You healed my world

di rocchi68
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap 1 ***
Capitolo 2: *** Cap 2 ***
Capitolo 3: *** Cap 3 ***
Capitolo 4: *** Cap 4 ***



Capitolo 1
*** Cap 1 ***


Avete mai pensato cosa comporta la fiducia negli altri? Tu la guadagni o la cedi agli altri…e poi?
Nessuno vi può garantire che questa sia riposta in buona o cattiva fede.
Si vive solo di illusioni e con l’illusione che ci sia un futuro, si muore.
Non c’è nascita senza morte e senza la morte non vi è la vita: è come un cane che si morde la coda.
Un cane se insegue le macchine lo fa per divertirsi: non saprebbe cosa farne se le prendesse.
Allo stesso modo nessuno saprebbe cosa farci ad essere vivi e morti nello stesso momento.
Molti credono che esistano infiniti universi paralleli ed esiste sempre un altro essere uguale a noi e che si differenzia da noi solo per poche caratteristiche.
C’è chi è il sovrano di un intero mondo e il vicino dello stesso universo vive come un pezzente a fare l’elemosina.
Eppure è proprio questa variabile che è introvabile.
Nessuno potrebbe mai sapere se tutti questi noi, finiranno con l’incontrarsi un giorno o l’altro, magari in un regno ultraterreno, ma non sussiste il problema.
Il difficile non è capire chi si è in realtà, ma come dimostrare a lei o a lui di essere migliore di tutte le altre possibilità.
Noi in vita esistiamo solo per rendere felici qualcuno, di cui per buona parte dell’esistenza non sappiamo nemmeno l’aspetto esteriore.
Quello che crediamo giusto non lo è mai stato e quello che consideriamo in cima alla nostra lista di sogni e desideri, una volta ottenuto scopriamo solo che è una chimera dettata dall’egoismo.
In una vita intera sono più gli elementi di tristezza e di assoluta insoddisfazione che quelli di felicità.
La felicità è una morte apparente della tristezza che resuscita quando si è realizzati, per piazzarti un colpo a sorpresa.
Morte, tristezza, rabbia, vendetta e potrei andare avanti all’infinito.
Eppure quando si parla con gli altri, non si parla di questo. Si parla di lavoro, sogni e futuro, mentre questo pane quotidiano resta segregato in noi come se fosse dotato di una forza in grado di sottometterci.
Solo in un luogo si parla di questo e dinnanzi alla croce, lui dice che è il male sottoforma di vesti o di trucchi che noi comuni mortali non conosciamo.
Lui dice che la fede è la migliore difesa contro il buio, lui dice che la fratellanza è la pistola che uccide l’ignoranza e lui dice che il perdono è la medicina contro la vendetta.
Ditemi una cosa però.
Se in quel luogo si parla di un essere superiore e onnipotente che ha creato tutto, perché ha realizzato anche il male estremo?
Perché non è buono come crediamo. Ha capito che errore ha fatto donandoci la vita e siccome non può porre rimedio a questo, preferisce accanarsi piuttosto di ammettere un errore.
Io non sono nessuno per ammettere che la perfezione sia importante, anzi più si è imperfetti meglio è, ma allora perché qualcuno combatte per l’ingiustizia, ben sapendo che non otterrà nient’altro che problemi?
Prendiamo un poliziotto che arresta un criminale implicato in una serie di omicidi e che tale essere venga giustiziato, cosa succederebbe se quella persona in realtà era innocente?
Ormai è morta e un morto non può tornare indietro per chiedere un risarcimento.
La famiglia potrebbe vendicarsi e uccidere il poliziotto, per poi scoprire che il colpevole in verità vive sotto lo stesso tetto dell’agente. Come sarebbe scoprire un simile scenario?
Drammatico, direi così a pelle, ma riflettendoci non è solo questo a colpire noi tutti.
Se voi foste dalla parte della legge e scopriste che vostra moglie è un assassina, voi la porreste davanti ad un giudice?
Nemmeno il più incorruttibile saprebbe rispondere e per pochi secondi potrebbe essere tentato di fregare la giustizia con le sue stesse mani.
L’ingiustizia che frega la giustizia per salvare un assassino che ha paura di essere assassinato.
Ma perché si giunge ad una situazione così estrema?
Si potrebbe vivere in pace, ma se non siamo in pace con noi stessi come speriamo di essere in pace con il nostro vicino di casa?
Chi potrà mai restituirci il sorriso di una persona cara e chi potrà mai sorreggerci nel momento del bisogno se siamo incapaci anche di capire se il nostro bastone è un amico o un nemico? Noi siamo i giudici, giuria e boia di noi stessi.
Noi ci giudichiamo per primi e se sentiamo che i nostri ideali, veri, falsi, comprati o venduti che siano, sono stati rispettati non dobbiamo incontrare le altre due figure.
La giuria siamo noi e tutti gli altri che con occhio critico osservano ogni singolo passo non solo della mia figura, ma anche della mia ombra, come se lei senza di me possa essere in grado di strangolare le persone.
Infine il boia.
Il boia è imparziale, fa solo quello che decidiamo noi e gli altri, eppure a volte fa come meglio crede.
Il boia è il cuore pulsante di tutti noi e spesso siamo noi stessi a ricoprire questo ruolo.
Lui sceglie il metodo per essere giustiziati e noi scegliamo allo stesso modo come morire o come rendere la vita insopportabile agli altri.
Se io mi rendo odioso, il boia potrebbe essere il mio migliore amico o il mio peggior nemico, se invece mi sento uno schifo, potrei essere il boia di me stesso.
Quante volte si sente dire che la nostra vita sia gettata al vento e puntualmente riceviamo critiche su critiche che ci invitano a farci avanti prima che sia troppo tardi.
Troppo tardi per cosa? Nel viaggio finale tutti hanno una buona puntualità e il cambiamento avviene di pari passo con la pazienza.
Chi diceva che viaggiare piano porta alla salute e ti fa andare lontano era un santo.
La vita va affrontata senza fretta e ognuno deve avere i suoi tempi.
C’è chi è già maturo a 20 anni, chi si sveglia a 30, chi muove i primi passi a 40 e chi nemmeno a 80 capisce una mazza di niente.
Eppure si è sempre in tempo per fare qualcosa di grande, si è sempre in tempo per trasformare sogni in solide realtà o in maledizioni senza fine e si è sempre in tempo per chiedere perdono.
 
Forse è per questo motivo che questa sera mi ritrovo qui a fissare il cielo pieno di stelle, mentre rimugino su quello che mi è successo.
Avevo sfogato la mia rabbia su di lei, ma chi non l’avrebbe fatto.
Ho sorpreso la mia ragazza intenta a baciarsi con uno sconosciuto, mentre io contando sulla sua fedeltà ero partito per qualche giorno con i miei colleghi dell’Università.
Giurare che è la prima volta, con 4 giorni a disposizione in precedenza, non è credibile.
È come se in una stanza ci fossero un ubriacone, un astemio e il capo di un bar. Il vino cala sempre più, ma nessuno riesce a capire chi sia il colpevole.
Sapendo che il capo non può bere senza rimetterci e sapendo che l’astemio non tocca l’alcool, chi resta se non l’ubriacone? Quest’ultimo può giurare anche allo sfinimento che non sia vero, ma è indifendibile.
Eppure quando si sbaglia, le ragazze hanno sempre un alibi: non mi riservi abbastanza attenzioni oppure non mi capisci oppure è stato solo un errore.
Lo facciamo noi ragazzi: siamo da ergastolo e da pena di morte incorporati.
Ecco perché, al termine di quella discussione e dopo aver sopportato anche le parole di circostanza al telefono della madre di quella oca, mi ritrovo a guardare le stelle nel vecchio parco e talvolta ad alzarmi per passeggiare innervosito.
 
Non avevo molta voglia di restare il quel dannato appartamento per sentirmi dire le solite cose.
Il perdonami o scusami non sarebbe bastato a risaldare un rapporto che procedeva abbastanza bene, ma quel colpo aveva frantumato l’equilibrio perfetto che avevamo creato.
Se poi avessi avuto la sfortuna di ascoltare quella là per un tempo superiore ai 10 minuti, ecco che il suo sbaglio si sarebbe trasformato in un mio errore.
Secondo quella là, io negli ultimi mesi la trascuravo, ma se mi è permesso dire qualcosa, direi che è falso.
Io non l’avevo mai trascurata e mai l’avrei fatto, ma ringrazio il cielo di essermi accorto per tempo con che ragazza avevo la sfortuna di convivere.
Lo so che sarebbe stato tremendamente più duro se l’avessi scoperta a farmi le corna dopo un ipotetico matrimonio, ma anche così è terribilmente triste.
Sembrerò un ragazzo particolare e forse all’antica, ma sognavo di trovare l’amore della mia vita e di poterci passare molto tempo assieme. Avremmo avuto dei figli e poi arrivati alla pensione avremmo coltivato i nostri interessi. Secondo i miei calcoli quando i ragazzi si sarebbero costruiti il loro futuro e uno di loro mi avrebbe concesso la gioia di stringere tra le braccia un nipotino, solo allora mi sarei spento sul candido letto dell’ospedale, rincontrandomi poi con la mia anima gemella.
 
