We turn your game into a fight

di Lost In Donbass
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontri in periferia ***
Capitolo 2: *** Ma che domande fai?! ***
Capitolo 3: *** Vuoi la guerra?! ***
Capitolo 4: *** Quelli dell'89 sono i migliori ***
Capitolo 5: *** E' nostra cugina! ***
Capitolo 6: *** L'amore per me da parte di lei ***
Capitolo 7: *** Spirito di Mary Shelley, proteggici! ***
Capitolo 8: *** Tooom, Mio Dio mi fai arrossire! ***
Capitolo 9: *** Ti sembro il tipo da ragazza fissa? ***
Capitolo 10: *** Affare fatto, Kaulitz! ***
Capitolo 11: *** Stai al gioco, Tom! ***
Capitolo 12: *** Bill, sei proprio sfigato! ***
Capitolo 13: *** Proveresti a essere la mia ragazza? ***
Capitolo 14: *** Tom, sei davvero una lagna! ***
Capitolo 15: *** La Reginetta è tornata! ***
Capitolo 16: *** Ci hanno anticipato la tournee! ***
Capitolo 17: *** Perché io ti am... ***
Capitolo 18: *** Abbiamo preso l'abitudine di inciampare nelle scale? ***
Capitolo 19: *** E' scoppiato l'Armageddon! ***
Capitolo 20: *** La vendetta è un piatto che si gusta caldo ***
Capitolo 21: *** Scusami, Bill ***
Capitolo 22: *** A mai più rivederci ***



Capitolo 1
*** Incontri in periferia ***


WE TURN YOUR GAME INTO A FIGHT
 
CAPITOLO PRIMO: INCONTRI IN PERIFERIA
 
-Signorina, lei è libera.
La tizia con la stretta uniforme da poliziotta mi lancia un’occhiata preoccupata, mentre io la guardo da sotto la frangetta, tormentandomi le mani callose, seguendo i suoi movimenti lenti e misurati, come se fosse abituata a comportarsi in questo modo.
-Questi sono i suoi effetti personali.
Sta evitando il mio sguardo, lo so, e le da fastidio il fatto che io la fissi insistente. Mi allunga la mia roba, stringendo tra le mani un pacco di fogli che presto dovrò firmare per il mio rilascio.
-Un pacchetto di gomme da masticare.- mi consegna le mie Brooklyn alla menta, che io intasco con un mezzo sorriso. Senza di loro, mi sento persa.
-Un fazzoletto.- la smorfia schifata che fa dandomi il mio fazzoletto di stoffa pieno di moccico è tragicomica. A un certo punto, si può avere un raffreddore. È legale, no?
-Una boccetta di disinfettante per piercing.- spero che non sia successo niente al mio anellino al naso, siccome ieri non me l’hanno fatto disinfettare.
-Un anello.- me lo rinfilo al pollice, l’unico dito a cui infilo anelli, e soprattutto dove infilo questo. Si è opacizzato l’argento, dannazione.
-Una foto … ?- l’ultimo oggetto che mi hanno fregato questi ipocriti tutori della legge è quello che prendo con più forza, infilandomela subito nella tasca dei jeans.
-Firmi qui.
Mi da una penna e mi indica dove firmare su un foglio ordinatamente battuto a macchina; firmo con lentezza esagerata, osservando di sottecchi la poliziotta, che continua a guardarmi come se potessi da un momento all’altro saltarle addosso e ucciderla a morsi. Beh, potrei esserne capace. Avevo morso un mio compagno alle elementari, quindi a maggior ragione dovrei saperlo fare adesso. Ma non lo voglio fare; primo, lei non mi ha fatto nulla. Secondo, non ci tengo a finire in cella di nuovo e questa volta per tanto tempo. E ben che meno voglio che la mia ex psicologa venga in qualche modo a conoscenza del fatto che sono ricaduta nella guerra dei morsi, come amo definirla io. Oh no, gente, basta guerra. Abbassate le armi, rinfoderate le unghie, mi arrendo solennemente. D’altronde, devo ancora provare a vederli, devo ancora fare un casino di cose prima di farmi rinchiudere da qualche parte, che sia un carcere, un ospedale, o un centro di assistenza.
-L’uscita è alla sua destra.- continua la poliziotta, indicandomi una porta, e la vedo quasi sollevata quando mi rinfilo il mio berretto e la giacca che mi avevano appeso a un appendiabiti di alluminio. Le faccio un gesto di saluto, giusto per far vedere che anche i carcerati sanno la buona educazione. Ehi, ci tengo a far bella figura, io! “Charme, e violenza. Che accoppiata incredibile”, diceva la mia ex psicologa, e aveva dannatamente ragione. Charme e Violenza. Peccato che ora lo charme e la violenza, da cose ben distinte che erano, si sono dovute fondere in una sola persona, che deve tenersele dentro, e farle convivere. “Mordi” mi dice una. “Bacia” mi dice l’altra. “Picchia” urla una. “Ama” sussurra l’altra. E allora io che devo fare? Mordere mentre bacio? Picchiare la gente che amo? Sinceramente, quando hai due te dentro, la vita si complica un sacco, perché devi decidere chi far uscire al momento giusto, devi regolarle, devi accoppiarle. Insomma, è un po’ come convincere una principessa casa chiesa, sempre vissuta in una bolla di cristallo a sposare un pirata sadico e violento, che non sa manco leggere. Non so nemmeno io spiegarlo con belle parole e normalità, ma non credo che alle persone interessi più di tanto capire come può cavarsela una ragazza con Charme e Violenza alberganti contemporaneamente in se stessa, lottando per vincere il primo posto dentro.
Infilo le mani in tasca, e sento la foto piegarsi sotto le mie dita. Sorrido, leccandomi l’anellino che ho all’angolo della bocca, strascicando i piedi sul selciato della città che conosco come le mie tasche, guardo il cielo di un triste azzurrino post pioggia, scolorito, smorto. Quel cielo che uno manderebbe volentieri a spigolare se non fosse che ci è nato sotto, e che deve sopportarlo perché, dai, ti ha dato i natali. È pur sempre casa tua, quel cielo e quelle strade umide e così accuratamente pulite ogni mattina. A chi verrebbe in mente di maledire la propria casa? Vorrei dire “a me, dannazione, a me verrebbe in mente”, ma Charme prende il sopravvento e sussurra, con la sua vocina dolce “Dai, lo sai che mentiresti a te stessa”. Quindi, ok, diamo ragione a tutte e due dicendo “Odierei la mia città se non fosse che è casa mia”, che è un dannato controsenso, ma va bene così. Le voci si quietano, e io mastico con gusto la mia gomma alla menta, che si appiccica alla bocca come un collante.
Mi scosto la frangetta infantile che ho sul viso, non l’ho ancora tagliata e non credo lo farò mai. Diciamo che non conto di invecchiare, perché una vegliarda con la frangetta farebbe un po’ ridere. Anzi, credo proprio che non arriverò manco ai quaranta, messa come sono.
Accelero il passo, calcandomi meglio il berretto sulla fronte, sputando un capello che come al solito mi è finito in bocca e passandomi una mano sul viso.
In realtà spero di non incontrare il tizio con cui ho fatto a botte ieri sera, e che mi ha fatta sbattere in celle per una notte intera. “Per accertamenti, signorina”, come aveva detto il poliziotto grasso che mi aveva messo le manette. Certo, mi sembra logico prendersela con la ragazzina magra con la frangetta, invece che con il ragazzone massa di muscoli. Con la piccola differenza, che magari la ragazzina non l’avrebbe mai pestato se lui non avesse provato ad allungare le mani.
Sbuffo, facendo una bolla con la gomma e lasciandola scoppiare con un sordo pop. Non c’è nessuno per le strade, di mercoledì mattina presto. I bambini sono a scuola, i ragazzi all’università o a scuola a loro volta, gli adulti a lavorare, i vecchi in casa a rammendare o a borbottare. E poi ci sono io, che vago come un’anima in pena, dando calci al vuoto, nel quartiere in cui sono nata, quello in periferia, quello lontano dal mondo, quello dove ci sta la gente storta, quello dove la gente perbene non ci va. Quello dove Tarantino gira i suoi film, dove avresti preferito non nascere. Quello dove la Violenza è insita dentro di te quando sei ancora nella pancia della mamma. Quello della gente cattiva, di quelli che spacciano, che fanno del male, quello della gente che sarebbe meglio non avere in giro. La tiritera è sempre quella, che sia a Chicago, a Napoli, a Londra, a Pechino, a Mosca o a casa mia. In Germania. In quella simpatica città persa nella pianura. Chiamasi Magdeburgo.
Sono troppo stanca per andare in bicicletta o sullo skate, se ne avessi uno sotto mano, ma sono anche troppo stanca per farmela tutta a piedi. Non voglio andare a casa. Voglio sentire ancora l’aria fresca di una pioggia recente sulla pelle, voglio respirare un po’ del profumo della pianura, voglio sgranchire le gambe indolenzite da quella notte in cella, sveglia a cercare di vedere le stelle dalla finestrella, senza vedere altro che un lampione mal funzionante e due falene ballerine. Potrei prendere un mezzo pubblico se avessi i soldi a portata di mano e se fossi vicina a una qualche stazione degli autobus. Ah, dimenticavo. È mercoledì, e per qualche motivo a me sconosciuto gli autobus a Magdeburgo in questo giorno non vanno.
Bene, mi devo sgranchire le gambe, e tutti sembrano d’accordo su questo fatto, quindi mi avvio verso il centro città, continuando a far scoppiare la gomma e strascicando i piedi, tentando di darmi una parvenza di ordine ai capelli, arruffati come quelli di una megera. Mi specchio in una pozzanghera che sta per asciugarsi sul bordo della strada, e studio velocemente il mio viso, studiandone i contorni rotondi, fissando la mia immagine nell’acqua sporca, che mostra due occhi semi chiusi, assonnati, leggermente stupefatti anche se non so il motivo. I capelli mi cadono scompostamente sul viso, oscurato dall’ombra della visiera del berretto da baseball. Me lo aveva regalato mamma per il mio decimo compleanno, incartato alla perfezione, pulito, nero con la scritta gialla. A lei invece era arrivato un cappellino con il pon pon bianco latte con i brillantini neri. Non mi separerei mai dal cappello, per tutto l’oro del mondo. Continuo a studiarmi, passando oltre a qualche livido e a qualche taglio crostificato sulle mani e sulle braccia, cercando di mettermi a posto i capelli, di legarli. Mi piace guardare la mia immagine ballerina e instabile, che si confonde e poi si rimostra. Seguo con gli occhi la mia maglietta sudicia, i jeans che mi arrivano a metà fondoschiena, le scarpe sfondate incrostate di tutto quello di cui possono essere incrostate. Ripasso il bracciale borchiato che ho appeso al polso, i piercing che mi adornano il viso. Sfarfallo gli occhi, per svegliarmi dal mio intorpidimento mattutino, per darmi l’impressione di essere bella sveglia, di far brillare a sufficienza le iridi violette che mi sono toccate in sorte dalla Natura.
-Ehi, tutto ok?
Se fossi una persona normale, sobbalzerei, tratterrei un urletto, mi girerei di scatto con una mano teatralmente messa sul cuore. Ma non faccio esattamente così. O meglio, mi giro di scatto, ok, ma con i pugni già pronti per fare una bella scazzottata, di quelle per scaricare i nervi, per sfogarsi.
-Calma, tesoro, metti giù quelle mani.
Il ragazzo davanti a me sorride, anche se è leggermente indietreggiato, con le mani in posizione di difesa. Abbasso i pugni subito, per due semplici motivi: uno, non avrei le forze per affrontare una menata con un tizio che avrà la mia età, alto il doppio di me, e con l’aria di essere uno con una certa forza fisica. Due, perché mi sembra maleducato accogliere un possibile aiuto con in versione “bambina cattiva”. Che poi dai, non prendiamoci in giro: non faccio paura a nessuno.
-Ehm, scusa, io … sì, sto bene, grazie.
Lo guardo negli occhi, grandi, colore simile a quello del caramello fuso, di quello che metti sulla panna cotta, una lunga coda di dreadlocks che penzola giù da un berretto simile al mio, dei vestiti da far invidia ai miei. Sorride, un sorriso chiaro, pulito, splendente. Wow, non gli manca un dente. Che figata.
-Ti ho vista china sulla pozzanghera, pensavo stessi male.- mi dice, scuotendo i capelli. Aspetta però. Io sto qui lo conosco, anche se sono sicura che non viva da queste parti. Cioè, io riconosco più o meno chiunque viva in periferia, voglia che sia il modo in cui parla, in cui si muove, in cui sorride. Beh, lui non lo è. E ora la grande domandona da un milione di dollari: se non è di qui, come faccio a conoscerlo?
-Oh, ok, grazie della preoccupazione.- dico, arrotolandomi una ciocca attorno al dito. “Buona educazione, ricordatelo”. Mi suonano in testa le parole di mia madre, e decido di darle ragione, per una volta nella vita. – Mi chiamo Jimmy Sasha Spiegelmann, piacere.
Lui sorride e mi stringe la mano, che sarà il doppio della mia, callosa, forte.
-Tom Kaulitz, piacere mio.
Aspetta. Ma io sto nome lo conosco. Ma porca polizia, certo che so chi è sto pezzo di figo che mi stringe or ora la mano! È il chitarrista dei Tokio Hotel! Certo che devo proprio essere ai minimi termini se non riesco a riconoscere alla prima una delle persone più famose della Germania … chissà come sono messa male allora. La benedetta cella di stanotte mi deve aver disastrato testa, occhi e capelli. Posso anche dire addio alla mia già precaria sanità mentale. Evvai …
-Se ti chiedessi giusto ora di farmi un autografo sul braccio con il mio sangue siccome non ho penne a disposizione, lo faresti?- chiedo, raddrizzando la schiena e tentando di sembrare più alta di quello che sono.
-Credo che magari mi inventerei un modo migliore di farti un autografo.- scoppia a ridere, chinandosi un po’ su di me. Viva le tappe.
-Beh, forse potrebbe bastarmi il poter dire “Tom Kaulitz mi ha chiesto come stavo, e nonostante mi abbia vista nella mise più scassa che abbia, è stato epico”.
Mi sto chiedendo da dove mi esca tutta questa ironia e simpatia, che solitamente sfodero solo quando sono sveglia e riposata e che è venata anche in quei casi da un acido sarcasmo. Forse incontrare uno dei tuoi idoli ti cambia veramente la vita, lei lo diceva sempre. L’ho incontrato per tutte e due, tesoro.
-Che hai sulle braccia?- mi indica con un gesto del capo i tagli sulle braccia, e mi rendo conto di essere arrossita come un pomodoro bollito. Mi tiro immediatamente giù le maniche della giacca di jeans, distogliendo lo sguardo dai suoi occhi; non mi piace dover dire di aver fatto a botte giusto la sera prima. Mi vergogno, in qualche modo, mi sento ricoperta di una patina di cattiveria e commiserazione, come se fossi qualcosa di già perso e irrecuperabile, qualcuno che deve essere ricoverato.
-Sono caduta dalle scale.- mento spudoratamente, sorridendo. Mi chiedo come faccia a essere così brava a dire bugie a raffica, senza pentirmi, senza farmi problemi. Forse è grave essere una bugiarda patentata.
-Mi dispiace. Vivi qui?
Sospiro impercettibilmente, perché più lo guardo più mi rendo conto che è ventimila volte più bello che nelle foto. Oh, non che sia brutto. Ma così è dannatamente vivo, realistico, vicino. Se non gli avessi stretto la mano potrei pensare che questo sia un sogno meraviglioso, come ne ho fatti a milioni. Se non potessi vedere le microscopiche imperfezioni che fanno la vera bellezza di un viso, potrei credere di essere sotto gli effetti di una brutta droga. Se non avessi sentito la sua voce rimbombarmi nelle orecchie, così splendidamente unica, potrei semplicemente auto convincermi di essere arrivata in Paradiso.
-Sì.- rispondo, anche se ammetto di non star facendo una grande figura con il mio idolo da anni a questa parte. Decido di cambiare velocemente argomento e di fare la domanda che più mi preme adesso – Non vorrei sembrarti maleducata, ma che ci fa il chitarrista dei Tokio Hotel nella periferia più losca di Mag?
Lui ride, scuotendo un po’ i dreadlocks, lanciandomi un’occhiata divertita, e devo ammettere, un po’ superiore. Beh, non che nelle foto non si vedessero gli sguardi suoi e di Bill come se fossero i nuovi dei di questo mondo, però dal vivo fa più effetto. Ammetto di venerarli come se davvero fossero dei, e anche lei lo faceva quasi peggio di me. Però dà fastidio vedersi uno, che per quanto è il tuo mito, per quanto scrivi il suo nome dappertutto, per quanto appendi i suoi poster alle pareti della stanza, ti fissa con un velo di superiorità. O perlomeno, a me non piace, mi fa sentire ancora più piccola di quello che già io sia.
-Passeggia come tutte le persone di questo mondo.- ridacchia Tom.
-Mi fa piacere sapere che anche gli dei passeggino.- rispondo, e mi stupisco di quanto sia diventata simpatica in questo momento. Effetto Kaulitz, effetto comica.
-Ogni tanto scendiamo dal nostro trono di cristallo per vedere come se la passa la gente comune.- sorride, e ok, un punto a Tom. Non pensavo che avesse senso dell’umorismo, pensavo l’avesse perso del tutto essendo famoso. Avevo ragione a idolatrarli senza riserve. – E tu che fai?
-Mai sentito parlare di Diogene? Lui cerca l’Uomo, io cerco Tom.
-A parte che non so assolutamente chi sia Diogene, vedo che tu hai raggiunto il tuo obbiettivo.
-Stranamente sì. Anche se la periferia non è un gran posto per farsi un giretto.
Ci guardiamo negli occhi, intensamente, due sorrisi stampati in faccia, il suo da copertina, il mio da inutile umano.
-A parte delle buffe fan che si imbelinano dalle scale e che parlano di strani personaggi, sono piuttosto sicuro di non incontrare nessun fotografo con gli ormoni a mille e nessuna fan “usuale” che farebbe notare la mia presenza per tutta la città. È difficile essere famosi.- ha gli occhi leggermente inclinati all’insù, impercettibilmente a mandorla.
-Beh, allora sei fortunato. Non ho visto nemmeno un gatto in giro a quest’ora. Ci siamo solo io e te.
Mi rendo conto troppo tardi del doppio senso della mia frase, contando che non voglio far la figura della ragazza arrapata. Peccato che io faccia un sacco di doppi sensi piuttosto volgari senza rendermene minimamente conto, anche perché io ci vedo solo il lato normale della vicenda, mentre gli altri, chissà come mai, ci vedono sempre il lato sporco. La solita fortuna dei principianti …
-Non avrei mai detto che mi avresti voluto violentare!- esclama Tom, che devo ammettere, è un pessimo attore, ma che ha un modo di fare decisamente grandioso. Bene, ora sono davanti a un bivio arduo: lo violento, oppure riparo alla meglio la mia stupidissima affermazione? Opto per un misto tra le due cose.
-No, aspetta, non intendevo quello. Dicevo solo che non c’era nessun altro per la strada, ma non volevo approfittarne. Cioè, ammetto di averci pensato, ma era un pensiero così, senza capo ne coda!
Ottimo lavoro, Jimmy, così se accetta la scusa bene, se vuole andare oltre bene comunque. Ho creato un ottimo tavolo da gioco, in cui entrambi possiamo decidere al meglio che carte giocare. L’ho detto che sono la campionessa di Cirulla del quartiere?
-Dovresti stare attenta con la lingua, Jimmy Sasha.
Ok, mi sta prendendo bellamente in giro. Grandioso, la mia superstar mi dileggia, dovrei mettermi a piangere come una fontana in questo momento. Invece rido. Perché rido? Beh, intanto perché sono strana, e su questo non ci piove. E poi perché mi fa ridere lui, il modo in cui parla, in cui muove le mani che sono abituata a veder andare su e giù sulle corde della chitarra, in cui sorride. Se avessi una colonna sonora incorporata come nei film, adesso si dovrebbe sentire “I’m your biggest fan, I’ll follow you until you love me …” con tanto di cuoricini che mi svolazzano attorno.
-Vedrò di mandare la mia lingua a lezioni di grazia. E comunque, chiamami anche solo Jimmy. O solo Sasha. Oppure anche JdoubleS.
Tom ride di nuovo, e io faccio scoppiare la gomma da masticare.
-Non saprei spiegarmi il motivo del perché io mi senta piuttosto ridicolo a stare piantato come un lampione in una strada deserta a disquisire con una nostra fan, come se fossimo amici da una vita, senza preoccuparmi minimamente di eventuali fotografi nascosti in giro a farmi le foto, pronti a scrivere qualche insulso commento su di noi.
-Io non saprei spiegarmi il motivo del perché sono qui per strada, con davanti Tom Kaulitz, ovvero il mio dio, a chiacchierare amabilmente senza essergli saltata al collo urlando, oppure senza avere avuto un mancamento per la felicità di essere con lui, e senza ancora essere giunta a una conclusione per farmi fare un autografo.
-Beh, posso fartelo sulla carta del chewing-gum. Ho trovato una penna in tasca.
Ottimo lavoro, Tom, geniale. Sorrido, tirando fuori la cartina stropicciata del Brooklyn dalla tasca, allungandogliela il più stirata possibile, e facendo gli occhi a cuore mentre me la firma. Ho il suo autografo. Paradossale, quando eravamo andate al concerto, non c’era stato verso di farcene fare uno, invece ora che sono appena uscita dalla cella ci riesco gloriosamente. Sei felice, bambola? Abbiamo l’autografo!
-Tooooom, idiota, vuoi rispondere sì o no? Mi sto addormentando se non rispondi subitoooo!
Mi giro di scatto, perché, porco lo Stato, questa è la voce del gemello del mio dio, ovvero l’altro da idolatrare e a cui inchinarsi senza riserve. Riconoscerei questa voce splendida, melodica, sottile ma allo stesso tempo ricca, che mi risuona così spesso nelle orecchie, che mi culla di notte, che mi sveglia al mattino. È la voce di Bill, l’amore nascosto del cuore inacidito della sottoscritta.
-E’ la suoneria che quel furbone di mio fratello mi ha messo.- spiega Tom, alzando gli occhi al cielo, prendendo il telefono e smontandomi un sogno.
Basta solo che borbotti un “Che vuoi”, che nella via deserta si spande un urlo talmente forte da far male alle orecchie, e che obbliga il mio caro rasta ad allontanare con una smorfia l’apparecchio dall’orecchio.
-Tooooom, accidenti a te, si può sapere dove sei?
-Bill, calmo, per favore, non strillare.- Tom si passa una mano sul viso, e sembra così pacato rispetto a quel fuoco d’artificio che è Bill, che davvero mi chiedo come possano essere gemelli. Allora non è la ricostruzione per la fama, di caratterizzare così i ragazzi. Sono veramente l’uragano e l’occhio del ciclone.
-Non strillare?! Sono a casa da solo già da due ore!
-Sei maggiorenne e vaccinato, su, non fare ste scene.
-A parte il fatto che la mamma mi ha appena detto che io e te non abbiamo fatto la antitetanica, non puoi mollarmi da solo e non farti sentire per due ore!
-Bill, ti prego, datti una calmata. È successo qualcosa?
-Sì. Hai presente i miei stivali di coccodrillo, quelli argentati, quelli che ho messo al compleanno di Georg?
-Come posso dimenticarmi di quegli orrori?
-Bene, li ho persi.
Vedo Tom sbiancare di colpo, passandosi una mano sulla fronte. Ho come l’impressione che ora si scatenerà la Terza Guerra Mondiale, dal modo in cui mi lancia un’occhiata allarmata. E forse anche io non sono il massimo dell’educazione a stare qui impalata a sentire la conversazione tra due quasi sconosciuti.
-Cosa vuol dire che li hai persi, tesoro?
-Che non li trovo da nessuna parte accidenti!! Vieni subito a casa, recupera i G&G, muovi il culo, fai qualcosa! Mi viene un infarto, un mancamento, un collasso, Tooom!
-Sì, tesoro, stai tranquillo, arriviamo subito.
Mette giù con la stessa identica smorfia che farebbe una persona se gli annunciassero che World War Z è realtà. Mi guarda, e io guardo lui. Allora il mio cantante preferito, quello di cui ho più poster che mobili, di cui so a memoria tutti i tatuaggi dichiarati è un isterico nevrotico sul serio, non è una montatura. Non so se gioire, perché ho amato sempre persone vere e non costruite, oppure disperarmi perché ho donato il mio cuore granitico a una checca psicolabile.
-Ehm, era mio fratello.- Tom arrossisce, e devo dire che è molto carino con le guanciotte imberbi tutte rosse come due mele.
-Si è sentito.- commento. Ok, da quando mi prendo queste libertà?
-Beh, ammetto che ora potrai anche dire che Tom è un vero cafone, ma devo andare da Bill. Senti, è stato bello conoscerti, ok?
-Tu sai come far morire una Alien.- se non fosse che sono particolarmente resistente psicologicamente parlando, sarei svenuta come un birillo. Faccio scoppiare la gomma, e sarebbe tanto bello se lei fosse qui con me a salutare il nostro idolo. Però ci sono solo io, la seconda parte dello specchio, senza poter nemmeno tenere tra le dita la sua parte. Senza potermi tagliare le mani con un suo coccio.
-Ho un’idea.- lo vedo infilare una mano in tasca e poi mi allunga un affare, che io stringo tra le dita leggermente storte – Mi sei simpatica, Sasha.
Io? Che sono simpatica a qualcuno? Domani penso che nevicherà.
-Se vorrai, vieni a questo indirizzo segnato sull’etichetta. Per dopodomani, è un’intervista a una radio di Berlino. Puoi entrare, se vuoi, e ci aspetti; quando usciamo, ti vengo a salutare e ti presento gli altri.
Ok, a questo punto la cosa naturale da fare è svenire nella pozzanghera, oppure urlare eccitata, o anche mettermi a piangere davanti ai suoi occhi scuri.
Invece non faccio nessuna di queste tre cose. Perché se nasci in periferia, impari a non fidarti di nessuno e di niente. Impari a essere un bastardo malfidente. Impari a far uscire la bestia che c’è in te, come un ghiottone della Kamcatka. Impari a mostrarti come quello che sei, a tirare fuori i denti. Impari a smontarti i sogni ancora prima di sognarli. Impari a ucciderti ancora prima di nascere.
-Perché lo fai, Tom?
-Perché sei la prima fan che incontro che non urla, non piange, e non fa domande idiote.
E con questa Verità, da aggiungere al nostro “Vangelo Tokio”, se ne va, lasciandomi lì da sola, in mezzo alla strada umida, sotto un cielo sbiadito e azzurrino, impegnata a fissare la strada dove ha svoltato il dio, scomparendo alla vista. Stringendo tra le dita il biglietto e la cartina della gomma da masticare, che mi esplode in faccia con un altro pop, facendomi quasi sobbalzare nel  silenzio smorto della strada.
 
*****
Ma buonasera Aliens! Bene bene .. eccomi qui con una nuova ff, che spero almeno a qualcuno sia piaiciuta.
TH: Devi aggiornare Breathless!
Io: Ehm, lo so, dai, è quasi finita.
TH: Devi concentrarti su Wont'you be my bloody Valentine!
Io: Lo so, smettetela! Questo è solo un mero esperimento della sottoscritta, per vedere come riesce a scrivere una Het, perdipiù "triangolo", cosa che non ha mai fatto nel fandom! Non perseguitatemi.
G&G: Ti daremo fiducia appena appariremo.
B: E appena mi fai fare la persona in bolla.
T: Io ti do fiducia perchè mi hai fatto subito apparire. 
Io: Ok, uff che vita .... va beh, come vi ho detto è la prima del genere, quindi ve ne sarei grata se mi lasciaste un commento per darmi qualche dritta visto che so che è una storia piuttosto paradossale .... dai, è per farsi due risate in compagnia!
EFP intero: Datti all'ippica, pagliaccia!
Io: ok, scusate, va bene ... comunque vi prometto che i prossimi capitoli saranno mooooolto più belli e profondi. A presto!
TH: Guten Nacht!

 
 
 

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Capitolo 2
*** Ma che domande fai?! ***


CAPITOLO DUE: MA CHE DOMANDE FAI?!

-Ehi, Bill, ci sei?
Entro in casa con la circospezione di un marines alla ricerca di un vietcong, occhieggiando intorno per evitare che mi arrivi qualcosa sulla testa. Dietro di me sgambetta Georg, che da pavido utilizza la mia schiena come protezione provvisoria.
Veramente, dovrebbero farmi santo subito per aver mollato quella ragazza ridicola come poche in mezzo alla strada per venire da lui. E non era manco malaccio, la figliola.
-Ma cos’è successo, non ho capito?- chiede Georg, spuntando dalla mia spalla.
-Boh, io so solo che mi ha fatto fare la figura del maleducato irrecuperabile con una tizia che ho beccato per strada.
-Una tizia?! E chi è?! Perché non me lo hai detto subito?
Georg salta fuori, di nuovo impavido, ficcanaso come una vecchia comare. Ma perché devo suonare insieme a un nevrotico, un pettegolo e un coso che mangia e stop? Perché non hanno notato solo me e hanno lasciato gli altri tre allo sbando? Così ora sarei famoso per conto mio e loro starebbero facendo qualcosa di utile alla comunità, tipo il barista, il “perpetuo” e … il principale ospite del manicomio a qualche chilometro da qui. Vita ingrata e dura.
-Bill, siamo arrivati.- tenta il bassista “sguish”, come ho deciso di rinominarlo. – Se non ti è venuto un infarto secco saresti pregato di farti sentire.
-Dai, fratello, seriamente, che cazzo ti è successo?- urlo. Mi dispiacerebbe se gli fosse venuto un colpo per colpa di quegli stupidi stivali di coccodrillo; e non ci tengo a scoprire che mentre lui moriva agonizzante io davo l’indirizzo a Jimmy Sasha. Che strano nome.
-Ma buongiornoooooo Americaaaaa!
Alziamo lo sguardo in contemporanea, appena sentito l’urlo in perfetto stile Bill, e vedo, con un certo orrore, mio fratello scendere dalle scale con addosso i benedetti stivali di coccodrillo argentati (Sia maledetto chiunque glieli abbia venduti), un orrendo boa di piume rosso fuoco attorno al corpo snello (Aspetta, da quando ha quell’affare?!), quella che a prima vista sembra una … giarrettiera? Dove diavolo ha pescato una giarrettiera quel essere immondo?! I capelli corvini gli fanno da aureola maledetta, e vedo Georg che tenta di non vomitare, notando il rossetto rosso fuoco che gli impiastra la bocca, come l’ombretto argento che gli chiazza gli occhi come un panda. Qualcuno mi dica che è un incubo orrendo. Qualcuno mi svegli da questa trance da Priscilla the queen of desert.
In realtà, andando bene a scavare negli anni passati, al mio gemellino è sempre piaciuto conciarsi in maniera equivoca. Non so perché, ma una volta, avevamo quindici anni, si era messo un vestito della mamma, quello nero con le paillettes, che lei non metteva più da anni, e un paio di decolleté col tacco nere fregate sempre alla mamma e mi si era presentato davanti ancheggiando. Si era limitato a girarmi intorno ridendo, e poi scomparire in cucina, dove aveva cenato tranquillamente conciato così. Penso che tutte le mie turbe vengano da quel giorno, in cui ha minacciato seriamente la mia infanzia. Mi ha bloccato la crescita! Poi rammento con amarezza la volta in cui mi aveva allegramente proposto di fare uno scherzo a nostra zia, sui diciotto, facendo finta che lui fosse la mia ragazza incinta. A parte che quella talpa sorda di nostra zia c’era cascata come un Pierino sul serio, dopo averle rivelato l’inganno (ricordo con ancor più amarezza le ombrellate che ci aveva tirato addosso, complete di aizzamento di quel demonio di Lucifero, chiamasi il gatto più cattivo del pianeta), Bill aveva voluto rimanere tutto il santo giorno vestito come una ragazza. A questo punto avevo cominciato a farmi qualche domanda sulla sua sanità mentale, ma ero giunto alla semplice conclusione evangelica che “lui è carne della tua carne, sangue del tuo sangue, latte del tuo latte: non pensare male del gemello tuo, amalo come te stesso”.
-Ma … ma gli stivali?- boccheggio, guardandolo arrivare sculettando manco fosse su un palco di un qualche locale di dubbio gusto.
-Ce li avevo ai piedi.- trilla, dandomi un buffetto sulla guancia con quelle sue unghie da Malefica accuratamente spennellate di nero.
-Cioè, fammi capire, mi hai fatto interrompere la nuova stagione di Criminal Minds con lo speciale su Emily solo perché sei un tossicodipendente che si scorda anche che ha gli stivali ai piedi!?- barrisce Georg. Per tutte le chitarre di questo mondo, il quinto TokioComandamento ordina “Ricordati di santificare Criminal Minds e la super tettona Kristen Vangsness”. Sono fregato.
-Esatto. Beh, io sono più importante, no?- Bill alza le spalle, e ho paura che Geo non l’abbia proprio presa benissimo, visto che si cimenta in una specie di verso da metallaro fallito e si precipita fuori di casa, lasciandomi da solo con la bestia, un po’ come ha fatto la Compagnia dell’Anello quando molla Gandalf nelle mani del Balrog. Bell’amico, neh?
-Bill, ma sinceramente, puoi anche andare a spigolare!- sbotto, appena la porta si chiude con un sordo scricchiolio. Dannato fratello che si diverte a interrompere i  miei bei momenti. Nemmeno da dire che quando sono io a rovinare i suoi “bei momenti”, vengo duramente picchiato selvaggiamente. Forse non dovrei dirlo, perché è mio fratello, forse sono cattivo, forse mi sto lasciando avvelenare l’anima, ma secondo me è un frustrato sessuale. Bene, l’ho detto. Sono sicuro che se lo dico a Georg ci tira su una pantomima degna di un film, mentre Gustav mi chiederebbe “Frustrazione sessuale? Si mangia?”. In realtà, non saprei spiegarlo accuratamente e con termini tecnici, comunque posso semplificarlo al grado della mia mentalità, ovvero: Cristo, Bill, fatti una vita, cazzo! Trovati una ragazza, un ragazzo, un vecchio, un cadavere, un qualcosa con cui sfogarti. Perché non c’è problema per me se sei un necrofilo, uno affetto da gerontofilia, una checca, un travestito, o qualunque cosa tu voglia essere. Basta che ti fai una vita, e che non passi le tue giornate davanti a uno specchio da solo a truccarti per nessuno, visto che per ciò che concerne il lavoro è un conto, ma il tuo ossessivo bisogno di vestirti e truccarti ha superato la normalità. Non puoi stare giorni interi a guardare roba giapponese sul computer, a giocare da solo a scacchi, facendo sia il bianco che il nero. Non puoi, perché tra qualche mese facciamo vent’anni, dannazione, e tu sembri … non lo sembri. Perché io ti vorrei vedere uscire all’aria aperta, o perlomeno stare con qualcuno che non sia io, o i G&G. Che poi con loro manco ci stai troppo. Stai con me, ma dovresti renderti conto che prima o poi le nostre strade si divideranno, che a un certo punto dovremmo stare per forza un po’ lontani. E mi chiedo, quando arriveremo a quel punto, tu cosa diavolo farai? Scomparirai in casa, diventerai parte integrante del letto o del divano? No, Bill, non puoi. Devi imparare che io non sono tutto, sono solo il tuo gemello, non puoi vivere come se esistessi solo io. Mi metti in imbarazzo a volte; ti ricordi quella volta che ti ho dovuto portare all’appuntamento con quella ragazza? E poi ti eri anche annoiato. Non sei una bambola, fratello. Come mai fai così? Perché ti isoli fino a chiudere il tuo mondo fine a te stesso e a me? Cerca l’amore, Bill, cercati qualcuno che sei disposto ad amare senza riserve. O se non vuoi, cercati del sesso per sfogarti. Cercati degli amanti. Cerca qualcuno.
Beh, non so se ho reso l’idea di tutto quello che mi vortica in mente quando sono sdraiato la notte sul mio letto prima di addormentarmi, e lo sento canticchiarsi la ninnananna  da solo nella stanza affianco. Forse sono anche io che mi faccio troppi problemi, ma è pur sempre il mio gemellino.
-Uffa, come la fate lunga voi due!- sbotta, dirigendosi a passo di carica in salotto e stravaccandosi sul divano, incrociando le braccia al petto.
Sbuffo, tanto con lui è impossibile ragionare, e mi siedo vicino a lui, guardandolo nello specchio dei miei occhi. Abbiamo il viso esattamente uguale, a ben vedere. Troppo uguale per non assomigliarci troppo dentro, sotto gli strati di una vita.
-Perché ti sei vestito in questo modo?- borbotto. Troppo uguali per separarci, forse ha ragione lui. Nemmeno volendo posso stargli lontano per più di dodici ore.
-Perché mi andava.
Si passa una mano tra i capelli, sfarfallando le ciglia chilometriche ricoperte di mascara argentato.
-Sai, ho incontrato una ragazza figa oggi, prima che tu venissi a scocciare.
Alzo la testa per vedere la reazione, e mi stupisco. Cioè, per quanto si possa stupire un gemello omozigoto sulle reazioni dell’altro, ecco. Ha alzato di scatto la testa, attento, gli occhi spalancati come due finestre sul mondo, le labbra contratte. Ma che cazz …
-Che ragazza?- dice tra i denti, aggiustandomi come ogni volta che è agitato la felpa. Praticamente me la stira lui ogni santa ora, non c’è manco bisogno del ferro da stiro.
-Non la conosco, beh, l’ho beccata così giù in periferia. Si chiama Jimmy Sasha, è una nostra fan sfegatata.
Comincio la narrazione tecnica della mia nuova, affascinante, conoscenza, fino alla sua chiamata e al biglietto che le ho consegnato.
Più approfondisco la storia, più vedo (lo ammetto, con un certo stupore), il suo viso cambiare radicalmente, diventare sempre più gelido, le labbra irrigidirsi come quando gli è rimasto il ghiacciolo attaccato nella bocca prima di un concerto (non chiedetemi perché lui è tarato e io no), gli occhi diventare due fessure che solitamente farebbero rigare anche Stalin, il corpo entrare in tensione come se stesse per saltarmi addosso e sbranarmi. Ma si può sapere che ho detto di male?
-Bill, caro, tutto bene?
Gli poso una mano sulla spalla, e lui si limita a biascicare con aria truce:
-Ci ha provato con te, vero?
-Chi? Sasha? Ma no, cosa dici! Ti ho detto che abbiamo parlato, tra parlare e provarci ci passa!
Non ditemi che è ubriaco se no mi butto giù dalla finestra. Sì, che dista 60 cm dal giardino, molto alta, veramente.
-Ah, davvero?
Lo vedo sgonfiarsi come un palloncino, sorridere a trentadue denti, rimettersi a posto i capelli e saltarmi addosso. Mi abbraccia di slancio, come solo lui sa fare, accoccolandosi su di me come un gattone. Sì, è tenero, non c’è dubbio in merito.
-Meno male.- soffia – Sono così gelosooooooo …
Scuoto la testa sorridendo, stampandogli un bacio sulla fronte. È geloso, questo l’ho sempre saputo. Anche se devo ancora capire perché lui lo è follemente, nemmeno stessimo insieme, mentre io lo sono in termini umani. Ma forse lui è Bill, e tutti i sentimenti li prova diecimila volte più forti di noi tutti.
-Quindi, se verrà, dopodomani la conoscerai e vedrai che è una ragazza veramente divertente. Un po’ come se fosse un personaggio di qualche commedia francese.
-Ma è bella?- tira fuori da non so dove una spazzola e comincia a mettersi a posto i capelli, che sono già perfetti così, e non capisco come mai se li pettini ogni minuto.
-Sì. Cioè, è particolare. Non saprei dire se è bella o no.
-Se è una di quelle tutte davanzale e posteriore, con i capelli con lo shatush e abbronzata con la lampada, non la voglio vedere.
Rido, perché quando fa certe smorfie è letteralmente impagabile.
-No, se ti interessa è bassa, mingherlina, e ok, ha un posteriore decente, ma come davanzale niente di speciale. Ed è pallida come me e te.
-Tipo Avril?
Annuisco. Per me la Lavigne è ancora uno dei più grandi misteri di questo mondo; perché dopo che abbiamo fatto “il featuring”, si è appiccicata in modo osceno a mio fratello. E fin lì, aveva ragione Georg con il suo sempre valido “Sarà la volta buona per il nostro Bill di trovarsi una donna. E chissene frega se è più grande, sarà la svolta”. E a un certo punto, quando li vedi che si baciano sulla bocca, sei anche tentato di baciare per terra e ringraziare la divinità che ha graziato il tuo gemello dandogli una ragazza. Ma appena scopri che lei è sposata con uno dei Nickleback e che appena ti presenti da tuo fratello urlando “Come scopa Avril?” e lui ti guarda sconvolto, capisci che sono solo amici che, siccome sono uno più sballato dell’altra, si baciano in bocca per qualche motivo strano, senti tutte le tue certezze sgretolarsi sulla testa. E vorresti andarti a nascondere nel buco di Alice.
-Come ha i capelli? Biondi? Neri? Rossi? Castani? Tinti?
-Lo scoprirai.- gli do un buffetto sulla guancia, ridacchiando. Lo so che adesso si roderà per due giorni, perché lui è La Curiosità, a lettere maiuscole. E badate bene, che Georg è Il Pettegolo, ovvero colui che si occupa di raccontare le voci che sente da Bill, che è Il Curioso. In parole povere, io ci metto la faccia, Bill scopre le cose, Georg le riporta alla gente e Gus mangia.
-Tooooom.- si alza e si auto dà una pacca sul fondoschiena – Ma secondo te ho un posteriore decente?
La smorfia che sta facendo è davvero impagabile. Come se stessimo parlando della nuova carta da parati da mettere in cucina. Ma che domande del cazzo fa?
-Ce l’hai come quello di una modella bella. Quindi sì, hai un fondoschiena decente.
In realtà non è manco la prima volta che se ne esce con ste furbate. Solo che la scorsa volta aveva chiamato Gus a notte fonda e si era messo a tartassarlo di domande tipo questa. E quel sant’uomo rispondeva anche. L’ho sempre detto che gli dovrebbero fare un monumento per la pazienza.
-Ti faresti una persona che ce l’ha tipo il mio?
Mi gratto la testa. Ma dove vuole andare a parare questo malato? Glielo dico, che quegli affari giapponesi gli fanno male alla salute. Come quell’affare dei nuotatori.
-Beh, sì, credo di sì, ma che domande fai, Bill? Sei ubriaco?
Lo vedo saltellare felice, tirarmi qualche dread e saltellare in cucina urlando
-No, sono semplicemente anata to koi ni, watashi no ai!
Oh, cavolo, se adesso attacca anche a imparare il giapponese sono ben messo … e poi, chissà che diavolo ha voluto dirmi con quella stupida frase in quella lingua oscura. E meno male che ero stato il primo ad appoggiare con tutto me stesso l’idea di chiamarci Tokio Hotel. Ma dove avevo la testa? Devilish andava benissimo, senza dover tirare in ballo il Giappone e i suoi disegni a occhi enormi.
 
****
Hail Aliens! Allora ... eccoci qui con il secondo capitolo. Lo so, è un po' corto, ma oh, mica si può far tutto! Come avrete notato, è scritto dal punto del chitarrista più matto del mondo.
T: Parla per te!
Alternerò infatti un capitolo raccontato da Jimmy, a uno raccontato da Tom, a uno raccontato da Bill, per variegare maggiormente la narrazione. Poi, volevo dire che la frase dello scorso capitolo in corsivo, la canzone insomma, è un verso di "Paparazzi" di Lady Gaga, che consiglio vivamente a tutte perchè è bellissima, e Gaga è geniale *-*. Beeeene, che altro dire? I "nuotatori" citati da Tom, altri non sono che i protagonisti dell'anime Free!- Iwatobi Swim Club (guardatevelo, fa sganasciare) e la frase in giapponese detta da Bill (se c'è qualche lettrice giapponese: scusate, avrò scritto degli strafalcioni assurdi, ma l'ho copiato da Google Traduttore) significa ... ehehe, non ve lo dico! Mistero misterioso, per saperlo dovete aspettare il terzo capitolo! *risata malvagia*
TH: Mamma mia, che paura ...
Detto ciò, chiudo qui ringraziandovi (in particolare _MartyK_ che è stata così carina da recensirmi. Grazieee!) tutte un sacco.
A presto, passo e chiudo.

Baci, Charlie

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Capitolo 3
*** Vuoi la guerra?! ***


CAPITOLO TERZO: VUOI LA GUERRA?!

-M’ama, non m’ama, m’ama, non … vaffanculo!
Sbatto per terra la margherita che decorava il mazzo posato su una sedia dello studio della Radio Berlino. Schifoso fiore di merda. Lo sapevo che era tutta una montatura del cazzo, ai danni miei, ovviamente. Non t’ama, sembrano dire i fiori sulla sedia, prendendosi vilmente gioco di me. Lo so, porca puttana, lo so che non mi ama! E allora io che dovrei fare secondo voi? Dovrei …
-Bill, muoviti, inizia l’intervista.- mi richiama la voce di Gustav, da qualche parte dietro le mie spalle. Sorridi, caro, sorridi. Mi volto con stampato sulle labbra il mio perfetto, bellissimo, accecante, ultra sexy, sorriso da copertina, sfarfallando le ciglia.
-Arrivo, GusGus, arrivo.
Ondeggio sui miei nuovi stivali di pelle nera col tacco 12, quelli di cui vado così fiero. Sono perfetti, da tutti i punti di vista. Anche se devo ancora farci il piede.
-Che ci facevi dai fiori?- chiede con aria sospettosa il batterista più sciatto del mondo, che non so ancora per quale scherzo della natura io possa considerare mio amico.
-Li osservavo, Gustav, li osservavo.
-Ma tu odi le margherite.
Lo liquido con un gesto della mano, e velocizzo il passo verso mio fratello e il bassista più malvestito del pianeta. Lo so, eccome se lo so, che è una cosa malsana, schifosa, pervertita e mostruosamente oscena l’incesto tra fratelli. Per di più tra gemelli. Maschi, poi. Ma non me ne frega niente. Quando in fondo mi sono mai fatto influenzare dal pensiero comune, dalla massa, dalle cose mainstream? Mai, appunto. Quindi, a questo punto, perché dovrei abbassarmi al loro livello e soffocare da solo me stesso? Perché dovrei avvelenarmi l’anima per far piacere alla gente, alla credenza comune? No, gente, no. Io non lo accetto, perché amo mio fratello. Vorrei sputarglielo in faccia, alla gente. Eppure lo so che lui non si spinge oltre al semplice sentimento fraterno, e siccome dorme d’in piedi non si è mai accorto di niente, da quasi vent’anni. Idiota, Tom. Perché tutti i geni furbi sono passati a me? Comunque, nessuno potrà mai fermarmi nella mia guerra disperata alla ricerca dell’unica persona a cui darei il mio amore. Chiamasi Tom Kaulitz. Chiamasi quello sciattone del mio gemello.
-Allora, Bill, tu che ci dici?
La voce del giornalista mi fa sobbalzare dai miei crucci, aggrappato alla spalla di Tom, su questo divano bianco scomodo come una pietra.
-Che odio le margherite.- rispondo, con un sorriso lezioso, ridacchiando come quelle ragazzine oche che si vedono nei film. Anche se a scuola L’Imperatore delle Oche era proprio il sottoscritto.
-Come, scusa?.- l’uomo tenta per un sorriso finto come Giuda. Quanto ci scommettete che questo una volta a casa sputerà sulle nostre foto?
Vedo Georg nascondere il viso tra le mani, Gustav scuotere la testa e Tom ridacchiare. Perché lui si che sa cosa provo dentro. Perché lui mi conosce più di me stesso.
-Niente, scherzavo.
Il tipo opta per un sorriso e un “Ma che spiritoso che sei”, per poi passare a chiedere qualcosa al mio gemellino adorato. Sì, non sai quanto io possa essere spiritoso. Ti faccio trovare dieci serpenti nel letto e una tarantola incazzata nel cesso, coglione.
Shh, calmo Bibi, calmati. Devi stare calmo. Fai il bravo, tranquillo. Respira, piccolo, respira. Respira un accidente! Stupido, stupido Tom e quella ragazzina che ha invitato qui! Ma dico, gli ha dato di volta quel poco di cervello che ha?! Presentarmi una ragazza? Tanto gliela boccio, tutte gliele boccio ovviamente. Perché lui è mio, non di quelle … quelle tizie con quelle saccocce schifose appese. Vita grama e ingiusta. Tom è del suo fratellino, piccolo, dolce, innocente vittima dell’amore. Tom è mio, è carne della mia carne, è cuore del mio cuore. Lo voglio indietro.
Quando finisce l’intervista, costellata dai commenti di Georg più ripetitivi di un canto svizzero, dalle risate idiote di Tom assolutamente a caso (e mi piacerebbe sapere che ride a caso perché sta pensando al modo migliore di scoparmi, cioè, oddio come sto diventando volgare, perché sta pensando a me. Ma so che non è vero, ovviamente. Come minimo pensa a quella fantomatica ragazza della periferia), dai grugniti stufi di Gustav, che farebbero invidia a un maiale, e dai miei discorsi senza capo ne coda. In poche parole, una delle interviste peggiori della nostra carriera.
Quando finalmente quell’inutile umano del giornalista ci congeda, e ci permette di sgranchirci le gambe, avrei voglia di rompergli qualcosa sulla testa. Oh, sto diventando troppo violento, sarà colpa di tutti quei film americani di serie b che vede Tom. Non ci sono più i bei film romantici di tre ore, dove alla fine puoi anche scioglierti in lacrime, soffocando nei fazzoletti e nella cioccolata tutta la depressione di un amore finito male. Com’è destinato il nostro.
-Andiamo a conoscere la ragazza?- fa Georg, occhieggiando curioso come una bertuccia la fiumana di gente che affluisce continuamente nella Radio Berlino, la radio nazionale con l’indice d’ascolto più alto in assoluto.
Tom si esprime in un trillo che farebbe invidia a me quando sono su di giri, mi prende per un braccio, acchiappa Gustav per l’altro e urla:
-Esatto! Prima che qualche fan ci intercetti, o che qualcuno della troupe si inventi qualche scusa per portarci via. Dai, Bill, muoviti un po’.
Ah, ecco. Ha anche il coraggio civile di dirmi “muoviti”, quando dovrebbe compatirmi per la mia melodrammatica situazione di amante mai corrisposto. In che mondo di zotici sono mai capitato?!
Ci avviamo giù dalle scale immense della stazione radiofonica, tentando di non inciamparmi sui tacchi forse troppo alti, approfittando della situazione per tenermi a braccetto con mio fratello. Chissà che quando arriviamo giù la ragazza, vedendo il sottoscritto, ovvero l’unico ad avere il diritto a poter amare Tom senza andare contro la legge, a braccetto dell’interessato, non capisca che lei deve tenersi fuori. Ci credo poco.
Mi stringo meglio al suo braccio, sentendo il suo calore irradiarsi dentro al mio corpo, a riscaldarmi le membra, a farmi battere il cuore un po’ più forte. Se lasciassi correre l’immaginazione proprio ora, potrei vedere trasformato questo atrio in un immenso salone da ballo, con un pianoforte là in fondo, due enormi lampadari di cristallo che illuminano la sala, possibilmente di marmi e alabastri, tutta questa gente vestita a festa che attende in silenzio col fiato sospeso, questa scala diventata all’improvviso bianco latte con le rifiniture d’oro, e, in fine, io e Tom che scendiamo per mano giù dalla scalinata, sotto gli occhi di tutti. Quell’incompetente di mio fratello vestito con un frac di quelli da film, i dreadlocks sciolti sulle spalle e un portamento un po’ più fiero di quello che ha di solito; io con uno splendido abito bianco, decorato con diamanti e perle giapponesi, di quelli lunghi fino ai piedi, con un velo di pizzo e crinoline e uno strascico lunghissimo, i capelli lisciati per l’occasione. E, in fondo alla scala, i G&G che ci porgono con reverenza la coppia di fedi. Oh, che matrimonio da sogno …
-Non la vedo.- grugnisce Tom, strappandomi con violenza dal mio matrimonio ad occhi aperti. Dovrò rimandare a stasera i sogni di gloria, con quei tre lì è impossibile concedersi un minimo di fantasia altisonante.
-E’ quella?- Georg addita una tipa tutta rifatta, bionda platinata.
-No, è più bassa …
-Allora quel bocconcino.- Gustav ne addita un’altra ancora peggio.
-No, è più fine …
-E’ questa meraviglia qui?- intervengo io, indicandomi da solo, sfarfallando le ciglia.
-Bill, ma sei ubriaco?
Ecco. Te pareva. La solita finezza unica di Tom. Ci guardiamo in giro con interesse (loro), e con noia infinita (io), tentando di vedere, di riconoscere, di scovare, la fanciulla deputata ad essere la mia peggior nemica. Fatti sotto, vile. Fammi vedere di cha pasta sei fatta.
-Certo che da vicino siete ancora più belli che in foto.
Ci voltiamo simultaneamente, alla ricerca della proprietaria della voce, alias la mia nemica giurata. Però non vedo nessuno. Abbasso un po’ la testa e la vedo, finalmente. Uno scricciolo che fa ridere. Hai già perso, tesoro, rassegnati.
-Ehi Jimmy! Sei venuta, allora!- esclama mio fratello, sfoderando un sorriso che gli va da un orecchio all’altro. Ci sono giusto le orecchie a bloccarlo.
-Come avrei fatto a rinunciare all’invito della mia band preferita?
Ha la voce piuttosto bassa, un po’ da bambina. Seriamente, ma quanti anni c’ha sta qua? Dieci? Alza la testa, e finalmente la posso guardare in faccia. Posso studiarla. Posso vederla. E posso constatare che ha gli occhi più belli che abbia mai visto in tutta la mia vita. Involontariamente, mi ci perdo, in quelle iridi violette come un’ametista, luminose, quasi riflettenti come fossero due specchi, in un paio di occhi grandi, quasi a mandorla. Sono occhi stranissimi, come fossero quelli di una bambola. Vuoti. Come cocci di vetro.
Passo al viso, rotondo, pallido, carino sì, ma niente a che vedere con il mio. Cioè, delle labbra come le mie farebbero gola anche al più etero degli eteri. Non prendiamoci in giro. Lei avrà anche un paio di occhi che mi ci vorrei perdere dentro, la bocca però non può nemmeno lontanamente paragonarsi alla mia.
Passo rapidamente all’abbigliamento. Sciatta. Come mio fratello. Non mi sembra assolutamente il caso di vedere una ragazzina con un paio di jeans che le cadono e una maglia che avrà cinque taglie abbondanti più della sua. È essere maltenuti, questo. Come può Tom non vederlo, e non vedere la mia perfezione assoluta? E va bene, non dico che non abbia un bel fisico, ma vogliamo mettere le mie gambe con le sue? E il mio fondoschiena? Appunto.
Le osservo i capelli, e qui non posso dire niente. Assomigliano ai miei, neri corvini, solo che ce li ha molto più lunghi. Le arrivano fin sotto la vita, legati in una treccia che sembra la gomena di una barca, sotto un berretto da baseball che sembra appena uscito dall’armadio del mio gemellino adorato. Disordinatissima. Da un lato, tanto per poter iniziare la guerra in parità, mi vorrei offrire almeno di rifarle la treccia, di pettinarle quegli splendidi capelli. Se no, scusa cara, ma la vittoria è mia praticamente a tavolino.
-Ammetto che una presentazione come quella che sto per fare sembra uscita direttamente da un circolo della Alcolisti Anonimi, comunque, piacere, mi chiamo Jimmy Sasha Spiegelmann e sono una vostra grande fan.
Sorride e questo glielo devo riconoscere, ha un sorriso davvero splendido. Sincero, solare, aperto, innocente. Non ha la minima traccia di malizia dietro. Però c’è qualcosa che stona nell’insieme, anche se non riesco a capire cosa.
-Davvero piacere di conoscerti, io sono Georg, e già che ci sono permettimi una domanda: perché non stai urlando, piangendo, saltando, svenendo, eccetera?
Ecco cosa c’era che stonava! Bravo Geo, ottimo lavoro! Non sta impazzendo alla vista di noi quattro dei, e soprattutto alla mia vista sublime e incantevole.
-Uhm … credo perché già che vi ho sotto gli occhi, sarebbe meglio non perdere tempo a piangere o a urlare. Potrebbe non presentarsi mai più un’occasione simile.
Bene. Sta qui ci sta prendendo bellamente in giro, oppure è un genio del male? No no, non è normale la sua reazione. È una cosa divinamente grandiosa, comunque. Si può parlare senza dover asciugare lacrime o rianimare le svenute.
-Che risposta intelligente, tesoro! Io sono Bill, piacere di conoscerti.
Le stringo la manina con un sorriso talmente finto che mi faccio schifo da solo. Sembra un po’ come se fossimo due dame della corte del Re Sole che si giocano un ricco cortigiano ma che non possono strapparsi i capelli, quindi fingono vilmente di essere amiche mentre in realtà si avvelenano a vicenda il vino. Ok, forse sto esagerando. Tutta colpa di Tom, come al solito.
Non mi rendo nemmeno conto di quando i nostri occhi si incontrano. Come se mi stessi infrangendo contro una parete di acqua gelida; le nostre pupille si incrociano, si fissano le une dentro le altre, come se fossero sostenute reciprocamente. Rimbalzo di scatto in quei cocci viola, come se fossi caduto dietro uno specchio, e mi stessi dibattendo impotente in una dimensione dove saettano pezzi di vetro, che mi tagliano, che mi perforano, che mi sfiorano. Mi ha catapultato in uno spazio siderale fatto di specchi. Mi rendo conto che ci stiamo ancora tenendo la mano, e la mollo di scatto, come se bruciasse. Non dare confidenza al nemico, Bill.
La vedo riscuotersi pure lei, come se le fosse successa la stessa identica cosa che è successa a me, solo che lei si è scontrata con una parete caramellata, invece che violetta. Mi sorride a trentadue denti, perché lo so che nessuno può resistere al mio fascino indiscutibile. Ritira la mano con più lentezza rispetto a me, come se le costasse una fatica boia staccarsi dalla mia presa. Anche lei ha lo smalto nero, ma niente a che vedere col mio, ovviamente.
Passa a stringere la mano unticcia di Gus, e sento Tom sussurrarmi nell’orecchio.
-Ehi, fratellino, cosa ne dici?
-Ha degli occhi notevoli. Basta.
Scuote la testa, dandomi una pacca sul fianco, come fa ogni volta che dico qualcosa che non gli va bene ma che lo fa sorridere. Scendi un po’ più giù …
-Sono così contenta di poter parlare con voi!- trilla Jimmy, guardandoci tutti e quattro con una velocità notevole – Ero venuta a un vostro concerto, ma non mi avevate degnato di uno sguardo.
-Davvero? Mi dispiace.- si scusa subito Gustav, perché lui è una persona educata.
-Sai, tesoro, forse sei un po’ bassina … - miagolo io. Mettiamo le cose in chiaro, baby: io e te, nemici giurati.
-Che sono bassa non lo metto in dubbio, ma immagino che una specie di striscione nero con la scritta bianca “In Earth or in Hell, we’re sure to meet you”, lo avrete ben visto!- scuote la treccia, e sorride, facendo scoppiare una gomma da masticare.
-Come non averlo visto!- esclama Tom – Ragazzi, ve lo ricordate? Era l’unico che avevamo notato, e ne avevamo anche parlato dopo il concerto!
Eheh. Il cartello. Come posso anche solo essermelo dimenticato per un attimo?! Non ci posso credere che è stata lei la coraggiosa che sventolava quel manifesto quasi inquietante, ma che ovviamente è piaciuto un sacco al sottoscritto. Che poesia sottile, gotica, quasi meschina ma incredibilmente di mio gusto … un punto a te, Jimmy.
-Ma sì!- annuisco io – Era carinissimo!
-Beh, fortunatamente sei riuscita a incontrarci sulla Terra e non all’Inferno.- ride Georg. Non lo metto in dubbio, preferisco qui che all’Inferno. Troppo caldo per i miei capelli, potrebbero rovinarsi.
-Sinceramente lo speravo anche io.- commenta lei. – Pazzesco, sto commentando tranquillamente con la band più famosa della nazione il mio insulso cartellone dell’anno scorso. Sembra quasi di essere sul set di qualche commedia americana scadente.
-Magari se togliessimo questa stupida ambientazione da stazione radio.- le da man forte Tom, lanciandole un’occhiata che … va beh, sto zitto. Ingoio una scenata da primadonna giustappunto perché siamo in pubblico. Ma quando siamo a casa vede cosa gli faccio passare, infame traditore. Come si permette di fare certe facce! Va bene, ok, sono solo il suo gemello, non ho voce in capitolo, però quando è troppo è troppo. E io sono anche un ragazzo particolarmente accomodante e paziente.
-E ci aggiungessimo un bel pub dove rinfrescarsi la gola dopo aver parlato per mezz’ora con quel cretino … e magari pensare a rifocillarci.- interrompe Gustav, che non si smentisce mai. Quell’uomo sì che è una certezza, radicata e in smontabile.
-Ma allora è vero che tu pensi sempre a mangiare!- cinguetta Jimmy – Si è sempre sentito, ma io ho sempre pensato che fosse una montatura …
-Ti sembra una montatura?!- urliamo in coro io, mio fratello e Georg, additando quel troll senza fondo del biondo sciattone.
Lei alza le spalle, mentre Gustav ci fa il medio di ricorrenza. In effetti, devo ammettere che ci stiamo volgarizzando sempre di più. Soprattutto io. Lo sapevo che stare con sta gente mi avrebbe fatto male …
-Devo ammettere che è consolante sapere che siete tutti “veri” e che qualcuno non si è inventato per voi delle caratteristiche specifiche.- dice, sistemandosi il berretto leggermente rossa in viso. Cedi le armi, stellina, comincia a cedere di fronte al sottoscritto.
-Sì, tranquilla, Gustav è davvero un pozzo, Georg è davvero il metallaro fallito, Bill è davvero la nevrosi incarnata e io sono veramente la Stella.- asserisce Tom, dandole una pacca affettuosa sulla spalla. È così, allora?
-Sì, proprio. Lui è davvero l’idiota che si dica sia- rispondiamo io e Georg, che su questo siamo sempre stati in sintonia perfetta, oltre che sulla musica.
-Beh, di me a scuola hanno sempre detto che sono strana, allora sta a voi giudicare se lo sono veramente o se anche io come una piccola stella di periferia sono stata montata dalle voci di quartiere.- risponde a tono Jimmy, infilandosi le mani nelle tasche enormi dei jeans. Risposta ineccepibile. Vorrei quasi dirle che ha detto una cosa che sarebbe da scrivere in un libro; anzi, quasi quasi quando arrivo a casa la metto su Twitter. Mi piace troppo sta frase, ha un qualcosa di poetico sotto, come se dovessi scavare attentamente col cucchiaino per trovare la sorpresa nella scatola di cereali, come facevamo io e Tom da piccoli. Credo di aver reso l’idea.
-Bene, bando alle ciance, prima che qualcuno della troupe ci placchi e ci porti via, facciamo le persone educate e offriamo il pranzo a Jimmy.- ruggisce Gustav. – Imbuchiamoci nel primo pubbaccio che troviamo, magari dove siamo sicuri che non ci siano fans, e facciamo un panino che sto morendo di fame.
Volgare. Rozzo. Ma perfettamente corretto. Esattamente quello che avrei detto io, con parola più grezze, ma il concetto c’è. Anche io sto morendo di fame; in realtà alle Aliens potrà sembrare che io non mangi mai un tubo di niente perché sono uno stecco ambulante, ma se andiamo a vedere mangio cinque volte più di Gustav. Solo che io non lo dico, e non ingrasso! E poi mangio di notte, davanti alla televisione, con una mano affondata nella Nutella, e la bocca strafogata di patatine fritte, mentre mi servo con i piedi un ciotola di panna montata e con l’altra mano tagliuzzo un wurstel. Per mia fortuna, anche se la mia ginnastica è pari allo 0%, non metto su un etto, e quindi me la posso spacciare da salutista. Scusa, Jimmy, ma qualche segreto io ce l’ho ancora. E poi non potete nemmeno sapere la gioia nascosta nell’ingozzarsi fino a star male sul letto di notte con un bel film romantico di quattro ore sul computer. Ok, è una cosa che fanno le ragazzine single e depresse. Beh, anche io sono single no?
-Allora muoviamoci, forza. Jimmy, a te la scelta.- fa Georg, uscendo fuori dall’atrio enorme e ritrovandoci per strada, dove soffia una fresca brezza primaverile.
-Uhm … - la vedo guardarsi un po’ in giro, fino ad indicare un pub semi nascosto in un vicolo e dall’aria malfamata – Laggiù! Non vi riconoscerà nessuno.
-Ottima scelta, tesoro. Bill, muoviti.
Tom le da un’impercettibile carezza sulla spalla e la spinge avanti, verso il fantomatico pub dove andremo a rifocillare gli stomaci vuoti e piangenti. Bene, caro Tom. È così? Vuoi che scateni una guerra? L’avrai.
 
***
Salve a tutte! Scusate, so che sto capitolo fa schifo, ma datemi tempo, please. Volevo ringraziare _MartyK_ e Vanisher per aver recensito, esortarvi a lasciarmi un commentino (*-*) e ... a ringraziarvi tutte per leggere, ovviamente. Bill è un pazzo, lo so, ma ci sta, non credete? No? Giusto.
Guten Nacht a tutte,
Bacioni :-*
Charlie.
B: Ah, è così?! Io sarei pazzo?! Ora vedrai, Autrice, ora vedrai ...
 

