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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Labirinto ***
Capitolo 2: *** Verità ***
Capitolo 3: *** Risata ***
Capitolo 4: *** Scelta ***
Capitolo 5: *** Primo intermezzo ***
Capitolo 6: *** Torre ***
Capitolo 7: *** Pietà ***
Capitolo 8: *** Infanzia ***
Capitolo 9: *** Musica ***
Capitolo 10: *** Secondo intermezzo ***
Capitolo 11: *** Lotta ***
Capitolo 12: *** Ultimo intermezzo ***
Capitolo 1 *** Labirinto ***
CAP. 1: LABIRINTO
"Lei è il
signor Sebastian Ereth, giusto?" chiese l'ufficiale di
sicurezza.
Il matematico trentenne
scosse la testa affermativamente.
"Molto bene. Per
favore, mi segua senza fare domande."
Sebastian, nella breve
passeggiata che la guardia senza nome gli propinò, osservò
il luogo ove era stato portato: il percorso che stavano seguendo era
contraddistinto da alti roseti con la funzione di mura; sotto di loro
un tappetto erboso "piastrellava" il pavimento.
Alzando la testa un
soffitto celeste, tipico del cielo del primo pomeriggio, li osservava
dall'alto.
Dopo pochi minuti in quel
corridoio naturale i due viandanti sopraggiunsero ad un'ampia
scalinata che portava ad un bianco gazebo; quest'ultimo, come notò
il signor Ereth guardandosi attorno, si ergeva su di un enorme e
vastissimo labirinto di cui non si vedeva la fine in nessuna nelle
direzioni ove si posava lo sguardo.
Chilometri di viottoli,
strade e stradine, metri e metri di mura di rose, pungitopo e
biancospino... Sebastian si chiese quanto tempo ci avrebbe messo se
avesse dovuto percorrere quella trappola fino all'uscita ma si rese
conto di non riuscire a trovare una risposta; sicuramente troppo.
Un colpo di tosse lo fece
tornare alla realtà.
Si accorse di non essere
solo: attorno a lui, con le rispettive guardie, c'erano altri cinque
individui: la prima che notò fu sicuramente la lasciva ragazza
sui venti-venticinque anni che guardava la sua guardia con un misto
di paura e adorazione tipica degli adolescenti che non hanno ancora
deciso cosa ammirare; Sebastian su questa osservazione aggiustò
l'età probabilistica: diciassette - ventitré anni.
La seconda persona che
notò, un po' perché pareva fuori luogo e un po' perché
indossava vestiti non tipici per quel luogo, fu un prete cattolico
dalla figura slanciata: uno di quei giovani seminaristi che, ancora
all'apice della loro fede, credevano senza mezzi termini.
In coppia un uomo "giacca
e cravatta", forse un bancario a giudicare dalla sua
ventiquattrore che si portava appresso, e una signora avvenente,
occhiali squadrati e sguardo fiero, sedevano in disparte,
visibilmente infastiditi dall'esperienza a cui probabilmente erano
stati costretti controvoglia.
L'ultimo individuo era un
ragazzino di meno di dieci anni; l'aveva notato per ultimo perché
il giovane, visibilmente spaventato, si era nascosto dietro ad una
delle gambe della sua guardia. Si vedeva che teneva a stento le
lacrime.
-Forse lo hanno appena
strappato dalle mani dei genitori- pensò fra se e se il
matematico: -O magari quei due tizi eleganti sono...-
"Dovreste esserci
tutti: siete esattamente sei come prescritto dall'Esecutorio."
disse l'ufficiale che teneva in custodia la donna.
-Evidentemente lui è
il capo delle guardie- pensò Sebastian -Buono a sapersi-
"L'Esecutorio?!? E'
stato veramente lui a sceglier...?" esclamò a voce più
alta, perdendo il proprio contegno, la donna dalla sguardo fiero; non
riuscì a concludere la frase perché la spada sguainata
dal suo controllore la persuasero al silenzio.
-Era ovvio che fosse
stato l'Esecutorio a sceglierci. Nessun altro avrebbe potuto generare
un simile labirinto.- continuò il suo pensiero Sebastian: -Che
sciocca domanda.-
"Ora vi chiamerò
per nome enunciando anche il vostro titolo attuale. Vi invito a fare
un passo avanti quando vi sentirete chiamati."
Tutti i presenti, benché
esitanti, diedero un segno d'assenso.
"Don Oral Marek,
missionario della spada di San Giorgio"
Il prete fece un passo
avanti: una delle guardie gli porse una borsa color oro.
"Jannick Evermont,
quadro della European Union Reserve"
L'uomo con la
ventiquattrore fece un passo avanti: -Come supposto. Un bancario.-
pensò il matematico.
La medesima guardia di
prima gli consegnò uno zaino completamente nero.
"Elisa Saresi,
magistrata della corte Superiore di Marian."
La donna dal fiero
sguardo fece un passo avanti; borsa violacea.
"Yili Lesin,
studentessa del liceo scientifico Leonardo da Vinci"
"ARRIVO!!!"
gridò festosa la ragazzina facendo un passo avanti; borsa
rosa.
"Che bello, mi piace
il rosa!" squittì Yili sotto lo sguardo teso e
semi-allibito dei presenti.
"Sebastian Ereth,
ricercatore alla facoltà di matematica dell'Università
di Darsirbona."
-Oh, finalmente il mio
turno-, fece un passo avanti; borsa rossa: -Peccato, avrei preferito
quella verde, che ad esclusione andrà a...-
"Enrick Marlack,
studente delle elementari Shakespeare."
Il bambino esitò,
emise un sospiro profondo, come probabilmente gli avevano consigliato
di fare in situazione di estremo nervosismo, e, infine, fece anche
lui il passo avanti: borsa verde.
"Le borse che vi
abbiamo consegnato contengono alcuni viveri, i vostri beni personali
e alcuni oggetti di cui volevamo foste disposti." sentenziò
una delle guardie.
"Ma cosa dovremmo
fare?" chiese la magistrata.
"Questo sta a voi
deciderlo." rispose il capo-guardia.
Dopodiché le sei
guardie rimisero le loro spade nel loro fodero ed iniziarono a
scendere la scalinata.
"Ehy! Aspettate un
momento, dove state andando?" gridò Jannick.
I soldati, come se non
avessero udito la domanda, penetrarono nel labirinto.
"Maledizione!
Comunque se li seguiremo riusciremo ad uscire dal labirinto."
detto questo il bancario scese rapidamente le scale ma, girato
l'angolo, ove i soldati si erano diretti, si accorse che erano tutti
e sei scomparsi. |
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Capitolo 2 *** Verità ***
CAP. 2: VERITA'
"Cazzo, maledizione!
Schifo! Rabbia! Proprio oggi che avrei avuto l'assemblea col
consiglio di amministrazione per l'anno in corso. Ma non potevano
prendermi in un altro giorno?!? Perché cavolo mi tocca stare
qua con voi cinque? Datemi un valido motivo!"
La magistrata si sistemò
gli occhiali con un leggero gesto delle mani: "Stia calmo, per
favore. E' evidente che l'Esecutorio ci abbia scelto per questa
prova. Deve sentirsi onorato."
"Eheheh... io ho
perso il compito di matematica grazie a questo posto."
"Io... io voglio
tornare... a... a casa..." singhiozzò il bambino.
"Su figliolo, non
piangere. Vedrai che tutto si sistemerà: siamo figli di Dio,
Egli ci salverà."
"Anche i piagnistei
di un ragazzino delle elementari ora dobbiamo sentire? Ma perché
noi? E chi cavolo è questo Esecutorio?"
"NON SAI CHI E'
L'ESECUTORIO?!?" chiesero in contemporanea con tono esterrefatto
gli altri cinque interlocutori.
"Ehm... no. E' la
prima volta che sento nominare questo nome." controbatté
il quadro.
"Pazzesco."
esclamò il matematico scuotendo la testa, mentre iniziava ad
aprire la sua borsa.
"Ma vieni da un
altro universo?" chiese sarcastica la ragazzina.
"Io vengo dalla
Terra. Perché? Voi siete forse degli alieni?" rispose
altrettanto ironico l'altro.
"Dalla Terra?"
esclamò meravigliato Don Marek: "Ecco perché!
