La Figlia del Re

di Roccia di Burro
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fuuko ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Fuuko ***


Il sole picchiava impietoso, sulla terra mista a sabbia arida. In appena un giorno la temperatura era aumentata di tre gradi, e a causa dell'umidità respirare era quasi impossibile. Se ci si guardava intorno pareva di trovarsi in un miraggio, circondati da volute di calore che le profonde crepe del terreno sputavano fuori.

L'unico vantaggio di possedere un hotel, o qualcosa di simile, in mezzo ad un deserto, era la sicurezza di non avere concorrenza in una zona di almeno seimila ettari.

-Una stanza.- tossicchiò con voce roca. Aveva la gola impastata.

-Singola?- l'uomo al banco, il direttore, squadrò il nuovo arrivato con diffidenza.

Il ramingo ricambiò lo sguardo da sotto il cappuccio. Così conciato era pressoché impossibile farsi riconoscere: niente domande, niente spiegazioni...

-Si.-

-Nome?-

Si trattenne a stento dal ridere, indugiando sulla pelata lucida di sudore della persona di fronte a lui. Tsuda, vecchio idiota!

-Fuuko.- dai, questo glielo si poteva concedere.

-Ragazzo, ho bisogno di un cognome. Con chi credi di avere a che fa...-

-Hatori.- sparò il giovane. Inventato di sana pianta in quel preciso istante.

Tsuda gli lanciò un'altra occhiata rancorosa. Era abituato a riconoscere la balla dalla verità, dopo trent'anni che faceva quel mestiere, e mandava avanti una baracca lurida dalla quale passava la peggior specie di criminali. Figurarsi se si beveva una cazzata simile.

Ma in fondo, pensò, se stai in mezzo al nulla chi si cura di te?

Forse per abitudine, forse perché alla fine della fiera non gliene sbatteva granché nemmeno a lui, il padrone della bettola si appuntò quello che il giovane gli aveva detto, estrasse un mazzo di chiavi da una tasca del grembiule, e si spostò verso un'altra zona dello stabile.
Mentre camminavano, Fuuko osservò schifato il pezzo di stoffa lercio che Tsuda portava sopra i vestiti: doveva aver sicuramente visto tempi migliori, e magari qualche passata di detersivo.
Interruppe i suoi pensieri quando l'uomo aprì la porta della stanzetta a lui designata, spingendo di malgarbo il legno con la mano grassoccia. L'uscio girò a fatica sui cardini arrugginiti, cigolando così forte che sembrava stesse piangendo.

-Ecco.-

-Grazie.- mosse un po' all'interno dell'ambiente. Le lunghe gambe gli permettevano falcate di notevole ampiezza, e con un paio di queste aveva già percorso l'intero spazio della camera. Dire "striminzita" era un eufemismo.

-La cena è alle sette, le luci si spengono alle undici e mezza, e se vuoi del divertimento basta chiamare me.- sciorinò Tsuda strascicando la voce come se avesse avuto da compiere uno sforzo immane.

Fuuko rise sguaiatamente. "Divertimento". Che stronzo. Lo congedò con un gesto della mano e gli piantò davanti un sacchetto di soldi.

-Questi dovrebbero bastare.- disse con un tono sbrigativo che lo invitava chiaramente a togliersi dalle palle.

L'uomo lo afferrò con una mano unticcia e lo ficcò in fretta in tasca, voltandosi e togliendo il disturbo senza dire nulla.
Fuuko si sedette sul letto: almeno il materasso era abbordabile. Si costrinse a non pensare su chi o cosa avesse dormito (o fatto altro) tra quelle lenzuola, per evitarsi un sicuro rivoltamento di stomaco, tolse la palandrana color cammello e vi si sdraiò sopra.

Gli dava fastidio ammetterlo, ma era stanco morto. Il viaggio era durato parecchi giorni, che in mezzo al deserto erano sembrati mesi. Puzzava, oh si, e aveva probabilmente venti chili di polvere addosso. Sollevò una ciocca di capelli neri per osservarla: per colpa della sabbia aveva assunto una tonalità vicina al castano.
Sbuffando, si alzò dal letto, levò a fatica i vestiti, e andò a farsi una doccia. L'occhio gli cadde sulle piastrelle: i residui di calcare avevano creato una patina dura come cemento, per non parlare della ruggine che...

