Le Tre Scuole Della Gran Bretagna

di marl_vt
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un Nuovo Anno Scolastico ***
Capitolo 2: *** Ambientarsi Ad Hogwarts ***
Capitolo 3: *** I Tre Campioni ***
Capitolo 4: *** Sempre Più Distanti ***
Capitolo 5: *** La Prima Prova ***
Capitolo 6: *** Casa Weasley (parte 1) ***
Capitolo 7: *** Casa Weasley (parte 2) ***
Capitolo 8: *** La Prova Inaspettata ***
Capitolo 9: *** Odi Et Amo ***
Capitolo 10: *** Il Ballo Del Ceppo ***
Capitolo 11: *** Casa Granger ***
Capitolo 12: *** Mi Arrendo ***
Capitolo 13: *** La Seconda Prova ***
Capitolo 14: *** Unica ***
Capitolo 15: *** Fiducia ***
Capitolo 16: *** Le Tre Paure ***
Capitolo 17: *** Non Basta Più ***
Capitolo 18: *** La Terza Prova ***
Capitolo 19: *** Londra e Dublino ***
Capitolo 20: *** Come Il Primo Giorno ***



Capitolo 1
*** Un Nuovo Anno Scolastico ***


1. UN NUOVO ANNO SCOLASTICO.

 

 

 

 

 

Il cielo brillava di stelle, quella sera. Quel caldo umido era parecchio strano per Dublino: ormai agosto era in chiusura, ma pur essendo mezzanotte si sudava semplicemente stando fermi.

 

“Non è affatto normale.. Non vedo l'ora che arrivi settembre, a questo punto.” Il ragazzo che aveva appena parlato si alzò la maglietta sventolandosi, e fece un sorso di birra ghiacciata. I due amici lo guardarono senza far troppo caso a ciò che aveva detto, infondo lo ripeteva da due mesi almeno cinque volte al giorno.

 

“La settimana prossima verrai accontentato finalmente, Ron.” Il ragazzo biondo si alzò per rientrare al bar e gli diede uno schiaffetto sulla testa.

 

“Perchè lui non soffre come me?!” Chiese Ron all'amico rimasto li seduto con lui.

 

“Sai bene che Draco soffre il freddo, non è come me e te.. Vorrei essere già in Inghilterra! Sono sicuro che a Londra si sta da dio come temperatura.” Si passò una mano nei capelli neri corvini, scompigliandoli ancora di più.

 

“Cavolo Harry, assurdo pensare che passeremo l'intero anno in un'altra scuola, non è vero? Per altro a Hogwarts, che dicono sia la migliore dell'intera Gran Bretagna.” Harry e Ron sospirarono insieme. Non erano affatto contenti di dover lasciare la loro scuola li in Irlanda, ma non avevano avuto scelta. Tutti gli studenti del Settimo anno di tutte e quattro le Case avrebbero passato l'anno nella Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, in Inghilterra. La stessa cosa valeva per gli studenti della Scozia.

 

C'era solo una domanda che balenava in tutte le menti di tutti quegli studenti chiamati a raccolta. Perchè? Ma nessuno sapeva, o voleva, rispondere. Tutto ciò che sapevano era che avrebbero passato l'intero anno, l'ultimo per altro, ad Hogwarts.

 

“Potrebbe essere proprio questo il motivo, se ci pensi. Ci mandano tutti la a fare l'ultimo anno perchè tra le tre scuole della Gran Bretagna è la migliore.” Disse Ron pensoso. Harry scrollò le spalle, si era arreso da tempo ormai: avrebbero scoperto la verità una volta arrivati in quella scuola.

 

“La cosa buona è che incontreremo un sacco di ragazze nuove..” Continuò Ron, stavolta sorridendo, alzando la bottiglia in direzione di Harry. “Praticamente quelle della nostra scuola ce le siamo fatte tutte.”

 

“Come sei esagerato..” Rise Harry scuotendo la testa.

 

“Ma stai zitto, che tu sei il peggiore.” La conversazione venne interrotta dall'arrivo di una loro amica, che li richiamava ad entrare con tutti gli altri.

 

“Lindsay, è vero che Harry è un caso disperato? Non trova mai una ragazza fissa..” Ron adorava prenderlo in giro. Harry alzò gli occhi al cielo, sperando che Lindsay evitasse di rispondere.

 

“Probabilmente non la trova perchè ne cambia una alla settimana, chissà..” Disse la ragazza, contenta di infastidire un po' Harry.

 

“Va be, continuate pure. Io entro.. Magari mi trovo pure quella di questa settimana!” Disse Harry alzandosi e facendo ridere i due amici. Il metodo migliore per farli smettere era quello di stare al gioco, lo aveva imparato ormai da tempo.

 

 

 

L'Espresso per Hogwarts sul binario 9 e tre quarti fischiò forte per l'ultima volta, e lasciò la stazione di King's Cross alle 11 in punto. La notizia che le altre due scuole di Magia e Stregoneria della Gran Bretagna, la St. Patrick d'Irlanda e la Hamiltons di Scozia, cedevano tutti gli studenti del Settimo anno ad Hogwarts era assolutamente Top Secret.

 

Infatti, tutto il treno ne stava parlando.

 

“E' assolutamente assurdo. Dev'esserci per forza una spiegazione logica, sono sicura che al nostro arrivo sarà la prima cosa che Silente ci dirà.” La ragazza incrociò le braccia dopo aver parlato, con l'aria di chi aveva detto la cosa più giusta del mondo.

 

“Herm, io lo trovo eccitante! Ma ci pensi? Incontreremo un sacco di gente nuova.. Un sacco di ragazzi!”

 

Hermione alzò gli occhi al cielo e scosse la testa. “Luna ti prego, adesso parli come Cho e Calì.”

 

“Ei!” Dissero in coro le due amiche, sentitesi chiamate nel discorso. Hermione sorrise facendo la linguaccia.

 

“Fanno bene a chiamarti la Principessa di Ghiaccio!” Luna tirò un giornale ad Hermione ridendo. Lei lo schivò, guardandola offesa per averla chiamata in quel modo. Lo odiava quel soprannome: gliel'aveva affibbiato un deficiente di Tassorosso l'anno prima, solo perchè erano usciti per un po' e lei aveva rifiutato di andarci a letto.

 

“Questo sarà sicuramente un anno da ricordare, me lo sento. Non solo perchè è il nostro ultimo anno, ma anche perchè sarà tutto diverso..” Squittì Cho, entusiasta.

 

La notizia delle altre due scuole aveva praticamente mandato in subbuglio l'intero corpo studentesco, facendo facilmente trapelare la voce che la super notizia top secret era stata scoperta.

 

Il professor Silente, non appena saputo, sorrise tranquillo. “Era ovvio che lo avrebbero scoperto, mia cara professoressa McGranitt. I nostri studenti sono molto svegli. E poi, a dirla tutta, meglio così. Meno fatica per me!”

 

Non appena tutti gli studenti si furono sistemati nei tavoli della loro rispettiva Casa nella Sala Grande, Silente si alzò e si mise al posto dove solitamente parlava agli studenti. Tutti tacquero all'istante, ansiosi di sapere la verità.

 

“Miei cari ragazzi, benvenuti e bentornati ad un altro anno ad Hogwarts! Prima di procedere con la cerimonia dello smistamento per i nostri nuovi studenti, c'è una cosa che so per certo non vedete l'ora si sapere.” Cominciò a scrutare da sopra i suoi occhiali a mezzaluna quanti più sguardi possibili. “Già sapete dell'imminente arrivo dei vostri colleghi del Settimo anno delle altre due scuole della Gran Bretagna, e questo mi rincuora: mi evita mezzo discorso. Ora, ovviamente, volete sapere il perchè.” Sorrise e scese dalla postazione, si mise a camminare lentamente avanti e indietro.

 

“Hogwarts è stata scelta quest'anno, dopo esattamente duecento anni, per il Torneo Tremaghi!” Si alzarono diversi brusii di eccitazione, dubbio e entusiasmo dai tavoli della Sala Grande. “Come sicuramente molti di voi già sanno, il Torneo Tremaghi si disputa da migliaia di anni in Gran Bretagna e vede gareggiare le tre scuole di Magia e Stregoneria: la St. Patrick per l'Irlanda, la Hamiltons per la Scozia e Hogwarts per l'Inghilterra. Un solo studente, chiaramente maggiorenne, verrà scelto come legittimo campione per il Torneo. Come verrà scelto? Attraverso questo.” Con un colpo di bacchetta fece apparire proprio al suo fianco un grande calice con una fiamma alta e blu che scoppiettava al suo interno. “Il Calice di Fuoco. Ma prima delle dovute spiegazioni, vorrei accogliere con il calore che solo Hogwarts sa dare i nostri ospiti.”

 

Un brivido di curiosità ed eccitazione attraversò tutti gli studenti della Sala Grande, che si voltarono verso la porta d'ingresso ancora chiusa. “Gli studenti della scuola Hamiltons di Scozia!” Al richiamo di Silente, le porte della Sala Grande si spalancarono.

 

 

“Che stanno facendo, Draco? Riesci a vedere?” Chiese Ron spintonando alcuni suoi compagni per vedere l'ingresso degli scozzesi. Venne subito spinto indietro.

 

“Ma che ti frega! Tra poco dobbiamo entrare noi.. Sei pronto? Ti servono due dritte su come si vola?” Rise Harry spintonandolo. Ron gli fece il verso.

 

“Ridi ridi, tanto sono io che faccio l'ingresso sulla scopa.” Ron cercò di tirargli un calcio per scherzo, ma venne subito interrotto dallo sguardo glaciale del loro preside.

 

“Siete pronti? Weasley, tu devi entrare per primo mi raccomando. Malfoy e Potter, ecco la polvere per entrare. Sapete quando.” Diede una piccola sacca in mano a Draco. “Preparatevi, stiamo per cominciare. Facciamogli subito vedere cosa valiamo!” Si allontanò.

 

“Ma perchè ci tiene così tanto?!” Chiese Ron montando sulla sua scopa.

 

“Perchè l'Irlanda non vince questo Torne Tremaghi da più di cinquecento anni.” Harry, rispondendo, si tolse la maglia. Draco lo copiò e rimasero entrambi a torso nudo e con pantaloni molto larghi e comodi. Presero in mano le due spade e le controllarono. Si diedero un pugno d'intesa, e aspettarono il momento per entrare.

 

Mentre ancora gli applausi entusiasti degli studenti di Hogwarts per l'ingresso degli scozzesi scrosciava, Silente urlò. “E adesso, accogliamo gli studenti della scuola St. Patrick d'Irlanda!”

 

Ron entrò sfrecciando dentro la Sala Grande, facendo diverso prodezze da professionista. Non appena si mise in piedi sulla scopa, lanciò in aria fuochi d'artificio che formarono la scritta a caratteri cubitali ST. PRATICK. Il primo applauso esplose dai tavoli, ed entrarono il resto degli studenti irlandesi mostrando una coreografia eseguita e cantata perfettamente: ognuno, dalla propria bacchetta faceva uscire una miriade di stelle verde acceso. Una volta arrivati alla fine della Sala, si abbassarono tutti rimanendo immobili. In quel preciso istante, due fiamme verdi apparirono quasi accecanti non molto distanti da Silente.

 

Harry e Draco apparvero dalle fiamme: le loro spade si infuocarono completamente e cominciarono a combattere tra loro, mostrando mosse precise e ben studiate. Quando lanciarono in aria entrambe le spade, scomparvero per magia. Si misero tutti ordinatamente in fila e si inchinarono. Tutta la Sala Grande, che era rimasta a bocca aperta, scoppiò in un applauso fragoroso.

 

Silente fece magicamente allungare i due tavoli centrali, per permettere ai nuovi studenti di accomodarsi. “Molto bene, molto bene. Complimenti ad entrambe le scuole per la eccellente performance di presentazione! Siamo onorati di avervi qui. Ora, tuttavia, passiamo alla parte noiosa.” Si rimise al suo posto dietro al leggio. “Tutti gli studenti maggiorenni, e quindi frequentanti il Settimo anno, possono partecipare. Basta scrivere il proprio nome in un bigliettino e metterlo dentro il Calice di Fuoco. Sarà lui, tra esattamente due settimane, a scegliere il degno campione per ogni scuola. Pensate bene prima di mettere il vostro nome nella coppa, miei cari.. Lo studente scelto, non potrà tornare sui suoi passi. Il torneo vi sottoporrà a prove estremamente pericolose, e potrete contare solo su voi stessi.” Si mise di nuovo a scrutare tutti gli studenti, anche quelli che non appartenevano alla sua scuola.

 

“Come ben sapete, sia la scuola scozzese che quella irlandese hanno la stessa identica vostra divisione per Case. Quindi, per semplicità, gli studenti di Grifondoro andranno nella Casa di Grifondoro, quelli di Tassorosso in quella di Tassorosso e così via. Troverete le vostre sale comuni più grandi e il numero di stanze, ovviamente, raddoppiato. Da questo preciso istante, il Torneo Tremaghi è iniziato.” Un altro applauso echeggiò nella Sala Grande, interrotto soltanto dall'apparizione dell'ottimo banchetto di benvenuto.

 

 

“Ma l'avete visti? Dai.. Non possono essere veri.” Cho cercava di sporgersi per cercare quei due che avevano fatto la lotta con le spade. “Credo si siano rimessi la divisa della loro scuola. Ma perchè? Non stavano mica male..” Calì rise e la riportò a sedersi composta.

 

“Con la sfiga che abbiamo..” Cominciò Luna tra un boccone e un altro. “Sono di Serpeverde. Oppure sono antipatici e intrattabili, come la maggior parte degli irlandesi.”

 

“Ma che ne sai.. Dicono anche che abbiano tutti i capelli rosso fuoco, ma io ne ho visto solo uno così mi pare.” Disse Hermione. “Ma comunque, se vogliamo seguire i luoghi comuni, allora gli scozzesi sono sicuramente meglio. Sono cordiali, educati, lavoratori. Spero di averne molto con noi a Grifondoro!”

 

Luna e Padma le fecero il verso, facendola imbronciare. “Non capite niente. Vedrete che avrò ragione io.”

 

 

“Quindi saremo in Grifondoro. Bè, meglio così! Pensa se finivamo in Serpeverde.. Come minimo qui ad Hogwarts sono pure più coglioni che da noi.” Harry e Draco si erano rimessi la divisa della scuola e videro Ron che scrutava il tavolo dei Grifondoro.

 

“Come prede niente male eh, niente male davvero. Farò subito conoscenza stasera nella Sala comune. Infondo sono un povero studente straniero che non conosce la scuola, no?” Ron fece la classica faccia da cucciolo abbandonato, facendo ridere Harry e Draco. Si misero a parlare con gli altri loro compagni: alcuni non erano più così sicuri di mettere il nome nel Calice, altri non potevano essere più certi di cosi. Harry, Ron e Draco rientravano in questa seconda categoria.

 

I prefetti si premurarono, dopo cena, di dividere tutti i nuovi studenti per le quattro case. C'era parecchia confusione, e Harry si accorse che aveva una scarpa slacciata. Si fermò per allacciarsela cercando di avvisare i suoi amici, che però non lo sentirono. Facendo in fretta si rialzò di botto e diede dentro in pieno a qualcuno facendogli cadere tutto ciò che aveva in mano. “Oh, merda..” Disse Harry, mortificato, alzando lo sguardo sulla persona che aveva scontrato. Era una ragazza.

 

“Scusami, mi dispiace. Non ti avevo proprio visto.” Si accucciò per aiutarla a raccogliere le cose. Aveva i capelli lunghi e castani, erano mossi e alcuni ciuffi le cadevano sul viso, nonostante lei li spostasse più volte. Aveva gli occhi di un colore davvero particolare, ad Harry venne subito in mente la nocciola. La bocca era serrata, segno che sicuramente si era spazientita. Le sopracciglia alzate e arrabbiate le davano un aria autoritaria, smentita subito da qualche lentiggine sparsa sul viso. Harry non poté non notare, nonostante la situazione imbarazzante, che fosse davvero molto bella.

 

“Non fa niente, non ti disturbare. Sicuramente sarai molto in ritardo visto la foga con la quale ti sei alzato.” Disse Hermione prendendogli le cose che aveva raccolte dalle sue mani. Aveva i capelli nerissimi, corti e scompigliati così bene che sembravano fatti a posta. Era alto il giusto: la sua fisicità, però, era sicuramente più che giusta. Gli occhi erano di un verde così particolare che Hermione giurò di non averlo mai visto.

 

“Non c'è bisogno di scaldarsi, ho chiesto scusa.” Harry alzò un sopracciglio, se erano tutti così quelli di Hogwarts era decisamente a posto. Hermione alzò gli occhi al cielo sospirando. “Scuse accettate. Con permesso.” E se ne andò senza aggiungere altro.

 

“Con permesso.” Ripetè Harry facendole il verso, quando ormai era lontana per sentirlo. Era arrivato da cinque minuti e già non sopportava una persona. Un record.

 

Arrivò alla sala comune dei Grifondoro grazie alle indicazioni di due ragazzine del secondo anno, che non vedevano l'ora di aiutarlo. Una volta entrato, trovò Draco e Ron che avevano già fatto amicizia con metà casa Grifondoro praticamente. Gli presentarono tutti, ma Harry dopo due minuti aveva già dimenticato quasi tutti i nomi. Li avrebbe ricordati con un po' di calma e abitudine, sicuramente. In quel momento, voleva solo andare a dormire.

 

Il giorno dopo, il loro anno scolastico del tutto nuovo e sicuramente molto intenso sarebbe ufficialmente iniziato.

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Capitolo 2
*** Ambientarsi Ad Hogwarts ***


2. AMBIENTARSI AD HOGWARTS.

 

 

 

 

 

 

“Quando vogliamo mettere i nostri nomi nel Calice? Vorrei li mettessimo tutti e tre insieme..” Draco e Harry si stavano dirigendo alla loro prima lezione, Difesa Contro le Arti Oscure, insieme ad altri Grifondoro che si erano gentilmente proposti di accompagnarli. Ron, probabilmente, era già arrivato a destinazione insieme a una bionda dall'aria stralunata.

 

“Non lo so, Draco.. Credo che un giorno valga l'altro.” Rispose Harry disinteressato.

 

“Il tuo entusiasmo mi ucciderà!”

 

Una volta entrati, si misero a sedere a fianco a Ron colpendolo più volte per non averli aspettati. “Sei proprio un coglione! Questa la pagherai.”Ron provò a difendersi, facendo ridere diversi studenti di Hogwarts affianco a loro. Mancavano ancora dieci minuti all'inizio della lezione, e l'aula si stava ancora riempiendo. Avevano aggiunto diversi banchi da tre posti per permettere agli studenti delle altre due scuole di poter seguire comodamente le lezioni.

 

Harry si guardò in giro: notò che i Grifondoro scozzesi erano poco meno di quelli irlandesi, e se ne stavano molto per gli affari loro. Gli irlandesi invece erano già perfettamente mischiati con gli inglesi. Fermò il suo sguardo sulla ragazza seduta a qualche banco di distanza da loro, più avanti. Stava chiacchierando e ridendo serenamente con le sue compagne di tavolo. Anche se quel giorno aveva i suoi lunghi capelli mossi raccolti in uno chignon, Harry non ci mise molto a riconoscerla.

 

La lezione passò lentissima, essendo il primo giorno il professore perse molto tempo a dire le classiche cose di circostanza, soprattutto per i nuovi studenti. Si alzarono tutti in massa, pronti a dirigersi verso la prossima aula. Harry e Draco uscirono parlando, e si resero conto di aver perso nuovamente Ron. Si guardarono un po' in giro e alla fine lo videro: li stava cercando a sua volta. I due si avvicinarono e notarono che non era solo.

 

“Oh eccovi, finalmente! Lei è Luna Lovegood, è stata essenziale per me stamattina..” Ron la presentò, e Harry e Draco lo fecero a loro volta. Cominciarono insieme ad avviarsi verso l'aula di Pozioni, che a detta di Luna si trovava nei sotterranei. Chissà mai perchè.

 

“Allora, che ne pensate di Hogwarts?” Chiese Luna, ma venne subito interrotta dal richiamo di alcune sue amiche che li raggiunsero. Harry notò con una punta di fastidio, che c'era anche la ragazza che aveva scontrato la sera prima. Si sarebbe divertito un po' almeno.

 

Draco non attese neanche un attimo per presentarsi. La sua innata simpatia, che lo accomunava a Ron, gli permise di conquistarle subito tutte. Harry invece, più introverso e taciturno, si presentò per ultimo. Chissà perchè, però, sembrava quello che tutte aspettavano di più. Tutte tranne una, ovviamente.

 

“Ciao, piacere. Harry Potter.” Harry tese la mano a tutte quante.

 

“Cho Chang.”

 

“Calì Patil, piacere.”

 

“Padma Patil.”

 

“Hanna Abbott.”

 

Harry aveva già dimenticato tutti i nomi, come al suo solito. Avrebbe sicuramente preso ripetizioni da Ron.

 

“Io e te ci conosciamo già invece. Ma non ricordo se il tuo nome è Cordialità o Accoglienza. Di certo non è Simpatia.” Disse Harry mettendosi le mani in tasca e affiancandosi all'ultima ragazza rimasta. Tutti li guardarono senza capire.

 

“Io ricordo perfettamente il tuo, invece. Mister non-guardo-mai-dove-vado.” Hermione continuò a camminare guardando avanti, Harry scosse la testa sorridendo.

 

Hermione Granger, si chiamava così. Lo aveva sentito mentre si presentava a Draco. Quel nome se lo ricordava, chissà perchè.

 

“Ehm.. C'è qualcosa che dovremmo sapere?” Chiese Luna, impaziente di capire.

 

“No, Luna, tranquilla. Il qui presente Potter ieri sera mi ha semplicemente scontrata facendo cadere tutto ciò che avevo in mano.” Disse Hermione, secca. Ron e Draco risero.

 

“Sei sempre il solito coglione!”. Dissero praticamente in coro.

 

“Però almeno il mio cognome te lo ricordi.. E' un buon inizio.” Harry continuava a schernirla.

 

“Ed è anche un'ottima fine.” Hermione accelerò il passo e si buttò nei sotterranei, odiava arrivare in ritardo alle lezioni. Soprattutto per un deficiente pompato al massimo.

 

“Uuuuuu.. Finalmente l'abbiamo trovata!!” Disse Ron dando il cinque a Draco. Harry non chiese niente, perchè sapeva benissimo a cosa si riferivano. Intendevano che avevano trovato una ragazza che non sarebbe riuscito a portarsi a letto.

 

“Eh si, mi sa che l'avete proprio trovata.” Rise Harry. Anche perchè non aveva alcuna intenzione di perdere del tempo con una frigida del genere.

 

 

In tutta la giornata, i tre amici cominciarono a capire meglio il castello. Era davvero grandissimo, molto più grande del St. Patrick. Avevano voglia di scoprirne tutti i passaggi segreti, tutte le stanze sconosciute: sicuramente, quel posto, ne aveva a migliaia.

 

A fine lezioni si buttarono nel campo da Quidditch con altri loro compagni e alcuni ragazzi di Hogwarts.

 

“Dice Madama Bumb che si formerà una nuova squadra di Grifondoro, anche voi potrete partecipare. Faremo le audizioni a giorni e si formerà una squadra con i migliori inglesi, irlandesi e scozzesi, con anche le riserve. Una figata, no?” Disse Seamus Finnigan, un ragazzo davvero simpatico di Grifondoro.

 

“Dobbiamo farle per forza le audizioni! Speriamo di passare.. Mi mancherebbe troppo giocare a Quidditch tutto l'anno se no.” Ron continuò a camminare nel campo. Harry era più che sicuro che l'avrebbero preso, era il portiere migliore di tutta St. Patrick e scommetteva che lo era anche di tutta Hogwarts. Il Quidditch era nel suo sangue.

 

“Se giochi come voli..” Disse Neville Paciock, riferendosi all'ingresso fatto da Ron la sera prima “Non avrai davvero alcun problema!”

 

 

Le audizioni per tutte e quattro le squadre si fecero all'inizio della settimana successiva. Harry, Ron e Draco non ebbero neanche un momento per allenarsi, se non un'ora durante la domenica.

 

“Mettiamo il nome nel Calice il giorno delle audizioni di Quidditch, d'accordo?” Disse Ron dando la mano ai suoi due amici. “E speriamo che almeno una delle due cose possa andarci bene!”

 

Quel lunedì mattina tutte le lezioni erano state annullate, causa audizioni Quidditch. Alcuni professori erano furibondi, ma tanti altri non vedevano l'ora di assistere alla creazione di squadre miste. Era davvero importante creare una cooperazione del genere tra le tre scuole: non poteva creare altro che unione.

 

“Questa divisa è veramente bella! Credevo che la nostra del St. Patrick fosse la migliore, ma credo che questa la batta.” Draco stava ammirando la sua divisa rossa e oro mentre faceva colazione. Ogni giocatore che si proponeva per il provino aveva scritto dietro il cognome e il ruolo per il quale giocava.

 

“Sapete cosa pensavo? Che siamo tre ruoli riversi, c'è pure la possibilità che entriamo tutti e tre in squadra.. Anche se la vedo molto difficile.” Disse Ron spostando il piatto da davanti agli occhi.

 

Malfoy, Cacciatore.

 

Weasley, Portiere.

 

Potter, Cercatore.

 

Luna lesse ad alta voce ciò che vedeva scritto nelle schiene dei ragazzi con la divisa dei Grifondoro. “Sono davvero tanti, questa cosa è troppo bella! E' stata un'idea geniale..”

 

“Si, è vero.. Sarebbe ancora più bello se i 7 giocatori titolari fossero tutti di Hogwarts.” Disse Corman McLaggen sedendosi tra Hermione e Luna. Era Cacciatore di Grifondoro da 4 anni, e questa cosa del mischiare le squadre con gli studenti nuovi non gli piaceva affatto.

 

“E dai, invece è una cosa bella se ci pensi.” Disse Hermione mettendogli a posto la divisa.

 

“Mmm.. Verrai a fare il tifo per me?” Cormac appoggiò la sua testa alla spalla di lei, e provò a baciarle il collo. Ma Hermione lo spostò delicatamente.

 

“Certo che verrò! E andrà tutto bene..” Gli diede un casto bacio sulla guancia e si alzò con le sua amiche, dirigendosi verso il campo da Quidditch. Dovevano prendere i posti migliori.

 

“Quand'è che ti lascerai andare con Cormac? Non capisco.. Lui stravede per te e fate ancora gli amici.” Chiese Cho, spazientita. Hermione alzò gli occhi al cielo e non rispose, non le andava di intraprendere nuovamente il discorso su di lui.

 

Andarono tutti negli spogliatoi della propria squadra. Grifondoro era la terza Casa in lista per le audizioni, i primi a cominciare furono i Tassorosso. Harry cominciò a guardarsi in giro, cercando di capire contro quanti Cercatori avrebbe dovuto battersi. Capì che erano più o meno una trentina. I Cacciatori erano decisamente di più, poco meno i Battitori. Portieri e Cacciatori erano più o meno uguali.

 

Una volta formata la squadra di Tassorosso (sia titolari, sia riserve) toccò ai Serpeverde. Per questa Casa, furono scelti tre Cacciatori su tre e un Battitore dell'Irlanda.

 

“Accidenti.. Addirittura quattro giocatori titolari dei nostri. Ma lo sapevo, i nostri Cacciatori Serpeverde sono sempre stati fuoriclasse.” Disse Ron, cercando di smorzare la tensione.

 

Quando toccò a loro entrare, dovettero dividersi da subito. Si diedero l'in bocca al lupo con lo sguardo, montarono sulle loro scope e sfrecciarono in campo. Un boato dal pubblico di Grifondoro si levò ruggendo, e li caricò ancora di più.

 

“Si comincia dai Cacciatori!” Scesero tutti a terra, tranne i più di cinquanta Cacciatori. Erano dal secondo anno in su e appartenevano a tutte e tre le scuole. Vennero divisi in più squadre e gli venne chiesto di fare diverse azioni. Azioni che Draco conosceva a memoria: infatti non sbagliò neanche un colpo, al contrario di molti altri.

 

Una volta finito, fu la volta dei Battitori. Quando toccò ai Portieri, Ron si librò in volo destreggiandosi come meglio sapeva fare sulla scopa.

 

“Non fare l'esibizionista..Concentrati.” Disse Harry tra se e se. Ma così come Draco, Ron non mancò neanche un colpo.

 

“Adesso, tutti i Cercatori in volo per favore!” Harry diede una piccola spinta alla sua Firebolt, che si alzò in volo esattamente come il suo padrone voleva. Mentre ancora saliva, si mise i guanti e si sistemò il mantello. Non voleva assolutamente impedimenti durante la prova.

 

“Oh guarda, eccolo! Ecco Harry..” Disse una ragazza irlandese proprio affianco a Hermione.

 

“Sono sicura che ce la farà, è fortissimo. E poi mi ha giurato che se entrava in squadra mi portava a bere qualcosa.” Rise come un oca giuliva, e Hermione si dovette trattenere da urlare di stare zitta. Solo con quel tipo di donna poteva uscire uno come Harry Potter. Ma non appena la prova cominciò, Hermione inconsciamente seguì proprio lui con lo sguardo. Per tutto il tempo.

 

Erano stati divisi in tre gruppi da dieci, e dovevano trovare il Boccino d'Oro in un tempo massimo di quindici minuti. Caso mai nessuno dei tre gruppi avesse trovato il Boccino, si sarebbe ripetuto da capo.

 

Il primo gruppo fallì, mentre nel secondo gruppo un Cercatore di Hogwarts lo trovò proprio sullo scadere del tempo. Tutti esultavano felici, come se la vittoria gli fosse già in tasca. Er una prova molto difficile, è vero. Ma non di certo impossibile.

 

Harry era nel terzo gruppo, e non appena Madama Bumb fischiò decretando l'inizio dei quindici minuti, si librò molto in alto. Tutti sfrecciavano a destra e a sinistra, come un gruppo di disperati. Harry invece vagava piano, osservando attentamente tutto il campo. Cercava di non farsi distrarre da tutto quel casino che stavano facendo gli altri appetibili Cercatori, e poi finalmente lo vide. Passava veloce sopra la testa di tutti, come a schernirli. Harry sorrise, quando adorava quella piccola pallina impertinente.

 

Non la perse di vista, e piano piano scese. Quando fu abbastanza vicino, scattò in avanti a una velocità impressionante. Il Boccino se ne accorse e prese a scappare più veloce che poteva. Ma Harry non lo perse: una volta che vedeva il Boccino, non lo perdeva mai di vista. Tutti gli altri ragazzi se ne accorsero e gli si pararono dietro. Ma la Firebolt di Harry era decisamente troppo per le loro scope, e non lo raggiunsero mai.

 

Si fiondò in picchiata, e quando tutti frenarono per riprendere quota, lui continuò la discesa. A pochissimi metri da terra, afferrò il Boccino e si rimise perfettamente dritto. Si sedette con entrambe la gambe da un lato sulla scopa e fece il giro dello stadio con il suo piccolo trofeo in mano. Aveva preso il Boccino in poco più di sei minuti. Il pubblico era a dir poco in subbuglio; inutile dirlo, soprattutto quello femminile.

 

Mentre Madama Bumb si confrontava con altri tre professori che avevano fatto da giuria, Harry raggiunse i suoi amici che lo accolsero con pacche sulle spalle e complimenti. “Siamo stati bravi tutti, ragazzi. Vedrete che avranno difficoltà a formare la squadra!” Disse harry, entusiasta.

 

In effetti ci misero molto più tempo rispetto alle altre due Case precedenti, ma alla fine arrivarono a un verdetto. Madama Bumb si mise davanti a tutti i possibili giocatori Grifondoro, e con la voce amplificata magicamente tuonò: “Ecco a voi la nuova squadra di riserva di Grifondoro!” Disse una serie di nomi, ma Harry Ron e Draco non vennero nominati. Soltanto un irlandese venne messo tra le riserve.

 

“Passiamo alla squadra titolare!” Continuà la professoressa di volo, e tutto lo stadio tacque all'istante. La tensione si poteva tagliare con un coltello. “Portiere: Ronald Weasley.”

 

Ron scattò in aria felice come un bambino. Tutti lo abbracciarono e si congratularono, poi lo lasciarono librarsi in volo e mettersi nella posizione della squadra titolare.

 

“Battitori: Seamus Finnigan e Jack Marvinson.” Uno di Hogwarts e uno scozzese. Gli applausi per Seamus furono decisamente più forti.

 

“Cacciatori: Cormac McLaggen, Katie Bell e Draco Malfoy.” Un triangolo davvero formidabile, i Serpeverde avrebbero avuto un gran filo da torcere. Harry aveva visto sia Cormac che Katie, entrambi di Hogwarts, al provino. Anche loro, come Draco, non avevano sbagliato un colpo. Tutti e tre raggiunsero le loro postazioni accompagnati da uno scrosciante applauso.

 

Harry chiuse gli occhi. Entrambi i suoi migliori amici erano stati presi in squadra. E lui? Ce l'avrebbe fatta?

 

“Cercatore: Harry Potter.” Aprì immediatamente gli occhi, sicuro di quello che aveva sentito. Si congratularono tutti e lui non fu neanche in grado di ringraziare. Salì sulla sua Firebolt e semplicemente alzò il pugno al cielo, raggiungendo il suo posto nella nuova e fiammante squadra dei Grifondoro.

 

“Di comune accordo, abbiamo nominato McLaggen capitano della squadra. Signore e signori, ecco a voi la squadra di Grifondoro!” Tutti e 7, con in testa Cormac, percorsero tutto lo stadio per prendersi i dovuti applausi. Una volta finito, scesero e si diressero negli spogliatoi, finalmente decisamente meno affollati, lasciando lo spazio alle audizioni di Corvonero.

 

 

Quello stesso pomeriggio, Harry Ron e Draco scrissero i loro nomi in un pezzo di pergamena strappato e si diressero nella Sala Grande, dove il Calice di Fuoco scoppiettava tranquillo. Prima di avvicinarsi ulteriormente, Harry parlò fermandoli.

 

“Questa è una cosa più grande del Quidditch, sono sicuro che questo già lo sappiate. In questo Torneo si può perdere il senno, la volontà, il coraggio. Si può perdere la vita. Se uno di noi venisse scelto, vi chiedo di restare sempre uniti. Fino alla fine.” Harry tese la mano, attendendo che Ron e Draco l'afferrassero.

 

“Parole sante amico. Fino alla fine!” Disse Ron appoggiando la sua mano su quella di Harry.

 

“Di certo non ci perderemo noi. Fino alla fine!” Anche Draco afferrò le loro mani.

 

“Bene, adesso basta con questi sentimentalismi, coglioni. Tirate fuori le palle e buttate il bigliettino in questo benedetto Calice!” Disse Ron sorridendo. Si avvicinarono tutti e tre e buttarono il bigliettino all'interno della fiamma blu e calda. Era fatta, non si tornava più indietro.

 

Hermione li stava guardando da lontano, seduta ad un tavolo ed intenta a studiare. Scosse la testa. Era estremamente contraria a quel Torneo, lo trovava senza senso: prove all'ultimo sangue solo per raggiungere la gloria eterna. Aveva letto molto sull'argomento ultimamente, e i morti erano stati così tanti che sembrava ancora più allucinante. Sapeva che anche Cormac aveva messo il nome nella coppa, ma era quasi convinta che non sarebbe stato scelto come campione.

 

Il campione doveva essere coraggioso, leale, fermo nelle sue decisioni, pronto a seguire l'istinto e con incredibile sangue freddo. Doveva non aver paura di perdere qualcosa, e doveva avere abbastanza testa per non perderla.

 

Cormac, a quel punto fortunatamente, non possedeva tutte quelle qualità insieme. E quindi questo faceva di lui un non possibile campione. Meglio così, si disse Hermione. Non avrebbe sopportato l'idea di qualcuno a lei caro in quel dannato Torneo.

 

“Mi chiedo come sia possibile studiare dopo una settimana di scuola..” Disse Harry sedendosi accanto a lei e facendola sussultare. Era immersa nei pensieri e non si era resa conto che si era avvicinato. Tirò fuori lo stesso libro di Hermione e lo aprì.

 

“Mi sono permesso di avvicinarmi perchè avrei bisogno di, come dire, una delucidazione da te.”

 

Hermione lo guardò con un sopracciglio alzato. “Ovvero?” Chiese senza la minima emozione nella voce.

 

“Visto che mi sembri una perfetta secchiona e visto che io invece faccio perfettamente schifo, ti dispiacerebbe molto spiegarmi questa parte?” Harry indicò una pagina del libro di Pozioni. La definì “questa parte” proprio perchè non aveva capito assolutamente niente di niente, e due giorni dopo doveva consegnare una relazione dettagliata a riguardo.

 

Hermione si sporse verso il suo libro e lesse velocemente le prime righe. “Questa parte, come la chiami tu, è stata spiegata per due lezioni intere da Piton. Ma probabilmente eri troppo occupato a fare dell'altro..”

 

Harry fece un sorriso finto. Moriva dalla voglia di insultarla, in realtà. “Preamboli a parte.. Puoi aiutarmi o no? Per favore..” Che fatica. Ma non aveva scelta. Per giocare nella squadra aveva bisogno di voti discreti.

 

Hermione alzò gli occhi al cielo e aprì il suo libro alla stessa pagina di quello di Harry. “Ho poco tempo però, quindi ti prego di starmi dietro.”

 

Sei tanto bella quanto antipatica, pensò Harry. Hermione cominciò a spiegare. Era così brava che Harry non ci mise assolutamente niente a starle dietro, capiva tutto ciò che diceva. Confronto a Piton, lei era una professionista nello spiegare le cose.

 

“Ci sei fin qui?” Hermione alzò lo sguardo su di lui. Aveva la testa tra le braccia sul tavolo e la guardava pendendo dalle sua labbra.

 

“Assolutamente si. E, se non ho capito male, per ottenere questa soluzione basta aggiungere.. Sangue di drago.” Harry alzò la testa, sicuro di ciò che aveva detto.

 

“Esattamente, bravo!” Hermione sorrise apertamente.

 

Il suo sorriso, se possibile, batteva tutte le cose belle che aveva. Harry avrebbe voluto dirle qualcosa a riguardo, ma non gli uscì niente. Strano, non era affatto da lui.

 

“Quindi..” Continuò Hermione. “Saprai dirmi anche che cosa ottengo se aggiungo veleno di serpente alla sostanza..”

 

“Ottieni la stessa identica cosa, non cambia niente.” Harry alzò le braccia al cielo in segno di trionfo.

 

“Esatto! E' tutto qui. Era così difficile?” Disse Hermione sorridendo ancora e chiudendo il suo libro. In mezzora gli aveva spiegato ciò che Piton non era riuscito in due giorni.

 

“Sei stata essenziale, devo sdebitarmi in qualche modo. Come posso fare?” Harry chiuse il libro e se lo mise nella borsa.

 

“Niente, tranquillo. Ma quando avrò bisogno di un favore assurdo, diciamo che sarai il primo a cui penserò.” Disse Hermione alzandosi. Lo salutò con la mano e si allontanò. Harry la seguì con lo sguardo, finché la vide incontrare Cormac che la prese sotto braccio. Poi scomparvero dietro l'angolo.

 

“Harry, Harry.. Con quella credimi che non hai nessuna speranza!” Neville si era seduto affianco a lui. “Sai come la chiamano? La Principessa di Ghiaccio.. E' davvero impenetrabile quella ragazza. Siamo molto amici, ma credimi che è fredda quanto è bella..”

 

“Sprechi fiato Neville.. Non sono minimamente interessato a lei. Non è affatto il mio tipo.” Harry lo salutò gentilmente e se ne andò via.

 

Era la pura verità. Ad Harry non importava affatto di avere una storia, non ne sarebbe stato neanche capace molto probabilmente. Era sempre stato abituato alle ragazze che venivano loro da lui, non perdeva mai tempo a seguire nessuna. E non perdeva mai troppo tempo con la stessa. Lo stufavano. Per questo Hermione non era affatto il suo tipo di ragazza.

 

Quella notte, però, il suo sorriso lo disturbò per tutta la notte. Al risveglio, fortunatamente, non si ricordò assolutamente nulla.

 

 

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Capitolo 3
*** I Tre Campioni ***


3. I TRE CAMPIONI.

 

 

 

 

 

 

Il giorno tanto atteso si avvicinava sempre di più, e in tutta Hogwarts non si parlava d'altro: da li a pochi giorni sarebbero usciti i nomi dei tre campioni del Torneo Tremaghi.

 

“A quanto pare molti di noi hanno messo il nome, sinceramente non pensavo.” Disse Lindsay camminando affianco ad Harry. Lui annuì, senza saper bene cosa dire.

 

“Non saprei davvero chi potrebbe essere il campione tra noi.. Di certo non uno di noi Corvonero, ne sono certa!” Continuò lei, sapendo bene quanto fosse poco loquace Harry.

 

“Sabato lo scopriremo.. Vediamoci una di queste sere.” Harry sapeva bene che era quello che Lindsay voleva, e infatti lei sorrise felice e andò verso la sua aula. Il ragazzo scese nei sotterranei per l'ultima lezione di quell'infinita giornata: pozioni.

 

Piton aveva corretto la relazione che aveva dato problemi a chiunque e le stava già consegnando. Harry prese la sua e una bella O fiammante appariva in fondo alla sua pergamena. Sorrise compiaciuto, e si rammentò di dover ringraziare caldamente una persona. Che però, notò lui guardandosi intorno, non era presente in aula.

 

Neanche a cena riuscì a beccarla, così decise di chiedere informazioni alla sua amica Luna. “Ma Hermione dov'è?” Dire il suo nome era come dire la parola più bella del mondo. Suonava come la sua melodia preferita. Era una cosa stranissima.

 

Luna lo guardò sbalordita, come se avesse tre teste. Ma poi rispose. “Non sta molto bene. Quando sta male, preferisce sempre restare sola..”

 

“Capisco.. Devo dirle una cosa molto importante, se no finisce che mi scordo. Sai dove posso trovarla?” Insistette Harry.

 

“Adesso sarà in camera. Ma sicuramente quando tutti saranno andati a dormire, lei scenderà in sala comune a leggere. Lo fa sempre quando non sta bene.” Luna sorrise e tornò al suo piatto. Ogni volta che parlava con lei, Harry aveva sempre la fastidiosa sensazione che sapesse tutto. Tutto cosa, poi?

 

Era quasi mezzanotte quando Harry vide tutti ritirarsi. Aspettò ancora qualche minuto e poi decise di scendere di nuovo nella sala comune. Come Luna aveva previsto, Hermione stava la, seduta sulla poltrona con un libro e una cioccolata calda tra le mani. Aveva le gambe sotto una pesante coperta di lana e i capelli legati in un disordinato chignon.

 

“Anche io adoro la solitudine, credo sia l'unica cosa che ci accomuna.” Harry le si sedette di fronte e la vide sussultare.

 

“Oddio! Mi hai fatto prendere un colpo.. Quand'è che imparerai ad annunciarti invece di piombare così?!” Hermione si mise una mano sul cuore, facendo sorridere Harry.

 

“Hai ragione, scusa. Giuro che è l'ultima volta.” Alzò le mani con fare solenne. “Come stai? Luna mi ha detto che non sei stata bene..”

 

Hermione alzò un sopracciglio, dubbiosa sul fatto che Harry Potter fosse preoccupato della sua salute. “Adesso sto meglio, grazie.. Che ti serve?” Chiuse il libro e lo guardò seria, in attesa.

 

“Ei, come sei sospettosa. Veramente niente, avevo solo l'urgenza di farti vedere questo.” Tirò fuori dalla tasca la sua relazione per Piton, tutta stropicciata e piegata male. Hermione l'aprì, e vedendo la votazione fece un grosso sorriso.

 

“Non ci credo! E l'hai fatta da solo.. Bravo!”

 

“Ma che da solo! Ce l'ho fatta solo grazie a te.. E quindi ti devo ringraziare tantissimo, perchè con questo la mia presenza nella squadra di Quidditch è finalmente ufficiale.” Disse Harry sorridendo a sua volta. “Volevo festeggiare questa grande notizia, ma sono sicuro che tu non bevi..”

 

Hermione scosse la testa vigorosamente, dandogli ragione.

 

“Esatto.. E poi per altro sei stata pure male.. Quindi diciamo che mi è andata di culo, e un grazie basta e avanza.” Concluse Harry, soddisfatto.

 

“Eh certo, non avevo dubbi.” Hermione si passò una mano sul viso, nascondendo un piccolo sorriso. “Che bello, io volevo stare sola a leggere per rilassarmi. E invece..”

 

“Io sono una persona molto silenziosa, posso dimostrartelo.” Harry cominciò a fissarla e rimase immobile e muto. Hermione restituì lo sguardo, decisa a non perdere assolutamente il contatto.

 

Harry notò che gli occhi di lei brillavano costantemente, come se fossero muniti di vita propria. La nocciola era certamente la parola giusta per associarli a un colore.

 

Ma perchè mi guarda in quel modo? Si disse Hermione. Sembra quasi mi stia leggendo dentro. Ha uno sguardo così penetrante, ha degli occhi così verdi che..

 

Hermione tolse lo sguardo e si mise a ridere. “Ok ok, hai vinto tu. Puoi restare qui..” Riaprì il suo libro e riprese a leggere da dove era rimasta. Dovette rileggere la stessa riga dieci volte, perchè non riusciva a concentrarsi.

 

Harry sorrise e sprofondò nella poltrona. Non sapeva bene perchè voleva restare li, ma sapeva che non aveva alcuna voglia di tornarsene a dormire. Sentiva che in quel momento era li che doveva stare. Prese una piuma e dell'inchiostro e si mise a scrivere sul retro della pergamena dove aveva scritto la recensione il giorno prima. Scrisse cose senza senso, cose a caso. Cose che in quel momento pensava.

 

Ogni tanto Hermione alzava lo sguardo su di lui e lo vedeva scrivere indaffarato. Teneva la penna in un modo davvero buffo. Ma cosa scriveva, poi?

 

“Di dove sei?” Chiese lei, all'improvviso. Harry alzò lo sguardo, quasi sorpreso.

 

“Abito a Dublino. E tu?” Appoggiò la piuma e si mise più comodo.

 

“Nella Londra Babbana. I miei genitori sono entrambi Babbani, e anche dopo aver scoperto la mia vera natura abbiamo deciso di continuare a vivere da Babbani. I tuoi sono entrambi maghi?” Hermione socchiuse il libro, tenendo però il segno con la mano.

 

“Erano entrambi maghi, si. Sono morti quand'ero molto piccolo, sono cresciuto con i miei zii Babbani. Anche io cresciuto da Babbano, quindi.” Harry guardò la finestra, lasciando correre i suoi pensieri lontano.

 

“Mi dispiace, io non.. Non volevo.” Hermione riaprì il libro, credendo che la conversazione finisse li.

 

“Oh no, non ti preoccupare. Era molto piccolo te l'ho detto. Ora va tutto alla grande..” Le sorrise, come per tranquillizzarla. Non aveva alcuna intenzione di parlare dei suoi genitori, non lo aveva mai fatto in realtà.

 

Hermione richiuse il libro, ma questa volta senza tenere il segno. Cominciarono a farsi altre domande a vicenda, come se conoscersi fosse la cosa più naturale del mondo in quel momento. Come se quella buia sala comune gli offrisse la possibilità di cominciare qualcosa.

 

“Credimi, stare al passo di Draco non è per niente facile! Eravamo così ubriachi che ci siamo svegliati la mattina dopo nel giardino dei Weasley.. Non ti dico sua madre cosa non ci ha detto!!” Harry era in piedi e imitava le loro facce e le loro posizioni, mentre Hermione rideva e raccontava aneddoti a sua volta.

 

Quando guardò l'ora, si rese conto di quanto fosse tardi. “Oh accidenti, domani mattina saremo degli zombie.” Si alzò, e anche Harry la imitò.

 

“Io in realtà sono abituato, dormo pochissimo. Se non ci fossi stata tu qui, ci sarei stato da solo stanotte probabilmente.” La aiutò a sistemare la coperta, mentre ancora gli veniva da ridere per le cose che si erano raccontati.

 

“Vado a dormire, ci vediamo domani a lezione comunque..” Hermione si diresse verso la sua scala, ma prima di salire si girò. “Mi ha fatto piacere parlare con te. Buonanotte, Harry.” Com'era bello quel nome. Hermione se ne accorse soltanto pronunciandolo per la prima volta.

 

“Buonanotte, Hermione.” Anche se ormai era sparita, era sicuro che l'avesse sentito. Mentre saliva le scale del suo dormitorio pensò a quanto Ron e Draco lo avrebbero preso in giro per quello che era appena successo. Harry non era mai stato così tanto a parlare con una ragazza senza concludere niente. Forse, non aveva mai parlato con una ragazza punto.

 

Prima di addormentarsi, si assicurò di non essersi rammollito. Tutto questo casino per aver fatto una chiacchierata con una donna? Non gli pareva il caso. Dopo che si fu tranquillizzato da solo, si addormentò.

 

 

“Si può sapere cosa ci nascondi? Non me la racconti giusta..” Luna tartassava Hermione da due giorni ormai. “So per certo che Harry è venuto in sala comune quella sera che stavi male, e mi vuoi dire che non è successo niente? E allora perchè all'improvviso parlate senza punzecchiarvi?!”

 

Hermione scrollò le spalle. “Te l'ho già detto mille volte. Non è successo proprio niente. Evidentemente ci siamo stancati di punzecchiarci, come dici tu. Ma questo mica vuol dire che andremo a letto insieme! Harry Potter non sarà mai, e dico mai, il mio tipo. Ma, se devo essere sincera, l'ho rivalutato molto. E' simpatico..”

 

Luna era a bocca aperta. “Ah, è simpatico. Eh si, mezza Hogwarts fa la fila dietro di lui e tu dici che è simpatico. Non ti capirò mai, amica mia.” Dovettero smettere di parlare perchè si sedettero con loro al tavolo per mangiare Harry, Ron e Seamus.

 

“Draco è stato trattenuto dalla McGranitt. Sicuramente si è accorta che ha copiato di sana pianta.” Rise Ron cominciando a riempirsi il piatto, seguito subito da Seamus. Harry era affianco ad Hermione e si accorse che era parecchio pensierosa.

 

“Qualcosa non va?” Le chiese piano.

 

“Io? No, assolutamente..” Hermione appoggiò la testa sulla mano e lo guardò. Harry si mise a cavalcioni della panca e si mise fronte a lei. Tese le sue mani in avanti, con il palmo verso l'alto.

 

“Dai, metti le tue mani sopra. Non dirmi che non conosci questo stupido gioco.” Disse Harry impaziente. Hermione, non capendo dove voleva andare a parare, si girò completamente verso di lui e mise le mani sulle sue.

 

“Se ti colpisco, mi accompagni al Lago Nero. Se non ti colpisco, puoi tirarmi uno schiaffo e dirmi di lasciarti stare.” Harry la guardò dritto negli occhi mentre parlava. Hermione non potè fare a meno di sorridere.

 

“E va bene, tanto lo so che non ho scelta.” Disse lei. Ma mentre ancora stava parlando, Harry la colpì secca sulla mano. “Ahia!!” Hermione ritrasse la mano con la faccia quasi sconvolta. “Hai barato! Non hai detto via!”

 

“Io non ho mai detto che bisognava dire via.. Dai, sbrigati a mangiare e andiamo.” Harry si girò di nuovo e cominciò a mangiare.

 

“Quanto ti odio, tu neanche immagini.” Sospirò Hermione riprendendo a mangiare.

 

 

Il sole faceva timidamente capolino tra le nuvole, rendendo la giornata meno uggiosa del solito. Il prato intorno al Lago sembrava più verde. Harry stava zitto, si era seduto appoggiandosi ad un albero. Hermione camminava e lanciava sassi dentro l'acqua.

 

“Se non ti avessi colpita, saresti venuta lo stesso?” Le chiese, guardandola.

 

“”Certo che no.” Hermione si girò e gli fece la linguaccia. Poi si avvicinò. “Certo che sarei venuta. Tu hai visto il mio posto preferito dove stare sola, e io adesso ho visto il tuo.” si sedette affianco a lui continuando a raccogliere sassi.

 

“Sono un po' preoccupato per stasera.. Sai, per la nomina del campione.” Hermione a quelle parole quasi s'irrigidì. Non voleva parlare di quello.

 

“Ah si? E perchè? Non è mica detto che sia tu.. Ho sentito che tantissimi della tua scuola hanno messo il loro nome.”

 

Harry sorrise. “Sono preoccupato caso mai non sia il campione. Voglio farlo questo Torneo, so che posso farlo. Sai, io finita la scuola voglio diventare un auror. Sarebbe un'ottima presentazione aver partecipato al Torneo Tremaghi.”

 

“Assolutamente si. Se si riesce a uscirne vivi però..” Hermione si alzò seccata. Harry aggrottò la fronte, non capendo. Si alzò e la raggiunse.

 

“Non dire scemate. Non è così pericoloso come dicono.” Si mise le mani in tasca, capendo perfettamente la sua preoccupazione per Cormac. Anche se non aveva ancora ben capito la situazione tra loro due.

 

“Harry, ti prego. So che sai benissimo anche tu tutta la storia del Torneo, non sono qui per ripetertela.” Hermione incrociò le braccia e continuò a guardare lontano, oltre il Lago. Harry annuì, sapendo che aveva ragione.

 

Seguendo il suo istinto, e non sapendo bene se stava facendo una cosa giusta, si mise dietro di lei e l'avvolse tra le braccia. Era così piccola e fragile che aveva quasi paura di romperla.

 

“Andrà tutto bene, vedrai.” Hermione a quelle parole e a quel contatto chiuse gli occhi. Si lasciò andare completamente, mettendo le sue mani sopra le braccia forti di lui e appoggiando la testa al suo petto. Stava meglio. Non le importava ne il perchè ne il per cosa. Si sentiva bene e basta.

 

“Non è detto che Cormac sarà il campione.” A quella frase, Hermione aprì subito gli occhi. Annuì, liberandosi dall'abbraccio.

 

“Già, infatti non è detto. Dai, vieni. Torniamo al castello.” Lo tirò piano per il maglione e poi lo lasciò.

 

Non è per Cormac che sono preoccupata, stupido.

 

 

Quella sera, dopo cena, la Sala Grande si liberò dei tavoli e mostrò quanto realmente era grande. Le tre scuole vennero divise in tre settori diversi, e ognuno prese posto.

 

“Comunque vada ragazzi.. Fino alla fine!” Ron diede la mano ai suoi due migliori amici, e poi tutti tacquero. Silente e gli altri due presidi vagavano intorno al Calice di Fuoco. Il biglietto che usciva si sarebbe posato esattamente sopra la mano del preside della scuola del campione scritto in quel pezzo di carta.

 

L'attesa sembrava infinita. Harry cercò Hermione con gli occhi, ma prima di trovarla il fuoco del Calice diventò di rosso accecante. Tutta la Sala trattenne il respiro, e il bigliettino si posò tra le mani del preside scozzese. Lo aprì velocemente, avido come tutti di sapere.

 

“Il campione di Hamiltons è.. Martin Gully!” Dagli studenti scozzesi si levò un boato di assenso, e dopo pochi minuti dalla folla uscì un ragazzo molto alto, decisamente ben piazzato fisicamente e dallo sguardo gentile. Era molto felice, ma anche molto agitato. Il neo campione scozzese abbracciò il suo preside, e insieme andarono in una sala proprio affianco alla Sala Grande.

 

Passarono altri minuti infiniti, e i due presidi rimasti attendevano con pazienza. Al contrario di tutta la Sala, dove la tensione aumentava sempre di più. Finalmente Harry la vide: era insieme a tutte le altre, e teneva le mani intrecciate sulle gambe e la testa bassa. Anche se non si vedeva, Harry era sicuro che avesse gli occhi chiusi. Avrebbe voluto chiamarla, ma il fuoco diventò di nuovo rosso.

 

Il bigliettino che uscì si posò nelle mani di Silente. Il sospiro, questa volta, fu decisamente più rumoroso. Il preside aprì il foglio con molta calma.

 

“Il campione di Hogwarts è.. Dean Thomas!” Un boato immenso si levò dalla folla di Hogwarts. Dean venne preso in braccio e lanciato in aria ancora prima che realizzasse di essere il campione di Hogwarts per il Torneo Tremaghi. Tutti i Grifondoro irlandesi batterono le mani felici, Dean se lo meritava proprio. Raggiunse felice il preside, si abbracciarono e andò da solo nella saletta. Silente doveva rimanere presente sempre, essendo il preside della scuola ospitante.

 

Mancavano solo loro, adesso. Il prossimo biglietto avrebbe rivelato uno dei loro nomi. Si guardarono tutti, agitati come non mai. Tutti incapaci di dire qualcosa, tutti con lo stesso identico pensiero in testa. Un attimo prima che il fuoco diventasse rosso, lo sguardo di harry ed Hermione si incrociò.

 

Ti prego, fa che non sia lui.

 

“Il campione di St. Pratick è.. Harry Potter!” Harry spalancò gli occhi, non credendo alle sue orecchie. Fu travolto da tutti i suoi compagni: gli dicevano mille cose, ma lui non ne capì neanche una. In un tempo che gli sembrò troppo breve, si trovò tra le braccia del suo preside.

 

“In bocca al lupo, ragazzo mio.” Gli sussurrò nell'orecchio, e insieme andarono nella saletta. Appena Dean vide Harry gli andò subito incontro felice stringendogli la mano.

 

“Immaginavo saresti stato tu. Sono contento di intraprendere quest'avventura con te.”

 

“La stessa cosa vale per me, davvero.” Disse Harry sinceramente. Si presentò subito con Martin, che sembrava assolutamente uno a posto. Silente arrivò subito, con un sorriso rassicurante.

 

“Bene, bene. Congratulazioni a tutti, campioni! La stampa già da domani sarà in subbuglio, preparatevi. Come ben sapete, le prove principali del Torneo sono tre, ma c'è la possibilità che voi siate chiamati a prove intermedie senza alcun tipo di preavviso. Da adesso in poi vi consiglio di stare sempre all'erta. Massima prudenza, miei cari. Questo Torneo non è uno scherzo, e come ho già detto, da adesso non potete più tirarvi indietro. Man mano che il tempo passa, vi verranno date le informazioni che vi potremo dare per la prima prova e così via. Sempre in guardia, ragazzi. I vostri compagni sono stati mandati nelle sale comuni. Grifondoro e Corvonero vi aspettano impazienti, potete andare.” Una volta congedati, i tre ragazzi uscirono ancora increduli di ciò che gli stava succedendo.

 

Harry e Dean andarono insieme alla sala comune di Grifondoro. Non appena superarono il dipinto della Signora Grassa, un boato li avvolse. Vennero presi in braccio, lanciati in aria, versarono decine e decine di burrobirre rubate alle cucine nei bicchieri, brindarono, si congratularono. Harry finalmente riuscì a vedere Ron e Draco, che lo abbracciarono forte sollevandolo da terra.

 

“Brutto bastardo, ce l'hai fatta! Sapevamo che avrebbero scelto te.. Te lo meriti! E sarai il primo irlandese a vincere il Torneo Tremaghi, cazzo!!” alzarono i tre calici di birra alle parole di Ron, e li fecero scontrare rumorosamente bevendo subito dopo.

 

I festeggiamenti sarebbero andati avanti sicuramente per un bel po', erano tutti così entusiasti che a nessuno veniva in mente il sonno. Harry cominciò a cercarla tra la folla, si fece largo tra tutti quelli che gli stringevano la mano e si congratulavano.

 

“Cho.. Cho! Ma dov'è Hermione?” Chiese Harry a voce alta per farsi sentire.

 

“Hermione? E' andata subito a dormire, ha detto che non le importava molto di festeggiare..” Rispose Cho, per poi ributtarsi nella mischia.

 

Harry si bloccò, tutto intorno sembrava improvvisamente tornato vuoto. Non le importava? Era appena diventato campione per il Torneo Tremaghi, e a lei non importava neanche di fargli le congratulazioni? O un semplice in bocca al lupo.. Niente. A lei non importava niente. Decise di non farsi rovinare l'entusiasmo e il momento per una che chiaramente non valeva la pena. Si girò e tornò a divertirsi come prima. Come sempre.

 

Nello stesso istante, Hermione cercava di nascondersi sotto le coperte per evitare di sentire il baccano che proveniva da sotto. Doveva fingere di dormire, se no qualcuno avrebbe visto le sue lacrime.

 

Che stupida. Che stupida.

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Capitolo 4
*** Sempre Più Distanti ***


4. SEMPRE PIU' DISTANTI.

 

 

 

 

 

 

I due giorni successivi furono così pieni per i tre campioni che non ebbero neanche il tempo per mangiare con tutti gli altri studenti. Furono assaliti letteralmente dalla stampa, da fotografi, dalle migliori sarte per fare tutte le loro divise su misura. Era tutto così allucinante che non sembrava neanche vero. A fine della seconda giornata, era in programma l'intervista finale, quella che poi sarebbe apparsa sulla Gazzetta del Profeta.

 

Erano tutti e tre nelle divise della loro scuola ed erano seduti uno affianco all'altro. Di fronte a loro, munita di piuma Prendiappunti e fotografo di fiducia, c'era Rita Skeeter.

 

“Allora..” Cominciò lei, con voce squillante e per niente rassicurante.

 

“Dean Thomas, Harry Potter e Martin Gully.” Disse indicandoli uno per uno.

 

Loro tre si guardarono a vicenda, dubbiosi se dire qualcosa o semplicemente stare zitti. Ma non ebbero molto tempo per pensare, perchè la Skeeter cominciò a fargli domande a raffica. La sua piuma scriveva incessantemente, anche quando loro rimanevano in silenzio. Harry non osava immaginare cosa sarebbe apparso sulla Gazzetta il giorno dopo.

 

Le sue preoccupazioni erano più che fondate: quando scese per fare colazione la mattina dopo vide mezza Sala Grande con la Gazzetta in mano. Appena prese posto, tutti lo guardarono.

 

“Ti prego, dimmi che non è così male come penso.” Chiese Harry a Luna. Lei gli sorrise e gli passò il giornale. La prima pagina era completamente loro, e la Skeeter aveva scelto una foto sua che lo faceva sembrare un fotomodello. Aggrottò la fronte, chiedendosi quando mai aveva fatto una foto del genere. Lesse il titolo a caratteri cubitali:

 

I TRE CAMPIONI: IL BELLO, IL BUONO E IL SIMPATICO.

 

Harry sgranò gli occhi, non poteva crederci. Voleva nascondersi dentro una botola piena di escrementi se avesse potuto.

 

“Non prenderla così male..” Gli disse Ron sedendosi e dandogli una pacca sulla spalla. “Almeno sei il bello, scusa eh.” E si mise a ridere. Non vedeva l'ora di prenderlo in giro da quando aveva letto l'articolo quella mattina. Harry lo ignorò e lesse l'articolo, le parti che lo riguardavano per lo meno. Erano citati anche i suoi genitori, il fatto che erano morti in uno scontro essendo auror, il fatto che era cresciuto con i suoi zii Babbani che lo avevano sempre trattato male.

 

“Perfetto, per me che sono una persona estremamente riservata questo è davvero un toccasana.” Accartocciò il giornale e lo lanciò lontano. In quel preciso istante Hermione si sedette al tavolo, con alcuni libri e la Gazzetta sotto braccio. Salutò tutti in generale, anche se con Harry i rapporti erano ancora decisamente freddi. Lui non riusciva a perdonarle il fatto che ancora non gli avesse detto uno straccio di parola per il fatto che era diventato campione.

 

“Ah, vedo che anche tu ti fai una bella dose di attualità stamattina. Così magari ti rendi conto che sono io il campione di St. Patrick.” Disse Harry bevendo d'un sorso il succo di zucca e guardando dritto Hermione. Lo faceva imbestialire quel silenzio tra loro.

 

“Sei molto divertente.. Cosa vuoi sentirti dire? Che sei bravo? Ok, bene! Bravissimo, complimenti per essere diventato campione!!” Hermione raccolse subito la sua roba e andò via, sotto gli occhi sbalorditi di tutto il tavolo. Ma Harry non si arrese. Nonostante Draco cercasse di fermarlo, lui si alzò e le andò dietro. La raggiunse in un corridoio e l'affiancò.

 

“Lo sai cosa sei? Una stronza. Non mi meraviglio affatto che ti chiamino la Principessa di Ghiaccio.”

 

Hermione si fermò all'istante. Gli si parò davanti con lo sguardo ferito e deluso.

 

“Come puoi pretendere che io sia felice per una cosa che so che ti metterà in pericolo? Sei tu lo stronzo Harry Potter, e non ti meriti niente. Io sono solo stupida.” Girò i tacchi e se ne andò via, svoltando velocemente in un altro corridoio e lasciando un Harry immobile e sbalordito.

 

Altro che il bello, dovevi essere il coglione.

 

Come aveva potuto non capirlo? Non era scesa la sera dei festeggiamenti perchè era tremendamente preoccupata per lui. Come quel pomeriggio al Lago: non era per Cormac che stava così. Era per lui. Tornò indietro verso la Sala Grande, incapace di fare nient'altro. Una volta seduto di nuovo al suo posto, Luna lo guardò torva.

 

“Oh! Finalmente l'hai capito.. Ci hai messo un po'.” Detto ciò, si alzò e andò alla sua lezione, rendendo impossibile a Harry chiederle che cosa volesse dire. Finì in fretta la sua colazione, che praticamente gli andò di traverso, e insieme a Draco e Ron andò all'aula di Trasfigurazione.

 

 

Dopo tutta la giornata passata a pensarci, Harry arrivò ad una conclusione: non era affatto in grado di chiedere scusa, soprattutto a una donna. Non gli era mai capitato! Di solito erano sempre loro a scusarsi, tante volte anche se lui aveva sbagliato.

 

Ma Hermione era diversa. Ad Hermione non importava di Harry in quel senso, lei si preoccupava perchè teneva a lui in un altro modo. Non gli era mai capitata una cosa del genere, e adesso non sapeva come gestirla. Doveva scusarsi per ciò che le aveva detto, per il fatto che aveva frainteso la situazione, doveva dirle che anche lui teneva a lei.

 

Mentre questa miriade di pensieri gli fluttuavano in testa, la guardò alzarsi. Era finita l'ultima lezione della giornata, e vedendola sola pensò che era il momento giusto per avvicinarsi. Prese i suoi libri in fretta, sorpassò alcune ragazze che cercavano la sua attenzione e le si mise affianco.

 

“Ei, Herm.. Posso parlarti un attimo?” Forse dimezzare il suo nome in un momento come quello non era stata una grande idea, perchè Hermione lo guardò peggio di come lui si era aspettato.

 

“Non posso, sono decisamente di fretta.” Rispose lei secca.

 

“Ma dai.. Sono finite le lezioni, che devi fare di così urgente?” Riprovò lui.

 

“Veramente, deve stare con me.. Spero che al Bello questo non dispiaccia.” Cormac si era intromesso tra loro, sorridendo. Diede la mano ad Harry, senza troppo entusiasmo. Se la strinsero più forte che poterono.

 

“Assolutamente no. Non avevo capito che.. Insomma, che doveva vedere te.” Harry cercò lo sguardo di Hermione, come per capire qualcosa. Ma cosa? Non lo trovò.

 

“Già, infatti. Senti, Torneo a parte, domani cominciamo gli allenamenti. Subito dopo le lezioni.. Dillo tu agli altri irlandesi.” Continuò Cormac aiutando Hermione a prendere le sue cose.

 

“Hanno un nome, gli irlandesi. Comunque lo farò.” Harry andò subito via, capendo che li era meglio non stare. Non era proprio capace a stare calmo lui, e dentro un aula di scuola non gli pareva proprio il caso.

 

 

“Che fai? Non vieni a cena?” Chiese Ron prima di scendere e guardando Harry già coricato nel letto.

 

“No.. Non ho molta fame. Ci vediamo dopo in sala comune.” Si girò su un fianco, e Ron decise di scendere senza chiedere niente.

 

Perchè stava così? Aveva addosso una sensazione strana, una morsa fastidiosa nello stomaco. Era sicuramente agitazione per il Torneo, visto che aveva saputo che la prima prova sarebbe stata dopo tre settimane. Si, era sicuramente quello. Hermione non c'entrava assolutamente niente! Poteva stare con chi voleva, qual era il problema. Le cose che doveva dirle gliele avrebbe detto in un altro momento, senza fretta. E sarebbero tornati come prima, si: ne era più che sicuro. Chissà se era ancora con Cormac, poi..

 

Harry si svegliò di colpo: era già mattina. Si guardò intorno intontito e vide che tutti dormivano ancora. Aveva dormito così tanto che aveva mal di schiena, a forza di stare coricato. Si alzò e andò a farsi una doccia, che lo rimise subito al mondo. Scese per fare colazione, e con sua grande gioia vide che la Sala Grande era praticamente vuota.

 

 

Quella giornata passò così lenta che sembrava andasse a rallentatore. Hermione fece di tutto per evitare Harry: se le avesse chiesto un'altra volta di parlare, non avrebbe resistito più. Non voleva parlargli, voleva cercare di stare più che poteva lontana da lui, per evitare che succedessero altre situazioni spiacevoli tipo la sera della nomina del campione. Era stato davvero assurdo starci così male: e si sa, per evitare i problemi basta starci alla larga. In quel momento, Harry Potter era un problema.

 

Cormac ultimamente era diventato davvero insistente, Hermione si era quasi decisa ad arrendersi per vedere come sarebbe andata. Questo sarebbe stato un altro ottimo modo per tenere alla larga Harry, in effetti. Era palese che non si potevano vedere, nonostante giocassero in squadra insieme. Si passò una mano tra i capelli sbuffando; ormai la biblioteca era quasi vuota e lei non aveva ancora finito la sua relazione per Antiche Rune. Decise di chiudere tutto e andarsene, l'avrebbe finita con calma in sala comune. Stava quasi per scattare il coprifuoco, non poteva stare in giro per i corridoi a quell'ora.

 

Mentre camminava a passo svelto verso la sala comune dei Grifondoro, fu distratta da una voce femminile. Si fermò per sentire meglio, veniva da un corridoio li affianco.

 

“E dai.. Sai bene che a me non importa il dove, dovresti saperlo..”

 

“Si che lo so, ma proprio qui non mi pare il caso.”

 

Hermione spalancò gli occhi. Quello era Harry, ne era sicura. Si avvicinò all'angolo e cominciò a sbirciare, nascosta nel buio. Lo vide appoggiato al muro, con le mani in tasca. Quella ragazza gli era praticamente addosso e con le mani non faceva che toccarlo ovunque. Hermione dovette trattenersi dal vomitare.

 

“Ma che ti frega..” Continuò la ragazza. “Non ci vede nessuno. In questa scuola tutti rispettano il coprifuoco..” Sorridendo maliziosa cominciò a sbottonargli i jeans. Harry la bloccò, Hermione si sentì stranamente sollevata.

 

“Andiamo la dentro, vieni.” Harry la prese e la portò dentro un aula vuota poco distante. Hermione li seguì con lo sguardo fin quando sparirono dentro quella stanza. Si rese conto che aveva la bocca mezza aperta, e che sentiva lo stomaco completamente capovolto e schiacciato. Si ricompose e tornò sui suoi passi, a testa alta e cercando di sgombrare la mente.

 

Ecco perchè doveva stare alla larga da Harry Potter. Perchè era un grandissimo, gigante, enorme stronzo.

 

 

“Ti sei fatto Megan?! No dai, non ci credo.” Disse Draco morendo dalle risate.

 

“Ti ho mai detto una bugia? E poi è lei che si è fatta me, credetemi. E' un animale quella ragazza..” Rispose Harry bevendo l'ultimo sorso di burrobirra. Erano ai Tre Manici di Scopa quella sera, ad Hogsmeade. Quel sabato sera gli studenti del settimo anno avevano la serata libera, senza coprifuoco: succedeva spesso, ma solo per gli studenti maggiorenni ovviamente.

 

“Quando vorrei che quel coglione del suo fidanzato lo sapesse! Gliel'hai proprio messa in quel posto, bravo.. In tutti i sensi tra l'altro.” Rise sguaiatamente Ron. C'era sempre stato astio tra loro e il fidanzato di quella ragazza, soprattutto da quando aveva messo le mani addosso a Ron l'anno prima.

 

La porta del locale squillò, ed entrarono Hermione, Luna e Cho ridendo come matte. Chissà cos'avevano combinato. Ron le chiamò a gran voce, e loro subito si avvicinarono. Hermione perse subito il sorriso, Harry perse subito la voglia di fare serata. Si sedettero con loro, e subito si aggiunsero Seamus e Calì.

 

“Adesso arrivano anche gli altri, sono a fare una passeggiata fuori. Ma con sto freddo, manco morto! E' iniziato ottobre e sembra dicembre, che cavolo.” Disse Seamus ordinando una burrobirra per tutti. Cominciarono a parlare tutti, ridendo e scherzando. Era bello passare delle serate così spensierate ogni tanto.

 

Si unirono a loro anche altri ragazzi irlandesi, e piano piano il tavolo diventò sempre più grande. Draco e Ron stavano decisamente bevendo troppo, perchè chiunque arrivasse decideva di offrire un altro giro a tutti. Quando Megan e il suo fidanzato passarono per mano affianco al loro tavolo, Ron non riuscì a trattenersi. Scoppiò a ridere indicandoli. Harry gli diede una botta, ma ormai era troppo tardi. Si avvicinarono a grandi passi, lui con la faccia rabbiosa e lei rossissima in viso. Ecco fatto, la serata era finita.

 

Hermione guardò subito Harry, provando ancora più schifo della sera prima. La ragazza con cui l'aveva visto il giorno prima era pure fidanzata.

 

“Qualche problema, Weasley?” Chiese quel ragazzo stringendo i pugni. Era decisamente grosso, quindi non arrivare alle mani era l'obiettivo principale. Ma con Ron era molto difficile, vista la sua strafottenza.

 

“No, tesoro. E tu? Vuoi per caso ballare?” Ron si mise comodo sulla sedia, Harry e Draco cercarono di farlo stare zitto. Fortunatamente li al tavolo erano rimasti in pochi, se no la situazione sarebbe degenerata in pochi minuti. Matt Ashley (così si chiamava il fidanzato di Megan) mandò via malamente la sua ragazza, dicendole che quello non era il posto per lei.

 

“E' così che la tratti, Ashley? Non ti preoccupi che qualcun altro possa trattarla meglio?” Disse Ron, bevendo un po' di birra. Harry, spinto anche dall'alcool che aveva in corpo, non riuscì a trattenersi e si mise a ridere. Hermione, non sopportando più quella scena pietosa, si alzò in piedi prendendo Luna e Cho per andarsene.

 

Matt, però, la bloccò per un braccio. “Aspetta.. Questa è un'amica tua, Potter? Molto carina.”

 

Harry scattò subito in piedi, facendo cadere la sedia dietro di lui, e in un attimo fu di fronte ad Ashley. “Lasciala immediatamente e andiamo fuori.” Si era agitato parecchio, vedere quella mano sul braccio di Hermione gli aveva fatto scattare il cuore a mille. Ron e Draco gli furono subito dietro. Matt lasciò Hermione e andò verso la porta, mentre Harry lo seguiva fumante.

 

“Harry, no! Smettila.. Harry!!” Hermione si era attaccata al suo maglione, ma non riusciva a fermarlo. Quel ragazzo era decisamente più grosso di lui, le avrebbe sicuramente prese si santa ragione. Era il campione del Torneo Tremaghi, non poteva permettersi una scazzottata da deficienti. Ron e Draco spostarono Hermione dicendole di stare tranquilla e di lasciar perdere, e seguirono Harry.

 

Andarono in un vicolo affianco al bar, Luna e Calì andarono con Hermione, preoccupate anche loro. Li avevano seguiti anche altri ragazzi, contenti come bambini di assistere ad una rissa.

 

“Allora, che cosa vuoi fare? Che cosa vuoi?” Matt urlava, Harry stava zitto e lo guardava. Quella scena l'avevano già vissuta più di una volta: non era affatto la prima volta che arrivavano alle mani loro due. L'ultima volta, però, aveva suonato Ron di santa ragione.

 

Hermione, fregandosene di tutto e tutti, superò tutti e si buttò su Harry. “Andiamo via per favore, ok? Lascialo perdere, non importa.. Andiamo via.” Toccandolo, si rese conto che aveva tutti i muscoli tesissimi. Piano piano, sotto le sue mani, lo sentì rilassarsi.

 

“Che fai Potter, ti fai comandare da una donna?” Matt sputò a terra ridendo. Hermione non tolse mai lo sguardo da Harry, sperando con tutto il cuore che desse retta a lei e non a lui. Dopo pochi secondi che sembrarono interminabili, Harry prese Hermione e si voltò, andando via da quella stupida situazione inutile.

 

“Non ci credo! Il grande Potter zittito completamente da una donna.. Ma cosa sei diventato? Mi fai ridere, Potter.” Urlò Matt, facendo ridere tutti i suoi compagni. Harry chiuse gli occhi e si infilò in un altro vicolo, da solo con Hermione.

 

“Non ti devi mai mettere in mezzo in situazioni del genere, capito? Uno come Ashley non si ferma neanche davanti a una donna.. E' matto quello.” Le disse lui, camminando avanti e indietro, mentre lei si sedeva su un muretto.

 

“Se è matto perchè volevi tanto farci a pugni? Non aveva alcun senso. Soprattutto era Ron che ci stava discutendo, e tu ti sei messo in mezzo.” Hermione incrociò le braccia guardando da un'altra parte. Harry si girò verso di lei, fermandosi.

 

“Aveva toccato te, non mi serviva altro per attaccarlo!” Lo disse a voce alta, fregandosene se era giusto dirglielo o no. Hermione chiuse gli occhi e non disse più niente. Il suo stomaco aveva fatto mille capriole in pochi secondi.

 

“Grazie.. Per avermi difesa.” Disse infine, tornando a guardarlo. Harry scrollò le spalle, come per dirle che era tutto a posto. Poi si avvicinò a lei, con la testa bassa. Prima di parlare, la guardò negli occhi.

 

“Scusa se ho frainteso il tuo silenzio dopo che sono stato scelto come campione.. Ora ho capito.” Lo sussurrò. Tutto il discorso che si era preparato lo ridusse a una frase, ma forse era più giusta così. Hermione gli sorrise e gli accarezzò il viso, senza pensarci. Le rivenne subito in mente di come l'aveva trovato con quella ragazza la sera prima e ritrasse subito la mano. Avrebbe voluto dirglielo, ma si rese conto che non era nessuno per farlo. Che cosa poteva importarle, infondo?

 

“Ei, siete qua..” Si avvicinarono Ron e Luna. “Dai forza, torniamo al castello.” Senza che nessuno aggiungesse altro, tornarono indietro. Era una serata da dimenticare. Non del tutto, però.

 

Arrivati alla sala comune, Ron e Luna si sedettero un po' sul divano. Per lasciargli la giusta intimità, Harry e Hermione si allontanarono dirigendosi ognuno alla propria scala per il dormitorio.

 

“Comunque, per quello che vale, io sono davvero contenta che ti sei fermato con quel tipo.” Gli sorrise lei, guardandolo appena. Harry annuì, restituendo un sorriso tenue. Hermione cominciò a salire, lui la fermò chiamandola.

 

“Aspetta.. Questo vuol dire che.. Abbiamo fatto pace?” Non era molto pratico di situazioni del genere. Ma evidentemente aveva detto una cosa giusta, perchè l'aveva fatta ridere. E quando la faceva ridere faceva sempre la cosa più giusta del mondo.

 

“Si, Harry. Abbiamo fatto pace.. Buonanotte.” Lo salutò con un cenno della mano e sparì nella scala a chiocciola. Harry si sentì decisamente più leggero all'istante, e capì che tutta la tensione che aveva da qualche giorno non c'entrava niente con il Torneo. Salì nel suo dormitorio, dove trovò Draco ancora sveglio. Si guardarono, e si capirono subito.

 

“Hai fatto benissimo, non pensare alle parole di quello stronzo.” Gli disse il biondo sorridendo.

 

 

 

“Non barare. Devi tenere le mani sopra alle mie.” Harry cercava di parlare più piano che poteva visto che erano in biblioteca. Hermione rimise le sue mani sopra quelle di lui, impaurita che lui la colpisse di nuovo.

 

“Hai le mani pesanti! E poi queste scommesse non valgono, perchè tu bar.. Ahi!!” Strillò Hermione.

 

“Shhhhh!!” Per l'ennesima volta, una voce arrabbiata li zittì da poco lontano. Harry soffocò le risate mentre Hermione lo colpiva più volte con un libro decisamente pesante.

 

“Basta, ho vinto io questa volta! No, non mi interessa niente se mi hai presa.. Hai barato di nuovo, quindi stavolta ho vinto io.” Hermione appoggiò il libro e incrociò le braccia, superba.

 

“Non hai assolutamente vinto tu! Non barare tu, signorina Granger.. Ho vinto io, e la mia vincita prevede che domani sera tu starai con me.” Harry parlò sicuro di se, guardandola fissa e sorridendo. Hermione aggrottò le sopracciglia, non capendo.

 

“Come prego?”

 

“Hai sentito bene! Domani sera starai con me.. E non accetto un no. Sei obbligata, hai perso tu.” Harry cominciò a sistemare le sue cose, si stava facendo tardi. Hermione non riuscì a trattenersi dal ridere, forse per l'agitazione che stava provando.

 

“E' così che inviti le ragazze ad uscire, signor Potter?” Gli diede una piccola spinta con la spalla.

 

“Chi ti dice che è un appuntamento?” Provò Harry, ma vedendo che Hermione stava di nuovo raccogliendo il libro per lanciarglielo alzò le braccia per ripararsi. “Okok scusa scusa lo so che non intendevi neanche tu appuntamento!!”

 

“Stronzo.. E poi scusa, perchè non stasera? Non credo che con me hai bisogno di fare il misterioso. E' solo un gioco che facciamo io e te..” Hermione appoggiò il libro per l'ennesima volta. Harry alzò gli occhi al cielo. Doveva sempre sottolineare il fatto che era un gioco.

 

“Perchè stasera non posso..” Tagliò corto lui. Ma con lei era impossibile tagliare corto.

 

“Che devi fare?” Cominciarono ad alzarsi mettendo la roba nelle loro borse.

 

“Niente.. Sono con gli altri, stiamo un po' insieme così..” Harry riuscì a cambiare subito discorso, portando la sua attenzione sul fatto che la biblioteca chiudeva da li a pochi minuti. Si diressero a grandi passi verso l'uscita e si diressero alla sala comune.

 

 

 

“Si, è con Megan stasera e si vedono al Lago Nero. Io te l'ho detto Harry, ma tu pensaci prima di fare scemate.” Harry senza neanche aspettare la fine di ciò che Lindsay stava dicendo andò via. Doveva pagargliela quel bastardo, cascasse il mondo. Nessuno l'avrebbe mai saputo.

 

Harry si mise ad aspettare li al Lago, appoggiandosi all'albero dove giorni prima era stato con lei. La vide di nuovo lanciare sassi senza senso, parlando con quell'aria da saputella. Non riuscì a trattenere un sorriso, e non potè non pensare a cosa avrebbe detto se lo avesse saputo li. Scosse la testa, non importava. Lui era questo, e non si sarebbe fatto zittire da una donna, come aveva pensato Ashley.

 

Non dovette aspettare molto, li vide subito spuntare poco distante da lui.

 

“Andiamo, Mattie, non dirmi che ti serve venire fin qui per scopare?” Lo schernì Harry alzandosi in piedi e pulendosi le mani dalle foglie cadute. Ashley fece un largo sorriso, era come se lo aspettasse. Mandò subito via Megan e lo guardò.

 

“Sapevo saresti venuto. Non sai perdere, tu.” Matt sputò a terra.

 

“”Come farai senza il tuo pubblico?” Gli prudevano le mani da morire. Voleva distruggerlo subito.

 

“E tu come farai senza la tua bella che ti salva?”

 

“Dovresti stare un po' più attento alla tua di bella. Sai, me la sono scopata giusto pochi giorni fa.” Harry sapeva che questo lo avrebbe fatto scattare subito, e infatti così fu. Matt gli saltò subito addosso.

 

 

Hermione passando per la sala comune guardò senza capire Ron e Draco. “Ma non dovevate essere con Harry?” Chiese avvicinandosi.

 

“Noi? Io credevo fosse con te!” Ron guardò subito Draco, che gli fece un segno con gli occhi di mentire. “No, cioè, si! Era con noi.. Ma poi si è ricordato che doveva finire un compito ed è andato in biblioteca.” Ron fece un sorriso fintissimo, e Draco annuì.

 

Non l'avevano per niente convinta. Hermione si chiese perchè ancora credeva a Harry: chissà dov'era in quel momento. Magari con una.. No, glielo avrebbe sicuramente detto solo per sbatterglielo in faccia. Il giorno dopo lo avrebbe tartassato finchè non glielo avesse detto, eh si.

 

“Che diavolo succede? Dov'è quell'idiota? No.. Aspetta un attimo.” Ron all'improvviso capì. Vedendo Draco che non diceva niente e che spalancava gli occhi, completò la frase. “Non dirmi che è andato a cercarlo.”

 

“Non lo so Ron, ci sto pensando pure io.. Io credevo fosse con lei! Forse secondo me stiamo correndo troppo con la fantasia.” Ma Ron si era già alzato.

 

“Conosci Harry quanto me Draco. E' andato a cercarlo. E ti dirò di più.. L'ha trovato. Vieni, so a chi chiedere.”

 

 

 

“Adesso non me lo dici più che sono un senza palle?? Eh?!” Harry perdeva sangue dappertutto in faccia, ma non era intenzionato a mollare la presa. Matt era messo peggio di lui, ma aveva ancora molte più energie. Ad un tratto, Harry si sentì strattonato da dietro e buttato a terra. Lo tenevano fermo.

 

“Piantala, hai capito?? Adesso basta!” Ron e Draco lo tenevano per le braccia, e due amici di Matt tenevano lui che ancora urlava cercando di buttarsi ancora su Harry.

 

“Non portatelo in infermeria, sono stato chiaro? Nessuno deve sapere.” Disse Draco ai due amici di Matt, che annuirono felici di non dover essere scoperti. Una rissa in pieno territorio di Hogwarts avrebbe comportato la sospensione, e l'immediata espulsione di Harry dal Torneo. Andarono via tenendolo a stento e obbligandolo a zittirsi.

 

“Ma che ti è preso, razza di idiota?? Sei un campione Tremaghi adesso, te ne rendi conto o no? C'è gente che ammazzerebbe per essere al tuo posto, e tu vuoi buttare tutto via per una rissa con un mezzo coglione??” Draco era furibondo, avrebbe tanto voluto aggiungergliele.

 

“Non cambierai mai, Harry. Mai! Sono finiti i tempi delle risse amico, cerca di rendertene conto.” Disse Ron allontanandosi un po. Harry chiuse gli occhi, lo stavano facendo arrabbiare ancora di più. Sputò del sangue affianco a lui e si pulì sulla maglia. Aveva bisogno di darsi una ripulita.

 

Tornando al castello, Ron andò in infermeria fingendo di aver una brutta ferita nelle sue parti intime e di aver bisogno immediatamente una pozione per far cicatrizzare in fretta una ferita aperta. Madama Chips, non intendendo verificare sul campo, gliela diede senza tante cerimonie.

 

Nel dormitorio lo aiutarono a pulirsi e gli fecero prendere la pozione, il giorno dopo sarebbe stato sicuramente meglio e nessuno si sarebbe accorto di niente.

 

 

“Merda, lo noteranno sicuro. Lo noteranno. Che imbecille, idiota..” Harry aprì gli occhi e vide Ron e Draco sopra il suo letto che lo guardavano, studiando le ferite. Sentì che non riusciva ad aprire bene l'occhio destro. “Ti ha conciato davvero per le feste. Cosa ci inventiamo?”

 

Harry si alzò e si diresse subito allo specchio, così avrebbe capito la gravità della situazione. Il riflesso di lui non era per niente buono: un occhio nero e gonfio, un brutto livido violaceo sullo zigomo sinistro e due tagli che sembravano vecchi di giorni sulla bocca. “La pozione funziona.. Dopodomani non avrò più niente.” Disse Harry sciacquandosi la faccia piano. I lividi facevano un male cane.

 

“Certo, bellissimo. E in questi due giorni come farai, Quasimodo?” Ron si sedette sul letto aspettando Harry che si vestiva.

 

“Sono caduto dalla scopa.” Disse all'improvviso. “Ieri sera sono andato a volare da solo e sono caduto.” Ron e Draco si guardarono stupiti.

 

“Si. Potrebbe funzionare.”

 

Ebbero la fortuna che quel giorno Matt decise di non uscire dal suo dormitorio. Era troppo codardo per mostrarsi in pubblico in quel modo.

 

Inutile dire che chiunque chiese ad Harry cosa diavolo fosse successo. Ma la scusa della scopa, fortunatamente, se la bevvero tutti. Si prese una bella sgridata dai professori e diversi punti furono tolti a Grifondoro per aver volato fuori orario, ma niente di grave rispetto a ciò che avrebbe subito se si fosse saputa la verità.

 

“Harry.. Ma che cosa..” Hermione lo guardò sbalordita facendo cadere i libri sul tavolo della Sala Grande. Si sedette subito affianco a lui e gli accarezzò il volto piano.

 

“Io, niente.. Sono solo caduto dalla scopa.” Disse lui godendosi la sua mano fresca e morbida sulle ferite. Hermione lo guardò e provò una strana fitta. Non gli credeva. Gli cadde lo sguardo sulle mani, e gli vide le nocche completamente ferite di entrambe le mani, mentre il palmo non aveva niente.

 

“E quando si cade dalla scopa, si cade solo di faccia? E sei caduto solo sul dorso delle mani?” Lo guardò meglio. Harry non disse niente, mentire a lei in quel momento sembrava la cosa più difficile del mondo. Ma come aveva fatto a capire subito?

 

“Harry..”Sussurrò lei, con la voce tremante. “Ti prego, Harry. Dimmi che non sei andato a cercarlo ieri sera. Dimmi che non hai fatto ciò che credo.”

 

Harry aprì la bocca, ma non uscì niente di niente. La guardò soltanto, sperando potesse capirlo. Hermione si alzò subito e andò via quasi correndo. Harry la seguì subito, chiamandola a gran voce. Riuscì a bloccarla poco prima del ritratto della Signora Grassa.

 

“Per favore, prova ad ascoltarmi.” Disse lui tenendola.

 

“Lasciami, lasciami subito! Credevo fossi diverso, invece mi sbagliavo! Sei un violento, sei uno stronzo e io con te non voglio avere niente a che fare!! Ti trovo con una nei corridoi, picchi la gente senza motivo.. Ma che cosa sei?! Lasciami!” Hermione quasi urlava, ma fortunatamente li nei dintorni non c'era nessuno.

 

“Fammi spiegare! Tu non capisci..” Harry non sapeva neanche cosa dire per difendersi.

 

“Io non mi fiderò mai di te, mai e poi mai!!” Si strattonò con forza e sparì di corsa nella sala comune. Harry la lasciò andare via, consapevole che quella volta non sarebbe servito a niente uno stupido scusa.

 

Quella volta, si era giocato Hermione una volta per tutte.

 

 

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Capitolo 5
*** La Prima Prova ***


5. LA PRIMA PROVA.

 

 

 

 

 

 

Harry sbatteva la testa ripetutamente sul tavolo. La prima prova era dopo due giorni, e lui non aveva la minima idea di cosa potesse essere. Tutti erano nella sua stessa situazione, perchè la prima prova doveva restare segretissima fino al giorno stesso.

 

“Ma è mai possibile che non ci sia una soffiata?! Un qualunque cosa.. Che cavolo. Sono sicuro che quel Gully della Scozia lo sa. Non è possibile che sia così tranquillo.” Appena Draco finì di parlare, si girarono tutti e tre verso il campione di Hamiltons che rideva beato con due ragazze che lo veneravano.

 

“Amico, credo che il Buono te la metterà in quel posto. Essere il Bello in questa circostanza non ti aiuterà.” Ron gli diede una pacca sulla spalla dando la sua sentenza, e Harry ricominciò a martellare con la sua testa quel tavolo della biblioteca.

 

“Ma perchè fa così?! Mi sembra Dean! Sapevano benissimo che non avrebbero saputo niente della prova..” Sussurrò Luna alle sua amiche a pochi tavoli di distanza, indicando Harry con la testa. Cho e Calì si girarono a guardarlo, mentre Hermione continuò a scrivere impassibile.

 

Proprio in quel momento entrò Dean, anche lui aveva una faccia alquanto preoccupata. Si sedette vicino ad Harry senza troppe parole, e prese a guardare Martin. “Che cos'è che sbagliamo noi, Potter? Dici che lo sa?”

 

“Come può saperlo? E' più nascosto del nucleo della terra a sentir Silente.. Secondo me è solo stupido.” Disse Harry mettendosi dritto sulla sedia. Visto che non poteva fare altro, lo avrebbe insultato a distanza. Dean rise dandogli una pacca sulla spalla.

 

“Hai proprio ragione.. Sai cosa facciamo noi stasera? Facciamo gli stupidi pure noi.. Usciamo e ci divertiamo.” Dean era così entusiasta, che contagiò anche loro tre. Probabilmente per Harry uscire e svagarsi era la cosa migliore in quel momento. Il giorno dopo avrebbe riposato tutto il giorno in preparazione, e due giorni dopo avrebbe affrontato qualsiasi prova gli si fosse parata davanti.

 

Il freddo stava diventando decisamente fastidioso, essendo ottobre ormai più che inoltrato, e quella sera la passarono girando per i vari pub di Hogsmeade. Non c'era molta gente, visto l'improvviso freddo, ma si divertirono molto lo stesso. Sia Harry che Dean riuscirono a sgombrare completamente la mente.

 

Il giorno successivo Harry restò da solo tutto il giorno. Andò a correre la mattina presto e andò a volare subito prima di pranzo. Si sentiva libero e decisamente carico, almeno fino a quando la professoressa McGranitt lo fece chiamare per andare subito nell'ufficio di Silente. Forse era arrivato il momento di sapere?

 

Come Harry immaginava, trovò già li sia Martin che Dean. Si salutarono dandosi la tutti la mano, e si sedettero nell'ampio ufficio del preside di Hogwarts. Era la prima volta che Harry ci entrava, e non poté fare a meno di guardarsi intorno: diversi vecchi presidi li guardavano incuriositi da una miriade di dipinti appesi in alto, spifferando tra di loro un possibile vincitore del Torneo. Non poté ammirare altro, perchè Silente spuntò con il preside di Harry e il preside di Hamiltons.

 

“Ebbene ragazzi, grazie per essere venuti.” Cominciò Silente sedendosi a sua volta. “Io e i miei colleghi, qui, vi abbiamo fatto venire semplicemente per augurarvi un fortissimo in bocca al lupo. Sappiamo che vorrete stare tranquilli oggi, infatti vi ruberemo solo pochi istanti..” Il preside di Hogwarts oltrepassò la sua grande scrivania, avvicinandosi ai tre ragazzi che pendevano dalle sue labbra. Ogni parola detta poteva essere essenziale.

 

“Ascoltatemi bene, adesso. Non importa la gloria e la fama, importa farcela sapendo ciò che si sta facendo. Dicono che la prima prova sia la peggiore, forse solo perchè non sai affatto cosa ti aspetta. In realtà, puoi bruciarti in questa come in tutte le altre. Ti brucerai sicuramente, è vero, ma importa come però. E soprattutto, importa se ti sei fatto bruciare per arrivare al fine giusto.” Tutti e tre non si persero neanche una parola e continuarono a fissare le iridi azzurre di Silente. Fu lui il primo a togliere lo sguardo, per ritornare affianco degli altri due presidi.

 

“Augustus, Thomas, volete aggiungere qualcosa?” Chiese Silente guardando i suoi due colleghi. Fu il preside di Hamiltons a parlare per primo, come se già sapesse che quello era il suo turno.

 

“Usate l'intelligenza, usate l'astuzia. Potete contare solo su voi stessi, ma vi pare poco questo? Se siete stati scelti, è proprio per il vostro sangue freddo e la vostra determinazione. Non dimenticatelo, anche se subentra la paura. Spaziate, non bloccatevi a una decisione. Trovate la soluzione esatta.” Incrociò le braccia e guardò il preside di St. Patrick, che disse subito poche parole ma probabilmente le più dirette di tutte.

 

“L'unica cosa che avrete con voi domani sarà la vostra bacchetta.”

 

“Bene, abbiamo già detto troppo forse.” Silente sorrise gentilmente, facendo capire ai tre campioni che era arrivata l'ora del congedo. Ringraziarono decisamente confusi, e uscirono dall'ufficio del preside di Hogwarts camminando lentamente. Una volta giunti nei corridoi, si bloccarono.

 

“Ma che cavolo è successo la dentro?” L'accento scozzese di Martin faceva sempre sorridere sia Harry che Dean, ma quello non era certo il momento.

 

“Ma non hai capito? Ci hanno dato indizi. Che avremo soltanto la bacchetta è palese, ma non vi siete accorti di altro?” Dean sembrava molto sicuro di se, Harry e Martin lo guardavano aspettando che continuasse.

 

“Silente ha detto la parola bruciare almeno tre volte. E' abbastanza chiaro che voleva farci capire che domani la prova avrà a che fare con il fuoco.” Disse Dean, con tono ovvio.

 

Ma certo! Come cavolo non aveva fatto Harry ad arrivarci da solo?

 

“Con il fuoco, hai ragione certo. Potrebbero essere mille cose, però..” Cominciarono tutti e tre a camminare a vuoto per quel corridoio deserto, cercando una soluzione che però non avrebbero mai trovato.

 

“E' già un inizio però, no? Sappiamo che avremo la bacchetta e che dovremo scontrarci con il fuoco.” Si rincuorò Martin. Così grande e grosso ma così incredibilmente gentile e buono.

 

“Già, una passeggiata insomma. Arriveremo belli pronti a sparare acqua a tutto spiano domani e invece il fuoco non c'entrerà niente, ma ve lo immaginate?” Sdrammatizzò Dean, facendo ridere i due compagni di avventura. Decisero che probabilmente era meglio non parlarne più, perchè si sarebbero creati solo mille problemi inutili.

 

Una volta arrivati ognuno dai propri amici, inevitabilmente ne parlarono a più non posso.

 

“Quindi sai per certo che avrai la bacchetta e basta.. Cavolo. E il fuoco, eh..” Era forse la terza volta che Ron ripeteva la stessa frase, come se così facendo poteva trovare una soluzione. Era davvero snervante. Aveva portato qualcosa da mangiare a Harry perchè non era voluto scendere per cena, mentre Draco gli aveva rimediato una bella burrobirra. Erano in sala comune, e la gente che passava lo salutava alzando il pugno in segno di in bocca al lupo, che avrebbero tifato per lui e quant'altro.

 

“Forse dovremmo andare nel dormitorio, ho bisogno di una bella dormi..” Harry si interruppe, seguendo con lo sguardo la persona che era appena entrata in sala comune.

 

Dai, vieni qui da me e facciamo pace adesso. Ho bisogno che mi parli, dai.

 

I pensieri di Harry erano così forti che ebbe paura di averli detti ad alta voce. Draco gli passò una mano davanti agli occhi, come per svegliarlo. “Questa storia deve finire, amico. Saranno dieci giorni che non vi parlate! Fai l'uomo no? Dopo la prova, ovviamente.. Ora devi fare l'uomo per altre questioni.” Sia Ron che Harry risero scuotendo la testa. Il moro provò a rimanere ancora un po' li, sperando in qualsiasi cenno di Hermione. Ma vedendo che non arrivava niente, andò con i suoi amici al dormitorio.

 

Hermione lo seguì con lo sguardo mentre saliva le scale. Aveva un nodo in golo così forte che se si fosse sciolto avrebbe vomitato all'istante.

 

“Non ti capisco proprio, neanche questa volta. Stai malissimo, stai anche morendo di paura per domani e non lo degni di uno sguardo da più di una settimana.” Disse secca Luna, vedendo dove l'amica stava guardando. Hermione scosse forte la testa e tornò con gli occhi sulla bionda.

 

“Sai bene che ho i miei buoni motivi. E poi non è affatto vero che sto male e ho paura per domani.” Mentì spudoratamente Hermione. Ma quella era la fine della loro conversazione, perchè cambiò discorso subito.

 

Se non fosse stata obbligata ad andare visto la sospensione delle lezioni, non si sarebbe presentata alla prima prova. Qualsiasi cosa fosse stata, sarebbe stata pericolosa. E pensare Harry in pericolo le annodava ancora di più la gola e lo stomaco.

 

 

La mattina dopo Harry si alzò all'alba, forse non si era manco mai addormentato. Mettendosi abiti suoi personali, scese quando ancora tutti i suoi compagni dormivano. Entrò in Sala Grande, obbligandosi a mangiare qualcosa, e fu felice di trovare Dean, anche lui con vestiti suoi. “Visto che la divisa sarà nella nostra tenda..” Disse il campione di Hogwarts dando la mano ad Harry. Si sedettero vicini, ma nessuno dei due riuscì a toccare minimamente cibo.

 

“E' inutile stare qui, non credi? Andiamo già la..” Harry trovò subito l'assenso di Dean. Si alzarono, agitati come non mai, e uscirono dirigendosi al campo da Quidditch. Era la che dovevano andare. Avvicinandosi, si resero conto che il campo era coperta da un incantesimo: era il doppio più grande ma era completamente confuso, non si capiva assolutamente cosa fosse.

 

“Dev'essere un incantesimo Cunfundus molto potente. Sai, caso mai qualcuno stanotte fosse venuto a curiosare per vedere cosa c'era nel campo. Cesserà appena elencheranno le mdoalità della prova.” Anche quella volta Dean si dimostrò impeccabile nella spiegazione.

 

“Dovevi essere l'intelligente, altro che il simpatico!” Si complimentò Harry dandogli una pacca sulla spalla. Sentirono delle voci sempre più nitide proprio fuori dalla tenda, e non appena arrivarono li davanti videro i tre presidi già belli pronti. Silente sorrise dolcemente.

 

“Vi siete svegliati decisamente presto. Spero abbiate mangiato.. Ma prego, prego. Entrate campioni. La tenda è vostra.” Harry e Dean, dopo aver salutato con un cenno della testa i presidi, entrarono prima di Silente.

 

Era molto grande all'interno ed era divisa in tre zone, non completamente chiuse ma comunque separate. Harry lesse “POTTER” nella zona più a destra e ci si avvicinò. C'era una brandina, tutto il necessario medico per ogni tipo di ferita o lesione magica e non, bevande fresche, cibo e la sua divisa, bellissima, fiammante e strettamente personale appesa al centro. Si avvicinò di più per osservarla meglio: i pantaloni erano completamente neri e di una pelle dura, con un cinturone incorporato dove poter mettere la bacchetta. La maglia era verde smeraldo a maniche lunghe e aveva incisa sul davanti lo stemma di St. Patrick e dietro, in lettere argento luccicanti, la scritta Potter. Harry la sfiorò con le mani, sentendo il materiale pesante e certamente non traspirante (pensò subito al fuoco). Il mantello che avrebbe indossato sicuramente solo per la presentazione della prova aveva anche quello il suo nome scritto sopra.

 

Fu interrotto dall'arrivo di Martin, che aveva perso tutta la sua tranquillità lasciando spazio a una grande agitazione che aveva impedito pure a lui di mangiare. Si salutarono con un mezzo sorriso, e poi ognuno tornò alla sua zona personale. Pensando che non aveva niente da aspettare, Harry cominciò a spogliarsi e si mise la sua divisa. Si rese conto che era davvero su misura, non appena la indossò prese perfettamente la forma del suo corpo. Provò a muoversi ed era comodissimo, quasi come se quella fosse semplicemente la sua pelle. Infilò la sua bacchetta nella fondina, e si guardò allo specchio appeso li nell'angolo. La divisa era incantata: prendeva precisamente le sembianze del corpo che la indossava.

 

Si cominciarono a sentire diverse voci. Tutti gli studenti stavano prendendo posto negli spalti. “Signore..” Dean interruppe quel religioso silenzio.

 

“Si, Dean?” Rispose calmo Silente.

 

“Come fanno gli studenti a trovare posto? Non saranno confusi?”

 

“Ottima osservazione Dean. Ma fortunatamente ci siamo arrivati anche noi, però prima: tutto è confuso tranne la strada per arrivare ai proprio posti.” Silente gli sorrise e guardò l'orologio. “Bene, campioni. Venite qui, è quasi ora.”

 

Tutti e tre raggiunsero ognuno il proprio preside. La divisa di Dean era azzurro cielo, quella di Martin era rosso fuoco. “Quando tutti avranno preso posto, usciremo. Sarà colui che gestisce le regolamentazioni del Torneo Tremaghi, ovvero Barty Crouch, a spiegare dettagliatamente la prima prova.” Silente parlò con voce piatta, per continuare a tranquillizzare i ragazzi.

 

Passarono pochi minuti che però sembrarono a tutti interminabili. “Bene, Albus. E' l'ora.” La professoressa Mcgranitt era entrata, e sembrava meno rigida del solito. Tutti e tre i campioni, in un gesto meccanico, si sistemarono il mantello e uscirono, ognuno affianco al proprio preside. Non appena furono visibili a tutti, esplose un boato assordante dal pubblico. Harry alzò lo sguardo e quasi spalancò la bocca: non aveva mai visto così tanta gente tutta insieme in un campo da Quidditch (anche se quello non lo era in realtà). Oltre che a tutti gli studenti delle tre scuole, c'era la stampa e maghi e streghe che semplicemente avevano comprato il biglietto per assistere a un appuntamento storico. C'erano striscioni e scritte ovunque, anche per lui.

 

Si diressero al centro dello stadio, che era inspiegabilmente rialzato rispetto al resto.

 

“Benvenuti, benvenuti a tutti al quattrocentoventiduesimo Torneo Tremaghi della Gran Bretagna!” La voce amplificata di Crouch fece esplodere un altro applauso. Mentre elenzava i vari convenevoli, dal pubblico qualcuno non stava attento.

 

“Ecco, Harry è quello in verde. Lo vedete tutti?” Disse Ron a gran voce rivolgendosi a tutti quelli che aveva dietro. Tutti gli studenti dell'Irlanda si erano seduti insieme, affianco a tutti quelli di Hogwarts. Hermione non faceva altro che torturarsi le mani. “Shhh Ron! Sta per spiegare la prova.” Lo sgridò lei.

 

“I tre campioni avranno la possibilità di usare solo e soltanto la loro bacchetta magica. Qualsiasi tipo di incantesimo è valido, eccetto per le tre Maledizioni Senza Perdono. Qualora il campione durante la prova voglia ritirarsi, può semplicemente urlare -Mi arrendo- e la prova si bloccherà automaticamente. E' implicito che, arrendendovi, non passerete la prova. Ciò che i tre campioni delle tre scuole della Gran Bretagna dovranno superare oggi è..” Crouch si fermò e per un istante Harry pensò che si era dimenticato quale fosse la prova. “Un drago.”

 

Tutto il pubblico trattenne il respiro, ma non solo. I tre ragazzi si guardarono a vicenda, sbalorditi, mentre i tre presidi rimasero impassibili. “Un drago per ognuno di loro, ovviamente.” Crouch dovette alzare la voce per sovrastare il pubblico. “Il vostro obiettivo è trovare l'uovo d'oro che il drago è stato ammaestrato a difendere come se fosse suo, senza quell'uovo non avrete possibilità di passare la seconda prova. Attenzione però: le uova che il drago protegge sono tre, solo una è giusta. Toccate quelle sbagliate, e non sarà piacevole. Se toccandolo non accadrà nulla, avrete afferrato l'uovo giusto.”

 

Hermione aveva le mani sulla bocca da quando aveva sentito la parola drago. “Non possono.. Moriranno! Hanno solo la bacchetta.. E' illegale!” Le veniva da piangere, aveva il fiato corto. Si alzò sotto lo sguardo sbalordito di tutti e si mise a correre.

 

“L'ordine delle prove verrà estratto a sorte. Campioni, nella tenda!” La voce di Barty tornò normale e si precipitò nella tenda con i campioni e i presidi. Il campo da Quidditch era diventata un infernale ed enorme gabbia per draghi. Il terreno era completamente roccioso, l'uovo poteva essere nascosto davvero ovunque. Harry diede una rapita occhiata in alto: volendo c'era la possibilità di uscire molto in alto. Ma come? Aveva solo la bacchetta. Era impossibile scamparla.

 

Mentre Crouch si accingeva al sorteggio, Harry si andò a sedere nella sua brandina.

 

“La prego, mi faccia entrare. Lei non capisce.. Devo dirgli una cosa importante.” Harry tese le orecchie e ascoltò quella voce estremamente familiare che proveniva dal retro della tenda, proprio li dove stava lui. Si alzò subito e con la bacchetta si fece un varco nel tessuto che lo divideva da quella voce. Un auror lo guardò sbalordito, non capendo.

 

“Ti prego, dacci solo un minuto.” Disse Harry, fissando Hermione negli occhi.

 

“Oh mio Dio, me ne pentirò già lo so. Fate veloci, per favore!” Si allontanò e si mise di guardia per evitare che qualcuno vedesse. Hermione, senza troppe cerimonie, gli si buttò tra le braccia. Dopo tutto quello che avevano passato, era la prima volta che si abbracciavano in quel modo. Harry chiuse gli occhi e nascose il viso nei suoi capelli. In quell'attimo, non esisteva più niente.

 

“Ti prego, stai attento. Se vedi che non ce la fai lascia perdere. Hai la bacchetta, giusto? Usala con giudizio. Pensa a ciò che sai fare bene, a ciò che ti viene meglio.” Cominciò a baciarlo sulle guance cercando di non piangere e mostrandosi più calma che poteva. “So che ce la puoi fare, ne sono certa. Con la bacchetta puoi fare ogni cosa, capito? Ogni cosa!”

 

Harry stava per rispondere, ma l'auror tornò quasi di corsa avvisandoli che Crouch li stava chiamando. Hermione, senza sapere bene il perchè, si alzò in punta di piedi, mise le sue braccia intorno al collo di Harry e lo baciò sulla bocca. Tennero entrambi gli occhi aperti, fissi nell'altro, e le bocche così ferme. Come se quel contatto forse vitale in quel momento. Quando Hermione si staccò, corse subito via dirigendosi verso gli spalti, lasciando Harry immobile a guardarla.

 

“Muoviti latin lover, hai una prova da sostenere mi pare!!” L'auror spinse Harry malamente dentro la tenda e con un colpo di bacchetta sistemò il foro che aveva creato poco prima.

 

Harry tornò immediatamente alla realtà, vedendo Crouch pronto a parlare. “Il primo campione sarà il signor Gully. A seguire il signor Thomas, e ovviamente per ultimo il signor Potter.” Harry alzò lo sguardo al cielo. Avrebbe voluto essere per primo, e invece era l'ultimo. La tensione lo avrebbe ucciso sicuramente.

 

Quando Martin entrò, sentirono un boato avvolgerlo. Urlavano il suo nome, il suo cognome, qualsiasi tipo di elogio possibile. Poi, il silenzio totale. Harry e Dean guardarono verso Silente non capendo. “Non potete assistere alla prova, voi.”

 

Non dovettero aspettare molto: passarano poco più di dieci minuti e la voce amplificata di Crouch parlò di nuovo. “Il campione di Hamiltons si arrende. Accogliamo in campo il campione di Hogwarts.”

 

Harry guardò Dean uscire, e poi di nuovo il silenzio. L'attesa durò decisamente di più, e Harry ebbe il tempo di pensare. Ripensò alle parole di Hermione, al fatto che doveva utilizzare tutto ciò che sapeva fare meglio. Ma cosa? Era parecchio bravo nel volo, ma non..

 

Si bloccò all'istante. Ma certo! Con un incantesimo di appello avrebbe chiamato a se la sua Firebolt. Con un po' di astuzia e rimanendo in volo avrebbe avuto una visibilità decisamente migliore. Si stava rincuorando, Hermione gli aveva dato l'idea giusta.

 

“Il campione di Hogwarts recupera l'uovo d'oro!” La voce di Crouch fu accompagnata da un applauso fragoroso per Dean. Harry fece in tempo a vederlo mentre veniva accompagnato fuori dal campo su una barella con due medimaghi, e fu chiamato per entrare. Il suo preside gli diede qualche pacca sulla spalla, e lo spinse fuori dalla tenda.

 

Fu inghiottito in quello che era diventato un campo ancora più devastato di quello che aveva visto poco prima. L'applauso e il suo nome che rimbombava dagli spalti sparì piano piano, e un silenzio pesante lo avvolse. Tirò fuori la bacchetta, pronto a difendersi. Cominciò a camminare piano, indeciso se chiamare subito a se il suo manico di scopa o se cercare.. Eccolo. Un uovo d'oro brillava proprio dietro a una roccia al centro dello stadio.

 

Fece uno scatto in avanti senza pensarci, e un ruggito bestiale lo fece cadere all'indietro. Un immenso drago era spuntato da una grande voragine laterale. Harry corse a nascondersi dietro a un masso, evitando per un pelo una fiammata proveniente dalla bocca del mostro. Aveva la schiena coperta di spine giganti, sembravano immensi denti aguzzi, e il suo muso lungo ringhiava e sputava fuoco senza sosta.