Sentendo European Union Reserve potevamo immaginarlo anche se pensavo
che quel pianeta fosse stato abbandonato completamente dalla
Confederazione dei trasporti e che avesse ancora qualche contatto con
l'Universo esterno solo tramite la Santissima Chiesa di Roma e..."
"No! Aspetta aspetta
aspetta solo un momento. Vuoi farmi credere che questo luogo non è
la Terra? E che voi non siete nativi del nostro pianeta?"
"Ahahah..."
rise di gusto la magistrata: "Avevo sentito che l'agenzia
storica della salvaguardia del pianeta Madre avesse posto dei paletti
cognitivi alla Terra, ma non pensavo che ci fosse addirittura una
dittatura del pensiero. Secondo lei, signor Ereth, visto che vive a
contatto con l'ambiente universitario: quanti terrestri possono
essere consci di vivere in una bolla di ignoranza?"
-Uhm... oltre ai miei
beni e al mangiare c'è anche una bussola, un coltello, una
torcia, alcuni fogli di carta e delle matite. Ma a cosa potrebbe
servirci il col...-
"Ehy, matematico!
Parla con te!" squittì la ragazzina con quella sua
vocetta che diventava sempre più fastidiosa ogni secondo che
passava.
"Eh cosa?!? Oh...
scusatemi ma stavo guardando cosa conteneva la mia borsa. Diceva?"
"Quanti terrestri
conoscono la Repubblica delle quattro stelle?"
"Mah... sicuramente
l'ente di protezione terrestre ne è conscio, poi, come già
detto, mi pare, da Don Marek, la Chiesa Cattolica di Roma e
facilmente anche il culto Islamista di Medina... non so se i
Buddhisti abbiano qualche contatto con il nuovo Buddhismo di Esere,
ma ne dubito. Sarebbe dovuta giungere la marelese anche sulla Terra
e, come sapete, il contrabbando di tale sostanza a lunghe distanze è
praticamente impossibile. Sicuramente la Federal Reserve Genetic ne è
a conoscenza, poi credo nessun altro."
"No... no! Aspettate
un momento. Volete dire che la Terra è una..."
"Se... se vuoi ti
presto il mio libro di storia." disse timidamente Enrick senza
accorgersi di aver interrotto l'adulto.
L'altro ci pensò
qualche secondo, poi, con un brusco gesto, buttò a terra il
libro che il bimbo gli porgeva: "Non ho bisogno del vostro
aiuto. Capirò da solo cosa sta succedendo in questo luogo, in
questo momento. E ora cerchiamo l'uscita da questo stramaledetto
posto."
"Come ci muoviamo?
Da soli o in gruppi?" chiese il matematico.
"Io non voglio stare
da sola!" urlò l'adolescente.
"Nemmeno io"
mugolò il bambino aggrappandosi alla mano dell'unica figura
materna lì attorno.
"Io, invece,
preferirei andare da sola." sentenziò seccamente la
magistrata scrollandosi di dosso il bambinetto.
"Non ho intenzione
di muovermi in solitario, ma non ho nemmeno intenzione di portarmi in
giro dei mocciosi. Se qualcuno mi tenesse compagnia mentre cerchiamo
l'uscita cercando di spiegarmi qualcosa sulla Repubblica delle
quattro stelle andrei volentieri con lui; eventualmente andrò
da solo."
"Verrò io con
lei." si offrì prontamente il matematico.
"Io, invece, andrò
col bimbo e la ragazzina." esclamò il prete.
"Yili Lesin per te,
vecchio pretucolo."
"...e Yili Lesin"
si corresse il prete, leggermente scosso dall'offesa della liceale.
"Cerchiamo di
trovare un metodo per eventualmente ritrovarci?" chiese il
prelato.
"Non mi pare il caso
viste le dimensioni del labirinto." rispose Sebastian.
"Ehy! Cos'è
quella cosa là?" esclamò il bambino indicando un
punto all'orizzonte.
Tutti, eccetto Elisa
Saresi che si era già avviata per conto suo nel labirinto,
fissarono il luogo indicato dallo studente: dai mille viali del
labirinto, un colore estraneo al verde dei cespugli e dal celeste del
cielo sembrava avanzare lentamente verso la loro direzione inglobando
gli elementi su cui sovrastava.
"Che cos'è?"
chiese la ragazza.
"E quindi l'ombra
avanzerà fra le genti e nel caos porterà la soluzione
del silenzio" citò Don Oral Marek dalla Bibbia
Esegetiana.
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Capitolo 3 *** Risata ***
CAP. 3: RISATA
Non li sopportava: quei
cinque che avrebbero potuto essere i suoi compagni di viaggio erano
banalmente degli idioti.
Una ragazzina e un
infante, un uomo impregnato degli assiomi matematici e un altro
immerso nei dogmi della Cristianità.
L'unico che poteva
rivelarsi più sveglio o, comunque, più interessante si
era rivelato il vero cretino del gruppo: "Io vengo dalla Terra!"
aveva detto... un terricolo, un banale umano usato per le ricerche
sulla storia umana, lasciato a vivere un'esistenza impregnata
d'ignoranza. Ridicolo!
Che gruppo di sfigati in
cui si era ritrovata; aveva fatto la scelta giusta ad avviarsi da
sola, con quegli altri si sarebbe inutilmente distratta e si sarebbe
inevitabilmente persa nel labirinto.
Ma lei non era come gli
altri: lei aveva una ricca carriera, una famiglia con due splendidi
bambini e la vicinanza di molti politici all'Esecutorio.
Doveva tornare a casa; lo
doveva a se stessa e ai suoi cari i quali avrebbero comunque fatto di
tutto per ritrovarla nel mare di miriadi di pianeti sparsi nella
repubblica.
"Uhm..." si
guardò attorno: era andata quattro volte a destra, sei volte a
sinistra, lungo corridoio e quindi ancora a sinistra. Segnò
l'intero percorso appena fatto su uno dei numerosi fogli messi a
disposizione nello zaino e proseguì.
Le strade sembravano
tutte uguali in quel viale di rose e viole, margherite e tulipani:
sembrava che un giardiniere impazzito si fosse divertito a decorare
quel gigantesco groviglio di stradine e viottoli con una quantità
di fiori pari al numero degli angeli del Paradiso.
Il risultato era un
profumo strano e in parte allucinante: confondendosi con l'amarognolo
odore del giacinto, l'essenza delicata, ma intensa, della rosa creava
un gioco di olezzi e meraviglie. L'aggiungersi dell'acre istinto di
un iris o dell'amabile odore di una fragola portava alla formazione
di un concerto di essenze ove il calore del luogo era il silenzioso
direttore d'orchestra.
Elisa Saresi si portò
un fazzoletto al livello del naso per tamponare tale puzzo: odiava
qualsiasi tipo di profumo sin dall'infanzia.
-Che schifo di luogo.
Devo uscire al più presto da qua!-: come se il labirinto
volesse risponderle, di fronte a lei si palesò il primo vicolo
cieco di una probabile lunga serie di strade senza uscita.
-Maledizione! Dovrò
tornare indietro.-
Fece dietro front e
stavolta curvò a sinistra, poi rapidamente ancora a destra e
quindi di nuovo a sinistra; con sua meraviglia passò sopra ad
un ponticello che si ergeva a sua volta sopra ad un piccolo laghetto
ove alcuni anatroccoli facevano il bagno tranquillamente.
Non si fermò
nemmeno mezzo secondo a guardarli: aveva cose più importanti
da fare... proseguì decisa per la sua direzione.
Sinistra, sinistra,
diritto per il lungo corridoio, ancora a sinistra, vicolo cieco,
torna indietro e prova una nuova via.
La donna prese la sua
mappa che pian piano si formava e la guardò nel terrore di
perdersi veramente: era stata estremamente curata anche nei
particolari, laghetto, alcuni fiori particolari ed esotici, punto di
partenza, erano stati tutti segnati con estrema accuratezza.
Si sistemò gli
occhiali con un piccolo gesto della mano e quindi valutò come
stava proseguendo il suo viaggio: fino ad allora aveva cercato, un
po' per istinto femminile, a percorrere la strada che più
conduceva all'esterno del labirinto ma, a constatare dalla piantina,
stava solo girando intorno.
Sospirò e guardò
l'orologio: quella sua "passeggiata" era in corso già
da quattro ore e, per tenere bene sotto controllo la strada, aveva
percorso ben pochi chilometri.
