DamaDemone e BambolaRotta

di Mies
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** DamaDemone e BambolaRotta ***
Capitolo 2: *** Fiore Bruciato ***
Capitolo 3: *** Rebirth ***



Capitolo 1
*** DamaDemone e BambolaRotta ***


Doveva essere già tardi quella notte…

Ma era impossibile sapere esattamente l’ora… tutti gli orologi erano stati spaccati, e una torre decadente era stata eretta con i loro miseri scheletri… già da qualche anno.

Alla Dama Demone piaceva quell’aria disperata che irradiava il lugubre monumento, illuminato da luci rosse&viola scuro… le piaceva pensare che non c’era più tempo da tenere sotto controllo… o da cui essere controllati.

Accanto alla torre c’era la vecchia cattedrale… Notre Dame de Paris… così dicevano le leggende… era stata scoperchiata&al posto del tetto avevano creato un’immensa voliera di ossa.

Dentro c’erano strane creature… non aveva mai capito cosa contenesse… certo le urla che ne provenivano non erano rassicuranti.

L’aria era fredda quella notte.

Parigi era una città così maledettamente gelida… ma era bella.

Avrebbe vissuto altrove se solo il suo inspiegabile fascino non l’avesse estasiata a tal punto.

Il cielo era nero, ma delle strane nubi arancioni orlavano una luna pallida&malaticcia.

Accanto a lei non c’era nessuno… era sola mentre rimirava quel panorama desolato.

Quanto mancava alla fine?

Non lo sapeva… per quello gli orologi erano stati rotti… dimentichiamo… dimentichiamo la fine di tutto.

Incominciava ad avere freddo, a sentirlo dentro tutto il corpo.

I suoi stracci neri di pizzo non potevano ripararla più di tanto.

Si alzò in piedi.

La lunga gonna sbrindellata a strisce di pelle nera lasciavano intravedere le cosce strette in cinghie di vecchio cuoio, i grandi stivali borchiati.

I capelli scuri le arrivavano sino alla vita, bellissimi, leggermente ondulati… e talmente folti da parere sintetici.

Sembrava uno spettro mentre camminava sulla terrazza solitaria del grattacielo… quella strana creatura con due ali di tulle bruciacchiato sulla schiena.

Rientrò dentro.

La musica assordante cercò di stordirla… il cantante semispogliato sul palco le sorrideva, ammicando.

Lo ignorò, andò avanti.

Che disgusto…

Odiava… li odiava tutti… quei corpi che si intrecciavano davanti a lei, contorcendosi… tremando dal piacere… lanciando convulsi gridi.

Sesso, droga… forse l’alcool… c’era qualcos’altro per loro..?

Li odiava.. li odiava proprio tutti… o forse in realtà non gliene fregava di nessuno.

Qualcuno la fermò.

Sentì un tocco morbido di una mano sul suo seno, fasciato da un vecchio corpetto, il calore invadente di un corpo estraneo contro il suo..

“Padrona… Regina… Signora… unitevi a noi, almeno questa notte… mia Dama… guardate..!” le disse l’uomo dai capelli ramati, indicandole qualcosa.

Una ragazzina… bella.

L’immagine del terrore… così spaurita, tremante, orgogliosa… le lacrime che sulle ciglia non si decidevano a precipitare… il vestito strappato… la pelle rosea sporcata da un livido fra le magre gambe… una di quelle campanule di campo che muoiono dopo essere state strappate via.

“Sarà la sua prima volta… parteciperete?”

Lo guardò in faccia… gli occhi nocciola immensamente pieni di disprezzo.

Ma Lei doveva condurre il gioco.

Lei era stata scelta per comandare.

“No… non questa notte” rispose.

Andò via.

Superò la piscina di sangue… quella d’oro… quella d’argento.

Entrò da una porta massiccia di liscio ebano.

Il silenzio era totale.

Accese la luce… soffusa… tutt’altro che accecante.

Un ragazzo sedeva sul divano di quel grande salone.

I lineamenti erano delicati, alquanto femminili… le labbra ben fatte rigide in una smorfia d’indifferenza totale, i capelli di un castano sbiadito raccolti in una coda sottile.

Gli occhi… così disillusi.

Lo sguardo disarmante… la lacerava essere fissata da lui.

“Amore” gli sussurrò, dolcemente.

Gli occhi di lei divennero dolci… così diversi improvvisamente.

