La Figlia del Re di Roccia di Burro (/viewuser.php?uid=63439)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fuuko ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 1 *** Fuuko ***
Il sole picchiava
impietoso, sulla terra mista a sabbia arida. In appena un giorno la
temperatura era aumentata di tre gradi, e a causa
dell'umidità respirare era quasi impossibile. Se ci si
guardava intorno pareva di trovarsi in un miraggio, circondati da
volute di calore che le profonde crepe del terreno sputavano fuori.
L'unico vantaggio di
possedere un hotel, o qualcosa di simile, in mezzo ad un deserto, era
la sicurezza di non avere concorrenza in una zona di almeno seimila
ettari.
-Una stanza.-
tossicchiò con voce roca. Aveva la gola impastata.
-Singola?- l'uomo al
banco, il direttore, squadrò il nuovo arrivato con
diffidenza.
Il ramingo
ricambiò lo sguardo da sotto il cappuccio. Così
conciato era pressoché impossibile farsi riconoscere: niente
domande, niente spiegazioni...
-Si.-
-Nome?-
Si trattenne a stento
dal ridere, indugiando sulla pelata lucida di sudore della persona di
fronte a lui. Tsuda, vecchio idiota!
-Fuuko.- dai, questo
glielo si poteva concedere.
-Ragazzo, ho bisogno
di un cognome. Con chi credi di avere a che fa...-
-Hatori.-
sparò il giovane. Inventato di sana pianta in quel preciso
istante.
Tsuda gli
lanciò un'altra occhiata rancorosa. Era abituato a
riconoscere la balla dalla verità, dopo trent'anni che
faceva quel mestiere, e mandava avanti una baracca lurida dalla quale
passava la peggior specie di criminali. Figurarsi se si beveva una
cazzata simile.
Ma in fondo,
pensò, se stai in mezzo al nulla chi si cura di te?
Forse per abitudine,
forse perché alla fine della fiera non gliene sbatteva
granché nemmeno a lui, il padrone della bettola si
appuntò quello che il giovane gli aveva detto, estrasse un
mazzo di chiavi da una tasca del grembiule, e si spostò
verso un'altra zona dello stabile.
Mentre camminavano,
Fuuko osservò schifato il pezzo di stoffa lercio che Tsuda
portava sopra i vestiti: doveva aver sicuramente visto tempi migliori,
e magari qualche passata di detersivo.
Interruppe i suoi
pensieri quando l'uomo aprì la porta della stanzetta a lui
designata, spingendo di malgarbo il legno con la mano grassoccia.
L'uscio girò a fatica sui cardini arrugginiti, cigolando
così forte che sembrava stesse piangendo.
-Ecco.-
-Grazie.- mosse un po'
all'interno dell'ambiente. Le lunghe gambe gli permettevano falcate di
notevole ampiezza, e con un paio di queste aveva già
percorso l'intero spazio della camera. Dire "striminzita" era un
eufemismo.
-La cena è
alle sette, le luci si spengono alle undici e mezza, e se vuoi del
divertimento basta chiamare me.- sciorinò Tsuda strascicando
la voce come se avesse avuto da compiere uno sforzo immane.
Fuuko rise
sguaiatamente. "Divertimento". Che stronzo. Lo congedò con
un gesto della mano e gli piantò davanti un sacchetto di
soldi.
-Questi dovrebbero
bastare.- disse con un tono sbrigativo che lo invitava chiaramente a
togliersi dalle palle.
L'uomo lo
afferrò con una mano unticcia e lo ficcò in
fretta in tasca, voltandosi e togliendo il disturbo senza dire nulla.
Fuuko si sedette sul
letto: almeno il materasso era abbordabile. Si costrinse a non pensare
su chi o cosa avesse dormito (o fatto altro) tra quelle lenzuola, per
evitarsi un sicuro rivoltamento di stomaco, tolse la palandrana color
cammello e vi si sdraiò sopra.
Gli dava fastidio
ammetterlo, ma era stanco morto. Il viaggio era durato parecchi giorni,
che in mezzo al deserto erano sembrati mesi. Puzzava, oh si, e aveva
probabilmente venti chili di polvere addosso. Sollevò una
ciocca di capelli neri per osservarla: per colpa della sabbia aveva
assunto una tonalità vicina al castano.