-Bleah...- chiuse gli occhi e girò la manopola a tentoni. Meglio non guardare.

Il getto d'acqua fresca gli fece correre un brivido piacevole lungo la schiena. Ah, che meraviglia.
Non seppe di preciso quanto tempo fosse rimasto sotto la doccia, ma quando uscì si sentiva bene da morire, rilassato, pulito (e non è poco). Aprì la sacca da viaggio e ne estrasse un asciugamano, col quale si frizionò i capelli. Poi infilò un paio di boxer e di pantaloni puliti, calzò gli immancabili scarponi, fece un fagotto con gli abiti che aveva usato durante il viaggio e andò alla lavanderia comune.
Mentre appoggiava l'agglomerato di vestiti su un tavolino, osservò alcuni degli altri clienti dell'albergo, anche loro intenti a lavare i panni.
Ridacchiò alla vista di un uomo piuttosto nerboruto tutto preso a sfregare una camicia, al centro della quale troneggiava una vistosa macchia giallognola.

"Residui di sbornia..." pensò. Poi vide che aveva un'altra maglia ammollo, schizzata di rosso.

"...e di rissa." concluse scuotendo il capo.

Si avvicinò ad una vasca, vi immerse i propri indumenti e diede loro una prima sciacquata. Poi con una voluminosa saponetta iniziò a pulirli per bene.
Stava per appenderli ad asciugare quando fu riportato all'ordine da un brontolio minaccioso del proprio stomaco. Gettò un'occhiata all'orologio appeso alla parete: grazie al cielo mancavano cinque minuti alla cena.

Entrato nella sala da pranzo, che fungeva anche da semplice bar, occupò il tavolino più piccolo e più decentrato. Attirava già abbastanza l'attenzione senza far nulla, figuriamoci andarsela a cercare.
A poco a poco la stanza si riempì di gente, alcuni dei quali, in gruppo, si dimostravano già boriosi e rumorosi, perfino da sobri.

-Povero Tsuda...- commentò sottovoce Fuuko -...per forza si è ridotto così, a vedere ogni santo giorno della gente simile.-

Per un attimo nei suoi pensieri si focalizzò lo scopo di quel viaggio. Il compito a cui doveva adempiere... ormai era così vicino...

-Stasera.- sussurrò.

-Stasera.- ripeté più forte, per fissarlo bene in testa.

Dopo aver ingurgitato di malavoglia anche l'ultimo pezzo di bistecca, si pulì la bocca col tovagliolo (incredibile che ci fossero), scostò la sedia e fece per andarsene, quando qualcuno lo fermò afferrandolo per un braccio.

-Ehi, bambolina! Che ci fai tutta sola in un posto simile, eh?-

Il naso di Fuuko fu pervaso da un odore di alcool insostenibile. Sicuramente quello che gli aveva stretto la mano attorno al polso era ubriaco fradicio. Poco male.

-Che cazzo vuoi?- sibilò.

-Oh no.- riprese l'altro, simulando un tono dispiaciuto. -Le belle ragazze non dovrebbero parlare in maniera così poco delicata!- aggiunse, girandosi verso i compari seduti allo stesso tavolo, che risero all'unisono come una mandria di pecoroni.

Fuuko stava decisamente perdendo la pazienza. Non voleva causare guai, ma era meglio mettere le cose in chiaro.

-Te lo ripeterò una volta sola.- ringhiò rivolgendosi all'uomo.

Si voltò, liberandosi con facilità dalla presa e afferrando per il collo taurino l'energumeno che gli aveva fatto saltare i nervi. Strinse le lunghe dita affusolate così tanto che era sicuro di avervi lasciato l'impronta, e lo sollevò dalla sedia portandolo a livello del suo volto.

-Non farmi perdere le staffe. O per te sono guai.- scandì ogni parola col veleno. Lo fissò negli occhi.

Senza averne realmente l'intenzione, aveva assunto uno dei suoi sguardi più freddi e terribili. Tutta la tavolata si era zittita e lo fissava sconcertata.

