The secrets of an aching heart

di Whiteeyes95j
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Falling Down ***
Capitolo 2: *** It's over now ***
Capitolo 3: *** I don't care ***
Capitolo 4: *** Let's play ! Shall you ? ***
Capitolo 5: *** Stalking Stefan and Bonnie ***
Capitolo 6: *** THE TRUTH ***
Capitolo 7: *** The wedding day ***
Capitolo 8: *** The escape ***
Capitolo 9: *** Sylvia ***
Capitolo 10: *** The heart of the vampire ***
Capitolo 11: *** Into the trap ***
Capitolo 12: *** Shall we make a deal ? ***
Capitolo 13: *** In the enemy manor ***
Capitolo 14: *** The Jewles - The Rings and The Necklace ***
Capitolo 15: *** Saving Bonnie ***
Capitolo 16: *** Wonderful ***
Capitolo 17: *** I will be your devil ***
Capitolo 18: *** Family Bisness - Part 1 - Sapphire ***
Capitolo 19: *** Family Bisness - Part 2 - De Verdant Family ***
Capitolo 20: *** Sylvia's return ***
Capitolo 21: *** G.U.I.L.T.Y. ***
Capitolo 22: *** Black Half Heart ***
Capitolo 23: *** Revenge ***
Capitolo 24: *** The Curse ***
Capitolo 25: *** Memories ***
Capitolo 26: *** In the heart of the matter ***
Capitolo 27: *** The Ritual ***
Capitolo 28: *** No more lies, no more secrets ***
Capitolo 29: *** The last move - part 1 ***
Capitolo 30: *** The last move - part 2 ***



Capitolo 1
*** Falling Down ***


Falling down

Pov Stefan

No, non era vero. Non era successo. Non a lui. Non poteva essere vero.

Stefan Salvatore stava guidando da ore ormai. Erano circa le 2:30 ma lui non aveva sonno, non voleva tornare a casa e soprattutto non aveva voglia di vedere Elena che sicuramente gli avrebbe fatto un interrogatorio sul perché fosse arrivato a quell’ora, non aveva voglia di sentire Damon, quella sera non era in vena di sopportare niente e nessuno.                                                                                                                                                                                                                                 Quella sera era accaduta una catena di eventi che l’avevano sconvolto e se adesso avrebbe potuto si sarebbe ficcato un paletto nel cuore senza pensarci due volte. Che cosa gli era venuto in mente ? Non aveva mai perso il controllo, non così, mai in quel modo.                                                                                                               Adesso che cosa avrebbe fatto ? Ancora non lo sapeva. Niente di ciò che avrebbe potuto fare avrebbe posto rimedio al casino che aveva combinato quella sera. Era diventato un mostro. In verità era diventato un mostro già da molto tempo ma  fino ad adesso lo era solo fisicamente invece adesso era diventato un mostro completo. Ancora stentava a crederci, era sempre riuscito a tenere a bada i suoi istinti animaleschi ma quella sera era già annebbiato dalla rabbia per una scena a cui non avrebbe mai voluto assistere e non sapendo cosa fare era andato in un pub dove nessuno avrebbe mai potuto trovarlo.                                                                         Insomma nemmeno Damon avrebbe mai potuto cercarlo in un pub, insomma lui era Stefan Salvatore, un pub non era un luogo adatto a lui e di questo ne era cosciente per questo era andato lì. All’inizio gli era sembrata un’idea geniale. Ma poi non sapeva come, ne quando, ne perché aveva cominciato a bere e a bere per la rabbia e la disperazione e da lì è successo quello che gli sarebbe pesato sulla coscienza da lì fino all’eternità.                                                                                          E se prima si sentiva disperato, adesso si sentiva disperatamente solo. Nessuno l’avrebbe capito, Elena si sarebbe infuriata, gli avrebbe dato del mostro, dell’irresponsabile, dello stolto per aver preferito ubriacarsi che superare i problemi, lo avrebbe paragonato a Damon sul fatto che preferisce scappare che superare e risolvere i problemi. Damon poi lo avrebbe preso in giro, fatto qualche battuta sarcastica e gliel’avrebbe rinfacciato, per sempre, come d’altronde gli rinfacciava la morte della mamma, la scelta di Katherine e tante altre cose. Matt lo avrebbe rimproverato, lo avrebbe giudicato un mostro e molto probabilmente lo avrebbe anche picchiato, Meredith…  non sapeva che reazione avrebbe potuto avere lei ma di sicuro l’avrebbe riferito ad Elena, Meredith non avrebbe ritenuto giusto non parlare ad Elena di quello che il suo ragazzo aveva combinato. Però forse Bonnie lo avrebbe ascoltato, consolato e magari avrebbe evitato di giudicarlo. No, meglio di no. Meglio tenerlo segreto. Nessuno avrebbe mai scoperto cosa quella sera era accaduto, era meglio così. E’ meglio così, si disse anche se poco convinto.

Pov Bonnie                        

 No, non era vero. Non era successo. Non a lei. Non poteva essere vero.

Bonnie era ormai da ore a piangere davanti allo specchio del bagno di casa sua, disperata. Adesso davvero si era cacciata in un bel guaio e nessuno avrebbe mai potuto aiutarla. Il suo era un male incurabile, l’unica cosa che le restava da fare era cercare di guardare avanti e godersi quello che ancora le restava. Aveva 19 anni ma a quanto pare per lei il destino non aveva scelto una vita lunga e felice.

Sarai giovane e bella nella tua tomba.

A quanto pare sua nonna aveva ragione, la profezia era esatta e a lei mancava poco tempo per vivere. Perché dovevano capitare tutte a lei ? Perché ? Che cosa aveva fatto di male ? Non aveva mai fatto del male a nessuno e se l’aveva fatto non era sua intenzione. Ma adesso che importanza poteva avere, stava morendo e niente avrebbe potuto cambiare questa triste realtà. Diamine, non si era mai sentita tanto sola in quel momento. Che cosa avrebbe potuto fare ? Prima, quando si trovavano in difficoltà Elena pensava a un piano A, lei e Meredith a un piano B e C ma adesso nessun piano A, B e C avrebbe potuto aiutarla. Adesso l’unica cosa che le restava da fare era attendere che la forza malvagia dentro di sé l’avrebbe indebolita giorno dopo giorno fino a quando allo stremo delle forze avrebbe chiuso gli occhi e non li avrebbe riaperti più.                                                                                                                                                                                                                                 Caspita, adesso che ci pensava la sua vita sarebbe dovuto iniziare adesso. A diciannove anni una normale ragazza andava al college, era maggiorenne, poteva viaggiare, essere indipendente, forse avrebbe trovato anche la forza per dichiararsi a Damon e invece era troppo tardi. Non aveva abbastanza tempo, stava morendo e con lei tutti i suoi sogni e i suoi progetti. Ma tutto questo non l’avrebbe mai rivelato a nessuno, non voleva che nessuno versasse lacrime per lei, non era giusto. Avrebbe nascosto tutto a tutti, il suo segreto sarebbe morto con lei nella tomba e solo dopo di ciò avrebbe forse potuto accettare che i suoi amici versassero lacrime per lei. Avrebbe invece trascorso il tempo che le rimaneva divertendosi con i suoi amici, scherzando e ridendo, facendo da damigella all’imminente matrimonio di sua sorella e poi avrebbe accettato che le calde braccia della morte la trascinassero con se nella sua oscurità.                 

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Capitolo 2
*** It's over now ***


It’s over now

Stefan guardò l’orologio che aveva al polso prima di entrare alla Pensione. Le 7:30, a quell’ora erano già tutti svegli. La signora Flowers si alzava presto per annaffiare le varie piante nel giardino e Elena di solito si vegliava preso per poter aiutare la signora Flowers, per quanto riguarda Damon dove c’è Elena c’è lui quindi non aveva dubbi sul fatto che fosse già arrivato alla pensione. Stefan non sapeva che cosa fare, doveva entrare ? Non doveva entrare ? In fondo era ancora in tempo per fare marcia indietro e andarsene. No, non essere codardo Stefan, si disse, adesso tu entri e affronti la situazione a testa alta e soprattutto con la poca dignità che ti è rimasta. Così rimise in moto la macchina e parcheggiò, poi uscì e si diresse velocemente verso la Pensione per evitare improvvisi ripensamenti.                                       La signora Flowers si accorse di lui mentre annaffiava le piante e gli disse << Oh Stefan ! Caro, mi hai fatta stare in pensiero, Elena mi ha riferito che non sei tornato a casa stasera, era molto preoccupata, temeva che ti fosse accaduto qualcosa >>                                                                                                                                    Magari mi fosse accaduto qualcosa, pensò, molto probabilmente adesso non sarei qui a sopportare questo orribile senso di colpa. Tuttavia non voleva turbare inutilmente la signora Flowers così le rivolse un sorriso, finto ma che sembrò rincuorarla e le disse << Mi scusi, signora Flowers ! Non era mia intenzione turbare voi o Elena ! >>                                                                                                                                                                                                                                                   << Oh ma figurati caro ! L’importante è che tu adesso sia a casa ! Entra, non voglio trattenerti oltre. Immagino che tu abbia molte cose da dire a Elena. >> disse la signora Flowers voltandosi e ricominciando ad annaffiare il giardino.    Adesso si che avrebbe voluto essere inghiottito  da un vortice. Non aveva voglia di vedere Elena, perché in un certo senso non poteva fare a meno di pensare che fosse tutta colpa sua, ma in fondo ognuno doveva prendersi le proprie responsabilità. Entrò nella pensione e si diresse direttamente al piano di sopra. Attraversò il corridoio per dirigersi in camera sua ma poi sentì delle voci attraverso la porta e quindi si fermò ad ascoltare.                                                                                   
 
<< Piantala di fare l’idiota ! Stefan non è tornato a casa, non risponde al cellulare, neanche ai miei messaggi mentali, non so dove sia e sono molto preoccupata >> disse Elena                 Ipocrita, pensò Stefan con rabbia.                                                                                    << Angelo, andiamo fino a qualche minuto fa neanche pensavi a Stefan, goditi questo momento perché quando il mio caro fratellino tornerà poi dovremo aspettare che se ne vada di nuovo >> disse Damon con noncuranza                                   << Damon finiscila. E’ pur sempre tuo fratello e comunque Stefan è anche il mio fidanzato per il momento. E io non me la sento di lasciarlo. Ho commesso un errore stasera, un errore che non commetterò mai più >> disse Elena                              Stefan si sentì rincuorato, se era accaduto solo una volta…                                                                                        << Angelo non dire idiozie, se tu fossi davvero pentita, se davvero amassi ancora mio fratello avresti smesso di tradirlo due mesi fa e invece… siamo ancora io e te>> disse Damon con voce maliziosa                                                                                            In quel momento Stefan capì che era solamente un grande stupido. Basta, era inutile fingere di non aver sentito e infatti aprì la porta e la richiuse con forza dietro di sé. Inutile dire che Elena era impallidita e che Damon era rimasto sorpreso, non tanto per essere stato colto in flagrante ma per non esserci accorto della presenza del fratello. “Come ha fatto ad arrivare senza che io me ne rendessi conto ?” si chiese.                                                                                                                        << Non tormentarti Damon ! Non sia mai che ti venissero le rughe, non vorrei mai essere la cause di un tuo improvviso abbruttimento ! Neanche Elena me lo perdonerebbe e dato che io sono un gentiluomo non vorrei mai che una donna soffrisse a causa >> disse Stefan con ironia                                                                     In realtà non voleva offendere nessuno dei due, eppure era riuscito a farlo anche se involontariamente. In quel momento, dopo quella nottataccia Stefan non aveva voglia di fingere di fare il calmo e riflessivo Stefan, era ancora frastornato, arrabbiato e desideroso di porre fine alla sua relazione con Elena.                                                    << Stefan non fare il cattivo, non trattarmi in questo modo >> lo pregò Elena                                   << E come dovrei trattari sentiamo? Cosa ti aspetti, che io ti abbracci, che io ti dia un premio per avermi tradito ? Con mio fratello per giunta ! Vergognati ! E comunque non ho alcuna intenzione di sprecare altro fiato con te, perciò ti dirò una cosa, lentamente, sperando che in questo modo tu non fraintenda. Tu, Elena Gilbert, sei DAVVERO una brutta persona >> disse Stefan cercando comunque di mantenere un certo contegno.                                                                                                  Elena era rimasta allibita, non si aspettava una reazione del genere. Stefan l’aveva ferita, non era stata una reazione violenta, Stefan non si era messo a urlare o cose del genere, anzi era rimasto calmo ma il contenuto di tutte quelle parole l’avevano ferita.                                                                                                   << Mi stai lasciando ? >> gli chiese pur sapendo gi la risposta                                                          << Perché ? Non si era capito ? Dovresti esserne felice, adesso potrai fartela con mio fratello alla luce del sole, dove ti pare e quando ti pare, senza vincoli e senza la paura di una mia improvvisa apparizione. Adesso sei libera come l’aria Elena. Tu non mi ami e per quel che mi riguarda sono stufo di passare per stupido e di farmi prendere in giro da te >> disse Stefan                                                                     << Stefan ti prego, io non volevo ferirti, io volevo dirti tutta la verità se hai davvero ascoltato avrai capito che è stato solamente un errore >> disse Elena scoppiando a piangere                                                                                                                            << Ti sbagli Elena un bacio è un errore, una sola notte è un errore, una relazione segreta che dura da non uno ma due mesi non è un errore è tradimento. Mi hai  mentito, mi hai preso in giro, mi hai tradito. Mi hai tradito e con chi sarei stato fidanzato, con chi avrei passato la vita sentiamo, con la bellissima ragazza bionda che ho conosciuto al Robert Lee. , la ragazza a cui ho regalato un anello perché lei mi piaceva, mi piaceva tanto. Oppure avrei passato la vita con colei che mi tradiva con mio fratello ? >> chiese Stefan                                                                                   Elena non riusciva a parlare, le lacrime scorrevano copiose sul suo viso, non si prese neanche la briga di asciugarle in quel momento niente le importava, si sentiva svuotata e sporca. Damon invece era rimasto allibito. Suo fratello aveva qualcosa di strano, insomma Stefan non era si era mai comportato così in vita sua, non aveva mai fatto soffrire una donna e non avrebbe mai detto quelle cose orribili. Doveva essergli successo una cosa. C’era una strana luce negli occhi di suo fratello, lo sguardo di chi aveva qualcosa di sinistro da nascondere. Infatti adesso che lo osservava poteva notare che puzzava di alcool e fumo, aveva qualche macchia di sangue sulla maglietta e i capelli appiccicati al viso. Non aveva certo l’aspetto di chi aveva passato una notte tranquilla. Tuttavia Stefan si rese conto dello sguardo del fratello su di sé e decise di abbandonare la stanza per recarsi in bagno a fare una doccia. Nel frattempo alla pensione erano arrivate Bonnie e Meredith ancora ignare di quanto era appena accaduto.

 

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Capitolo 3
*** I don't care ***


I don’t care
Bonnie e Meredith avevano appena parcheggiato fuori dalla pensione quando videro Stefan sbattere la porta d’ingresso e dirigersi verso la foresta con un’espressione in viso davvero poco rassicurante. Bonnie e Meredith si scambiarono uno sguardo preoccupato e si cominciarono a dirigersi verso la pensione quando poi pure Damon uscì e quando le vide cammino verso di loro con un sorrisetto divertito.                                                                                                        
<< Ciao Bellezze !! Miss inquietudine, Uccellino! Come state in questa bellissima giornate di sole ! >> chiese sfoderando quel suo sorriso ironico                                                  << Staremmo bene in questa giornata di sole se il sole ci fosse >> rispose Meredith con freddezza                                                                                                       
<< Tanto sole o non sole tu rimani sempre un freezer umano. Nemmeno una sauna ti scioglierebbe miss inquietudine >>                                                   
Meredith lo fulminò con lo sguardo a cui Damon rispose con un piccolo ghigno.  Bonnie rivolse uno sguardo triste verso Meredith, da quando Alaric l’aveva lasciata non era più stata la stessa. Era successo dopo che Meredith gli aveva rivelato di essere una cacciatrice di vampiri, Alaric si era infuriato, accusandola di avergli mentito, di averlo ingannato, di non avere fiducia in lui. Meredith aveva pianto, Bonnie non l’aveva mai vista piangere, era stato un periodo piuttosto duro da superare. Ciò nonostante da quel giorno Meredith era stata molto più fredda e distaccata con i ragazzi, compresi Matt e Stefan e soprattutto con Damon.             
<< Damon, è per caso successo qualcosa a Stefan ? Prima l’abbiamo visto e aveva un’espressione così… >> chiese Bonnie                                                                                                                                        << Sconvolta ? >> la interruppe il vampiro
<< Beh è il minimo. Allora da dove comincio… Bene, io e Elena siamo intimi da due mesi e oggi il mio adorato fratellino ci ha beccati, ha mollato Elena e adesso starà vagando nel bosco in cerca di qualche coniglio sul quale sfogare il suo dolore >> rispose Damon con voce annoiata ma anche ironica                                                                                                Bonnie e Meredith si scambiarono un altro sguardo, prima sorpreso poi turbato. Meredith non poteva credere che Elena potesse fare un cosa del genere a Stefan, chissà come stava soffrendo ? Lo capiva perfettamente. Bonnie invece dal canto suo era rimasta tranquilla, da Elena se lo aspettava, quello stupido triangolo amoroso con i fratelli Salvatore durava da troppo e ora Elena non doveva più scegliere, Stefan lo aveva fatto per primo e a quanto pare aveva scelto di non entrare in competizione con il fratello e di lasciarla. Lei amava Damon e l’avrebbe sempre amato ma adesso la sua vita stava per terminare e non aveva voglia di passare gli ultimi mesi della sua vita a piangere perché ancora una volta Elena aveva fatto la cosa sbagliata.                                                                                                  
<< E ora come sta ? Elena. >> chiese Meredith                                                                 
<< Come vuoi che stia ? Sta piangendo >> rispose Damon con sufficienza                                                   
<< E perché tu non sei con lei a consolarla ? In fondo è anche colpa tua se sta così >> lo rimproverò Meredith                                                                                                                   << Colpa mia ? Tesoro, io non l’ho mica costretta ad andare a letto con me. E poi perché dovrei consolarla io ? Adesso ci siete voi, è vostra amica, buona fortuna>> disse Damon dirigendosi verso la foresta.                                                                                                               
<< E tu nel frattempo cosa farai ? Andrai a farti una passeggiatina nella foresta ? Andrai a cacciare ? Andrai ad ubriacarti in qualche bar come se niente fosse ? Ma come fai a guardarti allo specchio ? >> lo rimproverò Meredith perdendo il controllo e la sua compostezza                                                                                     
<< Così, mi giro verso lo specchio e non posso fare a meno di pensare all’ottimo lavoro che fece mia madre quando mi mise al mondo. Comunque adesso io vado a cercare il mio adorato fratellino. A mai più rivederci miss inquietudine, a dopo uccellino >> disse il bel vampiro voltandosi e dirigendosi verso la foresta.                       
<< Ti giuro, a volte la voglia di ucciderlo è così forte che gli pianterei un paletto senza pensarci due volte. Ma comunque, vieni andiamo a vedere come sta Elena>> disse Meredith calmandosi e dirigendosi  verso la pensione.                                        
<< No >> rispose Bonnie senza muovere un passo.                                                             
<< Come ? >> chiese Meredith sperando di aver frainteso                                                    
<< Hai capito bene. Io non vengo. Ritengo che sia meglio lasciarla un po’ da sola con il suo dolore. Le farà bene. >> rispose Bonnie con maggiore sicurezza                            << Bonnie ma che dici ? Hai sentito Damon, Elena sta male, noi siamo sue amiche e dobbiamo aiutarla >> disse Meredith                                                            
<< Aiutarla ? No, io non credo. Ha sbagliato Meredith, è ora che cresca e che si assuma le sue responsabilità. Per quanto mi riguarda, è ancora una bella giornata, almeno per me. Io infatti ho voglia di fare un giro, di prendermi un gelato, fare shopping e tutte quelle cose frivole e imbecilli che fanno le ragazze normali. Vuoi venire con me ? O preferisci consolare quell’egoista che per due mesi ha pensato solo a se stessa ? >> disse Bonnie con durezza                                    
Meredith era incredula, Bonnie non si era mai comportata il quel modo così freddo e distaccato. Chissà cosa le era successo.                                                                           << Bonnie… è per caso accaduto qualcosa ? >> chiese Meredith                                                                 
<< Oh mio dio ! Meredith insomma solo perché per una volta io antepongo un mio volere a qualcos’altro non significa che io abbia un problema. E comunque considererò la tua domanda come una risposta. Vado da sola. >> disse Bonnie con ira                                                                                                                   
<< E con quale auto se posso sapere ? >> chiese Meredith che stava cominciando ad alterarsi a sua volta                                                                                                   << Con la mia >> disse una voce alle loro spalle. Stefan.                                                               
<< L’accompagno io. Accetti la mia compagnia ? >> chiese Stefan                                                    
Bonnie annuì e insieme si diressero verso la macchina di Stefan.                                               
Meredith guardò sconvolta la scena. Non avrebbe mai pensato che Bonnie potesse davvero voltare le spalle a lei e Elena in questo modo. Ma non poteva evitare di pensare al fatto che aveva notato un certo turbamento negli occhi della sua amica. Era sicura che lei stava nascondendo qualcosa e lei l’avrebbe scoperto.      

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Capitolo 4
*** Let's play ! Shall you ? ***


LET'S PLAY ! SHALL YOU ?? 

Bonnie era felice della piega che aveva preso la sua giornata. Per quanto potesse essere dispiaciuta di aver litigato con Meredith non poteva di certo cadere in depressione. Diamine, Meredith non sapeva, nessuno sapeva che lei stava percorrendo un viaggio di cinque mesi verso la morte. Aveva poco tempo e voleva goderselo appieno, volev uscire, fare shopping, vedere gente, uscire con qualche ragazzo, perdere la verginità con qualcuno tanto comunque non si sarebbe mai sposata e poi magari dichiararsi a... no, voleva dire dimenticare Damon definitivamente. Con un sospiro di insoddisfazione si girò verso il finestrino e cominciò a contemplare il panorama. Stefan dal canto suo rifletteva su come la sua vita fosse improvvisamente cambiata. Insomma se sapeva che finiva così avrebbe lasciato Elena molto tempo fa, non sarebbe uscito ieri sera e si sarebbe trovato un hobby come il tennis, la lettura, il cinema o un'altra attività che facevano i ragazzi del 21 secolo. D'ora in poi lo Stefan del XVI non sarebbe più esistito, non sarebbe più stato disponibile, gentile o troppo buono per perdonare tutto e tutti, ora sarebbe stato un nuovo moderno Stefan, uno scansafatiche, menefreghista e ribelle che si gode la vita appieno. Con un sorrisetto di soddisfazione continuò a guidare. 

<< Allora Bonnie ci sono un sacco di attività da ragazze normali. Da quale cominciamo ? >> chiese Stefan con tono solare 

<< Sinceramente non ne ho idea. Dopo tanto tempo passato a combattere il soprannaturale ho dimenticato come vivere invece esperienze normali. >> disse Bonnie con spensieratezza 

<< Ti capisco ma non chiedere aiuto a me ! Purtroppo nemmeno io sono esperto di attività normali soprattutto quelle riguardanti il 21 secolo ! Però potrei consigliarti una cosa, scrivi una lista di tutte le cose che vuoi fare nella vita >> 

<< Una lista delle cose che vorrei fare ? >> chiese Bonnie confusa

<< Si !! Non fraintendermi, so che di solito le liste le fanno quelle persone che sanno di essere in fin di vita e che quindi cominciano a organizzare quei pochi istanti di vita però... >>

<< No Stefan, hai avuto un'idea geniale. Allora facciamo così, io e te adessio andiamo in una pizzeria, io mi gusterò la mia pizza e le mie patatine e tu fingerai di apprezzarle e nel frattempo mi aiuti a scrivere una lista di tutte le cose che voglio fare in 5 mesi >> disse Bonnie cercando di celare il disagio 

<< Perchè 5 mesi ? Perchè non tutta la vita ? >> chiese Stefan confuso 

<< Tutta la vita mia o tua ? >> chiese Bonnie scherzando e facendo ridere anche Stefan. 

<< Ok, hai ragione. Una vita intera è troppa soprattutto la mia. Vada per i 5 mesi. Let's go madame >> 

Detto ciò, sfrecciarono a tutta velocità verso una delle migliori pizzerie di Fell's Church. 

NEL FRATTEMPO... 

Meredith era rimasta allibita. Non si sarebbe mai aspettata un comportamento simile da parte di Bonnie. Insomma lei sapeva che Bonnie provava qualcosa di molto forte per Damon e sapeva anche che Elena se ne era resa conto e che quindi frequentare Damon non era stato corretto da parte sua ma insomma, loro tre erano amiche sin dall'asilo, avevano fatto un giuramento, quello di rimanere amiche e che nessun ragazzo o scuola le avrebbe mai separate. Oh forse c'era quacos'altro a turbare la sua amica. I suoi occhi per un momento le erano parsi spenti e deboli, come se stessero per morire da un momento all'altro. Quello guardo l'aveva turbata e forse aveva anche sbagliato ad aggredirla, avrebbe dovuto parlarle e cercare di capire che cosa non andasse. Comunque ormai era lì davanti alla pensione, avrebbe parlato con Elena e poi avrebbe cercato Bonnie. Stava per aprire la porta quando qualcuno l'anticipò. Damon. 

<< Ciao Miss Inquietudine ! Qual buon vento ti porta qui ? >> nonostante stesse sorridendo Meredith potè notare che c'era anche del nervosismo nella sua domanda 

<< Secondo te ? Stavo andando a parlare con Elena. >> 

<< Come mai da sola ? Dov'è la streghetta ? >> chiese fingendosi indifferente 

<< Bonnie non aveva voglia di consolare Elena, abbiamo litigato e poi lei se ne è andata con Stefan >> 

<< Con chi ? >> chiese il vampiro sperando di non aver capito  bene

<< Con il tuo adorato fratellino ! Non so dove sono andati ma se è con Stefan so che posso stare tranquilla >> disse Meredith cercando di superare Damon 

<< Non ne sarai così sicuro se fossi in te >> 

<< Perché dici così ? >> chiese Meredith improvvisamente allarmata 

<< Perchè a quanto pare al mio adorato fratellino è successo qualcosa di veramente... interessante stanotte. E' tornato a casa con un felpa macchiata di qualche goccia di sangue o almeno credo che lo sia, comunque era sudato, inquieto, è successo qualcosa che deve averlo turbato e dato che nessuno lo conosce quanto me credo che in questo momento Stefan sia pericolosamente instabile e che potrebbe combinare qualche stupidaggine >> spiegò Damon con serietà 

<< Qualche stupidaggine del tipo ? >> chiese Meredith ora veramente preoccupata 

<< Davvero non hai idee ? >> chiese Damon guardandola enigmatico 

Meredith si morse il labbro inferiore, in effetti anche lei aveva notato un turbamento negli occhi di Stefan ma credeva che fosse per la storia di Elena,  se invece c'era davvero dell'altro allora Bonnie in sua compagnia non era al sicuro.  

<< Che cosa proponi di fare Damon ? >> chiese Meredith preoccupata 

<< Di andarli a cercare. Insieme >> rispose Damon 

Meredith annuì e insieme si diressero verso la Ferrari sperado di trovare Bonnie e Stefan al più presto.

ALLA PIZZERIA...

Come previsto, Bonnie si stava gustando la sua pizza e le sue patatine, litigare le faceva venire fame, invece Stefan mangiucchiava qualcosa fingendo che gli piacesse. 

<< Bonnie, posso chiederti una cosa ? >> chiese Stefan 

<< Certo, chiedi pure quello che vuoi ! >> rispose Bonnie continuando a mangiare

<< Perchè sei qui con me e non da Elena ? Insomma, lei è tua amica, vi conoscete dall'asilo. Io e te invece ci conosciamo da poco tempo. >> 

<< Elena ha torto, ecco perchè ho scelto te e non lei. Lei a cui tutti sono devoti, solo perchè è bionda, bella e ha un viso d'angelo ma in realtà è una bugarda, egoista, traditrice, una volta gabbana. E io sono stanca di lei e di tutte quelle persone che la venerano come se fosse la dea Afrodite. Io personalmente scelgo di lodare Atena, cio è Meredith ma se adesso anche Meredith cerca di impedirmi di fare qullo che voglio... >>

<< Io ti ho sempre vista come la dea Artemide. Simbolo del passaggio dall'essere ragazzina a l'essere donna, giovane, bellissima, indipendente. Bonnie non permettere a nessuno di ostacolare i tuoi desideri. Se vuoi dire addio alla tua vita da strega per cinque mesi fallo ! Goditi la vita, divertiti, si è giovani una volta sola anche se detto da me è un contraddizione. >> concluse con una risata amara 

<< Hai ragione Stefan, il punto è che so che sicuramete a breve arriverà a Fell's Church un'altra presenza oscura, e dovremmo combatterla, poi ora c'è Meredith che vuole consolare Elena. Non credo che riuscirò mai ad avere davvero dei cinque mesi solo per me stessa >> disse Bonnie cercando di non piangere

<< Allora, facciamo un gioco ! Io e te! Ti va ? >> propose Stefan con un sorriso furbo 

<< Un gioco ? >> chiese Bonnie confusa 

<< Esatto, io e te, insieme, per cinque mesi via da Fell's Church. In quei cinque mesi, io non sono un vampiro e tu non sei una strega, Damon, Meredith e Elena non esisteranno, niente responsabilità, solo svaglo. Allo scadere di questi mesi, torneremo a casa e ricominceremo la vita che il fato ha scelto per noi >> 

<< Stefan, tu davvero credi che sia ua buona idea ? >> chiese Bonnie indecisa 

<< Sinceramente mi sembra un'idea geniale. Ma lo faremo solo se tu sei d'accordo. Quindi, Bonnie, ti va di giocare con me ? >> 

Bonnie lo guardò un attimo interdetta. Non sapeva se quella fosse una buona idea. << Io... >> 

 

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Capitolo 5
*** Stalking Stefan and Bonnie ***


Stalking Stefan and Bonnie

Erano passati circa tre giorni da quella insolita e strana chiacchierata alla pizzeria, tre giorni in cui Bonnie aveva cercato di mantenere un portamento normale e, anche se ancora  non era riuscita ad ammetterlo a se stessa, ad evitare Stefan, Damon e Elena. Il primo perché si sentiva leggermente in imbarazzo, lui era l’ex ragazzo di una delle sue migliori amiche  e poi perché sapeva che lui non si sarebbe arreso facilmente. Quando le aveva fatto la proposta lui aveva un’aria decisa e fin troppo sicura, anche se lei gli avesse risposto di no Bonnie era sicura che alla fine sarebbe partito ugualmente da solo. Il secondo perché non aveva voglia di vederlo, non perché fosse arrabbiata con lui per la storia di Elena, anzi il contrario. Se ciò fosse accaduto qualche mese fa, molto probabilmente lei si sarebbe messa l’anima in pace e avrebbe sofferto in silenzio ma adesso, se lei e Damon fossero stati insieme e lei sarebbe in fin di vita tra lei e lui si sarebbero complicate molte cose. Lui avrebbe sofferto e lei avrebbe conservato nel suo cuore un senso di colpa pesante quanto un macigno, lui avrebbe cercato di convincerla e poi con la forza a diventare un vampiro ma lei non voleva diventarlo. Lei era una strega, ma soprattutto era un essere umano e tale doveva rimanere, sarebbe morta con dignità di strega e con sangue ancora umano e niente le avrebbe mai potuto farle cambiare idea, ne Meredith, ne Elena, ne Stefan ne nessun altro. “Sarai giovane e bella nella tua tomba”, sua nonna aveva ragione, lei e la tomba distavano di soli cinque mesi e poi quella sarebbe stata il suo nido per sempre. Una lacrima dolorosa le scese lungo la guancia, per quanto comprendesse che doveva essere forte per non crollare, l’idea della morte non era ancora riuscita ad accettarla, era una sorte dolorosa la sua ma se il destino aveva scelto questo per lei, lo avrebbe accettato e se ne sarebbe fatta una ragione.

<< Ciao Uccellino ! >> disse una voce dietro di lei  

Bonnie sobbalzò, era così immersa nella sua paura della morte che non si era resa conto della sua presenza. Oddio, non si rendeva mai conto della sua presenza poiché lui aveva quell’incredibile, e anche fastidiosa, capacità di apparire e sparire all’improvviso. Tuttavia si asciugò in fretta le lacrime cercando di fare più discrezione possibile, in quel momento non aveva voglia di prese in giro da parte di Damon. Dopo, si voltò verso di lui cercando di sorridere più sinceramente possibile.

<< Damon ! >> esclamò << Che ci fai da queste parti ? >>

Damon la guardò per un attimo, non sapeva perché ma c’era qualcosa di diverso il quel sorriso, sembrava più spento, e poi sembrava che gli stesse nascondendo qualcosa. Meglio indagare.

<< Non te lo dico ! >> esclamò con un ghigno

<< Ok, allora ciao ! >> disse Bonnie tornando a camminare

<< Dove vai così di fretta ? >> chiese Damon

<< Chi dice che vado da qualche parte  ? >> chiese Bonnie

<< Da quando siamo diventati bravi con le risposte evasive ? >>

<< Da quando frequento regolarmente un suddetto vampiro  che risponde solo in questo modo >> stavolta toccò a lei ghignare

<< Touchè ! Oggi mi sembri di buon umore ! >> commentò lui scrutandola

<< Cerco di sopravvivere ! >> disse Bonnie rabbuiandosi un po’

Damon non tardò a notare l’improvviso cambiamento di umore della ragazza e sentì la curiosità (necessità) di sapere la causa del suo turbamento crescere dentro di sé.

<< Pettirosso, c’è qualcosa che ti affligge ! >> non era una domanda ma una constatazione detta con tono sicuro, il tono di chi sa già tutto ma vuole che l’altro lo ammetta

<< Damon l’unica cosa che mi affligge in questo momento è cosa indossare per il matrimonio di mia sorella per dopo domani. Sento che farò un’altra delle mie figure e ciò mi rende nervosa. >>

<< Ne sei sicura ? >>

<< Si >>

Damon continuò a squadrarla poco convinto, sapeva che lei gli stava nascondendo qualcosa e lui avrebbe scoperto cosa. Non sopportava i segreti o non sapere qualcosa, già c’era suo fratello che ultimamente lo stava facendo uscire letteralmente fuori di testa in suoi atteggiamenti ambigui e solitari.

INIZIO FLASHBACK

Damon era arrivato alla pensione alle 8:30 per indagare su suo fratello. Lo strano comportamento che aveva avuto in quei giorni lo rendeva agitato, non che gli importasse molto di suo fratello ( forse solo un po’ ) , forse era solo curioso di sapere i fatti di suo fratello minore per stuzzicarlo ( e magari aiutarlo a risolvere i suoi problemi ). Così era arrivato presto alla pensione per tenerlo d’occhio e aveva notato due movimenti sospetti da parte di Stefan. Suo fratello di solito si alzava alle 8:00 e poi scendeva per bere un po’ di sangue che aveva nella dispensa e aiutare un po’ la signora Flowers nel giardino, quella mattina invece la signora Flowers gli aveva detto che suo fratello si era svegliato verso le 7:00 e che aveva lasciato un biglietto con su scritto che era andato a cacciare presto e che forse avrebbe tardato a tornare a casa perché avrebbe fatto un giro in città. A quanto ne sapeva Damon, dopo la partenza di Mutt, Stefan non usciva spesso in città anche perché non aveva molti amici e poi preferiva stare con Elena a casa. Però adesso lui e Elena si erano lasciati, molto probabilmente era questo il motivo per cui Stefan cercava di passare sempre meno tempo alla pensione. Ma così tanto da non aiutare la signora Flowers con il suo giardino ? Così tanto da preferire cacciare che bere il sangue che aveva nella dispensa ? Così tanto da andare in centro invece che stare a casa a scrivere le sue pene d’amore sul suo caro diario ? No, certo che no. Suo fratello era strano e lui avrebbe scoperto il perché. Così decise di prendere la macchina e andare in giro a cercare suo fratello. L’aveva visto una volta in un bar e lo aveva visto parlare con una ragazza, molto carina e sembrava che stessero commentando un articolo di un giornale che suo fratello stava leggendo. Ecco un altro fattore strano, Stefan che chiacchiera allegramente con una ragazza che a malapena conosce o che forse conosceva da un po’ ma non l’aveva detto a nessuno. Damon in effetti aveva notato che Stefan, dopo aver rotto con Elena, aveva un’aria sollevata, come se si fosse tolto un grande peso. Forse anche Stefan aveva un’amante, forse era proprio quella ragazza, in effetti era molto carina quella ragazza. Tuttavia quell’ipotesi sparì così come era arrivata, Stefan era troppo Santo per tradire Elena e poi non si sarebbe mai comportato da ipocrita quindi quella ragazza  l’aveva incrociata quella mattina per la prima volta nella sua vita. Tuttavia quell’ipotesi tornò di nuovo nella sua mente quando vide Stefan passeggiare con quella ragazza in giro per qualche negozio e poi accompagnarla a casa. Forse stava cercando di aprire un nuovo capitolo della sua vita, con qualcuno di nuovo. Tuttavia decise di continuare a seguirlo. Lo seguì fino alla … a un’agenzia di viaggi ?? Quella fu un’altra sorpresa per Damon. Che Stefan volesse scappare da Fell’s Church ? Avrebbe tanto voluto entrare per dare un’occhiata ma purtroppo non poteva, se fosse entrato Stefan si sarebbe sicuramente accorto della sua presenza e avrebbe escogitato qualche strano e inutile diversivo per metterlo sulla strada sbagliata. In effetti era strano che non si fosse già accorto di lui, o meglio, era strano che non si fosse reso conto che lo stava pedinando già da un bel po’ ! Che ti sta succedendo Stefan ?, pensò Damon. Che la rottura con Elena lo avesse distrutto a tal punto da non rendersi nemmeno conto di essere pedinato ? Stefan soffriva così tanto da voler scappare via lontano da Elena, da lui e tutti gli altri ? Damon non riusciva a capire e questa situazione lo stava innervosendo. Tuttavia decise di non seguirlo più per quella mattina, aveva già scoperto abbastanza e doveva ancora capire come mettere insieme i pezzi del puzzle che aveva ottenuto. Così scelse di continuare a fare un giretto altrove e poi incontrò Bonnie.

FINE FLASHBACK

<< E allora perché ho l’impressione che tu mi stia nascondendo qualcosa di importante ? >> chiese lui scettico

<< Damon non è colpa mia se tu non hai mai fiducia negli altri >> ribatté Bonnie con una scrollata di spalle

<< Oh forse siete proprio voi altri che … non so … mi nascondete le cose >> fece allusivo avvicinandosi al volto della rossa

Tuttavia Bonnie schermò la sua mente, impedendo così al bel vampiro di leggere i suoi pensieri, fece un passo indietro e disse << Perché credi che ti nascondiamo le cose?>> chiese curiosa

<< Forse non vi fidate ancora di me. Forse mio fratello non si fida ancora di me, o forse tu hai perso la fiducia in me >> disse Damon mal celando l’irritazione

<< Strano. Perché nella Dimensione Oscura io ho riposto tutta la mia fiducia in te come in nessun altro >> ribatté Bonnie decisa

<< E allora perché non vuoi dirmi cosa ti affligge ? >>

<< Damon, non voglio fare la maestrina ma credo che, invece di star qui a domandarti come mi affligge, dovresti preoccuparti di tuo fratello >>

<< Lo sto già facendo, se permetti >>

<< Davvero e in che modo ? Andando a letto con la sua fidanzata ? >> chiese scettica

<< Sei gelosa ? >> chiese Damon con un ghigno

<< Damon sii serio per un secondo, sto cercando di farti capire delle cose importanti sui sentimenti di tuo fratello. Perché non mi vuoi ascoltare ? >> chiese Bonnie

<< Ma io ti sto ascoltando >>

<< Non è vero, non hai capito niente di ciò che ho detto. Forse è per questo che la gente rifiuta di venire a sfogare da te le proprie angosce >>

Lo sapevo che qualcosa non andava, pensò Damon. Bonnie aveva appena commesso un errore. Aveva appena detto che la gente non andava a sfogare da lui le proprie angosce e anche se forse non se ne era neanche resa conto, implicitamente Bonnie aveva anche parlato di sé e questo Damon lo aveva capito. C’era qualcosa che angustiava l’animo del Pettirosso e credeva che quello stesso Pettirosso sapeva anche cosa angustiava l’animo di Santo Stefano.

<< Io l’ho detto che voi non avete fiducia in me, dopo tutto quello ch ho fatto per voi >>

<< Non è vero Damon, non fare la vittima. Noi non ti diciamo le cose perché ti conosciamo e sappiamo che a volte ti diverti a ridere dei nostri mali, delle nostre angosce e dei nostri tormenti. A volte sei così superficiale da non renderti conto che Stefan ha dei problemi. Si, Damon, Stefan sta soffrendo ed è solamente colpa tua. Sei stato così disgustosamente egoista da iniziare una relazione con Elena. La sai una cosa ? La prima volta che scoprii chi eri e che cosa avevi combinato durante la tua esistenza io ti ho giustificato. Pensavo che comunque tu avessi un cuore, morto certo, ma che lo avessi e invece no. Tu volevi uccidere Stefan, e ci sei riuscito. Congratulazioni Signor Salvatore ha finalmente ottenuto ciò che voleva ! Come sempre del resto >> disse Bonnie con rabbia crescente

<< Tu non sai niente !! Non giudicarmi Bonnie e soprattutto non intrometterti tra me e mio fratello chiaro ? Tu sapevi che io amavo Elena, lo sapevano tutti, TUTTI !! Eppure Stefan non si faceva problemi a baciarla dinanzi a me, a sorriderla dinanzi a me, a fare il fidanzatino felice dinanzi a me. E l’insensibile sarei IO poi ? E’ lui il mostro, non io. Io meritavo Elena, non lui. Lui non vale niente in confronto a me. Un inetto come lui sarebbe perfetto per te. Voi siete gli egoisti ! Voi fate sempre le vittime, sempre. Siete dei deboli che rinunciano ancora prima di iniziare, pretendendo che tutto vi sia dovuto e dando sempre agli altri la colpa dei vostri fallimenti … >> Damon ormai era esploso e niente lo avrebbe più fermato

<< Damon, ti prego smettila di urlare … >> chiese intanto Bonnie, non perché le sue urla potessero attirare l’attenzione altrui, ma perché stava cominciando a sentirsi male

<< No, adesso io urlo quanto mi pare e tu mi ascolterai. Sono stufo di fare la parte del cattivo, di essere sempre quello che fa la cosa sbagliata, che tutti voi mi urliate addosso dopo tutto quello che ho fatto per voi. Sono stufo ! OK !! IO SONO STANCO !! STANCO !! Di dover fare sempre lo psicologo con te e mio fratello, di dovervi tirare sempre tutto con le pinze !! Io e Elena siamo stanchi di fare da babysitter a voi due ! >>

<< Damo per favore SMETTILA !! >> urlò Bonnie cominciando a tossire freneticamente

Lo sapeva, era stata un’incosciente e adesso ne pagava le conseguenza. Si era agitata troppo e poi aveva cominciato ad avvertire un forte dolore al petto e adesso a furia di tossire si stava accasciando al suolo, con una mano posata sul cuore nella speranza che quella tortura finisse presto. Damon nel frattempo aveva smesso di urlare e ora la stava guardando con sguardo pieno di confusione mista a preoccupazione. Le si avvicinò lentamente cercando di farla stare in piedi ma lei prontamente lo allontanò come per dirgli che ce la faceva da sola. Bonnie non voleva l’aiuto di Damon, non voleva essere trattata come una povera invalida incapace di badare a se stessa, lei era malata ma non per questo aveva bisogno d’aiuto anche sono per reggersi in piedi. Tuttavia Damon la strinse con forza e la trascinò verso la sua nera Ferrari con l’intenzione di portarla da un medico. Ovviamente Bonnie durante il tragitto aveva cercato di convincerlo che si sentiva bene, che non doveva preoccuparsi, che in fondo era stato solo un colpo di tosse eppure lui si rifiutò di ascoltarla. Tuttavia, a quanto pare il fato aveva deciso che non era destino che Damon scoprisse tutta la verità quel giorno poiché durante il tragitto la macchina si fermò improvvisamente.

<< Maledizione ! Oggi non è giornata ! >> imprecò Damon ad alta voce

Intanto un sentore d’allarme s’accese nella testa di Bonnie, malattia o meno, i suoi poteri funzionavano ancora perfettamente ed era sicura che quel incedente non fosse tale ma bensì il risultato di qualche sabotaggio da parte di qualcuno da cui evidentemente avrebbero fatto bene a restare in guardia. Bonnie scese dall’auto e raggiunse Damon che continuava a imprecare.

<< Damon ! Dobbiamo andarcene da qui, subito ! >>

<< Hai sentito qualcosa ? >> le chiese Damon fingendosi indifferente

<< Si. L’ho sentito >>

<< Oh forse sei solo spaventata, comprensibile. Io comunque preferisco rimanere lucido, perciò aspetta che ripari l’auto e poi andremo dal dottore. >>

<< Ignora il dottore Damon, io sto bene, la mia salute non c’entra al momento. Dobbiamo andarcene da qui ! ORA ! >>

Damon invece continuava ad ignorarla, fermo sulle sue e deciso a portarla da un medico. Fortunatamente, il fato volle di nuovo che Bonnie non andasse dal dottore poiché a un certo punto, una grande palla di fuoco, grande e calda si abbattesse a pochi metri dall’auto. Almeno a quest’ora nessuno passa da questa strada, pensò Bonnie per niente stupita di quanto fosse appena successo. In fondo lei lo sapeva, i suoi poteri l’avevano avvertita ma a quanto pare il signorino “Sono migliore di tutti gli altri” aveva preferito seguire il suo istinto e fare di testa sua come al solito.

<< Mi sembra inutile dirti “Te l’avevo detto” vero ? >>

<< Taci Uccellino !! Piuttosto, che diamine era quella cosa ? >> chiese il vampiro irritato

<< Sicuramente nulla di positivo >>

<< Sai comincio ad avere un sospetto Uccellino ! >>

<< Ovvero ? >>

<< Che tutto questo … sia opera tua >> 

Bonnie lo fissò sbalordita, come poteva insinuare una cosa del genere ? Come poteva pensare che lei potesse commettere bassezze alla Damon, solo per non andare a farsi visitare ? E’ vero, il suo segreto andava protetto, e sicuramente avrebbe fatto storie nel farsi visitare, ma che addirittura Damon potesse pensare che sarebbe stata disposta a mettere a repentaglio la loro vita, questo la feriva, questa a Damon non gliel’avrebbe mai perdonata.

<< Come puoi dire questo ? >>

<< Te l’ho detto, tu mi stai nascondendo qualcosa. Tu e Stefan state nascondendo qualcosa.>>

<< Ti sbagli ! >>

<< Lascia che ti spieghi la mia teoria. Varie volte oggi sono stato vicino a scoprire la verità, la prima volta hai finto di stare male, hai fatto quella patetica sceneggiata davanti a quelle persone impiccione solamente per farmi passare per il cattivo che urla addosso a una povera invalida, la seconda volta hai fatto un incantesimo alla macchina e poi la palla infuocata. Tu e Stefan state nascondendo qualcosa e stai sicura che io scoprirò cosa >>

Bonnie non riusciva a credere a ciò che avevano appena udito le sue orecchie, davvero Damon pensava quelle cose orribili ? Davvero la reputava in grado di commettere simili brutalità per poter nascondere un segreto ? Lui non aveva capito niente, niente. Non sapeva quanto fosse lontano dalla verità, lei non aveva messo in piedi alcuna sceneggiata, lei stava male, stava morendo, ma lui non poteva saperlo e su questo poteva passare, ma sul fatto che fosse responsabile del blocco alla Ferrari e della palla di fuoco che per poco non li aveva colpiti … no questa non gliel’avrebbe mai perdonata. Su di Stefan poteva pensare quello che voleva, ma la verità era che Damon non sopportava di essere messo da parte, la verità era che si sentiva escluso, solo, perché adesso aveva finalmente capito di aver perso tutto.

<< Damon … portami a casa, altrimenti … >>

<< Altrimenti cosa ? >> chiese Damon con tono ironico

“Tanto ormai non ho più nulla da perdere”, pensò Bonnie. Usò i suoi poteri, lentamente si formarono delle bolle di acqua intorno al vampiro, unitesi fra loro formarono un grande flusso d’acqua che lo avvolsero, alla fine l’acqua si gelò e il vampiro era ormai in trappola. Bonnie non voleva arrivare a questo punto, non avrebbe mai voluto fare una cosa così cattiva a nessuno, meno che mai a Damon. Ma se l’era cercata. Prese il cellulare e chiamò Stefan.

<< Stefan ! Ho un problema, vieni qui subito a portami alla pensione, dobbiamo parlare. Niente domande, ti spiegherò tutto dopo >>

Per Bonnie ormai non c’erano più dubbi, quei pochi momenti con Damon l’avevano spinta verso una decisione. Se davvero voleva essere felice, se davvero voleva vivere i suoi ultimi cinque mesi in tranquillità, quella era la scelta migliore. Avrebbe parlato con Stefan, avrebbe cercato di convincerlo, forse non c’era neanche bisogno. Tuttavia doveva dirgli che aveva finalmente fatto la SUA scelta.

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Capitolo 6
*** THE TRUTH ***


THE TRUTH

 

Stefan e Bonnie erano appena tornati alla pensione. Il viaggio era stato silenzioso e entrambi non sapevano cosa dire all’altro. Stefan ormai aveva capito che Damon era un discorso doloro per Bonnie perché si era reso conto che la ragazza provava dei sentimenti per lui, e Bonnie non voleva parlare di Damon perché si era resa conto a sua volta che Stefan si sentiva ancora ferito per la storia di Elena. Quando arrivarono alla pensione si recarono in cucina dove Stefan si premurò di preparare del tè al gelsomino per Bonnie.
 
<< Grazie >> gli disse la ragazza quando Stefan le porse la tazza
 
<< Di nulla >> disse il vampiro sedendosi vicino a lei al tavolo della cucina
 
Bonnie poggiò le labbra alla tazza e bevve un sorso di tè caldo. Si sentì subito meglio e anche più tranquilla.
 
<< Allora, quindi hai scelto ? >> chiese Stefan solo per rompere quel silenzio pieno di tensione
 
<< Si. Ho scelto di partire con te. Ovunque tu voglia andare. Voglio solo andarmene da qui >> disse Bonnie prendendo un altro sorso di tè
 
<< Perché te ne vuoi andare ? Prima sembravi così determinata a restare qui. Perché adesso hai cambiato idea ? >> chiese Stefan con voce bassa e confusa
 
<< Perché qui c’è gente di merda >> rispose Bonnie cominciando a piangere
 
Stefan si alzò dalla sedia e prese un fazzoletto dal pacchetto di fazzoletti che stava sul marmo della cucina. Poi tornò al tavolo e lo porse a Bonnie.
 
<< Grazie. Di nuovo >> disse la ragazza prendendo il fazzoletto
 
<< Di nulla. Di nuovo >> disse Stefan con leggero sorriso
 
Bonnie ricambiò il sorriso, poi con il fazzoletto si soffiò il naso e cercò di darsi un po’ di contegno. Con Stefan sapeva di poter essere se stessa, Stefan faceva sentire le persone a proprio agio quando erano in sua compagnia, tuttavia Bonnie non voleva sembrare troppo maleducata o infantile, Stefan era comunque un gentiluomo ed era abituato a donne raffinate e anche se lei non sarebbe mai stata raffinata non voleva neanche sembrare una con un portamento troppo goffo o sgraziato.
 
<< Scusami se prima ti sarò sembrata maleducata. Non è una mia abitudine dire le parolacce. Non fraintendermi, non sto giustificando il mio comportamento ma … >> 
 
<< Ehi Bonnie ! Non preoccuparti ! Con me non devi nasconderti. E per quanto riguarda le parolacce lo so che tu non sei una persona propensa a dirle. A volte capita, sai quante parolacce ho detto io nella mia vita, ovviamente tutte indirizzate  a Damon >> disse Stefan con una risata
 
<< Ci credo. Damon te le tira anche senza usare le pinze a volte >> commentò Bonnie ridendo a sua volta
 
<< È uno dei suoi tanti talenti >> concordò Stefan continuando a ridere
 
<< Già. Peccato che l’essere sottile non sia tra questi >> commentò Bonnie prendendo un altro sorso di tè
 
<< Nessuno è perfetto Bonnie. Damon meno che mai >> disse Stefan
 
<< Non pretendo che sia perfetto. Voglio solo che … che a volta capisca che è meglio lasciar perdere >> disse Bonnie
 
<< Intendi dire che dovrebbe essere meno invadente ? >>
 
<< Intendo dire che a volte dovrebbe capire quando è ora di farsi da parte >> 
 
Stefan non disse più nulla, la verità era che non sapeva cosa dire. Bonnie sembrava davvero distrutta. Qualsiasi cosa avesse combinato Damon, questa volta l’aveva fatta davvero grossa. In effetti che si poteva aspettare da lui, dopo tutto quello che gli aveva fatto passare… Stava incominciando a credere che in realtà, quanto accadde della notte fu colpa di Damon e non sua. Insomma se Damon non fosse tornato in città la sua relazione con Elena sarebbe stata più semplice, magari Elena non lo avrebbe tradito con suo fratello, magari lui non avrebbe avuto il cuore a pezzi a tal punto di andare a ubriacarsi e magari ciò che era successo non sarebbe successo e adesso lui non si sarebbe sentito uno schifo più di quanto già non si sentisse per la storia di Elena. Ma ormai era troppo tardi per i se e per le probabilità, Damon era arrivato in città, Elena se ne era invaghita, e come biasimarla, Damon era Damon e su questo non c’era niente da discutere. La verità era che stava cercando una scappatoia. Lui non era mai stato un vigliacco, aveva sempre cercato di affrontare ogni questione di petto, con tenacia, come un combattente, ma la verità era che adesso si sentiva più abbattuto che mai ed era così stanco di lottare che ormai la fuga, un periodo di pausa da quella cittadina era l’unica cosa che lo avrebbe fatto sentire bene.
 
<< Tu invece perché vuoi andare via ? >> la voce di Bonnie ridestò Stefan dai suoi pensieri
 
<< Ho bisogno di una pausa >> rispose Stefan con voce stanca
 
<< Da Fell’s Church ? >> chiese la ragazza confusa
 
<< Dalla gente di merda che ci vive >> rispose Stefan ridendo
 
Bonnie si unì alle risate << E io che mi preoccupavo di essere stata sconveniente>>
 
<< Cazzo no ! >> rise Stefan facendo ridere Bonnie ancora di più
 
<< Perché ridete tanto ? >>
 
La voce di Elena li fece gelare. Non l’avevano sentita, nemmeno Stefan. Si vede che la poca autostima che aveva avuto per se stesso negli ultimi tempi aveva influenzato anche il suo lato da vampiro. Per un attimo si vergognò di fare schifo anche come vampiro. Ma poi si ricordò che lui non voleva essere un vampiro e che quindi era libero di fare schifo come vampiro quado voleva e come voleva. Poteva essere pessimo come vampiro, ma lui almeno lo ammetteva. C’erano persone invece, come Damon e Elena, che facevano schifo e che avevano anche la faccia tosta di negarlo o di fregarsene.
 
<< Non sono affari tuoi >> rispose Stefan in tono brusco
 
<< So che sei arrabbiato con me. Capisco la tua rabbia ma… >>
 
<< No non capisci. E non capirai mai, almeno non finché non verrai tradita anche tu. >> disse Stefan con tono freddo
 
Elena rimase in silenzio. Non sapeva più che dire. Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare Stefan su quanto era successo ma non si sentiva ancora pronta. E poi non voleva litigare davanti a Bonnie.
 
<< Bonnie ? Per favore puoi lasciarci da soli per un minuto ? >> chiese Elena con tono supplichevole
 
<< Certo, vado in soggiorno >> disse  la rossa comprensiva prendendo la tazza di tè e andando in soggiorno
 
<< Stefan ? Posso sedermi ? >> chiese la bionda indicando la sedia vicino al ragazzo
 
<< È anche casa tua ormai. Puoi fare quello che vuoi. L’hai sempre fatto del resto. Di certo per andare a letto con Damon non mi hai chiesto il permesso, perciò … >>
 
<< Stefan ti prego … >>
 
<< Senti, non … non voglio litigare con te. Ma non sono pronto per perdonarti. >>
 
<< Lo capisco. >>
 
<< Posso chiederti una cosa ? >> chiese Stefan un po’ titubante
 
<< Ovviamente >> acconsentì Elena
 
<< Perché mi hai tradito ? Capisco che Damon è bello e tutto il resto. Ma ti conosco e so che non sei frivola come tu in realtà vuoi mostrare. Quindi… ti prego… dimmi la verità. Adesso sono pronto ad ascoltarla >> disse Stefan con tono supplichevole
 
In realtà Stefan non si sentiva affatto pronto per sapere. Aveva molta paura di sapere la verità ma sapeva anche che non se ne sarebbe mai andato senza sapere il motivo per il quale era stato tradito. La verità era che credere che Elena fosse stupida o superficiale era sempre stata una scusa per lui, perché in questo modo lui avrebbe potuto dare la colpa di ogni cosa ad Elena, ma in cuor suo sapeva che non era così. Se Elena l’aveva tradito era perché c’erano verità più profonde, verità che lui non aveva colto in tempo, verità che aveva ignorato, verità che lo avevano portato a soffrire. Ma adesso doveva sapere, doveva sapere dove anche lui aveva sbagliato.
 
<< Stefan, lo so cosa starai pensando ma… tu non hai fatto nulla di male. Sei stato il miglior fidanzato che una ragazza possa desiderare. Sei dolce, galante, intelligente e bellissimo. Sei perfetto. Ma ero io che ultimamente mi sentivo imperfetta, e sola, e… per niente alla tua altezza >> disse Elena mentre una lacrima le scendeva lungo la guancia
 
<< Non capisco. Per favore, spiegati meglio >> le chiese Stefan con tono confuso
 
<< Sai, quando ho scoperto che tu eri un vampiro, io… io ho immaginato come sarebbe potuto essere stare insieme a te per sempre. E il pensiero mi rendeva felice. Poi però sono diventata un vampiro, poi un angelo e ho perso tutto Stefan, tutto. Ho perso mia zia, mia sorella, la mia libertà. E mi sono sentita in trappola. Stavo male Stefan. Stavo male sul serio. Ma non volevo farti preoccupare. Tu eri così felice ed eri talmente bello… sei talmente bello quando sorridi che… che non ce l’ho fatta a dirti tutto >> ormai Elena aveva cominciato a piangere disperatamente
 
Stefan la guardò attentamente come non aveva mai fatto per mesi. Gli occhi color blu come i lapislazzuli non gli erano mai sembrati così spenti, i capelli biondi dorato sbiaditi, le occhiaie intorno agli occhi, tutto questo la invecchiava, per quanto fosse possibile, la faceva sembrare una persona stanca, spenta, una persona che ormai non ha più nulla per cui combattere. Una fanciulla disperata che tuttavia aveva avuto la gentilezza di dirgli che non era colpa sua quando invece era così, almeno in parte. Se lui si fosse reso conto prima dei suoi sentimenti, tutto questo non sarebbe mai successo.
 
<< Mi dispiace. Avrei dovuto accorgermene, avrei dovuto rendermi conto che tu non eri felice. Mi dispiace se ti ho ferita, se ti ho lasciato indietro e ho messo davanti la mia felicità al posto della tua … >> disse Stefan con foga mettendosi le mani tra i capelli
 
<< Stefan… no, non… ti prego… non fare così, per favore. Non è stata colpa tua. Avrei dovuto parlartene, confidarmi con te. Invece ho scelto di trovare consolazione altrove, di … ti ho ferito e questo non potrò mai perdonarmelo. Ma, ti prego… non incolpare te stesso per degli errori che sono soltanto miei. Ti prego >> disse Elena con uno sguardo supplichevole prendendo una mano di Stefan e stringendola
<< Damon ti aveva capita e io invece no. Pensi che io non dovrei sentirmi in colpa per questo ? >>
 
<< Damon non mi ha mai capita, mai. Lui voleva solo farti del male e io, troppo debole in quel momento per dire di no. Due mesi fa, quando tutto è iniziato io dissi di si perché Damon mi beccò in uno dei momenti peggiori. Ma dopo averti tradito, ogni volta, anche quando ci hai sopresi, io mi sono sentita male. Ogni volta pensavo di lasciar perdere tutto e correre di nuovo da te, di dirti tutta la verità e di implorarti in ginocchio, se fosse stato necessario, di perdonarmi. Ma poi per vigliaccheria, per paura, per masochismo non l’ho fatto. Non l’ho fatto e ho finito solo per farti del male e questo non me lo perdonerò mai… perché tu non lo meriti. >> disse Elena continuando a piangere
 
Stefan non disse più nulla. Semplicemente non c’era molto altro da dire. Adesso non c’era più alcun segreto. Elena gli aveva detto la verità e lui capiva quando effettivamente diceva la verità. Non stava mentendo. Stefan in fondo sapeva, che nonostante tutta la storia con Damon, c’era stato un periodo in cui Elena aveva amato solo lui e per davvero. Sapeva anche adesso che per Elena lui era ancora importante e che gli voleva bene. Ma adesso era lui che non si sentiva pronto a raccontarle tutto quello che gli era successo quella notte. Non si sentiva pronto, per niente. E non si sentiva di iniziare una relazione con Elena sapendo che avrebbe dovuto mentirle. Una relazione non può basarsi su delle bugie, questo lui lo aveva imparato a sue spese e non voleva assolutamente ripetere lo stesso errore. Aveva solo bisogno di tempo e tranquillità per pensare a come porre rimedio a quella notte, e poi un giorno, magari, sarebbe riuscito a perdonare Elena e a dirle tutta la verità. Ma non oggi, solo, non oggi.
 
<< Grazie, per essere stata onesta con me. Sappi che tu ho perdonata, ma… >>
 
<< Ma non sei ancora pronto a tornare insieme a me. Vero ? >> chiese Elena comprensiva, pur sapendo già la risposta
 
<< Elena, una relazione non può basarsi su delle bugie. Sono felice che tu mi abbia detto tutta la verità ma adesso sono io quello che non può essere sincero con te. Non voglio mentirti, e non voglio farti del male. >> spiegò Stefan
 
<< È successo qualcosa la notte in cui ci hai beccati. >> disse Elena, non era una domanda ma un’affermazione
 
<< Si >> Stefan rispose comunque alla domanda che non gli era stata posta
 
<< L’avevo intuito. Avevi uno strano sguardo quando mi hai lasciata. Mi devo preoccupare ? >>
 
<< No. Non è un tuo problema. È mio. E… mi serve solo un po’ di tempo per capire cosa fare per risolverlo. >>
 
<< E per risolverlo devi andartene via da Fell’s Church per cinque mesi ? >> chiese Elena scettica
 
<< Cinque mesi è il tempo necessario per schiarirmi le idee, sia per quanto riguarda i miei problemi, sia per quanto riguarda la nostra relazione, sia per quanto riguarda… il futuro >>
 
<< Pensi di riuscire a trovare le soluzioni ai tuoi problemi altrove ? >> chiese Elena
 
<< Perché no ? Non sono mai stato nello stesso posto tanto a lungo, inoltre mi piacerebbe conoscere meglio l’America. In cinque mesi potrei visitare parecchi posti, scegliere quale mi piace di più, il posto dove voglio restare prima di andarmene di nuovo. E in questo modo anche tu potrai fare chiarezza. In questo modo capirai anche tu cosa desideri davvero. >> disse Stefan prendendo la mano di Elena
 
<< E se partissi anch’io ? >> chiese Elena titubante
 
<< Per dove ? >> chiese Stefan confuso
 
<< Per l’Europa. Tu viaggerai per l’America e io per l’Europa. Sono curiosa di visitare l’Italia il posto dove una persona speciale come te ha visto la luce per la prima volta >> disse Elena con voce sognante
 
<< Perché no >> disse Stefan
 
<< Tu hai intenzione di viaggiare con Bonnie ? >> chiese Elena senza alcuna punta di gelosia, solo con curiosità
 
<< Anche lei ha bisogno di andare via da qui. La vedo molto abbattuta ultimamente. Credo che andare via per un po’ le farà bene >>
 
<< Già, e poi sono sicura che starà bene. Ci sarai tu con lei e sinceramente questo mi fa sentire molto tranquilla. Con te non farà sciocchezze >>
 
<< Sono felice che credi in me >> disse Stefan sorridendole
 
<< Sono felice che tu mi abbia perdonata >> disse Elena sorridendo a sua volta
 
I due poi si scambiarono uno sguardo d’intesa. Uno sguardo pieno di promesse e parole non dette. I due ragazzi sapevano che quello non era un addio, lo sentivano. Ormai erano legati e prima o poi si sarebbero rivisti. Non lo credevano, lo sapevano.
 

 
Se Damon quella mattina era semplicemente nervoso adesso invece era davvero incazzato. Quella dannata streghetta aveva osato scagliargli contro un incantesimo e lasciarlo congelato per almeno un’ora e mezza in quel blocco di ghiaccio, ma come si è permessa !!! Nessuno scaglia incantesimi contro Damon Salvatore e pensare di passarla liscia ! O ma appena avrebbe avuto la streghetta a tiro gliel’avrebbe fatta pagare cara e né Stefan, né Elena, né Miss Inquietudine, né Mutt né nessun altro. Che poi aveva un conto in sospeso anche con il suo caro fratellino. Quell’idiota, egoista, deficiente di Stefan non solo aveva avuto il coraggio di mentirgli e di ignorarlo ma aveva anche avuto la faccia tosta di mollarlo lì, in mezzo alla strada, in quel blocco di ghiaccio e di andarsene via con la streghetta come se nulla fosse. Che nervi !, pensò Damon mentre guidava la sua Ferrari e per poco non fece un incidente. Era tutta colpa di Stefan, di nuovo ! Aveva sempre sospettato che suo fratello adorasse farlo impazzire ma adesso ne aveva la conferma. O ma appena avrebbe avuto anche Stefan tra le sue mani… solo un miracolo avrebbe potuto salvarlo da una morte lenta e dolorosa. Quando arrivò alla pensione entrò dentro a passo spedito.
 
<< STEFAN !! >> urlò con tutta la rabbia che possedeva
 
<< Damon ?! Si può sapere che hai da urlare ? >> chiese Elena che era appena uscita dal soggiorno
 
<< Dov’è quello STRONZO di mio fratello ? >> chiese Damon senza abbassare la voce
 
<< È uscito. Non so quando tornerà >> disse Elena tranquilla
 
<< È uscito da solo ? >> chiese Damon sospettoso
 
<< Si, perché ? >> chiese Elena fingendosi confusa, quando in realtà sapeva tutto
 
<< Perché sono stanco che lui mi prenda per il culo. Sai dov’è andato ? >>
 
<< Mi ha detto che andava a fare un giro ma non so altro >> rispose Elena con una scrollata di spalle e dirigendosi verso il soggiorno
 
Damon la seguì non del tutto convinto.
 
<< Sei sicura che invece non ti ha detto una scemenza ? >> chiese Damon in direzione di Elena che si era seduta sul divano a leggere un libro
 
<< Perché avrebbe dovuto ? Non stiamo insieme, è libero di fare quello che vuole. Io non lo giudico, e lui lo sa. >> rispose Elena con tono sicuro
 
<< Credevo che foste tornati insieme >> disse Damon confuso
 
<< Beh credevi male. Io e Stefan abbiamo deciso di prenderci un po’ di tempo. Entrambi abbiamo bisogno di riflettere, di capire cosa vogliamo. Però ci vogliamo ancora bene e abbiamo deciso di rimanere amici >> spiegò Elena continuando a leggere
 
<< Mi stai prendendo in giro vero ? >> chiese Damon incredulo alzando un sopracciglio
 
<< No. Perché ? >> chiese Elena confusa alzando gli occhi dal libro
 
<< Angioletto, tu e mio fratello, in nessuna era, in nessuna galassia, potrete mai essere amici >>
 
<< Perché no ? >> chiese Elena che cominciava ad annoiarsi
 
<< Perché voi due avete una storia alla spalle >> esclamò Damon spazientito
 
<< Anche io e Matt, eppure la nostra amicizia sembra funzionare a meraviglia >> affermò Elena contenta
 
<< Dimmi che non hai davvero paragonato la tua storia con Mutt Honeycutt  e quella con Stefan >> la supplicò Damon
 
<< Perché non dovrei ? Entrambi sono importanti per me, certo con Stefan è stato vero amore ma in fondo, forse, un po’ di tempo per pensare ci dara una possibilità per il futuro della nostra storia >>
 
<< Quindi hai definitivamente scelto Stefan ? È questo che mi stai dicendo ? >> ora Damon stava incominciando ad incazzarsi sul serio
 
<< Io non ti ho mai scelto Damon. E questo lo sai. Lo sapevi ogni volta che andavamo a letto insieme. So che mi leggevi nel pensiero, non sono di cretina, ti conosco. Perciò sai, nel tuo profondo, che ogni dannata volta io avrei voluto voltarti le spalle e andare da Stefan >> 
 
<< Però non l’hai mai fatto >> insistette Damon
 
<< E mi vergogno ancora per questo. Ma adesso voglio ricominciare da capo. Senza di Stefan e senza di te >>
 
<< Che vorresti dire ? >> chiese Damon che era ancora più confuso di prima
 
Elena stava per rispondere ma fu interrotta dal suo della porta che si apriva. Stefan l’aveva salvata da dire una bugia, che sicuramente non sarebbe risultata credibile, a Damon.
 
<< Ah, eccoti qua ! Dove sei stato ? >> chiese Damon indirizzando subito la sua attenzione al povero Stefan
 
<< Ciao papà ! Sono stato in giro >> rispose Stefan
 
<< Da solo ? >> chiese Damon imperterrito
 
<< Non sono affari tuoi >> rispose Stefan con tono scorbutico
 
<< Si invece. Sono tuo fratello maggiore, io sono grande, tu sei piccolo, io sono intelligente, tu un deficiente, io ho ragione e tu non ce l’hai mai. Quindi vedi di rispondermi Stefan oppure… >>
 
<< Oppure cosa ? Mi metti in punizione ? Damon sei mio fratello non mio padre e sono libero di fare quello che voglio >> disse Stefan che cominciava ad arrabbiarsi
 
<< Sarai libero di fare quello che vuoi quando mi darai delle risposte Stefan. Perché mi stai preoccupando. >>
 
<< Da quando ti preoccupi per me ? >>
 
<< Da quando tu non sei più mio fratello >>
 
<< Damon che vorresti dire ? >>
 
<< Pensi che io non me ne sia accorto ? Pensi che io sia tanto stupido da non notare che  hai dei problemi ? >>
 
<< Lasciami in pace Damon >> disse Stefan in tono supplichevole
 
Damon guardò Stefan negli occhi e capì che aveva fatto centro. Suo fratello gli stava nascondendo qualcosa, qualcosa di oscuro. Stefan ne approfittò per salire in camera e per evitare gli occhi di suo fratello. Adesso non aveva voglia di discutere con suo fratello. Stava già abbastanza male per conto suo.
 

 
Bonnie era appena tornata a casa. Stefan aveva avuto la premura di accompagnarla a casa dopo la chiacchierata con Elena. Era felice che quei due avessero fatto pace. Dopo tutto ciò che avevano passato meritavano un po’ di tranquillità. Stefan le aveva raccontato cosa lui e Elena si erano detti e Bonnie era felice che la sua amica avesse finalmente messo la testa a posto. Adesso aveva l’occasione di riflettere attentamente sui suoi sentimenti, anche se Bonnie non aveva mai avuto dubbi sul fatto che Elena avrebbe amato sempre e solo Stefan. Durante il viaggio lei e Stefan avevano anche parlato sui dettagli del viaggio e entrambi non avevano ancora scelto quando partire e poi dovevano ancora scegliere gli ultimi dettagli.
Adesso era in cucina e aveva preso del gelato alla nutella dal congelatore. Lei non era mai stata fissata con la dieta e quindi non aveva rinunciato mai, neanche una volta, a un gelato alla nutella.
 
<< Ehi !! Ciao sorellina >> sua sorella era appena tornata e si era avvicinata per baciarle la fronte
 
<< Ciao Mary ! Come mai già di ritorno ? Pensavo che per le prove dell’abito ci sarebbe voluto più tempo >> disse Bonnie
 
Sua sorella Mary si sarebbe sposata tra cinque giorni e lei era una delle damigelle. Mary era nervosa in quei giorni e Bonnie cercava di starle vicino. Infatti aveva detto a Stefan di non partire prima del matrimonio di sua sorella e Stefan aveva accettato. Inoltre entrambi avevano bisogno di tempo per poter organizzare il viaggio e aiutare Elena a organizzare il suo. Elena aveva scelto come prima tappa del suo viaggio La Spagna, poi la Francia e l’Italia per terza perché diceva che il numero tre le piaceva. Lei e Stefan invece volevano andare nell’Oregon, poi a Chicago e poi dove volevano. Per cinque mesi erano liberi di fare e essere ciò che volevano. Ma a Mary questo non lo aveva detto, semplicemente non aveva ancora avuto il coraggio di dirglielo.
 
<< Oggi sono finite prima perché se restavo lì qualche altro minuto mi sarebbe venuta una crisi di nervi. La sarta ha sbagliato a cucire alcune balze e ormai manca troppo poco tempo al matrimonio e io non so più che fare >> disse Mary
 
<< Ehy Mary ! Calmati ! Ti va un po’ di gelato con me ? >> chiese Bonnie 
 
<< No. Non voglio ingrassare. Altrimenti più che una balza, la sarta dovrà cucire da capo l’intero vestito >> disse Mary bevendo un po’ d’acqua
 
<< Hai ragione, scusa >> disse Bonnie mettendo a posto il gelato per non mettere in tentazione sua sorella
 
<< No, perdonami. Sono così stressata per il matrimonio e… ah… senti… vado a dormire. Mi serve un po’ di riposo >> disse Mary
 
<< Pensa che dopo il matrimonio ti aspetta il viaggio di nozze. Non te l’ho chiesto ma… quando partirete ? >> chiese Bonnie con curiosità
 
<< La stessa sera del matrimonio. Starò via per circa un mese, farò un viaggio in Europa e poi in Asia. Non vedo l’ora. Ok, io vado a dormire. Che fai tu ? Esci ? >>
 
<< Ehm… no. Sono stanca, starò qui a guardare la televisione, a leggere un libro, a mangiare la tua parte di gelato. Quindi, se hai bisogno di qualcosa io sono qui >> disse Bonnie sorridendo alla sorella
 
Mary ricambiò il sorriso e poi salì al piano di sopra per riposare. Quando snetì la porta della camera di Mary chiudersi Bonnie prese il cellulare e digitò un numero.
 
<< Pronto Stefan ! Ciao, sono Bonnie, volevo dirti che… ho in mente il giorno perfetto per la partenza >>
 

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Capitolo 7
*** The wedding day ***


The Wedding Day
 
Bonnie si preparando per andare in chiesa. Aveva appena indossato l’abito da damigella, e si era appena legata i capelli con uno chignon. Doveva solo finire di truccarsi. L’abito da damigella era semplice, era di una stoffa viola, lucida e morbida, che le fasciava perfettamente il corpo. La gonna era ampia e terminava leggermente a palloncino poco sopra il ginocchio. Aveva indossato delle calze color carne e delle scarpe alte 12 cm dello stesso colore del vestito. Aveva cercato di convincere sua sorella a lasciarle indossare le ballerine ma Mary non aveva voluto sentire ragioni. Alla fine Bonnie aveva ceduto e di nascosto dalla sorella aveva comprato i cerotti in farmacia da mettere dietro le caviglie in modo da non farsi male. Dato che il vestito era viola, Bonnie aveva scelto di applicare un ombretto viola, con un po’ di eyeliner. Aveva allungato leggermente le ciglia e aveva messo un po’ di fondotinta per dare più colore al viso. I fotografi sarebbero arrivati a casa alle 9:30, erano le 9:15 e lei, stranamente era riuscita a prepararsi in tempo. Diede un’occhiata alla sua stanza e dopo essersi accertata che tutto fosse in ordine uscì a vedere come se la cavava sua sorella. La stanza di Mary era dall’altro lato del corridoio e dopo aver bussato entrò senza attendere risposta. Quando entrò nella stanza vide Mary con indossa il vestito intenta a farsi un’acconciatura decente e in preda ad una crisi isterica.
 
<< Dai lasciati aiutare. Non vorrai diventare pelata proprio oggi >> disse Bonnie chiudendo la porta e avvicinandosi alla sorella  
 
<< Bonnie, per piacere. Sono già abbastanza tesa per conto mio. Oggi è il giorno più importante della mia vita, e tutto sta andando a rotoli. >> disse Mary in preda a una crisi
 
<< Non essere melodrammatica. Adesso ti do io una mano. >> disse Bonnie cominciando a lisciare con la piastra lì vicino i capelli della sorella
 
<< Oh Bonnie, sono le 9:15, i fotografi saranno qui tra mezz’ora e io non sono ancora pronta. >>
 
<< Non preoccuparti. Ti aggiusterò i capelli in un attimo, e poi mamma e papà sono giù e sono pronti e sono sicura che la mamma saprà intrattenere i fotografi nel caso in cui arrivassero prima che tu sia pronta >> la rassicurò Bonnie
 
Bonnie cominciò ad acconciare i capelli alla sorella. E quando ebbe finito la truccò anche. Il vestito era bianco con qualche decoro sulle tonalità del viola, per poter abbinare un po’ il vestito con quello delle damigelle. Inoltre il bouquet aveva delle rose bianche con una viola al centro e i fiori erano legati con dei nastri bianchi e un fiocco viola sempre per richiamare il colore del vestito. Mary fu pronta per le 9:45, i fotografi erano arrivati verso le 9:35 e nel frattempo che la sposa terminava di prepararsi avevano preparato il materiale per le foto nella stanza dei genitori. Bonnie e Mary uscirono dalla stanza di quest’ultima e poi Mary si diresse nella stanza dei suoi per le foto. Bonnie scese al piano di sotto per vedere se oltre ai fotografi erano arrivati altri membri della sua famiglia. Sarebbe stato molto scortese da parte sua non scendere a salutare. Bonnie scese al piano di sotto dove infatti vide i suoi cugini inglesi da parte di padre, i nonni paterni venuti dall’Oregon e gli zii materni venuti dall’Ohio. E, purtroppo, anche sua cugina Rosalie Arianne Isobelle McCullough. Era una delle sue cugine dell’Ohio che aveva fatto carriera come modella-attrice a Los Angeles, anche se prima di farsi notare aveva lavorato per due anni in quella città come cameriera. Rosalie era bellissima, e tenace, non si era mai arresa e nonostante non fosse una vipera e avesse un carattere incredibilmente dolce, quella sua perfezione sia fisica che intellettuale ti spingeva comunque ad odiarla o almeno a desiderare di stare il meno possibile in sua compagnia, soprattutto quando esci il venerdì sera sperando di farti notare dai ragazzi. Rosalie era alta, circa 1,75, aveva lunghi capelli mori e dei bellissimi occhi grigi. A volte persino Elena si sentiva insicura quando le stava vicino e questo era tutto dire. Tuttavia Bonnie, dopo aver preso un respiro profondo, scese le scale e si avvicinò ai suoi parenti.
 
<< Hey nonna, nonno, ciao ! >> disse salutando prima i nonni
 
<< Oh Belen, che piacere vederti !! Come sei diventata grande bambina mia >> disse nonna Marybelle
 
<< In realtà è… >>
 
<< Belle, da quanto tempo che non ti vedevo. La mia bella nipotona. Dammi un bacio !! >> disse nonno Alfred abbracciandola
 
<< Ciao nonno Alfred, ciao nonna Marybelle >>
 
<< Bonnie !! Dio mio quanto tempo è passato ! >> esclamò zia Deborah
 
<< Bonnie ? Chi è Bonnie ? >> chiese nonna Marybelle
 
<< Lascia stare nonna, andiamo zia >> disse Bonnie prendendo la zia sottobraccio e portandola poco distante dai nonni
 
<< Non prendertela Bonnie, la nonna ormai non ha più la memoria di un tempo.>> le disse zia Deborah
 
<< Sono a conoscenza dei problemi di memoria di mia nonna, zia. Ma dimmi, com’è andato il viaggio zia ? >> chiese Bonnie
 
<< Oh Bonnie, un giretto da queste parti è quello che ci voleva. In Ohio le cose erano diventate talmente noiose. Il matrimonio di Mary è stata una piacevole sorpresa, sinceramente avevo perso le speranze che qualcosa avrebbe reso le mie giornate più interessanti. La mia Rosalie è impegnata con il suo lavoro e ha poco tempo da dedicarmi. Per fortuna che ha trovato un po’ di tempo per essere presente oggi… >> cominciò a dire zia Deborah
 
Bonnie adorava la zia Deborah ma non poteva negare a se stessa che era una logorroica di prima categoria. Era una donna minuta, bionda con gli occhi grigi, e due profonde e simpatiche fossette. Tuttavia per quanto l’adorasse, non poté negare a se stessa di aver smesso di ascoltare da un po’.
<< Bonnie !! >> la voce di zio Eugene la fece risvegliare
 
<< Zio Eugene, ti vedo in gran forma >> commentò Bonnie
 
<< Ho perso qualche chiletto, dovevo altrimenti dubito che sarei entrato in questo vestito >> commentò zio Eugene con una risata
 
<< Sei diventato un vero figurino zio Eugene >> commentò Bonnie ricambiando il sorriso
 
<< E non è l’unico che oggi è un vero splendore. Si può dire che ormai tu sia sbocciata Bonnie >> disse Rosalie che nel frattempo si era avvicinata
 
<< Detto dalla reincarnazione di Afrodite lo rende ancora più speciale >> disse Bonnie abbracciando la cugina
 
E lo credeva davvero, quel giorno Rosalie era bellissima, come sempre d’altronde. Indossava un tubino lungo poco sopra il ginocchio grigio, scarpe alte del medesimo colore del vestito, i capelli legati in un’alta coda in modo da evidenziare i suoi bellissimi lineamenti. Il trucco era semplice, niente di troppo elaborato e poi indossava dei bellissimi pendenti argentati.
 
<< Non essere così esagerata, sei davvero bellissima oggi. Dov’è Mary ? Voglio salutarla e naturalmente sono curiosa di vedere il vestito >> esclamò Rosalie con aria allegra
 
<< Non eccitarti troppo Rosalie, Mary è nervosissima e inoltre adesso sarà impegnata con i fotografi >> disse Bonnie
 
<< Capisco, mi toccherà aspettare >> esclamò Rosalie con un finto broncio
 
<< Ehy Barbra !! Quei ragazzi sono amici tuoi ? >> chiese nonna Marybelle
 
Bonnie, senza nemmeno prendersi la briga di correggere la nonna, si voltò verso il gruppo di ragazzi che quest’ultima aveva precedentemente indicato e vide che Elena, Meredith e Stefan erano appena arrivati. Elena era bellissima, indossava un vestito plissettato in stile dea greca di colore blu e i capelli biondi legati in uno chignon. Meredith invece indossava un abito lungo poco sopra il ginocchio, nero, a fascia con le paillettes che decoravano il corpetto. Stefan indossava il classico smoking che tuttavia gli dava un’aria elegante e distinta e, sempre che fosse possibile, lo rendeva ancora più bello del solito. Bonnie si scusò con i suoi parenti e si diresse verso i suoi amici.
 
<< Siamo arrivati in tempo per qualcosa ? >> chiese Meredith mentre Bonnie si avvicinava a loro sollevata
 
<< Si, per salvarmi dalle chiacchiere di zia Deborah e di nonna Marybelle che come ogni volta non ricorda mai il mio nome. >> rispose Bonnie
 
<< Beh, consolati. Il tuo nome non è l’unico che non ricorda mai. Da piccole quando andavamo in vacanza nell’Oregon con te, mi chiamava sempre o Elina, o Elaine o , a volte, addirittura Belinda >> disse Elena con una smorfia
 
<< Sempre meglio di Belen, Belle e soprattutto di Barbra >> replicò Bonnie incrociando le braccia al petto
 
<< Perché scusa ? A parte Belen, Belle e Barbra sono due nomi bellissimi >> disse Stefan
 
<< Sei serio ? Capisco Belle, ma avere lo stesso nome di una cantante con un promontorio al posto del naso non mi sembra molto complimentoso >>
 
<< Invece credo che Stefan abbia ragione, Barbra Streisand avrà anche un naso bruttissimo ma è una cantante eccezionale,  quasi tutte le attrici di Hollywood ucciderebbero per avere anche solo un quarto del suo talento >> affermò Elena con tono sicuro
 
Stefan le lanciò uno strano sguardo, ma distolse gli occhi da lei in fretta sperando che gli altri non se ne accorgessero. Peccato però che sia Bonnie che Meredith se ne erano accorte.
 
<< Io avrei sete, Stefan. Per favore, puoi andare a prendere un bicchiere d’acqua per me ? >> gli chiese Meredith
 
<< Anche per me per favore >> aggiunse Elena
 
<< Anche per te Bonnie ? >> chiese Stefan
 
<< No, grazie. Io sono la damigella nonché sorella della sposa e non posso permettermi di avere il rossetto sbavato nelle foto >> rispose Bonnie con un sorriso
 
Stefan annuì per poi allontanarsi dal gruppetto per dirigersi verso il buffet.
 
<< Allora… Elena… cosa succede tra te e Stefan ? >> chiese Meredith andando dritta al punto
 
<< Già, che cosa succede tra voi due ? >> chiese Bonnie fingendo di essere curiosa per non insospettire Meredith anche se in realtà Stefan le aveva già raccontato tutto
 
<< Prima di tutto non c’è né un me e Stefan né un noi due. Abbiamo deciso di prendere una pausa, di essere amici e di… non so… di… insomma vogliamo prima risolvere i nostri problemi e poi, se tutto andrà per il meglio, proveremo, e sottolineo proveremo… a tornare insieme >> disse Elena con sicurezza
 
<< E a te sta bene tutta questa incertezza ? >> chiese Meredith
 
<< Beh Meredith, guardando il passato , tutto ciò che avevo programmato è andato in frantumi. Sin da piccola avevo detto che sarei andata al college, che sarei diventata qualcuno di importante, che avrei sposato Matt, che avrei avuto dei figli. E guardate un po’ ? I miei genitori sono morti, io sono morta, il college me lo posso scordare, io e Matt abbiamo rotto. Mi sono innamorata di Stefan, ed ero così innamorata quando lo incontrai che ero sicura che con lui avrei realizzato i miei sogni, che  avremo frequentato lo stesso college, che ci saremo sposati e avremo avuto dei figli e che saremo invecchiati insieme ma anche questa volta… >>
 
<< Ma anche questa volta niente è andato come doveva andare. >> concluse Meredith per lei
 
<< Beh, da una parte è meglio perché significa che… >> iniziò a dire Bonnie
 
<< Bonnie, vieni a fare le foto per le damigelle !! >> urlò Mary da sopra le scale
 
<< Solo un momento !! Allora, non fraintendetemi volevo dire che… >>
 
<< Bonnie !! Allora ti muovi ??!! >>
 
<< Solo un momento !! Insomma, credo che sia tu che Stefan abbiate bisogno di un po’ di… >>
 
<< BONNIE MUOVITIIIIIIIIII !! >>
 
<< Bonnie vai prima che ti uccida >> disse Meredith preoccupata
 
<< Sono d’accordo. Vai prima che il matrimonio di tua sorella diventi il tuo funerale. >> concordò Elena dandole dei colpetti leggeri sulla spalla sinistra
 
<< Mi sa che avete ragione. Che palle !! Non vedo l’ora che finisca questo matrimonio >> disse Bonnie dirigendosi verso la sorella maggiore
 
<< Poverina >> commentò Elena
 
<< Non ho mai visto Mary così nervosa come oggi >> disse Meredith
 
<< Ecco i vostri bicchieri d’acqua, madmoiselle >> disse Stefan porgendo loro i bicchieri d’acqua
 
<< Merci monsieur >> rispose Elena prendendo il bicchiere d’acqua portandoselo alla bocca
 
Stefan reputò quel gesto davvero sensuale ma preferì non dirlo. Meredith invece si limitò a ringraziarlo con un sorriso che Stefan ricambiò.    
Dopo un’ora poterono finalmente andare in chiesa. E là il matrimonio fu abbastanza breve. Bonnie aveva cercato, inutilmente, di trattenere le lacrime anche se doveva ammettere che più che per la felicità della sorella stava piangendo dalla felicità perché lo strazio per il matrimonio era finalmente finito. E poi anche perché tra qualche ora sarebbe finalmente partita e avrebbe definitivamente detto addio a Fell’s Church. L’idea di viaggiare da sola con Stefan stranamente non la faceva sentire a disagio. Stefan era un vero gentiluomo, sempre molto cortese e fine, non faceva battuttine irritanti, non ti faceva sentire a disagio, e inoltre non era nel suo carattere prendere in giro o criticare le persone come faceva quell’altro. Damon quel giorno non era venuto, ma non perché Bonnie non l’avesse invitato, in realtà Stefan quando l’altra sera avevano parlato al telefono le aveva detto che Damon non sarebbe venuto perché era arrabbiato con entrambi e che quindi non era intenzionato a passare del tempo con loro. Bonnie quando l’aveva saputo aveva roteato gli occhi, Damon quella volta aveva raggiunto il massimo dell’infantilità. Eppure aveva 500 anni, a quell’età si presuma che una persona debba avere una certa maturità, che cavolo Stefan l’aveva acquisita !! Ma forse questo era pretendere troppo. A quanto aveva appreso, Stefan aveva una carattere che andava ben oltre l’età adulta già da quando era veramente un adolescente. Tuttavia adesso erano finalmente al ricevimento. Per il suo matrimonio Mary non aveva badato a spese, aveva fatto per un sacco di mesi gli straordinari a lavoro pur di non farsi mancare alcun capriccio per il suo matrimonio. D’altronde anche Douglas, lo sposo, aveva accettato ben volentieri di fare anche lui gli straordinari a lavoro pur di renderla felice e di accontentarla in ogni sua richiesta. Bonnie adorava sua sorella ma a volte si chiedeva come Douglas si fosse innamorato di lei e di come non fosse scappato a gambe levate da lei soprattutto in questo periodo dove lei era al massimo della sua isteria.
 
<< Questo mia cara Bonnie si chiama vero Amore >> disse una voce dietro di lei che la fece sobbalzare
 
Dietro di lei c’era una ragazza che non aveva mai visto, aveva i capelli lunghi, boccolosi e marroni. Gli occhi di un marrone scuro e la pelle pallida. Indossava una maglia larga color rosa carne, dei pantaloni neri aderenti e degli stivaletti del medesimo colore. Avrà avuto su per giù non giù di diciotto anni. Non l’aveva mai vista in vita sua e si stava chiedendo che ci facesse lì.
 
 << Tu chi sei ? E come fai a sapere il mio nome ? >> chiese Bonnie confusa
 
<< Chi sono io ? Davvero non lo sai ? >> chiese la ragazza
 
Bonnie scosse leggermente il capo e a quel punto la ragazzina sorrise. A quel punto un leggero venticello le scosse i capelli. “ Che strano”, pensò Bonnie, il ricevimento non si teneva all’aperto. Non era possibile che ci fosse il vento.
 