Sbuffando, si
alzò dal letto, levò a fatica i vestiti, e
andò a farsi una doccia. L'occhio gli cadde sulle
piastrelle: i residui di calcare avevano creato una patina dura come
cemento, per non parlare della ruggine che...
-Bleah...- chiuse gli
occhi e girò la manopola a tentoni. Meglio non guardare.
Il getto d'acqua
fresca gli fece correre un brivido piacevole lungo la schiena. Ah, che
meraviglia.
Non seppe di preciso
quanto tempo fosse rimasto sotto la doccia, ma quando uscì
si sentiva bene da morire, rilassato, pulito (e non è poco).
Aprì la sacca da viaggio e ne estrasse un asciugamano, col
quale si frizionò i capelli. Poi infilò un paio
di boxer e di pantaloni puliti, calzò gli immancabili
scarponi, fece un fagotto con gli abiti che aveva usato durante il
viaggio e andò alla lavanderia comune.
Mentre appoggiava
l'agglomerato di vestiti su un tavolino, osservò alcuni
degli altri clienti dell'albergo, anche loro intenti a lavare i panni.
Ridacchiò
alla vista di un uomo piuttosto nerboruto tutto preso a sfregare una
camicia, al centro della quale troneggiava una vistosa macchia
giallognola.
"Residui di
sbornia..." pensò. Poi vide che aveva un'altra maglia
ammollo, schizzata di rosso.
"...e di rissa."
concluse scuotendo il capo.
Si avvicinò
ad una vasca, vi immerse i propri indumenti e diede loro una prima
sciacquata. Poi con una voluminosa saponetta iniziò a
pulirli per bene.
Stava per appenderli
ad asciugare quando fu riportato all'ordine da un brontolio minaccioso
del proprio stomaco. Gettò un'occhiata all'orologio appeso
alla parete: grazie al cielo mancavano cinque minuti alla cena.
Entrato nella sala da
pranzo, che fungeva anche da semplice bar, occupò il
tavolino più piccolo e più decentrato. Attirava
già abbastanza l'attenzione senza far nulla, figuriamoci
andarsela a cercare.
A poco a poco la
stanza si riempì di gente, alcuni dei quali, in gruppo, si
dimostravano già boriosi e rumorosi, perfino da sobri.
-Povero Tsuda...-
commentò sottovoce Fuuko -...per forza si è
ridotto così, a vedere ogni santo giorno della gente simile.-
Per un attimo nei suoi
pensieri si focalizzò lo scopo di quel viaggio. Il compito a
cui doveva adempiere... ormai era così vicino...
-Stasera.-
sussurrò.
-Stasera.-
ripeté più forte, per fissarlo bene in testa.
Dopo aver ingurgitato
di malavoglia anche l'ultimo pezzo di bistecca, si pulì la
bocca col tovagliolo (incredibile che ci fossero), scostò la
sedia e fece per andarsene, quando qualcuno lo fermò
afferrandolo per un braccio.
-Ehi, bambolina! Che
ci fai tutta sola in un posto simile, eh?-
Il naso di Fuuko fu
pervaso da un odore di alcool insostenibile. Sicuramente quello che gli
aveva stretto la mano attorno al polso era ubriaco fradicio. Poco male.
-Che cazzo vuoi?-
sibilò.
-Oh no.- riprese
l'altro, simulando un tono dispiaciuto. -Le belle ragazze non
dovrebbero parlare in maniera così poco delicata!- aggiunse,
girandosi verso i compari seduti allo stesso tavolo, che risero
all'unisono come una mandria di pecoroni.
Fuuko stava
decisamente perdendo la pazienza. Non voleva causare guai, ma era
meglio mettere le cose in chiaro.
-Te lo
ripeterò una volta sola.- ringhiò rivolgendosi
all'uomo.
Si voltò,
liberandosi con facilità dalla presa e afferrando per il
collo taurino l'energumeno che gli aveva fatto saltare i nervi. Strinse
le lunghe dita affusolate così tanto che era sicuro di
avervi lasciato l'impronta, e lo sollevò dalla sedia
portandolo a livello del suo volto.
-Non farmi perdere le
staffe. O per te sono guai.- scandì ogni parola col veleno.
Lo fissò negli occhi.
Senza averne realmente
l'intenzione, aveva assunto uno dei suoi sguardi più freddi
e terribili. Tutta la tavolata si era zittita e lo fissava sconcertata.