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Capitolo 4
*** Quelli dell'89 sono i migliori ***


CAPITOLO QUARTO: QUELLI DELL’89 SONO I MIGLIORI

-Dimmi, Jimmy, di dove sei?
Alzo lo sguardo su Georg, che mi sta scrutando con un’aria inclassificabile, tra il “normale ventenne” e il “scienziato alle prese con un criceto geneticamente modificato”, con una leggera sfumatura alla “Tenente Colombo redivivo”. Forse dovrei preoccuparmi, ma non ho mosso un sopracciglio quando ha preso fuoco la scuola, quindi sicuramente non lo muoverò ora solo perché il mio bassista preferito ha un’espressione terribilmente inquietante.
-Magdeburgo. Come voi.
-Una bella fortuna.- commenta Tom, e gli rivolgo un sorriso quasi ben fatto. In realtà, ogni volta che mi guardo allo specchio non riesco più a sorridere. Non ci riesco perché mi ricorderei di lei, del suo cuore, della sua anima. E non ho più voglia di piangere, di disperarmi, di sentire quelle gocce salate solcarmi le guance. Sono semplicemente stufa, asciutta come un deserto. E meno mi guardo allo specchio sorridendo, meno ricordo cose che sarebbe meglio rimanessero per sempre sepolte nelle cantine del mio cervello, anzi che sarebbe meglio non fossero mai successe. Ma siccome il Destino, come dicevano gli antichi, non si può cambiare, allora faccio prima a cercare di dimenticarla per sempre. Di non doverla più richiamare alla mente, di relegarla a un periodo della mia vita nascosto nell’oblio, un momento più o meno lungo completamente onirico, di nascondere la sua immagine per sempre al sicuro nella chiave del mio cuore. Ma mi spiegate come faccio, se non riesco nemmeno a respirare senza sentire il suo fiato freddo sul collo, le sue mani sulle mie, i suoi capelli tra le mie dita? Come posso dimenticarla, se tutte le poche preghiere che rivolgo a quel Cielo che non mi ha mai ascoltata ne degnata di uno sguardo portano il suo nome? Anche perché basta che mi guardo, e posso rivedere lei, riflessa a fuoco nelle mie pupille, nella mia voce, nella mia pelle. Mi manca così tanto, anche se non vorrei darlo a vedere.
-E quanti anni hai, stellina? Dodici?- cinguetta Bill, accarezzandomi la manica della maglietta troppo grossa. Ma era l’unica pulita.
-Venti tra tre mesi. Sono dell’89, come voi due.- rispondo, perdendomi nei suoi occhi. Gli stessi specchi al caramello che sogno da quando ho undici anni, lo stesso ragazzo di cui seguo le gesta come se fosse il mio nuovo Orlando. Anche se ho sempre avuto il sospetto che io potessi fare Orlando e lui Angelica, sapete com’è.
Poco importa comunque, perché lui è la stessa persona che sogno ogni notte, su cui mi faccio dei filmini mentali assurdi. Probabilmente se lo dicessi ai miei pochi amici di periferia, otterrei come risposta “JdoubleS innamorata di quella checca del cantante dei Tokio Hotel? Ma nemmeno nel peggior film di fantascienza!”. Però, dopo che l’ultimo che si era azzardato a dire che il MIO Bill era un frocetto del cazzo si era ritrovato con tre denti saltati e un occhio talmente gonfio da far paura, nessuno aveva più osato dire nulla al riguardo. O meglio, a volte anche io ho dovuto con fatica ammettere che sembra proprio un frocetto del cazzo. Ma io lo posso dire, perché … beh, io sono la fan, io decido.
-Toh, vedi che quelli dell’89 sono i migliori, razza di palla di lardo nullafacente?!- strillano i gemelli in coro verso un tranquillissimo Gustav che è già al suo terzo panino, mentre io tento ancora di finire il primo. Wow, addirittura offerto dai Tokio Hotel. Questo panino è sacro, avrei dovuto innalzarlo al cielo prima di mangiarlo, ma ho troppa fame.
-Io non ho detto che la gente dell’89 ha qualcosa che non va.- spiega il pacifico batterista, facendomi l’occhiolino. Gustav Schafer mi ha fatto l’occhiolino. Se lo racconto, non ci crede nessuno. Wow. – Ho detto che voi due avete qualcosa che non va, primo. E secondo, ho detto maledetto sia il 1989 per avervi dato alla luce. c’è differenza, carissimi.
Tom si gira verso suo fratello, con una faccia che una persona qualunque, un umano medio insomma, potrebbe catalogare come “Cristo, ragazzo, che faccia da bamboccio che hai! Sembri un infante!”, ma che le Aliens catalogano come “O mein Gott, quant’è figo Tom da uno a dieci?!”, il tutto coordinato da espressione saputa e di superiorità rispetto al resto del mondo. Beh, comunque credo di aver reso l’idea dell’espressione magari non troppo sveglia del rasta in quel momento. Soprattutto quando dice, grattandosi una guancia
-Fratello, ma secondo te ci prendeva in giro?
Ok, ok. Magari non sarà una cima da Yale, ma a me piace comunque. E poi, sinceramente, cosa ci farei io con un grande studioso quando a stento capisco cosa siano le espressioni. Anche uno dal livello mentale di Tom va bene, per una come me. Però forse Bill è ancora meglio, devo fare due valutazioni.
-Certo che ci prendeva in giro, idiota.- lo gela Bill, con quell’espressione estremamente cucciolosa ma estremamente acida che gli ho visto sfoderare più volte non solo nel loro mondo, ma anche in questi ultimi minuti in cui siamo insieme. Quell’espressione che, se io non avessi un autocontrollo di ferro, avrebbe firmato la sua condanna a “violenza sessuale da parte di una tapponzola”.
In realtà, la mia ex psicologa mi ha sempre detto che io non ho autocontrollo. “Sei impulsiva, Jimmy Sasha, non riesci a controllare le tue emozioni e ciò ti rende un bersaglio facile. Soffri di violenza repressa, cara, dovresti sfogarti in qualche modo ricreativo. Come frequentare ragazze per bene della tua età, e non ragazzi più grandi. Devi anche imparare a tenere a freno la tua anima, sei così bollente dentro, devi trovare qualcosa che non attizzi il fuoco che ti brucia il cuore. Potresti finire molto male, quando crescerai, se non segui i miei consigli di normalizzazione. Intanto, a cominciare dall’aspetto fisico”. Questo era l’unico pezzo che mi ricordo di quella seduta, anche perché dopo quello che aveva detto a lei, le avevo tirato un calcio troppo forte, e le avevo rotto qualcosa. Forse non è stata una mossa troppo furba, rompere un osso alla propria psicologa, ma a un certo punto quando è troppo è troppo. Non poteva permettersi di parlare così, alla mia bambolina. E no, non mi sono pentita di averlo fatto, e al diavolo i suoi stupidi consigli. Se soffro di violenza repressa, fammi picchiare. Fammi distruggere dalle botte, fammi tornare a casa coperta di fango e sangue. Magari è un buon modo per sfogarsi del tutto, no?
-Comunque, ho finito la scuola.
-Almeno qui qualcuno si è sforzata di fare l’esame di maturità.- fa Georg, lanciandomi la tipica occhiata da amico più grande che deve tenere buoni i propri piccoli, stupidi, amichetti.
Ridacchio anche io con lui, quando immediatamente i gemelli cambiano discorso, virando su di me, invece che sulla loro carriera scolastica che da quello che posso intuire è stata piuttosto scadente.
-Vai all’Università?- fa Tom, lanciandomi un’occhiata che mi fa arrossire. E posso dirvi che l’ultima volta che sono arrossita era quando avevo sei anni, e avevo appena vinto un cucchiaino di legno insieme a lei come premio per “Le alunne più pestifere della scuola”.
-Non ho abbastanza soldi da potermela permettere.- dico, arrotolandomi una ciocca attorno al dito e avvicinandomi impercettibilmente a Bill, che mi fissa con il sorriso più lezioso, finto, affettato e sexy che io abbia mai visto in vita mia. Anche se non riesco a capire perché si ostini a tenere stretta tra la sua la mano di Tom.
-Allora immagino lavorerai, no?- mi chiede il cantante, accarezzando distrattamente con le unghie lunghe due chilometri la spalla di Tom. Oh, come mi piacerebbe che accarezzasse così me … ehi, no! Jimmy, che diavolo dici. La psicologa ti ha fatto male, sì, decisamente male.
-Sì. Sono un …
Non mi lasciano nemmeno finir la frase, che subito Georg mi interrompe urlando e agitando la lunga chioma. Meno male che speravo che almeno lui fosse normale.
-Lo so, lo so, lasciami indovinare! Sei una di quelle delle agenzie di viaggio!
-Ehm, no.- ridacchio, dispiacendomi un po’ della sua espressione abbattuta – Mi dispiace, ma oltretutto a Mag manco c’è l’agenzia di viaggio.
Si gratta la testa e annuisce, arrossendo impercettibilmente.
-Ma no, si vede subito!- lo zittisce Tom – E’ una cameriera. Le cameriere sono tutte fighe, infatti.
Forse ora dovrei svenire perché, o cavolo, Tom Kaulitz mi ha detto che sono figa!
-Grazie del complimento, ma sono troppo poco educata per far la cameriera.
Divento rossa di nuovo. È così tanto che non sento gente che mi fa dei complimenti … mi ero anche dimenticata cosa fossero. Hanno un suono così dolce per le mie orecchie abituate a volgarità di ogni sorta.
-Cosa dici, scimmiottino mio, non capisci niente come al solito.- Bill gli da un buffetto molto poco fraterno sulla guancia e poi mi dice – Commessa in un  outlet, vero, cara?
-No, mi dispiace. Non sono una commessa.- rido più forte, ora. Perché Bill sembra essere l’unico dio a cui rivolgerei le mie preghiere.
-Secondo me fai il meccanico- interviene Gustav, sorridendomi.
Ok, come cazzo ha fatto a capirlo! Non ci arriva mai nessuno!
-Ma cosa dici, maleducato che non sei altro!- tuona Bill, dandogli una borsettata in testa con violenza. Non pensavo che gli uomini usassero borse Louis Vuitton. Ma Bill è Bill, quindi è speciale.
-E un punto a Gustav!- grido io, applaudendo – Esatto, lavoro in un officina come meccanico a tempo pieno.
La smorfia dei tre capelloni in questo momento è veramente impagabile, così come l’espressione trionfante del biondino. Beh, non posso farci niente se lavoro in un posto assolutamente poco adatto per una ragazza; i soldi sono soldi, e a un certo punto si fa di tutto per guadagnare.
-Ma davvero?- Georg tossicchia, cercando di fare la persona educata, ma si vede lontano un miglio l’espressione leggermente sconvolta del tipo “con che carro armato abbiamo a che fare?!”
Annuisco, addentando l’ultimo boccone di panino. Sembro una morta di fame, lo so, non posso farci niente se ho uno stomaco senza fondo.
-E’ l’officina del padre di un mio amico. Così mi hanno presa subito, senza farsi problemi di nessun tipo. Mi piacciono molto i motori.
-Anche a me!- strilla Tom, ma viene subito schiaffeggiato dal gemello. Uhm, però non vorrei che il mio fidanzato mi picchiasse sempre con la borsa … c’è qualcosa di fondamentalmente sbagliato in questo, anche se non so cosa sia. Di solito non è la ragazza che tira le borsate al ragazzo invece che il contrario? Boh.
-Tom, guarda, evita di dire queste ignobili falsità alla nostra amichetta. Tu non ci sai fare con quella roba lì. Ti devo forse ricordare che fine ha fatto la MIA Royal Hanfield dopo essere passato sotto le tue zampette?
Tom gli fa un gesto poco educato, e lo ignora bellamente. Però io e lei non facevamo così, eravamo molto più in sintonia. Sulla stessa linea d’onda, come fossimo una radio. Comunque, a parte quello, non mi è piaciuto per niente il modo in cui Bill ha detto “amichetta”. Forse sarò solo io che da buona poco di buono mi faccio strane domande e dilemmi su ciò che dice la gente, ma quel suo tono sottile, quasi malefico, senza traccia di malizia ma piuttosto di intolleranza verso qualcosa, mi colpisce come una freccia nell’orecchio. Potrei sembrare ripetitiva, ma quando nasci in periferia, dietro le grandi fabbriche che vomitano fumi tossici che ti avvelenano l’animo, sotto un cuore malato di sostanze talmente brucianti da fari impazzire persino un robot, beh, se nasci in un posto simile, nutrendoti di menzogna, respirando fabbriche, conoscendo come unica ninna nanna il fragore delle industrie metallurgiche dietro casa, giocando a rimpiattino in mezzo ai vecchi stabilimenti petrolchimici in disuso, allora impari meccanicamente a capire la minima sfumatura di una qualsiasi, di un qualsivoglia inganno.
Bene, e allora con estrema facilità ho potuto sentire la sfumatura nella voce di Bill, che potrei tranquillamente analizzare come un “guarda te che dobbiamo trascinarci questa roba tra i piedi”. Insomma qualcosa di molto poco lusinghiero. Ma non mi importa troppo, perché potrei essere solo io che sono troppo sospettosa. E una tale dolcezza non posso pensare che sia così falsa come Giuda.
-Beh, però, che ci crediate o no, io lavoro in un’officina. E non per vantarmi ma me la cavo piuttosto bene.- mi passo una mano tra i capelli, che ho tentato di mettere a posto meglio che ho potuto per il Grande Momento ma che si sono rivelati peggio del solito. Sarebbe tanto bello se Bill me li mettesse a posto … ma questo è chiedere troppo. Però non posso fare a meno di pensarlo, averli per una volta pettinati.
Nemmeno mi avesse letto nei pensieri, Bill esclama
-Però, Jimmy, cara, hai davvero dei capelli notevoli … con cosa li tratti per averli così voluminosi? E soprattutto, come fai a tenerli così lunghi? Non ti vengono le doppie punte? Quand’è stata l’ultima volta che sei andata dal parrucchiere?
Gli altri tre alzano gli occhi al cielo, scambiandosi occhiate esasperate, ma non io. Perché, pur di chiacchierare con il mio cantante preferito, parlerei anche di vestiti. Che è tutto dire. Fate conto che ho capito solo l’anno scorso cos’è Versace.
-Ehm, beh, grazie, ma io … - ok, da quando balbetto? Cioè, non si è mai sentito in giro che Jim balbettasse … forse sono proprio loro che mi fanno questo effetto deleterio. Effetto Kaulitz, effetto balbuzie. Prendo un profondo respiro e mi preparo a fare un discorso di senso compiuto sui miei capelli – Se devo essere sincera, non so assolutamente che roba uso. Cioè, non sto a scegliere che shampoo comprare, il primo che capita lo compro. E le doppie punte, scusa ma non so cosa voglia dire. E li tengo lunghi perché non sono in grado di tagliarmeli da sola.
Lui mi guarda come se fossi una povera bambina di fronte al più grande dio dell’universo, scuotendo la sua massa sparata su cui tanto ho sognato, e commenta, accarezzandomi la treccia con quelle sue mani lunghe e perfette.
-Direi, che a una prima occhiata preliminare potrei dire che non hai le doppie punte, poi ti spiegherò cosa sono, e questo è un bene … però dovresti usare qualcosa che li valorizzi, sono un po’ opachi. E questa frangetta, tesoro, proprio no! Tagliatela, è da elementari!
Ah no. Mi dispiace, caro Billy, ma sulla frangetta non ammetto repliche. E’ da quando è successo quello che è successo, la fine della mia esistenza reale e tangibile, che io non la tocco. A lei piaceva così tanto, non posso farle questo torto enorme. E l’avevamo anche uguale. Una delle poche cose che mi rimangono di lei.
Scuoto fermamente la testa, scacciando la sua mano. Non sono abituata a farmi toccare dalla gente, siano essi anche Lui. Come un animale selvaggio, non voglio che mi prendano sotto il loro controllo e che mi schiaffino in qualche brutto posto. “Perché tu sei violenta, e lei ha la lingua troppo tagliente. Violenza e Charme, dovreste andare tutte e due in un istituto ricreativo”, diceva quella bastarda della mia ex psicologa. Maledetta donna, spero ti sia venuto un infarto.
Non faccio in tempo a spiegare a grandi linee la storia della frangia, che sento una voce tonante e sconosciuta urlare, facendo ammutolire tutti nel pub
-Kaulitz, Listing, Schafer ma vi sembra il modo di sparire così dalla circolazione?! Cosa diavolo ci fate qui?!
Sono già pronta a darmela a gambe, quando sento Tom sussurrarmi all’orecchio, torturandosi anche lui come la sottoscritta l’anello gemello all’angolo del labbro
-Tranquilla, Jimmy. È solo il nostro manager. Forse … è meglio che resti, anche perché non saprei spiegare la nostra fuga senza una prova tangibile della tua presenza.
 
****
Salve! Questa volta faccio presto: intanto, spero che la storia paradossale e demente che sto scrivendo vi piaccia e che vogliate lasciare un commento (grazie mille a _MartyK_ e a Vanisher, alle ragazze che me la seguono/preferiscono/ricordano e ovviamente alle lettrici silenziose) ... forse Jim vi sembrerà una pazza da manicomio e forse lo è veramente, quindi non vi scandalizzate. E' fatto apposta, lei ha una visione del mondo completamente distorta rispetto alle persone normali. Ah, e per le fan della twincest come la sottoscritta ... sì, Bill si sta facendo troppi problemi perchè in realtà non ha nessun concorrente con il suo Tom: Jim è innamorata di lui, grazie tante! Quindi si vedranno gli sviluppi di questa buffa gente contorta.
Un bacione a tutte, e grazie :)
Charlie. 

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Capitolo 5
*** E' nostra cugina! ***


CAPITOLO QUINTO: E’ NOSTRA CUGINA!

-Ma cosa urli, cosa urli, stai calmo.
Bill si alza, ancheggiando come suo solito, e poggia una mano sulla spalla di quel sant’uomo del nostro manager che è di un inquietante rosso fuoco gonfio. Forse ammetto che la scena non è delle migliori, con Gustav che lo fissa al di sopra delle lenti con la bocca talmente gonfia di cibo da far schifo, Georg con gli occhi chiusi nemmeno stesse per finire il mondo, io in piedi con una splendida aria colpevole mentre tengo per la spalla Jimmy stile animale braccato che mi fissa terrorizzata e mio fratello con la sua migliore espressione annoiata che gesticola. Un quintetto d’archi veramente eccelso.
-Stai calmo cosa Bill?! Ma cosa vi è passato per la testa di scappare … di non farvi sentire … di … - il manager più stressato del West gesticola furiosamente, non sapendo bene chi guardare.
-Tecnicamente, ci terrei a farti notare che noi abbiamo ancora un certo spazio per noi stessi, e che ne possiamo approfittare quando ci pare e piace, di conseguenza abbiamo anche il diritto di fermarci per uno spuntino. Nel contratto non veniva menzionato il fatto che dobbiamo avvertire prima di nutrire i nostri stomaci affamati.- Georg recupera al meglio il suo finto charme britannico, tirando in ballo la sua vera e unica arma letale: il contratto. Con quello, vinciamo più o meno ogni battaglia contro manager e company. Se poi li abbiamo fatti arrabbiare così tanto che nemmeno il deterrente del contratto funziona, scateniamo l’ira funesta del gemello peggiore che ci sia, e allora l’abbiamo vinta. Sinceramente, ammetto che Georg ce lo avrei visto anche molto bene in un’aula di tribunale a disquisire con la sua parlantina altisonante ma vuota su qualche causa persa e dimenticata. Sì, ce l’ha troppo la faccia da “J.A.G Avvocati In Divisa.” Quel piglio da giureconsulte non particolarmente brillante ma furbetto, ingannatore di se stesso e degli altri. Un grande avvocato delle cause perse insomma.
-Non c’entra! Io devo sempre sapere dove siete, soprattutto quando siete sotto la mia osservazione.- il pover’uomo si mette le mani tra i capelli, e in questo momento mi ricorda i discorsi che ci faceva mamma fino a più o meno una settimana fa.
-E va beh, affronta la vita con filosofia.- Gustav scuote la testa, ingoiando finalmente il panino che gli occupava tutta la cavità orale. – Siamo qui, stiamo tutti bene, che problema c’è?
-Io … - Si gira verso di me, e sfortunatamente mi ero illuso di poter scamparmela. Magari i suoi occhietti porcini non cadevano su Jimmy, appesa al mio braccio. Cioè, mi correggo, io appeso al suo braccio, e lei con un’espressione difficilmente riconducibile a un sentimento umano, ma che potrei illustrare con “Espressione da lupo siberiano appena finito nella trappola dei cacciatori, intento a studiare un modo per tagliare la corda senza morti da nessuna delle due parti”. Vi giuro, è la ragazza più assurda che io abbia mai visto in vita mia. Perché nessuna penso che scapperebbe davanti a un tizio di mezz’età col fiatone e l’aria disperata da chi me lo ha fatto fare. Insomma, che diavolo le prende?
-Chi è quella?- la voce del manager più sfigato del pianeta si fa più tesa. Come ogni volta che c’è una ragazza di mezzo, d’altronde; non ho ancora capito perché trovi così fastidioso il fatto che quando combiniamo qualche casino da soli, ok, ma quando c’entra una persona di sesso femminile e giovane ci sclera. Come mi ha detto Georg una volta, citando un certo poeta Giovenale :”Odio una donna che legge”. Magari anche lui è una specie di maschilista di stampo antico romano.
-Lei è … - inizio io, facendo vagare lo sguardo per la stanza alla ricerca dell’ispirazione.
-E’ nostra cugina Jimmy Sasha!- urla Bill, saltandomi al fianco e afferrando la nostra nuova amica per le spalle, scuotendola e spupazzandosela un po’. Posso vedere Jimmy diventare di un colorito grigiastro, gli occhi brillarle di contentezza ma allo stesso tempo di un’agitazione troppo esagerata. È carina, così diversa dal resto delle sue coetanee … come appartenesse a tutt’altro mondo, sia nel modo di vestirsi, che di comportarsi. O forse solo per il suo sguardo vuoto, come quello di una bambola meccanica, quasi apatico ma al contempo incredibilmente emotivo. Un po’ come intravedere dietro cinquanta specchi opachi una fiamma di un incendio.
-Esatto!- gli do man forte io, scompigliandole i capelli neri come l’inferno – La cuginetta …
Jimmy fa una faccia convinta, molto più realistica della mia, e sorride timidamente.
-Sì, ci siamo incontrati per caso in strada.
-Appunto!- urla Bill, lanciando un occhiataccia a quei due incompetenti dei G&G affinché ci reggano il gioco – Sai, era da quando avevamo 17 anni e 4 mesi che non ci vediamo, e ci potevamo sentire solo per telefono, visto che lei è andata a finire la scuola in America per colpa del trasferimento del nuovo marito di nostra zia. Quindi, proprio oggi, eravamo lì nella hall della Radio a romperci le palle, e poi l’abbiamo intravista che transitava davanti alla porta, e quindi siamo corsi a salutarla, perché, oh mio Dio, quanto ci sei mancata tesorino!- la abbraccia, facendosi anche scendere una lacrima finta.
Se non fosse che è il mio gemello e che sono qui anche io, potrei perfettamente credere che sono davvero due cugini che non si vedono da tanti anni. Sono splendidamente realistici, e non solo Bill, che come ben so è uno dei bugiardi migliori di tutto lo Stato, ma anche Jimmy. Scrutarla adesso è come vedere davvero una cugina perduta e ritrovata per caso, come abbraccia mio fratello, con un sorriso sollevato e quasi emozionato. Cioè, mi sento l’unico deficiente che come al solito mantiene la sua solita espressione da Sex Symbol Pesce Bollito; non cambierò mai, Bill ha ragione. È ancora un po’ come quando eravamo a scuola: io ero bravo con le botte, lui con la lingua. Lui mentiva, io picchiavo. Lui ci faceva valere con le bugie che costruiva giorno per giorno sulla nostra immagine, io ci facevo valere con la faccia e con la violenza fisica se era necessario. Una perfetta coppia politica.
-Ah, oh, bene. Piacere di conoscerti.- il nostro old friend stringe impacciato la mano a Jimmy, che mantiene sempre un viso quasi angelico. Ma comunque non me la conta giusta lo stesso. Un po’ come se fosse la parte sbagliata dello specchio.
-Li ho portati io qui dentro.- dice, schiarendosi la voce – Sa, come facevamo da bambini. Un pub dove ingozzarsi di panini, ubriacarsi di Coca Cola ai tempi e raccontarsi le ultime succose novità. E ovviamente, con il supporto morale di Georg e Gustav. Ho avuto la fortuna di conoscerli prima di andare in America.
Minchia. Come cavolo fa a mentire così bene? Seriamente, sembra più nostra cugina lei che quell’oca senza cervello di Vera, la nostra vera cugina di sangue. Che, fra parentesi, si è guadagnata tutto il nostro odio dopo che ci ha detto di essere omofoba (dicasi: non sopporta Bill), e tradizionalista (dicasi: non sopporta i dread e quindi il sottoscritto).
-Quindi- dice Bill a voce più alta del normale, di quelle che non ammettono repliche – Lei viene con noi in studio a registrare. Non possiamo permetterci di perdere ancora la nostra Sasha!
-No!- urla il nostro sfortunato paladino della giustizia, mentre io e i G&G urliamo a squarciagola una parola che starebbe per un sì.
-Ragazzi non si può!
-Ecco, vedi Bill?- Jimmy guarda mio fratello con una faccia rassegnata e alza gli occhi al cielo – Te l’avevo detto che non mi avrebbero fatto venire nello studio. Potrei distrarvi mentre lavorate.
-Ma mica disturbi!- intervengo io, meritandomi un’occhiataccia da parte di Bill; evidentemente ha paura che gli rovini la messa inscena. Possibile, anzi quasi probabile.
-Dai, cuginetta mia, almeno vedere come lavoriamo “dietro le quinte”- Bill sfarfalla gli occhi, dandole un buffetto sulla guancia, mentre mi prende a braccetto. E a questo punto devo pormi due grandi domande fondamentali: la prima, piuttosto semplice, è: perché cavolo quella checca isterica di mio fratello accetta di trascinarsi dietro una ragazza? Beh, la risposta mi arriva quasi immediata. Se mascheriamo la nostra fuga fuori programma con la storia della cugina perduta da tempo immemorabile, magari abbiamo qualche possibilità di scamparci la sgridata … però, come potremmo fingere di essere parenti se ci conosciamo giusto da un’oretta scarsa? Soprattutto, come potrò io gestire la situazione? Io, che non ho mai nemmeno mentito una sola volta in vita mia, che mi affidavo alla lingua lunga di Bill, che ho sempre parlato con i pugni? Come al solito, ci siamo fottuti con le nostre stesse mani, un po’ come quando avevamo tirato giù il vaso giapponese di mamma ed eravamo soli in casa. Inutile raccontargliela che non eravamo stati noi, no?
La seconda domanda è: perché Bill è così appiccicoso oggi?! Non che non lo sia tutti i santi giorni, eh, intendiamoci. Però oggi da quando ha visto Jimmy è diventato di un mieloso da paura … come adesso. Che bisogno c’è di tenermi a braccetto come se fossimo marito e moglie in viaggio di nozze? Anche se forse dovrei dirlo, che Bill è sempre stato un po’ troppo sdolcinato e smielato. Sin da quando eravamo bambini, ma con gli anni è peggiorato sensibilmente. Mi abbraccia sempre, mi sbaciucchia nei momenti meno opportuni, mi tocca in continuazione come se fossi una bambola di cera da rimodellare. Come fossimo amanti. Come se fosse qualcosa di nascosto ma palese, però non è così. In qualità di gemello, dovrei sapere cosa pensa la sua mente squilibrata, eppure questo proprio non riesco a spiegarmelo. Come se mi avesse chiuso la parte del suo cervello inerente alla sezione riguardante il sottoscritto. Comunque, a parte tutto, mi ripeto sempre che il mio gemellino adorato è Bill, e che tutto quello che prova è amplificato al massimo. E non saprei nemmeno dire se è normale chiamare il proprio fratello “gemellino adorato” come faccio io. Ci guardiamo tutti e cinque a metà tra lo speranzoso e lo stupito. Ehi, non che non voglia fare meglio la conoscenza di questa specie di bambolina di porcellana, calmi. Anzi, a essere sinceri, potrei giurare che una ragazza così io non la troverò mai: potrebbe sembrare difficile, da spiegare, da far capire alla gente che non sa, ma non è solo per il fatto che è una bella figliola (cioè, diciamocelo: ne ho avute sotto le mani di molto più ben messe di lei, sia di abbigliamento che, soprattutto, di fisico), lei è semplicemente diversa. Non potrei dire con certezza se siano stati gli occhi vuoti che ha, se sia stato quel sorriso un po’ infantile e senza la minima traccia di malizia dietro, se sia stato il modo in cui ci siamo conosciuti, se sia il suo modo di parlare con noi, come se fossimo i ragazzi del pub sotto casa, se sia per quello strano comportamento adottato, come se fossimo dentro uno dei videogiochi di mio fratello (perché figurati se si spreca a giocare a GTA con me e i G&G. No, con lui ti devi sorbire pallosissime partite a Diabolik Lovers, o come cavolo si chiama quel gioco con i vampiri pervertiti), beh, non lo so. Attizza la curiosità, certamente, come se fossi alle prese con un centinaio di stelle brillanti e perfette e poi ti trovassi con una sgorbia stella di pulsar: ma quella che ti da l’energia è lo sgorbio. Penso di aver reso l’idea, più o meno.
-E va bene.- Sant’Uomo In Magdeburgo annuisce, sventolandosi. – Se vuoi venire con i tuoi cugini, fai pure. Basta che te ne stai buona in un angolo.
-Ma mica è un’infante, cavolo!- sbotta Georg, mettendosi le mani tra i capelli.
-Non vi darò nessun fastidio. Promesso.- Jimmy sorride a trentadue denti e posso notare che ha un canino scheggiato. Ma come cazzo fa una diciannovenne di questo secolo a sorridere tranquilla con un dente chiaramente rovinato senza farsi il minimo problema? Cioè, se fossi io quello col dente rotto avrei tirato su un pandemonio dell’altro mondo. Per una ragazza, poi. Davanti ai suoi idoli con un dente scheggiato, ripeto. O questa è completamente folle, o è troppo elevata. Opterei per un equilibrato misto delle due cose.
-Appunto! Allora forza, muoviamoci che qui ci stiamo mettendo troppo.- abbaia Bill, afferrando Gus per la collottola e facendolo soffocare con il panino, dando una gomitata a Geo per farlo stare dritto, spingendo il Sant’Uomo In Magdeburgo fuori dalla porta del pub (che ci saluta con un applauso entusiasta. Credo che abbiano pensato che fossimo una compagnia teatrale di morti di fame. Vai così Tom.), dando una finta pacca affettuosa sulla spalla di Jimmy, e trascinandomi sempre a braccetto fuori dal pub.
-Ehm, Bill, ma che … - inizio, tentando miseramente di capire perché ha fatto quell’espressione strana. Non ditemi che è geloso della ragazza, per favore. Sarebbe più grave di quanto io e mamma avessimo mai supposto.
Mi fa cenno di tacere, con gli occhi imploranti e io, come al solito, cedo. Ne vorrà parlare a casa, lo conosco. Davanti a una tazza di quello schifosissimo the verde dei santoni mongoli che solo mamma può bere e che puntualmente ci rifila per “depurazione del corpo e dell’animo”, secondo lei e le sue amiche del “Club dello Yoga Sano”. Si, lo so, già il nome fa venire i brividi, ma non è colpa nostra se tutte le cinquantenni frustrate si sono amabilmente riunite in questa simpatica iniziativa filo orientale che coinvolge allegramente tutta la comunità magdeburghese. E non vorrei raccontarvi di quando la madre di Georg aveva avuto la splendida idea di fare la serata danzante di Magdeburgo, usando noi (cioè, dico NOI. I Tokio Hotel!) come occasionale band di ballo liscio. E di Bill che per movimentare la serata si era messo a fare la lap dance sul microfono. Che gemello porco che mi ritrovo, Cristo. Però è indubbiamente divertente, anche se certe occhiate che mi lanciava ogni tanto se le sarebbe potute evitare.
Annuisco, e vedo Jimmy che ci guarda con una punta di curiosità. Dai, Tom, facciamo vedere che forse, in fondo in fondo anche tu sai fare il gentiluomo. Le porgo braccetto anche a lei (ok, sembravamo il trio dei balletti bavaresi, ma ok), eppure lei lo rifiuta con un gesto del capo. Ehi ma … no, cioè, per una volta che faccio la persona educata e non il solito deficiente che da pacche sulle spalle a caso vengo così brutalmente messo a tacere … incredibile ma vero. E poi, seriamente: chi non vorrebbe stare a braccetto con me? Ma lo sa di chi stiamo parlando?!
Lascio perdere, e vedo di tenere in piedi mio fratello mentre veleggiamo mollemente verso la Radio Berlino. Ma quando si deciderà a mettersi delle scarpe umane, buon Dio?

***
Ciao ragazze! Allora ... spero intanto che la storia vi piaccia sempre e volevo dirvi:
1- i capitoli di Tom fanno sempre vomitare, ma ehm, non mi pare uno che si dilunghi a scrivere, no? 
T: la solita prevenuta! *faccino arrabbiato che si trasforma in nauseato quando Charlie lo sbaciucchia*
2- questo capitolo NON è stato riletto. Perdonatemi eventuali errori di grammatica/morfologia/sintassi.
3- scusate se aggiorno lentissimamente
4- lo so, tranquille, per ora va molto a rilento perchè devo muovere tre personaggi e i loro POV, ma presto vedrete che diventerà Mooooolto più bella.
5- Grazie a tutte, un bacione, e recensite. Dai, se arriviamo a tre recensioni vedrò di sbrigarmi di più ad aggiornare.
Charlie.

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Capitolo 6
*** L'amore per me da parte di lei ***


CAPITOLO SEI: L’AMORE PER ME DA PARTE DI LEI

La cuginetta. Oh, ma che tenerezza. Questo amore fraterno che ci lega da tempo immemorabile, separati crudelmente dalla distanza di un intero oceano, e poi questo incontro miracoloso per strada, le lacrime, la gioia, la meravigliosa fortuna nel rivederci dopo aver perso le speranze … oh mein Gott, devo essermi bevuto quel poco di cervello che mi è rimasto. Come ho anche solo potuto pensare di inventarmi questa paradossale messa in scena? Di paragonarla a nostra cugina! Sono proprio fuso come una fonduta al formaggio. Le lancio un’occhiata di traverso mentre strascica i piedi di fianco a Gustav, così terribilmente sciatta eppure così interessante. Perché per una volta in vita mia non mi viene da dire al mio gemellino adorato che la fanciulla in questione è una puttana, una troia, un perfido parto infernale, una lamia lasciva, l’aborrita unione tra una donna barbuta e un trans, la creazione genetica di qualche pantera con gli OGM. No, per niente, anzi, mi ha lasciato quasi piacevolmente contento. Anche perché non sembra così interessata a Tom, anche se lui è interessato a lei; il solito deficiente che non capisce un tubo. Facendo due calcoli, ammetto anche se con fatica che Jimmy è bella; o meglio, per una volta me ne propone una con una vena interessante, un po’ diversa nella sua sciattezza, originale nei tratti, e, anche se mi duole ammetterlo, stranamente divertente. Non perdo tempo a illustrare tutte le tizie che Tom mi ha presentato, violentemente cassate e occasionalmente spaventate a morte per allontanarle dal mio oggetto del desiderio. Eppure Jimmy mi da come l’idea che sia una che forse potrò anche accettare da avere in giro. In giro, eh! Non come ragazza di Tom, visto che quel posto è destinato solo ed esclusivamente al sottoscritto. Diciamo che potrebbe venire comoda anche a me, come valvola di sfogo personale. Troppo finta per essere veramente pericolosa, troppo viva per essere facilmente eliminabile. Potremmo creare una sorta di convivenza, che ne dici tesorino? Io e Tom facciamo coppia fissa, e tu e quei due incompetenti dei G&G fate i migliori amici. Mi sembra perfetto. Però, ora che ci penso, nonostante mi sembri abbastanza disinteressata in quel senso di Tom (cioè, forse dovrei precisare: non gli è saltata addosso urlando né gli ha rivolto quelle occhiate da maniaco che solo io posso rivolgergli. E poi diciamocelo, occhiate sexy come le mie Tom se le può scordare da quelle oche) potrebbe essere tutto un piano astuto per trarmi in inganno. Potrebbe fingere e poi, siccome io ho abbassato imprudentemente la guardia, saltare addosso a mio fratello e conquistarlo. Ma non ce la farai! Perché io, Bill Kaulitz, il Grande Pianificatore, non abbasserò mai la guardia sinché non ci giureremo eterno amore possibilmente sotto la luna. Scusa, Jimmy, mi sei anche simpatica, ma Tom non ti verrà mai ceduto, nemmeno sotto tortura. Ok, ora sono molto fiero di me stesso.
Entriamo dentro un enorme palazzo dietro la Radio Berlino, dove campeggia una grossa insegna “Studios Universal”. Eccoci qui, pronti a cominciare a registrare e a mettere a posto un po’ di roba con il supporto della nostra “cugina americana”.
-Ehi, piccolo, tutto bene?- mi sussurra all’orecchio Tom, spedendomi una scarica di brividi per la spina dorsale.
-Sì, caro, tutto benissimo. Perché?- sorrido, stringendomi impercettibilmente ancora un po’ a lui, ringraziando i nuovi stivali col tacco a stiletto che mi impediscono di camminare come Dio comanda.
-Niente, hai solo fatto una smorfia sadica e un ghigno poco rassicurante.- Tom ridacchia e io ne approfittò per stampargli un bacio sulla guancia il più sonoramente possibile. Cominciamo col marchiare il territorio, intanto. In compenso, Jimmy nemmeno se ne accorge e invece mi becco un’occhiataccia esasperata di quel puritano bigotto di Georg. Teoricamente, lui sa. Cioè, diciamo che il buon, vecchio Listing non è così scemo come sembra: si è accorto benissimo che io perdo le bave dietro al mio gemello, nonostante io non gli abbia mai detto nulla di vero. Però, siccome lui è peggio di me in quanto a curiosità morbosa, ha certamente capito che forse il nostro non è proprio un rapporto sereno e normale. Non mi importa molto, anzi, da un lato sono anche quasi contento che il mio vecchio, bacchettone amico lo sappia: di lui mi fido quasi ciecamente e sono certo che non si lascerà sfuggire nulla con Tom. Almeno, spero. E tanto poi si dovrà preparare psicologicamente a farci da testimone di nozze insieme a Gus. Comunque, meglio che il biondo, tenero, orbo batterista non si sia accorto di nulla; lui dice tutto a tutti, senza farlo apposta in realtà, perché poi si tappa la bocca e dice “Ops, non dovevo dirlo”. Intanto, però combina sempre casini inenarrabili.
Io e Tom, a favore del mio cuore tormentato ed errabondo, a essere sinceri non siamo mai stati proprio gemelli comunissimi. Per non entrare troppo nel dettaglio e rischiare di perdermi nei meandri del mio amore inespresso, mi limito a dire la frase che ho scritto quando avevo quattordici anni e che non è mai stata superata da nessun’altra dopo, su me e lui: “Siamo troppo per essere gemelli, ma siamo troppo poco per essere amanti”. Credo di aver reso l’idea, e nemmeno Tom potrebbe dire qualcosa di contrario a questa affermazione sacrosanta che non mi ha ancora fatto suicidare perché è fottutamente vera. Non possiamo dire di essere normali fratelli, perché saremmo troppo spinti e troppo sporchi. Ma nemmeno di essere amanti, perché non ci siamo mai nemmeno baciati sulla bocca (dannazione …). Rimaniamo quindi in un orrendo stato di stallo perenne tra amore e fratellanza. Solo che Tom come al solito è più fortunato di me e non realizza più di tanto, mentre il povero sottoscritto è perennemente tormentato dalla passione verso la sua dolce, stupida, metà. Vita grama e dura.
Saliamo lungo una scala impregnata di disinfettanti in un silenzio piuttosto imbarazzato, di quelli in cui si è tesi come corde di violino, indecisi su cosa dire. Mi sa tanto che la mia idea è stata piuttosto scalcagnata: si accorgeranno tutti subito che era un balla inventata sul momento.
-Ragazzi, aspettate qua. Vado a vedere se è tutto pronto.- Sant’Uomo in Magdeburgo ci lancia un’occhiata disperata della serie “non fate casini in questi cinque minuti, ve lo chiedo per favore” e scompare inghiottito da una folla di persone che scorrazzano nervosamente per il lunghissimo corridoio dove si aprono un’infinità di porte.
-Perché vi ha lanciato quell’occhiata disperata?- chiede Jimmy, guardandoci con un vago sorrisino interrogativo.
-Perché l’ultima volta che ci ha lasciati soli per cinque minuti è successo un casotto assurdo- risponde Gustav con semplicità, arraffando una barretta dalla tasca di un tecnico di passaggio.
-Del tipo?
-Non so quanto ti convenga saperlo, comunque abbiamo fatto partire l’allarme antincendio per sbaglio e così si è rovesciato sulla testa di tutti l’acqua dal soffitto.
-Ma è non stata proprio colpa nostra … - Georg tenta di salvare il salvabile che non c’è. Lui tenta sempre di salvare le apparenze: penoso.
Lei annuisce, aggiustandosi la frangetta da elementari, e io vengo colto dalla mia solita, terribile, mania di aggiustare pettinature mal fatte. Cioè, modestamente sono anche riuscito a pettinare i tubi di mio fratello: mica roba da poco.
-Jimmy, stella, hai mai pensato di metterti a posto i capelli?- chiedo, con un tono lezioso che la maggior parte della gente potrebbe trovare nauseabondo ma che io so usare in modo seducentemente affettato. Anche perché visto che quel ritardato mentale di Tom non ha ancora capito che sarei io quello da amare e idolatrare e di conseguenza da sposare, e che pensa che io sia un frustrato sessuale (pensa, il marrano, pensa che io non lo sappia. Ma lui non è capace a chiudere la telepatia, invece il sottoscritto sì) devo trovare dei ragazzi che mi scopino, no? e ho anche appena gloriosamente scoperto che il tono affettato fa beccare alla grande.
-Ehm, che cosa intendi?- fa lei, portandosi meccanicamente le mani al berretto, esattamente come fa mio fratello quando intuisce che le mie abilissime mani da parrucchiere dei casi disperati sono in avvicinamento.
-Beh, per esempio, di tagliarteli, di modificarli, di curarli e non lasciarli allo sbando più completo, di darci qualcosa … Georg, guarda che anche se sono girato so che mi stai guardando scuotendo la testa, piantala o ti cavo gli occhi e te li faccio mangiare … insomma, penso tu abbia capito.
Lancio un’occhiata truce a quel losco bassista, che si nasconde previdentemente dietro Gustav, che si nasconde dietro Tom, che come al solito non ha capito niente e li guarda con aria vacua. Che bastardi i G&G, usano sempre mio fratello perché sanno che comunque a lui non farei mai nulla di male … approfittatori indegni …
-Se ti consola, tre anni me li ero tinti di blu con le tinte da bomboletta.- lei ride di gusto, e con lei quegli incapaci degli altri tre. Io mi limito a un sorriso da marmotta.
-Ah, che divertente- le rivolgo l’occhiata più gelida che mi riesce, quella che di solito stronca tutti, quella a cui nessuno può resistere psicologicamente e fisicamente, quella che uso come arma letale segreta, quella che la Bomba H se la mangia a merenda, quella che terrorizzerebbe anche Satana e Company, ma che … ma che cazzo, porca puttana troia, fotti sega del minchia, stronzetta bastarda, porco finocchio maremma maiala all’anima di chi t’è morto li mortacci tuoi, che scherzo è questo?! Tu, ragazza infernale, come puoi anche solo riuscire a reggere il mio sguardo peggiore? E senza problemi, sorridendo teneramente, nemmeno stessi guardando Sailor Moon! Ma che succede? Forse che il mio sguardo abbia perso la sua proverbiale forza assassina? Sarebbe terribile!
Mi giro di scatto verso una tipa che passa, mantenendo sempre lo sguardo malvagio, e la vedo soffocare un urlo e fuggire terrorizzata. Bene, ciò significa che non è il mio sguardo che è scaduto, ma lei che riesce a resistermi. Questa è una cosa oltremodo grave!
-Toooooom!- mi giro di scatto, acchiappando quel pezzo di deficiente di mio fratello. – Con lei non funziona!
-Non funziona cosa? Il tuo fascino? Beh, a meno che non sia lesbica, non credo che tu le possa interessare più di tanto.
Gli tiro una borsata sulla testa
-Come ti permetti, selvaggio! Il mio fascino è indiscutibile, sia lei lesbica, etero, o che cazzo ne so. Il punto non è questo!
-A parte che ci terrei a precisare di essere bisessuale.- interrompe Jimmy fulminando (brava ragazza, così mi piace) Tom – E poi trovo che il look di Bill non sia affatto male.
Mi trattengo a forza dal prenderla in braccio e sbaciucchiarla
-Vedi, sottospecie di australopiteco? Io sono perfetto per tutti. Non osare mai più dire che sono brutto.
Tom si massaggia la guancia colpita dalle borchie della borsa e guarda con sguardo estremamente colpevole me e Jim
-Ok, scusate, non mi arrabbiate, calmini … ma fratello, non ti ho mica detto che sei brutto, ho solo commentato …
-E allora non commentare, Tom.- “tieni il fiato per le nostre prossime notti”, penso, anche se evito di dirlo per decenza.
Jimmy torna a sorridere e chiede anche a quel fellone di mio fratello come va la guancia. Manco che io fossi così forte da fargli male … anche se in effetti gli è rimasta impressa a fuoco l’impronta della borchia … ma allora forse … o Santa Maria, ho anche se involontariamente e giustamente fatto del male al mio gemellino! Bill, sei stato cattivo.
-Toooom, amore, piccolo mio, pasticcino, tormento delle mie notti insonni scusa!
Gli salto in braccio e ne approfitto per sbaciucchiargli la parte lesa senza che ciò susciti strane e raccapriccianti domande sul nostro promiscuo rapporto, appendendomi ai suoi tubi e continuando a sproloquiare tutti i vari e teneri nomignoli che gli ho appioppato. Sono cosciente delle occhiate stranite di Obesone Schafer, di quelle esasperate di Mormone Listing, e di quelle tranquillamente divertite di Jimmy Sasha.
-Ahia, ok, dai Bill, piantala di sbavarmi addosso, dai levati dalle palle!
Tom mi scarica con la sua finezza da portuale per terra, assolutamente apatico di fronte ai miei più o meno velati atti di amore sconfinato. Ignorante. Anche se devo dire che sono particolarmente soddisfatto delle sbavature di rossetto nero che gli ho lasciato su mezza faccia.
-Siete così affettuosi voi due. Così pucciosi!- dice Jimmy, scostandosi la frangetta dalla fronte e lasciando intravedere un tatuaggio sul polso che non saprei bene definire data la velocità con cui l’ho visto ma che potrebbe anche essere un teschio. Fai la dark, bambolina? Vediamo chi vincerà tra noi due, la sfida è ancora aperta.
-Beh sì, ci vogliamo bene, vero Bill?- Tom mi mette un braccio sulle spalle, e io ne approfitto (ok, chiamatemi pure Bill Imperatore degli Opportunisti Kaulitz) per aggrapparmi a lui con la migliore espressione da “mogliettina tenera e dolce”, cosa che proverei anche a fare se solo Tom si desse una svegliata.
-Vero, Tomi, ci vogliamo taaaaaanto bene.- il mio secondo nome è Sir Bis, lo sapevate? – Comunque, Jimmy, hai detto pucciosi, prima. Solo gli otaku dicono pucciosi. Devo dedurre che tu sei una di loro?
-Se per otaku intendi quelle persone che alternano parole tedesche con vocaboli a caso giapponesi, che il loro sogno è andare avanti a ramen e sushi, che vivono di manga e anime, che ogni tre per due urlano “Santo Kira!”, e che ogni tanto si sentono in vena di dimostrare la loro energia interiore e interagiscono con semplici pupazzi credendo fermamente che essi siano Pokemon, allora sì, sono un’otaku.
Mi profondo in uno strillo da far invidia a Ichigo Momomiya, perché finalmente ho trovato qualcuno che non mi prende per demente quando passo intere giornate appeso alle vicende di infiniti manga, siano essi shojo, shonen o seinen, magari se a tematica yaoi ancora meglio. Forse non dovrei dire che ogni tanto mi perdo a seguire qualche bara, ma zitti, voi non ne sapete nulla.
-Cara, carissima Jimmy! Sono più che certo che io e te diverremo ottimi amici!
La prendo a braccetto e posso benissimo vedere il suo viso diventare di un divertente rosso slavato mentre cerca di nasconderlo abbassando la testa e lasciando i capelli ricaderle sul viso. Piccina, si vergogna. Per un semplice essere umano deve essere difficile poter accettare il fatto di essere presi a braccetto da una simile divinità. Sento dietro di me le voci del Trio Lescano borbottare qualcosa.
-Eccolo, è andato. Modalità otaku on!- grugnisce sarcastico Gustav. – Prevedo grossi guai. La calma prima della tempesta.
-Io sono semplicemente dell’idea che se ha trovato un’altra otaku sarà meglio per noi. Mi sono scocciato di sentirlo canticchiare quella benedetta opening di Elfen Lied.- borbotta Georg. Eh eh, gliel’ho anche messa come sveglia.
-Dai, povero Bill, se è malato mica è colpa sua. E magari per una volta starà con qualcuno che non siamo noi tre.- dice Tom, cominciando ad avviarsi dietro a noi due, lei intenta a reggere il sottoscritto mentre ci avviamo verso lo studio. Mi sta parlando di quanto trovi poco carini i disegni di Fairy Tail, cosa su cui le do più che ragione, anche se la sto a sentire solo con un orecchio, l’altro troppo impegnato a cogliere le chiacchiere degli altri.
-Però, ammettetelo, è figa Jimmy.- sta dicendo Tom a mezza voce.
-Sì, dai, accettabile anche se è un po’ bassa … - risponde Gustav. Seh, parla lo stangone della situazione, ma s’è visto?!
-No, è sicuramente è un bel pezzo di figliola. Ma mi pare più interessata a Bill che a noi tre messi assieme.- commenta Georg.
-A Bill? Ma che cazzo dici, Geo? Mio fratello è una mezza checca, quale ragazza gli andrebbe mai dietro?- ride Tom. Guarda, vile fratello, se non fosse che mi facesse schifo diventerei etero sul momento per farti un torto, razza di cafone!
-Senti, io dico quel che vedo. Perché non si sarebbe incollata a te?- continua imperterrito il mio bigotto preferito.
-Perché a me non piacciono i manga, magari?- la voce di mio fratello è sempre di scherno.
-C’è qualcosa di più sotto, fidati.- si aggiunge Gustav.
-Ma smettetela! Non è possibile, è me che vuole, tutte vogliono me, andiamo!- Tom fa un gesto sconclusionato con i dread. A questo punto mi verrebbe voglia di cavargli un occhio se non fosse che lo amo più della mia stessa vita.
Mi giro verso Jimmy che mi ha posto la domanda del secolo “Anche tu shippi Mint Aizawa con Zakuro Fujinawa?” per risponderle che “Sì, certo, chi non le shippa quelle due!” quando mi rendo conto degli occhi di lei posati su di me. E di che occhi che sta facendo. La stessa identica luce vogliosa, dolce, triste, drammatica, inconsolabile, amorevole, distrutta, profonda come il mare e infinita come l’universo, straziante come un coltello nel cuore e avvelenata come l’espressione di Giulietta, decisa ma allo stesso tempo indebolita, un pozzo sul quale affacciarsi e precipitarvi dentro e cadere, cadere, cadere ancora senza sapere dov’è la fine, soffocare in un mare arrabbiato e appassionato di emozioni: insomma, la stessa luce che hanno i miei occhi quando guardo Tom. Quella luce che potrebbe racchiudere in sé tutto l’Infinito. Quello sguardo che uccide e risana ogni dolore, quello che strazia e che consola, quello che soffoca e che fa respirare. Uno sguardo innamorato. Uno sguardo impregnato d’amore.
E allora, per la prima volta in vita mia, una ragazza si è innamorata di me. Una persona di sesso indubbiamente femminile è cotta del sottoscritto. Io. Una ragazza. L’amore per me da parte di lei.
Qualcuno mi sorregga, mi sento svenire.
 
****
Un ringraziemento molto speedy a tutte voi come al solito e una bella dose di casini .... povero Bill, una ragazza innamorata di lui! Che tragedia immane! Sperando sempre che vi diverta (anche perché scrivo per quello ....), vi saluto e vi ringrazio. Jim farebbe meglio a stare attenta di chi innamorarsi e Tom dovrebbe un po' aprire quei begli occhietti che si ritrova sull'evidenza.... che gente incasinata! Vi lascio con Bill che sviene lungo per terra e alla prossima!
Baci,
Charlie
P:S: chi è stato a Lucca Comics domenica?! E' stata una delle esperienze più belle della mia vita ... mi ero travestita da Undertaker di Black Butler, magari qualcuna di voi mi ha visto!

 

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Capitolo 7
*** Spirito di Mary Shelley, proteggici! ***


CAPITOLO SETTE: SPIRITO DI MARY SHELLEY, PROTEGGICI!

Sono seduta ai piedi di un divano piuttosto male in arnese, mentre poso delicatamente delle pezze bagnate sul volto esangue di Bill. Non so nemmeno io com’è successo, fino a un momento prima chiacchieravamo amabilmente delle Tokyo Mew Mew, e poi me lo vedo svenire davanti in maniera piuttosto pittoresca, con tanto di mano sulla fronte prima di crollare come una marionetta a cui vengono tagliati i fili. E devo ammettere che, per quanto io abbia visto più di una persona svenire, questa volta ci sono rimasta veramente di sasso. Forse perché l’unico ragazzo su cui io abbia mai fatto un serio pensiero ( e no, non mi interessa che la gente pensi che non è possibile, che è solo la follia di una fan sfegatata. No, perché io lo posso vedere dietro alle sue pupille, che è lui la persona giusta per me. Anche se non so se io sia mai la persona giusta per lui), nonché mio unico e inimitabile idolo, aveva perso conoscenza appena mi ha conosciuta. La solita fortuna della piccola Spiegelmann, mi sembra più che giusto. Forse Hansel non ha tutti i torti quando dice che io e lei siamo due gatti neri che si portano dietro i cocci di uno specchio.
Tom si torce le mani, inginocchiato accanto a me che gli stringe il polso, con gli occhi talmente spalancati da far invidia a un rospo.
-Ma … gli succede spesso?- mi arrischio a credere, osservando per bene il volto infantile di Tom. È bello, indubbiamente. Una certa rassomiglianza con me e lei: una parte più infantile, più plebea, semplicemente parte delle industrie della nostra vita, e l’altra adulta, più aristocratica, parte dell’elite dell’anima. Se avessi sotto mano il quaderno degli schizzi, potrei anche farvi capire il mio punto di vista disegnandolo. Due bambole di porcellana, vestite con ricchi vestiti barocchi, ridondanti di perle e di anelli di zaffiri, i capelli accuratamente acconciati in sofisticati boccoli che osservano con malcelata curiosità due figure raggomitolate sul selciato, vestite di stracci, luride e sognanti, i grandi occhi aperti verso quella luce divina che irradiano le bambole sopra di noi. Saremmo perfetti, l’avevamo sempre detto, come le ultime quattro parole famose da dover incastrare nella Settimana Enigmistica dello spirito; un fagotto con una bambola, per precisare l’incontro tra le due fazioni diverse. Doveva essere così semplice, Bill e Jimmy, Tom e Gloria. Poi mi spieghi cos’è successo? Mi spieghi perché te ne sei andata?
-No, cioè, a volte si sovra eccita.
Tom si passa una mano tra i dreadlocks sorridendo, leggermente in imbarazzo, accarezzando la guancia di Bill che pian piano sta riacquistando un colorito umano.
-Magari un calo di zuccheri … - dico, imbarazzata a mia volta. Ed è strano, perché io non sono mai stata imbarazzata in vita mia.
-Lui? Un calo? Semmai una sovra dose!- Tom ride istericamente – Bill mangia moltissimi dolci, a volta fa quasi schifo vederlo ingozzarsi di panna e Nutella e Dio solo sa cosa, e poi va in overdose.
-Non ho mai sentito parlare di overdose di zucchero.
Vorrei aggiungere che io di overdose me ne intendo più che bene, che io stessa ho rischiato di rimanerci secca una volta, dopo che lei se ne è andata, ma non mi sembra troppo adeguato. Forse non tutti troverebbero carino chiacchierare tranquillamente con una tossica precoce che avrebbe potuto unirsi ai ragazzi dello zoo di Berlino senza il minimo problema. Sembrerebbe quasi la perfetta scena di un film, dove la protagonista nasconde dietro al volto vuoto la parte demoniaca e persa di una tossica, mostrandosi invece al protagonista maschile della vicenda come un angelica figura caduta da un Purgatorio immaginario, con una lontana colonna sonora anni 60  “Heroin be the death of me, Heroin it’s my wife and it’s my life”.
-Funziona così: lui mangia zuccheri, mangia, mangia e comincia a eccitarsi sempre di più. Poi a un certo punto, per tutta l’eccitazione mentale accumulata, gli viene un collasso e sviene. Non c’è niente da fare, semplicemente diventa talmente saturo di zuccheri che il suo organismo non lo regge più e così collassa su se stesso. Come una supernova, insomma.
Tom alza le spalle e rivolge un sorriso dolcissimo al nostro Bello Addormentato, prendendomi di mano delicatamente uno dei panni e cominciando a detergergli la fronte pallida.
-E come si fa a farlo rinvenire?
-Secondo me, dovremmo dargli ancora zucchero.
Mi volto e dietro di noi c’è Georg con un’espressione convinta e seria.
-Sì, ancora un po’ e me lo fai morire di diabete! Ma sei scemo?!- urla scandalizzato Tom.
-Taci, piccolo ignorante- Georg gli da uno scappellotto e si rivolge a me – Jimmy, cosa ne dici? Secondo te è sensato il ragionamento di provare a fargli ingurgitare una barretta energetica, di quelle piene di zuccheri aggiunti, per vedere se gli viene un attacco di vomito causato dall’estrema sovrabbondanza di zucchero che porti perciò al suo risveglio?
Mi gratto il collo, arrotolandomi una ciocca attorno a un dito.
-Si potrebbe provare. Non sono certa del risultato, abbiamo il 50% che faccia come hai detto te, e il 50% che muoia per un attacco di diabete fulminante. Non so quanto convenga rischiare. Una volta avevo provato a fare una cosa simile con il mio pesce rosso, avete presente quelli del Luna Park?, solo che lui è morto sul colpo. Lo avevo riempito come una botte di mangime, per vedere a che punto si sopportazione potesse arrivare. Quando mi era svenuto davanti, galleggiando mollemente nella boccia, gli ho infilato in bocca ancora mangime e lui ha spalancato gli occhi per un secondo e poi è morto del tutto.
Non riesco a capire perché Tom abbia una smorfia inorridita e Georg leggermente sconvolta, quasi boccheggiante.
-Ahah, che divertente … stai scherzando, vero?- ridacchia nervosamente il mio bassista preferito.
-No. Perché dovrei scherzare su una cosa simile? Succede che a sei anni si vogliano fare piccoli esperimenti naturali.
-Ehm, tesoro, magari non dirlo a Bill quando si sveglia, eh?- sussurra Tom tra i denti, posandomi una mano sulla spalla.
Annuisco, anche se veramente io non ci vedo nulla di così sconvolgente. Era solo un pesce rosso malato.
-Comunque, si potrebbe provare. Tom, fatti dare da Gustav la sua barretta energetica, quelle che si porta sempre dietro.- ordina Georg, prendendo il posto del mio chitarrista e continuando nel lungo e noioso lavoro di infermieri di fortuna. Altro che Emergency, noi sì che siamo medici da campo.
-Ma se Bill muore la mamma mi sgrida.- si lamenta Tom, guardando con un’espressione infantile Georg, che si limita a liquidarlo con un gesto della mano e un semplice ma incisivo
-Se tua mamma si arrabbia, mi prendo la colpa dell’atto.
Tom si alza e saltella da Gustav, seduto in un angolo della stanza che ci ha fissato come un corvaccio che aspetta la preda rosicchiando incessantemente patatine. Lo seguo con lo sguardo mentre tende la mano e dice
-Guuuus, mi dai la tua barretta, che facciamo un esperimento su Bill?
Gustav lo guarda in cagnesco, stringendo possessivamente la barretta nella mano paffuta, assumendo una ridicola espressione da cane rabbioso
-Come sarebbe a dire? La barretta è mia! Compratela se proprio te ne serve una.
-Dai, è per Bill, magari sta morendo, devi aiutarci in qualità di amico.
Ammetto che Tom sembra tutto meno che una persona convinta di ciò che dice.
-Se muore, presenzierò al funerale per spirito di cameratismo, comunque non mi riguarda. Togli i tuoi lussuriosi occhietti porcini dalla MIA merenda.
Tom sbuffa e alza gli occhi al cielo. Poi, come in quei brutti film americani di serie C, si butta a peso morto su Gustav, facendo crollare la seggiolina e liberando dalle recondite profondità delle corde vocali del mio batterista preferito un ruggito anomalo
-Suona l’Olifante, Orlando, il vile Marsilio ci attacca alle spalle! Francesco Giuseppe, a me! O vittoria, o morte!
Con questa splendida dimostrazione di patriottismo e di chiara mentalità di estrema destra monarchica, Gustav rovescia Tom con una mossa che nemmeno il maestro di karate sarebbe in grado di fare, cominciando a correre in tondo nella stanza.
Tom caccia uno strillo oltraggiato e parte all’inseguimento del biondo panzer d’assalto, sotto gli sguardi indagatori miei e di Georg.
-Scusali, Jim, ma sono fatti così. Infantilismo portali via.
-Tranquillo, Georg, non mi scandalizzo per così poco. Io e i miei amici facciamo molto di peggio, sembriamo veramente gli ultimi sopravvissuti a una guerra nucleare che tentano di salvarsi la pellaccia.
No, non è un iperbole: è la pura verità. E ci sarà un motivo se si vede ancora che a quindici anni mi hanno rotto il naso con un pugno.
Tom e Gustav non la smettono di rincorrersi come due emeriti coglioni, senza riuscire né ad acchiapparsi né a spomparsi a vicenda, deliziandoci le orecchie di una lunga serie di coloriti insulti da parte di Tom (o meglio, non avevo mai sentito nessuno che dicesse “Marmotta artritica venditrice di tappeti e beota!”) e esclamazioni inneggianti all’Impero da parte di Gustav (“Non cederò le armi al fellone”, “Lontano dalla mia strada, lurido inglese”, “Ritirati nella tua trincea, soldato semplice, sotto il fuoco dei nostri mitragliatori non potrai farti vivo”). Insomma, correre e correre ma della barretta, nessuna traccia. E Bill è nuovamente impallidito sotto i nostri esperti tocchi.
-Vado a recuperare la barretta.
Mi alzo e mi tiro un po’ su  pantaloni a vita troppo bassa. Sono conciata veramente da stracciona, non oso immaginare i miei capelli.
-Cosa fai, imprudente!- Georg mi riacchiappa per la manica della maglia – Affrontare Gustav è come mettersi disarmati contro l’intero esercito nazista arrabbiato.
-Ma figurati! Peggio di Hansel quando ha scoperto che Axel lo tradiva non lo sarà.
Mi divincolo dalla sua presa e mi preparo a cogliere impreparato Gustav. Prepariamoci una strategia di attacco: buttarmi addosso al biondo, è fuori discussione. Anche se è piuttosto basso, è un marcantonio e io uno scricciolo, vincere è matematicamente impossibile. In velocità lo batto di sicuro, ma se provassi a buttarmici addosso, sarebbe come buttarsi volontariamente contro un muro, quindi non va bene nemmeno così. Potrei gettami in mezzo alle sua gambe  e farlo inciampare … ma mi cadrebbe addosso, e mi farebbe molto male. No, devo trovare qualcosa di più astuto. Tom! Certo! Piano infallibile.
Aspetto che i due mi passino davanti, ormai spompati e, soprattutto, con ormai Tom quasi attaccato a Gustav. Cercando di sfruttare le mie capacità atletiche (che a ben vedere sono piuttosto scarse, a parte tutta le sezione relative alla boxe e alla lotta libera), mi slancio sulla schiena del rasta, sperando che il mio peso piuma lo destabilizzi abbastanza. Sento semplicemente che strilla, e … sì! Che perde l’equilibrio, rovinando al suolo e trasportando nella nostra rovinosa caduta anche Gus. Con un sordo rumore, simile a quello di una corazzata che si cappotta su se stessa, cadiamo in un intrico di corpi sul duro pavimento, attutito dalla pancia di Gustav e dalla schiena di Tom. In mezzo a una serie di urla sconclusionate e insulti che preferirei non riportare, sguscio da sotto i dread di Tom e mi districo dalle sue braccia, raggiungendo e afferrando la barretta che nell’impatto è volata via dalla mano sudaticcia di Gus. Scatto in  piedi e la lancio a Georg
-Missione compiuta capo, abbiamo la barretta!
Georg la afferra al volo e la apre, staccando un pezzettino e portandola alla bocca del nostro dolce principino addormentato.
Mi siedo accanto a loro, mentre il nostro dottore apre delicatamente quelle labbra deliziose che si ritrova Bill e gli infila il boccone in bocca.
Ci scambiamo un’occhiata preoccupata e sussurriamo, come in preghiera
-Spirito di Mary Shelley, proteggici.
Poi, la bocca viene richiusa, e nulla sembra accadere. Anche Tom e Gustav l’hanno piantata di menarsi e si sono avvicinati a noi con circospezione.
-L’avete fatto?- mormora Tom, accarezzando la fronte di Bill.
-Sì, ma non sembra aver avuto effetto- sussurro io.
-Magari abbiamo sbagliato dose … - tenta Georg.
-Oppure è morto sul serio.- geme Gustav.
Rimaniamo un secondo pietrificati così come siamo, in preghiera attorno al nostro cantante, congelati nell’attimo come una terribile foto, quando … con un urlo degno di una Valchiria arrabbiata, Bill sputa la barretta, balzando a sedere, con la bava che gli cola dalla bocca, un’espressione allucinata sul viso d’angelo, tossendo e sputando anche l’anima sulla coperta che gli avevamo messo addosso.
-Bill, tesoro, sei vivo!
Tom balza in piedi come una molla, stringendo suo fratello in un abbraccio mozzafiato, due grosse lacrime che gli colano sulle guance. Io e i G&G ci limitiamo a un urlo di battaglia. E io anche a un lungo sospiro di sollievo, che so che sicuramente Hansel etichetterebbe come sospiro innamorato. Mi sembra quasi strano che io, la tragedia, la pazza, la violenta, l’aborto spontaneo di un mostro, possa anche solo essersi innamorata di qualcuno. E forse non saprei nemmeno io dire se è amore, sognare quella persona ogni notte, scatenare una rissa di proporzioni considerevoli in strada solo per difendere il suo onore, disegnarla più o meno dappertutto, aver inciso il suo nome sulla lavagna prima che finissi l’ultimo anno di scuola con un coltellino di modo che per sempre rimarrà in bella vista, avere come ho già detto più poster suoi che mobili, cercare in tutti i modi possibili di sentire la sua voce. Non lo so se questo è amore, ma sono sicura che è quello che provo per Bill da quando l’ho visto in tv giù al pub la prima volta, che avevamo dodici anni, e da allora ho semplicemente continuato ad andargli dietro come una scia di petrolio incendiata.
Bill si guarda un po’ intorno, lanciando un’occhiata vagamente incantata alla sottoscritta mischiata però con una sorta di risentimento che non riesco a ricollegare a nulla che ho fatto, e una eccitata a Tom con una punta di qualcosa di indefinito ma sicuramente di non così tanto fraterno.
-Io … Santo Cielo, Toooom …
Si lascia cadere in braccio all’interessato, trascinandolo con sé sul divano e cominciando a strusciarglisi contro in modo piuttosto ambiguo. Georg alza gli occhi al cielo, mentre Gustav mi lancia un’occhiata apologetica e Tom si limita a coccolare il nostro povero Bill.
-Come ti senti?- mi intrometto.
-Molto meglio, cara, grazie.- l’interessato si sventola con fare piuttosto da commediante – Devo aver avuto un giramento di testa …
-Ma che giramento!- lo rimbrotta Tom – E’ colpa di tutto lo zucchero che mangi!
-Non è vero, razza di cafone, io non mangio zuccheri.
-No? E allora mi spieghi perché ogni santa mattina ti trovo mezzo affogato nel latte condensato?
Bill diventa rosso come un pomodoro
-Quello non conta!
-Invece di parlare di quegli scempi che fai di notte come la peggiore delle single depresse con il complesso di sfigata, dicci piuttosto se ti senti di andare di là a completare le ultime cose per la canzone.- abbaia Georg.
Bill ci guarda tutti e quattro, poi passa a guardarsi le unghie accuratamente dipinte di nero (ho provato stamattina ad imitarlo, giusto per l’occasione. Peccato che metà sia stato già grattato via), e infine posa lo sguardo sulla sottoscritta. Sento qualcosa riverberarmi giù per la spina dorsale, e non saprei dire se è dovuta alla felicità oppure al suo sguardo penetrante, che sembra mi stia attraversando con una lunga serie di cocci di vetro taglienti, carichi di qualcosa di difficile collocazione. E tu, sapresti dirmi cos’è? Sei sempre stata più brava a leggere gli occhi, rispetto alla sottoscritta. Leggi la vita, io leggo la morte.
-Immagino si possa rimandare il tutto a domani … ora vorrei tornare a casa. Nulla di particolarmente urgente, no?
-No, immagino non ci siano problemi.- risponde Gustav, attaccando un pacchetto di Haribo e allungandomene una. Immediatamente, nemmeno il tempo di portarla alla bocca, che tre mani si slanciano davanti al naso del biondino.
-Cosa fate?- esclama sconvolto Gus, tenendo stretto il pacchetto e mettendoselo dietro la schiena.
-Secondo te? Dai, vecchio mio, dammene una.- Georg allunga la mano che viene subito schiaffeggiata.
-Su, avarastro della miseria, fai una buona azione in vita tua … - prega Tom, occhieggiando la schiena robusta dell’interessato.
-Dai, amore mio, sono appena svenuto, ho bisogno di qualcosa che mi tiri su di tono.- Bill sfarfalla gli occhi.
-Ma insomma, vecchi marpioni del tubo, se proprio le volete, andatevele a comprare invece che angosciare il sottoscritto!
-E allora perché a lei l’hai data?- Tom mette il muso in contemporanea di Bill.
-Perché lei è 1, una ragazza e quindi il mio spirito cavalleresco mi impone di offrirle le mie caramelle e 2, perché lei non è una losca approfittatrice come voi tre e quindi di conseguenza si merita il mio cibo.
-Wow, sei la prima persona che mi tratta come una ragazza.- commento, sentendomi improvvisamente grata a Gustav – Tutta la gente che conosco tratta più come una femmina il mio migliore amico che la sottoscritta.
Bill ride in modo alquanto affettato, dicendo poi
-Allora andiamo a casa, così finisco di scrivere una mezza idea per una canzone che mi era venuta in mente.
La cosa è meccanica, ci alziamo tutti in sincrono, tranne lui. E la cosa è ancora più meccanica, quando Tom sbuffa e se lo prende in braccio come fosse una sposa.
-Oh, Tom sei proprio da sposare- miagola poi, appendendosi al collo di suo fratello.
-E allora perché non l’hai ancora fatto?- Tom gli da un pizzicotto sul collo, e Bill si profonde in uno strillo degno di una fan girl.
-Sarebbe il futuro marito a proporre alla futura moglie un anello, non il contrario.
-Potremmo smetterla di parlare di cose così imbarazzanti?- interrompe Georg arrossendo, anche se non capisco cosa ci sia di così imbarazzante.
Bill alza gli occhi al cielo e Tom si limita a ridere di gusto, come se fosse tutto uno scherzo, un sano scambio di battute idiote tra fratelli. Eppure qualcosa nel tono e negli occhi di Bill mi suggerisce il contrario. Come se non fosse proprio uno scherzo. Come se lui ci credesse veramente in fondo. Anche se il modo in cui Tom guarda invece la sottoscritta cancellerebbe immediatamente il doppio senso di quello che ha detto prima. Seriamente, è la prima volta che un ragazzo mi guarda come se fossi una personcina di sesso femminile e anche accettabile, invece che guardarmi come si guarda un carro armato dipinto di rosso ciliegia.

****
Ave puellae! Come vi va la vita? A me bene, anche se devo recuperare tipo tre materie.
B: Capra ignorante!
C: Stai zitto, protocefalo plutoniano! E in più, ci sono rimasta veramente di sasso dopo i fatti di Parigi "Pray for Paris, ragazze!". Cooomunque, eccomi qui con un nuovo, orrendo, capitolo *si nasconde*.
T: Se ci date una seconda possibilità, nel prossimo ci vedrete alle prese con una macchina da rottamare, una Jimmy versione meccanico, un gran casino combinato da quel protocefalo plutoniano di mio fratello ...
C: Senti, Thomas, o la smetti di spoilerare o ti impalo e ti brucio a fuoco lento.
T: Io non spoilero, faccio pubblicità di modo che le lettrici non ci lascino.
C: Btw, spero che vi siate divertite e che recensiate in tante. E' importante per noi avere le vostre opinioni.
B: Basta che non ci insultiate, ovviamente. Se no piango. E voi non volete vedermi piangere, no?
C: Detto ciò, vi saluto, vi ringrazio, vi mando un bacione e a risentirci! Fate scommesse sulle coppie, ragazze, ditemi chi shippate, sono curiosa ;)
A prestissimo,
Charlie (and Tokio Hotel)
P:S: e se vi interessa la canzone citata è Heroin, dei Velvet Underground, gruppo anni 60 che nessuno conosce ma che merita molto
.

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Capitolo 8
*** Tooom, Mio Dio mi fai arrossire! ***


CAPITOLO OTTO: TOOOM, MIO DIO, MI FAI ARROSSIRE!