<< Per favore Bonnie ! >> esclamò d’un tratto la ragazza
 
<< Per favore cosa ? >> chiese Bonnie confusa
 
<< Non fare la stupida. >> disse la ragazza con voce dura << Concentrati ! >>
 
<< Su cosa mi dovrei concentrare ? >> le chiese Bonnie che cominciava ad infastidirsi
 
<< Davvero credi di essere ancora al ricevimento ? Cara, lascia che ti dica una cosa >> disse la ragazza mentre svaniva in una nube oscura
 
Bonnie cominciava ad avere paura. Quella ragazza non le piaceva, e non le piaceva la nube che la stava travolgendo, impedendole di vedere qualsiasi cosa intorno a sé se non un’immensa, infinita, soffocante oscurità.
 
<< Che cosa vuoi da me ? >> chiese Bonnie
 
<< La vedi Bonnie ? Riesci a capire adesso ? >> disse una voce, ma non era quella della ragazza di poco prima. Era una voce nuova, incolore, che la metteva ancora più a disagio.
 
<< No, cosa dovrei vedere ? Cosa c’è da capire nell’oscurità ? >> 
 
<< Quella che vedi non è oscurità Bonnie >>
 
<< E allora che cos’è ? >>
 
<< È male. È il tuo male. È quella forza misteriosa che penetra nell’animo delle anime prave. È ciò che un animo puro teme di più. L’unica cosa che può distruggere ciò che c’è di più puro in noi. Questo è segno che il tuo cuore è stato impossessato dalla magia oscura >>
 
<< E come avrebbe fatto ad impossessarsi del mio cuore ? Io non ho mai usato la mia magia per ferire qualcuno. >>
 
<< Ne sei sicura ?? Eppure entrambe sappiamo che tu, non molto tempo fa, hai commesso qualcosa di terribile >>
 
<< Di che diamine stai parlando ? >>


<< Lo sapevi che tua sorella è incinta ? >> disse la voce cambiando argomento
 
<< No, non ne avevo la minima idea. >> rispose Bonnie sorpresa
 
<< Sai che tua nipote sarà una strega, una volta nata ? E che a quel punto tu sarai morta ? Immagina la faccia di tua sorella quando scoprirà che anche tu eri una strega, e che le hai mentito per molto tempo. Immagina la faccia di Mary quando scoprirà che la sua bambina, avrà le stesse anomalie della sua adorata sorella minore. Immagina l’odio che riempirà il suo cuore quando scoprirà che hai condannato a morte sua figlia, non spezzando il legame. >>
 
<< Di che legame stai parlando ?? >>


<< Bonnie !? Bonnie !? >>
 
<< Non svegliarti ! Rimani concentrata >> la rimproverò nuovamente la voce
 
<< Bonnie ?! Bonnie ?! Sveglianti dai !! >>
<< Rimani concentrata ragazza >>
 
<< Sono concentrata, voglio sapere di che cosa stai parlando ? Quale legame ?>>
 
<< Più che legame si tratta di una maledizione. Una condanna a morte. >>
 
<< Bonnie ?! Bonnie svegliati, ti prego >>
 
<< Di che diamine stai parlando ? >> chiese Bonnie con una voce più debole
 
<< Sto parlando del… >>


<< Non ho capito >>
 
<< Rimani conce… >>
 
<< Bonnie, Bonnie !! BONNIE !!! >>
 
Bonnie aprì gli occhi di scatto e lentamente mise a fuoco le immagini intorno a sé.
 
<< Spostatevi, lasciatela respirare >> le disse una voce vicino a lei
 
Bonnie provò ad alzarsi ma un forte dolore al petto la costringeva a restare sdraiata.
 
<< Bonnie riesci ad alzarti ? >> le chiese quella che sembrava la voce di Meredith ma non ne era sicura
 
Bonnie si limitò a fare un segno di diniego. Allora qualcuno la prese per le spalle e l’aiutò a mettersi a sedere. Poi sentì che qualcuno trascinò una sedia vicino a lei e che la fece sedere. Quando fu in grado di vedere più chiaramente vide Elena porgerle un bicchiere d’acqua. Lei lo prese con entrambe le mani, per paura di romperlo, nonostante tremassero entrambe. Lo portò alle labbra lentamente e quasi subito l’acqua fredda cominciò a fare effetto.
 
<< Grazie >> disse a bassa voce
 
<< Bonnie, ci hai spaventati tutti, come stai ? >> le chiese Mary accarezzandole il capo
 
<< Mi sono sentita male. Un calo di zuccheri probabilmente, dovrei mangiare qualcosa. >> rispose Bonnie prendendo un altro sorso d’acqua
 
<< Ma certo >> disse Mary facendola alzare
 
“ Dopo ho bisogno di dirvi uno cosa”, Bonnie inviò un messaggio mentale a Stefan e ad Elena che annuirono. Bonnie fu scortata al suo tavolo dove c’erano anche zia Deborah, zio Eugene, nonna Marybelle, nonno Alfred e Rosalie. Elena, Stefan e Meredith invece erano seduti a un tavolo situati dall’altra parte della sala.
 
<< Bonnie come stai ?? Cosa ti era successo ? >> le chiese zia Deborah
 
<< Un semplice calo di zuccheri. Devo solo mettere qualcosa sotto i denti >> rispose Bonnie con un sorriso
 
<< Infatti mi sembri più magra. Ma stai mangiando ? Capisco che per questi eventi si tenda a mangiare di meno perché si è costantemente preoccupati di non entrare nei propri abiti ma cerca di non rovinarti la salute. Anche Rosalie a volte è costretta a mangiare poco per il lavoro, ma a me non interessa. Per me tutte queste diete che fanno le celebrità mi disgustano, non stanno né in cielo né in terra…>> cominciò a rimproverarla zia Deborah
 
<< Andiamo mamma. Te l’ho detto mille volte. Non ho mai sofferto di anoressia in vita mia. Adoro mangiare e se sono magra è per costituzione. Lo sai che forse non c’è persona su questo mondo che adora mangiare quanto lo adoro io. >> ribatté Rosalie roteando gli occhi
 
<< Rosalie che pretendi ? Sono tua madre e ogni giorno al telegiornale sento storie di attrici e modelle che a trentanove anni sono già entrate in menopausa. Scusami se mi preoccupo per te. >> disse la zia Deborah offesa
 
Rosalie preferì non ribattere, fece semplicemente finta di nulla e continuò a mangiare. Bonnie prese un po’ di pane dal cestino e cominciò a mangiare in attesa che arrivasse il suo piatto. Si guardò un po’ intorno nella sala e vide che c’era un gruppo di persone, sedute a un tavolo posto nel lato della sala riservato ai parenti, che non aveva mai visto.
 
<< Zia ? Chi sono quelle persone ? >> chiese
 
<< Già mamma, volevo chiedertelo anche io, chi sono quelle persone. Non credo siano amici di Mary. >> disse Rosalie
 
<< Quelli sono… nostri parenti lontani. Che non vedevamo da un po’… >> disse zia Deborah che per la prima volta sembrava poco intenzionata a voler parlare
 
<< Buon dio Debora !! Se devi raccontargliela la storia raccontagliela bene >> ribatté nonno Alfred
 
<< Non è semplice. Signore McCoullough, la sa la storia che lega la nostra famiglia con i De Verdant. >> ribatté zio Eugene
 
<< Cero che la so. Non è una storia bella da raccontare e sicuramente è ancora meno piacevole da ascoltare. Ma credo che a queste ragazze siano finalmente pronte a sapere la verità. Mary la conosce, ha imparato a conviverci e se ne è fatta una ragione. >> continuò zio Alfred
 
<< Di che storia parlate ? >> chiese Bonnie
 
<< Già. Chi sono i De Verdant ? >> chiese Rosalie
 
<< I De Verdant sono una parte della nostra famiglia di cui abbiamo poco piacere di parlare perché… la verità è che proviamo vergogna. Basti dire che i capostipiti dei De Verdant erano fratello e sorella, che intrapresero un’incestuosa, malsana e vergognosa relazione in giovane età. I loro genitori erano lontani parenti dei McCoullough ma anche dei Baelish (cognome della madre di Bonnie, l’ho inventato ) . Quando i loro genitori scoprirono la verità li disconobbero come loro figli e li cacciarono via. Allora Frederick, come si chiamava il capostipite, scelse di cambiare cognome e di iniziare una propria discendenza e così ebbero inizio di De Verdant. Tuttavia, l’incesto è una violazione della natura, una delle più gravi e si diceva infatti che i De Verdant furono condannati dal fato a non avere mai figli. Il feto della prima signora De Verdant, Diana, fu reso sterile. C’è chi dice che sia stata colpa della magia ma io non penso che sia così. >> raccontò zia Deborah a voce bassa
 
<< Non può essere così per forza. Non esiste la magia >> affermò Rosalie sicura
 
<< Aspetta che tua madre termini il racconto per continuare >> disse zio Alfred
 
<< Tuttavia Diana De Verdant riuscì a partorire tre figlie. I medici erano stupiti, il suo feto era sterile questo lo sapevano tutti. Fu così che la famiglia De Verdant fu accusata di stregoneria e di alleanza con il demonio. Nella nostra famiglia si crede che essi abbiamo fatto una specie di scambio con il demonio per poter avere le loro figlie. >> continuò zia Deborah
 
<< Che tipo di scambio ? >> chiese Bonnie
 
<< Tua nonna Bonnie, ci raccontò che essi fecero un patto con il demonio in modo da legare qualcosa di impuro a qualcosa di puro. Si sa no ? Noi nasciamo puri, senza aver commesso ancora nulla di male, senza aver fatto ancora niente di sbagliato. Poi l’essere puro diventa impuro quando già in tenera età comincia a fare i capricci, o a dire bugie per nascondere ai genitori di aver rotto un vaso o cose del genere. Così questo patto, fece in modo da creare un legame tra un nascituro puro della nostra famiglia con uno impuro della loro. >> rispose zia Deborah
 
Bonnie impallidì e a un certo punto le vennero in mente le parole di quella voce.
 
<< E questo legame che cosa comportò ai nascituri puri ? >> chiese
 
<< Beh era uno scambio. Non appena le tre figlie dei De Verdant avrebbero visto la luce tre nascituri puri partoriti o concepiti dai loro cugini e cugini sarebbero diventato al contempo impuri. Perché è come se avessero concesso a qualcosa di blasfemo di prendere vita e forma. Come se qui nascituri avessero aiutato il male a nascere. E non c’è peccato peggiore. Così si dice che per impedire che ciò accadesse, la tua famiglia avesse lanciato un incantesimo sui De Verdant. Ogni figlio avrebbe avuto un limite di tempo. Praticamente tua nonna ci ha raccontato che i De Verdant erano vincolati sin dalla nascita ai nascituri a cui erano stati legati dalla magia. Se i nascituri vivevano loro vivevano, se essi morivano loro… >>
 
<< Morivano >> terminò Bonnie per lei, che aveva sempre meno voglia di sapere come finiva
 
<< Già. Tuttavia stavo dicendo che… >>


<< Bonnie ? Vieni a fare le foto !! >> Mary la chiamò a gran voce
 
<< Solo un… >> stava iniziando a dire Bonnie
 
<< Vai cara, non farla arrabbiare anche questa volta. Avremo molto tempo per continuare la storia. >>
 
Bonnie annuì, seppur poco convinta, per poi dirigersi verso sua sorella per fare le foto, sforzandosi di celare il suo turbamento.
 
 
 
 

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Capitolo 8
*** The escape ***


THE ESCAPE
 
Bonnie stava cercando di sorridere in maniera convincente davanti a quel fotografo che continuava a scattarle fotografie e che sembrava non aver intenzione di smettere. Le sembrava di fare foto da un’eternità e non era una bella sensazione, non dopo essere svenuti e quindi non avendo neanche una bella cera, o dopo che tu hai appena scoperto che inconsapevolmente hai contribuito a commettere una violazione della natura quando ancora neanche sapevi pronunciare la parola stessa.
 
<< Ok, ora facciamo una foto con tutte le damigelle >> disse il fotografo
 
Bonnie si trattenne dallo sbuffare. I tacchi stavano cominciando a farle male e voleva solo tornare al suo tavolo e finire di ascoltare il racconto di zia Deborah. A un certo punto Bonnie vide Rosalie alzarsi dal tavolo con uno sguardo sconvolto, si era alzata e si stava avvicinando a loro.
 
<< Scusatemi. Mary, scusami ma devo andare >> disse Rosalie con un tono di voce strano
 
<< Di già ? Ma siamo solo alla seconda portata e… >> cominciò a dire Mary
 
<< Lo so, lo so. Ma purtroppo io… non posso restare. Ti chiamerò ok ? >> disse Rosaline abbracciando la cugina e uscendo dalla sala senza attendere una risposta
 
Bonnie la stava per seguire quando Mary l’afferrò per il braccio e le disse << Dove vai ? Dobbiamo ancora finire >>
 
Bonnie per poco non la mandò al diavolo. Era stufa di quella situazione. Volse lo sguardo verso zia Deborah e vide che sua zia aveva un’espressione triste sul volto il che stonava molto con il suo carattere solare e chiacchierino.
 
<< Signorina, la prego, guardi verso l’obbiettivo >> le disse il fotografo
 
Bonnie fece ben attenzione a non incrociare lo sguardo di Mary per non essere incenerita all’istante. Guardò direttamente la macchina fotografica e continuò a sorridere. Un sorriso finto e spento. Che non le apparteneva.
 
<< D’accordo. Per ora basta. Grazie mille per la pazienza >> disse il fotografo andando a sedersi
 
Bonnie fece un sospiro di sollievo poi si diresse verso il tavolo.
 
<< Bonnie ?! >> disse una voce dietro di lei
 
<< Che c’è ancora ? >> chiese Bonnie con stizza
 
<< Oh scusami… non era mia intenzione disturbarti… >> cominciò a scusarsi Stefan
 
<< Oh… no Stefan scusami. Tutte queste foto mi stanno facendo uscire fuori di testa >> disse Bonnie scusandosi subito
 
<< Non preoccuparti. Ti abbiamo vista prima, per poco non ammazzavi Mary >> scherzò Stefan
 
<< Per poco lei non ammazza me, vuoi dire >> replicò Bonnie
 
<< Senti, Elena è andata in bagno. L’incantesimo di camuffamento che le avevi fatto si sta esaurendo, dovresti fargliene un altro >> disse Stefan a bassa voce
 
<< Certo. La raggiungo subito. Tu vieni con me ? >> chiese Bonnie
 
<< Nel bagno delle signore ? >> chiese Stefan con un sorrisetto
 
<< Scemo. Alla porta del bagno delle signore. Dentro se provi anche solo ad entrare ti prendo a calci >> disse Bonnie con una finta espressione minacciosa
 
<< Oh, non sia mai che io faccia arrabbiare la sorella della sposa. Poi mi sa che al posto del filetto serviranno carne di vampiro a tavola >> disse Stefan porgendo il braccio a Bonnie come un vero gentiluomo
 
<< Dubito che ti apprezzerei in quelle condizioni >> scherzò Bonnie prendendo a braccetto Stefan
 
<< Già, lo credo anche io >> disse Stefan ridendo
 

 
Bonnie era appena entrata in bagno e vide Elena che si stava truccando davanti allo specchio.
 
<< Dov’è Meredith ? >> chiese Bonnie non vedendola
 
<< È andata dentro la toilette per cambiarsi le calze. Si è resa conto che erano leggermente strappate in un punto e voleva cambiarle. >> spiegò Elena posando i trucchi nella sua borsa
 
<< Si è portata delle calze di riserva ? >> chiese Bonnie scioccata
 
<< A quanto pare >> rispose Elena con una semplice alzata di spalle
 
<< Ovvio che le ho portate >> disse Meredith uscendo dalla toilette << Anche se si vedeva poco non sarei stata tranquilla se non avrei cambiato le calze >>
 
<< Comunque, avete portato il mio Grimorio ? >> chiese Bonnie
 
<< Si >> rispose Elena prendendolo da uno zaino che stava sotto il lavandino
 
<< Vi prego ditemi che non avete tenuto il Grimorio là sotto per tutto il tempo >> disse Bonnie allibita
 
<< Tranquilla, lo abbiamo portato qui solo ora. Lo avevamo nascosto nella macchina di Stefan e lo abbiamo portato qui solo quando abbiamo notato che l’incantesimo di camuffamento di Elena stava svanendo >> spiegò Meredith
 
<< È strano però. Secondo il Grimorio l’incantesimo sarebbe dovuto durare almeno quindici o sedici ore se eseguito correttamente >> disse Bonnie aprendo il Grimorio
 
<< Forse quando tu sei svenuta il tuo potere si è indebolito e ha condizionato anche l’incantesimo di Elena >> ipotizzò Meredith
 
<< Forse… >> disse Bonnie con aria distratta mentre leggeva il Grimorio
 
<< Ok. Elena vieni >>
 
Elena si avvicinò a Bonnie, quest’ultima le mise le mani sulle spalle e cominciò a guardarla intensamente. Stettero così per pochi minuti poi Bonnie si allontanò da Elena.
 
<< Prova a specchiarti. Vediamo se ha funzionato >> disse Bonnie incitando l’amica
 
Elena annuì. Si avvicinò allo specchio e vide una ragazza di altezza media, con i capelli castani chiaro, gli occhi verdi e una carnagione leggermente abbronzata. Era una ragazza carina, non ai livelli di Elena, ma non era niente male. Se fosse stata vera probabilmente Elena l’avrebbe accolta nella sua cerchia di amici.
 
<< Meravigliosa. Funziona a meraviglia >> commentò Elena
 
<< È incredibile quanto tu riesca a essere così vanitosa anche quando la bellezza non è la tua >> scherzò Meredith
 
<< È incredibile che io non mi sia ancora tinta i capelli e che non abbia ancora fatto una lampada abbronzante per sembrare meno una mozzarella pallida e per cambiare un po’ look >> commentò Elena con un sorriso
 
<< Tu sei bellissima così come sei Elena e… >> disse Meredith interrompendosi con un espressione confusa
 
<< Cosa c’è Meredith ? >> chiese Bonnie preoccupata
 
<< Niente… è solo che non credevo che avrei detto questa frase proprio ad Elena >> disse Meredith facendo ridere le altre due
 
Da quanto tempo era che non ridevano in questo modo tutte insieme ? Bonnie sentiva che le sarebbe mancato tutto questo. Le sarebbero mancate le sue amiche. Per un attimo si sentì in colpa nei confronti di Meredith. Meredith non meritava il dolore e la solitudine che l’avrebbe attesa da quella sera in poi. Bonnie per un attimo immaginò l’espressione addolorata di Meredith quando avrebbe scoperto che la sua migliore amica, anzi, le sue migliori amiche, era andate vie, senza un saluto, un abbraccio, una parola. Non c’era dolore più grande per Bonnie che voltare le spalle a Meredith, per sempre. Una volta partita non sarebbe più tornata a Fell’s Church. Non da viva almeno. Sarebbe morta, ma prima di morire avrebbe spiegato l’intera situazione a Stefan, pregandolo di non sentirsi in colpa e di seppellirla il prima possibile, a Fell’s Church o in qualsiasi altro luogo che lui avrebbe ritenuto adeguato.
 
<< Bonnie va tutto bene ? >> le chiese Meredith
 
<< Ah ? Cosa ? >> chiese Bonnie destandosi dai suoi pensieri
 
<< Va tutto bene ? Avevi uno sguardo così… preoccupato, triste. C’è qualcosa che ci vuoi dire ? >> chiese Meredith preoccupata
 
<< Ah, si. È solo che… stavo pensando a Mary. Sai, dopo tanti anni che vivi con una persona, adesso che non ci sono più né mamma né papà perché sono andati a vivere per conto proprio… non so… avere la casa tutta per me un po’ mi spaventa >> buttò lì Bonnie cercando di essere convincente
 
<< Ti capisco. Anche io ho avuto problemi del genere. Quando mi trasferì alla pensione avevo paura. Specialmente quando non c’era nessuno, né Damon, né Stefan o la signora Flowers. Insomma… un conto era stare da sola a casa mia un altro era stare da sola alla pensione >> concordò Elena aiutando l’amica
 
<< Già, al massimo puoi venire a dormire da me quando ti senti da sola Bonnie >> le propose Meredith
 
<< Perché no ? Quando ne avrò bisogno… >> disse Bonnie che non vedeva l’ora che quella conversazione finisse
 
<< Puoi venire a casa mia già stasera… >> cominciò a dire Meredith
 
<< No. Non mi sembra il caso. Inoltre penso che stasera ne approfitterò per abituarmi. Se proprio non ci riuscirò domani mi ritroverai con le valige in mano davanti casa tua >> provò a scherzare Bonnie
 
Meredith le sorrise di ricambiò ma non smise di avere qualche dubbio sulla veridicità delle parole dell’amica. Bonnie era strana quel giorno, aveva avuto un’espressione triste durante tutta la giornata. All’inizio credeva che fosse la presenza di Elena ad averla resa così. Meredith era consapevole di ciò che Bonnie provava per Damon e credeva che fosse ancora risentita nei confronti dell’amica per aver avuto una relazione con il vampiro dagli occhi neri, ma poi aveva visto che Bonnie non era affatto arrabbiata con Elena, e aveva capito che la sua malinconia aveva radici più profonde. Che cosa le stava nascondendo ? A un certo punto qualcuno bussò al bagno.
 
<< Chi è ? >> chiese Elena
 
<< Scusatemi ragazze, ma qualcuno qua sta chiedendo di Meredith. >> disse la voce di Stefan da fuori il bagno
 
<< Chi è ? >> chiese la diretta interessata
 
<< A quanto pare ai dimenticato il tuo cellulare in sala. Alcuni signori stanno chiedendo di chi sia, ti conviene andare a rispondere. >> rispose stefan da dentro al bagno
 
 Meredith fu sorpresa. Aprì immediatamente la sua borsa e in effetti vide che oltre alle calze e al lucidalabbra non c’era il suo cellulare. Strano, lei non aveva mai dimenticato il cellulare in vita sua. In realtà, lei non aveva mai perso niente in vita sua.
 
<< Wow, Meredith lasciare le cose incustodite non è da te >> commentò Elena confusa quanto lei
 
<< Già. Che strano. Comunque adesso vado. Ci vediamo dopo >> disse Meredith uscendo dal bagno
 
<< Certo. Tra pochi minuti ti raggiungiamo in sala >> rispose la bionda
 
Bonnie sospirò con sollievo. Odiava mentire a Meredith, odiava non saper mentire e odiava quando Meredith capiva perfettamente che le stava mentendo e che per questo la studiava con i suoi bellissimi occhi scuri.
 
<< Bonnie… posso dirti una cosa ? >> chiese Elena
 
<< Sono una pessima bugiarda >> disse Bonnie che aveva già capito tutto
 
<< Decisamente. Sta più attenta. Meredith non deve sapere i nostri piani >> disse Elena rimproverandola leggermente
 
<< Non ti dispiace neanche un po’ per Meredith ? >> chiese Bonnie un po’ infastidita dal tono usato dall’amica
 
<< Ovvio che mi dispiace. Le voglio bene e voltarle le spalle senza neanche salutarla mi fa stare male. Ma entrambe sappiamo che è meglio così. Lei cercherebbe di fermarci, di farci ragionare, lei non capirebbe. Io non voglio rimanere qui. Ora ho la possibilità di vedere il mondo e lo voglio fare. Tu hai la possibilità di lasciare Fell’s Church e di partire con Stefan e andare a visitare luoghi meravigliosi. Fidati, ne vale la pena >> disse Elena incrociando le braccia al petto
 
<< Come mai non sei arrabbiata ? >> chiese Bonnie
<< Arrabbiata per cosa ? >> chiese Elena con un’espressione confusa
 
<< Beh, credevo che ti saresti arrabbiata per il fatto che io stessi partendo con Stefan e che tu beh… dovessi partire da sola >> rispose Bonnie
 
<< No. Non sono arrabbiata. Anzi, la cosa mi rende felice e soprattutto mi rende tranquilla. Lui è un bravo ragazzo, si prenderà cura di te, come so che tu ti prenderai cura di lui. >> rispose Elena con tranquillità
 
<< Grazie >> rispose semplicemente Bonnie che tuttavia mostrava un’espressione scioccata
 
Elena sorrise leggermente, poi l’abbracciò affettuosamente. Bonnie ricambiò l’abbraccio, capendo in quel momento, quando anche Elena le sarebbe mancata e quanto le voleva bene.
 

 
Meredith era fuori dal locale, nel giardino e teneva in mani il suo cellulare. Quando era entrata in sala c’era il suo cellulare che squillava. Era stata una scena così imbarazzante, tutti che la guardavano, Mary che per poco non la uccideva, inoltre afferrando il cellulare aveva quasi fatto cadere l’acqua con tutto il bicchiere. Era uscita poi dalla sala a passo rapido sperando tuttavia che il pavimento sotto di lei si aprisse e la facesse sprofondare almeno sette metri sottoterra. E, per finire, chissà chi era che l’aveva chiamata proprio in quel momento ? Damon Stronzo Salvatore.
Con uno sbuffo compose il numero di Damon e portò il cellulare all’orecchio.
 
<< Era ora ! Dove cavolo eri finita ? >> chiese la voce arrabbiata di Damon
 
<< Dov’ero non è affar tuo !! >> rispose Meredith con uno sbuffo
 
<< Si che è affar mio se mi fai perdere tempo e denaro a furia di chiamarti >> ringhiò il vampiro
 
<< Nessuno ti ha detto di disturbarmi. Piuttosto… che cosa vuoi ? >> chiese Meredith
 
<< Sai bene che cosa voglio. Voglio sapere che cosa hai scoperto riguardo a Stefan e Bonnie. Io ti ho dato delle informazioni, ho visto Stefan comprare dei biglietti a un’agenzia di viaggi. Tu che mi dici ? >> chiese Damon
 
<< Che credo che ci stiano nascondendo qualcosa. Bonnie è parecchio turbata, parla di aver paura di restare da sola. Dice che sentirà la mancanza di Mary, ma secondo me sono tutte scuse. >> disse Meredith
 
<< Questo è tutto ciò che hai da dirmi ? Tutte queste chiacchiere sono fondate da inutili supposizioni ?? >> urlò Damon
 
<< Non alzare il tono con me. Se pensi che io non sia in grado di gestire la situazione perché non alzi il culo e vieni qui alla cerimonia ? >> lo sfidò Meredith
 
<< Ci puoi giurare che vengo ! >> rispose Damon interrompendo la chiamata
 
...
 
Bonnie, Elena e Stefan stavano per entrare in sala quando Bonnie notò che l’intero tavolo dov’erano seduti zia Debora e tutti gli altri era vuoto.
 
<< Scusate >> disse Bonnie a Stefan e ad Elena
 
Si avvicinò alla sorella Mary e le chiese << Mary ? Dove sono finiti zia Deborah e tutti gli altri ? >>
 
<< Sono andati via poco tempo fa. Mi sono sembrati turbati. Per caso ti hanno detto qualcosa o tu hai detto loro qualcosa ? >> chiese Mary
 
<< No. Stavamo chiacchierando del più e del meno. >> mentì Bonnie
 
<< Forse sono stati infastiditi dalla loro presenza >> ipotizzò Mary
 
<< Dalla presenza di chi ? Dei De Verdant ? >> sussurrò Bonnie
 
<< Come sai dei De Verdant ? È stata zia Debora a parlartene ? >> chiese Mary sospettosa
 
<< Mi ha accennato qualcosa. Ma non sono stata io a suscitare l’argomento >> si difese Bonnie
 
<< Te ne devi andare. >> disse Mary
 
<< Che cosa ? >> chiese Bonnie sperando di aver capito male
 
<< Dei andartene. Prima che sia troppo tardi >> disse Mary
 
<< Ma di che diamine stai parlando ? >> chiese Bonnie allarmata
 
<< Speravo che avessero dimenticato. Speravo che… speravo che invitandoli avessero finalmente deciso di mettere una pietra sopra tutte le questioni di famiglia. >> disse Mary
 
<< Mary ma di che stai parlando ? >> chiese Bonnie prendendola per le braccia
 
<< Mi dispiace Bonnie >> sussurrò Mary
 
<< Ma di cosa ti dis… >>
 
<< Mary !! Come sei bella oggi !! >> esclamò una voce dietro di loro
 
Le due donne si voltarono e videro dietro un uomo alto, slanciato, i capelli neri ma alle radici bianchi, con una leggera barba. Indossava il classico smoking nero più una strana catenina in argento. Accanto a lui c’era una donna alta, dai capelli biondi, pelle diafana, labbra carnose, aveva la mascella leggermente ampia, però aveva dei bei lineamenti e dei bellissimi occhi verde acqua e sembrava molto più giovane rispetto al marito. Indossava un lungo abito turchese che le fasciava perfettamente il corpo, i capelli erano legati in un ampio chignon, e indossava dei bellissimi orecchini pendenti. Accanto a loro c’erano due ragazze, una era alta, dai capelli biondi, lunghi, assomigliava molto alla madre ma aveva i lineamenti un po’ più delicati, a parte per gli occhi, erano di un verde smeraldo, come quelli del padre. Indossava un abito a tubino, era di un colore verde molto chiaro, portava i capelli biondi sciolti con due orecchini a perla idonei al colore delle scarpe che indossava. L’altra ragazza invece era più bassa, nonostante i tacchi, aveva i capelli castano chiaro con i riflessi ramati, gli occhi erano scuri, e la pelle era chiara non diafana come quella del resto della famiglia.
 
<< Grazie signor De Verdant ! >> lo ringraziò Mary con voce tremante
 
<< Tu dovresti essere Bonnie vero ? >> chiese il signor De Verdant rivolgendosi a Bonnie
 
<< Si signore. Molto lieta di fare la vostra conoscenza >> disse Bonnie
 
<< Il piacere è tutto nostro. Lasciate che vi presenti la mia bellissima moglie Anastasia. E le mie due figlie, Annabelle e Juliet >> disse il signor De Verdant
 
<< Piacere >> risposero Mary e Bonnie
 
<< Ci dispiace avervi interrotto ma ci tenevamo a congratularci con la novella sposa >> disse la signora De Verdant sorridendo
 
<< La ringrazio signora De Verdant. State gradendo la cerimonio ? >> chiese Mary con educazione
 
<< Molto. Non nascondiamo che il tuo invito ci ha sorpreso non poco ma in fondo siamo felice di essere in famiglia >> disse il signor De Verdant
 
<< Anche noi. Ora io e Bonnie vorremmo passare un po’ di tempo sole prima della Luna di Miele >> disse Mary a disagio
 
<< Ma certo. Noi torniamo ai nostri posti. >> disse il signor De Verdant per poi dirigersi verso il tavolo
 
Mary aspettò qualche minuto e si assicurò che i De Verdant si fossero allontanati abbastanza poi si voltò verso Bonnie e disse << È stato tutto uno sbaglio. Vai dai tuoi amici Bonnie, e dì loro di andare via. >>
 
<< Che cosa ? Perché ? >> chiese Bonnie
 
<< So che era da tanto tempo che progettavi di andartene con il ragazzo-vampiro della tua amica dopo il matrimonio. Beh, ti consiglio di anticipare il viaggio. Devi andartene. >> disse Mary incitandola
 
<< Cime fai a sapere che… >>
 
<< Bonnie cazzo non hai capito che devi andare via ? Vattene ! >> disse Mary in un sussurro con un tono che non ammetteva repliche
 
Bonnie avrebbe voluto tanto ribattere ma qualcosa nello sguardo della sorella le aveva fatto capire che non avrebbe avuto altre risposte quel giorno. Dandole un forte abbraccio uscì dalla sala e inviò un messaggio telepatico a Stefan ed Elena per dire loro di andare.
 

 
Damon stava guidando molto velocemente. Sentiva che quella sera sarebbe accaduto qualcosa che lo stava preoccupando non troppo. Non si fidava di Meredith, in quel momento non si fidava di nessuno.
 

 
Stefan, Elena e Bonnie stavano uscendo dall’uscita secondaria dell’Hotel poiché Meredith stava fuori nel cortile principale.
 
<< Bonnie ! Che cosa sta accadendo ? >> chiese Elena allarmata
 
<< Dobbiamo andarcene, adesso. Siamo in pericolo e dobbiamo fare in fretta. >> disse Bonnie
 
<< In pericolo da cosa ? >> chiese Stefan
 
<< Non lo so. Mary non me l’ha voluto dire. Non so, non fatemi domande. Ma adesso dobbiamo andarcene. Avete già preparato tutto ? >> chiese Bonnie
 
<< Si, borse e valige sono già in macchina. E la macchina è parcheggiata appena pochi metri dall’uscita secondaria >> rispose Stefan
 
<< Bene, ci cambieremo direttamente all’aeroporto. Ora non abbiamo tempo. Dobbiamo fare in fretta >> disse Bonnie
 
<< Perché ? >> chiese Elena
 
<< Damon sta arrivando >> rispose la rossa uscendo dall’uscita secondaria
 

 
Meredith stava ancora fuori nel cortile, aveva il cellulare in mano. Stava aspettando che arrivasse Damon e quest’ultimo non si decideva ad arrivare.
 
<< Dio, quando arriva… >> sussurrò a se stessa
 
<< Sono appena arrivato Miss Inquietudine. Allora ? Dove sono gli altri ? >> chiese Damon
 
<< Stanno dentro. >> rispose Meredith
 
Damon entrò dentro senza attendere alte parole da Meredith. Quest’ultima lo seguì dentro ma quando entrarono in sala videro che né Bonnie, né Stefan e neanche Elena erano dentro.
 
<< Ma dove sono ? >> chiese Damon
 
<< Quando sono uscita Bonnie e Elena erano in bagno e Stefan aspettava fuori. >> disse Meredith
 
<< Dio, spero di non essere arrivato tardi >>
 

 
Stefan stava sgommando a tutta velocità verso l’aeroporto. Si fidava di Bonnie e qualunque cosa stesse accadendo da preoccuparla in quel modo credeva che non dovesse essere sottovalutata.
 
<< Bonnie, ci puoi spiegare che sta accadendo ? >> chiese Elena
 
<< No. Non posso perché non lo neanche io. Mary non me l’ha detto. Mi ha detto solo di fuggire via e io me ne sono andata. Non so come ma sa anche che Stefan è un vampiro e mi ha detto di fare in fretta perché stava arrivando Damon e  che poi non avremo più avuto l’occasione per fuggire >> rispose Bonnie
 
<< Perché stava arrivando Damon ? Ero convinta che odiasse queste cosa da umani >> commentò Elena
 
<< Si vede che non siamo stati molto bravi a fingere in questi giorni. Damon aveva cominciato a seguirmi, che palle !! >> disse Stefan
 
<< Non credo che Damon abbia agito da solo >> disse Elena
 
<< Che intendi dire ? >> chiese Bonnie
 
<< Credo che sia stato aiutato da qualcuno >> rispose Elena
 
<< E da chi ? >> chiese Stefan
 
<< Da Meredith >> rispose la bionda
 

 
<< Non sono nemmeno in bagno ! Dove diamine sono finiti ? >> disse Meredith
<< Non ne ho idea Miss Inquietudine, questo dovresti dirmelo tu ! >> disse Damon
 
<< Non dare la colpa a me. Se non avessi perso tempo ad aspettare i te e i tuoi comodi magari sarebbe andata diversamente >> ribatté Meredith
 
<< Beh, adesso come li troviamo ? >> chiese Damon più a se stesso che a Meredith
 
<< Non li troverete >> disse una voce
 
Entrambi si voltarono verso colei che aveva parlato, Mary. Stava davanti a loro, vestita con il suo bell’abito da sposa, le mani congiunte e un’espressione neutra.
 
<< Che intendi dire che non li troveremo ? >> chiese Damon con un ringhio avvicinandosi pericolosamente a Mary
 
<< Che sono fuggiti. Li ho fatti fuggire. Qui non erano più al sicuro >> rispose Mary con tranquillità
 
<< Che intendi dire che qui non erano più al sicuro ? >> chiese Meredith
 
<< Quello che ho detto. Inconsapevolmente, Elena, Stefan e mia sorella erano pezzi di un puzzle che da troppo tempo è rimasto incompleto e che qualcuno sta cercando disperatamente di portare a conclusione. Purtroppo però, per ottenere questo, bisogna sacrificare molte cose. E io non sono disposta a sacrificare mia sorella >> disse Mary
 
<< Ma di che diamine stai parlando ? >> chiese Damon che non riusciva a capirci niente
 
<< Che per un attimo ho quasi fatto uccidere mia sorella per mantenere in vita mio figlio. Ma che poi… non giudicatemi. Non è facile per me >>
 
<< Cosa vuoi dire che hai quasi fatto uccidere tua sorella ? Tu non hai figli. Per cosa l’avresti sacrificata ? >> domandò Meredith che si stava arrabbiando a sua volta
 
<< Che tutto questo matrimonio era una farsa. O meglio il matrimonio era vero, ma era vero anche il fatto che fosse una trappola. Tutti qua dentro sapevamo che quella ragazza carina dai capelli mori e gli occhi verdi fosse in realtà la graziosa Elena Gilbert. Uno degli ingredienti principali del rituale che oggi si doveva compiere >> spiegò Meredith
 
<< Quale rituale ? >> chiese Damon
 
<< Dove sono ora quei tre ? >> chiese Meredith
 
<< Come ho già detto… li ho fatti scappare. Non li ritroverete mai, almeno che non vi sbrighiate e vi consiglio di fare… già qualcuno si è accorto dell’assenza di quei tre >> disse Mary
 
<< Mary ti giuro, che nonostante io provi un affetto sincero e profondo nei confronti di tua sorella che ti infilerò un paletto nel cuore se le dovesse accadere qualcosa per colpa tua >> la minacciò Meredith
 
<< Tik tok, tik tok >> disse solo Mary mantenendo un’espressione neutra
 
Meredith e Damon uscirono dal locale e andarono verso la Ferrari nera del vampiro, dirigendosi verso la pensione dove speravano di trovare un qualcosa che li potesse aiutare a rintracciare gli altri.
 

 
Stefan, Bonnie ed Elena erano all’aeroporto. Si erano cambiati e adesso si stavano dirigendo verso i rispettivi voli. Non si erano detti più niente in quel lasso di tempo. Tutti e tre odiavano gli addii. Si limitarono ad abbracciarsi e ad augurarsi buona fortuna a vicenda. Sapevano che forse non si sarebbero visti mai più ma avevano preso una decisione e per una volta, sarebbero andati ognuno per le proprie strada fino a quando il destino non le avrebbe fatte incrociare di nuovo, in questa o in un’altra vita.
 

 
<< Sono scappati vero ? >> chiese il signor De Verdant
 
<< Sapevamo che non era saggio fidarsi di Mary. È una debole, non sarebbe mai andata fino in fondo >> disse la signora De Verdant
 
<< Figliola avrei dovuto darti retta >> disse il signor De Verdant
 
<< Non chiamarmi così. Odio quel nomignolo e inoltre uno che ti sente potrebbe intendere male. Non siamo parenti e la reputazione della nostra famiglia fa già schifo da sola >> disse la signora De Verdant
 
<< Concordo. Noi in fondo non siamo parenti… siamo solo cugini di secondo grado o qualcosa del genere >> ironizzò il signor De Verdant
 
<< Di terzo grado. E comunque adesso abbiamo affari più urgenti a cui pensare. Dobbiamo rintracciare quei tre. È l’unico modo per portare a compimento il rituale ed essere beneficiati di un quarto figlio. Visto l’esito dell’ultimo rituale, non ci tengo a perdere un altro figlio. >> disse la signora De Verdant
 
<< Non preoccuparti mia cara, farò in modo che tu possa avere tutti i figli che desideri >> disse il signor De Verdant baciando la mano alla moglie.
 
 
 

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Capitolo 9
*** Sylvia ***


Sylvia
 
Stefan e Bonnie erano appena decollati e entrambi avevano il cuore a mille. Bonnie non vedeva l’ora di partire e di andare via da lì. Aveva appreso troppe cose nell’arco di poco tempo, e molte di quelle cose la stavano distruggendo. Da quel che aveva inteso, lei era stata maledetta sin dalla nascita per far si che il frutto di un amore contro natura venisse alla luce, quello che doveva ancora capire era se questo bambino fosse già venuto alla luce o se ancora dovesse nascere. Doveva capire come fare per spezzare il legame perché una cosa l’aveva capita alla perfezione, se lei avesse fallito l’incantesimo sarebbe stato utilizzato sulla figlia o sul figlio che sua sorella Mary portava in grembo. Lei non avrebbe mai permesso che qualcuno facesse del male al figlio di Mary. Stefan, accanto a lei, aveva notato che la sua amica era pensierosa, ma sapeva anche che quello non era il luogo adatto per chiederle spiegazioni, anche se prima o poi gliele avrebbe chieste. D’altro canto anche lui aveva altro per la testa. Dio, non si sentiva così nervoso da quella sera. Ormai non riusciva più a sentire le cose come avrebbe dovuto sentirle, era come avere il cuore a metà. Sapeva che ciò che era successo quella sera l’avrebbe pagata cara ma per ora preferiva non pensarci. Dimenticare sarebbe stato troppo facile, andare avanti senza mai voltarsi indietro, uscire, trovarsi  una nuova ragazza, ma non poteva. Non più. Ormai non si sentiva  più libero neanche di respirare. Sperava solo che quel viaggio sarebbe passato in fretta.
 

 
<< Cristo Santo !!! Perché stai guidando in questa maniera ? >> chiese Meredith a Damon che stava guidando a una velocità assurda
 
<< Non rompere le palle Miss Inquietudine !! Non hai capito che Elena e Bonnie sono scappate con mio fratello chissà dove ? >> le chiese Damon urlando
 
<< Prima di tutto abbassa la voce. Secondo, stai andando per la strada sbagliata, andando di qui supereremo i confini di Fell’s… >> Meredith si fermò di botto
 
Meredith smise di parlare perché una palla di fuoco per poco non colpiva la macchina davanti a loro.
 
<< Che diamine… >> cominciò a dire Meredith uscendo dalla macchina
 
<< È la seconda volta che succede. Maledizione !! >> urlò Damon uscendo dalla macchina
 
<< Che intendi dire che è la seconda volta ? >> gli chiese Meredith
 
<< Una volta stavo accompagnando Bonnie all’ospedale, quello che sta poco fuori città, l’unico ospedale vicino a questa città, in effetti. Lei si sentiva male ma… esattamente in questo punto siamo stati attaccati da una palla di fuoco che per poco non ha colpito la mia auto >> spiegò Damon
<< Aspetta… vuoi dire che… >> disse Meredith cominciando a camminare dritto davanti a sé
 
<< Che cos… ATTENTA !! >>
 
Damon prese Meredith per la vita e la trascinò lontano da un cartello che diceva “State andando via da Fell’s Church”, accanto al quale era caduta un’altra palla di fuoco.
 
<< Ma che diamine !! Vuoi stare attenta ?! >> le chiese Damon urlando
 
<< Dio, Damon ma non capisci ? Ogni volta che proviamo a superare il confine di Fell’s Church… veniamo attaccati da queste palle di fuoco in modo da non poter lasciare il confine. Quindi… >>
 
<< Quindi ? >>
 
<< L’altra volta chi ha superato il confine ? Tu o Bonnie ? >> chiese Meredith che iniziava a capire
 
<< Cosa vuoi che importi ? >> chiese Damon arrabbiato
 
<< Damon, concentrati è importante ! >>
 
<< Io… ho superato il confine due volte. La prima con la mia auto, la seconda a piedi. Quando l’ha superato Bonnie non c’è stata alcuna reazione >> disse Damon cominciando a capire anche lui
 
<< Questo significa che questo incantesimo e stato lanciato per trattenere me e te a Fell’s Church. Qualcuno deve aver previsto che loro sarebbero scappati e che noi avremmo cercato di raggiungerli. >> disse Meredith
 
<< Vuoi dire che noi non possiamo raggiungere l’aeroporto ? >>
 
<< Ma perché stavi andando lì ? >>
 
<< Ovvio. È il modo più rapido per scappare, anche se il meno discreto >>
 
<< Ma non sappiamo nemmeno dove stanno andando >> replicò Meredith incrociando le braccia al petto
 
<< Lo so. Speravo di arrivare in tempo per poterli fermare. Ora che cosa facciamo ? >>
 
<< Dobbiamo andare dalla signora Flower, è l’unica strega in grado di aiutarci, l’unica. Dobbiamo andare da lei cercare un modo per spezzare l’incantesimo di confine e fare un incantesimo di localizzazione per trovare Bonnie, Stefan e Elena >> disse Meredith  aprendo lo sportello della macchina
 
<< Bene. Non perdiamo altro tempo >> disse Damon entrando in macchina

 
Bonnie e Stefan erano appena arrivati all’aeroporto di Chicago, la prima città a cui Stefan era venuto in mente di andare.
 
<< Come mai hai scelto Chicago come prima tappa ? >> gli chiese Bonnie
 
<< Perché qui vive una persona… una mia amica. Lei è anche una strega, potrebbe darci ospitalità e potrebbe anche aiutarci a capire chi sono i nostri nuovi nemici >> disse Stefan
 
<< Scusa ma quindi quanti anni ha ? >> gli chiese Bonnie con un sopracciglio alzato
 
<< Ecco vedi… non la giudicare ma… lei è una strega molto particolare. Diciamo che sa come mantenersi giovane, passando da una vita all’altra >> disse Stefan abbassando la voce
 
<< Che intendi dire ? >>
 
<< Lei è una delle poche streghe che ha studiato i segreti della reincarnazione e in un certo senso… è una delle pochissime che è riuscita a capirne tutti i segreti >> disse Stefan
 
<< Vuoi dire che lei ha vissuto diverse vite ? >>
 
<< Già. E in tutte le vite riusciamo ad incontrarci. Lei sa anche come mantenere i ricordi delle vite precedenti e sa come mantenersi giovane fisicamente. Si può dire… che lei ci tiene molto alla sua giovinezza. >>
 
<< Come si chiama ? >>
 
<< Si chiama Sapphire, o meglio, così si chiamava la prima volta che incontrai, nel corso degli anni cambiò nome diverse volte ma io la chiamo sempre con questo nome. >>
 
<< Dici che lei sarà disposta ad offrirci ospitalità ? >>
 
<< Lei mi ha sempre aiutato, è una grande amica, sarà disposta ad aiutarmi >>
 

 
Mary era appena tornata in sala e cercava di trattenere le lacrime, sapeva che aveva commesso un grave errore nel vendere sua sorella ai De Verdant, voleva solo proteggere il suo bambino. Aveva agito in maniera egoista ma che altra scelta ? Anastasia De Verdand era stata chiara. Non avrebbe lasciato in pace la loro famiglia finché non avrebbe avuto un altro figlio oltre ad Annabelle e Juliet. L’unico modo di avere un altro figlio era creare un legame puro con una strega bianca come Bonnie oppure sacrificare suo figlio e legare lui con il prossimo figlio dei De Verdand. Una lacrima solcò la guancia di Mary. Aveva fatto la scelta sbagliata a fare l’accordo con Albert e Anastasia De Verdant ma che altro poteva fare ? Non voleva che il suo bambino morisse come era morta Sylvia, sua sorella gemella. Bonnie non l’aveva mai conosciuta, semplicemente perché Sylvia non era cresciuta insieme a loro. Mary aveva scoperto di Sylvia all’età di diciotto anni quando, dopo aver letto alcuni vecchi diari della nonna e di sua madre, aveva scoperto che aveva una sorella gemella di cui tuttavia non sapeva nulla. Fu a quel punto che trovò la forza di mettere sua madre alle strette per costringerla a raccontarle tutta la verità. A quel punto sua madre insieme a zia Deborah le avevano raccontato della maledizione che da secoli legava la famiglia De Verdant con la loro. Sua madre le aveva raccontato che Sylvia a differenza sua era nata strega, per cui era da sempre stata destinata a sopportare il peso della maledizione per cui era stata cresciuta lontano dalla famiglia. Sua madre le aveva detto che non se la sentiva di farla crescere con lei e Bonnie perché sarebbe stato doloroso anche per loro. Inoltre era davvero molto potente ma cagionevole di salute. Il suo corpo era troppo debole per poter reggere un potere forte come il suo e il peso della maledizione. Sua madre e sua nonna avevano fatto di tutto per poter guarire Sylvia o almeno provarono a nasconderla dai De Verdant per poterle garantire qualche altro anno di vita. Purtroppo quando Anastasia De Verdant aveva scoperto di Sylvia, Albert De Verdant era così arrabbiato con sua madre per aver provato a negare un terzo figlio a sua moglie che non esitò a dare inizio al Rito. E fu così che Sylvia, all’età di diciotto anni, fu sacrificata al rito. Purtroppo però, o fortunatamente… lei morì durante il rito così come il figlio che portava in grembo Anastasia De Verdant. Mary aveva ancora in mente le urla di Sylvia durante il rito, le lacrime di sua madre, di sua nonna, di suo padre e le sue che pur conoscendo Sylvia solo da qualche giorno, non aveva potuto fare a meno di volerle bene e di provare un forte senso di colpa nei suoi confronti perché questo era capitato solo a lei e non a entrambe. Tuttavia, Anastasia si arrabbiò tantissimo per l’accaduto ma Albert l’aveva rassicurata all’istante. Mary ricordava ancora le mani viscide di quell’uomo sul suo ventre, lui aveva già predetto tutto questo. Lei avrebbe incontrato un giovane uomo, avrebbe scoperto il dono più grande del mondo, l’Amore, e da questo amore avrebbe avuto un frutto. Purtroppo il problema era se lo avrebbe colto lei o la famiglia De Verdant.
Quando entrò in sala vide che tutti gli ospiti se ne erano andati, tranne i signori De Verdant, le loro figlie e Douglas. Oh Douglas, in che guai lo aveva coinvolto.
La signora De Verdant era seduta a un tavolo con un bicchiere di vino in mano.
 
<< Bienvenue, Cher. Unisciti a noi. Brinda… il nostro insuccesso >> disse Anastasia alzandosi e avvicinandosi verso di lei alzando il bicchiere di vino
 
<< Anastasia io… >> iniziò Mary
 
<< Signora De Verdant per te >> la corressero entrambi i coniugi
 
<< Signora De Verdant, mi dispiace ma non volevo che il mio matrimonio si trasformasse in un sacrificio. Questo doveva essere un giorno di festa per me >> disse Mary prendendo un bicchiere di vino
 
<< Sei patetica. La vostra famiglia giova ancora di questi insulsi eventi solamente grazie a noi e alle nostre sofferenza. Non è la prima volta che la tua insulsa famiglia mi priva di un figlio, Mary ! >> urlò Anastasia
<< Lei non dovrebbe avere figli !! >> urlò Douglas
 
Albert non esitò a intervenire in difesa della moglie e usò la magia su Douglas che cominciò a soffocare.
 
<< Ma… Mary >> diceva Douglas
 
<< Douglas !! Ti prego, ti prego non fargli del male !! >> supplicò Mary con le lacrime agli occhi
 
<< Mary, che fai supplichi ?? Risparmiatelo. Avresti dovuto pensarci prima >> disse la Anastasia con un tono freddo come il ghiaccio
 
<< Non potevo… cerca di capirmi >>
 
<< Mary, io ti avevo chiesto così poco. Non avresti dovuto pugnalarmi alle spalle. >> disse Anastasia avvicinandosi a Douglas
 
<< Rimedierò, te lo prometto >> disse Mary che non sapeva più cosa fare
 
<< Me lo auguro, per te. E anche per lui >> disse Anastasia prima di strappare il cuore dal petto a Douglas
 
<< Che cosa hai fatto ? >> le chiese Mary sull’orlo di una crisi isterica
 
<< Semplice. Gli ho strappato il cuore e adesso lui mi appartiene. Posso fargli fare quello che voglio. E posso ucciderlo in qualsiasi momento >> disse Anastasia stringendo leggermente il cuore di Duoglas
 
<< No per… per favore no !! Prendete il mio !! Il mio !! >>
 
<< Oh cara no. Tu in questo momento, sei davvero preziosa per me. Cara >> disse Anastasia avvicinandosi a Mary e toccandole il ventre
 
<< Sai, Mary… se noi non dovessimo trovare tua sorella… avremmo bisogno di qualcun altro… che sia disposta a fare una piccola, insignificante, rinuncia per darmi il piacere di essere mamma >> disse Anastasia
 
<< Bonnie è scappata >> sussurrò Mary che cominciò a piangere
 
<< Lo so, per colpa tua. Fortunatamente, le mie figlie Annabelle e Juliet hanno fatto una piccola magia sul Grimorio di Bonnie, in questo modo… ogni volta che lei farà un incantesimo, ogni volta che lei sfiorerà il Grimorio, ogni volta che lei proverà a fare anche una sola piccola magia, noi la troveremo. E il rito sarà compiuto >> disse Anastasia con un sorriso
 
<< Mamma !! >>
 
Annabelle e Juliet erano appena entrate in sala. Non indossavano più gli abiti del matrimonio ma dei pantaloni neri attillati e un soprabito largo e nero.
 
<< Si, Annabelle ? >> disse Anastasia
 
<< Elena Gilbert è scomparsa. Abbiamo provato a rintracciarla sperando che l’incantesimo che le aveva fatto Bonnie non si fosse esaurito ma purtroppo l’incantesimo si è rotto prima del previsto. Non appena ha superato il confine di Fell’s Church. >> disse Annabelle
 
<< Che vuoi dire ? >> chiese Albert
 
<< Qualcuno ha fatto un incantesimo al confine. Ogni magia compiuta a Fell’s Church si spezza dopo aver superato il confine. E questo vale anche per il Grimorio di Bonnie >> rispose Juliet
 
<< Quindi non li possiamo trovare ? >> chiese Anastasia De Verdand
 
<< No. Possiamo trovarli, ma ci vorrà giusto un po’ più di tempo. Nel frattempo il grembo della nostra Mary crescerà. Se non troveremo Bonnie… Mary saprà come farsi perdonare >> disse Annabelle con un ghigno
 
<< A proposito di Mary… tieni Annabelle. Voglio farti un regalo. Un bello schiavetto >> disse Anastasia dando il cuore alla figlia
 
<< Grazie mamma >> disse Annabelle prendendo il cuore
 
<< Ora… tutto ciò che dovete fare, è trovare Bonnie Mccullough >>
 
...
 
Stefan e Bonnie avevano appena affittato un auto e ora Stefan stava guidando verso l’appartamento di Saphire. Non la vedeva da una vita, in un certo senso, ma sapeva esattamente dove trovarla. Bonnie si preoccupò un po’ quando Stefan la portò nella zona più ricca della città, più precisamente .
 
<< Stefan… sei sicuro che viva qui ? >> gli chiese dubbiosa
 
<< Ovvio che si. Vedi quella gioielleria là in fondo ? >> le chiese Stefan
 
<< Quella piena di zaffiri in vetrina ? >> chiese Bonnie con un’espressione scettica
 
<< Esatto. È lì che dobbiamo andare. Lo zaffiro è il suo simbolo. Li ama come io amo il sangue. >> disse Stefan
 
<< Vuoi dire che questo negozio è suo ? >> chiese Bonnie
 
<< Esatto >>
 
I due entrarono nel negozio e si sentirono entrambi un po’ fuori luogo. Lì dentro c’erano persone distinte e con abiti eleganti. Stefan indossava un semplice jeans scuro con una felpa blu scuro con un cappuccio e una maglia nera. Bonnie indossava dei jeans scuri con delle ballerine nere, e un leggero giacchettino nero.
 
<< Stefan, io mi sento un po’ fuori posto >> sussurrò Bonnie
 
<< Lo so. Ma non abbiamo altra scelta >> disse Stefan avvicinandosi a una giovane donna che stava seduta a una scrivania
 
<< Mi scusi signorina >> disse gentilmente Stefan
 
La donna alzò lo sguardo verso i due e se all’inizio di mostrò un po’ … disturbata dal loro abbigliamento, cambiò espressione non appena vide il viso di Stefan. Era una donna di bell’aspetto, bionda con gli occhi azzurri, le labbra carnose, anche se era chiaro che se le fosse rifatte.
 
<< Come posso aiutarla, signore ? >> gli chiese senza riuscire a smettere di guardarlo
 
<< Stiamo cercando la signora Sapphire Mon Bijou, pensa che potrebbe riceverci per un minuto ? >> le chiese Stefan
 
<< E voi chi sareste ? Avete un appuntamento con la signora ?? >> gli chiese la donna un po’ indispettita
 
<< Non abbiamo un appuntamento, le dica solo che Stefan Salvatore vorrebbe parlarle per un secondo. Le chiedo solo questa cortesia >> disse Stefan con un sorriso
 
<< Attenda solo un momento >> disse la donna cominciando a premere i pulsanti del telefono sulla sua scrivania << Madame ? Madame, je suis désolé pour la peine. Il est un jeune garçon qui aimerait rencontrer. Il a dit que son nom était Stefan Salvatore. Oui. >>
La donna chiuse la chiamata e si rivolse ai due giovani con un sorriso << Dunque, jeune, madame Saphire Mon Bijou ha detto che sarebbe molto lieta di incontrarvi. Magdalene !? >> chiamò a gran voce una ragazza
 
<< Oui !? >> disse una ragazza con i capelli rossi avvicinandosi alla donna
 
<< Pourriez-vous accompagner gentiment ces deux jeunes hommes de la Dame? Merci cher. >> disse la donna tornando a leggere delle carte
 
<< Oui. Venite con me >> disse la ragazza conducendoli verso un ascensore
 
Stefan e Bonnie la seguirono in silenzio nell’ascensore. Persino l’interno dell’ascensore era molto lussuoso e Stefan e Bonnie si sentivano sempre più a disagio a causa dei loro vestiti. Bonnie anche più di Stefan.
La ragazza con i capelli rossi poi schiacciò un pulsante e l’ascensore si fermò. Le porte dell’ascensore si aprirono e la ragazza fece loro segno di uscire. I due la salutarono velocemente, poi uscirono dall’ascensore e per poco non svennero. Lo spettacolo che gli si presentò davanti era idilliaco, l’ufficio era a dir poco spazioso, le pareti erano di un bellissimo indaco, i mobili erano in legno e bianchi, e c’erano delle vetrinette con dei bellissimi gioielli con diamanti e zaffiri di ogni grandezza.
 
<< Da quanto tempo. Ma chérie, credevo che non ti avrei incontrato in questa vita. Sono molto felice di averti rivisto >> disse una donna che stava venendo verso di loro
 
I due si voltarono verso una scrivania argentata, decorata con diamanti e zaffiri, che stava un po’ più in alto rispetto al pavimento. Infatti la padrona di quella bellissima scrivania e molto probabilmente di tutti gli zaffiri e diamanti del palazzo, stava scendendo alcuni gradini. Bonnie non poté evitare di arrossire, quella era una delle donne più belle che avesse mai visto. Era una giovane donna sui ventiquattro o venticinque anni, era avvolta in un bellissimo abito blu scuro, in stile dea greca, con una cintura di diamanti intorno alla vita, la gonna in stile frisé, alta, con la pelle chiara, gli occhi di un bellissimo blu elettrico e i capelli del medesimo colore.
 
<< Sono felice anche io di rivederti Sapphire >> disse Stefan facendo un inchino
 
<< Oh, in questa vita mi chiamo Saphire, ha un suono più alla… francese >> disse Sapphire baciando Stefan sulla guancia
 
<< Sapphire mi piace di più. Mi ricorda la prima volta che ti ho visto >> disse Stefan con un sorriso
 
<< Siamo in due a non averla dimenticata, my laddie >> disse
 
Dopo aver detto ciò, il suo corpo fu avvolto da una strana luce blu elettrico e il suo corpo da giovane donna di ventiquattro anni, si trasformò in una graziosa ragazza di diciassette anni.
 
<< Meglio, non trovi my dear ? >> chiese con un sorriso malizioso
 
<< Sei sempre bellissima per me, lo sai >> disse Stefan con un sorriso
 
<< Chi è questa graziosa signorina che sta con te ? >> chiese Sapphire con un sorriso cordiale
 
<< Il suo nome è Bonnie Mccullough, è una mia carissima amica. >> la presentò Stefan
 
<< Molto lieta di fare la sua conoscenza >> disse Bonnie porgendole la mano
 
<< Oh, darling, dammi pure del tu. Mi fa sentire più giovane. >> disse Sapphire baciandole entrambe le guance
 
<< Certo. >> disse Bonnie arrossendo ancora di più
 
<< Grazie al mio potere riesco ad avvertire che anche tu sei una strega. E anche molto potente >>
 
<< E anche molto bisognosa d’aiuto >> disse Bonnie
 
<< Che vuoi dire ? >> domandò Sapphire
 
<< Sapphire… abbiamo bisogno del tuo aiuto. >> disse Stefan
 
<< Che succede Stefan ? >> gli chiese Sapphire preoccupata
 
<< Bonnie e io siamo in grave pericolo. Hai mai sentito parlare della famiglia De Verdant ? >> le chiese Stefan
 
<< La famiglia incestuosa che ha inventato l’incantesimo per far nascere figli impuri con il sacrificio di figli puri ? >> chiese Sapphire alzando un sopracciglio
 
<< Si. Ho recentemente scoperto di essere stata legata a uno dei loro figli, non so se questo bambino sia già nato o meno ma so solo che se non trovo una soluzione sarà mia sorella a perdere il suo bambino e non voglio che lei perda suo figlio per colpa mia >> disse Bonnie
 
<< Capisco. Vuoi sapere se c’è un modo di rompere l’incantesimo. Mi dispiace, ma non c’è un modo, è un incantesimo del sangue e gli incantesimi del sangue sono gli unici che una volta compiuti non possono essere spezzati. >> disse Sapphire con uno sguardo triste
 
<< Vuoi dire… che io ormai sono stata inevitabilmente legata a questo bambino e che non c’è speranza che il legame venga spezzato ? >> chiese Bonnie con le lacrime agli occhi
 
<< Fammi vedere una cosa >> disse Sapphire posando le sua mani sul grambo di Bonnie
 
Sapphire cominciò a sussurrare strane parole e le sue mani cominciarono a brillare di luce blu.
 
<< Il bambino… il bambino deve ancora nascere… ma è già stato concepito, nascerà tra otto lune poiché la prima è già passata. Ma… sento che… ah… >> Sapphire si allontanò un po’ da Bonnie e poi la guardò preoccupata
 
<< Cosa succede Sapphire ? >> le chiese Stefan che non le piaceva vederla così preoccupata
 
<< Bonnie… tu hai il cancro. Morirai tra qualche mese, non riuscirai a portare a termine il rito >> disse Sapphire
 
<< E questo è un male ? >> chiese Bonnie
 
<< Per te forse no, ma per il bambino di tua sorella si. Se tu morirai prima della nascita del bambino, sarà il figlio di tua sorella a essere sacrificato al posto tuo >> disse Sapphire
 
<< No, no, ti prego, ci dev’essere un altro modo >> disse Bonnie
 
<< Mi dispiace ma non c’è un altro modo. Mi sono già scontrata in un’altra vita con Anastasia De Verdant e ti posso assicurare che è molto potente, più potente persino di me, e non si fermerà fino a quando non avrà ottenuto ciò che vuole >>
 
<< Cosa vuoi dire quando dici che ti sei già scontrata con Anastasia De Verdant in un’altra vita ? >> chiese Stefan confuso
 
<< Dico, che anche lei conosce i segreti della reincarnazione… come me. Anche lei ha vissuto più vite, così come sua figlia Annabelle… >>
 
<< Aspetta… Annabelle non è figlia del singor De Verdant ? >> chiese Stefan
 
<< Non ho detto questo. Ho detto che Annabelle non è figlia di Alber De Verdant ma di Michael Von Gruer. Tu ancora non sai la storia vero ? >> ciese Sapphire
 
<< Io sapevo che la stirpe dei De Verdant iniziò con i fratelli Diana e Frederick, e che loro ebbero tre figlie. >> disse Bonnie
 
<< Tre figlie e un figlio. Un figlio illegittimo, tuttavia puro. Frutto del tradimento di Diana De Verdant con Edmund Von Gruer. >> disse Sapphire
 
<< Aspetta, quindi Diana ebbe un figlio illegittimo con un altro uomo, per cui puro poiché non era frutto di un incesto. >> disse Stefan
 
<< Esatto >> disse Sapphire
 
<< E che Anastasia De Verdant era una delle tre figlie, lettime e quindi impure di Frederick De Verdant. >> continuò Bonnie
 
<< Si. Lei rispettò la tradizione di famiglia e si innamorò di Michael, tuttavia come ben sapete successivamente la famiglia De Verdant fu accusata di stregoneria e io non so poi cosa sia successo con precisione. So per certo che i due coniugi furono bruciati sul rogo, ma sulle figlie non so niente. Ho scoperto ciò che so su Anastasia quando l’ho incontrata due vite fa insieme alla figlia. >> disse Sapphire
 
<< E di Michael Von Gruer ? Cosa sai di lui ? >> chiese Bonnie
 
<< Niente. Nessuno sa più niente di lui. Come ogni “leggenda”, anche questa ha le sue contraddizioni. C’è chi dice che Michael fu bruciato al rogo insieme alla sua famiglia, c’è chi dice che se ne sia andato via dopo aver scoperto la verità sulla sua famiglia senza sapere di essere diventato padre, e c’è chi dice che sia completamente scomparso. >> disse Sapphire
 
<< Comunque, io adesso come posso proteggere mio nipote ? >> disse Bonnie
 
<< Posso provare a indebolire il tuo male, ci posso provare. Ci darà un po’ di tempo, ma… come ho già detto non posso rompere l’incantesimo. >> disse Sapphire
 
<< Un bambino, che sarà mai ? A questo punto mi rassegno al fatto che dovrò farlo nascere. In un certo senso, diventerò mamma. In fondo sto morendo… l’importante è che non sia mio nipote a pagare al posto mio >> disse Bonnie
 
<< Sei molto coraggiosa Bonnie. Ti prometto che farò di tutto per poter aiutare entrambi. >> disse Sapphire
 
<< Grazie Sapphire, sapevo di poter contare su di te >> disse Stefand pendendole le mani e baciandole.
 

 
Anastasia De Verdant era appena entrata in camera sua e appena entrata chiuse la porta a chiave. Non aveva niente contro suo marito, ma doveva ammettere che non era entusiasta di avvertire lo sguardo con lui la guardava ogni volta che si spogliava. Andò davanti allo specchio e si tolse il vestito del matrimonio, sul corpo di potevano notare segni di bruciature. Anastasia ricordava bene quel giorno, sapeva che cosa sarebbe accaduto, tuttavia lei non si era arresa come la sua famiglia, aveva studiato energicamente i segreti della reincarnazione in modo da potersi proteggere dalla morte quando sarebbe stata bruciata sul rogo. Aveva sopportato il dolore del fuoco sulla sua pelle, sia per lei che per Annabelle, che era nata nella vita seguente. Quando non sopportò più di guardare quei segni sulla sua pelle chiara, mise una vestaglia e si guardò di nuovo allo specchio.
 
“ Questa volta, in questa vita, avrebbe avuto quello che voleva. Nessuno l’avrebbe potuta fermare.”

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Capitolo 10
*** The heart of the vampire ***


THE HEART OF THE VAMPIRE
 
Damon stava guidando molto velocemente verso la pensione. Aveva fretta di andare dalla signora Flowers per poter trovare un modo per superare il confine e trovare Bonnie, Stefan e Elena. Meredith accanto a lui stava in silenzio, non provando neanche a rimproverarlo per la velocità assurda con cui stava guidando. La verità era che anche lei non vedeva l’ora di arrivare dalla signora Flowers per poter rompere l’incantesimo e trovare le sue amiche.
Arrivarono alla pensione in pochi minuti e velocemente scesero dalla Ferrari e si incamminarono verso la pensione. La signora Flowers stava preparando del tè in cucina e quando lì vide rimase non poco sorpresa.
 
<< Oh, cari. Cosa ci fate qui ? Credevo che foste a un matrimonio. O almeno uno di voi >> disse la signora Flowers
 
<< Il matrimonio era una farsa. Era una trappola di alcune streghe per uno strano rituale. Ma non abbiamo avuto occasione di indagare più in fondo. >> disse Meredith
 
<< E gli altri dove sono ? >> chiese la signora Flowers
 
<< Per questo siamo qui signora Flowers >> disse Damon sedendosi
 
<< Stefan, Damon e Elena sono scomparsi e non sappiamo come riuscire a trovarli >> disse Meredith
 
<< Inoltre non possiamo neanche lasciare Fell’s Church >> disse Damon
 
<< Come no ? >> chiese la signora Flowers
 
<< C’è una strana magia che ci impedisce di passare il confine. Ogni volta che ci proviamo, delle palle di fuoco ci intralciano il cammino e non sappiamo come oltrepassare il confine >> spiegò Meredith
 
<< Oh mio… conosco l’incantesimo ma purtroppo io non posso aiutarvi. O almeno non posso aiutare entrambi. >> disse la signora Flowers
 
<< Che vuole dire ? >> chiese Damon che cominciava ad arrabbiarsi
 
<< Quell’incantesimo è molto particolare. Può spezzarlo solo colui o colei che lo ha lanciato. Gli altri possono solo sottostare alle sue regole. >> spiegò la signora Flowers
 
<< Non c’è alcun modo per poter passare o per poter aprire un passaggio per passare ? >> domandò Meredith
 
<< Per andare dove ? Voi sapete per caso dove trovare i vostri amici ? >> chiese la Signora Flowers
 
<< No. Non può aiutarci neanche per questo ? >> domandò Damon in maniera sgarbata ricevendo una gomitata da Meredith
 
<< Forse si. Il problema è che purtroppo qualunque magia venga attuata a Fell’s Church non è detto che riesca a superare il confine. Per cui, l’incantesimo di localizzazione ha poche probabilità di funzionare >> spiegò la signora Flowers
 
<< Non c’è un altro modo ? >> chiese Meredith
 
<< C’è. Ma non garantisco che funzionerà >>
 

 
Bonnie era in ascensore con delle ragazze che la stavano accompagnando verso l’appartamento di Sapphire, all’ultimo piano, per poter riposare un po’ prima di procedere con i preparativi per la pozione che le avrebbe dato qualche mese in più di vita. Bonnie sperava con tutto il suo cuore che l’incantesimo che avrebbe fatto Sapphire avrebbe funzionato o altrimenti lei si sarebbe morta con il rimorso di non aver saputo fare abbastanza per la sua famiglia e soprattutto per suo nipote. Oltre a questo, un altro pensiero occupava la mente di Bonnie, Stefan. Non aveva mosso un ciglio, non aveva mostrato alcun segno di preoccupazione, era rimasto freddo, composto. Eppure quello che era successo nelle ultime ore non era un qualcosa che accadeva tutti giorni, soprattutto scoprire che una delle tue più care amiche sta morendo e che molto probabilmente morirà anche prima del previsto.
 
<< Eccoci >> disse la ragazza premendo il pulsante sull’ascensore << Buon riposo, per qualsiasi cosa puoi chiamarci >>
 
Bonnie la ringraziò con un sorriso poi entrò nell’appartamento e per poco la sua mascella non toccò il pavimento. L’appartamento di Sapphire, se così si poteva definire, era, se possibile, ancora più belle del suo ufficio. Le pareti erano di un indaco un po’ più scuro, ma le pareti erano meno spoglie, infatti su esse erano appesi diversi quadri, tutti molto graziosi, per quanto riguarda il mobilio i mobili erano di un grigio perla, che faceva un bel contrasto con le pareti, il divano era grigio perla con dei cuscini di diverse tonalità e sembrava molto comodo, inoltre vi era un plaid, e dato che Bonnie non conosceva la casa e non aveva voglia di fare la caccia al tesoro per trovare la stanza di Sapphire. Così sistemò i cuscini in modo che potesse stare comoda con il collo, poi si tolse le converse e si sdraiò sul divano poggiandosi sopra il plaid. Il divano era comodissimo e lei non ci mise molto ad addormentarsi.
 

 
Stefan stava osservando la strada sottostante dall’ufficio di Sapphire. In realtà, non la stava davvero osservando, stava pensando a molte altre cose. Sapeva che non era stato affatto bravo a fingere. Lui voleva bene a Bonnie con tutto se stesso ma non era in grado di dimostrarlo, non adesso. Non ora che gli era stato sottratto un pezzo importante di lui.
 
<< Stefan ? Stefan, dobbiamo parlare >> la voce decisa di Sapphire gli arrivò forte e chiara
 
<< Di cosa ? >> chiese Stefan
 
<< Di te, per esempio. Non sono nata ieri Stefan. Sembrerò pure una ragazzina ma io ho trecento quarantasette anni. Ti conosco, da molto tempo ormai, so che stai nascondendo qualcosa >> disse la ragazza incrociando le braccia al petto
 
<< Non sto nascondendo niente >> disse Stefan continuando a osservare la strada
 
<< Allora non avrai nulla in contrario se cominciò a curiosare un po’ nel tuo piccolo, oscuro, interessante, e debole di comprendonio, cervello >> disse Sapphire avvicinandosi al ragazzo
 
<< Non ti permettere >> disse Stefan voltandosi a guardarla
 
Sapphire scosse un po’ i suoi lunghi capelli blu mentre sulle labbra carnose compariva un ghignetto di soddisfazione.
 
<< Non è così difficile leggerti nella mente, Stefan. Non lo è mai stato, eppure… >>
 
<< Eppure cosa ? >>
 
<< Non riesco più a leggerti nel pensiero. Non riesco più… a creare un collegamento con la tua mente. E sono sicura che non si tratta di alcun incantesimo di protezione. >> disse Sapphire
 
<< Perché no ? >>
 
<< Perché altrimenti lo avrei avvertito. Invece io sento semplicemente un profondo, immenso, incolmabile vuoto dentro di te >>
 
Stefan si morse la guancia destra, e cercò di nascondere il suo improvviso turbamento. Doveva sapere che non avrebbe mai potuto nascondere qualcosa del genere a Sapphire. Lei era una strega troppo potente, una delle più potenti che  avesse mai incontrato, sapeva che non sarebbe riuscito a ingannarla.
 
<< Non puoi capire >>
 
<< Mettimi alla prova >> continuò a sfidarlo
 
<< Non ti permetterò di penetrare nella mia mente >> ringhiò il ragazza
 
<< Credimi… l’ho appena fatto >> disse la ragazza con un ghigno
 
Con un gesto della mano sinistra lo spinse contro la parete e con un magia gli incatenò le mani e il collo.
 
<< Avevi detto che non potevi leggermi nel pensiero. >> disse Stefan
 
<< E questo ha confermato ulteriormente i miei dubbi. Ora sta a te scegliere. Scegli… se essere sincero con me… oppure >> disse la ragazza avvicinandosi pericolosamente a lui
 
<< Oppure ? >> chiese Stefan
 
<< Oppure preparati alla tortura a cui ti sto per sottoporre >>
 
<< Le tue torture psicologiche non mi spaventano più >>
 
<< Per forza… non hai un cuore Stefan. E ogni incantesimo di penetrazione non ha effetto su chi non ha un cuore. Il cuore è la sede delle emozioni, e a ogni emozione sono legati dei ricordi. Non si può penetrare dalla mente al cuore, ma dal cuore alla mente si. E io non riesco a farlo perciò… dimmi, Stefan, che fin ha fatto il tuo cuore ? >>
 
<< L’ho venduto >> rispose Stefan
 
<< A chi ? >>
 
<< Ad Anastasia De Verdant >>
 
Sapphire non mutò espressione, con lo sguardo gelido continuò a fissare intensamente Stefan fino a quando il vampiro non cominciò a contorcersi dal dolore, per poi svenire.
 

 
La signora Flowers stava preparando tutto l’occorrente per l’incantesimo di localizzazione mentre Meredith e Damon cercavano di darle una mano per preparare il tutto più velocemente possibile.
Quando fu tutto pronto la signora Flowers chiese chi desiderassero trovare per primo e Meredith rispose senza esitazioni Bonnie.
La signora Flowers cominciò a ricevere diverse immagini, Bonnie che scendeva dall’aeroporto, Bonnie che entrava in un negozio, Bonnie che era completamente sola.
 
<< Bonnie è… è a Chicago, da sola. Ho visto che stava entrando in un negozio ma… non ho potuto vedere oltre perché quel luogo è protetto e vuol dire che quel negozio, o meglio , palazzo, da quanto ho potuto vedere, appartiene a una strega >> disse la signora Flowers
 
<< Non sapevo che Bonnie conoscesse delle streghe a Chicago. >> disse Meredith
 
<< Bonnie no, ma mio fratello si. Il nome della strega è Sapphire, la uccisi tre vite fa ma non so come lei riesce sempre a tornare in vita. Mi odia con tutta se stessa >>
 
<< Che novità !! >> commentò Meredith con asprezza
 
<< Ma adora mio fratello, non so come si conoscano ma so che lei è sempre disposta ad aiutarlo. Per cui è probabile che sia stato Stefan a consigliare a Bonnie di recarsi da lei per protezione >> disse Damon
 
<< A proposito di Stefan dov’è ? Perché non l’ha accompagnata ? Non è da lui non assicurarsi  che i suoi progetti vadano a buon fine >> disse Meredith
 
<< Non ne ho idea e non mi interessa. In questo momento sono troppo incazzato con lui per fargli da babysitter. Inoltre ora sappiamo che Bonnie sta bene, per cui possiamo passare a Elena >> disse Damon
 
La signora Flowers vide che Meredith era in procinto di dire qualcosa così si affrettò a iniziare l’incantesimo. Vide Elena all’aeroporto oltre i confini di Fell’s Church, con Bonnie, ma poi la vide prendere un volo diverso diretto a Londra.
 
<< Elena è a Londra. >> disse la signora Flowers
 
<< Elena dov’è ? >> chiesero allibiti Meredith e Damon
 
<< Elena è Londra, l’ho vista all’aeroporto con Bonnie ma poi le due si sono separate. >>
 
<< Perché Elena e Bonnie si sono separate ? E perché Elena è andato così lontano ? Per caso anche lì ci sono delle streghe che Stefan conosce ? >> domandò Meredith
 
<< Per quel che so, Stefan è bravo a familiarizzare con le streghe. Molto più che con i vampiri a dirla tutta, perciò è probabile >> rispose Damon
 
<< Per caso stavolta ha visto anche Stefan oltre ad Elena ? >> chiese Meredith
 
<< No, non era neanche con lei >>
 
<< Ma allora dove diavolo si è cacciato ? >> chiese Damon che mal celava la sua preoccupazione
 
<< Ora provo a cercarlo >>
 
La signora Flowers eseguì l’incantesimo ma tutto ciò che vide fu il vuoto.
 
<< Non riesco a trovarlo >>
 
<< Che intende dire con “non riesco a trovarlo” ? È un vampiro non un fantasma, non è grado di sparire da un giorno all’altro >> disse Damon che si stava arrabbiando sul serio
 
<< Eppure non riesco a trovarlo, tutto ciò che riesco a vedere è il buio >>
 

 
Stefan aprì lentamente gli occhi e poi si guardò intorno. Si trovava su un divano color indaco, sbucato chissà dove, nell’ufficio di Sapphire.
 
<< Ben svegliato, Bell’addormentato. Sapevo di essere molto potente ma non credevo che tu fossi così delicato. >> disse Sapphire porgendogli un bicchiere di sangue
 
Stefan la guardò in modo strano, così Sapphire si trovò costretta a precisare << Stai tranquillo, è sangue animale. Diciamo che sapevo che mi avresti fatto visita molto presto >> disse Sapphire porgendogli il bicchiere
 
<< Grazie. E comunque non sono delicato. Sei tu che sei troppo potente >> disse Stefan bevendo un sorso
 
<< Dovrei sentirmi lusingata ? >> chiese Sapphire alzando un sopracciglio
 
<< Ovviamente. Sei un’ottima strega, Saph, e un’amica eccellente >> disse
 
<< E allora perché non vuoi confidarti con me ? >> chiese Sapphire
 
<< Che cosa c’è da dire Saph ? >>
 
<< Perché hai chiesto ad Anastasia di strapparti il cuore dal petto ? >>
 
<< Vuoi sapere perché ho preso la decisione di non provare più alcuna emozione, o perché ho chiesto proprio ad Anastasia di aiutarmi a sbarazzarmi della mia parte più debole e patetica ? >>
 
<< È davvero questo che pensi ? >>
 
<< Penso solamente che adesso non soffro più. Adesso sto molto meglio, il vuoto è meglio del dolore. >>
 
<< Vuoi spiegarmi meglio cosa è successo ? >>
 
<< Li ho visti. Ho visto mio fratello e la mia ragazza insieme quella stessa notte. Ricordo perfettamente quanto… quanto io… Io credo di essere uscito fuori di testa. Ho sofferto così tanto che ho avuto fretta di uscire dalla pensione e… >>
 
<< Stefan, con calma. Puoi raccontarmi tutto, lo sai. >>
 
<< Io ero così… arrabbiato. Non ho mai provato tanta rabbia in vita mia, e sentivo, ogni secondo che passava, il mio cuore che si spezzava sempre di più. E a un certo punto sentivo il bisogno di respirare. Cercavo di convincermi che non fosse vero, che avevo visto male, che lei mi amasse veramente. Ma non era così, le mie erano tutte bugie. Volevo solo… >>
 
<< Non sentire più niente ? >>


<< Non sentirmi più in quel modo. >>
 
<< Com’è avvenuto il tuo incontro con Anastasia ? >>
 
<< Ero ubriaco fradicio e non lo rammento molto bene >>
 
<< Mi stai mentendo di nuovo. >>
 
<< Ti sto dicendo la verità, ero ubriaco fradicio, il barista per poco non mi buttava fuori dal bar a calci. Voleva chiamare qualcuno ma non sapeva chi chiamare così, stava per chiamare la polizia ma… una ragazza bionda mi si avvicinò… >>
 
<< Anastasia ? >>
 
<< No. Non Anastasia, sua figlia, Annabelle. Lei mi si avvicinò e disse al barista che io ero suo fratello o suo cugino, non ricordo. Quel che conta è che mi portò via da lì e mi condusse in macchina sua. >>
 
<< Anastasia era lì ? >>
 
<< No. Eravamo soli e, ricordo che lei aveva acceso una musica strana alla radio e poi… poi mi porse quella che all’apparenza sembrava una normale bottiglietta d’acqua ma sono sicuro che all’interno doveva essere qualche strana pozione perché mi fece passare subito la sbronza >>
 
<< Ovviamente >> commentò la ragazza con uno strano sorriso
 
<< Che intendi dire ? >>
 
<< Che aveva bisogno che tu fossi lucido per convincerti a cederle il cuore. Dimmi, per caso quella notte ti chiesto se poteva strapparti il cure prima di prenderlo ? >>
 
<< Si >>
 
<< Ecco, usualmente non hai bisogno di un permesso per strappare un cuore umano con la magia, lo prendi e basta. Ma se tu vuoi avere il controllo totale su quella persona devi convincerla a fartelo cedere >> spiegò la ragazza
 
<< Immagino che io rappresentavo il “donatore” perfetto per il cuore, specialmente quella notte >>
 
<< Che cosa accadde di preciso ? >> chiese Sapphire
 
Stefan non voleva tornare indietro a quella notte, era l’ultima cosa che desiderava, soprattutto perché il senso di colpa che sentiva anche senza il suo cuore gli ricordava sempre quello che aveva fatto. Tuttavia, iniziò a raccontare.
 
INIZIO FLASHBACK
Stefan aveva bevuto metà della bottiglietta che gli era stata offerta da quella gentile tanto strana ragazza. Stefan la osservò meglio, era una ragazza molto carina. Aveva i capelli biondi, lunghi, legati in una lunga treccia, e gli occhi color verde smeraldo. Indossava un abito lungo fin sopra il ginocchio, rosso, stretto in vita ma con la gonna ampia e alla vita aveva anche una cintura di un rosso più scuro del vestito. Indossava delle ballerine rosse, ma anche da seduta Stefan capì che quella ragazza era alta, forse quanto lui o di due o tre centimetri in più.
Guidava a velocità moderata, e pareva non avesse fretta di andare da nessuna parte.
 
<< Grazie per avermi portati via di lì. Credo di aver alzato un po’ troppo il gomito stanotte >> la ringraziò lui provando a sorriderle
 
<< Non preoccuparti, non sei il primo ragazzo che vedo ubriacarsi fino a star male. >> disse lei con un sorriso continuando a guidare
 
<< Ma sono il primo ragazzo che aiuti, vero ? >>
 
<< Ti ho aiutato perché non mi sembri un ubriacone abituale. Sono qui in città da qualche settimana e vado il quel luogo quasi ogni sera con le mie amiche. E quasi ogni sera vedo sempre le stesse persone che scaricano la tensione un bicchiere di vodka dopo l’altro e chissà quant’altro >> spigò Annabelle
 
<< In effetti non sono uno a cui piace ubriacarsi ma stanotte… stanotte volevo solo… solo.. >>
 
<< Solo affogare in quel misero bicchierino di tequila ? >> chiese la ragazza con sarcasmo
 
<< Ehi, un giorno capiterà anche a te >> disse Stefan
 
<< Ne dubito. Anche quando soffro, ho il bisogno di rimanere lucida per pensare a quello che devo fare. La lucidità è legge per me >>
 
<< Anche quando trovi tuo fratello maggiore e la tua ragazza a letto insieme ? >>
 
<< Non mi hai detto niente che non abbia già sentito. Il tradimento va di moda di questi tempi. Ma si deve reagire, per forza, altrimenti l’avrebbero vinta loro. >>
 
<< Come posso reagire se ho il cuore a pezzi e vorrei soltanto morire ? >>


<< Ti stupiresti di quante soluzioni io riuscirei a trovare per aiutarti. >>
 
<< Che intendi dire ? >>
 
<< So chi sei, Stefan Salvatore. Ho sentito molto parlare di te. Io mi chiamo Annabelle e sono una strega e posso aiutarti a non soffrire più >>
 
<< Perché mi vorresti aiutare ? >>
 
<< Ti fidi di me ? >> gli chiese la ragazza fermando la macchina
 
Stefan la guardò intensamente negli occhi color smeraldo alla ricerca di una qualunque ragione che lo avrebbe spinto fuori da quell’auto. Forse se non fosse stato ridotto nella condizione di un perfetto miserabile sarebbe riuscito a ragione con più lucidità, ma il ragazzo sofferente e con il cuore spezzato che era quella notte lo spinse a rispondere << Si. Aiutami a distruggere il mio dolore >>
 
La ragazza sorrise e poi ricominciò a guidare. Aveva gli occhi davanti alla strada, poiché Stefan non riuscì a notare la luce cattiva che stava apparendo in quegli occhi color smeraldo.
 
FINE FLASHBACK
 
<< Non so cosa dire. >> disse la ragazza portandosi le mani alla bocca
 
<< Non c’è bisogno che tu dica niente, so da me di essere stato un perfetto idiota quella notte. >> disse il ragazzo mettendosi seduto sul divano
 
<< No, sul serio Stefan. Mamma e papà non ti hanno mai insegnato a stare attento dagli sconosciuti ? >> chiese Sapphire con sarcasmo
 
<< Ti ho già detto che sono stato un idiota. Io volevo solo smettere di soffrire. >>
 
<< E adesso non solo non senti più la sofferenza ma non puoi sentire neanche più la felicità, o la gioia o anche solo la soddisfazione. Stefan tu adesso sei assolutamente apatico. Sei un uomo senza cuore >>
 
<< Un uomo senza cuore e anche un uomo che non soffre. >>
 
<< Sai che adesso non potrai amare di nuovo vero ? Ti sei negato da solo la possibilità di essere felice >>
 
<< Non voglio essere felice, e non voglio più provare niente per nessun altro. Non voglio più amare nessuno. Ho amato due volte nella mia vita, la prima volta ho ucciso mio fratello e poi sono morto io, la seconda ho dovuto dare via il mio cuore solo per non ficcarmi un paletto nel petto. E adesso vuoi dirmi che l’amore potrebbe ancora essere in grado di rendermi felice ? >> urlò il vampiro alzandosi
 
<< Stai seduto, ragazzo >> disse Sapphire con un gesto della mano spingendo nuovamente il ragazzo sul divano
 
<< Sei arrabbiata con me vero ? >> chiese il vampiro pur sapendo già la risposta
 
<< Sinceramente Stefan eviterei di fare domande così ovvie. Inoltre, oltre a essere arrabbiata con te sono anche preoccupata per Bonnie >>
 
<< Perché ? >>
<< Dio Stefan come fai ad essere così ottuso. Tu adesso sei un pericolo per lei. Ora che Anastasia ha il tuo cuore può avere il controllo su di te. Le basterà prendere il mano il tuo cuore e ordinarti di uccidere Bonnie e a quel punto tu lo farai senza battere ciglio >>
 
<< Non c’è un modo per impedire che questo accada ? Non lo so, strappare momentaneamente il cuore di qualcun altro e metterlo nel mio petto ? >>


<< No, Stefan. Ogni essere ha un solo e proprio cuore, uno solo gli concede madre Natura. Nel momento in cui si strappa il cuore di un'altra persona con la magia, come fa Anastasia De Verdant tu non solo lo privi delle sue emozioni ma lo privi anche del libero arbitrio. Lo fai diventare una marionetta nelle tue mani e sei tu che tiri i fili della sua volontà. Non c’è peccato più grande di questo, è una condizione persino peggiore della morte, è probabilmente la cosa più brutta che si possa fare >>


<< Anche da qui potrebbe comandarmi ? >> chiese Stefan
 
<< Potresti stare anche in un’altra galassia ma lei ti potrebbe controllare anche da lì. La distanza non conta >>
 
<< E se ti dicessi che ho trovato una soluzione momentanea ? >>
 
<< Sto cominciando ad avere un po’ paura delle tue “soluzioni momentanee” >>
 
<< Ho chiesto a una mia amica di attivare un incantesimo di confine. In modo da indebolire ogni magia attuata a Fell’s Church >>
 
<< Un incantesimo di confine è roba grossa, dovevi essere davvero disperato >>
 
<< Lo sono ancora in realtà, ma non è questo che conta al momento. Attivando l’incantesimo di confine sono riuscito ad indebolire ogni incantesimo avvenuto a Fell’s Curch. Per cui, lei non può controllarmi >>
 
<< Ma può sempre ucciderti >> ribatté la ragazza risoluta
 
<>
 
<< Chi ti ha aiutato ad attivare l’incantesimo ? >>
 
<< Il nome di questa ragazza è Rosalie, Rosalie Arianne Isobelle McCullough. >>
 

 
La signora Flowers era al terzo tentativo. Stava cercando insistentemente Stefan ma non riusciva a trovarlo, ogni volta che ci provava non riusciva a vederlo.
 
