Cuori in Tempesta

di Fede Seminara
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ricordi. ***
Capitolo 2: *** Un vecchio amico ***
Capitolo 3: *** Uno strano cambiamento. ***
Capitolo 4: *** Il suo arrivo. ***
Capitolo 5: *** Una spiacevole sorpresa. ***
Capitolo 6: *** Il mio soldato ***
Capitolo 7: *** Confusione ***
Capitolo 8: *** I sospiri del mio cuore ***
Capitolo 9: *** La Proposta ***
Capitolo 10: *** La nuova apparizione ***
Capitolo 11: *** Il mio errore ***
Capitolo 12: *** La sua Paura ***
Capitolo 13: *** "Ricordati chi sei" ***
Capitolo 14: *** Perchè mi importa di te! ***
Capitolo 15: *** "Buon Natale" ***
Capitolo 16: *** "La Sorpresa" ***
Capitolo 17: *** "Il dispiacere" ***



Capitolo 1
*** Ricordi. ***


Capitolo 1
Il cielo era tremendamente scuro quel lunedì di Dicembre, minacciava pioggia e l’aria era gelida e pungente, tanto da riuscire a togliermi il fiato. Infreddolito, tirai su il finestrino della mia amata Impala, rabbrividendo di tanto in tanto. Non amavo per niente l’inverno, per me era solo una stagione inutile, dove il mondo, già morto di per sé, perde quel poco di armonia che gli é rimasta. La natura muore, la luce del sole lascia spazio alle tenebre e il freddo invade ogni cosa, anche i cuori della gente.
Quel lunedì, il freddo aveva raggiunto anche il mio di cuore, ormai distrutto a causa di tutti quei duri colpi che avevo dovuto inevitabilmente incassare.
Tristemente, voltai lo sguardo sul sedile del passeggero, vuoto anch’esso come la mia anima in quel momento. Sospirai debolmente, osservando il mio respiro gelarsi nell’aria.
- Mi dispiace Sammy!- esclamai carico di dolore, lasciandomi sfuggire una piccola lacrima.Mio fratello era tutto per me, era il motivo per cui mi alzavo felice la mattina e quello per cui sorridevo prima di addormentarmi la notte. Sam era la parte migliore di me, quella più vera, quella che ricordava a me stesso il significato della parola “famiglia”. Lui era la mia ancora di salvezza, sempre pronto a rialzarmi ogni qualvolta io cadessi, ma quel giorno … quel giorno lui non era lì con me. Tutto ciò che riuscivo ad udire in quel maledettissimo silenzio, era il battito straziato di ciò che restava del mio cuore.
Ogni notte, dal momento in cui Sam aveva deciso di allontanarsi da me, non facevo altro che rimpiangere il giorno in cui mio padre fece il patto con quel bastardo di un demone. Non era così che sarebbero dovute andare le cose!. Mio padre aveva dato la sua vita in cambio della mia e questo, a distanza di anni, ancora non riuscivo a perdonarmelo.
Prima di morire mi fece promettere che mi sarei per sempre preso cura di Sam, ed è quello che ho fatto ogni giorno. Ho lottato per il mio fratellino fino allo sfinimento, fino all’ultima goccia di sangue, per poi capire che non sarebbe mai bastato.  La verità è che io ero l’ultima persona in grado di proteggerne un’altra, specialmente Sam. Più provavo a tenerlo al sicuro, più lo spingevo  sull’orlo di un precipizio.
Spesso, durante molte delle nostre litigate, Sammy mi urlava di essere un casino, diceva che la colpa di tutti i nostri problemi  era lui stesso e che avrei fatto la cosa più giusta se lo avessi ucciso. In quelle occasioni cercavo di mostrarmi forte, rigido e si, anche bastardo e gli ripetevo che ciò che stava dicendo era pura follia. Ripetevo che tutto si sarebbe presto risolto, anche se in fondo al cuore sapevo di mentire.
Sam credeva in me fin da quando eravamo piccoli, dal giorno stesso in cui lo portai via dalle fiamme.  Ricordo ancora quel giorno come se fosse ieri, lo tenevo stretto tra le mie braccia, mentre l’odore del fumo invadeva i miei polmoni  e appannava la mia vista. Lui era lì, con la sua piccola testolina appoggiata al mio petto, mentre terrorizzato , mi facevo largo tra le fiamme.
Sorrisi a quel doloroso ricordo, mentre altre lacrime scorrevano incontrollate  lungo il mio viso.
- Idiota!- urlai a me stesso furioso, maledicendomi pesantemente.Ero un fallito, un uomo senza valore, incapace di proteggere le persone che amava.  Tutti coloro che mi stavano accanto, in un modo o in un altro morivano.
La solitudine era il mio passato, il mio presente e sarebbe stata anche il mio futuro. Io non ero un uomo come tutti gli altri e amare qualcuno significava metterlo in pericolo. 
Improvvisamente, il mio cellulare squillò riportandomi alla realtà. Mi affrettai a rispondere, sperando che fosse Sam, ma quando afferrai l’oggetto, lessi sul Display Bobby. Amareggiato, risposi.
- Dean, stupido idiota che cosa hai combinato?!- mi urlò infuriato.
-A cosa ti riferisci!?!- domandai stanco dei suoi continui rimproveri.
- Ho sentito Sam, era piuttosto arrabbiato!- rispose.
- Ti ha detto dove è andato!?!- chiesi preoccupato.
- No, speravo che me lo dicessi tu!- urlò spazientito.
- Se mi urli contro non risolvi nulla Bobby!- dissi irritato.
- Non risolvo!?! Appena ti vedo ti prendo a calci in culo Dean, puoi scommetterci!-
- Non sarai troppo gentile!?!- domandai.
- Come sempre. Dai, raggiungimi, dobbiamo parlare!-
-Arrivo!- dissi prima di attaccare.Preoccupato al pensiero di Sam solo e vulnerabile, lanciai con violenza il cellulare, facendolo rimbalzare all’interno della Baby.
- Maledizione Sam!- urlai colpendo violentemente il volante.Senza perdere altro tempo, pigiai forte il piede sull’acceleratore, ascoltando con gioia il rombo d’amore della mia piccola.

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Capitolo 2
*** Un vecchio amico ***


-CAPITOLO 2 –
Quando raggiunsi Bobby erano circa le due del pomeriggio, la pioggia aveva smesso di cadere ed era tornato a splendere il sole, illuminando il cielo con un debole arcobaleno.
Prima di bussare alla porta, rimasi imbambolato a guardare in alto, come se all’ improvviso mi aspettassi di vedere qualcosa, ma non c’era nulla lì, nient’altro che nuvole. Scrollando lievemente la testa, ripresi il controllo di me stesso e mi avviai verso il portone del mio vecchio amico Bobby.
- Credevo ti fossi perso per strada!- esclamò con freddezza.
- Ho fatto più in fretta di quanto pensi!- risposi.
-Entra!-
Quando entrai, solamente qualche secondo dopo mi accorsi che Bobby era rimasto ancora dietro di me. In quel preciso momento ricordai la sua minaccia al telefono di poche ore prima, ma ormai era troppo tardi. Il mio caro vecchio amico, mi sferrò un potente calcio nel didietro, facendomi perdere l’equilibrio. Sorpreso barcollai per qualche passo e per poco non rischiai di cadere a faccia avanti. Quel colpo inaspettato mi fece parecchio male, tanto che dovetti riprendere fiato un secondo.
Dolorante imprecai maledicendolo.
-Ma sei impazzito!?!- urlai.
-Ringrazia che non ho continuato Dean, potrei andare avanti per ore!- disse prendendo due birre dal frigorifero.
-Prendi!- Esclamò lanciandomene una. Afferrai la bottiglia al volo e mi sedetti su una poltrona.
-Dean … - disse seriamente.
- Bobby, ti prego, risparmiami i tuoi rimproveri okay? Non sono più un bambino!- risposi seccato.
-Invece quando ti comporti in questo modo, lo sembri eccome. Sparisci, non rispondi alle mie chiamate, Sam che se ne va, mi spieghi che diamine stai combinando!?!- mi domandò.
-Perché lo domandi a me, chiedilo a Sam, no?-
-Tuo fratello ha chiuso il cellulare dopo la nostra chiacchierata. Ho provato a rintracciare la sua posizione, ma lo stronzo ha spento il Gps. E poi non prendiamoci in giro Dean, lo so che il combina guai sei tu!-
-Ma per favore … - dissi bevendo un sorso dalla bottiglia. Il sapore dell’alcol, riusciva sempre a calmarmi.
-Dean!- insistette.
-Sam è infuriato con me perché non gli ho detto la verità su quello che è successo … - dissi tristemente.
-A cosa ti riferisci esattamente!?!-
-A quello che ha detto papà prima di morire. Sapevo che non avrei mai dovuto dirglielo, ma non ce l’ho fatta. Non posso mentire a Sam Bobby, non ci riesco. È arrabbiato con me e non posso biasimarlo per questo, ma devo trovarlo prima che gli accada qualcosa!-
-Cosa ha detto John precisamente?- domandò guardandomi dritto negli occhi. Sospirai debolmente voltando lo sguardo verso la finestra.
-Mi ha detto di proteggere Sammy ad ogni costo!- risposi. Bobby spalancò gli occhi sorpreso.
-Tutto qui!?!-
-E che se non dovessi riuscirci, dovrò ucciderlo!- esclamai.
Bobby si alzò di scatto imprecando.
-Sam è un uomo adulto Dean, deve cavarsela da solo! – urlò infuriato.
-Sammy non può cavarsela da solo, ha bisogno di me!- risposi a tono.
-Questo è quello che credi tu Dean! Non puoi reagire così ogni volta che si allontana, devi lasciarlo andare. È un cacciatore, combatte il soprannaturale, non capisco perché ti preoccupi in questo modo!-
-Sam non è un cacciatore come gli altri, non posso lasciarlo da solo, se gli accadesse qualcosa, non potrei perdonarmelo Bobby!- urlai.
-È questo il tuo problema Dean, credi sempre che la colpa di tutti i mali sia la tua, ma ti sbagli. Tu salvi le persone dannazione, uccidi i Demoni, porti la luce laddove si celano le tenebre!-
-L’unica persona che voglio salvare in questo momento è Sam! Se tu non vuoi aiutarmi non ha importanza. Troverò mio fratello anche da solo, non ho bisogno di nessuno!- dissi balzando in piedi irritato.
A passo svelto, senza nemmeno salutare Bobby, montai in macchina. -Aspetta Dean!- esclamò bussandomi al finestrino.
-Cosa vuoi!?!-
-Troveremo Sam! Farò alcune telefonate a vecchi amici e vedrò se riesco a scoprire qualcosa. Nel frattempo tu cerca dei casi di cui occuparti, a tuo fratello ci penso io!-
Senza neanche rispondere, misi in moto la mia piccola e partii a tutta velocità.
Dovevo trovare Sam, a costo di raggiungerlo in capo al mondo.
Mio fratello era tutto ciò che avevo di più caro e non avevo nessuna intenzione di lasciarlo andare. Non si trattava solamente di una promessa fatta, dovevo ritrovarlo.
Il posto più sicuro per lui era al mio fianco!.

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Capitolo 3
*** Uno strano cambiamento. ***


- CAPITOLO 3 –


Durante il tragitto in auto continuai a pensare alle parole di Bobby. Come poteva realmente dire che dovevo lasciare andare Sam, in che senso!?!.
Mio fratello è sempre stato un ragazzo ingenuo, sempre pronto a cercare il bene anche laddove non ci fosse. Al contrario di me, Sam sapeva bene cosa fosse la speranza e molto spesso non faceva altro che aggrapparsi a lei. Nonostante il male che ci circondava, riusciva sempre a trovare uno spiraglio di luce in grado di non farci smarrire.
Sam era sempre lì, con quello sguardo da cerbiatto smarrito, in attesa di un futuro migliore, che però non sarebbe mai arrivato. Lui sognava una vita migliore, una di quelle in cui era solamente un uomo e dove avrebbe avuto più spazio per crearsi una famiglia e per vivere sereno.
Anch’io un tempo sognavo un qualcosa in grado di darmi emozioni, un qualcosa che facesse di nuovo battere il mio cuore, ma col tempo abbandonai sogni e speranze, poiché capii che per loro non ci sarebbe mai stato un futuro.
Tutte le persone al mio fianco erano solo passeggere, le ragazze poi, solo un’avventura la notte e nonostante odiassi alla follia la mia instabilità, dovevo adattarmi. Per Sam invece era diverso, lui non riusciva ad adattarsi. Dopo la morte di Jessica, mio fratello non ha mai più amato nessuna donna e la sua perdita è stato un colpo che non ha mai superato.
Per tutta la mia vita, ho dovuto rincorrere Sam come se fosse una specie di bambino ed io il suo genitore, nonostante l’età, ma la verità è che io amavo mio fratello forse più della mia stessa vita. Quando era al mio fianco, mi sentivo più forte, quasi come se potessi alzare il mondo con una mano. Amavo il suo sorriso buffo, il suo modo di preoccuparsi per me, mi facevano sentire parte di un qualcosa. Quando però se ne andava, tutto il mio potere sembrava scomparire. Guidare e vedere il sedile del passeggero vuoto, era una scomoda sensazione a cui purtroppo non ero abituato. Io e lui eravamo una cosa sola, nonostante le diversità. Eravamo lo stesso spirito in due corpi completamente differenti. Sam, il gigante buono ed io, il nano malefico.
Dopo circa mezzora di macchina, raggiunsi un piccolo bar di periferia, isolato e dall’aspetto trasandato. Avevo molta sete, perciò decisi di parcheggiare e di farmi una bella bevuta.
Lasciai la Baby dietro una sfilza di Harley Davidson colorate e mi diressi all’interno del locale.
Stranamente, la gente presente era molto calma. Nessuno urlava, imprecava o molestava qualcun altro. Ognuno se ne stava per i fatti propri e anch’io decisi di mettermi in disparte. Mi sedetti in lontananza, in un angolo dove la luce arrivava debole e fioca. Per quel giorno non avevo né voglia, né intenzione di mettermi in mostra, volevo solo riposare la mente per qualche minuto.
-Ordini qualcosa!?!- domandò all’improvviso una voce femminile. Voltai lievemente lo sguardo e notai una ragazza sulla ventina, alta, dai lunghi capelli neri e un petto molto prosperoso. In un’altra occasione probabilmente le sarei saltato addosso, ma per quel giorno lasciai perdere e ignorai il suo fisico perfetto.
-Si, una birra!- risposi staccando il mio sguardo da lei.
-Arriva subito!- rispose.
Dopo pochi minuti, tornò al mio tavolo sorridente e piena di vitalità.
-Come ti chiami?- mi domandò adagiando la birra sul tavolo. La guardai sorridendo lievemente.
-Dean!-
-Sei nuovo, Dean?-
Esitai qualche minuto a rispondere, sperando che capisse e che si allontanasse da me, ma non lo fece. Rimase immobile, sorridendomi con quei suoi occhi vispi.
-Sono nuovo ovunque io vada. Amo viaggiare!- mentii.
-Oh, sei un avventuriero!- esclamò sorridendo.
-In un certo senso … -
-Se hai bisogno di qualcosa … qualunque cosa, chiamami!- esclamò con sguardo malizioso.
Solamente quando se ne fu andata, notai che sotto alla bottiglia di birra, aveva lasciato un bigliettino con su scritto il suo numero. Sorpreso, voltai lo sguardo nella sua direzione e notai che mi stava fissando, ancora una volta mi sorrise, ma io non feci lo stesso. Stanco e pensieroso, persi il contatto con i suoi occhi e tornai a fissare il nulla.
Quel giorno non mi riconobbi affatto. Per la prima volta, avevo avuto il coraggio di rifiutare una ragazza dal corpo mozzafiato, ignorando i suoi sguardi e soprattutto le sue attenzioni. Non capivo il motivo del mio comportamento, sapevo solo che volevo essere lasciato in pace. In quel momento desideravo solo che gli occhi del mondo smettessero di fissarmi.
Dopo essermi scolato più di quattro birre, lasciai i soldi sul tavolo e insieme ad essi, anche il numero della giovane cameriera. I nostri occhi si incontrarono un istante e notai quanto fosse delusa, ma a me non importava. Qualcun altro al mio posto avrebbe sicuramente avuto la fortuna di esserle più vicino. Staccai lo sguardo dai suoi occhi e uscii di tutta fretta.
Sospirando tristemente, montai in macchina e mi misi nuovamente in viaggio.

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Capitolo 4
*** Il suo arrivo. ***


-CAPITOLO 4-


Stanco e amareggiato dal mio continuo vagare di strada in strada, arrivato in Minnesota, decisi di alloggiare in un Motel per riposarmi un po’.
Il buio era calato da un pezzo e il cielo notturno si mostrava in tutta la sua bellezza, ricoperto da luminose stelle. Le guardai affascinato per un istante, mentre una marea di pensieri e ricordi si infrangevano come onde distruttive nelle pareti della mia mente. Scrollai la testa cercando di allontanare quei pensieri e mi diressi all’interno dell’edificio. Pagai l’importo dovuto per la stanza di quella notte e mi avviai malinconicamente. Quando entrai nella stanza, lanciai la mia sacca sul letto e mi avvicinai alla finestra. Spostai le tende quel poco che mi bastò per guardare fuori. Nulla invadeva quella quiete e tutto quel silenzio mi stava facendo impazzire.
Ad un tratto, un rumore improvviso mi fece sobbalzare. Di tutta fretta estrassi il mio coltello nascosto sotto alla camicia, ma quando mi voltai, mi ritrovai faccia a faccia con Castiel. Nonostante continuassi a mandarlo via, a urlagli contro, quell’angelo in un modo o nell’altro tornava sempre da me.
-Dean … - esclamò con voce calda.
-Figlio di puttana, quante volte ti ho detto che devi smetterla di apparire in questo modo!?!- urlai.
Castiel mi guardò tristemente, quasi mortificato. Per un attimo mi sentii in colpa, ma subito dopo mi scrollai di dosso quella sensazione.
-E come dovrei apparire?- mi domandò con espressione stupita.
-Esistono le porte Castiel!- risposi.
-E cosa ci devo fare con le porte?- domandò. Lo guardai spalancando gli occhi.
-Nulla, non ci devi fare nulla! senti, lasciamo perdere okay!?! Cosa vuoi, perché sei venuto qui!?!-
-Voglio aiutarti … - rispose sedendosi sopra al letto.
Improvvisamente scoppiai a ridere e lui mi guardò perplesso.
-Non mi serve il tuo aiuto. Non mi serve l’aiuto di nessuno!- risposi arrogante.
-Tutti hanno bisogno di aiuto!- continuò.
-Beh, non io!!!- risposi arrabbiato. – Castiel, ti avevo detto di non tornare. Mi sono sdebitato con te, non ho più nulla da offrirti!-
-Sono qui per te, non perché voglio qualcosa in cambio. So quello che stai passando e ho deciso di esserti vicino!-
-Hai deciso!?!- feci eco. – Tu non decidi un bel niente!- urlai nero di rabbia.
L’angelo si alzò dal letto e cominciò a camminare avanti e indietro lungo il corridoio della stanza.
-Quando smetterai di essere così arrogante!?! Dici di non aver bisogno di nessuno, ma a quanto pare hai avuto bisogno di me in passato! Smettila di fare il forte, la corazza che stai cercando di indossare, con me non funziona. Percepisco il tuo dolore anche a miglia di distanza Dean, non puoi mentirmi. Io voglio solo aiutarti!-
-Perché vorresti aiutarmi!?!- domandai diffidente.
-Perché ho capito che mi importa di te!- rispose con semplicità.
Per qualche secondo non riuscii a parlare, era come se all’improvviso non avessi più una voce. Le parole di quell’angelo erano riuscite a crearmi un nodo. Lo fissai deglutendo, colpito da quella frase, che da tempo ormai, nessuno aveva mai osato pronunciare.
-Tu non hai idea di quello che hai appena detto!- dissi con voce tremante.
-Ti sbagli!- rispose avvicinandosi sempre di più. Eravamo faccia a faccia e i suoi occhi, color del cielo, mi sembrarono più azzurri che mai.
-Puoi continuare a cacciarmi, a urlarmi contro di andarmene, ma non lo farò Dean. Ho vegliato su di te fin dal primo giorno che ti ho visto. Tu, un semplice uomo, hai provocato in me un qualcosa che non riesco a spiegarmi, so solo che devo proteggerti!- esclamò.
I suoi occhi iniziarono ad inquietarmi. Staccai lo sguardo dal suo e provai ad indietreggiare, ma solamente dopo qualche passo indietro, toccai con la schiena il davanzale della finestra. Per un istante, provai un senso di insicurezza, quasi di impotenza. Essere messo con le spalle al muro era una sensazione che non mi piaceva affatto.
-Non ho bisogno della tua protezione!- ringhiai. – Spostati!- continuai minaccioso.
-D’accordo Dean, allora, visto che non vuoi il mio aiuto, credo che sia inutile dirti dove si trova Sam!- esclamò voltandosi di schiena.
Rimasi per qualche secondo in silenzio, spalancando gli occhi al suono del nome di mio fratello.
-Cosa vuoi dire!?!- domandai alterato.
-Mi dispiace Dean!- disse. Prima che gli passasse per la testa il pensiero di scomparire, lo afferrai per la manica dell’impermeabile, costringendolo a voltarsi verso di me.
-Parla figlio di puttana!- gli urlai contro.
-Continua a parlarmi in questo modo e da me non avrai un’altra parola di più!- rispose fissandomi con aria inquietante. Mollai la presa imprecando. -Ti prego Castiel, Sam potrebbe essere in pericolo … -
L’angelo attese ancora qualche secondo prima di rispondere.
-Castiel!- esclamai disperato. Quel suo sguardo nascondeva qualcosa.
-Sam si trova nel Wisconsin!-
Senza sentire altro, afferrai il mio borsone e uscii di tutta fretta per raggiungere la mia macchina. Nel frattempo sentii i passi di Castiel dietro di me.
-Vengo con te!- disse preoccupato.
-No, scordatelo!- risposi.
-Perché!?!- domandò arrabbiato.
-È una cosa tra me e mio fratello, tu non centri nulla!-
-Potresti avere bisogno di me!- insistette.
-Non questa volta Castiel!- urlai più forte. Eravamo di nuovo faccia a faccia. La sua espressione si fece delusa e i suoi occhi li vidi perdere quella strana luce che possedeva poco prima.
-Non puoi andare da solo, io ti servo!- esclamò alzando il tono della voce. Preso da un attacco d’ira, mi voltai di scatto e lo afferrai per il colletto della giacca. Carico di rabbia lo scossi con violenza.
-Ho detto che non mi serve la tua presenza! Stammi bene a sentire Castiel, sto perdendo la pazienza. Vattene!- urlai lasciandolo andare.
Prima di sparire nel nulla, l’angelo mi fissò tristemente.
Senza neanche un briciolo di sensi di colpa, montai nell’Impala e sfrecciai nella notte.

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Capitolo 5
*** Una spiacevole sorpresa. ***


-CAPITOLO 5 –




Arrivai nel Wisconsin a notte inoltrata, corredo per le strade come se fossi un pilota di Formula uno, prendendo le curve ad alta velocità e percorrendo i rettilinei quasi come se potessi prendere il volo da un momento all’altro.
Quando attraversai quello stato, maledissi me stesso per non aver chiesto altre informazioni a Castiel. Era come cercare un ago in un pagliaio.
Dopo parecchie ore di viaggio, senza aver chiuso occhio neppure per un minuto, stremato e affamato, continuai la mia folle ricerca. Castiel aveva detto che Sam era lì ed io dovevo trovarlo. Per un attimo mi immobilizzai. Prima di andar via avevo urlato a quell’angelo che non mi fidavo di lui, invece dopo quello che aveva detto, ero salito in macchina. Pensieri sopra pensieri si insinuarono nella mia mente. Sam era davvero lì, nel Wisconsin? Non mi restava che scoprirlo.
Dopo ore di ricerca, ero davvero esausto. Nel cercare mio fratello avevo completamente dimenticato le mie esigenze. Ero stanco, assetato e affamato. Mi reggevo a stento in piedi, così decisi di parcheggiare e di sedermi un po’ da qualche parte. Lasciai la Baby dove trovai parcheggio e mi incamminai verso un parco deserto. Erano circa le tre del mattino e in giro non c’era un’anima. Anche il cielo stava pian piano spogliandosi delle sue stelle e la luna, prima grande e luminosa, stava iniziando a scomparire dietro l’orizzonte.
A pezzi, mi lascia cadere sopra una panchina, umida e corrosa dal tempo. Inizialmente pensai che non avrebbe retto sotto al mio peso, ma con grande stupore notai che avevo torto.
I miei occhi stavano per cedere al sonno, quando ad un certo punto una voce mi fece sobbalzare. Aprii di scatto gli occhi, ma non vidi nessuno. Notai che una lieve, ma densa nebbia circondava l’intero quartiere e la temperatura calò di colpo.
-Non saresti dovuto venire qui, Dean!- esclamò ancora quella voce. Mi guardai intorno preoccupato, fino a quando vidi Sam, venirmi in contro nella notte. Lo guardai incredulo, era vestito con abiti scuri e la sua pelle era chiarissima, quasi del tutto bianca.
-Sammy!!!- esclamai contento di vederlo. All’improvviso però, lui si fermò irrigidendosi.
-Sammy!?! Il mio nome è Sam!- rispose irritato.
Mio fratello amava essere chiamato in quel modo da me, proprio non riuscivo a comprendere come potesse rispondermi in quel modo. -Ti prego Sam, torniamo a casa!- dissi tristemente.
Sam improvvisamente scoppiò a ridere di gusto. La sua risata aveva un qualcosa di irritante.
-E da quando abbiamo una casa Dean!?! Sono stanco delle tue menzogne, del tuo modo di fare da sbruffone! Non ti sopporto più, odio il tuo continuo mentirmi, la tua arroganza, il tuo modo di trattarmi!. Da quando nostro padre è morto, non fai altro che starmi con il fiato sul collo. Ti avevo detto di non seguirmi, ma tu hai fatto finta di non capire ed eccoti qui!- disse con espressione carica di odio. In quello sguardo non riconobbi affatto mio fratello.
-Mi preoccupo per te Sam!- risposi addolorato.
-Ti preoccupi per me, davvero!?! Non ho bisogno delle tue attenzioni Dean! Sei tu che ti ostini a credere che sia così, ma non lo è!- ringhiò. Rimasi in silenzio, colpito dalla sua rabbia così forte nei miei confronti. -Sono giorni che ti cerco Sam, non avrei sprecato tutto questo tempo e energie per cercarti se non mi importasse di te!-
-Credi che tutto ciò dovrebbe commuovermi!?! Il tuo è puro egoismo perché hai paura di restare solo! La solitudine ti spaventa, ma non hai il coraggio di ammetterlo. Guarda come sei ridotto … malaccio da l’ultima volta che ti ho lasciato!- sorrise.
-Ero in pena per te!- risposi arrabbiato.
-Vattene Dean, stai giocando con il fuoco, potresti scottarti o peggio ancora, rimanere carbonizzato!- esclamò minaccioso. Lo fissai incredulo, incapace di assorbire le sue parole.
-Credi che abbia paura di te Sam!?!- risposi alla sua minaccia.
-Non lo so, dimmelo tu!-
All’istante chiuse i suoi occhi, per poi riaprirli qualche secondo dopo, neri e scuri come quelli di uno squalo. Spaventato e incredulo, indietreggiai di qualche passo, cercando di trattenere le lacrime. Il mio amato fratellino era un demone, ed io non ero riuscito a proteggerlo.
-Sam, cosa hai fatto!?!- domandai, sentendo la mia voce diventare sempre più lieve.
-Quello che era più giusto per me!- urlò.
-Ti sbagli!- risposi.
-Perché vivere una vita all’ombra della tua? Perché avere paura, quando posso essere io stesso la paura!?! Vedere la sofferenza degli altri, guardarli morire sotto i tuoi occhi, mentre inermi ti supplicano di lasciarli vivere!- disse iniziando ad avvicinarsi. -È una sensazione appagante, sai?- continuò.
-Non sei tu a parlare Sam, tu salvi le persone, non le uccidi!!- urlai.
-Non le uccido Dean? E tutte le persone che sono morte a causa nostra? Tutte quegli innocenti che abbiamo lasciato morire!?!-
-Abbiamo fatto il possibile Sam!-
-No Dean! Questo è quello che sono, quello che mi scorre nelle vene. Ti avevo detto di uccidermi, ora è troppo tardi!- sorrise. -Ti sbagli, non è troppo tardi!-risposi cercando di afferrare il mio coltello, ma non appena spostai la mano, Sam capii le mie intenzioni. Sollevò di scatto una mano e mi scaraventò addosso ad un albero. Nell’impatto sbattei dolorosamente la schiena e il mio coltello cadde a qualche metro da me. Nel giro di pochi minuti mi ritrovai mio fratello addosso. Con furia mai vista prima, mi afferrò per il colletto della camicia . -Sai, prima volevo darti una possibilità, volevo lasciarti qui vivo, ma ora ci ho ripensato!- esclamò dandomi un destro bestiale. Dolorante e senza forze per ribellarmi, rimasi immobile.
-Ma guardati Dean Winchester, sei così patetico!- continuò dandomi un altro pugno. Improvvisamente sentii colarmi dal naso un liquido caldo, seppi che era sangue, solamente quando arrivò sulle mie labbra. -Sam … ti prego … - supplicai.
-Voglio vederti soffrire Dean! Voglio vederti agonizzante e sentirti implorare pietà!-
-Tu non sei questo!- urlai, ma non servii a nulla. preso da una attacco d’ira, mi alzò come se fossi una piuma e mi scaraventò nuovamente a terra.
-Sam … - mormorai. Debole e senza più energie, lo vidi raccogliere il mio coltello e tornare nuovamente verso di me. -No, Sam, no … - dissi provando ad allungare una mano verso di lui. Sam iniziò a ridere, dopodiché mi sferrò un potente calcio nel costato. Sofferente, mi rigirai su un fianco.
-Non sai quanta forza mi sta regalando la tua paura fratellino!- esclamò riafferrandomi per la giacca.
-Fottiti stronzo!- dissi debolmente.
Improvvisamente, un lampo di luce azzurra mi costrinse a chiudere gli occhi e sentii la presa di Sam allentarsi. La luce si fece sempre più grande, fino a sprigionare un potente lampo di energia. Vidi Sam coprirsi il volto incredulo. Quando la luce si fece più fioca, riuscii ad aprire gli occhi e vidi la figura di Castiel, con le sue grandi ali distese. -Allontanati da Dean, Sam!- esclamò infuriato. -Castiel, ero preoccupato di non vederti, sai?- rispose sorridendo.
-Allontanati!-ripeté.
-Vattene Castiel, non sei il benvenuto!- continuò mostrandogli i suoi nuovi occhi demoniaci.
-Vuoi sfidarmi? Sai perfettamente che non puoi competere con me, non ancora! – rispose l’angelo.
Sam rimase in silenzio, indeciso su cosa fare, se attaccare o battere in ritirata. Dopo pochi minuti, sembrò aver deciso. -Non finisce qui!- esclamò rivolto a Castiel, poi si voltò verso di me.
-Tornerò Dean e ti farò a pezzi. Ti staccherò ogni singolo brandello di carne e berrò il tuo sangue fino all’ultima goccia!Non ci sarà per sempre il tuo angelo a proteggerti!- disse prima di scomparire nel buio. Dopo poco persi i sensi e non vidi più nulla.