Quel bacio ha spazzato via questo e molto altro.
Un bacio ci aveva uniti e un altro ci stava separando per sempre.
Non avevo bisogno di nessuno, avevo bisogno di restare solo con la mia malinconia e con il freddo pungente di gennaio.
La luna mi sorrideva, quasi si divertisse un mondo a vedermi soffrire come un cane.
Lei era completa: aveva il sole che si prendeva cura di lei.
Ognuno aveva qualcuno con cui completarsi, mentre io ero solo ad ascoltare i grilli che accompagnavano la triste melodia di quella notte.
Di solito passeggiavo in quel parco per rilassarmi un po’ e ogni cosa mi rendeva felice.
Quel giorno invece ogni cosa aveva un effetto deprimente e devastante sulla mia psiche, già di per se, malandata.
Nemmeno lo scorgere la figura del solito bambino a spasso con il cane mi aveva portato un sorriso.
Tutto mi abbatteva sempre più, ma non correvo rischi nel farmi beccare a piangere.
Avevo una voglia irrefrenabile di piangere, ma l’orgoglio e qualcos’altro mi imponevano di fare diversamente.
In quei frangenti mi sembrava di essere uno di quei poveri vecchi che viene abbandonato all’ospizio, in attesa da parte dei figli che il maledetto crepi, lasciando tutta l’eredità in mano a persone non meritevoli.
 
Un’altra chiamata persa e una decina di messaggi provenienti dallo stesso numero.
Ero stanco di sentire questa pietosa volontà di scusarsi. La mossa migliore fu quella di bloccare telefonate e contatto di quella stalker che sapevo non mi avrebbe mai lasciato in pace.
Risposi solo ad un messaggio e fui abbastanza laconico a riguardo.
Hai fatto la tua scelta. Esulta: mi hai illuso con il tuo amore e ora sarai felice di avermi buttato via. Sii felice con quello là.”
Se non si fosse trattato di un regalo di mia madre, avrei distrutto anche quel dannato aggeggio, ma non avrei risolto nulla.
Osservai l’ora sul display e decisi di andarmene in giro.
I miei genitori abitavano lontano e non avevo molta voglia di rompergli le scatole con le mie questioni amorose del cavolo. E poi non avevo intenzione di stare ad ascoltare il mio vecchio che mi ripeteva che me l’aveva detto che lei non era fatta per me e tanto meno volevo sentir singhiozzare mia madre a riguardo di quella situazione.
I miei zii erano ancora in Giamaica e col cavolo che prendo e parto per andarli a trovare.
I miei colleghi dell’Università erano troppo impegnati a studiare e mi rimaneva un'unica possibilità: la cara vecchia nonna.
Mia nonna abitava a qualche chilometro dal mio, ormai, ex appartamento ed era da molti mesi che non andavo a farle visita. Mio nonno invece era ancora in ospedale a seguito di un operazione all’anca e restava nella struttura per seguire un periodo di riabilitazione.
Fu così che giunsi alla sua abitazione, ma a dire il vero restai per circa 10 minuti appoggiato al cancello, non capendo se era il caso di suonare, disturbare e rendere partecipe dei miei problemi quella benedetta donna, oppure scappare e farmi ritrovare morto e schiacciato dal primo treno della mattina.
 
“Signora c’è uno strano ragazzo appoggiato al cancello, non sarebbe il caso di chiamare la polizia?” Non vi avevo detto che mia nonna a seguito di un’incessante preghiera di qualche mese prima ad opera di una sua amica d’infanzia, aveva accettato la di lei nipote per permetterle di vivere in compagnia di qualcuno. I genitori della ragazza erano sempre in viaggio per affari e l’anziana signora viveva ancora con il marito in una casetta troppo piccola per 3 anime. Fu così che mia nonna accettò quella giovane signorina e andò a vivere con lei nella sua casa.
L’anziana si alzò dal divano e dopo aver guardato alla finestra, tornò a sedersi al suo posto.
“Non preoccuparti Dawn, è mio nipote. Chissà cosa è venuto a fare.” La ragazza non aveva abbandonato i propositi di chiamare gli sbirri fino a quando non era stata rassicurata dalla sua vecchia coinquilina.
 
Dopo aver riflettuto per un po’ decisi di suonare al campanello e venne ad aprire la ragazza di cui vi avevo parlato poco prima.
“Mi scusi signorina, ma questa non è la casa di Fanny?” Chiesi alla giovane, rimanendo per un attimo spaesato per quello che stava succedendo. Una ragazza bionda, bellissima e a prima vista buona mi era venuta incontro. Mi sembrava un angelo, altro che Courtney: dannata arpia.
“Certo, la signora mi ospita per qualche periodo.” Detto questo mi fece strada e mi fece entrare nella casa che conoscevo bene.
“Scott nipotino mio, è da tanto che non vieni a farmi visita. Come mai da queste parti?” Mi chiese non appena riuscii a sedermi sul divano.
“Un sacco di problemi.” Risposi affossandomi ancora di più in quel giaciglio.
“Forse è meglio che vada di sopra. Voi vorrete parlare in santa pace e non sono sicura sia il caso che una sconosciuta ascolti i vostri discorsi.” La ragazza si stava già avviando verso le scale, ma ascoltare anche un suo consiglio mi sarebbe tornato utile.
“La prego resti. Se mia nonna l’ha voluta con se, vuol dire che apprezza la sua compagnia e la sua gentilezza.” Arrossì per un breve istante e tornò al suo posto, mentre io non riuscivo a capire come iniziare il discorso.
“Allora?”
“Ho beccato Courtney intenta a baciarsi con il suo ex. Quando ho visto tutto questo me ne sono andato e l’ho lasciata senza possibilità di riappacificazione. Sospettavo però che da qualche tempo mi facesse le corna, ma non immaginavo di dover assistere al suo tradimento di prima persona. Sono scappato dal mio appartamento e li ho lasciati intenti a scambiarsi coccole ed effusioni, ma ho la chiara intenzione di riprendermi quella casa. In fin dei conti l’ho comprata con i miei risparmi: quando gli altri li spendevano per oggetti inutili, io li mettevo da parte e il lavoretto come cameriere mi ha permesso di prenderla.”
“Se sei sicuro di quello che hai visto, posso solo dirti che hai fatto bene a lasciarla.” Mia nonna per una volta approvava la mia scelta e anche la ragazza sembrava d’accordo con me.
“Il problema è un altro. Se io ritorno in quell’appartamento rischio che lei mi getti le braccia attorno al collo ed io sarei così fesso anche di perdonarla.”
“Ho capito. Vorresti l’appartamento, vorresti che lei se ne andasse e vorresti evitare di fare scemenze.” Mia nonna nonostante avesse 82 anni aveva un cervello migliore di molti quindicenni scapestrati e a volte i suoi consigli erano davvero come oro colato.
“Esattamente, ma non so come fare. Quella maledetta conosce tutte le mie amiche e quelle sono già impegnate e di certo non posso mettermi insieme con qualcuno di più grande di me. Non vorrei nemmeno ricorrere alla carta di qualche sconosciuto e agire per vie legali non mi sembra il caso.”
“Bel dilemma. E tu cosa ne pensi Dawn?” Aveva un nome bellissimo per una creatura così buona e armoniosa. Sì mi sembrava sempre di più un angelo sceso in terra per dare conforto ai bisognosi.
“Ecco…io non saprei.”
“Non si preoccupi troppo, può dirmi tutto quello che pensa.” Cercai di rassicurarla, per quanto fosse possibile e lei rinfrancata da quelle parole, iniziò a parlare.
“Io aspetterei quanto meno una settimana, poi tornerei lì con una ragazza e mi farei restituire l’appartamento.” Aveva avuto le nostre stesse idee, ma il problema riguardava proprio la ragazza che doveva inscenare con me l’inizio di una nuova storia d’amore.
“Il problema sta proprio nella scelta della ragazza.” Ripresi interrompendola bruscamente e facendo innervosire parecchio anche mia nonna che era scattata come una molla.
“Lascia finire la ragazza Scott. Hai la stessa brutta abitudine di nonno Anselmo, sempre che interrompi gli altri.” La figura del burbero nonno brontolone mi fece per un secondo sorridere e quel generale che aveva combattuto in guerra, continuava a stagliarsi imperturbabile. Se una guerra, la crisi e altri problemi non avevano buttato giù quell’arzillo 87enne cosa mai l’avrebbe fatto?
“Mi scusi signorina.” Nonostante conoscessi il nome di quella graziosa creatura non avevo alcuna intenzione di chiamarla per nome, se non me lo avesse permesso lei per prima.
“Lei ci ha detto che la sua ex conosce tutte le sue amiche, ma a dire il vero non conosce ancora qualcuno.” Aveva buttato lì una frase che non riuscii a capire, forse per via del mio cuore e della mia testa non ancora ripresesi al meglio.
“Mi scusi, ma non capisco.”
“Ho capito cosa hai in mente Dawn e la tua idea mi piace assai.” Se persino mia nonna ci era arrivata allora la soluzione era fin troppo semplice
“Volete essere più chiare.”
“La signorina si sta offrendo per inscenare la parte della tua ragazza nel confronto che avrai con Courtney.” Davvero quella ragazza avrebbe fatto qualcosa per uno sconosciuto del quale non ha la piena fiducia? Fidatevi, ero commosso.
“Grazie mille…”
“Dawn.” Riprese lei e mi fece capire che da quel momento potevo chiamarla per nome quanto desiderassi.
“E dove dormirai?” Mia nonna risolta apparentemente quella questione, mi pose in una brutta situazione.
“Ti prego nonna, fammi dormire in questa casa. Accetto anche il pavimento, ma non voglio andare dai miei genitori.”
“Non occorre, puoi utilizzare la stanza degli ospiti e nell’armadio ci sono ancora i vestiti che tuo zio usa quando viene qui la domenica.” Mia nonna, manco fosse dotata di sesto senso, aveva già predisposto il tutto e questo mi fece sorridere.
Con la chiara intenzione di accompagnarmi, si alzò dal divano, ma invece fu l’angelo a farsi avanti.
“La prego signora, accompagnerò io suo nipote nella stanza. Non vorrei si stancasse troppo a fare tutte quelle scale.” Fu così che mi accompagnò alla mia destinazione e la pregai di entrare nella stanza per fare conoscenza, dato che conoscendo almeno un po’ la bizzarra figura di mia nonna, la vecchietta si era già addormentata e lei sarebbe stata costretta ad annoiarsi in compagnia di quel bradipo.
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autore:
 
