Psycho

di ghostking
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Number 1 ***
Capitolo 2: *** Number 2 ***
Capitolo 3: *** Number 3 ***
Capitolo 4: *** Number 4 ***
Capitolo 5: *** Number 5 ***
Capitolo 6: *** Number 6 ***
Capitolo 7: *** Number 7 ***
Capitolo 8: *** Number 8 ***



Capitolo 1
*** Number 1 ***


-20 settembre-
Oggi ricomincia la scuola e Amy non ha voglia di tornare in quel covo di fighetti, ma sa che dove essendo l'ultimo anno da liceale.
 
Scese giù dal letto a malavoglia dirigendosi in bagno e sbadigliando rumorosamente, nel guardarsi allo specchio quasi le prese un colpo: due occhiaie mostruose da fare invidia a quelle di un drogato le contornavano gli occhi.
“Grandioso davvero” pensò, la giornata era iniziata alla grande.
«Al diavolo» imprecò raccogliendo i capelli. Si lavò il viso con l'acqua fredda pensando-e sperando- che si sarebbe svegliata grazie alla scarica gelata, ma ovviamente non servì a nulla e rassegnata tornò in camera per decidere cosa mettere. Alla fine optò per un paio di jeans spaccati alle ginocchia e una felpa grigia senza cappuccio, ai piedi invece le sue fidate vans bordeaux.
Amy pensò a quanto fosse straziante doversi preparare, amava rimanere in pigiama quando non c'era scuola e spesso si fermava a riflettere su quanto sarebbe stato bello non doversi sistemare per uscire. In ogni caso, voglia o no, era finalmente pronta per intraprendere il primo giorno.
Scese le scale che portavano al pianterreno e osservò Buster venirgli incontro.
Un adorabile carlino corpulento e morbido che suo padre le aveva preso quando aveva 16 anni.
«Buon giorno Buster» disse chinandosi sul cane per accarezzarlo «Buon giorno anche a te papà» si girò e sorrise all'uomo seduto su una poltrona di pelle con una tazza di caffè in mano.
«Buon giorno piccola, sei pronta per questo primo giorno?» chiese avvicinandosi alla figlia, lei in risposta scosse il capo in segno di disapprovazione «Affatto, non ho voglia di rivedere nessuno» il padre sorrise appena e le mise una mano sulla testa.
«Andrà bene»
«Speriamo» accennò un mezzo sorriso tirando su la zip del giubbotto verde petrolio «Vado, a dopo» gli lasciò un bacio sulla guancia e si chinò per prendere lo zainetto grigio gettato malamente vicino alla fine delle scale.
Uscendo dal portone una folata di vento le accarezzò il volto smuovendo i capelli castani, si avvicinò ad una bici poggiata al muro di casa e ci salì sopra sistemandosi lo zaino su entrambe le spalle. In quindici minuti arrivò a scuola, posò la bici insieme alle altre sotto la tettoia apposita e si posizionò sopra un muretto li vicino aspettando l'arrivo del suo migliore amico, Tyler
 Nell'attesa tirò fuori una sigaretta da un piccolo pacchettino azzurro e bianco che teneva in tasca e se la infilò tra le labbra, la accese e buttò fuori il primo tiro. Non era una fumatrice accanita, a dirla tutta non le piaceva nemmeno il fumo, ma ogni tanto tirava fuori il suo pacchetto e ne prendeva una. Non sapeva dare nemmeno lei una spiegazione a questo gesto, lo faceva e basta, quasi inconsciamente.
Dopo aver atteso un po', Tyler McPeak si degnò ad arrivare e quando fu davanti ad Amy la salutò con un abbraccio piuttosto veloce.
«Giorno Ty»
«Giorno Amy, trascorse bene le vacanze?» la ragazza annuì distrattamente cercando qualcuno con lo sguardo
«Si, a te?» chiese tornando a guardarlo
«Bene, anche se mia madre mi ha costretto ad uscire più volte di quanto io non volessi» Amy accennò un sorriso sentendo quelle parole. Tyler non era il classico ragazzo normale, piuttosto era il classico sfigato asociale che si vede nei film americani: genio dell'informatica e abbastanza studioso, anche se a volte "trasgrediva" le regole permettendosi una sigaretta e un paio di birre.
Era di bell'aspetto nonostante la sua vena nerd. Capelli ricciolini castani e occhi verdastri protetti da uno spesso paio di occhiali.
«Sai per caso se Effy oggi verrà?» domandò Amy scostando una ciocca di capelli dietro l'orecchio
«Dovrebbe» rispose Tyler spostando lo sguardo al viale d'entrata -"Già, dovrebbe"- pensò Amy.
Stephanie Greek (meglio conosciuta come Effy) colei che porta come secondo nome la parola "eccentrica". Considerata da tutti un vulcano di gioia e idee. Incapace di stare ferma per solo due secondi amante di cose strane come magia bianca e spiriti. Vestita perennemente con colori sgargianti e motivi floreali, i suoi occhioni azzurri riflettono alla perfezione la sua personalità vivace e i suoi lunghi capelli biondi la rendono particolarmente carina agli occhi di molti. Svariate volte Amy si era chiesta come fosse possibile che un'anima grigia come lei fosse amica di una come Stephanie, semplicemente non aveva trovato risposta, era cosi e basta.
 
--
 
Quando fu tempo di entrare in classe i due amici si alzarono dal muretto e raggiunsero l'aula, trovandovi già la loro amica, intenta a parlare con l'insegnante di storia che quando si accorse della presenza dei due ragazzi sorrise brevemente per poi mandare a posto Stephanie.
Tyler e Amy la raggiunsero prendendo posto ai lati del banco.
«Buon giorno ragazzi» disse la bionda appena in un sussurro. Sembrava accigliata ed era un evento raro vederla in quello stato.
«Che succede Effy?» chiese Amy con sguardo interrogativo.
«La scuola è iniziata da due secondi e già mi stanno tormentando!» rispose gettando letteralmente la testa sul banco bianco «Non sono di buon umore oggi, scusate» aggiunse alzando pigramente la testa per guardare Ty e Amy.
«Va bene ma ci vuoi dire cosa ti stava dicendo la prof?»
«Raccomandazioni su raccomandazioni "Mi raccomando quest anno segui le lezioni e se ti serve qualcosa non esitare a chiedere. Non vorrai rischiare di perdere l'anno come è successo in quarto vero?"- fece una pausa sospirando mentre la classe iniziava a riempirsi- sto nuotando nell'ansia!» concluse esausta.
«Andrà bene Effy, ci siamo noi» sorrise Tyler seguito a ruota da Amy prima di prendere posto e iniziare la lezione.
L'ora di storia passò lenta ed interminabile, come anche quella di geografia e di scienze, mentre matematica e letteratura passarono in un battito di ciglia tra discorsi sul programma e sul diploma.
Quando le lezioni terminarono i tre decisero di fare una passeggiata per raccontarsi le mirabolanti avventure che li avevano coinvolti durante le vacanze ed il resoconto fu più o meno questo: Effy era stata una settimana in Congo per ammirarne le bellezze e vivere nella "vera natura"- come la definiva lei- poi era volata fino a Parigi per passare un fine settimana con la famiglia, per poi tornare a Londra per il resto delle vacanze.
Tyler era invece rimasto comodamente a casa per la maggior parte del tempo, tranne per alcuni giorni in cui la madre lo aveva costretto ad andare in Irlanda con lei per salutare la sorella che ormai viveva li da più di 3 anni. Ty lo definì un vero e proprio supplizio in cui fu costretto ad assaggiare tutto quello che la zia gli propinava e dove fu forzato ad uscire con i suoi cugini bellocci.
«Tu che hai fatto Amy?» domandarono in coro Effy e Tyler.
«Volete proprio saperlo?» aggrottò le sopracciglia terrorizzata, gli altri due annuirono e lei iniziò a parlare.
«E' stata un disastro totale. Ho visto pochissimi film, il parco è rimasto chiuso per quasi due settimane e come se non bastasse ho fatto in totale 10 figuracce, si le ho contate okay? Per di più con i pazienti di mio padre e con un ragazzo americano davvero carino che si era venuto a fare una breve vacanza proprio nella villetta davanti a casa nostra... Gli sono inciampata davanti cadendo con una mano nella pupù di Buster.»
Ty e Effy la guardarono per poi scoppiare a ridere senza ritegno.
«Siete davvero simpatici» disse Amy alzando gli occhi al cielo «E' stato umiliante! Smettetela!» esordì dando una piccola spinta a Tyler mentre Effy cercava di fermarsi.
«Va bene basta» disse la bionda continuando a sorridere «Ora devo andare» aggiunse guardando l'orario e salutando i due ragazzi che la videro scomparire dentro una vietta laterale.
«Devo andare anche io, mio padre si starà chiedendo dove sia andata a finire» disse sorridendo all'amico che ricambiò il gesto abbracciandola «Ci vediamo domani a scuola Amy» scosse la mano e sparì anche lui in una di quelle traverse laterali.
Amy si voltò ripercorrendo la strada a ritroso per poter tornare a scuola a riprendere la sua bicicletta. Quando raggiunse la tettoia recuperò la bici e tornò a casa godendosi la brezza pomeridiana che la scompigliava i capelli.
Erano le 16:38 quando entrò nel vialetto di casa e questo stava a significare che il padre avrebbe iniziato una delle sue sedute di li a poco. Solitamente non la entusiasmava molto l’occupazione del piano inferiore da parte di uno sconosciuto, ma quella volta era piuttosto curiosa e non vedeva l’ora che la seduta iniziasse.
Sapeva che oggi avrebbe ricevuto un nuovo paziente e stava morendo dalla voglia di sapere chi fosse.
Spesso lei e suo padre scommettevano su chi sarebbe arrivato e questa volta lei puntava su un 30enne in piena crisi amorosa.
Quando si decise ad entrare sperò di trovare il suo 30enne nello studio del padre e invece le si parò davanti un ragazzo con i capelli spettinati e biondi, due occhi grandi posati su di lei con tono interrogativo.
«Tu sei...?» domandò il ragazzo, la sua voce era calda e profonda.
«So-sono la figlia del dottor Olsen, mi chiamo Amy» rispose incerta.
«Oh. Piacere, io sono Michael, un paziente» disse alzandosi per poterle stringere la mano.
«Piacere mio Michael» Amy ricambiò la stretta distrattamente, studiando il viso del ragazzo che aveva davanti.
«Va tutto bene? Ho qualcosa in faccia?» chiese lui notando lo sguardo fisso della ragazza e il fatto che non avesse ancora mollato la presa sulla sua mano. Amy scosse la testa ritraendo il braccio «Scusa, non hai nulla tranquillo! O-ora io devo andare» farfugliò salendo rapidamente le scale, poi si girò verso il ragazzo e chiese « Sai dov'è mio padre?» lui sorrise divertito osservando l'aria stralunata di quella ragazza.
«E' uscito un attimo per non so cosa, tra poco dovrebbe tornare e mi ha detto di aspettare qui»
«Oh, ah- ehm...» Amy iniziò a balbettare «Rimani pure nello studio. AH, hai bisogno di qualcosa?» domandò sentendo la faccia andarle a fuoco.
«No, grazie» rispose lui ridendo sommessamente.
 -"Che figura che hai fatto Amy!"-
«Per qualsiasi cosa i-io sono qui sopra» aggiunse affrettandosi a raggiungere la sua camera.
Campionessa in figure di merda.
Gettò lo zaino ai piedi del letto per poi tuffarcisi sopra, era curioso sapere che un ragazzo così giovane avesse chiesto consulenza a suo padre, l'abitudine l'aveva portata a vedere solo persone adulte nello studio al pianterreno. Non le dispiaceva che suo padre avesse un paziente giovane e poi, non le dispiaceva nemmeno che fosse così carino.
Continuò ad interrogarsi su quel ragazzo gettando la testa sul cuscino.