 

“Accio Firebolt!” Urlò Harry puntando la bacchetta in una direzione indefinita. Sperò con tutto il cuore che sarebbe riuscita a trovare il modo per uscire dagli spogliatoi.

 

“Che cos'ha detto?? Non riesco a capire.. Che sta facendo?!” Urlava Draco cercando di leggere il labiale di Harry attraverso un binocolo.

 

“Guardate, guardate la! Ha appellato la sua scopa!!” Urlò Hermione con la voce che le tremava per tutte le emozioni che stava provando, per prima la paura. Tutti quelli che erano riusciti a sentirla si girarono in direzione della Firebolt che stava arrivando sfrecciando.

 

Harry la vide arrivare veloce e sorrise. Bene, e adesso? Si guardò un po' in giro senza sapere bene come uscire allo scoperto. “Reducto!” Urlò e fece esplodere alcuni sassi proprio affianco al drago, che si distrasse giusto il tempo per dare a Harry la possibilità di alzarsi e correre verso la scopa. Saltò nel vuoto e la sua fedele Firebolt lo accolse, pronta a seguire le sue indicazioni. Il pubblico esplose in un applauso, e Harry automaticamente si caricò.

 

L'unico modo per cercare indisturbato l'uovo era di far uscire il drago da quell'immensa gabbia che chiudeva tutto lo stadio. Virò la scopa e cominciò a volare verso l'alto, laddove sarebbe potuto uscire. Il drago provò a seguirlo, ma le pesanti catene che lo legavano lo bloccarono. “RELASCIO!” Gridò Harry, facendo scattare con un suono sordo tutti i legacci attorno alle zampe dell'animale.

 

Come previsto, il drago spiccò subito il volo inseguendo Harry. “Andiamo, andiamo.. Forza! Più veloce, più veloce!!” Imprecava alla sua scopa, che andava alla sua massima velocità tagliando completamente l'aria. L'immenso drago con solo qualche sbattuta di ali riuscì quasi a raggiungerlo. Harry schivò quasi tutte le fiammate: si accorse con immenso piacere che la maglia della divisa lo proteggeva dal fuoco in maniera impeccabili. Doveva seminarlo, doveva far si che si perdesse.

 

Si infilò nella Foresta Proibita, senza neanche saperlo. Volava più basso che poteva, tra gli alberi, così da disorientarlo. Quando crebbe di averlo perso, con un colpo di coda fortissimo lo disarcionò dalla scopa. Perse i sensi per alcuni secondi, rimanendo stramazzato al suolo e perdendo sangue dal naso e dalla bocca. Quando riprese conoscenza, si rese conto che aveva perso di vista la Firebolt. Vedeva il drago fluttuare sopra di se, non riusciva a vedere Harry a causa dei fitti rami di quella miriade di alberi. Si mise una mano sul fianco, cercando la bacchetta che fortunatamente trovò. Si rese conto che non riusciva a muovere il braccio sinistra, si era sicuramente rotto.

 

Il drago cominciò a sputare fuoco ovunque, disperato. Appena cominciò ad allontanarsi, Harry richiamò a se la Firebolt che era rimasta incastrata in qualche albero poco distante da lui. Appena la vide arrivare, si alzò con immensa fatica e la cavalcò. Con la mano destra si resse, mentre il braccio sinistra lo teneva stretto a se. Sentiva così male che vedeva quasi appannato. Arrivò al campo con una fatica immensa e cominciò a sorvolare tutta la zona dov'era il drago, cercando le tre uova d'oro.

 

“Oh mio Dio.. E' ferito. Sta male, sta male.. Perchè nessuno interviene..” Hermione cominciava a piangere per la tensione, non riusciva più a reggere quella situazione. Non le importava che Harry prendesse l'uovo, voleva soltanto che qualcuno lo portasse subito in infermeria.

 

“Sta cercando l'uovo giusto.. Oddio, speriamo lo trovi subito.” Esclamò Ron torturandosi le mani.

 

Harry desiderò all'istante un altro aiuto di Hermione. Era sicuro che lei avrebbe saputo esattamente come fare in quel momento. Trovate tutte e tre le uova, le sollevò con la magia e le portò al centro del campo. Doveva fare presto, il drago poteva tornare a momenti. Scese dalla scopa e cercando di restare il più lucido possibile andò davanti alle tre uova. Due erano false, una era quella che racchiudeva il prezioso indizio per la prova che avrebbe dovuto sostenere successivamente. Non aveva altra scelta: doveva toccarle.

 

Si avvicinò, deciso a non perdere altro tempo.

 

“Oh no.. che vuole fare?” Chiese Luna portandosi le mani alla bocca.

 

“No! Non può toccarle.. Se tocca quella sbagliata potrebbe succedere di tutto.” Hermione si coprì gli occhi, capendo che non poteva guardare oltre.

 

“Ne toccherà due insieme. Così almeno saprà subito qual è quello vero..” Draco lo capì non appena vide l'amico sforzarsi enormemente per appoggiare il suo braccio rotto su un uovo. Non appena le sue mani toccarono la superficie fredda degli oggetti misteriosi, tutto il pubblico trattenne il respiro.

 

Un uovo non si mosse di una virgola, mentre l'altro scomparve all'istante. Era l'uovo giusto quello che teneva sotto il suo braccio rotto. Non era successo assolutamente niente toccando l'uovo sbagliato, gli avevano soltanto fatto credere che sarebbero stati letali.

 

“Il campione di St. Patrick riesce a recuperare l'uovo d'oro!!” La voce di Crouch gli sembrò la musica più bella di sempre in quel momento. Strinse l'uovo sotto il braccio destro, e non lo mollò un attimo neanche quando due medimaghi lo caricarono in una barella e lo portarono dentro la tenda.

 

“Credo.. Credo di essermi rotto il braccio sinistro.” Disse Harry a uno dei medimaghi, con le poche forze che gli rimanevano.

 

“Anche due costole, signor Potter. E' stato molto coraggioso a continuare.” Rispose il dottore continuando a visitarlo.

 

“Sei forte, Potter!” Sentì Dean dall'altro lato della tenda e sorrise chiudendo gli occhi.

 

“Anche tu, Thomas. Anche tu..”

 

“Il signor Gully, per essersi arreso durante lo scontro con il drago, non ha superato la prova e passa automaticamente al terzo posto.” Barty Crouch si era consultato con tutta la giuria del Torneo Tremaghi, e stava informando il pubblico del punteggio finale. Harry tese bene le orecchie, dicendo gentilmente al medico di fermarsi un attimo. “I signori Thomas e Potter sono stati valutati nel corso delle loro prove: l'innata intelligenza e la calma del signor Thomas a trovare da subito l'uovo d'oro giusto, non appena è riuscito a liberarsi del drago con potenti incantesimi di stordimento, e l'incredibile sangue freddo del signor Potter a liberarsi del drago portandolo fuori dal campo insieme all'audace sprezzo del pericolo mostrato toccando tutte le uova nonostante sapesse la loro pericolosità, hanno reso possibile dare ad entrambi i campione lo stesso identico punteggio.” Un grande boato di assenso di levò dal pubblico.

 

“Tuttavia, tuttavia.” Interruppe di nuovo Crouch. “Abbiamo dovuto dare un punteggio anche al tempo ottenuto da entrambi. Dato che..” Barty lesse la pergamena con tutti i dettagli sulle prove appena trascorse. “Il signor Thomas ha impiegato esattamente 34 minuti a finire la prova, mentre il signor Potter ne ha impiegati 22, il vincitore della prima prova è: Harry Potter, campione di St. Patrick.”

 

Harry si alzò subito, gemendo dal dolore e prendendosi una serie di sgridate dai medimaghi. Ma doveva uscire per forza a godersi quel momento. Uscì dalla tenda e si buttò zoppicando in mezzo al campo, alzando il pugno al cielo in segno di vittoria e lasciandosi investire da tutti quegli applausi fragorosi solo per lui. Ce l'aveva fatta, era sicuro che il peggio era passato. Tornò subito nella tenda esortato dai dottori, e non appena toccò la brandina, perse i sensi.

 

 

Quando Harry riaprì gli occhi, si sentiva completamente stordito. Provò a mettere a fuoco l'immagine, ma si sentiva gli occhi ancora molto pesanti.

 

“Sembra quasi abbia sonno.. E' da ieri che dorme.” Riconoscere la voce di Ron non fu difficile.

 

“Quando ti sarai trovato un drago di 10 tonnellate davanti fammi sapere quanto dormirai tu..” Sussurrò Harry di rimando, cominciando a mettere a fuoco le figure di Draco e Ron.

 

“Merda, amico! Ci hai fatto prendere un cazzo di colpo.. Come ti senti?” Draco si sedette sul letto sorridendogli.

 

“Eh, così. Sono davvero qui da ieri?” Provò a tirarsi un po' su.

 

“Eh si. Dean se n'è uscito stamattina, invece. Martin già ieri sera, non aveva granchè.” Ron lo aiutò ad alzarsi in piedi. “Mi ha detto Madama Chips che devi camminare un po'. La costola è completamente messa a posto, per il braccio dovrai pazientare qualche giorno ancora.” Harry annuì e si guardò il braccio sinistro fasciato e appeso al collo. Aiutato dagli amici, camminò un po' li dentro all'infermeria, tra i letti. Ci mise poco a recuperare completamente la sensibilità.

 

“Hermione?” Non potè fare a meno di chiedere di lei.

 

“E' venuta, più volte. Era così agitata ieri durante la prova, non puoi neanche immaginare. A un certo punto abbiamo creduto che volesse saltare dentro al campo per portarti via!” Ron sorrise e lasciò Harry camminare da solo. “E' l'ora di cena. La c'è la tua divisa, ti aiutiamo a vestirti e vieni con noi. Sicuramente Madama Chips sarà ben contenta che te ne vai, dice che facciamo troppo casino qui.”

 

Sia Draco che Ron non si trattenerono dal prendere in giro Harry mentre lo aiutarono a vestirsi, facendolo arrabbiare non poco. “Solo perchè sono debole, se no l'avreste già pagata cara.” Uscirono dall'infermeria e si diressero con calma verso la Sala Grande, non era il caso per Harry di esagerare. Tutte le persone che incontravano salutavano calorosamente Harry, complimentandosi per la prova e chiedendo come stava.

 

“Harry..” Quella voce gli fece battere il cuore più del dovuto. Si girò verso Hermione che stava arrivando da un corridoio li affianco, e Draco e Ron andarono avanti lasciandoli soli.

 

“Herm.. Ciao.” Gli fu subito vicino e lo controllò con lo sguardo. Appoggiò una sua mano sul suo braccio ferito.

 

“Come stai, Harry? Madama Chips dice che la tua costola è a posto. Le altre ferite sono tutte superficiali e passeranno.. Il braccio anche, devi solo pazientare.”

 

“Si, si. Sto bene infatti..” Harry sorrise e guardò in basso. “Grazie, per essere venuta da me prima della prova. Senza di te non avrei mai pensato alla Firebolt.”

 

Hermione gli fece un sorriso felice e sincero. “Sei stato davvero eccezionale, è stato solo merito tuo. Io ho solo..”

 

“Grande, Potter! Sei praticamente l'idolo del momento..” Cormac McLaggen si avvicinò dandogli una grossa manata sulla spalla, proprio dove Harry aveva un taglio ancora aperto. Fece finta di niente, pur avendo sentito non poco dolore. Gli accennò un sorriso senza dire niente. Cormac avvolse Hermione tra le braccia e le diede un bacio sul collo.

 

“Dai muoviamoci Herm, prima che la McGranitt cambi idea.” La trascinò via, dandole solo il tempo di salutare Harry appena. Li guardò sparire dietro l'angolo, e si diresse con il morale a terra alla Sala Grande. Tutti i complimenti che riceveva non gli facevano più tanto effetto.

 

“Dove sono andati Hermione e McLaggen?” Chiese Harry a Luna, durante la cena.

 

“A cena ad Hogsmeade. E' il compleanno di Cormac e ha fatto carte false con Silente e la McGranitt per avere il permesso di uscire con Hermione stasera. Ha organizzato una cosa molto romantica, davvero.. Finalmente porteranno il loro rapporto a un livello più alto da stasera, era l'ora.” Luna guardò Harry di sottecchi, sperando di averlo svegliato con quelle parole.

 

“Capito.. Bè, sono contento per lei. Se lo merita.” Rispose semplicemente Harry, senza la minima emozione. Ciò che era successo il giorno prima fuori dalla tenda o se l'era immaginato o lo aveva fatto soltanto per.. Per cosa? Non lo sapeva neanche lui. Sapeva solo che lui, per lei, non significava molto. Non si fidava di lui e lo vedeva come un violento, era questa la verità.

 

Luna sbuffò forte e tornò a parlare con Ron, rendendosi conto da sola che quel ragazzo era davvero senza speranze e se la stava lasciando completamente sfuggire dalle mani.

 

Harry finì di mangiare in silenzio e continuando a pensare. Ad un certo punto quasi gli venne da ridere da solo.. Si rese conto che conosceva Hermione da quasi due mesi ormai, e le volte in cui erano andati d'amore e d'accordo si contavano sulle dita di una mano, mentre i momenti in cui non si parlavano o litigavano erano innumerevoli: perchè, allora, sentiva il costante bisogno di lei? E cosa significava, soprattutto, quella sensazione che provava solo quando c'era lei?

 

Già. Questo faceva decisamente ridere.

 

 

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Capitolo 6
*** Casa Weasley (parte 1) ***


6. CASA WEASLEY (parte 1)

 

 

 

 

 

 

 

 

“Ormai che ti sei fidanzato mi sei diventato un pappa molle.. Non ti riconosco più!” Disse Harry rivolgendosi a Ron, che aveva appena detto che non sarebbe uscito con loro quella sera perchè stava con Luna. “Per questo dico sempre che le donne bisogna sempre allontanarle.” Concluse la sua sentenza fiero di ciò che stava dicendo.

 

“Ma vai a cagare, te e le tue filosofie..” Ron gli diede un pugno sulla spalla e si allontanò.

 

“E così rimasero in due.. Va be, raggiungiamo gli altri al pub. Sicuramente troviamo tutti la.” Draco si strinse nel cappotto e uscì dal castello insieme a Harry. Halloween era alle porte, e Silente aveva informato tutti che per tutto il week end le lezioni sarebbe state sospese. Draco era intenzionato a tornare a casa sua, mentre Harry probabilmente sarebbe andato a casa di Ron.

 

 

Entrarono ai Tre Manici di Scopa, diventato ormai un appuntamento fisso delle loro serate ad Hogsmeade. Si unirono ad alcuni loro amici di St. Patrick e ordinarono da bere. Draco guardò ad un tavolo proprio dietro ad Harry e cambiò quasi faccia. “Ci sono Hermione e McLaggen e sembra stiano litigando.. Speriamo di no perchè domani abbiamo la partita e vorrei non avere problemi di questo tipo.”

 

Harry non seppe resistere e si girò, seguendo lo sguardo di Draco. Non sentiva cosa dicevano, ma a giudicare da come lei gesticolava e dal suo sguardo era chiaramente infastidita. Harry lo sapeva bene: la maggior parte delle volte lei gli aveva parlato così.

 

 

“Non capisco proprio il tuo innervosirti, sinceramente. Ti ho solo detto che non voglio correre, che per adesso uscire insieme può bastare.. Quindi a casa tua nel weekend di Halloween non ci voglio venire.” Hermione non sapeva più come spiegarglielo, e lui sembrava proprio non ascoltare. Non vedeva l'ora di tornare al castello, stava passando decisamente troppo tempo con lui e non ci trovava niente di bello, in realtà.

 

“Va be, fai come vuoi. Io ti dico solo che mi stai stancando alla grande. Non mi pare possibile che è dalla fine dello scorso anno che usciamo e ancora siamo a questo punto. Cazzo, sei davvero la Principessa di Ghiaccio.” Cormac parlò con sufficienza e menefreghismo. Hermione, senza aggiungere altro, si alzò e andò via. McLaggen, senza tante cerimonie, si alzò e si avvicinò ad un altro gruppetto di ragazze così oche che erano proprio fatte a posta per lui.

 

Harry fu completamente guidato dall'istinto: senza pensarci, si alzò e si buttò all'inseguimento di Hermione. “Harry, no! Poggia quel culo sulla.. Mio Dio, quella è davvero l'unica donna che gli fotte la testa.” Disse Draco guardando Harry uscire velocemente dalla porta del pub.

 

Hermione aveva un passo sostenuto, era così impettita mentre camminava che se Harry l'avesse fermata si sarebbe preso lui uno schiaffo. Infatti cominciò a rallentare, rendendosi conto che non era davvero nessuno per intromettersi nei suoi affari. Mentre si stava per girare per fare dietro front, vide due uomini pararsi proprio davanti a lei bloccandole la strada. Harry s'irrigidì e riprese ad accelerare il passo verso Hermione.

 

“E dai, vieni con noi.. Sei veramente bella.” Puzzavano d'alcool da fare schifo, ed Hermione cercò di andarsene passandogli affianco, ma continuavano a bloccarle la strada. Un brivido di panico le percorse la schiena, non l'avrebbe mai sentita nessuno se l'avessero portata in un angolo buio li di fianco.

 

“Ei! C'è qualche problema per caso?” Hermione non poteva crederci. Harry era arrivato come un fulmine e le si era messo davanti, proteggendola completamente con il suo corpo e fronteggiando quei due uomini. Hermione chiuse gli occhi e appoggiò la testa e le mani sulla schiena di Harry, rilassandosi all'istante.

 

“E dai, amico. Non puoi condividere con noi?” Continuò ad insistere uno di loro due. Hermione strinse la maglia di Harry, come per fargli capire che doveva lasciar perdere. Aveva il terrore che potesse mettergli le mani addosso; sapeva che Harry non si sarebbe fermato pur vedendo che erano in due.

 

“La mia ragazza non la condivido proprio con nessuno. Quindi andate via, subito.” Harry strinse i pugni, pronto ad ogni evenienza e li fissò dritto negli occhi. Per la tranquillità di tutti, i due uomini si allontanarono ridendo tra loro e barcollando, pronti a bere ancora per tutta la notte.

 

“Stai bene? Ti hanno fatto qualcosa?” Harry si girò subito verso Hermione e si mise a controllarla.

 

“No, no.. Loro.. Sei arrivato in tempo. Grazie..” Gli rispose Hermione abbassando lo sguardo e sorridendo. “Come facevi a sapere che ero qua?”

 

Harry cambiò faccia. “Ehm.. Passavo di qui per caso, stavo tornando al castello in realtà e.. Ti ho vista qui con quei due.” Hermione annuì e cominciò a camminare verso Hogwarts, Harry le camminava affianco con le mani dentro le tasche.

 

“Potevi almeno dirmelo che ci eravamo fidanzati..” Hermione lo guardò sorridendo e gli appoggiò una mano sul braccio.

 

“Oh, bè..” Harry rise nervosamente. Mio Dio, sembrava un emerito coglione. Ma che diavolo gli prendeva ogni volta quando era con lei? “Non sapevo cosa dire. Però ha funzionato, no? Se ne sono andati..” Hermione annuì per l'ennesima volta e continuò a camminare. Senza dire altre parole, si strinse al suo braccio fino all'arrivo al castello.

 

“Se appartenessi ad un'altra casa, sono sicura che mi accompagneresti fin dentro la sala comune dei Grifondoro lo stesso..” Lo schernì lei, sorridendo. Rise anche lui, prima di dire la parola d'ordine alla Signora Grassa. Una volta entrati, le loro strade si divisero.

 

“Allora, buonanotte..” Harry si passò una mano tra i capelli.

 

“Buonanotte, Harry..” Quel sorriso che lei gli donò valeva più di qualsiasi altra cosa in quel momento.

 

 

 

“Luna, spero che tu stia scherzando.” Hermione quasi urlò verso l'amica. Erano sedute sugli spalti in attesa dell'inizio della partita di Quidditch Grifondoro contro Tassorosso, e Luna aveva appena fatto una richiesta decisamente fuori luogo all'altra.

 

“E dai, te lo sto chiedendo davvero con il cuore in mano! Io voglio andarci a casa di Ron per il week end di Halloween, ma da sola no.. Mi ha detto di chiederlo anche a te, ti preeeeeego.” Luna congiunse le mani come per supplicarla.

 

“Luna, assolutamente no! Sei in casa del tuo nuovo ragazzo, io cosa c'entro..” Hermione era irremovibile. In quel momento entrarono entrambe le squadre, e gli applausi coprirono in parte le preghiere di Luna. Hermione cercò Harry con lo sguardo, doveva stare attento: il braccio gli era appena guarito. Aveva voluto giocare a tutti i costi, nonostante tutti gli avessero sconsigliato di farlo.

 

“.. E poi non farai di certo la terza in comodo, che stupida. Ci sarà anche Harry ovviamente!” Concluse Luna, con un sorriso enorme dipinto sulla faccia. Hermione si girò di scatto verso l'amica, come se avesse detto la cosa più assurda del mondo.

 

“Come hai detto, prego? Motivo in più per non venire allora. Luna, devi piantarla con questa storia di Harry..” Incrociò le braccia, mentre la partita cominciava.

 

“Devi piantarla tu di negare l'evidenza! Ma comunque, fai come vuoi.. Io te l'ho chiesto!” Aveva cominciato ad usare la tattica del senso di colpa. Hermione alzò gli occhi al cielo, trovandosi in seria difficoltà. Riportò lo sguardo su Harry, che volava alto sopra il campo.

 

“Se decidessi di venire..” Cominciò Hermione cercando di non guardare Luna, che aveva già cominciato a saltellare entusiasta. “Ho detto se!! Non voglio assolutamente che mi parli mai più della situazione Harry Potter.” Lo disse facendo le virgolette con le dita.

 

“Mai più, mai più! Promesso!! Oddio sarà fantastico, non vedo l'ora di dirlo a Ron!” Luna era un caso disperato. Hermione rise vedendo l'amica così felice, e sperò con tutta se stessa di aver preso una decisione sensata. Infondo erano soltanto tre giorni, cosa mai poteva succedere? Si sarebbero sicuramente divertiti, e non era nemmeno mai stata in Irlanda.

 

 

“Come scusa?!” A Harry andò quasi di traverso la burrobirra che stava bevendo in sala comune per festeggiare la vittoria.

 

“Hai capito benissimo, amico! Hermione verrà con noi a casa mia questo week end.. Me l'ha detto proprio ora Luna.” Disse Ron quasi ridendo compiaciuto. Harry non credeva alle sue orecchie.

 

“Evidentemente viene perchè non sa che ci sono io.” Sentenziò sicuro Harry.

 

“Lo sa che ci sei, veramente..” Ron prese un sorso di birra e si allontanò ributtandosi nei festeggiamenti, lasciando Harry da solo a pensare.

 

 

Nei giorni successivi Harry, per evitare di fissarsi sulla storia del week end di Halloween, provò a concentrarsi sull'uovo d'oro e sullo studio a scuola. Sulla seconda cosa ci rinunciò in partenza, per la prima invece era bloccato da un problema di fondo: ogni volta che apriva l'uovo, quello rispondeva con una voce calma e pacata:

 

Se l'indizio vuoi scoprire, con la persona giusta lo devi aprire.

 

Ma che diavolo poteva significare? La persona giusta.. E chi poteva essere? Rinunciò anche a quello. Era sicuro che gli sarebbe arrivata la risposta quando meno se lo aspettava.

 

 

“Si va oggi pomeriggio. Dobbiamo andare nell'ufficio della McGranitt, ha fatto collegare il suo camino con l'Irlanda e la Scozia. Mi pare che dobbiamo andare alle..” Ron guardò la pergamena che teneva in mano. “Alle 3, si.” Harry annuì finendo di preparare il suo borsone. Era contento di rivedere i genitori di Ron, purtroppo tutti i suoi fratelli non ci sarebbero stati però.

 

 

“Non so cosa portare, santo cielo.” Hermione aveva praticamente riempito una valigia gigante per stare via solo tre giorni. Luna la guardava ridendo, beatamente coricata nel suo letto con la valigia ai piedi già pronta. “Potresti anche aiutarmi, no?!”

 

“Herm, hai già portato tutto il mondo! Che altro aiuto ti posso dare? Sei troppo agitata.. Rilassati e goditi questa meritata vacanza.” Luna chiuse gli occhi rilassandosi ancora di più. Hermione le fece il verso attenta a non farsi vedere e continuò ad aggiungere roba.

 

Quando scesero il sala comune facendo lievitare le loro valige, videro i ragazzi già pronti ad aspettarle vestiti con abiti personali. “Oh bene, ci siamo.. Le valige verranno mandate direttamente a casa mi ha detto Silente, dobbiamo lasciarle qui. Venite, la dove ci sono tutte le altre..” Ron e Harry presero la roba loro per metterla nel posto giusto.

 

“Hai deciso di portarti tutto l'armadio, vedo.” Disse Harry sollevando a fatica la valigia di Hermione.

 

“Sono una tipa molto indecisa, in realtà.” Rispose a tono lei.

 

“Dai, andiamo. Se no faremo tardi!” Luna era davvero entusiasta, e piano piano contagiò anche gli altri. Fuori dall'ufficio della McGranitt c'era altra gente che aspettava, ognuno aveva il proprio turno di partenza. Si salutarono con alcuni compagni ed entrarono nell'ufficio quando vennero chiamati.

 

“Ah bene, fate un week end a 4 vedo.” Li studiò la professoressa da sopra gli occhiali.

 

“Noi.. Veramente, noi..” Balbettò Hermione, ma la McGranitt evitò l'imbarazzo creatosi esortandoli a muoversi: non aveva tutto il pomeriggio solo per loro, c'erano ancora decine di ragazzi che dovevano raggiungere le proprie famiglie all'estero.

 

Ron si mise nel camino per primo, prese una bella manciata di Polvere Volante e disse sicuro: “La Tana!” Sparì subito in una fiammata verde acceso.

 

Luna lo seguì subito dopo, e Harry fece cenno ad Hermione di andare per prima. Una volta sparita anche lei, si mise dentro il camino.

 

“Mi chiedevo, signor Potter, se avesse già aperto l'uovo.” Gli chiese la professoressa passandogli la Polvere. Lo guardava con uno sguardo decisamente enigmatico.

 

“Ehm.. Si. Sono a buon punto con la soluzione.” Mentì spudoratamente lui.

 

“Ah bene, lo immagino. Anche il signor Thomas ha risposto con le stesse identiche parole, sa? Sono sicura che diciate la verità. La seconda prova non vi lascerà la possibilità di scegliere se arrendervi o no, Potter. Non se lo scordi. Buon week end.” Harry la guardò ancora per pochi secondi, cercando di imprimersi bene nella memoria ogni sua parola.

 

“La Tana!” Fu assalito dalla solita sensazione soffocante della metropolvere, ma questa volta durò qualche secondo di troppo. Sicuramente perchè stava tornando in Irlanda, quindi il viaggio era più lungo di quelli che aveva fatto di solito. Scivolò rovinosamente sul pavimento di casa Weasley, così incredibilmente familiare ad Harry. Erano tutti li nel salotto intenti alle dovute presentazioni, ma Molly Weasley non appena vide l'altro suo figlio non legittimo sul pavimento gli corse incontro.

 

Harry si alzò subito in piedi e sorridendo la prese tra le braccia sollevandola da terra. Dopo ciò che era successo ai suoi genitori, Molly e Arthur Weasley erano stati a tutti gli effetti come una madre e un padre per lui.

 

“Oh, Harry caro. Quando ho visto quell'articolo di quella arpia della Skeeter mi sono così preoccupata. Pensavo ti arrabbiassi..” Molly si sciolse dall'abbraccio e lo guardò bene, studiandolo. “Sei diventato campione, sono così contenta! Devi stare attento però.. Io e Arthur abbiamo seguito la prima prova ovviamente, e hai rischiato davvero troppo..” Harry sorrise prendendole le mani e baciandogliele, come per dirle di stare tranquilla. Si avvicinò anche Arthur, come per salvarlo da quel momento di raccomandazioni esagerato.

 

“Harry, è davvero un piacere riaverti tra noi.” Si diedero la mano felici di rivedersi e si riavvicinarono agli altri.

 

“Allora, stavo già dicendo che Luna e Hermione avranno una stanza per loro due, e tu Harry puoi scegliere se stare con Ron come sempre o andare nella stanza di Bill. Sono entrambe preparate..” Molly si mise tra le due ragazze, che continuavano a ringraziarla per l'ospitalità.

“Siete davvero gentili, oltre che molto belle. Non potevo chiedere di meglio per Ron e Harry! E non fare quella faccia tu..” Disse puntando un dito contro il moro. “Me l'ha già detto Hermione che tra voi non c'è niente, ma io non ci credo affatto.” Concluse sicura di se e facendo ridere tutti. Li spedì di corsa a sistemarsi nelle stanze e scendere appena fatto per il the.

 

Ron accompagnò le ragazze nella loro stanza, mentre Harry decise di appropriarsi della stanza di Bill, uno dei fratelli maggiori di Ron che ormai non viveva li da parecchio tempo. Almeno sarebbero stati più comodi, e se Luna avesse voluto stare con Ron si sarebbe sentita libera di andare nella sua stanza senza problemi.

 

Quando scesero per il the, trovarono sul tavolo qualsiasi tipo possibile di dolce tipico irlandese. “Mio Dio, Molly. Così stasera non ceneranno niente loro.. Sono inglesi, non sono abituate a mangiare troppo bene.” Harry sorrise e si buttò senza tante cerimonie sul divano. La signora Weasley lo guardò male, Hermione gli si sedette affianco dandogli una pacca sulla gamba.

 

“Qui ceniamo un pochino dopo rispetto a voi inglesi.. Ma credo che per due giorni non ci farete neanche caso. Domani, mi diceva Ron, andrete a Dublino. E' bellissima, vedrete! Noi viviamo proprio su una collina alle spalle della città.” Con un colpo di bacchetta fece lievitare the e dolci davanti a ognuno di loro. Hermione prese poca roba, e Harry continuò a schernirla a bassa voce procurandosi non pochi calci e schiaffi di nascosto.

 

Rimasero a parlare per un bel po', finchè Molly non si alzò di scatto rendendosi conto che si era fatto tardi e doveva preparare la cena. “Arthur, caro, vuoi darmi una mano tu? No, ragazze, voi riposatevi un po' prima di cena. Voi due mascalzoni non scomodatevi troppo eh! Vi chiamo io quand'è pronto..” I signori Weasley si allontanarono e andarono in cucina, mentre Ron e Luna andarono verso le stanze tenendosi per mano.

 

“Vieni.. Ti mostro per bene la casa.” Disse Harry ad Hermione, che accettò volentieri.

 

“Ecco qui è l'ingresso e il salotto ovviamente, la cucina è questa..” Hermione osservò tutto. Quella casa era assolutamente magica per lei che era cresciuta da Babbana. Tutto traboccava di magia, dalle foto agli orologi, dalle stoviglie che si lavavano da sole ai tappeti che si liberavano costantemente della polvere. Cominciarono a salire per quella scala a chiocciola vertiginosa, che già poco prima Hermione aveva osservato divertita. “Ron ha molti fratelli.. Questa è la stanza di Fred e George, sono due gemelli e hanno un negozio loro di scherzi magici. Sono due miti viventi, credimi. Qui c'è Percy, lavora al Ministero ed è tutto il contrario di Ron. Charlie, il maggiore di tutti, lavora in Normandia e si occupa dello studio dei draghi. Bill lavora alla Gringott e qui dove state voi ci sarebbe Ginny, la più piccola dei Weasley e anche l'unica femmina. E' a scuola, adesso..” Hermione seguì attentamente tutte le descrizioni di Harry, guardando dentro ogni stanza.

 

“Da quanto conosci Ron e la sua famiglia?” Gli chiese, scendendo di nuovo le scale e dirigendosi di nuovo nel salotto.

 

“Da quando abbiamo cominciato alla St. Patrick. I Weasley mi hanno salvato, sai? Li considero la mia seconda famiglia.. Non di certo i miei zii Babbani. Con loro non ci sono mai andato d'accordo, no..” Si sedettero sul divano ed Hermione lo lasciò parlare senza interromperlo. “I miei genitori sono morti quando io ero molto piccolo.. Erano auror e sono stati assassinati in una missione da alcuni maghi oscuri. Mio padre ha provato a salvare mia madre, ma sono morti entrambi.. Insieme.” Harry tirò fuori una foto dal suo portafoglio, ritraeva lui piccolo che rideva come un matto sulla spale di suo padre e sua madre che li guardava sorridendo felice. La diede ad Hermione che la prese in mano come se fosse la cosa più preziosa che Harry le potesse dare. La guardò, sentendo lacrime che spingevano da dentro gli occhi.

 

“I miei zii erano i miei unici parenti rimasti, e così.. Sono cresciuto con loro. Non solo mi hanno sempre nascosto la verità sul fatto che sono un mago, ma mi hanno anche sempre tenuto all'oscuro sulla morte di mamma e papà. Sai, per loro siamo anormali!” Harry sorrise senza allegria. “Per questo i Weasley mi hanno salvato.. Perchè mi hanno fatto sentire il calore e l'amore di una vera famiglia.”

 

Hermione ridiede la foto ad Harry, con le lacrime agli occhi. “Oh, Harry.. Loro ti vogliono davvero molto bene, si vede. E i tuoi genitori sono sicura che sono davvero fieri di te..” Gli accarezzò il viso e Harry annuì. Rimettendo la foto nel portafoglio fece una piccola risata.

 

“Lo sai, è assurdo..” Disse passandosi una mano tra i capelli.

 

“Che cosa?” Chiese lei asciugandosi gli occhi.

 

“Sei la prima persona con cui ne parlo..” Harry la guardò restando serio, lasciando che i suoi occhi verdi si perdessero in quelle bellissime gemme nocciola. Hermione non tolse lo sguardo e non nascose affatto l'immensa felicità che provava per ciò che le aveva appena confessato Harry.

 

“Dai, dammi le mani..” Hermione incrociò le gambe e si rivolse completamente verso Harry, avvicinandosi a lui e tendendo le sue mani. Lui sorrise scuotendo la testa.

 

“Eh no, sono io quello che deve colpire! E' sempre stato così..” Anche lui incrociò le gambe, avvicinandosi tanto da unirle a quelle di lei.

 

“Cambiamo un po' adesso..” Hermione prese le mani di Harry e le posizionò sopra le sue.

 

Cominciarono a giocare, e Harry anche se non doveva la colpiva lo stesso. “Sono più forte di te anche in questa posizione, è incredibile questa cosa!” Hermione rideva e si lamentava allo stesso tempo, cercava di farlo stare fermo ma era impossibile.

 

“Ora basta, l'hai voluto tu!” Disse Hermione fingendosi arrabbiata e con un dito prese un bel po' di panna dai dolci avanzati rimasti li sul tavolo in salotto e la sparse sul naso di Harry. Lui rimase a bocca aperta e si finse profondamente offeso.

 

“Benissimo.” Sussurrò pulendosi il naso. “Ti do tre secondi di vantaggio per scappare Granger.” Hermione non se lo fece ripetere due volte e scappò ridendo come una matta, ma Harry le fu subito dietro e l'afferrò in un attimo. La tirò su di peso e se la mise sulle spalle come un sacco di patate.

 

“No Harry mettimi giù!! Mettimi giù immediatamente!!” Gli tirava pugni sulla schiena continuando a ridere e urlare.

 

“Salutate Hermione, non credo si presenterà a cena questa sera.” Disse entusiasta Harry passando per la cucina sotto gli occhi sbalorditi dei signori Weasley.

 

“Oh Harry, mettila giù. Rischi di farle male.” Disse Molly mettendosi le mani sui fianchi, ma lui era ormai uscito fuori e attraversava l'ampio terreno fuori dalla Tana a grandi falcate.

 

“Allora, vediamo un po'. Ci sarebbe il laghetto, che con questo freschetto non sarà male..” Harry parlava ad alta voce, così che Hermione sentisse bene.

 

“Harry, no! Non scherzare.. Ti prego scusami, scusami! Farò tutto quello che vuoi, ma mettimi giù ti prego.” Hermione non riusciva a smettere di ridere e non aveva più la forza di picchiare la schiena di Harry.

 

“Oppure, potrei fare in modo molto più semplice.” Senza ascoltarla, Harry cominciò a farle il solletico. Sapeva benissimo che non lo sopportava, e infatti cominciò a dimenarsi e ad urlare a più non posso. Non riuscendo più a tenerla, la fece scivolare a terra sull'erba continuando a torturarla. Hermione si aggrappò alla sua maglia trascinandoselo sopra.

 

“Basta, ti prego.. Basta!” Tra le risate riusciva solo a dire queste parole, e finalmente Harry ridendo come un matto vedendola così, si fermò. Era sopra di lei, ma erano ancora troppo scossi dalle risate per rendersi conto in che posizione erano. Piano piano, cominciarono a calmarsi: le mani di Hermione che stringevano la maglia di Harry si rilassarono, rimanendo semplicemente appoggiate sul suo petto.

 

“Ti odio..” Gli sussurrò, e Harry si rese conto di quanto fosse vicina la sua bocca. Non le rispose, continuò semplicemente a guardarla. Lei non si levava, non si spostava neanche di un millimetro.

 

Ti prego, non ti spostare.

 

Così pensando, Harry cominciò ad annullare piano piano la distanza dai loro visi. Sentiva il suo battito cardiaco irregolare, e il fiato gli stava diventando troppo corto.

 

Non farlo Harry, non farlo.

 

Hermione non riusciva a muoversi, e se il suo sguardo poco prima era immerso negli occhi verdi di Harry, adesso era stato catturato completamente dalla sua bocca che si avvicinava pericolosamente. I loro nasi si sfiorarono, e lo stomaco di entrambi ebbe un sussulto.

 

Se non ti bacio, muoio.

 

Se mi baci, ne morirò.

 

Harry mise una mano sul fianco di Hermione per sentirla ancora più vicina, e non appena le loro labbra si sfiorarono una voce li chiamò urlando.

 

“Harry, Herm.. Ma dove siete?! E' prontooooo.” Era Ron che li chiamava dalla porta della cucina. Si staccarono subito, sentendo entrambi una magia del tutto nuova rompersi come un vetro fragilissimo. Harry si tolse da sopra Hermione e si alzò velocemente, pulendosi da alcuni ciuffi d'erba rimasti attaccati. Si sentiva così in imbarazzo che avrebbe voluto sprofondare.

 

“Ci chiamano.. Andiamo?” Le disse, senza guardarla.

 

“Si, si.. Andiamo.” Hermione si alzò da sola e imitò Harry pulendosi i vestiti. Ci fosse stato un qualsiasi pulsante per immergersi in una botola nascosta, lo avrebbe premuto subito.

 

Tornarono dentro, evitando di stare troppo vicini anche solo mentre apparecchiavano tavola.

 

“Si può sapere che diavolo vi prende? Diceva la signora Weasley che stavate ridendo e scherzando insieme, e adesso fate di tutto per evitarvi..” Luna fece in modo di rimanere da sola con Hermione mentre sistemavano la tavola.

 

“Ci siamo quasi baciati, Luna.” Hermione doveva dirlo per forza, forse esternandolo avrebbe buttato fuori tutte quelle miriadi di emozioni che ancora provava.

 

“Che cosa???!” Luna, ovviamente, urlò senza il minimo ritegno. Tutti quanti si girarono verso di loro, Harry compreso. Dove diavolo è quel dannato pulsante per la botola? Hermione, rossa in viso, cercò di salvare la situazione.

 

“Eh si, Luna. I Babbani apparecchiano e sparecchiano sempre a mano.” Provò a sorridere in modo naturale, e tutti ripresero a fare ciò che stavano facendo.

 

“Ma dai, che cavolo! Potevi dire qualcos'altro.. Mi hai fatto fare la figura dell'imbecille.” Riprese a sussurrare Luna. Hermione la guardò con uno sguardo omicida e l'amica la esortò a raccontare tutto.

 

“Stavamo facendo gli scemi ed è finito sopra di me, sull'erba.. Stava per baciarmi ma Ron ci ha chiamati per rientrare.”

 

“Quell'idiota, rovina sempre tutto.” Luna si battè una mano sulla fronte chiudendo gli occhi.

 

“Mi ha salvata, se mai! Te l'ho già detto mille volte come la penso, e non voglio ripeterlo.” Hermione si allontanò dall'amica, non avendo alcuna voglia di ascoltare altre cose.

 

Presero tutti posto a tavolo, e ovviamente Harry ed Hermione si trovarono vicini. La difficoltà che fecero durante la cena per non entrare mai in alcun contatto fisico non fu poca.

 

“Non hai fatto il matto, vero Harry? Sai bene che essendo campione rischi l'espulsione dal Torneo se ti beccano.” Molly lo guardò preoccupata, conoscendo molto bene il temperamento di Harry.

 

“No, Molly. Stai tranquilla.” Continuò a tagliare la carne, restando serio e non aggiungendo altro.

 

“Meglio così, meglio così.. Hermione, cara, vuoi venire ad aiutarmi con il dolce?” Molly le sorrise gioviale.

 

“Ma certo, signora Weasley. Volentieri.” Hermione si alzò e si diresse in cucina con lei. Controllarono insieme la torta, per capire se era cotta a sufficienza.

 

“Harry è un bravo ragazzo, sai?” Cominciò la signora Weasley, spiazzando Hermione. “Ha un passato molto difficile. Per questo ha quel carattere.. E' silenzioso, un po' introverso, odia parlare di se, si affeziona molto difficilmente..” Hermione, non sapendo bene come fare, annuì concentrandosi con lo sguardo sulla torta.

 

“So bene che tante volte è anche violento. E a giudicare dalla tua faccia prima, sei stata presente anche a questa sua sfumatura..” Continuò Molly. Vedendo Hermione bloccarsi, capì di aver centrato il pugno. “Il suo passato è violento, automaticamente lo è diventato anche lui. Ma è già cambiato molto, sai? Credimi..” La signora Weasley mise su uno sguardo malinconico e addolorato.

 

“Io.. Io non so se posso fidarmi di lui.” Hermione parlò senza pensare, facendo semplicemente uscire le sue più intime paure che si portava dietro da ormai settimane.

 

“Conosco Harry da molti anni, lo considero mio figlio a tutti gli effetti. Non ha mai, mai, mai guardato nessuna donna come guarda te. Non solo donna, probabilmente nessuna persona. Ti guarda con rispetto, ammirazione, desiderio.” Molly accarezzò una guancia di Hermione. “Ti guarda con amore, tesoro mio. E lui ancora non lo sa.”

 

Hermione aveva le lacrime agli occhi e non se ne rese conto. “Siamo così diversi..” Sussurrò.

 

“Non ti dico che sarà facile, e non ti dico che funzionerà. Ti sto dicendo che vi siete innamorati perdutamente e dovrete farci i conti, prima o poi..” Molly le baciò la fronte sorridendo e tornò di la con la torta in mano, lasciando che Hermione si riprendesse un attimo.

 

Si mise una mano sulla pancia, come per calmare tutto quel turbinio di emozioni che non la faceva respirare. Era quello l'amore? Perchè faceva così male? Perchè faceva soffocare?

 

Dopo pochi minuti si mise sulla soglia della porta, mezza nascosta, e lo guardò. Era seduto con le braccia incrociate, sorrideva appena per il racconto che Ron stava sicuramente esagerando per fare un po' di scena. Sorrise anche lei, pensando a come insieme ad Harry lo avrebbero preso in giro dopo. Quel pensiero la fece stare subito bene. Tornò a guardarlo, e non poté non pensare a quanto fosse bello.

 

“Ma dov'è Hermione?” Chiese proprio lui all'improvviso.

 

“Eccomi..” Spuntò lei dalla cucina, sorridendo e sistemandosi una ciocca ribelle dietro l'orecchio. Si sedette al suo posto e guardò Harry, che la scrutava dubbioso. Come se volesse leggerle nel pensiero.

 

“Non mi perdi mica..” Gli sussurrò Hermione.

 

“Potrebbe significare tante cose questa frase. Sei sicura di ciò che dici?” La incalzò lui, senza perdere il contatto visivo. Lei sorrise di nuovo, avvicinando di più il suo viso a quello di Harry.

 

“Assolutamente no.”

 

 

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Capitolo 7
*** Casa Weasley (parte 2) ***


7. CASA WEASLEY (parte 2).

 

 

 

 

 

 

 

 

“Ron.. Io ti devo dire una cosa. Devo dirtela subito.” Era tutto il giorno che Harry era irrequieto, non si era goduto quella giornata a Dublino per niente. Mentre gli altri tre si entusiasmavano e si divertivano per ogni cosa, lui continuava ad essere assente o troppo pensieroso. Le ragazze erano appena entrate in un negozio di abbigliamento, e Harry e Ron erano rimasti fuori ad aspettarle.

 

“Vuoi per caso dirmi che cavolo ti prende oggi? Sei addirittura più pensieroso e silenzioso del solito.. Sei snervante!” Ron si appoggiò al muro guardandolo.

 

“Ron io sto male, non lo so cosa mi succede. So solo che quando Hermione non c'è.. Non sto bene. Ma se c'è, mi sento meglio. Capisci? Non sto affatto bene.” Harry sospirò forte e guardò Hermione che rideva attraverso la vetrina. Stava di nuovo bene. Ron rise scuotendo la testa.

 

“Amico mio, finalmente te ne sei accorto.”

 

“Che cosa?” Harry lo guardò confuso. “Io ho solo capito che quella ragazza mi ha fottuto completamente la testa.”

 

“Esattamente, proprio così. Credevi di poterlo scampare per sempre l'amore?” Ron incrociò le braccia.

 

“L'amore? L'amore.. Neanche so cos'è.” Harry tornò a guardare Hermione, che era di spalle e consigliava Luna su un vestito.

 

“Lo sai, invece. Lo stai guardando proprio adesso.” Ron gli diede una pacca sulla spalla ed entrò nel negozio, lasciandolo li da solo a pensare ancora. Hermione, non appena vide il rosso entrare, si girò automaticamente verso Harry e gli sorrise. Disse qualcosa a Luna ed uscì stringendosi nel cappotto. Si avvicinò a lui e gli sistemò la sua giacca, forse soltanto per avere un contatto con lui.

 

“Perchè non entri? Che fai qui?” Gli chiese, piegando un po' la testa.

 

“Niente.. Pensavo.” Fece una pausa, guardandola bene. Poi riprese a parlare. “Herm.. Voglio sapere cos'è l'amore per te.” Parlò senza pensare ulteriormente. Hermione sgranò gli occhi, non capendo bene il perchè di quella domanda.

 

“Io non lo so cos'è l'amore, Harry..” Scosse la testa, mettendosi le mani in tasca. “Vorrei tanto che qualcuno me lo spiegasse.” Si girò, come per rientrare nel negozio, ma poi fece nuovamente retro front. “Che cos'è l'amore per te, Harry?”

 

Harry la guardò impassibile, senza battere ciglio. Fece passare lunghi secondi e non rispose mai. Hermione sorrise amaramente guardando in basso. “Esatto, nessuno dei due lo sa..”

 

“Fatto! Dove andiamo adesso?” Luna era uscita dal negozio raggiante e con due sacchetti in mano, con affianco un Ron alquanto scocciato.

 

“A casa! Stiamo girando da ore e ormai è quasi ora di cena. Troviamo un posto appartato e smaterializzamoci.. Muoio di fame e sono stanco morto.” Disse Ron cominciando già ad incamminarsi. Luna protestò, mentre Harry ed Hermione lo seguirono in silenzio e a debita distanza l'uno dall'altra.

 

 

“Sono davvero contenta vi sia piaciuta tanto Dublino! Ne ero certa.. Che avete fatto di altro poi?” La signora Weasley durante la cena era entusiasta di sentire i racconti, che arrivavano solamente da Luna ed Hermione. Ron non faceva altro che deriderle e Harry era completamente disinteressato alla conversazione.

 

“Harry.. Qualcosa non va?” Arthur se ne accorse e lo distolse dalla sua assenza. Harry accennò un sorriso e scosse la testa, ributtandosi nel piatto.

 

“Evidentemente con noi non si diverte abbastanza.” Sentenziò Hermione, stanca del suo costante silenzio che andava avanti da quella mattina. Se voleva evitarla, bastava dirlo subito, senza fare quelle stupide domande per poi lasciarla li come una scema e senza uno straccio di risposta e di spiegazione.

 

“Questa è una stron..” Cominciò Harry, ma lo interruppe subito Molly con uno sguardo omicida. “Una bugia. Ma cosa dovevo fare? La città la conosco molto bene, non mi serviva vederla per filo e per segno oggi.”

 

“Potevi avere piacere di mostrarla a noi. Di mostrarla a me.” La discussione ormai era solo tra loro due, che avevano completamente gelato il tavolo. Hermione lo fissava con la sua tipica fermezza.

 

“Non sono una guida turistica, non credo tu abbia bisogno di me.” Attaccarla lo faceva stare meglio? Tolse lo sguardo e continuò a mangiare.

 

“Sei proprio un idiota, Harry Potter. Chiedo scusa, con permesso.” Hermione si alzò di scatto e andò via velocemente facendo scricchiolare la sedia. Harry non si mosse di un millimetro, ma quando alzò lo sguardo vide parecchie paia d'occhi puntate su di lui.

 

“Ha ragione lei, sai. Sei davvero un povero idiota.” Ripeterono tutti la stessa frase, con qualche sfaccettatura diversa. Ron non fu così fine.

 

“E va bene..” Sussurrò Harry e si alzò ancora più forte di Hermione, facendo cadere la sedia dietro di lui. Corse su per le scale e arrivò in un attimo davanti alla stanza che si dividevano lei e Luna. Senza troppe cerimonie, fece per aprire la porta. Era chiusa a chiave.

 

“Apri.” Disse bussando con forza.

 

“Vattene!” Hermione aveva la voce rotta.

 

“Apri, apri cazzo o la butto giù a pugni.” Harry rimpianse amaramente di aver lasciato la sua bacchetta al piano di sotto. Cominciò a bussare ancora più forte, finchè Hermione non si alzò ad aprire. Senza che lui se lo aspettasse, gli tirò uno schiaffo in pieno volto.

 

“Sei un prepotente! Non hai il minimo rispetto! Si può sapere cosa vuoi ancora da me?!” Quasi urlò, sfogando tutta la rabbia che in quel momento provava per lui. Harry entrò dentro la stanza a forza, chiudendosi la porta alle spalle.

 

“Sei tu!” Gridò a voce più alta di quella di Hermione. Lei si fermò, respirando a fatica per lo sforzo. Non capiva cosa le stava cercando di dire.

 

“Cosa stai dicendo? Cosa vuol dire?”

 

“Sei tu.” Ripetè Harry con voce normale. “E' la risposta alla domanda che mi hai fatto oggi.”

 

Hermione serrò la mascella, sentendo il suo cuore perdere parecchi battiti. “Sei uno stronzo, sei uno..” Dovette bloccarsi per forza. Harry l'aveva afferrata e l'aveva baciata, con tutto se stesso. Lei provò a difendersi, provò a tirargli qualche pugno sul petto, ma dopo pochi secondi lo avvolse con le sue braccia aprendo la bocca per assaporare finalmente il suo sapore. Si baciarono così a lungo e con così tanta passione che dovettero staccarsi per riprendere fiato. Ma Harry non si staccò, non si sarebbe staccato mai più da lei. Se lo ero promesso proprio in quell'istante.

 

Cominciò a baciarle il collo, le spalle, mentre lei si godeva i suoi folti e ribelli capelli neri con le mani. Chiuse gli occhi sentendo Harry che le toglieva il maglioncino e poi subito la maglietta. Lui si mise in ginocchio, cominciando a torturarle il basso ventre con la bocca. Si sentiva esplodere: Harry l'aveva accesa come un fuoco in un attimo.

 

Appena si rialzò, lei cominciò a sbottonargli la camicia. Lui rimase immobile, con quel fisico statuario, a guardarla. Aveva uno sguardo e un corpo così sensuali che se lo sarebbe mangiato all'istante. Ripresero a baciarsi con passione, lasciando le loro mani libere di scoprirsi ancora. Quando Harry le tolse i pantaloni, la sollevò di peso per portarla sul letto.

 

“Sei così bella.. Così bella.” Le sussurrò guardandola tutta. Si tolse anche lui i pantaloni e rimase in mutande. Si adagiò sopra di lei, con calma, baciandola ovunque. Sarebbe impazzito da li a qualche minuto, doveva averla completamente.

 

“Hai freddo?” Le chiese, avvolgendola con un braccio. Era così piccola e meravigliosa nel suo abbraccio che si sentì tremare come una foglia. Ma non di certo per il freddo. Cominciò a muoversi sopra di lei, togliendole il reggiseno. Fece scorrere una mano lungo il suo corpo, dal collo, passando sul seno, poi sulla pancia, per poi infilarsi nelle sue mutandine. Era così bagnata che Harry dovette fare una discreta violenza su se stesso per non impazzire ancora di più.

 

Hermione chiuse gli occhi. Stava andando fuori di testa, ne era certa. Provava così piacere che si sentiva quasi esplodere. Cominciò a gemere, aggrappandosi alle spalle di Harry e mordendolo ovunque. Quando Harry tolse la mano respirò forte e lo bloccò. “Ti prego, aspetta.. Aspetta.” Gli mise nel mani sul volto e lo guardò. Aveva lo sguardo completamente in estasi, come forse ce l'aveva lei. Non era mai andata così oltre con un uomo, era assurdo. Harry l'aveva accesa in una maniera spaventosa.

 

“Io.. Non l'ho mai fatto.” Sapeva che era giusto dirglielo, e sapeva che non avrebbe dovuto spingersi fin li. Lui tornò subito in se. Sorrise baciandole la mano che ancora aveva sul viso. Se lo era immaginato, infondo: se lo aspettava. E la cosa lo rendeva incredibilmente felice.

 

“Dimmi adesso di fermarmi, se no poi non riuscirei più..” Sfregò il suo naso con quello di lei, facendo immergere i loro occhi. La baciò, come per tranquillizzarla. “Io posso pure controllarmi.. Ma lui.. Be, lui no.” Si sollevò un po' sorridendo e mostrando una chiara e netta erezione che non stava più neanche nelle mutande. Lei non potè non guardarlo, sentendo un brivido indescrivibile percorrerle il corpo.

 

“Non ti fermare..” Sussurrò lei nascondendo il suo viso nel suo collo.

 

“Sei sicura?” Chiese conferma lui, cercando i suoi occhi che già gli mancavano. Lei, di tutta risposta, lo baciò.

 

Harry non osò niente, fece tutto così piano e dolcemente da rendere tutto semplicemente magico. Non smise mai di guardarla, dal momento in cui entrò in lei al momento che la sentì completamente sua. “Rifammi la domanda che mi hai fatto oggi..” Le chiese, tra gli ansimi e mentre la stringeva a se.

 

“Che cos'è l'amore per te, Harry?” Disse lei, sentendolo più dentro e più suo che mai. Harry la guardò, con tutto quello che stava provando in quel momento fantastico.

 

“Sei tu, Hermione.”

 

 

 

“Mmmm..” Harry si lamentava, disturbato dal sole del mattino che gli colpiva la faccia e da qualcos'altro. Si girò dall'altra parte borbottando, provocando una risata a quel qualcuno che era intenzionato a infastidirlo parecchio quella mattina. Sentì un peso sopra di lui che lo avvolgeva. Un peso meraviglioso.

 

“Ma quanto dormiamo, eh..” Hermione cominciò a mordicchiargli l'orecchio e a baciarlo sulla testa e nella guance. Harry si divincolò e nascose la testa sotto al cuscino, biascicando che voleva ancora dormire.

 

“Bene, vorrà dire che me ne vado allora..” Fece per andarsene, ma Harry riemerse immediatamente e l'afferrò ributtandosela addosso e bloccandola con le braccia.

 

“Non ci provare nemmeno..” La baciò sulla bocca, aprendo a fatica gli occhi. “Ma allora sei reale..” Lei rise, nascondendosi tra le sue braccia. Voleva restare li per sempre, perchè per la prima volta nella sua vita si sentiva felice e completa. Non voleva assolutamente interrompere quella magia. Harry non la tolse, la coccolò semplicemente senza dire niente. Si erano già detti tutto quella notte.

 

Quando si decisero ad alzarsi e a prepararsi, sentirono Ron chiamare Harry a gran voce. “Ma è possibile che ti chiama sempre?!” Disse lei ridendo e finendo di farsi la treccia.

 

“Vedrai, mi chiederà perchè non ero in stanza stamattina. Sarà venuto a svegliarmi e non mi avrà trovato..” E infatti, appena scesero insieme, fu la prima domanda che Ron fece ad Harry. Ma Luna, essendo dieci mila volte più sveglia del fidanzato, gli diede uno schiaffo sulla testa intimandolo di smetterla.

 

“Non capisco.. Ieri sera vi stavate insultando e ora siete scesi insieme a fare colazione!” Continuò Ron, facendo ridere Harry ed Hermione.

 

“Non mi vorrai dire che.. Ah! Lo sapevo io. Sapevo che Harry infondo non era così idiota!” Concluse guardando Luna, che lo fissava seria e sconcertata. Si sedettero tutti a fare colazione, percependo nell'aria un'armonia del tutto nuova e infinitamente piacevole.

 

“Stasera si torna ad Hogwarts.. Che vi va di fare oggi?” Chiese Ron, con la bocca mezza piena di cibo. Solo Luna sorrise entusiasta di quella domanda.

 

“Io un'idea ce l'avrei.”

 

 

 

Ron invece che remare faceva tutt'altro, facendo ridere a crepapelle le ragazze. Erano tutti molto coperti, perchè in quel lago in quei primi giorni di novembre si faceva sentire parecchio freddo.

 

“Va bè, ho capito. Dammi qua.” Harry lo spinse via malamente frenando l'impulso di picchiarlo forte e si mise al suo posto, remando all'indietro. “Che poi stiamo andando a caso, ci perderemo e ci toccherà smaterializzarci per tornare. Non siamo proprio capaci a fare i Babbani.” Disse Harry scuotendo la testa.

 

“E' vero in effetti.” Hermione rise di nuovo e andò a mettersi tra le gambe di Harry, appoggiando la sua schiena al petto di lui. Lui a quel contatto si rilassò, diminuendo di non poco le pagaiate. Quando si furono allontanati a sufficienza si fermarono, lasciandosi trasportare dai movimenti lenti del lago.

 

Harry non voleva più tornare ad Hogwarts. Voleva restare li, lontano da tutto e da tutti e con la consapevolezza di poter avere lei sempre. “Le cose potranno restare così anche ad Hogwarts, basta volerlo..” Sussurrò Hermione al suo orecchio, facendogli spalancare gli occhi. Aveva capito cosa stava pensando, per l'ennesima volta. Ormai doveva farci l'abitudine.

 

Quando fu l'ora di tornare a casa, si smaterializzarono davvero ridendo come matti e lasciando li in mezzo al lago una barca abbandonata e in solitudine. Molly li aspettava già davanti al camino con la Metropolvere in mano, brontolando che era già tardi e che le loro valige si trovavano già nella loro sala comune. Salutò tutti con un abbraccio trita ossa, riservato soprattutto a Harry e Ron a cui fece anche una lista infinita di raccomandazioni.

 

“Ci vediamo all'ultima prova, stai attento sempre..” Guardò Harry sinceramente preoccupata e lo lasciò andare. Si tenne Hermione per ultima.

 

“Lo so che non sarà facile.. Ma non ti arrendere con lui. E' davvero un bravo ragazzo, e vuole dimostrartelo.” Hermione, alle parole della signora Weasley, l'abbracciò sinceramente e la ringraziò, promettendole che si sarebbero viste presto. Anche lei, come i suoi compagni poco prima, sparì in una fiammata verde urlando: “Hogwarts!”

 

 

Il rientro alle lezioni fu tranquillo per tutti, anche se soli tre giorni di vacanza erano davvero troppo pochi. Tutti, da quel momento, avevano cominciato il conto alla rovescia per la pausa natalizia. Draco appena seppe di Harry ed Hermione (glielo disse subito Ron, ovviamente) quasi non ci credeva.

 

“Cioè fammi capire.. Ti sei fidanzato? Harry Potter si è fidanzato?!” Stavano andando all'allenamento di Quidditch.

 

“Ma che fidanzato, non so neanche cosa significhi. Stiamo bene, punto.” Era la risposta che Harry ormai dava a chiunque gli chiedesse qualcosa. Si rendeva sempre più conto che non era proprio in grado di avere una relazione: la maggior parte delle volte non sapeva mai come comportarsi e non era di certo il classico romanticone e cavolate varie. Entrarono nello spogliatoio e cominciarono a cambiarsi, chiacchierando con il resto della squadra. Ad Harry fu subito chiaro che l'argomento principale di tutta Hogwarts era la sua presunta storia con Hermione, e questo lo mandava in bestia non poco.

 

“Potter, vedo che non sei stato avvisato.” McLaggen entrò nello spogliatoio, già pronto con la divisa e le braccia incrociate. Harry lo guardò non capendo assolutamente a cosa si riferisse.

 

“Mi sono consultato con Madama Bumb e con la professoressa McGranitt, e siamo arrivati alla conclusione che tu non puoi più fare parte della squadra. Devi concentrarti solo sul Torneo.” Mentre finiva di parlare, il Cercatore che era secondo ad Harry spuntò dalle spalle di Cormac con la divisa da titolare. Tutti quanti trattennero il respiro, non credendo alle loro orecchie e ai loro occhi.

 

Harry fece una risata senza allegria alzando la testa al cielo. Si rimise la sua maglia e marciò verso McLaggen, con Draco e Ron in allerta dietro di lui. “C'è qualcosa che ti rode che hai fatto di tutto per buttarmi fuori?” Era a pochi centimetri dal suo viso. Era chiaro che anche Cormac sapeva di Hermione.

 

“Cos'è che dovrebbe rodermi? Ho semplicemente esposto le mie titubanze a chi sta sopra di noi, e loro le hanno accolte pienamente. Non puoi reggere entrambe le cose, l'ho fatto per te.” Cormac lo sfidava, usando anche una voce per schernirlo. Si alzarono dei lamenti da tutti i componenti della squadra, nessuno era d'accordo con quella decisione assurda e non esitarono a dirlo al capitano, che però non li ascoltò.

 

“Sei pregato di andartene.” McLaggen si spostò per far passare Harry, a cui prudevano le mani in una maniera allucinante. Pensò ad Hermione, a come ci sarebbe rimasta delusa se avesse di nuovo fatto a pugni. Senza aggiungere altro, uscì da quello spogliatoio sotto lo sguardo sbalordito di tutti.

 

 

“Eravamo convinti lo gonfiassi di botte a quel coglione.” Disse Draco entrando in sala comune dopo l'allenamento e sedendosi affianco ad Harry.

 

“Direi che non ne valeva la pena. Vuole provocarmi, e lo farà ancora. Credente lo abbia davvero fatto perchè sono un campione del Torneo?” Harry era così nervoso che non aveva idea di come sfogarsi. Avrebbe spaccato volentieri qualcosa.

 

“No, certo che no. Ha saputo di..” Cominciò Ron, ma venne interrotto proprio dalla proprietaria del nome che stava per dire.

 

“Harry! Ma che è successo? Ho saputo che ti hanno tolto dalla squadra.” Si avvicinò a grandi passi e appoggiò la borsa ai piedi del divano dove stava seduto lui. Aveva il tono sinceramente preoccupato, ma Harry la fraintese. La guardò, arrabbiandosi all'istante.

 

“E ovviamente la colpa è la mia, vero?” Si alzò, fronteggiandola. Hermione cambiò faccia, accusando quell'improvviso attacco, ma non si spostò.

 

“Io ti ho solo fatto una domanda..” Rispose, fredda.

 

“Perchè tu sei arrivata con quell'insopportabile tono, perchè dai per scontato che io abbia fatto qualcosa.” Spostò la borsa di Hermione con un calcio, allontanandosi anche da lei. Era troppo arrabbiato per avere una discussione. In quel momento entrò anche Luna e li raggiunse, vedendo che la situazione si stava scaldando. Fortunatamente, in sala comune, c'erano solo loro.

 

“Guarda che ti stai sbagliando alla grande. E' stato quel coglione del tuo amico McLaggen a buttarlo fuori, senza alcun motivo. Dicendo che non può reggere Torneo e Quidditch.” Ron intervenne, rivolgendosi male ad Hermione e prendendo le difese di Harry.

 

“Ma come diavolo le parli?!” S'intromise anche Luna, ammonendo Ron. Draco allargò le braccia, non credendo a ciò che stava succedendo. Si stavano litigando tutti per una cosa per la quale sarebbe sicuramente stati d'accordo.

 

“No Luna, lascia perdere. Se mi parla così è solo perchè ha avuto l'esempio della galanteria e della gentilezza del suo amico nei miei confronti.” Hermione, parlando, indicò Harry e raccolse la sua borsa rimettendoci dentro un libro che era uscito. Lui le si avvicinò e le afferrò un braccio. “Lasciami! Lasciami subito!!” Draco cominciò a intimarlo di smetterla all'istante perchè stava facendo arrabbiare anche lui e perchè stava decisamente esagerando.

 

“La motivazione per cui mi ha buttato fuori è perchè io sono riuscito a scoparti, mentre lui no.” Appena Harry disse questa frase, tutti quanti si gelarono. Hermione si bloccò e lo guardò. Aveva uno sguardo ferito, ferito fin dentro all'animo. Le si riempirono velocemente gli occhi di lacrime, non riuscì minimamente a controllarle. Harry le lasciò il braccio all'istante, incredulo anche lui stesso di ciò che le aveva appena fatto.

 

Con le lacrime che già le rigavano il volto, raccolse di nuovo la sua borsa e andò via senza aggiungere una parola. Luna, guardando con puro disprezzo Harry, la seguì di corsa.

 

“Non ho parole. Hai veramente esagerato questa volta.” Draco aveva un tono risentito.

 

“Non ho esagerato proprio un cazzo, perchè ho solo detto la verità.” Harry si risedette sul divano, più agitato e deluso di prima. L'aveva fatta piangere.. Hermione era appena andata via piangendo. L'aveva ferita. Quello sguardo..

 

“Fai come vuoi, amico. Evidentemente non ti frega molto di lei, perchè te la sei giocata alla grande.” Anche Ron seguì Draco, lasciando Harry da solo.

 

Andate a fanculo pure voi.

 

Andò subito fuori, quasi correndo e sperando di non incontrare nessuno se no avrebbe fatto una strage, prese la sua Firebolt e si librò in volo. Solo così si sarebbe completamente liberato. Non riusciva a levarsi dalla mente lo sguardo ferito di Hermione, quelle lacrime che le scorrevano senza controllo. Mio Dio, ma che cosa ho fatto? Ma forse era giusto così, infondo non era in grado di darle ciò che voleva. L'hai ferita, l'hai fatta piangere.

 

Aumentò la velocità, sperando che gli schiaffi del vento facessero tanto male quanto quella maledetta sensazione che provava nel petto. Non sarai mai in grado di farla felice, non sei capace.

 

Volò così a lungo che non si rese minimamente conto che era passata non solo l'ora di cena, ma anche l'ora del coprifuoco. Rientrò al castello e fece dei giri immensi per evitare di essere visto, appena entrò in sala comune si buttò su Ron e Luna.

 

“Dov'è?” Chiese, senza troppe cerimonie.

 

“Sei l'ultima persona che vorrebbe vedere.” Luna gli rispose male, mentre Ron non disse niente.

 

“Devo andare da lei. Per favore, aiutami e dille di scendere, non posso salire nel dormitorio delle ragazze.” Harry insistette, deciso ad ottenere quello che voleva.

 

“No, Harry. Devi imparare a rispettare gli spazi delle persone. Lei, nel suo spazio, non ti ci vuole più.” Non aveva mai visto Luna così decisa ed arrabbiata. “Lei ti ha donato se stessa, oltre che la sua fiducia, e questo è stato il tuo modo di apprezzarla e meritartela. Devi lasciarla perdere, Harry, perchè non puoi starle affianco se non fai altro che ferirla. E' chiaro che non sei disposto a stare con lei come si deve, quindi finisce qua tutto quanto.”

 

Lui non seppe assolutamente come rispondere, lo aveva lasciato senza difese. Che cosa doveva dire? Forse aveva ragione Luna. Annuì debolmente, guardando altrove. “Se non vuoi ferirla più, lasciala perdere una volta per tutte.” Non appena Luna finì, Harry si girò e se ne andò al suo dormitorio. Si buttò sul letto, ma rimase con gli occhi aperti per un tempo interminabile. Non era vero che aveva capito cos'era l'amore. Non aveva capito niente di niente. Soltanto che era un povero coglione destinato a stare solo con il suo pessimo carattere e la sua pessima indole.

 

 

Come si era sparsa velocemente la notizia di una possibile storia tra Harry Potter, desiderato campione irlandese, ed Hermione Granger, la bella che nessuno era mai riuscito a conquistare, tanto velocemente si sparse la voce di un possibile distacco tra loro due già in partenza, notando la loro distanza perenne.

 

Harry si era praticamente estraniato da tutti, anche dai suoi migliori amici. Sapeva che la sua presenza poteva precludere quella di Hermione, così evitava troppi contatti anche con loro. Non aveva più voglia di fare niente, se non concentrarsi sulla seconda prova. C'era ancora tempo, lo sapeva. E sapeva anche che da un momento all'altro avrebbero potuto prelevarlo per una prova intermedia. Ma quella questione della “persona giusta” lo teneva occupato quanto bastava per non uscire di matto.

 

Cormac continuava a provocarlo, ma non riusciva nel suo intento: voleva una sfida con Harry, era chiaro. Ma lui non cedeva mai, era come se McLaggen non trovasse il suo punto debole per farlo scattare.

 

Approfittando della bella giornata in quel pomeriggio che novembre aveva regalato, nelle ore di pausa qualcuno aveva deciso di uscire all'aria aperta, arrivando fino alle sponde del Lago Nero. Harry stava passeggiando li intorno parlando con Dean della possibile seconda prova, e si rincuorò sapendo che neanche lui ne era venuto a capo. Camminando, passarono affianco a Ron, Luna ed Hermione, seduti sul prato a chiacchierare.

 

“Ei.. Che fate qua?” Li salutò Harry. Hermione non lo guardò neanche. Pugnalata secca al cuore. Ron e Luna cominciarono a rispondere, sinceramente felice di poter rivedere Harry tra loro. Dean si allontanò salutando tutti, e loro continuarono a parlare.

 

“Quindi Draco è dovuto correre a consegnare il tema a Piton, se l'era completamente dimenticato.” Risero tutti, tranne Hermione che si era messa a sfogliare distrattamente un libro.

 

In quel preciso istante, in quel preciso posto, in quel preciso momento Harry decise che ne aveva abbastanza. Le cose doveva cambiare, nettamente.

 

“Ron, tu sai che io sono una persona molto impulsiva vero?” Chiese Harry, con preoccupante calma. Il rosso lo guardò stranito, non capendo assolutamente cosa c'entrasse questa cosa con il discorso che stava facendo.

 

“Si.. Perchè?”

 

“Bene. Così almeno potrai dirlo per dare una giustificazione a ciò che sto per fare.” Harry, senza aspettare oltre, tolse di botto il libro dalle mani di Hermione e la sollevò di peso, mettendosela sulle spalle come un sacco di patate. Lei cominciò a strillare, prenderlo a pugni sulla schiena. Ron e Luna rimasero a bocca aperta guardandoli mentre si allontanavano.

 

“Mettimi giù, Harry Potter! Giuro che urlo fino a squarciarti le orecchie. Mettimi giù. METTIMI GIUUUU!!” Tutti li guardarono con uno sguardo misto tra il divertito e lo stupito, pronti a spettegolare su un'altra possibile news.

 

Harry ogni tanto faceva qualche smorfia di dolore: Hermione aveva le mani discretamente pesanti. La portò nel suo posto preferito, dove altre volte erano stati insieme, anche solo senza parlare ma contenti di essere l'uno con l'altra. Appena la mise giù, si prese inevitabilmente un bello schiaffo in faccia.

 

“Non ti permettere mai più!!” Gli urlò in faccia, fece per andarsene ma Harry la bloccò all'albero. “Mi devi lasciare in pace! Come te lo devo dire? Io non ti voglio vedere, non voglio più neanche sapere chi sei.” Non riuscendo ad andarsene, optò per gli insulti vocali.

 

“E' un problema questo.” Harry provò a zittirla con notevole fatica. “Perchè io mi sono innamorato di te.”

 

Hermione si bloccò subito, guardandolo. Poi rise girando la testa dall'altra parte. “Tu non sai neanche cosa stai dicendo..”

 

“Hai ragione, è vero. Ma so che tu puoi spiegarmelo.. Non sono bravo con le parole, so che sto dicendo anche cose a caso magari..” Era così teso. Sentirla di nuovo così vicina lo riempiva di una felicità immensa.

 

“Sei la mia persona giusta.” Quella frase gli arrivò alle labbra così, senza pensarci. La risposta gli era sempre stata così vicina che si diede dello stupido, come aveva potuto non pensarci prima? “E' vero, non sono capace a fare niente e sono un coglione. Ma ciò che ti ho detto l'ultima volta l'ho fatto solo perchè ero arrabbiato e..”

 

“Ti rendi conto che ti arrabbierai ancora? E se dovessimo litigare per qualcosa di più serio come reagirai?” Ad Hermione si stavano riempiendo gli occhi di lacrime, per l'ennesima volta. Harry le prese il viso tra le mani, cominciando a baciarla sulle guance.

 

“Non voglio farti piangere più. Ti prego, dammi la possibilità di dimostrarti che posso cambiare. Voglio stare con te, solo con te.” Harry non era mai stato più sincero in vita sua.

 

Hermione chiuse gli occhi e piano piano si rilassò, lasciandosi baciare e lasciandosi andare tra le sue braccia. Non ce la faceva a stargli lontano, per lei era davvero impossibile. Se n'era completamente e perdutamente innamorata.

 

“Ti prego.. Non deludermi ancora.” Gli sussurrò all'orecchio, con la voce spezzata.

 

“Mai più, te lo prometto.” Harry aveva capito che quello era davvero un inizio, che era riuscito a riprendersela ancora una volta. Ma sapeva anche che sarebbe stata l'ultima possibilità, e non se la sarebbe fatta scappare più per nessuna cosa al mondo.

 

 

 

Hermione stringeva i libri in mano e stava correndo a più non posso per i corridoi del castello, doveva muoversi se no sarebbe arrivata in ritardo senza dubbio. Accelerò ulteriormente la corsa e svoltò l'ultimo angolo, non appena vide la porta dell'aula ancora aperta ci si fiondò dentro, tirando un sospiro di sollievo per il professor Vitious non era ancora arrivato. Si lasciò cadere nella sedia affianco a Luna, che la guardò sbalordita.

 

“Stavo per venire a cercarti! Oggi abbiamo un compito molto importante.. Ma dov'eri finita?” Le chiese l'amica, aiutandola a sistemarsi la roba. Hermione, con il fiatone, rise. La sera prima Harry l'aveva praticamente rapita e portata nella Stanza delle Necessità, e se erano riusciti a dormire due ore erano già troppe. Quella mattina non si erano svegliati in tempo, e ridendo come matti era andati via correndo.

 

“E' stata colpa di Harry, non mia.” Si limitò a rispondere Hermione, con ancora il sorriso sulle labbra. Luna scosse la testa, non riuscendo a nascondere anche lei un sorriso. Era la prima volta che vedeva Hermione così sinceramente felice: poteva arrivare tardi quanto voleva, se lo meritava.

 

“Stasera dopo cena mi ha detto che dobbiamo fare una cosa, tra l'altro. Ma non so bene cosa, è stato abbastanza misterioso. Mi ha solo accennato che c'entra l'uovo d'oro, quello della prima prova sai..” Hermione non riuscì a dire altro, perchè il professor Vitious fece il suo ingresso in aula.

 

 

“Non capisco professoressa.. Devo andare immediatamente nell'ufficio di Silente? Non importa se Piton mi ucciderà?” Harry aveva pranzato velocemente e si stava dirigendo con Ron all'aula di Pozioni, avevano un compito che gli avrebbe potuto alzare la media mediocre che aveva in quella materia.

 

“Non credo, Potter. Seguimi.” Rispose freddamente la professoressa McGranitt, cominciando già ad incamminarsi.

 

Harry si girò verso Ron. “Non ho visto Hermione a pranzo. Avvisala, dille che ci vediamo dopo appena mi libero.” Il rosso annuì e andò dalla parte opposta di Harry.

 

Non appena arrivarono di fronte al grande Gargoyle che nascondeva l'ufficio di Silente, la professoressa McGranitt pronunciò la parola d'ordine. Le scale a chiocciola apparvero all'istante ed entrambi le salirono. Senza bussare, entrarono. “Ecco, professor Silente. Le ho portato anche Potter.” Harry vide in piedi davanti alla scrivania del preside Dean e Martin, e subito capì cosa stava per succedere.

 

“Molto bene, Minerva, grazie.” Silente si avvicinò a lei, invitando Harry a raggiungere gli altri. Una volta soli, parlò piano in modo che potesse sentire sola la professoressa. “Ora, insieme al professor Piton, alla professoressa Sprite e al professor Vitious radunate tutti gli studenti nella Sala Grande. Non appena si saranno tutti accomodati, dite loro che i tre campioni del Torneo Tremaghi sono stati chiamati alla Prova Inaspettata e che tutti avranno la possibilità di seguirla visivamente e direttamente dalla Sala Grande. I tre campioni non devono sapere che saranno osservati da tutti, per evitare che subentri in loro la soggezione e l'ansia da prestazione.” Non appena Silente finì, i presidi di St. Patrick e di Hamiltons entrarono quasi di corsa nell'ufficio, facendo mille domande a riguardo della prova. La professoressa McGranitt uscì all'istante, seguendo l'ordine del preside.

 

“Qual è la prova, Albus?”

 

“Cosa devono fare i ragazzi? E' pericoloso?”

 

“Signori, vi prego di accomodarvi.” Li interruppe Silente. “Purtroppo per tutti noi, la Prova Inaspettata non viene mai rivelata. I ragazzi sono chiamati ad entrare in questo Pensatoio, tutti e tre insieme, e scopriranno da soli cosa dovranno fare. Noi tre presidi potremo seguirli attraverso le immagini che appariranno qui nel mio ufficio. Ragazzi, venite qui.” Harry, Dean e Martin si avvicinarono, completamente frastornati e confusi su ciò che stava succedendo. “Anche questa volta la vostra unica arma sarà la bacchetta. Vi devo chiedere gentilmente di cambiarvi e mettervi quelle divise velocemente, perchè la Prova sta per cominciare.” Silente non aveva altre parole da spendere per loro, così come gli altri presidi, perchè nessuno di loro sapeva niente.

 

Anche quella volta, i vestiti erano della loro misura perfetta. “Sono.. Vestiti normali.” Disse Martin, rigirandosi i suoi jeans tra le mani. Aveva ragione: Harry si infilò il paio di jeans assegnatoli, trovandolo però estremamente comodo e con il posto per la bacchetta, e una maglia nera a maniche lunghe abbastanza pesante con il suo cognome scritto dietro. Si guardarono tra loro tre, e si accorsero che se non fosse stato per il nome sulla schiena erano completamente identici.

 

Si misero intorno al Pensatoio, aspettando il segnale per entrarci dentro. Nessuno di loro tre sapeva a cosa stava andando incontro, e potevano sentire a vicenda i loro cuori battere. Harry, inevitabilmente, pensò ad Hermione.

 

 

 

“Ma perchè ci hanno portati tutti qui? E' assurdo.. E non riesco a vedere Harry da nessuna parte.” Hermione cercava di guardare sopra le teste delle persone che ancora si stavano sedendo. Perchè lui non c'era? Magari era in bagno e non aveva sentito il richiamo? La professoressa McGranitt spronò tutti a prendere posto, e poi si mise al leggio di Silente per parlare.

 

“Vi chiederete perchè vi abbiamo fatti venire tutti qui questo pomeriggio. Bene, premetto con il dire che non siete obbligati a restare e che potrete andarvene quando vorrete, caso mai ciò che tra pochi minuti andremo a vedere possa in qualche modo.. Disturbarvi.” Tutti gli studenti si guardarono a vicenda, non capendo. “I tre campioni del Torneo Tremaghi sono stati chiamati alla Prova Inaspettata, nessuno sa cosa li aspetta ma tutti noi potremo vedere attraverso immagini che appariranno proprio qui. Avremo, quindi, la possibilità di seguire tutta la prova.” Si alzò un boato di assenso accompagnato da un grande applauso, come per dare coraggio ai campioni che però non potevano sentirli.

 

Hermione strizzò gli occhi, sentendo lo stomaco precipitarle. Luna subito le prese la mano, e Ron, Draco e Cho si strinsero con loro. “Stai tranquilla, vedrai che andrà tutto bene. Harry ce la farà, lo sai che è così..” Provarono a tirarla su. “Possiamo anche andarcene, se vuoi.. Non sei obbligata a guardare.” Hermione annuì, come per ringraziarli. Ma non aveva intenzione di alzarsi dalla sedia.

 

Ti prego, Harry. Fai attenzione.

 

 

 

“Ricordatevi sempre che non siete obbligati ad andare fino alla fine, c'è sempre un modo per tornare indietro: arrendersi. Questa volta sarete tutti e tre insieme, lavorate in squadra e non perdetevi mai.” Furono le uniche parole che Silente disse loro prima di ricevere il segnale. “Buona fortuna, campioni. Andate!”

 

Si immersero tutti e tre contemporaneamente in quel Pensatoio nero e tenebroso: la Prova Inaspettata era cominciata.

 

 

 

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Capitolo 8
*** La Prova Inaspettata ***


8. LA PROVA INASPETTATA

 

 

 

 

 

 

 

Harry, Dean e Martin caddero rovinosamente su un pavimento freddo e per niente comodo. Si rialzarono subito, pronti ad un eventuale attacco da chi sa quale creatura. L'ambiente in cui erano era chiuso ed era nella penombra, non riuscivano a vedere bene cosa avevano intorno. Cominciarono a camminare lentamente, con la bacchetta alla mano.

 

“Ragazzi.. Stiamo girando in tondo.” Disse Dean all'improvviso. “Siamo dentro ad una stanza circolare, e su tutta la parete sono distribuite porte.” In quel preciso istante, una torcia infuocata si accese sopra ad ogni porta. Tornarono tutti e tre al centro, cercando di capire quante fossero. Erano soltanto tre, ora che guardavano meglio.

 

“Che cosa significa?” Martin era visibilmente confuso. “Siamo entrati in un Pensatoio, ero convinto che saremmo finiti dentro a qualche ricordo.” Gli altri due annuirono, pensando esattamente come lui.

 

“Dovremmo provare ad aprirne una.” Harry si avvicinò ad una porta, istintivo. Dean lo bloccò per un braccio.

 

“Aspetta. Non possiamo agire senza sapere cosa ci aspetta.”

 

Siete esattamente come vi hanno descritto.” Una voce che veniva da non si sa dove parlò bruscamente e stranamente divertita. I tre campioni si unirono al centro, puntando la bacchetta contro il niente e il nessuno. La voce rise.

 

Martin Gully il buono e l'insicuro, Dean Thomas il simpatico e il razionale, Harry Potter il bello e l'impavido. Non dovete temere me, campioni, ma ciò che troverete dentro ad ogni porta.” I ragazzi cercarono di trovare l'appartenente a quella voce, ma invano.

 

Ascoltatemi bene, perchè non lo ripeterò due volte. La prova che affronterete sarà molto difficile a livello psicologico, quindi sta a voi mantenere sempre e comunque la calma. Come avete già capito da soli, ci sono tre porte intorno a voi: in ognuna di esse, ci saranno tre ricordi appartenenti al passato di ognuno di voi. Quando entrerete nella porta che vi apparterrà, dovrete sceglierne uno e riviverlo in prima persona, accompagnati sempre e comunque dagli altri due campioni. La prova terminerà quando l'ultimo campione avrà superato il suo ricordo. Ricordate che c'è sempre un modo per tornare indietro: arrendendovi. Buona fortuna campioni.”

 

“Come facciamo a sapere chi deve cominciare di noi se non sappiamo quale porta è di chi?!Ei??” Martin provò ad ottenere ulteriori chiarimenti, ma quella misteriosa voce era sparita.

 

“E' chiaro che dobbiamo andare alla ceca, chi capita capita. Però il fatto che saremo sempre in tre è molto positivo, ci possiamo spalleggiare a vicenda.” Dean cercò subito di vedere il bicchiere mezzo pieno, ed Harry annuì vistosamente allacciandosi le scarpe. “Bene, tiriamo a sorte per chi sceglie la prima porta?” Tirarono tutti e tre fuori le proprie bacchette. Martin le tenne in mano mischiandole, Harry con lo sguardo altrove ne estrasse una dalla sua morsa.

 

“Quindi rompo il ghiaccio io..” Martin si riprese la sua bacchetta e si girò a guardare le porte. Erano tutte dannatamente uguali, ma racchiudevano tre storie profondamente diverse. Rabbrivì per un attimo pensando a cosa avrebbe trovato tra i suoi ricordi, e infine scelse la porta più distante da lui. “Andiamo?” Si avvicinarono tutti e tre, e Martin abbassò la maniglia. Nel giro di un istante, furono risucchiati da quella che fu una morsa soffocante e nauseante, che fortunatamente durò solo pochi secondi. Si ritrovarono in un luogo che dava l'idea di non esistere, come se fossero sospesi in uno strano limbo lontano dalla realtà. La foschia li rendeva ciechi, non sapevano dove andare. Ad un tratto,un tavolo quadrato e grande apparì davanti a loro, con soltanto una sedia. Sembrava quasi galleggiasse in quel fumo denso e scuro.

 

Dean Victor Thomas, accomodati. Siamo tra i tuoi più profondi ricordi.” La stessa voce che prima aveva spiegato la prova parlò di nuovo, senza palesarsi nuovamente. Dean prese un bel respiro e mise via la bacchetta: quando si sedette, gli altri due lo raggiunsero e gli si misero affianco.

 

Hai la possibilità di rivivere tre ricordi, Dean Thomas. Numero 1: la morte di tuo padre. Numero 2: l'attacco subito dai Dissennatori nel tuo villaggio. Numero 3: l'abbandono della tua fidanzata.”

 

Dean chiuse gli occhi, appoggiando la sua testa tra le mani. Harry si rese conto che ciò che quella prova stava chiedendo loro non era affatto semplice. Immaginando quali ricordi gli si sarebbero mostrati tra le scelte, desiderò per un attimo di arrendersi subito.

 

“Scelgo il numero 2.” Dean rispose secco, alzandosi dalla sedia. Martin spalancò gli occhi, convinto che avrebbe scelto il numero 3 per la sicurezza di tutti loro. Non ebbe neanche il tempo di dirgli qualcosa, che il paesaggio intorno a loro cambiò velocemente. Harry aveva già avuto l'occasione di entrare in un ricordo, e quindi l'atmosfera non gli parve affatto nuova.

 

“Il mio villaggio dieci anni fa è stato decimato a causa di un grandissimo attacco di Dissennatori, mandati chissà da chi. Io ero troppo piccolo e non ho potuto fare niente per aiutare, oggi forse posso rifarmi.” Dean cominciò a camminare con la bacchetta alla mano, padrone sia di quelle strade sia di quel ricordo così difficile da rivivere. Harry lo ammirò molto per il suo coraggio e la sua determinazione, e lo seguì immediatamente.

 

Le urla che provenivano da non lontano e il freddo che sentivano fin dentro l'anima fece capire a tutti e tre che si stavano avvicinando. Furono troppo ingenui e troppo frettolosi, però: alle loro spalle due Dissennatori arrivarono veloci colpendo e facendo cadere a terra Martin, che perse anche la bacchetta.

 

“Ragazzi! Aiuto!” Provò a rialzarsi, ma gli esseri demoniaci avevano già cominciato il loro lento risucchio dell'anima.

 

Hermione, Hermione. Hermione! Harry si concentrò fortemente su di lei, prima di urlare: “Expecto Patronum!!!” Un cervo argenteo guizzò fuori dalla sua bacchetta, galoppando veloce verso i Dissennatori, che vennero mandati subito alla fuga. Martin si alzò a fatica, sentendosi più debole che mai.

 

“Dobbiamo stare attenti, sono dappertutto!” Urlò Dean, cacciando abilmente altri tre di loro. Avanzarono tutti e tre, questa volta più cautamente, verso il centro del villaggio, dove tutte quelle persone appartenenti a dieci anni prima cercavano di fuggire nel panico più completo. Dean a quella vista si bloccò, rivivendo realmente un momento che albergava i suoi sogni più neri. Preso da uno scatto d'ira e perdendo quasi la ragione, si buttò in mezzo a una famiglia in palese difficoltà.

 

“Mamma! Mamma devi scappare.. Verrai ferita gravemente e non tornerai mai più come prima.. Mamma..” Dean provò disperatamente a farsi sentire da quella donna che urlava cercando di proteggere un bambino con il suo corpo, che però neanche lo vedeva.

 

“Dean!! Sei in un ricordo, non ti dimenticare! Nessuno può vederti, puoi solo cercare di fare qualcosa affrontando il problema! Affrontando i Dissennatori!!” Harry cercò di strattonarlo per portarlo via, mentre Martin copriva le spalle ad entrambi. Ma da dolo non seppe fermare più di dieci demoni che si lanciarono su loro tre avidamente.

 

Martin, cadendo, battè la testa e perse i sensi per alcuni interminabili secondi. I Dissennatori non si lasciarono scappare l'occasione e cominciarono a nutrirsi di lui. Harry, alle prese con altri esseri malvagi, chiamò Dean a gran voce cercando di destarlo dal suo stato di trance: finchè Dean non reagiva, quell'infernale ricordo non sarebbe finito.

 

Martin, non appena riaprì gli occhi si sentì quasi svuotato da tutta la felicità e calore che aveva. Si sentiva come se più niente avesse senso, come se la sua vita potesse anche finire li, sul quel pavimento ghiacciato di un villaggio a lui sconosciuto, con quattro Dissennatori che ormai erano troppo vicini alla sua bocca.

 

“EXPECTO PATRONUM!!” L'acquila di Dean uscì prepotentemente dalla sua bacchetta, sbattendo le sue maestose ali contro quei Dissennatori che stavano quasi per succhiare interamente via l'anima di Martin. Non appena riuscì a metterli completamente in fuga, quell'orribile sensazione di morsa nel petto li riavvolse a tutti e tre, e così come erano arrivati ritornarono piombando sul pavimento di quella stanza circolare con le tre porte tutte intorno.

 

Martin era sdraiato ed era molto pallido: Harry gli buttò subito dell'acqua in faccia, aiutandosi con la magia. “Stai bene, amico?” Provò a sollevarlo un po', per cercare di farlo riprendere. Martin annuì, senza proferire parola. Si sentiva ancora debole.

 

“Deve riprendersi un attimo, se no non riuscirà ad andare avanti.” Disse Harry rivolto a Dean. Questi annuì, provato di ciò che aveva appena vissuto: la mano destra che stringeva la bacchetta ancora tremava.

 

“Non potevo salvare mia madre, perchè ciò che abbiamo appena visto è già successo. Ma ho potuto reagire, cosa che non ho potuto fare dieci anni fa.” Dean ragionò da solo, guardando il pavimento. Harry gli mise una mano sulla spalla.

 

“E hai salvato Martin.. Hai superato alla grande il tuo ricordo.” Gli sorrise, per dargli la voglia necessaria per andare avanti. Dean annuì ricambiando il sorriso ed entrambi si accovacciarono affianco a Martin: riprendeva colore piano piano. Dovevano sperare soltanto che il prossimo ricordo non fosse il suo.

 

“Ok, sto meglio..”Si fece aiutare per alzarsi e camminò un pochino, riprendendo finalmente il suo colore naturale. Aveva sicuramente bisogno di cure, ma a quanto pareva non aveva intenzione di arrendersi.

 

“Lascio a te l'onore della scelta.” Disse Harry, facendo segno a Dean di farsi avanti. Lui accettò senza discutere, e fissò le due porte rimaste disponibili. “Qualunque ricordo affronterete, ricordatevi di non esserne succubi: reagite, e ne usciremo illesi. O quasi..” Detto questo, aprì la porta alla sua sinistra e tutti e tre furono schiacciati da quella morsa diventata ormai quasi familiare.

 

Il limbo che trovarono era esattamente uguale a quello di Dean, con l'unica eccezione che la foschia era molto più scura e tenebrosa. Aspettarono pazientemente l'apparizione del tavolo, che non tardò ad arrivare con annessa la sedia singola.

 

Harry James Potter, accomodati. Siamo tra i tuoi più profondi ricordi.” La voce parlò, piatta come al solito. Harry respirò a fondo chiudendo gli occhi, e si sedette al tavolo pronto ad ascoltare.

 

Hai la possibilità di rivivere tre ricordi, Harry Potter. Numero 1: la morte dei tuoi genitori. Numero 2: un tratto della tua infanzia violenta nel collegio Babbano. Numero 3: la tua resa durante il combattimento con Ryan Burter.” Harry sorrise impercettibilmente, d'ironia. I primi due se li era immaginati, ma il terzo rappresentava un piccolo capitolo della sua vita che aveva fatto di tutto per eliminare e sperava che nessuno mai lo avrebbe ritirato fuori.

 

 

 

“Non può essere.. Non possono davvero avergli proposto quello.” Ron scosse la testa mettendosi una mano sulla bocca.

 

“Che diavolo significa Ron?” Hermione lo guardò mezza disperata, rendendosi conto solo in quel momento di quanto poco sapesse del passato di Harry. Ron la guardò, senza sapere bene come risponderle.

 

“Io.. Credo sia meglio te lo racconti Harry, anche perchè sono sicuro che non sceglierà il terzo ricordo.. Sceglierà il secondo, anche se per lui sarà molto difficile.” Ron tentò di consolarla come meglio poteva. Ad Hermione le si riempirono gli occhi di lacrime: Harry aveva passato i suoi primi dieci anni in un collegio violenti Babbano? Voleva dire che lo avevano picchiato da bambino?

 

 

 

“Scelgo il numero 3.” Harry non era così sicuro della sua scelta, ma gli parve quella più logica. Il paesaggio sparì all'istante, e si ritrovarono dentro un'immensa sala che dava l'idea di essere uno stadio amatoriale di incontri di Boxe. L'odore di sudore e le urla erano ancora percettibili, anche dopo più di un anno.

 

“L'estate dell'anno scorso mi sono allontanato per un po', non volevo neanche più rientrare per la scuola. Diciamo che avevo avuto una brutta discussione con i miei zii Babbani.” Harry cominciò a dare spiegazioni agli altri due campioni, doveva farlo per forza. Ma fu parecchio evasivo. “Ho vissuto per un periodo in una piccola città completamente Babbana nel sud dell'Irlanda, dove sapevo che nessuno mi avrebbe trovato. Ero senza soldi Babbani, così per farne qualcuno mi sono iscritto in questo club di combattimento clandestino. Sapevo fare bene solo quello: fare a botte.” Martin e Dean lo ascoltarono mezzi stralunati, quasi non credendo a ciò che Harry gli stava raccontando.

 

“Ho vinto tante volte, così da potermi mantenere per quasi tutta l'estate. Ma alla fine qualcosa andò storto.. O meglio, con qualcuno.” Riparlare di quel pessimo periodo della sua vita gli faceva bruciare lo stomaco. Non ne aveva mai parlato con nessuno, mai. Solo Ron e Draco ne erano al corrente, perchè vennero a riprenderlo con la forza salvandolo letteralmente. Passarono affianco alle persone senza essere minimamente visti ne toccati, avvicinandosi sempre di più al grande ring centrale. Dean e Martin si accorsero che assomigliava a una grande gabbia gigante.

 

“Fui così stupido da voler sfidare il campione indiscusso del club, due volte me e più grande anche di età. Se avessi vinto avrei preso una barcata di soldi, e io credevo di potercela fare. Ignoravo che, però, quello era un pazzo furioso che aveva la fama di aver ucciso più e più sfidanti.” Harry arrivò a un piccolo tavolo, proprio sotto al ring, dove sopra c'erano pantaloncini sporchi e usati e alcune fascette per le mani. Si tolse la maglia e i pantaloni della divisa del Torneo e si infilò un paio di pantaloncini della sua misura, cominciando poi a fasciarsi le mani. La gente ringhiava e urlava, assetata di botte ancora più violente che già arrivavano dal ring. Martin si girò un attimo per vedere chi si stava sfidando, e si accorse che se le davano davvero di santa ragione e senza alcuna regola precisa. Quando vide uno dei due volare contro le griglie della gabbia come un fantoccio inanimato, si girò verso Harry.

 

“Ti devi arrendere, non puoi farlo. Questa cosa è assurda e sinceramente non so come tu abbia potuto sopravvivere qui dentro.” Mentre Martin parlava, Dean gli dava man forte annuendo.

 

Harry cominciò a saltellare, come per scaldarsi. “Sono completamente fuori allenamento, quindi ci metterà pochissimo a mandarmi KO. L'unica cosa che devo fare è non arrendermi a lui, cosa che invece feci un anno e mezzo fa.”

 

“Tu sei matto, e parli anche con una tranquillità disarmante. Ti rendi conto che noi non possiamo fare niente per aiutarti? Da quando ti chiameranno sul ring tu sarai visibile, mentre noi rimarremo soltanto spettatori del tuo ricordo. Harry, arrenditi e molla la prova. Credi che ne valga la pena di farti distruggere?” Dean tentò ogni modo per farlo desistere, ma sembrava davvero irremovibile.

 

“Io potrò continuare a vedervi, e questo mi aiuterà moltissimo. Vedrete che durerà pochissimo. Eccolo, è lui.” Harry finì di fasciarsi le nocche delle sue mani e indicò il suo sfidante, Ryan Burter. Martin scosse la testa mettendosi le mani nei capelli quando lo vide salire sul ring.

 

“Tu c'avrai pure il fisico amico, ma quello ti mangia a colazione.” Dean continuò, non potendo credere che Harry sarebbe salito davvero su quel ring. “E va bene, va bene.. D'accordo. Ma se vedo che degenera, giuro che mi arrendo io per te.”

 

“Accogliamo sul ring lo sfidante, davvero troppo coraggioso o troppo stupido, Harry Potter!” La voce amplificata al microfono gridò il suo nome, e tutti come per magia lo notarono proprio li sotto al ring. Lui, senza aggiungere altro, salì le scale e si buttò sopra quel tappeto che aveva ormai da tempo dimenticato. Essere di nuovo li gli provocava una sensazione strana: ci aveva messo così tanto a lasciarsi indietro quei terribili mesi, e ora doveva affrontarli di nuovo. Senza una regola, senza un fischio d'inizio e senza tante cerimonie inutili, Burter gli saltò subito addosso.

 

 

 

Hermione si alzò velocemente dalla sua sedia e corse fuori dalla Sala Grande, piangendo forte. Ron e Luna la seguirono subito, fermandola nel corridoio.

 

“Lo massacrerà.. E' così stupido, perchè non si è arreso come gli ha detto Dean. Vi prego fate qualcosa.” Ron la strinse tra le braccia, cercando di farla calmare. Luna le appoggiò le mani sulla sua schiena, accarezzandola.

 

“Quel giorno la Harry si arrese, non riuscendo ad andare avanti. Lo trovammo io e Draco quella sera stessa per fortuna, e lo portammo alla Tana. Non ci parlò per giorni, ma non perchè ce l'avesse con noi: ma per la vergogna di ciò che aveva fatto in quei mesi la dentro. Non ci raccontò mai cosa fece per filo e per segno.. Ma fece la promessa solenne che non si sarebbe mai più trovato in situazioni che lo avrebbero obbligato ad arrendersi. Come ben sai, alla sua indole violenta ci sta ancora lavorando, ma a quella promessa non potrà mai mancare. Non si arrenderà, Herm.. Ma stai tranquilla, vedrai che ne uscirà illeso. Non dimenticare che quella scena lui l'ha già vissuta.”

 

 

 

Agli occhi della gente sembrava quasi che Harry leggesse nella mente di Ryan: prevedeva ogni sua mossa e schivava ogni suo colpo. Sapeva esattamente dove colpirlo per fargli più male e sapeva sempre la sua contromossa.

 

“Ma certo! Harry non può perdere.. L'ha già vissuto questo scontro, sa perfettamente le mosse che deve fare.” Martin sorrise sollevato continuando a guardare.

 

“Si, fino a quando non si è arreso però. Lui deve arrivare oltre, e ciò che è successo oltre non esiste perchè non è mai accaduto. Se arriva oltre, avrà superato il suo ricordo.”

 

Ryan era visibilmente molto arrabbiato. Non riusciva a colpire quel ragazzino che aveva di fronte e non capiva il perchè. Non poteva perdere, non aveva mai perso. Andò di cattiveria contro Harry colpendolo con un pugno molto forte sul viso, e poi subito un altro secco nella pancia. Harry si accasciò, ricordandosi perfettamente che quello fu il momento in cui battè il suo pugno a terra segnando la resa. Sentiva il sapore del sangue in bocca, ma invece che arrendersi si spostò velocemente lasciando che il calcio di Burter s'infrangesse sul tappeto. Gli si lanciò addosso, impedendogli di alzarsi e stritolandolo.

 

“Arrenditi, ragazzino. Non farti uccidere.” Gli sussurrò Ryan all'orecchio. Harry strizzò gli occhi, cominciando a vedere le figure intorno a lui diventare sempre più lontane. Con l'unica forza che gli era rimasta, sganciò una ginocchiata dritta nel suo inguine riuscendo a liberarsi e con due pugni ben piazzati sul viso lo buttò al tappeto. Il pubblico era in subbuglio, nessuno credeva a ciò che stavano vedendo. Harry si sollevò, esausto e con il sangue che cadeva copiosamente dal naso e dalla bocca. Guardò Dean e Martin, sicuro che la morsa soffocante li avrebbe avvolti da li a pochi secondi.

 

 

 

“Che è successo? Perchè urlano tutti?” Hermione era ancora fuori dalla Sala Grande, ma continuava a chiedere informazioni a Ron.

 

“Ce l'ha fatta Herm, l'ha battuto! Ora torneranno nella stanza iniziale, vedrai.. Vieni!” Ron esultava insieme a tutto il resto della Sala Grande. Hermione rientrò, decisamente più sollevata che quella tortura fosse finita. Aveva il viso completamente rigato dalle lacrime, e guardò verso l'immagine grande di Harry. Proprio un istante prima che sparirono da quel luogo orribile, Hermione e tutti gli altri li presenti trattennero rumorosamente il respiro: quel Ryan stava strisciando verso Harry con qualcosa in mano.

 

 

 

“Harry, attento!!” Successe tutto così velocemente, che la voce di Dean non riuscì a cambiare le cose. Harry si girò verso Ryan, che era arrivato proprio sotto di lui. L'unica cosa che riuscì a fare fu spalancare gli occhi: Burter alzò il braccio destro e infilzò un coltello nel fianco sinistro di Harry.

 

La scena sparì all'istante, e in un batter d'occhio si ritrovarono nella stanza circolare. Quel silenzio, dopo tutte quelle urla, sembrava quasi irreale.

 

“Oh merda.. Merda..” Harry si lamentava, respirando affannosamente. Aveva di nuovo addosso la sua divisa del Torneo, ma la maglia si stava riempiendo di sangue nella parte sinistra. Dean e Martin si buttarono su di lui, strappandosi le maniche della loro maglia per bloccare l'emorragia.

 

“Cazzo.. Per un secondo solo.. Quel figlio di puttana..” Harry faceva fatica perfino a parlare, mise anche la sua mano per tamponare la ferita. Si ritrovò a tremare, senza capirne bene il motivo.

 

“ABBIAMO BISOGNO DI AIUTO QUI!!” Martin urlò, guardando disperatamente verso l'alto. Passarono pochissimi secondi, e apparvero come degli angeli due medimaghi con ogni tipo di occorrente. “Presto, levatevi!” Spostarono Dean e Martin, che ancora li guardavano stralunati. Se interveniva qualcuno di esterno, era per questioni gravi.

 

“La lama non era lunga, non ha lesionato nessun organo interno. Ha perso parecchio sangue e continuerà a perderlo anche con le nostre fasciature, se continua la prova.” Un medimago parlò, ma non con il collega: sembrava parlasse con qualcuno che poteva sentire ma che non era presente. “Il nostro consiglio e di non farlo continuare.” Lo fasciarono bloccando completamente la fuoriuscita di sangue, chissà per quanto però. Gli fecero bere un intruglio così disgustoso che Harry per poco non vomitò: però serviva per rimetterlo in sesto e per velocizzare la circolazione del sangue nel suo corpo, così da produrne di più. Così com'erano arrivati, scomparirono senza lasciare la minima traccia.

 

“Vaffanculo.. Non posso credere di essere così sfigato.” Harry si lasciò andare all'indietro chiudendo gli occhi. Quella pozione lo stava facendo stare subito meglio: ma quanto sarebbe durato? La ferita doveva essere curata meglio.

 

“Harry.. Devi tornare indietro.” Dean questa volta sembrava davvero categorico. “Mettila come vuoi, che ci puoi rallentare, che puoi perdere i sensi da un momento all'altro e dovremmo portarti di peso, che rischi davvero grosso. Come la metti la metti, ma devi tornare indietro. Capito? Potter torna indietro!!” Guardò verso l'alto, sperando che chi aveva sentito prima Martin lo sentisse anche adesso.

 

“Manca soltanto il ricordo di Martin, ce la posso fare. Avete visto che durano relativamente poco..” Harry si alzò camminando un pochino. Aveva dolore dalla spalla sinistra fino alla gamba, ma fece finta di niente.

 

“Sei proprio un idiota. Perchè non capisci mai quando è l'ora di fermarsi?” Dean cominciò a scaldarsi, e Gully gli diede manforte. “Harry, dobbiamo affrontare il mio ricordo. C'è il rischio che tu possa rallentarci.” Concluse Martin.

 

“Non mi pare che dobbiate preoccuparvi che io vi rallenti. Mi sembra che per adesso vi ho dato una discreta mano.” Harry li guardò freddamente, sentendosi quasi con le spalle al muro. Non capiva che gli altri due campioni erano semplicemente preoccupati e volevano che uscisse da li per curarsi. Dean, quella volta, usò il punto debole di Harry.

 

“Non pensi a ciò che direbbe Hermione se ti vedesse?” Dean lo guardò, ed Harry s'irrigifì all'istante.

 

“Che c'entra Hermione? Lei non può vederci.” Fece un passo in avanti, e Dean capì di aver toccato il punto giusto.

 

“Ma ti vedrà dopo. Cosa pensi che dirà quando sarai mezzo morto e mezzo vivo in infermeria? O magari direttamente al San Mungo. Sai, la tua è una ferita Babbana e magari i medimaghi non sapranno curarti al meglio e velocemente. Guardati la fasciatura, hai fatto solo pochi passi e vedi un po'..” Dean gli indicò il suo fianco e Harry abbassò lo sguardo su esso: la medicazione si stava già impregnando di sangue, e lui stava cominciando a sentirsi di nuovo troppo debole. Diventò bianco all'istante, e tornò a guardare Dean.

 

“Non posso arrendermi.. Non potete rimanere solo in due.” Sussurrò, stringendo i pugni.

 

“Harry, noi ce la possiamo fare. Poteva capitare a me o a Dean: tu sei stato grande e hai superato il tuo ricordo tutto da solo, ora lascia spazio a me.” Martin si avvicinò, vedendo le gambe di Harry cedere piano piano.

 

“Se Hermione potesse vedermi, non mi perdonerebbe mai di non essermi arreso..” Harry sorrise e si lasciò cadere sulle ginocchia. Mise una mano sulla ferita, che si riempì velocemente di sangue. Vedeva tutto sfocato, forse non faceva neanche in tempo a tornare indietro.. Forse no.

 

“Ci vediamo la fuori, ragazzi. Fagliela vedere al tuo passato, Gully.. Io mi arrendo.” Non appena Harry pronunciò quelle ultime tre parole, si sentì prendere da una morsa decisamente più dolce di quella solita appartenente a quella prova. Chissà dove sarebbe spuntato, chissà se poteva vedere subito lei..

 

 

 

Hermione si alzò di corsa e seguì Silente; sapeva bene che l'avrebbe portato da lui. Gli fu subito dietro non appena lui entrò nella saletta proprio dietro al tavolo dove solitamente mangiavano i professori, e il preside non fece niente per fermarle. Infondo, era più che altro merito suo se Harry Potter si sarebbe salvato.

 

Era sdraiato li al centro della sala, su una barella e a occhi chiusi: aveva perso i sensi del tutto. Era circondato da tre medimaghi. Hermione si fece largo e gli afferrò il viso e le mani, completamente in lacrime. “Harry.. Amore.. S qui.. Ti prego, guardami. Parlami..”

 

“Signorina, la prego. Dobbiamo andare subito al San Mungo. Ha un ferita Babbana molto grave.. Dobbiamo fare presto.” Un medimago le preso dolcemente il braccio per farla spostare.

 

“Ce la farà vero? La prego.. Per favore.” Piangeva così forte che non riusciva neanche a parlare.

 

“Hermione..” Harry allungò la mano verso la sua voce. L'aveva sentita, ne era sicuro. Lei era li, sentiva la sua presenza, sentiva il suo profumo. Sentiva tutto il suo amore. Hermione gli afferrò subito la mano avvicinandosi di nuovo, adesso sorrideva tra le lacrime. Gli baciò il viso più e più volte. “Sono qui, sono qui.. Starai meglio, e io sarò sempre qui..”

 

“Sono tornato..” Harry aprì gli occhi a fatica per vederla. Dio, com'era bella. Le accarezzò il viso e poi si lasciò andare a un buio totale, dove più niente sapeva di sensazioni, soltanto nero e silenzio infinito.

 

“Harry..” Provò a richiamarlo Hermione, ma aveva perso nuovamente i sensi. “Harry.. Ti prego.”

 

“Signorina, dobbiamo andare via.” Il medimago la spostò deciso, e Silente l'accompagnò fuori.

 

“Raggiungi i tuoi amici adesso, e ti prometto che ti farò sapere come sta Harry.” Il preside le parlò molto sinceramente, e lei quasi in una sorta di trance tornò dagli altri. La presero tra le braccia e si fecero raccontare, ma ciò che riuscì a dire lei fu soltanto che Harry era appena stato portato al San Mungo.

 

“Andrà tutto bene, massimo domani sarà già qui.. E' una roccia! Lo sai..” Draco la strinse forte, lasciandola piangere contro il suo petto. Si accorse che era così fragile che non si meritava affatto tutta quella sofferenza, si meritava di ridere tutti i giorni. La baciò ripetutamente sulla testa e sulle guance. “Dai, andiamo in sala comune almeno ti stendi un po'..” Salirono tutti loro nella torre di Grifondoro, mentre tutto il resto della scuola continuò ad assistere alla Prova Inaspettata. Non appena si sedettero sui divani, si resero conto che da li sarebbe cominciata un'interminabile attesa piena di agonia.

 

 

Il giorno dopo di mattina presto, come promesso, Silente fece sapere ad Hermione che Harry era stabile, lo tenevano in un coma vigile per evitare che si agitasse troppo. La ferita aveva bisogno di cure particolari, e per far si che guarisse del tutto doveva stare li alcuni giorni.

 

“Posso andare a trovarlo?” Chiese speranzosa Hermione, seduta nell'ufficio di Silente.

 

“Temo proprio di no, signorina Granger. Mi spiace. Ma vedrai che sarà qui davvero in pochissimi giorni..” Silente la congedò, premuroso che una delle studentesse migliori di Hogwarts non tardasse alle lezioni.

 

 

“Silente dice che è stabile. Chissà che vuol dire poi.. Tornerà tra pochi giorni.” Hermione era seduta sotto quell'albero che le ricordava tanto Harry, e Draco le sedeva di fronte. Annuì e le accarezzò una gamba, cercando di tranquillizzarla.

 

“Sabato sera facciamo qualcosa, ti va? Così ti distrai.” Draco le sorrise.

 

“Non lo so Draco, non credo che mi andrà.. Luna e Ron non devono andare a cena fuori?”

 

“Si si lo so.. Infatti intendevo io e te.” Draco si rese subito conto che quella sembrava quasi una richiesta di appuntamento, e si mise a ridere imbarazzato. “Insomma, da amici ovviamente. E' chiaro..”

 

Hermione sorrise per tranquillizzarlo. “Non avevo affatto pensato male, tranquillo. Ci penserò, tanto manca ancora qualche giorno, va bene?”

 

 

Harry non tornò il giorno dopo, e neanche quello successivo. Puntualmente Hermione chiedeva informazioni a Silente, che però più di dirle che ormai era fuori pericolo non poteva, perchè non sapeva altro. Ma a lei quello bastava, quelle poche parole la rincuoravano ogni giorno di più. Voleva vederlo più di qualunque cosa al mondo, le mancava così tanto che quasi non respirava più. Contava le ore, i minuti, anche se non aveva una scadenza ben precisa il suo ritorno.