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Capitolo 6
*** Il mio soldato ***


-CAPITOLO 6 -






Mi risvegliai il giorno seguente con il sole alto nel cielo. Aprii lentamente gli occhi per poi richiuderli a causa della forte luce che filtrava attraverso una finestra. Quando riuscii ad aprirli bene, vidi Castiel passeggiare tranquillamente avanti e indietro nella stanza.
-Buongiorno Dean!- esclamò sorridendo. Intontito dal lungo sonno, cercai di alzarmi, ma non appena ci provai ebbi un forte giramento di testa.
-Non devi sforzarti!- disse spingendomi delicatamente il petto per costringermi a sdraiarmi nuovamente. Quando mi toccò, percepii una strana sensazione di calore, quasi confortante.
-Ho curato le ferite che ti ha procurato Sam. Te l’avevo detto che avresti avuto bisogno di me Dean!- disse severo.
-Qualunque cosa sia quell’essere, non è Sam. Devo trovare un modo per liberarlo da quel demone!- risposi.
-Dean!- esclamò alterato. - Prima pensa a rimetterti in sesto, poi penseremo a lui!- continuò.
-Farà del male alle persone se non lo fermiamo!-insistetti.
-Non puoi combatterlo Dean!- disse irritato.
-Io no, ma tu si!- dissi pieno di speranza.
-Recupera prima l’energie. Al resto penseremo dopo!.- rispose mostrandomi le spalle.
-Castiel!- lo chiamai debolmente. L’angelo voltò lievemente lo sguardo verso di me.
-Si, Dean … -
-Mi … mi dispiace per ieri notte, ti ho trattato malissimo e non te lo meritavi. Grazie per avermi salvato la vita … -
L’angelo mi sorrise dolcemente e notai nei suoi occhi una strana luce di gioia. Era così puro e sincero. Per qualche secondo mi persi nel suo sguardo, in quel mare azzurro di emozioni, che per un attimo sembrò rapirmi. Quando mi accorsi di essermi incantato, staccai gli occhi da Castiel e mi alzai dal letto. Barcollando cercai di vestirmi più in fretta che potei, afferrai le mie cose e invitai l’angelo a muoversi.
-Che stai facendo?- mi domandò.
-Capisco la tua preoccupazione per me, ma non abbiamo tempo! Dobbiamo trovare Sam e esorcizzarlo! Quel bastardo di un demone pagherà per quello che sta facendo al mio fratellino!- dissi.
-Dean … credevo che l’avessi capito!- esclamò Castiel tristemente.
-Cosa?- domandai preoccupato.
-Sam non è posseduto da un demone!-
-Cerca di essere chiaro Castiel!- urlai.
-Tuo fratello non ha nessun demone in corpo. Lui stesso è diventato un demone!-
-Non posso crederci, Sam non farebbe mai una cosa del genere! È stato sicuramente ingannato!-
-Ingannato o meno, non ti servirà a nulla esorcizzarlo. L’unica soluzione che abbiamo è ucciderlo!-
Improvvisamente mi si raggelò il sangue nelle vene. Mi pietrificai al suono di quelle parole, a me così fredde e dannatamente orribili. Guardai in silenzio quell’angelo e in quel momento lo odiai con tutto me stesso. Come poteva dire una cosa del genere? Uccidere Sam, con quale coraggio lo avrei fatto?. Un altro modo doveva pur esserci per riportarlo da me.
-Non farò del male al mio fratellino Cas, non posso!-
-Non è più il tuo fratellino. Ieri notte stava per ucciderti e io questo non posso permetterlo!- urlò.
-Che importanza ha Castiel?- dissi di colpo. -Tu non puoi capire l’amore che provo verso mio fratello. Lui è tutto ciò che mi resta, è la parte che mi spinge a lottare, che mi fa andare avanti. Sammy è il sole che illumina il mio cielo nero e tu non puoi permetterti di parlare in questo modo!- ringhiai.
-Non capisco perché voi umani amate tutto ciò che vi fa del male … - disse.
-Io non ti aiuterò a suicidarti Dean, non sono qui per questo. Il mio scopo è quello di proteggerti, non di farti uccidere. Sappi che se oserai agire d’istinto, me la prenderò anche con te!- disse scomparendo all’improvviso.
-Castiel!- urlai. All’improvviso, la stanza si fece silenziosa. Nessun rumore osava più spezzare quel silenzio.
Mi ritrovai al centro della stanza del Motel, solo e dannatamente arrabbiato. Era facile per Castiel, un essere privo di emozioni, parlare della morte come se fosse una cosa di poco conto. È vero, nel corso della mia vita mi sono ritrovato ad uccidere, a volte provando anche piacere, ma quella volta era diverso. In molte occasioni mi ritrovavo a combattere contro me stesso, maledicendo la mia vita. Vivere sottraendo vite ad altri era un qualcosa di troppo difficile, ma che purtroppo ero costretto a fare. In certi momenti bisogna saper scegliere cosa sia realmente più giusto per noi.
Quando uscii dal Motel, il mio cellulare iniziò a squillare. Inizialmente lo ignorai, poiché sapevo che sul display non avrei mai letto il nome di mio fratello. Dopo un po’ però, la suoneria divenne insistente, tanto da non poter più resistere. Irritato e pronto a discutere, afferrai il cellulare e risposi senza neppure leggere chi fosse.
-Idiota che non sei altro, quanto ci metti a rispondere al telefono?- disse una voce a me cara.
-Bobby … - esclamai sospirando.
-No, sono la fata turchina! Hai il mio numero no? Perché non mi hai richiamato?- domandò arrabbiato.
-Sono stato impegnato … -
-A fare cosa? A rimorchiare ragazzine?- disse.
-Un caso … - mentii.
-Comunque!- esclamò cambiando discorso. – Non sono ancora riuscito a scoprire nulla su Sam, ma non devi preoccuparti, presto mi metterò sulle sue tracce! –
-D’accordo!- risposi deglutendo. A stento riuscii a pronunciare quella parola. Mentire a Bobby non mi piaceva affatto, ma non potevo farlo preoccupare. Si trattava di me e di mio fratello, in un modo o nell’altro ce l’avrei fatta a riportarlo da me.
-Ti senti bene Dean? Sembri strano … - disse in tono preoccupato.
-Va tutto bene Bobby, sono solo un po’ stanco, non preoccuparti!- risposi.
-Sai vero che ogni volta che mi hai detto così è successo sempre qualcosa?-
Sorrisi lievemente, poi sospirai tra me e me.
-Sono Dean Winchester, Bobby. Niente e nessuno può mettermi al tappeto!- dissi assumendo un tono forte.
-Lo so ragazzo mio, lo so!- rispose. Dopo qualche secondo attaccai e lanciai il cellulare all’interno della macchina.
Sì, un tempo era un Dean Winchester forte, coraggioso come lo era mio padre. Un uomo convinto che nulla potesse sconfiggerlo, sempre pronto a sfidare la morte, a combatterla, a urlare al mondo intero la sua forza. Mi sentivo invincibile, come un tornando.
Mio padre mi aveva insegnato a lottare e a non arrendermi mai, anche quando un giorno la vita mi avrebbe presentato il conto. “ Sii sempre forte figlio mio, nonostante il male, la paura, tu sii forte e affronta tutto a testa alta. Sei un Winchester, non dimenticarlo mai!”.
Per molti anni continuai la mia vita pensando che mio padre avesse ragione, che nessuno sarebbe mai stato in grado di annientarmi, ma con il passare del tempo, dentro di me quella convinzione si frantumò in mille pezzi. Ero solo un uomo in fondo e a volte avere paura è inevitabile. L’essere umano vive di emozioni e per quanto sia bravo a mentire, il dolore rimane e spesso non se ne va più via. È lì, dentro di te, che pian piano ti divora lo stomaco e tu, fermo e impotente ti lasci abbandonare all’amarezza della vita.
Credevo di averne passate tante, ma mi sbagliavo. La perdita di Sam mi aveva fatto capire quanto realmente fossi solo al mondo. Il vuoto che aveva lasciato in me, cresceva ogni giorno di più e sentivo come un fuoco ardere nel mio stomaco. Spesso ci accorgiamo del valore di qualcosa o di qualcuno solamente quando lo perdiamo.
Stanco di guidare, mi fermai ad un bar più vicino della zona. Nulla sarebbe stato meglio di una birra ghiacciata come unica compagnia. Con passo strascicato, raggiunsi un tavolo, ordinai da bere, qualcosa da mangiare e attesi in silenzio. Abbassai lo sguardo verso le mie scarpe e rimasi a fissarle per tutto il tempo.
-Non mi piace vederti in questo modo!- esclamò una voce. Alzai lentamente lo sguardo e vidi Castiel guardarmi con occhi colmi di tristezza. Notai con ammirazione quanto fossero grandi e luminosi, profondi come il mare e limpidi come il cielo.
-Non perdi mai il vizio è?- dissi riabbassando lo sguardo.
-Non ce la faccio a guardati Dean, sei ridotto uno straccio!- continuò.
-Allora non guardarmi Cas, non mi serve la tua compassione!- urlai. Ci guardammo un istante e mi pentii di averlo trattato male. Nonostante il mio comportamento, lui rimaneva lì, pronto a insistere senza mai perdere la pazienza.
-Mi dispiace Castiel, non voglio trattarti male, ma ho bisogno di stare da solo!- dissi supplicandolo di andare via, ma lui non lo fece. Allungò la sua mano toccando la mia, tremante e insicura e la fermò dolcemente. Il suo tocco fece aumentare inspiegabilmente il mio battito cardiaco, riuscendo in un modo o nell’altro a farmi provare calore. Improvvisamente la mia mano riprese a tremare e con lei pian piano anche tutto il mio corpo. Ero agitato, preoccupato da quella strana emozione mai provata fino a quel momento.
-Stai tremando!-mi disse preoccupato. Mi liberai di scatto dalla sua presa e mi coprii il volto con le mani, completamente terrorizzato da me stesso.
-Ti sbagli!- mentii.
-Ecco a lei la sua birra e il suo hamburger!- esclamò improvvisamente una ragazza, poi si girò verso Castiel.
-Lei prende qualcosa signore?- gli domandò.
-Cosa dovrei prendere?- rispose stupidamente.
-Non so, me lo dica lei. Un panino? Abbiamo delle ottime insalate, una birra ghiacciata, non saprei. Di cosa ha voglia!?!- chiese la ragazza allegramente.
-Io non mangio!- disse l’angelo fissandola con fare inquietante. La giovane lo guardò stupita.
-Il mio amico è a dieta!- intervenni. Poco dopo la cameriera si allontanò. Lanciai al mio amico un’occhiata di rimprovero, poi iniziai a consumare il mio pasto.
uscimmo dal locale quando il sole iniziò a scomparire all’orizzonte. Castiel, sempre al mio fianco, cercava in ogni modo di tirarmi su di morale.
Il locale ormai stava per chiudere, non c’era più nessuno a spezzare la quiete notturna, così decisi di sedermi un momento su una panchina solitaria come me, mentre l’angelo iniziò a fissare il cielo, splendente con tutte le sue stelle.
-Com’è il paradiso?- chiesi improvvisamente, sentendo la mia gola bruciare al suono di quelle parole.
-Tu come te lo immagini?- mi chiese sorridente.
-Non so, un posto felice dove non devi più preoccuparti di soffrire?- dissi ingenuamente.
-Il paradiso non è così purtroppo. È un posto che non perdona a volte … -
-È meglio di questo posto però?- insistetti.
-Dean!-
-Rispondimi Cas!- -No! Qui non hai limiti Dean, sei libero!-
-Libero di fare cosa eh? Di soffrire? Di passare il resto della mia vita a rimpiangere un qualcosa che non avrò mai?- dissi alterato.
-Non ti riconosco più … - disse improvvisamente. Staccò i suoi occhi dai miei e guardò la luna, grande e splendente.
-Mi sembra come se stessi parlando ad un guscio vuoto. Tu sei molto di più di quello che pensi di essere!- disse sedendosi accanto a me.
-Sono confuso Cas, non riesco più a trovare la mia via … - dissi cercando di trattenere le lacrime. – Non posso perdere anche Sam, non posso. Prima la mamma, poi il papà, tutte le persone che ho amato, ora anche Sam. Che ho fatto di male? Se esiste un Dio, perché vuole punirmi!?!- domandai disperato. Castiel voltò lo sguardo altrove per non incrociare il mio, pieno di rabbia e dolore. Non rispose, rimase in silenzio ad ascoltare il battito accelerato del mio cuore.
-I tuoi battiti sono molto veloci!- disse improvvisamente. Mi guardò dritto negli occhi, sorridendomi. Ancora una volta presi a tremare, senza riuscire a controllarmi. Tremavo, nonostante sentissi caldo.
-Non sei solo a combattere questa battaglia Dean. Il percorso di ognuno di noi è fatto di salite e discese. Di ostacoli e di gioie. È fatto di vittorie e molto spesso di sconfitte. La differenza che rende un uomo grande è saper andare avanti, nonostante le avversità. Quando pensi di essere solo, guarda lassù nel cielo. Gli occhi di chi hai amato ti guardano tutti i giorni, gioiscono delle tue vittorie e incoraggiano le tue sconfitte affinché diventino successi. So quanto può essere dura sentirsi soli, la paura che si prova quando dietro di te non c’è nessuno pronto ad afferrarti se stai per cadere in un precipizio, ma la vita è questa Dean. Delle volte bisogna solo aver fiducia in se stessi e accettare chi siamo.
Delle volte sento che ti manca il respiro, la tua gola si stringe e nessun suono sembra volerti uscire da lì- disse fissando il vuoto. Il suono e il calore delle sue parole mi arrivarono dritte all’anima.
-Rimani fermo Dean, immobile come se ogni tuo singolo arto avesse perso la capacità di muoversi. Sento la rabbia che hai verso te stesso e continui a ripeterti che è colpa tua, ma non lo è. Hai una gran rabbia che vorresti spaccare il mondo, ma ti senti piccolo e hai paura di farti male. Hai smesso di credere in te stesso Dean e questo significa morire dentro. Non è questo che John ti ha insegnato, la tua arresa gli fa molto male … - disse guardandomi tristemente.
Scoppiai a piangere , come non avevo mai fatto. I miei occhi erano annebbiati dalle lacrime e non riuscivo a smettere. Quella notte mostrai a Castiel una parte di me che fino a quel momento avevo ignorato. Piansi come un bambino, lasciando uscire tutto il dolore che avevo nel cuore.
Improvvisamente sentii la mano di Castiel scivolarmi lungo la schiena, così calda e sicura. Ebbi un brivido.
-Quando senti di non farcela Dean, quando tutto intorno a te sembra morire, cercami, ti resterò vicino. Sono il tuo soldato e la mia missione è quella di amarti e proteggerti!- disse con voce calda.
Alzai i miei occhi bagnati dalle lacrime e lo guardai carico di dolore. Tremante come una foglia, sentii dentro di me una strana sensazione. Qualcosa nel mio stomaco si muoveva e non era il cibo che avevo mangiato poco prima.
La mano dell’angelo si posò sulla mia guancia, per poi scivolare lungo il mio collo. In quell’istante persi il controllo di me stesso e mi lasciai andare ad un qualcosa che non avevo mai provato.
Io e quel meraviglioso angelo ci guardammo e qualcosa in me scattò. Sentii il sangue pulsarmi nelle vene e il cuore aumentare i battiti. Castiel si avvicinò a me, allungando la sua mano sopra al mio petto. Lo accarezzò dolcemente, prima di tirarmi a se con violenza. Con forza, ma allo stesso tempo con dolcezza, mi spinse con le spalle al muro. I suoi occhi incrociarono le mie labbra e i miei fecero lo stesso. In quell’istante la voglia di assaggiarle era immensa, così, senza ragionare alla follia che stavo per compiere, lo baciai. Sentii il calore della sua bocca su di me, la sua lingua, prima insicura, poi sempre più spavalda. Il mio corpo si ammorbidì e lasciai che si avvicinasse sempre di più. Sentii il suo dolce fiato sul collo, così caldo e dannatamente eccitante.
Ci baciammo nuovamente, lasciando scivolare le mano di Castiel sotto la mia camicia. Un brivido dolce mi attraversò la schiena e per un attimo sperai ancora che mi toccasse.
Ad un tratto, quando le sue labbra si staccarono dalle mie, un lampo di lucidità mi colse. Cosa stavo facendo!?! Terrorizzato da ciò che era accaduto, allontanai Castiel con una spinta e iniziai a guardarmi intorno, preoccupato all’idea che qualcuno potesse averci visto. -Questo non sono io!- urlai spaventato. – Non sono io!- urlai più forte. Scioccato, mi allontanai verso la mia macchina, sentendo ancora il sapore delle labbra dell’angelo.
-Dean !-disse afferrandomi per un braccio.
-Ti prego, stai lontano da me!- dissi di nuovo in lacrime. Salii in macchina e partii, ricordando di tanto in tanto, il calore del suo corpo su di me. immaginando nuovamente la sua mano sul mio petto, calda e sicura nei movimenti. Rimpiansi le sue labbra, carnose e vive come le fiamme dell’inferno stesso.

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Capitolo 7
*** Confusione ***


-CAPITOLO 7-





Qualcosa dentro di me stava cambiando ed io non mi sentivo pronto ad affrontare quel cambiamento. Ero nervoso, vulnerabile, pronto a scattare in ogni momento. Quello che era accaduto con Castiel poi, proprio non riuscivo a spiegarmelo. Mi sentivo solo e la perdita di Sam mi aveva reso quello che in realtà non ero.
Quando la sua mano sfiorò la mia pelle, sentii un brivido, forse mai provato prima, neppure con le ragazze con cui amavo divertirmi. Un brivido strano, quasi sconosciuto, ma che in fondo sembrò piacermi. Stava accadendo tutto troppo in fretta e questo mi spaventò molto. Quando i suoi occhi, dannatamente belli e profondi, capaci di rapirti e trascinarti via dalla realtà, avevano incontrato i miei, vuoti e privi di ogni speranza, sentii che nulla di me sarebbe stato più lo stesso o forse, nulla lo era mai stato.
Castiel, un uomo, anzi, un angelo di Dio era riuscito a cambiarmi. Le sue parole, la sua voce, i suoi occhi grandi e luminosi come nessuna stella è stata mai. Paziente e fiducioso mi era rimasto accanto, anche quando il resto del mondo mi aveva voltato le spalle. Castiel aveva deciso di restare, nonostante io continuassi a cacciarlo via. In fondo aveva ragione, nessuno può sopravvivere a questo mondo da solo. La solitudine ti uccide, ti cambia in peggio.
Un tempo, quando io e Sam eravamo più giovani passavamo le nostre giornate a ridere e a scherzare. Uscivamo insieme e ne combinavamo di tutti i colori. Eravamo molto uniti e ci piaceva esserlo. Cacciavamo i figli dell’oscurità con l’orgoglio stampato in faccia, affrontavamo ogni avversità con coraggio, senza abbatterci mai. La vita insieme ci faceva meno paura, ma ora … ora tutto sembrava essere perduto. Sogni? Non ne avevo più. Speranze? Perdute anche quelle.
Odiavo vedermi in quel modo, triste e confuso. Io, Dean Winchester ero un uomo forte, capace di far sottomettere qualsiasi essere. Non sapevo cosa fosse il perdono e ovunque io andassi la Terra sembrava tremare. -Come fai Dean?!- mi domandò Sam un giorno. Io ero intento ad aggiustare la carrozzeria della mia Baby.
-A fare cosa, Sam?- dissi sorpreso.
-Ti ho visto uccidere quella persona a sangue freddo! Avevi una strana luce negli occhi, era come se ti piacesse impugnare quel coltello!- rispose preoccupato.
-Non era una persona Sam, era un Demone!- esclamai irritato. -Il Demone era dentro di lei, la ragazza non aveva colpe! Potevamo salvarla!- insistette.
Arrabbiato mi scansai dall’Impala e mi ripulii le mani con un vecchio straccio.
-Levati dalla testa la convinzione di poter salvare il mondo Sam, non puoi farci nulla!- dissi voltandogli le spalle. Dopo pochi secondi, sentii la sua mano afferrarmi la maglietta.
-Tu stai smarrendo il significato del nostro lavoro!- disse deluso.
-Ah davvero!?!-
-Uccidiamo il male, cerchiamo di riportare la luce nei cuori di chi l’ha smarrita! Tu invece stai uccidendo tutti senza pietà, negando loro una possibilità di riscatto!- urlò.
-Papà ci ha insegnato a non avere pietà Sam, perché loro non ne avranno con te! Se salvare miliardi di vite umane significa sacrificarne qualcuna, allora così sia!- risposi.
-E se dovesse succedere a me Dean?- disse improvvisamente.
-Dio, Sam smettila!- esclamai.
-Rispondimi Dean!-
-Tu sei qui di fronte a me e sei umano!-
-E se un giorno non lo fossi più!?! sai benissimo quale sangue scorre nelle mie vene e allora quando verrà quel giorno, cosa farai? Mi ucciderai come hai fatto con gli altri!?!-
-Sam …-
-La mia vita in cambio di altre!?!- urlò.
-Non puoi neanche minimamente paragonare la tua vita a quella degli latri. Tu non morirai e non verrai mai posseduto da nessun Demone! Ora, se hai finito di sparare stronzate vado a farmi una doccia!-
Scrollai di dosso tutti i miei pensieri e sorrisi malinconicamente al nulla. Improvvisamente il mio cellulare iniziò a squillare. Senza pensarci più volte lo afferrai e lessi sul Display “Garth”.
-Hola amigo!- urlò dall’altro capo del cellulare.
-Ciao Garth!- dissi cercando di nascondere la mia preoccupazione.
-Come stai amicone?- mi chiese. Sorrisi al suo tono buffo.
-Sopravvivo Garth, tu?-
-Una pacchia!- rispose.
-Perché mi hai telefonato?- domandai sorpreso.
-Tu e Sam dovete raggiungermi nell’Illinois, ho un caso tra le mani, ma mi serve il vostro aiuto!-
Tristemente mi azzittii per qualche secondo.
-Dean, sei ancora in linea?-
-Si, ci sono!-
-Allora? Mi raggiungete?-
Prima di rispondere ci pensai u po’ su, poi decisi che un caso probabilmente sarebbe riuscito a distrarmi, così accettai.
-Sam non è con me Garth … verrò solo io!- dissi indurendo il tono di voce.
-Okay capo, ti aspetto!- urlò entusiasta.
Raggiunsi Garth il giorno seguente. Quando mi vide mi corse incontro e mi abbracciò davanti ad un mucchio di passanti, incuriositi dalla scena. Mi strinse talmente forte da sembrare un fottutissimo pitone.
-Okay Garth, basta con gli abbracci!- dissi staccandomelo di dosso.
-Dov’è tuo fratello?- mi chiese.
-Sammy è impegnato in un altro caso, sai come è fatto, se inizia qualcosa è difficile che non la finisca!- mentii.
-Si lo so, il nostro orsacchiotto Sam!- disse in tono scherzoso.
Garth mi spiegò cosa aveva scoperto. Nell’arco di una settimana erano morte cinque persone, tutti maschi sulla sessantina, provenienti dalle campagne lì vicino. Mi disse che i corpi erano stati trovati mutilati e smembrati fino a renderli irriconoscibili.
-Opera di un lupo mannaro?- domandai.
-Senza ombra di dubbio!- rispose soddisfatto.
-Hai controllato i cadaveri?- domandai.
-Sono riuscito ad accedere a queste!- disse passandomi una busta, che aprii velocemente.
-Sono foto … - dissi osservandole. In tutto il loro orrore mostravano corpi straziati e smembrati. Con sguardo pieno di ribrezzo rimisi le foto all’interno della busta.
-Andiamo!- gli ordinai.
-Così, subito? Neanche una birra insieme?- mi domandò.
Stupito, senza dire una parola mi voltai di scatto e lo guardai irritato. Garth comprese la mia silenziosa risposta e mi seguì a testa bassa. -Okay … okay … - disse deluso.
Arrivammo all’obitorio verso l’ora di pranzo. Garth era terribilmente affamato e non faceva altro che ripetermelo ogni cinque minuti. Assumendo un’aria da duro entrai nell’edificio in giacca e cravatta. Seduta dietro una scrivania, una ragazza dai lunghi capelli rossi mi notò e mi salutò con un caloroso sorriso. Un tempo avrei accolto quel suo segnale come un qualcosa di più di un semplice “buongiorno”. Quei suoi grandi occhi verdi mi squadrarono con una certa malizia. Sorrisi anch’io, ma senza entusiasmo. Quella giovane donna, bella e seducente, non suscitava in me nessun desiderio.
-Posso aiutarla?- mi chiese dolcemente.
-FBI!- dissi mostrandole il mio cartellino falso.
-Sono l’agente Ross e lui è il mio collega Smith!- continuai.
-Buongiorno!-esclamò Garth.
-Come posso esservi utile!?!- domandò sorpresa.
-Vorremmo vedere i cinque cadaveri mutilati se non le dispiace!- rispose Garth.
-Sono già venuti i federali, hanno controllato i corpi pochi giorni fa. Domani verranno restituiti ai familiari per i funerali.
-Noi vorremmo controllare di persona!- aggiunsi.
La ragazza ci guardò circospetta.
-Seguitemi!- ci ordinò.
Prima di raggiungere la stanza, la ragazza ci spiegò che secondo alcune ricerche, la causa di tutto era sicuramente un animale selvatico. Ci disse inoltre, che alcune guardie ambientali erano già sulle sue tracce.
-Ecco a voi! Se avete bisogno di qualcosa chiedete pure!- esclamò la giovane.
Nel giro di pochi secondi io e Garth rimanemmo soli. Senza perdere altro tempo scoprimmo il primo cadavere. Quando levai il lenzuolo che lo copriva, Garth fece una smorfia di disgusto, mentre io voltai per un attimo lo sguardo altrove.
-Lupo mannaro!- esclamai osservando i vari organi ricomposti intorno al corpo della vittima.
-Decisamente!- aggiunse Garth.
Nauseato dal cattivo odore,ricoprii il corpo e diedi un’occhiata agli altri. -Hai altri indizi Garth?- domandai.
-No, mi spiace!-
-Potrebbe trattarsi di un branco!- ipotizzai.
-Se fosse stato un branco probabilmente le vittime sarebbero state molte di più, ma comunque non è da escludere!-
Annuii pensieroso. -Andiamo Garth, prendiamo a calci un po’ di culi pelosi!- esclamai serio. Garth sorrise e mi corse dietro, entusiasta come un cucciolo che insegue una palla.