Mi scuso con tutti coloro a cui avevo promesso di pubblicare il primo capitolo di un’altra long, ma abbiate ancora un po’ di pazienza. Essendo un opera un po’ lunga, la sto rileggendo per bene e nel frattempo butto giù qualche idea su altre storie. A proposito di vecchie storie: per coloro che hanno letto e recensito “I’m a monster” va un ringraziamento particolare e siccome non conosco altri modi per rispondere al gioco dell’altra storia, la soluzione ve la scrivo qui.
Il titolo del libro è: “Jack Frusciante è uscito dal gruppo.”
Per quanto riguarda questa storia non so ancora con quale cadenza uscirà e nemmeno quanto sarà lunga. Per le altre mie opere scrivo sempre il numero di capitoli previsti, ma questa volta improvviserò.
La long promessa uscirà non appena sarà tutto perfetto e non appena finirò questa storia che ad intuito dovrebbe essere al massimo di 5 capitoli (ho detto 5 ma potrebbero essere anche di meno, o perché no, di più.)
Alla prossima
 
 
 

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Capitolo 2
*** Cap 2 ***


Io decisi di sedermi sulla sedia che era appoggiata in un angolo della stanza, mentre la ragazza decise di restare in piedi, come se fosse di troppo in quella casa.
A dire il vero, semmai ero io di troppo e non il contrario e per questo decisi di metterla a suo agio.
“La prego si sieda pure.” Le dissi indicandole la branda che mia nonna mi aveva messo a disposizione. Non era una stanza imponente, ma per passarci poco meno di una settimana come sistemazione andava più che bene. Il tutto era composto dal letto, da un armadio, da un comodino, da una scrivania e dalla sedia su cui mi ero adagiato.
“Certo.” Mi aveva sorriso di nuovo e rispetto ai sorrisi della mia ex non c’era paragone. Quelli di Courtney erano sorrisi seccati e privi di sentimento, invece i suoi erano ricchi di gentilezza e d’amore.
“Non vorrei risultare troppo impiccione, ma da quanto tempo è che vive con mia nonna?” Chiesi osservandola per pochi istanti per poi concentrare la mia attenzione altrove.
“2 mesi al massimo credo e devo dire che mi trovo molto bene qui. I miei genitori hanno pensato…” E si interruppe facendo sparire il sorriso che aveva sempre avuto da quando avevo varcato la soglia.
“Cos ha?” Le chiesi, mentre lei stava abbassando sempre più il capo.
“Niente.” Disse con un sibilo quasi impercettibile.
“Un niente non ti butta giù in questo modo.”
“Dopo quello che le è successo, non mi sembra il caso che io parli della mia vita.” Aveva una sensibilità tale che nessuna ragazza con cui avevo avuto a che fare era riuscita a mostrarmi.
“Non si preoccupi. Sono un buon ascoltatore e poi per oggi non mi va di raccontare la mia storia. Domani le racconterò ciò che desidera e non deve preoccuparsi troppo per me, in fin dei conti, chi non soffre mai, mai troverà la felicità.”
“Come vuole. I miei genitori sotto consiglio di mia nonna hanno iniziato a cercare qualcuno con cui potessi convivere e grazie all’amicizia di vecchia data con la signora Fanny, sono riuscita a trovare un posto in cui stare. Mio padre è direttore di azienda e mia madre è la sua assistente e sono sempre in giro per il mondo.
Australia oggi, Brasile domani, Pechino dopodomani e poi altre città ancora. Io resto sempre a casa e loro vanno sempre in giro, ma ormai ci sono abituata.” Lo diceva con un tono tra l’abbattuto e il rilassato, ma in fin dei conti la capivo abbastanza bene.
“Ognuno ha la sua vita e purtroppo non sempre è piacevole.”
“Credo che abbia fame, forse è meglio andare a preparare la cena.” Si era appena alzata dal letto, mentre io osservavo ancora l’interno di quella stanza che mia nonna mi aveva donato.
“Le devo dire una cosa. Se non le dispiace, può iniziare a darmi del tu. Non sono così vecchio come sembro.” Per un attimo troppo breve sembrò ridere, ma poi tornò seria e si bloccò vicino alla porta.
“Ma se avrai una trentina d’anni.” Stavo quasi per cadere dalla sedia. La colpa del mio invecchiamento stava tutto in quella barba rossa che cresceva senza freni.
“Ho solo 25 anni, non sono poi così vecchio.”
“Staresti meglio senza barba.” Dopo aver piazzato una risposta secca uscì dalla stanza, mentre io rimuginavo su quello che mi aveva detto.
 
In effetti odiavo quella barba, l’avevo fatta crescere solo per far felice la mia ex, ma ormai non ne avevo più bisogno.
La barba faceva parte del passato e a dire il vero era da un pezzo che non mi specchiavo senza avere quella pulciosa roba pelosa. Prima di scendere in cucina decisi di andar a far visita al bagno e come sempre trovai i vecchi rasoi di mio nonno che nonostante il pessimo stato mi avrebbero sicuramente alleggerito di quel peso.
Via barba, via baffi e pure il pizzetto era andato giù per il lavandino.
Una veloce rinfrescata e scesi in cucina.
Mia nonna era ancora intenta a russare sulla poltrona e siccome ero ospite decisi di andare in cucina dove trovai Dawn intenta a cucinare.
“Cosa bolle in pentola?” Chiesi andandole alle spalle e facendola trasalire.
“Ho preso paura. Scott se lo rifai di nuovo ti riempio di botte.” Era una ragazza davvero simpatica e a modo suo, direi unica.
“E sentiamo con cosa avresti intenzione di picchiarmi?” Chiesi sorridendo, mentre lei voltata di spalle, quasi sicuramente era diventata tutta rossa.
“Non mi piace picchiare nessuno, non sono violenta come altre mie coetanee.”
“Nemmeno a me piace essere manesco e poi sono dell’idea che le donne siano il bene più prezioso e come tale non bisogna fargli del male.” Mi spostai dai fornelli e andai verso il frigo dove iniziai a preparare la mia ricetta.
“Cosa stai facendo?” Aveva lasciato il cibo a cucinarsi per bene e si era avvicinata per vedere cosa stessi combinando.
“È una ricetta che ho imparato quando ero bambino e voglio vedere se mia nonna è in grado di apprezzarla come ai vecchi tempi.”
“In cosa consiste?” Era fin troppo curiosa e si avvicinava di volta in volta sempre più al mio viso. Il profumo dei suoi capelli era inebriante e i suoi occhi che esprimevano un sorriso meraviglioso, mi lasciavano senza fiato.
“Una semplice omelette con un ingrediente segreto.”
“Sembra interessante.” E si avvicinava sempre di più. Stava giocando con il fuoco e il rischio che si scottasse era serio.
Annusai per un momento l’aria e percepii un lieve odore di bruciato.
“Lo sai cosa bisogna fare quando si cucina?”
“No.” Mi rispose, abbassando lo sguardo.
“Si deve sempre controllare ciò che si sta cucinando e tu lo stai facendo?” Chiesi con un pizzico di ironia al quale lei non seppe rispondere.
“Accidenti. I miei involtini stanno bruciando. Cosa faccio? Come?” Stava impazzendo per un semplice fornello da spegnere e non sapevo se riderci su o se aiutarla.
Mi avvicinai e spensi tutto aprendo subito dopo anche la finestra per mandare fuori quell’odore di bruciato che si stava diffondendo in tutta la stanza.
“Per questa volta sono salvi, ma la prossima fai maggiore attenzione.” Aveva chinato il capo come se si aspettasse una punizione da parte mia, ma questo non era nelle mie intenzioni.
“Sei stata brava comunque. I tuoi involtini sembrano davvero molto buoni.” Le accarezzai dolcemente la testa e tornai verso il tavolo, dove gli ingredienti stavano aspettando che iniziassi a preparare il tutto.
Sembrava stupita di non aver subito rimproveri da parte mia e infatti tornò nella postazione di prima, osservando con calma il mio operato.
“Scott posso dirti una cosa?” Mi chiesi perché non arrivasse subito al dunque senza girarci troppo attorno.
“Dimmi pure Dawn.”
“Lo sai che stai molto meglio senza barba, mi piaci molto di più e mi ispiri maggior fiducia.” In poche parole prima non gli andavo particolarmente a genio.
“Quella barba iniziava a darmi fastidio e comunque prima o poi doveva sparire. Cos è questa storia che non ti ispiravo fiducia?” Chiesi tirandola a me senza che lei riuscisse a ritrarsi.
“Mi facevi paura. Pensa che quando eri appoggiato al cancello avevo intenzione di chiamare la polizia pur di non vederti più, ma non sei affatto come sembri.”
“Questo ti ha insegnato che non si deve mai giudicare un libro solo dalla copertina. La prossima volta abbi maggior fiducia negli altri e non spaventarti per ogni cosa.” Le baciai la fronte, la lasciai libera di svolazzare in giro e poi tornai ad osservare lo strano miscuglio che stavo preparando.
“Io…vado a preparare…la tavola.” Era arrossita di nuovo e se in principio non avevo mai creduto al colpo di fulmine, questa volta c’ero rimasto scottato.
 