-Thomas Kaulitz, giù le mani da quel volante!
La voce grossa e arrabbiata di Gustav mi blocca mentre allungo le mani verso la portiera nero metallizzato della Audi parcheggiata sotto il lampione verde nel grosso parcheggio della Radio Berlino. Acc … anche questa volta mi ha beccato in flagrante. L’ultima volta che mi ha permesso di guidare la sua macchina mi sono brillantemente schiantato contro il municipio di Amburgo, scassandogli muso e fari, facendomi ritirare la patente, riuscendo non si sa come a evitare una notte in gatta buia per guida completamente ubriaco, spedendogli l’auto dal meccanico, e beccandomi un mese di punizione da mia madre. Da quella simpatica nottata, Gus ha deciso di non darmi più la sua macchina. Ma per me esagera, insomma, è stato solo un incidente da niente, mica ho ammazzato qualcuno. Lui comunque non è d’accordo e mi strappa dalle mani le chiavi con il portachiavi fatto a salsicciotto.
-Dai, GusGus, Tom mica guida veloce.- interviene mio fratello, quello che è riuscito a schiantarsi in moto almeno dieci volte completamente drogato, quello che è riuscito a spingere la nostra povera Porsche a 130km/h sulle stradine di montagna dove abita nostra zia, quello che ha seminato la macchina della Polizia di Magdeburgo zigzagando nel giorno di mercato. Dopo questo, ok, si può dire che io rispetto a lui guido piano. Anche se mi hanno ritirato la patente circa 13 volte.
Georg fa prima, prende le chiavi dalle mani del biondino più grasso del mondo e si mette al volante (comunque lasciatemelo dire: Listing è una pappamolle. Non gli hanno mai ritirato la patente).
-Dai, montate su. Jimmy, vieni!
Forza, Tom, vecchio mio, fai vedere che ogni tanto anche tu sai essere un vero cavaliere con le fanciulle. Mi giro con un sorriso composto e marziale, scopiazzato dal Grande Gatsby, aprendole la portiera e invitandola con un cortese gesto della mano a entrare. Peccato che la mia interpretazione fallisce subito, perché nel contempo che mio fratello strilla
-Tooom, mio Dio, mi fai arrossire!- e fa quello che avrebbe dovuto fare Jim, ovvero arrossire dolcemente, sfarfallare le ciglia e sedersi al posto deputato a essere quello dove si sarebbe dovuta sedere la nostra amica, lei borbotta
-No, grazie, penso che tornerò a casa a piedi. Mi piace camminare.
-Ma figurati!- la interrompo – Ti diamo uno strappo, anche perché il tempo si sta mettendo brutto, non vorrei che ti ritrovassi scola da un momento all’altro …
Lancio un’occhiata a quello schifoso cielo plumbeo che sembra poter essere l’unico colore sovrastante la mia città, quello slavato e già morto, quello dove ti ubriachi di sogni e non riesci mai a realizzarli, quello dove ti innamori ma stai certo che quella persona se ne andrà per sempre dalla tua vita, quello dove suoni ma non riesci mai ad accordarti su che note fare, quello dove inventi storie ma non ti esce fuori una parola, quello dove corri ma non arrivi mai alla meta, quello dove vivi ma è come se morissi ogni secondo, quello dove urli ma nessuno ti sente. Il cielo che mi ricorda tanto me e Bill, quando stavamo seduti sull’altalena del parco giochi abbandonato, quello a ovest, lui che dondolava e io che lo spingevo sempre più su, sempre più in alto nelle nostre nuvole. E poi un giorno, quando avevamo quindici anni, era caduto giù perché lui non è mai stato capace di restare aggrappato a qualcosa più di tanto, ed era rotolato nel fango; e io lo avevo tirato su, scompigliato e fradicio, ed eravamo rimasti per minuti interi così, in silenzio, lui aggrappato alle mie spalle e io che lo tenevo stretto per la vita. Semplicemente immobili a fissarci negli occhi, i nasi poggiati per la punta, le labbra talmente vicine che quasi si sfioravano, le mie ciglia che accarezzavano il suo viso e viceversa. Immobili come due statue, congelati in un abbraccio bagnato dove il vento soffiava troppo forte e l’altalena dondolava senza di noi. Semplicemente noi e tante, troppe sensazioni contrastanti nei nostri occhi.
-Sì, ok lo ammetto che la macchina non sarà proprio messa nel migliore dei modi, ma comunque funziona!- la incoraggia Gustav, tentando di schermare con la sua mole il cofano completamente accartocciato e appoggiandosi con finta nonchalance alla portiera dell’autista giusto per non far vedere i cinquanta giri di scotch con cui abbiamo tentato di tenere fermo il finestrino.
-Sì, tesorino, non è così pericolosa come appare.- gli da man forte Bill, stravaccandosi in modo da  coprire tutte le patacche di unto, fritto e lerciume (più, ma questo è un dato non certo, di vomito crostificatosi nei secoli).
-E’ funzionale, garantito.- Georg tenta per un sorriso rassicurante e posando casualmente la borsa di Bill sul cruscotto dove penzolano misteriosamente dei fili che si erano in precedenza staccati e che non siamo stati in grado di riattaccare per nasconderli alla vista troppo acuta di Jimmy.
-Non correrai nessun pericolo, soprattutto quando ci sono io- concludo, appoggiandomi con mossa sexy e studiata davanti alla ruota posteriore, per coprire i rimasugli di una ganascia che la Polizia aveva attaccato alla macchina tempo addietro. Siccome  Gus non voleva andare in commissariato per farsela levare, aveva chiamato noi tre come “gioco forza”. Dopo aver martellato la ruota fino a staccare i pezzi più ingombranti e il blocco più grave, eravamo rimasti con i pezzettini insidiosi che non permettevano una normale funzionalità del mezzo. Fortunatamente (o sfortunatamente, a seconda dei punti vista) Bill venne a sapere che proprio quel giorno c’erano i super saldi e che eravamo attualmente sprovvisti di macchina. Voi non potete sapere come diventa mio fratello quando sa che ci sono i Saldi e lui non ha la macchina, comunque, in quel caso, decise di utilizzare l’Audi di Gustav, provvedendo quindi a una semi distruzione della ruota ma alla liberazione dalla ganascia insidiosa, distruggendo l’acceleratore e bruciandogli la frizione (perché Bill non conosce la normale procedura per accendere una macchina, chiamasi chiave-frizione-marcia e solo poi l’acceleratore. No, per lui è chiave-acceleratore-frizione e infine la marcia. E poi mamma si chiede anche perché le nostre macchine sono sempre da rottamare).
-A parte il fatto che si vede chiaro che avete prima di tutto distrutto una ganascia, che avete spappolato la macchina contro qualcosa di grosso, che basta un minimo di vento e vi parte il finestrino, che quei fili sono assolutamente pericolosi da lasciare così allo scoperto e che quei sedili avranno fatto muffa e marcio, a parte tutto ciò, vi ringrazio dell’invito ma preferisco camminare.- ride Jimmy, smontando tutti i nostri attenti piani di convincimento.
-Ma come puoi rifiutare un passaggio in macchina da noi?- piagnucolo. Non lasciarmi da solo con un pervertito, un boyscout e un idrovora, ti prego.
Sento le dita lunghe e flessuose di Bill aggrapparsi alla mia spalla, accarezzandomi il collo con mossa consumata.
-Su, Jimmy, se poi piove ti rovini i capelli. Sono tanto belli- allunga una mano e le accarezza una ciocca – Sarebbe un vero peccato.
Lei diventa rossa, grattandosi la nuca, impacciata.
-Beh, i tuoi lo sono di sicuro di più.
-Questo è ovvio, dolcezza, questo è ovvio!- quell’essere isterico di mio fratello torna a colpire. Ma grazie al cazzo che non si trova mai un po’ di figa, se le sue reazioni sono così. E poi mi viene anche a dire che lui è realista. – Ma presto o tardi anche tu potrai avere dei capelli belli come quelli del sottoscritto. Primo passo: fai l’impossibile per non bagnarti. Quello che tu potresti fare giusto ora per non lasciarli marcire, no?
Vorrei tanto dire che i capelli marciscono di più con tutto lo schifo che si mette in testa che con un po’ di sana pioggia acida magdeburghese ma taccio. L’ultima volta che ho tentato di dire una cosa simile mi sono trovato uno dei suoi stivali col tacco a spillo piantato nelle palle, non voglio ripetere l’esperienza. E più che altro non vorrei rivedere la sua faccia cucciolosa quando mi ha detto, leccandosi le labbra “Scusa Tomi, scusa, mi sono fatto prendere dall’ira funesta” ira funesta un cazzo, mi hai tarpato il mio cavallo di battaglia, razza di nevrotico, seguita da un inquietante “Ti do un bacino dove ti fa male, bacino …” e aveva allungato le mani verso la zip della braghe sformate con un sorriso che non prometteva nulla di buono. Grazie al cielo erano arrivati i G&G a salvarmi e a darmi del ghiaccio per il dolente cavallo di battaglia. Come dire, ne farei anche a meno di rivivere quella scenda da incubo. Beh, poi magari sono io che sono il solito maniaco che si fa dei filmini mentali assurdi sul proprio gemello e lui voleva solo darmi un bacino ma sapete com’è Bill quando fa le sue facce da pervertito in erba … anche se sicuramente avrà voluto ricambiare la generosa quantità di baci che gli avevo dato sul costato quando era caduto dall’albero e se l’era completamente graffiato. Però un conto è dare dei baci sul costato, un altro è darli sull’amico lì sotto. C’è un po’ differenza.
-Adesso, dimostrazione pratica che la vecchia Molly funziona a meraviglia.- interrompe Georg, straordinariamente uguale alle hostess quando spiegano le regole in caso di emergenza. Nemmeno il tempo di infilare la chiave e di girarla, che la vecchia Molly (non è colpa mia se Gustav ha un inespressa passione per Molly Weasley) fa uno scatto in avanti stile anni ruggenti, produce uno scoppio da Molotov, fuma e si ferma con un gemito inquietante. Eh eh. Smentiti dai fatti, come al solito.
Guardo Jimmy che sogghigna mefistofelicamente, avvicinandosi al cofano sfondato mentre Georg tenta inutilmente di spiegare il perché del fallimento.
-Bene, ragazzi, temo che la macchina abbia bisogno di un meccanico, e anche subito.- ci guarda tutti e quattro negli occhi, mentre fissiamo spaventati l’intrico di motori, tubi e roba strana che fuma e sbuffa da dentro il cofano spalancato. – Quindi, siccome non ho gli strumenti dietro, qualcuno può procurarmi un cacciavite, una chiave inglese, o un attrezzo molto simile?
Ammetto che la guardo con un certo rispetto: è la prima ragazza che incontro che si butta così tranquillamente a lavorare liberamente in un motore. È venti volte più virile di mio fratello, e forse dovrei ammetterlo, in questo momento lo sembra molto di più anche del sottoscritto, ma ehi, è solo per lo sconcerto.
-Non so quanto possa andarti bene, ma io ho questo.
Bill tira fuori dalla sua borsa di Mary Poppins, come la chiama mamma, un aggeggio strano, e lo allunga a Jimmy. Finalmente mi rendo conto che è un bastoncino di metallo dipinto di fucsia con i brillantini, ma la domanda è: cosa se ne fa mio fratello di un bastoncino di metallo fucsia?!
-Ma che roba è?!- esclamo.
-Uno spillone per capelli, Tooom, apri gli occhi!
-E che te ne fai di uno spillone?
-Come cosa me ne faccio? Ci …
-Lo posso rompere?
Ci voltiamo verso Jimmy, praticamente rovesciata dentro al cofano, le manine sporche di grasso e lo spillone di mio fratello in mano come fosse un coltellaccio stile Gasai Yuno.
-Come rompere?!- Bill si mette una mano perfettamente curata davanti alla bocca.
-Se faccio tanto sforzo, può anche darsi che si spezzi o sei scheggi.- spiega pazientemente Jimmy – Quindi, posso farlo o ci tieni?
Bill guarda prima lei con astio, poi il suo spillone con amore, poi si gira e strilla, mettendosi una mano sulla fronte
-Ora o mai più! Usalo, ma vedi di non fargli troppo male!
Lei sorride, rituffandosi nelle profondità oscure del motore di Molly con lo spillone. Non posso fare a meno di notare che ha i pantaloni come li porto io, si intravede l’elastico delle mutande e … no, Tom, no! Non devi toccarle il culo, ok? No! La mano che si stava avvicinando spudoratamente al suo fondoschiena ritorna subito in tasca. Ok, sono irrecuperabile, lo so. Però dai, è lì, e poi non penso le dispiaccia, cioè, sono Tom Kaulitz, mica il primo cretino trovato per strada, potrei anche osare. Ma ragiona, Cristo, Thomas! L’hai vista com’è Jimmy, una specie di macchina da guerra insensibile e che evidentemente ci deve andare giù duro quando mena. Se le tocchi il posteriore, come minimo ti ritrovi un dente saltato. Li so riconoscere i nasi rotti dalle botte, e non sono così cretino da non aver visto la rottura del suo di naso. Gliel’hanno spaccato a pugni, e chissà perché qualcosa mi dice che anche lei ha spaccato qualcosa a qualcuno in quella rissa … devo starmene buono e a cuccia. Anche se devo ammettere che ho sempre avuto un debole per le ragazze così, un po’ forti, un po’ rudi, nonostante io non ne abbia mai incontrate come lei. Qui si necessita di un piano astuto, perché non sia mai detto che Tom Kaulitz non si scopi la bad girl della situazione. Potrei chiedere aiuto a mio fratello, che di piani astuti se ne intende anche fin troppo, ma qualcosa mi dice che troverebbe una cosa assolutamente disdicevole creare un piano astuto per portarsi a letto qualcuno, e che non sarebbe il massimo della felicità se gli proponessi questa mia idea. Per di più perché, se devo essere sincero, so che Bill mi nasconde qualcosa anche se non ho capito cosa, visto che ogni tanto me lo ritrovo a letto nudo e in posizioni leggermente compromettenti. Ciò dovrebbe essere un messaggio per me, però non mi capacito di cosa possa essere. Forse uno sbalzo ormonale. Comunque, al diavolo gli sbalzi ormonali di Bill, pensiamo piuttosto a un piano per far cadere ai miei piedi Jimmy Sasha. Dovrei, forse, fingermi completamente disinteressato a lei, aspettare che cuocia nel suo brodo, e quindi entrare in scena nel momento in cui ha perso ogni speranza. Però è troppo contorto e ci vuole la pazienza che io non ho mai avuto. No, devo trovare qualcosa di più immediato e più caliente, come direbbe mio fratello. Approfittare di una festa, farla ubriacare, e poi portarmela in camera una volta che è bella fatta … eppure qualcosa mi dice che il tempo che lei si ubriachi, io sono già in coma etilico. Tentare una sortita con un bacio appassionato completamente a cazzo, e vedere se ricambia e solo allora trascinarla nel posto più vicino e più comodo? Anche questa è da bocciare, come minimo invece che uno schiaffo sulla guancia mi trovo la mandibola a pezzi e un polso spappolato. Tentare di fare il galante? Ma poi magari si mette strane idee in testa, sullo stile Bill “matrimonio, figli, vita insieme”. Troppo pericoloso, non posso correre il rischio. E allora che faccio? Aspetto lei? Ma magari è timida e non si farà mai avanti; una voce nella mia coscienza mi dice che sicuramente se mi volesse mi prenderebbe con estrema tranquillità, quindi potrei velocizzare i tempi. Va beh, non lambicchiamoci il cervello proprio ora: io me la porterò a letto, e questo è un dato di fatto. Come, per adesso non ha importanza; basta continuare a frequentarla e l’Illuminazione prima o poi mi colpirà. E se proprio non saprò come fare mi rivolgerò a Bill, che lui le idee geniali ce le ha sempre per qualunque occasione.
Riposo lo sguardo su Jimmy, intenta a tirar fuori dalla tasca sformata dei jeans una pallina di elastici e cominciare a toglierne una manciata.
-Gustav, stammi a sentire- si volta con aria seria verso di noi e potrei anche dire che … Tom a cuccia, razza di belva! – Dobbiamo tenere ferma la scatola della batteria, si è staccata e dà grossi problemi. Per il tragitto, la legherò con degli elastici ma appena arrivi a casa, portala in officina: con il calore, la gomma si scioglie. Poi, mi servirebbe dell’olio. Potete procurarmelo entro cinque minuti?
-Si, bambola, subito!- sto per partire verso il Ferramenta all’angolo, quando Bill mi interrompe urlando come suo solito
-Questo ti va bene? È olio di Argan, per i capelli.
-Ehm, Bill grazie, ma a me serve olio da motori. Non olio per capelli.- Jimmy gli sorride dolcemente, sfarfallando i grandi occhi violetti. Ma aspetta un attimo, perché quando parla con me fa il sorriso da teppista e con lui quello da bambolotto? Cos’è sta cosa? Non ditemi che avevano ragione i G&G, che mi sento preso per il culo. Ma no, dai Tommolo, stai tranquillo: non è possibile che sbavi dietro a Bill, è assolutamente fuori dal mondo. Rilassati, vecchio mio, sei sempre tu il Sex Gott della compagnia.
-E allora? Non vedo troppo la differenza, olio è e olio rimane. Dai, usalo.- glielo mette in mano a forza, svitando il tappino e asfissiandoci di botto tutti e quattro con quel tanfo inumano dei suoi dannati oli per capelli. E poi viene anche a lamentarsi che non glieli scompiglio e non ci gioco. Puzzano, porcaccia, puzzano come un tasso morto a bordo strada.
Ora mi aspetto un bel “NO” secco da parte di Jimmy, di quelli taglienti e violenti, che facciano rigar dritto anche il mio gemellino adorato.
-Va bene, ci provo.
Eh? No, cosa? Jim prende l’olio fetido e comincia a distribuirlo uniformemente sulla zona interessata. Ma perché ha accettato? Sinceramente, ci voleva tanto a negargli qualcosa una volta tanto nella vita? Va bene che io in fondo sono quello che lo vizia di più e non posso che stare zitto, ma a tutto c’è un limite.
Seguo la sua mano che si infila nel motore e cosparge di olio puzzolente ciò che bisogna oliare.
-Spero semplicemente che non vada a fuoco tutto … - borbotta più a se stessa che a noi, ma un brivido lungo la schiena scende eccome.
-Dovrebbe prendere fuoco la macchina?- balbetta Gustav, aggrappandosi spasmodicamente al braccio di Georg.
-Sarebbe divertente.- commenta acidamente Bill, con il suo tipico tono acido, scanzonato, annoiato e strascicato. Pesca una sigaretta dal pacchetto semi vuoto, portandosela alle labbra con il suo tipico gesto languido e misurato, accendendola con quella nonchalance studiata che si vede nei film di quando ancora Marylin Monroe era una fanciullina alle prime armi. Ma dovete sapere che mio fratello trova particolarmente “cool&glam” (rigorosamente detto con accento americano costruito e strascicato, più ammiccamento e gesto da divah qual è con la manina) gli anni 50 e il modo in cui “fumavano languidamente sugli scogli dei resort della Costa Azzurra, con James Dean e Marlon Brando che giocavano a ramino e Elizabeth Taylor che prendeva il sole sulla sdraio vicino alla tua”. Per dirla sullo stile di Bill in versione Voglio tornare negli anni 50. Allungo una mano e gliela levo dalla bocca, cominciando a tirare qualche boccata di fumo. Se c’è una cosa che io e lui amiamo fare, è condividere la stessa sigaretta. È un po’ come se le nostre anime si fondessero ancora di più di quanto già non lo siano, come vederle volare e legarsi una all’altra. Oppure semplicemente sentire i rispettivi gusti di labbra senza mai toccarci davvero: le mie che sanno di “limone, futurismo e note dimenticate” come dice Bill, e le sue che sanno di rossetto, malinconia e parole inespresse. Fumare la stessa sigaretta è un modo per sentirci fusi uno all’altro, consumarci insieme fino alla fine; gliela infilo tra le labbra leggermente dischiuse e lui miagola una risata, sbuffandomi una voluta di fumo sul viso. Gli do una pacca sul fianco, stampandogli un bacio sulla tempia.
-Oserei troppo a chiedervene una?
La voce un po’ roca di Jimmy mi risveglia dalla trance che mi induce il fumo condiviso con Bill, dal suo rossetto, dalla sua malinconia e dalle sue parole inespresse. Ne pesco meccanicamente una dal pacchetto e gliela allungo, notando di striscio l’espressione ostile di Bill. Ma lui fa sempre così quando interrompono le nostre fumate di gruppo. Accendo la sigaretta di Jimmy con un sorriso, guardando il suo viso ondeggiare dietro la leggerissima cortina di fumo quasi invisibile ma percepibile che si è sollevata. Potrebbe sembrare strano da dire, ma in qualche modo assomiglia a Bill. No, non sono impazzito del tutto: se potreste anche voi vedere entrambi in questo momento, sareste d’accordo con me. Pelle pallida in visi fini e dai tratti quasi dell’est, guance un po’ gonfie, occhi grandi e felini che nonostante la diversità dei colori nascondono la stessa luce magnetica e incantata, ciuffi corvini che ricadono scompostamente sulla fronte, labbra carnose serrate strette, tensione palpabilissima nelle mascelle. Giuro, si assomigliano. Anche il modo in cui posano tutto il peso sul lato sinistro del corpo, in cui tengono le sigarette tra il medio e l’anulare (questo lo faccio anche io. Ma non mi sembra di partecipare troppo a questo quadro) anche se le dita di lui sono scheletriche, curate, femminee e quelle di lei leggermente storte, lunghe ma rovinate, il modo che hanno di mettere la sigaretta in bocca piegando leggermente il labbro inferiore all’infuori. Sono terribilmente, perfettamente simili.
-Beh, hai anche aggiustato la vecchia Molly. Il minimo che possiamo fare è portarti a casa; e permettimi, ma insisto.- interviene Georg con la sua solita finezza unica per rovinare i miei quadretti mentali.
La guardo speranzoso, sfoderando il sorriso migliore, gioendo segretamente quando la vedo sorridere e passarsi una mano tra i capelli troppo lunghi.
-E allora grazie, ragazzi. Vi do l’indirizzo.
 
****
Ritorna lo scempio degli scempi ... belandi, ragazze, sta storia fa troppo schifo. Seriamente parlando, ma se la cancello ci faccio più bella figura? No, ditemelo perchè mi vergogno come un ladro :( la sezione introspettiva della vicenda però almeno è trattata con estrema attenzione (TH: seh, se questa è la parte introspettiva allora noi siamo metallari convinti!) (G1: io tecnicamente lo ero prima che voi mi traviaste ...)(Gli dei del metal mettono Georg ai ferri per alto tradimento mentre Bob Marley tortura Tom per dileggiamento della cultura rasta).
Nel prossimo capitolo, un super P.O.V di Billuccio con un grande casino, scoperte al cardiopalma e qualche scemenza tirata fuori al momento giusto. Boh. vi ringrazio tutte comunque e ditemi se mi devo dare all'ippica o se continuo lo Scempio.
Baci
Charlie (col supporto morale di quei quattro fenomeni da baraccone. Sì, Bill, sto parlando di te, non fare quella faccia)

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Capitolo 9
*** Ti sembro il tipo da ragazza fissa? ***


CAPITOLO NOVE: TI SEMBRO IL TIPO DA RAGAZZA FISSA?

Ci sarà un motivo per cui odio Molly. Ed è per il semplice fatto che mi tocca sempre mettermi in delle posizioni da fare invidia a un contorsionista, cosa che puntualmente accade anche questa volta. Perché visto che quel dannato sedile davanti si è bloccato in modalità “tutto indietro” e il sedile in mezzo ha un buco che non a niente da invidiare a un cratere, io devo raggomitolarmi in circa 20 cm quadrati di spazio e rimanerci per tutta la durata dei tragitti (solitamente lunghissimi, con semafori infiniti e fosse di ogni tipo). Sinceramente, questa volta non saprei proprio come fare a sistemarci, contando che abbiamo anche Jimmy e il galateo dice chiaro che non bisogna far scomodare troppo le fanciulle. Quindi, io (sì, mi comprendo nel prezzo delle fanciulline delicate e principesche) e lei dove diavolo ci sistemiamo?
-Vieni davanti.- si offre Georg – Così stai più comoda.
-Georg, pezzo di cretino imbecille, come credi di stare qui dietro con noi due?- abbaiamo io e Tom. Già che si sta stretti, mettiamoci pure quel tronco di Listing e siamo a cavallo!
Gustav se la ride sotto i baffi e si accomoda al posto di guida, ingurgitando qualche patatina per tirarsi su di morale.
-Ma non c’è problema, mi metto dietro. Anche perché non penso che voi tre ci stareste molto comodi- osserva tranquillamente Jimmy, sgattaiolando nel buco dove di solito mi rintano io. Bene, quindi non mi devo inventare nuove posizioni da fare invidia al Kamasutra, con tanto di occhiate languide a quel cefalo di mio fratello che ovviamente non capisce queste sottili allusioni da maiale. Davvero, Bill, sei diventato proprio un porco, dovresti contenerti.
-No, aspetta, lì ci sta Bill che è abituato!- la ferma Tom, smontandomi tutti i sogni del poter stargli in braccio in mancanza di altri posti dove infilarmi. Ecco la sfiga di essere anoressico: ti usano sempre come “jolly-stiva” della situazione. – Tu stammi pure in braccio, tanto sei leggera.
Che eri un tacchino si sapeva, ma a questi livelli proprio non me lo sarei aspettato. Dio, Toooom, ma che mi combini?! Quel santo di Georg lo coppetta con violenza e Jimmy sbuffa una risata luminosa
-Non voglio offenderti, Tom, ma preferirei non stare in braccio a nessuno. Mi dà un po’ fastidio.- dopo aver visto l’espressione di mio fratello si affretta ad addolcirsi – No, non fraintendermi! Tu mi dai tutt’altro che fastidio, ma è proprio una questione psicologica. Un po’ come chi è claustrofobico.
-Ma sì, povero tesoro, non ti forziamo certo a fare cose che non vuoi- cinguetto, fregandomi le zampette. Per una volta la fortuna ti sorride, Bill, approfittane.
-Gustav ma che cazzo!- i miei sogni di gloria vengono tirati giù da Georg che balza vicino a me e Tom che ci guardiamo, io sorridendo e lui un po’ meno per il fatto che staremo appiccicati come sardine per tutto il viaggio. Vicini vicini …
-Ma cosa ho fatto?!- grufola il batterista più malconcio del mondo.
-Ne hai mollata una terribile!- lo rimbrotta capellone lo sciattone – Io lì davanti non ci voglio stare.
-Beh, Gus, in effetti è abbastanza soffocante … - la faccia di Jimmy in questo momento è di un verde inquietante. Ora sta povera ragazza vomita, e non ha tutti i torti. Gustav riuscirebbe a soffocare anche gente con le maschere antigas quando cena dal messicano sotto casa e poi pensa bene di liberare il suo stradannato intestino in posti chiusi e circoscritti.
-E belin Schafer, metterti un tappo in culo no, eh?!- urla Tom.
-Ma mettitelo te, Kaulitz!- ribatté quel grezzo troll biondo – Ho il diritto di fare puzzette quando mi pare e piace.
-E ok, ma non hai il diritto di asfissiare gli altri.- sindaca Georg.
-In più ci fai fare brutta figura, le molli sempre quando non devi.- continua imperterrito Tom, mentre vedo Jimmy scuotere la testa e tirarsi su il colletto della felpa blu scuro con scritto a caratteri cubitali “The Clash”. Devo chiederle dove l’ha comprata, magari con due brillantini in più me la compro …
-Almeno non sono stitico come voi, cosa vi devo dire?!
-Ma poi che cazzo te ne frega se siamo stitici o no, palla di ciccia obesa, ti rendi conto  di quanto Balenciaga devo sprecare per far tornare vivibile Molly?!- ruggisco.
-Puoi anche evitare di “sprecare” quella merda che ti metti addosso.- cerca di fronteggiarmi Gustav.
-Se non fosse che i miei profumi sono roba di classe e sono i tesori della mia misera vita, te li infilerei su per il culo, Miasma Umano!- no, se mi offendi i miei bambini, mi arrabbio.
-Potremmo piantarla di parlare di quello che fa l’intestino di Gustav per un secondo, metterci in macchina tenendo i finestrini aperti e tornare a casa, per piacere?!- l’urlo di Jimmy ci fa subito rimettere in ordine.
Comunque, chissà come mai, il sottoscritto rimane fregato. Perché quel naso fino di Georg non vuole stare col Miasma Umano e obbliga Tom a stare davanti. Quindi a me tocca starmene dietro semi inerpicato in braccio al mio bigotto.
Sinceramente, quanto profumo devo usare per rendere almeno vivibile questa merda di vita? Bill, certo che sei proprio sfigato.
 
-Ecco, mollatemi qui. Siamo arrivati.
Mi risveglio dal torpore che mi ha avvolto durante il tragitto, passato a sentire tutta la discografia di quella befana cinquantenne di Madonna (non chiedetemi perché Gustav abbia Madonna in macchina: non lo voglio sapere), a sentire Tom vantarsi di chissà quali pregi probabilmente inventati sul momento (l’unico che ho sentito chiaro e che ho confermato con forse troppa enfasi è il fatto che ha dei pettorali niente affatto male), a sorbirsi i sermoni di Georg sull’inquinamento ambientale (oh, e mi sembra ovvio che tutti debbano tacergli il fatto che in Giappone ero riuscito a procurarmi un set di smalti fluorescenti usciti da Fukushima) e a tentare di sovrastare il casino per chiedere a Jimmy dove ha comprato la felpa.
È una cosa naturale, vedere Tom inciampare fuori da Molly nel tentativo di strappare a Jim uno straccio di appuntamento, vedere Georg catapultarsi fuori nel tentativo di aprirle la portiera (anche se ovviamente lei è uscita tranquillamente da sola. E ora la domandona: perché nessuno si preoccupa di fare uscire me come una principessina riverita? Ecco.), vedere Gustav uscire pulendosi gli occhiali e vedere me sgusciare per strada cominciando una serie di manovre di stiramento per i miei arti anchilosati. Alzo lo sguardo sulla casa che mi ritrovo davanti, nella Kartoffeln Strasse, una delle vie di periferia più malconce di tutta Magdeburgo. Rimango a studiare una casetta a due piani completamente ingrigita dallo smog, talmente anonima da farmi male al cuore, circondata da un misero giardinetto con un’altalena. È triste. Troppo triste; ricorda un po’ quei pagliaccetti che puoi vedere nei quadri di Picasso del periodo blu, miserande figure con addosso stupidi e sgualciti costumi che ti fissano da dietro la tela piangendo lacrime che non potranno mai veramente versare. Sono specchi che non riflettono, che vorrebbero dire qualcosa ma irrimediabilmente non ci riescono e continuano a provare a comunicarti cose che non potrai mai comprendere appieno. Un’altra dimensione e un’altra lingua. Beh, la casa di Jim potrebbe essere un pagliaccetto di Picasso, così vuota eppure in un qualche strano modo piena di qualcosa a cui non so dare un nome. Quei muri piangono lacrime amare, quelle finestre si asciugano gli occhi, questo giardino aspetta solo la chiave che lo apra, questa altalena il vento che la spinga. Manca qualcosa in questo quadro, c’è qualcosa che stona terribilmente. Ma cosa potrebbe mai mancare?
-Volete entrare a prendere qualcosa?- Jimmy mi strappa dalla mia contemplazione – Non ho molto, ma posso farvi un the o un caffè.
-Ce l’hai della birra?- indaga Tom.
-A meno che il gatto non se la sia scolata tutta, sì.
-Allora veniamo!- strillo io, partendo in quarta verso la porta. Devo darmi una sistemata al trucco, sento che con tutti i risciacqui che mi hanno fatto si è sciolto. E … o Mein Gott. Aspetta un secondo. Io sono svenuto, e questo me lo ricordo. E mi ricordo anche che quel figo senza cervello del mio gemello ha convinto tutti che il mio svenimento fosse dovuto a un eccesso di zuccheri, ma penso che anche lui sappia che non è affatto così. Tutta quella pantomima hollywoodiana che ho tirato su nello studio è semplicemente legata a doppio filo al fatto piuttosto scottante che lo sguardo di Jimmy su di me possa essere interpretato con la frase “se ci fosse l’anarchia, ti avrei già sbattuto come un uovo mille volte e ti avrei rovinato i denti con tutte le romanticherie che ti avrei sputato addosso”. Per me, questa è una cosa piuttosto strana, per l’appunto, visto che è lei è la prima ragazza che vedo farmi il filo con aria letteralmente adorante. E questo non mi piace per niente: io, intendiamoci, sono tutto meno che misogino ma sono anche straordinariamente, profondamente, totalmente innamorato anima e corpo del mio Tommuccio bello. E poi diciamocelo, io voglio essere sbattuto da maschioni prestanti (capito Tom? E vedi di aprire quei occhi foderati di crauti una buona volta), non sbattere delle ragazze. Mi fa schifo. Quindi, come faccio a farle capire senza ferirla che non mi piace? Eh eh, la vedo dura. Ma sono sicuro che forse riuscirò a salvarmi il culo anche questa volta. E non sia mai detto che Bill Kaulitz si faccia fregare da una ragazzina di periferia.
Jimmy si alza sulle punte dei piedi e prende una chiave da dietro la cassetta delle lettere, apre la suddetta cassetta, fruga alla cieca dentro, tira fuori un’altra chiave, apre una casetta per uccelli appesa davanti alla porta, fruga di nuovo, prende l’ennesima chiave e finalmente apre sta benedetta porta.
-Madonna che sistemi di sicurezza! In confronto la Gringot è il primo bagno pubblico.- bercio io, facendomi avanti in un atrio piccolo, tetro e puzzolente di calzini non lavati.
-Non si sa mai di questi tempi; per di qua, prego.- mi zittisce Jimmy, aprendo una porta e facendoci entrare in una microscopica cucina buia come la pancia di un gatto, puzzolente di qualcosa che richiama i crauti al ragù di Gus (non chiedetemi cosa siano perché mi sono rifiutato categoricamente di assaggiarli), e disordinata come camera nostra all’epoca dei nostri fiorenti tredici anni (13 anni per me: dicasi, quando stavo dietro a un tizio di quinta liceo e piangevo tutto il giorno  siccome era etero e non mi degnava di uno sguardo. 13 anni per Tom: dicasi, stare dietro al sottoscritto affinché non tentasse una sortita suicida. I nostri 13 anni per mamma: dicasi, tentare in tutti i modi di sbolognarci da zia Hanna, al centro ricreativo, al parco, lontano chilometri da lei.).
-Ehm, pittoresca!- commenta amabilmente Georg, superando un calzino a righe e una maglietta chiazzata di sugo e lanciando un’occhiata preoccupata al palco di corna di muflone appeso sull’architrave.
-Vivi sola, Jimmy?- Tom si appoggia al frigo, passandosi la lingua sul piercing e passandosi una mano tra i dread. Io e gli altri due ci scambiamo un’occhiata esasperata. È entrato in  modalità California Dreaming. È quel momento in cui il mio aitante gemello decide che si farà un ragazza che non è proprio una battona, quindi sfodera tutto il suo fascino da surfista californiano in vacanza, insieme a una bella dose di sex appeal, con una spolverata di sarcasmo al posto giusto, l’aria da bello e impossibile, mescolata con un sorriso aperto e invitante, e la colonna sonora praticamente incorporata “My clothes are always retro, sexual like i’m hetero, and I play a bitch like Nintendo”. Bene, signorine di tutti i generi, eccovi servito il vostro California Dreaming! Speriamo che sia di vostro gradimento.
Solitamente si arriva a questo punto con il sottoscritto in iperventilazione, sbavante e messo molto male psicologicamente e fisicamente; perché qui qualcuno non potrà mai ubriacarsi di California Dreaming, non so se mi spiego.
-Sì. Da poco, in realtà.- ci sorride dolcemente, prendendo quattro birre dallo scaffale e mettendole sul tavolo, invitandoci con un gesto a sederci su sedie piuttosto malconce – Scusate per il disordine, capisco che non è il modo migliore per accogliere la band più famosa della nazione ma non ero preparata ad avervi in casa.
-Sinceramente,- interviene Gustav, sorbendo rumorosamente la sua Franziskaner – Meglio te con il tuo casino umano che quelle ragazze apparentemente perfette.
-Esatto.- asserisce Georg con aria ispirata che già preannuncia qualcosa di idiota – Ormai questa società decadente si sta minimizzando agli stereotipi inviateci dall’America nelle pubblicità, senza poter più uscire dalla situazione stagnante in cui si trova, e bisogna ammirare quei pochi sopravvissuti che non seguono la massa ma si sentono liberi di vivere la loro vita in santa pace …
-Sono d’accordo.- lo interrompe Jimmy, sedendosi su uno sgabello semi rotto e scolandosi un sorso di birra di slancio – Ormai siamo diventati generazioni di plastica, televisione e centri commerciali.
-And Tokio Hotel on the radio!- strillo io, con mossa consumata da cheerleader. Se fossi nato negli USA, sarei stato la reginetta delle ragazze pon pon, lo so.
-Ce l’hai il ragazzo?- insiste quel vecchio tacchino di Tom, rigirandosi tra le dita una sigaretta.
-Tu ce l’hai la ragazza?- risponde Jimmy, sfoderando un sorrisino bastardo.
Tom sogghigna e si limita a ridacchiare
-Ti sembro il tipo da ragazza fissa?
-E io ti sembro la tipa da ragazzo fisso?
La sottile sfida che è in corso ora tra i loro occhi è quasi più divertente che vedere Tempesta d’Amore alle tre del mattino in mezzo ai miei peluche, armato di panna alla fragola e i fazzoletti impregnati di lacrime. Devo ammettere che la ragazzina qui ci sa fare, anche se ovviamente le mie battaglie di sguardi sono di un livello superiore. Tom è, come dire, scarso. In fondo è troppo buono per combattere seriamente una guerra di occhiatacce assassine. Però quelle hot le sa fare.
Sorseggio la mia birra, anche se non mi piace per niente, osservando rapito la vecchia radio anni 30 che ha per terra. Poi mi alzo, interrompendo la guerra di sguardi e dico, sfarfallando i miei magnificenti occhi
-Tesoro, dov’è il bagno? Devo sistemarmi il trucco.
-Oh, certo, ti accompagno.
Si alza di scatto con un gran sorriso e mi conduce su per una scala stretta e incassata, talmente bassa che mi devo accartocciare per non prendere una craniata, piena di quelli che mi paiono Gormiti e Lego sparpagliati in giro che mi fanno scivolare di continuo e così ripida da farmi barcollare sui tacchi dodici. Se avessi saputo che andare in bagno equivale a diventare Indiana Jones, me ne sarei stato buono di sotto a finire quella birra bollente. La scala gira di colpo e finisce su un microscopico pianerottolo buio pesto. Buio pesto, appunto. Nemmeno il tempo di mettere il piede sul pavimento che becco quello che potrebbe essere un pattino a rotelle e scivolo. Perché ovviamente, ogni volta che mi metto i tacchi (cioè, praticamente sempre) trovo qualcosa che mi fa rovinare miseramente per terra e mi fa sputtanare di fronte a tutti. Volo per terra come un salame e, come riflesso gemellare, mi appendo a Jimmy strillando
-Toooooom!
Cadiamo tutti e due per terra, rotolando uno sopra all’altra sul pavimento duro. Spalanco gli occhi di scatto e mi ritrovo a mezzo centimetro dal suo viso. È una sensazione stranissima trovarmi con il viso così vicino a quello di un ragazza, non l’ho mai provata prima. Vedo le minime pagliuzze dorate nei suoi occhi incatenati ai miei, e non posso staccare lo sguardo nemmeno se volessi. Le pupille hanno creato una sorta di connessione elettrica, come se io fossi un elettrone vagante e lei il mio neutrone che mi fa girare intorno, che mi tiene attaccato a sé nel mio giro impazzito. Ci fissiamo, ci leggiamo dentro. Per meglio dire, ci stiamo scandagliando uno con l’altra, ci studiamo come libri aperti, ci grattiamo a vicenda la superficie per tirare fuori il marcio che abbiamo all’interno. E i nasi quasi si sfiorano, così come le labbra. Sento il suo alito sul viso, caldo come un vento del deserto. Mi invade le narici, e sa di sigaretta, sa di sangue, sa di menta, sa di agitazione. Non so nemmeno io perché mi sento incollato al suo respiro mozzato che si infrange contro il mio viso. Le mie mani rimangono appiccicate alle sue spalle e non riesco a toglierle, però io non voglio toccarla, voglio solo alzarmi e lasciarla andare. Ma non posso, qualcosa mi tiene incollato a lei, ai suoi occhi viola, al suo fiato bollente, ai miei capelli che accarezzano il suo viso, alle sue mani incollate ai miei fianchi. Non so perché mi stringa il culo, sinceramente non lo so, forse pensava di farmi rotolare via eppure non fa niente. Rimaniamo semplicemente immobili come due statue, legati dai nostri stessi occhi, talmente vicini da respirarci in faccia ma incredibilmente lontani anni luce per fare qualcosa di normale. Ma che mi sta succedendo? Perché non riesco a staccarmi? Perché continuo a fissarla? Perché lei si sta avvicinando impercettibilmente a me? Perché diavolo non … mi stacco da lei di botto, rotolando sul pavimento, lontano dalle sue manine piccole e tenaci, lontano dai suoi occhi di vetro, lontano dal suo profumo di sangue e menta, lontano dal suo viso rotondo. Lontano da lei, del tutto.
Volto lentamente la testa e la guardo, ancora sdraiato sul pavimento freddo, al buio inquietante del secondo piano. È ferma immobile, come una statua, il profilo delicato congelato nell’attimo. E mi sto seriamente chiedendo perché ci siamo ritrovati in questa situazione; cioè, non è successo niente di imbarazzante o di scomodo. Mi sono semplicemente imbelinato nelle scale e l’ho fatta cadere, ordinaria amministrazione. Però se è così di ordinaria amministrazione, per quale motivo non mi sono ancora alzato, profondendomi in scuse e non l’ho ancora aiutata ad alzarsi? No, rimango qui sdraiato senza quasi avere il coraggio di respirare. Posso sentire il suo cuore battere come una batteria a mezzo centimetro da me, il sangue che mi romba nelle orecchie, come se aver interrotto il filo elettrico che legava i nostri sguardi avesse alterato in noi qualcosa di veramente importante.
Poi sento un movimento leggero come quello di un gatto e Jimmy è in piedi, i capelli arruffati, che mi tende la sua manina, in religioso silenzio. La prendo e la stringo, mentre mi tira su come se fossi una fogliolina secca. Rimaniamo una frazione di secondo mano nella mano, talmente poco che forse nemmeno Dio se ne può accorgere ma a me basta anche solo quel millesimo di tempo per studiare le nostre mani intrecciate. La mia copre la sua completamente, entrambe pallide come quelle di due morti, la sua callosa e la mia morbida, le sue unghie tagliate corte e rovinate e le mie lunghe e smaltate, la sua forte e la mia debole. E questo a che mi serve? Cosa mi importa di sentire la sua mano?
-Cos’è successo?!- l’urlo di Georg, e la rumorosa entrata in scena dei tre musicisti rovina completamente l’atmosfera da “Tempi Duri” che si era instaurata tra me e Jimmy.
-Sono caduto.- grugnisco, spazzolandomi gli skinny di coccodrillo finto.
-Forse dovrei riordinare le scale.- Jimmy si passa una mano tra i capelli imbarazzata, mentre io trucido il laido pattino che mi ha fatto fare l’ennesima figura da cretino.
-O magari qualcuno dovrebbe mettersi delle scarpe umane.- commenta Tom, alludendo ai miei nuovi stivali.
-E qualcuno dovrebbe decidersi a sbloccare il Tardis, visto che magari gli anni 80 sono passati da un pezzo.- ribatto inviperito, dando un’occhiataccia al suo abbigliamento da rasta fallito. Va bene, sono il primo che conciato così lo trova particolarmente hot e lo ha innalzato a sogno erotico, ma non conta. Non del tutto, almeno.
-Comunque, il bagno è questo.- Jimmy evita il mio sguardo e apre una porticina (ma porco Tom, perché in sta benedetta casa è tutto così basso?!).
Regalo a tutti un sorriso smielato e tiro fuori la mia trousse con i trucchi da viaggio
-Ora potete andare, grazie.
Immediatamente scattano sull’attenti e obbediscono, scendendo per le scale da gnomo. Sospiro e mi infilo in sto benedetto bagno da nano da giardino. È perfettamente pulito e anonimo, senza la minima cosa fuori posto, così diverso dalle scale assassine. Mi specchio, e come al solito mi trovo in ottima forma, anche se effettivamente sono più pallido del normale. E questo non è un buon segno.
Prendo il fard e comincio a spennellarmi le guance, onde evitare i soliti commenti di Gustav “Bill, mangia!  Che ti vedo deperito” o quelli di Tom “Bill, ti senti male? Bill, sei pallido. Bill che hai? Bill guarda che a me puoi dire tutto. Bill sei vivo?”.
Certo che sono proprio bello, però. Seriamente, cosa ci trova Tom nelle donne quando ha una tale meraviglia disposta a fare di tutto per lui direttamente a casa?
Osservo la spessa linea di matita nera che mi contorna gli occhi e l’aggiusto, visto che come al solito si è sbavata dopo tutta quell’acqua che mi hanno rovesciato in faccia. Tocco a tastoni il lavandino alla ricerca dei dischetti di cotone che mi servono ad aggiustare le infinitesimali sbavature dell’ombretto, continuando a cercare minimi errori nel mio operato mattutino, finché incappo in del cotone. Lo afferro e sto per portarmelo al viso quando … lo mollo con un urletto soffocato. Il pezzo di cotone da me preso è macchiato di sangue. Sangue. Ma che cazz …
Abbasso la testa e noto, con un certo stupore, che la parte più nascosta del mobile del lavandino è piena di cotone sporco di sangue secco e un asciugamano messo in condizioni peggiori. Non ci avevo fatto caso, prima, abituato al casino che c’è nel nostro di bagno, con lacche e trucchi sparpagliati sul pavimento e dentro la doccia.
Allungo la mano circospetto, senza poter frenare la mia curiosità scimmiesca, e sposto l’asciugamano. Mio Dio, qui qualcuno si è fatto male, e anche tanto a giudicare dalla quantità di cotone imbrattato e dalla bottiglietta semi vuota di alcol. Jimmy. Ha detto di vivere da sola, quindi presumibilmente il sangue sarà suo. Cristo, ragazzina, ma cosa ti sei fatta?! Rovisto in mezzo al cotone, da bravo ficcanaso, dimenticandomi completamente il trucco e tutto il resto, cercando di non lasciare tracce della mia piccola indagine e tiro fuori, da sotto un altro strato di cotone pulito un coltellino a serramanico. Aperto. E sporco di sangue. Cribbio.
Lo prendo in mano, ipnotizzato dal manico di quello che pare avorio finemente inciso e lo guardo, incantato dall’alternarsi delle foglioline di vite abilmente cesellate. È un oggettino semplicemente fantastico, se non fosse giusto per la lama incrostata di sangue. Lo guardo alla luce della lampada, rilucente tranne nei punti sporchi, affilato da far paura anche se è quasi più piccolo del mio palmo. Una piccola opera d’arte, appunto. Perfetta. E ora la domanda più bollente e inquietante, che vorrei tanto non dovermi porre: si taglia, o questo glielo ha fatto qualcuno? E, se si tagliasse, come mai lo fa? Oppure, chi potrebbe averglielo fatto?
Rimetto il coltellino al suo posto, ricoprendolo col cotone e l’asciugamano come l’ho trovato, finendo di sistemarmi l’ombretto. Lo scoprirò, ovviamente. Era da troppo tempo che non mi succedeva di incontrare gente così elettrizzante.

****
Ciao bellissime! Come vi butta la vita? Io sto morendo a causa della scuola .... non ce la posso fare (se vi interessa ho recuperato due delle materie che mi mancavano. Matematica no, ma quella è un caso a parte). Colpo di scena finale da telenovela mal fatta ma pur sempre d'effetto, un Bill maniaco, un Tom tacchino, un Gustav disturbato, un Georg filosofo, una Jimmy misteriosa .... daje che ce n'è da fare! Vi dico già che per tutte le vacanze natalizie gli aggiornamenti saranno elefantiaci perché sarò in un posto dimenticato dallla Connessione ma potrò comunque aggiornare ogni tanto.
Ne approfitto per ringraziarvi un sacco, mandarvi un bacione e dirvi Buon Natale Aliens!!!! (e buon natale anche a voi quattro fenomeni da baraccone)
Kussen
Charlie. (P.S. la canzone citata è Bottle and Gun degli Hollywood Undead, se a qualcuna piaccioni le canzoni coglione e stupide vada a sentirsela)
 

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Capitolo 10
*** Affare fatto, Kaulitz! ***


CAPITOLO DIECI: AFFARE FATTO, KAULITZ

Porca puttana. Letteralmente, volgarmente, porca puttana. Sono stata sul limite per poter baciare addirittura Bill Kaulitz. Penso che potrei svenire da un momento all’altro dall’eccitazione nervosa a cui mi ha sottoposto il poter stare addirittura addosso a lui per quelli che mi sono parsi minuti interminabili. È stata seriamente un’esperienza trascendentale, di quelle da cui penso che ne esci con un livello di coscienza così basso da collassare. Ha un profumo così dannatamente intossicante … sa di costosi profumi da donna, di rossetto, di fumo, di voluttà, di lussuria. E quelle labbra ricoperte di rossetto, e quegli occhi caramellati. Sembrava di essere appena volati all’indietro nello specchio di Alice, di aver distrutto il castello di carte della Regina Rossa, di essere affogati in un pentolone di veleno e di rose. Rose, perché avevano un fondo di dolcezza, di mefistofelico piacere, e veleno perché brillavano di cose peccaminose e vietate dalla società. Un qualcosa che non ho mai visto in vita mia. Qualcosa di terribilmente stupendo. Non so se sia stato particolarmente educato tenergli le mani sui fianchi, ma Dio, non ho potuto farne a meno. Ed eravamo così fottutamente vicini che sarebbe bastato un minimo di intraprendenza in più da parte mia per poterlo finalmente baciare. Mi è quasi parso che lui se ne sia accorto quando è rotolato via, che lo abbia fatto apposta per evitare che prendessi l’iniziativa troppo presto, come se avesse paura di quello che sarebbe potuto succedere da lì a un secondo. Non mi vuole, questo è palese. Tom, lui sì che mi vuole. E questo non mi piace per niente. Cioè, non è il fatto di essere desiderata dal mio chitarrista preferito che non mi va giù, ma proprio tutto l’insieme. C’è qualcosa di sporco, di politicamente scorretto tra noi tre. Non capisco cosa sia, ma lo realizzo inconsciamente: siamo tre, e siamo troppi. È percepibile, se si va a scavare con precisione nelle linee elettriche che corrono tra noi tre; ognuno è elettrone e neutrone dell’altro. Immagino che aver dovuto frequentare una psicologa per tutta la giovinezza mi abbia aperto la mente a questi ragionamenti complessi.
Siamo tre, io, Tom e Bill. Siamo tutti collegati dall’elettricità come se fossimo un sistema di microingegneria sul perenne punto di avere un brutto cortocircuito. Tom vuole me, è schifosamente ovvio, e io voglio Bill, ancora più ovvio. Ma la domanda adesso è: Bill, chi vuole? Vuole me ma non lo dà a vedere? E allora sarei la chiave del sistema elettrico. Oppure vuole Tom, e allora dipendiamo uno dall’altro senza riuscire mai a prevaricarci? Grande mistero, grande chiave. Però rimane comunque quell’aura perversa e leggermente appesantita da qualcosa di untuoso intorno a noi tre. “Potresti concederti a Tom”, dice la vocina di lei nella testa. Già, provare a vedere cosa accadrebbe a staccare una spina del circuito. Ma ho come il dubbio pressante che lui mi voglia per del sesso e basta. “Ne sei sicura?” insiste lei. A volte tentare di interrompere un circolo vizioso può essere una mossa astuta, ma altre volte altamente pericolosa. Si potrebbe semplicemente optare per un “Solo sesso, intesi? Poi amici come prima”. Non sarebbe una cattiva idea; soddisfare le reciproche brame sessuali e poi fare finta che non sia successo nulla, rimanere esattamente come se non avessimo mai consumato un rapporto. Però mi sono scocciata di dover sempre iniziare i discorsi con quella benedetta frase di rito “Solo sesso e amici come prima”. È fastidioso, dopo un po’. Svilente dal punto di vista sentimentale, ti fa sentire come una specie di “Io, Robot” all’ennesima potenza.
Potrei provarci, comunque, anche se poi la mattina mi sento uno schifo ad alzarmi dal letto che mi ha ospitato per la notte e scomparire all’alba. Lasciare un amico o un’amica da soli nelle coperte, e ritrovarteli il pomeriggio dopo, comportandovi come i migliori amici che siete sempre stati. Un piccolo fantasma che alle cinque si dissolve dalla casa e si aggira silenzioso per le strade deserte, fino a rifugiarsi nella sua casa grigia e a dissolversi con la bruma. Non è bello, non è educato, non è romantico, non è corretto ma lo faccio lo stesso. Tanto è solo sesso, no? Tu sei solo sesso, vero Jimmy? Tanto nessuno ti ha mai detto “ti amo”. Tanto vale che faccia lo stesso anche con Tom; non peggiorerei la mia situazione.
Scendiamo di nuovo giù e li faccio accomodare in salotto, dove campeggiano un qualcosa come diecimila poster loro.
-Però, non avrei mai pensato che fossi una fan così affezionata. Non mi sembravi molto il tipo da noi.- commenta amabilmente Georg.
-Vi ascolto da quando siete usciti. Sono cresciuta con voi, praticamente.- rispondo, aprendo le finestre e tirando le tende rigorosamente serrate. Mi dà fastidio la luce in casa, soprattutto al piano di sopra. È come se rovinasse l’eterno lutto che grava in questo posto.
-E’ tua sorella questa qui?
Mi volto di scatto verso Tom, impegnato a guardare la fotografia posata sul caminetto. Maledizione. Perché proprio ora? Gliela strappo di mano, rimettendola al suo posto, mettendo forse troppa forza nel stringere la cornicetta di cartapesta fatta da noi quando eravamo ancora al kindergarten. Non piangere, Jimmy. Non provare a versare nemmeno una lacrima, giuralo sulla Bibbia. Non guardarli e non guardare lei. Mantieni la calma, piccola Sasha. Mantieni la calma. Non succede niente. Respira, bambina, respira. Lui non c’entra niente. Non piangere, ti prego, non farlo davanti a loro, per favore.
Alzo lo sguardo su Tom, cercando di non soffermarmi sui nostri visi ridenti incastonati nella foto, con il mio berretto nero e il suo bianco.
-Scusatemi un attimo.- ringhio piano, soffocando la rabbia distruttiva che pian piano sta salendo dentro di me e scappo in cucina.
Ma porca troia, di tutte fottute foto che ci sono in salotto doveva proprio mettere le mani su quella? Ce ne sarà stata di scelta, dannazione!
Mi appoggio al lavello, specchiando la mia immagine distorta nel fondo, stringendo il bordo fino a farmi diventare bianche le nocche. Non mi piace quando qualcuno prende quella foto, mi sembra che sia venuto a turbare il mio lutto con urla e schiamazzi. Non mi piace la gente che entra prorompente nel mio mondo e me lo sconquassa a questa maniera. È il mio mondo, non il vostro. Statevene lontani, una buona volta. Ho chiuso i battenti, lo volete capire?! Ho già risposto a tutte le vostre domande, perché tirare ancora in ballo il suo povero fantasma? Ho già patito abbastanza, non trovate? Ci avevate messo una pietra sopra all’epoca, non potete ritirarla su di nuovo. Tanto a che servirebbe? Se ne è andata, e io la mia vendetta l’ho già avuta. Il suo sangue è già abbondantemente scorso, metteteci un freno, vi prego. Lasciatela andare e lasciatemi in pace.
-Jimmy, ti senti bene?
La voce di Tom mi giunge ovattata alle orecchie, soffocata, mentre due mani grandi e calde mi stringono le spalle.
Rimango ferma immobile, sentendo semplicemente il calore affettuoso che diparte dalle sue mani e si irradia nel mio corpo raffreddatosi. Scuoto la testa, quel poco che basta per non far succedere qualcosa che quella bastarda della mia ex psicologa catalogherebbe con un acido “crollo nervoso post traumatico”.
-Se ho fatto qualcosa che non dovevo fare, scusami.
La sua voce bassa, tranquilla, dolce mi culla piano, teneramente. Vedete, quello la psicologa non l’aveva mai detto; non mi aveva mai menzionato la cura “monologo di Tom all’orecchio”. No, lei andava giù a Xanax.
-Vuoi un po’ d’acqua?
Scuoto la testa di nuovo, stringendo un po’ di più il lavello. Me lo sento, sto impallidendo e le gambe cominciano a non reggermi. Ma perché proprio lui doveva tirare in ballo lei? Non mi piace farmi vedere in queste condizioni dalle persone a cui tengo, mi fa sentire stupida. Eppure non posso farne a meno, quando trovano la chiave che spalanca il mio castello di carte e mi fa cadere giù dalla cima. Ho paura, bambola mia, ho paura sul serio. Ma paura di chi? Paura di cosa?
-Jimmy, tesoro, respira piano. Ora passa, passa tutto così come è iniziato. Inspira … - e quanto mi sento idiota in questo momento a obbedire a Tom e a inspirare come fa lui - … e ora espira.
Espiro al suo stesso ritmo, sentendo il suo petto aderire alla mia schiena e il rumore dei nostri respiri perfettamente sincronizzati. Ripetiamo il tutto per tre volte.
-Come ti senti?
Alzo lo sguardo, ancora appoggiata a lui e tiro fuori un timido sorriso grato.
-Meglio, grazie.
-Dopo quasi vent’anni di Bill Sono Soggetto A Stupide Crisi Nevrotiche Kaulitz, sono abituato a fare questi numeri per riportare la calma perduta.- sorride lui, passandosi una mano tra i dread. Non mi ha ancora mollato, registro. “Vecchio tacchino” dice la vecchia me, scuotendo la testa. “Il mio dio” ribatte la nuova me, sfarfallando gli occhi. Rimango ancora un attimo appoggiata al suo petto, riprendendo fiato. Dai, è un successo: è bastato Tom, senza nemmeno una goccia di Xanax. Alla faccia di quella figlia di puttana della psicologa.
-Tooooom, Tom, è mezz’ora che ti chiamo, dove diavolo sei … oh!
Ci voltiamo simultaneamente di scatto, perdendo quasi l’equilibrio appena sentita la voce terribilmente splendida di Bill. Bill, appunto, in piedi davanti alla porta, il trucco rifatto alla perfezione, un’espressione signorilmente sconcertata sul viso, fulmini dagli occhi spalancati.
-Scusate se ho interrotto qualcosa.- ringhia acido come un limone, facendo una specie di piroetta su se stesso e dirigendosi barcollando verso il salotto.
-Ehm … cosa … - guardo Tom con aria interrogativa. Ma che succede adesso?
Tom alza gli occhi al cielo e fa un gesto con la mano
-Niente, tranquilla, è solo terribilmente geloso. Tu non c’entri niente.
Mi trascina in salotto, dove troviamo i G&G con arie affrante e preoccupate nemmeno mi fosse venuto un infarto e Bill impalato di fronte alla finestra con una faccia di pietra da fare invidia a un nobile, che stringe spasmodicamente la trousse dei trucchi.
-Allora, com’è andata?
-Stai bene?
-Tutto secondo i piani, camerate?
-Possiamo dormire sonni tranquilli?
Ci assale la sezione ritmica della band, con gli occhi fuori dalle orbite. Io e Tom ci ritroviamo a esclamare in coro perfetto
-Ma non stavamo partorendo, eh!
Immediatamente, Bill si anima, saltellando vicino a noi.
-Partorendo? Davvero? Tommuccio, fratellino mio, tu starai al mio fianco quando partorirò i nostri bambini, vero?
C’è qualcosa che mi sfugge in questo discorso …
-Oh si!- continua imperterrito Bill – Tooom, diamoci da fare, dobbiamo avere due gemelli maschi, come io e te, e poi una femmina, carina e coccolosa come il sottoscritto. Però tre sono pochi, non trovate? Quindi, se la due gravidanze non mi hanno troppo destabilizzato, ne facciamo un altro, maschio. Così avremmo tre maschi e la nostra principessina riverita. È un piano perfetto, no?
-Scusa, Bill, ma la domanda mi sorge spontanea: come fate te e Tom ad avere figli se siete due uomini?- chiedo io.
-Ah.- il cantante si gratta il mento – Non avevo pensato a questo piccolo inconveniente. Tooooom, dovremmo rivedere il nostro piano!
-Bill, potresti piantarla di fare questi discorsi infantilmente imbarazzanti?- sbotta Tom, arrossendo visibilmente. – E poi cosa ti salta in mente?
Bill fa un gesto inconsulto con la mano, per poi chiedermi, sfarfallando gli occhi
-Tesoro, mi sono aggiustato bene il trucco?
Lo guardo, una specie di maschera che mi verrebbe voglia di togliere e andare a vedere come sarebbe il vero Bill, quello senza cerone, matite e rossetti. Però ha una luce diversa negli occhi, quasi risentita verso Tom e spaventata verso di me. Ma perché dovrebbe avere paura della sottoscritta? Cos’ho di tanto terribile? O meglio, cos’ho fatto per fargli venire quell’espressione?
-Credo di sì- rispondo – Assomigli vagamente a una geisha steampunk.
Lo vedo fare un gemito deliziato, stringendomi la guancia tra due dita. Lo faceva anche la panettiera, tanti anni fa.
-Grazie, tesorino. Qualcuno che capisce finalmente quanto io sia bello …
-Sì,- grugnisce Gustav, servendosi liberamente delle mie caramelle posate sul tavolino – A bella de Turriggia, che tutti a vuoan e nessun a piggia …
-Sto solo aspettando la persona giusta, palla di lardo- Bill lancia contemporaneamente un’occhiata di fuoco a Gus e una drammatica a Tom. A questo punto vorrei tanto sbagliarmi, eppure il mio fiuto e la sua vocina mi dicono che il nostro microsistema a rischio di cortocircuito funziona solo perché nessuno è interessato alla stessa persona e che quindi l’energia inviata è esattamente uguale in  ogni parte, senza poter avere dei sovraccarichi e sconquassamenti. Quindi … se a Tom piaccio io, e a me piace Bill, vuol dire che a Bill … piace Tom?! No, aspetta. Ma non è un po’, come si dice, innaturale essere innamorati del proprio gemello? Beh, che poi, questo è solo il nostro modo di pensare, le regole imposteci dalla religione e della cultura con cui siamo cresciuti. Probabilmente l’attrazione fisica e mentale funziona liberamente tra persone senza avere il minimo controllo da parte del fattore “incesto” che tanto ci spaventa. Quindi, se a Bill piace Tom io non dovrei farmi problemi di tipo etico, no? Beh, in fondo chi se ne importa. Ognuno in questo mondo è libero di amare chi diavolo gli pare, non sono nessuno per venire a sindacare le preferenze sessuali di Bill. Però, dannazione. Se è vero il mio ragionamento, allora l’amore della mia insulsa è esistenza è gay. E non posso sperare sul fatto che sia bisessuale, forse i miei amici avevano ragione a chiamarlo frocetto del cazzo. Al diavolo. Tutto da rifare.
-Ehm, Jimmy- mi richiama Gustav - Non vorrei essere invadente, ma sarebbero le cinque …
-Ah, sì. Succede qualcosa a quest’ora?- lo guardo un po’stranita – Vuoi che ti accenda la tv? Se c’è qualche programma che vuoi guardare, fai con comodo.
Gli allungo il telecomando, che lui prende con un sorriso tirato e che poggia immediatamente.
-No, ma dovrei …
-Devi chiamare qualcuno? Lì c’è il telefono.- gli indico il vecchio telefono ancora di quelli con la rotella di cui vado tanto fiera.
-No, grazie, veramente, ehm, vorrei chiederti …
Siccome lo vedo talmente rosso da fare paura, mi avvicino con aria preoccupata.
-Gustav, sicuro di stare bene?
-Vuole la merenda, Jim. Sono le cinque, e vuole la merenda.- grugnisce Georg, fulminando il povero biondo che si incassa ancora di più nel divano già sfondato.
-Ah, ma è se solo per quello!- mi rilasso e rivolgo un sorriso il più possibile aperto e invitante alla mia band preferita. – Volete la merenda?
-Se non ti è di troppo peso … sì.- Gustav mi guarda adorante, nemmeno fossi la Madonna appena ascesa al Cielo.
-Davvero?- si aggiunge immediatamente Tom – Ci fai la merenda?
-Ma che amore di ragazza!- trilla Bill stringendomi di nuovo le guance.
Georg scompare dentro il divano, nascondendosi dietro i capelli.
-Benissimo!- salto in piedi sul tavolino. Tanto vale, divertirsi finché si può e cercare di non pensare troppo ai casini di prima – Allora, giù con le ordinazioni.
-Cereali e yogurt- urla Tom – Ah, e ce l’hai il Nesquik?
-Credo di sì … perché?
-Me lo metti nel latte caldo?- la sua espressione è talmente dolce che non posso far altro che annuire.
-Pane e marmellata. E qualche biscotto. Magari delle prugne secche. E il latte.- stila Gus con aria sognante.
-Panna e fragole. Oppure Nutella. Quello che hai, basta che contenga quanti più grassi saturi possibili- cinguetta Bill.
-Ma non vi vergognate?- sindaca Georg – Siete inqualificabili a sfruttare così una povera ragazza indifesa.
-Tanto indifesa non mi pare, detto sinceramente.- commenta Tom, beccandosi un manrovescio.
-Ehi, Georg, stai tranquillo- gli sorrido dolcemente – Dimmi piuttosto cosa vuoi. Cioè, siete i miei idoli, per me è un onore avervi in casa!
-Questo ok, Jimmy, grazie, ma questi tre esseri turpi sono dei vili approfittatori.
-Mai approfittai del regime di Francesco Giuseppe! In alto i nostri cuori, pronti a morire per la patria! Heil Bismarck!- ulula Gustav, animandosi tutto d’un tratto.
-Magari qualche biscotto al burro, allora; comunque permettimi di aiutarti.
Finisce che io e Georg andiamo in cucina a preparare la merenda, e veramente sono grata a quel santo di bassista, mentre gli altri tre trafficano con la televisione.
Comincio ad affettare il pan carré e a cospargere le fette di marmellata all’albicocca, mentre Georg fa bollire il latte e prende il Nesquik. Soltanto che sono talmente abituata a vivere da sola e a frequentare il ristretto gruppo di amici secolari di quartiere che non mi preoccupo minimamente di tenere le maniche della maglietta rimboccate sopra i gomiti. Errore fatale.
-Mio Dio, ma che ti sei fatta sulle braccia?
Alzo lo sguardo su un Georg a bocca aperta, e poi lo abbasso sui miei avambracci ricoperti di graffi, tagli, lividi e quant’altro. Dannazione.
-Nulla.- tiro giù le maniche rapidamente, continuando ad spalmare marmellata.
-Che hai fatto sulle braccia. E non dirmi che sei caduta dalle scale perché non ci casco.- ripete, a voce decisamente più ferma.
Smetto di preparare il pane e riemergo dalla frangetta che mi copre completamente la sua visuale. Inventa, Jim, inventa, ti prego. Sento quasi i meccanismi del mio cervello elaborare una balla che regga.
-Un casino in officina; incidenti che succedono tutti i giorni.- lo liquido, tentando di sembrare convincente.
-Raccontala a qualcun altro.
Porco lo Stato. Non avrei pensato che Georg fosse così svelto di sinapsi. E poi, da quando non so dire bugie, visto che fino a ieri era la cosa che sapevo fare meglio?!
-Rissa. Ci sono finita in mezzo.- questa è la mezza verità. Cioè, la rissa c’è stata, ma io non ci sono finita dentro: l’ho provocata, che è un po’ diverso.
-In tutte le risse in cui sono stato coinvolto, non mi è mai capitato di vedere implicata direttamente una ragazza. Solitamente sono la causa indiretta.- Georg fa tanto d’occhi, ma sembra esserci caduto alla perfezione. Meglio così. Non avrei voglia di dover approfondire i miei tagli, che hanno un’origine leggermente diversa.
-Se vieni al pub che c’è sulla Rose verso le dieci di sera, ci trovi di tutto. Tutti gli scarti della società e le più meravigliose rovine umane.- sorrido, tornando a imburrare il pane e seppellirmi nella frangia – Anche ragazze che prendono parte a risse di quartiere.
-Non lo metto in dubbio.- non saprei dire se è ironico o no, comunque il discorso cade. Ed è questo l’importante.
Andiamo in salotto una volta ultimata questa pantagruelica merenda, dove troviamo gli altri tre geni del male affondati nel divano, impegnati a seguire la cinquanta milionesima puntata di “Beautiful”. Gustav occupa mezzo divano da solo, pulendosi nervosamente gli occhiali, gli occhi fissi sullo schermo rigato dopo che gli avevo tirato un calcio. Tom dormicchia spaparanzato sull’altra metà di divano, con i piedi sul mio tavolino di cristallo e la bocca spalancata. Bill è avvinghiato a suo fratello, la testa sul suo petto, le mani che gli accarezzano maliziosamente i dread e un sorriso beato dipinto sul volto. Quanto vorrei che accarezzasse così i miei capelli e che avesse sorriso così beatamente quando siamo rotolati per terra su di sopra. Invece niente, solo un’aria colpevole e sconvolta. Uffa.
-Truppa, la merenda è pronta!- urlo – Camerata Gustav, giù dalle brande! Squillano le trombe!
La cosa è meccanica. Gustav balza in piedi con una velocità assurda, in posizione di saluto militare
-Signorsì signora! Sempre desto e scattante.- poi appena vede il pane i suoi occhietti porcini brillano golosi e si avventa con furia sulle sue ordinazioni, senza però dimenticare un marziale – Chiedo un breve congedo per rifocillare lo stomaco duramente messo alla prova dagli sporchi americani.- e aspettare il mio – Concesso, camerata!
Con i gemelli va leggermente diversamente, ma non meno divertente. Bill alza la testa e guarda con aria concupiscente il barattolo della Nutella e il cucchiaio che ci ho infilato dentro. Tende la mano come un grosso gattone che fa le fusa e guaisce
-Grazie, tesorino, che pasta di bambolina che sei.
Si appropria della mia Nutella e comincia a mangiarne generose cucchiaiate (troppo generose: va a finire che me la finisce, accidenti!), mentre Tom si decide ad aprire un occhio e a mugugnare
-Biiiiiiil, mi dai la merenda?
Non saprei se ridere oppure se rimanere scandalizzata quando Bill strilla, come la peggiore delle mogliettine delle pubblicità americane anni 70
-Sì, amore mio, apri la boccuccia cucciolino del tuo Bill.
E acchiappa la tazza di yogurt e cereali, allungando la prima cucchiaiata verso la bocca del suo povero gemello. Sì, povero gemello che intanto la bocca la apre eccome e aspetta pazientemente che arrivi il cibo.
Poi deve forse rendersi conto delle occhiate disorientate ma divertite della sottoscritta e recupera, prendendosi il cucchiaio, grugnendo come un animale preistorico e continuando a mangiare da solo. Anche se in effetti, se Bill avesse continuato a imboccarlo, avrebbero fatto meno casini.
Lascio a Georg la poltrona sfondata per educazione (spero che almeno lui non si sbrodoli come stanno facendo Gus e Tom) e mi raggomitolo sul tappeto ai piedi del divano, sentendo sulla mia nuca lo sguardo perforante di Bill. Gli brucia, che abbia silenziosamente interrotto il suo lavoro di imbocco. Beh, tesoro, tu sei rotolato via troppo presto da me: considerala una vendetta personale. Perché in fondo, te lo possono dire tutti, sono una persona buona e dolce. Ma mi vendico. Forse anche troppo spesso.
-Che poi, stavo pensando.- rumina Tom, superando le litigate furibonde di Ridge con Thomas, e sputando un po’ di cerali sul tappeto – Quand’è che è la festa in discoteca?
-Stasera dalle nove in poi.- rispondono i G&G in coro.
-Ma dobbiamo proprio andarci?- sbuffa Bill, passandosi una mano tra i capelli così dannatamente simili ai miei. Neri, come l’inchiostro.
-Sì- Tom gli da uno schiaffo sul fondoschiena e Bill guaisce – Muovi questo tuo culo anoressico e vieni. Se stai in casa, non ti parlo più per un mese.
-Ci vai te in discoteca, Jim?- mi chiedono tutti e quattro in coro perfetto, facendomi sentire fastidiosamente al centro dell’attenzione.
-No, da un po’ di anni. Vado ai pub, questo sì.
Non vado più in discoteca dopo che te ne sei andata, non oso più metterci piede. Senza di te non è la stessa cosa. Ballare senza di te non è la stessa cosa. Bere una dal bicchiere dell’altra e non poterlo più fare, questo sì che è brutto.
-Allora, stasera vieni con noi.- decide Tom, sorridendo soddisfatto.
-Cosa? Ma stai scherzando?
-Perché dovrei scherzare. Stasera vieni con noi al  Schatten Schwartz. Alle nove c’è una specie di festa, di cazzata simile. Il divertimento è assicurato.
Scuoto la testa
-Ma no, dai, non posso venire con voi.
-Ma siamo umani, eh. Non ti mangiamo.- ride Gustav.
-Non so ballare, per niente. E in più so qual è la Schatten Schwartz; sei obbligato a ballare sui cubi e sui pali.
-Facciamo così e rendiamo più allettante il tutto- Tom si accuccia sul tappeto davanti a me – Tu vieni con noi senza farti problemi: se riuscirai a fare un balletto sul palo o sul cubo, farò qualsiasi cosa tu vorrai. Anche la più degradante.
Un brivido di eccitazione mi scuote. Ho sempre amato le scommesse, non posso farci nulla, non posso resistere al loro fascino per quanto folli e deficienti siano. E fatte con Tom Kaulitz, beh, è semplicemente wow.
-Qualsiasi?- faccio un sorrisino bastardo.
-Qualsiasi- sogghigna anche lui – Mentre se non riuscirai a farlo, sarà il contrario. Ti obbligherò a fare qualsiasi cosa mi verrà in mente in quel momento. Ci stai?
Ci penso un secondo su e poi mi sputo sulla mano
-Affare fatto, Kaulitz.
-Affare fatto, Spiegelmann.
Si sputa sul palmo e ci stringiamo la mano. Bene, Tom, vedremo chi vincerà. La sfida è aperta.

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Capitolo 11
*** Stai al gioco, Tom! ***


CAPITOLO UNDICI: STAI AL GIOCO, TOM!