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Capitolo 2
*** Number 2 ***


Capitolo 2

-21 settembre-
Erano le 7:40.
Era terribilmente tardi.
Amy si alzò di scatto spegnendo la terza sveglia che aveva impostato sul telefono e iniziò a prepararsi di tutta fretta. Scese in cucina per salutare il padre e poi sfrecciò in giardino 

per prendere la bicicletta, con cui inizò una corsa rapida e sconnessa che però non le permise di arrivare in tempo. La campanella era suonata da 10 minuti e lei avrebbe dovuto 

aspettare nel cortile la fine della lezione per poter entrare.
Amy decise di non sprecare quell'oretta scarsa e così uscì dal piazzale per fare una breve passeggiata. Quando fu sulla strada principale imboccò una via non asfaltata dove andava 

spesso quando le capitava di arrivare in ritardo. Era costeggiata da alberi di castagno alti e maestosi; essendo inizio autunno le foglie avevano iniziato a tingersi con colori magnifici 

e gia si poteva intravedere sul terreno un sottile strato di foglie cadute. Amy iniziò a camminare lungo il viale, chiudendo gli occhi per ascoltare il suono delle foglie che 

scricchiolavano al suo passaggio; per ascoltare il lieve cinguettio degli uccelli e il fruscio delle corolle dei castagni sopra di lei. Si lasciò trasportare dai suoni che la circondavano e 

tese le orecchie per coglierne di nuovi, così facendo però le arrivò il sottofondo fastidioso delle macchine che sfrecciavano lungo la strada principale e si ritrovò a pensare su 

quanto fosse orrendo quel suono.
Decise di riaprire gli occhi per poter raggiungere un muretto dove spesso si sedeva quando capitava li, ma quando vi giunse lo trovò stranamente occupato da un ragazzo vestito di 

nero. Amy lo guardò e lui la guardò a sua volta, indecisi sul da farsi alzarono entrambi una mano in segno di saluto e questa strana sincronia strappò una breve risata ad Amy e un 

mezzo sorriso al ragazzo.
«Ciao Micheal» 
«Ciao... emh, Amy» disse Michael incerto
«Una strana coincidenza vero?» chiese lei avvicinandosi al ragazzo, lui si portò la mano dietro la testa infilando le dita tra i capelli
«Gia» rispose chinando la testa verso il basso «V-vuoi sederti?» chiese riallacciando lo sguardo con quello di Amy; che aveva solo annuito e aveva preso posto poco distante da 

lui
«Vieni qui spesso?»  domandò poi la ragazza, Michael scosse la testa e si voltò verso di lei
«Solo quando ho voglia di stare da solo» lei gli aveva rivolto uno sguardo che Michael non era riuscito a decifrare totalmente
«Quindi suppongo che tu abbia un sacco di amici» 
«E chi lo dice questo?» chiese Michael
«Se vieni qui quando vuoi stare solo ma non ci vieni spesso significa che sei sempre in compagnia no?»
«Veramente io ho davvero pochi amici e adoro stare solo»
«Allora vieni qui spesso» disse Amy con tono confuso inclinando la testa 
«Si» rise Michael guardandola
«Sei strano» rise la ragazza «Cos'era questa conversazione!?» 
«In che senso?» Michael la guardò divertito
«Lo stai facendo di nuovo! Mi stai confondendo» affermò lei lanciandogli un'occhiataccia
«E' divertente, mi sembravi perplessa e- » Amy lo stoppò continuando la frase
«E hai pensato bene di infierire sulla cosa» Michael rise appena
«Più o meno»  fece spallucce e la guardò «Scusa» aggiunse, Amy gli sorrise
«Fa niente, è stato divertente anche per me in un certo senso»
 Amy improvvisamente abbassò la testa e guardò l'orario sul suo orologio da polso: 8:50, di li a poco sarebbe cominciata la seconda ora e lei doveva sbrigarsi a tornare a scuola 
«Michael emh, io dovrei andare a scuola»
«Va bene, allora ciao» disse leggermente imbarazzato abbassando la testa
«Ciao, ci vedremo sicuramente quando verrai a casa per le sedute» disse ricevendo in risposta un movimento del capo di Michael, rimase pochi secondi in attesa di un altro cenno 

di vita che il ragazzo non diede e così si girò e affrettò il passo per tornare a scuola in tempo.

--

Michael aveva continuato a guardare le sue scarpe da quando Amy se ne era andata, era strana quella ragazza ed era in grado di confonderlo con meno di due parole, le piaceva il 

suo stile e il suo modo di muoversi e parlare, non era come tutte le altre persone che aveva conosciuto e somigliava molto a suo padre per alcuni aspetti.
Michael mentre si alzava per tornare a casa fu grato che i suoi problemi non gli avessero tirato brutti scherzi durante la loro conversazione. Purtroppo non andava da uno 

strizzacervelli perché gli andava o perché aveva qualche stupido problema adolescenziale, era affetto da un disturbo della mente comunemente chiamato bipolarismo (ed anche da 

un dannato carattere introverso). Nel suo caso comunque non era nulla di troppo grave fortunatamente, anche se a causa dei suoi sbalzi d'umore molti lo avevano lasciato a marcire 

da solo nella sua stanza senza nemmeno un amico (o meglio, solo con un amico: Calum). Sua madre aveva pensato che forse parlare con qualcuno lo avrebbe aiutato a relazionarsi 

con le persone -soprattutto con le ragazze- a reprimere i suoi brevi scatti di rabbia e a controllare la sua depressione. Michael non ci credeva troppo ma tanto valeva provare non 

avendo nulla da perdere.

Amy era riuscita a tornare in tempo per la seconda ora e aveva ricevuto una valanga di inutili e fastidiose domande da parte dei suoi amici, lei li aveva liquidati con un semplice «E' 

tutto okay smettetela subito» molto scocciato.
La giornata passò in fretta e quando fu tempo di tornare a casa ad Amy venne in mente di andare in biblioteca. Amava particolarmente vagare tra gli scaffali di quell'enorme 

negozio, si sentiva cosi a casa li dentro e riusciva a passarci ore intere senza stancarsi, finche non riusciva a trovare il giusto libro da portare con se. Le piaceva far scorrere le dita 

sul dorso dei libri ben catalogati e aspirare a pieni polmoni l'odore della carta nuova e del legno degli scaffali, lo trovava rilassante.
Salutò di fretta i suoi due amici e pedalò fino a casa per lasciare la bicicletta nel giardino: sarebbe andata a piedi.
Camminò lentamente tra vie che forse solo lei conosceva, beandosi della tranquillità e del silenzio che le aleggiavano intorno. Dopo una decina di minuti si ritrovò davanti ad un 

edificio molto vecchio stampo: aveva una vetrina ampia in legno scuro e la scritta sull'insegna era incisa su una tavola d'ebano a caratteri minuscoli color oro; era leggermente 

sbiadita ma si leggeva abbastanza bene "to the moon". Dalla vetrata si potevano vedere alcuni scaffali traboccanti di libri ed un bancone dove un uomo sulla settantina stava seduto 

tranquillamente con un paio di occhiali posati sul naso, Amy entrò spingendo delicatamente la porta che fece tintinnare una campanella attaccata al soffitto come decoro, guardò il 

signore dietro la cassa e lui alzò la testa per vedere chi fosse entrato, quando vide la ragazza sorrise e lei ricambiò avvicinandoglisi 
«Ciao Charles!» lui si tolse gli occhiali e la guardò felice
«Salve signorina, è da un po' che non ti fai vedere, cosa posso fare per te?»
«Scusa se non sono passata a trovarti durante le vacanze, non aveva troppa voglia di uscire. Oggi avevo tempo e dato che necessito di leggere qualcosa di nuovo ho deciso di fare 

un salto, penso che mi infilerò tra gli scaffali come al solito finche non troverò qualcosa di adatto» sorrise
«Va bene, va pure» gli rispose indicando le numerose scaffalature alla sua destra.
Amy mise una cuffietta nell'orecchio e iniziò ad ispezionare attentamente tutti i libri che si ritrovava davanti, le era mancato moltissimo poter vagare li dentro. Dopo quasi due ore 

uscì dal dedalo di librerie per ripresentarsi davanti al vecchio Charles 
«Questo» disse mettendogli davanti un mattone di libro
«Sono tante pagine» disse il libraio guardando con sospetto il libro
«Lo so ma penso che mi intrigherà molto»
«E va bene» sospirò infine il signore restituendogli il manoscritto, Amy gli sorrise
«Ciao Charles, ci vediamo presto!» lui in risposta scosse la mano e la ragazza uscì dal negozio soddisfatta.

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Capitolo 3
*** Number 3 ***


Capitolo 3
 
-25 settembre-
La luce filtrava soffusa nella stanza attraverso le tende, Michael era dolcemente avvolto nel suo piumino azzurro e sentiva che stava per essere svegliato da quella maledetta sveglia e così fu. Quell'aggeggio infernale posto sul comodino alla destra del ragazzo suonò le 15:00 precise e lui lo spense pigramente per poi portarsi la mano sul viso più che assonnato.
Proprio in quel momento Michael sentì una voce urlare dal piano di sotto
«MICHAEL ALZATI. HAI DORMITO ABBASTANZA NON PENSI?» lui sbuffò sonoramente, in realtà aveva dormito davvero poco, stava trascorrendo un odioso periodo di insonnia e spesso tra le 6 e le 8 di mattina; quando non riusciva più a riprendere sonno; usciva di soppiatto dalla sua camera per farsi una passeggiata, giusto per non buttare via il tempo dentro quelle quattro mura della sua cameretta. Comunque non disse nulla a sua madre riguardo le sue scappatelle mattutine e le urlò in risposta un "si", era gia abbastanza preoccupata per il suo problemino e aggiungere anche questa sua mancanza di sonno forse l'avrebbe fatta impazzire.
Il ragazzo si stropicciò gli occhi e mise i piedi a terra infilando le sue adorate pantofole a scacchi verdi, ricordava quando suo padre gliele aveva regalate per il suo compleanno dentro un bel pacchetto -anch'esso verde- e a lui erano piaciute davvero tanto, comunque dopo averle guardate per un po' si alzò e si diresse in bagno per prepararsi. Alle quattro e mezza sarebbe dovuto andare a casa del Dr. Olsen e ci sarebbe dovuto andare a piedi, quindi doveva sbrigarsi.
Aprì un paio di cassetti e ne tirò fuori una camicia rossa e un paio di pantaloni neri, se li infilò con decisamente poca grazia e scese poi al piano inferiore per "fare colazione". La madre gli riservò un'occhiataccia delle sue, Michael sapeva che sarebbe arrivata la solita ramanzina e così fu
«Michael, ultimamente dormi troppo, fai le ore piccole per caso?» lui scosse la testa ancora rintronato dal sonno
«E allora perché ti alzi cosi tardi?» lui la guardò e fece spallucce, non aveva voglia di parlare e tantomeno di mettersi ad inventare scuse
«Non lo so» disse in un soffio mentre apriva il frigo
«Oh Michael ma cosa devo fare con te?» la madre lo guardò accigliata per poi accucciarsi recuperando da terra un secchio ed un mocho, lui non rispose e si limitò a guardarla salire le scale. Gli dispiaceva così tanto vederla in quello stato ma davvero; lui cosa poteva farci? Era nato con quel lieve disturbo, non era mai stato un ragazzo particolarmente studioso e non aveva dimostrato doti particolari; tranne che per la musica, ma come diceva sua madre "non l'avrebbe portato da nessuna parte", insomma non era nato ordinario come tutti, ma era così e prima o poi la madre avrebbe dovuto accettarlo.
Consumò velocemente quello che aveva nel piatto ed uscì di casa per godersi il tepore che quel giorno il sole sprigionava. Mancava meno di un'ora alla seduta quindi decise di fare una piccola deviazione per fermarsi in tabaccheria dove immancabilmente vi avrebbe trovato Calum, infatti appena varcò la soglia di quel piccolo negozio verniciato di verde scorse il suo amico seduto al tavolo vicino alla cassa
«Calum» disse lui per attirare la sua attenzione
«Ehy Mike!» sorrise il ragazzo, Calum era tremendamente solare e simpatico e Michael si chiedeva come facesse a sopportare uno come lui, ma a quanto pare Calum lo faceva e basta
«Tutto bene? Ho saputo da tua madre che hai iniziato le sedute dal terapeuta» Michael strabuzzò gli occhi sedendosi al suo fianco
«E quando te lo avrebbe detto?» chiese atono
«Ieri, ci siamo incontrati davanti a Kensington Garden, non te lo ha detto?»
«A quanto pare no, e comunque non è un terapeuta ma uno psicologo. Non capisco perché lo tenga nascosto, ci vanno tante persone, non mi sembra una brutta cosa» disse alzandosi per avvicinarsi ad un espositore di sigarette
«Conosci tua madre Mike, comunque hai ripreso a fumare?» chiese incuriosito il moro
«A volte, quando capita. Mi aiuta a gestire il nervosismo» sentenziò Michael afferrando un pacchetto e porgendolo alla signorina dietro la cassa «Comunque devo andare Cal, ci vediamo in giro» disse per poi defilarsi fuori dal negozio, Calum lo salutò e cacciò fuori una sigaretta dalla tasca per poi portarsela alla bocca e sorridere, non vedeva Michael così tranquillo da moltissimo tempo.
 