-Mi hai capito?-
aumentò la presa sul collo dell'altro, che boccheggiava, nel
tentativo di prendere aria.
Avrebbe dovuto
fermarsi. Doveva controllarsi.
Difficile.
Sentiva il sangue
affluirgli velocemente al cervello, imporporargli le gote.
-Hai capito quello che
ti ho detto??- urlò.
Ormai nella sala
aleggiava un silenzio sinistro, e tutti gli occhi erano puntati su di
lui.
Sentiva il cuore
pulsargli nelle orecchie.
-...ko...-
Che rumore...
-...ko!-
Ancora.
-...Fuuko!!-
Una voce lo
riportò alla realtà. Girò la testa di
lato e guardò in basso. Tsuda lo fissava con il panico negli
occhietti acquosi, spalancati e vitrei.
-Fuuko Hatori, mettilo
giù. Non... Non voglio grane in questo posto!! Altrimenti
prendi la tua roba e te ne vai!-
Doveva aver raccolto
tutto il suo coraggio per parlargli a quel modo.
Fuuko si sentiva
spaesato. Mollò la presa sull'uomo che stava suo malgrado
strangolando, che cadde con un tonfo sordo sulla sedia.
Lo guardò.
Si aggrappava al
tavolo massiccio con un braccio, annaspando alla ricerca di ossigeno, e
recuperando pian piano un respiro regolare.
Sul collo spiccavano
dei lividi violacei, laddove le dita del ragazzo avevano esercitato la
loro pressione.
-Q-quello è
pazzo...- bisbigliò con voce rotta qualcuno in un punto
imprecisato alla sua destra.
Avrebbe voluto essere
inghiottito dal pavimento. Era mortificato.
-Mi dispiace.-
balbettò.
Il silenzio era
pressante. Lo soffocava.
-Mi dispiace davvero.-
Raggiunse la propria
camera senza riflettere, muovendosi come un automa. Si sedette sul
letto e appoggiò il capo sui palmi delle mani. Non avrebbe
davvero voluto reagire così, ma odiava, detestava con tutto
se stesso quando facevano battute sul suo volto. Non ragionava
più. Anche se dopo si sentiva da schifo.
L'unica cosa che
poteva distrarlo, in quel momento...
-Tsuda.-
L'uomo stava lavando
alcune vettovaglie, e pareva che non l'avesse sentito. Gli
picchiò gentilmente sulla spalla, e questo si
voltò.
-Che vuoi? Sei venuto
a dirmi che alla fine l'hai ammazzato?-
-No. E scusa ancora.-
L'altro
agitò sbrigativo la mano.
-Lascia stare, lascia
stare...- posò sul bancone il bicchiere ancora umido e il
canovaccio che stava usando per asciugarlo.
-Allora, cosa ti
serve?-
Fuuko
sussultò un poco. Tsuda lo stava guardando dritto in faccia,
ma la sua espressione non era cambiata per nulla. Forse era l'unico a
reagire così.
-Presentami le tue
ragazze.- disse.
L'oste
annuì, afferrando il famoso mazzo di chiavi.
-Vai nella tua stanza,
te le porto là.-
Dieci minuti dopo, il
giovane sentì bussare alla porta.
-Avanti.-
Circa dieci o undici
bellissime ragazze entrarono nella stanza con passi leggeri e
aggraziati, e si disposero in fila davanti a lui. Le osservò
con cura: avevano acconciature elaborate, indossavano kimono molto
raffinati e colorati, ma aggiustati sul corpo in modo da lasciare
scoperte le gambe e una generosa porzione di scollatura. Sul volto di
alcune, notò, il trucco era un po' troppo pesante.
Le guardò
ad una ad una, mentre Tsuda ne presentava il nome, e loro facevano un
breve inchino. Via via che l'uomo parlava, si sentiva sempre
più imbarazzato, e avvertiva una strana sensazione, sicuro
che qualcosa non andasse.
Il presentimento si
fece più forte quando arrivarono all'ultima, una certa Yui o
qualcosa di simile.
-E... Poi?- chiese il
ragazzo.
-"Poi" cosa?-
incalzò irritato l'altro.
-Sei sicuro di
avermele mostrate tutte, vecchio?- grugnì Fuuko.
L'altro fu chiaramente
preso in contropiede, ed esitò prima di rispondere.
