri visi così vicini, tutte le emozioni racchiuse in quel minimo frammento di aria che ci separava, i nostri occhi che comunicavano cose che il linguaggio umano non sarebbe mai stato in grado di esprimere. 
Se la mente mette i limiti, il cuore li spezza.
Reagendo puramente d'istinto, impulsiva, mi alzai sulla punta dei piedi e circondai il collo di Tom con entrambe le braccia, sostenendomi sulle sue spalle larghe coi gomiti. Le nostre labbra si intrecciarono nostalgiche, le nostre lingue si incontrarono immediatamente conoscendo già la strada da percorrere, il gioco con cui intrattenerci ed appagarci. Le mani del chitarrista si posarono immediatamente sulla mia schiena, le sue braccia mi abbracciarono stringendomi con forza contro il suo petto, sollevandomi da terra e facendomi volare tra le sue braccia possenti che sostenevano il mio mondo. Finalmente, quel brutto periodo cupo della mia vita ebbe fine ed improvvisamente tutti i miei problemi e le mie angosce si dissolsero nell'aria come cenere nel vento. 
C'eravamo solo noi, i nostri corpi stretti in un abbraccio che ricongiungeva le nostre anime e i nostri cuori e un bacio ardente come il sole e profondo come la notte. 
- Perché hai deciso di tornare?- soffiai sulle sue labbra, esitante - Perché da me, poi? -
- Puoi cancellare qualcuno dalla tua mente, ma farlo uscire dal cuore è tutta un'altra faccenda - lo sentii espirare forte, quasi a voler fare uscire tutta la rabbia accumulata in quel discorso così serio dalle narici come il fumo di una sigaretta - Lascia che ti ami a modo mio, secondo il mio essere. Farò tutto, lo giuro -
Scossi il capo, riprendendo a baciarlo con trasporto e passione cocente - Non devi fare assolutamente niente, Tom. Solo ... amami -





29 febbraio 2014, 06:00 a.m



La mattina dopo mi svegliai miracolosamente di buon umore, cosa che non era mai accaduta in tutta la mia vita, nemmeno le mattine dei miei compleanni. Quella notte Tom non dormì da me, quindi l'unico testimone della mia notte insonne a causa della felicità e delle farfalle nello stomaco fu solo il mio cuscino che fu costretto a colmare il vuoto del corpo di Tom tra le mie braccia. Quella volta, però, non mi scocciò l'aver passato la notte insonne, forse perché una qualche divinità sconosciuta aveva deciso di mandarmi l'angelo dannato da accudire e sopportare per un indeterminato periodo di tempo- 
Il solo pensiero di essere la prima e forse unica ragazza che Tom Kaulitz avesse mai amato o per la quale avesse mai provato veri ed autentici sentimenti mi faceva sorridere, rendendomi letteralmente euforica. Il solo pensiero che lui fosse unicamente mio, poi, mi faceva quasi commuovere e piangere di felicità. 
Mi vestii rapidamente, infilando un paio di pantaloni neri e una camicia a quadri rossi e neri lunga fino alle ginocchia che nascondeva il mio corpo ossuto ed esile. Rimboccai le maniche fino ai gomiti, lasciando scoperte le braccia pallide. Pettinai i capelli e li lasciai sciolti sulle spalle, la frangetta rettangolare copriva accuratamente la mia fronte come un telo. Nel momento stesso in cui afferrai la borsa per prendere i biglietti della metropolitana e dell'autobus, una breve vibrazione scosse il mio cellulare abbandonato sul letto ancora sfatto, che mi sarei preoccupata di fare la sera tornata a casa. 
Mi era arrivato un messaggio.



Datti una mossa o arriverai tardi a lavoro.


Sospirai, premendo velocemente i tasti virtuali per rispondere :


Ti pagano per farmi da baby-sitter?


La risposta arrivò pochi secondi dopo : 


Se non ci penso io a te, chi ci pensa?
Forza, scendi prima che mi addormenti.