Si chinò per baciarlo.

Lui non si mosse, senza rispondere al bacio così delicato.

Faceva tenerezza.

Indossava un maglione un po’ troppo largo per lui, a righe orizzontali rosse&nere, e jeans strappati.

Sedeva immobile, con le mani sulle ginocchia.

“Dal colore delle nuvole direi che manca poco all’Apocalisse… tra un po’ finirà tutto”

Lui girò il collo&la fissò.

Poi ritornò a guardare davanti a se.

“Vuoi bere?”

Lui non rispose, senza neppure muoversi.

La Dama Demone prese due calici, una bottiglia di vino rosso.

Gli si sedette in braccio, centellinando il liquido che le macchiava la rosea bocca.

Lo guardava come se fosse la cosa più importante al mondo.

Per lei… lo era.

Il cuore le batteva troppo veloce… come le lancette di un pendolo rotto.

“Fai l’amore con me” gli sussurrò.

Lui obbedì, mentre lei lo stringeva forte, lui meccanicamente le slacciava gli indumenti tinti di nero&amaranto scuro.

“Ti amo… ti amo”

Sussurrava… piangeva… gridava.

Una risata.

“Chi c’è…?!” chiese rabbiosa.

Col pugno chiuso si asciugò le lacrime.

Ma la matita sbavando le aveva segnato le guance di gocce nere.

Una bambina avanzò dall’oscurità.

Improvvisamente un odio violento&malcelato si accese negli occhi della Dama, mentre avidamente carezzava le labbra seriche di lui con le dita.

“Buonasera, Signora. La notte oggi è abbastanza silenziosa da placare la vostra ira?” disse la fanciulla inclinando dolcemente il capo verso sinistra.

I capelli neri&a caschetto trattenuti da una fascia bianca le ricaddero sul visetto pulito.

“Al contrario… il silenzio non fa che ingrandirla” rispose la donna, mettendosi sulle gambe del ragazzo in modo tale da dargli le spalle.

Si riallacciò il corpetto sbrindellato dalle stecche d’osso, poi presa un po’ di polvere bianca da un sacchetto la dispose sistematicamente su un tavolo di cristallo.

“Non mi inviti a sedere?” chiese la bimba.

Era ancora lontana dagli alti due, ma la Dama la vedeva chiaramente.

Aveva un aspetto ordinato, a prima vista.

Il suo corpo infantile era coperto da un ordinario scamiciato a quadri bianchi&celesti… ma sul petto vi era scritto qualcosa col sangue.

“Killer”

E non era una scrittura da bambina.

C’era qualcosa di sbagliato in lei.

Forse… forse era in quella macchia cremisi schizzata di sangue fresca sulle calze candide, vicino alle caviglie.

E poi… teneva qualcosa nelle mani nascoste dietro la schiena… due grandi gigli bianchi.

“Fai quello che vuoi. L’hai sempre fatto…” la donna scoppiò a ridere freneticamente.

Il ragazzo non parlava.

Lei si inchinò per sniffare la sabbia mortale.

“Non vuoi neppure vedere i doni che ti ho portato?”

Lei rise ancora.

“No… ma puoi prendere un po’ di questa se vuoi… è polvere di stelle, sai?- rise- Anzi… sai… forse mi interessa. Fammi vedere…!”

Si alzò in piedi.

Era tutto confuso.

Era tutto distorto.

Solo la bambina rimaneva chiara in quel fondale malsano arancione&nero.

La piccola tirò fuori le braccia, coperte di tagli aperti… ma non perdeva sangue.

E nelle mani stringeva i due fiori pallidi&un coltellaccio da film horror sproporzionatamente grande per lei.

Anche la bellissima Dama la sovrastava, a pochi centimetri distante.

“Ma bene… sei monotona con i tuoi doni…”

“Oh… forse se TU ad avere una mente ripetitiva… chi ti dice che io sia veramente qua ad offrirti una scelta?”

Lei rise.

Ormai gli occhi erano opachi.

“TROPPA DROGA… forse è vero… troppa… TROPPA DROGA…!! … ma dimmi… cosa vuoi darmi allora..? hai scelto, dannata ipocrita?…NO…?! scelgo io per te..”

prese il coltello&lo poggiò, così ghiacciato, sulla sua gola cosparsa di lividi.

Fu la bambina a ridere.