-Che altro dovrebbe
esserci, me lo spieghi?- si era messo sulla difensiva.
-Ho sentito... Che non
hai solo queste ragazze, vero Tsuda? Perché non mi mostri
anche l'ultima?-
Sbuffò.
-Entra.- si rivolse
sgarbatamente a qualcuno che stava in corridoio.
Cercando un po' di
spazio in quello sgabuzzino che era la camera, si fece avanti una
figurina esile e bassa, a capo chino, ondeggiando i lunghi capelli
bianco latte.
-Voglio lei.- disse
Fuuko, soddisfatto.
Se qualcuno gli avesse
chiesto di prendere a testate un muro, forse Tsuda avrebbe avuto
un'espressione migliore.
-Lei costa il doppio.-
ringhiò rabbioso.
-Posso darti anche il
triplo.- disse il ragazzo.
-Lei è
particolare.-
-E allora?-
-Lei...-
esitò. Non sapeva più che dire per farlo
desistere. Era chiaro come il sole che non gliela voleva lasciare.
-Vecchio, la tratto
bene, non ti preoccupare.-
-Ma lei...-
Fuuko gli fece segno
di avvicinarsi, e gli bisbigliò qualcosa all'orecchio,
scostando di poco il cappuccio che aveva indossato per tutto il tempo.
Intanto tra le giovani donne in piedi, era iniziata una battaglia a
colpi di sussurri. Dai loro sguardi, tutti erano chiaramente
pettegolezzi, rabbiosi e infastiditi, che alludevano alla scelta del
"nuovo arrivato", caduta sulla piccola ragazza dai capelli bianchi
invece che su una di loro.
Mentre i due
parlottavano, Tsuda si lasciò scappare un gridolino di
sorpresa, e dopo di questo si ammutolì. Irrigidito, si
voltò a guardare le donne, con un'espressione a dir poco
allibita stampata in volto.
-Andate.- disse con un
filo di voce.
-Come?- chiese una,
scrollando stizzita i fulvi ricci ornati di orchidee.
-Ho detto andate.- poi
guardò la più piccola. -Tu resti.-
-Muovetevi!-
abbaiò, vedendole esitanti.
Queste si decisero ad
uscire, starnazzando come oche. Sguardi malevoli aggredirono la
ragazzina che, nervosa, non doveva muoversi di lì.
Probabilmente, pensò lei, dopo quel giorno sarebbe stata
trattata ancora peggio.
Come se non fosse
già abbastanza penalizzata.
Per ultimo,
uscì anche il vecchio oste, chiudendosi la porta alle
spalle, con un altro sacchetto di monete a tintinnare in tasca.
Il silenzio
più totale calò nella stanza.
-Vieni avanti.-
L'ordine del ragazzo
spaccò il silenzio come uno sparo. Lei mosse qualche passo,
torturando con le piccole mani un lembo della veste. Si
fermò a pochi centimetri dalle ginocchia del giovane, seduto
sul materasso. Era davvero minuscola, poco più alta di lui
seduto.
-Il mio nome
è Fuuko.-
-I-io...-
iniziò lei, titubante. -Io sono Chiu.-
-E' un bel nome.-
Guardò il
suo viso. Le iridi rosa erano lucide, gli occhi colmi di lacrime.
-Hai paura?- le chiese.
Lei annuì,
incapace di parlare per il nodo che aveva in gola.
-E' la prima volta che
qualcuno ti sceglie tra le altre?-
-Si...-
riuscì a rispondere. -D-di solito tutti, appena sentivano il
prezzo d-doppio, prendevano un'altra ragazza, e così, io...-
-Non devi avere paura,
io non voglio farti del male.- abbassò il cappuccio e tolse
il mantello, gettandolo da una parte.
Chiu perse un battito.
Era un essere umano, quello che le si trovava davanti?
Tracciò con lo sguardo il profilo di quel volto. I lunghi
capelli neri scendevano lisci e fluenti ad incorniciarne l'ovale, dai
lineamenti dolci e femminei, nel quale troneggiavano due grandi occhi,
neri come la china. Il naso leggermente lungo, ma stretto e un po' a
punta, e una bocca dalla forma a cuore e dalle labbra morbide e
colorite, lo rendevano simile ad una donna.
Veloce com'era
arrivato, lo stupore sparì, sovrastato dalla consapevolezza
che era comunque un uomo, e come tale voleva solo una cosa da lei.