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Capitolo 8
*** I sospiri del mio cuore ***


- CAPITOLO 8 –




Quella notte la caccia non ebbe successo, Garth era troppo irrequieto, mentre io carico di tensione e con la testa altrove.
In cielo la luna era ancora a metà, fra pochi giorni sarebbe stata nuovamente piena e allora sicuramente avrei avuto più successo. I lupi mannari si trasformano con la luna piena, quando perde il suo splendore, vivono nascosti nell’ombra lontani dallo sguardo indiscreto degli uomini. Molti di loro resistono alla tentazione della carne umana, ma altri no e per questo devono essere eliminati.
Stanco e deluso dal mio insuccesso, pagai la stanza di un Motel e decisi di riposarmi un po’. Avevo un disperato bisogno di dormire, ma neppure quella notte riuscii a farlo.
Rimasi immobile, sdraiato sotto le coperte con la mente piena di ricordi vaganti. A farmi compagnia, l’imperterrito ticchettio della pioggia che batteva sulle vetrate della finestra.
Sospirai rigirandomi nelle lenzuola, lasciando che il freddo di esse penetrasse nella mia pelle. Provai a chiudere gli occhi, ma quando lo feci rividi l’immagine di Castiel. Rividi i suoi occhi, così dannatamente belli fissare le mie labbra prima di baciarle. Al pensiero dei quell’angelo sopra di me rabbrividii e provai a scacciare quell’assurda sensazione. Tentai di pensare ad altro, ma non ci riuscii. Ero disperato, spaventato e si, anche umiliato, mi sentivo vuoto, spogliato del mio orgoglio e terribilmente perso. Non sapevo più chi fossi e quel silenzio … tutto quel silenzio non faceva altro che innervosirmi. Io ero diverso da quello che stavo diventando e quel cambiamento mi disorientava.
Arrabbiato con me stesso, con il mondo e deluso dalla vita, balzai in piedi di scatto portandomi violentemente le mani sopra la viso. Soffocai un urlo di frustrazione, poi, preso da un attacco d’ira afferrai un vaso da sopra un tavolino e lo lanciai con furia contro il muro della sala. Il rumore dei cocci riecheggiò nella stanza. Disperatamente provai a respirare, a calmarmi, ma la rabbia prese il sopravvento.
Come una furia rivoltai tavoli e sedie, lanciai quadri e buttai a terra ogni oggetto presente, rompendolo in mille pezzi. Distrussi ogni cosa, fino a quando mi ritrovai davanti ad uno specchio. Esitai un momento, immobile osservai la mia immagine riflessa. I miei occhi, umidi e arrossati mi stavano guardando. La mia mascella, contratta da una smorfia di rabbia, non tentò di rilassarsi. Mi guardai per qualche secondo, vergognandomi di me stesso e della mia fragilità. Sembravo così debole, come un bambino appena nato.
Ad un tratto le mie labbra iniziarono a tremare ed io non riuscii a fermarle. Mi irrigidii e sentii nuovamente la rabbia riaffiorare in me. Senza riflettere su cosa stessi facendo, iniziai a dare pugni sul vetro, rompendolo e lacerandomi le mani. Senza pensare al dolore, strappai con tutta la forza che avevo in corpo ogni singolo pezzo di vetro rimasto ancora intatto. Preso dall’adrenalina ignorai completamente il dolore, il bruciore della pelle squarciata e il sangue che iniziò a fuoriuscire. Per un attimo rimasi pietrificato, guardai i vetri rimasti incastrati nella mia pelle e imprecai maledicendomi.
Le braccia iniziarono a tremarmi e per qualche minuto mi sembrò di aver perso la loro mobilità.
-Maledizione!!!!- urlai dando calci ai vetri rimasti a terra.
Ad un tratto vidi una figura muoversi dietro di me, riconobbi l’ombra e preferii non voltarmi.
-Dean … - esclamò con voce triste.
-Vattene Castiel!- urlai. Ero di spalle, l’angelo non poteva vedere il mio volto, spaventato e confuso.
-Dean … le tue mani … - continuò preoccupato. -Vattene!!!- urlai più forte.
-Dean ti prego!-disse tentando di avvicinarsi. Allungò una mano verso di ma, ma non appena mi sfiorò mi ritrassi di scatto.
-Non mi toccare!- lo supplicai con voce tremante.
Notai l’angelo guardarsi intorno, il suo sguardo era preoccupato e carico di dolore, non volevo che mi vedesse in quel modo.
-Parliamone Dean!- disse cercando di rassicurarmi. Provò ancora una volta a toccarmi e questa volta lo lasciai fare. Posò delicatamente la sua mano sopra la mia spalla e mi scosse dolcemente.
-Ho visto ciò che hai fatto Dean … -
-Ho detto che devi starmi lontano! Io non sono così ed è tutta colpa tua! Guardami!!!- urlai furioso. L’angelo alzò lo sguardo e lo tenne fisso su di me.
-Io non sono questo!- dissi disperato.
-Di cosa hai paura?- domandò improvvisamente. Lo guardai senza più capire di cosa stesse parlando.
-A cosa ti riferisci!?!-
-Hai paura di perdere tuo fratello o di quello che è successo con me!?!-
-Devo contrarmi su Sam, non posso pensare ad altro!- risposi voltandogli nuovamente le spalle. Con passo svelto uscii dalla stanza e raggiunsi il parcheggio. La pioggia aumentò leggermente d’intensità e lasciai che le sue gocce fredde scivolassero lungo il mio viso. Le mani, ancora tremanti e insanguinate iniziarono a bruciarmi.
-Un tempo dicevi sempre a Sam che scappare è da vigliacchi!- esclamò Castiel sbucandomi da dietro.
-Lo penso ancora!- risposi.
-E allora perché lo fai?-
-Perché sono un vigliacco anch’io Cas … - risposi fissandolo. Sotto la pioggia sembrava più bello che mai. Guardai fantasticando sulle sue labbra, desiderandole follemente.
-Tu non sei un vigliacco Dean. – disse dolcemente.
-Perché non puoi semplicemente lasciarmi in pace?- domandai.
-Perché non posso Dean … non voglio!-
-E quello che voglio io?-
-Dimmelo ora!- rispose avvicinandosi sempre di più. immobile, mi fissò con quei suoi occhi terribilmente perfetti.
Per un secondo guardai il cielo e le sue stelle, poi, malinconicamente tornai a guardare l’angelo.
-Mi chiedo come mai il cielo ti abbia lasciato andare Castiel. Il tuo posto è lassù, con gli angeli, tra le stelle … -
L’angelo sorrise voltando lievemente lo sguardo. Quando sorrideva, piccole rughe si affacciavano intorno ai suoi occhi rendendoli ancora più dolci e belli.
-Perché stare lassù, tra milioni di insipide stelle quando quella più bella splende quaggiù sulla Terra?- disse guardandomi dritto negli occhi. -Le persone che restano al mio fianco muoiono ed io non voglio perderti. Hai fatto tanto per me ed io non saprei proteggerti!- dissi tristemente.
-Non devi proteggermi Dean, quello è il mio compito … - rispose. Ci fissammo un istante, ma quando provò a baciarmi, indietreggiai di qualche passo.
-Non può esserci un futuro per noi Cas!- dissi tristemente.
-Perché!?!-
-Perché tu sei un maschio e lo sono anch’io!- -Gli angeli non hanno un sesso Dean!- rispose.
-No, ma il tuo tramite si!- risposi confuso.
Vidi l’angelo guardarmi con aria afflitta, quasi come se le mie parole lo avessero ferito. In verità ferirono molto anche me.
Era difficile guardarlo e non pensare a quanto fosse dannatamente bello,a quanto le sue labbra fossero morbide e soprattutto a quanto bene gli volessi.
-Non sembrava che la pensassi così!- esclamò deluso. Non risposi, lasciai che il suo sguardo mi lacerasse l’anima.
-Come vuoi Dean!- disse voltandosi.
Per qualche secondo lo fissai andar via, ma poi non resistetti più e lo rincorsi. Nonostante il dolore alle mani lo afferrai per un braccio e lo costrinsi a voltarsi. Lui guardò prima la mia mano insanguinata, poi guardò me.
Improvvisamente il mio cuore iniziò a battere più forte, facendomi dimenticare tutto il dolore. Senza perdere altri attimi lo tirai a me e lo baciai, prima dolcemente, poi con passione. Le sue mani, prima tese, si ammorbidirono e le lasciò allungarsi intorno ai miei fianchi. Li strinse, poi, senza che io me ne accorgessi, con un solo tocco mi curò le mani, dandomi la possibilità di muoverle su di lui.
Ci staccammo un solo attimo, il tempo di sorriderci dolcemente. In quegli istanti dimenticai ogni cosa. Dimenticai quanto rumore facesse il mondo e soprattutto lasciai scivolare fuori tutto il dolore.
Stretto nelle braccia di Castiel, mentre assaggiavo le sue labbra, la sua lingua calda, ricordai cosa significasse essere felici e desiderai con tutto il cuore che quell’attimo non finisse mai. Era come se all’improvviso fossi riuscito ad accettare quanto quell’angelo mi avesse cambiato la vita, forse in meglio, forse in peggio, non saprei dire.
Nel silenzio, dove l’unico rumore che potevamo ascoltare era il battito dei nostri cuori, stavo regalando a Castiel tutto me stesso. Lo baciai come non avevo mai baciato nessuna ragazza. Desideravo follemente il contatto con le sue labbra, sentire il freddo della sua pelle strusciare contro la mia. Desiderai il suo corpo più di qualsiasi altra cosa, forse anche più di ritrovare Sam.
Sammy aveva preso la via più facile, aveva preferito fuggire anziché lottare. Aveva mollato, piantando in asso anche me, che da una vita non facevo altro che rinunciare a tutto pur di proteggerlo. Mi ero sempre sacrificato per lui, offrendogli di più di tutto quel che avevo, senza mai pretendere nulla in cambio.
-Ti prometto che andrà tutto bene Dean! Non permetterò a nessuno di far del male a te o a Sam. Ti salverò e aiuterò tuo fratello, fosse l’ultima cosa che faccio!-
Insieme, fronte a fronte ci fissammo.
-Ti sosterrò ovunque andrai Dean! Non aver mai paura, io sono il tuo angelo e sono qui per proteggerti!-
Regalai a Castiel uno dei miei sorrisi più belli, poi mi abbracciò. Avvolto tra le sue braccia provai un senso di sollievo, quasi di protezione. Colmo di dolore, adagiai la testa sopra la suo petto e lasciai che mi accarezzasse.
Le mie lacrime si mischiarono alla pioggia, invisibili, ma dolorose. Castiel percepì il mio dolore, ma decise di restare in silenzio, a volte le parole fanno più male.
Per ripararci dalla pioggia decidemmo di salire nella Baby, io nel posto guida, Cas nel sedile del passeggero. Insieme, legati da una strana complicità, restammo in silenzio a guardare la pioggia, che temeraria continuava a cadere sopra di noi.
-Che strana la pioggia!- dissi improvvisamente. Castiel voltò lo sguardo verso di me, attento ad ogni mio movimento.
-Sam ama molto la pioggia, chissà se anche lui la sta guardando in questo momento!- continuai malinconicamente.
-Io credo di si, Dean. – rispose.
-Mi manca Cas …- dissi sospirando. – ne abbiamo passate tante insieme. Abbiamo affrontato di tutto nella vita, senza mai dimenticare chi siamo. Proprio non riesco a capire il perché abbia mollato proprio ora … volevo solo proteggerlo!-
-Dean, a volte non si può evitare il destino!- rispose. Mi voltai irritato e lo fissai stupito.
-Detto da te Castiel mi suona come una grossa stronzata!- dissi alterato. – Siamo noi a scegliere il nostro destino, anche tu l’hai fatto, come l’ha fatto Sam!- urlai.
-Sam è stato stupido Dean, un vero sciocco. Sono capaci tutti di gettare la spugna quando la vita si fa più dura e lui ha scelto la via del codardo. Quante volte hai rischiato la vita per proteggerlo? Chi si è rimboccato le maniche per far si che Sam, quel bambino indifeso crescesse come un ragazzino normale? Dovresti scordarti di lui per un momento e pensare a te stesso!-
Guardai Castiel con rabbia. Senza neanche il tempo di ragionare, lo colpii con un pugno in pieno viso. l’angelo rimase immobile, incassando il colpo senza reagire.
Per un istante mi sentii tremendamente in colpa, nonostante avesse esagerato. L’uomo in questione, Demone o no era pur sempre il mio adorato Sammy e tutto quello che avevo fatto per lui in passato, sarei stato fiero di rifarlo ancora.
Castiel rimase immobile a fissare il finestrino, senza neppure voltarsi un attimo. Tristemente allungai una mano verso di lui, toccandogli i capelli, poi la lasciai scivolare sempre di più, fino al collo. Sentii la sua pelle sotto le mie dita e provai un brivido di eccitazione. Ero preoccupato da quello che stavo provando, ma non mi importava. Volevo vivere quell’angelo ad ogni costo. Mi avvicinai e gli baciai il collo, lui ancora non si voltò, ma lo sentii sospirare. Preso dall’eccitazione del momento iniziai ad accarezzargli il petto, poi, con enfasi gli sciolsi la cravatta e gli sbottonai la camicia.
-Che stai facendo Dean?- mi domandò guardandomi negli occhi, quasi come se volesse accertarsi che fossi serio. Non risposi, ma continuai a lasciar scivolare le mie mani sul suo corpo.
L’angelo mi baciò tirandomi a se con violenza, facendomi urtare bruscamente contro il cruscotto della Baby. Irritato, spostai il sedile in modo da avere un po’ più di spazio.
Ad un tratto, sentii le mani dell’angelo scendere sempre di più, fino a fermarsi alla lampo dei miei Jeans. Ogni volta che mi sfiorava, sentivo un brivido che non aveva nessuna pietà. Sentii la cerniera dei pantaloni andarmi troppo stretta e desiderai follemente che me li sfilasse all’istante. Ed eccole le sue mani, sempre più curiose. Mi afferrò e a stento riuscii a trattenere un gemito. Mi sfilò i pantaloni e lui fece lo stesso. Iniziò a baciarmi, poi, con le sue labbra scese sempre di più, arrivando al petto. Sentii la sua lingua esplorami l’addome per poi ritornare intorno al mio collo.
Improvvisamente, la sua dolcezza cessò. Mi afferrò e mi girò con forza. Nonostante fossimo scomodi a causa del poco spazio, Castiel non si diede per vinto. Mi salì sopra tenendomi immobilizzato al sedile.
Riprese a baciarmi, iniziando a muoversi lentamente sopra di me. La sua pelle era un qualcosa di straordinario, il suo odore, il calore che emanava riusciva a mandarmi in estasi.
In quel momento prese le redini del comando, manovrandomi come se fossi un suo giocattolo e sinceramente non dispiacque affatto. Restammo così, pelle contro pelle, bocca contro bocca per molto tempo, assaggiandoci e divorandoci con avidità. Da quel momento sentii che quell’angelo mi apparteneva, lo dicevano i suoi sospiri …

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Capitolo 9
*** La Proposta ***


- CAPITOLO 9 –





Durante il lungo periodo lontano da Sam, smarrii il senso del dovere verso il mio lavoro. Era come se all’improvviso non mi importasse più, ma non era affatto così. Il lavoro era tutto ciò che mi restava e l’unica eredità che mio padre mi aveva lasciato, solo che senza il mio fratellino mi sentivo più debole.
La notte passata con Castiel mi fece riflettere molto. Spesso mi sono sentito dire che quando il cuore chiama bisogna ascoltarlo, seguirlo e lasciarsi condurre verso il suo richiamo. Anche se fino a quell’istante credevo che il mio cuore non avesse più la forza di battere, mi resi conto che mi sbagliavo alla grande. Lui era lì, ancora dentro di me più vivo che mai, nonostante le ferite ancora aperte. Scoprii che dentro di me ero ancora in grado di provare emozioni e quella che mi fece provare Castiel fu davvero indescrivibile. Notai che in fondo ero ancora capace di amare e ciò mi rese davvero felice o forse amare Castiel mi faceva sentire felice.
Gli occhi di quell’angelo erano capaci di farti vedere il cielo in un secondo, ti rapivano e ti distruggevano con dolcezza. Era stato in grado di domare il mio dolore con la forza delle sue carezze. Lui in fondo non era un uomo, cosa poteva esserci di così proibito?.
Nel silenzio della notte, guidai lungo la route 66 deciso di tornare da Bobby. Non era giusto mentirgli, lui doveva sapere cosa stava succedendo a Sam.
Guidai ripensando di tanto in tanto a Sam e a Castiel. Alternai i miei pensieri concentrandoli solo di loro, speranzoso di trovare una via d’uscita.
Il ricordo di Sam demoniaco mi metteva i brividi, non era stato affatto piacevole sentirmi dire da lui che mi avrebbe smembrato e poi divorato come se fossi una bistecca e ammetto che quel suo sguardo da folle mi spaventò parecchio.
Quanto riguarda Castiel, lanciai ogni tanto lo sguardo sui sedili dove avevamo fatto l’amore, immaginandoci di nuovo lì, uniti in un intreccio di corpi.
Improvvisamente, nel buio una figura piombò in mezzo alla strada.
Inizialmente non vidi nulla a causa della nebbia e sterzai di scatto il volante, cercando di non perdere il controllo della mia Baby e soprattutto per evitare di colpire e investire chiunque fosse stato lì in mezzo.
-Maledizione!- esclamai spaventato. Con Maestria ripresi il controllo della macchina e mi accostai sul lato sinistro della strada.
-Aiuto !!- disse una voce soffocata. Preoccupato, scesi dalla macchina velocemente e corsi in direzione della voce. Seduta, tremante e spaventata, una giovane donna se ne stava sull’asfalto ricoperta da una pozza di sangue.
-Ti prego aiutami … - disse alzando lievemente una mano verso di me. Era ridotta davvero male, un pezzo di muscolo del braccio destro era completamente di fuori. Una parte della sua gamba sinistra era stata completamente privata della sua pelle, mostrando il rosso accesso della carne viva. Il suo collo era pieno di tagli profondi e il suo addome ricoperto da una serie di buchi profondi. I suoi capelli biondi, incrostati e annodati dal sangue le cadevano lungo il suo viso, nascondendo i suoi occhi bagnati dalle lacrime.
-Che ti è successo!?!- domandai cercando di aiutarla a tirarsi su, ma non appena tentai, urlò dal dolore.
-Andrà tutto bene!- mentii. Le ferite erano troppo profonde e aveva perso troppo sangue, non ce l’avrebbe fatta.
-Devi resistere!- continuai cercando di convincerla a non arrendersi. Si alzò soffocando un grido di dolore e provò a reggersi in piedi, ma dopo pochi secondi le sue gambe presero a tremare e fui costretto a prenderla in braccio. La ragazza era esile, quindi non fu un grosso problema trasportarla in macchina. Con delicatezza, l’adagiai sui sedili posteriori e cercai di parlarle, ma la ragazza era tremendamente scioccata, tanto da non riuscire a formulare nessun’altra parola, tranne “aiuto”.
-Sono qui … eccomi!- le dissi tenendole la mano.
Il tempo stava per scadere, pochi minuti e sarebbe morta dissanguata.
-Resisti!- le dissi provando a trasmetterle un po’ della mia energia.
-Andrà tutto bene!- mentii.
-Un uomo … - disse debolmente.
-Un uomo? Era basso, un tipo all’inglese vestito di nero?- domandai pensando a Crowley.
-Era … era alto!- disse facendo fatica a respirare.
-Resisti per favore, resisti! Non ricordi nient’altro!?!-
-Aveva i .. i capelli lunghi e scuri!- rispose, poi si bloccò. Sentii i suoi muscoli irrigidirsi e diventare pesanti. I suoi occhi si fermarono a guardare i miei, privi di vita. Morì così, tra le mie braccia. Lasciai scivolare la sua testa delicatamente e rimasi a fissarla dispiaciuto. Anche se avessi tentato, sarebbe stato un fallimento, la ragazza sarebbe morta lo stesso.
-Non te lo perdonerò mai!- esclamai nero di rabbia.
-Mai!!!- urlai più forte. La mia voce riecheggiò nel silenzio. L’artefice non poteva essere nessun’altro a parte Sam, me lo sentivo dentro. Più tempo passava, più prendeva familiarità con colui che stava diventando,un mostro!. A quale scopo aveva ridotto quella povera donna in quel modo? Per divertimento? Per piacere oppure per ordine di Crowley?.
Cosparsi il corpo della giovane con del sale e lo bruciai. Nella notte fissai le fiamme divampare, ricordando tristemente quello che accadde alla mia casa. Il fuoco era un nemico che ancora non riuscivo ad accettare, anche se a volte era indispensabile.
Pensai a Sam e cosa stesse facendo in quel momento. Chi sarebbe stata la sua prossima vittima? Con chi avrebbe sfogato la sua rabbia!?!.
Irritato strinsi i pugni immaginando che cosa avessi fatto quando lo avrei preso. Sicuramente lo avrei preso a pugni fino allo sfinimento. Non potevo perdonargli tutto ciò.
-Ha fatto un bel lavoro, vero?- domandò una voce particolare. Riconobbi l’accento inglese e mi voltai infuriato. Fermo davanti a me, Crowley mi guardava con aria beffarda e divertita.
Ogni volta che avevo il re dell’Inferno davanti una strana ansia mi scorreva per tutto il corpo. Crowley era molto più forte di me e in quel momento ero anche disarmato.
-Sei un figlio di puttana Crowley, pagherai per quello che hai fatto a Sam!- dissi arrabbiato.
-Io non ho fatto proprio nulla mio caro Dean. Il Testone ha scelto lui stesso di diventare un mio fedele e come non scegliere uno dei Winchester nella truppa?- sorrise.
-Che cosa vuoi Crowley!?!- domandai preoccupato.
-Sembri teso Dean Winchester … - disse avanzando verso di me. per qualche passo indietreggiai, poi fui costretto a fermarmi a causa delle fiamme.
-Facciamo un patto!- dissi improvvisamente. Il re dell’Inferno sorrise allettato.
-Che genere di patto?- domandò incuriosito.
Prima di rispondere rimasi in silenzio a pensare, poi, preso da un atto di coraggio iniziai a parlare.
-Ti do la mia vita in cambio della sua!- dissi fissandolo negli occhi. Per un attimo vidi un lampo rosso accesso riflesso nei suoi occhi, come il sangue e le fiamme del suo stesso Inferno.
-Il figlio coraggioso vuole fare l’eroe come il paparino, ma che cosa dolce. Penso che potrei vomitare! In un’altra occasione avrei accettato questo patto con molta felicità. Toglierti di mezzo sarebbe fantastico, ma vedi, purtroppo il tuo fratellino è una ricchezza fondamentale per me in questo momento e non posso separarmene!- disse fingendo un’espressione di dolore.
-Andiamo Crowley!- insistetti.
-Ne vedrai delle belle Dean Winchester!- mi sorrise.
-Cosa vuoi dire!?!- domandai spaventato.
-Fra trenta giorni esatti ci sarà l’apocalisse. Il tuo amato fratellino sta spezzando tutti i sigilli, presto diventerà uno di noi, il più forte dei miei soldati. Diventerà il braccio sinistro di Lucifero e tu non potrai fare più niente per impedirlo. Guardati le spalle Dean e visto che ti piace molto guardare anche quelle del tuo angelo, accetta il mio consiglio, unisciti a me anche tu. Fra poco la luna di sangue splenderà in cielo, la terra si spaccherà e le fiamme dell’Inferno divamperanno nella notte. Prenderemo ogni vita a te più cara Winchester e tutte quelle che ti circondano. Distruggeremo il paradiso e tutti quei moscerini dalle ali lunghe. Niente sarà più prima!- ringhiò.
-E cosa ne sarà degli uomini!?!- domandai terrorizzato.
-È una battaglia che non li riguarda. È una lotta per affermare il potere assoluto!-
-Ci sarà un inutile spargimento di sangue, avevate promesso una tregua!- urlai. Crowley sorrise di cuore. la sua risata riecheggiò nella notte.
-Io prometto molte cose!- disse ridendo di gusto.
-Verserai sangue innocente!- urlai più forte.
-È per una giusta causa! Morirà chi deve farlo!- rispose irritato.
-Sei ancora in tempo per unirti a me Dean Winchester. Insieme diventeremo imbattibili!- propose.
-Piuttosto lotterò contro di te!- risposi a tono.
-Allora morirai!- disse minaccioso.
-Morirò da eroe, come mio padre!-
-Tuo padre era un codardo! Un topo di fogna che viveva nell’ombra. Devi aver proprio qualcosa di speciale se ha scelto la tua vita in cambio della sua!-
-Mio padre non era un codardo!- urlai. Con rabbia estrassi il mio coltello da sotto alla giacca, ma non appena mi avvicinai, con una mano mi lanciò addosso ad un albero. Con violenza battei la testa sul tronco, ma non persi i sensi. Irritato dal mio gesto, continuò a tenermi fermo con il palmo della sua mano aperta. Sempre più piano iniziò a chiuderla, stringendo con una mano invisibile il mio collo. Il respiro iniziò a mancarmi, stavo soffocando.
-Non ci provare Winchester! È questo il tuo problema, tendi sempre ad attaccare, come un cane da guardia, per questo ho scelto tuo fratello, lui riflette sulle emozioni, al contrario di te che sei impulsivo!-
Improvvisamente mollò la presa lasciandomi ricadere a terra. Sentii la gola bruciarmi.
-Consideralo uno dei tuoi giorni fortunati. Non ti uccido solo perché ti do la possibilità di cambiare idea. Abbandona i buoni Dean, lascia quell’angelo, le cose proibite all’Inferno hanno un altro sapore!- disse facendomi l’occhiolino. Lo guardai sorridermi con quello sguardo da lupo famelico, sempre alla ricerca di qualche preda da divorare. In quel momento io ero la sua preda, ma la fortuna fece sì che per quel giorno la sua pancia fosse piena. Continuandomi a sorridere sparì, lasciando brillare i suoi occhi improvvisamente color del sangue.
Rimasi a terra ancora scioccato dalle parole di Crowley. Apocalisse? Luna di sangue? Braccio sinistro di Lucifero? Cosa significava tutto ciò!?! Preoccupato balzai in piedi ed iniziai a urlare il nome di Castiel. Avevo bisogno di lui e lo desiderai al mio fianco, ma con mio grande dispiacere non arrivò.
-Castiel!!!- urlai disperato.
-Ho bisogno di te Castiel!- urlai più forte, ma la mia voce sembrò non arrivare alle sue orecchie.
Di colpo scese il silenzio, il bosco sembrò spegnersi all’istante. preoccupato e infreddolito tornai in macchina e partii velocemente. Durante il viaggio in auto continuai a pensare a Crowley, in particolare a ciò che aveva detto. “ all’Inferno il proibito ha un altro sapore”. A me non interessavano altri sapori, non dopo aver assaggiato quello di Castiel.
La domanda che mi ronzava in testa era, come diavolo faceva a sapere di noi? Quel figlio di puttana aveva davvero superato ogni limite. Giurai a me stesso che l’avrebbe pagata, a qualsiasi costo.