--
 
Erano le quattro e mezza in punto, il ragazzo era davanti al portone del dottore, stava per suonare quando una voce alle sue spalle lo fece girare di scatto
«Ehy» disse una voce femminile, lui la guardò e fece un sorriso tirato
«Ciao» farfugliò
«Ora apro io» affermò facendolo scostare per poter inserire la chiave nella toppa, diede una spinta alla porta e la fece spalancare; poi con un gesto del braccio lo invitò ad entrare per primo e così fece, Amy lo seguì a ruota e si chiuse il portone alle spalle
«Papà sono tornata!» disse lei alzando la voce per farsi sentire
«Sono qui Amy» ricevette in risposta un altro urlo da parte del padre che trovò seduto in cucina alle prese con la teiera, Michael seguì tacito la ragazza e quando fu davanti al dottore mormorò un "salve" molto distratto
«Ciao Michael, vuoi un po' di thé?» chiese gentile l'uomo
«Si grazie» rispose timidamente Michael
«Amy, va pure in camera tua» disse il dottore guardando la figlia, lei annuì e salutò con un gesto della mano il ragazzo che aveva preso posto su uno sgabello della penisola in cucina, lui ricambiò distrattamente per poi posare lo sguardo sulle sue mani
«Dottor Olsen»
«Chiamami pure Peter» lo interruppe, Michael annuì per poi riprendere a parlare
«Ultimamente non mi sento molto bene, ho problemi a dormire e a gestire la mia depressione» sussurrò torturandosi le dita
«Va bene Michael, oggi proveremo a capire se c'è stato qualcosa in particolare ad indurti in questo stato di depressione costante» il ragazzo rimase in silenzio spostando lo sguardo dalle sue mani ad una tazza nera che Peter gli aveva messo davanti
«Bevi pure, parleremo dei tuoi problemi non appena avrai finito» lui acconsentì con un movimento poco evidente del capo e si portò alle labbra la tazza bollente.
 
Amy si era chiusa in camera e si era accasciata sull'enorme tappeto ai piedi del suo letto, stava a pancia in su e guardava il soffitto scuro sopra la sua testa, Michael era così misterioso e sembrava diverso dall'ultima volta in cui l'aveva visto, gli era sembrato un ragazzo solare e simpatico e ora sembrava un cucciolo d'orso spaventato in cerca della sua mamma.
Si alzò e afferrò il suo diario da sopra il comodino bianco, lo aprì e prendendo una penna a caso dal suo astuccio iniziò a scrivere parole e frasi sconnesse riguardanti Michael, aveva voglia di capire cosa avesse di strano quel ragazzo e decise che da quel momento avrebbe scritto su quelle pagine tutto quello che lo riguardava.
"Nome:Michael
Cognome:??
Età:??
Motivo della terapia:??
Altezza:??
Peso:??
Colore preferito:??
Cibo preferito:??
Fratelli/sorelle:??
Scuola:??"
Richiuse di scatto il diario e lo ripose al sicuro dentro l'ultimo cassetto del comodino, Amy si accorse che di lui non sapeva realmente nulla e spinta dalla curiosità si tolse le scarpe rimanendo con i calzini, scese lentamente gli scalini per potersi avvicinare di soppiatto allo studio del padre e quando fu abbastanza vicina vide Busterd trotterellargli davanti con la lingua penzoloni per raggiungerla, la ragazza lo guardò ed imprecò mentalmente scacciandolo con la mano
«Va via Buster!» sussurrò minacciosa al cane, che in risposta si sedette a guardarla mentre si passava la lingua sul muso
«Ho detto va via!» ancora una volta il suo tentativo fallì facendo abbaiare il cane che si alzò dalla sua postazione e corse vicino alle sue gambe con un'aria che a Amy sapeva di presa in giro.
La ragazza sentì dei rumori provenire dallo studio e udì la voce del padre dire «Aspetta un attimo, porto fuori il cane» e quelle parole le fecero gelare il sangue nelle vene.
Merda, era nel più puro dei letami quella volta.
Le era capitato in passato di voler sentire quello che il padre diceva ai pazienti e quella stessa voglia di un tempo le era costata una settimana senza televisione, sapeva che quella volta sarebbe andata peggio di quando aveva 8 anni ma fortunatamente sentì Michael parlare «Stia tranquillo Peter, non mi disturba» Amy alzò gli occhi al cielo e lo ringraziò così tante volte che se qualcuno le avesse volute contare avrebbe perso certamente il conto.
La ragazza restò in attesa facendo qualche passo al ritroso nel caso il padre fosse uscito comunque dal suo studio, tirò le orecchie e con suo immenso sollievo lo sentì riprendere posto sulla poltrona «Va bene Michael, continua pure allora» Amy avrebbe potuto giurare che il padre in quel preciso istante avesse accavallato le gambe, lo faceva spesso quando si sedeva. Quando fu sicura di non essere scoperta cercò di affrettarsi ad andare in cucina per prendere un bicchiere e del succo, nel caso il padre fosse uscito per qualche ragione lei avrebbe avuto la scusa pronta -"Geniale"- pensò sorridendo. Silenziosamente si riavvicinò alla porta dello studio e si mise in ascolto, come se qualcuno stesse raccontando una storia, non riuscì a carpire la maggior parte del discorso e quindi cercò di dare un senso a frasi come "Per questo esco spesso la mattina presto" e "Le pillole non fanno più effetto?" oppure "Non la reggo più ormai" ma fallì miseramente e tornò in camera rassegnata.
Dopo una decina di minuti sentì dei rumori provenire dal piano di sotto e questa voltà riuscì a sentirli parlare, ma ovviamente quello che si dissero era futile essendo solo saluti. Quando sentì la porta principale chiudersi scese dal padre cercando di non destare sospetti
«Questo ragazzo... com'è che si chiama?»
«Michael» rispose Peter tirando fuori il bricco di succo dal frigo
«Non l'ho mai visto a scuola»
«Infatti lui non va più a scuola Amy» le disse guardandola poi stranito «Hai aperto tu il succo?» chiese inclinando la testa da un lato
«Si papà, comunque, non va a scuola quindi è più grande di me?»
«Si Sherlock»
«Quanto più grande?»
«E' un'interrogatorio?» domandò il padre alzando un sopracciglio con aria divertita
«Dai papà!»
«Ha 21 anni, contenta?» disse Peter rassegnato, Amy sorrise soddisfatta
«Si, grazie pa'» disse dandogli un bacio sulla guancia per poi correre nella sua camera.
Tirò fuori il suo diario dal cassetto
"Nome:Michael
Cognome:??
Età:21
Motivo della terapia:??
Altezza:??
Peso:??
Colore preferito:??
Cibo preferito:??
Fratelli/sorelle:??
Scuola:finita"
 
 

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Capitolo 4
*** Number 4 ***


Capitolo 4
 
 
-26 settembre-
Era finalmente sabato mattina e questo significava solo una cosa per Amy: Kensington Garden.
Aveva finalmente riaperto e dopo la sua cameretta quello era il posto che più preferiva per leggere indisturbata. Si alzò di buon ora e si vestì in fretta, raccolse i capelli in una cipolla e tangugiò rapida l'uovo strapazzato che il padre le aveva lasciato sul piano cottura. Peter aveva l'insolita abitudine di andare a pesca dai suoi genitori nel fine settimana a East Tilbury, partiva il sabato mattina verso le 7 e tornava la domenica sera (a volte anche il lunedì mattina), ogni tanto Amy andava con lui per salutare i suoi nonni ma Kensington Garden aveva quasi sempre la meglio, proprio come quella volta.
Prese le chiavi di casa e si mise in spalla il suo zainetto di Doctor Who, poi uscì fuori e allacciò il guinzaglio a Buster; l'avrebbe portato con se. Si guardò intorno e non vedendo la sua bici andò a controllare in garage, la trovò poggiata al muro e ci salì sopra richiamando Buster che la raggiunse subito dopo con i soliti movimenti goffi. Amy rise e prese il guinzaglio da terra iniziando a pedalare verso il parco, ormai ci andava da svariati anni con Buster ed entrambi si erano abituati ad andare in sincronia. Arrivarono e Amy ripose la bici all'entrata del parco, non era per niente affollato, c'erano un paio di famiglie che chiaccheravano sotto l'ombra di alcuni alberi. Amy si diresse a passo spedito nel cuore del parco, sapeva che nessuno ci andava mai soprattutto a quell'ora, sciolse il guinzaglio a Buster e lo guardò scorrazzare nel prato davanti a lei, con gli occhi cercò la panchina dove era solita sedersi e quando la vide libera saltellò fino a raggiungerla, si sedette comodamente incrociando le gambe e avvolgendosi di più nella sua sciarpa e aprì il suo libro. Lesse avidamente e senza sosta quasi metà libro, presa totalmente dalla trama e dai personaggi che si sviluppavano man mano nella storia, quando alzò la testa per fare una piccola pausa vide Buster giocherellare con una mosca; come al solito il carlino le era sempre stato vicino allontanandosi solo di poco ogni tanto. Amy tirò fuori dallo zaino una bottiglietta d'acqua e ne prese un lungo sorso poi chiamò Buster e quello la raggiunse scodinzolando
«Bevi anche tu Buster» disse la ragazza facendo scorrere un po' d'acqua sul muso del cane, che si leccò il naso facendo ridere la padrona «Sei proprio buffo» disse rivolta al carlino mentre richiudeva la bottiglietta «Ora puoi tornare a giocare» gli carezzò la testolina morbida per poi riprendere in mano il suo libro.
Si rituffò nella lettura ma dopo appena un paio di pagine venne distratta dal suono del suo telefono "Messaggio da:Ty" pigiò un paio di tasti sul suo BlackBerry e lesse "Dove sei? -Ty" lei sorrise e digitò "Dove pensi che sia a quest'ora? -A" ripose il telefono in tasca ma dovette riprenderlo quasi subito in mano; il suo amico aveva gia risposto "Arrivo tra un paio d'ore, fai spazio sulla panchina -Ty" lei non rispose e gettò il telefono in borsa per non essere disturbata ulteriormente.
 