 
Da quando era arrivato non gli avevo più staccato gli occhi dosso.
La sua bellezza non era paragonabile a quella dei tanti modelli anoressici che si vedono in giro e non sembrava nemmeno un nobile con tutta la spocchia di cui è abituato.
Era un semplice ragazzo cordiale e umile colui che aveva suonato il campanello qualche ora prima.
È vero che con quella barba e con quell’aria triste e abbattuta, non mi aveva fatto una buona impressione, ma un libro non si giudica solo dalla copertina.
Non sapevo nemmeno che la signora che mi ospitava avesse un nipote, o meglio conoscevo un nipote, ma non era lui.
Lo zio di Scott aveva un figlio che nonostante mi facesse una corte spietata non mi ispirava fiducia.
Lo consideravo uno di quei figli di papà che ti corteggia solo per portarti a letto, per poi ottenuto il suo premio, buttarti in disparte.
Più volte ci aveva provato e dopo i primi tentativi in qui gli avevo dato buca, decisi di andare in giro quando lui veniva a farci visita oppure lo tenevo a distanza.
Invece Scott era diverso. Era della stessa famiglia, ma sembrava più semplice e non sembrava il tipico ragazzo che ti butta via non appena non gli fai più comodo.
Non appena avevo incrociato il suo sguardo spento, ma vivace, o così pensavo, il cuore iniziò a martellarmi in petto.
Avevo avuto qualche breve storiella fatta di baci e poco altro, ma lui era diverso. Mi faceva sentire diversa e la scusa che avevo cercato per uscire dal salotto, serviva solamente per farmi riprendere il controllo.
L’idea era quella di correre in camera, fare dei grossi respiri e riprendere il pieno controllo sui miei sentimenti che invece come un torrente in piena, mi dicevano che lui era un ragazzo perfetto e che non era come sembrava.
Dentro di me cercavo di capire cosa fosse questo “non era come sembrava”, ma con scarsi risultati.
Forse da fuori appariva in un modo, ma dentro era diverso. Non era un diverso di cui avere paura, ma anzi sembrava un diverso ancora più dolce di quello che manifestava abitualmente.
Invece con quella galanteria che raramente avevo incontrato, mi costrinse a restare in salotto.
Stava soffrendo terribilmente, ma non stava cercando nessun segno di pietà nei nostri sguardi.
Chiedeva un solo consiglio al quale risposi senza nemmeno pensare.
Non ero mai stata così spregiudicata di far finta di essere la ragazza di qualcuno che conoscevo da una decina di minuti al massimo.
Forse era amore o forse era solo amicizia mescolata con affetto, ma quel pensiero uscì senza darmi il tempo di riflettere.
Era inutile provare qualcosa per una persona che conoscevo appena, questo ripetevo in continuazione quando qualcuno mi faceva la corte, ma lui non ci aveva provato con me. Forse era proprio questo che mi piaceva di lui: non aveva cercato subito di farmi sua.
Sembrava studiasse la situazione con attenzione e non voleva rischiare di rovinare un legame molto sottile che minuto dopo minuto si stava creando.
Non ero mai stata avventata o così decisa, nemmeno quando avevo pensato di accompagnarlo nella sua stanza.
In fin dei conti eravamo sullo stesso pianerottolo, lui aveva una stanza a destra dopo le scale, io l’avevo a sinistra, la distanza era minima.
Non immaginavo nemmeno di essere in grado di entrare nella stanza di un ragazzo che conoscevo da poco eppure con lui avevo fatto anche questo.
Non solo ci avevo parlato, ma mi piaceva sempre di più.
E se ripenso solo a quello che mi è successo quando eravamo in cucina, arrossisco di nuovo come una stupida ragazzina.
Mi aveva solo tirato a se per scherzare e mi aveva baciato la fronte con dolcezza, eppure con lui mi sentivo diversa.
Un gesto così semplice non mi aveva mai spiazzato come prima d’allora e invece lui era riuscito con così poco ad abbattere le mie difese.
 
Mi avviai quindi verso il tavolo ed iniziai ad apparecchiare come di consueto, ma la mia testa era altrove. In continuazione mi cadevano forchetta e coltello di uno o di un altro commensale e la povera padrona di casa sentendo quel tintinnio ripetitivo si era svegliata dal sonnellino pomeridiano che era solita fare.
Prese a squadrarmi con attenzione e per la prima volta mi sentivo a disagio con lei presente.
“Dawn puoi sederti qui con me?” La signora mi chiamò ed io convinta che fosse una cosa importante, iniziai ad osservarla con attenzione.
“È quasi pronto signora.”
“Lo immaginavo, ma c’è una cosa che devi sapere.” Era diventata seria all’improvviso, ma l’avevo vista diverse volte in quello stato, specie quando perdeva a carte con le sue amiche del venerdì pomeriggio.
“Mi dica.” Cercai di mantenere il mio solito tono di voce, ma credo che questa fosse un po’ diversa dal solito.
“Se vuoi avere successo nella recita contro Courtney dovrai conoscere un po’ meglio mio nipote. In poche parole vi chiedo di fare quello che stavate facendo fino a pochi minuti fa.
Familiarizzate il più possibile e se serve, diventa gelosa e tira fuori gli artigli per il tuo uomo.”
“Ma signora…” Lei non era propensa a smettere di parlare e infatti mi interruppe subito.
“Il mio nipotino è un ragazzo sveglio, ma quando si tratta di donne è un po’ tonto, come tutti gli uomini del resto. Però Scott ha un grandissimo pregio: quando vuole qualcosa e capisce che non può rinunciarvi, lotta con le unghie e con i denti.
Non so se mi sono spiegata bene.” Non avevo capito niente da quel discorso della mia anziana coinquilina, ma in questo caso era meglio fare buon viso a cattivo gioco.
“Si è spiegata perfettamente.” Era una bugia grande come una casa, ma non potevo chiederle di ripetere. Sarebbe stata capace di essere più schietta e quel segreto che aveva lasciato trapelare per metà volevo scoprirlo da sola.
“È pronto in tavola.” Urlò lui nella nostra direzione e dopo aver aiutato Fanny ad alzarsi, iniziammo a mangiare e parlammo per un po’ della vita della povera nonna che ci raccontò di come aveva incontrato il suo Anselmo e di altre peripezie che aveva sopportato durante la sua lunga vita.
Finita la cena restammo alzati fino alle 23 e poi ognuno inizialmente decise di andare nelle sue stanze, mentre lui decise dopo un attimo di incertezza di restare sveglio a guardare la televisione.
“Non vai a dormire Scott?” Chiesi mentre salivo le scale e mentre lui monopolizzava il divano.
“Le prossime lezioni d’Università le conosco a memoria e i libri che mi servono sono tutti qui dentro.” Si picchiettò quindi due dita sulle tempie e mi sorrise.
“Ho capito.”
“E tu?” Mi chiese con un ulteriore sorriso smagliante.
“Domani ci sono le lezioni di recupero e credo che resterò a casa anch’io. Potrei invitare qualcuno?” Sentivo la nostalgia delle mie compagnie di classe e avevo una voglia matta di parlare con loro per informarle delle ultime novità.
“Fai come se fossi a casa tua.” Mi rispose ridendo appena.
“Vorrà dire che inviterò i miei migliori amici.”
“Mi fa sempre piacere conoscere gente nuova. Non vedo l’ora di incontrarli.” Siccome per l’indomani non avevo troppi impegni decisi che sarei rimasta sveglia anch’io per fargli compagnia e poi Zoey e gli altri sarebbero arrivati solo dopo le 15.
“Resti anche tu?” Mi chiese, vedendomi al suo fianco.
“Certo.” Risposi, ben sapendo che sarei crollata non appena avrei appoggiato la testa sui cuscini morbidi di quel comodo giaciglio.
 