-Ehi, ma stai
tremando...?-
Chiu non lo
udì neanche. Stringendo gli occhi e cercando di non pensare
a ciò che stava facendo, sciolse la cintura dalla propria
vita, prese i lembi di veste che le coprivano le spalle, li
sollevò ed iniziò a spogliarsi.
Sentiva la stoffa
scivolarle inesorabilmente via di dosso, quando due mani la fermarono.
Aprì gli occhi, interdetta e sorpresa.
Fuuku si era alzato in
piedi, e le sue iridi nere la fissavano sconcertate.
-Che stai facendo?- le
chiese con un tono di voce simile a quello di un bambino.
-B-beh, io pensavo
che...-
-Ti ho mai chiesto di
fare una cosa simile?- incalzò.
Chiu non capiva. Lo
guardò meglio: era rosso in faccia.
-Che diamine,
così mi imbarazzi!! Vestiti!!-
-Ma...-
cercò di chiedere, venendo prontamente interrotta.
-Vestiti, accidenti!!-
Il ragazzo le
piantò in mano la cintura rossa, che avvolse intorno alla
tunica azzurrognola, rimessa a posto.
-Non voglio nulla di
tutto questo da te. Siediti.- le disse, facendole spazio sul materasso.
Chiu si
accomodò, con mille domande che le frullavano in testa.
Fuuku le prese con due dita un orecchio.
-Cos...?!-
-Sono davvero a
punta... Eh?-
Lei non rispose. Ma
che voleva questo?
-Raccontami la tua
storia, Chiu, Figlia di Demoni.-
______________________________________________________________________________
Fine
primo capitolo.
Però,
lungo! Credo che al momento non si capisca un accidenti della storia.
Comunque si, Chiu ha i capelli bianchi, gli occhi rosa e le orecchie a
punta. u.u è una figlia di... demoni!! Ok, meglio postare il
prossimo capitolo in fretta...
Ditemi che ne
pensate!! ^^
R.d.B.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Chiedo scusa per il
ritardo...
______________________________________________________________________
-Che cosa?-
-Hai capito.-
Chiu
arretrò istintivamente, urtando la parete alle proprie
spalle. Si sentiva profondamente a disagio.
Cosa voleva quello? La
sua storia? Ma che razza di domanda era?
Gli venne in mente per
un attimo Tsuda.
Quel posto non le era
mai piaciuto, nonostante avesse vissuto lì da quando aveva
cinque anni. Le altre ragazze la odiavano perché era, in un
certo qual modo, "intoccabile". Il vecchio trovava sempre qualche scusa
per non lasciarla ai clienti, ed era così che aveva
mantenuto la sua purezza fino all'età di 21 anni, mentre le
altre donne che per un motivo o per l'altro si ritrovavano costrette a
rimanere in quel buco dovevano anche subirsi ubriaconi, delinquenti,
criminali d'ogni specie.
Ogni volta che il capo
non c'era, piccole vendette si riversavano su di lei, dettate da odio e
invidia: un giorno, all'età di circa quattordici anni, si
era svegliata con una strana sensazione di freddo sul collo. Guardatasi
allo specchio, aveva notato con orrore lo scempio compiuto sui suoi
capelli, ridotti ad un ammasso informe di ciocche tagliate
grossolanamente. Un'altra volta i suoi vestiti erano "stranamente"
spariti, un'altra ancora aveva trovato il suo libro preferito ridotto
ad un mucchietto di cenere, e avrebbe potuto continuare per ore con la
lista. Perciò aveva sviluppato un particolare senso di
diffidenza nei confronti di chiunque, compreso quell'uomo che si
trovava di fronte a lei e la subissava di domande.
-S-senti, forse sono
stato troppo precipitoso, ma per me è importante: per
favore, potresti raccontarmi come sei arrivata fin qui?-
Chiu
respirò lentamente, pensando che in fondo non le costava
nulla dirglielo.
-Vivo qui da sedici
anni. Ma perché lo vuoi sapere?-
Lui le
abbozzò un sorriso, arma sottile: una corona di denti
bianchissimi che catturano la luce, labbra rosee e carnose che si
stirano, viso che assume vivacità.
Chiu si
rilassò.