<< Mi dispiace ragazzi, ma non riesco proprio a trovarlo >> disse sconsolata la signora Flowers
 
<< Oh, per piacere. Può provarci un’altra volta ? >> chiese Damon frustrato
 
<< Ci ha già provato tre volte Damon. Non so cosa abbia fatto Stefan ma a quanto pare è intenzionato a non farsi trovare. >> disse Meredith
 
<< Oppure lui è già andato troppo lontano da non farsi trovare dall’incantesimo di localizzazione >> disse la signora Flowers
 
<< Se così fosse dobbiamo spezzare l’incantesimo di confine. Anche perché sappiamo dove sono Bonnie e Elena, sappiamo dove andare. Anche se è tutto inutile dal momento che non possiamo lasciare Fell’s Church >> disse Meredith
 
<< Lei è sicura di non poter trovare chi abbia lanciato l’incantesimo ? >> chiese Damon
 
<< Forse se andiamo sul confine, potrei con un incantesimo scoprire chi l’ha lanciato e nell’eventualità convincerlo o convincerla a spezzarlo >> rispose la signora Flowers
 
<< No nell’eventualità, questa persona sarà costretta a spezzare l’incantesimo dobbiamo trovare i nostri amici. >> disse Meredith
 
<< Allora penso che dovremmo darci una mossa. Ovviamente questo di non ti autorizza a correre come un dannato Damon, ricordati che ho una certa età >> disse la signora Flowers alzandosi e uscendo dalla pensione seguita da Mereidht e Damon

 
<< McCullough ? >> chiese Sapphire alzando un sopracciglio
 
<< È una cugina di Bonnie. Io e lei abbiamo fatto un accordo >> disse Stefan
 
<< Che tipo di accordo ? >>


<< Lei era venuta a conoscenza da molto tempo sulla storia dei De Verdant, dalla morte della cugina Sylvia. >>
 
<< E questo che c’entra ? >>
 
<< Sylvia, la sorella gemella della sorella maggiore di Bonnie, Mary, è stata sacrificata nello stesso rituale in cui Anastasia vuole sacrificare Bonnie. Ma il rituale è fallito perché Sylvia era gravemente malata, come Bonnie, ed è morta prima che il rituale si concludesse. Rosalie era presenta quel giorno insieme alla madre. Ha assistito alla morte della cugina ed è rimasta sconvolta per sempre >>
 
<< E quindi voleva evitare che un’altra delle sue cugine facesse la stessa fine >>
 
<< Io incontrai Rosalie quella mattina stessa. Dopo essere tornato a casa, uscì subito per fare una passeggiata nel bosco. Fu lì, presso i confini di Fell’s Church che la incontrai >>
 
INIZIO FLASHBACK
 
Stefan si era fermato un attimo nel bosco, indeciso se tornare indietro e implorare Anastasia di pugnalargli il cuore o staccandosi la testa da solo, quando la sua attenzione fu attirata da una figura incappucciata. Stefan si trovava poco lontano dai confini di Fell’s Church e vide quella figura segnare una linea con del liquido che poi prese a brillare. “Magia”, pensò. Senza esitazione uscì dalla macchina e corse verso la figura incappucciata.
 
<< Fermati >> urlò per poi prenderla per le spalle e toglierle il cappuccio
 
Era una ragazza molto carina, con i capelli mori, lunghi, pelle chiara e occhi grigi. La ragazza era stata colta di sorpresa ma non esitò a reagire, spinse con un gesto della mano Stefan contro un albero e poi gli scagliò un paletto di legno contro che tuttavia Stefan riuscì a evitare.
 
<< Chi sei tu ? Che cosa vuoi da me ? >> chiese la ragazza mentre era in procinto di attaccarlo
 
<< Tu che cosa vuoi fare. Stavi facendo una magia al confine, non è vero ? >>
 
<< Non sono fatti tuoi >> disse la ragazza prima di scagliargli contro una palla di fuoco
 
Stefan la evitò di nuovo, e provò a parlarle con calma << Ascolta, io non voglio farti del male. Ok ? >>


<< Sei solo uno schifoso vampiro e io non mi fido dei vampiri >> disse preparandosi ad attaccarlo di nuovo
 
<< Comprensibile, io non mi fido delle streghe. Soprattutto di quelle che mi tirano palle di fuoco addosso ma ho delle amiche molto potenti per cui non ti conviene metterti contro di me >>
 
<< Amiche ? O streghe sottomesse ai tuoi squallidi giochetti mentali ? >>
 
<< Amiche. Due di loro vivono qui >>
 
<< Chi sono ? I nomi >>
 
<< Una è la proprietaria della pensione dove vivo, si chiama Teophila Flowers, l’altra è la mia migliore amica, si chiama Bonnie McCulloug >>
 
<< McCulloug ? Sei amico di mia cugina Bonnie ? >>
 
<< Sei una cugina di Bonnie ? >>
<< Il mio nome è Rosalie McCulloug, sono una cugina di Bonnie e sono venuta qui per proteggerla >>
 
<< Proteggerla da chi ? >>


<< Sarai anche suo amico ma continuo a non fidarmi dei vampiri >>
 
<< Non hai molta scelta. Se Bonnie è in pericolo, nessuno più di me è desideroso di proteggerla >>
 
<< Come posso fidarmi di te ? >>
 
<< Dammi un’occasione >>
 
<< Va bene. Bonnie è in pericolo, devo portarla via da Fell’s Church il prima possibile >>
 
<< Perché ? >>
 
<< Ci sono alcune persone che le vogliono fare del male e io devo proteggerla. Voglio proteggerla. Il giorno del matrimonio di Mary accadrà qualcosa di molto brutto. Non so esattamente che cosa ma… devo riuscire a portare Bonnie via dal matrimonio >>
 
<< E dove andrete voi due ? >>
 
<< Io da nessuna parte, devo ancora scoprire esattamente cosa sta accadendo. Inoltre sto facendo un incantesimo di confine, in questo modo qualsiasi magia attuata a Fell’s Church si spezzerà non appena superato il confine, inoltre qualsiasi incantesimo non riuscirà a superare la barriera con facilità. >>
 
<< E che succederà a colore che proveranno a superare il confine ? >>
 
<< Agli abitanti di Fell’s Church ? Niente. Alle creature soprannaturali invece una volta entrati in città non potranno più uscire. >>
 
<< Cosa succede se ci provano ? >>
 
<< Prova a superare il confine e scoprilo tu stesso >> rispose la ragazza con un ghignetto
 
<< Ti fidi di lasciare Bonnie fuori da sola ? >>
 
<< No. Ma che possibilità ho ? Non mi fido di nessuno abbastanza da farla andare con lei. E inoltre, devo ancora fare luce su tutto ciò che sta accadendo >>
 
<< Se vuoi posso aiutarti >>
 
<< Non ho bisogno del tuo aiuto >>
 
<< Io invece credo di si. Ci sono creature molto pericolose in questo posto, Rosalie. E ci sono creature pericolose anche là fuori. >>
 
<< Che cosa vuoi dire con questo ? >>
 
<< Che hai bisogno del mio aiuto, Rosalie. Hai bisogno del mio aiuto >>
 
FINE FLASHBACK
 
<< Tenace questa Rosalie >> commentò Sapphire deliziata
 
<< Credimi Saph, ti piacerebbe. Non la conosco benissimo, ma è forte. >>
 
<< E lei non si è resa conto che tu non avevi il cuore ? >>
 
<< Non credo, altrimenti non avrebbe mai permesso alla cugina di lasciare la città con me >>
 
<< Comprensibile >>
 
<< Ascoltami Saph, una volta, tanto tempo fai, ti aiutai quando solo un malato di mente lo avrebbe fatto. Tu mi chiedesti aiuto e io ti aiutai. Ora ti chiedo la stessa cosa, vuoi aiutarmi oppure no ? >> le chiese Stefan
 
Sapphire si morse il labbro inferiore. Sapeva che avrebbe corso rischi se si fosse messa contro Anastasia De Verdant, ma Stefan era uno dei suoi migliori amici e aveva bisogno del suo aiuto.
 
<< Va bene, ti aiuterò, ma prima dobbiamo risolvere un problema >>
 
<< Quale ? >>
 
<< Le tue emozioni. Ho capito che non vuoi provare sentimenti ma le emozioni le devi provare se vuoi dare la parvenza di essere un ragazzo normale e non un becchino che ha perso tutta la voglia di vivere. Quando prima ho affermato che Bonnie aveva il cancro tu non hai mosso ciglio, non ti sei minimamente preoccupato e Bonnie non è una stupida, capirà presto che c’è qualcosa che non va in te >> disse Sapphire
 
<< E come pensi di risolvere il problema ? >>
 
<< Semplice. Polvere dell’emozione, è una polvere molto rara, molto potente e molto pericolosa. Per cui dovremmo usarla con cautela. So già dove trovarla, nella mia casa nell’Oregone. Ci ho vissuto due vite fa. >>
 
<< E sei sicura che sia ancora lì ? >>
 
<< Non ne dubito >>
 
<< E come ci arriviamo lì ? >>
Sapphire sorrise, poi si avvicinò a un grande specchio. Ci poggiò la mano sopra e pronunciò delle parole che tuttavia Stefan non riuscì a comprendere. Lo specchio cominciò a brillare e si aprì una specie di portale.
 
<< Geniale non trovi ? >> gli chiese con un sorriso
 
Stefan si limitò a sorridere, Sapphire era una ragazza piena di sorprese.
 

 
Damon, Meredith e la Signora Flowers erano appena giunti ai confini di Fell’s Church. Meredith aveva aiutato la signora Flowers a scendere dalla macchina mentre Damon spegneva il motore. La signora Flowers si avvicinò al confine e notò una lieve striscia che lo segnava.
 
<< Per cui, questa è la linea di confine. Chiunque abbia lanciato l’incantesimo ha curato tutto nei minimi dettagli >> disse la signora Flowers
 
<< Lei lo può spezzare ? >> chiese Meredith
 
<< No, io non posso. >> disse la signora Flowers mentre cercava qualcosa nella borsa
 
<< E allora che ci facciamo qui ? >> chiese Damon con i suoi soliti modi gentili
 
<< Per scoprire chi abbia lanciato l’incantesimo e convincerlo a spezzarlo >> rispose la signora Flowers
 
<< E come pensa di farlo ? >> chiese Damon
 
<< Con questo >> disse la signora Flowers prendendo uno strano specchio dalla sua borsa
 
Meredith e Damon la guardarono senza capire. La signora Flowers fece loro segno di indietreggiare di qualche passo, poi, dopo aver pronunciato delle parole, gettò lo specchio sulla linea si confine e da lì uscì una sorta di barriera magica trasparente.
 
<< E questa che cosa sarebbe ? >> chiese Damon
 
<< Aspetta e vedrai >> rispose la signora Flowers
 
 un certo punto su quella barriera comparvero delle immagini. Una figura incappucciata di nero stava tracciando la linea di confine quando a un certo punto un vampiro, che Meredith e Damon riconobbero subito essere Stefan, non aveva colto di sorpresa la figura incappucciata togliendole anche il cappuccio rivelandole il volto.
 
<< Ma quella è… >> cominciarono a dire Meredith e Damon prima di essere interrotti da una palla di fuoco arrivò da dietro e distrusse quella strana barriera.
 
<< Si, sono io >> disse una voce dietro di loro
 
I tre si voltarono e videro davanti a loro Rosalie McCullough. La ragazza era vestita totalmente di nero, indossava dei pantaloni aderenti, con degli stivali bassi, un cappotto lungo e nero, e dei guanti.
 
<< Rosalie ? Che significa tutto questo ? >> le chiese Meredith
 
<< Tu che cosa ne pensi, Mer ? >> le chiese Rosalie
 
<< Non so cosa pensare, Rose. Perché hai fatto tutto questo ? >>
 
<< Questo non mi sembra il luogo giusto per parlarne. Dobbiamo andare in un posto sicuro >> disse Rosalie
 
<< Noi non andremo da nessuna parte, non prima che tu abbia spezzato questo stupido incantesimo >> ringhiò Damon
 
<< Io non ho intenzione di spezzare nulla. Non finché non farete qualcosa per me >> disse Rosalie
 
<< E sarebbe ? >> chiese Meredith
 
<< Devo riuscire a recupera una cosa da qualcuno di molto potente. Purtroppo io da sola non ce la potrò mai fare. Ho bisogno del vostro aiuto >> disse Rosalie
 
<< Che cosa vuoi ? >> chiese Damon
 
<< Il cuore del vampiro. Quello che avete visto insieme a me nella barriera >>
 
<< Vuoi il cuore di mio fratello ? Per quale ragione ? >> chiese Damon che si stava arrabbiando sul serio
 
<< Qui non parlo. Andiamo in un posto sicuro >> disse Rosalie
 
Damon cercava di ribattere ma Meredith lo fermò. Non sapeva se poteva fidarsi di Rosalie ormai ma non le restava altra scelta. Invitò Rosalie a salire sulla Ferrari nera di Damon e insieme si diressero alla pensione. Tuttavia, nessuno di loro si rese conto, che una strana creatura alata li stava osservando nell’oscurità.
 

 
Anastasia De Verdant stava percorrendo i corridoi di casa sua fino a quando non si trovò davanti a una porta grande e rossa. Con la magia l’aprì e vi entrò. Dentro c’era una stanza ampia, piena cassettoni rossi con delle decorazioni dorate. Era alla ricerca di qualcosa, nella stanza si sentiva il rumore di tanti battiti di cuore. Arrivò davanti a un tavolo con delle scatole, una era chiusa, quella con i nome Stefan Salvatore, mentre invece quelle con i nomi Bonnie McCulloug e Meredith Sulez erano aperte. Accanto alle scatole c’era una chiave. Anastasia la prese e poi continuò a camminare tra i vari cassetti. Giunse a una porta verde, ricca di smeraldi e l’aprì. C’era una scala verde davanti a sé, la percorse e giunse davanti a una serie di gabbie con dentro delle orribili creature alate. Erano dei draghi. Anastasia si fermò davanti a una gabbia e ghignò.
 
<< È venuto il momento di fare contenta la mamma >> disse aprendo la gabbietta
 
Nel frattempo, accanto a quella gabbia ce ne era una vuota con su scritto Alaric Saltzman. 

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Capitolo 11
*** Into the trap ***


INTO THE TRAP
 
Bonnie continuava a guidare a tutta velocità e qualche volta guardava dietro attraverso lo specchietto retrovisore per vedere se quel mostro la stesse ancora seguendo. Lei non lo vedeva ma non sapeva se preoccuparsene o no. Parcheggiò l’auto e si guardò intorno. Non aveva la minima idea di dove si trovasse, la verità era che aveva così fretta di seminare il drago che non aveva neanche controllato i cartelli. Si trovava in una zona un po’ vuota, forse era nella zona buia e povera di Chicago, quella dove assolutamente non doveva essere. Scese un attimo dalla macchina e cominciò a correre verso una strada lì vicino. Bonnie guardò l’orologio al polso, erano le tre del pomeriggio. Come poteva aver dormito così tanto ? Inoltre quel posto le faceva paura, così poco illuminato e affatto raffinato rispetto all’appartamento di Sapphire. Per un attimo pensò a Damon, lui era sempre stato pronto ad aiutarla. Sempre. Sentiva davvero molto la sua mancanza, le mancava la sicurezza che lui le dava, le mancavano i sorrisi che lui le strappava con le sue battute. Le mancava tutto di lui. Però sapeva anche che Damon non avrebbe voluto vederla i quelle condizioni, lui vorrebbe che lei affrontasse il problema a testa alta e senza piangersi addosso ed è quello che avrebbe fatto. Continuò a camminare cercando di stare calma quando un improvviso giramento di testa la costrinse ad appoggiarsi al muro. Chiuse gli occhi e quando li riaprì si ritrovò in una stanza buia.
“Oh no”, pensò sapendo bene chi altro ci fosse in quella stanza buia.
 

 
Sapphire si era legata i capelli in un’alta coda di cavallo e si era diretta nella libreria davanti a sé e stava incominciando a guardare tra i libri. Stefan la guardò accigliato poiché non capiva come potesse una sorta di polvere strana essere tra le pagine dei libri. Tuttavia scelse di rendersi utile e si diresse verso la scrivania e cominciò a cercare tra i vari cassetti.
 
<< Non la troverai lì >> disse Sapphire
 
<< Come fai a dirlo ? Sai già dove l’hai nascosta ? >> chiese Stefan
 
<< Se lo sapessi adesso non la cercherei insieme a te. Però so solo che non l’avrei mai messa in quella scrivania >> disse Sapphire guardando la scrivania con malinconia
 
<< Che ha di speciale questa scrivania ? >> chiese Stefan
 
<< Lei rappresenta tutto ciò che c’è di più umano… in me. Guardala Stefan, è l’unico mobile che è sopravvissuto al tempo, al dolore. Non è niente di speciale ma voglio che lui resti per sempre giovane, come me >> disse Sapphire posando il libro che aveva in mano per prenderne un altro
 
<< Ma l’eterna giovinezza non è roba da mortali >> disse Stefan
 
<< Ma le cose al suo interno si. E quelle sono le cose più importanti. >>
 
Stefan non sempre capiva quella ragazza. Quella ragazza aveva mille sfumature, era un insieme di molte contraddizioni. Però la rispettava, e l’ammirava, in tutte le sue sfumature.
 
<< Saph… dopo la scomparsa di Theodore… ti sei innamorata di qualcun altro ? >> chiese Stefan dirigendosi verso un’altra libreria
 
Sapphire si voltò verso di lui e lo guardò intensamente, come se stesse cercando di leggergli di nuovo nel pensiero, poi la ragazza distolse lo sguardo e continuò a sfogliare le pagine del libro.
 
<< No. Perché lo vuoi sapere ? >> chiese Sapphire senza guardarlo
 
<< Tu  ricordi che cosa significa essere innamorati ? >> le chiese Stefan
 
<< Di sicuro me lo ricordo meglio di te >> commentò Sapphire
 
<< Io non voglio ricordarmelo. Mi farebbe solo male >> disse Stefan prendendo in mano un libro
 
<< E allora perché mi hai posto quella domanda ? Non dirmi che sei bipolare ? >> cercò di ironizzare Sapphire
 
<< Non sono bipolare. Volevo solamente sapere se tu fossi riuscita a trovare la felicità >> disse Stefan
 
<< Ti importa di me ? >> chiese Sapphire senza un particolare tono
 
Stefan a quella domanda rimase interdetto, non sapeva cosa rispondere. Guardò per un attimo Sapphire e capì di non aver una risposta alla sua domanda, forse non l’avrebbe mai avuta. O almeno non senza il suo cuore. Il suo cuore avrebbe avuto la risposta, ne era certo. Il guscio vuoto che era ormai non sapeva più neanche che cosa fosse la gioia, o il dolore, o la tranquillità.
 
<< Non lo so >> rispose semplicemente << Non lo so >>
 

 
Bonnie non sapeva come comportarsi e non sapeva nemmeno come uscire da quella dannata stanza, dimensione o qualunque cosa fosse. Incubo, forse quella sarebbe stata una definizione appropriata se non fosse per il fatto che quanto stava accadendo era più che reale.
 
<< Ciao sorellina, ti sono mancata ? >> le chiese una voce nell’oscurità
 
Bonnie roteò gli occhi poi cercò di trovare Sylvia in quell’oscurità ma non riusciva a vederla.
 
<< Dove sei ? >> chiese cercando di restare calma
 
<< Dove sono io ? Preoccupati piuttosto di capire dove sia finita tu. Ti sei persa vero ? >> la prese in giro la voce di Sylvia
 
<< Stavo cercando di trovare la strada di casa prima che tu mi portassi qui >> ribatté la streghetta
 
<< Oh Bonnie, se fossi davvero io la causa di tutti i tuoi mali… >>
 
<< In un certo senso lo sei, visto che mi hai letteralmente condannata a morte >> disse Bonnie camminando qua e là nella stanza oscura sperando di vedere Sylvia
 
<< Te l’ho detto, era necessario per ottenere ciò che ho sempre desiderato >>
 
<< Non mi hai ancora detto cosa sia >>
 
<< Perché questo non ti riguarda. Tuttavia, non lo posso ottenere senza di te… perciò… >>
 
<< Perciò che cosa ?? >>
 
Ci fu una risata e qualche secondo dopo Bonnie non era più nella stanza oscura.
 

 
Sapphire stava continuando a sfogliare le varie pagine dei libri, mentre Stefan cercava nei cassettoni lì vicino, che avevano alcuni cassetti rotti, ed erano anche quelli pieni di polvere.
 
<< Saph, più o meno questa polvere che aspetto dovrebbe avere ? >> chiese Stefan che ormai era stanco di cercare
 
<< È argentata, luccica, ed è molto soffice. Il solo tocco ti fa sentire in paradiso >> rispose Sapphire
 
Stefan annuì e continuò a cercare nei cassettoni ma lì non vi erano altro che diari, mappe, ovviamente pieni di polvere. Un cumulo di polvere infatti gli entrò nel naso e lo portò a tossire. A un certo punto gli venne una sorta di capogiro.
 
<< Tutto bene Stefan ? >> gli chiese Sapphire che aveva riposto i libri sullo scaffale
 
<< No, sento un forte capogiro, non credo di sentirmi bene >> disse Stefan
 
<< Allora siediti sulla sedia dietro allo scrittoio. >> disse Sapphire
 
Stefan annuì e si sedette. Ovviamente anche quella sedia era piena di polvere, infatti non appena si sedette un altro cumulo di polvere gli penetrò il naso. Dio, non aveva mai odiato tanto la polvere. Su quella scrivania ce ne era un sacco, anzi in quella stanza ce ne era un sacco. Tutta la casa era piena di quella maledetta polvere. A un certo punto cominciò a vedere le cose intorno a sé sfuocate.
 
<< Dio, credo di non sentirmi molto bene >> disse il vampiro
 
<< Per forza Stefan, il mio obbiettivo era quello >> disse Sapphire voltandosi e guardandolo con uno strano sguardo
 
<< Che intendi dire ? >> le chiese Stefan
 
<< Sai che cos’è tutta questa polvere che hai respirato ? È polvere dell’emozione. Devi sapere che ha un doppio effetto. Le persone che hanno un cuore se la respirano hanno le loro emozione amplificate nel giro di pochi minuti, mentre per quelle che non hanno un cuore, invece di amplificare le emozioni, indebolisce i sensi. La vista, l’udito, ti indebolisce tutto il corpo >>
 
<< E perché mi avresti fatto questo ? >>
 
Sapphire sorrise, un sorriso freddo, ironico, privo di allegria.
 
<< Oh Stefan, lascia che ti racconti una storia >> disse ghignando
 

 
Bonnie si trovava in una strada buia e fredda. Era notte e non sapeva come ciò fosse possibile. Guardo l’orologio e segnavano le 19:00. Dio, era stata in quella stanza oscura per circa sei ore ? A lei erano sembrati solo pochi minuti. Non sapeva dove doveva andare, in quella strada non c’erano segnali, né indicazioni, né alcuna persona. Dove cavolo era finita ? Non era lì quando Sylvia l’aveva trascinata nella stanza oscura, era in una strada diversa. Almeno in quella dov’era prima c’era qualche indicazione, lì invece non c’era praticamente nulla.
Cominciò a camminare diritto davanti a sé, sperando di imboccare un’uscita, o qualche altra strada che la portasse all’uscita. Tuttavia, non aveva fatto che pochi passi quando sentì uno strano rumore dietro di sé. Lentamente si voltò e vide che dietro di lei c’era un ragazzo alto, con capelli biondo scuro, pelle rosea, alto, muscoloso, con degli occhiali scuri, che indossava dei pantaloni larghi e neri e una felpa larga del medesimo colore. Camminava lentamente verso di lei con fare poco rassicurante.
 
<< Ciao… per caso mi stai seguendo ? >> chiese Bonnie dandosi subito della stupida per aver posto una domanda così ovvia
 
Il ragazzo non rispose ma continuò a camminare dritto verso di lei. Bonnie cominciò a indietreggiare. Avrebbe tanto voluto Damon vicino a lei in quel momento. Ma lui non c’era e lei se la doveva cavare da sola.
 
<< Che cosa vuoi da me ? >> chiese al ragazzo
 
Ma il ragazzo non rispose nemmeno questa volta. Continuava a camminare verso di lei e non accennava a fermarsi.
 
<< Non ti ha mai detto nessuno che è da maleducati non rispondere ? >> disse Bonnie che continuava d indietreggiare
 
A un certo punto il ragazzo si fermò, si tolse gli occhiali ma Bonnie era troppo lontano per potergli vedere il colore degli occhi, tuttavia poté riconoscere l’espressione fredda sul suo volto. Bonnie cominciò a tremare, quella situazione non le piaceva affatto. C’era uno strano silenzio in quella stradina, e il cielo si oscurava sempre di più.
 
<< Lo sai che parli troppo ? >> disse il ragazzo con voce fredda
 
Bonnie stava per rispondere quando poi il ragazzo cominciò a urlare. A un certo punto il collo del ragazzo divenne più lungo, le braccia e le gambe si allungarono e divennero gialle a mano a mano che i vestiti sparirono. Sul suo dorso comparvero delle ali e al loro seguito apparve anche una coda. Il ragazzo si era tramutato in un drago con la pelle giallastra. Non era quello di prima, quello era grigio e più piccolo rispetto a questo. Il drago cominciò a ringhiarle contro per poi alzarsi in volo e dirigersi verso di lei. Bonnie cominciò a correre e non appena ebbe trovato un incrociò girò a sinistra sperando che il drago non la seguisse. Speranza vana visto che non appena ebbe svoltato l’incrocio per poco non finiva arrostita. Bonnie però cercò di reagire. Vide a terra un sottile rametto di legno, lo prese in mano e con un incantesimo lo trasformò in una spada. Lei non aveva mai usato una spada in vita sua ma almeno così aveva più possibilità di sopravvivere. Cominciò a correre verso una stradina lì vicino sperando che il drago non la vedesse. Tuttavia Bonnie capì troppo tardi che quella era una strada senza uscita e che se il drago l’avesse trovata lei non avrebbe avuto via di scampo. Bonnie non sapeva cosa, stava per tornare indietro quando qualcosa la colpì con violenza dietro la schiena facendola cadere a faccia in giù poco più avanti. Bonnie cercò di rimettersi in piedi ma non ci riusciva, nell’impatto aveva sbattuto violentemente il ginocchio destro, inoltre le faceva male anche una guancia ed era sicura che anche le sue braccia non fossero in condizioni migliori, inoltre aveva lasciato la presa sulla spada che adesso era finita troppo lontana da lei. Il drago era dietro di lei adesso e lei non sapeva come difendersi. A un certo punto un forte dolore al petto la colpì e a quel punto svenne.
 

 
Stefan non riusciva a capire cosa stesse accadendo. La testa gli girava, si sentiva debole a tal punto da non riuscire a stare in piedi. Inoltre Sapphire aveva appoggiato le mani sulla scrivania e lo stava guardando con uno strano sguardo.
 
<< Che cosa sei così desiderosa di dirmi, Saph ? >> chiese Stefan
 
<< Credo che tu abbia bisogno di questo per poter capire >> disse Sapphire prendendo una strana carta da un libro lì vicino a porgendogliela
 
Stefan la prese e l’aprì. Appena la vide pensò che la strega gli stesse facendo uno strano scherzo.
 
<< Sapphire che significa ? Questo è l’albero genealogico della mia famiglia >> le disse mostrandole la carta
 
<< Infatti. Quell’insulso pezzo di carta dice che tu, Stefano Salvatore, sei figlio di Giuseppe Salvatore e fratello di Damiano Salvatore. Giusto ? >>
 
<< Si, e allora ? >> chiese Stefan che non capiva dove la ragazza volesse andare a parare
 
<< E allora è il momento che tu sappia la verità. Avrei voluto dirtelo da tanto tempo ma prima ero sicura che non mi avresti creduto. Prima saresti stato condizionato dai tuoi sentimenti, ma ora che non hai un cuore, hai la razionalità necessaria per potermi credere. >> disse Sapphire
 
<< Per poter credere a cosa ? >>
 
<< Sei pronto per conoscere la verità sulla tua vera madre, Stefan ?  >> disse Sapphire con un sorriso
 

 
Bonnie si risvegliò di nuovo in quella stramaledetta stanza oscura. Era sdraiata, il corpo era indolenzito e respirava a fatica.
 
<< Oh Bonnie, se sapessi che splendido quadretto che sei in questo momento. Sei una delizia per i miei occhi. Non lo avrei mai immaginato >> disse Sylvia che le camminava intorno
 
<< Sylvia, questo non era proprio il momento opportuno per richiamarmi qui. Lasciami andare >> disse Bonnie che cercava quantomeno di mettersi a sedere
 
<< Oh Bonnie, credimi lo farei volentieri, ma non posso. Non sono io che decido quando richiamarti e quando farti andare via. Sei tu che lo scegli >> disse Sylvia
 
<< Credimi, se fosse per me non entrerei mai qua dentro >> disse Bonnie che riuscì finalmente a stare seduta
 
<< Questa è una bugia Bonnie, altrimenti non saresti qui. >> disse Sylvia ridendo
 
<< Credevo che fossi tu a controllare il mio corpo >> disse Bonnie
 
<< Oh no Bonnie. Non sono io, io l’ho semplicemente infettato, io lo sto indebolendo, e mi sto divertendo a ferirlo dall’interno. Ma la magia che hai dentro di te, io non la posso controllare. >> spiegò Sylvia sedendosi davanti a lei
 
<< E perché la mia magia dovrebbe portarmi qui ? >> chiese Bonnie
 
<< Non la magia, ma le emozioni legate ad essa. Rabbia, paura, tristezza… Tu non sai dove sei vero ? Non sai cos’è questo posto ? Logico, altrimenti non ti faresti tutte queste domande >> disse Sylvia alzandosi
 
<< Smettila di trattarmi da stupida, non lo sono. Capisco che tu abbia i tuoi motivi per odiarmi, ma… dio io non stata responsabile della tua morte >> disse Bonnie alzandosi in piedi a fatica
 
<< CERTO CHE SEI COLPEVOLE !! >> urlò Sylvia facendo vibrare violentemente la stanza oscura
Bonnie, che già si reggeva difficilmente in piedi, perse l’equilibrio cadendo nuovamente. Guardò Sylvia con aria impaurita. Tutta quella rabbia, tutto quell’odio, tutto quel rancore… non credeva che potesse esistere una persona in grado di provare tutti questi sentimenti negativi verso di lei che non aveva mai fatto del male a nessuno, o almeno non volontariamente.
 
<< TU SEI COLPEVOLE DI OGNI COSA. È PER COLPA TUA SE QUELLE DUE TROIE NON HANNO NEANCHE PROVATO A GUARIRMI !! MI HANN FATTO MARCIRE IN UNA STANZA PER DICIOTTO ANNI E MI HANNO TENUTA IN VITA SOLO PER SACRIFICARMI AL POSTO TUO !! >> urlò Sylvia facendo tremare la stanza
 
Il petto di Bonnie cominciò a bruciare, molto più forte rispetto alle altre volte. Perché era costretta a subire questo supplizio ? Dio, non era sempre così, per fortuna. Il petto le faceva male solo quando provava forti emozioni, o quando Sylvia si arrabbiava e… Oh mio Dio.
 
<< Oh mio Dio >> disse Bonnie portandosi una mano al petto << Oh mio Dio. Questa non è… io sono nel… come… com’è possibile ? >>
 
<< Com’è possibile che io sia riuscita ad infiltrarmi nel tuo debole cuoricino così a fondo da infettarlo ? Non è stato così difficile penetrare nelle tue difese. Il tuo cuore stava già cadendo a pezzi a causa dell’amore non corrisposto per Damon, io sono semplicemente stata il colpo finale >> rivelò Sylvia con un ghignetto
 
<< E questo è qualcosa di cui andare fieri ? >> chiese Bonnie irritata
 
<< Assolutamente fieri. >> rispose Sylvia con un sorriso
 
<< Non ho ancora capito che cosa credi di ottenere con questo orribile gesto >> disse Bonnie
 
<< No, tu non hai ancora capito che questi non sono affari tuoi. Ti basta sapere che facendo questo mi riapproprierò della mia vita e di tutto ciò che per colpa tua mi è stato portato via >> disse Sylvia
 
<< Se pensi che questo ti renderà felice ti sbagli di grosso >>


<< No. Tu parli così perché non sai. Tu non sai niente. >>
 
<< Sei tu che non mi vuoi dire niente >>
 
Sylvia non rispose, semplicemente scomparve nel nulla come ogni volta.  Bonnie sbuffò, quella ragazza non la capiva affatto. O meglio lei non voleva farsi capire. Ma un giorno sarebbe riuscita ad avere delle risposte da lei. Bonnie lo promise a se stessa prima di avvertire un profondo dolore al petto e uscire dal suo cuore.
 

 
Stefan credette di aver sentito male. Era probabile visto che si sentiva peggio ogni secondo che passa. Per un attimo credette addirittura di avere la febbre, ricordandosi pochi secondi dopo che ciò non fosse possibile essendo lui un vampiro e non un comune umano. Ma Sapphire appariva tranquilla e completamente sicura di ciò che stesse dicendo e infatti continuò a parlare.
 
<< Avrei voluto dirtelo tanto tempo fa. Ma non avevo mai il coraggio di dirtelo. Tua madre non è Margherita, la donna che ha messo al mondo tuo fratello Damon. La tua vera madre si chiama Anna>> disse allontanandosi dalla scrivania
 
<< Sapphire ma che stai dicendo ? >> chiese Stefan
 
<< Ti avevo promesso una bella storia Stefan. Ecco, guarda qui >> disse porgendogli una foto
 
Stefan la prese e la osservò. Nella foto c’era il ritratto di una donna dai capelli lunghi e bruni, con gli occhi verdi e la pelle chiara. Stava dipingendo un paesaggio meraviglioso e aveva un sorriso così luminoso e bello che Sterfan non riusciva a smettere si guardarlo.
 
<< Saph, chi è questa donna ? >> chiese Stefan
 
<< Non hai ancora capito chi è ? Lei è tua madre, Stefan, non vedi come ti assomiglia ? >>
 
<< Ma com’è possibile ? >>
 
<< All’inizio non riuscivo a spiegarmelo neanche io. Ho avvertito qualcosa di molto speciale in te la prima volta che ti vidi. Avvertì qualcosa di molto potente in te. A quel punto capii che dovessi avere qualcosa di speciale >> disse Sapphire mentre una lacrima le bagnava la guancia sinistra
 
<< Come può essere possibile ? Come puoi dire che quella donna è mia madre ? >> chiese Stefan
 
Sapphire si avvicinò a un cassettone lì vicino. Aprì un cassetto e prese un diario da lì dentro e poi lo porse al vampiro.
Stefan lo aprì e al suo interno vide un foglio.
 
<< Leggilo >> disse Sapphire
 
Stefan lo prese e iniziò a leggere :
 
Caro Stefano,
mio amato figlio. Nonostante io sia consapevole che tu mai leggerai questa lettera e che forse mai conoscerai il mio nome, io ho sentito il forte bisogno di scriverti questa lettera. Non sai quanto mi duole il cuore se penso che non ti ho più tra le mie braccia, ma non ti ho abbandonato perché non ti amavo abbastanza, ma solo per darti una possibilità migliore di quella che ho avuto io da bambina. Ero solo una ragazza immatura quando ti ho avuto, senza un soldo in tasca, avevo solo un grande amore da darti. Ma non si può vivere solo di amore, bambino mio, e tu meritavi di avere il meglio. Adesso io ho una figlia, l’ho chiamata Claire, ti assomiglia molto Stefano, ha i capelli del tuo stesso colore, non piange quasi mai e per alcuni tratti mi ricorda te. Anche lei ha ricevuto il dono della magia, come te. Non ascoltare tuo padre quando dice che è sbagliato possedere questo dono. La magia ti aiuterà, sarà la tua più grande forza, essa ti proteggerà, sempre. Non avere paura di abbandonarti a lei. Ti amo moltissimo, bambino mio.
 
Con Amore,
Anna
 
Stefan non sapeva cosa dire. Se adesso avesse avuto il suo cuore probabilmente adesso starebbe piangendo, ma poiché non aveva un cuore si limitava a fissare il foglio con sguardo assente. Guardò per un attimo Sapphire e cercò qualsiasi indizio che lo aiutasse a capire che lei gli stesse mentendo ma lei lo guardava con determinazione, quasi come se lo sfidasse a contraddirla. Il suo sguardo non vacillava affatto e Stefan cominciò a sentirsi a disagio.
<< Quando lo hai scoperto ? >> chiese Stefan
 
<< L’ho scoperto quando ci incontrammo la prima volta. Io avevo trovato il quadro durante una della mie vite.  Notai quanto le assomigliassi cominciai a indagare, a porre domande nel villaggio e riuscii a trovare la casa e trovai tutti i suoi diari, anche questo e anche la lettera. >> spiegò Sapphire
 
<< Ma… non capisco, io… io… >>
 
<< Tu sei figlio di Anna, una strega molto potente, che ha avuto una relazione con tuo padre, Giuseppe Salvatore, due anni dopo la nascita di Damon. Nel diario Anna diceva che loro due erano molto innamorati e che Margherita era cagionevole di salute, per questo Giuseppe non la volle abbandonare. Ma aveva promesso a tua madre che l’avrebbe sposata un giorno. Tutto cambiò quando tua madre rimase incinta di te prematuramente, tuo padre voleva evitare uno scandalo per cui la lasciò. Tuttavia, poiché Damon, con il suo carattere ribelle e con la sua indole a fare sempre di testa sua già a quell’età, spinse Giuseppe ad accoglierti in casa sua sperando che tu potessi essere il figlio che lui aveva sempre voluto avere. E in effetti così fu. >> disse Sapphire
 
<< E lei accettò di abbandonarmi senza neanche provare a combattere per me ? >> chiese Stefan che non riusciva a capire
 
<< Lei era molto povera Stefan. Non avrebbe avuto nulla da darti. Né cibo, né bei vestiti, né un’educazione appropriata. Lei non aveva capito che dandoti a quella famiglia ti avrebbe condannato all’infelicità. Lei non aveva capito quanto quella famiglia era dannosa e che avrebbe fatto meglio a tenerti alla larga. >> disse Sapphire parlando con rabbia
 
<< Perché dici così ? >> chiese Stefan che riusciva ad avvertire il turbamento della sorella
 
<< Perché è la verità. Quella famiglia non ha fatto niente di buono per te, o per la nostra famiglia. Ha saputo solo rovinarti. A te ha negato una madre, una sorella, la tua magia, una vita felice. Tuo padre non ha mai dimostrato il minimo segno di affetto nei tuoi confronti, il tuo fratellastro si è scopato tutte le tue ex fidanzate, ti ha ucciso, e uccidendoti ti ha fatto diventare un vampiro e ti ha bloccato insieme a lui nell’oscurità… >>
 
<< Smettila >> sussurrò il vampiro
 
<< Non ha fatto altro che arrecarti sofferenza e dolore. Ti hanno anche nascosto il dono della magia. >>
 
<< La mamma invece ? Che ha fatto ? Non mi ha abbandonato anche lei ? >>
 
<< Voleva solo garantirti un futuro. Voleva salvarti dalla povertà. Sei solo un ingrato se pensi che lei ti ha abbandonato perché non ti voleva con sé >> disse Sapphire con un ringhio
 
<> chiese Stefan che era curioso di sapere
 
<< Tua madre sposò un soldato. Per lei era il partito ideale. I soldati trascorrevano poco tempo nelle proprie dimore, mio padre infatti trascorreva poco tempo a casa, così lei aveva il tempo di praticare la magia e dopo la nascita di tua sorella, le insegnò tutto quello che sapeva. Anche l’incantesimo della reincarnazione. >>
 
<< Ma allora dov’è ? Sei lei sapeva come reincarnarsi perché non è ancora viva? >>
 
<< Aspettavo con ansia questa domanda, Stefan. Vuoi sapere perché non è qui con te ? È tutta colpa di tuo fratello Damon. >> rispose la strega
 
<< Di che diamine stai… >>
 
<< Sai che anche tuo fratello sa di questa storia ? Non te lo ha mai detto ? Lo ha scoperto prima di andare all’università. Non so come lo ha scoperto, ma so che lui era a conoscenza di questa storia. Sapeva che tu eri un figlio illegittimo >> disse Sapphire guardandolo dritto negli occhi
 
<< Come puoi dire una cosa del genere ? >> chiese Stefan che stava sul punto di prenderla a pugni
 
<< Non ti sembra un po’ strano che Damon abbia cominciato a trattarti male un po’ di tempo prima di andare all’università e anche dopo ? Non hai mai riflettuto sul motivo per il quale lui doveva sempre fartela pagare per un qualcosa che tu non riuscivi a spiegare ? >>
 
Stefan avrebbe tanto voluto dirle che si sbagliava ma entrambi sapevano la verità. Damon non era mai stato il fratello più perfetto del mondo ma lui era sempre stato convinto che nonostante tutto lui gli volesse bene, almeno un po’. Invece aveva sbagliato tutto con suo fratello, anzi fratellastro. Se davvero gli avesse voluto un po’ di bene gli avrebbe detto la verità, non lo avrebbe riempito di bugie, e non lo avrebbe punito per qualcosa per cui non aveva assolutamente colpa. Lo aveva punito, umiliato, gli aveva tolto due volte la ragazza che amava, che altra prova gli serviva ?
 
<< Tu come sai tutte queste cose ? >>
 
<< Leggendo i suoi diari. So che non avrei dovuto farlo, probabilmente tu adesso mi accuserai di aver invaso la tua privacy, o quella di tua madre, ma non me la sentivo di raccontarti tutto questo senza avere prove certe >> disse Sapphire facendo apparire una sedia e sedendosi vicino a lui
 
<< Che fine ha fatto questo quadro ? >> chiese Stefan
 
<< L’ho trovato in una famosa galleria d’arte a Parigi. È uno dei quadri più graditi dai visitatori. >> disse Sapphire prendendogli la mano
 
<< Che fine ne è stato di mia sorella ? >>
 
<< Non ne ho idea. Su di lei non ho trovato alcuna traccia. Mi dispiace >> disse Sapphire
 
<< Non esserlo. Comunque, prima hai detto che anche io ho ereditato il dono della magia. Come fai a saperlo ? Voglio dire… lei non mi conosceva, e io non ho ma sviluppato alcun potere, neanche durante l’adolescenza >>
 
<< Stefan, tu sei cresciuto in una delle famiglia più prestigiose del tempo, dire al mondo che il secondo genito non solo era il frutto di un tradimento con una donna di umili origini e per di più una strega, e che anche tu avessi ereditato i suoi poteri sarebbe stato uno scandalo. Stefan, i tuoi poteri si sono assopiti con il tempo, non avendoli mai praticati, non avendoli mai usati, e non avendo avuto una giusta educazione, i tuoi poteri sono stati bloccati. E questa situazione è peggiorata quando sei diventato un vampiro >>
 
<< Perché ? >>
 
<< Perché la Natura ha le sue leggi. Non si può essere strega e vampiro insieme, ma solo strega o solo vampiro. Quando tu sei diventato vampiro è come se avessi voltato definitivamente le spalle ai tuoi poteri. >> spiegò Sapphire
 
<< Ma io non lo sapevo. Io non ho rinunciato ai miei poteri perché non li volevo ma perché non sapevo di averli. E adesso io non posso neanche tornare indietro perché non posso ritornare ad essere un umano >> disse Stefan dando un calcio alla scrivania
 
<< E se io ti dicessi che ho trovato una soluzione per farti tornare umano ? >>
 
 

 
Bonnie si sentiva disorientata e confusa. Il corpo le faceva male, non riusciva a muovere il ginocchio, ed era sicura di avere non pochi lividi lungo le braccia e le gambe. Ma non era questo a confonderla, bensì il fatto di trovarsi in una stanza d’albero molto carina e accogliente. Era una camera abbastanza grande, con le pareti color crema, e i mobili in legno. Il letto non era così grande, infatti era di una sola piazza, ma era molto comodo e la parure bianca era molto morbida. Accanto al letto vide una sedia con sopra i suoi vestiti e a quel punto si rese conto che stava indossando vestiti non suoi. Una maglietta bianca, con dei pantaloncini bianchi e dei calzini. Per un attimo arrossii al pensiero che qualcuno l’avesse spogliata. Si alzò dal letto e cominciò a guardarsi un po’ intorno. Nel lato sinistro della stanza c’era un cassettone piccolo con un armadio e accanto c’era una finestra. Sopra al cassetto c’era uno specchietto. Damon lo prese in mano per vedere come stessero i capelli. Quando si rese conto che non fossero messi così male si diresse verso l’armadio sperando di trovare qualche vestito adeguato da poter indossare. Nell’armadio c’erano solo due paia di jeans appesi e un vestitino troppo corto perché Bonnie si potesse sentire a suo agio indossandolo. Così prese un paio di jeans, si tolse i pantaloncini e indossò i jeans. Ai piedi del letto vide le sue ballerine nere, così si tolse i calzini e indossò le sue ballerine. Uscì dalla stanza e si trovò in mezzo a un corridoio. Bonnie cominciò a camminare lungo il corridoio nella speranza di trovare qualcuno. Il corridoio era poco illuminato e ed era così silenzioso che Bonnie per un attimo pensò di essere finita in una casa fantasma. Con un incantesimo accese i lampadari del corridoio per avere più luce. Continuò a camminare fino a quando non trovò una scala che portava al piano di sotto. Bonnie la percorse e al piano di sotto trovò quella che doveva essere la hall dell’hotel. Non sembrava un posto molto raffinato, ma alle periferia di Chicago di certo non poteva aspettarsi un posto lussuoso. Vi erano delle signore sedute che leggevano delle riviste, mentre alla reception c’erano una ragazza e un ragazzo che parlottavano allegramente tra loro. La ragazza la vide sulle scale e sorrise. Era una ragazza molto bella, di media statura, occhi grigio-azzurri, pelle molto chiara, labbra chiare. Bonnie capì subito che quella ragazza doveva essere una vampira. Sospetta confermato quando la ragazza si leccò le labbra e mostrò i canini. Accanto a lei c’era un ragazzo con i capelli neri, pelli più rosea e occhi viola. Il ragazzo le fece segno di avvicinarsi e poi con la magia la trasportò direttamente davanti a lui. Bonnie non riusciva a capire, come potevano mostrare così liberamente la magia davanti a delle signore che all’apparenza sembravano umane.
 
<< Rilassati tesoro >> le disse la ragazza continuando a mostrarle i canini
 
<< Rilassarmi ? Io non ho idea di dove sono, o di chi siate voi, o del perché voi mostrate così liberamente la vostra natura. >> disse Bonnie che cercava di trattenere una crisi isterica
 
<< Allora lascia che ti dia delucidazioni, cara. Ti trovi in un hotel chiamato “Neverland”, un posto per gente soprannaturale come noi, che solo noi possiamo vedere e che ci tiene protetti da secoli. Qui streghe, vampiri, maghi, licantropi e tutte le altre creature sono protette dal mondo esterno fino a quando non si sentono pronte ad affrontare di nuovo la vita al di fuori di queste porte >> spiegò la ragazza
 
<< Almeno che alla fine non decidano di restare >> disse il ragazzo con un sorrisetto
 
<< Come quelle tre signore laggiù, avevano paura della morte, così sono venute in questo posto senza tempo. Stanno lì sedute da più tre secoli ormai >> disse la ragazza indicando le tre signore
 
<< Com’è possibile tutto questo ? >> chiese Bonnie che non riusciva a crederci
 
<< Segreti. Tutti ne abbiamo qui. Comunque, io mi chiamo Rebecca, lui si chiama Jonathan. Per qualsiasi cosa di cui tu possa avere bisogno, noi siamo le persone giuste a cui rivolgerti. >> disse Rebecca
 
<< Vi ringrazio. In effetti, io avrei un po’ di fame >> ammise Bonnie arrossendo un po’
 
<< Oh, cara, purtroppo per la colazione è tardi e per il pranzo dovrai aspettare, ma per tua fortuna prepariamo sempre dei dolcetti. Sai se qualcuno vuole fare qualche snack >> disse Rebecca prendendola per mano e portandola verso la cucina che stava lì vicino.
 
<< Non credevo che ai vampiri piacessero i dolcetti >> commentò Bonnie pensando a Damon che mangiava un dolcetto
 
<< Diciamo che per loro abbiamo un diverso tipo di dolcetto. >> sorrise la ragazza facendo intendere molte cose
 
Bonnie non rispose per non dire qualcosa che avrebbe potuto offenderla o farla arrabbiare.
 
<< Senti, posso farti una domanda ? Dove mi avete trovata ? Dove sono adesso ? >>
 
<< oh no, adesso non è il momento per le domande. Mangia questo, ti sentirai molto meglio >> disse Rebecca
 
Bonnie guardò il dolcetto e la fame aumentò ancora più di prima. Il docletto aveva la forza di una rosa, e la glassa era perfettamente rossa, inoltre emanava un profumo incantevole. Bonnie le diede un morso e poi… si sentì in paradiso. A un certo punto tutti i pensieri, tutte le sue paure, e tutte le sue preoccupazioni svanirono. A un certo punto quel luogo le parve addirittura più luminoso e più bello di prima. Qualcosa nella sua testa le diceva che doveva andarsene al più presto, ma perché avrebbe dovuto farlo ?? Perché Damon la stava cercando. Damon ? Ma Damon adesso era felice con Elena, e lei era così felice per loro. Ma doveva trovare Stefan. Stefan ? Ma Stefan sicuramente adesso stava con Sapphire e si stava divertendo da qualche parte. All’improvviso Bonnie si sentì così felice che aveva voglia di mettersi a gridare.
 
<< Allora Bonnie, che cosa stavi chiedendo prima ? >> le chiese Rebecca con uno strano sorriso
 
<< Volevo chiederti se potevo restare qui per sempre. Ogni cosa qui è meravigliosa, questo luogo è meraviglioso, questo dolcetto è meraviglioso. Io non voglio più andare via !! >> esclamò Bonnie allegramente
 
<< Oh Bonnie, sarai accontentata >> le disse Rebecca con un ghignetto
 
 
 
 



Ciao ragazzi !! Scusate se ho aggiornato solo. Sper che il capiolo vi sia piaciuto, era da tanto che mi crucciava e spero di averlo realizzato nel migliore dei modi. Ovviamente avrete notato la totale assenza dei personaggi di Fell's Church ma ho preferito dedicare alla (dis)avventura di Damon, Meredith e Rosalie un capitolo intero, ovvero il prossimo. Qualsiasi commento o critica sarà ben accetta !! So che molti punti non hanno una conclusione ma li ho omessi solo perché il capitolo rischiava di diventare troppo lungo ma avranno anche loro una spiegazione nei successivi capitoli. Grazie ancora.
 

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Capitolo 12
*** Shall we make a deal ? ***


SHALL WE MAKE A DEAL ?
 
Stefan stava guardando meravigliato lo specchio dalla cornice d’argento e con qualche zaffiro e diamante qua e là. Poi guardò Sapphire, che ghignava vicino a lui. Poi una luce blu avvolse la ragazza vicino a lui e quando svanì, Sapphire indossava dei pantaloni comodi di un blu accesso, con degli stivali di un blu un po’ più scuro, indossava una camicia leggera blu acceso chiaro con una cintura blu scurissimo in vita che faceva evidenziare i fianchi perfetti della ragazza e in fine un copri spalle blu  acceso come i pantaloni.
 
<< Il fatto che tu ti sia tolta di dosso quel bellissimo vestito e quelle scarpe vertiginose dovrebbe preoccuparmi ? Stiamo andando in un bosco pieno di streghe e vampiri per caso ? >> chiese Stefan cercando di metter su l’espressione più scherzosa che potesse fare
 
<< No. Stiamo andando in una casa. La mia casa di tante vite fa, è lì che tengo la polvere dell’emozione. Ho messo questi abiti solo per stare più comoda >> disse Sapphire
 
<< Torni ancora nelle abitazioni delle tue precedenti vite ? >>  le chiese il vampiro alzando un sopracciglio
 
<< Non c’è niente di male nel voler ripercorrere i propri passi. Dovresti farlo qualche volta. Eviteresti di fare certe sciocchezze >> disse Sapphire dirigendosi verso un cassettone
 
<< Grazie, Saph. Cerca di ricordarmelo ogni tre minuti. Sapevo che non avrei dovuto confidarmi con te >> disse Stefan
 
<< Tecnicamente non ti sei confidato con me. Io ho dovuto usare la magia e tutta l’arte della persuasione possibile per tirarti fuori la verità. E continuo comunque a credere che tu mi stia ancora nascondendo qualcosa >> disse Sapphire prendendo un fermaglio dal cassetto
 
Era un fermaglio lungo, argentato, con dei zaffiri e dei diamanti  all’estremità, lo usò per alzare i capelli al lato sinistro.
 
<< Come sto ? >> chiese la ragazza
 
<< Bellissima come sempre >> rispose Stefan accennando un sorriso
 
<< Detto da uno che ormai può apprezzare una donna solo dal punto di vista fisico… >>
 
<< E anche dal tuo migliore amico. Ricordatelo >> disse Stefan ghignando
 
<< Certo, come dimenticarlo. Comunque, sei pronto ? >> chiese Sapphire indicando lo specchio con il capo
 
Stefan non poteva dirsi entusiasta, oddio, non lo sarebbe stato in qualunque caso ma era sicuro che se avesse avuto il suo cuore non ci sarebbe andato comunque oltre quello specchio. Tuttavia, voleva fidarsi di Sapphire per cui le prese la mano e dopo averla guardata entrò per primo dentro lo specchio per poi trovarsi davanti a una casa a due piani, fatta di mattoni a colore marrone scuro, con le finestre dalle cornici bianche e con qualche vetro rotto.
 
<< Ma questa è… >>
 
<< Si, Stefan. Lo è >> disse Sapphire comparendo dietro di lui
 

 
Damon, Merediht, la signora Flowers e Rosalie erano appena arrivati alla pensione, dopo aver trascorso il viaggio in un totale silenzio. Quando arrivarono fecero accomodare Rosalie in cucina, mentre la signora Flowers preparava del tè.
 
<< Bene, Rosalie. Ora siamo in un posto tranquillo e non hai più scuse. Devi dirci tutto >> cominciò Meredith sedendosi davanti a lei
 
<< Con calma Mer. Il nostro problema non si risolverà da un giorno all’altro. Tutta questa fretta da parte tua è inutile >> disse Rosalie
 
<< Forse tu non hai capito Rosalie, tua cugina è sparita. È a Chicago, da sola e qualcuno le vuole fare del male e io devo raggiungerla, devo aiutarla e tu non mi stai aiutando >> continuò Meredith imperterrita
 
<< Vedi Mer ? Ancora una volta il tuo cervellino si è applicato e non ha capito un accidenti di quel che sta accadendo. >> disse Rosalie che per poco non scoppiava a ridere
 
<< Che cosa vuoi dire ? >> chiese Meredith che si stava arrabbiando
 
<< Ma non è ovvio ? Lei l’ha aiutata a scappare. Lei e mio fratello hanno organizzato tutto nei minimi dettagli. Mi ricordo di te, eri con mio fratello all’agenzia di viaggi e in molte altre occasioni vi ho visti insieme >> disse Damon
 
<< Tu sei il fratello di Stefan ? Quando ti scorgevo credevo fossi suo padre >> disse Rosalie facendo arrabbiare Damon
 
<< Come osi piccola stro… >> stava cominciando a dire Damon
 
<< Rosalia, non cambiare discorso. Io voglio sapere tutto, adesso >> disse Meredith sbattendo la mano sul tavolo
 
<< Addirittura. Beh, da dove cominciare ? C’è una strega, molto potente, il suo nome è Anastasia e questa strega molto, molto cattiva vuole sacrificare Bonnie in un rituale. E io non posso permettere >> disse Rosalie
 
<< Che genere di rituale ? >> chiese la signora Flowers posando sul tavolo la tazze con il tè 
 
<< Lei vuole un figlio, di sangue puro. O almeno credo che questa sia la ragione. >> disse Rosalie
 
<< Un figlio di sangue puro ? Che vuoi dire ? >> chiese Meredith confusa
 
<< Un figlio che non sia originato da un incesto >> rispose Rosalie
 
<< Un momento ? Stai parlando di Anastasia De Verdant ? >> le chiese la signora Flowers con un’espressione sorpresa
 
<< Si, conosce anche lei la sua storia ? >> le chiese Rosalie sorpresa a sua volta
 
<< Non conosco una strega che non la conosce. Anche se, in tutta sincerità, ho sempre pensato che fosse solo una leggenda >>
 
<< Oh no, mi creda. Esiste eccome, e da sempre ha creato problemi alla mia famiglia. >> disse Rosalie prendendo un sorso di tè
 
<< E che cosa vuole dalla tua famiglia ? >> chiese Meredith
 
<< Vendetta, credo. La mia famiglia ha fatto soffrire molto la sua, secoli fa. Per cui… occhio per occhio >>
 
<< Rosalie, se ciò che dici è vero e questa Anastasia è così potente come dici devi lasciarci uscire da Fell’s Church. Adesso Bonnie è a Chicago, sola e … >> cominciò a dire Meredith
 
<< Oh no Mer. Bonnie non è sola, c’è Stefan con lei >> ribatté Rosalie tranquilla
 
Meredith sorrise con scherno e poi disse << Rose, non offenderti, ma la signora Flowers ha fatto un incantesimo di localizzazione e ha visto Bonnie a Chicago, da sola. Non c’era Stefan. >>
 
<< Invece credo che voi non avete sapute leggere correttamente i segnali. Sapete dov’è Stefan ? No ? Ve lo dico io dov’è. In un mare di guai >> disse Rosalie
 
<< Che intendi dire ? >> chiese Damon
 
<< Voi dite che Stefan non è con Bonnie. E allora dov’è ? Perché l’incantesimo di localizzazione non l’ha trovato ? Perché con Bonnie ha funzionato e con Stefan no ? Rispondete alla mia domanda >> li sfidò Rosalie con un ghigno
 
Meredith si morse il labbro per la rabbia. Dio, lei aveva sempre avuto un rapporto abbastanza tranquillo con Rosalie, le due non avevano mai chiacchierato molto, neanche nelle poche volte in cui Rosalie veniva a Fell’s Church, ma adesso sentiva che avrebbe potuto ucciderla da un momento all’altro. Rosalie dava l’idea di chi ne sapesse una più del diavolo e si stava divertendo a provocarli o almeno era questo il modo in cui Meredith si sentiva.
 
<< Ve lo dico io il perché… >> disse Rosalie << … Stefan non ha più un cuore. Anastasia De Verdant glielo ha strappato >>
 
<< È morto ? >> chiese Damon cercando di mantenere la calma
 
<< No. Ma è in grave pericolo. Anastasia De Verdant ha usato la magia per strapparglielo. >> disse Rosalie prendendo un altro sorso di tè
 
<< Come può essere ancora vivo se non ha un cuore ? >> chiese Meredith scettica
 
<< Può, è un incantesimo molto antico, molto oscuro e molto potente. Da tempo le streghe avevano smesso di usarlo. >> spiegò la signora Flowers
 
<< Perché ? >> chiese Damon
 
<< Perché strappare un cuore con la magia è, probabilmente, la cosa più brutta che si possa fare a qualsiasi creatura. >> disse la signora Flowers mettendo dei biscotti sul tavolo
 
<< Oh meno male, stavo morendo di fame >> disse Rosalie prendendo un biscotto
 
<< Potevi dirlo prima cara, puoi chiedere qualsiasi cosa di cui tu abbia bisogno >> disse la signora Flowers accarezzando i capelli a Rosalie che le sorrise riconoscente
 
<< Un momento, questo non è un albergo. E io voglio sapere di più su questo incantesimo. Quali effetti ha su mio fratello ? >> chiese Damon
 
<< Gli ha tolto le emozioni, lui non può provare più niente. Né la gioia, né la tristezza, né il dolore, solo il vuoto. Inoltre… non potrà più amare nessuno. Nemmeno se stesso >> disse Rosalie
 
<< Perché avrebbe dovuto farlo ? >> chiese Meredith sperava di non aver capito la situazione
 
<< Di solito, una persona prende una decisione del genere quando non vuole essere debole. I sentimenti, come la magia, hanno un prezzo. L’amore sicuramente lo ha, significa sofferenza, gioia, mettere il bene dell’altro prima del tuo. Per molti può rappresentare una debolezza. >> disse Rosalie
 
<< Non mi sembra il caso di Stefan, lui ha basato la sua vita difendendo i suoi ideali sull’amore, suoi sentimenti, sul bene. E tutte quelle cazzate >> disse Damon che sentì l’improvviso bisogno di ubriacarsi avendo inteso perfettamente la situazione
 
<< Allora è colpa dell’amore. Forse si è innamorato e non riusciva a reggerne il peso >> ipotizzò Rosalie ignara di tutti gli eventi precedenti
 
<< No. Non era il peso dell’amore che non riusciva a reggere >> disse Damon
 
<< E allora che cosa ? >> chiese Rosalie
 
<< Il peso del tradimento >> disse Damon
 

 
Stefan si voltò verso Sapphire che lo guardava con un’espressione deliziata poco lontano da lui. Stefan non riusciva a capire come facesse Sapphire a sembrare sempre così tranquilla.
 
<< Perché siamo qui ? >> chiese Stefan
 
<< Oh andiamo Stefan. Te l’avevo detto che amavo percorrere i vecchi ricordi >> disse Sapphire
 
<< Saph, mi hai detto che stavamo andando in una delle tue vecchie case. Questa è la casa di… >>
 
<< Theodore, lo so >> disse Sapphire con occhi tristi
 
Theodore, era stato il fidanzato di Sapphire un tempo. Stefan lo conosceva perché Sapphire aveva voluto presentarglielo, diceva che in qualità di migliore amico doveva conoscere il ragazzo che le faceva battere il cuore. Stefan non ricordava molto di Theodore, lo aveva visto pochissime volte. Di lui ricordava i capelli mori e gli occhi viola, la pelle lievemente abbronzata, alto, muscoloso, ed era un mago anche lui. Sapphire lo aveva amato tanto ma un giorno Theodore sparì, per sempre. Sapphire lo aveva cercato per anni ma poi si arrese e fu in quella vita che Damon la uccise. Durante una lite tra i fratelli Damon stava per vincere e Sapphire si era messa in mezzo ma era troppo debole, sia emotivamente che fisicamente per distruggere Damon e così perse. Ora Stefan era convinto che se Sapphire avesse avuto Damon davanti a sé lo avrebbe messo ko in un nanosecondo.
 
<< Perché continui a venire qui ? >> chiese Stefan sperando di non essere stato indiscreto
 
<< Non vengo qui molto spesso. Solo per nascondere le cose che credo possano servirmi in futuro >> spiegò Sapphire cominciando a incamminarsi verso l’entrata
 
<< Come la polvere dell’emozione ? >> disse Stefan cominciando a inseguirla
 
<< E molte altre cose. Qui è l’unico posto dove sento di poter tenere i miei segreti al sicuro. >> disse Sapphire giungendo davanti alla porta
 
<< Allora non dovresti portarmi qui. Al momento, concorderai con me che non sono molto affidabile >> disse Stefan che si fermò un po’ prima della ragazza
 
<< Non fare lo sciocco. Siamo venuti qui proprio per te. Se te en andassi via sarebbe tutto inutile >> disse Sapphire aprendo la porta
 
<< Perché ? Non la potevi prendere da sola senza rischiare di compromettere gli oggetti a cui tieni ? >> chiese Stefan avvicinandosi un po’
 
<< Non essere maleducato. Sei un gentiluomo, accompagnare una fanciulla indifesa in un luogo così isolato per cercare qualcosa che serve a te, solo per specificarlo, dovrebbe sembrarti naturale >> disse Sapphire entrando
 
<< Indifesa fanciulla Saph ? Credimi, sei molte cose ma indifesa non è tra queste >> disse Stefan appoggiandosi alla porta
 
<< Che stai aspettando Stefan ? >> chiese Sapphire poiché il ragazzo non entrava
 
<< Che tu mi dia il permesso per entrare. Ricordi ? I vampiri non possono entrare in un luogo… >>


<< … senza essere invitati. Giusto. Beh, prego, entra pure nel mio mondo interiore. >> disse la ragazza scherzando
 
<< Sono sicuro che è meraviglioso e pericoloso allo stesso tempo >> disse Stefan entrando
 
Il corridoio dell’entrata era abbastanza stretto e disordinato, le pareti erano rotte in più punti, i dipinti erano quasi del tutto distrutti e pieni di polvere, come anche il pavimento, il pavimento scricchiolava e il soffitto era pieno di ragnatele. Una perfetta casa da strega sotto un certo punto di vista. Alla fine del corridoio vi erano tre diverse porte, e poi due diverse rampe di scale stavano ai lati della porta che segnava la fine del corridoio. Sapphire percorse quella a sinistra. Anche le scale erano malridotte, come anche il resto della casa, le maniglie sembravano essere sul punto di crollare e infatti sia Sapphire che Stefan evitarono di appoggiarsi, gli scalini scricchiolavano ed erano pieni di polvere, inoltre il suono a volte era così forte che cadeva addirittura un sacco di polvere dal soffitto. Stefan non poté non dire di essere sorpreso. Di solito Sapphire amava i posti raffinati, le piaceva l’ordine, le piaceva conservare la bellezza, non solo del suo aspetto, p della sua magia, ma anche delle cose che lei amava e se lei amava davvero quella casa nello stesso modo in cui aveva sempre affermato di aver amato Theodore, allora non riusciva a spiegarsi perché quella casa sembrava di essere sul punto di crollare sulle loro teste. Quando le scale terminarono Sapphire svoltò a destra dove vi era un corridoio ancora più stretto, buio, e dove mancava l’aria.
 
<< Diamine, se fossi umano adesso sarei già morto. Qua non si respira >> disse Stefan seguendo la ragazza nel corridoio
 
<< Vero. La casa non è in buone condizioni ma credimi, è meglio così >> disse Sapphire che prendendogli la mano
 
<< Perché ? >> chiese Stefan che non riusciva a capire
 
<< È qui dentro >> disse Sapphire aprendo una porta sul lato destro
 
Il corridoio si illuminò di una luce tenue, segno che la stanza doveva essere molto luminosa. In effetti lo era, la finestra era completamente distrutta, vi era solo un grande buco nel muro, e c’era un grande buco anche sul soffitto. La stanza doveva essere una sorta di studio, c’era una grande scrivania con sopra delle carte, dei libri e un calamaio. Poi vi erano delle librerie, alcune avevano ancora tutti i libri sugli scaffali, altre avevano alcuni scaffali rotti e i libri giacevano sul pavimento con le copertine piene di polvere e con qualche pagina sparsa qua e là.
 
<< Sei sicura che sia qui ? >> chiese Stefan
 
<< Sicurissima. Ora dobbiamo solo metterci a cercare >>
 

 
Rosalie non riusciva a capire a pieno l’affermazione di Damon così il vampiro si affrettò a chiarire la situazione. Le raccontò tutto, della relazione con Elena, della litigata con Stefan, del fatto che gli aveva tolto la parola fino al giorno del matrimonio. Rosalie non sembrava affatto sorpresa da quella storia, non conosceva molto bene Elena, ma conosceva il dono della bellezza e dai racconti di Bonnie, Elena aveva un’idea ben chiara di come usarlo.
 
<< Ciò che mi stai raccontando non mi è nuovo. Stefan non è né il primo, né sarà l’ultimo a desiderare di non avere più un cuore dopo un tradimento del genere. >> disse Rosalie
 
<< Però non mi è chiara una cosa >> disse Damon
 
<< Cosa ? >> chiese Rosalie mangiando un altro biscotto
 
<< Se è vero che tutti i sentimenti di mio fratello sono scomparsi nell’attimo in cui non ha più avuto un cuore, perché poi quando è tornato a casa sembrava un drago inferocito sul punto di mangiarmi e uno zombie depresso per i giorni seguenti ? >> chiese Damon confuso
 
<< Beh, i sentimenti non scompaiono subito. Solitamente, le emozioni forti, come la rabbia, l’amore, o il dolore, soprattutto se amplificati dalla natura vampiresca di Stefan, vengono smaltiti molto lentamente. Inoltre il corpo quando non a più un cuore, si sente privato di qualcosa, è debole e necessita di molto tempo prima di abituarti alla sua nuova condizione. >> spiegò Rosalie
 
<< Quindi, tu credi che non riusciamo a trovare Stefan perché lui non ha un cuore ? >> chiese Mereidht
 
<< È l’unica spiegazione possibile. >> disse Rosalie
 
<< Ma tu sai dov’è >> continuò Meredith
 
<< Ovvio che lo so. Ma saperlo è inutile dal momento che non ha un cuore. >> disse Rosalie
 
<< Ecco perché tu sei qui. Vuoi che ti diamo una mano a recuperare il cuore di Stefan >> disse Meredith dopo aver fatto due più due
 
<< Brava Mer, ci sei arrivata finalmente. Sono qui per proporvi un accordo >> disse Rosalie con un ghigno
 
<< Che genere di accordo ? >> chiese Meredith che non si fidava affatto di Rosalie
 
<< Voi mi aiutate a prendere il cuore di Stefan in modo che Anastasia non possa più controllarlo, e io vi dirò dove sono Bonnie e Stefan >> disse Rosalie
 
<< Sappiamo già dov’è Bonnie, quello che ci serve è che tu spezzi l’incantesimo di confine >> disse Meredith
 
<< Ecco quella è l’unica cosa che non posso fare >> disse Rosalie
 
<< Perché ? >> disse Meredith sbattendo la mano sul tavolo e alzandosi in piedi
 
<< Per lo stesso motivo per cui tu vuoi che io lo spezzi, per far si che Bonnie sia al sicuro. Ma fidati, lei non ha bisogno della tua protezione Meredith. Non appena avremo recuperato il cuore di Stefan da villa De Verdant, ci penserà lui a proteggerla >> disse Rosalie
 
<< Mio fratello non sa badare neanche a se stesso, come pensi che potrà prendersi cura di Bonnie ? >> chiese Damon alzando un sopracciglio
 
<< Nello stesso modo in cui  voi non avete saputo prendervi cura dei vostri cari. >> ribatté Rosalie facendo arrabbiare Damon
 
<< Beh, allora il cuore di mio fratello te lo dovrai prendere da sola. Non si può fare un accordo senza ricevere niente in cambio >> ribatté il vampiro dagli occhi neri
 
<< Credevo che la vita di Bonnie fosse di vostro interesse. Ma non capite ? Anastasia De Verdant è una strega troppo potente. Non potete fermarla, e di certo tenere Bonnie qui non l’avrebbe protetta. >> disse Rosalie alzandosi a sua volta
 
<< Ma che senso ha usare un incantesimo di confine per intrappolarci qui ? >> chiese Meredith
 
<< Non volevo intrappolare specificamente voi. Volevo intrappolare tutte le creature soprannaturali di Fells Church. Una volta entrati non sarebbero potuti uscire e una volta usciti non sarebbero potuti tornare. Ecco a cosa serve il mio incantesimo di confine >> spiegò Rosalie
 
<< Questo è assurdo, Miss Inquietudine non è una creatura soprannaturale, quello che… >> cominciò a dire Damon
<< Si invece. È una mezza vampira e tanto basta >> urlò Rosalie con disprezzo
 
Il silenzio calò per un momento nella stanza, e l’atmosfera divenne pesante. La signora Flowers era rimasta in silenzio ad ascoltare preferendo non pronunciarsi.
Meredith invece era rimasta allibita, non capendo come avesse fatto Rosalie e capire la verità su di lei.
 
<< Come hai fatto a capirlo ? >> chiese Meredith
 
<< Al momento direi che questa argomentazione è piuttosto irrilevante. >> disse Rosalie sedendosi nuovamente
 
<< Perché Stefan è riuscito a passare essendo comunque un vampiro ? >> chiese Damon cercando di cambiare argomento
 
<< All’inizio non riuscivo a spiegarmelo. Avevo creato un congegno magico in modo da permettergli di lasciare la città con Bonnie ma il giorno del matrimonio non feci in tempo a darglielo. Tuttavia in città non vedevo né lui né Bonnie per cui ho usato un incantesimo di localizzazione per trovarlo e fu lì che capii perché lui era riuscito a passare nonostante l’incantesimo… >> disse la ragazza prendendo un altro biscotto <<… Lui non aveva un cuore. L’incantesimo di confine impedisce di passare oltre di esso alle creature che non possiedono un cuore umano. Stefan non lo possedeva affatto, per cui l’incantesimo non lo ha proprio percepito. L’incantesimo di confine però, sta attenuando le conseguenze.>>
 
<< Che cosa vuoi dire ? >> chiese Meredith
 
<< Voglio dire che se quell’incantesimo non ci fosse sia Stefan che Bonnie sarebbero morti da un pezzo. Anastasia de Verdant può controllare il cuore di Stefan, può fargli fare tutto quello che vuole. Tuttavia l’incantesimo di confine fa in modo che questo non avvenga. Il che tiene al sicuro Bonnie ma quasi al sicuro Stefan >> disse Rosalie
 
<< Perché quasi al sicuro ? >> chiese Damon fingendosi di nuovo indifferente
 
<< Perché Anastasia potrebbe comunque ucciderlo in goni momento incenerendo il cuore. Tuttavia non credo che lo farà >> rispose Rosalie
 
<< E per quale motivo ? >> chiese la signora Flowers che teneva a cuore la sorte del ragazzo che ormai considerava come un figlio
 
<< Perché credo che lui le serva. Nel caso in cui qualcosa dovesse andare storto, finché Stefan sarà accanto a Bonnie e lei avrà il cuore a portata di mano, avere il controllo sulla volontà di tuo fratello sarà una grande risorsa per Anastasia. >> disse Rosalie
 
<< Ma chi è Anastasia ? >> chiese Damon che non ne poteva più di sentire nominare questa presunta Anastasia
 
<< Un momento… voi non sapete niente sui De Verdant ?? >> chiese Rosalie sbalordita
 
Le espressioni confuse di Meredith, Damon e quella un po’ imbarazzata della signora Flowers. Rosalie aveva allora compreso che prima di fare un patto con loro avrebbe dovuto almeno metterli in guardia da una delle più perfide streghe del mondo.
 

 
Bonnie stava riposando in un sonno profondo, senza sogni. Aveva un’espressione tranquilla. Tuttavia il riposo non durò a lungo, un forte dolore al petto la colpì e cominciò a urlare.
 
<< Andiamo Bonnie, non è così doloroso. Io ho sopportato tutto questo per anni. >> disse la voce nel suo sogno, quella della ragazza del matriomonio
 
<< Chi sei tu ? Che cosa vuoi da me ? >> chiese Bonnie trovandosi di nuovo nella stanza buia
 
<< Chi sono io ? Nessuno ti ha parlato di me ? Prevedibile, disgustosamente prevedibile >> disse la ragazza dagli occhi scuri
 
<< Chi mi avrebbe dovuto parlare di te ? >> chiese Bonnie
 
<< Io sono Sylvia, tua sorella maggiore >> rispose la ragazza con tono freddo
 
<< Io ho solo una sorella maggiore e si chiama Mary >> ribatté la giovane strega
 
<< Guardami bene Bonnie, non trovi una certa somiglianza tra me e lei ? >> chiese la ragazza
 
Bonnie la osservò attentamente e dovette ammettere che la ragazza aveva ragione. Gli occhi, i capelli, i lineamenti del viso, era uguali a quelli di Mary. In realtà, Sylvia sembrava un po’ più bassa e più magrolina, come se fosse sempre sul punto di spezzarsi, era più pallida, e aveva gli occhi pieni di rabbia.
 
<< Com’è possibile ? >> chiese Bonnie
 
<< Io, tanti anni fa, fui sacrificata in un rituale. Ero malata, gravemente malata, e nostra madre e nostra nonna mi tennero rinchiusa a vita senza mai farmi vedere la luce del sole. Mi hanno tolto anni della mia vita, e solo per non sacrificare te. Non mi hanno salvata per salvare te >> disse Sylvia puntandole il dito contro
 
<< E ora che cosa vorresti da me ? Vuoi uccidermi ? >> chiese Bonnie con le lacrime agli occhi
 
<< No, ti ho già passato il mio stesso male. Sarebbe troppo facile. Quello che tu sei per me è semplicemente una… certezza. Tu sei l’unica cosa che mi permetterà di ottenere ciò che voglio >> disse Sylvia
 
<< E che cosa vorresti ? >> chiese Bonnie
 
<< Mmm… questi non sono affari che ti riguardano >> disse Sylvia procurandole un grande dolore al petto
 
Bonnie cominciò a urlare dal dolore, il petto le bruciava tantissimo e alla fine si svegliò rischiando quasi di cadere dal divano. Bonnie si mise lentamente a sedere, poi indossò le scarpe e andò alla ricerca del bagno per potersi sciacquare il viso sudato. Lo trovò dopo poco tempo, l’appartamento di Sapphire era grande, aveva due piani, e ma non così grande da non trovare facilmente le varie stanze. Infatti c’era il bagno al piano di sopra, la prima porta subito dopo la fine delle scale. Era un bagno bellissimo, il pavimento indaco chiaro, le pareti azzurre e i mobili bianchi. Bonnie si sciacquò il viso cercando di non fare troppo disordine. Si guardò nello specchio davanti a sé quello che vide non le piacque affatto. Vide una ragazza pallida, malaticcia, dimagrita, con le occhiaie e gli occhi stanchi. Istintivamente si portò una mano al petto che ultimamente non smetteva di dolerle. E tutto ciò era accaduto per colpa di una sorella che non sapeva nemmeno di avere e che l’aveva odiata ancora prima di conoscerla.
A un certo punto un forte rumore la colse di sorpresa al piano di sotto. Bonnie si sciacquò in fretta il viso con la manica della felpa e corse al piano di sotto. Il vaso che stava sul piedistallo davanti alle scale era a terra, in mille pezzi.
 
<< Ma che cosa… >> ma non fece in tempo a finire la frase che uno strano verso la fece sobbalzare
 
Era un drago di medie dimensioni, grigio, con qualche ferita qua e là, le ali grandi, e gli artigli molto affilati, che le stava ringhiando contro. Bonnie scese velocemente le scale, cercando di andare in cucina e per un pelo riuscì ad evitare di venir bruciata dalle fiamme del drago. Bonnie cercò di raggiungere l’ascensore ma il drago sputò il fuoco davanti all’ascensore. Bonnie allora cercò qualche altra via di uscita e in fine individuò le scale che conducevano ai piani sottostanti. Velocemente l’aprì e cominciò a correre. Il drago la inseguì ma Bonnie era già piuttosto avanti. Alla fine Bonnie prese l’ascensore qualche piano più in basso e riuscì a scappare dall’uscita secondaria dell’edificio. Fortunatamente Stefan durante il viaggio le aveva dato una copia delle chiavi della macchina, così senza perdere tempo mise in moto. Tuttavia il drago spuntò fuori dall’edificio rompendo una finestra. Bonnie cominciò a correre con l’auto sperando di seminare il drago il prima possibile.
 

 
Damon e Meredith non sapevano che pensare. Rosalie aveva raccontato loro una storia a dir poco assurda fatta di incesto, sacrificio, magia. Damon soprattutto, che poteva affermare di averne sentite molte di storie, non ne aveva mai sentita una così contorta.
 
<< Ora vi è chiara la situazione ? >> chiese Rosalie un po’ scocciata
 
<< Non proprio, questa storia è piena di contraddizioni esono sicura che non ce l’hai nemmeno raccontata tutta >> disse Meredith
 
<< Vi ho raccontato quello che so e cosa stiamo rischiando tutti noi ed è sufficiente. Ora, non ho più tempo da perdere. Devo sapere se posso fidarmi di voi e se siete disposti ad aiutarmi >> disse Rosalie
 
<< Perché non puoi prenderlo da sola il cuore di Stefan ? >> chiese Damon
 
<< Perché villa De Verdant è inespugnabile. C’è un grande giardino che circonda la villa che è ricco di trappole, inoltre la villa è circondata dai suoi maledetti draghi >> disse Rosalie
 
<< Draghi ? >> chiese Damon alzando un sopracciglio
 
<< Draghi. Persone a cui lei ha strappato il cuore e che ha trasformato in draghi e che giorno dopo giorno hanno perso la sua natura umana e sono diventate bestie >> spiegò Rosalie
 
<< Dio santissimo. Non c’è un altro modo per entrare in casa ? >> chiese Meredith
 
<< Sto spiando la famiglia De Verdant da quando è giunta a Fell’s Church, pensi che se non avessi trovato un altro modo adesso starei qui a parlare con voi ? >> chiese Rosalie esasperata
 
<< Quindi è questo che vuoi. Noi ti aiutiamo a prendere il cuore di Stefan, grazie e arrivederci. Ci terrai all’oscuro di tutto, e non spezzerai neanche l’incantesimo per poter raggiungere Bonnie >> disse Meredith
 
<< Allora cambio il patto. Voi mi aiutate a prendere il cuore di Stefan e io darò il congegno magico che avrei dovuto dare a Stefan a uno di voi due. Non posso darne due perché altrimenti l’incantesimo di confine si indebolirebbe troppo. Comunque, il mio patto è questo, accettate o no ?? >> chiese Rosalie
 
Meredith e Damon si guardarono per un secondo. Non sapevano se fidarsi o meno di Rosalie ma non avevano altra scelta.
 
<< Accettiamo, adesso è quasi sera. Attaccare Villa De Verdant senza un piano geniale non è consigliabile. Adesso ci riposeremo, domani mattina penseremo a un piano e domani pomeriggio andremo a recuperare il cuore di Stefan >> disse Meredith
 
Rosalie non ebbe niente da ribattere. Le scocciava doversi affidare a due persone che non conosceva, si era fidata di Stefan e sebbene lui non lo avesse fatto intenzionalmente, nascondendole il fatto che non avesse un cuore l’aveva lasciata amareggiata. Ma non aveva altra scelta, sua cugina veniva prima di tutto.
 

 
Anastasia De Verdan era nel suo giardino e stava annaffiando un cespuglio di rose rosse, perfette e bellissime. Indossava un vestito lungo fino al ginocchio, rosso, con una cintura in vita e degli stivaletti bassi. A un certo punto un drago dalla pelle gialla, di media statura, con le ali grandi volò in picchiata verso di lei. Anastasia lo fissò e smise si innaffiare. Il drago aveva in bocca uno specchio curioso.
 
<< Che cos’hai in bocca tesoro ? >> chiese Anastasia accarezzando il drago quando questi le si avvicinò porgendole lo specchio
 
Anastasia lo riconobbe subito e sorrise. Poi prese una boccetta dalla tasca del vestito e verso qualche goccia sugli occhi del drago. Una nuvola porpora si levò in aria e mostrò ad Anastasia tutto ciò che il drago aveva visto precedentemente con i suoi occhi. Istintivamente sorrise compiaciuta, se Rosalie voleva la guerra lei l’avrebbe accontentata, così come anche gli altri insieme a lei. 

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Capitolo 13
*** In the enemy manor ***


IN THE ENEMY MANOR
 

Rosalie stava preparando la borsa con tutto il necessario per poter espugnare Villa de Verdant. Per l’occasione aveva indossato dei leghi ns neri, degli stivali neri, una maglietta nera e una felpa leggera. Un abbigliamento comodo che non  intralciasse alcun tipo di movimento e aveva consigliato agli altri due di fare lo stesso. Rosalie aveva spiato per giorni Villa De Verdant, ormai conosceva tutte le trappole del giardino e conosceva tutte le entrate segrete, ma una volta all’interno della grande villa non sapeva che cosa aspettarsi. Per questo aveva bisogno del loro aiuto. Nella borsa aveva messo il suo Grimorio, alcune pozioni, e una balestra, nel caso fosse stato necessario usare un’arma. Rosalie si alzò da letto e poi si guardò allo specchio. Vide una ragazza stanca, con delle profonde occhiaie, e con una grandissima voglia di bere una pozione soporifera e di dormire per almeno mille anni. Rosalie prese un elastico dalla sua borsa e legò i capelli in una coda alta. Guardò l’orologio appeso alla parete della camera dove aveva passato la notte e vide che erano le tre del pomeriggio. Per un attimo le venne in mente quanto fosse stata burrascosa quella mattina.
 
INIZIO FLASHBACK
 
Rosalie si era appena svegliata, anche se sarebbe più corretto dire che si era appena rassegnata al fatto che non riuscisse a dormire e perciò si era alzata dal letto. Infatti si stava togliendo il pigiama di Elena che la signora Flowers le aveva prestato la notte precedente. Era un pigiama semplice, una canottiera blu e dei pantaloni bianchi e lunghi, ma Rosalie non si sentiva a suo agio a indossare i vestiti di Elena senza il suo permesso. Infatti, scelse di indossare una maglia lunga color viola scuro e delle calze nere con degli stivaletti bassi, lasciando sciolti i capelli. Dopo essere uscita dalla stanza si scontrò con Meredith che per poco non la fulminò con lo sguardo. Rosalie roteò gli occhi preferendo non dire niente. Scese giù in cucina dove vide la signora Flowers intenta a preparare la colazione.
 
<< Vuole che le dia un mano ? >> le chiese gentilmente
 
<< Oh no cara. Ho quasi finito, dopo andrò a curare il mio giardino così voi potrete parlare in pace >> disse la signora Flowers
 
Rosalie annuì, poi si sedette al tavolo a cominciò a mangiucchiare dei biscotti. Poco dopo la signora Flowers uscì e in cucina arrivo Meredith che non la salutò nemmeno, anzi la ignorò completamente e incominciò a fare il caffè.
 
<< Meredith, si può sapere qual è il tuo problema ? >> chiese Rosalie che non ne poteva più di quella situazione
 
<< Qual è il problema ? Hai anche la faccia tosta di chiederlo ? >> chiese Meredith alzando la voce
 
<< Ovvio che lo chiedo. Il tuo comportamento è qualcosa che non riesco a capire. Io non ti ho fatto niente >> disse Rosalie versando il tè il una delle tazze sistemate sul tavolo
 
<< Invece si, Rose. Mi hai intrappolata qui contro la mia volontà, non vuoi lasciarmi andare da Bonnie, e inoltre mi hai anche offesa dandomi della mezza-vampira >> disse Meredith versando il caffè in una tazza
 
<< Mer, te l’ho già detto ieri e non te lo ripeterò, quell’incantesimo era necessario per tenere Bonnie al sicuro e… >>
 
<< Ho capito questo. Quello che non accetto è che tu abbia affidato Bonnie a un vampiro, una creatura che tu dici tanto di disprezzare, per di più senza cuore e… >>
 
<< Arriva al punto >>
 
<< Il punto è che ti sei fidata di qualcuno che per te era un totale sconosciuto invece di parlarne direttamente con Bonnie, me ed Elena affinchè la potessimo proteggere anche senza mandarla via da casa >>
 
<< Ah ora ho capito. Tu non sei arrabbiata con me perché ti ho bloccata qui, tu sei arrabbiata con me perché ti ho estromessa dalla situazione. Sei arrabbiata perché per una volta non sei stata tu la mente geniale, ma io. >>
 
<< Non sai di che cosa stai dicendo >> disse Meredith dandole di nuovo le spalle
 
Rosalie rise ma non disse niente. Meredith uguagliò Rosalie e ignorò la sua risatina preferendo sedersi e fare colazione in pace. Le due ragazze vennero raggiunte da Damon, appena tornato dalla caccia.
 
<< Allora, ci mettiamo all’opera ? Non ne posso più di stare con le mani in mano >> disse Damon appoggiandosi alla parete e incrociando le braccia la petto
 
<< Bene. Quello che dovete sapere è che villa De Verdant, è situata al centro del bosco di Fell’s Church, tuttavia l’entrata è nascosta dalla magia, infatti è stato non poco complicato per me trovarla. Non appena entrati ci troveremo davanti al cancello e alle mura che circondano la villa. Il cancello e le mura sono alte otto metri, quindi non si possono scale, anche perché subito dopo ci sono tre draghi che sorvegliano la villa e quindi ci vedrebbero subito >> spiegò Rosalie
 
<< Per risolvere la faccenda dei draghi io avrei un’idea >> disse Meredith
 
<< Ovvero ? >> chiese Damon
 
<< Ci serve il tuo aiuto, Damon. Tu dovrai far mettere a piovere, la pioggia magari non fermerà i draghi ma potrebbe proteggerci dalle loro fiamme, inoltre magari, con la pioggia potresti con la tua nebbia coprirci alla loro vista e non sembrerebbe neanche sospetto >> disse Meredith bevendo il caffè
 
<< Io però consiglio di far mettere a piovere qualche ora prima, così sembrerà ancora meno sospetto. Anastasia non è una stupida, sa riconoscere una pioggia vera da una causata per forze soprannaturali. >> disse Rosalie
 
<< Giusto, tanto sono già di pessimo umore >> disse Damon
 
<< Dovremmo sapere qualcos’altro sul giardino di Villa De Verdant ? >> chiese Meredith sorseggiando il caffè
 
<< Si, dobbiamo stare lontano dai fiori, ogni fiore in quel giardino ha un effetto differente. Le rose rosse ti ammaliano e ti costringono a rimanere nel giardino per guardarle e nel frattempo i draghi ti individuano e sei fregato, le peonie ti addormentano e gli altri non li ricordo ma comunque dobbiamo stare alla larga dai fiori >> disse Rosalie
 
<< Bene, cosa credi che dovremmo portare con noi ? >> chiese Meredith
 
<< Io porterò il mio Grimorio, e qualche pozione, voi dovreste fare lo stesso. Portate con voi qualsiasi cosa che riteniate possa servirci in qualunque situazione estrema >> disse Rosalie alzandosi dal tavolo
 
<< Dove vai ? >> le chiese sgarbatamente Meredith
 
<< A preparare la mia roba >> disse Rosalie uscendo dalla cucina
 
Meredith sbuffò frustrata. Sapeva che si stava rendendo ridicola ma non ce la faceva proprio. Non si fidava di Rosalie, era assolutamente convinta che nascondesse qualcosa.
 
<< Non ti fidi di lei, vero ? >> le chiese Damon che aveva intuito i suoi pensieri
 
<< Affatto. Sono più che convinta che lei nasconde qualcosa. E io scoprirò cosa >> disse Meredith alzandosi e uscendo dalla cucina
 
FINE FLASHBACK
 
Rosalie fece un profondo sospiro poi scese al piano di sotto. Meredith e Damon avevano appena finito di sistemare le proprie borse ed erano pronti per entrare in azione. Rosalie era appena scesa al piano di sotto con la borsa a tracolla.
 
<< Per ragioni di praticità, io consiglierei di rimpicciolire le borse con un incantesimo in modo da poterle mettere in tasca e in questo modo poterci muovere senza che esse ci siano di intralcio >> disse Rosalie posando la borsa a terra e cominciando a eseguire l’incantesimo sulla sua borsa
 
Meredith scambiò un’occhiata con Damon che scrollò le spalle posando a terra la sua borsa. Meredith rassegnata imitò il vampiro posando anche la sua a terra. Rosalie eseguì l’incantesimo anche sulle altre borse e poi i tre furono pronti a partire. Damon aveva rispettato la sua parte del piano, infatti fuori pioveva violentemente e c’era anche un po’ di nebbia.
 