E tolto il coltello le sfiorò i capelli con quei grandi petali.

Puntò l’arma verso il ragazzo immobile.

“SMETTILA...!DANNATA!DANNATA! Devi finirla… TU dovresti morire… l’hai già preso una volta…! NON TI BASTA?!”

Scosse la testa, scrutandola con quegli occhi innocenti.

“Allora prendi ME… Perché non mi vuoi…?! Non sono abbastanza splendente per te..? non sono abbastanza affascinante?!”

“Non quanto lui. Lo VOGLIO”

“No… non di nuovo..” rispose lei, pazza, con le orbita sbiancate, il corpo che languido&sfinito ricadeva su quello di lui.

Ma il collo di lui si piegò completamente di lato, accompagnato da un forte CRACK.

Dalle labbra uscì un rivoletto di un colore scuro.

“Oh. Sono finite le pile”

Non era sangue… era olio.

La bimba rise così di gusto che rieccheggiò in tutta la sala.

“Hai visto? Non puoi cercare d’imitarmi!” le disse.

“Si che posso”

Aprì una porta.

Ce n’erano a decine.

Tutti uguali.

Gli stessi occhi depressi.

Gli stessi capelli incolti.

“E’ ancora con me… non sei riuscita a portarmelo via. Mi amerà per sempre”

“Arrenditi… arrenditi all’evidenza! Non è tuo!… forse non lo è mai stato!”

“TACI!…- abbracciò una delle bambole- Egli mi ama”

“Sei pazza… non credo ti prenderò mai con me. Sei troppo squallida&… vuota. Non sei niente confronto a lui. Non te lo meriti… per questo te l’ho portato via”

La donna rimase a scrutarla con disprezzo.

“Io… non avrei… MAI pensato… che tu fossi così scontata. Alla fin fine sei proprio una bambina che butta su questa terra i vecchi pupazzi. Sei una schifosa sfruttatrice. Dovresti morire”

“Non posso! Come potrebbe morire la vita?!”

“Se non può, credimi… dovrebbe”

“Nessuno può sfuggirmi… neanche io posso sfuggire a me stessa”

“Non credo sia così difficile, invece” le disse la Dama.

E poi bevve da una fiaschetta gialla.

E subito la pelle le diventò violacea.

“NO! Vieni qua! TI CURERO’ IO!” urlò la bambina.

Ma lei corse… corse in fretta, spalancò le grandi porte d’ebano, arrivò dove gli altri godevano della lussuria.

Si girò, prima di buttarsi.

“Hai perso il pezzo più importante della scacchiera. Tu hai ucciso il re… ed ora la regina si sacrificherà per lui”

E si buttò.

E cadde.

Cadde in una immensa piscina di sangue caldo, dove venivano torturati&stuprati migliaia di esseri.

Qualche cortigiano ne portò all’asciutto il corpo.

Controllarono il battito.

“E’ morta” dissero.

Ributtarono il cadavere nel sangue.

“Chi comanda ora?”

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Capitolo 2
*** Fiore Bruciato ***


