Allora scusa, sei meglio tu!

di Valerydell95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Un Magnifico maestro ***
Capitolo 2: *** 2. La prima lezione ***
Capitolo 3: *** 3. Azione e reazione ***



Capitolo 1
*** 1. Un Magnifico maestro ***


 
Dedicata a Elfin Emrys e Achernar,
perché questa me l’hanno appoggiata entrambe XD
 
 GLOSSARIO DEI NOMI
 
Ladonia = Hannes Läckberg
Kugelmugel = Heike Lusenberg
Wy = Kaelin White
Molossia = John C. Siegel
Hutt River = Howard Blackburn
Seborga = Flavio Vargas
Sealand = Peter Kirkland

 
 

Allora scusa, sei meglio tu!
 

1.
Un Magnifico maestro

 

Se c’era una cosa che Hannes detestava con tutto il cuore, quella era essere ignorato. E accadeva sempre più spesso che le altre Micronazioni lo ignorassero.
Com’era successo quella mattina, quando l’avevano piantato in asso mentre raccontava di quelle due ragazzine che si erano picchiate per lui. Be’, magari aveva leggermente ingrandito i fatti, magari raccontare che ad un certo punto era dovuta intervenire persino la polizia perché una delle due aveva tirato fuori un coltello e si era lanciata sulla rivale urlando: “Se Hannes non può essere mio, allora nessun’altra lo avrà!” era stato un pelino troppo, ma che diamine, essere mollato lì a metà discorso e ricevere epiteti come ‘bugiardo’, ‘mitomane’, ‘presuntuoso’, e ‘pallone gonfiato’  era stato un colpo troppo grande per il notevole ego di Ladonia.
“Me la pagheranno cara, lo prometto!”. Hannes borbottava minacce mentre spegneva il Nintendo 3DS. Era talmente nervoso che non aveva nemmeno voglia di fare una partita a Pokémon Y. Doveva assolutamente escogitare un modo per far ricredere quei miscredenti dei suoi amici e cancellare quel sorrisetto strafottente dalla faccia di Peter. In realtà quello tra loro che più lo faceva imbestialire non era Sealand con il suo ghigno, né Wy con il suo atteggiamento da donna adulta, no.
Chi lo urtava di più era Kugelmugel con la sua totale indifferenza. Se ne stava sempre in disparte con il blocco da disegno e la matita e per tirargli fuori una parola bisognava usare le tenaglie. Ogni volta che Ladonia lo chiamava, Kugelmugel non rispondeva e alzava la testa solo dopo tre o quattro tentativi, rivolgendogli uno sguardo che era sempre apatico e trasognato. Per Ladonia era insopportabile, perché era come se Kugelmugel lo guardasse senza vederlo davvero. Quello sguardo lo faceva sentire trasparente e lo faceva infuriare. Gli faceva venire un’insopportabile voglia di afferrare Kugelmugel per quelle spallette sottili e urlargli in faccia: ‘Guardami! Sono davanti a te, stupido idiota! Molla quei maledetti disegni e guardami!’.
Sì, l’indifferenza di Heike lo colpiva più delle battute di Peter e dei rimproveri di Kaelin. Fino a quel momento Hannes non aveva mai creduto al proverbio ‘La noncuranza è il miglior disprezzo’ , secondo lui una frecciata pungente al momento giusto –o un bel pugno in faccia, nei casi più estremi- era uno sfizio da togliersi, ma con Kugelmugel le battute non funzionavano perché lui non lo ascoltava. E qualcosa diceva a Hannes che nemmeno un pugno sarebbe stato utile. Certo, Kugelmugel avrebbe accusato il colpo e l’avrebbe sicuramente restituito, ma a Ladonia non interessava ingaggiare una rissa con lui. Dopo Heike l’avrebbe trattato con la stessa noncuranza di prima, forse anche peggio.
“Ehi, ragazzo! Cos’è quel muso lungo?”.
Ladonia alzò la testa pronto a dirne quattro al rompiscatole ma quando vide chi era sentì le parole mozzarsi in gola.
“P… P-p-p-p-p-p…”.
“Cosa, ragazzo?”.
“… Tu… Lei… Voi… Siete… Non… Io…”.
Prussia incrociò le braccia e sorrise. “Calmati, ragazzo, o ti verrà un attacco di panico.”.
Ladonia non poteva crederci. Prussia era davanti a lui. Il suo idolo, il suo modello, la sua fonte di ispirazione era in piedi davanti a lui. E gli stava parlando. E lui riusciva solo a balbettare come una ragazzina davanti al suo cantante preferito.
“E’… Che… Io… Voi…”.
Prussia si sedette accanto a lui e Ladonia inizò a credere di essere in preda ad un’allucinazione oppure di essersi addormentato sulla panchina e di star sognando. Non poteva credere che Prussia, il leggendario Prussia, fosse davvero seduto vicino a lui.
“Allora, ragazzo, quale è il problema? Perché hai quella faccia scura?”.
Hannes ingoiò a fatica il nodo che gli si era formato in gola e ignorò il fatto che si sentisse il cuore rimbalzargli in bocca. Ora che lo aveva davanti, si rese conto che i poster che aveva a casa non rendevano giustizia a Prussia. Prussia era… Figo. Dannatamente figo. Lo avrebbe affermato senza esitazione né vergogna davanti ad una platea da un milione di persone, lo avrebbe urlato a squarciagola fregandosene del fatto che avrebbero potuto pensare che fosse gay. Non che avesse qualcosa contro i gay, ma aveva una reputazione da sciupafemmine da difendere.
Sì, Prussia era figo, senza se e senza ma. Ladonia non riusciva a capire quale fosse esattamente il tratto che lo rendeva così… Cavolo, così incredibilmente affascinante. Non era lo sguardo, non era il sorriso, non erano la postura o i vestiti. Era piuttosto qualcosa che derivava dall’insieme di tutte quelle cose. Era come una radiazione.
“Allora?”.
“Ecco… Io… Ho un problema… con i miei amici…”.
“Cioè?”.
“… Mi ignorano! O mi ignorano o non mi credono quando racconto le cose! Peter mi prende in giro, Kaelin mi rimprovera come se avessi cinque anni e poi…”.
“E poi?”.
“E poi c’è Kugelmugel che mi ignora. Mi ignora! Mi tratta come se non esistessi, quanto mi dà fastidio! Sta sempre lì con quei cavoli di pastelli a disegnare roba e non mi si fila! Non lo sopporto, con quell’aria… quell’aria supponente da voi-non-valete-niente! E’ odioso, insopportabile, se potessi lo prenderei a schiaffi!”.
Prussia sorrise. “Sai, ragazzo, da come parli qualcuno potrebbe pensare che hai una cotta per lui.”.
Ladonia sentì il cuore fermarsi di botto. “Cosa?! No! A me non interessa quel fricchettone maniaco dell’arte! A me piacciono le ragazze, non i maschi!”.
“E allora perché ti fa così arrabbiare il fatto che ti ignori?”.
“Perché io odio essere ignorato, soprattutto da quello là! E’ arrogante e presuntuoso, ha la puzza sotto al naso!”.
Il sorriso di Prussia si ampliò. “Ho capito tutto.”. Si alzò. “Forza, ragazzo, vieni con me!”.
Ladonia non poté credere alle sue orecchie. “Cosa?!”.
“Ho detto: vieni con me! Dobbiamo risolvere questo spiacevole problema!”.
“Mi aiuterete?! Davvero?!”.
“Dammi del tu, ragazzo! E chiamami ‘maestro’!”.
 