 

Quel sabato la scuola si era praticamente svuotata: era stato dato un giorno completamente libero, e quasi tutti ne avevano approfittato per uscire. Hermione era in biblioteca, non voleva rischiare di rimanere indietro con lo studio.

 

“Ti rendi conto che sei l'unica anima viva qui dentro?” Draco le si sedette affianco, sussurrando. Hermione gli sorrise annuendo e appoggiando la testa sulla mano.

 

“Dai, muoviti Granger. Usciamo.” Draco si alzò tendendole la mano, con un tono che non ammetteva repliche. Hermione provò timidamente a dissentire, ma fu impossibile. Nel giro di dieci minuti erano stretti nei loro cappotti e camminavano ridendo e scherzando verso Hogsmeade.

 

“Già, esatto.. Harry è sempre stato così, una testa calda. Però le risate che ci siamo fatti insieme noi tre sono da manuale! Ron ne ha combinate di tutti i colori ai nostri professori, Harry era sempre quello che finiva nei guai per miliardi di motivi. Io paravo sempre il culo a tutti quanti.” Hermione rideva ai racconti di Draco, e sentire del passato di Harry la faceva stare bene.

 

“Si vede che tu sei quello più a modo dei tre.. E sei anche un gran parlatore, al contrario di Harry. E' quasi frustrante a volte, sai?” Si attaccò al braccio di Draco, presa da un brivido di freddo.

 

“Già, Harry è così. Parla poco, agisce molto e senza pensare. Però è sempre stato un grande amico per me, così come per Ron. Tu sei davvero tutto il contrario delle donne che lui ha sempre avuto.. Diciamo che tu sei più il mio tipo di donna ideale, ecco..” Draco mise le mani in tasca, ma non si stacco dal braccio di Hermione.

 

“Ah si? E perchè?” Chiese Hermione divertita. Le piaceva molto parlare con Draco, era una persona davvero brillante e interessante. Lui non fece in tempo a rispondere che una voce li interruppe.

 

“Dai, Herm. Non ti facevo così intraprendente! Potter è mezzo morto al San Mungo e tu già ti consoli con il suo migliore amico?” Cormac McLaggen rise insieme a un suo amico, avvicinandosi a Draco ed Hermione.

 

“E' un piacere vedere che non perdi mai il senso dell'umorismo, Cormac.” Hermione tirò Draco, come per cercare di frenare qualsiasi suo impulso. Ma poi si rese conto che non era affatto come Harry, non correva il rischio. Draco sorrise e continuò a camminare, evitando di dire niente. Cormac continuò a schernirli, ma loro proseguirono imperterriti.

 

“Grazie che non hai fatto niente..” Gli sussurrò Hermione, entrando dentro ai Tre Manici di Scopa.

 

“Credo di essere molto più superiore a certe situazioni. Non sono per niente impulsivo io..” Draco chiuse la porta dietro di se e si sedettero a un tavolo. Il locale era pieno, e subito si unirono ad altri loro amici. Cominciarono tutti a bere e a scherzare allegramente. Hermione non rideva così da giorni: si rese conto solo in quel momento che dal giorno della Prova Inaspettata aveva praticamente chiuso le porte a chiunque, Draco era stato l'unico a convincerla a svagarsi un po'.

 

“Dai, fai pena! Si vede che sei proprio inglese. Però ti posso insegnare a bere come un vero irlandese sa fare.” Draco era già alla quarta birra e stava benissimo, abituato com'era all'alcool. Hermione provò a rifiutare, ma invano: cominciò a bere anche lei seguendo dei giochi stupidi che si misero a fare, non capendone affatto il senso ma trovandoli assurdamente divertenti. Non aveva mai bevuto così tanto in vita sua, se arrivava a mezza birra era già tanto. Infatti, in men che non si dica, le girava così tanto la testa che dovette obbligare Draco a riportarla al castello.

 

“Mio Dio, sto malissimo. Mi gira la testa. Come devo fare?” Camminando verso Hogwarts Hermione barcollava e si appoggiava completamente su Draco, che rideva senza sosta. Lei lo picchiava, ma si faceva facilmente contagiare dalla sua risata. Non capiva niente, sapeva soltanto che voleva andare nel suo letto e morirci dentro per ore e ore.

 

“Come fate voi irlandesi a bere così tanto.. Non è mica normale!” Ogni volta che finiva una frase, rideva. Per portarla fin su alla torre di Grifondoro Draco la prese in spalle, cercando di farla stare zitta. Quando entrarono in sala comune, fortunatamente non c'era nessuno.

 

“Ce la fai a salire al dormitorio? Non posso portarti su io..” Draco la mise giù, e lei si buttò senza neanche levarsi la giacca sul divano più grande.

 

“Non ci penso neanche. Io dormo qui.” Si mise comoda e chiuse gli occhi.

 

“No Herm, ma sei matta?! Non puoi stare qui così, dai.. Non dormire.” Draco si sedette affianco a lei e la scrollò.

 

“Mmmm piantala. Cosa vuoi che mi succeda? Zitto e dormi pure tu..” Si tolse la giacca e la buttò per terra e si sdraiò di nuovo. Ci mise davvero pochi secondi per addormentarsi profondamente. Draco la guardò, aveva il respiro regolare. Sorrise scuotendo la testa, probabilmente Harry l'avrebbe ucciso se avesse saputo che l'aveva fatta bere fino a farla stare così. Cosa doveva fare? Lasciarla dormire li da sola? Era la cosa più logica, il giorno dopo si sarebbero fatti quattro risate.

 

Si tolse la giacca e gliela mise addosso, così da evitare che prendesse freddo. “Lo capisco perchè Harry ha perso la testa.. Sei davvero bella.” Disse Draco, più a se stesso che a lei. Si sdraiò accanto a lei, dicendosi che sarebbe rimasto solo qualche minuto per farle compagnia e per assicurarsi che dormisse bene e non si sentisse male. Inevitabilmente, si addormentò profondamente.

 

 

Una luca fastidiosa colpì il viso di Hermione: storcendo la faccia, provò a girarsi dall'altra parte. Che strano, di solito le tende del dormitorio sono sempre chiuse, pensò ancora intontita dal sonno. Girandosi, scontrò qualcuno che le dormiva affianco. Aveva dormito con Harry quella notte? No, impossibile. Harry era ancora in ospedale. All'improvviso, tutto le venne in mente.

 

Spalancò gli occhi e con enorme sorpresa trovò Draco che dormiva beatamente accanto a lei. Aveva bevuto parecchio, e il mal di testa che galoppava ne era la prova certa. Perchè stavano dormendo insieme in sala comune? Era successo qualcosa che non si ricordava? No, impossibile. Assolutamente impossibile. Lo scrollò forte, per svegliarlo. Quando aprì gli occhi, anche lui rimase basito. Si alzò di scatto e cadde rovinosamente a terra dal divano.

 

“Oh cazzo.. Che male, merda.” Draco si alzò, massaggiandosi la gamba dolorante. Non ci poteva credere, si era addormentato come un coglione. Aveva condiviso un divano con la fidanzata del suo migliore amico.

 

“Ehm.. Ti posso spiegare. Non so assolutamente come sia successo, ma mi sono addormentato qui. Tu non ti volevi alzare, volevi stare qui a tutti i costi e.. Non volevo lasciarti sola.” Hermione si alzò massaggiandosi la sua folta chioma mossa e stropicciandosi gli occhi.

 

“Non fa niente Draco, ma ti pare! Non è mica successo niente. Abbiamo solo dormito.” Hermione sperò in cuor suo che nessuno li avesse visti. Quella situazione poteva benissimo essere fraintesa da chiunque. E giustamente, tra l'altro. Era molto presto, tutti dormivano ancora.

 

“Devo farmi una doccia e bere un caffè gigante.. Giuro che non berrò mai più.” Hermione si trascinò fino alle scale del dormitorio, con Draco che sorrideva dietro. Si passò una mano tra i capelli biondo platino, imbarazzato quanto bastava per infilarsi in una botola piena di letame.

 

 

 

“Ha bisogno di riposo, signor Potter. Non esageri con le attività fisiche e si riguardi. La ferita l'ha indebolita parecchio, e ha ancora bisogno di riprendersi.” Il medimago fece le ultime raccomandazioni ad Harry, che in realtà gli entravano da un orecchio e gli uscivano dall'altro; voleva andarsene da li, voleva vedere Hermione.

 

Contro la volontà di tutti i medici che lo avevano curato, Harry decise di tornare ad Hogwarts tramite la Metropolvere: sarebbe arrivato indubbiamente prima. La professoressa McGranitt arrivò puntuale a riprenderlo, e vedendo che non stava più nella pelle di tornare indietro non si dilungò in eccessive chiacchiere con i dottori.

 

“Hogwarts!” Harry scandì per bene il nome, non voleva di certo sbagliarsi. Spuntò nell'ufficio di Silente, che lo aspettava cordialmente. Subito dopo lo raggiunse la McGranitt, che si tolse la polvere dal vestito con estrema eleganza.

 

“Harry, che piacere! Ci hai fatto prendere un bello spavento. Il tuo preside è dovuto ritornare al St. Patrick, ma forse già lo sapevi. Come ti senti?” Silente gli mostrò la sedia di fronte alla sua scrivania, invitandolo a sedersi. Ma Harry non si mosse.

 

“Molto meglio signore, grazie. Ma se non le dispiace, vorrei andare subito dalla mia ragazza adesso.” Harry provò a non sembrare scortese. Il preside sorrise comprensivo.

 

“La signorina Granger, ma certo. È venuta qui ogni giorno durante la tua assenza, per avere tue notizie. Una ragazza eccezionale e brillante. Vai allora, non perdere altro tempo.” Harry gli sorrise sinceramente grato, salutò la professoressa e uscì dall'ufficio. Inutile dire che dovette congedare molto velocemente tutte le persone che incontrò nei corridoi e che volevano sapere come stava: avrebbero parlato poi, ci sarebbe stato tempo.

 

“Harry! Oddio, che bello vederti!” Luna lo abbracciò forte, contenta di vederlo così in forma. “Stai bene, si vede! Che colpo ci hai fatto prendere..”

 

“Eh lo so.. Me lo sono preso pure io.” Harry le sorrise, e senza chiederle niente lei risposo alla domanda che lui avrebbe voluto farle.

 

“Vieni, Hermione è in sala comune.” Lo tirò per un braccio, entusiasta che fosse tornato. Non appena arrivarono davanti alla Signora Grassa, Luna disse la parola d'ordine ed entrarono insieme.

 

“Vedrai come sarà contenta di vederti.. E' stata così in pensiero in questa settimana.”

 

“Non ho potuto scriverle, me lo hanno impedito..” Harry smise subito di parlare non appena la vide. Era seduta alla finestra, con le gambe incrociate sulla sedia e un libro in grembo. Stava leggendo distrattamente, perchè si stava toccando i capelli. Harry sapeva bene che quando lo faceva era perchè era pensierosa. Luna si avvicinò a lei saltellando, ma lui non sentì cosa le disse. La vide semplicemente girarsi verso di lui e cambiare faccia. Lasciò cadere il libro a terra e gli corse incontro con gli occhi pieni di lacrime.

 

Harry l'afferrò tra le braccia sollevandola da terra. Ok, stava di nuovo bene. Era di nuovo completo. “Quanto mi sei mancata. Mio Dio. Quanto..” Le fece aggrovigliare le gambe intorno a lui e appoggiarono le fronti l'una sull'altra.

 

“Non lo fare mai più. Mai mai mai più..” Hermione aveva la voce che tremava forte dall'emozione. Harry stava bene, ed era di nuovo li con lei. Tutto il resto del mondo non importava più.

 

 

 

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Capitolo 9
*** Odi Et Amo ***


9. ODI ET AMO.

 

 

 

 

 

 

 

 

“Te l'ho detto, io non l'ho visto l'ultimo pezzo. Ma so che Martin è stato molto bravo, e Dean l'ha aiutato parecchio. Hanno dovuto affrontare un deserto arido e in piena solitudine, senza sapere dove andare. Dev'essere stata molto dura.. Meno male che tu non hai dovuto farlo.” Hermione si accoccolò sul corpo nudo e forte di Harry, cercando di non toccargli la ferita che ancora era coperta. Lui le accarezzò la schiena, mugolando come risposta.

 

“Mmm.. Mi hanno detto che Martin ha preso più punti, Dean pochi di meno rispetto a lui. Io, va bè, lasciamo perdere. Adesso Thomas è il primo, io sono passato secondo..” Harry ragionò parlando più con se stesso. Hermione alzò di nuovo la testa e lo guardò accigliata.

 

“Hai rischiato grosso, Harry. E ti preoccupi del punteggio?” Scosse la testa incredula. Harry la girò tenendola tra le braccia e mettendosi sopra di lei. Era così bella che probabilmente l'avevano disegnata.

 

“Bè, si. Devo preoccuparmi del Torneo, sono pur sempre uno dei campioni anche se sono rimasto ferito.. Che coglione, se ci penso.” Si ributtò nel suo lato del letto e guardò il soffitto della Stanza delle Necessità (ormai era diventata praticamente la loro stanza personale) con un sorriso ironico. Hermione raccolse la palla al balzo e tentò a intraprendere il discorso.

 

“Non me ne avevi mai parlato.. Di quelle cose.” Si mise seduta, tenendosi il lenzuolo con le mani. Harry rimase sdraiato e serrò la mascella, senza guardarla.

 

“No. E sai bene che non sapevo neanche che tu stessi guardando la prova. Non avresti dovuto vedere..” Sperò che quella risposta potesse bastarle, ma non fu così.

 

“Invece ho visto e sentito tutto, Harry. Perchè non me ne parli?” Provò ad avvicinarsi a lui, ma questi si girò dall'altra parte alzandosi in piedi. Senza dire una parola, prese le mutande e se le infilò.

 

“Io ti ho detto tantissime cose del mio passato.. Di te mi sembra di non sapere mai niente.” Hermione non lo guardò più e si abbracciò le ginocchia.

 

“Perchè non c'è niente da sapere.” Harry rispose freddamente, cercando con lo sguardo la maglia con la quale avrebbe dormito, non si ricordava dov'era caduta.

 

“L'infanzia passata in un collegio Babbano violento e un'estate intera vissuta a picchiare sconosciuti per soldi lo chiami niente Harry?” Hermione si alzò di scatto innervosendosi e si mise velocemente la biancheria.

 

“Piantala, d'accordo? Queste sono cose che non ti riguardano.” Harry alzò la voce e la fissò nervoso, facendole capire con lo sguardo che per lui la discussione finiva li.

 

“Perfetto, benissimo. Ci saranno allora tante altre cose di me che non riguarderanno te.” Hermione si cominciò a vestire, arrabbiata. Era arrivato soltanto la mattina prima e aveva già rovinato tutto.

 

“Dove stai andando? Non dormi qui?” Harry la guardò raccogliere tutte le sue cose e andare verso la porta della Stanza, con pochi balzi le fu dietro e la bloccò.

 

“Harry, lasciami. Non ho voglia di dormire con te, voglio andare nel mio dormitorio.” Incrociò le braccia e girò lo sguardo dall'altra parte, altezzosa. Harry non poté trattenere un sorriso.

 

“E' assurdo. Quando ti arrabbi diventi più bella.” La strinse più dolcemente, sapendo che infondo lei non se ne voleva andare. Hermione lo guardò e rise ironicamente.

 

“Pensi che così hai risolto tutto? Ti picchierei, come ti odio.” Lui provò a baciarla ma lei si spostava, reggendosi a lui per evitare di perdere l'equilibrio.

 

“Non sono pronto a parlare di certe cose, non l'ho mai fatto.. Mi darai tempo per farlo?” Harry parlò sinceramente e guardandola negli occhi. Lei si accorse subito della fatica che aveva fatto anche solo a dire quella semplice frase, e lo perdonò all'istante.

 

“Ti darò tutto il tempo che vorrai..” Lo baciò stringendogli le braccia intorno al collo. Poi gli tirò uno schiaffo forte sul braccio. “Però smettila di rispondermi in quel modo, maleducato cafone!!” Harry si buttò nel letto, fingendo un dolore immenso nel punto dove lei lo aveva colpito. La fece ridere e la tirò di nuovo su di se.

 

“Hai perso tempo a vestirti..” La mise sotto di se baciandola. “Ora ti devo spogliare di nuovo.”

 

 

 

I giorni successivi trascorsero tranquillamente: novembre lasciò in fretta il posto a un ghiacciato e innevato dicembre, per la gioia di tutti quanti. Infondo, quel tempo voleva dire soltanto una cosa: vacanze di Natale.

 

“Stasera non vedo l'ora di dormire! Sono stanca morta, quando arrivano queste vacanze?!” Luna si attaccò al braccio di Ron trascinandosi verso la sala comune, Hermione si guardava in giro preoccupata.

 

“Non capisco dove sia Harry. Non c'era nemmeno a cena..” Da lui ci si poteva aspettare di tutto.

 

“Ma magari si è.. Ah, eccolo!” Disse Ron indicando Harry che arrivava dal loro corridoio opposto.

 

“Scusate.. Ho avuto da fare.” Diede un bacio sulla bocca ad Hermione per salutarla, che lo guardò dubbiosa. “Vieni con me, ti faccio vedere.” Salutarono i loro amici senza dare spiegazioni e non rispondendo alle loro domande, e cominciarono a correre su per le scale, verso la Torre di Astronomia.

 

“Harry, ma perchè corri? Se ci beccano qui a quest'ora.. Aspettami!!” Arrivò con il fiatone poco dopo di lui, che l'aiutò a salire l'ultima rampa.

 

“Ma sei matto? Che ci facciamo qui?” Harry le mise un dito sulle labbra e la portò più in alto, dove si vedevano distintamente le stelle.

 

“Ti ricordi che il giorno in cui ho fatto la Prova Inaspettata ti avevo chiesto di stare insieme dopo pranzo? Ecco, c'era un motivo preciso.” Hermione lo lasciò parlare, non capendo a cosa si riferisse. Harry si girò e prese l'uovo d'oro della Prima Prova e lo mise davanti a lei.

 

“Che significa?” Lei era ancora più frastornata.

 

“Quando l'ho aperto da solo mi ha detto che avrei dovuto aprirlo con la persona giusta. Bè, ce l'ho qui davanti adesso.” Harry la guardò, e lei gli sorrise. Mise le mani sopra quelle di lui sull'uovo, pronta.

 

“Bene allora, che aspettiamo?” Insieme, fecero scattare la serratura dell'uovo. Cogliendoli di sorpresa, quello parlò subito con la stessa voce che aveva spiegato e portato avanti la Prova Inaspettata.

 

Molto bene, Harry James Potter. Mi hai portato la tua persona giusta. Ora presta attenzione, perchè non lo ripeterò due volte. La Seconda Prova testerà diverse vostre capacità: fermezza, coraggio, determinazione e lucidità mentale. Non avete la possibilità di sapere, voi campioni, che cosa affronterete, ma potete sapere come e perchè: alla fine di un percorso già tracciato e non poco insidioso troverete il tesoro a voi più caro. Recuperatelo e portatelo indietro in salvo. Fatelo nel minor tempo possibile, e la vittoria della Prova sarà vostra. Attenzione, però: tornando indietro il percorso non cesserà le sue insidie, e la protezione del vostro tesoro potrebbe rendere voi troppo vulnerabili. Buona fortuna.”

 

L'uovo, una volta terminata la spiegazione, scomparve dalle mani di Harry ed Hermione. Si guardarono per alcuni secondi senza dire niente, cercando di ragionare su ciò che avevano appena sentito.

 

“Accidenti.. Non sai molto, in realtà.” Hermione cominciò a ragionare ad alta voce. “Un percorso già tracciato.. Sembra pericoloso, come al solito. Mio Dio, quando finirà questo Torneo.. Chissà cosa intende dicendo il tesoro a voi più caro.” Fece le virgolette con le dita, non sapendo bene a cosa appigliarsi. Harry la guardò, con un moto di panico nel cuore. Non poteva essere che.. No, non era possibile.

 

“Che stai pensando?” Hermione se ne accorse subito che aveva avuto un pensiero profondo.

 

“Niente, stavo semplicemente pensando a cosa potrebbe essere..” Quel pensiero assurdo preferì tenerlo per se. Era certamente impossibile che prendessero una persona da tenere praticamente in ostaggio in mezzo a chissà quali creature. No, sarebbe impazzito se gli avessero preso Hermione, ne era certo.

 

“Magari domani potresti parlarne con Dean o con Gully, se hanno già sentito la spiegazione.” Hermione lo accarezzò dolcemente, e lui annuì pensando che in effetti era un'ottima idea.

 

 

“Quindi tu che ne pensi? Cosa potrebbe significare?” Harry, Dean e Martin passeggiavano sulla neve fuori dal castello, stringendosi nei loro mantelli per ripararsi dal freddo pungente.

 

“Non lo so, Dean.” Rispose Harry, tirando un calcio a un rametto. “Ma non ti nascondo che ho pensato per un attimo che potesse intendere una persona.”

 

“L'ho pensato pure io, sai? L'ho sentita pochi giorni fa la spiegazione, ed è stato anche per me la prima lampadina che si è accesa..” Martin si ficcò le mani in tasca.

 

“No ragazzi, ma siamo matti? Non possono fare una cosa del genere. Metterebbero in pericolo delle vite.. No, non se ne parla.” Dean fu categorico, per lui l'idea che quel tesoro più caro potesse riferirsi a una persona era da escludere.

 

“Wow, che figo. I tre campioni in riunione, potrei quasi emozionarmi.” Cormac McLaggen si avvicinò a loro tre con una mano sul cuore. “Credevo fosse una competizione magica, non un clan per femminucce desiderose di nuove amicizie.”

 

Dean rise forte, mentre Harry e Martin neanche lo calcolarono troppo. “Ma piantala, McLaggen. Che ancora piangi che non sei stato scelto tu come campione. Coglione..” Dean scosse la testa, come per compatirlo, e Harry rise. Cormac si fece viola in viso.

 

“Cercavo proprio te sai, tu che ridi come un imbecille si.” Indicò Harry, che subito si fece serio e serrò i pugni dentro le tasche. “Volevo avvertirti sai. Si vocifera che la tua donna si sia intrattenuta parecchio con il tuo amichetto biondo durante la tua assenza..”

 

Harry scattò in avanti, ma Martin e Dean lo bloccarono subito. “Attento con chi parli e soprattutto di chi.” Gli disse freddamente. Cormac alzò le mani ridendo in segno di resa.

 

“Ei bello, non ti scaldare. Io ti sto solo dicendo la verità.. Perchè non glielo chiedi ad Hermione se lei e Malfoy non hanno dormito insieme sul divano della sala comune una notte? Così vedrai se sono io che ti racconto cazzate, o le persone che ti stanno affianco.” Sputò a terra e se ne andò via con un ghigno soddisfatto dipinto sul viso.

 

Harry era completamente gelato, ma non di certo per il freddo. “Amico, lascialo perdere quello. Gli rode solo perchè stai con Hermione e lui non ce l'ha mai fatta.. Dice una marea di stronzate.” Dean gli diede una pacca sulle spalle, spingendolo verso il castello.

 

“Si.. Si, infatti.” Rispose semplicemente Harry, con lo stomaco ancora capovolto. Forse aveva ragione Dean, doveva lasciar perdere. Lui si fidava di Hermione, e Draco era come un fratello per lui. Ciò che diceva McLaggen non aveva alcun senso.

 

 

Tuttavia, inevitabilmente, nei giorni successivi Harry si trovò ad osservare molto di più i comportamenti di Draco verso Hermione. Erano diventati amici sin da subito, si erano sicuramente trovati a livello caratteriale: ma doveva ammettere che durante la settimana della sua assenza quel rapporto si era rafforzato ancora di più. Erano in Sala Grande a studiare tutti insieme, ma Harry non faceva altro che fissare loro due. Casualmente, seguivano praticamente tutti i corsi insieme e quindi capitava spesso che facessero i compiti insieme o che addirittura gli veniva assegnato un lavoro in coppia.

 

Lei lo trattava come lo aveva sempre trattato, di questo ne era certo: il fatto che ogni due per tre alzasse lo sguardo su Harry per sorridergli lo tranquillizzava sempre di più. Però non gli piaceva affatto il modo in cui lui guardava lei, la cosa lo stava lentamente facendo uscire di testa.

 

“So cosa stai pensando, e non mi piace per niente.” Ron spinse Harry, destandolo dai suoi pensieri.

 

“Non sto proprio pensando a niente.” Rispose secco.

 

“Piantala, sei mio fratello e ti conosco troppo bene purtroppo. Draco è uno dei tuoi migliori amici, non ti farebbe mai una cosa del genere. Sa cosa significa Hermione per te.” Ron era molto serio. Harry lo guardò serrando la mascella.

 

“McLaggen mi ha detto che li ha beccati mentre dormivano insieme in sala comune quando io ero in ospedale..” Non appena Harry finì la frase, Ron scoppiò a ridere.

 

“E tu ti fai del sangue marcio per ciò che dice quell'idiota?! Hermione è stata tutta la settimana a piangere e chiusa nel dormitorio ad aspettarti. Draco è riuscito a farla uscire solo l'ultima sera e sono stati con gli altri ai Tre Manici di Scopa. Io e Luna non c'eravamo, ma di Draco mi fido quanto mi fido di te. La vede solo come amica, punto. E lei idem.” Ron concluse sicuro.

 

“Io non mi preoccupo di lei infatti..” Harry tornò a guardarla. Si stava arrotolando un riccio ribelle mentre scriveva, e come richiamata da una calamita alzò lo sguardo su di lui mandandogli un bacio. Lui rispose con un occhiolino.

 

“Neanche di Draco, Harry.” Ron insistette.

 

“Voglio accertarmi, prima. E poi sarò pronto a chiedere scusa.” Harry si alzò, non lasciando a Ron il tempo di replicare. Fece segno ad Hermione che si sarebbero visti più tardi e si allontanò dalla Sala Grande.

 

Quella sera, dopo cena, sarebbero tutti usciti per farsi un giro ad Hogsmeade: o meglio, per rintanarsi dentro un bar al caldo. Draco, Ron, Neville, Cho e Luna erano già in sala comune e stavano aspettando Harry ed Hermione, che stavano tardando.

 

“Ma dove diavolo sono? Sono già andati tutti.” Cho si lasciò sprofondare in una delle tante poltrone della sala comune davanti al caminetto acceso.

 

Harry aveva preso Hermione subito dopo cena e la stava portando in un posto appartato dove poter parlare. “Si può sapere dove andiamo? Non mi dire che ci sono altre uova da aprire.” Rise da sola, perchè Harry era molto serio. Si fermarono in un corridoio silenzioso e lui si mise di fronte a lei.

 

“Ok, la farò breve per evitare di sembrare un ragazzino. Te lo chiedo per il semplice fatto che se no non ci dormo la notte, e se ho la tua parola a me basterà e potrai darmi del coglione quanto vorrai.” Hermione lo guardò alzando le sopracciglia, non capendo a cosa si riferisse.

 

“Herm.. Hai dormito con Draco sul divano della sala comune quando io ero in ospedale?” Harry sputò fuori tutto d'un fiato, aspettandosi una sfuriata per la sua immancabile mancanza di fiducia. Ma con estrema sorpresa di Harry, la sfuriata non arrivò mai.

 

Hermione chiuse gli occhi, arrossendo pericolosamente. “Chi te l'ha detto?” Sussurrò appena. Sapeva benissimo cosa comportava quella scoperta: una bella serie di fraintendimenti e lo sfoggio della peggiore indole di Harry.

 

Lui si ghiacciò completamente, di nuovo. Fece un passo deciso indietro. “No.. Dimmi che scherzi cazzo.” Serrò i pugni.

 

“Posso spiegarti tutto, prima che tu possa capire male e.. Harry!!” Hermione gridò il suo nome vedendolo partire a raffica. I corridoi si erano svuotati, forse erano già tutti usciti. Harry si diresse quasi correndo in sala comune. Hermione si appese alle sue braccia e al suo maglione per bloccarlo, ma era quasi impossibile.

 

“Harry, fermati!! Fermati!! Mi è soltanto stato vicino mentre io stavo male per te, ci siamo semplicemente addormentati. Non è successo niente Harry, ragiona per l'amor del cielo! Fermo!!” Strillava come una matta, sentendo quasi paura. Arrivati davanti alla Signora Grassa Harry disse la parola d'ordine così freddamente che Hermione quasi non riconobbe la sua voce. Entrarono entrambi, e vedendoli tutti li seduti ad aspettarli lei urlò.

 

“Ron!! Ti prego, fa qualcosa!!” Ron si alzò subito non capendo che cosa stesse succedendo e tutti si girarono stralunati verso Hermione.

 

“Malfoy, grandissimo figlio di puttana, alza quel culo subito!” Harry alzò la voce e Draco si alzò completamente intontito da ciò che aveva appena sentito.

 

“Ei amico, ma ti sei bevuto il cervello?” Fece per avvicinarsi ma Ron lo bloccò. Probabilmente stava per scoppiare il macello: anche Neville si mise in mezzo, e Cho e Luna si alzarono andando da Hermione che tremava per l'agitazione.

 

“Amico un cazzo. Dormi con la mia donna alle mie spalle? Gente sconosciuta deve venirmi a dire una cosa del genere e tu non mi dici un cazzo?” Ad Harry tremavano le mani. Quella volta non si sarebbe fermato per nessuna ragione al mondo.

 

“Vedi di calmarti Harry, perchè stai fraintendendo una situazione molto semplice.” Draco gli puntò il dito contro, per niente intimorito dall'atteggiamento dell'amico.

 

“Ci siamo semplicemente addormentati! Perchè non vuoi credermi?! Non è successo niente, come puoi pensare diversamente Harry!!” Hermione si mise di fronte a lui picchiettandolo sul petto con le mani.

 

“Aveva bevuto e si è addormentata qui, per non lasciarla sola ho..” Draco strizzò gli occhi, rendendosi conto quella cosa poteva evitare di dirla.

 

Harry abbassò subito lo sguardo su Hermione. “Ti sei ubriacata? Hai omesso molti particolari, vedo. Avete deciso di non dirmelo così almeno potevate farvi quattro risate alle mie spalle?”

 

“Mio dio, sei sempre stato paranoico anche da bambino! E' stata male per una settimana intera, scusa tanto se volevo farla divertire invece che farla continuare a piangere!” Anche Draco adesso aveva alzato il volume della voce, e Ron cercò di calmarlo. Nessuno meglio di lui sapeva come gestire Harry, e così proprio non avrebbe funzionato, anche Draco lo sapeva bene infondo.

 

“Scusa tanto se mi avevano accoltellato in quel posto di merda!!!” Harry avanzò di un passo quasi sovrastando Hermione con il suo peso, lei però non si tolse.

 

“Lo vuoi sapere perchè non te lo abbiamo detto?! Proprio per questo!! Perchè sapevamo bene che avresti frainteso l'intera vicenda e avresti reagito in perfetto stile Potter: violentemente e senza ragionare.” Draco tentò di spostare Ron.

 

“Draco, adesso basta! Harry, pure te. Datti una calmata perchè stai esagerando.” Ron era in mezzo a loro due e li divideva, Luna prese Hermione per un braccio e la spostò da li. Neville si avvicinò per dare man forte al rosso.

 

“Se me lo avessi detto subito non ci sarebbero stati problemi perchè io mi fidavo di te.” Harry lo indicò minacciosamente con il dito. “Lascialo andare Ron, lascialo che gli rompo il culo.”

 

Draco rise senza allegria. “Ma sentiti! Vuoi spaccarmi la faccia? Avanti, accomodati!! Però fermati un attimo a pensare prima, Harry: noi tutti qui siamo stati accanto a lei mentre tu giocavi a fare l'eroe. E adesso vuoi picchiare me perchè ci ho dormito insieme? Si, ci ho dormito insieme per evitare di lasciarla sola. E tu che fai invece? La stai facendo piangere per l'ennesima volta.” Harry girò lo sguardo su Hermione, che singhiozzava e respirava affannosamente presa dalla paura e dal panico tra le braccia di Luna e Cho, che lo guardavano con disappunto.

 

Tirò un calcio forte al tavolo li affianco mandando in frantumi il grande vaso che vi era posizionato sopra e si girò contro il muro sferrando tre pugni così forti alla parete che sentì la mano aprirsi schizzando sangue. I quadri li affianco lo ammonirono inorriditi, mentre tutti gli altri rimasero fermi immobili a guardare Harry scomparire attraverso il quadro della Signora Grassa mentre si reggeva la mano.

 

“E' tutto a posto.. Non è successo niente.” Draco si precipitò su Hermione per farla tranquillizzare. Lei annuì strizzando gli occhi.

 

“Mi dispiace, non ho idea di chi possa averglielo detto. Sapevo che l'avrebbe presa così..” Si passo le mani sul viso asciugandosi le lacrime. “Basta. Io non ce la faccio più a reggere una situazione del genere.. Non ne posso davvero più.” Sussurrò allontanandosi da tutti e avvicinandosi alla finestra. Harry rovinava sempre tutto, non riuscivano a stare bene per più di una settimana consecutiva che doveva fare qualcosa per rovinare tutto. Non poteva andare avanti così, non ne era proprio in grado.

 

“Perchè gliel'hai nascosto, cazzo? Perchè! Sai benissimo come avrebbe reagito Harry scoprendolo, lo conosci da una vita Draco.” Ron lo spinse guardandolo arrabbiato.

 

“Ti ci vuoi mettere anche tu? Dovresti piantarla di difenderlo sempre e renderti conto anche tu quando esagera. Hai visto o no che pugni ha tirato contro il muro? Dice che è cambiato, ma a me sembra sempre di vedere il solito Harry di poco tempo fa Ron.” Lo affrontò parlando piano, non volevano farsi sentire dalle ragazze.

 

“Sta cambiando, invece. E solo grazie ad Hermione. Perchè se no quei tre pugni te li avrebbe dati a te secchi sulla faccia e adesso staremmo correndo in ospedale.” Ron gli voltò le spalle, lasciandolo li a pensare. Draco alzò lo sguardo al cielo e dovette ammettere, controvoglia, che l'amico aveva pienamente ragione.

 

 

Harry era seduto per terra fuori dall'infermeria. Si guardava la mano, che si era gonfiata notevolmente e aveva assunto un colore violaceo: doveva andare a farla vedere e curare, ma non gli veniva in mente nessuna scusa buona. Provò a muoverla, ma sentì un dolore lancinante. Se l'era rotta sicuramente, oltre che aperta. Nessuno avrebbe mai creduto alla classica scusa “Sono caduto.”

 

“Sembra molto dolorosa, signor Potter.” Albus Silente era in piedi di fronte a lui e lo guardava con uno sguardo torvo, incuriosito. Harry si alzò di colpo, sentendosi preso con le mani nel sacco: era tardi ed era l'unico ancora nei corridoio, avrebbe dovuto essere o in sala comune o ad Hogsmeade.

 

“Lo so, l'infermeria spaventa anche me. Ma possiamo affrontarla insieme, se ti va.” Silente si girò e si diresse verso la porta. Harry apprezzò molto la sua discrezione, e decise di seguirlo. Non appena entrarono, Madama Chips spuntò da infondo a quella grande sala che ormai Harry conosceva abbastanza bene.

 

“Oh, Albus! La stavo giusto aspettando.. Oh, ma non è solo.” Si accorse di Harry, che teneva la mano nascosta dietro la schiena. “Signor Potter, mi chiedevo come mai ancora non era tornato da me. Cos'ha combinato, questa volta?”

 

In quel momento si rese conto che doveva rispondere per forza. Guardò prima Silente e poi Madama Chips e fece uscire la sua mano allo scoperto. “Ehm.. Sono caduto dalle scale.” Quella scusa era così debole che non ci avrebbe creduto nessuno.

 

“Oh, buon Merlino! Questa mano è distrutta.. E' impossibile che tu sia semplicemente caduto dalle scale.” Madama Chips gliela prese delicatamente e controllò i danni. Harry non rispose, infondo non gli importava niente se non gli avrebbero creduto.

 

“Si, invece. L'ho visto con i miei occhi cara Madama.” Silente intervenne, sotto lo sguardo non poco stupito di Harry.

 

“Molto bene, allora. Aspettate qui, vado a prendere tutto l'occorrente, non ci vorrà molto.” Madama Chips si dileguò velocemente. Silente si sedette su di una sedia ed invitò Harry a sedersi sul letto affianco a lui. Lo guardò semplicemente, aspettandosi che gli raccontasse la verità ora che erano soli. Ma lui non lo degnò di una parola, era irremovibile.

 

“Sai Harry, nella mia non breve vita ho capito che a volte parlare può essere la soluzione migliore. Ma, senza dubbio, ascoltare le batte tutte. Tu hai ascoltato prima di aggredire qualcuno, Harry?” Silente parlava con una calma quasi irreale.

 

“Non ho aggredito nessuno.” Harry rispose piatto, dicendo la verità.

 

“Bene, Harry. Questo mi rincuora. Allora riformulo la domanda: come mai hai deciso di non aggredire quel qualcuno ma scaraventare la tua rabbia su altro? Un muro, magari.” Silente gli sorrise impercettibilmente, e lo guardò dritto negli occhi. Harry si sentì quasi completamente spogliato.

 

“Non ho ascoltato. Ma non credevo ce ne fosse bisogno, la situazione era chiara.” Harry si resse la mano vedendo arrivare Madama Chips. Gli diede da bere una pozione che gli avrebbe rimesso a posto le ossa nel giro di una notte e, agitando la bacchetta, gliela fasciò completamente.

 

“Vado a prendere la cosa per te, Albus.” Sparì di nuovo velocemente. Harry guardò Silente piegando la testa, anche lui voleva sapere perchè si trovava li.

 

“Oh, Madama Chips mi aiuta a conciliare il mio sonno con una pozione speciale, niente di più.” Silente sorrise di nuovo, non stava mentendo. Si vedeva lontano un miglio che quello era un uomo che non avrebbe mai mentito. “In tutta questa storia c'entra Hermione Granger, non è così?”

 

Harry sussultò. Sentire il suo nome gli provocava sempre una sensazione strana. Annuì abbassando lo sguardo. “Ma lei.. Lei non c'entrava, era una questione tra me e Draco. Ma si è messa in mezzo e adesso probabilmente mi odia. Di nuovo..”

 

“Si è messa in mezzo perchè tiene molto a te, Harry. E voleva impedirti che facessi una cosa di cui poi ti saresti pentito amaramente. E, a vedere dalla tua mano, c'è riuscita. Non hai colpito il signor Malfoy.” Silente unì le sue mani sulle gambe e non smise di guardarlo. Harry, invece, guardò altrove pensando alle parole del preside.

 

“Non sono in grado di stare con lei. Draco ha ragione, la faccio sempre piangere..” Continuò a guardare un punto lontano, inesistente, quasi come se stesse parlando con se stesso.

 

“Lascia che sia lei a scegliere cos'è giusto per se stessa. Tu, Harry, tutto ciò che puoi fare è essere sempre un po' migliore per lei. Perchè a giudicare dai tuoi occhi di adesso, se lo merita davvero.” Il preside sorrise ancora, vedendo disegnato l'amore nello sguardo del ragazzo che aveva di fronte. Vedendo arrivare Madama Chips si alzò e prese la sua boccetta ringraziandola.

 

“Ci vediamo domani, Madama Chips. Tenga qui per la notte il signor Potter, sono sicuro che stare un po' da solo gli farà solo che bene.” Gli fece l'occhiolino e andò via, in tutta la sua maestosa eleganza. Harry lo ringraziò silenziosamente, e subito dopo fece una smorfia di dolore sentendo le osse che piano piano andavano al loro posto.

 

“Lo so, farà un po' male, ma domani mattina starai già meglio.” Madama Chips gli preparò un letto e lo fece accomodare. Lui la ringraziò con un piccolo sorriso e si sdraiò tenendosi la mano in grembo. Quando Morfeo lo prese tra le sue braccia era già notte fonda.

 

 

Quella domenica, incredibilmente, aveva smesso di nevicare. Si vedeva spuntare il sole di tanto in tanto, che faceva capolino tra le nuvole che ancora fluttuavano minacciose. Nessuno aveva intenzione di studiare per mettersi in pari, quel giorno: tutti erano fuori a godersi quel magnifico paesaggio che era Hogwarts innevata. Harry camminava per i corridoi, senza sapere bene dove andare per trovare ciò che stava cercando. La mano si era completamente sgonfiata, ma doveva ancora tenerla ferma e fasciata per qualche giorno: Madama Chips aveva dovuto praticamente obbligarlo con la forza a tenersela appesa al collo.

 

Uscì fuori e provò a ignorare chiunque gli si parasse davanti per chiedergli che aveva fatto alla mano. Era pure senza giacca, quindi si stava ibernando lentamente. Fortunatamente non dovette cercare molto, perchè Draco era la con tutti gli altri. Non appena lo videro arrivare, si zittirono guardandolo. Hermione non era li, ma Harry se lo aspettava.

 

“Mi dispiace, ho esagerato una questione senza venire prima a chiederla a te. Chiedo scusa anche a tutti voi per la scenata che ho creato ieri sera..” Si rivolse sia a Draco che a tutti gli altri, che subito sorrisero felice di sentirlo sinceramente dispiaciuto. Draco si alzò e si strinsero forte la mano dandosi anche un piccolo colpo con la testa amichevolmente.

 

“Scusami te. Non avrei mai dovuto farla bere e non avrei mai dovuto dormirci insieme. E soprattutto non succederà più che ti nascondo una cosa. Ma ora vai in biblioteca e vedi di risolvere con una persona decisamente più difficile di me.” Draco si staccò e Harry gli sorrise annuendo. Fece dietro front e si diresse di nuovo a grandi passi verso il castello. Il calore che sentì non appena entrò lo rimise al mondo, sciogliendolo. Andò dritto in biblioteca, non trovando fortunatamente nessuno a intralciargli la strada. Non appena entrò, si rese conto che era completamente vuota. Passò diversi scaffali di libri, guardandosi a destra e a sinistra, e finalmente la vide.

 

Era seduta composta, con due libri enormi aperti davanti a lei, nascondeva metà del suo viso nel collo alto del suo maglione che teneva con una mano: aveva sempre freddo, era incredibile. Con l'altra mano si toccava la treccia che le scendeva lateralmente. Harry prese un bel respiro e facendo piano le si sedette affianco, restando girato completamente verso di lei e mettendo il suo braccio sinistro sulla sua sedia. Lei sussultò, non aspettandosi l'arrivo di nessuno, e fece spuntare fuori dal maglione il suo viso perfetto. Non appena lo vide, si girò dall'altra parte chiudendo gli occhi.

 

“Non so che cosa dire per scusarmi di nuovo con te.. Credo che le scuse le ho davvero finite.” Harry non smise di guardarla, anche se lei cercava di dargli le spalle.

 

“Infatti non devi dire proprio niente, Harry. Non c'è più niente da dire. Credo di averti ascoltato anche troppo in questi mesi, e non hai mai fatto ciò che mi hai promesso.” Si girò bruscamente verso di lui, provando a guardarlo con il maggior disprezzo che poteva.

 

“Hai ragione, lo so.” Harry si rese conto che non sapeva davvero che dire. Aprì la bocca per aggiungere altro, ma non uscì niente. Hermione sorrisa ironicamente scuotendo la testa.

 

“Un po' debole come difesa, direi..” Chiuse i due libri e cominciò a sistemare le sue cose.

 

“E dai, aspetta un momento..” Harry le appoggiò la mano sulla schiena, ma lei la scrollò via.

 

“No, Harry! Non voglio più aspettare attimi. Non voglio più aspettare che tu cambierai, perchè intanto non succederà mai. Lo capisci che io non posso vivermi questa storia nelle costante paura che tu possa fare ciò che hai fatto ieri sera? Mi dici come vivrei io?!” Ad Hermione si riempirono di nuovo gli occhi di lacrime.

 

“Non voglio prometterti che cambierò, voglio prometterti che migliorerò. So che posso farlo e so che voglio farlo.. Non ho mai sentito il bisogno di nessuno nella mia vita, ora ho bisogno di te. Non posso più stare senza averti..” Harry fece molto fatica ad esternare tutto ciò che pensava.

 

“Per quale motivo, dico io! Perchè hai così bisogno di me? Non ti fidi abbastanza da dirmi le tue cose, da credere a ciò che ti dico, da ascoltarmi..” Harry scosse forte la testa per dissentire a ciò che stava dicendo Hermione, e le parlò sopra dicendo che si sbagliava alla grande. “Non mi sbaglio affatto, Harry! Tu mi hai dimostrato per l'ennesima volta che sono io a non potermi fidare di te.. Che io ti do sempre tutto mentre tu rimani sempre passi indietro. Come possiamo continuare così, eh? Dimmelo! Dimmi perchè dovremmo continuare a..”

 

“Perchè io ti amo, Hermione.” Harry lo disse con tutta la semplicità del mondo, sapendo che quelle due parole le aveva conservate da una vita intera per la persona che in quel momento stava di fronte a lui. Hermione si bloccò, serrando le labbra e lasciando cadere alcune lacrime lungo il viso.

 

“Bugiardo..” Sussurrò senza smettere di guardarlo.

 

“Non potrei mai mentirti su questo. Sei l'unica donna che io abbia mai amato. Ti amo, e voglio stare con te per questo. Voglio essere migliore per te: voglio farmi amare come io amo te. Dammi la possibilità, posso farcela.. Fidati ancora di me.” Harry si avvicinò e appoggiò la sua fronte su quella di Hermione, chiudendo gli occhi.

 

“Ti odio.. Ti odio.. E me ne pentirò di aver ceduto ancora una volta..” Harry la baciò e lei stette con gli occhi aperti a guardarlo, senza smettere di dirgli quanto lo odiava.

 

“Scusami, ti prego. Ti amo..” Harry continuò a baciarla, asciugandole le lacrime e stringendola a se.

 

“Ti odio, con tutta me stessa.” Hermione nascose il suo viso nell'incavo del suo collo, che sembrava lo avessero disegnato a posta per lei. “Ma odio più me stessa.. Perchè ti amo anche io, Harry. Da impazzire.”

 

 

 

“Diciamo che tutto è bene ciò che finisce bene.” Ron diede una pacca troppo forte sulla mano ferita di Harry, e questi si lamentò dal dolore. “Silenzio! Te lo meriti per ciò che stavi per combinare.” Stavano facendo insieme un compito di Pozioni in sala comune, senza capirci minimamente il verso.

 

“Sono contento che avete fatto pace soprattutto perchè almeno saremo in due a fare la figura dei coglioni.” Ron parlò distrattamente continuando a scrivere formule a casa sulla sua pergamena.

 

“A cosa ti riferisci, scusa?” Harry alzò le sopracciglia intingendo la sua piuma nell'inchiostro.

 

“A quanto pare eri troppo preso dagli ospedali e dalle tue pene d'amore per sapere la notizia bomba!” Ron appoggiò la piuma e rise di gusto. “Il giorno prima dell'inizio delle vacanze di Natale, cioè tra poco più di una settimana, si terrà il Ballo del Ceppo. Tipico del Torneo Tremaghi.”

 

“E perchè questa cosa dovrebbe sviscerarmi? E' ovvio che non ci andrò.” Harry ricominciò a scrivere. Ron riprese a ridere.

 

“Eh si, certo! Se Hermione è la degna migliore amica di Luna, ti farà una testa tanta se non la inviti al ballo. Le ragazze ci tengono a queste cose.. Questo week end io e Draco ele ragazze andiamo a prendere l'abito, verrai anche tu ovviamente.” Ron si sfregò le mani, ben contento di mettere in imbarazzo Harry. Sapeva benissimo che odiava certe cose.

 

“Ma piantala, non se ne parla minimamente. Lo dirò subito a Hermione.” Harry non alzò neanche lo sguardo, sicuro di ciò che stava dicendo.

 

“Ah bene, perchè non glielo dici subito allora?” Proprio in quel momento entrarono Luna ed Hermione dal ritratto, visibilmente di buon umore e allegre. Ognuna si sedette sulle gambe del proprio fidanzato.

 

“Tutto bene? Vuoi una mano? Io e Luna abbiamo appena finito..” Hermione gli diede qualche bacio sulla bocca.

 

“No no tranquilla, siamo a buon punto anche io e Ron.” Non era vero, ma sinceramente non gli importava molto di quel compito.

 

“Già! Pensa che siamo così a buon punto che io e Harry stavamo giusto parlando del Ballo del Ceppo..” Ron fece un sorriso enorme, prendendosi un bel calcio sugli stinchi da sotto al tavolo.

 

“Ah, ma allora lo sai!” Hermione sorrise raggiante verso Harry. “Credevo che ancora non ne sapessi niente, visto che non me ne parlavi..”

 

“In realtà era così. Me ne ha giusto parlato Ron poco fa..” Harry si trovava in estrema difficoltà. “Ma non ci andiamo, vero?” Hermione perse subito il sorriso.

 

“Come non ci andiamo?! Parteciperanno tutti, sarà un evento che non ci capiterà mai più. E tu mi dici di non andare?” Hermione levò il braccio da intorno al suo collo e incrociò le braccia. Ron dovette nascondersi dietro la schiena di Luna per ridere.

 

“Ho capito, ma.. Questa cosa non mi piacciono. Tutti vestiti da idioti, tutti che fanno i figli di papà.. E poi io non so ballare.” Harry allargò le braccia, credendo di aver toccato tutti i punti fondamentali del suo argomento.

 

“Mio Dio, sei veramente un orso Harry Potter.” Hermione si alzò, ed Harry si preparò ad una bella sfuriata. Invece, sotto lo sguardo stupito di tutti, lei sorrise mettendosi di nuovo la borsa sulle spalle.

 

“Peccato che non vieni, ci saremmo sicuramente divertiti.” Alzò le spalle e fece per andarsene.

 

“Ei ei ferma un attimo..” Harry allungò il braccio e la fermò. “Che cosa vorresti dire scusa?”

 

“Bè, non vedo perchè io non dovrei andarci. Sono sicura che lo trovo facilmente un altro cavaliere.” Lo guardò maliziosamente e girandosi fece scuotere la sua chioma ribelle. Andò verso il ritratto e così com'era entrata uscì di nuovo. Ron rideva così tanto che Harry dovette fare violenza su se stesso per non picchiarlo fortissimo. Luna lo guardava ammiccando, fiera della sua migliore amica.

 

“mmmmm.” Harry brontolò e si alzò velocemente, andando dietro alla sua ragazza. La bloccò, con un sorriso sulle labbra. “E va bene, va bene. Colpito e affondato. Posso farti da cavaliere per il Ballo?” Le prese la mano baciandogliela. Lei gli saltò al collo felice come una pasqua.

 

“Si si si e mille altre volte si!” Intrecciò le sue gambe intorno al suo bacino e lo baciò continuando a sorridere. Probabilmente, tutte le persone che lo conoscevano appena lo avrebbero visto in abito elegante ad un Ballo del genere sarebbero rimasti a bocca aperta.

 

Cercò di evitare di pensare a quel dannato Ballo e si concentrò sulla vera cosa importante: l'aveva fatta felice, e andava bene così.

 

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Capitolo 10
*** Il Ballo Del Ceppo ***


10. IL BALLO DEL CEPPO.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Credo che il momento in cui ti vedrò con un abito da cerimonia sarà il momento più bello della mia vita!” Ron dovette spostarsi per evitare un pugno di Harry diretto verso la sua spalla.

 

“Piantala Ron! Starà benissimo invece..” Hermione prese le sue difese abbracciandolo mentre camminavano verso Hogsmeade. Lui mugugnò qualcosa di incomprensibile.

 

“Ma poi tu credi di venire in tuta, Ronald?! Anche tu sarai vestito come un damerino eh.” Luna lo spintonò aumentando il passo e saltellando allegramente.

 

“Allora, facciamo così. Noi uomini andiamo per conto nostro e voi donne per conto vostro.” Ron bloccò Harry e Draco con le braccia allargate, e le ragazze furono subito d'accordo di allontanarsi da tutta quella negatività. Si aggregarono subito a Neville e Dean, che anche loro sembravano non poco nel panico.

 

“Per noi sarà più semplice, però. Le ragazze andranno avanti fino almeno a stasera.. E tenete conto che non siamo neanche all'ora di pranzo.” Neville si mise le mani in tasca, arrendendosi. Entrarono nel primo negozio che sembrava adatto a quella circostanza, e infatti dentro ci trovarono altri loro compagni di scuola. Quel venditore avrebbe fatto un affare quel giorno, poco ma sicuro. Harry se ne provò solo due, e optò per uno smoking nero classico con gilet sotto la giacca.

 

“Cazzo, che palle. Stai bene pure così, non posso neanche prenderti un po' in giro..” Ron era avvilito e aveva dovuto ammettere che in effetti Harry con lo smoking faceva la sua bella figura. Questa cosa gli tolse tutto il suo buonumore.

 

Non appena ebbero finito tutti (ci misero si e no mezzora) si addentrarono nella lunga via di negozi per cercare le ragazze. “Facciamo che andiamo a mangiare e le cerchiamo con calma?” Tutti appoggiarono la proposta di Ron senza il minimo dubbio e si infilarono in un pub ordinando panini e birre.

 

“Ecco dove sono, a mangiare e a bere!! Ve l'ho mai detto che odio gli irlandesi? E stanno pure contaminando gli inglesi per altro.” Luna entrò velocemente nel pub e si mise affianco a Ron, che l'abbracciò felice che avesse finalmente finito.

 

“Veramente no.. Non abbiamo ancora comprato niente.” Disse Hermione sedendosi affianco ad Harry e rubandogli un pezzo di panino.

 

“Come no?! State girando da tutta la mattina..” Neville mise su uno sguardo disperato.

 

“Manca ancora tutta la via opposta, Neville! Non possiamo di certo comprare senza aver visto tutti e dico tutti i negozi.” Cho rubò un sorso di birra a Draco facendogli la linguaccia. L'aveva invitata al Ballo pochi giorni prima, e lei ne fu così felice che dovette contenersi per non urlare. Gli moriva dietro dal giorno che avevano messo piede ad Hogwarts, se possibile.

 

“No belle, non ci interessa niente! Noi ce ne torniamo di corsa al castello.. Che ne dite se chiediamo il permesso di una bella partitina a Quidditch tra noi?” Ron si rivolse ai suoi amici, che subito annuirono entusiasti e fecero subito per alzarsi.

 

“Harry.”

 

“Ron.”

 

“Draco.”

 

“Neville.”

 

Nello stesso medesimo istante, Hermione, Luna, Cho e Calì pronunciarono con quel tono tipicamente femminile il nome del proprio fidanzato. I ragazzi si risedettero subito.

 

“Wow.. Fate veramente paura quando fate shopping tutte insieme.” Draco le guardò stralunato, e loro si misero a ridere per la bizzarra coincidenza che era appena successa.

 

“E dai, ma che ti costa.. Poi stasera stiamo insieme io e te.” Hermione baciò Harry sorridendogli e facendogli l'occhiolino, e non poté fare altro che cedere. Guardò gli altri e si rese conto che probabilmente tutte quante avevano detto la stessa cosa per convincerli. Era inutile, vincevano sempre loro.

 

Durante tutto il pomeriggio, i ragazzi si trascinarono per negozi non entrando mai dentro, per evitare di esserne risucchiati probabilmente. Ogni negozio che passavano, vedevano le loro ragazze uscire a mani vuoto dopo averci passato dentro almeno mezzora.

 

“E' una tortuna. Uccidetemi vi prego.” Ron si puntò la bacchetta alla gola ironicamente.

 

“In questo momento mi spiace non esserci rimasto secco alla Prova Inaspettata.” Harry si appoggiò al muro chiudendo gli occhi. Ma perchè ci tenevano tanto a farsi accompagnare? Potevano benissimo andarci da sole, loro non erano minimamente d'aiuto infondo.

 

Alla fine del pomeriggio dovettero mantenere la calma in maniera eccessiva, perchè tutte quante comprarono il loro vestito nel primo negozio che avevano visto quella mattina.

 

“No va be. Voi siete matte veramente.” Disse Draco, tornando al castello.

 

“Io ho comprato anche un altra cosa..” Hermione sussurrò nell'orecchio di Harry, e sapeva benissimo quanto gli piaceva. Si lasciò passare il brivido lungo la schiena e la strinse tra le braccia camminando.

 

“Che cosa?”

 

“Non te lo posso dire.. Ma stasera vedrai. Ci vediamo direttamente alla Stanza delle Necessità dopo il coprifuoco.” Hermione parlava in modo così malizioso che Harry neanche la riconosceva. Di solito riservava quella parte dannatamente sexy solo a lui, in intimità.

 

“Guarda che ti porto dietro a quell'albero se non la pianti.” Harry le morse il collo e lei rise spostandosi.

 

“No. Dovrai aspettare fino a stasera..”

 

 

Harry mangiò così poco e così velocemente quella sera che tutti lo guardarono come se stesse male.

 

“Amico, mica ti portano via il piatto!” Ron gli mise una mano sulla spalla sorridendo.

 

“No scusa, è che ho da fare.. Ci vediamo domani!” Si alzò con un sorriso a trentadue denti e andò via a passo svelto. Corse nella sala comune e poi subito nel Dormitorio: si tolse la divisa e si fece una doccia veloce, per poi mettersi abiti suoi. Si mise la camicia che piaceva tanto ad Hermione, i jeans che avevano comprato insieme qualche giorno prima e il maglioncino che gli “metteva in risalto il fisico”, come aveva detto lei. Si rese conto che si era preparato troppo presto, perchè mancava ancora mezzora al coprifuoco. Ma per evitare di incrociare qualcuno, decise di andare direttamente alla Stanza delle Necessità. Fece apparire la loro stanza privata e si sedette sul letto ad aspettarla impaziente.

 

Hermione si fece aspettare un po', lasciando Harry a marciare avanti e indietro per quella maledetta Stanza. Appena sentì la porta aprirsi, si girò. Fece per avvicinarsi ma lei lo fermò con un gesto della mano. Harry la guardò meglio: aveva addosso un cappotto lungo nero, tenuto legato da un laccio stretto, i suoi capelli erano mossi più del solito e lasciati liberi e selvaggi sulle spalle, era molto truccata (lui notò in particolare il rossetto rosso fuoco che lo fece rabbrividire). Si passò una mano tra i capelli, agitandosi non poco.

 

“Devi metterti seduto..” Hermione parlò così maliziosamente che lui non poté fare altro che stare ai suoi ordini immediatamente. Lei si avvicinò piano piano, tenendosi una mano sul fianco. Quando fu abbastanza vicina, tirò il laccio del suo cappotto e lo lasciò cadere ai suoi piedi. Harry non riuscì a trattenersi dallo spalancare la bocca come un idiota.

 

Hermione indossava un corpetto completamente nero e quasi del tutto trasparente che lasciava carta bianca all'immaginazione di Harry. Era così bella e sexy che toglieva il fiato a guardarla.

 

“Io.. ehm.. io.. tu..” Harry non aveva mai balbettato in vita sua davanti a nessuno.

 

“Che c'è? Non ti piaccio?” Hermione alzò un sopracciglio e si finse offesa, allontanandosi un po'. Harry si alzò di scatto afferrandola subito e tirandola a se.

 

“Non provare ad allontanarti..” Si mise in ginocchio baciandola e toccandola ovunque. “Te l'ho già detto che ti amo?” Harry era già eccitatissimo.

 

“Si.. Però adesso conta di meno.” Lei sorrise ansimando, mentre si faceva toccare dove più le piaceva. Harry conosceva il suo corpo a memoria, sembrava che sapesse esattamente sempre cosa voleva lei, dove voleva essere toccata e baciata, quanto ne voleva e quando. L'accendeva come un fuoco, e non ne aveva mai basta. Non si sarebbe mai sognata, mesi prima, di presentarsi così davanti a un uomo. Per Harry avrebbe fatto qualsiasi cosa.

 

La spinse contro il muro girandola. Era troppo difficile capire il senso di quel corpetto, quindi preso dall'estrema eccitazione glielo strappò con le mani e con i denti. Hermione gli slacciò i pantaloni rimanendo girata, e implorandolo di prenderla subito. La penetrò subito, con decisione, appoggiando le sue mani contro il muro e infilando il suo viso nel collo di lei, torturandola anche con la lingua. Lei cominciò ad urlare, e da quel momento Harry non si controllò più. Per tutta la notte.

 

 

 

“Ma quindi il corpetto ha fatto la sua porca figura?” Luna voleva tutti i minimi particolari durante la lezione di Antiche Rune, e ad Hermione non pareva proprio il caso.

 

“In realtà è durato ben poco..” Rise sotto i baffi e parlò ancora più a bassa voce. “Harry me l'ha strappato quasi subito.” Proprio in quel momento la lezione fortunatamente finì, perchè Luna continuava a chiedere particolari decisamente imbarazzanti. La maggior parte delle cose successe la notte prima Hermione se le tenne per se: era cose intime sue e del suo ragazzo.

 

Andarono a pranzo, e li trovarono già Harry e Ron che avevano cominciato già a mangiare. “Che si dice?” Luna si sedette di fronte ai due ragazzi, così come Hermione.

 

“Parlavamo del fatto che il Ballo è già domani e non vediamo l'ora che finisca.” Ron si riempì di nuovo la bocca di cibo.

 

“”Ah, a proposito! Harry come l'ha preso quel fatto che abbiamo saputo ieri? E l'altra cosa che dovevi chiedergli?” Luna cominciò a mangiare, e Harry si girò aggrottando la fronte verso Hermione. Non sapeva assolutamente a cosa si stesse riferendo.

 

“Non gliel'ho ancora detto, in realtà.” Hermione fulminò Luna con lo sguardo. “Ecco..” Tornò a guardare Harry. “Ho saputo che i tre campioni devono aprire le danze..” Harry quasi si soffocò con l'acqua, mentre Ron si strozzò dalle risate.

 

“Scherzi vero? Non credo proprio che lo farò.” Harry scosse la testa.

 

“Harry, non è che puoi decidere di non farlo! E' tradizione..” Hermione lo guardò con la classica aria alla Granger, decisamente diversa da quella della notte prima. Aprì la bocca per rispondere, ma non gli venne niente. Così si limitò a brontolare tra se e se, dando gomitate a Ron che ancora rideva.

 

“E poi..” Hermione si schiarì la voce, mostrando il fatto che stava per dire una cosa molto più difficoltosa della precedente. “Volevo sapere che programmi avevi per Natale, ecco..” Ron, se possibile, rise ancora più forte.

 

“Harry odia il Natale!” Si guadagnò un bel calcio sugli stinchi da Luna.

 

“Infatti.” Annuì Harry. “Probabilmente andrò a casa di Draco, perchè lo festeggiano poco e quindi per me è l'ideale. Sinceramente non me ne frega un cazzo del Natale ne di dove sarò..” Con leggerezza riprese a mangiare, convinto di non aver detto niente di che. Hermione, invece, aveva lo sguardo ferito. C'era rimasta male per qualcosa.

 

“Ah ok, ho capito.. Scusate, devo andare.” Si alzò sorridendo appena e andò via. Harry la seguì con lo sguardo, non capendo quell'improvviso cambiamento di atteggiamento.

 

“Certo che sei proprio un idiota.. Peggio del tuo amico.” Luna lo guardò allibita.

 

“Io?! Ma che ho fatto!” Harry allargò le braccia, sentendosi innocente al cento per cento quella volta.

 

“Va da lei e vedi cos'hai fatto, muoviti!” Luna lo spinse ad alzarsi. Harry si alzò sempre più stralunato e si buttò all'inseguimento di Hermione. La trovò in un corridoio non molto lontano, con due libri in mano.

 

“Ei.. Ei aspetta. Ma dove vai? Ho detto qualcosa di sbagliato?” La prese tra le braccia.

 

“No, no.. Ma ti pare! Davvero, lascia perdere..” Provò a sorridergli e a nascondergli il suo risentimento.

 

“Dovevi chiedermi qualcosa? Perchè mi hai chiesto del Natale?” Harry cercò i suoi occhi, che erano piuttosto sfuggevoli.

 

“Ma no, niente.. E' che.. Sai, pensavo di chiederti di venire a casa mia per Natale.. Ma non importa eh, lo capisco se non ti va. Vai pure da Draco..” Hermione appoggiò le mani sul suo petto, senza però guardarlo ancora. Harry si sentì sprofondare: sia perchè aveva fatto rimanere male Hermione, sia perchè andare a casa sua lo impanicava non poco.

 

“A casa tua? Ma con i tuoi? Io non.. Non lo so Herm. Io non sono bravo con queste cose.. Non so.” Harry si staccò e si passò una mano tra i capelli, chiedendosi cosa doveva dirle.

 

“Non importa, davvero. Non avrei dovuto chiedertelo io..” Gli diede un veloce bacio sulla guancia e andò via, dirigendosi in largo anticipo alla sua prossima lezione. La lasciò andare, facendo dietro front.

 

 

“C'è rimasta male, è ovvio. Ma io non ci posso andare a casa sua.. Lo sai come sono, dai.” Harry era con Ron in sala comune, avevano cenato presto e si stavano rilassando sui divani da soli.

 

“Se non ci vuoi andare hai fatto bene a dirle di no.. Lo capirà, vedrai.” Ron lo tranquillizzò con superficialità, per il semplice fatto che conosceva Harry come se le sue tasche e sapeva che non sarebbe mai andato a casa di una ragazza a conoscere i genitori, per di più a Natale.

 

Hermione e Luna andarono a dormire presto, dicendo loro che il giorno dopo l'avrebbero passato tutto a prepararsi per il Ballo, e che quindi si sarebbero visti direttamente davanti alla Sala Grande all'ora dell'inizio. Harry e Ron le guardarono a bocca aperta incapaci di trovare una risposta di senso compiuti.

 

“Donne!” Disse Ron, una volta che erano di nuovo rimasti soli.

 

 

Per grande sorpresa di quasi tutti gli uomini presente in quella scuola, le donne non si fecero praticamente vedere mai sul serio quel giorno.

 

“Ma dove sono, poi? Hanno dei nascondigli segreti, l'ho sempre detto io.” Neville scosse la testa continuando a camminare. Era pomeriggio inoltrato e stavano facendo una passeggiata lungo le rive del Lago Nero, per ingannare il tempo.

 

“Noi se ci prepariamo mezzora prima ce n'è pure d'avanzo.” Draco rise insieme agli altri, Harry invece era pensieroso. E se ci fosse andato a casa Granger per Natale? Ad Hermione sembrava importare davvero molto. Per lei sicuramente un passo importante presentarlo ai suoi genitori, ed era proprio questo il problema. Era davvero qualcosa di importante e duraturo ciò che c'era tra loro due? Certo, era qualcosa di fortissimo e trasportante.

 

“Dai, principe azzurro. Torniamo dentro che si comincia a gelare.” Ron gli diede un buffetto sulla testa per svegliarlo e tornarono al castello tutti insieme. Stettero in sala comune a riposarsi beatamente senza fare niente, e quando mancava poco meno di un'ora salirono al Dormitorio per prepararsi controvoglia.

 

Harry si fece la doccia per primo, si asciugò i capelli con un colpo di bacchetta e si mise il vestito, con calma. Guardandosi allo specchio se lo sistemò per bene, ci teneva infondo a presentarsi bene. “Come devo fare con questi dannati capelli?” Si guardò la sua testa ribelle, cercando di appiattirsi tutto quel caos che formavano i suoi capelli.

 

“Dannati li chiama lui! Tutte le donne si sono sempre innamorate prima dei suoi capelli che di tutto il resto.” Draco lo spinse ridendo. Lui alzò le sopracciglia, non potendo rispondere niente. Era vero, aveva ricevuto sempre e solo complimenti: ma in quell'occasione voleva essere più in ordine, non il solito pirata disordinato e scapestrato. Hermione si meritava un principe, quella sera.

 

Mettendoci non poco tempo, riuscì a mantenerli sempre alti ma con un senso molto più preciso. Si guardò in tutti lati possibili, per vedere se erano davvero perfetti come sembravano.

 

“Tu pensa se fossi stato vanitoso e ti fossi fatto i capelli così sempre! Se possibile, te ne saresti trombato pure di più..” Ron era spuntato da dietro e guardava sorridendo beffardo i suoi capelli.

 

“La pianti di rompere? Credo che prima della fine della serata ti picchierò molto forte.”

 

Scesero tutti insieme, pensando di essere in ritardo. Invece, arrivando davanti alla Sala Grande, non videro nessuna delle loro partner. Alcune ragazze erano già scese e qualche coppia stava già entrando, coordinati dalla professoressa McGranitt che sembrava quasi pettinata diversamente quella sera.

 

“Oh Potter, eccoti! Tu e la signorina Granger sarete i primi della fila ad entrare, le scuole ospiti entrano sempre per prime.” Sorrise, quasi sicura di farlo felice. Ma a giudicare dallo sguardo di Harry non fu affatto così.

 

“E Martin? Anche lui è..” Provò lui.

 

“Mi spiace, Potter. Questa è la decisione! Ricordati che è un onore sia essere campione sia tutte le conseguenze che ne comporta. Oh, Thomas eccoti!” Si allontanò buttandosi su Dean per avvertirlo che sarebbe stato l'ultimo dei tre.

 

Luna arrivò pochi minuti dopo, scendendo a braccetto con Cho. Erano davvero bellissime, Harry dovette ammetterlo senza riserve. Baciò la mano ad entrambe facendo il galantuomo e poi le lasciò a Ron e Draco. “Dov'è Hermione?”

 

“Sta arrivando..” Luna sorrise e insieme agli altri entrò dentro la Sala Grande, già quasi completamente gremita di persone.

 

“Potter, ma dov'è la signorina Granger?” La professoressa McGranitt cominciò a spazientirsi. “E' quasi ora di entrare!”

 

“Lo so professoressa, sono sicuro che sta..” Harry in quel momento si girò verso la scalinata, e la vide. “Scendendo.” Disse l'ultima parola in un sospiro, che fu probabilmente l'ultimo che gli era rimasto. Per l'ennesima volta, Hermione riuscì a lasciarlo senza fiato. Si avvicinò alla scala piano piano, senza perdersi neanche un attimo di quella discesa. Aveva un vestito azzurro, lungo dietro con un po' di strascico e più corto davanti, lasciando le sue perfette gambe in vista. Aveva uno scollo vertiginoso sulla schiena, così profondo che arrivava proprio a pochissimi centimetri dal suo sedere, perfettamente accolto in quello che sembrava un abito disegnato a posta per le sue forme. Era truccata leggermente, il suo viso non aveva bisogno di troppe cose in più, e aveva i capelli legati in un elegante chignon alto con alcuni boccoli volutamente lasciati sulle spalle. Harry allungò la mano ed Hermione gliela afferrò sorridendo, facendosi aiutare per gli ultimi scalini.

 

“Sei la cosa più bella che io abbia mai visto.. Non ho altre parole per descriverti. Sei davvero una meraviglia.” Harry le fece fare una giravolta per ammirarla ancora un po', ma la professoressa McGranitt li richiamò alla realtà mettendoli già in fila.

 

“Siamo i primi, tra parentesi..” Disse Harry guardandola ancora e baciandola sulla fronte. Lei gli mise a posto il farfallino e lo ammirò, sorridendo compiaciuta.

 

“Ero sicura che saresti stato benissimo in smoking. E i capelli ti stanno se possibile meglio del solito così.” Non poté resistere e glieli toccò, senza però spettinarli.

 

La porta della Sala Grande si spalancò, e la professoressa McGranitt esortò Harry ed Hermione a partire. Non appena misero un piede dentro alla Sala un applauso fragoroso accolse tutti loro. Hermione si strinse timidamente al braccio di Harry, sentendosi troppo osservata per i suoi gusti. Lui rispose alla stretta, facendole capire che erano in due a sentirsi così. Quindi era tutto a posto. Raggiunsero il centro della Sala e si misero in posizione, pronti per iniziare le danze. Sentirono partire mille flash, e Harry riconobbe con disgusto Rita Skeeter tra la folla.

 

“Sei pronta?” Sussurrò Harry ad Hermione sorridendole.

 

“Se sei tu a guidare, sono sempre pronta.” Partì un valzer lento, e con sorpresa di tutti (soprattutto di Hermione), Harry si dimostrò davvero molto bravo. La faceva girare e volteggiare in aria come se fosse la cosa più leggera del mondo, con grazie e sapienza. Quando la pista si riempì di altre persone, lei lo prese e lo portò fuori dalla mischia.

 

“Che significa?!” Lo guardava mezza strabiliata e mezza divertita.

 

“Questo è uno dei segreti che mai avrei voluto uscisse, in realtà.” Harry sorrise. “Mia zia era fissata con il ballo da sala, e visto che non aveva nessuno con cui prendere lezioni mi ricattò, e fui costretto ad andare. Per due anni. Io odio ballare, perchè ritenevo quel posto un ulteriore gabbia.. Ma il maestro diceva che ero molto portato.” Si mise una mano in tasca scrollando le spalle. Hermione gli diede un piccolo buffetto sulla spalla ridendo.

 

“Sei super portato! Non ho parole.. Ti farò sanguinare i piedi stasera, sappilo! Almeno per una sera devi prestarmi il tuo corpo..” Hermione era entusiasta, ma non appena si rese conto che sicuramente Harry avrebbe frainteso quell'ultima frase sorrise togliendo lo sguardo.

 

“Piccola, posso prestartelo anche tutte le sera se è quello che desideri..” Si avvicinò a lei sorridendo e premette la fronte sulla sua, per poi baciarla sulla bocca. In quel preciso istante un falsh molto forte e vicino li invase. Si girarono quasi spaventati.

 

“Mio Dio, ma è meraviglioso! Ti ho lasciato qui ribelle e solitario, e ti trovo più che innamorato direi..” Rita Skeeter si avvicinò a loro felicissima di aver trovato un altro scoop. Guardò Hermione con estrema curiosità. “Molto, molto carina! Qual è il tuo nome, tesoro?” Hermione titubò, e Harry la avvolse con il suo braccio.

 

“Con tutto il rispetto, signora Skeeter, ma non credo siano affari suoi. Stasera siamo qui solo per divertirci, anche lei credo.” Harry si voltò portando via Hermione, che scuoteva la testa.

 

“Quella pettegola!” Sentenziò lei. Ma ci mise davvero poco a dimenticarsi dell'accaduto, perchè riprese Harry e si buttarono di nuovo in mezzo alla pista. Non se lo tenne solo per lei, per altro: lo prestò anche a tutte le sue amiche non riuscendo a non spifferare a tutti la palese bravura di Harry nel ballo.

 

“No dai, ora basta! Voi siete matte..” Harry si sedette affianco a Ron e Draco che ridevano come matti: aveva appena finito di ballare con Luna.

 

“Ora tocca a me!” Ron, non appena sentì partire una base molto più movimentata, prese al volo Hermione e la portò in mezzo alla folla, ridendo entrambi da morire. Harry scosse la testa ridendo a sua volta, sentendosi davvero felice come mai prima. Chi l'avrebbe detto che un stupido ballo scolastico l'avrebbe fatto sentire così bene?

 

“Potter..” Martin Gully si avvicinò ad Harry, dandogli la mano. “Volevo farti gli auguri di Natale, caso mai non ci vedessimo più.” Si abbracciarono dandosi pacche sulle spalle.

 

“Buon Natale anche a te! Ci rivediamo alla fine delle vacanze.. Pronti per altre due prove, o forse pure di più.” Si strinsero di nuovo la mano e Martin si allontanò, salutando con un cenno della testa anche gli altri che erano ancora seduti li. Harry si rimise seduto, e con lo sguardo riuscì a trovare Hermione. Ron faceva l'imbecille e lei rideva, rideva di gusto lasciandosi trasportare da tutta la serenità e la tranquillità che stava provando sicuramente in quel momento. Non poté fare a meno di sorridere e di pensare a quanto l'amasse.

 

“Draco..” Chiamò l'amico, senza togliere lo sguardo da lei. “Non credo che verrò da te a Natale, puoi scusarti con i tuoi?”

 

“Ma certo, amico..” Gli diede un pugno amichevole sulla gamba. Harry lo ringraziò con un cenno della testa e si alzò, andando in mezzo alla mischia pure lui per raggiungerli.

 

“Ok adesso basta, me la riprendo.” Si mise davanti a lei spingendo Ron scherzosamente.

 

“Che palle, guastafeste! Fai tanto il figo con il valzer e cagate varie ma io si che le faccio divertire davvero le donne!” Si rimise a ballare come un idiota e Harry ed Hermione si allontanarono ancora ridendo. La prese per mano e la condusse fuori: stava nevicando silenziosamente. Si tolse la giacca e gliela mise addosso, per ripararla dal freddo. La prese tra le braccia e si mise a ondeggiare piano, muovendosi a un tempo di musica che non c'era, ma che sentivano entrambi.

 

“Voglio venire a casa tua, a Natale.. Se ancora mi vuoi con te.” Harry glielo sussurrò nell'orecchio, così che lo potesse sentire davvero bene. Lei si scostò da lui, guardandolo con gli occhi sbarrati.

 

“Dici davvero? Ne sei sicuro?” Il modo in cui le brillarono gli occhi fecero si che la scelta di Harry fosse ancora più sentita.

 

“Assolutamente si, più che sicuro.” Le sorrise, prendendola in braccio e girando su se stesso tenendola stretta. La baciò, mentre lei gli stringeva forte il collo.

 

“Ti amo, Hermione. Ora conta di più, vero?”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti :) Rubo questo piccolo spazio per dare qualche piccola anticipazione: come avrete notato, ho interrotto per un attimo la tensione del Torneo Tremaghi, lasciando più spazio alla coppia protagonista. L'ho fatto per il semplice motivo che voglio regalargli due capitoli (questo che avete appena letto e il prossimo) interamente a loro. Perché? Perché se lo meritano eccome, santa zia Row che hai preso quella maledetta decisione di non combinarli insieme. Ma non temete, i colpi di scena non sono assolutamente finiti qui.. Ringrazio chi trova sempre il tempo di lasciarmi una recensione e ringrazio anche tutti voi, che mi leggete silenziosamente. ;) marl_vt

 

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Capitolo 11
*** Casa Granger ***


11. CASA GRANGER.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il treno sfrecciava velocemente in mezzo alla fitta foschia della campagna inglese, lasciando sempre più lontano Hogwarts alle loro spalle. Harry si guardava in giro, irrequieto: aveva tanto sentito parlare dell'Espresso per Hogwarts, e gli sembrava assurdo esserci sopra. Ma il motivo della sua poca tranquillità era tutt'altro, ovviamente. Hermione alzò lo sguardo dal suo libro, vedendo Harry entrare per l'ennesima volta nel loro scompartimento.

 

“Ti vuoi sedere, per l'amore del cielo? Mi stai facendo venire il mal di stomaco.” Gli sorrise e allungò la mano, lasciando che lui gliela prendesse. Si sedette accanto a lei, avvicinandola a se.

 

“Stavo solo facendo un giro..” Disse distrattamente Harry.

 

“E' da quando siamo partiti che fai giri. Credo che ora tu conosca questo treno meglio di me.” Si girò verso di lui scompigliandogli ancora di più i capelli. “Comunque tra poco saremo a Londra. I miei genitori ci verranno a prendere alla stazione di King's Cross.. Ci sei mai stato?” Harry scosse la testa. Era stato a Londra soltanto una volta con la famiglia Weasley: erano andati in Inghilterra per la finale della Coppa del Mondo di Quidditch, tre anni prima, e ne avevano approfittato per visitare la capitale.

 

“La conosco poco Londra, te l'ho detto..” Guardò fuori dal finestrino, agitandosi ancora di più. Aveva fatto la scelta giusta ad andare a casa di Hermione per Natale? Non era sicuro di saper reggere una situazione simile. Anzi, sicuramente non sarebbe stato in grado. Sapeva che i suoi genitori erano due dentisti rinomati nel mondo Babbano, tipicamente inglesi fino al midollo e decisamente sofisticati. Tutto il contrario di Harry, insomma. Hermione continuò a leggere distrattamente, accarezzando il braccio di Harry con dolcezza: si era così abituata al suo essere poco loquace che aveva imparato ad amare anche i loro lunghi silenzi, colmi di mille altre cose. Intrecciò le loro dita, passandosi il dorso della sua mano sulla guancia. Non appena sentì il treno rallentare sorrise guardando fuori.

 

“Ecco, ci stiamo fermando.” Si alzarono entrambi mettendosi i cappotti e prendendo le valige. Harry prese anche quella di Hermione e si avvicinarono alla porta d'uscita. Non appena il treno fu completamente fermo, scesero sulla banchina del famoso binario 9 e tre quarti. Harry seguì Hermione, consapevole che si stava dirigendo verso il passaggio nel muro che li avrebbe portati alla stazione di King's Cross visibile anche ai Babbani: i suoi genitori sarebbero stati la. “Pronto? Andiamo!” Hermione passò per prima attraverso il muro. Harry prese un bel respiro e si lanciò contro quella parete, che riuscì ad oltrepassare come se fosse un soffio di vento. Si rigirò verso il muro sorridendo, osservando in alto i numeri scritti grandi dei binari 9 e 10. L'ingresso per l'Espresso per Hogwarts era leggenda anche in Irlanda.

 

“Mamma, papà! Sono qui!” Hermione accelerò il passo verso coloro che, chiaramente, erano i suoi genitori. Si buttò tra le loro braccia, sinceramente felice di vederli dopo tre mesi e mezzo di distanza. Harry si avvicinò cautamente, trascinando la sua valigia e quella di Hermione e mettendosi una mano in tasca.

 

“Hai i capelli così lunghi, tesoro. Ma sei dimagrita? Sei sempre bellissima..” La signora Granger prese a controllare dalla testa ai piedi sua figlia, muovendole i capelli e spostandole il cappotto per guardarla meglio. “Devi presentarci qualcuno, credo.” Spostò lo guardo su Harry, sorridendo cordialmente: il signor Granger fece lo stesso. Hermione si avvicinò ad Harry raggiante, prendendolo sotto braccio.

 

“Mamma, papà: lui è Harry.” Era così felice che le sembrava quasi le tremasse la voce.

 

“Molto piacere, signori Granger.” Harry sorrise allungando la mano e stringendola ad entrambi.

 

“Piacere nostro, Harry. Io sono Jean.” Rispose la madre guardandolo attentamente.

 

“E io Jason.” Il padre aveva una stretta decisa, che Harry non esitò a ricambiare in modo sicuro. Forse fu la mossa giusta, perchè gli sorrise più apertamente. Jean aveva indubbiamente la bellezza e l'eleganza di Hermione, con i capelli elegantemente raccolti in uno chignon e il trucco leggero a mettere in mostra i suoi bei lineamenti gentili del viso. Erano alte uguali, sarebbero state identiche se non fosse stato per il naso e gli occhi: quelli Hermione li aveva rubati a suo padre.

 

“Molto bene, allora. Andiamo di corsa a casa o moriremo congelati!” Jason Granger prese la figlia sotto braccio, aiutando Harry con le valige, e tutti e quattro si diressero alla loro macchina. Durante tutto il viaggio i signori Granger tempestarono Hermione di domande: infondo avevano davvero pochi modi di comunicare con lei durante l'anno scolastico, non era proprio comune vedere volare gufi nel loro quartiere centrale di Londra. Harry non potè fare altro che ascoltare, lasciando il giusto spazio alla famiglia.

 

“Abbiamo letto molto del Torneo Tremaghi sulla Gazzetta del Profeta. Hermione ha fatto in modo che ci arrivasse tutti i giorni, sai.. Così possiamo anche noi essere informati sul mondo dei maghi.” Jean si voltò, rivolgendosi a Harry. “E' li che ti abbiamo visto la prima volta. Sei il campione dell'Irlanda.. Ma è molto pericoloso?”

 

“Oh, no.. Non così tanto.” Harry tagliò corto, sperando che i signori Granger avessero perso il numero della Gazzetta dove veniva raccontato nel dettaglio il momento in cui fu ferito gravemente durante la Prova Inaspettata. Hermione lo guardò torva, frenando l'impulso di tirargli un calcio bello forte. Lui spalancò gli occhi come per dirle di reggere il gioco: non voleva dover subito rispondere a domande scomode. Lei alzò gli occhi al cielo tornando a parlare con i suoi. Non appena entrarono nel vialetto di casa Granger, Harry si rese subito conto che Hermione era davvero cresciuta quasi nello sfarzo.

 

Aprirono un grande cancello con un telecomando e lo attraversarono: passarono sopra a un vialetto costeggiato da entrambe le parti da un giardino alquanto grande e ben curato. Parcheggiarono la macchina infondo alla stradina, in mezzo ad altre due.

 

“Eccoci a casa.” Jason sorrise e scese dall'auto, imitato poi da tutti quanti. Mentre prendevano le valige da bagagliaio Harry non poté fare a meno di ammirare la villa dove stava per entrare: era davvero immensa e così tenuta bene che sembrava che l'avessero finita di costruire il giorno prima. I colori che primeggiavano erano il bianco e il mattone; per arrivare all'ingresso si saliva su una scalinata marmorea che dava su un ampio davanzale, completo di veranda su un lato dove sicuramente i signori Granger prendevano il the in primavera e in estate. Una volta entrati dal portone, la situazione diventava se possibile ancora migliore. L'intera casa era distribuita su tre piani: al piano terreno si trovava la zona giorno, le due cucine, una sala da biliardo e una grandissima sala da pranzo, al secondo e al terzo piano vi erano le varie stanze da letto, bagni e studi. Harry si sforzò per non sembrare impressionato, ma probabilmente non ci riuscì benissimo. Una villa del genere l'aveva vista soltanto in qualche film di cui non ricordava neanche il titolo, nelle rare volte che aveva potuto usufruire della tv dai suoi zii.

 

“Ti abbiamo fatto preparare tutte e tre le stanze per gli ospiti, Harry. Puoi scegliere quella che più ti piace.” Jean gli mise una mano sul braccio sorridendo gentilmente. Era così dannatamente inglese anche nel sorriso.

 

“Oh, grazie.. Credo che una qualsiasi andrà benissimo, non dovevate disturbarvi tanto.” Si passò una mano tra i capelli, nascondendo il nervosismo. La sua infanzia l'aveva passata altalenando tra il sottoscala di casa dei suoi zii e il collegio dove veniva mandato per tutte le estati, mentre Hermione l'aveva passata in quella casa circondata dal meglio del meglio. Scrollò la testa, cercando di evitare di pensare a quanto fosse piccolo lui li dentro.

 

“Oh, nessun disturbo caro. Loro sono Marcus e Thelma, saranno sempre disponibili per qualsiasi tua esigenza.” Proprio in quel momento erano entrati due signori vestiti da perfetti inservienti da dimora, e avevano fatto un breve inchino a Harry per presentarsi.

 

“Come sta, signorina Hermione?” Chiese Marcus, e lei si avvicinò abbracciandoli felice di vederli. Harry voleva dire qualcosa, ma non gli uscì niente di sensato. Doveva ringraziare? Doveva dire che così era davvero troppo? Fortunatamente, Hermione intervenne per salvarlo.

 

“Ok, mamma. Mostro io la casa a Harry, e ci vediamo per cena con calma.. Va bene?”

 

“Va bene tesoro. Tra un'ora si mangia.” La baciò sulla fronte e li lasciarono salire le scale. Harry guardò Hermione salire le scale, mentre teneva entrambe le valige in mano. Si guardò intorno, vedendo molte foto di lei da piccola, sia da sola sia con i genitori, e anche di lei più grande. La seguì senza dire niente, lasciando che lei gli spiegasse tutte le varie stanze a cui passavano avanti.

 

“Questa tre sono le stanze che hanno preparato per te. Sono praticamente identiche, quindi la scelgo io per te.” Harry la ringraziò silenziosamente, almeno gli aveva tolto un piccolo imbarazzo. Hermione aprì la porta ed entrambi entrarono in quella che Harry considerò forse la stanza da letto più bella che avesse mai visto. Un grande letto matrimoniale spadroneggiava centrale, lasciando però spazio a un armadio e a una scrivania in perfetto stile inglese. Harry appoggiò le valige e chiuse la porte alle sue spalle. Hermione gli stava mostrando il bagno, che ovviamente si trovava dentro la stanza, ma Harry la interruppe.

 

“Che significa tutto questo? Perchè non me l'hai detto?” La guardò strabiliato. Lei si girò aggrottando la fronte.

 

“Dirti cosa?”

 

Harry spalancò gli occhi. Allargò le braccia e si girò su se stesso, indicando tutto ciò che aveva attorno. “Tutto questo, Herm. Tutto quanto! Perchè non mi hai detto di avere una casa gigantesca, ad esempio, o di avere due maggiordomi, o di avere un giardino così grande da poterci cavalcare tranquillamente.. Devo continuare o credi di aver capito?”

 

“Ma scusa.. Che cosa avrei dovuto dirti?! Ehi ciao, sono Hermione Jean Granger e vivo in una famiglia ricca?!” Hermione si mise le mani sui fianchi, chiaro segno che si stava arrabbiando.

 

“Bè, ma certo! Mi hai sempre parlato della tua famiglia, ma credo tu abbia omesso qualche piccolissimo particolare.” Harry sollevò un posacenere d'oro dal tavolino li affianco.

 

“Io.. Credevo che per te non fosse importante.” Adesso le braccia di Hermione erano incrociate sul petto.

 

“Infatti non lo è!” Harry rimise l'oggetto sul tavolo e si avvicinò a lei. “Ma avrei voluto saperlo prima di fare la figura del perfetto coglione davanti ai tuoi..” Indicò la porta, come a voler rivolgersi direttamente ai signori Granger.

 

“Non hai fatto assolutamente nessuna figura! Harry..” Hermione gli avvolse le braccia intorno ai fianchi e piegò la testa all'insù per poterlo guardare. “La mia famiglia è ricca da generazioni, ma per me questo non è mai stato un vanto. Infatti tu neanche lo sapevi, proprio perchè per me non è importante.. Sono sempre io, non cambia proprio niente.” Appoggiò la testa sul suo petto, lasciandosi stringere dalle braccia di Harry. “Ti ho portato qui perchè voglio che entri a far parte completamente della mia vita, e questo comporta anche mostrarti la mia..” Harry appoggiò il mento sulla sua testa, annuendo piano. Si tranquillizzò, ma non aveva smesso di sentirsi fuori luogo.

 

“Vieni, voglio farti vedere la mia stanza.” Hermione gli prese la mano felice e lo trascinò per quei corridoi che sembravano tutti uguali. Si sarebbe perso, ne era certo. Aprì la porta della sua camera e fece entrare Harry, che la guardò sbalordito: era grande quanto la casa che aveva condiviso con altre 4 persone nell'estate in cui combatté.

 

“Allora? Ti piace?” Chiese Hermione, impaziente. Harry annuì e si mise a camminare in lungo e in largo per vederla bene. Il letto era grande, così come la libreria era stracolma si libri (sorrise sfiorandone alcuni); nelle pareti c'erano tantissime fotografie, soprattutto magiche, che la ritraevano con i suoi amici di Hogwarts. Riconobbe Luna in parecchie foto, una l'avevano scattata proprio nel giardino di casa Granger. Anche Luna, quindi, era stata in quella casa: perchè nessuno si era degnato di avvisarlo?! I suoi pensieri furono interrotti da Hermione che lo tirò forte da dietro trascinandolo nel letto.

 

“Ma piano, mi fai male!” Harry rise mentre Hermione gli saliva sopra sorridendo.

 

“Stai pensando troppo, lo vedo.. E io ho un'idea per farti smettere.” Lo baciò appassionatamente, e proprio mentre Harry la stava avvolgendo lei si staccò alzandosi.

 

“Ho una voglia matta di fare una doccia.” Si tolse il maglione e la maglietta in modo molto malizioso e glieli lanciò. “Però vorrei provarla nel tuo bagno..” Uscì velocemente dalla stanza e si mise a correre dalla stanza da dove erano venuti, quella che ormai aveva scelto per Harry. Lui sorridendo si alzò e le corse dietro, afferrandola prima che entrasse dalla porta e facendola ridere forte. “Shhh.. Fai piano che se no tuo padre viene qui e mi uccide!!” Le tappò la bocca facendola entrare nella stanza e chiudendo la porta a chiave.

 

“Non dirmi che hai paura.” Gli sussurrò nell'orecchio, facendogli correre un brivido di eccitazione su tutto il corpo. Si slacciò il reggiseno e lo fece cadere a terra, senza smettere di guardarlo. Poi si voltò e si diresse verso il bagno, lasciandosi però la porta aperta alle spalle. Harry non si fece aspettare nemmeno per un secondo.

 

 

 

“E quindi, Harry, i tuoi genitori sono entrambi maghi anche loro?” Jason prese la parola, continuando a tagliare il suo arrosto. Era a capotavola, così come Harry dall'altro lato.

 

“Erano entrambi maghi, esatto. Ma non ho molti ricordi di loro, sono morti che ero molto piccolo.” Non gli pesava dire quella frase, infondo l'aveva pronunciata un miliardo di volte nella sua vita.

 

“Oh, mi spiace.. Io..” Il signor Granger guardò la figlia, cercando aiuto.

 

“Non fa niente, le pare. Sono passati tanti anni.” Harry gli sorrise, riuscendo così a tranquillizzarlo. Tornò con lo sguardo nel suo piatto, sperando non arrivasse mai la domanda successiva.

 

“E quindi dove sei cresciuto, se posso chiederlo?” Jean Granger esaudì al contrario il suo desiderio, ovviamente. Hermione socchiuse gli occhi, sperando che quel momento passasse velocemente.

 

“Sono cresciuto con i miei zii e mio cugino che ha la mia stessa età, tutti Babbani. Sono cresciuto nella periferia di Dublino.” Harry mise in bocca un pezzo di carne, soddisfatto della sua risposta.

 

“Oh, ma è fantastico! Anche tu cresciuto da non mago, quindi. Non sarà difficile per te passare questi giorni allora..” Jean gli appoggiò una mano sul polso prima di alzarsi per andare in cucina a prendere qualcosa. Tornò dopo pochi secondi con una cheese cake in mano. “Spero ti piaccia tutto, Harry.”

 

“Oh si si! E' tutto squisito, grazie.” Annuì, sinceramente riconoscente. Si mangiava davvero da re, su questo non c'erano dubbi. Mentre la signora Granger cominciò a tagliare la torta, Thelma sparecchiò la tavola. Jason, però, voleva saperne si più sul suo conto.

 

“E che lavoro fanno i tuoi zii, se posso?” Bevve un sorso di brandy.

 

“Papà..” Hermione si girò a guardarlo, ammonendolo. Lui allargò le braccia con fare innocente, infondo era suo diritto conoscere il fidanzato che la figlia gli aveva portato a casa per Natale.

 

“Si, certo che può. Ehm..” Harry cercò una risposta migliore della verità, ma non gli venne in mente niente. “Lavora per una ditta di trapani.” Non sapeva se ancora ci lavorava, in realtà. Ma quello se lo tenne per se.

 

“Ah, un operaio insomma.” Harry lesse del sarcasmo in quelle parole, ma fece finta di niente. “Un lavoro onesto, gli fa onore.” Si apprestò ad aggiungere, sotto lo sguardo arrabbiato della figlia. Harry scrollò le spalle, senza sapere bene che altro dire. Non gliene fregava un fico secco del lavoro dello zio, perchè se n'era andato da quell'inferno di casa un anno e mezzo prima ed era rimasto senza una fissa dimora, senza contare l'ospitalità dei Weasley ovviamente. Ma anche questo evitò di dirlo ad alta voce.

 

“Adesso basta domande. Chi vuole il dolce?” Il sorriso della signora Granger gli ricordava tanto quello di Hermione: risolveva le situazioni in due secondi. Guardò di nuovo Jason, che si era fatto mettere nel piatto una bella fetta di torta. Sapeva benissimo cosa gli ronzava nella testa: aveva appena scoperto che la figlia stava con un irlandese orfano e senza uno straccio di soldo. Harry si sentì ulteriormente piccolo e fuori luogo. Sentì la mano di Hermione accarezzargli la gamba da sotto il tavolo, la guardò: gli sorrise, e lui ricambiò.

 

Finita la cena, la signora Granger si alzò serena. “Ho dato a Thelma e a Marcus la serata libera. Ti va di lavare i piatti insieme, Hermione? Come facciamo sempre quando ci va di parlare un po'..” Hermione annuì contenta, sua madre aveva chiaramente capito che aveva bisogno di parlarle. Si girò verso Harry, come per dirgli di aspettarla nella sua stanza, ma Jason parlò per primo.

 

“Vieni con me, Harry. Voglio mostrarti una cosa.” Senza attendere risposta, si alzò dalla sedia con il suo bicchiere di brandy e si allontanò dalla sala da pranzo. Harry lo seguì senza voltarsi indietro. Hermione fece per chiamarlo, ma sua madre le prese il braccio.

 

“Lasciali, tesoro. Prima tuo padre lo conosce bene, prima andranno d'accordo.”

 

 

Il signor Granger si infilò nella sua personale sala da biliardo, attese l'ingresso di Harry e socchiuse la porta. “Posso offrirti qualcosa da bere?”

 

“No, la ringrazio. Sto bene così.” Harry mise una mano in tasca, aspettando semplicemente. Jason annuì, appoggiando il suo bicchiere all'angolo del tavolo da biliardo.

 

“Sai giocare?” Indiciò le due stecche sul tavolo, prendendone una e lisciandola nella mano.

 

“Si, certo.” Harry raccolse la sfida, prendendo l'altra stecca.

 

“Bene, allora. Giochiamo.” Jason sorrise tarando fuori tutte le palle da biliardo.

 

 

 

“Harry ha avuto un passato difficile, mamma..” Hermione passò un piatto gocciolante a sua madre, lasciando che lo asciugasse.

 

“Credo di averlo capito, tesoro. Ma in che senso?” Jean la guardò con la coda dell'occhio. Non voleva insistere con lei, ma non poteva nascondere la sua preoccupazione.

 

“I suoi genitori sono morti che era piccolissimo, è andato a vivere con questi zii Babbani che però lo trattavano malissimo. So che ha passato alcuni periodi in un riformatorio dove.. Dove lo picchiavano.” Hermione disse le ultime tre parole in un sussurro. Jean si bloccò per un attimo, ma poi continuò ad asciugare le stoviglie che sua figlia le passava senza smettere di ascoltare.

 

“Non so altro, in realtà. Solo che un anno e mezzo fa è scappato di casa ed è stato alcuni mesi in un pessimo posto, a sud dell'Irlanda, dove guadagnava soldi facendo a botte. Facendosi massacrare, in realtà.” Hermione lasciò cadere un piatto nel lavandino, non rompendolo per un pelo. Si appoggiò allo stipite chiudendo gli occhi e prendendo un bel respiro: si sentiva quasi mancare. Sua madre le mise le mani sulla schiena, assicurandosi che stesse bene.

 

“Harry è.. E' una persona meravigliosa, è un uomo davvero fantastico. Nasconde molte ombre, a volte ritornano fuori prepotenti, ma a me fa solo vedere la sua immensa luce. Io lo amo, mamma. Lo amo davvero..” Hermione la guardò, con tutta la sincerità che quelle parole contenevano.

 

“E a me basta questo. Lo vedo da come ti guarda che per te prova un rispetto che forse non aveva mai provato. Mi fido del tuo giudizio..” Jean le sorrise e insieme continuarono a lavare i piatti. “E poi, se posso permettermi, è davvero molto bello.” Hermione rise, abbassando lo sguardo imbarazzata.

 

“Si, è molto bello.” Sussurrò arrossendo.

 

 

 

Harry guardò rotolare una palla appartenente all'avversario proprio nella buca dove stava lui. Alzò lo sguardo e vide Jason Granger sorridere sotto i baffi, orgoglioso del punto che aveva appena segnato.

 

“Mia figlia merita il meglio, confido che questo tu lo sappia..” Il signor Granger finalmente intraprese il discorso centrale di quell'assurda partita. Harry annuì semplicemente, mettendosi in posizione: toccava a lui giocare.

 

“Vedi, Hermione è la nostra unica figlia, e vogliamo per lei un futuro meraviglioso: speriamo che possa scegliere di intraprendere studi da (come dite voi) Babbana in medicina, nell'università migliore di tutta la Gran Bretagna.” Jason si dovette fermare per storcere il naso rivolto a una buca appena fatta da Harry. Questi continuò a giocare, prestando ben attenzione a ciò che quell'uomo diceva. “Tu che intendi fare dopo Hogwarts?”

 

“Non lo so ancora, signore.” Per prima cosa trovare un posto dove vivere, avrebbe voluto aggiungere Harry. Jason mugugnò e si accucciò posizionando la stecca per tirare.

 

“Capisco..” Sussurrò, un attimo prima di colpire la palla bianca con la stecca. “Hermione è sempre stata abituata al meglio, come avrai sicuramente notato. E' questo il suo vero mondo, appartiene a uno stile di vita medio-alto insomma. Ciò che voglio dire è..”

 

“Che io sono un poveraccio e non potrei mai reggere il confronto con Hermione. Avanti, non c'è bisogno di girarci molto intorno.” Harry lisciò la sua stecca e fece un rapido calcolo contando le palle ancora in gioco: stava perdendo. Jason alzò le soppracciglia.

 

“Sei poco loquace, ma vedo che quando c'è bisogno di esprimersi le parole non ti mancano.”

 

“Capita raramente, comunque.” Harry colpì la palla ma sbagliò di pochissimo, si rimise dritto mordendosi il labbro inferiore.

 

“Ovviamente non avrei usato le parole che hai usato tu, ma forse..” Jason si riabbassò per tirare.

 

“Ascolti, signor Granger. Io mi sono innamorato di sua figlia, non so dirle perchè e non so dirle perchè proprio lei. Però è successo. Non mi importa la nostra differenza di nazionalità e neanche la nostra differenza di passato e presente. Mi importa che io amo sua figlia, e questo riesce a unirci nel profondo, più di qualsiasi altra cosa.” Harry parlò senza praticamente prendere fiato, facendo semplicemente uscire tutta la verità che sentiva dentro.

 

“E' molto lodevole ciò che dici, ragazzo. E io ti credo.” Tirò in modo secco mandando in buca la sua ultima palla: gli restava soltanto la numero 8 nera.

 

“Ma purtroppo parli con l'inesperienza della tua gioventù. Purtroppo, prima o poi, dovrai imbatterti in queste immense differenze che vi caratterizzano. Prima o poi ti renderai conto che il solo amore non basta. Non basta mai.” Un altro colpo deciso e la 8 finì rimbalzando elegantemente su tre sponde, adagiandosi con calma in buca d'angolo. Jason aveva vinto la partita. Si sollevò, senza scomporsi, e appoggiò la sua stecca sul tavolo da biliardo. Harry rimase fermo, con entrambe le mani sulla stecca che lo reggeva, guardando dritto davanti a se.

 

“Buonanotte, Harry.” Jason uscì da quella sala, lasciandosi la porta aperta alle spalle e dirigendosi nella sua stanza da letto.

 

 

 

“Direi che abbiamo fatto.” Hermione sorrise e si girò verso la porta della sala da pranzo, sperando di veder tornare Harry. “Magari è già andato su.. Vado a cercarlo. Buonanotte mamma, è bellissimo essere a casa.” Abbracciò la madre che la baciò dolcemente sulla fronte e uscì dalla cucina. Salì le scale velocemente, provò sia nella sua stanza che in quella degli ospiti dove c'era anche tutta la roba di Harry buttata li. Sentì la voce di suo padre al telefono dalla stanza da letto, e capì che Harry doveva essere rimasto ancora di sotto. Sapeva benissimo dove trovarlo. Scese le scale altrettanto velocemente e andò diretta alla sala da biliardo del padre.

 

Harry era li, di spalle e tremendamente silenzioso mentre giocava a biliardo in solitario. “Ei.. Sei qui.” Hermione si avvicinò e lo abbracciò da dietro, dandogli piccoli baci tra le scapole.

 

“Ei..” Sussurrò Harry, senza girarsi. Si abbassò per tirare, staccando automaticamente Hermione dall'abbraccio. Lei aggrottò le sopracciglia, non capendo la motivazione di quel comportamento.

 

“Che c'è che non va?” Si mise appoggiata al lato del tavolo, guardandolo con la testa inclinata. “Mio padre ti ha fatto il lavaggio del cervello, vero?” Sorrise accarezzandogli la mano.

 

“No, abbiamo solo giocato. Non ho niente.” Harry tirò di nuovo, non convincendo per niente Hermione. Lo conosceva bene, ormai: sapeva che se avesse insistito avrebbe solo fatto peggio. Avrebbe parlato lui, una volta pronto.

 

“Va bene..” Andò a chiudere la porta a chiave e sgattaiolò tra le braccia di Harry, coprendogli la visuale del tavolo. “Non ho mai giocato a biliardo, non credo di essere capace.” Si sedette sul bordo del tavolo, appendendosi al bavero della maglia di Harry. Allargò le gambe, avvicinando il suo bacino pericolosamente al suo. Lui mollò la stecca sul tavolo, mettendo le mani sulle gambe di Hermione e guardandola intensamente negli occhi.

 

“Non è semplice, bisogna avere una buona.. Stecca.” Harry cominciò a baciarle il collo, facendole buttare la testa all'indietro e spingendo il suo bacino contro il suo.

 

“Allora sono fortunata, puoi insegnarmi bene. Credo che tu ce l'abbia..” Hermione cominciò a slacciarle i jeans mordendogli l'orecchio.

 

 

 

“Amore.. Che hai? Ei..” Erano stati un'ora in quella sala da biliardo, riuscendo ad amarsi in ogni superficie disponibile: poi erano salite nella stanza di Hermione, ridendo come bambini, e avevano ripreso a fare l'amore. Ma piano, dolcemente, immergendosi completamente l'uno nell'altra. Harry aveva cominciato a tremare forte.

 

“Io.. Non lo so. Io..” Provava a trovare una risposta plausibile, mentre Hermione cercava di contenerlo nelle sue braccia. Ad ogni spinta era un'emozione e una sensazione così forte che Harry non riuscì a trattenersi, stava esplodendo di un qualcosa che non aveva mai provato. “Non so come fare..” Sorrise sospirando forte e nascondendo il suo viso nel collo di lei.

 

“Continua, ti prego. Non voglio che ti trattieni..” Hermione strizzò gli occhi, facendo uscire una lacrima dai suoi occhi. Trattenne un singhiozzo, immergendo le mani nei capelli di Harry.

 

“Ti amo, te lo giuro. E questo ci basterà per sempre.” Harry tornò a guardarla. Hermione gli prese il volto tra le mani sorridendo e annuendo.

 

“Per sempre. Ti amo.”

 

 

 

Erano scesi a far colazione non tanto presto, ma la signora Granger aveva lasciato tutto il necessario affinché mangiassero lo stesso. Non appena finirono, andarono a mettersi in veranda; Hermione si mise un maglione di Harry per ripararsi dal freddo. Lui si sedette sul divanetto e lei si accomodò sopra di lui leggendo un libro.

 

“Questo è il mio libro preferito, lo leggo sempre quando vengo a casa.” Hermione intrecciò le dita con quelle di Harry. Lui scorse il titolo dalla copertina, Il Piccolo Principe. Ne aveva sentito parlare, ma non l'aveva mai letto.

 

“Un giorno te lo farò leggere, sono sicura che ti piacerà.” Lui sorrise baciandole più volte la testa.

 

“Oh, eccovi siete qui.” I signori Granger spuntarono dalla porta d'ingresso con in mano diverse buste per la spesa. “Stasera verranno tutti i parenti qui a casa, vedi Harry per noi è tradizione festeggiare la vigilia della vigilia.” Jean si avvicinò a loro sorridendo. Harry sorrise impacciato, non sapendo bene cosa rispondere.

 

“Oddio, mamma. Anche stavolta? Ti prego..” Hermione si alzò in piedi, il maglione le stava a dir poco enorme e lei ci si strinse dentro.

 

“Tesoro, lo facciamo ogni anno.” Jason aprì il giornale per vedere le ultime notizie del giorno e sparì dentro casa, seguito subito da Jean.

 

“Perchè non ti va?” Harry si alzò avvicinandosi ad Hermione.

 

“Perchè non hai mai visto una serata del genere, credimi. Poi tu che odi il Natale..” Hermione si nascose tra le braccia di Harry.

 

“Che c'entra. Sono comunque i tuoi parenti..”

 

“Ah, l'abbigliamento dev'essere elegante casual, se possibile.” Jason era riapparso sulla soglia della porta, interrompendoli, per poi sparire di nuovo all'interno.

 

“Almeno non dev'essere elegante elegante.” Hermione sorrise alla faccia stranita di Harry e gli accarezzò una guancia. “Tranquillo, ora vediamo come fare.”

 

Passarono il pomeriggio intero nel centro di Londra: Hermione gliela mostrò così bene e con così tanta passione che lo fece innamorare pure della città dove lei era cresciuta. Conosceva ogni angolo, ogni storia, ogni quartiere.

 

“In realtà tutto questo tour l'abbiamo fatto solo per arrivare fin qui.” Hermione gli tirò la mano verso un negozio da uomo. Probabilmente era il più costoso di tutta Londra, a vedere dalla gente che entrava e dalla vetrina in esposizione.

 

“Whoa whoa.. Piano!” Harry la frenò prima che entrasse. Non aveva neanche lontanamente il denaro necessario per comprare anche solo un bottone li dentro.

 

“Non ti ho ancora fatto il regalo di Natale, voglio fartelo con te presente! Almeno ti prendo una cosa che so che ti piacerà.” Hermione era così entusiasta che era davvero difficile fermarla.

 

“Herm, no. Non ti posso far spendere tutti sti soldi solo per il mio regalo. Cioè, sono solo io.” Harry provò ad essere irremovibile.

 

“Solo te?! Piantala, non accetto un no!” Riprese a trascinarlo, non riuscendo però a spostarlo di un millimetro. “Daiiii! Ti prego, mi fai felice.”

 

“Mmmm. Non ti sopporto, ce le hai sempre tutte vinte.” Harry fu obbligato a cedere e si lasciò trascinare dentro. Non appena entrarono, si avvicinò a loro una signora con un sorriso a trentadue denti.

 

“Signorina Granger! Che piacere..” Le strinse la mano.

 

“Salve Olga, piacere mio rivederla. Lui è Harry, il mio fidanzato.” Hermione strinse il braccio di Harry e la signora chiamata Olga si presentò a lui.

 

“Quindi deduco che siete venuti qui per il suo fidanzato, signorina. Molto bene, come posso aiutarvi?” Olga ascoltò tutte le indicazioni di Hermione, poi sparì subito dicendo che aveva esattamente ciò che cercavano.

 

“E' la proprietaria. Mio padre compra qui spesso, per cui..” Hermione si guardò in giro, Harry era più imbarazzato che mai. Che avrebbe pensato quella donna non appena fosse andata Hermione a pagare il conto? Non avrebbe dovuto entrare, non avrebbe dovuto affatto. Olga tornò dopo pochi minuti, con in mano diverse paia di pantaloni, camice e giacche. Harry tolse lo sguardo, non volendo neanche immaginare i prezzi.

 

“Vieni, devi provare tutto.” Hermione lo prese per mano e lo portò ai camerini, accoppiando gli indumenti che preferiva. Lo fece sfilare, divertendosi a vedere lo sguardo di Harry sempre più furente ed annoiato ad ogni uscita.

 

“Perfetto! Sei bellissimo.. Stai da Dio! Vieni a guardarti.” Fu alla quinta uscita che Hermione si decise. Harry si mise davanti ad uno specchio alto e grande e si guardò, mettendosi una mano in tasca. Pantalone nero elegante, camicia bianca infilata dentro e una giacca grigio scuro da lasciare aperta sopra. Si passò una mano tra i capelli, mentre Hermione gli infilava una bella cintura per completare l'opera.

 

“Ti metti poi le scarpe nere belle che hai.. E sei perfetto amore!”

 

“Si, la roba è bella ma.. Herm, è troppo. Io non posso..” Harry si tolse la giacca, e nel frattempo arrivò Olga.

 

“Avete deciso?” Chiese con il solito sorriso.

 

“Si, Olga, grazie. Tutta la roba che ha addosso adesso. Te la portiamo di la alla cassa immediatamente.” Hermione la congedò e Olga andò via quasi saltellando.

 

“Ti sto dicendo che mi fai felice se accetti.. Mi piaci tantissimo vestito così, e poi sono cose che ti rimangono! Puoi metterle ovunque e quando vuoi..” Hermione entrò nel camerino con lui mentre si spogliava e cominciò a piegare i vestiti nuovi che lui le passava.

 

“I vestiti posso comprarmeli anche da solo, Herm.” Harry fu forse troppo scontroso con quella frase, perchè lei lo guardò quasi offesa.

 

“Harry, non lo sto facendo per.. Voglio solo farti un regalo di Natale.”

 

“Si, si.. Lo so. Scusa, mi sono espresso male. Grazie allora, io aspetto fuori se non ti dispiace.” Harry si infilò la sua giacca e uscì fuori dal negozio, salutando con la mano la signora Olga che aspettava impaziente il pagamento di Hermione. Si mise a camminare avanti e indietro li davanti, con la testa bassa e piena di pensieri. Immaginava già la reazione di suo padre: avrebbe sicuramente fatto qualche battuta sul fatto che Harry da quel momento in poi si sarebbe fatto comprare pure i vestiti da Hermione. Tirò un calcio piano a una pietra li vicino, facendola rimbalzare nel muro. Sorrise ironicamente pensando al regalo stupido e insulso che aveva preparato lui per lei, annesso di bigliettino da perfetto idiota.

