~~Piccole, sudice, scimmie senza spine dorsale. Inutile comunicare, non possono e non potrebbero capire nemmeno se facessi loro un disegnino, quanto Pozioni sia più di una semplice materia di studio. Tutti gli anni, ogni volta che entro nell’aula, mi prodigo affinché capiscano che mescere sostanze ed ingredienti, non sia un puro e semplice passatempo, ma un’arte. Sono fermamente convinto che poche delle facce che incontro, abbiano la più pallida idea, di come io, Severus Piton, potrei rovinare le loro vite con una sola boccetta. Scambiano la mia professionalità con la superbia, le mie doti con talento sprecato. Peggio per loro.

Sedeva triste sullo scranno nella stanza del Preside senza smettere di piangere. Dove aveva sbagliato?
“Buona sera, Sibilla” La voce del Preside la fece sussultare.
“Albus” disse fra le lacrime e i singhiozzi. “Perché?” chiese, sofferente.
“Perché ho voluto averti qui?” la strega semplicemente annuì. Lui sorrise e si avvicinò, prendendole le mani.
“Perché credo in te, Sibilla. Tu hai una conoscenza impareggiabile nella Divinazione”
“Ma la Umbridge…”
“Non importa. Io sono il Preside e Hogwarts ha bisogno di te”
Le azzurre iridi di Silente erano colme di affetto.
“Tu credi, davvero, che io possa aiutare la scuola?”
L’uomo sorrise, benevolo.
“Ne sono convinto, Sibilla”

~~La Sala Grande era gremita di studenti che, come ogni anno, attendevano lo Smistamento prima di poter mangiare. Le tremavano le mani, non per vecchiaia, ma per paura. Incrociò lo sguardo di Silente per ricevere conforto ma, nonostante il sorriso di lui, scosse la testa in segno di resa: sentiva di non poter rimanere impassibile all’evento. Stava per conoscere il futuro del piccolo Potter e la cosa la agitava. Se fosse finito nei Serpeverde? Se la nobiltà d’animo dei Potter fosse morta con loro?
Fu con mano incerta che pose, sulla testa del ragazzo, il Cappello Parlante. Quando sentì “Grifondoro!” liberò i polmoni dall’aria e si godette, finalmente, la serata.

“Severus”
C’era tutta la richiesta di umanità che Silente meritava di avere, in quella parola. Le nocche si erano fatte bianche per la stretta sulla bacchetta e, a stento, trattenne un urlo disperato. Sapeva cosa doveva fare. Ne avevano parlato a lungo, nel suo studio. Ma vedersi lì, senza via d’uscita… non era pronto. Non lo era mai stato. Eppure, doveva salvare Draco, evitargli l’onta dell’omicidio. E doveva farlo per Silente, dargli una morte onorevole. Non chiuse gli occhi. Quell’immagine sarebbe rimasta per sempre in lui, come fio. La voce uscì strozzata, ma nessuno se ne accorse.
“Avada Kedavra!”