La biblioteca di Prussia era la stanza più bella che Hannes avesse mai visto. C’erano migliaia di libri su decine e decine di scaffali e svariate scrivanie. Alcuni dei libri posati sui leggii erano talmente antichi da avere le pagine sottili come ragnatele, tanto che Ladonia aveva paura di toccarli.
West! Portaci il pranzo in biblioteca, oggi!”.
Nella stanza si affacciò Germania e Ladonia notò che somigliava ben poco al fratello. Era molto meno figo, in verità. Non che fosse brutto: Ladonia sapeva riconoscere la bellezza quando la vedeva e dire che Germania era brutto sarebbe stata una bugia. Però non aveva l’atteggiamento spavaldo e sicuro di Prussia, e questo lo faceva sembrare ai suoi occhi molto meno interessante.
“Perché parli al plurale, bruder? C’è un ospite?”.
“Esatto, West! Il piccolo Ladonia, che da oggi sarà mio allievo!”. Prussia poggiò una mano sulla spalla di Ladonia, che si sentì come se stesse toccando il cielo con un dito.
“… Ah.”. Germania non sembrava troppo convinto. “Vedete di non combinare danni.”.
“Tranquillo, tranquillo! Portaci il pranzo, per favore! Birra per me e succo di mela per il ragazzo! Ti piace il succo di mela, ragazzo?”.
“Tantissimo.”. In realtà Ladonia lo detestava, ma piuttosto che contraddire Prussia si sarebbe strappato la lingua a morsi.
“Va bene.”.
“E ricordati che a me la bistecca piace ben cotta, West!”.
“Sì, sì.”.
Dopo che Germania se ne fu andato Prussia fece accomodare Ladonia su un divano, mentre lui si sedette su una poltrona di fronte a lui.
“Molto bene, ragazzo. Mentre aspettiamo che arrivi il pranzo ti spiegherò cosa faremo. Ti insegnerò come diventare un vero figo.”.
“Come te?!”.
“Esatto, proprio come me! Fidati, ragazzo, dopo queste lezioni nessuno riuscirà più ad ignorarti, tutti penderanno dalle tue labbra e ti basterà schioccare le dita per ottenere tutto ciò che vorrai!”.
Ladonia sentì crescere l’esaltazione. Nessuno l’avrebbe più ignorato, nessuno, nemmeno quel saputello asociale di Kugelmugel! Finalmente avrebbe ottenuto la leadership delle Micronazioni, avrebbe tirato un bel calcio nel didietro a quel mocciosetto di Sealand e Wy non si sarebbe più permessa di trattarlo come un poppante! “Davvero, maestro?!”.
“Però!”. Prussia si fece di colpo serio. “Però devi impegnarti. Non c’è risultato senza applicazione, ricordati. Quindi devi dare tutto te stesso. Sei pronto?”.
“Prontissimo!”.
“Sicuro?”.
“Al cento per cento!”.
“Bravo ragazzo, così ti voglio! Orbene, la prima cosa da fare è…”.
La porta della biblioteca si aprì.
“… è pranzare. Birra calda e carne fredda sono una pessima combinazione, ragazzo, credi a me.”.