 

“Dobbiamo rientrare a casa, se no non facciamo in tempo a prepararci.” Hermione gli era affianco, con un grande sacchetto in mano. Harry annuì e glielo prese, dandole un bacio sulla bocca. La fece attaccare al suo braccio e s'incamminarono verso un luogo appartato dove potersi Smaterializzare. Una volta arrivati nel vialetto di casa Granger, Hermione si battè una mano sulla fronte.

 

“Oddio, quasi dimenticavo! I miei parenti non sanno che sono una strega, pensano che studio in una scuola fuori Londra che mi permette di approfondire già gli studi per medicina, così da avere la strada spianata per l'università. Papà ha detto loro che tu studi li con me, così è più facile reggere la copertura no?”

 

O così è meno imbarazzante avere un irlandese povero in casa, se è un futuro medico, pensò inevitabilmente Harry. “Certo, nessun problema.”

 

 

“Avanti.” Avevano bussato alla porta di Harry, lui era già pronto da un po' e aspettava Hermione per scendere. Credendo fosse lei, si avvicinò alla porta. Invece si trovò davanti la signora Granger, bellissima nel suo abito lungo color miele.

 

“Harry, caro, gli ospiti sono tutti arrivati. Vai tu a chiamare Hermione?” Si avvicinò sistemandogli il colletto della camicia sotto la giacca. “Stai davvero benissimo.”

 

“Grazie, signora. Anche lei è molto bella.” Harry la fece arrossire. Forse il suo marito tutto d'un pezzo non le faceva spesso complimenti. Uscirono insieme dalla stanza, ma presero due strade diverse; Harry si diresse verso la camera di Hermione, mentre Jean scese al piano di sotto raggiungendo tutti.

 

“Ei, sono io. Posso entrare?” Harry si avvicinò alla porta bussando. Rimase con la mano a mezz'aria, perchè Hermione l'aprì ridendo.

 

“Scemo, ti pare che mi devi chiedere il permesso tu?!”

 

Era bellissima. Ormai Harry non aveva più aggettivi per descriverla, o per farle capire cosa provava guardandola tutte le volte. Era meravigliosamente avvolta in un vestito semplice nero, che le arrivava sopra le ginocchia. Grazie ai tacchi alti era diventata quasi quanto Harry, infatti gli fece quasi strano baciarla senza dover abbassare la testa.

 

“Sei.. Una favola.” Harry le baciò anche la mano. Lei, che non poteva farne a meno, si mise a sistemarlo come più piaceva a lei, compresi i suoi capelli ribelli. “Dobbiamo scendere, tua madre è venuta a chiamarmi.”

 

La prese sotto braccio e si diressero verso le scale: non appena cominciarono a scendere, tutti gli occhi presenti in sala puntarono su di loro. Harry avrebbe voluto volentieri sotterrarsi. Hermione fu travolta dagli zii e nonni vari non appena scesero l'ultimo scalino.

 

“Oh cielo, come sei diventata grande!”

 

“Diventi ogni giorno più bella, non c'è che dire.”

 

“Sei una vera meraviglia, Hermione.”

 

“Sei bella quanto dolce, si sa.”

 

Hermione arrossì visibilmente, trovandosi in palese imbarazzo, sotto lo sguardo divertito di Harry. Divertimento che durò poco, perchè tutte le signore si buttarono subito su di lui in men che non si dica.

 

“Tu devi essere il fidanzato, che piacere!! Io sono sua zia Margaret, sorella si Jason.”

 

“Piacere, io sono..”

 

“Harry, certo! Ci hanno parlato di te.. Io sono Elisabeth, moglie del fratello di Jason.”

 

Se ne presentarono altre quattro, ma Harry aveva già dimenticato tutti i nomi e aveva già esaurito i sorrisi falsi in serbo per occasioni del genere.

 

“Herm, Herm!! Oddio, ma guardati..!” Quella era però la voce di un ragazzo, Harry ne fu certo. Si girò verso quella voce e lo vide: era più alto di lui, con i capelli biondo cenere e degli occhi azzurri come il cielo, un viso pulito e gentile, fisico asciutto e magro, carnagione molte chiaro. Probabilmente era la personificazione del principe azzurro in perfetto stile inglese. Prese Hermione letteralmente in braccio, stringendola a se. Harry alzò le sopracciglia serrando la mascella.

 

“Greg! Oh mio Dio, quanto tempo.. Sei diventato così alto! Non ci posso credere che sei qui..” Hermione gli strinse le braccia al collo, sinceramente felice di vederlo.

 

“Ho pensato di invitare anche il mio collega e grande amico Stuart e mi sono permesso di dirgli di portare anche suo figlio Gregory. Infondo siete cresciuti insieme ed era parecchio tempo che non vi vedevate..” Jason Granger era spuntato da li vicino e aveva messo una mano sulla spalla di Greg, entusiasta della reazione di Hermione.

 

“Hai fatto benissimo, papà. Oddio, come sono contenta di vederti!” Hermione gli accarezzò un braccio, salutando poi i suoi genitori con altrettanto calore. Harry girò la testa dall'altra parte fingendo di ascoltare una vecchia prozia di Hermione che lo stava elogiando per la sua bella presenza. In realtà, le sue orecchie erano altrove.

 

“Ho così tante cose da raccontarti Herm.. Cavolo, sei diventata ancora più bella se possibile.” Greg si scostò il ciuffo biondo sorridendole con quella dentatura perfetta.

 

“Anche io ho tante cose da dirti! Per prima voglio dirti la più importante.. Vieni, ti presento una persona.” Hermione scostò le sue zie da intorno a Harry. “Scusate, me lo riprendo solo per un secondo.” Lo fece uscire da quel mucchio e lo mise di fronte a Greg. Si guardarono entrambi, senza mostrare la minima voglia di conoscersi.

 

“Greg, lui è Harry, il mio fidanzato. Harry, lui è Greg, il mio più caro e vecchio amico.” Hermione sorrise in mezzo a loro due, attendendo che si stringessero la mano a vicenda. Rimasero qualche secondo a fissarsi, come per studiarsi.

 

“Piacere.” Fu Greg a tendere la mano per primo. Harry non voleva assolutamente stringerla, ma si sentì lo sguardo di Hermione addosso e lo fece accennando un sorriso. Forse non aveva ancora esaurito la sua scorta.

 

Quella fu una delle serate più brutte della vita di Harry, non aveva alcun dubbio. Avrebbe preferito largamente essere dentro alla gabbia da combattimento piuttosto che sorbirsi mille discorsi sul suo futuro da medico e altre stronzate varie dai parenti di Hermione. Lei, per altro, era volutamente tenuta lontana dal suo raggio di osservazione dal signor Granger, che faceva di tutto per spingerla a stare con Greg visto che “Non vi vedete da tanto tempo, Harry se la sta cavando benissimo da solo.”, come aveva ripetuto più volte ad Hermione stessa.

 

Ogni tanto si buttava sul buffet preparato ottimamente da Thelma e Marcus quel pomeriggio, buttando giù in un solo sorso bicchieri di champagne. Evitava di cercare Hermione con lo sguardo, perchè avrebbe solo peggiorato la situazione e avrebbe creato del caos: sapeva che stava ridendo allegramente con lui parlando di chissà quale ricordo d'infanzia o di chissà quale futuro da medici rinomati e ricchi. Buttò giù un altro bicchiere di champagne.

 

“Credevo non bevessi..” Jean si era avvicinata ad Harry prendendo una tartina dal tavolo.

 

“Bè, sono irlandese. Credo non esista un irlandese che non beve.” Harry accennò un sorriso educato. Lei rise annuendo, poi gli accarezzò un braccio.

 

“Abbi pazienza, Harry. Solo con questa riuscirai ad accettare la sua vita.” Jean si allontanò prendendo un bicchiere per se, lasciandolo li da solo di nuovo.

 

“Certo che Hermione e Gregory sono davvero perfetti. Avrebbero un futuro roseo e felice insieme.” Quella frase gli arrivò alle orecchie come una pugnalata secca al cuore, l'aveva pronunciata una vecchia nonna. Come poteva anche solo minimamente sperare di essere accettato da quella famiglia? Lui non c'entrava proprio niente li.

 

Ormai la serata era agli sgoccioli, e Stuart Baxter, padre di Greg, aveva insistito per invitare chiunque volesse alla festa che si sarebbe tenuta in casa loro la sera successiva, per il veglione di Natale. Inutile dire quale fu la risposta del signor Granger.

 

“Assolutamente si! Contaci, noi ci saremo.”

 

Erano tutti troppo indaffarati a salutarsi per rendersi conto che Harry era già andato via. Cominciarono tutti a guardarsi intorno per cercarlo, ma non era più tra loro.

 

“Dov'è andato Henry, Herm?” Chiese Greg, mettendosi il cappotto.

 

“Harry, si chiama Harry. Ehm.. mi ha detto che non si sentiva molto bene ed è andato a letto, non voleva disturbare la serata. Mi ha detto di salutarvi tutti e ci vedremo sicuramente in questi giorni.” Hermione sorrise per nascondere la tensione. Sapeva benissimo perchè Harry mancava, e pregò in silenzio di trovarlo su in camera sua davvero.

 

Salutò tutti più veloce che poté, compresi i suoi genitori, si tolse i tacchi e corse al piano di sopra, con il cuore in gola. Arrivò davanti alla stanza di Harry e la trovò chiusa, l'aprì senza bussare. Lo vide la, seduto vicino alla finestra con una birra che sicuramente aveva trovato in frigo in mano. Sospirò si sollievo chiudendo gli occhi ed entrò, chiudendosi la porta alle spalle e lasciando cadere a terra i tacchi. Lui non si girò, sapeva benissimo che era lei.

 

“Lo so che sei arrabbiato.” Hermione si avvicinò piano.

 

“Ti sbagli, non sono arrabbiato.” Harry prese un sorso di birra. Stava nevicando copiosamente fuori.

 

“Harry, erano i miei parenti. Non li vedo mai e..” Hermione provò a giustificarsi.

 

“Herm, ti ho detto che non sono arrabbiato!” Harry si alzò appoggiando la birra sul tavolo. Si tolse la giacca e cominciò a slacciarsi la camicia.

 

“Greg è un mio carissimo amico, da quando eravamo piccoli. Non lo vedevo da più di due anni perchè si è trasferito a Liverpool per studio. I nostri genitori sono colleghi e mio padre ci tiene a..”

 

“A farvi sposare e a creare un impero?” Harry non riuscì a trattenere il sarcasmo. Si tolse la camicia e la mise su una gruccia, appendendola vicino all'armadio.

 

“Non essere geloso.. E' solo un mio amico.” Hermione si avvicinò per abbracciarlo, ma lui si scostò.

 

“Sono davvero stanco, scusa.” Le diede le spalle e si slacciò i pantaloni.

 

“Che vuol dire? Non vieni a dormire con me?”

 

“No.” Si tolse scarpe e pantaloni, infilandosi una maglietta per dormire. Non aggiunse altro, non aveva alcuna voglia di parlare. Di niente.

 

“Harry, mi dispiace se la serata..” Hermione non sapeva davvero come fare, ma peggiorò solo la situazione.

 

“Hermione, ho detto che sono solo stanco! Quindi, se per favore..” Harry indicò la porta senza guardarla, cercando di contenere il suo nervoso dentro il suo corpo. Aveva tutti i muscoli contratti, sarebbe esploso da un momento all'altro. Hermione sapeva bene ce continuare era inutile, quindi serrò gli occhi. Si girò su se stessa, raccolse le sue scarpe e lasciò quella stanza chiudendosi la porta alle spalle.

 

Harry prese tre respiri profondi, cercando di calmarsi: poi il suo sguardo cadde nel pacchetto regalo per Hermione, arrivato caldo e pronto quella mattina. Desiderò di distruggerlo all'istante, invece sferrò un pugno molto forte contro il muro che gli stava affianco. Rimase con il pugno incollato al muro, appoggiandoci anche la testa sopra.

 

“Che ci faccio io qui? Che cazzo ci faccio io qui?” Si disse più volte. Inutile dire che quella notte dormì malissimo, disturbato nei sogni dal matrimonio di Gregory ed Hermione Baxter.

 

 

 

“Papà, io ed Harry stasera non verremo a casa dei Baxter.” Hermione stava facendo colazione con i suoi genitori, Harry non era ancora sceso.

 

“Come hai detto prego?!” Jason quasi non si strozzò con il suo caffè.

 

“Hai sentito bene.” Si alzò per prendere del latte dal frigo.

 

“Hermione, non essere ridicola. Sai bene quant'è importante l'amicizia di Stuart per me, così come lo è quella di Greg per te. E' stato Harry a obbligarti a questa decisione, vero?” Jason chiuse il giornale e Jean gli lanciò un'occhiata omicida. Hermione sbatté la tazza sul lavandino, irritata.

 

“No, papà! La decisione è la mia. Non mi importa niente se a te Harry non piace, è a me che deve piacere. Voglio stare con lui stasera, perchè è il primo Natale che passiamo insieme. Ed è il primo per lui in generale.. E si merita un Natale come si deve, tranquillo.” Sentì le lacrime salirle agli occhi, ma le ricacciò indietro.

 

“Mi dispiace tesoro, ma su questa sera non si discute. Verrete entrambi e poi potrete andare via quando e come vorrete. Chiusa la discussione.” il signor Granger si alzò con la sua tazza di caffè e si allontanò.

 

 

Harry aveva gli occhi spalancati da un bel po', ma non trovava il coraggio di uscire dal letto e affrontare tutto ciò che gli riservava quella giornata. Qualcuno bussò alla porta, dovette rispondere per forza. Sapeva benissimo che era lei.

 

“Avanti.”

 

Hermione entrò con un vassoio in mano, pieno di roba da mangiare: aveva preparato ciò che più piaceva ad Harry.

 

“Buongiorno. Ti ho portato la colazione..” Entrò titubante.

 

“Grazie, non dovevi. Vieni qui..” La fece sedere nel letto accanto a se e la baciò, abbracciandola. “Scusami per ieri sera. Non volevo.. Mi scuserò anche con i tuoi per essere sparito senza salutare.” Hermione lo strinse forte chiudendo gli occhi e inspirando il suo odore. Adorava il suo profumo la mattina.

 

“Non devi scusarti proprio di niente, se mai sono io che mi scuso. Mi devo scusare anche perchè stasera dobbiamo andare per forza a casa di Greg.. Ma ti prometto che stiamo solo mezzora e poi ce ne andiamo dove preferisci tu.”

 

Harry prese un sorso di caffè e un morso di pane con la marmellata: mangiare era necessario in situazioni del genere. “Mmm.. Va bene.” S'impegnò a dire. “Solo mezzora?”

 

“Solo mezzora, amore. Te lo prometto. Però non deve mai più succedere che dormo senza di te, è chiaro?”

 

 

 

Harry tentò tutto il pomeriggio di non imbattersi in Jason Granger, riuscendoci perfettamente. Si auto convinse che se fosse stato lontano dai guai, quelli non lo avrebbero trovato. Invece con la signora Granger ci parlava molto tranquillamente, sentiva di.. Piacerle. Anzi, ne era proprio convinto. E questa circostanza lo aiutò a superare discretamente la giornata in villa Granger.

 

“Il veglione di Natale dei Baxter è molto spartano, vedrai. Niente di quello che hai visto ieri sera, comunque..” Hermione spinse Harry vedendolo alzare le sopracciglia in segno di disapprovazione. Si erano appena fatti la doccia insieme e si stavano preparando per la serata.

 

“Saranno tutti con maglioni tipici natalizi e saranno tutti pronti a fare a gara per chi ha fatto il regalo più bello e costoso all'altro. Ma a noi questo non interessa, perchè in mezzora non avremo il tempo di vedere niente per fortuna.” Hermione lo baciò e si asciugò i capelli con un semplice colpo di bacchetta. Si mise quei jeans che Harry adorava e un bel maglione bianco a collo alto. “Che dici, i capelli li lascio sciolti?” Le cadevano elegantemente sulle spalle, lunghissimi e a boccoli.

 

“Impazzisco per i tuoi capelli, lo sai. Quindi assolutamente si.” Harry si vestì e aspettò che lei finisse di truccarsi leggermente.

 

“Mi piace quando ti metti questo maglione. Ti fa molto, mmm, macho!” Gli scompigliò di più i capelli facendolo ridere.

 

Il viaggio in macchina fu parecchio silenzioso, per lo meno da parte di Jason e Harry. Jean aveva insistito perche Harry stesse davanti, e il risultato era stato assoluto silenzio nella parte anteriore della macchina e chiacchiericci animati nella parte posteriore. Fortunatamente quell'imbarazzo non durò molto, la casa dei Baxter a quanto pare non era così lontana da quella dei Granger.

 

Harry scese dalla macchina e guardò quella villa, ripetendosi nella mente che sarebbe rimasto li solo mezzora. Solo una dannatissima mezzora. Aprì cordialmente lo sportello alla signora Granger e le prese la mano per scendere, lei gli sorrise facendogli l'occhiolino. “Vedrai che andrà tutto bene.” Gli sussurrò. Lui le fu molto grato silenziosamente.

 

Entrarono in casa non appena il maggiordomo, vestito di tutto punto, aprì loro la porta. Si sentiva un gran vociare dalla sala centrale: non appena vi entrarono, furono salutati calorosamente da tutti. Quella volta non si trattava di parenti, ma peggio: erano quasi tutti colleghi del signor Granger o semplicemente amici loro di una vita. Harry strinse la mano ad Hermione, che gli appoggiò una mano sul braccio e non lo lasciò. Si presentarono una miriade di persone, di cui Harry non riuscì a ricordare nemmeno il volto. Forse perchè non gli fregava niente o forse perchè aveva la mente impegnata a fare il conto alla rovescia dei minuti: ne mancavano solo dodici e avrebbero potuto andare via. Il suo primo Natale vero e proprio lo avrebbe passato con lei, non gli importava di nient'altro.

 

“Herm, devi venire! C'è una sorpresa per te..” Greg arrivò prepotentemente e non si degnò neanche di salutare Harry.

 

“Greg, io veramente stavo per..” Hermione guardò Harry.

 

“C'è Milly, Herm! E' di la.. Non ci crede che ci sei anche tu, è su di giri che neanche immagini.” Greg sorrise felice, anche se le aveva rovinato la sorpresa. Ad Hermione le si illuminarono gli occhi.

 

“Milly? Milly Norson è di la?! Oddio.. E' una mia amica, saranno tre anni che non la vedo e..” Hermione si girò di nuovo verso Harry, come per cercare un appoggio. Harry le lasciò la mano.

 

“Vai, che aspetti.” Le sorrise.

 

“E' nella mia stanza, corri che ti raggiungo!” Greg la mandò avanti ed Hermione non se lo fece ripetere due volte.

 

“E' sempre così contenta quando ritorna a casa. Posso offrirti qualcosa da bere?” Greg guardò Harry con sufficienza.

 

“No, sto bene così grazie.” Provò ad allontanarsi. Doveva evitare i guai.

 

“Si vede lontano un miglio che sei un pesce fuor d'acqua, sai. Ho saputo che sei pure irlandese.. Scommetto che non è vero che studi con Hermione per diventare medico.” Greg lo stava stuzzicando non poco. Harry lo guardò in cagnesco.

 

“Hai qualche problema, per caso?” Disse, gelido.

 

“Oh no, io nessun problema. Insomma, guarda dove vivo. Guarda cosa posso offrirle.. Tu invece? Sei davvero così sempliciotto come sembri? Passi il Natale qui a scrocco perchè se no dovresti stare in una baracca al gelo?” Greg rise da solo prendendo un sorso d'acqua. Harry si avvicinò pericolosamente, stringendo i pugni.

 

“Tu non sai con chi stai parlando, ti consiglio di levarti dalle palle al volo.”

 

“Sei in casa mia, dovresti mostrare almeno un po' di rispetto. Ma magari da dove vieni tu non lo insegnano neanche. Vattene tu, te lo do come consiglio. Non vorrei che ci rimanessi troppo male quando Hermione si renderà conto di quanto io posso valere più di te.” Greg gli rise praticamente in faccia, ed Harry fece un altro passo verso di lui alzando un braccio.

 

“Harry, mi accompagni a prendere da bere?” Jean era apparsa quasi dal nulla e aveva afferrato il braccio di Harry trascinandolo con se. Era così teso che non riuscì a tenera la mano stretta a lui. Forse si era sbagliata, ma lo aveva quasi sentito tremare. “Che succede? E' tutto a posto vero?” Gli chiese, una volta lontani da Greg.

 

“Si, si.” Harry si passò una mano sul viso. Gli prudevano in modo molto preoccupante.

 

“Non ti far provocare, ricorda ciò che ti ho detto. Resta lontano dai guai, d'accordo?” Jean gli passò un bicchiere di champagne e si allontanò nuovamente.

 

Harry guardò l'orologio: la sua amata mezzora era passata da almeno mezzora. Scosse la testa e cercò di restare in disparte più che poteva. Poco dopo, vide Greg dirigersi esattamente dov'era andata Hermione poco prima.

 

 

“Cavolo, speravo di vederti realmente però. E non virtualmente..” Hermione parlava con il computer, dove l'immagine della sua amica Milly le sorrideva felice di poterle parlare.

 

“Lo so, Herm. Però sono in Spagna a studiare e non potevo proprio andarmene neanche per Natale. Meno male che abbiamo Skype, però! E' stato un piacere rivederti.. Dai un bacio a Greg da parte mia e digli che lo chiamo presto!” La voce metallica di Milly salutò Hermione, che ricambiò sinceramente contenta di averla vista. Proprio quando la comunicazione si interruppe, Greg entrò nella sua stanza lasciando la porta aperta.

 

“Ti è piaciuta la sorpresa? Lo so, avrei dovuto portartela qui ma..” Si sedette affianco a lei.

 

“Scherzi? Mi hai fatto un piacere immenso.. Grazie davvero, Greg.” Hermione gli mise una mano sul ginocchio sorridendogli. “Ti manda un bacio, a proposito.”

 

“E tu, Herm? Non me lo dai un bacio?” Greg appoggiò la sua mano su quella di Hermione.

 

“Io.. Ehm..” si sentì in imbarazzo. Sapeva bene che Greg aveva sempre avuto un debole per lei, ma sapeva anche quanto rispetto le portasse. Sicuramente parlava in amicizia. “Ma certo!” Si avvicinò alla sua guancia per dargli un bacio, ma proprio mentre stava per appoggiare le labbra, lui voltò la testa e la baciò sulla bocca tenendole il viso fermo tra le mani. Lei spalancò gli occhi spingendolo per spostarlo, ma lui la teneva stretta. Spinse con forza la lingua dentro la sua bocca, ma lei gliela morse riuscendo a liberarsi.

 

“Aia! Cazzo.. Ma sei impazzita?!” Greg si alzò mettendosi una mano sulla bocca.

 

“Ma come diavolo ti permetti?!” Hermione si mise in piedi impettita, facendo cadere la sedia dietro di lei e pulendosi la bocca. “Non osare mai più!!”

 

“Oddio, Herm ti prego scusami.. che idiota.” Greg si mise il volto tra le mani, mortificato. “Scusami, davvero. Giuro che non succederà più..” Hermione si ammorbidì subito, provando a capire lo stato d'animo del suo amico. Infondo avevano passato una vita insieme, li avevano fatti crescere nella convinzione che si sarebbe messi insieme prima o poi, e lei si era presentato con un altro a casa per Natale.

 

“Non ti preoccupare, tranquillo. Mi dispiace anche a me Greg, credimi..” Si avvicinò e gli tolse le mani dal viso. “Però per me sei semplicemente un amico. Riesci a capirmi?”

 

“Ti capisco, e giuro che imparerò ad accettarlo..” La prese tra le braccia, baciandola più volte sulla guancia.

 

Hermione in un primo momento non riuscì a capire come mai Greg si fosse staccato così di botto da lei. Ma le ci vollero pochi attimi di secondo per realizzare che Harry era entrato in quella stanza nel momento sbagliato. Aveva afferrato Greg da dietro e lo aveva scaraventato contro il muro.

 

“Harry!! No, ti prego.. No!! Smettila!!” Hermione urlò e lo tirò da dietro più che poteva. Aveva già vissuto troppe volte quella scena. Greg aveva assunto un'espressione di puro terrore, lo sguardo di Harry era così cattivo che avrebbe impaurito chiunque.

 

“Che cosa le hai fatto figlio di puttana?? Che cosa le hai fatto??” Gli andò contro, facendo cadere per terra anche Hermione. Si distrasse abbastanza per girarsi a vedere se le aveva fatto male, dando il tempo a Greg di alzarsi e scendere di sotto. Hermione si rialzò, tremante e in preda alle lacrime.

 

“Ti prego, Harry no. Ti prego.. Non mi ha fatto niente. Ti prego, non rovinare tutto di nuovo.” Ma Harry era già uscito dalla stanza, carico di tutta la frustrazione e la rabbia che erano lievitate in lui in quei giorni. Scese le scale velocemente, caricando ancora di più l'odio: aveva lo sguardo perso, non ragionava più. Quello sguardo Hermione lo aveva visto già troppe volte. Lo seguì, osando l'ultimo disperato tentativo di fermarlo. Greg stava cercando suo padre, per proteggersi: ma Harry arrivò troppo presto.

 

“Ripeti quello che mi hai detto prima ad alta voce, coniglio. Ripeti!!” Harry aveva alzato parecchio la voce, così la metà degli invitati si girò verso di loro inorriditi. Hermione non riusciva più a controllare le lacrime. Jean arrivò di corsa, ma non bastò.

 

“Io non ho proprio detto niente. Lasciami stare!” Greg sbagliò mossa: lo spinse all'indietro, dando solo l'opportunità ad Harry di caricare il colpo. Con il sinistro lo colpì secco nella pancia, facendolo piegare in avanti, e subito con il destro lo colpì dritto al viso buttandolo a terra a schizzare sangue dal naso. Probabilmente gli aveva rovinato quel bel faccino. Passarono solo pochi secondi e Harry si sentì prendere per le braccia da due persone: lo portarono fuori sbattendolo a terra e tirandogli addosso la sua giacca.

 

“Sparisci, all'istante!” Riconobbe la voce del signor Granger. Si alzò immediatamente fronteggiando sia lui che il padre di Greg, che non si spostarono di una virgola. Nel frattempo erano usciti quasi tutti dalla villa, spinti dalla curiosità.

 

“Che cosa vuoi fare, ragazzino? Vuoi colpire anche a me? Avanti, fallo! Solo così tu puoi stare meglio!” Jason lo spintonò, ma in quel momento arrivò Hermione che li divise.

 

“Papà, ti prego.. ti prego..” La sua voce era un sussurro e spinse indietro il padre, dando le spalle ad Harry.

 

“Hermione..” Harry le prese un braccio per avvicinarla a se, ma lei lo strattonò con forza.

 

“No! Non provare a toccarmi.” Stava piangendo così tanto che Harry non riuscì a vedere più il bel colore dei suoi occhi.

 

“Hermione vieni via. Lascia stare questo qui, è matto. Stacci lontana.” Jason prese la figlia per farla allontanare da Harry, nel frattempo la signora Baxter stava facendo rientrare tutti nella villa.

 

“Fatti dire che cosa mi ha detto prima, mentre tu eri in camera sua. Fattelo dire Herm!” Harry si avvicinò ulteriormente, parlandole disperatamente.

 

“Se fai un altro passo giuro che chiamo la polizia!!” Jason urlava.

 

“Non mi volevano, Hermione. Sin dal primo giorno hanno fatto di tutto per farmi sfigurare, per farmi sentire fuori luogo. Tuo padre mi reputa un irlandese povero e senza un futuro, solo tua madre ha provato a..” Harry spalancò le braccia, non sapendo neanche cosa stava dicendo. “Io.. Io volevo solo provare a far parte della tua vita.”

 

“E' questa la mia vita Harry!” Hermione si staccò da suo padre, fronteggiandolo. “Eccola qui! La vedi??” Indicò la villa. “Io sono nata qui, sono cresciuta qui. Sapevi benissimo che a me non importava da dove venivi tu. Ma a quanto pare a te importa troppo da dove vengo io.”

 

“Hanno ragione loro, Hermione! Io non ho niente da offrirti. Guarda qua.” Si svuotò le tasche, tirando fuori qualche spicciolo. “Non ho niente, niente. Non ho neanche una casa dove portarti, non ho una famiglia da farti conoscere, non diventerò mai un medico.”

 

“Non ti ho mai chiesto niente del genere, e tu lo sai. Ti avevo chiesto soltanto di stare con me, di essere felici insieme e di far parte della mia vita.” Soffocò un singhiozzo. “Ero convinta che saresti potuto cambiare per me. Che stupida.. Le persone non cambiano mai.” Si voltò per andarsene, ma Harry si avvicinò di nuovo. Proprio in quel momento arrivò una volante della polizia. Uscì di corsa il signor Baxter.

 

“Qui, qui! E' lui, ha aggredito mio figlio, gli ha rotto il naso! Voglio sporgere denuncia immediatamente a questo delinquente.” Harry non ascoltò neanche le parole del padre di Gregory.

 

“Solo tu mi conosci, solo tu sai chi sono io. Lo sai che non lo avrei mai fatto senza motivo, tu lo sai.. Herm, guardami ti prego. Guardami!” Si divincolò dai poliziotti che cercavano di fermarlo.

 

“Non potrà essere abbastanza.. Tu non farai mai parte della mia vita, e io non potrò mai far parte della tua.” Hermione si voltò di nuovo, questa volta definitivamente.

 

“Hermione! E lasciatemi, bastardi. Hermione!!” Harry la vide sparire dentro quella villa, tra le braccia protettive del padre. Riuscì a sfuggire alla polizia e si mise a correre, in mezzo alla neve nel boschetto li affianco; non aveva neanche preso la sua giacca. Quando le voci dei poliziotti furono sufficientemente lontane, si smaterializzò.

 

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Capitolo 12
*** Mi Arrendo ***


12. MI ARRENDO.

 

 

 

 

 

 

 

 

Harry si materializzò in una via sporca e gelida di una piccola città del sud dell'Irlanda. Sospirò forte, ghiacciandosi completamente i polmoni. Si appoggiò al muro dietro di lui e si lasciò cadere a terra, piegando le gambe e mettendoci le sue braccia sopra. Aveva pure lasciato la giacca indietro, che idiota. Chiuse gli occhi appoggiando la testa al muro: come gli era venuto di andare proprio li? Da Ron e da Draco non voleva andare, avrebbe dovuto dare troppe spiegazioni. Non aveva altri posti in mente se non quello. Una porta sbatté forte e due uomini ubriachi uscirono ridendo e cantando in modo non poco stonato canzoni di Natale. Harry si strinse nel maglione, il freddo era quasi insopportabile.

 

Il campanile li vicino suonò la mezzanotte, Harry lo guardò malinconico. “Il Natale per me non cambierà mai.” Si alzò, sbattendosi i pantaloni dalla neve, e s'incamminò verso l'unica casa che sapeva avrebbe aperto le porte per lui. Con le mani in tasca e a testa bassa, superò tutte le persone che festeggiavano e si facevano gli auguri a vicenda e s'infilò in un vicolo ancora più stretto del precedente, dove non si sentiva nessun rumore, escludendo il vociare lontano della strada principale. Arrivò davanti a quella porta, che aveva lasciato molto volentieri un anno e mezzo prima. Rabbrividendo ancora una volta per il freddo, bussò.

 

“Adesso mi avete proprio stancato. Non ho la droga, sparite brutti..” Dopo pochi secondi, quell'uomo che Harry purtroppo conosceva molto bene, aprì la porta. Era rimasto a bocca aperta vedendolo. “Che mi venga un colpo.. Harry Potter.” Quell'uomo rise forte, squadrando Harry dalla testa ai piedi. “E' la prima volta che ti vedo senza il volto tumefatto dai pugni, cazzo. Che ci fai qui?”

 

“E' passato tanto tempo, Ben, lo so. Me ne sono andato senza dire niente.. Ma ho bisogno di un posto dove stare. Per un po'.” Harry parlò chiaro, non aveva assolutamente niente da perdere. Ben rise di nuovo, sputando a terra.

 

“Mi hai detto la stessa cosa la prima volta, ricordi? Farfugliavi sul fatto che avevi bisogno di un posto dove stare e stronzate varie.. Ti avevo pure trovato un lavoro, ti avevo pure fatto diventare qualcuno nel mio palazzetto. E tu te ne sei andato come uno stronzo qualsiasi, come un ingrato..” Ben smise di ridere, guardandolo torvo. Harry annuì e fece per andarsene.

 

“Quanto dovresti restare, per esattezza?” Ben si accese una sigaretta appoggiandosi allo stipite della porta. Harry si voltò di nuovo, da più lontano.

 

“Non ne ho idea. Sicuramente non tanto come un anno e mezzo fa.”

 

Ben annuì e sputò del fumo dalla bocca, si voltò ed entrò in casa lasciando la porta aperta: Harry capì e senza aspettare che cambiasse idea superò la soglia di quel buco di fogna che aveva conosciuto fin troppo bene.

 

“Sai tutto, no? Il cesso sta sempre laggiù e tu dormi sempre la.” Ben indicò prima una porta rotta e sudicia e poi una brandina con un materasso buttato sopra e bucato in diversi punti. Harry annuì, ringraziando con un cenno della testa.

 

“Ti sei fatto ancora più fisico, eh.. Pensa a quanto vinceresti adesso.” Ben allungò una sigaretta ad Harry, che rifiutò. “Hai pure smesso di fumare adesso? Mi stai diventando un bravo ragazzo allora.” Rise forte, cominciando poi subito a tossire malamente. Era un uomo di 40 anni messo piuttosto male: capelli lunghi e unti tenuti insieme da una coda disordinata, abiti rubati a chissà chi tenuti anche peggio della capigliatura, denti marciti dall'alcool e dalla droga e occhi così grigi che sembrava non vedessero la luce del sole da secoli.

 

“Va bè, almeno festeggiamo in qualche modo.” Harry prese la sigaretta e se la fece accendere da Ben. Non fumava da parecchio, ma non ne sentiva la mancanza: fortunatamente non era il tipo da lasciarsi sopraffare dai vizi.

 

“E' possibile che domani sera passi qualche amica..” Ben gli passò una birra. “O magari ti sei fatto la fidanzata?”

 

“No. Non ce l'ho la fidanzata.” Harry stappò la bottiglia e ne bevve metà tutta d'un fiato.

 

 

 

Hermione piangeva silenziosamente e senza sosta da ore. Non appena era tornata a casa, era corsa in camera sua e aveva trovato il regalo di Harry sul letto. Era impacchettato male e aveva un biglietto sopra, con la sua tipica scrittura disordinata.

 

Ho pensato che così almeno potevi avere anche me nella tua stanza. Buon Natale, amore mio. Ti amo, e ti prometto che ci basterà sempre.

 

Tuo, Harry.

 

Aveva fatto stampare la foto che Rita Skeeter aveva scattato a loro due durante il Ballo del Ceppo: era meravigliosa. Si abbracciavano sereni e profondamente innamorati guardandosi negli occhi, fronte contro fronte, per poi concludere l'azione con un bacio. Chissà cosa si era inventato per farsela dare in esclusiva, quello scatto. Hermione la strinse forte al petto singhiozzando più forte. Non poteva stare li come una stupida a piangere sul latte versato: doveva fare qualcosa. Si alzò di scatto e scese le scale così velocemente che quasi non cadde rovinosamente a terra. Spalancò la porta della cucina, dove i suoi genitori stavano discutendo dell'accaduto.

 

“Dimmi che cosa gli hai detto per farlo reagire così.” Hermione era distrutta ma si rivolse al padre con la sua immancabile rettitudine. Jean si alzò per andarla ad abbracciare, ma lei si scostò.

 

“Tesoro, io non gli ho detto proprio niente. E' matto, e te ne sei accorta anche tu. E non permetterò più che..” Jason incrociò le braccia guardandola.

 

“Smettila, smettila! Io conosco Harry e so che non avrebbe mai reagito così dal nulla.” Hermione ricominciò a piangere.

 

“Piccola, stai solo cercando di giustificarlo. Ma è comprensibile.. E' un ragazzo seriamente disturbato che ha reagito così solo perchè ti ha vista con Greg, tutto qui.” Sentenziò Jason, guadagnandosi un'occhiataccia dalla moglie.

 

“Quella.. Dove l'avete presa?” Hermione notò la giacca di Harry appoggiata alla sedia e le si mozzò la voce in gola.

 

“Per terra, nel giardino dei Baxter. Evidentemente quando si è, come si dice, smaterializzato non ha pensato a prendersi la giacca.”

 

Hermione boccheggiò. “E' la fuori, chissà dove e al gelo. E' la notte di Natale.. Gli avevo promesso che.. Mio Dio, è stata solo colpa mia. Io vado a cercarlo..” Più disperata che mai, si voltò e andò di corsa verso la porta d'ingresso. I suoi genitori però la bloccarono prima che potesse farlo.

 

“Hermione, no! Non fare la stupida. Ha preso la sua decisione, se n'è andato. Non faceva parte della tua vita e tu lo sai bene, gliel'hai pure detto. Lascia che viva la sua..” Hermione si lasciò andare tra le braccia del padre e della madre, piangendo tutte le lacrime che aveva in corpo.

 

“Harry se la caverà, tesoro. Se la caverà.. Non è uno stupido, sarà sicuramente andato da qualche suo amico no? Devi spedirgli la la roba, Hermione. La sua roba è ancora qui..” Jean cominciò ad accarezzarle i capelli. Sua madre aveva ragione: sicuramente si era materializzato a casa di Ron, così sarebbe stato al sicuro e al caldo. Jason si alzò e si staccò da loro.

 

“Non devi vederlo più, Hermione. Non voglio che mia figlia frequenti un violento scappato di casa.” Si voltò andando via, ignorando i richiami di sua moglie.

 

 

 

Ben aveva rimediato dei vestiti per Harry, visto che lui non era riuscito a riprendersi i suoi a casa di.. A casa Granger. Gli dava immensamente fastidio dover ripetere il suo nome nella sua testa, cercava di evitarlo per ogni motivo. Si sedettero al tavolo pranzando ciò che c'era in frigo: qualche uova, un pezzo di carne forse scaduto e della birra.

 

“Che bel pranzo di Natale, eh?!” Ben rise lanciando un piatto sul lavandino e rompendolo in mille pezzi. “Io oggi devo stare al palazzetto, ti sembrerà strano ma il giorno di Natale ci sono più sfide che in mezzo a luglio cazzo. Se vuoi venire, sei il benvenuto.” Harry alzò lo sguardo su di lui, senza sapere bene cosa rispondere. Aveva giurato che in quel posto non ci avrebbe mai più messo piede. Già, come a lui tante persone avevano giurato parecchie altre cose.

 

“Ok, vengo.” Si alzò e andò a prepararsi. Non avendo giacca perchè Ben ne aveva solo una per se, si congelò nel tragitto per arrivare a quel dannato palazzetto: da fuori sembrava una vecchia baracca in rovina, ma dentro la situazione cambiava alla grande. Entrarono e il classico puzzo di sudore e sangue gli entrò familiare nelle narici. Avrebbe voluto dire a Ben che lui era di nuovo passato di li, poco più di un mese prima, e aveva rivissuto la sua leggendaria resa a quel maledetto incontro. Ma Ben era un Babbano, come tutti li dentro, così si tenne quel piccolo aneddoto per se.

 

“Ei, ei Mark! Guarda qui chi ti ho riportato.” Ben spinse Harry in avanti, fiero di mostrarlo come un trofeo.

 

“Per Dio, non ci posso credere. Come stai, ragazzino?” Mark, un uomo alto almeno due metri e grosso il doppio di Harry, gli diede una pacca così forte sulla spalla che lo spostò.

 

“Tutto bene, bello. E tu?” Harry si avvicinò, davvero contento di vederlo. Mark e Ben gestivano tutte le sfide e le scommesse e si occupavano dei pagamenti degli sfidanti vincitori. Al contrario di Ben, Mark era un uomo decisamente più sano mentalmente: si poteva dire che la parte economica e fiscale la gestiva lui, mentre Ben combinava incontri e reclutava gente.

 

“Bè, sei tornato a combattere spero. Ti sei fatto pure più grosso.” Mark lo spinse di nuovo, mentre Ben annuiva entusiasta.

 

“No, veramente no. Sono qui solo di passaggio.” Harry si sistemò il maglione.

 

“Ma dai, non ci credo. Eri una cazzo di furia! Il più giovane ma uno dei più cazzuti di tutti. Un vero peccato, però, la tua ultima sfida..” Mark si accese una sigaretta scuotendo la testa, Harry tolse lo sguardo senza rispondere. “Avevi una cattiveria invidiabile, ragazzo. Caso mai ti venisse voglia di riprovare..” Gli fece l'occhiolino e tornò a parlare con altri sfidanti. Harry e Ben si allontanarono, avvicinandosi al ring.

 

“Ecco vedi, uno così tu lo distruggi.” Ben indicò il ragazzo che stava vincendo, Harry scrollò la testa.

 

“Non credo, sono parecchio fuori allenamento. E poi, sul serio, non mi va di..”

 

“Harry Potter, dev'essere un brutto incubo.” Harry si voltò seguendo il suono di quella voce. L'avrebbe riconosciuta in mezzo a molte altra, anche se l'aveva sentita solo in certi contesti. E la maggior parte urlare, per un motivo o per l'altro.

 

“Jane Ramsey, oppure il tuo sogno più bello.” La fronteggiò sorridendole beffardo, intanto Ben stava incassando soldi delle scommesse fregando chiunque.

 

“Che diavolo ci fai tu qui, di nuovo?” Si avvicinò a lui, scuotendo i suoi capelli lisci e biondissimi. Incrociò le braccia, attendendo una spiegazione plausibile. Lei e Harry si erano frequentati per tutto il periodo in cui lui era stato li, ma per Jane aveva sempre significato qualcosa di più, mentre per Harry era semplicemente una delle tante: l'unica differenza era che lei la vedeva sempre, mentre le altre solo una volta. Con i suoi occhi azzurri e il suo fisico da far invidia alle modelle più belle, Jane era l'aiutante più preziosa di Mark e Ben, nonché nipote del primo: senza di lei non avrebbero concluso niente. Non solo convinceva chiunque ad entrare nel club, ma alzava i prezzi delle sfide in maniere mai viste prima. Aveva due anni in più di Harry.

 

“Sono qui solo di passaggio. Dovresti essere contenta di vedermi, però.” Harry inclinò la testa alzando un sopracciglio.

 

“Sarei molto più contenta di prenderti a pugni, in realtà.” Si voltò frustando l'aria con quei capelli biondi che facevano impazzire chiunque, e si allontanò. Harry le andò subito dietro, arrivando ad affiancarla.

 

“Vedo che il tuo odio nei miei confronti non è cambiato.”

 

“Ma sentilo!” Jane si fermò e gli puntò un dito contro il petto. Era alta quasi quanto lui. “Te ne sei andato dal giorno alla notte, senza lasciarmi neanche uno straccio di biglietto. Nessuno ha mai saputo niente.. E ora ti ripresenti qui così, pretendendo che io sia contenta di vederti.” Harry non riuscì a trattenere un sorriso: non sapeva perchè, ma le innumerevoli discussioni che aveva avuto con Jane lo avevano sempre divertito molto. Era davvero tosta, era molto simile a lui.

 

“Io invece sono contento di vederti.” Disse lui alzando le braccia in segno di resa. Jane alzò gli occhi al cielo e tornò a guardarlo.

 

“Sei cresciuto, anche se rimani sempre un ragazzino.” Harry alzò entrambe le sopracciglia, cercando con un solo sguardo di rimembrarle quanto fosse ragazzino.

 

“Pretendo una spiegazione plausibile. Stacco per cena, aspettami.” Jane non gli diede neanche il tempo di rispondere che si dileguò nella folla.

 

 

 

Hermione sentì squillare il suo cellulare: non lo usava praticamente mai da quando aveva cominciato ad andare ad Hogwarts, chi poteva mai essere? Non appena lesse “Luna” sul display le mancò il fiato per alcuni secondi. Aveva regalato un cellulare a Luna due anni prima, così si potevano sentire anche d'estate quando erano lontane. Rispose, con il cuore in gola. “P..Pronto?”

 

“Herm? Mi senti? Sono Luna.. E' tutto a posto?!” Luna quasi urlò, lo faceva sempre prima di abituarsi all'idea che si sarebbero sentite anche senza gridare. Hermione sentì Ron in sottofondo dire qualcosa che non riuscì a capire.

 

“E' arrivata la sua roba? Non puoi capire quanto ci ho messo per mandarla, non riuscivo a..” Hermione cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza.

 

“Herm, aspetta. Ma perchè ci hai spedito la roba di Harry? Non è li con te?” Luna zittì Ron mentre parlava. Hermione si bloccò all'istante.

 

“Non.. Non è mai arrivato li? Forse allora.. Forse è da Draco, dovrei contattarlo per..” Hermione ragionò ad alta voce, ma Luna la interruppe di nuovo.

 

“Draco è proprio qui davanti a me, Herm. E' arrivato stamattina.. Ci vuoi spiegare che diavolo succede?” Luna aveva la voce preoccupata, mentre Ron continuava a sbraitare sotto. Hermione rimase zitta per un po', guardando fissa davanti a se.

 

“Luna..” Sussurrò, con la voce spezzata. “Dobbiamo trovarlo..” Non riusciva neanche a parlare: i singhiozzi si erano di nuovo impadroniti di lei.

 

“Arriviamo subito da te.” Luna chiuse la comunicazione.

 

 

 

“No scusa, fammi capire..” Jane strinse le mani intorno alla sua cioccolata calda. “Sei tornato a scuola, quindi? Be, allora hai fatto bene. Ma avvisarmi non ti costava niente..” Si sistemò meglio sul divano di casa sua, con la tv che faceva da sottofondo.

 

“Non sapevo bene che dirti. Non l'ho detto a nessuno che andavo via. Il mio posto non era di certo questo. Mi facevo massacrare ogni giorno per guadagnare da vivere.” Harry guardò davanti a se, ripassando a mente quei mesi di pura follia.

 

“Io te lo dicevo ogni giorno che non era il posto per te..” Jane appoggiò la tazza sul tavolino di fronte a se. “Vai ancora a scuola? E' Natale.. Non dovresti passarlo con qualcuno di caro?”

 

“Si, vado ancora a scuola. E no, non avevo nessuno di così caro con cui passare il Natale.” Harry si alzò andando alla finestra, Jane capì subito che voleva tagliare corto quell'argomento.

 

“Chissà cos'hai passato per tornare in questo buco di merda dimenticato da Dio..” Jane cambiò distrattamente canale alla tv. Harry sorrise senza guardarla. “Non hai trovato l'amore, quindi.. Allora non ero io a essere sbagliata, sei tu.”

 

“Non ci credo nell'amore, lo sai bene. E ne ho solo avuto la conferma..” Harry si cacciò le mani in tasca, stringendo i pugni.

 

“Ah! Ecco il vero problema, dunque.. Una donna. Incredibile.. Il duro Harry Potter messo KO da una ragazza.” Jane cominciò a schernirlo.

 

“Ti sbagli di grosso, credimi..” Mentì spudoratamente Harry. Chiuse gli occhi per un attimo sforzandosi di levarsi quella sua fastidiosa immagine dalla mente. Lei che ride, lei che parla, lei che si tocca i capelli, lei che fa l'amore, lei che lo tocca, lei che è meravigliosa.

 

“Credo proprio di non sbagliarmi, invece. Sapevo che nel mondo esisteva una donna che ti avrebbe fatto perdere la testa. Per un attimo ho pure creduto di essere io, sai? Ma poi ho capito che non poteva essere così..” Jane parlò quasi più a se stessa che ad Harry, e lui la fece andare avanti. “Se fossi stata io, non mi avresti mai abbandonata come hai fatto, senza una minima spiegazione. Sono sicura che la donna della tua vita non l'avresti abbandonata mai.. Questo vuol dire che è stata lei ad abbandonare te.”

 

Harry chiuse di nuovo gli occhi, incapace di trovare una risposta altrettanto forte. Che doveva dirle? Che aveva torto? No, non era così bravo a mentire. Rimase in silenzio, fissando la neve che cadeva copiosamente e ricopriva tutto. Se avesse avuto la consapevolezza che avrebbe coperto anche la sua ferita enorme, sarebbe uscito a prendersela tutta.

 

 

 

“Hermione vive qui?!” Ron e Draco si scambiarono un'occhiata percorrendo il vialetto di villa Granger, immaginando immediatamente che cosa poteva essere successo. Luna era avanti a loro e correva per arrivare prima che poteva dalla sua migliore amica. Si erano smaterializzati praticamente subito, dando giusto il tempo ad Hermione di avvisare i suoi genitori del loro imminente arrivo. Prima ancora che bussasse alla porta, questa si aprì.

 

“Oh cielo, mi scusi signora Granger, stavo per colpirla.” Luna fece un passo indietro, con il fiatone. Ron e Draco le furono subito accanto, allungando la mano verso Jean per presentarsi. Capì immediatamente dal loro accento irlandese che quelli dovevano essere due amici di Harry.

 

“Luna!” Hermione spuntò dal salotto e le corse incontro. Jean lasciò passare Luna e i due ragazzi chiudendo la porta alle loro spalle. Non appena Hermione abbracciò Luna, si mise a piangere di nuovo senza riuscire a parlare. Anche Ron e Draco si strinsero intorno all'amica, sinceramente preoccupati.

 

“Ciao Luna, come stai?” Jason Granger era spuntato dalla cucina, ma i suoi occhi erano solo per Draco e Ron. “Credevo venissi da sola. Molto piacere, Jason Granger.” Tese la mano e li lasciò presentare entrambi.

 

“Spero non siate dei pazzi violenti pure voi. Me ne è bastato già uno, in casa mia.” Tutti si voltarono verso di lui, torvi. Hermione lo supplicò di smetterla.

 

“Whoa, whoa.. Forse dovremmo calmarci con i termini. Credo che prima dovremmo avere una spiegazione sul perchè il nostro migliore amico non è qui.” Ron diventò improvvisamente molto serio, cosa per lui molto strana. Jean portò via suo marito, obbligandolo a lasciarli un po' da soli. Hermione li accompagnò fin su in camera sua, sedendosi sul letto con la testa tra le mani.

 

“Credevo fosse venuto da te.. Dov'è andato, dov'è andato..” Non riusciva a darsi una calmata e non riusciva a spiegare che cosa fosse successo.

 

“Herm, con calma. Devi dirci cos'è successo, se no come possiamo aiutarti?” Draco s'inginocchiò di fronte a lei, cercando di calmarla come poteva.

 

“Non andava d'accordo con mio padre, si vedeva. Mio padre lo avete visto com'è, no? Ma Harry sembrava tranquillo tutto sommato, stavamo così bene insieme.. Siamo stati così bene. Abbiamo fatto una serata qui l'altro ieri sera, con tutti i miei parenti.. Harry.. Lo escludevano, mio padre.. E poi è arrivato Greg, un mio amico d'infanzia che.. E' sempre stato innamorato di me e che mio padre adora e..” Il racconto di Hermione era confuso e biascicato, ma tutti le stavano dietro senza dire un fiato. “Harry era arrabbiato quella sera, non ha neanche voluto dormire con me e se n'è stato di la da solo. La mattina dopo gli ho portato la colazione e abbiamo fatto pace, andava tutto così bene.. La sera mio padre ci ha obbligati ad andare a casa di Greg per il veglione natalizio, ho promesso a Harry che ci saremmo stati solo mezzora.. Ma le cose ci sono sfuggite di mano, ho perso Harry per un attimo e.. Greg mi ha baciata.”

 

Ron si mise le mani nei capelli, potendo solo immaginare il resto. Draco si alzò in piedi cominciando a marciare dentro la stanza pensando già a dove andare subito dopo. “Io l'ho tolto, Harry non ci ha visti.. Però poi lui si è messo ad abbracciarmi ed è arrivato Harry..” Prese un bel respiro, cercando di parlare più con calma. “Potete immaginare, no? E' impazzito, credeva che mi avesse fatto qualcosa. L'ha picchiato, davanti a tutti.. Gli ha spaccato il naso e due denti. Mio padre e il padre di Greg l'hanno sbattuto fuori e..” Hermione si rimise il volto tra le mani. “Harry stava per picchiare anche loro, ma io l'ho fermato. Io gli ho gridato di andarsene.. Gli ho detto cose così brutte, Dio.. Così brutte..” Guardò dall'altra parte della stanza, per non rischiare di incontrare i loro sguardi. “Hanno chiamato la polizia. Lui mi implorava di ascoltarlo, di credergli.. Ma ho lasciato che lo portassero via. Non l'hanno preso, però.. Harry si è smaterializzato. Non si è neanche preso la sua giacca..” Hermione concluse il racconto chiudendo gli occhi e singhiozzando ancora.

 

“Ti prego, cazzo, dimmi che stai scherzando.” Ron si arrabbiò all'istante. Draco gli mise una mano sulla spalla cercando di calmarlo, ma lui la scrollò con forza. Hermione non mosse un muscolo.

 

“Che cazzo ti aspettavi, eh?! Gliel'avevi detto a lui che avevi sempre vissuto come una principessa del cazzo??” Ron aveva alzato parecchio la voce e Luna lo ammonì urlando anch'essa.

 

“Tu dici tanto, ma tu di Harry non sai un cazzo di niente. Ma lo sai che cos'ha passato lui, nella sua vita? Harry non ha niente, niente!! Non ha una casa, non ha una famiglia, non ha un soldo. Come credevi di farlo sentire, buttandolo in una situazione del genere? Ci scommetto le palle che quello stronzo di tuo padre e quel Greg lo avranno istigato per bene, se no non avrebbe reagito in quel modo.” Hermione si alzò impettita, con gli occhi ancora gonfi di pianto, fronteggiando Ron.

 

“Non osare parlare così di mio padre!!” Gli puntò il dito contro.

 

“Io parlo così di chi chiunque offenda mio fratello!” Ron non indietreggiò.

 

“Che cosa avresti fatto tu, eh?! Ha picchiato un mio amico davanti a tutta la mia famiglia e davanti a tutti i colleghi di mio padre!” Hermione urlò, sfogandosi.

 

“Lo avete messo con le spalle al muro! Ha reagito così perchè si è sentito fuori luogo, senza una via d'uscita. Tuo padre lo schifa, è palese no?! Quindi gli avrà fatto il lavaggio del cervello facendolo credere non alla tua altezza. Che cazzo se ne fa tuo padre di uno così per sua figlia? Un bel niente!” Ron non accennò ad abbassare i toni, Luna e Draco si limitarono ad assistere.

 

“Volevo Harry parte della mia vita, e lui ha rovinato tutto!!” Hermione ricominciò a piangere.

 

“Harry è venuto qui per Natale, tu neanche lo sai quanto è stato difficile accontentarti. Ma lo ha fatto perchè ti ama davvero, perchè ci ha provato in tutti i modi ad adattarsi a te. Ma tu, Hermione? Tu hai provato ad adattarti a lui? No, tu lo hai buttato dentro una villa da ricconi fregandotene altamente se si sarebbe sentito fuori luogo.”

 

“La mia situazione economica non è mai stata importante per me. Credevo che non lo sarebbe stata neanche per Harry.” Hermione incrociò le braccia.

 

“Non lo è, infatti. Lo è per tuo padre però.. E sinceramente parlando, credo che lo sia anche per te. Che volevi fare? Portare Harry a casa tua per farlo sentire ancora più nullità? Tu ci godi a..” Ron non riuscì neanche a finire la frase, perchè Hermione lo centrò perfettamente nel viso con uno schiaffo forte e deciso.

 

“Non osare, Ron. Non osare mettere in dubbio i miei sentimenti per Harry. Non te lo permetto questo..” Hermione quasi sussurrò, ferita più che mani. Ron si mise una mano sulla guancia arrossata, sorridendo senza allegria.

 

“Lo sai, Hermione, ti voglio dire un segreto. Harry è sempre stato circondato da persone che lo hanno abbandonato. Sei stata aggiunta anche tu alla lista, sei contenta? Ora, se non ti dispiace, vado a cercare il mio migliore amico. Grazie per la piacevole visita.” Ron riprese la sua giacca ed uscì dalla stanza, senza guardare chi lo seguiva o no.

 

“Resta con lei.. Vi faremo sapere appena possibile, d'accordo?” Draco si rivolse a Luna e andò subito dietro a Ron, affiancandolo. Hermione corse al suo bagno e si buttò sul water: alzò la tavoletta e vomitò.

 

 

 

Harry si era addormentato nel suo divano, ma Jane non lo svegliò: aveva sicuramente bisogno di riposo. Andò in camera sua e si mise a dormire, inspiegabilmente serena della presenza di Harry in salotto.

 

La mattina dopo lo trovò ancora a dormire, nella stessa posizione in cui l'aveva lasciato: sorrise e gli lasciò un biglietto, dicendogli di raggiungerla al palazzetto appena si fosse svegliato.

 

Quando Harry lo lesse era quasi ora di pranzo. Non dormiva così da diversi giorni, si sentiva davvero meglio e riposato. Forse parlare con Jane gli aveva fatto bene; o meglio, ascoltare Jane. Non gli importava molto, in realtà: per adesso voleva solo dimenticare l'ennesima delusione della sua vita. Si fece una doccia veloce e andò di corsa al palazzetto, aveva deciso che aveva un serio bisogno di sfogarsi, e conosceva un solo modo per farlo.

 

Ben cercò di bloccarlo per chiedergli dove fosse stato quella notte, che si era perso delle ragazze niente male, ma Harry lo interruppe senza dargli corda.

 

“Chi posso sfidare subito?” Si stava già svestendo piano piano, Ben fece un sorriso con tutti i denti che gli rimanevano.

 

“Te lo trovo subito, aspetta qui.” Corse via, più entusiasta che mai.

 

“Harry..” Jane lo chiamò alle spalle, lui si girò con le braccia alzate come per scusarsi che aveva dormito così tanto, ma si dovette bloccare. Ron e Draco erano affianco a lei e lo guardavano in modo enigmatico.

 

“E voi.. Che cavolo ci fate qui?!” Harry era strabiliato di come lo avessero trovato così velocemente. Jane si allontanò, capendo che in quel momento era di troppo.

 

“Ci sono arrivate le tue cose a casa mia, così ci siamo chiesti cosa fosse successo.” Ron indicò la valigia di Harry che si portava appresso. “Luna ha contattato Hermione e..”

 

Pugnalata secca al cuore. Harry non voleva neanche più sentirlo quel nome. “Non ne voglio parlare.” Lo interruppe alzando la mano di fronte a lui. “Mi dispiace che siete dovuti venire fin qui di nuovo, ma questa volta non verrò. Non adesso per lo meno.” Ron provò ad insistere, ma Draco lo bloccò.

 

“Ci vediamo a scuola, amico?” Alzò la mano, aspettando che Harry l'afferrasse. Sapeva bene che quel gesto per lui equivaleva a una promessa. Harry guardò quella mano a mezz'aria, mordendosi il labbro inferiore.

 

“Potter, Potter! Muoviti, ti abbiamo trovato lo sfidante.. Corri!!” Ben lo chiamava da poco lontano, sbraitando e saltellando euforico. Harry si girò appena, per fargli capire che aveva sentito. Tornò a guardare Ron e Draco e afferrò al volo entrambe le loro mani.

 

“Lasciate la mia valigia a Jane, quella ragazza che vi ha portati da me.” Harry fece per andarsene, ma si voltò un'altra volta. “Questa cosa rimarrà tra noi, vero? Grazie, fratelli.” Scomparve in mezzo alla folla, lasciandosi trasportare dal desiderio che aveva di sfogarsi.

 

“Draco, che hai fatto? Lo hai lasciato andare. Lo massacreranno di nuovo.. Mamma ucciderà prima lui, se non morirà qui, e poi me. E te per finire.” Ron s'incamminò verso l'uscita, non voleva vedere ciò che aveva già visto tempo prima.

 

“Sai bene che se lo obbligavamo a tornare a casa non avremmo risolto niente. Tornerà da solo, ce l'ha promesso Ron.. E sai che quando Harry promette, mantiene sempre.” Draco lasciò la valigia a Jane, che li guardò incuriosita. Avrebbe voluto fare così tante domande.. Ma se ne andarono più veloci che poterono.

 

“Dobbiamo tornare da Luna e Hermione, ci stanno aspettando da ieri.” Draco s'infilò in un vicolo stretto e riparato per potersi smaterializzare, con Ron che lo seguiva mogio mogio.

 

“Io me ne vado subito, però.” Ron afferrò il braccio di Draco e in un attimo scomparvero.

 

Riapparvero sul vialetto di casa Granger e lo percorsero a grandi passi, raggiungendo subito la porta d'ingresso. Bussarono solo una volta: Luna aprì immediatamente e li fece entrare a scaldarsi. Hermione li raggiunse subito all'ingresso, con l'aria preoccupata.

 

“Dov'è?” Chiese, incapace di attendere ancora.

 

“Lo abbiamo trovato.” Cominciò Draco, provando a sorridere. “Sta bene.” Hermione sospirò di sollievo buttando la testa all'indietro.

 

“E' a casa tua adesso?” Tentò di chiedere a Ron. Lui guardò Draco, cercando aiuto.

 

“Ehm.. No. Tornerà a scuola, però.” Ron pensò che deviare la risposta era la scelta migliore. Hermione assunse di nuovo l'aria preoccupata.

 

“Vi prego.. Ditemi dov'è.”

 

“Ci ha fatto promettere di non dirlo. E per me basta così.. Luna, torni con noi o preferisci restare un po' qui?” Ron si avvicinò alla fidanzata.

 

“No, Dio ti prego no.. Ditemi che non è tornato la. Vi prego..” Le lacrime di Hermione, a quanto pare, non erano ancora finite. Le immagini di quella baracca, di quel ring, di Harry ferito a morte gli apparvero subito alla mente. Ron e Draco stettero troppo tempo zitti, facendole capire purtroppo che aveva indovinato subito.

 

“Perchè non l'avete riportato a casa.. Perchè, Ron?” Hermione si lasciò cadere sul divano, con la testa tra le mani.

 

“Perchè non sarebbe tornato. Insistere con Harry è sbagliato, soprattutto in certe circostanze.. Ma sta bene, tornerà a scuola. Ce lo ha promesso.” Draco rispose al posto di Ron, forse per auto convincersi anche lui stesso.

 

Luna tornò a casa di Ron insieme a lui e Draco: Hermione disse espressamente di voler stare sola, e che si sarebbero rivisti direttamente a scuola. Si fece promettere dalla sua migliore amica che se avessero saputo qualsiasi cosa avrebbe dovuto chiamarla subito. Si rintanò nella sua stanza, e non ne uscì per giorni.

 

 

 

“Sei qui da una settimana, spero bene che tu non abbia deciso di trasferirti.” Jane gli passò un panno bagnato, così che Harry potesse metterlo sul livido violaceo che si era formato sotto il suo occhio. Le sorrise, anche se parve più una smorfia di dolore.

 

“Guarda che se ti do fastidio posso tornare da Ben.”

 

“Non credo torneresti in quella merda..” Jane si accese una sigaretta guardandolo torva. “Dovresti piantarla di fare incontri. Non ti servono i soldi, stai da me adesso e tra poco tornerai a scuola e sarai coperto da ciò che ti danno i tuoi zii.”

 

“Non li voglio usare quei soldi..” Harry si sistemò meglio sul divano. Le sterline che i suoi zii gli facevano avere arrivavano automaticamente ai signori Weasley, che si premuravano sempre di cambiarli in galeoni e di farglieli avere tramite Ron o nelle occasioni in cui si vedevano. Ma lui li usava soltanto in situazioni di estrema necessità.

 

“Non fare l'idiota, Harry.” Jane gli voltò le spalle appoggiandosi alla finestra. Lei non faceva mai troppe domande ed aveva sempre accettato tutto. Gli tirava delle frecciatine, ma se Harry gliele ributtava indietro lei non insisteva mai. Lo aveva fatto dormire sempre sul divano in quei giorni di convivenza, sicuramente per evitare complicazioni: ma Harry non aveva alcuna intenzione di comportarsi come aveva fatto più di un anno prima, perchè era consapevole del fatto che l'aveva fatta soffrire non poco.

 

“Posso sapere perché ancora non ci hai provato con me?” Jane si era girata di botto. Harry spalancò gli occhi, pensando per un momento che avesse usato la magia per leggergli nella mente in quell'istante. Impossibile, però: Jane era Babbana.

 

“Ehm.. Come scusa?” Balbettò hHarry, togliendosi il panno umido dall'occhio.

 

“Direi che io e te non siamo mai stati amici. Sei stato qui una settimana e non hai fatto niente per venire a letto con me. Il tuo comportamento mi pare molto strano.” Jane incrociò le braccia, studiandolo.

 

“E' già andata male una volta, mi pare. Non credo tu voglia riprovare.. Non sono cambiato.” Harry si alzò, stiracchiandosi la schiena.

 

“Oh si, invece. Ti sei innamorato.” Sentenziò lei, sorridendo beffarda. Harry la guardò alzando un sopracciglio. “Pazzesco, la ami davvero tanto questa ragazza. Ti conosco, purtroppo. Se così non fosse mi avresti già..” Jane non riuscì a terminare la frase, perchè Harry l'aveva sbattuta al muro baciandola con forza. Lei non si tirò minimamente indietro, perchè stava aspettando tutto quello dal momento che l'aveva visto dentro al palazzetto una settimana prima. Si appese al suo collo e si lasciò sollevare di peso. Lei gli slacciò i pantaloni con irrefrenabile voglia e glielo prese subito in mano, con un gemito.

 

“Mi ricordo ancora tutto ciò che ti piace di più..” Gli sussurrò nell'orecchio. Si lasciò scivolare in ginocchio e glielo prese in bocca, lasciando che Harry le spingesse la testa avanti e indietro. Quando decise che gli aveva dato abbastanza piacere, si alzò e si spogliò con fretta di fronte a lui.

 

“Ti prego, senti quanto mi ecciti.” Gli prese la mano facendogli sentire la sua eccitazione con le dita. “Prendimi, adesso.” Harry non se lo fece ripetere due volte: l'afferrò con forza e la possedette con foga e violenza in ogni angolo di quella casa. Più lei urlava di piacere, più lui aumentava sempre di più. Più continuava, più liberava ogni sua forma di frustrazione.

 

 

Jane era coricata sul divano, ancora nuda e accaldata. Harry era in piedi e guardava fuori dalla finestra, con in mano una sigaretta che si consumava piano piano, perdendo piccoli pezzi di cenere sul pavimento. Lei lo guardava, ben consapevole di ciò che lui stesse pensando.

 

“Non hai detto neanche un parola, neanche una..” Jane sorrise malinconica, appoggiando la testa sulla mano.

 

“Non credevo bisognasse parlare scopando.” Disse Harry senza voltarsi, facendo un tiro di sigaretta.

 

“Però facendo l'amore si, non è vero?”

 

Harry, per l'ennesima volta, non rispose. Un rapido flash gli annebbiò la mente: lei che lo stringe mentre lui trema, lui che cerca di spiegarle cosa gli prende, lei che lo capisce subito, lei meravigliosa, lei che gli giura di amarlo.

 

“Sono stanco, domani devo svegliarmi presto..” Harry si infilò velocemente le mutande e un paio di pantaloncini, congedando al volo Jane e i suoi fottuti flash mentali. Lei si alzò annuendo, gli si avvicinò e lo baciò sulla guancia.

 

“Non ti preoccupare, sapevo a cosa andavo incontro. E' stato molto bello, però.” Afferrò i suoi vestiti e si diresse verso la sua stanza.

 

“Anche per me.” Harry si buttò sul divano, coprendosi quanto bastava per scaldarsi. Chiuse gli occhi all'istante, facendo violenza su se stesso per smetterla di pensare.

 

 

 

Hermione si alzò molto presto quella mattina: non doveva essere assolutamente vista. I suoi genitori ormai aveva rinunciato a farla uscire da quella stanza e avevano deciso di lasciarle il suo tempo. Sperò vivamente che anche quel giorno sarebbero rimasti di quell'idea. Dopo una doccia calda, cercò di darsi una sistemata e tornare come prima. Non avendo troppo tempo da perdere, decise di vestirsi subito e prepararsi mentalmente per la smaterializzazione verso un posto che non aveva mai visto dal vivo. S'infilò un cappotto pesante e si mise in mezzo alla sua stanza: chiuse gli occhi e cominciò a concentrarsi. Fece apparire nella sua mente l'immagine di quella baracca nel sud dell'Irlanda più nitida che poteva. Quando si accorse di essere arrivata all'apice della concentrazione, si smaterializzò.

 

Non appena riaprì gli occhi, si ritrovò in un vicolo freddo e disabitato. La paura si instaurò subito dentro di lei, ma non appena voltò la testa alla sua destra vide distintamente quella baracca su cui si era tanto concentrata. Si avvicinò, stringendosi nel suo cappotto: ad ogni passo, si rese conto che era proprio quella che aveva visto durante la Prova Inaspettata di Harry. Ce l'aveva fatta, l'aveva trovata.

 

Non appena uscì dal vialetto, sentì decine di occhi puntarle addosso. Accelerò il passo verso la porta d'ingresso di quel posto dimenticato da Dio: cercò di evitare sguardi con qualsiasi persona gli si parasse davanti o di fianco, mettevano i brividi soltanto a vederli di sottecchi.

 

Indugiò per qualche secondo, ma poi si decise a spalancare la porta del palazzetto. Rimase a bocca aperta entrando dentro: sembrava dieci volte più grande dentro, da fuori non si sarebbe mai detto. Nonostante fosse mattina, la gente non mancava. Hermione nascose il suo naso in una manica del cappotto per ripararsi dal puzzo quasi insopportabile di sudore e sangue. Sentì fischiare proprio dietro di lei.

 

“Wow.. Ciao bambina. Cerchi qualcuno?” Un uomo a torso nudo e pieno di cicatrici nel volto le accarezzò un braccio, ma Hermione si spostò subito. Solo in quel momento si rese conto che non era stato l'unico a notarla: diversi occhi la guardavano dubbiosi e incuriositi.

 

“Io.. Io veramente..” Balbettò Hermione.

 

“Ei John, smamma al volo!”

 

Hermione si voltò subito verso la voce di quella ragazza che, a quanto pareva, l'aveva appena soccorsa. Aveva i capelli lunghi e biondi e un viso davvero bello, anche se mostrava sicurezza e una cerca esperienza. Squadrò Hermione dalla testa ai piedi, con sopracciglia alzate e occhi divertiti.

 

“Tesoro, credo che tu abbia sbagliato posto.” Sorrise ironicamente.

 

“Io.. No, sono nel posto giusto. Tu lavori qui?” Hermione si avvicinò, sentendo che di una donna poteva fidarsi.

 

“Può darsi..” Invece quella ragazza bionda non si fidava per niente. Ad Hermione, però, quella risposta bastò.

 

“Allora forse puoi aiutarmi. Sto cercando Harry Potter.” Ci fu un po' di silenzio, nel quale quella ragazza la guardò a bocca aperta chiaramente sbalordita. Poi, inaspettatamente e mandando Hermione ancora più in confusione, rise di gusto.

 

“Pazzesco, davvero pazzesco. Chi l'avrebbe mai detto che quella giusta sarebbe stata una principessa, per di più inglese a giudicare dall'accento. Ei Ben!” Jane bloccò Ben per la maglia, senza togliere lo sguardo da Hermione che non aveva avuto il tempo di rispondere niente. “Io mi prendo una pausa. Ci vediamo dopo.” Quel Ben andò via, senza dire niente, e Jane fece segno ad Hermione di seguirla.

 

Uscirono di nuovo dal palazzetto e s'infilarono in un vicolo poco distante. Camminarono in silenzio, mentre la mente di Hermione galoppava indomabile. Jane si fermò davanti a un portone, tirò fuori delle chiavi e lo aprì invitando l'ospite ad entrare. Hermione non se lo fece ripetere e varcò la soglia. Salirono pochi scalini ed Jane aprì un'ulteriore porta, quella di casa sua. Entrarono insieme e se la richiuse alle spalle.

 

Hermione ebbe quasi un mancamento: l'inconfondibile odore di Harry le si insinuò dappertutto. “Puoi levarti il cappotto, giuro che non te lo rovino.” Jane la portò in cucina e la invitò a sedersi al tavolo con lei.

 

“Jane.” Disse, senza tendere la mano.

 

“Hermione.” Sussurrò, ancora con il batticuore. Si tolse il cappotto e lo appoggiò sullo schienale della sua sedia, poi la guardò. Aspettando.

 

“Sei inglese, vero? Come conosci Harry?” Jane si accese una sigaretta.

 

“Si, sono inglese. Harry è il mio fidanzato.” Hermione rifiutò la sigaretta che Jane gli offrì.

 

“Questo lo so..” Jane decise di non dare conto al fatto che Hermione non volesse rispondere alla sua domanda.

 

“E' qui? Come sta?” Hermione cercò di non sembrare troppo preoccupata.

 

“E' qui. Sta bene.. Anche se, come credo tu sappia, se è venuto qui non era di certo perchè gli mancava questo buco di merda.”

 

“Dov'è adesso?” Hermione cercò di sorvolare la sua frecciatina.

 

“Sta combattendo, è chiaro.” Jane disse la verità a posta. La faccia che fece Hermione la fece crudelmente felice. “Hai amici qui in Irlanda? Non credo tu sia venuta fin qui da sola..”

 

“Io.. Si, ho amici qui.”Abbassò lo sguardo, cercando di non far trapelare la menzogna. “Sta qui da te? Quando posso vederlo?”

 

Jane rise senza allegria. “Sta da me. Ma non credo proprio lui voglia vederti. Ascolta, non so cosa sia successo tra te e lui e neanche mi interessa, ma se ti posso dare una consiglio.. Torna a casa, è meglio. Una come te qui non c'entra proprio niente.” Come mai lei si e io no? Si trovò a pensare.

 

“Siete stati insieme quando lui è stato qui più di un anno fa, vero?” Hermione guardò alla sua destra, vedendo il divano in disordine e scorgendo ai suoi piedi la valigia di Harry.

 

“Insieme è una parola troppa grossa. Ma se vuoi metterla così.. Si.” Jane spense la sigaretta nel posacenere di fronte a lei. Hermione chiuse gli occhi, sorridendo amaramente.

 

“Tu sei così simile a lui..” Sussurrò, continuando a non guardarla.

 

“E tu così diversa.” Concluse Jane per lei. Per questo con lei ha funzionato e con me no, pensò di sotterfugio. “Perdi tempo con lui. Tu hai troppe aspettative dalla vita, lui non ne ha mai avuta nessuna. Come puoi accettarlo nel tuo mondo?”

 

“E' lui il mio mondo, adesso.” Hermione si voltò secca verso di lei, con gli occhi che piano piano si riempivano di lacrime. “E' lui che non l'ha voluta pensare così, estraniandosi dal mio e dal suo passato.”

 

“Non dovevi innamorarti di lui, non dovevi proprio.. Dimenticalo, e in fretta.” Jane si alzò per prendersi una birra.

 

“Io.. So che non posso dimenticarlo.” Hermione abbassò lo sguardo, consumandosi le mani.

 

“Ma certo che puoi, non fare la stupida! Harry è uno come tanti. Tu invece puoi avere tutti.. Mio Dio, guardati!” Sbatté la bottiglia sul lavandino, facendola tintinnare. “Sei così bella che sembri disegnata, porti solo abiti firmati, hai le mani candide e avrai avuto qualsiasi tipo di agio per tutta la tua infanzia. Harry è un povero scappato di casa che decide di fare a botte con sconosciuti piuttosto che affrontare i problemi in modo diverso.” Si risedette, bevendo un lungo sorso di birra. “Come potete continuare questa assurda storia?”

 

Hermione sapeva che quella Jane aveva ragione. Ma sapeva anche, in cuor suo, che l'amore che provava per Harry era più forte di tutta quella maledetta verità. “Lui tornerà a scuola, questo si, e la finirà.” Jane continuò elencare il suo flusso di pensieri. “Ma che futuro potrà avere? Nessuno. Tornerà qua e quello che sarà, sarà..”

 

“Che cosa devo fare?” Sussurrò Hermione, tenendo lo sguardo basso.

 

“Tornatene a casa, e dimenticalo. Non ci vorrà poi molto, te lo posso assicurare..” Jane alzò la birra sorridendo amara, per poi bere di nuovo. “Non so cosa tu gli abbia fatto, ma hai fatto benissimo. Il segreto è salvarsi da uno come Harry Potter.”

 

Hermione si alzò, con le lacrime che le stavano già rigando il volto. “Prenditi cura di lui. Sono sicura che saprai farlo stare meglio tu.. Perché hai saputo accettarlo così com'è.” Si rese conto solo dopo averlo pronunciato di aver fatto un'ammissione, soprattutto a se stessa. Era la verità: gli aveva imposto un cambiamento, non capendo il fatto che per limare la sua indole sarebbe semplicemente bastato del tempo. Lo aveva immerso in una realtà non sua in un periodo importantissimo che lui aveva acconsentito a passare con lei, senza minimamente preoccuparsi del fatto che chiaramente si sarebbe sentito stretto la dentro. Gli aveva voltato le spalle, per finire, rivedendo in lui quell'indole che lei proprio non riusciva ad accettare. Aveva ragione Ron, quindi? Lo aveva abbandonato anche lei come tante persone prima?

 

“Ti ringrazio per il tuo tempo.” Hermione interruppe i suoi pensieri, voltandole le spalle e dirigendosi verso la porta. Jane non fece la minima mossa e non disse una parola, la lasciò uscire e sparire dalla sua vista. L'aveva salvata, su quello ne era certa.

 

 

 

Harry rientrò la sera tardi, rabbrividendo e lamentandosi per il freddo. “Che cazzo.. Devo smetterla di uscire vestito troppo leggere. Guarda qua! Ho fatto un sacco di soldi oggi.” Buttò un bel mazzo di sterline in grembo a Jane, che leggeva distrattamente una rivista.

 

“Wow, che emozione.” Biascicò.

 

“Vado a farmi una doccia.. C'è qualcosa da mangiare?” Chiese Harry togliendosi la maglia e andando verso il bagno.

 

“Da mangiare si. Non ho potuto offrire un bel the inglese ad Hermione, però.”

 

Harry si bloccò sull'uscio della porta del bagno, di spalle. Forse aveva sentito male. “Come hai detto?” Chiese senza voltarsi.

 

“Ho detto che Hermione, la principessa inglese, è stata qui oggi.” Solo allora Jane alzò lo sguardo su di lui. Harry tornò a grandi passi verso di lei, visibilmente agitato.

 

“Che cosa vuol dire è stata qui? Che cosa vuol dire?”

 

“Cosa vuol dire, secondo te?! Che l'ho beccata dentro al palazzetto che ti cercava.” Jane si alzò, stringendosi nella felpa e fingendo disinteresse.

 

“E perché l'hai portata in casa tua?” Harry la voltò tirandola per un braccio.

 

“Calmati, è chiaro? Dovevo lasciarla li dentro a vagare, secondo te, vestita in quel modo?! L'avrebbe stuprata nel giro di due secondi. E tu eri appena salito sul ring.” Jane si scrollò dalla presa. “Voleva vederti, ma le ho spiegato che non era il caso.” Tagliò corto, senza troppe spiegazioni.

 

“E lei? Se n'è andata, vero?” Harry cercò di non mostrare ne speranza ne delusione nelle sue parole.

 

“Bè, la vedi da qualche parte forse?! Certo che se n'è andata. E ha fatto bene, per altro. Uno stronzo come te le avrebbe solo rovinato la vita.” Jane lo sorpassò e si andò a chiudere in camera sua. L'unica cosa che voleva fare era dormire e cancellare dalla sua mente quell'orribile giornata. Aveva perfino il mal di stomaco e nausea, sicuramente dal nervoso che si era fatta.

 

Harry rimase li immobile per parecchio tempo, senza sapere bene cosa pensare in realtà. Solo una cosa aveva captato per bene: Hermione si era arresa senza neanche provarci. Scosse la testa, tastandosi le tasche per cercare il pacchetto delle sigarette. Lo trovò: ne estrasse una e l'accese. Non era un problema, però: si era arreso pure lui.

 

 

 

“E se non viene? Come ci comportiamo, Draco?” Ron era in ansia mentre oltrepassava la grande porta d'ingresso di Hogwarts con il resto degli studenti irlandesi e scozzesi.

 

“Ci sarà, vedrai che ci sarà.” Draco voleva essere il più positivo possibile. Si diressero tutti subito in Sala Grande, dove tutti gli studenti inglesi erano già seduti al tavolo della propria casa di appartenenza.

 

“Luna.. Mio Dio, Luna. Harry non è con loro.” Hermione cercò con lo sguardo tra la folla di studenti appena entrati dalla porta, ma intravide soltanto Ron e Draco dirigersi verso di loro. Ron baciò la sua fidanzata, che aveva salutato solo due giorni prima, mentre Draco si sedette salutando tutti silenziosamente.

 

“Ron.. Draco..” Chiese implorante Hermione, seduta di fronte a loro. Ma loro due la guardarono appena, incapaci di dirle niente purtroppo. Scossero semplicemente la testa, e lei chiuse gli occhi sentendo il respiro mancarle.

 

“Bentornati! Bentornati a tutti voi.” Silente aveva preso il suo posto al leggio, sorridendo sereno a tutti gli studenti che erano appena rientrati dalle vacanze di Natale. “Spero che le vostre feste siano state gradevoli e di sufficiente svago, perché da adesso fino a Pasqua non avrete più possibilità di.. Oh.” Il preside dovette interrompersi, perché la porta della Sala Grande si aprì rumorosamente. Tutte le testa si girarono.

 

Harry Potter varcò la soglia, con la divisa tutta trasandata e il fiatone. “Ehm.. Chiedo scusa.” Si avviò verso il suo tavolo cercando di non guardare nessuno, mentre tutti sorridevano divertiti dalla situazione.

 

“E' un piacere vedere che il campione irlandese ha deciso di unirsi a noi!” Una debole risata si alzò tra gli studenti presenti nella Sala, e Silente continuò il suo discorso di benvenuto.

 

Hermione ebbe diversi tuffi al cuore rivendendolo dopo più di due settimane di distanza. Il respiro continuò a mancarle, soprattutto quando lui si sedette proprio di fronte, tra Ron e Draco. Non la degnò di un minimo sguardo.

 

“Gran figlio di puttana, mi hai fatto dubitare.” Ron gli diede un colpo forte sulla spalle, lasciando a Draco l'onore di tirargli un pugno sull'altra.

 

“Vi avevo stretto la mano, brutti idioti.” Harry tirò un colpo ad entrambi, poi spostò Ron per salutare la sua ragazza che gli sedeva affianco. “Ciao Luna.”

 

“Ciao, Harry..” Luna sentì il peso di quella situazione passando lo sguardo da Harry a Hermione, che ancora lo fissava con uno sguardo indecifrabile. Anche Ron e Draco imitarono Luna, mentre Harry cominciò a mangiare in silenzio, salutando ogni tanto qualcuno che gli faceva cenno con le mano.

 

“Potter!” Dean Thomas si era alzato a posta per avvicinarsi a salutarlo. Si strinsero la mano. “Tutto bene le vacanze? Pronto per ricominciare?”

 

“Mai andate meglio! E tu?” Si scambiarono qualche battuta cordiale, poi Dean si congedò tornando al suo posto. Hermione non toccava cibo, osservava solo Harry di tanto in tanto, come se aspettasse qualcosa. Nessuno dei due proferì parola per tutto il tempo della cena, soltanto i loro tre amici provarono a intraprendere qualche discorso: ma il gelo era decisamente insostenibile.

 

“Possiamo parlare?” Hermione ruppe il suo silenzio, sbalordendo tutti, rivolgendosi direttamente ad Harry. Lui continuò a mangiare il dolce, non dandole minimamente retta. Sperò fino all'ultimo che non stesse parlando proprio con lui.

 

“Harry.” Hermione tremò, chiamandolo con la voce rotta. Sentire il suo nome pronunciato da lei, gli pugnalò il cuore. Alzò i suoi occhi, per la prima volta, su quelli di lei. Si mischiarono per pochi secondi, ritrovando finalmente il loro posto.

 

“Non abbiamo niente da dirci.” Harry gelò l'aria definitivamente. Si alzò di botto, scontrando piatti e posate, e se ne andò a grandi passi. Hermione si alzò subito per seguirlo.

 

“Herm, no. Lascia perdere..” Ron tentò di bloccarla, invano.

 

Erano ancora tutti in Sala Grande ovviamente, quindi i corridoi erano sgombri. Hermione si mise a correre per raggiungerlo, stava camminando troppo velocemente.

 

“Fermati, fermati!” Lo prese per un braccio, usando tutta la forza che aveva per fermarlo. “Credo di avere almeno il diritto di parlarti.” Cominciò a picchiarlo sulla schiena, visto che lui non accennava a fermarsi.

 

“Piantala e vattene. Non vorrai che tuo padre ci veda e pensi che sto per metterti le mani addosso?” Harry parlò con cattiveria. Hermione riuscì a mettersi davanti a lui e lo spintonò, facendo non poca fatica.

 

“Che cosa avrei dovuto fare? Dimmelo tu. Lo hai picchiato, invece che ragionare lo hai picchiato!” Harry, a quel punto, si fermò. La guardò con così tanta rabbia che lei indietreggiò.

 

“Io con gente di merda non ci ragiono, è chiaro? Non me ne frega un cazzo se è amico tuo, se tornassi indietro gliene darei ancora.”

 

“Perché sei violento!” Hermione lo picchiò ancora sul petto, disperata. “Ma è stata colpa mia..” Si bloccò di botto, restando con i pugni sul suo petto e cominciando a piangere silenziosamente. “Non avrei dovuto portarti la. Avrei dovuto.. Darti più tempo.”

 

Harry la sorpassò per riprendere a camminare, ma lei lo bloccò di nuovo. “Aspetta, ti prego!” Lui non poté non fermarsi. “Ho sbagliato, lo so. Ho lasciato che tutta la situazione ti mettesse alle strette e sono subito stata dalla parte della mia famiglia, senza neanche..” Hermione non riusciva neanche a spiegarsi. Si sbatté una mano sulla sua gamba, guardando altrove. “Senza neanche lasciarti spiegare. Ma poi è arrivata la polizia e io non sapevo come fare.. Poi ti sei smaterializzato, non sapevo dove fossi.. Non sapevo come raggiungerti.” Singhiozzò, non riuscendo a contenersi. “Mi dispiace, Harry.. Avrei dovuto informarti della mia famiglia, della mia.. Vita reale.”

 

Harry la lasciò dire, ascoltando ogni singola parola. Guardò in basso, con lei che piangeva alla sua destra. “La mia vita è piena di persone che mi hanno abbandonato.. Ho deciso che mi basta così.” Sussurrò, deciso.

 

“Sono venuta a cercarti.. Io..” Hermione cercò di contenere il suo pianto.

 

“Te ne sei andata un'altra volta. Ti è bastato ascoltare qualche parola di Jane per arrenderti di nuovo.” Harry la guardò, senza nascondere le sue ferite e la sua delusione.

 

“Io non sapevo neanche dell'esistenza di Jane.. Tu sei.. Sei andato a casa della tua ex ragazza, che non ha fatto altro che sottolineare le nostre differenze e..”

 

“Ha ragione.” Harry la fronteggiò, allargando le braccia. “Io non sono come te, non sarò mai come te. Tu non vuoi uno come me, ci perdi solo del tempo.. Cos'è che mi hai detto, quella sera? Che ti avevo detto che sarei cambiato per te. Tu è questo ciò che volevi, cambiarmi a immagine e somiglianza di quel coglione del tuo amico.”

 

“Non dire così, come puoi anche solo pensarlo..” Hermione scosse la testa, guardando fissa quegli occhi verdi che la stavano uccidendo.

 

“Basta, Hermione.” Ridire il suo nome dopo settimane lo fece stare anche peggio. “Basta così.. Non farò mai parte del tuo mondo. Mi arrendo anche io.”

 

Hermione tolse lo sguardo, non riuscendo più a reggere quegli occhi e quel confronto. Avrebbe voluto dire altre mille cose, dare altre mille spiegazioni e urlargli che era stata sincera quando gli prometté che il loro amore sarebbe bastato sempre. Ma non riuscì a formulare nessuna di quella miriade di cose che gli frullavano per la testa.

 

“Allora è finita davvero..” Disse infine, con un fil di voce e gli occhi serrati.

 

“Faremo finta che non è mai iniziata. Perché è così che sarebbe dovuta andare, fin dal principio.” Harry andò via, lasciandola li impalata. Non voleva una risposta, non voleva davvero più niente.

 

Hermione, nonostante il dolore, nonostante l'amore, nonostante tutto quanto, non lo seguì più. 

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Capitolo 13
*** La Seconda Prova ***


13. LA SECONDA PROVA.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il mese di gennaio passò incredibilmente più veloce di tutti gli altri: probabilmente perchè gli studenti, ancora riposati dalle vacanze, non lo subirono poi molto. Avevano annunciato da poco il giorno che si sarebbe svolta la Seconda Prova, ed erano tutti in fibrillazione per questo. I tre campioni, invece, venivano divorati dall'ansia e dal dubbio. Che cosa poteva essere quel “tesoro a loro più caro”? Non erano riusciti mai a venirne a capo.

 

“Mancano pochi giorni alla Prova, eh.. Sicuramente la Skeeter vorrà fare interviste su interviste.” Ron si sedette accanto a Harry in sala comune, mettendosi comodo sul divano.

 

“Già, e io gliene devo una in esclusiva subito dopo la Prova. Sono in debito.. Non chiedermi perchè, non ho voglia di spiegarlo.” Harry pensò per un attimo alla foto che aveva fatto preparare per Hermione, ma poi cacciò subito via quell'immagine dalla mente.

 

“Posso dire una cosa, a costo che mi prendi a pugni?” Ron si mise più dritto, guardando l'amico. Harry alzò lo sguardo su di lui, attendendo.

 

“Con Hermione per lo meno siete rimasti in, come dire, buoni rapporti. E' una bella cosa, no?”

 

“Se per buoni rapporti intendi che ci salutiamo e stiamo nello stesso posto per lo stretto tempo necessario e solo quando ne siamo obbligati, si. E' una bella cosa.” Proprio mentre Harry finì la frase, Luna ed Hermione varcarono il quadro della Signora Grassa entrando in sala comune.

 

“Ci siamo lasciati, ma questo non vuol dire che dobbiamo smettere di salutarci o..” Hermione s'interruppe non appena vide Harry e Ron seduti sui divani. Si morse il labbro inferiore, sperando che lui non l'avesse sentita. La situazione tra loro, tante volte, era imbarazzante. Ora che anche Draco e Cho si erano fidanzati, quando si usciva la sera Harry non si presentava quasi mai con loro e stava con gli altri suoi compagni irlandesi. Anche Hermione, quando poteva, evitava di esserci: andava solo se sapeva che c'era qualcun altro in più. Senza Harry, era tornata a concentrarsi principalmente sullo studio e aveva perso parecchio interesse alle uscite la sera.

 

Inutile dire che lo scoppio della coppia Harry e Hermione era sulla bocca di tutti da due settimane e passa: nonostante non riuscivano a stare dietro al loro prendere e lasciarsi, non vedevano sempre l'ora di sapere le novità su quei due. Cosa che, ovviamente, mandava sempre Harry su tutte le furie: perché la gente non si fa mai gli affari propri?

 

“Ei..” Hermione si sedette di fronte a Harry, salutandolo con un debole sorriso. Lui rispose al saluto con un cenno della testa, mentre spostava Ron che con Luna in braccio gli era praticamente caduto addosso.

 

“Mancano pochi giorni alla Prova. Sei pronto? Avete scoperto poi cosa intendeva con quella frase del tesoro a voi più caro?” Prima che Harry potesse rispondere, ovviamente Ron s'intromise.

 

“Ei, piano. Com'è che tu sai tutte queste cose? Credevo che l'avessi detto soltanto a me e a Draco!” Luna gli rifilò una bella gomitata nel fianco, facendolo stare zitto. Harry sorrise, vedendo Ron rantolarsi dal dolore del colpo.

 

“Veramente è stata Hermione la prima a saperlo..” Harry la indicò, senza guardarla. “Per un motivo troppo lungo da spiegare e di poca importanza.” Si affrettò ad aggiungere. “Comunque no, non ne siamo venuti a capo. Ma quel che sarà, sarà.”

 

Hermione annuì sorridendo, capendo che quella era la fine della loro conversazione. Probabilmente era stata la più lunga da quando si erano lasciati, quindi andava bene così. Evitò di mostrare preoccupazione per ciò che sarebbe potuto succedere, così si alzò e si congedò senza aggiungere altro. Harry la guardò di sottecchi mentre si allontanava: era così bella che gli faceva male guardarla. Arrivò Draco velocemente, sedendosi sul tavolino così da poter guardare tutti.

 

“Ok, fatto. Le ho preso il regalo.” Aprì una scatolina e mostrò un bracciale molto bello che l'iniziale sua e quella di Cho. “Glielo do stasera, alla festa. Andiamo la insieme, no? Dopo cena.”

 

“No, amico, io non credo proprio di venire.” Disse Harry, sicuro che ci sarebbe stata anche Hermione alla festa di compleanno di Cho quella sera, ovviamente. Era una delle sue più care amiche.

 

“No, Harry! Stavolta mi offendo davvero, te lo giuro.” Draco lo guardò molto seriamente.

 

“Draco, che cavolo. Per me feste affollate del genere significa prima incazzatura e poi rissa finale, quindi credo sia meglio non venire.” Harry si alzò prendendo la sua roba.

 

“Ma piantala! C'è tutta gente che conosci, siamo noi e alcuni di Hogwarts.. Non fare il ragazzino. Se stasera non ti vedo qui alle 9 dovrai fare i conti con me poi.” Draco lo spintonò piano, senza lasciargli altra possibilità di decisione.

 

“Va be.. Però permettimi almeno di venire più tardi.” Harry alzò le braccia in segno di resa, e Draco annuì sorridendogli.

 

“Devi sempre fare il diverso, sei proprio uno stronzo.” Gli tirò un pugno sulla spalla e lo lasciò andare via.

 

 

Harry cenò molto presto, e poi si andò a rintanare nella Stanza delle Necessità per un bel po' con l'uovo in mano. Mancava davvero poco a quella Prova, e la sua preoccupazione più grande continuava a manifestarsi nella sua mente: il tesoro più grande, la persona giusta. E se fosse davvero una persona la prescelta per essere presa in ostaggio e messa alla fine di un percorso mortale? Non poteva essere, aveva ragione Dean a dissentire fermamente. Non avrebbero mai messo in pericolo di vita un'altra persona che non c'entrava niente con il torneo. Anche se così fosse stato, però, lui l'aveva lasciata la sua persona giusta: quindi automaticamente era al sicuro, giusto? Con questi pensieri andò al dormitorio a prepararsi per uscire, erano già le 10 e sicuramente tutti erano già arrivati ai Tre Manici di Scopa per festeggiare Cho.

 

 

Hermione si guardò più volte in giro, arrendendosi al fatto che Harry non sarebbe venuto. Forse era in pensiero per la Prova imminente, o forse non aveva semplicemente voglia di stare in mezzo alla gente. Probabilmente più la seconda ipotesi, pensò con un sorriso appena accennato. C'erano davvero parecchi ragazzi, Cho aveva organizzato una mega festa! Al suo solito, avrebbe dovuto aspettarselo.

 

“Hai lo sguardo più pensieroso della storia degli sguardi pensierosi.” Cormac McLaggen si avvicinò a lei, baciandola su entrambe le guance. “Non ero ancora riuscito a salutarti per bene da quando siamo tornati dalle vacanze.. Come stai?”

 

Hermione gli sorrise cordialmente, felice di vederlo finalmente tranquillo. “Ciao, Cormac. Mi fa piacere vederti.. Io tutto bene, e tu?”

 

“Io ti devo delle scuse. So di aver fatto lo stronzo.. Ma il fatto è che vederti con quel Potter mi ha proprio mandato fuori di testa..” Cormac le offrì un sorso di birra, ma lei rifiutò.

 

“Non importa, non fa niente. Ci conosciamo da troppi anni io e te per perdere il rapporto..” Hermione gli accarezzò dolcemente un braccio. Non ce l'aveva mai avuta con lui, in realtà: aveva sempre capito la sua gelosia.

 

Harry entrò dentro il locale, rabbrividendo di freddo e sbattendosi le scarpe dalla neve che ancora copriva quasi completamente le strade. Cercò subito Cho e l'abbracciò per farle gli auguri: Draco lo guardò sinceramente felice che fosse venuto. Alcuni suoi amici gli passarono subito della birra, gridando che gliela offrivano per augurargli buona fortuna per la Prova di pochi giorni dopo. Harry accettò sorridendo e alzandola in segno di brindisi per tutti.

 

Hermione si voltò, sentendo un gran baccano alla sua destra. Vide Harry brindare con alcuni suoi amici irlandesi ed ebbe un tuffo al cuore: non si era accorta che era arrivato. Era contenta che fosse arrivato, davvero contenta. Si sentiva quasi più sollevata e tranquilla ora che poteva vederlo.

 

“..E così sono finite le mie vacanze. Niente male, tutto sommato. E le tue?” Cormac riportò Hermione sulla terra, spronandola a parlare ancora. Quando lei cominciò a raccontare del suo Natale, lui non l'ascoltò minimamente: riuscì solo a concentrarsi a pensare a quanto la desiderava.

 

Harry brindò più volte con i suoi compagni, divertendosi non poco ad ascoltare aneddoti di serata finite male durante le loro vacanze natalizie. Quando un gruppo del genere di irlandesi beveva, il divertimento era assicurato! Si unirono anche Draco e Ron, aumentando la dose di risate. Harry, avvicinandosi al bancone per appoggiare il suo boccale di birra, scorse Hermione seduta a un tavolino poco lontano che parlava serena e divertita: si sporse un pochino per vedere chi aveva davanti. McLaggen le sorrideva ascoltandola, con una mano appoggiata sulla sua gamba. Harry tolse subito lo sguardo e tornò dagli altri, perdendo però completamente la voglia di ridere.

 

“Che dici, ti va di fare un giro?” Cormac accarezzò la gamba di Hermione, sorridendo e ammiccando per risultare più sexy possibile.

 

“Ehm.. Non so, Cormac. E' il compleanno di Cho, non mi vorrei allontanare. Poi con questo freddo..” Hermione cercò ogni scusa possibile per evitare di stare sola con lui. Quella mano sulla gamba, per altro, gli dava un fastidio non indifferente. “Infatti ora è meglio se vado un po' da lei..” Si girò, vedendo che le sue amiche erano in mezzo agli irlandesi a ridere e a bere. Riconobbe, però, anche alcuni suoi amici di Hogwarts. Si alzò, staccandosi finalmente da quel contatto con la sua mano.

 

“Si dai, vengo anche io.” Cormac la seguì in mezzo a quella mischia. Quando Draco li vide arrivare insieme spalancò gli occhi, temendo il peggio. Cercò Harry con lo sguardo, che paradossalmente gli parve piuttosto tranquillo. Trasse un bel sospiro di sollievo.

 

Harry sorrise ironicamente tra se: Cormac era così vile e disperato che non appena aveva saputo che Hermione era di nuovo su piazza le si era buttato di nuovo addosso. Avvoltoio. Fece un bel sorso di birra quando li vide avvicinarsi insieme, non riuscendo però a capacitarsi del fatto che lei continuava pure a dargli corda. Non era più un problema suo, però: quindi era inutile pensarci.

 

Cercò di evitare sguardi ed evitare situazioni: pensò soltanto a divertirsi con i suoi amici e di non pensare a niente.

 

“E' davvero pazzesco come non ti calcola! Secondo me sta solo facendo finta.. Perchè non ci divertiamo un po'?” Cormac prese Hermione tra le braccia, che si scostò subito.

 

“Non ricominciare!” Lo spinse via, sperando vivamente che Harry non avesse guardato. Doveva evitare che la situazione sfociasse in un ennesimo problema, così decise di allontanarsi senza ascoltare le ennesime scuse di Cormac.

 

Harry la seguì con lo sguardo, senza perdere di vista McLaggen neanche per un attimo. Cominciò a torturarsi le mani e battere il piede nervosamente. Vide Hermione avvicinarsi a Cho: l'abbracciò e la baciò su entrambe le guance, chiaro segno che la stava salutando per andarsene. Uscì dalla porta del pub e se la richiuse alle spalle: Cormac la seguì.

 

Harry si mosse immediatamente per stargli dietro, ma Draco lo bloccò dopo due passi. “Frena il cavallo, bello. Dove credi di andare?”

 

“Le sta dando fastidio, l'ho vista poco fa che lo allontanava.” Harry era forse la persona più impulsiva che Draco avesse mai conosciuto.

 

“Bene, d'accordo. Vado io, tu non ti muovere è chiaro?” Draco si mise la giacca ed uscì fuori, guardandosi in giro per vedere se li trovava. Percorse poca strada verso il castello e li trovò discutere sotto a un lampione.

 

“Ma perché devi sempre fare la difficile? Cazzo, non ti sto chiedendo niente.” Cormac la teneva per un braccio.

 

“Ti ho solo detto che voglio tornare al castello, perché devi sempre insistere?”

 

“E' tutto a posto qui?” Draco si avvicinò tenendo le mani in tasca, contraddistinto dalla sua solita calma. Hermione lo guardò, non aspettandosi minimamente di vederlo arrivare in suo aiuto.

 

“Si, Draco.. Non ti preoccupare. Stavo giusto dicendo a Cormac che me ne voglio andare a dormire.” Hermione si staccò da lui, stringendosi nel suo cappotto.

 

“Ahahah, mio Dio come sei prevedibile Potter.” Cormac rise non appena vide apparire Harry affianco a Draco. Questi lo guardò ammonendolo: avrebbe dovuto aspettarsi che non sarebbe rimasto assolutamente fermo la dove gli aveva chiesto. Hermione trattenne il fiato.

 

“Che succede?” Chiese Harry a Draco, ignorando le risate di McLaggen.

 

“Non sta succedendo niente di niente.” Intervenne Hermione, decisa.

 

“Non dirmi che ti rode ancora il culo perchè ti ho sbattuto fuori dalla squadra. O forse hai paura che potrei..” Non finì la frase volutamente, ma si avvicinò ad Hermione. Harry incrociò le braccia, mantenendo più calma possibile.

 

“Dovrebbe rodere il culo a te, visto che siete ultimi in classifica e non fate altro che perdere.” Harry evitò a posta di parlare di Hermione. Cormac rise di nuovo, divertito.

 

“Sicuramente stiamo perdendo perché non ci sei più tu che sei il grande campione, non è vero?”

 

Harry stava per rispondere di nuovo a tono, avvicinandosi a lui, ma Hermione lo precedette. “Cormac, mi accompagni al castello per favore?” Il suo intervento lasciò tutti senza parole. Sapeva che l'unico modo per evitare problemi era quello di portare via Cormac da li il prima possibile.

 

“Ma certo, principessa. Non desidero altro..” Le accarezzò un braccio maliziosamente, mentre Harry strinse entrambi i pugni. “Vi direi di venire con noi, ma rischieremmo di creare una situazione troppo affollata..”

 

“Basta, adesso. Andiamo.” Hermione lo trascinò via, senza guardare Harry e sperando con tutto il cuore che non li seguisse. Sparirono in pochi secondi dalla loro vista, girando l'angolo laggiù infondo.

 

“Sarai contento, adesso.” Draco allargò le braccia, sconcertato. “Se mi davi retta e te ne stavi al tuo posto, adesso Hermione probabilmente sarebbe tornata con me nel pub.”

 

“Ma che diavolo vuol dire?” Harry non smise di guardare la strada davanti a se.

 

“Ragiona, amico! Hermione se l'è appena portato via per evitare che scoppiasse una litigata degna di te.” Draco gli batté una mano sul petto e lo riportò dentro ai Tre Manici di Scopa. Harry dovette ammettere, controvoglia, che il suo amico aveva dannatamente ragione. Lui e la sua stupida impulsività avevano messo ancora una volta Hermione in difficoltà: anche se non stavano più insieme, riusciva lo stesso a rovinare le cose. Scosse la testa, promettendosi che non sarebbe mai più successa una cosa del genere e che il giorno dopo si sarebbe scusato per la pessima figura.

 

 

Il giorno dopo, però, non riuscì a beccarla da nessuna parte. L'unico momento in cui la vide fu a cena, dove stava chiacchierando tranquillamente con Luna e Cho di un compito che avevano avuto poco prima.

 

“Herm..” Le si sedette accanto, facendosi parecchia violenza su se stesso. Lei si voltò a guardarlo, aspettando che parlasse.

 

“Mi spiace per ieri sera. Non so cosa mi sia preso.” Harry torturò una forchetta per evitare il suo sguardo.

 

“Non fa niente, Harry. Hai visto che volevo evitarlo e lui mi ha seguita fuori.. Hai avuto una reazione comprensibile.” Hermione gli sorrise debolmente annuendo. “Ho solo avuto paura che, insomma..”

 

“Che potessi mettergli le mani addosso, lo so. Per quello mi spiace, perché sei stata obbligata a tornare indietro con lui.” Harry avrebbe voluto chiedere che cosa era successo dopo, ma non lo fece. Come al solito, però, Hermione gli lesse nella mente.

 

“Non è stato poi così spiacevole: si è rivelato corretto ed educato nei miei confronti. Mi ha semplicemente accompagnata e basta.” Harry dovette trattenersi dal ridere: quando parlava così accentuava da morire il suo essere inglese fino al midollo.

 

“Meglio così, allora.” Annuì semplicemente, tornando a sedersi accanto a Draco e a Ron.

 

 

 

Il giorno prima della Prova i tre campioni furono letteralmente assaliti dalla stampa: cercava tutti di avere qualche anteprima su ciò che sarebbe successo il giorno dopo, ma ovviamente loro tre erano stati chiamati al totale silenzio. Venne consegnata loro la divisa, fissando la convocazione alle 9 in punto della mattina successiva. Erano i primi giorni di febbraio, e il freddo non intendeva cessare minimamente.

 

Harry fissava la sua divisa ufficiale per la Seconda Prova: pantaloni neri come la pece e una maglia pesante e che l'avrebbe protetto non poco da numerose insidie, verde come i suoi occhi. La rigirò tra le mani, passando le dita sulla scritta Potter nella parte posteriore. Doveva superare al meglio quella Prova, doveva recuperare parecchi punti che aveva miseramente perso durante la Prova Inaspettata. Non aveva neanche cenato, era davvero troppo agitato e tutto ciò che voleva fare era stare da solo a caricarsi al massimo.

 

Hermione sfrecciava per i corridoi con un pezzo di pergamena in mano. Silente l'aveva convocata nel suo ufficio, e mentre vi si dirigeva velocemente cercava di fare mente locale su tutto ciò che avrebbe potuto dirle. Riuscì a pensarle davvero tutte, ma probabilmente nessuna delle sue ipotesi era plausibile. Sperò solo di fare presto, voleva andare da Harry a fargli un grosso in bocca al lupo per la prova del giorno dopo. Lei avrebbe assistito, ovviamente.

 

Quando arrivò sotto al grande Gargoyle d'ingresso all'ufficio del preside, rimase basita nel vedere che c'erano anche altre due ragazze: una che aveva già visto in giro per Hogwarts e che doveva essere scozzese, se non ricordava male, e un'altra che era decisamente più piccola di loro. La professoressa McGranitt sorrise ad Hermione, facendole capire con un solo sguardo che da li a pochi minuti avrebbe avuto tutte le spiegazioni necessarie.

 

“Lei è Hermione Granger, studentessa di Hogwarts e appartenente alla mia Casa. Loro sono Mary Twist, di Hamiltons, e Jenny Thomas, non ancora in età scolastica.” La McGranitt fece le dovute presentazioni, e loro tre si strinsero la mano con lo stesso identico sguardo stralunato e dubbioso.

 

“Bene, possiamo salire allora. Fragole con panna.” La professoressa fece muovere il Gargoyle con quella frase d'ordine, e si fece seguire dalle tre ragazze su per le scale. Dopo aver bussato, entrarono nello studio del preside. Con stupore da parte di tutte e tre, non c'era solo Silente li dentro: erano presenti anche il preside irlandese e quello scozzese.

 

“Molto bene, potete prendere posto.” Silente indicò le tre sedie di fronte alla sua scrivania, dove presero subito posto più incuriosite e intontite che mai. La professoressa McGranitt si congedò salutando freddamente, e sussurrando un in bocca al lupo quasi impercettibile.

 

“Per chiunque non lo sapesse, loro sono Augustus McDonald, preside di Hamiltons, e Thomas Crowford, preside di St.Patrick.” Silente parlò soprattutto con la piccola delle tre, che non aveva mai visto nessuno di loro prima d'allora. I due preside salutarono con un cenno della testa: Hermione si accorse che il preside irlandese guardava soprattutto verso la sua direzione.

 

“Non voglio dilungarmi troppo. Due di voi sanno già alla perfezione ciò che l'uovo d'oro ha avuto da dire come indizio della Seconda Prova, questo perchè Martin Gully (guadagnando l'uovo come premio per l'ottima riuscita della Prova Inaspettata) e Harry Potter (vincendo la Prima Prova) hanno aperto il loro proprio con voi, le persone giuste.” Silente saltò con lo sguardo da Mary a Hermione. “Dean Thomas, invece, è stato informato da i due campioni appena citati sull'indizio rilasciato dall'uovo, perché incapace di trovare la sua persona giusta.” Il preside sorrise verso la piccola, che Hermione capì subito essere la sorella di Dean.

 

“Ecco, vedete, il Torneo Tremaghi funziona in una maniera davvero incredibile: studia a fondo l'animo del campione e utilizza tutto ciò che riesce a carpirne. Per la Seconda Prova ha estratto da lui il tesoro più importante o, se preferite, la sua persona giusta. Siete voi, mie care.” Silente s'interruppe per un istante, mentre Hermione e Mary avevano già capito tutto purtroppo. “Per Dean Thomas ha scelto la sua sorellina Jenny, grande tesoro di estrema importanza per il campione di Hogwarts.” Silente indicò Jenny con gentilezza. “Per Martin Gully ha scelto la sua fidanzata e compagna di molte avventure da diverso tempo, Mary Twist.” Il preside di Hamiltons andò dietro di lei, mettendole le mani sulle spalle per farle coraggio.

 

Poi, Silente, guardò direttamente Hermione. “Per Harry Potter ha scelto la donna che lo ha fatto innamorare per la prima volta, scaldandolo nel profondo, Hermione Granger.” Crowford si avvicinò ad Hermione, stringendole la mano e facendole l'occhiolino per tranquillizzarla.

 

“Come ben sapete, noi presidi non abbiamo alcuna voce in capitolo riguardo le decisioni del Torneo.” Silente si alzò, camminando avanti e indietro per il suo studio. “Quindi non abbiamo avuto modo di opporci a questa scelta. Ormai avrete capito che voi siete il tesoro più importante che ogni campione verrà chiamato a salvare. Verrete messe tutte e tre alla fine dei tre percorsi differenti, non avrete la possibilità di tenere la bacchetta. Tutto ciò che dovete fare è aspettare l'arrivo del vostro campione; finché sarete legate e immobili alla fine del percorso non vi potrà accadere niente. Una volta arrivato il campione, sarete estremamente vulnerabili e oggetto di desiderio di qualsiasi creatura potrete trovare durante il percorso inverso, che dovrete percorrere per uscirne. La Prova si conclude con il vostro salvataggio. Ripeto, SOLO il vostro salvataggio, non importa quello del campione.”

 

Hermione chiuse gli occhi e abbassò la testa: sperò con tutto il cuore di trovarsi in un maledetto incubo. Harry non solo avrebbe dovuto pensare a se stesso, ma avrebbe avuto lei come peso da portare in salvo: estremamente inutile, per altro, visto che non avrebbe avuto con se la bacchetta. Si passò le mani sul volto, cominciando a preoccuparsi non poco. Ma non per se stessa, quello no: soltanto per lui. La piccola Jenny cominciò a piangere, trovandosi più in difficoltà che le altre due perché aveva capito ben poco. Silente tentò di consolarla offrendole alcune caramelle.

 

“Ci sono domande?” Chiese, rivolto principalmente ad Hermione e Mary.

 

“Si..” Tentò la seconda, senza nascondere una voce rotta dalla tensione. “Perché non possiamo avere la bacchetta? Potremmo essere di aiuto almeno..” Hermione annuì con forza, appoggiandola.

 

“Mi rincresce, signorina Twist. Ma non siamo noi a fare le regole.” Silente tentò di sorridere dolcemente. “Devo chiedervi, adesso, di prepararvi. Potrete usare il bagno che abbiamo fatto sistemare a posta per voi, dove all'interno troverete gli indumenti che siete chiamate ad indossare. Fate quello che dovete, senza fretta. Vi consiglio di dormire anche un po', le brandine non ci mancano, perché verrete posizionate all'interno del percorso un'ora prima dell'alba.”

 

Hermione e Mary andarono subito nel bagno indicato da Silente, mentre Jenny rimase nello studio a cercare di calmarsi e a cercare di capire meglio la situazione. I tre presidi si presero cura di lei.