Rilessi il messaggio più volte, aggrottando la fronte perplessa e cercando di cogliere il significato del messaggio. Mi infilai rapidamente il giubbotto, tenendo con una mano il cellulare ancora aperto sulla chat alla quale non avevo ancora risposto. Avevo come un presentimento, un presentimento che mi fece sorridere con ancora più allegria e spensieratezza. 
Chiusi la porta di casa e mi precipitai per le scale, saltando i gradini e rischiando di inciampare provocando abbastanza rumore sui diversi pianerottoli da svegliare l'intero vicinato. Varcai il portone d'ingresso del condominio isolato e lo vidi, fu come vedere i primi raggi di sole dopo un lungo e gelido inverno.
I capelli legati approssimativamente in una crocchia sulla nuca, qualche ciuffo corto e ribelle ricadeva sul collo coperto dal largo collo del giubbotto di jeans chiaro. Gli occhi di scura e calda cioccolata fissavano impazienti ma allo stesso tempo pazienti il portone in attesa del mio arrivo, e quando mi videro riuscii a vedere l'anima del chitarrista riflessa in essi. Era comodamente poggiato col sedere alla portiera macchina rossa fiammante con la quale si era presentato a me al primo incontro, i finestrini completamente abbassati e le dita grosse che giocavano con le chiavi di quel gioiellino. 
Mi sorrise, tra l'ironico e il sincero - Certo che ce ne metti di tempo! -
- Se tu mi avessi avvisata, mi sarei sbrigata - mi giustifico avvicinandomi a grandi passi al chitarrista che mi venne incontro, aiutandomi ad accorciare quella distanza. Mi prese immediatamente il viso tra le mani e catturò le mie labbra tra le sue, stampandomi un lungo bacio che mi tolse completamente il respiro e fece esplodere il mio cuore. Mi lasciai baciare con beata passione, le nostre labbra si salutarono a lungo accarezzandosi a vicenda e le nostre lingue si sfiorarono nel tentativo di mantenere quel bacio nei limiti della castità.
Mi scostai svogliatamente - Arrivo tardi a lavoro - gli ricordai.
Tom sbuffò, lasciando scivolare via le sue mani dal mio corpo - Ci hai messo troppo tempo a prepararti - tornò ad accusarmi.
- Avresti potuto avvisarmi che saresti passato! - 
Salimmo in macchina, e Tom fece girare la chiave della serratura e il motore cominciò a ruggire potente, segno che la macchina era stata accesa e si stava riscaldando lentamente - Ti saresti sperdicata di scuse per non farmi venire -
- Preferisco risparmiarti la mia orrenda versione mattutina - allacciai la cintura, Tom mi osservava coi suoi occhi magnetici ed accattivanti attraverso lo specchietto retrovisore rettangolare. 
Ghignò sommessamente, leccando il piercing nero con la punta della lingua e giocandoci spostandolo leggermente a destra e a sinistra, ripetutamente. Quel gesto così dannatamente sensuale e provocatorio mi faceva letteralmente impazzire - Gentile da parte tua -
- Il tuo sarcasmo mi fa pentire di averti perdonato, Tom -
- Non sai vivere senza di me -
- E tu senza di me -
Tom mi lanciò un'occhiata fugace attraverso lo specchietto, gli feci un lungo ed innocente sorriso che stava a decretare la mia vittoria. La macchina rossa fiammante sfrecciava veloce sulle strade asfaltate e ancora addormentate di Los Angeles, i soli pedoni che passeggiavano allegramente per i marciapiedi erano i padroni di cani dalle diverse taglie e razze.
- Touché - fu costretto ad ammettere infine il chitarrista, sconfitto.
Cominciai ad osservare lo splendido ragazzo che mi sedeva vicino di sottecchi, studiandone ammirata ed affascinata i particolari. Il modo il cui le sue grandi mani tenevano saldamente il volante nero, i suoi grandi occhi scuri che rimanevano concentrati sulla strada quasi deserta, la lingua che spesso inumidiva le labbra rosee ed invitanti. Ogni cosa che faceva, ogni suo movimento, ogni suo gesto, la faceva con sacra disinvoltura e con una tranquillità quasi invidiabile. E poi era così bello, quella bellezza innegabile ed ineguagliabile, quella bellezza che ti fa sospirare di invidia e di ammirazione, quella bellezza della quale non puoi fare a meno di innamorarti, quella bellezza che sogni, quella che viene narrata solo nelle favole e viene mostrata solo nei film. 
- Così mi sciupi, piccola - mormorò piano Tom, riportandomi alla realtà. Mi rivolse un rapido sorriso attraverso lo specchietto retrovisore, spostandolo leggermente con una mano per guardarmi meglio attraverso lo specchio stretto e rettangolare.
Roteai gli occhi, trattenendo una risata. Mi concentrai allora sul paesaggio urbano ancora addormentato che scorreva rapido sotto ai miei occhi, poggiai la fronte sul vetro freddo del finestrino che sembrò congelarmi il cervello. Il cielo cominciava a tingersi lentamente di azzurro, diverse scie rosa lo coloravano seguito da alcune sfumature di giallo che gli donavano una bellezza e una magia mozzafiato. 
- Meraviglioso - sospirai, quasi tra me e me.
Tom seguì il mio sguardo, concentrandosi anche lui per qualche rapido secondo sul cielo dai colori incantevoli. Lo sentii sorridere, e il mio cuore e la mia anima con lui - Uno spettacolo mozzafiato, vero? -
- Vero - annuii - A proposito, finisco alle due oggi -
- Non dirmi che devo venire a prenderti! - protestò fintamente scocciato il chitarrista, strabuzzando gli occhi e spalancando la bocca assumendo una smorfia buffa.
- Posso sempre chiamare Georg, se per te è un problema - proposi innocentemente.
Tom mi lanciò un'occhiata fulminea, incenerendomi all'istante improvvisamente serio - Non ce n'è bisogno - 
- No, non dirmi che sei geloso! - fu il mio turno di strabuzzare gli occhi scocciata.
- L'hai detto tu, non io -
- Sto interpretando la tua reazione -
- Non ho avuto nessuna reazione! -
- Come no, sembrava volessi sbranarmi viva! - 
Tom accostò a pochi metri dalla porta d'ingresso del Patrick's. Mi passai una mano nei capelli ed afferrai la borsa, aprendo la portiera e scendendo in strada. Tom, dall'altro lato, scese sul marciapiede e io lo raggiunsi con svogliata e malinconica lentezza.
- Comunque il problema non si pone - riprese il discorso Tom con decisione - Ti verrò a prendere io -
Catturai le labbra di Tom tra le mie, con l'intenzione di posargli un veloce bacio prima di iniziare il mio turno. Ma nel momento stesso in cui premetti i palmi delle mani sul petto di Tom per staccarmi, le braccia dei chitarrista circondarono le mie spalle intrappolandomi in un abbraccio dal quale sottrarmi era impossibile. Strinse con forza il mio corpo contro il suo, la sua lingua entrò prepotente nella mia bocca con ardente desiderio di approfondire quel bacio dagli inizi casti. Ci baciammo a lungo, ignorando i pedoni che passavano e che ci lanciavano occhiate disprezzanti o curiose, le mani di Tom scivolarono audaci sul mio sedere dove si ancorarono. Mordicchiai il suo labbro inferiore, il mio corpo premuto contro quello del chitarrista quasi a formare un unico corpo. Volammo sulle nostre emozioni, esplorando la nostra fantasia e i nostri respiri di passione crescente si mischiarono in un unico caldo respiro. Tom stava scivolando sempre più in profondità negli abissi del mio cuore. 
E allora capii che l'amore è passione, ossessione, qualcuno senza cui non vivi. 
Io ti dico : buttati a capofitto, trova qualcuno da amare alla follia che ti ami alla stessa maniera. 
Come trovarlo? Beh, dimentica il cervello e ascolta il tuo cuore, perché la verità è che non ha senso vivere se manca questo. Fare il viaggio e non innamorarsi profondamente equivale a non vivere. Ma devi tentare, perché se non hai mai tentato non hai mai vissuto.
Mi staccai lentamente, avvampando - Se faccio tardi mi licenziano, lo sai? -
Tom mugugnò, baciandomi la guancia con passione - Sei in larghissimo anticipo -
Alzai gli occhi al cielo - Sappiamo entrambi che non è così -
- Dovevo fare almeno un tentativo - ghignò colpevole Tom. Mi posò un ultimo, veloce e casto bacio sulle labbra prima di lasciarmi andare. Mi incamminai verso la porta chiusa del Patrick's, ancora rossa in volto. Poggiai la mano sulla fredda maniglia di metallo arrugginito della porta, quando la voce di Tom mi chiamò improvvisamente con insistenza - Rebecca? -
Mi voltai di scatto, sorpresa - Che c'è? -
La lingua di Tom tornò a stuzzicare perversa e provocante il piercing nero all'angolo del labbro, i suoi occhi scuri catturarono i miei ipnotizzandomi ed incantandomi con la loro profondità e la loro impenetrabilità. Fece schioccare la lingua con decisione - Sappi che adesso sei ufficialmente mia -