  
 
 
 
---------
 
Perché mi sono innamorata delle Micronazioni.
Sul serio, quel gruppo di disadattati mi ha rubato il cuore, soprattutto i quattro piccolini (Sealand, Wy, Kugelmugel e Ladonia). Metteteci in più che Ladonia è di fatto un ibrido tra Inghilterra e Prussia e otterrete questa fanfiction.
Non c’è molto da dire. Spero che leggendo questa storiella vi divertiate e che vi facciate quattro risate così come io mi sto divertendo a scriverla. Perché “A lifetime of adventure” è bella, voi che la leggete ve la godete, ma non potete immaginare quanto sia tosta da scrivere. E quindi una long così leggera e allegra è quello che ci vuole, anche a me. Come avete visto, all’inizio di questo capitolo c’è il glossario dei nomi che ho dato alle Micronazioni, quindi quando leggerete usate quello come riferimento.
Nient’altro da dire. A presto con il prossimo capitolo!

 

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Capitolo 2
*** 2. La prima lezione ***


Allora scusa, sei meglio tu!
 

2.
La prima lezione

 

Il pranzo con Prussia fu uno degli eventi più belli mai capitati a Ladonia. Mangiare salsicce ascoltando Prussia che raccontava le sue gloriose imprese passate sembrava quasi un sogno. Ladonia gongolava come mai aveva fatto, pregustando il momento in cui sarebbe andato dai suoi amici e avrebbe raccontato loro che aveva avuto l’onore di mangiare nientemeno che con Prussia, a casa sua e al suo stesso tavolo. Li avrebbe fatti schiattare d’invidiare tutti quanti, soprattutto quello scemo di Sealand, lui e le sue manie di grandezza e protagonismo.
Finito il pranzo, Prussia regalò a Ladonia un altro motivo per andare in sollucchero offrendogli una fetta della famosa torta Foresta Nera preparata da Germania. Batteva di gran lunga tutti i dolci che preparava Berwald, Ladonia ne era convintissimo.
Dopo aver mangiato il dolce Prussia fece accomodare Ladonia su una poltrona e si sedette davanti a lui sul divano.
“Dunque, ragazzo, facciamo le dovute premesse. Diventare un vero figo non è facile. Scordati sotterfugi e scorciatoie, perché non esistono. C’è solo una strada lunga e difficile, ed è quella che ti indicherò io. Sei pronto a seguirmi?”.
“Sì, maestro!” rispose Ladonia annuendo energicamente. Avrebbe seguito Prussia fin dentro a un vulcano, se gliel’avesse chiesto.
“Molto bene. Iniziamo col dire che ciò che conta, per essere un vero figo, è il saper conquistare gli altri.”.
“Nel senso che devo… far innamorare di me tante persone?”.
“No, non è necessario. In teoria si può fare, ma è faticoso ed è una fatica piuttosto inutile. Per ‘conquistare gli altri’ intendo dire il convincerli che la tua opinione è sempre quella giusta.”.
“Oh, ho capito. E cosa devo fare?”.
“Dunque, per diventare un autentico figo c’è un primo importante passo da fare, che sarà alla base di tutto. Devi far innamorare di te una persona, una e una sola.”.
“Davvero?”.
“Sì, ragazzo.”. Prussia sospirò. “Ma non una persona qualunque.”.
“E perché no, maestro?”.
“Te lo spiego subito. Essere un figo implica anche l’essere elitario e selettivo. Un vero figo sceglie con molta cura le persone con cui si accompagna. Quindi la persona che dovrai far innamorare di te non può essere il primo che passa. Capito, ragazzo?”.
“Sì, maestro!”. Quel discorso era giustissimo. Chissà se uscire con le altre Micronazioni era da fighi… Doveva chiederglielo. “Quindi chi devo fare innamorare di me?”.
Prussia si sporse in avanti. Ladonia era ipnotizzato dai suoi occhi, rossi come rubini. Erano i più magnetici che avesse mai visto.
“Un austriaco.”.
Ladonia sbattè le palpebre e pensò di aver capito male. “C-come, maestro?”.
“Un austriaco. Devi far innamorare di te un austriaco.”.
“E… Scusa, maestro, se mi permetto, ma perché proprio un austriaco?”.
“Perché, vedi, ragazzo, gli austriaci sono degli snobboni. Sono frigidi, bigotti e bacchettoni e hanno la tendenza a fissarsi su una cosa e a perdere di vista tutto il resto. Quindi sedurre un austriaco all’apparenza può sembrare difficile, ma in realtà non lo è, proprio perché non sono affatto contegnosi come sembrano. Sono solo altezzosi, ma in realtà crollano al minimo urto.”.
“Scusa, maestro, ma se è così facile sedurre un austriaco… Non è da fighi, perché potrebbero farlo tutti.”.
Prussia sorrise. “Giusta osservazione, ragazzo! Sei intelligente, questo mi piace.”.
Ladonia si sentì quasi svenire per la gioia. Prussia lo aveva appena elogiato, Prussia! Era tutto così bello! Niente poteva andare storto!
“Ma appunto gli austriaci hanno la tendenza a fissarsi su una cosa e a perdere di vista il resto. La vera sfida non è conquistarne uno ma distoglierlo dalla sua ossessione, dopodiché la strada è tutta in discesa. Mi segui?”.
“Sì, maestro!”.
“Bene! Detto ciò, questo austriaco che tu dovrai sedurre deve essere un uomo, un ragazzo nel tuo caso.”.
“E perché?”.
“Perché con le donne è facile. Le donne austriache sono disperate in quanto i loro uomini appunto sono bacchettoni e ossessionati, quindi sono semplici da conquistare. Gli uomini invece no.”.
“Oooh! Tutto chiaro! Quindi devo andare in Austria, scegliere un ragazzo austriaco e conquistarlo, giusto?”.
“In realtà non serve.”. Prussia sorrise. “Sono certo che tu conosci già un ragazzo austriaco.”.
Hannes si lasciò cadere all’indietro sull’alto schienale della poltrona. Un austriaco, un ragazzo austriaco… No, lui non aveva amici umani…
A meno che…
No, non poteva essere!
“No! Il fricchettone maniaco dell’arte no!”.
Prussia fece un sorriso trionfale. “Proprio lui, ragazzo! Conquista Kugelmugel e tutto il mondo cadrà ai tuoi piedi!”.
“Maestro, non posso! E’… è troppo! E’ impossibile!”.
“Non esiste la parola ‘impossibile’ per un vero figo, cancellala dal tuo vocabolario mentale! Tu puoi conquistare Kugelmugel e lo farai!”.
“Ma quello è pazzo! Non ci sta con la testa, ha qualcosa che non va!”.
“Non è pazzo, è un austriaco, sono tutti così.”.
“Ma… Ma lui… Maestro, quello non sta bene con il cervello, sono sicuro che se provo ad avvicinarmi a lui mi sgozza e usa il mio sangue per dipingere uno dei suoi quadri!”.
“Hai paura?! Non devi avere paura! La paura è per i codardi! Per essere un vero figo non devi aver paura di nulla, men che mai della tua preda, men che mai di un austriaco!”.
“Sì, maestro, però…”.
“Niente ‘però’, ascoltami. Non devi temerlo, la sua è tutta una facciata. Sembra freddo e duro come il ghiaccio, vero? Be’, in realtà è solo la crosta. Dentro è molle come una pesca.”.
“… Kugelmugel, maestro?”.
“Kugelmugel, ragazzo. Sono tutti così.”.
“Anche Austria?”.
Soprattutto Austria.”.
Ladonia sospirò. Gli riusciva difficile credere che dietro a quello sguardo apatico e distante Heike nascondesse un animo accondiscendente. Però poteva anche essere vero, dopotutto non lo conosceva molto bene. E poi lo aveva detto Prussia, quindi doveva essere vero. D’altronde Prussia aveva sedotto Austria, chi meglio di lui poteva sapere certe cose?
“Maestro?”.
“Dimmi, ragazzo.”.
“Come devo fare?”.
“Bravissimo! Questo è lo spirito giusto!”. Prussia gli scompigliò i capelli e Ladonia si sentì la persona più felice del mondo. “Bravo, ragazzo, così ti voglio! Adesso facciamo una pausa e poi ti spiego come fare!”.
 