 

“Mio Dio, ha solo 10 anni sai?” Disse Mary, prendendo in mano dei pantaloni neri e una maglia pesante e marrone. Hermione non rispose e si avvicinò senza il minimo dubbio a ciò che avrebbe dovuto indossare lei: si passò tra le mani quella maglia verde, identica al colore degli occhi di Harry. Si portò quella roba vicino a una doccia, si spogliò e si buttò sotto il getto caldo dell'acqua. Chiuse gli occhi, confondendo le sue lacrime con le gocce che le ricadevano sul viso. Pregò silenziosamente che potesse andare tutto bene, che potesse essere tutto semplice.

 

Inutile dire che quando vennero a chiamarle per portarle via, loro non avevano minimamente chiuso occhio per le poche ore disponibili. Si alzarono, già pronte nei loro vestiti: consegnarono le loro bacchette a Silente e si misero affianco al preside del loro campione.

 

“Tutto bene, signorina Granger?” Crowford le mise una mano sulla spalla.

 

“Si, signore. Tutto bene.” Rispose Hermione, facendosi forza.

 

“Bene, allora. Andiamo.” La spinse dolcemente verso l'uscita dell'ufficio, e insieme a tutti gli altri si diressero con il cuore in gola verso quel dannato percorso, allestito come per la Prima Prova nel campo da Quidditch.

 

 

Harry si svegliò molto presto, quella mattina. Si mise la sua divisa nuova per la Prova, senza più meravigliarsi di come gli stava perfettamente addosso. Si obbligò a ingurgitare qualcosa per colazione, e poi si diresse insieme a Dean e Martin verso il campo da Quidditch.

 

“Mio Dio, mette veramente i brividi.” Sospirò Martin, guardando verso quel tetro tunnel che si estendeva fin oltre la Foresta Proibita e sembrava non avesse fine. Già tante persone stavano prendendo posto negli spalti tutti intorno, dove tre grandi schermi fluttuavano magicamente di fronte: in ognuno di essi si sarebbe visto direttamente lo svolgersi della prova di ciascun campione.

 

“Saremo tutti e tre divisi, quindi.” Disse Dean, guardando i tre schermi dalla loro tenda.

 

“Si, credo che possiamo stare insieme soltanto nelle Prove Inaspettate.” Harry prese un sorso d'acqua, cercando di rilassarsi. Pensò con amarezza al fatto che Hermione non si era neanche degnata di di augurargli buona fortuna, ma scacciò subito quel pensiero. Doveva concentrarsi, a tutti i costi.

 

Alle 9 in punto, i tre campioni furono chiamati ad uscire dalla tenda. Ognuno di loro posizionò la proprio bacchetta nella fondina dei pantaloni, ed uscirono allo scoperto. Un gran boato proveniente dal pubblico li avvolse, dandogli la carica necessaria per affrontare una Prova di cui sapevano davvero pochissimo. I rispettivi presidi li affiancarono subito, salutando anch'essi il pubblico. Harry scorse in lontananza Ron, Draco e tutti gli altri: erano venuti anche i signori Weasley a vederlo, cosa che lo riempì di gioia. Provò a cercare più a fondo, ma Hermione non riuscì a vederla da nessuna parte. Silente interruppe il suo flusso di pensieri parlando con la voce amplificata magicamente.

 

“Silenzio, prego! Benvenuti a tutti, signori. Dichiaro ufficialmente iniziata la Seconda Prova del Torneo Tremaghi!” Un altro boato si levò dal pubblico, e proprio di fronte ai tre campioni si spalancarono tre grandi ingressi del percorso. Harry vide il suo, al centro, contrassegnato da un segno verde come la sua maglia. Dean, azzurro, era a sinistra, mentre Martin, marrone, a destra. Tutti e tre afferrarono le bacchette, pronti a cominciare.

 

“Sono chiamato a dare una spiegazione prima di lasciarvi cominciare, però.” Silente continuò a parlare, e tutto il pubblico si zittì di nuovo. “I tre campioni dovranno affrontare un percorso insidioso, incontrando cose che non siamo tenuti a sapere in anticipo. Ciò che dovranno fare sarà prendere il loro tesoro più importante alla fine del percorso e portarlo in salvo tornando indietro. Salvandolo in meno tempo possibile, avrete superato e vinto la Prova.” Il pubblico applaudì, entusiasta. I tre campioni annuirono, già consapevoli di ciò che dovevano fare. Ma Silente parlò ancora. “ Ieri sera vi è stato rubato questo tesoro importante e messo questa notte alla fine di ogni vostro percorso. Jenny Thomas per il campione di Hogwarts, Mary Twist per il campione di Hamiltons, Hermione Granger per il campione di St.Patrick.”

 

Harry sbiancò all'istante, così come gli altri due campioni. Si voltarono subito verso Silente, cominciando a fare domande confuse e ad agitarsi non poco.

 

“Che significa?? Che diavolo significa?? Come avete potuto permettere una cosa del genere!” Harry alzò la voce, cercando una risposta anche dal suo preside. Questi, però, abbassò lo sguardo e si allontanò, incapace di dirgli altro. Così anche Silente e McDonald si allontanarono, lasciandoli da soli nel panico più completo.

 

Harry guardò verso l'ingresso del suo tunnel, così pieno di foschia che non riusciva a vedere oltre un metro. Lei era li dentro, in mezzo a chissà quale creatura, circondata da chissà quale pericolo.

 

“Hermione..” Sussurrò, incapace di mantenere la calma. Senza perdere altri secondi preziosi, si buttò di corsa dentro il suo ingresso, iniziando così la Seconda Prova.

 

 

Hermione capì all'istante che doveva essere incominciato tutto, perché si svegliò di soprassalto mentre tutto intorno a lei si accesero innumerevoli torce infuocate: illuminarono la grotta in cui si trovava. Lei era al centro, con le mani legate strette ad un palo. Si guardò intorno, per scorgere qualsiasi cosa che sarebbe stata utile una volta arrivato Harry. Non c'era niente di niente, solo un buco di fronte a lei, da dove sicuramente sarebbe spuntato lui, se mai fosse riuscito ad arrivare fin li.

 

La temperatura era estremamente umida, infatti le rocce che costituivano le parete di quella grotta gocciolavano copiosamente. Tese le orecchie, per captare qualsiasi possibile rumore. Provò a scrollare per l'ennesima volta il palo, senza muoverlo neanche di un millimetro. Era li da più di tre ore, ma le avevano fatto bere una strana pozione che l'aveva fatta dormire profondamente fino a quel momento. Se era successo qualcosa in quelle tre ore, non lo sapeva: era stata come in coma per tutto quel tempo.

 

Ad un tratto, lo vide: proprio dal buco nella roccia che aveva di fronte, apparve una creatura disgustosa, terrorizzante. Era un lupo mannaro non completamente trasformato, quindi rimasto ancora metà umano. Hermione trattenne il respiro, sentendosi completamente vulnerabile. Era li, legata a quel palo e senza bacchetta: se avesse voluto, l'avrebbe uccisa in un secondo. Fece un balzo in avanti ed Hermione emise un urlo agghiacciante, girando la testa dall'altra parte: un barriera invisibile intorno a lei respinse la creatura, buttandola lontano con violenza. Proprio in quel momento, si ricordò delle parole di Silente: aveva detto espressamente che finché non fosse arrivato il campione, loro sarebbero state al sicuro da tutto.

 

“Tra poco ci divertiamo.” Fu quasi un ruggito quello che uscì dalla sua bocca, mostrando canini affilati gialli e sporchi di sangue. Hermione rabbrividì, vedendolo nascondersi nell'ombra della grotta. Si strinse al palo, rendendosi conto che non aveva mai avuto così tanta paura in vita sua.

 

 

Harry stava palesemente proseguendo alla cieca: non solo perché l'illuminazione era scarsissima e in certi punti proprio nulla, ma anche perché si trovò spesso in diversi bivi. Sarebbe arrivato lo stesso alla fine del percorso ovviamente, ma c'era il rischio che si allungasse la strada perdendo tempo prezioso per arrivare da lei. Ogni volta che sentiva un rumore si fermava, con la bacchetta tesa di fronte a lui.

 

Aveva il passo veloce, l'ansia di trovare Hermione era più alta di trovare qualsiasi altra cosa. In un punto dove la luce mancava quasi completamente, inciampò su una pietra molto grande e cadde rovinosamente a terra. La bacchetta gli sfuggì di mano, spegnendosi. Aspettando pochi secondi perché la vista si abituasse al buio, proseguì gattonando e tastando il terreno per trovare la bacchetta.

 

Con il respiro sempre più corto, appoggiò la mano destra sopra di essa, ma la mano sinistra sopra qualcos'altro: si rese conto nel giro di pochi millesimi di secondo che si trattava di un piede umano. Spaventandosi, indietreggiò velocemente restando a terra.

 

“Lumos!” Riaccese la bacchetta in direzione di quella figura, ma era sparita nel nulla. Si rialzò velocemente in piedi, guardando in ogni punto di quella parte di tunnel che sembrava stretto a livelli claustrofobici. Sapeva che sarebbe spuntato da un momento all'altro, e se fosse andato oltre lo avrebbe inseguito per chissà quanto.

 

“Avanti, vieni fuori!!” Urlò Harry, ma ebbe neanche il tempo di finire la frase che quella figura riapparve magicamente di fronte a lui, prendendolo per la gola con così tanta forza che lo sollevò da terra. Aveva un mantello nero, lungo fino ai piedi, la testa incappucciata e il volto completamente nero, come se fosse una semplice ombra. Harry, senza più respirare, riuscì ad allontanarlo usando uno Schiantesimo non verbale. Cadde a terra, riempendosi d'aria i polmoni che quasi gli bruciavano. Passarono pochi istanti, e quella stessa figura riapparve alla sua destra: senza dire niente, sollevò la mano lentamente, alzando Harry da terra per magia e buttandolo violentemente contro il muro. Lui tenne stretta la bacchetta, nonostante il dolore provocato dall'impatto.

 

“Stupeficium!” Provò, ma senza successo: la figura misteriosa era scomparsa e riapparsa subito dopo affianco a lui, sferrandogli un colpo invisibile sul naso. Harry cominciò a sanguinare copiosamente e gli si annebbiò la vista per un attimo dal dolore. Un altro colpo nella pancia e poi un altro nella schiena: Harry cadde in ginocchio, con gli occhi chiusi.

 

La figura riapparve proprio davanti a lui, pronta a sferrargli altri colpi, forse ancora più deleteri, ma quella volta Harry fu più veloce: lo afferrò per la gamba che al tatto sentì scheletrica e lo buttò a terra. Gli puntò subito la bacchetta contro, senza dargli il tempo di smaterializzarsi di nuovo.

 

“Crucio!” Harry lo disse con intensità, e la creatura cominciò a gemere in una maniera orripilante: sembrava un ultrasuono, quasi assordante. Continuò a torturarlo, per assicurarsi di metterlo completamente KO. Quando i rantoli di dolore cessarono, il mantello nero perse completamente il suo spessore: qualsiasi cosa fosse, si era trasformata in polvere.

 

Harry si attaccò al muro dietro di lui, respirando forte e tamponandosi il naso con la manica della maglia. “Vaffanculo, pezzo di merda.” Disse tra i denti, guardando quel mantello inerme pieno di polvere. Non aveva tempo da perdere: lo scavalcò e proseguì, tenendo una mano sul naso e l'altra tesa di fronte a se per farsi luce con la bacchetta.

 

Arrivò presto ad un altro bivio e si fermò un attimo: visto che prima aveva preso la strada a destra e non aveva portato molto bene, quella volta scelse la via a sinistra, sperando che potesse bastare un po' di superstizione per arrivare prima al traguardo.

 

Proseguì con cautela, aveva capito che correre lo avrebbe fatto soltanto tardare: si guardò bene intorno, aspettandosi di tutto da qualsiasi angolo. Il sangue aveva smesso di uscirgli dal naso, unica nota positiva di tutta quella situazione. Pensò per un attimo ai suoi due colleghi, chissà cosa stavano trovando nel loro percorso..

 

I suoi pensieri furono interrotti da un rumore assordante: si dovette reggere alla parete più vicina, perché il pavimento sotto ai suoi piedi si stava spaccando. Spalancò gli occhi, vedendo tra le crepe sotto di lui lava incandescente che sgorgava. Si mise a correre disperatamente, lasciandosi alle spalle esplosioni di roccia bollente: le pareti ai suoi lati cominciarono a restringersi troppo velocemente, aumentando le spaccature del suolo. Corse più veloce che poteva, con il cuore che gli esplodeva nel petto. Si guardò indietro per un attimo, vedendo un fiume di lava in piena che correva minaccioso verso di lui, ululando e bollendo violentemente.

 

A causa delle pareti ormai troppo strette, dovette proseguire lateralmente, diminuendo non poco la sua velocità di avanzamento. Guardò verso la via d'uscita: gli sembrò ancora tremendamente lontana. La lava era troppo vicina, ormai; in un disperato tentativo di difesa, fece uscire dalla sua bacchetta una quantità enorme di acqua. Sorprendentemente, riuscì a rallentare la folle corsa di quel fiume maledetto, non riuscendo però ad evitare diversi suoi schizzi che gli bruciarono la mano stretta attorno alla bacchetta.

 

Continuò a proseguire lateralmente, sentendo l'aria che ormai mancava quasi completamente li dentro. Ormai le pareti lo stavano per schiacciare del tutto: urlando, si lanciò fuori da quella morsa infernale proprio un attimo prima che il muro si chiuse con un tonfo sordo.

 

Harry era sdraiato per terra, con gli occhi spalancati e il respiro affannoso. Guardava dritto il soffitto roccioso, non riuscendo bene a capire come mai fosse ancora vivo. Alcune gocce gli caddero addosso, facendogli solo che piacere: buttò uno sguardo alla sua mano destra, non era messa per niente bene.

 

“Maniaci figli di puttana.” Ad Harry non importava che tutti lo stessero guardando, voleva proprio riferire quello a quei pazzi degli organizzatori delle Prove del Torneo. Si alzò a fatica, sentendo ancora i polmoni fargli male per il mancato ossigeno di poco prima. Passò la bacchetta alla mano sinistra: doveva reggerla con quella, da quel momento. La destra gli faceva davvero un male tremendo. Diede un'occhiata intorno: l'umidità rendeva le pareti di quella grotta completamente bagnate. Due torce infuocate erano accese sopra ad un passaggio, più simile a un buco nel muro roccioso della grotta in realtà, segno che Harry doveva passare per forza di li. Almeno non avrebbe dovuto scegliere, si disse, così se avesse trovato altre situazioni mortali non poteva darsi la colpa.

 

Con il braccio destro stretto al petto e la mano sinistra tesa davanti a se con la bacchetta illuminata, s'infilò in quel piccolo tunnel bagnato e buio. Vide la luce alla fine di esso, non era poi così lungo. Sperò vivamente che non succedesse niente li dentro, perché in un spazio così stretto avrebbe avuto parecchie difficoltà a difendersi.

 

Un attimo prima di mettere i piedi fuori, sospirò di sollievo per essere scampato almeno a quel passaggio senza difficoltà. Poi, non appena alzò lo sguardo, la vide subito. La in mezzo alla grotta, legata ad un palo e con uno sguardo così pieno di terrore che si sentì morire. Per l'ennesima volta, agì senza riflettere.

 

“Hermione!” Corse verso di lei, abbassando la guardia.

 

“Harry, no! Attento!!” Hermione urlò disperata con tutta la voce che aveva in corpo, ma non bastò. Il lupo mannaro non completamente trasformato sbucò fuori dal suo nascondiglio nell'ombra e saltò addosso ad Harry, buttandolo violentemente a terra e bloccandolo con il suo peso. Hermione gridò ancora, dimenandosi più che poteva per liberarsi. La sua barriera di protezione, nel frattempo, era scomparsa.

 

Il lupo graffiò forte Harry sul braccio, stracciandogli la maglia e ferendolo sulla pelle. Liberandosi la mano destra con tutta la forza che aveva, gli sferrò un pugno secco sul muso provando un dolore immane per le bruciature ancora fresche, ma riuscì a stordirlo quanto bastava per recuperare la bacchetta.

 

“Stupeficium!” Lo catapultò contro la parete, facendolo mugolare di dolore.

 

“Stai bene?” Harry si rivolse ad Hermione, restando però con la bacchetta puntata sul lupo mannaro.

 

“Harry, stai attento. E' ancora mezzo umano, non permettergli di avvicinarsi troppo!” Piagnucolò Hermione, presa dal panico più totale. Harry le stava di fronte, restando tra lei e la bestia per proteggerla.

 

“Crucio!” Harry si avvicinò con cautela, cercando di rendere vulnerabile quell'essere ripugnante. Solo quando perse i sensi, Harry smise la tortura.

 

“Incarceramus.” Evocò diverse funi e le fece stringere saldamente intorno al corpo inerme del lupo, rendendolo innocuo. Si voltò e corse verso Hermione, mettendo la bacchetta nella fondina dei suoi pantaloni. Era sollevata da terra, però l'unica fune visibile era quella nelle mani.

 

“Credo che appena riuscirai a slegare i lacci nelle mie mani, cadrò automaticamente.” Hermione rispose al dilemma sorto nella mente di Harry.

 

“Ok, io adesso ti slego e ti prendo al volo. Ti fidi di me?”

 

“Mi fido di te.” Rispose lei, annuendo. Lui, senza perdere altro tempo, puntò la bacchetta contro le funi attorno alle mani di Hermione, restando pronto sotto di lei. Prese bene la mira prima di pronunciare l'incantesimo.

 

“Reducto.” Le funi si sciolsero all'istante, lasciando cadere Hermione tra le braccia di Harry. La strinse forte, sentendosi subito più leggero e meno preoccupato. Lei si aggrappò a lui, come se fosse la sua unica fonte di salvezza, strizzando gli occhi con forza e riprendendo a respirare regolarmente.

 

 

 

Un applauso fragoroso si levò da parte degli irlandesi, ma non solo. L'immagine di Harry che stringeva Hermione tra le braccia brillava nello schermo centrale di fronte al pubblico: era stato il primo a trovare il proprio tesoro.

 

“Ce l'ha fatta, ce l'ha fatta!” Luna era euforica, così come la signora Weasley. “Ora devono tornare indietro però..”

 

“L'importante è che l'abbia trovata, cerchiamo di essere positivi.” Ron si sfregò le mani, agitato anche lui come tutti gli altri. “Forza, amico.. Portala in salvo alla svelta.”

 

 

 

“Da quanto sei qua? Giuro che mi sentiranno non appena usciamo di qua.. Ti hanno messo in pericolo di vita.” Harry si era staccato e stava osservando Hermione da tutti i lati, per controllare che stesse davvero bene.

 

“Harry, io sto bene. Tu sei ferito invece.. Che ti è capitato?” Notò il sangue secco nella sua maglia e sul suo viso, per non parlare della mano quasi completamente bruciata.

 

“Te lo racconto appena usciamo di qui, è meglio.” Lei annuì, capendo che probabilmente non le diceva niente per non spaventarla più di quanto fosse già.

 

“Io sono senza bacchetta, Harry. Vuol dire che ti sono completamente inutile..” Hermione guardò Harry che studiava la grotta, cercando di capire se quel tunnel stretto fosse l'unico modo per tornare indietro.

 

“Ti devo far uscire da qui, portarti al sicuro. Il resto mi importa poco.. Vieni, dobbiamo passare per forza di qua.” Le tese la mano sinistra, avvicinandola a se. “Qualsiasi cosa accada, devi promettermi che farai quello che ti dico io.”

 

Hermione scrollò la testa. “Harry.. Non..”

 

“Hermione, promettilo.” La guardò severamente, non ammettendo repliche. Lei dovette cedere.

 

“Te lo prometto..” Sussurrò lei, abbassando lo sguardo.

 

“Me l'hai promesso. Attaccati alla mia maglia, qui. Il tunnel è molto stretto, ma non dovrebbe succederci niente se siamo fortunati come io poco fa.” Entrò in quello spazio angusto e tetro, illuminato solo dalla sua bacchetta. Diverse gocce d'acqua caddero addosso ad entrambi. Hermione strinse forte la maglia di Harry tra le mani, guardando solo la sua schiena e proseguendo alla sua velocità.

 

“A proposito. Per quale assurdo motivo ti hanno vestita come me?” Harry spezzò il silenzio, sentendo la sua voce rimbombare. Hermione sorrise, alleggerendosi un po'.

 

“Non ne ho la minima idea.”

 

“Mi dispiace che ti hanno trascinata qui. Se l'avessi saputo, non l'avrei mai permesso..” Spuntarono in un'altra grotta, apparentemente senza uscite.

 

“Non dire scemate, non è mica colpa tua.” Hermione lo affiancò, guardandosi intorno anche lei. “Guarda, la.” Harry seguì la sua indicazione, scorgendo sul lato destro della grotta due passaggi bui. Alzò le sopracciglia, doveva affrontare un'ulteriore decisione.

 

“Dove andresti tu?” Harry la guardò, lei alzò le braccia come per chiamarsi fuori e scuotendo la testa. “Credimi, le mie scelte non mi hanno affatto portato bene. Magari tu sei più fortunata di me.”

 

Hermione guardò quei due passaggi, mordendosi il labbro inferiore e spostandosi una ciocca ribelle dal viso. “Andiamo.. A destra.” Harry annuì e la precedette. Prima di infilarsi nel passaggio da lei indicato, si voltò a guardarla.

 

“Non ti staccare mai da me, chiaro?” Lei si fece la croce sul cuore, come per dire che lo giurava solennemente. Quando lui cominciò a camminare, Hermione si attaccò di nuovo alla sua maglia e si lasciò guidare, nascondendo come meglio poté la paura.

 

Ad ogni rumore che sentiva, Hermione si avvicinava sempre di più ad Harry: arrivò ad abbracciarlo completamente da dietro e a farsi trascinare di peso.

 

“Herm.. Così mi è impossibile proseguire.” Harry si era fermato, guardando le braccia di Hermione che lo avvolgevano sorridendo.

 

“Oh, si. Scusa.. Hai ragione.” Si staccò, tornando alla posizione iniziale.

 

“Stai tranquilla, vedrai che andrà tutto bene.” Proprio mentre Harry finiva la frase, il pavimento sotto ai suoi piedi si sgretolò completamente. Fece solo in tempo a spingere Hermione più indietro che poteva, e cadde insieme a tutte le macerie.

 

“Harry!!!” Hermione urlò disperata, sul ciglio del precipizio. Harry riuscì ad aggrapparsi a una roccia mentre cadeva, e si accorse con orrore che la sua bacchetta era più in alto di lui e pericolosamente in bilico.

 

“Merda.. Merda..” Gli scivolavano le mani a causa dell'umidità, e non aveva appoggi per i piedi. “Stai bene? Stai lontana dal ciglio, potrebbe cadere di nuovo.” Gridò in direzione di Hermione.

 

“Harry, mio Dio. Torna subito su!” Aveva il panico nella voce. Notò la sua bacchetta in bilico, e pensò per un attimo di provare a scendere poco poco per prenderla.

 

“La fai facile..” Disse lui, cominciando a risalire piano. Ogni volta che impuntava il piede, quello scivolava facendolo ricadere. Doveva arrivare alla bacchetta per lo meno, così si sarebbe aiutato con la magia e sarebbe stato tutto più semplice.

 

“Mi sento come un Babbano che cade in un pozzo.. Pensa che paura.” Harry si aiutò soprattutto con le braccia, continuando a parlare per non pensare al dolore che sentiva alla mano destra.

 

“Attento, ti prego..” Hermione seguì ogni sua mossa. “Guarda, li c'è una roccia che spunta. Ti puoi..” Non fece in tempo a finire la frase, che qualcuno o qualcosa la spinse violentemente verso il burrone. Spalancò gli occhi, perdendo completamente l'equilibrio e precipitando nel vuoto.

 

“Hermione!!” Harry si agganciò meglio che poté con la mano destra alla parete rocciosa e si sporse al massimo allungando la mano sinistra. Afferrò al volo il braccio di Hermione, scivolando non poco verso il basso a causa del peso in più. Strinse gli occhi e urlò, per trovare la forza necessaria a rimanere ancora appeso.

 

“Ok, ti tengo, ti tengo. Non ti lascio.. Ti tengo.” Harry non nascose la disperazione nella sua voce, mentre la guardava aggrapparsi con entrambe le mani al suo braccio sinistro. Cominciò a tremare, non riuscendo più a reggere entrambi i pesi. “Adesso ti tiro su, d'accordo? Ma tu devi aiutarmi.. Avanti!” Gemendo per lo sforzo, la sollevò piano piano, e lei impuntò con fatica i suoi piedi alla parete, andandogli incontro. Non appena arrivò al piede di Harry, lui con uno strattone finale la tirò completamente su, afferrandola in braccio e stringendola forte.

 

“Oddio, Harry.. Harry..” Hermione respirava affannosamente, allacciata al suo collo e al suo corpo come un koala impaurito. Lui cercò di ragionare velocemente, trovando solo una soluzione plausibile.

 

“Ti fidi di me?” Gli chiese lui, per la seconda volta in poco tempo.

 

“Mi fido di te.” Sussurrò Hermione, contro il suo collo.

 

“Adesso ti spingo su, fino alla mia bacchetta.” Guardò in alto, vedendo che purtroppo era sempre più lontana da loro. “Così tu riuscirai ad andare di nuovo sopra, e mi farai levitare anche a me.”

 

“Harry, mi hanno spinta. C'è qualcuno lassù.” Hermione strizzò gli occhi, terrorizzata. Harry guardò in alto, cercando di vedere se scorgeva qualcuno. O qualcosa.

 

“D'accordo, allora. Saliremo insieme..” Harry la fece scivolare sopra di lui, così che salendo potesse aiutarla e spingerla. “Piano piano, non c'è fretta. Un piede alla volta.. Così, bravissima. Io sono qui, non ti può succedere niente.” Hermione ascoltò tutte le direttive di Harry, facendo un passo dopo l'altro e graffiandosi tutte le mani. Non appena riuscì ad afferrare la bacchetta, la passò immediatamente ad Harry. “Ok, ferma li adesso. Non ti muovere.” Harry continuò a salire, mettendosi con il suo corpo sopra quello di Hermione. L'avvolse in vita con il braccio destro e urlò: “ASCENDO!”

 

Furono subito sbalzati in aria, cadendo rovinosamente sul pavimento ancora stabile della grotta. Hermione era sopra di lui, e aveva nascosto il viso nel suo petto, respirando in maniera irregolare. “Ok, è passato. Tutto passato..” Harry cercò di calmarla, dopo averlo fatto però con se stesso. Si sentiva tutti i muscoli indolenziti: quel passaggio lo aveva indebolito non poco, e non andava affatto bene.

 

“Credo che portiamo entrambi sfortuna, come scelta ai bivi.” Harry cercò di sdramatizzare, ed Hermione rise debolmente annuendo su di lui. Si alzarono con calma, controllandosi a vicenda i danni procurati.

 

“Ho avuto una paura..” Hermione si passò le mani sul viso.

 

“Me ne sono accorto. Non parlavi.. Cosa rarissima.” Harry le accarezzò un braccio sorridendole e facendole l'occhiolino, lei sorrise alzando gli occhi al cielo, ancora divorata dalla tensione.

 

“So che cosa ti ha spinto, mi ci sono imbattuto anche io all'inizio del percorso. Tornerà, quindi bisogna stare attenti.. Dobbiamo proseguire, andiamo.” Harry la fece di nuovo attaccare dietro di se, e cominciò a camminare nell'unica direzione possibile che era apparsa per magia.

 

“Avresti mai immaginato che avrebbero preso delle persone come tesoro?” Hermione spezzò il silenzio, stando sempre al passo di Harry.

 

“Ci avevamo pensato, ma poi lo abbiamo escluso subito. Non immaginavamo si potesse arrivare a tanto.. Questo Torneo è davvero fuori controllo! Non mi meraviglio siano morte delle persone.” Harry sentì Hermione rabbrividire dietro di lui.

 

“A chi avevi pensato quando hai creduto potesse riferirsi a una persona?”

 

Harry tentennò per qualche secondo, ma poi disse la verità. Con Hermione non era mai stato capace a mentire. “Solo a te.” Tese di più la mano sinistra per fare luce più in profondità, era tutto completamente buio di nuovo.

 

“Quando ci hanno prese ieri sera ho subito pensato a come ti saresti arrabbiato non appena lo avessi saputo..” Hermione sorrise scuotendo la testa.

 

“Infatti.” Confermò Harry. Senza sapere bene il perché, mise la mano dietro e afferrò dolcemente quella di Hermione. “Ma ne usciremo senza problemi, promesso.”

 

“Mi fido di te.” Hermione gli strinse piano la mano, evitando di toccargli le ferite che sicuramente gli facevano ancora male. Ad un tratto, Harry si bloccò ed Hermione gli andò a sbattere dritta nella schiena. “Ei, ma che..” Lui però la zittì, stringendole di più la mano. Lei tese le orecchie, avvicinandosi di più a lui e guardandosi intorno. Non vedeva e non sentiva niente, il silenzio era quasi innaturale.

 

“Mi era sembrato si.. Forse mi sono sbagliato.” Harry fece per proseguire, ma l'urlo agghiacciante di Hermione lo fece voltare immediatamente. Quella figura dannata e incappucciata che aveva già incontrato precedentemente l'aveva strappata dalla sua presa e l'aveva lanciata contro il muro. Harry cominciò a lanciare incantesimi, non riuscendo però a colpirlo. Si era smaterializzato all'istante. Corse verso di lei, che si stava rialzando debolmente.

 

“Tutto bene?” Si buttò su di lei, agitato come non mai. Lei annuì aggrappandosi a lui: si era spaccata il labbro superiore e fatta altri diversi tagli in altre parti.

 

“Ma che diavolo era?” Chiese, mentre Harry la riparava completamente con il suo corpo e teneva la bacchetta tesa e in allerta.

 

“Non ne ho idea. Ma non possiamo proseguire finché non ce lo leviamo dai coglioni. Vuole te..” Di nuovo quel silenzio innaturale ed eccolo riapparire alla loro destra nel suo mantello nero e con il suo viso fatto di ombra: Harry, però, se lo aspettava. Schivò il colpo sferratogli e lo colpì forte all'altezza della pancia, sentendo al tatto le ossa di quell'essere frantumarsi. “Crucio!” Harry lo mancò, era riuscito a smaterializzarsi di nuovo. Si era allontanato da Hermione quanto bastava per dare l'occasione all'incappucciato, malconcio, di riapparire proprio dietro di lei e afferrarla per la gola. La strinse forte, per ributtarla subito contro il muro. Hermione, quella volta, sbatté forte la testa contro la parete rocciosa, cadendo a terra inerme.

 

“Stupeficium!” Lo prese in pieno, rompendogli ancora diverse ossa del suo fragile scheletro. “REDUCTO!” Lo fece letteralmente esplodere, creando una pioggia di polvere momentanea. Corse di nuovo verso Hermione, svenuta.

 

“Non provare a farmi scherzi, svegliati.” La scrollò piano, vedendo una ferita sulla tempia. “Adesso ti porto fuori subito, ok? Avrei dovuto farlo prima.. Mi dispiace che ti ho trascinata qui.” Harry parlava senza alcun senso, era come se la ragione lo avesse completamente abbandonato. La prese tra le braccia, cercando di svegliarla ancora. Le asciugò il sangue che perdeva dal labbro, cominciando a respirare affannosamente. “Dai, ti prego.. Ti prego.” Sussurrò, con la voce tremante. “Adesso ti porto fuori, ok? Però ti devi svegliare.. Ti devi svegliare.”

 

In un lampo di lucidità, prese la bacchetta e le buttò dell'acqua sul viso. In un attimo, Hermione rinsavì. Harry sospirò forte, rendendosi conto che aveva passato i due minuti più brutti di tutta la sua esistenza. La vide fare una smorfia di dolore e portarsi la mano sulla tempia. “No, no.. Non toccare. Hai bisogno di andare in infermeria.” Le sussurrò. “Ti porto fuori, immediatamente. Annuncio la resa..”

 

“No, sei matto.” Hermione si sollevò piano, sentendo la testa pesante e dolorante. “Andiamo avanti. Ci siamo quasi.. Non ti arrendere.” Probabilmente non avrebbe mai più detto una cosa del genere, ma gettare la spugna a quel punto era davvero assurdo. Potevano farcela, il peggio era passato sicuramente. Aveva solo preso una brutta botta alla testa, niente di più.

 

“Sto bene, davvero. E' stata solo una botta..” Hermione provò ad alzarsi in piedi, ma Harry la sollevò di peso con facilità e la tenne in braccio.

 

“Non voglio continuare, ti ho già messa in pericolo più di una volta.. Non mi frega niente del Torneo, voglio solo che tu sia al sicuro.” Harry la guardò intensamente, assumendo un tono che non avrebbe ammesso repliche. Ma con Hermione, ovviamente, era tutto sempre relativo. Si divincolò dalle sue braccia e si mise in piedi, rimanendo appoggiata a lui.

 

“Proseguiamo, possiamo farcela.” Si passò la manica sul labbro sanguinante e si guardò intorno, per vedere dove dovevano andare. Harry scosse la testa, non essendo per niente d'accordo.

 

“Però da adesso mi stai davanti tu.” Lei annuì e lui se la mise davanti. Le stette praticamente incollato, avvolgendola con il braccio destro e tendendo il sinistro con la bacchetta sopra la sua spalla. Cominciarono ad avanzare, sempre in allerta. “Se ti vuoi fermare me lo dici, va bene?” Hermione annuì, stringendo il braccio di Harry che l'avvolgeva. Le faceva un male cane la testa, e ad ogni minuto che passava vedeva sempre tutto più annebbiato. Si sentiva debole e si rese conto che praticamente Harry la stava quasi trascinando di peso.

 

“Herm, guarda.. Guarda la! Ci siamo.. Quella è l'uscita, la riconosco!” Harry sorrise contento, riuscendo per la prima volta dopo non si sa quanto tempo a vedere la luce del sole. Hermione provò a scorgere qualcosa, vedeva bagliori di luce la infondo. Sorrise, abbandonando la testa sul petto di Harry. Lui la prese in braccio, tenendola ben stretta: lei gli fece capire che andava bene stringendogli le braccia intorno al collo e nascondendoci il viso.

 

“Ci siamo. Ti porto fuori, piccola. Ti porto fuori..” Harry aumentò il passo, seguendo quella luce che sembrava sempre più vicina e più bello ad ogni falcata. “Mi senti? Ci siamo quasi..” Aveva il fiatone, si sentiva così stanco e debole.. “Resta con me, resta con me.. Ci siamo quasi!” Alzò la voce, quasi per dare più coraggio a se stesso che a lei.

 

Quando l'uscita fu così vicina da poterla raggiungere anche solo con un salto fatto per bene, i piedi di Harry furono avvolti da funi apparse da sotto terra. Perse l'equilibrio e, con orrore, perse anche Hermione che rotolò in avanti.

 

“Harry!” Tese la mano verso di lui, con le ultime forze che le rimanevano. Harry si divincolava, mentre quelle funi maledette s'attorcigliavano a più non posso suo suo corpo, legandolo e bloccandolo completamente.

 

“Esci fuori! ORA!! Corri fuori!” Urlò Harry disperato verso Hermione. Ma lei, piangendo e scuotendo la testa, stava tornando verso di lui. “NO! Hermione, no. Prenderanno anche te e non potrò proteggerti!” Una fune gli strinse la pancia.

 

“Non ti lascio!” Hermione, strisciando, provò ad avvicinarsi più che poteva per afferrare la bacchetta di Harry, attaccato al suo corpo quasi completamente legato ormai.

 

“Hai promesso! Mi hai promesso che avresti fatto tutto ciò che ti avrei chiesto!” Continuò a divincolarsi, rendendosi conto che più si ribellava e più quelle funi lo stringevano mortalmente. “Esci fuori, e sarò salvo anche io!” Harry tentò con una disperata bugia.

 

“Promettimelo!!” Hermione piangeva senza sosta, rendendosi conto che se fosse tornata indietro non avrebbe risolto niente: l'unica soluzione era uscire, così da terminare la prova.

 

“Te lo prometto, uscirò! Ora vai!!” Una fune gli avvolse la bocca, così che non poté più dire niente se non mugugni incomprensibili. Hermione, disperata, si voltò e corse più forte che poté fino alla luce. Non appena uscì, sentì il boato del pubblico e respirò aria pulita, dopo ore di umidità. Diversi medimaghi la presero immediatamente, con Silente che si avvicinò correndo.

 

“Hermione! Sei salva adesso, va tutto bene.. Sei al sicuro.” Le prese la mano, mentre la sdraiavano su una barella.

 

“Harry è ancora li dentro. Vi prego, fate qualcosa. Harry è ancora li..” Hermione tirò la mano del preside, indicando l'ingresso del tunnel delimitato da un segno verde.

 

“Non possiamo fare niente, signorina Gran..” L'ultima parte del cognome di Hermione fu soffocata da un esplosione sorda, proveniente proprio da dove lei era appena uscita.

 

“Harry!!” Urlò, sollevandosi e mettendosi seduta su quella barella, mentre i medimaghi provavano a tenerla ferma. Un fumo denso dovuto sicuramente ad una frana creata chissà da cosa uscì dalla grotta, lasciando tutti bloccati a guardare quell'ingresso con il fiato sospeso.

 

“Ecco, eccolo la! Ce l'ha fatta!!” Una voce provenne lontana dagli spalti, seguita da un boato entusiasta e da un coro che urlava il nome Potter. Harry spuntò, con la bacchetta saldamente stretta nella mano sinistra e conciato malissimo. Il suo preside, medimaghi, fotografi e altre tantissime persone gli furono addosso.

 

“Complimenti! Lei è il primo campione ad essere uscito da quello che abbiamo soprannominato il tunnel degli orrori.”

 

“Potter, sei stato grande. Hai vinto la prova, sei il primo ad essere uscito.”

 

Ma Harry scansò tutti, senza ascoltare e senza dare importanza a ciò che gli stavano dicendo. Hermione sorrise tra le lacrime e si alzò dalla barella, con tutte le forze che le erano rimaste nelle gambe. Provarono a bloccarla, ma invano. Si corsero incontro a vicenda e si presero tra le braccia, cadendo in ginocchio: il fatto che tutti quanti li stessero guardando, non importò a nessuno dei due.

 

“Ce l'hai fatta.. Stai bene.” Hermione gli accarezzò il viso e i capelli, appoggiando la fronte alla sua.

 

“Te l'avevo promesso.” Harry le mise le mani sul collo, guardandola dritta negli occhi.

 

 

 

“Tutto bene, Potter. Non hai niente di grave. Hai solo bisogno di riposo, le ferite sono superficiali e guariranno immediatamente.” Madama Chips aveva tenuto sotto osservazione i tre campioni per tutto il resto della giornata, nella loro tenda personale, come da regolamento del Torneo. Martin era uscito pochi minuti dopo Harry, con un braccio rotto ma riuscendo a portare Mary in salvo e completamente illesa (per questo guadagnò punti extra), mentre Dean, sicuramente più penalizzato avendo sua sorella piccola, uscì dopo più di venti minuti dopo Gully, con Jenny ferita alla gamba sinistra a causa di una bruciatura.

 

Si erano raccontati a vicenda i loro percorsi della Prova, ancora increduli di ciò che avevano dovuto passare.

 

“Hermione come sta adesso, quindi?” Chiese incuriosito Dean, mentre si rivestiva. Aveva il braccio sinistro completamente bruciato, segno che aveva protetto la sorella con il suo stesso corpo.

 

“Madama Chips ha detto che deve passare la notte in infermeria, ha preso una brutta botta alla testa. Ma guarirà.. Starà bene.” Anche Harry si alzò, sentendosi più debole che mai. La mano destra era fasciata, con la pozione che doveva prendere per due giorni si sarebbe arginate tutte le ferite su di essa. Avrebbe dovuto andare subito al suo dormitorio, così come ordinato da Madama Chips e dagli altri medimaghi, ma invece fece rotta per l'infermeria non appena rientrò nel castello.

 

Non appena fu vicino alla porta, sentì la sua voce e quella degli altri. “Ma dov'è Harry, adesso?”

 

“Lo tengono sotto osservazione, tesoro. Ma sta bene, ci hanno fatto sapere che ha solo bisogno di riposo.” La signora Weasley le accarezzò i capelli.

 

“Abbiamo avuto così paura, Herm. Per un diversi attimi abbiamo creduto che non ce l'avreste fatta..” Luna si sedette sul bordo del letto prendendole la mano.

 

“Anche noi..” Sussurrò, guardando il soffitto.

 

“Donne di poca fede.” Harry entrò, avvicinandosi al letto dove Hermione era sdraiata con tutti loro intorno.

 

“Vieni qua, campione!” Ron e Draco lo abbracciarono, facendogli i complimenti e prendendolo in giro per la sua tipica mania di fare sempre l'eroe. “Che cazzo, fra un po' ci lasci la pelle.”

 

Arthur e Molly Weasley lo abbracciarono, lei non riuscì a trattenere le lacrime. “Non ci vengo più a vederti. Mi hai fatto morire almeno dieci volte.” Lui le sorrise, baciandola dolcemente su entrambe le guance. Poi prese una sedia e si sedette accanto al letto di Hermione, guardandola con preoccupazione.

 

“E tu come stai?”

 

“Sto bene, davvero. Non ho niente.. Sono solo stata poco reattiva e ho sbattuto la testa contro il muro.” Gli sorrise. “Mi hai salvato la vita due volte in un solo giorno..”

 

“Soltanto perché ero obbligato, non farti strane idee.” Harry alzò un sopracciglio, facendo ridere tutti i presenti, compresa lei. “Domani ti dimetteranno, me l'ha detto Madama Chips. Ma per due giorni è meglio che stai a riposo però..”

 

“Oltre a supereroe è diventato anche padre premuroso.” Ron si guadagnò il classico calcio da parte di Luna, che lo zittì con lo sguardo omicida. Sorrisero tutti.

 

“Io devo andare, se Madama Chips mi vede qui mi picchia molto forte credo.” Harry si alzò, riposizionando la sedia al suo posto.

 

“Sei tornato primo in classifica! Dobbiamo festeggiare questo week end, appena vi riprendete entrambi..” Draco diede una pacca sulla spalle di Harry, che annuì contento.

 

“Ti lasciamo riposare, adesso..” La signora Weasley salutò dolcemente Hermione, imitata da tutti quanti. Harry le fece un cenno con la mano e si allontanò, insieme agli altri, dirigendosi verso la porta.

 

“Harry!” Hermione lo chiamò, non sapendo bene cosa dirgli. Quegli occhi verdi si girarono di nuovo verso di lei, penetrandola completamente. Avrebbe voluto dirgli mille cose, invece lo guardò e basta. Lui le sorrise debolmente, annuendo.

 

“Si, lo so..” Si voltò e uscì dalla porta dell'infermeria, chiudendosela alle spalle.

 

 

 

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Capitolo 14
*** Unica ***


14. UNICA.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hermione si guardò allo specchio, sistemandosi una ciocca di capelli sopra il cerotto grande che aveva sulla tempia. Fece una smorfia di dolore: la ferita e il livido che si era formato le faceva ancora male. Era stata per tre interi giorni a riposo, aveva pure perso le lezioni: quel giorno, però, sarebbe di nuovo tornata alla vita di tutti i giorni per fortuna. Spostò la Gazzetta del Profeta che aveva sul letto, per sistemarlo un po'. La foto di lei e Harry appena usciti dal tunnel spadroneggiava in prima pagina: a quanto pareva Harry aveva promesso a Rita Skeeter un'intervista in esclusiva dopo la Seconda Prova, chissà per quale assurdo motivo poi. Strappò solo la prima pagina, per conservare quella foto, e il resto lo buttò via.

 

Harry era stato molto diplomatico riguardo alle domande su loro due, era stato capace a non far intendere nulla. Una cosa bisognava dirla: era il numero uno per quanto riguardava la privacy. Con questo pensiero ironico, cominciò a scendere le scale per arrivare in sala comune. Poco prima di sbucare, sentì distintamente le voci di Ron e Harry: sapeva benissimo che non avrebbe dovuto, ma avvicinò l'orecchio per origliare.

 

“Ma, fammi capire.. La super bionda che era li al palazzetto è la stessa che ti facevi un anno e mezzo fa?” Ron si appoggiò allo schienale del divano.

 

“Intendi Jane? Si, era lei.” Harry rispose senza troppo entusiasmo, guardando di sfuggita l'ora.

 

“Cazzo, brutto bastardo. Sarà che io ho un debole per le bionde, ma quella è davvero illegale amico.” Gli diede un colpo sulla spalla, facendo sorridere Harry. “Te la sei scopata di nuovo, vero? No, forse no.. Eri troppo scosso in realtà.”

 

“Me la sono scopata di nuovo.” Confermò Harry, lasciando Ron con la bocca mezza aperta. Non se lo sarebbe mai aspettato, visto il suo trascorso con Hermione. Forse l'aveva fatto a posta per una sorta di strategia chiodo schiaccia chiodo o chissà che altro. O forse era tornato il solito vecchio Harry?

 

Hermione si appoggiò al muro, sentendosi mancare. Chiuse gli occhi e si mise entrambi le mani sul ventre: un dolore lancinante allo stomaco la prese all'istante. Ricominciò a respirare piano piano solo dopo alcuni interminabili secondi. Era andato a letto con un'altra, con quella Jane che anche lei aveva conosciuto. Lo avevano fatto su quel divano che aveva visto, o forse direttamente in camera sua. Un'altra donna lo aveva avuto: aveva potuto sentire il suo odore, toccare la sua schiena, i suoi capelli, passare le dita sui suoi muscoli. Aveva potuto sentirlo dentro di lei. Lei. Un'altra donna, un'estranea. Una non Hermione. Riaprì gli occhi, non riuscendo più a sopportare quelle scene nella sua mente. Prendendo un ulteriore respiro, uscì allo scoperto fingendo indifferenza e calma totale. Non appena la videro, si alzarono entrambi per andarle incontro.

 

“Come ti senti? Luna e Cho ci hanno tenuti sempre informati, ovviamente..” Ron l'abbracciò fraternamente, contento di vedere che si era ripresa alla grande. Hermione gli sorrise e lo ringraziò, confermando che stava molto meglio.

 

“Ei.. Bentornata.” Harry si avvicinò cauto, con le mani in tasca e ammiccando semplicemente con la testa. Hermione gli sorrise appena, per ringraziarlo. Probabilmente, un pezzo di ghiaccio sarebbe stato meno freddo di loro due. Fortunatamente, Ron compensò il silenzio riempendola di domande e di aneddoti successi in quei tre giorni di assenza: si unirono a colazione insieme a tutti gli altri, che accolsero Hermione con estremo calore.

 

Harry si rese subito conto che, forse, non avrebbe dovuto faticare poi molto per starle lontano dopo il loro automatico riavvicinamento durante la Seconda Prova: avrebbe fatto tutto lei. Lui era certo che la loro storia non aveva alcun senso, e a quanto pare era così pure per lei ormai.

 

 

 

 

Con il mese di febbraio si iniziò piano piano a dire addio alla neve, per quell'anno: il freddo non diminuiva, ma si cominciavano a vedere più giornate limpide e serene nei pressi di Hogwarts.

 

“Ora da noi sarebbe sicuramente più caldo.” Ron si lamentava in continuazione: se c'era troppo caldo non andava bene, se c'era troppo freddo ancora meno. Stavano cenando in tranquillità, la serata sembrava particolarmente fiacca. In realtà, erano state le ultime due settimane ad essere irrealmente pacifiche e senza problemi.

 

“Comunque, per sottolineare..” Ron si rivolse ad Harry, che lo squadrò con uno sguardo omicida: se avesse detto qualcos'altro riguardo il tempo lo avrebbe picchiato.

 

“Tu ed Hermione non vi state praticamente rivolgendo parola dalla Seconda Prova, e sembra che questa cosa abbia giovato a tutto il mondo!” Allargò le braccia, come se avesse detto la verità più normale di tutte.

 

“Grazie Ron, sei un amico.” Harry addentò un pezzo di torta, guardando con la coda dell'occhio Hermione che rideva serenamente con Luna poco più distanti da loro.

 

“No, dai. Non fraintendere. Però pensaci.. Quando stavate insieme era un putiferio ogni giorno! Per quanto tempo siete stati davvero bene? Forse.. Due giorni?” Ron rise da solo, visto che Harry non lo seguì affatto.

 

“Come sei suscettibile, mamma mia.” Ron lo spinse, guadagnandosi un altro sguardo alla Harry Potter. Prima che questi potessi dirgli qualcos'altro, arrivò Draco quasi di corsa e con un sorriso così grande e felice che sembrava gli avessero appena detto che avrebbe vissuto in eterno e senza mai soffrire. Si buttò a sedersi tra Ron e Harry, tenendo stretta una lettera in mano già aperta e una ancora chiusa.

 

“Scusami, Ron. Appena ho visto di chi era, ho dovuto aprire.” Draco respirava affannosamente. Consegnò la lettera aperta a Ron, che la lesse velocemente. Arrivato alla fine, assunse il sorrise da ebete del biondo e si alzò in piedi, festoso ed euforico.

 

“Sono diventato zio!!” Disse ad alta voce, facendo voltare tutti e facendo partire un piccolo applauso dal tavolo dei Grifondoro. Harry gli rubò la lettera dalle mani, non credendo alle sue orecchie.

 

“Oh mio Dio, non ci posso credere. Bill e Fleur hanno avuto il bambino! E' nato..” Harry, Ron e Draco si abbracciarono sinceramente felici. Bill era uno dei fratelli grandi di Ron, sposato da poco più di un anno con la bella francese Fleur Delacour, conosciuta per il lavoro che svolgono insieme alla banca più prestigiosa di tutta Dublino, la Minecost. Luna, Hermione, Cho e altri che avevano sentito l'urlo di Ron si avvicinarono per fargli gli auguri e per congratularsi. Sembrava davvero felice come una pasqua: Luna non smise un attimo di baciarlo su tutto il viso.

 

Si risedettero tutti insieme, chiedendo più informazioni. “Aspettate, c'è anche una lettera da tua madre. Aprila, dai.” Draco gli porse la seconda lettera, e si zittirono tutti ascoltando. Ron la stracciò, senza la minima grazie, e lesse ad alta voce.

 

Ron caro,

Sicuramente avrai già letto la lettera di tuo fratello Bill. La notizia della nascita del piccolo Christian riempie di gioia tutti noi, come sono sicura anche te. Abbiamo organizzato un ricevimento in onore della sua nascita, qui in casa nostra: sarà presente tutta la famiglia e alcuni amici, quindi ti aspettiamo qui a casa per questo week end.

Con amore, Mamma.

 

Ps: non l'ho scritto perché sottinteso, ma l'invito è esteso anche a Harry, Draco e le vostre adorabili fidanzate: Luna, Hermione e Cho. Ho già mandato una lettera al professor Silente spiegando il tutto.

 

Non appena finì di leggere, guardò le facce di tutti i suoi amici che lo guardavano tutti con sguardi diversi: felicità, soddisfazione, amore, stupore e sconcerto. Inutile dire, che questi ultimi due sguardi appartenevano ad Harry ed Hermione.

 

“Ron, sono davvero contentissima per tuo nipote, e voglio che ringrazi tua madre per l'invito e le porti un bacione e un regalo da parte mia.” Hermione gli accarezzò un braccio sorridendo, evitando ulteriore imbarazzo per lei e Harry.

 

“Come? Non puoi farlo tu stessa?” Ron la guardò alzando le sopracciglia. “Mia madre non accetta mai un rifiuto quando si tratta di cose del genere, mai!”

 

“Ma Ron, io non..” Hermione, a quel punto, si voltò verso Harry per cercare aiuto. Era la prima volta dopo settimane che i loro sguardi si incontravano volutamente. Lui provò a dire qualcosa, ma sapeva che Ron aveva ragione: dire di no a Molly era impossibile.

 

“E' deciso allora, andremo tutti e sei a Dublino questo week end! Oddio, non vedo l'ora.” Cho batté le mani entusiasta, abbracciando forte Draco. Hermione si lasciò andare sulla sua sedia, incrociando le braccia e ringraziando ironicamente Harry con lo sguardo. Lui allargò le mani, non potendo fare altro.

 

 

“Vi rendete conto che io non posso venire, vero? Io e Harry non stiamo più insieme, e sarebbe un week end all'insegna dell'imbarazzo per noi due.” Hermione percorreva a grandi passi il dormitorio femminile, mentre Luna e Cho la guardavano dal loro letto.

 

“Andiamo, Herm. Prendila con filosofia.. Ci divertiremo.” Luna sfogliò una pagine del suo giornale. Hermione le tirò un calzino, colpendola dritta in faccia.

 

“Devo trovare una scusa. Non posso tornare nel luogo dove ci siamo messi insieme. Dove.. Dove l'abbiamo fatto per la prima volta.” Hermione si buttò nel suo letto a faccia in giù, nascondendo il viso nel cuscino. Cho si alzò, mettendosi vicino a lei e accarezzandole la schiena.

 

“Evitandolo non risolverai la situazione, e lo sai bene..” Le disse piano, sistemandole i lunghi capelli pieni di boccoli. Hermione scosse la testa, come per dire che lei rimaneva impuntata nella sua decisione. Si alzò anche Luna, sdraiandosi insieme a lei e obbligandola e mettersi a pancia in su.

 

“Piantala di scappare, Herm. Questa situazione ti sta uccidendo.. Le domanda sono molto semplici: vuoi o non vuoi stare con lui? Vale la pena perderlo? Lo ami davvero tanto da superare ogni cosa? Pensaci una volta per tutte e prenditi le tue responsabilità.” Le diede un bacio sulla guancia, allontanandosi poi di nuovo. Hermione chiuse gli occhi, sospirando forte. Come le odiava quando avevano ragione!

 

“E va bene, va bene. Vengo.”

 

 

 

Il giorno prima della partenza, le ragazze passarono tutta la giornata in giro per negozi per cercare il regalo adatto da fare al piccolo Christian e alla signora Weasley. Come prevedibile, lo trovarono solo a fine giornata. Trovarono i ragazzi in sala comune, a giocare a scacchi.

 

“Ron vince come al solito, vero?” Cho baciò Draco, mostrandogli ciò che avevano comprato.

 

“Accidenti, ci avete messo soltanto un giorno. Ero convinto che ci saremmo visti direttamente a casa mia.” Ron si prese Luna in braccio ridendo e facendo un'altra mossa letale nei confronti del povero Harry. Questi sospirò grattandosi la testa: ma perchè perdeva sempre?

 

“Dovresti provare a spostare il cavallo laggiù..” Hermione si sedette sul bracciolo della poltrona di Harry, stringendosi nel suo maglione per scaldarsi.

 

“Ma tu non sai giocare a scacchi.” Harry la guardò dubbioso.

 

“Appunto. Magari ho più possibilità di vincere io, visto come ti sta andando la partita.” Hermione ammiccò alla strage delle sue pedine presente sul tavolo: Ron rise come un matto.

 

“Wow, grazie per il supporto.” Harry alzò una mano fingendo riverenza. Poi, sbalordendo pure se stesso, seguì il consiglio senza senso di Hermione. Ron smise di ridere all'istante.

 

“Ei.. Un momento.” Si avvicinò di più alla scacchiera. Quello era un momento epico: era la prima volta da quando si conoscevano che Harry riusciva a mettere in difficoltà Ron durante una partita.

 

“Però, Granger. Niente male.” Harry la guardò di nuovo, con un sorriso accennato.

 

“Non mi sottovalutare, Potter.” Lei gli diede una piccola spallata, vedendo subito Luna e Cho che la guardarono ammiccanti. Lei si alzò subito guardandole male, diede la buonanotte a tutti e si cacciò veloce nel suo dormitorio.

 

 

La mattina dopo dovettero svegliarsi tutti prima prima dell'alba, prepararsi al volo, fare colazione e presentarsi davanti all'ufficio della McGranitt. Harry, Ron e Draco si sedettero per terra aspettando che la professoressa gli aprisse, appoggiandosi l'un l'altro e provando a dormire per quei pochi minuti necessari. Le ragazze scossero la testa, sbalordite da quel comportamente così tipicamente.. Maschile.

 

Quando la McGranitt aprì la porta, loro non si scomodarono minimamente. Ci pensò Luna con un bel calcio a farli alzare tutti e tre di corsa. La professoressa li guardò severamente e poi li fece entrare tutti, preparando il vaso pieno di Polvere Volante.

 

“Bene. Chi va per primo?” Chiese squadrandoli, chiaramente non aveva tempo da perdere. Draco avanzò per primo, seguito poi piano piano da tutti gli altri. Hermione, rimasta per ultima, salutò e ringraziò cordialmente la professoressa, per poi sparire nella tipica fiammata verde. Sbucò più elegantemente che poté dal camino del salotto di casa Weasley, sbattendosi la polvere in eccesso dai vestiti.

 

“Hermione, cara!” La signora Weasley la soffocò in un abbraccio, rimpendola di domande sulla sua salute: l'ultima volta che l'aveva vista era in un letto in infermeria messa non benissimo.

 

“Sto bene, signora Weasley. Che piacere vederla! Grazie davvero per avermi invitata, mi ha fatto molto piacere.” Le sorrise sinceramente, e poi passò a salutare il signor Weasley.

 

“Ma dove diavolo sono tutti?!” Chiese Ron, impaziente.

 

“Verranno direttamente al ricevimento stasera, tesoro. Non possono fermarsi di più.. Sai, i vari lavori e tutto.. E poi voi vi fermate pure a dormire, dove vi mettevo tutti quanti?!” La signora Weasley li spronò ad andare nelle loro stanze a sistemarsi un po'. “Poi vi dico cosa bisogna fare..” Si rivolse soprattutto ai ragazzi, che cominciarono subito a lamentarsi.

 

“Silenzio! Filate di sopra!!”

 

Cominciarono a salire gli scalini, e un terribile momento di totale imbarazzo si palesò tra di loro. “Ehm.. Mia madre ha diviso le stanze per.. Coppie, diciamo.” Ron si grattò la testa, diventando rosso.

 

“Non fa niente. Dormo io con Hermione.” Luna accarezzò il fidanzato, tranquillizzandolo.

 

“No, ti pare. Ci dormo io!” Cho sorrise a tutti, cercando anche lei di smorzare l'imbarazzo.

 

“Ragazzi, così fate pure peggio.” Harry rise continuando a salire le scale, per levarsi da li.

 

“Non fa niente. Non mi pare il caso di dividervi visto che abbiamo questo week end come se fosse una vacanza.. Tranquilli, nessun problema.” Hermione sorrise a tutti riconoscente, e seguì Harry su per le scale. Entrò nella stanza dove, purtroppo, erano già stati entrambi. Insieme.

 

“Tranquilla. Dormirò per terra..” Harry aprì il suo borsone sedendosi sul letto.

 

“Non essere sciocco!” Hermione s'infilò nel bagno, prendendo un bel respiro profondo e cercando di mantenere la calma. Si lavò le mani, si guardò allo specchio aggiustandosi i capelli, il trucco, la maglia. Poi uscì di nuovo, Harry era in piedi dalla finestra, con le braccia incrociate e lo sguardo perso in qualcosa. Era così bello che sembrava finto.

 

“Vieni.. Vieni a vedere.” Harry la invitò ad avvicinarsi, destandola dai suoi pensieri. “Guarda. Stanno mettendo su un gazebo enorme, dove allestiranno tutto per il ricevimento.” Hermione si affacciò e guardò di sotto, vedendo i signori Weasley darsi da fare con le bacchette.

 

“Ecco, ora vedrai che tra poco Ron busserà alla porta e mi chiederà di trovare una scusa al volo per scappare dai preparativi.” Harry guardò Hermione, sorridendole.

 

“Come fai a..” Iniziò lei, ma venne interrotta dal bussare insistente della porta. Ron entrò senza neanche aspettare il via, seguito da Luna che si scusava con loro due.

 

“Sono entrato perché sapevo non vi avrei trovati nudi, ovviamente.” Ron si sedette nel letto, facendo ridere Harry e Hermione e facendo accigliare Luna. “Amico, dobbiamo trovare una scusa al volo per scappare dai preparativi.”

 

Hermione scoppiò a ridere buttando la testa all'indietro, Harry la imitò subito, guardandola. La sua risata era sempre stata contagiosa per lui. “Ma che avete da ridere?!” Disse Ron, imbronciandosi.

 

“Niente, amico, scusa. Comunque si, sono d'accordo.” Harry si ricompose, sedendosi sul letto accanto a lui. Arrivarono anche Draco e Cho. “Ah bene, la mia stanza è passata al grado sala riunioni vedo.” Hermione rise ancora, ormai troppo divertiti da quella situazioni.

 

“Ragazzi, bisogna fare qualcosa. Tua madre ci farà sgobbare come muli, bello.” Draco aveva l'aria disperata.

 

“Non credo voi abbiate molta scelta, e poi è giusto che aiutiate.” Luna si alzò, saltellando. “Che ne dite di andare in centro a Dublino? Io ed Hermione ci siamo già state, ma devi vederla anche tu. E' bellissima!” Le prese entrambe per mano, dirigendosi verso le scale.

 

“Ei, ei!” I tre ragazzi le seguirono, vedendo le loro uniche tre scuse perfette dargli le spalle. Le raggiunsero nel salotto, dove però la signora Weasley li attendeva impaziente.

 

“Mie care, state uscendo? Brave, godetevi Dublino ma state attente.”

 

“Mamma, non possiamo lasciarle da sole in una città così pericolosa!” Ron si mise una mano sul cuore, fingendosi seriamente preoccupato.

 

“Eh no, Molly! Non starei per niente tranquillo.” Draco rincarò la dose, prendendo Cho sotto il braccio.

 

“Hai saputo che Dublino è tra le prime cinque città pericoloso nel mondo?” Harry incrociò le braccia, assumendo un aria seriosa.

 

“Staremo benissimo, grazie.” Le tre ragazze parlarono all'unisono, ammutolendoli alla grande. Si infilarono le giacche, salutarono la signora Weasley e uscirono ridendo e scherzando prima di smaterializzarsi. Rimasero tutti e tre a bocca aperta, mentre Molly cominciava ad elencargli tutto ciò che avrebbero dovuto fare durante la giornata.

 

 

Nel pomeriggio arrivarono anche tutti i fratelli di Ron, e tutto ciò che fino a quel momento era stato fatica si trasformò velocemente in divertimento. Harry e Draco erano così felici di vederli finalmente, dopo tutti quei mesi.

 

“Ma Ginny?” Harry si rese conto che la sorella più piccola di tutti loro non c'era.

 

“Purtroppo non le hanno dato il permesso a scuola per venire, essendo ancora minorenne.” George, uno dei due gemelli più grandi di Ron, rispose alzando le spalle. Per quanto gli potesse dispiacere per lei, vedere tutta quella cascata di teste rosse lo riempiva di gioia: Charlie, Percy, Fred e George. Bill con la moglie e il figlio sarebbero arrivati direttamente la sera.

 

“Mamma ci ha spodestati da casa nostra visto che ci sono anche le vostre due donzelle, oltre a Luna. Ma io non le vedo.. Vi hanno dato buca, non è così?” Fred incrociò le braccia, finendo di montare l'ultimo pezzo di gazebo con la bacchetta. Proprio in quel momento, un sonoro pop sferzò l'aria, facendo magicamente apparire le tre ragazze appena fuori dal giardino Weasley.

 

“Ecco, sono arrivati i fratelli di Ron! Venite, vi piaceranno di sicuro.” Luna tirò entusiasta le sue due amiche per le mani, cercando di contenere anche gli innumerevoli sacchetti che tenevano tutte. Hermione si passò una mano tra i capelli, come per sistemarsi per presentarsi finalmente alla vera e propria famiglia di Harry. Chissà mai perchè, poi, si disse nella mente.

 

Fred e George fischiarono nella loro direzione, facendo imbarazzare Hermione e Cho, che cominciarono a stringere la mano e a baciare tutti. Harry sorrise, guardandola mentre girava tra tutta la famiglia Weasley dicendo il suo nome e rispondendo ad alcune domande, con un sorrise che avrebbe messo chiunque KO. Incrociò le braccia, senza smettere di osservarla: in quel momento desiderò che tutti loro continuassero ad essere convinti che loro due stessero ancora insieme.

 

Le ragazze si misero subito al lavoro cominciando ad allestire il buffet e ad apparecchiare per tutti. “Mio Dio, ma come fai a stare con Harry?” George spuntò alla destra di Hermione.

 

“Già! Parla mai con te? Oppure sta sempre zitto e in disparte nei suoi pensieri?” Fred d'intromise abbracciandola dall'altra parte. Lei li guardò entrambi, non sapendo bene se ridere o dare una risposta seria.

 

“Lasciali perdere, Herm. Sono nati rompi palle e lo rimarranno sempre.” Ron passò buttandosi in bocca un pezzo di pane, ben attento che sua madre non lo vedesse. Lei sorrise scuotendo la testa.

 

“Dovreste piuttosto chiedere a lui come fa a stare con me!” Hermione si sciolse dall'abbraccio e continuò a sistemare la tavola. Bastò quella risposta per conquistare la simpatia dei gemelli, e anche il rispetto.

 

“Amico, è approvata. Oltre a essere una gnocca niente male.” Cominciò Fred rivolto ad Harry, arrivato proprio in quel momento.

 

“E' anche straforte. Non fartela scappare.” George gli diede una scappellotto e poi sparirono entrambi, tornando fuori a vedere se c'era ancora da fare o se potevano andare a prepararsi. Harry li guardò uscire, incapace di dirgli niente: fece una smorfia, come per rimproverarsi di qualcosa e per maledire tutte le situazioni che si erano create.

 

“Che fai? Ginnastica facciale?” Hermione posizionò alcune posate, guardandolo divertita. Lui si passò velocemente una mano tra i capelli, imbarazzato di essere stato visto.

 

“Ehm, no. Stavo solo pensando.” Le prese dalle mani alcune stoviglie e l'aiutò, girando intorno al tavolo dal lato opposto al suo.

 

“E a cosa?” Lei continuò a girare, mantenendo lo sguardo basso.

 

“Al fatto che questa casa ci fa stare bene.” Harry alzò lo sguardo su di lei, senza fermarsi. Lei sorrise impercettibilmente, facendo scontrare due coltelli. “Io vado di sopra a farmi la doccia, così ti lascio il bagno libero per prepararti..” Aveva finito le posate.

 

“Oh, d'accordo. Grazie mille.” Hermione gli sorrise, guardandolo andare al piano di sopra.

 

 

 

“Certo che se vi applicaste un po' di più..” Molly stava sistemando i vestiti a Ron e a Harry, congratulandosi invece per l'ordine impeccabile di Draco. “Avete scelto di non mettere la cravatta, non vi dico niente solo perchè la serata è informale.”

 

Harry sorrise mettendosi una mano in tasca e spostando automaticamente la sua giacca nera e scoprendo la camicia senza cravatta al collo. “Sai che fatica faccio a vestirmi così, quindi almeno accontentati.” Le disse baciandola sulla guancia.

 

“Ci saranno anche colleghi di Arthur. Mi raccomando a tutti voi..” Molly puntò il dito verso tutti e tre, cosa che sicuramente aveva fatto anche con Fred e George. “Oh, mie care! Siete favolose.” Il suo sguardo duro si addolcì subito vedendo scendere le ragazze, prontissime e bellissime per la serata. Aveva tutte e tre scelto un vestito semplice ma elegante, non troppo impegnativo ma che le rendeva incantevoli. Harry non mosse un muscolo, solo gli occhi seguirono Hermione giù per le scale. Con entrambe le mani in tasca, la vide avvicinarsi a lui. Gli sistemò il colletto della camicia, facendo poi scorrere la mano fino sul petto per lisciarla.

 

“Stai benissimo.” Gli disse, sorridendogli. Aveva i capelli raccolti elegantemente, con solo alcuni boccoli liberi sulla spalla destra, lasciata scoperta dal vestito azzurro.

 

“Anche tu..” Furono le uniche due parole che uscirono dalla bocca di Harry. Uscirono tutti insieme, vedendo che sotto al gazebo messo su a puntino già alcune persone si stavano servendo da bere.

 

Fortunatamente, non dovettero fingere entusiasmo per molto tempo verso quegli invitati, perché Bill e Fleur arrivarono con il piccolo tra le braccia dopo pochi minuti. Tutta la famiglia Weasley, ovviamente, lo aveva già visto: mancavano solo Ron e Harry. Il rosso, seguito a ruota da Draco, andò subito incontro a Bill, spostando con poca grazia le persone che già gli stavano attorno.

 

Harry, invece, tentennò. Forse non avrebbe dovuto andare la subito, infondo lui era al di fuori della famiglia. E poi, non sapeva neanche che cosa avrebbe dovuto dire. Avrebbe dovuto prenderlo in braccio? Avrebbe dovuto sentirsi suo zio? Immerso nei suoi dilemmi, si sentì prendere dolcemente la mano. Quel tocco l'avrebbe riconosciuto tra mille.

 

“Vieni, andiamo insieme.” Hermione strinse la mano di Harry nelle sue, e lui si mosse, come se da quel momento sarebbe stato tutto più semplice insieme a lei che lo guidava. Arrivarono insieme da Bill, e Harry non le permise di lasciargli la mano.

 

“Christian, questo è il tuo ultimo zio. Si chiama Harry..” Fleur lo avvicinò a lui, sorridendogli. Era la cosa più bella del mondo. Qualche piccolo ciuffetto rosso gli spuntava qua e la nella testolina minuscola, gli occhi erano serrati, le manine si muovevano lentamente verso l'alto. Harry infilò un suo dito in una di esse, e il piccolo Christian glielo strinse subito.

 

“Ciao..” Disse, conservandosi quel momento in una parte importantissima del sua mente. Hermione si strinse al braccio di Harry, con gli occhi lucidi dall'emozione. Sfiorò Christian con la sua mano, incapace di smettere di sorridere.

 

“E' davvero una meraviglia..” Sussurrò lei a Bill, facendogli i complimenti. Mal volentieri, dovettero lasciare posto a tutte le altre persone che volevano godersi quello spettacolo della natura. Raggiunsero di nuovo gli altri, senza rendersi conto che le loro dita erano ancora intrecciate. Luna alzò un sopracciglio proprio in direzione delle loro mani, e solo a quel punto si staccarono quasi di scatto.

 

 

Tutta la serata fu concentrata sul piccolo Christian, ma non appena Fleur decise di andarsene per portarlo a dormire, Molly fece partire per magia della musica, invitando i suoi ospiti a riempire il centro del grande gazebo ballando. Essendo quasi tutti alticci, accettarono di buona misura. Harry stava in disparte, con un bicchiere di Champagne in una mano e l'altra in tasca: guardava i suoi amici fare gli scemi in mezzo alla pista sorridendo divertito. Si girò verso Hermione, che non aveva perso di vista neanche un secondo: stava intrattenendo un discorso con un collega di Arthur, che sembrava particolarmente interessato a lei. O forse alla sua scollatura. Prese un sorso dal suo bicchiere.

 

“Stanno parlando del Ministero, le sta praticamente elencando tutte le funzioni dei Dipartimenti. Ma sembra che lei ne sappia più di lui..” Charlie Weasley si era avvicinato ad Harry, anche lui con un bicchiere in mano. “Te lo dico perché ho visto uno sguardo alla Harry Potter.” Scontrò il bicchiere di Harry con il suo, sorridendogli di sottecchi.

 

“No, no. Assolutamente..” Mentì Harry.

 

“Ragazza davvero interessante. E' molto intelligente, molto posata ed educata. Molto inglese, insomma.” Charlie sorrise di nuovo, guardando anche lui in direzione di Hermione.

 

“E' così diversa da me.. Tu non ne hai la minima idea.” Harry spostò lo sguardo.

 

“Bè, meno male no? Se fosse uguale a te non sarebbe poi così bello. Immagina che noia stare con una persona identica a noi stessi.” Charli allargò le braccia, come se avesse detto la cosa più ovvia del mondo.

 

Harry tornò con lo sguardo su Hermione, che proprio in quell'istante guardò verso di lui e gli sorrise. Gli tremò il cuore. “E se le differenze fossero davvero profonde?”

 

“Allora vorrà dire che vi completerete sempre di più, alla perfezione.” Charlie finì il suo Champagne e si allontanò, lasciando Harry li da solo a pensare. Appoggiò il bicchiere al tavolo affianco a lui e scosse forte la testa, sorridendo ironicamente. Probabilmente se ne sarebbe pentito prima o poi, ma in quel momento non gliene fregava proprio niente.

 

Senza aspettare oltre, si avvicinò ad Hermione e a quell'uomo a passo svelto. “Chiedo scusa..” Li interrompé, facendoli girare entrambi verso di lui. “Le dispiace se me la riprendo?”

 

“Ehm..” L'uomo tentennò, capendo che così avrebbe perso un'occasione. “Ma certo.”

 

Harry non aveva neanche aspettato la fine della risposta, aveva già preso Hermione per mano e l'aveva trascinata fuori. “Harry, aspetta! Non tirare..” Lei si attaccò al suo braccio con entrambe le mani, per stargli dietro. La portò dall'altra parte della casa, dove nessuno avrebbe potuto disturbarli. Quando si fermò, le si parò davanti con uno sguardo visibilmente agitato. “Harry.. Cosa..?”

 

“Perché mi hai portato a casa tua a Natale? Dimmi la verità.” Harry parlò senza freni. Hermione parve stupita, ma poi tornò subito in se e rispose senza titubare.

 

“Perché volevo farti conoscere a fondo il mio mondo. Volevo che ne facessi parte fino infondo.”

 

“Guardami, Hermione.” Harry si mise le mani in tasca svuotandosele. “Io non ho niente da darti.”

 

“Tu mi hai dato tutto, Harry. Tutto quanto..” Ad Hermione gli si spezzò la voce, ma si riprese immediatamente. “Mi importa di te, non di ciò che hai o non hai.”

 

“Tuo padre mi odia. Mi crede non alla tua altezza..”

 

“Non mi importa niente di ciò che crede lui. Sono io che, se mai, non sono stata capace della tua di altezza..” Hermione non riuscì a controllare le lacrime che cominciarono a rigarle il viso. “Non avrei dovuto portarti in casa mia, mi dispiace Harry. Ti ho voltato le spalle, ho lasciato che.. Che andassi via.” Abbassò lo sguardo, asciugandosi le lacrime dalle guance. “Ho lasciato che tornassi la. Sei stato..” Hermione singhiozzò. “Sei stato a letto con un altra.”

 

Harry sgranò quasi gli occhi. “Come lo sai?”

 

“Ti ho sentito l'altro giorno che ne parlavi con Ron..” Hermione indicò un punto inesistente, sorridendo senza la minima allegria. “Mio Dio. Mi sento male se penso che sei stato con un'altra..” Si voltò facendo qualche passo e mettendosi una mano sul ventre, strizzando gli occhi. Di nuovo quell'orribile sensazione la stava divorando dentro.

 

“Aspetta..” Harry l'afferrò da dietro, stringendola tra le braccia. “Non significa niente..” Sussurrò, incapace di dirle altro.

 

“Lo so..” Hermione annuì, guardando altrove. “Sei davvero uno che non perdona, tu.” Abbassò lo sguardo, posando i suoi occhi nelle braccia forti di Harry che l'avvolgevano saldamente.

 

“Non è sempre vero.” Le disse, nell'orecchio. “Ti ho perdonata.”

 

Hermione si girò verso di lui, rimanendo dentro le sue braccia: appoggiò le sua nel suo petto, guardandolo dritto negli occhi con i suoi che brillavano. “Ti prego.. Dimmi che mi ami. Dimmi che sono l'unica per te..”

 

Harry appoggiò la sua fronte su quella di lei, lasciando che i loro nasi si sfiorassero. “Ti amo, Hermione. Sei l'unica donna che amerò mai..” La baciò, chiudendo gli occhi, non riuscendo più a sopportare quella immensa distanza con lei. Il suo cuore traboccò di gioia, quasi come se fosse il loro primo bacio.

 

“Ricominciamo da qui.” Sussurrò Hermione, sulle sue labbra.

 

 

La musica suonava lentamente, lasciando spazio agli ultimi rimasti di godersi la quiete di un lento romantico. Luna e Ron, stretti in mezzo alla pista, guardavano entrambi nella stessa direzione. “Credo che casa tua porti fortuna..” Disse lei, tornando a guardare il suo fidanzato.

 

“Già. Lo credo anche io..” Sorrise verso Harry ed Hermione, l'una nella braccia dell'altro laggiù in disparte, dove nessuno avrebbe potuto interferire nel loro momento magico. Dove nessuno avrebbe più potuto dubitare della loro profonda unione. Dove nessuno avrebbe più potuto giudicare le loro differenze. Visti la così, erano semplicemente e finalmente completi. Tutto il resto non aveva più la minima importanza.

 

 

 

Harry era in ginocchio accanto al letto, con la testa appoggiata sulle mani. Hermione dormiva, a pancia in su: il lenzuolo le lasciava il seno scoperto, un braccio era abbandonato sul cuscino dove fino a poco prima aveva dormito lui, i suoi meravigliosi capelli erano sparsi ovunque disegnando una cornice perfetta per il suo viso rilassato e beato. L'amava così tanto che, probabilmente, non avrebbe più saputo vivere senza di lei.

 

“Mmm.. Harry..” Hermione cominciò a muoversi, cercandolo con la mano accanto a lei.

 

“Sono qui piccola..” Harry le prese la mano, passandosela sul viso e baciandola dolcemente. Avevano fatto l'amore per tutta la notte, cercando di recuperare il tempo perduto. Se qualcuno glielo avesse mai chiesto, avrebbe risposto che sicuramente fare l'amore con Hermione Granger era la cosa che più preferiva al mondo.

 

Fece per alzarsi, ma lui la bloccò. “No no. Non ti muovere.. Sei troppo bella.”

 

Hermione sorrise, nascondendo il suo viso sotto le lenzuola. “Dai, vieni qui..” Lo tirò per un braccio, obbligandolo a rimettersi sotto le coperte con lei. Si fece piccola tra le sue braccia, baciandolo più volte sul petto. “Fammi le coccole, dai.” Gli prese la mano e se la mise tra i capelli: adorava quando lui glieli toccava.

 

Harry rise scuotendo la testa e immergendo entrambe le mani nella sua chioma indomabile. “Non so neanche spiegarti quanto mi mancava fare l'amore con te.”

 

“Mancava molto più a me.. Credevo di impazzire senza di te, te lo giuro.” Hermione si mise sopra di lui, baciandolo sulla bocca. Sentirono bussare alla porta e si girarono di scatto.

 

“Vattene Ron.” Disse Harry, sapendo benissimo chi avesse bussato.

 

“Maleducato! Venite a fare colazione o giuro che mi mangerò tutto quanto io.” Ron diede un altro colpo alla porta e se ne andò, lasciando Harry e Hermione a ridere come due bambini: felici.

 

 

Quando scesero, trovarono tutti gli altri già attorno al tavolo a mangiare: i signori Weasley non c'erano. Ron e Draco stavano già per dire qualcosa con un bel sorriso sulla bocca, ma Harry li interrompé subito. “Vedete di non cagare il cazzo, se no vi picchio a tutti e due.” Risero come due idioti, facendolo sedere in mezzo a loro due e riempiendo di occhiolini Hermione che si sedeva di fronte.

 

“Va be, ora lo posso dire.” Ron non riuscì proprio a trattenersi. “La tua di-nuovo-fidanzata mi ha tirato uno schiaffo fortissimo a Natale, ci tenevo che tu lo sapessi.” Indicò Hermione con il dito, facendole spalancare la bocca per lo stupore. Harry alzò lo sguardo su di lei per poi passarlo a lui.

 

“Ha fatto bene, nel dubbio te lo meriti.” Annuì Harry sorridendo e infilandosi in bocca un pezzo di pan cake. “Gli schiaffi di Hermione sono davvero niente male, tra l'altro.” Risero tutti, vedendo la faccia sconvolta di Ron.

 

“Draco, la prossima volta che voglio difendere il mio migliore amico ti prego, uccidimi.” Disse il rosso, facendo ridere ancora di più tutti i presenti.

 

“Allora, siete tutti pronti per ritornare?” La signora Weasley aveva fatto il suo ingresso, accompagnata da Arthur. “Dopo pranzo la professoressa McGranitt vi aspetta nel suo ufficio.” Molly baciò sulle guance affettuosamente le ragazze, guardandole con sincera soddisfazione.

 

“Dobbiamo proprio tornare?” Draco si stiracchiò la schiena, sbadigliando.

 

“Bè, direi di si. Ad Harry manca ancora una Prova prima della fine del Torneo, credo che non vogliate perdervela.” Arthur gli batté una mano sulla spalla, Harry ammiccò sorridendo.

 

“Adesso sparite, a pranzo verranno Bill e Fleur con il piccolo e voglio mettere tutto in ordine.” Molly li fece alzare velocemente, spingendoli ad andare fuori. Si sedettero sull'erba, godendosi quel tepore donato dal sole dell'Irlanda sul finire di febbraio.

 

“Mi viene da ridere a pensare a ciò che dirà la gente rivedendovi insieme ad Hogwarts.” Ron tirò un sassolino ad Harry, ci teneva particolarmente a dargli fastidio quella mattina. Lui alzò gli occhi al cielo, evitando di rispondere: Hermione gli fece la linguaccia e si mise tra le gambe di Harry, appoggiando la schiena al suo petto. Lui le prese le mani, racchiudendole nelle sue.

 

“Fatti gli affari tuoi e abbracciami, veloce.” Luna si buttò letteralmente addosso a Ron, facendolo cadere all'indietro con lei sopra. Cho si mise a ridere tenendosi la pancia, sentendo le imprecazioni di Ron verso la sua fidanzata: cominciò a torturarla facendola urlare tra le risate. Non appena Hermione e Cho intervennero per aiutarla, nacque una vera e propria lotta perché Harry e Draco iniziarono anche per loro una giocosa tortura.

 

Ma le ragazze, tutte e tre insieme, era una vera e propria forza della natura. “Ok, adesso si fa sul serio.” Ron prese di peso Hermione, che era la più vicina a lui, mettendosela sulla spalle come un sacco di patate.

 

“Ronald, mettimi subito giù!” Hermione lo picchiò sulla schiena tra le risate.

 

“Sono d'accordo con te, amico.” Draco tirò su Luna, e Harry dovette inseguire Cho per afferrarla perché stava scappando urlando. Una volta prese tutte e tre, cominciarono a camminare verso il laghetto poco lontano.

 

“Che vogliamo farne? Infondo non ci sono molto utili.” Ron parlava tranquillamente, ignorando le urla delle ragazze.

 

“Per me possiamo buttarle nel lago, non credo gli dispiacerà.” Harry finse di sbadigliare, come se la cosa fosse alquanto noiosa.

 

“Harry Potter, non ci provare!!” Hermione si rivolse a lui continuando però a picchiare Ron.

 

“Già, non fa neanche così freddo oggi.. Poi nel laghetto si sta così bene.” Draco avanzò, con le grida di Luna nella orecchie. Una volta arrivati sul bordo, si guardarono a vicenda. “Be, chi comincia?”

 

“Non lo farete mai, non osereste!” Cho batté un pugno sulla schiena di Harry, e questi la lanciò letteralmente in acqua. Il suo urlo si spezzò una volta immersa completamente. A quel punto, Hermione e Luna cominciarono a implorare disperate.

 

“No vi prego vi prego, non lo faremo più! Vi prego non..” Ron lanciò Hermione, seguita subito da Luna.

 

“Ecco fatto.” Draco si pulì le mani, soddisfatto del suo tiro. “Niente male davvero.” Allargò le mani, lasciando che i suoi due amici battessero il cinque in segno di intesa. Le ragazze si avvicinarono a vicenda, completamente fradice e con la faccia non poco stupita. Prima che i tre potessero reagire, tirarono fuori le bacchette in contemporanea e gliele puntarono contro: caddero rovinosamente nell'acqua prima di potersene rendere conto.

 

“Porca di quella..” Harry risalì buttandosi i capelli bagnati all'indietro. Le ragazze stavano ridendo da morire: erano pari, e vedere la loro faccia sconvolta dopo che avevano tirato fuori le bacchette valeva più di tutto.

 

“Che ridi tu..” Harry si buttò su Hermione che tentò di scappare, ma invano. La portò sott'acqua con se, tenendola stretta a se. Quando risalirono lei stava ancora ridendo, aggrappata al suo collo e con tutti i capelli bagnati sparsi sulle spalle. Trovandola semplicemente irresistibile, la baciò tra le risate e tra la felicità di quegli attimi interminabili.

 

 

Quando arrivò il momento dei saluti, Harry teneva Christian in un braccio ed Hermione sotto all'altro: erano seduti sul divano con lui da un bel po', non riuscivano a starci lontano.

 

“Sarete sicuramente ottimi genitori, quando verrà il momento.” Gli disse Fleur, quando dovette riprendersi il piccolo. Hermione arrossì e sorrise come se le avessero detto la frase più bella del mondo, Harry tolse lo sguardo imbarazzato.

 

“Venite ragazzi, forza. La McGranitt vi sta già aspettando. I vostri bagagli sono già nei vostri dormitori ovviamente..” Molly sistemò tutti: a chi la giacca, a chi i capelli, a chi la borsa. “Mi raccomando, fate i bravi.” Si rivolse prima ai tre ragazzi. “Non voglio che mi arrivino voci strane, eh. Ci vedremo alla Terza Prova, ovviamente..” Li abbracciò tutti e tre, raccomandandosi soprattutto con Ron e Harry. “Filate via, adesso.” Li cacciò a uno a uno nel camino, non riuscendo a fermare le lacrime che cadevano copiose sul suo viso.

 

“Prendetevi cura di loro. Sono bravi ragazzi, sono davvero bravi..” Molly abbracciò ad una ad una le ragazze, stringendole non poco. “Sono così contenta che abbiano voi. Non li avevo mai visti così felici.” Guardò in particolar modo Hermione, e lei se ne accorse. Si sorrisero, con uno sguardo d'intesa e di complicità. Si guardarono racchiudendo negli occhi una promessa: non l'avrebbe mai più lasciato andare via da lei.

 

Una a una si lasciarono alle spalle casa Weasley, sbucando poi nel freddo ufficio molto inglese della professoressa McGranitt. La ringraziarono e si dileguarono, dirigendosi verso la loro sala comune.

 

“Siamo di nuovo tornati tutti e sei insieme, questa cosa è davvero meravigliosa.” Luna saltellò entusiasta, appendendosi al braccio di Ron e guardando in direzione di Harry ed Hermione. Inutile dire che tutte le persone alle quali passarono davanti li fissarono, pronti a far girare la voce che la coppia più discussa dell'anno si era di nuovo incredibilmente riappacificata.

 

“E sarà così per molto molto tempo..” Hermione sorrise entrando in sala comune.

 

“Non potevi dire per sempre?” Cho la prese sotto al braccio, appoggiandosi a lei.

 

“No. Il per sempre ho scoperto che è troppo poco per noi.” Hermione si girò verso Harry, guardandolo profondamente. “E' la promessa di stare insieme adesso ciò che conta davvero.”

 

Harry le sorrise, tenendosi quello sguardo e quelle parole ben racchiuse nella mente e nel cuore. Si, Hermione, hai ragione tu: io ti prometto che staremo bene insieme adesso e ti prometto che l'amore ci basterà. Per molto molto tempo.

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Capitolo 15
*** Fiducia ***


15. FIDUCIA.

 

 

 

 

 

 

 

 

Hermione Granger stava ascoltando senza sosta da almeno due ore. Aveva dato via a quel flusso di pensieri al suo interlocutore e non l'aveva mai interrotto. Probabilmente aspettava quel momento dall'attimo in cui l'aveva visto la prima volta, ma si rese conto nell'istante in cui lui cominciò a raccontare che non sarebbe mai stata pronta ad ascoltarlo in quel modo se non proprio dopo la loro unione totale che avevano raggiunto insieme.

 

“Io non volevo, credimi, non volevo. Ma mio zio Vernon mi istigò così tanto che.. Non mi ricordo neanche niente di quel giorno. Ricordo solo le mie mani piene del suo sangue e il mio borsone pronto per scappare. Zia Petunia urlava così tanto, così forte.. Lo portarono all'ospedale, ho saputo mesi dopo che si era ripreso del tutto.” Harry ogni tanto interrompeva il suo flusso sconnesso di pensieri detti per la prima volta in vita sua ad alta voce. Stava vomitando parole, stava ricomponendo vari tasselli della sua vita che aveva sempre rifiutato di rivivere parlandone. Ed Hermione stava la, di fronte a lui su quel letto che aveva i loro odori mischiati, ferma immobile e guardandolo fisso. Tremavano entrambi, lei non riuscì più volte a frenare le lacrime che le rigarono il volto.

 

“Per quello sono scappato. Sapevo che li non sarei più potuto restare, dai Weasley non volevo andare.. Volevo semplicemente stare solo. Mi sono buttato su un treno diretto a sud e sono sceso in quella piccola cittadina, dove sei stata anche tu..” Harry sorrise appena, amaramente. “Non vado fiero di ciò che ho vissuto dentro quel palazzetto, ma è stata forse la mia fortuna più grande: mi ha fatto capire che potevo essere molto di più nella mia vita. Mi ha fatto capire che mi stavo buttando via, che potevo crescere, che una famiglia in realtà ce l'avevo. I Weasley: a loro devo tutto quanto.”

 

Hermione annuì impercettibilmente, ricordandosi, dopo tutto quel tempo passato ferma, come ci si muoveva. “La rabbia che avevo acquisito durante tutta la mia vita l'ho potuta sfogare in quei mesi, la dentro a una gabbia. Ogni giorno, ogni maledetto giorno che Dio mandava. Ed era un continuo alzarmi la mattina dopo e trovarmi questa..” Si indicò una piccola cicatrice sul fianco. “O questa.” Ne indicò un'altra sul petto. “Le botte che avevo preso nel collegio minorile da piccolo le ho ridate tutte quante, a gente sconosciuta..” Harry abbassò lo sguardo, aprendo le sue mani.

 

“Proprio con queste mani qui ho fatto tutto quello che ti sto dicendo. Le vedi?” Le alzò di fronte al suo viso. “Sono queste le mani che hanno sfiorato il tuo viso..” La voce gli si strozzò in gola, abbassò di nuovo lo sguardo scuotendo la testa. “Che hanno toccato te, la cosa più bella e più pura che mi sia mai successa nella mia miserabile vita.”

 

Hermione strizzò gli occhi, lasciando che altre calde lacrime cadessero copiosamente. Si sporse di più verso di lui, gli afferrò entrambe le mani mettendole sopra le sue: erano così grandi e belle. Se le mise sul viso, accarezzandosi piano e guardandolo dritto negli occhi. Le baciò, dolcemente, con gli occhi chiusi, per poi riporle entrambe sul cuore.

 

“Io..” Harry si rese conto che non riusciva a far altro che sussurrare. “Io non ho niente da darti. Quando usciremo di qui, io non avrò niente..”

 

“Non m'importa..” Hermione risentì la sua voce, completamente rotta dalle lacrime. Andò da lui, accoccolandosi tra le sue braccia e nascondendo il viso nel suo collo.

 

“Come puoi amare un uomo che non può offrirti niente?” Harry parlò con il viso immerso nei suoi capelli.

 

“Amo l'uomo che mi sta dando tutto.”

 

 

 

“Potter, Malfoy. Volete renderci partecipi dei vostri fitti discorsi, di grazia?” La professoressa Cooman li interruppe proprio sul più bello. Alzarono le teste, con la bocca semiaperta e la mente che lavorava velocemente una scusa.

 

“Ehm..” Tentò Harry.

 

“Ci scusi, professoressa. Eravamo solo molto preoccupati della sua predizione mortale su tutta la casata dei Grifondoro.” Draco la tentò grossa, ma a quanto pare funzionò.

 

“Oh, miei cari! Miei cari ragazzi.. Fate bene ad esserlo! Vedete, voi..” La Cooman fu fortunatamente interrotta dal suono della campana che echeggiò forte dentro quell'aula buia. Harry e Draco si defilarono molto velocemente, riprendendo a parlare della vera notizia bomba che li accompagnava dalla prima ora di lezione.

 

“Vedrai Ron come la prenderà! Sarà al settimo cielo..” Draco gli strappò il pezzo di pergamena dalle mani, per rileggere attentamente le parole scritte in maniera precisa e fine dalla professoressa McGranitt. “Grande, davvero grande.” Ripeté tra se e se. Harry sorrise svoltando scendendo velocemente le scale per dirigersi alla Sala Grande per pranzo. Non vedeva l'ora di dirlo anche ad Hermione.

 

Si buttarono subito al tavolo dei Grifondoro, sedendosi vicino ai loro amici già arrivati da qualche minuti. “Ei, che è tutta questa fretta?!” Ron spinse via Draco che gli si era praticamente seduto addosso. Harry guardò Hermione, che lo osservava senza capire ma curiosa di conoscere il motivo di tale entusiasmo.

 

“La McGranitt mi ha rivoluto in squadra. Guardate.” Con un sorriso sincero passò la pergamena a Ron, che gliela strappò letteralmente dalle mani.

 

“Oh mio Dio! Dici sul serio??” Hermione gli buttò le braccia al collo, più felice che mai. “Non sai quanto sono contenta! E' fantastico amore, davvero.” Lo baciò sul naso.

 

“Sono contentissimo pure io! Non ce la stavo facendo più senza Quidditch..” Harry non riusciva a smettere di sorridere.

 

“Si cazzo, si!!” Ron urlò così forte che Piton lo guardò malissimo dal tavolo dei professori. “Adesso ci siamo, finalmente. Apriamo il culo a tutti quanti amico.” Si diedero il cinque. Quella bella notizia rese tutti di buon'umore per il resto della giornata, e quando la sera Harry si presentò agli allenamenti tutta la squadra sospirò di sollievo e lo accolsero a gran voce: videro in lui una sorta di speranza di recupero, il cercatore avuto fino a quel momento non ne aveva fatta giusta mezza.

 

Erano tutti contenti, tranne uno. “Adesso non c'è bisogno di fare un party in suo onore, possiamo anche cominciare l'allenamento, domani abbiamo una partita.” Cormac McLaggen lo sorpassò dandogli una spallata, non riuscendo però a muoverlo di un millimetro. Harry non gli diede peso, era così contento di essere tornato in squadra che avrebbe fatto di tutto per evitare situazione spiacevoli.

 

Hermione era sugli spalti, da sola, con un libro in mano e il cappotto che la riparava dal freddo fastidioso delle serate di inizio marzo. Alzò gli occhi non appena li vide uscire, intercettando subito Harry che sulla scopa sembrava felice e senza pensieri. Sorrise, pensando che la conversazione che avevano avuto qualche notte prima lo aveva alleggerito non poco.

 

Quando Cormac li mandò tutti nello spogliatoio dichiarando finito l'allenamento, Harry virò verso lo spalto dove Hermione leggeva tranquilla. Le si fermò davanti, fischiando piano per attirare la sua attenzione.

 

“Ti prego, non avvicinarti così. Mi fa impressione vederti appeso su quella scopa così in alto..” Hermione chiuse il libro e si alzò, andando verso di lui. Harry le sorrise scuotendo la testa, sapeva della sua folle paura del volo.

 

“Mi aspetti giù? Ci metto un attimo.”

 

“Ma certo.” Lei gli mandò un bacio e cominciò a scendere dagli spalti, con il libro stretto tra le braccia. Harry scese in picchiata e saltò giù dalla scopa al volo, a un metro da terra, afferrandola con la mano ed entrando negli spogliatoi. I suoi compagni si stavano cambiando, ridendo e scherzando, carichi per la sfida del giorno dopo.

 

“McLaggen è sempre il primo ad andarsene, secondo me odia tutti. Pure se stesso.” Disse Ron, indicando Cormac che stava uscendo salutando appena i suoi compagni di squadra.

 

Hermione aspettava pazientemente l'arrivo di Harry poco lontano dall'uscita dello stadio, con il buio che in quel punto della radura del castello era sempre fittissimo.

 

“A me l'anno scorso non hai mai aspettato dopo gli allenamenti.” Cormac le si avvicinò, con un sorriso ironico. Hermione lo salutò con la mano.

 

“Io e te l'anno scorso non stavamo insieme.” Rispose, sicura di se. “Come stai, Cormac?”

 

“Un vero peccato.. Se solo avessi ceduto, staremmo insieme ancora adesso credimi. Io sto bene piccola, e tu?” Si appoggiò all'albero incrociando le braccia.

 

“Anche io, molto bene grazie.” Hermione sorrise tranquilla, evitò a posta di replicare alla sua affermazione.

 

“Ah, bene allora. Evidentemente lo stile frigido e inquietante fa al caso tuo.” Cormac fece le virgolette con le mani, descrivendo Harry a modo suo. “O forse dovrei dire squilibrato e violento.. Non saprei che scegliere.”

 

Hermione alzò gli occhi al cielo, stringendo più forte il libro. “Cormac, non riuscirai a provocarmi. Non capisco perché devi mostrare tutto questo disprezzo.. Potevamo continuare ad essere amici e tu hai rovinato tutto.”

 

“Herm, ti prego! Non fare finta di non aver mai saputo che da te non ho mai voluto solo amicizia.” Cormac allargò le braccia, ridendo senza allegria. “Permetti che mi dia non poco fastidio che tu abbia scelto quello la a me? Ti sono stato dietro per anni.. Poi d'improvviso arriva un coglione qualsiasi e tu ti fai abbindolare da chissà quale cazzata.”

 

“Non ti permetto di parlare così di Harry. Tu non lo conosci.” Hermione serrò le labbra, sentendo il nervoso impadronirsi di lei.

 

“Sto solo dicendo che ti credevo più furba.. E che meriti di più.”

 

“Fammi indovinare, quel di più saresti tu?” Harry spuntò alle spalle di Cormac, sorpassandolo e mettendosi affianco ad Hermione. Aveva sentito solo l'ultima frase, ma non era difficile immaginare il resto. Non lo guardò neanche in faccia, non ne valeva proprio la pena. Cinse la vita di Hermione stringendola a se. “Andiamo, dai..”

 

“Si, sarei proprio io! E non mentire a te stesso, lo sai pure tu.” Cormac parlò ad alta voce, ma soltanto con le loro schiene.

 

“Mi chiedo come sia possibile che non posso mai stare tranquillo.” Harry la tenne stretta a se fino a quando entrarono nel castello. “Cazzo, ogni volta che ti perdo di vista un attimo hai sempre qualcuno addosso.”

 

“Ma dai, come sei esagerato.” Hermione scosse la testa, quasi divertita dalla sua gelosia. Si rese conto che se fosse successo mesi prima, Cormac sarebbe KO sul prato fuori dal campo da Quidditch.

 

“Non esagero affatto..” Brontolò Harry, cercando di nascondere al meglio la sua gelosia. Hermione gli si parò davanti, facendolo fermare per forza, e lo baciò mettendosi in punta di piedi. Lui le sorrise, incredulo di quel gesto. Si aspettava quasi una discussione, in realtà.

 

“Perché?” Le chiese, ricominciando a cammianare.

 

“Perché ti amo, scemo.”

 

 

 

Tutta la squadra di Grifondoro era pronta per la partita, stavano solo aspettando di essere chiamati per decollare e spaccare tutto. Harry teneva stretta la sua Firebolt, sentendo quella piacevole agitazione che lo aveva sempre accompagnato in tutte le sue partite scolastiche. Guardò Draco, che gli fece l'occhiolino, poi si rivolse a Ron, troppo concentrato per guardarlo. Era davvero nato per il Quidditch lui, non c'era niente da fare. Infatti, non a caso, era il Portiere più forte di tutte le scuola della Gran Bretagna.

 

Il fatto che il campione di St.Patrick fosse tornato nella squadra di Grifondoro come Cercatore aveva messo in subbuglio la stampa, infatti tra gli spalti non mancavano fotografi e giornalisti. “Non ci sta niente da fare, la Skeeter ti vuole trombare amico mio.” Gli disse Draco, dandogli una spallata amichevole. Harry scosse la testa ridendo, ma non ebbe il tempo di rispondere perchè il cronista di Hogwarts li chiamò a gran voce.

 

Uscirono, come se li avessero sparati da un cannone, accolti da un applauso scrosciante del pubblico.

 

“Eccoli, signori e signori, belli e fiammanti come al solito!” Lee Jordan, essendo un Grifondoro, era palesemente di parte. “Ma ve li presento uno ad uno: voglio l'applauso più grande di tutti per lui, l'uomo che riesce sempre a dire di no alle Pluffe avversarie.. Signore e signori, il nostro portiere Ronald WEASLEYYYYYY!!” L'applauso per Ron fu davvero assordante e infinito. Si diresse tra i cerchi, tenendo il pugno alzato.

 

“Voglio un urlo per i Battitori più precisi che Hogwarts abbia mai avuto: Seamus Finnigan e Jack Marvinson!!” Altro applauso enorme, ma non ai livelli di quello di Ron. Anche Seamus e Jack raggiunsero le loro postazioni.

 

“Ecco a voi, come ormai è stato soprannominato, il triangolo delle meraviglie! Un fortissimo applauso per Katie Bell..” Lee fece una pausa lasciando che Katie venisse accompagnata dall'urlo generale fino alla sua posizione. “Draco Malfoy..” Altra pausa piena di applausi. “E il nostro unico ed inimitabile capitano, Cormac MCLAGGEEENNN!!” Il boato fu grande, ma neanche lui riuscì a raggiungere i livelli di Ron. Probabilmente perché le sconfitte erano state davvero troppe, portando Grifondoro ad essere al terzo posto in classifica.

 

“Come ormai tutti voi avranno già saputo, abbiamo in squadra un grande ritorno. Sarà lui l'uomo che ci riporterà alle vette della classifica?” Lee era costantemente bacchettato dalla professoressa McGranitt che gli diceva di diminuire l'entusiasmo. “Il campione irlandese ce l'abbiamo solo noi! Signore e signori, il Cercatore Harry Potter!!” Harry cominciò a salire piano, salutando il pubblico con una mano alzata. Gli applausi per lui arrivarono da tutti gli spalti, e si prolungarono per parecchio tempo. Quando arrivò alla sua postazione, si sentì in palese imbarazzo per la stima che gli stavano mostrando quasi tutti.

 

Lee Jornan presentò la squadra di Corvonero con una tale piattezza che la professoressa McGranitt fu tentata di intervenire, oltre a continuare a riprenderlo verbalmente.

 

Non appena Madama Bumb fischiò l'inizio dell'incontro, Harry si portò più in alto possibile per avere una visuale migliore dell'intero campo. Si muoveva lentamente, com'era tipico del suo stile: il suo avversario Cercatore andava a destra e a sinistra senza pace, continuando a farsi ingannare da riflessi di luce.

 

Da quella posizione poté anche stare attento al gioco, vedendo come al solito un ottimo Ron ma anche un'incredibile intesa tra i tre Cacciatori: McLaggen era insopportabile, ma come giocatore non gli si poteva dire nulla, e insieme a Draco e a Katie facevano davvero la differenza.

 

Quando il punteggio sembrava congelato sul 50 a 10 per Grifondoro, Harry lo vide distintamente: il Boccino svolazzava tranquillamente vicino ai Cerchi avversari. Senza indugiare, si buttò all'inseguimento, vedendolo schizzare via non appena si rese conto di essere stato avvistato. Il Cercatore di Corvonero gli fu subito alle calcagna, intuendo che seguendo Harry avrebbe avvistato anche lui il Boccino. A suon di spallate, non persero di vista il Boccino andando a una velocità impressionante.

 

“Andiamo Harry, non farti rompere le palle da quel pivello! Mollalo, andiamo!!” Ron urlò dai Cerchi che difendeva, vedendo Harry alle prese con l'altro Cercatore che stava facendo di tutto per disarcionarlo dalla scopa. Poteva andare sicuramente più forte con la Firebolt, non c'erano dubbi: stava semplicemente aspettando il momento giusto per mollarlo.

 

“Oh mio Dio, si stanno spingendo! Così lo farà cadere.. Guarda come va veloce.” Hermione si mise le mani sugli occhi, mentre Luna e Cho lo esortavano a spingere ancora di più per liberarsi dall'altro Cercatore.

 

Harry vide con la coda dell'occhio il Corvonero staccarsi per prendere più rincorsa per spingerlo più forte, e capì che era quello il momento giusto: un attimo prima di essere colpito, spronò al massimo la sua Firebolt, facendo sbandare il suo avversario e facendogli mangiare tanta bella polvere. Dal pubblico si levarono diversi sospiri estasiati: Harry afferrò il Boccino e fece un elegante giro della morte per frenare la sua folle corsa. Alzò la mano destra in alto, mostrando a tutti il piccolo oggetto appena conquistato.

 

“Harry Potter afferra il Boccino d'Oro! Grifondoro vince 210 a 10!! Che vittoria schiaccante, finalmente abbiamo rivisto la squadra più forte di tutte!”

 

“Jordan, adesso basta!” La McGranitt gli tolse con un colpo di bacchetta la facoltà di parlare amplificato, non riuscendo però a interrompere il suo flusso di parole a favore dei Grifondoro. Anche lei, senza farsene accorgere, sorrise entusiasta guardando Potter che mostrava a tutto il pubblico il Boccino. Aveva fatto la scelta giusta a obbligare McLaggen a riammetterlo in squadra.

 

“Siamo di nuovo a cavallo cazzo, possiamo ancora vincere! Se non perdiamo più, vinceremo la coppa!!” Ron urlava festoso dentro gli spogliatoi, con tutti gli altri che lo seguivano nell'entusiasmo. Aveva ragione: se non avessero più perso neanche una partita, sarebbero tornati primi in classifica: e quindi vittoriosi.

 

“Usciamo, ci staranno aspettando tutti fuori dai!!” Draco trascinò tutta la squadra fuori, azzardando anche a provare a includere un po' di più Cormac, che quel giorno sembrava particolarmente di buon'umore. Non appena messo il naso fuori dal campo, alcuni fotografi cominciarono già a scattare foto, concentrandosi maggiormente su Harry. Ma non erano soli: una discreta folla di ragazze stava aspettando l'intera squadra di Grifondoro, a quanto pareva.

 

“Di solito sono molte meno, giuro.” Disse Seamus, con la bocca mezza spalancata.

 

“Questo ti fa capire che la stragrande maggioranza non sono qui per noi, bello.” Jack gli colpì amichevolmente la testa, ridendo. E in effetti, purtroppo, aveva ragione. Alcune si avvicinarono timidamente ad Harry, chiedendogli di fare una foto insieme o semplicemente di firmargli la borsa. Aveva sperato con tutto il cuore che la febbre data dal fatto che fosse un campione Tremaghi fosse già sparita, ma a quanto pareva non era così. Anzi, più andava avanti e più chiaramente peggiorava: per di più era pure tornato nella squadra di Quidditch.

 

“Ehm.. Ma certo.” Harry provò a essere cordiale, passandosi una mano tra i capelli. Era ancora sudato e con la divisa, non capiva davvero cosa potesse esserci di attraente in tutto ciò. Si rincuorò, vedendo che alcune ragazze chiedevano le stesse cose anche agli altri. Ma lui, ben presto, ne aveva sempre di più. Era quasi tutte più piccole, ma riconobbe anche qualcuna del suo stesso anno.

 

“Non c'è che dire, sei davvero il campione più ambito!” Rita Skeeter comparve da chissà dove, munita come al solito della sua Piuma Prendiappunti e del suo fotografo di fiducia.

 

“E il più bello!” Strillò una ragazzina del quarto anno. Harry avrebbe voluto volentieri sprofondare, soprattutto quando Ron e Draco cominciarono a ridere.

 

“No, io non credo.” Disse Harry, cercando di superare tutti quanti e rinchiudersi nel castello.

 

“Ma dove corri? Fatti almeno fare qualche foto!” Rita sorrise, e prima che Harry potesse dire qualcosa fu investito da diversi Flash.

 

“Guarda anche quegli idioti come ci godono a vedere quelle galline urlanti tutte intorno!” Cho incrociò le braccia, riferendosi principalmente a Draco e a Ron. Harry, in realtà, sembrava più che altro in gabbia.

 

“Scusate, devo andare a vomitare.” Hermione fece dietro front, non volendo più vedere il suo fidanzato adulato da tutte quelle stupide oche giulive. Si diresse a grandi passi verso il castello, seguita subito dalle sue due amiche.

 

“No davvero, devo proprio andare.” Harry riuscì a sganciarsi, Draco e Ron lo seguirono ancora troppo divertiti da quella situazione. “Certo che potevate anche fare qualcosa. Chissà ora quella domani cosa farà uscire sulla Gazzetta del Profeta.” Harry immaginò qualche possibile titolo da prima pagina.

 

“Io te l'ho detto, ti vuole trombare!” Draco rise ancora, prendendosi il cinque da Ron che concordava con lui.

 

“Hai visto tutte quelle ragazze? E la tua faccia!” Ron non riusciva davvero a trattenersi. Mettere in imbarazzo Harry era decisamente nella sua lista delle cose preferite. Le risate continuarono su per le scale del castello, riuscendo a contagiare finalmente anche Harry.

 

“In effetti, avete ragione. Avete visto quella rossa com'era accanita??” Harry disse questa frase ridendo proprio entrando nella sala comune. Non appena superarono il ritratto della Signora Grassa, la loro ilarità si spense all'istante.

 

Hermione, Luna e Cho erano sedute al tavolo vicino alla finestra con uno sguardo tutt'altro che amichevole. Ron si schiarì la voce, cercando di farsi violenza per non continuare a ridere. Draco si grattò la testa guardando altrove, avvicinandosi per primo a quel tavolo che sembrava scottare non poco. Harry diede un colpo a Ron, se no avrebbe riso pure lui, e seguirono a debita distanza Draco.

 

“Ei..” Tentò il biondo con un sorriso diretto alla sua ragazza.

 

“Ei? Ei cosa, scusami? Ei sono Draco Malfoy e resto a spassarmela con ragazzine perchè mi sento un figo?” Cho demolì in un attimo Draco. Provò di nuovo ad aprire la bocca, ma Ron intervenne al suo posto.

 

“Dai, è stata una situazione così.. Non ce l'aspettavamo! E poi erano più che altro interessate ad Harry.. Vero?” Si girò verso l'amico, che lo fulminò con lo sguardo.

 

“Grazie tante.” Dovette trattenersi dal tirargli un pugno, mentre Draco fece un verso con la bocca facendo capire benissimo che gli veniva da ridere. Cho lo incenerì ancora di più.

 

“Perdonaci, dobbiamo chiederti l'autografo anche noi? Dobbiamo mettere fuori le tette o va bene anche così?!” Hermione fece finta di tirarsi giù la maglietta, imitando una delle ragazzine che poco prima aveva assalito Harry.

 

“E dai.. Non è colpa mia!” Lui si avvicinò accucciandosi accanto a lei, le mise una mano sulla gamba ma lei la spostò girandosi dall'altra parte.

 

“Potevate almeno andarvene. Non fa niente comunque, noi stasera abbiamo da fare. Anzi ragazze andiamo che dobbiamo prepararci..” Luna si alzò, imitata subito dalle altre due.

 

“Ei piano. Andare dove?” Ron aveva ufficialmente smesso di essere divertito. Harry si alzò guardando torvo Hermione.

 

“Calì ci ha detto che in un locale di Hogsmeade danno una festa e ci sono le Sorelle Stravagarie come ospiti. Non possiamo di certo mancare..” Hermione scosse i capelli in modo seducente.

 

“Esatto. Noi abbiamo gli inviti, voi non credo..” Cho girò le spalle a Draco dirigendosi verso la scala per salire al dormitorio.

 

“Non credo proprio che vai..” Harry sorrise, convinto che Hermione stesse scherzando.

 

“Io credo proprio di si.” Risposero tutte e tre all'unisono, lasciando i tre ragazzi sbalorditi. Salirono le scale, senza dimenticarsi di sculettare quanto bastava, e sparirono nei loro dormitori.

 

“Scherzano, vero? Lo fanno per farci arrabbiare. Non andranno mai.” Ron incrociò le braccia, sicuro di ciò che stava dicendo.

 

“Io nel dubbio aspetterei qui.” Draco si sedette sul divano, se ne fregarono se avevano ancora la divisa da Quidditch. Le avrebbero aspettate anche per ore se fosse stato necessario.

 

Ingannarono il tempo giocando a scacchi, e ridendo ancora della situazione alla quale erano stati “vittime” poco prima dopo la partite. Ron usò proprio la parola vittima, provocando ancora di più le risate dei suoi amici.

 

“Per altro le ragazze si sono davvero sranite.. Dite che dovremmo fare qualcosa?” Disse Draco, perdendo per l'ennesima volta contro Ron.

 

“Ma va, passerà. Vedi che non sono neanche scese? Prima ci stavano prendendo in giro, solo per farci ingelosire un po'.. Dove vuoi che vadano.” Ron sbadigliò buttandosi sul divano. “Anzi, saliamo a cambiarci che voglio andare a cena e uscire un po' dopo. E' sabato sera, che cavolo.”