-Secondo te ho fatto una stronzata?
Mi gratto piuttosto volgarmente il pacco, sbadigliando a bocca aperta, seguendo il corpo snello di Bill saltellare come un grillo tra l’armadio e lo specchio, stringendo camicie, maglie e fuseaux di tutti i generi.
Si gira verso di me, stranamente spettinato, con due camicie in mano e l’immancabile giarrettiera da donna di malaffare che per qualche strano motivo ha fatto diventare suo vestito da casa.
-Nah. Hai fatto La Stronzata. Che è diverso.
Alzo gli occhi al cielo, mentre gattona sul mio letto sventolando le due camicie, sculettando come suo solito. Anche se devo dire che da quando ho avuto la malaugurata idea di dargli corda dicendogli che ha un fondoschiena bello, gli spettacolini da streap tease sono aumentati vertiginosamente. Boh, magari starà cercando di trovarsi un ragazzo fisso e non qualcuno da una botta e via, però non capisco perché debba fare le prove proprio davanti al mio naso. Nemmeno che io sia un esperto in  materia di finocchi e possa dargli un consiglio.
-Però almeno viene anche lei; e si movimenta la serata.
-Che si movimenti, è ovvio.- annuisce sorridendo – Quale di queste? Maglia a rete o top di brillantini?
Addito il top di brillantini e lui sorride; tanto so che se lo sarebbe messo comunque. Si spoglia e se lo infila, grugnendo come una gatta in calore nel tentativo di starci dentro. Che poi dico, se non va a lui che è uno stecco, a chi diavolo potrebbe andare?
-Toooom, ma secondo te sono ingrassato?
Si gira di colpo e mi guarda preoccupatissimo, stringendosi la pancia che non esiste tra le dita, dandosi botte a caso sulle cosce asciutte e sui fianchi che non ha.
-Bill, sei anoressico, stai tranquillo. Anzi, dovresti deciderti a mettere su un po’ di ciccia; sei esagerato così.
Gli accarezzo i capelli, non riuscendo a trattenere le risate alla sua espressione
-Ingrassare? Dici? Mi renderebbe più appetibile?
Ta dà, ora iniziamo. Da quando siamo diventati famosi non fa altro che dimagrire a dismisura, piangere perché è troppo magro, sfogarsi col sottoscritto, picchiare Gustav (sì, questo non si sa che c’entri, ma lo fa comunque), pettinare Georg (nemmeno questo c’entra, ma va beh), fare finta di essere vegetariano (sì, sarò sicuramente l’unico scemo che ha un gemello che si finge vegetariano di fronte a tutte le fans e poi appena può si ingozza di polpette che nemmeno Fantozzi, ingoiandole intere una dietro l’altra tentando di non farsi beccare da mamma), rubare la Nutella (e crede anche che io non lo sappia che mangia di notte per rimpiazzare il nulla che mangia di giorno), mettere su un po’ di ciccia, piangere perché ha messo su quell’etto di ciccia, dimagrire di nuovo e così via.
-Non lo so, gemellino adorato, fai come ti senti tu. Dai, vieni qui che ti chiudo questo scempio.- lo afferro per la vita e me lo metto in mezzo alle gambe.
-Non è uno scempio, è Krizia.- mugola, appoggiandosi a me come quando eravamo bambini. Comincio a stringergli e ad annodargli quei dannati lacci di quel top mostruosamente stretto. Tira di qui, tira di là, stringi di qui, stringi di là …
-To … Toooom!! Basta, ti dico che stanno uscendo … stanno uscendo Tom!!!
-Bill, in vent’anni non ti è mai uscito un organo usando un top.
Si gira furibondo, stringendosi la pancia con aria dolorante.
-Mi hai fatto male!- dice con tono accusatorio, acchiappando un paio di skinny di pelle nera.
-E tu impari a non metterti queste ridicolaggini.- ridacchio, dandogli un pizzicotto
Rimaniamo un po’ in silenzio, io a guardarlo sorridendo e lui a gemere e a imprecare mentre tenta di entrare nei pantaloni troppo stretti.
-Parlando di cose serie, che mi dici di Jimmy?- mi decido finalmente a chiedere, infilandomi i pantaloni.
-Che mi dici tu, piuttosto.- mi guarda in tralice, sedendosi sul letto con la spazzola.
-Fratello, che è successo al piano di sopra? Vuoi che non abbia notato le vostre espressioni quando siamo saliti?- lui non mi direbbe niente di queste cose, lo so. Oppure me le verrebbe a dire nel cuore della notte quando non capisco niente o giusto prima di un concerto. È il suo folle modo di dirmi le cose che vorrebbe tenermi nascoste ma in fondo non ce la fa, perché ha bisogno di sfogarsi. Io sono l’unico con cui può farlo tranquillamente, senza paura che gli dica nulla di sgradevole, ma sono anche l’unico che ha paura di ferire. Il mio piccolo, dolce, amatissimo Billuccio.
-Niente di importante. Cioè, io mi sono inciampato e sono caduto e ho travolto lei e siamo caduti per terra.- si mordicchia il labbro nervosamente – Solo che … beh …
-Vi siete baciati?!- urlo. Non ci posso, non ci voglio, credere.
-Ma sei stupido?! Certo che no! Che schifo!- mi tira uno schiaffo, e finalmente riconosco Bill, il gemello più appiccicoso e antipatico del mondo.
-E allora cosa è successo di tanto eclatante?
-Niente ti ho detto!- la voce si alza di dieci ottave e il timpano comincia a sanguinare – Solo che … siamo rimasti abbracciati per terra.
-Solo?- sbuffo. Eccolo lì, il grande melodrammatico.
-Come “solo”?! E’ stata un’esperienza drammatica e angosciosa.- gesticola come un indemoniato, spendendo rimasugli di smalto per tutto il letto.
-Dimmi che ci trovi di drammatico e angoscioso a stare per sbaglio semi abbracciato, perché conoscendoti avrai fatto di tutto per non toccarla, con una ragazza figa.
-Figa? Io sono figo, non lei.- e ora iniziamo con le crisi da primadonna …
-Lei è una femmina, tu un maschio, hai presente la distinzione tra sessi? Come fai a confrontarvi?
-Certo che ho presente la distinzione tra sessi, deficiente, non è quello il punto. Oh, Tooooom, sei così ottuso. È tutta colpa dei suoi occhi, c’è qualcosa di strano dentro, di arcano e sconosciuto.- si avvicina talmente tanto che ormai ce l’ho in braccio, con i nasi praticamente attaccati ei suoi occhi da panda a mezzo millimetro dai miei.
-Bill, non siamo sul set di un film horror per ragazzine in calore … - sbuffo, cappottandolo sul letto.
-E poi, voi due, in cucina, si può sapere che cazzo stavate facendo? Tom, sono geloso. Anzi, gelosissimo. Me le devi presentare prima, le ragazze che vuoi frequentare. Devo darti il mio benestare, hai capito?
-Ma la conosci esattamente da quanto la conosco io!
-E’ lo stesso! Dobbiamo prima parlarne. Ci vuoi uscire? Parla ora o taci per sempre.
Mi punta le sue unghiette da arpia sul petto, i lacci del corpetto che tirano pericolosamente sulle sue spalle.
-Ma no, Bill, non ci voglio uscire.- gli sposto il dito accusatore e gli rotolo sopra – Ti sembra anche solo lontanamente il tipo di ragazza che vuole uscire con me?
Anche perché ho come il dubbio che lei voglia uscire con lui, ma.
-Non si sa mai con le donne. Quindi mi giuri sul tuo skateboard che sarà una cosa da una botta e via? Solo sesso e niente intralci sentimentali?
-Mi spieghi quando mai ho avuto intralci sentimentali?- sbuffo, facendomi aggiustare la maglietta mentre gli assicuro una collana dietro al collo.
-Effettivamente mai, ma c’è sempre una prima volta, non trovi?
-Lasciamole ai vecchi le prime volte, eh?- gli do un bacio sulla fronte.
Sogghigna, stampandomi un sonoro bacio sulla guancia, un po’troppo vicino all’angolo del labbro effettivamente, sporcandomi di rossetto nero.
-Lasciamole a loro- ripete, per poi alzarsi e ricominciare a pettinarsi quel nido di capelli accuratamente sparati in tutte le direzioni – Comunque, qualcosa mi dice che perderai la scommessa.
Alzo le spalle, cercando un berretto adatto nel marasma dilagante nel nostro armadio. Il solito uccellaccio del malaugurio che arriva a portare i suoi messaggi sfortunati al sottoscritto.
-Perdere? Impossibile, Billuccio, impossibile. Secondo te ha il coraggio di fare addirittura un balletto sul palo? Non lo farà mai, ho la vittoria in pugno.
-Sarà, Tommuccio, sarà … ma non ci metterei il cuore sopra. È capace di tutto, e secondo me pur di non farti vincere farà anche il suo spettacolino. Dammi il mascara dorato, quello di Miss Manga. E comunque, se dovessi vincere cosa le faresti fare?
Comincia a truccarsi gli occhi e a impiastricciarsi la faccia di creme strane.
-Boh.- lo aiuto a sistemarsi la matita attorno alle labbra, e devo dire, e lo so che suonerà strano, che ha proprio una bella bocca. Una bellissima bocca. – Magari potrei farmelo prendere in bocca, eh?
-Maiale.- grugnisce, dandomi un calcio nello stinco. A Bill non sono mai piaciute le battute volgari che comprendessero me e delle ragazze. Ma che strano gemello che mi va a capitare – E se te lo facesse un uomo?
-Un uomo? Ma scherzi? Che schifo!- rido, rido per non dargli del matto da legare.
Fa una smorfia abbastanza strana, che si potrebbe interpretare con un “non sai cosa ti perdi” insieme a un “vuoi vedere, miscredente?”. Ci guardiamo in un silenzio imbarazzato, come sempre quando tiriamo fuori questo argomento e non saprei nemmeno spiegare perché ogni volta che viene tirato in ballo Bill si faccia sempre un po’ più vicino del dovuto. Forse cerca comprensione, piccino. Solo comprensione.
-Credo abbia una sorella, sai?- dico, per interrompere questo silenzio scomodo, lasciandomi mettere a posto i dread dalle sue zampette munite di artigli accuratamente spennellati di argento.
-Una sorella? Davvero?
Gli racconto brevemente tutta la faccenda della foto che avevo inavvertitamente fatto notare, e ricevo in cambio un’occhiata stupefatta.
-Allora qui c’è da indagare, tesoro!- trilla mio fratello, rotolando sul letto fino ad afferrare il cellulare.
-No.- gli blocco il polso prima che si metta a cercare qualcosa su Jimmy e la sua presunta sorella, che, per quel poco che ho visto dalla foto, sembrava quasi la gemella.
-Come no?- lascia cadere il cellulare sul letto, guardandomi stranito.
-Sono fatti suoi, Bill. Non ce ne deve fregare niente.
-Come, scusa? Sì che ce ne frega! E poi che credi, mica lo andiamo a sbandierare ai quattro venti. Ce lo teniamo per noi.
-Quando imparerai a farti i cavoli tuoi, ogni tanto? Non è educato, e non mi pare carino andare a frugare nel passato di una persona se lei non è d’accordo.
-Sei sempre così bigotto, Tom! Magari avremmo potuto scoprire qualcosa di più su di lei; è una tipa ben strana, non trovi?
Si arrende e mette il telefono nella borsa di borchie che oggi mi ha tirato sulla guancia. È sempre stato così, lui così ficcanaso da sfiorare la noia, io che mi faccio sempre i fatti miei. Ci siamo bilanciati anche in questo, come in tutto comunque. Lui ha sempre cercato di scoprire le persone nel profondo, di andare a rovistare nei loro segreti più intimi, nelle loro paura più recondite, nei loro piaceri più vietati. Io ho sempre cercato di ignorare tutto delle persone con cui vengo a contatto, di sapere giusto qual cosina e basta, di non farmi coinvolgere nei loro problemi.
È buffo pensare a quanto siamo in fondo uguali nonostante le diversità che ostentiamo: perché se io non voglio sapere nulla di nessuno per non dover dire di essermici affezionato, lui vuole sapere tutto per dire lo stesso.
Aveva un quaderno, che aveva iniziato quando avevamo dodici miseri anni, e credo l’abbia ancora, nascosto chissà dove nella voragini misteriose di camera sua, e in quel quaderno ci scriveva delle frasi che ogni tanto mi faceva leggere e a volte ci ridevamo sopra, a volte ci piangevamo, a volte semplicemente ci guardavamo in silenzio. La frase che mi aveva più stranito era quella scritta con inchiostro rosso sangue, con la sua calligrafia rotonda e svolazzante, ricamata e esagerata “Siamo troppo per essere gemelli, ma siamo troppo poco per essere amanti”. Non l’avevo capita al momento, mi ero limitato a una grattatina ai tubi e a un “Ma che vuol dire, Bill?” e lui aveva solamente accarezzato la scritta e sussurrato un “Forse lo capirai tra un po’ di anni, Tom”. Avrei tanto voluto chiedergli delle spiegazioni, quel giorno lontano di quasi sei anni fa, ma poi lui si era accesso una sigaretta e si era appoggiato a me, infilandomela in bocca e facendomi tacere. E entrambi lo sappiamo, che tra noi due funziona così: o parli subito o taci per sempre. E io avevo scelto di tacere per sempre, sbagliando. Come al solito.
Beh, in quel quadernetto a fiori lui aveva scritto anche “Sapere troppo di una persona ti porta a non affezionarsi. Perché non c’è amore se non c’è mistero, se non c’è segreto, se non c’è bugia”. Allora io avevo preso la penna e ci avevo scritto vicino, le due calligrafie uguali ma terribilmente diverse “E forse non sapere proprio niente di una persona ti porta comunque a non affezionarsi”. Bill aveva sorriso e aveva chiuso il quaderno; per quel giorno nessuno lo avrebbe più toccato.
Ed ecco perché in fondo io e Bill non ci siamo mai affezionati a nessuno veramente se non al nostro gemello: sappiamo sempre troppo, o troppo poco. Non sappiamo mai la quantità giusta di cose per provare qualcosa che vada al di fuori di una semplice conoscenza. A parte i G&G. Ma loro non contano.
E poi mi sembrerebbe di andare a distruggere qualcosa nel microequilibrio di Jimmy, e questo non voglio che accada. Mi sembra una ragazza troppo delicata per poterla distruggere ancora una volta.
-Dai, andiamo, che se arriviamo ancora in ritardo Georg ci sgrida.
Bill mi prende per mano e mi trascina di peso fuori di casa, ondeggiante sui tacchi quindici di un paio di stivali lunghi fino al ginocchio di finto coccodrillo nero con inserti dorati.
 
 
-Secondo voi si presenterà all’appuntamento?- chiede Gustav, addentando un tacos bollente, guardandosi curiosamente attorno fuori dallo Schatten Schwarz.
Si sente già quella schifosa musica da discoteca che rimbomba, le luci blu e violette che tingono il marciapiede appena fuori dalla porta a vetri, l’odore di sudore e corpi a contatto e le strilla eccitate dei ragazzini che si catapultano forse per la loro prima volta dentro quello stanzone incasinato. Mi fanno venire in mente quando ero io il ragazzino emozionato, con la sua piccola ganga di amici che avevano eroicamente varcato la soglia dello Schatten per la prima volta in vita loro, pensando di aver raggiunto chissà qual traguardo. Bill non c’era quella notte; no, lo ricordo come se fosse ieri. Sia io che mamma avevamo cercato di convincerlo ad andare con noi, per distogliersi un po’ dalla tv che non faceva che guardare giorno e notte, ma lui era stato irremovibile, appena aveva sentito il casino che faceva la sopracitata ganga di amici bussando a casa nostra. Si era messo a piangere ed era scappato in salotto a vedere la sua benedetta televisione. Non mi ero divertito come avrei dovuto, quella notte. Ero tornato a casa che era quasi l’una, e mentre mamma mi riempiva dei suoi appiccicosi baci di bentornato, nemmeno fossi stato un mese al polo nord, Bill non mi aveva nemmeno salutato, solo una gelida occhiata piangente. E non chiedetemi perché quella fu una delle notti peggiori che vissi in questi vent’anni di vita.
-Figurati, certo che viene! Abbiamo scommesso.- rido io, mentre Bill mi si appende al braccio scrutando l’entrata con astio.
-Tooooom, ma io devo proprio venire?- squittisce.
-Ormai sei qui, e se non c’è Tom a tenerti in piedi come torni a casa?- lo gela Georg.
-Non mi dire che non ti sei ancora abituato alle discoteche.- sbotto, mettendomi una mano tra i capelli. Bill è speciale per certe cose.
-Sì che mi ci sono abituato, idiota, ma non mi piacciono.- mi tira il solito schiaffetto d’ordinanza – E poi questa sera sarà ancora peggio! Tu starai dietro a Jimmy a tacchinartela, e io mica posso starti attaccato tutto il tempo.
E meno male che c’è arrivato da solo, avevo paura di doverglielo dire io.
-Ci sto io con te, Bill, stai tranquillo.- sbuffa Georg grugnendo.
-Ma che figura ci faccio?! Georg, caro, sei malvestito, non posso farmi vedere con uno sciattone!
La checca isterica che c’è in Bill torna alla riscossa.
-Grazie, uno si offre di aiutarti e tu hai anche da ridire sui suoi vestiti, ma che amore di amico che sei!- abbaia piccato il nostro bassista sguish.
-Vuoi che ci stia io?- tenta Gustav Sono Un Santo Schafer.
-Te sei peggio di Geo, assolutamente, tassativamente no!
Io e i G&G ci guardiamo depressi, ma tanto Bill è fatto così. O io o nisba.
-Facciamo così.- sospiro – Entri a braccetto con me, così tutti vedono che non sei con uno sciattone. Poi se io ho da fare, stai con i G&G, ok?
Si gratta la guancia pensieroso e poi annuisce
-Va bene, andata. Prima te e poi in casi estremi voi due; cosa mi tocca fare!
Si aggiusta il top di brillantini neri, cercando di coprirsi la pancia mentre si tira su gli skinny mostruosamente stretti, nervoso come mai.
-Tooooom, dammi orecchio!- mi acchiappa e si da una bella patta sul fondoschiena come tre giorni fa – Come sono messo? Si vede il culo? E le gambe sono ben fasciate? La bocca è evidenziata? Tooooom, amore, parla!
Adesso vorrei seriamente nascondermi sotto questo tombino visto che un nutrito gruppetto di gente ci ha appena guardato come se fossimo due fenomeni da baraccone, con l’immancabile “Ma guarda te sti frocetti …”
-Sì, Bill, sei perfetto.- dico a denti stretti, nascondendomi nella felpa.
-Ma sei sicuro?!- strepita, perché Bill non è capace a parlare con un tono di voce inferiore all’urlo – No che non lo sei, manco mi guardi!
Lo guardo disperato, facendogli una rapidissima scorsa e annuendo con i pollici sollevati, sperando che la pianti di dare pubblico scandalo in mezzo alla strada.
-Ehm, scusate per il ritardo, ma il mio migliore amico non mi lasciava uscire di casa senza avermi fatto provare tutte le combinazioni di vestiti possibili e immaginabili.
Mi giro di scatto, stranamente contento e allo stesso tempo assurdamente impacciato verso la nanica fonte della voce.
-Jimmy!!- esplode in coro perfetto la sezione musicale della band, profondendosi in sorrisoni entusiasti. Ed è la prima volta che seriamente sono felice di vedere una ragazza.
-Tesoro, ma come sei carina!- trilla mio fratello, facendo sanguinare i timpani a mezza Magdeburgo.
Le do un’occhiata più seria, e mi ritrovo con la mascella per terra e un imbarazzante rivolo di bava colante sul mento. Ora, non so se si sia vestita da sola o se l’abbia consigliata qualcuno, comunque sia questo qualcuno ha un grande occhio, sicuramente più di Bill. La maglietta enorme che indossa, con il logo piuttosto scolorito dei Blind Guardian, è stata tagliata da una parte e tagliuzzata a regola d’arte sulle maniche, lasciando l’altra parte pendere sul fianco con un vistoso nodo, che lascia scoperta parte della sua pancia e del fianco. Tom non sbavare, coraggio, ce la puoi fare. I pantaloni sullo stesso stile dei miei hanno sistemato sopra una minigonna nera con le borchie e di nuovo sto rimproverando me stesso per evitarmi le solite figure da malato di figa, come mi chiama molto dolcemente Gustav. Il tutto coronato da un paio di scarpe tali e quali a quelle del sottoscritto, solo che sono pulite e hanno le borchie. I capelli non sono arruffati e malamente legati come li aveva oggi, ma perfettamente lisciati (e qui devo dire che ne ha una mole letteralmente spaventosa) che le ricadono fin sotto il fondoschiena, con la frangetta a coprirle la fronte e un enorme anello al pollice.
-Madonna, che gnocca da paura.- sbavo, senza riuscire a trattenermi.
-Trattieniti, razza di porco!- Georg mi da una dolorosissima gomitata nella pancia.
-Sì, lo so che il look lascia molto a desiderare, ma dovete capire che non ho vestiti di lusso a casa e il mio migliore amico ha dei gusti discutibili in fatto di abiti, e anche come stilista fa abbastanza schifo ma … - sussurra, arrossendo leggermente.
-Ma cosa dici! Sei una gnocca della miseria!- esclamo, beccandomi un’altra gomitata da Mormone Listing e un’occhiataccia di mio fratello.
-Gnocca? Io? Ma non scherzare!- ride lei, arrotolandosi una ciocca attorno al dito.
-Cara, fidati del sottoscritto che ha occhio per queste cose, sei splendida. Certo, hai sconvolto le mode del millennio, ma sei semplicemente stupenda.- miagola Bill, raddrizzandola e accarezzandole la maglia slabbrata – Il tuo amico ha molto gusto, invece. È carino? È affascinante? È intelligente? È libero? E soprattutto, è della mia parrocchia, vero?
-Ma Bill, non essere pedante e maiale!- abbaia Gustav, dandogli un coppino.
Alé, Bill inizia con le sue indagini sugli amici delle nostre amiche con il suo solito tatto e finezza unica nel loro genere. La solita troietta, detto con amore.
-Boh, non saprei dirlo così su due piedi, cioè, è un bel ragazzo e anche intelligente, e anche della tua parrocchia ma non credo che … - Jimmy ci lancia un’occhiata in cerca di aiuto.
-Allora è perfetto! Forza, entriamo che mi sto congelando qua fuori.
Bill mi acchiappa, barcollando sui trampoli e parte alla volta della porta, ma questa volta il grande Tom non si lascia stupire. Vai Tom, tu sì che sei un uomo! Afferro Jimmy per un braccio, nel tentativo di portarmela a braccetto dietro, peccato che perdo l’equilibrio causa le braghe col cavallo troppo basso e inciampo, trascinandomela dietro nella mia caduta. Col dettaglio non proprio insignificante che lei si porta dietro Gustav, acchiappato nel tentativo di tenersi dritta, e che il panzone maledetto si porta dietro l’immancabile Georg. E col dettaglio ancora più scottante che voliamo tutti e quattro sopra Bill, schiacciandolo al suolo come una sardina, con un rumore di urla e bestemmie che supera grandemente la canzone sparata a palla.
-Toooooooom, tirami fuori di qui!!- esplode mio fratello, schiacciato da noi quattro e vittima delle risate di mezza discoteca. Porca puttana, siamo fregati.
-Ahia, Gustav, togli quella tua ciccia dalla mia schiena!- urlo, nel tentativo (vano) di staccarmi dalla massa e tirar fuori Bill.
-Se Georg si decide a muoversi e a non schiacciare un pisolino sulla mia schiena, volentieri mi levo!- barrisce il mio biondo preferito.
-Ti sembra semplice riemergere da qui?- mugghia il bassista sguish.
Rotoliamo tutti e tre per terra in un tafferuglio di calci, pugni e imprecazioni, cercando di liberare dal nostro leggiadro peso il mio adorato gemellino.
-Bill, Bill mio dio, stai bene?
Jimmy, che evidentemente è riuscita a sgusciare dal marasma, si è precipitata da Sardina Bill, sventolandolo e tirandolo su. Ecco, però non è giusto, perché si è precipitata da lui invece che vedere come stavo io? Uffa, il solito raccomandato.
-Voglio tornare a casa … - piagnucola Bill, tirando su col naso e guardando Jimmy che gli tiene il viso tra le mani e sfarfalla preoccupata gli occhi. Io ne avrei già approfittato di brutto, lo ammetto. E chissà come mai gli approfittatori lerci come il sottoscritto sono sempre fregati.
-Ma no, Bill, dai, è stato solo un inconveniente.- lo rassicura Jimmy
-Su, tesoro, non ci ha visto nessuno.- mento, avvicinandomi a loro e stringendo Bill tra le braccia.
-Thomas, non provare a dirmi così dopo che mi hai fatto cadere!- mi da una borsata in testa, per poi scaraventarsi sui G&G e picchiarli di conseguenza. La solita checca nevrotica.
Mi giro verso Jimmy, arrossendo un po’.
-Iniziamo bene la serata, vero?
-Per me sì. Un po’ di umanità anche ai Tokio Hotel, no?- ridacchia, scostandosi la frangia dagli occhi – Mi offri da bere?
-Certamente sì. E la nostra scommessa?
-La nostra scommessa sta aspettando di essere vinta dalla sottoscritta.
-Ne sei così sicura, bambola?
-Ne sono sicura.
Sorrido di nascosto, trascinandola con me in mezzo alla calca terrificante che c’è in questa stanza. La puzza di corpi schiacciati, musica, alcol, droga, sesso e perdizione è così forte da dare più che alla testa. È un qualcosa di eccitante ma allo stesso tempo nauseabondo. È la vita notturna, elettrizzante e ripugnante. Ci si fa l’abitudine dopo un po’ che si diventa vampiri come il sottoscritto.
Lancio un’occhiata a Bill e lo vedo lì a sgridare Gustav, quindi passato pericolo. Ha dimenticato il pezzo in cui vuole andare a casa, ora si siederà da qualche parte con una quantità di drink e pastiglie da far invidia a una ricca cinquantenne appena divorziata dal marito e comincerà a bere da solo e a straparlare a chiunque sia così ubriaco o così depresso da mettersi a sentire i suoi sproloqui senza capo ne coda. Le crisi da single di mio fratello, con orazioni pubbliche e ubriacatura prematura: qualcosa di imperdibile nella sua follia.
-Allora, ti sconvolge il casino?- le dico, additando le quantità di pali e cubi illuminati dalle luci stroboscopiche, dove ragazzi e ragazze si muovono come impazziti.
-A volte.- strilla per farsi sentire sopra il casino, stringendo tra le dita magre il bicchiere che sono riuscito a conquistare e bevendolo tutto d’un fiato – Tu sarai abituato.
-A volte.- le faccio eco, ingoiando un sorso di un Margarita recuperato per grazia ricevuta. Forza vecchio mio, vacci giù pesante con tanto alcol, stonati di roba più che puoi e falla ubriacare. Sborniatevi in coppia e magari ci tiri fuori qualcosa di hot. Su, Tom, è la tua occasione, quella buona per fare il tuo colpo gobbo. Anche se più che altro devo stare attento a fare ubriacare lei, con la speranza che non riesca a fare quello stramaledetto balletto. Però porcaccia, se è riuscita a bersi un Bloody Mary così di colpo senza battere ciglio, quanto ci metterò a mandarle in palla la testa?
-Andiamo a ballare?- grido, calcandomi meglio il berretto sulla testa e prendendola per il polso. E ora la domanda: perché non per mano?
-Non pensavo sapessi ballare, Tom.- ride, cominciando a sgomitare nella folla fino a un buco dove riusciamo a infilarci senza morire del tutto nella calca terrificante.
-Infatti non lo so fare.- le prendo entrambi i polsi e le tiro su le braccia, facendole aderire il petto al mio, cominciando a muovermi seguendo, si fa per dire, i movimenti scoordinati della folla.
-Io sapevo ballare il twist fino a qualche anno fa- dice, cominciando ad ancheggiare e a strusciarsi sul mio bacino. Però no, dai, così non è giusto. È essere approfittatori. Cioè, non può cominciare a farmi eccitare già adesso, che non è ubriaca, che non ha ballato e … aspetta! E se fosse tutta una tecnica per farmi dimenticare della scommessa? No, non posso farmi fregare in maniera così infida da una ragazzina; resisterò psicologicamente e soprattutto fisicamente a qualunque prova sottile e scaltra mi sottoporrà. Tom, stai buono, non dare segni di cedimento fino a che non farà quello stradannatissimo balletto della miseria. Devi sopportare qualunque cosa, farle vedere che non cedi così facilmente, che sei un fiero e orgoglioso magdeburghese con le palle. So che ce la puoi fare vecchio mio, coraggio.
Abbasso lo sguardo su di lei, giusto per scrutare l’espressione che fa e incontro un paio di iridi violette assolutamente tranquille, rilassate e … innocenti. Sì, si sta strusciando impunemente sul mio bacino. Sì, si sta praticamente spalmando sul sottoscritto. Sì, mi ha quasi appeso le braccia al collo. Ma io una faccia più fanciullesca, pura e candida non l’ho mai vista in vita mia. Un’espressione puramente angelica, ingenua, come se non si rendesse assolutamente conto che sta facendo tutto quello che una ragazza normale farebbe quando si vuole fare un ragazzo. No, lei ha la faccia che si potrebbe avere quando si gioca a Monopoli con la nonna novantenne e la cuginetta di sei anni. E questo non me lo spiego. Cos’è, tutta una tecnica contorta e degna della mente malata del mio gemello per portarsi a letto qualcuno? No, perché mio fratello li fa sti ciocchi, di fare l’innocentino tenero e fanciullesco per portarsi a letto qualche aitante ragazzo trovato non si sa dove. Però pensavo fosse l’unico, cavolo. E in fondo in fondo una punta di malizia nel profondo delle pupille ce l’ha anche lui. Jimmy manco quella; solo una genuina innocenza e un sorriso calmo e misurato. Non ditemi che non si è accorta dell’effetto che mi sta facendo, perché se è davvero così matta la mollo a Bill e arrivederci e grazie. Però una matta mancava all’elenco.
-Dove sono gli altri?- chiede, assolutamente candida come l’acqua di fonte, ondeggiando sulle note di Kesha.
-Immagino che Bill sia a fare il depresso asociale e a tenere orazioni al pubblico con la sbornia triste, Georg con la sua non-sono-sicuro-sia-la-sua-fidanzata Karina, e Gustav o ad asciugare le lacrime di quello scellerato di mio fratello, oppure a cercare qualcuno di sua conoscenza nella bolgia.- rispondo, leggermente inviperito. Perché dovrebbe pensare a quei tre aborti della natura quando è qui con me?
-Perché non sei sicuro che questa Karina sia la fidanzata di Georg?
-Boh. Cioè, lui dice che è la sua fidanzata, lei nega fino alla morte, quindi non si capisce molto bene.
E poi le fans pensano anche che il bassista sguish sia un ragazzo normale. Sì, normale come trovarsi a tradimento Bill nel letto a mezzanotte che salmodia in coreano.
-Ah, perché mi sarebbe piaciuto che anche loro assistessero al balletto.- sogghigna, lasciando che le prenda i fianchi come la maggior parte della gente qui sta facendo con la propria compagna di ballo. Segui la massa, Tom, e sei sicuro di non fare errori imbarazzanti. Noto che ha un tatuaggio che spunta dalla cintola dei pantaloni.
-Cos’hai tatuato sul fianco?- faccio una leggerissima pressione col pollice sulla parte nera che risalta fin troppo sulla pelle troppo pallida.
-“Too young to break the chains”. Immagino non ti sia nuovo, questo verso.- sorride tristemente, accarezzandosi a sua volta il fianco ma lasciandoci inaspettatamente il mio curioso pollice.
-Un verso di “Vergessen Kinder”? Davvero? La canzone che piace un sacco a Bill.- lo so che può sembrare stupido, ma mi fa enormemente piacere il fatto che addirittura Jimmy si sia tatuata un nostro verso addosso. Oddio, sto diventando troppo melenso, tutta colpa di Bill. Eppure non riesco a fare a meno di sospirare rumorosamente con aria sognante.
-Mi sono sempre riconosciuta moltissimo in quella canzone- risponde, arrossendo impercettibilmente. Ma forse è tutta colpa del caldo.
-Anche io e Tom ci siamo sempre ritrovati in quei versi. Molto di più di quanto lo diamo effettivamente a vedere.
La voce di Bill ci fa voltare di scatto. E lui è lì, in tutto il suo effimero splendore, mani sui fianchi da perfetta divaH, sguardo penetrante da Charlie’s Angels e smorfia snob come Sharpay Evans di High School Musical.
Ma porca di quella troia sboccata dell’angiporto, oh, ma sto qui ha proprio il dono di arrivare a rompere i coglioni quando meno è richiesta la sua rumorosa presenza?!
-Ciao Bill, ci fa piacere che sei ancora vivo e che nessuno ti abbia violentato nel frattempo, ora potresti tornartene ad affogare i tuoi demoni truccati nell’alcool e lasciarci in pace?!- comincio a spingerlo verso il bordo pista, con scarso successo.
-Ma no, Tom, più siamo più ci si diverte!- mi blocca Jimmy, ritrascinando la creatura sulla pista da ballo.
Sì, cosa vuoi fare, un rapporto a tre io, te e Bill direttamente in macchina?! Ok, no, Tom sta buono. Tieni a bada la tua parte acida e antipatica e stampati su quella tua faccia straordinariamente bella un sorriso che tenga. Su, non sei qui per fare il bambino offeso anche se ti senti profondamente punto nell’orgoglio. Però, non sarebbe malaccio una cosa a tre, sarebbe particolarmente eccitante … e no! Tom, sei proprio un pervertito! E quando arrivo a dirmelo da solo vuol dire che sono veramente ai minimi termini.
-Soprattutto con lui, poi, il divertimento è assicurato … - mi limito a grugnire, lanciando un’occhiata di fuoco a quei due. E per favore, qualcuno lassù mi dica che non fa il filo a Bill che sennò mi vado direttamente a nascondere nel bagno della donne a fare cerchietti per terra.
-Allora, tesoro- gorgheggia mio fratello, appendendosi a me con tutte e due le braccia e cominciando a strusciare il culo sul pacco del sottoscritto. Ma perché solo io ho il gemello sessualmente frustrato e pure pervertito?! E in più, la serpe mi fa anche gli occhioni a cui non so resistere per non farsi cacciare da questa irritante posizione– Quando ci delizierai gli occhi con il tuo balletto?
-Al culmine della serata. Quando saremo tutti carichi di elettricità.- Jimmy mi strizza l’occhio (e grazie al cielo che non l’ha strizzato a lui), e si appende a Bill, mettendogli le mani sui fianchi e continuando nel lavoro di strusciamento. Sento le sue manine piccole e callose afferrare le mie e stringermele anch’esse sui fianchi di mio fratello.
“Stai al gioco” mi pare che stia sillabando quella peste di ragazza, ma non potrei esserne certo con tutte le luci che girano sempre più veloci. Comunque, che lo abbia detto o no, io al gioco ci sto eccome. Anche perché, nonostante dovrei evitare di fare certi pensieri, siamo un trio dannatamente provocante e sensuale al massimo. Un po’ come quelle statue delle triadi indiane.
In effetti, sembriamo una sorta di triade lasciva, ondeggiante al ritmo di questi suoni psichedelici e ripetitivi. Io che tengo le mani strette sui fianchi di mio fratello e lo faccio strusciare sul mio bacino, la sua testa rovesciata sul mio petto e le sue braccia avvolte attorno al collo, Jimmy che mi tiene le mani, ingabbiando Bill tra noi due, che gli tiene la testa sul petto e dondola seguendo le note lontane e meccaniche di un organo sintetico. Siamo tre e siamo perfetti, effettivamente. Il diavolo, la ninfa, e la bambina. Qualcosa di malizioso e politicamente scorretto, ma dannatamente filante. Siamo un equilibrio geniale, che regge alla perfezione nella sua schifosa realtà. Facciamo schifo, perché mi rendo conto che se qualcuno dovesse mai soffermarsi a guardarci ci faremmo la figura del ninfomani senza religione e senza morale, però siamo follemente divertenti. E cosa rimane di più vero a questo mondo della sana follia del divertimento?
 
***
Ciao bellezze! Charlie&Tokio sono tornati con questo capitolo finto come tutto, con un Bill più isterico che mai e una Jimmy che tanto giusta non la conta a nessuno ... e Tom, che fa? Dov'è finito il suo spirito di SexGott? Che sotto sotto la nostra amica stia incantando un po' i nostri gemelli più di quanto avrebbe dovuto? Non ci dilunghiamo che abbiamo un sonno boia. Buon anno a tutte, buona epifania anche se è già passata e buon rientro in quell'inferno chiamato scuola per chi deve rientrare, come la sottoscritta ... *piange*
Mi raccomando, fatemi sapere che ne pensate, almeno una recensione a capitolo in questa ff devo collezionarla!
Un bacione a tutte,
Charlie

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Capitolo 12
*** Bill, sei proprio sfigato! ***


CAPITOLO DODICI: BILL, SEI PROPRIO SFIGATO!

Forse sono in paradiso. Anzi, togliamo pure il forse. Sono in un paradiso dei sensi meschini; è come se mi stessi scindendo in due diverse parti, l’anima e il corpo, perdendo parte di me stesso mentre galleggio in un questo oceano sconfinato di luci e organo sintetico, un tutt’uno con il mio Tom. Oh, Tom. È la prima volta che mi ci posso strusciare seriamente addosso, che posso sentirlo idealmente mio, che mi ci posso fondere dentro. Sento il suo fiato bollente tra i capelli, una sorta di risata soffocata e sorrido beato, stringendogli il collo con le braccia, lasciandomi cullare dal casino e dell’oscurità di questa stanza troppo piena di gente, che è impregnata di alcol, e droga, e perdizione, e qualcosa di inconcepibile per una mente normale. In realtà mi duole ammetterlo, ma in questo momento Jimmy ci sta in pieno. Voglio dire, le sue mani intrecciate a quelle di mio fratello sui miei fianchi sono qualcosa di metafisico, come la sua testa poggiata sul mio cuore. E lo sentirà il battito impazzito? Scandirà il rumore ripetitivo di un cuore che batte troppo velocemente, che pompa più sangue del dovuto, che segue un ritmo tutto suo? Ho gli occhi chiusi, eppure vedo. Vedo noi tre come un’unica identità senza nome, che balla a modo proprio sospesa in un universo senza gravità. A questo punto mi sta seriamente venendo voglia di costringerli in un ménage a trois; non tanto per la parte fisica della cosa (anche se, effettivamente, darei non si sa cosa per farmi sbattere da Tom nei bagni della discoteca. Mio Dio, come sono caduto in basso, che squallore. Forse non ha tutti i torti quando dice che sono un frustrato sessuale), ma solo per l’idealizzazione di una nuova sorta di divinità per i perduti e per la misera e vuota società giovanile di quest’epoca, quelli che in mano non hanno niente e in testa solo sogni irrealizzabili e fumo, quelli che non seguono più nulla e che non si fanno seguire da nulla. Siamo la via per il nuovo Nirvana, rendetevene conto.
-Forse sarebbe giusto l’ora di fare qualcosa …
Sento una voce calda soffiarmi sul cuore e spalanco gli occhi di scatto, tirato giù dalla mia postazione Illuminata in cui mi ero appena teletrasportato. Jimmy ha alzato gli occhi su di noi, staccandosi da me e facendo collassare l’Ordine Cosmico. Tom si stacca di scatto a sua volta, e accidenti a lui, mi piaceva tanto starmene rincantucciato nella sua felpa … il solito troglodita con poco tatto.
-Di fare cosa?- sbotto stizzito, tirandomi un po’ giù il top e un po’ su i jeans.
-Di vincere la scommessa!- esclama Jimmy, sorridendo e scostandosi la frangetta dalla fronte pallida.
-Allora devo cominciare a trovare qualcosa da farti fare.- ghigna Tom, spingendoci verso i pali e i cubi. Mi sta venendo in mente la festa del Santo Patrono di Magdeburgo, quando per movimentare i canti popolari che ci era toccato mettere in musica davanti a mezza popolazione  (e non vi dico che imbarazzo essere lì come uno stupido a dover intonare, sotto severo ordine del reverendo Helmut, i Carmina Burana insieme alle vecchiette della Parrocchia e Tom che aveva dovuto imparare a suonare la ghironda) avevo improvvisato uno spettacolino di spogliarello per il mio fratellino. Quando stavo per tirarmi giù i jeans però era intervenuta nostra madre come un angelo della morte a rinchiudermi in casa per un mese. Per non parlare della mia lap dance improvvisata nella serata danzante di liscio davanti a tutti sempre in onore di quel castoro addormentato di Tom. Lì mi ero divertito un sacco, ma ovviamente il parroco era intervenuto prima che la cosa degenerasse in un qualcosa degno del peggior night club di Città del Messico. “Hai un futuro come trans di malaffare, giovanotto!” mi aveva rimproverato il buon parroco,  mentre cercava di fare capire alle piccole leve magdeburghesi che forse fare un balletto semi nudi sull’asta del microfono non è una cosa propriamente giusta.
Jimmy sogghigna, arrampicandosi su un cubo di glitter blu che rotea sostenuto da una pertica di glitter rosa. Certo che questa discoteca ha dei gusti peggio dei miei.
Non riesco a vedere l’espressione che sta facendo in questo momento, con tutte queste luci stroboscopiche che roteano e anche per la mia vista leggermente annebbiata dalla quantità abnorme di bicchierini che ho ingurgitato uno dopo l’altro prima di decidermi ad appiccicarmi a Tom. Sono veramente un povero single depresso, devo fare qualcosa per riscattarmi.
Però, adesso che ci penso, avrei un piano. Oh, Bill, come sei intelligente! Un piano astuto per fare vincere Jimmy e per convincere Tom che portarsi a letto, innamorarsi, sposare, e amare alla follia il suo gemellino adorato è decisamente meglio piuttosto che fare lo sciupa femmine mal riuscito. Devo fare vincere lei per spirito di corpo, che se vince quel maiale di mio fratello non c’è gusto, e poi cominciare a giocare sul serio la mia partita. Insomma, ho passato quasi vent’anni ha soffrire dolori indicibili per il mio amore non corrisposto, è ora di prendermi ciò che è mio per diritto. Combatti la tua guerra Bill, prepara le Valchirie, schiera gli U-Boot, ingrana gli Sturmpanzer, ricarica gli Nebelwerfer. Forza, che Goering e Rommel sono dalla mia! Avanti la Destra, avanti il Monarca!
-Gustaaaaaaaaaaaaaav!- ululo nella folla, sventolando la mia bellissima mano.
-Che vuoi?- in un secondo me lo ritrovo al fianco, il berrettino calcato sulla fronte sudaticcia, le mani unte strette attorno a un sacchetto di patatine.
-Dammi orecchio, camerata. Devo attuare un piano astuto.- mi abbasso un po’ e lo acchiappo per l’orecchio.
-Se il piano astuto è per portarsi a letto Tom, io me ne tiro fuori.- grugnisce, scuotendo la testa. Il solito bigotto, non so chi sia peggio se lui o Georg. Nah, forse Geo è peggio, che poi attacca a recitare anche i Salmi per esorcizzarmi.
-Certo che è per far innamorare il mio cucciolotto adorato, la luce dei miei occhi, la mia ragione di vivere, il motivo per cui mi sveglio la mattina, il tormento delle mie notti insonni, il mio amore, il mio pasticcino, la mia stellina, il mio tesorino ciccipuccioso, il mio …
-Sì, Bill, ho capito l’antifona.- mi zittisce Gus – E io che dovrei fare?
-Secondo te, se mi metto con Jimmy
-Ti vuoi fidanzare con una ragazza?! Goebbels, sempre sia lodato!
-Ma no, idiota! Intendevo dire, se io mi metto a ballare con lei le faccio vincere la scommessa, e così mi evito porcate da parte di Tom, e poi magari capisce che io sono molto più eccitante di lei e …
-Cassato in partenza. Seriamente, Bill, credi che funzionerà?- mi rimprovera il panzone maledetto, scuotendo il cranio biondo.
-Devo fare qualcosa GusGus! Non posso rimanere con le mani in mano. E tu devi sostenermi in quest’impresa disperata.
-E dai, te l’avevo detto che non ce l’avrebbe fatta!- Tom mi prende per il braccio, indicandomi il mio piccolo cavallo di battaglia che, impacciatissima, cerca anche solo di capire come mai il palo giri e non stia fermo.
-Però, impedita o no a ballare, le movenze eccitanti ce le ha, eccome.- commenta Gustav, dando di gomito a mio fratello, che si limita ad ammiccare compiaciuto. Parte una delle solite chiacchierate fatte di gomitate, occhiatine, risatine e quant’altro che solitamente escludono il sottoscritto in quanto “checca” che non capisce gli stupidi segnali di fumo di quei gorilla luridi di quelli che loro chiamano “uomini con le palle”. Sì, te le do io le palle, vogliamo scommetterci?
Allora, immagino che a questo punto sia ora di agire e cominciare la traversata del Piave. Mi schiarisco la gola, mi do una pettinata alla chioma e finalmente mi decido a salire su sto cubo roteante, tentando di reggermi in piedi sui tacchi vertiginosi. Forza, Bill, fatti coraggio. Sei o no il cantante dei Tokio Hotel, la band più osannata della Germania e di tutto il Nord Europa? Sei o no il ragazzino bullizzato che si è tirato su e a fatto morire di invidia quei bastardi dei bulli? Sei o no quel ragazzo che ci ha messo sempre la faccia, che non si è mai tirato indietro, che si è preso tutti gli schiaffi ma alla fine è arrivato a fare quello che ha sempre sognato? Sei o no un piccolo, grande, isterico, eroe?
-Tesoro, mi concedi questo ballo?- le sussurro all’orecchio, passandole abilmente un braccio attorno alla vita e cominciando ad ancheggiare.
Rovescia la testa all’indietro, sorridendomi grata e appoggiandosi di nuovo a me
-Se lo desideri, ne sarei felice.- sussurra in risposta, scostandosi la frangia dal viso. – E non pensavo che fossi bravo a far ballare una ragazza …
-Ho visto il Grande Gatsby fino alla nausea proprio per questo.- Ok, questo non è propriamente vero. Però indubbiamente, il mio peluche rosa gigante ne è consapevole, ho visto e letto libri e film dove c’erano grandiose scene di balli di corte proprio per essere pronto il giorno in cui io e Tom dovremo aprire le danze in quanto novelli sposini. O più facilmente, per essere all’altezza in situazione analoghe a questa.
In qualità di ex-spogliarellista da Festa Patronale e di ex-lapdancer da Festa di Paese, mi attacco al palo viscido, tenendole le mani e facendola strusciare sull’altra parte. A giudicare dal suo largo e aperto sorriso, credo si stia divertendo. Allora diamoci dentro, baby. Facciamo capitolare il nostro uomo. Mi perdo nelle luci e nelle canzoni hardcore sparate al massimo, semplicemente fondendomi con Jimmy. Non mi rendo nemmeno conto di che sto facendo, sono in una crisi trascendentale dove raggiungo i livelli più bassi di coscienza. Come se fosse tutto un piano divino ordito apposta per farmi impazzire e per fare impazzire lei. La guardo, mentre segue i miei movimenti ondeggianti, mi imita alla perfezione, un sorriso strano e dolce stampato sulle labbra, le mani strette sui miei fianchi, a stretto contatto con la mia pelle bollente. Ha un tocco delicato ma forte, ruvido. Sicuro, in qualche modo. Insomma, indubbiamente mi piace avere le sue mani addosso, sono come una certezza di protezione. Lei guarda me, sento i suoi occhi di porcellana che mi scandagliano e la lascio fare, mi lascio studiare, mi lascio toccare lascivamente. Tanto, a questo punto, non ho più niente da perdere. Sicuramente non la faccia, benché meno l’orgoglio. Ormai non ho più niente se non la mia voce e l’amore per Tom, posso anche rischiare il tutto e per tutto.
Mi volto con nonchalance verso mio fratello e Gustav, cercando di distinguerne le espressioni nel turbinio di colori. Però io quegli occhi li riconoscerei ovunque, anche in capo al mondo. Anche se mi accecassero. Perché sinceramente quell’espressione che mischia abilmente pesce bollito, SexGott, americano medio, superstar e qualcosa che è solo Tom, beh, probabilmente è l’unico al mondo a saperla fare. Ed è anche l’unico che con una sola occhiata del genere mi manda letteralemtne in brodo di giuggiole; e forse anche mamma se ne è accorta, da quando ancora vivevamo con lei, di come rimanevo come un ebete a fissarlo con la bavetta quando faceva quella faccia. Però mi è così difficile continuare a sopprimere il mio amore represso. Ci vuole troppa forza di volontà e troppa abnegazione. Con il piccolo problemino che la volontà non mi manca, ma l’abnegazione … ehm, diciamo che non è la mia qualità primaria. Anzi, diciamo pure che un macaco dello zoo è più abnegante del sottoscritto.
Però le sue pupille enormi, eccitate come non si sa cosa (e no, Bill, mantieni la calma. Non siamo finiti in uno dei tuoi hentai dove succedono robe da far impallidire persino i politici. A cuccia, Bibi, stai buono) sono rivolte verso Jimmy. Già, la nostra piccola Jimmy. E forse il buon, vecchio, saggio camerata Gustav non aveva tutti i torti. Se io facessi finta di niente, e accettassi le lusinghe di lei, potremmo metterci insieme. Così Tom sarebbe geloso marcio, perché le bad girl della situazione lui se le deve rigorosamente fare, invece questa volta me la sarei cuccata io. Tirerei un po’ la corda, e poi al momento giusto Tom cadrebbe cotto marcio tra le mie braccia, e Jimmy capirà tutto, e ci lasceremo amici come prima, e finalmente otterrei il mio dolce lieto fine. Però sto piano fa acqua; primo: come mai proprio io, quello che non ha mai, e quando dico mai è mai, baciato una ragazza si sveglia e si va direttamente a mettere con lei? Fiuterebbe la fregatura. Secondo: quello scemo del mio gemello (e davvero, non capisco l’ereditarietà: perché tutta la scemenza è andata a lui?) sarebbe così acuto da capire e innamorarsi finalmente del suo amore predestinato dai Cavalieri dello Zodiaco? Terzo: e Jimmy come prenderebbe tutto ciò? A lei piaccio, l’ho capito. Magari ci rimarrebbe troppo male, piccina. E devo dire che mi dispiacerebbe troppo fare qualcosa di simile e usarla solo come vile pedina.
Devo delineare un assalto più subdolo, più sottile, più degno del mio genio criminale. Potrei passare in biblioteca e prendermi “Il Principe” di Machiavelli, d’altronde non è forse vero che il fine giustifica i mezzi? E cosa c’è di più machiavellico che fare diventare gay il proprio gemello e condurlo sulla retta via sotto il sacro e unico dogma “Bill è il tuo unico vero amore”?
Sono talmente preso dai miei pensieri di vendetta e di gloria insanguinata che mi rendo conto con un attimo di ritardo che Tom è salito sul cubo e ha acchiappato Jimmy per la vita dicendo, a voce abbastanza alta perché anche io possa sentire
-Ok, Jim, hai vinto la scommessa. E direi anche di brutto.
-Te l’avevo detto Tom. Io le scommesse le vinco sempre.- ribatte lei con tono di sfida, lanciandomi un’occhiata di ringraziamento.
Mi limito a un sorrisino isterico, sentendomi improvvisamente piccolissimo. Quindi non mi ha nemmeno guardato, quel bifolco. Nemmeno un’occhiatina incuriosita.
Sbuffo, scendendo dal cubo, cadendo al fianco del mio grasso batterista
-Gus, non mi ha nemmeno guardato, vero?- mormoro, e anche se ora la discoteca ha raggiunto il suo apice di casino, lui mi sente e mi dà un’affettuosa pacca sulla spalla
-Mi dispiace, B., ma era troppo impegnato a guardare Jimmy e a fare commenti cretini su cosa lo costringerà a fare.
-Ok, palla di ciccia obesa. Me ne farò una ragione.- mi sventolo un po’. Non tutto è perduto, Bill, ricordalo. – Andiamo a bere qualcosa?
Gustav annuisce e lasciamo Tom e Jimmy da soli, non provo nemmeno a voltarmi. Nemmeno un’occhiata di traverso, nemmeno per sbaglio. Ma sono davvero così mostruoso? Sono davvero così inumano? Che cos’ho di sbagliato in  questo corpo? Non ho le tette, ok. E sono suo fratello. Ma cosa vuol dire, porca troia?! Non è un motivo valido per essere perennemente “brother zonato” da vent’anni! Ma forse un giorno o l’altro la mia costanza e i miei sforzi verranno premiati.
-Dai, Bill, bevi questo.- Gustav mi fa sedere su un divanetto blu, allungandomi un bicchierone di Kaipirosca e una pillola azzurra che io comincio a ciucciare come un bambino col biberon. Tanto ormai è sempre così: vado giù con alcol, con droga, con fumo, per confondermi da solo. Sono un ragazzo confuso, uno spirito libero e migratore. Anche Tom è come me, in fondo. Solo che io sarei disposto a tarparmi le ali per lui, ma lui per me no. Io sarei pronto a bruciare come l’Araba Fenice solo per un suo bacio serio. Darei la Pietra Filosofale, tutto quello che ho, i miei trucchi, la mia bellezza, no, beh, magari quella no, comunque, per avere un briciolo della sua attenzione seria. Come se non fossimo solo gemelli.
-Mi sento una quarantenne frustrata.- gemo, ingoiando la pasticca e stravaccandomi sopra Gustav.
-E io lo psicologo mal pagato della suddetta quarantenne.- grufola il mio biondo preferito – Dai, Bill, fatti qualcuno e lasciami vivere. Su, ci sarà pure qualcuno talmente disperato da ripiegare su di te.
Gli do uno schiaffone, insultandolo, come faccio di solito quando dice così; ma adesso aspetta che mi vado ad attaccare a un surfista australiano pezzo di figo della Madonna e così impari, palla di ciccia, e vedi quanti darebbero non so cosa per me, primi fra tutti i surfisti australiani palestrati. Anche se qua a Mag è già tanto se sanno cos’è il surf. Sta a vedere che poi mi succede come l’ultima volta che nel goffo tentativo di sfogare la mia libido, visto che quel cafone di mio fratello era scomparso a casa di una ragazza, avevo attaccato bottone con un tizio in un bar da sfigati vicino alla facoltà di matematica e fisica, che era anche piuttosto carino. Peccato che mi era toccato stare tutta la sera a parlare con lui di astrofisica applicata e radicali aritmetici senza oltretutto combinare altro che una misera limonata senza zucchero.
Ma tanto, ste cose possono solo capitare a me, è ovvio. E meno male che sono anche il ragazzo più famoso della nazione, non oso immaginare se fossi stato uno studente qualunque.
-Appunto, Gus, vedi quel tipo con i capelli rossi? Beh, ora io …
Non faccio in tempo ad alzarmi e a indicare un tipo pescato a caso nella calca che i miei occhietti cadono su una schiena. Su una schiena che conosco benissimo, visto che è infagottata in una felpa inumana e sulla quale ciondola una coda di dread. Aguzzo lo sguardo, e poi, diciamocelo: chi è il coglione che si fa i dread al giorno d’oggi? Solo mio fratello appunto. E chi è il cretino che si mette i berretti sfigati da Bronx? Tom, ovviamente. Quindi, la schiena è di mio fratello senza ombra di dubbio.
E poi, il mio istinto gemellare mi porta a sentire il richiamo del cuore e del sangue.
Mi alzo sulle punte dei piedi, cercando di capire cosa sta facendo nella calca. E finalmente distinguo Jimmy, i suoi meravigliosi capelli, la sua maglia slabbrata, e … eh?! Mi sfrego la mani sugli occhi, dandomi qualche schiaffo per svegliarmi. Per favore, ditemi che sono impazzito tutt’a un tratto. Ditemi che è uno scherzo della luce. Qualcuno mi aiuti, non posso … Perché Cristo Santo si stanno baciando?!
Comincio a barcollare come un tossico, il mio sguardo focalizzato solo su quella sconvolgente, orrenda, mostruosa scena che sta avendo luogo sotto le mie povero pupille in fiamme. Si stanno baciando. Il mio posto preso dall’ennesima ragazza. Anche Jim allora è caduta nella rete di Tom, perfetto. L’unica che mi sembrava ancora sana, quella su cui avevo cominciato a contare un po’ … bacia Tom. E lo so che me l’ha giurato, solo sesso, niente intruppe sentimentali, e ci credo, perché so che sarà così, e almeno questo mi salva da un collasso nervoso. Ma anche il solo vedere lui, il mio Tom, che bacia un’altra persona è un brutto colpo per il mio povero cuoricino sfruttato. Vai con Jimmy, forza. Tanto io sono qui a guardare e a rodermi il fegato, a te che frega, in fondo? Continuate pure, chi ve lo impedisce. Lascio cadere il bicchiere, trattenendo il singhiozzo che vorrebbe sempre uscire quando entra in ballo l’argomento Tom&Donne. “Certo che sei proprio uno sfigato, Kaulitz” mi dicevano quando ero piccolo. Sì, Bill. La fortuna sarà anche cieca e ti è caduta sopra solo una volta, ma la sfiga, porca puttana, ci vede benissimo. E chissà come mai sei sempre il primo che vede.
 
****
1_ Sorry per il ritardo mostruoso! Prometto che mi sbrigherò di più la prossima volta :)
2_ Povero piccolo Bill! Mi fa una tristezza assurda ... ah, e scusate eventuali errori, non ho riletto il capitolo.
3_ Mi raccomando, recensite!!!! Così mi date un po' di sprint
4_ Grazie a tutte, un bacione :*
Charlie

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Capitolo 13
*** Proveresti a essere la mia ragazza? ***


CAPITOLO TREDICI: PROVERESTI A ESSERE LA MIA RAGAZZA?

Ha le dita bollenti. Seriamente, so che non è la cosa più normale da pensare adesso, con la bocca praticamente divorata da quella di Tom, la maglia mezza sollevata e le sue mani che mi accarezzano i fianchi, le mie braccia appese al suo collo e le lingue che cozzano una contro l’altra, però ha le dita bollenti. So anche che non avrei dovuto baciarlo, perché lui era sempre stato di Gloria, c’eravamo messe d’accordo: a me Bill, a te Tom, scambio equo e nessuna litigata. Ma ora che la mia Gloria non c’è più, sono io che devo prendere le sue veci. Me lo dicono le voci, lo urlano, mi fanno girare la testa da quanto strillano impazzite. “Prendilo per me, Jimmy, fai quello che avrei fatto io” mormora Charme, con la bavetta alla bocca e gli occhi a cuore. “Scopatelo, Sasha, fallo tuo, sii fiera di poter finalmente toccare il tuo idolo” abbaia Violenza, ridendo sguaiatamente, beandosi di quello che vede. Lo devo fare per tutte e due, sorella mia. Devo farlo per te, per farti sentire come sarebbe stato poter appartenere al tuo eroe, per poterti trasportare di nuovo vicino a me e trascinarti nel trambusto dei piaceri della carne. E poi lo devo fare per lui, per sottomettermi a quegli occhi, per vederlo felice di poter fare quello che gli si leggeva in faccia da quando ci siamo conosciuti fuori dalla questura.  Infine, forse lo devo fare per me stessa, per poter conquistare almeno un pezzettino, almeno una notte con il ragazzo che ho sempre idolatrato. Tu lavori per tutti, Jimmy, sei la schiava del sistema e la schiava di te stessa. Esisti per fare piacere agli altri, lo sai. Sei quel jolly in fondo al mazzo che ti fa vincere le partite, sei quell’arrocco che ti salva dallo scacco matto, sei quella combinazione di dadi che ti fa giungere alla fine del giro, sei quell’ultimo birillo che cade rumorosamente al suolo. Forse, per una volta, sei felice di quello che ti sta succedendo, una parte dei tuoi sogni si sta avverando. Ma se fossero i suoi di sogni che hanno preso sopravvento su di me? Non so più chi sono, ormai. Sicuramente non sono più Jimmy, ma qualcosa che ha ancora un po’ di Jimmy insieme a milioni di altri sogni, speranze e incubi di altre persone. Sono il ripostiglio delle brutte abitudini della gente, e non ne posso farne a meno.
Mi sento prendere in braccio di colpo, e sbattere contro un muro biancastro. Siamo nel bagno, immagino, a giudicare dalla puzza di vomito, sesso e acqua marcia che impesta l’aria irrespirabile. Ci sono le luci a led che mi feriscono gli occhi, insieme a tutto quest’orrendo bianco sporco, c’è un’atmosfera di degrado tale da farmi stare quasi male. Ma sono tra le braccia di Tom. Non posso pensare a quanto io sia una creatura senza arte ne parte, di quanto possa assomigliare a una puttana degli incubi, a quanto sia un rifiuto umano che batte come un fantasma le periferie delle città per far evadere la gente dalla sua situazione stagnante. Non posso sentirmi una bambola anche questa notte.
Mi afferro ai suoi tubi, che quanto ho desiderato toccare, lasciando che mi baci, lecchi e morda il collo, che mi infili le mani sotto la maglia, su, sempre più su, bollenti e violente fino a che …
-Ma perché non hai il reggiseno?
Ci guardiamo negli occhi per una frazione di secondo, viola dentro nocciola, talmente concentrati a fissarci da non dire niente e interrompere tutta la catena di baci e gemiti. Poi scoppiamo a ridere in coppia, come se avesse appena fatto la battuta del secolo, spoetizzando completamente il momento, meritandoci qualche occhiata stranita da due tipi che si stanno bucando vicino a noi.
-Mi da fastidio. Credo di non averlo mai messo in vita mia.
-Peccato, solitamente è divertente slacciarlo e far saltare i gancetti.
Ridiamo ancora, come se stessimo giocando un’esilarante partita di Monopoli, e lui mi molla per terra, continuando a sghignazzare.
Lo guardo, appoggiandomi al suo petto e cominciando a giocare con l’elastico dei suoi pantaloni, lasciandomi accarezzare i capelli
-Allora, vogliamo fare qualcosa?- mi sussurra nei capelli, prendendomi la mano e infilandomela dentro i suoi jeans.
-Ci sto, ma non qui. Non voglio sconvolgere quei due ragazzi.- lancio un’occhiata allusiva ai due eroinomani che ci guardano stravolti e schifati, gli do un pugnetto negli attributi e lo trascino fuori dal bagno puzzolente, di nuovo nella calca oceanica, verso quella piccola porticina che indica l’uscita.
-Allora andiamo a casa mia.- comincia lui adesso a trascinarmi a spintoni verso l’uscita, cercando con lo sguardo gli altri tre. – Bill se ne starà buono nel suo letto, per una volta e non verrà a rompere l’anima al sottoscritto.
-No.- lo contraddico, cercando di tenere il passo. Mi tiene per la mano sudata e si blocca per un attimo guardandomi – Andiamo da me.
-Ma no, Jim, dai … - tenta di dire, ma io scuoto la testa.
-Ho vinto la scommessa, Tom. Quindi, andiamo a casa mia.
Fa per mezzo secondo una faccia da allocco, ma poi annuisce e continuiamo la nostra corsa verso l’uscita. Un vento gelido ci accoglie, scompigliandoci i capelli, infilandosi sotto la mia maglia slabbrata, facendoci quasi tremare. È un attimo, il momento in cui ci guardiamo negli occhi, seri, congelati dal vento che soffia all’una di notte in questa città della pianura, le mani sempre strette ma non intrecciate. Poi cominciamo a correre, correre come se ci stesse inseguendo tutto l’Inferno, sghignazzando istericamente per non si sa quale motivo, due anime da sole nel buio pesto di questa notte. Corriamo senza parlare, svoltando nelle vie, saltando cancelletti, oltrepassando persone che si erano attardate troppo a casa di amici, come se davvero fossimo in pericolo di vita, fino ad arrivare al cancelletto sbilenco della mia villetta. Ci scambiamo un’occhiata divertita, mentre lo trascino dentro e serro la porta alle spalle. La mia scommessa vinta, porterà finalmente il fantasma a non dover correre via all’alba. Non ne ho più voglia di scomparire dal letto degli altri la mattina, quando il sole non è ancora sorto, nel buio umidiccio delle cinque e mezzo. Non voglio lasciare la mia ombra di tristezza nelle loro coltri e lasciarli versare qualche lacrima o imprecazione quando si accorgono che sono scomparsa senza lasciare traccia; non voglio che anche il mio eroe mi consideri l’ombra moribonda di un piacere passeggero e avvelenato. No, non adesso. Non con Tom. Questa volta ci sarò, alla mattina, voglio farmi vedere, non voglio sciogliermi nelle albe d’argento. Voglio che lui si svegli e mi trovi lì davanti.
Non parliamo, semplicemente continuiamo a tenerci per mano e a ridere come se questo fosse tutto uno stupido scherzo, come se da un momento all’altro dovesse finire tutto, ma so che non sarà così. Saliamo le scale in silenzio, a piedi scalzi, cercando di evitare i Gormiti e i pattini a rotelle, e mi sento così dannatamente felice che potrei piangere. Ce l’ho fatta: il sogno di ogni Aliens, il sogno di Gloria, sono riuscita ad avverarlo. Lo vivrà indirettamente dentro di me, ne sono sicura.
Mi butto a peso morto sul mio letto con il piumone di Spiderman, nel buio pesto della camera, un raggio di luna che filtra dalla finestra e illumina un cono di pavimento dove giacciono alcune copie de “Il giovane Holden” e de “I pirati della Malesia”. Tom si guarda in giro, nell’oscurità, sfarfallando gli occhi
-Non è una brutta camera …
-Affatto.- rispondo, cercando di slacciarmi i pantaloni tentando di indovinare il criterio di Hansel nel fare i nodi e i fiocchi.
-Faccio io, Jim. Metti le mani da qualche altra parte.
Si abbassa su di me, spingendomi all’indietro sul letto. Sono felice di poter avercelo addosso, di sentire le sue mani calde e sicure slacciare i fiocchi dei pantaloni, mentre mi bacia di nuovo. Gli infilo le mani sotto la maglia e gliela levo, cominciando a graffiargli la schiena, a baciargli la scapola. Sento il suo fiato caldo sul petto, la maglia che mi viene delicatamente strappata di dosso, la sua bocca che scende sulla mia pancia, in mezzo ai seni, giù fino all’ombelico. È qualcosa di delicato, di poco passionale, carico di una adrenalinica dolcezza che fa andare il sangue al cervello; questa che ci da la carica non è la passione sconsiderata dettata dall’urgenza e dall’alcool in circolo nel sangue: è una sorta di rapporto carico di amicizia e ironia, permeato dall’attrazione. È qualcosa di nuovo per la sottoscritta, nuovo e ancora più eccitante di quanto abbia mai provato.
Lo rovescio sul letto, e comincio a slacciargli i pantaloni, e lui ride, e rido anche io. Non so perché, non è un gioco, non è una barzelletta, non è una sfida. È solo sesso, ma fa ridere, è dannatamente ridicolo. Sento le sue mani grandi e bollenti afferrarmi i fianchi e cominciare a strusciarmeli contro il suo bacino, mentre mi tira giù i jeans. Bene, allora siamo già a quel punto, siamo entrambi in mutande, che rotoliamo su un letto di Spiderman sghignazzando impunemente, mentre ci tocchiamo, ci baciamo, cominciamo a fare qualcosa che andrebbe oltre la sanità mentale. Comincio a sragionare di brutto, e avere il mio idolo qui con me che mi spinge la testa contro il suo bacino forse non aiuta. No, non aiuta, ma è dannatamente spassoso. Non ho mai pensato a un rapporto come un gioco quasi infantile, tale a quello che stiamo per fare io e lui. Eppure, adesso, mentre ci tiriamo giù quasi in contemporanea la biancheria che ci è rimasta addosso, mi viene solo in mente che basta un tiro di dadi per poter vincere il nostro gioco dell’oca. Forza Jimmy, fagli vedere chi sei. Tira il dado, e fallo eccitare talmente tanto da farlo stare male.
 