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Capitolo 10
*** La nuova apparizione ***


- CAPITOLO 10 –






Arrivai a Casa di Bobby verso le nove del mattino, ma sfortunatamente non lo trovai lì. Al suo posto, un vecchio Rottweiler non faceva altro che abbaiare e ringhiarmi contro con fare poco amichevole, ma con mia fortuna lo trovai legato ad una catena. Ad una certa distanza lo stronzo si sarebbe fermato.
-Un mal di gola no eh!?! – esclamai esasperato, ma il cane sembrò infuriarsi ancora di più. Se fosse stato sciolto sicuramente mi avrebbe attaccato.
-Buono!- disse improvvisamente una voce calda. Mi voltai sorpreso e vidi Castiel accarezzare la belva, diventata improvvisamente docile e affettuosa.
-Ti presenti solo ora Cas?- domandai irritato.
-Ho avuto da fare … rispose.
-Ah davvero? avevo bisogno di te, ti ho chiamato più volte, ma tu mi hai ignorato!- dissi arrabbiato.
-Te l’ho detto, avevo delle questioni da risolvere!- disse freddo. Notai il suo umore particolarmente cambiato e iniziai a preoccuparmi. Non sorrideva e mi fissava in modo inquietante.
-Che hai Cas?- domandai.
-Nulla. Tu invece? Vedo che sei in vena di discutere!- disse irritato.
-Mi serviva il tuo aiuto!- ripetei.
-Sbaglio o avevi detto che non ti serviva affatto il mio aiuto?- rispose.
-Cas ma che diavolo stai dicendo?- dissi preoccupato. Lo guardai senza riconoscerlo.
-Non posso arrivare ogni qual volta che tu lo desideri, non è così che funziona Dean!- mi disse arrabbiato. Pian piano iniziai a rattristarmi, quel suo tono non mi piaceva affatto, anche se ero stato io il primo ad attaccarlo.
Stavo per rispondere, quando ad un certo punto vidi la macchina di Bobby entrare dal cancello. Quando ci vide sbarrò gli occhi sorpreso. Inizialmente pensai che fosse stupito nel vederci lì, ma pochi minuti dopo venni a conoscenza che era preoccupato per il suo cane.
-Cosa avete fatto al mio cane!?! È docile come un agnellino!- esclamò infuriato.
-Io non ho fatto proprio un bel niente al tuo bastardo!- risposi schifato alla vista della bava che colava dal muso dell’animale.
-Castiel!!- urlò voltandosi verso di lui.
-Stai tranquillo Bobby, gli ho solo detto che siamo amici, non abbiamo cattive intenzioni!- rispose l’angelo.
-Cosa porta due idioti come voi qui?- domandò raccogliendo il sacchetto della spesa da dentro la macchina.
-Bobby, devo parlarti!- dissi preoccupato. Castiel iniziò a fissarmi con un’espressione alquanto strana. Proprio non riuscivo a comprendere la ragione del suo comportamento.
-Di cosa Dean!?!- disse irritato.
-Si tratta di Sam!- risposi.
-Dean!- esclamò l’angelo. Mi voltai verso di lui e lo vidi fissarmi con aria arrabbiata, quasi come se non volesse che Bobby venisse a conoscenza di quello che stava accadendo.
Prima che riuscissi a rispondere, Castiel si avvicinò a me, mi prese per un braccio e mi costrinse a seguirlo. -Non lo farei se fossi in te!- mi disse sussurrando.
-Perché!?!- domandai.
-Sarebbe solo un peso in più, Bobby non può esserci utile!- rispose arrabbiato.
-Bobby ha diritto di sapere Castiel- dissi spostandolo per passare, ma non appena lo superai di qualche passo, con forza improvvisa mi tirò indietro dandomi una leggera, ma decisa scrollata. Senza rendersene conto l’angelo strinse con forza involontaria il mio polso bloccandomi per qualche secondo la circolazione del sangue.
-Tu non dirai una sola parola!- esclamò minaccioso.
-Altrimenti che cosa farai Cas, mi picchierai!?!- risposi irritato.
-Mi spiegate che diavolo sta succedendo?- sbraitò Bobby irritato. Castiel mollò la presa continuando a fissarmi. Notai con la coda dell’occhio che Bobby ci stava guardando con aria turbata.
-Sento aria di tensione tra di voi!- aggiunse.
Guardai Castiel in cagnesco poi mi voltai e raggiunsi Bobby. Non me ne fregava nulla di quello che aveva detto Castiel, Bobby doveva sapere quello che stava accadendo a Sam. Lui era stato come un padre per noi e come tale si è sempre preso cura di me e di Sammy. Ci aveva aiutato molto durante il corso della nostra vita e di certo non potevo tenergli nascosta una cosa così grande, non dopo tutto quello che aveva fatto per noi.
Poco dopo essermi voltato, l’angelo sparì senza lasciare traccia, come faceva sempre del resto. Se ne andò senza neppure spiegarmi il motivo della sua strana rabbia nei miei confronti.
-Vieni, entra!- disse Bobby invitandomi ad entrare in casa sua. Mi sedetti su una delle sue poltrone, nel frattempo Bobby andò in cucina a prendere due birre. Quando tornò si sedette di fronte a me e mi fissò con aria preoccupata, quasi paterna.
-Tu non stai bene, vero Dean?- mi domandò improvvisamente.
-No Bobby, non sto affatto bene!- risposi tristemente.
-Hai discusso con Castiel?-
Al suono di quel nome sentii un brivido scorrermi sotto la pelle. -Castiel è strano!- risposi semplicemente.
-Credo che non sia una novità. Quell’angelo non ha tutte le rotelle a posto. Se non fosse per il fatto che ti ha aiutato diverse volte, a quest’ora lo avrei già ucciso!- sorrise. Sorrisi lievemente anch’io, cercando di nascondere la mia tristezza.
-Ancora nulla su Sam?- mi domandò.
-A proposito di Sam … - dissi malinconicamente. Bobby mi fissò scuro in volto e non ebbi altra scelta che raccontargli tutto. Tutto tranne il mio incontro con Crowley.
Mentre parlavo con il mio caro vecchio amico, un pensiero mi attraversò la mente. È vero, Castiel era un tipo parecchio strano, ma non faceva mai nulla a sproposito. Se si era comportato in quel modo, un motivo doveva pur esserci.
Raccontai a Bobby il mio scontro con Sam, gli dissi quanto era diventato forte e soprattutto quanta rabbia avesse nei miei confronti. Nella mia mente rividi tutta la scena e ricordai ogni parola esatta.
-Vengo con te!- esclamò Bobby dopo il mio racconto. Balzò in piedi di scatto e corse per la casa alla ricerca di un vecchio borsone da riempire per il viaggio.
-No Bobby, scordatelo!- dissi severo.
-Scherzi Dean! Questa cosa riguarda anche me, devo esserci!- mi disse quasi offeso.
-Potrebbe essere pericoloso, non posso rischiare di perderti!- dissi afferrandolo per le spalle. Bobby mi fissò quasi commosso dal mio improvviso gesto d’affetto e quasi non mi riconobbe. – Sei come un padre per me e ho ancora bisogno di te. Devi fidarti e lasciarmi andare!- -Dean, non sei più lo stesso da tempo ormai, potresti aver bisogno di me!- disse irritato.
Ad un tratto, un forte boato risuonò tra le mura esterne della casa. Alle nostre orecchie arrivò come un suono di cocci che si frantumavano ed io quel rumore me lo ricordavo molto bene.
spaventati ci affacciammo dalla finestra e vedemmo il cane di Bobby conficcato nei vetri di una vecchia Ford. La povera bestia era ancora viva e stava soffrendo moltissimo. Il Rottweiler si dimenava come una furia, ma più si muoveva, più i cocci taglienti sotto il suo collo gli laceravano la pelle. Guaiva e strillava dal dolore.
Spaventato, corsi in aiuto dell’animale, ma non appena lo raggiunsi fece una mossa fatale. Nell’intento di liberarsi, strusciò con forza il collo su uno spuntone di vetro affilato, tagliandosi la giugulare. Il sangue mi schizzò in faccia e cercai di ripulirmi gli occhi. Quando li riaprii vidi il cane ancora vivo guardarmi con aria implorante, ma proprio come con quella ragazza, per lui non avrei potuto fare nulla. La bestia morì in un modo atroce e agonizzante sotto i miei occhi.
-No … - disse Bobby con le lacrime agli occhi. Raggiunse il corpo del suo amico e lo accarezzò con dolcezza. Anche se io odiavo i cani, in quel momento soffrii come se li avessi sempre amati. È vero, ogni volta che andavo da Bobby quel maledetto cane non faceva altro che ringhiare e sbavarmi contro. Proprio non lo sopportavo, ma era di Bobby e la sua morte lo fece soffrire parecchio.
Rimanemmo per qualche secondo a fissare il corpo esanime dell’animale ancora caldo. Bobby aveva gli occhi lucidi ed io mi sforzai di guardare altrove.
-Hai un sacco grande o una vecchia coperta?- domandai.
-Come è potuto succedere!?!- domandò Bobby carico di rabbia e dolore insieme. Lo guardai sorpreso, poi alzai lo sguardo verso il cielo e vidi che ad un tratto stava diventando sempre più scuro, probabilmente un temporale era in arrivo.
-Magari è saltato sopra la macchina e il vetro non ha retto sotto al suo peso!- ipotizzai stupidamente. Bobby si voltò di scatto verso di me e mi mostrò infuriato un pezzo della catena che legava il cane.
-Idiota, il mio cane non saltava mai sulle macchine, glielo avevo insegnato!- urlò furioso.
-Sto solo cercando di trovare una spiegazione!- risposi a tono, quasi offeso.
-Fanculo Dean!- urlò lanciando la catena a terra.
Improvvisamente un vento gelido ci assalì e il cielo divenne completamente nero. Bobby ed io ci guardammo preoccupati, tanto che decidemmo di tornare in casa, ma quando raggiungemmo la porta, essa si bloccò misteriosamente.
-Merda!- esclamai forzandola, ma nulla, non si aprì.
-Era un bel cane in fondo, peccato!- disse una voce all’improvviso. Bobby ed io ci voltammo rimanendo a bocca aperta. Era Sam e i suoi occhi erano completamente rossi, proprio come quelli di Crowley, che ogni tanto si divertiva a far brillare. Forse anche Sam aveva deciso di fare scena per spaventarci.
-Sam!!- urlò Bobby. Preso dalla rabbia tentò di avvicinarsi, ma io glielo impedii, lo tirai indietro tenendolo per la manica della giacca.
-Non fare idiozie!- esclamai sussurrando.
-Già Bobby, non fare idiozie!- ripeté Sam sorridendo. Nel ridere un rivolo di sangue gli colò lungo le lebbra. Divertito se lo leccò.
-Hai ucciso il mio cane!- urlò arrabbiato.
-Non preoccuparti gli farai compagnia molto presto!- rispose voltandosi in direzione della povera bestia.
-E poi mio caro Bobby, il tuo stupido animale si è finito da solo. Se non fosse stato così stupido da strattonarsi probabilmente lo avreste tirato fuori no?- continuò ridendo di gusto.
Sentii Bobby fremere sotto alla mia presa. Se lo avessi lasciato andare le cose si sarebbero messe male.
-Hey Dean, non sapevo che ti piacesse giocare a fare la puttana. Dimmi, come ci si sente a farsi riempire il culo da un angelo?- mi domandò di colpo serio. Improvvisamente un senso di calore mi avvolse, provai vergogna e non osai guardarlo negli occhi. Lui era lì, con quello sguardo da pazzo e sapeva ogni cosa. Mi guardava con aria divertita e godeva di ogni mio tormento.
-Che significa?- domandò Bobby voltandosi verso di me. I nostri occhi si incontrarono e in quell’attimo mi sentii davvero umiliato, impotente, quasi come se fossi stato di colpo pietrificato.
-Il mio fratellino si dà alla pazza gioia quando nessuno lo vede o almeno crede, di non essere visto!- aggiunse sogghignando.
-Che vuol dire!?!- continuò Bobby infuriato, ma ancora una volta non riuscii a parlare. Ero rosso di vergogna e non sapevo cosa fare per riprendere in mano le redini della situazione.
-In poche parole vecchio imbecille, Dean si è rivelato una cagna in calore e come tale ama farsi montare da cani di grossa taglia!!!-
Bobby rimase a fissarmi ammutolito ed io non potei far altro che assorbire le parole di Sam come una spugna. Come faceva a sapere quello che era successo tra a me e Castiel? Eravamo soli quella notte, solamente io e lui uniti pelle contro pelle.
Quelle parole arrivarono dritte al mio cuore con la velocità di un proiettile. Mi trafissero come un pugnale e per un attimo mi lasciarono senza respiro. Lo sguardo di Sam, quello di Bobby, tutti su di me. Mi sentivo prigioniero di emozioni contrastanti, in lotta contro l’amore che provavo per Castiel e la normalità che tanto bramavo. Amare qualcuno come me, identico nelle passioni, nei sogni e nel sesso era qualcosa di sconosciuto agli occhi degli altri. Lo era anche per me un tempo, ma quando scoprii Castiel mi dovetti ricredere. Se lo amavo,perché avevo paura del giudizio degli altri? Perché i loro sguardi riuscirono a spaventarmi?.
Sam iniziò ad avvicinarsi a me, sorridendo e continuando a guardarmi negli occhi. Decisi che non avrei più abbassato lo sguardo, non con lui. Era vicinissimo a me, ma non indietreggiai di un solo passo. Rimasi fermo e lo fissai con aria di sfida.
-Sai vero che pagherai per tutto il male che stai facendo Sam!?!- ringhiai.
-Dovrei avere paura Dean?- sorrise.
Veloce come una saetta estrassi il mio coltello e senza pensare alle conseguenze lo trafissi. Sentii la sua pelle lacerarsi al contatto con la lama, fredda e senza pietà.
Sam urlò dal dolore , stupito dalla mia velocità e dalla sua stupidità. Se c’era una cosa che nostro padre ci aveva insegnato, era quella di non abbassare mai la guardia.
Il mio coltello avrebbe dovuto ucciderlo, ma non lo fece. Sam rimase in piedi e con facilità estrasse il coltello e lo lanciò a miei piedi, totalmente immune al danno che gli avevo procurato. Guardai lo squarcio guarire in pochi secondi con incredulità. Che essere orribile era diventato? Un demone normale sarebbe dovuto morire, ma lui no! Mio fratello era in piedi innanzi a me, più infuriato che mai. Entrai nel panico, non avevo nessuna via d’uscita, neppure chiamare Castiel sarebbe servito. Lui era arrabbiato con me per motivi che neppure conoscevo.
-E così mi avresti ucciso caro fratellino? Non mi vuoi più bene!- ringhiò mostrandomi improvvisamente i suoi denti e la sua lingua insanguinata. I suoi occhi divennero rossi come due pozze di sangue e la sua bocca si dilatò mostrando sfilze di denti affilati. Non era un vampiro, né un Leviatano. Era qualcosa di spaventoso, orribile e mostruoso.
Bobby si scansò impaurito e Sam se ne rese conto, sentii l’odore della sua paura e ne fu attirato. Si voltò verso di lui deciso ad attaccarlo, ma io non glielo avrei mai permesso. D’istinto mi misi davanti a Bobby, avrei difeso il mio vecchio amico a qualsiasi costo. Troppe erano le persone che stavano morendo a causa sua.
-Patetico!- esclamò Sam alzando di scatto la sua mano sinistra. Con la forza dei suoi poteri mi scaraventò addosso ad una macchina e poi nuovamente addosso al muro della casa di Bobby. Battei violentemente la testa sul cemento e tutto ciò che ricordai prima di perdere i sensi fu la voce terrorizzata di Bobby che chiamava il mio nome, poi tutto si fece nero e sfocato. Caddi a terra stordito.

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Capitolo 11
*** Il mio errore ***


-CAPITOLO 11 –





Quando ripresi i sensi avvertii un forte dolore alla testa. Il male era così atroce da non farmi capire bene dove mi trovassi, ricordo solo che la stanza era buia e fredda e che ero legato ad una stupida colonna. La mia bocca era chiusa con un nastro adesivo scomodo e irritante, mentre i miei polsi erano sigillati da una specie di manette strette al tal punto da bloccarmi la circolazione del sangue. Sentii la mia testa inumidita dal sangue e provai un forte desiderio di abbandonare per sempre quella Terra. Proprio come un vigliacco, desiderai morire, dimenticare ogni genere di dolore, fisico o mentale che fosse.
Quando la mia vista si fece più affidabile, scorsi la figura di Bobby appesa ad un vecchio crocifisso di metallo. Era legato anche lui, ma a differenza di me non aveva un bavaglio in bocca.
Con tutte le mie forze provai a urlare per farmi sentire, ma dalla mia bocca uscirono solo versi incomprensibili. Solo dopo svariati tentativi si accorse di me.
-Dean!- disse dolorante.
Ancora una volta pronunciai quei suoni speranzoso che capisse quanto mi dispiacesse averlo coinvolto in quella situazione. Volevo che stesse al sicuro, invece avevo fallito ancora. Castiel aveva ragione, sarei dovuto andare via, lasciarlo stare e continuare per la mia strada, ma non l’avevo fatto. Avevo ancora una volta ignorato le parole di Cas, peggiorando tutto quanto. Ora Sam ci aveva presi e sicuramente non ci avrebbe mai lasciati andare.
-Finalmente Dean!- esclamò la voce di Sam. Pochi secondi dopo mi spuntò alle spalle sussurrandomi all’orecchio. Sentii il suo fiato sul collo, dall’odore forte e metallico, l’odore del sangue.
-Sai, credevo di aver esagerato. Se il colpo fosse stato più forte probabilmente ti avrei ucciso!- continuò.
Carico di rabbia strattonai la corda con cui ero legato e provai ad urlare qualcosa, ma come ben potevo immaginare, Sam iniziò a prendersi gioco di me.
- Come dici scusa? Non ti capisco!- disse scoppiando a ridere.
- Lascialo stare Sam o giuro che la pagherai!- urlò improvvisamente Bobby. A fatica cercai di spostarmi di lato per riuscire a guardare il mio vecchio amico, ma non appena mi spostai, Sam mi sferrò un calcio potente al costato. Con disperazione sentii alcune delle mie costole fare crak. Dolorante provai ad urlare, ma nell’intento erroneamente mi morsi con forza la lingua. A stento riuscii a trattenere le lacrime, mentre spaventato fui costretto a causa del bavaglio a bere il mio stesso sangue.
- Pazienza Bobby,devi avere pazienza, arrivo anche da te!- ringhiò. Sam rimase immobile a guardarmi, come se all’improvviso un lampo di lucidità lo avesse colto. Mi fissò con aria normale, la stessa di Sammy, quella da eterno bambinone sempre pronto ad essere gentile, ma quella volta mi sbagliai.
-Sei caduto così in basso Dean … - disse con voce lieve, continuando a fissare i miei occhi bagnati dalle lacrime. Non potevo realmente credere che Sam fosse diventato un mostro, che non avesse più un cuore. Un tempo la sua anima era così immensa e bella e il suo cuore tenero e puro. Quando eravamo piccoli lo invidiavo, poiché lui aveva la capacità di trovare un senso a tutto ciò che forse neppure lo aveva e di amare il prossimo con lealtà. Guardare i suoi bellissimi occhi, di colpo vuoti e senza anima significava guardare dritto nell’oscurità, quel grande pozzo che sembra non avere una fine. Tutto intorno a te è nero e non vedi altro che te stesso precipitare in basso.
Guardai Sam sperando che capisse, che volevo parlare con lui e che desideravo che mi levasse quella maledettissima stoffa dalla bocca, ma non lo fece. Si allontanò in direzione di Bobby.
-Lasciami andare!- urlò.
-E perché dovrei farlo?- rispose Sam impugnando con gioia un vecchio coltello dalla lama spessa e affilata.
Ero nel panico, avrei voluto fare qualcosa, liberarmi da quelle catene e salvare Bobby, ma non potevo. Tutto quello che riuscivo a fare era strattonarmi e emettere versi senza un senso. Urlavo, ma la mia voce non poteva uscire. Oltre al mio sangue, mandai giù anche il mio dolore. Castiel aveva ragione, ancora una volta era tutta colpa mia. Provai a chiamarlo con la mente, lo supplicai di venire in mio aiuto, lo pregai come non avevo mai fatto, ma nulla. l’angelo che tanto amavo non venne a salvarci.
-Non lo fare Sam!- lo supplicò Bobby. Il mio vecchio amico era spaventato a morte ed io non potei fare nulla.
Mio fratello rimase per qualche secondo immobile a fissare la lama, poi, con un gesto abile e veloce squarciò Bobby dalla pancia in giù, lasciando scivolare via dal suo corpo le interiora. Con i miei occhi vidi con orrore i suoi organi cadere via.
Carico di disperazione e dolore Bobby urlò e la sua voce entrò dentro di me come un veleno. Lo sentii circolare nel sangue e nelle vene. Provai ancora una volta a urlare e questa volta uscii qualcosa di più forte di un semplice verso. Sam si voltò nella mia direzione, mentre eccitato iniziò a leccare il sangue dalla lama.
Urlai ancora e ancora, strattonandomi e cercando invano di liberarmi. -Che c’è Dean!?!- sorrise. Con passo svelto si avvicinò a me.
-Forse vuoi dire qualcosa?- continuò strappandomi con forza il bavaglio dalla bocca. Sputai con ribrezzo il sangue che avevo nella bocca e lo guardai nero di rabbia.
-Che stai facendo Sam!?!- dissi cercando di assumere un tono forte, ma quello che mi uscii fu tremante e quasi supplichevole.
-A te cosa sembra che stia facendo?- rispose sorridendo.
-Bobby è come un padre per noi … -
-No Dean! Basta stronzate sulla famiglia!- urlò infuriato. Sam si voltò nuovamente e tornò da Bobby.
-Sammy ti prego!!- urlai disperato. – Sei migliore di quello che sei diventato, noi non uccidiamo le persone ricordi? “ Noi portiamo la luce nei cuori di chi l’ha smarrita!” è questo quello che dicevi sempre a me. Ora sei tu a non sapere più chi sei!- dissi.
-Smettila!!- urlò conficcando la lama del coltello nell’avambraccio destro di Bobby. Con forza e violenza asportò gran parte della pelle lasciando in evidenza il muscolo, squarciato anch’esso. Bobby urlò disperato e Sam sembrava in estasi. Il sangue e le urla lo eccitavano.
-Ti prego Sam basta!!!- urlai. Improvvisamente non riuscii più a controllarmi, scoppiai a piangere alla vista di Bobby morente. La sensazione di impotenza in cui mi trovavo era davvero devastante. Dovevo salvarlo, ma non sapevo come. Quel figlio di puttana di Castiel avrebbe pagato per il suo giochetto. Quando non avevo bisogno di lui era sempre intorno, ora, che avevo disperatamente bisogno del suo aiuto, lui non c’era.
-No, non la smetterò!-
-Sammy, guardami!- dissi disperato e con mia grande sorpresa lui si voltò.
-Siamo fratelli Sammy, non puoi fare questo!- dissi in lacrime.
-I fratelli non nascondono segreti Dean! I fratelli non sono egoisti, i fratelli non pensano solo a se stessi!- urlò.
-Quello che ho fatto l’ho fatto per te!- strillai più forte.
-L’hai fatto per te stesso, non per me! sei sempre voluto stare al centro dell’attenzione! Eri il preferito del papà ed io ero solamente la vostra ombra! Perché credi che me ne sia andato eh? Per non dover più sopportare le tue scenate di egocentrismo! Volevi avere sempre tutto e non facevi altro che vantarti!-
-No, non è vero Sam! Tu dicevi che non volevi questa vita! Dicevi che volevi studiare, diventare qualcuno meglio di quello che eravamo io e papà!- urlai.
-Io per voi non ero nulla!- disse iniziando improvvisamente a tremare. Bobby prese pian piano a spegnersi. Il sangue scivolava senza controllo, se Castiel non fosse intervenuto all’istante, non ci sarebbe più stato nulla da fare.
-Come puoi dire una cosa del genere!?!- dissi deluso. Lo guardai negli occhi arrabbiato e soprattutto carico di dolore.
-Ti ho portato via delle fiamme Sam! Queste braccia che tu stesso hai legato ti hanno salvato quando eri solamente un neonato! Ho rinunciato alla mia infanzia per te, ai miei sogni! Ti ho curato, sono stato costretto a rubare pur di sfamarti! Mentre papà era fuori a caccia, sono stato io a prendermi cura di te e l’ho sempre fatto mettendoti al primo posto!. Io ho sbagliato Sam, l’ammetto e mi dispiace se in alcuni momenti non sono stato il fratello di cui avevi bisogno, ma non per questo puoi comportarti così!- dissi in lacrime.
-Nostro padre ha sempre preferito te a me! Avevo solo bisogno di sentirmi accettato, parte integrante della famiglia, invece venivo sempre scartato!- urlò facendo vibrare nell’aria la lama del coltello.
-Perché non me l’hai mai detto prima!?! Se ti sentivi così perché non me ne hai parlato!?!-
-Perché Dean, perché secondo te? Non avresti mai capito!- ringhiò.
Rimasi in silenzio a guardarlo, mentre i suoi occhi iniziarono a dilatarsi e a diventare rossi.
-Ti prego Sam, siamo una squadra!- ripetei piagnucolando, ma lui non mi rispose. Si voltò nuovamente verso di Bobby e posò il coltello. Per un attimo fui sollevato, pensai che di colpo avesse deciso di smettere, ma in realtà non fu così. Con gioia nello sguardo afferrò una vecchia ascia e se la passò parecchie volte di mano in mano, quasi come se fosse indeciso sul da farsi.
-No Dean … non siamo più nulla ormai!- disse lanciando un ultimo sguardo all’arma, dopodiché l’alzò di colpo e con forza e rabbia mai vista, decapitò il povero Bobby.
-No!!!!!- urlai in lacrime. Vidi la testa del mio amato amico rotolare verso di me, aveva gli occhi sgranati dalla paura. Si fermò, a pochi metri da me e sembrò fissarmi. -È tutta colpa mia Bobby, mi dispiace!- dissi disperato. I miei occhi si appannarono a causa delle lacrime e a stento riuscii a notare Sam venire verso di me.
-Sei un figlio di puttana!- ringhiai infuriato. Dentro di me scorreva la voglia di vendetta, avrebbe pagato per tutto quello che stava facendo. Con fare divertito si avvicinò a me puntandomi la lama di un coltello sul viso. iniziò a guardarmi negli occhi e mi sorrise.
-Era da troppo che non ti vedevo piangere Dean, non ricordavo questo tuo lato!- disse sorridendo.
-Pagherai Sam!- risposi. Lui scoppiò a ridere più forte.
-Dici sempre la stessa cosa fratellone!-
-Dopo tutto quello che ho fatto per te! Le vite che ho preso per te! Il sangue che ho versato per te! Questo non ha più importanza!?!- domandai deluso.
-Il passato non fa più parte del mio presente!- rispose facendo ondeggiare la lama grigia davanti ai miei occhi.
-E Jessica? La mamma, anche loro hai rimosso da tuoi ricordi?- osai domandare. Con rabbia Sam mi sfregiò una parte della guancia sinistra. Sentii la lama tagliente sulla mia pelle e per orgoglio soffocai un grido di dolore. Non volevo mostrarmi sofferente ai suoi occhi.
-Sono morte!- urlò.
-E chi le ha uccise eh? Quelli come te!- risposi a tono. – I mostri come te ci hanno portato via tutto quello che amavamo! Hanno distrutto la nostra casa Sam, la nostra famiglia e ora guardati!- continuai. – Tu stesso sei diventato un mostro!- urlai.
-Tu non capisci!- urlò più forte lui.
-Cosa dovrei capire Sam? Non sei più tu e a me manchi da morire. Mi sveglio la mattina e non ti trovo più in piedi a preparare la colazione. Non ti trovo più seduto su una poltrona a leggere libri di cui io non saprò mai neppure il titolo. Non sento più la tua voce, non vedo più il tuo sorriso Sam, è come se stessi morendo pian piano. Sei mio fratello, sei la parte più buona del mio cuore e da quando te ne sei andato io sto andando in tilt!- dissi disperato. Lui mi guardò ma non rispose.
-Mi dispiace Dean!- disse all’improvviso.
Ci guardammo un istante e notai nei suoi occhi un bagliore strano, quasi di commozione. Sperai che lasciasse andare il coltello, che sparisse lasciandomi lì, ma non lo fece. Mi guardò un’ultima volta, poi fece vibrare nuovamente la lama in aria. Spaventato, sperai che facesse in fretta, ma non osai chiudere gli occhi. Avrei guardato negli occhi quel figlio di puttana fino all’ultimo.
Desideravo vedere con quanto coraggio avesse messo fine alla mia vita. Volevo guardare i suoi occhi e andare oltre, capire se era veramente quello che voleva.
Dentro di me sentii che era la fine, che stavo per raggiungere il mio traguardo, proprio come in una gara automobilistica, la mia bandiera a scacchi stava per indicare il termine della corsa.
Non so cosa facesse più male, se le ferite e le costole spezzate oppure il cuore.
Il fatto che l’uomo che stava per uccidermi fosse Sam mi procurò tanto dolore. Lui, quello che sarebbe dovuto diventare il mio compagno di una vita, il partner del mio viaggio più grande, stava per diventare il mio mietitore. Dopo tutto quello che avevo fatto per lui, il dolore che avevo dovuto sopportare e le vite che avevo dovuto prendere, Sam aveva deciso di farmi fuori. Non contava più il fatto che io mi fossi sacrificato per lui, che avessi dovuto rinunciare alla mia infanzia per far sì che la sua potesse essere più felice. L’unica cosa che contavano per lui erano i miei sbagli. È vero, alcune volte mi sono comportato come un verme, nascondendogli segreti e mentendogli in continuazione, ma tutto questo era solo per proteggerlo. Non volevo che soffrisse e nonostante con il tempo fosse diventato un uomo, dentro di me sentivo ancora il dovere di proteggerlo, era questo il mio compito.
Come ogni uomo, avevo commesso degli errori, ma in fondo al cuore sapevo che quegli errori erano per una giusta causa. Una causa che ora Sam non riusciva a comprendere.
Ad un certo punto,proprio quando la lama stava per perforare la mia carne, un lampo di luce improvvisa ci accecò entrambi. Sentii Sam urlare in un modo spaventoso e pochi secondi dopo fu scaraventato addosso alla croce di metallo dove c’era il corpo esanime di Bobby.
Quando la luce cessò di brillare, vidi davanti a me un paio di ali immense che riconobbi all’istante. Castiel, il mio angelo era venuto a salvarmi. Lo vidi avanzare verso Sam senza armi in mano. Se il mio coltello non lo aveva neppure graffiato, probabilmente neanche il suo pugnale avrebbe avuto successo. Sam si alzò barcollando e si precipitò addosso a l’angelo, che , con velocità evitò il suo attacco. Castiel non esitò un secondo e lo afferrò per il collo della giacca scaraventandolo a terra. Sam si dimenò e con la forza dei suoi poteri cercò di immobilizzare Castiel, ma l’angelo era ancora troppo più forte di lui e fallì nel tentativo.
Nella confusione del momento vidi gli occhi di Sam diventare più rossi del sangue e i sui denti allungarsi in un modo spaventoso. Che razza di mostro era mai diventato?.
Castiel facendosi forza con le proprie ali, continuò a tenere fermo Sam, che, irritato dalla sua impotenza iniziò a dimenarsi.
-Ti ucciderò Sam! Soffrirai come hai fatto soffrire gli altri! Ti staccherò arto per arto! Morirai lentamente!- disse Castiel.
Preoccupato da quello che stava accadendo, chiamai Castiel affinché venisse a liberarmi. L’angelo si voltò al suono della mia voce, allentando la presa su Sam. Mio fratello ne approfittò e lo colpì con violenza facendolo cadere a terra. Non avendo altri mezzi per difendersi, Sam decise nuovamente di darsi alla fuga.
Fuggì scomparendo nella notte.
-Dean … - disse Castiel avvicinandosi a passo svelto. Con molta delicatezza spezzò le manette che mi tenevano legato e esaminò le mie ferite.
In quel momento desiderai urlare, prenderlo a pugni, ma non avevo le forze necessarie per affrontarlo. In pochi secondi mi curò le ferite e mi aiutò ad alzarmi.
-Mi dispiace Dean!- disse tristemente. Senza rivolgergli parola andai verso il corpo esanime di Bobby e sciolsi le corde che lo tenevano legato. L’odore del sangue e della morte era insopportabile, ma mi feci coraggio. l’angelo mi aiutò a sistemare il cadavere nell’Impala e dopo pochi minuti partimmo per trovare un posto tranquillo in cui bruciare il corpo.
Viaggiammo per un’ora in silenzio, senza dire neanche una parola. Io ero arrabbiato, deluso e tremendamente a pezzi e Castiel lo sapeva bene. L’angelo rimase in silenzio, lanciandomi di tanto in tanto un’occhiata veloce, giusto per capire a cosa stessi pensando. -Credo che qui vada bene!- esclamai improvvisamente. Castiel si guardò intorno annuendo lievemente.
L’angelo ed io raggiungemmo un campo abbandonato, nessuno mai ci andava se non in alcune giornate estive. Era il posto perfetto per dire addio al mio amico.
Scesi dall’Impala con un grande peso sullo stomaco, mi sentivo tremendamente in colpa, ma ormai non potevo fare più nulla. Sospirai raccogliendo tutto il coraggio che avevo in corpo e decisi che ormai non c’era più tempo per piangersi addosso. Dovevo smetterla di essere debole, di piangere, tutto questo non aveva alcun senso.
Giurai a me stesso che avrei avuto la mia rivincita, con o senza spargimenti di sangue. Io ne avevo versato troppo e ora era giunto il momento di riprendermelo dagli altri.
L’Inferno doveva riprendere a tremare, Dean Winchester era tornato!.