La creatura dalle ali bruciacchiate resuscitava ogni mattina, quando usciva dal bozzolo rassicurante delle sua coperte e scacciava dagli occhi le ultime briciole di sonno. Ogni giorno era uguale a quello precedente e a quello prima ancora; ogni notte era l’oblio caldo e quieto della felicità del non dover pensare.
Andava avanti così, la piccola creatura, a non pensare.
A non voler pensare, né vedere, né rendersi conto che era il momento di aprire quelle ali a pezzi e spiccare il volo, andare via da quella nebbia soffocante.
Come ogni mattina si alzava, faceva colazione, si vestiva e poi usciva.
Indossava curiosi cappelli di terre straniere, abiti che non le appartenevano del tutto, e poi sola usciva in strada.
E per le strade camminava sola, come sola lo era sempre stata, senza il suo particolare modo di intendere la famiglia.
Preferiva non chiedersi se la sua vita fosse veramente felice, completa, vivida quanto il divampare del fuoco; preferiva andare avanti e convincersi che, in realtà, stava solo sognando.
Le sembrava, effettivamente, di vivere sempre lo stesso incubo piatto.
E così mentre la creatura pensava di sognare, una piccola parte di lei sognava dentro un sogno.. perché una piccola parte di lei, quella nascosta e tenuta segreta per un amor proprio cieco e stupido, quella si, che desiderava fuggire, e ad ogni occasione cercava di saltare fuori.
Un giorno come tanti altri, l’essere alato camminò solo per le strade come tutte le altre mattine, che ci fosse sole o pioggia, indossando maglioni consunti e cappelli colorati di lana; ma quando arrivò alla sua meta quotidiana, qualcosa la svegliò dal suo incubo ricorrente.
Un ragazzo.
Un ragazzo con le ali, come lei.
Ma era in un certo senso diverso da lei, e forse per questo inizialmente non era stato in grado di vedere quelle ali, grandi e forti, sicure e protettive.
Quando la fanciulla dalle ali spezzate le vide e capì, allora ci furono le lacrime, e i sorrisi.
Ci fu il pianto di un neonato quando respira per la prima volta, il sorriso di una madre che riceve un bacio dal suo bambino, ci fu lo sconvolgente inizio di una passione forte, di un fuoco inestinguibile che era stato a lungo celato, ci fu la fatica del dover risalire un baratro nero e terrificante, costruito con così tanta fatica, ci fu la grande, tremenda disperazione di dover lasciare quella vecchia casa piena di fantasmi e andare verso quella luce forte e splendente.
Ma lei non ebbe bisogno di correre dal ragazzo.
No, fu lui ad andarle incontro.
La sollevò da terra e l’aiutò a volare ancora, anzi, la aiutò a volare per davvero.
E quando la creatura dalle ali bruciacchiate riuscì a vedere, sorrise, sorrise col più puro e radioso dei sentimenti in tutta la sua essenza infuocata, e il suo sguardo si specchiò nei limpidi occhi dorati che più volte aveva scorto quella piccola parte di lei quando la notte poteva sognare dentro il sogno.
Ed ora?
Ora c’erano ancora i sogni?
No.
Non c’erano più sogni né illusioni.
C’erano il sorriso della creatura e le ali del ragazzo.
E quando la piccola fata malconcia si avvicinò per abbracciare il ragazzo, vide che quelle ali avevano tante cicatrici e pianse nel sapere che aveva trovato la sua perduta nemesi.
E mentre le lacrime bagnavano quel volto sorridente, la creatura tolse dalla sua schiena liscia e vellutata le due ali bruciate, le mise in una deliziosa scatola a forma di cuore e ne fece dono al suo sposo.
Poi il ragazzo la portò in un regno fatto di luce, in un piccolo scrigno argentato del quale le donò la chiave, e finalmente la creatura sorrise.
E quando i due si tolsero le loro ali malconce, poterono finalmente amarsi.
E in quel momento la creatura sorrise e scoprì di essere non più una piccola fata senza ali, ma semplicemente una donna.
E non smise mai più di sorridere.




***

Volevo ringraziare tutte le gentilissime recensioni delle lettrici passate di qui :) grazie di cuore, mi avete resa molto felice!

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Capitolo 3
*** Rebirth ***


La creatura senza ali sorrideva ogni giorno al sole nascente, ma si nascondeva dalla notte e in tal modo non poteva soffrire.

Ma tanti mesi dopo, quando ormai era la regina di quel piccolo scrigno argentato, vide la luna e le stelle, e soprattutto il nero infinito del cielo. E la principessa calzata di seriche babbucce iniziò a tremare, a piangere con la rabbia e la violenza che l’avevano caratterizzata quando possedeva le ali bruciate. E a nulla valsero le parole diplomatiche e suadenti del re.

Da quando lei aveva scorto la notte e la sua essenza sublime, non riusciva a dormire e a consolarsi. Voleva toccare il cielo e andare oltre il giorno. Ma non aveva le ali, le aveva buttate via e le rimaneva solo quella chiavetta inutilizzata.

Un giorno la principessa non riuscì più a sorridere, e non trovava felicità in quei fiori edulcorati del suo giardino. Scoprì di essere sola, perché il re non gradiva la sua compagnia quando era oscurata dai pensieri lunari, e pianse ancora.

Fu così, che spinta dalla solitudine, la principessa vagò per le mille stanze del suo castello, e in una di queste, buia e remota, trovò la scatola a forma di cuore ormai scolorita.

Indossò di nuovo le ali, e il tulle bruciato subito si rianimò a nuova vita, e un’ombra di sorriso comparve sul suo volto stanco.