03 marzo 2014, 11:00 p.m



Ci ritrovammo tutte le sere a casa mia, a passare le ore sdraiati sul mio stretto letto a parlare di tutto ciò che ci passasse per la testa in quel momento. C'erano volte in cui non parlavamo e restavamo semplicemente in silenzio, ognuno immerso nel corso dei propri pensieri, godendo silenziosamente della compagnia dell'altro per non rimanere soli fisicamente oltre che mentalmente. Non c'erano bisogno di sguardi, di parole, di gesti, di contatti : solamente il puro stare insieme. 
Quella sera eravamo entrambi sdraiati sul mio letto sfatto, le schiene contro il materasso scomodo e le nostre spalle che si sfioravano, entrambi assorti nella contemplazione del soffitto macchiato di muffa. Tom aveva posato un posacenere rosso sul suo lato di pavimento, come sempre quando veniva a casa mia. Gli piaceva fumare durante le nostre conversazioni notturne, gli piaceva riempire l'aria circostante con quel odore acre e appiccicoso, a tratti piacevole e a tratti soffocante e nauseante. 
- Mi rilassa - diceva sempre.
Non avevo mai provato a fumare, ma l'eleganza e la disinvoltura con la quale Tom teneva in equilibrio la stretta e lunga sigaretta tra medio ed indice, la gestualità precisa e semplice con la quale se la portava alle labbra, il modo sensuale e secco col quale sputava fuori il fumo dalle labbra carnose e dal naso ... mi sentivo attratta ed affascinata dal modo in cui si rilassava, dal modo in cui sembrava accantonare i suoi problemi con una semplice sigaretta.
Lo sentii scoppiare a ridere, probabilmente mi ero fatta cogliere nella mia contemplazione silenziosa. Tirò fuori il pacchetto di sigarette dalla tasca dei pantaloni e me lo porse, riempiendo il silenzio con la sua risata spontanea e sincera - Prendine una! -
Afferrai, impacciatamene. Arrossii lievemente, chinando il capo sul pacchetto rettangolare di carta bianca che presi a rigirarmi tra le mani come se si trattasse di una reliquia antica - Non ho mai provato -
- Allora sei una brava ragazza - ridacchiò sarcasticamente il chitarrista, soffiando fuori dalle sue labbra una nuvola di vapore bianco che si perse subito verso il soffitto sporco. 
Lo fulminai, cogliendo la provocazione. Aprii il pacchetto con un gesto secco ed estrassi una sigaretta, infilandomela tra le labbra ed accettando la sfacciata sfida di Tom. In quel momento il ragazzo tirò fuori pigramente l'accendino e si chinò su di me per accendere e dare avvio alla mia prima sigaretta. Sussultai quando la fiamma si sprigionò improvvisamente dall'oggetto di plastica e metallo, illuminando i nostri visi vicini. La mia reazione fece ridacchiare ancora una volta Tom.
- Aspira quanto fumo riesci e poi butta fuori - mi disse tornando a sdraiarsi.
Ascoltai il suo consiglio, inspirai profondamente e una quantità industriale di fumo si riversò nella mia gola lasciando una fastidiosa scia di bruciore, e quando buttai fuori tossii forte e ripetutamente, il bruciore aumentò. Continuai a tossire, a mano a mano il bruciore si affievolii fino a scomparire.
- All'inizio è normale, poi vedrai che ti piacerà - tornò a parlare con fare saccente ed esperto Tom, che aveva già consumato più della metà della sua sigaretta.
 La finestra aperta lasciava passare la fredda aria della notte dai piccoli buchi delle tapparelle abbassate, ma la pelle bollente di Tom bastava a donarmi il calore necessario per stare bene. Riportai la sigaretta alle labbra con celata riluttanza. Questa volta la scia di bruciore che il fumo lasciò nella mia gola era piacevole, lo soffiai fuori lentamente e mio divertii parecchio a vedere la nuvola bianca e grigiastra condensarsi sotto al mio piccolo naso. Mi affrettai a ricompiere quel gesto, nella speranza di non acquisire il vizio.
- Non mi hai mai raccontato la tua storia - disse improvvisamente Tom, spezzando nuovamente il silenzio. I suoi occhi mi cercarono, osservandomi con improvviso ed acceso interesse.
Quell'affermazione mi fece sbiancare improvvisamente - Cosa vuoi sapere? -
- Per esempio, non dovresti essere all'ultimo anno di liceo? -
Scrollai le spalle apaticamente, evitando il suo sguardo - Dovrei - concordai portandomi la sigaretta alle labbra ed aspirando una grossa quantità di fumo, quello scese rapido nella mia bocca e nei miei polmoni, riscaldandomi interiormente.
- Perchè lavori? -
Non risposi, soffiando fuori il fumo con forza e lasciando sprofondare il capo nella mia parte di vuoto cuscino. Mi concentrai sulle macchie di muffa scura sul soffitto alto, sulle sfumature grigie e nere che lasciavano a chiazze sull'intonaco bianco e vecchio. Avevo trovato uno dei peggiori appartamenti di tutta la periferia della città, ma era l'unico che potevo permettermi dato i miei pochi risparmi. Se fossi stata aiutata economicamente dai miei genitori, adesso vivrei in un appartamento nettamente migliore, ma perlomeno avevo un tetto sulla testa e un letto in cui dormire. L'idea di dormire su una panchina non mi allettava minimamente. 
- Essenzialmente non ho voglia di studiare - minimizzai, trattenendomi nel perdermi nei ricordi e nei sentimenti che tormentavano agitati il mio cuore. Quell'argomento per me era spinoso quanto insignificante, desideravo ardentemente parlarne quanto tacere e seppellire quel pezzo della mia storia nel passato e lasciarlo morire lì, indisturbato. 
- Ma c'è altro - indovinò all'istante Tom, cercando con insistenza il mio sguardo che però continuai ad evitare. Invece, continuai a concentrarmi sul soffitto, silenzioso quanto me. Dopo parecchi istanti in cui l'insistenza negli occhi di Tom sembrò affievolirsi, decise rispettosamente di rinunciare - Se non vuoi parlarne ... -
- No, è okay - mi affrettai a mormorare. Sospirai, chiudendo gli occhi e lasciandomi investire da una serie di immagini incancellabili, talmente vivide da essere ancora dolorose ed angoscianti : il mio aspetto trasandato e trascurato rispetto a quello delle mie compagne di classe, sempre così ben vestite e all'ultima moda; i pomeriggi passati a leggere la saga di Harry Potter invece di studiare per eventuali interrogazioni o compiti in classe; i pessimi e bassissimi voti che portavo a casa con apatia e menefreghismo, scatenando l'ira funesta di mio padre e il disprezzo di mia madre; i commenti sarcastici dei professori ogni volta che dicevano il mio nome; lo scoprire che i miei genitori pagavano profumatamente il preside per promuovermi ogni anno e permettermi di accedere alla classe successiva nonostante i miei terribili voti ... una serie di cose che mi ero promessa di dimenticare, di cancellare. Ma come si cancella il passato?