-Mi hai capito?- aumentò la presa sul collo dell'altro, che boccheggiava, nel tentativo di prendere aria.

Avrebbe dovuto fermarsi. Doveva controllarsi.
Difficile.
Sentiva il sangue affluirgli velocemente al cervello, imporporargli le gote.

-Hai capito quello che ti ho detto??- urlò.

Ormai nella sala aleggiava un silenzio sinistro, e tutti gli occhi erano puntati su di lui.
Sentiva il cuore pulsargli nelle orecchie.

-...ko...-

Che rumore...

-...ko!-

Ancora.

-...Fuuko!!-

Una voce lo riportò alla realtà. Girò la testa di lato e guardò in basso. Tsuda lo fissava con il panico negli occhietti acquosi, spalancati e vitrei.

-Fuuko Hatori, mettilo giù. Non... Non voglio grane in questo posto!! Altrimenti prendi la tua roba e te ne vai!-

Doveva aver raccolto tutto il suo coraggio per parlargli a quel modo.
Fuuko si sentiva spaesato. Mollò la presa sull'uomo che stava suo malgrado strangolando, che cadde con un tonfo sordo sulla sedia.
Lo guardò.
Si aggrappava al tavolo massiccio con un braccio, annaspando alla ricerca di ossigeno, e recuperando pian piano un respiro regolare.
Sul collo spiccavano dei lividi violacei, laddove le dita del ragazzo avevano esercitato la loro pressione.

-Q-quello è pazzo...- bisbigliò con voce rotta qualcuno in un punto imprecisato alla sua destra.

Avrebbe voluto essere inghiottito dal pavimento. Era mortificato.

-Mi dispiace.- balbettò.

Il silenzio era pressante. Lo soffocava.

-Mi dispiace davvero.-

Raggiunse la propria camera senza riflettere, muovendosi come un automa. Si sedette sul letto e appoggiò il capo sui palmi delle mani. Non avrebbe davvero voluto reagire così, ma odiava, detestava con tutto se stesso quando facevano battute sul suo volto. Non ragionava più. Anche se dopo si sentiva da schifo.
L'unica cosa che poteva distrarlo, in quel momento...

-Tsuda.-

L'uomo stava lavando alcune vettovaglie, e pareva che non l'avesse sentito. Gli picchiò gentilmente sulla spalla, e questo si voltò.

-Che vuoi? Sei venuto a dirmi che alla fine l'hai ammazzato?-

-No. E scusa ancora.-

L'altro agitò sbrigativo la mano.

-Lascia stare, lascia stare...- posò sul bancone il bicchiere ancora umido e il canovaccio che stava usando per asciugarlo.

-Allora, cosa ti serve?-

Fuuko sussultò un poco. Tsuda lo stava guardando dritto in faccia, ma la sua espressione non era cambiata per nulla. Forse era l'unico a reagire così.

-Presentami le tue ragazze.- disse.

L'oste annuì, afferrando il famoso mazzo di chiavi.

-Vai nella tua stanza, te le porto là.-

Dieci minuti dopo, il giovane sentì bussare alla porta.

-Avanti.-

Circa dieci o undici bellissime ragazze entrarono nella stanza con passi leggeri e aggraziati, e si disposero in fila davanti a lui. Le osservò con cura: avevano acconciature elaborate, indossavano kimono molto raffinati e colorati, ma aggiustati sul corpo in modo da lasciare scoperte le gambe e una generosa porzione di scollatura. Sul volto di alcune, notò, il trucco era un po' troppo pesante.
Le guardò ad una ad una, mentre Tsuda ne presentava il nome, e loro facevano un breve inchino. Via via che l'uomo parlava, si sentiva sempre più imbarazzato, e avvertiva una strana sensazione, sicuro che qualcosa non andasse.

Il presentimento si fece più forte quando arrivarono all'ultima, una certa Yui o qualcosa di simile.

-E... Poi?- chiese il ragazzo.

-"Poi" cosa?- incalzò irritato l'altro.

-Sei sicuro di avermele mostrate tutte, vecchio?- grugnì Fuuko.

L'altro fu chiaramente preso in contropiede, ed esitò prima di rispondere.