--
 
Amy passò un'altra ora a testa china sul suo avvincente romanzo fino a che non sentì qualcuno scostarle una ciocca di capelli che a quanto pare era sfuggita dalla sua cipolla
«Ty mi avevi detto che saresti venuto dopo due o-» la ragazza si bloccò improvvisamente quando vide che chi gli aveva toccato i capelli non era il suo amico, bensì Michael, il misterioso paziente biondo di suo padre.
«Che strana coincidenza» sorrise lui
«Mi-Michael?» chiese scattando con la testa all'indietro, lui ritirò rapido la mano arrossendo leggermente
«Scusa! Davvero, non so cosa mi sia passato per la testa» disse abbassando lo sguardo e girandosi imbarazzato «E'-E' che avevo visto quella ciocca di capelli fuori posto e  non lo so davvero, mi dispiace» balbettò per poi girarsi e allontanarsi
«Aspetta Michael!» lo richiamò Amy con il viso leggermente rosso per la vergogna «Puoi rimanere se vuoi» lui la guardò sorpreso e si riavvicinò sedendosi dalla parte opposta della ragazza. Stettero in silenzio per diversi minuti quando lei decise di interrompere l'imbarazzo che si era formata tra di loro
«Ti va di parlare?» chiese chiudendo il libro e riponendolo nella borsa, lui alzò gli occhi verso di lei titubante
«Va bene- fece una piccola pausa- di che vuoi parlare?» domandò lui, poi notando il suo zaino chiese indicandolo «Piace anche a te?» lei annuì sorridendo
«A quanto pare» fece spallucce sentendo la tensione allentarsi
«Dicevamo, di cosa vuoi parlare?» lei prese un respiro e disse rapida qualcosa che Michael non colse interamente
«Puoi ripetere?» domandò, il ragazzo era sicuro di aver sentito male, ma quando Amy ripetè ciò che aveva detto spalancò gli occhi
«Di noi» lui la guardò interrogativo «Non fraintendere! Intendevo se ti andava di conoscerci... ti va?»
Michael la guardò come per dire "Mi prendi in giro?", era la prima volta dopo diverso tempo che qualcuno gli chiedeva di parlare di qualcosa che non riguardasse il suo disturbo. Prese un respiro e parlò
«Piacere, sono Michael Clifford» disse allungando la mano verso la ragazza
«Piacere mio Clifford, Amy Olsen» ribatté stingendogli la mano, poi Michael sembrò sul punto di parlare e quindi Amy lo lasciò fare senza chiedergli nulla
«Ho 20 anni ma a novembre ne farò 21, mi piace passeggiare e ascoltare musica, suono la chitarra da cinque anni e il mio colore preferito è il nero, mi piace la pizza e la pioggia» si grattò il sopracciglio e guardò in alto «Penso che sia tutto, a te il testimone» disse scherzoso, Amy sorrise e iniziò a parlare imitandolo nell'impostazione delle informazioni
«Ho 19 anni e adoro leggere, vedere film e ascoltare musica, anche il mio colore preferito è il nero e proprio come te adoro la pioggia e la pizza» rise vedendo arrivare Buster «Adoro anche il mio cane e le passeggiate in bicicletta» aggiunse carezzando il carlino. Michael si avvicinò di più a lei per toccare Buster, il cane lo annusò e poi si fece coccolare senza problemi
«E' un cane che sa fare la guardia eh» disse scherzoso
«Gia, davvero aggressivo non trovi?» rise Amy guardandolo con la coda dell'occhio
«Ti piacciono molto anche i luoghi isolati Amy?» chiese, lei lo guardò e pensò che era la prima volta che  pronunciava il suo nome, le parve davvero un bel nome detto da lui
«Esattamente, mi piace ascoltare quello che mi circonda ma non sopporto le chiacchere delle persone, quindi vengo spesso qui» sorrise «Anche a te piace essere un lupo solitario vero?» lui si limitò ad annuire
«Ti faccio notare che me lo avevi gia chiesto» rise poi il biondo, -"Brava Amy, meriti l'oscar delle figuracce"-
«Tranquilla» la rassicurò Michael «Non tutti hanno una buona memoria»
«Mi stai prendendo in giro!?» chiese fingendosi arrabbiata
«No no, io mai!» disse sorridendole.
La conversazione terminò tra un paio di risate, ma poi Michael di punto in bianco chiese qualcosa di insolito «Posso giocarci un po'?» indicò il cane, la ragazza annuì e seguì i movimenti di Michael mentre si chinava per cercare un ramoscello da tirare a Buster. Era così strano quel ragazzo e la sua voce aveva il potere di calmare Amy istantaneamente, lo osservò mentre giocava con l'animale e si ritrovò a pensare a quanto fosse bello; a quanto i suoi lineamenti fossero morbidi e delicati, tanto da sembrare quelli di un bambino. Si imbambolò a guardarlo e si risvegliò da quella fase di trans solo quando qualcuno pronunciò il suo nome
«Amy, che hai?» chiese una voce familiare, Tyler era arrivato e la stava sballottando da un po' per farla risvegliare, portava una camicia verde a scacchi e sopra aveva il suo solito giubbotto nero; sotto un semplice paio di jeans e un paio di converse
«Amy» ripeté sedendosi vicino a lei, intanto Michael li stava osservando quasi impietrito e con un senso di fastidio nello stomaco
«Oddio Tyler!» disse la ragazza quasi urlando
«Ciao eh, sembravi morta! Che diavolo stavi guardando!?» chiese il riccio alzando le sopracciglia
«Loro due» Amy alzò il braccio e indicò Michael e Buster «Mi sono imbambolata, scusa»
«Me ne sono accorto» rise Tyler «Chi è?» chiese vedendo il biondo avvicinarsi a loro
«Il nuovo paziente di papà».
Quando Michael li raggiunse con il simpatico carlino al seguito squadrò Tyler contraendo la mascella e porgendogli la mano quasi schifato
«Michael» soffiò mentre l'altro gli stringeva la mano
«Tyler, piacere» rispose quanto più cortese possibile, notando il leggero astio che Michael aveva inspiegabilmente maturato in quei pochi secondi nei suoi confronti
«Tu saresti?» chiese piatto Michael
«Il migliore amico di Amy» Tyler sottolineò per bene la frase «E tu saresti?»
«Un conoscente» rispose scontroso «Ora devo andare, a quanto pare hai compagnia» affermò stizzito «Ciao Amy -si soffermò a guardare ancora una volta quel ragazzo accanto a lei- Tyler» concluse poi girandosi e andandosene stringendo i pugni lungo i fianchi.
Tyler guardò stralunato Amy
«Che tipetto il tuo nuovo amico» disse riprendendo posto sulla panchina
«Gia...» sussurrò lei schioccando poi le dita per richiamare il cane ancora alle prese con il bastoncino di legno che Michael gli aveva tirato
«Sembrava un pazzo»
«Non dire così, non lo conosco bene ma non penso sia pazzo» sentenziò facendo dondolare le gambe
«In ogni caso Amy penso che tu debba stargli lontano, sembrava sul punto di esplodere, non mi fido» Amy gli diede uno spintone amichevole
«Sei tu che sei paranoico, non lui ad essere pazzo> sorrise
«Sarò paranoico, ma per questa volta dovresti ascoltarmi»
«E invece a me incuriosisce molto il suo modo di fare»
«Quindi farai esattamente l'opposto di quello che ti ho suggerito» Amy non dovette rispondergli, il suo sorriso rispondeva da se, Tyler scosse la testa e farfugliò qualcosa che la ragazza non capì.

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Capitolo 5
*** Number 5 ***


 
-26 settembre, pomeriggio-
 
Erano le quattro quando Amy tornò a casa, stranamente non aveva voglia di rimanere da sola quel giorno e quindi con l'aiuto di Effy era riuscita a convincere Tyler ad uscire quella sera, il che era più o meno un miracolo.
Nonostante il tutto fosse molto entusiasmante; in quel momento aveva qualcosa di più importante di cui occuparsi. Trò fuori il suo diario e iniziò a correggere e scrivere quello che era riuscita a scoprire su di lui in quella giornata.
"Nome:Michael
Cognome:Clifford
Età:21/20 (21 a novembre)
Motivo della terapia:??
Altezza:??
Peso:??
Colore preferito:nero
Cibo preferito:pizza
Fratelli/sorelle:??
Scuola:finita
Hobby:suonare la chitarra"
Guardò soddisfatta i suoi appunti per poi riporli nel cassetto.
Era giunto il tempo della tortura mortale: prepararsi per uscire.
Si alzò dal letto e andò a farsi una doccia, quando ebbe finito spalancò le ante dell'armadio fissando i suoi vestiti. Lei Ty e Effy avrebbero solo fatto una passeggiata a Londra, non era nulla di eclatante ma questa volta Amy voleva vestirsi bene e fare bella figura sotto le luci della città.
Non si considerava ne brutta ne bella, però doveva ammettere che si trascurava molto e questo non la favoriva più di tanto. Dopo aver passato in rassegna tutti i suoi vestiti ne ricavò qualcosa di decente: una gonna bourdeaux a pieghe; delle parigine nere da abbinare ad un paio di creepers e un pullover color antracite.
Sciolse i capelli e li pettinò delicatamente, e quando fu pronta si guardò allo specchio e sorrise. Si sentiva bella, come quella volta in cui suo padre le aveva preso il vestito da strega per halloween e lei ne era rimasta entusiasta.
Fece un paio di giri su se stessa e si guardò intorno cercando il cellulare, quando lo trovò scrollò il dito sulla rubrica fino a raggiungere il numero di Effy, stava per chiamarla per sapere a che punto fosse, quando ad un tratto si ricordò le ore che l'amica passava davanti al guardaroba e allo specchio, così decise di riporre il telefono sulla scrivania ed attendere ancora un po' per chiamarla.
 
--
 
«Pronto?» disse una voce squillante
«Ehy Effy sono Amy»
«Amy, che c'è? Non puoi più venire? E' successo qualcosa?» Amy rise, Stephanie quando doveva prepararsi diventava ancora più euforica e schizzata
«No, volevo sapere a che punto fossi» ci fu un breve silenzio
«Sto ancora scegliendo cosa mettere... IDEA!» urlò la bionda perforando il timpano ad Amy «Vieni a casa mia e aiutami a scegliere cosa mettere. Corri Amy, corri! Avviserò Tyler di venirci a prendere a casa mia!» disse riattaccandole il telefono in faccia, la ragazza scosse la testa e raccolse le sue cose, salutò Buster ed uscì di casa assicurandosi che tutto fosse ben chiuso.
 