- I miei genitori pagavano il preside per la mia promozione - esordii - Non riuscivo a spiegarmi per quale assurdo motivo riuscivo ad essere promossa nonostante racimolassi soltanto insufficienze. Quando venni a scoprirlo ... - feci una pausa, come per prendere fiato. Quello era il ricordo più doloroso di tutti - Fu la notte più brutta della mia vita : i miei genitori mi urlarono che ero la figlia peggiore che potesse capitargli, che non valevo niente, che avrei passato la mia vita a marcire e che loro non avrebbero fatto nulla per aiutarmi perché non me lo meritavo; io urlai che erano i genitori peggiori del mondo, che non me ne fregava niente di ereditare la ditta di papà, che non mi interessava di imparare il latino come la mamma. Quella stessa sera feci la borsa e scappai dalla finestra, quando i miei genitori decisero finalmente di andare a dormire dopo avermi picchiata. Abbandonai la scuola e i miei genitori non vennero a cercarmi,  non vollero sapere dove fossi sparita, non misero annunci per la mia scomparsa, non mi chiamarono, non chiesero di me a nessuno, semplicemente decisero di disconoscermi come figlia.  Probabilmente adesso sperano che io sia morta in un fosso, perché questo è quello che secondo loro merito per non essere stata la figlia che loro volevano -
- Reb ... - tentò piano Tom, nei suoi occhi potei leggere la sua incredulità e il suo sbalordimento, probabilmente era mortificato per avermi costretta a tirare fuori il mio passato così tragico. 
- Ti starai chiedendo perché mi ostinassi a prendere voti bassi e perché non mi impegnassi per rendere i miei genitori orgogliosi - lo ignorai - Ebbene, ero esattamente l'opposto dell'alunna modello che risponde prontamente alle domande dei professori. Non mi interessavano i voti, erano solo numeri senza un significato o un valore. Non ho mai fatto progetti sul mio futuro e su una mia eventuale carriera dopo aver ereditato la ditta di papà, non ho mai pensato a che università frequentare dopo il diploma, non cercavo il successo e la ricchezza. A scuola non mi impegnavo, come avrai certamente capito, ma non perché non fossi intelligente o perché fossi mentalmente limitata, semplicemente perché non avevo ragioni per impegnarmi seriamente. Perché avrei dovuto? A me non importava minimamente, andare a scuola era un passatempo come un altro. Non avevo minimamente intenzione di impegnarmi in materie che non mi interessavano, non avevo intenzione di rispettare persone che mi imponevano cose che non volevo. Tuttora è così : non ho progetti, non so cosa farò nella vita. La mia mente è una scatola vuota che non vuole essere riempita con niente, perché la scatola in sé è già abbastanza ingombrante. Non ho ambizioni, non ho sogni o desideri. Può sembrare impossibile ed incredibilmente da sfigati, ma io non voglio niente. Voglio solo vivere - feci una piccola pausa, per riordinare le idee e controllare mentalmente di aver detto tutto ciò che volevo realmente dire. Sospirai, in conclusione - Quindi sono praticamente orfana, mentalmente vuota, svogliata ... uno scarto della società. Questa è la mia storia -
Decisi di spostare coraggiosamente lo sguardo su Tom, per controllare la sua reazione. Non mi era mai successo di raccontare la mia storia in modo così dettagliato e profondo, se non a Amber alla quale non dovetti raccontare praticamente nulla perché coinvolta nella mia realtà quotidiana. Gli occhi scuri di Tom sono pieni di incredulità e sbalordimento, la bocca semiaperta e l'espressione stravolta di chi ha appena visto il film horror più pauroso di tutti i tempi. E pensare che la protagonista dell'horror ero io.
- Sei fottutamente forte, piccola - scandì ogni parola con energia, quasi volesse inciderle profonde nella mia mente. Ma non ce n'era bisogno, ogni suo sguardo, bacio, carezza, parola incidevano sempre il loro calore, la loro passione, la loro profondità nel mio fragile corpo. 
- Forte? - ripetei, sprezzante verso me stessa - Se fossi stata forte non sarei scappata -
- Sei stata costretta a scappare, Reb - replicò duramente Tom, alzando leggermente la voce come a volermi rimproverare per il ribrezzo costante che provavo verso me - Se tu fossi rimasta avresti continuato a vivere una menzogna per il resto della tua vita, avresti continuato a fare cose che non volevi e avresti vissuto con dei genitori che non ti amavano per quello che eri -
Annuii, assimilando con finto interesse la predica del chitarrista. Alzai gli occhi per incontrare i suoi, che ancora severi fissavano la mia magra ed insulsa figura seduta a pochi ed insignificanti metri da lui. Feci la mia domanda, la mia richiesta senza esitare nemmeno un secondo - Qual'è la tua storia? -
Tom scoppio a ridere, sarcastico - Tutti la conoscono -
- Conoscono quella di Tom - fu il mio turno replicare - Io voglio sapere la vera storia. Quella di Thomas -
Gli occhi di Tom mi scrutarono penetranti, vidi la solita scintilla di determinazione nelle sue pupille spegnersi e gettare quel mare scuro di segreti non detti nel buio totale della sua anima. Abbassò il capo, diverse ciocche di capelli scuri caddero sulle guance coperte dallo strato di barba che cominciava ad infoltirsi. Boccheggiò lentamente un paio di volte, riuscii quasi a sentire il complicato marchingegno del suo cervello lavorare e lavorare senza sosta alla ricerca delle giuste parole per iniziare il racconto più sincero che probabilmente avesse mai fatto fino a quel momento - Il mio patrigno trasmise a me e a Bill la passione per la musica, a sei anni imparai a suonare la chitarra. Mi piaceva avere il controllo su un qualcosa di così delicato e allo stesso tempo resistente come la chitarra, mi piaceva essere il creatore di note che messe insieme formavano un qualcosa unicamente mio. Presto suonare la chitarra divenne il mio sfogo, ricordo di aver saltato scuola parecchie volte per concentrarmi sulla stesura delle basi delle canzoni che poi Bill cantava. Ma ogni volta che non andavo a scuola mi sentivo in colpa, non mi piaceva che Bill andasse in quel posto senza di me. Quasi ogni giorno veniva picchiati dai ragazzi più grandi che lo prendevano in giro per i piercing, per i capelli tinti, per il modo di vestire e per lo smalto alle unghie, e come fratello maggiore era mio dovere difenderlo anche a costo della vita. Parecchie volte fui picchiato anche io per aver provato a difendere Bill, e allora cominciai a picchiare anche io. Venni sospeso un paio di volte per alcune risse nei bagni, nel cortile, nelle aule. Ma tutti cominciarono a rispettarmi e a temermi, alle scuole medie ricordo che mandai in ospedale cinque ragazzi che tentarono di stuprare Bill. Al liceo nessuno più osò prendersela con Bill per la sua passione per il suo sogno di diventare un musicista e un cantante famoso, nessuno osò più alzare un dito contro di lui. Bill pensò immediatamente che le cose stessero andando per il verso giusto, che finalmente le persone avessero iniziato ad accertarci per quello che eravamo, ma non sapeva che avevo barattato una buona retta scolastica e una buona reputazione per la sua incolumità. Ma a me andava bene così, finché Bill stava bene stavo bene anche io -