-Che altro dovrebbe esserci, me lo spieghi?- si era messo sulla difensiva.

-Ho sentito... Che non hai solo queste ragazze, vero Tsuda? Perché non mi mostri anche l'ultima?-

Sbuffò.

-Entra.- si rivolse sgarbatamente a qualcuno che stava in corridoio.

Cercando un po' di spazio in quello sgabuzzino che era la camera, si fece avanti una figurina esile e bassa, a capo chino, ondeggiando i lunghi capelli bianco latte.

-Voglio lei.- disse Fuuko, soddisfatto.

Se qualcuno gli avesse chiesto di prendere a testate un muro, forse Tsuda avrebbe avuto un'espressione migliore.

-Lei costa il doppio.- ringhiò rabbioso.

-Posso darti anche il triplo.- disse il ragazzo.

-Lei è particolare.-

-E allora?-

-Lei...- esitò. Non sapeva più che dire per farlo desistere. Era chiaro come il sole che non gliela voleva lasciare.

-Vecchio, la tratto bene, non ti preoccupare.-

-Ma lei...-

Fuuko gli fece segno di avvicinarsi, e gli bisbigliò qualcosa all'orecchio, scostando di poco il cappuccio che aveva indossato per tutto il tempo. Intanto tra le giovani donne in piedi, era iniziata una battaglia a colpi di sussurri. Dai loro sguardi, tutti erano chiaramente pettegolezzi, rabbiosi e infastiditi, che alludevano alla scelta del "nuovo arrivato", caduta sulla piccola ragazza dai capelli bianchi invece che su una di loro.

Mentre i due parlottavano, Tsuda si lasciò scappare un gridolino di sorpresa, e dopo di questo si ammutolì. Irrigidito, si voltò a guardare le donne, con un'espressione a dir poco allibita stampata in volto.

-Andate.- disse con un filo di voce.

-Come?- chiese una, scrollando stizzita i fulvi ricci ornati di orchidee.

-Ho detto andate.- poi guardò la più piccola. -Tu resti.-

-Muovetevi!- abbaiò, vedendole esitanti.

Queste si decisero ad uscire, starnazzando come oche. Sguardi malevoli aggredirono la ragazzina che, nervosa, non doveva muoversi di lì. Probabilmente, pensò lei, dopo quel giorno sarebbe stata trattata ancora peggio.
Come se non fosse già abbastanza penalizzata.
Per ultimo, uscì anche il vecchio oste, chiudendosi la porta alle spalle, con un altro sacchetto di monete a tintinnare in tasca.

Il silenzio più totale calò nella stanza.

-Vieni avanti.-

L'ordine del ragazzo spaccò il silenzio come uno sparo. Lei mosse qualche passo, torturando con le piccole mani un lembo della veste. Si fermò a pochi centimetri dalle ginocchia del giovane, seduto sul materasso. Era davvero minuscola, poco più alta di lui seduto.

-Il mio nome è Fuuko.-

-I-io...- iniziò lei, titubante. -Io sono Chiu.-

-E' un bel nome.-

Guardò il suo viso. Le iridi rosa erano lucide, gli occhi colmi di lacrime.

-Hai paura?- le chiese.

Lei annuì, incapace di parlare per il nodo che aveva in gola.

-E' la prima volta che qualcuno ti sceglie tra le altre?-

-Si...- riuscì a rispondere. -D-di solito tutti, appena sentivano il prezzo d-doppio, prendevano un'altra ragazza, e così, io...-

-Non devi avere paura, io non voglio farti del male.- abbassò il cappuccio e tolse il mantello, gettandolo da una parte.

Chiu perse un battito. Era un essere umano, quello che le si trovava davanti? Tracciò con lo sguardo il profilo di quel volto. I lunghi capelli neri scendevano lisci e fluenti ad incorniciarne l'ovale, dai lineamenti dolci e femminei, nel quale troneggiavano due grandi occhi, neri come la china. Il naso leggermente lungo, ma stretto e un po' a punta, e una bocca dalla forma a cuore e dalle labbra morbide e colorite, lo rendevano simile ad una donna.

Veloce com'era arrivato, lo stupore sparì, sovrastato dalla consapevolezza che era comunque un uomo, e come tale voleva solo una cosa da lei.