Le loro case non erano –fortunatamente- troppo distanti tra loro, ma a piedi ci avrebbe certamente impiegato una ventina di minuti, quindi si fece coraggio, prese un respiro e affrettò il passo.
Purtroppo i suoi buoni propositi evaporarono quando arrivò nemmeno a metà strada, i piedi dolenti e la stanchezza nelle gambe. Guardò l'orario per regolarsi ma venne accecata dagli abbaglianti di quella che le sembrò essere una moto.
«Sta più attento con quei fari» disse scocciata Amy notando che il mezzo aveva rallentato
«Sta attenta tu piuttosto! Stavi quasi per finire in strada, se non te ne fossi accorta» Amy sobbalzò riconoscendo quella voce
«Non ci credo che sei tu» disse avvicinandosi alla moto mentre gli abbaglianti si spegnevano
«E invece» disse sorridente Michael togliendosi il casco «Non dovresti girare a quest'ora» le disse dolcemente, usando un tono di voce che forse neanche lui sapeva di avere.
«Sono appena le otto di sera!» rise lei mettendo entrambe le mani sui fianchi
«Si ma è gia buio» le fece notare lui
«Me la so cavare» spiegò lei con un movimento della mano
«Non direi, piuttosto dove stai andando?» chiese Michael cercando di sembrare più disinvolto possibile, e accorgendosi solo in quel momento dell'abbigliamento di Amy. Era davvero carina vestita in quel modo e lui si fermò per più di un attimo a guardarla incantato. Purtroppo la sua tranquillità venne interrotta dalla risposta della ragazza, che a quanto pare non aveva notato assolutamente la sua faccia da perfetto ebete.
«A casa di una mia amica e per colpa tua ora sono più in ritardo di prima!» disse puntandogli il dito sul petto per poi spingerlo leggermente. Si era avvicinata notevolmente e quel piccolo contatto arrivò piacevole ed  inaspettato, facendolo sorridere.
 «Posso accompagnarti se vuoi, penso che ci metteresti di meno» batté una mano sulla sella  della moto.
Amy lo guardò sorpresa e poi rispose timidamente «Se per te non è un problema a me sta bene» sussurrò. Michael scese dalla moto ed aprì il portapacchi sotto il sellino, tirandone fuori un altro casco integrale
«Tieni» glielo porse gentilmente e quando Amy lo prese le loro dita si sfiorarono, facendo distogliere ad entrambi lo sguardo.
Superato l’imbarazzo Michael rimontò in sella infilandosi il casco e facendole cenno di mettersi dietro di lui. La ragazza lo raggiunse e saltò su con qualche difficoltà , tutto grazie alla sua immancabile goffaggine.
Michael spostò la testa da un lato per poterle parlare.
«Tieniti forte se non vuoi cadere» Amy annuì stringendo imbarazzata il busto del ragazzo, e nonostante non potesse vederlo tramite il casco fu sicura che stesse sorridendo.
Michael fece inversione e proprio quando stava per partire si bloccò di scatto.
«C'è un piccolo problema» alzò la visiera del casco e si voltò come meglio poteva per guardarla, lei lo imitò.
«E sarebbe?»
«Se non mi dici dove abita la tua amica non so se posso portartici» Amy rise scuotendo la testa
«E' la terza traversa laterale dopo il liceo sulla strada principale» lui si voltò in avanti ed accelerò gradualmente quasi arrivando a sfiorare gli ottanta (così facendo Amy si strinse a lui più volte per paura di cadere).
Michael avrebbe voluto che quel momento durasse per sempre. Il calore che le trasmetteva quella ragazza era qualcosa di sconosciuto per lui, non aveva mai avuto un'amica o una ragazza, era sempre stato circondato da presenze maschili e l'unica figura femminile che aveva avuto durante la sua crescita era stata quella della madre. Non aveva mai conosciuto la gentilezza e la purezza di una ragazza, ma in quel momento sentiva di star capendo quanto potesse essere dolce il tocco di una di loro.
Quando era con lei spariva tutto; la sua depressione; la sua rabbia e le sue preoccupazioni venivano gettate in un buco nero e in quei momenti si sentiva tremendamente bene e vivo.
Non sapeva spiegarlo ma era grato di averla conosciuta.
Sperando che Amy non se ne accorgesse decise di fare una piccola deviazione al percorso.
Allungò il tragitto di soli cinque minuti, e pur essendo scarsi, a Michael andarono bene.
Fortunatamente alla ragazza non sembrarono creare problemi. Il biondo tirò un sospiro di sollievo per il suo stesso pensiero e seguì la mano della ragazza quando gli indicò il punto preciso.
Fermò la moto una decina di metri prima dell'abitazione indicatagli, senza però spegnere il motore.
Amy scese cercando di non cadere mentre si teneva la gonna, si tolse il casco e lo porse a Michael che fece altrettanto.
«Grazie per il passaggio, ti devo un favore» sorrise Amy dondolando come una bambina
«E' stato un piacere, ti sei risparmiata un bel po' di strada a piedi a quanto pare»
«Gia. Beh allora io vado...» disse girandosi a malavoglia per raggiungere casa di Stephanie
«Allora ciao!» disse Michael quasi urlando e alzando una mano come se Amy potesse vederlo.
Qualcosa però la fece girare d'improvviso, con decisione tornò da Michael per potergli dare un leggero e veloce bacio sulla guancia. Con il viso in fiamme Amy si sbrigò ad arrivare al cancello dell'amica e a citofonare per poter entrare e nascondersi dallo sguardo del ragazzo. Poteva sentire i suoi occhi confusi sul suo corpo anche se gli stava dando le spalle. Non sapeva da dove avesse preso quella scarica di adrenalina e prontezza per poter compiere quel gesto, sapeva solo che lo aveva voluto e quindi l'aveva fatto con tutta la naturalezza che possedeva.
Finalmente dopo un paio di minuti che ad Amy parvero ore, il cancello si aprì permettendole di sfuggire allo sguardo di Michael.
Quando fu dentro si appoggiò al muro e lasciò che un sospiro abbandonasse le sue labbra -"Pazza pazza pazza! Ma che hai fatto Amy!?"- si rimproverò mentalmente mentre il rombo della moto di Michael si allontanava dalla via. Si diresse velocemente in casa dell'amica salutando la madre e il fratello seduti sul divano, salì in camera di Effy e la trovò distesa sul letto a pancia in giu
«Amy la mia vita  è uno schifo» disse rotolandosi tra le coperte
«Solo per un paio di vestiti che non riesci a scegliere?»
«Si» sbuffò la bionda
«Alzati e cerchiamo qualcosa di decente, tra poco arriverà Ty» lei annuì distrattamente quando si bloccò di colpo guardando con un'aria strana l'amica.
«Amy»
«Si?»
«Come sei arrivata qui così presto?»
Silenzio più totale.
«Amy, dimmelo» disse poi fissando la ragazza.
«Non urlare okay?» già sapeva come avrebbe reagito Effy, avrebbe iniziato ad urlare e saltare dalla gioia dato che Amy aveva parlato solo con due uomini nella sua vita: suo padre e Tyler.
Effy annuì convinta incitandola ad andare avanti con lo sguardo, la castana sapeva come sarebbe andata a finire quella storia.
«Mi ha accompagnata un amico» chiuse gli occhi aspettando di sentire l'urlo della bionda che non tardò ad arrivare.
«UN AMICO!? E CHI SAREBBE?» mosse le mani concitata e decisamente troppo euforica per la notizia.
«Si chiama Michael, è più grande di noi ed è un paziente di mio padre» disse tutto d’un fiato.
Effy la guardò stupita.
«E da quando tuo padre accoglie pazienti così giovani!?»
Amy alzò le spalle.
«Comunque com'è questo ragazzo? Ti piace? E' carino?» la ragazza portò le mani davanti a se come per difendersi
«Calma Effy! E' carino ma no non mi piace, però mi trovo bene a parlare con lui, è simpatico» sorrise brevemente Amy per poi riportare lo sguardo sull'amica «Smettila di fare moine okay? Soprattutto davanti a Tyler, si sono conosciuti e diciamo che non si sono presi in simpatia...»
Effy la guardò corrugando la fronte.
«Perché Ty lo conosce e io no?» disse incrociando le braccia con aria accusatoria.
«Si sono incontrati per sbaglio, ero a Kensington Garden e dovevo vedermi con Ty ma mentre stavo leggendo Michael mi ha vista e mi si è avvicinato per parlare un po'. Dopo è arrivato Tyler e si sono scambiati un paio di parole. Ora che ci penso Michael è rimasto abbastanza stizzito vedendo Ty, ma non so perché» concluse scrollando le spalle.
Effy la guardò assottigliando lo sguardo ma il suo broncio durò poco perché disse subito «Okay, ti perdono per questa volta» sorrise e riprese il suo buon umore abbracciando Amy.
Quella ragazza non era davvero capace di arrabbiarsi per più di dieci minuti. Era una caratteristica molto singolare che Amy aveva sempre apprezzato, le portava il buon umore.
 
Essendosi perse in chiacchere dovettero sbrigarsi per scegliere i vestiti giusti per Effy… e fortunatamente Amy riuscì a tirar fuori un buon abbinamento in pochi minuti. Quando l'amica fu finalmente pronta rimase a guardarla.
«Ora che c'è?» domandò Amy. Effy la indicò solamente.
«Non avevo notato cosa avessi indosso... Ti stanno davvero bene questi vestiti...» Amy sorrise imbarazzata
«Grazie Stephanie, anche te stai benissimo» entrambe si scambiarono degli sguardi d'intesa per poi scendere nel salotto ad aspettare Tyler.


Angolo autrice
Salve a tutti! Questa è la prima nota d'autrice che inserisco. Intanto spero che vi stia piacendo perché mi sto davvero impegnando per questa storia, ringrazio chiunque stia continuando a leggerla e si stia affezionando ai personaggi. Non ho molto da dire, spero solo che vi stia suscitando interesse! Ho già molti altri capitoli pronti ma preferirei scrivere un po' di più prima di aggiornare nuovamente. Continuate a leggere! Chiunque voglia darmi delle dritte è libero di recensire la storia, grazie mille per aver letto fino qui, alla prossima <3 
-shiver

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Capitolo 6
*** Number 6 ***


-26 settembre, sera-
 
Si erano fatte le nove e mezza e Tyler era finalmente andato a prenderle, aveva guardato Amy con un ampio sorriso e ovviamente Effy -dopo aver pregato l'amica di farsi raccontare l'incontro tra Ty e Michael- aveva iniziato a mettere tutti i pezzi al loro posto.
La bionda aveva quella teoria da svariati anni ormai, secondo la quale Tyler aveva una cotta abbastanza seria per la sua amica.  Le sue supposizioni avevano basi puramente soggettive e spesso inesistenti, come ad esempio il fatto che sin da piccoli Tyler aveva sempre riservato un trattamento speciale per Amy.
Quest’idea non era però di suo gradimento. Spesso si chiedeva come le cose si sarebbero evolute se fosse successo qualcosa tra di loro. Il trio si sarebbe certamente spezzato e quello Effy non poteva davvero permetterlo.
Saltarono in macchina e si diressero verso Londra con l'intenzione di fare piccole follie.
Quando arrivarono scesero dalla macchina ed Amy tirò fuori una sigaretta dal suo pacchetto. Iniziò a fumarla lentamente mentre guardava Effy e Ty parlare di qualcosa che non stava realmente ascoltando, con la mente era ancora in compagnia del ragazzo biondo sulla moto.
Era rimasta affascinata dal suo sorriso e dal suo strano taglio di capelli. Non aveva mai conosciuto un ragazzo così (non che ne avesse conosciuti molti).
Amy Olsen era una ragazza timidissima ed introversa, eppure con quel Michael Clifford riusciva ad avere una grande intesa, e questo la incuriosiva enormemente. Venne risvegliata dai suoi pensieri in un modo che potrebbe solo essere definito traumatico e doloroso: aveva centrato in pieno un palo della luce emettendo anche un urlo decisamente sgraziato.
La ragazza aveva ormai perso il conto delle sue figuracce e per uno strano motivo si ritrovò a ringraziare per il fatto che Michael non fosse li a ridere di lei.
Ty e Effy si girarono di scatto sentendola urlare.
«Amy..?» chiese aggrottando la fronte la bionda «Tutto okay?» Effy si ritrovò a dover affrontare lo sguardo di fuoco dell'amica.
«Dimmi Effy, ti sembra che io stia bene?» rispose massaggiandosi con la mano libera la testa. L'altra non rispose cercando invece di trattenere una risata. Amy spostò gli occhi su Tyler che si tappò istantaneamente la bocca.
«Scusa Amy... è-è che sei troppo divertente» disse infine liberando un'altra risata.
Ovviamente Amy non era realmente arrabbiata ma era infastidita dal fatto che dovesse essere sempre lei quella a fare brutte figure in pubblico.
«Ma zitto» disse lei raggiungendoli e dando uno scappellotto dietro la nuca a Ty e poi ad Effy, che rise brevemente per poi chiedere «Cosa vogliamo fare?» Amy alzò il braccio per avanzare una proposta
«Suggerisco di andare in un pub, ho proprio voglia di prendere un panino e una birra»
«Appoggiato» dissero gli altri due ridendo per la sincronia.
 
--
 
A fine serata Tyler riaccompagnò a casa prima Amy e poi Effy, quando quest'ultima fu sul punto di scendere dalla macchina si fermò e tornò a sedere guardando l'amico
«Ty, dobbiamo parlare» lui le rivolse uno sguardo interrogativo
«Riguardo a?» chiese sistemandosi la montatura degli occhiali
«Amy» Ty la guardò più confuso e curioso di prima, Effy continuò a parlare «Ti osservo da un bel po' e devi dirmelo, rispondi sinceramente: Amy di piace?» Tyler scoppiò in una fragorosa risata che fece corrugare la fronte della bionda.
«Pensi davvero che mi piaccia!?» rise ancora alzando la montatura per stropicciarsi gli occhi «Effy, ne abbiamo gia parlato tempo fa, Amy mi piaceva quando eravamo piccoli ma ora per me lei è come una sorella minore, non potrei mai vederla sotto un'altra luce!» scosse la testa guardando l'amica
«Quindi non provi nulla per lei?» Ty sorrise
«No» poi stette in silenzio «Perché questa domanda?» chiese curioso
-"Stephanie non parlare, non farlo, tappati la bocca"- la bionda trattenne il respiro per poi parlare velocemente
«Mi ha raccontato di Michael»
-"Idiota."-
«E che ti avrebbe detto?»  disse scostando una ciocca di capelli ricci capitata sul suo viso
«Del modo in cui ti sei comportato, mi sei sembrato decisamente iper-protettivo da come me l'ha raccontato» fece spallucce «Mi sei sembrato geloso insomma» concluse poi
«Sono davvero preoccupato riguardo quel ragazzo, ha qualcosa che non riesco a cogliere, vorrei solo lei non gli parlasse. Ma non sono assolutamente geloso» spiegò gesticolando. Effy, nonostante non ne fosse pienamente convinta, sapeva che Tyler non era un asso nel mentire, quindi nel suo cervello decise di bilanciare i due pensieri: un 50% di verità e un 50% di falsità.
«Va bene» disse lei storcendo la bocca «Ma se vengo a scoprire che mi hai mentito te la farò pagare!» sentenziò puntandogli il dito in faccia.
«Okay okay, ora esci che è tardi e devo tornare a casa» disse scuotendo la testa ancora sinceramente divertito.
«Antipatico -Effy mise un finto broncio- buona notte Ty» lo salutò con la mano tornando sorridente e spensierata ed uscendo dal veicolo.
«Notte Effy» sorrise lui per poi fare inversione ed uscire dalla via.
 