Ascoltai in silenzio il racconto, trattenendo il respiro come per timore di spezzare quell'atmosfera. Dopo parecchi secondi in cui Tom sembrò rivivere ricordo per ricordo come le scene di un film, il racconto riprese - La prima volta che feci sesso avevo ... tredici o quattordici anni, non riesco quasi più a ricordarlo. Ho sempre pensato che non esiste un'età giusta per fare sesso, ho sempre pensato che fosse giusto farlo quando si è pronti. Dopo quella prima volta mi resi conto che mi piaceva avere possesso sulle ragazze, così come adoravo avere il possesso della mia chitarra. Mi piaceva essere la loro dipendenza e la loro fonte di felicità, mi piaceva al contempo essere la fonte delle loro sofferenze e della loro gelosia. Mi piaceva trattarle come se non avessero dei sentimenti, tanto presto si sarebbero affezionate a un altro ragazzo, pensavo che come me cercassero solo un passatempo e divertimento -
- Lo pensi ancora? - chiesi, ma era più un'affermazione che una domanda.
Tom scrollò le spalle, alzando finalmente il viso - Quando si nasce sotto una cattiva stella ... -
- Nessuno è nato sotto una cattiva stella - mi affrettai a ribattere, nel tentativo di risollevare il suo morale che lentamente precipitava verso terra - Ci sono semmai uomini che guardano male il cielo -
Tom scoppiò a ridere, una risata vuota e piatta, una risata forzata che nascondeva un profondo bisogno di vero ed autentico affetto - Quindi è per questo che spesso serenità, felicità e pace interiore mi sfuggono, tanto da credere che la vita sia un faticoso cammino pieno di insidie? Perché non so guardare il cielo? -
Aprii la bocca cercando qualcosa di intelligente con cui replicare, ma non trovai niente e allora decisi di riempire la mia bocca col fumo. Tom aveva dannatamente ragione, la vita a volte sembrava volerti privare dei piaceri della pace e della tranquillità, gettandoti in una vita ricca di angosce e disperazioni con le quali dovevi lottare con le unghie e con i denti per non diventare un baratro vuoto e senza fine. Forse anche per quel motivo scappai dai miei genitori, per non diventare vuota e inanimata. 
Il chitarrista riprese a parlare con amarezza e risentimento - Spesso veniamo amati per ciò che sembriamo, per ciò che fingiamo di essere. E per mantenere l'amore di qualcuno continuiamo a fingere, a recitare una parte ... -
- ... finendo così per rendere la finzione autentica a noi stessi - conclusi soffiando fuori il fumo dalle labbra e dalle narici, chiudendo gli occhi per scacciare il leggero mal di testa che quell'inusuale azione aveva improvvisamente provocato. 
Tom annuì, i suoi occhi così insolitamente vuoti si concentrarono nei miei. Questa volta fu lui a boccheggiare nel tentativo di dire qualcosa di interessante - Ci assomigliamo così tanto, Reb? -
Quella domanda, più simile a un'affermazione, mi fece sorridere - Sì, Thomas - annuii - Credo di sì -
Che si fosse finalmente reso conto che con me lui poteva essere se stesso, quello che voleva? Che sarei sempre stata in grado di accettare ogni sua scelta e decisione? Che con me non era costretto a recitare la parte del ragazzaccio senza cuore e sentimenti? Che io, Annalise Rebecca Lahey, avrei potuto renderlo felice senza mai forzare le sue azioni e i suoi sentimenti, lasciandogli acquisire valore facendolo agire secondo il suo libero arbitrio? 
- Oh, a proposito - avvampai immediatamente, distogliendo il mio sguardo da quello del ragazzo steso accanto a me - Il mio vero nome è Annalise -
Sentii Tom trattenere a fatica una risata - Quindi Rebecca è un nome falso? -
- No, è il mio secondo nome. Lo preferisco al primo, ecco tutto - spiegai.
Tom mi sfilò la sigaretta dalle labbra, posandola insieme alla sua nel posacenere abbandonato a terra. Soffio fuori l'ultima ridotta quantità di fumo che mi è rimasta in bocca, indirizzandola verso il soffitto macchiato ed ammuffito che sembra cadere a pezzi. Feci per protestare contrariata, volevo andare avanti a bearmi del vizio del fumo, ma le labbra carnose di Tom si posarono sulle mie senza lasciarmi il tempo di proferire parola. Le sue braccia robuste circondarono ed avvolsero il mio corpo come una coperta, stringendolo dolcemente al suo in un abbraccio dal quale non mi sarei mai liberata. Le nostre labbra premevano caste e calde, il sigillo dei segreti che avevamo appena confessato. Sapevamo entrambi di fumo, entrambi avevamo l'amaro in bocca a causa delle sigarette, ma il sapore dell'amore annullava e neutralizzava quel marchio così appiccicoso e forte. Abbracciati, innamorati, avvinghiati, come amorevoli edere alla faccia del tempo, dei giorni, di quello che sarà. Sapevo che la mia relazione con Tom non sarebbe mai stata affatto facile e noiosa, anzi, sapevo che avrei dovuto lottare con tutta me stessa per farlo rimanere al mio fianco, forse per tutta la vita. E sinceramente non ne vedevo l'ora, era l'unica cosa che realmente desideravo : dimostrargli quanto fosse importante per me.
Lo strinsi tra le mie braccia, ritrovando il calore e la pace che la mia anima e il mio corpo trovavano solo in lui. Scostai lentamente le mie labbra dalle sue, i nostri nasi si sfioravano e i nostri respiri si mischiavano in un unico sospiro caldo e ricco di emozioni che eravamo stanchi di nascondere.
- Ti amo, Thomas - sussurrai, quasi timidamente.
- Ti amo anche io, Annalise - rispose, senza alcuna esitazione. Senza alcun ripensamento, dubbio, attimo di riflessione o di valutazione. Decretò quel verdetto che per me valeva quanto la mia vita stessa senza alcuna esitazione, e questa cosa fece salire qualche lacrima di commozione e gioa agli angoli dei miei occhi.
Forse mi amava davvero.
Forse era vero che io ero diversa.
I pollici di Tom asciugarono quelle lacrime non ancora nate, accarezzando i miei occhi con lentezza - Basta piangere, hai pianto le lacrime di una vita intera - mi rimproverò senza cattiveria o severità, sembrava una semplice preghiera e supplica - Adesso smettila di pensare e baciami -
E così feci.
Misi in modalità aerea il mio cervello e mi lasciai andare.