<< Non sarà rischioso camminare per il bosco con questo tempo ? >> chiese Meredith seduta sul sedile posteriore
 
<< Per niente. Questa pioggia è controllata da Damon, se lui non farà brutti scherzi non ci farà niente. >> rispose Rosalie seduta sul sedile anteriore
 
<< Stai tranquilla, se vi uccido prima non ci sarà più alcun divertimento e io ho proprio voglia di farla pagare a questa Anastasia per aver allontanato da me Stefan e la Streghetta >> disse Damon
 
<< E Elena >> disse Meredith
 
<< Si, anche lei >> rispose con indifferenza Damon
 
<< Ah proposito, Rosalie, sai che ruolo potrebbe avere Elena in tutto questo ? >> chiese Meredith
 
<< Che io sappia non credo che servisse per il rituale, so per certo che gli serve il cuore di Stefan per il rituale, e le serve Bonnie, forse la voleva usare per ricattarli >> ipotizzò Rosalie
 
<< Perché le serve il cuore di mio fratello ? >> chiese Damon
 
<< Perché è un vampiro. Il cuore di un vampiro, un vampiro che prova ancora emozioni, amore, rabbia, gioia, un vampiro che non ha spento le sue emozioni è molto potente. È l’unica parte di un vampiro che è sia umana che immortale, umana perché prova emozioni, immortale perché è immune a tantissime cose e pochissime lo possono ferire. Ti stupiresti ti quanti rituali necessitano di un cuore di un vampiro >> rispose Rosalie
 
<< Bene. Mi sento sollevato >> disse Damon con ironia
 
I tre rimasero in silenzio per il resto del viaggio, ognuno immerso nei propri pensieri e sperando nella riuscita della loro impresa.
 

 
 
Anastasia stava osservando i tre ragazzi tramite una sfera magica che si trovava posata su uno dei tavolini vicino alla parete della grande libreria di Villa De Verdant.
 
<< Che cosa vedi ? Sono partiti ? >> chiese Albert seduto alla scrivania mentre sfogliava un grande tomo
 
<< Si, sono in macchina e stanno venendo qui >> disse Anastasia
 
<< I tuoi draghi sono pronti ? >> chiese Albert
 
<< Dubito che questa volta saranno in grado di fermarli. Sono tutti e tre molto determinati e forti. >>
 
<< C’è almeno quello che ci interessa ? >> chiese Albert
 
<< Ovviamente. Oggi avremo un altro ingrediente, e poi potremo partire. Almeno con il primo rituale >> disse Anastasia baciando il marito su una guancia
 
...
 
Damon, Meredith e Rosalie si erano appena inoltrati nel bosco e stavano camminando già da un bel po’. La pioggia aumentava sempre di più e ormai sia gli stivali che i pantaloni erano sporchi di fango e le felpe erano fradice.
 
<< Quanto manca ancora ? >> chiese Meredith che era esausta di camminare in quelle condizioni
 
<< Poco. L’entrata del palazzo si trovo poco prima del fiume qui vicino. >> rispose Rosalie
 
Meredith e Damon sussultarono. Odiavano quel posto, lì era morta Elena e da quel momento era cambiata ogni cosa. Rosalie non sembrò accorgersi del loro turbamento per cui continuò a procedere. Dopo circa quindici minuti si trovarono davanti al fiume.
 
<< Bene >> disse Rosalie posando la borsa a terra << Indietreggiate di qualche passo. Non voglio farvi del male >>
 
<< Perché dovresti farci del… >> iniziò a dire Damon
 
Tuttavia fu interrotto da un Rosalie che cominciò a scagliare palle di fuoco verso l’altra sporgenza del fiume.
 
<< Che stai facendo ? >> chiese Meredith
 
<< Sto cercando l’entrata. Da qualche parte sull’altra sporgenza ci dev’essere un innesco che dovrebbe rivelare l’entrata, le altre volte riuscivo a trovarlo, spero di riuscirci anche questa volta >> disse Rosalie continuando a lanciare palle di fuoco
 
<< Certo che sei fissata con le palle di fuoco >> commentò Damon
 
<< Come mai non si spengono con la pioggia ? >> chiese Meredith
 
<< Perché la mia magia è più potente del potere di Damon. >> disse Rosalie continuando a lanciare palle di fuoco
 
Meredith sbuffò, mentre Damon la fulminò con lo sguardo per averlo fatto sentire inferiore. Tutto ciò a Rosalie non importava, non riusciva a colpire l’innesco, non riusciva a individuarlo. Di solito lo trovava con facilità, ma questa volta non riusciva a colpire il punto giusto. Dall’altra riva del fiume fortunatamente gli alberi e il terreno come si bruciavano velocemente, velocemente si spegnevano grazie alla pioggia ma Rosalie si stava davvero arrabbiando. A un certo punto però qualcosa vibrò. Rosalie sorrise, lo aveva individuato. Lanciò un’altra sfera di fuoco, un po’ più a sinistra, e la sfera scatenò l’innesco che si attivò mostrando una porta  e un ponte per attraversare il fiume. Rosalie sorrise e percorse velocemente il ponte per poi passare attraverso la porta. Meredith guardò Damon diffidente, ma lui scrollò le spalle e seguì Rosalie attraverso la porta. Meredith imprecò silenziosamente ma poi decise di seguire gli altri due. Dopo aver attraversato la porta si trovò davanti Damon e Rosalie che fissavano le imponenti mura di Villa De Verdant che erano avvolte in un ammasso patetico e ripetitivo di spine. Un momento… spine ?
 
<< Tu non ci avevi detto che le mura erano avvolte da delle spine !! >> urlò Damon
 
<< Non c’erano le altre volte. >> si giustificò Rosalie
 
<< Questo che cosa significa ? Credi che lei sappia che siamo qui ? >> chiese Damon
 
<< Non ne ho idea. Se lo sapesse credo che ci avrebbe già dato il benvenuto e così non è stato. >> disse Rosalie posando la sua borsa a terra
 
<< Che costa stai cercando ? >> chiese Meredith
 
<< Un modo per entrare, cosa secondo te ? >> rispose Rosalie
 
<< Entrare ? Dopo aver scoperto che lei sa che noi siamo qui tu vorresti continuare questa missione suicida ? Damon… dì qualcosa ! >> disse Meredith sconvolta
 
<< Vuoi aiutare Bonnie o no ? >> chiese Damon stanco di tutta quella rivalità femminile
 
Rosalie ghignò e Meredith ammutolì, non dopo aver fulminato Damon con lo sguardo. Rosalie prese dalla sua borsa una strana polvere, ne prese un mucchietto e le poi la soffiò lontano. Pochi secondi dopo la polvere rivelò una porta rossa nascosta tra le spine.
 
<< Eccola. >> disse Rosalie dirigendosi verso la porta
 
<< Come faremo a estirpare le spine ? >> chiese Damon
 
<< In questo modo. Però dovremo sbrigarci, si ricreeranno in fretta. >> disse Rosalie bruciando le spine e aprendo subito la porta
 
Damon la seguì e anche Meredith, sebbene la ritenesse una mossa azzardata visto che non sapevano che cosa esattamente li aspettasse dall’altro lato delle mura. Dall’latro lato c’era il giardino e l’imponente Villa De Verdant ma non si vedeva bene a causa della nebbia e della pioggia. Anche la villa si vedeva a malapena, con le mura bianche e le finestre con i cornicioni che luccicavano, si distinguevano solamente il portone rosso decorato con i rubini, e i rubini piccoli che decoravano i cornicioni delle finestre.
 
<< Ora come faremo ad entrare nella villa ? Di certo non potremo farlo da quell’adorabile portone di rubini, giusto ? >> chiese Damon
 
<< No. C’è una botola sul retro della villa, ci porterà direttamente dove dobbiamo andare, ovvero nella sua Stanza di Cuori. Là dentro Anastasia custodisce i cuori di tutti coloro a cui lo ha strappato, lì dentro ci sarà sicuramente il cuore di Stefan. >> disse Rosalie
 
I tre cominciarono a camminare, cercando di stare il più vicino possibile alle mura e di non farsi individuare dai draghi che stavano volando intorno a villa De  Verdant. Villa De Verdant era enorme e arrivare sul retro non fu affatto semplice, soprattutto a causa dei fiori, ai quali fu difficile resistere poiché essi emanavano un profumo paradisiaco che era possibile avvertire nonostante la pioggia la lieve puzza di fumo del fuoco dei draghi che si estingueva al contatto con la pioggia.
Il retro di Villa De Verdant era simile all’entrata, c’erano finestre decorate da rubini, e una piccola porta rossa tempestata di piccoli rubini con degli scalini.
 
<< Eccola, è lì in mezzo ai fiori >> disse Rosalie indicano una botola rossa in mezzo alle violette
 
<< Le violette che effetto hanno ? >> chiese Damon
 
<< Ti addormentano, per cui dovremo fare in fretta >> rispose Rosalie correndo in mezzo alle violette
 
La ragazza si chinò cercando di aprire la botola ma quella non si apriva, allora cercò di usare la sua magia ma nemmeno quella funzionò mentre l’effetto delle vilette si, visto che Rosalie sentì improvvisamente gli occhi stanchi. Damon le venne in aiuto ma quando cercò di toccare la botola la sua mano si scottò.
 
<< Ma che diamine… >> imprecò Damon
 
<< E adesso come faremo ? >> chiese Meredith
 
<< Non ne ho idea. Intanto allontaniamoci dalle violette. >> disse Rosalie
 
I tre si allontanarono dal prato di violette e si sedettero sugli scalini davanti alla porta rossa.
 
<< E se entrassimo da questa porta ? >> propose Damon
 
<< Ma non sappiamo che cosa ci possa essere all’interno >> disse Meredith
 
<< Beh in un modo dobbiamo entrare. >> disse Damon alzandosi per aprire la porta
 
Tuttavia la porta scomparve non appena il vampiro provò ad aprirla e con essa scomparvero anche le finestre, e qualcosa nella mente dei ragazzi suggerì che fosse scomparsa anche il portone d’ingresso. Tutte le entrate di quella villa erano scomparse, tranne la botola.
 
<< Meraviglioso. Come faremo adesso ad entrare ? >> chiese Damon
 
<< È strano. So che Anastasia è scaltra, intelligente, e che sicuramente non ci vuole in casa sua ma… se non ha fatto sparire la botola ci sarà un motivo >> disse Rosalie
 
<< E quale sarebbe ? >> chiese Meredith
 
<< Sono sicura che ci dev’essere un modo per aprirla. Una chiave, per esempio. >> disse Rosalie
 
<< Un momento, avete notato che ha smesso di piovere ? Damon sei stato tu ? >> chiese Meredith alzandosi dagli scalini
 
<< No, lo giuro >> si difese Damon
 
<< Oh mio Dio. >> disse Rosalie
 
<< Che succede ? >> chiese Meredith
 
<< Ho trovato la chiave >> disse Rosalie
 
<< Dove ? >> chiese Damon
 
Rosalie indicò con il dito uno dei tre draghi che volavano intorno alla villa, più precisamente quello grigio con un’ala più grande dell’altra e con il dorso pieno di ferite. La chiave appesa al suo collo luccicava alla luce del sole mentre le loro speranze di entrare nella villa senza troppe difficoltà si spegnevano inesorabilmente.
 
<< Di male in peggio. Ora come la prenderemo quella dannata chiave ? >> chiese Damon
 
<< Non ne ho idea >> disse Rosalie
 
<< Io si. Hai detto che le violette fanno addormentare giusto ? Allora quello che dobbiamo fare è attirare il drago tra le violette, farlo addormentare, prendere la chiave e correre verso la botola prima che gli altri due ci abbrustoliscano >> disse Meredith
 
<< Tu credi che sarà facile attirare quella bestiaccia qui ? >> chiese Damon con scetticismo
 
<< Dobbiamo almeno provarci. Trasformati in un corvo, attira l’attenzione del drago e conducilo verso le violette. >> disse Meredith
 
<< Cioè io dovrei fare da esca ? Sei impazzita ? Non ho intenzione di essere il pranzo di Anastasia De Verdant >> ribatté Damon
 
<< Damon non c’è un’altra soluzione. E stiamo solo sprecando tempo. Ti prego, ricordati che è per Bonnie >> lo pregò Rosalie
 
<< E se gli altri draghi mi seguissero ? Mi auguro che tu sappia padroneggiare l’acqua oltre al fuoco >> disse Damon
 
<< Degli altri draghi non preoccuparti, ce ne occuperemo noi. Tu va  >> lo incitò Meredith
 
Damon cedette e si trasformò così in un corvo e volo verso il drago grigio. Quest’ultimo aveva cominciato a volare sopra il roseto, Damon quindi doveva cercare di stare attento alle rose, così cominciò a gracchiare per attirare l’attenzione del drago. Il piano riuscì, anche fin troppo bene, in realtà, poiché oltre al drago grigio anche gli altri due furono attirati dal corvo nero e si slanciarono verso di lui. Damon cominciò a volare velocemente verso le violette ma uno dei draghi, quello rossiccio e anche quello più grosso, gli si parò davanti e per poco non lo abbrustolì. Damon a quel punto fu costretto a cambiare direzione. Rosalie al quel punto colpì il drago grigio con una palla di fuoco in modo da attirarlo nella sua direzione. Il drago grigio si diresse verso di loro ma con lui anche il drago giallo, mentre quello rossiccio continuò imperterrito a seguire il corvo. Rosalie colpì nuovamente il drago grigio mentre Meredith distraeva il drago giallo. A un certo punto il drago le graffiò il braccio destro e Meredith cadde a terra, sul prato di violette. Il drago le scagliò contro un getto di fuoco ma Meredith fece in tempo a spostarsi. Il drago attaccò di nuovo cercando di graffiarla di nuovo con gli artigli ma Meredith si rimise in piedi e con un calcio cercò di farlo cadere sul prato e di farlo addormentare. Tuttavia il drago si spostò solo di qualche centimetro e sembrò sul punto di attaccare di nuovo ma poi i loro occhi si incontrarono e qualcosa accadde. Meredith credette di aver già visto quegli occhi, tante, anzi tantissime volte. Anche il drago si fermò, e cominciò a guardarla intensamente. Ma che cosa stava succedendo ? Il loro contatto visivo fu interrotto da una sfera di fuoco di Rosalie. Il drago però non attaccò, semplicemente volò via dal prato delle violette. Meredith a quel puntò vide il drago grigio che dormiva sul prato delle violette e Rosalie che aveva le chiavi in mano. Meredith si avvicinò a lei, tuttavia, quando Rosalie inserì la chiave nella toppa le violette cominciarono ad emanare il loro profumo sempre più intensamente e a entrambe le ragazze cominciarono a chiudersi gli occhi. Fu soltanto grazie a uno grande sforzo che Rosalie riuscì ad aprire la botola e a saltarci dentro. Meredith la imitò ma non appena raggiunse il suolo si addormentò con Rosalie, dormiente anch’essa, al suo fianco. Damon, ancora sotto forma di corvo, stava cercando di seminare il grande drago rosso. Ormai aveva fatto un giro completo intorno alla villa, era stremato, le ali avevano cominciato a dolergli e il drago non sembrava aver l’idea di lasciarlo andare. Stava quasi per cedere quando poi vide la botola aperta. “Un ultimo sforzo”, pensò. Cominciò a volare più velocemente che poté verso la botola ma il drago continuava a seguirlo. A un certo punto stava quasi per raggiungerlo ma all’improvviso l’altro drago, quello giallastro, aveva dato un grosso spintone al drago rossiccio e quel gesto aveva dato inizio a una violenta lotta tra i due, Damon però non se ne curò molto e continuò a volare velocemente verso la botola. Tuttavia il profumo delle violette non risparmio nemmeno un lui, il quale ebbe solo il tempo di riprendere la sua forma umana prima di cadere vittima di un sonno profondo subito dopo essere caduto nella botola.
 

 
Anastasia sorrise. Tutto stava andando secondo i piani. Bonnie era in trappola, Stefan stava perdendo fiducia nel fratello, quella stupida di Sapphire credeva di poter controllare il mostro che Stefan sarebbe diventato, Damon si stava indebolendo sempre di più a causa del suo amore ancora non compreso appieno per Bonnie e lei stava vincendo la sua partita. Lei aveva osservato tutto attraverso il grande specchio nel soggiorno insieme alle sue due figlie.
 
<< Cosa dobbiamo fare adesso ? >> le chiese Juliet
 
<< Rinchiudeteli nelle gabbie. Gli inietteremo il siero delle violette fino a quando non sarà necessario. Poi li riporteremo sotto la botola, così crederanno di aver dormito solo per pochi minuti >> rispose Anastasia alla figlia
 
<< Sei sicura che funzionerà ? >> chiese Annabelle
 
<< Deve funzionare. Voi intanto preparatevi per quando si sveglieranno. Juliet, dov’è tuo padre ? >> chiese Anastasia a Juliet
 
Juliet si trattenne dal roteare gli occhi. A volte odiava sua madre, odiava quando poneva tanta differenza tra lei e Annabelle. Anche se non avevano lo stesso padre erano entrambe sue figlie, maledizione !
 
<< È in biblioteca. Lo devo chiamare ? >> chiese Juliet con un tono un po’ arrogante
 
Annabelle le diede una gomitata, essendo seduta sul divano vicino a lei, Anastasia invece sorrise. Juliet non poteva capire. Lei l’amava con tutto il suo cuore, ma non sarebbe mai riuscita a considerarla completamente parte della sua famiglia, con quei capelli così scuri, come gli occhi, con i lineamenti delicati che non erano affatto tipici della sua famiglia. Sapeva che ciò la feriva e non si sarebbe mai perdonata per questo. Le diede un bacio delicato sulla fronte, poi uscì dal soggiorno per andare a parlare con suo marito.
 
<< Juliet perché fai così ? >> le chiese Annabelle non appena la madre uscì dalla stanza
 
<< Perché mi ferisce. Io so, ok, lo so che lei non riuscirà mai ad amarmi come ama te e lo accetto. Ma lei non mi aiuta. Io non mi sento parte della famiglia, e odio come tratta mio padre >> disse Juliet alzandosi dal divano e incrociando le braccia al petto
 
<< Tuo padre ha fatto un patto con la mamma. Che cosa pretendi ? >> chiese Annabelle
<< Niente. Voglio solo che tutto questo finisca in fretta. Io non merito di sentirmi così >> disse Juliet uscendo dal soggiorno
 
Annabelle sospirò. Voleva bene a sua sorella, ma il suo carattere freddo e composto non le permetteva di esternarlo completamente. Inoltre aveva anche paura che la tradizione di famiglia raggiungesse pure lei e che lei potesse innamorarsi di sua sorella.
 

 
Damon, Meredith e Rosalie si svegliarono sotto sul pavimento sul quale erano caduti. Una torcia era accesa sul muro ed era l’unica cosa che faceva loro un po’ di luce. Rosalie fu la prima ad alzarsi, prese la borsa e poi la torcia e cominciò a camminare lungo il corridoio. Damon aiutò Meredith a mettersi in piedi e poi i due seguirono Rosalie, l’unica che sapeva con sicurezza dove si dovesse andare. Dopo un po’ di tempo si trovarono davanti una porta rossa, questa volta senza i rubini. Rosalie abbassò la maniglia e questa volta la porta si aprì senza bisogno di alcuna chiave. Appena la porta si aprì Rosalie la oltrepassò seguita dagli altri due e si trovarono ina una grandissima stanza, con il soffitto rosso, piena di armadi e di cassetti di marmo bianco con le maniglie rosse e un grande tavolo bianco al centro con sopra delle cassette. All’interno della stanza di sentiva uno strano rumore, un rumore inquietante che era formato dall’unisono di tanti cuori che battevano.
 
<< Ma che diamine… >> cominciò a dire Damon
 
<< Sembra il suono di tanti cuori che battono >> commentò Meredith
 
<< Lo è. In ognuno di questi cassetti c’è un cuore che Anastasia ha strappato. >> disse Rosalie spegnendo la torcia
 
<< E ora come faremo a trovare il cuore di Stefan ? >> chiese Damon
 
<< Non lo troverete infatti >> disse una voce dietro di loro
 
I tre si voltarono e videro l’intera famiglia De Verdant dietro di loro. Anastasia De Verdant indossava un bellissimo abito rosso, che le metteva in risalto le curve sinuose e che la rendeva persino più alta di com’era in realtà, le labbra rosse e i capelli legati in una coda alta. Sembrava molto divertita. Al suo fianco vi era Albert De Verdant, indossava uno completo elegante, come se stesse andando a una festa, e con gli occhi verde smeraldo che brillavano di cattiveria. Poi c’erano le figlie, Annabelle, indossava nei pantaloni neri aderenti con degli stivali e una camicia larga color verde acqua e i capelli legati in una treccia, le labbra truccate di rosso stavano ghignando, come se si stesse divertendo molto. Juliet invece indossava dei dai pantaloni neri, con una maglia viola scuro e un giacchettino nero. Aveva un’espressione annoiata, come se desiderasse che quel momento passasse in fretta, e non era l’unica.
 
<< Allora alla fine non ti sei rivelata così inutile Rose >> disse Anastasia materializzandosi davanti a Rosalie e prendendo per il mento
 
<< Ma di che diamine sta parlando ? >> urlò Meredith
 
<< Rose non ve l’ha detto ? Oh che tristezza >> commentò Anastasia
 
<< Sa una cosa ? Mi sono stufato di tutte queste chiacchiere >> disse Damon in procinto di attaccare
 
Albert sorrise e con un semplice gesto della mano lo scaraventò contro la parete. Anastasia sorrise e lasciò andare Rose.
 
<< Sono davvero felice che tu sia qui, Meredith >> disse Anastasia
 
<< Perché ? Che cosa vuoi da me ? Che cosa ha dovuto fare Rosalie per te ? >> chiese Meredith che non riusciva a collegare i pezzi
 
<< Lei ti ha portato qui. E grazie a te adesso potrò avere i due ingredienti mancati per il rituale. Ovvero Bonnie e Elena. Le tue migliori amiche saranno così preoccupate di saperti nelle mie mani che non esiteranno a tornare a Fell’s Church. E a quel punto, io avrò ciò che ho sempre voluto >> spiegò Anastasia con un sorriso
 
<< E che cosa mi dici di mia cugina ? Io e te avevamo un accordo >> disse Rosalie
 
<< Sylvia ? Hai detto bene Rosalie, io e te “avevamo” un accordo, il quale ha smesso di essere vincolante nel momento in cui quell’insolente di Sylvia ha infettato Bonnie e nel momento in cui tu l’hai portata via da Fell’s Church e hai bloccato me e la mia famiglia qui >> disse Anastasia con tono freddo
 
<< L’ho fatto per assicurarmi che tu mantenessi la tua parola. Se tu adesso mi dai quello che mi devi dare, convincerò Sylvia della tua fedeltà e non esiterò a riportare Bonnie a Fell’s Church >> disse Rosalie con determinazione
 
<< Io odio essere ricattata >> disse Anastasia
 
<< Ho fatto tutto ciò che volevi. Ti ho portato la mezza vampira e presto avrai anche Bonnie. >> disse Rosalie
 
<< Mi hai delusa >> ribatté la strega
 
<< Tu non puoi uccidermi, hai bisogno che io ti crei i congegni necessari per attraversare il mio incantesimo. Tu hai bisogno di me, viva >> disse Rosalie sicura di aver vinto
 
<< Ti sbagli. Il tuo incantesimo ha un punto debole. Le creature soprannaturali che non hanno un cuore lo attraversano senza problemi, altrimenti non si spiegherebbe come il cuore di Stefan sia qui, tra le mie mani. I miei amatissimi draghi non hanno un cuore, gliel'ho strappato prima di trasformarli e uno di loro ha già trovato Bonnie. Quattro mesi fa >> disse Anastasia
 
<< Quattro mesi fa ? Quattro mesi fa Bonnie era a Fell’s Church ! >> disse Meredith
 
Rosalie cominciò a tremare e alcune lacrime cominciarono a scorrerle lungo il volto. Le violette, loro si erano addormentati e Anastasia aveva continuato a iniettare loro il siero delle violette per addormentarli, chissà per quanto tempo. Il sonno causato dalla violette poteva durare anni ma al risveglio sembra che tu abbia dormito solo per pochi minuti.
 
<< Tu, ci hai iniettato il siero per… >> cominciò a dire Rosalie
 
<< Per quattro mesi ? Si. Ho fatto rinchiudere Bonnie in un posto molto speciale. Ora neanche Sylvia può più intromettersi in questa storia visto che Bonnie vivrà giusto il tempo necessario per il rituale. Quindi, puoi ben capire… che non ho più bisogno di te >> disse Anastasia
 
Albert De Verdant con la magia spezzò il collo di Rosalie che cadde morta sul pavimento. Meredith stava incominciando ad avere paura cominciò a cercare il suo pugnale nella borsa ma Annabelle che si era materializzata dietro di lei le conficcò una siringa contente il siero delle violette nel collo facendo addormentare. Damon si alzò e cercò di colpire Anastasia ma Albert con la sua magie lo fece svenire.
 
<< Hai messo il congegno di Rose nella sua borsa  ? >> chiese Anastasia ad Annabelle
 
<< Si. >> rispose la figlia togliendo la siringa dal collo di Meredith
 
<< Molto bene. >> disse Anastasia compiaciuta << Passami lo specchio con la cornice dorata Juliet >>
 
<< A che servirebbe ? >> chiese Juliet
 
<< A riportarlo a casa. L’ho riparato con un incantesimo e adesso questo specchio riporterà il vampiro a casa, con il congegno nella sua borsa. >> spiegò Alber accarezzando sua figlia
 
<< Io ancora non capisco, perché non uccidiamo il vampiro ? >> chiese Annabelle con disgusto
 
<< Perché il vampiro ci porterà Bonnie, tesoro. E anche Stefan. >> rispose Albert
 
<< E Elena ? >> chiese Juliet
 
<< A lei ci penseranno i draghi. La maggior parte di loro sa come assumere la propria forma umana, per loro non sarà un problema aggirarsi tra gli umani >> spiegò Anastasia
 
Albert le porse lo specchio, Anastasia lo gettò sul pavimento e aprì così un portale e con la magia ci fece cadere dentro Damon. “Buon viaggio”, pensò Anastasia prima di vedere il vampiro svanire.
 

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Capitolo 14
*** The Jewles - The Rings and The Necklace ***


THE JEWELS - RINGS AND THE NECKLACE
 
Sylvia era arrabbiata, molto, molto arrabbiata. Anastasia era davvero una bastarda ! Sapeva che non era una buona idea mettersi contro di lei ma sapeva anche che Anastasia avrebbe  comunque trovato un altro modo per non rispettare il loro accordo. La cosa peggiore era che ormai non aveva più il minimo controllo su Bonnie. In quel luogo che aveva più di 3000 anni, la sua magia era troppo debole per contrastare quella  del luogo. Era in trappola, dentro il corpo della persona che odiava di più. La malattia non progrediva lì, Bonnie avrebbe vissuto fino al compimento del rituale e a quel punto lei che avrebbe fatto ? Non poteva perdere tutto adesso che era a un passo da riavere ciò che le era stato tolto. Non poteva.
 

 
Anastasia era in camera sua e stava guardando il suo riflesso nello specchio e ciò che vide non le piacque affatto. Nello specchio vedeva una giovane donna stanca, con gli occhi spenti, la pelle pallida e l’espressione sofferente. Avrebbe visto quell’immagine per tutta la vita se non fosse venuta a conoscenza del rituale. La vita le aveva tolto tutto. Le aveva portato via il conforto delle braccia di suo padre, il sorriso delle labbra di sua madre, gli abbracci e le chiacchierate con le sue sorelle Daphne e Helen, ma soprattutto le aveva tolto Michael, il suo fratellastro ma anche amore della sua vita, di tutte le sue vite, padre di sua figlia Annabelle e custode del suo cuore. Anastasia distolse lo sguardo dallo specchio, lei aveva sempre odiato gli specchi perché le ricordavano chi lei fosse veramente e che cosa l’avesse portata a diventare quella che era adesso. Non poteva permettere di rinvangare il passato, se solo avesse osato farlo si sarebbe persa e questo non doveva accadere. Con una mano sollevò leggermente la camicia che stava indossando e lì vide la sua cicatrice. La famiglia di Bonnie le rovinava la vita da generazioni, era ora di avere la sua vendetta. Nessuno le avrebbe impedito di nuovo di essere felice.
 

 
Damon aveva un gran mal di testa. Si era risvegliato da poco nella stanza di Stefan anche se all’inizio aveva avuto difficoltà a riconoscere la stanza. Non aveva la minima idea di come fosse finito lì, le ultime cose che riusciva a rammentare erano l’immagine di Rosalie McCullough morente sul pavimento, Anastasia De Verdant che diceva qualcosa su una certa Sylvia e Meredith che veniva attaccata prima che lui venisse schiantato violentemente contro la parete. Damon si mise a sedere con non poca difficoltà visto che dovette appoggiarsi allo schienale del letto per potersi reggere. “Chi mi ha ridotto in questo modo la pagherà cara”, pensò ringhiando. Vide i vestiti che indossò per l’intrusione alla Villa su una sedia lì vicino e solo in quel momento capì che stava indossando uno dei pigiami di Stefan. Era semplice, ma il pantalone gli andava un po’ lungo dato che Stefan era più alto di lui, ma era comunque comodo. Sbuffando, si alzò e dopo aver indossato di nuovo i suoi vestiti scese al piano di sotto. Si diresse in cucina dove vide due bottiglie di vetro contenenti del sangue. Damon all’inizio non voleva bere quel sangue, era convinto che appartenesse a qualche animale ma poi si rese conto che non aveva le forze per cacciare. Ancora più arrabbiato di prima si sedette al tavolo e prese un sorso di quel sangue. Con non poco stupore si rese conto che quello che stava bevendo non era sangue animale, ma umano. Come aveva fatto la signora Flowers a procurarselo ? Scosse la testa, in quel momento non gli importava, era troppo debole, la testa gli girava ancora e aveva troppa fame. Aveva così tanta fame che svuotò entrambe le bottiglie, poi uscì dalla cucina sperando di trovare la signora Flowers in giardino per poter avere delle risposte su come fosse arrivato lì. Per sua fortuna la signora Flowers era proprio in giardino e stava innaffiando delle erbe di cui Damon non riusciva a ricordarsi il nome.
 
<< Buon giorno Damon, vedo che ti sei svegliato >> gli disse la signora Flowers cogliendolo di sorpresa
 
<< Buon giorno anche a lei Signora Flowers. Le serve una mano in giardino ? >> le chiese solo per fare conversazione
 
<< A me non serve un aiuto, a te invece servono risposte >> disse la signora Flowers voltandosi a guardarlo
 
<< Lei mi legge nel pensiero signora Flowers >> commentò Damon
 
<< Spero che tu abbia gradito la colazione Damon, ti voglio al massimo delle forze quando ti racconterò tutto ciò che dovrai sapere per proteggere Bonnie e sconfiggere Anastasia De Verdant >>
 

 
Stefan non si era mai sentito così stanco, ma neanche così vivo e orgoglioso del suo operato. Abituarsi alla sua nuova natura da mago non era stato affatto facile nei primi giorni. Era stato vampiro pe molti secoli e nel corso di quegli anni si era abituato ad agire e a comportarsi in una certa maniera, come ad esempio non uscire alla luce del sole senza l’anello che Katherine gli aveva dato. Stefan osservò la dita della sua mano, nude, l’anello non c’era più, il vampiro non c’era più, Stefan Salvatore non c’era più. Era scomparso nel momento esatto in cui si era tolto l’anello dal dito e aveva ingoiato quella strana pozione che gli aveva ridato la sua forma umana e aveva sbloccato i suoi poteri. Non era stato affatto facile voltare alle spalle a ciò che era stato per molto tempo. Prima di bere quella pozione aveva tentennato, persino adesso, dopo quattro mesi che Sapphire lo teneva ancora rinchiuso in quella vecchia casa, anche se ormai non più vecchia visto che aveva usato un po’ di magia per migliorarla. Sapphire gli aveva detto che aveva quattro mesi di tempo per imparare tutti gli incantesimi più potenti che lei conoscesse. Gli aveva dato il Grimorio e gli aveva detto di imparare almeno due incantesimi al giorno. Non che per lui fosse un problema, era abituato ad impegnarsi a fondo e a dare il meglio di sé in ogni cosa che faceva, a scuola, nella squadra di football per quel breve periodo in cui aveva giocato, nelle sue relazioni amorose nonostante si fossero rivelate una più deludente dell’altra. Elena, era da tempo che non pensava a lei, ed era strano che la sua mente avesse pensato a lei quando si è tolto l’anello. Non era stata lei a darglielo, ma Katherine. Molto probabilmente aveva pensato a Elena perché era stata lei a ferirlo e a indurlo a voltare le spalle a Stefan Salvatore. La verità era che molto probabilmente Stefan Salvatore era morto già da tempo, probabilmente quando aveva scelto di strapparsi il cuore dal petto di fare ciò che aveva fatto durante quella notte. Quando si era tolto l’anello dal dito si era sentito come se l’ultima cosa che lo potesse legare a Elena, o a suo fratello, o al suo passato si fosse definitivamente separato da lui e che ormai non poteva più tornare indietro. In fondo dove doveva tornare ? Da una ragazza bugiarda, traditrice e dall’altro capo del mondo ? Da un fratello deludente, egoista, insensibile e traditore ? Da un passato fatto di  bugie e di illusioni ? Non sapeva come avesse fatto Sapphire a renderlo di nuovo umano, lei ancora non glielo aveva spiegato ma si ripromise che prima o poi glielo avrebbe chiesto. Sapphire gli aveva promesso che prima o poi gli avrebbe spiegato l’incantesimo per la reincarnazione, in modo da vivere diverse vite come aveva fatto lei fino ad adesso, ma lui non era sicuro di volerli imparare. Aveva sempre creduto che il bello dell’essere umano è che esso può nascere, crescere e morire. Può sembrare strano ma la vita sarebbe troppo scontata senza la morte, in effetti la vita è un dono prezioso proprio perché si muore. E lui adesso aveva di nuovo questo dono e stavolta non lo avrebbe sprecato. Si stava esercitando con un incantesimo quando lo specchio cominciò a brillare e da dove uscì poi Sapphire, vestita come la prima volta in cui si recarono in quella casa.
 
<< Stai facendo progressi con quell’incantesimo ? >> gli chiese Sapphire senza nemmeno salutarlo
 
<< Ciao anche a te Saph >> la salutò con sarcasmo
 
<< Allora ? È un incantesimo di controllo del sangue, ti servirà se non vuoi che Anastasia abbia il controllo su di te >>
 
<< Lei ha il mio cuore, mi hai già spiegato come funziona, può controllare la mia volontà. Come potrebbe questo incantesimo del controllo del sangue a proteggermi ? >> chiese Stefan come se l’amica avesse detto chissà quale assurdità
 
<< Il sangue è la pompa del nostro corpo. È lui che permette al sangue di circolare, ed è lui che regola lo scorrere dei tuoi poteri nelle tue vene. Per questo lei può compromettere la tua volontà, tuttavia, se imparassi a pompare il sangue e la tua magia da solo, con questo incantesimo, potrai anche contrastare gli effetti causati dalla mancanza del cuore. Lei cercherà di controllare il flusso del tuo sangue, questo incantesimo ti permetterà di resisterle. Per questo è fondamentale che tu lo impari >>
 
<< Quando potrò uscire da qui ? Avevi detto che avevo quattro mesi per imparare quanti più incantesimi possibili che mi sarebbero stati utili contro Anastasia. Ho contato i giorni, ieri il tempo è scaduto. Perché sono ancora qui ? >>
 
<< Perché non hai ancora imparato l’incantesimo del controllo del sangue e se non impari quello scordati che io ti lasci uscire di qui >> disse la ragazza sedendosi su una sedia vicino alla libreria
 
<< E di Bonnie che mi dici ? Ti ricordo che io ho accettato di venire qui per proteggerla e tu… >>
 
<< Tra poco non avrà più bisogno della tua protezione >> disse Sapphire facendo apparire una mela e cominciando a mangiarla
 
<< Che vuoi dire ? Mi avevi detto che si trovava in un posto pericoloso, e che non riuscivi a trovarla. >>
 
<< Ti ricordi di Magdalene ? Quella ragazza con i capelli rossi che ti ha accompagnato nel mio ufficio ? Ecco vedi, quella ragazza è molto speciale, ha il dono di vedere il futuro. È un dono molto raro il suo ma molto prezioso e mi ha detto che recentemente ha dato un’occhiata al futuro della nostra amica >>
 
<< E che ha visto ? >>
 
<< Ha visto Damon. Ha finalmente trovato un modo per uscire da Fell’s Church e tra poco partirà per Chicago alla ricerca di Bonnie il che significa che tu avrai più tempo per esercitarti con l’incantesimo >> disse Sapphire allegramente
 
Stefan però condivideva ben poco l’allegria della sua amica. In un certo senso si sentiva messo da parte, come se ancora una volta avesse bisogno di suo fratello per poter proteggere qualcuno a cui teneva. Si sentiva come se qualcuno gli avesse detto che adesso poteva stare tranquillo poiché adesso ci pensava Damon, il più grande e più forte, a prendersi cura di Bonnie e lui questo non lo poteva accettare. Lui poteva benissimo cavarsela da solo, anche senza l’aiuto di quell’invadente di suo fratello. Sentì la rabbia crescere dentro di lui, non intensa quanto quella che provava quando era un vampiro, ma comunque forte. Sentiva che se avrebbe continuato così le vene prima o poi sarebbero esplose, sentiva il sangue scorrere velocemente nelle sue vene, le unghie ficcarsi nella sua carne per cercare di trattenere la rabbia e capì che era il momento perfetto per provare id nuovo ad eseguire correttamente l’incantesimo di controllo del sangue. Si concentrò attentamente sul suo sangue che veloce scorreva nelle sue vene, e cercò di rallentarlo in modo da poter diminuire la rabbia e riprendere il controllo di sé. Era molto difficile quell’incantesimo, che poi, più che un incantesimo era un'arte magica, bastava perdere il controllo anche solo per un secondo e rischiavi di ferirti gravemente. Stefan infatti aveva già qualche cicatrice sulle braccia, e una molto visibile sul polso destro. Era stata la più dolorosa visto che aveva rischiato di tagliare troppo i tendini della mano con il suo stesso sangue e di conseguenza rischiando di perdere la sensibilità. Adesso però non doveva sbagliare o Sapphire lo avrebbe lasciato in quella prigione dorata. Sentiva il sangue scorrere velocemente, poi lentamente cominciò a dominarlo, si concentrò  su tutto il suo corpo e il sangue cominciò a scorrere più lentamente, sempre più lentamente poi volle provare a invertire il flusso del suo sangue, provò a farlo scorrere in modo inverso e, nonostante un po’ di difficoltà iniziale ci riuscì.
 
<< Wow, stiamo facendo progressi >> commentò Sapphire con un sorriso
 
<< Si, sto facendo progressi. Posso migliorare, ma ti prego fammi uscire da qui. Non ce la faccio più a stare qua dentro >>
 
<< E va bene, preparati, raggiungeremo Bonnie. Però promettimi che non smetterai di esercitarti. È troppo importante che tu impari a controllare il sangue >>
 
<< Va bene. Mi sforzerò. Grazie ancora >>
 
Sapphire annuì poi aiutò Stefan a preparare il suo zaino, ci mise dentro il Grimorio, alcune pozioni curative, delle merendine, visto che ormai Stefan non era più un vampiro aveva bisogno di cibo vero per nutrirsi, e gli diede anche dei vestiti puliti. Dopo un po’ entrami erano pronti per poter andare a raggiungere Damon e Bonnie.
 

 
Damon e la signora Flowers si erano recati in soggiorno dove la signora Flowers poteva stare comodamente seduta sulla sedia a dondolo mentre Damon si sedeva sulla comoda poltrona in modo da poter riposare un po’ la schiena, ancora indolenzita.
 
<< Dunque Damon, mi sembra giusto che tu sappia contro che tu ti sia messo contro. Non ho avuto il coraggio di raccontarlo prima per pudore, non è una storia che noi streghe raccontiamo volentieri. >>
 
<< Perché ? >> chiese Damon
 
<< Perché questa storia, o meglio questa faida, è cominciata a causa di uno dei più grandi peccati contro natura che si possano commettere, l’incesto. >>
 
<< L’incesto ? >>
 
<< La storia cominciò molti secoli fa. Eravamo intorno agli anni del Medio Evo, negli anni  bui, dove vi era la caccia alle streghe, dove la gente viveva nella paura del demonio e dove le creature come noi venivano perseguitate e uccise. In quel periodo buio, nell’Oregon, si trasferì la famiglia di Bonnie, i McCullough. All’epoca era una grande famiglia, unita, felice, che usava la magia in maniera discreta e solo per far del bene. Ebbene, la famiglia iniziale era composta da tre fratelli. Il fratello maggiore era il discendente diretto di Rosalie, il secondo genito di Bonnie, e il terzo genito di Anastasia >>
 
<< Un momento ! Lei mi sta dicendo che Bonnie e quella megera hanno dei legami di parentela ? >> chiese Damon che non ci poteva credere
 
<< In un certo senso si. Il terzo fratello, quando si sposò ebbe due bellissimi figli, un maschietto di nome Frederick, che aveva ereditato il dono della magia, e una femminuccia di nome Diana, che invece non aveva alcun potere. Tuttavia, se le prime due famiglie vivevano armoniosamente nonostante gli anni duri del medioevo, anche la terza famiglia inizialmente viveva in maniera abbastanza felice tuttavia… >>
 
<< Tuttavia ? >>
 
<< Le cose cambiarono irreparabilmente quando, durante gli anni dell’adolescenza, Frederick si innamorò di sua sorella Diana. E i loro genitori non lo accettarono per cui maledirono  il ventre di Diana rendendolo sterile. Ma Frederick non accettò mai questa situazione, così creò un rituale per avere figli. Non sono bene come questo rituale funzioni, so solo che i coniugi De Verdant, avevano unito i figli dei loro cugini con il ventre di Diana in modo che la magia pura dei loro figli permettesse a Diana di concepire i suoi figli. Tuttavia, i loro cugini ovviamente non accettarono un simile affronto e così decisero di vendicarsi e presto la famiglia De Verdant fu accusata di stregoneria e bruciata sul rogo >>
 
<< E come fece Anastasia a sopravvivere ? >>
 
<< Non si sa. C’è chi dice che scappò prima di essere bruciata, c’è chi dice che sia stata bruciata e che in un modo o nell’altro sia sopravvissuta al rogo. Non si sa. Si sa solo che è esperta degli incantesimi di reincarnazione e che si sia reincarnata in diverse vite ma nessuno sa niente di concreto su di lei. Io a quanto ho capito so solo che le serve Bonnie, le serve Elena e le serve Stefan per completare il rituale ma se dovessi spiegarti come funziona il rituale io non saprei come fare >>
 
<< C’è qualcuno che potrebbe aiutarmi a capire meglio la storia ? Qualcuno che potrebbe far luce su tutti i misteri che ci sono intorno alla storia dei De Verdant ? >>
 
<< Oltre alla stessa Anastasia ? Conosco solo una persona che potrebbe aiutare te e i tuoi amici a conoscere la vera storia di Anastasia. Deborah Mccullough, è una zia di Bonnie che vive nell’Oregon. Quando andrai a prendere Bonnie vi consiglio di andare da lei se volete sapere la verità >>
 
<< Quando andrò a prendere Bonnie ? Io non posso neanche uscire da questa insulsa cittadina come posso fare ? >> chiese Damon scattando in piedi
 
<< Ecco a questo avrei trovato una soluzione. Devi sapere che quando sei tornato qui tramite lo specchio che avevamo usato sul confine, avevi con te la tua borsa che emetteva una strana luce. All’inizio devo dire che mi sono preoccupata anche perché non sei tornato in buone condizioni. La schiena aveva diverse ferite e avevi delle schegge conficcate nella carne che difficilmente sono riuscita a rimuovere senza provocare altri danni. E poi né Rosalie né Meredith erano con te >>
 
<< Lo so, Rosalie era un traditrice, ci ha portati con l’inganno alla villa ma deve aver commesso qualche passo falso, non so, non ho capito bene. Ricordo solo che l’hanno uccisa >>
 
<< E di Meredith ? Cosa puoi dirmi di lei ?  >>
 
<< Non so niente. So solo che l’hanno catturata ma non so se è ancora viva. >>
 
<< Spero con tutto il cuore che stia bene. >>
<< Comunque cosa stavate dicendo a proposito della mia borsa ? >> chiese Damon desiderando cambiare discorso.
 
<< Che c’era uno strano oggetto che brillava. Sono andata a dare un’occhiata e ho visto questo >> disse la signora Flowers dirigendosi verso un cofanetto e prendendo qualcosa al suo interno
 
Lo mostrò a Damon, era una specie di catenina argentata con un ciondolo a forma di drago con gli occhi rosso rubino, che brillava di una luce fortissima che per poco non lo accecò.
 
<< Che cos’è ? >> disse chiudendo gli occhi per evitare di farsi accecare da quella collana


<< È l’innesco che Rosalie vi aveva promesso in cambio del vostro aiuto >> rispose la signora Flowers avvolgendo la collana in un fazzoletto per nascondere la luce
 
<< E lei crede davvero che io userei una qualsiasi cosa che è stata creata da bugiarda ? Se lo ha pensato anche solo per un secondo è pazza >> ringhiò il vampiro
 
<< Damon calmati. Pensi davvero che io rischierei di metterti in pericolo ? Voglio troppo bene a Stefan per poterti fare del male >>
 
“A Stefan, ovviamente”, pensò Damon infastidito.
 
<< E quindi ? >> chiese mal celando il fastidio
 
<< Ho provato a usare la collana e funziona. In quanto strega anche io sono un essere soprannaturale, ma a differenza tua sono vecchia, e molto meno preziosa , per cui ho superato il confine e a un certo punto la collana ha cominciato a brillare e dopo pochi secondi era fuori Fell’s Church sana e salva, non mi è accaduto nulla. >> disse la signora Flowers porgendogli la collana avvolta nel fazzoletto
 
Damon la prese esitante. Sapeva poco e niente su Anastasia De Verdant, ma a quanto aveva capito era temuta da molti inoltre lo aveva messo fuori gioco facilmente durante il loro primo scontro. Inoltre questa volta avrebbe dovuto cavarsela davvero da solo. Elena era scappata in Europa, Bonnie era scappata a Chicago, Stefan si era fatto strappare il cuore e adesso non sapeva neanche se stesse bene e Meredith era stata catturata. Era incredibile !! Una strega era stata in grado di mettere in fuga un angelo, una strega, un vampiro e di catturare una mezza vampira che per di più era una cacciatrice. Ma lui non si sarebbe arreso, avrebbe trovato Bonnie, Elena e Stefan, e avrebbe anche salvato Meredith, in un modo o nell’altro.
 

 
Anastasia si stava occupando del giardino insieme al marito. Adorava annaffiare i suoi fiori, ma più di ogni altro adorava il profumo delle sue rose e il pensiero che solo lei e la sua famiglia potesse godere del loro profumo paradisiaco senza soffrirne la rendeva ancora più felice. Albert invece si occupava di aggiustare le aiuole. Anastasia, sebbene non amasse Albert, gli voleva bene e quando passava quei momenti con lui in giardino le veniva in mente quando lo faceva con suo padre. Lei e suo padre avevano sempre amato prendersi cura del giardino, a differenza di sua madre e delle sue sorelle che preferivano attività meno faticose.
 
<< A cosa state pensando mia cara ? >> le chiese Albert vedendola così pensierosa
 
<< Sto pensando a mio padre. Lui adorava prendersi cura del giardino >> rispose Anastasia senza distogliere lo sguardo dalle sue rose
 
<< Come voi del resto. >>
 
<< Albert ? Grazie per aver accettato di aiutarmi >>
 
Era la prima volta, in tutti i loro diciotto anni di matrimonio, che Anastasia lo ringraziava per essergli stato vicino in tutti quegli anni. Ricordava ancora la prima volta che si erano conosciuti.
 
INIZIO FLASHBACK
 
Si erano conosciuti durante un importante ricevimento in casa di una potente strega che viveva nella Dimensione Oscura. Lei era andata lì per poter aumentare il suo potere e per trovare alleati. Sua figlia Annabelle ancora si doveva reincarnare e il suo potere era ancora troppo debole per potersela cavare nel mondo degli umani. Era andata a quella festa solo per potersi svagare un po’, lei si era reincarnata da poco ed era molto scoraggiata per come era andata a finire nella sua vita precedente. Per poco non era morta definitivamente, aveva usato le sue ultime forze per fare l’incantesimo di reincarnazione. Lei si era seduta ad un tavolino vuoto e guardava gli altro come si divertivano, ballavano, scherzavano, come si vantavano delle loro capacità e poi in un angolo aveva visto un uomo vestito tutto di nero che aveva fatto apparire un rubino nella sua mano, pochi secondi dopo questo rubino prese fuoco nella sua mano ma né lui né i suoi vestiti presero fuoco. Il rubino invece divenne nero ma quando una donna aveva provato a prenderlo in mano si rese contò che non aveva perso né la sua compattezza né la sua luce, poiché quando la luce di una torcia lo illuminò, le parti nere illuminate brillarono di un rosso intenso. Anastasia aveva già visto qualcosa di simile, suo padre molte volte si divertiva a farlo con lei. Quella capacità ce l’avevano solo i De Verdant. Si alzò dal tavolo e si avvicinò per dare un’occhiata ma l’uomo dopo aver dato il rubino nero alla donna se ne era andato. Anastasia lo aveva cercato per giorni, tuttavia alla fine riuscì a trovarlo. Albert lavorava come assistente di uno dei maghi più potenti della Dimensione Oscura, in cambio dei suoi servigi il mago gli insegnava un incantesimo sempre più potente del precedente. Anastasia aveva capito che Albert non era un sempliciotto quando lo vide uccidere un vampiro di settecento anni usando il controllo del sangue. Era un incantesimo molto complicato, ci volevano anni a perfezionarlo e arrecava sempre grande stanchezza, ma lui invece lo aveva eseguito in un secondo e non sembrava neanche affaticato per lo sforzo, per lei sarebbe stato l’alleato ideale. Ricordava ancora la prima volta che si erano parlati. Lei era riuscita a raggiungere la casa del mago, Albert stava riordinando alcuni libri nella grande libreria del palazzo  e quando lui la vide non sembrò affatto sorpreso. Con un sorriso le fece segno di sedersi su una sedia vicino a uno scrittoio che si trovava al centro della libreria. Anastasia all’inizio era titubante ma poi si sedette.
 
<< Allora sei tu che un po’ di tempo i segui ! Credevo che prima o poi ti saresti arresa, Anastasia >> fu quella la prima cosa che le disse
 
<< Vedo che conosci l’albero genealogico della tua famiglia Albert. Io non mi arrendo mai. >> disse Anastasia togliendosi il cappuccio
 
<< Perché sei qui ? >>
 
<< Ti ho visto fare quel trucchetto con il rubino Albert. Ti ho visto esercitare l’arte del controllo del sangue contro un vampiro che è mille volte più difficile che esercitarlo su un umano o su se stessi. E io ho bisogno di un mago come te, ho bisogno del tuo aiuto >>
 
<< Perché mai dovrei aiutarti ? >>
 
<< La nostra famiglia ha sofferto troppo Albert, è ora di ottenere la nostra vendetta e di riappropriarci del nostro lieto fine >>
 
Albert l’aveva guardata intensamente per molto tempo. I suoi occhi non esprimevano nulla, né rabbia, né noia, né felicità, niente. Anastasia non ci mise molto a capire che Albert non aveva il cuore nel petto. Anastasia cominciò a tremare, aveva commesso un errore a non toglierselo anche lei prima di quell’incontro, chi le poteva dare la certezza che quell’uomo non l’avrebbe uccisa ? Quando loro due si incontrarono Anastasia aveva solo diciassette anni, Albert invece ne aveva ventotto, lei si era reincarnata da poco, era debole e non sarebbe stata in grado di difendersi. Albert si era reso conto del timore che l’altra ma non aveva intenzione di farle del male, aveva capito che cosa desiderasse davvero Anastasia e sapeva ancora di più cosa lui desiderava  e lei era l’unica che poteva realmente darglielo. Le prese la mano e la guardò. La sua mano era molto curata, piccola, e tremava leggermente, sicuramente non per il freddo.
 
<< Sai, c’è una cosa che potresti fare per me >> disse Albert senza smettere di osservarle la mano
 
<< Cosa ? >>
 
<< È da molto tempo che vorrei avere qualcosa che fino ad adesso mi è stato proibito. La magia è un dono meraviglioso ma a volte è una maledizione, soprattutto se si appartiene a questa famiglia. Tu lo sai meglio di me >>
 
<< E quindi che cosa vorresti ? >> chiese Anastasia
 
<< Penso che tu lo abbia già capito. >>
 
<< Se ora acconsentissi, mi aiuterai ? >>
 
<< Te lo prometto. >> disse Albert infilandole un anello al dito
 
Era un bellissimo anello dorato, con tanti piccoli rubini che lo adornavano e al centro un rubino più grande di colore nero.
 
<< E questo cosa sarebbe ? >> chiese Anastasia che non riusciva a capire
 
<< La mia promessa, al tuo diciottesimo compleanno tu manterrai la tua e a quel punto ti aiuterò fino a quando non avrai ottenuto ciò che vorrai. >>
 
<< Quindi è questo che vuoi, una moglie >> constatò Anastasia osservando l'anello.
 
<< Non una moglie cara, qualcosa di più prezioso che ancora non mi è stato concesso di avere. E che solo tu, un giorno, potrai darmi >> disse Albert in tono criptico
 
<< Come fai a dire che io riuscirò a darti ciò che vuoi se non ho neanche la minima idea di cosa il tuo cuore desideri ?? >> chiese Anastasia che proprio non riusciva a capire
 
<< Devi sapere, cara, che io ho un dono molto raro. Posso vedere il futuro tramite i miei sogni. Qualche settimana fa sognai questo momento. Una fanciulla bionda di grande bellezza che mi avrebbe chiesto di aiutarla e che in futuro mi avrebbe dato ciò che il ho sempre desiderato. Quella fanciulla eri tu, per questo non ero sorpreso di vederti. Sapevo che mancava poco al nostro incontro. >>
 
<< In poche parole mi stai dicendo che se non fossi stato certo che io sarei stata in grado di accontentare la tua richiesta, qualunque essa sia, tu non mi avresti aiutata. O sbaglio ? >> chiese Anastasia un po’ innervosita
 
<< Concorderai con me, mia cara, che il primo passo verso la sconfitta è l’essere incauti e sprovveduti. La tua ultima vita ne è una prova >> disse Albert
 
Anastasia abbassò lo sguardo mentre una lacrima le scese lungo la guancia. Albert le accarezzò quella guancia e le asciugò la lacrima.
 
<< Suvvia, non fare così. Non era mia intenzione rammentarti brutti ricordi. Mi perdoni ? >>
 
<< Ti perdono solo se mi prometti fedeltà e sostegno fino alla fine della nostra impresa >>
 
Albert la guardò per un momento con i suoi occhi verde smeraldo, poi le baciò la mano e il quel momento Anastasia capì che presto la sua vita sarebbe stata nelle mano di quel giovane uomo, affatto simile a Michael, ma di cui aveva tanto bisogno.
 
FINE FLASHBACK
Albert la stava guardando come quella volta in quella grande biblioteca, l’espressione non era affatto cambiata in quei diciotto anni. Sebbene lui fosse invecchiato ormai, non era più quel giovane uomo di ventotto anni che era all’epoca, adesso era un uomo di quarantasei anni che tuttavia aveva cambiato poco le sue abitudini, le sue maniere cortesi e quell’espressione strana che lei non riusciva mai a capire.
 
<< Non devi ringraziarmi, cara >> disse continuando ad aggiustare l’aiuola
 
<< Albert ? Questa è la tua prima vita vero ? >> chiese Anastasia
 
<< E l’ultima spero, se mi stai chiedendo perché io non uso la magia per rendermi giovane, o perché non ho intenzione di reincarnarmi la risposta è semplice, io non desidero vivere altre vite e  non desidero rimanere giovane >>
 
<< Perché ? >>


<< Perché tramite la morte potrò ricongiungermi a una persona, spero. Ma se a te disturbano le rughe sul mio viso sarò ben lieto di rendermi giovane per te >>
 
<< Non è necessario che tu lo faccia Al, le tue rughe non mi disturbano affatto. Niente mi disturba di te. >> disse Anastasia baciandogli la guancia
 
<< Sono felice di sentirtelo dire. Ora rientriamo, dobbiamo prepararci. Domani sarà un giorno molto importante, Damon e Bonnie si incontreranno di nuovo dopo molto tempo, così anche Stefan con suo fratello, siamo arrivati al nocciolo della questione, da domani la strada sarà tutta in discesa >>
 
<< Mi sembra che ciò ti metta malinconia, Al >> disse Anastasia
 
Albert la guardò senza dire niente, semplicemente le baciò la fronte, le prese la mano e poi insieme tornarono verso casa. Lui non disse niente, ma Anastasia aveva capito perfettamente cosa lui stesse cercando di dirle, temeva che di essere impreparato a ciò che il futuro aveva in serbo per loro, e faceva bene.
 

 
Damon stava guidando velocemente con la sua Ferrari nera e stava guidando verso il confino con addosso quella collana luminosa con il dragone. Poco tempo prima aveva preparato velocemente un piccolo bagaglio aiutato dalla signora Flowers e dopo averla salutata velocemente, era partito subito per Chicago alla ricerca di Bonnie. Quando arrivò al confine si fermò, prese un respiro profondo poi premette con il piede il pedale dell’acceleratore e poi attraversò il confine. Fu costretto a chiudere gli occhi perché non appena attraversò il confine la collana cominciò a brillare di una luce intensa che si spense solo quando ebbe attraversato il confine. Damon sorrise, finalmente ce l’aveva fatta. “Sto arrivando, Streghetta”, pensò prima di sfrecciare a tutta velocità verso Chicago.
 

 
Bonnie non poteva descrivere quanto fosse felice in quel posto, aveva tutto lì. Aveva dagli amici con cui condividere esperienze, segreti, aveva la sua magia che lì dentro stava diventando più potente, aveva Rebecca e i suoi fantastici dolcetti. Eppure sentiva che c’era qualcosa, o forse qualcuno che mancava, chi poteva mai essere ? Ma certo, era Damon, chissà come stava in quel momento ? Anche se si sentiva felice così come stava, una parte del suo cuore, sperava che lui la stesse cercando e che l’avrebbe trovata. Bonnie non aveva idea che questo sarebbe successo molto presto. 

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Capitolo 15
*** Saving Bonnie ***


SAVING BONNIE 

Damon stava guidando verso Chicago guidando al massimo della velocità. Desiderava ardentemente arrivare da Bonnie il prima possibile. Lei era in pericolo, lo era già da molto tempo e lui, pur avendo avuto tutti gli indizi davanti agli occhi, non aveva capito nulla di ciò che stava realmente accadendo e Bonnie era stata costretta a scappare senza che lui potesse fare niente per impedirlo. In un secondo aveva perso tutto ciò che aveva più a cuore, aveva perso Stefan, e aveva perso Bonnie, la ragazza che in quei giorni gli era terribilmente mancata, per cui provava un sincero affetto e forse qualcosa di più. Non era sicuro di ciò che provava per lei, sperava che ogni cosa si sarebbe chiarita una volta che l’avrebbe guardata negli occhi.
 

 
Stefan e Sapphire arrivarono nell’ufficio di quest’ultima. A Stefan sembrò ancora più bello dell’ultima volta che lo aveva visto , forse perché aveva passato gli ultimi mesi in una casa abbandonata nel cuore dell’Oregon, senza poter uscire e senza nessuno con cui parlare. In effetti, ora che ci faceva caso, l’ufficio era diverso dall’ultima volta. Le pareti adesso erano di un blu più scuro, la scrivania non era più posizionata su un piedistallo ed era più grande di come la ricordava. Le vetrinette con i gioielli erano sparite e avevano lasciato il loro posto a delle vetrinette alte in legno scuro, piene di libri e di vari contenitori. Al centro della stanza c’era un divano color indaco scuro e davanti c’era un piccolo tavolino di vetro con sopra un vaso di rose blu. Sulle pareti erano stati appesi diversi quadri che rappresentavano delle abitazioni, in una di queste Stefan riuscì a riconoscere la sua ex prigione.
 
<< Allora, com’è tornare nel mondo reale ? >> gli chiese Sapphire lasciandogli la mano e sedendosi sul divano
 
<< Magnifico. Nonostante tutti i miei sforzi di rendere la tua vecchia casa un posto piacevole, niente è meglio di questo >> rispose Stefan
 
<< Inoltre, adesso sarà molto più bello visto che potrai godertelo senza avere la paura di bruciare al sole, o con la paura di far del male a delle persone. Adesso sei come tutti gli altri >>
 
<< Quasi come tutti gli altri. Gli altri non hanno poteri magici. >>
 
<< Beh, tu sei speciale Stefan. Quando dico tutti gli altri intendo che, beh, come loro, respiri, sanguini, puoi camminare alla luce del sole ma non dimenticare mai che tu sei speciale. Hai dei doni straordinari e finalmente hai la possibilità di controllarli e ampliarli >>
 
<< Io non credo >> disse Stefan sedendosi vicino a lei << Fino ad ora non ho fatto niente di straordinario, io… ho imparato tutti gli incantesimo che ho visto fare a Bonnie, alla signora Flowers e… Io non credo che la mia magia sia diversa dalla loro >>
 
<< Ti sbagli, adesso non ti sembrerà così ma in futuro lo capirai. Quando sarà il momento, Stefan, potrai fare delle magie che streghe come Bonnie, Rosalie o la signora Flowers non saranno mai in grado di fare. >>
 
<< A proposito di Bonnie, perché siamo qui invece di andarla a cercare ? >>
 
<< Perché noi non possiamo portarla via dal luogo in cui si trova >> disse Sapphire alzandosi
 
La ragazza si posizionò davanti a un quadro che Stefan prima non aveva notato. Nel quadro non era illustrata una casa come negli altri, anzi, non era neanche un quadro, era un disegno che raffigurava una specie di albergo a due piani, fatto di mattoni rossi, con delle finestre grandi con i cornicioni dipinti di bianco, era un edificio dall’aspetto molto vecchio e Stefan si chiese se esistesse ancora.
 
<< Cos’è quel posto ? >> chiese Stefan mentre si alzava dal divano per vederlo meglio.
 
<< Questo è un luogo molto antico. Fu costruito dai secoli bui da streghe, maghi, vampiri… Ogni creatura che desiderasse sentirsi al sicuro contro l’Inquisizione. Anche i miei vissero lì per un po’. >>
 
<< Non mi hai mai parlato dei tuoi genitori >>
 
<< Non c’è molto da dire. Mio padre non sopravvisse ai secoli bui e mia madre… beh… la mia famiglia fu bandita da quel posto e anche altre diverse famiglie, in vero >>
 
<< Perché ? >>
 
<< È una lunga storia. Ciò che sto cercando di dirti è che io non posso entrare lì dentro. Non ho mai potuto farlo per questo il disegno è in bianco e nero a differenza degli altri. Io non posso più neanche localizzarlo e tu da solo non potresti trovarlo. Per questo, aspetteremo che sia Damon a trovarlo. È fondamentale che sia lui a trovare Bonnie >>
 
<< Perché ? >>
 
<< Perché è l’unico che lascerebbero entrare. >>
 

 
Annabelle stava leggendo un libro nella Stanza dei Pegni di sua madre, come le piaceva chiamarla. All’inizio tutti quei cuori che battevano le mettevano inquietudine ma poi con il tempo ci aveva fatto l’abitudine. A un certo punto si alzò e si diresse verso una vetrinetta dove prese all’interno uno scrigno bianco. Lo prese e poi lo portò sul tavolo. Annabelle lo fissò per un po’, sopra c’era una targhetta con su scritto Stefan Salvatore. Annabelle non sapeva perché lo avesse preso, o perché, quasi tutte le volte che si trovava in quella stanza aveva la voglia di prendere quello scrigno e osservare quel cuore per ore intere. Stefan Salvatore non aveva nulla di speciale, dopotutto. Da quel poco che aveva visto era un ragazzo che era in grado di amare immensamente, che trovava la sua forza nei suoi sentimenti e nei suoi ideali, i quali però erano stati distrutti da coloro a cui teneva di più. Che buffo, era bastato un semplice atto di tradimento per far si che ideali di tutta un’esistenza si sgretolassero e lo convincessero a donare quel cuore a sua madre. In un certo senso, questo l’aiutava a non sentirsi in colpa per quanto era accaduto a Stefan. Era stato lui a volere tutto questo, lui ha deciso di non voler più soffrire, lui ha scelto di strapparsi il cuore dal petto, è stata una sua scelta. Tuttavia, una parte di Annabelle, la parte che la spaventava di più, molte volte la portava a desiderare quel cuore. Ricordava bene gli occhi di Stefan quando la guardava quella notte, gli occhi di una persona ferita, spaventata e tradita. Come lo era stata lei. Sentì dei passi farsi sempre più vicini. Velocemente prese lo scrigno e lo mise a posto. Si sedette di nuovo al tavolo e riprese la sua lettura.
 
<< Buon pomeriggio Annabelle >> la salutò Albert dopo essere entrato
 
<< Buon pomeriggio Albert. Tu e la mamma avete finito di occuparvi del giardino ? >> chiese Annabelle posando il libro sul tavolo
 
 << Si, stavamo pensando di preparare il tè. Juliet è già di sopra, vuoi venire anche tu ? >>
 
<< Si, Albert. Finisco di leggere questo capitolo e poi vi raggiungo >> rispose Annabelle tornando a leggere
 
<< Sai, Annabelle, non devi nasconderti con me. Tu sei come una figlia per me e, in qualità di padre adottivo ti incoraggio a seguire il tuo istinto >> disse Albert posando una collana con un dragone luccicante sul tavolo
 
<< E questa cosa sarebbe ? >> chiese Annabelle prendendo in mano la collana
 
<< Questa collana, Annabelle, apparteneva a quella sventurata di Rosalie Mcculough, le sarebbe servita per uscire dai confini di Fell’s Church senza problemi. >> le spiegò Albert
 
<< E perché la stai dando a me ? Mamma lo sa ? >>
 
<< Penso che in realtà dovresti essere tu a spiegarmi perché io te la stia dando. Mamma non lo sa, non spetta a me dirglielo. Spetta a te >>
 
Dopo aver detto questo Albert si diresse verso l’uscita della stanza dicendole che l’aspettava sopra per il tè. Annabelle non riusciva a crederci. Viveva con Albert da quando era nata in quella vita e nonostante ciò lui riusciva ancora a sorprenderla. Ora che ci pensava, Albert era stato l’unico “papà”, che lei avesse avuto in tutte le sue vite. Di solito erano solo lei e sua madre ma in quella si era aggiunto anche Albert. Albert che le insegnò a nuotare da piccola, ad andare in bicicletta, a suonare il pianoforte, a dipingere, a perfezionarsi su tutti gli incantesimi. Lei gli voleva bene e a volte credeva che lui la capisse anche meglio di sua madre. Era sicura che quando si sarebbe separata da lui avrebbe sofferto molto.  Annabelle prese la collana e l’avvolse in un fazzoletto, poi la mise in tasca e salì di sopra per bere il tè.
 

 
Meredith non era mai stata in una situazione tanto sgradevole. La prigione dove l’avevano rinchiusa era sporca e puzzava terribilmente di bruciato. Comprensibile, le pareti avevano diverse bruciature, inoltre nella prigione c’era solo una piccola finestrella con delle sbarre, troppo alta e troppo piccola per poter considerarla una possibile via di fuga. Era buia e non era una prigione con delle sbarre, anzi, era totalmente chiusa e l’unico modo per uscire era una porta con sopra disegnata uno strano simbolo. Meredith non era molto esperta di simboli ma era piuttosto certa che quel simbolo servisse a tenere la porta chiusa e di conseguenza a tenere lei bloccata lì dentro. All’interno della prigione c’era solo uno scomodo lettino con delle coperte macchiate e un cuscino che aveva sicuramente visto giorni migliori. Meredith era sdraiata sul letto e osservava la piccola finestra dalla quale si poteva intravedere il cielo. Si voltò dall’altro lato, verso il muro, in modo da non soffrire nel vedere un cielo che molto probabilmente non avrebbe più rivisto. Chiuse gli occhi, sperando di addormentarsi il prima possibile.
 
<< Meredith ! Meredith ! >> una voce dalla finestrella la chiamava
 
Meredith non si voltò, aveva sperato di sentire quella voce per tanto tempo ma ciò non era mai accaduto. Di certo non stava accadendo adesso.
 
<< Meredith !! Accidenti, voltati !!! >> disse quella voce che si stava stancando
 
Meredith a quel punto si voltò e lo vide. Alaric Saltzman, il suo ex fidanzato, era dietro a quella finestrella, con i suoi capelli rossicci corti, e i suoi occhi color nocciola che la implorava di qualcosa.
 
<< Alaric ? Che ci fai qui ? Sei impazzito improvvisamente ? >> gli chiese Meredith alzandosi dal letto
 
<< Non preoccuparti per me, io non sono in pericolo. Tu lo sei >>
 
<< Che vuoi dire ? >>
 
<< Sei in grave pericolo, Mer. Sei qui per una ragione, tu, sei un pezzo fondamentale per i piani della signora De Verdant e... >>
 
<< La signora De Verdant ? Come mai la chiami così ? >> chiese Meredith indispettita incrociando le braccia al petto
 
<< Sai, dopo aver passato mesi a servirla e a chinare la testa, diventa un’abitudine >>
 
<< Che vorresti dire con questo ? Oh mio… eri tu il… >>
 
<< Il drago giallo, si, ero io. >>
 
<< E perché mi hai attaccata in quel modo ? >>
 
<< Dopo aver passato tanto tempo a vivere e a essere trattato come una bestia finisci per diventarlo. Io avevo perso tutta la mia umanità prima di incontrarti di nuovo. Ho davvero creduto di essere un drago sai ? >>
 
<< Inquietante >> commentò Meredith sedendosi sul lettino
 
<< Senti, so che sei arrabbiata con me ma ti giuro, io non volevo lasciarti >>
 
<< Ah no ? >> chiese Meredith scettica
 
<< No. Non sono stato io, io ti amo, non ti avrei mai lasciata. >>
 
<< Il messaggio che mi hai lasciato tanti mesi fa dimostra il contrario >>
 
<< Non sono stato io a mandartelo. È stata la signora De Verdant a mandarlo, in modo che tu non mi venissi a cercare. Te lo giuro Mer... >>
 
<< Non so se posso crederti. Ultimamente ho sentito così tante bugie che non so più di chi fidarmi e di chi no. Non riesco più a capire cosa sia vero e cosa no. Non posso crederti, perciò, faresti meglio ad andartene >>
 
<< Mer… ti prego >>
 
Alaric non fece in tempo a dire altro, entrambi sentirono dei passi ma Meredith non riusciva a capire se erano fuori o all’interno della villa visto che comunque il cortile era di pietra come anche la prigione. L’ultima cosa che vide fu Alaric che si allontanò dalle sbarre per poi trasformarsi di nuovo in quel drago giallo che qualche mese fa per poco non l’aveva uccisa. Sapeva che era infantile comportarsi in quel modo, era stato infantile essere gelosa di Rosalie perché lei si era dimostrata una ragazza più in gamba di lei anche se alla fine si era solo dimostrata una bugiarda e sapeva che forse avrebbe dovuto ascoltare Alaric ma al momento non ci riusciva. Lui l’aveva lasciata con un messaggio, aveva disprezzato il fatto che lei fosse una mezza-vampira, o almeno era questo in cui aveva creduto per tutti questi mesi ed era questo in cui adesso si era imposta di credere per non avere un totale crollo nervoso. Odiava Anastasia De Verdant, la odiava con tutto il cuore, lei le aveva rovinato la vita, aveva rovinato la sua relazione con Alaric, aveva allontanato Bonnie dalla città, aveva strappato il cuore di Stefan e la stava tenendo prigioniera in quella prigione schifosa. Lei non si era mai comportata in modo talmente infantile, lei era la mente del gruppo, era quella saggia e invece era bastato un messaggio a distruggerla, a spingerla a mettere in discussione tutta la sua vita, a farla sentire debole e impotente e tutto questo per colpa di Anastasia De Verdant. Se un giorno sarebbe uscita di lì l’avrebbe uccisa, lo promise a se stessa.
 

 
Damon era appena arrivato a Chicago ma non sapeva da che parte andare per trovare Bonnie. Prima di partire avrebbe dovuto chiedere alla Signora Flowers di eseguire un altro incantesimo di localizzazione. L’unico punto di partenza che aveva era che Bonnie molto probabilmente era insieme a Sapphire, l’amica strega di Stefan. Lui non conosceva molto bene Sapphire, da quel poco che ricordava di lei sapeva che adorava i gioielli, il blu e gli zaffiri. Le poche volte che l’aveva vista indossava sempre gioielli con gli zaffiri. A un certo punto vide due ragazze che passeggiavano lungo la strada e una di loro indossava una bellissima collana con degli zaffiri. “Potrebbe essere…”, pensò Damon, se così fosse stato probabilmente trovare Sapphire non sarebbe stato molto difficile. Se avesse trovato lei avrebbe trovato anche Bonnie, di questo ne era sicuro. Parcheggi l’auto e poi prese il cellulare, digitò su internet “negozi di zaffiri a Chicago”, gli uscirono tre diversi risultati, uno era Sapphire’s Street ma era un negozio di profumi, un altro era un locale mentre il terzo era una gioielleria. Damon la cliccò e dopo aver visto dove era situato accese di nuovo il motore e guidò velocemente verso quella gioielleria.
 

 
Annabelle stava bevendo il tè insieme alla sua famiglia, era uno dei pochi momenti in cui poteva rilassarsi e dimenticarsi di tutto il resto. Nelle altre vite lei e sua madre non avevano molti momenti intimi, sua madre era sempre fuori casa per “affari”, come diceva lei. In passato molte volte le idee di sua madre le avevano fatte finire nei guai ma lei, da brava figlia, le era sempre rimasta vicina. Sapeva quando sua madre avesse sofferto e sapeva cosa anche lei aveva perso per colpa dei Mccullough. Era una fortuna che avevano incontrato Albert, lui solo avrebbe potuto aiutarle ad ottenere la loro vendetta, era un mago esperto e molto potente, forse anche più potente di sua madre e inoltre era molto saggio, affatto impulsivo, come invece sua madre si era rivelata in più occasioni.
 
<< Annabelle, a cosa pensi ? >> le chiese sua madre mentre beveva un sorso di tè
 
<< Stavo pensando al vampiro con i capelli neri, Damon, perché lui non è in prigione ? >> chiese Annabelle prendendo un biscotto
 
<< Perché lui ci deve portare Bonnie >> rispose Anastasia
 
<< Ma perché non potevamo farlo noi ? >> chiese Annabelle
 
<< Perché lei è in un luogo dove noi non possiamo andare >> disse Anastasia con un po’ di malinconia
 
<< Che luogo ? >> chiese Juliet
 
<< È un luogo molto antico, è stato costruito durante i secoli bui dalle creature della notte per potersi proteggere dall’Inquisizione >> rispose Albert
 
<< Ma anche noi siamo creature della notte, perché non possiamo andarci ? >> chiese nuovamente Juliet
 
Anastasia e Albert si lanciarono un’occhiata che non sfuggì ad Annabelle, conosceva il significato di quello scambio di sguardi, lo facevano ogni volta che erano indecisi su qualcosa da dire o non dire.
 
<< Vecchie questioni famigliari, tesoro >> rispose semplicemente Anastasia bevendo un altro sorso di tè
 
Annabelle cercò di reprimere una smorfia, i suoi genitori le stavano nascondendo qualcosa e lei odiava i segreti e le bugie più di ogni altra cosa. Sapeva tuttavia che sua madre non le avrebbe detto niente e per questo , in un certo senso, si sentì giustificata e autorizzata a non dirle delle sue intenzioni di lasciare Fell’s Church per controllare personalmente la situazione di Stefan e per scoprire di più sulle sue origini. Sapeva che neanche i tasselli sul suo passato erano completi, che sua madre si ostinava a nasconderle alcune cose. Lei sapeva solo che suo padre era il fratellastro di sua madre e che era scomparso ma sapeva che sua madre conosceva verità più profonde o non sarebbe mai riuscita a spiegare perché sua madre odiasse tanto Sapphire Mon Bijoure, nonostante tanti secoli prima avesse desiderato ardentemente averla come allieva, o del suo accanimento contro Stefan Salvatore. Il rituale prevedeva il cuore di qualcuno che potesse provare delle forti emozioni e lei si era subito fissata sul fatto che fosse il cuore di Stefan ciò di cui avevano bisogno. Lei non sapeva quasi niente dei suoi nonni, solo che erano stati condannati al rogo per colpa dei Mccullough ma qualcosa nella storia non tornava. Se i suoi nonni erano morti sul rogo, e con loro era morta anche la dinastia dei De Verdant allora com’era possibile che Albert fosse nato. Albert era un De Verdant a tutti gli effetti, su questo non c’erano dubbi ma allora chi erano i suoi genitori ? Tutte quelle domande ronzavano nella mente di Annabelle da troppo tempo eppure non aveva trovato ancora una risposta a nessuna di esse.
 
<< Sentite, io vado al piano di sopra. Voglio esercitarmi con alcuni incantesimi, scenderò a cena >> disse Annabelle alzandosi dal divano
 
<< Va bene tesoro. >> disse sua madre
 
Annabelle l’abbracciò e poi le diede un bacio sulla guancia, lo stesso fece con Albert e con Juliet poi salì in camera sua. La sua camera era al secondo piano della villa. Era grande e spaziosa, le pareti erano di un giallo scuro, il pavimento era un parquet. I mobili erano in legno scuro, al lato destro c’erano due librerie dove erano posti libri di vario genere e una vetrinetta con dentro gli ingredienti per diverse pozioni. Poco lontano da quella vetrinetta infatti c’era tavolo con un calderone e tutti gli attrezzi necessari per fare delle pozioni e dove c’era anche il suo Grimorio personale. Al lato sinistro c’era un letto a due piazze con la parure bianca con sopra delle cuciture del medesimo colore che raffiguravano delle rose e c’erano due porte che portavano al bagno e alla cabina-armadio. Annabelle si diresse verso la cabina armadio. La cabina armadio era piuttosto grande, aveva le pareti giallo scuro come la sua camera ma era più piccola, a destra c’era un grande armadio in legno scuro dove erano appesi tutti i suoi vestiti, poi c’era un cassettone dove c’erano i pochi pantaloni e jeans che aveva, mentre sulla sinistra c’erano degli scaffali con sopra le sue borse. Annabelle prese una tracolla nera e dopo averci fatto un incantesimo cominciò a metterci dentro qualche jeans. Poi si cambiò, indossò nei pantacollant neri, con una maglia lunga di cotone rossa che era arrivava poco prima del ginocchio e indossò degli stivali neri e bassi, in fine legò i lunghi capelli biondi in una treccia laterale. Uscì dalla cabina armadio e poi prese il suo Grimorio, qualche pozione, un giubbottino nero e poi prese le chiavi della sua Ferrari rossa. Scrisse una piccola lettera a sua madre e poi uscì di casa.
...
 
Sapphire era alla scrivania e stava mettendo in ordine alcune carte della gioielleria mentre Stefan si stava esercitando con alcuni incantesimi, seduto sul divano con il suo Grimorio sulle ginocchia. Stefan era notevolmente migliorato e Sapphire poteva avvertire il suo potere diventare sempre più potente.
 
<< Posso chiederti una cosa, Saph ? >> le chiese Stefan voltandosi verso di lei
 
<< Dimmi >> rispose Sapphire distogliendo lo sguardo dalla varie carte sulla scrivania
 
<< Perché tu non puoi accedere a quel luogo ? >> chiese Stefan
 
<< Perché fui bandita tanti anni fa con la mia famiglia, te l’ho detto. Brutti affari >> spiegò brevemente Sapphire tornando a concentrarsi sui fogli
 
<< Ma io avrei potuto accedervi. Avrei potuto fare un incantesimo di localizzazione e trovarlo e invece tu non mi hai neanche lasciato provare. >> ribatté Stefan imperterrito
 
<< Stefan, ho le mie ragioni. Un giorno te le spiegherò >>
 
<< Perché non ora ? >>


<< Perché ora abbiamo ospiti >> disse Sapphire alzandosi dal suo scrittoio
 
Stefan la guardò con un’espressione interrogativa ma lei gli fece l’occhiolino. A un certo punto l’ascensore si aprì e da esso uscirono Magdalene che indossava la divisa del negozio e Damon dietro di lei.
 
<< Mi scusi signora, non sono riuscita a fermarlo >> di scusò Magdalene giocando con un riccio rosso
 
<< Non preoccuparti Magdalene, il signor Salvatore è esattamente dove dovrebbe essere, per una volta nella sua vita. Puoi tornare alle tue mansioni, cara >> disse Sapphire con una fredda compostezza
 
Magdalene annuì poi uscì dall’ufficio. Stefan non riusciva a credere all’intera situazione. Era da molto tempo che non vedeva suo fratello e in quei mesi lui non aveva fatto altro chi vivere di immagini e di ricordi, brutti ricordi, soprattutto. Damon aveva i capelli un po’ più lunghi dall’ultima volta che lo aveva visto, sembrava più magro, anche se era impossibile, indossava dei pantaloni neri con una camicia del medesimo colore e sopra un giubbotto nero di pelle. Era terribilmente arrabbiato, sicuramente con lui.
 
<< Bene, bene. Che abbiamo qui ? La strega malefica in blu e il mio adorabile fratellino >> disse Damon con sarcasmo
 
<< Anche io, signor Salvatore, ero piuttosto infelice all’idea di vederti di nuovo ma Bonnie ha bisogno di te e anche Stefan >> disse Sapphire incrociando le braccia al petto
 
<< Io non ho bisogno di lui >> disse Stefan aprendo il Grimorio
 
<< Ne dubito, altrimenti adesso non saremmo in questa situazione >> ribatté bruscamente Damon
 
<< È colpa tua se ci troviamo in questa situazione >> ringhiò Stefan
 
<< Perché non alzi il culo e mi guardi negli occhi. Affrontami per una volta invece di dare a me la colpa di tutto >> disse Damon
 
Stefan posò il Grimorio e si alzò, avvicinandosi poi al fratello per fronteggiarlo. La sua espressione era fredda e pacata, i lineamenti erano rilassati come anche i muscoli. Niente di lui avrebbe potuto mostrare che lui fosse arrabbiato o irato, niente avrebbe potuto prevedere che Stefan avrebbe scaraventato Damon contro lo scrittoio di Sapphire con un semplice gesto della mano. Damon non si rese neanche conto di ciò che accadde, semplicemente non riusciva a crederci. Lo scrittoio era totalmente distrutto sotto il suo peso ma fortunatamente nessuna scheggia gli aveva perforato la schiena o qualche altra parte del corpo. Sapphire nel frattempo aveva osservato la scena deliziata, fiera del suo allievo e felice dell’espressione esterrefatta di Damon che era appena stato umiliato.
 
<< Ma che… che diamine è… >> Damon non riusciva neanche a parlare
 
<< Magia >> rispose Stefan in tono freddo
 
<< Magia ? Ma di che diamine stai parlando ? I vampiri non possono avere poteri magici >> affermò Damon con sicurezza
 
<< Ma io non sono più un vampiro >> affermò Stefan con uno strano sorrisetto
 
Damon lo guardò senza dire niente e fu a quel punto che notò i cambiamenti. La pelle di Stefan non era più pallida come prima ma era leggermente più colorita, le guance erano lievemente rosse, gli sembrava addirittura un po’ più alto dall’ultima volta che lo aveva visto, e poi gli guardò le mani e non vide più l’anello con il lapislazzulo che Katherine gli aveva dato. Non sapeva perché ma ciò lo stava facendo infuriare.
 
<< Tu, brutta strega, CHE COSA GLI HAI FATTO ? >> urlò Damon scagliandosi contro Sapphire
 
Sapphire ovviamente fu molto più rapida del vampiro, infatti Damon dopo neanche un secondo si ritrovava schiantato contro i resti dello scrittoio.
 
<< Stai giù Damon. È già tanto che io non ti abbia già preso a calci e non ti abbia cacciato dal mio ufficio >> disse Sapphire
 
<< Non preoccuparti, me ne vado. Non ho bisogno del tuo aiuto per trovare Bonnie >> disse Damon alzandosi e dirigendosi verso l’ascensore
 
<< Io non credo proprio, se tu avessi creduto di potercela fare da solo adesso non saresti qui. Tu hai bisogno del mio aiuto >> disse Sapphire sorridendo
 
Stefan conosceva quel sorriso. Sapphire sorrideva in quel modo solo quando era compiaciuta e soddisfatta di qualcosa e in quel momento la consapevolezza che Damon avesse disperatamente bisogno del suo aiuto, che se lei avesse detto di no Damon a quel punto non avrebbe mai trovato Bonnie, sapere che la felicità di Damon dipendesse da lei, quel senso di potere che inconsapevolmente cominciava a piacere pure a lui. Ecco, come si sentivano le streghe quando le altre creature si rivolgevano a loro per aiuto, i vampiri potevano anche essere eternamente giovani e belli, i licantropi potevano anche avere un morso fatale, ma erano le streghe e i maghi ad avere il potere, senza di loro le altre creature si sarebbero già estinte. Damon per poco non ebbe la tentazione di provare nuovamente a torcerle il collo, avendo capito il perché di tanta contentezza da parte di quell’odiosa strega.
 
<< Ti odio >> ringhiò il vampiro con gli occhi neri
 
<< Credimi, i tuoi sentimenti sono ricambiati >> disse Sapphire senza smettere di sorridere
 
Stefan decise di prendere in mano la situazione intuendo che se avessero continuato in quel modo avrebbero fatto saltare in aria l’intero palazzo.
 
<< Damon, sei qui per ritrovare Bonnie non per attaccare briga con Saph. >> disse
 
<< Saph ? >> chiese Damon con un certo disgusto
 
<< Qualche problema ? >> chiese Stefan di rimando
 
<< Ok, adesso basta, dobbiamo trovare Bonnie, per cui usciamo di qui e dirigiamoci verso il luogo >> disse Sapphire dirigendosi verso l’ascensore
 
<< Avevi detto che io e te non potevamo entrare >> disse Stefan seguendo l’amica
 
<< Non possiamo entrare ma ciò non significa che non possiamo stare nelle vicinanze. >> disse Sapphire entrando nell’ascensore
 
<< Aspettate un momento !! Mi state dicendo che dovrò entrare in questo luogo da solo ? >> chiese Damon entrando nell’ascensore
 
<< Che problema c’è ? Hai sempre voluto fare ogni cosa per conto tuo, ora lo puoi fare senza neanche obbiezioni da parte nostra >> disse Stefan schiacciando il pulsante
 
<< Continua a parlare, magari un giorno dirai qualcosa di intelligente ! >> ribatté Damon
 
<< Si vede allora che la genialità non è un pregio di famiglia, o meglio dei Salvatore >> ribatté Stefan con asprezza
 
<< Che vorresti di… >> stava per dire Damon
 
<< Smettetela voi due, avrete tempo per darvele !! Ora dobbiamo pensare a Bonnie >> disse Sapphire
 
<< D’accordo, ma ci puoi giurare che il discorso non finisce qui. Tu, signorino, mi devi un sacco di spiegazioni !! >> ringhiò Damon
 
<< Tu invece mi devi un sacco di scuse. Ma vedo che sei talmente stupido da non renderti nemmeno conto di quello che hai fatto !! >> ribatté Stefan con tranquillità
 
<< Non osare darmi dello… >> iniziò Damon
 
Sapphire roteò gli occhi, capendo che con le buone non sarebbero andati da nessuna parte pronunciò delle parole a bassa voce subito Damon non fu più in grado di parlare. Stefan represse a stento una risata, mentre Damon si incazzava ancora di più. Quando uscirono dall’ascensore Sapphire salutò le sue colleghe e poi si diressero verso la Ferrari di Damon. Damon si mise al volante mentre Sapphire e Stefan si sedettero dietro, Sapphire a quel punto annullò l’incantesimo su Damon.
 
<< Perché vi siete seduti entrambi dietro ? Ma chi credete che sia io ? Il vostro tassista ? >> chiese Damon innervosito
 
<< Pensa a guidare e zitto. Tieni questo, ti ho indicato la direzione >> disse Sapphire passandogli un foglio
 
Damon lo prese in maniera sgraziata e dopo averlo osservato attentamente cominciò a guidare. Questo posto, che ancora non gli avevano spiegato che cosa fosse, si trovava nella zona periferica e malfamata di Chicago. Tanto per cambiare. Il tragitto fu piuttosto lungo e noioso, a causa del traffico, ma fortunatamente Stefan e Damon rimasero in silenzio evitando di lanciarsi frecciatine infantili. Quando arrivarono in una stradina stretta, senza indicazioni o cartelli e con delle stradine piccole e poco illuminate, Sapphire gli disse di parcheggiare perché da quel punto in poi avrebbero dovuto procedere a piedi. Damon parcheggiò la macchina e poi seguì Sapphire per le strade buie. Percorsero diverse stradine e a un certo punto Damon fu tentato di chiederle se si fossero persi. Sapphire si fermò davanti a un muro fatto di mattoni rossi, senza scritte né murales.
 
<< E ora ? Dove dobbiamo andare ? >> chiese Damon stanco di tutto quel girovagare
 
<< Devi procedere tu da solo. Attraversa quel muro di mattoni e ti troverai direttamente davanti al cortile dell’albergo dove si trova Bonnie >> disse Sapphire
 
<< Ma dove siamo ? In “Harry Potter” ? >> chiese Damon con sarcasmo
 
<< Vuoi trovare Bonnie o no ? >> gli chiese Sapphire incrociando le braccia al petto
 
Damon sospirò poi facendosi coraggio attraversò il muro di mattoni. Pochi secondi dopo si trovava davanti a una struttura tutt’altro che imponente. Era una struttura di mattoni rossi, con le finestre con i cornicioni bianchi e i vetri sporchi e il giardino poco curato. “Streghetta, sto arrivando”, pensò avviandosi verso la porta d’ingresso.
 

 
Annabelle stava per attraversare il confine, sapeva che una volta che lo avrebbe fatto non sarebbe più potuta tornare indietro, non senza rischiare di essere uccisa da sua madre. Fermò la macchina prima della linea di confine, poi prese gli occhiali da sole nel cruscotto e li indossò, poi indossò anche la collana. A quel punto accese di nuovo il motore e superò velocemente il confine. La collana brillò intensamente mentre lei attraversò la linea, tuttavia, quando poi la luce si spense lei era sana e salva e senza rallentare continuò a guidare verso Chicago.
 

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Capitolo 16
*** Wonderful ***


WONDERFUL

 
Damon si era appena fermato davanti alla porta d’ingresso di quell’inquietante hotel per esseri soprannaturali. Bussò alla porta un paio di volte e dopo pochi secondi un vampiro con la pelle scura e gli occhi neri gli venne ad aprire facendogli segno di entrare. Il vampiro era alto ed era vestito da fattorino con un ridicolo capello blu in testa. Aveva un’espressione seria e fredda, ma Damon non si lasciò intimorire. Come aveva immaginato l’interno dell’hotel non era meglio rispetto all’esterno. La hall non era molto ampia e la carta da parati suoi muri si era staccata in diversi punti. Al lato destro erano sedute tre vecchiette che chiacchieravano allegramente e pareva che non si fossero neanche rese conto di lui, sebbene stesse a pochi centimetri di distanza tra loro. Si guardò un po’ intorno e vide che c’erano delle scale sul lato sinistro e parecchie persone parlottavano gesticolando tra loro e poi vide un po’ più davanti a sé, c’era la reception dove c’erano due ragazzi avvinghiati che non si curavano di qualcuno che li avrebbe potuto vedere, o delle tre vecchiette sedute o di lui che era appena entrato nel loro hotel. Si avvicinò alla reception a tossì per attirare la loro attenzione. I due si separarono e lo guardarono prima con astio poi con uno strano interesse, come se loro sapessero già lui chi era e perché era lì. La ragazza lo stava guardando come se lui fosse l’ultimo numero che le mancava per vincere alla lotteria, aveva gli occhi grigio-azzurri, i capelli mori e le labbra così chiare che e lucide che sembravano fatte di perla. Damon capì che era una vampira quando sorrise rivelando i canini. Il ragazzo accanto a lei invece aveva i capelli neri e gli occhi viola, ma non era un vampiro, le guance erano rosee e poteva sentire il suo cuore battere.
 