--
 
Michael si gettò sul letto sfiorandosi la guancia con le dita, sorrideva e si sentiva leggero solo ripensandoci, pensò che forse aveva trovato la medicina giusta alla sua dannata malattia e mentre ci pensava e ci sperava continuava a sorridere e sorridere, chiudendo gli occhi e ricordando continuamente quel momento. Aveva voglia di andare da lei e abbracciarla, per poter sentire ancora quel piacevole calore che aveva percepito quando lei lo aveva stretto su quella moto. Ebbe un flash: lui che la raggiungeva a casa sua e la aspettava sulle scalette davanti al portoncino, poi però scosse la testa e abbandonò l'idea. Cosa avrebbe pensato Amy se avesse fatto una cosa del genere? Decise infine che avrebbe semplicemente aspettato di vederla prima di cominciare la seduta seguente con il padre.
Indossò velocemente il pigiama ed uno strano senso di tristezza si impossessò del suo corpo. I suoi sbalzi d'umore stavano tornando come al solito senza un motivo reale e sperò di addormentarsi più velocemente possibile cercando di immaginare il loro prossimo incontro. Oh, se solo avesse avuto un po' più di coraggio l'avrebbe invitata ad uscire o a fare un altro giro in moto!
Continuando a fantasticare si addormentò con un leggero sorriso in viso ma con lo stomaco in subbuglio.
 
Dall'altra parte del quartiere Amy si era abbandonata sul divano guardando Buster giocare vicino alla televisione con un osso di gomma tra i denti. Stava ripensando alla gentilezza di Michael e quanto fosse stata sciocca a fare quel che aveva fatto. Non voleva sapere cosa lui pensasse sul suo conto in quel momento, magari l'aveva anche schifato quel bacio.
La ragazza scacciò quei pensieri dalla testa alzandosi per raggiungere la cucina; si sarebbe preparata un thé e poi sarebbe andata a dormire per smetterla di pensare una volta per tutte.
L'indomani sarebbe andata a Kensington Garden e ci sarebbe rimasta l'intera giornata, consumando probabilmente l'intero pacchetto di sigarette e finendo finalmente il suo nuovo libro.
 
-27 settembre-
Amy era uscita di buon'ora anche quella mattina, aveva voglia di sentire l'aria fredda sferzarle il viso e le mani congelarsi diventando rossicce e screpolate.
Non portò Buster con se, quel giorno erano lei, il suo libro e le sue Chesterfield.
Uscì a passo spedito da casa, permettendo alla sciarpa  di svolazzare alle sue spalle, con le cuffie nelle orecchie e "stomach tied in knots" a tutto volume. Impostò su riproduzione casuale e sopportò anche le canzoni che quella mattina non aveva voglia di ascoltare.
Amy decise inspiegabilmente di cambiare strada quel giorno, svoltò entrando in una via che aveva percorso poche volte, era decisamente poco trafficata e durante il suo passaggio la ragazza incontrò solo una vecchietta vestita di rosso e un uomo elegante con in mano una ventiquattrore. Stranamente la musica si stoppò di colpo facendola fermare.  Amy si ritrovò davanti ad un cancello in ferro battuto- ormai logoro- che non aveva mai notato prima. Rimase a guardare quasi incantata il giardino trascurato e l'edificio fatiscente, era come un dipinto venuto male, uno di quelli da scartare e gettare via.
Nonostante tutto, a lei piacque quello sbaglio e questo la portò a stravolgere i suoi piani per la giornata.
Tirò fuori il telefono e facendo uscire piccole nuvolette d'aria dalla sua bocca iniziò a scattare un po' di foto alla casa abbandonata, poi si guardò intorno e non notando nessuno si avvicinò al cancello, lo spinse e riuscì con qualche piccolo intoppo a farlo aprire.
Con passo tremolante iniziò ad esplorare il giardino.
L'erba era alta ma non insormontabile, le arrivava appena sopra le ginocchia. Camminò fino a raggiungere lo spiazzo sul retro, dove trovò una bellissima sorpresa: un roveto di rose bianche le si parò davanti facendola indietreggiare.
Amy amava le rose, ancor di più quelle bianche, e quella scoperta per lei fu una vera e propria gioia.
Rimase a guardare l'intreccio di fiori spinati per un po', finche la curiosità non la rapì totalmente e decise di tornare all'entrata principale per poter esplorare l'interno della villetta. Guardò il portone e notò con piacere che i cardini erano ancora in buono stato, mise una mano sulla maniglia d'ottone e forzando sul legno riuscì ad aprirla, ritrovandosi davanti uno spettacolo tetro ma allo stesso tempo affascinante. Un divano scuro mezzo smontato era illuminato malamente dalla poca luce che filtrava dalle tapparelle abbassate; una credenza era per metà smontata e vuota ed era affiancata da una libreria (vuota anch'essa); dietro il divano si poteva scorgere quella che sembrava essere una penisola di una cucina con i pensili mezzi rotti, Amy tirò fuori il telefono e con il flash si fece luce nel salotto fino ad arrivare alla cinghia che alzava la serranda della finestra principale. Con un piccolo sforzo la tirò su illuminando  il soggiorno, rimase a bocca aperta quando poté osservarlo decentemente; aveva trovato davvero un bel posto per poter passare del tempo da sola.
Il resto della casa l'avrebbe guardato un altro giorno, ora voleva solo sedersi su quel sofà sgangherato e godersi il suo libro, così si sistemò nel modo migliore che poteva e iniziò a viaggiare con la fantasia tra quelle pagine di carta giallognola.


Angolo autrice
Salve! Sono una pessima persona lo so, gli aggiornamenti dopo tipo secoli e mi dispiace... E' che non ho molto tempo per scrivere e dato che voglio sempre portarmi avanti con i capitoli preferisco non pubblicare per un po' ma avere qualcosa di pronto in caso di emergenza che pubblicarli tutti insieme ma non avere più capitoli pronti causa tempo introvabile, non so se mi spiego.
Comunque eccovelo qui, spero vi sia piaciuto!
-Shiver

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Capitolo 7
*** Number 7 ***


-1 ottobre-
 
Michael da quando era iniziata la settimana si presentava sempre in anticipo alle sedute per poter scambiare due parole con Amy o anche solo per guardarla con la coda dell'occhio quando erano in cucina ed aspettavano l'arrivo di suo padre.  Per loro era diventata come un'abitudine, un tacito accordo che si era stabilito andando avanti con il tempo.
Un giorno Amy si era svegliata positiva, come poche volte le era capitato e aveva preso una decisione che in altre condizioni non avrebbe mai preso. Saltò giù dal letto e si preparò in fretta, prese la sua bicicletta e corse fino a scuola con un sorriso stampato in faccia. Quando arrivò trovò Tyler ad aspettarla
«A cosa dobbiamo quell'enorme sorrisone?» disse aggiustandosi la montatura, Amy lo guardò terrorizzata -"Oh no e ora cosa gli dico?"-, lui la guardò alzando un sopracciglio e passandosi la mano tra i riccioli castani «Allora?»
«Nulla.» mentì lei
«Non scherzare, ti conosco troppo bene» Ty diede una leggera gomitata alla spalla della ragazza
«Non posso dirtelo» sussurrò guardandosi le scarpe
«Come mai?» domandò chinandosi su di lei
«Ti arrabbieresti» concluse tirando fuori il telefono per controllare l'orario, Ty raddrizzò le spalle riservandole una delle sue tipiche occhiate da mamma preoccupata
«Dimmelo»
«Non se ne parla» ribatté Amy incamminandosi verso l'ingresso della scuola, il ragazzo la afferrò per il braccio facendola voltare
«Amy» disse autoritario, lei scosse la testa divincolandosi
«Te lo dirò quando vorrò, ti prego non costringermi ad ignorarti, sei insopportabile quando hai questi scatti da adulto» Tyler la guardò con gli occhi spalancati e rimase a guardarla mentre si confondeva tra la folla, solo quando la campanella suonò per la seconda volta si decise ad entrare, rimanendo per tutto il tempo con la testa china.
La giornata passò senza che i due si rivolgessero un solo sguardo o una sola parola, forse Ty l'aveva fatta grossa.
 
--
 
Amy tornò a casa di pessimo umore, ma le tornò il sorriso appena scorse una chioma di capelli biondi ad attenderla sulle scale di casa. Perse un battito quando pensò a quello che di li a poco avrebbe fatto.
Michael alzò lo sguardo di scatto quando sentì scricchiolare la ghiaia del vialetto, gli venne da sorridere guardandola, teneva la bici con due mani e quando l'aveva visto gli aveva rivolto uno dei suoi soliti sorrisi timidi ma sinceri.
«Ehy Michael» disse quando gli fu abbastanza vicina, posando la bici al muro.
«Ehy» sorrise lui guardandola arrossire leggermente, parlavano ogni tanto quando lui andava li, ma ogni volta tra loro c'era un sottile strato d'imbarazzo, non era fastidioso ma sicuramente entrambi avrebbero preferito che non ci fosse. Amy rimase li al suo fianco senza muoversi, Michael la guardò quasi preoccupato.
«Qualcosa non va?» chiese piano, la ragazza si girò nella sua direzione alzando lo sguardo, in quel momento si accorse della notevole differenza d'altezza che correva tra lei e il biondo e si accorse di quanto fossero belli i suoi occhi: verdi e grandi.  Non ci aveva mai fatto caso e quella constatazione le costò l'ennesima figuraccia. Era rimasta imbambolata a guardarlo come una fessa.
«Amy..?» aveva domandato Michael perplesso, lei aveva scosso la testa e l'aveva abbassata rapidamente facendolo ridere.
«Scusa, io volevo solo...» mormorò mangiandosi le parole per la vergogna
«Volevi solo cosa?» la incitò lui, Amy si pizzicò le mani
«Volevo-chiederti-se-ti-andava-di-venire-in-un-posto-che-ho-scoperto-recentemente» disse più velocemente possibile, Michael la guardò più perplesso di prima e con un'espressione meravigliata stampata in faccia, aveva paura di non aver sentito bene, eppure la ragazza aveva detto proprio quelle esatte parole. Ci fu un silenzio che sembrò interminabile
«Oddio scusa non avrei dovuto dire nulla, ti prego dimentica tutto» Amy fece per inserire la chiave nella toppa quando una mano gentile la fermò
«E-ecco... per me va bene» sussurrò con la voce tremante Michael, lei si girò verso il suo viso con gli occhi spalancati
«Davvero?»
«Si» annuì portandosi una mano dietro la nuca mentre la guardava con la coda dell'occhio.
Amy cercò di nascondere un sorriso che si stava facendo strada sul suo volto.
«Allora facciamo domani?» chiese poi, lui alzò un pollice in risposta.
«Okay» si scambiarono un'ultima occhiata prima di entrare in casa e dividersi, uno nello studio e l'altra in camera.
Amy iniziò a saltellare per tutta la camera. Non era una ragazza che si emozionava facilmente ma quello la rese euforica.
Quando finì di gioire si accucciò davanti al comodino e sedendo a gambe incrociate prese a scrivere sul diario.
"Nome:Michael
Cognome:Clifford
Età:21/20 (quasi 21 a novembre)
Motivo della terapia:??
Altezza:??
Peso:??
Colore preferito:nero
Cibo preferito:pizza
Fratelli/sorelle:??
Scuola:finita
Hobby:suonare la chitarra
Ha una bella risata e degli occhi verdi stupendi, sa anche guidare la moto"
Aggiunse quel poco che aveva scoperto su di lui nel suo raccoglitore di informazioni riguardanti Michael e poi lo ripose accuratamente nel cassetto, sperando poi che gli sarebbe piaciuto quel posto.
Amy sentiva una certa affinità scorrere tra loro e stava rimanendo piuttosto perplessa da quella sensazione, non aveva mai incontrato qualcuno che sentisse così vicino a se.
Sorrise inconsciamente e chiuse gli occhi, abbandonandosi con la testa sul cuscino.
 