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Capitolo 3
*** Cap 3 ***


Era mezzanotte e ormai la tv parlava a vuoto. Lei dormiva beata ed io fissavo solo lei, mentre lo schermo mandava immagini prive di significato.
Non sarebbe stato corretto nei suoi confronti, lasciarla dormire sul divano dopo che mi aveva fatto compagnia.
Mi alzai lentamente, prestando attenzione a non fare troppo rumore ed evitando quindi di svegliarla dal suo sonno.
Spensi l’unico televisore della casa e poi dolcemente la presi in braccio. In fin dei conti non era una ragazza pesante e fare qualche gradino non mi avrebbe di certo spaccato la schiena.
Senza volerlo era stata proprio lei a dirmi dove si trovasse la sua stanza e cercando di non schiantarmi contro i mobili, riuscii a depositarla sul suo letto e a coprirla per bene date le temperature glaciali a cui quel maledetto gennaio ci costringeva.
Evitando di fare confusione, andai nella mia stanza e dopo aver dato una rapida occhiata al cellulare che mi portavo dietro, mi buttai a dormire.
Dormii tranquillamente per tutte le successive 8 ore e quando mi alzai, trovai mia nonna intenta ad inzuppare i biscotti nel caffelatte e Dawn a cucinare qualcosa ai fornelli.
“Buongiorno.” Dissi sbadigliando appena e portandomi rapidamente una mano alla bocca.
“Scott ti sei alzato finalmente. Fra qualche minuto esco per pagare le bollette, voi due potreste nel frattempo fare amicizia ed inventarvi qualcosa per mandare via Courtney.”
“Abbiamo ancora molto tempo e poi Dawn la conosco molto meglio di quanto sembri.” Le feci un sorriso e tornai a sorseggiare il caffè, il quale risultava fin troppo zuccherato per i miei gusti.
“È vero signora, ieri ci siamo messi a parlare dopo che è andata a letto e abbiamo scoperto che abbiamo molte cose in comune.” Era molto brava anche a mentire, ma in questo caso mi andava bene che reggesse il gioco.
“Sono contenta per voi.”
“Vedi nonna, ti abbiamo fregato.” Dissi osservando la povera 82enne che non capiva in cosa l’avessi ingannata.
“Come?”
“La povera Dawn si è messa a dormire quasi subito e non abbiamo parlato poi molto. Se siamo riusciti ad ingannare una donna sveglia come te, pensa come sarà facile con quell’oca giuliva di Courtney.” Mia nonna iniziò a ridacchiare e dopo aver terminato la colazione, andò a prepararsi e uscì in direzione della banca.
 
 
Eravamo rimasti da soli, ma non avevo paura di lui.
Però c’era una cosa che mi premeva chiedergli, ma avevo paura di passare per una pazza sclerotica.
“Scott posso chiederti una cosa?”
“Chiedimi tutto ciò che desideri.”
“Mi hai portato tu a letto ieri sera?” Lo chiesi arrossendo lievemente e sembrava essersi accorto del mio cambiamento.
“Non credo tu abbia il potere di volare con gli occhi chiusi.”
“Scommetto che ero pesante.”
“Ma vuoi scherzare? Se diventassi ancora più magra non ti vedrei più. Vuoi diventare invisibile per caso? Perché in tal caso, se non dovessi più notare la tua figura, mi preoccuperei molto.” Non so perché, ma mi sentii sollevata da quello che mi aveva detto e il fatto che si preoccupasse della mia salute, mi rendeva felice.
“Non succederà.”
“Ottimo e ora con il tuo permesso, vorrei aiutarti nello studio.” Questa era una cosa che mi innervosiva un po’. Il fatto che qualcuno volesse aiutarmi nello studio, significava che si considerava superiore a me e questo non mi andava a genio.
“Sono anche capace di studiare da sola.” Solo quando dalla mia bocca uscì l’ultima parola, capii di aver fatto una grande cazzata. Se volevo essere sua amica non dovevo rispondergli così, ma dovevo essere maggiormente disponibile.
“Non credo dato che la nonna mi ha detto che in letteratura sei un po’ scarsa.”
“Lo sapevo che dovevo stare zitta. Perché tu credi di aver un voto migliore del mio?” Chiesi sfidandolo apertamente.
“27/30 nell’ultimo test, mi sembra un risultato discreto.” Nonostante fosse trasandato, un simile risultato era ottenibile solo dimostrando buone doti e un’ottima intelligenza.
“Come fai ad avere un simile voto con il professor Bonelli? Con quel dannato è già tanto se arrivo a 20/30 e tu riesci ad essere addirittura il migliore. Questo è troppo.” Lo dissi con un tono che lo fece ridere, ma forse aveva ragione. Nonostante odiassi chiedere aiuto agli altri, quella volta avevo bisogno di lui.
Avevo bisogno di lui. Avevo bisogno del suo sorriso e avevo bisogno dei suoi occhi che mi fissavano meravigliati.
Ma che dico? Ho bisogno solo di un suo aiuto. Perché mi faccio tutte queste paranoie?
Era da circa 2 ore che continuavo a fargli domande sugli ultimi argomenti spiegati e lui con una pazienza infinita, ripeteva anche mille volte se necessario la stessa frase.
“Il segreto sta tutto in queste poche pagine. Quando lui dice che qualcosa non è importante, è la cosa che lui desidera che conosciamo meglio. L’ho capito quando durante il primo test avevo preso un 18/30 per miracolo e osservando bene le domande, mi ero reso conto che quelle che non conoscevo si rifacevano ad argomenti studiati approssimativamente. Perciò la prossima volta quando senti qualcosa del genere, annotati subito quegli argomenti da lui considerati inutili.”
“Sei sicuro che questa tecnica funzioni?” Chiesi scettica su quel metodo che non avevo mai brevettato.
“Su una decina di test che ho avuto con lui, almeno su 8 ha usato questa strategia e infatti se osservi i voti dei miei colleghi, ti renderai conto che buona parte con Bonelli non ha possibilità di arrivare alla sufficienza.” Erano circa le 11 ed iniziavo ad essere stanca di quelle ore di letteratura forzata e presi a stiracchiarmi per permettere alla schiena di tornare a funzionare come al solito.
“Ho capito.”
“A che ora dovrebbero arrivare i tuoi amici?” Mi chiese scrutando l’orologio del cellulare. Il suo sguardo però era cambiato e infatti notai che qualcosa non gli andava a genio. Si era spento e tratteneva a spenta la rabbia che stava attraversando il suo corpo.
“Cosa c’è?”
“Nulla.”
“Un nulla non ti butta giù in questo modo.” Avevo usato le stessa frase che mi aveva detto contro di lui e per un attimo sembrò recuperare il sorriso.
“Hai ragione. Mi è arrivato un messaggio dell’arpia e vorrebbe che mi ritrovassi con lei, per parlarle di quello che ho visto. In poche parole vuole farmi fesso e vuole che ci rimettiamo insieme, ma purtroppo per lei, io non sono un giocattolo che può essere preso e buttato quanto si desidera. Credo di avere anch’io dei sentimenti e sono stanco di sentirmi dare dell’ insensibile quando non mi mostro interessato a qualcosa.” Tutta la rabbia che aveva accumulato stava uscendo poco per volta e anche se spesso parlava a sproposito, notai che pian piano si stava calmando. Di tanto in tanto si asciugava gli occhi che facevano fuoriuscire tante lacrime amare, mentre io non potevo far altro che fissarlo sconcertata.
“Tu non sei come ti descrivono gli altri.”
“Lo credevo anch’io.”
“Io vedo in te molto di più di quello che sei in realtà. Sei gentile, educato, cordiale e simpatico. Tu sei tutto il contrario dell’insensibile e non devi credere a ciò che dicono gli altri.
Quando ero bambina mi descrivevano come una pazza, ma dopo un po’ impari ad ignorare ciò che gli altri dicono di te e ti abitui a sentirgli dire scemenze.” Risollevò il capo dal tavolo che stava fissando e sembrava essersi rasserenato dopo quello che gli avevo detto.
“Come ti ho promesso ieri, forse è il caso di iniziare a parlarti della mia vita finora.”
“Ti ascolto.”
“I miei genitori erano sempre troppo impegnati per divertirsi con i loro amici e non si sono quasi mai occupati di me. È per questo che venivo spesso a trovare i nonni e odiavo e non sopporto tuttora i miei vecchi. Mio padre grande capo di banca ha sempre la puzza sotto il naso e anche mia madre avvocatessa penalista in carriera non mi ha mai capito.
Ho avuto brutte amicizie, ragazzi che mi sfruttavano, ragazze oche che non capivano la mia sofferenza e così dopo qualche tempo ho iniziato a chiudermi in me stesso.
Avevo trovato Courtney che era riuscita ad aprirmi per poi accorgermi che mi prendeva in giro e si divertiva alle mie spalle. Mi mollava e ci riunivamo in tempi rapidi, ma dentro di me sentivo che nemmeno così stavo bene.
Qualche giorno fa ne ho avuto la riprova, ma forse me lo merito. Ho sempre riposto la mia fiducia nelle persone sbagliate e questa è una punizione per tutti gli errori che ho commesso.”
“Non sempre.” Dissi cercando di vedere in lui uno sguardo più vivo e accattivante.
“Cosa?”
“Non hai sempre riposto la fiducia nelle persone sbagliate. Ci sono ancora io a farti forza.” Detto questo mi alzai e andai a telefonare ai miei genitori, i quali furono entusiasti della mia chiamata e si trovavano nella sala d’attesa di un importante ufficio di Montreal dove speravano di firmare un contratto molto ricco.
 