Sedurre Heike.
Ladonia fissava il suo bicchiere di gazzosa senza sapere cosa fare. Non aveva mai pensato di sedurre qualcuno. Quando, parlando tra Micronazioni, saltava fuori quel genere di discorso lui faceva un sorriso beffardo e liquidava quel tipo di faccende come un’inutile perdita di tempo. In realtà quell’argomento un po’ lo spaventava. Era come affacciarsi a guardare in un burrone. E poi che strana parola, ‘sedurre’… Lui non l’aveva mai usata in vita sua. ‘Abbindolare’, ‘fregare’, ‘fare fesso’: loro Micronazioni dicevano così quando parlavano di qualcuno che si era innamorato, e lo facevano sempre per prenderli in giro e ridere delle cose stupide che facevano i grandi.
Ma ‘sedurre’… Non era una roba da cuoricini, fiorellini e poesiole smielate. Era una cosa seria. Era una cosa da adulti. Era qualcosa di cui non aveva una visione completa ma di cui percepiva la grandezza, grandezza in confronto alla quale si sentiva piccolo e sperduto.
Sarebbe stato in grado di fare una cosa del genere? Secondo Prussia sì. Secondo se stesso… Non ne era sicuro. Forse doveva fare come quando ci si tuffa in mare da una rupe: chiudere gli occhi, prendere aria e lanciarsi.
“Ragazzo?”.
“Eh? Sì, maestro, ero sovrappensiero.”.
“Sei nervoso? Non mentirmi.”.
“… Un po’ sì.”.
“Tranquillo, è normale, lo ero anch’io alla tua età. Vedrai che ti passerà.”. Prussia sorrise dolcemente. Era strano vederlo sorridere in quel modo e Ladonia vide che con quel sorriso Prussia era molto più bello. Dovrebbe sorridere più spesso così.
“Dunque, ragazzo, ora ti spiego quale è la strategia che dovrai usare per conquistare Kugelmugel. Il metodo più efficace è combatterlo con le sue stesse armi.”.
“Cioè?”.
“Ignorarlo. Completamente. Con lui devi essere gelido come la regina delle nevi di una fiaba scandinava. Hai presente?”.
“Sì.”.
“Bene. Devi concedergli meno attenzioni possibili, in tutti i sensi. Fai finta che non esista. Non guardarlo mai, nemmeno quando gli parli, e comunque devi parlargli il meno possibile. Le poche volte in cui gli parlerai dovrai sempre farlo con freddezza e sarcasmo. Non devi mai prendere sul serio quello che dice, nemmeno se ha ragione. Se dice ‘il cielo è azzurro’, tu devi fare una risatina come se avesse appena detto ‘il cielo è verde a righe nere’.”.
Be’, quello era facile. Però gli venne un dubbio. “Ho capito. Ma, maestro…”.
“Dimmi!”.
“Ma se… Mettiamo che lui dopo un po’ s’innamori di me.”.
“Lo farà, ragazzo, togli il condizionale.”.
“Sì. Insomma, se… se provasse a baciarmi cosa dovrei fare? Baciarlo?”.
Nein! Sarebbe un errore grave, gravissimo! Quando proverà a baciarti dovrai scostarti dicendogli ‘Per chi mi hai preso?’ guardandolo dall’alto in basso con disprezzo! Non dovrai concedergli nessun tipo di contatto fisico, mai, nemmeno una stretta di mano!”.
“E se dovessi essere costretto a toccarlo?”.
“Allora devi farlo come se gli stessi facendo un favore! Intesi?".
“Sì. E se provasse a baciarmi più di una volta?”.
“Negati! Negati fino allo stremo! Devi farti desiderare!".
Ecco, l’idea di tenere Kugelmugel sulla corda era molto interessante. “Farmi desiderare.”.
“Certo! Nessuno resiste al fascino del bel tenebroso, ragazzo, ricordalo sempre! Poche parole, atteggiamento distaccato, sguardo gelido: questo è il trucco!”.
Hannes sorrise soddisfatto. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di togliere dalla faccia di Heike quell’odiosa espressione svampita, e se per fare ciò avrebbe dovuto solo comportarsi come gli stava dicendo Prussia… Cavolo, era un invito a nozze!
“Lo farai, ragazzo?”.
“Assolutamente sì, maestro!”.
“Bravo ragazzo! Ora… dovrei avere qui una cosa…”. Prussia frugò tra le carte sul tavolino davanti a lui e tirò fuori un foglio. “Eccolo! Impara a memoria le istruzioni scritte su questo foglio e seguile alla lettera!”.
Hannes prese il foglio dalla mano di Prussia e lo guardò. “Ma… è una poesia?”.
“No, è l’adattamento di una strofa di una vecchia canzone italiana. Dice cose molto sagge.”.
Ladonia si schiarì la voce.
"Prendi un austriaco, trattalo male, lascia che ti aspetti per ore. Non farti vivo e, quando lo chiami, fallo come fosse un favore. Fa’ sentire che è poco importante, dosa bene amore e crudeltà. Cerca di… Eh? Cerca di essere un tenero amante ma fuori dal letto nessuna pietà*. Maestro, che c’entra il letto?”.
“No, no, no, l’ultima frase lasciala stare!”. Prussia tossicchiò. “Sei… Sei troppo piccolo per quelle cose.”.