Aspettò la notte, e quando giunse il buio, scivolò via dal castello camminando da sola sull’erba umida. Avvolta in velluti multicolori e in splendide scarpette rosse avanzò nella pianura, e si sorprese nello scoprire quanto fosse spoglia e brulla la terra accanto al maniero. Si girò, una volta arrivata lontana, e vedendo quanto fosse nero e cupo il castello non pianse lacrime e non dispensò sorrisi.

Durante la sua marcia incontrava il suo popolo, ed erano creature tristi, vestite di stracci e polvere. La principessa parlò con tutti i viandanti che incontrava sulla sua strada, e tutti si lamentarono, senza sapere la sua identità regale, che i sovrani li avessero trascurati.

E ne vide tante di persone nel suo lungo cammino: bambini affamati, ragazzi e ragazze di cui credeva di ricordare i volti. Intravide due fanciulle sue coetanee che sostavano in un prato, l’una dalle chiome nere e il viso di porcellana, l’altra vestita di bianco coi teneri occhi a mandorla.

La principessa avrebbe tanto desiderato parlarci, ma i loro sguardi la fecero indietreggiare.

Dopo poco, il suo tragitto sempre più raramente incrociava gli abitanti dello scrigno, ma lei continuò senza indugio. Infine, dopo tanti giorni, incontrò un ragazzo esile.

Cosa fai qui da solo?” domandò la principessa, scorgendo quel giovane viso delicato e smunto.

Sto aspettando.- le disse, guardandola nel profondo coi suoi occhi blu- e tu, dove vai con quelle scarpe tutte consumate?”

La fanciulla abbassò lo sguardo, e vide che portava ai piedi nient’altro che degli stracci mangiati. Così si tolse gli abiti ingombranti rivelando le antiche ali, e con le stoffe pregiate si fabbricò dei modesti calzari.

Il ragazzo le sorrise, ed estasiato ammirò le sue ali, accarezzandole leggermente.

Come ti chiami?” gli domandò la regina scalza, accarezzandogli la folta chioma corvina.

Ho tanti nomi. Ispirazione, musa, arte… sto solo aspettando qualcuno che mi chiami per davvero e mi voglia con se”

La principessa sorrise e mormorò: “Allora da oggi il tuo nome sarà Musica!”

Grazie” rispose il fanciullo e avvicinatosi, la baciò sulle labbra.

Ma quando la ragazza riaprì gli occhi, pur sentendo una forte sensazione di calore,si ritrovò sola.

Le ore passarono, e di nuovo si manifestò la notte irregolare. La fanciulla sperduta si rannicchiò contro un cespuglio e pensò che il buio fosse stato chiamato dall’ira del re.

Dentro di lei però sapeva che per fortuna, lui non sarebbe mai uscito a cercarla in quelle lande sperdute.

Durante la notte, all’improvviso sentì dei sussurri e si svegliò spaventata.

Poco avanti a lei, una bellissima donna la fissava supina, con uno sguardo di brace e le vesti viola cangianti. Aveva i lineamenti affilati e selvaggi sporcati di nero, le labbra tinte di rosso acceso, e un sorriso malefico.

Principessa non avere paura- le disse- Voglio solo aiutarvi”

La fanciulla tremò, e poi riuscì a rispondere.

Chi siete? Come sapete chi sono?”

La donna sorrise, superba, e si alzò in piedi su tacchi vertiginosi.

Io sarò la tua guida, e ti aiuterò a fuggire dallo scrigno d’argento”

Ma io non ho bisogno di te, tra poco sono sicura che ne uscirò fuori”

Bambina- le disse, accarezzandole il volto- Da ora in poi la notte sarà eterna e non riuscirai a scappare. Se non mi segui ti aspettano solo due vie: la resa o la morte”

La principessa allora si alzò a sua volta, e orgogliosamente la fissò terrorizzata da quegli occhi crudeli.

Iniziarono il loro cammino sotto le intemperie, e la Dama si muoveva con sicurezza. Al risveglio dai suoi riposi però, la regina vedeva che le unghie e le labbra della sua Guida erano sporche di sangue, e mostrava spesso ferite.

Non capiva perché la donna le fosse così fedele, ma era evidente che la proteggesse.

Finalmente dopo tanti, tanti giorni arrivarono alla fine dello scrigno. E allora la principessa ebbe paura, perché lo strapiombo che dovevano risalire era immenso e scosceso.

Si girò verso la Dama, e la guardò di nuovo negli occhi come abissi.