 
Dovevo avere fiducia di una ragazza che conoscevo appena? Mi aveva chiesto questo, ma non ero sicuro che quella fosse una scelta corretta.
Anche la mia ex mi ripeteva che dovevo dargli fiducia e poi guardate come è andata a finire. Quella là lo diceva soltanto per prendermi in giro e non ero sicuro che Dawn provasse per me ciò che io provavo per lei. Forse era un'altra sosia di Courtney, forse erano dello stesso stampo e forse le donne erano davvero tutte uguali come dicevano i trentenni al bar, soli e abbandonati a loro stessi.
Parlavano come se conoscessero il mondo e forse poteva anche essere così, ma non ero sicuro che fosse vero.
Nemmeno io potevo essere certo di qualcosa: la vita dopotutto è in continua evoluzione e solo il più forte e furbo vince.
Per quanto riguarda la fiducia verso Dawn non ero sicuro della mia furbizia.
Avevo gettato troppe volte il cuore oltre l’ostacolo e ogni volta lo avevo frantumato in milioni di pezzi. Poi arrivava una ragazza, lo sistemava e tempo pochi mesi, lo distruggeva in pezzi ancora più piccoli.
Ma va bene così. Forse lei è la ragazza del mio destino, forse lei è veramente la donna che riuscirà a ricompormi per sempre e forse io riuscirò a fare lo stesso con lei.
Tanto valeva rischiare di nuovo: non avevo più nulla da perdere.
Senza nemmeno accorgermene si erano già fatte le 14:30 e a distanza di pochi minuti entrarono 4 ragazzi che non avevo mai visto prima.
Si vedeva lontano un miglio però che tra quei 4 c’erano due coppiette che spiccavano e non ci voleva questa grande attenzione per rendersene conto.
“Ciao Zoey, ciao Mike. È da un pezzo che non ci si vede.” Dawn già dalla porta aveva iniziato a salutare i suoi amici ed era corsa incontro alla ragazza, abbracciandola con tutte le sue forze.
Decisi di alzarmi dal divano che occupavo da circa un’ora e mi avviai verso la soglia per fare la conoscenza di quei nuovi giovani.
“E lui chi sarebbe?” Il fidanzato della rossa Zoey aveva bisbigliato appena per non farsi sentire, ma il mio udito era fin troppo sviluppato.
“È il nipote della signora Fanny e se vi ho invitato qui è per dirvi che può aiutarci con lo studio.”
“Piacere mio, sono Scott.”
“Mike.”
“Zoey.” Strinsi le mani di quei due strani ragazzi, mentre Dawn veniva raggiunta da altri due giovani.
“Ciao Gwen e ciao anche a te Duncan.” Mi voltai appena e mi ritrovai gli occhi incuriositi di altri due ventenni che mi fissavano come pesci lessi.
“Prego accomodatevi.” Mi avviai seguito a ruota dai nuovi arrivati e nel frattempo iniziai a parlottare con Duncan che mi aveva incuriosito e attirato per la sua simpatia.
“E così Dawn ti sei trovato il ragazzo.”
“È davvero carino e devo dire che era ora che trovassi qualcuno con cui passare il tempo.” Gwen e Zoey avevano preso in disparte la diretta interessata, mentre io ricevevo le stesse parole, solo a parti invertite.
“Non è il mio ragazzo.” Rispose lei cogliendo di sorpresa quelle impiccione delle sue amiche e per sua fortuna non ebbero il tempo di ribattere dato che eravamo appena arrivati in salotto.
 
“Vediamo, cosa non avete capito degli ultimi argomenti?” Chiesi spostando lo sguardo da uno all’altro dei quattro appena arrivati.
“Siamo sicuri che sia in gamba come dici Dawn?” Gwen sembrava scettica a riguardo e anche Mike e Zoey sembravano dello stesso avviso.
“Io mi fido di lui.”
“Sono al penultimo anno d’Università e se posso essere d’aiuto alle matricole ne sono felice.”
“Cosa ne pensi del Professor Mancinelli?” Duncan aveva iniziato con il chiedermi le mie opinioni si quello di fisica.
“Se lo conosco bene, i prossimi programmi per voi matricole dovrebbero riguardare leve, leggi di Newton e principi base della fisica quantistica.”
“E la professoressa Verini?” Mike non andava bene in filosofia e infatti per miracolo portava a casa la sufficienza.
“Test su strutture semplici di testi latini e greci, credo Aristotele o forse Platone.”
“E la Barbieri?” Fu il turno di Gwen a pormi una domanda difficile, ma alla quale seppi rispondere con rapidità.
“Dovrebbe parlare di Shakespeare e autori inglesi suoi contemporanei. Un consiglio: quando vi dirà che Manzoni non verrà affrontato con attenzione, studiatelo con un occhio di riguardo. Era un grande autore e se imparate per bene le sue opere fondamentali, vi prenderà sotto la sua ala protettrice.”
Zoey al contrario degli amici sembrava invece molto più preparata e infatti non mi fece alcuna domanda e preferì osservare i colleghi che studiavano e ripetevano sempre le stesse frasi.
 
Il tempo in compagnia di quei ragazzi era volato e infatti verso le 18 erano già tornati alle loro case, mentre io stavo sistemando il disordine che avevamo provocato in quelle poche ore di studio e di divertimento.
Per la prima volta nella mia vita mi sentivo parte di un gruppo di persone che mi volevano bene non per quello che avevo o per quello che ero in grado di dare, ma per quello che rappresentavo per loro.
Ero un appoggio, ero un valido consigliere e speravo di diventare un ottimo amico.
Se Dawn si fidava di me, perché gli altri non avrebbero dovuto essere dello stesso avviso?
Non avevo motivi per pensare di non essere degno della loro amicizia.
 
“Come ti sembrano?” Ero seduto tranquillo a fissare la televisione e lei era venuta per sapere l’opinione che avevo riguardo i suoi amici. Chi sono io però per descrivere qualcuno senza conoscerlo appieno?
“Sembrano davvero dei bravi ragazzi, sei molto fortunata ad avere degli amici così.”
Si accontentò di così poco e lei tornò ai suoi impegni, mentre io continuavo ad osservare la sua figura che zampettava in giro per la casa.
“Credo comunque sia il caso di andare al mio appartamento prima della settimana prossima. Non mi sento bene a stare qui e a non fare nulla per tutto il tempo.” Dissi, facendola voltare mentre lei era intenta a spolverare in giro.
“Si vede che sei impaziente di tornare a vivere in quella casa. Non è che ti sentirai solo dopo che Courtney ti restituirà l’appartamento?” Non avevo pensato affatto che senza l’arpia sarei stato costretto ad arrangiarmi a fare tutto o quasi da solo.
“Chi ti dice che sarò solo?”
“Intuizione femminile.”
“In questo caso ti sbagli. Ho già in mente qualcuno che potrebbe essere felice di stare in quell’appartamento.”
“E sentiamo chi sarebbe?” Me lo chiese con uno strano tono e forse avevo capito di cosa si trattava: gelosia nei confronti della persona che sarebbe diventato mio coinquilino.
“Essendo stata arredata con i gusti della mia ex, credo che i miei amici uomini non verrebbero mai a viverci. Per questo sto pensando di chiedere ad una ragazza di venire da me, ma non so ancora come chiederglielo.”
“Ho capito.” Era diventata triste e se ne stava andando chissà dove, mentre io mi chiedevo da quanto ero diventato così codardo.
Presi uno slancio e le afferrai dolcemente il polso cosicché non potesse scappare e la trascinai con me sul divano.
“Cosa c’è che non va?” Chiesi facendola sedere sul divano.
“Dovevo andare in camera mia per sistemare alcune cose e per…”
“Piangere? Nonostante tutto le donne le conosco abbastanza bene e nei tuoi occhi leggo un desiderio. Quando imparerai ad esprimerti liberamente senza avere paura del giudizio altrui?”
“Non stavo piangendo.” Rispose con un sorriso falso che nascondeva tutta l’amarezza che si sarebbe liberata con l’uscita delle lacrime.
“Certo come no.” Ridacchiai appena per non farla arrabbiare.
“Io pensavo che…”
“Lo so cosa stai pensando e se lo desideri quell’appartamento aspetta solo te.” La interruppi e le feci una leggera carezza al viso che mi fissava ancora imbronciato.
“Evviva.” Urlò come una pazza cogliendomi di sorpresa.
“Ci voleva tanto a chiedermelo?”
“Quando andiamo?” Mi chiese cogliendomi di sorpresa, mentre si stava già avviando verso la porta per vedere il mio nuovo appartamento.
“Se vuoi ci andiamo domani.”
“Magari.” Non elaborammo nessun piano e nessuna strategia per l’indomani e senza nemmeno rendermene conto era arrivato il momento tanto atteso.
 