 
 
 
 
* = adattamento del ritornello della canzone Teorema di Marco Ferradini. Nell’originale si parla di una donna, non di un austriaco XD
 

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Ecco finalmente il secondo capitolo.
Il bello di questa fanfiction è che praticamente si scrive da sola. Non come una certa altra mia long che diavolo, se mi sta facendo sudare *lancia un’occhiataccia a “A lifetime of adventure”*
Quindi diciamo che il prologo è finito. Dal prossimo capitolo in poi si entra nel vivo dell’azione e, credetemi, qualche colpo di scena non mancherà.
A presto!

 

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Capitolo 3
*** 3. Azione e reazione ***


Allora scusa, sei meglio tu!
 

3.
Azione e reazione


 
C’era un luogo che, per quanto fosse immaginario, occupava una posizione speciale nei ricordi peggiori –o migliori, a seconda del punto di vista- di Ladonia, così come in quelli di moltissime altre persone in tutto il mondo. Quel luogo era Silent Hill, la cittadina eternamente immersa nella nebbia e popolata da mostri agghiaccianti scenario dell’omonima serie videoludica. Sebbene non l’avrebbe ammesso neanche sotto tortura e per quanto amasse quella serie, niente era riuscito a spaventare Hannes come avevano fatto Silent Hill e i suoi mostri.
Fino a quel momento.
La camera da letto di Kugelmugel rischiava di surclassare la nebbiosa città e di conquistare lo scettro di ‘luogo reale e/o immaginario più orribile’ nella classifica personale di Ladonia. Era proprio vero quello che diceva Timo, cioè che nella vita c’era sempre di peggio.
L’accozzaglia di colori che costituiva la stanza di Heike avrebbe fatto scappare in preda al panico anche Pyramid Head. Il pavimento era un’improponibile moquette blu elettrico, le pareti erano giallo canarino ed erano chiazzate da macchie di altro colore. E le tende, oh, le tende. C’erano tre finestre nella stanza e ogni finestra aveva una tenda di un colore diverso: verde acido, bianco e rosa acceso. Il soffitto era dipinto con un rosso acceso che fece venire il mal d’occhi a Ladonia dopo un paio di secondi che lo guardava.
Nonostante la stanza fosse grande almeno il doppio di quella di Ladonia, l’arredamento era ridotto all’osso. Una cabina-armadio a quattro ante incassata nel muro e con gli sportelli di vetro dominava una parete, un lungo tavolo con le zampe di metallo e il piano di vetro stava sotto alle finestre. Il pezzo dell’arredamento che più colpiva era però il letto, un enorme letto matrimoniale a baldacchino in stile rococò, con tanto di coperte e cortine di broccato dorate e testiera trapuntata. Quel letto era un autentico pugno nell’occhio, oltre ad essere fuori posto come un tizio in giacca e cravatta ad un concerto heavy metal. Completavano il tutto un’ottomana di velluto viola e ferro battuto posta ai piedi del letto e un comodino nero laccato e con le maniglie di metallo accanto ad esso. Quella stanza era uscita dritta dritta dall’incubo di un interior designer e Hannes, pur intendendosene ben poco, ebbe l’impressione che l’arredamento di quella camera sembrava esser stato raccattato qua e là e assemblato a caso in un calderone di stili ed epoche.
E poi c’era il disordine. Hannes non aveva mai visto una stanza così incasinata e sperava di non vederne mai più. Non c’erano mucchi di abiti in giro, per fortuna, ma il caos spadroneggiava comunque. Il tavolo era ingombro di tele, carte, pennelli sporchi, bicchieri e pezzi di creta, il letto era disfatto. Sul comodino stavano una bottiglia vuota mezza accartocciata e un mucchietto di fogli appallottolati.
No, non posso, portatemi via da qui subito! Non poteva conquistare uno così. Non poteva. Non era una questione di mancanza di volontà, era un fatto genetico. Uno come Heike doveva stare lontano da lui almeno mezzo chilometro. Erano incompatibili su ogni piano.
“Non esiste la parola ‘impossibile’ per un vero figo, cancellala dal tuo vocabolario mentale! Tu puoi conquistare Kugelmugel e lo farai!”.
Già. Ma per Prussia era facile dirlo, aveva tanta esperienza. E poi era alto, bello, carismatico e affascinante.
Ah, ma io non sarò da meno! Non posso arrendermi, Prussia crede in me! E io non lo deluderò!
Hannes si era anche messo in tiro per la grande occasione: jeans aderenti nuovi di pacca e camicia bianca fresca di bucato con i primi due bottoni aperti. Era davvero figo vestito in quella maniera, sarebbe stato bello farsi vedere da Gilbert. Ladonia ricordò con un ghigno quando, il giorno prima, aveva raccontato alle altre Micronazioni di essere stato a pranzo da Prussia. La faccia rossa di rabbia di Sealand, l’espressione incredula di Wy e i complimenti entusiastici di Seborga lo avevano abbondantemente ripagato di tutte le volte in cui gli avevano dato del bugiardo. Ma, con somma irritazione di Ladonia, Heike non aveva reagito in alcun modo. Alla notizia si era limitato a proferire un ‘Ah’ distratto, per poi tornare al suo disegno. Hannes non ci poteva credere. Cosa doveva fare per avere la sua attenzione, camminare sul cornicione di un palazzo con gli occhi bendati?!