Vanisher says :
FINALMENTE L'HO FINITO.
Voi non potete capire quanto tempo e fatica mi abbia portato via questo capitolo, che spero sia venuto bene o quanto meno decentemente. 
Allora, questa è la storia di come Rebecca e Tom si sono conosciuti e messi insieme, che ve ne pare? Vi prego, fatevela piacere perché ci ho messo secoli a scriverla in modo presentabile, e spero non sia venuta una schifezza.
Con le solite 4 recensioni arriva il capitolo, daje una bella recensione per il capitolone e l'impegno della sottoscritta! ;)

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Capitolo 10
*** Smettila di scappare! ***


SMETTILA DI SCAPPARE!






Tom stringe nervosamente la busta di carta gialla tra le mani consegnataci dal dottore. Con sguardo incerto il suo sguardo si sposta lentamente da me a Chantelle, entrambe sedute l'una di fronte all'altra sulle due basse poltrone di pelle bianca del suo egocentrico appartamento. Tom siede adiacentemente a noi sul divano del medesimo colore e materiale, le sue mani tremando rigirandosi la busta gialla come se si trattasse di una pericolossima bomba ad orologeria. Mentre il chitarrista esita indeciso sul da farsi, Chantelle ed io rimaniamo pazientemente in silenzio in attesa che Tom prenda finalmente abbastanza coraggio da scartare la fatidica busta ed annunciarci l'esito dell'esame. Abbiamo saggiamente deciso di venire a conoscenza dell'esito dell'esame tutti insieme, in modo da poter discutere immediatamente sul da farsi con Jeanny e come procedere, che si tratti di una menzogna ben recitata o dell'assoluta verità. 
Tom accarezza lentamente la ruvida carta gialla della busta, i suoi occhi saettano da me alla sua ex ragazza in attesa che una delle due spezzi il silenzio con qualche frecciatina sarcastica o parola di conforto. Anche io lancio una nervosa occhiata a Chantelle nel tentativo di capire se la bionda modella abbia intenzione di deliziarci con la sua voce acuta o preferisca tacere fino allo scartaggio della busta. A sua volta Chantelle guarda me, probabilmente con le mie stesse identiche intenzioni. Alla fine, ci ritroviamo tutti e tre a sospirare con pesante tensione e frustrazione.
- Allora, che aspetti? - lo incita Chantelle, le dita affusolate spostano i lunghi capelli ondulati sulla schiena, lasciando libere le spalle magre coperte dalla maglietta sottile perfettamente abbinata ai jeans a vita alta. Anche se investita dalla tensione e dal nervosismo più estremo, Chantelle riesce sempre e comunque a conservare la sua eleganza e la sua disinvoltura celando le sue emozioni dietro al trucco e ai vestiti firmati. Una dote indubbiamente invidiabile, ma anche penosa.
Le dita di Tom strappano la carta gialla, un semplice foglio bianco gli rimane tra le mani. Trattengo il respiro mentre gli occhi scuri di Tom scorrono veloci le piccole parole scritte in nero, mentre vola da una riga all'altra divorato dalla curiosità mentre il cervello assorbe il significato di quelle parole che cambieranno e forse sconvolgeranno il delicato equilibrio delle nostre vite per catapultarci in una completamente nuova e differente.
Improvvisamente, la presa di Tom su quel semplice pezzo di carta aumenta, stringendolo fino a quasi stropicciarlo, ho trattenuto il fiato così a lungo che mi sento quasi svenire a causa dei polmoni ormai completamente vuoti. I suoi occhi saettano rapidi ed inespressivi nei miei facendomi sussultare, nel momento stesso in cui torno a respirare, il mio cuore comincia a battere più forte a causa del verdetto finale e della verità che sta finalmente per venire a galla. Con i suoi occhi incastrati alla perfezione nei miei, rimango in attesa di un suo nuovo gesto o della sua voce che possa rivelarmi l'esito o il motivo di quel foglio ormai appallottolato stretto nella sua mano chiusa a pugno, quasi volesse colpire qualcuno.
- Jeannyèmiafiglia - mormora, a voce troppo bassa perché io possa sentirlo.
Mi sporgo istintivamente in avanti, verso di lui - Cosa? -
- Jeanny è mia figlia - ripete Tom, scandendo cautamente ogni parola quasi temendo una mia reazione brutale ed esagerata. Sul suo volto non ci sono emozioni, nessuna traccia e nessun frammento significativo nei suoi occhi così cupi ma allo stesso tempo talmente vuoti da farmi rabbrividire. La sua voce è inanimata, senza alcuna intonazione che possa lasciare trasparire le sue emozioni e il suo stato d'animo, quasi avesse deciso di spegnere il cuore per affrontare questa verità col cervello per soffrirne meno le conseguenze. 
Dopo parecchi secondi in cui il cervello realizza il vero significato di quella frase inizialmente bugiarda e insensata alle mie orecchie, il verdetto mi colpisce violentemente come una frusta, piegandomi al volere del destino crudele. Il mio cuore smette di battere, esalo il mio ultimo respiro prima di bloccarmi, i miei occhi si riempono automaticamente come serbatoi vuoti e la mia pelle comincia a scottare come fatta di lava incandescente. Ogni centimetro più nascosto del mio corpo reagisce in maniera anomala alla verità, fregandosene del cervello autoritario che impone sonoramente a tutto l'articolato sistema che compone Rebecca Lahey di darsi una calmata e di affrontare la situazione in modo maturo e diplomatico. 
Decisa a tenere a freno le mie emozioni, guardo Chantelle - Non stavi mentendo? -
- Certo che non stavo mentendo! - esclama la bionda modella, come ferita dalla mia accusa e dal mio tono asciutto e quasi incredulo. Gli occhi perfettamente truccati di Chantelle si spostano su Tom, rimasto immobile come una statua di marmo sul divano, il foglio ancora prepotentemente stresso in pugno - Adesso è arrivato il momento di assumersi le proprie responsabilità fino infondo, Tom, non ti è concesso scappare dalla verità come un bambino pauroso del mondo che lo circonda -
Gli occhi vacui di Tom vengono illuminati da una debole luce di sarcasmo mentre si posano sulla bellissima modella - Quindi cosa cazzo pretendi che io faccia, Chantelle? Pretendi che io abbandoni la mia band, la mia ragazza, i miei amici e tutto ciò che mi circonda per dedicarmi completamente di una bambina che mi è stata tenuta nascosta per sei fottutissimi anni? - 
- Pretendo che tu adesso cominci ad essere un vero padre - replica severamente Chantelle, un lieve cenno di disprezzo anima la voce solitamente così melodiosa mentre sbatte le palpebre colorate dall'ombretto nero sfumato - Che tu lo voglia o meno, è tuo dovere esserlo -
- Chantelle ha ragione, Tom - mi limito ad annuire, convinta.
I nervi tesi si intravedono senza alcuno sforzo sotto la pelle di Tom, è perfettamente consapevole che il rimprovero della sua ex ragazza è del tutto sensato e ragionevole, è perfettamente consapevole che adesso non è più possibile negare che Jeanny è sua figlia, adesso che siamo finalmente venuti a conoscenza della verità bisogna solo accettarla ed imaparare a convivere con essa.