Sospiro piano, quando apro gli occhi e me li ritrovo colpiti da un fastidioso raggio di luce che filtra attraverso le tendine azzurre. Ho mal di testa, e il braccio anchilosato. Sfarfallo gli occhi, per tentare di darmi una svegliata, mentre mi giro con delicatezza, il piumone che mi accarezza la pelle nuda e calda come non lo è mai stata. Mi metto a sedere il più silenziosamente possibile; ora mi dovrei vestire piano e velocemente, poi sgattaiolare per strada e correre, correre fino a perdere fiato, correre fino ai confini del mondo e poi bloccarmi di scatto un millimetro prima di volare giù nel burrone, sentire il vento che soffia e mi scompiglia i capelli, che mi gela le lacrime come ogni volta che scompaio da una casa. E invece oggi non succederà niente di tutto questo. Sono a casa mia, non devo scappare, non devo nascondermi. Ho vinto questa partita, almeno per una volta ho chiuso prima di tutti, ho ramazzato tutte le fiches del tavolo e ho incassato tutto il compenso, ho mandato in buca tutte le palle da biliardo. Sono felice, mi sento leggera, mi sento un po’ nuova nel mio corpicino marcio e ammuffito. È cambiato qualcosa, in fondo, anche se minimale.
Mi siedo a gambe incrociate sul letto, rimettendomi addosso le mutande e il maglione di lana che tecnicamente userei come pigiama. Fisso Tom che dorme, i suoi dread sparsi per i cuscini, raggomitolato come un pupazzo tra il piumone. È incredibilmente perfetto nelle sue imperfezioni; ed è il mio dio, il mio eroe, il mio chitarrista preferito in assoluto. Che dorme nel mio letto. Qualcosa che non riesco a descrivere a parole, ma che mi riempie il cuore di gioia, di pienezza, di senso di non solitudine. Come se la sua sola presenza in questa casa potesse risollevare un po’ le pesanti tende di velluto nero che vi gravavano sopra. Anche se una parte di me lo suggerisce, a voce bassa “E se Tom ti fa questo effetto, con Bill cosa accadrebbe?”. Bill. Già, il cantante della band che mi ha salvato. L’unico su cui io ho veramente perso le bave, su cui ho fatto sogni dolci e innamorati. L’unico che continua a farmi sospirare, anche se ho capito che forse non avrò mai chance con lui. Non so se Tom potrà mai arrivare a farmi sentire come quella checca di suo fratello. Charme lo vorrebbe tanto, insiste. Ma Violenza si oppone fermamente. E come faccio a conciliare due parti completamente opposte che lottano incessantemente per la supremazia della mia mente e della mia coscienza? A chi devo dare retta stavolta?
-Se continui a fissarmi così guarda che potrei consumarmi.
Tom apre gli occhi, ridacchiando, passandosi una braccio dietro la testa.
-Nessuno ti ha assicurato nulla sui miei occhi; in realtà sono un paio di potentissimi raggi laser da fare invidia a Zetman e a Profondo Blu messi insieme.- rispondo, scostandomi i capelli dalla fronte.
-Non so chi siano Zetman e Profondo Blu, comunque buongiorno piccolo supereroe-consuma-chitarristi.
Si mette a sedere a sua volta, prendendomi il viso tra le mani e stampandomi un bacio quasi a stampo sulle labbra. Nessuno mi ha mai dato il bacino del buongiorno, a parte lei, si intende. È qualcosa di strano per le mie labbra e per la mia testa.
-Buongiorno, occidentale ignorante.
Ricambio il bacio leggermente impacciata. Troppo impacciata.
-Cioè, fammi capire, stanotte mi sembravi tutto meno che innocente e ora sei incapace di darmi un bacio del buongiorno. Mi sfugge la consequenzialità della cosa.
Tom ride a crepapelle a vedere la mia espressione leggermente da idiota, mentre tento di recuperare
-Ma Tom, capiscimi, nessuno mi ha mai dato il bacio del buongiorno! Dammi il tempo tecnico tattico di capire che sta succedendo!
-E c’è da capire un bacio?
-Sì, devo metabolizzare la cosa.
Si butta a peso morto sul letto, facendolo scricchiolare e sospira rumorosamente.
-Sei la prima che non mando via la mattina, sai?
Mi guarda con quei suoi grandi occhi scuri e mi fa cenno di accoccolarsi contro il suo petto. Cosa che faccio subito. Avrei voluto farlo, a volte, invece che scappare. Ma si sa che tagliare la corda è sempre più facile che stare e far venire strane idee alla gente.
-Grazie, è casa mia. Semmai sarei io che dovrei cacciarti.- gli do un pizzicotto sul collo, beccandomi uno scappellotto sulla nuca.
-Hai ragione anche tu. Allora diciamo che sei la prima che non abbandono a letto da sola, senza lasciarle nemmeno un biglietto d’addio.
-Onorata, mr.Kaulitz. Davvero, non mi sento degna di tanto onore.- lo prendo in giro, fingendo un cerimonioso inchino.
-Che idiota.- sogghigna, dandomi un pugnetto affettuoso sulla spalla
-Ed è un bene o un male il fatto di essere l’unica ad avere avuto un po’ di considerazione non solo nel momento clou della notte?
-Un bene, suppongo. Anche perché sei la prima fan che mi piace così a pelle, che trovo così divertente e speciale.
Sorrido, sentendo un angolino di cuore scaldarsi dolcemente. Forse la pazzia è anche qualcosa di buono in fondo. E fanculo alla psicologa. Ma tanto che vuoi che sia in fondo? Uno sprazzo di affetto, di gran simpatia, come ce l’hanno tutti. Chi, in fondo, mi ah rifiutata come amica? Lo dicevano tutti “sei speciale, Jim, non ho mai incontrato una ragazzo come te”. Però nessuno ha mai fatto altro che dire quello; in fondo penso che a nessuno piaccia una pazza. Non puoi innamorarti del fuoco che divampa, del vento che distrugge, dell’acqua che annega, lo diceva sempre anche la psicologa. Non puoi provare qualcosa di più che una forte attrazione per il disastro, lo scempio, la rovina. Ma nessuno, nemmeno il più matto, potrebbe mai volersi tenere al fianco la prova della follia umana.
-Faccio uno squillo a Bill, ti dispiace?- dice Tom, distogliendomi dai miei pensieri, mentre prende il cellulare. Scuoto la testa a tendo un po’ curiosamente l’orecchio. Si sentono gli squilli dall’altra parte del filo, e lui si siede sul bordo del letto sbuffando. Ha ancora la schiena graffiata dalle mie unghiate di stanotte. Però, beh, ci stava qualche unghiata, mentre spingeva, no? E la sua bocca, che ce l'avevo dovunque, senza raccapezzarmi più di dove iniziassi io e dove finisse lui, un unico essere allacciato in una danza sfrenata che di sensuale aveva poco, condita da una musica fatta di gemiti strozzati, grugniti, miagolii a voce troppo alta, qualche urlo soffocato, un disco fatto solo da noi due e dai nostri corpi che si strusciavano uno contro l'altro, e rotolavamo insieme a Spiderman, io scopavo lui come se fosse di pezza, lui scopava me come se fossi di plastica. Due giocattoli che litigavano, che si distruggevano a vicenda, fino a cadere, stanchi, snervati, ma felici che il bambino li avesse voluti tutti e due. E fradici.
Sento il rumore della cornetta sollevata e tendo l’orecchio verso di lui; Tom deve accorgersene, perché sorride e mette in vivavoce, posando il telefono sulle coperte.
-Pronto?- questa è la voce di Georg. Ma perché ha risposto lui sul cellulare di Bill?
-Ohi, Geo, ciao.- grugnisce Tom.
-Ohi, Tom, buongiorno a te. No, aspetta, Thomas, razza di bastardo stronzo, come hai potuto?- la voce del mio bassista preferito cambia repentinamente, trasformandosi da un saluto stravolto a un ruggito da circo.
-Ehi, amico, calma i buoi, che c’è?- Tom alza gli occhi al cielo.
-C’è che sei scomparso senza dirci nulla, ieri sera. Tu, e Jimmy!
-Ciao, Georg, buongiorno.- dico, cercando di essere seria. Ma a vedere le espressioni e le smorfie di Tom è difficile.
-A te, Jimmy. Come va?- la voce è tornata gioviale e allegra.
-Si vive, come al solito. È successo qualcosa?
Il “No” di Tom e il “Sì” di Georg rimbombano nella stanza contemporaneamente, lasciandomi un’espressione interrogativa in volto.
-Per favore, vedi di prenderti le tue responsabilità- inveisce Georg – Ieri sera, dopo che abbiamo setacciato tutta la Schatten senza riuscire a scovarvi, abbiamo ipotizzato che ve ne foste andati a casa, e ripeto, Tom, potevi anche sforzarti di avvertirci. Comunque, siccome ormai era tipo mezzanotte e mezza e trascinare Bill da vostra madre mi sembrava l’ultima cosa furba da fare, me lo sono portato a casa io. E per questo ho anche dovuto declinare l’invito di Karina che, Santo Dio, si era quasi convinta a darmela, quindi sono doppiamente arrabbiato. Per cosa? Per ciucciarmi Bill tutta la sera in lacrime e dormire sul divano.
-E va beh, Georg, quante storie! Non potevi sbolognarlo a Gustav?- Tom scuote la testa, facendosi la cosa di tubi.
-Una volta per uno; ieri toccava a me e i patti sono patti. Comunque, sappi che ti ritengo responsabile del fattore Karina.
-Ma ci parlo io con lei, quanto rompi. Dov’è quella lagna di mio fratello?
-Dorme. Ha pianto fino alle tre del mattino.
Anche se non dovrei, mi sento in colpa e sussurro
-Credo che sia anche colpa mia. Insomma, come sta Bill?
-Ma sta benissimo, le frignate sono routine, ormai. E anche te, amico, piantala di fare la prefica!- grugnisce Tom, guardandomi con una leggera smorfia di disappunto.
-Lui starà anche benissimo, ma io no!- sindaca Georg – Sono stato in piedi fino alla tre per consolarlo, metterlo a letto e fargli la tisana alle erbe. Poi mi ha chiamato Gustav per lamentarsi che in casa non c’erano più wurstel, e consola anche lui fino alle quattro. Poi ho dovuto dormire sul divano, che come sai è scomodo e duro come una pietra nella schiena. Mi sono alzato alle sette, per preparare uno straccio di colazione e perché avevo preso l’impegno di aiutare la vicina a caricare la macchina per il viaggio in Belgio. Quindi mentre tentavo di assopirmi, mi chiami te. Permetti che mi senta uno straccio?
-Mi fai sentire in colpa, Georg.- lancio un’occhiataccia a Tom.
-Ma tu non potevi saperlo. Tom sì! Toh, Bill si è svegliato.- sentiamo Georg urlare – Bill, c’è tuo fratello al telefono!
E poi un sordo rimbombo che assomiglia a un
-Vaffanculo, digli che non lo voglio più vedere, con me ha chiuso! E poi, Georg, perché mi dai il latte di capra? Mi fa schifo! Fa ingrassare! E i biscotti, ti sembrano biscotti che possa anche solo azzardarmi a mordere? Sono pieni di grassi saturi, e di zuccheri. Voglio della marmellata, e del pane. Ma integrale, non bianco. E la marmellata la voglio frullata, non con i pezzetti di frutta mollicci. E questa che roba è? Dio, del burro salato. Non posso permettermi di prendere peso. Dammi qualcosa di ipocalorico, e quella mela è marcia, io non la mangio. E le banane, Georg! Che schifo, sono flaccide … - e via discorrendo di questo tenore.
-Bill, se non ti piace quello che ho proposto, puoi andare pure a farti inculare!- abbaia il nostro bassista, che deve avere altro che nervi a fior di pelle.
-Magari mi inculasse Tom su questo tavolo, per esempio non sarebbe malaccio- strilla il cantante da quella che presumo possa essere la cucina.
Io e il chitarrista ci scambiamo un’occhiata stranita, e ci arrischiamo a chiedere
-Ma che ha detto Bill?
-Niente!- urla Georg – Assolutamente niente, le sue sconcezze da luna storta, si sa.
-Perché ha fatto il mio nome?- Tom si gratta la guancia.
-Il tuo nome? No, affatto! Nessun nome, hai capito male.- si affretta a riparare Geo.
Peccato che anche io abbia sentito chiaro e tondo risuonare il nome di Tom; allora avevo ragione quando mi ero ritrovata ad associare il nostro raccordo elettrico a un perfetto triangolo di neuroni ed elettroni. È innamorato del suo gemello. E non mi pare affatto il tipo di amore che può cambiare repentinamente. Deve essere qualcosa che va al di là della comprensione umana, qualcosa di talmente fisico e mentale da essere praticamente indistruttibile. Forse che esiste già da quando sono nati, una cosa talmente insita dentro da non poter essere distrutta da un esterno, da un terzo incomodo. “Però potresti fare perno su Tom” mi suggerisce Violenza, facendo capolino nel mio cervello “Approfittarne e costruire qualcosa, per poi strisciare subdolamente verso il tuo obiettivo”. Ma mi sembra meschino, e poi chi dice che Tom voglia costruire qualcosa di più con la sottoscritta? “Beh, intanto ti ha dato il bacio del buongiorno. E poi è rimasto qui, a guardarti imbambolato. Non penso che sia tanto scontata come cosa” suggerisce Charme. Però che farei allora? Non sono mai stata fidanzata con nessuno, non so nemmeno dove si deve cominciare, ma ci pensa Charme, come al solito “Non devi imparare a essere fidanzata, Jimmy. Devi solo seguire il ritmo delle onde,lasciarti trasportare dalla loro risacca”. Ma il mio amore non sarebbe dettato dal cuore, ma dalla testa. Che c’entra? “C’entra, cretina” mi rimbrotta Violenza “Secondo te lui è veramente innamorato di te? Ma figuriamoci! È solo un’infatuazione, la sua. E poi, dai: è Tom. Giocate finché siete bambini, avete ancora tempo per crescere”. “Violenza ha ragione, piccola Sasha” mi suggerisce Charme “Provaci con Tom, segui il corso del suo vento e vedi dove ti porta. Bill è lì, dietro l’angolo. Devi solo avvicinarti un po’ di più. E poi appunto, è il ragazzo dei tuoi sogni”. Forse hanno ragione, anche se mi sembra di stare rubando un pezzettino di sogno a lei. Ma tanto, a questo punto, non siamo forse diventate la stessa persona? Quindi, che problema c’è?
Tom borbotta e bestemmia ancora un po’ con Georg e poi butta giù, infilandosi la maglia sbuffando
-Ma non c’è vita con quei tre lì. Sono una palla al piede assurda.
Sorrido debolmente, accendendomi la prima sigaretta della mattina. Oggi ho il turno al pomeriggio in officina, ed è un gran bene. Mi alzo dal letto, facendogli segno di seguirmi giù in cucina. Non ho molto, ma forse qual cosina per tirare fuori una colazione abbordabile lo pesco.
Al contrario di ieri sera, non ridiamo e non ci soffochiamo con il nostro stesso riso infantile; semplicemente, rimaniamo in silenzio totale, come se fossimo muti. Lui si siede su una delle sedie scassate, seguendo con gli occhi il mio corpo che scatta da una parte all’altra della cucina a mettere insieme due tazze di caffè nero bollente e qualche pezzo di salsiccia avanzata da due sere prima. Non parla, mi guarda e basta, immerso nei suoi pensieri, la testa posata sul palmo della mano e un’espressione dolcemente assorta e filosofica. Io sembro uno di quei pupazzi meccanici che si vedono nei film, nessuna smorfia facciale mi tradisce, nessuna esitazione mi fa vacillare. È come se quello che è successo questa notte fosse stato solo il sogno di una notte di mezz’estate, una fugace visione nella tempesta, una fuga estemporanea dalla realtà, un momento metafisico che ha avuto la sua conclusione e che ci lascia storditi e addormentati, come se fossimo stati appena sputati fuori da Dietro lo Specchio, rotolando di nuovo fuori dal buco del coniglio bianco, dopo aver bevuto le pozioni ingrandenti e rimpicciolenti, affetti da quella tipica sonnolenza che accompagna nei viaggi ontologici nel nulla assoluto e nel tutto perpetuo.
-Jimmy.
Mi fermo, girandomi lentamente su me stessa, fino a focalizzare Tom, con la tazza di caffè in mano e i dread scompigliati sulla schiena, i grandi occhi scuri posati sul mio viso, curiosi.
-Dimmi.- dico, con un sibilo, sedendomi di fronte a lui. Vorrei sorridere ma non riesco a farlo. Ma quando capisci che il Gatto del Cheshire è l’unico che ha la licenza di sorridere veramente, allora che sorridi a fare? Tanto ci sarà sempre un gattone che lo saprà fare meglio di te.
-Io …
Non allunga la mano, non tenta di toccarmi, si limita a fissarmi. C’è un vetro di fumo blu come il Brucaliffo a separarci, e non puoi oltrepassarlo se lui non te lo dice.
-Solo sesso, amici come prima?- lo precedo. Bene, il piano va a puttane ancora prima di essere espresso. Ottimo lavoro, Jim, hai di nuovo ribadito il fattore più importante di te: sono un giocattolo. Sono il vostro pupazzo assassino. Sono un Cappellaio Matto che appare e scompare quando meno ve lo aspettate, e ricordatevelo bene: il Cappellaio non aspetta nessuno. È la vostra ora di correre, la mia è finita da un pezzo.
-Ah.- vedo le sue spalle mollare tutta la tensione accumulata, come si sgonfiasse. Il Coniglio Marzolino ha appena iniziato a correre, qualcuno gli dica che la corsa è finita da troppo tempo. – Quindi … per te … ascoltami.
Alza di nuovo lo sguardo e torniamo a fissarci, con le tazze della festa in mano.
-Per me … cioè, oh Cristo, come … sei diversa.
Grazie Tom, aspettavo te per l’Illuminazione.
-Voglio dire, non offenderti, che non ho mai fatto così con nessuna tipa prima. Cioè, manco sapevo i nomi. Non so, è stata una cosa diversa, stanotte. Sei la prima con cui parlo, con cui rido, con cui faccio commenti, con cui faccio scommesse che di solito faccio con i miei amici.
Sei solo l’amica di tutti, Jim, lo sapevi. Non sarai altro che l’amica di tutti.
-Sei pazza, Jimmy, non sei normale, ma non penso di esserlo nemmeno io. Non so bene che ti passa in quella testa, forse ci conosciamo da troppo poco tempo.
Non esiste il tempo a Sotto Mondo.
-Però … per me non è stato solo sesso. È stato qualcosa come una scommessa.
È un modo carino per allontanarmi da te per sempre?
-Ok, non so parlare, ma … non vorrei che finisse tutto qui, con una tazza di caffè rancido, due salsicce mal cotte, una cucina buia e due ragazzi seduti in cucina che si guardano come se fosse l’ultimo giorno delle loro vite. Che tornassimo a essere il mito e la fan, o due amici che si intendono alla perfezione.
Corri, Alice, corri più veloce. Scappa dal Ciciarampa, più veloce, cavalca la luna.
-Vorrei provare a fare una piccola mutazione alla situazione squallida in cui siamo finiti io e te.
Allora lo dici che sono un rigetto di periferia?
-Solo tentare, senza impegno e senza lacrime, solo non far finire tutto, ma continuare qualcosa che sento che nasce ma che non vuole uscire.
Dai, Coniglio Bianca, esci dalla tana.
-Quindi, Jimmy io … cioè … vorresti provare qualcosa di più che un’amicizia?
Alice sta morendo, Alice sta precipitando, Alice non ci vede più.
-Proveresti a essere la mia ragazza?
Alice è caduta nel buco.
 
 ***
Buonasera donne! Come va? Io bene, perchè mi è andata bene la versione di greco (*-*) e perchè ho pubblicato. Il capitolo non è stato riletto, ma spero che vi sia piaciuto comunque. Tom, oh Tom, ti sei innamorato (?) della persona sbagliata .... che farà ora Bill? E Jimmy? Come gestirà il casino dove lei stessa si è ficcata? Boh, lasciamo tutto alle Moire e al Fato ... ho provato a mettere qualche accenno un po' più spinto, ma non ce l'ho fatta, sorry a chi l'aveva chiesto. Sono capace a scriverli solo slash, ditemi voi ahahahah!
Basta, mi nascondo, grazie a tutte un sacco e mi raccomando, per questo capitolo almeno una recensione ma la dovete dare! Ho anche cercato di sbrigarmi!
Un bacione fortissimo a tutte voi,
Charlie :*

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Capitolo 14
*** Tom, sei davvero una lagna! ***


CAPITOLO QUATTORDICI: TOM, SEI DAVVERO UNA LAGNA!

Cristo. È l’unica cosa che riesco a pensare in questo momento, con gli occhi mezzi chiusi dal sonno, una tazza di caffè irrancidito davanti insieme a un piatto di salsicce bruciacchiate, questo buio pesto e questo odore troppo pesante di quello che sembra polvere da sparo, il suo viso da bambola che mi fissa vuoto e spaesato. Ho fatto la seconda stronzata nel giro di poche ore, sono veramente un genio. C’è troppo silenzio in questa stanza, un silenzio di tomba che non mi piace. Che diavolo farà dopo questa confessione? Mi caccerà di casa e non vorrà più vedermi? Non so se lo potrei sopportare. Cazzo, cazzo, cazzo sono davvero nei casini. Accidenti a me e al mio poco tatto … ho rovinato tutto, come al solito. Ma non l’ho fatto apposta, per me è una cosa così nuova. Voglio dire, non saprei dire un nome che sia uno di una persona di cui mi sia innamorato. Poi arriva lei, con i suoi occhi vuoti, le sue braccia piene di tagli e lividi, i suoi vestiti sciupati. Arriva lei, che ti guarda come se fossi qualcosa di completamente nuovo, che ti parla come se fosse solo di passaggio sulla Terra, che non ha niente di normale. Arriva lei, che non si fa prendere in braccio ma che si fa scopare, che sorride timidamente e diventa rossa per un nonnulla e poi è capace di fare scommesse e reggere alcol quanto un marinaio di bassa lega. Arriva lei, che vive in una casa buia e inquietante, che sa tutte le nostre canzoni a memoria senza perdersene una, che ti tratta da suo pari ma al contempo come se fossi qualcosa di troppo elevato, che ti prepara la merenda come fosse normale. Arriva lei, che ti scombussola completamente, che ti manda fuori fase, che comincia a prendersi dei piccoli pezzi del tuo cuore, che si mette in luce come se davvero fosse diversa e contasse qualcosa , che comincia a sgomitare per prendersi la scena. Arriva lei, che ti fa innamorare.
Continuo a guardarla, e non so nemmeno io cosa mi è passato per la testa quando le ho chiesto se volesse mettersi con me. Non è che in fondo la conosca poi così bene, sono solo i sentimenti contrastanti e tempestosi che animano il mio cuore, che confondono, che attaccano a sragionare. Potrebbe essere però un nuovo inizio, il mio nuovo inizio. Qualcosa per provare, non è detto che duri, non è detto che sia la vita, è solo qualcosa per differenziarci dal resto delle nostre giornate. Oppure per non essere anche tu fottutamente solo come tuo fratello. Che poi, diciamo tanto che Bill è il nostro single depresso, ma perché io cosa sono? Sono single, anche io, dopotutto. Ok, non sono depresso, certo che no. Però in fondo io e lui siamo dannatamente uguali, siamo una goccia d’acqua che cade veloce verso il lago. In realtà, c’è qualcosa dentro di me che sta urlando e piangendo; c’è troppa tensione in questa stanza, ci sono troppe parole in sospeso, ci sono io che mi sono completamente scoperto per lei e lei che si è troppo corazzata per me. Voglio che dica sì. Non posso pretenderlo, ma lo voglio con tutto me stesso. La voglio al mio fianco, voglio che sia qualcosa di più che una buona amica. So che sboccerà, un giorno lontano, come quelle rose bianche della nonna, così tardive a sbocciare. Le rose d’inverno, e me le ricordo ancora, anche se eravamo ancora bambini. Quei pomeriggi d’inverno, io e mio fratello nel giardinetto della nonna, io che scrivevo i nostri nomi sulla neve fresca e friabile e lui che si faceva le coroncine di rose bianche e rosa. Erano le nostre rose del gelo, quelle che fiorivano giusto quando andavamo dalla nonna, a giocare con la neve. Quelle con cui la nonna faceva quel delizioso the che bevevamo a merenda. Su, Jimmy, vorresti essere la mia nuova rosa d’inverno? L’aveva anche scritto, mio fratello, su quel benedetto quadernetto a fiori “Rosa d’inverno, ti porta all’Averno, rosa d’estate, strade sbagliate”. Mi aveva spiegato, con quel suo sorriso innocente e brillante, che le prime rose sono quelle che ti fanno patire che ma che in fondo sono per sempre. Le seconde, sembrano perfette ma sono volubili e incostanti.
-Sei la seconda persona che mi chiede una cosa simile.
Quasi sobbalzo a sentire la sua voce bassa e roca risuonare nella cucina. La guardo, ma lei è concentrata a rimescolare col dito il caffè, la frangetta che le copre il viso pallido, il maglione verde che le fa quasi da vestito. Non le rispondo, aspettando che continui a parlare.
-Sai, Tom, in realtà una volta me l’aveva chiesto Christiane.- alza lo sguardo su di me, e posso vedere i suoi splendidi occhi illuminarsi di una luce nostalgica, nonostante le sue labbra siano piegate in un vago sorriso che ha qualcosa di dolce in fondo.
-Chi è?- mi trovo a sussurrare, quasi controvoglia. Ma lei in qualche modo mi rapisce, e non saprei nemmeno dire come.
-Christiane era una mia cara amica.- si scosta la frangetta dal viso, alzandosi silenziosamente e scostandosi i capelli dal viso rotondo – Vedi, avevamo quindici anni e lei mi aveva chiesto, una mattina, uno dei soliti pomeriggi passati a vagare senza meta, vicino ai cancelli della fabbrica metallurgica appena fuori Mag se volessi provare a essere la sua ragazza, se avessimo potuto trasformare la nostra amicizia in qualcosa di più. Ora che ci penso, aveva usato le tue stesse identiche parole, proprio uguali. Sai, Tom, Christiane aveva gli occhi verdi, sempre troppo malinconici per una ragazza della sua età.
-E tu le avevi detto di no?- sussurro io. Voglio dire, sta cercando un modo carino per dirmi di no? Oppure è semplicemente la sua follia?
Jimmy mi sorride, avvicinandosi un po’ e sedendosi sul bordo del tavolo, bevendo un po’ di caffè con estrema tranquillità. Sembra stia quasi sognando.
-Pioveva un sacco quel giorno, mi ricordo l’acqua che scorreva sui nostri visi e ci impregnava i vestiti e i capelli. Mi ricordo anche l’odore che aleggiava davanti a quella fabbrica, qualcosa che sapeva di pioggia acida e fumo nero come il cielo sopra di noi. Io avevo lo skate, lei la vecchia bici rossa. Aveva i capelli ramati, lunghi e gocciolavano un sacco per colpa di quella dannata pioggia. Anche il suo modo di vestire molto anni 70 era divertente, con quegli stivaletti col tacco alto e i chiodi di finta pelle, e i jeans troppo stretti, e le maglie troppo larghe.- Jimmy si passa una mano tra i capelli corvini, sospirando. È bella, dannazione. È bella di una bellezza quasi aliena – Mi aveva preso la mano e mi aveva detto le stesse tue parole, Tom. Solo che lei era una mia vecchia amica, e si impappinava con le parole, invece tu sei stato così sicuro di te … e a lei tremavano un po’ le mani, mentre tu sei stato così diretto.
A questo punto non capisco se ho fatto bene o male, e vi giuro, ho paura. Non so di cosa, ma ho paura dentro.
-Christiane era una persona fantastica. Aveva una forza d’animo invidiabile, era sfacciata e anticonformista. Era semplicemente una persona così speciale. Poi io l’avevo baciata, sai?
Vorrei interrompere a questo punto, ma preferisco aspettare la fine della storia. Ho come il presentimento che sia come una favola con la morale per il sottoscritto.
-Quindi, ci eravamo messe insieme. Sì, io e Christiane saremmo state una coppia fantastica. Davvero, Tom, non scherzo. Eravamo fatte per stare insieme, ce lo dicevano tutti, e così alla fine eravamo collise insieme. Sarebbe stato bellissimo.
-Jim, che è successo a Christiane?- le dico, prendo un profondo respiro mentre le prendo una mano. E giuro che quando me la stringe e non la molla rimango come un idiota. Ma un idiota felice.
-Sì, io e lei eravamo una coppia al fulmicotone. Ma poi la mia Christiane se n’è andata per sempre. È scomparsa col fumo delle fabbriche.
Porca puttana. Anche questo mi tocca sentire. Tom ma che razza di disastro ti sei andato a cercare? Le stringo più forte la mano, accarezzandole il dorso con delicatezza. Ed è la prima ragazza a cui tengo la mano e che tento di consolare.
-Dio, Jimmy, mi dispiace, io, senti, non volevo, non sapevo …
-Oh no, Tom!- Finalmente mi guarda, e ci vedo il fantasma di una lacrima dietro le sue pupille – Ti prego, non scusarti. Christiane non è morta, cos’hai capito.
Non so nemmeno perché, ma mi ritrovo a lasciare il respiro che avevo tenuto sino a quel momento.
-Se n’è andata lontano. Era passato meno di un mese dal giorno in cui avevamo deciso di stare insieme per sempre, quando l’hanno portata via. Non saprei spiegarti com’è successo, e non penso nemmeno che in fondo te ne possa fregare qualcosa, ma l’hanno trascinata via in macchina, verso Colonia. Si trasferivano, sai? E lei non ne sapeva nulla. E mi è toccato stare a guardare quella macchina che scompariva nella pianura sapendo che sopra, che ancora si sbracciava e mi urlava “Tornerò, Jimmy, ti amo” c’era Christiane, la mia migliore amica, la mia ragazza. Sono quasi passati cinque anni, ma non l’ho più vista, e nemmeno sentita. È scomparsa quel giorno, su quella macchina, in mezzo alle lacrime del gruppo e alle urla di battaglia che strillavamo per ricordarle che lei sarebbe sempre stata una di noi. Lei non vi ha mai sopportati, dico davvero. Scimmiottava tutte le vostre canzoni, ma prima di andare aveva canticchiato assieme a me 1000 Oceans. Penso di aver pianto quel giorno, ma non ricordo assolutamente. È stata la prima e ultima persona ad avermi detto Ti Amo, ma avevamo solo quindici miseri anni. Non credo conti.
-Senti Jim io … mi dispiace tanto. Per te, e per Christiane. Davvero, è una cosa orrenda.- comincio a impappinarmi come ogni volta che voglio mostrarmi sinceramente dispiaciuto per qualcuno. Ora, per lei, lo sono davvero. – Quindi, voglio dire, se per te è un problema quello che ti ho detto, ritiro tutto, cioè …
Cazzo fai Tom? Ma dove diavolo è finito il Tom Kaulitz menefreghista, che schitarra senza pensare a niente, che scopa e niente altro, che beve e che si droga? Dove sei andato a nasconderti vero Tom? Mi sta divorando vivo questa ragazza, mi distrugge ogni volta che mi guarda. Porca puttana, sono fregato.
-Tom.- Si gira e scende dal tavolo, stringendomi la mano ancora più forte e sorride dolcemente, tutta arruffata e semi nuda – Sei la seconda persona che me lo chiede, te l’ho detto. E forse questa volta mi andrà bene. Voglio essere la tua ragazza. So che tu resterai e non scomparirai come ha fatto Christiane.
E mi basta allungare un po’ il collo che ci baciamo di nuovo, lentamente, dolcemente. Hai una ragazza fissa, Tom. Che traguardo spettacolare.
-Non ti vedevo molto il tipo da ragazza fissa.- commenta Jimmy, staccandosi da me e tornando alla sua colazione. Ride.
-E io non ti vedevo molto la tipa che si va a mettere con me.- sogghigno. – Senti, non vorrei sembrarti maleducato ma … perché mi hai raccontato quella storia?
Mi guarda in tralice e per un attimo mi pento amaramente di aver fatto questa domanda da ficcanaso. Non dovrei farle troppe domande, in fondo. È una cosa così la nostra, sembra un semplice rito di transizione, posso anche evitare di sapere troppo di lei. Più so, peggio è.
-Perché dovevo raccontarla a qualcuno.- si alza e butta i piatti e le tazze dentro il piccolo lavello – Ci convivevo da troppo tempo. Ti ho fatto cadere un mito?
-No, assolutamente.- non so perché ma mi trovo a dover distogliere lo sguardo dal suo, dal suo sorrisetto strano.
-E’ stata una grande condizionante, il fatto che Christiane se ne sia andata. Nessuno mi ha mai considerato più che “l’amica di tutti”; per la nostra mentalità io ero di Christiane, e Christiane era di Jimmy. Però io non l’ho mai considerata da questo punto di vista. Tanto ormai lei è qualcosa che appartiene al passato. Quindi.- si gira verso di me e finalmente io mi decido a prenderla per la vita e a stamparla un bacio sulle labbra – Sono così contenta che il mio eroe mi abbia tirato fuori da questa fastidiosa situazione stagnante.
-La consideriamo andata, allora?- rido io, sentendomi quasi sollevato.
-Andata, Tom. E ora scommettiamoci una birra che io riesco a scendere le scale con lo skateboard senza ammazzarmi e tu no.
Eh eh, sì, ma lo sai con chi stai parlando? No, bamboccia, non lo sai perché se no non ti saresti mai lanciata in una sfida persa in partenza. Cioè, io, Tom Kaulitz, il più grande, fantastico, divinamente divino skater del sistema vuoi che non sappia scendere due rampe di scale in corsa? Figurarsi, dopo tutte le discese e le capriole con successive cadute fatte prima a casa, con conseguente sgridata della mamma, poi a scuola con sospensione, poi negli alberghi con lavate di capo memorabili. Vediamo chi è lo skater più bravo, coraggio. La sfida è aperta.
 
-Sinceramente? Fottiti.- la guardo malissimo, mentre mi massaggio il gomito sbucciato e mi tengo la borsa del ghiaccio sulla tempia, mentre nel contempo Jimmy mi stecca la caviglia.
-Fottermi? E perché?- scoppia a ridere, finendo di farmi la steccatura di fortuna per la mia caviglia distrutta, schiacciandomi con più forza il ghiaccio sulla faccia e strappandomi un rantolo d’agonia – E su, come sei esagerato. Sei solo caduto dalle scale!
-Solo?- mugolo, cercando di non piagnucolare quando mi versa l’alcol sulla vistosa abrasione che mi percorre mezzo braccio. – Sono incidentato!
-Dai, Tom, ti facevo un tipo più stoico.- mi fa un sorriso a trentadue denti, tamponandomi il braccio col cotone – Mi sono fatta molto di peggio.
-Ma tu … tu sei abituata, io no!- tento di difendermi, guardando con aria addolorata il livido che mi copre tutto il ginocchio.
-E piantala, frignone.- Jimmy continua a ridere del mio incidente finendo di medicare lividi, abrasioni e slogature dovute alla mia straordinaria caduta. E io che pensavo di vincere seriamente, invece no, mi tocca anche offrirle una dannata birra. Però accidenti al cazzo, io come facevo a sapere che oltre a scendere da quelle maledette scale bisognava anche fare lo slalom tra i Gormiti e i Lego?! Prima mio fratello, adesso io: queste scale saranno la nostra rovina, lo sento nel cosmo che si espande! (E al diavolo Bill che mi ha attaccato la malsana mania dei Cavalieri dello Zodiaco)
-Va un po’ meglio?- chiede Jimmy, guardandomi con un sorriso misericordioso.
-No. Voglio la mamma.- borbotto, incrociando le braccia e guardandola con una smorfia. Perché quando serve la mamma non c’è mai?
-Io non conosco tua madre, ma se ti va posso chiamarla e dirle che sei caduto dalle scale della casa di una tua fan cercando di imitarla nel farsele tutte con lo skate attraversando la Barriera. Non so quanto poi possa essere fiera di te, dopo.
Lei continua a sghignazzare impunemente e io mi limito a scuotere la testa facendole il medio. Sì, ci manca mia mamma e poi sono a cavallo … è la volta che mi disereda di colpo senza il minimo ripensamento.
-A questo punto, andiamo a casa mia? Che più di tanto Bill da solo non ci vuol stare, e mi sembrerebbe di approfittare del grandissimo cuore di Georg a lasciarglielo ancora in custodia.
Mi alzo ma ricado subito per terra con un gemito prolungato. La caviglia, cazzo, la caviglia … mi fa troppo male, troppo, sono sicuro che me la dovranno amputare!
-Forza, Tom, sei davvero una lagna. In piedi, camerata!- Jimmy ride ancora (ma guarda te che bastarda), afferrandomi per il polso e tirandomi in piedi con forza inaudita. Ci manca poco che rovini per terra la seconda volta nel giro di mezz’ora.
Mi trascina fuori dalla casa, chiudendola con quel metodo assurdo delle cinquanta chiavi, e parte a passo di carica, mentre gli zoppico dietro bestemmiando in tutte le lingue. Sembra mio fratello, ogni volta che mi succede qualcosa sa sempre come farmi patire le pene dell’Inferno. Come quando mi trascina a fare shopping selvaggio per un intera giornata urlando ininterrottamente per un giorno intero (e ok che è un cantante e che le corde vocali ce l’ha più che valide, ma qualcuno mi deve spiegare come fa a riuscire a strillare così tanto e averne ancora per la sera), saltando per ogni sacrosanta vetrina da battone che vede (e sì, una volta siamo dovuti entrare in un negozio veramente da battone, e sono riusciti a scambiare lui per una prostituta, io per il suo protettore. E Bill rideva anche.), rubando la roba dalle mani delle persone (e costringendomi a fughe di conseguenza per conquistare la cassa prima che il derubato in questione cerchi di riprendersi il capo interessato), facendomi portare tutte le borse (e davvero, una volta ho rischiato di svenire dopo che mi aveva scaricato addosso l’ennesimo paio di stivali rosa fucsia con i brillanti), chiamandomi costantemente “amore del tuo fringuello” (quel momento imbarazzante quando tenti inutilmente di tacchinarti una commessa mentre aspetti che la principessa esca da quel benedetto camerino, ma lui se ne esce con i suoi “Amore del tuo fringuello, ti piaccio, sono bellissimo, vero?” più inevitabile bacino a schiocco e la commessa in questione, che fino a un momento prima a stento ti considerava e che si profonde in un “Oh Mio Dio, che carini che siete, ho sempre adorato le coppiette gay come voi!”), e trovando anche la forza di sgridarmi se non sono felice di accompagnarlo. E poi c’è gente che dice anche che io non coccolo abbastanza mio fratello.
Camminiamo in silenzio per le strade semi vuote, a braccetto stile vecchi signori, e non so perché, visto che solitamente le coppie normali non vanno a braccetto, ma per mano. Ma come dire, non mi sembriamo tanto una coppia canonizzata, quindi a questo punto, chissene frega, no? La guardo un po’, silenziosa, con una sigaretta in bocca, il berretto calcato in testa e i capelli sciolti che le coprono tutta la schiena e le spalle. Non posso fare a meno di notare il profilo del viso, il naso un po’ storto di chi se l’è rotto e l’ha lasciato aggiustarsi da sé, una vecchia cicatrice sulla guancia, i piercing e gli orecchini che brillano alla luce nebbiosa di Magdeburgo la mattina. Le ciglia lunghe e nere che ombreggiano gli occhi tenuti costantemente sul selciato uggioso, nemmeno il più lontano trucco, solo pelle pallida con un lievissimo accenno rosato sulle guancie. Wow, da quando sono diventato un osservatore così attento? Mi faccio i complimenti da solo. Siamo trasandati tutti e due, vestiti praticamente uguali, stesso berretto, stesse scarpe, stessi stracci sformati e stessa faccia da morti di sonno. Una coppia della Madonna, proprio.
-Che hai fatto al naso?- chiedo, per interrompere il silenzio pesante che era calato su di noi dopo che siamo passati davanti al cimitero comunale. Beh, ma forse una storia è anche fatta dal silenzio, no? Come osservarsi muti e studiarsi senza bisogno di ulteriori spiegazioni. O almeno, è così che la vedo io, il profano per eccellenza che si sta avviando in una dimensione completamente sconosciuta.
-Me l’hanno rotto.- risponde, dandomi una specie di testata sulla spalla.
-Cosa!?- sbatto gli occhi – Ma chi è stato quel figlio di puttana che …
-No, Tom, stai tranquillo. Non devi vendicarmi.- ride, sorridendo in quel modo così dolce e infantile, ma stranamente adulto e malizioso – Era scoppiata una rissa, di quelle che scoppiano praticamente ogni santa sera, e io c’ero finita dentro, ovviamente. Un pugno di qui, un calcio di là, morsi, unghiate. Io ci ho rimesso solo il naso, per fortuna. Si è aggiustato da solo, ecco perché ho un naso orrendo.
Si tocca il ponte nasale, sfregandoci le dita sopra con una smorfia.
-Secondo me non hai affatto il naso orrendo; cioè, beh, ne ho visti di più belli, sicuramente, ma il suo effetto lo fa!
Mi sorride, stampandomi un sonoro bacio sulle labbra.
-E allora vedrò di fidarmi. E tu, perché suoni la chitarra?
-E’ una storia lunga e pallosa. Sei sicura di volerla sapere?
-Era la prima della lista di domande che avevo redatto nel caso che fossi riuscita a partecipare a qualche meet&great, o roba simile.
-Beh, t’è andata meglio che un meet&great, che dici?
-Uhm, sì. Diciamo che mi è andata un po’ meglio.
Le do una spinta che lei ricambia subito, facendomi piagnucolare dal male al piede.
-Correva il lontano anno 1996, all’epoca dei nostri fiorenti sette anni. Era il giorno del nostro compleanno, e come tutti i bambini di sette anni la prima cosa che avevamo detto appena svegli era stata “Dove sono i regali, mamma?”. Lei ci aveva portato giù in salotto, dove c’era una quantità di pacchetti e pacchettini enorme, fra cui spiccava una casa delle bambole per Bill da fare impressione. In realtà gliela avevano presa al Rigiocattolo gratis, era anche mezza scassata, ma non dirlo a Bill. Lui è ancora convinto che fosse la casa delle Barbie che vedeva sui cataloghi dei negozi da ricchi. Beh, Bill si era quindi puntualmente messo a giocare con tutte le sue Barbie finte nella casa nuova, e poi mi aveva detto “Dai, Tomi, perché non canti con me la ninnananna a Moni e Stella?”. Io quindi, mi ero trovato costretto a intonare a squarciagola una canzoncina della buonanotte con lui per le sue stupidissime bambole, e mi era venuta la geniale idea di provare a strimpellare la balalaika di nostro nonno per tenergli compagnia nel tentativo di far dormire Moni e Stella. E quando avevamo finito, lui mi si era buttato a pesce sopra strillando che secondo lui suonavo benissimo, e che avrei dovuto suonare per tenergli compagnia nelle sue cantatine pomeridiane. Quindi, l’anno dopo, nostro zio mi aveva messo in mano la sua chitarra classica e aveva attaccato a darmi lezioni di musica. Non è che fossi sto genio come mi descriveva Bill, però me la cavavo. E poi mi divertivo, anche se all’inizio suonavo solo le sigle di Kim Possible e dei Power Rangers. Arrivati a compiere undici, dodici anni, ci siamo appassionati alla musica vera e propria. Alle canzoni, alle band dei tempi che furono, e cominciammo a impegnarci a fare delle sorte di cover delle loro canzoni. E sai, a me a Bill piace scrivere i testi delle canzoni, e se prima erano delle gran stronzate da dodicenni, poi sono maturate fino a diventare qualcosa di più serio. Quando hai quattordici anni, cominci a renderti conto di tutte quelle cose di cui prima a stento capivi il senso. E così anche la musica ha preso un po’ quella strada; perlomeno, per noi era un gran divertimento, ma anche una sorta di forma anticonformista che tiravamo fuori contro i problemi che inesorabilmente sorgono a quell’età. E poi, va beh, penso che il resto tu lo sappia. Di come abbiamo conosciuto i G&G, e di tutto il resto. Cioè, la musica in fondo è un modo per ribellarsi a qualcosa che non piace. Non per tutti, ovviamente, però almeno per noi quattro lo è. Capisco che forse non è chiaro, che il nostro in fondo è solo pop anche abbastanza mainstream, ma per noi è comunque una via di uscita da qualcosa che in fondo è stereotipato come la vita. Suonare è un modo per parlare con la gente, anche una sorta di confronto che esiste tra te e il tuo fan, o anche il semplice ascoltatore. Uno prova, prova a farsi sentire, a dire qualcosa a qualcuno. Se poi ci riesce, bene. Se no, pace. La prova ci è stata, il confronto offerto di scambiare dei sentimenti è avvenuto. Non tutti trovano lo stesso modo per evadere dalla realtà e crearsi una proprio utopia dove poter coesistere. La mia, la nostra, è la musica. La mia utopia è la chitarra, un  mondo parallelo dove posso trovare rifugio quando serve. Un po’ come un sogno ad occhi aperti che mi fa estraniare da tutto, e anzi, che mi aiuta a superare solitamente la vita vera in generale. La chitarra è un po’ il mio tutto, a questo punto. Vivo per lei, è la mia chimera. Basta, non saprei che altro dirti su una cosa del genere.
Incontro i suoi enormi occhi viola, sgranati come due ametiste. Cavolo, è stata la prima volta che mi sono messo a raccontare tutti i miei problemi di utopie e fantasie a qualcuno che non sia il mio gemellino adorato, o ai G&G. E a una ragazza, poi. Davvero, Jimmy, che mi stai facendo? Perché mi leggi dentro come fossi un libro, come fai a tirarmi fuori tutto quello che nascondo dietro strati di muso duro, come mi liberi dei miei segreti più nascosti? Che fottuto trucco usi, dannata ragazzina?
-E’ stato un discorso molto bello, Tom. Mi ricordi tanto Gloria, sai?
Abbassa lo sguardo, guardandosi il grande anello che porta al pollice, con una grande pietra nera e verde sopra. La sento sospirare tristemente, mentre mi guarda con un misto di nostalgia e una punta di sollievo, in fondo in fondo.
-Chi è Gloria?
-Oh, nessuno. Davvero.- si passa una mano tra i capelli, nervosamente.
Faccio finta di niente e mi blocco giusto davanti a casa nostra e apro la porta, dandogli due calci per avvisare Bill del mio arrivo.
-Bill, sono a casa!- urlo. E ditemi che non si è addormentato davanti alla tv come l’ultima volta.
-Toooom? Tom, sei arrivato? Guarda, non … - si sente la voce acutissima di mio fratello giungere dalla cucina.
-Ciao Bill, ci sono anche io!- strilla Jimmy, guardandosi attorno nel nostro casino assurdo come se fosse appena arrivata in paradiso.
In mezzo secondo vediamo mio fratello scaraventarsi in salotto da noi, guardare prima me, poi Jimmy, poi di nuovo me e poi Jimmy, vestito con una vestaglia nera di raso e con un paio di guanti di seta nera senza dita bordati di pelliccia, gli occhi comicamente dilatati, la boccuccia perfetta spalancata.
-Salutare non sarebbe malvagio, eh?- commento, rendendomi conto dell’espressione leggermente interrogativa di Jimmy.
-Tu … tu … - Bill mi guarda, puntandomi contro un dito – E Jim … Tu … Jim …
-Bill, ti senti bene?- Jimmy fa per prendergli una mano, guardandolo con preoccupazione forse esagerata (quando sono caduto dalle scale invece rideva, la stronza).
E poi vedo il mio gemello scoppiare in un piano dirotto, senza freni inibitori, e correre senza voltarsi su per le scale, sentendo la porta di camera sua sbattere rumorosa come uno sparo in pieno petto.
 
 ***
Ciao figliole! Sarò breve: intanto grazie mille a tutte per il sostegno che mi date *-* continuate così, per favore! Poi, volevo scusarmi se anche stavolta non ho riletto il capitolo per mancanza di tempo (facciamo che vi avverto quando li ho riletti i capitoli, vah, che non li rileggo mai alla fine ahahah). Infine, capirò che l'inzio è abbastanza incomprensibile, ma tranquille che presto verrà tutto svelato, compreso (sempre che a qualcuno interessi) il passato di Jimmy ( che è un mistero anche per me ma ok!)
Quindi, ancora grazie mille, un bacione e buona scuola domani
Charlie :-*

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Capitolo 15
*** La Reginetta è tornata! ***


CAPITOLO QUINDICI: LA REGINETTA E' TORNATA!

-E lui ... lui e lei … lei e lui … e io … Gustav, fai qualcosa!
Stringo spasmodicamente il cellulare tra le mani, grosse lacrime che mi colano sulle guance, trascinandosi dietro quattro quintali di trucco appena fatto, abbarbicato sul mio letto e affogato tra i peluche.
-Bill, ti prego calmati, per favore, che diavolo è successo?- la voce tranquilla, paciosa e rassicurante del mio biondo preferito rimbomba nel mio orecchio.
-Quella bastarda ha annientato mio fratello.- sibilo, cercando invano di trattenere i singhiozzi che mi scuotono come un fuscello.
-Annientato Tom? Jimmy? Ti vuoi spiegare?
-Si sono messi insieme, puttana zoccola!- strepito, alzandomi di scatto e trascinando in una gloriosa caduta almeno dieci orsacchiotti.
Mi ritrovo davanti al mio enorme specchio dentro l’armadio, guardandomi come probabilmente guardava Alice attraverso lo Specchio, fissandomi con aria persa e mai più ritrovata, come se stessi rimirando qualcuno che non ha niente a che fare con me, ma un perfetto sconosciuto dall’aria vagamente disperata e clownesca.
Osservo tra il velo di lacrime che mi offusca la vista un ragazzo estremamente femmineo seduto per terra, con le mani guantate strette attorno a un cellulare, attorniato da una miriade di orsacchiotti che lo fissano ridacchiando sadicamente come se fosse divertente vederlo soffocare nel proprio dolore. Ha i capelli orrendamente arruffati, gli occhi gonfi e il trucco sbavato, la vestaglia malamente tenuta sulle spalle troppo magre e un’aria nebulosamente distrutta. Insomma, uno scempio. Continuo a guardare me stesso, senza ascoltare lo sproloquio di Gus dall’altro capo del filo, a studiare quel pupazzo tradito e depresso che si asciuga con un fazzoletto di stoffa ricamata le lacrime che non la vogliono smettere di solcargli il viso. Davvero, non me l’aspettavo un affronto simile. Non qui, non adesso, non in questa maniera squallida. Mi sembra di essermi appena andato a schiantare contro un muro alla massima velocità possibile; mi ero immaginato tutto con più tranquillità, con un atmosfera diversa, non con un secco e sputato “Bill tu sei fuori”. Mi ha scartato a priori, mi ha lasciato ancora una volta da solo nel mio personale deserto dei tartari, senza darmi il tempo di comprare il biglietto per la prossima corriera. Mi soffio il naso, facendo erroneamente cadere lo sguardo su un vecchio poster che mi ero decorato con tutte le foto scattate a tradimento a Tom. Mi ci butto sopra, cominciando a strapparlo con le unghie, sputandoci sopra, dandoci delle testate, e piango, come non ho mai pianto fino ad ora. Guardati Bill, guarda che pena che fai. Distrutto, come la peggiore delle puttane, in lacrime per un ragazzo che non ti ha mai amato e che non ti amerà mai. Ti sei fottuto da solo, come al solito, in fondo. Perché mi sono andato a complicare la vita, andando addirittura a perdere la testa per il mio gemello? Perché non potevo essere uno stradannatissimo ragazzo normale, magari già che c’eravamo anche etero? No, cosa sono diventato, in fondo? Una checca isterica pervertita che non fa altro che piangere tutto il santo giorno e si deprime scrivendo dei testi per delle dannate canzoni che sarebbero tutte rivolte a una sola persona scema e ottusa. Wow, Bill, puoi andare fiero di te stesso, bravissimo! Mi lascio cadere per terra, guardando il soffitto dipinto di un tenue rosa pallido, mettendomi le mani tra i capelli, le lacrime che continuano a bagnarmi il viso, che scendono nel collo, che mi fanno venire i brividi di freddo. Mi ha tradito, cazzo, Tom mi ha tradito, mentito, vilipeso, buggerato … do un pugno per terra, facendomi anche un male cane alla mano e rompendomi un unghia. Orrore e raccapriccio, pure l’unghia col french adesso! Ma che splendida giornata del cavolo, sul serio. Mi sento un pagliaccio, un triste fantasma di Pierrot, uno straccio lasciato dal Fantasma dell’Opera a patire pene infernali. C’è qualcosa che mi borbotta dentro, come se fossi una sorta di Coniglio Bianco che nessuno ha aspettato prima di cominciare la fuga, che corre e non riesce a raggiungerli, che si trova da solo, troppo indietro per i suoi simili ma troppo avanti per i suoi nemici. Tom me l’aveva giurato giusto ieri sera: niente intruppi sentimentali, tranquillo, per chi mi hai preso?
Ti ho preso per il mio gemello, razza di mendace traditore. Lo sapevo che Jimmy ti avrebbe fagocitato nella sua rete, dannazione, che è andato tutti a rotoli, che ti avrebbe fatto suo e non mi avrebbe lasciato altro che i ricordi su cui macinare e su cui piangere intere notti. Me l’avevi giurato, però. Mi sono sempre fidato ciecamente di Tom, gli avrei messo i miei capelli in mano, avrei giurato sotto processo che lui non mi avrebbe mai tradito. E invece ora tutto il mio castello di carte mi cade addosso, seppellendomi e lasciandomi senza respiro. Lui se ne è andato per sempre, andato con lei. Mi ha lasciato solo, come se fossi un cane. Però io lo amo, lo amo ancora, non è una cosa che passa, è una cosa che fa male, che ti brucia dentro e ti corrode, che ti incenerisce.
-Bill, ehi, mi stai ascoltando?
Afferro il telefono, sentendo la voce soffocata di Gustav. Tiro su col naso, raggomitolandomi sul letto, ciucciandomi il labbro inferiore
-Sono depresso, Gus. Che faccio?
-Non hai sentito un tubo di quello che ti ho detto, neh?- grugnisce.
-No, niente di niente, voglio piangere.- Butto un peluche per terra, ricominciando a singhiozzare. Ma non ce la faccio a trattenere le lacrime, tutto quello che mi ha scatenato dentro vedere che ora Tom ama qualcuno. E quel qualcuno non sono io.
-Vuoi che ci vediamo? Chiamo Georg, vediamo di organizzare …
Immediatamente, all’idea di poter sfogarmi contro quei due malvestiti dei miei migliori amici, tutto mi sembra un po’ meno nero. Cioè, siamo passati dall’oscurità completa, a qualche timido brillantino.
-Sì! Perfetto, ho bisogno del vostro supporto. Chiama Georg, e digli di venire adesso, ora, in questo secondo, al “Holden Welt”. Mi offrite una merenda da sultano e intanto parliamo della mia situazione insostenibile di amante ingannato e illuso.
-Ma Bill, l’Holden Welt costa un occhio … - sbotta Gustav.
-E chi se ne frega! Devi curare un tuo amico, mica devi pensare ai soldi, villano!
Detto ciò gli chiudo il telefono in faccia, asciugandomi il viso e cercando di ricacciare indietro il pianto che sta tornando come un cavallone di mare, al pensiero che ora in quella sala da the assolutamente deliziosa ci saremmo potuti essere io e Tom, a imboccarci a vicenda di quella fantastica Foresta Nera, a bere the nero chai bollente, come due perfetti innamorati, con magari anche un anello di fidanzamento al dito, qualche bacio smielato, farci gli occhi dolci … e tutte quelle cose che ho sempre sognato da quando mi sono reso conto di amare incondizionatamente quel rasta deficiente. Però ora lui avrà qualcuno, anzi, qualcuna con cui farlo, e io mi ridurrò a costringere i G&G ad accompagnarmi tanto per non andarci da solo come un povero sfigato single. E meno male che lì mi conoscono da quando ero bambino, perché se no sarebbe stato imbarazzante vedere me, Bill Kaulitz, il mito della nazione, ridotto a mangiare una torta da solo mentre finisce di scrivere le canzoni per l’album successivo. Mi alzo da letto, cercando di vestirmi e di fare un po’ di ritocco del trucco e della pettinatura, in bilico sul tacco quindici a spillo dei miei stivali fucsia con i brillantini e le placche d’argento. Ammetto di essere un po’masochista, visto che questi stivali erano destinati a essere quelli prescelti per il nostro fidanzamento ufficiale, mah. Me li farò andare bene comunque.
Sospiro rumorosamente, aprendo circospetto la porta della camera. Nessuno nel corridoio. Sgattaiolo il più silenziosamente possibile verso le scale, tentando di non ammazzarmi giù dagli scalini troppo ripidi e di non far troppo rumore. Arrivo nell’atrio incasinato come non si sa cosa, inciampo in un paio di boxer, barcollo, mi  imbelino in una piastra fuggitiva, perdo l’equilibrio, bestemmio, saltello e in tutto questo quel traditore di Tom e quella viscida incantatrice di Jimmy guardano la tv, senza accorgersi di nulla, litigando su probabilmente qualche stupida partita della Bundensliga. Per la prima volta in vita mia mi trovo a ringraziare il pallone, mentre me la svigno in strada, lasciando però un bigliettino stampigliato sulla porta (ok, ok, lo so che tanto Tom non si chiederà nemmeno per sbaglio dove possa essere quel tesoro del suo gemellino, però non si sa mai); prendo un profondo respiro, cominciando a correre (si fa per dire, ovviamente. I tacchi 15 non aiutano) sotto la pioggerellina umidiccia e fastidiosa che puntualmente bagna questo schifo di città. Mi sento quasi il protagonista di una pellicola drammatica uscita direttamente dalla Hollywood delle adolescenti. Io, che corro sotto l’acqua battente, il cuore infranto che mi taglia il petto e mi dissangua come mille schegge di vetro, le lacrime che si confondono con la pioggia acida che mi trascina con sé nella sua depressione, il rumore del mio amore perduto, rinnegato, distrutto che mi segue come un sordo tuono, i tacchi che rimbombano sul selciato, il mio sangue addolorato e innamorato che scorre copioso dalle ferite che mi dilaniano il cuore, la mia tristezza che scorre … mi trovo tutto a un tratto col sedere per terra, comodamente seduto dentro una pozzanghera, il tacco dello stivale spezzato, macchine beffarde che mi sfrecciano davanti agli occhi, troppo veloci e troppo menefreghiste. E io sono qui, con in mano un tacco rosa rotto, fradicio fino al midollo, seduto come un’idiota dentro una pozzanghera, i capelli che grondano acqua per colpa di quella stupida grondaia che si svuota esattamente sopra la mia testa, lacrime miste a pioggia e mascara che mi scorrono sulle guance, sulla bocca un unico, fottutissimo nome: Tom. Ragazzi miei, che emerita vita di merda.
 
-Allora, ti senti un po’ meglio?
Guardo riconoscente Karina, la fidanzata di Georg, che mi guarda dolcemente.
-Sì, tesoro, grazie. Sto cominciando ad assimilare il trauma.
-A nostre spese, ovviamente.- borbotta Georg, che di dolce non ha proprio un tubo.
Gli faccio il dito medio, raggomitolandomi meglio sul divanetto rosa confetto del “Holden Welt”, asciugato da tutta l’acqua che mi sono preso, e grazie al cielo che è Luglio e non rischio polmoniti, sospirando. Mi hanno recuperato dalla pozzanghera, mi hanno riscaldato e mi hanno comprato una fetta di strudel fatto in casa e due fette enormi di Sacher, con una bella tazza di porcellana con del chai bollente: questo sì che è essere degli amici perfetti.
-Allora, Bill vuoi parlarne?- fa Gustav, addentando il nono bignè nel giro di una ventina scarsa di minuti. – I tuoi psicologi sono pronti a qualunque perversione.
-Mi sento tradito, ecco tutto.- sbuffo, leccando i rimasugli di marmellata dal piatto.
-Perché tradito? Cos’ha fatto quel coglione?- sbotta Georg, scostandosi i capelli dal viso e dandomi un’affettuosa pacca sulla spalla. Giuro, se non fosse che amo Tom e che Georg fosse un cesso, avrei già sposato e risposato questo metallaro fallito.
-Si è messo con Jimmy.- piagnucolo, nascondendo il viso nel fazzoletto. Non riesco a realizzare il momento shock in cui l’ho capito.
-E non è una bella notizia?- sussurra Karina, sorridendo. – Anche Tom adesso …
-No!- abbaio, lasciando cadere il cucchiaino. – Kary, tesoro, non è una bella notizia!
-Ehm, non vedo il nesso.- lei ci guarda tutti e tre, scostandosi un ricciolo biondissimo dal visino pallido e fanciullesco.
Ci troviamo davanti al grande dubbio esistenziale, adesso. Raccontarle o no tutta la scottante vicenda? Trascinarla nelle mie perversioni o lasciarla nella sua candida innocenza? Ci scambiamo qualche occhiata e qualche alzata di spalle.
-Beh, in fondo è la mia fidanzata. E tua amica. Forse avrebbe il diritto di sapere.- consiglia Georg, passandole affettuosamente un braccio attorno alle spalle.
-Però siamo sicuri che poi non ti molli perché fai squadra con un maniaco?- ridacchia Gustav.
-Immagino che a questo punto debba dirle come stanno realmente le cose. Tre aiutanti è il numero perfetto e in effetti se lo merita.- considero io, per poi cominciare a narrare a Karina tutta la scottante vicenda. Dopo una vita, una Foresta Nera, un sufflè, e due tazze di the, concludo il mio racconto, incrociando le braccia al petto e sbuffando – Vedi che casino?
Karina boccheggia qualche volta, strabuzza gli occhi troppo verdi, tossicchia, si soffia il nasino aristocratico, produce qualche verso disarticolato, per poi dire tra i denti
-A te piace il tuo gemello?
-Te l’avevo detto che l’avresti traumatizzata a vita.- borbotta Gustav, attaccando l’ennesimo pasticcino e l’ennesima cioccolata calda.
-No, ti prego, Karina, non mi mollare, io non c’entro con quel pervertito di Bill, io sono una persona coerente e seria, no!- salmodia Georg, guardandola con gli occhi fuori dalla testa dal terrore di essere piantato causa un rumoroso coming out.
-Beh, sì, ok, ammetto che non è una cosa che si sente tutti i giorni, però insomma, non mi sembra di essere stato così terribile.- cerco di giustificarmi.
-Georg no che non ti mollo, e Bill è una cosa fantastica!- urla lei, saltandomi al collo. C’è qualcosa che mi sfugge … perché mi sta stritolando?
-Tu e Tom sareste una coppia così terribilmente fluff! Siete il top del top delle OTP.- strilla Karina, dandomi due buffetti sulle guance.
-Karina! Non ti facevo così perversa!- sbotta Mormone Listing, facendo proprio la faccia da prete di una setta fondamentalista protestante americana.
-Oh, su Geo! Non li trovi carinissimi insieme?- chioccia Karina, sfarfallando gli occhi.
-Finalmente una che ha capito. Ci voleva lo spirito femminile per comprendere a fondo le mie pene d’amore.- esclamo trionfante, rubando un pasticcino a Gustav.
-Sì Kary, fluff quanto vuoi finché non ti chiama alle tre del mattino per raccontarti le ultime novità a luci rosse che la sua mente malata da hentai ha prodotto.- grugnisce il nostro biondo grassottello, lanciandomi un’occhiataccia.
-E dai, su, non sono così a luci rosse.- cerco di sminuirlo. Dannazione, ma allora li sta a sentire sul serio i miei viaggi notturni da fratello frustrato … e io che pensavo dormisse e facesse finta di nulla … hai capito il marrano … certo che però dopo aver letto di nascosto la trilogia delle Cinquanta Sfumature non potevo non pensare a Tom come al mio Christian Grey e io come suo schiavetto.
-Comunque, tornando a noi, Tom si è messo con Jimmy? Sei serio?- Georg si frega le mani, i bracciali borchiati da metallaro finto che cozzano tra loro.
-Certo che sono serio; mi aveva giurato che non si sarebbero mai messi insieme e invece … un disastro, un emerito disastro. Sono veramente sconcertato.- mi mordo il labbro inferiore, tamburellando nervosamente le dita sul tavolino.
-Beh, ma non me la sento di incolpare Tom di una cosa simile.- interviene Gustav, pulendosi gli occhiali nella maglietta unta – Insomma Bill, sei maggiorenne e vaccinato, devi capire che tu e lui non potrete essere sempre come quando eravate bambini, non potrete vivere sempre insieme. Anche voi, per quanto gemelli omozigoti, per quanto la vostra somiglianza sia in realtà impressionante, non potrete passare tutta la vostra esistenza uno nell’ombra dell’altro, come se foste esattamente la stessa cosa. Siete due persone differenti, dovresti mettertelo in quella testolina bacata. E se lui si è trovato una persona con cui si trova bene, tu dovresti essere contento della sua felicità. Dovresti volere il meglio per tuo fratello, Bill, cercare di vedere fuori dalla tua ottica, una volta tanto.
-Ma io lo amo, Gustav, non posso farci niente!- sento le lacrime cominciare a sgorgare limpide dai miei occhi. – Certo che voglio la sua felicità, ma devi capire che mi ha illuso fino a questo momento, dicendo che era ancora troppo giovane per trovarsi una persona fissa, e io mi sono sempre adagiato su questo pensiero, sperando che prima o poi avrebbe capito e i miei sogni si sarebbero realizzati. Ci ho creduto per vent’anni, non può rovinare il castello di carte in cui mi sono nascosto solo in una notte.
-Senti, però dovresti vederla anche dal punto di vista di Tom.- dice Karina, dandomi l’ennesimo fazzoletto – Lui non sa nulla, e non credo che lo sospetti nemmeno lontanamente. Come fa a sapere di averti spezzato il cuore? Immagino che anzi, sarà al settimo cielo per aver trovato questa ragazza. Non devi partire dal presupposto che lui sappia e stia giocando con i tuoi sentimenti; credo che per lui sia un’immensa fortuna e che in qualche modo ti voglia far partecipare in qualità di gemello. Non sei un suo amico, Bill, che magari uno ci sarebbe anche potuto arrivare al fatto che quello gli sbavi dietro. No, siete fratelli, Tom non potrà mai capire che tu lo ami, perché è una cosa assai strana, con tutto il rispetto, ciò che provi per lui.
-Mi stai dando del pervertito, vero?- piagnucolo, nascondendo il viso nel fazzoletto. Sentile le voci della verità. Sentile come rimbombano nella mia testa.
-Non è questione.- continua Georg – Noi accettiamo il tutto, ovviamente, è solo che sei tu quello che deve capire. Tom ti ha fatto quella promessa senza nemmeno pensarci veramente sopra; devi capire che per lui tu sei solo un gemello.
Solo un gemello, Bill. Non vali proprio un tubo di niente.
-Ha ragione Karina, amico mio. Tom non urterebbe mai di proposito i tuoi sentimenti, lo sai quanto ti vuole bene. Dovresti lasciargli vivere la sua vita in pace, fartene una ragione in qualche modo. E poi, detta tra noi, non credo proprio che tra lui e Jim duri più di tanto.
-Ma sì.- annuisce Gustav – Sono due bombe atomiche, si faranno esplodere a vicenda dopo qualche giorno.
-E tu devi comunque impegnarti a capire anche i problemi di tuo fratello, oltre che ai tuoi.- mi redarguisce Karina – E sapere quando è il momento di intervenire e quando quello di lasciare tutto com’è, capito?
Annuisco mollemente. Mi sento come un calzino svuotato. È come se stessi ripercorrendo all’inverso tutta la mia vita fino a ora, dentro questa tazza di the e nelle briciole di questa torta, rivedendo pian piano le vecchie scene di una vita. Quando avevamo solo sette anni e la mamma ci dava lo strudel per merenda con  un bel bicchierone di latte, e io mi perdevo sempre a guardare mio fratello e a come la luce di quei pomeriggi di autunno gli illuminavano i lineamenti delicati, facendomi sospirare così rumorosamente che a volte lui stesso mi chiedeva cosa mi stesse succedendo. Oppure quando avevamo quindici anni e lasciavo che mi spingesse su quell’altalena semi distrutta nel parco dei drogati, nella zona ovest di Magdeburgo, e non potrò mai dimenticare quanto sognassi che quella innocente scena si potesse ripetere per anni, all’infinito, covando silenziosamente l’amore che aveva preso forma nel mio cuore ma che Tom continuava a ignorare beatamente. E anche tutti quei momenti in cui tentavo di farmi coraggio e di dirglielo, ma poi mi bastava guardare la sua infantile spensieratezza per starmene zitto e cercare di passare sopra a tutto. Quando dopo i concerti piango sempre tra le sue braccia e lui che crede che sia l’emozione, invece è solo la carrellata di tristezza che mi si rovescia addosso quando penso che quei concerti potrebbero finire con un nostro bacio e invece niente, solo uno stupido letto di un albergo freddo e vuoto, con qualche peluche a tenermi compagnia e la testa schiacciata sotto un quintale di cuscini per non sentire lui e la sua amante occasionale nella stanza affianco. E tutti quei tristi San Valentino passati a guardare le coppie che si scambiano mazzi di fiori e cioccolatini e vanno fuori a fare romanticissime passeggiate sotto la pioggia, e io costretto a vedere Tom che invece che regalarmi un mazzo di rose rosse e portarmi fuori a cena, si limita a guardare la tv tutto il giorno grattandosi la pancia e strimpellando qual cosina con la chitarra. E non è giusto che la gente continui a darmi dell’egoista, perché ho sofferto fin troppo, ho semplicemente lasciato che le cose scorressero e mi passassero sopra, ma ora siamo giunti a un limite. Nessuno ci pensa a quello che posso provare io adesso? Pensano tutti a lui, a come possa andare bene a lui. Ma di me, non gliene frega proprio un tubo a nessuno? E ci mancava Jimmy, tanto per rimanere in tema di sfiga. A questo punto avrei volentieri preferito una delle solite sgualdrine tutte rifatte, così avrei almeno avuto la certezza che sarebbe durata poco. Invece no, mi tocca anche quella alternativa, quella particolare, quella incantevolmente magica, quella con le probabilità di successo troppo elevate per i miei gusti.
-E allora cosa mi consigliate di fare?- mugolo, tagliuzzando svogliatamente la quarta fetta di kugelhupf e cominciando a sgranocchiare qualche candito.
-Intanto, di piantarla di ordinare roba da mangiare che il conto sarà già alle stelle e non ho voglia di sperperare mezzo stipendio solo per consolarti.- dice Georg.
-Cafone. - bofonchio – Siete o no dalla mia parte?
-Sì che siamo dalla tua, però non so cosa potremmo fare.- sospira Karina, sorseggiando un sorso di cioccolata calda.
-Se il tuo piano è ammazzare Jimmy, io mi astengo.- fa Gustav, rubandomi un pezzo di kugelhupf.
-Non essere così drastico, Gustav. In fondo, non ho niente contro di lei, che a rigore mi è anche simpatica. Dobbiamo essere più sottili, più subdoli.- mi asciugo teatralmente le ultime lacrime. – Dobbiamo far capitolare Tom ai miei piedi.
-Ma Tom è etero, lo vuoi capire!?- abbaiano i due G&G – E non è un pervertito.
Basta loro una mia leggera alzata di sopracciglia per rettificare – Non pervertito nel senso che non sbava dietro al proprio gemello.
-Sul fatto che Tom sia etero, non vedo troppi problemi. A parte che esistono i bisessuali, e poi uno può anche cambiare sponda.- mi difende Karina.
-Vedete, razza di omofobi?- esclamo vittorioso – Quindi, adesso dobbiamo stendere un altro piano astuto. E ho un’idea geniale per riuscire al meglio in questa impresa che non ha nulla a che invidiare alla Battaglia d’Inghilterra o alla Marna.
-Bill, ti ricordo che la Marna è stata una disfatta da paura per il Reich.- sbuffa Georg.
-Non sottilizzare, soldato semplice.- prendo un tovagliolino di carta e comincio a scrivere il piano che la mia mente geniale ha prodotto – Per prima cosa, dobbiamo rigorosamente farci una cultura in campo “reginette all’assalto”.
-Cosa sarebbero le reginette all’assalto?- chiedono Gus e Karina, facendo tanto d’occhi.
-Ma le ragazze fighe dei teen drama americani, no?- sbotto – Perciò, propongo una maratona da paura di “Gossip Girl”, “Sex and the City”, “Scream Queens”, “2 Broke Girls”, “Diario di una nerd superstar”, “The Carrie Diaries”, “Greek”, “La vita segreta di una teenager americana” …
-No, Bill, frena! Ma di che cazzo vai vaneggiando?- mi blocca Georg, con aria sconvolta.
-Come di cosa? Di quello che anche tu dovrai vedere per aiutarmi a conquistare Tom, no?- sbotto, puntandogli un dito al petto con fare accusatore.
-Senti, io non voglio passare il resto del tempo in cui non siamo a registrare e a rilasciare interviste a vedere roba per sedicenni infoiate!
-Non è roba da sedicenni infoiate, sono commedie americane dei college e sono splendide!- ribatto, finendo la fetta di dolce. – E’ l’unico modo per trarre ispirazione.
-Va bene, calmi, va tutto bene.- ci seda Karina, trattenendo Georg prima che mi sfasci la testa con un pugno – Proveremo a guardare questa roba e farci venire qualche lampo di genio per organizzare il tuo piano astuto, ok Bill?
Annuisco, sfregandomi le mani e guardando la mia perfetta immagina nel vetro appannato dalla pioggia dell’Holden Welt. Sarò egoista, sarò egocentrico, sarò un disastro, sarò single, sarò depresso, sarò tutto quello che volete, ma sono un dannato genio del male. Tom, tesoruccio del tuo Bill, preparati che adesso ti vengo a prendere e non ti lascio andare. Sono o non sono la reginetta strillante assolutamente più glamour di tutta la Germania?            Quindi, Jimmy, tesorino, levati da mezzo. Luci, trucco, stivali fiammanti. La sfilata della vostra reginetta è appena cominciata. 

***
Ciao ragazze! Sono qui con un raffreddore da cavallo, che fra un colpo di tosse e l'altro pubblico sta sclerata ... cosa ne dite? Ce la farà Bill a compiere il suo piano? E Tom e Jim? Resteranno insieme o qualcosa minerà il loro rapporto? Voglio scommesse, tesori, scommesse *-* Intanto, grazie mille per essere sempre così carine a recensire, a mettere la storia nelle tre cartelle, e a leggere. Non so cos'altro scrivere, spero che vi piaccia e che mi lasciate un commento anche questa volta ;) Se volete darmi consigli o volete delucidazioni su come possa aver prodotto questa roba fate pure eh ... ahahah
Un bacione e a prestissimo <3<3<3
Charlie

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Capitolo 16
*** Ci hanno anticipato la tournee! ***


CAPITOLO SEDICI: CI HANNO ANTICIPATO LA TOURNEE!