<< Buon giorno, signore, che cosa la porta qui ? >> chiese la ragazza più come se lo stesse prendendo in giro che altro.
 
<< Mi porta qui una ragazza. Si chiama Bonnie è… >> iniziò a dire Damon
 
<< È bassa… carina… con… un viso a forma di cuore e dei capelli rossi come il fuoco. Tu sei Damon Salvatore vero ? >> chiese la vampira con voce suadente.
 
Damon per un attimo fu tentato di saltarle addosso. Quella voce era troppo suadente, non sembrava neanche umana. Le sue labbra sembravano deliziose e il profumo che emanava sembrava irresistibile. Poi le venne in mente Bonnie e il pensiero di lei gli basto a ritornare in sé.
 
<< Si, sto cercando lei. Posso sapere dove si trova ? >> chiese lui con un tono più duro di quanto volesse in realtà.
 
La ragazza rise e anche il ragazzo vicino a lei. La ragazza prese, da sotto al bancone un grande registro. Lo aprì e girò qualche pagina. Damon a quel punto vide che in quel registro c’erano un sacco di foto di persone che molto probabilmente avevano dormito lì. Le pagine era ingiallite e alcune si erano staccate. Quel registro doveva essere davvero vecchio. La ragazza fece scorrere il dito su una lista di nomi, poi, quando sembrò che avesse finalmente trovato ciò che cercava, gli sorrise.
 
<< Bene, signor Salvatore, questa è la pianta del nostro hotel. Ma prima di dartela deve firmare qui con il suo sangue >> gli disse girando il registro verso di lui e un coltello fatto di legno.
 
Damon osservò il registro nel punto in cui la ragazza gli aveva indicato e vide che c’era una lunga lista di nomi scritti con il sangue.
 
<< Perché mai dovrei farlo ? >> chiese Damon poco garbatamente.
 
<< Questo registro è un contratto di segretezza. Lo firmi, signor Salvatore. Non dovrà mai parlare di questo posto a nessuno. Questo contratto ci rivelerà se lo ha fatto e in quel caso, pagherà caro le conseguenze >> gli rispose con tono freddo e fermo il ragazzo.
 
<< E se non avessi intenzione di firmare ? >> chiese Damon in tono di sfida assottigliando gli occhi neri.
 
<< Allora non avrà la ragazza, ovviamente. Ciò che entra in questo luogo non esce con il primo sconosciuto che arriva. Questo posto è una protezione per quelli come noi che nel corso dei secoli sono stati perseguitati. E non credo che uscirà neanche lei, non vivo almeno >> rispose il ragazzo con un tono intriso di minaccia.
 
<< Ah si ? Pensi di farmi paura ? >> chiese Damon con un ghignò.
 
<< Io non attaccherei briga in questo posto, se fossi in lei. Qui dentro ci sono vampiri che hanno anche un migliaio di anni, che vogliono sentirsi sicuri e che non avranno timore a staccare la testa a uno di loro per far si che la loro tranquillità rimanga imperturbata. >> disse la ragazza gelandolo con i suoi occhi grigio-azzurri.
 
Damon represse un ringhio. Quella ragazza era seria, non stava affatto scherzando, lo poteva sentire. Il ragazzo non si era scomposto di un millimetro, neanche quando lui aveva minacciato di staccargli l’osso del collo. Era in una posizione di enorme svantaggio, dovette riconoscerlo. Quello non era un posto sicuro, non per lui. Non avrebbe potuto mai sopravvivere con le sue sole forze, era convinto che in caso di pericolo non sarebbe riuscito a mettere neanche mezzo piede fuori dall’edificio che subito tutte quelle creature lo avrebbero attaccato senza pietà. Con frustrazione, prese quello strano coltello di legno e si ferì leggermente l’indice destro. Firmò il registro, poi posò il coltello sul bancone della reception. La ragazza-vampiro sorrise mentre il ragazzo-qualcosa mantenne un’espressione fredda e composta.
 
<< Bene, ho firmato. Adesso ditemi dove si trova Bonnie. >> disse Damon arrabbiato.
 
<< Vuoi Bonnie ? Allora seguimi >> disse la ragazza dirigendolo verso una grande porta dietro la reception.

 
Sapphire e Stefan stavano aspettando Damon vicino al muro di mattoni. Stefan ancora non riusciva a credere che aveva rivisto suo fratello dopo tutto quel tempo. Non aveva provato niente nel rivederlo, né gioia, né tristezza, né rabbia. Era apatico e non era sicuro che sarebbe riuscito a tollerarlo ancora a lungo. Lui voleva solo cancellare il dolore, non la rabbia. Era sicuro che prima o poi avrebbe avuto bisogno delle sue emozioni. La rabbia lo aveva portato a bere, ma gli aveva anche dato la spinta per non scappare come un codardo davanti ad Anastasia de Verdant, l’odio lo aveva aiutato a rinnegare finalmente ciò che aveva sempre odiato di se stesso, il suo vampirismo. Una cosa che aveva sempre odiato e che gli era stata crudelmente imposta. Anche in quell’occasione, pensò, era stato lui il primo a soffrire e a morire. Suo fratello lo aveva ucciso per primo, piantandogli una spada nel cuore e ridendo di ciò che aveva fatto. Lo odiava, ne era certo. Se adesso avesse avuto il suo cuore probabilmente gli sarebbe scoppiato a causa di tutto l’odio e la rabbia che provava e nessuno avrebbe potuto biasimarlo per questo. Lui non aveva fatto nulla per meritare tutto ciò che gli era accaduto. Non aveva mai fatto male a nessuno eppure era sempre lui quello a soffrire di più, e tutto questo per colpa di Damon. Ah ma un giorno, si ripromise, suo fratello gliele avrebbe pagate tutte e avrebbe sofferto, Dio, se avrebbe sofferto.
 
<< Com’è stato ? >> gli chiese Sapphire.
 
<< Com’è stato cosa ? >> chiese Stefan nonostante avesse capito perfettamente a cosa si riferisse.
 
<< Rivedere tuo fratello Damon dopo tanto tempo. Come stai ? >> gli chiese.
 
“Bella domanda”, pensò Stefan. Non lo sapeva, o meglio lo sapeva ma non era riuscito a provarlo perché non aveva un cuore.
 
<< Meglio di come mai mi sarei aspettato >> rispose Stefan cercando di sembrare convincente.
 
<< Sai, credevo che lo avresti ucciso. Non ti avevo mai visto così… beh… non credevo che avresti mai avuto il coraggio di lanciare per aria Damon e di trattarlo come uno zerbino >> disse Sapphire.
 
<< Se lo meritava. >> disse semplicemente il vampiro mettendo le mani in tasca.
 
<< Sei ancora arrabbiato con lui >>.
 
<< Si >>
 
Sapphire non glielo aveva chiesto, ma lui aveva risposto lo stesso. Anche se non aveva provato niente nel rivedere Damon, Stefan sapeva che la sua rabbi era ancora lì, che il suo cuore, ovunque esso fosse, era da qualche parte e che stava esplodendo dall’odio e dalla rabbia. Come sapeva che da qualche parte dentro di lui si faceva strada l’amore per il potere e per la vendetta. Dio, quanto aveva amato l’espressione di terrore e sorpresa sul viso di Damon dopo che lui lo aveva scaraventato sulla scrivania. Si era sentito potente, invincibile, indistruttibile. La magia era stata la sua salvezza.
 
<< Sapphire, ora mi dici perché noi non siamo potuti entrare lì dentro ? >> le chiese lui.
 
<< Ciò che devi sapere, Stefan è che accaddero molti episodi piuttosto spiacevoli durante il periodo medioevale e che alcune creature abusarono delle loro capacità più di altre per cercare di battere l’Inquisizione. Ovviamente fallirono e molte creature dovettero andarsene e fuggire in America, che a quei tempi non era ancora stata scoperta. Era l’unico luogo per essere al sicuro. Tuttavia, alcune famiglie, che erano in lotta tra loro, fecero in modo di attirare la curiosità dell’uomo verso queste terre che poi furono scoperte. Queste famiglie erano tutte famiglie di maghi che erano in lotta tra di loro, e tra queste c’era anche la mia famiglia e la tua. E, poiché sono state le nostre famiglie a tradire questo posto, siamo stati cacciati via e non possiamo più fare ritorno >> spiegò Sapphire con un po’ di malinconia.
 
<< Tu hai vissuto qui ? >> chiese Stefan.
 
<< Parte della mia infanzia. Adoravo quel posto. Non sono mai riuscita ad accettare il fatto di essere stata cacciata ma forse da una parte è stato meglio così. Ho imparato a badare a me stessa e a non vivere nella paura. Sono sicura che una creatura che vive qui da secoli non sopravvivrebbe neanche un secondo nel mondo esterno. >> commentò la ragazza con un ghignetto.
 
Stefan si sforzò di sorridere ma gli uscì solo una patetica smorfietta. Cominciò a osservare Sapphire e pensò che in quel momento, se avesse avuto il suo cuore, l’avrebbe invidiata. Lei era stata fortunata a differenza sua. Lei non aveva vissuto una vita di menzogne, lei non si vergognava di ciò che era, era una strega ed era potente. Tutto ciò che lui non era e che sarebbe potuto essere. Pensò a sua madre, Anna, a sua sorella Claire e alla lettera che aveva portato con sé e che adesso stava nella tasca del suo giubbotto. Lei diceva che non doveva avere paura di abbandonarsi alla magia, e adesso stava cominciando a pensare che avesse ragione. Lui era arrabbiato, ma non a causa di sua madre, ma per la vita che gli era stata negata insieme a lei. Se lui fosse rimasto con sua madre adesso saprebbe molti più cose sulla magia, conoscerebbe molti più incantesimi e sarebbe molto più potente. In quel momento ripromise a se stesso che sarebbe diventato molto potente, anche più di Sapphire, che l’avrebbe resa orgogliosa e che suo padre si sarebbe pentito di non averlo amato e di non averlo stimato come lui meritava e in fine… suo fratello lo avrebbe invidiato e temuto e ciò sarebbe stato per lui la prima parte della sua vendetta.
 

 
Sylvia ghignò. “Finalmente è arrivato”, pensò con una certa soddisfazione. Presto quello stupido vampiro avrebbe portato Bonnie via da quel posto e lei avrebbe potuto riavere il pieno controllo del cuore di sua sorella. Lo avrebbe infettato ancora più di prima, lo avrebbe manipolato, controllato, distrutto. Come la sua famiglia aveva distrutto il suo. Peccato che non avesse potuto far soffrire allo stesso modo sua madre e sua nonna. Dio, quanto sarebbe stato delizioso. Doveva solo sperare che quell’inutile di Rosalie avesse rispettato i patti. Loro due avevano un accordo. Era stata Rosalie ad aiutarla a impossessarsi del corpo di sua sorella, avevano stretto un patto con Anastasia e stava andando tutto alla perfezione se non fosse stato per quella traditrice di Mary. Che delusione, anche sua sorella gemella l’aveva tradita e abbandonata a se stessa per Bonnie. Merita anche lei di soffrire. Anche lei deve pagare per ciò che ha fatto. Rosalie le era stata fedele, per fortuna. Lei e Rosalie avevano condiviso tutto, la zia Deborah la portava quattro volte a settimana per farle compagnia e insieme giocavano, passavano il tempo a imparare a fare magie e si era instaurata anche una certa confidenza. Quando alla fine Sylvia era morta, Rosalie era la persona che aveva sofferto più di tutte, per questo non aveva avuto esitazioni ad aiutarla e per questo Sylvia credeva fortemente alla sua lealtà. Si fidava ciecamente di Rosalie ma Mary… Mary era una codarda. Sapeva che non doveva fidarsi assolutamente di lei. Se per colpa sua era accaduto qualcosa a Rosalie anche lei l’avrebbe pagata. 
 

 
Damon stava seguendo la ragazza-vampiro. Dopo che lui aveva firmato il registro la ragazza gli aveva intimato di inseguirlo dietro la grande porta dietro la reception. Dietro quella porta c’era un’enorme stanza circolare enorme con al centro una fontana con delle aiuole e delle panchine, e tutto intorno c’erano tante porte come quella dalla quale erano entrati.
 
<< Ok tieni la cartina. Bonnie è in una di queste stanze. Buona giornata, signor Salvatore >> disse la ragazza porgendogli la cartina.
 
<< Come ? Mi avevi detto che mi avresti portato da Bonnie se avessi firmato !! Portami da Bonnie !! Non ho tutta la giornata per cercarla !! >> sbraitò Damon cercando di reprimere l’impulso di staccarle il collo.
 
<< E io non ho tutta la giornata da perdere. Ho un lavoro, se non l’avessi notato !! >> ribatté la ragazza guardandolo con un’espressione annoiata.
 
<< Ho visto come lavoravate tu e quell’altro quando sono entrato. Il vostro lavoro è per caso intrattenere gli ospiti nella hall con i vostri baci da film porno ? >> la provocò.
 
<< Farebbe bene anche a te un po’ di vita sessuale. Sei così acido e scontroso che mi sembri un vecchio decrepito di ottant’anni, peggio di quelle tre vecchiette sedute nella hall >> disse la ragazza uscendo dalla porta prima che lui potesse rispondere.
 
Damon l’avrebbe uccisa volentieri. Tutta l’attrazione che aveva provato per quell’antipatica era svanita dopo la sua pessima battuta sulla sua attività sessuale. Era vero, non faceva sesso con nessuna da quando Stefan lo aveva beccato con Elena e da quando lui aveva capito che provava qualcosa di profondo per Bonnie. Lo aveva capito in quel periodo di lontananza, quando aveva creduto di averla persa, quando la rabbia provocata dal fatto di sentirsi impotente, di non poterla proteggere, di non sapere niente di lei lo aveva distrutto. Non l’avrebbe abbandonata mai più. Con un sospiro, aprì la cartina e vide la stanza circolare. Sulla cartina erano raffigurate, vicino alle carie porte, dei disegnini come per indicare che cosa ci fosse nella stanza. Una stanza mostrava dei dadi, quindi era probabile che fosse un casinò ed era piuttosto convinto che Bonnie non fosse lì, poi le altre stanze raffiguravano bicchieri, note, delle pellicole e altri. Nessuna di quelle stanze lo convinceva. Alla fine decise di controllarle tutte anche a costo di metterci tutta la giornata.
 

 
Annabelle era appena arrivata a Chicago. Aveva fermato la sua Ferrari rossa vicino a un piccolo hotel di periferia. Aveva prenotato una stanza e aveva pagato in contanti in modo che sua madre non potesse rintracciare la sua carta di credito. Poi aveva chiamato Lorence. Lorence Gale era uno dei draghi di sua madre, ma si era dimostrato leale e aveva aiutato lei e sua madre molte volte nelle vite precedenti. Alla fine sua madre aveva deciso di restituirgli il cuore, Lorence accettò di riprenderselo ma non se lo infilò nel petto. Un gesto che sorprese non poco sia lei che sua madre. Tuttavia, Lorence aveva continuato ad aiutarle e a proteggerle. E adesso lui era a Chicago e doveva assicurarsi che Bonnie si dirigesse nel misterioso luogo dove sua madre aveva stabilità che lei dovesse andare. Lei lo aveva chiamato non appena era arrivata a Chicago, dicendogli il nome dell’hotel e di venire lì perché gli doveva parlare. Annabelle nel frattempo aveva sistemato nel piccolo armadio in legno della sua camera i suoi vestiti, mentre tutte le sue cose da strega le aveva lasciate nel borsone, indecisa su come nasconderle. Si sedette sul letto e prese in mano il cellulare. Non c’erano ancora né messaggi né chiamate. Sua madre ancora non si era resa conto della sua assenza. Meglio così. Odiava l’idea di essersene andata in quel modo ma voleva delle risposte e le avrebbe avute. Sapeva che ciò che aveva intenzione di fare avrebbe attirato su di lei dei problemi ma doveva parlare con lei.

 
Bonnie si stava divertendo come mai prima d’ora. Adorava quel posto, adorava le persone che vi abitavano e adorava quei dolcetti che Rebecca le dava da mangiare ogni volta che desiderava. Lì aveva incontrato un sacco di persone nuove, vampiri, maghi, streghe e altre creature che ogni giorno le insegnavano qualcosa di nuovo. Aveva imparato un sacco di incantesimi e pozioni nuove, ma aveva anche imparato a dipingere, era diventata esperta di giardinaggio e aveva imparato a lavorare a maglia. Le streghe anziane sedute nella hall ogni tanto si alzavano da quelle sedie e andavano in giardino per chiacchierare un po’ con le streghe più giovani e per insegnare loro qualche cosa di costruttivo. Bonnie le adorava, erano divertenti, un po’ stravaganti, ma molto intelligenti e sagge. Inoltre le avevano anche fatto un dono, un anello argentato con degli smeraldi e le avevano spiegato che se lo infilava all’indice destro la rendeva invisibile, se invece lo portava all’anulare sinistro poteva cambiare aspetto. Bonnie lo indossava all’indice sinistro quando non lo doveva usare. Adesso si trovava nella biblioteca insieme ad altre due giovani streghe e una ragazza vampiro e discutevano su nuovo incantesimo che serviva per garantire a un vampiro di camminare alla luce del sole per un anno intero senza che il vampiro in questione avesse avuto bisogno di anelli o altro. La biblioteca era molto grande, c’erano scaffali pieni di libri che trattavano argomenti vari, non solo di magia.
 
<< È un incantesimo della pelle. La pelle di un vampiro ha molti strati, questo incantesimo dev’essere abbastanza forte da penetrare tutti gli strati. >> disse una strega.
 
<< Claire, da come parli sembra più che un incantesimo sembra una tortura medioevale >> disse Bonnie con una risata.
 
<< Sono le parole del libro, Bon-bon. È un incantesimo piuttosto complicato da fare, ma in fondo noi potremo provarlo in eterno. Qui il tempo non ha regole e noi saremo per sempre forti e giovani >> disse Eloise, un’altra strega che era seduta con loro in quella grande biblioteca.
 
<< Davvero voi tre non volete uscire di qui ? Neanche per vedere se e come è cambiato il mondo ? >> chiese Bonnie alzando un sopracciglio.
 
<< Bonnie, in che modo potremo vivere nel mondo esterno ? Noi creature saremo sempre perseguitate. I tempi sembrano cambiati ma non lo sono. Ci sono ancora, dei cacciatori lì fuori che desiderano farci del male. >> disse la vampira.
 
<< Odette ha ragione Bonnie. Inoltre qui ogni genere di creatura riesce a raggiungere un proprio equilibrio. Qui vampiri, streghe e le altre creature si rispettano a vicenda, nel mondo esterno invece c’è una lotta alla supremazia. >> disse Claire.
 
<< Ora mangia uno di questi dolcetti. >> disse Odette prendendo un vassoio da un tavolino lì vicino e porgendolo a Bonnie.
 
La ragazza accettò volentieri. Adorava quei dolcetti, la rendevano incredibilmente felice, ogni volta che li mangiava. Le facevano sembrare il mondo più bello e più luminoso. Lei ,inoltre, durante quei mesi in cui non aveva sofferto per la malattia o per il dolore a causa di Damon era diventata radiosa e anche più bella. I capelli rossi erano diventati più lunghi e le scendevano fin sopra il seno, le guance non erano più pallide ma erano tornate rosee e il sorriso era raggiante. Quel posto la faceva sentire bene. Mangiò il dolcetto e poi decise di andare a bere qualcosa al bar. Salutò educatamente le altre e uscì dalla biblioteca. Quando uscì si fermò ad annusare i fiori che c’erano nelle varie aiuole vicino alla fontana. Quei fiori emettevano un profumo delizioso che la inebriava, le faceva perdere i sensi ma le faceva anche dimenticare tutte le sue preoccupazioni.
 
<< Streghetta ? >> sentì una voce dietro di lei che la chiamava.
 
Bonnie sorrise, stava davvero impazzendo. Quella voce sembrava la voce di Damon, il vampiro che amava con tutta se stessa, ma non poteva essere lui. Lui era a Fell’s Church e probabilmente stava prosciugando il collo di qualche povera ragazza innocente. Quel pensiero la fece ridere, segno di quanto fosse ormai stordita dal profumo di quei fiori.
 
<< Streghetta ? Che fai ? Ridi da sola ? >> le chiese quella voce con un tono confuso.
 
A quel punto Bonnie si voltò e lo vide. Nessun dolce, nessun fiore e nessun profumo in quei mesi l’aveva resa così felice come in quel momento. Non c’erano parole per descrivere quanto fosse contenta di vedere Damon dopo tanto tempo. Lui la stava guardando con un ghignetto mentre lei gli sorrideva radiosa. Damon a quel punto si rese conto di quanto fosse diventata bella durante quei mesi e di quanto gli fosse mancata. Lei indossava una maglietta bianca con dei ricami bianchi, una gonna rossa e delle ballerine del medesimo colore. Lui invece indossava dei pantaloni neri, con delle scarpe, un giubbotto e una camicia del medesimo colore.
 
<< Sei qui !! Sei davvero tu !! >> urlò radiosa buttandosi tra le braccia dal vampiro.
 
Normalmente lei non avrebbe mai avuto il coraggio di buttarsi in quel modo tra le braccia di un uomo, meno che mai Damon ma in quel momento il sapore del dolce e il profumo dei fiori l’aveva inebriata a tal punto da renderla meno insicura e più intraprendente.
 
<< Chi ti aspettavi che fossi ? >> disse Damon ricambiando l’abbraccio.
 
<< Sono così felice di vederti !! >> disse Bonnie dandogli un bacio sulla guancia.
 
<< Che buon profumo !! >> disse Damon annusandole i capelli << Sono felice di vedere che sei tutta intera. Ero preoccupato per te. >>
 
<< Oh !! >> Bonnie sciolse l’abbraccio << Non devi preoccuparti di nulla !! Qui ogni cosa è meravigliosa >> disse prendendolo per le spalle.
 
<< Ah >> disse Damon che non sapeva come reagire.
 
Bonnie sembrava una pazza. Il tono di voce allegro e felice con cui aveva detto quelle parole lo stavano preoccupando e in parte lo avevano anche ferito. Com’era possibile che lei fosse felice di stare in quel posto ? Non pensava al fatto che fuori da queste mura lui e Meredith avevano combattuto per lei ? Non pensava che Stefan e Sapphire li stessero aspettando ? Non pensava a niente di tutto questo ?
 
<< Damon ? Stai bene ? Come puoi essere triste in un luogo del genere ? >> chiese Bonnie continuando a sorridere.
 
<< Non sono triste. Solo… ho voglia di andarmene via da qui. Prendi le tue cose e andiamocene >> disse Damon perdendo tutto il suo buon umore.
 
<< Andarcene ?? >> chiese Bonnie con un’espressione confusa.
 
<< Esatto, streghetta. Ce ne andiamo !! >> disse Damon prendendola per un braccio.
 
<< Ma io non voglio andare via di qui. Questo posto è meraviglioso, e io non ho voglia di andarmene via di qui. >> disse Bonnie liberandosi dalla presa ferrea di Damon e tornando vicino alle aiuole per annusare i fiori.
 
Damon la guardò stranito, poi l’ira prese il posto della confusione. Come poteva parlare in quel modo ? Bonnie era così egoista da pensare solo a se stessa e non a tutta la fatica che aveva dovuto fare per trovarla ?
 
<< Bonnie, che cosa hai intenzione di fare ? Restare qui per tutta la vita ad annusare fiori e a vivere da reclusa ? >> chiese Damon con rabbia avvicinandosi alla ragazza.
 
<< Può darsi. Non sarebbero affari tuoi come decido di vivere la mia esistenza. Qui io non soffrirei mai, qui io non dovrei più sentirmi in pericolo, qui non ci sono creature malvage che vogliono farmi del male, qui io sono felice !! Perché non lo capisci ? >> chiese Bonnie con gli occhi lucidi.
 
<< Bonnie questa non è vita !! Non pensi a ciò che c’è là fuori ? A tua sorella Mary ? A Stefan ? Ai tuoi amici ? >> chiese il vampiro.
 
<< Damon, ma di cosa stai parlando ? Non c’è niente di buono là fuori. Se pensi di usare uno dei tuoi patetici giochetti mentali per convincermi ad andarmene ti sbagli di grosso e… >>
 
<< Ma che diavolo ti prende ? Non puoi essere così codarda da volerti nascondere qui per sempre >>
 
Bonnie lo ignorò e tornò ad annusare i fiori. Damon sospirò con frustrazione. Che diamine stava succedendo alla sua streghetta ? A un certo punto un profumo delizioso gli inebriò i sensi e gli fece provare una strana sensazione di felicità, la quale gli fece vedere quel posto con occhi diversi. “Che strano”, pensò. Era la stessa felicità che aveva letto negli occhi di Bonnie e che lui aveva cominciato a provare subito dopo aver annusato i fiori.
 
<< Oh mio… >> disse.
 
Damon riacquisì subito la lucidità e si allontano immediatamente dai fiori. Ora che pensava, i capelli di Bonnie avevano lo stesso odore di quei maledetti fiori e lei adesso continuava ad annusarli. Doveva fare qualcosa.
 
<< Bonnie, perché non andiamo a fare una passeggiata ? Mi fai fare un giro di questo posto così magari mi convincerai del fatto che… beh… che questo è veramente un posto paradisiaco >> disse Damon sfruttando tutte le sue arti di seduttore per convincerla ad allontanarsi da lì.
 
Bonnie inizialmente lo guardò confusa e anche un po’ diffidente. Poi un’altra ondata di profumo le penetrò le radici e la fece sorridere radiosa. Gli prese la mano e felice gli fece iniziare il giro.
 

 
Annabelle era felice di non aver dovuto aspettare tanto la chiamata di Lorence. Aveva appena finito di sistemare tutte le sue cose quando il suo cellulare squillò. Lei si era cambiata subito, aveva indossato dei comodi jeans neri, con un maglioncino rosso e sopra un cappotto nero con il cappuccio e ovviamente i suoi occhiali da sole. Scese nella piccola hall dell’albergo dove vide Lorence seduto su una poltrona che leggeva una rivista. Lorence aveva i capelli biondo scuro e in quel momento indossava i pantaloni della tuta nera, con una felpa larga del medesimo colore e degli occhiali da sole. Lei gli si avvicinò e tossì per attirare la sua attenzione.
 
<< Ciao Annabelle >> la salutò lui posando la rivista e alzandosi dalla poltrona.
 
<< Ciao Lorence !! Grazie per essere venuto >> disse Annabelle
 
<< Per te questo e altro >> rispose lui atono.
 
<< Puoi portarmi da lei ? >>
 
<< Sai che non potrai accedere a quel luogo vero ? >>
 
<< Lo so. Per questo ho bisogno che tu mi dia una mano. Mia madre non sa che sono qui e se tu non te la senti di… >>
 
<< No, non preoccuparti. Ti aiuto, ma voglio una cosa in cambio, ovviamente >>
 
<< Qualunque cosa. >>
 
<< Bene. Andiamo adesso. >>
 
Lorence e Annabelle si diressero verso quel misterioso luogo dove Anastasia aveva rinchiuso Bonnie. Annabelle non aveva idea di che luogo si trattasse o del perché non potesse entrarci mentre Lorence si. Ma lo avrebbe scoperto. Presto, molto presto.
 

 
Damon stava cercando di mantenere i nervi saldi e di non esplodere. Erano almeno due ore che lui e Bonnie gironzolavano in quella sorta di finto paradiso terrestre tra sala cinema, biblioteca, bar e creature soprannaturali che lo squadravano da capo a piedi come se fosse un alieno. Quanto ci voleva per far si che l’effetto dei fiori si esaurisse ?
 
<< Ora Damon, voglio mostrarti un’ultima cosa. Il giardino, lo devi vedere. È… >>
 
<< Meraviglioso ? >> disse lui con una punta di sarcasmo.
 
Era la milionesima volta che la sentiva pronunciare quella parola e ogni volta gli stava sempre più sulle scatole. Bonnie aveva ragione quando diceva che quel posto era bellissimo ma il risentimento, la rabbia e la sofferenza che stava provando in quel momento gli impedivano di gradire appieno la bellezza, anzi tutta quella “meraviglia” gli stava dando il voltastomaco.
 
<< Esatto Damon. Sono felice che tu stia finalmente capendo quanto questo posto sia fantastico. Inoltre adorerai il giardino, ci sono tantissimi fiori profumati e… >>
 
<< Ehm… possiamo vederlo un’altra volta ? Io ehm… avrei sete. C’è un posto dove servano qualcosa di bevibile per i vampiri ? >> chiese Damon desideroso di distoglierla dall’idea di voler andare a visitare il giardino.
 
<< Si, c’è un locale davvero carino vicino alla biblioteca. Vendono una sacco di bevande per i vampiri. Lo adorerai è… >>
 
“Meraviglioso”, pensò Damon tristemente.
 

 
Lorence e Annabelle stavano percorrendo l’ultima strada che li avrebbe portati al muro di mattoni. A un certo punto però Annabelle riuscì a percepire due presenze con un’aura molto potente.
 
<< Lorence… io credo che ci sia qualcuno di molto potente davanti all’entrata. Cosa proponi di fare adesso ? >> gli chiese.
 
<< Non preoccuparti è Sapphire Mon Bijou e un altro mago. Lei riconoscerà te ma non me perciò… Io proseguirò e andrò a prendere Bonnie poi uscirò dall’uscita secondaria di quel posto. Si trova nella fontana del giardino, quelle acque portano ovunque si voglia andare. Per cui io porterò Bonnie in macchina dove ci sarai tu ad aspettarci. Ok ? >> le chiese per avere una conferma.
 
Annabelle annuì, intuendo di non avere altra scelta. Lorence conosceva quel posto meglio di lei e sicuramente non avrebbe fatto mosse azzardate. Annabelle di diresse verso la macchina mentre Lorence si diresse verso il muro di mattoni. Lì davanti vide Sapphire Mon Bijou e un ragazzo vicino a lei che emanava un’aura davvero potente. Salutandoli con un cenno del capo attraversò il muro di mattoni, trovandosi nel cortile dell’edificio. Bussò alla porta dell’albergo e l’inquietante portinaio, Augustus, se non ricordava male, gli aprì squadrandolo da capo a piedi. Lui lo ignorò e quando entrò vide Rebecca e Jonathan che chiacchieravano allegramente. Sul lato destro le tre vecchiette non si resero neanche conto che lui era appena entrato. Appena Rebecca lo notò il sorriso le scomparve dalle labbra. Lei sapeva lui per chi lavorava e sapeva che se si trovava lì in quel momento era per fare un favore ad Anastasia De Verdant, la quale aveva una certa notorietà anche tra le persone di quel posto.
 
<< Ciao Reb. Come stai ? >> le chiese quando giunse alla reception.
 
<< Stavo meglio cinque minuti fa. Che cosa vuoi ? Abbiamo rispettato gli accordi. Adesso Damon Salvatore porterà via Bonnie e… >> cominciò a dire lei.
 
<< E questo non deve accadere. Devi sapere che c’è stato un brusco cambio di programma. Bonnie non dovrà assolutamente lasciare l’edificio con Damon Salvatore. >>.
 
<< È questa la volontà della tua signora ? Eppure quando venisti qui qualche mese fa, con quella ragazza fra le braccia, sembrava così importante che fosse Damon a portare la ragazza via di qui. >> disse Jonathan guardandolo attentamente con i suoi occhi viola.
 
<< Come ho detto c’è stato un brusco cambio di programma. >> disse Lorence senza scomporsi. << Ora… posso vedere la ragazza ? >>.
 
<< È con Damon Salvatore adesso. >> rispose Rebecca.
 
<< Beh, trova un modo per allontanarlo da lei. Qualunque cosa. >> ordinò Lorence.
 
<< Altrimenti ? >> chiese Rebecca con tono di sfida.
 
<< Altrimenti… la mia padrona distruggerà questo posto con fuoco e fiamme. Voi, sarete costretti ad andarvene e non questo che volete, vero ? >> chiese Lorence con un ghigno.
 
Rebecca represse un ringhio ma alla fine annuì. Non poteva mettere in pericolo la vita di migliaia di creature solo per i capricci di una maledetta strega.
 

 
Damon e Bonnie stavano bevendo qualcosa a un bar vicino alla biblioteca. A Damon avevano servito un bicchiere di Black Magic mentre Bonnie aveva preso una limonata. Stavano chiacchierando tranquillamente, o meglio, Bonnie chiacchierava senza sosta su incantesimi, streghe, dolcetti e tutto ciò che aveva fatto in quei mesi trascorsi lì. Lui l’ascoltava, o almeno, cercava di farlo. Lei parlava così velocemente che stava cominciando a chiedersi se riuscisse a respirare. A un certo punto però accadde qualcosa di strano. I fiori delle aiuole emisero un profumo intenso che fece perdere i sensi a tutto coloro che erano in quella piccola piazzetta. L’unica cosa che Bonnie riuscì ad avvertire prima di perdere i sensi furono due braccia che l’afferravano saldamente e la portavano via di lì. Damon invece fu colpito violentemente alla testa e perse i sensi. 
"Meraviglioso", pensò.

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Capitolo 17
*** I will be your devil ***


I WILL BE YOUR DEVIL
 

Finalmente quella tortura era finita e ora era finalmente libera. Per Sylvia quei mesi erano stati una vera tortura, priva della sua magia e del suo controllo su Bonnie. Le sembrava di aver perso tutto. Ma non appena Bonnie era uscita da quel maledetto posto era come se la sua magia si fosse riaccesa, più potente di prima, pronta a recuperare il controllo su Bonnie. Ormai mancava davvero poco per infettare completamente il suo cuore. I medici avevano detto che Bonnie aveva il cancro e avevano ragione, lei era il cancro di sua sorella e tra un po’ avrebbe potuto mettere le mani sul suo cuore, usarlo, schiacciarlo, ferirlo, controllarlo, distruggerlo. Come la vita aveva distrutto lei. Non avrebbe avuto alcuna pietà, mancava poco e lei non sarebbe tornata indietro. Li era il diavolo di sua sorella, il veleno che le infettava le vene, che le inquinava il cuore, che le strappava via la vita e la luce dai suoi occhi. Sylvia ghignò, questo sua madre e sua nonna non se lo sarebbero aspettate. Lei sarà stata anche malata ma in famiglia era la strega più potente, questa volta la loro magia non avrebbe sottratto Bonnie al suo destino, lei non lo avrebbe permesso. Avrebbe avuto la sua vendetta.
 

 
Lorence e Annabelle erano nella macchina di quest’ultima e si stavano dirigendo in hotel. Il corpo privo di sensi di Bonnie era sul sedile posteriore. Annabelle era un po’ agitata, temeva che potessero accadere degli inconvenienti e non vedeva l’ora di arrivare in hotel, lontano da occhi indiscreti.
 
<< Sembri nervosa, Barbie. Come mai ? >> le chiese Lorence.
 
<< Non chiamarmi Barbie. >> disse bruscamente Annabelle.
 
<< Dai, ti piaceva quando ti chiamavo così. Specialmente quando ci divertivamo insieme, io e te. Barbie >> ghignò il ragazzo.
 
<< Pensa a guidare, cretino. >> rispose bruscamente la ragazza.
 
<< Come sta tua madre ? >>.
 
<< Bene, il bambino sta bene. Anche se… come le altre volte, lei ha fatto in modo di non correre il rischio di abortire. >>.
 
<< Lo ha trasferito in un fiore come le altre volte ? >> chiese il ragazzo.
 
<< Non esattamente. Diciamo che… questa volta tutto è diverso e io devo capire perché >>.
 
<< E pensi che Bonnie Mccullough possa aiutarti ? >>.
 
<< Non Bonnie… Sylvia >>.

 
Stefan e Sapphire erano preoccupati e arrabbiati allo stesso tempo. Pochi minuti prima un vampiro alto con la pelle scura era uscito dal muro di mattoni trascinando un Damon sanguinante per il braccio, seguito da una vampira e un ragazzo moro con gli occhi viola.
 
<< Saph ? Che sorpresa trovarti qui ! Sei cresciuta molto dall’ultima volta che ti ho vista !! >> disse la vampira sorridendo affabile.
 
<< Ciao Rebecca, sono secoli che non ci vediamo, nel vero senso della parola. Che è successo ? >> chiese Sapphire vedendo le condizioni di Damon.
 
<< C’è stato un… inconveniente e il vostro amico si è trovato tristemente coinvolto >> rispose il ragazzo.
 
<< Ciao Jonathan. Che tipo di inconveniente ? E che mi dite di una ragazza con… >> chiese Sapphire.
 
<< I capelli rossi ? Purtroppo non è più sotto la nostra protezione. Poco fa è arrivato un ragazzo con i capelli biondi e gli occhiali da sole. Ci ha detto che aveva il compito di portare via Bonnie. >> rispose Rebecca.
 
<< E voi non conoscete il nome di questo ragazzo ? >> chiese Stefan.
 
<< No, non ne abbiamo… >> cominciò a dire Rebecca.
 
<< Bugiarda. Devi saperlo per forza, fate firmare tutti quelli che entrano. O forse quella stupida regola valeva solo per me ? >> disse Damon che nel frattempo si era liberato dalla presa ferrea dell’altro vampiro.
 
Stefan notò che la vampira si trovava in difficoltà, questo significava che Damon non stava mentendo.
 
<< Rebecca, è vero ? >> chiese Sapphire.
 
Rebecca si morse il labbro inferiore e solo in quel momento Stefan notò che aveva le labbra molto chiare, così chiare che sembrava che quasi non ce le avesse. Tuttavia sapeva che stava mentendo e non lo aveva capito per le sue nuove doti magiche, ma perché conosceva i vampiri e sapeva quanto sapessero essere ingannevoli ed evasivi nel rispondere.
 
<< Beh, dopo che la tua famiglia ci ha traditi è normale che vogliamo proteggerci. Non credi ? >> ribatté Rebecca incrociando le braccia al petto.
 
“Appunto”, pensò Stefan. Quella vampira stava facendo di tutto per evitare la domanda e infatti aveva cambiato discorso. La bugia era stata scoperta e ora cercava di dirigersi su un terreno più favorevole. Ma Stefan non si sarebbe fatto distrarre, erano venuti lì per Bonnie ma a quanto pare qualcuno l’aveva presa e loro dovevano aiutarla.
 
<< Cambiare discorso non ti aiuterà. Chi era quel ragazzo ? >> ribatté Stefan con voce ferma.
 
<< E tu chi saresti ? >> chiese Rebecca avanzando verso di lui.
 
<< Stefan Salvatore e ora ti conviene rispondere alla domanda >> le intimò Stefan.
 
Rebecca lo guardò intensamente per qualche secondo poi sorrise. A quel punto Stefan capì che stava per attaccare e ebbe la conferma di ciò quando la vampira gli mostrò i canini e si slanciò contro di lui. Stefan, senza neanche rendersene conto, fu spinto violentemente contro una parete. Sorrise, quella vampira era forte, suo fratello Damon era un sempliciotto al confronto. Sapphire non era rimasta a guardare, con un gesto della mano spinse Rebecca lontano da Stefan, che stava per essere attaccato di nuovo. A quel punto Jonathan scagliò un incantesimo contro Sapphire la quale, prontamente, si difese con uno scudo. Rebecca nel frattempo si era alzata di nuovo in piedi e si stava preparando ad attaccare di spalle Sapphire ma Stefan dopo aver notato che lei non indossava l’anello diurno e che quindi aveva usato su di sé l’incantesimo per la protezione solare. Per cui si concentrò, stava per usare un incantesimo abbastanza complicato che rendeva il sangue di un vampiro incandescente, come se fosse esposto alla luce solare. Alla fine riuscì ad eseguirlo e Rebecca crollò a terra urlando per il dolore. A quel punto entrò in gioco anche il vampiro con la pelle scura che si scagliò contro di lui, ma Stefan questa volta fu più veloce e con un gesto della mano scagliò il vampiro lontano da lui. Nel frattempo Sapphire e Jonathan continuavano a scagliarsi incantesimi l’uno contro l’altro. Stefan a quel punto si avvicinò a Rebecca, la quale stava ancora urlando per il dolore, mentre sulle mani e sulle guance cominciavano a mostrarsi delle evidenti bruciature.
 
<< Allora, parli o bruci ? Decidi in fretta >> disse Stefan.
 
Rebecca lo guardò con odio. Stefan sorrise vittorio ma poi senza che potesse impedirlo si sentì afferrare da dietro e scagliato di nuovo contro la parete. Il vampiro con la pelle scura si era rimesso in piedi e lo aveva attaccato di nuovo. A quel punto, il vampiro gli infilò una mano nel petto ma rimase sorpreso nel constatare che il petto di Stefan era vuoto.
 
<< Che dire, non sono di certo uno sprovveduto >> disse Stefan come se gli avesse letto nel pensiero.
 
Senza attendere oltre scagliò il vampiro lontano da se, il quale andò a finire addosso a Rebecca. Con un rapido gesto della mano Stefan li immobilizzò con un incantesimo in modo che non potessero più muoversi. Nel frattempo Damon gli si era avvicinato.
 
<< Buon giorno ! Invece di startene lì con le mani in mano potevi dare una mano >> borbottò Stefan.
 
<< Se non l’avessi notato io ero trattenuto dal gorilla con la pelle scura e poi sto ancora sanguinando dalla testa >> ribatté Damon indicando la ferita con la mano.
 
Stefan scosse il capo poi spinse da parte Damon e cominciò a combattere con Sapphire contro il ragazzo. Doveva ammettere che era davvero abile e potente se Sapphire non riusciva a tenergli testa. Ma d’altronde, chissà quanti anni aveva in realtà e soprattutto quanta esperienza. Tuttavia, alla fine riuscirono a sconfiggere anche lui.
 
<< Bene, abbiamo vinto. Ora vi tocca parlare >> disse Stefan.
 
I tre si lanciarono degli sguardi poi alla fine la vampira, con uno sguardo di rassegnazione cominciò a raccontare tutta la verità, su Anastasia, su Bonnie e sul misterioso ragazzo biondo. Dopo di ciò, Sapphire, Stefan e Damon amareggiati e desiderosi di trovare Bonnie al più presto, tornarono alla macchina dirigendosi verso l’ufficio di Sapphire al fine di elaborare un piano per salvare Bonnie.
 

 
Bonnie si svegliò e la prima cosa che capì, anche prima di aprire gli occhi, era che aveva un forte dolore alla schiena e che era impossibilitata a muoversi. Quando aprì gli occhi, infatti, notò che aveva le mani legate a una sedia. Per un attimo fu presa dal panico, quello non era “Neverland”, ne era certa. Si guardò intorno ma poi fu costretta a chiudere nuovamente gli occhi a causa di un forte giramento di testa. Si sentiva come se stesse cercando di superare una sbornia, come se si fosse svegliata bruscamente da un sonno molto profondo e adesso aveva un gran mal di desta. Per un attimo si chiese se quei mesi in quel posto paradisiaco fossero veri o fossero stati solo frutto della sua immaginazione. Non poté fare a meno di sentirsi una stupida, ancora una volta si era dimostrata una stupida e una persona facile da manipolare. Lì in quel luogo non ci aveva fatto caso ma adesso era quasi sicura che tutto il suo buon umore e tutta la sua voglia di stare in quel luogo fossero dovuti a qualcosa di strano che c’era nei dolcetti e nel profumo dei fiori.
 
<< Ben svegliata !! Bell’addormentata >> le disse una voce fredda vicino a lei.
 
Bonnie, che aveva ancora gli occhi leggermente appannata, ci mise un po’ a mettere a fuoco la sagoma di Annabelle che stava in piedi davanti a lei, con i capelli biondi raccolti in una treccia e le braccia incrociate al petto. Bonnie provò un moto di gelosia nel constatare che, pur indossando dei semplici jeans neri e un maglioncino rosso, Annabelle risultasse comunque bellissima.
 
<< Che… che cosa vuoi da me ? >> chiese Bonnie preoccupata.
 
<< Da te ? Niente. Da tua sorella ? Delle risposte >> rispose Annabelle prendendo una sedia e sedendosi davanti a lei.
 
Bonnie a quel punto poté vedere con chiarezza anche la stanza. La stanza era fredda, con le pareti di un azzurrino chiaro, le tende bianche e i mobili in legno bianchi, come anche la parure del letto.
 
<< Qua… quale sorella ? >> balbettò Bonnie sperando che Annabelle non parlasse di Sylvia.
 
<< Penso che entrambe sappiamo di chi io stia parlando >> rispose Annabelle confermando i timori di Bonnie.
 
<< E che cosa vorresti sapere da lei ? >> disse Bonnie.
 
<< Lo scoprirai presto. >> disse prendendole il viso tra le mani, << Adesso Bonnie capirai, quanto è brutto, vivere da spettatrice, come fa Sylvia da qualche mese. Capirai quanto è dura, vedere qualcuno che vive la vita che avresti dovuto vivere tu >>.
 
Gli occhi di Bonnie divennero lucidi e presto alcune lacrime avevano cominciato a scenderle lungo le guance. Annabelle la stava guardando in una maniera che le metteva i brividi. Gli occhi smeraldini erano freddi e inespressivi mentre nelle labbra di formava un sorrisetto sadico e divertito. A un certo punto gli occhi le si fecero scuri e le afferrò saldamente il viso tra le sue mani. Cominciò a pronunciare delle parole che Bonnie, in parte per la paura e in parte per lo stordimento, non riusciva a comprendere. L’unica cosa che sentì fu un forte dolore che la costrinse ad urlare, mentre altre lacrime le scendevano lungo il viso. Strinse le mani in pugni e ficcò le unghie nella carne nel disperato tentativo di non pensare a quella tortura. Urlò con tutta l’aria che aveva in corpo, non le importava di piangere e gridare in presenza di Annabelle, se fare ciò riusciva a darle un po’ di sollievo. Poi ad un tratto il dolore scomparve e lei si trovò nella stanza nera, ma lì poteva vedere ancora il viso di Annabelle, così vicino al suo. “Ma che sta succedendo ?”, pensò Bonnie con preoccupazione.
 
<< Ciao Sylvia ! >> disse ad un tratto Annabelle.
 
Bonnie osservò il voltò di Annabelle senza capire, perché la stava salutando con il nome di sua sorella ? Tutto acquisì un senso quando sentì il suo corpo rispondere con una voce che non era la sua.
 
<< Ciao Annabelle >>.
 

 
Stefan, Damon e Sapphire erano appena arrivati all’ufficio di quest’ultima alla ricerca di un modo per poter trovare Bonnie il prima possibile. Durante il tragitto i tre non si erano rivolti la parola, Sapphire aveva riflettuto per tutto il tempo su dove Bonnie potesse essere, Stefan aveva pensato a quanto suo fratello alla fine si era rivelato totalmente inutile e Damon pensava a quanto si sentisse un totale idiota, ultimamente. Tuttavia, il viaggio era stato abbastanza tranquillo, la situazione precipitò quando entrarono nell’ufficio di Sapphire.
 
<< Sei stato di un’inutilità unica !! Damon, dovevi fare solo una cosa. Portare Bonnie via di lì e tu non sei stato in grado !! Ti sei fatto mettere a tappeto come un principiante e non ci hai neanche aiutato contro quei tre !! >> disse Stefan uscendo dall’ascensore e entrando per primo nell’ufficio.
 
<< Che potevo fare Stefan ? Ti ho già raccontato che sono stato drogato là dentro. Stava andando tutto bene ma a un certo punto dei fiori hanno cominciato ad emanare degli strani odori e un minuto dopo io sanguinavo dalla testa e Bonnie era scomparsa >> si difese Damon.
 
<< Certo, hai sempre una scusa per tutto. Non ti prendi mai le tue responsabilità, sai solo dare la colpa agli altri. Incolpi me perché papà non ti amava, perché Katherine non ti amava, perché sei infelice e hai sempre dato a me la colpa di ogni cosa !! Sei patetico e io me ne sono accorto troppo tardi. Ho sempre cercato del buono in te ma solo adesso mi rendo conto che tu sei un guscio vuoto. Tu non puoi provare niente perché tu sei… niente. >>.
 
<< Pensi che questa sceneggiata ci aiuterà Bonnie ?? Visto che adesso non sei più un vampiro, ma sei un potente mago perché non usi i tuoi poteri e ti rendi utile !! >> ribatté Damon.
 
<< Si, penso proprio che lo farò. Io non ho bisogno di te, posso trovare Bonnie per conto mio e lo farò !! Porterò Bonnie lontano da te, al sicuro. Dove tu non potr… >>.
 
Stefan non riuscì a concludere la frase perché Damon lo aveva spinto contro una parete. Sapphire tuttavia aveva prontamente usato la magia e scagliato Damon contro la parete opposta, tenendolo fermo con la magia.
 
<< Non ti permettere… >> ringhiò Damon <<… Non ti permettere di minacciarmi, non lo fare. Guarda che stavolta ti uccido, sul serio. >>
 
<< Sono già morto, due volte, per colpa tua. Penso che sia arrivato il momento di farmi rispettare. Ti pentirai per quello che mi hai fatto. >>
 
<< Sto tremando dalla paura >>
 
<< Fai bene. Da oggi in poi, io sarò il tuo diavolo, Damon. Io ho sempre cercato del buono in te ma alla fine hai vinto. Io sono cattivo, Damon. Perfido e vendicativo. Io sono come te e presto capirai che cosa ho provato quando tu mi ha portato via tutta la felicità, pezzo per pezzo >>.
 
Damon e Stefan si fissarono intensamente per qualche minuto. Gli occhi verdi erano freddi, il corpo rilassato ma Stefan lo poteva avvertire. Sentiva il sangue scorrere velocemente nelle sue vene, imperterrito, indomabile e non era magia. Era un fattore della natura, della sua natura, che gli diceva che da qualche parte c’era il suo cuore che gli ricordava di provare ciò che era fondamentale in quel momento per andare avanti, l’odio e la rabbia. Avrebbe distrutto quegli occhi neri, avrebbe distrutto la vita di suo fratello come lui aveva distrutto la sua, gli avrebbe tolto ogni cosa. Sarebbe stato il suo diavolo, il suo inferno personale, e lo avrebbe ritrascinato nell’oscurità.
 
<< Tu mi ha tolto tutto, tutto. Mi hai tolto la donna che amavo e io ti toglierò la tua e tu non potrai fare niente per impedirlo. >>.
 
Dopo aver pronunciato quelle parole intrise di veleno e odio, uscì dall’ufficio. Sapphire a quel punto si voltò da un’altra parte e sorrise. Stefan era pronto. Pronto ad affrontare il suo destino, pronto finalmente ad affrontare il mondo a testa alta. Era diventato forte, lei l aveva trasformato in un guerriero. La sua rabbia con il tempo sarebbe diventata determinazione, il suo odio forza e a quel punto Damon non gli avrebbe più fatto del male. Sapphire non credeva che Stefan sarebbe diventato corrotto, lui non era Damon e lei credeva in lui.
 

 
Annabelle stava guardando Sylvia, o meglio il viso di Bonnie con l’espressione sprezzante tipica di Sylvia.
 
<< Che cosa vuoi da me, Annabelle ? >> chiese Sylvia.
 
<< Io ho bisogno di risposte e immagino che anche tu abbia delle domande da fare >>.
 
<< Oh si. >> disse Sylvia mordendo il labbro inferiore. << Tu… cosa… cosa vuoi sapere da me ? >>.
 
<< Voglio sapere perché hai fatto scappare Bonnie dal matrimonio. Voglio sapere perché hai ordinato a Rosalie di portare Bonnie via da Fell’s Church e voglio sapere se tu sai qualcosa della mia famiglia che io non so. >> disse Annabelle accavallando le gambe e appoggiando la schiena allo schienale della sedia.
 
 
<< Bonnie, non era ancora pronta per essere sacrificata al rituale, lo sapevamo tutti. Inoltre, nessuno di noi aveva previsto che il corpo di Bonnie avrebbe acquisito la mia malattia. Nessuno. Io non lo avrei mai creduto. >>.
 
<< Noi avremo trovato un modo per tenerla in vita, mia madre è una strega molto potente. >>.
 
<< No, non lo avreste mai fatto. Soprattutto con i suoi amici che le tenevano il fiato sul collo, soprattutto il vampiro con gli occhi neri. Lui prova qualcosa per lei ed è ricambiato. Lui non vi avrebbe mai lasciato avvicinare a Bonnie. Io l’avevo capito e avevo suggerito a Rosalie di fare in modo di dividere il gruppo ma lei ha preferito fare di testa sua perché non si fidava di voi. >>.
 
<< Quindi, è Rosalie che ci ha traditi. Non tu. È questo che ci stai dicendo ? Rosalie è la vera colpevole ? >> chiese Annabelle guardandola intensamente.
 
Sylvia si morse il labbro inferiore. Annabelle sapeva come girare le carte a suo vantaggio, sapeva come tirare fuori verità contorte dalla bocca degli altri. Annabelle stava cercando di incastrarla e lei doveva stare attenta a non rimanere incastrata nei suoi giochetti.
 
<< Non intendendo dire questo. Io le avevo detto che non era una buona idea eseguire l’incantesimo di confine ma lei pensava che fosse una precauzione. Credeva che mi avresti ingannata. >>.
 
<< No cara. Se Bonnie aveva solo cinque mesi di vita avremmo solo fatto in modo di accelerare il processo. Esiste un incantesimo per accelerare la crescita del feto, avremmo fatto in modo che nascesse prima che Bonnie morisse. >> disse la bionda con uno strano sorriso.
 
<< E a quel punto cosa ne sarebbe stato di me ? >> chiese Sylvia con voce tremante.
 
<< Avresti avuto ciò che hai sempre desiderato. La vita di Bonnie… in cambio della tua. Era questo il nostro accordo, lo è sempre stato. Ora, cosa sai dirmi della mia famiglia ? >> chiese Annabelle con una strana espressione sul volto.
 
Sylvia si morse di nuovo il labbro inferiore, questa volta per trattenere un sorriso. Poteva usare questa situazione a suo vantaggio. Annabelle avrebbe presto scoperto la verità, era giusto che la sapesse e a quel punto si sarebbe sentita quasi in dovere di rispettare il loro accordo.
 

 
Stefan si stava dirigendo verso la suite di Sapphire, lì avrebbe potuto usare la magia per poter trovare Annabelle più facilmente. La magia di Annabelle era molto più potente di quella di Bonnie e di conseguenza lasciava più tracce ed era più facile da rintracciare. Si diresse verso la cucina e lì, dopo aver girato tra i cassetti, riuscì a trovare una piantina di Chicago. Si fece un piccolo taglietto sul dito e poi lo fece scivolare sulla piantina. Cominciò a pronunciare le parole dell’incantesimo e poi vide che la goccia si era spostata su una zona abbastanza lontana dall’edificio e questo significava che doveva darsi una mossa. Uscì dalla cucina e si diresse nel bagno, dove sapeva di poter trovare uno specchio. Stefan, durante la permanenza nella vecchia casa di Sapphire, aveva capito l’importanza degli specchi. Essi erano il riflesso dalla tua anima, dei tuoi segreti più profondi, loro potevano essere la tua arma più potente e Stefan aveva tutta l’intenzione di usufruirne.
 

 
Bonnie era appena riuscita a riprendere possesso del proprio corpo. Non sapeva come si sentiva in quel momento, non dopo le cose che aveva scoperto. Erano vere le cose che aveva detto Sylvia ? Sua cugina Rosalie era davvero coinvolta in tutta quella situazione ? Secondo Bonnie, Annabelle sapeva qualche verità riguardo a Rosalie ma aveva preferito tacere. Oltre a questo, aveva capito che Sylvia voleva avere una seconda occasione ma non si sarebbe mai aspettata di sentire quelle cose sulla loro famiglia. Erano vere ? E se lo erano, com’erano potute accadere ? Due lacrime le scesero lungo le guance. Soffriva al solo pensiero che una sola di quelle cose fosse vera. E poi quella storia su Stefan, era vera ? Lui sapeva ? Bonnie non sapeva come reagire lucidamente nemmeno a questo. In parte però si sentiva consolata per il fatto che Annabelle in quel momento non la stesse vedendo piangere. La strega bionda, dopo aver annullato l’incantesimo aveva cominciato a raccogliere tutta la sua roba e poi era uscita dalla stanza d’albergo dicendo che presto qualcuno sarebbe venuto a liberarla. Ma Bonnie non si fidava di Annabelle, non si fidava dei suoi occhi freddi, del suo ghigno pieno di derisione, della sua espressione sadica mentre si divertiva a farla soffrire. Annabelle era perfida, spietata, implacabile. Bonnie non potè negare che era letteralmente terrorizzata da lei e non si fidava affatto. Cercando di ignorare la paura cercò di liberarsi delle corde che la tenevano prigioniera. Quando era a Neverland, alcune streghe le avevano insegnato un particolare incantesimo che permetteva di poter far diventare le mani ardenti come il fuoco, utile per bruciare le cose solo con il tocco della mano o del polso e di conseguenza utile per la situazione in cui lei si trovava. Mordendosi il labbro inferiore si concentrò intensamente sui suoi polsi e cominciò a recitare le parole dell’incantesimo nella sua mente. Dopo qualche tentativo sentì le sue mani riscaldarsi e poi infiammarsi fino a quando poi sentì odore di fumo, segno che le corde stavano bruciando. Dopo pochi secondi riuscì con uno strattone a liberare entrambe le mani, si alzò quindi dalla sedia e cominciò a dirigersi verso l’uscita quando una voce da dietro la fece rabbrividire.
 
<< Sorprendente >> le disse questa voce senza alcun entusiasmo.
 
Bonnie si voltò e vide che la portafinestra era aperta e che appoggiato lì vicino c’era un ragazzo biondo con gli occhiali da sole. Bonnie lo riconobbe subito, era lo stesso ragazzo che l’aveva aggredita in quella stradina trasformandosi in un drago.
 
<< Chi sei tu ? Cosa vuoi da me ? >> chiese cercando di rimanere tranquilla.
 
<< Niente, ho solo voglia di divertirmi. È stato interessante il tuo trucchetto con le corde. Vediamo se riesci a liberarti anche da queste. >>.
 
Dopo aver detto ciò il ragazzo sputò una lunga scia di fuoco che l’avvolse, come una corda di fuoco, tenendola ferma. Bonnie fu sollevata dal constatare che le fiamme non bruciavano ma era frustrata dal fatto che non poteva muoversi.
 
<< Hai mai pensato di praticare il sesso Bondage ? Legata sei un tesoro e con quell’espressione impaurita un amore >> disse il ragazzo avvicinandosi a Bonnie e prendendola per il mento.
 
Bonnie cercò di sottrarsi a quella presa ma non riusciva proprio a muoversi. Nel frattempo il ragazzo continuava a guardarla attraverso gli occhiali da sole e cominciò a tracciare i lineamenti del suo volto con un dito. Bonnie cercò di non farsi intimorire, visto che non poteva muovere le mani capì che doveva difendersi in altri modi. Cercando di darsi una spinta con le gambe colpì fortemente il naso del ragazzo con una testata. Il ragazzo coprì con una mano il naso, il quale aveva cominciato a sanguinare copiosamente. Bonnie ne approfittò per utilizzare su quelle catene di fuoco lo stesso incantesimo che aveva usato per congelare Damon. Fece apparire delle gocce d’acqua intorno alle catene che si spensero.
 
<< Ti è piaciuto anche questo trucco ? >> chiese al ragazzo quando fu completamente libera dalle catene.
 
<< Adorabile… quasi quanto questo >>.
 
Dopo aver detto ciò mosse le braccia come se stesse volando e una forte raffica di vento colpì Bonnie spingendola contro la sedia dietro di lei che si ruppe a causa del forte impatto. Bonnie cercò di rimettersi in piedi ma poi si sentì afferrata per un piede e tirata all’indietro. Con un gesto della mano riuscì a spingerlo lontano da sé. Il ragazzo andò a sbattere contro il vetro della portafinestra e Bonnie ne approfittò per uscire dalla stanza. Corse lungo il corridoio fino alle scale di servizio. Per sicurezza mise l’anello all’indice destro e si rese invisibile. Cominciò a scendere le scale, sperando che presto avrebbe potuto ricongiungersi con i suoi amici.
 

 
Stefan era appena riuscito ad arrivare in mezzo al parcheggio che stava sul retro dell’hotel. Lo specchio lo aveva condotto lì, seguendo la scia lasciata dalla magia di Anabelle. Il parcheggio era vuoto, c’erano pochissime macchine, molto probabilmente perché a quell’ora le persone erano in centro a fare acquisti o al lavoro. Nonostante tutto, Stefan riuscì a individuare la macchina che gli interessava, una Ferrari rossa. O meglio la Ferrari rossa, quella di Annabelle. Era sicuro che appartenesse a lei, quella zona di Chicago non era una zona frequentata dalla gente ricca e quella Ferrari rossa di certo non era una macchina che potevano permettersi in molti. Si avvicinò alla macchina per vedere se ci fosse qualcuno al suo interno ma non c’era nessuno. Si appoggiò sul retro della macchina, decidendo di aspettare che Annabelle arrivasse e con sorpresa e sollievo non dovette aspettare poi molto. Annabelle era appena arrivata al parcheggio, indossava un maglioncino rosso, con dei jeans neri e un cappotto lungo e nero lasciato aperto, con i capelli biondi legati in una lunga treccia e stava parlando al cellulare. Quando lei lo vide si immobilizzò mentre lui, con un ghigno soddisfatto, incrociava le braccia al petto e accavallava le gambe. La ragazza si morse il labbro inferiore e cominciò a guardarlo con un’espressione furiosa.
 
<< Bene, bene. Quale meraviglia >> commentò la ragazza senza alcuna allegria << E io che credevo che Chicago non fosse una città così piccola >>.
 
Stefan sorrise poi si allontanò dalla macchina e si diresse verso al centro della strada e guardò intensamente Annabelle, quasi a volerla sfidare.
 
<< Come stai Barbie ? Mi avevano detto che ti avevano fatto uscire dal manicomio ma non ero sicuro, fino a quando non ho visto quella bellissima macchina. La stessa macchina che io paragono al mio personale carro della dannazione dopo quella notte >> disse Stefan con un tono freddo.
 
<< Tu hai voluto salirci. Io non ti ho obbligato anzi… tu dovresti essere grato a me e mia madre per l’opportunità che ti abbiamo dato. Se non fosse stato per noi tu adesso te ne saresti seduto in un angolo della tua camera a piangere come un bambino, disperandoti sul perché le donne della tua vita di tradiscono con tuo fratello. Invece guardati, sei riuscito finalmente a riscattarti. Adesso sei un mago ma non solo, sei anche un guerriero. Io e mia madre ti abbiamo reso forte. >> disse Annabelle alzando il mento con fierezza.
 
<< Come hai fatto a capire che non sono più un vampiro ? >>.
 
<< Semplice, è vero che è quasi sera ma il sole non è ancora tramontato del tutto e la tua pelle non brucia. Inoltre ho guardato le tue mani e ho notato che non indossi più l’anello con il  lapislazzulo e in fondo… credo che se tu fossi stato ancora un vampiro, non avresti esitato a provare di staccarmi la testa dal collo. Concorderai con me che… i vampiri sono alquanto prevedibili >>.
 
<< Può essere, ma ciò non cambia che tu e tua madre vi siete approfittate di un momento di debolezza per prendermi il cuore. Avevo il cuore a pezzi e voi avete approfittato del fatto che non fossi abbastanza lucido da impedirvi di convincermi a farmelo strappare via. >>
 
<< Può darsi ma di certo non ti abbiamo costretto a stringere quell’accordo con noi. A proposito, i tuoi amici lo sanno ? Gli hai rivelato la verità ? Quella più importante… intendo >> disse la ragazza con un ghigno.
 
Stefan assottigliò lo sguardo e strinse i pugni di a far diventare bianche le nocche. Odiava pensare a quella notte, sebbene l’unica cosa di cui si pentisse veramente era aver lasciato il suo cuore nelle mani di Anastasia. Sapeva che avrebbe dovuto pentirsi anche di quello che era successo dopo, ma la verità era che non ci riusciva e forse era questo, ciò di cui doveva veramente vergognarsi. Tuttavia non aveva voglia di avere problemi con i suoi amici. Era una vera fortuna che Sapphire non lo avesse ancora scoperto e sperava che non lo avessero scoperto altre persone o sarebbe finito nei guai.
 
<< No, non l’ho detto a nessuno e non lo farai neanche tu. >> rispose Stefan.
 
<< E come fai a essere certo che io terrò la bocca chiusa ? >> chiese Annabelle.
 
<< Nello stesso modo in cui mi assicurerò che tu non possa mai più ad avvicinarti a Bonnie >>.
 
Dopo aver detto ciò, con un gesto della mano, Stefan scagliò Annabelle contro un’auto. La ragazza, poiché non se lo aspettava, non era riuscita a difendersi ma nonostante l’impatto e qualche piccola scheggia di vetro nella schiena non esitò a contrattaccare il ragazzo. Con un gesto della mano scagliò le schegge di vetro contro Stefan che riuscì a evitarle tutte tranne una la quale gli si conficcò nella gamba sinistra. Stefan la fece sparire con la magia e poi curò la ferita ma nel frattempo Annabelle lo attaccò di nuovo e lo colpì con un dardo di ghiacciò che gli trafisse la spalla. Cominciò ad avanzare pericolosamente verso Stefan e a quel punto il ragazzo decise di usare contro di lei il controllo del sangue. Cercando di concentrarsi di più sul flusso sanguineo della ragazza che sul suo sangue che colava dalla spalla. Alla fine ci riuscì e Annabelle non fu più in grado di muoversi.
 
<< Eccellente, vedo che qualcuno ha imparato questo difficile incantesimo. Beh, lo so eseguire anche io >>.
 
Dopo aver detto ciò anche Stefan non fu più in grado di muoversi e dovette ammettere che Annabelle sapeva padroneggiare quell’incantesimo meglio di lui. Tuttavia lui non volle arrendersi e continuò a padroneggiare il sangue di lei. Dopo un po’ entrambi avevano cominciato a sanguinare dal naso ma imperterriti e testardi non volevano arrendersi. Annabelle stava quasi per arrendersi, la schiena le doleva molto e poi l’incantesimo che aveva eseguito su Bonnie le era costata molta fatica. Stava per arrendersi quando in contatto tra lei e Stefan fu spezzato da un muro di fuoco. Annabelle guardò in alto e vide Lorence trasformato in drago che volava verso di lei. Annabelle non attese oltre e, quando Lorence le fu abbastanza vicino, con le ultime energie li portò via di lì e si recarono in Oregon, dove Sylvia le aveva detto che avrebbe trovato le ultime risposte che cercava.
Stefan dopo aver rimarginato la ferita sulla spalla, spense le mura di fuoco ma capì di aver agito troppo tardi perché Annabelle era sparita.
“Accidenti”, pensò. Se l’era lasciata scappare e non le aveva neanche chiesto dove fosse Bonnie, sebbene dubitava che lei gliel’avrebbe detto.
 
<< Stefan ? Sei tu, non è vero ? >> chiese una voce dietro di lui.
 
Stefan si voltò e vide Bonnie che lo stava fissando con un’espressione felice e sollevata. Lui le corse incontro e poi l’abbracciò. Bonnie all’inizio fu esitante ma poi ricambiò l’abbraccio,  felice di rivedere il suo migliore amico dopo tanto tempo.
 
<< Bonnie, come stai ? Dov’eri ? Ti stavo cercando ma Annebelle è scappata prima che io riuscissi a scoprire la verità >> disse Stefan sfiorandole con le dita un livido bluastro che stava sul mento dell’amica.
 
<< Non devi preoccuparti per me. Sto bene, sono riuscita a scappare ma… con qualche evidente difficoltà. Ma come facevi a sapere che ero qui ? >>.
 
<< Sono successe un sacco di cose in questi mesi Bonnie. >> fu la risposta evasiva dell’ex-vampiro.
 
<< A chi lo dici. Io ero appena uscita dall’hotel e ho visto un drago volare da queste parti e poi del fumo. Sono corsa qui per vedere cosa stesse succedendo e ti ho trovato. Non sai quanto sono felice di vederti. >>.
 
<< Tu non hai idea di quanto io sia felice di vederti. Mi sei mancata molto. Mi dispiace di non essere stato con te quando sei stata attaccata ma… >>
 
<< Come fai a sapere che sono stata attaccata ? >>.
 
<< Sapphire mi ha detto di aver trovato un vaso rotto nella hall e... >>
<< Giusto, Sapphire. Ma dove sei stato per tutto questo tempo ? Perché non sei venuto a cercarmi ? >>.
 
Stefan morse l’interno guancia, indeciso su cosa risponderle. Aveva notato qualcosa di strano in lei, non era la Bonnie sempre allegra e spontanea, era diversa. I capelli rossi erano più lunghi, era più magra e aveva un’espressione strana quando lo guardava, come se stesse cercando di capire qualcosa che le sfuggiva.
 
<< Bonnie, c’è qualcosa che non va ? >>.
 
<< Mi stavo solo chiedendo come mai non stai ardendo al sole visto che non indossi più l’anello. >> disse Bonnie prendendogli la mano nuda.
 
<< Ecco, questa è una delle tante cose che sono successe e che ti devo raccontare. >>
 
<< Me le puoi raccontare mentre andremo in Oregon >> disse Bonnie con tono deciso.
 
<< Perché dovremo andare in Oregon ? >> chiese Stefam inarcando un sopracciglio.
 
Bonnie non gli rispose, si limitò a guardarlo intensamente. Bonnie sorrise, Stefan era cambiato, come lei del resto. Lasciarsi Neverland alle spalle era stato come un atto di purificazione per lei. La Bonnie debole, fiduciosa, impaurita e sottomessa era morta, adesso non aveva più paura di rompere il naso a un drago, o di stare vicino a qualcuno che sapeva che le stava mentendo, la paura non la spegneva più, ma la accendeva. Non era sicura che Stefan fosse a conoscenza di ciò che lei aveva sentito dire da Annabelle ma non le importava. Qualunque cosa fosse successa, lei sarebbe stata dalla sua parte.
 
<< Sei diventato anche più alto, ora che ci faccio caso. >> disse eludendo la domanda. << Comunque, anche io ho molte cose da raccontarti. >>
 
<< Ok, allora si parte. Ho in mente la macchina perfetta. >>.
 
Stefan prese Bonnie per mano e insieme si diressero verso la Ferrari rossa di Annabelle che stava ancora nel parcheggio. Stefan aprì la macchina con la magia e Bonnie ne rimase impressionata.
 
<< Te l’ho detto che ho molte cose da raccontarti >>.
 
I due risero poi entrarono in macchina. Usando di nuovo la magia Stefan mise in moto la macchina e poi i due partirono per l’Oregon, dove entrambi avrebbero trovato delle risposte sulle loro famiglie, risposte che avrebbero potuto aiutarli a capire finalmente chi fossero veramente.
 

 
Albert e Anastasia erano appena arrivati al confine di Fell’s Church. Ormai era arrivato il momento di rompere quella barriera. Presto il bambino sarebbe nato e non avevano più tempo da perdere.
 
<< Sei sicuro di poterla distruggere ? >> chiese Anastasia ad Albert.
 
<< Non preoccuparti, cara. Dopo la morte di Rosalie la barriera si è indebolita e quando Annabelle l’ha attraversata con la collana l’ha indebolita ancora di più. Fidati di me >> disse Alber con tranquillità.
 
<< Mi fido di te, è solo che sono nervosa, manca davvero poco ormai, pare che il bambino nascerà prima del previsto >> disse Anastasia.
 
<< Il nostro bambino ? A me sembra che il bocciolo stia crescendo in maniera regolare >>.
 
<< Infatti continua a sperare di sbagliarmi, forse sono solo nervosa. Mancano ancora due mesi ma… voglio stare tranquilla e assicurarmi che tutto vada bene. >>.
 
Albert le prese la mano e la baciò per rassicurarla. Poi alzò il braccio destro pronunciò l’incantesimo e la barriera si ruppe. I coniugi De Verdant sorrisero, ora potevano tornare a condurre il gioco, nessuno avrebbe potuto fermarli. 

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Capitolo 18
*** Family Bisness - Part 1 - Sapphire ***


FAMILY BISSNESS - Part 1 - Sapphire
 
Bonnie e Stefan si stavano dirigendo in Oregon con la Ferrari rossa di Annabelle. Stefan stava guidando a velocità moderata, non voleva correre troppo. Ormai non era più un vampiro e questo significava che non aveva più i riflessi che aveva prima, se ci fosse stata un’emergenza non era sicuro che sarebbe riuscito a fermare la macchina o a sterzare in tempo senza far del male a qualcuno. Avevano trascorso la prima ora di viaggio in silenzio, entrambi immersi nei loro pensieri. Stefan stava riflettendo su quanto era accaduto nelle ultime ore, il duello contro quei tre tipi, la sensazione di potenza, di inarrestabilità che lo aveva pervaso, che lo aveva spinto a fare desiderare di più, a voler non solo vincere, ma anche a lasciare un segno permanente di sé negli occhi dei suoi avversari, far in modo che loro non dimenticassero mai il suo volto, la sua vittoria, il suo sguardo, diventare parte dei loro incubi. Diventare parte anche degli incubi di Damon. Il desiderio che aveva di fargli del male era forte almeno quanto la forza da vampiro di Damon, la sua sete di vendetta era forse anche più forte della sete che provava quando era un vampiro, se tra lui e Bonnie non ci fosse stato quel forte legame d’affetto molto probabilmente l’avrebbe usata per vendicarsi di suo fratello. Era diventato meschino, se ne rendeva conto. Quando guardava allo specchietto retrovisore vedeva solo un paio di iridi verdi, dure, fredde, prive di qualsiasi gioia, prive anche di quella malinconia che le aveva caratterizzate per secoli, l’unica cosa che vedeva era il vuoto, a volte qualche accenno di determinazione, o rabbia o odio. Tuttavia non rimpiangeva di non avere il suo cuore, era consapevole che se lo avrebbe rimesso nel petto, ne sarebbe uscito distrutto. Aveva un ricordo, seppur alquanto sbiadito, sul dolore che aveva provato quella notte, quando si era sentito crollare il mondo addosso, quando la rabbia e la il dolore gli avevano appannato la vista, ucciso ogni parte razionale di sé, fatto sanguinare il cuore, il petto, le labbra, le mani, qualsiasi parte del suo corpo che aveva accarezzato e sfiorato il corpo di Elena ed era certo che non avrebbe mai voluto provare un dolore simile ancora. Ne sarebbe uscito distrutto, perso, niente di lui a quel punto sarebbe sopravvissuto. Con la stessa intensità, Bonnie in quel momento stava pensando a Damon. Non sapeva se l’incontro avvenuto tra loro, ore prima, fosse stato reale o meno, ma sapeva solo che era stato davvero bello rivederlo, le aveva ricordavo quanto le fosse mancato in quei mesi, quanto lo amasse e quanto desiderasse vederlo ancora una volta. In quei mesi “felici”, lei non era riuscita a riflettere molto sui suoi sentimenti o sulla strana piega che aveva preso la sua vita. Quando era uscita da Neverland si era sentita soffocare, tutto il dolore che non aveva provato in quei mesi le era piombato addosso come un macigno, le aveva fatto mancare il respiro come se fosse in perennemente in apnea. Si era sentita così male che quando aveva visto Annabelle invece di provare a combattere aveva frignato come una bambina ed era rimasta inerme mentre lei la torturava. Si vergognava al solo pensiero, le sue “amiche” a Neverland l’avrebbero rimproverata, le avrebbero detto che era una debole ma la verità era che lei, lì dentro era debole, uscendo era diventata forte, pura, libera dalla sua debolezza.
 
<< Stefan, credo che io e te dobbiamo parlare >> disse Bonnie con voce sicura voltandosi verso il suo amico.
 
<< Aspettavo questo momento, anche se speravo che sarebbe arrivato il più tardi possibile. >> disse Stefan mordendosi il labbro inferiore.
 
<< Mi devi qualche risposta. Io… sono stata estromessa letteralmente dal resto del mondo negli ultimi mesi. Non so cosa sia successo a te, o a Sapphire o… >>
 
<< Stai mentendo >> affermò Stefan con un sorrisetto.
 
<< Di cosa stai parlando ? >> chiese Bonnie cercando di rimanere tranquilla.
 
<< Tu… sai molte cose, troppe… forse. Stai tergiversando per non so quale motivo, probabilmente perché temi che dicendo la cosa sbagliata io possa chiudermi nel mio mutismo e lasciarti i tuoi dubbi. >>
 
<< Non si possono definire dubbi cose di cui tu sei completamente all’oscuro. >>.
 
<< Non mi puoi nascondere il fatto che tu stia mentendo. Per tua sfortuna, ti conosco troppo bene. >>.
 
<< Può essere. Ma anche io, come a quanto pare hai intuito, so alcune cose su di te. E benché io continui a volerti bene vorrei non poter credere ad alcune cose che ho scoperto >>.
 
<< Per esempio ? >>.
 
<< So che hai chiesto ad Anastasia De Verdant di strapparti il cuore. Annabelle me l’ha detto. È vero ? Volevi morire ? >> chiese Bonnie senza troppi giri di parole.
 
<< Non morire… volevo solo smettere di soffrire >> disse Stefan senza scomporsi più di tanto.
 
<< Stefan, se una persona ti strappa via il cuore dal petto muori >> ribatté Bonnie.
 
Stefan sorrise, senza alcuna allegria e poi guardò Bonnie con sguardo tenero, come quando si guarda un bambino che non riesce a capire qualcosa di molto evidente. Bonnie dal canto suo ricambiò quello sguardo con un’espressione sul viso ricca di confusione e preoccupazione miste a palese curiosità.
 
<< Vedo che non sei stata molto attenta. Quello che Anastasia De Verdant ha eseguito su di me è un incantesimo molto antico. Mi ha strappato il cuore dal petto con la magia, così io posso continuare a vivere, tuttavia, senza provare sentimenti. Solo il vuoto. >>.
 
<< Beh… Annabelle non era scesa molto nei particolari e poi io volevo non crederci. Stefan… ci credo che tu ti sia pentito di ciò che… >> disse Bonnie allibita.
 
<< Bonnio… io non sono affatto pentito di ciò che ho fatto. >> la interruppe Stefan con fermezza e decisione.
 
<< Che cosa ? >>.
 
Bonnie non riusciva a credere a ciò che aveva appena sentito. Chi era quel ragazzo che le stava accanto ? Era davvero Stefan, il suo migliore amico ? Lei era certa che se in quel momento lo avesse toccato, un iceberg le sarebbe sembrato meno freddo.
 
<< Quello che ho detto Bonnie. Io non cambierei niente. Non mi sono pentito di essermi strappato il cuore dal petto, io volevo… questo, volevo non sentire niente. Sentirmi forte, impenetrabile, immune a qualsiasi dolore, a qualsiasi cosa che Damon potrebbe mai farmi >>.
 
<< Quindi è Damon il problema… >> disse Bonnie scoccando la lingua.
 
<< Certo che è lui il problema. È solo un inutile ipocrita. Tu parli in sua difese solo perché ti sei rincitrullita per lui, come tutte le altre. Tu pensi che lui sia diverso da come sembra, che sia buono, che valga qualcosa beh… mia cara, lascia che ti dica una cosa. Lui non ama, fotte e non solo le donne. Ha fottuto Elena, ha fottuto me rubandomi la ragazza e oh… ti ha presa in giro. Sin dall’inizio, non ha voluto proteggerti a Neverland e l’unico motivo per cui è qui è solo perché non gli piace sentirsi estromesso. >> disse Stefan con il tono della voce più freddo e tagliente che potesse usare.
 
<< Sei cattivo >> disse Bonnie guardandolo esterrefatta << E sei ingiusto. Damon non ha circuito Elena per convincerla ad andare a letto con lui ma a differenza tua non ho intenzione di infierire. Io sono solo preoccupata per te. Questo atteggiamento non è da te, tu non sei così. Puoi dare la colpa a Damon per quello che senti ma non per quello che dici e per come ti comporti. >> disse con fermezza.
 
<< Si vede allora che non sono così diverso da Damon, che incolpa tutti gli altri dei suoi errori. Incolpa me per avergli rovinato la vita, Katherine per la sua malvagità e ogni altro per chissà quali ragioni. >>.
 
<< Quindi ora tu ti senti in dovere di incolpare Damon per le tue colpe ? >> chiese Bonnie con un sopracciglio alzato.
 
<< Bonnie lasciami stare. Parli così solo perché sei innamorata di lui. >>.
 
<< No, non è vero. Parlo così perché potevi scegliere di affrontare il dolore come Stefan Salvatore e non come Stefan, l’uomo di ghiaccio, che non ha il coraggio di affrontare i suoi sentimenti. >>.
 
<< Stefan Salvatore era un debole, un ingenuo, uno stolto e un cretino. Non sei l’unica ad essere rinata da quest’esperienza, anche io sono diverso. Sono più forte. >>.
 
<< Stefan Salvatore era meraviglioso, e speciale. Talmente speciale che nessuno riusciva a fare a meno di amarlo. Una persona che io ammiravo per la sua forza, per la sua bontà e per il suo bellissimo cuore. Era una persona… che mi lasciava senza parole ogni giorno. Stefan… >> si interruppe, mentre una lacrime le scendeva lungo la guancia << Io ti capisco. So quanto sia brutto guardarsi allo specchio e… non riconoscersi, vedere solo la propria anima in frantumi ma… ti prego, non rinunciare a ciò che tu sei realmente. Damon ti ha portato via tante cose, non merita la soddisfazione di averti portato via anche te stesso. Tu mi hai insegnato a piegarmi e non a spezzarmi e… qualunque cosa accada io starò dalla tua parte. >>.
 
Bonnie cominciò a piangere silenziosamente. A quel punto Stefan le prese la mano, come per darle il conforto che sapeva che non era in grado di darle. Bonnie gliela strinse, cercando di trasmettergli una forza che in quel momento non aveva. Quella stretta di mano era ricca di pure illusioni e di propositi che non erano nelle condizioni di mantenere. Bonnie troppo presa dal suo dolore, Stefan troppo affezionato alla sua apatia. Entrambi non avevano più niente da dare all’altro se non il proprio appoggio.
 

 
Sapphire non poteva negare che era davvero soddisfatta per quanto era successo. Tutto stava procedendo come sperato, finalmente Stefan aveva definitivamente detto addio al suo legame con la famiglia Salvatore e presto sarebbe stato pronto per crearsene una nuova, con lei. Aveva aspettato tanto quel momento, aveva atteso pazientemente giorni, mesi, anni, secoli… così tanto tempo dopo la tragica morte di Claire. Lei aveva il compito di proteggerla ma aveva fallito, ma non sarebbe stato lo stesso anche con Stefan, lo aveva giurato a se stessa, lo aveva giurato sulla tomba di sua nipote Anna.
 
<< Qualunque macchinazione tu abbia in mente, strega, sappi che non funzionerà >> le disse Damon che era ancora intrappolato nella parete.
 
Sapphire si voltò, scuotendo i suoi bellissimi capelli blu e sorridendogli con scherno. Prese una boccetta contenente un liquido trasparente, l’aprì e mise qualche goccia del liquido sulla mano sinistra. Quando fu abbastanza vicino a Damon, schiacciò la mano sinistra sulla faccia di Damon che cominciò a irritarsi e diventare rossastra.
 
<< Aahhh… che cazzo è questa roba ? >> chiese Damon mentre Sapphire continuava a premergli la mano contro il viso.
 
<< Non la riconosci ?? È verbena, non ti piace ? Io personalmente l’adoro >> disse Sapphire con un ghigno.
 
<< Perché fai questo ? >> chiese Damon con la pelle del viso visibilmente irritata.
 
<< Perché te lo meriti. Tu non hai idea di quanto io abbia aspettato questo momento. Tu non sai da quanto tempo ho meditato la mia vendetta contro di te. >>.
<< Se vuoi vendicarti di me… devi metterti in fila, tesoro. >>.
 
<< Credo che per quello che mi hai fatto io abbia tutto il diritto di avere questo onore… per prima >> così dicendo gli premette di nuovo la mano sul viso.
 
<< Perché ? Posso sapere cosa ti ho fatto ? >>.
 
<< Non fingere di non saperlo, non mentire o ti giuro che ti strapperò il cuore dal petto e ti costringerò a ingoiarlo. Sai benissimo quello che hai fatto. >> ringhiò Sapphire premendogli sempre più forte la mano sul viso.
 
<< No, non ne ho idea e mi piacerebbe tanto che tu mi aiutassi a fare chiarezza. >> ringhiò Damon cercando di urlare per il dolore.
 
<< Ok, se anche per questo dobbiamo fare uno dei tuoi patetici giochetti sarai accontentato. >>.
 
Sapphire si diresse verso la scrivania, aprì un cassetto e da lì prese due fotografie. Poi si avvicinò di nuovo a Damon e gli mostrò le due fotografie. La prima raffigurava il quadro di una donna con lunghi capelli bruni e gli occhi verdi, simili a quelli di Stefan, come lo erano anche i lineamenti del suo viso. Nell’altra foto c’era il ritratto di una giovane fanciulla sui diciotto o i diciannove anni, con i capelli scuri, lunghi e ricci e gli occhi neri. “Ma chi erano quelle due donne ?”, si chiese Damon.
 
<< Chi sono queste due donne ? >> chiese Damon senza riuscire a capire.
 
<< Ah, chi sono queste due donne ? Stai cercando di farmi ridere ? Se è così… mi stai solo facendo arrabbiare di più >> detto questo gli gettò gran parte del liquido della boccetta dritto in faccia e poi con la mano lo spalmò su tutto il viso, senza alcuna delicatezza.
 
<< Ti giuro che ti sto dicendo la verità. Chi sono queste due donne ? >>.
 
<< Vuoi continuare con i giochetti allora ? Bene, tanto nessuno dei due andrà da qualche parte per un bel po’. Allora… dove posso cominciare... mmm… la donna della prima foto è, come tu fingi di non sapere, la defunta madre naturale di Stefan e… >>.
 
<< Un momento, che cosa ? Ma cosa dici ? >> chiese Damon con un’espressione confusa.
 
Sapphire lo guardò intensamente, poi assottigliò gli occhi blu elettrico. Damon Salvatore le stava mentendo, ne era sicuro. Ma andava bene così, lei aveva una bella storia da raccontargli… prima di toglierlo di mezzo per sempre.
 

 
Anastasia De Verdant stava cucendo in soggiorno, davanti al camino con il fuoco acceso, l’autunno era alle porte e sebbene non facesse ancora molto freddo, lei adorava vedere il camino acceso, soprattutto quando lo accendeva Albert, il quale faceva in modo che il colore delle fiamme cambiasse ogni minuto. Inoltre adorava trascorrere quei momenti d’intimità con suo marito, il quale stava leggendo, e sua figlia Juliet stava studiando degli incantesimi dal Grimorio di suo padre. In quello splendido quadretto mancava solo Annabelle. Anastasia si era irritata non poco con Albert, il quale aveva lasciato partire sua figlia senza chiederle il permesso. Avevano litigato ma poi Albert era riuscito a convincerla che Annabelle era una ragazza in gamba e che doveva darle fiducia.
 
<< Albert ? Ti va di andare a fare una passeggiata in giardino ? >> chiese al marito.
 
Albert alzò lo sguardo dal libro e poi la guardò intensamente per qualche secondo, poi le sorrise. Posò il libro su un tavolino vicino al divano, poi si alzò e le tese la mano. Anastasia la prese e poi i due si diressero in giardino. Juliet li aveva osservati attentamente e sorrise con malinconia. Sapeva bene che quei momenti di intimità sarebbero finiti presto. Sua madre e suo padre avevano le idee ben chiare su quale sarebbe stato il futuro della loro famiglia. Un futuro che lei non condivideva né accettava e non lo avrebbe mai fatto. Nel frattempo Anastasia e Albert stavano passeggiando in giardino.
 
<< Al, ormai manca poco. Lo sento, il bambino sta crescendo troppo velocemente. Temo che possa nascere settimino. >> disse Anastasia con timore.
 
<< Vuoi che dia un’occhiata ? >> chiese Albert con gentilezza.
 
<< Non ora. Forse sono solo paranoica… non ci siamo mai avvicinato così tanto al nostro obbiettivo. Questo bambino sarà la nostra carta vincente Al, finalmente potremmo vendicare tutti i torti che la nostra famiglia ha subito a causa dei nostri cugini. >>.
 
<< E a causa di tuo padre. >> disse l’uomo con voce atona.
 
<< Non… non dire così. Lui non è mai stato veramente il problema. Lo sappiamo entrambi ! >>  ribatté Anastasia incrociando le braccia al petto.
 
<< Ah no ? Ana, non voglio litigare ma devi ammettere che la tua sofferenza è avvenuta anche a causa sua. Non puoi fidarti di lui. >>.
 
<< Cosa stai dicendo ? Se pensi che io stia facendo tutto questo per riportare in vita mio padre ti sbagli. >> urlò Anastasia.
 
<< So per cosa tu stai facendo tutto questo. Tu vuoi avere la famiglia che hai sempre desiderato, vuoi essere felice, chi tra noi due non lo vuole ? Io sono cresciuto nell’Inferno per colpa dei nostri cugini. Anna non ha avuto la famiglia che merita e… per quanto mi duoli ammetterlo non riuscirò mai a rendere felice Juliet, non come vorrei. >> disse Albert senza scomporsi minimamente.
 
<< Al, tu sei un padre meraviglioso >> disse Anastasia prendendogli le mani << Annabelle, anche se non lo dice, ti adora. Sei stato una perfetta figura paterna per lei ma io non posso negarle di avere suo padre, se so che glielo posso dare. Non voglio che mio padre torni in vita, so quello che ha fatto, so che lui non è senza colpe. Ma… se lui sa come posso riportare in vita Michael io… >>.
 
<< Ana, tuo padre ha già cercato di ingannarci. >> ribatté Albert usando un tono leggermente più alto del normale.
 
<< Non sono una sprovveduta Albert. So bene che mio padre tenterà di costringerci a usare il nostro bambino per riportarlo in vita e dovresti sapere che io farò di tutto perché ciò non accada. >> disse Anastasia con lo sguardo ferito lasciando le mani del marito.
 
<< Perdonami se te lo rammento, cara, ma l’ultima volta che tu hai cercato di cavartela da sola tu e Annabelle siete quasi rimaste bloccate nelle prigioni della Dimensione Oscura. >> disse Albert con tono saccente.
 
<< Non è necessario che tu me lo ricordi, Albert, per quello bastano le occhiatacce e le frecciatine che mia figlia continua a lanciarmi quando mi vuole far sentire in colpa per qualcosa. Per cui, se stai cercando di rimproverarmi, risparmiatelo. Almeno tu >> urlò Anastia.
 
<< Non credo ci sia bisogno di urlare, sto cercando di ragionare con te, con calma >> ribatté Albert cercando di calmare la sua consorte.
 