Fuuko sapeva come
comportarsi. A volte provava disgusto per sé stesso, dalla
propria capacità di mostrare la faccia di sé che
più gli accomodava, dalla straordinaria naturalezza con cui
riusciva ad imbastire un discorso dalle fondamenta di puro, denso,
fumo. Ma aveva uno scopo, una vera e propria missione da portare a
termine.
Non era di certo il
momento per lasciarsi andare alle smancerie e ai rimorsi di coscienza.
-Sono uno studioso,
Chiu. Mi occupo dei demoni...-
Lasciò la
frase a metà, per catturare le reazioni della ragazza. Come
previsto, lei si irrigidì, pur se impercettibilmente. Non si
lasciò scappare il leggero tendersi del nervo sinistro del
collo sottile, gettando una minuscola ombra sulla pelle lattea. La
mandibola indurì i lineamenti, la fronte si
aggrottò lievemente.
-Sei uno studioso di
demoni?- anche il suo tono di voce era più marcato e basso,
quasi sprezzante.
-Si.-
-Perché sei
per caso convinto... Che siamo degli animali? Bestie selvatiche?
Fiere?- le vibrazioni rabbiose erano perfino palpabili.
Resistendo alla voglia
di prendersi a pugni, Fuuko continuò la sua spiegazione, dal
retrogusto amaro.
-Aspetta, non trarre
conclusioni affrettate. Non ho detto che viviseziono i demoni,
né tantomeno sto in appostamento ad osservare il loro
comportamento alla stregua di... orsi, o cervi, o chissà
cos'altro! Intendevo studioso dal punto di vista sociale e storico.-
Notò che la
giovane, suo malgrado, aveva abbassato lo sguardo, pensierosa.
-Come sai, i rapporti
tra umani e demoni... Non sono mai stati tra i più
tranquilli, e sono convinto che informarsi reciprocamente su cultura,
tradizioni e storia sia un ottimo modo per iniziare... a costruire
qualcosa, che dici?-
Fuuko si sarebbe
aspettato un commento sarcastico del tipo "Parli come un politico"
oppure "Le belle parole le sanno dire tutti, bisogna vedere i fatti",
ma Chiu, per quanta gente strana e poco raccomandabile avesse visto,
non aveva di certo una panoramica sulla società, sui modi di
comportarsi, sulle strategie di persuasione, a causa di quel
pseudo-isolamento in cui era costretta da anni.
-Ma se vuoi
approfondire questo aspetto dovresti recarti piuttosto in un villaggio,
non credi? Qui ci sono solo io! Davvero, ti converrebbe essere
più convincente, non sono cretina.-
I suoi occhi avevano
perso la sfumatura limpida che avevano all'inizio, diventando
più cupi e vicino al cremisi.
Il moro
sentì una fitta al petto.
Non avrebbe mai voluto
dover ricorrere a quello, se l'era conservato come ultima carta. Aveva
pensato -sperato- che quella minuta demone tutta orecchie e capelli
fosse stata un po' più credulona, invece si era rivelata
attenta e brillante.
-Leggi molto?-
-Si. Ma questo cosa
c'entra?-
-Nulla,
curiosità personale.-
Sorrise internamente:
il fatto che fosse interessata alla cultura e che le piacesse leggere
non gli dispiaceva poi tanto. Anzi, era quasi soddisfatto. Staccandosi
dalle riflessioni personali, si disse che era ora di sovvertire quello
sguardo sospettoso e quel broncio che Chiu gli stava rivolgendo senza
riserve.
Estrasse dalla tasca
posteriore dei pantaloni un libretto avvolto da un involucro
plastificato, e glielo porse.
Come da previsione,
gli occhioni rosa scuro della ragazza si spalancarono per lo stupore.
-Un pass verde?!-
-Proprio
così. Aprilo.-
Lei lo
guardò con due occhi talmente enormi da catalizzare ogni
sguardo su di loro.
-Posso?-
-Certo. Volevi una
prova no? Eccola.-
Per transitare da una
provincia all'altra, e meglio ancora, da uno stato all'altro, c'era una
regola fondamentale: era obbligatorio possedere un permesso di
passaggio, comunemente noto come "pass". Ovviamente bisognava
avere valide ragioni per spostarsi da un luogo all'altro, che potevano
andare dal lavoro, alla visita a parenti, al semplice viaggio di
piacere. Ogni impiego e ogni motivazione comportava varie restrizioni e
richiedeva particolari requisiti. Chi non rispettava questa legge si
guadagnava immediatamente un periodo di reclusione. I pass erano per
quanto detto prima di vari generi, che si distinguevano tra loro per
colore, che indicavano ognuno un settore diverso.