Non si sentiva per niente
stanca; prese su un po' di volontà dalle frasi
d'incoraggiamento del suo ordine: -"I nodi si scioglieranno
tutti al pettine" e lei avrebbe sciolto l'enigma della
fuoriuscita da quel luogo grazie al proprio pettine ragionativo.- Si!
Ce l'avrebbe fatta e sarebbe giunta, con calma e con fiducia,
all'uscita di quel caso.
"Ahahahah!" una
risata le giunse da una strada poco alla sua destra.
Il suono di quella voce
era leggermente altisonante, caldo sufficiente da riempire il proprio
animo, ma privo di alcun sentimento, come se l'individuo che aveva
riso non l'avesse fatto con vera intenzione: non poteva essere
sicuramente nessuno dei cinque tizi incontrati qualche ora fa.
Forse una delle guardie?
Difficile.
Forse poteva essere
qualcuno che poteva indicagli la via d'uscita; in quel caso doveva
incontrarlo. Sicuramente.
"Ahaahahahah!":
la stessa risata, ma più lieve di prima, come se si stesse
allontanando.
Maledizione! Se voleva
seguire quel suono avrebbe dovuto lasciare il suo metodo di ricerca;
ma... ma forse c'era qualcuno che poteva aiutarla.
Doveva rischiare! Per
forza!
Un terribile nodo alla
gola salì nello spirito della ragazza: era dai primi casi
sull'assassinio di Farnesi che non si sentiva così agitata; ma
quella volta aveva giocato il tutto per tutto, rischiando l'intera
carriera per giungere alla verità meritandosi, per qualche
anno, il soprannome di "mastino della giustizia" per la
ferocia con cui aveva attaccato il suo opponente.
Si sistemò gli
occhiali, sospirò, buttò con forza la mappa nello zaino
e quindi iniziò a correre in direzione di quella risata:
doveva rischiare: se quella speranza non si fosse presentata più
lo avrebbe rimpianto per sempre.
Corse per parecchie
centinaia di metri cercando di seguire il suono della risata che ogni
tanto si ripeteva, a tratti più vicina, a tratti più
distante: destra, destra, sinistra, colonnato greco, sinistra,
destra, destra...
Proseguì a passo
da maratoneta per circa un'ora e mezza finché giunse alla fine
di un lungo corridoio, era arrivata ad uno spazio estremamente più
ampio.
Per un momento s'illuse
d'aver trovato l'uscita; ma tale speranza fu subito spenta dalla
constatazione che si trattava solo di un piccolo spiazzo, con un solo
cipresso, all'interno del labirinto.
Stanca, si sedette
all'ombra dell'albero: aprì lo zaino e tirò fuori un
panino al crudo con all'interno un leggero strato di salsa di funghi.
-Ottimi gusti!- pensò
addentando avidamente il suo primo pranzo da quand'era lì.
"Buon appetito"
disse una voce dietro di lei, la stessa che aveva emesso la strana
risata di prima.
Lei si girò
meccanicamente.
Di fronte a lei si
ergeva, volando a mezzo metro da terra, un angelo dalle sei ali
dorate: il resto di lui era completamente bianco.
Dietro alla figura
angelica si espandeva l'Ombra.
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Capitolo 4 *** Scelta ***
CAP. 4. SCELTA
Il prete, la liceale e il
bambino correvano da circa mezz'ora in fuga dalle tenebre che avevano
iniziato a rincorrerli senza sosta per le vie del labirinto.
Simbolo di quell'oscurità
che avanzava era, in sua contrapposizione, un angelo dalla pelle
bianchissima; le sue otto ali erano color del fuoco e il vestito che
indossava ricordava le antiche uniformi dell'ormai dimenticato Impero
Cattolico di Diomeda: una tunica interamente rossa ad eccezione di
una sottile banda verde che andava dalla vita alla spalla destra.
I tre viandanti l'avevano
incontrato per puro caso ad uno degli ennesimi incroci di
quell'intrigo naturale, la prima reazione fu il pianto di Enrick che
non riusciva a concepire come una simile divinità potesse
portare la notte eterna.
"Il cherubino delle
tenebre cederà la sua oscura spada contro coloro che
cercheranno di avvicinarsi al giardino dell'Eden" pronunciò
Don Oral Marek dalla Bibbia Esegetiana.
"Chi sei?"
tagliò corto la ragazza.
Il loro interlocutore
proruppe in una risata gelida che trapassò le ossa dei tre
umani: la fuga fu la loro istintiva reazione a discapito di quanto
potesse essere grande l'orrore, la fede o la curiosità.
L'essere alato, seguito
dall'Ombra, iniziò così ad inseguirli continuando a
ripetere la sua terrificante risata; il bambino e la ragazza finché
ebbero fiato gridarono a squarciagola ad ogni mefitica risata che
sentivano.
Destra, destra, "Presto!
Da questa parte!", "Attenti a non cadere in quel
fiumiciattolo", destra, sinistra, rettilineo, destra.
Vicolo cieco.
Risata.
Come previsto si
trovavano a spalle al muro; non sussistevano più vie di fuga:
bisognava affrontare l'Ombra.
"Chi sei?"
richiese la ragazza.
Risata gelida.
"Chi... chi sei?"
ripeté per l'ennesima volta, ma con le lacrime agli occhi, la
giovane donna.
"Guardami!"
sibilò con un ansimo lo spirito di fronte a lei: "Io sono
la vita, la speranza della scelta e della vitalità. Io sono
l'anima dell'oscurità e della luce. Porgete il vostro spirito
e il vostro corpo alla mia vita e passate nell'oscurità.
Questa è l'uscita dal labirinto in cui siete entrati. Io sono
la vostra via di fuga."
"Davvero?"
chiese speranzosa la ragazza.
"Ho paura del buio."
mugolò il bambino.
"Ahahah..."
-Ancora una volta quella
diabolica risata.- pensò il prete.
"Scusatemi se rido
delle vostre paure. Perdonatemi se v'innalzo ad un terrore superiore
con un colore come il nero. Io non comprendo il vostro orrore ma lo
trovo divertente, esilarante, gustoso. Mi diverto a vedere il vostro
cuore che si riempe di paura perché non ne capisco la ragione.
L'ignoto, l'essenza del cercare e nello sperimentare sono l'anima
dello spirito. Avere fede e credere nel mistero sono parte dello
spirito dell'anima. L'intera umanità si è evoluta sulla
curiosità e la certezza ma, allora, perché voi avete
paura di questa nera certezza? Io stesso vi ho ammesso cosa sussiste
in essa: è l'uscita, la fine dei mali, la conclusione delle
agonie."
"La morte."
sentenziò il prete seccamente.
"Ahahah... non ti
smentisci umano. Ma no, io non sono l'angelo della morte. Non sono
qua per portarvi sulle rive dell'Acheronte. Porgete il vostro cuore a
me e sarete liberi."
"Tu c'inganni con
parole effimere, false e contorte. Te vuoi solamente annullare il
nostro essere."
"Non credo"
esclamò la ragazzina.
"Che cosa dici?"
esclamò il prete toccandosi una croce che teneva in tasca.
"Se avesse voluto
veramente ucciderci o inglobarci nell'ombra sarebbe solamente
avanzato verso di noi. Non credi?"
Il giovane prete analizzò
la situazione: effettivamente non avevano via di fuga, se l'angelo
fosse avanzato verso di loro entrare nell'Ombra, loro malgrado,
sarebbe stato inevitabile. Ma allora perché...?
"Ma certo!"
esclamò Don Marek: "Questa è una prova
dell'Esecutorio. La prima tentazione di un angosciante labirinto a
cui non dobbiamo cedere."
"Ho paura."
disse il bambino: "Quindi quell'angelo è il diavolo?"
"Io non credo. Forse
è veramente la via di fuga che stiamo cercando. Dimmi Angelo!
Se noi non entrassimo ora, te ci proporresti di nuovo la possibilità
di entrare nell'ombra?" chiese la ragazzina con tono leggermente
superbo.
"No." fu la
lapidaria risposta: "Un mio passo indietro coinciderebbe con la
vostra decisione di non entrare nell'ombra."
"Ragazza, non farti
tentare!" esclamò il prete.