-Dove è andato Bill?
La mia voce riecheggia fastidiosamente nel salotto silenzioso, tra il leggero russare di Tom e l’acqua scrosciante fuori dalla finestra.
L’unica risposta che ottengo è un “ronf” un po’ più forte e un tuono all’orizzonte. Guardo Tom, stravaccato sul divano con in mano ancora il telecomando, i tubi disordinati e un braccio attorno alle mie spalle. Mi sembra così terribilmente strano potermi considerare la fidanzata del mio idolo, così assurdo eppure così terribilmente realistico da parermi impossibile. Però lo sto anche facendo per lei, me lo devo ricordare: è un rapporto in cui ospitiamo la sua anima candida, che ha sprecato così tanti sogni su di loro, su di Tom. Eppure, perché a me è stato dato tutto questo, addirittura un rapporto con Tom, che per quanto possa durare poco è comunque qualcosa di celestiale, e l’amicizia della mia band preferita e a lei non è stato dato altro che terra fredda e tante lacrime da dover sopportare? Perché a me tutto e a lei niente? Sospiro rumorosamente, scivolando fuori dalle braccia di Tom e sgattaiolando silenziosamente al piano di sopra. Voglio sapere dove è andato Bill. Insomma, vuole che non abbia notato la sua fuga precipitosa, mentre guardavamo la partita? E che non mi sia accorta della faccia distrutta che ha fatto quando mi ha visto insieme a Tom? Andiamo, è ovvio che c’è qualcosa sotto, e qualcosa che non va. Già, Bill. Quel fantomatico ragazzo che mi ha stregata sin da subito, quello che non mi lasciava dormire la notte, quello che popolava tutti i miei incubi. Allora forse aveva ragione Christiane quando diceva che tanto io e lui non ci saremmo mai potuti mettere insieme, e che non capivo niente di uomini, che non avrei mai combinato un tubo con nessuno di loro. Buffo come pochi mesi dopo ci fossimo fidanzate io e lei, quella che “non capiva niente di uomini” e quella che “perché io ne capisco”. Non so se ho fatto bene a dire a Tom tutto quel panegirico su di noi; beh, in fondo a qualcuno prima o poi avrei dovuto dirlo, convivo con troppi segreti per poterne sopportare il peso complessivo che va di giorno in giorno ad aumentare. Ce l’ho ancora stampata nelle retine a fuoco, Christiane e i suoi capelli color del rame, e i suoi occhi verde scuro, e  il suo sorriso di sfida. Il suo addio, quando mi sono resa conto che niente è per sempre. Nemmeno io e lei saremmo potute rimanere insieme per un tempo indeterminatamente lungo, ed era stato straziante capirlo nel vederla andare via. Nell’essere costretta a correre dietro a quella vecchia macchina, che se andava a Francoforte, a cercare di riportarla da me, a sentire le sue lacrime e le sue urla di rabbia, a rimanere tagliata fuori dalla sua nuova vita, costrette a un silenzio che dura da cinque atroci anni, senza sapere dove sia, cosa faccia, se si ricorda ancora di Jimmy la tappa con la sua maglietta dei Tokio Hotel e il suo naso rotto. È brutto il silenzio, è brutta la solitudine. Ed è stato ancora più brutto dover covare il peso di non avere Christiane vicino quando è successo tutto quello che è successo. Perché, in fondo, dal giorno in cui se ne è andata è andato tutto precipitando in un vortice di disperazione, ho cominciato a cadere in un Inferno che non aveva mai fine, e che sembrava non dover mai finire, tenendomi dentro tutto quello che mi circondava, sopportando in silenzio tutto quello schifo che si è susseguito per anni, fino a sbucare ora, a vent’anni davanti alla mia band preferita. Sono come una sigaretta che brucia e si consuma, che cerca di durare il più a lungo possibile ma che inevitabilmente finirà troppo presto. Me l’hanno sempre detto tutti: non durerai, Sasha, non arriverai nemmeno a trent’anni. E mi ci sono sempre accovacciata su questa speranza. Non voglio vivere tanto, intanto cos’ho da perdere? Niente, solo una brutta faccia e una brutta storia che nessuno vorrà mai sentire, qualcosa che stufa ancora prima che io apra bocca. Potrei anche morire giovane, a questo punto. Non mi importa di invecchiare in pace, mi importa di vivere come posso quello che mi rimane di una vita fatta a brandelli dai demoni con cui dormo la notte. Mi importa di fumare quante sigarette posso, di drogarmi con tutto quello che riesco a trovare, di rendere felici gli amici delle periferia a cui tanto voglio bene, di consumare fino all’ultimo i giorni con i Tokio Hotel, di rovinarmi quello che rimane di questa caduta per non dover rimpiangere più niente una volta che la Morte verrà a prendermi. E mi chiedo perché abbia scelto Gloria, invece che la sottoscritta. Lei non aveva fatto niente, ero solo io quella che meritava di morire. O di soffrire. Di soffrire le pene infernali senza mia sorella. Me l’hanno portata via, e so che non ci sarà nessuno che potrà ridarmela indietro.
Scivolo silenziosamente nell’atrio buio e disordinato, scavalcando stivali e scarpe spaiate, fuseaux leopardati, sciarpe di lamé fucsia, berretti, ruote di skateboard, fumetti della Marvel, tutta la serie di Pretty Little Liars, e mi ritrovo a pensare alla botta di fortuna che ha deciso finalmente di venirmi addosso. Ora sto con Tom. Però c’è Bill. E lo so che sembra stupido da dire, contorto, e malato (ma d’altronde, non lo diceva anche la psicologa che ho una mente perversamente deviata?) però per quanto mi senta elettrizzata dall’idea che qualcuno come quel dio mi abbia recuperata dal mio abisso come aveva fatto a suo tempo Christiane, c’è sempre il tarlo che rode: Bill è Lui, il Perenne Eterno Amore, la Stella. Non posso non dire che in fondo lo voglio ancora, che voglio conquistarlo come si deve, anche se è gay, anche se secondo i miei calcoli sbava dietro a Tom, anche se non ho speranze. Sarebbe come mentire a me stessa, se dicessi che è acqua passata. No, è un fuoco che brucia e fa male, che non si può estirpare, che mi porta inevitabilmente a creare piani per avere Bill. Anche se forse il mio destino è Tom. E in effetti, un destino migliore non potrei chiedere.
Appena sento la porta aprirsi pian pianino, non posso non fare un mezzo saltello all’indietro, incespicando nello skateboard e tenendomi in equilibrio precario.
-Bill? Bill, ti senti bene?
Nel vano dell’atrio si palesa il cantante, in bilico su un paio di stivali rosa shocking col tacco spezzato, il trucco un po’ rovinato dalla pioggia che cade incessante e i capelli afflosciati sulle spalle.
-Piove, accidenti al diavolo.- latra in risposta, togliendosi gli stivali e scagliandogli per terra imprecando tra i denti, scuotendo i capelli come un cane bagnato.
Mi avvicino in punta di piedi, prendendogli dalla mano la giacca di pelle scola che sta per buttare per terra, e l’appendo all’appendiabiti sospirando.
-Sei ancora qui, Jimmy.- la voce fredda come quella di un ghiacciolo mi fa irrigidire. Però sento qualcosa scaldarsi nel basso ventre: è l’eccitazione da battaglia, questa. Lo so che sembra strano, da dire, ma io mi sovra eccito quando sento che nell’aria c’è sentore di litigate, di risse, di baruffe e violente contese. La ferocia mi emoziona, mi stimola mentalmente. Mi piace picchiare, non lo nego. Mi piace litigare, fare e farmi male finché non collasso al suolo ricoperta di sangue mio e loro. Una perversione? Probabile.
-Te la sei presa perché mi sono messa con Tom, vero?- sussurro, senza guardarlo veramente in faccia. Non so nemmeno perché mi sto cacciando da sola nelle fauci truccate del lupo, ma oramai lo sto facendo. In effetti era troppo che non fomentavo una bella litigata, fatta di urla, strepiti, e possibilmente qualche calcio e pugno. Ho bisogno di sfogare in qualche modo tutta questa energia negativa che ho accumulato.
-Come fai a dirlo?- mormora Bill, evitando di guardarmi, con la voce resa sottile e gelida dalla gelosia. Sì, tesoro, so riconoscere la gelosia dei gemelli quando la vedo. Facciamo ridere, come due moschettieri del re che sono entrambi amanti della principessa e si incontrano una notte, sul porticato, uno che se ne va e l’altro che entra, due amanti ignari dell’esistenza dell’altro, non si vogliono guardare per l’onore che ancora rimane loro, ma vorrebbero combattere per rimanere l’unico amante di quella puttana della principessa.
-Conosco l’amore, quando lo vedo.- rispondo, a bassa voce. Come se affilassi la spada che devo puntargli alla gola.
-E io conosco i bugiardi, quando li vedo.- ribatte Bill. Comincia ad avvicinarmi la lama della spada al fianco.
-E allora fai conto che sei talmente ovvio che mi chiedo come mai nessuno se ne sia accorto.- lo gelo, puntandogli a mia volta la lama al fianco.
-Tu non puoi capire.- ringhia – Non mi conosci, anzi, non ci conosci. Non puoi venirmi a dire che comprendi il mio stato d’animo, perché sarebbe come mentire davanti a Dio.
-Non ti ho detto che ti capisco, Bill, e non lo direi comunque visto che non so cosa si provi ad andare dietro al proprio gemello. Ho detto solo che è palese il fatto che ti brucia che io ora stia con tuo fratello.
Continuiamo a non guardarci, io col viso rivolto alla porta, lui rivolto verso l’interno, le mani che impercettibilmente si sfiorano, gli sguardi bassi, i toni gelidi che evitano che Violenza prenda di nuovo il sopravvento, quella voce coercitiva che mi costringe a riversare tutto nell’aggressività irragionevole. La psicologa mi ha sempre detto che avevo qualcosa nella testa, una specie di problema mentale, una tara cerebrale  che mi portava ad avere dentro un seme cattivo e brutale. Forse aveva ragione. Altrimenti non saprei spiegarmi il motivo per cui io ho sempre risolto tutto in zuffe di dimensioni cosmiche, alla perenne ricerca del dolore fisico, del sapore del sangue in bocca, del rumore di qualcosa che si lacera e si spezza. Mi piace, lo ammetto, lo trovo divertente fare male e farmi far male, sfogare qualcosa che non esce dalla mia anima nelle botte, nel dolore che ovatta i sensi. Mi piace attaccare battaglia senza motivo, scatenare rivolte senza vessilli e senza eroi, solo gente che si sfoga nelle risse di quartiere; oppure fare male a qualcuno che se lo merita, e vederlo contorcersi dal dolore. Mi avevano sospeso, quando avevo spezzato il polso a un nostro vecchio compagno di classe: però, era lui che dava fastidio a lei, quindi mi avrebbero dovuto premiare per averla salvata dalle sue molestie. Mi sono fatta tantissime notti in carcere per risse e violenza, però nessuno si è mai premurato di capire perché. È ubriaca, è fatta. Nessuno ha mai pensato che io lo potessi fare per un motivo preciso, che in fondo la mia bambola diceva che io ero un nuovo, buffo, scanzonato supereroe. No, intanto cos’avevano da scavare, su una ragazzina troppo bassa e troppo furente? Sempre così, mai qualcuno che si impegnasse a cercar qualcosa sul motivo del perché la mia testa mi porta a fare certe cose, del come mai sono sballata, mai che si ponessero domande su un movente dietro tutto quello che tiravo fuori dalla mia pelle sporca di graffi, lividi, cicatrici e inchiostro. È ubriaca, è fatta. Ma nessuno ha mai detto “è matta”.
-Gli farai del male.- sussurra Bill, e questo è come una stilettata in pieno petto. Anche tu, quindi? Anche il mio adorato, idolatrato, glorificato, osannato Bill pensa che io possa solo fare del male, che non possa nemmeno tentare di volere il bene di una persona? Almeno lui, speravo che capisse. Ho sempre sognato di una dimensione in cui il mio cantante preferito mi avrebbe capito e mi avrebbe tirata fuori dalla melma dove sono nata e cresciuta. Evidentemente mi sbagliavo, anche in questo.
-Non sei nessuno per poter dire una cosa simile.- sbotto a bassa voce, avvicinandomi quasi senza accorgermene al suo fianco, arrivando a un momento in cui siamo attaccati. E lui è così freddo, tanto da sedare le fiamme che avvolgono il mio corpo.
-Voglio solo la sua felicità, Jimmy. E tu …
-Dici che non sarei in grado di dargliela? La felicità non dura tanto, Bill. È un piacere temporaneo, che tutti possono dare a tutti. Non è un bene durevole, è solo questione di un attimo. Credo proprio che io possa dare ben più che un attimo di felicità a Tom.
E sarebbe una scena divertente, forse, quando ci giriamo in contemporanea, tanto da trovarci talmente attaccati che potremmo sembrare una cosa sola, tutti e due con la mano stretta attorno al polso dell’altro, due paia di occhi fiammeggianti che si specchiano gli uni dentro gli altri.
-Sono io la sua felicità.- sibila, tirandomi su il mento con un dito, l’unghia accuratamente dipinta di nero che mi si conficca sotto il mento. Non posso non dire che una serie di emozioni al limite della gioia paranoica si affacciano nel mio cervello sovra eccitato, però la situazione non è adatta. Non è il frangente che sognavo.
-Evidentemente non lo sei appieno, visto che lui non ha mai pensato di mettersi con te. Potrebbe anche sorgerti il dubbio, a questo punto.- mi sento cattiva, lo so, ma non posso farne a meno. Devo trasformare la voglia di picchiare in acidità verbale.
-Senti, piccola bastarda, non provare a dire cose che non sai, perché quello che io provo per Tom in fondo non sono cazzi tuoi. Tienitelo pure, finché dura. Ma non venire a piangere da me quando ti mollerà.- è arrabbiato, è triste, vorrebbe piangere, glielo leggo negli occhi scuri puntati nei miei. E ha degli occhi così belli, che mi ci perdo sempre dentro ogni volta che incontro il suo sguardo.
-Chi ti ha detto che piangerò, se la nostra storia finirà? E chi t’ha detto che ti cercherò, in quel momento? Le tue sono solo mere supposizioni.- ribatto, afferrandogli la camicia e stringendola nel pugno. Devo fare qualcosa, mi prudono le mani e la pelle. Ma io non picchierò mai quello che in fondo continuo a santificare.
-Perché fanno tutte così, le ragazze che Tom ha avuto, anche quelle che duravano solo due giorni, anche perché ricordo che la storia più longeva durò tre settimane.- avvicina impercettibilmente il suo volto al mio, tanto che oramai i nostri nasi quasi si sfiorano – Appena lui le molla, e si rendono conto che precipitano di nuovo nello squallore in cui vivevano prima di incontrare mio fratello, vengono da me a piangere. Processioni di ragazze di tutti i generi che venivano da me a frignare, a lamentarsi, a maledirlo, a tentare di indurmi a convincerlo a riprendersele, a guardarmi stravolte come se io potessi fare qualcosa. E io mi sono rotto di vedere tutte quelle puttane sconosciute che mi raccontavano come fossi un diario tutto quello che hanno fatto con lui, e io ho continuato a rodermi il fegato, ogni parola come una dannata coltellata al cuore, ogni ricordo come un sorso di veleno. Io ti sbatterò la porta in faccia se farai tanto di metterti a piagnucolare perché Tom ti avrà lasciata come fa con tutte. Non venire a piangere da me, Jimmy Sasha, perché ti dico già che ho chiuso i battenti.
-Ma allora sei veramente la checca isterica che tutti conoscono, non è per niente una montatura.- sogghigno con una punta di isteria – Sai, Bill, posso giurarti che ho versato solo qualche lacrima quando le persone che amavo di più se ne sono andate via per sempre, quindi sarà una pura utopia vedermi piangere solo perché Tom potrebbe mollarmi. Cosa che non sai nemmeno se succederà, quindi perché fasciarsi la testa prima di rompersela? Tu non sai come sarà il nostro rapporto.
Ci guardiamo a lungo negli occhi, i nasi attaccati, i respiri affannati e furibondi che si mischiano, aggrappati uno all’altra come se potessimo affogare. Sento il suo odore che mi invade le narici, come quando siamo caduti a casa mia, sento il richiamo del suo sangue, delle sue labbra serrate, dell’odio che scaturisce a fiumi dai suoi occhi, come fossi un vampiro che non vede l’ora di nutrirsi dell’ultimo umano rimasto sulla Terra. Io sono la vampira ribelle, Tom il mio fidanzato vampiro che sta con me da quasi una vita, e Bill è l’ultimo sopravvissuto che io voglio divorare. Siamo troppo stanchi e troppo unici per non attirarci come due calamite, per non cercare di salvare la copia di noi stessi. Siamo deboli, siamo soli, siamo arrabbiati: siamo esattamente uguali, ma non lo vogliamo ammettere.
-Ehi, Bill, ma dove eri andato?
Ci voltiamo di scatto, staccandoci uno dall’altra come se ci fossimo ustionati, e vediamo Tom appoggiato allo spigolo della porta, i dread scompigliati sulla schiena, una faccia talmente dolce che mi verrebbe voglia di saltargli al collo e non lasciarlo più andare.
-Ero … ero uscito un attimo con Gustav.- risponde, distogliendo lo sguardo. – Dovevo accompagnarlo in un posto.
Tom alza un sopracciglio scettico, ma fa finta di niente e mi dice
-Jim, ma mi sono addormentato?
-A metà del primo tempo del Sulzetal-Bernau Am Chiemsee. Comunque, ha vinto il Bernau, il Sulzetal ha fatto cappotto completo.
-Eh, te l’avevo detto che quella squadra fa progressi!.- esclama il nostro bello addormentato, dandomi una pacca affettuosa sulla spalla. Ed è il primo che non mi tocca il posteriore nonostante sia la sua fidanzata. Wow.
Sto per ribattere, quando sentiamo il telefono squillare, e i gemelli si precipitano a rispondere contemporaneamente. E con che notevole prontezza di spirito. Dopo qualche urlo sconclusionato, qualche improperio, qualche strillo soffocato, buttano giù, guardandomi vagamente contrariati.
-Dobbiamo andare a registrare.- grugniscono in coro, scambiandosi un’occhiata.
-E io ho sonno.- piagnucola Tom.
-E io ho dei capelli orrendi.- frigna Bill.
-E in più fa freddo.- continua Tom.
-E non ho voglia di prendermi ancora dell’acqua.- conclude Bill.
-Ma voi avete la minima idea di cosa sia il sacrificio dei lavoratori?- domando, guardandoli storto. – Forza, scansafatiche, fate la gioia mia e di migliaia di altre ragazze sparse nel globo. Gambe in spalla, e andate nello studio di registrazione.
-Guarda che il nostro è un lavoro faticoso. Non pensare di prenderlo come se fosse … - inizia a sindacare Bill, ma lo zittisco con un’occhiataccia
-Se vuoi venire a sgobbare in officina a montare e smontare motori, libero di prendere il mio posto.- gli offro, con un sorrisino bastardo.
-Vieni con noi, allora.- decide Tom.
-Cosa hai detto?!- forse io e Bill che lo guardiamo scandalizzati, indicandoci a vicenda come se ci avesse appena condannati a morte forse siamo leggermente anti sgamo, anche se posso considerare che la nostra uscita è dettata da motivi diversi.
-E dai, Jim, che ti costa venire con noi? Su, ti prego, non mi vorrai abbandonare con un prete fondamentalista che si crede il fondatore della scuola di Hokuto, un trogolo che tenta di copiare inutilmente Maestro Yoda e un manichino che si crede la reincarnazione sfigata di Lady Oscar!- Tom mi fa gli occhioni, e devo dire che non posso non ridere all’idea di vedere Georg conciato come Ken il Guerriero, Gustav con la faccia verde e Bill con indosso l’uniforme del capitano delle guardie.
-E io non so quanto ancora reggerò questo sacco sfatto che pare la versione pulciosa di Capitan Harlock!- abbaia Bill, dandogli uno schiaffo. E anche Tom alla guida dell’Arcadia con la benda sull’occhio non sarebbe malaccio.
-Quindi, se abbiamo un crossover tra Ken il Guerriero, Guerre Stellari, Lady Oscar e Capitan Harlock, io cosa devo fare per completare il quintetto?
-Happy! Il gatto azzurro di Fairy Tail!- esclamano i gemelli, dandomi un’attenta occhiata.
-Aye Sir!- scatto sull’attenti in una mossa vagamente da militare, scostandomi la frangetta dal viso con un gesto del capo.
-Quindi, ricapitolando.- Bill si passa una mano tra i capelli – Dobbiamo andare in quella dannata sala di registrazione fredda come una ghiacciaia e umida come una cantina, dobbiamo dirlo a quei due sciatti dei G&G, dobbiamo cercare di fare buon viso a cattivo gioco, dobbiamo portarti con noi, dobbiamo trovare un paio di scarpe adatte alla mia mise che questi rosa si sono spezzati, dobbiamo prendere la Porsche senza rovinarle lo smalto che poi mamma viene a dirmi che rovino le macchine,  dobbiamo portarti con noi
-Questo lo hai già detto.- lo gela Tom – E piantala di fare la checca isterica, Bill, infilati un paio di scarpe e muovi quel tuo culo anoressico. Jimmy, io e te …
Ma non fa in tempo a finire la frase che il telefono attacca a squillare a tutto volume.
-Ma che diavolo c’ha la gente oggi?!- sbotta il chitarrista, mentre Bill tira su la cornetta
-Chi cazzo rompe le palle, adesso?!- strepita il cantante, per poi ammutolirsi di botto e cominciare a boccheggiare come un pesce fuor d’acqua.
-Fossi in te andrei a vedere che sta succedendo.- suggerisco a Tom, dandogli una leggera spinta verso il telefono.
Fa come gli ho detto, quasi ipnotizzato dal pallore mortale di Bill e dal suo ripetitivo sfarfallare delle lunghe ciglia truccate. E lo vedo accostarsi al gemello e poggiargli la testa su una spalla, cominciando a impallidire vistosamente anche lui non appena sente la voce dall’altro capo del filo. Mi chiedo che possa essere successo. Hanno delle facce sfruttabili per il funerale di un loro vecchio compagno di classe.
-Stai scherzando, vero?- soffia Tom, prendendo la cornetta dalle mani di Bill.
-Non è possibile, io non ho … - geme Bill, appendendosi spasmodicamente al braccio del mio fidanzato. E vorrei quasi ridere istericamente a pensarlo sul serio.
-E Georg che ha detto?- insiste Tom, stringendo le spalle di Bill in un abbraccio convulso – E Gustav? Allora?
-Ma si può sapere a chi è venuta questa malaugurata idea?- frigna il cantante, affondando il viso nella spalla di suo fratello.
-E che ti dobbiamo dire? Ok, è una … Cristo … ok. Vedremo di prepararci psicologicamente alla cosa.- Tom sospira, il viso cereo.
-Pagatemi uno psichiatra, per piacere.- prega Bill, avvinghiandosi ancora di più al rasta e tirando su col naso melodrammaticamente quanto artificiosamente.
Quando vedo Tom mettere giù il telefono, mi avvicino con titubanza, mettendogli una mano sulla spalla e abbracciandolo. Non so bene cosa sia successo, immagino qualcosa di grave a vedere dalle loro espressioni stravolte e sconcertate. Mi passa un braccio attorno alle spalle, stringendomi a lui. E rimaniamo qualche secondo così, io e Bill attaccati a Tom come due piattole e lui che ci abbraccia e guarda disperatamente nel vuoto. Non so cosa abbia portato a tutto ciò, sarà sicuramente qualcosa di grave. Gli stringo la maglietta tra le dita, sentendo il cuore battere in prossimità del mio orecchio, così come sento il respiro pesante di Bill sull’altro orecchio. Siamo una cosa unica, adesso, come alla Schatten Schwarz, un’entità unica che si fonde e rimane così, una sorta di albero della vita che pulsa e vive così, con tre creature diverse che fuse insieme ne producono un’altra più potente, più distruttiva, ma anche più fragile, che si tiene in piedi a stento e che si avvolge di uno strato di caparbietà e inarrestabilità assoluta, di una scorza troppo dura per essere scalfita ma anche troppo resistente per poter essere rotta dall’interno.
-Ragazzi.- mi decido a sussurrare, contro la maglia di Tom – Ragazzi, vogliamo parlarne?
-E’ … è un po’ un gran casino.- mi risponde Tom, accarezzandomi i capelli.
-Ma a volte succede, eh.- pigola Bill, riemergendo dalla spalla del rasta.
-Che cavolo è successo, allora?- chiedo, staccandomi un attimo e fissandoli nei loro grandi occhi identici. Quegli occhi che mi hanno salvato – E’ morto qualcuno? Se è così, mi dispiace tanto, davvero, io …
-Ma no! Non è morto nessuno, ci manca altro!- strillano i gemelli.
-E allora perché fate quelle facce?- ammetto che non sto capendo un tubo.
-Vedi, Jim, si è tutto incrociato con un’anticipazione imprevista, quindi un totale cambio di programma che non credevamo possibile.- fa Tom con aria grave, sedendosi a cavalcioni del bracciolo del divano.!! fhebf
-E io dove lo trovo il tempo adesso per mettere tutto a posto?- Bill nasconde il viso tra le mani, sprofondando tra i cuscini.
Mi pianto a braccia conserte di fronte ai due ragazzi, tentando di sembrare seria.
-Ok, va bene tutto, però ora ditemi chiaro e tondo, senza panegirici o circonlocuzioni, senza perifrasi e piagnistei, che diavolo sta succedendo! Chi era al telefono prima? Che c’entrano Georg e Gus? Che scandalo si è sollevato? Uno scoop che non doveva uscire? Qualche foto compromettente? C’entro io per caso? Dio, Kaulitz, avete la lingua, parlate!
-No, vedi, è solo che … - inizia Tom, distogliendo lo sguardo da me e posandolo sul tappeto che sembra aver acquisito un improvviso interesse.
-Ci hanno anticipato la tournee.- si decide a sputare il rospo Bill.
-Ah,- no, fammi capire, tutte queste sceneggiate post apocalittiche solo perché devono muovere il culo per fare il tour? Ma che diavolo … - E dov’è il problema?
-Il problema, dici?- ridacchia istericamente Bill, dandosi una cuscinata in testa.
-Il problema è che inizia dopodomani.- dice Tom. – Abbiamo un giorno, e poi partiamo.

***
Buonasera Aliens! Scusatemi per il ritardo, la prossima volta cercherò di aggiornare con più rapidità *ce la può fare, trust in her*. Allora ... finalmente si entra nel vivo della ff. Inizia il tour, e il nostro Tom potrà mai rinunciare a trascinare Jimmy in giro con loro? Se poi a supportarlo ci sono anche i sempre eroici G&G, Bill non può proprio fare nulla per lasciare a casa la loro nuova amica o nemica, a seconda dei punti di vista. Quindi, mi raccomando, continuate a seguirci che qui la situazione si incasinerà di brutto una volta partiti alla volta del tour ;) Come al solito vi ringrazio tutte per la pazienza,e hasta la victoria siempre Comandante Bill Kaulitz! (Dai, vecchio Che Guevara, non averne a male;) )
Mi raccomando recensite in tante,
Un bacione a tutte <3
Charlie
P.S. tra un poco pubblicherò una nuova ff (si, sono inarrestabile!) che però si incentrerà all esclusive sulla mia amata twincest ... ovviamente, se qualcuno di voi vorrà passare è più che benvenuta, non so il titolo perciò cercate il mio nickname e la trovate ;) se avete voglia di passare, mi raccomando :*

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Capitolo 17
*** Perché io ti am... ***


CAPITOLO DICIASSETTE: PERCHE’ IO TI AM…

-Che cazzo, Bill, ma ci sai stare fermo?!
Mi metto le mani tra i capelli, dando una craniata nel muro e lasciandomi cadere per terra con una smorfia stressata.
-Tooooom, non ti ci mettere anche tu a scassare i coglioni, eh!
Mio fratello sprofonda sul letto, in mezzo a un cumulo assurdo di vestiti di ogni sorta, incapace anche solo di piegarne uno per metterli nelle cinquanta valigie che invadono la sua stanza da letto. Non è truccato, e un paio di grosse occhiaie gli adombrano gli occhi, i capelli tutti arruffati acconciati in una frettolosa crocchia, un grembiulino rosa a cuoricini e un paio di calzettoni antiscivolo rosa scuro in tinta con il grembiule completano il quadretto di “Bill sul piede del collasso nervoso”. Io non credo di essere messo tanto meglio, visto che ho gli occhi messi in condizioni peggio delle sue, i dread scarmigliati e annodati uno con l’altro e addosso solo un pezzo del costume di Batman di dieci carnevali fa.
-Non ce la farò mai a mettere tutti i miei vestiti in valigia.- piagnucola Bill, nascondendo il viso tra le mani e costringendomi praticamente a issarmi faticosamente tra le coltri e ad avvolgerlo in un abbraccio da orsi.
-Dai, fratellino, sì che ce la puoi fare, non stiamo …
-Tom, ma tu mi vuoi bene, vero?- alza gli occhi verso di me, mordicchiandosi il labbro inferiore, appallottolandosi ancora di più tra le mie braccia. Ci sono momenti in cui mi chiedo perché Bill sia così appiccicoso. E non è tanto per il fatto che mi stia sempre incollato, perché Dio, lo sa che io sarei il primo a dare di matto se non potessi spupazzarmelo almeno una volta al giorno. Ma è proprio il fatto che sembri preoccuparsi così tanto di chiedermi se io continui a volergli bene. È ossessivo, ed è una preoccupazione inutile, lo sa anche lui. Però continua, col muso sempre più lungo ogni volta.
-Ma certo che ti voglio bene, Bill, non essere morboso … ti adoro, lo sai benissimo.
-Anche io ti voglio bene, Tom. Tanto, tanto bene.- sospira rumorosamente, per poi guardare sconvolto la pila infinita di vestiti su cui siamo seduti – E proprio perché mi vuoi bene devi darti da fare a farmi stare 50 capi d’abbigliamento in valigia. Senza contare i miei trucchi.
-Ma io non credo che i trucchi ti servano, c’è …
-I miei trucchi sono i miei trucchi, Tom! Non li abbandonerò mai! Come i miei profumi, d’altronde. E tutta la mia bigiotteria. Insomma, non sarei io senza di loro no?
Vero anche questo. Bill non sarebbe Bill senza la sua moda stravagante e bizzarra.
Detto fatto, cominciamo a piegare tutta quella roba vagamente da … ehm, forse è meglio che non commenti, e a pressarla dentro i suoi imbarazzanti trolley rosa shocking o lilla, schiacciandoli occasionalmente col martello o con i piedi, saltandoci sopra con poca grazia, lottando come cani rabbiosi con le zip che non si vogliono chiudere, piangendo e imprecando, mutilandoci le mani dentro le valigie, per poi ricadere sul letto vittoriosi di aver domato ben 10 valigie assassine che sembrano dover scoppiare da un momento all’altro. Coraggio, per una volta siamo riusciti a essere pronti per il giorno della partenza del tour. Un punto ai gemelli, gente.
Mi lascio ricadere sul suo letto sbuffando sonoramente, affondando in mezzo al piumone nero e ai suoi inquietanti orsacchiotti sogghignanti, accarezzando quello verde acido sul pancino bianco.
-Sei contento di andare in tour?- biascico, facendo muovere distrattamente le grasse braccia del pupazzo su e giù.
-Certo che lo sono.- si gira verso di me, accoccolandosi al mio fianco e poggiandomi la testa sulla spalla – Perché, tu no?
Annuisco distrattamente, facendo fare un giro all’orsetto sulla pancia di mio fratello fino ad arrivare al collo, e poi indietro. Lui ride e si contorce un po’ dal solletico.
-A te non piace Jimmy, vero?- mi decido a dire. Magari crede anche che non me ne sia accorto, di come è volato in camera sua piangendo, di quando è uscito in lacrime barcollando sui tacchi, del bigliettino sulla porta, dell’evidente balla che mi ha rifilato dicendo che era andato a fare una commissione con Gus, dell’ancor più evidente reazione scazzata che hanno avuto lui e Jimmy non appena mi sono palesato nell’ingresso, a quando li ho visti avvinghiati ed emananti un odio talmente forte da essere percepibile anche all’esterno. Lui crede sempre che io non mi accorga di queste sue reazioni, ma non è vero. Perché la sento anche io, quella microscopica coltellata al cuore che mi colpisce ogni volta che lui sta male dentro. – E’ successo qualcosa con lei? Qualcosa di vuoi parlare?
Si irrigidisce completamente al mio fianco, strappandomi di mano l’orsetto verde acido e cominciando a giocarci per conto suo, voltandomi la schiena. Sospiro rumorosamente, abbracciandolo e posandogli il mento sulla spalla ossuta.
-Dai, primadonna della domenica, che hai?
-Niente.- grugnisce, stringendo le gambe al petto, senza guardarmi.
-Se non me lo dici ti faccio il solletico sino che non mi sanguinano le dita e non ti vieni un infarto dal ridere.- comincio a solleticargli il fianco, e lui si contorce in modo spastico, cercando di non ridere a crepapelle. Dio, quanto è bello fargli il solletico sapendo che non riesce a controbattere con la stessa moneta nel terrore di rompersi un’unghia …
-Ti ho detto niente.- fa un gemito strozzato, quando comincio a fargli il solletico sulla pancia pelle e ossa.
-Sono tuo fratello, Bill, e vivo con te, non ti lascerò in pace sinché non avrai soddisfatto la mia curiosità. Io sono nato per aiutarti, B., devi dirmi tutto.
Biascica qualcosa di incomprensibile, nascondendo il viso tra le mani. E ora che diavolo ha sta checca isterica? Ci sono giorni in cui davvero, davvero, non riesco più a sopportarlo. Non può fare queste scenate anche col sottoscritto, non con me, non con suo fratello. Se non si fida di me, di chi potrà mai fidarsi in sto mondo di iene?
-Mi hai mentito.- pigola, schiacciandosi contro il mio petto.
-Cosa stai dicendo?- una piccola fitta più forte si irradia nel mio sterno, rimbombando nel mio cuore come un tamburo africano – Bill, di che diavolo stai vaneggiando?
Lo prendo per le spalle e lo costringo a girarsi verso di me, deglutendo rumorosamente vedendo i suoi grandi occhi tristi lucidi dalle lacrime a fatica trattenute, il labbro fremente e le guance sporche di lacrime che le ciglia non riescono ad arginare.
-Mi hai detto che … che … io …
Scoppia a piangere e io lo guardo stranito, quasi rimbambito nel vedere grosse gocce trasparenti solcargli il viso, sgorgargli dagli occhi una cascata del Niagara, le mani premute sul viso come a voler fermare quel fiume in piena che mi sta bagnando la maglietta, raggomitolato su se stesso eppure così tanto avvinghiato al sottoscritto da sembrare un'unica, grottesca, entità piagnucolante.
Taccio, stringendomelo al petto, accarezzandogli con delicatezza i capelli e la schiena ossuta, sentendo le sue lacrime bollenti bagnarmi la pelle e i suoi singhiozzi echeggiare nel mio cuore e rintronarlo. È come non essere mai cresciuti, da quando eravamo bambini sempre a consolarci nello stesso identico, appiccicoso modo. Un letto, un divano, un abbraccio, tante lacrime e tanti baci e tanti insulti. Eravamo bambini, e ci rinchiudevamo nella nostra cameretta azzurra con i due lettini gemelli, appallottolati uno all’altro sotto la finestra che dava sulla strada, che avessimo litigato tra noi o che il motivo fosse esterno, sempre abbracciati talmente forte da togliere il fiato, a guardare il cielo da dietro quel vetro opaco, a piangerci addosso da soli, chiamando a mezza voce Peter Pan che ci venisse a salvare e a portare per sempre sull’Isola Che Non C’è. Tutte quelle notti infantili trascorse sotto la finestra a cercare di individuare quella benedetta seconda stella a destra, a chiamare Peter Pan a mezza voce senza ricevere mai lo straccio di una risposta. La risento ancora sulla pelle, la vocina debole di mio fratello che sussurrava “Domani Peter verrà, Tom. Verrà e ci porterà a casa”. Un domani che non è mai arrivato, un domani che è sempre il giorno dopo, una continua attesa che dura da più di dieci anni. Eppure in qualche modo, io e Bill ci crediamo ancora, che una notte arriverà e ci porterà sulla sua Isola. Ci credevo, ci credo, e ci crederò sempre.
E poi tutti i pianti adolescenziali che c’eravamo fatti in coppia, avvinghiati nel lettone che eravamo riusciti a creare attaccando i due lettini, tutti gli schiaffi che ci eravamo tirati, ma che irrimediabilmente ci davamo rimanendo abbracciati come due vecchi orsi stanchi. Anche la prima che sera che potei passare allo Schatten Schwarz, l’orrenda sera in cui lui nemmeno mi degnò di uno sguardo, la passai nel nostro lettone improvvisato a soffocare le lacrime nel cuscino, perché per quanto possiamo essere diversi io non riuscirò mai a sopportare i veri musi di Bill. Ma poi ricordo vagamente le sue braccia che mi circondavano i fianchi e lui che si era limitato a soffiarmi nell’orecchio “Buonanotte Tom, fai dei bei sogni” e avevo dormito; la sua voce mi rassicura, la sua tranquillità mi mette in pace con me stesso.
Abbiamo continuato così, a lenirci i dolori dell’anima a vicenda, in un modo che mi è sempre sembrato troppo sporco per dei fratelli gemelli, che ha qualcosa di immorale e di corrotto. Eppure è un rimedio che funziona più di qualsiasi medicina, di qualsiasi distrazione, di qualsiasi psichiatra. Forse sono indecenti i suoi baci appiccicosi, ma a me va bene così com’è, mi va bene dormire insieme quando siamo tristi, mi va bene spupazzarlo quando ne ha voglia. È pur sempre mio fratello, è carne della mia carne, è sangue del mio sangue. forse è più mio di quanto voglia veramente ammettere.
-Io non ti ho mai mentito, Bill, mai.- gli sussurro nei capelli.
-Invece sì. Ma non te ne sei accorto.- mi risponde, alzando lo sguardo sul mio. quegli occhi così uguali ai miei, ma che in questo momento brillano di qualcosa che vuol dire vendetta, che vuol piangere tradimento, che vuole urlare comprensione.
-Su cosa, allora?
-Sul fatto che non ti saresti mai messo con lei.
Lo guardo con una punta di sconcerto. Non è possibile che sia così. Sta diventando sempre più geloso nei miei confronti, non so proprio come fare, è quasi angosciante lo sguardo che mi rivolge, ferito e braccato. È lo sguardo di una persona che non ha più il minimo briciolo di speranza.
-Cristo Bill, ancora con sta cazzo di storia?!
Mi metto seduto sul letto, nascondendo il viso tra le mani. Non li reggo i discorsi su questi argomenti, proprio non li reggo.
-La chiami ancora “cazzo di storia”?!- sbotta, mettendosi in ginocchio davanti a me, i capelli arruffatissimi e gli occhi disperati. – Ma ti rendi conto che me l’avevi giurato?!
-Sì, ok, te l’avevo giurato ma era un giuramento scherzoso, non puoi averlo preso sul serio. E poi, non dovresti essere felice per me? Insomma, Bill, a me lei piace. Piace un sacco!
-E’ questo il problema, Tom! Lei è … - comincia a gesticolare, ma io lo blocco
-Non è un problema, Bill. Tu non vuoi capire che lei è diversa da tutte le altre; è speciale, è strana, vede il mondo attraverso un’ottica splendida. Non puoi paragonarla a quelle troiette da due soldi di prima: sono sicuro che con Jimmy sarà una storia completamente nuova.
Incrocia le braccia al petto, sopprimendo un’altra valanga di lacrime.
-Non sarà una troia come le altre, ma non me ne frega niente! Ti userà, giocherà con te finché non ne uscirai distrutto. Non sei pronto per una storia seria, e sicuramente non con quella nanerottola pazza. È pazza Tom, è pazza.
-Lo so che è pazza, Bill, porca puttana, ed è proprio per questo che mi piace. Perché è diversa. Non potresti per un momento rallegrarti perché il tuo gemello è contento di aver trovato una ragazza che fa al caso suo, con cui potrebbe ipoteticamente avere una relazione quasi normale?
-No, non lo sono felice perché lei non sarà mai la tua felicità, non sarà mai la tua relazione seria. Sono io la tua fottuta felicità, la tua relazione seria sono io, sono io, sono … io …
Riscoppia a piangere ancora più forte di prima, prendendo a testate il materasso.
-Santa Miseria, Bill, smettila di piangere. Tu sarai sempre la mia felicità, il mio gemellino adorato che viene sopra tutto e sopra tutti. Jimmy sarà la mia ragazza, non so manco se durerà a dirla proprio sinceramente, e non so se duri tanto o poco, per adesso mi basta averla vicino perché mi rende allegro ma tu lo sai che sei sempre al primo posto. Sempre.
Gli accarezzo la schiena e gli tolgo le mani dal viso, asciugandogli i lacrimoni con il pollice.
-Ami Jimmy?- sussurra, ciucciandosi il labbro inferiore.
-Sì, per adesso amo Jimmy. Ma tu sei sempre il primo dei miei pensieri.- su questo avrei qualche dubbio, qualche serio dubbio, ma so che è meglio mentire a fin di bene. E poi, se davvero non è il primo, sarà il secondo.
-Perché ci sei rimasto così male?- mormoro, leccandomi il piercing.
-Perché ti voglio tutto per me, fratellino.- mi guarda con un sospiro – Sono geloso.
-Sei troppo geloso, Bill. Dovresti imparare a vivere la tua vita, non possiamo rimanere insieme per sempre.
Mi guarda. Lo guardo. Scuote la testa con un sorriso stanco. Scuoto la testa con un sorriso stanco. Ce l’hanno sempre detta tutti, quella stupida, stronza frase, per separarci, per farci “capire”. Beh, a noi due non è mai fregato un benemerito cazzo di quello che la gente potesse pensare. Lo sappiamo, è sempre stato insito sin dalla nostra nascita, è scritto a fuoco nelle nostre stelle gemelle su nel firmamento, è inciso nel nostro Destino. Io e Bill staremo insieme per sempre. Non ci sarà niente che ci potrà separare. Quindi è inutile che facciamo anche finta che questo nostro stare sempre in simbiosi sia solo un periodo transitorio. È la nostra vita, punto.
-Non sono troppo geloso, Tom.- biascica. – E’ solo che vederti con lei mi da fastidio.
-E allora spiegami perché!
-Perché?- Bill alza la testa e mi guarda risoluto, troppo risoluto per i miei gusti, asciugandosi gli occhioni con i palmi delle mani e cercando di darsi un tono da piccolo panda indifeso ma deciso a lottare e a dare il tutto per tutto, fissandomi con quello sguardo terribile, battagliero e disperato, come se fosse l’ultima eroina di un qualche romanzo di Charlotte Bronte o di Jane Austen – Tom sei così ottuso, maledizione! Non ci sei proprio ancora arrivato?
-Arrivato a cosa?- mi gratto la testa, non sapendo più dove sbatterla. Lui si alza di scatto, roteando nel suo grembiulino a cuoricini.
-Fai un excursus temporale, fratellino. Non riesci proprio a realizzare tutto quello che ho sempre fatto per te? Tutti i ragazzi di cui ho rifiutato la mano solo per stare con te, tutte le occasioni buttate al vento per averti vicino, tutte quelle occhiate che avrebbero già dovuto consumarti, tutte quelle occhiaie nascoste da quintali di correttore per stare sveglio a guardarti dormire, tutto l’odio che covo verso quelle puttane che cercano in qualche modo di instaurare qualcosa con te, che sia di una sola notte o di un periodo di tempo più prolungato, tutto il perdono che ti ho sempre concesso, tutti i baci che ti ho dato, tutte quelle canzoni non significano niente per te?
-Bill, calmati, non capisco dove vuoi arrivare … - sussurro, accarezzandogli la guancia bagnata di pianto, ma lui si accascia addosso a me come una bambola a cui sono stai tagliati i fili.
-“I know somewhere there is a place made just for you and me it all turned out a different way, can’t feel the pulse in our veins so weak today we’ll let our heartbeat guide us trough the dark just trust me …”- comincia a canticchiare Bill, mentre io quasi meccanicamente fischietto silenziosamente la nostra bellissima 1000 Oceans, la vecchia, sempre epica canzone dei mitici mille oceani da attraversare – Non ti ha mai detto niente, Tomi?- pigola.
-Sì che mi ha detto qualcosa, B., mi ha sempre parlato di qualcosa di intellegibile come … come … - vorrei dire come io e te, eppure in qualche modo la faccia di Jimmy subentra nella mia mente. Come io, te e lei. Si fa spazio a son di morsi e pugni nella mia testa, prendendo prepotentemente posto nella mia testa e nelle mie canzoni.
-Beh, sai a me cosa ha sempre detto?- dice, passandosi una mano tra i capelli, la bocca piegata in una smorfia distrutta. – Mi ha parlato di me e di te. Di noi, Tom, perché … perché io ti a …
Non fa in tempo a finir di parlare che un sordo “splat” richiama la nostra attenzione. E giuro che mi ritrovo in braccio a mio fratello urlando non appena ci troviamo davanti Jimmy spiattellata sul vetro della finestra che ci fa segno con la mano di farla entrare. Bill strepita, rotolando per terra in mezzo ai suoi peluche orrendi, mentre io mi nascondo previdentemente dentro il suo piumone.
-Mi fate entrare sì o no, accidenti a voi?!
La sua voce mi giunge ovattata da sotto il piumone e immediatamente mi scordo della paura, di Bill, delle valigie, di tutto. Vai, Tom, ottima figura del cazzo con la tua nuova ragazza, si! Sono un disastro. Mi districo dal piumone, precipitandomi a spalancare la finestra, inciampando nelle tende rosa confetto tutte piene di piume e volant di pizzo nero, e facendola ruzzolare dentro non appena riesco a spalancarla. Jimmy salta dentro ansimando, planando con una certa grazia sul pavimento.
-Certo che ce ne avete messo di tempo per aprirmi la finestra!- commenta, sghignazzando non appena vede le facce ancora bianche mie e di mio fratello.
-Perché infatti è normale vedersi piombare una dalla finestra come Suspiria, certo, Tooom, come abbiamo potuto spaventarci davanti a un avvenimento così banale!- sbotta Bill, lanciandole una delle sue proverbiali occhiate di fuoco.
-Oh, allora potrei caldamente consigliarvi una visita da un ottorino, visto che è mezz’ora che sto attaccata al campanello di sotto e nessuno, dico nessuno, si è degnato di aprirmi la porta!- abbaia lei, guardandolo malissimo dal suo metro e sessanta di altezza.
Io e Bill ci guardiamo vagamente imbarazzati, ma lui è più veloce a girarle la frittata
-E io ti consiglierei ancora più caldamente una visita da uno psicologo, visto che da che mondo è mondo una persona chiama se non gli viene aperta la porta e non si va ad arrampicare su per i muri. Se non te ne fossi resa conto, tesoro, non sei Spiderman!
Jimmy contrae la mascella, stringendo i pugni, assottigliando gli occhi fino a farli divenire due fessure iniettate di sangue. Ahia, chissà come mai vedo già Bill rivoltato come un calzino in un lago di sangue. Anche se solitamente sono io quello che fomenta i casini, per una volta prenderò le veci del mediatore di turno.
-Calma, calma figli del sole!- mi metto in mezzo ai due litiganti, sentendomi vagamente uno di quei predicatori del deserto dell’Alabama. Ecco cosa deve provare Georg quando cerca di bloccare con la sua fluida parlantina le nostre crisi nervose – Siamo tutti amici, tutti fratelli, tutta progenie di Adamo ed Eva. La Germania è collassata nelle due Guerre Mondiali perché già al suo interno vi erano delle profonde spaccature sociali. Noi non dobbiamo ripetere l’errore passato contro il nemico alleato!- anche i discorsi di Gustav ubriaco marcio sul tourbus a notte fonda su come dovremmo rifondare l’Impero Austro Ungarico servono, ogni tanto – Non è successo nulla, siamo pacificamente amici e ora ci riuniamo tutti insieme a pregare il Dio dei Perduti di …
-Sì, Tom, grazie, abbiamo capito l’antifona.- Jimmy si rilassa impercettibilmente, sorridendomi – Non ci pestiamo.
-Comunque Georg è un predicatore molto più convincente di te.- sputa Bill inviperito.
Lo ignoro, concentrandomi più che altro su Jimmy e su come diavolo abbia fatto ad arrampicarsi come un topolino su fino alla finestra.
-Tipo, sei Spiderman o cosa?
-Sono semplicemente allenata, Tom. Bisogna sviluppare una certa agilità se si vuole uscire a notte fonda senza farlo sapere a tua madre e tornare alle prime luci dell’alba senza svegliarla.- mi strizza l’occhio, occhieggiando curiosa per la camera di Bill.
-Dov’è tua mamma?- chiede mio fratello, avvicinandosi improvvisamente a Jimmy Sasha come un corvaccio sulla preda.
Lei abbassa lo sguardo sulle scarpe sfondate, grattandosi il retro del collo, quasi fosse imbarazzata di dircelo. La frangetta le copre il viso, le dita della mano destra che sfregano con insistenza il grosso anello che porta al pollice. Chissà cosa significa per lei … è da quando l’ho incontrata che lo porta al dito. E se devo dire la verità è davvero troppo grosso per potersi adattare alle sue dita. Al pollice, poi.
-E’ a Francoforte. Da qualche anno, in realtà.
-Beh, Francoforte è la città di Heidi!- interrompo, sorridendo amabilmente. Sarò anche scemo, non lo metto in dubbio, ma lo vedo quando una persona non vuole parlare di qualcosa. E a differenza di mio fratello, mi dispiace insistere. Mi sembra di andare a rovinare qualcosa nel microequilibrio di ognuno di noi, che sono già abbastanza delicati e facili da ridurre in polvere. Nessuno avrebbe bisogno che qualcun altro si mettesse di impegno a distruggere ogni singolo briciolo di autostima che la gente prova a tirarsi su. Bill mi guarda storto e io mi limito a dargli una gomitata infastidita.
-Già- borbotta Jimmy – La città di Heidi e di Clara sulla sedia a rotelle …
-Comunque, cosa vuoi?- latra Bill. Dio, che fratello che mi è toccato.
-Niente, tesoro, volevo solo salutarvi. Domani partite, no?
-Domani partiamo.- asseriamo io e Bill con l’allegria mista a depressione che ci coglie sempre prima di iniziare una tournee.
-Bene, appunto. Sono venuta a dirvi buon viaggio, buon divertimento, insomma, spaccate come al solito.
Fa un sorriso triste, appendendosi al mio collo. E qui quello triste sono io, davvero. È una sensazione strana, quella che mi sta facendo in questo momento. È come se mi avesse appena spiattellato davanti al naso un fatto talmente terribile che non mi è possibile guardarlo seriamente in faccia e affrontarlo come si converrebbe. Perché, effettivamente, ora che ci penso, sto partendo per mesi in cui non la vedrò più. Tecnicamente, dovrebbe non fregarmene un tubo, intanto che diavolo dovrebbe importarmi di lei? Eppure, per qualche strano incrocio stellare, allineamento dei pianeti con le linee di Nasca, maledizione di Tutankhamon redivivo, richiamo Maia di una nuova Atlantide, predizione biblica dimenticata da Giovanni di Patmos, mi si stringe il cuore a pensare di non poterla vedere per così tanto tempo. Di non vedere i suoi occhi, di non poter vedere il suo sorriso e il suo naso storto, di non poter toccare i suoi capelli e di non poter sentire i suoi discorsi strani e sognanti. Di non poter indagare su quello che nasconde dietro le pupille, di non poter conoscerla per bene. L’ho conosciuta da poco, ma è già una droga per me. È bastata una sniffata per sbaglio, e già me ne trovo dipendente. Uno spinello, e ho cominciato a bucarmi, a bucarmi di Jimmy, a sentirmela scorrere nelle vene, ho cominciato a volerne sempre di più, a volerla in una siringa con cui non finirò mai  di distruggermi la pelle. È come essere in uno zoo di Berlino fatto di qualcosa da cui nessuno potrà mai disintossicarmi, nonostante i buoni propositi e le preghiere non esiste medicina, buona volontà o prigionia che possa farmi smettere di iniettarmi lei in endovena. C’è qualcosa nel suo sorriso che ti rapisce, come se fosse una della Caccia Selvaggia che con l’inganno ti trasforma in uno dei Cavalieri, e ti costringe a cavalcarle al seguito senza potersi mai fermare, a percorrere percorsi infernali per raccattare le anime dei morti, e lei come una fiamma guida la Caccia, costringendoti a correre sempre più veloce per afferrarla, ma quando ormai le tue mani martoriate si chiudono sui suoi capelli, lei scompare in una fiammata, lasciandoti con un pugno di polvere in mano e una brutta, brutta ustione. Ed è qualcosa che fa male, qualcosa di tossico, che ti rovina dentro come fosse eroina, ti fa viaggiare viaggi intergalattici come fosse LSD, ti addormenta come la morfina, ti stona come la marijuana, ti eccita come fosse cocaina. È una droga, una vera droga. Lei è un cartello che fa impallidire i narcos di tutto il mondo. E proprio perché ne sto diventando indipendente, ho la geniale idea di firmare la mia condanna a morte, di vendere senza rendermene conto l’anima al diavolo.
-Bill, esci un po’.
Stranamente non dice nulla, ed esce senza bisogno di cacciarlo a calci come ogni santa volta, limitandosi a guardarci talmente male da far impallidire.
-Basta che non scopiate sul mio letto. Non ho la minima intenzione di ritrovarmi uno scempio da love hotel, sia chiaro.
Appena esce, sbattendosi la porta alle spalle, Jimmy comincia a ridere senza ritegno, sedendosi in mezzo al piumone nero e ai peluche di mille colori.
-Devi dirmi qualcosa di importante?
Quando vuole ha un’espressione così dolce, così mite da farmi temere una sorta di bipolarismo estremo. Perché una ragazza normale non può passare da avere una faccia che non ha nulla a che invidiare ai sicari della mafia russa, a una che avrebbe fatto sembrare Jane Eyre la prima battona volgare del porto di Londra. Sul serio, penso che Stevenson avesse previsto la sua nascita con il dottor Jekyll e Mr.Hide.
-Beh, Dio … sì.
Mi siedo vicino a lei, cercando di fare la persona seria e interessata.
-Io … lo so che dirai di no, che ti sembrerà affrettato, ma vedi, io ci terrei tantissimo a … - mi gratto la guancia per prendere tempo.
-A fare cosa?- mi incoraggia, sorridendo seraficamente.
-Cioè, magari sembrerà sdolcinato, oppure troppo volgare, non lo so, non sono abituato a fare certe cose, a dire certe cose più che altro, magari detta come te la sto per dire potrebbe avere un effetto pacchiano e banale, eppure per me non è affatto banale, cioè, anche perché sarebbe un’esperienza completamente nuova, e ho paura di me stesso, giuro, mi faccio paura ma …
-Tom, respira.
Faccio come dice, prendendo un sonoro respiro.
-Allora, sono calmo, ok, io volevo dirti se … ok, calma, tu … cioè, io, cioè tu … insomma, e che cazzo, Jim vuoi venire in tour con me?
La faccia che sta facendo in questo momento è epica, a metà tra lo sconcertato e il “ora svengo”.
-Scherzi?- soffia, spalancando i fanali viola.
-No! Figurati se scherzo, ci ho messo mezz’ora per dirtelo!
Sta a vedere che col mio culo mi dice di no.
Sfarfalla le ciglia, tossicchiando imbarazzata
-Tom, io non so che dirti. Voglio dire, mi hai appena permesso di realizzare il nostro sogno, venire in tour con i Tokio Hotel è qualcosa di … epico, sensazionale, meraviglioso però … sei sicuro di quello che stai dicendo?
-Perché dovrei non esserlo? Sei la prima a cui faccio una proposta del genere.
-Wow, figo.- comincia a ridere spudoratamente – Ma io devo lavorare, non posso
-Lavorare sto cazzo, ho i soldi che mi escono dalle orecchie, dai!
Anche la lavoratrice di stampo marxista, alé …
-Ok, non contando l’officina, come giustificheresti una cosa del genere? Non posso seguirvi, non sarebbe corretto nei confronti degli altri tre. Allora dovrebbe venire anche la fidanzata di Georg, o di Gustav per equiparare le cose.
-Ma che equiparare! A parte che Gus è single come Bill, quindi non conta, e poi pensi che non abbiamo chiesto a Karina di venire con noi? Ci ha sempre mandati a quel paese perché a lei fa schifo la nostra musica primo, e secondo dice di non voler avere a che fare per mesi con noi in versione tori inferociti.
-Forse non ha tutti i torti.- pondera Jimmy – Ma io credo di essere peggio di voi, quindi non vedo questo tipo di problema.
-Appunto.- mi metto in ginocchio in posa molto scenografica – Su ti prego, Jimmy, non vuoi farmi questo regalo? Venire con me, e stare con noi, e assistere a tutti i concerti gratis, e vederti tutto il backstage sempre gratis, e avere me …
Fa una faccia un poco scettica, tradita però dal sorriso che le incornicia le labbra
-Ponderando che è ancora mattina, che io non ho così tanta roba da mettere in valigia, che vivo sola e alla giornata, che non mi preoccupo minimamente di quello schifo che mi circonda, che sono una patita dei Tokio Hotel e che avrei un’occasione buona per girare l’Europa stando col primo ragazzo che abbia mai avuto … ponderando tutto ciò, potrei anche dirti di sì, Tom. Vengo con te.
L’ululato mio che ne consegue, lo strepito da battaglia suo, l’abbraccio da rugbisti, il bacio entusiasta, le risate da sciacalli, la caduta giù dal letto, il secondo bacio appassionato, gli sguardi carichi di follia omicida, fanno arrivare di corsa mio fratello con accappatoio nero e rosa e asciugamano in testa che gocciola
-Ma si può sapere che diavolo state facendo?! Toooom, rimettiti la maglia, Jiiiiiimmy rifatti la coda che è spettinata! Possibile che non ci si possa manco più lavare i capelli in pace con voi due bifolchi a mezzo?!
-Bill, buone notizie dal fronte occidentale!- esclamo, saltando in piedi.
-Buone notizie?- Bill fa una smorfia orrenda.
-Jimmy viene con noi in tour!- rispondo, prendendola in braccio e abbracciando mio fratello.
-Sei contento Bill? Starò con voi per tutta la tournee europea …
-Felicissimo, Jimmy. Non potevo avere sorpresa più gradita …
Certo è che, nonostante non capisca il motivo, non mi sfugge il ghigno malandrino e soddisfatto di Jimmy Sasha, con ammiccamento, e la faccia livida prossima allo svenimento di mio fratello. Questi due mi nascondono qualcosa. Forse dovrei mettermi d’impegno a scoprirlo.
 
 ****
Perchè i capitoli di Tom fanno sempre schifo, porca la miseriaccia banana?! Chiedo perdono amate lettrici *china il capo aspettando la fustigazione*. Eh eh Jimmy va in tour con loro e Bill preferirebbe scappare in Sud America e scomparire per sempre pur di non avercela tra i piedi. E poi piccolo, si stava anche per dichiarare ahahaha #CharlieSadica. Beh, il tour sarà da ridere, con questi menomati mentali! Spero come al solito che la storia continui a piacervi, scusate se sono capitoli così pachidermici e lenti ad arrivare :(
Mi raccomando, lasciatemi un commentino e Buona Pasqua Ragazze!!!!! Tanta gioia a tutte voi (e anche a quei quattro menomati mentali)
Un bacione <3 un grande grazie a tutte e a prestissimo
Charlie

 

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Capitolo 18
*** Abbiamo preso l'abitudine di inciampare nelle scale? ***


CAPITOLO DICIOTTO: ABBIAMO PRESO L’ABITUDINE DI CADERE DALLE SCALE?

Scappare in Sudamerica e lasciar perdere le mie tracce in Patagonia. Arruolarmi nella Legione Straniera e perdere il nome di battesimo. Sposare un magnate russo del petrolio e cambiare identità. Nascondermi sotto le mentite spoglie di una geisha. Diventare papa e farmi chiamare Papa Cirillo I. Aggregarmi al Mossad e fare l’agente segreto israeliano. Chiedere asilo politico nell’Area 51 in veste di alieno sperso. Piazzarmi sopra il Triangolo delle Bermuda sperando che mi risucchi giù. Questi sono solo alcuni dei piani che il mio cervello sta elaborando per salvarmi dalle grinfie di Jimmy Sasha e della sua inopportuna e pressante presenza in tour con noi. Peccato che siano tutti irrealizzabili, visto che mi trovo qui, spaparanzato sul divano di sto dannato pullman che procede a scossoni con Georg che mi tiene lo specchio e Gustav che mi passa man mano tutti i correttori e le creme varie, occhieggiando ogni tanto Tom e il Diavolo che giocano a scacchi seduti per terra. E lei sta pure vincendo.
-Bill, dovresti piantarla di incenerirli con lo sguardo.- mi ammonisce Georg, massaggiandosi le braccia stanche per l’avermi tenuto lo specchio davanti per circa due ore. Che mollaccioni questi giovani d’oggi. – E poi vedila in positivo, è una ragazza simpatica e divertente …
-Simpatica e divertente sto cazzo, Georg! E tieni su quel fottuto specchio prima che te lo rompo sulla testa.- latro io, cominciando a incipriarmi il naso. – Io lo sono molto di più. Sono di una simpatia unica e non si sono mai sentite battute più divertenti delle mie.
Gustav fa una faccia scettica, passandomi il fard rosa pallido
-Ed è anche gentile e assolutamente innocua. In più non è invadente e sono sicuro che Tom ha avuto una delle sue idee migliori quando ha deciso di portarla con noi.
-Innocua quella strega?! Dico, ma siete scemi tutti e tre?- abbaio, riuscendo nell’agitazione a rovesciarmi addosso la polvere – Io sono dolce come un pasticcino al miele, sono innocuo come una farfalla, sono di una gentilezza smisurata. E neanche io sono invadente, che credete? Mi sento uno sfigato single!
-Cosa c’entra, Bill, anche Gus è single come te.- tenta di rassicurarmi il buon Listing – Non vuole dire nulla. E il saggio dice “Meglio soli che male accompagnati”. Non ti crucciare, amico mio: il tempo verrà anche per te, basta pazientare e aspettare che la tua anima complementare varchi la porta.
-L’ha già varcata la porta.- piagnucolo, additando mio fratello.
-Sono sicuro che troverai un ragazzo che ti farà battere il cuore ancora più di Tom. E quando lui si paleserà, allora capirai che esiste qualcuno al mondo oltre tuo fratello che merita una possibilità da te. Magari ci vorrà ancora un po’, ma sono certo che quel giorno arriverà, e tu ti ricorderai delle mie parole e gli donerai la chiave del tuo cuore di brillantini.
Georg annuisce convinto, e sono sempre più convinto che più che il bassista, avrebbe dovuto fare il predicatore di una qualche setta protestante americana. A modo suo, è un filosofo. E a modo suo, mi aiuta.
-Geooooooooorg, mi sposeresti?- miagolo, strappando dalle mani cicciotte di GusGus il mascara.
-Stai lontano da me, razza di sodomita!- urla terrorizzato da dietro lo specchio.
-Coraggio, Bill, Georg ha ragione, basta solo avere pazienza.- mi rassicura anche il biondo ciccione – E comunque anche io per ora sono single, ma non mi faccio tutti i problemi che ti fai tu.
-Sì, ma te la ragazza fino a sei mesi fa c’e l’avevi! Io non ho mai avuto uno straccio di ragazzo. Mai in vent’anni, capisci?!
-Vero anche questo; comunque Joanne era una stronza … e le belle figliole le becco comunque. Per ora mi va bene.
Sbuffo, cominciando a circondarmi gli occhi di matita nera bella spessa. Tanto l’ho capita l’antifona, l’unico che ci rimane scottato tra tutti e quattro sono sempre e comunque io. Che novità. Sfiga, vieni, il tuo pupillo è qui che ti aspetta!
-Anche quello mi va male, non è possibile.
-Belandi, Bill, manco riesci a rimorchiare? Sei un caso perso, allora.- ride il bassista più brutto del mondo.
-Forse il tuo look spaventa i poveri finocchi normali, che ti devo dire?- mi dileggia il batterista più antipatico della galassia.
-Sì che rimorchio, Georg, che domande, e per quanto ti riguarda, Gustav, il mio look è un cavallo di battaglia.- ribatto piccato, incrociando le braccia al petto offeso – Solo che … è la gente che rimorchio che è strana. Cioè, invece di qualche ragazzo più o meno nella norma, riesco a portarmi a letto praticamente solo psicopatici che le tentano tutte per farmi diventare la loro bambola da collezione oppure militari tipo Navy Seal, Legione Straniera, o della Marina Militare che tornano in patria dopo mesi passati al fronte e mi trovano un perfetto giocattolo per le loro perversioni!
Vedendo le espressioni vagamente terrorizzate dei G&G mi affretto a precisare
-Beh, non è colpa mia se gli psicopatici sono terribilmente gnocchi e i militari super fighi e muscolosi, con quelle arie da uomini vissuti me lo fanno venire …
-Sì, Bill, grazie ma le tue perversioni non ci interessano!- Gustav mi tappa la bocca. Che poi, io non l’ho capito perché quando sono loro tre a dire porcate colossali sulla gnocca di turno e mi escludono automaticamente dal discorso non posso dire loro niente, invece quando sono io che faccio un commentino un goccio più sconcio sul gnocco di turno, allora Dio ce ne scampi, Bill taci!. Non è giusto, sono pregiudizi razzisti belli e buoni, questi.
-E allora non puoi innamorarti perdutamente di un soldato della Marina super gnocco che ti ami alla follia, così puoi anche condire le tue storie d’amore con la lunga attesa di lui al fronte, e le lettere che vi mandate come nei film che ti piacciono tanto, e puoi anche fare la mogliettina felice che ti piace tanto fare?- riflette Georg.
Mi gratto la testa. Sfarfallo gli occhi. Pondero la sua affermazione. Mi do una pettinata ai capelli sparati che tanto amo. Socchiudo le palpebre. Mi mordicchio il labbro inferiore. Mi gratto il collo. Mi aggiusto gli orecchini e i piercing. Mi gratto la testa di nuovo. Arriccio il naso. Mi accarezzo il mento pensieroso. Mi stiro la maglietta. Mi gratto la testa per la terza volta.
-Ma voi ci vedreste Tom come militare in marina? Che poi gli tagliano anche i suoi adorabili dread … e non ha il fegato per andare in guerra. Non saprei come dirglielo di arruolarsi, non so nemmeno se sia il caso. Dite che dovrei?
E non capisco sinceramente perché i G&G stiano scuotendo contemporaneamente le teste dicendo
-Ormai lo abbiamo perso …
Mi perdo a guardare mio fratello, tramando vendetta contro la laida tappa che, orrore e raccapriccio!, gli si è pure accoccolata in braccio. Mi sento veramente male, a pensare che avevo appena trovato il coraggio di rivelare a Tom il mio amore incondizionato per lui, quel coraggio che non ho avuto per anni, in un attimo avrei potuto cambiare le sorti della guerra, avrei potuto fare appello alla forza che mi era sempre mancata ma che in qualche modo avevo trovato proprio per risollevarmi da questo conflitto che mi sta distruggendo, da questa guerra di logoramento che dura da vent’anni, io solo contro il mondo che lotta per portarmi via il mio Tom. Un attimo, una questione tattica di secondi e la mia ultima arma avrebbe fatto la sua missione, rivelandosi finalmente se come un totale fallimento o come agognata arma di vittoria. Eppure non mi è stato concesso neppure questo, perché la contraerea nemica è arrivata con il suo Spitzfire peggiore e mi ha distrutto, senza riuscire a farmi sganciare la bomba che avrebbe capovolto lo stato di belligeranza in cui vivo da sempre, facendomi trionfare su tutto e su tutti, con il mio gemello tanto amato al fianco … ma puntualmente, siccome Bill Kaulitz è sinonimo di sfigato, si è trovato non solo fregato, ma anche buggerato! Peggio di così non poteva andare.
-Ragazzi, datemi orecchio!- Sant’Uomo In Magdeburgo si palesa davanti a noi.
-E’ ora di cena?- salta su Gustav, mettendosi un bavaglino al collo soddisfatto.
-No, Gustav, è però ora di scendere dal pullman e catapultarvi in albergo prima che tutta l’orda di fans assatanate che avete vi divori e vi sbrani. Sapete benissimo come funziona, se qualcuno si ferma è perduto, mille anni ogni minuto!
Ci guarda mentre andiamo nella Paranoia Precedente Al Catapultarsi In Albergo, fatta di strepiti belluini, insulti, schiaffi gratis, sbaciucchiamenti approfittatori miei a mio fratello, trucchi per aria, wurstel volanti e poi uno strano urlo che si sovrappone al nostro baccano
-State calmi!- Jimmy è agilmente saltata in piedi sul divano – Dove credete di andare con tutto il casino che state facendo?
-Dobbiamo uscire dal pullman, e non è un’impresa semplice.- le ricorda Georg, ritornando all’improvviso serio anche se, ehi, che diavolo ci fa il mio boa di piume sulla sua testa?
-Ho capito Georg, e proprio perché non è un’impresa semplice dovete avere presenza di spirito in primis, un pizzico di astuzia, un briciolo di sagacia, una buona dose di coraggio, delle gambe resistenti e un’amica che di fughe strategiche se ne intende.- declama Jimmy, guardandoci con occhi spiritati.
-Cosa proponi, cocca bella? Un atterraggio pseudo spaziale sul tetto? Un travestimento strategico da suore benedettine?- sibilo io, togliendomi le mutande di Gustav dalla faccia. Dio, che schifo!
-Propongo un diversivo piuttosto funzionale. O meglio, nella periferia di Magdeburgo funzionava perfettamente. Detto in parole molto spicce, consiste nell’attirare l’attenzione di massa verso un punto opposto all’entrata dell’albergo, e nella confusione che conseguirà al mio consiglio, voi dovrete essere abbastanza silenziosi, agili e celeri da catapultarvi in albergo senza che nessuno se ne accorga.- Jimmy afferra la lavagnetta degli impegni appesa dietro al divano e comincia a scrivere col gessetto.
-Penso che questa ragazza sia la nostra salvezza.- commenta David, che fino a un momento fa ci stava per ammazzare di botte tutti e quattro. In realtà, all’inizio, è stata dura spiegargli tutta la faccenda che lei non è nostra cugina, ma che era una balla che mi ero inventato per evitarci la lavata di capo, e che in realtà è la ragazza di Tom, e che ce la volevamo portare dietro; ci sono voluti i piagnistei di quei tre bacucchi (più i miei, lo ammetto. In fondo, l’ho fatto per il mio gemellino ciccipuccioso amore della mia grama esistenza. E poi anche perché se no sarebbero ancora lì a battibeccare) e qualche brillante battuta di Jimmy per accattivare il nostro povero e depresso manager e convincerlo a portarla con noi. Non sono manco passate due settimane che già l’adora. Due settimane in cui David e i G&G la venerano in tutti i modi possibili, due settimane in cui Tom si sta innamorando di lei sempre più follemente, due settimane in cui io muoio dentro ogni due secondi. Muoio vedendo come sono felici di stare insieme, per il modo in cui si scannano quando litigano, per il modo in cui sembrano così perfettamente imperfetti insieme. Ma forse non durerà. Spero che non duri. Che poi, in qualche modo, non posso nemmeno dire che lei sia cattiva con me, perché non lo è per niente, anzi, per come la tratto è anche esageratamente dolce e servizievole. Ma io continuo a non sopportarla. Sono geloso, geloso marcio. E mi sto distruggendo da solo, ne sono consapevole, mi sto bruciando con tutta la mia gelosia di merda che non riesco a estirpare nemmeno volendolo. Muoio per Tom, sono geloso di Tom, piango per Tom, soffro di mal d’amore per Tom. E Tom sarà la mia fine.
-Come sarebbe il piano?- chiede Gustav.
-E’ piuttosto semplice.- Jimmy ci fa vedere ciò che ha scritto sulla lavagnetta.
-Che figata, sembra di essere delle super spie!.- esclama mio fratello, battendo le mani come uno scimpanzé.
-Più o meno sì T., facciamo le superspie. Dovete posteggiare il pullman non nelle vicinanze immediate dell’albergo, possibilmente sul retro.
-Senti, tesorino, io dalla porta sul retro come uno sguattero qualsiasi non ci entro, hai capito?! Non me ne frega un cazzo di fare la superspia, io devo fare la mia entrata trionfale dal portone principale!- strepito io, agitando i guanti di coccodrillo rosa e nero.
Jimmy si passa una mano tra i capelli, scuotendo la testa.
-Ok, Bill, ok, stai calmo. Comunque, il piano è il seguente: ci avviciniamo di soppiatto all’albergo, magari da dietro così siamo sicuri che ci saranno meno ragazze, e fidatevi di una che ha passato anni a farvi la posta fuori dagli alberghi. Quando ve lo dico, vi fermate e io mi nascondo in un punto strategico che studierò una volta là. A un certo punto, lancerò dei petardi …
-Dei petardi?!- la guardiamo tutti accigliati.
-Certo, pensavate che non mi portassi dietro dei petardi?- ci guarda come se fossimo fondamentalmente idioti.
-Ma perché non li ha mai tirati fuori sino ad ora?- fa Tom, grattandosi la testa.
-Perché finora ho visto che nel raggiungere gli alberghi non avete avuto problemi e crisi di nervi. Siccome oggi l’avete avuta, ho pensato bene di mettere in atto il mio piano infallibile.- lei ride, con quella sua risata cristallina e scrosciante – Dicevo, lancerò i petardi, razionandoli, in mezzo alla folla, urlando qualcosa del tipo “Attacco terroristico”, o roba simile. Scoppierà il finimondo, perché posso garantirvi che quando sei davanti a un albergo e aspetti di stuprare la tua band preferita anche la minima sciocchezza ti manda in paranoia e anche la più grande cazzata di sembrerà un fatto di portata mondiale. Nel caos che ne conseguirà, voi vi catapulterete più rapidi che potrete, a testa bassa come una testuggine, verso l’albergo e una volta al sicuro io potrò far capire che era tutto uno stupido scherzo. Le ragazze si tranquillizzeranno ma non potranno più mettervi le mani addosso.
Segue un momento di silenzio sgomento, rotto poi da un adorante Gustav
-Hai mai pensato di arruolarti? Uno stratega così ce lo possiamo solo che sognare … perché non sei vissuta ai tempi? Avremmo vinto la guerra! Avremmo potuto mantenere l’Impero! Avrebbe spopolato l’estrema destra e i vessilli monarchici sventolerebbero ancora. Hail Franz Joseph, Hail Fuhrer!
-Avanti la Destra, avanti il Monarca!- mi aggiungo io strillando e saltellando.
-Bill, piantala di dire ste cose che non capisci!- mi sgridano i tre musicisti, come al solito.
-Ma se Gustav le dice, perché io no?- pigolo, facendo gli occhioni.
-Perché Gustav è un convinto nostalgico, te manco sai di che parli e ripeti a pappagallo cose che senti e che non conosci.- mi rimbrotta Georg – Anche se a volte ti vedrei con una vena filonazista mica da ridere.
-Lui non è filonazista, è scemo e basta.- conclude Tom, facendomi versare una lacrimuccia triste – Senti, Jim … ma sei sicura che funzionerà?
-No, tesoro, ma ci sono buone probabilità di sì.
-Tanto vale tentare.- dicono Georg e David in coro – Intanto non abbiamo niente da perdere nel fare un’entrata da commando in albergo.
-E allora ok, pronti all’azione!- ordina Tom – Biiiiiil, mettiti delle scarpe normali!
Allude forse ai miei stivali verde smeraldo con gli inserti dorati e il tacco quindici? Nah, non è possibile, sono così banali e stereotipati …
 