<< A me sembra più che altro che tu stia cercando di utilizzare nostro figlio a tuo completo vantaggio, ignorando che grazie a lui potrei restituire un padre a mia figlia !!! >>.
 
<< Non sbagli, quando ti aiutai a uccidere tuo padre sapevo bene quale fosse il tuo fine ma adesso mi sembra che tu abbia voglia di bruciare le tappe. Ricorda bene, se il Rito non verrà celebrato non potremmo ottenere ciò che vogliamo e se non otterremo ciò che vogliamo… tu puoi star tranquilla, che non riporterai in vita Michael per almeno altri tre secoli >> ribatté Albert prendendo la moglie per le braccia ma senza farle male.
 
Anastasia lo guardò per un attimo che parve infinito. Odiava litigare con Al,  lui era il suo unico porto sicuro e odiava quando la rimproverava e la faceva sentire come una bambina.
 
<< Come fai a sapere che a volta contatto mio padre tramite i miei sogni ? >> chiese Anastasia guardando attentamente Albert.
 
<< Io ho delle visioni… ricordi ? Tramite i sogni. Quando tu di notte cerchi di avere un legame con tuo padre io non riesco ad avere visioni chiare. >> spiegò Albert con una scrollata di spalle.
 
<< Non vuoi sapere che mi dice ? >>.
 
<< No, se tu non me lo vuoi dire. Ma penso che sia arrivato il momento di dire a Juliet e ad Annabelle, nel caso in cui non riuscisse a scoprire nulla sul nostro passato, la verità. Non credo che avremo altra occasione. Quando abbiamo scelto di intraprendere questo percorso, insieme, abbiamo deciso che ci saremo giocati il tutto per tutto. Questa volta i nostri avversari sono più forti dei precedenti, sono legati da dei legami forti, non lasceranno morire uno di loro senza combattere. >>.
 
<< Non tutti, dimentichi che Elena Gilbert non è più molto gradita da molti di loro. Bonnie, anche se non lo mostra, è profondamente ferita dal fatto che la sua migliore amica sia andata a letto con Damon; Stefan, senza un cuore, non avrà il tempo di capire con certezza se l’ama ancora e se in futuro potrà perdonarla; Damon… lui non sentirà la sua mancanza, darà a lei la colpa se Bonnie non accetterà di stare con lui o se Stefan deciderà di cancellarlo per sempre dalla sua famiglia. Quando torneranno a Fell’s Church, lo faranno per salvare Meredith. Non sanno che Elena è un ingrediente fondamentale per la riuscita del rituale >>.
 
<< Su questo hai ragione. >>
 
<< Appunto Al. Non dimenticare che avevamo pensato anche a questo prima di intraprendere la nostra missione. Spezzare i loro legami era il primo passo e ci siamo riusciti. I draghi hanno una pista, per cui sono fiduciosa nel fatto che presto anche Elena Gilbert sarà nelle nostre mani. Stefan non è più un vampiro ma abbiamo qualcun altro… di molto speciale che potrebbe prendere il suo posto.  Per quanto riguarda la verità sul nostro passato… credo che possiamo aspettare ancora un po’. Ora, andiamo, voglio andare a controllare il bambino e per quel che vale… ti prometto che non contatterò mai più mio padre. >>.
 
Dopo aver detto ciò Anastasia diede un bacio sulla guancia di Albert e mano nella mano si diressero verso una piccola casetta di pietra, la quale si trovava a destra del giardino posteriore alla villa, dove i coniugi De Verdant nascondevano quanto al momento era di più prezioso per loro.
 

 
Annabelle era davvero stanca di quella situazione. Era state in un’antica biblioteca nella città di Salem, dove sapeva che viveva anche la zia di Bonnie, sperando di poter trovare qualcosa sulla sua famiglia nei testi antichi che trattavano delle prime famiglie che abitarono in quella zona, ma non riuscì a trovare nulla di interessante. Frustrata ripose con poca grazia il grande tomo che aveva in mano sul ripiano della libreria davanti a lei e uscì dalla biblioteca senza ricambiare il saluto che le aveva rivolto la commessa. Quando uscì si diresse verso una Maserati nera ( ovviamente rubata da Lorence ), dove il ragazzo-drago la stava aspettando, con il finestrino acceso mentre fumava una sigaretta.
 
<< Non sei stanco di aver a che fare con il fumo quando sei un drago ? >> chiese Annabelle  sedendosi sul sedile del passeggero.
 
<< Oh mio Dio, Barbie, quanto sei noiosa… e fastidiosamente sarcastica. A volte non capisco come abbiamo fatto a stare insieme per tanto tempo. >>.
 
<< Non stavamo insieme, Loris. Io e te ci divertivamo soltanto, poiché io avevo bisogno di qualcuno accanto quando ancora non accettavo la presenza di Albert nella vita di mia madre, prima di capire che lui la rende felice, anche se lei non lo ha ancora capito e tu, beh, avevi bisogno di qualcuno accanto per non impazzire dopo tutte le cose che ti erano successe. >> 
 
<< Oh ma che premurosa che sei, Barbie. Cambiando argomento, mi sembra inutile chiederti come siano andate le ricerche, dalla tua espressione capisco ogni cosa. Perciò, cosa facciamo adesso ? >> chiese Lorence picchiettando le dita sul volante.
 
<< Non lo so. Credevo che partendo dalle poche cose che so sulle origini della mia famiglia avrei potuto trovare qualcosa ma a quanto pare non è così. Non ho ancora abbastanza pezzi per poter costruire il puzzle. >>.
 
<< Prova a costruire i bordi non quelli che hai. Prova prima a ricostruire cosa sai sulla tua famiglia. Parlamene, magari riesci a fare ordine nella tua mente e a ricordare qualcosa che ti è sfuggito. >> propose Lorence.
 
<< Ok. Mia madre mi raccontò che mia nonna, Diana, ebbe un figlio con un altro uomo, mio padre. Nessuno lo sapeva fino a quando mia madre non confessò di essere rimasta incinta. Mio nonno le controllò il ventre, non mi ha detto il perché, forse aveva già qualche sospetto, le disse che doveva abortire, perché il bambino sarebbe nato maledetto dal fato e dalla natura. Mia madre non riusciva a capire il perché e a quel punto mia nonna fu costretta a confessare. Mio nonno si arrabbiò ma alla fine aiutò mia madre a partorire. Di mio padre non mi ha detto granché, mi ha detto solo che quando ha saputo della loro parentela se ne è andato per sempre dalla sua vita, non so il quale forma. Mi mancano troppi pezzi e c’è solo una persona che forse potrà darmi i pezzi necessari per scoprire la verità. >>.
 
 << Tua madre ? >> ironizzò Lorence.
 
<< No, Deborah, la zia di Bonnie. Lei vive qui, lei sicuramente sa qualcosa. Al matrimonio di Mary lei sapeva chi eravamo noi, ci guardava in un modo strano, non ci ha tolto gli occhi di dosso ed era alquanto turbata quando mia madre si è alzata per andare a salutarla. >>.
 
<< Non credi sia rischioso per noi avvicinarsi a lei ? Credo che anche Bonnie e Stefan si stiano dirigendo da lei per delle risposte. >>  ribatté Lorence accendendo un’altra sigaretta.
 
<< Infatti non sarà lei a darmele. Ho un piano, ce l’ho sempre. >> disse Annabelle guardando fuori dal finestrino.
 
Lorence annuì poi porse il pacchetto di sigarette che aveva in mano, ma Annabelle lo scostò leggermente. Odiava fumare, anzi, odiava il fumo in generale. Appoggiò la fronte contro il finestrino, osservando distrattamente il traffico. Odiava vivere in quell’epoca, avrebbe tanto voluto tornare nell’epoca del Rinascimento, quelli si che erano bei tempi. Gli uomini non erano ancora così cafoni e arroganti, non andavano in giro con le mutande da fuori, non esistevano ancora tante schifezze come il fumo, la droga e il sesso non era una semplice attività per i depravati. Lei apparteneva a quell’epoca e in quell’epoca, lo ricordava bene, aveva incontrato il suo primo amore.
 

 
Sapphire aveva avvicinato uno specchio davanti a Damon poi aveva usato un incantesimo e lo specchio aveva cominciato a mostrare delle immagini. Sapphire cominciò a raccontare…
 
INIZIO RACCONTO…
 
Era il 6 marzo del 1253, l’anno precedente era stato stipulato la bolla Ad Extirpanda, Innocenzo IV aveva appena autorizzato l’uso della tortura e Giovanni XXII estese i poteri dell’Inquisizione contro la stregoneria. In quegli anni molte streghe e vampire furono bruciati sul rogo, tra le creature della notte regnava il caos. Due anni prima la mia famiglia era riuscita a fuggire dall’Europa e si era rifugiata in un posto sicuro in America. Ma dopo... a causa di un conflitto siamo stati costretti a tornare in Europa, quando abbandonammo quel posto segreto dove tu hai trovato Bonnie ci siamo ritrovati in un’epoca nuova, il Rinascimento. L’America era stata scoperta, le creature della notte volevano vendicarsi della mia famiglia così fummo costretti a scappare. La mia famiglia fu uccisa prima di abbandonare l’America, sopravvivemmo solo io e mia nipote Anna. Anna era la figlia di mia sorella Esmeralda, la quale è morta per poterci trarre in salvo, lei era l’unica che potesse salvarci, io non avevo. Stavamo correndo lungo un bosco quando l’hanno uccisa.
 
<< Esmeralda !! Esmeralda !! >>.
 
Ero molto giovane, sui quattordici o i quindici anni, con i capelli mori e gli occhi scuri, il viso bagnato dalle lacrime, ancora tremendamente ingenua, e stavo correndo verso il corpo morente della mia sorella maggiore Esmeralda insieme ad Anna, che aveva solo sei anni. Quando le fui vicina, le sollevai delicatamente la testa e l’appoggiai sulle mie gambe. Lei era stata colpita da un violento incantesimo, non sarebbe mai sopravvissuta.
 
<< Zaffira, Za… Zaffira >> mi disse lei prendendomi la mano.
 
<< Esme… ti prego, possiamo ancora scappare insieme >> la implorai io.
 
<< No, Zaffira. Per quanto mi duoli accettarlo io… io non potrò più far parte della vostra vita, il destino ha scelto per me un’altra strada e se per salvarvi dovrò percorrerla, allora lo farò senza voltarmi indietro. Voi dovete fare la stessa cosa !! >>
 
<< No, mamma >> disse Anna abbracciando la sua mamma.
 
<< Anna, abbi cura di te, ti amo tanto bambina mia. Ti proteggerò per sempre. Zaffira, ti prego, prenditi cura di Anna, amala come se fosse figlia tua. Ora andate. >>
 
 Quando mia sorella è morta, giurai che avrei protetto Anna fino alla morte. Quando tornammo in Europa eravamo povere, non avevamo niente di cui vivere. Io iniziai a lavorare come cameriera per la famiglia dei Conti di Salvatore, la peggiore scelta che avessi mai potuto fare. Ma era l’unica famiglia che si mostrò disponibile ad assumere una ragazzina come cameriera e sua sorella minore come “compagna di giochi” per la loro figlia, Maria di Salvatore, che, poverina, morì prematuramente all’età di tredici anni. Ma questo non è importante. Tutto ciò che devi sapere è che in quegli anni, mia nipote Anna, si avvicinò a una persona in particolare, ma noi sappiamo chi. Il giovane Giuseppe Salvatore, tuo padre e, con mio grande dispiacere, anche il padre di Stefan. Lui e Anna erano compagni di giochi da piccoli, erano amici del cuore, io ovviamente non avevo mai visto quell’amicizia di buon occhio, sapevo che quell’insignificante moccioso l’avrebbe rovinata. Con il passare degli anni, abbandonai il mio lavoro da cameriera, a venticinque anni iniziai una mia attività e riuscì a comprare una casa accogliente e portai con me Anna , per allontanarla da Giuseppe. Quando seppi che Giuseppe si era sposato con Margherita il mio cuore si riempì di gioia, finalmente credevo di aver chiuso quell’orribile capitolo della nostra vita. Invece mi ero sbagliata, quello fu il mio secondo errore. Quando ebbi all’incirca trent’anni anni, Anna una volta tornò a casa, felice come non mai. Io credetti che aveva incontrato un giovanotto e che se ne fosse invaghita, aveva ventiquattro anni, sarebbe stato anche normale. Inoltre Anna era una ragazza molto bella, la quale facilmente attirava l’attenzione degli uomini. Ma Damon, non puoi immaginare la paura, il dolore e lo sconforto che provai quando capii che lei aveva una relazione segreta con tuo padre. Ovviamente Anna cercò di nascondermelo, credo che avesse capito  che lui non mi piaceva affatto. Quando nascesti tu io cercai di convincere Anna a interrompere il suo rapporto con il conte di Salvatore, ma lei si rifiutò.
 
<< Anna >> la implorai << Ti prego, non puoi avere una relazione con un uomo sposato. Ha anche un figlio adesso e in città la gente mormora. Ti prego, rinuncia a questa fantasia. >>.
 
<< Zia Zaffira, non puoi chiedermi questo ! Io lo amo !! >> mi disse lei con il volto bagnato dalle lacrime.
 
<< Anna, tu che cosa puoi saperne dell’amore ? Pensi che questo sia amore ? Non capisci che ti sta solo prendendo in giro ?? >>.
 
<< Non parlare di lui in questo modo zia !! Non se mi ami e non se vuoi continuare a far parte della mia vita !! >> urlò Anna. << Tu parli così perché non lo hai mai accettato !! Non lo hai mai capito !! Lo hai sempre guardato con disprezzo solo perché credi che lui sia diverso da noi !! >>.
 
<< Anna !! Lui è diverso !! Lui non è come noi. Credi davvero che quando scoprirà le tue origini lui accetterà di restare con te ? >>.
 
<< Stai zitta. Non ho intenzione di ascoltarti zia !! È alquanto chiaro che tu non tieni a cuore la mia felicità come io ho a cuore la tua !!! Tu non vuoi che io sia felice con l’uomo che amo e che mi ama >>.
 
<< Non si può amare qualcuno quando non lo si conosce affatto. >>.
 
<< Si, invece. Poiché abbiamo intenzione di avere un figlio insieme e di creare una famiglia nostra. >>.
 
In quel momento mi cadde il mondo addosso, perché avevo capito che avevo appena fallito. Niente che avrei potuto dirle le avrebbe fatto cambiare idea. Niente. L’unica cosa che mi restava da fare era avvertirla del rischio che stava correndo, come ogni madre avrebbe fatto.
 
<< Spero allora che il bambino, se e quando lo concepirete, non prenda da te, Anna. Prega la tua buona stella che il bimbo nasca normale, perché nel momento in cui Giuseppe Salvatore scoprirà quello che tu sei in realtà… ti vedrà come un mostro e a quel punto avrai rovinato non solo la tua vita… ma anche quella del tuo bambino >>.
 
Dopo aver detto ciò uscì di casa sbattendo la porta e non la rividi più per tre anni. In quel momento provai una rabbia così forte che distrussi metà del mobilio che c’era nel soggiorno. Non seppi mai perché i miei poteri erano comparsi nella mia vita in quel momento, a trent’anni, in una maniera così inaspettata e violenta. Elettrizzata, ma anche spaventata, mi diressi verso il mio armadio dove avevo messo un vecchio scatolone che conteneva il Grimorio di mia madre. Da quel momento mi impegnai in nell’arte della magia, imparai la maggior parte degli incantesimi del Grimorio di mia madre e poi, quando al terzo anno scoprii l’esistenza della Dimensione Oscura decisi di andarci. Speravo che avrei imparato qualcosa di nuovo, ma conoscevo ancora troppo poco, non solo sui miei poteri ma anche sul mondo delle creature della notte, così l’abbandonai dopo un solo anno. Quando tornai a  casa vi trovai Anna ad aspettarmi. Fui felicissima di vederla. Lei mi abbracciò e poi scoppiò a piangere tra le mie braccia. Mi implorò di perdonarla, mi disse che avrebbe dovuto ascoltarmi, che avrebbe dovuto lasciar perdere. Mi raccontò che durante quando lei se era andata di casa aveva cominciato a lavorare come cameriera per i conti di Salvatore, dove si occupava della casa e intanto continuava la sua relazione con Giuseppe. Mi raccontò di quanto entrambi erano stati felici quando lei era rimasta incinta durante l’ultimo anno. Mi disse che era nato un bellissimo bambino, con gli occhi verdi come i suoi, di nome Stefano. Purtroppo mi disse anche che quando Stefan nacque si svilupparono anche i suoi poteri, mi disse che per sbaglio aveva fatto una piccola magia davanti a Giuseppe e che l’uomo, terrorizzato, dopo averle dato del mostro, le aveva strappato il bambino dalle braccia e le aveva intimato di andarsene, prima che l’avrebbe uccisa lui con le sue mani. Io mi arrabbiai così tanto che decisi di mettere in prova le mie capacità. Io scagliai una maledizione su Margherita, che la fece ammalare gravemente, fino alla morte. Se Stefan non poteva crescere con sua madre, allora nemmeno tu, Damon saresti cresciuto con la tua e se Anna non poteva essere felice insieme a suo figlio e all’uomo che amava, anche Giuseppe, avrebbe vissuto come un miserabile. Anna non fu felice di ciò che feci ma con il tempo riuscì a farsene una ragione. Si creò una nuova famiglia, con un soldato, ebbe una bellissima bambina, Claire ma vedevo che lei era ancora infelice per aver essere stata allontanata da Stefan. Una volta trovai una lettera che Anna voleva inviare a Stefan, ovviamente una lettera piena di bugie, perché lei non voleva rovinare ancora di più il rapporto che Stefan aveva con suo padre, ma io la feci desistere. La nostra vita era riuscita ad avere un equilibrio che a lungo avevamo agognato ma poi la nostra vita è di nuovo andata a rotoli. Il marito di Anna morì durante una guerra, Anna rimase vedova e distrutta. Io stavo invecchiando, così decisi di tornare nella Dimensione Oscura, dove speravo che avrei potuto incontrare qualcuno che avrebbe potuto aiutarmi a non invecchiare. Non l’ho mai sopportato, è una mia debolezza, ne prendo atto. Quando tornai, Anna era stata uccisa da un vampiro, Claire era scomparsa e in città si vociferava che i due figli del conte di Salvatore si erano uccisi a vicenda per una donna. Mi diressi a casa mia e notai che era quasi del tutto distrutta, ma riuscì a trovare, sotto una mattonella rotta, una lettera, per me. Anna mi chiedeva di proteggere Claire, diceva che da giorni un vampiro minacciava la sua famiglia e che aveva spinto Claire ad andare a lavorare per la famiglia Salvatore, nella speranza che potesse avvicinare il fratello ma era troppo tardi, Stefan era già diventato un vampiro. Quando la trovai, convinsi Claire ad abbandonare il suo lavoro e a venire nella Dimensione Oscura con me. Io avevo imparato il Rituale della reincarnazione, lo insegnai anche a Claire. Insieme abbiamo vissuto per tanto tempo, io le insegnai tutti gli incantesimi che conoscevo, la crebbi come una strega, lei mi voleva bene. Quando ebbe compiuto i sedici anni durante la nostra ultima vita insieme, ci facemmo una promessa.
 
<< Zia Zaffira, sono felice che tu sia rimasta con me >> disse Claire abbracciandola.
 
<< Claire, io ti voglio bene, tanto bene. Non ti avrei mai abbandonata >> dissi io abbracciandola.
 
<< Zia Zaffira ? Tu pensi che riusciremo mai a ricongiungerci con Stefan ? >> mi chiese Claire.
 
<< Non lo so. Stefan è cresciuto lontano dal nostro mondo, lui non sa quanto lui sia speciale. La sua famiglia l’ha rovinato, irreparabilmente temo >>.
 
<< Ho sentito dire che c’è una creatura, nella dimensione Oscura che possiede un roseto con rose bellissime, ho sentito dire che queste rose sono magiche. Sono in grado di far tornare un vampiro umano. Se noi riuscissimo ad averne una potremmo usarla per far tornare Stefan umano. >> mi disse Clair sorridendomi con uno sguardo carico di speranza.
 
<< Claire… non lo so. Ho paura, questo posto non è molto sicuro. Ho paura che ti accada qualcosa. >>.
 
<< Zia, io voglio bene a mio fratello, oltre a te è l’unica cosa che mi resta della mia famiglia. Voglio che lui stia con noi. Voglio averlo nelle nostre vite. E infatti… domani mi recherò personalmente a chiedere una di quelle rose. >>.
 
<< CLAIRE NO !! >> urlai io << Claire… se c’è una cosa che ho imparato in questi anni è che la magia ha sempre un prezzo, molte volte impossibile da pagare. >>.
 
<< Zia… non mi fermerai. Io farei di tutto per Stefan e devi promettermi che lo farai anche tu. >> disse Claire prendendomi la mano.
 
<< Che cosa  ? >> chiesi io senza capire.
 
<< Devi promettermi che farai tutto il possibile affinché Stefan sappia la verità sulla sua famiglia e affinché sia felice. Me lo devi promettere. >>.
 
Io guardai intensamente Claire, sapevo che c’era qualcosa che non mi stava dicendo, qualcosa che mi sfuggiva. Mi ci sono voluti anni per capirlo, ma alla fine avevo scoperto che lei mi aveva parlato di quel roseto perché ci era già andata e aveva già pagato caro il suo prezzo. La sua magia. Quando tornammo nel mondo reale, nel 1762, decidemmo di andare a vivere in America, l’Italia ormai non era più casa nostra, era piena di brutti ricordi e noi volevamo ricominciare da capo. Purtroppo poco tempo dopo Claire cominciò a stare male, la notte aveva degli incubi orrendi, sanguinava a volta durante il giorno, stava lentamente perdendo la vista. A quanto pare perdere la magia l’aveva danneggiata molto di più di quanto pensasse.
Io purtroppo non potevo prendermi cura di lei costantemente, dovevo lavorare per dare da vivere entrambe. Una volta fui chiamata da lavoro, mi dissero che Claire aveva cercato di suicidarsi gettandosi sotto una carrozza. Inoltre mi dissero che avevano trovato sul suo corpo diverse ferite e tagli. Mi dissero che Claire era pazza e pericolosa e che andava rinchiusa in un istituto psichiatrico dove avrebbe potuto starle accanto. Io risposi che ci avrei pensato ma alla fine qualcuno ha preso una decisione al posto mio. Qualcuno le squarciò la gola quel tanto che bastava per tenerla in vita pochi minuti, come se desiderasse che io la vedessi morire.
 
<< Claire, Claira… mi dispiace tanto >> dissi accarezzandole i capelli.
 
<< Non… non devi… non mi sono mai sentita così bene, zia. Adesso potrò raggiungere la mamma. Finalmente potrò tornare a stare di nuovo insieme a lei... e a papà. Tu invece… ricorda la tua promessa. Stefan ora è tutto ciò che ti resta. Trovalo, fa che mi voglia bene… come io ho voluto bene a lui e come gliene ha voluto anche la mamma >> lacrime dolci cominciarono a scendere lungo le guance morbide di Claire.
 
<< Claire… dimmi solo… chi è… >>.
 
<< È stato un vampiro… ho sentito i suoi canini nel mio collo… mi ha detto di chiamarsi Damon… aveva un’aurea così oscura e una voce così cattiva. Ma ora non voglio parlarne, so che tu mi vendicherai. Ora voglio solo… solo restare qui tra le tue braccia. >>.
 
Restai lì a tenerle la mano, a cullarla dolcemente come avevo fatto tanto tempo fa con mia sorella Esmeralda, pensando a quando Claire era bambina e io le cantavo le ninna nanne per farla dormire. Fu in quel momento che la mia magia si sviluppò come mai prima d’ora. I miei capelli divennero blu elettrico, così come anche gli occhi, la pelle più chiara, le labbra più rosse e la mia magia più forte. In quel momento Zaffira morì… e nacque Sapphire. Da quel momento la mia vita divenne buia e vuota, ero sola, sconsolata. Avevo fallito sia con Anna che con Claire. A quanto pare non sapevo prendermi cura delle persone. Così decisi di trasferirmi in un’altra parte dell’America e lì scoprii il mio dono per gli zaffiri. Feci carriera in fretta, divenni un’importante gioielliera, le dame più ricche venivano a fare le loro compere nel mio negozio. Tuttavia, decisi di condividere la mia fortuna con altre persone. Streghe e maghi, soli, indifesi, che erano stati allontanati da tutti perché erano diversi trovavano accoglienza nel mio negozio. Vedi, Damon, il mio negozio è protetto da una magia molto particolare. Lì, le persone che accettano di lavorare per me ottengono l’immortalità. Rinunciano a tutto, mi promettono eterna fedeltà e io prometto loro protezione, eterna giovinezza e eternità, con la loro magia avrebbero alimentato l’incantesimo che sarebbe diventato ogni anno più forte. Fu difficile eseguire quella magia ma ci riuscii. La mia aveva finalmente raggiunto nuovamente un equilibrio e a quel punto capii che ero pronta a cercare mio nipote e a mantenere la promessa fatta a Claire. Grazie ad alcune mi dipendenti riuscii a trovare Stefan. Il nostro primo incontro avvenne il 1789, Stefan era in Francia, erano gli anni della Rivoluzione Francese, conoscendo Stefan ormai non mi stupisco più del fatto che lui volesse assistere personalmente agli eventi. D’altronde sono consapevole della sua partecipazione a diverse guerre degli anni passati. Quando lo incontrai ebbi un attimo di esitazione, aveva gli stessi occhi di Anna e di Esmeralda e assomigliava tantissimo a Claire. Ma avevo un compito da svolgere e lo avrei portato a termine, a qualunque costo. Riuscì a parlargli per la prima volta nell’attuale Cafè de La Regence, mi presentai a lui con un aspetto da ventiseienne.
 
<< Bon jour monsieur ! È una bella giornata, non trova ? >> gli chiesi io sedendomi di fronte a lui.
 
<< Bon jour madame. Si, è una proprio una bella giornata >> mi rispose Stefan forzando un sorriso.
 
<< Io trovo che le giornate di sole siano stupende. Soprattutto in questo periodo di fermento. Io credo che fosse giunto il momento in cui in Francia avvenissero dei cambiamenti >> dissi io con un sorriso.
 
<< Quindi… lei favorisce il Terzo Stato ? >> mi chiese con un’espressione stupita.
 
<< Oui. Perché ? >>.
 
<< Ecco… lei non sembra una donna… povera >> mi disse indicando con gli occhi la mia collana di zaffiri.
 
<< È  vero. Ma io mi ritengo un’eccezione. Tu cosa ne pensi ? >> gli chiesi io.
 
<< Penso… che sono d’accordo. >>.
 
Io sorrisi. Lo conoscevo da poco meno di un minuto ma già sentito che era un bravo ragazzo. Gentile, educato, intelligente, timido, non mi ha mai guardata dritto negli occhi. Ed era un vampiro. Questa era l’unica pecca che riuscì a trovargli.
 
<< Sei un giovanotto interessante. Ed è interessante anche il tuo gioiellino >> dissi indicando l’anello << Come ti chiami ? >>.
 
<< Stefan… Salvatore. >> mi rispose evitando il mio sguardo.
 
<< Non hai nulla di cui vergognarti. Stefan Salvatore, sono brava a mantenere i segreti, inoltre… >> dissi prendendogli la mano << Credo che tra me e te si creerà una bella amicizia. >> dissi facendo brillare i miei occhi blu.
 
A quel punto Stefan mi guardò con curiosità, prima di chiedermi << Come si chiama ? Madame ? >>.
 
Io sorrisi. << Sapphire… Sapphire Mon Bijour >>.
 
FINE DEL RACCONTO.
 
Le immagini nello specchio svanirono e Damon non sapeva che dire. Aveva scoperto così tante cose sulla sua famiglia nelle ultime due ore che aveva le idee molto confuse. Davvero Stefan non era suo fratello, bensì il suo fratellastro ? La sua famiglia era davvero così incasinata ? Perché Claire lo accusava di averla uccisa se due ore fa lui non sapeva nemmeno della sua esistenza ? Quella bastarda di Sapphire aveva davvero ucciso sua madre ? Ed era anche la zia di Stefan ?
 
<< Ora ti è tutto più chiaro ? Damon ? >> gli chiese Sapphire mentre si sedeva sullo scrittoio e lo fulminava con i suoi occhi blu elettrico.
 
<< Sinceramente no. Ho solo le idee più confuse. Com’è possibile che tutta questa storia sia reale ? >> chiese Damon che non voleva crederci.
 
<< Beh è reale. E i poteri di Stefan ne sono una prova. Lui è un ragazzo speciale, io l’ho capito dal primo momento che l’ho visto e da quel momento ho fatto di tutto per proteggerlo. Mi sono presa cura di lui, senza interferire nella sua vita. Sono stata un’amica, una confidente, una spalla. Gli sono stata vicino mentre tu lo denigravi, lo umiliavi, lo maltrattavi, lo allontanavi. Cercavo di renderlo felice nonostante un fratello che si comportava come una bestia >>.
 
<< Ehi !! Attenta a quello che dici ! >>.
 
<< E poi… quanto lui aveva trovato una ragazza da amare, dopo quella prostituta di Katherine, tu gliel’hai portata via. Io glielo dicevo che doveva abbandonarti, la tua presenza, anzi la tua famiglia è sempre stata dannosa per lui. L’ha reso insicuro, subordinato alle vostre prepotenze, una vittima. Io ho atteso pazientemente il momento di renderlo forte. Nel momento in cui Stefan ha marcato la soglia del mio ufficio mesi fa… ho capito che quel momento era arrivato.  Privo del suo cuore, privo dei suoi sentimenti… ha capito da solo quanto tu lo abbia rovinato. E adesso… quando tutta questa storia finirà… o avrò finalmente ciò che ho sempre desiderato >>.
 
<< E cioè ? >>.
 
<< Di creare una famiglia, con mio nipote. Una famiglia di cui tu non farai parte. Una famiglia dove potrò tenere Stefan al sicuro, dai vampiri ma soprattutto da te. Tu hai cercato di trasformalo in una bestia, perché tu sei una bestia. Ma Stefan è troppo per te… lo è sempre stato. Tu sei insignificante, Damon. Katherine con te si divertiva soltanto, Elena ti ha usato solo per sfogare la sua tristezza e mentre andava a letto con te pensava a Stefan, tuo padre ha amato Stefan molto più di quanto ha amato te. Tu sei niente e sono felice che finalmente Stefan lo abbia capito >>.
 
Sapphire si diresse verso uno specchio, con un gesto della mano lo specchio cominciò a brillare. Damon cercò di liberarsi. Desiderava ardentemente staccare il collo a quella bastarda manipolatrice.
 
<< Ora vado da mio nipote, alla fine di tutta questa storia potremo essere una famiglia. Lo renderò felice e manterrò la promessa che ho fatto a mia nipote Claire. >>.
 
<< IO NON HO UCCISO CLAIRE !! PRIMA DI DUE ORE FA NON SAPEVO NEMMENO CHE STEFAN AVESSE UNA SORELLA !! >> urlò Damon con tutta la rabbia che possedeva in quel momento.
 
<< Tra tre ora una strega verrà a liberarti. >> disse Sapphire con sguardo freddo e impassibile prima di oltrepassare lo specchio.
 

 
Deborah Mccoulough stava stirando alcuni vestiti in soggiorno. In quel periodo era davvero preoccupata, sua figlia Rosalie non la chiamava da molto tempo e lei non riusciva a rintracciarla. Sperava con tutto il cuore che sua figlia stesse bene. A un certo punto il campanello di casa sua suonò. Spegnendo il ferro da stiro corse verso la porta principale.
 
<< Rosalie ? Sei tu ? >> chiese aprendo la porta.
 
Tuttavia, dall’altro alto non c’era Rosalie, ma Bonnie, insieme a un altro ragazzo.
 
<< Bonnie ? Che cosa ci fai qui ? >> chiese Deborah sorpresa.
 
<< Mi dispiace tanto per la visita inaspettata zia. Ma… noi due dobbiamo parlare, urgentemente >>.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE
 
Ciao a tutti !! Mi scuso profondamente per il mio ritardo. Per scusarmi ho scritto un capitolo più lungo degli altri con cui spero di farmi perdonare. Spero che l’abbiate gradito. Nella seconda parte, tratterrò della storia dei De Verdant, di cui tuttavia ho scritto diversi accenni anche in questo capitolo.
Un MeGa BaCiO a TUTTI !!! 

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Capitolo 19
*** Family Bisness - Part 2 - De Verdant Family ***


FAMILY BISNESS – PART 2 - DE VERDANT FAMILY
 

Deborah Mccullough non si aspettava una visita da sua nipote Bonnie, anzi, non si aspettava che l’avrebbe mai più rivista. Era a conoscenza di cosa aveva fatto sua figlie Rosalie alla cugina e sebbene non approvasse, non avrebbe mai messo in pericolo sua figlia. Il fatto di avere sua nipote a casa sua, quindi, aumentava molto i suoi turbamenti circa le condizioni della figlia. Bonnie e Stefan furono condotti nel piccolo salotto, mentre Deborah era andata a preparare il tè. Bonnie e Stefan si guardarono intorno un po’ a disagio. Il salotto non era molto grande, le pareti erano di un marroncino chiaro, al lato c’era un piccolo caminetto con un orologio appeso in alto, di fronte al quale c’era una sedia a dondolo. Loro erano seduti su un piccolo divano marrone scuro e davanti c’era un piccolo tavolino di vetro mentre la televisione era grande ed era appesa alla parete di fronte. Sulle pareti erano appesi anche diverse fotografie di Rosalie e alcuni quadri. Bonnie non ricordava l’ultima volta che era stata in quella casa ma in quel momento ciò non la preoccupava. Sapeva che una volta lasciata Neverland, la malattia che sua sorella Sylvia le aveva trasmesso sarebbe solamente peggiorata e infatti il petto aveva ricominciato a farle male, la fronte era leggermente sudata e doveva fare dei respiri profondi per cercare di respirare.
 
<< Tutto bene ? >> le chiese Stefan notando il pallore del suo viso.
 
<< Non proprio, ma non devi preoccuparti per me. Starò bene una volta che tutta questa storia sarà finita. >> rispose la ragazza portandosi la mano al petto, come se quel gesto servisse a darle un po’ di sollievo.
 
<< Non so perché ma non ti credo >> le disse Stefan osservandola attentamente con i suoi occhi verdi.
 
<< Non sei l’unico ad avere dei segreti. >> rispose semplicemente Bonnie, senza neanche guardarlo.
 
Stefan avrebbe voluto chiederle altro, avrebbe voluto sapere come mai la sua amica stesse in quelle condizioni ma non poté farlo perché, proprio il quel momento, la zia della ragazza tornò in soggiorno con un vassoio in mano, con sopra tre tazze di tè calde e un piatto con dei biscotti. L’ideale visto che erano arrivati nell’Oregon molto tardi, erano ormai sera e faceva piuttosto freddo.
 
<< Ciao ragazzi, scusate ma non ho altro da offrirvi. Non aspettavo visite di alcun tipo. >> disse zia Deborah posando il vassoio sul tavolino.
 
<< Non preoccuparti zia. Non è nelle nostre intenzioni fermarci più del necessario. >> disse Bonnie prendendo una tazza.
 
<< Oh… beh se volete restare qui per la notte, non c’è alcun problema. La stanza di Rosalie è vuota e poi c’è anche una piccola stanza per gli ospiti >> disse Deborah.
 
<< Non si preoccupi, signora. Non abbiamo intenzione di disturbarla più del necessario. Vogliamo solamente chiederle alcune cose >> disse Stefan con fredda cortesia.
 
<< Oh… che tipo di cose desiderate chiedermi ? >> chiese  Deborah bevendo un sorso di tè.
 
<< Avrei molte cose da chiederti zia, molte domande che necessitano delle risposte che solo tu a questo punto puoi darmi. >> disse Bonnie posando la tazza sul tavolino.
 
<< Parla, ti ascolto >> disse la zia.
 
<< Che cosa sai tu dei De Verdant ? Sai come funzione il rituale ? Perché sono necessari il cuore di un vampiro e quello di una strega ? Servono altre cose per compierlo ? >> chiese Bonnie.
 
<< Beh, spero che abbiate tempo a sufficienza, la storia dei De Verdant è abbastanza lunga e complicata. >>.
 
<< Abbiamo tutto il tempo del mondo. Siamo venuti qui per una ragione. Stiamo cercando di risolvere un puzzle ma ci mancano ancora troppi pezzi. >> affermò Bonnie con sguardo deciso.
 
Stefan l’ammirò in quel momento. Bonnie finalmente era cresciuta, non era più una ragazzina piagnucolosa che aveva bisogno di qualcuno che la tenesse costantemente per mano, anche solo per reggersi in piedi. Ormai era una donna, che sapeva camminare da sola, a testa alta, senza bisogno di nessuno. Era diventata forte, quell’esperienza l’aveva temprata. Lui invece cos’era diventato ? Era pieno di rabbia e di odio, questo era un dato di fatto. Ultimamente aveva sentito qualcosa, indice che l’incantesimo di confine si era spezzato. Ma erano solo attimi fuggenti, che duravano meno di un battito di ciglia e non erano quasi mai sentimenti positivi. Odiava non avere il cuore sotto controllo, odiava che fosse nelle mani del nemico, sebbene fosse sollevato di non averlo più nel petto.
 

 
Damon era ancora bloccato nelle pareti dell’ufficio di quella psicopatica. Odiava sentirsi in trappola, odiava quella situazione e odiava quella megera con i capelli da pagliaccia ancora di più. Non gli importava chi lei fosse, se era o non era la zia di Stefan, lui la odiava ugualmente. Nessuno si permetteva di dirgli quelle cose, nessuno gli diceva che era un fallito e una bestia. Ok, la prima cosa non gliel’ha esplicitamente detta, ma lo intendeva mentre la seconda non faceva altro che ripetergliela. Cercò, con tutta la forza delle sue braccia, di liberarsi da quella trappola ma non ci riusciva, ogni tentativo da parte sua era inutile. Che cosa poteva fare ? Non si fidava certo delle streghe che lavoravano per quell’arpia. Sapphire gli aveva detto che tra tre ore una strega lo avrebbe liberato ma non si fidava delle sue parole. Lo riteneva colpevole per la morte della nipote, sicuramente aveva in serbo per lui altre sorprese. Con la faccia che gli bruciava ancora e con la sete che cominciava a farsi sentire, cercò di liberarsi nuovamente ma fallì ancora una volta. Era come se quelle pareti assorbissero la sua energia e la sua forza, minuto dopo minuto, rendendo più debole. Gli costava ammetterlo ma era in trappola e non aveva la più pallida idea di come liberarsi. Quante cose gli era costato ammettere il quei giorni… Più andava avanti in quell’avventura e più si vedeva costretto a mettere in dubbio la sua intera vita, a partire dai suoi genitori. Lui non aveva mai apprezzato particolarmente suo padre. Era sempre stato un uomo freddo, severo, rigido, si vedeva poco in casa e quando era in casa stava quasi sempre nel suo studio. Credeva tuttavia che tra i suoi difetti non ci sarebbe mai stato “marito infedele” e invece… suo padre non soffriva perché sua moglie era morta, perché non l’amava. Se l’avesse amata non l’avrebbe mai tradita. Lui soffriva perché aveva dato alla luce un “mostro”, senza sapere che inconsapevolmente ne aveva fatti nascere due. Perché la megera aveva ragione su una cosa, lui aveva trasformato Stefan in un mostro, e non centrava niente il vampirismo. Lui aveva distrutto tutto ciò che di bello c’era in suo fratello, lo aveva reso tale e quale a lui, quando aveva ormai capito che non c’era niente di bello nell’essere come lui. Che schifezza !! Ma non poteva pensare a quello proprio ora. Doveva liberarsi, doveva assolutamente trovare un modo !! Provò nuovamente a liberarsi ma non ci riuscì, anzi, provò un dolore acuto al polso destro. Ringhiando per la frustrazione, batté il capo all’indietro e cominciò a urlare.
 

 
Annabelle stava aspettando davanti alla casa di Deborah Mccullough. La casa era in un vialetto abbastanza isolato, dove c’erano altre due case che tuttavia distavano parecchio da casa Mccullough. Lei e Lorence stavano in macchina, davanti alla casa.
 
<< Perché siamo qui ? Perché non siamo altrove a fare qualcosa di più interessante ? >> le chiese Lorence fumando una sigaretta.
 
<< Perché voglio tenere la situazione sotto controllo. Non mi fido di Sylvia, per cui preferisco avere la situazione sotto controllo. >> rispose Annabelle.
 
<< E se ci scoprissero ? >>.
 
<< Tsk >>.
 
Evidentemente, per quel giorno, Annabelle aveva esaurito le parole da pronunciare e in macchina tornò a regnare il silenzio. Lorence non ci fece neanche caso, Barbie De Verdant non era mai stata una persona molto loquace. Anzi a volte sembrava che facesse anche un certo sforzo per parlare. A un certo punto, vicino alla casa, videro una luce blu, molto abbagliante.
 
<< Ma che cos’è ? >> chiese Lorence mentre si copriva gli occhi con un braccio.
 
Annabelle sorrise, o meglio, ghignò. Senza neanche rispondere, scese dall’auto e incominciò a incamminarsi verso la luce. Da quel fascio di luce apparve Sapphire, bella come la ricordava, ce indossava un vestito blu, lungo, con i ricci blu che scendevano lungo la schiena.
 
<< Bonjour Madame >> la salutò Annabelle inchinando con finta riverenza.
 
<< Annabelle De Verdant. Da quanto tempo… non credevo che ti avrei rivista così presto. Cosa ci fai qui ? >> le chiese Sapphire con freddezza.
 
<< Adoro le persone che vengono subito al dunque. Ebbene credo di esser qui per le tue stesse ragioni, Zaffira >> la chiamò in quel modo per provocarla.
 
<< Stefan ? Bonnie ? O Sylvia ? >>.
 
<< Forse tutti e tre, forse nessuno di loro. Ci conosciamo da molto tempo, ormai. Lo sai che io fatico ad interessarmi veramente a qualcosa. >>.
 
<< Io so solo che tu un tempo ti sei interessata molto a qualcuno. Questa maschera da Donna di ghiaccio funzionerà con chi non ti conosce, non con me >>.
 
<< Tu però non mi conosci. È  un peccato. Ma dato che le nostre strade erano destinate a incrociarsi di nuovo… è ora che io mi faccia conoscere meglio >>.
 
Dopo aver detto questo le scagliò contro un incantesimo che tuttavia Sapphire riuscì a bloccare.
 
<< Tutto qui ? Annabelle ? >>.
 
<< Niente affatto, Zaffira. Ho appena iniziato >>.
 
Dopo aver detto ciò le due intrapresero uno scontro. Smeraldo contro Zaffiro. Freddo contro Caldo. Annabelle De Verdant e Zaffira, due membri di due famiglie che combattevano dalla prima volta che i loro sguardi si erano incrociati. Grazie a un incantesimo nessuno che non avesse qualità soprannaturali poteva vederle. Lorence dal canto suo, aveva deciso che sarebbe intervenuto solo se le cose si sarebbero messe male, nel frattempo si godeva un ottimo scontro tra donne, felice di aver finalmente qualcosa da fare. 
 

 
Anastasia De Verdant si svegliò di scatto. Si era addormentata sul divano mentre aspettava che Albert finisse di aiutare Juliet con un incantesimo  e adesso si era svegliata improvvisamente, con il cuore angosciato. Qualcosa stava accadendo a uno dei suoi figli, lo sentiva. Juliet era al sicuro, con Albert. Ma Annabelle ? Stava bene ? Si alzò velocemente dal divano e si diresse verso il grande specchio nel soggiorno. Con un incantesimo lo specchio brillò e vide sua figlia combattere contro Sapphire. Il suo cuore perse un battito. Sapphire era una delle streghe più potenti che avesse mai incontrato, dura e bella come lo zaffiro. Pericolosa e letale come nessun altra.
 
<< Ana >> la voce preoccupata di Albert le fece distogliere lo sguardo.
 
<< Albert… cosa succede ? Ti prego non darmi altre brutte notizie. Annabelle è…>> disse Anastasia con gli occhi lucidi abbracciando Albert in cerca di conforto.
 
<< Annabelle cosa ? >> le chiese Juliet che era appena arrivata.
 
<< Annabelle sta combattendo contro Sapphire. Non come ciò sia potuto accadere, sapevo che non avremmo dovuto lasciarla andare. Annabelle è molto potente ma Sapphire è… >> cominciò a dire Anastasia.
 
<< Mamma ! >> la chiamò Juliet << Non devi preoccuparti per Annabelle, lei è forte, non si lascerà sconfiggere molto facilmente. Ora tu devi solo stare calma. Andrò io ad aiutare Annabelle >>.
 
<< Cosa ? Tu non ti muovi di qui >> le disse Anastasia prendendola per un braccio.
 
<< Mamma… >>.
 
<< COSA ? Non potrei sopportare l’idea di sapervi entrambe in pericolo, Juliet. Non voglio che ti accada nulla. >> le disse Anastasia accarezzandole la guancia.
 
<< Ma non mi accadrà nulla, ci sarà Annabelle con me e poi tu e papà mi avete allenata bene. Ora tu devi pensare al bambino. >> disse Juliet prendendole le mani.
 
<< Perché ? Che ha il bambino ? >> chiese Anastasia ormai in preda a una crisi di nervi.
 
<< Ana… non perché, non so come ma qualcuno o qualcosa ha infettato il bocciolo. Dobbiamo sbrigarci e rimetterlo nel tuo ventre, dove sarà al sicuro e dove potrò curarlo. Ma dobbiamo fare in fretta >> le disse Albert prendendole la mano.
 
Anastasia si spaventò. Albert era, per natura, una persona pacata, che anche nei momenti più critici riusciva a mantenersi calmo e ad avere il sangue freddo ma adesso… adesso che vedeva chiaramente quanto anche lui fosse preoccupato non poté impedire a se stessa di agitarsi ancora di più. Strinse forte la mano di Albert in cerca di conforto e poi uscirono dal soggiorno, diretti verso il giardino. Juliet, quando si fu accertata che i genitori se ne fossero andati, si diresse verso lo specchio e fece sparire l’immagine. Sorrise, prima di aiutare sua sorella, aveva un’altra cosa da fare.
 

 
Deborah posò la tazza sul tavolino. Prese un respiro profondo e poi cominciò a raccontare. Non era sicura che dicendo la verità a sua nipote avrebbe fatto la cosa giusta, o ameno non nei confronti della figlia. Sapeva cosa sua figlia e Sylvia stavano cercando di fare e, sebbene non condividesse affatto quel piano, Rosalie era sua figlia e lei aveva scelto di appoggiarla. Ma anche Bonnie era giovane, aveva ancora tanto da offrire al mondo e sua figlia non glielo poteva negare.
 
INIZIO RACCONTO – Prima Parte
 
Tutto accadde quando i nostri antenati si trasferirono in America durante il 1200 e il 1300, non chiedetemi precisamente quando, le date non sono mai state il mio forte. Comunque, in quel periodo, per sfuggire all’Inquisizione, molte famiglie di maghi e altre creature soprannaturali, decisero di sancire un’alleanza per costruire un luogo in cui nessun uomo al mondo potesse far loro del male. Solo che alcune di loro non si vollero accontentare di un semplice palazzetto, con il giardino, alcuni volevano il potere, volevano regnare sulle altre creature, i maghi. La nostra famiglia fu una delle ultime a schierarsi. Tuttavia, inizialmente questi dissapori tra i maghi e le streghe non erano evidenti e comunque le nostre famiglie avevano bisogno di un luogo sicuro dove vivere, per cui formammo piccole comunità. La nostra famiglia all’epoca era formata da tre fratelli, gli unici della loro famiglia che erano riusciti a raggiungere indenni l’America. Markos, era il figlio maggiore, Henrik, era il secondo, Raskos, l’ultimo genito. I tre fratelli lì crearono delle famiglie e mentre nelle prime due regnò l’armonia per diversi anni, nell’ultima, seppur dopo un’iniziale felicità, l’armonia si spezzò. Raskos aveva costruito una famiglia, con una giovane strega, insieme avevano avuto due figli, Frederick, il più grande, che aveva ereditato il dono della magia e Diana, la secondo genita, che invece, stranamente, non aveva ereditato alcun potere. A volte capita che la magia non si trasmetta a tutti gli eredi. Frederick e Diana non crebbero allo stesso modo, i loro genitori erano sempre più attenti a Frederick in quanto mago e in quanto unico figlio che aveva ereditato i poteri. Suo padre lo obbligava a stare in casa tutto il giorno tranne quando doveva prendersi cura del piccolo giardinetto dove crescevano le erbe magiche che lui doveva imparare a trattare. Diana invece era libera di incontrare le altre creature, di giocare con altre bambine che avevano una disciplina meno ferrea di quella di Frederick. Ogni volta che usciva di casa, Frederick la guardava da dentro la piccola casetta in cui abitava con i genitori, con rancore, invidia, rabbia, perché lei aveva la libertà di cui lui non avrebbe mai potuto godere.
 
<< Frederick… perché non vieni a giocare fuori con me ? >> chiese la piccola Diana al fratello.
 
<< Perché tuo fratello ha altro da fare. Non ha tempo da perdere con inutili giochetti. Tu va pure, qui non saresti utile in alcun modo >> le rispose il padre.
 
Tutta questa freddezza e il mancato affetto da parte del padre, spinsero Diana a odiare la sua condizione di umana, portandola a provare odio non solo per suo padre ma anche invidia nei confronti del fratello che riceveva sempre più attenzioni rispetto a lei. Crescendo Diana divenne una bellissima fanciulla e Frederick si innamorò di lei. Si sa, l’odio e l’amore sono divise da un filo così sottile che basta poco per essere reciso. L’odio di Frederick divenne amore per la sua bellissima sorella. Diana all’inizio non ricambiava i sentimenti di suo fratello maggiore, Frederick non era bello fisicamente, era alto, magrolino, con la pelle pallida tanto da sembrare uno spettro, poiché, come ho detto, usciva raramente di casa, i capelli scuri quasi sempre sporchi e appiccicaticci, le mani pieni di calli per il lavoro in giardino e un carattere un po’ difficile da gestire poiché era cagionevole di salute, e aveva un potere troppo forte che non riusciva a gestire. Diana invece era una fanciulla bellissima, con i capelli biondo dorato, gli occhi grigio-verdi, un carattere solare, sempre perfetta e impeccabile in tutto, con un carattere molto altezzoso e pretenzioso, e a tratti anche molto viziata nonostante fosse cresciuta in una famiglia che di certo non navigava nell’oro. Era costantemente corteggiata da altri giovanotti molto più avvenenti di suo fratello, che le facevano doni, la riempivano di attenzioni e cercavano la sua compagnia. Diana inoltre sapeva che suo fratello provava dei sentimenti per lei, anche se, più per vanità che per pudore, fingeva di non accorgersene. La verità è che lei non ricambiava i sentimenti di Frederick perché, come ho detto, era molto risentita per il fatto che suo fratello aveva i poteri e lei noi. Tuttavia, Frederick sapeva che Diana era risentita nei suoi confronti, ma provò lo stesso a corteggiarla con la magia. Frederick, nonostante fosse fisicamente debole, aveva un grande potere, suo padre d’altronde, nonostante fosse il figlio minore, era più potente dei suoi fratelli maggiori, e questo significa che Frederick era il più potente. Frederick cominciò a usare la magia sempre di più. La usò per migliorare il suo aspetto fisico, i calli sparirono dalle mani, la sue pelle divenne più rosea, i capelli più ordinati, la salute meno debole, cominciò a vestirsi meglio, e presto catturò l’attenzione di molti giovani donne, inclusa Diana. Suo padre era orgoglioso di vedere che finalmente suo figlio si stesse impegnando seriamente nelle arti magiche, non rendendosi conto delle vere motivazioni. Alla fine, verso la fine dell’età adolescenziale, Frederick riuscì a coronare il suo sogno d’amore con Diana.
 
<< Buongiorno fratellino ! >> disse Diana salutando il fratello dopo essere tornata a casa.
 
Frederick, che stava studiando qualche incantesimo sul Grimorio di suo padre, alzò lo sguardo e le sorrise, senza dire niente. Diana non ci fece caso, era abituata alla poca loquacità di suo fratello.
 
<< Cosa stai studiando ? >> gli chiese mentre si sedeva vicino a lui sul piccolo tavolo in legno.
 
<< Sto cercando di perfezionare un… incantesimo sul dominio del… sangue. >> balbettò Frederick.
 
<< Oh. E come sta andando ? >>.
 
<< Lento >> disse semplicemente.
 
<< Hai esaurito la tua loquacità per oggi ? >> gli chiese Diana con ironia.
 
Frederick non le rispose per l’imbarazzo. Continuò a scrivere degli appunti sul foglio cercando di ignorare la vicinanza della sorella vicino a lui. Cercava di ignorare il suo profumo di fiori primaverili.
 
<< Frederick… perché non mi vuoi bene ? Perché mi allontani ? Ti ho ferito in qualche modo seppur senza saperlo ? >> gli chiese Diana con gli occhi lucidi accarezzandogli la guancia.
 
Frederick a quel punto sollevò lo sguardo dalle pagine del Grimorio e la guardò intensamente. Lentamente avvicinò una mano verso il suo viso e le accarezzò teneramente una guancia.
 
<< Sei così bella, così giovane, così desiderabile. Sei una tentazione troppo forte per me, pericolosa, abominevole per la natura. Sorella, come posso desiderare che tu mi stia vicina, se il mio desiderio è di natura impura e… sebbene io abbia desiderato ardentemente il tuo cuore adesso non posso non tirarmi indietro. >>.
 
<< Perché ? L’amore non può essere impuro. Se provi questi sentimenti per me, li provi per una ragione. Se noi proviamo dei sentimenti che seppur non si addicono alla natura, ci dev’essere una ragione. >>.
 
<< Nostro padre non lo accetterà mai. >>.
 
<< Nessuno lo accetterà mai. Saremo solo noi contro il mondo, ma io sono disposta a lottare se mi lascerai stare al tuo fianco. Potremo finalmente essere felici insieme, è tutto ciò che mi importa. >>.
 
<< Diana… >>.
 
Quel giorno si baciarono per la prima volta. Non sono sicura però  che Diana amasse davvero Frederick, credo più che altro che lei lo vedesse come un’importante conquista e credo di avere ragione, se lei lo avesse davvero amato non lo avrebbe mai tradito e ingannato. Comunque, riuscirono a tenere segreta la loro relazione per diversi anni fino a quando il piccolo villaggio che avevano costruito insieme ad altre creature cominciò a sparlare, e a sparlare e a sparlare. Inevitabilmente tutte quelle chiacchiere arrivarono alle orecchie di Raskos. Da quel momento decise di seguire i suoi figli e un giorno, mentre i due erano nel piccolo giardinetto e si stavano baciando. Raskos rimase così disgustato da ciò che vide che si accanì contro Frederick e gli impose di interrompere immediatamente quel rapporto malsano e contro natura con la sorella. Né Frederick né Diana acconsentirono a separarsi, anzi decisero di scappare via, insieme. A quel punto Raskos si recò dagli altri fratelli per chiedere loro aiuto per punire i figli. Markos e Henrik purtroppo gli dissero che per questi casi la magia non può fare nulla, potevano solo impedire che la situazione precipitasse, ovvero che i due potessero avere dei figli condannati dalla natura. All’epoca la magia si basava molto su di essa, per loro la Natura era quasi una dea al pari della Luna, per cui temevano il suo giudizio. I tre fratelli allora decisero di unire le loro conoscenze magiche per creare un incantesimo capace di rendere sterile in ventre di Diana, o meglio in modo che lei fosse sterile solo quando aveva dei rapporti con il fratello, quindi poteva avere figli con altri uomini, come infatti sarebbe accaduto successivamente. Frederick e Diana, dopo essersi sposati, si resero quasi subito conto di questa maledizione. Ovviamente Frederick non accettò mai questo affronto, così cercò di creare una sorta di doppio incantesimo che gli avrebbe permesso, non solo di avere dei figli suoi con sua sorella, ma anche di vendicarsi dei suoi zii e dei suoi cugini. Alla fine riuscì a creare un Rituale, che comprendeva il cuore di un vampiro in quanto un bambino nato da un incesto a molte probabilità di nascere con malattie, il cuore di un vampiro avrebbe garantito non solo una nascita sicura ma anche robustezza e bellezza al bambino, poi serviva del sangue materno e paterno e in fine il cuore di una strega pura, parente della madre e del padre, che era stato precedentemente legato con quello del bambino. Era una protezione per far si che gli i loro cugini e gli zii non cercassero di impedire la nascita del bambino. Una volta giunto all’ultimo giorno del nono mese, la strega veniva rapita e si dava inizio al rituale. Per prima cosa bisognava tracciare un cerchio su un terreno fertile, poi era necessario porre sul cerchio, in quattro diversi punti equidistanti tra loro, il cuore del vampiro a nord, quello della strega a sud, un piccolo contenitore con il sangue del padre a ovest e un altro con quello della madre a est e un bocciolo contenente in bambino al centro. Era necessario eseguirlo di notte in quanto il cuore del vampiro brucia alla luce del sole e in quanto è necessario al bambino affinché abbia i poteri. Dopo aver tracciato il cerchio e aver posizionato tutti gli ingredienti, si tagliano i polsi alla strega per bagnare il cerchio. Quando la strega muore, il bocciolo sboccia e nasce un bambino puro e perfetto, bellissimo e soprattutto amato dalla Natura. Frederick eseguì questo rituale tre volte ed ebbe tre bellissime bambine Daphne, Helen e Anastasia. Il rituale tuttavia non servì a dare a tutte e tre le bambine il dono della magia, come Diana, anche le prime due figlie nacquero senza poteri, eccetto Anastasia. Diana, così come provò rancore per il fratello, provò rancore anche per la figlia e non riuscì mai ad amarla come le altre due. Tuttavia Anastasia era la favorita del padre, che tuttavia non cercò mai di impedirle di sbocciare come invece suo padre aveva fatto con lui. Insieme padre e figlia si curavano del giardino, Frederick le dava lezioni di magia, di giardinaggio, le insegnava ad avere controllo dei suoi poteri. Il luogo di protezione era appena terminato e Frederick era andato lì a vivere con la sua famiglia.

<< Lo vedi figlia mia ? Questa pianta si chiama Asfodelo, appartiene alla famiglia Liliaceae. Le foglie dell'asfodelo si presentano sotto forma di una rosetta di grosse foglie radicali, strette e lineari, con l'estremità appuntita. Dal centro della rosetta emerge uno stelo nudo che porta una spiga di fiori più o meno ramificata secondo le specie. La spiga è generalmente alta un metro o più. I fiori iniziano a sbocciare dal basso. Hanno sei . Nella maggior parte delle specie, i tepali sono bianchi con una striscia scura al centro. I frutti sono capsule tondeggianti e la radice è commestibile. Questo particolare tipo di pianta è utile per le pozioni sulla cura della sterilità. Ti piacciono ? >> disse Frederick indicando alla figlia l’asfodelo.

<< Non tanto. Mi piacciono di più le viole, hanno un buon profumo. >> rispose la piccola Anastasia.

<< Le viole servono per le pozioni soporifere, tesoro. Non dovresti avvicinarti tanto. >>.

<< E le rose ? >>.

<< Le rose sono il simbolo dell’amore e della tentazione, sono talmente belle e profumate che, se usate correttamente, possono essere un’arma molto letale. >>.

<< Io non voglio utilizzare i fiori come armi, sarebbe un insulto >> affermò Anastasia nella sua ingenuità di bambina di sei anni.

<< Nessuno lo vorrebbe, piccola mia. Eppure a volte è necessario macchiare anche le cose più pure, per ottenere ciò che si desidera. Ma questo lo capirai in futuro >> disse Frederick dando un tenero pizzicotto sulla guancia alla figlia.

<< Padre ? Oggi pomeriggio posso giocare con Michael ? >> gli chiese sua figlia.

Frederick fu molto tentato di dirle di no. Non gli piaceva quel bambino, non gli piacevano quei capelli mori ma soprattutto quegli occhi verde smeraldo come quelli di sua madre. Le disse di si solo perché non riusciva a dire di no ad Anastasia. Inoltre le sue figlie, essendo di origini “discutibili”, non aveva molti amici con cui giocare e le sorelle maggiori passavo più tempo con la madre e a occuparsi di attività “normali”. Frederick non riusciva a capire perché sua moglie tendesse sempre a mettere così in evidenza la differenza tra le loro figlie ma amava sua moglie e non voleva pensare male di lei.

<< Ana, guarda qui !! Ti voglio mostrare una cosa >> disse il piccolo Michael prendendo in mano una pietra.

<< Cosa ? >> gli chiese Anastasia sedendosi sul prato.

<< Aspetta un momento >> le disse il bambino.

Dopo pochi secondi la pietra si trasformò in una bellissima farfalla, con le verdi che brillavano come uno smeraldo. Anastasia la guardò estasiata prima di dargli un bacetto sulla guancia. Michael arrossì e si pulì la guancia paffuta per poi sedersi vicino all’amica sul prato.

<< Michael ? Noi due saremo amici per sempre e staremo per sempre insieme, vero ? >>.

<< Ma certo. Io non ti lascerò mai da sola. Mignolo ? >> le chiese il bambino porgendole il mignolino destro.

Anastasia annuì poi con il suo mignolo strinse il suo. I due si alzarono e cominciarono giocare ad acchiapparello, sotto gli occhi vigli di Diana. Era spaventata ogni volta che li vedeva insieme. Sapeva che avrebbe fatto meglio ad allontanare Ana da Michael, altrimenti Frederick avrebbe scoperto che lei lo aveva tradito con un altro uomo e questo non doveva assolutamente accadere.

FINE RACCONTO – PRIMA PARTE

Bonnie e Stefan si guardarono. Quella storia era… incredibile e scioccante allo stesso tempo. Quindi… quella sarebbe stata la sorte di Bonnie ? Vene tagliate e cuore ridotto in cenere ? Non sapeva se essere felice di sapere cosa le sarebbe accaduto o meno. Insomma, sapere di essere un ingrediente prezioso per un rituale del quale non conosceva nulla era spaventoso. Sarebbe arrivata al giorno di scadenza senza sapere cosa le sarebbe accaduto. Ma adesso… adesso che lo sapeva a cosa le sarebbe servito ? Non poteva evitarlo ugualmente o il bimbo sarebbe morto e lei non sarebbe mai riuscita a vivere in pace con se stessa.  

<< Bonnie ? Bonnie ? >> Stefan la stava chiamando a voce bassa, quasi avesse paura di poterle fare del male anche solo in quel modo.

<< Cosa c’è Stefan ? Abbiamo scoperto ciò che volevamo scoprire. Ehm… tutto qui. Se prima c’era l’illusione di una via di fuga ora so che non c’è. Ma almeno sono preparata. >> disse Bonnie con un sorriso di rassegnazione.

<< A cosa ? Alla morte ? >> le chiese Stefan con voce fredda.

<< Forse. C’è altro che potrei fare ? Stefan… se io provo, in un qualunque modo, a interrompere il legame, potrei far del male al bambino. Lei… probabilmente già sta cercando di fargli del male. >> disse Bonnie cercando di trattenere le lacrime.

<< Lei chi ? >> le chiese Stefan che non riusciva a capire di chi stesse parlando.

<< Di Sylvia. >> rispose Deborah al posto di Bonnie.

<< Sylvia ? Chi è questa persona ? Cosa ha a che fare con il rituale ? >> chiese Stefan.

Bonnie a quel punto seppe che non poteva più tirarsi indietro. Stefan meritava di sapere la verità. Anche se Stefan era cambiato moltissimo restava sempre il suo migliore amico, colui che in quei giorni si era preso cura di lei, l’unica persona di cui sentiva di potersi fidare ciecamente.

<< Stefan, io ti devo dire una cosa. >> disse guardandolo intensamente << Sylvia è… >>.
 
Non fece in tempo a finire la frase che un forte boato nelle vicinanze li fece sobbalzare.
 
<< Ma… ma che sta succedendo ? >> chiese Deborah aggrappandosi alla sedia a dondolo per non cadere.
 
<< Non… non lo so. Vado a vedere. Voi proteggetevi e restate in casa. >> disse Stefan alzandosi e dirigendosi verso l’uscita.
 
<< Non vuoi che venga con te ? >> gli chiese Bonnie alzandosi in piedi.
 
<< No. Tu devi restare qui, al sicuro, insieme a tua zia. Inoltre… non credo che ti abbia raccontato tutta la storia… ancora. >> disse Stefan guardando intensamente Deborah, che chinò il capo colpevole, << Per quanto riguarda la nostra chiacchierata… avremo tempo per farla. Ora vado. >>.
 
Dopo aver detto questo, Stefan uscì di casa. Sigillando la porta con un incantesimo di protezione, in modo che nessuno dall’esterno potesse entrare in casa. Quando si voltò, vide che poco distante da casa Mcculloug, Sapphire e Annabelle stavano combattendo l’una contro l’altra. “Maledetta”, pensò Stefan vedendo Annabelle. Senza alcuna esitazione si diresse verso le due streghe, intenzionato ad aiutare Sapphire.

<< Zaffira… dopo tutto questo tempo rimani un’avversaria interessante. >> commentò Annabelle.

Annabelle aveva il fiatone, oltre a un piccolo taglio sulla guancia e qualche taglietto lungo il braccio sinistro e un livido sotto il mento. Anche Sapphire cominciava a essere stanca, Annabelle era un’avversaria non sottovalutabile, anche se non sembrava, la loro differenza di età era meno di un secolo e la loro magia era quasi al pari livello. D’altronde, lei e la madre di Annabelle erano quasi cresciute insieme.

<< Che cosa ci troveresti d’interessante in me ? >> le chiese Sapphire con tono brusco.

<< Anche se cerchi di nasconderlo, sei un’avversaria più propensa a difendersi che ad attaccare. Seppur minima la differenza di forza è evidente che la tua mano destra è quella dominante e che, nonostante tutto questo tempo, hai dei problemi di controllo suoi tuoi attacchi, ti fai prendere dalle emozioni. Per questo preferisci difenderti dai miei attacchi o fare in modo di scagliarli nuovamente contro di me. Hai paura di perdere il controllo, perché io ti ricordo troppe cose. >> rispose Annabelle con un’espressione fredda.

<< Che cosa mi ricorderesti ? >>.

<< Mamma mi ha detto… che prima di essere cacciate dal luogo… tu e lei eravate amiche del cuore e mi ha detto che tu eri gelosa, perché lei aveva i poteri e tu no. Mi ricordo che quando poi vi siete riviste a Firenze, tu e lei vi siete scontrate e hai perso il controllo. Per poco non mi hai uccisa, ho ancora la cicatrice. >> confessò Annabelle , sollevando un po’ la treccia lunga, dove si poteva vedere una cicatrice che partiva dal collo per poi scendere verso il petto che era nascosto dal maglioncino rosso.

<< Fu un incidente, non volevo farti del male. >> rispose Sapphire con tono freddo e distaccato.

<< Mi hai fatto male comunque, mi hai negato la possibilità di essere felice. >> disse la ragazza con tono ugualmente freddo e distaccato.
 
<< E per questo mi hai sfidato ? Per parlare di inutili eventi del passato ? >>.
 
<< No. Volevo solamente sapere perché. Sono alquanto curiosa di saperlo >>.
 
<< Ti credevo morta, avrebbe atteso inutilmente in tuo ritorno. Lui meritava di essere felice. >> rispose Sapphire.
 
<< Chi meritava di essere felice ? >> chiese un’altra voce, fredda e distaccata come le prime due.
 
Sapphire e Annabelle cercarono di nascondere la loro sorpresa e mantennero le loro espressioni fredde e composte. In questo, quelle due si assomigliavano molto. Sapphire si voltò indietro, per guardare suo nipote che la spalleggiava contro Annabelle, piena di orgoglio. Dall’altro lato, Annabelle, guardava la scena con indifferenza e noia.
 
<< Stefan ? Che gioia rivederti >> gli disse Sapphire sorridendogli leggermente.
 
<< Ciao Saph. Ciao… Barbie Girl >> disse Stefan senza sorridere di conseguenza e fulminando Annabelle con lo sguardo.
 
Annabelle incassò senza ribattere. Sapphire cominciò a preoccuparsi. Quanto aveva sentito Stefan ? Era davvero arrivato il momento di dirgli la verità ? Avrebbe tanto voluto dirglielo in una situazione più tranquilla ma era sicura che Annabelle ne avrebbe approfittato per metterla con le spalle al muro.
 
<< Allora ? Chi è che meriterebbe di essere felice ? >> chiese Stefan oltrepassando Sapphire e guardando Annabelle con sfida.
 
Nessuna delle due pareva intenzionata a rispondere. Annabelle continuava a osservare Stefan con freddezza, poi attaccò schiantando il ragazzo contro un’auto parcheggiata lì vicino.
 
<< Ti ricorda qualcosa ? >> gli chiese Annabelle con un ghignetto.
 
“Maledetta”, pensò Sapphire prima scagliare un incantesimo contro Annabelle che tuttavia riuscì a difendersi. Stefan si rimise in piedi e stava per attaccare Annabelle quando qualcosa lo trattenne a terra. Alzò lo sguardò e vide che Juliet lo stava trattenendo a terra. Stefan riuscì a liberarsi dell’incantesimo e cominciò ad attaccarla, ma Juliet riusciva a difendersi dai suoi attacchi, seppur con un o’ di difficoltà.
 
<< Juliet, non ho niente contro di te ma ti consiglio di toglierti di mezzo >> l’avvisò Stefan.
 
<< Io invece ti consiglio di non provocarmi. Sarebbe un grave errore da parte tua. Non mi fai paura, con quegli occhi freddi come il ghiaccio. Sono ormai un’abitudine per me. >> gli rispose Juliet scagliandogli contro una sfera di fuoco.
 
“Sono stanco di queste sfere di fuoco”, pensò Stefan scagliando un fulmine contro Juliet, la quale prontamente lo evitò. Dall’altro lato, Annabelle e Sapphire avevano ripreso a combattere, ancora più selvaggiamente di prima. Usavano gli incantesimi più dolorosi e forti che conoscevano.
 
….
 
Nel frattempo, Bonnie stava osservando il combattimento, o almeno, quello che riusciva a vedere, la casa era abbastanza lontana e poi c’erano gli alberi del giardino che le coprivano la visuale. Sperava con tutto il cuore che Stefan stesse bene, non avrebbe sopportato l’idea che gli succedesse qualcosa a causa sua. Con un sospiro, si sedette sul divano e guardò intensamente sua zia.
 
<< Sono stanca che la gente abbia dei segreti con me. Voglio la verità, zia. Non voglio più che mi venga nascosto qualcosa >> affermò con durezza.
 
<< Bonnie… >> provò a dire sua zia.
 
<< No ! Sono stanca, non hai sentito ? Mi avete nascosto l’esistenza di un’altra sorella per tutta la vita ! Una sorella che adesso lotta per avere la mia testa su una picca ! >> sbottò Bonnie.
 
<< Non dire assurdità Bonnie, Sylvia è… >>.
 
<< Tornata, zia. Sylvia è tornata. >> preferì non dire tutta la verità su quel punto, non voleva mettere in pericolo sua zia più del necessario, << Ha trovato il modo e ora vuole uccidermi. Oltre a ciò credo che tu sappia che sarò io la prossima strega a essere uccisa nel rituale e saperlo implica, automaticamente, il fatto che tu sia obbligata ad aiutarmi. O sarai anche tu colpevole della mia morte ! >>.
 
Bonnie strinse i pugni, fino a conficcare le sue unghie nella carne, le mani le prudevano per la rabbia e aveva tanta voglia di urlare. Sua zia non osava alzare lo sguardo, come se si vergognasse. Questo prima probabilmente l’avrebbe fatta sentire in colpa ma adesso non più. Adesso doveva sapere la verità, doveva, o tutto quello che aveva passato il quei mesi sarebbe stato inutile.
 
<< E va bene, Bonnie. Calmati. Ora continuerò a raccontarti la storia dei De Verdant. Ascolta bene perché questa parte sarà importante per te e per il tuo amico. Forse la più importante. >>.
 
INIZIO RACCONTO
Anastasia e Michael erano ormai giunti all’età dell’adolescenza, avevano diciassette anni entrambi ed erano in procinto di compierne diciotto, Ana tra dieci mesi, Michael tra un mese e tre giorni. I due stavano camminando mano nella mano nel giardino del luogo, dopo aver fatto l’amore. I due erano molto innamorati, sebbene le famiglie di entrambi erano contro, per diverse ragioni, a quell’unione.
 
<< Michael, io ti amo. >> disse Anastasia prima di baciarlo.
 
<< Ti amo anche io, Ana. Tra un po’ sarò abbastanza grande per poterti sposare. Potrò finalmente chiedere a tuo padre la sua benedizione >> disse Michael baciandola ancora una volta.
 
<< Non vedo l’ora di poter essere completamente tua, Michael. Spero con tutto il cuore che mia madre non si intrometta, come al suo solito. >>.
 
<< Non può farlo, anche se volesse, deve capire che noi ci amiamo e che non ci potrà mai essere qualcuno migliore di me per te. Noi ci conosciamo da quando siamo bambini, siamo entrambi maghi e io sono una brava persona. >>.
 
<< Michael, non devi convincere me del tuo amore, lo sai. Tuo padre ancora non riesce ad accettarmi e non so perché. >>.
 
<< Mio padre ignoralo. Rivede in te la mamma e da quando è morta… beh… pretende che io sia infelice come lui. >>.
 
<< Prometti che… comunque vada, non mi abbandonerai mai. Promettimelo ! >> gli disse prendendogli le mani.
 
<< Te lo prometto. Lo prometto in nome del nostro e… >>, le toccò il grembo poi continuò a parlare <<… della famiglia che presto creeremo insieme >>.
 
Quando Michael, una compiuti i diciotto anni, chiese la benedizione di Frederick, la situazione cambiò totalmente. Frederick aveva categoricamente rifiutato di accettare di dare in sposa, la sua figlia preferita, al figlio di un mago che ormai non si reggeva più sulle sue gambe e che aveva il cattivo gusto si sbavare su sua moglie. Michael si arrabbiò a tal punto che sfidò Frederick in un duello, ma Frederick aveva un piano migliore e più perverso. Prese un rubino e ordinò a Michael di farlo diventare nero, se lui ce l’avrebbe fatta avrebbe potuto sposare Anastasia. Michael ce la fece, a quel punto Frederick fece brillare il rubino, avvicinandolo a una candela e il rubino cominciò a brillare di un rosso intenso. Diana a quel punto scoppiò in lacrime, mentre Frederick cominciò a ridere amaramente. Anastasia, le sorelle e Michael non riuscivano a capire ciò che stesse accadendo.
 
<< Mia cara figliola, lascia che ti dica una cosa. La nostra famiglia ha avuto origine dal sangue, dalla natura e dalla luce. Come i rubini, in un certo senso. Lo sai che… quest’abilità è tipica della mia famiglia ? Dico bene, Diana ? >> chiese Frederick guardando la moglie con uno sguardo pieno d’odio.
 
Diana scoppiò a piangere copiosamente, nascondendo il viso con le mani. Daphne e Helen andarono a consolarla. Anche Anastasia si alzò per andare a consolare la madre ma il padre la fermò.
 
<< Non sprecare per lei parole di conforto, figliola. Lei non lo merita e non ne ha bisogno. Presto, invece,  tu avrai bisogno di molto conforto e molto coraggio. Ti avevo detto di non consumare il tuo amore con questo giovane uomo, mia cara. Ti avevo detto che il frutto del vostro amore sarebbe stato condannato dalla natura e non mi sbagliavo. Vero, mia cara ? >> chiese Frederick alla moglie che continuava a piangere copiosamente.
 
<< Mi dispiace tanto Fred, mi dispiace tanto. Io non volevo, non volevo… ho commesso un errore… >> disse Diana mentre singhiozzava.
 
<< Mamma… di che cosa sta parlando papà ? >> chiese Anastasia.
 
<< Signora De Verdant… >> provò a dire Michael che stava cominciando, suo malgrado, a capire.
 
<< Diana, cerca di avere un po’ di dignità. Almeno adesso che è in gioco la felicità di nostra figlia e il benessere di nostra nipote >> la rimproverò Frederick con voce dura.
 
<< Michael… io sono tua madre. Mi dispiace tanto. Io… io ho fatto uno sbaglio. >>.
 
<< Di cosa sta parlando ? >> chiese Michael, desiderando ardentemente di non credere alle parole di quella donna, nonostante le prove evidenti.
 
<< Io e tuo padre abbiamo avuto una relazione, molto tempo fa. Quasi un anno prima della nascita di Anastasia, sei nato tu. Ho chiesto un favore alla sorella di una mia amica di aiutarmi a nascondere la gravidanza. Non volevo che Frederick lo scoprisse e non volevo ferire Annabelle, che anche se non è tua madre, ti ha cresciuto e ti ha amato lei. >> disse Diana.
 
<< Era tua amica… >> disse Michael sottovoce.
 
<< Mi dispia… >> tentò di dire Diana.

<< NON DIRE CHE TI DISPIACE !! NON OSARE !! ALZA LO SGUARDO E ABBI LA DECENZA DI AMMETTERE LE TUE COLPE !! TU HAI CONDANNATO NOSTRA FIGLIA ALL’INFELICITÀ !! >> urlò Frederick contro la moglie.
 
<< Mamma !! Come hai potuto ? >> chiese Anastasia mentre cominciava a piangere << E adesso cos’accadrà al mio bambino ? >>.
 
<< Niente, Anastasia. Non permetterò mai che un bambino snaturato nasca nella mia famiglia !! Per cui ora hai due scelte, mia cara.  O abortisci oppure daremo inizio al rituale ! >> urlò Frederick ormai in preda all’ira.
 
<< NO !! >> urlarono Michael, Diana e le altre due figlie.
 
Anastasia rimase pietrificata da quelle parole, non si aspettava che suo padre le avrebbe proposto una soluzione così drastica. Quasi d’istinto si toccò il ventre, come a voler proteggere quella creatura, che era ancora nata e già era stata condannata a essere infelice. Scappò via da quella , dove le sembrava di non essere più in grado di respirare, e corse verso il giardino, sperando di poter stare da sola per poter riflettere sul da farsi. Poco dopo, Michael la raggiunse. Era seduta sul prato e stava piangendo silenziosamente.
 
<< Michael… che cosa faremo adesso ? >> chiese Ana prendendo la mano al ragazzo, che l’allontanò subito.
 
Quel gesto la ferì. Michael l’aveva allontanata, proprio adesso che aveva tanto bisogno di lui. Proprio adesso che anche il loro bambino aveva bisogno di tutto il loro affetto. Lui non la guardava nemmeno, se ne stava seduto sul prato, lontano da lei  e guardava un punto indefinito davanti a lui.
 
<< Non c’è niente che possiamo fare. Non è colpa nostra, noi non lo sapevamo. Ora si. E dobbiamo porre un rimedio a tutto. >> le disse Michael con voce fredda.
 
<< Che cosa vorresti dire ? >> chiese Anastasia con le guance piene di lacrime.
 
<< Che ora ne siamo consapevoli e dobbiamo porre fine alla nostra relazione. Non possiamo fingere che ciò non sia vero. Siamo fratelli e da oggi dobbiamo stare l’uno lontano dall’altra. >> rispose Michael continuando a non guardarla.
 
<< Quindi mi vuoi abbandonare ? E questo che mi stai dicendo ? Tu non mi ami più ? >>.
 
<< Non dire eresie… Ana. Questa situazione mi strugge, sto soffrendo come mai prima d’ora ma non posso… non posso ignorare il sangue che ci accomuna, lo capisci o no ? È una cosa contro natura. >>.
 
<< Quindi anche io sarei una cosa contro natura ? È questo che mi stai dicendo ? >> urlò Anastasia, ferita profondamente dalle parole dell’amato, alzandosi in piedi.
 
<< Mi dispiace, Ana. >>.
 
<< Ti dispiace ? Mi hai appena detto che sono una cosa contro natura ! >>.
 
<< Mi riferivo alla relazione dei tuoi genitori ! >> urlò Michael alzandosi a sua volta in piedi.
 
<< Non è affatto diverso ! Io sono il frutto di quell’amore contro natura, perché dovrebbe essere diversa ? Perché nostro figlio dovrebbe essere diverso ? >>.
 
<< Infatti non è diverso. Noi non faremo il loro stesso errore. Tu sei d’accordo con me, no ? Non hai intenzione di condannare un povero innocente per i nostri errori, vero ? >> chiese Michael guardandola per la prima volta, quasi implorandola di essere d’accordo con lui.
 
<< Quindi è questo che tuo figlio è diventato per te ? Un errore ? Sei un codardo, non riesci neanche a guardarmi ! >> urlò Anastasia dandogli le spalle.
 
<< Che cosa vuoi che ti dica, Ana ? >>.
 
<< NON CHIAMARMI ANA !! NON OSARE !! >> urlò la ragazza.
 
<< Ana, non urlare. Non sai quanto sia difficile per me. >>.
 
<< Per te ? Perché pensi che per me sia semplice da accettare tutto questo ? Ho da poco scoperto che l’uomo della mai vita è mio fratello e  anche un codardo che vuole uccidere il mio bambino senza pietà. >>
 
<< Mi dispiace tanto, Ana. >>.
 
A quel punto Michael si voltò e si diresse verso l’uscita di Neverland, Anastasia lo inseguì. Sapeva che se Michael avrebbe attraversato quel portale non lo avrebbe visto mai più. Ma arrivò il padre che la fermò. Anastasia urlò il nome di Michael con tutta la forza dei suoi polmoni, cercando di non farlo andare via.
 
<< AVEVI PROMESSO CHE NON MI AVRESTI MAI ABBANDONATA !! >> urlò Anastasia mentre cercava di liberarsi dalla presa ferrea del padre.
 
Michael si voltò un’ultima volta verso di lei, adesso anche lui aveva cominciato a piangere. Aveva le guance bagnate, il viso pallido, gli occhi spenti. La guardava, tuttavia senza vederla realmente. Sembrava quasi che la stesse pregando di lasciarlo andare, libero, di non coinvolgerlo in quella storia, di lasciarlo essere felice e di perdonarlo. Dopo le diede le spalle e oltrepassò il varco, sparendo per sempre da Neverland e dalla vita di Anastasia, senza prendere niente dalla sua camera, abbandonando anche il padre, che lo aveva tanto amato nonostante non fosse figlio suo.
 
<< Non preoccuparti, cara. È solo un codardo e non merita di far parte della sua vita. Ora dobbiamo pensare al bambino e alla splendida vita che vivrà. >> disse Frederick abbracciando la figlia.
 
Da quel momento, padre e figlia si allearono per ottenere la loro vendetta. Quando la guerra tra le creature della notte scoppiò, i due fecero in modo di far accusare la loro famiglia di tradimento. Solo che al posto di Frederick e Anastasia, fecero uccidere il signor Von Gruer, il padre di Michael e Rosalia Jewle, la madre della migliore amica di Anastasia, Zaffira. Ciò era necessario affinché le creature della notte non li cercassero più. Dopo pochi mesi dalla loro fuga, nacque una bellissima bambina che Anastasia chiamò Annabelle.  Frederick andò a vivere insieme alla figlia nella Dimensione Oscura e lì, dopo aver approfondito le sue conoscenze magiche, insegnò alla figlia tutti gli incantesimi di reincarnazione che conosceva. Tuttavia, Frederick cambiò molto, divenne un uomo oscuro e malvagio, che usava la sua magia come arma per le sue prepotenze, anche nei confronti della figlia. Nella Dimensione Oscura incontrò anche un’altra donna, con cui creò un’altra famiglia, in modo da poter continuare la discendenza dei De Verdant. Anastasia non ebbe una vita semplice nella Dimensione Oscura, aveva una figlia a cui badare, un sacco di incantesimi da imparare e inoltre doveva difendersi dalle angherie delle altre creature che conoscevano le sue “origini discutibili”. Suo padre non le era d’aiuto, così lei scappò via da lui e tornò nel mondo degli uomini con sua figlia. Tornò dopo molto tempo nella Dimensione Oscura e lì incontrò il suo attuale marito, Albert. Albert era un lontano discendente della “seconda famiglia” di Frederick, il quale continuava ad avere un’orrenda reputazione persino nella Dimensione Oscura e che aveva privato Albert di un’infanzia felice a causa dei suoi legami di parentela. Lui e Anastasia si sposarono, sancendo un’alleanza e insieme uccisero Frederick.
 
<< Tradito… ancora una volta… dal sangue del mio sangue. Perché figli miei ? >> chiese loro Frederick in punto di morte.
 
<< Non sono tuo figlio >> ringhiò Albert.
 
<< Oh… certo che no. Disprezzi a tal punto tuo padre da aver distrutto ogni legame sanguineo con me. Vergognati. >> gli disse Frederick con disprezzo.
 
<< Non lo biasimerei per questo. Sei stato un pessimo figlio, un pessimo marito e un pessimo padre. Tu non mi avresti mai amata se non fossi nata con i poteri, altrimenti adesso sarei stata bruciata sul rogo, insieme alle mie sorelle. Ma ora tu non mi farai più del male, ora potrò essere libera. >> disse Anastasia.
 
<< Libera ? Di fare cosa ? Vuoi andare a inseguire il tuo patetico sogno d’amore con quello sguattero di Michael ? Quel codardo che ha abbandonato te e tua figlia ? >> chiese Frederick con la voce piena di odio.
 
<>.
 
Dopo quell’episodio, non si sentì parlare per molto tempo di Anastasia e di Albert fino quando non sono giunti a Fell’s Church, ma tu questa storia già la conosci.
 
FINE RACCONTO – PARTE SECONDA.
 

 
Sylvia, da dentro il corpo di Bonnie, aveva ascoltato tutto. Sorrise, era finalmente giunto il suo momento. Adesso anche lei avrebbe potuto ottenere quello che voleva. La sua vendetta era, ufficialmente, iniziata.

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Capitolo 20
*** Sylvia's return ***


SYLVIA'S RETURN 

“È giunto il momento”.
 
Bonnie sentì quel sibilo nella sua testa e cominciò a preoccuparsi. Sapeva chi stava parlando, non potevano esserci dubbi al riguardo. Sylvia, ormai era diventata più forte di lei. Era pronta ad uscire dal suo corpo.
 
“Grazie Bonnie, qualcosa di buono nella vita lo hai fatto anche tu”.
 
Cercò di reprimere inutilmente le lacrime, ma ormai non aveva perso ogni speranza. Stava perdendo la sua partita, pezzo dopo pezzo, giorno dopo giorno. Sylvia alla fine era riuscita a indebolirla e a diventare forte a tal punto che ormai non aveva più bisogno di usare il suo corpo come protezione. 
 
“Ora sentirai un po’ di dolore, ma non preoccuparti, ne varrà la pena. Presto riabbraccerai la tua sorellina”.
 
A quel punto il corpo di Bonnie di illuminò di una luce violetta. La ragazza cominciò ad urlare, mentre cominciava a sentire un forte dolore per tutto il corpo. Le lacrime scendevano copiose lungo le sue guance, il corpo cominciò a tremare e Deborah, che stava assistendo alla scena, cominciò a spaventarsi.
 
<< Bonnie, Bonnie che sta succedendo ? >> le chiese urlando.
 
Bonnie però non rispondeva, continuava ad urlare in preda al dolore e il suo corpo si faceva sempre più luminoso. Cominciò a perdere sangue dalle labbra e anche dagli occhi. Piangeva ormai lacrime di sangue e ormai in niente riusciva più a trovare alcun conforto. Quel dolore durò per un tempo che le parve infinito fino a quando poi la luce che avvolgeva il suo corpo illuminò l’intera abitazione, attirando l’attenzione anche di coloro che stavano combattendo fuori.
 
<< Bonnie… >> disse Stefan osservando la luce.
 
<< Stefan ? Vai da lei, di loro due mi occupo io. >> gli disse Sapphire poggiandogli una mano sulla spalla per incitarlo.
 
Stefan annuì, poi si diresse di corsa verso l’abitazione. Nel frattempo, la luce, così com’era comparsa, scomparve pochi secondi dopo. Rivelando una Bonnie priva di sensi sul divano, con dei rivoli di sangue che le scivolavano dalla bocca e le lacrime di sangue che le bagnavano le guance. Sul pavimento invece, c’era una ragazza con i capelli lunghi, ricci e scuri, la pelle chiara e gli occhi scuri, sui diciassette o i diciotto anni. Indossava una camicetta rosa carne, con i pantaloni neri aderenti e degli stivaletti neri anch’essi.
 
<< Sylvia… com’è possibile… ? >> chiese Deborah guardando la ragazza come se non credesse a ciò che i suoi occhi vedevano.
 
<< Ciao zia Deborah. Sono così felice di vederti. Ti sono mancata ? >> chiese Sylvia con un ghigno poco affidabile.
 
<< Che cosa vuoi Sylvia ? >>.
 
<< Non ne hai idea ? Eppure dovresti capirlo con facilità. Mi hai cresciuta tu, in un certo senso. Dovresti conoscermi meglio di chiunque altro. >> disse Sylvia bloccando la zia sulla sedia a dondolo.
 
<< Cosa… cosa vuoi fare  ? >> chiese Deborah impossibilitata a muoversi.
 
<< Voglio solo fare due chiacchiere. Ti va ? >> disse Sylvia prendendo una sedia e sedendosi di fronte alla zia.
 
<< L’amico di Bonnie arriverà presto. >>.
 
<< Non credo che arriverà poi così presto. Là fuori si sta, letteralmente, scatenando l’inferno, inoltre, ho fatto un piccolo contro incantesimo alla porta. Stefan Salvatore dovrò prima scioglierlo e nel frattempo… io e te avremo tutto il tempo per fare un breve viaggio nei nostri ricordi. >> disse Sylvia incrociando le braccia al petto.
 
Deborah non perdeva di vista la nipote neanche per un secondo, sapeva cosa aveva intenzione di fare, sapeva che molto probabilmente non sarebbe uscita viva dopo quella “chiacchierata”. Riconosceva perfettamente la follia e la rabbia nei suoi occhi, il piacere che provava nel vederla legata a quella sedia, indifesa, con gli occhi impauriti. Sua nipote era diventata pericolosa, non solo per se stessa ma anche per Bonnie. Lei lo sapeva, lo sapevano tutti in famiglia per questo avevano fatto di tutto affinché Bonnie non scoprisse mai la verità su Sylvia. Tutti sapevano che Sylvia avrebbe provato a farle del male per farla pagare a tutti loro.
 
<< Ricordo perfettamente quella sedia a dondolo, quando Rosalie era più piccola le piaceva tanto sedersi su quella sedia e dondolarsi per ore. Tu poi ti sedevi sul divano e mentre lavoravi a maglia le raccontavi delle storie delle storie. E io stavo seduta sulle scale a guardare quei pochi istanti di tranquillità, pochi rispetto a una vita di oscurità dal quale non potrete salvarmi più. Nessuno di voi.  >>.
 