 - Non sono pronto - la sua voce è un debole e quasi sommesso sussurro, un filo invisibile tanto sottile quanto fragile, ricco di una paura perfettamente comprensibile che tenta di celare dietro al solito tono fermo, dietro alla maschera orgogliosa e superba che indossa da ormai tanto tempo. 
- Cosa pensi, che io mi sia sentita pronta quando ho scoperto di essere incinta di una bambina che non volevo?! Pensi che io mi sia sentita pronta a prendermi cura di nostra figlia completamente sola, a nascondere l'esistenza di un padre che fino a qualche giorno fa le ha provate tutte per negare la sua paternità?! Cosa pensi, Tom, che io sia tuttora pronta nonostante siano passati sei dannati anni dalla nascita di Jeanny?! -  basta quella semplice frase a far scattare la furia di Chantelle, bastano quelle semplici parole per farla scattare in piedi, i pugni stretti lungo i fianchi terribilmente magri, gli occhi scuri sgranati quasi fuori dalle orbite e la bocca spalancata - Ti sbagli, non lo sono affatto! -
Mi prendo quasi inconsciamente la testa tra le mani, oscurando la furiosa figura di Chantelle premendo i palmi delle mani sugli occhi e coprendo la fronte con le dita ossute. I miei occhi s'immergono in quel buio, in quella oscurità purtroppo momentanea e per certi versi artificiale mentre Tom urla con altrettanta rabbia ed immancabile sarcasmo e menefreghismo qualcosa di rimando a Chantelle, dando inizio a una lunga serie di parole taglienti ed offensive, di colpe che vengono attribuite senza un valido motivo, di minacce insensate. Rimango pazientemente in silenzio, immersa nella mia oscurità personale in attesa che uno dei due non sappia più cosa ribattere, in attesa che entrambi si stanchino di urlarsi addosso e di aggredirsi come due animali feroci e rabbiosi. 
- NON RICORDI NEMMENO DI AVERMI MESSA INCINTA?! -
- PENSI SERIAMENTE CHE IO RICORDI TUTTE LE VOLTE CHE HO FATTO SESSO IN VITA MIA?! MI DISPIACE DELUDERTI, MA NON E' COSI'! -
- MA CERTO, TI SEI SCOPATO COSI' TANTE RAGAZZE CHE, PROBABILMENTE, ADESSO AVRAI UNA DOZZINA DI FIGLI IN TUTTO IL MONDO! -
Passano parecchi ed interminabili minuti in cui l'aria viene riempita dalle loro urla, le loro voci rimbombano tra le pareti del grande salotto. Stanca delle loro voci e delle loro frasi senza alcuna logica e con la testa piena di sentimenti che necessitano di essere esternati, allontano le mani dal viso ed interrompo quella noiosa e fastidiosa discussione - Adesso basta! -
- MI HAI LETTERALMENTE SUPPLICATO DI VENIRE A LETTO CON TE! -
- TI SBAGLI, CARO, SEI TU CHE HAI PASSATO UNA SETTIMANA CON GLI OCCHI INCOLLATI AL MIO SEDERE! -
- CHISSA', FORSE E' PROPRIO QUELLO IL MOTIVO HO FATTO SESSO CON TE! -
- Tom, Chantelle, dateci un taglio! -
- NON OSARE, RAZZA DI MANIACO SESSUALE! -
- HA PARLATO LA TROIA CHE VA A LETTO CON CHIUNQUE LE PASSI ACCANTO! -
- MA SE ... -
- ADESSO BASTA! - la mia voce decide di entrare a far parte di quel complesso di urla incessanti, sento la vena del collo tremare e pulsare convulsamente a causa dello sforzo di sovrastare quelle voci improvvisamente così fastidiose. Con mia grande gioa e soddisfazione, riesco a porre finalmente fine a quella discussione inutile e a mettere a tacere i due ex fidanzati che adesso si ritrovano ad essere uniti a causa di un terribile scherzo del destino. Incrocio le braccia davanti al petto, contenta che un minimo di silenzio sia tornato a regnare - Invece di comportarvi come due bambini dell'asilo, comportatevi come due genitori e cercate un compromesso che possa andare bene ad entrambi e che possa portare beneficio anche a vostra figlia! - in preda a una seria crisi di nervi in cui la mia sopportazione ha toccato il fondo dell'abisso della mia pazienza, guardo con sprezzante severità i due genitori che continuano a scambiarsi occhiate feroci.
Chantelle alza gli occhi al cielo con puro e fuori luogo sarcasmo - E allora, professoressa, lei cosa consiglia? - 
- PERCHÉ' CAZZO LO CHIEDI A ME?! - 
L'attenzione di Tom si sposta rapida e fulminea su di me, in piedi mentre il mio cervello viene lentamente sgretolato dalla sopportazione ormai al limite e alla pazienza ormai esaurita, spappolato e fatto a pezzi dai nervi ormai esplosi. Sento il mio viso diventare gonfio e paonazzo, i miei occhi si riempiono oscurandosi dietro a un sottile vetro appannato. Nonostante il sottile strato di lacrime, che diventa a poco a poco sempre più spesso e pesante da sostenere e trattenere, riesco a leggere l'espressione preoccupata ed allarmata di Tom, gli occhi strabuzzati ed evidentemente sorpresi dal mio scatto d'ira apparentemente insensato ed ingiustificato - Reb, tesoro ... -
- TESORO UN CAZZO! - esplodo come una violenta bomba distruggendo ogni traccia di pacatezza e tranquillità, travolgo ciò che mi circonda come un impetuoso uragano, come un tornado che spazza via tutto ciò che era saldamente attaccato al suolo - A ME NON ME NE FREGA ASSOLUTAMENTE UN CAZZO DI VOSTRA FIGLIA, PERCHE' E' APPUNTO VOSTRA E NON MIA! RISOLVETE LA QUESTIONE TRA DI VOI E NON ROMPETE IL CAZZO A CHI NON C'ENTRA NULLA! -
- Rebecca, capisco che ... - tenta questa volta Chantelle, anche lei visibilmente perplessa.
- NO, NON CAPISCI PROPRIO NIENTE! - ignorandola arrogantemente, percorro a grandi e rapidi passi il salotto, dirigendomi verso la porta d'ingresso ed aggrappandomi alla fredda maniglia rotonda come se si trattasse dell'orlo del mio precipizio personale nel quale ho rischiato di cadere innumerevoli volte - ANDATE AFFANCULO! -
Sbatto violentemente la porta, uscendo finalmente da quell'appartamento infernale e da quelle persone per i quali non provo più alcun sentimento di affetto o di rabbia, ma solo un profondo disgusto e una profonda soluzione. Possibile che tutto quello che riescono a fare è addossarsi reciprocamente la colpa, ignorando e dimenticando che stanno discutendo del futuro e della vita di una bambina? E, come se non bastasse, non si tratta di una bambina qualsiasi presa casualmente per la strada, ma di una bambina che hanno entrambi creato, involontariamente, ma è interamente opera loro. Un loro sbaglio, uno sbaglio irrimediabile ed incancellabile. Questo non è un brutto voto facilmente recuperabile con una buona dose di studio e di preparazione, non è un errore di ortografia facilmente celabile dietro a uno strato di bianchetto. Si tratta di una bambina in carne ed ossa, non di una bambola di plastica dotata di intelligenza artificiale, raccomandabile, alla quale se togli le pile le togli la vita e la storia finisce innocentemente lì. Si tratta di una bambina di sei anni che necessita dei suoi genitori, ma i suoi genitori non necessitano di lei.