-Ehi, ma stai tremando...?-

Chiu non lo udì neanche. Stringendo gli occhi e cercando di non pensare a ciò che stava facendo, sciolse la cintura dalla propria vita, prese i lembi di veste che le coprivano le spalle, li sollevò ed iniziò a spogliarsi.

Sentiva la stoffa scivolarle inesorabilmente via di dosso, quando due mani la fermarono. Aprì gli occhi, interdetta e sorpresa.

Fuuku si era alzato in piedi, e le sue iridi nere la fissavano sconcertate.

-Che stai facendo?- le chiese con un tono di voce simile a quello di un bambino.

-B-beh, io pensavo che...-

-Ti ho mai chiesto di fare una cosa simile?- incalzò.

Chiu non capiva. Lo guardò meglio: era rosso in faccia.

-Che diamine, così mi imbarazzi!! Vestiti!!-

-Ma...- cercò di chiedere, venendo prontamente interrotta.

-Vestiti, accidenti!!-

Il ragazzo le piantò in mano la cintura rossa, che avvolse intorno alla tunica azzurrognola, rimessa a posto.

-Non voglio nulla di tutto questo da te. Siediti.- le disse, facendole spazio sul materasso.

Chiu si accomodò, con mille domande che le frullavano in testa. Fuuku le prese con due dita un orecchio.

-Cos...?!-

-Sono davvero a punta... Eh?-

Lei non rispose. Ma che voleva questo?

-Raccontami la tua storia, Chiu, Figlia di Demoni.-
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Fine primo capitolo.

Però, lungo! Credo che al momento non si capisca un accidenti della storia. Comunque si, Chiu ha i capelli bianchi, gli occhi rosa e le orecchie a punta. u.u è una figlia di... demoni!! Ok, meglio postare il prossimo capitolo in fretta...

Ditemi che ne pensate!! ^^

R.d.B.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Chiedo scusa per il ritardo...
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-Che cosa?-

-Hai capito.-

Chiu arretrò istintivamente, urtando la parete alle proprie spalle. Si sentiva profondamente a disagio.
Cosa voleva quello? La sua storia? Ma che razza di domanda era?
Gli venne in mente per un attimo Tsuda.
Quel posto non le era mai piaciuto, nonostante avesse vissuto lì da quando aveva cinque anni. Le altre ragazze la odiavano perché era, in un certo qual modo, "intoccabile". Il vecchio trovava sempre qualche scusa per non lasciarla ai clienti, ed era così che aveva mantenuto la sua purezza fino all'età di 21 anni, mentre le altre donne che per un motivo o per l'altro si ritrovavano costrette a rimanere in quel buco dovevano anche subirsi ubriaconi, delinquenti, criminali d'ogni specie.
Ogni volta che il capo non c'era, piccole vendette si riversavano su di lei, dettate da odio e invidia: un giorno, all'età di circa quattordici anni, si era svegliata con una strana sensazione di freddo sul collo. Guardatasi allo specchio, aveva notato con orrore lo scempio compiuto sui suoi capelli, ridotti ad un ammasso informe di ciocche tagliate grossolanamente. Un'altra volta i suoi vestiti erano "stranamente" spariti, un'altra ancora aveva trovato il suo libro preferito ridotto ad un mucchietto di cenere, e avrebbe potuto continuare per ore con la lista. Perciò aveva sviluppato un particolare senso di diffidenza nei confronti di chiunque, compreso quell'uomo che si trovava di fronte a lei e la subissava di domande.

-S-senti, forse sono stato troppo precipitoso, ma per me è importante: per favore, potresti raccontarmi come sei arrivata fin qui?-

Chiu respirò lentamente, pensando che in fondo non le costava nulla dirglielo.

-Vivo qui da sedici anni. Ma perché lo vuoi sapere?-

Lui le abbozzò un sorriso, arma sottile: una corona di denti bianchissimi che catturano la luce, labbra rosee e carnose che si stirano, viso che assume vivacità.
Chiu si rilassò.
Fuuko sapeva come comportarsi. A volte provava disgusto per sé stesso, dalla propria capacità di mostrare la faccia di sé che più gli accomodava, dalla straordinaria naturalezza con cui riusciva ad imbastire un discorso dalle fondamenta di puro, denso, fumo. Ma aveva uno scopo, una vera e propria missione da portare a termine.
Non era di certo il momento per lasciarsi andare alle smancerie e ai rimorsi di coscienza.