INIZIO FLASHBACK
 
Era il giorno della vigilia di Natale. Due bambine ridevano e scherzavano sedute sulla sedia a dondolo, erano così piccole che riuscivano a stare sedute entrambe sulla sedia. Una aveva i capelli e gli occhi scuri, l’altra aveva i capelli mori e gli occhi grigi. Erano coperte con un caldo plaid e tenevano un libro in mano. Sul divano erano sedute Deborah e la signora McLachlan, che chiacchieravano allegramente e sulle scale, lì vicino, c’era una bambina con i capelli ricci e gli occhi scuri, che spiava da lontano quella scena. Stringeva al petto un coniglietto al quale mancava un occhio e con un orecchio scucito. A un certo punto la signora McLachlan annunciò che voleva andare a fare compere con Mary e che sarebbero tornare a casa tra un po’. Quando Deborah accompagnò la signora McLachlan e Mary alla porta, Deborah si voltò verso le scale e rivolse a quella bambina, con lo sguardo spento, uno sguardo severo e preoccupato. Quando poi le due ospiti uscirono, Deborah si rivolse alla bambina.
 
<< Quante volte, Sylvia, ti dovrò dire che non puoi uscire dalla tua camera quando abbiamo ospiti ? Vai, immediatamente in camera tua hai capito ??? >>.
 
La bambina non le rispose. Semplicemente stette lì a fissare con indifferenza la donna per qualche minuto. Poi Rosalie le venne incontro, le prese la mano e insieme andarono nella stanza di Sylvia. La stanza era piccola, con le pareti spoglie. C’era un letto con le lenzuola bianche, un cassettone in legno chiaro, una piccola scrivania e una sedia a dondolo. Non c’erano né giocattoli, né libri, né alcun oggetto che potesse suggerire che quella stanza appartenesse a una bambina piccola.
 
<< Sissy >> Rosalie la chiamava sempre con quel diminutivo << Sissy, perché fai sempre arrabbiare la mamma ? >> chiese con quegli occhi pieni di ingenuità.
 
<< Perché qui mi annoio. Sono sempre sola, a volte è bello vedere qualche volto che non sia il tuo o quello della zia. >> rispose Sylvia sedendosi sulla sedia a dondolo.
 
<< Domani ti porterò un altro libro. La mamma mi ha dato il permesso >>.
 
<< Allora non lo voglio. >> urlò la bambina mettendo su il broncio.
 
<< Sylvia, ti prego non fare così. >> la pregò Rosalie.
 
<< Rose, almeno tu, non dirmi come mi devo comportare. >> borbottò ancora Sylvia.
 
Rosalie si alzò dal letto poi si incamminò verso l’uscita.
 
<< Tra un po’, la zia tornerà con Mary. Se non vuoi essere esclusa da un’altra lezione di magia, ti conviene fare la brava. Odio studiare da sola. >>.
 
<< Può studiare Mary con te. >> ribatté Sylvia acida.
 
<< Sissy, Mary non ha alcun potere e poi lo sai che sei tu la mia cugina preferita. >>.
 
Dopo aver detto ciò, Rosalie si avvicinò di nuovo a Sylvia e l’abbracciò. Sylvia ricambiò l’abbraccio in maniera abbastanza goffa, non era abituata ai gesti come quello. Era abituata solo agli strattoni violenti di zia Deborah quando la beccava fuori dalla stanza, o ai rimproveri di sua madre e sua nonna quando sbagliava ad eseguire un incantesimo. Raramente le facevano qualche carezza e comunque Sylvia le riteneva prive di ogni valore dato che duravano quanto un battito di ciglia, poi entrambe erano pronte a voltarle le spalle e a lasciarla alle cure maldestre della zia. Ora sua nonna stava con Bonnie al parco lì vicino. Bonnie… l’ultima volta che era riuscita a vederla era un orrendo scricchiolo con dei ricci rossi e gli occhi grandi a palla. Non l’aveva sopportata sin dalla prima volta in cui l’aveva vista. La irritava tutto di sua sorella, a partire da quei ridicoli capelli rossi fino alla sua risata stridula. Perché lei e Mary potevano godere dell’amore della mamma e della nonna ? Perché lei era costretta a giacere in quella specie di ripostiglio buoi e spoglio ? Perché a lei, le persone che avrebbero dovuto amarla di più al mondo, sapevano solo voltare le spalle ? Perché non potevano semplicemente amarla come amavano Mary e Bonnie ? Perché ? Perché ?? Perché ???
 
 
FINE FLASHBACK.
 
<< Eri di una noia mortale, sai ? Non mi lasciavi mai in pace, mi facevi sempre mancare il respiro. Ogni volta che ti vedevo mi veniva la nausea e l’unica cosa che rendeva meno infelici e misere le mie giornate era Rosalie. Lei era la mia unica e vera amica. Ma adesso è morta, ed è tutta colpa sua >> disse Sylvia guardando Bonnie con odio.
 
<< Che… cosa… come ? Rose è… è ? >> chiese Deborah mentre cominciava a piangere.
 
<< È morta, a causa della tua stupidità. Lei era una brava persona… saresti dovuta morire tu al suo posto. Ma ora non piangere… >> disse Sylvia alzandosi e asciugando con un dito le lacrime sulla guancia destra della zia << … Ti posso assicurare che incontrerai tua figlia molto presto. In questo sarai più fortunata, la rivedrai prima di me. >> concluse con un ringhio.
 
Detto questo si avvicinò a Bonnie e le pulì le lacrime di sangue dalle guance.
 
<< Mmm… povero tesorino. Vorresti che il tuo Damon fosse qui vero ? >> chiese Sylvia con scherno.
 
<< Sylvia… ti prego, non farle del male. Lei non c’entra niente con quello che ti è capitato >>.
 
Sylvia rise, poi disse << Lei non c’entra niente ? Ne sei sicura ? Non è per lei che io sono stata rinchiusa nel tuo ripostiglio per diciotto anni della mia vita ? >>.
 
<< Prima di tutto non era un ripostiglio, qualunque cosa tu avresti desiderato io ero disposta a comprartela. Ma ogni volta che io ti regalavo qualcosa tu la rompevi, molto probabilmente per farmi dispetto. L’unica cosa che trattavi con cura era il Grimorio. Trattavi male me, mio marito, la mamma quando veniva a trovarti. Sei sempre stata una bambina pestifera e irrispettosa. >>.
 
<< Molto probabilmente perché tu non mi hai mai fatto sentire amata. Se io sono sprofondata nelle tenebre è perché sentivo il bisogno di proteggermi e di sentirmi forte. Non potevo avere l’amore di mia madre, non potevo essere libera, non avevo una vita, volevo almeno il potere. Solo con il potere avrei potuto avere quello che volevo. >>.
 
<< E che cosa vorresti  ? >>.
 
Sylvia la guardò intensamente, poi le si avvicinò di nuovo.
 
<< La tua testa >>.
 
Dopo aver detto ciò, con un incantesimo le tagliò la testa, la quale rotolò poi sul pavimento. Sylvia la guardò con un sorrisetto soddisfatto, poi la calpestò con tutte la forza che possedeva. Da quanto tempo desiderava liberarsi di quella troia…
Ora, poteva concentrarsi sulla sua priorità, Bonnie. Nessuno poteva immaginare cosa stesse provando in quel momento, la felicità e la soddisfazione nel vedere sua sorella ridotta in quelle condizioni. Se avesse dato retta all’istino molto probabilmente avrebbe ucciso sua sorella lì, in quel momento, senza pensarci due volte. Ma aveva un progetto molto più grande e soddisfacente in mente. Un progetto che era convinta sarebbe piaciuta anche a Bonnie.
 

 
Damon ormai non aveva più forze. Non sentiva più né i polsi né le gambe e a malapena riusciva a tenere gli occhi aperti. A malapena riuscì a sentire il rumore dell’apertura delle porte dell’ascensore nell’ufficio di quella megera dai capelli blu.
 
<< Ciao, lei è il signor Salvatore Damon. Mi ricordo di lei >> le disse una voce femminile.
 
Damon alzò lo sguardo e la osservò, in quel momento per poco il suo cuore non perse un battito. Quella ragazza era così simile alla sua Streghetta…
Aveva i suoi stessi bellissimi ricci rossi, la pelle candida, gli occhi scuri e l’espressione gentile.
 
<< Chi… chi sei ? >> le chiese con non poca fatica.
 
<< Mi chiamo Magdalene. Lavoro per miss Mon Bijou da molto tempo e mi è stato chiesto di liberarla. >> disse Magdalene avvicinandosi a Damon.
 
<< Perché mi dai del lei ? >>.
 
<< Perché io sono abituata a rapportarmi con le persone in questo modo riverenziale. Le da fastidio ? >> chiese come se temesse di aver disturbato il vampiro.
 
<< No. >> rispose semplicemente Damon.
 
<< Resista ancora pochi secondi. Ora la libererò e poi mi prenderò cura di lei. Madame Mon Bijou mi ha detto che avrà bisogno di forze prima di andare. >>.
 
<< Quella vecchia megera si preoccupa per me ? >> chiese Damon con ironia. 
 
Magdalene sorrise, poi liberò Damon il quale cadde sul pavimento senza avere la forza di mettersi in piedi. La strega gli sorrise, poi gli prese un braccio e lo mise intorno alle spalle aiutandolo a mettersi in piedi. Lo fece sedere sul divano con tirò su la manica della camicia bianca della divisa e gli porse il suo braccio.
 
<< Bevi, come ho detto, avrai bisogno di molte energie tra poco >>.
 
Damon le prese il polso, cercando di non essere troppo brutale. Lentamente avvicinò le labbra a quella pelle pallida e morbida. Penetrò il polso con i canini lentamente, per non farle male. Di solito non si curava molto della bestialità con cui si nutriva delle sue prede ma quella giovane era diversa, gli rammentava la sua streghetta, gli rammentava il candore e la morbidezza della sua pelle, persino il suo sangue era simile a quello di Bonnie, non era dolce come il suo, non era dolce come il miele, ma era qualcosa di simile.
 
<< Va bene, questo le basterà. Ora è meglio che lei si sbrighi. Madame Mon Bijou sembrava molto turbata quando ore fa si è recata da me. Dovrà stare molto attento. >> disse Magdalene dopo aver allontanato il polso dalle labbra di Damon e avvicinandosi allo stesso specchio che aveva utilizzato prima Sapphire.
 
<< Qui dentro siete tutti in grado di utilizzare gli specchi come portali ? >> chiese Damon avvicinandosi allo specchio.
 
<< Non proprio. Viaggiare attraverso gli specchi non è facile come può sembrare. Sembra che non sia così ma oltre gli specchi esistono altre realtà che possono far paura, che possono farti perdere la strada. Ma adesso non voglio annoiarla, inoltre, come ho detto prima, lei deve sbrigarsi. >>.
 
Magdalene, imitando i gesti di Sapphire, cercò di aprire un portale attraverso lo specchio, ma sembrava in difficoltà. Qualsiasi suo tentativo sembrava andare a vuoto.
 
<< Cosa succede ? Non riesci ad aprire un portare ? >> le chiese Damon dopo l’ennesimo tentativo.
 
<< No, qualcosa dall’altra parte me lo impedisce. Un incantesimo molto potente. Non riesco a scioglierlo >> rispose la ragazza dirigendosi verso la scrivania di Sapphire, dove sopra c’era il Grimorio.
 
<< Quindi cosa pensi di fare ? >> chiese Damon avvicinandosi a lei.
 
<< Trovare una soluzione, o al massimo un’alternativa. Ho un brutto presentimento inoltre ho avuto una visione che non mi è piaciuta per niente. >> rispose la strega continuando a sfogliare le pagine del Grimorio.
 
<< Aspetta tu puoi avere visioni ? >>.
 
<< Si, e no ho vista una molto, molto brutta. Dobbiamo sbrigarci. >>
 
Damon non la interruppe più. Se la situazione era davvero così critica, era inutile perdere altro tempo. Ultimamente non aveva fatto altro che rendersi ridicolo agli occhi di tutti, non aveva alcuna intenzione di complicare ulteriormente la situazione. Per una volta, voleva davvero rendersi utile. Non voleva più essere il giullare della situazione. Avrebbe ripreso la sua streghetta e avrebbe cercato di aggiustare il rapporto con Stefan, sperando che non fosse troppo tardi per entrambe le cose.
 

 
Annabelle era ormai stanca di combattere contro Sapphire, era diventata una rappresaglia inutile e lei quelle cose preferiva lasciarle a sua madre, la quale era sempre troppo fissata con il passato per lasciar perdere questo tipo di scemenze. Inviò un messaggio a Lorence, per dirgli di tenersi pronto ad intervenire, ormai mancava poco.
 
<< Juliet, è inutile continuare a combattere, è una rappresaglia inutile >> disse Annabelle alla sorella.
 
<< Sono d’accordo. È inutile continuare a perdere tempo. >> concordò Juliet.
 
Sapphire aveva pensato di approfittare di quell’attimo di distrazione delle due sorelle per poter attaccare ma le sue braccia furono bloccate da delle corde di fuoco che non riusciva a spezzare.
 
<< Ma cosa… >> esclamò Sapphire osservando quelle corde infuocate.
 
<< Sei caduta nella nostra trappola, non ti libererai in fretta da quelle corde. >> le disse Annabelle avvicinandosi a lei.
 
<< Cosa hai intenzione di fare ? >> chiese Sapphire, sebbene sapesse perfettamente che cosa Annabelle avesse in serbo per lei.
 
<< Vedrai, sarà uno spettacolo entusiasmante >> le disse Juliet facendole l’occhiolino.
 
Nel frattempo, Sylvia, la quale stava ancora in casa, dopo aver lanciato un ultimo sguardo di disprezzo a Bonnie, si incamminò verso l’uscita. Quando fu dinanzi alla porta, prese in mano il pomello e sciolse l’incantesimo per poi aprire la porta. Stefan Salvatore era ancora dall’altro lato e quando la vide la osservò, non senza un po’ di confusione e curiosità.
 
<< Chi… chi sei tu ? >> chiese Stefan guardandola con confusione.
 
<< L’importante non è chi sia io. In questo momento ti dovresti preoccupare di più di cosa sto per fare >> rispose Sylvia con un ghigno.
 
<< Perché ? Cosa stai per fare ? >> chiese Stefan cominciando a pensare al peggio.
 
<< Perché spiegartelo… quando te lo posso mostrare. >>.
 
Dopo aver detto questo, prese tra le mani il viso del vampiro e lo baciò. Stefan capì subito che quello non era un bacio normale, ma tramite quel bacio gli stava mostrando dei ricordi. Immagini di Bonnie in quei mesi, i suoi pensieri, le sue paure, eventi che lei aveva vissuto. Il matrimonio, il rapimento, i giorni passati in quel luogo misterioso. Ma ora vedeva un altro ricordo, ma capì subito che quello non era di Bonnie.
NEL RICORDO…
 
Stefan era dentro una camera da letto abbastanza grande, con le pareti di un azzurro chiaro, con i mobili in legno bianco e un letto a una piazza e mezzo con un piumone con i cigni. Sulle pareti erano stati appesi diversi disegni e fotografie.
“Ma questa è…”, pensò Stefan riconoscendo una ragazza in una fotografia. Quella era la stanza di Rosalie, ma com’era possibile ? Continuò a guardarsi in giro fino e si avvicinò a una piccola scrivania vicino al letto. Lì vie un prece, dove c’era la foto di quella strana ragazza che gli stava mostrando il ricordo. Incuriosito, cercò ingenuamente di prendere il prece per poter vedere se c’era scritto il nome sul retro, ma quando la sua mano lo oltrepassò non ne fu molto sorpreso. Quello era un ricordo, non un’illusione che poteva sembrare reale o un’altra dimensione. I ricordi a volte non erano più reali dei sogni, questo lo aveva letto nel Grimorio di Sapphire.
 
<< Hai paura Stefan Salvatore ? >> gli chiese una voce che sembrava lontana.
 
<< Dove sei ? Perché mi stai mostrando tutto questo ? >> chiese Stefan guardandosi intorno, sperando di trovare quella strana ragazza.
 
<< Affinché tu capisca, affinché tu veda. Era inutile mostrarlo a Bonnie, lei non avrebbe capito. Ma forse potrai capirmi tu e capire in tempo, che stai combattendo per le persone e le cause sbagliate. >> rispose la ragazza, continuando a celarsi ai suoi occhi.
 
<< Cosa vuoi dire ? >>.
 
<< Voltati >>.
 
Stefan si voltò e finalmente la vide. Vide Rosalie, seduta davanti alla toilette, i capelli scuri che le scendevano lisci lungo la schiena. Indossava una canottiera bianca e una gonna di jeans. Teneva una mano poggiata sullo specchio della toilette e pareva che stesse aspettando qualcuno. Osservando il suo riflesso, Stefan notò che era più giovane di quando l’aveva incontrata. In quel ricordo avrà avuto al massimo diciannove anni. Aveva il volto stanco, occhiaie evidenti e il colorito pallido. Al collo indossava una collana con un ciondolo a forma di rombo.
 
<< Ti prego, Sylvia. Ti prego, fa che abbia funzionato >> disse Rosalie al suo riflesso.
 
Stefan la osservava senza capire. Poi a un certo punto lo specchio cominciò a brillare e dall’altra parte del riflesso apparve la ragazza, che aveva appena scoperto chiamarsi Sylvia.
 
<< Sylvia ! Allora ha funzionato ! >> esclamò Rosalie con allegria.
 
<< Te lo avevo detto. Devi avere più fiducia nelle tue capacità. >> le disse la ragazza nello specchio.
 
<< Beh… mamma non giova alla mia autostima, ma non importa. Ora c’è una speranza che tu possa tornare indietro. >>.
<< Non ancora. Non possiamo stare tranquille. Qui, in casa tua, non sono al sicuro. >>.
 
<< Perché dici così ? >>.
 
<< Perché, sebbene non abbia più un corpo, emano ancora un’aura piuttosto forte e c’è il rischio che zia Debh mi scopra. Nascondermi in un oggetto non è sicuro per me. Ho bisogno di un corpo, un corpo con un’aura altrettanto potente che sia in grado di celare la mia. >>.
 
<< Immagino, conoscendoti, che tu abbia già in mente qualcuno >> disse Rosalie picchiettando le dita sullo specchio.
 
<< Immagini bene. Ho una candidata perfetta in mente, Bonnie. Cosa ne pensi ? >> chiese Sylvia con un ghigno.
 
<< Penso che sia un’idea rischiosa, almeno per ora. Io consiglio di aspettare la morte della nonna, prima di agire. Tua madre ha passato troppo poco tempo con te, non saprebbe riconoscere la tua aura ma tua nonna… tua nonna ti scoprirebbe subito >> ribatté Rosalie saggiamente.
 
<< Vero. Ma non ho intenzione di aspettare troppo. Voglio indietro la mia vita, Rose.  Anzi, voglio una vita. >>.
 
<< Lo so, ma se sicura che… insomma, Bonnie è… >>.
 
<< Perfetta !! Bonnie è perfetta !! Non osare farti tutti questi inutili scrupoli ora !!! Non osare abbandonarmi anche tu !! >> urlò Sylvia da dentro lo specchio.
 
<< Non ho intenzione di abbandonarti, ma non voglio neanche essere avventata. La nonna può essere molto pericolosa per noi. Bonnie, ancora non sa… non ha idea delle cose che può fare, di quello che è in realtà. Non ha ancora un’aura tutta sua. L’avrà, presto, ma non ce l’ha ora. >> disse Rosalie con pazienza.
 
Stefan ascoltava allibito quella conversazione e si sentì il più cretino dei cretini. Ormai aveva esaurito le dite di entrambe le mani per poter contare tutte le persone che lo avevano manipolato nella sua vita. Rosalie adesso era una di loro. “Devo proteggere Bonnie, ho bisogno di saperla al sicuro”, pensò Stefan scimmiottando mentalmente la voce di Rosalie. “Bastarda”, pensò. Non aveva altre parole da esprimere. Meno male che non aveva il suo cuore o era sicuro che sarebbe esploso di rabbia dopo tutte le cose gli erano capitate in quei giorni. In quegli ultimi mesi gli erano capitate le sventure che non gli erano capitate in tutti gli anni della sua via da vampiro. Che schifo ! Dovette ammettere che forse Damon non aveva tutti i torti quando lo prendeva in giro per la sua ingenuità.
 
<< Hai un piano ? Sai che odio aspettare troppo. >>.
 
<< Si. Ho avuto una proposta interessante che possiamo sfruttare a nostro vantaggio. >>.
 
<< Una proposta ? E da chi ? >>.
 
<< Anastasia De Verdant. Lei vuole un altro bambino e Bonnie sarà l’ingrediente essenziale per il suo nuovo sortilegio. Quando lei comincerà ad attuare il suo piano, noi attueremo il nostro. >>.
 
<< Non dovresti fidarti di Anastasia De Verdant. Lei è… >>.
 
<< Alla ricerca di una che prenderà il tuo posto. Bonnie è perfetta per il rito, se ci pensi bene. Sarà uno scambio con la morte, una vita per una vita. Nel momento in cui Bonnie morirà per il sortilegio, tu tornerai in vita. Inoltre, il bambino dei De Verdant non è affar nostro. Giusto ? >>.
 
<< Certo che no. Anastasia e la sua dannata famiglia mi hanno già rovinato abbastanza la vita. Ora è il momento di pensare a come riprendermi la mia vita. >>.
 
Rosalie annuì, poi l’immagine nello specchio svanì. Deborah stava salendo in camera della figlia, probabilmente avrebbe voluto parlarle di Sylvia ma Stefan non lo seppe mai. Lo scenario intorno a lui cambiò e all’improvviso si ritrovò davanti alla porta di casa di Bonnie. Per terra, sul pianerottolo, davanti alla porta d’ingresso c’era un pacco. Stefan si avvicinò per osservarlo meglio. Il pacco era completamente bianco, c’era solo un bigliettino con su scritto “For Bonnie”. A quel punto Stefan capì perfettamente chi lo avesse spedito. A un certo punto la porta d’ingresso si aprì e uscì Bonnie. La ragazza indossava un vestito bianco, che arrivava poco più in su del ginocchio, i ricci rossi erano legati in una crocchia e i piedi erano scalzi. Da com’era vestita, molto probabilmente tutto ciò era accaduto durante un periodo o primaverile o estivo. La Bonnie della visione si inginocchiò e prese il pacco. Prese il bigliettino e lo guardò attentamente, cercando di vedere se ci fosse un nome o qualunque indizio che la potesse aiutare a scoprire chi fosse il mittente. Quando si rese conto che il pacco era completamente bianco se non per quel fogliettino, decise di rientrare in casa. Stefan la seguì, essendo una visione poté oltrepassare la porta senza difficoltà. Seguì Bonnie fino alla sua camera. La sua camera era un po’ in disordine, sul letto c’erano un sacco di custodie per cd, delle quali alcune erano vuote, poi c’erano anche dei peluche. Sul comodino vicino al letto c’erano diversi braccialetti e collane, che Stefan mai le aveva visto indosso. Bonnie si sedette davanti alla scrivania e posò il pacchetto. Lo aprì e all’interno vide una collana. Era un cordoncino nero, con un ciondolo, che sembrava fatto a mano, a forma di rombo, blu scuro, con un cuore disegnato al centro. Stefan la riconobbe subito, anzi, adesso aveva anche potuto osservarla meglio, era la collana che Rosalie aveva al collo nell’altro ricordo. Bonnie la osservò attentamente, poi sorrise. La indossò e quello fu l’inizio dei suoi guai.
 
FUORI DAL RICORDO.
 
 
Stefan finalmente fu fuori dai ricordi di Sylvia, che adesso lo osservava con un’espressione attenta. Non sapeva perché, ma qualcosa gli diceva che non doveva assolutamente fidarsi di quella ragazza. 
 
<< Mi dispiace. Il mio piano era molto più semplice e il mio obbiettivo era uno solo. È ancora uno solo. Ma stiamo combattendo una guerra, e una guerra… non è tale senza vittime. >> disse Sylvia.
 
<< ORA LORENCE !! >> urlò Annabelle.
 
Stefan, senza aver neanche il tempo di potersi difendere, fu bloccato da delle corde di fuoco che lo immobilizzarono.
 
<< Ma che… >> disse Stefan cercando di liberarsi.
 
<< Mettiti comodo Stefan. Stai per assistere a uno spettacolo che non dimenticherai. >> gli disse Juliet con un ghigno maligno.
 
<< Voi perdete pure tempo in questo modo. Io e Lorence torniamo a casa >> disse Annabelle scomparendo insieme a Lorence.
 
<< Va bene, la mia sorellona, come al solito, ha poca voglia di divertirsi. Non fa nulla. >> commentò Juliet mentre spintonava Sapphire, anch’essa legata con quelle corde di fuoco.
 
<< Sai Stefan, è brutto vero ? Quando la gente intorno a te ti mente guardandoti negli occhi, quando si arroga il diritto di rinchiuderti in un mondo di menzogne e falsità. Fa rabbia, molta rabbia. Molte persone ti hanno preso in giro, ti hanno mentito, ti hanno portato via la vita. Non c’è niente di più brutto che rendersi conto di essere soli al mondo. >> disse Sylvia strattonando Sapphire.
 
<< Stefan… non darle ascolto. Sta parlando a causa della follia e della rabbia. Tu non hai idea di quanto odio cova dentro di sé questa ragazza. Lei ha condannato Bonnie alla morte. >> urlò Sapphire.
 
<< Anche lei ti ha mentito, Stefan. Lei non ti ha mai detto tutta la verità. Lo sapevi che lei è in realtà tua zia ? >> gli chiese Sylvia con delle smorfie di derisione.
 
<< Di… di cosa… cosa… >> chiese Stefan che non riusciva a capire.
 
<< Oh… non glielo hai detto ? Allora immagino che tu non gli abbia neanche detto della sua storia clandestina con mia sorella ? >> chiese Juliet con un sorriso di scherno.
 
<< Che cosa ? >> chiese Stefan sperando di aver frainteso.
 
<< Oh, di questo ne parlerai con mia sorella. Purtroppo abbiamo fretta, dobbiamo portare a termine un rituale e ci mancano ancora due ingredienti fondamentali, visto che ormai non sei più un vampiro. Sylvia, cara, procedi pure >> disse Juliet.
 
<< Volentieri >> disse Sylvia con un ghigno.
 
Ciò che accadde successivamente, Stefan non lo avrebbe mai dimenticato. Fu come osservare una scena a rallentatore. Sylvia che si avvicina piano a Sapphire, Sylvia che con un pugnale comincia a colpirle l’addome, Sapphire che cominciò a sanguinare copiosamente e a gemere dal dolore.
 
<< Sylvia, possiamo andare. Entrambe abbiamo altro da fare. >> disse Juliet.
 
Le due svanirono, così come anche le corde infuocate intorno a lui e a Sapphire. Stefan accorse subito verso Sapphire, la quale purtroppo aveva già perso troppo sangue.
 
<< Saph… Saph… dimmi cosa devo fare. Dimmelo, possiamo ancora… >> cominciò a dire Stefan.
 
<< No, Stefan. Non c’è più niente che tu possa fare per me. È troppo tardi. Ma non è troppo tardi per me per fare un’ultima cosa per te, dirti la verità. >> disse Sapphire accarezzandogli il viso, mentre una lacrima scendeva lenta lungo la sua guancia.
 
<< Che intendi dire ? >> le chiese Stefan.
 
<< Io sono tua zia, Stefan. Il mio vero nome è Zaffira, ho cresciuto tua nonna, poi tua madre e in fine tua sorella. Tutte loro sono morte, non sono riuscita a proteggere nessuna di loro e mi ero ripromessa di proteggere te, fino alla fine. Ho fatto di tutto per insegnarti le arti magiche, in modo che tu sia pronto ad affrontare le difficoltà che ti attendono. Mi dispiace per le bugie che ti ho raccontato e per aver aspettato tanto prima di dirti la verità. >> disse Sapphire continuando a piangere.
 
<< Quindi, ora mi abbandonerai anche tu ? >> chiese Stefan con un tono di voce freddo.
 
<< No, Stef. Io ti proteggerò sempre, io, tua nonna, tua madre e tua sorella. Siamo state tutte disposte a sacrificare noi stesse per te. Noi tutte abbiamo fatto degli sbagli che hanno condizionato la tua vita, ne siamo consapevoli. Ti abbiamo coinvolto in un conflitto che dura da troppo tempo e al quale finalmente tu e Bonnie potete porre rimedio >> disse Sapphire continuando ad accarezzargli la guancia.
 
<< Di che parli ? >>.
 
<< Ascoltami bene, Stefan. Non appena il mio cuore avrà cessato di battere, vai nella mia casa in Oregon. Lì troverai tutte le risposte che cerchi sia sulla tua famiglia, sia sul conflitto di cui ti sto parlando. Tu e Bonnie dovrete rimettere insieme i pezzi. Non l’abbandonare mai, lei avrà bisogno di te e per quanto mi costi ammetterlo, cerca di riappacificarti con Damon. Avrei tanto voluto costruire una famiglia con te ma questo ormai non sarà più possibile. Damon è tutto ciò che ti rimane della tua famiglia. Non lasciartelo scappare. >>.
 
<< Saph… perdonami. Tu stai morendo e non sono neanche in grado di piangere la tua morte come meriteresti. Perdonami. Tutto ciò che posso prometterti è che non renderò vano il vostro sacrificio, che mi vi renderò orgogliose di me e che vi amerò sempre. Anche adesso che non sono in grado di darti ciò che l’amore impone. Ti voglio bene, Saph >> disse Stefan stringendo la mano alla zia.
 
<< Lo so >> rispose Sapphire.
 
Dopo aver detto questo, Sapphire chiuse gli occhi, il cuore smise di battere ma sul volto non c’erano segni di sofferenza. Il suo volto era sereno, probabilmente perché sentiva di essere finalmente riuscita a proteggere qualcuno che amava. Aveva dato a Stefan il meglio che poteva dargli, ora stava a lui sapersi costruire la propria felicità. Stefan invece, dopo tanto tempo, avrebbe voluto piangere, urlare, sentire qualcosa. Teneva tra le braccia il corpo morto di sua zia e lui non sapeva neanche che espressione assumere. Non voleva lasciarla lì, non poteva. La prese tra le braccia e la portò in casa. Lì vide anche il corpo privo di testa della zia di Bonnie e la stessa Bonnie con le guance bagnate da lacrime di sangue. Pose il corpo di sua zia sul tappeto, poi controllò se Bonnie fosse viva. Bonnie respirava ancora, non aveva alcuna ferita grave e di questo si sentì sollevato. Quella ragazza… quella maledettissima ragazza l’avrebbe pagata per tutto quello che aveva fatto. Si avvicinò a uno specchio, e dopo aver sboccato il passaggio, si diresse subito verso la casa in Oregon. Voleva delle risposte e le voleva ottenere subito.
 

 
Sylvia era davanti alla porta di casa Mccullough. Si era avvicinata a una finestra e stava osservando il salotto di casa. In salotto c’erano i coniugi Mccullough, Mary e Douglas. Strinse i pugni, la rabbia stava prendendo il sopravvento, il suo cuore si stava riempendo lentamente di odio, bramava vendetta. Si diresse davanti alla porta e suonò il campanello. Le venne ad aprire sua madre che non appena la vide si portò una mano alla bocca.
 
<< Sylvia… che ci fai tu ? >>.
 
<< Ciao, mamma >> disse Sylvia con un ghigno.
 
La sua vendetta era ufficialmente iniziata.
 

 

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Capitolo 21
*** G.U.I.L.T.Y. ***


G.U.I.L.T.Y.
 
Damon era appena arrivato nel soggiorno di casa Mccullough insieme a Magdalene, la quale non appena vide il corpo privo di vita di Sapphire, si inginocchiò vicino a lei e cominciò a piangere. Damon invece si avvicinò velocemente a Bonnie, la quale era ancora sdraiata sul divano, priva di sensi, pallida come un fantasma, profonde occhiaie intorno agli occhi, le guance sporche di lacrime insanguinate e le labbra viola. Se non avesse sentito il suo cuore battere avrebbe pensato che fosse morta.
 
<< Ma chi ti ha ridotto così ? >> chiese pulendole le guance dal sangue.
 
Magdalene nel frattempo aveva preso tra le braccia il corpo di Sapphire, mentre continuava a piangere silenziosamente.
 
<< Io gliel’avevo detto… io gliel’avevo detto che doveva stare attenta. Lei non mi ha ascoltato. >> disse invano al corpo privo di vita.
 
Damon osservò il corpo della donna con i capelli blu, senza sapere esattamente come sentirti. Se ciò fosse successo in passato, o ne avrebbe gioito, o sarebbe rimasto indifferente. Non aveva mai provato molta simpatia per Sapphire, era questa la verità ed era inutile fingere che non fosse così solo perché adesso era morta. Ma adesso che sapeva più o meno la verità su di lei e su Stefan, più che sentirsi dispiaciuto per lei si sentiva dispiaciuto per Stefan. Suo fratello aveva sofferto molto nella sua vita e di certo lui non aveva mai cercato di migliorare la situazione. Sapphire era stata per suo fratello tutto ciò che lui non era riuscito e che a un certo punto non voleva essere, un’amica, una confidente, una spalla su cui piangere. E ora se ne era andata anche lei. Ora che ci pensava, Stefan dov’era ? Perché non era qui ?
 
<< Stefan ? >> lo chiamò, ma nessuno gli rispose.
 
Cominciava a preoccuparsi seriamente, in casa non sentiva altre aure se non la sua, quella di Magdalene e quella debolissima di Bonnie. Bonnie ! In questo momento lei era più importante. La sua salute degenerava e lui non sapeva che fare per aiutarla.
 
<< Magdalene ? Puoi fare qualcosa per Bonnie ? >> chiese all’altra strega.
 
<< Si. Conosco un paio d’incantesimi curativi. Non ci vorrà molto tempo >> disse Magdalene posando delicatamente il corpo di Sapphire sul tappeto e avvicinandosi a Bonnie.
 
Damon, non volendo lasciare il corpo della donna in quel modo, si avvicinò a un bracciolo del divano, dove c’era un piccolo plaid. Stava per prenderlo quando sentì un intenso odore di sangue. Si sporse leggermente oltre il bracciolo e a quel punto la vide. Una testa mozzata di una donna giaceva sul pavimento in una pozza di sangue.
 
<< Ma che diam… >>.
 
<< AHHH ! CHE COS’È SUCCESSO ? OH MIO DIO !! >> le urla di Bonnie lo fecero voltare bruscamente.
 
<< Bonnie, stai calma, sei ancora debole e… OH MIO DIO !! >> urlò anche Magdalene dopo aver capito il motivo per il quale Bonnie aveva precedentemente urlato.
 
A quel punto la notò anche Damon. Prima non lo aveva notato, ma davanti al camino, su una sedia a dondolo c’era quello che, molto probabilmente, era stato il corpo della testa che giaceva sul pavimento.
 
<< Zia Deborah !! Che è succes… Oh mio Dio ! >> urlò Bonnie questa volta riferendosi al cadavere di Sapphire.
 
<< Bonnie, stai calma ! Sei ancora troppo debole, non ti farà bene agitarti >> le disse Damon prendendola per le spalle.
 
<< Oh, Damon >>.
 
Bonnie lo abbracciò e cominciò a piangere sulla sua spalla. Damon la strinse leggermente, poiché non voleva rischiare di farle male. Odiava vederla ridotta in quel modo e desiderava ardentemente sapere cosa fosse successo in quella casa ma a quanto pare neanche Bonnie ne era a conoscenza. Tuttavia era felice di vedere che in fondo stava bene e che per la prima volta non era arrivato troppo tardi. Anche Bonnie era felice, Damon le era mancato come l’aria e per la prima volta dopo tanto tempo si sentì al sicuro. Damon la faceva sentire al sicuro, tra le sue braccia credeva che nessuno avrebbe più potuto farle del male. Si rese conto che i suoi sentimenti per lui non erano affatto cambiati, anzi, si erano rafforzati. Non le importava chi o cosa Damon fosse stato in passato, lei lo amava e non lo avrebbe mai allontanato, ora lo sapeva. Non le importavano le parole intrise di veleno e di rancore di Stefan, sapeva che lui gliele aveva detto solo a causa della sua “rabbia”. A proposito di Stefan, dov’era ? Perché non era lì ?
 
<< Dov’è Stefan ? E chi è questa ragazza ? >> chiese Bonnie separandosi dall’abbraccio.
 
<< Ciao, io mi chiamo Magdalene, ci siamo già incontrate nell’ufficio di Sapphire >> rispose l’altra strega senza guardarla, accarezzando i capelli blu di Sapphire.
 
<< Oh, è vero. Me lo ricordo. Ma… che è successo a Sapphire ? E Stefan dov’è ? >> chiese Bonnie guardandosi intorno, cercando un possibile indizio che la potesse aiutare a mettere insieme i pezzi del puzzle.
 
<< Non lo sappiamo. Appena siamo arrivati c’era il corpo di quella donna sulla sedia a dondolo, ovviamente senza la testa, la quale è rotolata dietro al divano. Poi c’era il corpo di Sapphire a terra e privo di vita. Di Stefan non c’è alcuna traccia, non riesco neanche a sentire la sua aura. >> le spiegò Damon.
 
<< Bonnie… tu hai qualche idea su chi possa essere stato a fare tutto questo ? >> le chiese Magdalene sedendosi vicino a lei sul divano e prendendole la mano.
 
Bonnie la guardò intensamente, poi si morse il labbro. Sperava di rimandare quel momento il più allungo possibile. Non voleva che Damon e quell’estranea scoprissero quanto fosse stata ingenua negli ultimi mesi. Si era illusa di poter tenere sua sorella sotto controllo e che avrebbe potuto trovare un rimedio e invece, come al solito, aveva solo complicato le cose e ora sua zia, e molto probabilmente anche Sapphire, erano morte per colpa sua. Perché non era riuscita a fermare sua sorella in tempo.
 
<< Io… ecco io… >> balbettò senza riuscire a dire qualcosa di senso compiuto.
 
<< Bonnie, ascoltami bene. La situazione è diventata complicata, anche a Fell’s Church. Anastasia ha catturato Meredith e ha ucciso Rosalie. Adesso anche la strega in blu è morta e non era una persona qualunque, ma una persona molto importante per Stefan. Perciò, se hai anche solo una minima idea su chi possa aver fatto tutto questo, è tempo di parlare >> le disse Damon con voce dura.
 
<< Come ? Anastasia ha catturato Meredith ? Perché ? >> chiese Bonnie, mentre il senso di colpa continuava ad aumentare.
 
<< Perché Anastasia ha il cuore di Stefan e finché sarebbe rimasto accanto a te, tu saresti stata in costante pericolo perché quella strega avrebbe potuto controllarlo. Io, Meredith e Rosalie avevamo elaborato un piano ma era tutta una trappola. Rosalie è stata uccisa, Meredith è stata catturata e io invece sono stato liberato. A quanto pare non avevano bisogno di me, o almeno non in vece di prigioniero. >> le spiegò Damon.
 
Bonnie abbassò il capo colpevole. Quindi Sylvia non mentiva… Rosalie era davvero morta e ora aveva addirittura scoperto che Meredith era stata catturata, sempre per colpa sua. Se lei non avesse cercato di recuperare il cuore di Stefan per assicurarsi che lei fosse al sicuro, probabilmente adesso sarebbe ancora libera e felice. Invece adesso era prigioniera di Anastasia De Verdant, vittima di chissà quali torture. Ora si che si sentiva malissimo, era stata egoista, era stata ingenua, ma soprattutto era stata codarda. Aveva cercato di scappare dal suo destino dal momento in cui aveva scoperto che era malata. Era scappata dalla sua malattia, poi da Anastasia e in fine da sua sorella e adesso a causa sua, molte persone avevano sofferto o erano state uccise. Di solito lei non era mai stata propensa alla rabbia, all’odio o alla violenza ma in quel momento avrebbe dato qualsiasi cosa per avere il cuore di Anastasia e di sua sorella Sylvia tra le mani. In quel momento non sapeva davvero quale delle due odiasse di più.
 
<< Bonnie ? Bonnie, la prego risponda ! >> la incitò Magdalene guardandola con occhi ricchi di suppliche.
 
Bonnie non la guardò nemmeno, sentiva il sangue scorrerle velocemente nelle vene, il cuore batterle ancora più forte, le mani strette a pugno e le nocche bianche. Si morse il labbro con forza, fino a farlo sanguinare, poi rispose con voce fredda.
 
<< È stata mia sorella Sylvia. Non so se sia stata lei a uccidere Sapphire, ma sono sicurissima che ha ucciso mia zia, la donna sulla sedia a dondolo e sono comunque certa che lei c’entri con la morte di Saph. >> disse Bonnie mentre il suo corpo cominciava a tremare dalla rabbia.
 
<< Tua sorella Sylvia ? Credevo avessi solo due sorelle, Nora, che è in giro chissà dove e Mary, quella che invece vive ancora a Fell’s Church >> ribatté Damon confuso.
 
<< Era quello che credevo anche io, fino a qualche mese fa. Sylvia è la sorella gemella di Mary. Non è mai cresciuta in famiglia, ma qui e mia zia l’ha cresciuta in segreto. >>.
 
<< Perché ? >> le chiese Magdalene.
 
<< Perché lei era debole di salute ma aveva un grande potere. Inoltre, in quel periodo Anastasia cercava qualcuno della mia famiglia che fosse idoneo da sacrificare nel rituale, quello dove vuole sacrificare anche me e all’epoca Sylvia era perfetta. Per questo i miei hanno deciso di crescerla qui in segreto, per proteggerla da Anastasia ma niente è andato come loro speravano. Sylvia è morta prima che il rituale fosse terminato , il bambino di Anastastia morì, io sono la prossima vittima sacrificale e in fine Sylvia è tornata in vita tramite me e vuole vendetta. Vi è piaciuta la storia ? >> chiese con un po’ di sarcasmo.
 
<< Mi dispiace >> le disse Magdalene.
 
Damon invece rimase in silenzio. Sapeva che in quel momento ogni cosa che avrebbe detto sarebbe stata vana. Era una storia orribile quella che aveva appena ascoltato. Però in parte si sentì consolato, c’erano rapporti fraterni peggiori del suo e di Stefan.
 
<< E per quanto riguarda Stefan ? Perché Sapphire sarebbe così importante per lui ? >> chiese Bonnie a Damon.
 
<< Tu non… non lo sai ? >> le chiese Damon incredulo.
 
<< Mi meraviglierei di più se lo sapessi. Ultimamente mi rendo conto di essere rimasta fuori dal mondo. >> confessò Bonnie con amarezza.
 
<< Sapphire era la zia di Stefan e voleva creare una famiglia con lui. Ma è morta e Stefan adesso non so dove sia. Ultimamente non faccio altro che perderlo, nel vero senso della parola >> rispose Damon, anche lui con un po’ di malinconia.
 
<< Lo troveremo >> gli disse Bonnie prendendogli la mano.
 
<< Oh questo è sicuro >> disse Magdalene alzandosi dal divano e dirigendosi verso uno specchio.
 
<< Che hai intenzione di fare ? Stefan è senza cuore, qualsiasi incantesimo di localizzazione non funzionerà. Lo so perché ci abbiamo già provato e non ha mai funzionato. >> disse Damon.
 
<< Non mi serve un incantesimo di localizzazione, posso immaginare dov’è. Sapphire mi ha dato precise istruzioni >> disse Magdalene eseguendo un incantesimo vicino a uno specchio appeso alla parete del soggiorno.
 
Bonnie si chiese da dove fosse sbucato quello specchietto sulla mensola del cammino. Ma d’altra parte, prima aveva fretta di scoprire la verità sui De Verdant, non di curiosare tra il mobilio di sua zia. Magdalene ingrandì il passaggio, in modo che fosse accessibile a che superasse gli 20 cm di altezza.
 
<< E come mai non l’hai detto prima ? >> chiese Bonnie con un tono di voce un po’ duro.
 
<< Perché volevo sapere chi aveva ucciso Sapphire. >> le rispose Magdalene.
 
<< Ma ti ho detto che non ne sono sicura >> ribatté Bonnie.
 
<< È pur sempre un passo avanti. Il portale è aperto, Stefan è in una casa in Ohio. Vi consiglio di andare da lui. >>.
 
<< Perfetto ! Andiamo Bonnie >> disse Damon prendendole la mano.
 
<< No. Devi andare da solo. Non vedi Stefan da molto tempo e ora che ha perso sua zia ha bisogno di te accanto. Anche se forse non lo ammetterà molto facilmente. Avete molte cosa da dirvi e da chiarire. Ci sarà tempo per parlare di altro >> disse Bonnie alzandosi dal divano.
 
<< E tu questa volta non scomparirai ? >> le chiese Damon alzandosi a sua volta dal divano.
 
<< Farò del mio meglio. Tu, piuttosto, cerca di fare del tuo meglio con Stefan. Me lo prometti ? >> gli chiese Bonnie accarezzandogli la guancia.
 
<< Te lo prometto >> disse Damon guardandola intensamente negli occhi.
 
Sapevano entrambi che quello non era il momento migliore per dedicarsi ai loro sentimenti, ma entrambi sapevano che molto probabilmente non si sarebbero rivisti molto presto. Bonnie si alzò lentamente in punta di piedi, mentre Damon si chinava un po’ verso di lei. Inizialmente fu un soffice contatto di labbra, le labbra morbide di Damon e le labbra un po’ screpolate e sanguinanti di Bonnie. Poi Damon volle approfondire, lentamente e senza alcuna prepotenza, chiese a Bonnie l’accesso alla sua bocca. Bonnie schiuse leggermente le labbra, permettendo così a Damon di approfondire il bacio. In quel bacio erano racchiusi tutti i sentimenti che provavano l’uno per l’altra, amore, affetto, mancanza, a causa di quel lungo periodo di lontananza, preoccupazione e felicità, perché finalmente, anche se senza una dichiarazione d’amore eclatante, erano riusciti a compiere quell’ultimo passo che serviva loro per dichiararsi. In effetti, se si sarebbero dichiarati con una stupida dichiarazione d’amore, degna dei film romantici di Bonnie,  sarebbero stati alquanto noiosi.
 
<< Ora va ! >> gli disse Bonnie interrompendo il bacio.
 
Damon annuì poi oltrepassò il portale. Una volta che Damon fu scomparso dalla sua visuale, si rivolse a Magdalene.
 
<< Ora devi aprirmi un altro portale. Devo andare a Fell’s Church e alla svelta. >> disse a Magdalene.
 
<< Lo immaginavo. Ci vorrà poco >> le disse Magdalene.
 
“Mi dispiace Damon, ma devo andare”, pensò Bonnie. Era il momento di agire, non voleva più che gli altri combattessero al posto suo, non voleva più stare dietro le quinte. Adesso avrebbe preso personalmente in mano la situazione, sarebbe andata a Fell’s Church e avrebbe affrontato Sylvia e non si sarebbe tirata indietro.
 

 
Sylvia era nella nuova casa di Mary e Douglas, era nel bagno in camera della coppia e stava ammirando il suo riflesso. Vedeva una ragazza sui diciotto anni con i ricci scuri e gli occhi quasi neri, la pelle pallida e le guance rosse. Ma soprattutto con un’espressione viva negli occhi. Era quello il riflesso che avrebbe voluto vedere in tutta la sua vita, il riflesso di una ragazza viva, libera e sana. Finalmente aveva ottenuto quasi tutto quello che voleva, aveva avuto la sua seconda occasione, una vita da vivere appieno, senza cancro e senza zia Deborah che la rinchiudeva in quel dannatissimo ripostiglio.
 
“Lo abbiamo fatto solo per il tuo bene”
 
Erano state quelle le prime parole della mamma. Lei era stata la prima. Sua madre aveva un po’ di potere, a differenza degli altri membri della famiglia e aveva cercato inutilmente di fermarla, ordinando agli altri di scappare. Che ingenua, lei aveva sigillato le porta e le finestre, non c’era via di uscita. Lo scontro tra lei e sua madre non era durato molto, in fondo.
 
“Perché ? Io volevo solo essere amata”.
 
“E io volevo solo proteggerti”.
 
“ Non l’hai fatto”.
 
“Lo so. Me ne sono resa conto troppo tardi”.
 
A quel punto l’aveva uccisa. Altre parole sarebbero state inutili, si erano già dette tutti e ormai era tardi per entrambe. Sylvia si inginocchiò vicino a lei, le prese una mano e poi le fece un piccolo taglietto. Con tre dita prese un po’ di sangue di sua madre, le scrisse sulla fronte una G e poi si alzò. Sylvia non aveva alcuna intenzione di tornare indietro e sua madre ormai non aveva più l’età per reggere un confronto, ormai gli altri non avevano più scampo. Poi si diresse nell’ufficio di suo padre, dove trovò lui, con in mano un fucile, pronto a spararle e Nora, dietro di lui, con il viso coperto di lacrime che chiedeva aiuto al padre. Nora… Sylvia a volte non ricordava nemmeno di avere una terza sorella. Era così irrilevante che non perse tempo, fece esplodere la finestra dietro di lei e la colpì con un pezzo di vetro ben affilato. Suo padre poi aveva sparato ma lei aveva evitato il proiettile con facilità, per poi trasformare il fucile in una piuma.
 
“Ora uccidi la tua progenie, papà ?”.
 
“Si, se la mia progenie cerca di far del male ai suoi consanguinei”.
 
Sciocco. Ecco che cosa aveva di lui in quel momento. Per suo padre non aveva mai provato niente, semplicemente perché non lo aveva mai visto, a differenza della madre e della nonna.
 
“Non sei mai venuto a trovarmi”.
 
“Non c’era niente che potessi fare per te”.
 
Non aveva mai visto quell’uomo, neanche il giorno del rituale. Per lei era poco più di un estraneo con cui aveva in comune solo il DNA. Si era nascosto dietro la scusa che non poteva fare niente per lei.
 
“Quindi ti sei arreso sin da subito”.
 
“Ho solo evitato ulteriori sofferenze”.
 
Codardo. Non fu difficile uccidere neanche lui, alla fine. Lo soffocò con la magia, negandogli il respiro fino a quando non morì. Eseguì gli stessi gesti che aveva eseguito con sua madre, disegno una U sulla fronte di Nora e una I su quella di suo padre. Si diresse in camera di Mary, dove c’erano Mary e Douglas. Mary aveva in braccio un fagotto avvolto in una copertina bianca, a quanto pare aveva partorito. Douglas urlò a Mary di correre via e lei lo fece. Sylvia non la fermò, sua sorella non poteva scappare e lei non aveva fretta di ucciderla. Dalla tasta della felpa che le aveva prestato Juliet estrasse il cuore di Douglas e lo stritolò fino ad incenerirlo. Douglas si accosciò al suolo, ormai privo di vita. Non aveva niente contro di lui, l’unica colpa che aveva era che si trovava nel luogo sbagliato al momento sbagliato. Sulla sua fronte, disegnò una L e gli chiuse gli occhi blu, ormai privi di vitalità.
In fine si diresse verso la camera dei suoi genitori, dove sapeva che c’era Mary. Quando vi entrò, vide Mary seduta sul letto, mentre, tra le lacrime, cercava di cantare una canzone al fagotto che aveva cominciato a piangere.
 
“Come si chiama ?”.
 
“Stella”.
Il fagottino era una bella bambina di un mese. Mary la stringeva al petto con disperazione, quasi temesse che lei avesse intenzione di strappargliela via o come se stringerla al petto in quel modo le potesse dare forza.
 
“Mettila giù”.
 
“Perché ?”.
 
“Cerca di renderlo meno doloroso per entrambe”.
 
E per entrambe intendeva Mary e sua figlia. Sylvia era indifferente al fatto che lei e Mary fossero gemelle o che lei avesse pianto la sua morte. Guardando Mary, si rese conto che la loro somiglianza la urtava solo di più. Lei sarebbe dovuta essere come lei, una donna tra i venti e i trent’anni, sposata, appagata, con una vita felice. E invece non aveva ottenuto niente di tutto ciò. Sua sorella gemella rappresentava tutto ciò che lei avrebbe voluto essere. Si assomigliavano moltissimo eppure non avrebbero potuto essere più diverse. No, Mary non poteva vivere, non aveva il diritto di assomigliarle, non aveva il diritto di avere la felicità che a lei era stata negata. Nelle foto che c’erano in casa, quelle dove c’era Mary che sorrideva, Sylvia finse per un momento che ci fosse lei al posto di Mary. Ma non era così e non poteva che fosse il contrario.
 
“Il tuo viso mi disgusta”.
 
“Mi dispiace”.
 
“Non piangere. Non lo sopporto”.
 
Non sopportava di vedere la sorella piangere, non ne aveva il diritto. Lei avrebbe dovuto piangere, aveva avuto una vita misera e infelice, nessuno le aveva mai dato niente e aveva dovuto prendere da sé qualsiasi cosa. A sua sorella invece era stato servito tutto su un piatto d’argento, aveva avuto tutto a differenza sua e ora si permetteva anche di piangere e di passare per povera vittima indifesa… patetica. Sylvia non sarebbe tornata indietro, era troppo tardi, per tutti, non solo per lei.
 
“Posa la bambina”.
 
“Così potrai uccidermi ?”.
 
“Ho preso la mia decisione”.
 
Mary a quel punto diede un bacio alla bambina, le disse quanto la mamma l’amava e quanto le sarebbe stata accanto anche dopo la morte. Sylvia provò un moto d’invidia, persino quella bambina, da orfana quale sarebbe stata, aveva ricevuto più amore in un mese di quanto ne avesse ricevuto lei in una vita intera. Mary a quel punto aveva posato la bambina sul letto e l’aveva guardata dritto negli occhi.
 
“Fai ciò che devi fare”.
 
Sylvia le si avvicinò e le strappò il cuore dal petto, per poi incenerirlo. Non poteva stapparle il volto, ma il cuore era stato un valido sostituto. Sulla fronte di Mary aveva disegnato una T. La sua vendetta era quasi terminata, rimaneva ormai un’unica persona da uccidere. Stava per uscire dalla camera quando un pianto disperato attirò la sua attenzione. Il fagottino, come ormai aveva iniziato a chiamarlo, aveva cominciato a piangere e a strillare, quasi come se si fosse reso conto che la madre non c’era più. Sylvia le si avvicinò, le scostò leggermente la copertina dal viso per poterla osservare meglio. La bambina aveva la pelle pallida, gli occhi blu come quelli di Douglas e sulla testolina si poteva già vedere qualche ciuffetto rosso. Sylvia aveva fatto una smorfia.
 
“Meno male che il gene dei capelli rossi è raro”.
 
Forse era a causa della rabbia, o dell’antipatia nei confronti dei capelli rossi, ma reputò la bambina abbastanza bruttina. La prese in braccio, facendo cadere la copertina bianca sul letto, indecisa se uccidere anche lei oppure no. Quella bambina era innocente, in fondo, non le aveva fatto nulla di male, eppure era la figlia di sua sorella, era sua nipote e doveva pagare anche lei. Ma in fondo, riflettendoci bene, Sylvia aveva considerato che la bambina avrebbe già sofferto molto in futuro, orfana di padre e madre, unica superstite dello sterminio di un’intera famiglia. Decise che non l’avrebbe uccisa. La tenne in braccio e poi si diresse in camera di Bonnie. Lì prese un pennarello rosso e sulla porta disegnò una grossa Y. A quel punto aveva lasciato la casa, portando la bambina con sé. Con senno di poi, Sylvia non sapeva ancora se quella fosse stata una buona idea. Si recò a casa di Mary e Douglas, per decidere come avrebbe proseguito con il suo piano. Aveva lasciato il fagottino della sua culla, l’aveva dondolato un po’ e aveva aspettato che si addormentasse. Solo ora, che ammirava il suo riflesso, Sylvia si rese conto che, non appena l’aveva presa in braccio, la bambina aveva smesso di piangere. Probabilmente, data la somiglianza con la madre, l’aveva scambiata per lei. Poco male, odiava il pianto in generale, figurarsi quello stridulo dei lattanti. Velocemente si fece una doccia, poi andò in camera dove prese dei jeans scuri e una camicetta marrone scuro. A Mary ormai non servivano più. In fine prese anche un giacchettino nero e degli stivaletti dello stesso colore. Tornò dalla bambina, la quale stava ancora dormendo, inconsapevole di quanto le succedeva intorno.
 
<< Ora ci sono io con te >> disse Sylvia accarezzandole una guancia paffuta << Ora sarò io la tua nuova famiglia >>.
 

 
Bonnie arrivò davanti casa sua verso il tardo pomeriggio. Avvertì una strana sensazione quando stava davanti alla porta di casa. C’era troppo silenzio. Con la mano tremante provò a girare il pomello e quello scattò subito. Anche questo era strano, sua madre e suo padre non lasciavano mai la porta aperta in quel modo. Entrò in casa lentamente, le gambe che le tremavano. Si guardò un po’ intorno, poi decise di andare in soggiorno. Si sporse un po’ e a quel punto la vide.
 
<< MAMMA !! >> urlò inginocchiandosi vicino a lei.
 
Sua madre era distesa sul pavimento, ormai priva di vita, con un taglio sulla mano e una G disegnata sulla fronte.
 
<< Mamma !! Che cosa ti ha fatto ? >>.
 
Strinse al petto il corpo della madre, mentre lacrime amare cominciarono a scenderle lungo le guance. Ancora una volta aveva fallito, era arrivata troppo tardi. Alzandosi in piedi, cominciò a correre verso il piano di sopra, ormai consapevole di cosa avrebbe visto.
 
<< PAPÀ !! NORA !! >>.
 
Anche loro erano stati uccisi e anche loro avevano una lettera disegnata sulla fronte, U e I. Corse verso la camera di Mary, dove c’era il cadavere di Douglas, con una L disegnata sulla fronte. “Mary”, pensò. Corse verso la camera dei suoi e lì la vide. Sua sorella coperta di cenere, ormai priva di vita.
 
<< Mary… no… Ti prego… >> disse Bonnie accarezzando i capelli alla sorella.
 
<< PERCHÉ ? Lei non ti aveva fatto nulla !! >> urlò prendendo tra le braccia il corpo della sorella.
 
“Mi dispiace, mi dispiace tanto”, disse continuando a stringere il corpo della sorella. Era tutta colpa sua. Se lei non fosse scappata avrebbe potuto difendere la sua famiglia. Tutti loro erano morti per colpa sua. Baciò i capelli di Mary, che avevano ancora il profumo di fragole. Poi lentamente, la poggiò sul pavimento scostandole una ciocca di capelli. Mary era così simile alla persona che in quel momento odiava di più, che per un momento ebbe la tentazione di strapparle il volto. Ma Mary non era Sylvia, e Sylvia avrebbe pagato per questo. Quella maledetta le aveva rovinato la vita e aveva ucciso la sua famiglia. In quel momento la odiava con tutto il suo cuore.
 
<< La pagherai >> disse mentre lacrime di odio le bagnavano le guance << La pagherai e anche molto cara. >>
 
A quel punto notò una copertina sul letto. La prese e la osservò attentamente. Era una copertina morbida e calda, come quelle chi si usano per i neonati e sul bordo c’era cucito in rosa in nome Stella. Possibile che… ? Era alquanto probabile che sua sorella fosse incinta già da prima del matrimonio, in effetti il suo matrimonio con Douglas era stato alquanto improvviso ma lei a causa della malattia non ci aveva mai fatto molto caso. Se era davvero così, se Mary aveva già partorito sua figlia allora la bambina dov’era ? A quel punto fu presa dal panico, corse via dalla camera dei genitori, tenendo stretta la copertina e corse in camera sua. L’unica stanza che non aveva ancora visto. Si fermò, non appena vide la grande Y disegnata sulla sua porta. Le venne un groppo in gola. G.U.I.L.T.Y., il messaggio di Sylvia era quello ma la bambina non c’entrava niente con tutta quella storia. Non meritava di morire. Tremante, aprì la porta di camera sua, ma non vide nulla di strano. Ogni cosa era al suo posto, tralasciando il disordine. Poi vide un pennarello aperto sul letto, lo prese in mano e poi disegnò un puntino sulla sua mano. Il pennarello funzionava ancora, quindi non era aperto da molto. Probabilmente Sylvia lo aveva utilizzato per disegnare la Y sulla sua porta. A quel pungo capì di aver visto tutto quello che doveva vedere. Uscì di casa, portando con sé la copertina bianca, e si diresse dall’unica persona che in quel momento poteva esserle d’aiuto, la signora Flowers. Mentre si dirigeva alla pensione, passò davanti a una piccola bacheca degli annunci e fu attirata da un foto.
 
<< Oh mio… >> disse portandosi una mano alle labbra.
 
“Meredith Sulez, scomparsa da diversi mesi. I genitori sono molto preoccupati e…”
 
Non ebbe il coraggio di continuare a leggere. Istintivamente indossò il cappuccio della felpa che aveva indosso, sperando che nessuno l’avesse riconosciuta prima di allora. Se qualcuno lo avesse fatto, i genitori di Meredith avrebbero cercato di contattarla per avere notizie della figlia e lei non voleva metterli in pericoli, inoltre non avrebbe potuto rispondere alle loro domande e non voleva dire altre bugie. Prese l’anello e lo indossò, diventando così invisibile. Cominciò a correre più velocemente che poté verso la pensione, sperando di trovare la signora Flowers. Correva tra quelle persone, che un tempo conosceva, ma che non potevano vederla e dalle quali non poteva più ricevere affetto. Si sentiva come un fantasma, e non c’era sensazione peggiore. Arrivò dopo circa un quarto d’ora dopo alla pensione, non ricordava che fosse così lontana. La signora Flowers si stava occupando del giardino e pareva essere stanca. Probabilmente non avere più Stefan in casa, che a volte l’aiutava con le faccende, era stancante. Bonnie si tolse l’anello e lo mise nella tasca della felpa. Si avvicinò lentamente alla signora Flowers, poiché non voleva spaventarla.
 
<< Salve, signora Flowers >> le disse timidamente.
 
La signora Flowers lasciò cadere l’annaffiatoio sul terreno e la guardò come se vedesse un fantasma. Solo in quel momento, Bonnie comprese quanto anche quell’adorabile vecchietta le fosse mancata in quei mesi.
 
<< Come sta ? >> le chiese con un sorriso imbarazzato.
 
<< Oh Bonnie, che gioia vederti ! >> le disse la signora Flowers andandole in contro e abbracciandola << Qui eravamo tutti preoccupati per te ! E anche per Stefan. Lui dov’è ? >>.
 
<< Lui… non tornerà tanto presto. Ha delle faccende da sbrigare altrove. >> spiegò brevemente Bonnie.
 
<< E tu ? >> le chiese la signora Flowers accarezzandole la guancia.
 
<< Io invece ho delle faccende da sbrigare, qui. E ho bisogno del suo aiuto >> rispose Bonnie.
 
<< Ma certo. Entra dentro, parleremo con calma. Hai molte cose da raccontarmi. >>.
 
<< Certo >> disse Bonnie sforzando un sorriso.
 

 
Anche Anastasia, in quel momento si stava occupando del suo giardino insieme ad Albert. Era felice che le sue figlie fossero tornate a casa sane e salve, così felice che non rimproverò neanche Annabelle per essersene andata senza il suo consenso. Inoltre, il bambino adesso stava bene e presto Albert avrebbe preparato un nuovo bocciolo dove metterlo. Era un maschio, questa volta. Dato che stava ancora nella sua pancia, aveva chiesto ad Albert di fare un incantesimo per scoprire il sesso del bambino e lui aveva accettato. Non sapeva ancora come chiamarlo, ma aveva scelto di deciderlo insieme ad Albert. Stava annaffiando le viole, quando Lorence la raggiunse in giardino.
 
<< Mia Signora ? >> la chiamò << Ho una notizia importante per lei >>.
 
<< Dimmi >> rispose Anastasia continuando ad annaffiare i fiori.
 
<< L’abbiamo trovata. Presto Elena Gilbert tornerà a Fell’s Church, come avete chiesto >> rispose Lorence.
 
<< È una bellissima notizia. Cercate di non essere troppo violenti con lei, mi serve viva e in buona salute >> si raccomandò Anastasia con un sorriso.
 
<< Ma certo. >> rispose Lorence andando via.
 
Anastasia sorrise, toccandosi affettuosamente la pancia. Presto il bambino sarebbe entrato nel nono mese e a quel punto avrebbe potuto eseguire il rituale. Ormai aveva tutto quello che le serviva, ora che Bonnie era a Fell’s Church, senza le sue due guardi del corpo, sarebbe stata ancora più facile catturarla. Sorrise di nuovo, presto anche lei avrebbe avuto indietro la sua felicità.
 
 
 
 
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE
 
Salve, di solito non scrivo alla fine del capitolo ma questa volta devo fare dei chiarimenti necessari per poter evitare fraintendimenti di qualsiasi tipo. Allora, rileggendo un po’ “Il diario del Vampiro” e facendo qualche piccola ricerca, mi sono ricordata che Bonnie aveva due sorelle maggiori, Mary e Nora, quest’ultima però non la rammentavo quando iniziai a scrivere la storia. Tuttavia, ho scelto di aggiungerla in questo capitolo solo per una questione numerica, in quanto per la scritta G.U.I.L.T.Y., servivano sei persone e non volevo che Sylvia uccidesse la bambina. Questo è il primo punto. Il secondo punto è che dedico questo capitolo che oltre ad avere una scena Bamon o Donnie, come preferite, è incentrato maggiormente su Bonnie ad “annaterra”, in quanto so che adora questo personaggio e inoltre ha recensito ogni capitolo di questa storia. Quindi, spero che il capitolo sia di suo gradimento. Il terzo punto è che ringrazio anche chi ha inserito la storia nelle seguite, nelle preferite, nelle ricordate o chi la sta semplicemente leggendo. Vi ringrazio molto.
Un MeGa BaCiO 

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Capitolo 22
*** Black Half Heart ***


BLACK HALF HEART
 

Stefan era da poco arrivato nella casa di Sapphire. “La prigione Dorata”, come l’aveva soprannominata lui, era esattamente uguale a come l’aveva lasciata, ormai non più piena di polvere, senza ragnatele e scale che crollavano a pezzi. Quella casa lo metteva a disagio ora che rifletteva sul fatto che sarebbe potuta essere anche casa sua, anzi, ormai era casa sua. Lui ormai era l’ultimo erede di una lunga discendenza di strega e tutto quello gli apparteneva, ma lui non desiderava niente di tutto ciò. Avrebbe rinunciato a tutto, ai suoi poteri, a quella casa, a qualsiasi cosa, pur di abbracciare, anche solo una volta, sua madre, sua sorella e sua zia. Non poteva ancora credere che le aveva perse tutte e tre, anche Sapphire, l’unica che aveva conosciuto personalmente e con la quale aveva condiviso momenti indimenticabili. Perché non gli aveva mai rivelato la verità ? Perché non gli aveva mai detto che lei era sua zia ? Perché non gli aveva detto la verità quando avevano ancora del… tempo ? Passò davanti a uno specchio e per la prima volta si fermò ad osservare il suo riflesso. Quello che vide fu un ragazzo leggermente più alto di quanto ricordava, con il viso pallido, le occhiaie sotto gli occhi vuoti, freddi, privi di qualsiasi emozione, anche la più misera. Ingenuamente, provò a fare qualche espressione, ma ormai aveva dimenticato persino come si sorrideva. Distolse lo sguardo da quel riflesso, il quale, per quello che lo riguardava, poteva anche appartenere ad un altro ragazzo, e si incamminò verso lo studio. Quando vi arrivò però vi trovò una sorpresina alquanto sgradevole.
 
<< Annabelle >> disse con tono freddo << Che diamine ci fai qui ? Sei venuta a uccidere anche me ? >> le chiese scrutandola con i suoi occhi freddi.
 
La ragazza in questione era appoggiata alla scrivania, indossava una gonna nera, con delle calze e degli stivaletti dello stesso colore e sopra una maglia rossa con un golfino verde chiaro. I capelli biondi sempre legati in una treccia. Teneva in mano quello che pareva un libricino vecchio, ma Stefan capì che quello era un diario e molto probabilmente apparteneva a sua zia.
 
<< Posalo subito >> le ordinò con tono duro.
 
<< Perché dovrei ? Questo diario tratta di qualcosa di cui io sono già a conoscenza. Vuoi sapere cosa ? >> gli chiese lei chiudendo il diario.
 
<< No, lo scoprirò quando lo leggerò, dopo che tu te ne sarai andata >> le rispose.
 
<< Parla di noi. >> gli disse ignorando la sua risposta << Parla di come ci siamo incontrati la prima volta, di come ci siamo innamorati… >>, cominciò ad avvicinarsi a lui, <<… parla di come lei ha fatto in modo che ci lasciassimo. Non sei curioso ? >> gli chiese porgendogli il diario.
 
<< Menti, io mai avrei potuto amarti. >>
 
Annabelle sorrise, un sorriso di scherno. Poi gli accarezzò la guancia e si porse vicino al suo orecchio.
 
<< Lascia che ti mostri >> gli disse.
 
Poi aprì il diario e dopo aver fatto un incantesimo, le pagine del diario cominciarono a brillare, aprendo una sorta di portale. Annabelle gli fece segno di seguirla. Stefan, dopo un momento di esitazione, attraversò il portale e dopo pochi secondi si ritrovarono nel giardino di Villa Salvatore, quando era ancora al massimo del suo splendore. Stefan in quel momento si rese conto di quanto gli fosse mancata casa sua. Lì aveva passato gli anni più felici della sua vita, lì, in quel luogo all’apparenza freddo, aveva creduto di avere tutto. Un fratello e un padre che lo amavano, seppur in un modo non proprio tradizionale, non aveva molti amici, ma quei pochi che aveva gli erano davvero cari e poi aveva conosciuto la sua amata Katherine.
 
<< Ho sempre trovato i viaggi nei ricordi alquanto noiosi, ma in questo caso necessari. >> disse Annabelle, la quale era accanto a lui.
 
<< Non ho molto tempo, cosa devi mostrarmi ? >> le chiese Stefan, desiderando andare via di lì, da quell’immensa gabbia di bugie il più in fretta possibile.
 
<< Vieni >> gli disse Annabelle incamminandosi e facendogli segno di seguirla.
 
Stefan la seguì in silenzio, cercando di immaginare a cosa avrebbe presto assistito. Se avesse avuto il suo cuore, probabilmente adesso starebbe piangendo, immensamente commosso dai ricordi, triste perché casa sua gli mancava, arrabbiato perché lì avrebbe vissuto un mondo di bugie, ansioso e un po’ timoroso di scoprire se aveva davvero provato qualcosa per Annabelle, sua nemica sin dal primo momento in cui l’aveva incontrata. L’aveva seguita per pochi minuti, poi a un certo punto Annabelle si era fermata, dietro a un albero e con un dito gli aveva indicato due figure, sedute davanti a una fontana. Un giovane ragazzo e una giovane ragazza che si baciavano teneramente. Stefan non ci mise molto a capire chi fosse la ragazza che il lui del passato stava baciando. Non era Katherine perché non era pallida come lei, il biondo dei capelli era dorato  e il fisico non era esile.
 
<< Ma come… quelli siamo… >> balbettò Stefan, mentre osservava incredulo la scena.
 
<< Noi. Prima che tu incontrassi Katherine, hai incontrato me e ci siamo innamorati. Avevi sedici anni, tuo fratello Damon era già andato all’università e io ero giunta a Firenze insieme a mia madre. Poi ce ne siamo andate, mia madre e tua zia Sapphire hanno avuto da sempre dei problemi, le nostre famiglie non hanno mai avuto un buon rapporto, a quel punto tua zia ha scelto di cancellarti la memoria. Non voleva che tu soffrissi per una persona che probabilmente non avresti più visto nella tua vita. >> disse Annabelle.
 
<< Dove siete andate ? >> le chiese Stefan, tutto a un tratto curioso.
 
<< Via dall’Italia. Era diventato troppo pericoloso, un gruppo di streghe ci dava la caccia, così ci siamo nascoste nella Dimensione Oscura per un po’. Quando siamo tornate, tu avevi già incontrato Katherine e lei stava già dirigendo il suo squallido giochetto tra te e tuo fratello. >>.
 
<< Ma, se mi amavi, perché non hai cercato di… non so di… >>.
 
<< Perché non all’epoca non sapevo che tu ti eri completamente dimenticato di me. Quando ti ho visto in compagnia di Katherine e quando mi sono resa conto della profondità dei tuoi sentimenti per lei, mi si spezzò il cuore. Non riuscii a reggere la rabbia e la delusione. Per un momento ho pensato, anzi, ho desiderato, con tutto il mio cuore, di uccidere entrambi per vendicarmi. >> gli confessò Annabelle con tono di voce freddo.
 
<< E perché non l’hai fatto ? Che cosa ti ha fatto cambiare idea ? >> le chiese Stefan, poiché non riusciva proprio a capire.
 
<< Nel momento esatto in cui ho capito che non stavo ragionando con la giusta razionalità. Ho semplicemente fatto quello che tutti dovrebbero fare in queste occasioni >> rispose Annabelle in una maniera alquanto sibillina.
 
<< Ebbene ? >>.
 
<< Non te ne sei ancora accorto vero ? >> gli chiese Annabelle con uno strano ghignetto.
 
Stefan la osservò senza capire. Di cosa si doveva rendere conto ? Non aveva mai dato molta importanza ad Annabelle la prima volta che l’aveva incontrata, aveva la vista e il cuore annebbiato dal dolore. Non aveva la giusta lucidità per rendersi conto che lei sarebbe stata un pericolo per lui. Gli incontri a seguire non erano stati neanche poi tanti amichevoli, in quanto lui l’aveva spintonata contro una macchina e lei lo aveva trafitto con un dardo di ghiaccio. Che cosa doveva notare di così importante ? Il suo carattere freddo e spietato ? La sua mancanza di emozioni ? Il suo sguardo perennemente freddo come il ghiaccio ?
 
<< Aspetta, non vorrai dirmi che… >> le disse mentre cominciava a capire.
 
Annabelle annuì e a quel punto capì tutto. Annabelle era senza cuore, esattamente come lui. Si era strappata il cuore dal petto per le sue stesse ragioni, perché non voleva soffrire più per amore, perché non voleva più provare niente per nessuno. Perché temeva che avrebbe potuto soffrire in quel modo di nuovo.
 
<<< Ti sei strappata il cuore dal petto, per non soffrire più a causa mia ? >>.
 
<< Già. Una volta che mi strappai il cuore dal petto mi sentì subito meglio, ma sapevo che era solo una pura illusione e comunque non avevo rinunciato al mio desiderio di vendetta. Ho semplicemente atteso con pazienza, fino a quando ho avuto l’occasione perfetta per vendicami. >>.
 
<< Così hai approfittato di un mio momento di debolezza per vendicarti. Volevi vedermi a pezzi, esattamente come… >>.
 
Stava per continuare la frase, quando la sua attenzione fu attirata da una figura che stava camminando verso di loro. Era una cameriera, con i capelli mori e gli occhi scuri quasi neri, la pelle pallida e il fisico esile. Stefan la riconobbe subito, quella ragazza era Claire, sua sorella. Gli si formò un groppo in gola e ancora una volta avrebbe voluto provare qualcosa. Aveva appena scoperto che aveva incontrato inconsapevolmente sua sorella Claire, aveva scoperto che aveva avuto l’occasione di abbracciarla e di amarla come avrebbe dovuto e non lo sapeva. E ora, che finalmente la poteva vedere di persona, l’unica cosa che era in grado di fare era stare lì, immobile, mentre osservava sua sorella come se stesse osservando un foglio di giornale sulla strada, ovvero come qualcosa che non gli suscitava alcuna emozioni e verso la quale era totalmente indifferente. Quasi istintivamente si portò una mano al petto, dove sperava di poter sentire qualcosa che era consapevole di non poter sentire.
 
<< Voglio andare via >> disse.
 
Annabelle accanto a lui, capendo perché Stefan volesse andare via di lì, non esitò a rompere l’incantesimo e in meno di un minuto, i due si ritrovarono nello studio. Stefan fece il giro dello scrittoio e si sedette sulla sedia, prendendosi la testa tra le mani. Annabelle invece si era nuovamente appoggiata alla scrivania, indifferente a quello che era appena successo.
 
<< Mi sembra inutile chiederti come stai. >> disse << Non puoi provare niente >>.
 
<< Perché mia zia mi ha nascosto tutto questo ? >>.
 
<< Per proteggerti, credo. Non erano anni tranquilli. La tua famiglia, quella di Bonnie, quella di Rosalie, di Anastasia e di molte altre erano in guerra. >> disse Annabelle posando il diario sulla scrivania, continuando tuttavia a dargli le spalle.
 
<< Perché ? >>.
 
<< Perché non puoi essere così ingenuo da credere che una famiglia non desideri vendicarsi dopo aver subito un affronto. Le nostre famiglie hanno davvero dei pessimi rapporti. La famiglia di Bonnie che maledice la mia, la mia famiglia che si vendica creando un pericoloso sortilegio ai danni della famiglia di Bonnie e di molte altre creature della notte. Soprattutto i vampiri >>.
 
<< Perché i vampiri ? >>.
 
<< Perché è necessario avere il cuore di un vampiro per poter effettuare il sortilegio. >>.
 
<< Ecco perché mi avete scelto. Io ero un vampiro, vi serviva il mio cuore per il sortilegio e inoltre tu volevi la tua vendetta e… e l’incontro di quella sera non è stato affatto casuale >>.
<< In effetti no. Aspettavo di rincontrarti, il tuo cuore era davvero speciale, era puro, nonostante appartenesse a un vampiro. Sapphire si sbagliava riguarda ai vampiri, non tutti sono impuri di cuore e tu ne eri la prova. Non è stato molto semplice per tuo fratello darti la spinta necessaria affinché tu rinunciassi a tutti i tuoi ideali. >>.
 
<< No, ma è stato ancora più difficile per me. >> confessò Stefan.
 
INIZIO FLASHBACK
 
Stefan era appena tornato dalla caccia. Quel pomeriggio non era riuscito a cacciare niente di meglio che qualche uccello e un coniglio, ma per un po’ sarebbero bastati. Non vedeva l’ora di andare in camera sua e di passare un po’ di tempo con Elena. Era abbastanza tardi e non voleva entrare dalla porta principale rischiando di svegliare anche la Signora Flowers, per cui aveva scelto di entrare dalla finestra della sua camera. Fu solo dopo che ebbe alzato lo sguardo che notò che la finestra della sua camera era aperta. Non ci sarebbe stato niente di strano, erano a settembre e le temperature erano ancora abbastanza calde, ma qualcosa, qualcosa che non conosceva, gli diceva che sarebbe dovuto andare via. Lentamente si era arrampicato su un albero, davanti alla finestra della sua camera e a quel punto li vide. Elena e Damon che si baciavano con passione. Poi vide suo fratello sollevare lentamente la maglietta del pigiama della sua ragazza, mentre le gli sbottonava la camicia. Capì di aver visto abbastanza, per cui scese dall’albero mentre le lacrime scendevano lentamente lungo le sue guance. Le mani gli tremavano dalla rabbia, gli occhi gli bruciavano per il furore, il cuore nel petto si infiammava di odio e di dolore e per la prima volta, dopo tanto tempo, sentì il bisogno di respirare. Prese le chiavi della sua macchina dalla sua tasca, e dopo aver messo in moto, sgommò via dalla pensione senza neanche preoccuparsi di fare rumore. Nessuno se ne sarebbe accorto, comunque. Si fermò presso uno di quei postacci che era solito frequentare Damon. Quando vi entrò, per un breve momento, le persone al suo interno lo guardarono con curiosità, molto probabilmente perché era un ragazzino rispetto agli altri e poi era una faccia nuova. Nel locale c’erano clienti di tutte le età, dagli adolescenti in cerca di divertimento, agli uomini adulti che volevano un po’ di svago dalla loro quotidianità. Stefan si sedette al bancone e ordinò un bicchiere di tequila. Il barista lo aveva guardato in un modo strano, probabilmente si stava chiedendo se lui avesse l’età per bere. Stefan, non avendo voglia di iniziare una discussione, prese il suo documento e glielo mostrò, a quel punto il barista gli servì il primo di tanti bicchieri strapieni di alcolici. Era così addolorato che non si era reso conto della presenza di una ragazza, seduta a un tavolo poco distante dal suo, con i capelli biondi legati in una treccia e con indosso un vestito rosso, che lo guardava con attenzione. Annabelle era il quel luogo da qualche oretta, sapeva, grazia a una visione di Albert, che Stefan sarebbe stato lì quella sera. Probabilmente se avesse avuto il suo cuore, sarebbe riuscita a provare qualcosa nel rivedere il suo primo amore dopo tanto tempo. Invece non riusciva a provare niente, se non indifferenza e un forte desiderio di vendetta. Rimase tutta la sera seduta a quel tavolo, osservando con attenzione ogni minimo movimento di Stefan e la sua conversazione noiosa con il barista, il quale non vedeva l’ora di toglierselo dai piedi.
 
 
<< Ha capito quel bastardo cosa mi ha fatto ? Ha scopato con la mia ragazza alle mie spalle. Sono davvero un idiota >> disse Stefan mandando giù un sorso di gin.
 
<< E ora sei qui ad affogare i tuoi dispiaceri nell’alcol. Oh ragazzino, ne ho visti tanti come te e per esperienza posso dirti che domani ti sentirai ancora peggio >> gli disse il barista con una smorfia, mentre gli porgeva un altro bicchiere.
 
<< Non potrei mai sentirmi peggio di così. Dio, voglio morire >> disse Stefan coprendosi il viso con le mani.
 
<< Non vorrai metterti a piangere ora ? >> chiese il barista facendo un’altra smorfia.
 
<< No, ho ancora una dignità >> disse Stefan bevendo in un solo sorso l’ennesimo bicchiere di qualche alcolico.
 
Annabelle distolse l’attenzione da quella noiosa conversazione, sperando di poter andare via di lì il più presto possibile. Dovette attendere tre ore in quel posto prima che Stefan cominciasse veramente a sentirsi male, una sciocchezza in confronto ai secoli che aveva dovuto aspettare per rivederlo.
 
<< Ragazzino, penso che tu abbia bevuto abbastanza. Dammi il tuo cellulare che chiamo qualcuno per farti venire a prendere >> disse la voce burbera del barista.
 
<< Non rompa. Piuttosto, si sbrighi a versarmi un altro bicchiere di qualunque schifezza egli abbia. >> gli rispose Stefan porgendo il bicchiere ormai vuoto al barista.
 
Doveva essere davvero ubriaco, Stefan da sobrio non si sarebbe mai espresso in quel modo così poco signorile. Annabelle, dopo che il barista aveva minacciato di chiamare la polizia, si era alzata dal suo tavolo e si era avvicinata al ragazzo.
 
<< Non si preoccupi signore >> disse con tono freddo ma cordiale << Questo ragazzo è un mio amico. Mi occuperò io di lui >> disse sforzando un sorriso affabile.
 
 Il barista l’aveva osservata circospetto per qualche minuto, indeciso o meno se affidare il ragazzo nelle sue mani. Poi, dopo aver lanciato un’ultima occhiata a Stefan, si rese conto che era stanco fino al midollo di quel ragazzino e che comunque non erano affari suoi. Senza neanche salutarli se ne era andato sul retro del bar, senza neanche contare i soldi che Annabelle aveva lasciato sul bancone.
 
<< Andiamo >> disse a Stefan, prendendolo per un braccio e trascinandolo verso l’uscita.
 
Stefan, il quale si reggeva a malapena in piedi, non oppose resistenza. Annabelle aiutò il ragazzo a salire sulla sua auto e, dopo avergli fatto passare un po’ la sbornia, lo condusse a casa sua.
 
<< Dove siamo ? >> le chiese Stefan un po’ preoccupato, scendendo dall’auto.
 
<< Siamo a casa mia. >> disse Annabelle scendendo dall’auto a sua volta << Dai, entra. Non aver paura >>.
 
Annabelle, con un incantesimo fece in modo che i cancelli si aprissero. Lo condusse all’interno della villa e Stefan non riuscì a non rimanere impressionato dal lusso della Villa, che nella sua immensità lo inquietava e gli metteva anche un po’ di disagio. Annabelle lo condusse in una strana stanza rossa, dove Stefan sentiva delle strane vibrazioni, come se fossero un insieme di cuori che battevano all’unisono, ma questo non gli sembrava possibile. Al centro della stanza rossa, seduti a un tavolo con sopra una pergamena, c’erano tre persone, una donna, un uomo e una giovane ragazza. Probabilmente erano i genitori e la sorella di quella strana ragazza bionda che l’aveva portato lì. Anche loro erano vestiti in modo molto elegante. L’uomo indossava un completo elegante di colore nero, la donna indossava un vestito lungo e rosso, mentre la ragazza indossava un abito corto verde scuro.
 
<< Allora, Stefan questa è la mia famiglia. Loro sono i miei genitori, i signori De Verdant e quella è mia sorella minore. >> disse Annabelle presentandolo.
 
Stefan strinse timidamente la mano a quelle persone all’apparenza molto sofisticate, tanto che per un attimo si vergognò profondamente a tal punto di essere quasi tentato di chiedere ad Annabelle se quell’incontro poteva essere rimandato al giorno dopo, quando lui avrebbe indossato qualcosa di meglio di un jeans leggermente sporco di terra, una maglietta bianca che puzzava di sigaretta e un po’ del gin che aveva rovesciato sopra e delle scarpe sporche di fango e terra. Per quanto riguardava i capelli, preferì non pensarci, altrimenti gli veniva voglia di morire un’altra volta.
 
<< È un piacere conoscervi. >> disse con un sorriso timido << Mi scuso se mi presento vestito in… questo modo ma… diciamo che questa visita non era in programma e… non è un buon momento >>.
 
<< Oh, non preoccuparti caro. Nessuno è qui per giudicarti. Ma prego, siedi pure con noi. >> gli disse la donna con un sorriso all’apparenza gentile.
 
<< Grazie >> rispose Stefan sedendosi al tavolo vicino alla donna.
 
Annabelle prese posto tra il padre e la sorella, tuttavia senza smettere di osservarlo. Doveva ammetterlo, Stefan era davvero cambiato dall’ultima volta che lo aveva visto. La pelle molto pallida, tipica dei vampiri, i ricci scuri e gli occhi verdi ricchi di malinconia, occhi che avevano visto molto e che avevano sofferto molto. Occhi che un tempo l’avevano amata e che lei aveva amato a sua volta. Ma adesso ciò non era più possibile, lei se ne era assicurata molto tempo fa, quando aveva scelto che non voleva più essere ferita in quel modo, quando, lentamente, aveva infilato la sua mano nel petto, provando dolore un’ultima volta prima di lasciarsi pervadere dal beatitudine del vuoto. Mai come in quel momento aveva creduto che tutto ciò che stesse accadendo fosse giusto.
 
<< Allora, giovanotto, come mai sei venuto qui ? >> gli chiese l’uomo, scrutandolo con attenzione.
 
<< Sono qui perché vostra figlia mi ha detto che voi potete aiutarmi a risolvere un male che mi porto dentro da un po’ >> disse Stefan guardando attentamente tutti i presenti.
 
<< Un male d’amore ? >> gli chiese la donna con un sorrisetto.
 
Stefan la guardò stranito. Come aveva fatto a indovinare ?
 
<< Hai lo sguardo di un innamorato ferito. È uno sguardo che più o meno tutti in questa stanza conosciamo bene >> gli spiegò la donna.
 
Stefan annuì poi continuò a parlare << Io ho passato tutta la mia vita cercando di non far del male agli altri. Anche quando sono diventato un vampiro ho… cercato di non essere un pericolo e mi sono sempre nutrito solo di animali. Non ho mai neanche provato a spegnere la mia umanità ma adesso io… io… Io adesso non voglio soltanto evitare di ferire, voglio anche evitare di essere ferito >>.
 
Annabelle lo osservò attentamente. Quello non era il ragazzo di cui si era innamorata, era un uomo distrutto, con gli occhi spenti, le mani tremanti e desideroso di essere felice. Poverino, non avrebbe trovato la sua felicità attraverso inutili scorciatoie ma quelli non erano affari suoi. Ma non erano più affari suoi.
 
<< Noi possiamo aiutarti, giovanotto. Ma la magia vuole sempre qualcosa in cambio dei suoi servigi. In questo caso, noi vorremo qualcosa in cambio. >> disse l’uomo porgendo a Stefan il foglio al centro del tavolo << Saresti disposto a concederci un favore a tua volta ? >> gli chiese poi.
 
Stefan prese il foglio in mano poi chiese << Posso leggerlo un momento ? >>.
 
<< Leggilo con calma, noi non abbiamo alcuna fretta e vogliamo che tu prenda la tua decisione in piena consapevolezza e essendo a conoscenza di tutte le informazioni che ti servono >> disse l’uomo, guardandolo con uno sguardo rassicurante.
 
Stefan annuì, poi lesse quanto c’era scritto sul foglio :
 
“Io, il qui presente Stefano Salvatore, dichiaro di essere nel pieno delle mie facoltà e di agire solo e soltanto secondo la mia volontà, accetto di firmare questo contratto con la famiglia De Verdant, prendendomi la piena responsabilità delle mie azioni. I coniugi De Verdant, hanno accettato di offrirmi i loro servigi, offrendomi ausilio per le mie sofferenze. In cambio io accetto di donare loro i miei servigi, per il periodo di tempo necessario al fine di ripagare il mio debito nei loro confronti. Nel caso in cui, io dovessi non rispettare i termini di quest’accordo, quest’ultimo sarà immediatamente sciolto e dovrò pagare le mie conseguenze…”
 
Stefan smise di leggere per un momento e chiese << Prima di accettare, vorrei sapere… si insomma, in che modo pensate di aiutarmi ? Quale incantesimo può mai aver bisogno addirittura di un contratto per poter essere effettuato ? >>.
 
<< Continua a leggere. L’incantesimo viene spiegato nel paragrafo 1 >> gli spiegò la donna.
 
Stefan annuì, poi continuò a leggere :
 
“Paragrafo 1: L’incantesimo che verrà attuato è detto l’incantesimo dell’animo vuoto. Consiste nel strappare il cuore del soggetto dal proprio petto con la magia, in modo che il soggetto in questione continui a vivere, seppur in assenza dell’organo sottratto.
Paragrafo 2: Il soggetto, dopo l’estrazione del cuore, non proverà più alcuna emozione, né negativa né positiva. Non potrà più amare, ma non potrà neanche più soffrire per amore. Sarà totalmente protetto sul piano sentimentale, nessuno potrà più ferirlo.
Paragrafo 3: Il soggetto potrà decidere di reinserire, senza alcun effetto dannoso per il corpo, il cuore in qualsiasi momento. Di conseguenza, potrà riappropriarsi delle proprie emozioni.
Paragrafo 4: Nel caso in cui il soggetto dovesse pentirsi di aver riposto il cuore nel petto, può chiedere che gli venga nuovamente strappato. Ovviamente, sempre firmando un contratto simile a questo.
 
Sperando che questa spiegazione sia stata più che esaustiva, i coniugi De Verdant sono estromessi da qualsiasi responsabilità. Io, Stefan Salvatore, sarà l’unico responsabile di ogni mia eventuale scelta.
 
Stefan non poteva dire di essere molto allettato dall’idea di farsi estrarre il cuore dal petto ma se i risultati sarebbero stati quelli descritti… beh, quello era l’incantesimo fatto a posta per lui.
 
<< Dopo che mi avrete strappato il cuore… che cosa ne farete ? >> chiese loro Stefan.
 
<< Noi proteggeremo il tuo cuore, come proteggiamo quelli di tutti coloro che hanno richiesto da parte nostra gli stessi servigi. Li conserviamo finché non decidono di averlo indietro. >> gli rispose la donna sorridendo.
 