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Capitolo 12
*** La sua Paura ***


-CAPITOLO 12 –




Castiel mi accompagnò per tutto il tragitto fino all’arrivo in un vecchio Motel della zona. Né io né lui ci eravamo ancora rivolti parola e tutto quel silenzio non piaceva affatto.
Quando entrammo in stanza, l’angelo si lasciò cadere sopra una poltrona sospirando, poi, carico di malinconia si voltò verso di me. Per qualche secondo ignorai il suo sguardo finché non lo sentii diventare insistente.
-Dean, prima non ti ho voluto dire niente perché sapevo quanto fosse importante per te Bobby, ma ora non posso più trattenermi nel non parlarti. Sento la tua rabbia nei miei confronti da lontano un miglio, non serve continuare a fingere il silenzio!- esclamò lievemente irritato. Con rabbia gettai il mio borsone a terra e mi voltai nella sua direzione.
-Bobby era come un padre per me Castiel, ma a te questo non importa … ti ho invocato, ti ho pregato con tutte le mie forze, ma tu mi hai ignorato, ancora una volta!- dissi carico di dolore, ma non avrei ceduto alle lacrime, non questa volta.
-Ho sentito le tue chiamate forti e chiare, ma non ho potuto fare nulla!- rispose tristemente.
-Che significa!?!-
-Il compito principale di un angelo è quello di eseguire gli ordini Dean. Mi sono ribellato troppe volte per te rischiando tutto. A Dio questo non piace, come non piace agli altri angeli, ma loro contano poco per me. Ultimamente sono sotto sorveglianza e sono scappato appena ho potuto Dean … per te!- disse con gli occhi lucidi. Improvvisamente la mia rabbia si affievolì. Lo guardai con tristezza maledicendomi per averlo giudicato male. Credevo che fosse arrabbiato con me, ma invece non era così. Dio e tutti quegli stronzi del paradiso lo stavano trattenendo a forza, contro la sua volontà.
-Avevi ragione Castiel … - dissi improvvisamente. L’angelo mi guardò incuriosito.
-Tu cerchi sempre di avvertirmi, ma io … io sono stupido e cerco di fare solamente quello che credo sia più giusto, ma puntualmente non lo è mai. Hai provato a mettermi in guardia, ma io non ti ho dato retta e ora Bobby è morto. Se ne è andato a causa della mia stupidità e ora non posso fare niente per rimediare. Mi sento un schifo!- dissi sedendomi sopra al letto.
-Dean, stai lottando contro qualcosa più grande di te!- rispose dolcemente.
-Parlando con Sam Demone ho capito che in fondo lui non stava bene al mio fianco. Si sentiva piccolo e io non ho fatto altro che alimentare quella piccola fiamma. Aveva ragione quando mi ha detto che sono un egocentrico del cazzo, ma se soltanto me lo avesse detto prima avrei fatto qualsiasi cosa pur di rimediare. È rimasto in silenzio e io ho dato tutto per scontato!- continuai.
Castiel si alzò dalla poltrona e si avvicinò a me. Si sedette al mio fianco e iniziò a guardare il nulla.
-Un’altra cosa che dovresti smettere di fare è autocommiserarti. Tu fai tanto, ma ti ostini a soffermarti su quello che non riesci a fare. Tieni presente che Sam è sotto il potere di Crowley e presto passerà nelle mani di Lucifero. Sai che i Demoni mentono, loro godono in questo o se non lo fanno dicono solo ciò che può colpire i sentimenti del prossimo. Il Sam che conosciamo non pensa minimamente nulla di ciò che ti ha detto!- disse accennandomi un breve sorriso. -Prima che Sam catturasse me e Bobby, si è divertito a sbattermi in faccia quello che è successo tra me e te quella notte!- dissi guardandolo nei suoi occhi color del cielo.
-Lo sapeva !?!- esclamò sorpreso.
Annuii preoccupato, ma poi vidi il suo volto rilassarsi e capii che in fondo non gli importava.
-È un problema per te che lo sappia?- disse improvvisamente. Lo guardai un istante e poi feci di no con la testa.
-Hey, mi dispiace Dean … ti prometto che vinceremo questa battaglia e …-
Improvvisamente lo bloccai. Lo guardai stupito e il termine “ Battaglia” mi riportò alla mente il discorso di Crowley.
-Come fai a saperlo?- domandai stupito. L’angelo ricambiò il mio stesso sguardo.
-La prima volta che hai invocato il mio aiuto, mi sono sincronizzato sulla tua voce. Ho ascoltato tutto quanto e ho fatto ascoltare il messaggio anche a Gabriele e a Balthazar, loro sapranno come organizzarsi!-
-Quindi vuoi dire che ci sarà una guerra?- domandai preoccupato.
-Ci hanno dichiarato guerra loro Dean! Non permetteremo mai a quei buffoni di avvicinarsi al Paradiso. Terremo i nostri soldati pronti all’attacco, per il momento non ci resta che aspettare!- disse determinato.
-Io combatterò al vostro fianco!- esclamai.
-Dean … - sospirò.
-Ti prego Castiel, questa è anche la mia battaglia!- insistetti. L’angelo mi guardò senza rispondere. Mi fissò accennando un piccolo, ma dolce sorriso.
Dopo tutto quello che era accaduto in quel giorno, desiderai abbandonarmi a qualcosa in grado di farmi sentire felice e cosa avrebbe potuto mutare il mio stato d’animo se non il contatto di Castiel?.
-Sai Cas, ogni volta che ti guardo negli occhi penso a quanto tu sia speciale e quanto ti vorrei per sempre al mio fianco … - dissi prendendolo per mano.
-Tu credi al per sempre, Dean!?!- mi chiese sussurrando.
-Crederei a qualsiasi cosa purché sia tu a dirmela!- dissi sorridendo.
I nostri sguardi si persero l’uno nell’altro. Mi avvicinai sempre di più, fino a sfiorare le sue labbra. Erano così morbide e calde. Le baciai dolcemente sentendo la voglia accendersi. Castiel ricambiò il bacio, prima dolce, poi sempre più energico.
-Per sempre Dean!- disse ansimando. Sorrisi, poi con forza lo spinsi indietro. Gli sfilai la cravatta, poi quello stupido impermeabile da cui non si separava mai e infine gli levai anche la camicia.
Continuai a baciarlo prima sulle labbra, poi scesi sempre più in basso, sentendo tutto il suo corpo vibrare dall’eccitazione.
Sentii le sue mani scorrermi l’ungo il corpo e ansioso di sentire il contatto con la sua pelle mi sfilai la camicia .
Improvvisamente, preso dall’enfasi del momento, Castiel cambiò posizione, salendo sopra di me e prendendo il controllo della situazione. Smise di baciarmi e si concentrò sui mie pantaloni. Sentii le sue mani scendere sempre più giù, leggere e decise. Mi sfilò i pantaloni e dopo poco si tolse i suoi.
Amavo alla follia quando muoveva le sue mani su di me, lo faceva dannatamente bene. Ogni qualvolta che mi toccava provavo un brivido incontenibile.
Pelle contro pelle, respiro contro respiro, ci stavamo lasciando andare ed io mi sentii nuovamente felice.
Castiel, prima delicato, iniziò a metterci più passione. Mi strinse lasciandomi quasi senza respiro. Iniziò a mordermi e laccarmi per tutto il corpo ed era una sensazione favolosa.
Nel buio il suo contatto era più confortante di qualsiasi altra cosa. Mi sentivo protetto e con lui l mio fianco sapevo che non mi sarebbe mai potuto accadere nulla. Lui era mio angelo ed io lo amavo alla follia, sarei stato disposto a tutto pur di averlo per sempre al mio fianco.
Fare l’amore con lui quella notte mi fece davvero bene. Per un po’ ero riuscito a dimenticare tutto il male che avevo affrontato e mi sentii nuovamente felice.
Restammo immobili, pelle contro pelle, stretti in un caldo abbraccio. In cerca di conforto appoggiai la testa sul petto di Castiel e ascoltai con gioia il battito del suo cuore. Il suo scalpitare mi riportò indietro nel tempo, quando ero solamente un bambino. Ricordai con dolore gli abbracci caldi di mia madre quando ero spaventato. Mi teneva lì, sul suo petto, stretto a sé. Mi cullava e la sua dolce voce riusciva ad abbattere ogni paura. Castiel era come lei, delicato e tremendamente protettivo. -Cas, pensi che quello che stiamo facendo possa avere un futuro?-
domandai improvvisamente. Con amarezza sentii la mano dell’angelo smettere di accarezzarmi.
-Tu vorresti che lo avesse?- rispose.
-Si e tu?- dissi sentendomi dannatamente felice.
-Si- rispose, ma il suo tono non mi convinse. Preoccupato mi staccai dal suo petto e lo guardai negli occhi. Lui ricambiò lo sguardo e mi fissò stupito dal mio improvviso cambio di umore.
-Il tuo sì ha qualcosa di strano!- dissi irritato.
-Ti sbagli!- rispose alzandosi improvvisamente dal letto. Nel muoversi velocemente lasciò scivolare via dal suo corpo le lenzuola mostrandomi il suo sedere perfetto. Per un attimo lo guardai incantato, poi tornai nuovamente a concentrarmi sulle sue parole.
-Hai paura che Dio possa cacciarti dal paradiso per questo?- domandai guardandolo indossare i suoi pantaloni.
-Dio mi toglierebbe le ali per questo!- rispose tristemente. In quel momento capii di aver colto nel segno.
-Tutto qui Castiel? Hai paura di perdere le tue ali?- dissi deluso.
-A te può sembrare una cosa da niente Dean, ma per me ha importanza!- disse iniziando ad abbottonarsi la camicia.
Irritato avvolsi le lenzuola intorno alla vita e mi avvicinai a lui.
-Quando ero confuso e indeciso tu mi dicesti che si poteva fare, che saremmo potuti stare insieme e ora ti stai tirando indietro?- dissi spaventato dall’idea che potesse sparire da un momento all’altro.
-Non ho detto che non possiamo stare insieme Dean, solo che dobbiamo stare attenti!- disse guardandomi dritto negli occhi. Tristemente voltai lo sguardo altrove mordendomi le labbra, lasciando che il dolore fisico superasse quello dell’anima.
-D’accordo … - dissi malinconicamente. Smisi di guardarlo e mi diressi verso il bagno, quando improvvisamente sentii la sua mano stringersi intorno al mio braccio destro. Mi fermò delicatamente e mi costrinse a voltarmi. Ci guardammo un istante, leggendo nei nostri occhi tutto l’amore possibile.
-Io ti amo, Dean!- disse dolcemente. Lo guardai incredulo, come se all’improvviso avessi dimenticato il significato di quella frase. Lui se ne accorse e mi accarezzò con dolcezza il viso.
-Ti amo come non ho mai amato nessun’altra cosa in questo Universo. Tu, un uomo così fragile, ma forte allo stesso tempo. Tu, con la colpa di perdonare ogni cosa, con il dolore che hai e che cerchi sempre di nascondere. Tu, semplice uomo mortale, sei qualcosa di più di tutto quel che mi circonda. Il paradiso non è il posto in cui vorrei stare, lì non mi sento a casa, ma purtroppo sono un angelo e non posso cambiare il mio destino per te, anche se lo desidero con tutto il cuore. Io sto cercando di fare il possibile Dean, ma non è facile ribellarsi a qualcosa più grande di te. Lucifero è stato cacciato dal paradiso per aver messo in discussione gli ordini di Dio!- disse preoccupato.
-Castiel, io non ti sto giudicando, solo che … ho perso tutte le persone a me più care, mi resti solo tu!- dissi disperato.
-Ma io ci sarò sempre per te Dean!- disse sorridendomi.
Improvvisamente mi scrollai di dosso la sua mano e indietreggiai di qualche passo.
-Tutti coloro che hanno detto di esserci non ci sono mai stati!- dissi deluso. Castiel perse immediatamente quella sua bellissima luce negli occhi e mi guardò tristemente.
-Non sarà così con me Dean te lo prometto! –
Non ascoltai più nessun’altra parola. Ero stanco di credere alle promesse, di aspettarmi qualcosa da un futuro che ormai vedevo sempre più grigio. Non credevo più alla parola “Amore”, solo un mucchio di lettere insignificanti messe insieme per formare una parola altrettanto stupida. Se Castiel aveva paura di essere cacciato dal Paradiso, non potevo biasimarlo, quella era la sua casa.
-Ti prego Dean, non fare così!- disse bloccandomi nuovamente.
-Ci siamo dati l’anima e donati il corpo!- disse improvvisamente. - Pensi che questo da parte mia non sia stato un atto di ribellione?- continuò preoccupato.
-Continui a giustificarti, perché?- domandai tristemente.
-Perché mi importa di te, Dean! Farei l’amore con te fino alla fine dei tempi se fosse possibile. Rifarei ogni sbaglio per te!- disse alzando il tono della voce
. -Sono io che forse pretendo troppo Cas, non fartene una colpa!- dissi sorridendo lievemente. – Devi tornare a casa no? Vai, io cercherò di sopravvivere fino al tuo ritorno!- dissi voltandomi di spalle. Improvvisamente sentii le mani dell’angelo stringersi intorno ai miei fianchi, così fredde e delicate. Rabbrividii al suo tocco, desiderandolo ancora una volta. Avvicinò le sue labbra al mio collo e sentii il suo respiro avvolgere la mia pelle. Per un istante chiusi gli occhi immaginando i suoi, splendenti e sempre più azzurri.
-Per sempre Dean … - sussurrò dolcemente, prendendo a baciarmi il collo. Sorrisi dolcemente, ma non mi voltai.
-Per sempre, Castiel … - dissi chiudendo nuovamente gli occhi e respirando profondamente l’odore della sua pelle.
Dopo pochi secondi, l’angelo sparii lasciandomi solo e con un vuoto in più. Sapevo che sarebbe tornato, ma in quel momento mi rattristai. Perché per una volta le cose non potevano andare come desideravo? Perché qualcosa doveva sempre rovinare tutto?Un attimo prima io e Castiel stavamo facendo l’amore, un attimo dopo eravamo lì a discutere come una coppia di sedicenni.
Sospirai nel silenzio e decisi che forse era il caso di tornare a dormire. Tutta quella storia stava ricadendo anche sul mio fisico e quello non potevo assolutamente permetterlo.
Mi coricai lanciando un piccolo pensiero a Bobby , chissà cosa stava facendo quel vecchio idiota. Sorrisi tristemente, poi chiusi gli occhi. Respirai ancora una volta l’odore di Castiel dalle lenzuola, poi le avvolsi tutte intorno a me.
Mi addormentai come un bambino, cullato dai ricordi di un tempo che stavo disperatamente cercando di dimenticare.

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Capitolo 13
*** "Ricordati chi sei" ***


-CAPITOLO 13 –




Girandomi e rigirandomi nel letto provai a prendere sonno, cercando inutilmente di pensare a qualcosa di bello capace di farmi addormentare, ma non ci riuscii.
Amareggiato voltai lo sguardo verso il mio orologio e notai con frustrazione che erano le tre del mattino. Dopo quello che avevo passato con l’angelo probabilmente il sonno aveva deciso di non tornare.
Nel silenzio della notte pensai alle parole di Castiel, cercando di immaginare quale fosse il vero significato del suo “per sempre”. Quando pronunciò quella frase, i suoi occhi mi sembrarono sinceri, ma nonostante ciò non avevo il coraggio di credere a quel per sempre.
Nella vita ho imparto che nulla è eterno perché prima o poi tutte le cose belle o le cose che amiamo ci verranno tolte. Essere felici ha sempre un prezzo troppo alto che spesso non tutti riescono a pagare.
Nonostante fossi un uomo, in quel momento mi sentii come un adolescente che ha appena scoperto l’amore e che crede che sia la cosa più bella del Mondo. Sentivo nel mio stomaco un vuoto enorme che sembrava divorarmi pian piano. I miei pensieri erano sempre su di lui, in ogni momento, ma dopo quello che mi disse quella notte, capii che in fondo il nostro non sarebbe stato davvero un per sempre. Il mio cuore sapeva che presto o tardi se ne sarebbe andato. Il Paradiso era troppo lontano per me e la Terra era troppo lontana per lui, il nostro amore era destinato a bloccarsi lì, tra quelle vecchie lenzuola di uno stupido Motel di periferia.
Dio teneva ai suoi angeli e non li avrebbe mai lasciati andare. Anche se avessi pregato tutti giorni a cosa sarebbe servito? Castiel aveva i suoi doveri, era un guerriero lassù e non poteva permettersi di pensare a me, Dean Winchester, un uomo senza valore con cui aveva scopato qualche volta. Anche se aveva promesso di tornare, dentro di me sapevo bene che probabilmente non lo avrebbe più fatto, ma non perché non lo volesse, semplicemente perché qualcuno ai piani alti glielo avrebbe proibito.
Quello che era accaduto tra noi due non poteva essere accettato da Dio e gli altri angeli, forse perché erano gelosi che una creatura splendente come Castiel avesse scelto me anziché uno di loro, oppure semplicemente un soldato dei cieli non poteva neppure minimamente sfiorare un uomo, ma lui lo aveva fatto, aveva scelto me.
Sospirai malinconicamente, cercando di smettere di pensare a cose a cui probabilmente non si poteva attribuire una risposta, dopotutto il mio compito era quello di cacciare il soprannaturale, non di capire quale fossero le loro ragioni.
Senza sapere cos’altro fare per distrarmi un po’, optai per alzarmi dal letto e farmi una bella doccia fredda speranzoso che mi aiutasse a rilassarmi.
Quando ebbi finito di lavarmi, uscii dalla doccia e mi asciugai velocemente. Infilai i Jeans e una camicia pulita, dopodiché mi dedicai alla pulizia del viso, deciso di rifarmi la barba, dopo tutto quello che stava accadendo avevo completamente smesso di curarmi.
Improvvisamente sentii un rumore. Posai si scatto la lametta nel lavandino e estrassi dal borsone la mia pistola. Preoccupato mi misi in ascolto da dietro la porta, ma non sentii alcun rumore. Facendomi coraggio aprii la porta, pronto a fare fuoco a qualunque cosa o chiunque fosse stato lì. Di scatto mi immobilizzai, davanti a me in tutta la sua bellezza c’era una figura a me troppo cara. Le mani presero a tremarmi e stupidamente lasciai cadere la pistola a terra, fortunatamente senza conseguenze.
Rimasi così, immobile sentendo uno strano calore avvolgermi l’anima. Per un attimo desiderai piangere, lasciarmi cadere lì, sulle luride piastrelle del pavimento del Motel, ma mi feci forza cercando di resistere.
-Dean!- disse una voce. Quella voce non l’avrei mai potuta dimenticare, non dopo tutto quello che mi aveva detto, sussurrato o urlato. Tutti quei segreti che mi aveva svelato, i trucchi che mi aveva insegnato e le parolacce che mi aveva tirato addosso. Era lui, quell’uomo che tanto avevo amato e che quasi ogni notte mi ritrovavo a pensare. Il mio eroe, colui che aveva osato cedere la sua vita in cambio della mia.
Sorrisi sentendo un nodo stringermi nello stomaco.
-Papà …- dissi con voce tremante. Mio padre si voltò regalandomi uno dei suoi sorrisi più belli e all’improvviso mi sentii tremendamente in colpa. Lui non doveva essere morto, quello che aveva fatto per me non glielo avrei mai potuto perdonare.
-Guardati, che uomo che sei diventato!- disse sorridendo.
-Che ci fai qui?- domandai. La mia voce iniziò ad affievolirsi.
-Ho sentito che avevi bisogno di me e ho fatto tutto quello che mi è stato possibile per raggiungerti, ma non posso restare qui a lungo. Mi è stata concessa una mezz’ora, ma credo che basterà, anche se avrei voluto rimare al tuo fianco figlio mio!- esclamò avvicinandosi. Io rimasi fermo, quasi del tutto paralizzato. Davanti ai miei occhi avevo mio padre, forte e giovane proprio come quando ci aveva lasciati. Petto muscoloso, mascella contratta da duro e occhi dolci e buoni, che spesso si mettevano in contrasto con i suoi lineamenti ingannando chi aveva di fronte. Se visto da fuori, mio padre poteva sembrare un burbero scontroso, ma in realtà non era altro che un pezzo di pane, sempre pronto ad aiutare il prossimo, un po’ come faceva Sam.
-Non avresti dovuto fare quello che hai fatto!- dissi severo. Mio padre si rattristò e si sedette stancamente sopra il letto, disfatto dall’intrecciarsi del mio corpo e quello di Castiel.
-E perché non avrei dovuto Dean? Sei mio figlio, rifarei quello che ho fatto senza ripensarci mai!- rispose.
-Tu non hai ragionato sulle conseguenze! Hai pensato bene di lasciare tutta la merda a me! Guardami ora, non so più come riprendere il controllo della situazione e mi sembra di impazzire!- esclamai alterato. -Sam ha più bisogno di te quanto ne abbia mai avuto di me! Non potevo lasciarti morire Dean, non era il tuo momento!-
-Ti sbagli! Tu non hai fatto altro che metterci in testa che quelle creature avrebbero dovuto pagare per il male che avevano fatto alla nostra famiglia e poi? Tu cosa hai fatto? Hai patteggiato con uno di loro!- urlai.
-Ho patteggiato perché volevo che mio figlio vivesse!- rispose.
-Tu sei stato egoista! Dillo che eri stanco di questa vita e hai preferito scegliere la via più facile, proprio come ha fatto Sam! – dissi fumante di rabbia.
-Sammy è sempre stato il più debole Dean e il mio compito era quello di proteggervi, ma non ci sono riuscito! Io sono un disastro, se fossi rimasto in vita probabilmente avrei combinato un casino, invece tu hai saputo affrontare ogni avversità sempre a testa alta, proprio come fanno i Winchester!- disse orgoglioso.
Tristemente decisi di sedermi accanto a lui. Ero nervoso, agitato e non sapevo come comportarmi.
-In alcuni momenti non sento di meritare questo nome …- dissi abbassando lo sguardo verso i miei piedi.
-Tutti hanno le proprie debolezze Dean, non siamo supereroi in fondo!- disse posando delicatamente una mano sopra alla mia spalla. Quel suo tocco mi riportò indietro nel tempo, quando ero solamente un adolescente. Quella mano sapeva essere gentile quanto spietata e con me spesso non aveva avuto alcuna pietà.
-Tu hai creduto in me papà. Avevi detto che se non fossi stato in grado di salvarlo avrei dovuto ucciderlo, ma non sono riuscito a farlo, io non posso … ha ucciso Bobby, ha spellato una ragazza lasciandola morire dissanguata e chissà chi altri innocenti ha brutalmente seviziato ed io ho lasciato che facesse tutto questo!- dissi disperato.
Mio padre si alzò in piedi di scatto e mi fissò con aria delusa. Di colpo cambiò umore e quello sguardo sembrò trafiggermi l’anima.
-Tu hai fatto quello che hai potuto Dean! Non potevi evitarlo!- disse arrabbiato.
-Sono debole papà, non capisci?!?- urlai di colpo in lacrime. Mio padre non mi aveva visto quasi mai piangere e vidi il suo sguardo intenerirsi di colpo.
-Io non ce la faccio più a sopportare tutto questo! Quante morti ancora devo portare sul cuore!?! Quante vite devo ancora prendere prima che termini questo supplizio!?!-
-Non finirà mai Dean, la lotta tra il bene e il male esiste dall’alba dei tempi!-
-E credi che resisterò in eterno?- domandai disperato.
-Il figlio che ho salvato quella notte era determinato. Giurò al padre morente che avrebbe continuato il suo lavoro senza fallire mai, perché quello che contava era la vendetta. Mi dicesti che non avresti mai potuto perdonare chi ci aveva fatto tutto questo e che finché avresti avuto fiato in corpo, non ti saresti mai arreso. Ora, quel figlio forte e coraggioso ha lasciato posto ad un codardo stanco di lottare. Mi fa molto piacere quello vedo … - disse deluso.
-Tu non sai!- urlai di colpo.
-Ti sbagli Dean! Io so tutto di te, pensi che io non veda?- disse alterato.
Di colpo mi paralizzai nuovamente, provando un forte senso di vergogna.
-So quello che sta succedendo a Sam e so del piano di Crowley. So della ragazza che hai provato a salvare e che hai assistito alla tortura di Bobby e mi dispiace. So anche di te e … beh, di te e Castiel … - continuò voltando lo sguardo altrove.
Io rimasi in silenzio, incapace di parlare. Mio padre sapeva tutto ed io mi sentii tremendamente stupido.
D’un tratto la sua mano strinse amorevolmente il mio braccio destro. -Hey Dean … - disse sorridendo. – Non ti sto giudicando per quello che hai fatto. Castiel è stato la tua ombra per molto tempo e credo che in un periodo brutto, conti molto la presenza di qualcuno che ti faccia sentire bene una volta tanto. Se quel qualcuno poi sia un uomo, non credo che abbia importanza figlio mio. So che tu non sei questo e sono pronto a scommettere che tornerai come prima. Devi solo tornare ad avere più fiducia in te stesso e soprattutto devi ricordai chi sei! Sei un Winchester cazzo, non un uomo qualsiasi!-
-No papà, non posso farcela!- dissi tristemente.
-Cosa significa?-
-Essere un Winchester non vuol dire nulla, o meglio non significa non provare emozioni all’infuori della vendetta. Pensavo che fossi invincibile, ma in alcuni momenti mi rendo conto di essere solo un uomo. Non mi stupirò se ora tu mi dirai che non valgo nulla!- dissi abbassando gli occhi per non incontrare il suo sguardo.
-Tu vali molto di più di qualsiasi altra cosa Dean, indifferentemente da quello che pensi. Non pensare che la colpa di tutti i mali sia la tua, perché non è così. Purtroppo spesso bisogna pagare il sangue prendendo altro sangue, ma questa è la nostra vita o meglio, la tua vita, il tuo destino e anche quello di Sam. Voi siete cacciatori e nessuno al mondo potrà cambiare le cose.
Ricordati Dean che io ti vedo da lassù in ogni momento. Ti sono vicino ogni notte, quando piangi, quando ridi, quando soffri. Sono con te e se desideri parlarmi, proprio come parlavi con Castiel, potrai farlo ed io sarò felice di ascoltarti!- disse sorridente.
Con malinconia mi asciugai gli occhi e lo abbracciai tenendolo stretto. Sapevo che da un momento all’altro se ne sarebbe andato e a avevo intenzione di godermi il suo contatto fino all’ultimo.
Proprio come quando ero bambino, mio padre mi accarezzò la testa e per un attimo mi sembrò di respirare il suo dolce profumo, ma in realtà era uno spirito e di odori non ne aveva.
-Capisco quello che provi figlio mio, ma se crolli tu Sammy è perduto!-
sussurrò lievemente. Alzai lo sguardo su di lui e lo vidi sorridere.
-Ho fiducia in te!- disse.
-Ti ho già deluso una volta papà, no voglio deluderti ancora!- dissi sprofondando nuovamente nel suo petto.
-Tu non potrai mai deludermi Dean!- disse tirandomi lievemente indietro, così che i nostri occhi potessero incontrarsi. Ci guardammo per qualche secondo, lui sorridente e amorevole come era sempre stato, io, sofferente e pieno di rimpianti.
-Cosa farò adesso? Prima la mamma poi tu, adesso Bobby e Sam è quello che è … io … io non so più a cosa aggrapparmi, mi sento perso!- dissi disperato.
-Hey! Tu non sei solo Dean, hai capito? Anche se non mi sentirai o non mi vedrai, io sarò con te! Io e la mamma ti guardiamo tutti i giorni e siamo fieri di voi. Anche se Sam si è smarrito, so con certezza che saprai riportarlo indietro, da te. Voi siete uniti da un legame che niente e nessuno potrà mai spezzare! Voi siete fratelli, Dean, i vostri cuori battono all’unisono!- disse scrollandomi delicatamente.
All’improvviso le sue mani iniziarono a scolorire lentamente e capii che il suo tempo sulla Terra stava per scadere. Preoccupato e con gli occhi gonfi a cause delle lacrime, guardai mio padre fissare tristemente il suo corpo scomparire. Veloce come il vento lo abbracciai per l’ultima volta. Lui mi tenne stretto, accarezzandomi con dolcezza e per la prima volta dopo molti anni mi baciò sulla fronte.
-Ti prego non te ne andare!- dissi supplicandolo. Ormai il tempo era scaduto, mio padre era diventato quasi del tutto trasparente.
-Non sei solo a combattere questa battaglia figlio mio. Dì a Sam che è nei nostri pensieri e che va tutto bene!- disse tristemente.
-No …- risposi sentendo il vuoto sotto le mie braccia.
-Ricordati chi sei figlio mio … -
Sparì così, all’improvviso lasciandomi solo e tremendamente addolorato. Guardai le mie mani inermi, tremanti e senza più nulla da stringere.
L’odore che mi era sembrato di respirare di colpo non c’era più e con lui se ne andarono anche i ricordi.
Voltandomi in direzione della finestra vidi il cielo improvvisamente sereno, ricoperto da strati di stelle. Mi avvicinai al davanzale e vidi con amarezza le foglie degli alberi muoversi cullate dal vento.
Improvvisamente lassù, nel firmamento una stella iniziò a splendere più delle altre e rimasi a fissarla con le lacrime agli occhi, immaginando che fosse mio padre che mi stesse dicendo che era tornato a casa e che non dovevo essere triste, perché in fondo lui era lì e mi stava guardando. Sorridendo posai una mano sopra al vetro e rimasi in silenzio a fissare quell’universo luminoso. Quanto avrei voluto essere altrove, magari con loro, da qualsiasi altra parte che non fosse lì, dietro quelle squallide mura di un Motel. Anche se dovevo essere forte, rimanevo comunque stanco del fatto che non potevo affezionarmi a nessuno. Anche se in un momento sembravo forte continuavo lo stesso a pensare a come sarebbe stato il mio futuro. Un giorno cosa sarebbe stato di me? Avrei mai avuto una famiglia? Ci sarebbe mai stato qualcuno al mio fianco pronto a credere in me e amarmi per quello ero, un cacciatore? Probabilmente no, la sedia accanto alla mia sarebbe per sempre rimasta vuota. A volte ci sono cose che non possono essere condivise, non tutti riescono a comprendere quanto spesso la vita di un uomo possa essere difficile, specialmente per quelli come me, costretti a lottare in ogni momento, ad aggrapparsi ad ogni cosa pur di non sprofondare giù. Io ero stanco di aggrapparmi ad un mondo che forse neppure mi voleva. Confuso e ancora più triste, decisi di uscire dalla stanza e di allontanarmi da lì. Mi ricordai che a pochi chilometri di distanza avevo visto un bar aperto ventiquattro ore, così montai nella Baby e partii a tutta velocità. Una birra ghiacciata probabilmente avrebbe fatto al caso mio, niente riusciva a farmi distrarre quanto quella splendida delizia dorata. Socchiusi di colpo gli occhi, immaginando il suo sapore fresco scivolarmi in gola.
A pochi metri dal locale, passai all’interno di un piccolo centro abitato. Era un paesino all’apparenza tranquillo, così pensai di rallentare un po’ e di godermi il paesaggio notturno. Ad un tratto, passando davanti all’entrata di un piccolo cimitero costruito su una collina, notai una piccola fiamma accendersi e spegnersi. Fuori c’era molto vento e quella piccola luce mi incuriosì parecchio, così decisi di accostare l’Impala e di avvicinarmi.
A passo lento, ma deciso raggiunsi il cancello scricchiolante e arrugginito, spostandolo senza alcuna fatica. Attraversai uno scomodo sentiero adornato da pietre e pezzi di legno bagnato, fino a quando rividi la debole luce spegnersi nuovamente per tornare ad accendersi ancora una volta. Per vedere meglio afferrai la torcia tascabile che avevo di scorta e la puntai in direzione della fiamma. Con mio grande stupore vidi qualcuno o qualcosa raggomitolato su se stesso. Mi avvicinai ancora e improvvisamente sentii l’abbaiare stridulo di un cane. Puntai la torcia in direzione del suono e vidi una testolina dai capelli rossicci fissarmi spaventata. Accanto, un piccolo cagnolino tremante abbaiava verso di me con fare aggressivo. Qualche secondo più tardi capii che era una bambina che, preoccupata dalla mia presenza si raggomitolò ancora di più alla lapide dove era seduta.
A me non sono mai piaciuti particolarmente i bambini, ma quella ragazzina era infreddolita e nella fragilità emotiva in cui ero scivolato quella notte pensai che fosse giusto capire il perché un bambina come quella si trovasse sola e in compagnia di un topo d’appartamento in un cimitero armata solo di un piccolo pacchetto di fiammiferi.
-Non aver paura, non voglio farti del male!- dissi cercando di rassicurarla. La bambina si coprì gli occhi a causa della luce della torcia.
-Come ti chiami!?!- domandai inginocchiandomi accanto a lei. Nel frattempo il cane si avvicinò zampettando verso di me con improvvisa felicità.
-Desy!- disse con tono lieve. Mi guardò e notai i suoi grandi occhi color acqua marina tristi e pieni di malinconia.
-Che ci fai qui Desy? I tuoi genitori?- domandai.
-Loro non sanno che sono qui!- sussurrò. – Se lo sapessero sarei nei guai!- disse abbassando il faccino in direzione della lapide.
-E perché disobbedisci? Sai che i grandi cercano solo di proteggere i più piccoli?- risposi cercando di essere il più amorevole possibile.
-Si, ma loro non vogliono farmi pregare. La mamma dice che quando una persona muore cessa di esistere. La nonna invece mi dice sempre che bisogna pregare, perché i morti ci ascoltano e gli fa piacere ogni tanto essere ricordati!- disse sorridendomi lievemente.
-Lui era mio fratello!- continuò indicandomi la lapide.