 



* * *




Inspiro profondamente l'ultima, decisiva boccata di fumo dalla sigaretta esaurita fino al filtro giallognolo che tengo in equilibrio tra le dita ossute. Senza perdere tempo a godere la piacevole e ormai abituale sensazione di bruciore del fumo nella mia gola arrossata, espiro una nuvola grigia dalle labbra e dal naso, osservando incantata mentre questo si condensa davanti al mio naso prima di disperdersi nell'aria. Spengo il mozzicone esaurito nel posacenere sulla piattaforma della scala antincendio dove mi sono rifugiata dopo essere scappata come una vigliacca uscita dalla casa infernale di Chantelle. 
Estraggo una nuova sigaretta dal pacchetto ormai dimezzato, l'ennesima di questa serata. Non ricordo quante ne ho fumate, forse tre, forse sette, forse dieci. Accendo con un abile e rapido gesto la sigaretta, aspirando immediatamente la prima boccata di fumo che riempie i miei polmoni facendomi tossire appena. Una lunga boccata consuma già un quarto della lunga sigaretta in bilico tra le mie labbra, facendo cadere un'enorme quantità di cenere maleodorante nel posacenere. Aspiro fumo su fumo, un respiro dopo l'altro della nicotina dannosa che danneggia i miei polmoni e che tra qualche anno potrebbe farmi tranquillamente venire un bel cancro ai polmoni. Sporco la mia gola con la nicotina piacevole ma tossica, la reincarnazione materiale dell'amore.
Sola, seduta sul primo gradino della scala antincendio, lascio che la notte sia l'unica testimone del mio pianto disperato e delle mie urla soffocate contro le ginocchia largamente coperte dai grezzi e sformati pantaloni della tuta che ho indossato al mio rientro in hotel. Poggio le labbra contro le ginocchia spiegate, lasciando che il fumo invada le mie narici danneggiandomi ulteriormente e che si appiccichi sui miei capelli, sulla mia pelle e sui miei vestiti come un marchio indelebile. 
Quasi involontariamente, il mio pensiero torna a questo pomeriggio. Ripenso alla mia figura isterica, che urla e maledice tutto il mondo per quella bambina nata contro la volontà di tutti, maledicendo i genitori di quella bambina che non riuscivano e non riescono tuttora a decidere ed occuparsi della faccenda in modo maturo. E avevano osato persino chiedere a me cosa fosse meglio fare, come se io fossi la madre di Jeanny, come se toccasse a me cercare una soluzione a quel problema che durerà per sempre. 
Una nuova rabbia comincia a crescere in me come fuoco, torno ad aggrapparmi alla sigaretta nel tentativo di sbollire e sgonfiare quegli stessi nervi che mi hanno fatta esplodere prepotentemente in quell'appartamento dove non voglio più rimettere piede, nemmeno sotto tortura.
La pesante porta antincendio si apre improvvisamente, sussulto mentre una figura maschile osa invadere il mio territorio di personale dolore che questa volta voglio condividere solo con me stessa. La familiare forma dei capelli distrattamente raccolti e la folta ma ben curata barba annunciano l'intrusione indesiderata del mio irresponsabile ed infantile fidanzato.
- Vattene via, Tom! - ringhio minacciosamente.
Tom chiude la pesante porta, i suoi occhi illuminati dalla prepotenza e dall'evidente e incancellabile risentimento nei miei confronti. Fulmina la mia sigaretta accesa, si china imponente su di me coprendo coprendomi come una coperta e con una mano tenta di sottrarmela sfilandomela dalle labbra - Togliti quella merda dalla bocca - mi ordina arrogantemente, come un genitore stanco.
- Lasciami stare - replico, respingendo la sua mano afferrandogli il polso.
Tom ritrae la mano, il suo risentimento nei miei confronti cresce ancora di più. Inspiro a pieni polmoni un'enorme ed esagerata quantità di fumo, sfidando apertamente Tom per testare a che punto è arrivata la sua pazienza generalmente bassa e facilmente esauribile, proprio come il pacchetto di sigarette che ho consumato in una sola sera. 
Nella notte la figura di Tom appare ancora più imponente ed alta di quanto sia, mentre rimane immobile come una statua inanimata, fronteggiandomi rimanendo in piedi ed osservandomi con espressione indecifrabile e con sentimenti che non gli riconosco. Forse perché non mi ha mai guardata con tanto astio ed evidente disprezzo, come se fosse disgustato dalla ragazza che siede e fuma con pacata disinvoltura davanti a lui, che lo caccia perché desiderosa di sana e necessaria solitudine.
Scandisce ogni parola con inquietante apatia - Smettila di fare la bambina, Annalise -
- Sei tu il bambino, qui, non io - tento di nascondere i brividi involontari che la sua voce così improvvisamente estranea ha provocato sulla mia schiena, facendoli correre lungo la mia colonna vertebrale e percuotendola pateticamente. 
- Ma io non scappo - sputa amaramente.
Lascio che il fumo esca lento dalle mie labbra socchiuse - Vattene -
- No che non me ne vado -
Spengo la sigaretta nel posacenere, stanca e scocciata. Strofino lentamente le mani sui pantaloni della tuta, lasciando che i residui di cenere si appiccichino fastidiosi sull'indumento - Non sono in vena di discutere -
Mi alzo decisa ad andarmene, ma le mani di Tom si posano improvvise su entrambi i corrimani della scala antincendio, le sue braccia tese lateralmente mi impediscono di oltrepassare l'imponente muro costituito dal suo possente corpo sporto verso il mio per impedirmi di abbandonare quel posto. Sussulto, cadendo nuovamente a sedere sullo scalino mentre gli occhi di Tom brillano sinistramente nel buio, creando altri fastidiosi brividi che scuotono il mio corpo come la vibrazione di un cellulare, riesco a riconoscere nelle sue iridi color cioccolata il crescente risentimento e la poca pazienza rimastagli - Invece parleremo, parleremo fino a domani mattina se necessario, ma almeno risolveremo questo cazzo di problema una volta per tutte -
- Non abbiamo nessun problema, noi - replico con la poca sicurezza che mi è rimasta in corpo, neutralizzata dagli occhi penetranti ed invadenti di Tom che scavano prepotentemente la mia anima riuscendo a farmi barcollare - Pensa a tua figlia, non a me -
- E' te che ho paura di perdere, non lei -
- Smettila - gli ordino seccamente. 
- No che non la smetto, Rebecca -
- Invece voglio che tu lo faccia! - con una spinta sul petto muscoloso allontano il suo corpo dalle scale, Tom indietreggia disorientato dal gesto improvviso ed approfitto di quello smarrimento momentaneo per liberarmi da quella trappola ed avvicinarmi alla pesante porta, la mia via d'uscita e di fuga tanto bramata. Vittoriosa e sollevata poggio entrambe le mani sul manico anti panico della porta, ma le braccia di Tom si chiudono con eccessiva forza attorno al mio corpo, strattonandomi violentemente lontana dalla porta. 
- LASCIAMI! - urlo mentre Tom mi spinge ancora verso le scale, la sua schiena possente poggiata contro la porta per impedirmi di scappare ancora una volta dalla sua opprimente attenzione. Furiosa mi scaglio contro il mio fidanzato nel tentativo di smuoverlo dalla porta e permettermi di scappare, i miei pugni chiusi tempestano ripetutamente il suo corpo bollente e resistente come la pietra. Il chitarrista rimane impassibile, le mie mani che tentano di colpire con violenza il suo corpo non sembrano scalfire minimamente il materiale indistruttibile del suo corpo e del suo cuore freddo come ghiaccio. Le sue grandi mani si chiudono attorno ai miei polsi, stringendoli ed alzandoli in alto impedendomi di colpirlo ancora, bloccandomi in una posizione di totale svantaggio mentre vengo intrappolata contro la porta, contro il suo corpo.
- TI HO DETTO DI LASCIARMI! -
- SMETTILA DI SCAPPARE! -
Abbasso la voce, nel tentativo di placare la rabbia - Non sto scappando proprio da nulla, io! -
- Perché, io si? -
- Certo, scappi sempre da tutto ciò che non è di tuo piacimento! -
- NON SONO IO AD AVERE AVUTO UNA CRISI DI NERVI, QUESTO POMERIGGIO! -
Boccheggio pateticamente, nella speranza che qualcosa di altrettanto tagliente esca fuori dalle mie labbra e colpisca Tom con la stessa violenza con la quale mi sta colpendo lui in questo momento. 
- Che c'è, non mi ami più? - sputa improvvisamente Tom, sarcasticamente.
Le sue mani mi intrappolano contro la porta, il suo corpo mi impedisce di scappare altrove - Come puoi pensare una cosa simile, deficiente? -
- Sei tu che me lo fai pensare -
- Solo per una crisi del cazzo? -
- Per tutto, Rebecca, per tutto! -
Strabuzzo gli occhi, incredula - Per tutto? -
- Esattamente, scappi sempre nel momento in cui ho più bisogno di te! -
- IO SCAPPO SEMPRE?! - spingo Tom con tutta la forza che ho in corpo, aumentata a causa della rabbia sconfinata che divora il mio cuore e brucia il mio cervello facendo alzare la mia voce di qualche ottava, facendomi ringhiare come una belva feroce pronta ad attaccare il nemico - NON SONO SCAPPATA QUANDO TI SEI CHIUSO NEL TUO CAZZO DI MUTISMO PER TRE GIORNI; NON SONO SCAPPATA QUANDO MI HAI RACCONTATO LA FOTTUTA VERITÀ' SU JEANNY; NON SONO SCAPPATA QUANDO ABBIAMO DOVUTO CONVINCERE CHANTELLE PER QUEL CAZZO DI TEST DEL DNA! IO NON SCAPPO, THOMAS, NON SONO MAI SCAPPATA QUANDO SI TRATTAVA DI TE, DI NOI! -
- E DOV'ERI QUANDO SI TRATTAVA DI AFFRONTARE LE COSE IN MANIERA ADULTA, DOVE? QUANDO VIENE FUORI UNA VERITÀ' CHE TI E' SCOMODA, SCAPPI SEMPRE A FUMARE, O A PIANGERE, O A BERE, O DA GEORG! DEVI SEMPRE SCARICARE LE COSE SUGLI ALTRI PERCHÉ' NON SEI ABBASTANZA FORTE DA AFFRONTARLE DA SOLA, COME UNA PERSONA MATURA! -
- OSI PARLARE DI MATURITÀ', TU?! -
Tom ansima rumorosamente, boccheggiando in cerca di una risposta. La gola mi brucia a causa delle troppe sigarette e delle grida, le lacrime premono pungenti agli angoli degli occhi con l'unico ardente desiderio di riversarsi sulle mie guance e dare l'ennesima prova che non sono forte. Respiro affannosamente, le labbra screpolate a causa dell'aria fredda che entra ed esce dai miei polmoni danneggiati - Forse hai ragione tu, Tom - aggiungo, quasi rassegnata - Non sono forte, anzi, probabilmente sono la creatura più debole che questo porco mondo abbia mai plasmato. Quindi cosa vuoi fare, adesso? Lasciarmi andare una volta per tutte, perché ho dato l'ennesima prova di vigliaccheria? -
Tom espira, i suoi occhi bruciano di rancore e risentimento - Potrei - 
- E ALLORA FALLO! - gli grido addosso - NON ME NE FREGA PIÙ' UN CAZZO DI UN ADULTO CHE GIOCA A FARE IL POPPANTE BISOGNOSO DELLA BADANTE CHE SI SVENI PER INTERPRETARE OGNI SUO FOTTUTISSIMO GESTO! -
- E  A ME NON ME NE FREGA PIÙ' UN CAZZO DI UNA BAMBINA CHE NON RIESCE A FRONTEGGIARE IL MONDO CHE LA CIRCONDA! -
La prima lacrima scende lenta sulla mia guancia. Le parole di Tom squarciano la mia anima come vetri appuntiti, lame affilate che affondano nel mio cuore facendolo sanguinare copiosamente, spingendo e lasciando cadere le lacrime che avevo tentato di trattenere. Tom ha ragione, non sono in grado di affrontare un problema senza scaricare i miei pensieri e e le mie emozioni su qualcuno o qualcosa, non riesco ad uscire dal tunnel delle mie sofferenze da sola.
Forse fa bene a lasciarmi.
Forse la parola fine non fa poi così male.



Vanisher says :
Ecco il nuovo capitolo!
Oggi non ho niente da dire (strano) e alle solite 4 recensioni arriva il capitolo!

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