La ragazza si girò
verso il prete con un triste sorriso: "Ma Don Marek, non sei
anche tu una tentazione? Io ho voglia di rivedere il mio ragazzo, di
risentire le risate delle mie amiche, i sorrisi dei miei genitori.
Rivoglio la mia vita... per quanto ne sappiamo questo labirinto
potrebbe essere eterno e tu mi tenti a vivere una ricerca senza fine.
Io non voglio fare questa scelta! Io entrerò nell'Ombra per
cercare di ritornare ad essere me stessa."
"Ferma sciocca! Non
capisci che così facendo rischi solo la vita?" disse
l'adulto prendendola per un braccio.
"Che vita sarebbe
senza la MIA vita?" rispose retoricamente la ragazza togliendosi
la mano di dosso.
"Non andare!"
piagnucolò il bambino.
"Vado!" rispose
decisa.
Entrò di corsa
nell'ombra sfiorando l'ala sinistra più bassa: l'Ombra la
avvolse rapidamente nascondendo agli altri la sua figura.
"Entrerete anche
voi?" chiese l'Angelo.
"NO! NO! NO!
Rivoglio Yili!" gridò il bambino con le lacrime agli
occhi.
"Rinuncia alle
tentazioni; salva la tua anima e abbi fede nell'unico Dio. Egli ti
salverà. NO! Vattene spirito maligno!" urlò il
prete estraendo la sua croce.
"Avete fatto la
vostra scelta." rispose l'Angelo.
Fece un leggero inchino e
quindi volò rapidamente verso l'alto.
Anche l'Ombra sparì
con lui.
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Capitolo 5 *** Primo intermezzo ***
PRIMO INTERMEZZO
"Quindi la prima è
stata la ragazza?"
"Esatto! Ma si
poteva immaginarlo."
"E la donna invece?"
"No, lei ha
rifiutato la prima offerta. Continua a vagare per l'Inganno"
"Crede che..."
"No, ne dubito
fortemente. Anche se sarebbe una bella sorpresa."
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Capitolo 6 *** Torre ***
CAP. 5: TORRE
Il matematico Sebastian
Ereth e il bancario Jannick Evermont stavano camminando ormai da
circa un decina di ore e la stanchezza si stava iniziando a sentire.
In quel tempo passato
assieme il terrestre ne aveva approfittato per approfondire come era
strutturata effettivamente la realtà del loro tempo e di come
mai la Terra ne fosse solamente un piccolissimo punto, fonte di
studio.
Era venuto così a
sapere dell'Esecutorio: il grande pianeta burocratico della
Repubblica delle quattro stelle; in esso si gestiva tutto il potere
che poi si espandeva, in piccole sedi, in tutta la repubblica
galattica.
I rapporti commerciali
con specie aliene, la scomparsa dell'entità statale a favore
di un'entità planetaria e cittadina, il trasporto spaziale
tramite la Gilda avevano permesso un enorme sviluppo dell'umanità
tanto che in alcune regioni più esterne della Repubblica
s'iniziava a parlare già di un nuovo sviluppo genetico della
specie umana.
"E quindi credi che
sia stato l'Esecutorio ad averci portato qua? Ma con quale scopo?"
"Dubito di poter
comprendere uno scopo deciso da una mente elaborativa composta da
circa sei miliardi di persone però posso fare sicuramente
qualche congettura: è facile che questa sia una prova."
"Ehm... a questo ci
arrivavo anch'io."
"Non ne dubito.
Anche se, in verità, mi chiedo fino a che punto si voglia
giungere con questa prova?" borbottò Sebastian.
"Che intendi?"
chiese l'altro dubbioso.
"Ho sentito diverse
storie su di un gigantesco labirinto: sono quei racconti che spesso
vagano nella rete telematica e che si dipanano come leggende del
grande universo. Un po' come il pianeta Efere o il sistema Gildiano."
"Intendi dire che
questo luogo è come una specie di triangolo delle Bermuda?"
"Non so cosa intendi
dire." sorrise il matematico, contento di vedere che anche sulla
Terra sussistevano dei misteri.
"E' un luogo
misterioso situato sul mio pianeta ove si dice che spariscano navi e
aeroplani."
"Ah... come la nube
di Oragon. Comprendo,. Solitamente sono solo sciocchezze. Ahahah..."
"Si. Mi trovi
d'accordo." risero un po' insieme.
Girarono per l'ennesima
volta un angolo e, dopo innumerevoli corridoio erbosi e floreali, una
nuova realtà si ergeva di fronte a loro: su di un piccolo
quadrato senza uscita, privo d'erba ma ricoperto di piastrelle
d'ebano si ergeva un'alta torre color della notte.
Le pareti assorbivano
completamente la luce solare e, solo a fatica, si potevano
distinguere le piccole finestrelle che costellavano la costruzione;
alla base, priva di porta, un arco dava l'avvio ad una scala a
chiocciola che probabilmente portava alla cima di quell'edificio.
"Direi di salire!
Così potremo avere una visione d'insieme del luogo ove ci
troviamo. Forse riusciremo a capire anche come uscirne." suggerì
Evermont.
"Si, mi pare una
buona idea." acconsentì l'altro, ma nell'animo pensò
fra se e se: -Credo che si rivelerà inutile-
Insieme iniziarono a
salire gli scalini della torre: il bancario quasi si sarebbe messo a
correre per l'emozione, evitò di farlo avendo costatato da
fuori l'altezza di quel luogo. Si sarebbe stancato troppo.
Dopo una buona mezz'ora
di salita, finalmente, giunsero alla cima.
Il sole, che fino ad
allora si era nascosto fra le cinta del labirinto, abbagliò i
due uomini con gli occhi intorpiditi dal colore dell'ebano: "Che
luce!" esclamò il terrestre.
"Duemilacinquecentosettantatré"
disse l'altro.
"Eh?"
"Il numero degli
scalini."
"Bah..." sbuffò
Jannick che ormai si trovava completamente incantato dal panorama che
quell'altezza gli forniva: sotto di lui si ergevano chilometri e
chilometri di labirinto che mutava dal verde al rosso, dal giallo al
bluastro in relazione alla pianta che era stata usata per costruire i
cespugli; alcuni fiumiciattoli che ricadevano in altrettanti piccoli
laghetti rompevano la monotonia naturale che l'architetto aveva
imposto a quel luogo; altre due torri neri si ergevano a sud-est e a
sud-ovest: -Altri due
splendidi luoghi d'osservazione.- pensò fra se e se il
bancario.
Sopra di lui, su di un
cielo che si stava rannuvolando, un caldo sole combatteva contro le
nuvole fornendo
un'illuminazione anche sovrabbondante.
Evermont amava i luoghi
da cui si poteva ammirare uno splendido panorama; fra una pausa da un
bilancio e l'altro correva spesso in montagna per poter gustare della
pace dell'immane: un'enorme esplosione di gioia lo permeava ogni
volta che contemplava uno spettacolo del genere.
Poteva rimanere in
silenzio, da solo, con lo spettacolo visivo, anche per qualche ora.
Questa volta, però,
il suo compagno ruppe malamente l'incanto di quel momento:
"Maledizione!" esclamò Sebastian: "Lo sapevo!"
"Cosa ti succede
Sebastian? Pensavo che questa situazione non potesse peggiorare
ulteriormente." rise l'altro.
"Guardati attorno e
dimmi cosa vedi."
Subito l'altro si girò
e, cercando di non farsi distrarre dalla Sindrome di Stendhal, si
concentrò in un'attenta analisi di ciò che lo
circondava: spostò lo sguardo a destra e a sinistra notando
chilometri e chilometri di intrigo erboso, poi, guardando verso nord,
la vide.
"L'Ombra! Si sta
avvicinando a noi!" esordì spaventato.
"Magari fosse quella
la cosa più grave..." disse l'altro.
"Che intendi dire?
Cosa può esserci più pericoloso dell'Ombra?"
"Bah... l'Ombra è
solo un luogo più oscuro degli altri. Non gli darei troppa
importanza, se arriverà a noi ci preoccuperemo allora. Non
noti il vero problema?"
"Io non vedo che un
gigantesco labirinto e... l'Ombra."
"Esatto! Un
gigantesco labirinto!" esclamò quasi con rabbia Sebastian
Ereth: "Forse non esiste un'uscita da questo luogo. L'intero
pianeta è un unico gigantesco labirinto."