Siamo dunque arrivate. Perché vuoi fuggire? Cosa ti attende nello scrigno?”

La donna le sorrise per la prima volta, anche se mestamente.

Voglio scappare con te. Qui, c’è solo solitudine e distruzione, mentre io cerco la vita e la salvezza. Io cerco la redenzione per i miei lunghi peccati”

La principessa le sorrise, le diede la mano e coraggiosamente iniziarono la lunga ascesa su quel bordo d’argento.

Faticarono a lungo e più volte la fanciulla rischiò di cadere e si graffiò il corpo immacolato, ma non indietreggiò mai.

E così, la fanciulla arrivò a vedere la fine del dirupo.

A quel punto, fu la Dama che non aveva mai vacillato a scivolare.

Mentre la compagna chiedeva aiuto aggrappata a una roccia, la principessa arrivò all’estremità del burrone e in fretta le porse la mano per salvarsi.

La donna selvaggia le sorrise, e afferrò la sua mano. Ma proprio all’ultimo istante, quando faticosamente Lei la stava issando al sicuro, la Dama si sporse per baciarla e si lasciò cadere con un sorriso.

La fanciulla rimase sconvolta da quella disgrazia, ma mentre piangeva e vedeva ancora il nero castello, sentì il peso della chiave nel taschino e strofinandosi gli occhi si rialzò ancora.

Si trovò davanti a una porticina rossa, marchiata da uno strano cuore con triangolo.

La principessa infilò la chiave e la girò.


La foresta si chinò su di lei appena la porticina si spalancò e neri rami si sporsero per afferrarla. Ma quando la fanciulla credeva di essere ormai vinta dal terrore e dal male, due presenze intangibile intervennero per salvarla, e lei intravide nel bagliore Musica e Dama che combattevano per lei.

Una volta a terra si accorse che, anche se gli alberi non la molestavano, non c’era più strada o sentiero. All’inizio si sentì sperduta,ma decise di andare avanti guidata dal proprio istinto.

Fu molto difficile per la principessa decaduta avventurarsi da sola nel bosco, ma incontrò nuovi amici che proseguirono con lei e giunsero tutti insieme alla fine della foresta.


Passarono i mesi, e la ragazza che viveva felice in una grande cittadina, seppe che il re dello scrigno era diventato Tiranno, e che viveva in miseria preda della sua solitudine.

Lei non soffriva più per il proprio passato, e viveva ogni giorno con nuova gioia, godendosi le piccole felicità e i dettagli di quel suo nuovo presente.

La notte non la spaventava più e anzi, le piaceva uscire col buio e partecipare alle feste che prima non aveva potuto mai frequentare.

Fu proprio col favore delle tenebre ormai amiche che incontrò il cavaliere.

Tra tanti volti amici, ne vide uno più bello di tutti i cui occhi parlavano non di guerra ma di amore.

Vestiva elegantemente, ma non parlava con vani discorsi e non le tendeva trappole.

L’uomo si mostrava com’era senza vergogna, e per quello che era la voleva conquistare.

Voi siete il cavaliere?- gli domandò la ragazza- vi ho scorto molte altre volte ma non avevo il coraggio di parlarvi”

Lui le sorrise dolcemente.

Si sono io, non abbiate timore”

Ma non portate spade con voi. Non è questo il vostro mestiere?” domandò la fanciulla imbronciata.

Io combatto solo per proteggere me e chi amo, non i fantasmi” rispose quello,e molto eloquentemente le poggiò una mano sulla sua.

E ditemi cavaliere… vi piacciono i sogni?” domandò lei ancora, ma con gli occhi raggianti di felicità.

Si, io amo i sogni. E sapete, piccola fanciulla, i miei sono proprio uguali ai vostri”

E il ragazzo sorrise così dolcemente e fu così bello agli occhi di Lei, che gli donò un bacio e parte del suo cuore.

E in quel momento, la ragazza vide il suo riflesso nella luna, e si accorse che non solo le sue ali erano diventate splendide e intessute d’argento, ma che il suo corpo e il suo viso erano quelli della Dama Selvaggia. Solo che i suoi occhi erano pieni di amore e sorridevano al mondo.

Così i due ragazzi si presero le mani e si unirono agli altri amici e vissero per sempre felici e contenti.






***

Volevo ringraziare i lettori e i recensitori :) Grazie mille!

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