-Corri, cazzo, corri!
-Oh porca troia, moriremo tutti!
-Gustav, muovi quel tuo culo lardelloso!
-Dai, puttana zoccola, svelti, Cristo Santo!
Stiamo correndo quanto più veloci le nostre gambe ce lo permettono attraverso questa gigantesca piazza nel bel mezzo di Amburgo, a testa bassa come un commando afgano, mezzi accecati dai fumogeni che quella terrorista dell’IRA di Jimmy ha sparpagliato per mezza città, in mezzo alle nostre fans che urlano terrorizzate. Ora qualcuno mi spiega il senso di questa pantomima da action movie di serie B, che rischia anche di spezzarmi gli stiletti anche di questi stivali verdi. Tom mi acchiappa la mano, trascinandomi praticamente di peso in mezzo al casino che la sua fidanzata ha scatenato, facendomi capitombolare come un sacco di patate dentro sto dannato albergo a cinque stelle, rotolando in mezzo a un ammasso spastico di corpi e guardie del corpo che ci guardano come fossimo completamente ubriachi già di primo pomeriggio. Le solite belle figure dei Tokio Hotel …
-Al momento mi era parsa una buona idea … - grugnisce Tom sulla mia pancia lasciata nuda da sto benedetto top di lamé dorato che non ne vuol sapere di starsene al suo posto. Un brivido di eccitazione mi scuote, facendomi assumere la mia migliore espressione da ebete.
-Abbiamo scordato il dettaglio tattico che abbiamo le capacità fisiche di un bisonte in calore e l’agilità di un bradipo diabetico.- ansima Georg che è letteralmente pressato dal dolce peso di Gustav.
-Io a letto sono agile quanto vuoi.- boccheggio io, cercando di liberarmi dal gomito di Tom piantato nelle costole – Ma una corsa del genere …
-Buon uomo, mi porti un panino con salsiccia, la prego.- Gustav allunga una banconota a un cameriere che cerca di aiutarci ad metterci in piedi, mentre vediamo con orrore le fans, che, passato lo spavento, si sono ammucchiate fuori dalle porte dell’albergo facendo una pressione vagamente inquietante sui vetri.
-Beh, ragazzi, vedo che il piano è riuscito alla grande!- David ci guarda sorridendo, perché lui non si è ritrovato a correre come un forsennato in mezzo ai lacrimogeni da G8 e non si è trovato schiacciato per terra dal peso complessivo di Tom+G&G.
-Alla grande sto cazzo, sono a pezzi.- piagnucola mio fratello, tirandomi in piedi – E dov’è Jimmy? Non me l’avranno mica linciata, eh?
Magari l’avessero linciata sul serio … ma figurarsi, con la fortuna che ha quella nana sarà sana e salva ad aspettarlo in camera con quel suo sorriso da sfotti. E pensare che adesso io e Tom avremmo potuto andarcene in camera assieme, lasciandone una vuota, farci un bel bagno insieme, coccolarci adeguatamente, prepararci con tutta calma all’intervista che ci attende tra due orette, darci ancora due bacini teneri e poi andare a farci pacificamente l’intervista tenendoci per mano e facendo sudare ai G&G le sette camicie per nascondere il fatto che la cosiddetta Kaulitzincest è vera. Sarebbe una cosa così tenera, come l’essere sicuro che ogni notte dopo i concerti più sfrenati avremmo dormito insieme nel nostro lettone, e che io avrei potuto svegliare il mio adorato rasta scemo con un bel bacio a schiocco. Invece, nisba. Come al solito, io dovrò starmene nella mia camera gelida a piangere tutte le mie lacrime. Come al solito, io rimarrò tagliato fuori da tutto e da tutti.
-Forza ragazzi, gambe in spalla, andatevi a sistemare e a darvi una rinfrescata prima dell’intervista. Ogni abbiamo i ritmi serrati.- quel losco figuro del nostro manager si frega le mani, mentre noi sbuffiamo in sincronia perfetta e io allungo le braccia verso Tom, facendogli gli occhi dolci e sgambettando un po’. Lui sospira e mi prende in braccio come una sposa (e no, Bill, non devi farti i filmini mentali di te e tuo fratello che uscite dalla chiesa dopo il vostro matrimonio, lui che ti tiene in braccio esattamente come sta facendo in questo momento, vestito con un bello smoking tirato a lucido e i tubi pettinati come Dio comanda e tu con uno splendido vestito da bomboniera di pizzi, crinoline e volant argentati. No, non devo pensarci. Sennò è il momento che piango sul serio), cominciando ad avviarsi verso gli ascensori seguito a ruota da quei due incompetenti dei G&G.
-Beh, però dovete ammettere che Jimmy è stata fantastica.- mormora Tom con voce sognante.
-Sì, talmente fantastica che ha rischiato di far intervenire l’esercito.- abbaio io. Sentilo, senti che voce innamorata che sta sfoggiando. E’ come se per l’ennesima volta mi stesse rigirando nella piaga un coltello.
-Più che altro, spero che le Aliens non l’abbiamo massacrata di botte.- commenta tetro Georg.
-Penso sia scaltra abbastanza da essersela scampata.- lo rincuora Gustav, addentando il wurstel.
-Ma le Aliens incazzate sul serio sono delle vere belve.- mi frego le mani; insomma, le avrò cresciute bene le mie bambine, o no?
-Questo ok, ma la mia Jimmy è imbattibile.- conclude Tom con la sua migliore faccia da pesce lesso. Qualcuno mi trattenga, perché non sono abbastanza forte da controllarmi: potrei sia violentarlo di brutto qua sull’ascensore, oppure fare una strage di tutto l’albergo per la rabbia. Penso che entrambi però mi manderebbero in carcere e non sia mai che io debba anche stare una notte all’umido a rovinarmi i capelli. Sbarchiamo in corridoio, dirigendoci a passo di carica verso le nostre suite rigorosamente attaccate e rigorosamente con le pareti sottili, quindi il sottoscritto dovrà dormire con i tappi nelle orecchie, cinquanta cuscini e dieci piumoni per non passare le notte piagnucolando sul suo turpe destino di amante vilipeso e abbandonato. Oppure potrei andare a dormire da Gustav. Però non so come potremmo stare in un letto io, lui, i miei tre orsacchiotti pelosi e il suo peluche a forma di hot dog: l’ultima volta che avevamo provato a dormire insieme, lui era caduto dal letto, a me era venuto un attacco assurdo di nausea e gli avevo vomitato sul cuscino. Ripiegare da Georg non sarebbe manco un’idea malvagia, ma so per esperienza che bastano due calcetti da parte mia o qualche frignata fuori programma, o qualche sbavatura sul cuscino, o qualche peluche fuori posto che mi sbatte nel corridoio seduta stante e si chiude a chiave dentro. Ovviamente, non mi sarei posto sti problemi se avessi potuto dormire con mio fratello, cosa che faccio sempre e comunque secondo il Sacro Patto del Letto, ideato apposta per regolare le notti in cui possiamo dormire insieme e quelle in cui lui si porta a letto qualche ragazza a caso. Ma ora che abbiamo Sua Nanezza Jimmy Sasha, il SPL viene abolito e lei si può godere Tom ogni notte, mentre io mi devo godere Gustav o la solitudine. Che vita di merda, ragazzi, non smetterò di ripeterlo!
Mi trascino in camera dove ci sono già tutte le mie valigie rosa e lillà, sprofondando tra le coperte super morbide del lettone a baldacchino che vorrei tanto dividere con il mio gemello, lasciandomi cadere all’indietro tra le coltri, facendo l’angelo e fissando il soffitto bianco accecante. Potrei farmi un bagno, a questo punto. Striscio nel gigantesco bagno, preparandomi l’acqua, immergendomi nella vasca enorme, nell’acqua bollente che mi ustiona la pelle, in mezzo alle bolle che galleggiano nell’aria. Chiudo gli occhi, stringendo le gambe al petto, sentendo il sordo scrosciare dell’acqua attorno al mio corpo raggomitolato in un angolo della vasca di piastrelle azzurre. Sento qualche lacrima calda solcarmi le guance e andarsi a mischiare con l’acqua e con le bolle di sapone, i capelli fradici che si attaccano alle mie spalle, le tensioni muscolari che si allentano sempre di più. Vorrei tanto che Tom mi amasse, davvero. Avrei tanto bisogno di sentirmelo dire, di poter sapere che c’è qualcuno in questo mondo che ama davvero Bill Kaulitz. Qualcuno che sia davvero innamorato di me, che mi accetti per ciò che sono, che sopporti le sfuriate, le lagne, le piccole manie ossessivo compulsive che mi rendono quello che sono. Qualcuno che sappia come prendermi, che dorma ogni notte con me, che faccia il bagno con me e che mi sappia pettinare per calmarmi. Qualcuno che mi compri i miei cioccolatini preferiti senza che io lo chieda, qualcuno che mi riempia di baci senza bisogno che io vada a elemosinarli come fossero monete, che sappia quando è il momento di lasciarmi in pace e quando è quello di trascinarmi in strada. Qualcuno che mi sappia indicare la seconda stella a destra, che mi prenda in braccio quando piango, che mi segua nei miei ragionamenti contorti senza darmi del pazzo, qualcuno che stia sempre al mio fianco, che mi tiri su nei momenti neri, che mi faccia vedere il buono del mondo nell’oscurità che leggo, qualcuno che mi canti “I’ll Be By Your Side” prima di dormire. Qualcuno che sia capace di dirmi basta, che freni la mia follia, che creda profondamente in me e in ciò che faccio, qualcuno che mi racconti storie ogni volta che le chiedo a gran voce, che giochi con me e che mi insegni a vivere. Qualcuno che mi comprenda nel profondo, che mi non mi lascerà mai per rimpiazzarmi con qualcuno di migliore, che mi tenga per mano ogni volta che usciamo per strada, che mi porti i fiori a San Valentino, che mi segua nei negozi a fare shopping selvaggio. Voglio solo qualcuno da amare. È davvero così tanto chiedere una persona che mi dica “Bill, ti amo”?. Io voglio solo essere amato.
Mi assopisco nella vasca, cullato dall’acqua calda. Doveva essere Tom, quella persona speciale. Forse è anche questo il motivo per cui non trovo mai nessuno che mi ami davvero: sono ancora troppo, palesemente, legato al mio gemello per poter accettare un altro uomo nella mia esistenza. La gente lo sente, lo percepisce, e anche se potevano avere buone intenzioni nei miei confronti, lasciano perdere, mi lasciano scorrere via. Lo sente, la gente. Lo sentono che sono legato a qualcun altro, una persona che non sono capace di allontanare, percepiscono che finché non mi sarò completamente slegato da lui non potrò mai sperare di intraprendere una relazione vera e umana con altri. Ma come potrò mai slegarmi dal mio Tom? Non capirò mai, non potrò mai riuscire a staccarmene. E non solo perché siamo gemelli, ma perché non posso ammettere a me stesso di aver passato vent’anni di vita dietro a un uomo che non mi amerà mai se non come fratello, aver speso un’infanzia intera dietro a un sogno anacronistico e impossibile, a inseguire un’utopia irrealizzabile solo per non venire a patti col futuro. È dura da accettare. È dura far capire a se stessi che si è continuato a sbagliare per vent’anni. Ed è ancora più dura cambiare strada e ricominciare a vivere. Lui mi sta uccidendo, lei mi sta uccidendo. Dovrei ricominciare a vivere, forse, amare e odiare con tutte le mie forze, lasciar perdere i miei fantasmi, lasciare loro due a viversi la loro vita e cominciare a cercare il mio “Bill, ti amo” come se non esistesse un domani. Ma sono debole. Jimmy ha ragione a dire che io e lei siamo esattamente uguali, uguali senza via di scampo. Siamo soli, perché non c’è nessuno che mi capisca davvero e che possa leggere sul serio quello che porto inciso a fuoco sul cuore. Siamo deboli, perché non ammetto a me stesso di aver sbagliato, non accetto di aver perso il mio gioco, non sono in grado di fermare questo gioco che si sta protraendo ai limiti dell’ossessione e cominciare col piede giusto una nuova infanzia. Siamo arrabbiati, perché sono un perdente nato, perché non sono stato in grado di prendermi il mio amore, di lottare con i denti e con le unghie per farmi valere e tenermi stretto la mia ragione di vita. Jimmy ha detto quello che io non avrei mai ammesso: io e lei ci assomigliamo più di quanto entrambi vogliamo ammettere. E la odio ancora di più per questo: se siamo uguali, perché Tom ha scelto lei? Se siamo uguali, perché a me non sono state date altro che lacrime amare e notti insonni? Mi do un pugno in testa da solo, asciugandomi le lacrime e alzandomi dalla vasca, uscendo come la ninfa a cui tanto assomiglio, nudo, lasciando gocciolare pelle e capelli per terra, ancheggiando fino al letto. Sospiro, guardandomi nel grande specchio a muro: cosa diavolo ho che non va? Una pelle liscia, perfetta, bianco uniforme, un corpo e un viso da femmina, slanciato, sottile, bello come è bella luna. Sono bellissimo, come fa Tom a non rendersene conto? Perché non vede quanto si sta perdendo? Mi appoggio al vetro con la fronte, vedendo l’acqua gocciolare sul vetro al posto delle mie lacrime sature.
Un sordo bussare alla porta mi costringe a staccarmi dal muro
-Chi cazzo rompe i coglioni?- sbotto, drappeggiandomi l’accappatoio rosa e nero addosso.
-La tua coscienza.
Spalanco la porta di scatto, facendo entrare il mio sorridente gemellino adorato. Gli salto in braccio, lasciando cadere l’accappatoio per terra. Pessima idea.
-Tesoro, ma perché sei ancora nudo? Lo sai che abbiamo un’intervista a breve, e con i tuoi tempi pachidermici …
Mi scompiglia i capelli, buttandomi a peso morto sul letto e cappottandosi vicino a me. Bene, Bill, stai calmo. Non fare pensieri pervertiti, non violentarlo, non eccitarti che sei nudo come un pesce e saresti leggermente anti sgamo, e soprattutto non avventarti come un’idrovora sulle sue labbra. Contegno, Bill.
-Mi sono addormentato nella vasca … - mugolo, cominciando con un lavoro di strusciamento tenero e bisognoso di affetto.
-Lo sai che sei dolcissimo quando fai così?- mi abbraccia, e io stringo denti e ormoni. Non devo cedere per nessun motivo.
-Io sono sempre dolcissimo.- miagolo in risposta. Perché devo condividerti con quella nana maledetta? Perché la vita è così ingiusta?
-Jimmy è entrata dalla finestra prima.- mi racconta Tom – Si è arrampicata, ha fatto qualche numero acrobatico e mi è atterrata vicino. È come Spiderman.
-Il tuo supereroe preferito.- dico atono.
-Il mio supereroe preferito.- acconsente il mio adorabile rasta, per poi alzarsi di colpo e stamparmi un bacio a tradimento sulla pancia – Dai ritardatario cronico, muovi il culo che poi ti veniamo a chiamare!
E io rimango lì sul letto come un’idiota, con la pancia ancora umida delle sue labbra e i capelli tutti arruffati. E tanta voglia di Tom. Mi alzo come un morto vivente, cominciando a pettinarmi, vestirmi con i vestiti rigorosamente neri per illustrare al mondo il mio stato d’animo e tanti glitter per dare un tocco di gioia finta, truccandomi più da emo possibile, infilandomi i sandali alla schiava con zeppa e plateau nero e oro. Sono stanco, gente. Sono così stanco che dormirei per mesi. Probabilmente sarà passato più tempo del dovuto, siccome ho sentito un sacco di “Bill, muoviti!” “Arriveremo tardi” “Sbrigati” “Ti prego, mettici un po’ di sprint” a cui io non ho nemmeno dato risposta, lasciando che prendessero a pugni la porta sino a che non ho sentito cori di insulti e bestemmie e passi pesanti che si allontanavano dalla mia camera. E poi un toc toc più leggero e delicato, e una voce
-Bill, sei pronto? Mi hanno mandato a chiamarti, siete un po’ in ritardo.
Ah, la futura cognata. Che amore, gente.
-Arrivo, Jimmy, un secondo, con calma!- strillo, finendomi di sistemare la spessa linea di matita che mi circonda gli occhi, con tanto di svolazzo finale.
-Dai, esci che è tardi! Poi danno anche la colpa a me!
-Santo Cristo, la vita che stress!- inveisco, uscendo a passo di carica e rischiando di investire quel nano da giardino conciata da punkabestia.
-Sei piuttosto affascinante conciato così- commenta Jimmy, afferrandomi per il polso e cominciando a correre verso le scale.
-Io sono sempre affascinante, tesoro, dovresti saperlo … ahia, i tacchi! Perché cazzo stai correndo, ahia!
Si sta precipitando come una trottola giù per lo scalone di marmo tenendomi sempre per mano, facendomi ripetutamente inciampare tra gambe chilometriche, magrezza eccessiva e tacchi quindici con plateau dieci.
-Ti ho detto che siamo in ritardo, corri un po’, e che cazzo!- strilla lei, facendomi fare una piroetta sgraziata attorno a una vecchi coppia di ciccioni inglesi.
-Corri?! E ti sembra che con sti tacchi io possa correre?! Dico, Jimmy Sasha, che …
-Senti, Bill, risparmia il fiato e cerca di stare in equilibrio su quei trampoli!
-E sì che è facile, tappa! Se ti conciassi come una femmina, capiresti il mio problema dei tacchi, ma siccome sei una punkabestia scassa non so proprio cosa dirti!
-Come mi vesto non è importante adesso, ne potremmo discutere in un altro frangete, corri!
-Allora, stellina, mi sto offendendo! Tu non sei nessuno per dire a me cosa devo … devo … Jiiiiiiiim!
Esattamente com’era successo tipo un mese fa a casa sua, mi inciampo miseramente nei miei tacchi, facendomi lo sgambetto da solo, slacciandomi non si sa come i sandali alla schiava, e finendo lungo disteso per terra come un salame. E come in un brutto rewind, la travolgo con poca grazia, facendola volare giù dalle scale, rotolandole addosso tra gli scalini duri come il marmo, strillando frasi inconsulte su come sia riuscito a spiattellarmi di nuovo per terra con lei. Apro gli occhi, e mi trovo stravaccato sullo scalone, senza una scarpa, tutto il corpo che pulsa dal dolore, e Jimmy sopra. No, cazzo, è come in casa sua. Non può essere successa di nuovo una cosa simile, no, mi rifiuto di crederlo … di nuovo la fisso e di nuovo sento i nostri respiri che si fondono, il suo cuore che batte a palla, i suoi enormi occhi viola incatenati con i miei. Di nuovo quella sensazione orrenda di immobilità, di torpore, di oblio, immobilizzato sotto di lei e terrorizzato. E rivedere le pagliuzze dorate e folli nel profondo delle sue pupille infinite come l’Universo, sentire l’odore di strada che ha il suo fiato, che sa di morte, di sangue, di guerra, di armi bianche, di rivolta, di pugni e di calci nei denti, annusare il suo odore che è fatto di rabbia cieca e furia sconsiderata, che è fatto di Tom e di profumo da uomo, che è fatto di lacrime e di vite spezzate sul nascere, stringere le sue spalle mentre le sue mani mi premono sui fianchi, e sentire la pelle callosa e dura, spalle forti e nervose, tensione muscolare ai massimi livelli, vedere i nostri capelli neri che si mischiano senza sapere più dove iniziano i miei e finiscono i suoi, perdermi nel suo viso da bambola di porcellana.
-C’abbiamo preso gusto a cadere per le scale, vero Bill?- sussurra, ridendo, a mezzo centimetro dalla mia bocca, con innocenza, senza malizia.
-Ok, forse hai ragione, i tacchi … - balbetto, cercando una via di fuga che non trovo.
-Io ho spesso ragione, stellina.- ride, prima di posare le sue labbra sulle mie. E prima che io mi ritrovi semi svenuto con la bocca premuta contro la sua in un bacio a stampo che di sano non ha proprio niente.
 
****
Aaaaaaaah oh mio Dio povero Bill! Ahahah, ragazze cosa ne dite? Mentre la vita di Tom scorre liscia come l'olio, quella del suo gemello è leggermente più incasinata ... e Jimmy da che parte sta? Beh, dalla sua ovviamente ;) Se vi sembra una puttana, per dirla proprio male, non potrei nemmeno darvi tutti i torti, ma spero che in qualche modo proprio schifo come personaggio non ve lo faccia, eh. Ovviamente la storia comincia a complicarsi sensibilmente ... e voi che ne dite? Mi raccomando, per questo capitolo fatevi sentire che voglio pareri su questi tre deficienti XD. Detto ciò, credo che vi saluterò perchè ho sonno e domani scuola D: Grazie mille a tutte voi che leggete e recensite :) (E un grazie speciale a Lisa (abbia pazienza ma ho paura di scrivere sbagliato il tuo nickname) che mi ha dato l'idea per il Sua Nanezza. Che genia!)
Un bacio a tutte
Charlie

 

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Capitolo 19
*** E' scoppiato l'Armageddon! ***


CAPITOLO DICIANNOVE: E’ SCOPPIATO L’ARMAGEDDON!

Sono passate tre settimane, otto ore, nove minuti e cinquantaquattro secondi da quando ho avuto la non tanto geniale idea di baciare Bill. Che poi, baciare è un’altra cosa; mi sono limitata a dargli un bacino a stampo sulle labbra, mica ho cercato di violentarlo, e che diavolo. Sì, intanto però ora lui mi fugge come se fossi la Morte Rossa, cerca di darmi la colpa per ogni problemino che si presenta, non mi rivolge più la parola nemmeno per dirmi “ciao”, stressa di conseguenza i G&G, è diventato intrattabile in tutti i sensi, e le tenta tutte per strapparmi Tom da sotto le mani. Detto in parole povere, la vita con Bill per le palle è diventato un vero inferno dantesco per la sottoscritta. Ma perché sei stata così dannatamente stupida, Jimmy Sasha? Come hai semplicemente potuto far prevalere di colpo Violenza, sopprimendo Charme come se non fosse mai esistito? Mi lascio cadere sul letto con la testa tra le mani, nascosta dai capelli, gli occhi serrati talmente stretti da fare male, sepolta sotto la mai stessa rabbia distruttiva. Avevo predisposto un piano perfetto, talmente sereno e felice che avrebbe stupito la psicologa, avrebbe fatto impallidire Christiane se ancora fosse qui, avrebbe fatto svenire quella bastarda di mia madre. Una calibratura così assoluta che avrebbe dovuto tenermi in salute finché tutto non fosse giunto alla sua naturale conclusione, ma, ovviamente, siccome ho capito che Jimmy Sasha Spiegelmann è sinonimo di Disordine Molecolare, è andato tutto a puttane proprio quando sembrava che fossi riuscita a salire il gradino più importante. Ero riuscita a far convivere dentro di me sia la mia anima a brandelli sia il suo cuore innocente, a dare a entrambe il sollievo di cui avevano bisogno. Avevo dato a Violenza lo squilibrio di cui aveva bisogno per sopravvivere e a Charme la Storia d’Amore che l’avrebbe fatta andare avanti a oltranza. Avevo incollato me e lei come lo siamo sempre state, tenendomela dentro come se non se ne fosse mai davvero andata. Avevo tentato inutilmente di far sopravvivere la mia Gloria dentro Jimmy, con dei risultati semplicemente disastrosi. Perché io non potrò mai essere perfetta come lo era lei, non ho la sua dolcezza, non ho il suo carattere di miele, non ho la sua saggezza. Non ho niente di lei, se non giusto il corpo. E mi faccio quasi schifo a vedermi qua, raggomitolata su questo letto mentre lei giace sotto metri di terra in una bara fredda, completamente distrutta dal tempo. Vorrei tanto esserci io, in quella tomba, e vorrei tanto vederla qua seduta a ridere tutte le sue risate e a vivere la vita che avrebbe dovuto avere. Ma che è toccata a me. Accarezzo la grossa perla nera che decora il mio anello, posandole un delicato bacio sopra; avevo pensato di morire come lei, un giorno lontano. E me lo ricordo ancora così bene, perché era l’agosto più afoso che si sentisse da anni a Magdeburgo, ed ero seduta davanti alla vecchia fabbrica metallurgica in disuso, con quella bottiglia rotta di JD che ti piaceva tanto scolarti nelle notti di plenilunio, il sangue che cominciava a colare sui miei polsi pallidi, il tuo nome come unica cantilena che mi rimbombava in testa, quella canzone che si sentiva sempre alla radio, sì, quella che diceva “I have to go and leave you alone, but always know that I love you so” che mi rimbombava in testa, e le lacrime che mi offuscavano la vista. Lo sogno ancora tanto spesso, quella maledetta notte nella quale avevo deciso di farla finita una volta per tutte. Riavverto ancora sulla pelle il vetro irregolare della bottiglia spezzata che mi incideva la carne, il calore del sangue e delle ultime gocce di JD che mi scorrevano addosso come un nettare infernale, le lacrime che mi rotolavano giù dagli occhi andando a congiungersi con il sangue e il JD. Rivedo dietro agli occhi, ogni volta che chiudo gli occhi, la piccola Jimmy Sasha che se ne stava raggomitolata come un topo sotto la pioggia acida di una notte tedesca, i capelli scoli e i vestiti stracciati da tanta rabbia omicida, le gocce rosse che brillavano in mezzo a tutto quell’acciaio che non lascia via di scampo. Risento il rumore della pioggia battente sul selciato nero, la mia voce che sussurrava il suo nome come una preghiera blasfema a un dio dimenticato, quella canzone che rimbombava nella radio accesa di quella macchina ferma all’angolo, il mio pianto che rimbombava per terra come mille tuoni e mille saette. A volte, la notte, quando sono sola nel mio letto ripenso alla notte del mio tentato suicidio. Sogno ininterrottamente il momento in cui mi sarei arresa, e avrei lasciato la vita scivolare indolore via da me, il momento in cui avrei rivisto lei, in cui tutto avrebbe smesso di girare vorticosamente e si sarebbe limitato ai suoi occhi viola che erano lo specchio dei miei. Però sono contenta di non aver mai compiuto quell’estremo gesto, ringrazio ancora il dio dei non credenti per avermi fatto desistere dall’arrendermi a questa troia che è la vita. Perché c’è stata una luce, in quell’oscurità che puzzava di sangue, alcol e fogne, c’è stato un richiamo alla vita in mezzo al mio pianto e alla pioggia scrosciante, c’è stato un messaggio celeste in mezzo alla perdizione, la depravazione e la viziosità della periferia di Magdeburgo. Lo rivivo come fosse una sequenza cancellata di un film talmente noioso e mal girato dal non essere mai stato trasmesso in nessun cinema: quel foglio volante che si era andato ad appiccicare, fradicio, davanti a me e ai miei polsi sanguinanti, colorato, invitante. E la sua voce cristallina che mi rimbombava nelle orecchie, la voce della mia bellissima Gloria, angelica come al solito che mi parlava dentro la testa, che mi faceva piangere ancora più forte “Prendi il foglietto, Jim … leggilo … ti prego, smettila di fare quello che stai facendo … salvati, gemellina mia …”. Avevo preso tra le mani tremanti e ricoperte di sangue il foglietto, e mi ricordo ancora alla precisione cosa citava “Concerto esclusivo dei Tokio Hotel! 23 giugno al Kalende May, prenotazione al …”; e posso giurare che sentivo la voce della mia gemella morta che mi parlava, e non sono pazza, lo giuro, ma era lei come al solito, che mi parlava dal Paradiso, per farmi uscire da quell’Inferno urbano dal quale lei era stata portata via, era lei che cercava di farmi salvare, di farmi tirare avanti. C’eravamo di nuovo io con la mia rabbia e i miei polsi tagliati dalla bottiglia di JD, lei nella mia testa che mi tirava fuori dai guai per l’ennesima volta, e c’erano loro, i nostri eroi, che mi fissavano dalla foto sbiadita del foglietto incredibilmente lontani ma vicini allo stesso tempo. E c’era la Vita troia e bastarda che mi riprendeva nel suo amaro e arido grembo, strappandomi con violenza da quello caldo e dolce della Morte amorevole e pacifica. Sì, avevo tentato di suicidarmi per riabbracciare la mia sorella gemella. Glielo avevo sputato in faccia, alla psicologa. Sì, mi ero tagliata le vene nel tentativo di morire e di scappare da quella terra di confine che ormai non riuscivo più a reggere. Dovevo averle riso in faccia, a quella bastarda. E no, non era che mi era mancato il coraggio di compiere il Gesto Estremo: a me mancare il coraggio per fare qualcosa? Non sia mai detto. No, era stata la sua voce a parlarmi da dietro la pioggia e l’alcol, a incitarmi a non mollare la presa, a far vedere che Jimmy Sasha Spiegelmann era davvero quella figlia di puttana terribile che non si faceva scalfire da niente e da nessuno. La mia vita è un’eterna scommessa, e lo è stata anche in quel momento: non darla vinta a nessuno, sorellina, stravolgi la scommesse della gente. Quanti avranno puntato somme mirabolanti credendo di trovarti domani annegata in un bagno di sangue? Stupiscili ancora, Jimmy. E così ho fatto, in effetti. Mi sono tirata su da quel casino in cui ero finita, mi ero appoggiata a lei e ai miei Tokio Hotel, mi ero tirata su con quel concerto al Kalende May, mi ero lasciata trascinare di nuovo su dalla loro musica e dalla sua voce. Ero stata salvata da un morto. Tanto che mi sono scissa in due parti: Violenza e Charme. Jimmy e Gloria, insieme. Dentro uno stesso, lacerato, corpo. Vivo per far vivere anche lei indirettamente attraverso di me, vivo per loro quattro che mi hanno tirata fuori da quell’inferno chimico dove ero affogata da sola, vivo per far vedere alla gente che io non sono capace di arrendermi a niente. Nemmeno alla sua morte. Avevo calibrato così bene la mia vita, riuscendo a creare una compensazione perfetta tra Violenza e Charme, senza che nessuna delle due prevaricasse l’altra, apparendo perfettamente normale anche se normale io non lo sono per nulla, ma d’altronde, i veri pazzi non sono quelli che sembrano normali? Ma ora ho fallito. Ho distrutto in un soffio di vento il microequilibrio che mi evitava di essere rinchiusa in un manicomio criminale, sprofondando di nuovo nel mio precedente disordine mentale. Sarebbe stato tutto perfetto; amavo Tom e facevo felice tutte e due, morivo segretamente dietro a Bill per la mia vera Io, conducevo avanti l’esistenza tipo di una ragazza che si è fatta una cultura con Rave Girl, Trainspotting e Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino. Eppure sono stata così furba da rompere tutto, trovandomi davanti a un cumulo di macerie invalicabile: ho baciato Bill, così, senza pensarci, completamente a casaccio. E come il dottor Faust, ho firmato la mia condanna eterna. Come faccio adesso a uscire fuori da sto casino?
Sbuffo, sprofondando tra le coltri del letto, nascondendomi il viso tra le mani. Mi sento incredibilmente in colpa. Un po’ perché Bill non mi parla, un po’ perché mi sento fondamentalmente una troia, un po’ perché so che se Tom lo scoprisse ci rimarrebbe davvero male. Non ci vuole un genio per capire che ormai per lui la nostra storia non è più un gioco di sesso e bambini coglioni che vogliono solo vivere i loro vent’anni come se non ci fosse un domani. No, per il mio bamboccio rasta è diventata un qualcosa di serio, di sensato. Glielo leggo all’inverso nelle pupille ogni volta che parliamo, glielo sento nella bocca ogni volta che ci baciamo, lo capisco ogni volta che suona sul palco, che quella chitarra suona per me. Ha cambiato modo di vedermi, di leggermi l’anima. Ha cominciato ad amarmi seriamente, forse, ad amarmi come credo non abbia mai amato nessuna prima. E un altro problema si aggiunge, come se non ne avessi mai abbastanza: io amo lui o no? perché ci sono momenti in cui credo follemente di essere innamorata di Bill, e che Tom sia solo un buon amico e basta. E ci sono momenti in cui credo di esserlo di Tom, e che sia Bill l’amico finocchio perennemente mestruato. A questo punto farei prima a dire che li amo tutti e due e che sono talmente infantile da non sapere se prendermene uno o l’altro. Certo, se Christiane fosse qui mi direbbe di stare con Gustav e pace ai vivi, ma lei non c’è, per mia sfortuna. Quindi devo cavarmela da sola, e so già che qui non ne uscirà vivo nessuno. È un gioco a triangolo decisamente perverso, dove alla fine la scommessa è vedere chi esce con meno cicatrici; e ho imparato che le cicatrici si possono anche cicatrizzare, ma noi siamo nati per sanguinare.
Mi alzo dal letto, guardando la pioggia scrosciante della sera, le goccioline d’acqua che imperlano la finestra, le luci dei lampioni giù in strada che brillano pallidi. Sto cominciando a sragionare, il mio equilibrio sta crollando, pian piano cedo alla mia natura disordinata e caotica. Chissà se uno dei due gemelli sarà abbastanza forte da non farmi crollare a pezzi, da tenere in piedi i cocci, da non far collassare del tutto il buco nero che si sta allargando sotto ai miei piedi. E non mi sarei nemmeno voltata quando sento la porta della camera aprirsi e i passi strascicati di Tom farsi avanti, se non fosse che tutto ciò è accompagnato da un ruggito furibondo
-Vuoi spiegarmi che cazzo ti salta in quella testa?!
Mi giro di scatto, quasi di soprassalto, e mi trovo davanti Tom incazzato nero, i dread che frustano l’aria, il viso corrucciato in una smorfia di odio puro che tiene stretto per il polso Bill, sciolto in lacrime.
-Tom, ma che hai?! Lascialo stare!- esclamo, fiondandomi in mezzo ai due. C’è qualcosa che mi dice perfettamente cos’ha, ma faccio finta di nulla, cercando di fare la faccia più sconvolta e innocente possibile.
-Da quanto va avanti questa cosa?- continua a strepitare Tom, sbattendo Bill sul letto come fosse un fuscello, afferrandomi per la collottola, sollevandomi praticamente di peso.
-Ma di che cazzo stai vaneggiando?- abbaio io, liberandomi di scatto dalla sua presa con una di quelle vecchie mosse di torcimento di polso che si possono imparare solamente per le strade malfamate delle periferie di una qualche città della pianura.
-Ti … ti prego, Tom … non … non abbiamo fatto niente … - singhiozza Bill, il viso rigato da lacrime e eye-liner che cola, raggomitolato come un topolino sul letto.
-Non avete fatto niente? E questo come lo chiami, eh?! Vi siete baciati! E non oso immaginare che cosa avrete fatto di altro!- latra Tom, livido, non sapendo chi fulminare con lo sguardo, lacrime di rabbia che gli bruciano gli occhi.
-Non abbiamo fatto niente.- rispondo lapidaria, riappoggiando la schiena alla finestra, guardandolo male. – Vedo che ti fidi molto di me, caro.
-Io mi fidavo di te, dannazione!- sbotta, e dentro di lui ci sto leggendo la mia stessa identica rabbia cieca che mi aveva divorato quando mi avevano portato via prima Christiane e poi Gloria. – Mi fidavo, Jimmy, ma vedo come è finita! Voi … voi …
-Voi un cazzo, Tom.- ringhio – Io e Bill non siamo amanti, non lo siamo mai stati.
-E sì che ti credo anche, razza di bagascia!- Tom da un pugno nel muro e Bill piange ancora più forte. Non so perché, ma ho come la sensazione che forse dovrebbe essere il contrario, cioè lui a proteggere la nostra reputazione e io a disperarmi.
-No … no, Tom, ascoltami … - Bill lo afferra per un braccio, cercando di trattenere i singhiozzi che lo scuotono – Ti giuro … ti giuro che non è successo niente tra noi due … come potrebbe?
-Stai zitto, Bill, stai zitto!- urla Tom, facendolo ricadere sul letto e facendolo meccanicamente piangere ancora più forte.
-Ma allora lo vedi che sei un deficiente senza cervello?- strillo – Come cazzo faremmo ad avere una relazione se ci odiamo?! E lui è pure un finocchio senza via d’uscita, nemmeno per sbaglio potremmo fare qualcosa! E un bacio cosa diavolo vuoi che sia, Tom?
-Allora ammetti che vi siete baciati.- ha l’aria seriamente mortificata e distrutta contemporaneamente. Cazzo, lo sapeva che sarebbe collassato tutto per colpa mia, è sempre colpa mia quando succedono questi casini madornali. Sono la fine di un mondo già morto, sono l’ultimo colpo di coda per l’Armageddon finale.
-Siamo caduti da delle fottute scale proprio perché tu mi avevi detto di andare a recuperare il tuo gemellino perennemente in ritardo, e siamo rotolati come dei salami giù per i gradini. Poi semplicemente ci siamo ritrovati coinvolti in un bacio a stampo assolutamente non voluto e casuale. Io e Bill non abbiamo colpe.- gli scandisco in faccia, le mani strette a pugno, pronta a partire per una sana scazzottata. In realtà non è propriamente vero, ma sono certa che Bill l’ha vissuta così quindi è meglio non confondere ancora di più le acque. Forse Tom avrebbe anche tutto il diritto di chiamarmi bagascia, vista dal suo punto di vista, eppure non lo faccio mica apposta: gli squilibri di una mente stanca, chi mai può capirli?
-E sì, perché infatti uno cade e si bacia, come ho potuto non pensarci.- sbotta sarcasticamente Tom, incrociando le braccia al petto – Piantala di arrampicarti sugli specchi, Jimmy.
-Ma non mi sto arrampicando sugli specchi, coglione di un Kaulitz! È vero!- urlai, cercando con lo sguardo l’aiuto di quello psicolabile di Bill. Che poi, la colpa è tutta sua, anche se non ne può niente, ovvio. È colpa semplicemente del suo essere lui che mi ha fatto perdere le staffe.
Finalmente Bill si decide ad alzarsi da letto, barcollando come un eroinomane e lasciandosi cadere a peso morto addosso a Tom, singhiozzandogli nella maglia, appendendosi a lui come se fosse l’ultimo filo d’erba in un pantano.
-Te lo giuro Tomi, te lo giuro, non c’è niente fra noi, ti prego fidati di me, non ti abbiamo tradito in nessun modo … credimi, Tomi, credimi …
-Se non credi alla sottoscritta, almeno potresti degnarti di credere al tuo gemello.- dico rabbiosamente, fissandolo con astio fasullo dipinto nelle iridi troppo viola che mi toccano. Voglio picchiare. Voglio ferire. Voglio pestare qualcuno fino allo svenimento. Voglio la mia periferia. Voglio solo tornare a essere la piccola Jimmy Sasha che picchia senza motivo gente che non conosce. Mi sono stufata di essere la piccola Jimmy Sasha che ospita la sua amata gemella.
-Io non vorrei mai e poi mai avere un rapporto di qualsiasi genere con lei.- piagnucola Bill, stringendosi spasmodicamente al mio caro rasta, che, almeno, si degna di accarezzargli la schiena. Se non gli avesse dimostrato un minimo di conforto dopo tutte quelle lacrime che sta versando, gli avrei sul serio fatto sputare la mascella – Come potrei volere una stronza come lei? Come potrei anche solo volere una donna, Tom? Lo sai benissimo che mi fanno schifo …
-Appunto!- rincaro la dose – Testa bacata, cosa credi, che abbia fatto diventare etero Bill con un colpo di bacchetta magica? Non mi offendo se mi dai della puttana, anche se avrei da ridire anche su questo, ma ti sembra normale insinuare una tresca tra noi? Ma non farmi ridere, Thomas!
Tom ci guarda tutti e due, i grandi occhi scuri divenuti due fessure impenetrabili cariche di rabbia. Non mi crede, lo so. Forse l’ha sentito anche lui l’odore della follia nell’aria; ha capito che qualcosa nel mio equilibrio mentale si è spezzato e ora ne sta pagando le conseguenze, come tutti.
-Tom, io … io e Jimmy ci odiamo … non puoi insinuare che … - Bill tira su col naso, mentre un’altra cascata di lacrime gli scende dagli occhioni rossi dalla stanchezza.
-Bill, stai un po’ zitto, cazzo, non se ne può più di sta frignata da checca isterica!- urla esasperato Tom, scrollandoselo di dosso come fosse una piuma e facendolo precipitare a peso morto sul grosso letto.
-E piantala di trattarlo così, stronzo bastardo del cazzo!- sbraito, tuffandomi in mezzo ai due. Ma cosa voglio fare, la paladina dei poveri? Dov’è finito Robin Hood?
-E tu piantala di prendere le sue parti qualunque cosa succeda, troia che non sei altro!- inveisce lui prendendomi per il polso – Vuoi che non me ne sia accorto, infame nana? Che non abbia visto come lo guardi? Come lo proteggi? Come gli fai sempre gli occhi dolci anche se manco ti considera? Forza dillo, dillo una volta per tutte: adesso non mi ami più, ma ami lui, no?
-Non è vero! Piantala di insinuare cose che non sai!- gli afferro la collottola della felpa, mostrando il muso più cattivo del mio repertorio. Come mi sono ridotta. Sono a un livello irrecuperabile. È un pozzo dove non c’è china di risalita.
-Cose che non so? Ti ho sempre sotto gli occhi, Jimmy! L’ho visto come ti comporti con Bill! Anzi, ci scommetto quello che vuoi che ci hai anche goduto come un riccio a baciarlo.- la rabbia gli inumidisce gli occhi e gli fa sudare le mani, e io lo sento forte l’odore della rabbia cieca – Anzi, forse ho capito. Fammi indovinare, l’hai baciato te di sorpresa, così, forse anche solo per farmi un torto. Sei una bastarda insensibile!
-Sì, va bene? L’ho baciato, contento?! Ma questo non vuol dire niente, razza di borghese del cazzo!- gli sputo in faccia. Mi sto arrabbiando gente, e lo sanno che se si arrabbia la Spiegelmann  non ce n’è più per nessuno.
-Non vuol dire niente?! Per te forse, mignotta di periferia! Mi hai tradito, stronza, mi hai tradito, io pensavo che …
Non lo lascio finire, nel terrore che mi dica di averlo deluso. Mi sono ripromessa di non deludere più nessuno, dopo che Gloria è morta. Ho già deluso troppe persone nella mia vita, e non vorrei deludere anche lui. Perché non è vero che non lo amo, non è assolutamente vero, anche perché se lo fosse sarebbe già qui senza palle con i denti nelle orecchie, non per dire. È solo che sono una di quella famose “ragazze senza infanzia”. Non ho mai avuto un’adolescenza degna di essere chiamata tale, e per ciò vivo in un perenne limbo tra bambina innocente e adulta sconsiderata, senza sapere mai dove approdare veramente. Non me la sento di chiamare adolescenza uno spazio di vita vissuta in mezzo alla droga, alla violenza di strada, a una madre ricoverata in una clinica psichiatrica, a una gemella morta troppo presto, a una migliore amica scomparsa, a una casa schiacciata in mezzo alla fabbriche metallurgiche, al sangue che scorreva a fiumi, a una vita di strada vissuta tra psichiatri e stazioni di polizia, a una scuola mollata a sedici anni (e sì, lo so che ho mentito a Georg quando gli ho detto che avevo preso la maturità. Andiamo, dovevo pur farci bella figura). E forse è colpa di questa vita sconsiderata, o forse è solo colpa della mia pigrizia congenita, ma io non riesco a fargli capire che in fondo li amo tutti e due i gemelli. Li amo tutti e due per la loro follia borghese.
-Ah sì? La vedi così allora? Bene, allora vaffanculo Tom, se non ti vuoi fidare del fatto che io in realtà ti ami, possiamo pure chiuderla qui!- abbaio, perché no, Jimmy non scende a patti con nessuno. Jimmy non chiede mai scusa.
-Tu che mi ami? Sei patetica, nanerottola, semplicemente patetica! Tornatene pure nella tua fogna, se proprio ci tieni così tanto!- ride istericamente, mollandomi il polso, mentre io gli tiro un pugno ben assestato sulla faccia. Non fa in tempo a riprendersi dallo spavento, che Bill si è tuffato in mezzo a noi per separarci.
-Piantatela!- piange forte e immediatamente io e Tom ci blocchiamo coi pugni a mezz’aria – Non ce la faccio più sentirvi litigare, vi prego smettetela!- guarda Tom tirando su col naso – Io non mi sarei mai fatto la tua fidanzata, cretino. Non ti avrei mai tradito così vilmente.- e dopo avergli mollato un sonoro ceffone guarda me tra le lacrime – E tu Jimmy, devi smetterla di fare così! Tom non è un giocattolo!
-E perché io lo sono? Anche io ho un cuore, tanto per la cronaca!- gli rispondo a tono, incrociando le braccia al petto.
-Non siete adatti per stare insieme, ok?!- strepita Bill, i capelli dipanati in aria come un’aureola maledetta – Solo io sono fatto per Tom, io capisci? Non puoi rovinare il lavoro di vent’anni!
-Ma sei tu che non capisci che non ti vuole, imbecille!
Tom ci guarda vagamente sconvolto, e sto ringraziando il Cielo che non capisca di che diavolo stiamo vaneggiando io e Bill, perché sennò saremmo veramente fritti in padella.
-Mi avrebbe voluto se non ci fossi stata tu, e ora che fai? Un casino simile? Sei una dannata egoista, Jimmy!
-Non ti avrebbe voluto comunque, Bill, fattene una cazzo di ragione una buona volta nella tua vita! E qui dentro l’egoista sei solamente tu, non io!
Wow, grande Jim, geniale, stai litigando con entrambi gli amori della tua triste e losca esistenza, vai così che sei forte.
-Cosa cazzo state dicendo, si può sapere?!- si impone Tom, lasciando qualche lacrima furiosa rigargli le guance.
-E che diavolo succede qui dentro, l’Armageddon?
Ammutoliamo tutti e tre nel momento in cui quel sant’uomo di Georg spalanca la porta di scatto, palesandosi nell’ingresso con aria da mastino incazzato. E la scena che si presenta è semplicemente quella di Bill che riscoppia in lacrime lasciandosi cadere per terra, Georg che ci guarda sconvolto, Tom che mi sputa dietro “Figlia di puttana, sparisci” e io che esco a testa alta dalla porta, guardando l’anello che porto al pollice. Lo accarezzo piano, sentendo le poche ceneri di Gloria muoversi dentro la pietra dell’anello, e sentendo la sua voce delicata e soave dentro la testa. Sì, sorellina mia, non finisce mica qui sta storia del cazzo, stai tranquilla. Me le saprò giocare bene le carte che mi legano ai gemelli. E mi vendicherò, stanne certa. Mi vendicherò Tom, e ti farò male. Tanto male.

****
Ciao bellezze! Scusate tantissimo per il ritardo, sono una persona orrenda, mi dispiace molto :( 
E della storia che dite? Un casino assurdo, sono d'accordo ... la storia si complica, e nei prossimi si complicherà ancora di più! Cosa avrà in mente quella matta di Jimmy per vendicarsi della scenata di Tom? E il nostro chitarrista cosa farà adesso? E Billuccio avrà una speranza di far breccia nel cuore di Tom? E in tutto questo come sopravviveranno Gus e Geo? Boh, non lo so nemmeno io, è un tale casino ahahaha!
Mi raccomando, recensite in tante!!!!! Vi ringrazio tutte un sacco, siete tutte fantastiche :******
Ora chiudo che ho sonno, un bacione a tutte
Charlie xxx

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Capitolo 20
*** La vendetta è un piatto che si gusta caldo ***


CAPITOLO VENTI: LA VENDETTA E’ UN PIATTO CHE SI GUSTA ANCHE CALDO!

-Ehi, Tom? Sei sicuro di sentirti bene?
La voce baritonale di Georg mi fa mollemente alzare la testa dalla quinta pinta di birra che mi sono scolato nel giro di mezz’ora. Sono letteralmente a pezzi, non connetto, non vedo, non sento, non riesco nemmeno a parlare. Non so nemmeno quanto tempo sia passato da quando il mio migliore amico è piombato nella stanza a far cessare quell’inferno, a quando quella lagna di mio fratello è scappato in lacrime, a quando quella troia di Jimmy Sasha mi ha mollato. No, rettifico: a quando l’ho mollata e lei se ne è andata distrutta. Ok, lo so, a chi diavolo la voglio vendere? È lei che ha mollato me, è lei che mi ha distrutto, è lei che ha architettato tutto per non lasciare altro che polvere del povero sottoscritto. Mi sento svuotato da ogni emozione, senza nemmeno più un appiglio a cui aggrapparmi, solo e sperduto in una landa che non conosco. Mi ha abbandonato il gatto del Cheshire e non so più ridere, mi ha lasciato il Bianconiglio e non so più orientarmi, mi hanno lasciato Pincopanco e Pancopinco e non so più come mi chiamo, mi ha lasciato il Ciciarampa e non so più come combattere la mia guerra. Semplicemente, mi è stato tolto tutto quello che mi faceva respirare, lei se ne è andata, ed è la prima volta che è una ragazza a mollare me, che mi lascia così sconvolto da una perdita di cui non dovrebbe fregarmene nulla. Le sto pensando pure adesso, a quello bastarda che mi ha tradito così, che mi ha lasciato da solo in questa città invisibile che non ha nulla da invidiare a Calvino, solo e reietto in una bottiglia vuota abbandonata a correnti che non ho mai solcato e mai visto su nessuna mappa. Un naufrago sull’Isla de Mona, abbandonato dal vascello che comandava, vittima di un ammutinamento ordito dal quartiermastro di cui tanto mi fidavo. Tradito, lasciato, mi ha strappato il cuore e se l’è sbranato davanti ai miei occhi adoranti, per vomitarmelo poi addosso e andarsene a divorare Bill, il mio Bill. Che poi, schifosa stronza, non ha avuto nessuna pietà non solo verso di me e il mio primo vero innamoramento, ma anche verso mio fratello. Posso immaginare come se lo sia giostrato, quel pasticcino isterico che è, baciandolo, toccandolo, non oso nemmeno pensare a cosa abbia pensato su di lui. Che razza di situazione del cazzo, e proprio in tour per di più. Siamo tre carte strappate e cadute dal castello; un fante di cuori che un cuore non l’ha più, una regina di picche che li ha distrutti tutti e un asso di denari che sanguina trucco.
-No, Geo, non sto bene per niente.- mugolo, nascondendo il viso sotto le braccia, il suo strano profumo che ancora mi invade le narici. Ogni pezzo del mio cuore sta scivolando via in questa birra calda, sciogliendosi nell’aria pesante, nei suoni di quella dannata radio sopra di noi, nel respiro spezzato dalle lacrime di rabbia che mi bruciano le guancie.
-Non dovreste provare a chiarirvi?- Georg sospira rumorosamente, tirandomi un dread per farmi alzare la testa. – Sono sicuro che ci sarà una risposta a tutto questo casino, ok?
-Oh, certamente. Ora mi alzo, vado da lei, che sarà disposta ad ascoltarmi, ne parleremo civilmente, chiariremo tutto, ci baceremo e torneremo a essere una coppia da manuale. No, cazzo, Georg, non è così che funziona!
Do un pugno sul tavolo, rovesciando il boccale che ho davanti e facendo rovesciare quelle poche gocce che rimanevano.
-E’ così che funzionerebbe se almeno lei fosse una persona normale come lo sono state tutte quelle prima.- commenta tranquillissimo il mio amico, togliendomi da sotto le mani il boccale.
-Ma sappiamo entrambi che non lo è.- borbotto, nascondendomi dentro la felpa.
-Da ciò ne deduciamo quindi dovresti essere tu, mio caro Tom, a farti in quattro per riportarla indietro.- Georg mi squadra da sotto i capelli, mentre io mi faccio sempre più piccolo su questa sedia.
-Io non farò un cazzo, a meno che lei non faccia qualcosa.
-No, tu farai qualcosa se lei non farà nulla!- mi afferra per la collottola e mi fa tirare su la testa – Tom, renditi conto che non sono sempre le ragazze a dover venire a chiederti scusa, ma che ogni tanto potresti essere tu a fare il primo passo. Su, ci tieni davvero a Jimmy?
-Certo che ci tengo, Georg, ma la odio!- scoppio in lacrime, aggrappandomi spasmodicamente al suo braccio e nascondendomi nella sua spalla.
Lo sento sospirare pesantemente, passandomi un braccio attorno alle spalle, dandomi qualche delicato buffetto sulla testa.
-Tu non la odi, Tom, sei semplicemente arrabbiato. Ora ti devi calmare per bene, poi prendi baracca e burattini e la insegui, va bene? Però devi stare calmo.
-Io non la inseguo!- riemergo dalla sua maglietta, scostandomi qualche tubo dalla fronte – Non me lo sogno nemmeno, deve essere lei a sentirsi in colpa e a …
-Stupido orgoglio Grifondoro.- sbuffa Georg, alzando gli occhi al cielo. – Il tuo senso dell’onore e dell’orgoglio non ti porterà da nessuna parte, amico. Devi imparare che non gira tutto attorno a te, ma tutto gira intorno a tutti. Non sei Nerone e non sei Eliogabalo, sei semplicemente Tom e devi imparare a scendere dal tuo piedistallo d’oro. Quindi, stupido piccolo Grifondoro, poi alzerai il culo e andrai a chiarirti con lei, capito?
-Dov’è mio fratello?- mormoro, ripensando a tutto il casino che si è scatenato in quella dannata camera, a quella sua espressione fiera e sconvolta come quella di una bestia, alle lacrime distrutte di Bill, al mio stesso orrore nel rendermi conto che Jimmy non mi ama. O forse no? Che davvero avessi dovuto starla a sentire, senza dare di matto, senza scatenare una guerra di dimensioni paranucleari?
-In camera sua a frignare come al solito.- risponde Georg, togliendomi da sotto le mani la sesta pinta di birra scura – E comunque, non mi è piaciuto per niente il modo in cui l’hai trattato.
-Ero accecato dalla furia … - tento di difendermi, rubandogli un altro sorso di birra. Voglio nascondere tutta la mia depressione nell’alcol, voglio suonare la canzone più drammatica del nostro repertorio per piangere e affogarmi nelle mie stesse lacrime d’alcol, voglio essere io e la mia chitarra senza nessuna intrusa nana con gli occhi troppo viola e i capelli troppo neri. E senza la malinconia di un Amore sbocciato in un cuore di sesso e tramontato in un deflagrare di orridi fuochi d’artificio.
-Non la dai a bere a nessuno, Tom.- mi redarguisce Georg – Sul serio, hai creduto che quella checca di tuo fratello avesse una tresca segreta con la tua ex ragazza? Ma quante sitcom guardi per farti delle pippe mentali simili?
-Ma Georg!.- strillo – E’ Bill che me l’ha detto!
La sua faccia adesso è tutta un programma, un misto tra Tonio Cartonio della Melevisione e una delle Super Chicche, eppure non riesco nemmeno a sorridere per sbaglio. Jimmy si è mangiata ogni residuo di sorriso, mi ha strappato ogni residuato bellico di allegria, divorando la mia gioia e facendola sua. È un diavolo di periferia, dannazione, non ha fatto nulla per nasconderlo. Il metallo che le scorre nel sangue si è fagocitato la mia borghese risata, i liquami di scarto delle fabbriche hanno accecato le onde pure dei miei occhi, i suoi serpenti usciti dai cancelli degli impianti metallurgici che rinchiudono la nostra città in una morsa mi stanno soffocando, sulle loro lingue sento il suo nome, sui loro denti sento i suoi baci di Giuda, sui loro sguardi gialli vedo il suo ambiguo riflesso. Era la mia Lorelei che io ho seguito fin nelle più immense profondità dell’oceano e che mi ha lasciato su uno scoglio abbandonato a invocare il suo nome maledetto. Era la mia Brunilde che mi ha tirato su dal campo di battaglia e mi ha guidato verso Asgard, facendomi però precipitare a metà strada giù dalla strada dell’Arcobaleno. Era la mia Gudrun che mi ha ucciso come ha ucciso senza pietà Gunnar per vendicare un Sigfrido che non l’ha mai davvero amata.
-Si era messo a blaterare qualcosa su di lei, che non era possibile, un bacio così, sulle scale, ma che caduta di stile, e … e io non ci ho visto più.
-Te l’ho sempre detto che sei più scemo di quanto già sembri.
Georg mi lancia un’occhiata eloquente, grattandosi la testa. Sicuro, ha ragione lui, come la maggior parte delle volte, perché lui sì che è il nostro Anassimene di Mileto.
-Credo che Jimmy sia una ragazza molto confusa e molto problematica, una testa matta come in fondo lo sei pure tu. Non vorrei trarre conclusioni affrettate da ciò che ho visto, ma posso immaginare che dovesse avere trascorsi da autolesionista.
-Ma mi prendi in giro?!- spalanco gli occhi. E sì, è come dirmi che in realtà Sigfrido era gay e se la faceva con Hagen, ecco. – Cosa spari, Geo?!
-Ti ho detto che non ne sono per niente sicuro, ma poi, che diamine, era la tua di ragazza, mica la mia! Non hai visto come aveva le braccia?
Penso che la mia grattata di testa con aria dormi mi scagioni da ogni possibile accusa di disattenzione domestica.
-Va bene, ricapitolo tutto con calma.- Georg si schiarisce la voce, allungandomi finalmente la sesta pinta che tanto agognavo – Non eravate fatti per resistere a lungo, era lapalissiano. Siete uguali, Tom. Dici di odiarla e di amarla allo stesso tempo perché è come se avessi vissuto con il te stesso allo specchio: tutti noi ci amiamo e ci odiamo senza soluzione di continuità, e in fondo era quello che avveniva tra te e lei. Avete un senso di appartenenza allo stesso ceppo che vi lega indissolubilmente, un amore forse troppo puro, come un’iniezione di eroina pura, che sballa così tanto da uccidere. L’eroina va tagliata, perché non sia fatale: e voi andavate tagliati, in qualche modo. E poi, dall’altro lato, avevate gli stessi difetti che vi fanno odiare voi stessi, e che vi portavano quindi ad allontanarvi per non stare a contatto con quello che si aborrisce della propria anima. Come se la vostra eroina fosse stata tagliata con qualcosa di tossico quando l’arsenico. Tom, renditi conto che capisco la tua tristezza, ma so anche che tu stesso avevi preso il tutto come una sfida. Lo sai, a volte le sfide si perdono anche.
-Era una sfida, Georg. Ma ora non lo è più, è questo che nessuno vuole capire!- urlo, dando un pugno sul muro, le lacrime che tornano a ustionarmi gli occhi – Mi sono innamorato di lei, contenti di sentirmelo dire?- mi alzo di colpo, forse un po’ brillo dopo tutta questa birra scolata senza nessuno freno inibitore – Sì, Tom Kaulitz si è innamorato di Jimmy Sasha Spiegelmann, avete sentito tutti?!
Georg mi afferra per il polso, obbligandomi a sedermi di nuovo, sotto gli sguardi oltraggiati degli altri avventori.
-Va bene, amico, va bene.- mi tiene sempre stretto per il polso – Stai calmo e smettila di bere. Vedi, secondo me Jimmy non ti ha tradito.
-Non mi ha tradito?! Cazzo, Georg, ma ti ha dato di volta il cervello! È lei che si slinguazzava mio fratello, è lei che gli perdeva le bave dietro, io non ho visto né pensato a nessun’altra, vedevo solo lei, solo esclusivamente lei!- mi nascondo di nuovo dentro la felpa.
-Diciamo che obiettivamente ciò che dici non fa una piega, ma come ti ho già detto, è una ragazza confusa.- riprende con calma assassina il mio bassista.
-Confusa sto cazzo, sono confuso io, altro che! Qualcuno osava dire qualcosa a Bill, e lei saltava su a difenderlo, ma se qualcuno diceva qualcosa a me, sta tranquillo che non apriva bocca. Bill non la considerava di striscio, e lei gli faceva sempre dei sorrisi a trentadue denti, non la considerava io per mezzo secondo e mi metteva il muso. Ogni minima cosa che Bill diceva, lei era sempre d’accordo, ogni cosa che dicevo io, aveva sempre da ribattere. Osavo sgridarlo, e non mi lasciava in pace finché non gli chiedevo scusa, invece qualunque insulto che mi rovesciava addosso lui, diceva subito che me l’ero pienamente meritato. Ma ti pare, Georg?!
-Ma se tu imparassi a tacere e a startene a cuccia magari eviteremo di venire cacciati a calci in culo, ti pare, idiota di un Kaulitz?!- latra il mio amico, mettendomi subito a tacere. Quando cominciamo a pulsargli le tempie, vuol dire che è tempo di cazzotti. – C’ero anche io insieme a voi quando accadevano queste cose, e ti spalleggio in pieno sul fatto che non erano propriamente cose carine da fare nei confronti della propria “dolce metà”, però c’è un però. Cioè, che secondo me e Gustav, Jimmy soffriva di bipolarismo.
-Bipo che? Non usare questi termini difficili, Geo!- mi gratto la guancia, sfarfallando mollemente gli occhi mezzi accecati dall’alcol.
-Vuol dire che soffre di disturbi di doppia personalità.- spiega, sorbendo un’altra birra rossa – Intendo dire, ci sono volte in cui sembra, l’avrai notato anche tu, due persone differenti. Passa dall’essere la Jimmy dolce e disponibile, a essere la Jimmy combattiva e diffidente. È una ragazza instabile, Tom, psicologicamente difficile, non puoi pretendere normalità da una tipa simile.
-Vuoi dire che mi sono innamorato di un mostro?- pigolo fiaccamente.
-Non è un mostro, tonto! Ti sto solo dicendo di ragionare insieme su di lei, per provare a riavvicinarvi e a farti tornare il sorriso sulle labbra.
-Il sorriso un tubo, sono offeso nel mio orgoglio!- sputo, con un fare vagamente infantile che non riuscirò mai a cancellare dal mio viso.
-Forza,- sospira Georg, dandomi uno schiaffetto alla mano che tenta di chiamare il barista per farmi versare un’altra pinta – Spara, che sai di lei?
Uhm, bella domanda. Che so di lei se non che mi ha spezzato il cuore?
-Beh, so che è nata a Magdeburgo in periferia, che vive sola da due anni, che sua madre è ricoverata a Francoforte per una malattia che non mi ha mai specificato, che non sa assolutamente chi sia suo padre, che non ha nessun parente a parte sta madre con la quale però mi è parso di capire abbia un rapporto non pessimo, di più. Oh, e che ha una fedina penale piuttosto sporca. Basta, ho finito le mie nozioni.
-Belin, Tom, vedo che ti sei sprecato a conoscere la tua fidanzata.- commenta Georg, con una risatina malcelata. – Comunque, ascolta ciò che io e GusGus abbiamo pensato, per giustificare la sua, ehm, divisione netta tra te e il tuo gemello.
Riesco ad afferrare un’altra pinta e mi asciugo qualche lacrima fuggitiva.
-La prima volta che siamo andati a casa sua, ho notato intanto che ha le braccia rovinate da un’infinità di lividi, botte, buchi di ogni tipo, ma, cosa più importante, da quei tagli da autolesionista dark fan dei My Chemical Romance.
-Guarda che lo so che è fisicamente disastrata, e mi ha pure detto che in effetti c’era un periodo in cui si tagliava, ma tipo perché lo facevano tutti, un po’ come Bill nella sua fase emo a sedici anni e così …
-Ma allora sei scemo sul serio, Tom!- abbaia il mio amico, dandomi un pugno in testa – E credi che una tipa come Jimmy facesse delle cose simili come quel minorato mentale di tuo fratello?
In effetti, ha ragione lui. Come diavolo ho fatto a essere così tonto?
-Poi, non ti ricordi la fotografia sul ripiano del caminetto che l’ha tanto scioccata? Oltretutto, sei stato tu ad essere corso a “soccorrerla”.- Georg fa la sua espressione da Tenente Colombo con un pizzico di Hercule Poirot, quella che sfodera ogni volta che vorrebbe imitare i suoi idoli investigativi.
-Intendi quella dove c’era lei e … - finalmente, un lampo di genio mi colpisce in mezzo a questo inferno di lacrime e birra. Cazzo, la foto! Me l’ero completamente dimenticata!
-E una ragazzina esattamente, inquietantemente, identica a lei.- conclude Georg, pulendosi uno sbafo di birra sul labbro – Che io ho brillantemente dedotto essere la sua sorella gemella. Ma tu mi dici che lei ti ha sempre detto che non ha nessun parente tranne la propria mamma. Perché quindi non citare mai la sorella gemella, con cui immagino si debba avere un legame più forte che mai?
Ora so che forse dovrei perlomeno tacere, per non farci una brutta figura, ma non riesco proprio a non dire, tra qualche nuova lacrima
-Perché, Geo?
-Ma perché deve essere morta, imbecille!
Quest’ultima affermazione mi travolge come un’onda, lasciandomi a bocca spalancata, in mezzo a un oceano che non riconosco più mio, sospeso in un Mar dei Sargassi in cui non trovo nessuna direzione. Quindi Jimmy, la mia bellissima, stronza, traditrice Jimmy si trascinava dentro al cuore un peso osceno come la morte di un’ipotetica sorella gemella? E resisteva, così come l’ho avuta sotto gli occhi, un piccolo guerriero cosacco che affronta la pianura kazaka senza battere ciglio, uno scanzonato soldatino americano rimasto disperso in Vietnam, un impavido infante partigiano italiano che tiene duro sull’Appennino, un coraggioso giovane etiope che sbaraglia l’avanzata fascista nel Corno d’Africa, resisteva senza dare segni di cedimento nonostante dovesse convivere con il più grande dolore che può accadere a un gemello, ovvero perdere la propria metà? Cosa farei io, se morisse il mio adorato, dolcissimo Bill? Ne morirei, lo so già, me lo sento nel cuore. Ma perché mi teneva così tanti segreti, perché non mi ha mai voluto dire nulla di tutto ciò? Forse non si capacitava che non eravamo più idolo e fan, ma solo una coppia come ve ne è a milioni. Forse era davvero solo pazza, e io sono stato così furbo da lasciarla scivolare via da me, da farla scappare nel mondo che non aspetta nessuno, l’ho mandata via col primo treno, senza ascoltarla, senza capacitarmi di quello che nascondeva dietro agli occhi. Perché sono stato così dannatamente impulsivo, come al solito, senza riuscire a comprenderla nella sua follia incrociata dietro a due petardi e due strani tatuaggi tribali? Però non posso fare a meno di odiarla ancora più di prima, per non aver nemmeno provato a fidarsi di me, che la amo davvero come non ho mai amato nessuna prima, per essersi tenuta tutto dentro e aver fatto deflagrare tutto trascinandoci dentro mio fratello, che poi che diavolo c’entrava lui in sta storia proprio non lo capirò mai, per tutto il disastro che ha fatto deflagrare in questa dannata Amburgo.
-Georg, che cazzo di casino assurdo … - piagnucolo, nascondendo il viso sotto i dread e la pinta di birra scura.
-Su, coraggio amico, vedrai che in qualche modo aggiusteremo anche la storia di Jimmy, non c’è nulla di cui preoccuparsi. Anassimene di Mileto è il nostro guru spirituale della settimana.- fa con aria ispirata dalla birra – Piuttosto, tu cerca di riposarti per il concerto di stasera, e io tenterò di scovare qualcosa sul suo passato.
 
GUSTAV
Ora, io mi chiedo perché questi due dannati Kaulitz non possano avere una vita amorosa normale. Preferivo Tom versione Don Giovanni incallito che impallato con Jimmy, e preferivo Bill e i suoi commenti sconci sui marinai che in crisi esistenziale. Che poi, ovviamente, chi ci rimette alla fine siamo sempre io e Georg, che dobbiamo psicanalizzarli fino a che non si calmano e non ritornano in grado di salire su un palco con una certa carica d’eccitazione. E dunque, ditemi se è normale starsene sdraiato su un letto matrimoniale con Bill avvinghiato addosso e il computer sulle gambe che trasmette un porno a cartoni animati in malese, insieme a un peluche più grosso di me di un imbarazzante rosa pedofilo e a un cesto di fazzoletti sporchi di lacrime e moccico. Beh, normale o no, è la situazione in cui mi trovo ora, impegnato a buttare i fazzoletti di Bill e a non concentrarmi troppo sul porno gay in malese.
-Ehm, Bill scusami, ma perché questo … ehm … cartone animato è in malese?
-Non l’ho trovato in giapponese e comunque è un anime yaoi, non un cartone.- piagnucola lui, piantandomi quelle dannate unghie da arpia nel fianco e gemendo qualcosa di intellegibile. A proposito, dov’è l’altra sua manina da fata, che non mi si è ancora infilata in un occhio come al solito? No, aspetta, non mi dire che si sta mas … la famosa altra mano è impegnata a recuperare fazzolettini su fazzolettini. Meno male. No, non guardatemi così, non sono io che sono pervertito, è Bill che sarebbe anche capace di fare certe cose con me al fianco.
-Gus, ma ti pare possibile che sia così sfigato?
Abbasso lo sguardo sui suoi giganteschi occhi da cucciolo indifeso, che mi fissano pieni di lacrime nere di trucco, la boccuccia atteggiata in quella smorfia irresistibile che farebbe capitolare pure Rommel e Goering, non so se mi spiego.
-Non è questione, Bill, vi siete semplicemente trovati in una situazione più grossa di voi; non è colpa di nessuno.- cerco di tranquillizzarlo, scostandogli qualche ciuffo bianco e nero dalla fronte pallidissima.
-E’ colpa di quella troia.- lamenta lui, soffiandosi il naso e depositandomi il fazzoletto lercio sulla faccia, in nome della sanità – Non solo mi strappa Tom, addirittura mi bacia anche e poi scatena tutto quel pandemonio assurdo! La odio, GusGus.
-Non è necessariamente colpa di Jimmy; è una ragazza confusa come lo sei tu e come lo è anche lo stesso Tom. Non c’è via di scampo, lo sai benissimo, anche perché ormai quello che è fatto è fatto.
Bill mi guarda, i grandi occhi scuri offuscati dalle lacrime che come un velo da vedova gli ornano le lunghe ciglia incurvate da tutto quel mascara, e giuro che piangerei se non lo conoscessi più delle mie tasche.
-Sì, ma ora Tom non mi vorrà nemmeno più vedere.- si tira un po’ su, aggiustandosi la vestaglia rosa pompelmo con lo jabot verde menta – Ci mancava solo che pensi che io e Jimmy abbiamo avuto una tresca!
-E’ stato precipitoso, Bill, cerca di capirlo, tu avresti fatto peggio se fosse stato il contrario.
-Io l’avrei ucciso a son di ceffoni, va bene, ma ciò non lo autorizza a farmi piangere così tanto. Insensibile!- tira su col naso, dandomi un leggero schiaffetto. – Dio, Gustav, non riesco a non amarlo, è più forte di me, e ora crederà pure che mi scopavo la sua ex fidanzata. Che bella vita di merda!
-Non esagerare adesso, sono sicuro che Georg l’avrà fatto ragionare e ti vorrà bene come te ne voleva prima.- che vita di merda la mia, semmai, con questi due nevrotici dei gemelli tra i piedi – Abbiamo ragione di credere che Jimmy fosse … ecco … innamorata di entrambi.
-Eh?- Bill si tira un po’ su, sprofondando sul suo orsacchiotto rosa.
-E’ una storia complicata e piena di circonlocuzioni, ma io e Georg abbiamo provato a fare una piccola indagine sullo stampo di Squadra Cobra 11 e di Wolff- Un poliziotto a Berlino, giusto per psicanalizzare la nostra Jimmy e capire da che parte propendesse, siccome a noi esterni sembrava che fosse perennemente indecisa tra te e tuo fratello, e pensiamo di essere giunti alla conclusione che sia bipolare. Ma bipolare in senso come se avesse due diverse personalità che coesistono nella stessa persona e che la tengono in piedi così com’è.- mi sento molto epico mentre esprimo questa lunga indagine tirata in piedi da me e da Georg per preservare i nostri gemellini adorati.
-Tu mi stai dicendo che il mio piccolo, dolce, tenero, cucciolotto indifeso è andato a letto con una pazza assassina bipolare?!- strilla a pieni polmoni Bill, saltando in piedi con un’agilità insospettabile.
-Più o meno sì, però il tuo piccolo, dolce, tenero, cucciolotto indifeso era ben felice di andarci a letto, quindi non vedo il problema tecnico.
-Infame ciccione obeso, come hai potuto che accadesse una cosa simile?!
Il caro Bill mi assale con le unghie, ululando in pieno trip da X-Man mancato, mentre io tento di rotolare lontano da lui e dal porno a cartoni malese.
-Ma Bill, Jimmy non è assolutamente pericolosa, Tom era felice con lei, non puoi darmi la colpa di tutto ciò!
Mi guarda storto da sotto la cortina di capelli sparati in tutte le direzioni, il trucco che cola e la vestaglia rosa che gli ricade troppo grossa sul corpicino anoressico
-Gustav, esci da questa stanza immediatamente. Devo restare da solo.
-Sei sicuro di …
-Esci da questa stanza ora!
Mi tocca fuggire dalla stanza inseguito da uno stivale verde smeraldo con i cuoricini rosso ciliegia, senza però non vedere le pillole che Bill sta ingoiando alla velocità della luce per sballarsi, per tranquillizzarsi. Dio, che vita a dover psicanalizzare Bill e Tom, a dover subire i loro schizzi ormonali, i loro piagnistei, le loro crisi di infantilismo da primedonne. E ci mancava solo Jimmy, appunto. Che poi, a dire il vero: dove cazzo è Jimmy adesso?
 