Silenziosamente lessi il nome “ Zach Williams” la sua data di nascita e quella della sua morte. Sospirai tristemente, poi mi voltai a guardarla negli occhi.
-E così tu vieni qui in segreto a pregare, riscaldandoti con dei fiammiferi?- dissi cercando di controllare il tremore nella mia voce. La bimba annuì tornando a fissare la lastra di pietra.
-Mamma non vuole che venga qui perché dice che è inutile, ma io so che non lo è. Zach mi voleva bene, mi veniva sempre a prendere a scuola e mi portava a giocare al parco. Mi comprava sempre le caramelle, quelle gommose che mi piacciono tanto!- disse tristemente.
-Come è morto?- domandai continuando a fissare il nome del ragazzo.
-Un incidente … in auto … - mormorò.
Per qualche secondo restammo in silenzio, il vento gelido cominciò a soffiare più forte e la piccola rabbrividì.
-Posso dirti una cosa, Desy?- dissi improvvisamente. La ragazzina prese in braccio il suo cagnolino e se lo portò al petto cercando di riscaldarlo. Intenerito mi levai la giacca e gliela porsi. Desy mi fissò con gli occhi spalancati rifiutando la mia offerta, ma io insistetti e la misi sopra le sue spalle.
-Continua a pregare Desy, proprio come ti dice la nonna. Puoi parlare con tuo fratello anche da casa, questo non è un posto dove dovrebbero stare i bambini. Zach non vuole vederti così, seduta nella terra per lui. Questo lo fa molto soffrire!-dissi posandole una mano sopra la sua fragile schiena.
-Come fai a saperlo?- mi domandò. Le sorrisi e iniziai a guardare il cielo e lei fece lo stesso.
- Coloro che abbiamo amato restano per sempre al nostro fianco, vivono in noi, nel cuore e nei ricordi. Loro ci guardano lassù, oltre le stelle!- dissi facendo fatica a credere a quelle parole, ma me le aveva dette mio padre e nonostante mi pesasse molto pronunciarle, era così.
La bambina si alzò improvvisamente e mi guardò dritto negli occhi.
-Anche tu hai qualcuno in cielo?- mi domandò con una voce innocente che solo i piccoli possono avere. Sorrisi sentendo il vuoto che mi perseguitava salire nel mio stomaco. La guardai, così piccola e già con un peso enorme sul cuore.
-Si … ho molte persone lì!- risposi soffocando una lacrima.
-E ti mancano? A me Zach moltissimo. Vorrei che potesse tornare da me, a casa!-
Improvvisamente mi ricordai di Sam, anche io volevo che mio fratello tornasse da me.
-Si, mi mancano!- risposi. Guardai l’orologio e vidi che si era fatto tardissimo, fra poche ora l’alba ci avrebbe raggiunti.
-Desy ora devi tornare a casa e se vuoi posso accompagnarti!- dissi sorridendole.
-No, abito qui vicino. Il rumore della tua macchina sveglierebbe mia madre. Ti ringrazio signore!- disse accendendo un altro fiammifero.
-Come ti chiami?- mi domandò di colpo.
-Dean!- risposi. Ad un tratto la fiamma si spense a causa del vento.
-Tieni!- dissi dandole la mia torcia. La bimba mi guardò sorpresa, poi accettò ringraziandomi.
La osservai allontanarsi con il cane tra le braccia, facendo attenzione a dove metteva i piedi, poi sparì oltre il cancello di ferro.
Rimasi ancora qualche secondo fermo, lanciando un ultimo sguardo alla lapide e rileggendo il nome del ragazzo.
-Spero solo che tu risponda alle sue preghiere, Zach Williams … - dissi voltandomi e iniziando a camminare. Oltrepassai il cancello lasciandomi alle spalle il cimitero. Salii in macchina pensando ancora a Desy e a quanto fosse innocente. Sospirai al fatto che non fossi l’unico a soffrire, anche se ero molto dispiaciuto del fatto che avesse avuto otto anni o su di lì. I bambini non dovrebbero trascinare dietro di sé fardelli di quel carico, ma dovrebbero semplicemente giocare e godersi la loro tenera età. Io ci ero passato, sapevo troppo bene cosa significasse diventare grandi prima del tempo.
Sospirai iniziando a sentire la stanchezza del sonno arretrato. Indeciso se prendere o meno la birra, optai per ritornare al Motel e provare a dormire almeno due orette.
Misi in moto la mia piccola e sfrecciamo via nella notte.

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Capitolo 14
*** Perchè mi importa di te! ***


- CAPITOLO 14 –





Con mio grande stupore aprii gli occhi e lessi sul mio orologio che erano le dodici e venti del mattino. Il mio stomaco iniziò a brontolare e decisi di accontentarlo.
Prima di uscire di casa mi feci una doccia al volo, mi vestii e mi avviai verso la mia macchina.
Quando uscii dalla stanza notai che il cielo era perfettamente limpido. Il sole splendeva alto nel cielo, ma i suoi deboli raggi non riuscivano minimamente a scaldarmi. Il vento gelido di Dicembre sovrastava ogni cosa.
Dopo circa venti minuti di viaggio in auto raggiunsi una paninoteca al centro della città. Avevo una gran fame e non vedevo l’ora di addentare un bellissimo hamburger ripieno.
Con un abile manovra degna di un applauso, parcheggiai la mia piccola e mi diressi all’interno del locale. Non appena entrai, un odorino invitante invase le mie narici mandando in estasi tutto il mio corpo. Amavo troppo il cibo e mangiare mi metteva sempre di buon umore.
All’improvviso, mentre aspettavo il mio turno per ordinare, notai dietro al bancone una serie di addobbi natalizi. Rimasi sorpreso del fatto che mi fossi scordato che fra pochi giorni si sarebbe festeggiato il natale.
Arrivò finalmente il mio turno, ma non me ne resi conto. Continuai a fissare con aria nostalgica un piccolo alberello abbellito con tante palline colorate. Sospirai, mentre il ragazzo dietro al bancone mi fissò con aria divertita.
-Hey amico, non hai mai visto un albero di natale?- mi domandò in tono canzonatorio. Alzai lo sguardo e lo fissai distrattamente.
-Insomma, vuole ordinare o no? Sta creando la fila!- continuò irritato.
Per un secondo mi guardai intorno notando delle persone che attendevano sbuffando il proprio turno, così mi affrettai ad ordinare una bottiglia di birra e due mega hamburger.
-Può accomodarsi, glielo portiamo al tavolo noi!- esclamò il ragazzo senza neppure guardarmi.
Mi avviai verso un tavolo vuoto e iniziai a pensare. Ero stato talmente preso per la questione di Sam che avevo completamente dimenticato che stavo per passare il mio primo natale senza di lui. Chissà cosa avrei fatto e soprattutto come mi sarei sentito. Nessuno dovrebbe mai passare le feste natalizie da solo, anche se in fondo non ci credevo poi così tanto. Quando eravamo piccoli io e Sam festeggiavamo sempre da soli, nostro padre era sempre fuori a caccia. La notte ci faceva trovare un piccolo regalo sotto un misero albero e in un modo o nell’altro, nella sua semplicità riusciva a farci sentire tutto il suo calore anche a miglia di distanza. Mio padre credeva in me e sapeva che Sammy sarebbe stato al sicuro al mio fianco. Diceva che anche se non ero abbastanza grande, ero già un uomo e mi sentivo orgoglioso di esserlo. Ora però non avevo più nulla per cui essere soddisfatto e mi sembrava di vivere la mia vita senza un senso. Certe volte ci si sente inutili e soprattutto persi. Io mi sentivo così e ne avevo terribilmente paura. Mai in vita mia mi ero ritrovato in questa situazione, senza assolutamente sapere cosa fare. Ad un tratto una giovane ragazza mi poggiò sul tavolo il vassoio con la mia ordinazione. Quando alzai il capo le sorrisi lievemente e la vidi arrossire e fuggire via. La giovane avrà avuto si e no diciotto anni, sicuramente aveva iniziato da poco a lavorare lì ed era molto impacciata. Mentre lei non osava guardarmi, io la scrutai da capo a piedi cercando di tirar fuori le mie emozioni. Era molto carina anche se troppo piccolina. Aveva lunghi capelli biondi fino all’altezza del sedere, occhi scuri e un fisico perfetto. Continuai a fissarla sperando in meglio, ma non suscitò in me nessuna reazione. Era davvero molto bella, ma non riuscii a provare nulla. Non si trattava solo di un momento di confusione per me, qualcosa non andava. Come era possibile che dopo una vita passata ad andare a letto con le ragazze avessi improvvisamente cambiato sfonda?.
Mentre guardai la ragazza presi a pensare a Castiel e a quanto mi avesse fatto sentire vivo. Improvvisamente desiderai alla follia la sua pelle, sentirla a contatto con la mia, così calda e profumata. Avrei abbracciato il suo petto per l’eternità se soltanto fosse possibile, ma non lo era. Castiel era così bello, limpido e delicato. Profumava di buono pur non avendo nessun profumo addosso. I suoi occhi erano belli come l’universo e non mi sarei mai stancato di guardarli. Mai nella mia vita avevo incontrato qualcuno che avesse la capacità di togliermi il fiato come sapeva fare lui. Non serviva che mi dicesse qualcosa, ma soltanto guardandomi riusciva a mandarmi in estasi. Era così puro e dannatamente proibito e forse fu proprio quello che mi spingeva a desiderarlo. Il classico “bello e dannato”, solo che lui era una creatura dei cieli ed era fatto di luce.
La mia mente era incasinata, nonostante continuassi a desiderarlo ardentemente, l’altra parte di me aveva ancora paura.
Dentro di me sentivo di amarlo e desideravo averlo accanto, accarezzarlo e sentirlo vivere dentro di me. Volevo che quelle sue calde labbra sfiorassero il mio corpo e che non si staccassero mai. Desideravo avere Castiel per sempre al mio fianco. Lui stesso aveva detto “ per sempre” ed io, come uno stupido volevo crederci davvero. Sperare e illudermi, proprio come fa un cane abbandonato a sé stesso che crede ancora disperatamente che il suo amato padrone venga a riprenderlo, ma sa che non lo farà mai. Comunque continuerà ad aspettarlo, perché nonostante tutto lo ama e l’amore rende schiava anche l’anima più pura. Anch’io, proprio come un cane sarei stato disposto ad aspettarlo e a raggiungerlo in capo al mondo.
Chissà cos’ero io ai suoi occhi, se una specie di giocattolo erotico oppure un qualcosa che avesse importanza.
Ricordai il giorno nella stanza del Motel, quando con furia provai a respingerlo, Castiel mi disse : “ Perché ho capito che mi importa di te”. Forse anche lui mi amava davvero, solo che aveva paura di Dio e del suo parere. Ma se come diceva sempre lui e gli altri stupidi angeli, che Dio fosse amore e pace, allora perché non avrebbe dovuto accettare? Quando si parla di amore non si spiega se verso lo stesso sesso, se verso il sesso opposto oppure nei confronti di un animale. L’amore è ovunque ci si senta a casa. Nessun rifugio mai sarà bello quanto il cuore della persona che si ama. Lì si è al sicuro, caldi e soprattutto felici. È quello il posto in cui sarei voluto vivere per sempre, nel cuore di quell’angelo bellissimo e sentirmi cullato dal suo amore.
Mi ritrovai a pensare a tutte quelle volte in cui lo avevo respinto e trattato male. Gli avevo urlato contro, lo avevo insultato e soprattutto trattato come se fosse uno straccio da buttar via, ma nonostante ciò lui era rimasto al mio fianco. Ora però si stava distaccando ed io iniziai a sentire il suo allontanamento come un qualcosa di devastante. Avevo capito che senza di lui non potevo resistere, ma spesso ci si rende conto dell’importanza che hanno alcune persone solamente quando le perdi. Fino a quel momento però credi che resteranno per sempre con te, ma un fiore se non viene annaffiato tutti i giorni, muore. Ed è così che stava accadendo, avevo dato per scontata la presenza di Castiel fino a quando non sentii che stava per andarsene.
Spesso ho sentito paragonare la vita di un uomo ad un viaggio in treno. Ogni percorso ha le proprie fermate, nella quale saliranno molte persone. Il treno della vita farà molte tappe, dove spesso molta gente deciderà di scendere. Si rimane soli, fino a quando saliranno quelle persone speciali che ci accompagneranno fino alla fine del viaggio. Nel tragitto della mia vita, desideravo Castiel e non volevo lasciarlo scendere, non poteva. Io avevo bisogno di lui perché aveva rubato il mio cuore e tutti sanno bene che un uomo non può vivere senza il proprio cuore. lo aveva strappato via con forza dal mio petto, lasciandomi senza respiro e costringendomi alla resa. Dio quanto lo amavo! Avrei dato tutto per lui pur di averlo accanto.
Ad un tratto, a forza di pensare mi ritrovai a masticare anche un pezzo di carta che avvolgeva il panino. Ero distratto e il panino era finito da un pezzo. Sputai quello schifo e mi guardai intorno sperando che nessuno mi avesse visto, ma con mia grande sfortuna notai che la giovanissima cameriera mi stava guardando ridacchiando. Le sorrisi imbarazzato, poiché non solo avevo fatto la figura dello stupido, ma anche perché i pezzi di carta masticati li avevo lasciati cadere a terra. Vidi la giovane avvicinarsi intimorita. -Mi dispiace, io non volevo … è stato un errore, insomma … ero sovrappensiero!- dissi cercando di giustificarmi.
-Non si preoccupi!- Rispose piegandosi per raccogliere la carta. Nel piegarsi la ragazzina si mise in una posizione provocante, non saprei dire se lo avesse fatto apposta o semplicemente non se ne stava rendendo conto. Se fosse accaduto in un tempo precedente, probabilmente ci avrei provato spudoratamente, ma ora il mio cuore apparteneva ad un altro. -Desidera qualcos’altro ?- mi disse sorridendo.
-No, grazie!- risposi. Lei annuii e tornò dietro al bancone.
Quando stavo per andarmene, improvvisamente una figura alta di un uomo mi piombò davanti. Indietreggiai di colpo dalla sorpresa e notai con stupore che era Gabriele.
-Dean!- esclamò sorridendo.
-Vedo che tutti voi avete il vizio di farmi prendere colpi eh!?!- esclamai ironico.
-Devi venire con noi!-disse afferrandomi per un braccio.
-Noi chi!?!- domandai, ma dopo pochi secondi mi ritrovai catapultato in un altro posto. Sorpreso mi guardai intorno e vidi solo alberi.
-Dove siamo Gabriele!?!- domandai preoccupato.
-Tranquillo Dean!- rispose.
-Tranquillo un accidenti!! Dimmi dove siamo!-
Ad un tratto dietro di lui comparvero anche Castiel e Balthazar. Cas stranamente non osò guardarmi in faccia e questo mi fece soffrire molto. -Castiel … - lo chiamai sentendo un nodo serrarmi la gola. L’angelo mi guardò di sfuggita, poi tornò a fissare Balthazar, quasi come se gli stesse comunicando qualcosa con lo sguardo.
-Immagino che Gabriele sia stato molto svelto nel darti spiegazioni, non è vero?- disse Balthazar avvicinandosi a me.
-Beh … veramente non me ne ha date proprio!- dissi irritato.
L’angelo sorrise e guardò il suo amico come se volesse prendermi in giro.
Gabriele scoppiò a ridere e si avvicinò a Castiel con aria divertita. Fissai Cas con tristezza, ma vidi che lui non alzò neppure per un secondo lo sguardo su di me.
-Stiamo in guerra Dean, ufficialmente e tu farai parte del nostro esercito. Inizialmente qualcuno si è opposto al fatto di farti combattere, in fondo un umano non ha i poteri giusti per affrontare una simile incombenza, ma è vero anche che stiamo parlando di Dean Winchester. Sei stato richiesto ai piani alti e credo che tu possa esserci utile!- disse fissandomi negli occhi.
-Puoi scommetterci entrambe le ali che vi sarò utile e anche se non me l’aveste chiesto, avrei partecipato comunque. Si tratta di Sam, è compito mio proteggerlo!- risposi.
-Fino a un certo punto Dean!- intervenne Gabriele.
-Non è una guerra qualsiasi, qui è in ballo la supremazia assoluta e non possiamo permetterci di fallire. Se perdessimo, l’Inferno e le creature demoniache prenderebbero il sopravvento e per la Terra sarebbe la fine. Sono demoni talmente forti che neppure il coltello di Sam potrebbe scalfirli!-
-E allora cosa farò!?!- domandai preoccupato. Baltahzar si voltò verso Castiel e gli fece cenno di avvicinarsi. L’angelo obbedì al suo amico e gli porse un sacco, poi per la prima volta da quando era lì posò gli occhi su di me, ma non mi sorrise. Mi guardò tristemente e in quel momento capii che colui che si era opposto di farmi combattere era stato proprio lui. -Questo è un dono da parte del cielo Dean!- disse porgendomi il sacco. Con curiosità mi sbrigai ad aprirlo ed estrassi da dentro una piccola collana con un pendente color del mare. Guardai il dono con curiosità, ansioso di capire a cosa servisse.
-All’interno di questo ciondolo vi è racchiusa una parte di grazia di tutti gli angeli del paradiso. È un talismano molto potente e quando lo indosserai nessun demone potrà ucciderti. È una specie di corazza che ti terrà al sicuro, ne avrai bisogno!- disse sorridendomi.
Guardai ancora una volta il ciondolo incredulo, poi lo indossai. Quando l’oggetto fece contatto con la mia pelle, un lampo improvviso di luce mi assalii, poi tornò tutto normale.
-Non levartelo mai di dosso Dean, qualunque cosa accada!- esclamò Gabriele guardandomi con improvvisa serietà.
-No, no lo toglierò!- risposi.
Ad un tratto vidi Castiel voltarsi e scomparire nel nulla, poi anche Gabriele fece la stessa cosa. In mezzo al nulla rimanemmo solo io e Balthazar.
-Cosa gli è preso ai tuoi amichetti!?!- domandai ironico.
-Gabriele è il solito spaccone, Castiel invece è preoccupato, come del resto dovremmo essere tutti noi!- rispose sorridendomi lievemente.
-Preoccupato per la guerra?- domandai stupidamente. In realtà sperai che la risposta fosse diversa da quella che credevo ovvia.
-Anche … è preoccupato per te Dean. Ha paura che possa accaderti qualcosa!- disse improvvisamente.
-Non sembrava così preoccupato! E poi non dovrebbe esserlo, sa quanto a me stia a cuore questa faccenda! Ah e tanto per intenderci sto dalla vostra parte solo perché voglio salvare mio fratello!- risposi.
-Dean Winchester, ti siamo molto grati per tutto quello che hai fatto e stai facendo per noi ed è proprio per questo che Dio ci ha ordinato di regalarti parte della nostra grazia! Con quel ciondolo addosso è come se fossi uno di noi, solo senza ali!-
-Cioè sarei un angelo!?!- esclamai sorpreso.
-Una specie. Non puoi essere ucciso da nessun tipo di lama. Non sei un vero e proprio angelo, per cui nessuna arma magica o meno può toccarti. Sei immune ad ogni genere di attacco, ma se perdi il ciondolo tornerai ad essere vulnerabile. Cerca di stare attento Dean, Dio è stato molto chiaro!- continuò.
-Perché Dio vorrebbe aiutarmi!?!- domandai.
-Alcune domande non hanno risposta!- disse sorridendo, dopodiché mi prese per un braccio e mi teletrasportò nuovamente al locale dove ero prima, poi di lui persi ogni traccia.
-Pff … angeli!- esclamai tra me e me.
Guardai nuovamente il pendente e vidi all’interno di esse un movimento circolare impressionante. L’energia angelica si muoveva ad un ritmo lento e controllato, mentre l’azzurro accesso della grazia brillava attraverso il vetro. Era meraviglioso, tanto che mi incantai a fissarlo. Quando lasciai nuovamente il ciondolo cadere sulla mia pelle, provai un senso di bruciore assurdo, quasi come se il vetro fosse diventato di colpo incandescente, ma non osai levarmelo di dosso. Il bruciore divenne insopportabile e mi lasciai sfuggire un grido. Quando spostai nuovamente il ciondolo vidi che marchiate sulla mia pelle c’erano due paia di ali. Rimasi impressionato da quello che era appena successo, ma ancora una volta decisi di non levarlo dal mio petto. Mi fidavo di Castiel e nonostante il suo folle comportamento non avrei mai creduto che quel ciondolo potesse essere pericoloso. Il mio angelo non mi avrebbe mai potuto fare del male, dovevo soltanto avere fede.