 
 
 
Angolo autore:
Finalmente mi ricordo di avvertirvi della prossima uscita. Domenica è il giorno previsto per il prossimo capitolo e dato che non ho più nulla da dirvi, vi saluto e vi auguro una buona giornata.
 
 

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Capitolo 4
*** Cap 4 ***


L’indomani mi svegliai verso l’alba, avevo dormito poco e male e infatti mi trascinavo da una stanza all’altra della casa.
Avevo preparato la colazione per Dawn e per mia nonna e ora stavo aspettando con impazienza l’orario perfetto per andare dall’arpia e per sbatterla fuori dalla mia vita.
“Buongiorno.” Dawn si era alzata un po’ prima del solito e sembrava ancora molto assonnata. Dietro di lei comparve la figura di mia nonna che non vedeva l’ora di andare a fare visita a nonno Anselmo che secondo i medici sarebbe tornato a casa nel giro di una settimana.
“Quel vecchio brontolone è già di ritorno.” Ripeteva lei di continuo pensando al burbero marito che appena entrato gli avrebbe chiesto un  piatto delle sue specialità preferite. Eppure lo diceva con il sorriso sulle labbra e anche se non lo ammetteva espressamente quei mesi di lontananza dal vecchietto, come lei lo chiamava affettuosamente, le erano pesati terribilmente.
“Ti vedo bene nonna, sei felice che il nonno ritorni?” Chiesi ben sapendo che non avrebbe mai ammesso la verità.
“Spero solo che non brontoli come al solito altrimenti lo rispedisco con l’altra anca fracassata.” Era meglio se avessi lasciato perdere.
“Ma è sempre suo marito.” Intervenne prontamente Dawn quasi volesse fargli la predica.
“La nonna lo dice per scherzare e non appena saremo fuori, vedrai come lo farà impazzire.”
“Non è vero.” Mia nonna mi fissò per pochi istanti con uno sguardo rabbioso, ma non mi spaventavo per così poco.
“Inutile negare è la verità. Ti dirò nonna, anche a me piacerebbe avere molto la vita che hai avuto con nonno Anselmo. Sempre insieme, nessun tradimento, pochi litigi e tanto amore.”
“Anche a me. La prego signora mi può dire quale sarebbe il suo segreto?”                                           
“Vedi Dawn non esiste un segreto generale. Ognuno utilizza quello che desidera: c’è chi usa il rispetto, chi l’amore, chi il sorriso, ma noi oltre a questi usiamo la carta della fiducia. Io mi sono sempre fidata ciecamente del mio vecchietto e lui ha fatto lo stesso con me. Ci siamo presi cura l’un l’altro e sarà così fino alla fine dei nostri giorni.” Il resto della colazione passò con mia nonna che raccontava per l’ennesima volta la storia della sua vita e dopo pochi minuti ero un po’ stanco di ascoltare sempre la solita minestra, ma se questo la rendeva felice, non potevo toglierle anche questo.
 
Erano circa le 10 quando uscimmo per riprendere l’appartamento e durante i pochi chilometri che ci separavano dalla nostra meta, misi in guardia Dawn sul caratterino di Courtney.
“Non appena la vedrai stai bene attenta. Non è una ragazza facile con cui parlare, è scontrosa, arrogante, miss perfettina la chiamo io ed è fin troppo altezzosa e rompiscatole. In poche parole tutto il contrario di te.” Dissi facendole un riassunto abbastanza rapido.
“Tutto il contrario di me? Vuoi dire che hai vissuto con un uomo?”
“Come scusa?” Chiesi spostando il capo nella sua direzione.
“Il contrario di una donna è un uomo.”
“Bella battuta.”
“Ho capito cosa intendi. Io sono ordinata e quindi lei sarà disordinata, io sono un po’ tonta è lei sarà sveglia…” So dove stava andando a finire, avevo prima descritto i suoi lati positivi e poi pian piano stava descrivendo quelli negativi che a dire il vero non erano poi molti.
“Ascolta.” Dissi fermandomi per 2 minuti sul ciglio della strada.
“Tu non sei tonta come credi e sei molto intelligente. Come tutti hai dei lati negativi, ma i pregi superano e sono più importanti dei tuoi difetti.”
“Dicevo così per dire.” Mi si appoggiò al braccio e mi fece sorridere come uno stupido.
“Hai detto delle sciocchezze. Andiamo tesoro, altrimenti potrebbe sospettare qualcosa.”
 
A distanza di dieci minuti giunsi al mio appartamento e presi a citofonare con insistenza e dopo 2 minuti Courtney venne a rispondere.
“Chi è?” Chiese urlando, manco fossi sordo.
“Indovina.” Sentendo la mia voce aprì subito e dopo aver fatto le rampe di scale era pronta a gettarmi le braccia intorno al collo, ma la scansai.
“Lo sapevo Scott che saresti tornato da me strisciando.” Mi disse Courtney mentre entravo in casa.
“Ti sbagli carina. Io sono qui per riprendermi ciò che è mio.” Risposi con un ghigno maligno.
“E lei chi sarebbe?” Chiese osservando Dawn con cattiveria. Avevo seriamente paura che si avventasse contro di lei e per questo mi ero posizionato davanti alla ragazza per proteggerla.
“Credi di essere l’unica ad essere libera di fare ciò che gli pare? Lei è la mia nuova ragazza, anzi a dire il vero, è da circa 3 mesi che stiamo insieme e ho deciso che dato che l’appartamento è di mia proprietà, tu devi sloggiare. Prendi le tue cose e vattene da Trent.”
“Questa faccenda mi puzza di imbroglio, ma non vi costa nulla baciarvi immagino. Se vi baciate vuol dire che state insieme e questa casa ritornerà ad essere tua, altrimenti non mi sposti nemmeno con un dito.” Non avevo proprio considerato la possibilità di incontrare così tante difficoltà a sbarazzarmi di Courtney, ma quella aveva mille risorse e me lo stava dimostrando una volta di più.
“Mi chiedo perché dovrei baciare il mio ragazzo di fronte a te?” Non potevo sperare di meglio, Dawn mi stava reggendo il gioco alla grande.
“Un bacio per un appartamento non mi sembra chissà che richiesta.”
“E va bene.” Detto questo senza che Dawn se lo aspettasse la sollevai al suolo e la baciai con tutto l’amore che provavo per lei.
“Soddisfatta?” Chiese la mia fidata collaboratrice a quell’arpia.
“Datemi tempo un ora per prendere le mie cose e sparisco.”
Per una volta fu di parola e infatti in meno di tre quarti d’ora aveva liberato l’appartamento dalla sua presenza scomoda.
Quella casa era diventata un immondezzaio, scatoloni della pizza sparsi ovunque, cibo cinese e da asporto ovunque, mobili pieni di polvere e muri macchiati da non so cosa.
Di sicuro mi sarebbero volute molte ore per sistemare tutto quel caos, ma in quel momento c’era una cosa che mi premeva conoscere, prima di affrontare quell’inferno.
 
Dopo la fuga di Courtney era sorto un problema e questo era figlio della spregiudicata idea avuta all’improvviso, di baciare la mia accompagnatrice.
“Scott dimmi la verità. Per te quel bacio era il metodo per riottenere l’appartamento o voleva significare qualcosa in più?”
“Non pensavo che sarei dovuto arrivare a tanto, ma comunque quel bacio che ti ho dato non significa che non ti ami. Non ti ho usato per riavere l’appartamento, il bacio che ti ho dato era reale, te l’ho dato perché provo qualcosa che va più in là della semplice amicizia. Mi dispiace di averti usato in questo modo e capirò se tu non mi vorrai più vedere.” Dissi abbassando il capo.
“Non dirlo neanche per scherzo. Quando mi chiedevano se credessi nel colpo di fulmine, rispondevo scettica che non ci credevo, ma oggi mi devo ricredere. Da quando sei entrato dalla porta di casa di tua nonna, in automatico hai varcato la porta del mio cuore. Ti amo Scott.” Non mi aspettavo che avesse il coraggio di dichiararsi così spontaneamente e mi si buttò tra le braccia e restammo abbracciati per non so quanto tempo.
“Grazie piccola Dawn, tu hai guarito il mio mondo. Un mondo che fino a qualche giorno fa era morto, ora sta risorgendo solo grazie a te.” E fu un bacio lungo e sensuale quello che ci scambiammo e fu solo il primo di una lunga serie.
 