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Capitolo 7 *** Pietà ***
CAP. 6: PIETA'
Stupido angelo da quattro
soldi. Credeva di raggirarla così?!?
"Ti porterò
dai tuoi famigliari, dai tuoi cari, io sono l'uscita dall'agonia."
fece il verso alla creatura celestiale Elisa Saresi... ma con chi
credeva di parlare quello sciocco?
Riconosceva l'imbroglio,
ne sentiva il puzzo lontano chilometri.
Se avesse accettato il
consiglio di quella creatura facilmente sarebbe morta inghiottita in
chissà quale dimensione.
Aveva fatto benissimo a
rifiutarsi; piuttosto gli rodeva il fatto di aver perso completamente
il suo metodo di ricerca dell'uscita per quell'inutile sciocchezza.
Erano già passate
sette ore da quell'incontro e non aveva ancora recuperato un modo per
capire come muoversi; sospirò... era stanca di camminare.
Dove aveva lasciato
quell'acero che aveva visto qualche minuto fa? Forse poteva dormire
un poco sotto la sua ombra.
Destra, destra, sinistra?
O era destra, destra, diritto, sinistra?
Provò la prima
alternativa... un vicolo cieco! L'ennesimo.
Com'era possibile che
lei, che da boy-scout era sempre stata la prima in orientamento
spaziale, non riuscisse a ricordare la strada ad un luogo visitato
meno di cinque minuti fa?
"VOGLIO USCIRE DA
QUA!" gridò la donna in un silenzio allucinante.
"BASTA!!!": la
donna iniziò a correre a con le lacrime che gli uscivano dagli
occhi; era stufa di quel luogo, ci stava girando da almeno tredici
ore e ormai la sua pazienza aveva raggiunto il limite.
La solitudine, mista alla
stanchezza e allo stress, era una spada che gli affliggeva sempre di
più il cuore: gli ricordava le lunghe nottate di studio
solitario per dimostrare agli altri che lei e lei sola era la
migliore. Un periodo in cui la solitudine l'aveva oppressa con una
forza immane ma che aveva dato, fortunatamente, degli ottimi
risultati.
-Fermati!- si ordinò
bloccandosi.
Doveva avere fiducia in
se stessa, non poteva arrecarsi questo danno psicologico ogni volta
che non riusciva ad arrivare a capo di una cosa. Fece un profondo
sospiro, imitando il gesto di calma che aveva fatto quel bambino che
si aggirava anch'esso per il labirinto.
Come si chiamava?
Ci pensò qualche
secondo... inutile. Non lo ricordava.
Iniziò a
camminare: doveva trovare un posto ove dormire; riposare in uno dei
corridoi del labirinto le pareva fuori luogo.
Percorse diverse strade
per un'altra ora abbondante prima che il paesaggio si liberasse,
almeno per un poco, dal ripetersi di corridoi e bordi erbosi: era lo
spiazzo col cipresso ove aveva incontrato precedentemente l'angelo.
"Ho girato in
cerchio." si disse scoraggiata con le lacrime agli occhi; se le
tolse con un gesto nervoso della mano, poi si risistemò gli
occhiali.
Con passo stanco si gettò
sotto al cipresso, ma appena posò lo zaino per terra iniziò
a piovere.
La donna imitò il
cielo, piangendo gocce amare... si addormentò nel mezzo del
pianto.
Non seppe quanto dormì,
ma quando si svegliò fu presa dal panico: non vedeva più
niente, attorno a lei risiedeva solamente il buio. Era diventata
forse cieca? Anche la perdita della vista ora le toccava?
Una goccia le grondò
dai capelli e cadde sulla mano sinistra; per istinto la portò
al viso e la vide chiaramente. No, non era ancora priva d'iridi.
Ma allora cos'era quella
cosa oscura che la circondava?
"L'Ombra!"
esclamò fra se e se.
Come se l'avesse sentita
un viso completamente bianco, ma dagli occhi rossi, uscì dal
luogo oscuro fronteggiando il viso della magistrata a pochi
centimetri. Esso sorrise.
Lei urlò.
Poi pianse ancora,
incurante della pioggia che continuava a cadere.
"Va via demonio!"
mormorò con una flebile voce.
"Non sono un
demonio, sono un angelo. Mi spiace di averla colta di sorpresa ma..."
cercò di parlarle rassicurante.
""VA VIA"
HO DETTO!" urlò con rabbia la donna troncandogli la
frase: "SONO STANCA! VOGLIO... voglio essere lasciata..."
"Sola? Non credo."
"Va via, per favore,
non ho bisogno del tuo aiuto." non aveva nemmeno più la
forza di urlare.
"Accettalo invece,
per favore. Non vorrei che le succedesse qualcosa di grave. Io sono
qua per salvarle la vita." disse quasi supplichevole quel volto
nell'ombra che sembrava una testa mozzata: "Entri nell'ombra. La
scongiuro."
"Via! Via... Sono
stufa... Lasciami dormire..."
"Ma questo non è
il luogo, né il tempo per dormire." parlò
l'angelo: "Accetti il mio aiuto?"
"NO!" urlò
con un ultimo sprazzo d'energia la donna.
"Ha fatto la sua
scelta!" rispose l'Angelo.
Probabilmente fece un
inchino, ma l'Ombra non permise la visione di quel gesto; infine volò
verso l'alto.
Nel momento esatto in cui
l'Ombra si volatilizzò, un fulmine si fece strada fra le gocce
di pioggia e colpi il cipresso.
Elisa Saresi morì
sul colpo.
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Capitolo 8 *** Infanzia ***
CAP. 7: INFANZIA
"Non è
possibile che l'abbia lasciata andare!" si lamentò il
prete: "Come faccio a predicare alle persone la salvezza se poi
non sono nemmeno capace di salvare coloro che hanno veramente bisogno
della fede della vita?"
Erano passate ormai venti
ore dall'inizio di quell'avventura; il bambino dormiva sulle
ginocchia di Don Marek mentre quest'ultimo riparava entrambi dalla
pioggia grazie ad un ampio ombrello che si era portato appresso.
Erano state ore
difficili: il bambino si era affezionato a Yili e, dopo il suo
abbandono, aveva pianto per diverse ore, consolato, invano, solo
dalle dolci parole del prete.
Ora che, dopo altri
minuti di pianto, Enrick aveva chiuso le palpebre, anche il prete
poteva finalmente liberare il suo spirituale bisogno di sfogarsi: al
contrario della fanciullesca paura di rimanere solo, lui sentiva
dentro di se il dolore dell'impotenza e della sfiducia di aver
mancato al proprio ruolo di guida alla salvezza.
Il dolore che provava era
così forte da chiedersi se avesse veramente senso proseguire
per la strada della fede o se era preferibile cedere alla tentazione
di cercare un'altra via a Dio; se non poteva proteggere le persone
col potere della retorica religiosa, LUI, semplice prete della
cittadina di Far Etera, come poteva sperare di poter raggiungere la
salvezza?
Chinò leggermente
lo sguardo a guardare la creatura che dormiva vicino a lui; si stava
agitando del sonno; facile avere incubi in una situazione del genere.
Sospirò, sperando
che quella situazione in qualche modo si risolvesse da sola o per
volere di Dio; poi recitò un Padre Nostro e quindi, notando
che stava iniziando a spiovere, provò a chiudere gli occhi per
riposarsi per qualche oretta.
La fortuna volle che,
finalmente, quella lunga giornata stesse per avere termine e la notte
iniziasse leggermente a calare su quel diabolico giardino: con
l'oscurità sarebbe stato più facile dormire.
Il prete si sdraiò
a terra e chiuse gli occhi, completamente sfinito.
"Salve!"
Sia il prete, che il
bambino, spalancarono spaventati gli occhi.
Una nuova creatura
angelica sedeva di fronte a loro: aveva tre grandi ali color smeraldo
e sulle sue gambe un gatto dal pelo bianco e nero faceva le fusa
felice.
Intorno a loro, a
cerchio, si ergeva l'Ombra.
"Avevi promesso che
non ti saresti presentato più." disse il prete con
rabbia.
"Dov'è Yili?"
piagnucolò il bambino.
"Se vuoi rivederla
basta che vieni con me." disse con voce lieve l'angelo,
ignorando le parole del prete.