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Capitolo 15
*** "Buon Natale" ***


- CAPITOLO 15 –





Ormai il tempo passava troppo velocemente e presto la Guerra sarebbe scoppiata, era solo questione di giorni o forse ore, non avrei saputo dirlo.
Con rabbia e malinconia guardai fuori dalla finestra e vidi con grande sorpresa che piccoli e candidi fiocchi di neve avevano cominciato a coprire le strade della città. Guardai affascinato la neve, quasi come se fossi un bambino, ansioso di uscire in giardino per giocare a fare il pupazzo di neve.
Era la notte della vigilia di Natale ed io ero completamente solo. Non sapendo dove altro andare decisi di tornare nella vecchia casa di Bobby, avrei festeggiato lì il mio squallido Natale.
Seduto nella vecchia poltrona preferita del mio caro amico, con una bottiglia di birra in mano, iniziai ad inseguire i miei fantasmi del passato, immaginando quanto sarebbe stato bello tornare piccolo ed essere coccolato da mamma e papà. Desideravo riassaggiare un pizzico di quella felicità, quando non esisteva la cattiveria per me e l’unica cosa che contava era giocare con mio fratello ed altri bambini. Tornare a casa da scuola e sentirsi amati, respirare quel dolce profumo di biscotti caldi al cioccolato. Ora non sentivo più niente. Non avevo più una casa e l’unica cosa che riuscivo a percepire era il freddo e il vuoto dentro di me che ogni giorno diventava sempre più grande. Non ci sarebbero più stati biscotti caldi al cioccolato per me e soprattutto non sarei mai più stato in grado di coprire quel maledettissimo vuoto.
Un tempo io e Sammy amavamo molto il Natale e ogni anno lo aspettavamo con ansia. Anche se nostra madre era morta, papà faceva di tutto pur di riuscire a trasmetterci quel calore che tanto desideravamo. I biscotti non erano più fatti in casa, ma erano comprati al supermercato. La cena comprata all’ultimo momento, ma eravamo comunque felici. Sammy soffriva di più perché sentiva quel forte distacco della mamma, ma io sapevo che papà ce la stava mettendo tutta e non volevo affatto deluderlo. Non era facile neanche per lui trovarsi a dover combattere il male e prendersi cura dei suoi due figli.
La mattina di Natale trovavamo sempre dei regali sotto l’albero e ricordo che Sam era sempre ansioso di arrivare prima di me a vedere cosa ci fosse lì sotto ed era super felice. Lui credeva ancora a Babbo Natale, ma io sapevo da tempo ormai che non esisteva a fatto, ma lui era così felice quando parlava di quel vecchio barbuto che io non riuscivo proprio a dirgli la verità. È sempre stato questo il mio problema, non riuscivo quasi mai ad essere sincero con lui semplicemente perché Sam viveva nel suo mondo di favole a lieto fine, anche se faceva qualcosa di sbagliato lui era felice. Perché allora avrei dovuto buttare giù il suo castello di speranze? Ero fermamente convinto che un bugia a fin di bene potesse in fondo sistemare tutto, ma scoprii che non era affatto come pensavo. Una bugia, per quanto possa essere piccola o stupida, resta comunque una bugia e può ferire molto le persone a cui viene detta. Spesso le parole fanno più male di qualsiasi altra cosa perché ti restano impresse nell’anima. Un pugno ad esempio può farti male per un po’, ma poi passa. Le parole invece non passeranno mai e le ricorderai per tutta la vita. Ti accompagneranno sempre, spesso condannandoti a ricordarle ogni qualvolta che ti fermerai a riflettere.
Speravo molto che Sam reagisse a quello che avevo fatto riempiendomi di pugni, ma non lo fece. Aveva deciso di seguire la via delle parole ed ora soffrivo come un bestia. In fondo iniziai a credere che quella era la fine che meritavo! Avevo deluso troppe persone e soprattutto avevo ferito nell’animo il mio dolce fratellino e questo mi avrebbe tormentato per sempre. Ad un tratto, mi alzai dalla poltrona e mi presi un’altra bottiglia di birra dal frigo. Con velocità la stappai, poi tornai a guardare fuori e vidi che era iniziata una vera e propria tormenta di neve. Per fortuna Bobby aveva un po’ di cibo in frigo, sarebbe stato sufficiente a nutrirmi per qualche giorno.
-Sai Dean, ho imparato a fare l’angelo sulla neve!- mi disse un tempo Sammy. Lo guardai stupito, ma anche curioso di vedere cosa avesse intenzione di fare.
-Che cosa sarebbe?- domandai. -Stai a vedere!- rispose. Con una piccola corsetta afferrò il suo giaccone e si mise in testa uno dei suoi cappellini preferiti. Era davvero buffo e ogni volta che indossava tutte quelle cose sembrava un ciccione di cento e passa chili.
A passo svelto lo seguii anch’io e mi misi ad osservarlo. -Signori e signore, ecco a voi l’angelo delle nevi di Sam!- disse lanciandosi indietro di schiena. Con velocità e precisione iniziò a chiudere e allargare braccia e gambe per qualche minuto. Quando si alzò, oltre alla neve appiccicata al suo giaccone, vidi con sorpresa che incisa sulla neve c’era proprio una figura che ricordava molto quella di un angelo.
-Dove hai imparato a farlo?- domandai sorridendo.
-L ho letto su un libro, parlava del Natale e ho scoperto questo! Non è bellissimo?- mi chiese orgoglioso.
-Si Sammy, davvero molto bello!- risposi felice di vedere il mio piccolo ometto soddisfatto di se stesso.
Sorrisi a quel ricordo lontano e continuai a guardare fuori, rapito da quello spettacolo incantato e per un attimo desiderai di correre la fuori, nella neve e rotolarci sopra come un tempo, ma non lo feci. Non avevo più l’età e soprattutto non avevo più la voglia di giocare.
Ad un tratto sentii un rumore provenire dalla sala e all’improvviso la casa sembrò riscaldarsi. Mi voltai lievemente pensando al peggio, ma quando girai lo sguardo vidi Castiel fermo davanti a me con sguardo malinconico.
-Che ci fai qui!?!- domandai riprendendo a guardare fuori.
-Dean, so che sei arrabbiato con me e … - lo bloccai subito.
-Tu avevi domandato a me cos’è che mi facesse tanta paura! Ora questa domanda te la faccio io Castiel, che ti prende!?!- urlai pieno di rabbia.
L’angelo sembrava mortificato e abbassò lo sguardo a terra.
-Te l’ho detto Dean … io … io sto cercando di prendere le distanze, ma non ci riesco!- rispose.
-Ti comporti come se fossi un estraneo! Non mi guardi più, cerchi di evitare i miei occhi, hai idea di come possa sentirmi!?!. Credevo che fossi la mia ancora di salvezza, ma a quanto sembra mi sono sbagliato!- dissi profondamente deluso.
-No Dean, ti sbagli!- rispose.
-È sempre questa la risposta che mi arriva! Ma se mi sbaglio, allora perché nessuno mi dice cos’è giusto!?!- esclamai con voce tremante. L’angelo rimase in silenzio.
-Credevo che sarei stato in grado di resistere Dean, ma purtroppo vedo che non è così. Sto soffrendo troppo e vedo che anche tu. In paradiso si sono accorti che c’è stato un cambiamento in me e sto cercando di riprendermi, ma … ma tu mi stai uccidendo lentamente!- disse tristemente. Rimasi fermo ad osservarlo, cercando di capire cosa mi stesse dicendo.
-Non riesco a smetterla di pensarti. Sei dentro ai miei pensieri in ogni momento e questo mi toglie tutte le forze. Vorrei averti con me, ma non posso portarti in Paradiso e né rimare qui io. Non so come affrontare questa cosa! All’inizio pensavo che fosse facile, che sarebbe bastato andare via, ma è peggio!- disse disperato.
-Sei stato tu a convincermi e ora ti tiri indietro!?! Castiel sei l’unica cosa bella che mi sia mai capitata, ti prego … -
-Dean io sto rischiando le ali … potrei essere cacciato dal paradiso!- rispose.
All’improvviso ebbi un colpo al cuore, lo sentii spezzarsi e sgretolarsi al mio interno. Deglutii sperando di trovare il tono giusto, ma l’effetto non fu quello che speravo.
-E allora? Se vieni cacciato dal paradiso potremo finalmente stare insieme!- dissi tristemente.
-Tu non capisci Dean! Se io ti dicessi di uccidere Sam per me lo faresti?!?- esclamò di colpo arrabbiato. Non risposi.
-Sam è la tua casa, il tuo appiglio in questo mondo e per me è la stessa identica cosa Dean. Il paradiso è la mia casa e gli angeli sono i miei fratelli!- continuò.
-Se sei venuto qui a farmi la morale potevi benissimo restartene lassù! Sai bene quello che sto passando e come se non bastasse ora vieni qui a ferirmi e a umiliarmi !- urlai. -Sto cercando di rendere le cose più facili!- rispose iniziando a tremare. Per la prima volta lo vidi in grande difficoltà. Il comando era completamente nelle mie mani.
-Beh … non ci stai riuscendo affatto!-
-Dean prova a ragionare, mettiti nei miei panni!- disse spaventato.
-No, non mi metto nei tuoi panni e sai perché Castiel!?! Io ho perso mia madre, poi mio padre, Bobby e la maggior parte delle persone che ho amato nella mia vita. Ora Sam non c’è più ed io sono rimasto da solo come un cane!. Mi sono sempre fatto il culo per migliorare la vita degli altri, dimenticando me stesso. Ho passato ogni singolo momento a preoccuparmi di salvare il mondo, ignorando il fatto che il mio stesse andando in mille pezzi, ma sono rimasto in piedi. Poi ho incontrato te e ho avuto paura. Sembravi un supereroe dei film arrivato fin quaggiù con l’obbiettivo di salvare la mia anima. Io ti ho regalato il cuore Castiel, ti ho dato me stesso perché mi fidavo di te!!- urlai.
-Anch’io ho paura Dean!- urlò anche lui.
- Non so cosa fare, mi sento in trappola!- disse disperato.
-Non ha più importanza, vattene!- dissi riassumendo il controllo della mia voce. Lui mi guardò pietrificato. Lessi nel suo sguardo un gran dolore, ma il mio era più forte e decisi di non mollare. Se andarsene era quello che voleva, poteva liberamente farlo, io non lo avrei trattenuto.
-Io ti amo Dean … - disse all’improvviso. Alzai nuovamente lo sguardo su di lui e lo vidi tremare.
-Dici di amarmi e poi che te ne vuoi andare. Io non riesco più a comprendere! Se il tuo amore per me significa paura e instabilità allora dimenticati di me. Sono già confuso di mio per poter sopportare la confusione di un’altra persona. È la stabilità che sto cercando Castiel, qualcuno che mi faccia sentire protetto ed proprio nelle tue braccia che mi sentivo tale!-
L’angelo si voltò per un istante, tirò fuori qualcosa dalla tasca del suo Trench e si avvicinò a me.
-Fra poche ore sarà Natale e tu sei molto solo … ho pensato di passare e ti ho portato un dono … - disse porgendomi il pacchetto. Lo guardai sorpreso e soprattutto irritato dal fatto che avesse cambiato discorso in quel modo.
-Non è di regali che stavamo parlando!- dissi arrabbiato, ma lui rimase lo stesso con il braccio teso verso di me. Impietosito dal suo gesto affettivo, afferrai il dono.
-Cas, io non ho nulla per te!- dissi tristemente.
-Non ha importanza Dean, aprilo!- mi incitò.
Scartai il pacco e all’interno vidi un pugnale fantastico. Assomigliava più o meno a quello che avevo e sopra al manico c’erano incise parole a me sconosciute. Guardai attentamente la lama e notai che intorno alla parte tagliente era incastonata la stessa energia azzurra che avevo nel ciondolo.
-Quella Lama è in grado di uccidere ogni cosa, anche noi angeli. Dentro c’è una parte della mia grazia. In verità te ne ho data troppa, ma in fondo ne hai bisogno!- disse tristemente.
-Castiel ho la tua grazia dentro al ciondolo, non dovevi togliertene altra!- dissi preoccupato.
-Volevo che avessi qualcosa di solamente mio e ho pensato che ti sarebbe piaciuto un nuovo coltello. Quello che hai non ha effetto contro coloro che dovremo attaccare!-
-Lo sanno gli altri angeli?- domandai stupidamente. -Lo sa Balthazar … - rispose.
-Suppongo che sappia anche altro no?- domandai irritato. -Come tu hai bisogno di sfogarti con qualcuno, sento il bisogno di farlo anch’io!- rispose.
-Io mi sono sfogato con te Castiel … -
Restammo qualche secondo a fissarci. I nostri occhi si incontrarono di nuovo per poi disperdersi in altre direzioni.
-Questo è un addio allora … - dissi tristemente.
-Lo sarà se tu vorrai … - rispose. Lo fissai incredulo, davvero non riuscivo a capire cosa diavolo provasse nei miei confronti.
-Vuoi andare o restare Castiel!?! Domandai irritato. Lui si avvicinò troppo, ma decisi di non indietreggiare.
-Rispondimi!- insistetti.
Era troppo vicino a me, riuscii a sentire il suo dolce profumo e iniziai a desiderarlo. Non poteva giocare in questo modo, era troppo scorretto.
-Non possiamo resisterci Dean e lo sai bene!- disse sussurrando.
-Non ti toccherò nemmeno con un dito Castiel … - dissi cercando di resistere al suo profumo.
-Allora non ti dispiacerà se farò tutto da solo!- rispose sussurrandomi nell’orecchio. Rabbrividii al suono della sua voce e lo desiderai ardentemente. Non dovevo cedere, non poteva vincere in questo modo. -Stai giocando sporco Castiel!- dissi sorridendo, lui non si spostò dal mio collo e iniziò a leccarlo e a mordicchiarlo dolcemente.
-Cas ti prego!- dissi cercando di allontanarlo, ma non ci riuscii.
Sentii dentro di me una voglia irrefrenabile di saltargli addosso, ma se lo avessi fatto tutte le mie parole sarebbero state vane.
La sua mano destra cinse improvvisamente il mio fianco e il suo viso si avvicinò al mio.
-Se per te non significherà nulla tutto questo, allora non ne capisco il senso!- dissi irritato, ma le mie parole non servirono a nulla.
All’improvviso le sue labbra erano vicinissime alle mie, le guardai incantato mentre i suoi occhi seguivano i miei. Tentai ancora di resistere, ma dopo pochi secondi mi sfiorò delicatamente, quasi come se volesse assaggiarmi. Le sue labbra erano così calde e morbide, tanto che alla fine non resistetti più. Ricambiai il bacio lasciando andare le mie mani su di lui. Castiel aveva ragione, non potevamo resisterci eravamo condannati ad amarci per sempre o almeno sperai che fosse per sempre.
Stanco del fatto che fosse sempre Castiel a prendere le redini della situazione, con forza lo spinsi a terra, a pochi centimetri dal cammino. Vidi riflesso nei suoi occhi azzurri le fiamme accese del fuoco che stava ardendo e mi sembrò improvvisamente più bello che mai.
Ricordai all’istante le parole di Crowley : “ all’Inferno le cose proibite hanno un altro sapore!”. In quel momento pensai che in fondo il re dell’Inferno avesse ragione. Guardare quelle perle azzurre ardere e diventare rosse dal riflesso del fuoco, suscitarono in me una reazione strana.
Nel cadere Castiel batté la schiena sul pavimento, ma non sembrò curarsene troppo. Con violenza iniziai a spogliarlo finché non rimase completamente nudo. Rimasi incantato a guardare la sua pelle, così chiara e profumata. L’angelo fu sorpreso dalla mia improvvisa furia e soprattutto dalla mia forza.
Castiel era completamente bloccato a terra dal mio peso e non riusciva a liberarsi. In verità fui io stesso a decidere di non lasciarlo andare.
Sentii le sue mani sfiorarmi l’altezza del cavallo e mi lasciai sfuggire un gemito. In quel momento Castiel colse la mia debolezza e mi rigirò cambiando posizione. Ora quello immobile ero io.
La nostra pelle si stava fondendo in un unico corpo. Due metà diverse, unite per completarsi. Ero così felice di averlo sopra di me che per alcuni momenti dimenticai le sue insicurezze e le mie paure. Le parole di Castiel erano completamente l’opposto dei suoi sentimenti. Sapevo che in realtà quell’angelo non aveva nessuna intenzione di andare via, ma aveva paura. Paura di affrontare un qualcosa di troppo grande, un qualcosa che non avrebbe potuto combattere. Se il paradiso era la sua casa, lui era la mia.
Rimasi inerme, sotto il suo corpo immaginandolo con me per sempre. Mentre si muoveva avido sulla mia pelle, presi a sognare a come sarebbe stato bello volare insieme a lui, su nel cielo, in mezzo a miliardi di stelle. Aggrapparmi alle sue grandi ali e sentirmi almeno per una volta libero da ogni catena.
Lasciai che pian piano entrasse dentro di me senza oppormi, continuando a sentire l’amarezza che presto tutto sarebbe nuovamente finito. Non volevo che se ne andasse, non di nuovo, ma non avrei potuto fare nulla per impedirlo. Castiel se ne sarebbe andato e ancora per una volta io sarei rimasto solo, paralizzato da sentimenti che a volte non riuscivo a comprendere.
Castiel iniziò ad aumentare il movimento e presto iniziai a perdere la capacità di ragionare. Chiusi gli occhi lasciandomi trasportare da quell’angelo, l’angelo che tanto amavo. Quanto desiderai che quel momento fosse eterno.
Dopo molto ci lasciammo cadere affaticati, ma carichi di piacere. Castiel rimase sdraiato accanto a me immobile, mentre le fiamme nel camino iniziarono ad affievolirsi.
Iniziai a sentire il suo respiro sempre più calmo. Mi voltai verso di lui e lo baciai con dolcezza. Lui ricambiò il bacio accarezzandomi il viso e in quel momento mi sentii la persona più felice del mondo.
Adagiai la testa sul suo petto ed ascoltai il battito del suo cuore. Lui se ne accorse e iniziò a sorridere.
-Cosa senti, Dean?- mi domandò improvvisamente.
-Il tuo cuore … - risposi.
-E cosa sta dicendo?- mi chiese d’un tratto serio.
-Che sta battendo per me!- risposi. I suoi occhi color del cielo si fermarono sui miei, fermi e attenti ad ogni minimo movimento. Sorrise, mostrando i suoi denti perfetti. Sorrisi anch’io e mi avvicinai di nuovo alle sue labbra.
-So che ora scomparirai di nuovo Castiel, ma voglio solo dirti che … che io ti amo … - dissi sussurrando. Fino a quel momento non avevo mai osato pronunciare quella frase, mentre lui lo aveva fatto. Quella notte mi sentivo suo, sentivo di appartenergli ed ero felice. Se alla fine andar via era quello che desiderava, era libero di fare la sua scelta, non sarei stato io a fermarlo.
Non disse una parola, ma mi baciò. Mentre le nostre lingue giocavano ad intrecciarsi, improvvisamente mi lasciai sfuggire una lacrima. Quella lacrima cadde fino alle mie labbra e Castiel se ne accorse.
-Era una lacrima quella?- mi domandò tristemente.
-Tu cosa credi che sia?- risposi trattenendomi.
-Ho appena assaggiato una tua lacrima, questo vuol dire che sei ancora di più dentro di me!- sorrise, poi all’improvviso mi abbracciò. Rimasi inerme, immobile tra le sue braccia, come un bambino spaventato. Lui iniziò a cullarmi, baciandomi di tanto in tanto con tenerezza e per me fu come morire all’istante. Se la morte avesse avuto il nome di Castiel, allora non avrei più avuto paura di affrontarla. In fondo come si può avere paura di un qualcosa che si ama?.
Nonostante la neve gelida di fuori, io e Castiel rimanemmo nudi, distesi davanti al focolare su un vecchio tappeto appartenuto a Bobby. Fermi, abbracciati l’uno stretto all’altro, senza più dire una parola.
D’un tratto pensai a quanto strano fosse l’amore, prima ti fa incontrare persone che credi speciali e poi esse ti vengono tolte, in un modo o nell’altro. Rimani ferito e all’improvviso il tuo cuore sembra bloccarsi, quasi come se avesse dimenticato la sua funzione, ossia quella di battere e ricordare all’uomo che è proprio il suo battito che lo mantiene in vita. Quando si rimane scottati, a volte è difficile riprendersi, pensi sempre a quello che è accaduto in passato e si perde del tutto la capacità di riprendere ad amare.
Il cuore, nonostante sia l’organo più importante del corpo, spesso è anche quello più letale. Ti uccide e ti costringe a cambiare. Guardando Castiel capii il perché molte persone scelgano di chiudere le porte a certi tipi di sentimenti. L’amore per quanto possa essere bello, finisce sempre con il deludere. Soffrire è una cosa brutta e quando ci sei dentro non riesci più ad uscirne fuori.
Questa era la mia paura più brutta … perdere Castiel e spezzare ancora una volta il mio cuore già carico di cicatrici che purtroppo il tempo non era riuscito a risanare.
Non volevo perderlo, non ora che avevo capito di amarlo. Sospirando e guardando l’ultimo pezzetto di legno ardente nel camino, chiusi gli occhi pensando che non appena mi fossi addormentato, Castiel sarebbe volato via, lassù nel firmamento. Avrebbe attraversato il cielo, libero come un falco per poi raggiungere la sua casa, oltre le nuvole. Il giorno successivo, quando aprii gli occhi sentii un piacevole peso sopra al mio petto. Intontito dal sonno aspettai che i miei occhi si abituassero alla luce che filtrava dalle finestre. Quel piacevole peso che avevo addosso era proprio Castiel. L’angelo se ne stava con il viso sopra al mio petto a sonnecchiare tranquillo. Sorpreso dal fatto che gli angeli potessero dormire, rimasi a fissarlo incantato. Sembravo così bello e puro.
-Castiel?- sussurrai lievemente. Bastò davvero poco per svegliarlo.
L’angelo aprii gli occhi e mi sorrise.
-Buon Natale!- dissi appoggiando la mia fronte alla sua.
-Buon Natale Dean!- rispose sorridendo

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Capitolo 16
*** "La Sorpresa" ***