 

Prima che potessero dire altro, sentirono la risata di Calì e Padma dalle scale. Si girarono e le videro scendere, tutte in tiro e con i tacchi alti. “Le altre ci aspettano all'ingresso, dobbiamo fare presto se no perdiamo l'ultima carrozza che ci porta alla festa. Ciao, ragazzi.” Salutò beffarda Padma, che a quanto pareva non vedeva l'ora di vedere ciò che stava per succedere.

 

“Dove sono le..” Cominciò Draco, ma dovette interrompersi. Perchè Cho, Hermione e Luna stavano giusto scendendo le scale. Si alzarono tutti e tre quasi di scatto, facendo ridere sotto i baffi le due sorelle Patil.

 

Avevano tutte e tre un vestitino corto, completo di tacchi, capelli fatti alla perfezione e trucco non poco provocante. Erano una visione davvero illegale.

 

“Ei, ei.. Frena..” Harry si parò davanti ad Hermione, bloccandola con il proprio corpo e avvolgendola con le braccia. “Non stai facendo sul serio, vero? Un bel gioco è bello quando dura poco.. Ora andiamo su e ci cambiamo insieme, che ne dici?” Cominciò a spingerla indietro piano piano, ma lei si oppose.

 

“Non stiamo scherzando affatto! Ci hanno invitate a questa festa, verranno altre persone di Hogwarts. Non vedo perchè non dovrei..” Hermione si mise le mani sui fianchi alzando un sopracciglio. Se non fosse stata per la gelosia del momento, Harry l'avrebbe portata immediatamente nella Stanza delle Necessità e le avrebbe fatto di tutto. Poco lontano da loro, Ron e Draco stavano avendo una discussione simile con le loro ragazze.

 

“Hermione.” Harry disse solo il suo nome, guardandola dritta negli occhi.

 

“Harry.” Disse lei, in tono di sfida. “Dai, spostati. Se no perdiamo la carrozza.” Lo sorpassò, sfiorandolo apposta con la mano. Harry chiuse gli occhi e la lasciò passare, trovando la situazione eccitante e irritante allo stesso tempo.

 

Rimasero tutti e tre li come idioti, con la bocca aperta a vederle mentre si mettevano un cappotto lungo e uscire dal ritratto della Signora Grassa.

 

 

“Siete state grandi, li avete proprio stesi!” Calì diede il cinque a tutte e tre, mentre se la ridevano dentro la carrozza. Hermione cercò di tirarsi giù il vestito più che poteva.

 

“Padma, i tuoi vestiti sono davvero troppo corti.”

 

“Ma piantala, hai visto o no la faccia di Harry?! E ora andiamo a divertirci, se lo meritano!” Padma alzò le braccia in alto.

 

“Sono più che d'accordo!” La seguì subito Cho, riuscendo a convincere anche Hermione.

 

La carrozza le lasciò proprio davanti a Villa Bistrilla, dove aveva luogo la grande festa organizzata per il compleanno di Madama Rosmerta, una dei personaggi più amati di tutta Hogsmeade. Aveva voluto invitare anche tutti gli studenti di Hogwarts maggiorenni, oltre che altre centinaia di persone. “50 anni si fanno solo una volta nella vita!” Diceva a gran voce il suo biglietto d'invito. Avevano deciso di non andarci loro tre in un primo momento, ma vista come si era messa la giornata...

 

Entrarono e furono subito avvolte dalla musica delle Sorelle Stravagarie che rimbombava in tutta la villa: c'erano davvero tantissime persone. “Be, che aspettiamo? Buttiamoci nella mischia!” Padma tirò tutte le sue amiche per le mani portandole a ballare al centro della pista.

 

 

“Si può sapere quanto ti ci vuole, Ron?!” Harry era probabilmente il più impaziente di tutti. Era già pronto da un po', aveva fatto la doccia più veloce di tutti i tempi e si era vestito. Aveva messo i suoi pantaloni neri più belli, una maglia e la giacca regalata da Hermione sopra. Aveva già anche indossato la giacca, anche Draco aspettava affianco a lui.

 

“Eccomi, eccomi!” Ron si precipitò giù dalle scale con ancora una scarpa slacciata. “Mi stavo chiedendo.. Come arriviamo velocemente ad Hogsmeade? E non sappiamo neanche dov'è questo posto.”

 

“Hogsmeade è piccolissima, sicuramente il posto lo troviamo facilmente. Per quanto riguarda il modo.. Bè, potremmo..” Draco rifletté grattandosi la testa.

 

“Volare, naturalmente.” Harry uscì dal ritratto chiudendosi la giacca e andando a passo svelto verso l'ingresso.

 

Pochi minuti dopo sfrecciavano sulle loro scope in direzione di Hogsmeade, con il vento che gli tagliava la faccia e li faceva lacrimare. Ma in quel momento non era molto importante. Non appena sorvolarono il villaggio rallentarono, guardandosi bene intorno per vedere dove c'era movimento.

 

“Ecco, la!” Draco indicò una grande casa molto illuminata, con diverse persone che entravano e uscivano, e con la musica che si sentiva distintamente anche da lassù. Planarono poco lontano, scendendo elegantemente dai loro mezzi di trasporto preferiti.

 

“Dove le mettiamo adesso?” Ron guardò la sua scopa come se non volesse lasciarla affatto abbandonata in qualche angolo.

 

“Le nascondiamo.. Aspetta.” Draco le appoggiò tutte e tre in uno spazio tra due muri, pronunciando un incantesimo di Disillusione. Per magia, le tre scope scomparvero alla vista. “Ecco fatto, così non le vedrà nessuno. Andiamo!”

 

Arrivarono davanti all'ingresso della villa, cercando di fare i vaghi, ma non bastò. “Fermi. Posso vedere i vostri inviti?” Un enorme buttafuori, che aveva tutta l'aria di essere un Mezzogigante, li bloccò letteralmente con il fisico.

 

“Ehm.. Oddio, li abbiamo lasciati sicuramente dentro.” Ron si batté una mano sulla fronte. “Rientriamo e te li portiamo subito!” Sfoderò un sorriso falsissimo a trentadue denti. Il Mezzogigante non si mosse di un millimetro, ma continuò a fissarlo fisso e serio.

 

“Siamo solo venuti a riprendere una cosa, poi usciamo subito. Dico davvero.” Draco alzò le braccia in segno di solennità, sorridendo anche lui come un ebete. Niente da fare.

 

“Ehm.. Noi..” Il contributo di Harry non valse molto.

 

“Ma tu sei Harry Potter! Sei il campione di St.Patrick! Mi venisse un colpo..” Una donna di bell'aspetto ma sicuramente in su con gli anni, vestita di una rosso quasi accecante (e decisamente alticcia) era appena apparsa sulla porta. “Falli entrare Brutus, ci mancano un po' di uomini di questo genere..” Ammiccò deliziata verso di loro.

 

Non riuscendo a credere alla fortuna, superarono l'enorme uomo chiamato Brutus ed entrarono, accompagnati da quella donna. “Io sono Romina, amica intima di Rosmerta ovviamente. Anche voi non vedevate l'ora di venire al suo compleanno, eh?” Si appese alle braccia di Harry e Ron.

 

“Eh si, si infatti!” Disse Draco, mentendo spudoratamente. Non appena arrivarono alla sala centrale si resero conto di quanta gente ci fosse. Quella Rosmerta sapeva sicuramente come creare una festa con i fiocchi. Oltre a quell'immensa sala, decorata con uno stile decisamente antico, diverse scale portavano ai piani di sopra. Harry alzò lo sguardo, vedendo persone passare avanti e indietro anche li sopra.

 

“Oh John, mio caro!” Romina fu distratta da qualcun altro, abbandonando Harry e Ron.

 

“E' inutile dividerci, saranno sicuramente tutte insieme.” Disse Harry, cominciando a camminare e a guardarsi intorno. I due amici annuirono, seguendolo nella ricerca.

 

 

“No grazie, sono fidanzata.” Hermione cercò di sorridere cordiale all'ennesimo uomo che le si avvicinava per provarci. Ormai rispondeva a tutti allo stesso modo, ma questo sembrava più insistente degli altri.

 

“Ah si? Però non lo vedo qui nei dintorni..” Disse il ragazzo, di cui Hermione non aveva neanche capito il nome.

 

Meglio per te, pensò tra se lei. “Arriverà tra un attimo.” Mentì, sperando così di levarselo di torno.

 

“Va bè, nel frattempo ti faccio compagnia. Così magari ti faccio pure cambiare idea..”

 

Hermione girò lo sguardo per cercare l'aiuto delle sue amiche, che però ballavano poco lontano divertendosi come non mai. Sorrise scuotendo la testa, le aveva lasciate per bere un po' d'acqua e riprendere fiato e non si erano ancora stancate di saltare in quel modo.

 

“Che guardi?” Chiese lui, sorridendole ancora.

 

Oddio, che piattola. “Le mie amiche che si divertono. Devo raggiungerle, sai..” Hermione alzò la mano in segno di saluto, ma quello non mollò affatto la presa.

 

“Lo sai che sei davvero bellissima?” Si appoggiò al muro per impedirle il passaggio.

 

“Wow, però. Sei davvero molto originale.” Hermione appoggiò il bicchiere su un tavolo li vicino, sperando che quello li si sarebbe stancato presto della sua arroganza. Ma a quanto pareva più gli rispondeva male e più lui restava. Pensò inesorabilmente ad Harry, a se fosse arrabbiato, a se avesse esagerato davvero troppo ad andare a quella festa senza avvisarlo, a cosa stesse facendo al castello. Pensò anche a tutte quelle ragazze intorno a lui, alla gelosia irrefrenabile che aveva provato.

 

“Ciò che mi colpisce di più sono sicuramente i tuoi occhi. Adoro gli occhi azzurri, sai?”

 

“Eh si, sei davvero bravo.” Hermione rise, non riuscendo a trattenersi. “Peccato che i miei occhi sono..”

 

“Del colore della nocciola. Quando c'è il sole si schiariscono però, diventano quasi ambrati. Quando è brutto tempo sono più scuri..”

 

Hermione avrebbe riconosciuto quella voce ovunque. “Harry..” Lo vide al di la della spalla di quel ragazzo inutile, che ormai neanche esisteva più. Le si illuminarono gli occhi all'istante.

 

“Scusa, permetti?” Harry spostò senza aspettare risposta quel povero tipo, che disse qualcosa a riguardo ma non fu di certo sentita dai due presenti. Andò da lei, senza dire alcuna parola: le prese il viso tra le mani e la baciò appassionatamente.

 

Hermione si alzò subito in punta di piedi, avvolgendo le sue braccia intorno al suo collo. “Che ci fai qui?” Gli disse, sulle sue labbra.

 

“Sono venuto a riprendermi la mia fidanzata. E tu?”

 

“Scappo dal mio.” Si sorrisero a vicenda, mordendosi le labbra e guardandosi negli occhi.

 

“Non lo fare mai più, eh..” Harry la sollevò di peso, portandola alla sua altezza. “Sei troppo bella per andare in giro così.”

 

“Certo che lo rifarò, se questo è il risultato!” Gli sorrise, appendendosi alle sue spalle che le piacevano così tanto. Scorse Ron e Draco avvinghiati a Luna e Cho e il sorriso aumentò. “Lo rifaremo al 100%, anzi.” Si avvicinarono agli altri, e scoppiarono tutti a ridere non appena si guardarono in faccia.

 

“Siete così prevedibili, voi uomini..” Disse Luna ricominciando a ballare.

 

“Ei, un attimo. Non ditemi che volete stare ancora qui..” Draco odiava stare in posti del genere quasi quanto Harry.

 

“Assolutamente si! La musica è pazzesca e ci stiamo divertendo come matte..” Cho prese Draco a ballare, e così fece Hermione con Harry. Ron, a quanto pare, era felicissimo di restare.

 

Tutto sommato, Harry si rese conto che non era poi così male quella festa: si divertirono parecchio, tutti insieme. Soprattutto quando Ron, particolarmente in vena, cominciò a fare battute su praticamente tutti i presenti e sui loro abbigliamenti non poco eccentrici.

 

“Ma avete visto quella megere con un nido di api in testa?!” Disse mentre percorrevano la via per raggiungere le loro scope, con Harry e Draco che si tenevano la pancia dalle risate.

 

“Ma dove stiamo andando? Le carrozze per tornare sono dall'altra parte.” Hermione tirò la giacca di Harry, dubbiosa.

 

“Niente carrozze. Si torna volando.” Draco fece l'occhiolino a Cho, sapendo quanto adorasse andare sulla scopa con lui. Infatti si mise a saltellare battendo le mani, seguita subito da Luna. Hermione, d'altro canto, si bloccò.

 

“Harry, no. Io vado a prendere la carrozza. Lo sai che odio volare..” Fece per tornare indietro, ma lui la bloccò.

 

“Non se ne parla! Ti prometto che vado piano, neanche te ne accorgerai.” La trascinò quasi di peso dietro agli altri.

 

“No, Harry! Dai, lo sai.. Harry!!” Provò a divincolarsi, ma lui l'aveva presa in braccio con estrema facilità.

 

“Erano qui, vero Draco?” Ron cominciò a tastare il nulla con le mani, mentre il biondo pronunciava l'incantesimo per far tornare visibile le loro tre scope. Con un colpo di bacchetta, apparvero sotto ai loro occhi. Ron sembrò decisamente sollevato quando salì sulla sua e lanciò la Firebolt a Harry, che afferrò con maestria con una mano.

 

“Bene..” Mise a terra Hermione, che aveva messo su un broncio misto tra l'incredibilmente sexy e il dannatamente buffo. “Voi andate, a noi ci vorrà un po' credo.” Disse rivolto a Ron e Draco.

 

“Non se ne parla minimamente. Questa non me la perdo.” Ron si mise comodo sulla scopa, mentre Luna saliva e gli tirava una bella gomitata nelle costole. Draco si sollevò un po', lasciando Cho alla guida ma mantenendo sempre ben saldo il controllo.

 

Harry si posizionò sulla sua e si voltò verso Hermione, sorridendole tranquillo. “Ti metti qui davanti, con entrambe le gambe da un lato. Ti metti anche la mia giacca, tanto io non ho freddo.” Se la levò porgendogliela. Lei alzò gli occhi al cielo e l'afferrò, mettendosela addosso. Le stava molto grande ed era piena dell'odore di Harry: ci si strinse forte e si avvicinò a lui.

 

“Ti odio. Te l'ho mai detto?” Gli disse, con quell'aria da saputella che aveva ogni volta che si arrabbiava. Facendosi aiutare da lui, si sistemò sulla scopa secondo le sue indicazioni.

 

“Quando è scomoda. Come fai a.. Oddio, Harry piano! Piano!!”

 

Harry si era semplicemente dato una spinta morbidissima per prendere quota, ed Hermione aveva già chiuso gli occhi e si era nascosta nel suo petto. Anche Ron e Draco si librarono in volo, seguendo la scia leggiadra della Firebolt del loro amico.

 

“Non potevi lasciare questo posto senza averlo visto dall'alto.. Dai, amore, apri gli occhi.” Le sussurrò Harry all'orecchio, mentre Hogsmeade cominciava ad essere già distante sotto di loro e Hogwarts si ergeva nella sua imponenza in lontananza.

 

“No Harry, non ce la faccio. Ho paura..” Hermione non osava muovere un muscolo.

 

“Ti tengo io, non ti può succedere niente.” Harry le baciò i capelli più volte, sentendola così piccola tra le sue braccia che ebbe quasi paura di romperla. Rallentò ulteriormente, lasciando che Ron e Draco lo sorpassassero. “Andiamo piano piano, vedi?”

 

Hermione ci mise un po' a trovare il coraggio, ma alla fine decise di fidarsi di lui. Scostò piano la testa e aprì gli occhi: davanti a lei il castello di Hogwarts giaceva maestoso, illuminato dalle stelle e dalla luna. Era una visione a dir poco idilliaca, quasi innaturale.

 

“Wow..” Riuscì solo a dire lei, restando ben attaccata ad Harry. Lui sorrise, felice che finalmente avesse aperto gli occhi. Le fece fare tutto il giro del castello, passando sopra alla Foresta Proibita, al Platano Picchiatore, al campo di Quidditch, al ponte, al Lago Nero. E lei rimase in silenzio, godendosi quel panorama che probabilmente non avrebbe visto mai più da quella fantastica prospettiva. Non appena Harry atterrò dolcemente sul campo, sentì Ron blaterare.

 

“Andiamo, sei andato così piano che la Firebolt implorava pietà. Non le hai fatto fare neanche un paio di giri della morte, non le hai fatto fare un bel niente..” Si avvicinò ad Hermione mentre Harry portava la sua scopa a posto. “Herm, quando vuoi provare davvero l'ebbrezza del volo ti consiglio di venire dal vero campione.” Si batté un colpo sul petto, fiero.

 

“Ti ringrazio, Ronald, ma mi basta e avanza così!”

 

 

 

Harry girò l'angolo così velocemente che quasi non scivolò: teneva stretta la borsa per evitare che tutti i libri volassero fuori. Se fosse arrivato di nuovo in ritardo, il professor Vitious l'avrebbe messo sicuramente in punizione di nuovo. Diede una rapida occhiata all'orologio, aveva ancora tre minuti buoni.

 

Accelerò la corsa, svoltò nell'ultimo corridoio e si fiondò di corsa nella sua aula. Prese un grosso sospiro di sollievo non vedendo da nessuna parte il piccolo professore e si lasciò cadere nella sedia accanto a Ron, mettendosi la testa tra le mani per la stanchezza e il fiatone.

 

“Bravo amico, sapevo ce l'avresti fatta.” Ron gli batté una mano sulla schiena. Harry lo ringraziò silenziosamente, poi cercò Hermione con lo sguardo: era seduta poco più avanti a lui, insieme a Cho, e lo stava squadrando scuotendo la testa in tono di rimprovero. Lui allargò le braccia, tentando di spiegarsi, ma l'arrivo del professor Vitious lo interruppe.

 

“Mi chiedo come sia possibile che arrivi sempre in ritardo, Harry.” Hermione camminava dritta, con due libri bel saldi tra le braccia.

 

“Non mi sono svegliato. Qualche bastardo non ha avuto la minima decenza di preoccuparsi per me..” Tirò un pugno forte sulla spalla di Ron, facendolo mugugnare dal dolore. Hermione gli diede uno schiaffo sul braccio, intimandolo di smetterla.

 

“Non è affatto colpa di Ron! Guarda che se arrivi ancora in ritardo rischi di..”

 

“Essere messo in punizione. Lo so.. Non capiterà più.” Harry diede un'altra spinta a Ron, attento che Hermione non vedesse, e minacciandolo con lo sguardo se avesse aperto bocca.

 

Si stavano dirigendo verso i sotterranei per Pozioni, quando videro arrivare Draco visibilmente preoccupato. Guardò prima Ron, ma poi scrutò con particolare interesse Harry. “Tutto bene?” Chiese, cercando palesemente di mantenere una finta tranquillità.

 

“Ma certo, perché non dovrebbe?!” Si sbalordì Ron, fermandosi sulle scale. Harry, invece, aggrottò la fronte non capendo.

 

“Ah bene, bene.. No, così! Sai, per sapere.. Bè andiamo no?” Draco li sorpassò prendendo Cho per mano.

 

“Non c'è alcuna fretta, mancano ancora 5 minuti alla lezione.” Harry lo bloccò per un braccio, rimanendo terribilmente serio. Hermione gli si affiancò, capendo subito che c'era qualcosa che non andava. “Avanti, parla.”

 

Draco sorrise scuotendo la testa, come faceva sempre quando si preparava a mentire. “Di cosa dovrei parlare scusa? Non so a cosa ti riferisci..” Si spostarono tutti più di lato perché stavano bloccando il flusso delle persone sulle scale.

 

“Draco.” Harry serrò la mascella, Ron incrociò le braccia. Aveva capito anche lui che c'era qualcosa che l'amico stava omettendo.

 

Draco smise di sorridere e si morse il labbro inferiore. Lanciò un'occhiata fugace ad Hermione e Cho, che cercavano di capire che cosa diavolo stesse succedendo. “Dopo.” Rispose, secco. Harry e Ron capirono che era inutile insistere, che non voleva parlare davanti alle ragazze. Ripresero a scendere verso i sotterranei senza più proferire parole.

 

“Harry.. Che significa?” Hermione gli afferrò la mano, mostrando preoccupazione.

 

“Niente, non preoccuparti.” Le sorrise appena, senza saperle dire altro. Anche lui avrebbe tanto voluto sapere cosa significava quello sguardo enigmatico di Draco.

 

 

Non appena Piton li cacciò via con la sua solita ed immancabile gentilezza, Harry, Ron e Draco si allontanarono da soli, senza neanche dare conto alle ragazze. Harry riuscì solo a scorgere lo sguardo preoccupato e sospirante di Hermione, poi si diressero verso l'uscita. Avevano tutti e tre un'ora buca, e andare fuori con quel poco sole di marzo era un'ottima idea.

 

“Allora?” Ron incalzò Draco, non appena arrivarono in un punto abbastanza appartato. Harry incrociò le braccia, aspettando la risposta.

 

“L'altra sera alla festa c'era pure Lindsay, non so se voi l'avete vista..” Vedendo che ne Ron ne Harry accennavano una conferma, Draco proseguì. “L'ho appena beccata per i corridoi, stavamo parlando del più e del meno.. Mi ha chiesto di voi, soprattutto di te Harry.. Dice che da quando stai con Hermione non vi vedete praticamente più e..”

 

“Oddio, adesso fa la gelosa! Per piacere, ha sempre saputo che per me lei non è mai stata niente di più che un'amica, una conoscente.” Harry allargò le braccia, intento a fregarsene altamente dell'improvvisa gelosia della sua compagna irlandese.

 

“Non ho finito.” Draco si infilò le mani in tasca. “Si è fatta scappare una cosa che non avrebbe dovuto dire. Alla festa c'era anche Luke Ashley, il fratello di quel coglione di Matt.”

 

Harry s'irrigidì all'istante. Matt non aveva di certo dimenticato lo scontro che avevano avuto a inizio anno, quante volte nei corridoi gli prometteva vendetta? Ma lui aveva smesso di darci peso da un bel po', evitando semplicemente le situazioni scomode. Aveva avuto così tanti fardelli fino a quel momento, tra Hermione e il Torneo Tremaghi, che Matt Ashley era diventato l'ultimo dei suoi non pensieri.

 

“Luke Ashley?” Ripeté scandendo bene Ron. “Lo stesso che Harry ha mandato all'ospedale quando lui e Matt mi avevano suonato di santa ragione?”

 

“Quanti ne conosci di Luke Ashley, Ron?!” Chiese Draco, spazientendosi.

 

“Che diavolo ci fa qui?” Li interruppe Harry.

 

“Lui non va più a scuola, è più grande di noi lo sai. Ma a detta di Lindsay lui e Matt sono imparentati con madama Rosmerta, la festeggiata che noi neanche sappiamo che faccia abbia tra un po'. A quanto pare gli ha offerto lavoro nel suo pub e.. Quindi è qui ad Hogsmeade da quella sera.” Draco guardò Harry, cercando di capirne i pensieri.

 

“Bè, poco male. Vorrà dire che eviterò di andare in quel pub e continuerò ad evitare Matt nei corridoi, come ho fatto finora d'altronde.” Harry tirò un calcio a una pietra, annuendo tra se e se. Si, ce l'avrebbe fatta senza dubbio a tenersi lontano da guai.

 

“Lindsay mi ha detto anche un'altra cosa..” Draco abbassò la voce e lo sguardo. Harry si fermò, aspettando che l'amico finisse la frase, senza incalzarlo. “Luke ha visto che eri con una ragazza e.. Ha chiesto a Matt informazioni e, bè.. Gli ha detto parecchie cose su Hermione, Harry.”

 

Harry strinse i pugni all'istante, sentendo il respiro cominciare a farsi corto. “Ok, piano..” Ron si mise le mani sulla nuca, cercando di calmare più che altro se stesso.

 

“Che cosa vuol dire? Che cosa gli ha detto?” Harry parlò così freddamente che gelò entrambi i suoi amici.

 

“Non lo so, Harry. Non lo so! Gli avrà detto il nome, che state insieme e.. Non lo so. Per quello che ne sappiamo non è neanche vero.. Ma dove vai??” Draco guardò Harry allontanarsi velocemente, agitandosi all'istante.

 

“A chiedere informazioni più precise.” Rispose lui, senza voltarsi.

 

A trovare Lindsay ci mise si e no cinque minuti: bastò chiedere a qualche sua amica. Entrò in biblioteca, guardandosi velocemente intorno per scorgerla con lo sguardo. Non appena la vide, ringraziò che fosse sola. Si sedette, senza senza salutarla.

 

“Voglio sapere precisamente cosa diavolo ha detto Matt Ashley a suo fratello.” La guardò dritta negli occhi, chiudendole il libro su cui stava studiando.

 

“Buongiorno e buonasera, innanzitutto!” Lindsay riaprì seccamente il libro, spostando la sua sedia per allontanarsi da Harry. “Ci parliamo a stento e adesso spunti con questa arroganza solo perché qualcuno parla della tua principessa.”

 

Harry sbatté violentemente il pugno sul tavolo, incapace di trattenersi. Molti volti si girarono verso di lui, chiedendosi se il campione irlandese fosse di colpo impazzito. “Non osare usare i tuoi modi violenti con me, Potter.” Lindsay gli puntò un dito contro, minacciosa.

 

“Dimmi quello che sai, non ti sto chiedendo altro.” Harry provò a darsi una calmata, se no non avrebbe saputo niente di ciò che voleva. Lindsay scosse la testa, sistemandosi i capelli. Si morse ripetutamente il labbro, probabilmente per farsi coraggio, e parlò.

 

“Io so solo ciò che mi ha riferito Megan, Harry. Sai bene quanto Luke sia incazzato con te dall'estate appena passata, dopo ciò che gli hai fatto.. E dopo ciò che hai fatto anche a Matt, all'inizio di quest'anno. Adesso ha trovato lavoro al pub di madama Rosmerta, e a quanto pare ti ha visto l'altra sera con la Granger..” Si fermò per riprendere fiato. “Più che su di te, ha chiesto parecchie informazioni su di lei a Matt.”

 

“E lui che cosa le ha detto?” Harry aveva la mascella serrata da troppo tempo, cominciava a fargli male.

 

“Ciò che sa. Nome e cognome, che è una studentessa modello, che è la classica figlia di papà tutta precisina inglese e.. Che tu tieni molto a lei.” Lindsay disse tutto con amarezza e risentimento. Harry si alzò, senza aggiungere altro, e si dileguò velocemente dalla biblioteca.

 

Camminava a passi così decisi e con uno sguardo così duro, che le persone che gli si paravano davanti dovettero spostarsi intimorite.

 

“Harry! Harry..” Hermione spuntò dall'aula di Antiche Rune, con la borsa appesa a una spalla e un sorriso che si spense subito non appena lo guardò in faccia. “Che cos'è successo?”

 

Harry provò a ritornare a respirare normalmente, sperando di non avere gli occhi rossi e i muscoli tesi. “Io.. Niente, perché? Stavo solo..Cercando Ron. Ha il mio libro di Trasfigurazione, sai.. Non posso fare tardi.” Accennò un sorriso, cacciandosi le mani in tasca per non mostrare i suoi pugni stretti.

 

“Non mentirmi.” Hermione serrò le labbra, guardandolo sicura di se dal basso verso l'alto.

 

“Herm, ti prego. Adesso non ho proprio il tempo di queste stronzate.” Harry si voltò riprendendo la sua camminata decisa, lasciandosi alle spalle un'Hermione tristemente sbalordita.

 

Trovò Ron e Draco ad aspettarlo fuori dall'aula della professoressa McGranitt e parlò senza indugiare troppo. “Vuole arrivare ad Hermione per vendicarsi di me, e Matt lo aiuterà. Devo trovarlo il prima possibile, per evitare che succeda.”

 

“Harry, no! E' proprio ciò che vuole lui.. Non cadere nella trappola!” Draco gli prese il braccio, scuotendolo. “Sta andando tutto a meraviglia con Hermione, perché rischiare di nuovo di rovinare tutto? Se anche provasse a fare qualcosa, siamo sempre tutti insieme..” Proprio in quel momento Hermione e Luna gli passarono affianco entrando in aula, la prima con uno sguardo basso e la secondo con occhi dubbiosi. Harry le guardò entrare, togliendo poi subito lo sguardo.

 

“Perché me l'hai detto se poi mi dici di non fare niente?” Harry cercò di non alzare la voce.

 

“Perché credevo avessi ragionato! E lo avresti scoperto comunque. Quindi ho preferito dirtelo io.” Draco lo guardò fisso, come per sfidarlo. “Non farmi pentire della mia fiducia, Harry.”

 

“Non posso stare ad aspettare che quei pazzi squilibrati mettano le mani sulla mia donna.” Harry si puntò forte un dito contro il petto, come a sottolineare il fatto che Hermione fosse solo sua. “Vado solo a risolvere la questione una volta per tutte, perché è questo che vogliono. Hermione non saprà mai niente.”

 

“Amico, questa frase l'ho già sentita troppe volte.” Intervenne Ron, scuotendo la testa. “E la fine della storia è che fai a botte come un animale ed Hermione ti lascia.” Girò lo sguardo sulla diretta interessata, che si era seduta al primo banco tra Luna e Cho e parlavano fitte.

 

“Non ho intenzione di fare a botte. Non voglio giocarmi di nuovo la sua fiducia..” Anche Harry spostò lo sguardo su di lei, desiderando non averle risposto così male poco prima.

 

“Bene, perfetto. Allora anche noi veniamo con te.” Sentenziò Draco, entrando in aula e prendendo posto. Ron annuì deciso, andando a sedersi affianco al biondo. Harry non replicò, sapeva bene che sarebbe stato inutile. Ma senza dire niente, li ringraziò con tutto il cuore per la bella prova di amicizia che gli stavano mostrando.

 

 

Hermione non gli rivolse parola per tutto il resto della giornata. Ogni volta che lui tentò di avvicinarla alla fine delle lezioni, lei scappava via veloce con i suoi libri stretti tra le braccia. Soltanto dopo cena, alla quale lei non si presentò, la trovò seduta su una poltrona in sala comune, con le gambe rannicchiate e un libro aperto appoggiato sopra. Si stava attorcigliando i capelli tra le dita.

 

Harry le si avvicinò, accucciandosi e appoggiando il mento sul bracciolo. Lei lo guardò per un attimo, per poi tornare a fingere di concentrarsi. Lui sorrise, sapendo che quel broncio ci avrebbe messo un po' per levarglielo. Tese le mani, mettendole nella posizione del loro gioco preferito, aspettando che lei vi appoggiasse le sue.

 

“Non mi va di giocare, Harry.” Disse Hermione, vedendo con la coda dell'occhio cosa stava facendo.

 

“E dai..” Insistette Harry, dolcemente. Hermione chiuse il libro, appoggiandolo sul tavolo davanti a lei.

 

“Che è successo oggi?” Gli ripeté, con voce ferma. Harry ritrasse le mani, facendo scomparire il sorriso.

 

“Te l'ho detto, niente. Ero solo un po' nervoso con Ron..” Incrociò le braccia, rimanendo li accucciato.

 

“Io mi fido di te, lo sai vero?” Hermione lo fissò negli occhi, cercando di scovare in quel verde la verità che sentiva le stava omettendo.

 

“E non me la gioco più la tua fiducia..” Harry si alzò, la sollevò di pese e si sedette al suo posto, portandosela in braccio. “Ti amo talmente tanto..” Nascose il viso nel suo collo, ispirando a fondo il suo odore che gli piaceva da morire.

 

“Anche io, purtroppo..”

 

 

 

“Siamo sicuri di aver detto tutti la stessa cosa?” Chiese Draco, lanciando ad Harry e Ron le loro scope uscendo dagli spogliatoi. Avevano deciso di agire subito, la sera successiva.

 

“Domani abbiamo un compito in Divinazione, materia che loro non fanno con noi, e avremmo studiato con alcuni nostri compagni fino a tardi in Biblioteca.” Recitò correttamente Ron, montando sul suo manico di scopa.

 

“E di non aspettarci alzate.” Anche Harry salì sopra, cominciando a librarsi.

 

“Cerco che potevamo sprecarci un po' di più.. La nostra scusa regge davvero poco.” Draco, come al solito, era il più razionale dei tre.

 

“Andiamo, forza.” Harry diede una bella spinta alla sua Firebolt, consapevole che se li avessero beccato fuori da scuola a quell'orario, per di più in volo, gli avrebbero tolto innumerevoli punti, e lui sarebbe stato forse espulso dal Torneo. Ma in quel momento non era così importante.

 

Lasciarono le loro scope proprio nello stesso identico punto in cui le lasciarono sere prima, alla festa di Madama Rosmerta. Non appena Draco eseguì perfettamente l'incantesimo di Disillusione, entrarono nel pub con le mani in tasca e la testa ben alta. Era praticamente vuoto, vista la tarda ora e il giorno infrasettimanale, quindi si sedettero a un tavolo centrale, così da essere subito visti dal diretto interessato.

 

“Guarda guarda. Infondo me l'aspettavo una tua visitina, Potter..” Luke Ashley spuntò da dietro al bancone, asciugandosi le mani in uno strofinaccio logoro. Dopo pochi istanti, uscirono da una porta li affianco altri tre ragazzi: se possibile, ancora più grossi di lui. Draco tolse lo sguardo, sperando con tutto il cuore che Harry si sbrigasse come promesso: loro erano tre, quelli la in quattro.

 

Luke prese una sedia e la mise al contrario, proprio di fronte ad Harry, e ci si sedette allargando le gambe e appoggiando le braccia sullo schienale. “Sei venuto fin qui perché avevi paura che dessi un po' troppo fastidio alla tua bella signora?”

 

Harry lo fissava, senza abbassare minimamente lo sguardo. Sentì sghignazzare quei tre poveri idioti, e provò una certa compassione per loro. “Oh, quasi dimenticavo! Ti devo presentare i miei nuovi colleghi. Lui è..” Riprese Luke, ma Harry lo fermò.

 

“Non me ne frega un cazzo di chi sono questi.” Harry fu glaciale, Ron e Draco si sistemarono meglio sulle sedie nello stesso momento. “Voglio solo che risolviamo ciò che dobbiamo risolvere.”

 

Solo in quel momento Luke si accorse che Harry non era solo. “Oh, ma guarda. Hai portato anche i tuoi amichetti.. Vedo che la tua faccia va molto meglio, Weasley.”

 

“E la tua invece, Ashley?” Ron alluse al suo naso ancora storto, per colpa delle botte dategli da Harry quell'estate. Luke perse il suo sorriso beffardo e tirò un pugno sul tavolo. Nessuno dei tre si mosse di un millimetro per quella reazione.

 

“Non siamo venuti qui per fare a pugni, Ashley. Anche perché dovreste averne abbastanza, tu e tuo fratello. Credi davvero di spaventarci con questi tre scimmioni senza cervello? Ma facci il favore.” Harry si alzò dalla sedia, spingendola lontano. Si appoggiò allo schienale della sedia di Luke, avvicinando molto il viso al suo e fissandolo freddamente negli occhi.

 

“Prova ad avvicinarti alla mia ragazza, e ti uccido con le mie mani.” Lo disse quasi sibilando. Si spostò di nuovo. “Per noi è finita qui.” Anche Ron e Draco si alzarono, pronti ad andarsene subito via.

 

Luke si mise a ridere, alzandosi dalla sedia. “Che ne sai che proprio in questo momento mio fratello non si stia divertendo un po' con la tua Hermione Granger?” Harry si bloccò, stringendo forte i pugni.

 

“Non osare neanche nominarla.” Sussurrò, continuando a fissare la porta di uscita. Luke non lo ascoltò nemmeno.

 

“Sapevamo che quella puttanella della sua fidanzata avrebbe spifferato tutto alla sua amichetta, che poi sarebbe venuta a dirlo a te. Sapevamo saresti subito venuto qui.. E adesso Matt se la sta spassando alla grande. Beato lui, è davvero un bel bocconcino. Mi accontenterò degli avanzi, magari..”

 

Harry si girò di scatto e gli volò praticamente addosso, afferrandolo per il bavero della camicia e sbattendolo forte al muro: i quadri appesi tremarono pericolosamente. Aveva gli occhi quasi fuori dalle orbite, mentre Luke rideva ancora di più.

 

Ron e Draco gli furono subito affianco, temendo il peggio. “Harry, sta mentendo. Lo sta dicendo solo per provocarti. Harry, andiamo via.. Lascia perdere!”

 

Luke continuava a provocarlo, con un sorriso che lo faceva ancora di più imbestialire. Lo voleva colpire forte, voleva fargli davvero male: ma all'improvviso, sotto gli occhi sbalorditi di tutti i presenti, Harry staccò le mani dal sul colletto e si allontanò.

 

“Avete ragione voi, non ne vale la pena. Andiamo via..” Prese Draco e Ron, che si erano già preparati psicologicamente per prenderle di santa ragione. Uscirono dal pub, con la bocca semiaperta.

 

“Sei grande, amico.” Draco gli diede una pacca sulla spalla, sorridendogli. “Davanti all'ignoranza, l'intelligenza tace.” Harry annuì, con ancora le mani che gli prudevano non poco. Era la prima volta in vita sua che si fermava davanti a una rissa certa: la seconda, se si voleva contare quella con Matt a inizio scuola fuori dai Tre Manici di Scopa (anche se poi era tornato a cercarlo).

 

Tutto ciò aveva soltanto un nome: Hermione Granger. Sorrise impercettibilmente, scuotendo la testa.

 

“Draco, cercale tu le scope. Io non riesco a..” Ron si fermò mettendo le mani in tasca, ma ciò che successe dopo fu così veloce che nessuno poté intervenire per evitarlo.

 

“SECTUMSEMPRA!!” Urlò la voce di Luke, spuntato in quel vicolo senza fare il minimo rumore. Era indirizzato ad Harry, ma la scarsa luminosità gli fece sbagliare mira: Ron volò parecchi metri più in la, scosso da diversi spasmi.

 

Harry e Draco gli corsero incontro, riconoscendo quell'incantesimo come qualcosa di estremamente oscuro. “Oh mio Dio..” Sussurrò Draco, alla vista del corpo di Ron. Si stava piano piano riempiendo di tagli, sempre più profondi, sempre più gravi, con sempre più sangue che sgorgava. Si lamentava, con la voce strozzata nella gola, tremando e chiedendo aiuto ai suoi due amici.

 

“SECTUM..” Luke urlò di nuovo, ma quella volta Harry fu pronto.

 

“Stupeficium!” Lo prese in pieno petto, con una potenza dettata dalla sua rabbia che lo fece volare contro il muro della parete opposta, lasciandolo senza sensi. Tutti e tre i suoi compari tirarono fuori le bacchette, ma Harry non gli diede neanche il tempo di provarci: con diversi incanti non verbali li mise tutti KO, con un fiatone che sottolineò la sua ansia.

 

“Harry, presto. Dobbiamo portarlo al castello, presto..” Non aveva mai sentito Draco in quello stato, di solito era lui quello sempre calmo. Quello che sapeva risolvere le situazioni. Lo presero in braccio, mettendosi a cavallo di due scope e tenendo quella di Ron in mano. Partirono, sfrecciando nella mite notte stellata.

 

“Draco.. Draco.. Non risponde, non risponde più.” Harry continuava a guardare Ron, gli tamponava le ferite come meglio poteva, cercava di tranquillizzarlo con la voce. Ma niente, il suo amico aveva ormai perso i sensi.

 

“Ci siamo, ci siamo..” Lasciarono le scope buttate nel campo da Quidditch, corsero a perdi fiato verso il castello, fregandosene di fare rumore e fregandosene della tarda ora. In pochissimi attimi arrivarono davanti alla porta dell'infermeria, entrandoci senza neanche bussare.

 

“Aiuto, vi prego.. Aiutateci!!” Draco urlò disperato, tenendo Ron con tutte le forze che aveva. Spuntò Madama Chips, con uno sguardo non poco irritato per tutto quel trambusto.

 

“Vi pare il modo di.. Oh. Oh cielo.. Mettetelo qui sul letto, veloci.” Lo misero dove Madama Chips aveva appena indicato, allontanandosi. Harry si rese immediatamente conto che stava tremando dalla paura e dall'ansia.

 

“Che incantesimo è?” Madama Chips aveva già cominciato a spogliare Ron. Il cuore di Harry mancò di diversi battiti vedendo il corpo devastato del suo migliore amico.

 

“Sectumsempra..” Sussurò Draco.

 

“E' ritenuto in incantesimo oscuro. Dove diavolo siete stati? Devo chiamare il professor Silente..” Madama Chips sembrava sconvolta. Cominciò a fare diversi intrugli, passandoli poi sulle ferite di Ron. Gli fece ingurgitare una pozione, dall'aria davvero disgustosa.

 

“Siete feriti anche voi.” Disse ai due ragazzi, guardandoli preoccupata. Harry e Draco si diedero una rapita occhiata: erano pieni di sangue.

 

“Non è il nostro..” Disse Draco, scuotendo la testa. Madama Chips si rivolse a un quadro, dicendo sotto voce di svegliare Silente e di mandarlo subito in infermeria. Il piccolo uomo del dipinto sobbalzò, spostandosi il suo cappello da notte e sparendo dal suo quadro brontolando. Tornò dopo pochi minuti, rimettendosi a dormire dando le spalle a tutti i presenti.

 

Albus Silente non si fece attendere molto. “Madama cara, qual è il problema?” Disse entrando dalla porta, ma non appena vide Draco ed Harry in quelle condizioni cambiò faccia. Loro si spostarono, facendo capire al preside che non erano loro il problema.

 

“Molto bene. Madama Chips, posso chiederle di lasciarci soli?” Silente mise le mani dietro al schiena, dando le spalle a Harry e a Draco. Ron non si era ancora svegliato, ma piano piano le sue ferite sembravano rimarginarsi. Non appena furono lasciati soli, il preside aspettò una spiegazione senza chiederla.

 

“Ci hanno.. Attaccati, signore. Eravamo andati a Hogsmeade per prenderci qualcosa da bere, ci hanno provocati ma noi non abbiamo reagito. Stavamo andando via e hanno attaccato Ron alle spalle, con..” Draco venne interrotto dal preside.

 

“Il Sectumsempra, vedo.” Silente si girò verso i suoi interlocutori. “Sapevate bene che non si può uscire di sera se non al sabato, per quale motivo eravate la?”

 

Li scrutò con quegli occhi azzurri penetranti, e Harry si rese conto che probabilmente lui già sapeva. Nessuno dei due rispose, non trovando una scusa plausibile, e allora Silente parlò ancora.

 

“Il vostro coetaneo Matt Ashley è andato dal vostro preside, stanotte, svegliandolo e dicendogli che Harry Potter avrebbe picchiato a sangue suo fratello maggiore, che lavora al pub di Madama Rosmerta.” Disse tutto con estrema tranquillità, restando sempre con le mani unite dietro la schiena.

 

“Peccato che però non è successo.” Sentenziò Harry. “E' vero, sono andato la per quello. Ma solo perché avevano minacciato di infastidire Hermione, signore.” A quel punto mentire sarebbe stato davvero poco furbo.

 

Silente annuì, calmo, come se già sapesse tutto. Si voltò di nuovo verso il letto di Ron. “Il tuo preside ha insistito per svegliarla e chiederle se sapesse qualcosa. Quando ci ha detto che avresti dovuto essere a studiare con i tuoi colleghi qui presenti, abbiamo capito che eravate andati tutti e tre al villaggio. Il signor Ashley non ci ha messo poi molto a confessare tutto.. Volevamo intervenire, ma a quanto pare la signorina Granger ha molta fiducia in te. Ce lo ha letteralmente impedito, assicurandoci che non avresti fatto niente.”

 

Harry chiuse gli occhi abbassando lo sguardo: il suo cuore traboccò di una insensata felicità. Dopo tutto ciò che era sempre successo, lei si era fidata di lui. “Fatto sta, d'altronde, che il danno è stato compiuto ugualmente.” Concluse Silente, fissando Ron.

 

“Lo so, lo so.. Però vogliamo solo vedere, perché non ci dice niente.. Che è successo?” Riconobbero subito la voce agitata di Luna non appena si aprì la porta dell'infermeria, con Madama Chips che cercava di bloccare lei, Hermione e Cho.

 

“Le faccia entrare, Madama.” Disse Silente, tranquillo.

 

Si gettarono praticamente all'interno, sorpassando malamente Madama Chips. Hermione, non appena vide Harry coperto di sangue, si bloccò all'istante. “No..” Sussurrò, colma di delusione e risentimento.

 

“No, non è mio.. Non è come credi..” Harry si avvicinò, ma le domande di Luna lo assalirono violentemente prima che potesse aggiungere altro.

 

“Che gli è successo?? Che gli avete fatto??” Cominciò a picchiare sia Harry che Draco, urlando tra le lacrime.

 

“Luna, calmati. Lo hanno colpito alle spalle.. Noi, non potevamo fare niente..” Draco cercò di fermarla, tenendola tra le braccia.

 

“Si, invece..” Si divincolò dalla stretta, mettendosi al capezzale di Ron e accarezzandogli i capelli dolcemente. “Potevate non andare, tutti e tre.” Lo disse così freddamente, che Harry si sentì gelare anche le mani.

 

“Il signor Weasley è in buone mani, adesso. Possiamo anche lasciare che si riposi e si riprenda al meglio..” Silente fece uscire tutti quanti, lasciando Luna sussurrare al suo fidanzato cose incomprensibili.

 

“Dovete darvi una ripulita. Domani discuteremo con il vostro preside della vostra punizione. Buonanotte.” Si dileguò, camminando così elegantemente che sembrava quasi fluttuasse nel suo mantello chiaro.

 

Andarono tutti e quattro in sala comune, senza pronunciare parole. Non appena entrarono, Hermione si voltò verso Harry, in lacrime.

 

“Perché non me ne hai parlato? Non dovevi andare la.. Ron è rimasto gravemente ferito, ma poteva andare molto peggio.”

 

“Siete degli incoscienti. Per cosa poi? Per due deficienti che facevano minacce da imbecilli frustrati.” Aggiunse Cho, gesticolando senza sosta.

 

“Voi non conoscete Luke Ashley. Se dice una cosa, la fa. L'unica soluzione era andare la per parlarci, ma con cerca gente non si può parlare..” Draco prese in mano la situazione, cominciando a levarsi la giacca sporca di sangue.

 

“Motivo in più per non andarci. Perché ti odia così tanto?” Hermione si asciugò le lacrime, cercando di calmare la sua agitazione. Aveva passato ore di angoscia quasi come quando lo vide alla Prova Inaspettata.

 

“Perché l'estate appena trascorsa l'ho picchiato così forte da mandarlo in ospedale.” Harry disse la verità guardandola negli occhi. Aveva fatto una promessa: mai più bugie, mai più mezze verità. Hermione sorrise ironicamente, spostando lo sguardo.

 

“Harry non ha fatto niente. Ha solo parlato e poi ce ne siamo andati. Ci ha colpito mentre eravamo di spalle, quel codardo. E ha preso Ron..” Draco prese le difese di Harry.

 

“E dopo?” Chiese Cho, incrociando le braccia.

 

“Dopo.. Ron perdeva così tanto sangue, mi sono messo a cercare di bloccare le emorraggie ma erano troppe. E Harry..” Si girò verso di lui, non sapendo bene che dire.

 

“Ci stavano colpendo anche a noi, così ho reagito. Li ho Disarmati e Schiantati. E siamo tornati qui..” Anche Harry si tolse giacca e maglione, non riuscendo più a sopportare la vista del sangue di Ron. “Guarirà. Guarirà..” Disse più a se stesso che agli altri. Si sentiva tremendamente in colpa per ciò che era successo. Continuando a fissare il suo maglione sporco, vide le mani di Hermione mettersi sopra le sue e afferrare l'indumento.

 

“Ti aiuto io..” Sussurrò, accarezzandogli un braccio. “Ero così preoccupata, Harry..” Lui le appoggiò la fronte sulla sua, chiudendo gli occhi.

 

“Ma hai avuto fiducia in me. Per me questo vale più di tutto..” Le baciò la fronte, inspirando il suo odore.

 

“Io mi fido di te.” Lo guardò negli occhi, sfregando il suo naso contro il suo. Harry la strinse nella braccia, facendole sentire con tutto se stesso quanto valeva per lui quel momento. Era come se, da quel momento, nulla più avrebbe potuto dividerli.

 

Si fidava di lui. Non importava più nulla.

 

 

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Capitolo 16
*** Le Tre Paure ***


16. LE TRE PAURE.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“No, l'unica brutta in realtà è questa.” Ron si tirò su la maglietta, mostrando una cicatrice proprio sopra le costole. “Le altre neanche si vedono, a parte qualcuna piccola..” Luna guardò tutto ciò che Ron le mostrava, mentre Harry e Draco scuotevano la testa sorridendo.

 

“Sei proprio un eroe. Puoi dire che te l'ha fatta un vampiro, magari.” Draco non riuscì a trattenersi.

 

“Ei, prendetemi in giro quanto volete. Sono solo una povera vittima, io. E dovrò convivere per sempre con questa cicatrice. Sembro Harry, che schifo.” Ron finse di vomitare, e Harry gli tirò subito una pietra beccandolo in piena fronte.

 

Il Lago Nero, immobile come una tavola, non lasciava intravedere niente: neanche in quella bella giornata. Stava la, intento a nascondere le sue profonde e segrete oscurità. Erano seduti all'ombra di un albero, godendosi quel tepore e quel profumo di primavera che aleggiava ormai da qualche giorno.

 

“Che bello, che pace..” Ron si sdraiò sulle gambe di Luna. Era uscito il giorno prima dall'infermeria, c'era dovuto stare tre giorni completi. Aveva perso molto sangue, e farlo tornare in piena salute aveva implicato diverse misure curanti, in quei tre giorni. Fortunatamente, però, si era ripreso alla grande.

 

“In realtà adesso inizia il periodo più stressante per quanto riguarda lo studio.” Hermione parlò con la sua inequivocabile superbia e precisione. “E non dimentichiamoci che Harry deve ancora affrontare la Terza Prova..”

 

Sentendosi chiamato in causa, Harry alzò lo sguardo su di lei aggrottando la fronte. Sapeva che per l'ultima prova aveva ancora tempo, e non potendo avere dritte da nessuna parte non poteva fare altro che aspettare.

 

“Chi se ne frega. Rischia lui le penne, mica io.” Ron si mise un braccio sugli occhi, per rilassarsi ancora di più. Hermione lo colpì secco sulla gamba con il libro, con un'intensa approvazione di Luna.

 

“Lo sai che se vinci, oltre alla Coppa Tremaghi, vinceresti una grossa somma di denaro?” Cho si rivolse ad Harry, che annuì distrattamente.

 

“Si, lo so.. Ma è improbabile che io vinca. Temo che la punizione che Silente mi darà per ciò che è successo sia una riduzione del mio punteggio.” Harry si appoggiò all'albero, guardando verso il Lago.

 

“Non credo, amico. Non sarebbe giusto! Avremo tutti e tre la stessa punizione.. Speriamo non sia niente di troppo faticoso. O ridicolo.” Draco fece fare diversi salti al suo sasso sulla superficie dell'acqua, guardandolo allontanarsi sempre di più con soddisfazione.

 

 

 

“Odio tutti. Odio voi, odio Silente, odio Crowford, odio Hogwarts, odio St.Patrick..” Ron continuò il suo infinito elenco di gente che odiava mentre continuava a pulire con impazienza l'immensa cucina del castello inglese. Harry e Draco, affianco a lui, ridevano per non piangere. “Ci manca solo il cazzo di grembiule e siamo a posto.” Gli elfi domestici che passarono in quell'istante lo guardarono a bocca aperta, sentendo quella brutta parola.

 

“Piantala di dire parolacce. Non vedi che si straniscono?” Draco lo spinse, sbattendogli lo straccio bagnato sul braccio. “Farci pulire le cucine di Hogwarts senza magia.. Sono dei fottuti geni.” Un elfo domestico si mise a piangere, e Ron colpì più forte Draco per vendicarsi.

 

“Siamo tra i pochi studenti che hanno messo piede qui dentro. E non siamo neanche di Hogwarts.. Siamo fortunati.” Harry provocò Ron: era inutile, si divertiva troppo a vederlo arrabbiato.

 

“Eh si si, un vero culo!”

 

Quando tornarono in sala comune erano esausti: erano stati tutto il pomeriggio a pulire. Però, allo stesso tempo, si erano divertiti parecchio a sentire le imprecazioni di Ron e vedere le facce sconvolte degli elfi.

 

“Non farò mai la vita da Babbano. Mai!”

 

“Pensa che invece ad Hermione piace lavare i piatti. A casa sua lo faceva con sua madre..” Harry fece spallucce, ricordandosi di quell'immagine. Poi la scacciò via, arrivando ad altri pensieri che era meglio dimenticare.

 

Non appena sorpassarono il quadro della Signora Grassa, Harry si lasciò cadere sul divano e allargò le braccia, invitando Hermione ad andare da lui. Lei non si fece attendere neanche un secondo, e lo baciò con un sorriso entusiasta sulle labbra.

 

“Dobbiamo dirvi una cosa, a tutti e tre.” Si mise affianco a lui, intrecciando le dita nelle sue e guardando Luna e Cho per supporto.

 

“Ci hanno date questa, poco fa.” Cho tirò fuori tre buste, con i nomi di Harry, Ron e Draco sopra. “Cercavano voi, ma eravate chiaramente occupati. E, bè, non abbiamo saputo resistere..” Sorrise a trentadue denti, come per giustificarsi. Consegnò le lettere ai tre dubbiosi ragazzi, che le aprirono subito.

 

“Oh mio Dio.. Non è possibile.” Ron spalancò la bocca e si passò le mani numerose volte tra i capelli.

 

“E' pazzesco! Davvero pazzesco.. Ma quand'è??” Draco sorrideva e leggeva quella lettera così velocemente che dovette tornare su tre volte.

 

Harry, d'altro canto, no aveva neanche mosso un muscolo. “Hai visto? Vi hanno scelti per un addestramento prova nel Quartier Generale degli Auror al Ministero qui a Londra, dopo la fine della scuola! Non è fantastico??” Hermione si girò ancora di più verso di lui, aumentando non poco l'entusiasmo.

 

“Mmm..” Fu l'unica risposta che diede Harry. Ripiegò la lettera e l'appoggiò sul tavolo di fronte a lui, con noncuranza. Ad Hermione scomparì piano piano il sorriso.

 

“Non capisco.. Che c'è?” Gli chiese, sentendo in sottofondo Draco e Ron che ancora elogiavano la loro fortuna nell'essere stati scelti.

 

“C'è che non mi interessa.” Harry si alzò, andando verso la finestra con una mano in tasca. Hermione serrò la mascella, socchiudendo gli occhi. Aspettò qualche secondo prima di raggiungerlo.

 

“Ciò che ti stanno offrendo non è da tutti. Sai bene quanto il Ministero Inglese sia all'avanguardia per quanto riguarda l'addestramento degli auror. Non è da tutti essere scelti..” Si appoggiò alla finestra per stargli di fronte.

 

“Lo so, non mi devi fare la lezione anche su questo.” Harry fu brusco, ma se ne pentì subito. “Cioè, non.. Insomma, non mi interessa e basta.”

 

“Ma per quale motivo? Potrebbe essere il lavoro della tua vita, per quanto ne sai! Che ti costa provare?” Hermione incrociò le braccia, ignorando a posta la frase detta da lui.

 

“Il lavoro della mia vita? Forse non ti ricordi bene quanto.. Lascia perdere, dai.” Harry fece per allontanarsi, ma Hermione parlò di nuovo.

 

“Non precluderti strade solo per paura di fallire, o solo per paura di non essere abbastanza. Sai bene che una soluzione la si può trovare sempre. Hanno scelto te perché tu vali. Come hanno scelto te come campione Tremaghi.. Non fare cose che poi ti faranno pentire! Provaci, dai..” Gli prese la mano, accarezzandola piano. Harry si girò verso di lei, con uno sguardo serio ma non duro.

 

“Troppe volte ho provato qualcosa che mi piaceva per poi non poterla avere. Non voglio farlo più..” Harry si staccò da lei e si diresse in dormitorio, senza aggiungere altro. Hermione raggiunse gli altri, con lo sguardo basso e deluso. Luna e Cho la guardarono, come per chiedere cosa si fossero detti: lei rispose semplicemente scuotendo la testa.

 

 

“Sono stati scelti pochissimi studenti, amico. Hanno selezionato coloro che hanno mostrato attitudine al mestiere di Auror, coloro che potrebbero tranquillamente superare l'addestramento.. Questa prova qui a Londra potrebbe aprirci le porte al Ministero Irlandese.” Draco parlava fitto fitto con Harry durante la lezione di Storia della Magia. L'ultima rivolta da parte dei Goblin era decisamente meno interessante rispetto alla notizia bomba che avevano ricevuto qualche sera prima.

 

“Draco, siamo seri. Sai benissimo che non potrei permettermi un vero addestramento Auror. Con i miei precedenti, con il fatto che non ho niente..” Harry scarabocchiava su un un pezzo di pergamena con la sua piuma. Alzò lo sguardo solo per un attimo verso Hermione, che ascoltava ogni parola che il professore diceva. “E poi, non posso deluderla. Se dovesse andare male questa prova ci rimarrebbe malissimo..”

 

“Sono solo due settimane, Harry. E poi devi farlo per te stesso, non devi pensare a nient'altro..” Draco continuò a persuaderlo per tutta la mattinata, finché riuscì finalmente a convincerlo all'ora di pranzo.

 

“Vorrei sapere perché a lui hai dato retta e a me no!” Ron pareva offeso, ma non abbastanza per smettere di mangiare come un bue affamato. Harry sorrise scuotendo la testa, continuando a pensare mentalmente a come dire ad Hermione che aveva cambiato idea. Lo avrebbe fatto quella sera stessa, nel posto che ormai era diventato solo loro.

 

 

“Ok, ehm..” Harry si guardò le mani, senza sapere bene da dove cominciare. Hermione incrociò le gambe sul letto, cominciando a preoccuparsi di ciò che il suo fidanzato doveva dirle.

 

“Ho deciso di fare quella prova di addestramento Auror.” Harry alzò lo sguardo sorridendole. Aveva voluto farla preoccupare un po' a posta, perché il viso felice e rilassato che le si dipingeva dopo era davvero impagabile.

 

“Sei un vero deficiente, Harry Potter!” Gli schiaffeggiò ripetutamente il braccio, senza però riuscire a smettere di sorridere. Gli saltò addosso, facendolo sdraiare sotto di lei. “Sono davvero contenta.. Davvero contenta.” Lo baciò sulla bocca ad ogni parola, stringendolo forte. Harry si godé quel momento appieno, lasciandosi baciare e coccolare. Quando sentì le sue mani sotto la sua maglietta, pronte a spogliarlo, cominciò a prendere in mano la situazione: la girò velocemente, mettendola sotto di se. Si tolsero i vestiti a vicenda, con calma, ridendo e prendendosi in giro, baciandosi e mordendosi.

 

“Ho bisogno di te come l'aria..” Le sussurrò all'orecchio Harry, mentre entrava dentro di lei. “Dimmi che mi ami, ti prego..”

 

“Ti amo, Harry. Più di tutto, più del mondo.” Hermione chiuse gli occhi e inarcò la schiena per il piacere. Harry la guardò, spingendo in lei: era incredibile come diventasse più bella mentre diventava completamente sua.

 

Quando Hermione si mise sopra, Harry si mise seduto, avvolgendola forte con le braccia e lasciandola muovere come più le piaceva: nascose il viso nel suo seno, avendo un brivido ad ogni suo gemito. Le accarezzò la schiena, partendo dal collo e arrivando fino al suo fondo schiena. Quando la sentì raggiungere il culmine, immerse una mano nei suoi capelli mentre lei buttava la testa all'indietro gemendo ancora più forte.

 

“Harry..” Lo chiamò, lui strinse gli occhi provando ancora più piacere. “Oh, Harry..” Hermione avvolse il suo collo con le braccia, appoggiando la sua fronte su quella di lui. “Quando tornerai a Dublino, io verrò con te.”

 

Harry tremò forte, immergendo i suoi occhi verdi in quelli nocciola di lei. “Che cosa?” Sussurrò, ansimando. Hermione strizzò gli occhi, sorridendo e tremando. Poi lo riguardò subito.

 

“Io verrò con te, amore.. Verrò con te.” Era sincera, Harry lo capì subito.

 

“Io.. Non ho niente..” Ormai quella frase Hermione la conosceva a memoria. “Non posso darti neanche un posto dove stare..”

 

“Non mi importa. Cominceremo insieme.. Io verrò con te.” Ripeté Hermione, congelando quella promessa con il bacio più vero e profondo che gli avesse mai dato.

 

 

Nei giorni successivi Harry ed Hermione non parlarono mai di ciò che si erano detti quella notte: lei provò più volte a tirare fuori il discorso, ma lui evitò sempre di ricaderci. Probabilmente era stata una cosa detta così, in un momento di estrema felicità e serenità. Harry aveva imparato che le promesse non vanno mai fatte in circostanze del genere, mai e poi mai.

 

“Stasera Ron vuole stare in giro, però a me non va molto.. Se ce ne stessimo un po' tranquilli io e te?” Hermione mise il libro nella borsa mentre camminava affianco ad Harry, diretta alla prossima lezione della mattinata.

 

“Va bene per me, neanche io ho molta voglia di uscire.” Harry si cacciò una mano in tasca annuendo. “Ehm.. Tra poco ci saranno le vacanze di Pasqua, tra l'altro.” Tentò Harry: voleva sapere cosa avrebbe fatto lei.

 

“Si, infatti. Mi hanno mandato una lettere i miei genitori proprio ieri, non te l'ho detto perché non c'è stato modo. Mi hanno chiesto di tornare a casa per quella settimana..” Hermione lo guardò con la coda dell'occhio, sapendo bene che stavano per affrontare un argomento non poco delicato.

 

“Ho capito..” Harry mise anche l'altro mano in tasca, e non la guardò. “ E ci vai?”

 

“Si, Harry. Non li vedo da Natale, lo sai..” Evitò, chiaramente, di chiedergli se voleva andare con lei. “E tu? Andrai da Ron? So che Luna starà da suo padre durante le vacanze.”

 

“Non lo so, sinceramente. Forse no.. Vedremo.” Harry tagliò corto. “Comunque è giusto che tu vada, sono contento che rivedi la tua famiglia. Porta i miei saluti a tua madre.. Cioè, se ti va.” Si passò una mano tra i capelli, imbarazzato. La famiglia di Hermione lo odiava a morte, ma forse sua madre era l'unica che l'aveva apprezzato almeno un po'.

 

“Ma certo che mi va! Sarà felice che la saluti..” Hermione si allargò in un sorriso sereno: era contenta che Harry l'avesse presa così bene.

 

“Poi magari, quando torniamo..” Continuò lei, afferrando il suo braccio, ma venne interrotta da un agitato professor Vitious.

 

“Oh, Potter! Finalmente.. Deve andare nell'ufficio del preside, immediatamente. Io nel frattempo rintraccio il signor Thomas.” Il piccolo professore cominciò a spronare Harry, ripetendogli che doveva far presto e che lo stavano aspettando. Scomparve tra altri studenti chiedendo a chiunque dove fosse Dean Thomas.

 

Hermione sbiancò, e non lasciò affatto il braccio di Harry. “Che significa? Perché devi andare la?”

 

“Stai tranquilla, sarà solo un'altra stupida intervista. Vedrai..” Harry la tranquillizzò baciandola.

 

“Finché questo maledetto torneo non sarà finito, non starò mai tranquilla.” Lo lasciò andare a malincuore, guardandolo dirigersi verso l'ufficio di Silente. Con il cuore in gola per l'ansia, continuò a camminare verso l'aula di Trasfigurazione.

 

Harry arrivò di fronte all'ormai familiare Gargoyle, trovandoci Martin Gully a passeggiar avanti e indietro senza sosta. Non appena lo vide arrivare, gli si avvicinò e si diedero la mano facendola schioccare a mezz'aria.

 

“Sai niente?” Chiese Harry.

 

“No, niente. Mi hanno detto solo di aspettare voi due e poi di entrare..” Martin, mentre ancora parlare, vide, sopra la spalla di Harry, Dean che arrivava con lo sguardo dubbioso uguale identico al loro. Si salutarono, e il professor Vitious disse ad alta voce la parola d'ordine.

 

“Torta di glassa.” Il Gargoyle si mosse all'istante, facendo apparire la solita scala a chiocciola. Salirono tutti insieme, uno dietro l'altro, e spuntarono di fronte alla grande porta che segnava l'ingresso dell'ufficio del preside di Hogwarts. Non fecero neanche in tempo a bussare, che il preside Crowford aprì la porta.

 

“Oh, ragazzi. Finalmente, finalmente.” Diede diverse pacche sulle spalle di Harry, facendo entrare tutti. Dopodichè, raggiunge gli altri due presidi al di la della scrivania di Silente. Erano tutti e tre in piedi, con lo sguardo che ormai i tre campioni avevano imparato a conoscere fin troppo bene.

 

“Molto bene, ci siamo tutti. Grazie, professor Vitious, per la sua immancabile tempestività.” Silente congedò il piccolo professore, che si dileguò con un accenno di inchino ossequioso. Non appena chiuse la porta alle sue spalle, Silente fece sedere i tre ragazzi.

 

“Cari campioni, siete stati prelevati con questa urgenza perché ci sono appena arrivate tutte le varie informazioni per la Seconda Prova Inaspettata, che avrà luogo a breve.” Silente parlò con la sua solita calma e pacatezza, mentre gli altri due presidi faticavano a stare fermi dalla trepidazione. I tre ragazzi si eressero sulle sedie, cominciando già a prepararsi mentalmente per ciò che avrebbero dovuto affrontare.

 

“Come già avete imparato sulla vostra pelle, le prove inaspettate sono mirate a calcolare la vostra forza psicologica. Tendenzialmente, nella storia dei Tornei Tremaghi, queste prove hanno la particolarità di poter essere affrontate tutti e tre voi insieme.” Silente fece una pausa, appoggiando entrambe le mani sulla sua scrivania così da avvicinarsi di più ai campioni. “In questa, però, sarete soli.”

 

Harry, Dean e Martin non mossero un muscolo. Continuarono ad ascoltare le parole di Silente, sapendo che perdersi anche solo un passaggio avrebbe potuto significare non superare la prova stessa.

 

“Ora, vi accompagneremo in tre sale diverse, ogni preside con il proprio campione. Sarete muniti di bacchetta, solo e soltanto di bacchetta.” Silente cominciò a camminare, arrivando proprio davanti a loro. “Ricordatevi sempre che non importa ciò che vedrete, ciò che subirete. Una via d'uscita la troverete sempre nelle Prove: non sono state create per essere infallibili. Sono state create per testarvi in maniera crudele, ma fino ad adesso le avete superate più che discretamente.” Fece un'altra pausa, per scrutare uno per uno i campioni con i suoi occhi azzurro chiaro. “Affronterete la Prova contemporaneamente: chi riuscirà a superarla per primo, sarà il vincitore e guadagnerà diversi punti.”

 

 

“Presto, presto! Da questa parte.” La professoressa McGranitt dirigeva tutti gli studenti verso la Sala Grande, che era stata magicamente divisa in tre sale più piccole. In ogni stanza, una porta spalancata portava sopra un nome di un campione Tremaghi. “E' stata indetta la Prova Inaspettata, tutte le lezioni di oggi sono annullate. Potrete scegliere voi stessi quale prova di quale campione seguire, perchè saranno svolte contemporaneamente. Presto, presto. Prendete posto senza gingillarvi!” La professoressa spingeva gli studenti a scegliere senza indugiare, il tempo stringeva e aveva avuto ordini precisi da Silente.

 

Hermione stringeva le mani di Luna e Cho, mentre insieme a Ron e Draco s'infilavano nella sala adibita per assistere la prova del campione di St.Patrick, Harry Potter. I posti stavano quasi esaurendo, e magicamente si aggiungevano sedie in ogni lato della stanza. Il grande schermo che fluttuava nella parete infondo era ancora completamente nero, con il nome del campione che spiccava di un verde acceso.

 

“Non ce la posso fare più..” Hermione scosse la testa, sedendosi in mezzo alle sue amiche.

 

“Preferisci non vedere? Possiamo pure stare fuori, non siamo obbligate, lo sai..” Luna le accarezzò una mano, tentando di sorridere.

 

“No, preferisco restare.” Hermione alzò lo sguardo, leggendo intensamente il nome di Harry sullo schermo. Sperava di potergli mandare con il pensiero tutto ciò che stava sentendo.

 

 

I tre presidi, in religioso silenzio, accompagnarono i campioni in un aula che sembrava dismessa: trovarono li fuori alcune persone, che probabilmente erano organizzatori del Torneo. Tre uomini stavano proprio di fronte a tre porte diverse, ognuna con il simbolo di una delle tre scuole della Gran Bretagna. Crowford prese Harry sotto braccio.

 

“Sei pronto?” Gli chiese, cercando di tranquillizzarlo con lo sguardo.

 

“Si..” Rispose Harry, non molto sicuro della sua risposta. Non aveva la minima idea di cosa lo stava aspettando. Il suo preside annuì e fece un cenno all'uomo davanti alla porta con lo stemma di St.Patrick: questi aprì subito la porta, aspettando che Harry entrasse da solo. Prima di sparire dentro quella stanza apparentemente vuota, lanciò un'occhiata ai suoi due colleghi campioni: si guardarono tutti e tre per un attimo, augurandosi buona fortuna silenziosamente.

 

“In bocca al lupo, Harry.” Disse Crowford, prima di vedere il suo campione sparire dentro la stanza con quell'uomo tutto vestito di nero e fin troppo serioso.

 

Il silenzio della quella stanza era quasi innaturale, sembrava di essere in una sorta di bunker insonorizzato: tutto quanto, comprese le pareti, erano nere. L'unica fonte di luce proveniva da una torcia posta sul fondo.

 

“Si metta al centro, prego.” Quell'uomo parlò, e ad Harry parve che anche la sua voce fosse nera. Obbedì immediatamente, senza chiedere spiegazioni: sapeva che avrebbe saputo tutto a tempo debito.

 

“Bacchetta alla mano, campione Potter.” L'uomo si mise di fronte a lui, poco distante. Harry tirò fuori la bacchetta dalla tasca, impugnandola saldamente nella sua mano destra. Prese un bel respiro profondo, chiudendo gli occhi, per prepararsi.

 

“Che colore assocerebbe alla paura, campione Potter?” L'uomo lo guardava fisso, senza neanche battere ciglio.

 

“Il nero.” La risposta gli arrivò alla bocca senza neanche doverla pensare: probabilmente tutto l'ambiente gliel'aveva suggerita istantaneamente.

 

“Sta per affrontare alcune sue paure più profonde: più lei si farà sopraffare da esse, più loro aumenteranno d'intensità e di numero. Se lei riuscirà a domarle, la Prova si interromperà tempestivamente e risulterà superata.” L'uomo, mentre parlava, si allontanava sempre di più. Harry cominciò a sentirsi strano, come se qualcosa nell'aria viziata di quella stanza lo stesse trasportando chissà dove.

 

“Ciò che vedrà saranno i suoi timori più grandi, i suoi incubi incancellabili, le sue più irrazionali fantasie che la terrorizzano. Questo, però, non significa che non sarà reale.” L'uomo scomparve del tutto nell'ombra, e Harry cadde per terra svenuto. La torcia si spense all'istante, e lui venne sollevato da terra per alcuni secondi: non appena ricadde a terra, aprì gli occhi di botto.

 

Per un folle attimo pensò di aver sognato tutto, ma sentendo la sua bacchetta stretta nella mano si accorse che era stato tutto reale. Si alzò, massaggiandosi la testa: come diavolo avevano fatto a fargli perdere i sensi in quel modo?

 

“Le mie paure più grandi.. Comincio a pensare che questo Torneo voglia solo farsi una bella dose di affari nostri.” Harry parlò da solo, illuminando quella stanza con la bacchetta. Non riusciva a capire quanto fosse grande, perché più gli sembrava di avvicinarsi alle pareti, più quelle si allontanavano. “Ma che diavolo..”

 

Non riuscì a finire la frase, perché calpestò qualcosa. O meglio, qualcuno. Si ritrasse subito, impaurito: un uomo coperto di sangue giaceva morto proprio ai suoi piedi. D'improvviso, le luci si fecero più forti. Sembrava che lo avessero massacrato con diversi oggetti, bastoni e chissà cos'altro. Harry si stava per abbassare per vedere se poteva fare ancora qualcosa per lui, ma qualcuno parlò.

 

“Cosa credi di fare, adesso? Credi di poter rimediare? Sapevo lo avresti fatto, lo sapevamo tutti.” La voce di suo zio Vernon lo trafisse come una lama ghiacciata. Harry alzò lo sguardo su di lui, vedendolo avvicinare da lontano. Non seppe neanche lui tutte le sensazioni che provò in quel momento, ma sicuramente nessuna era positiva.

 

“Sapevo che avevo tenuto in casa un delinquente, lo sapevo! Assassino, sei un assassino.” La voce urlante di sua zia Petunia gli trafisse il cervello: si affiancò vicino al marito, con le braccia incrociate e lo sguardo arrabbiato e schifato. Il solito sguardo che aveva sempre riservato ad Harry.

 

“Che cosa state dicendo?” Chiese lui, non capendo a cosa si riferissero.

 

“Fai anche il finto tonto adesso? L'hai ucciso tu. Perché sei un violento, un delinquente! Era solo questione di tempo.. Questione di tempo.” Zio Vernon si avvicinò lentamente, assumendo uno sguardo sempre più cattivo.

 

“No.. Non è vero. Non è possibile..” Harry cominciò ad indietreggiare, guardando con occhi sbarrati quell'uomo sconosciuto e morto proprio sotto di lui. Aveva il volto fracassato, completamente.

 

“Guarda le tue mani, ragazzo.” Petunia lo fissò, con occhi rossi di rabbia e disgusto. Harry se le guardò immediatamente, e con indicibile orrore le scoprì coperte di sangue ancora fresco. Sobbalzò, trattenendo il respiro: aveva le nocche distrutte, il dorso aperto in diversi punti.

 

“Non sono stato io. Non sono stato io..” Disse più volte Harry, in modo febbrile. Cercò di ripulirsi le mani, guidato da un folle pensiero di disfarsi delle prove.

 

“Per questo non ti abbiamo mai voluto. Perché sei un violento, e perché sapevamo che prima o poi l'avresti fatta grossa.. Come potrai vivere adesso? Adesso che hai ucciso una persona con le tue mani.” Zio Vernon lo afferrò per il colletto, scuotendolo con vigore e alitandogli in faccia tutto il suo disprezzo.

 

“Non posso essere stato io. Io sono cambiato..” Harry cercò tutta la forza che riuscì a trovare, continuando a torturarsi le mani per liberarsi di quel sangue che gli sporcava l'anima.

 

“Tu non potrai mai cambiare. Tu sei un animale, hai ucciso una persona. Sei un essere senza moralità..” Zia Petunia si appese alla spalla del marito, sputacchiando sentenze sul nipote. Harry si sentì soffocare, si sentì trafiggere più volte da quegli occhi che aveva imparato ad odiare così tanto, da quei parenti che l'avevano fatto sentire solo per tutta la vita.

 

“Io.. Io non..” Si sentiva quasi mancare, non riusciva a smettere di guardare a intervalli regolari quell'uomo morto abbandonato sul pavimento. Tentò di ricordare: perché l'aveva ucciso? Che gli aveva fatto di così grave? Forse niente. Forse avevano ragione i suoi zii, era solo un animale senza moralità. Era arrivato a fare ciò che aveva sempre più temuto succedesse: uccidere una persona. Harry cominciò a sentirsi tremendamente solo, senza nessun appiglio, senza niente e nessuno a poterlo salvare da quella spaventosa situazione.

 

“Ho ucciso una persona..” Sussurrò piano, lasciandosi quasi abbandonare tra le grasse mani dello zio.

 

“Si. L'hai fatto.” Confermò zia Petunia, avvicinando ancora di più il suo viso a quello del nipote. “E niente e nessuno potrà salvarti. Perché nessuno crede in te.”

 

Fu a quel punto che Harry reagì. Tutto un tratto, tutto gli sembrò chiaro. “Vi sbagliate.” Si sciolse dalla presa di zio Vernon con forza, e i due coniugi indietreggiarono con lo sguardo spaventato. “Grazie alla vostra mancanza d'amore, io scoperto tante cose. Ho scoperto cosa vuol dire avere qualcuno che crede in te, che ti sta affianco nonostante tutto. Che si prende cura di te, che cambia con te.” Harry si eresse in tutta la sua statura, sentendosi improvvisamente di nuovo forte. “Io non ho ucciso quella persone, perché io sono cambiato. Io non ho ucciso quella persona, perché tutto l'odio che provavo per voi ormai l'ho dimenticato e accantonato. Non siete niente, e ora lo so.”

 

Ad ogni parola che Harry pronunciava, i suoi zii si facevano sempre più lontani, sempre più piccoli e sempre più in penombra. “Io non ho ucciso quella persona, perché ormai ho capito che l'amore è più forte di tutto.” Vernon e Petunia Dursley scomparvero del tutto. Harry si guardò subito le mani, tornate pulite come prima: l'uomo morto a terra si era dissolto nel nulla.

 

 

Mentre un applauso scoppiò nell'aula gremita per la Prova Inaspettata del campione di St.Patrick, Hermione sorrideva con le lacrime agli occhi. “Hai visto? E' stato bravissimo.. E' stato bravissimo!” Luna l'abbracciava felice, entusiasta di come Harry avesse scacciato quell'orrenda paura.

 

“Dai Harry, forza! Continua così e vinci la Prova!!” Ron esultava, aizzando tutto il pubblico a tifare più forte per il suo migliore amico. Draco urlava quanto lui, probabilmente convinto che Harry potesse sentirli. L'ilarità, purtroppo, durò molto poco. Non appena sentirono una voce provenire da quell'inquietante stanza nera dove si trovava Harry, si agghiacciarono.

 

“Oddio.. Quella era, è..” Balbetto Hermione, incredula.

 

“La tua voce, Hermione.” Disse Cho, quasi a bocca aperta.

 

 

Harry si bloccò all'istante, sentendo quella voce. L'avrebbe riconosciuta ovunque, anche al buio. Avanzò lentamente, sperando con il cuore di essersi sbagliato: le pareti, esattamente come prima, si allontanavano ad ogni passo che lui faceva verso di loro. Si guardò in giro, cercando di trovare un orientamento impossibile. Poi la risentì, questa volta distintamente.

 

“Harry, dove sei?” Hermione lo stava chiamando da chissà dove.

 

“Hermione!” Harry cominciò ad agitarsi non poco, aumentando il passo verso ogni parete, cercando di capire se ci fosse qualche porta nascosta o qualche uscita alternativa.

 

“Harry, sono qui.” Hermione lo chiamò ancora, e Harry si girò di scatto. Era la, seminascosta dall'oscurità e con uno sguardo a dir poco impaurito ed inquieto. Le corse incontro, chiedendosi come aveva fatto a non vederla pochi attimi prima che era passato proprio di li.

 

“Che diavolo ci fai tu qui?” La prese tra le braccia, stringendola forte e inspirando il suo profumo. Lei, però, non ricambiò affatto la stretta.

 

“Secondo te? Mi hanno presa un'altra volta.” Si staccò da lui, assumendo uno sguardo arrabbiato. “Ma infondo è così che funziona con te, giusto? Sono perennemente in pericolo.”

 

“Ma che dici.. Lo sai che non lo decido io, mi dispiace ma..” Harry si trovò non poco spiazzato.

 

“Lascia perdere, Harry. Tanto, a dirtela tutta, neanche mi importa molto.” Gli diede le spalle, incrociando le braccia, e si mise a capire il senso di quella stanza, come se volesse uscirne da sola.

 

“Che cosa significa? Ti avranno portata qui per crearmi maggiore difficoltà, come nella Seconda Prova. Ti spiego cosa devo fare, così ne usciremo insieme..” Harry le si avvicinò, prendendole un braccio. Lei, però, lo scrollò con decisione.

 

“Mio Dio, Harry! Mi da fastidio anche solo che mi tocchi, dico sul serio.” Si allontanò stizzita, continuando a studiare accuratamente la stanza. “Mi chiedo come posso essere finita in una situazione paradossale del genere, per uno come te.” Parlò con tale freddezza, che Harry si congelò all'istante.

 

“Ma che dici..” Ripeté lui, più debolmente. Hermione si girò di scatto verso di lui, parlando con così tanta cattiveria e sincerità che lo disarmò completamente.

 

“Che dico?! Dico che posso avere molto di più di uno come te.” Lo indicò, con tale disgusto che Harry dovette indietreggiare. “Che cosa puoi darmi tu? Solo tanti problemi e tante situazioni assurde come questa. Non ci tengo proprio a rischiare la vita per niente, grazie tante.” Si voltò di nuovo, ributtandosi alla ricerca di un'uscita.

 

Harry rimase a guardarla da dietro, senza riuscire a capire cosa le stesse prendendo. Sentiva le mani tremare, all'unisono con il suo cuore. Cercò di convincersi che fosse solo molto arrabbiata a causa della situazione in cui l'aveva di nuova inconsapevolmente trascinata.

 

“Sei solo scossa, non è così? Ti posso portare fuori subito se vuoi, basta che mi arrendo..” Harry ritentò di avvicinarsi, con cautela. Non stava più riconoscendo la donna che amava incondizionatamente. La risata ironica che gli arrivò in risposta lo fece bloccare nuovamente.

 

“Oh, Harry. Tu proprio non ci arrivi eh? Non sono solo scossa. Sono soltanto troppo buona e certe cose ho avuto il coraggio di dirtele soltanto adesso. Le penso da sempre, in realtà.” Lo guardò di nuovo, trafiggendolo ad ogni parola.

 

“Non riesco a starti dietro, Hermione. Solo poche sere fa hai detto di voler venire con me a Dublino..” Harry si passò una mano tra i capelli, sentendosi mancare. Hermione rise di nuovo, scuotendo la sua chioma.

 

“Ma davvero credevi facessi sul serio? Andiamo, Harry. Come potevi pensare che uno come te potesse avere un futuro con una come me?” Hermione gli si avvicinò, improvvisamente beffarda, improvvisamente non più l'Hermione che aveva sempre conosciuto lui.

 

“Una come me, che potrebbe scegliere di avere tutto, che potrebbe scegliere di avere un uomo che dia tanta sicurezza e stabilità.. Dimmi, Harry, davvero una come me sceglierebbe uno come te?” Hermione gli accarezzò una guancia, e lui non si mosse di un millimetro a quel tocco.

 

“No..” Rispose lui, sentendosi sempre più debole e sempre più assente. “Avevi detto di amarmi..” Parlava più a se stesso che a lei.

 

“Ti ho detto tante cose, Harry.” Hermione sorrise, voltandogli di nuovo le spalle. “Adesso arrenditi, voglio uscire immediatamente da qui.” Harry guardava un punto impreciso nel vuoto, sentendosi completamente fuori gioco. Per tutto. Non aveva più forze, non aveva più il minimo interesse. Lanciò uno sguardo alla sua bacchetta, stretta nella mano destra: gli bastava dire due parole per catapultarsi fuori da li, almeno avrebbe messo Hermione in salvo.

 

“Prima ho superato una paura sai, pensando a te.” Harry la guardò da dietro. “Era questa la Prova, superare le proprie paura più profonde.” Harry, senza neanche rendersene conto, si stava dando la risposta da solo. “Io ho sempre avuto una folle paura, da quanto ti ho conosciuta, che tu prima o poi mi dicessi una cosa del genere.”

 

Hermione si voltò per l'ennesima volta verso di lui, guardandolo più accigliata di prima. “Bene, finalmente i tuoi pensieri sono diventati realtà allora. Ora arrenditi, avanti.” Sembrava avesse fretta. Troppa fretta.

 

“Lo sai qual è il guaio, però? Io mi fido di te. Ciecamente.” Harry la guardò dritto negli occhi, cercando la luce della donna che amava. Non la trovò. “Mi fido della mia Hermione.” Scandì la parola mia con un certo vigore, e la finta Hermione che aveva di fronte cominciò ad indietreggiare piano.

 

“Non potrai mai liberarti di me.” Disse lei, con tono minaccioso.

 

“Lo so. Ma lei mi aiuterà a tenerti sempre a bada, sai?” Harry strinse di nuovo la bacchetta, rendendosi conto che stava impiegando non poche forze per dire e fare tutto ciò. Hermione cominciò a svanire lentamente, nell'oscurità di quella stanza. Improvvisamente, il panico si dipinse nel suo bel volto.

 

“Harry, ti prego, aiutami! Non lasciare che mi prendano. Harry!!” Hermione allungò le sua mani verso di lui, con il terrore negli occhi. Lui, per alcuni attimi interminabili, si sentì male a trattenersi dal salvarla: in cuor suo sapeva, però, che era giusto lasciarla andare via.

 

“Mi fido dell'Hermione Granger che ha saputo amare l'uomo che sono. Mi fido della donna che, tra tutti, ha scelto proprio me.” Harry disse quest'ultima frase con tutta la forza che aveva dentro, vedendo quell'Hermione fittizia scomparire nel nulla, urlando il suo nome. Si lasciò cadere sulle ginocchia, esausto e con il fiatone: strizzò gli occhi, premendo una mano sul cuore. Quella Prova era probabilmente la più crudele di tutte.

 

 

Ron e Luna avevano faticato parecchio a tenere Hermione ferma sulla sedia. Aveva urlato non parole molto carine a quella copia falsa di lei, accompagnata dalla metà della sala che le dava pienamente ragione. “Lo sapevo che lo avrebbe capito.. Lo sapevo!” Hermione batteva le mani insieme a tutti gli altri, con il volto rigato dalle lacrime e l'ansia che ancora le mangiava lo stomaco. Quell'orribile paura di Harry lei l'aveva sempre saputa, anche se aveva sperato che ormai fosse stata sconfitta del tutto: invece no. Ancora si aggirava nei suoi incubi peggiori. Si sentì male per tutta la durata di quella conversazione: vedere lei stessa su quello schermo, trattare in quel modo Harry.. C'era mancato davvero poco che non saltasse dentro quell'immagine.

 

“Porca miseria, questa Prova li sta distruggendo psicologicamente.” Draco si passò entrambe le mani tra i capelli, silenziosamente contento di non essere stato scelto campione per la sua scuola. “Dai, cazzo, amico. Continua così e ti faranno uscire da quell'inferno..”

 

 

Harry prese diversi respiri profondi, cercando di levarsi dalla testa il viso disgustato di Hermione. Si sollevò da terra, sciogliendo un po' i muscoli e cercando di recuperare le forze. Era stato praticamente fermo, ma gli sembrava di aver percorso chilometri e chilometri correndo per quanto si sentiva stanco. Capì che era inutile, la stanchezza psicologica è molto più forte di quella fisica.

 

Riprese a camminare, ormai consapevole che non avrebbe trovato affatto una porta in quella piccola e infinita stanza. Le pareti diventavano sempre più nere a contatto con la luce della sua bacchetta, e costantemente lontane a ogni suo passo. “Dopo Hermione Granger incazzata, posso affrontare qualsiasi cosa.” Si disse Harry, per darsi forza.

 

“Hermione Granger, me la ricordo bene sai?”

 

Harry si voltò di scatto, sentendo sulla pelle una bruttissima sensazione. Un brivido per niente piacevole gli attraversò la schiena, riuscendo a ghiacciarlo quasi completamente. “Che c'è, non mi vedi? Sono proprio qui.” Harry tornò a guardare dritto davanti a se, sobbalzando per lo spavento. Un Harry Potter,più maturo, con barba incolta, capelli più lunghi e brizzolati e vestiti di seconda mano lo guardava con un sopracciglio alzato. “Sapevo che prima o poi avrei avuto l'occasione di ricontrarmi.” Cominciò a girare intorno all'Harry giovane, studiandolo per bene.

 

“Accidenti, ero davvero in forma. Me lo ricordo bene, ero atletico.” Si toccò le sue braccia più giovani, tastando i muscoli tesi e definiti dell'Harry attuale che ancora era sotto schock.

 

“Chi sei tu?” Chiese infine, con un filo di voce. L'Harry adulto rise di gusto.

 

“Mi ricordavo più sveglio. Sono te, testone. A 45 anni, di preciso.” Incrociò le braccia, come se aspettasse altre domande.

 

“Perchè sei qui?” Harry indietreggiò, non poco impaurito dalla risposta.

 

“Mi pare ovvio, no? Sono venuto a mostrarti cosa sarai.” Allargò le braccia sorridendo e facendo un paio di giravolte su se stesso. “Un immenso, enorme, impagabile niente.”

 

Harry lo scrutò meglio: notò le sue mani così consumate che sembravano quelle di un vecchio, denti poco curati, occhiaie scure sotto gli occhi ancora verde bottiglia. Harry riuscì a notare anche un'altra cosa: non era per niente felice.

 

“Che ne è stato di te?”

 

“Di noi, vorrai dire.” L'Harry adulto sorrise di nuovo, senza la minima euforia. “Bè, semplicemente siamo andati incontro al nostro destino, è ovvio. Un ragazzo come noi, dove poteva finire se non solo e senza niente? Ma il nostro sangue freddo ci mantiene sempre in vita, sai..” Si mise in posizione di combattimento, simulando un incontro di box inesistente. “Ce la caviamo anche da soli. Non abbiamo bisogno di nessuno, io e te.”

 

“Che ne è stato delle persone che avevi affianco?”

 

“Avevamo. Ognuno si è fatto la propria vita, ognuno ha preso la propria strada.. Noi siamo solitari, giusto? A noi non importa di avere persone affianco, infatti ce la caviamo alla grande, amico!” L'Harry più grande cominciò a ridere guardando in alto, fingendo una serenità che aveva perso tempo addietro. “Sei destinato a restare solo, come hai sempre voluto tu. Non sei contento di vedermi così?”

 

Harry indietreggiò, guardando se stesso in un futuro che che sentiva che non poteva appartenergli davvero, ma che sapeva di rischiare tutti i giorni della sua vita visto il suo carattere e la sua innata capacità di allontanare le persone.

 

“Finirò così, non è vero? Tu sei il mio futuro, e non posso evitarlo..” Harry abbassò lo sguardo, dandosi dello stupido per aver anche solo sperato di aver avuto una possibilità di cambiamento.

 

“Mi dispiace, figliolo. Ma lo accetterai, con il tempo. La felicità non fa parte di noi, purtroppo.. Non ne ha mai fatto parte.” L'Harry adulto appoggiò le sue mani sulle spalle di lui al giovanile. “Senza genitori, senza parenti, senza speranze, senza un tetto, senza passioni..”

 

“Ma con amici, con affetti.” Harry sentì il peso delle sue parole come un pugno secco nello stomaco. Il suo lui più vecchio tolse gli tolse le mani dalle spalle, facendo qualche passo indietro.

 

“Non ti porteranno a niente. Sei destinato a restare solo, per tutta la vita.” Improvvisamente si fece duro.

 

“Non sei stato capace di tenerti stretto le persone, ma io invece ci riuscirò.” Harry strinse i pugni, sentendosi ancora più stanco. Ancora più debole.

 

“Ti sbagli, ragazzo. Io sono il tuo futuro, non potrai fare niente per evitarmi.” Tentò di fare altre passi avanti, ma Harry fu più forte. Sollevò la bacchetta, puntandogliela contro deciso.

 

“Sei il mio futuro che non vorrò mai avere. Sei il me che non mi appartiene più.”

 

“Che fai? Abbassa quella bacchetta. Ferirai tutti e due..” L'Harry adulto alzò le mani, come per difendersi, e cominciò a indietreggiare più velocemente.

 

“Sei solo una semplice cosa da distruggere, prima che sia troppo tardi. REDUCTO!” Harry scagliò l'incantesimo contro il se stesso che gli stava di fronte, e non appena lo colpì volò all'indietro anche lui stesso, sbattendo forte al suolo e scivolando lontano.

 

Era rimasto di nuovo solo, sentendo una ferita nell'anima: era come se avesse perso per sempre una parte di se. Si alzò piano, lamentandosi per i dolori subito dall'anatema appena lanciato su se stesso. Si sollevò la maglietta, notando sull'addome un grosso livido che da li a pochi attimi avrebbe cominciato a fargli parecchio male. Mai male, però, come il dolore che provava dentro di se.

 

“Che Prova..” Sussurrò, rimettendosi a posto la maglia e raccogliendo la sua bacchetta da terra. Non appena fece un passo per riprendere quell'assurdo viaggio tra i suoi incubi, una voce lo chiamò.

 

“Harry, mi senti?”

 

Puntò la bacchetta dritta davanti a se, pronto a qualsiasi attacco. Sentiva che le forza piano piano lo stavano abbandonando del tutto. Avanti, Harry, resisti. Puoi farcela. Si disse nella mente.

 

“Harry, coraggio.. Apri gli occhi.”

 

Apri gli occhi? Erano perfettamente aperti. Provò a voltarsi in ogni angolo di quella stanza buia, e ad un certo punto la vide: una luce molto forte, provenire dalla parete più distante. Si allargava velocemente, troppo velocemente. Harry indietreggiò, non riuscendo però a togliere lo sguardo da quella luce sempre più accecante. Che diavolo era?

 

“Dai Harry, hai finito! Hai superato la Prova!!” Il preside Crowford continuò a scrollare Harry, aiutato da un medimago pronto a soccorrerlo. Era su una barella, ancora mezzo svenuto a causa dell'incantesimo sferrato da uno degli organizzatori del Torneo per creargli le illusioni che aveva dovuto affrontare durante la Prova. Piano piano stava aprendo gli occhi.

 

“Eccolo, è tornato. Sta riprendendo conoscenza.” Il preside lasciò il posto al medimago, che cominciò a controllare gli occhi di Harry: vagavano per la stanza, spalancati, senza sapere bene dove si trovasse.

 

“Tranquillo, ragazzo. E' tutto finito, sei di nuovo nel mondo reale.” Il medimago gli controllò la ferita nell'addome, dichiarandola non grave e preparando intrugli magici per farla guarire in fretta.

 

Harry si sollevò sui gomiti, sentendo però la testa girargli come non mai. Si ributtò subito sul cuscino, spinto dal dottore che lo rimproverò.

 

“Sei stato grande, Harry. Mannaggia a te, sei davvero bravo.” Crowford saltellava affianco al suo letto, euforico per la perfetta riuscita della Prova da parte del suo pupillo. “Sei stato il primo a finire tutto. Hai affrontato solo tre paure, solo tre! I tuoi due colleghi sono ancora nell'illusione.”

 

Harry mugugnò in risposta, non riuscendo a dire altro. Guardò il soffitto, mentre il medimago gli tagliava con un colpo di bacchetta la sua maglia per levargliela e per evitare di fargli fare troppi movimenti.

 

“Questa brucerà un po', signor Potter.” Non aspettò risposta e cominciò a spargere una strana pomata dall'odore acre sulla sua ferita. “Domani avrà soltanto un ombra di livido, vedrai.” Harry fece alcune smorfie di dolore e fastidio, stringendo tra le dita il lenzuolo.

 

“Quindi è andata bene?” Sussurrò finalmente Harry, rivolgendosi al suo preside che ancora sorrideva.

 

“Bene? E' stata perfetta. Oh, ecco.. Dean Thomas si è appena risvegliato, vado a vedere come sta e com'è il suo punteggio.” Crowford si dileguò, Harry lo seguì con lo sguardo e non appena aprì la porta intravide distintamente Hermione. Si sollevò di nuovo sui gomiti, rischiando di vomitare per l'ulteriore giramento di testa.

 

“Signor Potter, insomma!!” Si spazientì il medimago.

 

“Mi spiace, mi spiace..” Harry chiuse gli occhi respirando profondamente per riprendersi. “C'è la mia ragazza la fuori, signore. Vorrei vederla, per favore.”

 

“Non puoi vedere nessuno adesso, sei troppo debole per..” Ma il medimago venne interrotto.

 

“Signorina Granger, spero ti renderai conto che dovrò prendermi una bella strigliata da tutti i medimaghi presenti adesso ad Hogwarts, per non parlare degli organizzatori del Torneo che ancora sono presenti a scuola.” Silente entrò dalla porta, lasciandosi soprassare da una Hermione visibilmente agitata e riconoscente nei confronti del suo preside. “Solo due minuti, e poi via.”

 

Il medimago fu sbalordito quando Hermione si avvicinò di corsa ad Harry, prendendogli il viso tra le mani e non riuscendo a trattenere le lacrime. Rivolse a Silente uno sguardo di rimprovero, che questi accettò senza riserve.

 

“Sei stato così bravo, amore.. Così bravo.” Hermione prese a baciarlo su tutto il viso, sfregando i loro nasi. “Sei arrivato primo, sei stato fantastico.”

 

Harry appoggiò le mani sulle sue, sentendo che la sua cura più efficace era arrivata proprio in quel momento. Non le disse niente, si lasciò semplicemente coccolare, sentendosi subito meglio.

 

“Non era vero niente, lo sai vero? Quella non ero io.. Non era vero niente.” Disse Hermione più volte, incapace di trattenere l'agitazione.

 

“Ora lo so.” Sussurrò Harry, baciandola sulla bocca.

 

“Bene, signorina Granger. Adesso deve proprio andare. Il signor Potter uscirà da qui non appena possibile.” Silente appoggiò una mano sulla spalla di Hermione, che annuì. Lo ringraziò sinceramente e uscì, molto più serena di prima.

 

“Come sta Dean?” Chiese subito Harry, rivolto al preside di Hogwarts.

 

“Oh, molto bene. Debole, certo.. Si è svegliato pochi minuti dopo di te, ora lo stanno curando. Ha dovuto affrontare quattro paure, mentre il signor Gully sta ancora affrontando la sesta, che ci auguriamo sia l'ultima.” Silente sorrise. “Comunque sia, ero venuto per congratularmi con il vincitore della Prova Inaspettata. Ti sei rifatto di quella precedente, questo è certo.” Si voltò ed uscì di nuovo dalla stanza, raggiungendo il suo campione per accertarsi che si fosse ripreso del tutto.

 

Harry guardò il soffitto di nuovo, senza ascoltare le raccomandazioni che gli fece il medimago. Ripercorse velocemente ciò che aveva affrontato in quella stanza buia: le sue tre paure più nascoste, che lo tormentavano ogni giorno e che non aveva mai tirato fuori. Tranne quella di Hermione, forse. Sapeva infondo che lei lo aveva sempre saputo.

 

La paura di poter uccidere un uomo, quella paura che gli avevano sempre inculcato i suoi zii: forse l'aveva sconfitta una volta per tutte. Forse non gli sarebbe più apparso in sogno durante la notte. La paura di se stesso, del suo carattere indomabile, della sua scontrosità, del suo futuro da solo come un cane. Era riuscito a sconfiggere anche quella? A giudicare dal dolore che provava dentro e sull'addome, forse si.

 

Forse aveva ragione la sua Hermione. Forse stava cambiando davvero.

 

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Capitolo 17
*** Non Basta Più ***


17. NON BASTA PIU'

 

 

 

 

 

 

 

 

Hermione guardava torva la sua valigia: aveva dimenticato sicuramente qualcosa. Perché le sembrava così vuota? Ricontrollò per l'ennesima volta che avesse messo tutto il necessario. Questi jeans mi servono, queste maglie anche, speriamo ci siano belle giornate per mettermi questa gonna.. Pensò passandosi tra le mani i suoi vestiti. Buttò un occhio all'orario, avrebbe fatto tardi se avesse continuato a perdere tempo. Chiuse una volta per tutte la valigia, si sistemò i capelli allo specchio e scese in sala comune: tutte le sue compagne di dormitorio erano già partite per la loro casa.

 

Sorpassò il dipinto della Signora Grassa, trascinandosi dietro il suo bagaglio. Salutò distrattamente alcune persone che le augurarono buona Pasqua e buone vacanze, arrivando finalmente all'ingresso del castello. Li era decisamente più affollato di gente: chi si salutava, chi scalpitava, chi sbadigliava, chi partiva e chi restava.

 

Hermione cercò Harry con lo sguardo, mettendosi in punta di piedi. Non ci mise molto a trovarlo: lo vide congedare Ron con un cenno della mano e avvicinarsi a lei. Si allargò in un sorriso, lasciando la valigia abbandonata accanto a se e avvolgendogli la vita con le braccia. Buttò la testa all'indietro, per poterlo guardare meglio.

 

“Non ti dimenticare di tenere acceso il tuo cellulare, così ci possiamo sentire..” Gli disse Hermione, mentre Harry le accarezzava i capelli che tanto adorava. Lui annuì, gliel'aveva già promesso che avrebbe tirato fuori il suo telefono usato che si era comprato due anni prima con i soldi guadagnati combattendo. In quel periodo era certo che avrebbe fatto per sempre la vita da Babbano.

 

“Ci vediamo tra una settimana.. Va bene?” Hermione si mise in punta di piedi e gli baciò il naso e poi la bocca.

 

“Otto giorni..” Rispose lui, nello stesso identico modo in cui le aveva risposto per tutti i giorni precedenti. Non era una settimana, cavolo: erano otto giorni. Hermione sorrise scuotendo la testa e dandogli corda, era un caso disperato. Lo baciò di nuovo, questa volta più a fondo e più a lungo.

 

“Mi mancherai tantissimo, giuro.” Strinse le braccia intorno al suo collo, mentre la McGranitt cominciava a chiamare tutti gli studenti in partenza per Londra: l'Hogwarts Express li stava aspettando.

 

“Fammi sapere quando arrivi da Ron.. E stai tranquillo. Sei costantemente con me..” Indicò l'anello che Harry le aveva regalato, identico a quello che lui aveva sempre avuto. Era stato il suo regalo per Pasqua: l'aveva fatto riprodurre identico, però più piccolo. Era semplice, niente di impegnativo: soltanto un anello color argento.

 

Harry la baciò di nuovo e le sollevò la valigia, la prese per mano e l'accompagnò al treno. “Ci saranno tutti a casa di Ron, un gran baccano tutta la settimana quindi..” Le sorrise, pensando a ciò che avrebbe fatto durante le vacanze. “Fammi sapere anche tu che farai.” Arrivarono sulla banchina del treno, che fischiava rumorosamente.

 

“Fai il bravo, mi raccomando.. Ti amo.” Hermione salì sul treno e gli spedì un bacio immaginario, che lui afferrò per finta mettendoselo in tasca.

 

“Ti amo anche io..” Sussurrò, mentre le porte del treno si chiudevano e questi cominciava ad allontanarsi. Harry rimase a guardarlo prendere velocità, finché non scomparve del tutto nel fumo. Sentì fischiare poco più distante da lui: riconobbe subito il richiamo di Ron.

 

“Dai latin lover, ora tocca a noi andare.” Gli fece cenno con il braccio di muoversi, e Harry sorridendo e scuotendo la testa tornò indietro.

 

 

“Avanti, Potter e Weasley. Abbiamo poco tempo, forza forza.” La professoressa McGranitt aveva sempre fretta, chissà per quale motivo poi. Harry e Ron entrarono nel suo ormai familiare ufficio e con un saluto cordiale scomparvero dentro al camino in una fiammata verde accesa.

 

Harry finì sopra Ron, perché non gli aveva dato neanche il tempo di alzarsi quando urlò “La Tana” dall'ufficio della professoressa. “Imbecille, fammi alzare. Brutto idiota..” Ron lo spostò malamente. Cominciarono a bisticciare, ma dovettero interrompersi all'istante perché la signora Weasley li stritolò in un abbraccio frantuma ossa.

 

“Oh, i miei ragazzi! Che bello avervi tutti a casa.. Che meraviglia.” Li lasciò dopo il tempo necessario, invitandoli ad andare subito a sistemarsi nella stanza di Ron che avrebbero condiviso. Visto che tutti i fratelli Weasley in quelle vacanze erano a casa, avrebbero dovuto dividersi la sua stanza come al solito. Salendo le scale e passando davanti ad una porta, Harry si bloccò per un istante. Notò che era mezza socchiusa, sorrise e bussò molto forte.

 

“Arrivo, arrivo!!” Una voce femminile squittì dall'interno. “Non c'è bisogno di buttare giù la porta, mamma. Stavo giusto scendendo..” Ginny Weasley s'interruppe di colpo, rimanendo con la bocca mezza aperta. I suoi capelli rosso fuoco erano ancora più lunghi, i suoi occhi ancora più azzurri e il suo sguardo ancora più furbo e maturo. “Harry!” Gli saltò in braccio, stringendolo forte. Lui la prese saldamente, chiudendo gli occhi: era così felice di rivederla.

 

“Quanto tempo, accidenti..” Ginny gli scompigliò i capelli rimettendosi in piedi davanti a lui. “Non mi scrivi mai, stronzo che non sei altro. Mi devi raccontare tutto del Torneo, tutto della donna che ti ha messo la testa a posto.. Ei, niente facce! Io so sempre tutto.. Sono o non sono tua sorella?”

 

“Si, sei mia sorella.” Harry l'abbracciò di nuovo. Aveva avuto davvero tanta nostalgia di Ginny: era l'unica amica sincera che aveva mai avuto, si volevano bene come fratelli e non c'era una cosa che non sapessero l'uno dell'altra, non c'era. “E tu mi devi dire quant'è noiosa St.Patrick senza di noi e se continui a stare con quella mezza sega di Seth.” Ginny lo colpì sul braccio.

 

“Piantala di prendere in giro Seth! Lo metti in soggezione.. E verrà qui il giorno di Pasqua, quindi non osare dargli fastidio.” Ma Ginny sapeva bene che non sarebbe stato possibile. Lo seguì fino alla stanza di Ron, che la salutò schernendola per almeno 10 minuti buoni. Harry li guardò ridendo e sistemando la sua roba: era a casa, finalmente.

 

 

“Sono così contenta di vedervi.” Hermione sedeva dietro nella macchina, mentre suo padre guidava tranquillo per le vie di Londra. Jean era voltata verso di lei, sorridendole e facendosi raccontare tutto.

 

“Anche noi, tesoro caro. Anche noi! Abbiamo una settimana piena per stare insieme..”

 

“In realtà sono otto giorni, mamma.” Sorrise Hermione, sfiorandosi l'anello che portava nella mano sinistra.

 

“Hai ragione, ancora meglio.” Rispose Jean, non appena entrarono nel grande viale di casa loro. Lasciarono la macchina proprio di fronte all'ingresso, aspettando che il loro parcheggiatore la mettesse a posto. Thelma, la donna di servizio, si avvicinò ad Hermione salutandola cordialmente.

 

“Che bello essere a casa.” Hermione inspirò profondamente il profumo di casa sua, non appena varcata la soglia. Vide Marcus, l'altro inserviente, che dopo averla salutata prese le sue valige per portargliele in camera.

 

“Vai pure a rinfrescarti, tesoro. Noi ti aspettiamo in salotto per il the.” Jason le baciò la fronte, lasciando che salisse nella sua stanza. La guardò, non potendo non pensare che sua figlia stesse diventando davvero la donna più bella di tutte. Scosse la testa, pensando che avrebbe dovuto fare qualcosa per evitare che la sua bellezza, intelligenza e determinazione andassero sprecate.

 

Hermione entrò nella sua stanza, buttandosi sul letto con le braccia spalancate. Afferrò la borsa e tirò fuori il suo cellulare: nessun messaggio. Harry era chiaramente arrivato a casa di Ron e si era dimenticato di scriverle. Scosse la testa sorridendo e si mise a digitare sullo schermo.

 

Amore, io sono a casa. Tu tutto bene?

 

Inviò senza aggiungere altro e lo appoggiò sul suo comodino, controllando che avesse lasciato la suoneria attivata. Si spogliò e si fece una doccia veloce, indossando indumenti comodi per stare in casa. Non appena sentì squillare il cellulare, lo prese subito per leggere il messaggio di Harry.

 

Scusami, non sono abituato a usare il cellulare e ho dimenticato di scriverti. Ma già lo sapevi tu, vero? Anche qui tutto bene, stare in mezzo a tutti i Weasley è sempre bello. Non dimenticare di salutare tua madre da parte mia.

 

Hermione sorrise e scrisse ancora.

 

Certo che lo sapevo! Te la saluto, e tu abbraccia tutti da parte mia. A dopo amore

 

Si infilò una felpa e si legò i capelli in un disordinato chignon, e nel frattempo Harry rispose ancora.

 

Buona giornata amore mio.

 

Hermione scese le scale, canticchiando allegramente: arrivò nel salotto più piccolo, dove i suoi genitori la stavano aspettando seduti composti sul divano. Jean fece un cenno a Thelma, che annuendo sparì dentro la cucina. Hermione si sedette nella poltrona davanti a loro, raccogliendo le gambe comodamente sopra.

 

“Sei raggiante, cara.” Jason chiuse il suo giornale, pronto a dedicarsi completamente alla figlia.

 

“Già, sarà l'aria della primavera magari. Chi lo sa!” Hermione sorrise ancora, mentre Thelma rispuntava con un grande vassoio in mano, ricolmo di the e biscotti.

 

“La scuola come va?” Jason versò il the per tutti.

 

“Molto bene. Comincia a farsi più dura, adesso, visto che abbiamo gli esami finali.” Hermione afferrò la tazza che suo padre le stava porgendo. “E poi con il Torneo Tremaghi c'è sempre un po' di tensione, sapete.. A proposito, Harry porta i suoi saluti.” Nascose il suo viso dentro la tazza. Sapeva bene che in qualche modo bisognava rompere il ghiaccio, e prima si faceva prima quella tensione sarebbe svanita.

 

“Mmm..” Commentò Jason, storcendo il volto.

 

“Grazie, tesoro. Ricambia.” Sorrise Jean, girando con un cucchiaino il suo the poco zuccherato.

 

“E dimmi.. Come mai hai deciso di tornare con lui?” Jason pose la domanda con la maggior indifferenza possibile.

 

“Perché ne sono innamorata, papà. Perché Harry è un uomo che vale tantissimo, perché è brillante, audace, coraggioso, intelligente, simpatico, riservato, misterioso..” Hermione parlò guardando in un punto indefinito della stanza. “Perché.. Mi guarda come vorrei essere guadata sempre. Perché non mi dice mai le cose ovvie, perché sta in silenzio quando invece dovrebbe parlare, perché mi ascolta, perché con me è sincero.. Perché ha imparato insieme a me cos'è l'amore, perché è pieno di cicatrici che cerca costantemente di nascondere, perché ha una corazza dura che mi sto impegnando a penetrare piano piano..” Si bloccò, quasi con il fiatone, spostando lo sguardo sui suoi genitori che la guardavano immobili. Si rese conto che aveva lasciato libertà al suo flusso di pensieri. “Perché ne sono innamorata, papà.”

 

 

“Domani arriveranno Bill, Fleur e il piccolo Christian. Quindi non voglio assolutamente tutto questo baccano, sono stata chiara?” Molly parlò ad alta voce, cercando di sovrastare il fracasso che stavano facendo tutti quanti durante la cena. I gemelli cominciarono a imitarla, causando ulteriore ilarità. Arthur accarezzò la moglie, esortandola a rilassarsi e a lasciar perdere. Era così bello averli tutti a casa che gli avrebbe permesso anche di buttarla giù, probabilmente.

 

“Allora? So già che si chiama Hermione, nome da contessina inglese tra l'altro..” Ginny porse una tazza di the fumante a Harry, seduto sul divano a cercare di digerire la cena. Si sedette affianco a lui, incrociando le gambe.

 

“Si, esatto..” Harry sorrise, cominciando a soffiare sul suo the. “Lei è.. E' diversa, capisci? E' così..” Si bloccò, non sapendo bene cosa dire.

 

“Wow, Potter. Devo dire che è come se l'avessi già conosciuta, praticamente.” Ginny cominciò ad applaudire.

 

“Se la conoscessi sono sicuro che ti piacerebbe. E' brillante, sai.. Sa sempre cosa dire, sa sempre come prendermi. Mi capisce solo con uno sguardo, è incredibile.. Lei mi fa venire voglia di essere migliore, capisci? Mi fa venire voglia di.. Casa, famiglia.” Harry rigirò più volte la tazza nelle sue mani, non sapendo bene se ciò che stava dicendo avesse un senso.

 

“Non vedo l'ora di conoscerla.” Ginny gli sorrise, con gli occhi lucidi, e gli accarezzò un braccio.

 

 

 

Jane svoltò l'angolo, tirandosi su il cappuccio della felpa e stringendosi forte nella giacca. Non era freddo neanche quella sera, aprile in Irlanda cominciava a portare il profumo della primavera, ma Jane doveva coprirsi: non voleva farsi vedere in quello stato. Cominciò a leggere tutti i numeri civici, ripetendosi a mente quello giusto a cui si sarebbe dovuta fermare. Si ficcò le mani nelle tasche, soffiando per spostare alcuni ciuffi ribelle che le ricadevano sugli occhi.

 

Non appena vide il numero 4, si fermò. Sorrise scuotendo la testa, sapeva benissimo che non lo avrebbe mai trovato li. Quante volte era scappato da quella casa che gli era sempre andata troppo stretta? Però doveva sapere. Doveva sapere se le sue teorie erano giuste. Doveva sapere se suo fratello gli aveva detto la verità o se si era semplicemente sbagliato. Infondo è comune confondere le persone, no?