“Perché sei rimasto sulla porta?”.
La voce assorta di Kugelmugel lo distolse dai suoi pensieri. Ma perché parlava sempre come se si fosse appena fumato qualcosa?! Era insopportabile!
“Le poche volte in cui gli parlerai dovrai sempre farlo con freddezza e sarcasmo. Non devi mai prendere sul serio quello che dice, nemmeno se ha ragione.”. Gli insegnamenti di Prussia gli riecheggiarono in testa.
“Bel disordine qua dentro.”. Ladonia fece un lieve ghigno tattico. “Troppo preso dal fare il creativo per portare fuori l’immondizia, eh?”. Ahahah, quanto sono bravo a fare il sarcastico! Se ci fosse Prussia sarebbe fiero di me!
“Sono un artista.”. Kugelmugel si sfilò gli stivali e li fece cadere a terra per poi sedersi sul letto a gambe incrociate. “Per creare ho bisogno di essere circondato dall’arte.”.
Certo che questo è fulminato forte… Se per lui avere il tavolo pieno di cartacce era vivere nell’arte, allora doveva avere qualcosa che non andava per forza. “E per te i pennelli sporchi sono arte? Bah, non per essere cattivo, Kugelmugel, ma ti consiglio di parlare con qualcuno.”.
Heike non rispose, troppo preso com’era a fissare –forse- i giochi di colore creati dalla luce sul velluto dell’ottomana. La tentazione di acchiappargli le trecce e strappargliele dalla testa era forte, ma Ladonia si trattenne. Gelido come la regina delle nevi di una fiaba scandinava, Hannes, ricordatelo.
“Perché non ti siedi?”.
“E dove, su quella specie di divano? Grazie, ma non voglio prendermi qualche malattia dalla polvere.”. Mamma mia, sono troppo forte, con questa l’ho steso!
“Dove ti pare. Sull’ottomana, sul letto, per terra.”.
“Resterò in piedi. E accendi la luce, sta diventando buio.”.
“Non ci sono lampadine qui dentro, pensavo l’avessi notato.”.
Ladonia fu preso in contropiede e, ora che ci faceva caso, notò che effettivamente nella stanza non c’era il lampadario, né un’abat-jour o qualsiasi altra fonte di luce artificiale. Quella camera contava sulla sola luce solare.
Ma come diavolo vive, questo?! “Vuoi proprio fare l’originale a tutti i costi, eh? Quale sarà la prossima cosa che eliminerai, l’acqua calda?”.
“La luce artificiale mi distrae.”.
“Sì, in effetti le falene che volano attorno alla lampadina sono davvero deconcentranti.”. No, dai, questa da dove diavolo l’ho tirata fuori?! E’ geniale, me la devo riciclare!
“Ladonia, tu hai mai baciato qualcuno?”.
Fu come se qualcuno gli avesse rovesciato addosso una secchiata d’acqua ghiacciata.
Eh?! Che ha detto?! Ma come diavolo si permetteva di fare certe domande?! Non gli aveva mai dato quella confidenza! E poi cosa gli importava?! “Be’? E a te che importa?”.
“Ma hai mai baciato qualcuno?”. Heike puntò su di lui i suoi strani occhi violacei. Era la prima volta che lo guardava con tanta attenzione e Hannes si sentì in difficoltà.
“Allora?”.
“Cosa?”.
“Hai mai baciato qualcuno?”.
“Certo che sì, ovvio!”.
“Chi?”.
“Come ‘chi’? Ragazze, ovviamente, belle ragazze!”.
“Ah.”.
Meno male, se l’è bevuta! Kugelmugel, così come le altre Micronazioni, non doveva sapere che Hannes Läckberg, contrariamente a ciò che raccontava, non aveva mai dato un bacio in vita sua. Se l’avessero saputo gli avrebbero riso dietro a vita e Ladonia non poteva sopportarlo. “E comunque, Kugelmugel, sono affari miei.”.
“Mh. Però pensavo una cosa.”.
“Tu che pensi? Ragazzi, tiriamo fuori i tramezzini, c’è da far festa!”. Ok, forse quella era stata un pelo troppo crudele, però doveva fargliela pagare per la domanda che gli aveva fatto. “E quindi? Che pensavi?”.
Heike scese dal letto. “Non ti piacerebbe provare qualcosa di diverso?”.
Ma di che cavolo sta parlando? “Ovvero?”.
“Per esempio baciare un altro ragazzo.”.
Il panico s’impossessò di Hannes in un attimo. Quello era pazzo! Come gli saltava in testa di dire certe cose?! “Eh?! Dico, ma sei scemo?! Perché dovrei fare una cosa simile?!”.
Heike non batté ciglio. “Per provare. Che ne sai, magari lo fai e scopri che ti piace di più baciare i ragazzi che le ragazze. Finché non provi non lo sai, no?” spiegò con perfetta calma.
“Tu sei pazzo! A me piacciono le femmine, figurati!”.
“Non puoi saperlo con certezza. Se non hai mai baciato un ragazzo non puoi essere sicuro che non ti piacciano.”.
Ladonia arrossì violentemente. “M-ma che t’importa?! Sono affari miei chi mi piace! E i maschi mi fanno schifo!”.
Heike si avvicinò a lui. “Sei sicuro?”.
“M-ma certo che sono sicuro! Mica siamo tutti duosessuali come te!”.
“Si dice ‘bisessuali’. E poi io non sono bisessuale: a me non interessa il genere di una persona, se quella persona mi piace.”.
“S-senti, questo discorso mi ha stufato, me ne vado a casa!”. Ladonia afferrò la giacca e scappò dalla stanza, mentre le sue guance erano diventate rosse come i suoi capelli.
 