 
 
Nei mesi successivi continuai con il solito andazzo fatto d’Università, lavoretto come cameriere, convivenza con Dawn e ogni tanto visita ai nonni.
Ero arrivato all’ultimo anno di scuola e come accadeva spesso, mi ritrovai a fare dei ripassi ad una mia collega che in filosofia non ci capiva una mazza.
“Hai sbagliato, questo pensiero è dell’autore di prima.” Enunciai per l’ennesima volta, mentre lei presa dallo sconforto aveva gettato tutti i libri con una tale furia che avevo paura spaccasse il pavimento.
“Maledizione, questi due autori del cavolo non mi entrano in testa. E uno dice una cosa e l’altro dice l’esatto opposto. Perché non si sono messi d’accordo?” Aveva ragione, ma purtroppo gli autori dell’antichità erano fatti così e anche peggio.
“Uno è vissuto nel secolo prima di Cristo, l’altro nel 2° dopo Cristo. Un po’ difficile per loro incontrarsi.”
“Ma se noi dobbiamo guardare al futuro perché non guardiamo solo alle idee di quello nato dopo Cristo? In fin dei conti ha 3 secoli di vantaggio e sicuramente conosce meglio la storia del predecessore.”
“Chiedilo alla Bolelli lunedì quando la incontri.”
“Quella mi scuoia viva se apro bocca per dire una simile scemenza.” Purtroppo la vecchia bacucca aveva questa indole vendicativa ed era inutile avere con lei una conversazione normale.
“Ripeti di nuovo la sintesi che ti ho fatto copiare prima.” Era da circa 2 ore che studiavamo sempre le stesse menate ed Amy era molto stanca e per una volta riuscì a ripetere esattamente i pensieri dei due autori che non riuscivano a mettersi d’accordo.
“Ben fatto Amy per lunedì sei pronta.” Enunciai con un lieve applauso che la fece ridere.
“È ora di andare.” Si sollevò dalla sedia e dopo aver risistemato i libroni nella borsa, mi ringraziò come al solito. Non so perché le donne abbiano la mania di ringraziare gli altri con abbracci e cose simili, fatto sta che Dawn entrando in quel momento ci beccò mentre lei mi stritolava.
Non appena mi accorsi della sua presenza, cercai di risolvere la situazione, ma non mi lasciò nemmeno finire di parlare.
“Non è come sembra, vedi Dawn lei…” Si era fiondata giù dalle scale richiudendo la porta alle sue spalle con forza.
“Chi è lei?” Mi chiese Amy fissando la porta da cui era entrata la sconosciuta di poco prima.
“È la mia ragazza e a volte è fin troppo gelosa. Chissà che idee si sarà fatta su noi due.”
“Se ci sono problemi Scott dalle il mio numero così che possa spiegarle l’errore. Ora vado, devo vedermi da Max altrimenti mi uccide se arrivo di nuovo in ritardo.”
“Salutamelo.” Max era un mio vecchio amico delle medie, come Amy del resto e aveva un’immensa fiducia in me e lo stesso lo potevo dire nei suoi confronti.
 
Richiusi la porta dell’appartamento e se conoscevo la mia ragazza c’erano solo due posti in cui si sarebbe potuta nascondere.
Il primo luogo era da mia nonna, il secondo al parco.
Fu così che mi avviai verso la casa di mia nonna e qui ricevetti un sacco di parole da parte di quell’anziana signora.
“Cosa ti ha detto nonna?” Chiesi innervosito per la sua reazione eccessiva.
“Mi ha detto che ti ha beccato abbracciato ad un'altra ragazza e probabilmente l’hai pure baciata.”
“Che mi abbia abbracciato è vero, ma baciato questo proprio no. Tu la conosci Amy, sai che vive solo per Max e non tradirebbe mai il suo ragazzo per uno come me.” Dissi ridacchiando appena.
“Infatti mi sembrava strano che il mio nipotino facesse una cosa simile, ma quando gliel’ho fatto notare è salita su tutte le furie.”
“Nonna stiamo parlando di Amy, sai come si comporta quella ragazza.”
“Parli di quella mora fidanzata con quel ragazzo con gli occhiali?” Mia nonna non aveva più la memoria di una volta e ricordarsi i vari nomi di amici o semplici conoscenti era difficile per lei.
“Sì, gli hai offerto pure il tè con i biscotti l’ultima volta.”
“Quella signorina non farebbe mai nulla del genere.”
“Lo credo anch’io.” Nonno Anselmo era rimasto per tutto il tempo in silenzio a leggersi il giornale e dopo averlo finito, lo aveva piegato e lo aveva appoggiato sul tavolino.
“Ora vado a prenderla.” Fu così che dopo aver salutato i due, andai verso il parco dove la trovai seduta alla solita panchina.
 
“Perché mi ha fatto questo, non mi ama più per caso? Perché ha preferito lei a me?” Stava parlando da sola, ma in quel luogo isolato non avrebbe mai destato sospetti.
“Io preferisco te.” Bisbigliai appena, mentre lei era ancora convinta che quella voce fosse frutto della sua mente.
“Allora perché non mi vuole più?”
“Ti sbagli.” Dopo la corsa che avevo fatto ero riuscito finalmente a sedermi, ma lei vedendomi venne percorsa dall’irrefrenabile desiderio di darsi alla fuga.
“Ferma. Dove pensi di andare?” Chiesi trattenendola e tirandola a me per abbracciarla e per non farla scappare.
“Non ti voglio più vedere.”
“La tua bocca dice questo, ma i tuoi occhi e il tuo cuore cosa dicono?”
“Non riesco a sentire quello che mi dice il cuore: batte troppo forte.”
“Anche il mio batte così per te.”
“Allora perché hai baciato quella ragazza?” Mi chiese con rabbia.
“Parli di Amy?”
“Non so come si chiama.”
“Puoi credere o meno alle mie parole, ma ti giuro che non l’ho mai baciata in vita mia. Io conosco il ragazzo di Amy e fatto sta che lui è un mio vecchio amico delle medie. Possiamo dire che ci conosciamo da una vita ed io, Max e Amy siamo cresciuti come se fossimo fratelli e sorella. Poi tra Max e Amy è nato l’amore, mentre io sono rimasto il loro miglior amico e consigliere. Dopotutto sono stato io a farli mettere insieme e ogni volta che ci vediamo ci salutiamo con un abbraccio.
Per noi è una cosa abbastanza normale, ma non credevo che alla mia gelosona questo non piacesse.”
“E credi che mi accontenti di così poco?” La sua domanda era cinica e fredda e per un attimo fui spaventato da quello strano cambiamento.
“Se non mi credi ti posso dare il numero dei miei due amici e loro ti confermeranno ogni singola parola. Ma se non credi in me, se non hai fiducia in quello che ti dico, per noi non c’è futuro né ora né mai.” Mi alzai dalla panchina e dopo essermi stiracchiato mi avviai verso la mia abitazione, lasciandola lì a guardare il lago che rispecchiava il sole del tramonto.
Ad un tratto qualcuno mi si avvinghia al braccio e mi viene da sorridere pensando che possa essere lei.
“Se sei qui vuol dire che mi credi.”
“Dopo quello che è successo, voglio conoscere anch’io i tuoi amici. Io ti ho fatto conoscere Zoey e gli altri e tu mi farai conoscere Max e Amy. D’accordo?”
“Brava la mia cocciuta. E ora andiamo a casa, ho preparato una sorpresa per te.” Risposi e la tirai a me, baciandola e accarezzandole con dolcezza il viso.
 
Sono passati così tanti anni da quella settimana e dai successivi mesi e ancora oggi li ricordo come se fossero successi solo qualche ora fa.
Siamo stati e siamo tuttora molto felici insieme.
Io ho ereditato il ruolo di impiegato del mio vecchio genitore. I rapporti con i miei migliorarono con la conoscenza di Dawn, mentre lei occupò un ruolo dirigenziale nell’azienda dei suoi genitori.
Verso il raggiungimento dei miei trent’anni ci sposammo in chiesa con la presenza pure di nonna Fanny 87enne e di nonno Anselmo 92enne, burbero e severo come sempre, ma dal cuore d’oro.
E ora siamo in attesa del primo figlio: io spero sia una femminuccia carina e dolce come la madre, mentre lei spera vivamente in un maschietto caparbio e testardo come me.
Chissà che la natura non ci faccia un doppio regalo.
Ma finché ci sarà lei al mio fianco sono felice di qualsiasi cosa il futuro mi riserverà.
 


 
 
Angolo autore:
Ringrazio tutti coloro che hanno letto e recensito questa storia (solo cody020701 per ora), ma non abbiate paura di dire la vostra su questa e le storie pubblicate in precedenza: non vi mangio mica (anche se un po’ di fame mi è venuta dopo questo capitolo).
Inoltre se non sento la vostra opinione non mi sento convinto di aver fatto un buon lavoro. I consigli e le critiche costruttive sono sempre ben accette perché potrei benissimo fare degli errori che mi porterò appresso per sempre se non vengono segnalati.
Io per primo non mi accorgo quasi mai dei miei errori nella fase di preparazione, ma ai lettori attenti e impegnati potrebbe saltare all’occhio qualsiasi cosa.
Come avevo promesso in passato dovrebbe finalmente uscire il primo capitolo della prossima long e contro ogni previsione mi ricordo anche il giorno preciso (accidenti dopo oltre 1 anno mi ricordo qualcosa, sto facendo progressi).
Uscirà giovedì e spero vi piaccia.
Piccolissima anticipazione: non avrà nulla a che vedere con le fantastiche stagioni che abbiamo visto in passato ( e che novità, direte voi, ho scritto due storie che non centrano nulla con gli episodi della serie).
Onde evitare di dilungarmi troppo e di scrivere un angolo autore più lungo del capitolo, vi saluto e vi auguro un buon inizio di settimana.
Alla prossima.
 

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