"Davvero? Dove?"
"FERMO!" gridò
il prete prendendo, con forza, il bambino per un braccio.
"Ahi! Mi fai male!"
si lamentò il bambino.
Don Marek, conscio di
come si era facilmente liberata la ragazza dalla sua presa, strinse
maggiormente.
"Te, invece,
vattene!" ordinò il prete; poi recitò un Ave
Maria.
Continuando ad accarezza
il micio l'angelo ascoltò silenzioso la preghiera.
"Posso chiedervi
cosa temete da me?" chiese l'amante del gatto ai due avventori.
"Il buio."
mormorò il bambino.
"La morte che si
annida nell'oscurità dell'essere e del peccato." citò
da un versetto della Bibbia Esegetiana l'altro.
"Ma io non sono né
l'uno ne l'altra cosa. Io sono solo un messaggero della scelta fra la
libertà dalla ricerca e l'inganno del caos. L'ombra che mi
segue non è solamente che una via d'uscita dalla realtà."
A queste parole
l'ex-seminarista tremò: sembravano le parole di un eretico.
"Non credo che tu
possa dare la salvezza alla mia anima; se fosse veramente così
un gesto divino dovrebbe guidare il mio essere, ma così non
è."
"Non sfidare il Dio
tuo perché sai che la sua giustizia guiderà sempre la
tua mano e il tuo destino. Ciò che si compie lo si fa sempre
nel nome di Dio e la tua scelta è solo una delle strade nel
futuro dell'Onniscenza dell'Onnipotente: seguire la strada che si
desidera è il dono che l'Eccelso fece da sempre all'umanità."
disse l'angelo, citando tre versetti della Salvezza di San Martefi.
Il prete si sentì
scoraggiato a quella citazione... e se forse quell'Angelo fosse
veramente l'unica via d'uscita da quell'incubo?
"Chi sei tu?"
chiese il bambino.
"Un messaggero. L'ho
già detto." rispose quasi spazientito lo spirito: "Se
verrai con me rivedrai i tuoi amici e la tua famiglia."
Il viso del bambino a
queste parole s'illuminò: "Davvero rivedrò mia
mamma?"
"Si." fu la
secca risposta.
"Allora...
allora..." balbettò il bambino... ma non finì la
frase perché due mani gli cinsero le spalle e due occhi
verdastri lo squadrarono da pochi centimetri.
"NO!" impose
l'adulto: "NON DEVI ANDARE!"
"Ma..."
"NO!" ripeté:
"E tu angelo fa la tua richiesta."
"Entrate
nell'Ombra?" chiese con tono imperioso l'angelo.
"NO!" disse il
prete.
"No..." disse
Enrick Marlack riprendendo a piangere.
L'ombra dietro di loro si
diradò improvvisamente liberando un lungo corridoio del
labirinto.
Il prete mollò
leggermente la presa dal bambino e gli intimò di correre con
lui lontano da lì.
Il ragazzino delle
elementari iniziò a correre, ma nell'altra direzione... verso
l'Ombra.
Don Oral Marek si girò
di scatto comprendendo le intenzioni del suo unico compagno rimasto:
doveva placcarlo prima che entrasse nell'Ombra.
L'Angelo scattò
anch'esso in avanti facendo progredire l'oscurità: anche il
bambino penetrò in essa.
"NO!" urlò
il prete.
"Aveva fatto nel suo
cuore la sua scelta." pronunciò l'Angelo.
Poi l'essere alato, con
la mano sinistra, raccolse il gatto e quindi spiccò un volo
verso il cielo.
L'Ombra si diradò
ancora una volta: il sole abbagliò il povero uomo rimasto
solo.
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Capitolo 9 *** Musica ***
CAP. 8: MUSICA
I due uomini si erano
riparati dal diluvio rientrando nella torre e ne avevano approfittato
per dormire sugli ampi gradini della torre nera.
Il sonno di entrambi era
stato parecchio agitato, ricolmo di incubi e di sogni della vita che
avevano lasciato solo qualche giorno prima.
Il primo a svegliarsi fu
il bancario: un suono come di violini l'aveva destato e si chiedeva
da dove potesse provenire; provò a salire di nuovo sulla cima
della torre per poter vedere dall'alto se riusciva a scorgere
l'origine di quella musica.
Pian piano che saliva i
suoni cominciavano a diventare sempre più complessi: allo
stridio delle corde degli strumenti a corde si aggiungeva il
tintinnio dei triangoli, il dolce fiato dei flauti e il pesante
rumore degli ottoni.
Quasi timoroso di quel
che poteva trovarsi di fronte, Jannick Evermont, fece gli ultimi
gradini.
Un'orchestra di Angeli
stava suonando in un cielo nero come la pece.
In un arcobaleno di
colori, dovuto alle diverse cromature delle ali, una musica, a tratti
timida come il primo bacio, a tratti atroce come la morte di un
bambino si impossessava dell'ascoltatore rendendolo un ammaliato
servo di Hamelin.
"Seguici."
disse un contrabbassista con voce da baritono.
"Seguici."
fecero coro tutti gli altri spiriti.
"Come faccio a
seguirvi?" chiese estasiato l'uomo.
"Gettati e
t'innalzeremo." disse il baritono.
"Vola e ti
salveremo." cantarono gli altri.
Il terrestre fece qualche
passo verso l'angelica orchestra e, quindi, salì sopra ad uno
dei merli della torre.
-Devo buttarmi come un
suicida?- si chiese.
Il coro angelico iniziò
ad innalzare un'ode a Dio e alla sua immensa bontà.
Le note volarono passando
incantevoli dalle orecchie allo stomaco, dal bacino al cuore: mai una
musica lo aveva riempito così.
Chiuse gli occhi e...
"Sei sicuro di
quello che stai per fare?" chiese con tono calmo il matematico.
Evermont guardò il
suo compagno di sventura che l'aveva finalmente raggiunto lassù
e scese dal merlo dalla parte della torre.
"Hai visto che
meraviglia?" chiese: "Gli angeli sono scesi per innalzarci
ad una gloria superiore. Probabilmente questa torre è
veramente l'uscita da questo luogo."
"E se non lo fosse?
E se gettarti fosse solo un atto suicida?"
La musica che continuava
sempre più gloriosa e immensa sembrava non incidere sulla
logica di quell'uomo; solo due cose avevano importanza in quel
momento per lui: la vita e la fuga.
"Perché non
provi a parlargli prima di prendere la decisione di buttarmi? E' un
tuo diritto."
"Ma non posso
farlo... sono... sono Angeli. Esseri superiori... io non sono solo
che un uomo."
"Bah... sono
agnostico. Non credo in queste sciocchezze. Ehy voi, smettetela di
suonare la vostra robaccia e ditemi cosa avete proposto al nostro
amico."
A queste parole seguì
un silenzio imbarazzante, come se la suoneria di un cellulare con la
pop-rock music degli Astrid Jenkis avesse appena suonato a tutto
volume.
Gli angeli guardavano il
nuovo venuto con curiosità e imbarazzo.
A rompere il mutismo fu
di nuovo Sebastian Ereth: "Perché dovrebbe buttarsi? Solo
perché lo dite voi?"
Un angelo si avvicinò
a loro e parlò rivolgendosi al quadro: "Uomo, ti prometto
sul mio onore che non morirai. Non lo meriti come non lo merita
nessun essere vivente. Ti prometto la fuga e la completezza della tua
curiosità o il ritorno all'ignoranza."
"Potrei tornare
sulla Terra?" chiese con un sorriso il terrestre.
-Tsk, sciocco questo
uomo. Non mi meraviglia che la Terra non abbia ancora raggiunto dopo
settemila anni l'unità planetaria.- pensò fra se e se
Sebastian.
"Il ritorno
nell'ignoranza è una tua scelta." enunciò lo
spirito.
"Sebastian. Siamo
liberi finalmente. Andiamo. Su!"
"Io non vado da
nessuna parte." protestò Ereth.
Il bancario prese alle
spalle l'amico e lo scosse violentemente con dei rapidi movimenti
delle braccia: "NON CAPISCI? E' la nostra unica scelta: vuoi
sprecarla per un'unica prova finale di coraggio? Devi buttarti. Se
morirai di stenti nel labirinto cosa farai? Gioca il tutto per
tutto."