In particolare, i pass
verdi concernevano professioni culturali e scientifiche ad alto
livello, ed erano per questo motivo piuttosto rari.
-Forte, guarda quanta
roba c'è scritto!-
Un pass verde
permetteva inoltre di sostare o attraversare parecchie zone senza dover
fornire una motivazione precisa, tranne il luogo di partenza e la
destinazione finale, permettendo al viaggiatore di scegliere il
percorso preferito.
-E' proprio carino!!-
I pass erano
manifatture parecchio elaborate, e per questo difficili da riprodurre.
Un falso era riconoscibile, e i tentativi di frode venivano scoperti
con estrema facilità. Il governo si era perciò
assicurato un'ottima immagine, e una buona reputazione nel campo della
sicurezza.
-Chissà
quanto devi aver studiato per avere un lavoro che ti permettesse
addirittura un pass verde!-
Ma con la
popolarità dei pass, era parimenti dilagato il contrabbando
di questi. I falsari avevano iniziato ad adottare mezzi sofisticati in
grado di riprodurre pass perfetti, mentre ai piani alti del governo,
composto da palloni gonfiati che si erano adagiati sugli allori,
nessuno si accorgeva di nulla, e l'intensità dei controlli
era rimasta invariata da trent'anni e anche più.
-Già... Non
sai quanto...- biascicò Fuuko desiderando di mordersi la
lingua. -...Non sai quanto.-
Dopo aver scansionato
ogni millimetro di quella filigrana color smeraldo, la piccola demone
si rivolse al ragazzo, visibilmente rabbonita e dimentica della
diffidenza.
-Allora, cosa volevi
sapere poi?-
Un velo di tristezza
gli oscurò il viso. Quanto avrebbe voluto non doverla
prendere in giro a quel modo, ma se lei avesse saputo, tutto sarebbe
andato a rotoli.
-I tuoi genitori, mi
puoi parlare di loro?-
Lei chinò
la testa, e iniziò a fissarsi le mani, che avevano ripreso a
torturare la gonna.
-A dire il vero... Io
non li conosco.-
-In che senso?-
-Cioè, non
posso definirmi orfana, però... non saprei! Io non ho mai
conosciuto i miei genitori... Il mio primo ricordo risale a quando
avevo tre anni, più indietro è completamente
vuoto. Si, direi che vuoto è la parola giusta. Ho vissuto
con una coppia di giovani umani da quando avevo tre anni a quando ne
avevo cinque... E poi...-
Si interruppe,
lasciando in sospeso la frase e pronunciando le ultime parole con voce
incrinata.
-Poi?- la
incalzò Fuuko. Non avrebbe voluto fare pressioni, ma doveva
sapere.
-Sono morti in un
incendio.- sorrise e abbassò le palpebre, inspirando ed
espirando forte. -E da quel momento io vivo qui.-
-Tutto qui? Ma i tuoi
genitori sono morti, per questo vivevi con degli umani?-
-Non so proprio, ti
dico. Non so che fine abbiano fatto, neppure come si chiamavano! Ogni
volta che lo chiedevo alla mamma... Cioè, la mia mamma
umana, lei diceva che me l'avrebbe spiegato quando sarei stata
più grande, e Tsuda... Beh, dovresti avere capito che tipo
è.-
-Oh si, so molto bene
che tipo è...- sussurrò tra sé Fuuko.
-Come hai detto?-
chiese.
-No, niente.- le
sorrise amareggiato.
-Quindi tu non sai
nulla? Proprio nulla?-
-No, davvero... mi
dispiace così tanto... Avrei voluto aiutarti, ma non ho
nessuna informazione interessante!-
Invece era meglio
così. Lei non poteva neppure immaginarlo, ma per Fuuko era
molto più comodo che lei fosse all'oscuro di tutto,
così le sue spiegazioni, una volta giunto il momento,
sarebbero potute partire da zero. Sempre che non si fosse tradito prima.
-Non ti preoccupare,
mi hai già aiutato.-
Chiu lo
osservò perplessa.
-Ma non ti ho detto
nulla.-
-Invece no, mi
è servito.-
-Bah, se lo dici
tu...- si mise a guardarsi i piedi.