“Sei andato a casa sua?! Ti avevo detto di limitare al minimo i contatti con lui!”. Prussia stava seduto sulla poltrona braccia incrociate battendo ritmicamente il piede sul pavimento. Hannes stava seduto davanti a lui sul divano a testa bassa torcendosi le mani.
“E allora? Spiegami perché hai disobbedito ai miei consigli!”.
“Ecco… Pensavo che andando a casa sua… avrei potuto studiarlo meglio… Bisogna conoscere il proprio nemico, lo hai detto anche tu.”.
“Quando?”.
“Lo hai scritto in un post su Facebook due settimane fa.”.
Gilbert sbuffò. Già, si era dimenticato dei social. “Comunque, l’hai trattato con freddezza e sarcasmo come ti ho spiegato?”.
“Certo.”.
“Bene. Cos’hai scoperto su di lui?”.
“E’ disordinato da morire e ha dei gusti orrendi in fatto di arredamento.”.
“Mmmh… Non ci è di granché aiuto.”.
“Mi dispiace, è che sono scappato dopo cinque mi-“.
Prussia sbarrò gli occhi. “Cos’hai fatto?!”.
“Mi dispiace, è che-”.
 “Sei scappato! Non ci posso credere!”. Gilbert si alzò di scatto camminando su e giù per la stanza. “Cosa ti ho detto ieri?! Per essere un vero figo non devi aver paura di nulla, men che mai della tua preda, e invece sei scappato con la coda fra le gambe!”.
“Ma quello ha iniziato a fare discorsi strani, cosa potevo fare?!”.
Gilbert si fermò. “Discorsi strani? Di che tipo?”.
“Ha iniziato a chiedermi se avevo mai dato un bacio e io gli ho detto di sì, anche se…”. Ladonia tacque e arrossì.
“Cosa?”.
“Anche se… Anche se non è vero. Ho detto una bugia perché mi vergognavo a dirgli che non ho mai baciato nessuno.”.
Prussia sorrise e si sedette accanto a Ladonia passandogli un braccio attorno alle spalle. “Ehi, non c’è da vergognarsi. Ora ti svelerò una cosa: quando ho dato il mio primo bacio ero più grande di te.”.
“Davvero? E a chi l’hai dato, ad Austria?”.
“No, non era lui, era… E’ una storia lunga, te la racconterò presto, promesso. Quindi non devi vergognarti se non hai ancora baciato nessuno. Comunque, dicevi?”.
“Insomma, gli ho detto che ho baciato delle ragazze e lui mi fa ‘eh, ma non ti piacerebbe provare qualcosa di diverso?’ e io ‘tipo?’ e lui ‘tipo baciare un ragazzo’.”.
Prussia inarcò le sopracciglia. “L’ha detto davvero?”.
“Sì! Allora io ho fatto ‘ma perché dovrei, scusa?’ e lui ‘no, per provare, magari poi scopri che ti piace pure di più’ e io ‘ma a me piacciono le ragazze, i maschi non mi piacciono!’ e lui ‘eh, che ne sai, finché non ci provi non lo puoi sapere’ e allora me ne sono andato!”.
Prussia sospirò. La faccenda era diventata di colpo molto più complicata. Ma era mai possibile che ogni volta che prendeva un’iniziativa quello ci si doveva mettere in mezzo?
“Accidenti a lui, che diavolo avrà in mente?” mormorò.
“Cosa?”.
Prussia posò le mani sulle spalle di Ladonia. “Ragazzo, la faccenda è più ingarbugliata di quello che pensavo. E’ una cosa veramente  seria, adesso.”.
“Non capisco…”.
“Ti spiegherò tutto a tempo debito. Ora torna a casa e continua a comportarti con Kugelmugel come ti ho detto ieri. Ho bisogno di stare da solo per riflettere su una strategia.”.
 