"Uff... Facciamo
così,, se sei così convinto. Te buttati, se ti salverai
o loro ti salveranno allora mi butterò anch'io." rispose
con astuzia l'altro.
"Non è
possibile" parlò imperioso il baritono: "Dovrete
buttarvi contemporaneamente per avere entrambi la salvezza."
A queste parole il
matematico sbiancò; l'amico lo guardò e disse: "Forse
è l'unico modo per uscire da questo luogo."
Respirò per
qualche secondo, si portò le mani al volto e poi alzò
le iridi verso gli angeli: "“Forse” è una
parola che non mi piace. Mi spiace, ma finché non avrò
una prova della salvezza la mia risposta è NO! Io non mi
getterò."
"Va bene."
disse l'angelo ritornando pian piano a fare parte dell'orchestra.
Appena Jannick Evermont
risalì sul gradino, il coro innalzò un "Gloria"
che fece lacrimare l'uomo alla presa con quella prova. Si sentiva
commosso.
"Addio Jannick."
"Addio Sebastian."
Si gettò.
Tutti gli Angeli senza
smettere di cantare lo presero al volo e quindi volarono nelle
tenebre che si stagliavano sullo sfondo.
Appena s'immersero in
esse, l'Ombra scomparve e l'azzurro ritornò a imperare su quel
luogo.
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Capitolo 10 *** Secondo intermezzo ***
SECONDO INTERMEZZO
"La donna, il
bambino e il terrestre."
"Chissà
perché continuano a mandarci terrestri. Si sa che falliscono
regolarmente la loro prova."
"Mi spiace che la
donna sia morta."
"Eppure avevamo
mandato l'Angelo, o sbaglio?"
"Si, ma lei ne ha
rifiutato il soccorso. Credevo veramente che ce la potesse fare. Si
era rivelata molto forte nel primo confronto."
"Non è la
prima persona che muore in queste prove. Un vero peccato però,
prometteva bene. Il bambino come ha fallito?"
"Principalmente per
nostalgia."
"Comprendo. E' il
primo motivo per cui solitamente si decide di fare la scelta
dell'Angelo."
"Ora cosa facciamo?"
"Aspettiamo che
s'incontrino, basterà giocare sui soliti stimoli inconsci
senza modificare la struttura del labirinto."
"Quindi lasciamo che
i percorsi convenzionali di odori e fiori portino all'incontro?"
"Direi di si."
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Capitolo 11 *** Lotta ***
CAP. 9: LOTTA
Dalla scomparsa di Enrick
Marlack erano già passati sette giorni: i viveri erano già
finiti il terzo giorno e l'acqua potabile, benché frazionata
con cura, era esaurita il giorno prima. Ad aggiungersi a ciò,
quei giorni privi di pioggia erano stati distinti da un caldo atroce
e l'unico metodo per comprendere che si era passati al giorno
successivo era guardare l'orologio.
Su quel pianeta non
sussisteva la notte: solo un'eterna e afosa giornata di sole.
Gli Angeli non erano più
apparsi e dell'Ombra che si portavano appresso non c'era più
alcuna traccia.
Il prete si sentiva
scoraggiato: aveva perso i suoi due compagni di ricerca a causa di
quegli esseri con le ali e la speranza di trovare l'uscita si era
ormai ridotta ad una mera delusione.
Con rabbia il prete
strappò un fiore dalla siepe lì vicina e ne succhiò
il nettare; almeno aveva la certezza che non sarebbe morto di sete: i
fiumiciattoli, benché l'acqua fosse quasi imbevibile, e le
piante erano un'ottima risorsa del prezioso liquido.
Sospirò pensando a
Sebastian, ad Elisa e a Jannick; chissà se loro avevano
trovato l'uscita o si erano fatti tentare.
Un'ombra passò
improvvisamente di fronte a lui, ma proseguì verso un altro
corridoio senza accorgersi della sua presenza.
"Aspetta!"
mormorò Don Marek.
Il rumore di passi
aumentò d'intensità: stava tornando indietro. Forse lo
aveva sentito.
"Ehy! Ma te sei il
prete!" disse stupito l'uomo che si palesò.
"Lupus in fabula."
esclamò il povero prete a Sebastian: "Non ti vedo granché
messo bene."
"Senti chi parla.
Con quella lunga barba e quell'abito sembri un santone." lo
schernì l'altro.
L'ex-seminarista si toccò
la peluria che, effettivamente, non aveva avuto modo di tagliarsi;
poi si guardarono e, in una risata liberatoria, si abbracciarono.
Finalmente non erano più
soli: entrambi si erano sentiti impazzire nella solitudine di
quell'intrigo; poi iniziarono a raccontarsi le reciproche esperienze
avute in quegli ultimi giorni.
"Dov'è
Jannick?"
"Si è buttato
da una torre." sentenziò l'uomo.
"E' impazzito?!?"
chiese spalancando gli occhi.
"No no... niente di
tutto ciò." lo tranquillizzò spiegando cosa fosse
accaduto e di come gli angeli l'avessero portato in cielo.
"Comprendo. Anche
noi abbiamo avuto la visita di due angeli; Enrick e Yili sono spariti
proprio a causa loro." Don Oral Marek fornì al suo nuovo
avventore di come quelle creature gli avessero fornito diverse
motivazioni per cui dovessero andare con loro.
"Quindi l'unica
persona di cui non sappiamo più nulla è la
magistrata... mi pareva si chiamasse Elisa." concluse il
matematico.
"Ricordi bene."
"Te cosa ne pensi
degli Angeli e dell'Ombra?".
"Sentendo da te che
gli Angeli hanno preso al volo Evermont, facilmente non prevedono la
nostra morte prematura. Evidentemente entrare nell'Ombra non equivale
ad un suicidio com'ero stato indotto a pensare sinora. Forse è
veramente un atto di fede a cui Dio ci sta mettendo alla prova."
"Bah... non credo a
queste cose. E' possibile anche che, vedendo che io non mi sono
buttato, l'abbiano portato nell'Ombra dove è stato ucciso. In
questo modo io non ho potuto verificare se effettivamente Evermont si
sia salvato o meno." disse con una logica ferrea Sebastian.
"Anche questo è
vero. Però è anche vero che se continuiamo a rimanere
qua non ci rimane alcuna via di fuga. C'è il rischio veramente
di rimanere su questo pianeta per sempre."
"Si se la mia
ipotesi che sia un pianeta-labirinto si rivelasse corretta. Purtroppo
non c'è alcuna stella in cielo con cui orientarsi."
"Allora cosa
desiderate fare?" chiese una voce metallica vicino a loro.
I due umani guardarono
verso destra e, seduto su di una roccia, attorniato con un numero
illimitato di piume nere come le tenebre che lo seguivano, un angelo
li guardava sornione.
"Avete, credo,
analizzato tutte le scelte a vostra disposizione e avete già
ascoltato le parole degli altri Messaggeri, quindi non mi dilungherò
ulteriormente; vi offro un'ultima possibilità: volete entrare
nell'Ombra?"
"Ci puoi lasciare un
momento per pensare?" chiese il prete.
Il portatore delle
tenebre estrasse da dietro una delle sue piume un pacchetto di
sigarette e se ne accese una: "Il tempo di una sigaretta."
-Mai visto un angelo
fumare.- pensò scettico il matematico: -Però
effettivamente questo è solo il secondo angelo che vedo.-
"Cosa facciamo?"
chiese l'altro, sentendo dubitare fortemente la sua fede nel trovare
un'uscita.
"Non credo alle
parole di quest'alieno. Io preferisco continuare a girare e cercare
l'uscita; te rimani con me."
"Non saprei; ormai
ho il sentore che quella potrebbe essere veramente una via di fuga."
Sebastian Ereth, con una
forza inaspettata, colpì con un destro lo stomaco del suo
compagno; il prete si accasciò per terra.
"Non era una
domanda. Te rimani con me: se c'è una cosa che temo è
la solitudine. Voglio che tu resti con me."
L'Angelo ormai aveva
fumato mezza sigaretta.
Il prete si alzò e
con un calcio cercò di rispondere all'attacco del ricercatore:
lo mancò.
Sebastian lo colpì
di nuovo con maggiore di forza di prima: Don Omar Marek scivolò
per qualche metro sull'erba del labirinto.
"Non puoi obbligarmi
a restare." mormorò il prete.