-Sono uno studioso, Chiu. Mi occupo dei demoni...-

Lasciò la frase a metà, per catturare le reazioni della ragazza. Come previsto, lei si irrigidì, pur se impercettibilmente. Non si lasciò scappare il leggero tendersi del nervo sinistro del collo sottile, gettando una minuscola ombra sulla pelle lattea. La mandibola indurì i lineamenti, la fronte si aggrottò lievemente.

-Sei uno studioso di demoni?- anche il suo tono di voce era più marcato e basso, quasi sprezzante.

-Si.-

-Perché sei per caso convinto... Che siamo degli animali? Bestie selvatiche? Fiere?- le vibrazioni rabbiose erano perfino palpabili.

Resistendo alla voglia di prendersi a pugni, Fuuko continuò la sua spiegazione, dal retrogusto amaro.

-Aspetta, non trarre conclusioni affrettate. Non ho detto che viviseziono i demoni, né tantomeno sto in appostamento ad osservare il loro comportamento alla stregua di... orsi, o cervi, o chissà cos'altro! Intendevo studioso dal punto di vista sociale e storico.-

Notò che la giovane, suo malgrado, aveva abbassato lo sguardo, pensierosa.

-Come sai, i rapporti tra umani e demoni... Non sono mai stati tra i più tranquilli, e sono convinto che informarsi reciprocamente su cultura, tradizioni e storia sia un ottimo modo per iniziare... a costruire qualcosa, che dici?-

Fuuko si sarebbe aspettato un commento sarcastico del tipo "Parli come un politico" oppure "Le belle parole le sanno dire tutti, bisogna vedere i fatti", ma Chiu, per quanta gente strana e poco raccomandabile avesse visto, non aveva di certo una panoramica sulla società, sui modi di comportarsi, sulle strategie di persuasione, a causa di quel pseudo-isolamento in cui era costretta da anni.

-Ma se vuoi approfondire questo aspetto dovresti recarti piuttosto in un villaggio, non credi? Qui ci sono solo io! Davvero, ti converrebbe essere più convincente, non sono cretina.-

I suoi occhi avevano perso la sfumatura limpida che avevano all'inizio, diventando più cupi e vicino al cremisi.
Il moro sentì una fitta al petto.
Non avrebbe mai voluto dover ricorrere a quello, se l'era conservato come ultima carta. Aveva pensato -sperato- che quella minuta demone tutta orecchie e capelli fosse stata un po' più credulona, invece si era rivelata attenta e brillante.

-Leggi molto?-

-Si. Ma questo cosa c'entra?-

-Nulla, curiosità personale.-

Sorrise internamente: il fatto che fosse interessata alla cultura e che le piacesse leggere non gli dispiaceva poi tanto. Anzi, era quasi soddisfatto. Staccandosi dalle riflessioni personali, si disse che era ora di sovvertire quello sguardo sospettoso e quel broncio che Chiu gli stava rivolgendo senza riserve.
Estrasse dalla tasca posteriore dei pantaloni un libretto avvolto da un involucro plastificato, e glielo porse.
Come da previsione, gli occhioni rosa scuro della ragazza si spalancarono per lo stupore.

-Un pass verde?!-

-Proprio così. Aprilo.-

Lei lo guardò con due occhi talmente enormi da catalizzare ogni sguardo su di loro.

-Posso?-

-Certo. Volevi una prova no? Eccola.-

Per transitare da una provincia all'altra, e meglio ancora, da uno stato all'altro, c'era una regola fondamentale: era obbligatorio possedere un permesso di passaggio, comunemente noto come "pass".  Ovviamente bisognava avere valide ragioni per spostarsi da un luogo all'altro, che potevano andare dal lavoro, alla visita a parenti, al semplice viaggio di piacere. Ogni impiego e ogni motivazione comportava varie restrizioni e richiedeva particolari requisiti. Chi non rispettava questa legge si guadagnava immediatamente un periodo di reclusione. I pass erano per quanto detto prima di vari generi, che si distinguevano tra loro per colore, che indicavano ognuno un settore diverso.
In particolare, i pass verdi concernevano professioni culturali e scientifiche ad alto livello, ed erano per questo motivo piuttosto rari.