Chissà quanto ci metterà Gilbert a capire tutto.
Poco tempo, certamente, al massimo un paio di giorni. Si conoscevano troppo bene, in alcuni momenti era come se si leggessero nel pensiero a vicenda.
Quando Heike gli aveva riferito che Ladonia aveva raccontato di essere stato a pranzo da Prussia, nel suo cervello si era accesa una spia. Gilbert non poteva aver perso l’occasione per “istruire” quel ragazzino a dovere, era poco ma sicuro. Poi Heike aveva confermato i suoi sospetti raccontandogli che Ladonia aveva iniziato a comportarsi in modo strano con lui. Laddove prima lo provocava e lo prendeva in giro, adesso gli parlava a malapena e quando lo faceva si limitava a lanciargli battute che volevano essere pungenti ma che in realtà erano solo stupide, ed era diventato in generale arrogante e spocchioso. Sì, Gilbert ci aveva decisamente messo il suo zampino.
“Secondo te perché lo ha fatto?”.
“Mh?”.
“Perché Prussia si è preso a cuore Hannes?”. Heike posò la tazzina sul piattino. “Voglio dire, perché gli interessa?”.
Austria sorseggiò il tè. “Io credo che Gilbert veda in Ladonia se stesso da ragazzo. Fa così perché, e credo proprio che non sia affatto qualcosa di inconscio, non vuole che a Ladonia succeda la stessa cosa che è capitata a lui.”.
“Cioè?”.
Roderich sorrise. Sapeva di poter parlare di certi argomenti con Heike.
“Vedi, figliolo, io sono… come dire, il primo e unico amante di Gilbert. Posso confermarti con assoluta certezza che non ha mai baciato nessuno tranne me, a dispetto delle fanfaronate che racconta.”.
Provò una punta d’orgoglio nel dirlo. Con Gilbert era stato tutto difficile, terribilmente difficile. Faceva il navigato vantando esperienze amorose al limite dell’inverosimile ma quando Roderich l’aveva baciato per la prima volta, Gilbert era rimasto fermo come una statua, con le mani che gli tremavano. Rod provava sempre una fitta di dolcezza nel ricordare quel bacio ma si guardava bene dal dirlo all’altro.
Per non parlare poi della loro prima volta. Gilbert non ne parlava quasi mai e, le rare volte che lo faceva, non era con piacere. A sentire lui Austria lo aveva sbattuto sul letto e gli aveva strappato la camicia di dosso, ma la realtà era ben diversa. Non era stato nemmeno un rapporto completo, a ben guardare, bensì uno scambio di effusioni, anche se molto appassionato. Erano arrivati al rapporto completo più avanti perché Gilbert non se la sentiva. Prima di quella sera non sapeva assolutamente nulla sulla sessualità in atto pratico e fargli da insegnante era stato il più grande piacere che Roderich avesse mai sperimentato.
“Quindi Prussia vorrebbe che Ladonia avesse il… diciamo, il successo che lui non ha avuto?”.
“Più o meno sì. Questo spiega anche il perché Ladonia abbia preso di mira proprio te.”.
“Perché?”.
 “Perché glielo ha detto Prussia.”. Roderich posò la tazza di tè sul tavolo. “Gilbert vuole portare la sfida ad un piano personale tra me e lui.”.
“Ma voi due state insieme, perché ti sfida?”.
“E’ tipico di Gilbert, l’ha fatto sempre. Mi sarei stupito se non l’avesse fatto. In ogni caso, Heike, non possiamo starcene con le mani in mano mentre quei due esagitati scorrazzano a destra e sinistra, ti pare?”.
“No, non possiamo.”.
“Esatto, figliolo.”. Roderich sorrise. “Non possiamo assolutamente permettercelo.”.
 
 

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Ed ecco finalmente il terzo capitolo di questa storiella!
Be’, che dire? Qualcosa si sta muovendo dall’altra parte della barricata e le forza in campo sono cambiate, e non di poco!
Nient’altro da dire. A presto con il quarto capitolo!

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