 
Finita la seduta di Michael, Amy sentì bussare alla porta della sua cameretta.
«Aspetta papà, mi sto cambiando» disse infilandosi la maglia del pigiama.
Non ci furono risposte ma solo altri colpi sul legno e quando Amy finì finalmente di vestirsi si girò verso la porta «Ora puoi entrare» aspettò che quella si aprisse per  far entrare niente di meno che Michael.
«Penso di essere troppo giovane per fare il padre» asserì il ragazzo portandosi una mano sulla testa per sistemare la frangia.
«Non pensavo fossi tu»
«Mi sembrava evidente» sorrise lui guardandosi intorno, gli occhi curiosi e vispi.
«Che ci fai qui?» chiese Amy alzando un sopracciglio, lui sembrò svegliarsi di colpo.
«Devo chiederti una cosa» disse comprimendo le labbra «Dove andremo domani si può suonare?» domandò continuando a scrutare la stanza della ragazza, Amy portò la testa da un lato ma non si fece domande e rispose semplicemente di si.
«Va bene, allora ci vediamo domani» sorrise Michael tornando con lo sguardo su di lei
«A domani» disse imbarazzata Amy rendendosi conto solo in quel momento cosa aveva indosso.
Un paio di shorts verdi e una maglietta enorme dei Panic! At the disco logora e consumata, acquistata al loro primo concerto in Inghilterra. Michael fortunatamente non sembrava avergli dato peso, ma ovviamente Amy dovette ricredersi quando il ragazzo uscì per poi rientrare velocemente nella stanza indicandola.
«Bella maglia comunque» borbottò per poi scomparire nuovamente dietro al muro. Amy alzò le spalle accennando un mezzo sorriso, almeno gli era piaciuta.
 
--
 
Il giorno dopo a scuola il tempo passò lento e noioso, scandito dall'orologio attaccato al muro della classe. Appena arrivata Amy aveva salutato con la mano l'amico.
Era fatta così, non avrebbe mai potuto tenergli il broncio per troppo tempo, quindi aveva saggiamente deciso di fare il primo passo. Inoltre conosceva fin troppo bene Tyler e con le scuse non era mai stato bravo.
Quando finalmente le lezioni terminarono Amy si scordò addirittura di salutare Effy, che era la sua compagna di banco, per poter sfrecciare alla tettoia dove stava parcheggiata la sua bicicletta.
Pedalò fino a casa con la musica a basso volume nelle orecchie sperando di trovare Michael sulle scalette del viale, e sorpassata la siepe che le ostruiva la vista del suo giardino notò piacevolmente che il ragazzo era li ad aspettarla con una chitarra acustica in braccio e un fodero scuro ai suoi piedi.
«Mike» esclamò la ragazza portandosi subito dopo una mano alla bocca -"Come ti è venuto in mente?"- pensò tra se e se, il ragazzo parve dare voce ai suoi pensieri.
«Come ti è venuto in mente Mike?» chiese spostando lo sguardo dal manico della chitarra alla ragazza che stava ferma davanti a lui a pochi metri di distanza.
«Ti prego non me lo chiedere, scusami, non so nemmeno i-» lui la interruppe.
«Tranquilla, mi piace, va bene» era sorprendente il modo in cui Michael riusciva ad interromperla mentre diceva qualcosa di strano per poter dire qualcosa di ancora più strano.
«Va bene -si avvicinò a lui per riporre la bici nel solito posto- se lo dici tu» fece spallucce e lo guardò alzarsi
«Cosa suonavi?» lui storse la bocca.
«Strimpellavo qualcosa, nulla di che» si chinò a terra per raccogliere il fodero dove ripose poi lo strumento.
«Mio padre ti ha avvertito della sua assenza?» chiese curiosa Amy mentre apriva il portone.
Suo padre non sarebbe rincasato fino a sera, era stato chiamato improvvisamente dall'ospedale per andare ad assistere una sua paziente che aveva chiesto di lui mentre era ancora cosciente, aveva ingoiato troppe pasticche ma poi se ne era pentita chiamando subito un'ambulanza per farsi fare una lavanda gastrica o qualcosa del genere.
«Si» Michael annuì chiudendo la porta.
«Come mai sei venuto così presto allora?»
«Non ci eravamo dati un orario e ho pensato che aspettarti come al solito sarebbe andato bene» spiegò osservandola.
Ci volle poco per realizzare quello che il ragazzo aveva appena detto. Aveva confermato la loro strana routine in una sola frase e con tutta la semplicità che poteva possedere.
Amy sorrise. Erano gesti e parole simili, così semplici, che la rendevano felice.
«Ti toccherà guardarmi mangiare, anzi, vuoi qualcosa anche tu?» propose lei,  lui scosse solo la testa.
 «Okay allora mi preparo qualcosa di veloce e andiamo»
Michael non proferì parola quando entrarono in casa, rimase a guardarla prendendo posto su uno sgabello in cucina, osservandola mentre si preparava un panino al prosciutto piuttosto promettente dal suo aspetto,
Era strana, si muoveva goffamente e a tratti pareva così distratta da poter fare crollare tutta la cucina in un solo gesto inconsapevole.
Michael trattenne un sorriso quando Amy si voltò verso di lui.
Stava sistemando il panino e una bottiglia d’acqua nello zainetto che portava sulla spalla, un’azione piuttosto semplice che lei riuscì a trasformare in qualcosa di decisamente divertente agli occhi del ragazzo.
Cercò di rimanere impassibile mentre la ragazza lo precedeva per poter uscire di casa, soffocando una risatina che gli sarebbe costata decisamente TROPPE spiegazioni.
 
Camminarono in silenzio guardandosi ogni tanto di nascosto. Non dovevano parlare per stare bene insieme, era come se si capissero solo stando vicini.
Quando arrivarono davanti al posto designato Michael la guardò particolarmente curioso.
«Mi sembra sinistro» disse avvicinandosi al cancello per poterlo aprire, sollevando un sopracciglio.
«Un po'» commentò Amy «Ma è tranquillo essendo disabitato»
«Mi preoccuperei se non lo fosse» sorrise lui tenendole in cancello per farla passare.
«Da quanto hai scoperto questo posto?» domandò seguendola con lo sguardo.
«Poco, volevo andare a Kensington ma mi sono scontrata con questa bellissima casa abbandonata e non so perché  ho avuto l'impulso di entrare, penso sia una delle cose migliori che abbia scoperto» spiegò Amy.
Michael alzò le spalle aprendo anche la porta della casa.
Osservò l'ambiente e annusò l'aria, era stantia e vecchia e l’odore di chiuso dava una sensazione temporanea di nausea. Era li da molto tempo e Michael poteva vedere la polvere volare in controluce.
«Hai già visto l'intera casa?» chiese, la ragazza scosse la testa.
«No, ma possiamo farlo adesso» propose tirando fuori dal pacchetto una sigaretta «Vuoi?» disse poi porgendogli il pacchetto. Michael ne afferrò una e Amy dopo aver acceso la propria gli si avvicinò accendendo anche la sua.
Il ragazzo le teneva tra le labbra e aveva gli occhi puntati sulla ragazza, che appena la accese si ritrasse imbarazzata. Quello fu un piccolo momento di intimità che nessuno dei due commentò. Il silenzio era forse la loro migliore comunicazione in alcuni momenti.
Si guardarono per un po’ e come al solito Amy spezzò il ghiaccio.
«Andiamo?» indicò la porta alle loro spalle,che doveva portare sicuramente alle camere e ai bagni.
«Okay» acconsentì Michael andando avanti per primo.
Si sentì strano, in quel momento immaginò di essere la sua guardia del corpo o il suo custode, pronto a difenderla in qualunque situazione. Subito dopo però si diede un colpetto sulla testa mentre con l'altra mano si aggiustava il fodero della chitarra sulla spalla: lui non sarebbe stato mai il salvatore di nessuno.


Angolo autrice
Hola a todos!
Ecco qua il settimo capitolo, direi che ce ne ho messo di tempo haha
Comunque, spero stia piacendo a chi segue la storia. Ringrazio l'unica persona che ha lasciato una recensione per avermi spinta a postare questo settimo parto.
Mi sono resa conto di errori terribili rileggendo i capitoli precedenti quindi ho perso tempo per correggerli -e ne perderò altro per dare una ritoccata ai seguenti dato che sono molti quelli pronti da un pezzo- e penso che oggi li pubblicherò tutti (dall'uno al sei, siete liberi di non rileggerli ma da quanto ricordo ho cambiato frasi intere quindi fate voi, la storia rimane immutata in ogni caso!)
E se ve lo state chiedendo, si questo è totalmente corretto, anche se fa piuttosto cagare ugualmente ma che cosa sto pubblicando orrore.
Scleri a parte spero sia stato di vostro gradimento! Thanks for reading
See you
-shiver

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Capitolo 8
*** Number 8 ***


 
La casa era enorme e le scale che portavano al piano superiore non sembravano troppo sicure. Un odore di muffa e di vecchio aleggiavano negli ambienti chiusi che i due ragazzi aprivano con cautela per evitare ogni tipo di inconveniente.
Amy fece scorrere la mano sulla ringhiera delle scale mezza sgangherata, ritrovandosi cosi un'orrenda e fastidiosa patina di polvere sul palmo della mano. Si guardava intorno incuriosita, come se non avesse mai visto l'interno di una casa (anche se quella più che una casa era un rudere).
Michael, nel frattempo, non si era accorto della distanza che si era fatta strada tra di loro, e quando si girò dopo aver dato un'occhiata veloce dentro una delle camere al primo piano e non vide più la ragazza la chiamò per nome, una sensazione che riusciva a provocare ad entrambi dei brividi lungo la schiena.
Lei rispose subito.
-Sono qua- urlò posando la mano sulla maniglia della porta dell’ultima stanza. Il ragazzo la raggiunse seguendo la sua voce e arrivato lì davanti la guardò, aggiustandosi la chitarra in spalla.
Si osservarono per un po’ e quando Amy si voltò per aprire la porta una luce fioca illuminò i due, facendogli stringere gli occhi istintivamente.
La polvere nella stanza era moltissima ed i granelli si potevano osservare in controluce, ma non fu quello a colpirli maggiormente.
Nella camera c'era solo un letto matrimoniale ricoperto da un lenzuolo bianco -ormai irriconoscibile- ed un carrion ai suoi piedi.
Amy lo guardò affascinata e fece il suo ingresso nella stanza, non badando agli scricchiolii sinistri che provenivano da sotto ai suoi piedi. Invece continuò ad avanzare piano verso il piccolo giocattolo, poi accadde tutto velocemente, come un lampo.
Michael vide le travi di legno cedere lentamente sotto il peso della ragazza - nonostante fosse un "peso piuma" a detta sua- ed esitò per un momento, sperando che lei se ne accorgesse.
Purtroppo così non fu, decisamente troppo incuriosita dall’oggetto che le stava davanti per mostrare la minima cura ad altro nel suo raggio uditivo o visivo. Per questo, ovviamente, non si rese conto che di lì a poco sarebbe sicuramente precipitata in un brutto e scomodo volo di circa 2 metri e mezzo.
Michael scattò e fu rapido: gettò la chitarra con poca grazia sul pavimento del corridoio e con una piccola corsa raggiunse Amy, le cinse istintivamente il busto con le braccia e quando la assicurò alla sua presa indietreggiò guardando con gli occhi sgranati le travi marce cadere in un tonfo sordo sul pavimento del salotto sottostante. La ragazza  non sembrò accorgersi di nulla e il suo sguardo rimase fisso sul giocattolo per tutta la caduta.
Quando si rese conto di quello che le sarebbe potuto succedere se non ci fosse stato Michael a prenderla, le venne la pelle d'oca. In quel momento, se lui non l'avesse afferrata, si sarebbe sicuramente ritrovata stesa a terra con una ferita alla fronte e priva di sensi.
Appena riuscì ad elaborare completamente l'accaduto il battito le accelerò in un lampo e il respiro si fece corto.
Non sapeva che dire, era a corto di parole e l’unica cosa che riusciva a fare era tremare come una foglia.
Michael naturalmente se ne accorse e si ritrovò a stringerla ancora di più nel tentativo di farla calmare, non seppe da dove trovò il coraggio però lo fece e sembrò funzionare.
D'istinto posò delicatamente il viso tra i suoi capelli.
-Va tutto bene- sussurrò appena prima di sentire il corpo della ragazza rilassarsi contro il proprio -Non è successo nulla, va tutto bene- continuò carezzandole con il pollice il braccio, lei in risposta prese dei profondi respiri ed annuì poco, la tranquillità che l'aveva pervasa però ebbe vita breve, dopo poco la sua mente tornò nel pieno panico ed il problema era più che ovvio: Michael.
Cosa avrebbe dovuto fare? Non lo sapeva, le venne solo da star ferma sul posto attendendo un qualsiasi indizio dal ragazzo che la stava stringendo. Deglutì e mormorò un grazie spezzato, iniziò a mordicchiarsi la guancia freneticamente; lo faceva sempre quando era nervosa. Restarono fermi per una decina di minuti e quando poi Michael si decise a mollare la presa Amy contrasse il viso in un espressione di disappunto, le era piaciuto per quanto insolito e intimo - cosa che non faceva per lei- Amy si girò e lo guardò negli occhi, Michael evidentemente non resse il contatto perché si voltò di scatto biascicando qualcosa
-Dovremmo andare- si chinò sulla chitarra che aveva lasciato cadere precedentemente e sperò non si fosse danneggiata troppo -Non è sicuro qui-
-S-si- rispose poi Amy, Michael fino a quel momento aveva pensato che avesse perso la voce ed invece a quanto pare sapeva ancora parlare, non aveva fiatato durante quel piccolo incidente e lui era stato l'unico a parlare, si sentì un completo idiota e quindi senza nemmeno salutarla scese rapido la rampa di scale per poi sparire dalla vista della castana. Amy osservò la scena senza dire nulla, poteva percepire l'imbarazzo che il ragazzo stava provando, quando Michael la lasciò sola sparendo nel piano sottostante sentì nuovamente il clima invernale, fino a quel momento non si era realmente resa conto di quanto facesse freddo, era stata distratta dalla presenza del ragazzo, non sapeva cosa pensare.
 