Dopo un attimo di
silenzio, Fuuko tornò a parlare.
-Ora puoi andare.
Grazie.-
Chiu, probabilmente
assorta nei suoi pensieri, non aveva capito, e gli chiese di ripetere.
-No, nulla, ho
finito.- sorrise di nuovo. -Ora puoi tornare nella tua stanza, Chiu.-
La ragazza assunse
inconsciamente un'espressione di evidente disappunto. Appena quel
ragazzo aveva scelto lei tra tutte le altre, aveva provato una grande
paura, ma in quel momento, la prospettiva di ritornare alla stancante
routine di tutti i giorni la faceva sentire molto peggio.
-Si. Grazie.- si
alzò senza guardarlo in volto, dirigendosi verso la porta.
Ogni passo che
avanzava le sembrava durasse un'eternità. Tutti i sensi
erano acuiti, pronti a captare un qualsiasi richiamo, che non
arrivò. Sentiva la gola secca. Posò una mano
sulla maniglia, stringendola forte. La abbassò.
-Ah, Chiu.-
Si
immobilizzò sgranando gli occhi. Non era possibile.
Davvero... poteva ancora sperare. Un altro secondo lì
avrebbe costituito un ricordo che avrebbe alleviato le sofferenze di un
intero giorno. Un intero giorno di quella sua inutile vita.
-Si?- rispose con voce
roca.
-Grazie ancora.-
"Grazie."
La parola le
rimbombava nelle orecchie.
Quindi poteva
andarsene.
Qualcosa all'interno
del suo corpo si spezzò.
Qualcosa dalle parti
dello sterno.
Uscì in
fretta chiudendosi la porta alle spalle senza voltarsi né
rispondere, corse nella propria stanza, incapace anche di piangere.
Quelle quattro mura la soffocavano. Eppure non se ne poteva andare. Non
poteva.
Fuuko rimase a fissare
la porta, sentendosi svuotato.
-Quindi la prima parte
è fatta.- si disse. -Bene, ora posso anche dormire.-
Ma contrariamente a
quanto avrebbe voluto, scivolò in un sonno agitato.
Il giorno dopo, Chiu
si svegliò con addosso un indicibile malumore. Era
maldisposta verso se stessa, figuriamoci con il resto del mondo. Quando
Keimi andò a svegliarla, sempre con il suo tono dolce e per
niente sprezzante, si trovò davanti una figurina irosa che
le riservò un'occhiataccia da far gelare il sangue.
Fuuko si
svegliò che aveva più sonno di prima.
Rincoglionito come se lo avessero centrifugato, si infilò
sotto la doccia, rischiando di addormentarsi sotto il getto d'acqua e
di spaccarsi la testa contro il muro. Un po' ristorato,
infilò un paio di pantaloni di un sobrio color rosso fiamma
e uscì in corridoio. Non si accorse di avere Chiu a pochi
passi, che andava nella direzione a lui opposta, fino a che questa non
lo superò urtandogli un braccio.
Improvvisamente
vigile, si voltò a guardarla.
Cazzo. L'aveva preso
male, l'addio brusco della sera prima. Era ora di passare al piano B.
-Chiu!-
Non lo
ascoltò.
Grazie a un paio di
ampie falcate, la raggiunse in velocità, afferrandola per un
braccio e attirandola a sé.
Sorpresa, lei si
dimenticò di assumere un'espressione arrabbiata.
-Vieni con me.-
-Cosa?-
Ok, era leggermente
drastico come approccio, ma era la sua ultima possibilità.
-Vieni con me. La mia
destinazione è un villaggio di montagna, lontano da
qui...partirò tra un paio di giorni.-
Almeno questa era la
verità. Parziale, ma verità.
-E perché
vuoi portarmi con te?-
-Sei un demone. Ti
prego. Sarà utile ad entrambi.-
Ma per uno strano
meccanismo del suo subconscio, a Chiu quegli occhi neri che la
fissavano sembravano troppo falsi, la voce vellutata troppo incerta, e
quella stretta sul braccio troppo forte.
Con uno strattone, si
liberò.
-Con te io non vado da
nessuna parte.- sbottò.
Girò sui
tacchi e corse via.
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Spero vi sia
piaciuto^^ se potrò, posterò il capitolo un po'
più in fretta...lasciate un commentino! =)
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