 

Facendosi coraggio, suonò il campanello e attese pazientemente. Sentì delle voci provenire dall'interno, sembravano agitate e poco cordiali. Quando la porta si aprì le si parò davanti un omone molto grasso, con una ridicola vestaglia e delle pantofole troppo piccole per i suoi piedi. I capelli bianchi e stempiati andavano dove volevano e gli occhiali erano colmi di impronte.

 

“Chi diavolo sei tu?” Chiese l'uomo, arrogante.

 

“Mi chiamo Jane. Mi scuso per l'orario, ma cerco urgentemente una persona.. Harry Potter.” Jane si accorse immediatamente che quell'uomo cambiò faccia.

 

“Noi non abbiamo più niente a che fare con quel ragazzaccio. Vattene, non ne vogliamo sapere niente!” Provò a chiudere la porta, ma Jane la bloccò con un braccio.

 

“Vernon, Vernon caro che succede?” Una donna esile e molto alta apparve al suo fianco, appoggiandosi alla sua spalle e spiando la ragazza con sguardo indagatore.

 

“Sapevo che non l'avrei trovato qui. Ma ho bisogno di sapere solo dove posso trovarlo e.. E anche un'altra cosa.” Jane restò appesa alla porta.

 

“Noi non sappiamo niente di lui e non vogliamo più saperne niente! Petunia, chiama subito la polizia e di a Dudley di restare in camera.” Vernon cominciò ad agitare il suo grasso dito a più non posso.

 

“Harry è un mago, vero?” Jane parlò senza ragionare. Infondo, che aveva da perdere?

 

Vernon e Petunia Dursley s'immobilizzarono. Le loro facce sbiancarono all'istante, quasi come se avessero visto un fantasma. “Sei.. Sei strampalata come lui anche tu, quindi?” Vernon parlò balbettando.

 

“Si.” Jane mentì, certa che così avrebbe avuto la loro attenzione. “Voglio solo che mi diciate dove posso trovarlo, e vi lascerò in pace per sempre.” Tentò di mantenere una voce impostata e composta. Avrebbe parlato così una strega?

 

“Noi.. Noi non lo sappiamo. Potrebbe essere da quella famiglia di matti con i capelli rossi. Wembley, Wersney, Weasly.. Non ricordiamo il loro nome.” Petunia disse tutto rimanendo nascosta dietro al marito, facendo spuntare soltanto il naso. Jane, a quel punto, si staccò dalla porta. I coniugi Dursley ne approfittarono per sbattergliela in faccia e rintanarsi in casa, impauriti come bambini.

 

Jane fece dietro front e riprese a camminare, tirando fuori dalla tasca il suo cellulare. Compose un numero velocemente e lo portò all'orecchio. “Tim, sono io. Ho visto i suoi zii nella casa di cui mi aveva parlato, è proprio lui l'Harry Potter che viene a St.Patrick. Esatto, proprio lui.. E' un mago come te.” Jane ascoltò distrattamente le parole del fratello minore, non aveva mai capito molto del loro mondo. Quando aveva scoperto la natura di Tim aveva fatto di tutto per farlo studiare nella scuola di magia, andando contro alle titubanze del padre. Loro erano (come li chiamava Tim) semplici Babbani.

 

“Ora ascoltami, Tim. Conosci qualche suo amico che ha i capelli rossi e potrebbe chiamarsi.. Come dici? Weasley? Capito.. E dove vivono?” Jane tirò fuori un pezzo di carta e una matita dalla borsa e scrisse tutte le direttive date dal fratello. “Aspetta, aspetta.. Piano. Non saprei come arrivarci in questo posto. Dobbiamo andarci insieme.. Mi devi accompagnare, Tim. Domani.”

 

 

Hermione si svegliò di colpo. Si guardò in giro e notò la coperta sulla gambe: doveva esserci assopita dopo pranzo. Si stiracchiò e vide un bigliettino con la scrittura di sua madre sul tavolino di fronte a lei. Lo aprì e lesse velocemente:

 

Tesoro, quando ti svegli raggiungimi a Oxford Street. Oggi shopping! Un bacio, Mamma.

 

Hermione sorrise e si alzò sbadigliando: non le capitava quasi mai di dormire dopo mangiato, evidentemente stava smaltendo tutta la stanchezza accumulata di quei mesi. Quella mattina aveva sentito Harry per telefono, le aveva perfino passato Ginny Weasley che sembrava una ragazza davvero simpatica e alla mano. Non vedeva l'ora di conoscere l'ultimo membro della famiglia più numerosa che lei avesse mai conosciuto. Sarebbero stati a Dublino tutto il giorno per fare i dovuti regali, e poi sarebbero tornati nel tardo pomeriggio. Harry era sereno e felice, e di conseguenza anche Hermione. Con questo pensiero in testa, si preparò per raggiungere la madre nel centro di Londra.

 

 

Ginny cominciò a spintonare Ron: avevano così tanti pacchi in mano che non riuscivano a stare in equilibrio. “Va bene che eravamo nel quartiere di seconda mano più economico di tutta l'Irlanda, ma forse abbiamo esagerato uguale. Mamma ci ucciderà.”

 

“Allora prima che ci uccida facciamole vedere cose abbiamo comprato per lei, così si placherà. Almeno per qualche minuto, così potremo scappare.” George diede il cinque a Fred, come se avesse messo su il piano del secolo.

 

Molly spuntò sull'uscio della porta, con le braccia incrociate e uno sguardo a dir poco enigmatico. “Prepariamoci al peggio..” Sussurrò Ginny. “Ciao mammina, possiamo spiegare!” Mostrarono tutti un bel sorriso a trentadue denti, ma Molly abbassò lo sguardo.

 

“Ragazzi, andate a sistemare le cose che avete comprato. Non tu Harry, c'è una visita.. Vieni con me.” Molly si voltò e rientrò in casa. Il divertimento lasciò spazio al dubbio: tutti si guardarono senza capire e seguirono la signora Weasley dentro casa.

 

Arrivando in salotto, Harry vide una figura seduta sul divano e si bloccò, facendo cadere numero pacchi a terra. “Jane..” Sussurrò lievemente.

 

“Ragazzi, andate di sopra. Forza.” Molly accompagnò tutti quanti su per le scale, lasciando Harry e Jane da soli.

 

“Che diavolo ci fai tu qui?” Harry si avvicinò lentamente, non sapendo bene che senso avesse tutta quella situazione.

 

“Mio fratello è un mago, è al quinto anno al St.Patrick. Ti conosce bene, sai? Sei il suo mito, ore che sei un campione Tremaghi. E' Grifondoro come te e.. Bè, ti ho nominato per sbaglio una volta in casa di mio padre in sua presenza ed ecco fatto. Sei un mago pure tu.” Jane non perse tempo in convenevoli e decise di dare subito le dovute spiegazioni. “Sono andata a casa dei tuoi zii, non ci potevo credere.. E invece si. Mi hanno detto che avrei potuto trovarti qui, in modo alquanto sgarbato in realtà.” Jane sorrise amaramente, guardando altrove. “Ma non importa. Io dovevo trovarti a tutti i costi..”

 

Harry si sedette di fronte a lei, confuso più che mai. Provò a mettere insieme tutti i pezzi, poco alla volta: Jane era Babbana ma aveva un fratello mago, viveva da sola in periferia perchè aveva sempre avuto un pessimo rapporto con il padre in seguito alla morte della madre e aveva cominciato a lavorare nel palazzetto con suo zio Mark. Perchè aveva ricercato proprio lui, però?

 

“Sai, Harry, pochi giorni fa è stato il mio compleanno. Ho compiuto vent'anni..” Jane sorrise di nuovo. “E in quel giorno ho deciso che avrei fatto la cosa giusta, avrei fatto la donna matura.. Non mi sarei nascosta più.” Per la prima volta, incrociò lo sguardo con Harry.

 

“Non ti sto seguendo..” Harry congiunse le sue mani, senza smettere di guardarla. “Perché sei qui?”

 

Jane si mise seduta meglio sul divano: aspettò qualche secondo e poi spostò di lato il cuscino che si teneva addosso. Si alzò in piedi e si sollevò la maglietta, lentamente, scoprendo un ventre leggermente rigonfio. “Sono incinta Harry. Sono al quarto mese.”

 

Harry aveva seguito ogni suo movimento, e adesso le fissava la pancia con le mani che gli tremavano. La sua mente era troppo annebbiata per fare i giusti calcoli, per fare i dovuti ragionamenti.

 

“Sei tu il padre.” Jane decise di dare la risposta all'enorme domanda che si era dipinta sul volto di Harry. Si ritirò giù la maglietta, accarezzandosi il ventre con dolcezza e tristezza insieme. “Non appena l'ho scoperto volevo abortire. Sapevo che era tuo, l'uomo con il quale mi frequentavo mi aveva scaricata a settembre e non avevo più avuto rapporti fino a dicembre, quando sei spuntato tu. E non ne ho avuti più..” Abbassò lo sguardo sulle sue mani. “Mi ero decisa di non dirti niente, perché non sapevo neanche dove fossi. Ma poi con il passare delle settimane, dei mesi.. Questo bambino è diventato sempre più parte di me e non ce l'ho fatta. Non potevo.. Non potevo uccidere mio figlio.” Jane si accarezzò di nuovo la sua pancia, lasciando che calde lacrime le rigassero il volto. “Ero decisa a non dirti niente, fino a pochi giorni fa.. Era giusto che tu sapessi.” Alzò lo sguardo su di lui, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano.

 

Harry non aveva mosso un muscolo. Aveva ascoltato ogni parola, ogni frase, ogni passaggio. Si era solo dimenticato di respirare. Si alzò in piedi, sfregandosi le mani sui jeans per asciugarsele: sudava. “Io.. Non so che dire. Dovevi dirmelo prima..” Harry tentò di mettere insieme frasi di senso compiuto.

 

“Lo so.. Ma non sapevo dove trovarti. Non mi avevi lasciato niente..” Jane si rimise seduta, cominciando a torturarsi i capelli dorati con le mani.

 

“Avrai dovuto.. Fare un sacco di visite mediche..” Harry si passò entrambe le mani tra i capelli, cominciando a camminare avanti e indietro per il salotto.

 

“Avevo i soldi per farle e la mia migliore amica mi ha sempre accompagnata. Non ti devi preoccupare di quello.. Non ti devi preoccupare di niente, volevo solo che tu lo sapessi.” Jane lo guardò camminare agitato.

 

“Sei incinta. Aspetti un bambino.. Mio figlio.” Harry parlava più a se stesso che a lei, camminando sempre più velocemente. Quella notizia era arrivata così di colpo che non si era minimamente preparato psicologicamente. Che doveva fare adesso?

 

“Io.. Ho bisogno di tempo per immagazzinare bene. Capisci che non è semplice.. Mi hai dato una notizia che..” Harry si fermò allargando le braccia e sorridendo di agitazione.

 

“Non ti preoccupare..” Jane si alzò e si prese la borsa. “La signora Weasley è stata molto gentile con me.. Ringraziala da parte mia.”

 

“No, aspetta. Dove vai? Resta qui a cena.. Credo che ci serve tempo a entrambi per parlare, non credi?” Harry le si parò davanti bloccandole la strada. Jane annuì debolemente: poi, senza neanche rendersene conto, cominciò a singhiozzare forte e si nascose tra le braccia di Harry.

 

“Ho avuto così paura. Ero così sola..” Gli strinse la maglia, continuando a piangere forte. Sfogò tutta la frustrazione e l'ansia che l'avevano accompagnata per 4 lunghi mesi. Harry l'abbracciò, accarezzandola dolcemente e guardando un punto fisso davanti a lui.

 

“Stai tranquilla. Da adesso in poi non sarai più sola..” Serrò la mascella più forte che poté, sentendo il cuore che piano piano diminuiva i battiti.

 

 

Hermione controllò il cellulare mentre aiutava Thelma a sistemare la tavola. “Signorina Hermione, non si deve preoccupare. Posso fare anche da sola..”

 

“Oh no, Thelma. Lo sai che mi piace..” Sorrise alla sua domestica e ricontrollò di aver inviato il messaggio. Harry era sicuramente tornato a casa, e allora perché non le rispondeva? Evidentemente avevano fatto tardi e Molly li aveva messi a sistemare per la cena. Oppure stavano già mangiando, magari erano arrivati Bill e Fleur con il bambino.. Chissà.

 

Decise di non preoccuparsi troppo e di passare una cena tranquilla con i suoi genitori. “Domani andremo a cena dai nonni, tesoro. E dopodomani, che è Pasqua, verranno qui alcuni amici. Organizziamo un bel pranzo, sei contenta? Ci sarà anche Greg e la sua famiglia, ci tengono molto a rivederti..” Jean guardò di sottecchi la figlia.

 

“Certo, sono contenta anche io di rivederli. Non sento Greg da parecchio tempo, vorrei avere la possibilità di parlargli almeno..” Hermione bevve un sorso d'acqua, rimanendo sempre composta.

 

“Splendido, davvero splendido. Adoro quel ragazzo, lo sai..” Jason accarezzò la mano di Hermione e riprese a mangiare, con un sorriso sornione dipinto sul viso.

 

 

Ron e Ginny continuavano a fissare Jane, senza capire bene cosa ci facesse una Babbana sconosciuta a tavola con loro. Harry evitava i loro sguardi, non sapendo bene come spiegargli la situazione. “Bill e Fleur verranno direttamente domani..” Molly ruppe il silenzio, Charlie le rivolse un sorriso come per tranquillizzarla. Probabilmente, solo loro due avevano capito la situazione. Harry si girò verso Arthur, che aveva lo sguardo perso nel suo pollo.

 

“Bene, credo che questo silenzio stia uccidendo tutti.” Harry sbatté le posate sul tavolo. Fred e George esultarono: non ne potevano più, volevano sapere.

 

“Lei è Jane, si è già presentata con tutti voi. Ma non vi abbiamo detto un piccolo particolare, però.” Harry si alzò in piedi, facendo parecchio rumore con la sedia. “Jane è incinta di 4 mesi, e il padre sono io.” Non osò guardare le facce sbalordite di tutti i presenti, si voltò e andò via senza aggiungere altro. Jane si scusò con tutti e lo seguì in giardino, chiamandolo più volte.

 

“Porca puttana..” Ron non riuscì a trattenersi. Ma quella volta non gli arrivò nessuno schiaffo e nessun richiamo da sua madre.

 

“Harry, ti vuoi fermare?! Ti pare il modo di dire alla tua famiglia una cosa del genere?” Jane lo bloccò per un braccio, e lui si voltò verso di lei violentemente.

 

“Come avrei dovuto dirglielo?? Porgendoti un anello e dichiarando il nostro matrimonio?! Che cazzo stai dicendo, Jane! Non hai visto la faccia di Molly? Era delusa! Delusa, delusa da me come sempre..” Harry ricominciò a camminare, raggiungendo un albero non troppo lontano. Si appoggiò sopra la fronte e scaricò due pugni sul tronco. “Dovresti essere delusa anche tu. Che padre potrò mai essere? Guardami Jane, guardami.” Allargò le braccia verso di lei, per farsi vedere meglio. “Nascerà figlio di un errore. Nascerà così.. Ma lui non deve crescere senza amore come me. Deve crescere con dei genitori che lo amano..” Si appoggiò di nuovo contro il tronco, guardando verso l'alto.

 

“Non crescerà senza amore, io questo te lo prometto Harry. E' stato un errore, è vero, ma lui non sarà mai uno sbaglio.. Senti.” Jane gli prese la mano e la premette contro il suo ventre. “E' reale. Non importa se c'è a causa di uno sbaglio.. Lui adesso è reale.” Ricominciò a piangere. Harry la guardò dritta negli occhi, poi staccò la mano: quasi gli bruciava. Si lasciò scivolare lungo il tronco, arrivando a sedersi per terra.

 

“So di non essere la donna che ami..” Sussurrò Jane, “E mi dispiace.” Harry strizzò gli occhi, voltando il viso dall'altra parte. La sua vita era di nuovo crollata dentro un baratro dal fondo stretto e buio. Hermione.. Pensò, nel profondo.

 

La mattina dopo si alzarono presto entrambi, preparandosi la roba per partire. “Sei sicuro di voler venire con me? Non sarà semplice..” Jane chiuse la sua borsa guardando Harry.

 

“Te l'ho già detto, voglio venire.” Harry lanciò un'ultima occhiata al cellulare, sicuro che con la risposta che aveva dato l'avrebbe tranquillizzata il tempo necessario. Lo spense e lo lasciò sul comodino. “Andiamo.”

 

Scesero le scale e andarono in cucina per avvisare Molly della loro imminente partenza. Con stupore di Harry, non la trovarono sola.

 

“Dove state andando?” Chiese Ron, guardando dubbioso la borsa di Harry e tenendo Luna sotto braccio. Aveva gli occhi rossi e guardava Harry con uno sguardo indecifrabile.

 

“Dovevi subito mettere i manifesti?” Harry fu scontroso e indicò Luna con il dito, avvicinandosi a Ron con lo sguardo duro.

 

“Ei, datti una calmata! Hai capito bene? E' la mia fidanzata, e decido io quando e cosa dirle.” Ron lo fronteggiò, mentre la signora Weasley si metteva in mezzo a loro rimproverandoli. Ma non erano più ragazzini: fermarli diventava difficile.

 

“Non vedete l'ora di spifferare tutto a lei, non è così? Bene, accomodatevi pure.” Harry riprese in mano il borsone.

 

“Come cazzo puoi dire una cosa del genere?” Ron alzò la voce, Luna lo strattonò da dietro per intimarlo a smetterla. Jane indietreggiò tirando Harry con se.

 

“Io me ne vado.” Harry si voltò, ma Molly lo bloccò.

 

“Dove credi di andare? Harry.. Per favore.” Lo implorò preoccupata.

 

“Andiamo da mio padre, signora Weasley. Harry tornerà qui a breve, glielo prometto. Grazie per tutto.” Jane parlò gentilmente, cercando di moderare i toni di tutti. Uscirono entrambi, senza aggiungere altro, e scomparirono al di la del giardino di casa Weasley. Molly cominciò a piangere, preparando la colazione per tutti.

 

“Ecco il ritorno del vecchio Harry.” Ron si lasciò cadere su una sedia, mettendosi la testa tra le mani. Luna lo abbracciò da dietro, baciandogli dolcemente la testa.

 

“Hermione è a casa sua. Non sa niente.. Io credo che dovrebbe sapere, Ron.” Tentò Luna.

 

“No, non possiamo fargli questo. Devo essere lui a dirglielo..”

 

 

Jane guidò in silenzio fino a casa di suo padre, dove era cresciuta anche lei. Prese un bel respiro e scese, aiutata da Harry. “Promettimi che starai calmo, qualsiasi cosa succeda.” Gli disse, prima di suonare. Harry la guardò e annuì, senza dire troppe parole. Suonarono e attesero. Dopo pochi istanti un ragazzino magro e non tanto alto aprì la porta, rimanendo a bocca aperte non appena vide Harry.

 

“Ciao, Tim.” Jane lo baciò sulla guancia, e Harry si presentò senza troppe cerimonie. “Dov'è papà?”

 

“E' di la. Sta guardando la tv.. Non so se vuole essere disturbato, lo sai..” Tim sembrava preoccupato.

 

“E' tutto a posto. Tu vai in camera e accendi la musica, d'accordo? Poi vengo a salutarti..” Jane lo baciò di nuovo e Tim corse al piano di sopra, obbedendo alla sorella maggiore. Harry la seguì attraverso un corridoio disordinato e logoro, sentendo sempre più chiaramente il telecronista sportivo alla tv. Spuntarono in un salotto tutt'altro che accogliente, con un uomo seduto in una poltrona distrutta davanti a una televisione vecchia di decenni.

 

“Papà.” Disse semplicemente Jane. Quell'uomo si girò di scatto, non credendo alle sue orecchie. Il suo sguardo ricadde subito su Harry. Spense la tv e si alzò, rivelandosi grosso il doppio di Harry e con uno sguardo così cattivo che avrebbe fatto paura a chiunque.

 

“Chi cazzo è questo qui?” Disse indicando Harry e avvicinandosi. Lui non indietreggiò di un passo e si lasciò studiare.

 

“Non sono qui per raccontarti la mia vita. Sono qui per avere ciò che mi spetta.. I soldi che mamma mi ha lasciato prima di morire.” Jane parlò fieramente, non abbassando mai lo sguardo e mantenendo una voce ferma e sicura.

 

“Come ti permetti di venire in casa mia a riscuotere i soldi? Tu, piccola puttana ingrata..” Il padre di Jane si avvicinò a lei pericolosamente, e Harry le si parò davanti istintivamente.

 

“Harry, no.” Jane gli strattonò la maglia, ammonendolo con lo sguardo.

 

“Tu devi essere il coglione che ha messo incinta mia figlia. Bè, complimenti! Bel lavoro ragazzo.. Immagino che hai un lavoro e tanti soldi per mantenerli entrambi, non è così? O forse no. Ed è per questo che tu, Jane, vieni qui a chiedere i miei soldi.” L'uomo tossì forte.

 

“Sono venuta a chiedere i miei di soldi! Ciò che mi spetta.. Ti do un mese di tempo, poi chiamerò gli avvocati.” Jane fece retro front, Harry invece continuò a guardare quell'uomo con immenso schifo e disgusto.

 

“Benissimo! Però ti porterai via quel buono a nulla di tuo fratello, non mi serve a niente a me con quella stronzate che impara a fare in quella scuola di malati. Hai capito? Lo voglio via da questa casa!!” Urlò così forte che si rimise a tossire senza sosta. Harry scrollò la testa e seguì Jane nella stanza del fratello. Rimase sulla porta a sentire cosa si dicevano.

 

“Presto verrò a prenderti e andremo via insieme, va bene? Ti fidi ancora di me?” Jane lo abbracciava forte, e Tim annuiva.

 

“Se verrai con Harry Potter non ci batterà nessuno!” Harry sorrise amaramente alla frase del fratello di Jane, rimanendo nascosto nell'ombra. Quanto aveva torto quel ragazzo.

 

Non appena ripresero la macchina, Jane rispose alle domande silenziose che le stava ponendo Harry. “Me li darà i soldi, vedrai. Se metto di mezzo gli avvocati gli levano quella merda di casa da sotto al culo, e non può permetterselo. E Tim verrà ad abitare con me..” Parcheggiò di fronte a casa sua e scesero.

 

“Che vuoi fare adesso?” Chiese Harry, richiudendosi la porta alle spalle.

 

“Zio Mark continua a passarmi i soldi, nonostante io non lavori più ormai da un po'. E mi sta aiutando a trovare un altro lavoro, dove guadagnerei di più..” Jane si mise a sistemare tutta la roba.

 

“Se vinco il Torneo al quale sto partecipando vincerei un bel po' di soldi, te li darò tutti.. E troverò subito un lavoro anche io.” Harry si sedette sul divano, passandosi le mani ripetutamente sul volto. Jane lo guardò sorridendo e gli si sedette affianco.

 

“Lo so che non hai avuto neanche il tempo di ragionarci, ma non potevo non dirtelo.. Non me lo sarei mai perdonato.”

 

“Ei, hai fatto la cosa giusta. E' una cosa che abbiamo fatto entrambi, ed entrambi l'affronteremo. I mi prendo le mie responsabilità..” Harry le strinse la mano sorridendole debolmente.

 

“E allora devi parlare con lei, Harry. Anche questa è tua responsabilità.” Jane si alzò, lasciandolo ai suoi pensieri. Harry guardò fuori dalla finestra, il sole brillava forte sopra i tetti irlandesi. Non aveva diritto alla felicità, ormai l'aveva capito. Era stato solo uno stupido a poter credere che la sua vita sarebbe cambiata.

 

 

 

Hermione compose il numero e si portò il cellulare all'orecchio. Squillò poche volte prima che la sua migliore amica rispose. “Luna, ciao.. Lo so che oggi è Pasqua e non dovrei disturbarti, ma Harry mi preoccupa. Sono due giorni che non si fa sentire, mi aveva detto che avrebbe avuto da fare con i Weasley e.. Non so, Ron non ti ha detto niente?” Cominciò a camminare avanti e indietro, ascoltando le parole quasi meccaniche dell'amica.

 

“Luna, ti conosco come le mie tasche.. E' successo qualcosa?” Hermione si bloccò. Un'altra negazione, un'altra bugia. “Luna, io e te è come se fossimo sorelle.. Ti prego.”

 

Herm, io.. Vieni qui a casa di Ron stasera, d'accordo?”

 

Luna non lasciò neanche il tempo di rispondere ad Hermione, attaccò subito il telefono. Quest'ultima lo guardò, respirando a fatica e immaginando il peggio: era successo qualcosa a Harry? Si era ferito in qualche modo e non aveva voluto dirglielo?

 

“Herm, vieni giù! Tua madre sta servendo il dolce.” La voce di Greg la riportò alla realtà. Il pranzo di Pasqua stava per terminare, ma lei aveva perso completamente la voglia di festeggiare. Scese le scale, afferrando la mano che Greg le stava porgendo elegantemente. Con la mente, però, si trovava già alla Tana.

 

 

“Che cos'è che hai fatto?!” Ron era su tutte le furie.

 

“Ho dovuto farlo, Ron! Lei non si merita questo silenzio.. Non se lo merita! Dopo tutto ciò che hanno passato..” Luna piangeva, consapevole di aver appena tradito la fiducia di Harry ma di essersi comportata da amica con Hermione. “Non so neanche se verrà. E poi Harry, per ciò che ne sappiamo, non tornerà neanche.”

 

“Non dirlo neanche, hai capito?! Harry tornerà!” Ron alzò la voce, sedendosi nel suo letto.

 

“Sai benissimo come Harry sia impulsivo e imprevedibile. Ti rendi conto o no che ha messo incinta una ragazza? Come puoi chiedermi di tenerlo nascosto a Hermione..” Luna singhiozzò, non credendo alla situazione in cui si erano trovati anche loro due. “Non avresti dovuto dirmelo, allora.”

 

Ron si passò le mani sul volto e tra i capelli. “Quando dovrebbe arrivare?”

 

“Non lo so..” Sussurrò Luna, lasciandosi cadere su una sedia di fronte al suo letto. Ma la voce di Ginny dal piano di sotto gli fece capire che il loro tempo a disposizione per trovare una soluzione era terminato.

 

“Ehm.. Ragazzi, dovete venire subito giù per favore.” Ginny urlò dalle scale e poi tornò subito in salotto, sorridendo alla nuova arrivata.

 

“Mi spiace essermi materializzata direttamente nel giardino. Ero convinta di trovare i signori Weasley e..” Hermione venne interrotta da Ginny.

 

“Sono tutti a casa di Bill e Fleur per Pasqua. Noi siamo rimasti qui per.. Ehm.. Comunque è un piacere conoscerti di persona, davvero.” Ginny provò a sorridere il più sinceramente possibili, ma con scarsi risultati. Hermione stava per replicare, ma proprio in quel momento spuntarono Ron e Luna. Aveva chiaramente pianto, ed Hermione si agitò vistosamente.

 

“Luna.. Che succede?” L'abbracciò, salutando Ron con uno sguardo. Lui, però, si voltò dall'altra parte.

 

“Sono solo le cinque..” Disse Luna, stringendo l'amica. “Avevo detto stasera.”

 

“Mi hai fatta preoccupare.” Hermione si sciolse dall'abbraccio. “Harry dov'è? Di sopra?” Lanciò un'occhiata alla scalinata, aspettandosi di vederlo spuntare da un momento all'altro.

 

“No. Non è in casa.. Mio Dio, non avrei dovuto farti venire.” Luna scosse la testa, mentre Ron incrociava le braccia.

 

“Come sarebbe a dire non è in casa? Qualcuno vuole spiegarmi che cosa succede, per l'amor del cielo??” Hermione cominciò a spazientirsi. Luna la prese e la fece sedere sul divano, affianco a lei.

 

“Non te lo possiamo spiegare. Ti possiamo solo dire che Harry tornerà a breve e ti dirà tutto lui..” Luna tentò di mantenere la calma, ma Hermione si alzò di scatto.

 

“Che storia è questa? Oddio vi prego, ditemi che sta bene e che non è ferito.” Si mise una mano sulla fronte, sentendosi quasi mancare.

 

“Sta bene, non gli è successo niente.” La tranquillizzò Ron. “Però devi semplicemente aspettarlo qui. Non possiamo dirti altro..” Detto questo, scomparve in cucina con le braccia incrociate e la testa bassa. Hermione si risedette, abbandonandosi sullo schienale del divano e chiudendo gli occhi. Ginny si rannicchiò nella poltrona davanti a loro, in silenzio.

 

 

“Sei sicura di voler restare qui?” Harry si infilò la giacca di pelle e raccolse il suo borsone.

 

“Si, certo. Tu adesso devi tornare a scuola e terminarla. Io so badare a me stessa.. Mi hai dato il tuo nuovo numero, così stavolta ti posso contattare per qualsiasi cosa.” Jane sollevò il bigliettino con su scritto il numero di Harry. “Ti terrò informato su tutto.”

 

“D'accordo..” Harry annuì e l'abbracciò.

 

“Adesso vai, e prenditi le tue responsabilità fino indondo.” Gli ripeté Jane per l'ennesima volta. Lui si voltò e uscì dal portone. Non appena lei gli chiuse la porta alle spalle, si smaterializzò all'istante.

 

Riapparve nel giardino dei Weasley e si mise subito a camminare. Sapeva che li avrebbe trovati tutti li, forse ancora intorno al tavolo da pranzo. Avrebbe dovuto affrontare sguardi delusi, sguardi comprensivi, sguardi di sottecchi. Prese un bel respiro ed entrò dalla porta della cucina. Sentì un silenzio disumano, impossibile per quella casa. Fece pochi passi e vide spuntare Ron.

 

“Ei..” Gli disse, restando fermo la a guardarlo.

 

“Ei.” Rispose Harry, senza la forza di dirgli altro. “Dove sono tutti?” Appoggiò il borsone per terra e si tolse la giacca.

 

“Da Bill..” Ron si voltò e fece per uscire. “Vieni con me.” Aggiunse, prima di avviarsi verso il salotto. Harry non chiese niente, probabilmente non ne aveva le facoltà, e lo seguì.

 

“Harry..” Hermione parlò con voce strozzata, alzandosi dal divano e correndogli incontro. Lo abbracciò stretto, chiudendo gli occhi. “Mio Dio, ho avuto così tanta paura.. Pensavo ti fosse successo qualcosa.”

 

Harry l'abbracciò, immergendo il volto nei suoi capelli. Ne inspirò completamente l'odore, come per farne scorta. Poi la staccò, dolcemente. “Che ci fai qui?”

 

“L'ho avvisata io..” Rispose Luna, alzandosi dal divano e affiancando Ron. Ginny abbassò lo sguardo, pronta ad andarsene per evitare di sembrare di troppo.

 

“Hai fatto bene..” Harry annuì, con sguardo basso. Prese la mano di Hermione e gliela baciò, passandosela sul viso tenendo gli occhi socchiusi. La fece sedere sul divano affianco a Luna e si mise seduto di fronte a lei. Non appena Ron, Ginny e Luna fecero per andarsene Harry li bloccò.

 

“No, vi prego. Restate.” Aveva bisogno di loro, in quel momento più che mai. Hermione lo guardava fisso, con il fiato corto e la bocca serrata. Luna le prese la mano, Ron si sedette affianco al suo migliore amico.

 

“Io non.. Non so neanche da dove cominciare.” Si passò le mani tra i capelli, sospirando e scuotendo la testa. Avrebbe voluto sprofondare ancora di più, ma probabilmente era di nuovo sul fondo. “Te la ricordi Jane?” Harry alzò lo sguardo su Hermione, reggendolo solo per pochi istanti. Lei non rispose, e lui capì che era un'esortazione a continuare. “Ti ricordi cos'è successo tra me e lei a Natale?”

 

Neanche quella volta Hermione rispose. Harry la scrutò un'altra volta, come se fosse l'ultima occasione per guardarla così. “E' piombata qui, qualche giorno fa.. Sa che sono un mago perché il fratello studia a St.Patrick, lo ha scoperto da poco. Mi ha cercato ovunque, senza mai trovarmi..” Fece l'ultima pausa per raccogliere tutto il coraggio e la forza rimasti. “E' rimasta incinta.” Abbassò lo sguardo, concentrandosi sulle sue mani.

 

Hermione aprì la bocca per dire qualcosa, ma non le uscì niente. Strinse forte la mano di Luna, e cominciò a scuotere la testa vistosamente e senza sosta. Le lacrime cominciarono a scorrere senza permesso, senza preavviso. “Ti prego, dimmi che stai scherzando.” Hermione parlò con voce impastata, con voce non sua.

 

Harry fece solo un cenno con la testa, senza trovare il coraggio di guardarla ancora. “E' incinta da quattro mesi e il padre sono io. Le cose stanno così.”

 

“Le cose stanno così?” Ripeté Hermione, senza la forza di trattenersi più. “E' tutto ciò che sei capace di dire?” Si alzò in piedi, sovrastando tutti e nascondendo il tremore delle sue mani. “Guardami, GUARDAMI!”

 

“Cos'altro vuoi che ti dica?? Non è facile neanche per me, se lo vuoi sapere.” Anche Harry si era alzato, cominciando a camminare avanti e indietro come al suo solito. Non riusciva a guardarla in faccia.

 

“L'hai scoperto qualche giorno fa e non mi hai detto niente.. Niente.” Hermione lo guardava fare avanti e indietro. “Volevi nascondermi anche questo, Harry?”

 

Harry si bloccò, guardandola fissa per la prima volta. “Come puoi dire questo a me? Sai bene che ti ho detto sempre tutto.”

 

“Già, ti sei dimenticato il particolare che con questa donna avevi talmente tanta confidenza da andarci a letto senza nessuna precauzione e preoccupazione!!” Hermione cominciò ad urlare, disperata e incredula. “Mio Dio, mi sento male.” Si voltò tenendosi la testa tra le mani, mentre Luna si alzava per soccorrerla.

 

“Mi dispiace, mi dispiace cazzo. E' stato uno stupido errore.. Avrei dovuto prevederlo, nella mia vita non me ne va dritta una.” Harry tirò un calcio a una sedia.

 

“I tuoi mi dispiace non mi bastano più. E sono stanca di sentire che scarichi tutte le colpe alla tua vita.. Assumiti le tue responsabilità e le tue colpe, per una volta!” Hermione piangeva e urlava così forte che Ginny indietreggiò sulla poltrona.

 

“Ma tu infondo lo sai che se io sono andato in quel posto di merda è stato perché tu mi hai voltato le spalle nella tua villa merdosa, non è vero??” Harry riversò tutte le sue frustrazioni.

 

“Come osi.” Hermione si avvicinò a lui a passo svelto. “Come osi insinuare che sia successo solo per colpa mia! E come osi parlare di casa mia così.” Lo schiaffeggiò forte e sonoramente, lasciandogli un segno rosso sulla guancia. Ron e Luna non sapevano assolutamente cosa fare.

 

“Perché è così!” Harry la guardò arrabbiato. “Perché è per colpa tua che me ne sono andato. Perché io lo sapevo fin dall'inizio che non avresti mai lasciato la tua bella vita per stare nella merda insieme a me.” Si batté una mano forte sul petto.

 

“Come puoi dirmi questo..” Hermione ridusse la sua voce a un sussurro, indietreggiando.

 

“Io mi prenderò le mie responsabilità, puoi starne certa. Non lascerò che quel bambino cresca senza una famiglia come me. Vincerò il Torneo per lui e troverò un lavoro.. Avrà tutto ciò che si merita.” Harry continuò a dare libero sfogo ai suoi pensieri.

 

“Bravo, è la cosa giusta da fare.” Hermione si allontanò, asciugandosi le lacrime. “E' chiaro però che io in questo piano non posso rientrare.” Prese la sua borsa. “Io me ne vado a casa, scusatemi tutti..” Lanciò un'occhiata a Ron, a Luna e a Ginny che erano ancora fermi immobili e zitti. Sorpassò il divano e fece per andarsene.

 

“No, dove vai? Aspetta..” Harry la bloccò avvolgendola con un braccio.

 

“Harry, ti prego, lasciami andare.” Hermione cercò di divincolarsi, ma Harry la tenne stretta. “Harry, accidenti, ma non lo capisci??” Lasciò cadere la borsa, ricominciando a piangere. “Non lo capisci che i nostri mondi non si incontreranno mai e poi mai? La scuola sta finendo Harry, e la favola irreale che stiamo vivendo terminerà. Tu adesso hai un.. Mio Dio Harry, hai un figlio a cui pensare. Io non ce la faccio più a starti dietro, perdonami.. Non ci riesco più.”

 

Harry non la liberò dalla sua presa e per la prima volta dopo anni, cominciò a piangere. “Mi dispiace.. Non l'ho fatto a posta.” Disse con voce strozzata.

 

“Lo so. La colpa è nostra che abbiamo sempre creduto che l'amore ci sarebbe bastato.” Hermione raccolse la sua borsa e mise le mani sopra il braccio di Harry, che ancora la teneva. “Adesso lasciami andare Harry, ti prego. Lasciami andare una volta per tutte.”

 

Harry, guardando altrove, fece scivolare il suo braccio e la liberò. Lei uscì dalla porta, senza voltarsi indietro, e si smaterializzò direttamente nel viale di casa sua.

 

“Harry..” Tentò Ginny. Ma lui non l'ascoltò: salì le scale e si rinchiuse nella stanza di Ron, sentendosi svuotato da tutto ciò che di bello aveva avuto fino a pochi attimi prima.

 

 

Hermione entrò in casa tra le lacrime, suo padre la vide subito e la prese tra le braccia, preoccupato come non mai. “Jean, è tornata! E' qui!” Poi si rivolse alla figlia. “Che è successo, piccola mia? Che è successo?”

 

“Avevi ragione, papà..” Disse Hermione tra i singhiozzi. “Avevi ragione su tutto.”

 

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Capitolo 18
*** La Terza Prova ***


18. LA TERZA PROVA.

 

 

 

 

 

 

 

 

Hermione si sistemò la camicia della divisa arrotolandosi le maniche, la primavera permetteva anche quello. Lanciò un'occhiata alla finestra del suo dormitorio, vedendo il sole cercare di fare capolino attraverso diverse nuvole. Sorrise, pensando che il cielo di Hogwarts era magico sempre e comunque. Il lungo periodo degli esami era ormai praticamente iniziato, e lei non aveva altro in testa se non prendere il massimo dei voti in tutte le materie.

 

“Ei.. Sei pronta? Scendiamo insieme?” Luna uscì dal bagno intenta a legarsi i capelli in una coda di cavallo e guardando l'amica di sottecchi. Aveva imparato, dalla fine delle vacanze di Pasqua di più di un mese prima, a non disturbarla troppo quando era assorta nei suoi pensieri.

 

“Eccomi, scendo subito.” Hermione sorrise guardandola attraverso lo specchio. Si diede un'ultima sistemata ai capelli e afferrò la borsa. “Andiamo a fare colazione, muoio di fame. Che giorno è oggi?”

 

“Il 14 maggio. Perché?” Luna scese le scale velocemente per stare al suo passo.

 

“No, così. Sto perdendo la cognizione del tempo per colpa di questi maledetti esami.” Hermione uscì dal ritratto insieme a Luna e si diressero a grandi passi in Sala Grande. Non avevano molto tempo, l'ultima lezione di Trasfigurazione sarebbe stata la più tosta e quella più importante in prossimità dell'esame che avrebbero dovuto sostenere dopo pochi giorni. Si sedettero ai soliti posti, salutando e mettendosi a mangiare.

 

 

“Harry, il problema è che se dobbiamo fare quell'addestramento auror dopo la fine della scuola l'esame di Trasfigurazione lo dobbiamo passare per forza bene..” Ron voltò l'angolo, affrettandosi ad arrivare alla Sala Grande per la colazione.

 

“Ron, come te lo devo dire che non ci vengo a quell'addestramento? Non capisci che io rimango in questa scuola solo e soltanto per il Torneo? Non me ne frega un emerito cazzo dei MAGO e non me ne frega un cazzo di diventare un auror.” Rispose Harry, categorico.

 

“E' da un mese che sento questa cantilena. Ed è da un mese che ti diciamo che se anche avrai un figlio non vuol dire che non devi seguire i tuoi sogni..” Draco tentò per l'ennesima volta di far cambiare idea all'amico.

 

“Io non ne ho mai avuti di sogni.” Harry entrò in Sala Grande, mettendo fine a quel discorso che ormai lo aveva stancato da morire. Si sedettero velocemente, cominciando già a servirsi da mangiare. Il fatto che Harry ed Hermione non si rivolgessero parola era diventato ormai una questione abituale: non ci faceva più caso nessuno, in realtà. Si erano stancati tutti quanti di stare dietro alle loro infinite stranezze. La verità era che non erano in grado di stare insieme, che divisi erano molto meglio e le perenni ansie e agonie erano terminate una volta per tutte. Si, era meglio per tutti. Le uniche cose che avevano mantenuto erano il saluto e il tacito rispetto che portavano l'uno per l'altra.

 

“Che poi allora perché fai questi esami, scusami?” Ron volle continuare il discorso anche li davanti a loro.

 

“Ti ho già detto un milione di volte che ho provato a chiedere sia a Crowford sia a Silente di esonerarmi dagli studi, ma per continuare il Torneo devo per forza continuare l'anno scolastico. Ora mi lasci mangiare in pace e devi continuare a rompere?” Harry non lo guardò neanche. L'unica cosa che non era meglio, in realtà, era il suo carattere tornato brusco e solitario.

 

“Fai come ti pare, ci rinuncio.” Ron scosse la testa e Luna gli accarezzò un braccio sorridendogli, come per tranquillizzarlo.

 

“Grazie a Dio.” Harry lasciò la forchetta e il coltello sul piatto, prese la sua borsa e si avviò verso l'aula senza salutare nessuno. Hermione lo guardò per un secondo, aspettando che fosse uscito prima di parlare.

 

“Continua a non voler passare bene gli esami e a non voler venire all'addestramento auror, vero?” Guardò sia Ron che Draco, che annuirono semplicemente.

 

“Se ci parlassi tu, magari lui.. Sai, sei sempre stata l'unica persona che abbia mai ascoltato in vita sua.” Draco le parlò piano, quasi come se stesse infrangendo un patto silenzioso: parlare di Harry e Hermione insieme era diventato un taboo. Per l'ennesima volta, si: ma decisivo.

 

“No, Draco. Sai benissimo come stanno le cose.” Hermione si stizzì all'istante, spostando malamente il piatto di fronte a lei. “Io e lui non abbiamo più nulla da dirci.”

 

“Te lo sto dicendo solo per il suo bene. Se solo tu..” Draco provò a insistere, ma Cho intervenne.

 

“Draco, adesso basta.” Lo guardò ammonendolo.

 

“Ma quando la pianterete tutti quanti con questa farsa, eh?!” Draco alzò la voce, facendo girare anche altre persone sedute al tavolo. Guardò prima la sua fidanzata, poi tutti: si soffermò principalmente su Ron. “Harry si è di nuovo rinchiuso in se stesso, ma non ve ne accorgete? Se continuiamo a lasciarlo fare si rovinerà con le sue stesse mani. Non possiamo permettergli di rovinarsi la vita. Non ha avuto la possibilità di un passato, aiutiamolo almeno a costruirsi un solido futuro.”

 

Hermione tenne lo sguardo basso, e quando Draco concluse mise su un sorriso alquanto ironico. Quando alzò gli occhi, mostrò uno sguardo fermo e sicuro: aveva smesso di piangere. Da un po', ormai. “Quante volte gli ho promesso un futuro insieme, quante volte l'ho convinto a prendere la scelta giusta.. Tu nemmeno lo sai.”

 

“E quante altre volte non l'hai fatto.” Ron batté un pugno sul tavolo, alludendo alla profonda differenza che avevano sempre vissuto nella loro storia e che Hermione non aveva fatto altro che accentuare. Lei lo guardò aggrottando la fronte.

 

“Quante cose gli ho perdonato, quante cose ho lasciato correre.” Hermione serrò la mascella, facendo violenza su se stessa per non arrabbiarsi. Aveva smesso di fare anche quello. Perché ne stavano parlando? Perché avevano di nuovo tirato fuori quel discorso?

 

“Sai bene che questo bambino non lo voleva. Come puoi pretendere che lo rifiuti dopo ciò che ha vissuto lui a causa della morte dei suoi genitori?” Draco la incalzò ancora, mentre Luna e Cho li intimavano di smetterla immediatamente.

 

“Non ho preteso niente, Draco. Mi sono solo arresa all'evidenza che tra me e lui non potrà mai esserci futuro. Io non appena uscirò di qua continuerò i miei studi a Londra, specializzandomi in ciò che sceglierò una volta finiti gli studi ad Hogwarts. Lui tornerà a Dublino, scegliendo il lavoro che darà serenità a lui e a suo figlio. Non rientriamo nei piani dell'altro, come puoi ben notare.” Accorgendosi che le si stava spezzando la voce, Hermione cominciò a raccogliere le sue cose per andarsene.

 

“Te ne torni nel villone di papà e tanti saluti, ho capito. Ma quando ti renderai conto di quanto diventerà arida la tua vita super agiata, non pensare al povero sfigato irlandese senza un soldo e senza la sicurezza di arrivare a fine mese per sfamare il figlio che in un lontano passato ti aveva fatto provare qualcosa. Continua la tua vita da principessa, perché è per questo che sei nata tu.” Ron sputò tutto senza riprendere mai fiato, parlandole così freddamente che gelò tutti quanti, Draco compreso.

 

“Come diavoli ti permetti..” Luna lo guardò allibita e sconcertata.

 

“No, Luna. Lascia stare..” Hermione si alzò in piedi, sorridendo amaramente. “Ron ha ragione. Ma quando starò vivendo la mia vita da ricca viziata penserò a questo momento, e se caso mai la mia mente dovesse vagare verso un irlandese squattrinato, pieno di talento, passione, amore, forza e determinazione non temere: dimenticherò in fretta di averlo amato. Così come lui dimenticherà in fretta di avermi anche solo conosciuta. Non temere, mi dirò che il problema non era ne lui ne io: il problema eravamo io e lui insieme.” Si buttò la borsa sulle spalle e andò via, con la convinzione che quella sarebbe stata l'ultima conversazione che avrebbe avuto su di lui.

 

 

 

Altre due settimane passarono, e il periodo esami stava finalmente concludendo. Mancava solo Pozioni, e Draco e Ron studiavano come matti per poter arrivare almeno alla tanto ambita O: sapevano che se non riuscivano ad ottenerla potevano scordarsi del tutto la carriera di auror. Harry, nonostante tutto, era riuscito a passare tutti gli esami, anche se non con voti altissimi. Per quello di pozioni, però, era certo che non ci fossero speranze, infatti non sprecò tempo sui libri insieme ai suoi amici.

 

Maggio era agli sgoccioli, ormai, e nella scuola aleggiava un clima di allegria incredibilmente fastidioso. Harry si scrollò i capelli con forza, per levarseli dal viso e togliere l'acqua in eccesso. Uscì dalla doccia e si guardò allo specchio: vide un'immagine diversa, i suoi occhi verdi sembravano più spenti. Ma infondo era un'impressione che aveva da un po' di tempo, e non aveva molta importanza. Buttò uno sguardo al suo cellulare, caso mai Jane lo avesse cercato per comunicargli qualsiasi novità: niente. Meglio così, nessuna nuova buona nuova si dice. Si asciugò del tutto i capelli con un colpo di bacchetta, lasciandoli poi scompigliati e ribelli come sempre. Si vestì distrattamente, focalizzando il suo pensiero sulla Terza Prova: sarebbe stata una settimana dopo, e ancora non aveva avuto nessuna notizia a riguardo. Sapeva per certo che neanche Dean e Martin avevano avuto qualche soffiata dai loro presidi, e questo lo rincuorava leggermente. Forse avrebbero dovuto affrontare l'ultima prova completamente al buio, quasi fosse come quelle inaspettate.

 

Aveva cercato da solo di ragionare su cosa avrebbero dovuto affrontare, ma con scarso successo. Sicuramente sarebbe stata la più difficile e sicuramente avrebbe dovuto dare il massimo. Si guardò di nuovo allo specchio, notando la sua faccia seria e tesa: da quanto non sorrideva? Non lo sapeva neanche lui. Doveva vincere quel Torneo a tutti i costi, aveva una valida ragione per farlo e avrebbe combattuto contro qualsiasi cosa pur di arrivare al suo obiettivo. Non importava più niente ormai, aveva già perso troppo tempo a sognare un futuro che non avrebbe mai dovuto permettersi di immaginare.

 

“Harry, noi stiamo andando. Hai bisogno di qualcosa?” Sentì la voce di Ron provenire dall'altra parte della porta del bagno. Si voltò e l'aprì, uscendo con l'asciugamano tra le mani.

 

“No no, ti ringrazio.” Sforzò di essere il più cordiale possibile.

 

“Sei sicuro che non vuoi venire? Le ragazze non ci sono questo week end visto che hanno già dato l'esame di pozioni, potevamo starcene un po' tranquilli tra di noi..” Ritentò Ron.

 

“Amico, non mi va e basta. Ti ringrazio.” Harry si sedette sul letto, dandogli le spalle. Ron decise di evitare di andare oltre, sapendo che se no sarebbe scoppiato sicuramente un litigio. Se ne andò senza neanche salutarlo.

 

Harry socchiuse gli occhi, odiandosi profondamente per come stava trattando il suo migliore amico. Era un periodo, uno stramaledetto periodo che sarebbe finito non appena avrebbe superato la Terza Prova. Aveva solo bisogno di stare solo e di concentrazione: più pensava a quello, più evitava di pensare al resto. Aveva assaporato di nuovo il gusto delle lacrime dopo anni e anni, e si era accorto che non gli piaceva per niente.

 

 

Hermione finì di mettersi il rossetto e lo passò a Luna, concentrandosi poi sui suoi capelli. Forse avrebbe dovuto tagliarli, erano così lunghi che per sistemarseli ci metteva un tempo infinito.

 

“Sono bellissimi, non osare tagliarteli!” L'ammonì Luna, leggendole nel pensiero. “Mi vuoi spiegare dove andiamo? Mi hai solo detto di farmi bella ed elegante.”

 

“Te l'ho detto in realtà. I miei genitori ci portano fuori a cena per festeggiare la fine degli esami, ma non ho capito dove. Però conoscendoli sarà sicuramente un bel posto, lo sai come sono loro..” Riuscì a comporre un elegante chignon, proprio come piaceva a lei. “Ci saranno anche Greg e la sua famiglia.”

 

Luna si bloccò all'istante. “Greg? Quel Greg?”

 

“Quanti Greg conosciamo?!” Hermione si voltò avvicinandosi al suo armadio e tirando fuori il suo vestito lungo che suo padre le aveva comprato a posta per l'occasione.

 

“E perché mai viene anche lui?” Luna continuò a guardarla, dubbiosa.

 

“Perché siamo amici di famiglia da una vita, Luna. E perché finalmente sa tutto sulla mia vera identità, gliel'ho rivelata poco tempo fa.” Hermione vagò con la mente alle vacanze di Pasqua, scuotendo subito la testa per cacciare certe immagini troppo dolorose.

 

“Sa che sei una strega?! Perché non me l'hai detto?” Luna incrociò le braccia.

 

“Non credevo fosse importante. E poi, bè, avevamo altro a cui pensare. Era naturale che prima o poi glielo dicessi, infondo.. L'ha presa molto bene, anche se è quasi svenuto li per li.” Si infilò le scarpe con il tacco.

 

“Capisco..” Luna si girò di nuovo, finendo di truccarsi. “Lui è l'uomo giusto per te, non è così?” La guardò di sottecchi attraverso lo specchio, e notò che si era bloccata di scatto chiudendo gli occhi.

 

“Presumo di si.” Hermione si alzò in piedi in tutta l'altezza che in realtà non le apparteneva. “Allora, come sto?”

 

“Sei uno schianto.” Luna le sorrise con malinconia, sentendo quasi nei suoi occhi blu il peso di un paio d'occhi verdi. “E io?”

 

“Anche tu. Andiamo, o faremo tardi.”

 

 

“Esatto, ormai ho finito il secondo anno di università e quindi anche io come voi sono intento a festeggiare la perfetta riuscita dei miei esami.” Greg alzò un bicchiere in direzione di Luna e Hermione, che lo imitarono sorridendo. Greg studiava medicina a Liverpool, aveva appena compiuto 20 anni qualche giorno prima ed era riuscito a finire tutti gli esami dell'anno accademico con una media davvero alta e più che in tempo.

 

“Sei davvero eccezionale, ragazzo mio.” Jason Granger gli diede una pacca su una spalla, congratulandosi per l'ennesima volta. Luna abbassò lo sguardo, come se volesse proteggere quegli occhi verdi che sentiva pesare ogni tanto dentro ai suoi.

 

“Bè, adesso che tra le nostre famiglie non ci sono più segreti..” Cominciò il padre di Greg, Stuart. “Che intendi fare adesso che hai finito la scuola, Hermione? Restarai nel nostro magnifico mondo o intraprenderai una carriera da strega?”

 

“Bè, in realtà..” Lanciò un sguardo a suo padre, che la guardò speranzosa. “Io ci sto ancora pensando. Vorrei poter conciliare le due cose, sapete.. Ma non nascondo che intraprendere gli studi in medicina mi piacerebbe parecchio.” Sorrise il più sinceramente possibile, vedendo sia sua madre che Luna non ricambiare.

 

“Eccellente, eccellente!” Stuart batté le mani. “Non fartela scappare, figliolo. Una ragazza così bella e intelligente non la troverai mai più.”

 

“Farò in modo di non perderla, allora.” Greg mise una mano su quella di Hermione, stringendola e facendole l'occhiolino. Quando Luna si accorse che l'amica non tolse la mano, si alzò di scatto.

 

“Chiedo scusa, devo andare un attimo al bagno. Con permesso.” Lasciò il tovagliolo sul tavolo e si allontanò velocemente, dirigendosi verso l'uscita del ristorante. Non appena uscì fuori, prese una bella boccata d'aria fresca che la fece stare subito meglio. Si avvicinò ad una panchina e ci si sedette, togliendosi le scarpe incredibilmente scomode e massaggiandosi i piedi.

 

“Che ti è preso? Non ti senti bene?”

 

Alzò lo sguardo e vide la sua migliore amica avvicinarsi preoccupata. “No, non mi sento bene. Non mi sento bene per niente Hermione.” La guardò loquacemente.

 

“Che cosa vorresti dire?” Hermione si sedette affianco a lei.

 

“Che cos'è questa farsa? Quante volte sono venuta a casa tua?! Migliaia! Non avevo mai visto niente del genere. Che fine ha fatto la mia migliore amica?” Luna allargò le braccia, non sapendo neanche se stava dicendo cose sensate.

 

“Non so di cosa tu stia parlando.” Hermione incrociò le braccia e guardò dritto davanti a se, impassibile.

 

“Piantala di fingere con me. Quante volte mi hai detto che non avresti mai voluto fare la vita dei tuoi genitori? E adesso ti trovo qui, nella perfetta riproduzione di tuo padre.” Luna si promise che non ci sarebbe andata per niente leggere quella volta.

 

“Che cosa mi hai detto?! Non ti permetto di..” Hermione la guardò allibita.

 

“Mi devi permettere, invece. Tu sai benissimo che non sei questa, tu sei molto di più..” Luna si girò completamente verso di lei, così da poterla fronteggiare. “Guardami, Herm. Vuoi davvero finire a studiare medicina insieme a quel bambolotto figlio di papà?”

 

“Luna, tu Greg non lo conosci. E nessuno sta dicendo che devo finire insieme a lui.” Hermione non tolse lo sguardo.

 

“Smettila, si vede lontano un miglio che i vostri genitori stanno già preparando il matrimonio.” Luna rise con amarezza. “Herm, ti imploro di ragionare. Sono passati quasi due mesi da quando hai saputo che Harry..”

 

“Luna, no.” Hermione la interruppe all'istante, alzando una mano per zittirla. S'irrigidì e guardò di nuovo di fronte a lei.

 

“Si, invece, Hermione. Quell'uomo finto la dentro non sarà avrà mai la semplicità e la purezza di Harry.” Luna non voleva mollare. Erano quasi due mesi che aspettava quel momento, era arrivata l'ora di svegliare l'amica da quella trance innaturale in cui si era nascosta.

 

“Ho messo un punto a quell'assurda storia, lo sai bene. Così come lo ha fatto lui. Ora vorrei rientrare, se non ti dispiace..” Hermione fece per alzarsi, ma l'amica la bloccò con una mano.

 

“Credi di poter sostituire Harry con un uomo così tanto gonfio da essere inesorabilmente vuoto?”

 

“Io non sostituirò mai Harry James Potter, hai capito bene? Mai.” Hermione alzò la voce, trattenendo a fatica quelle lacrime che ormai non le appartenevano più. Dire il suo nome per intero la fece stare così male che quasi le venne da vomitare. “Ti prego, Luna.. Basta. Ti imploro..” Sussurrò lievemente.

 

“Va bene, Herm, basta così. Sei la mia migliore amica, sempre e comunque.” Luna si alzò, rimettendosi le scarpe. “Anche se noi abbiamo finito gli esami prima, io tornerò a scuola per la Terza Prova. Perché Harry si merita di avere persone affianco, fino alla fine.” Si allontanò dirigendosi verso il ristorante, lasciando Hermione ancora seduta sulla panchina.

 

Chiuse gli occhi, prendendo un bel respiro profondo. Tutte le maledizioni al giorno in cui venne scontrata per sbaglio da Harry Potter nei corridoi di Hogwarts le aveva esaurite, così come tutte quelle per essersi inesorabilmente innamorata di lui. Era stato tutto sbagliato, fin dall'inizio: lo aveva sempre saputo, infondo. Come avrebbe potuto seguirlo in Irlanda? Come poteva aver creduto anche solo per un periodo che l'amore sarebbe bastato? Lei, così incredibilmente razionale e ferma, così restia, così.. Così Hermione Granger. Come sarebbe stato il loro futuro insieme? Fragile, instabile, litigioso, insicuro, titubante, con costante paura, forse violento. Si alzò, obbligandosi a smettere di pensare. Si era fatta una promessa la notte di Pasqua, infondo.

 

S'incamminò verso il ristorante, a passo lento. Non appena riuscì a scorgere le persone sedute al suo tavolo attraverso la vetrata si fermò: guardò Greg, nella sua bellezza impostata, con i suoi capelli biondi pettinati perfettamente, con il suo vestito di marca nuovo di zecca, il suo sorriso perfetto. Come sarebbe stato il suo futuro con lui, invece? Vuoto. Semplicemente ed inesorabilmente vuoto.

 

 

 

La sera prima delle Terza Prova, Harry camminava con le mani in tasca sulle rive del Lago Nero. Affianco a lui, Draco, Ron, Luna e Cho ascoltavano pazientemente il suo silenzio.

 

“Sai qualcosa di come si svolgerà domani?” Luna ruppe la tensione.

 

“In realtà non molto. Ci diranno tutto in Sala Grande domani mattina, sarete presenti tutti.. Quindi direi che lo scopriremo insieme.” Harry sorrise lievemente. “Io, come posso dire.. Grazie che siete restati con me.”

 

Cho abbassò lo sguardo, sentendo la commozione aumentare. Sapeva bene, come tutti gli altri, che Harry aveva sperato fino alla fine che anche un'altra persona si presentasse alla sua ultima prova. “Amico, quanto sei coglione. Secondo te ci perdevamo lo show?!” Ron gli diede un pugno sul braccio, imitato subito da Draco. Harry sorrise a entrambi, cercando di fargli capire quanto bene gli voleva.

 

“Lei come sta?” Harry riprese a camminare con lo sguardo basso, rivolgendosi a Luna.

 

“Sta bene. Ha deciso che probabilmente intraprenderà gli studi in medicina Babbana..” Luna gli sorrise mettendosi al suo fianco. “Ne è entusiasta, sai? E' davvero molto felice.” Mentì solo per farlo stare tranquillo.

 

“Sono contento, allora. Riuscirà ad avere quello che si merita davvero..” Harry annuì. “Lo so che in questi due mesi sono stato assente, me ne rendo conto. Però la notizia del bambino, il distacco con lei e..” Si passò le mani tra i capelli, come se esternare quelle emozioni fosse la cosa più difficile del mondo.

 

“Non ti preoccupare, è tutto a posto.” Cho gli afferrò il braccio stringendolo. “Adesso devi solo pensare alla prova di domani, poi vedrai che tutto piano piano andrà al suo posto.”

 

“Già.. Giusto.” Harry annuì l'ennesima volta. “Non sono una persona molto fortunata, ve ne sarete accorti.. Rischiavo di portarla dentro la mia sfortuna fino al collo.” Guardò verso la luna, luminosa e grande in mezzo ad una miriade di stelle.

 

“Non è potuta venire perché aveva diversi incontri per il college Babbano, sai..” Mentì anche Cho, seguendo la logica di Luna.

 

“Non sarebbe venuta lo stesso. Non mi vuole vedere più.. In un anno l'ho delusa abbastanza per tutta la vita.” Harry si staccò e si avvicinò di più alla riva del Lago, cominciando a lanciare sassi nell'acqua. Luna lo raggiunse, raccogliendo anche lei alcune pietre per lanciarle insieme a lui.

 

“Ti sbagli.” Lo ammonì. “In un anno le hai fatto scoprire l'amore e l'hai fatta diventare una donna. Vi rincontrerete, un giorno. Quando finalmente sarà il vostro momento giusto.” Gli sorrise e fece fare diversi salti alla pietra che aveva scelto.

 

 

 

Harry, Dean e Martin erano pronti con la loro divisa personale per l'ultima prova del Torneo Tremaghi. Erano nella stanzetta adiacente alla Sala Grande, dove tutto era cominciato. Camminavano avanti e indietro, nervosamente, scambiandosi qualche battuta ogni tanto.

 

“Bene, campioni! Siamo giunti alla fine.” Silente entrò, accompagnato da due sorridenti e alquanto preoccupati colleghi. Crowford abbracciò Harry, facendogli un grosso in bocca al lupo e stringendogli forte la mano.

 

“Abbiamo convenuto che fosse giusto offrirvi un augurio migliore di tre poveri vecchi presidi. Quindi, come promesso qualche giorno fa, abbiamo deciso di farvi trascorrere gli ultimi minuti prima dell'inizio insieme a qualche persona speciale per ognuno.” Silente si appropinquò ad aprire di nuovo la porta, sorridendo dolcemente a tutti e tre i campioni.

 

Harry fece qualche passo indietro e poi si voltò, consapevole che probabilmente per lui non sarebbe entrato nessuno. Non appena vide le famiglie degli altri due campioni entrare fece per voltarsi, ma alcune voci incredibilmente familiare lo obbligarono a restare li fermo.

 

“Devo entrare di qui, giusto? Lo trovo qui dentro?” Molly Weasley fece il suo ingresso già piena di lacrime. Non appena vide Harry lo stritolò tra le braccia, facendolo sentire così piccolo e indifeso che avrebbe voluto dirle in quel momento che era sempre stata una madre per lui. Che tutto ciò che aveva fatto e avuto lo doveva solo e soltanto a lei. Invece, come sempre, non disse una parola.

 

“Stai attento, Harry, d'accordo? Non importa vincere. Sei arrivato fin qui con le tue forze, sei stato bravissimo. Ora pensa solo a finire, al resto ci penseremo tutti insieme.. Come sempre.” Lo cominciò ad accarezzare su tutto il volto, baciandolo e spettinandolo sempre di più. “Sono tanto, tanto orgogliosa di te. Noi ti aspettiamo tutti la fuori, d'accordo? Torna presto e stai attento..”

 

Harry non fece altro che annuire, senza mai distogliere lo sguardo dagli occhi della sua seconda mamma. “Ci vediamo qui fuori. Te lo prometto.” Le sussurrò, abbracciandola forte.

 

“Io devo già andare. Non ti preoccupare, capirai perché..” Gli diede un ultimo bacio e si voltò uscendo di nuovo dalla porta. Harry la seguì con lo sguardo restando li fermo, e nello stesso punto in cui svoltò l'angolo scomparendo, comparve l'ultima persona che si sarebbe aspettato di vedere.

 

“Sono ancora in tempo?”

 

“Ma certo, signorina Granger. Vai pure dal signor Potter.” Silente le indicò Harry, che la stava già guardando da infondo la stanza con occhi così verdi che l'avrebbero sicuramente accecata.

 

La continuò a guardare mentre si avvicinava, intento a non perdere neanche per un attimo il contatto visivo. Dopo due mesi di completo distacco, si stavano di nuovo vedendo davvero.

 

“Sono venuta a farti l'in bocca al lupo.” Ruppe il ghiaccio lei, spostandosi una ciocca di capelli dietro le orecchie.

 

“Credevo non saresti venuta.” Harry non staccò neanche per un attimo gli occhi dai suoi.

 

“Come potevo non venire.” Hermione sorrise e tolse lo sguardo, non riusciva più a reggerlo. “Andrai benissimo, ne sono certa. Riuscirai ad arrivare dove vuoi.”

 

“Sono contento che sei venuta.” Harry serrò la mascella, cercando di contenere le emozioni che in quel momento stava provando. Lei sorrise ancora, mentre le si riempivano gli occhi di lacrime.

 

“Stai attento, mi raccomando. Ricordati sempre che se anche non vincerai, sarai sempre il mio campione.” Gli accarezzò una guancia, lasciando che calde lacrime uscissero senza troppe pretese. “Sei un uomo eccezionale, Harry.”

 

Perché gli stava dicendo addio? “Ci vediamo finita la prova..” Tentò Harry, asciugandole con entrambe le mani le sue lacrime dal viso.

 

“Ci vediamo finita la prova..” Ripetè lei, stringendo la mano di Harry sul suo volto. Si avvicinò a lui e si mise in punta di piedi, sfiorando con la bocca il suo orecchio. “Porterò il nostro amore con me per tutta la vita. E mi basterà sempre.” Sussurrò, in modo che soltanto lui nel mondo avrebbe potuto sentirla.

 

Gli diede un bacio sulla guancia, strizzando forte gli occhi. Si staccò e si rimise nella sua posizione naturale. Si guardarono per altri attimi, incredibilmente corti e inutili per dirsi tutto; poi, Hermione, si girò e se ne andò, senza voltarsi mai indietro.

 

Raggiunse gli altri, che la stavano aspettando all'ingresso della Sala Grande. “Sei sicura che non vuoi restare?” Chiese Ron, con lo sguardo basso. Era consapevole che probabilmente non l'avrebbe più rivista per molto tempo.

 

“Si, è meglio che vado.” Hermione abbozzò un sorriso e abbracciò forte Luna e Cho, raccomandandosi di vedersi appena era possibile. Poi si mise davanti a Draco e a Ron, che la guardavano senza sapere neanche cosa dire.

 

“Io.. E' stato un anno davvero, come posso dire..” Hermione cominciò a balbettare. “Vi voglio bene, davvero tanto.” Li guardò con le lacrime agli occhi e loro due la strinsero nelle loro braccia, sussurrandole che gliene volevano tanto anche loro.

 

“Ci rivedremo presto, ne sono sicuro.” Draco le baciò le guance e la fronte, sapendo che la sua frase era solo di circostanza. Hermione annuì e poi si rivolse a Ron.

 

“Mi dispiace per tutte le discussioni, gli schiaffi..” Cominciò.

 

“Ei, vuol dire che ci fidavamo del giudizio dell'altro. La tua presenza è stata essenziale, e non solo per Harry. Mi dispiace per come sia finita, probabilmente non avremmo dovuto insistere tanto anche noi perché le cose andassero meglio..” Ron le baciò la mano e le sorrise.

 

Hermione non volle aggiungere altro, era inutile riempire quella situazioni di frasi fatte e facilmente dimenticabili. Li guardò intensamente, ognuno di loro, ringraziandoli silenziosamente per ciò che avevano sempre fatto per lei. Si voltò prendendo un bel respiro, e scomparve completamente dalla loro vista.

 

 

Piano piano entrarono tutti nella Sala Grande, prendendo posto per assistere all'ultima attesissima prova del Torneo Tremaghi. Oltre a quasi tutti gli studenti delle tre scuole della Gran Bretagna, erano presenti genitori e giornalisti, distribuiti in ogni parte della Sala. Silente, Crowford e McDonald si misero in piedi davanti a tutti, aspettando il giusto silenzio per cominciare a parlare.

 

“Molto bene, sembra che ci siamo tutti.” Silente sorrise allargando le braccia. Si zittirono tutti all'istante, pendendo dalle sue labbra.

 

“La prova a cui assisterete a breve è forse la prova che andrà più di tutte oltre i limiti dell'umano. Tuttavia non sarò io a spiegarvi le modalità, bensì uno degli ideatori di tutte le prove che avete già avuto il piacere e, perché no, l'angoscia di vedere. Vi prego di fare un forte applauso per il Ministro della Magia, Ludo Bagman.” Silente, insieme ai suoi due colleghi, si spostò per lasciare spazio al Ministro. Un applauso echeggiò nella Sala Grande non appena Bagman fece il suo ingresso. Con un sorriso imbarazzato, salutò i tre presidi con decise strette di mano.

 

“Benvenuti, signore e signori, alla Terza Prova del quattrocentoventiduesimo Torneo Tremaghi della Gran Bretagna.” Bagman allargò le braccia, lasciando che un altro applauso scrosciasse davanti a lui. “Come il preside di Hogwarts ha già anticipato, questa prova non valuterà soltanto il campione in quanto mago, ma lo valuterà soprattutto in quanto uomo. Insieme al mio collaboratore Barty Crouch, abbiamo convenuto che per vincere completamente questo Torneo il campione deve dimostrare a tutti, e soprattutto a se stesso, di essere in grado di sopravvivere anche di fronte a irrealtà intangibili ma esistite. Vorrei i tre campioni della Gran Bretagna affianco a me, per favore.”

 

Harry, Dean e Martin, che erano attaccati alla porta per non perdersi neanche una parola detta dal Ministro della Magia, uscirono immediatamente, accolti da applausi e urla assordanti. Sorridendo e salutando, raggiunsero ognuno il proprio preside stringendo la mano a Bagman e aspettando che continuasse la spiegazione.

 

“Come avrete tutti già sufficientemente appurato dalle prove precedenti, i tre campioni avranno l'ausilio soltanto della loro bacchetta; ma questa volta dovranno percorrere una strada, un viaggio forse, e non in completa solitudine .”

 

Si schiarì la voce e, prendendo un bel respiro, notò l'agitazione da parte della platea aumentare.

 

“Sapete, esiste un luogo che va oltre le capacità conoscitive dell'uomo, un luogo la cui esistenza è da sempre nascosta per la sua pericolosità. Lì fuoco e ghiaccio convivono, senza minacciare la presenza dell'altro. Potrete cercarlo sull'Atlante, nei libri più proibiti dal Ministero, usare la magia più oscura per averne traccia: non ne troverete neanche uno scorcio. C'è chi dirà che è il luogo dove la Morte alberga indisturbata, chi giurerà di volerci andare per scoprirne i più profondi segreti, chi temerà ogni sua sfaccettatura: ciò che davvero importa, infondo, è arrivare alla fine per raggiungere l'eterna gloria di uomo e mago.”

 

I tre campioni si guardarono sconcertati: oltre a non capire nulla su cosa avrebbero dovuto affrontare, erano timorosi di chi li avrebbe accompagnati in quel fantomatico viaggio di cui il Ministro stava parlando.

 

“Incontrerete tre guide lungo il vostro percorso. Tre persone esistite ma non più reali, veritiere ma fittizie: starà a voi, mie cari campioni, giudicare il tempo da riservare a ognuno di loro, tenendo presente che il tempo scorre veloce, e il primo che giungerà al termine del viaggio vincerà il Torneo. Non temete le sfide che vi si potrebbero parare davanti sulla strada mentre sarete affiancati alle guide assegnatevi, temete piuttosto per la vostra fermezza mentale e fisica. Le prove precedenti sono state una sorta di rodaggio, di allenamento: adesso, oggi, siete all'apice del Torneo stesso.” Bagman cominciò a camminare lentamente, guardando negli occhi tutti e tre i campioni e sentendo il respiro del pubblico sempre più corto.

 

“Quanto può valere un uomo errante munito soltanto della sua stessa forza fisica e psicologica, accompagnato anche dalla sua sapienza magica? La risposta a questa domanda, signore e signori, le avremo a fine Torneo Tremaghi.” Bagman voltò le spalle al pubblico e alzò un braccio in direzione del grande tavolo dove di solito sedevano i professori. Questi si sollevò lentamente, dividendosi in tre lastre completamente uguali: si misero l'una affianco all'altra, formando tre passaggi differenti verso l'ignoto.

 

“Dean Thomas, campione di Hogwarts. Il tuo ingresso sarà quello a sinistra.” Bagman indicò il passaggio assegnatogli, lasciando che Dean si avvicinasse accompagnato da urla e applausi da parte del pubblico.

 

“Martin Gully, campione di Hamiltons. Il tuo ingresso sarà quello al centro.” Il Ministro cambiò la direzione del suo braccio, osservando Martin posizionarsi. L'applauso non cessò.

 

“Harry Potter, campione di St.Patrick. Il tuo ingresso sarà quello a destra.” Bagman indicò l'ultimo passaggio, che Harry fronteggiò.

 

Si guardarono tutti e tre, augurandosi tacitamente tutta la fortuna del mondo: l'ultima prova avrebbe decretato il vincitore, ma tutti e tre avevano imparato prima di tutto a rispettarsi a vicenda. Quando il Ministro diede il via, entrarono contemporaneamente prendendo un bel respiro.

 

La porta che aveva appena oltrepassato Harry sparì alle sue spalle, senza lasciare la minima traccia. “Lumos.” Sussurrò, e la sua bacchetta si illuminò all'istante. “Fa piacere notare che hanno la passione per i posti lugubri e deserti..” Harry cominciò a camminare, ormai consapevole che per scoprire cosa avrebbe dovuto affrontare serviva avanzare senza porsi troppe domande.

 

“Per la miseria..” Non appena Harry si rese conto su cosa stava camminando, si bloccò con la bocca spalancata. Una lastra infinita di ghiaccio giaceva indisturbata sotto ai suoi piedi, estendendosi all'orizzonte fino a scomparire nell'oscurità. “Lì fuoco e ghiaccio convivono..” Harry citò testualmente le parole di Bagman, scatenando involontariamente l'accensione del cielo. Alzò lo sguardo, senza chiudere la bocca per lo stupore: il fuoco albergava su tutta la sua testa, spargendosi largamente per chissà quanti chilometri. Il fuoco e il ghiaccio formavano quasi due linee parallele, senza disturbarsi a vicenda e mantenendo un clima perfetto in quell'ambiente surreale.

 

“Siamo nel posto dove entità perfettamente opposte possono convivere. Suggestivo, non è così?”

 

Harry chiuse subito la bocca e si voltò verso quella voce estranea. Un uomo vestito completamente di bianco si avvicinò a lui, in un modo così leggiadro che sembrò quasi fluttuare.

 

“Non credevo di poter mai arrivare in questo posto, ti confesso. E non credevo di arrivarci per un tale motivo.” L'uomo si avvicinò ancora, mostrando la sua lunga chioma argentata legata per magia in una coda lasciata bassa, e una barba molto corta che gli copriva però interamente la bocca. Gli occhi neri come la pece fissarono Harry intensamente. “Mi chiamavano Merwyn il Malvagio, e sono la tua prima guida.” Fece un breve e poco profondo inchino, tenendo le mani intrecciate dietro la schiena.

 

Harry aggrottò la fronte, non riuscendo bene a capire chi aveva di fronte. “Vieni, Harry Potter. Camminiamo.” Merwyn il Malvagio avanzò, lasciando che Harry lo affiancasse.

 

“Perché ti chiamavano il Malvagio?” Harry non riuscì a resistere.

 

“Perché sono stato un grande mago oscuro ai tempi del Medioevo. La maggior parte degli incantesimi e stregonerie oscuri che ancora ai tuoi tempi si utilizzano sono state inventate da me.” Merwyn guardò dritto davanti a se, come per attendere un'ulteriore domanda da parte del campione.

 

Harry abbassò lo sguardo, cercando di raggruppare le idee: aveva affianco a se un uomo palesemente morto, quindi era soltanto il suo fantasma. Perché gli era stata assegnata proprio l'anima di un mago oscuro?

 

“Questa, Harry Potter, è una domanda alla quale devi rispondere tu stesso. Tieni a mente, però, che siamo nel posto dove entità perfettamente opposte possono convivere.” Merwyn non smise di avanzare, lanciando qualche occhiata fugace al ragazzo che aveva alla sua destra. Si, poteva sentire i suoi pensieri fluttuare in quel posto paradossale.

 

“Ti reputi una persona malvagia, Harry Potter?” Merwyn rallentò il passo.

 

“Io.. Non lo so.” Harry tentennò e si accorse che la sua prima guida diminuì ulteriormente il passo. In quel modo avrebbe perso tempo: provò a sorpassarlo, ma una forza invisibile lo tenne al passo del fantasma.

 

“Non esistono domande alle quali un uomo non sa rispondere, Harry Potter.” Merwyn inclinò leggermente la testa, penetrando prepotentemente gli occhi verdi di Harry con i suoi neri. “Ti reputi abile nei duelli magici, Harry Potter?”

 

“Si.” Harry rispose senza tentennare, convinto di ciò che diceva. Merwyn riacquistò velocità, tenendo sempre le sue mani strette dietro la schiena.

 

“Dimostra a te stesso che la malvagità che temi di avere non ti appartiene. Dimostra a te stesso che sei perfettamente opposto al fantasma che adesso ti sta parlando.” Merwyn si fermò di colpo, obbligando Harry a inchiodare a sua volta. Lo vide chiudere gli occhi e alzare una mano verso l'orizzonte, come per richiamare qualcosa. O qualcuno. Harry strinse la mano destra attorno alla sua bacchetta, pronta per qualsiasi evenienza.

 

“I maghi malvagi uccidono, Harry Potter. I maghi malvagi non si fermano davanti a niente. Duella armandoti soltanto della tua capacità, e potrai proseguire il tuo viaggio indisturbato.” Non appena Merwyn cessò di parlare, apparve di fronte a loro due un uomo incappucciato, con un mantello blu notte e la bacchetta tesa davanti a se. Harry non tentò neanche di guardargli il volto: alzò subito la sua mano destra per proteggersi da un incantesimo non verbale lanciato da quello sconosciuto.

 

Cominciarono a duellare, ma per Harry non fu per niente semplice: quell'uomo era chiaramente più esperto di lui e utilizzava soltanto magia non verbale, mettendolo in grossa difficoltà. Prevede le mie mosse, ma come fa? Tentò di rimembrare le parole della sua prima guida, cercando l'aiuto necessario per poter vincere il duello. Scagliò due Schiantesimi molto forti non verbalmente, colpendolo in pieno petto e facendolo volare diversi metri più indietro.

 

Si rialzò così velocemente che Harry ebbe soltanto il tempo di schivare un lampo di luce verde dritto verso di lui. “Merwyn, come posso fare?” Harry riprese a duellare gridando verso la sua guida, rendendosi conto che si stava difendendo da attacchi mortali.

 

“Io non posso aiutarti Harry Potter. Un malvagio come me, in questo duello, avrebbe perso subito: è così che sono morto, diversi secoli fa. Sei tu malvagio, quindi?” Merwyn indietreggiò ancora, mostrando quasi indifferenza a ciò che gli stava succedendo sotto al naso.

 

Harry, all'improvviso, capì. “No. Io non sono malvagio. IO NON SONO MALVAGIO!” Schivando l'ultimo attacco da parte dell'avversario, lo disarmò con estrema facilità, scaraventandogli la bacchetta lontano. L'uomo, convinto di andare incontro a morte certa, alzò le braccia per proteggersi il volto, in un ultimo disperato segno di paura.

 

Harry, d'altrocanto, abbassò la bacchetta respirando affannosamente. Quell'uomo incappucciato scomparve in un alito di vento, risucchiato dal fuoco sopra le loro teste.

 

“Si, Harry Potter. Tu non sei malvagio. E non lo sei mai stato.” Merwyn lo guardò per l'ultima volta, e poi si voltò tornando indietro sui suoi passi.

 

“Aspetta, Merwyn!” Harry provò a seguirlo, ma non appena fece un passo quello scomparve nell'accecante orizzonte di fuoco e ghiaccio. Stringendo ancora di più la bacchetta nella sua mano destra, riprese ad avanzare. Gli sembrava di essere li dentro da pochissimo tempo, ma forse ne era passato troppo: in quel posto la cognizione del tempo, a quanto pareva, non esisteva.

 

“Harry. Oh, Harry..”

 

Harry sentì quella voce femminile sconosciuta come se l'avesse portata dentro di se per tutta la vita. Fu una sensazione strana: si voltò alla sua destra e vide apparire lentamente un'altra figura completamente vestita di bianco. Si avvicinò a lui fluttuando e lasciando dietro di se scie argentate e luminose. I capelli castano scuro incorniciavano un volto bello e gentile, dolce quanto il suo sguardo. Gli occhi verde smeraldo sorrise a Harry, arrivando proprio di fronte a lui.

 

“Sei così grande. Così bello..” La donna fantasma provò a sfiorargli la guancia con la mano, non riuscendo però a toccarlo realmente. Harry non ci mise molto per capire chi aveva di fronte.

 

“Mamma..” La voce gli si ruppe in gola. Fece un passo verso di lei istintivamente, ma una forza sconosciuta lo fermò. La mano in cui stringeva la bacchetta gli tremava forte: avrebbe voluto mollarla e poter restare li con lei per tutto il tempo necessario per recuperare. Forse una vita sarebbe bastata.

 

“Oh, tesoro. Sei stato molto coraggioso.. Noi non ti abbiamo mai lasciato, sai.” Lily Potter cominciò ad avanzare, obbligando Harry a seguirla. “Adesso sei un uomo, Harry. Adesso è arrivato il momento di prenderti le tue responsabilità.”

 

“Mi avete abbandonato.. Sono sempre stato solo, e soltanto in solitudine sono capace a stare.” Harry respirava affannosamente, come se quella conversazione fosse la più difficile cosa che avesse mai fatto in vita sua.

 

“Sai bene che non è stata una nostra decisione abbandonarti. La solitudine non appartiene a nessun uomo, Harry: non dimenticarlo. L'amore, invece, appartiene a chi se lo merita.” Lily continuò ad avanzare, tenendo le mani conserte in grembo.

 

“Io non lo merito, perché nessuno me l'ha insegnato.” Harry abbassò lo sguardo, consapevole della grande verità che aveva appena rivelato a sua madre. Entrambi diminuirono la velocità.

 

“Fidati dell'amore che hai imparato. Fidati della donna che te l'ha insegnato.” Lily si voltò verso il figlio, sorridendogli dolcemente.

 

“Ho sofferto molto la vostra mancanza. Non sono capace a dare l'amore che non ho mai ricevuto.” Harry si fermò completamente, rimanendo pochi passi dietro a sua madre.

 

“Io e tuo padre ti amiamo molto. Ma tu non hai mai accettato la nostra morte, dimenticandoti che il nostro amore poteva vivere in te.” Lily si voltò verso di lui, lasciando che i suoi capelli fluttuassero insieme a lei. “Ci hai dimenticati, Harry?”

 

“Mai.” Harry rispose deciso, mettendosi una mano sul cuore.

 

“E allora non hai dimenticato neanche il nostro amore.” Lily riprese a camminare, obbligando Harry a seguirla: rimase, però leggermente dietro a lei. “Tuo figlio non crescerà come te. Non tormentarti per questo.”

 

“Soltanto nella mia solitudine io valgo qualcosa. Soltanto dedicandomi a lui potrò amarlo come merita.” Harry si fermò di nuovo, non riuscendo più a proseguire. Lily, invece, continuò ad avanzare lentamente.

 

“Non importi una scelta che nessuno ti ha proposto, Harry.” Lily alzò il braccio destro, lasciando che la sua tunica candida si estendesse morbida affianco a lei. Tra le onde della stessa, apparvero nitidi e chiari i volti di Hermione e Jane. Harry spalancò gli occhi e riprese a camminare veloce, cercando di raggiungere sua madre.

 

“Come posso amare una donna a cui non posso dare niente? Il mio tutto, adesso, lo darò solo a mio figlio.” Harry fissò il volto di Hermione che lo guardava in modo impassibile, per poi spostarsi su Jane che gli sorrideva per tranquillizzarlo. “Lei.. Lei vuole di più di questo.”

 

“Non avete mantenuto la vostra promessa, Harry.” Lily abbassò il braccio, facendo sparire i volti di Hermione e Jane. “L'amore vi sarebbe bastato sempre. Ma non siete stati abbastanza forti per capirlo, entrambi.”

 

Harry cadde sulle ginocchia, mettendosi il volto tra le mani. “Non lasciarmi, mamma. Ho bisogno di te..”

 

“Non ti ho mai lasciato, ma tu non l'hai mai accettato.” Lily si voltò lentamente, rimanendo sempre a una certa distanza. “Ama, figlio mio. Dai a tuo figlio l'amore che io e tuo padre ti abbiamo disperatamente mandando in questi 18 anni, e poi ama te stesso abbastanza per perdonarti di tutto. E per perdonarci.” Cominciò ad indietreggiare, allungando la mano verso Harry.

 

“Troverò il perdono nella solitudine, non è così?” Harry provò ad alzarsi per raggiungerla, ma non riuscì a muovere neanche un muscolo.

 

“Ama, figlio mio. Ama davvero.” Lily Potter scomparve del tutto, lasciando soltanto una scia luminosa per marcare il suo incancellabile passaggio.

 

“Mamma, aspetta ti prego! Ti prego.. Non lasciarmi di nuovo! Ti prego..” Harry fece così tanta forza per liberarsi da quelle barriere invisibili, che perse i sensi dallo sfinimento. Spalancò gli occhi dopo pochi istanti, rendendosi immediatamente conto che aveva perso parecchio tempo e terreno. Rimase li fermo immobile, sdraiato in quella lastra di ghiaccio che al tatto manteneva una temperatura sempre gradevole. Fissò il fuoco sopra la sua testa, indeciso se proseguire quell'assurdo viaggio o meno.

 

Si ripeté innumerevoli volte le parole di sua madre, cercando di capirle fino infondo. Strizzò gli occhi, sentendo un'incontenibile morsa nello stomaco. Perché lo avevano abbandonato? Perché non aveva potuto averli affianco sempre? Era certo che non si troverebbe in quella situazione, era certo che con loro sarebbe stato tutto più semplice. Tutto più bello.

 

Ama, figlio mio.”

 

Quelle tre parole gli rimbombarono nella mente non appena si rialzò a fatica. L'amore non se lo meritava, e lo aveva capito appieno. Con una mano nello stomaco riprese ad avanzare, demotivato e non più certo del viaggio che stava percorrendo. Forse era tutto sbagliato, forse non era lui a dover vincere quel maledetto Torneo. Non era in grado di rispondere alle domande più banali, non era in grado di affrontare se stesso. Era quello l'intento della Terza Prova? Esaminare i campioni a tal punto da fargli capire che per essere un vero mago bisogna prima di tutto essere uomini?

 

“Sapevo che avrei avuto la possibilità di rivederti. Ne ero certo, ne ero convinto.”

 

Harry si voltò, capendo all'istante che avrebbe visto apparire la terza e ultima guida proprio alla sua destra. Chissà se lo avrebbe portato fino alla fine, chissà se ce l'avrebbe fatta.. Aveva come la sensazione che non gli importasse più di niente. Quell'uomo che apparve piano piano dal ghiaccio e dal fuoco, rivestito completamente con una tunica bianca, gli fece tremare il cuore.

 

“Pensavo che.. Papà.” Harry lo fronteggiò, vedendolo sorridere di assenso. Era alto come lui, i capelli neri e scompigliati erano poco più lunghi dei suoi, e se non fosse stato per gli occhi sarebbero stati due gocce d'acqua.

 

“Fortunatamente, però, hai preso anche molto da tua madre.” James Potter gli passeggiò intorno osservandolo attentamente. “Ciao, figliolo.” Insieme alla sua contentezza, Harry non poté non notare un certo risentimento. Si mise a camminare, con Harry al fianco.

 

“Sei l'ultima guida che incontrerò in questo posto assurdo. Mi devo aspettare qualcosa di più difficile?” Harry guardò suo padre, cercando di raggruppare le migliaia di domande che avrebbe voluto fargli.

 

“Solitamente, l'ultimo pezzo di un puzzle è quello più semplice da posizionare. Hai dimostrato di saper duellare con il tuo innato coraggio e la tua innata bontà, e poi?” James lo incalzò, incrociando le braccia sul petto.

 

“E poi.. Credo che con la mamma ho perso terreno. Credo di.. Essere indietro rispetto agli altri campioni.” Harry cercò di ragionare lucidamente.

 

“Non pensare agli altri campioni, Harry. Pensa a cosa sbagli e a cosa fai giusto.” James si voltò appena, scrutandolo a fondo con sguardo indagatore. “Ti ricordi come siamo morti noi due, Harry?”

 

“Si.. In un combattimento con alcuni maghi oscuri. Eravate due grandi auror e io.. Sono molto fiero di voi.” Harry aumentò il passo per poter stare dietro al padre.

 

“E sei fiero di te stesso? Delle scelte che hai fatto? Della gioventù che stai passando?” Insistette James.

 

“Per certi versi si, per altri no.” James e Harry non accennarono a rallentare, e al secondo venne quasi il fiatone.

 

“Guarda la tua mano destra, Harry.” James continuò a guardare dritto davanti a se, mentre il figlio si accorgeva di essere senza bacchetta.

 

“Non è possibile. Sono sicuro che l'avevo quando.. Quando..” Harry si fermò cercando di fare mente locale. Forse gli era caduta parlando con sua madre, forse gli era scivolata quando aveva perso i sensi.

 

“Non l'hai persa tu, figliolo. La tua bacchetta ti è semplicemente venuta meno, perché non ti serve più.” James lo spronò a continuare il cammino. “Quanto vali senza magia? Non rispondermi. Non ce ne sarà bisogno.”

 

Poco distante da loro si ergeva una montagna rocciosa, dove ai lati scorreva lava e incima sembrava innalzarsi un grande ghiacciaio. Si avvicinarono senza indugiare, mentre Harry cercava di capire a che gioco avrebbero giocato.

 

“Non denigrare il lavoro dei tuoi genitori, non è stato lui a portarci via.” James scosse lievemente la sua tunica, dalla quale apparve per un solo attimo la lettere che Harry aveva aperto mesi prima: era la sua possibilità di fare l'addestramento auror. “Una persona ti ha detto di non precluderti nessuna strada per la sola paura di non farcela: ascoltala, figliolo.”

 

Arrivarono ai piedi della montagna ed entrambi guardarono in alto. “Puoi scegliere, Harry: o torni indietro e accetti la sconfitta, o sali questa montagna senza l'ausilio della magia e accetti il rischio. Non so cosa tu possa trovare e non so come poterti aiutare: non conosco le scorciatoie e non conosco la montagna stessa.” James fissò intensamente Harry negli occhi, sapendo già la scelta che avrebbe preso. Cominciò ad indietreggiare, avendo terminato il suo tempo a disposizione.

 

“Sii uomo, figlio mio. Sii uomo fino infondo.”

 

Harry aprì la bocca per replicare, ma suo padre sparì senza lasciare traccia. Rimane fermo immobile, fissando il vuoto e ascoltando il silenzio. “Vi voglio bene, anche se non ho mai potuto dirvelo. E vi perdono.. Vi perdono.” Si tirò su le maniche della sua divisa e prese un bel respiro, lanciò un'ultima occhiata alla cima della montagna (non visibile) e cominciò la sua arrampicata verso l'ignoto.

 

La lava scorreva ai suoi due lati, le sue mani cominciavano a ferirsi, i pantaloni e la maglia a strapparsi: se avesse avuto la magia sarebbe già arrivato da un pezzo. Ma la strada, il viaggio, di un uomo è fatta di salite difficilmente superabili dalla semplice magia. Harry strinse i denti e salì ancora, attaccandosi con tutte le sue forze a quelle pareti rocciose e perfettamente temperate. Sentì il sudore scorrergli nella schiena e nella fronte e puntò ancora il piede, spingendosi sempre più su.

 

“L'ho capito, sai..” Cominciò a dire rivolto alla cima della montagna. “Lo so che cosa vuoi dirmi. Ma io ci arrivo lassù, fosse l'ultima cosa che faccio.” Si spinse ancora, gemendo per la fatica e lo sforzo. Un piede, poi un altro, poi le mani, e ancora una spinta con il piede.

 

Non ebbe la minima idea di quanto tempo ci impiegò, ma non appena appoggiò la mano sulla cima ricoperta da un ghiaccio trasparente, si sentì afferrare all'altezza dell'ombelico e per magia fu trasportato al di la della montagna, dove una porta giaceva indisturbata contornata da fiamme e ghiaccio. Quando fu lasciato li davanti, Harry scorse indistintamente lo stemma della sua scuola su quel pezzo di legno fluttuante: si voltò indietro, titubante per un attimo sul da farsi.

 

“Comunque vada.. Io so chi sono.” Harry chiuse gli occhi e abbassò con forza la maniglia, attraversando quella porta che dava sul nulla.

 

Aveva ancora gli occhi serrati quando sentì un baccano talmente forte che fu obbligato a riaprirli per lo spavento. “Harry!! Meraviglioso, meraviglioso ragazzo!!” Crowford lo aveva stretto in un abbraccio mozzafiato. “St.Patrick ha vinto dopo quasi 400 anni di sconfitte!! Meraviglioso Potter!!”

 

Harry fu assalito da una miriade di persone: lo sollevarono da terra facendolo saltare più e più volte, urlandogli i complimenti per la vittoria del quattrocentoventiduesimo Torneo Tremaghi della Gran Bretagna.

 

Ho vinto? Ho vinto??

 

Si sentiva così frastornato che non riuscì a dire neanche una parola. “Congratulazioni ragazzo mio. Sei stato il migliore fin dall'inizio.” Silente gli strinse forte la mano e poi lo cedette al Ministro Bagman, che con un sorriso a trentadue denti gli porse la coppa Tremaghi tra le mani.

 

“Fate un applauso al nuovo campione del Torneo Tremaghi della Gran Bretagna!!”

 

Solo li, solo a quel punto Harry si rese davvero conto di cos'era successo: aveva vinto, aveva davvero vinto quel Torneo che lo aveva fatto penare per tutto l'anno. Scorse tra la folla urlante Ron e Draco che gridavano il suo nome: li indicò, dedicandogli con tutto il cuore quella vincita, a loro che erano rimasti fin proprio alla fine.

 

Guardò verso l'alto, riuscendo quasi a sentire ancora le parole dei suoi genitori: sorrise, promettendogli diverse cose che avrebbe per sempre mantenuto. Dopodiché, rivolgendosi di nuovo al pubblico, alzò in alto la coppa urlando forte, liberandosi di tutte le frustrazioni che lo avevano accompagnato fino a quel momento. Liberandosi di tutto ciò che non avrebbe mai più ripreso. I fotografi scattarono innumerevoli foto: quel giorno si era fatto un altro pezzo di storia magica.

 

 

 

Hermione accarezzò lievemente la copertina della Gazzetta del Profeta, dove un Harry euforico gridava con la coppa in mano. Aveva vinto il Torneo, ma lei ne era sempre stata certa: lo ha vinto perché se lo meritava, perché era lui il campione numero uno. Riprese a leggere per l'ennesima volta quell'articolo:

 

Ed è proprio Harry Potter, il bel campione della scuola di Magia e Stregoneria di St.Patrick, Irlanda, ad aggiudicarsi il titolo di vincitore del Torneo Tremaghi, che ha visto disputarsi le tre principali scuole di magia della Gran Bretagna. “Ha dimostrato fin da subito una certa fibra morale e coraggio da vendere, si meritava di vincere.” Parla così il preside Crowford, felice di poter vantare un tale onore per la sua scuola.

Potter ha superato in modo impeccabile la Prima Prova, sfidando il drago con maestria e astuzia; perdendo punti all'infima prima prova inaspettata, si rifà senza grossi problemi grazie alla Seconda Prova, dove riesce a salvare egregiamente la sua fidanzata di allora, Hermione Jean Granger; presente anche nella seconda prova inaspettata, la signorina Granger sembra un elemento fondamentale e chiave per lo stesso campione Potter: riappare anche nella Terza e ultima Prova, però, ahimè, solo come un lontano ricordo rievocato dalla madre prematuramente deceduta. I contenuti e i dettagli della Terza Prova sono, come sicuramente già tutti sapranno, incredibilmente e tassativamente Top Secret.

Ottime anche le performance degli sfidanti Dean Thomas per Hogwarts e Martin Gully per Hamiltons: l'unica loro pecca è stata, probabilmente, la scarsa velocità in confronte al vincitore.

Cresciuto dai suoi zii Babbani, Harry Potter passa l'infanzia a...

 

Hermione chiuse il giornale, decidendo che cinque volte erano sufficienti: probabilmente sapeva quell'articolo a memoria. Harry era riuscito a vincere anche i soldi, quindi. Sorrise, alzandosi dalla sua poltrona e andando verso la finestra: appoggiò la fronte sul vetro, guardando fuori la giornata soleggiata di metà giugno.

 

“Sarai un ottimo padre, non temere.. Non crescerà come te.” Sussurrò, facendo appannare il vetro. Chiuse gli occhi, dandosi della stupida: parlare con una finestra a cosa serviva? Si stacco di botto chiudendo poi le tendine. Non voleva che entrasse troppo sole in camera sua.

 

Il sole non le piaceva più, ormai.

 

 

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Capitolo 19
*** Londra e Dublino ***


19. LONDRA E DUBLINO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Harry spalancò gli occhi all'improvviso, mentre quel maledetto treno delle 7.15 ancora fischiava il suo passaggio. Era inutile mettere la sveglia, lo aveva capito ormai da tempo. Si passò entrambe le mani sul volto, stropicciandosi gli occhi ancora impastati dal sonno, e poi si alzò sbuffando. Quante volte si era promesso di smetterla di andare a dormire tardi? Ma infondo non era solo colpa sua.

 

Spalancò le finestre della cucina e del salotto, lasciando che la fresca brezza di quella mattina di inizio settembre entrasse nella sua casa. Lanciò un'occhiata al cielo, limpido e sereno come una tavola infinita spezzata solo da alcune colline laggiù all'orizzonte. Tirò fuori tutto il necessario dal frigo per preparare la colazione, guardando l'orologio appeso al muro una volta si e l'altra pure. Mise il latte a scaldare e andò verso il bagno, cercando di fare più piano che poteva. Si buttò sotto la doccia, lasciando che l'acqua fredda lo svegliasse del tutto: rivolse il volto verso il getto potente, strizzando gli occhi e lavandosi completamente la mente.

 

Uscendo dal bagno e passando attraverso il salotto, posò lo sguardo su tutti quei biglietti che gli erano arrivati più di un mese prima per il suo compleanno, quello di Ron era ancora aperto e al centro. Le sue parole rimbombarono ancora nella testa di Harry.

 

Harry, quando possiamo vederci? Devo darti una notizia molto importante, e voglio farlo a quattrocchi. Ormai sono mesi che non ci vediamo, voglio sapere anche le tue novità riguardo al lavoro e riguardo il vostro crescere insieme. Hai escluso tutto il mondo, non escludere la tua famiglia. Aspetto risposta,

Tuo fratello, Ron

 

Bastardo. Usava le stronzate della famiglia e del fratello quando voleva farlo tornare sui suoi passi, aveva sempre fatto così fin da piccolo. Harry sorrise scuotendo la testa e tornò nella sua stanza da letto, accendendo le luci per potersi vestire. Si mise la divisa, sistemandosela per bene come era abituato a fare ormai da due anni. Chi l'avrebbe mai detto, poi, che sarebbe diventato proprio lui auror e i suoi due migliori amici invece no? Se lo chiedeva praticamente ogni giorno.

 

Si avvicinò all'altra stanza di casa sua, molto più piccola e molto più accogliente probabilmente. Era socchiusa, la lasciava sempre così perché lui preferiva vedere un po' di luce prima di addormentarsi. Entrò piano piano, accucciandosi affianco al lettino e appoggiando le braccia e la testa affianco al suo viso.

 

“Danny, papà deve andare a lavoro.. Tra poco la mamma ti porterà all'asilo, sono i primi giorni e non puoi fare tardi.. d'accordo?” Harry sussurrò piano, dando un bacio sulla sua guancia morbida.

 

“Mmm..” Ebbe di tutta risposta. Harry sorrise, accarezzandogli i capelli biondi e scompigliati.

 

“Non farti trovare ancora addormentato dalla mamma, lo sai che anche lei deve correre a lavorare.. Ti lascio la colazione sul tavolo come sempre, ok Daniel?” Harry gli morsicò l'orecchio, sapendo che gli avrebbe dato il fastidio giusto per farlo svegliare. Infatti Daniel cominciò a stiracchiarsi e a spingere lontano Harry, lamentandosi con grugniti che voleva dormire ancora.

 

“Papà, oggi non ci voglio andare all'asilo.” Daniel si mise seduto sul letto, mentre Harry usciva dalla stanza sorridendo.

 

“Non dire scemate, Dan. Dai forza, vieni che la mamma si è svegliata.” Harry accese tutte le luci, entrando in cucina e versando il latte nella tazza personale di suo figlio. Guai se sbagliava, era in assoluto la sua preferita.

 

“Ma papà, la maestra mi mette in punizione perché rompo le cose senza toccarle. Ma non lo faccio a posta papà, lo giuro!” Daniel spuntò dalla porta trascinandosi, continuando a stropicciarsi un occhio e mantenendo uno sguardo imbronciato.

 

“Se tu dici che non lo fai a posta, ti credo Danny.” Harry gli sorrise prendendolo in braccio e mettendolo seduto sullo sgabello più alto. Quello era il suo posto fisso per colazione perché diceva che si sentiva grande come il suo papà. Gli mise davanti la tazza con il latte e i biscotti e lo guardò mangiare, aveva mostrato di avere poteri magici incredibilmente presto, anche se molto raramente. “E' successo solo due volte. Vedrai che per un po' non succederà più.” Harry aveva già cominciato a spiegargli la differenza tra maghi e babbani, riscontrando non poche difficoltà alle sue ovvie e conseguenti domande. Ma se l'era cavata discretamente bene, alla fine.

 

Harry sentì l'acqua della doccia smettere di scrosciare e guardò verso il bagno. “Buongiorno..” Disse sorridendo lievemente. Jane, di tutta risposta, gli fece l'occhiolino e si avvicinò a Daniel.

 

“Stai mangiando tutto, tesoro?” Lo baciò più volte sulla testa, ostinandosi poi a cercare di sistemargli quei capelli costantemente in disordine. “Io vado a finire di prepararmi e poi andiamo, d'accordo?” Daniel le annuì e si godette tutti quei baci. Adorava il modo in cui sua madre lo coccolava la mattina.

 

“Io vi saluto. Ti passo a prendere alle cinque, d'accordo?” Harry baciò il naso del figlio e fece un cenno a Jane con la mano: aveva finito, ormai, le frasi di circostanza dette per anni.

 

 

“Avete fatto rapporto? Anche se è una storia che va avanti ormai da mesi, non dimenticatevi di fare rapporto ogni volta..” Harry prese il foglio che gli stava porgendo un suo giovane collega, diventato auror da appena pochi mesi e scelto da Harry stesso nella sua squadra speciale.

 

“Si, capo. Abbiamo fatto rapporto come ci hai chiesto.”

 

“Bravo, Aaron.” Harry lo colpì amichevolmente con il foglio sulla faccia, facendolo sorridere e rilassarsi. “Puoi andare a casa, adesso. Non ho dimenticato che oggi è l'anniversario tuo e della tua ragazza.”

 

“Grazie, capo. Grazie mille!” Aaron non se lo fece ripetere due volte e, dopo aver salutato Harry, si girò correndo verso l'uscita del Ministero Irlandese.

 

“Mi chiedo come mai uno come te non ha mai fatto domanda di trasferimento per il Dipartimento inglese..” Harry si voltò, riconoscendo la voce di un suo collega capo di un'altra squadra speciale.

 

“Sarà perché sono troppo affezionato all'Irlanda, chissà..” Harry incrociò le braccia, sicuro che ciò che John doveva dirgli non era di certo quello.

 

“Ti cercava una persona, poco fa. Dice di conoscerti bene, ti sta aspettando nel tuo ufficio..” John si congedò senza aspettare risposta, lasciando Harry con uno sguardo dubbioso e indeciso sul da farsi. Avviandosi verso il suo ufficio cominciò a pensare a tutte le persone che avrebbero potuto presentarsi li al Ministero di Dublino: ne scartò a decine, tenendo conto che da quattro anni si era praticamente escluso da tutti. O meglio, quasi tutti.

 

Aprì la porta del suo ufficio senza indugiare, e non ci mise molto a riconoscere chi lo stava aspettando, neanche se era di spalle. “Giuro che questa proprio non me l'aspettavo.”

 

“Dicono che la montagna non va a Maometto..” Ron si voltò sorridendogli, felice più che mai di vederlo. Si avvicinarono insieme, stringendosi in un abbraccio fraterno e colmo di tutto ciò che li aveva sempre uniti.

 

“Che diavolo ci fai tu qui?” Harry lo fece sedere di fronte a lui.

 

“Secondo te? Ti ho scritto per il tuo compleanno e non mi hai degnato di risposta, bastardo che non sei altro.” Ron sbuffò incrociando le gambe.

 

“Ti avrei risposto a breve, giuro. La tua lettere è ancora aperta sul mio tavolino in salotto.” Harry alzò le braccia per difendersi. “Ormai sei un pezzo grosso da giacca e cravatta, eh?” Lo schernì per il suo abbigliamento.

 

“Ma piantala, stronzo. Sai bene che lavorare al Ministero comporta un certo abbigliamento..” Ron si sistemò la cravatta con fare solenne. “Certo, a meno che tu non sia capo auror di una squadra speciale.” Indicò sorridendo la targhetta sulla scrivania di Harry.

 

“Già, be.. Lo sono da pochi mesi.” Harry sorrise a sua volta. “E tu, invece? Sei sempre nell'Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia li a Londra?”

 

“Esattamente. Chi l'avrebbe mai detto, eh? Sognavo di giocare a Quidditch e di diventare un auror, e invece..” A quanto pareva anche Ron si faceva quella domanda tutte le mattine. “Sono contento, però. Probabilmente ero nato per questo lavoro.”

 

“Allora sono contento anche io. Che mi dici di Draco?” Harry appoggiò i gomiti sul tavolo, sinceramente interessato ad ascoltare l'amico.

 

“Alla grande anche lui. La libreria/bar sua e di Cho va a gonfie vele, sono entusiasti ogni giorno di più..” Ron cominciò a raccontare alcuni aneddoti su come e quando avevano aperto, su tutti i disguidi che erano usciti fuori, sulle discussioni su dove disporre le varie cose. Per un fugace attimo, Harry provò una forte tristezza di essersi perso tutto ciò. “Poi Hermione è stata di grande aiuto, soprattutto a livello finanziario in realtà e..” Ron si bloccò subito, rendendosi conto che aveva appena tirato fuori un nome che scottava come una bomba atomica, che era stato eliminato dal gergo da un tacito accordo.

 

“E Luna come sta?” Harry volle tirare fuori dall'imbarazzo l'amico, fingendo di non aver sentito. O forse non aveva sentito davvero: infondo, le cose dimenticate e impolverate entrano da un orecchio ed escono dall'altro senza troppa fatica.

 

“E' proprio di questo che ti volevo parlare, in realtà. Ma ci vuole un po' più tempo.. E una bella birra ghiacciata. Soprattutto perché voglio vedere Daniel e salutare Jane.” Ron sorrise, sperando con tutto se stesso che Harry accettasse.

 

“Bene allora, andiamo. Prima però devi accompagnarmi a prenderlo all'asilo..” Harry provò a non pensare, per quella volta. Era così felice di rivedere il suo legittimo fratello che non avrebbe lasciato che la sua aridità d'animo venisse fuori proprio in quel momento.

 

 

“Hai preso la patente Babbana, quindi.” Ron accarezzò le pareti interne della macchina che Harry stava guidando per le vie trafficate di Dublino.

 

“Bè, si. Non potevo continuare a guidare illegalmente come facevo con la macchina dei miei zii, ti pare?” Risero entrambi, non potendo non ricordare tutte le bravate fatte agli zii Babbani di Harry.

 

“Li hai mai più visti, a proposito?” Tentò Ron, guardando la strada davanti a se.

 

“No.” Harry rispose secco, sicuro che non avrebbe dovuto dare molte spiegazioni. Non appena fermò l'auto davanti alla scuola, scese dicendo a Ron di aspettarlo li, ci avrebbe messo un attimo.

 

Ron seguì Harry con lo sguardo attraverso il finestrino, vedendolo cercare Daniel tra tanti altri bambini. Ron scosse la testa: quante volte lui e la sua famiglia avevano implorato Harry di trasferirsi a Londra come tutti loro, così da poter stare tutti insieme? Le rare volte che Harry si faceva sentire, la risposta era sempre negativa. Non appena vide spuntare una testolina bionda e gettarsi tra le braccia dell'amico, Ron sorrise con il cuore.

 

“Danny, guarda chi è venuto a trovarci.. Te lo ricordi?” Harry aprì la portiera e fece vedere Ron a suo figlio.

 

“Zio Ron!” Disse Daniel, sorridendo e lasciando che Ron lo prendesse in braccio per salutarlo meglio. Harry si mise alla guida, lasciandoglielo tutto per se. Si erano visti davvero poche volte, ma Daniel si era così innamorato di Ron che non se lo scordava mai.

 

“Scusami se non sono più venuto a trovarti. Per farmi perdonare ti ho portato una sorpresa, ma te la darò quando arriviamo a casa.. D'accordo?” Ron si fece dare il cinque più di una volta, osservandogli quegli occhi verdi come smeraldi e furbi.

 

Quando Harry parcheggiò di fronte al suo portone, scese chiudendo le portiere della macchina. Si voltò verso Ron sorridendo: stava tenendo Daniel su una spalla e lo sballottava a destra e a sinistra, facendo una voce che lo fece ridere come un matto.

 

Non appena entrarono dentro casa, Ron lo rimise in piedi. “Adesso vai a lavarti le mani e poi torna qui, teppista.” Harry lo spinse dolcemente verso il bagno.

 

“Jane finisce il turno tra un paio d'ore. Adesso lavora in un bel ristorante in centro, di alta classe sai.. Allora, che ti offro? No lascia perdere, tanto lo so già..” Harry tirò fuori dal frigo la birra preferita di Ron e gliela porse, invitandolo a sedersi sul divano in salotto.

 

“Cazzo, ma allora è vero che hai la mia lettera aperta sul tavolino.” Ron rise guardandola spuntare tra tante altre.

 

“Papà! Zio Ron ha detto la parolaccia con la C che mi hai detto di non dire?” Daniel urlò dal bagno, mentre l'acqua scorreva.

 

“Adesso papà picchierà molto forte lo zio, non ti preoccupare.” Rispose Harry ad alta voce, mentre Ron si metteva le mani sulla bocca e biascicava scuse incomprensibili.

 

“Accidenti, è davvero furbo come sembra cavolo. Si ricorda sempre di me, non sai quanto mi faccia piacere.. Mamma mi chiede sempre di lui, le piacerebbe tanto conoscerlo.. Anche papà.” Ron prese un sorso di birra, asciugandosi poi la bocca con la mano.

 

“Non avresti dovuto dirglielo, così ti saresti risparmiato tante domande.” Harry tolse lo sguardo.

 

“Come non detto..” Ron si accorse che era inutile provarci, così cambiò discorso. “Te lo dico senza tanti rigiri di parole, perché ne io ne te siamo bravi in certe cose.” Harry lo guardò di nuovo, aggrottando la fronte.

 

“Io e Luna ci sposiamo.” Ron non interruppe neanche per un attimo il contatto visivo con Harry, che spalancò la bocca senza sapere bene cosa dire.

 

“Accidenti.. Questa si che è una notizia bomba.” Fece scontrare la sua birra con quella dell'amico. “Congratulazioni! Sono davvero contento. E' la scelta giusta.. Siete una coppia perfetta.”

 

“Già, siamo così felici..” Ron abbassò lo sguardo sorridendo. “Ci sposiamo tra dieci giorni. La cerimonia verrà fatta nella casa dei genitori di Luna. Sai, hanno un grande giardino.. Lei ha sempre sognato di sposarsi li.”

 

“Sarà una cerimonia sicuramente pazzesca.” Harry alzò di nuovo la birra in direzione di Ron, facendogli l'occhiolino.

 

“Faremo una grande cena con tutti i parenti e amici più stretti, la sera prima della cerimonia, nella nuova casa della mia famiglia a Londra.” Continuò Ron, entusiasta come un bambino.

 

“Giusto, così avrete la possibilità di festeggiare tra di voi senza il caos che sicuramente ci sarà al matrimonio.” Harry annuì, appoggiando in pieno il piano spiegato da Ron.