Michael era uscito dalla casa con passo spedito ma indeciso, non voleva lasciarla come aveva appena fatto ma gli sembrava fosse giusto perché era stato stupido, avrebbe potuto prenderla solo per un braccio e trascinarla al sicuro, invece l'aveva stretta a se con la voglia di riscoprire il contatto di qualche sera prima. Era piccola di statura e molto magra quindi avvolgerla l'aveva fatto illudere di poterla proteggere, ai suoi occhi sembrava un cristallo di neve pronto a sciogliersi a contatto con l'asfalto. Michael pensò che aveva preferito stringerla piuttosto che il contrario; poterla toccare era stato in qualche modo appagante ma non poteva permettersi di pensare certe cose, non su lei e non lui.
Aveva appena varcato il cancello quando si fermò e roteò il viso verso il portone della casa, sentì dei piccoli passi avvicinarsi e poi vide un piccolo batuffolo color miele sbucare fuori dall'edificio.
La luce dava dei riflessi più chiari ai suoi capelli e donava alla sua pelle un colorito piuttosto roseo. Michael trattenne il respiro in attesa, la guardò avvicinarsi e lei fece l'ennesima cosa insolita. Si alzò in punta di piedi e gli lasciò un leggero bacio sulla guancia, poi abbassò la testa e se ne andò senza voltarsi.
Lui la guardò allontanarsi portandosi due dita nel punto in cui l'aveva sfiorato, un piccolo sorriso si fece largo sul suo viso mentre il tempo continuava a scorrere e quegli istanti si fissavano nelle loro menti.
 
--
 
Michael si stese sul letto sospirando. Era entrato in casa salendo le scale a grandi passi, evitando con immensa abilità sua madre, appostata in cucina e pronta a bombardarlo di domande su dove era stato.
Non era dell’umore giusto per farsi schiacciare da sua madre né dalla sua apprensione. Aveva solamente voglia di restare con i propri pensieri.
Si passò una mano sul viso chiudendo gli occhi e le immagini iniziarono a scorrergli davanti come una pellicola.
Ricordò il momento in cui l'aveva stretta a sé, e quando, dopo essere uscita dalla casa, lo aveva baciato per la seconda volta.
Sorrise sfiorandosi ancora la guancia con le dita.
Si chiese se era così che ci si sentiva ad essere felici.
A Michael piaceva da morire e lo faceva sentire vivo, almeno fin quando la sua malattia non prendeva il sopravvento.
Da quando aveva conosciuto Amy sembrava andare meglio, con lei si sentiva  al sicuro.
Si ritrovò a sorridere amaramente.
Sapeva che di lì a poco tutto sarebbe evaporato.
Sentiva che con il tempo non sarebbe riuscito a reggere il loro rapporto, e questo perché sapeva come sarebbe andata a finire.
Ogni volta che conosceva qualcuno andava bene, all’inizio, ma quando la sua bipolarità arrivava, riusciva ad allontanare tutti, lasciandolo da solo ad affrontare il buio di cui aveva tanta paura. A volte arrivava qualcuno e questo calava un filo a cui Michael si aggrappava per poter uscire anche solo momentaneamente.
Avrebbe voluto dirle delle sue preoccupazioni e che lei in quel momento era diventata quel filo di speranza, ma non c'era volta in cui gli eventi girassero a suo favore.
La sua timidezza spesso lo bloccava.
 Inoltre in quel caso, Amy era la figlia del suo psicologo e non se la sentiva di avvicinarsi troppo.
Si rannicchiò su un fianco e chiuse gli occhi. Dormire era l'unico modo per mettere a tacere i pensieri che gli rimbombavano nella testa.
 
--
 
Amy continuava  saltellare per la camera. Non era andata affatto male e aveva scoperto nuove sfaccettature del suo carattere. Lo poteva definire protettivo ed istintivo.
Inoltre aveva finalmente esplorato la casa che la incuriosiva tanto, pur rischiando di finire spiaccicata al suolo.
Ora che ci pensava, un pensiero totalmente disconnesso dai precedenti prese forma nella sua testa, era tanto riservata quanto curiosa. La sua voglia di scoprire cose nuove era insaziabile e quando si metteva una cosa in testa era difficile rimuoverla. Notò anche che la vicinanza del ragazzo l'aveva resa più socievole ed estroversa. Tentativi infiniti per farla uscire dal guscio da parte di Ty ed Effy erano stati vani, e lui senza neanche volerlo c'era riuscito.
Il suo circolo dei pensieri venne interrotto bruscamente dalla sua suoneria, Amy allungò la mano verso il suo telefono ed accettò la chiamata
 
-Hei- disse la voce maschile dall'altro capo del telefono.
-Ciao Tyler- rispose Amy piatta.
-Possiamo vederci?- chiese titubante, evidentemente agitato.
-Va bene- rispose dopo un attimo di pausa.
-Kensington?-
-Si-
-Okay a tra poco- Amy riattaccò senza rispondergli, non aveva voglia di parlare, non in quel momento e non con lui, più tardi  avrebbe trovato la voglia.
Vide Buster avvicinarsi trotterellando e facendo muovere ritmicamente la lingua penzoloni, si chinò su di lui e cominciò ad accarezzargli il muso schiacciato.
-Vorrei essere te- sbuffò osservandolo, mentre il carlino manteneva una simpatica espressione con la bocca aperta.
 
 
 
--
 
 
 
Tyler mise lo zaino in spalla e si sistemò il colletto della camicia verde, si guardò allo specchio e mise gli occhiali sul naso. Aveva preparato qualcosa per farsi perdonare e sapeva che avrebbe funzionato.
Uscì di casa chiudendo a chiave la porta e salì in macchina, mise in moto e partì verso Kensington Garden.
Amy era vicino al cancello in ferro battuto all'entrata del parco, si stava divertendo a fare dei cerchi d'aria condensata con la bocca, avvolta nel suo giubbotto verde. Si era chiaramente imbambolata perché sobbalzò quando sentì qualcuno toccarle la spalla gentilmente.
Quando si voltò incontrò due grandi occhi verdi.
-Ciao- disse abbassando lo sguardo.
-Ehy- rispose il ragazzo grattandosi la nuca, leggermente imbarazzato.
-Ho una sorpresa per te, per farmi perdonare- spiegò sfregando le mani lungo le cosce per il nervoso, lei gli rivolse uno sguardo curioso.
 Ty era sempre stato particolare per quanto riguardava le sue scuse, usava sempre un oggetto o qualcosa di simile per poter introdurre il suo mini-discorso preparato a tavolino per potersi redimere, e puntualmente con lei... funzionava sempre.
Amy annuì e con la testa lo invitò a camminare, quindi lui la affiancò sfregando le mani tra loro e inumidendosi le labbra screpolate.
Non parlarono per tutto il tragitto. Non lo facevano mai in quelle situazioni, ascoltavano semplicemente il silenzio che si formava tra loro, quasi aspettando che questo si condensasse e prendesse forma solida.
Arrivarono alla solita panchina, ma quando Amy fece per avvicinarsi, Ty la tirò per un braccio e la guidò in uno spiazzo ben nascosto del parco.
Gli alberi circondavano quel piccolo pezzo di terra in modo circolare. Il prato era stato recentemente tagliato e si poteva percepire l'odore dell'erba nell'aria. Amy guardò interrogativa l'amico.
-So che adori i pic-nic e... Ho pensato di farmi perdonare così questa volta- sorrise mettendo le mani in tasca.
-Accetteresti degli ottimi tramezzini, patatine e coca cola?- chiese poi scuotendo lo zaino che aveva sulle spalle.
Amy sorrise e scosse la testa.
-Solo se i tramezzini sono con tonno mozzarella e--
-E pomodoro, come piacciono a te, ovvio- continuò lui.
Si conoscevano troppo bene per tenersi il muso a vicenda.
Amy osservò Tyler sistemare il piccolo telo da pic-nic sul prato per poi sedersi e battere la mano nel posto accanto a sé.
-Vieni qua su- disse guardandola di sottecchi. Lei non parlò e prese posto al suo fianco, sapendo che di lì a poco l'amico avrebbe iniziato a parlare.
Le scuse infatti non tardarono ad arrivare. Tyler tirò fuori dallo zaino una scatoletta ermetica di plastica e la porse alla ragazza.
-Aprila- la incitò.
Lei lo guardò e poi abbassò gli occhi sul contenitore, tolse il coperchio e sorrise ampiamente: torta ai frutti di bosco, la sua preferita.
-Non lo hai fatto davvero- disse sorridendo e spostando la testa dal ragazzo alla fetta di torta, il ragazzo fece spallucce e si schiarì la voce per poter parlare .
-Senti - il discorso aveva ufficialmente preso il via -Mi dispiace davvero tanto, non so cosa mi sia preso ma davvero io tengo a te- sussurrò guardandosi le mani -Volevo solo essere partecipe della tua vita e cercare di proteggerti al meglio. Per me sei come una sorella e non permetterei a nessuno di farti del male... Mi dispiace di essere stato cosi invadente, non me ne sono nemmeno reso conto, scusami davvero-
 Amy lo lasciò finire, posò la torta da un lato e gli mise le braccia al collo.
-Forse sono stata io ad esagerare, è che non mi piaceva la tua insistenza, a volte sei snervante- disse scherzosamente per poi sciogliere l’abbraccio.
-Non pensiamoci più e concentriamoci su quello che hai preparato- sorrise Amy riafferrando la scatola di plastica, attendendo l'arrivo di un cucchiaino per poterla divorare. Ty sorrise a sua volta e scosse la testa facendo muovere i ricci castani .
 
-Sempre la solita- le porse un cucchiaio e la guardò mangiare la sua fetta di torta mentre addentava uno dei suoi tramezzini. Era felice di aver risolto con Amy, ma ora avrebbe dovuto scoprire cosa gli stava nascondendo.


Angolo autrice
Oddio che parto.
Questo capitolo è chilometrico e correggerlo è stato un trip assurdo che non immaginate.
Comunque, spero che vi sia piaciuto e mi scuso tantissimo perché so perfettamente l'infantilità che alcuni pezzi presentano. Purtroppo non posso riscrivere tutto da capo, ma se potessi lo farei immediatamente.
Fatemi sapere cosa ne pensate <3
Ah già, probabilmente cambierò il nome alla storia. "Psycho" è troppo estremo per una storia che vuole essere decisamente più soft. Michael non è pazzo, solo bipolare.
Al momento non ho idee ma prego che me ne vengano.
Okay vi lascio liberi, grazie per l'attenzione! 
-shiver

 

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