-Forte, guarda quanta roba c'è scritto!-

Un pass verde permetteva inoltre di sostare o attraversare parecchie zone senza dover fornire una motivazione precisa, tranne il luogo di partenza e la destinazione finale, permettendo al viaggiatore di scegliere il percorso preferito.

-E' proprio carino!!-

I pass erano manifatture parecchio elaborate, e per questo difficili da riprodurre. Un falso era riconoscibile, e i tentativi di frode venivano scoperti con estrema facilità. Il governo si era perciò assicurato un'ottima immagine, e una buona reputazione nel campo della sicurezza.

-Chissà quanto devi aver studiato per avere un lavoro che ti permettesse addirittura un pass verde!-

Ma con la popolarità dei pass, era parimenti dilagato il contrabbando di questi. I falsari avevano iniziato ad adottare mezzi sofisticati in grado di riprodurre pass perfetti, mentre ai piani alti del governo, composto da palloni gonfiati che si erano adagiati sugli allori, nessuno si accorgeva di nulla, e l'intensità dei controlli era rimasta invariata da trent'anni e anche più.

-Già... Non sai quanto...- biascicò Fuuko desiderando di mordersi la lingua. -...Non sai quanto.-

Dopo aver scansionato ogni millimetro di quella filigrana color smeraldo, la piccola demone si rivolse al ragazzo, visibilmente rabbonita e dimentica della diffidenza.

-Allora, cosa volevi sapere poi?-

Un velo di tristezza gli oscurò il viso. Quanto avrebbe voluto non doverla prendere in giro a quel modo, ma se lei avesse saputo, tutto sarebbe andato a rotoli.

-I tuoi genitori, mi puoi parlare di loro?-

Lei chinò la testa, e iniziò a fissarsi le mani, che avevano ripreso a torturare la gonna.

-A dire il vero... Io non li conosco.-

-In che senso?-

-Cioè, non posso definirmi orfana, però... non saprei! Io non ho mai conosciuto i miei genitori... Il mio primo ricordo risale a quando avevo tre anni, più indietro è completamente vuoto. Si, direi che vuoto è la parola giusta. Ho vissuto con una coppia di giovani umani da quando avevo tre anni a quando ne avevo cinque... E poi...-

Si interruppe, lasciando in sospeso la frase e pronunciando le ultime parole con voce incrinata.

-Poi?- la incalzò Fuuko. Non avrebbe voluto fare pressioni, ma doveva sapere.

-Sono morti in un incendio.- sorrise e abbassò le palpebre, inspirando ed espirando forte. -E da quel momento io vivo qui.-

-Tutto qui? Ma i tuoi genitori sono morti, per questo vivevi con degli umani?-

-Non so proprio, ti dico. Non so che fine abbiano fatto, neppure come si chiamavano! Ogni volta che lo chiedevo alla mamma... Cioè, la mia mamma umana, lei diceva che me l'avrebbe spiegato quando sarei stata più grande, e Tsuda... Beh, dovresti avere capito che tipo è.-

-Oh si, so molto bene che tipo è...- sussurrò tra sé Fuuko.

-Come hai detto?- chiese.

-No, niente.- le sorrise amareggiato.

-Quindi tu non sai nulla? Proprio nulla?-

-No, davvero... mi dispiace così tanto... Avrei voluto aiutarti, ma non ho nessuna informazione interessante!-

Invece era meglio così. Lei non poteva neppure immaginarlo, ma per Fuuko era molto più comodo che lei fosse all'oscuro di tutto, così le sue spiegazioni, una volta giunto il momento, sarebbero potute partire da zero. Sempre che non si fosse tradito prima.

-Non ti preoccupare, mi hai già aiutato.-

Chiu lo osservò perplessa.

-Ma non ti ho detto nulla.-

-Invece no, mi è servito.-

-Bah, se lo dici tu...- si mise a guardarsi i piedi.