 

“Ti voglio come mio testimone di nozze, Harry.” Ron tornò improvvisamente serio, dicendo quella frase come se fosse la cosa più importante detta fino a quel momento. Daniel spuntò dal bagno avvicinandosi a Harry e cominciando a toccare la bottiglia di birra con molto interesse.

 

“Danny, vai a cominciare a cambiarti che arrivo subito?” Lo spronò ad andare in camera sua, e lui ubbidì subito lanciando un sorriso allo zio Ron e salutandolo dolcemente con la manina. Non appena scomparve dietro la sua porta, Harry tornò serio guardando Ron. “Non chiedermelo.”

 

“Invece te lo chiedo. Non puoi perderti il mio matrimonio. Questo non te lo permetto, Harry.” Ron appoggiò la bottiglia sul tavolo, sedendosi sulla punta del divano per essere più vicino al suo interlocutore.

 

“Sai bene come stanno le cose, Ron.” Harry si alzò, andando verso la finestra e guardando fuori.

 

“Non credi che sia giunto il momento di portare Daniel nella famiglia dove sei cresciuto? Non credi che i miei genitori e i miei fratelli si meritino questo? Non credi che io meriti di avere affianco il mio migliore amico nel giorno più importante della mia vita? Credo sia il caso che ci spieghi anche come va tra te e Jane, perché non riusciamo bene a capirlo.” Ron si avvicinò a lui, incalzandolo.

 

“Ho lasciato indietro il mio passato, e tu lo sai.” Harry si allontanò di nuovo, dandogli le spalle. “Sai bene quante sofferenze ho dovuto subire per diventare un uomo migliore.” Si indicò la divisa che ancora indossava, con fierezza. “Sai bene che ho scelto di crescere il mio Daniel lontano da tutto ciò che sono stato, così come sai bene che io e Jane abbiamo fatto una scelta.”

 

“Il tuo passato fa parte di te!” Ron provò a non alzare la voce, mentre Harry si allontanò a grandi passi nascondendosi in cucina. “Non puoi continuare a vivere lontano da tutto e da tutti solo per paura degli scheletri che stai nascondendo nell'armadio, Harry.” Ron lo raggiunse, chiudendosi la porta alle spalle. “Sei sei diventato l'uomo che sei adesso, forse lo devi anche alle persone che hai avuto e alle situazione che hai dovuto superare. Rinnegare tutto non aiuterà tuo figlio.”

 

“Lui non deve sapere..” Sussurrò Harry, appoggiandosi al bancone. “Lui deve crescere al sicuro e amato.”

 

“E allora lascialo amare anche dalla famiglia che ha sempre amato te. Dalla famiglia che non ti dimentica, nonostante tu faccia di tutto per dimenticarla.” Ron si abbandonò su una sedia, passandosi una mano sul volto. “Smettila di pensare che la tua presenza crea solo sofferenza alle persone che vogliono starti affianco, perché non è così. Mia madre colleziona tutti i giornali dove appare il tuo nome, e piange tutte le mattine quando li legge uno per uno.” Lo disse così piano che Harry dovette sforzarsi per sentirlo bene.

 

“Non posso, Ron. Mi dispiace. Ma devo pensare a mio figlio e solo a lui soltanto.” Harry si rimise dritto, continuando a dare le spalle al suo migliore amico.

 

“Luna diceva che avresti accettato, sai?” Ron si alzò, lasciando una busta sul tavolo. “Io invece no. E' inutile, nessuno ti conosce bene come me.” Pensò per un folle attimo all'unica vera persona che l'avrebbe convinto, scacciando subito quell'idea innaturale. “E io infondo l'ho sempre saputo che prima o poi ti saresti staccato da tutti, isolandoti sia dalle gioie che dai dolori. Infondo ho sempre saputo che il tuo passato avrebbe preso sempre e comunque il sopravvento. L'invito te lo lascio qui, ovviamente c'è anche quello per Jane.” Uscì dalla cucina e andò in camera di Daniel, chiedendo il permesso.

 

Harry li sentì parlare: sentì Daniel scartare il regalo di Ron e ringraziarlo felice come una pasqua, sentì Ron promettergli che si sarebbero rivisti molto presto. Poi lo sentì di nuovo sull'uscio della porta della cucina. “Buona fortuna per tutto, amico. Dai un abbraccio a Jane da parte mia.”

 

“Auguri per la vostra vita insieme, ve la meritate.” Harry si voltò per guardarlo dritto negli occhi.

 

“Si, grazie..” Ron non aggiunse altro. Si voltò ed uscì dalla porta d'ingresso, smaterializzandosi all'istante.

 

“Papà, quando tornerà lo zio Ron?” Daniel spuntò dalla porta della cucina con la maglia del pigiama al contrario e un aeroplanino giocattolo in mano

 

“Non lo so, Danny. Non lo so..” Harry lo prese in braccio, sistemandogli la maglia e baciandolo sulla fronte.

 

 

 

Porterò il nostro amore con me per tutta la vita. E mi basterà sempre.”

 

Harry spalancò gli occhi, con una goccia di sudore che gli colava dalla fronte. Si mise una mano sul cuore, sentendolo battere a più non posso. Guardò l'orologio, erano le 4 del mattino. Si passò le mani più volte sul volto, cercando di ricominciare a respirare normalmente. Aveva solo fatto un brutto sogno, che neanche si ricordava più.

 

Si alzò facendo piano, non voleva svegliare Jane che dormiva profondamente affianco a lui. Raggiunse la cucina e bevve due bicchieri d'acqua, chiudendo gli occhi e rilassandosi più che poteva. Da quando se n'era andato Ron, tre giorni prima, si svegliava diverse volte durante la notte: era agitato, non stava bene e sentiva che qualcosa non andava.

 

Non poteva tornare alle sue origini, le aveva lasciate troppo indietro e aveva fatto una promessa a se stesso e a suo figlio. Andò verso la sua stanza e si fermò sulla soglia della porta, osservando Daniel dormire: respirava regolarmente, tenendo una sua manina sulla pancia e l'altra sul cuscino. Avrebbe compiuto cinque anni a fine mese, e gli sembrava fosse nato il giorno prima.

 

Quante lettere aveva ricevuto da Molly Weasley per avere informazioni su Daniel? Quante lettere Ginny Weasley gli aveva scritto per cercarlo, poi insultarlo, e poi ancora cercarlo? Così come Draco, Cho e Luna. Erano le lettere che non si erano mai stancate di arrivare tramite gufo più volte l'anno. Aveva risposto si e no due volte.

 

Aveva detto a Jane della visita di Ron soltanto perché lei trovò l'invito al matrimonio. Come al solito, nacque una discussione accesa: erano diversi anni che lei cercava di spronarlo a tornare nella sua vera famiglia, non aveva mai voluto che si allontanasse da tutto e tutti. La felicità di averlo con se era inversamente proporzionale all'aridità che si era impadronita di Harry, e lei sapeva per certo che un ritorno alle sue origine l'avrebbe fatto stare certamente meglio. Sembrava si fosse arresa ormai da un bel po', ma quell'invito al matrimonio aveva scatenato di nuovo le sue ostinate convinzioni.

 

Con il bicchiere d'acqua gelata in mano andò in salotto, sedendosi sul divano. Fissò la tv che non accendeva quasi mai e si vide riflesso in lontananza: con quella barba incolta sembrava troppo uomo, troppo grande. Si passò una mano sul braccio, sfiorò alcune cicatrice che ancora nascondeva sul petto, sull'addome. Sentì un tocco non suo affiorargli nella mente, e staccò subito la mano. Prese un pezzo di pergamena stropicciato e intinse una vecchia piuma nell'inchiostro quasi secco e scrisse, senza pensare più.

 

Hai ragione, non puoi permettere che io perda il tuo matrimonio. E io non posso permettermi di perdere il giorno più importante di mio fratello. Ci sarò. Anzi, ci saremo.

 

Harry.

 

 

 

“Papà, ma perché mi devo vestire così?” Era forse la quarta volta che Daniel faceva quella domanda ad Harry.

 

“Danny, per l'ultima volta, ci dobbiamo vestire bene per il matrimonio di zio Ron e zia Luna.” Harry sistemò la giacca formato mini su suo figlio, mentre lui si toccava insistentemente il papillon. “Saremo vestiti identici, non sei contento? Sarai uguale a papà.”

 

“Si, è vero.” Daniel sorrise guardandosi allo specchio di quel negozio e mettendosi davanti a Harry. Avevano entrambi uno smocking nero, con gilet sopra la camicia e giacca nera perfettamente identica. Se non fosse stato per i suoi capelli biondi, Daniel sarebbe stato la copia sputata di suo padre.

 

“Siete bellissimi. Questo è sicuramente il mio preferito..” Jane sistemò la giacca di Harry e prese Daniel in braccio. Si sorrisero e decisero di comprarli entrambi.

 

“Domani sera andremo a casa di zio Ron, e li conoscerai tante persone che già sanno chi sei. Sono persone per me molto importanti e..” Harry cominciò a spogliarlo, mentre Daniel si appoggiava alle sue spalle.

 

“Come una famiglia? Il mio amico Matt dice che lui ha una famiglia grande.. Ma non ho capito bene cosa vuol dire.” Lo guardò inclinando la testa e aspettando una risposta.

 

“Esatto, Danny. Domani sera sarà come una famiglia.” Harry gli baciò la fronte. Uscirono dal camerino con i loro abiti nuovi in mano, pronti a pagarli.

 

“Adesso ce ne andiamo a prendere un gelato, che ne pensi?” Jane afferrò la mano di Daniel, uscendo dal negozio.

 

Harry e Jane si erano presi due settimane di ferie a partire da quel giorno, dovevano concedere più tempo possibile ai Weasley; Harry sapeva bene che Molly non l'avrebbe fatto andare via tanto facilmente. Si mise Daniel a cavalcioni sulle spalle, lasciando che si aggrappasse alla sua testa e si emozionasse per ogni cosa a lui estranea che passava per la strada. Dirigendosi verso la loro gelateria preferita, fece vagare la sua mente a cinque anni prima.

 

 

Come sarebbe a dire? Significa che è tutto a posto?” Harry cominciò ad agitarsi visibilmente, guardando stralunato la faccia mortificata del medico.

 

Certo, signor Potter. La sua fidanzata ha sofferto parecchio, ma ora stanno bene entrambi. E' un bel maschietto.” Il medico gli mise entrambe le mani sulle spalle, guardandosi in giro e non vedendo nessun altro familiare ne suo ne della ragazza in circolazione.

 

Harry guardava un punto fisso di fronte a lui, non riuscendo a gestire la sua emozione “Jane mi aveva detto che.. gli sarebbe piaciuto chiamarlo Daniel.”

 

E' un bellissimo nome, signor Potter. Suo figlio ne sarà entusiasta. Venga con me, la prego..” Lo portò in una stanza li affianco, facendolo sedere e offrendogli un bicchiere d'acqua e sorridendogli dolcemente. “Ora, appena se la sente, la porto dentro la stanza così potrà vedere la sua fidanzata e suo figlio.”

 

Sarebbe stato inutile spiegargli che in realtà Jane non era la sua fidanzata, infondo non aveva alcuna importanza. “Posso vederli ora?”

 

Il dottore accompagnò Harry in una stanza poco distante. “Sono qui dentro, signor Potter. Prego.” Gli aprì la porta, lasciando che entrasse.

 

Harry.. Vieni.” Jane lo chiamò con voce roca. Doveva aver sofferto davvero molto, aveva un aspetto per niente buono. Lui si avvicinò piano, per paura di non essere all'altezza di vedere ciò che si trovava tra le braccia di lei. Si sedette sul letto e Jane glielo mostrò, dolcemente. “Ti presento Daniel.. Daniel, questo è il tuo papà.”

 

Harry lo prese in braccio, così come non molto tempo prima gli era stato insegnato da una persona profondamente assente in quella circostanza. Lo guardò a lungo, sentendo diverse emozioni esplodergli dentro. Gli si avvicinò al volto, sussurrando in modo che solo lui potesse sentire. “Ti prometto che non ti farò mancare mai niente. Ti prometto che ti amerò con tutto me stesso, ti prometto che non ti sentirai mai nella vita come mi sono sempre sentito io. Ti prometto che sarai diverso da me. Ti prometto che non entrerai mai in contatto con il mio pessimo passato. Ti prometto che sarò forte, che diventerai forte. Ti prometto che non mi perderai mai.” Harry terminò tutte le sue promesse che avrebbe sempre e comunque mantenuto. “Te lo prometto, Daniel.”

 

 

“Ma è mai possibile che ti sporchi sempre?” Harry continuò a spalmare il gelato sul naso di Daniel, facendolo ridere a crepapelle. “Sei davvero allucinante. Ti sporchi tutte le volte.”

 

“Papà basta basta, hai vinto tu!” Daniel si allontanò dal padre sedendosi più lontano e continuando a ridere. Si nascose dietro a Jane, che sorrideva scuotendo la testa.

 

“Vieni qui, teppista, che ti pulisco.” Harry lo trascinò di nuovo verso di se pulendogli il naso e le guance con il fazzoletto. Gli scompigliò ancora di più i capelli biondi e lo prese per mano, dirigendosi verso casa. “Dobbiamo preparare la valigia per domani. Visto che non possiamo andare per magia, andremo con la macchina e poi con l'aereo. Ti va?” Lo guardò dall'alto verso il basso e lo vide annuire. Sapeva quanto era curioso di poter vedere suo padre fare magie più complicate, ma Harry non poteva di certo smaterializzarsi con Daniel: era troppo piccolo.

 

“Vedrai come ti piacerà volare, tesoro.” Jane lo sollevò facendolo volteggiare in aria.

 

 

Harry, non dire stronzate. Non puoi escluderci! Jane anche non è d'accordo, sa benissimo che noi siamo essenziali.. Ti prego, fatevi aiutare.” Ron lo guardava mentre Harry scorgeva Jane che allattava Daniel nella stanza affianco.

 

Non gli mostrerò mai chi ero.” Parlò schiettamente, con il tipico tono di chi non ammette repliche. “Voglio che cresca tranquillo, voglio che abbia un'infanzia normale con una famiglia normale. Ha la fortuna di avere due genitori..”

 

Harry, siamo noi la tua famiglia. Ti prego, lasciati aiutare. Quando comincerai ad essere un auror a tutti gli effetti come farai?” Ron lo guardò disperatamente.

 

Io non ce l'ho mai avuta una famiglia, Ron.”

 

 

Harry sospirò appoggiandosi alla finestra. Jane dormiva già, teneva Daniel tra le braccia: gli aveva concesso di dormire nel lettone insieme a loro. I loro bagagli erano già belli pronti vicino all'ingresso. Lui, invece, non avrebbe sicuramente dormito. I suoi pensieri vagavano senza sosta, probabilmente più per il fatto che non avrebbe saputo affrontare tutte le persone che gli si sarebbero parate davanti. Aveva escluso praticamente tutti dalla sua vita da cinque anni, accettando qualche rara e saltuaria visita per forza di cose. Lui era nato per stare solo, e da quanto aveva preso quella decisione stava meglio. Indubbiamente meglio.

 

E se ci fosse stata lei?

 

Harry chiuse gli occhi, figurandosi tra la polvere dei suoi ricordi una vecchia immagine dimenticata nel tempo.

 

 

Ti prego, Harry. Dimmi che tutto ciò che stai facendo non lo fai per evitare lei.” Ron prese il toro per le corna, convinto che un anno di silenzio e distacco fosse davvero troppo. Aveva usato la scusa del compleanno di Daniel presentandosi a casa loro insieme a Luna.

 

Lei chi?” Harry continuò a preparare il pranzo, mentre i versi di Daniel che giocava con il camioncino giocattolo regalato da Ron e Luna facevano da sottofondo.

 

Hermione Jean Granger, 19 anni compiuti esattamente 11 giorni fa, residente a Londra, studiosa attualmente in..” Cominciò Luna, ma Harry la interruppe.

 

Ho capito, ho capito.” Non voleva sapere cosa stava facendo della sua vita. “La mia risposta è no. Lei appartiene al passato. Allo stesso passato che ho lasciato indietro da un anno a questa parte.”

 

 

Harry e Jane fecero non poca fatica a svegliare Daniel. Il sole era già alto nel cielo ed era arrivato il momento di mettersi in viaggio: con la macchina ci avrebbero sicuramente messo almeno un paio d'ore per arrivare in aeroporto, e il volo era previsto subito dopo pranzo. Harry si era già premurato di affittare una macchina per il suo arrivo a Londra, non voleva recare troppo disturbo ai Weasley.

 

Non appena lasciarono Dublino decollando, Daniel rimase con il viso spiaccicato sul finestrino per tutto il tempo. Jane si era preoccupata che potesse avere paura, non pensando che infondo era il degno figlio di un mago come Harry e quindi doveva avere per forza la passione del volo insita in lui.

 

Non appena partirono con la macchina, Harry guardò più volte la lettera di Ron dove gli spiegava la via più breve per arrivare a casa dei suoi genitori, dove l'avrebbero aspettato insieme a Luna. “Ei, tu dovresti farmi da copilota.” Diede un pizzicotto a Daniel, che si stava arrampicando in tutte le pareti della macchina, mentre Jane lo teneva saldamente, per riuscire a vedere meglio fuori dal finestrino.

 

“Avresti potuto usare il navigatore, io lo so usare.. Rischiamo di perderci così.” Sentenziò Jane, intimando a Daniel di stare fermo o se no lo avrebbe rimesso dietro.

 

“Papà mi piace Londra. Mi ci porti un giorno?”

 

“Ti ci porterò già in questi giorni, tesoro. Te la faccio vedere bene.” Harry gli sorrise, evitando di proposito di rispondere a Jane, sperando di poter essere all'altezza delle sue aspettative. Infondo, quella città l'aveva vista soltanto tramite gli occhi di un'altra persona.

 

“Ecco, forse ci siamo davvero questa volta.” Harry guardò quella casa e la confrontò con la foto che Ron aveva spedito insieme alla lettera, e in effetti notò la perfetta somiglianza. “Questi inglesi fanno le case tutte uguali..” Commentò Harry avvicinandosi con la macchina. Aveva già sbagliato quattro volte, ma quella era sicuramente quella giusta. Quel quartiere dava tutta l'aria di traboccare di magia. Infatti Ron gli aveva spiegato che era il posto più vicino a Diagon Alley, notissima zona magica di Londra.

 

Non appena spense la macchina, si girò verso suo figlio. “Sei pronto, Danny?”

 

“Io si, papà. E tu?”

 

“No. Quindi stammi vicino, d'accordo?” Harry scese dalla macchina aprendo poi lo sportello a Daniel. “E anche tu..” Baciò Jane sulla guancia e prese per mano Daniel: si avvicinarò alla porta, bussando con mano tremante.

 

Cinque anni di assenza, cinque anni di silenzio rotto soltanto raramente, cinque anni di totale apatia, cinque anni di agonie spezzati da un colpo su una porta. Fu molto contento quando vide Ron aprirgliela: ancora una volta, il suo migliore amico aveva capito.

 

Si abbracciarono senza dire parole. “Venite, entrate.” Ron prese Daniel in braccio e avvolse le spalle di Jane. “La casa ve la mostro tra poco.. Adesso ti faccio conoscere qualcuno, Dan, ti va?”

 

Harry seguì Ron, rimanendo qualche passo indietro e cercando di dosare il suo battito cardiaco. Non appena Jane se ne accorse, indietreggiò per potergli prendere la mano. Come avrebbe dovuto affrontarli? Come avrebbe potuto giustificare i suoi comportamenti? Forse non ce ne sarebbe stato bisogno. Forse, così come Ron, tutti avevano sempre saputo che prima o poi lui si sarebbe estraniato. Entrarono nella grande sala da pranzo, ed Harry si bloccò.

 

Li guardò uno per uno, rossi e belli come il sole: erano seduti al tavolo, in silenzio e in agonia quasi quanto lui. Lo fissarono, cercando di trattenere l'emozione che quel momento racchiudeva.

 

“Daniel.. Questi sono i tuoi zii e i tuoi nonni.” Ron sorrise al piccolo, mentre lui si toccava insistentemente un orecchio e si appendeva ai capelli di Ron: lo faceva sempre quando era in imbarazzo e soggezione. Si girò subito verso i suoi genitori, guardandoli con visibile difficoltà. Jane si avvicinò sorridendo e lo prese tra le sue braccia.

 

“Hai visto che hanno tutti i capelli rossi come lo zio Ron?” Gli sussurrò lei, mentre Daniel annuiva sorridendo. Molly si alzò, non riuscendo più a trattenere le lacrime. Accarezzò la guancia di Daniel e poi quella di Harry, che socchiuse gli occhi a quel tocco così delicato. “Saluta, Danny. Presentati.” Jane sembrava l'unica persona capace a rompere il ghiaccio.

 

“Ciao, mi chiamo Daniel Potter.” Parlò forte e chiaro, come tante volte gli aveva insegnato suo padre. Molly sorrise tra le lacrime stringendogli le manine.

 

“Ciao tesoro, io sono Molly. Ma se ti va, potrai chiamarmi nonna.” Gli baciò le guance e gli accarezzò i capelli, stringendo la mano anche alla madre, sinceramente contenta di conoscerla. “Sei così bello..” Jane glielo fece prendere in braccio, voltandosi poi verso tutti gli altri.

 

“Io.. Mi scuso con tutti voi.” Sussurrò Harry con lo sguardo basso. Non fece in tempo a dire altro, perché venne travolto da un abbraccio soffocante degno della famiglia Weasley al completo. Ginny non lo lasciò per diversi minuti, parlandogli all'orecchio con la voce rotta dal pianto. Quando tutti spostarono la concentrazione su Daniel (che si godette quelle attenzioni senza la minima riserva) e Jane, Luna spuntò dalla cucina.

 

“Harry..” Disse semplicemente. Cosa importava, infondo, se non si vedevano da più di tre anni? Certe cose non sarebbero mai cambiate.

 

“Luna.” Si avvicinarono entrambi, abbracciandosi a metà strada.

 

“Lo sapevo che saresti venuto. Lo sapevo..” Luna strizzò gli occhi, baciandogli ripetutamente la guancia.

 

“Tu hai sempre saputo tutto.” Harry le baciò la fronte e le mani, sfiorandole con le dita l'anello di fidanzamento che sicuramente Ron le aveva regalato poco tempo prima. “E così domani vi sposate eh.. Accidenti a voi.” Lo disse guardando il suo migliore amico alle prese con tutte le presentazioni per Daniel, in quel momento gli stava spiegando chi era George e chi Fred.

 

“Già. Non sai quanto sono felice, Harry.” Luna gli sorrise. “Accidenti, quant'è cresciuto Daniel. Non appena lo liberano sappi che me lo voglio spupazzare per almeno due ore di seguito. E Jane è sempre bellissima..”

 

“Già.. Comunque fai pure. Tanto già so che sarà trattato come un principe in questi giorni, e ne sarà molto felice..” Lo guardò di sottecchi, vedendolo ridere come un matto a qualche battuta stupida dei gemelli. “Draco e Cho?”

 

“Arrivano per cena direttamente..” Luna lo fece sedere su una sedia offrendogli qualcosa da bere. “Io e Ron abbiamo preso casa poco distante da qui, non so se te l'aveva già detto. L'abbiamo presa qualche mese fa..”

 

“No, in realtà non mi aveva ancora detto niente. E' magnifico, davvero.” Harry alzò il bicchiere come per brindare a loro.

 

“In questi giorni ti ci portiamo, non vediamo l'ora di mostrartela.” Anche Luna bevve dal suo bicchiere, girandosi ogni tanto verso Daniel. “E tu come stai? Mi sembra che lui stia benissimo..”

 

“Si, stiamo molto bene. Adesso sono capo auror di una squadra speciale, quindi lavoro un po' di più.. Anche Jane è stata promossa al ristorante, ma con Daniel ci aiuta molto suo fratello Tim anche, non so se te lo ricordi.” Luna annuì decisa, e quindi Harry continuò. “Cresce a vista d'occhio. Farà cinque anni a fine mese e.. E' davvero un bravo bambino. E' così intelligente, così curioso..” Si fermò solo per guardarlo. “Non sai quante volte mi ha chiesto dei miei genitori, ad esempio.”

 

“Lo posso immaginare, certo..” Luna gli sfiorò la mano. “Sono sicura che avrai dato sempre le risposte giuste.” Si scambiò uno sguardo eloquente con Ginny, che subito annuì ed uscì di casa senza annunciarlo.

 

“Ci sarà anche Hermione a cena stasera.” Luna lo disse tutto d'un fiato, nascondendo la tensione che provava. Harry, incredibilmente, non batté ciglio.

 

“Certo, lo immaginavo.”

 

 

Ginny si smaterializzò non appena uscì dalla porta di casa sua. Non aveva molto tempo, e avevano deciso tutti di dire la verità all'ultimo momento. Quella sera doveva essere perfetta, e non solo per Ron e Luna: anche per sua madre e suo padre, perché dopo cinque anni di sofferenza soffocata si meritavano di avere qualche giorno di tranquillità con tutte le persone a loro più care.

 

Percorse quel viale con abitudine: quante volte l'aveva percorso negli ultimi anni? La loro amicizia si era solidificata per forza di cose, probabilmente, ed era stata forse l'unica cosa positiva di tutti quegli innumerevoli cambiamenti nati dopo la fine della scuola. Suonò il campanello di quella villetta indipendente, come le aveva insegnato. Non dovette aspettare molto.

 

“Ginny! Che ci fai qui? Credevo che l'appuntamento fosse a casa tua..” Hermione Granger si spostò, lasciando entrare l'amica dentro casa e chiudendosi la porta alle spalle.

 

“Si lo so, però passavo di qua e.. Devo dirti una cosa.” Ginny provò a non sembrare tesa, ma probabilmente non ci riuscì affatto.

 

“Ehm, d'accordo. Vieni di sopra con me però, così mi finisco di preparare e possiamo andare insieme.” Hermione cominciò a salire le scale legandosi i capelli in modo disordinato, doveva soltanto fermarli per potersi finire di truccare leggermente. Entrarono nella sua stanza da letto e, mentre Hermione tornò davanti allo specchio, Ginny si sedette sul letto. “Allora? Non dirmi che hai di nuovo lasciato Jimmy, perché ti giuro che..”

 

“No no, Jimmy non c'entra.” Ginny quasi sorrise pensando che avrebbe tanto voluto che la motivazione della sua visita fosse proprio il suo fidanzato. “Il fatto è che non volevo che venissi in casa nostra senza prima saperlo, ecco.. Probabilmente ci siamo tutti fatti dei problemi inutili, soprattutto io e Luna, però ci sembrava più corretto così, insomma..” Cominciò a torturarsi le mani. Hermione la guardò dallo specchio aggrottando le sopracciglia.

 

“Ginny, perdonami ma non riesco a seguirti.” Abbozzò un sorriso, sciogliendosi i capelli e sistemandoseli con le mani.

 

“D'accordo, credo sia inutile continuare a tergiversare.” Ginny prese un ulteriore respiro profondo. “Ci sarà anche Harry stasera alla cena, è arrivato a casa nostra poco fa.”

 

Hermione rimase con una mano a mezz'aria, fissando la sua amica dallo specchio. Il cuore le mancò di un battito, ma subito si ricompose, certa che non stava parlando della stessa persona che aveva pensato subito lei. “Non importa, Ginny. Harry Lewis è pur sempre un tuo collega e amico, e se anche io non ho voluto uscirci insieme non mi da alcun fastidio..” Riprese a sistemarsi i suoi capelli lunghi e mossi, dandosi della stupida per aver pensato anche solo per un attimo a tutt'altra persona.

 

“Harry Potter, Herm. Sto parlando di Harry Potter, e tu lo hai capito subito.” Ginny si alzò per avvicinarsi a lei, non sicura di come l'avrebbe presa.

 

Hermione lasciò cadere le braccia lungo il suo corpo, girandosi di colpo verso di lei. La guardò con occhi sbarrati, scuotendo velocemente la testa. “Non è possibile..” Sussurrò.

 

“Non è stato facile per nessuno, Herm. Non abbiamo detto niente prima perché non eravamo così sicuri venisse.. E poi, lo sai, aveva tagliato completamenti i ponti con tutti.” Ginny provò a farla ragionare, mentre l'amica le dava di nuovo le spalle.

 

Hermione strizzò gli occhi, controllando al meglio le sue emozioni. “Come sta? E.. Con chi è venuto?”

 

“Puoi vederlo tu stessa.”

 

“No. Io non vengo, vi prego di perdonarmi.. Scriverò domani stesso una lettera a tua madre, e sono sicura che Luna capirà.” Hermione cominciò a slacciarsi le scarpe con le mani tremanti.

 

“Ma Hermione, non..” Tentò Ginny.

 

“No, Ginny! Ti prego. No.. Sono cinque anni che non ho più sue notizie, cinque anni. Non so niente della sua vita e lui non sa niente della mia. Come pensi che dovrei presentarmi? 'Ei ciao, non so se ti ricordi di me ma siamo stati insieme per un periodo cinque anni fa, ora tu hai un figlio e probabilmente una moglie ma comunque come stai?'” Hermione cominciò ad agitarsi per tutta la stanza, camminando con una scarpa si e una no.

 

“Credi che noi sappiamo tutto di lui, invece? Ha avuto contatti solo con Ron e Draco in questi anni, e neanche troppo frequenti. Non ci hanno mai detto niente, facendo soffrire mia madre come un cane.” Parlò ad alta voce e tutto d'un fiato.

 

“Mio Dio..” Hermione si lasciò cadere sulla poltrone, tenendosi forte il ventre per contenere ancora di più l'emozione. “Io l'ho dimenticato, Ginny. Mi sono lasciata alle spalle tutto quanto e tu sai bene con quanta fatica l'ho fatto. Mi sono rifatta una vita, così come se l'è rifatta lui. Ti prego, non chiedermi di rivederlo.” Parlò tenendosi il volto coperto. “Non chiedermi di riguardarlo negli occhi e di rivivere momenti che non voglio rivivere mai più. Ci siamo dimenticati a vicenda con il tempo.. Non voglio vederlo mai più ne sapere più niente di lui, così come ho promesso a me stessa cinque anni fa.”

 

Ginny scosse la testa, non sapendo più che pesci prendere per farla ragionare. Infondo, però, se l'aspettavano tutti una reazione del genere. Non aveva mai voluto sapere niente della vita di Harry, così come non si era mai fatta viva con lui. Aveva chiesto a tutti, tra le lacrime e implorando, di non parlarle mai più di lui. Fino a quel momento, tutti quanti avevano mantenuto la promessa. “E' venuto con suo figlio.. Si chiama Daniel, sai? E' così bello e così..”

 

“Ginny, basta. Ti prego, lasciami sola..” Hermione si alzò e si chiuse in bagno sbattendo forte la porta.

 

 

Quando rientrò in casa sua, vide Luna e sua madre preparare la tavola ridendo e scherzando così serenamente come non le vedeva da parecchio tempo. Forse da anni. Daniel stava in piedi su una sedia, osservando e ridendo a ogni magia fatta da loro due. Sorrise malinconicamente, odiandosi di dover portare una brutta notizia. Entrò dentro la cucina, e subito Luna e Molly si zittirono.

 

“Allora?” La incalzò sua madre. Ginny, di tutta risposta, scosse semplicemente la testa.

 

“Ce lo aspettavamo, infondo. Non importa, va bene lo stesso..” Molly tolse un piatto dal tavolo e lo riportò in cucina, restandoci più tempo del dovuto.

 

“Forse avresti dovuto andarci tu.” Sussurrò Ginny a Luna, sedendosi affianco a Daniel e facendogli la linguaccia.

 

“Non avrebbe ascoltato me come non ha ascoltato te. Sapevamo non sarebbe venuta se glielo avessimo detto, ma comunque abbiamo fatto la cosa giusta.” Luna le sorrise e continuò a mettere tavola.

 

Nel salotto affianco, Harry raccontava entusiasta come andava il suo lavoro. “Quando mi hanno detto che ero diventato capo di una squadra speciale non ci credevo, giuro..”

 

“Sei nato per questo lavoro, ne ero certo.” Draco alzò in sua direzione il calice di birra che stava tenendo in mano, mentre Cho gli stringeva il braccio felice. Erano arrivati poco prima, e lo avevano tempestato di abbracci e domande.

 

“E poi c'è lui..” Harry sollevò Daniel, che era arrivato correndo veloce dalla cucina. “Che è la mia gioia più grande.”

 

“Ti somiglia davvero molto.” Cho si alzò per avvicinarsi ancora a Daniel. “Ha gli occhi identici ai tuoi. Anche se fortunatamente la bellezza l'ha presa da te, Jane.”

 

Jane sorrise facendole l'occhiolino. “Anche le cose belle del suo carattere, se proprio vogliamo dirlo.” Fece sorridere tutti: non fu difficile per lei farsi accettare immediatamente. Quella era veramente una famiglia meravigliosa, e lo aveva subito capito già cinque anni prima.

 

“A tavola, forza!” Molly Weasley gridò dalla cucina, e per un folle momento Harry pensò di essere tornato un adolescente e di trovarsi alla Tana. Si alzarono tutti insieme dirigendosi nella sala da pranzo, perfettamente messa in ordine e colma di cose ottime da mangiare. La cucina della signora Weasley era mancata ad Harry, davvero moltissimo.

 

Presero tutti posto, facendo un gran baccano con le sedie e guadagnandosi una bella strigliata da Molly. Daniel si sedette tra Harry e Jane in una sedia magicamente diventata più alta.

 

“Ma.. Dov'è Her..” Fred si guardò intorno cercando qualcuno

 

“Ci siamo tutti, mangiamo?” Ginny interrompé il fratello con un gran sorriso e richiamando le pietanze con la bacchetta magica. Nessuno si accorse di cosa stava per dire Fred: nessuno tranne Jane. Guardò Ginny, come per capire qualcosa. Ma infondo non doveva guardare lei per capire una cosa palese. Inutile dire che Daniel era a dir poco estasiato di poter respirare e vedere così tanta magia tutta in una volta.

 

“Charlie e Ronald, lasciate un po' di patate anche a..” Molly dovette interrompersi, perché qualcuno bussò alla porta. “Se bussano, è sicuramente qualche Babbano. Dovranno lamentarsi per il chiasso, ne sono certa..” Gesticolando animatamente, uscì dalla sala da pranzo per andare verso l'ingresso. Risero tutti quanti vedendola uscire: infondo, Molly Weasley arrabbiata era sempre uno spettacolo.

 

Si stava già preparando il discorso di scuse quando aprì la porta, ma invece non proferì parola non appena vide chi era.

 

“Sono ancora in tempo?”

 

“Oh, ma certo Hermione cara. Ma certo..” Molly l'abbracciò forte, come per ringraziarla della sua presenza. Hermione le baciò entrambe le guance, lasciandole in mano il dolce che le aveva promesso che avrebbe portato. “Puoi lasciare la tua borsa li. Sono già tutti seduti a tavola, non credevamo venissi sai.. Ginny ci aveva detto che..”

 

“Ho cambiato idea.” Hermione mise una ciocca di capelli dietro l'orecchio seguendo lentamente la signora Weasley. Non si ricordava più come si respirava, perché non lo stava facendo da almeno mezzora. Molly aprì la porta della sala da pranzo, lasciando che il vociare di tutti le riempisse di nuovo le orecchie.

 

“Li hai cacciati i Babbani, mamma?” Disse Ron, con la bocca piena.

 

“Veramente non erano Babbani..” Molly entrò nella sala, lasciando lo spazio ad Hermione per entrare dietro di lei. Le risate, le battute e il rumore delle stoviglie cessò all'istante. Per alcuni secondi, non volò neanche una mosca.

 

“Buonasera a tutti e.. Scusate il ritardo.” Hermione non guardò altro se non il signor Weasley, seduto a capotavola laggiù infondo. Eppure lo sentiva.. Sentiva il suo sguardo su di lei.

 

Harry la fissò con le labbra e la mascella serrate. Non si soffermò su niente, cercò di non notare niente. Si accorse soltanto di una cosa fondamentale e che non poteva passare inosservata: Hermione Granger aveva lasciato indietro la bellissima ragazza ed era diventata una meravigliosa giovane donna.

 

Biascicarono tutti quanti un ciao, volendo sparire per almeno mezzora da quella stanza diventata ormai troppo calda. Jane, sentendosi immediatamente e fastidiosamente di troppo, abbassò semplicemente lo sguardo. Daniel fissava prima suo padre poi quella donna sconosciuta: perché la stava fissando in quel modo assurdo?

 

“Puoi sederti li affianco a Ginny, cara. Vado subito a prenderti il tuo piatto.” Molly volle rompere quel ghiaccio bollente, nascondendosi poi in cucina. Non appena Hermione fece un passo in avanti, Harry si alzò in piedi.

 

Cosa voleva fare, evitarlo per tutta la sera sperando che nessuno se ne sarebbe accorto? Lo sentì alzarsi, e si girò verso di lui. Harry Potter, dopo cinque anni, era li di fronte a lei e la stava guardando con lo stesso sguardo che probabilmente aveva lei. Si era fatto crescere un po' di barba, aveva gli occhi ancora più verdi e il volto ancora più perforante. Harry Potter era diventato un uomo in tutto e per tutto.

 

“Ciao..” Harry pensò che probabilmente non avrebbe dovuto dire nient'altro che quello. Tese la mano sopra al tavolo, aspettando che lei l'afferrasse.

 

Hermione abbassò lo sguardo sulla sua mano e rimase ferma per pochi secondi: poi si avvicinò al posto che la signora Weasley stava preparando per lei, proprio di fronte a lei, e tese la mano anche lei.

 

“Ciao.” Gliela afferrò e gliela strinse. Non si guardarono negli occhi e si staccarono quasi subito: nessuno dei due amava bruciarsi. Non più. Si risedettero entrambi, sentendo il peso della tensione anche da parte di tutti gli altri presenti nella tavolata.

 

“Hermione, è un piacere rivederti.” Anche Jane tese la mano, senza però alzarsi. “Non so però se tu ti ricordi di me..”

 

“Ma certo che mi ricordo. Ciao Jane, è un piacere anche per me.” Hermione sorrise elegantemente e strinse anche la sua mano.

 

“Papà.. Papà.. Ma chi è?” Daniel cominciò a tirare la camicia di Harry, curioso come non mai di saperne di più sul conto di quella donna sconosciuta.

 

“Danny, piano.. Adesso te lo dico, però piantala..” Harry sussurrò cercando di non farsi sentire e staccò la mano del figlio dalla sua camicia, guardandolo con uno sguardo molto eloquente.

 

“Hai ragione, le presentazioni vanno fatte subito.” Hermione sorrise al bambino affianco ad Harry, non riuscendo a non notare l'uguaglianza spiccicata dei loro occhi. “Io mi chiamo Hermione. E tu?”

 

Daniel la guardò cominciando a toccarsi l'orecchio e appoggiò una sua manina sul braccio di sua madre. “Adesso fai il timido? Dai, coraggio.. Ti ha chiesto il nome.” Jane lo spronò dolcemente.

 

“Io mi chiamo Daniel.” Continuò a toccarsi l'orecchio, ma le sorrise un po' imbarazzato. Mentre la signora Weasley ricominciò a servire da mangiare, cominciarono di nuovo tutti a parlare. Sembrava che il peggio fosse passato: superata la tensione iniziale, bastava evitare di fare battute infelici o pessime figure.

 

Chiaramente Daniel non era stato informato di quel tacito accordo, perché sembrava essersi fissato parecchio con Hermione: parlò quasi solo con lei per tutto il resto della cena, tempestandola di domande e raccontandole migliaia di cose sconnesse. Lei lo assecondò con immenso piacere.

 

“So anche fare la magia, lo sai?” Daniel si era messo in braccio a Ginny mentre mangiavano il dolce, e aveva praticamente monopolizzato la serata: tutti le attenzioni erano per lui.

 

“Ma davvero?” Hermione lo guardò sinceramente stupita, poi si rivolse a Harry. “Ha già mostrato i poteri magici?”

 

“Si, un paio di volte.. Ha rotto un bicchiere e una sedia.” Harry appoggiò i gomiti sul tavolo.

 

“Accidenti, devi essere davvero formidabile tu..” Hermione provò a sistemargli i capelli nello stesso identico modo in cui lo aveva sempre fatto con Harry. Non appena se ne accorse, tolse la mano.

 

“Dai Danny, ora piantala di dare fastidio.. E' tardi, devi dormire.” Harry si alzò e fece il giro del tavolo. Si mise tra le sedie di Hermione e Ginny accucciandosi, fece di tutto per evitare anche solo di sfiorarla per sbaglio. Cominciarono tutti ad alzarsi per andare in salotto, Jane si avvicinò a suo figlio per portarlo a letto.

 

“Ma io non ho sonno!” Daniel rispose sbadigliando, facendo ridere tutti.

 

“Dai forza, dai la buonanotte a tutti e andiamo. Li rivedrai domani..” Jane lo prese in braccio e lo portò a salutare tutti, mentre la signora Weasley gli spiegava dove andare: aveva preparato una stanza per loro tre.

 

“Domani mi farai da cavaliere al matrimonio?” Gli sussurrò Hermione, accarezzandogli una guancia. Daniel annuì entusiasta, toccandole i capelli e dandole un bacio per la buonanotte. Quando Harry e Jane sparirono con lui in braccio, le si spense piano piano il sorriso. Ginny e Luna le si avvicinarono.

 

“E' un bambino così intelligente, così bello.. Lo hanno cresciuto benissimo. Lui è un ottimo padre, non è vero?” Hermione parlò senza smettere di guardare dritto davanti a se.

 

“Si, lo è. Sta dando tutto se stesso per esserlo, sai.. Ha promesso che lo avrebbe fatto crescere con l'amore e non avrebbe mai permesso che subisse ciò che ha subito lui.” Luna strinse la mano della sua migliore amica, potendo soltanto lontanamente immaginare ciò che stava provando.

 

“Sta bene anche lui, sta bene.. Adesso che lo so sto meglio. Ho fatto bene a venire, infondo..” Hermione parlava più a se stessa che alle sue amiche. Arrivò anche Cho, sorridendole orgogliosa di ciò che aveva fatto quella sera.

 

“Lo sapevo che alla fine saresti venuta. Ne ero certa.” L'abbracciò stretta.

 

“Adesso però io.. Vado.” Hermione lasciò la mano di Luna e si sciolse dall'abbraccio con Cho. Prese la sua borsa e salutò tutti, assicurandoli che si sarebbero visti domani. “Grazie davvero per la cena, Molly. Sei stata eccezionale come sempre.” Le baciò entrambe le guance.

 

“Non importa come sia andata. Importa che, per un motivo o per l'altro, tu sia entrata a far parte di questa grande famiglia allargata.” Molly non la trattenne oltre: sapeva bene la fatica che aveva fatto a presentarsi li quella sera. Hermione uscì, godendosi la freschezza di quella serata di agosto. Non si smaterializzò subito, cominciò a camminare senza sapere bene dove andare.

 

Quant'erano cambiate le loro vite in cinque anni, neanche lo sapeva. Non si erano detti niente, neanche una parola: non sapeva se erano in procinto di sposarsi, se l'amava così forte come aveva amato lei, che lavoro facesse. In compenso aveva conosciuto suo figlio e se n'era già affezionata. Era inevitabile, avrebbe dovuto prevederlo. Si strinse nella sua giacchetta sentendo un brivido scorrerle lungo la schiena. Lui neanche sapeva niente di lei, di cos'era diventata in quei cinque anni, che cosa aveva fatto, che cosa aveva costruito, con chi aveva condiviso il suo tempo. Ma probabilmente era meglio che lui non sapesse niente, così come per lei era meglio non chiedere niente: dovevano solo superare il matrimonio del giorno dopo e poi sarebbero tornati alle loro nuove vite, dove stavano più che bene.

 

Era quello che avevano desiderato e ottenuto infondo, giusto? Una vita separati.

 

Il problema non ero né io né lui: il problema eravamo io e lui insieme.”

 

Si sentì ridire quella frase, vecchia ormai di anni ma più giusta e sensata che mai. Chiudendo gli occhi per dimenticare ancora, si fermò per ricominciare a respirare regolarmente.

 

 

“Si può sapere perché sei ancora qui?” Jane guardò Harry alzando un sopracciglio, mentre metteva il pigiama a Daniel.

 

“Cosa vorrebbe dire?” Harry la fissò senza capire.

 

“Che dovresti essere giù con loro.. Muoviti.” Jane gli diede le spalle, prendendo Daniel in braccio per portarlo sotto le coperte.

 

“No, non c'è bisogno, posso..” Harry tentò una difesa.

 

“Se quando mi giro sei ancora qui ti picchio. E sai che so darle più di te.”

 

Harry scosse la testa sorridendo: non se lo fece ripetere più, mandò un bacio a Daniel per augurargli la buonanotte e scese di nuovo raggiungendo tutti gli altri. Ci mise pochi secondi per rendersi conto che Hermione se n'era già andata. “Si è smaterializzata?” Chiese a Luna, senza troppi rigiri di parole.

 

“No, è uscita dalla porta. Non so se poi si è..” Luna non poté finire la frase, perché Harry si era già avviato verso l'uscita.

 

Si chiuse la porta alle spalle, sapeva per certo che si era messa a camminare: ne era sicuro e basta. Seguì la strada senza conoscerla, dando retta solamente alle sue sensazioni assurde. Era uscita da poco, quanto poteva essere andata lontana? Infatti, dopo pochi minuti, la vide ferma sotto a un lampione: guardava le stelle, ma forse non si era accorta che quella sera le nuvole erano troppe per poterle scorgere.

 

“Sono contento di rivederti.” Disse Harry ad alta voce, rimanendo li fermo e a debita distanza. Hermione sussultò e si voltò a guardarlo, come svegliata da un sonno senza riposo.

 

“Anche io.” Parlò forte anche lei, non muovendo un passo verso di lui.

 

“L'importante è che stai bene, il resto lo sai che non conta più.” Harry azzardò un passo, cacciandosi una mano in tasca.

 

“Sto bene io come stai bene tu.” Hermione fece due passi in suo favore, stringendo forte il pungo destro: forse li dentro conteneva tutte le emozioni che non avrebbe fatto uscire.

 

Harry, per la prima volta dopo cinque anni, fece crollare ogni sua formidabile difesa: avanzò velocemente verso di lei, che subito lo imitò. Si incontrarono a metà strada, buttandosi l'una nelle braccia dell'altro. Chiusero gli occhi e serrarono le bocche, lasciando che soltanto il contatto dei loro corpi parlasse per loro.

 

Si strinsero forte sotto una luce fioca di un lampione quasi scarico, in una via che non avrebbero mai ritrovato tornandoci da soli. Harry immerse il viso nei capelli di lei: non avevano perso quel profumo inebriante. Hermione nascose il volto nel collo di lui: quell'incavo era ancora perfettamente disegnato per lei. Si diedero quell'abbraccio mai dato cinque anni prima, quell'abbraccio che avrebbe dovuto significare tutto quanto per sempre. Lei era così fragile e meravigliosa nelle sue braccia, lui era così protettivo e forte attorno a lei.

 

Nessuno dei due seppe quanto tempo passarono così, ma quando si ricordarono di respirare si staccarono. Si allontanarono di nuovo, tornando ai loro posti segnati dal destino: costantemente distanti. Si appropriarono degli occhi dell'altro per altri interminabili secondi, provando a dirsi tutto quello che non avrebbero mai più avuto il coraggio di dirsi.

 

Hermione si voltò per prima, smaterializzandosi all'istante. Harry fece qualche passo indietro, continuando a fissare il punto in cui poco prima aveva avuto l'opportunità di rivederla veramente. Poi si voltò anch'egli, perdendosi nel buio della notte, camminando lentamente.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti! Mi scuso per il tremendo ritardo, ma ho avuto parecchio da fare in questo ultimo periodo. Ho deciso, per farmi perdonare, di pubblicare due capitoli in contemporanea. Avrei voluto postare anche l'ultimo, ma ho deciso di revisionarlo accuratamente e pubblicarlo in questi giorni. Quindi non temete, la storia NON è ancora finita..:) Fatemi sapere che ne pensate! Arrivederci al prossimo ed ultimo capitolo.

 

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Capitolo 20
*** Come Il Primo Giorno ***


20. COME IL PRIMO GIORNO

 

 

 

 

 

 

 

Jane si appoggiò alla finestra, stringendosi nella sua felpa. L'aria mattutina di settembre portava un fresco piacevole, e a Londra si faceva sentire ancora di più. Si legò i capelli distrattamente, osservando il respiro regolare prima di Harry e poi di Daniel.

 

Ma chi volevano prendere in giro? Jane fece una smorfia scuotendo la testa. Erano la peggiore famiglia finta del secolo. Con le mani dentro le tasche uscì dalla stanza, scendendo piano le scale per evitare di svegliare la famiglia Weasley: era appena spuntato il sole. Entrò in cucina, intenta a farsi un the caldo per potersi schiarire le idee, ma non appena superò la porta si bloccò spaventata.

 

“Oh.. Mi spiace. Io credevo che dormissero tutti..” Jane sorrise imbarazzata.

 

“Non ti preoccupare, Jane cara. Io mi sveglio sempre presto! Vieni, sto preparando un po' di the.” Molly le indicò gentilmente una sedia del tavolo, invitandola a sedercisi. Rimasero in silenzio per alcuni minuti, poi le mise una tazza fumante davanti, sedendosi di fronte a lei. La guardò, come se aspettasse una qualche confessione.

 

“Il suo sguardo è troppo loquace, signora Weasley.” Jane soffiò nella tazza, inspirante l'odore avvolgente del the.

 

“Sono solo una madre di una famiglia molto numerosa. Ho preparato diversi the alle 7 del mattino, sai..” Molly le fece l'occhiolino, mostrando la sapienza e l'esperienza che la contraddistingueva.

 

“Harry è un ottimo padre, sa? Riesce a conciliare il lavoro con il tempo da dedicare a Daniel, si preoccupa, lo segue in qualsiasi cosa.. Daniel lo adora! Non sopporterebbe la sua assenza..” Jane cominciò a confessarsi più che altro a se stessa, trovando nella signora Weasley una ottima ascoltatrice silenziosa e non giudicante.

 

“Ha rinunciato a tutto per poter essere ciò che è diventato. Ha così paura del suo passato che non lo ha mai più nominato in questi cinque anni.. Ha così paura di ciò che è stato che.. La mancanza dei genitori è stata per lui deleteria, lo so.” Jane bevve un sorso strizzando gli occhi. “Sentirsi parte della vostra famiglia lo ha spaventato ancora di più. Affezionarsi gli ha sempre fatto una grande paura.. Si è stancato da tempo di perdere le persone. Con Daniel ha avuto una possibilità di rivincita, di riscatto morale.. E ce la sta facendo alla grande!” Jane rise nel vano tentativo di non far capire alla sua interlocutrice che stava lottando con le lacrime.

 

“Però gli manca qualcosa, sa.. Gli manca qualcosa di essenziale. Io lo so quanto gli siete mancati tutti voi, l'ho sempre sentito di notte agitarsi nel sonno: i suoi pensieri erano fin troppo espliciti per me.” Si asciugò fugacemente una lacrima. “Ho sempre tentato di riportarlo da voi, sempre mi creda. Ma non capivo la vera motivazione per la quale non voleva tornare più nel suo passato.. La paura di ciò che è stato lui sarebbe passata insieme a voi, ne sono sempre stata certa. E allora perché si ostinava a rintanarsi nel suo piccolo angolo irlandese?” Jane spostò lo sguardo sulla porta della cucina, socchiusa.

 

“Poi ieri sera Hermione Granger è entrata da quella porta. E ho capito tutto.”

 

Molly abbassò lo sguardo, rigirandosi tra le mani la sua tazza di the. “Che cos'hai capito?”

 

“Che cos'è che gli mancava. La vera motivazione, la vera ragione..” Jane continuò senza togliere lo sguardo da quella porta socchiusa. “Non ho mai preteso l'amore di Harry, sapevo che non avrebbe potuto darmelo. Ma nella mia piccola arroganza ho creduto che potessimo diventare una vera famiglia, prima o poi..” Si voltò finalmente verso la signora Weasley, fissandola negli occhi.

 

“Non è stata arroganza, Jane cara. E' stata semplicemente speranza.” Molly allungò la mano verso la sua, stringendola forte.

 

“Il modo in cui la guarda, il modo in cui non l'ha mai dimenticata. Sono così incredibilmente diversi.. E così profondamente perfetti e indivisibili.” Jane rise di nuovo, nascondendo un singhiozzo incontrollabile. “Se n'è accorto tutto il mondo, spero non sia così stupidi da non accorgersene loro stessi.” Si alzò dalla sedia, asciugandosi le lacrime con la manica della felpa. Molly la imitò, andandole vicino e appoggiandole entrambe le mani sulle spalle.

 

“Sei un'ottima madre e una ragazza eccezionale. Harry lo sa, e non lo perderai.. Solo che non puoi averlo come vorresti. Incontrerai l'uomo giusto, ne sono certa.” Molly le baciò entrambe le guance.

 

“La ringrazio, signora Weasley. Siete davvero una famiglia eccezionale.. Io, però, torno a casa.” Jane si lasciò abbracciare e poi tornò nella stanza dove Harry e suo figlio dormivano. Si fece una doccia e cominciò a prepararsi, aspettando che si svegliassero entrambi. Rimise gli indumenti che aveva tolto con pazienza la sera prima, mettendosi qualche volta i capelli lunghi biondi dietro le orecchie.

 

“Ei..” Harry si stropicciò gli occhi, sentendola trafficare. Quando la mise meglio a fuoco si sedette sul letto, aggrottando la fronte. “Che stai facendo?”

 

“Voglio lasciarti semplicemente il tuo spazio..” Jane gli sorrise, ributtandosi poi sulla preparazione della valigia. Harry si alzò raggiungendola.

 

“Non capisco.. Perché rifai la valigia? Non vuoi più restare?”

 

“Harry, ti prego. Io non c'entro niente qui e tu lo sai. Devi prenderti questi giorni per riprenderti in mano la tua vita, e questo significa anche riaffrontare il passato. Cinque anni di aridità sono anche troppi..” Jane lo prese per un braccio e lo portò dentro il bagno, così che Daniel non si svegliasse per i rumori. “Sei il padre che ho sempre sognato per mio figlio, e di questo ringrazio Dio. Ma è arrivato il momento per te di essere felice davvero, e questo comprende anche quell'elemento mancante che non ti fa dormire la notte.”

 

“Jane, io non..” Harry tentò una debole difesa.

 

“Non devi dire niente.” Gli mise una mano sulla bocca, per zittirlo. “Io torno a casa, tu e Daniel è giusto che restiate qui.. Quando tornerete, decideremo come fare.” Gli accarezzò il volto con entrambe le mani, fissando intensamente quegli occhi verde smeraldo.

 

“Sei.. Sei sicura?” Harry abbassò lo sguardo, lasciandosi accarezzare.

 

“Sii felice, Harry. Fallo per tuo figlio, ma soprattutto per te stesso.” Jane uscì dal bagno, tornando a finire i suoi bagagli. Harry rimase immobile attaccato al lavabo, fissandosi allo specchio e sentendo in lontananza il rumore della valigia che veniva trascinata. Sentì Jane sussurrare qualcosa a Daniel, poi baciarlo dolcemente. Quando la porta della stanza si chiuse, Harry uscì dal bagno.

 

“Siamo rimasti io e te, teppista..” Si accucciò affianco a Daniel che ancora dormiva profondamente. “Stammi vicino, d'accordo?”

 

 

 

L'ansia pre matrimonio si fece sentire fin dalla colazione: Molly ingozzò praticamente tutti, riuscendo in contemporanea a salvare l'imbarazzo di Harry dalle domande sulla partenza improvvisa di Jane.

 

“E' tornata a casa, d'accordo? La prossima volta che sento una domanda del genere vi lancio una padella sulla testa.” Fu la risposta definitiva della signora Weasley, e tutti ubbidirono immediatamente. Spedì tutti a prepararsi subito, andando insieme a Ginny a dedicarsi a Ron: era così agitato che Harry dovette dargli parecchie pacche sulle spalle.

 

Daniel continuava a chiedere di sua madre, non capendo perché se ne fosse andata via senza neanche avvisarlo. “Papà, ma poi torna? Mi manca la mamma..” Si strofinò gli occhi, facendo capire ad Harry che stava per piangere.

 

“Ti ci riporto subito domani dalla mamma, d'accordo? Anche stasera se vorrai. Non ti preoccupare, è dovuta tornare a casa perché l'hanno chiamata dal ristorante dove lavora.” Harry lo prese in braccio, stringendolo e baciandogli ripetutamente la testa. Entrò nella loro stanza, cominciando a prepararlo. Ci mise un po' a convincerlo, ma finalmente Daniel accettò l'assenza della madre e tornò di buon'umore.

 

“Tanto la rivedo domani la mamma.” Disse, lasciando che Harry gli sistemasse il farfallino e la camicia.

 

“Questo è il mio campione.” Si diedero il pugno, in segno d'intesa. Si guardarono entrambi allo specchio, mentre Daniel imitava Harry nel sistemarsi i capelli ribelli.

 

“E' inutile: per quanto ci proverai, non riuscirai mai a farli stare in ordine.” Harry lo spinse fuori dalla stanza, sistemandosi la bacchetta nei pantaloni del suo abito. Si cacciò una mano in tasca e scese in cucina, con suo figlio che correva ovunque.

 

“Così ti rovinerai questo splendido vestito!” Ginny lo fermò ridendo e lo riempì di baci e complimenti. “Sei più bello di tuo padre, poco ma sicuro.”

 

Uscirono tutti, salendo nelle rispettive macchine: Harry si mise alla guida della sua auto affittata, con Ron al suo fianco e Ginny e Daniel dietro. “Amico.. Te lo posso dire che mi sto cagando sotto?”

 

“Bè, si.” Harry sorrise, mettendo in marcia la macchina. “E appena arriviamo la non vedo l'ora di vedere Draco per prenderti per il culo come si deve.”

 

 

Hermione si aggiustò per l'ultima volta il vestito, dando un'ennesima occhiata ai capelli. “Non ti ho mai vista così attenta ai particolari.” Jean Granger le sorrise, guardandola nel riflesso dello specchio. Si era presentata a casa della figlia quella mattina per aiutarla a prepararsi.

 

“Mmm..” Commentò Hermione. “Dai, devo andare. Sono già in ritardo.” Prese la sua borsetta e vi infilò la bacchetta dentro, scendendo le scale di casa sua per dirigersi all'ingresso.

 

“Mi raccomando, fai tantissimi auguri a Ron e a Luna. Ricordagli che il prossimo fine settimane vengono a cena a casa nostra..” Jean accarezzò una guancia della figlia. “Sei bellissima, tesoro mio. Dico davvero.”

 

“Grazie mamma..” Hermione accennò un sorriso imbarazzato ed abbassò lo sguardo. “So bene a cosa stai pensando, sai..” La guardò di nuovo. “Dovrebbe essere il mio di matrimonio.”

 

“Non dire sciocchezze, Hermione. Se Greg non era l'uomo giusto per te hai fatto bene a non accettare di sposarlo.” Jean incrociò le braccia, certa che prima o poi sua figlia avrebbe fatto un'affermazione del genere.

 

“Ma era l'uomo giusto per papà, non è così?”

 

“Tuo padre ha fatto tanti sbagli, Hermione. Così come li ho fatti io.. Ma ha sempre desiderato il meglio per te: non capendo, però, che non combaciava con il meglio per lui.” Jean le strinse una mano. “Quante volte ti ho chiesto se amavi Greg? Quante volte mi hai risposto di si? Hai vissuto due anni insieme a lui di completa menzogna, convinta che prima o poi avresti imparato ad amare quell'uomo così perfettamente giusto per te. Non hai voluto mai ascoltarmi, e soprattutto non hai mai voluto ascoltarti; quando hai rifiutato la sua proposta di matrimonio mi hai dato un sollievo enorme.” L'abbracciò, chiudendo gli occhi.

 

“Adesso vai al matrimonio.” Si staccò, guardandola fissa negli occhi. “E salutami Harry, d'accordo?”

 

Hermione si bloccò, guardandola in modo enigmatico. Non le aveva detto niente della sera prima. “Come.. Come fai a..”

 

“Hermione, una mamma sa sempre tutto. Da sempre.” Jean si allontanò di pochi passi, sorridendole dolcemente. Vide sparire sua figlia pochi istanti dopo, capendo che si era smaterializzata.

 

 

 

Molly, Ginny e Cho erano state praticamente risucchiate dentro la stanza di Luna da almeno dieci minuti, mentre Harry e Draco continuavano a far sentire Ron ancora peggio. Tutti gli invitati si avvicinavano man mano a lui, stringendogli la mano e facendogli i più sinceri auguri.

 

“Io, fossi in te, mi darei una grattatina alle parti intime.. Diglielo anche tu, Danny.” Draco fece ridere Daniel, che stava in mezzo a loro tre ascoltando i loro discorsi con grande curiosità. Ron fece per dargli un pugno sulla spalla, ma si fermò di colpo guardando oltre Draco e Harry.

 

“Quanto accidenti è bella..”

 

Harry e Draco si girarono, con ancora il sorriso sulle labbra. Hermione si avvicinò a loro tre a passo svelto, salutandoli con la mano e un sorriso che le illuminò ancora di più il viso. Harry fece un cenno con la testa e poi tolse lo sguardo, non voleva soffermarsi sui particolari del suo vestito. Di nuovo.

 

“Ciao ragazzi. Lo so, sono in ritardo.. Luna?” Hermione si accucciò su Daniel, dandogli due baci sulle guance e promettendogli che sarebbe stato il suo cavaliere per tutta la giornata come promesso. Seguendo le indicazioni di Ron, si allontanò altrettanto velocemente, sparendo dentro casa Lovegood.

 

“Ma.. Non è venuta con nessuno?” Azzardò Harry, fingendo poco interesse.

 

“No. Si è lasciata più di un anno fa, in realtà.” Draco lanciò la frecciatina, sperando che Harry continuasse con la sua curiosità. Ron, nel frattempo, si buttò sulla miriade di parenti che stava arrivando e prendendo posto.

 

“Ah, ecco..” Harry si cacciò le mani in tasca, osservando Daniel che corse verso i gemelli Weasley. Quindi era stata fidanzata con un altro. Un altro uomo aveva potuto toccarla, aveva potuto sentire il suo odore la mattina, aveva potuto respirarla. Scosse forte la testa, tornando subito in se. “Che cosa fa? Nel senso.. Lavora?”

 

“Eccome.” Draco si passò una mano tra i capelli, soddisfatto. “Lavora al Ministero, all'Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale. E' davvero in gamba, sai? Ma questo già si capiva ai tempi della scuola.”

 

Harry annuì, decidendo di non chiedere altro. Pensò per un attimo alla sera prima, a ciò che aveva provato stringendola di nuovo. Molly uscì di casa con il signor Lovegood, invitando tutti quanti a sedersi perché la cerimonia sarebbe cominciata a minuti. Presero tutti posto, lasciando la prima fila libera per i parenti più stretti: un fiume di teste rosse copriva la visuale di parecchi invitati.

 

Daniel si sedette tra Molly e Arthur, mentre Harry gli faceva le linguacce dal fianco di Ron: suo figlio rideva come un matto. Draco diede una gomitata secca nel fianco di Harry, per intimarlo a smetterla: si stavano avvicinando Hermione e Cho, pronte a mettersi dalla loro parte opposta in attesa della sposa.

 

“Tutto a posto?” Sussurrò Draco, rivolgendosi a Cho.

 

“Perfetto.” Cho alzò il pollice in su, con un sorriso agitato ed entusiasta dipinto sul volto. Harry guardò Hermione, facendole l'occhiolino e dicendole con il labiale di stare tranquilla: sapeva che l'ansia la stava divorando.

 

“Anche tu..” Rispose lei, sorridendo. Non appena partì la marcia nuziale, si voltarono tutti verso la fine della navata: Luna stava camminando lentamente verso l'altare, accompagnata dal padre. Aveva un vestito meraviglioso con uno strascico lungo alle sue spalle, il volto tirato e felice era solo e solamente riservato a Ron. I suoi capelli biondi raccolti incorniciavano la sua immensa contentezza.

 

Una volta arrivata, Ron le si mise affianco: le sussurrò qualcosa all'orecchio, probabilmente quanto fosse meravigliosa. Lei gli strinse la mano di nascosto, probabilmente per dirgli la stessa identica cosa.

 

Durante l'intera cerimonia, Harry si voltò fugacemente verso Hermione innumerevoli volte, togliendo subito lo sguardo non appena lei se ne accorgeva. Aveva quella strana sensazione di averla salutata per l'ultima volta soltanto il giorno prima e contemporaneamente la fastidiosa certezza che era passato tantissimo tempo.

 

“Adesso può baciare la sposa.” Ron avvolse Luna in un bacio eterno, scatenando un applauso assordante da parte di tutti gli invitati. Harry e Draco firmarono, abbracciando Ron con tutta la fratellanza che li aveva sempre contraddistinti: poi decisero di allontanarsi, lasciando che venissero investiti da tutti gli altri.

 

“E così hai visto com'è un matrimonio, eh.” Harry tirò su di peso Daniel, tenendoselo sotto un braccio. Questi, ridendo per il solletico, cominciò a tempestarlo di domande. Nel frattempo che, per magia, si trasformò tutto per il ricevimento, Harry aveva esaurito tutte le risposte.

 

“Quanto parli, Danny!” Gli mise una mano sulla bocca, mentre cercava i loro nomi nei grandi tavoli rotondi.

 

“Non ha preso da te, allora. Vieni, mi sembri un po' spaesato..” Hermione spuntò da dietro tirandolo per la giacca, poi prese Daniel per mano. “Siete al tavolo con noi, ovviamente. Ma se preferisci sederti al tavolo con zia Muriel e zia Tess, sono questi i tavoli che stavi spulciando, fa' pure.” Lo sorpassò, guardandolo con aria divertita, e si avviò ai loro posti trascinata da Daniel. Harry scosse la testa e li seguì lentamente, cacciandosi una mano in tasca: infondo non era poi così cambiata.

 

“Wow! Siete passati dal salutarvi con una stretta di mano a sedervi allo stesso tavolo.” Commentò Draco, non appena vide arrivare Harry e Hermione insieme. Si guadagnò una bella gomitata da Cho, che gli fece andare quasi di traverso l'acqua che stava sorseggiando.

 

“Come sei simpatico.” Harry si mise dietro di lui, dandogli una manata così forte sulla schiena che lo fece tossire. Daniel lo guardò inclinando la testa e gli si avvicinò porgendogli un bicchiere d'acqua, facendo ridere i presenti. Ginny si sedette vicino ad Hermione, presentando il suo fidanzato Jimmy a Harry e Daniel.

 

“Mangia quello che ti va, d'accordo? Non sei obbligato a mangiare tutto..” Harry sistemò la sedia di Daniel al suo fianco, allontanandogli il coltello da davanti. “Però cosa ti dice sempre mamma?”

 

“Che bisogna assaggiare tutto prima di dire che non ci piace.” Daniel ripeté le testuali parole che Jane gli aveva insegnato.

 

“Mamma ha ragione, Danny.” Draco si allungò per farsi dare il pugno dal piccolo. Si sedettero con loro anche Bill e Fleur, e non appena Harry vide Christian rimase sbalordito di com'era cresciuto. Lo salutò, presentandosi e dicendogli che lo aveva conosciuto appena nato.

 

“Io e mia moglie ci teniamo a ringraziarvi tutti di essere qui. Le nostre famiglie e i nostri cari amici.” Ron indicò con il calice di vino tutti quanti, tenendo sotto braccio Luna che lo imitò. “Senza troppi convenevoli, abbuffatevi!” Apparvero su ogni tavolo diverse portate, e nessuno fece complimenti per iniziare.

 

Harry e Fleur fecero parecchia fatica, perché Daniel e Christian fecero subito amicizia e a metà pranzo riuscirono a convincere i genitori ad alzarsi dal tavolo per poter giocare li intorno.

 

“Hanno la stessa età, infondo. E' meravigliosa che vadano così d'accordo.” Commentò Bill, sorridendo.

 

“Già. Christian ha già 5 anni, Daniel li compie a fine settembre.” Harry tagliò la carne.

 

“E dimmi, Harry. Ho saputo che sei capo auror di una squadra speciale, adesso..” Fleur sfoggiò il suo inglese diventato ormai quasi perfetto. Hermione alzò subito lo sguardo su Harry, sentendo un orgoglio improvviso impadronirsi del suo stomaco.

 

“Si, è vero.” Harry rispose velocemente, mostrando la sua tipica modestia e il suo immancabile imbarazzo.

 

“E' fantastico. Sono davvero.. Contenta.” Hermione non riuscì a trattenersi, catturando l'attenzione di tutto il tavolo.

 

“Grazie..” Harry la guardò di sottecchi, provando a concentrarsi solo sulla sua carne ormai già tagliata a dovere.

 

 

Guardare gli ubriachi nel pomeriggio inoltrato fu per Draco e Harry un divertimento impagabile: quando poi vennero raggiunti da Ron, non ce ne fu più per nessuno. Si sedettero ai lati e osservarono tutti quanti: chi ballava, chi rideva, chi si rotolava, chi se ne andava, chi ancora mangiava alle cinque e mezza di pomeriggio, chi beveva con estremo coraggio.

 

“Meno male che il padre di Luna adora ballare, così la fa stancare lui per bene.” Ron inidicò con un cenno della testa il signor Lovegood con sua moglie che ballavano proprio affianco ai suoi genitori. “Sappiate che ci sarà anche la serata eh, ma solo per intimi..” Fece l'occhiolino ai suoi due amici.

 

“Adoro i matrimoni.” Commentò Draco, finendo il suo Champagne. Harry annuì, continuando a guardare un punto che stava osservando da almeno dieci minuti buoni.

 

Hermione stava ballando con Daniel, facendolo volteggiare e girare come una trottola: ridevano entrambi, quasi come se quelle assurde mosse inventate da loro fossero la cosa più divertente del mondo. Quando però Christian lo venne a prendere, lei lo fece andare, facendosi promettere un ballo più lento, più tardi. Con ancora il sorriso sulle labbra, si girò verso loro tre e li raggiunse, lasciandosi andare su una sedia e riempendosi un bicchiere d'acqua.

 

“Accidenti! Tuo figlio è una vera forza della natura, non si stanca mai.” Si rivolse ad Harry.

 

“Hai visto? Però vedrai, stasera crollerà come un salame.” Non appena la musica rallentò, Ron e Draco vennero inevitabilmente prelevati dalle loro rispettive consorti, facendo ridere Harry che li spinse entrambi per farli alzare. “Fatevi valere, mi raccomando!” Li schernì.

 

“Non hanno mai superato questa paura per il ballo.” Rise anche Hermione guardandoli dirigersi al centro della pista. Rimasero entrambi li seduti, a debita distanza e in silenzio religioso. Harry cominciò a torturarsi le mani, Hermione accavallò le gambe e si arrotolò un boccolo ribelle sull'indice. I secondi diventarono minuti, e il silenzio si fece pesante e imbarazzante.

 

“E' tutta la sera che ti guardo. Ho raccolto un po' di coraggio e ho deciso di avvicinarmi.. Posso invitarti a ballare?”

 

Harry dovette girarsi dall'altra parte per evitare di ridere molto forte: un uomo incredibilmente basso e grasso aveva appena offerto la mano ad Hermione, che cominciò subito a balbettare. “Ehm.. Io.. Veramente..”

 

“Mi spiace, l'avevo appena invitata io. Magari la prossima volta.” Harry si alzò, trattenendosi a fatica dalla risata che sentiva dentro la pancia. Porse la mano ad Hermione che gliela afferrò immediatamente e con troppa enfasi: si allontanarono velocemente buttandosi in mezzo alla pista, e non appena furono sufficientemente coperti scoppiarono a ridere.

 

“Probabilmente se ti alzavi avresti potuto mangiargli in testa direttamente. Avresti dovuto vedere la tua faccia.” Harry la imitò spalancando la bocca e gli occhi in modo esagerato.

 

“Smettila, maleducato! Avrei voluto vedere te in una situazione simile. Povero, mi è pure dispiaciuto..” Hermione schiaffeggiò il braccio di Harry e si voltò indietro, come per cercare quell'uomo.

 

“Come pensi di vederlo? Starà passando sotto ai tavoli senza accorgersene.” Harry rise ancora, guadagnandosi un altro colpo da Hermione che però non riuscì a trattenersi dal ridere anch'essa.

 

“Dai, smettila. Siamo veramente cattivi, poverino.” Hermione si appoggiò a lui per evitare di essere colpita da una coppia che stava danzando li affianco. Harry, per istinto, l'afferrò.

 

“Dai allora aspetta: vado a cercarlo così ci puoi ballare insieme.” Fece per allontanarsi ma lei lo fermò.

 

“No, no ti prego. Non ci provare!!” Lo trattenne per la giacca, scuotendo la testa e ridendo ancora. “Ti rendi conto che siamo in mezzo alla pista da ballo e non ci stiamo neanche muovendo?”

 

Harry si guardò in giro, rendendosi conto che aveva ragione. Le passò una mano dietro la schiena e le afferrò una mano, cominciando a muoversi lentamente e con cautela. “Possiamo pure fare finta di ballare, finché il tuo ammiratore non sparisce del tutto..”

 

“Non fare finta.” Gli sussurrò Hermione, avvicinandosi di più a lui e lasciandosi andare tra le sue braccia.

 

 

“Non avremmo dovuti lasciarli ballare, vero?” Chiese Luna a Ron, osservando da lontano Harry e Hermione.

 

“E perché mai? Ci ha sempre pensato il destino con loro, intanto.” Ron le sorrise baciandola, consapevole di aver appena detto una grandissima verità.

 

Quando ormai tutti gli invitati si defilarono, sazi e soddisfatti della cerimonia, la famiglia Weasley al completo e i più intimi si sedettero al tavolo centrale, consumando gli avanzi del pranzo tra risate e aneddoti.

 

“Dovevate vedere la sua faccia! Mi sono pentito di averla salvata, in realtà.” Harry prese in giro Hermione, che lo colpì sul braccio con uno schiaffo.

 

“Non potrai prendermi in giro per sempre per questa cosa!” Risero tutti, immaginando la faccia di Hermione alle prese con l'invito di quell'uomo così incredibilmente basso.

 

“Papà, papà.. Voglio andare a dormire.” Daniel si arrampicò in braccio ad Harry, strofinandosi gli occhi per la stanchezza.

 

“Andiamo subito, tesoro..” Harry si alzò, lasciando il tovagliolo sul tavolo. Tutti gli sguardi si spostarono su loro due. “E domani torniamo dalla mamma, come promesso.”

 

“Harry, non resti? Avevamo in mente una serata tra di noi..” Ron indicò i loro amici: Draco, Luna e Cho lo spronarono ad accettare, Hermione aveva tolto lo sguardo e aveva perso il sorriso. Sapeva bene che quella sera sarebbe stato un ulteriore addio.

 

“No, ragazzi. Mi dispiace ma è molto tardi per Daniel.. Domani mattina passo a salutarvi prima di tornare a Dublino.” Harry diede la mano a Ron e a Draco, mentre Molly si prendeva il nipote in braccio, pronta ad accompagnare a casa sia lui che Harry.

 

“Ci vediamo domani mattina, allora. Grazie per essere venuto, davvero..” Luna lo abbracciò baciandolo su entrambe le guance.

 

“Grazie a te per aver sempre saputo tutto.” Harry si staccò da lei, abbracciando anche Cho e tutto il resto della famiglia Weasley. Quando si trovò di fronte ad Hermione, si bloccò.

 

“Allora.. ehm.. Ci vediamo domani?” Tentò lui.

 

“No, io non credo che ci sarò..” Hermione si aggiustò il vestito, nel vano tentativo di nascondere l'imbarazzo. Tutti quanti provarono a non guardarli, riuscendoci a malapena. “E' stato un piacere rivederti..” Provò a dire il suo nome, ma le parole le morirono in gola. “Dai un bacio a Daniel da parte mia, adesso non vorrei svegliarlo. E saluta Jane.. Non ti ho chiesto niente perché Molly ce lo ha impedito.” Sorrise abbassando lo sguardo.

 

“E' stato un piacere anche per me..” Nessuno dei due accennò ad avvicinarsi. “Allora, a presto.” La salutò con un cenno della mano.

 

“Arrivederci.” Hermione alzò la sua e poi si voltò, non volendo guardarlo più.

 

 

Harry accarezzò la testa di Daniel per farlo addormentare del tutto: lo aveva messo sotto le coperto non appena aveva finito di svestirlo, era così stanco che non si reggeva nemmeno in piedi. Si rimise dritto, guardandolo sorridendo, e poi uscì dalla stanza.

 

“Dorme..” Sussurrò Harry a Molly. “Grazie che sei venuta con me.”

 

“Non dirlo neanche. Vatti a cambiare anche tu, sembri un trasandato così!” Molly indicò il modo in cui era Harry: giacca e gilet aperti, papillon slegato e camicia mezza fuori dai pantaloni. Lui le sorrise e le augurò la buonanotte, andando sul terrazzo della sua stanza per schiarirsi le idee.

 

Rimase così per una decina di minuti, perché Molly tornò da lui di soppiatto. “Harry.. Harry caro. Devi scendere giù in sala, subito.” Lui la guardò aggrottando la fronte, senza capire.

 

“Perché? Che succede?” Tornò dentro la stanza, mentre Molly lo spingeva senza troppe cerimonie.

 

“Vai, forza!”

 

Harry scese le scale ricacciandosi la camicia dentro i pantaloni, chissà per quale assurdo motivo poi. Probabilmente era Ron che voleva obbligarlo ad andare in giro con loro a ubriacarsi come i bei vecchi tempi. Spuntando nella sala, però, non trovò Ron; neanche qualcuno che gli somigliasse vagamente.

 

Si guardarono per pochi secondi, lui interdetto e lei impulsiva. “Lavoro al Ministero qui a Londra, all'Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale. Sono stata spostata in questo Ufficio due anni fa, dopo numerose gavette fatte sempre al Ministero.” Hermione si sedette sul divano, raccogliendo con la mano il suo vestito. Non appena Harry si sedette di fronte a lei, continuò. “Ho capito che era quello che volevo fare fin da subito, nonostante iniziai gli studi medici babbani appena finita la scuola. Sono stata fidanzata con Greg fino a più di un anno fa, quando mi ha chiesto di sposarlo e io ho rifiutato.”

 

Harry accennò un sorriso ironico: era andato tutto secondo i suoi piani, senza lieto fine però. “Vivo in una villetta costruita a posta per me e lui nel centro di Londra, non molto distante dai miei genitori.” Continuò Hermione, freddamente. “Amo il mio lavoro e ho imparato ad amare la mia solitudine, imparando quest'arte da te. La delusione di mio padre nel non sposare Greg si è trasformata in comprensione: come potevo sposare un uomo che non avevo mai amato?”

 

Quella domanda rimase appesa in quel salotto, senza che nessuno dei due l'afferrasse per poterci dare una banale risposta. “Con i soldi vinti al Torneo Tremaghi ho comprato una casa nella periferia di Dublino, lontano da dov'ero cresciuto.” Si allacciò Harry. “E' una casa modesta, ma con l'aiuto di Jane l'abbiamo resa più che dignitosa. Imparando a fare il padre, ho dedicato l'altra metà delle mie energie in ciò che so fare davvero: l'auror. Sono entrato subito di ruolo dopo l'addestramento di 6 mesi, riuscendo a diventare pochi mesi fa capo squadra speciale. Ho rinunciato al mio passato per mio figlio, per proteggerlo sempre. Non mi rendevo conto che in realtà lo stavo solo proteggendo da me stesso: e vederlo qui in questi giorni, in mezzo a questa grande famiglia mi ha e gli ha aperto il cuore.” Harry appoggiò i gomiti sulle gambe, guardando fisso Hermione. “Vivo con Jane e Daniel ancora adesso. Ma lei ha sempre saputo che non l'ho mai amata per davvero.”

 

Hermione si alzò di nuovo, con quel vestito ormai sgualcito e i capelli ormai non più perfetti come quella mattina. “Vieni con me.” Gli tese la mano. Harry l'afferrò, alzandosi e seguendola fuori dalla porta d'ingresso. Senza staccarsi, lasciò che Hermione lo trasportasse in una smaterializzazione congiunta.

 

Apparirono di fronte alla villetta di Hermione, che Harry guardò dal basso verso l'alto senza stupirsi troppo. Con un colpo di bacchetta aprì la porta, chiudendola poi alle spalle di Harry. “Ci siamo esclusi e dimenticati per cinque anni, non è così?” Hermione salì le scale, Harry la seguì senza risponderle.

 

“Io non ho mai dimenticato l'ultima promessa che ti ho fatto.” Hermione lo disse così piano che Harry dovette evitare di fare qualsiasi rumore per sentirla. Entrarono entrambi nella stanza di Hermione, dove alcuni vestite e alcune scarpe sporcavano il pavimento perfetto. Prese una scatoletta e se la mise in grembo. “Ti dissi che avrei portato il nostro amore con me per tutta la vita, e mi sarebbe bastato sempre.” L'aprì, tirando fuori il piccolo anello che più di cinque anni prima Harry le aveva regalato.

 

Lui, per istinto, strinse la mano sinistra. “Non cercare di nasconderlo, l'ho visto subito che lo portavi ancora.” Hermione richiuse la scatoletta e si alzò, parandosi di fronte a lui. Gli afferrò la mano sinistra e gliela aprì dolcemente, accarezzandogli tutti calli e le ferite, sfiorando quell'anello che lei aveva sempre adorato. “Dovevo mostrarti che ho sempre mantenuto la mia promessa. Che ti ho portato con me sempre.” Calde lacrime cominciarono a scendere dai suoi luminosi occhi nocciola.

 

Harry le afferrò anche l'altra mano, racchiudendola nella sua. “L'ho sempre saputo, infondo. Ma sono contento che tu me l'abbia voluto mostrare.”

 

Hermione lo riaccompagnò al piano di sotto, tenendosi il vestito con le mani. “Se ci vedesse qualcuno, penserebbero che abbiamo fatto a botte.” Rise asciugandosi le lacrime con una mano. Harry sorrise guardando prima lei e poi se stesso: aveva ragione.

 

“Abbi cura di te.” Le accarezzò il viso, e lei a quel tocco socchiuse gli occhi.

 

“Anche tu, mi raccomando.” Hermione, seguendo semplicemente l'impulso che la spingeva, si alzò in punta di piedi e lo baciò sulla bocca. Per un folle attimo, parve ad entrambi di essere tornati a quella mattina prima della Prima Prova, quando le loro labbra si incontrarono per la prima volta. Harry, però, non si fece prendere alla sprovvista come sei anni prima: mise le mani sul suo collo e rispose al bacio.

 

Quando il bacio si fece più passionale, Harry la sollevò da terra: non calcolò, però, il suo abito un po' troppo ingombrante. Si misero a ridere entrambi, non staccando le loro labbra e riprendendo fiato piano piano. “Non riesco.. Non riesco ad afferrarti bene con questo vestito. Sono otto abiti insieme, praticamente.” La rimise a terra, e Hermione tra le risate si sistemò un po' i capelli.

 

“Hai ragione.. Non lo metterò più infatti.”

 

Harry, istintivamente, fece per avvicinarsi di nuovo a lei: Hermione, però, si scostò. “Ti prego, ti prego.. No.”

 

“Sei stata tu a..” Si difese Harry, trovandosi per l'ennesima volta in difetto con lei.

 

“Lo so, ho sbagliato. Tu domani te ne torni a Dublino, io resterò a Londra. Che senso ha tutto questo?” Hermione fece altri due passi indietro.

 

“Mi hai portato qui per dimostrarmi che hai mantenuto una tua promessa, ma mi hai invetabilmente mostrato che non ne hai mantenuta un'altra. Non mi hai seguito a Dublino come avevi detto avresti fatto, non sei venuta con me. Mai.” Harry le si avvicinò deciso: le prese una mano e gliela baciò due volte. “Ti saluto nel modo in cui non ho mai avuto il coraggio di fare. Addio, Hermione.”

 

Harry si voltò subito, senza aspettare un altro fastidioso impulso che non gli apparteneva più: uscì dalla porta d'ingresso e si smaterializzò.

 

 

 

“Eccoci a casa, Danny.” Harry aprì la porta del suo appartamento trascinandosi dietro i bagagli e lasciò che Daniel ci corresse dentro.

 

“Mamma, mamma!!” Saltò in braccio a Jane, che lo strinse forte baciandolo su tutto il volto.

 

“Mi dispiace che me ne sono andata amore, mi dispiace. Ti sei divertito? Hai fatto il bravo?” Gli chiese, accarezzandogli i capelli e sedendosi sul divano.

 

“E' stato bravissimo!” Harry baciò Jane su una guancia per salutarla e poi andò a chiudersi nel bagno: voleva farsi una doccia fredda, gelata. Sotto il getto deciso dell'acqua, Harry pensò al fatto che era stato soltanto tre giorni. Avrebbe dovuto disfare la valigia che aveva accuratamente preparato pensando di starci almeno una settimana, avrebbe dovuto stare in ferie inutilmente per altri dieci giorni. Spense il rubinetto, si avvolse un asciugamano in vita ed uscì dal bagno.

 

“Torno al lavoro domani. Ritiro la richiesta di ferie..” Disse a Jane, che stava ancora ascoltando i racconti di Daniel.

 

“Non dovevi tornare.” Disse lei, fredda e decisa. “Danny, vai a sistemare le tue cose che ora mamma arriva subito ad aiutarti.” Daniel non se lo fece ripetere e corse in camera, lasciando i suoi genitori da soli. “Perché sei tornato?”

 

“Ti prego, Jane. Non ricominciare con le solite stronzate.” Harry andò in camera sua, tirando fuori alcuni vestiti dalla valigia.

 

“Mi sono stancata delle tue di stronzate, Harry! Basta vivere in questa assurda menzogna, devi tornare a vivere per Dio. Io ho trovato una casa vicino al ristorante dove lavoro, per me e Daniel.. Ci andremo dalla settimana prossima.” Jane disse tutto d'un fiato.

 

“Che cos'hai fatto?” Harry le andò contro minaccioso. “Non puoi farmi questo.”

 

“Non te lo sto portando via! Ti sto dando una possibilità, brutto idiota.” Jane lo spintonò, non riuscendo a trattenere le lacrime e i singhiozzi. “Dobbiamo vivere ognuno la propria vita, Harry. Daniel non deve soffrire la nostra mancanza d'amore.. Solo divisi possiamo essere degli ottimi genitori” Si calmò, sedendosi sul loro letto. “Sei un bravo padre, Harry. E potrai venire da lui ogni volta che vorrai, ad ogni ora.. Non può vivere senza di te.”

 

Harry si lasciò cadere sul letto accanto a lei, consapevole che aveva pienamente ragione. “Mi dispiace, Jane. Per tutto.”

 

“Non dispiacerti. Abbiamo messo al mondo un bambino meraviglioso e continueremo a crescerlo in questo modo. Dobbiamo parlarci, non sarà facile..” Jane si alzò asciugandosi le lacrime con la manica della sua maglia. Non appena si alzò anche Harry, si abbracciarono silenziosamente.

 

 

Harry bevve un sorso di birra, osservando la sua stanza ormai mezza vuota. Jane e Daniel erano andati via due giorni prima, e lui si stava ancora abituando a tutto quello spazio tutto per se. Fortunatamente era riuscito a ritirare le ferie, così passava in casa il minor tempo possibile.

 

Daniel aveva capito quasi subito: aveva fatto le solite mille domande, ma poi aveva accettato il fatto che mamma e papà non si amavano, non si volevano sposare come lo zio Ron e zia Luna e che avrebbe vissuto separati. Avrebbe potuto vedere Harry ogni volta che avrebbe voluto, oltre a tutti i week end: le loro case non erano molto lontane, quindi era semplice raggiungersi.

 

Harry avrebbe voluto chiedere a Jane la motivazione per la quale se ne andò da casa Weasley, ma infondo sapeva già la risposta: aveva semplicemente capito che tra loro due non sarebbe mai cambiato niente, sarebbe rimasto sempre tutto piatto e insapore. Avrebbe voluto chiederle se vedere Hermione le aveva dato quella conferma, ma anche di quello sapeva già la risposta.

 

Fece l'ultimo sorso di birra e poi buttò via la bottiglia. Erano le 2 di notte, se continuava con quella maledetta insonnia non sarebbe arrivato sano ai 30 anni. Si coricò nel letto, spostando sul comodino la lettera di Ron dove gli elencava tutte le meraviglie dei Caraibi, luogo in cui si trovavano lui e Luna per il viaggio di nozze. Era riuscito anche a vedere di sfuggita la libreria/bar di Draco e Cho, trovandola davvero fantastica.

 

Accennò un sorriso, ricordandosi una mezza battuta di Ron sulla scelte dei libri di Draco. Si girò su un fianco, coprendosi con il lenzuolo fino al bacino. 2.15. la sveglia suonava alle 7.30, si sarebbe pentito come non mai di non aver preso sonno prima.

 

 

“Ei capo, hai una faccia..”

 

“Aaron, se non vuoi essere spedito in missione mortale entro domani sparisci al volo.” Harry finì il suo caffè amaro e cacciò via uno dei suoi, che non se lo fece ripetere due volte. “Allora? Novità?”

 

“Nessuna. Però sai come si dice, nessuna nuova..” Cominciò il suo collega John.

 

“Buona nuova.” Si diressero entrambi verso l'ufficio del loro superiore. “Anche se ho sempre creduto che due squadre per questa missione siano poche, ma evidentemente mi sbagliavo. Sono solo un branco di pazzi scalmanati che fanno casino per attirare l'attenzione.” Harry svoltò l'angolo, seguito da John.

 

“Bè, probabilmente si. Però è giusto che mostriamo l'interesse adeguato anche a questo genere di missioni, il capo sicuramente approverà.” John aprì la porta dell'ufficio del generale Sullivan e sia lui che Harry entrarono. Si msiero sull'attenti, salutando.

 

“Che diavolo volete, voi due?” Chiese arrogantemente Sullivan.

 

“Signore, ci ha mandati a chiamare lei signore.” Fu Harry a rispondere.

 

“Ah si, si.. Giusto.” Sullivan gli ordinò il riposo e li fece sedere, incominciando a riempirgli la testa sulle nuove missioni imminenti e sul nuovo ordine di aumentare il numero di auror per ogni loro squadra speciale. “Non so per quale cazzo assurdo motivo, ma dall'alto si fidano di voi. Per me invece siete solo due stronzi che giocano a fare gli eroi! Ma prima o poi verrete bruciati, sappiatelo. Ora levatevi dalle palle, forza.”

 

Harry e John si alzarono e salutarono in fretta, correndo fuori dall'ufficio per evitare di ridere in faccia al capo. “Levatevi dalle palle!” Lo imitò John tra le risate. “Che cazzo, quell'uomo ci odia solo perché abbiamo rischiato un po' più degli altri. Sai che ti dico? Che se dall'alto ci danno così tanta fiducia e libertà, allora abbiamo fatto bene.”

 

“Ben detto, collega.” Harry gli diede la mano sonoramente e lo guardò andare via. Voleva dirlo a qualcuno, voleva condividere qualcuno quella bella notizia: il sorrise gli morì piano piano sul viso, accorgendosi che non avrebbe potuto farlo con chi voleva davvero.

 

 

Quell'anno, il 19 di settembre capitò di domenica. Non appena Harry riportò Daniel a sua madre, come ogni anno da ormai quattro anni, tirò fuori la sua Firebolt a notte fonda e si librò nel cielo. Il tempo per volare libero nel cielo era ormai scarso, se non praticamente nullo: così aveva deciso un giorno, il 19 di settembre. Quella data gli piaceva molto e la voleva utilizzare per qualcosa a cui lui teneva molto: volare.

 

Volò alto per quasi l'intera nottata, riuscendo a liberare la sua mente da ogni pensiero, da ogni preoccupazione. Quando l'alba era visibile laggiù all'orizzonte, Harry atterrò sul tetto del suo palazzo, attento a non farsi vedere da nessuno. Ormai la sua data preferita era passata, e anche quella volta aveva scordato di farlo: aveva scordato di farle gli auguri. Sorrise malinconico e si materializzò nel suo salotto di casa.

 

 

 

“Lei è sicura di ciò che fa, signorina Granger?”

 

“Più che sicura.” Hermione si fece passare la piuma dal Ministro della Magia inglese.

 

“Insisto, signorina Granger. Lei è una delle migliori dipendenti che il Ministero abbia mai avuto, e voglio che lei sappia che solo Londra può offrirle..” Il Ministro venne interrotto.

 

“Lei è molto gentile, Ministro. Ma ormai ho preso la mia decisione.” Hermione firmò quella lunga pergamena e si alzò. “La ringrazio per tutto, davvero. Sono sicura che ci rivedremo presto.” Strinse la mano al Ministro, lasciando più che interdetto, e si congedò con aria più che sollevata.

 

Si materializzò nel vialetto della sua nuova casa, costruita con tanto amore e sacrificio da parte del suo ex fidanzato insieme al padre, dove sapeva per certo che i suoi genitori la stavano aspettando già da un po' di tempo. Entrò dalla porta principale, trovandoli entrambi li all'ingresso, in mezzo a una miriade di valige e bagagli.

 

“Tutto fatto. E' stato approvato.” Hermione appoggiò la borsa sul tavolo, avviandosi nel salotto per controllare le ultime cose.

 

“Stai facendo un grande sbaglio, Hermione. Io mi sono informato, sai? Il Ministero di Londra è di gran lunga il migliore.” Jason Granger la raggiunse immediatamente, seguito dalla moglie.

 

“Anche Greg era di gran lunga il migliore papà, non è così?” Hermione gli parlò dandogli le spalle: non voleva intraprendere di nuovo quella discussione, ma sapeva che non aveva alternative.

 

“Hermione ha fatto la sua scelta, Jason. E' giusto che noi l'appoggiamo, sempre e comunque.” Jean si mise al fianco della figlia, mettendole una mano protettiva sulla spalla.

 

“Mi chiedo solo perché senza prima consultarci.” Jason allargò le braccia, non sapendo più a cosa appigliarsi. Hermione, d'improvviso, sbottò tirando un pugno su una credenza.

 

“Perché? Ti chiedi il perché?? Perché per la prima volta nella mia vita ho preso una decisione con la mia testa e con il mio cuore!” Si voltò verso il padre, fronteggiandolo. “Perché per la prima volta nella mia vita mi sento che sto andando nel posto giusto! Perché anni fa ho fatto una promessa soprattutto a me stessa, che non ho mai mantenuto.”

 

“Hermione, io sono solo preoccupato..” Jason provò a calmarla.

 

“Non ho ancora finito, papà.” Alzò una mano, per fermarlo. “Perché sto andando dall'uomo che amo da sempre, pronta a cominciare una vita insieme a lui, se ancora mi vorrà.” Abbassò il tono di voce, trattenendo a stento le lacrime. “Perché la mia vita senza di lui sarebbe per sempre una vita vuota. Guardati intorno, guarda quante cose ho.. Sono niente se non ho lui.”

 

Jean cominciò a piangere silenziosamente, rimanendo saldamente affianco ad Hermione. Jason le guardò entrambe: aveva perso completamente le parole.

 

“Il mio posto è a Dublino, insieme a lui.” Hermione concluse, stringendo i pugni. Le uniche persone a cui aveva fatto quel discorso, usando toni più pacati, erano state Molly e Ginny. Per Luna e Cho aveva preferito scrivere una lettera, dicendo molte più cose che a voce non avrebbe saputo dire.

 

“Allora vai e riprenditelo.” Jason parlò con voce rotta, non distogliendo lo sguardo da sua figlia.

 

“Lo farò, papà. Lo farò..” Hermione si avvicinò al padre e lo abbracciò stretto, sentendo che probabilmente quella era la prima volta che si parlavano e capivano davvero.

 

“Sono già d'accordo con Ginny che sarà lei a spedirmi tutto, caso mai andasse.. Insomma, andasse bene ecco.” Hermione tornò all'ingresso, infilandosi la bacchetta in tasca e indossando il suo cappottino. “Mi porto soltanto questa, per adesso.” Afferrò la sua borsa, sorridendo quasi istericamente. Il cuore le stava esplodendo nel petto.

 

“Come fai a sapere che stamattina lo troverai in casa?” Chiese Jean, preoccupata.

 

“Spero semplicemente che anche nel Ministero Irlandese gli auror abbiano il lunedì mattina di riposo, oltre che la domenica.” Hermione li abbracciò entrambi. “Vi prometto che sarete i primi che contatterò. Lo so che ho preso questa decisione dal giorno alla notte, ma avremo tempo per sistemare tutto.. E poi per quello che ne sappiamo tra un paio d'ore sarò già qui.”

 

“Adesso smettila di parlare e vai, tesoro mio. Andrà tutto bene, io lo so.” Jean le accarezzò una guancia e indietreggiò, imitata dal marito.

 

“Portatemi fortuna.” Disse Hermione un attimo prima di smaterializzarsi. Quando riaprì gli occhi si trovò in una vietta solitaria che non aveva mai visto prima. Tirò fuori il cellulare per controllare meglio il messaggio di Jane: si, era arrivata nel posto giusto.

 

Per smaterializzarti andrà benissimo, non ti vedrà nessuno. Per arrivare nella via principale, svolta a destra. Il numero civico è il 26, piano terzo interno 12. Buona fortuna.”

 

Seguì le istruzioni datele da Jane e si trovò in una via molto più affollata e trafficata. Scorse i numeri civici uno per uno. “14..16..18..20..” Non appena arrivò al 26, si trovò davanti a un palazzo non molto grande, con dentro diversi appartamenti.

 

“Lascio aperto, signorina?” Un uomo anziano la stava guardando cortesemente, tenendole il portone d'ingresso aperto.

 

“Oh, si! Molto gentile, grazie.” Corse verso di lui, entrando dentro il palazzo. Cercò l'ascensore, che trovò proprio infondo alla sala d'ingresso. Una volta dentro premette il numero 3, cominciando poi a torturarsi le mani senza il minimo ritegno.

 

“Calma Hermione, calma. Ti farai venire un infarto se continui così.”

 

L'ascensore si bloccò di colpo, facendo sobbalzare Hermione. Scese e percorse il breve corridoio, leggendo tutti i numeri nei campanelli affianco alle porte.

 

  1. Potter.

 

Ok, era arrivata. Era li davanti alla sua porta, era tutto reale. Prese diversi respiri profondi e suonò il campanello.

 

 

Harry fece spuntare la testa dalla cucina, guardando la porta con la fronte aggrottata. Era in pantaloncini e maglietta e si stava preparando il caffè, chiunque fosse non gli importava minimamente: sicuramente era la posta. Tornò con l'attenzione alla moka, grattandosi un fianco.

 

 

No, non può essere. Dopo tutto quel casino, non era in casa? Hermione suonò di nuovo, quella volta con più enfasi.

 

 

Harry sbuffò spegnendo il fuoco sotto la caffettiera. Si passò le mani nei capelli numerose volte, per darsi un minimo contegno. Arrivò alla porta, pronto a insultare il postino troppo insistente. L'aprì.

 

“Se non apro vuol dire che..” Bloccò immediatamente il piede di guerra.

 

“La leggenda che il postino suona sempre due volte è falsa.” Hermione lo guardò incrociando le braccia e sorridendo ironicamente.

 

“Che cosa.. Che cosa ci fai tu qui?” Harry balbettò, non riuscendo bene a capire se stava ancora dormendo o se era sveglio e lucido.

 

“Posso?” Hermione indicò la casa e Harry si spostò subito per farla entrare. “E' molto carina. L'avete messa su proprio bene..” Si guardò in giro incuriosita.

 

“Oh, adesso è in disordine.” Harry tirò qualche calcio qua e la a vestiti suoi lasciati in giro per il salotto. “Jane se n'è andata a vivere in un'altra casa insieme a Danny, e io sto ancora imparando.”

 

Hermione sapeva già tutto dato che aveva contattato Jane per avvisarla del suo arrivo. Annuì, sfiorando con le dita alcune foto di Daniel da piccolo. “Ti somiglia molto Harry, sai?”

 

Entrambi quasi si ghiacciarono: lei non aveva mai più detto quel nome e lui non l'aveva mai più sentito dire in quella maniera perfetta. “Io.. Si, è vero. Siediti, dai. Vuoi qualcosa da bere? Stavo giusto facendo il caffè.”

 

Hermione scosse la testa sorridendo e si sedette sul divano. Harry la imitò, sedendosi in quello di fronte a lei: in effetti neanche a lui andava il caffè, quella mattina. La guardò fissa, aspettando che parlasse. Era così bella che gli toglieva completamente il fiato. Lui, invece, doveva avere un aspetto orrendo.

 

“Avevi ragione, Harry. Non ho mantenuto una mia promessa.” Hermione andò subito dritta al sodo, i tempi dei preamboli erano passati da tempo ormai. “Oddio, com'è difficile..” Sorrise abbassando lo sguardo.

 

“C'è tempo, Hermione. Non ti preoccupare.” Ridire il suo nome era come cantare la sua canzone preferita a squarciagola.

 

“Sono passati cinque anni, sono successe così tante cose.. Siamo cambiati così tanto.” Hermione si fece forza. “Ma rivederti due settimane fa è stato.. Come dire..” Rise, per evitare di piangere. “E' stato come ritornare a vivere di nuovo.”

 

Harry non interruppe mai il contatto visivo con lei, serrando la mascella così forte da poter contenere tutte le emozioni. “Sono venuta qui perché voglio mantenere la mia promessa..” Continuò lei. “Perché voglio stare affianco all'uomo che amo, se ancora mi vorrai vicino a te. Ti seguo a Dublino, Harry, perché questa è casa tua e la voglio condividere con te. Adesso so che il nostro amore è sempre bastato, per tutti questi anni, per tutti i dolori che abbiamo passato. La nostra differenza non conta più, ormai: ti seguo a Dublino, per sempre.” Hermione non riuscì più a fermare le lacrime.

 

“Perdona il mio ritardo, se puoi. Perdonami se non sono stata in grado di capirlo prima, se non sono stata capace di venire da te prima.” Hermione si alzò, andando di fronte ad Harry e inginocchiandosi davanti a lui. Gli prese le mani e gliele baciò, passandosele sul volto più volte. “Ti amo come il primo giorno, Harry.”

 

Harry strizzò gli occhi, lasciando che lei gli coccolasse le mani in quella maniera che gli era mancata come l'aria. Si alzò in piedi, sollevando anche lei. “Perdona tu me, se ti ho fatta soffrire più di quanto ti abbia fatta stare bene, se non ho apprezzato abbastanza ciò che avevo fin quando non l'ho perso. Io ti ho perdonata il giorno che mi hai salutato l'ultima volta..” Appoggiò la fronte su quella di lei, infilando una mano nei suoi meravigliosi capelli. “Ti amo come il primo giorno, Hermione.”

 

Si baciarono, senza più avere quella brutta sensazione di star facendo qualcosa di sbagliato, di irrimediabile. “Questo è un si?” Chiese lei, immersa nelle sue braccia.

 

“E' un si per tutta la vita.” Harry la prese in braccio, quasi convinto di non averla mai lasciata neanche per un attimo.

 

“Meno male. Avevo già ottenuto il trasferimento per il Ministero Irlandese.”

 

 

 

 

 

 

 

EPILOGO

 

“Mio Dio, sembro una barca. Dimmelo mamma, dimmelo che sembro una barca! Sii sincera.” Hermione continuava a girare su se stessa, cercando la migliore angolazione per quel dannato specchio.

 

“Se non la smetti ti ci lascio su una barca! Sei meravigliosa, una visione.” Jean riprese a gonfiarle il vestito, felice come non mai.

 

“Tua madre ha ragione, tesoro. Sei davvero un incanto.” Molly Weasley le risistemò la perfetta acconciature che lei e Ginny le avevano appena creato. Luna riprese ad aggiustarle il trucco, continuando a ripetere che lei non era tanto bella al suo matrimonio mesi prima.

 

“Mi piace questo mese, sapete? E' un bel mese per sposarsi. Quando toccherà a me, lo sceglierò anche io.” Ginny si lasciò cadere su una poltrona della vecchia camera di Hermione, stropicciandosi probabilmente il vestito.

 

“Mi piace anche la data, 12 giugno. Si è tutti più felici perché comincia l'estate.” Luna parlò con aria sognante; Hermione cominciò a credere che stavano tutte cercando di distrarla dal fatto che sembrava una barca.

 

“Harry ancora non lo sa, vero?” Molly la guardò dallo specchio.

 

“No, lo sapete solo voi e Cho. L'ho scoperto solo ieri e non volevo che si agitasse più di quanto lo è già.” Hermione le sorrise e si toccò meccanicamente la pancia, accarezzandola piano.

 

 

“Ei, amico. Mi sembri un po' bianco.. No, Draco?” Ron stava tartassando Harry da almeno mezzora, ma sicuramente se lo meritava.

 

“Quando tornerò in me, vi picchierò molto forte.” Harry parlò piano perché vide Cho avvicinarsi.

 

“Tutto a posto, Daniel è la fuori con Jane ed entrerà con gli anelli subito dopo Hermione.” Diede un bacio a Harry e si andò a sistemare nel suo posto da damigella, aspettando Luna e Ginny.

 

“Vi immaginate se non viene? Se cambia idea all'ultimo?” Harry sbiancò ancora di più alla sola idea. Si sistemò il papillon e il fiore all'occhiello, cercando di scacciare quell'orribile immagine dalla mente. Stava per dare una gomitata a Ron e Draco per farli smettere di ridere, ma comparvero Luna e Ginny molto sorridenti.

 

“Ci siamo!” Dissero in coro, sistemandosi affianco a Cho.

 

“Ci siamo..” Ripeté Harry a se stesso, e la musica nuziale partì. Tutte le persone sedute nell'immenso giardino dei Granger si voltarono in direzione della sposa che aveva cominciato la sua marcia sulla navata. Harry la fissò così intensamente che si dimenticò totalmente di respirare: stava camminando lentamente, salutando con sorrisi gentili tutte le persone a cui passava affianco, appesa al braccio di suo padre che l'accompagnava fieramente. Quando incontrò gli occhi di Harry, non li lasciò più. Il suo vestito bianco la rendeva meravigliosamente perfetta, lasciando scoperte le spalle e le braccia.

 

Quando arrivò davanti a lui, Jason gliela porse guardandolo con tutta la fiducia che aveva imparato a provare nei suoi confronti. Harry la prese e la portò davanti all'altare: avrebbe voluto dirle mille cose, ma il prete cominciò subito la funzione.

 

Harry durante tutta la prima parte della cerimonia prese più volte di nascosto la mano di Hermione, stringendola forte nella sua: ignorò completamente il fatto che tutte le persone dietro di loro lo notarono sempre.

 

“Vuoi tu, Harry James Potter, prendere Hermione Jean Granger come tua legittima sposa, per amarla e onorarla finché morte non vi separi?”

 

Harry la fissò negli occhi, tenendo le sue mani strette nelle proprie. “Lo voglio.” Disse chiaramente, e le infilò l'anello nuziale.

 

“Vuoi tu, Hermione Jean Granger, prendere Harry James Potter come tuo legittimo sposo, per amarlo e onorarlo finché morte non vi separi?”

 

“Lo voglio.” Hermione rispose subito, non perdendo mai il contatto visivo con Harry. Infilò dolcemente l'anello ad Harry, accarezzandogli poi la mano.

 

“Con i poteri conferitomi, vi dichiaro marito e moglie. Può baciare la sposa!”

 

Harry la baciò prima ancora che finisse la frase, facendo ridere i suoi amici e colleghi e facendo partire un applauso entusiasta da parte di tutti gli invitati. Furono investite da decine e decine di persone, ma loro due non si allontanarono mai. Harry prese Daniel in braccio, che volle abbracciare forte anche Hermione per farle gli auguri. Jane sorrideva da lontano tra le lacrime, affianco a suo fratello Tim.

 

Molly e Jean piangevano senza sosta, confortate dai loro mariti che invece sorridevano felici. “Congratulazioni, figliolo. Questo è un nuovo inizio.” Jason strinse la mano di Harry.

 

“Grazie, signor Granger.”

 

 

Quando riuscirono tutti a spostarsi nella zona adibita al grande ricevimento, la signora Granger diede il via libera al servizio catering organizzato e gestito interamente da lei. Almeno per il ricevimento avevano voluto farlo alla Babbana e nella loro casa a Londra, con il pieno assenso di Harry e dei Weasley.

 

Non appena tutti presero posto ai rispettivi tavoli, Ron si alzò con un bicchiere in mano pieno di champagne. “Voglio fare un brindisi!” Tutti si zittirono, alzando i calici e osservandolo. Harry e Hermione si alzarono in piedi. “Brindo alla coppia più bella, che nonostante tutti i problemi ha saputo amarsi e rispettarsi sempre. Brindo al mio migliore amico, a mio fratello, che senza la donna che ora ha affianco non sarebbe diventato l'uomo che è ora. Al signore e alla signora Potter!!”

 

Tutti ripeterono le ultime parole di Ron, rivolti verso Harry e Hermione che lo ringraziarono da lontano. Bevvero insieme e poi si sedettero al loro tavolo centrale, solo per loro due.

 

“Adesso siamo sposati. Come farai a sfuggirmi?” Harry le si avvicinò all'orecchio, mordicchiandoglielo.

 

“Pensa per te.” Hermione si scostò, sentendo diversi brividi salirle sulla schiena. “Dalla settimana prossima saremo nella nostra nuova casa a Dublino, e non avrai più scuse per scappare..” Gli fece la linguaccia, proprio come faceva da ragazzina.

 

“E poi..” Continuò lei, facendosi più seria. “Dovremmo già allestire quella stanza in più..” Gli prese la mano e gliela mise sul suo ventre.

 

“Che vuol dire? Che stai dicendo?” Harry si bloccò, spalancando la bocca come un ebete. “Vuoi dire.. Vuoi dire che..”

 

“Che sono incinta, amore.” Hermione annuì ripetutamente. “Avremo un bambino. Un bambino amore.. Daniel avrà un fratellino o una sorellina.”

 

“Sei incinta, aspetti un bambino.. Un bambino nostro.” Harry cominciò a baciarla più volte sulla bocca e sulle guance. “Daniel impazzirà di gioia, ne sono certo! Glielo diciamo il prima possibile. Non starà nella pelle, proprio come me..”

 

“Ti amo come il primo giorno, Harry.” Hermione nascose il viso nel suo collo, sentendosi più felice e piena che mai.

 

Harry avvicinò la bocca al suo orecchio, surrando piano. “Il nostro amore ci basterà. Per tutta la vita.”

 

 

 

 

Daniel chiuse il diario di Hermione, rimettendolo subito al suo posto. “Ecco, hai visto? Io l'ho scoperto quando avevo 7 anni, quindi era giusto che sapessi la loro storia anche tu a quest'età.”

 

Lo ha scritto la mia mamma? Questa è la storia della mia mamma e del mio papà?” Emma inclinò la testa, lasciando che una cascata di capelli castani e boccolosi le cadesse su una spalla.

 

Sapevo che eri troppo piccola per capire! Ma certo.. Hermione ha sempre scritto tutto, fermandosi al giorno del suo matrimonio. Credo proprio che questa storia vada pubblicata, sai. Merita di essere raccontata!” Daniel si sedette affianco alla sorella minore, guardandola dall'alto. I loro occhi verde smeraldo si incontrarono, sorridendosi.

 

Hai ragione, magari un giorno la scriveremo io e te. Quando saremo grandi magari..” Emma appoggiò la testa sulla spalla del fratello.

 

Già, magari.” Daniel accese la tv, consapevole che d'estate i programmi televisivi interessanti erano ridotti all'osso. Ma doveva abituarsi e trovare degli hobby, se no il tempo lontano da Hogwarts non sarebbe passato mai.

 

Danny?” Emma lo guardò di nuovo.

 

Dimmi, Em.” Daniel rispose distrattamente, cambiando canale.

 

Me la rileggi la storia di mamma e papà domani?”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed eccoci qua! Siamo giunti alla fine anche di questa storia, ed è doveroso da parte mia lasciare questo spazio per i dovuti ringraziamenti.

Comincio a ringraziare chi mi ha messa tra gli autori preferiti, chi ha messo la mia storia tra le preferite e le seguite e chi mi ha letta silenziosamente.

Ringrazio i miei amati recensori, uno per uno:

astrid 93

Anonymous_1592

AleFerrari

milos1996

Auror_san

Marty Twilighter

lululove2

katnissinthemaze

Harmony_gaslet

icanbeherojustforoneday

Pad_19

TomMalfoyandEmmaGranger

 

Ringrazio in particolar modo l'abile scrittore e il grande lettore Anarchist, che è stato per me fonte di fiducia nei mie stessi confronti: paragonarti a Virgilio sarebbe idoneo, quindi azzardo questo connubio. Grazie per la pazienza e grazie per aver amato questa storia quasi quanto me.

 

Dedico Le Tre Scuole Della Gran Bretagna a una mia amica speciale, alla mia gemma di mare, senza la quale non sarei arrivata fino alla fine. La storia è per te, nella speranza che possa essere da spunto per le cose grandi che farai.

 

Vi ho lasciato un altro pezzo di me, sperando possa piacervi di nuovo. Grazie a tutti! A presto.

marl_vt

 

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