"ZITTO!" lo
ammonì l'altro uomo colpendolo ancora con alcuni calci: "Se
sei un prete abbi fede nelle tue scelte. Non puoi lasciarti ingannare
dall'oscurità."
"Ma non posso
nemmeno lasciarmi ingannare da TE!" gridò il religioso:
UN LAPSUS! Erano le stesse parole che quella ragazzina aveva rivolto
a lui al primo incontro con gli Angeli: "Lasciami andare!"
"NO! Tu rimarrai qua
con me; non voglio che tu muoia come Jannick, Enrick e Yili."
L'Angelo finì la
sigaretta e, con la maleducazione che contraddistingue gran parte dei
fumatori, buttò il mozzicone per terra spegnendolo con il nero
bastone che teneva nella mano destra.
Alzò lo sguardo
verso i due ridicoli umani litigiosi: "Cosa avete deciso?"
"NO! Noi non
veniamo!" rispose a nome di tutti e due il matematico.
Con uno scattò Don
Marek Oral scattò verso l'Angelo.
"Io voglio entrare!"
"MALEDIZIONE! STAI
SBAGLIANDO!!!" gridò il matematico cercando, invano, di
colpirlo con una pietra.
Don Oral Marek riuscì
ad entrare nell'Ombra.
L'Angelo guardò
l'ultimo umano rimasto con superbia: "Sei l'unico rimasto qua:
sei sicuro di non voler entrare?"
-Quindi anche Elisa è
morta.- pensò fra se e se.
"NO!" gridò,
infine, Sebastian Ereth.
"Ha fatto la sua
scelta." pronunciò l'Angelo.
Poi spiccò un
salto verso il cielo; l'Ombra sparì con lui.
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Capitolo 12 *** Ultimo intermezzo ***
CAP. 10: ULTIMO INTERMEZZO
"E così
abbiamo un vincitore."
"Non credevi che
potesse essere lui, ammettilo."
"Senz'altro. Avrei
scommesso sull'altro; ma, a questo punto è lo stesso."
Una porta vicino ai due
spettatori si aprì con calma: da essa un uomo, con passo
calmo, si avvicinò verso i due uomini.
Il luogo dove si
trovavano era in completa antitesi al verde ove aveva vagato poco
prima: era una grande sala completamente bianca; le uniche cose che
riempivano una stanza che, altrimenti, sarebbe stata completamente
vuota, erano tre sedie semi-moventi poste di fronte ad un abnorme
monitor che visionava cosa succedeva nel labirinto.
Due di esse erano
occupate da probabili due esaminatori di quella situazione:
finalmente dopo parecchi giorni aveva quindi trovato l'uscita da quel
luogo.
Si sentì le
lacrime agli occhi.
"Congratulazioni Don
Oral Marek, missionario della spada di San Giorgio" disse con
tono enfatico l'avvenente esaminatrice che occupava il posto più
a sinistra: "Lei è colui che ha superato la prova del
labirinto. Non ce l'aspettavamo."
Incurante della fame,
della sete e del sonno, che sicuramente sarebbero compensati poco
dopo, il prete voleva prima soddisfare le sue mille domande su quella
"prova": "Potrei avere delle spiegazioni?"
L'anziano uomo, che
portava una collana con incastonata una mezzaluna, simbolo del culto
Islamista di Medina, gli sorrise: "Certamente. Ma prego... si
segga su questa sedia."
Il prete accettò
l'invito a sedersi e poi con un cenno della mano invitò i due
uomini ad iniziare la spiegazione.
"Ogni due anni...":
iniziò l'anziano a parlare: "...noi della Confederazione
dei trasporti, con l'intermediazione dell'Esecutorio, proponiamo la
prova del Labirinto nel pianeta-labirinto Aminda a sei individui. Ad
esso partecipano di norma un terrestre, un agnostico, un credente, un
bambino, un adolescente e un legislatore con la limitazione che il
numero degli individui dello stesso sesso non superi le quattro
unità. Gli individui vengono scelti dopo un'attenta analisi da
parte dal Centro di Controllo dell'Esecutorio."
Fin qua era chiaro; il
prete, portandosi la mano destra al livello del naso, fece un segno
d'assenso.
"Ciò che
vogliamo verificare nel corso della prova è che gli individui
selezionati siano effettivamente idonei: i caratteri che devono
essere analizzati principalmente sono il fattore nostalgia, l'analisi
del pericolo, l'avventatezza alla curiosità, il fanatismo alle
proprie ideologie e la paura del diverso."
Proseguì la donna:
"Il bambino e l'adolescente hanno fallito a causa del fattore
nostalgia entrando prematuramente nell'Ombra. La legislatrice,
invece, non fidandosi dell'Angelo che avevamo mandato è morta
prematuramente. Non ha fatto un'attenta analisi del pericolo che
incombeva su di lei e ha avuto terrore del diverso. Il terrestre,
come al solito, ha fallito nella prova della curiosità: non ha
retto al desiderio di poter finalmente conoscere la verità sul
nuovo Universo. L'agnostico, invece, ha fallito perché alla
sua salvezza ha preferito un'agnostica ricerca della verità
non riconoscendo che l'unica via d'uscita era quella che aveva di
fronte. Un fanatico."
"Quindi" disse
Don Marek: "se non fossi entrato nell'Ombra anch'io avrei
fallito la prova?"
"Esatto. Non sarebbe
stata la prima volta che la prova del labirinto si concludeva senza
vincitori." rispose la donna.
"Cosa n'è
stato degli altri dopo che sono entrati nell'Ombra? E cosa ne sarà
del matematico?" chiese il prete non soddisfatto completamente
della precedente risposta.
"Elisa Saresi, come
già detto, è morta. Colpita da un fulmine... non
abbiamo potuto fare purtroppo nulla per salvarla. Enrick Marlack e
Yili Lesin hanno scelto di tornare immediatamente sul loro pianeta.
Al bambino, su sua richiesta, è stata cancellata la memoria su
questa esperienza. Sebastian Ereth verrà prelevato dal
labirinto fra tre giorni e i suoi ricordi su questi giorni verranno
cancellati poiché un fanatico non merita di ricordare la prova
del labirinto. Sarà reintegrato nel suo ruolo principale."
"E il terrestre?"
domandò ancora.
Una porta alla destra si
aprì e da essa entrò nella stanza Jannick Evermont che
gli fece un sorriso sincero: "Salve giovane prete! Come butta?"
Don Marek si alzò
con violenza, facendo cadere per terra la sedia, e corse a salutare
l'unico suo compagno d'avventura rimasto: "Ma non sei tornato
sulla Terra?"
"No. Mi hanno
fornito la scelta di rimanere in quest'Universo coi ricordi o tornare
sulla Terra dimenticando ciò che ho appena vissuto. Ma dopo
quello che ho visto, ho deciso di abbandonare il passato e provare
l'esperienza dello spazio." disse con una nuova luce degli occhi
l'ex-bancario.
"Se lo desideri lui
sarà il tuo nuovo assistente. Altrimenti lo lasceremo andare
su Angaar: il pianeta più adatto per il passaggio graduale
dalla Terra alla Repubblica delle quattro stelle."
Jannick lo guardò
con uno sguardo supplichevole di accettarlo come assistente.
"Ehm... d'accordo.
Ma assistente per cosa?"
"Don Oral Marek: lei
è riuscito a racchiudere la nostalgia nel suo cuore, ha
ottenuto di vivere nella curiosità dello spazio senza
l'avventatezza di un novello Ulisse, ha domato il suo fanatismo
religioso per il vantaggio della vita e del ritorno. Lei ha tutte le
carte in regola per essere uno dei cento Guidatori della
Confraternita dei Trasporti. Le stelle e l'Universo s'inchinano a
lei, Oral Marek." disse, inchinandosi, l'anziano esaminatore.
"Accetta lei il suo
nuovo ruolo?" chiese la donna porgendogli uno stemma della
Confraternita dei Trasportatori.
Il prete guardò il
terrestre: anche lui si era prostrato.
Con un certo timore il
prete raccolse lo stemma dalle mani dell'esaminatrice e se lo portò
al petto.
Esso aderì subito
alla tunica.
"Accetto il mio
nuovo ruolo."
La donna gli strinse la
mano: "Benvenuto a bordo nuovo Guidatore." |
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