Dopo un attimo di silenzio, Fuuko tornò a parlare.

-Ora puoi andare. Grazie.-

Chiu, probabilmente assorta nei suoi pensieri, non aveva capito, e gli chiese di ripetere.

-No, nulla, ho finito.- sorrise di nuovo. -Ora puoi tornare nella tua stanza, Chiu.-

La ragazza assunse inconsciamente un'espressione di evidente disappunto. Appena quel ragazzo aveva scelto lei tra tutte le altre, aveva provato una grande paura, ma in quel momento, la prospettiva di ritornare alla stancante routine di tutti i giorni la faceva sentire molto peggio.

-Si. Grazie.- si alzò senza guardarlo in volto, dirigendosi verso la porta.

Ogni passo che avanzava le sembrava durasse un'eternità. Tutti i sensi erano acuiti, pronti a captare un qualsiasi richiamo, che non arrivò. Sentiva la gola secca. Posò una mano sulla maniglia, stringendola forte. La abbassò.

-Ah, Chiu.-

Si immobilizzò sgranando gli occhi. Non era possibile. Davvero... poteva ancora sperare. Un altro secondo lì avrebbe costituito un ricordo che avrebbe alleviato le sofferenze di un intero giorno. Un intero giorno di quella sua inutile vita.

-Si?- rispose con voce roca.

-Grazie ancora.-

"Grazie."
La parola le rimbombava nelle orecchie.
Quindi poteva andarsene.
Qualcosa all'interno del suo corpo si spezzò.
Qualcosa dalle parti dello sterno.
Uscì in fretta chiudendosi la porta alle spalle senza voltarsi né rispondere, corse nella propria stanza, incapace anche di piangere. Quelle quattro mura la soffocavano. Eppure non se ne poteva andare. Non poteva.

Fuuko rimase a fissare la porta, sentendosi svuotato.

-Quindi la prima parte è fatta.- si disse. -Bene, ora posso anche dormire.-

Ma contrariamente a quanto avrebbe voluto, scivolò in un sonno agitato.

Il giorno dopo, Chiu si svegliò con addosso un indicibile malumore. Era maldisposta verso se stessa, figuriamoci con il resto del mondo. Quando Keimi andò a svegliarla, sempre con il suo tono dolce e per niente sprezzante, si trovò davanti una figurina irosa che le riservò un'occhiataccia da far gelare il sangue.

Fuuko si svegliò che aveva più sonno di prima. Rincoglionito come se lo avessero centrifugato, si infilò sotto la doccia, rischiando di addormentarsi sotto il getto d'acqua e di spaccarsi la testa contro il muro. Un po' ristorato, infilò un paio di pantaloni di un sobrio color rosso fiamma e uscì in corridoio. Non si accorse di avere Chiu a pochi passi, che andava nella direzione a lui opposta, fino a che questa non lo superò urtandogli un braccio.
Improvvisamente vigile, si voltò a guardarla.

Cazzo. L'aveva preso male, l'addio brusco della sera prima. Era ora di passare al piano B.

-Chiu!-

Non lo ascoltò.
Grazie a un paio di ampie falcate, la raggiunse in velocità, afferrandola per un braccio e attirandola a sé.
Sorpresa, lei si dimenticò di assumere un'espressione arrabbiata.

-Vieni con me.-

-Cosa?-

Ok, era leggermente drastico come approccio, ma era la sua ultima possibilità.

-Vieni con me. La mia destinazione è un villaggio di montagna, lontano da qui...partirò tra un paio di giorni.-

Almeno questa era la verità. Parziale, ma verità.

-E perché vuoi portarmi con te?-

-Sei un demone. Ti prego. Sarà utile ad entrambi.-

Ma per uno strano meccanismo del suo subconscio, a Chiu quegli occhi neri che la fissavano sembravano troppo falsi, la voce vellutata troppo incerta, e quella stretta sul braccio troppo forte.
Con uno strattone, si liberò.

-Con te io non vado da nessuna parte.- sbottò.

Girò sui tacchi e corse via.

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Spero vi sia piaciuto^^ se potrò, posterò il capitolo un po' più in fretta...lasciate un commentino! =)

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