-CAPITOLO 16 -




Fui davvero sorpreso di aprire gli occhi e di trovare Castiel ancora al mio fianco, quello è stato il regalo di Natale più bello che avessi mai ricevuto. Pensavo che non appena avessi chiuso gli occhi se ne sarebbe andato, invece era rimasto lì, accoccolato a me, riscaldandomi dal freddo gelido dell’inverno.
Non riuscivo davvero a capire quale fosse il suo scopo, mi sentivo come una specie di adolescente con le farfalle nello stomaco. Castiel diceva di amarmi e poi se ne andava. Diceva che non riusciva a starmi lontano, ma poi scompariva senza lasciare traccia. Mi sentivo usato e dannatamente triste. Proprio quando avevo capito di amarlo, lui aveva deciso di prendere le distanze.
Quando mi alzai dal tappeto Castiel rimase ancora a terra, immobile e con lo sguardo fisso su di me. Decisi di non fissarlo, non era necessario farmi ancora del male. È vero, era ancora lì, ma presto se ne sarebbe andato. -Sei davvero bello!- disse improvvisamente. Afferrai i miei pantaloni ed iniziai a vestirmi. Non lo degnai neppure di una parola. -Ora hai deciso di non parlarmi!?!- mi chiese tristemente. Mi fermai un istante e mi voltai per guardarlo meglio. -Cas, cosa vuoi che ti dica?- risposi tristemente. -Non lo so, appena ti sei alzato hai cambiato umore!- disse balzando in piedi. Nel movimento lasciò scivolare a terra le lenzuola che lo coprivano, lasciandolo nuovamente nudo davanti ai miei occhi. Lo guardai soffocando un sorriso, era così perfetto in ogni sua forma e movimento. -Mi hai sorpreso al dire il vero Cas …- ammisi. -Ti ho sorpreso per cosa?- mi chiese. -Sei rimasto con me stanotte, credevo che te ne saresti andato!- sorrisi. -E come avrei potuto farlo?- mi domandò deluso dalla mia affermazione. -Non lo so, visto il discorso che mi ha fatto ieri sera … - continuai. Castiel si zittì di colpo e quel suo comportamento diede conferma a ciò che pensavo. L’angelo si rivestì di tutta fretta e sparì senza neppure salutarmi.
Per un istante guardai lo spazio dove prima giacevamo sereni, dove avevamo condiviso il nostro piacere e soprattutto dove ci eravamo scambiati il nostro amore.
Mi rivestii cercando di non pensare a lui, tanto in fondo non ne valeva la pena. Mentre io mi corrodevo l’anima lui sicuramente stava pensando ad altro. Io ero l’ultimo dei suoi pensieri.
Ad un tratto, mentre caricavo le armi nel bagagliaio della Baby, affondando di tanto in tanto nella neve, notai alle mie spalle una presenza fin troppo conosciuta. Mi voltai lentamente sbattendo con violenza lo sportello del bagagliaio.
-Hey amore, fai i bagagli?- disse quella voce che tanto odiavo.
-Crowley!- esclamai serrando la mascella.
-Presente principessina!- sorrise.
-Cosa vuoi?- domandai irritato dalla sua presenza. Il Re dell’Inferno si avvicinò a passo lento, ma deciso.
-Sono venuto per sentire la tua decisione. Ormai il tempo sta per scadere e credo che tu stia per fare la scelta giusta!- mi disse girandomi intorno.
-Se per scelta giusta intendi ucciderti all’istante, allora si, sto per fare la scelta giusta!- ringhiai sicuro di me. Con il ciondolo al collo ero immune al suo attacco.
Crowley scoppiò a ridere di gusto lasciandomi addosso un senso di puro disgusto. Odiavo quel figlio di puttana, lo avrei ucciso ad ogni costo.
-Ti facevo più intelligente Dean!- disse.
-Mi dispiace di aver deluso le tue aspettative Crowley, mi merito una punizione!- dissi ironico.
-Potremo fare scintille tu ed io insieme, possibile che tu non riesca a capire!- urlò.
- Perché non provi a costringermi!?!- dissi cercando di provocarlo. Il Re dell’Inferno si fermò un istante a fissarmi. Il suo sguardo era insicuro, quasi come se avesse capito che c’era qualcosa di diverso in me. Improvvisamente alzò di scatto una mano e mi scaraventò a pochi metri dalla mia automobile. Caddi battendo violentemente la schiena. Soffocando un grido di dolore mi rigirai nella neve. - Sei proprio uno stupido, perché continui a sfidarmi. Posso ucciderti con un battito di ciglia se solo decidessi di farlo!- urlò.
- Allora perché non lo fai eh? Cosa aspetti!- dissi dolorante. Crowley alzò nuovamente la mano e mi scaraventò ancora una volta a terra. Questa volta battei la gamba sinistra sopra una roccia appuntita. Il dolore era immenso e insopportabile. Il ciondolo serviva per proteggermi, ma il dolore riuscivo lo stesso a percepirlo.
Crowley continuò a ridere e a prendermi in giro. Dolorante mi portai una mano sopra alla gamba colpita e cercai di respirare.
- Allora Dean!?! Accetti o lasci?- insistette.
- Lascio figlio di puttana!- risposi.
Il Re dell’Inferno si avvicinò con prepotenza e mi afferrò per la giacca. Con forza sovraumana mi sollevò e mi appese al muro come se fossi una piuma.
- Non devi scherzare con me Winchester, potrebbe finire male!-disse guardandomi negli occhi.
- Per chi? Per te o per me ?- dissi sorridendo.
Veloce come un fulmine estrassi da sotto la giacca il pugnale che mi aveva regalato Castiel. Con furia infilzai la gamba del Re dell’Inferno, sprigionando un grande lampo di luce. Crowley urlò dal dolore maledicendomi.
Guardai la lama azzurra illuminarsi e improvvisamente sentii un strano bruciore. Abbassai lo sguardo verso il mio petto e vidi che le ali incise stavano sprigionando una strana energia colorata.
- Che razza di merda hai addosso?- mi domandò preoccupato e spaventato. Sorrisi sentendomi di colpo potente e avanzai verso di lui con fare minaccioso.
- Preparati a tremare Crowley! Di a Sam che sto arrivando!- dissi infuriato.
- Morirai Dean! Ti farò a pezzi e ti darò in pasto ai miei cani!- urlò.
- Non aspetto altro!-
Prima di sparire mi guardò scatenando tutto il suo odio, poi sparì senza lasciare traccia. Rimasi così, con la lama angelica nel palmo della mano e le ali sul petto illuminate. La pelle bruciava ancora, ma dopo pochi minuti tornò tutto normale. Quella lama era davvero fantastica!.
*** A malincuore ricordai che fra pochi giorni sarebbe scaduto il tempo. Il giorno della battaglia si avvicinava sempre di più ed io non avevo la minima idea di cosa si dovesse fare. Mi sentivo impotente, Balthazar non mi aveva dato istruzione precise, aveva solo parlato di volontà Divina a cui non si poteva attribuire una spiegazione logica. Castiel rimaneva la mia unica fonte, ma non volevo affatto rivolgermi a lui. Non potevo rincorrerlo ogni qualvolta decidesse di andar via. Ero stanco e lui sembrava aver deciso di stare per i fatti suoi.
Mentre consumavo il mio ennesimo pranzo, da solo e cercando di sopravvivere al giorno di Natale provai ad immaginare chi sarebbe stato il vincitore di questa guerra.
Dopo aver finito di pranzare decisi di mettermi in viaggio. Non avendo altro da fare pensai di raggiungere Garth e di aiutarlo nei suoi casi. Quando finalmente mi convinsi ad uscire, un lampo gigantesco di luce mi assalii. Capii all’istante che l’artefice di tutta quella scena non poteva essere il mio Castiel. Mi coprii gli occhi con le mani fino a quando nella casa non tornò tutto normale.
Quando la luce terminò vidi davanti a me, fermo e sorridente il buon vecchio Balthazar. Mi sorrise come se si aspettasse dei complimenti per la sua apparizione.
- Balthazar … - dissi sorpreso.
- Hey Dean, come te la passi?- mi domandò sempre con quel suo sorriso amichevole.
- Sopravvivo!- risposi diffidente.
- Lo stai facendo molto bene … Ti da fastidio?- disse indicandomi.
- Cosa?- domandai stupito.
- Il marchio sul petto, ti fa male?-
- In verità brucia un po’, ma non sempre!- risposi.
- Devi abituarti, fra un po’ sarà tutto finito!- disse iniziando a camminare per la casa. lo osservai preoccupato, che cosa voleva dire con quella frase?.
- Che vuoi dire?- domandai seguendolo.
- Il marchio delle ali svanirà una volta che la guerra sarà finita. È stato un dono in più che Dio ti ha offerto. In questo momento è come se io stessi parlando ad un altro angelo!-
- Io un angelo!?! Ma per favore!- dissi irritato.
- Che ti piaccia o meno Dean è così. È troppo tardi per tornare indietro!- mi disse minaccioso.
- Castiel dov’è?- domandai all’improvviso. Balthazar cambiò espressione e distolse lo sguardo.
- È … è al comando dello squadrone dei soldati blu. Dio ha scelto lui per guidare quella fazione. Io starò al comando della fazione opposta!- rispose.
- Perché Dio avrebbe scelto Castiel?- domandai preoccupato.
- È il soldato più feroce del Paradiso!- disse irritato dalle mie improvvise domande.
- Credevo che non vi fidaste di lui … -
- Credo che questo non abbia importanza Dean. Dio ha scelto lui e lui guiderà i soldati!-
- È un modo per tenerlo lontano da me vero … - dissi improvvisamente. Balthazar si fermò di scatto e rimase immobile dandomi le spalle.
- So che sai tutto, puoi essere sincero !- continuai iniziando a temere quel suo lungo silenzio. l’angelo si voltò e mi guardò con aria titubante, quasi come se sapesse ma fosse tentato dal silenzio.
- Castiel ha fatto troppo di testa sua Dean, sono stato io a convincere Dio di metterlo al comando! Castiel ha sempre eseguito gli ordini e in questo momento non potevo permettergli il lusso di pensare ad altro. Abbiamo una guerra da combattere Dean e non posso vedervi insieme quando la fuori sta per scoppiare il finimondo!- disse alzando il tono della voce.
- Finimondo Balthazar? Hai davvero così paura?-dissi arrabbiato.
- Tu non hai idea di cosa è capace Lucifero!!- urlò di colpo.
- Lucifero?- ripetei sorpreso. Balthazar sospirò amareggiato e si lasciò cadere sopra una poltrona.
- Si Dean … Lucifero. Credi che non combatterà anche lui? Farà di tutto per distruggerci!- continuò.
Lo guardai incuriosito, lo sguardo di quell’angelo nascondeva qualcosa. - Puoi parlarmene!- dissi sedendomi di fronte a lui. Balthazar esitò un momento, poi iniziò a parlare.
- Lucifero era un mio vecchio amico … uno dei soldati più grandi di tutto il Paradiso. Dio lo ammirava in ogni forma e bellezza, diceva che era il più forte, il più intelligente, l’unico degno di sedere al suo fianco. Dio decise di affidargli il nome “Lucifer”, che significa letteralmente portatore di luce. Era un giovane pieno di ambizioni e obbiettivi, ma era troppo sicuro di sé e amava confrontarsi con gli altri angeli. Era un prepotente e gli piaceva pavoneggiarsi. Dio non vide quello che accadde, troppo preso ad accogliere anime e nel frattempo Lucifero se ne approfittò, comandandoci tutti e obbligandoci ad eseguire ordini inventati da lui. In poche parole si montò la testa e credette di poter fare ogni cosa, finché un giorno ebbe la stupida idea di scappare ed avventurarsi sulla Terra. Nessun angelo prima di allora osò uscire dal Paradiso, ma lui pensò di poterlo fare, in fondo era il braccio destro di Dio. Si mostrò agli uomini creando scompiglio e distruggendo ogni cosa. Un angelo lo scoprì e si rivolse a Dio mostrandogli cosa avesse combinato. Dio infuriato lo fece richiamare e lo minacciò di togliergli le ali, ma mosso dalla pietà decise di perdonarlo. Lucifero era troppo spavaldo e orgoglioso per accettare quello che accadde e fece del tutto per scoprire chi avesse fatto la spia. Trovò l’angelo e lo fece a pezzi. Dio lo sgridò severamente ma ancora una volta non riuscì a punirlo . Lo amava, era il guerriero più valoroso di tutto il Creato! Lo perdonò ancora, fiducioso che il suo soldato sarebbe tornato ad eseguire gli ordini, ma non lo fece più. Iniziò ad uccidere chi si opponeva ai suoi ordini e a distruggere tutto ciò che non approvava. Era troppo il sangue versato inutilmente e alla fine … alla fine Dio decise di farla finita. Legò Lucifero su una croce d’argento e a noi angeli ci ordinò di metterci in cerchio intorno a lui. Disse che quello che stava per fare ci sarebbe servito da lezione e per molti fu esattamente così. Con brutalità gli strappò via le ali e le innalzò sanguinanti innanzi a noi. Una scena raccapricciante, ma in fondo se l’era cercata. Lucifero urlava furiosamente, era stato umiliato e soprattutto privato delle proprie ali. Lui le aveva nere, grandi e soffici … in poche parole le ali più belle che avessi mai visto. Dio lo lasciò appeso alla croce per giorni, finché decise di gettarlo giù. Aveva tradito la sua fiducia, non lo voleva più tra i suoi angeli, così aprii un varco nel cielo e lo scaraventò giù, chiudendogli per sempre le porte del cielo!- disse con voce sempre più lieve. Rimasi in silenzio, rapito dal racconto di Balthazar e aspettai con ansia che continuasse.
- Quando Lucifero toccò il suolo la Terra si spaccò a metà. Lui sprofondò al centro e cadde nella lava. Dal Cielo guardammo tutta la scena e credemmo che fosse morto, ma non fu così. Lucifero riemerse della lava scatenando una tempesta di fiamme. Era vivo ed era più infuriato che mai … quello fu l’inizio dell’Inferno!-
Guardai l’angelo spalancando gli occhi. Quella storia era davvero incredibile, le leggende degli uomini non erano del tutto false.
- Stai dicendo che è stato Dio a generare il male?- esclamai sorpreso.
Balthazar aggrottò le sopracciglia e mi guardò come se avessi detto la cosa più grave del mondo.
- Dio ha fatto il suo dovere! Lucifero non è mai stato degno di essere un angelo, era un Tiranno!- urlò.
- Era un soldato!- aggiunsi io.
- Non obbediva agli ordini di Dio!!!-
- Tutto quello che sta accadendo è opera del tuo Dio Balthazar, perché non muove il culo e viene a risolvere questo disastro!?! Ha paura forse? Conosce Lucifero meglio di qualunque altro, lo ha sconfitto una volta, potrebbe farlo di nuovo!-
- Perché parli di cose che non sai!?!- mi urlò all’improvviso.
Lo fissai arrabbiato, tutto quello che stava dicendo non aveva un senso. Se Dio aveva generato l’Inferno scaraventando Lucifero giù dal paradiso, allora perché non aveva fatto nulla per rimediare al suo errore?. - La gente muore ogni giorno a causa di questi fottuti demoni! La mia famiglia è stata uccisa a causa del suo errore Balthazar! In tutta la mia vita ci fosse mai stata una volta in cui avesse risposto alle miei preghiere!- urlai.
- Il mondo prega in continuazione Dean, non può ascoltare tutti voi!- rispose alterato.
- Soltanto Castiel ha avuto il coraggio di aiutarmi! Solo lui ha messo in pericolo la sua stessa vita per aiutarmi mentre tutti voi perdevate tempo a giocare a freccette angeliche sull’arcobaleno!- ringhiai.
L’angelo mi puntò il suo dito contro e mi fissò con aria preoccupata.
- Devi iniziare a dimenticare Castiel Dean, lui non può restare!- esclamò.
- Lo dici tu!- risposi minaccioso.
- Tu non capisci Dean! Se lo ami come credo che sia, allora lascialo andare! Non è al sicuro qui, non deve lasciare assolutamente il Paradiso o per lui sarà la fine!- disse disperato. Lo guardai un istante e vidi riflessa nei suoi occhi pura paura. Era sincero e la sua spontaneità mi fece capire che in fondo c’era davvero qualcosa che non andava in quella faccenda. Sapevo che Balthazar si fidava di me, me lo aveva sempre dimostrato in ogni occasione.
Triste per il mio amico, cercai di calmarmi e di riprendere il controllo dei miei nervi, urlare e sbraitare contro un angelo non era certamente quello che mi serviva per stare meglio.
Balthazar sospirò ed iniziò nuovamente a camminare per la stanza, mentre io rimasi seduto sulla poltrona dandogli le spalle.
- Non ha senso ormai mantenere segreti Balthazar. Credo di averti dimostrato più volte la mia lealtà!- dissi con un tono seccato.
- Castiel … è … è l’ultimo discendente di Lucifero … -
Sorpreso da ciò che avevo appena ascoltato, balzai in piedi di scatto e lo raggiunsi per guardarlo negli occhi.
- Che significa!?!- domandai preoccupato.
- Castiel discende dalla razza di Lucifero Dean! Prima della sua nascita, Dio fece fuori tutti i suoi discendenti, ma poi … quando arrivò Castiel, tutto cambiò. Quegli occhi limpidi e grandi non nascondevano nessun potere oscuro. Quando crebbe però, notammo in lui una forza spaventosa. Era buono si, ma quando si arrabbiava era capace di distruggere ogni cosa.
Dopo Lucifero Castiel è diventato l’angelo più ribelle di tutto il Paradiso, ma non lo fa con cattiveria. Si lascia trasportare con facilità e non riesce a concentrarsi su i suoi compiti. Quando ha incontrato te poi , ha perso completamente il senso della ragione. Per questo ti sto dicendo di trovare una soluzione, Castiel potrebbe essere ucciso! Dio non commette mai lo stesso errore più volte e Castiel non merita di morire per un umano come te!- disse amareggiato. Io e l’angelo ci guardammo per qualche secondo, poi distolsi lo sguardo e abbassai lievemente la testa. Balthazar posò la sua mano sopra la mia spalla e la scosse lievemente.
- Tu sei una persona speciale Dean … hai fatto molto per l’umanità, ma ci sono cose che non puoi risolvere. Dopo aver scaraventato Lucifero giù dal Paradiso, Dio ha pagato le conseguenze con sangue umano e non. Tutti coloro che non sono stati idonei ad eseguire i suoi ordini, sono stati uccisi! Castiel è ancora innocente, ma se non tenuto sotto stretta sorveglianza potrebbe fare sciocchezze e allora nessuno potrà più salvarlo! Né io, né tanto meno tu, Dean!-
Rimasi in silenzio ad assorbire ogni singola parola di Balthazar, quasi come se fossi una specie di spugna, immaginando e pensando a come avrei potuto allontanare Castiel da me. Io amavo quell’angelo e la voglia di averlo accanto era più grande di qualsiasi altra cosa, ma non potevo metterlo in pericolo.
- Quando si ama troppo qualcosa Dean, prima o poi si finisce col distruggerla. – continuò tristemente. Mi guardò un ultima volta, addolorato come me per le parole che aveva pronunciato. Abbassai lo sguardo, non perché non avessi la forza per sostenere il suo, ma semplicemente perché non avevo voglia di lasciar modo a Balthazar di comprendere le mie emozioni.
Mi voltai e avanzai verso la finestra, osservando con gli occhi colmi di tristezza il paesaggio ricoperto dalla neve. Alzai lo sguardo al cielo e vidi che stava pian piano tornando grigio, non aveva più il colore degli occhi di Castiel.
- Il pugnale che ti ha regalato Dean, è un dono molto prezioso, ma anche molto stupido da parte sua. Castiel si fida di te e vorrei che potesse essere così per tutti, ma purtroppo non lo è. Spero solo che tu abbia coscienza di ciò che hai mano!- disse improvvisamente.
- Hai paura che possa usarlo contro di voi?- risposi con tono sarcastico.
- Sei un Winchester, sei capace di tutto!-
Sorrisi a quella frase di gusto e decisi di non rispondere, che senso avrebbe avuto?. C’era una parte di Castiel in quel pugnale, lo avrei portato con me in eterno.
Ad un tratto un altro lampo di luce ci assalì entrambi. Mi coprii gli occhi irritato da quelle maledettissime apparizioni. Non sopportavo affatto la loro irriverenza.
Quando riuscii ad aprire gli occhi vidi Gabriele e Ezechiele sorridermi con un espressione degna di un pugno.
- Hey Dean, come te la passi!?!- mi domandò Gabriele girandomi intorno.
- Cosa vuoi!?!- risposi irritato.
- Che accoglienza calorosa Winchester … - disse sbuffando.
- Che ci fate qui?- domandò all’improvviso Balthazar.
- Non potevamo perderci la chiacchierata vecchio Balth! Allora, hai spiegato al nanetto qui quello che deve fare!?!- disse sorridendomi con un’aria da ebete. Lo fissai cercando di mantenere la calma, la voglia di prenderlo a pugni era immensa. Non sopportavo affatto quello sbruffone!.
- Dean sa già quello che deve fare!- rispose Balthazar.
- Sei pronto?- mi domandò Ezechiele. Lo guardai fisso nei suoi occhi azzurri e annuii.
- Sono nato pronto! Tutto quello che voglio è riavere mio fratello indietro e combatterò fino alla morte se necessario. Non ho paura … sono qui per lottare, ora più che mai!- risposi staccando il mio sguardo da Ezechiele a Balthazar. L’angelo più anziano mi sorrise.
- È molto commovente il tuo discorso da fratello premuroso e bla bla bla, ma stai dimenticando il vero obbiettivo per cui stiamo combattendo! Dobbiamo affermare il potere del Paradiso e annientare quelle merde schifose dell’Inferno! Sam è il problema minore!- esclamò Gabriele. Preso da un attacco d’ira lo afferrai per la camicia e lo sbattei addosso alla parete. In quel momento non capii più nulla e mi sentii più forte che mai. Le ali sul mio petto si illuminarono nuovamente e il pugnale di Castiel iniziò a rilasciare lampi di energia. Preoccupato da quell’eccessiva potenza, lasciai andare l’arcangelo.
- Stammi a sentire figlio di puttana! L’unica ragione per cui combatto con voi è Sam! Non me ne frega un cazzo del vostro Paradiso di merda!-ringhiai.
- Come osi parlare in questo modo!?!- esclamò minaccioso.
- Smettetela!- intervenne Balthazar. –Stiamo per affrontare una guerra e voi vi comportate come due ragazzini d’asilo! Non hanno importanza le ragioni di Dean, quello che conta è che è dalla nostra parte!- aggiunse.
- È una follia, non ci servirà a niente! Lucifero lo farà a pezzi o peggio ancora, potrebbe essere Sam a farlo a pezzi! Dovremmo occuparcene noi, questa questione non lo riguarda!- urlò.
- Mi riguarda eccome invece! C’è mio fratello in quella merda!!!- - È troppo tardi per tuo fratello!- disse infuriato.
D’impulso colpii con tutta la forza che avevo in corpo quell’arcangelo sbruffone. Una volta a terra lo immobilizzai puntandogli la lama di Castiel alla gola. Il pugnale si illuminò nuovamente ed iniziò a divenire incandescente.
Gabriele rimase immobile, spaventato dalla mia forza improvvisa e dall’arma che stavo impugnando.
- Smettila Dean, lascialo andare!- mi urlò Balthazar, ma non lo ascoltai. L’energia azzurra scorreva in me, la sensazione della potenza angelica era un qualcosa di inebriante.
- Dove hai preso questo pugnale!?!- domandò Ezechiele preoccupato. - Dean!- urlò Balthazar incitandomi a lasciare andare l’arcangelo.
Dopo qualche secondo obbedii e lo lasciai andare. Nascosi l’arma sotto alla camicia e mi allontanai in cucina per prendermi una birra.
- Non ne uscirai vivo Winchester! Tu morirai!- disse Gabriele prima di scomparire. Dietro di lui fece lo stesso Ezechiele, lasciandomi nuovamente solo con l’angelo più anziano.
- Sei per caso impazzito!?!- mi urlò.
- No!!!- risposi.
- Assalire in questo modo un arcangelo!?!- mi rimproverò.
- Pensi che a me importi qualcosa? Sai già il motivo per cui sto dalla vostra parte! Una volta che sarà finito tutto quanto io darò la caccia a tutti voi se necessario!- dissi alzando il tono della voce. Balthazar fissò per un istante il punto in cui avevo nascosto l’arma, poi tornò a fissare me senza dire una parola.
- Non temere vecchio mio, se voi starete al vostro posto, nessuna piuma si staccherà dalle vostre ali … - sorrisi. L’angelo mi fissò preoccupato.
- Ti verremo a prendere quando sarà tutto pronto. Fino ad allora … stammi bene!- disse, poi sparì silenziosamente.

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Capitolo 17
*** "Il dispiacere" ***


- CAPITOLO 17 –




Guardai la neve cadere lieve, soffice e fredda nell’erba inumidita dalla notte. In silenzio osservai il paesaggio dalla finestra, del resto come facevo da giorni ormai. Uscire di casa era praticamente impossibile a causa del mal tempo e decisi di restare chiuso al caldo in attesa del giorno del “Giudizio”.
Ripensai con amarezza alle parole di Balthazar, al comportamento di Gabriele e alla storia di Lucifero. È buffo pensare a come tutto abbia avuto inizio, che Dio sia stato la causa di tutto il male accaduto agli uomini. La cosa che mi stupì particolarmente fu che nonostante fosse consapevole del proprio errore, non aveva fatto nulla per rimediare. Ripensai alla frase di Balthazar, “quando si ama troppo qualcosa, si finisce col distruggerla”. Aveva ragione, ma era tutto così complicato. Spiegare a parole quello che provavo dentro era troppo difficile, a volte non riuscivo a comprendermi neppure da solo. Ero spaventato a morte e anche se provavo a nasconderlo, il terrore era lì, nascosto in ogni angolo della mia mente pronto ad assalirmi. Ero confuso, non riuscivo più a capire cosa fosse realmente giusto o sbagliato, tutto quello che desideravo era sentirmi nuovamente a casa.
Le braccia di Castiel erano state la mia casa e lì mi sentivo proprio come un bambino quando stringe la propria mamma dopo un brutto sogno la notte. Le sue mani grandi e delicate curavano ogni ferita della mia pelle e l’accarezzavano piano portandomi brividi infiniti. Quando mi sorrideva poi, il mio mondo iniziava a splendere.
Chiusi gli occhi sospirando e mi lasciai sfuggire una lacrima. Ormai non ero più in grado di trattenere le mie emozioni. Appoggiai la fronte al vetro gelido e lasciai che una parte si appannasse con il mio respiro. Sorrisi e come un bambino iniziai a scriverci su. Incisi il nome del mio angelo, Castiel e mi misi ad osservarlo incantato, ricordando con tristezza le notti in cui le nostre anime si erano congiunte. Ripensai alle sue labbra, avide che assaggiavano ogni singola parte del mio corpo. Ricordai i suoi occhi grandi e dolci che mi guardavano pieni di amore. Dio quanto mi mancava …
- È bellissima, non è vero?- disse una voce all’improvviso. Riconobbi il timbro ed ebbi un colpo al cuore, era il mio amato Cas.
Mi voltai per sorridergli un istante, poi tornai a guardare fuori.
- Cosa Castiel?- domandai.
- La neve!- sorrise avvicinandosi. Feci finta di non aver ascoltato e mi voltai per guardarlo dritto negli occhi.
- Non dovresti essere qui!- dissi preoccupato.
- Perché no!?! Credevo che volessi vedermi, hai perfino scritto il mio nome sul vetro, questo vuol dire che ti manco Dean!- rispose.
Pieno di dolore e rammarico allungai delicatamente la mia mano verso il suo petto e strinsi con forza improvvisa un pezzo del suo trench. Castiel notò che qualcosa non andava in me ed iniziò a preoccuparsi. Mi fissò tristemente ed io mi sentii a pezzi.
- Non sai quanto Castiel!- dissi scuotendolo lievemente.
- Eccomi, sono qui ora!- mi sorrise. Lasciai andare la presa e lo spinsi leggermente indietro. Mi voltai nuovamente e ripresi a guardare fuori, cercando a stento di trattenere le lacrime.
- Ti prego Dean, che ti è successo!?!- mi domandò.
Non risposi alla sua domanda e cercai di posare lo sguardo altrove. - Io non ti capisco … - disse tristemente. I suoi occhi splendenti erano fermi sui miei, ma il suo sguardo divenne troppo pesante da sopportare, così decisi di voltarmi.
- C’è una guerra di mezzo! Dovresti stare lassù ad addestrare il tuo esercito invece di stare qui a perdere tempo!- lo rimproverai.
- Come fai a sapere della mia fazione!?!- mi domandò sorpreso.
- Non ha importanza Cas … -
- Si che ce l’ha Dean!- urlò improvvisamente . Mi voltai di scatto stupito dal suo improvviso cambio d’umore.
- È stato Balthazar vero!?!- domandò infuriato.
- Cas … -
- Rispondimi!!!- urlò nero di rabbia. Ad un tratto fuori dalla finestra, a pochi metri dalla mia macchina cadde un fulmine. Spaventato dal forte boato sobbalzai.
- So che è stato lui Dean! Cosa ti ha detto eh? Che devi lasciarmi stare? Che devo concentrarmi ad eseguire gli ordini e che a causa tua potrei correre grossi pericoli!?!-urlò.
Lo guardai tristemente e carico di dolore fui costretto ad annuire. Castiel sorrise cercando di restare calmo, ma era evidente che stava per perdere il controllo di se stesso ed io non sapevo minimamente cosa fare per tranquillizzarlo.
- Sai cosa ti dico Dean? Che a me non frega un cazzo degli ordini di Dio! Sono pronto a mollare tutto per te, non ho paura delle conseguenze!- continuò furioso.
- Non puoi mollare un bel niente Castiel, non dire stronzate!- lo rimproverai.
- Credi che non ne sia capace? Al Diavolo tutto quanto Dean!! Di cosa hai paura? Scappiamo insieme, io e te!- disse d’un tratto carico d’euforia.
- Ci daranno la caccia Castiel!!-
- Andrà tutto bene, nessuno ti farà del male!- cercò di rassicurarmi.
- Proprio non capisci eh? Ho paura di perdere te stupido idiota!- urlai. L’angelo si zittì di colpo.
- Si , Balthazar mi ha raccontato molte cose Castiel … su Dio, su Lucifero e … e su di te … - dissi lentamente. – Per quanto grande possa essere il mio amore per te, sono pronto a lasciarti andare se questo significherà averti vivo!-
- Io non ho intenzione di allontanarmi da te Dean, non più! sono pronto a tutto!!- disse disperato.
- Beh io no!!- urlai. – Non sono pronto a vederti morire! Cazzo Castiel, dopo tutto quello che ho passato tu sei stato l’unico in grado di farmi sentire ancora una volta vivo! Mi hai fatto sentire protetto e te ne sarò grato per sempre. Mi hai salvato la vita Cas e questo non lo dimenticherò mai … -
- Combatterò per te Dean, come ho sempre fatto! Dio non saprà nulla e noi potremo continuare a stare insieme!-
- No Castiel!- dissi in procinto di cedere alle lacrime. – Devi andartene via e continuare a fare quello per cui sei nato. Sei un guerriero Cas e ora devi guidare un’intera fazione in battaglia. Sei diventato un Leader e uno come te non può perdere tempo con uno come me … - mormorai.
- Io non voglio essere un leader Dean, non sono fatto per queste cose!- urlò. – Io sono un casino … non riesco a condurre neppure me stesso alle mie decisioni, come potrei scegliere per qualcun altro?-
- Tu non sei un casino … - risposi avvicinandomi a lui.
- Io non voglio lasciarti andare, ti prego … - mi supplicò.
- Un tempo eri tu che dicevi che tra noi non poteva esserci altro di quel che è successo. Ora sei qui ad implorarmi, perché? Io continuo a non capire!-
- Avevo paura Dean! Paura di quello che stavo provando!- rispose irritato.
- Avevo paura anch’io! Trovarmi per la prima volta ad amare qualcuno del mio stesso sesso! l’amore che provo nei tuoi confronti è un qualcosa che mai in vita mia ero riuscito a provare! Avevo paura, ma mi sono lasciato andare. Ho osato Castiel e ti ho regalato tutto me stesso! Come credi che possa sentirmi ora eh!?!- ringhiai.
- Apparivi e sparivi a tuo piacimento, confondendomi e lasciandomi sempre più ferito! Mentre io sentivo di amarti tu te ne andavi!!- continuai.
- Ero costretto ad andarmene!- rispose.
- Il Paradiso è la tua casa ed è lì che devi restare! Lontano da me … -
Castiel alzò lo sguardo su di me e vidi che i suoi occhi erano bagnati dalle lacrime. Li fissai sentendomi nuovamente un mostro, colpevole del dolore di quell’angelo, ma stavo soffrendo anch’io e lui non poteva immaginare minimamente quanto. Non sarei stato egoista, non quella volta.
- Mi è stata detta una frase Castiel … “ quando si ama troppo qualcosa, si finisce col distruggerla”. Nella mia vita non ho fatto altro che aggrapparmi alle cose o … o alle persone. Mi sono ritrovato dentro a questa vita e non ho avuto il coraggio di affrontarla. Ho capito che in fondo gli altri hanno ragione, sono un egoista del cazzo che non fa altro che trascinare le persone che ama nella merda solamente perché ho paura di finirci da solo.
Sam si è allontanato da me, Bobby è morto insieme a tutte le persone che hanno osato seguirmi. Ora ci sei tu … un angelo speciale che mi ha ridato la vita!- dissi sorridendo lievemente. Mentre sorrisi una lacrima mi scivolò lungo il viso. – Io vorrei averti qui, ma non è possibile. Dimenticami, ti prego … -
- Dimenticarti!?!- esclamò spaventato.
Mi voltai di scatto mostrandogli la schiena intenzionato a non rispondergli. Castiel mi afferrò all’improvviso per un braccio e mi costrinse a voltarmi.
- Guardami dritto negli occhi e dimmi cosa provi realmente per me!- disse alterato.
Ci guardammo un istante e non seppi più resistere. Lo baciai stringendolo a me con forza. L’angelo ricambiò il bacio, ma lo sentii più freddo.
Improvvisamente lo vidi crollare e mi abbracciò tenendomi stretto a sé. La sua morsa era talmente forte da lasciarmi quasi senza respiro. Restammo in silenzio per qualche minuto, aspirando l’uno l’odore dell’altro. Quel suo dolce profumo non l’avrei dimenticato per nulla al mondo.
- Perché dici di non volermi quando poi non riesci a starmi lontano?- mi domandò con voce tremante.
- Vorrei saperti dire addio, ma non ci riesco … - dissi pronunciando a fatica le parole.
Castiel mi respinse e mi guardò come se lo stesse facendo per l’ultima volta.
- Qualsiasi cosa accada Dean voglio che tu sappia che sarei disposto a morire, a soffrire e a farmi strappare le ali da Dio, non me ne vergognerei. So di non averti dato tutte le sicurezze che cercavi, ma tutto quello che potevo offrirti, tu l’hai ricevuto..- disse allontanandosi.
Sapevo esattamente quello che stava per fare, se ne sarebbe andato, di nuovo, questa volta non sarebbe servito a nulla ricorrerlo o dirgli parole dolci. Avevo ferito Castiel in un modo in cui non mi sarei mai immaginato. Mi sentivo in colpa e sapevo che quello che provavo dentro di me era tutto il contrario di quello che gli avevo urlato. Io lo amavo, ma il mio non era semplice amore. Quell’angelo per me significava tutto e proprio come lui lo era per me, anch’io avrei tanto voluto essere il suo tutto.
Prima che potesse fuggire via da me mi precipitai nuovamente ad abbracciarlo. Mi strinsi forte alla sua schiena intenzionato a non lasciarlo andare. Sentii Castiel irrigidirsi sotto alle mie braccia e per la prima volta notai quanto fosse distante da me, nonostante la mia pelle stesse toccando la sua.
Ad un tratto sentii le mie mani cedere al nulla e persi l’equilibrio. Caddi a terra abbracciando il vuoto. Castiel era sparito.
Rimasi a terra ed iniziai a piangere come un bambino, maledicendo la vita, me stesso e il mondo intero.
Ero abituato a lasciare andare le persone, ma lasciare andare Castiel significava perdere una parte di me stesso. Persino Sam stava perdendo importanza per me, mentre lui aveva scelto la via più facile, io stavo smarrendo la mia.
Dentro di me iniziai a sentire uno strano bruciore nello stomaco e desiderai ardentemente di liberarmi da quell’enorme macigno. Mi alzai tremante di rabbia e uscii fuori in cortile, inciampando come un bambino nella neve gelida e spietata.
Il cielo divenne di colpo nero e i soffici fiocchi di neve smisero di cadere, lasciando il posto a inquietanti lampi accompagnati da rumorosissimi tuoni. La pioggia iniziò a cadere fredda, prima leggera, poi sempre più battente. Rimasi immobile, infreddolito e sempre più agitato. L’acqua piovana si mischiò alle mie lacrime, confondendo il dolore straziante che avevo sul viso. Quei tuoni erano opera di Castiel e della sua rabbia ed io mi sentivo una merda per quello che avevo appena fatto. Quale uomo rinuncerebbe mai alla sua felicità? Beh … io lo avevo appena fatto. Avevo mandato a puttane tutto quanto ed ora non avevo più nulla.
Preso dal dolore e da una rabbia incontenibile iniziai ad urlare con tutta l’energia che avevo in corpo. Urlai fino a sentire le mie corde vocali bruciare e la mia testa pulsare per lo sforzo. Liberai tutto il mio dolore al vento, lasciando che esso trasportasse la mia voce lontano e chissà se non l’avrebbe portata proprio da lui.
- Non ce la faccio più!- dissi d’un tratto esausto di tutto quel dolore. Mi accasciai di più a terra ormai zuppo fin dentro alle ossa. Poggiai una mano nella neve e nel tentativo di rialzarmi sprofondai giù cadendo a faccia in avanti. Iniziai a tremare e a sentire le mie mani perdere la sensibilità a causa del gelo.
Il mio mondo, quello fatto di sogni deboli e quasi del tutto rassegnato, sembrò bloccarsi all’istante. Vidi passare davanti ai miei deboli occhi tutti i momenti meravigliosi che avevo passato nel corso della mia vita, sognando di rincorrerli e di riviverli ancora una volta.
Non avevo più nulla ormai, né sogni da inseguire, né tantomeno persone da proteggere. Si, c’era ancora Sam, ma non sapevo esattamente se sarei stato in grado di salvarlo.
Tutto iniziò ad essere complicato nella mia mente e cominciai pian piano ad avere paura della guerra che avrei dovuto combattere. Castiel avrebbe continuato a difendermi? Questa era la mia paura più grande. Cosa sarebbe successo in battaglia? Cas sarebbe stato abbastanza forte da restare in vita? Lo speravo con tutto il cuore …

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