TOM
Non so quanto tempo sia passato da quando sono finito a vagare per il corridoio dell’albergo, ubriaco marcio, senza ricordarmi più quasi nemmeno il mio nome, le lacrime che mi hanno corroso il viso, solo due nomi che danzano nella mia testa, due nomi, Bill&Jimmy, che non fanno che vorticare nel mio cervello obnubilato dall’alcol e dalla depressione di essere di nuovo solo come prima, due visi uguali che mi oscurano le pupille intossicate, due voci che mi rintronano le orecchie, due tocchi che mi ustionano ogni centimetro di pelle, due profumi che mi tappano il naso e mi soffocano con le loro droghe, due persone che mi hanno dannato l’esistenza, la mia ex e il mio gemello, due legami più forti di qualsiasi amicizia, più tossici di qualsiasi droga, più esplosivi di qualsiasi bomba, più distruttivi di qualsiasi malattia. Sono loro, le mie due epidemie che non mi lasciano vivere, che mi hanno costretto qui da solo a vagare, ubriaco, a canticchiarmi una melodia scoordinata in testa ma che sa tanto di “Baby try to hold on, ‘till we make it to forever, we’re alive and the future never dies” e davvero non so assolutamente che roba sia ma so che è bella e che mi culla in questa mia follia ebbra che ricorda così tanto Baudelaire e i Fiori del Male, il Vino degli Amanti che dannava e non perdonava. Bill&Jimmy sono il mio vino degli amanti, che mi distrugge e mi danna, che non mi perdona e non mi confessa, sono loro i miei fiori del male, sono loro le mie mendicanti dai capelli rossi, sono loro la danza macabra che non mi fa fermare, lo spleen che non mi fa smettere di versare lacrime che bevo fino a vomitarle sui miei stessi resti distrutti, sono loro i vecchi ciechi che mi tormentano ogni notte e che ridono al mio losco passaggio. Sono loro le poesie che mi ornano la testa e che mi fanno sprofondare in una dimensione folle che ricorda tanto la Parigi dandy e non una boy band di fama mondiale alla prese con le cotte da ventenni. Sono loro che mi fanno ubriacare dell’orrido profumo della morte tropicale che tanto amava Gauguin, dei pagliacci di una vita che prima illustrava Picasso, dei fiori folli che mostrava Nolde. Sono loro le mie Muse di un’Elicona che nessuno ha il diritto di varcare.
Ciondolo mollemente alla ricerca di mio fratello, voglio dirgli che in realtà gli voglio sempre bene, che sarà sempre il mio Bibi e che mi dispiace di averlo fatto piangere, come al solito, sono un disastro a gestire queste situazioni. Barcollo fino alla sua porta, e sto per entrare quando sento dei versi strani, da dentro. Che sembrano tanto gemiti da amplesso, ma. Sarò il solito yaoi sconcio che si vede lui che sta troppo in fissa con quei dannati cosi giapponesi. Mi gratto i dread, aprendo delicatamente la porta che si scorda sempre di chiudere, mugolando un
-Bill? Ehi, fratello, ci sei?
Ma non faccio in tempo a finir la frase che vedo qualcosa sul letto. Qualcosa che è mio fratello, perché quel corpo io lo riconoscerei anche a occhi chiusi e quella voce che, ubriaca, geme … il mio nome?, possono essere solo suoi e qualcosa che conosco, perché quei capelli lunghissimi io li conosco. Dio, non è …
-Ciao, tesoro!
Mi sveglio un po’, quando vedo lei, Jimmy Sasha, la mia dea e il mio demonio, la mia salvezza e la mia dannazione, nuda che si gira di scatto e mi guarda con un sorriso beffardo che tanto mi era mancato, seduta a cavalcioni di mio fratello che lo sento, deve essere così drogato da non rendersi nemmeno conto di che diavolo stia facendo, e mi strizza l’occhio
-Forza, T. Unisciti a noi. La vendetta è un piatto che si gusta anche caldo, sai?
E davvero, a posteriori me lo chiedo e richiedo, come diavolo faccio a essere così dannatamente ubriaco di birra e di Jimmy da cominciare a togliermi le scarpe e barcollare come un cieco verso il letto.

***
Ciao ragazze!! Intanto scusate solennemente il ritardo, poi sarò telegrafica, spero vi sia piaciuto il tutto e state pronte a uno scoppiettante ventunesimo capitolo, anche se non so cosa succederà ahahah. Domenica parto dieci giorni per l'Irlanda yeeeeee *-*
Mi raccomando, recensite e abbiate pazienza perchè dopo l'Irlanda mi imbosco in un posto dimenticato da Dio e gli aggiornamenti saranno fatti solo di lunedì, mi dispiace molto D:
Un bacio a tutte e grazie
Charlie 

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Capitolo 21
*** Scusami, Bill ***


CAPITOLO VENTUNO: SCUSAMI, BILL

Quando apro lentamente gli occhi, ancora ampiamente semi addormentato, con le membra intorpidite da questa posizione e un leggero cerchio alla testa, non faccio fatica a capire immediatamente a chi sono abbarbicato. Il profumo di sudore, il braccio che mi circonda le spalle, il respiro pesante, il modo in cui il mio viso si incastra alla perfezione in questo collo caldo, i dread biondicci sparsi sul cuscino … non c’è dubbio alcuno, sono a letto con il mio gemello. Nudo. Sudato. Impregnato di noi due. Sfarfallo un po’ gli occhi, muovendomi con una lentezza esagerata, mettendomi a sedere in mezzo al piumone che puzza di fumo, per tutte quelle dannate sigarette che fumo quando sono solo in camera, di profumi da donna e di trucchi, per tutto quello di cui mi ricopro e di cui impesto ogni letto in cui mi sdraio, ma soprattutto, che puzza di sesso. Ma non il solito, quello di cui mi drogo, con uomini sconosciuti di cui non so nemmeno il nome, violento, passionale, fatto di occhiate sconce e cose perverse. No, questo è l’odore mio e di Tom, lo stesso drammatico profumo che abbiamo addosso, sotto agli strati di profumi e trucchi, quello della nostra pelle nuda, che conosco da sempre, l’odore che avrei voluto sentire nel mio letto ogni mattina, nella mia bocca, nel mio corpo, l’odore che ho sempre dovuto condividere e che non sono mai riuscito a fare mio del tutto. Beh, io questo però adesso ce l’ho addosso, dappertutto, ne sono talmente pervaso da averne quasi la nausea. Mi giro verso mio fratello che dorme ancora, spaparanzato sul mio letto e trattengo un urlo, perché non solo è nudo ma ha sulla pelle quelle inconfondibile unghiate da arpia che io lascio addosso a tutti gli uomini che vengono a letto con me, insieme ai miei ancora più inconfondibili succhiotti e morsi vari decorati da rimasugli di rossetto violaceo. Oh, cazzo. Oh, Santa Maria. Allora non era tutto un sogno perverso del sottoscritto, causato dalla depressione, dalla droga e dall’eccitazione post concerto da stadio, no, era tutto vero! Io e Tom abbiamo davvero avuto un rapporto. Non ci posso, non ci voglio credere. O meglio, ci vorrei tanto credere se non pensassi già a quando lui aprirà gli occhietti belli e si renderà conto dell’apocalisse appena avvenuta in questa camera d’albergo. Sono finito, fottuto, è decisamente la fine del mondo! Ok, gente, buona Apocalisse a tutti, sono contento di avervi conosciuto, ringrazio tutte le mie fans, vi amo tutte piccole, ci si vede all’altro mondo. Sto già per alzarmi e andare a buttarmi giù dalla gigantesca finestra della stanza, quando una fitta al fondoschiena mi blocca. Cristo, Tom, non pensavo ci andassi giù così pesante … oggi qualcuno mi deve procurare minimo due cuscini per l’intervista di stamane. Sarebbe decisamente imbarazzante arrivare lì, in diretta, e veder me che si contorce come un verme perché non riesce a posare il regale deretano sulla poltrona. No, perché è già successo, e vorrei evitare di ripetere l’esperienza. Ma poi perché diavolo sto pensando all’intervista quando so che non sopravvivrò nemmeno un’ora? Dio, che razza di casino madornale. Tutta colpa di Jimmy Sasha, ovviamente, nemmeno da dire che è colpa di Sua Nanezza. Se lei non avesse mollato Tom, lui non sarebbe entrato in crisi, non avrebbe litigato con me, non mi avrebbe costretto a impasticcarmi, non lo avrebbe fatto ubriacare, e non saremmo finiti a fare sesso. Va bene sono un ossimoro ambulante; era il sogno di vent’anni poter fare una cosa del genere con l’amore della mia vita, e ora che ce l’ho fatta, mi lamento come una prefica siciliana. Ma capite, dannazione, lui doveva amarmi. Farlo perché ci amavamo, legarci con il legame più intimo che ci sia, tornare come alle origini, invece niente, probabilmente non sarò stato altro che una via d’uscita come qualsiasi altra ragazza entrata e uscita dalle sue camere da letto. Anzi, peggio, perché invece di cacciarle via in mutande come ogni santa volta oggi non potrà fare niente perché lo sfogo sono stato io, il cantante della band in cui suona, il suo gemellino tanto amato. Non ne usciamo, lo so già. Certo, potrei alzarmi e andare a nascondermi da Gustav, a piangere in braccio a Georg, ma tanto non servirebbe a niente se non a far infuriare mio fratello più di quanto già magari non lo sarà una volta che si renderà conto del peccato capitale consumato qui. Roba da far venire un coccolone a un satanista, tutte le porcate che siamo riusciti a fare, mettendo abilmente insieme le nostre due zucche perverse. Sospiro, scostandomi qualche ciuffo corvino dal viso, guardando la bellezza divina di Tom dormiente, accoccolato innocentemente al mio fianco. Pensare che Jimmy è stata così idiota da lasciarselo scivolare via dalle mani: come ha anche solo potuto pensare di posarmelo così, su un piatto d’argento? Stupida ragazzina senza cervello. A pensarci, però Tom non dovrebbe essere così scioccato, dopo tutto quello che abbiamo fatto. Insomma, gemeva, ansimava il mio nome, mica un altro, era perfettamente cosciente che fossi io, mi avrà sentito urlare “Tom” tutta la santa notte, mi spiego? Eppure, ho il terrore cieco, ancestrale, che mi odi dopo che capirà che diavolo è successo. Ci siamo amati, sono stati i momenti migliori di tutta la mia vita, gli orgasmi più travolgenti, i baci più appassionati, la passione più scatenata, eppure ho paura. Ora che tutto è successo, che il mio sogno si è avverato, sono fottutamente terrorizzato a morte. Io lo amo, ma chi mi dice che lui ami me? Avrei potuto approfittarne anche prima, per una notte di passione, quando era ubriaco marcio, ma non l’ho mai fatto. La razionalità contorta che possiedo mi ha sempre bloccato: dovevo avere la certezza che lui mi amasse come lo amo io, che mi volesse davvero, che non fossi solo un episodio sconvolgente da chiudere nel dimenticatoio. Sì, non siamo normali gemelli, ma lui non è come me. Tom in fondo è quasi normale. Adesso, tutto è finito nelle macerie che tanto temevo: non mi dirà mai che mi ama, sarà solo una notte da dimenticare, da trascrivere nel nostro diario a fiorellini che conservo gelosamente e su cui scrivo tutto quello che riguarda me e lui. Ma è tanto che non glielo faccio più leggere, non so nemmeno se lo ricorda più, oramai. Sarò di nuovo costretto a nascondermi dietro uno specchio di canzoni e falsità, aggrappandomi disperatamente al ricordo bruciante di questa notte, distruggendomi con il mio amore a senso unico senza nessuno sbocco vero e palpabile, vedendolo trovarsi nuovamente la sua meravigliosa, matta, Jimmy Sasha, o qualche altra perla di rara bellezza e rara follia. Intanto Bill è solo, lo ha sempre saputo. Non ci sarà mai il suo gemello a dirgli che lo ama, che lo desidera, che lo vuole tutto per sé. Sono anche pronto a dover fare la casalinga col grembiulino a cuoricini che aspetta suo marito che torna ingrugnato e incazzato dal porto, se questo ambiente comprende me e Tom. Anche a fare Bonnie e Clyde, qualunque cosa per averlo. Ma averlo per sempre mio. Io non ti voglio condividere, gemello mio adorato. Lo guardo, il filo di bava che cola sul mento, la faccia da bamboccio dolcemente addormentata, il leggerissimo russare da orsacchiotto che lo caratterizza da sempre. È meraviglioso, come al solito. Sorrido debolmente, accarezzandogli la guancia bollente e le zone del petto lasciate scoperte dal piumone, pizzicandogli ridacchiando un capezzolo che ieri ho succhiato fino all’inverosimile. I miei baci e i suoi morsi sulle nostre pelli troppo bianche sono più che visibili, e mi ricordano tutta la passione che ci mettevamo a ricoprirci di segni violacei, insieme ai graffi che gli ho seminato per la schiena, la mia bocca sa ancora della sua pelle e mi viene quasi da ridere al pensiero di quando gliel’ho preso in bocca, gonfio e duro da impazzire, e di quello che mugolava, alla faccia del suo “Non mi farò mai fare un pompino da un uomo, che schifo!”, alle sue mani grandi e callose avvolte attorno al mio, di arnese, che mi faceva seriamente un male boia da quanto ero su di giri, e poi tutto quello che è seguito dopo, ai miei strilli malamente soffocati nel suo collo e nel cuscino, ai suoi ansiti e gemiti sconci sulla mia pelle e nelle mie orecchie, nella mia bocca e nei miei capelli, a lui che mi spingeva dentro e io che gli stavo ancorato al bacino come a dire “Non lasciarmi più andare”, qualcosa che mi sembrava dovesse durare per l’eternità e anche oltre, un sogno a occhi aperti che vomitava la mia intera vita onirica, e poi l’apice del piacere, a quando ci siamo riversati uno addosso all’altro come un fiume in piena, perfettamente coordinati al secondo, la mia gioia nel sentirmelo dentro e vedere la sua pancia sporca di me. Sorrideva, Tom. Sorrideva sempre, mi ricopriva di baci appiccicosi, mi stringeva tra le sue braccia, mi accarezzava dolcemente come fossi una bambola. Abbiamo continuato così tutta la notte dopo il concerto e la fuga misteriosa di quella matta di Jimmy, solo io e lui, a consolarci come abbiamo sempre fatto anche se questa volta siamo andati decisamente oltre. Io e Tom, uniti, avvinghiati uno all’altro fino a non cadere addormentati come da piccoli alle quattro del mattino, io raggomitolato contro di lui, tra le sue braccia, senza dirci nulla, senza baci o coccole, sono i nostri cuori che battevano all’unisono. È stata una meravigliosa notte. Ma sarà meravigliosa anche la mattina come nei miei sogni?
-Biiill, ma la colazione?
L’inconfondibile richiamo di Tom mi distoglie dalla mia contemplazione mistica. Ok, è partito l’Armageddon, tutti ai vostri posti, l’Apocalisse è giunt… cosa? Perché l’apocalisse dovrebbe iniziare con la colazione? Spalanco gli occhi, sfarfallando le lunghe ciglia, guardando mio fratello che mi guarda innocentemente anche se siamo avviluppati in un letto, nudi, e io gli sto pure tenendo un capezzolo ancora tra le unghie lunghe.
-Fratello, ti senti bene?
Tom si mette a sedere, accarezzandomi delicatamente il viso, mentre io continuo a fissarlo come un cretino. Ma che diavolo succede adesso? Perché non sta bestemmiando, piangendo, urlando terrorizzato e schifato?
-Tomi, tu ti stai rendendo conto di quello che abbiamo fatto, vero?- balbetto, portandomi le ginocchia al petto, incapace di capire che diavolo stia dicendo.
Tace, alzandomi il mento verso il suo viso, immediatamente serio. Deve sentire le lacrime di vergogna e terrore che stanno per sgorgare dai miei occhi, perché sento le sue braccia avvolgermi delicatamente, mentre mi poggia il mento su una spalla e mi soffia un bacio nei capelli, lasciando che le mie mani volino ad accarezzargli lentamente e ossessivamente la schiena.
-“Siamo troppo per essere gemelli, ma troppo poco per essere amanti”.- cita lui, un leggero sorriso amaro a ornargli le labbra piene che ho baciato fino alla pazzia ieri notte, facendomi quasi stringere il cuore ora che ce l’ho tra le mani. Non so perché, ma adesso che tutto quello per cui ho vissuto fino ad ora si sta avverando mi sento quasi svuotato. Come se l’unica cosa che mi faceva andare avanti avesse all’improvviso perso interesse. Non che ovviamente abbia perso anche il minimo interesse per mio fratello, ma sento come se tutto il castello di carte in cui mi ero rifugiato fosse crollato miseramente, seppellendomi e costringendomi a rimanere soffocato da quell’asso di picche che avevo sempre mostrato come carta vincente, nella mia guerra contro il mondo. L’asso di denari con cui ringhiavo adesso mi opprime, quello di fiori che mi faceva respirare mi distrugge, quello di cuori che faceva brillare il seme del mio amore sconfinato oramai mi sta uccidendo. Potrei dire di avere Tom, adesso. Eppure il panico di perderlo dal momento che abbiamo superato il limite è tale da farmi venire le vertigini.
-Perché me lo dici solo ora?- pigolo, lasciandomi ricadere sul piumone e i guanciali.
-Perché magari abbiamo scopato tutta la notte, non trovi?- commenta lui, buttandosi a peso morto accanto a me.
-Mi stai odiando, vero?- frigno, nascondendomi sotto il cuscino. Sembro il coccodrillo, che prima mangia troppo e poi piange.
-Io non ti odierò mai, Bill.- sento una sua mano accarezzarmi la schiena. – Senti, è una cosa delicata, io direi di chiuderla qui perché forse …
Mi giro di scatto, sputando capelli da tutte le parti
-Cosa stai dicendo?
Mi guarda da sotto i dread arruffati, il viso contratto
-Per me va bene chiudere tutto nel dimenticatoio e farlo il nostro segreto. Non sono schifato da questa notte, va bene?
-E’ qui che non capisci, idiota!- esplodo io, balzando in piedi, stupendomi quasi della reazione che sto avendo. Oddio, sto degenerando seriamente, sto precipitando in un vortice di follia da cui so che solamente Tom potrà portarmi fuori. Però a questo punto non ce la posso più fare, è follia riuscire a sopravvivere a un incubo simile, devo in qualche modo esternare la passione che mi arde dentro come un fuoco sull’Ara Pacis. – Tom, io non chiuderò un cazzo nel dimenticatoio, capito?!
-Non mi dire che adesso ce l’hai con me perché Jimmy … - sbotta lui, guardandomi storto, ancora semi sdraiato mollemente sul letto.
-Jimmy non c’entra un tubo, Tom! C’entra il fatto che io mi sia rotto le palle di sopportare tutti i soprusi che mi fai da quando siamo nati!
-Soprusi? Dio, Bill, ma che droghe ti sei fumato?!- prorompe mio fratello, ma io oramai sento calde lacrime che mi solcano le guancie.
-La tua droga, Tom! Mi hai sempre ignorato, non ti sei mai capacitato di tutto quello che ho sempre provato per te, non hai mai voluto sapere come mai io fossi sempre solo a soffrire come un cane, come mai blaterassi sempre le stesse cose sul volersi bene. Sì, certo, tanto cosa te ne può fregare? È Bill, il gemello pazzo, la checca isterica, il freak eccentrico, giustamente a chi importa cosa prova?
Sto girando istericamente per la stanza, buttando all’aria tutti i vestiti e i gioielli in cui incappo, berciando come un’aquila, piangendo tutte le lacrime che non ho mai pianto davanti a lui. Le lacrime vere, quelle che bruciano, che fanno male, che mi ustionano e mi marchiano, quelle pesanti come piombo che cadono per terra e fanno un gran casino, insieme ai cocci del mio cuore che si distruggono ai miei piedi. Mi sento come una selkie abbandonata, in questo momento, una creatura del mare strappata al suo oceano e abbandonata su di un’immensa spiaggia notturna, vicina alle sue acque ma troppo lontana per poterle raggiungerle. Il pezzi di vetro insanguinati del mio cuore continuano a disseminarsi per questo pavimento granagliato, tagliandomi in mille pezzi, lance affilate che continuano al solito a pugnalarmi da tutte le parti, il mio sangue che cola miseramente dappertutto, il sangue di cui lui si ubriaca, il sangue che mi tinge ogni giornata e che non la smette di scorrere per la mia pelle eburnea, insieme alle lacrime che rimbombano dappertutto, che mi circondano come una campana di vetro sulla quale io busso disperatamente ma che nessuno vuole aprire. Il trucco continua a colare con il pianto, come quello di Petruska, il pagliaccio triste dei balletti russi, quello che si suiciderà ballando sotto la luna come vorrebbe a volte fare il sottoscritto, e si sa che per i suicidi non c’è sepoltura voluta da Dio, i capelli che mi ricadono addosso come un cappio del condannato a morte che si avvia mollemente al suo triste destino da appeso fuori dalle mura della città. Strepito, urlo, mi dispero, lascio scaturire da dentro tutto quello che mi sto trascinando nel mio castello di menzogne.
-Ho aspettato venti dannati anni nella speranza che tu capissi, che ti svegliassi da questo oblio, ma niente! Stupido fino al midollo.
Tom mi guarda sfarfallando gli occhioni, grattandosi la testa
-Senti, Bill, io sto continuando a non capirti.
-Lo vedo, cretino, lo vedo!- abbaio, scagliando per terra il cellulare che si ammacca miseramente – Facciamo un excursus temporale insieme, forza.
Mi siedo di nuovo sul letto, afferrandogli le mani grandi e callose che amo con tutte le mie forze
-Scuola materna; c’era la zuppa per pranzo e a te piaceva un sacco. Cos’ho fatto per tutti quei dannati anni?
-Ora che ci penso, mi hai sempre dato la tua razione intera. E mamma si arrabbiava perché tu non mangiavi e io mangiavo troppo.- ricorda il mio scemo rasta, con quei sorrisi che mi sciolgono sempre come caramello fuso.
-Bene, secondo te perché ho fatto digiuno ascetico tutto l’asilo?- tento di farglielo capire senza mettermi a urlarlo come un ossesso.
-Perché ti faceva schifo, forse?- commenta innocentemente. Dio, ho un fratello tardo, ma è così terribilmente dolce adesso.
-Elementari e i primi due anni della secondaria; abbiamo vissuto in una simbiosi inquietante, tanto che mamma aveva chiamato uno psicologo terrorizzata dalla piega che stavano avendo gli eventi. Perché?
-Perché avevi paura degli altri bambini?- oh, ma mi sta prendendo in giro?
-Liceo; ho rifiutato milioni di avances di altri ragazzi e ho sempre vissuto nella tua ombra. Qualche domanda?
-Erano brutti come il peccato e avevi paura che volessero solo usufruire del tuo fondoschiena perfetto e della tua boccuccia da donna?
Oh, mi ha detto che ho il fondoschiena perfetto. Un punto a Bill, gente.
-Adesso; mai uno straccio d’uomo, canzoni da depresso asociale darkettone, risaputo per essere il cantante più isterico del mondo. Ne deduciamo?
Si gratta la testa, e si spaparanza un po’ meglio sul letto.
-Ne deduciamo che sei Bill e sei fatto per essere una creatura aliena?
Il mio sguardo assassino lo fa correggere
-Ho detto qualcosa che non dovevo dire, fratellino?
Bene, ora esplodo. Sento tutta la rabbia che covo dentro uscire fuori a onde e riversarsi fumosamente fuori dalla mia bocca, mentre lo prendo per le spalle e gli do una specie di testata furiosa
-Ma perché io ti amo, razza di decerebrato interdetto! Ti amo da impazzire da quando siamo stati messi al mondo! Ti amavo quando eravamo nella pancia della mamma, ti amavo non appena siamo nati, ti amavo ogni momento della mia vita, qualunque cosa accadesse io ti amavo più di me stesso, avrei dato la vita per te, avrei dato tutto quello che ho per sapere che tu fossi salvo. Ti davo la zuppa e avevo i crampi per la fame perché volevo che il mio amore fosse contento, ho creato quella simbiosi per poter fingere che tu mi amassi nel vero senso della parola e ho rischiato la depressione seria quando l’hanno spezzata, ho rifiutato ognuno di quei ragazzi perché i miei occhi vedevano solo te e il mio cuore stravedeva solo per te, ho vissuto nella tua ombra per il terrore di perderti per sempre, ho creduto con tutto me stesso nei Tokio Hotel per sapere che io e te saremmo sempre stati visti insieme, come I Gemelli Kaulitz e non come Bill e Tom Kaulitz, due entità diverse che forse sono gemelli, ma forse no, ho lottato ogni istante per restarti accanto, ho cantato e scritto tutte le nostre canzoni per l’amore sconfinato che ho verso i tuoi confronti, a ogni concerto vedevo solo te quando cantavo, tutte le lacrime che ho pianto e le risate che ho riso erano rivolte a te, ho resistito alla tua ignoranza, alle tue donne, alla tua spensieratezza, ho sacrificato tutto consacrandomi a te. Mi sono ucciso, per il tuo amore. Poi è arrivata Jimmy, e tutto è andato a ramengo, perché ti sei innamorato di lei, e io ero convinto di essere arrivato al capolinea, costretto a uscire dal mio castello di menzogne in cui ho vissuto per cercare di convincermi che tu dovessi solo capire il momento giusto per rivelarti al sottoscritto, poi abbiamo litigato, e lei è scappata e tutto quello che ne è conseguito. Sto impazzendo, Tom, io non ce la faccio più a reggere il peso di un amore che mi sta uccidendo ogni giorno di più!
Ecco, l’ho detto. Ce l’ho fatta. Tutto quello per cui ho vissuto è uscito fuori. Ora posso anche morire felice sotto un tram la notte di Natale.
Ci guardiamo nelle profondità dei nostri occhi uguali, immobili come due cariatidi greche, e poi io rotolo nell’altra metà di letto, nascondendomi come uno struzzo sotto al cuscino e scoppio di nuovo a piangere. Insomma, un avvenimento così deve essere accompagnato da una bella crisi, no?
Lo sento muoversi verso di me e darmi una pacca sul culo, chinandosi sopra di me e sussurrandomi sulla pelle nuda della schiena
-Ehi, piccolo struzzo. Perché ti sei nascosto?
-Perché sono uno struzzo, e mi nascondo.- rispondo da sotto il cuscino e i capelli. – Perché non stai fuggendo dandomi del pervertito?
-Perché sono tuo fratello, e so già che eri un pervertito.- lo sento sdraiarsi al mio fianco, e sento il suo braccio avvolgermi le spalle, il suo viso schiacciarsi tra il cuscino e il mio collo – Bill, come mai non me l’hai mai detto?
-Ti amo, Tom, e speravo che in qualche modo te ne accorgessi da solo.- piagnucolo.
Aspetto un tempo infinito, tra le sue braccia e il cuscino, sentendo i nostri respiri pesanti fondersi uno con l’altro, fino a che non posso percepire le sue labbra posarsi su una mia spalla e lasciarmici sopra un delicatissimo e appiccicosissimo bacino.
-Scusami, Bill.- mi sussurra sulla pelle – Scusa.
Riemergo dal cuscino, trovandomi e un centimetro di distanza dal suo viso, i nasi appoggiati uno all’altro, le fronti che si toccano, le ciglia che si intrecciano come una ragnatela, ma le labbra no, non si sfiorano nemmeno.
-Voglio che tu me lo dica ancora, Tomi.- mormoro, avviluppandomi al suo corpo, come se fosse il marinaio e io la sua Lorelei spersa nell’oceano infinito.
-Scusa.- sento qualcosa di lucente brillargli nelle pupille, le lacrime che si incontrano nelle nostre ciglia e colano insieme – Scusa, scusa, scusa, scusa.
Chiudiamo gli occhi, e scoppiamo a piangere, insieme, abbracciati, una creatura primordiale che vuole solo esternare i suoi sentimenti.
-Bill …
Alzo lo sguardo fradicio di lacrime sul suo viso meraviglioso, e sono stanco. Sono tanto stanco come non lo sono mai stato in vita mia.
-Credo che tu avessi ragione.- pigola Tom – Jimmy e io non eravamo fatti per stare davvero insieme. Mi ero innamorato follemente di lei, però è morto tutto ancora prima di cominciare seriamente. Non so, forse era troppo presto, fatto sta che ora che lei non c’è più la prima persona di cui mi importa sei tu. In realtà, ho sempre pensato a te anche quando stavo con lei. In qualche modo eri sempre a mezzo, sia fisicamente che non. Quando sono entrato in camera tua, dopo il concerto, ammetto che ero talmente ubriaco da aver sognato che tu e Jimmy steste scopando e che lei mi invitasse a letto con voi, ma quando mi sono reso conto che c’eri solo tu, non me ne sono andato. Forse, hai sempre avuto ragione. Io e te non siamo fatti per essere gemelli. Siamo fatti per essere qualcosa di più travolgente.
Mi accarezza pensosamente la schiena, asciugandomi le lacrime con la mano, goffamente, con quel suo sorriso un po’infantile, i dread scompigliati che vanno da tutte le parti.
-Sono anni che tento di dirtelo, Tom.- mugolo io.
-Beh, meglio tardi che mai, no?- sorride lui, facendomi venire le farfalle alle stomaco.
-Cosa vuoi dire, fratellino?- lo guardo vagamente stranito, mentre mi prende il viso tra le mani e mi fissa con quell’espressione seria ma gioconda che mi ha fatto innamorare perdutamente.
Non mi risponde, ma si limita a premere le sue labbra sulle mie e farmi sprofondare in un maelstrom sconosciuto, mentre mi spinge tra le coperte e io rispondo quasi timidamente a questo strano bacio, aprendo piano le labbra e aspettare che lui continui a baciarmi come se fosse l’ultimo giorno delle nostre vite, sentendomi finalmente davvero parte del ragazzo che amo da sempre, anche se non capisco perché, anche se non so cosa succederà ora, anche se so che è tutto sbagliato, ma ora sono felice. Felice perché forse, per una volta, la mia vita sta prendendo una svolta decisamente, inquietantemente, straordinaria. Lo so, Tom, amore mio, lo so: abbiamo trovato la seconda stella a destra.
 
***
Ciao ragazze! Finalmente mi faccio viva … siete degli angeli a seguire ancora questa storia *-* Allora, cosa ne dite di questo capitolo?? Bill e Tom si sono “messi insieme”, ma siamo sicuri che reggerà? Siamo sicuri che Jimmy non torni a rovinare tutto, visto che come ben sapete è un uccellaccio del malaugurio versione ragazza? Aspetto i vostri commenti con ansia, mi raccomando, ce la posso fare ad avere tutti i capitoli recensiti! Baci, Charlie.

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Capitolo 22
*** A mai più rivederci ***


CAPITOLO VENTIDUE: A MAI PIU’ RIVEDERCI

Un mese. Cento chiamate a cui non ho risposto. Centinaia di messaggi che non ho nemmeno aperto. Tagli sulle braccia e sangue secco in tutto il bagno. Una lettera a cui ho dato fuoco senza nemmeno leggerla. Un mese di vomito, sigarette fumate a letto per ore e ore, giornate passate in officina senza distrazioni, JD da bere per colazione insieme a un uovo sbattuto e a una sigaretta tagliata con la cannabis, i dischi dei Tokio Hotel a tutto volume per farmi male al cuore. Un mese di serate passate seduta di fronte alla tomba di mia sorella a piangere sangue e alcool, in mezzo alle petunie nere che le piacevano tanto, i capelli troppo lunghi e appiccicosi, il trucco sciolto che non tolgo mai ma che ripasso in continuazione. Un mese di risse senza pietà, una notte in stato di fermo, e odio covato dentro il cuore. Sono tornata a essere l’essere rabbioso, violento, squilibrato che ero prima di finire in braccio ai gemelli, regredendo di nuovo nell’incubo da cui speravo di essere uscita una volta per tutte. Ma avevo ragione, io non potrò mai essere salvata dall’inferno urbano in cui sono nata e in cui morirò, nessuno sarà abbastanza forte per portarmi via. Se non lo è stata Christiane, come avrebbero potuto esserlo Bill e Tom? La mia era solo una vana speranza, quella di un angelo a cui sono state divorate le ali, che tenta di tornare a casa sua ma sarà per sempre costretto a una sopravvivenza di fortuna nel suo inferno personale di rabbia cieca, droga e sesso, soffocata dalla periferia che mi opprime nel suo sterile grembo demoniaco. Ero persa, non ci sarà via di redenzione, continuerò la mia esistenza in questo universo, cavandomela come ho sempre fatto, aspettando il momento giusto per unirmi di nuovo alla mia Gloria. Sono stata una perfetta idiota a credere che qualcuno avrebbe potuto tirarmi fuori da questo pantano: io non posso essere salvata perché in fondo non l’ho mai voluto. Non ho mai desiderato andarmene da qui, ci ho provato ma erano solo bugie dietro a cui mi nascondevo per fuggire dalla realtà che insieme mi nausea e mi eccita. Questa è la Wonderland da cui non potrò mai scappare, perché nemmeno Alice è mai davvero andata via. Sono legata a doppio filo in questo paradiso dei sensi meschini, nessuno potrà trascinarmi nel mondo normale perché so che se qualcuno ci riuscisse diverrei polvere di stelle che si scioglie nel vento delle fabbriche metallurgiche. Non sono fatta per sopravvivere alla normalità di una vita felice, sono fatta per distruggermi con le mie stesse mani nel cemento armato che mi ha dato alla luce, non sopporterei la borghesia se sono nata per essere una proletaria, sarebbe come portare un troll alla luce del sole. Diventerei di pietra o diventerei cenere che si deposita nelle vostre sigarette borghesi. Non riesco più a ridere, dopo che sono scappata come il demone che sono da quell’albergo di Amburgo. Ho sbagliato sin dall’inizio, non avrei dovuto baciare Bill, avrei dovuto chiedere scusa a Tom in ginocchio, avrei dovuto tornare da lui strisciando. Però non l’ho fatto, perché la piccola Sasha non si inchina, non si piega, non si spezza. Non chiede scusa, non scende a compromessi. No, la piccola Sasha si distrugge con le sue stesse manine ferite e porta solo cattiveria e depressione dovunque va. Anche loro sono stati vittime della terra bruciata che mi porto dietro, dell’aura oscura che mi segue come un’ombra, la sfortuna è calata come un corvo sui loro cuori. Speravo che Tom mi salvasse, ma non ho fatto altro che pugnalarlo al cuore fino a farlo morire. Speravo che Bill mi amasse, ma non ho fatto altro che avvelenarlo con i miei occhi. Sono un emerito disastro, non posso fare nulla senza distruggere qualche anima e portarla nel baratro insieme alla mia. Forse è colpa del mio senso dell’onore snaturato, l’onore periferico del ferire prima di essere feriti, del fuggire prima ancora di venire inseguiti. O forse sono semplicemente troppo andata per poter sperare di vivere uno straccio di vita quasi normale. Ho volutamente ignorato tutte le chiamate, i messaggi, addirittura la lettera che mi ha mandato Tom, cercando di dimenticarmi del vespaio che ho scatenato, senza però riuscire a smettere di sognarmeli ogni notte. Sogno i gemelli uccisi, sogno Georg e Gustav che mi incolpano, sogno la mia gemella che mi manda alla sedia elettrica. Sogno, e non dormo più da un mese. Vedo la disperazione conseguita alla mia codardia, al mio orgoglio sregolato che mi ha fatto dare fuoco a tutto ciò che avevo conquistato, alla fiducia e all’amore di quelli che mi avevano salvato dal suicidio. È un mese che sto male, e più ignoro i suoi tentativi di chiamarmi, più mi sento da cani. Forse aveva ragione Gloria quando mi diceva che ero masochista, in fondo, che mi piaceva soffrire, e aveva ragione Bill quando mi aveva detto che la fine della storia con Tom mi avrebbe distrutta in mille pezzi di cristallo insanguinato. Ma ho vinto io, caro Bill. Non sono venuta da te a piangere. Mi sto uccidendo, ma non sto piangendo.
Sospiro rumorosamente, affondata nel divano sfondato, ripensando a quando li avevo invitati a fare merenda da me, a quando Tom mi aveva chiesto di mettermi con lui, a quando pensavo di poter lasciarmi alle spalle il Paese delle Meraviglie. La televisione mezza rotta da un calcio che gli ho tirato la settimana scorsa sta trasmettendo un vecchio film in bianco e nero che non seguo nemmeno, ci siamo solo io, la mia depressione e la sigaretta quasi finita tra le dita. Chissà cosa staranno facendo ora i gemelli? Avranno un concerto, un’intervista o cos’altro? Si ricorderanno di me o mi avranno cancellato immediatamente dalla loro mente?
Il sordo trillare del campanello mi risveglia dal mio coma, facendomi quasi sobbalzare. E ora chi diavolo viene a scassare i coglioni? Ci mancava solo un idiota con Famiglia Cristiana da vendere … potrei dirgli che sono satanista. Sì, magari scappa subito e non tenta di rifilarmi i suoi stupidi giornaletti. Mi alzo a fatica dal divano, spegnendo la sigaretta sul divano già completamente bruciacchiato dai cerchietti delle sigarette spente, cercando di non perdere l’equilibrio e di non mettermi a vomitare sulle scarpe inamidate del Famiglio Cristiano che mi aspetta fuori dalla porta, premendomi una mano sulla pancia che mi fa un male boia.
Apro la porta con una smorfia, scostandomi la frangetta dalla fronte
-Senti, sono satanista, ti dico già che non mi convertirò mai a …
-Beh, io non sono qui per convertirti, Jimmy.
Alzo si scatto lo sguardo sul tizio piantato davanti al mio uscio, con un sorriso a trentadue denti, una maglietta da metallaro finto, un paio di bracciali borchiati e i capelli lisciati come quelli di una piattola. Sfarfallo le ciglia, prima di saltargli al collo
-Georg, fratello!
-Jimmy, vecchia mia!
Mi abbraccia e sento qualcosa che mi fa quasi sorridere. Allora i miei sogni non erano realtà: almeno forse Georg e Gustav non mi odiano. Sarebbe già un bel passo avanti, per me, sapere che due amici non mi hanno abbandonata. Lo faccio entrare nel salotto lurido e buio pesto, accendendo la vecchia luce poco stabile del lampadario di plastica rosa.
-Accomodati pure sul divano.- dico, spegnendo la televisione con un mezzo sorriso stampato sulle labbra, portandogli di corsa una birra. – Ti … ti ha mandato Tom?
Ci guardiamo per un minuto negli occhi, prima che lui distenda le gambe e io mi sieda sul puf di fronte e che commenti
-No, Jim. Sono venuto di mia spontanea volontà.- inconsciamente, tiro un sospiro di sollievo . – Piuttosto, tu come stai? Sei scappata da Amburgo, non hai risposto a nessuna chiamata, messaggio, lettera. Come mai non ti sei fatta viva? Guarda che per la prima volta in vita sua Tom era seriamente preoccupato, come lo eravamo anche io e Gustav. Sei anche nostra amica, noi ci siamo angustiati per la tua salute.
Non vorrei chiederglielo, no davvero, ma non posso a fare a meno di sussurrare, quasi più a me stessa che a lui
-E Bill? Bill non era preoccupato?
Georg mi lancia un’occhiata bonaria, che però nasconde qualcosa di strano, quasi fosse nascosto dal fumo blu del Brucaliffo che mi vuol tenere lontana da questo mondo esterno che mi farebbe troppo male.
-A modo suo, diciamo di sì.
Mi gratto distrattamente il collo, cercando una delle mie ennesime scuse dietro alla quale nascondermi e scomparire. Ma farei davvero bene a mentire? Non sarebbe forse giunto il momento di parlarsi chiaro una volta per tutte?
-Comunque, io sto bene, Georg. Sto perfettamente bene.- mento, facendo vagare lo sguardo dovunque meno che sul suo viso.
-Non stai bene, Jimmy Sasha.- mi guarda fisso, costringendomi a guardarlo negli occhi – Ti sei distrutta in questo mese lontano da noi. Ti sei anche gonfiata, se permetti. E tutte queste cicche … quando stavi con Tom non fumavi così tanto.
Soffoco una risata amara; toh, sta a vedere che si è accorto di tutto. Dio, speriamo di no … non oso immaginare cosa direbbe se se ne accorgesse.
-Georg, se sei venuto qui per farmi la ramanzina possiamo anche piantarla qui.- lo zittisco, chiudendo per un attimo gli occhi – Cosa volevi dirmi?
-Non sono venuto a farti la ramanzina su un bel niente, volevo solo sapere che fine avevi fatto e perché ci hai sistematicamente ignorato!- sbotta, ma non è arrabbiato.
-Vi ho ignorato perché avevo paura, ok?- sbuffo, concentrandomi a guardare la vecchia foto sul caminetto – Paura di quello che era successo.
-Intendi di quando tu e Tom avete litigato?- Georg beve un sorso di birra, prendendomi la mano. Sospiro, stringendogliela, sentendomi esattamente come doveva essersi sentita Alice quando era volata di nuovo al di qua dello specchio, le vertigini, la nausea, l’orrore di dover tornare in un mondo che corre e non aspetta nessuno. La disperazione di dover abbandonare un posto dove bere the e mangiare pasticcini è l’unica chance disponibile per sopravvivere.
-Senti Geo … tu non puoi capirmi. Nessuno di voi può capirmi.- dico tra i denti, resistendo stoicamente alla bottiglia di JD che attende sul tavolino e mi fissa con aria troppo tentatrice. – Io non sono fatta per restare, va bene? La mia natura è impostata per l’indipendenza, non potevo stare con lui.
-Sì che potevi stare con lui, a parte che è un demente, avrebbe potuto cambiarti, o se non lui forse addirittura Bill avrebbe potuto farlo.
Ci guardiamo un po’, nessuno davvero sicuro di quello che ha appena detto.
-No, per piacere, tu non sai nulla! I gemelli non mi avrebbero mai cambiato, perché io non cambierò mai. Sono troppo dentro a tutto questo schifo per poter sperare di venirne tirata fuori. Il tempo per me è scaduto.
Mi alzo di scatto, indecisa su cosa fare, per poi ricadere come un sacco di patate sul divano, gli occhi assottigliati e le mani strette a pugno, i graffi e le abrasioni sulla mascella che bruciano ancora. Georg sospira, e mi passa un braccio attorno alle spalle tristemente
-In qualità di amico, però, mi sento in dovere di dirti una cosa che potrà sembrare atroce, o perlomeno, è stato l’effetto su me e Gus, ma che è di fondamentale importanza.- mi guarda con un sorriso vagamente esasperato – Bill e Tom …
-Fammi indovinare.- interrompo – Si sono messi insieme, vero?
-Come fai a saperlo?!- Georg strabuzza gli occhi, dilatandoli comicamente.
Scoppio a ridere, scivolando sul puf, senza smettere di ridere di cuore. Charme è tornato in gran carriera a spalleggiare Violenza, che negli ultimi tempi stava prendendo troppo il sopravvento, e rido ancora. Forse perché sono pazza e sono felice che sia successo. Sono felice perché il mio Bill ora ha realizzato il suo sogno che lo dannava da una vita. Sono felice perché il mio Tom ha preso la strada giusta da percorrere. Sono felice perché ho avuto una parte rilevante nel far succedere l’impossibile. Georg mi guarda sconvolto, ma io non ho più paura di sghignazzare impunemente. Allora forse ci avevo visto giusto pure io, Tom non mi ha mai davvero amata come credeva. Lui amava Bill attraverso di me. Glielo avevo detto, che in fondo io e lui eravamo perfettamente uguali, e se non per il fatto che fisicamente ci assomigliamo, sicuramente perché siamo soli, siamo deboli e siamo arrabbiati. Avevo cominciato a rendermene conto, che in fondo io ero solamente uno specchio che Tom doveva imparare a varcare per cadere tra le braccia di suo fratello, l’unica vera persona in grado di amarlo come dovrebbe essere amato. Lo specchio di Alice, l’arcobaleno di Asgard, l’Olimpo, il binario 9 e 3/4 , tutto questo ero io per Tom, il sacro rito di passaggio che doveva prepararlo per suo fratello. Non mi dispiace per nulla che finalmente si siano messi insieme, non mi sconvolge, in qualche modo mi rende fiera di me stessa. Se loro sono quelli che mi hanno salvato dal suicidio, forse dovevo rendergli il favore. Se fossi rimasta avrei rovinato il precario equilibrio che coesisteva tra loro. Che dire, per la prima volta in vita mia sono riuscita a rendere felice qualcuno. A essere abbastanza trasparente, distruttiva, folle da unire due anime legate da secoli e secoli.
-Intuizione pura e semplice.- mi limito a rispondere, sorridendo amabilmente alla vista di un livido Georg che ingolla disperato un po’ di birra.
-Da quando te ne sei andata loro due hanno cominciato una specie di idilliaca storia d’amore. A volte sono imbarazzanti.- il mio amico alza gli occhi al cielo – Non so come sia andata, cosa abbiano fatto in quella camera da letto dopo la tua fuga, ma per qualche motivo il sogno di quel pervertito di Bill è andato a buon fine. E sono così felici che mettono nausea! Voglio dire, te e Tom non eravate melensi.
-Io e Tom litigavamo ventiquattrore su ventiquattro, poi facevamo sesso, poi litigavamo di nuovo, poi facevamo la coppia normale per massimo due ore e poi ricominciava la musica. Ci credo che non eravamo melensi.- commento – Comunque, dimmi la verità adesso. Perché sei venuto? Ti sei sincerato della mia salute, mi hai comunicato la relazione dei gemelli, ora che c’è?
Georg sospira rumorosamente, passandosi una mano sul viso
-Jimmy … io … vogliamo che torni.
-Non tornerò, Georg. Non adesso, non dopo tutto questo. Sono felici adesso, perché dovrei tornare io? Lo specchio si è chiuso.
Mi alzo di nuovo, girellando per la stanza, una mano premuta sulla pancia dolorante il più casualmente possibile. Odio quando mi dicono di tornare indietro. Per me, lo so, tornare indietro sarebbe il biglietto per l’Inferno e tutto ciò che ne consegue. Andare avanti senza guardarmi indietro potrebbe ritardare la mia prossima morte in un bugigattolo della periferia, l’avere il coraggio di rimangiarsi un passato costellato di errori senza soluzione di continuità.
-Non è per riaprire nessuno specchio, è solo che vogliono vederti. Guarda che ti vogliamo bene, eh. Anche Bill in fondo te ne vuole. Probabilmente preferirebbe venire squartato e dato in pasto alle iene invece che dirtelo, ma sono sicuro che nella sua testa contorta anche tu hai un certo peso.- dice Georg – O se proprio non vuoi più avere a che fare con noi, allora digli almeno addio di persona.
-Dirgli addio?- lo guardo, da sotto la frangetta e i capelli arruffati – Sì, forse sarebbe la cosa migliore. Non causerei altro che problemi a stare tra le scatole ai gemelli.
-Questo lo sapete voi, sinceramente me ne tiro fuori, non sono abbastanza edotto su questo argomento.- Georg sorride, alzandosi dal divano e abbracciandomi – Dai, Jim, sono venuto apposta qui da Berlino per chiedertelo. Siamo ancora in tour, abbiamo girato come trottole, ora siamo di nuovo in Germania e poi partiamo per il Portogallo. O ci segui a Lisbona, o vieni a Berlino con me in macchina.
Sorrido, scostandomi qualche ciocca dalla fronte malaticcia
-Ho capito. Vengo con te, sennò penso che mi ci caricheresti di peso in macchina.
-Beh, sei un fuscello, non penso sia troppo complicato.- ride a sua volta – E poi volevamo spedirti quella poca roba che ci hai lasciato ad Amburgo, ma siccome nessuno di noi si ricordava l’indirizzo ce la siamo scarrozzata avanti e indietro. Magari te la vieni a prendere.
-Oh, è vero, la roba … che idiota, me ne ero completamente scordata.- dio, devo essere davvero fusa di cervello, troppo fumo, alcol e disperazione – E come hai fatto a trovare casa mia se non sapevi l’indirizzo?- chiedo, mentre mi avvio insieme a lui fuori di casa, chiudendola col sistema delle cinquanta chiavi.
-Ho chiesto a mezza periferia e ho rischiato di venir linciato.- si frega le mani, e mi fa accomodare in macchina – Sinceramente, chiedere le informazioni qui è un’impresa da marines super addestrato.
-Geo, bastava dire “sono amico di JdoubleS, oppure sono amico delle gemelle” che non ti linciavano.- sbuffo una risata. È così borghese.
-E che ne sapevo io?- borbotta, mettendo in moto – Ho girato come una trottola inseguito da gentaglia di ogni tipo.- poi mi guarda e dice, improvvisamente serio – Allora avevo ragione a pensare che tu hai una gemella.
-Avevo, amico. Avevo una gemella.
Vorrei piangere, adesso, ma non lo faccio. D’altronde sono passati già quattro anni, sono venuta a patti con tutto quello che è successo. Lei vive, forse, dentro di me. Si è fatta spazio nella mia anima e nel mio corpo, occupando quello che le hanno strappato prematuramente, soffrendo quello che soffro io, gioendo di ciò che fa gioire me. Siamo la stessa persona, adesso, è parte di me, come lo è sempre stata in fondo. Chissà se fosse vissuta cosa sarebbe successo … forse non avrei conosciuto i Tokio, avremmo continuato a sognare di loro in pace. Magari Bill avrebbe trovato un altro modo per stare con Tom, magari alla fine io e lei saremmo finite come loro. Credo che in qualche modo anche noi potevamo essere più di due gemelle. Sì, sicuramente eravamo più di due sorelle ma meno di due amanti, eravamo esattamente la copia femminile di Bill e Tom, non c’erano differenze. Mi manca, mia sorella, mi manca sempre di più. Mi dispiace di aver fallito tutto quello che avevo costruito per tutte e due, ma tesoro mio lo dovresti sapere: io sono fatta per distruggere, non per costruire. Per uccidere, non per curare.
-Ehi, Jim, scusami, se non … - inizia Georg, ma io lo zittisco, lasciando il mio sguardo vagare sulla strada che scorre veloce sotto le ruote.
-Si chiamava Gloria Vanja. Eravamo uguali, esattamente identiche, ci completavamo come le parti di una stessa medaglia. Come Bill e Tom, insomma. Io ho sempre più assomigliato a Tom, ma Gloria, lei era identica a Bill. Il nostro sogno comune era quello di conoscervi, eravamo pazze di voi da tipo … sempre?- lancio un’occhiata a Georg che mi fissa affascinato – Però poi lei è morta. In un incidente. Eravamo in moto, io guidavo, pioveva a dirotto, ma avevamo solo sedici anni, dannazione, avevamo preso in prestito la moto da un nostro amico per tornare a casa più rapidamente, solo che … era passata una tipa di corsa, mi aveva tagliato la strada, la moto era scivolata sull’asfalto bagnato e siamo andate a sbattere a razzo contro un muro. Solo che io sono stata sbalzata giù e sono sopravvissuta, lei no. Così … da quando Gloria è morta è andato tutto a catafascio. La mia vita. La sanità mentale già precaria di nostra madre. Tutto a fanculo in due minuti. Bastava niente, qualche secondo, e io non sarei qui con te a commiserarmi. Ora, per favore, non dire nulla. Non voglio sentire che ti dispiace.
-Jimmy, mi dispiace.
Mi giro a guardarlo, e scoppio inaspettatamente a ridere. Sono pazza, no?
-Perché me lo hai detto?
-Perché è la verità!- Georg fa tanto d’occhi. – E’ una storia terribile, vecchia mia …
-Sono passati quattro anni, non ti preoccupare. È una delle tante storie della buonanotte che si raccontano in periferia. Oggi a me, domani a te. La morte di Gloria Vanja non è stata altro che una leggenda da raccontarsi la notte, brutta, ma sempre una storia. Siamo tutti sigarette, Geo. Quando le sigarette finiscono, si buttano via; si vede che la sigaretta della mia adorata sorellina si era consumata.
-Ciò non toglie nulla. Perché non ce l’hai mai detto?
-Non mi pareva una grande battuta d’inizio “Ciao, mi chiamo Jimmy Sasha, mia sorella gemella è morta in un incidente, mi taglio e sono da Alcolisti Anonimi”.
Georg annuisce, scuotendo i capelli e cala un silenzio inquietante tra di noi, fatto di due ragazzi seduti su una macchina che macina chilometri verso Berlino, la nuova canzone dell’estate alla radio, la nebbia della strada e due paia di occhi che ogni tanto si incontrano e si slegano alla velocità di un nanosecondo. Poi, a un certo punto, decido di dirglielo. Non so perché. Magari perché mi pesa addosso.
-Sono incinta.
Mi butto sul volante appena in tempo prima che quel pilota di Formula 1 di Georg ci faccia andare fuori strada, cercando di rimetterci in carreggiata e grazie al cielo che su queste stradine non c’è un cane sennò eravamo già all’altro mondo.
-Cazzo, Georg! Il volante!- abbaio, partendo a guidare io a zigzag.
-Oh porca puttana Jimmy Sasha, stai scherzando?!- ulula lui, senza prendere il dannato volante e cominciando a gesticolare come un ossesso.
-No, non sto scherzando, piuttosto pensa a guidare, porca troia, che qui schiattiamo!
Finalmente si decide a prenderlo e rientrare sgommando in carreggiata, facendo fuggire alcune pecore e spaventando a morte gli agnellini. Sembrava che dentro si stesse vivendo una lotta all’ultimo sangue.
-Fammi capire, ogni volta che uno ti dice qualcosa di un poco fuori dalla norma mentre guidi molli il volante?- ansimo, accasciandomi sul sedile.
-Senti, bellezza, mi hai appena detto che sei incinta e pretendi anche che io mantenga la calma?!- latra, scostandosi i capelli dal viso, sudato fradicio.
-Non mi pareva una cosa così atroce!- tento di giustificarmi. Avrei fatto meglio a tacere, e che diavolo.
-Oh no, figurati il tuo migliore amico rasta scemo che più scemo non si può diventa padre, non è assolutamente una notizia atroce.- si gira verso di me con gli occhi fuori dalla testa – Oppure è il figlio di Bill?
-Sì, di Gustav già che ci siamo … - commento ironica, alzando gli occhi al cielo.
-Sei andata a letto con Gustav?
-Georg! Ma sei scemo?! Certo che è il figlio di Tom, di chi sennò? Giuro sulla mia testa che non sono andata con nessun altro dopo di lui.
-Oh Signore Iddio Onnipotente Padre di tutti gli esseri viventi …
-Risparmiati il sermone domenicale, per piacere.
-Ma quella testa di tubi un cazzo di preservativo ogni tanto se lo poteva mettere!
-E io che ne so, non ci facevo mica caso!
Ci guardiamo un po’ in cagnesco, prima che lui dica, con più calma
-Era per questo che non volevi tornare?
-No.- scuoto la testa nascondendomi dietro ai capelli – A un certo punto volevo dirglielo. È un bambino, ma non è uno stronzo, penso che avrebbe capito.
Georg annuisce, accarezzandomi la testa.
-Poi però non mi è sembrato giusto.- continuo, accarezzandomi la pancia – Me n’ero resa conto, che cominciavo a essere di troppo pure per lui … che aveva bisogno di Bill più di quanto avesse bisogno di me. Quindi ho preferito non dirgli nulla e andarmene, lasciare che gli eventi prendessero un altro corso.
-Hai intenzione di tacergli il fatto che diventerà padre?- Georg mi guarda severamente.
-Sarebbe una bastardata da parte mia, Geo!- sbotto, dando un pugno al finestrino – Ora lui e Bill sono felici, ci manca giusto questo per farli collassare. Non dirgli nulla, nemmeno dopo il nostro addio. Mi verrebbe a cercare, e io non ho bisogno di altri uomini per i piedi.
-Ma che diavolo dirai al bambino quando crescerà?! Tom non deve necessariamente tornare con te, ma ti darebbe una mano Jim, una mano!
-E’ qui che non capisci, Georg. Non voglio sconvolgere gli equilibri. Lascia in pace i gemelli, che vivano nell’ignoranza. Al bambino dirò che non so chi sia suo padre, e poi lavoro da quattro anni nella stessa officina, non guadagno malaccio e la casa è di mia proprietà. Cosa vuoi che sia crescerlo quando io stessa sono cresciuta da sola? Non farne parola con loro, causeresti solo altri problemi. Mi sono rotta dei problemi.
Sospiriamo tutti e due, guardandoci storto. Avrei dovuto stare zitta, è vero, starmene sulle mie con il mio bambino e la mia vita di periferia.
-Ho capito, Jimmy, non approvo ma farò come dici. D’altronde, è la tua vita e te la gestisci tu. Comunque, continuo a pensare che sia ingiusto.
-Avresti preferito che mi fossi presentata con un  bamboccio appena nato e un “su, Tom, lui è tuo figlio, adesso devi pagarmi gli alimenti”? Mi sembra più carino scomparire per sempre e fargli vivere la sua vita in pace. Dove vivo siamo tutte ragazze madri; sarei solo una delle tante e nessuno se ne preoccuperebbe.- glielo sputo in faccia, raggomitolandomi sul sedile.
Georg sembra pensarci su, si gratta la testa e poi annuisce, con un sorrisetto
-Forse hai ragione tu, però. Meglio così.- poi si gira ed esclama – Ma guai a te se quando nasce non mi mandi una fotografia!
-Andata, fratello!- rido un po’, per la tensione, dandogli un pugnetto amichevole.
Mi accarezzo di nuovo la pancia, con un sorriso triste. Nessuno saprà nulla, e tu sarai un perfetto rigurgito di periferia. È sempre meglio far queste cose da sole, sì.
 
-Mi sei mancata, lo sai? Continuavo ad avere sensi di colpa.
Tom mi guarda con un felicità che nasconde un’ombra dio inquietudine, addentando un cheeseburger di dimensioni abnormi e sporcandosi irrimediabilmente di senape. No, più lo guardo, più mi convinco che ho fatto bene a tacergli la mia gravidanza.
-Scusa se sono scappata come una codarda.- mi gratto il naso, stringendomi le ginocchia al petto – Non volevo scatenare così tanti problemi.
-Non è che hai causato problemi, Jimmy, è solo che … boh, credevo che te ne fossi andata per colpa mia. Perché avevamo litigato e ti avevo dato della troia.- Tom si rifà la coda di dread e mi fa un sorriso dolce – In realtà l’ho pensato, inutile mentire su questo. Però mi dispiace comunque, sono stato un bastardo.
-Oh, beh, tanto mi hanno sempre dato tutti della troia, quindi non è un gran problema.- commento amabilmente, rubandogli un sorso di Coca Cola – Georg mi ha detto che tu e Bill … state insieme? Forse non è la definizione migliore in questo frangente.- tento per una risatina imbarazzata che riesce male. Cristo, non sono mai stata più imbarazzata di parlare con qualcuno che in questo momento, a tu per tu col mio vecchio ragazzo in un albergo a cinque stelle della capitale.
-Ci sei rimasta male a sapermi fidanzato con mio fratello? Non ti biasimo.- risponde, abbassando lo sguardo sulle scarpe fattisi improvvisamente interessanti.
-Nah, non ci sono rimasta male.- faccio un gesto evasivo con la mano – Se siete contenti, sono contenta anche io. L’avevo sempre sospettato che foste fatti uno per l’altro, da qualche parte nel mio cervello.
Tom ride, sbrodolandosi di pomodoro la felpa come al solito, e mi da una specie di scappellotto sulla nuca
-Smettila! Dai, non ti sei offesa a morte?
-No, Tom, giuro di no!- provo a ridere anche io, con risultati un po’ scarsi.
-Amo tanto Bill, lo sai?- cinguetta Tom, per poi girarsi verso di me con gli occhi sbarrati – Cioè, no! Voglio dire, amavo tanto anche te, però lui … è strano, ma ha qualcosa dentro che lo rende diverso da te. Un luccichio diverso, una passione diversa, qualcosa di speciale ma diametralmente opposto a te.
Ora, Violenza mi sta caldamente consigliando di sputargli velenosamente in faccia il fatto che sono incinta, per cominciare a demolire quest’adorabile scenetta familiare che a me non è stata concessa. Voglio vedere i loro visi distorti dalla sorpresa, dall’orrore, dalla tristezza, voglio assaporare di nuovo la demolizione di vite appese ai fili di un sadico burattinaio, vedere questi fili tranciati di netto e loro precipitare nell’incubo di un’ulteriore sconquassamento della loro vita perfetta. Richiama la vendetta della morte di Gloria, di una vita strappata a tutte e due, trascinandoci entrambe all’inferno dei non credenti, è una voce suadente come il serpente dell’Eden che vuole instillare di nuovo nel mio cuore sporco di cattiveria la stilla dell’odio inguaribile verso il mondo, la voglia di distruzione che mi anima ancora. Potrei dirlo, adesso. Sarebbe solo che mio diritto, potrei bearmi della loro felicità spezzata e incrinata come gli specchi che avevo rotto tanti anni fa, vedere il sangue dei loro litigi scivolare tra i cocci e scorrermi sulla pelle, ubriacarmi del veleno che scaturirebbe dallo specchio rotto e delle immagini distorte rimaste incastrate tra il vetro e la cornice, ridurlo in briciole da lanciare nel vento e farle piovere per tutta la città, pregando un’apocalisse di specchi su un mondo empio. Potrei farlo, e mi divertirei un mondo. Ma qualcosa mi ferma prima che possa aprire bocca e lasciare Violenza correre rapidamente fuori e cominciare a disseminare il caos folle che mi porto dietro da quando sono nata. Charme che si oppone fermamente e sbaraglia Violenza prima che prenda il sopravvento, facendomi solamente dire
-Sono felice per voi, tesoro, seriamente. In fondo, io sono un’isola, non sono fatta per fermarmi in nessun porto che non sia il mio. Possiamo rimanere amici, questo forse sì, ma nulla di più.
Mi stupisco quasi del sorriso perfettamente mieloso e sincero che mi stampo sulle labbra, e del bacino assolutamente dolce che gli stampo all’angolo del labbro. A questo punto, meglio così. Sono maturata abbastanza da sopravvivere da sola con l’inganno che Charme confeziona e l’odio che Violenza pian piano sta imparando a dosare. Tom mi accarezza i capelli e ricambia dolcemente il bacio, quando un urlo che ben ricordo rimbomba nella stanza
-Jimmy Sasha, ragazza mia, ma così non va assolutamente! Ti sembra questo il modo di venire vestita?
Bill arriva a passo di carica, sculettando abbondantemente e barcollando sui tacchi da paura che indossa, i capelli sparati e il trucco sempre impeccabile. Per la prima volta da quando lo conosco di persona sorride sinceramente, senza quell’ombra di antipatia e viscidità che lo caratterizzavano fino a un mese fa. L’aver raggiunto il suo scopo deve avergli tolto un peso dalla coscienza.
-Non riuscirai a inculcarmi qualcosa di moda, lo sai benissimo.- ribatto, ricambiando l’abbraccio e i due bacini a schiocco sulle guancie in perfetto stile da nemiche giurate che fanno finta di andare d’accordo. Li amo ancora, in fondo. Non potrò mai smettere di amarli.
-Vero, tesoro mio? In qualche modo, Jimmy ci è mancata.- Bill si sfrega le mani, accoccolandosi con aria sinceramente adorante tra le braccia di suo fratello e no, Tom non mi ha mai rivolto un’occhiata così dolce.
-Sì, Bibi, ci è mancata.- Tom mi sorride, intrecciandogli le dita tra i capelli.
Io e Bill ci lanciamo un’occhiata smielata e approfittatrice, più significativa di mille parole, e poi lui si gira verso suo fratello e gli stampa un bacio a schiocco sulle labbra mugolando
-Tomi, caro, saresti così carino da lasciarci un po’ da soli? Facciamo due chiacchiere tra donne, vero Jim?
-Sì, tesoro, grazie, due discorsetti tra ragazze.- cinguetto io per dargli manforte, sfarfallando gli occhi.
Tom ci guarda entrambi con affetto, poi si alza, ci scompiglia i capelli e esce da questa gigantesca camera d’albergo, lasciando me e Bill seduti su questo divanetto, a guardare fuori dalla finestra, i sorrisi finti ancora stampati sulle labbra. Poi, non appena sentiamo la porta chiudersi dietro alle nostre spalle, ci fissiamo nuovamente negli occhi con un nuovo astio dipinto nelle iridi viola e marroni.
-Allora, nanerottola, sei tornata a seminare zizzania?- ringhia Bill.
-No, checca isterica, sono tornata solo perché Georg me l’ha chiesto in ginocchio.- faccio io, mostrando i denti. – Mi ha anche detto che mancavo pure a te, sai?
Ci guardiamo storto, mentre lui prende una sigaretta dal pacchetto e me ne mette una in mano, accendendole entrambe con un gesto sbrigativo e violento.
-Balle, ovviamente. Il solo vederti mi fa venire mal di stomaco.- Bill accavalla le gambe fasciate in un paio di jeans neri aderentissimi.
-Potrei dire lo stesso, caro.- incrocio le gambe sul divano, nascondendomi dietro la cortina di capelli corvini. – Siete adorabili, te e Tom.
-Avevi dei dubbi?- lo sguardo vittorioso fa quasi male – Te l’avevo detto che non sarebbe durata a lungo. Ho vinto la guerra, tesoro.
-Perché te l’ho lasciato fare.- sbotto in risposta, fumandogli in faccia – Ho un asso nella manica per vincere una volta per tutte.
-Un asso nella manica contro di me?- Bill ride, stravaccandosi sul divano e mettendosi in bocca almeno dieci caramelle gommose – Sentiamo perché non l’hai messo in pratica.
-Perché vi amo tutti e due e mi sono rotta le palle di lottare. E il mio asso, se permetti, lo voglio tenere per me, potrò sempre riutilizzarlo in futuro.
Non ho intenzione di farlo, ovviamente, ma preferisco mettergli l’ansia addosso che potrò sempre rovinargli la vita. Sono gli amori a senso unico delle gemelle Spiegelmann, talmente distruttivi da fare male.
-Allora non era uno schizzo di Gustav.- Bill annuisce con aria persa fuori dalla finestra a specchio – Tu sei davvero una bipolare.
-Sì, Bill, se vuoi chiamarmi così. Ho fatto da tramite tra Tom e te, per farti prendere il tuo gemello. Te l’avevo detto chiaro: io e te siamo uguali.- gli stringo il mento tra le dita, guardandolo storto – Sono stata lo specchio che lo ha fatto innamorare. Dovresti solo che ringraziarmi!
Bill tace, aspirando il fumo della sigaretta, chiudendo gli occhi e assaporando il sapore del fumo dolciastro, scostando il viso dalla mia presa, mentre io mi raggomitolo di nuovo al mio posto. Mi fa male la pancia e ho una nausea terribile, ma non posso farglielo capire.
-Possiamo dirci addio, allora. A mai più rivederci.- Bill mi guarda da sotto le lunghe ciglia truccate e io sento qualcosa fare una capriola dentro il cuore.
-A mai più rivederci.- gli faccio eco, sentendo qualcosa di pesante dentro alla testa, qualcosa che mi offusca la vista.
Rimaniamo fermi così per un tempo interminabile, io, lui e le nostre sigarette, le espressioni congelate e fredde come quelle di un ghiacciolo, troppo vicini per non andare a fuoco ma comunque troppo lontani per non scioglierci del tutto uno addosso all’altra. Una ragazza incinta, un cantante vagamente transessuale, due sigarette consumate e un divanetto di pelle bianca. La furia cieca della periferia che non perdona, la copertina platinata di una vita fatta di sorrisi finti e musica pop, un legame instabile di fumo. Lei che non ha bisogno di essere salvata, lui che non ha bisogno di essere ascoltato. Lei che sta scappando da se stessa, lui che sta trovando la felicità. Lei che vorrebbe solamente poter dire addio, lui che vorrebbe poter dire sono vivo. Lei che ama con tutte le sue forze, e lui che odia con tutta la sua passione. Lei che sta per morire, lui che sta per nascere. Lei che si sente una fenice, lui che si sente una silfide.
 
-Allora, ci vediamo presto, sì?
Tom mi sorride, da sotto il berretto da skater e i dread arruffati, quel caldo sorriso che scalderebbe anche il più gelido dei cuori.
-Certo, T., fammi uno squillo quando tornate a Magdeburgo, magari possiamo vederci da qualche parte.- sorrido anche io, la borsa con la mia roba appesa a una spalla, il berretto col pon pon di Gloria in testa. Ci siamo io e i gemelli fermi impalati di fronte al binario con diretto per Magdeburgo che aspetta i suoi passeggeri.
Ci abbracciamo, e mi prende quasi di peso, scoccandomi un bacio sulla fronte
-Stammi bene, Jim. Non cacciarti nei casini.
Sto per dirgli che intanto nei casini ci sono già, ma mi limito a un sorriso e a una linguaccia.
-Ciao Jimmy, stella, riguardati.- Bill mi lancia uno sguardo perforante, stampandomi quei due finti baci sulle guance.
-Lo so che è tutta scena la tua.- gli sussurro in un orecchio – Lo so che ti mancherò esattamente come tu mancherai a me. Sei un fottuto ipocrita, continui a mentire a te stesso spudoratamente.
-Se questo è una sorta di amore perverso che ci lega, allora potremmo anche sposarci subito.- mi sussurra nell’altro orecchio lui – Noi siamo fatti per odiare, me lo hai detto tu.
-Odiare tutti, tranne Tom e noi stessi.- mormoriamo in coro, guardandoci negli occhi, quell’astio amico dipinto nelle pupille.
-Allora forse è meglio che vada.- dico, prendendo tempo – Salutatemi ancora i G&G, e tornate in albergo prima che vi squartino!
-E tu prendi il treno prima che ti lasci qui.- ridono in coro.
Faccio un ultimo sorriso, prima di salire sulla carrozza e acciambellarmi in un angolino accanto al finestrino, continuando a salutarli con la mano mentre il treno comincia ad avviarsi rombando lentamente verso la nostra città natale. Li seguo con lo sguardo, Bill e Tom, teneramente abbracciati, che sventolano le mani verso di me e che diventano sempre più piccoli a mano a mano che il treno prende velocità, fino a che la stazione non scompare dalla mia vista insieme ai due gemelli che ho amato con tutta la forza che possiedo. Sospiro, guardandomi la pancia e accarezzandola delicatamente. Dai, bambino mio che pian piano prendi forma dentro di me, sii felice. Vivrai una vita folle come la mia, e saprai che tuo padre è felice, in qualche modo. Spero tanto che non gli assomiglierai, però. Sarebbe meglio che fossi una iena come lo sono io, devi sopravvivere in un mondo crudele.
Chiudo gli occhi e mi appoggio al vetro, sentendo i ferri della mia vicina di scompartimento sferruzzare incessantemente. Penso ai miei adorati Tokio Hotel, a quello che ci ha legati, a quello che ci ha separati. Penso ai due ragazzi che mi hanno salvato la vita, che sono riusciti a farmi vedere il mondo da una prospettiva completamente diversa, che hanno saputo tirarmi fuori dal baratro, anche se ormai sono ricaduta indietro nel mio orrore. Penso a Bill e Tom. Penso a loro e finalmente, dopo tanto tempo, comincio a piangere.
 

***
Dio, raga, non ci credo. Sono riuscita a finire la storia, ve ne rendete conto?! Mi mancherà un sacco, ho patito per scriverla ma ho amato ogni capitolo. È finita, con i gemelli insieme come deve essere e Jimmy che scompare, visto che il personaggio che odiavate tanto poi alla fine non è così cattiva? Dai, povera Jim … comunque volevo ringraziarvi tutte un sacco. Le ragazze che l’hanno recensita tutta quanta (ce l’ho fatta grazie a voi e al vostro intramontabile sostegno), quelle che l’hanno messa nelle cartelle, quelle che l’hanno letta e basta, grazie mille a tutte voi <3<3 Non so se il finale vi soddisferà, se l’ho scritto bene o da cani come credo, penso però che oramai non c’era più bisogno di continuarla. La twinchest vince sempre fuck yeah! E ora che dirvi più? Nulla se non lasciatemi scritto se vi ha soddisfatto o no, e spero che vi siate divertite come mi sono divertita io a scriverla.
Grazie ancora, un bacione :-*
Charlie xx

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