<< Per cui… è tutto ? Io firmo, pago e voi proteggerete anche il mio cuore ? >> gli chiese Stefan per avere dei chiarimenti.
 
<< Esattamente. L’unica cosa che devi fare, per fare inizio al processo, è firmare >> gli disse la ragazza mora porgendogli una penna.
 
Stefan prese la penna un po’ titubante, lanciò un’ultima occhiata al contratto e doveva dire che l’offerta era piuttosto allettante. “Non farei niente di male”, pensò. Questo incantesimo avrebbe avuto degli effetti solo su di lui, lui e nessun altro. Nessuno ne avrebbe sofferto, lui per primo avrebbe finalmente smesso di soffrire. Era il suo cuore, in fondo, aveva il diritto di farci quel che voleva senza dover alcuna spiegazione a nessuno. Senza ulteriore indugio firmò il contratto, o meglio, la sua condanna, ma questo lo avrebbe scoperto solo in seguito.
 
FINE FLASHBACK
 
<< I tuoi genitori mi hanno ingannato e tu sei stata loro complice. Ora mi chiedo perché tu sia qui, ora ? >> le chiese alzandosi dallo scrittoio e avvicinandosi a lei.
 
<< Perché è giusto che tu sappia perché ho agito in questo modo. Non voglio che tu, quando dovremo scontrarci, mi uccida senza sapere tutta la verità >> gli rispose Annabelle, voltandosi a guardarlo.
 
<< Perché pensi che io e te, un giorno, saremo costretti a ucciderci ? >> chiese Stefan senza riuscire a comprendere le parole dell’altra.
 
<< Perché le nostre famiglie fanno questo da generazioni. Si feriscono, si vendicano e si uccidono. Noi non ci comporteremo in modo diverso, porteremo avanti la tradizione per l’eternità. Siamo legati da un destino inscindibile e ci distruggeremo a vicenda. >> spiegò Annabelle con una scrollata di spalle, come se tutta quella faccenda non le pesasse minimamente.  
 
Stefan, anche se ancora non conosceva tutta la verità sulla sua famiglia, sentiva che in fondo Annabelle aveva ragione. Sapphire aveva una brutta opinione su Anastasia
 
<< Sei venuta qui solo per dirmi questo ? >> le chiese Stefan.
 
<< No, sono venuta qui per restituirti questo >>
 
Dopo aver detto ciò, nella mano di Annabelle apparve il cuore di Stefan. Stefan non ci poteva credere. Che cosa aveva in mente Annabelle ? Aveva portato il suo cuore in questo posto per ucciderlo ? Annabelle invece si limitò a posare il cuore sulla scrivania. Stefan lo prese in mano e lo guardò attentamente. Non sapeva dire se gli fosse mancato o meno, in realtà non sapeva neanche come si sarebbe dovuto sentire. In quel momento, sarebbe bastato così poco per tornare a essere se stesso. Ma lo voleva davvero ? Era pronto ? Era quello il momento giusto ? Aveva paura, o meglio, sentiva che avrebbe potuto averne. Nonostante le ultime scoperte, non riusciva a fidarsi di Annabelle e una parte di lui era convinta che ci fosse sotto qualche trucco.
 
<< Io ora devo andare. >> gli disse Annabelle, distogliendolo dai suoi pensieri.
 
<< Prima dimmi il perché. Perché adesso ? Tua madre lo sa ? >> gli chiese Stefan prendendola per un braccio.
 
<< Mia madre è d’accordo con me. Ormai non sei più un vampiro, il tuo cuore non ci serve più per il sortilegio >> gli spiegò Annabelle.
 
<< Neanche per controllare Bonnie ? >>.
 
<< No. Forse tu non lo sai, ma Bonnie, in questo momento, sta tornando a Fell’s Church con l’aiuto di una delle dipendenti di tua zia >> gli rispose Annabelle con un ghignetto.
 
<< Di che cosa stai parlando ? >> gli chiese Stefan stringendo il braccio della ragazza.
 
<< Che dovete darvi una mossa. Il bambino tra pochi giorni sarà al nono mese di gravidanza e a quel punto il tempo dalla tua amica sarà scaduto, definitivamente. Nessuno di voi potrà proteggerla. >> detto questo si liberò dalla presa del ragazzo. << Ah a proposito, stai per ricevere visite e… una volta che io me ne sarò andata, non illuderti che io ti lascerò seguirmi tanto facilmente. Io e mia madre abbiamo chiuso qualsiasi portale che avrebbe potuto accedere alla nostra villa, infatti, al massimo, potrai accedere a Fell’s Church ma non oltre. >> gli disse Annabelle con un ghigno.
 
<< Non riderei tanto presto se fossi in te. Spero che i tuoi sistemi di difesa siano eccellenti perché ti giuro che non vi permetterò di fare del male a Bonnie >> chiese Stefan con un ringhio.
 
Annabelle non rispose e dopo aver ghignato sparì alla sua vista. “Maledizione”, pensò Stefan. Adesso che cosa avrebbe potuto fare ? Bonnie era di nuovo in pericolo e lui adesso era bloccato lì. Doveva trovare un modo per uscire da lì, ma come ?
 

 
Elena ormai non poteva più definirsi estranea al mondo soprannaturale. Del resto aveva avuto dei rapporti intimi con due vampiri e una delle sue migliori amiche era una strega. Inoltre lei stessa era stata una vampira, per un breve periodo. Tuttavia, non aveva mai visto prima d’ora uno sguardo più freddo di quello che aveva visto sul volto della ragazza bionda che l’aveva rinchiusa lì. Si trovava a Monaco quando i quei ragazzi-draghi erano riusciti a catturarla. In realtà, si era sera conto che quelle strane creature la stavano seguendo già da un po’ di tempo. I suoi poteri di Angelo non erano ancora del tutto svaniti e per un po’ di tempo erano stati sufficienti per permetterle di scappare. Tuttavia, nell’ultimo periodo neanche quelli erano stati sufficiente per proteggerla e nascondersi diventava sempre più complicato. Aveva cambiato molte volte città negli ultimi mesi, sperando di potersi nascondere ma quelle creature la trovavano, sempre. Finché non erano riusciti a catturarla e l’avevano portata in quella strana villa. Era stata la ragazza bionda a rinchiuderla in quella prigione. Elena non riusciva proprio a capire perché i suoi rapitori l’avevano cercato in maniera così assidua. Che cosa volevano da lei ? Perché voleva proprio lei ? Almeno non erano stati rudi con lei, avevano rispettato a sua condizione e ciò era una fortuna. Ormai mancava davvero poco al giorno del parto e lei sperava con tutto il cuore che, nel momento in cui avrebbe stretto il bambino tra le sue braccia, sarebbe stata una donna libera.
 

 
Stefan ormai si era quasi rassegnato a rimanere bloccato in quel posto per un bel po’ di tempo, per cui aveva iniziato a girovagare nello scrittoio di sua zia, fin quando aveva trovato una busta blu con su scritto “Per Stefan”. Lui l’aveva aperta e aveva letto, lettera dopo lettera, parola dopo parola, riga dopo riga, tutta la verità sulla sua famiglia, fino alla morte di Claire e al loro incontro a Parigi durante gli anni della Rivoluzione Francese. Dopo averla letta l’aveva poggiata sullo scrittoio e poi aveva preso in mano il suo cuore. Era davvero quello che voleva ? Sempre più spesso, nell’ultimo periodo, aveva desiderato riavere il suo cuore tra le sue mani, ma adesso che sapeva tutta la verità sulla sua famiglia e il modo in cui erano morte le donne più importanti della sua vita, aveva paura di come avrebbe potuto sentirsi dopo aver posto fine a quel senso di vuoto. Sua madre, sua sorella e sua zia erano morte per colpa di un vampiro, quella feccia maledetta che aveva distrutto la sua famiglia. Non gli importava se fosse stato Damon o qualcun altro a uccidere sua sorella, suo fratello aveva comunque ucciso sua zia una volta e lui aveva stupidamente preso le sue difese. Adesso era stanco, anche se non poteva sentire la stanchezza, in un certo senso riusciva a sentirsi così. Non era arrabbiato con suo fratello, ma con tutti i vampiri. In quel momento li voleva uccidere tutti, sentiva di provare un odio profondo per loro. Fu solo in quel momento, che si rese conto, che il suo cuore non era più rosso come lo aveva lasciato, ma nero, per metà. 






ANGOLO AUTRICE

Salve !! Prima di tutto vorrei scusarmi per aver aggiornato così in ritardo, ma ultimamente ho avuto un sacco di impegni. Oltre a ciò, posso dire di non essere affatto soddisfatta di questo capitolo, ma più lo rileggevo e meno mi piaceva, l'ho addirittura cancellato e poi riscritto e il risulato mi è piaciuto ancora meno. Volevo anche dirvi che ormai mancano pochi capitoli. Ormai mandare avanti questa storia sta diventando un po' complicato e non voglio farla finire in modo banale. Grazie per l'attenzione.
Un MeGa BaCiO

 

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Capitolo 23
*** Revenge ***


Revenge
 

Stefan sapeva che suo fratello era arrivato, sentiva la sua aurea forte e indistinguibile, come solo suo fratello era in grado di essere. Quanto lo aveva ammirato da piccolo, quando aveva desiderato essere degno della sua considerazione, quanto aveva desiderato che lui gli volesse bene… Aveva amato suo fratello con tutto se stesso, lo aveva ammirato come il più glorioso dei supereroi, lo aveva adorato come il più forte degli dei… quando vedeva suo fratello i suoi occhi brillavano per la contentezza e quando suo fratello lo allontanava i pezzi del suo cuore di fanciullo si spezzavano. Ecco, cosa sapeva fare suo fratello, spezzargli il cuore. Lo aveva sempre fatto, a volte gli sembrava che fosse nato per quello. Stefan, dal canto suo, si era sempre sentito in colpa per ogni cosa, sempre. Si era sempre sentito il responsabile per la morte di colei che credeva essere sua madre, per aver fatto soffrire suo padre e suo fratello ( che poi si era rivelato essere il suo fratellastro ), per quell’unico momento in cui lo aveva davvero odiato, a tal punto che alla fine gli aveva trafitto il cuore con la spada e lo aveva ucciso. Si era sentito in colpa per anni, anzi, secoli, per quell’episodio ma quando lo aveva visto con Elena, quando lo aveva visto baciare la donna della sua vita, era quasi stato felice di averlo ucciso e sarebbe stato ancor più felice se fosse rimasto morto. Ora non provava più niente. Ora vedeva tutto con più chiarezza. Non era stata colpa di suo fratello, ma dei vampiri. Un vampiro aveva distrutto la sua famiglia, un vampiro si era introdotto nella vita sua e di suo fratello distruggendo definitivamente il loro rapporto, un vampiro aveva ucciso la sua sorellina, Damon era diventato un mostro dopo essersi trasformato in vampiro. I vampiri erano una razza maledetta e lui era sicuro che si sarebbe sentito felice di non esserlo più. Era un mago adesso, aveva sulle spalle secoli e secoli di lotte, era l’ultimo di una famiglia di maghi e streghe che erano morti nel portare avanti quella lotta… ora lui che avrebbe fatto ? Sarebbe riuscito a sopravvivere ? Avrebbe vinto ? Sarebbe morto anche lui ? Avrebbe onorato sua madre e sua zia ? Avrebbe finalmente avuto la sua rivincita su Damon ? Sarebbe stato abbastanza ? La risposta era in realtà una sola, Doveva Esserlo. Doveva. Niente di più niente di meno. Annabelle, consegnandogli il cuore, aveva cercato di offrirgli una scappatoia dal suo destino, ma lui sapeva di non meritarlo. Guardò il cuore, il quale era completamente rosso quando lo aveva consegnato, e adesso era per metà nero e sapeva bene che cosa significasse. Stava diventando una brutta persona ? Probabilmente si e non se ne rendeva neanche conto. D’altronde come avrebbe potuto ? Sua zia era morta davanti ai suoi occhi e lui non sapeva neanche che espressione avrebbe dovuto assumere. Aveva desiderato ardentemente, nell’ultimo periodo, di poter avere indietro il suo cuore, ma adesso che ce lo aveva non riusciva a fare a meno di chiedersi se era davvero quella la scelta migliore. Chi sarebbe diventato ? Avrebbe mai amato di nuovo ? Sarebbe diventato un uomo odioso come suo fratello ? Suo fratello… era lì, solo ora se ne rendeva conto.
 
<< Ciao Damon >> disse con voce bassa.
 
<< Fratellino… finalmente riesco a trovarti >> gli disse Damon entrando nella stanza.
 
Stefan sorrise, seppur senza gioia, ripensando a un ricordo ormai lontano, di quando era ancora felice…
 
INIZIO FLASHBACK
 
<< Fratellino, finalmente ti ho trovato. >> disse un piccolo Damon sporgendosi dietro un cespuglio dove si stava nascondendo un piccolo Stefan.
 
<< Damon ! Che ci fai qui ? Sei venuto a giocare con me ? >> chiese uno speranzoso Stefan.
 
<< Certo, quindi sbrigati ad uscire da lì prima che cambi idea >> gli rispose Damon con un ghignetto.
 
<< Solo se mi assicuri che non c’è in giro la signorina Vespucci. Non sa cucinare molto bene i biscotti, però io ho timore di offenderla quindi li mangio comunque. Ma oggi non avevo proprio voglia di mangiarli per cui ho deciso di nascondermi. >> disse Stefan abbassando lo sguardo per il senso di colpa.
 
Damon alzò gli occhi al cielo, poi sorrise e scompigliò leggermente i capelli del fratellino. Cercando di non sporcarsi i vestiti, si sporse in avanti per afferrare la mano di Stefan e aiutarlo a oltrepassare il cespuglio.
 
<< Stefan, Stefan, Stefan… è inutile nascondersi dietro il cespuglio, non potrai evitare in eterno i biscotti della signorina Vespucci. Inoltre, non è da vero uomo nascondersi piuttosto che affrontare i problemi. Per cui alzati a vai dire alla signorina Vespucci quello che pensi veramente sui suoi biscotti >> gli disse Damon con fare ovvio.
 
<< Ma… ma… ma io non voglio offenderla. >> disse Stefan spalancando gli occhietti con indignazione.
 
<< E allora fatti torturare dai suoi biscotti in eterno o nasconditi qui dietro con un coniglio. Sappi però che se prenderai questa decisione non potrai più giocare con me >> disse il fratello incrociando le braccia al petto.
 
<< Eh ?  Perché ? >> gli chiese Stefan con timore.
 
<< Perché io non perdo tempo con i deboli e con i conigli. Se vuoi essere mio fratello devi essere coraggioso e forte. Capito ? >>.
 
Da quel giorno Stefan non mangiò più i biscotti della signorina Vespucci. Alla fine, seppur con imbarazzo e dispiacere, le aveva gentilmente dichiarato che non gradiva molto i suoi biscotti. La signorina Vespucci, dal canto suo, non sembrò rimanerci poi così male, forse era più che sollevato dal fatto di non dover essere costretta a cucinare quei biscotti per il bambino. Tuttavia, quell’episodio dietro al cespuglio segnò per sempre la vita di Stefan. Non avrebbe mai, mai, dimenticato le parole di suo fratello, che gli erano penetrate nelle ossa, nella mente, nel cuore, come un marchio.
FINE FLASHBACK
 
Stefan, ogni volta che si trovava davanti a situazioni simili, ripensava a quell’episodio e cercava di prendere forza dalle parole di suo fratello. Era l’unica ragione per la quale non si era alzato e non se ne era andato da quella casa, lasciando suo fratello in balia di se stesso.
 
<< Mmm… Sembri soddisfatto di questo. Sinceramente sono alquanto sorpreso anch’ io. Come hai fatto a trovarmi ? >> chiese mentre puntellava leggermente il cuore con le dita.
 
<< A quanto pare ci sono persone che ti conoscono meglio di me e che mi hanno dato una mano a trovarti. Quello che tieni in mano è il tuo cuore ? >> gli chiese appoggiandosi alla scrivania.
 
<< Bonnie come sta ? >> chiese Stefan ignorando la sua domanda.
 
<< Lei bene. Anche se quando l’ho trovata non era nelle condizioni migliori. Perché l’hai lasciata ? >> gli chiese Damon.
 
<< Perché… perché in quel momento non ero in grado di fare nulla di più per lei. Non avere un cuore nel petto porta ad avere un aumento dell’egoismo. Me ne sono accorto in diverse occasioni. >> rispose Stefan continuando a picchiettare le dita sul cuore.
 
<< È quello il tuo cuore ? Perché è nero per metà ? >>  gli chiese Damon indicando il cuore sulla scrivania.
 
<< Dicono che il cuore sia la sede dei sentimenti del proprio animo sai ? Questo cosetto qui >> disse prendendo il cuore in mano << Era rosso quanto me lo hanno sottratto. Così rosso, che avrebbe potuto brillare più di una marea di rubini. E ora… ora è per metà nero come la mia anima. È buffo sai ? Avere l’animo pieno di odio quando l’odio non sono in grado di provarlo affatto. C’è un vuoto dentro al petto, un vuoto che potrebbe essere colmato in un secondo, se io lo volessi. >> disse Stefan con una risatina priva di qualsiasi allegria.
 
<< E lo vuoi ? >> gli chiese Damon.
 
<< Che accadrebbe se mi lasciassi andare all’istinto ? Ora come ora siamo in guerra, o meglio, io sono in guerra.  Una guerra che ha sterminato la mia famiglia per secoli. Generazione dopo generazione, vendetta dopo vendetta, morte dopo morte… Se io adesso infilassi il cuore nel petto che cosa farei ? Cosa diventerei ? Riuscirei a essere abbastanza razionale da non commettere altre scemenze  ? >> chiese Stafan guardando Damon anche se in realtà tutte quelle domande le stava ponendo a se stesso.  
 
<< Magari se adesso lo infilassi nel petto vedresti tutto con più chiarezza >> suggerì Damon sedendosi sulla scrivania.
 
<< No invece. L’unico motivo per il quale non ti ho ucciso prima di ora era perché avevo la giusta dose di razionalità che mi serviva. Quella sera io ho venduto il mio cuore proprio perché non riuscivo a pensare, proprio perché ero arrabbiato nero con te. Quella sera io ti avrei staccato la testa e avrei ucciso Elena, ma ho preferito andare via. >>  
 
<< Stefan, non sei tu il cattivo della situazione. Mi dispiace per come siano andate le cose, se tutto quell’odio è indirizzato a me va bene. Mi sta bene, me lo merito. Ma sai una cosa ? In tutti questi anni… io ho sempre perso contro di te. Io ti ho trattato sempre come una nullità, non ho mai smesso di cercare di atterrarti e ogni volta che io credevo di stare per vincere tu si rimettevi in piedi e mi rispondevi con gentilezza e alla fine tutti si schieravano dalla tua parte e ti amavano. Io ho sempre cercato di rubarti l’amore degli altri e senza successo. >>.
 
<< Grazie, per le scuse. Senza cuore mi è facile perdonarti, mi è più semplice tutto. Però… non ho molte scelte e ho bisogno del tuo aiuto. >> disse Stefan alzandosi dalla scrivania.
 
<< Certo. Che devo fare ? >> chiese Damon.
 
<< Come ti ho detto, sto combattendo una guerra contro i De Verdant e ho bisogno di un esercito. Essendo l’unico erede di mia zia, il suo negozio ora appartiene a me e quando il suo circolo di streghe e maghi che lavora con lei al negozio saprà della sua morte… non esiteranno ad aiutarci. Fidati di me >> disse Stefan.
 
<< E tu che farai ? >> gli chiese Damon.
 
<< Ora ti aprirò un portale e ti condurrò nel negozio. Io intanto eseguirò un incantesimo di protezione per il mio cuore e lo nasconderò qui dentro. Non voglio portarlo con me. >>.
 
Damon annuì, sperando che almeno suo fratello sapesse quello che faceva. Tuttavia, non poteva sapere cosa veramente Stefan stesse covando nel suo cuore, altrimenti avrebbe notato che il cuore era diventato un po’ più nero rispetto a prima e avrebbe notato il ghigno che gli era nato sulle labbra. Stefan non lo aveva perdonato affatto, era troppo facile scusarsi quando lui non aveva sentimenti e quando aveva bisogno del suo aiuto per proteggere Bonnie. Alla fine, le scuse di Damon, secondo Stefan, erano solo un mezzo per persuaderlo ad aiutarlo a proteggere Bonnie. Bonnie… forse lei sarebbe stata l’unica per cui avrebbe provato dispiacere, ma non voleva tornare indietro. Avrebbe distrutto suo fratello, avrebbe distrutto ogni vampiro che avrebbe incontrato sulla sua strada, e se questo significava ferire Bonnie… lo avrebbe fatto. Era stata la sorella di Bonnie ad uccidere sua zia, e lei meritava vendetta e l’avrebbe ottenuta. Stefan glielo aveva promesso.
 

 
Bonnie si stava sciacquando il viso nel bagno al piano di sotto della pensione. Alzò lo sguardo verso lo specchio e rimase molto turbata dalla sua immagine. I capelli, una volta rossi e lucenti come il fuoco, ora erano spenti, privi di qualsiasi vitalità, più lunghi tanto che le arrivavano fin sotto il seno. Il viso era pallido e scarno, le labbra screpolate, gli occhi stanchi, rossi a causa delle lacrime, con delle tremende occhiaie intorno agli occhi. Oltre a ciò era dimagrita terribilmente, un po’ a causa della malattia e un po’ a causa di tutto il resto. Indossava ancora gli abiti che le avevano dato a Neverland, sebbene cominciassero a starle leggermente larghi. Non si era mai vista tanto brutta in tutta la sua vita e non aveva neanche più la forza di piangere per tutto quello che le stava succedendo. Con un sospiro, cercando di farsi forza, uscì dal bagno raggiungendo la signora Flawes in cucina. Appena arrivò un dolce profumo di biscotti giunse alle sue narici e in quel momento si rese conto di quanta fame avesse in realtà.
 
<< Oh Bonnie ! Siediti, ho preparato dei biscotti stamattina ma sono ancora caldi. Mangiane qualcuno mentre ti preparo il tè >> le disse la signora Flowers posando sul tavolo un vassoio con sopra dei deliziosissimi biscotti.
 
Bonnie ne prese uno e lo mangiò velocemente, poi un altro e un altro ancora. Aveva davvero fame e un po’ si vergognava di mangiare in quel modo, ma non riusciva a farne a meno. Aveva bisogno di forze, se voleva sconfiggere Sylvia. Nel frattempo la signora Flowers aveva finito d preparare il tè.
 
<< Bevilo tutto, questo è un tè molto speciale, ti restituirà le forze che hai perso in questo tempo. >> le disse la signora Flowers accarezzandole dolcemente i capelli.
 
Forze, proprio quello di cui aveva bisogno se voleva avere subito un confronto con Sylvia e trarre in salvo sua nipote al più presto. Bevve velocemente il tè e l’effetto non tardò ad arrivare. Si sentì molto più forte, sia fisicamente che mentalmente, pronta a realizzare il suo obbiettivo.
 
<< Signora Flowers, lei mi deve aiutare >> disse con voce decisa.
 
La signora Flowers si voltò a guardarla con uno sguardo triste, probabilmente aveva intuito molte più di quanto non desse a vedere, molto probabilmente, sapeva già cos’era accaduto alla sua famiglia e chi fosse il responsabile, anzi, la responsabile.
 
<< So cos’è accaduto Bonnie >> le disse la signora Flowers prendendole la mano.
 
<< Come ? >> le chiese Bonnie stupita e confusa insieme.
 
<< Fell’s Churh è abbastanza piccola come cittadina, le notizie si diffondono in fretta. Immagino che tu sappia chi è stato >>.
 
<< Oh si >> disse quasi in un ringhio.
 
Era stata Sylvia, Sylvia Mcculloug, sua sorella maggiore. Una delle persone che avrebbe dovuto amare di più in tutta la sua vita e che invece in quel momento odiava con tutto il suo cuore. E per la prima volta capì… capì come si sentiva Stefan in quel momento. Capiva come potesse essere possibile provare un odio così intenso verso un proprio consanguineo. Un odio così profondo da desiderare di ucciderlo.
 
<< Bonnie… dovresti sapere che la vendetta… non ti aiuterà a lenire il dolore. >> le disse la signora Flowers stringendole la mano.
 
Lei la ritrasse, come se fosse stata scottata da quella stretta. “Che frase fatta”, pensò. E in quel momento, sentì lacrime brucianti, che le pareva stessero bruciando le sue guance mentre scendevano lungo le stesse. Lacrime brucianti, infuocanti, ardenti, come l’inferno che in quel momento stava divampando nelle sue vene e non era la malattia, almeno non quella fisica. Era un morbo molto più violento e intenso, di quelli che credeva che non avrebbe mai provato. L’oscurità molte volte era entrata nella sua vita e, sebbene ne fosse stata attratta, non era mai riuscita fino a quel momento a penetrare nel suo cuore. In quel momento, invece, avrebbe potuto uccidere chiunque le capitasse a tiro, ma non poteva. La sua rabbia, il suo odio, la violenza della sua furia dovevano abbattersi completamente su un’unica persona. Era sempre stata più propensa verso il perdono, ma in quel momento tutto voleva tranne che perdonare.
 
<< Ho bisogno che lei mi aiuti. Ho bisogno che lei faccia diverse cose per me. Sappia, che se non mi aiuterà lei chiederò aiuto altrove. Sono disposta a tutto pur di andare fino in fondo e niente che lei potrà dirmi potrà farmi cambiare idea >> disse mentre le lacrime continuavano a segnare le sue guance.
 
La signora Flowers chiuse gli occhi e abbassò lo sguardo. Quella non era Bonnie… era una ragazza distrutta. Lo sapeva perché aveva già visto quello sguardo, diverse volte, negli occhi di Stefan. Quello era il primo passo verso un’oscurità perenne, lo sapeva. Un’oscurità profonda che non sarebbe mai andata via del tutto.
 
<< Cosa posso fare per te ? >> chiese semplicemente.
 
<< Lei sa… sa come si strappa un cuore dal petto ? >> le chiese Bonnie senza alcuna esitazione nella voce.
 
<< Cosa ? >> chiese la signora Flowers sperando di aver frainteso la domanda.
 
<< Ha capito bene. Io sono debole fisicamente, sono malata e mio malgrado Sylvia è una strega più potente di me e sa come strappare un cuore. Non vorrei che strappasse anche il mio, è legato ad un bambino e non voglio che muoia per colpa mia >> spiegò.
 
<< Il figlio di Anastasia De Verdant ? >>.
 
<< Esattamente. Non voglio che muoia. Mi vendicherò di mia sorella, e dopo, accada quel che accada, sarà anche disposta a morire per far nascere quel bambino. >>.
 
<< E a te non pensi ? >>.
 
<< Preferisco morire io, piuttosto che lasciare che muoia un povero bambino innocente. Allora, sa eseguire l’incantesimo ? >> chiese con determinazione.
 
<< Si. Hai bisogno di qualcos’altro ? >> chiese la signora Flowers.
 
<< Si, ho bisogno di un modo per bloccare i poteri di mia sorella. Voglio toglierle la magia, così , semmai dovesse vincere, almeno mi assicurerò che non potrà ferire più nessuno. Se non riuscirò ad ucciderla, vivrà, ma senza magia, sarà una persona normale e pagherà ugualmente per il male che ha fatto >>.
 

 
Anastasia de Verdant stava preparando tutto il necessario per il rituale. Ormai aveva quasi tutti gli ingredienti. Aveva il bocciolo, il sangue suo e di Albert, il cuore di un vampiro, rimpiazzare il cuore di Stefan in fondo non era stato così complicato, non era il primo vampiro che aveva catturato, le mancava solo il cuore di Bonnie ma anche quello lo avrebbe ottenuto presto. Presto, avrebbe ottenuto tutto ciò che voleva. Presto, avrebbe avuto il suo lieto fine. Tuttavia, lei non sapeva, che in una stanza remota di Villa de Verdant, qualcuno stava elaborando un piano per sabotare il suo lieto fine. La persona in questione, stava preparando una potentissima pozione che avrebbe potuto distruggere per sempre il lieto fine di Anastasia.
 

 
Sylvia stava cullando Stella, mentre le cantava una ninna nanna piuttosto macabra ma che alla bambina sembrava piacere. Era seduta sulla sedia a dondolo nella cameretta della bambina. Una stanza piccola ma accogliente, con le pareti dipinte in rosa, con farfalli e api dipinte sulle pareti e con i mobili in legno bianco. La cameretta che ogni bambino dovrebbe avere e che lei non aveva mai avuto. Stella si stava divertendo a giocare con i suoi ricci scuri, senza tuttavia farle male e ogni tanto le sorrideva e questo metteva Sylvia un po’ a disagio. A un certo punto, la magia di quel momento si spezzò dal telefono di casa che squillò. Sylvia sobbalzò leggermente. Chi poteva mai essere ? Un nome le balenò in testa e sperò di sbagliarsi. Non aveva voglia di parlare con quella persona, non ora che era un passo dal completare la sua vendetta. Si alzò dalla sedia a dondolo e posò delicatamente la bambina nella culla. Poi scese al piano di sotto, si diresse verso il soggiornò dove trovò il telefono sul divano. Lo prese e rispose con voce un po’ incerta.
 
<< Pronto ?! >>.
 
<< Ciao sorellona >> disse la voce all’altro capo del telefono.
 
Sylvia sorrise e si sentì sollevata. A quanto pare quello era il suo giorno fortunato.
 
<< Ciao, sorellina… dal tuo tono di voce posso comprendere che tu abbia già trovato la sorpresina a casuccia, vero ? >> chiese con un ghignetto.
 
<< Dov’è la bambina ? >> le chiese sua sorella ignorando la sua domanda.
<< Chi ti dice che non l’abbia uccisa ? >> le chiese un po’ indispettita.
 
<< Non ho voglia di sopportare i tuoi giochetti. Dov’è le bambina ? Sta almeno bene ? >> le chiese alzando un po’ la voce.
 
<< Si, sta bene, troppo bene in mia compagnia >> concluse con un altro ghigno.
 
Sua sorella era alquanto nervosa, a quanto pare la sorpresina non le era piaciuta affatto. Oh, era così dispiaciuta…
 
<< Come facevi a sapere che ero qui ? >> le chiese Sylvia un po’ incuriosita.
 
<< Un incantesimo di localizzazione >> rispose brevemente sua sorella.
 
“Logico”, pensò Sylvia, poi disse << Mi hai chiamato per sapere della bambina ? >>.
 
<< No. Ti ho chiamato per dirti che sono stufa di te e che voglio concludere tutta questa storia al più presto >> rispose con voce dura.
 
Sylvia sorrise deliziata. Sua sorella le stava regalando la sua vendetta su un piatto d’argento. Meglio così. Le avrebbe strappato il cuore dal petto e poi lo avrebbe consegnato ai De Verdant, in quel modo avrebbe rispettato i loro accordi e l’avrebbero lasciata in pace e a quel punto avrebbe potuto ricominciare una nuova vita, lontano da lì. Le mancava una sola persona da uccidere per ottenere tutto questo, e quella persona stava venendo da lei, verso il suo destino, verso la sua morte, spontaneamente… quale meraviglia.
 
<< Cosa intendi per concludere ? >> chiese trattenendo a stento una risata.
 
<< Hai capito bene. Tra dieci minuti, al centro del bosco di Fell’s Church c’è una piccola radura. Vieni e sii puntuale. >>.
 
<< Così… mi stai sfidando a duello ? Credi davvero di poter competere con me ? >> chiese Sylvia deridendola.
 
<< Ciò che posso o non posso fare non è di tua competenza. Vieni o ti giuro che verrò io da te e ti ucciderò senza alcuna pietà. >> disse sua sorella ringhiando.
 
<< Oh, se hai questo spirito… ci sto… vedremo chi di noi due vincerà. Voglio proprio vedere se sei in grado di reggere una competizione con me senza qualcuno che ti guarda le spalle. >>.
 
<< Non preoccuparti, ce la farò e a quel punto rimpiangerai di essere tornata in vita. >>.
 
Sua sorella chiuse la chiamata e a quel punto Sylvia poté scoppiare a ridere. Una risata maligna, perversa, ricca di oscuri significati. Avrebbe dovuto chiamare quell’altra persona. Tra dieci minuti avrebbe ottenuto il cuore di sua sorella, tra dieci minuti avrebbe ottenuto tutto ciò che voleva. Prese il telefono e digitò un numero. L’altra persona non tardò a rispondere.
 
<< Ho delle buone notizie, presto avremo entrambe ciò che vogliamo di più al mondo >>.
 

 
-9
 
Meredith stava seduta sul lettino e stava osservando la piccola finestrella, dalla quale prima penetravano i deboli raggi del sole, i quali presto sarebbero stati sostituiti da quelli ancora più deboli della luna. Da quanto tempo si trovava in quella prigione ? Da quanto tempo non le era concesso più stare all’aria aperta ? Da quanto tempo non vedeva né sentiva i suoi genitori ? Calde lacrime le scesero lunga la guancia. Era sempre stata una ragazza forte, ma in quel momento, se avesse avuto davanti a sé uno specchio avrebbe visto semplicemente una ragazza vissuta, una ragazza che avrebbe preferito la morte piuttosto che quella crudele prigionia. Ma neanche lei sapeva che presto sarebbero cambiate tutte le carte in tavola.

 
-7
 
Bonnie si stava preparando per il suo incontro-scontro. Aveva indossato dei semplici jeans neri, con delle scarpe da ginnastica, una maglia e una felpa bianca. Aveva lasciato i lunghi ricci sciolti e si era truccata leggermente. Voleva essere perfetta per il momento in cui avrebbe vendicato i suoi cari. Voleva sentirsi perfetta in ogni aspetto per il momento in cui avrebbe fatto pagare a sua sorella tutto il male che le aveva fatto. Infine, indossò la collana che le aveva dato la signora Flowers. La collana aveva il cordoncino in argento e un ciondolo  che si apriva dove avrebbe rinchiuso per sempre i poteri di Sylvia e che non avrebbe esitato ad usare se si fosse resa conto che le cose non stavano andando a suo favore. Aveva affidato il suo cuore alla signora Flowers, fiduciosa che lei se ne sarebbe presa cura, almeno prima del sortilegio. Non voleva sopravvivere, se lo avrebbe fatto sarebbe morta dentro con la consapevolezza di aver condannato un povero bambino innocente. Non voleva diventare un mostro, voleva solo vendicare sua sorella, voleva solo provare pace per un’ultima volta. Poi il destino avrebbe potuto fare di lei qualunque cosa. Con questo pensiero, uscì dalla pensione cominciando a incamminarsi verso il suo destino.

 
-5
 
Stefan aveva appena finito di applicare tutti gli incantesimi di protezione al suo cuore. Ormai l’odio era penetrato a fondo dentro di sé, se ne rendeva conto osservando il cuore, che non era più nero solo per metà ma anche di più. L’oscurità era ormai parte di lui, gli era entrata nelle ossa come un marchio del quale non sarebbe mai più stato libero. Ma lo aveva voluto lui, e non se ne pentiva. Dopo tutto quello che aveva passato era inevitabile. Tuttavia, stava preparando con cura la sua vendetta. Non era stato facile trovarlo, ma ricordava perfettamente che sua zia conservava ancora un po’ del suo sangue di vampiro nella sua scrivania. Aveva scoperto che la pozione che lo aveva trasformato in un umano poteva essere temporaneamente annullata, per un ora o poco più se tutto andava bene. Ma a lui non serviva molto tempo, giusto quel poco per serviva per avere la sua vendetta.
 

- 3
 
Damon era appena giunto all’ufficio di Sapphire. Non era molto fiducioso del piano di Stefan. Non era molto convinto che i “seguaci” di Sapphire avrebbero accettato di intraprendere una guerra contro Anastasia De Verdant però non avevano molte possibilità. Se nemmeno Sapphire era stata in grado di sopravvivere, e lei era una delle streghe più potenti che avesse mai incontrato, voleva dire che dovevano davvero giocare il tutto e per tutto se non volevano fare anche loro la stessa brutta fine e se volevano avere qualche possibilità di salvare Bonnie. Sperando di poter aver successo, si diresse verso l’ascensore, pronto ad affrontare un gruppo di maghi e streghe con il cuore a pezzi e con un forte desiderio di vendetta nel cuore. Quando arrivò al piano di sotto vide che il negozio era chiuso e che al centro, radunati intorno a qualcosa che non riusciva a vedere, un gruppo di circa trenta o poco più persone tenevano la testa china, qualcuno stava anche piangendo. Aveva già assistito a scene simili, probabilmente si era appena imbucato al funerale di Sapphire. “Che bello”, pensò con ironia. Tra quella folla riconobbe Magdalene, che appena lo notò si allontanò dagli altri.
 
<< Signor Salvatore >> disse attirando anche l’attenzione degli altri che adesso lo fissavano curiosi.
 
<< Ho bisogno del vostro aiuto >>.

 
-1
 
Elena stava toccando il ventre ormai non più piatto. Il suo bambino stava scalciando, lo sentiva benissimo e in quel momento le venne da sorridere. Chissà se sarebbe stata ancora viva per poterlo vedere crescere. Non era sicura di come ciò fosse accaduto, ma era successo ed era felice. Sarebbe stata ancora più felice se avesse potuto condividere questa sua gioia con l’uomo che amava. Stefan… chissà come stava... Le mancava in una maniera terribile. Ogni giorno, da quando si erano separati, aveva pensato a lui. Chissà se alla fine l’aveva davvero perdonata ? Chissà se nel frattempo non si fosse innamorato di un’altra donna ? Non gliene avrebbe fatto una colpa, avrebbe cercato di essere felice per lui, sebbene avrebbe sofferto terribilmente. Chissà se lui sapeva dove lei era adesso ? Probabilmente no. Sperava solo, se il destino avesse deciso che la sua ora stava per giungere, di vederlo un’ultima volta.
 

 
Bonnie era appena giunta a un lato della radura, puntuale peggio di un orologio svizzero. Non vedeva l’ora che arrivasse il momento della resa dei conti. Aveva bramato quel momento con tutta se stessa da quando aveva scoperto che quella disgraziata le aveva sterminato l’intera famiglia. Sperava almeno che si sarebbe degnata di essere puntuale… in quel momento un’eventuale attesa le sarebbe semplicemente insopportabile. Tuttavia, passarono almeno una decina di minuti prima che riuscisse a scorgere la sagoma di Sylvia dall’altro lato della radura. Una decina di minuti che in quel momento le parve lunga quanto una vita intera. In quel momento sentì il cuore in fiamme come non mai. Era pronta, nessuno in quel momento avrebbe potuto convincerla a tirarsi indietro.
 
<< Avevo detto di essere puntuale >> urlò leggermente con voce dura.
 
Sua sorella, quella disgraziata, ghignò. Avrebbe tanto voluto cancellarle quel dannato ghigno da quella faccia da schiaffi. Ora che la osservava bene, doveva ammettere che non sembrava più tanto delicata e malata come nei loro “incontri” passati. Bonnie immaginava che ora, quella sembrava malata e delicata, fosse lei. Poco importava, in quel momento sentiva di poter far esplodere quella dannata radura in un secondo se solo avesse voluto. Quella sfacciata aveva anche osato indossare alcuni vestiti di Mary… Doveva ammettere, che se non fosse stato per il fatto che aveva visto il corpo privo di vita di Mary, in quel momento avrebbe pensato di star per combattere contro di lei. Mary e Sylvia erano quasi del tutto identiche, stessi capelli, stessi lineamenti, tranne per il fatto che forse quelli di Sylvia erano più giovanili e meno adulti come quelli di Mary. Sylvia però non era alta, ma neanche bassina, a differenza sua. Mary lo era, ma era convinta che Sylvia non avesse la sua altezza e questa volta non c’entrava nulla l’età. Mary però non aveva mai avuto quello sguardo crudele sul volto, l’aveva amata come una sorella dovrebbe amare un’altra sorella. Era così incredibile, poter provare due sentimenti così opposti per due persone così simili. Aveva amato Mary con tutto il suo cuore e ora odiava Sylvia con tutto il suo animo. Non avrebbe mai voluto che tutta quella storia andasse a finire così, ma ormai era inevitabile.
 
<< Io non sto ai tuoi ordini, sorellina. Non sono come i tuoi amichetti che corrono al tuo capezzale ogni volta che lo desideri >> disse Sylvia avanzando di qualche passo.
 
<< Loro non corrono al mio capezzale, loro vengono ad aiutarmi. Perché è così che fanno i veri amici, ma perché perdere tempo a parlartene. Tu non sai cosa sia l’amicizia, sei una persona crudele e spregevole. >> le disse Bonnie cominciando ad avanzare anche lei.
 
<< Crudele e spregevole ? Sei solo in grado di giudicare e senza alcun diritto per giunta. Tu non hai la minima idea di come sia stata la mia vita. Prova tu a vivere senza una madre. Rinchiusa in una stanzetta con una zia odiosa, crescendo solo dell’affetto di tua cugina che ora è morta. >>.
 
<< Dubito che Rosalie avrebbe voluto che tu le uccidessi la madre >>.
 
<< Dubito che tu possa capire che il legame che c’era tra me e mia cugina. D’altronde tu vivi di fantasie e illusioni. Neanche tu hai mai conosciuto la vera amicizia altrimenti adesso non saresti qui da sola, alla mia mercé >>.
 
<< Non puoi giudicare di miei legami. So benissimo perché i miei amici non sono qui e ne sono felice. Questa è una cosa che dobbiamo risolvere io e te, da sole. >>.
 
Ormai erano vicine, pochi passi mancavano a distanziare le due ragazze. Bonnie non si era mai sentita così decisa ad affrontare qualcuno. Non aveva mai, mai, avuto l’ardire di fronteggiare qualcuno in quel modo. Nessuno. Eppure… in quel momento non poteva fare diversamente, non l’aveva voluto lei.
 
<< Ti credi così forte e audace ? Io ti distruggerò. Rimpiangerai di avermi sfidata >>.
 
<< L’unica cosa che potrei mai rimpiangere è di non averti uccisa quando avrei potuto farlo. Non ho niente da temere, non mi fai paura e non mi tirerò indietro >>.
 
Quelle parole diedero la forza necessaria a Bonnie per avanzare fino a fronteggiare la sorella. Sylvia, dal canto suo, era deliziata da quello spirito. Temeva che uccidere sua sorella sarebbe stato troppo semplice.
 
<< Bene. Cancellerò da questo mondo ogni segno della tua patetica esistenza. Spegnerò la luce che alberga nei tuoi occhi così come ho fatto con le nostre sorelle, e con i nostri adorati… mamma e papà >>.
 
Quello fu troppo, Bonnie, ancora prima che potesse controllarsi, la colpì con tutta la forza del braccio in viso. Sylvia, presa alla sprovvista, non riuscì a difendersi. Bonnie l’aveva colpita vicino al labbro, che cominciò a sanguinare. A quel punto entrambe capirono che era inutile parlare. Era ora di agire. Fu Sylvia ad avere la prima mossa. Con un incantesimo scaraventò Bonnie contro un albero. Bonnie aveva cercato di rimettersi subito in piedi ma Sylvia fu più veloce e la legò alla corteccia dell’albero con i rami dello stesso albero. Bonnie non aveva intenzione di perdere, con le mani bruciò i rami che fungevano da corde , così come aveva già fatto con le corde quando dovette liberarsi nella stanza d’albergo di Annabelle. Le radici bruciarono subito e a quel punto fu libera e fece anche in tempo a difendersi dall’attacco di Sylvia, la quale non aveva esitato a provare a colpirla con una palla infuocata. L’albero vicino a Bonnie prese fuoco ma non la bruciò. Anzi, le fu utile. Con un incantesimo riuscì a spostare le fiamme dalla corteccia e le portò dinanzi a Sylvia, la quale aveva cominciato ad avanzare pericolosamente verso di lei. Sperava di poterla rallentare per un minuto. Sylvia, che non si aspettava una mossa del genere da parte sua, sbuffò, poi cercò di domare le fiamme. Nel frattempo Bonnie, aveva indossato l’anello che le avevano dato a Neverland e si era resa invisibile. Quando Sylvia riuscì finalmente a spegnere le fiamme non riuscì più a vedere sua sorella.
 
<< Wow, non sapevo che fosse così codarda. È scappata a gambe levate non appena ne ha avuto l’occasione. È proprio una debole >> commentò con un ghignetto a voce alta.
 
“Ti faccio vedere io chi  debole”, pensò Bonnie. Si avvicinò lentamente a Sylvia, la quale stava ridendo malignamente e la scaraventò violentemente contro un albero, il quale si spezzò a causa del forte impatto. Sylvia andò a sbattere contrò un secondo albero, che stavolta riuscì ad attutire l’urto. Bonnie si tolse l’anello e guardò sua sorella con sguardo trionfante.
 
<< Allora ? Chi è debole tra me e te ? Sei solo una vigliacca, ecco cosa sei. Io morirei piuttosto che scappare dinanzi a te >>.
 
Bonnie le lanciò contrò un incantesimo, ma Sylvia riuscì a scansarsi in tempo mentre l’albero dietro di lei esplodeva. Dire che era livida di rabbia era poco.
 
<< Con che diritto… >> disse mentre stringeva le mani a pugno << CON CHE DIRITTO PENSI DI POTERMI GIUDICARE EH ?? TU… tu hai avuto ogni cosa, hai avuto una famiglia, degli amici… hai avuto la tua FOTTUTA libertà e a me non è stato concesso nemmeno quella. Se tu fossi al mio posto anche tu combatteresti per avere quello che ti è dovuto. Ma ovviamente cosa potevo aspettarmi da una principessina come te eh ? Alla quale è stato dato e concesso tutto, SEMPRE. Mentre IO ho dovuto combattere anche solo per avere una vita. >> urlò in preda all’ira più accecante.
 
Bonnie cominciò a smettere di respirare e ad avvertire una stretta potente alla gola. Non capiva cosa stesse accadendo, probabilmente era un tipo di magia che non riusciva a conoscere. La verità era che Sylvia era davvero una strega molto potente, riusciva ad eseguire incantesimi sulle sue vittime anche a lunga distanza anche solo mantenendo un contatto visivo. Aveva dovuto imparare a farlo a causa della sua salute cagionevole, altrimenti difficilmente sarebbe sopravvissuta negli scontri aperti. In quel momento stava cercando di soffocare sua sorella. Bonnie però non aveva alcuna intenzione di perdere, non ora. Usando di nuovo lo stesso incantesimo, fece esplodere il terreno ai piedi di Sylvia, la quale era incapace di difendersi poiché doveva mantenere lo sguardo visivo su di lei se voleva eseguire l’incantesimo. Bonnie cadde in ginocchio sul prato, cercando di respirare profondamente, mentre un po’ di sangue le usciva dalla narice sinistra. Lei lo pulì, senza curarsene più di tanto. Sylvia, che era nuovamente caduta a causa dell’esplosione si rimise subito in piedi e guardò sua sorella con astio. Bonnie, animando un ramo di un albero, cercò di colpire Sylvia allo stomaco, ma la sorella esplose in tante gocce d’acqua, per poi comparirle dietro. Bonnie non fece in tempo a voltarsi che Sylvia la colpì violentemente il viso, facendole perdere l’equilibrio per poi cadere sul prato.
 
<< Nessuno mi chiama vigliacca, sorellina. Nessuno. Tu sei solo una mocciosetta viziata, che ha avuto dalla vita tutto quello che volevi, tutto quello che volevo io. Ma adesso io ti porterò via qualsiasi cosa. >> urlò Sylvia colpendo la sorella in pieno viso con un calcio.
  
Bonnie poté perfettamente avvertire il suo setto nasale rompersi. Il sangue che le usciva in maniera copiosa da entrambe le narici e che le scendeva lungo le guance e le labbra e la mano di sua sorella Sylvia che le penetrava il petto, in cerca del suo cuore. Urlò a causa del forte dolore. Non pensava che fosse così doloroso ma il tutto era sopportabile, il tutto le era indifferente, se quello era il prezzo per poter godere della mano di sua sorella che in maniera vana e disperata cercava il cuore nel suo petto, dell’espressione sorpresa e arrabbiata di sua sorella che non aveva ottenuto quello che voleva.
 
<< Ma che… >> disse Sylvia ritraendo la mano << Non c’è >>.
 
Sylvia la guardò con sorpresa e a quel punto Bonnie poté sorridere vittoriosa.
 
<< Te lo chiederò solo una volta, sorellina… dov’è il tuo cuore ? DIMMI DOVE L’HAI MESSO ? >> urlò Sylvia colpendo nuovamente la sorella in viso.
 
Bonnie a quel punto scoppiò a ridere, gustando la sua vittoria, per poi dire << Se c’è una cosa che ho capito in questi mesi… è che ti piace giocare con i cuori degli altri. Fortunatamente io ho degli amici che sono stati disposti ad aiutarmi. Lo sapresti anche tu… se avessi qualcuno che tiene a te !! >>.
 
A quel punto Bonnie la nuovamente via con incantesimo che colpì Sylvia in pieno. Stava per usare la sua collana ma a un certo punto non fu più in grado di muoversi. Qualcuno stava bloccando i movimenti del suo corpo. A un certo punto, neanche il sangue dal naso le colava più. Che stava succedendo ?
 
<< Brava Sylvia, vedo che hai rispettato gli accordi >> disse una voce dietro di lei.
 
Bonnie la riconobbe subito, era Annabelle.
 
<< No, non tutti. Sylvia ? Non sento il suo cuore… dov’è ? >> chiese Annabelle avvicinandosi a Bonnie.
 
Quando le fu vicina, Annebelle le afferrò in mento, costringendola a guardarla negli occhi. Bonnie, se avesse avuto il suo cuore, avrebbe provato un po’ do paura. Annabelle aveva lo sguardo più freddo e crudele che avesse mai visto. I suoi occhi smeraldini sembravano essere capaci di perforarle persino l’anima se solo avesse voluto.
 
<< È un piacere vederti Bonnie >> disse con un tono freddo << Lorence, legala >>.
 
<< Con piacere >> disse un’altra voce che Bonnie riconobbe benissimo.
 
Quando Lorence fu davanti a Bonnie, le strappò la collana dal collo e le sorrise per poi dire << È una gioia vederti di nuovo, zuccherino >>.
 
Dopo aver detto ciò, sputò dalle sue labbra delle scie di fuoco che strinsero Bonnie in una morsa di ferro dal quale difficilmente in quelle condizioni si sarebbe potuta liberare. Dopo Annabelle si era chinata verso di lei per guarirle il naso. Era fondamentale che Bonnie avesse nelle sue vene quanto più sangue possibile per il sortilegio.
 
<< Sylvia, dov’è il suo cuore ? >> le chiese mentre medicava il naso.
 
 
 
<< Non so dove sia, deve esserlo strappato prima di venire qui >> rispose Sylvia mentre si metteva in piedi.
 
“Traditrice”, pensò Bonnie guardando con maggiore odio la sorella. Non solo le aveva distrutto la famiglia ma adesso l’aveva anche venduta ai De Verdant. Se avesse avuto il suo cuore in quel momento avrebbe pianto per la rabbia e la delusione, ma non riusciva a provare nulla e forse era meglio così. Non avrebbe mai dato la soddisfazione a sua sorella di saperla distrutta.
 
<< Questo però viola i patti. I patti dicevano che noi ti avremmo aiutato ad avere indietro la tua vita, in cambio del cuore di tua sorella. >> disse Annabelle.
 
<< Vi ho portato lei. Era questa la parte più difficile, non credo che per recuperare il suo cuore avrete problemi >> ribatté Sylvia con voce dura.
 
Annabelle sorrise, per nulla turbata né spaventata dai modi di fare di Sylvia, d’altronde, aveva lei il coltello dalla parte del manico.
 
<< Questa, Bonnie, è davvero una bella collana, sai ? Non trovi anche tu Sylvia ? >> le disse facendo penzolare la collana.
 
Bonnie spalancò gli occhi con sorpresa. Annabelle sapeva ? Conosceva anche lei i poteri di quella collana ? Sylvia invece guardò la collana senza riuscire a capire.
 
<< Ma sai qual è la parte più interessante ? È questo bel ciondolo. Posso ? >> chiese mentre era in procinto di aprirlo.
 
<< NO !! >> urlò Bonnie.
 
Annabelle, ignorando le proteste di Bonnie, aprì il ciondolo che cominciò ad assorbire tutta la magia di Sylvia. Sylvia cominciò a gemere per il dolore, mentre sentiva il suo potere mentre veniva estratto fuori dal suo corpo. Quando il ciondolo assorbì tutta la magia si chiuse automaticamente.
 
<< CHE COS’HAI FATTO ?? >> urlò Bonnie, pur sapendo perfettamente cosa fosse appena successo.
 
Sylvia invece perse tutta la sua spavalderia e sembrò sul punto di mettersi a piangere, mentre Annabelle scoppiava in una risata fredda e cattiva.
 
<< Non era quello che volevi anche tu Bonnie ? Portarle via la magia ? Un giorno mi ringrazierai >> le disse accarezzandole i ricci rossi per poi rivolgersi a Sylvia << Visto che è così semplice ottenere indietro il suo cuore… sarai tu a portarlo alla mia famiglia… come gli accordi stabilivano solo con una piccola modifica. Portaci il suo cuore o non riavrai più la tua magia. Andiamo Lorence. >> disse Annabelle posando una mano sulla spalla di Bonnie.
 
<< No… aspettate… >> disse Sylvia.
 
Lorence però glielo impedì con una barriera di fuoco. Annabelle  a quel punto di smaterializzò via con Bonnie e Lorence a Villa De Verdant, lasciando Sylvia in balia di se stessa.
 

 
Stefan nel frattempo aveva osservato tutto ciò che era accaduto da un grande specchio che si trovava lì nello studio. Aveva osservato tutto… e non era intervenuto per soccorrere la sua migliore amica, ma in quel momento non riusciva a dispiacersene, perché adesso si, che Bonnie avrebbe potuto capirlo davvero, adesso si, che poteva veramente capire il suo odio nei confronti di Damon, lo stesso odio che porta a reclamare vendetta. Tuttavia, il fatto che foste stata portata via non facilitava la sua vendetta. Ma aveva già trovato una soluzione e alla fine anche lui avrebbe ottenuto la sua vendetta.
 
 
 

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Capitolo 24
*** The Curse ***


THE CURSE


Albert era nel suo studio e stava riordinando alcune pergamene sulla sua scrivania nella speranza di
riuscire a trovare qualche incantesimo utile per poter risolvere quel problema che lo affliggeva. Sapeva che avrebbe dovuto parlarne con Anastasia, sapeva che non era giusto tenerle nascosta qualcosa di così importante ma non poteva dirle niente o tutto sarebbe andato perduto. Inoltre, sua moglie nell’ultimo periodo era così serena, mancava davvero poco per la nascita del bambino, e lui non se la sentiva di darle altri pensieri. Presto avrebbero dovuto svolgere il rituale, ormai avevano tutti gli ingredienti, e Anastasia doveva essere al massimo delle sue forze per poterlo eseguire. Per quanto riguardava l’altro problema, avrebbe cercato di occuparsene lui, come aveva sempre fatto in passato.
 

 
Bonnie, se avesse avuto il suo cuore in quel momento, avrebbe avuto paura. Annabelle e quell’altro ragazzo la stavano scortando attraverso quelli che dovevano essere i sotterranei di Villa De Verdant. Il corridoio era illuminato solo dalla luce fioca delle piccole torce appese alle pareti e l’aria era alquanto viziata. Bonnie aveva la fronte imperlata di sudore e gli occhi lucidi a causa della malattia ma anche per i danni riportati dallo scontro con Sylvia. Per un momento se l’era vista davvero brutta, anche se quello non era esattamente il finale che avrebbe voluto, non solo riguardo a se stessa ma anche riguardo a Sylva. Non voleva che i poteri di sua sorella finissero nelle mani di Annabelle De Verdant, poiché se Sylvia era pericolosa Annabelle e la sua famiglia erano mille volte peggio. Dopo un po’ arrivarono davanti a un’ampia porta rossa che Annabelle aprì con la magia. Annabelle l’oltrepassò senza dire niente, mentre Bonnie, la quale non era esattamente nelle condizioni più favorevoli neanche per tentare una fuga, figuriamoci per intraprendere uno scontro, si lasciò strattonare dal ragazzo-drago senza porre alcuna resistenza. Dopo pochi minuti la situazione non era affatto migliorata, l’avevano rinchiusa in una prigione sporca, un po’ strettina, dove c’era una branda che sicuramente aveva visto giorni migliori e una piccola finestrella con delle sbarre. Annabelle chiuse la porta a chiave, dicendole che sarebbe passata più tardi per controllare se fosse stato tutto a posto.  
Bonnie avrebbe tanto voluto ribattere che poteva anche non passare, che tanto non sarebbe stata meglio né peggio, meglio di sicuro no, peggio di così non poteva andare per cui…
Si sedette su quello  che doveva essere il “suo letto” e semplicemente cominciò a dormire, sperando di poter trovare almeno un po’ pace nei suoi sogni.
 

 
Stefan aveva appena finito di preparare la pozione che gli avrebbe garantito di possedere un potentissimo asso nella manica. Non era stato affatto semplice prepararla, infatti aveva era riuscito a prepararlo solo al terzo tentativo e fortunatamente aveva trovato abbastanza sangue da vampiro nella dispensa di sua zia. Non era giusto ciò che stava facendo, ma non poteva voltarsi indietro, non ora. Sua zia meritava molto di più da lui, così come sua madre e sua sorella. Loro avevano dato la vita per lui, avevano cercato di proteggerlo, lo avevano amato e lui non poteva arrendersi. Meritavano vendetta e l’avrebbero avuta a qualunque costo.
 

 
Sylvia stava tornando a casa di Mary, con una spalla dolorante, i vestiti sporchi e strappati in più punti, senza poteri e con una rabbia tale che avrebbe potuto distruggere tutta Fell’s Church in un istante. Annabelle era stata chiara, niente magia fino a quando non avrebbe ritrovato il cuore di Bonnie. Più facile a dirsi che a farsi. Non aveva idea di dove Bonnie avesse potuto nascondere il cuore, c’erano così tanti posti e così tante persone alle quali avrebbe potuto affidarlo. Quando arrivò a casa la sua attenzione fu catturata da un forte pianto che proveniva dal piano di sopra. Senza perdere tempo corse al piano di sopra dove la bambina piangeva. Non avrebbe dovuto lasciarla per troppo tempo ma Sylvia si era completamente dimenticata di lei, nel momento in cui aveva visto la sorella aveva dimenticato ogni cosa se non i suoi propositi di vendetta. 
Quando arrivò nella stanzetta, lentamente si avvicinò alla culla e poi si sporse per vedere quel misero fagottino, con la piccola bocca spalancata, gli occhietti azzurri grondanti di lacrime e le mani che protese verso di lei nella speranza di essere presa in braccio. Sylvia non era una madre e con maniera impacciata la prese in braccio e la condusse al piano di sotto sperando di trovare un biberon e del latte per sfamare la piccola. Nel frattempo cercava inutilmente di trovare una soluzione ai suoi problemi. Aveva passato quasi nove mesi dentro al cuore di Bonnie, sapeva cosa provava e per chi lo provava, di chi si fidava e di chi non si fidava, più meno avrebbe potuto fare delle ipotesi. A Fell’s Church c’era la sua amica Meredith, che era scomparsa, quindi non poteva trattarsi di lei, c’era Damon, sua sorella era perdutamente innamorata di lui ma per Sylvia era alquanto improbabile che lui l’avesse affidato a lui, lui era solo un vampiro, contro la magia sua o dei De Verdant non avrebbe potuto difenderlo a dovere. Restavano solo due possibilità, Stefan Salvatore o Teophilia Flowers, una strega anziana che aveva visto nei ricordi di Bonnie. Qualcosa nella mente di Sylvia le suggeriva che lei era l’opzione più probabile. Aveva appena finito di riscaldare il biberon della bimba in un pentolino assicurandosi di non riscaldarlo troppo. Nel frattempo la bambina aveva cominciato a piangere.
 
<< Shhh…. Shhh… sta un po’ zitta adesso. Oh, forse non avrei dovuto uccidere tua madre. Sopportarti per tutta la vita sarebbe stata già una tortura e io non vedo l’ora di sbarazzarmi di te >>.
 
Sylvia forse non lo pensava realmente, ma in quel momento era troppo nervosa per pensare con lucidità. Aveva bisogno di un piano e al più presto per di più. Mancava poco ormai alla nascita del bambino.
“La bambina…”, pensò. Sylvia osservò quel fagottino con un ghigno per niente rassicurante.
 
<< Tu, mia piccola Stella, sarai la mia merce di scambio. Tu, mi aiuterai ad ottenere quello che voglio >>.
 

 
Stefan era appena giunto a Fell’s Church tramite un portale. Aveva assunto un po’ di polvere delle emozioni ( alla fine esisteva davvero ) che aveva trovato nei cari mobili di sua zia dove c’erano anche gli altri ingredienti. Sapeva per certo che la signora Flowers, nonostante la sua veneranda età, era ancora una donna molto arguta e avrebbe potuto capire subito che c’era qualcosa che non andava in lui. Lentamente, con uno zaino nero in spalla, si incamminò verso la pensione, bussò poi alla porta un paio di volte e non dovette aspettare molto.
 
<< Bonnie, finalmente sei torn… >>
 
La signora Flowers sembrava sconvolta. I capelli grigi solitamente pettinati e tenuti con cura erano disordinati, l’espressione preoccupata e inoltre aveva l’affanno come se avesse appena corso la maratona.
 
<< Stefan ? >> disse la signora Flowers con un’espressione incredula.
 
<< Signora Flowers, sta bene ? >> le chiese Stefan guardandola attentamente.
 
<< Ehm… non proprio. Entra dentro ragazzo, ho molte cose da raccontarti >> gli disse la signora Flowers spostandosi di lato per far passare il ragazzo.
 
Stefan annuì. Entrò nella pensione e per un attimo si sentì a casa, non poteva dire di essere felice o meno, la polvere delle emozioni era in grado di scaturire solo emozioni lievi, però si sentì veramente in quel modo dopo tanto tempo. La signora Flowers lo condusse in cucina dove gli offrì alcuni biscotti. Stefan la guardò interrogativo ma la signora Flowers gli lanciò un’occhiata abbastanza eloquente, del tipo “Pensavi davvero che non me ne sarei accorta ?”, e poi lanciò uno sguardo alquanto eloquente alla mano dove non c’era più l’anello con il lapislazzulo.
 
<< Vuole farmi una ramanzina anche lei ? >> chiese Stefan un po’ irritato, sentendosi leggermente accusato.
 
<< No, hai fatto la tua scelta e giusta o sbagliata che sia, io spero solo che non cambi chi tu sia in realtà. Per il resto, io ti posso solo augurare il meglio >> disse la signora Flowers portandogli una tazza di tè << Bevilo, è un tè molto speciale che ti darà una vera sensazione di pace e tranquillità, a differenza della robaccia che tu hai assunto >>.
 
Stefan sorrise senza che il sorriso gli arrivasse agli occhi. Lentamente portò la tazza alle labbra e poi bevve. L’effetto fu quasi immediato, un sensazione di calma lo pervase, mentre sentiva svanire l’effetto della polvere. In quel momento si rese conto di quanta fame avesse, per cui prese anche un biscotto. Non aveva mangiato molto negli ultimi giorni, la verità sulla sua famiglia e la morte di sua zia gli avevano chiuso lo stomaco e si era reso conto di essere dimagrito.
 
<< Sei dimagrito troppo figliolo. Devi mangiare qualcosa di più sostanzioso, vuoi che ti prepari qualcosa ? >> gli chiese la signora Flowers.
 
<< No, grazie. Non mi tratterrò a lungo. Sono venuto qui solo per vedere se ci fosse anche Bonnie e a quanto pare la sta aspettando anche lei >> disse Stefan.
 
<< Oh Stefan, sono così preoccupata per quella povera ragazza. È venuta qui qualche oretta fa, ma poi se n’è andata. Hai saputo che disgrazia è accaduta alla sua famiglia ? >> gli chiese la signora Flowers sedendosi di fronte a lui.
 
<< No, sono giunto da poco. Cos’è successo ? >> chiese Stefan cercando di apparire preoccupato.
 
La signora Flowers gli raccontò tutto ciò che era successo, lo sterminio della famiglia Mcculloug, l’incontro con Bonnie, la sua richiesta e del suo scontro con la sorella, dal quale però non era ancora tornata.  Stefan non poteva rimanere turbato dalle parole della signora Flowers ma era convinto che anche se avesse potuto, non lo avrebbe fatto. Ultimamente Bonnie aveva dimostrato di avere una forza e una determinazione incredibili. Egli inoltre era in grado di comprenderla. Quando la vendetta penetra nelle tue vene e ti infiamma il tuo cuore non c’è alcun modo per impedire all’incendio di esplodere. Ora sentiva che Bonnie lo poteva capire. Era proprio in quel modo che si sentiva nei confronti di Damon dopo tutto il male che gli aveva fatto. Per un attimo pensò di non coinvolgerla nella sua vendetta, ma non aveva il tempo di organizzare un altro piano.
 
<< Signora Flower ? Dov’è adesso il cuore di Bonnie ? >> le chiese cercando di sembrare un po’ preoccupato.
 
<< Perché lo vuoi sapere ? >> le chiese la signora Flowers guardandolo con sospetto.
 
<< Perché, anche se penso che lei lo abbia già capito, io non sono più un vampiro, ma sono un mago ora. Ho scoperto molte cose sulla mia famiglia in questi e… insomma, il mio interesse è sempre stato quello di proteggerla >>.
 
<< Perché da quando ti ho visto non riesco più a fidarmi di te ? >> gli chiese la signora Flowers con uno sguardo triste.
 
<< Perché non mi riconosce più, ma va bene così. Quando mi guardo allo specchio, non mi riconosco neanche io, come potrebbe farlo lei ? >>.
 
La signora Flowers lo scrutò per qualche minuto, poi gli prese la mano e lo guardò attentamente.
 
<< Qualsiasi cosa tu abbia intenzione di fare… sei ancora in tempo per tornare indietro. >> gli disse.
 
Stefan ritrasse la mano, poi disse << Non voglio tornare indietro. Mi dica dov’è il cuore di Bonnie e se non vuole farlo lasci che lo trovi da solo ma non si metta in mezzo >>.
 
La signora Flowers pensò che non avrebbe voluto sentire quella frase mai più. Tuttavia, aveva “aiutato” Bonnie a percorrere la via sbagliata e ora avrebbe dovuto aiutare Stefan, nella speranza che forse avrebbero ritrovato se stessi.
 
<< Il cuore di Bonnie è di sopra, l’ho nascosto sotto un asse del pavimento della tua stanza. >>.
 
<< La ringrazio. >>.
 
Stefan salì in camera sua, posò il suo zaino sul pavimento e tolse il cuore da sotto l’asse del pavimento e lo prese in mano. Il cuore era ancora rosso e umano, ma era incapace di sentirsi dispiaciuto per quello che stava per fare. Prese una siringa dallo zaino, contenente del liquido violaceo. Penetrò il cuore con l’ago, e per un breve tempo il cuore si illuminò di viola. “Perfetto”, pensò. Quella era solo il primo passo verso la sua vendetta.
 

 
<< Ahhh >> Bonnie urlò portandosi una mano al petto.
 
Avvertì un dolore acuto all’altezza del petto, dove prima si trovava il suo cuore. Che qualcuno glielo stesse torturando ? Che qualcuno lo avesse trovato ? Sylvia ? Lei era l’unica persona che poteva trovare divertente torturarle il cuore proprio adesso che non poteva difendersi. Sperava solo che non lo avrebbe stritolato fino a farlo diventare cenere. Aveva fatto una mossa azzardata nell’affrontare Sylvia in quel modo e adesso il bambino al quale era legata poteva rischiare la vita.
“Devo uscire da qui”, pensò. Doveva farlo, doveva assicurarsi che il suo cuore stesse al sicuro, così come anche sua nipote. Cercò di aprire le sbarre con la magia ma in quel momento, ancora troppo debole per lo scontro, non riuscì a farlo. Si sedette di nuovo su quella sorta di lettino, che per puro miracolo non stava ancora cadendo a pezzi, poi sentì un rumore di passi. A quanto pare Annabelle stava tornando per quella “visitina”.
 
<< Ciao Bonnie >>.
 
“Parli del diavolo”, pensò Bonnie.
 
<< Tuttavia, ho pensato che un po’ di compagnia ti avrebbe fatto bene. >> disse Annabelle aprendo la porta << Dai, vieni a salutare la tua amica >>.
 
Bonnie si sporse un po’ avanti con il busto, per poter vedere con chi stesse parlando quella Regina del ghiaccio. Poi la vide. Meredith Sulez, con lo sguardo carico di rabbia, la pelle e lo sguardo spento, dimagrita tremendamente, i capelli scompigliati, i vestiti stropicciati, ormai un pallido riflesso di quello che era stata.
Tuttavia lo sguardo dell’amica si accese quando la vide.
 
<< Bonnie ?! Oh Bonnie ! >>.
 
Senza curarsi di Annabelle, Meredith entrò nella cella e l’abbracciò. Annabelle nel frattempo aveva chiuso le sbarre con la chiave e poi aveva fatto un incantesimo. Bonnie la fulminò con lo sguardo, mentre, in maniera impacciata, ricambiava l’abbraccio. Quanto avrebbe voluto avere in quel momento il cuore con sé. Avrebbe potuto sentirsi protetta in tutto e per tutto in quell’abbraccio, come solo Meredith la faceva sentire. Non vedeva la sua migliore amica da mesi ormai e ora che finalmente la riabbracciava, non riusciva neanche a essere felice come doveva. Non riusciva a capire come facesse Stefan a star bene con quest’apatia.
 
<< Bonnie, mi sei mancata tantissimo >> le disse Meredith con le lacrime agli occhi.
 
<< Anche tu >> disse Bonnie cominciando ad accarezzarle la chioma in disordine.
 
“Che buffa situazione”, pensò Bonnie. I ruoli erano invertiti, Meredith che era in procinto di piangere e lei che era fredda e salda come una roccia.
 
<< Mer… mi dispiace tanto, davvero tanto. >> disse Bonnie stringendola a sé.
 
<< Non preoccuparti. L’importante è che tu stia bene. Mi dispiace tanto, per qualunque cosa tu abbia passato e per non esserti stata accanto >>.
 
<< Non è stata colpa tua. Hai cercato di aiutarmi e sei finita in questa situazione per colpa mia. Mi sono comportata come una stupida e un’egoista. Non volevo ferire nessuno e alla fine ho ferito tutti. Ti chiedo scusa, scusami tanto. >>.
 
Rimasero così, strette, l’una all’altra, cercando di provare il conforto che l’una non era in grado di dare e l’altra di ricevere.
 

 
Sylvia dopo aver passato almeno una ventina di minuti a girovagare per tutta Fell’s Church con la bambina in macchina ( girovagare nei ricordi di Bonnie le era stato utile anche per imparare come guidare) , come patente aveva preso quella di Mary, per una volta avere una gemella si era rivelato utile anche se un po’ rischioso. Alla fine era riuscita a trovare la pensione, aveva lasciato la bambina in macchina e si era incamminata verso la pensione. Aveva bussato alla porta ma nessuno le rispondeva.
 
<< Uff, quanto ci vuole ad aprire una porta >> disse lamentandosi.
 
<< Quanto ci vuole a scacciare un ospite indesiderato >> le rispose una voce fredda dietro di lei.
 
Sylvia sobbalzò leggermente poi si voltò. Stefan Salvatore si trovava dietro di lei ed era sicura che non era poi tanto felice di vederla.
 
<< Ciao, signor Salvatore. Come va ? >> chiese con un ghignetto.
 
 << Andava meglio quando eri ancora morta >> rispose Stefan.
 
Fu un attimo e Stefan afferrò Sylvia per le spalle e la spintonò violentemente a terra. Sylvia, colta alla sprovvista, non riuscì a difendersi ma riuscì ad attutire il colpo ponendo innanzi le mani. Non si aspettava di essere aggredita in quel modo, ma non era una sprovveduta, si era preparata anche a quell’eventualità. Aveva nascosto una pistola, che aveva trovato nello studio di Douglas, dietro la schiena e siccome il giubbotto che aveva indossato era abbastanza largo l’aveva nascosta bene. Si alzò in piedi e dopo averla presa la puntò contro Stefan.
 
<< Ora non sei più un vampiro, se io ti sparo nel punto giusto per te è finita >> gli disse stringendo forte la pistola tra le mani.
 
<< Vedo che non sei una sprovveduta, mi fa piacere. Peccato però… che non lo sia nemmeno io >>.
 
Con un incantesimo Stefan le fece sparire la pistola tra le mani, poi con un incantesimo la sollevò da terra e la scagliò violentemente contro la porta della pensione che si aprì violentemente.
 
<< Stefan, che succede ? >> era la voce della signora Flowers da dentro la pensione.
 
Sylvia la ignorò e cercò di rimettersi in piedi ma Stefan si piazzò davanti a lei e fece apparire la pistola tra le sue mani per puntargliela contro. Lei a quel punto rimase in ginocchio sul pavimento.
 
<< Eh, che buffo. Tuttavia ha un suo senso >> disse Sylvia, mentre il cuore le batteva all’impazzata.
 
Stefan continuava a impugnare l’arma contro la ragazza e non sembrava essere intenzionato ad abbassarla. Nel frattempo la signora Flowers era giunta e ciò che vide non le piacque per niente.
 
<< Stefan ? >> lo chiamò << Che cos’hai intenzione di fare ? >>:
 
<< Non lo vede ? Ho intenzione di vendicare mia zia. Se non vuole vedere vada via >> le disse Stefan senza neanche guardarla in volto.
 
<< Sapphire era tua zia ? Davvero ? Non lo sapevo. Non volevo uccidere lei, non è mai stato tra i miei obiettivi primari. >> disse Sylvia un po’ sorpresa.
 
<< Non mi interessa, sei un mostro. Hai sterminato la tua intera famiglia e hai cercato di uccidere la mia migliore amica. Neanche tu sei uno dei miei principali obiettivi, ma sai com’è, queste sono cose che capitano. >> disse Stefan continuando a stringere l’arma tra le sue mani.
 
<< Stefan, ti prego, non fare qualcosa di cui ti potresti pentire >> disse la signora Flowers.
 
<< No, lui mi conosce, in un certo senso. Sa quello che voglio e che c’è un solo modo per fermarmi. La mia famiglia mi ha cacciato via ancora prima che io nascessi, non hanno mai fatto niente per me. Eppure sono stati pronti a morire per Bonnie, per la figlia dolce e prediletta beh… loro meritavano una punizione e la merita anche Bonnie. >> disse Sylvia guardando Stefan negli occhi.
 
<< Lo vede signora Flowers ? Adesso capisce perché non posso lasciarla andare ? >> disse Stefan continuando a guardare la ragazza.
 
<< Stefan… questo non è giusto. >> disse la signora Flowers.
 
<< Mi dispiace signora Flowers, credo che sia già troppo tardi per me. Non credo che la mia anima potrà mai essere salvata  >> disse Stefan.
 
<< Esattamente come me. La mia anima non può più essere salvata ed entrambi sappiamo che se mi lascerai andare ucciderò Bonnie, senza alcuna pietà. Per cui, se tieni tanto alla mia sorellina, smetti di esitare e agisci. >> disse Sylvia.
 
La signora Flowers non sapeva cosa fare. Non credeva che si sarebbe ritrovata in una situazione come quella. Ormai Stefan non era più in grado di ragionare con lucidità, sebbene all’apparenza sembrasse essere perfettamente padrone di se stesso. C’era qualcosa di diverso in lui, qualcosa di oscuro, che la stava turbando non poco. I vecchi discorsi sull’eroismo e la giustizia non avrebbero funzionato, non questa volta, ormai lo aveva capito. Per cui provò in un altro modo.
 
<< Stefan… questa non è la tua vendetta. Damon, lui, deve pagare non questa ragazza. La vita di questa ragazza spetta a Bonnie non a te. Va via di qui. >> gli disse la signora Flowers con voce cauta.
 
Per la prima volta, Stefan la guardò dritto negli occhi distogliendo lo sguardo da Sylvia. La signora Flowers aveva ragione ? Probabilmente si. Sylvia aveva ucciso sua zia davanti ai suoi occhi, ma aveva anche sterminato l’intera famiglia di Bonnie. No, non spettava a lui la sua vita. Lentamente abbassò la pistola, poi fece apparire lo zaino tra le sue mani, dal quale prese il cuore di Bonnie.
 
<< È questo quello che vuoi ? Vero ? Tienitelo. >> disse Stefan lanciandole contro il cuore di Bonnie << Tienilo e va all’Inferno, dove marcirai per l’eternità >>.
 
Dopo aver detto questo, Stefan svanì davanti agli occhi di Sylvia e della signora Flowers. Sylvia afferrò il cuore di Bonnie tra le sue mani e ghignò. Poi si incamminò verso la sua macchina.
 
<< Ragazzina ?! >> la chiamò la signora Flowers << Dove stai andando ? Cos’hai intenzione di fare ? >>.
 
Sylvia non le rispose, si limitò ad aprire la macchina e a prendere in braccio la bambina. Poi si avvicinò alla signora Flowers e le diede in maniera molto brusca la bambina tra le braccia.
 
<< Non posso occuparmi di lei, ora più che mai non devo avere altre preoccupazioni. Non tenti di fermarmi, come ho già detto prima a Stefan Salvatore la mia anima non può più essere salvata. Se vuole fermarmi mi uccida… non ha altro modo >>.
 
Detto questo Sylvia salì in macchina e si diresse verso Villa De Verdant. La signora Flowers tenne stretta a sé la bambina. Che destino crudele l’attendeva… Tutto ciò che stava accadendo era una vera e propria Maledizione. Lo sapeva. Ogni maledizioni può essere spezzata ma non sapeva come poterla fermare visto che coloro i quali potevano farlo stavano distruggendo non solo quanto di più bello ci fosse intorno a loro, ma anche se stessi.
 

 
Stefan ormai aveva fatto quello che poteva fare e non poteva più tornare indietro. Non appena aveva consegnato il cuore a Sylvia, conscio di quello che poi la ragazza ne avrebbe fatto, era sparito ed era venuto lì, nel cimitero di Fell’s Church, dove tutto era iniziato. Lì lui ed Elena avevano vissuti momenti importanti, lì lui l’aveva salvata da quel cretino di Tyler Lockwood e quella stessa sera qualcosa era cambiato per sempre tra di loro. In quel momento, quando l’aveva vista indifesa, quando aveva visto cosa quell’animale aveva intenzione di farle, aveva capito che si era innamorato di lei e che era inutile sfuggirle. Adesso era seduto sul prato, davanti alla finta lapide della ragazza, non sapeva per quale motivo.
 
<< Ti manca ? >> gli chiese una voce fredda dietro di lui.
 
<< Non lo so >> rispose senza neanche voltarsi.
 
Sentì un rumore di passi sempre più vicino, segno che la persona dietro di lui si stava avvicinando.
 
<< Pensi che le piaceresti ancora in questo modo ? >> chiese la ragazza sedendosi vicino a lui.
 
<< In questo momento non mi interessa. Ultimamente non è al centro dei miei pensieri >> ribatté Stefan continuando a non guardare la persona accanto a sé.
 
<< No, infatti. La vendetta è stata al centro dei tuoi pensieri. Vuoi vendicarti di Damon per questo hai lasciato che Sylvia prendesse il suo cuore. >> commentò la ragazza con un ghignetto.
 
<< Sapevo che stavi osservando tutto. Immagino che Sylvia non abbia perso tempo e che ti abbia già consegnato il cuore. >>.
 
<< In realtà si sta dirigendo verso casa mia. Mh… casa mia… divertente… io non ho una casa. Forse l’ho avuta, molti secoli fa ma ormai è stata distrutta dal tempo e dalla guerra. >> disse Annabelle cominciando a giocare con la sua lunga treccia dorata.
 
<< Guerra… perché parli di guerra ? Non stiamo combattendo alcuna guerra. C’è solo una famiglia, la tua, che crede di poter essere felice calpestando la felicità dei suoi famigliari. >>
 
<< Ti sbagli. La nostra è una guerra, anzi una maledizione. Ma è inutile parlartene adesso, non capiresti comunque e penso che sia troppo tardi per spezzarla. >> dopo aver detto questo si alzò in piedi << Ormai siamo ad un punto di non ritorno. Abbiamo iniziato una guerra e dobbiamo continuarla >> la mano della ragazza cominciò a brillare e dopo apparve una sfera infuocata << Sei pronto ? >>.
 
Stefan si alzò in piedi e la guardò con uno sguardo gelido. Sapeva in cuor suo che prima o poi avrebbero cercato di catturare anche lui. Lui e Bonnie erano amici e nessuno per ora sapeva quello che aveva iniettato nel cuore della ragazza, su questo era stato molto cauto, ma nessuno poteva avere la certezza che non avrebbe interferito nel destino della sua amica per salvarla e il fatto che avesse mandato suo fratello al negozio di sua zia per poter formare un piccolo esercito.
 
<< Sapevo che avreste cercato di avermi fuori dai piedi. Ormai sono un mago molto potente e potrei diventare pericoloso, nel caso in cui volessi vendicare la morte di mia zia. >> disse Stefan guardandola con un sorriso freddo.
 
<< Non è stata la mia famiglia ad ucciderla. È stata quella di Bonnie >>.
 
<< Tu e Bonnie siete imparentate è inutile ignorare questa cosa. Tuttavia, la famiglia di Bonnie è già stata sterminata da Sylvia, e Sylvia… quella ragazza è talmente accecata dall’odio che commetterà un errore dopo l’altro fino a rovinarsi con le sue stesse mani. >>.
 
<< Vero, l’odio la deconcentra così tanto a volte… ma fortunatamente questo non è il tuo caso. Sei pronto ? A me la prima mossa >> disse Annabelle mentre la sua mano brillava sempre di più.
 
<< Che vinca il migliore >>.
 

 
Sylvia era appena arrivata a Villa De Verdant, con il cuore di Bonnie dentro una piccola borsa. Aveva bussato tre volte al portone rosso decorato con i rubino, fino a quando non si aprì. Sylvia entrò nella villa senza alcuna esitazione. Nell’atrio c’era Juliet De Verdant ad attenderla.
 
<< Vedo che ti piace farti attendere >> disse Juliet venendo verso di lei.
 
Sylvia aveva sempre provato una grande indifferenza verso l’ultima dei De verdant. Così giovane e così diversa dal resto della famiglia. Non aveva i capelli biondi della madre, né gli occhi verdi del padre, sia gli occhi che i capelli erano scuri. Non era alta come gli altri, anzi, era piuttosto bassina. Non faceva venire i brividi addosso come gli occhi freddi di Annabelle, il sorriso scaltro di Anastasia o l’aura potente di Albert. L’unica cosa che forse condivideva con i suoi parenti era un grande potere, una grande arroganza, l’abbigliamento impeccabile ed elegante. Indossava un abito verde smeraldo, con un corpetto stretto ma con la gonna a palloncino, calze nere, scarpe nere con il tacco basso e uno scalda cuore dello stesso colore. La guardava con superiorità ma anche con disgusto, come se lei non c’entrasse niente con tutto quello che la circondava e su questo Sylvia non aveva nulla da ribattere. In fondo al suo cuore non aveva ancora dimenticato il fatto che era stata la famiglia De Verdant ad ucciderla, la sua famiglia non l’aveva difesa, ma la famiglia De Verdant l’aveva uccisa.
 
Juliet le si avvicinò, poi le disse << Mia madre ti sta aspettando in soggiorno. Seguimi, ti condurrò lì io >>.
 
Juliet cominciò a dirigersi verso destra, dove c’erano tre diverse porte rosse, anche quelle decorate con i rubini, e le maniglie dorate. Juliet aprì quella a sinistra poi le fece segno di entrare. Sylvia, un po’ trepidante, entrò nel grande salotto di Villa De Verdant  dove c’era Anastasia De Verdant vestita con un lungo abito verde chiaro, i capelli biondi raccolti a un lato, mentre leggeva un libro e al collo, Sylvia ebbe un sussulto, teneva la collana che conteneva i suoi poteri.
 
<< Ciao Sylvia >> la salutò la signora De Verdant << Hai quello che mi serve ? >> le chiese senza distogliere lo sguardo dal libro.
 
<< Si, ce l’ho con me. Vedo che anche tu hai quello che mi serve >> disse Sylvia avvicinandosi a lei.
 
<< Si. >> Anastasia chiuse il libro e poi si alzò dal divano e le disse << Consegnami il cuore e poi sarai libera di prenderti ciò che ti appartiene >>.
 
Sylvia prese il cuore dalla sua borsa e lo porse alla donna. Anastasia lo prese in mano, poi fece con incantesimo e sul cuore apparve il volto di Bonnie.
 
<< Bene, è autentico. Ora puoi prenderti quello che desideri >>.
 
Anastasia raccolse i capelli, facendo intendere a Sylvia che poteva toglierle la collana dal collo. Sylvia, senza alcuna delicatezza, afferrò rudemente la collana e gliela strappò.
 
<< Grazie >> disse con un tono freddo.
 
Stava per aprire il ciondolo quando poi cominciò a sentirsi male, le gambe cominciarono a tremarle, gli occhi ad annebbiarsi e la mano che aveva afferrato la collana a diventare nera.
 
<< Che cosa mi hai fatto ? >> chiese Sylvia guardando Anastasia.
 
<< Mi dispiace tanto Sylvia, ma non posso proprio lasciarti andare. La nostra famiglia è stata condannata a un destino crudele, di cui saresti stata messa al corrente se la mammina non ti avesse abbandonata. Lei era una pessima madre, ma no io e devo badare ai miei figli e alle generazioni future. L’unico modo per proteggerli da un destino crudele è spezzare la maledizione che incombe nei nostri destini. Juliet ? Portala nelle prigioni >> ordinò Anastasia alla figlia.
 
<< Si, madre >> rispose Juliet mentre afferrava Sylvia per le spalle.
 
<< Maledetta, pagherai… pagherai per quello che hai fatto >> disse Sylvia mentre perdeva i sensi.
 
Anastasia sorrise con malinconia. Purtroppo quello era l’unico modo per difendere i suoi figli. Doveva spezzare la maledizione che legava inesorabilmente la sua famiglia a quella dei Mccullough e a quella dei Mon Bijou\Salvatore. Non poteva permettere che la maledizione rovinasse anche la vita dei suoi figli, più quanto avesse già fatto con la sua e quella di Albert.

 
 
 

 

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Capitolo 25
*** Memories ***


MEMORIES
 
Stefan e Annabelle stavano per iniziare lo scontro. Annabelle sorrideva, mentre la sua mano cominciava a emanare fuoco caldo e intenso. Quella scena le portava alla mente un ricordo di molti secoli fa, quando i protagonisti di quella lunga tragedia nella quale era coinvolta la sua famiglia, erano altri.
 
NEL RICORDO…
 
Due figure con indosso dei lunghi mantelli rossi e con i volti coperti dai cappucci stavano camminando attraverso un fitto sentiero boscoso. Era una notte di luna piena, perfetta per una creatura notturna e perfetta per ciò che sarebbe accaduto di lì a poco. Annabelle ricordava perfettamente quella notte, accadde intorno al 1620, durante una notte primaverile, quando tutto intorno a loro la natura stava per risvegliarsi e rinascere ancora più bella. Lei e sua madre si stavano dirigendo a un appuntamento importante, entrambe vestite eleganti con dei bellissimi abiti rossi, con un’ampia gonna decorata con tanti piccoli rubini e così anche il corpetto.
 
<< Sei sicura che lei si presenterà ? >> chiese Annabelle alla madre.
 
<< Certo. È orgogliosa ed è sicura di potermi battere. Si presenterà sicuramente. >> rispose sua madre continuando ad avanzare attraverso il sentiero.
 
<< Manca ancora molto per arrivare al luogo d’incontro ? >> chiese Annabelle con un piccolo sbuffo.
 
<< No, manca poco ormai. Saremo lì tra pochi minuti. Non perderti d’animo Annabelle, tra poco ci divertiremo >> disse sua madre.
 
Le due camminarono ancora per qualche minuto fin quando non arrivarono in una radura, dove vi erano dei fiori bianchi che alla luce della luna brillavano come stelle e che faceva brillare i loro rubini allo stesso modo.
 
<< È questo il luogo dell’incontro ? Sei proprio sicura ? Io non vedo nessuno >> disse Annabelle togliendo il cappuccio dal capo.
 
Nel momento in cui lo fece, i rubini sul suo cerchietto cominciarono a brillare, illuminando i suoi riccioli dorati.
 
Sua madre si voltò verso di lei e pazientemente disse << Non essere così impaziente Annabelle, rammenta che la pazienza è una grande dote. Ti assicurato un po’ di divertimento questa sera, e lo avrai. Non appena arriverà anche lei >>.
 
Anastasia tolse a sua volta il cappuccio dal capo e guardò in alto, verso la luna e sorrise. La luna era proprio luminosa quella notte, rassicurante e testimone di un evento importante. Chiuse gli occhi e a un certo punto la sentì.
 
<< Sono qui >> esclamò contenta.
 
<< Chi ? >> chiese Annabelle guardando sua madre con un’espressione confusa.
 
<< Loro. Annabelle… finalmente avrà inizio il divertimento >> rispose Anastasia continuando a sorridere.
 
FINE RICORDO…
 
Distogliendo la mente da quei ricordi, scagliò l’incantesimo per prima, dando inizio allo scontro.
 

 
Damon si sentiva un po’ nervoso. In quella stanza c’erano almeno una ventina di maghi e streghe che lo stavano guardando con paura, sospetto e diffidenza. Probabilmente la loro ex signora aveva raccontato loro molti aneddoti macabri riguardanti lui. Non la poteva biasimare.
 
<< Signor Salvatore ? >> lo chiamò Magdalene << Cosa ci fa lei qui ? La preghiamo di andarsene non è un buon momento >>.
 
<< Lo so e non vi disturberei se non fosse così importante. Vi chiedo solo due minuti. Vi prego >> disse Damon scendendo tutte le scale.
 
I maghi e le streghe cominciarono a scambiarsi sguardi perplessi, scambiando tra loro parole incomprensibili, anche in lingue diverse ma Damon era certo che tutte quelle chiacchiere riguardassero esclusivamente lui.
 
<< Signor Salvatore… ha la nostra attenzione ma si sbrighi, come vede è un momento delicato >> disse Magdalene.
 
<< Lo so. Io sono qui, per chiedervi, in nome di Stefan Salvatore, nipote della vostra signora, di aiutarci a sconfiggere la famiglia De Verdant >> disse Damon con voce sicura e decisa.
 
Tutti i presenti mostrarono in volto espressioni di puro sgomento e terrore. A quanto pare lui non era l’unico ad avere una certa fama lì dentro.
 
<< Magdalene ? Quel est ce gars dit? La Dame Sapphire avait un petit-fils? Stefan Salvatore est vraiment son héritier? >> chiese un ragazzo con i capelli di un biondo quasi bianco, altro e con gli occhi blu.
 
<< Sebastian est ce pas le moment de penser à l'héritage de Mme Sapphire. Qu'est-ce que nous devrions vraiment nous inquiéter est que ce monstre nous a demandé de lutter contre la famille De Verdant. Quoi? Tu es fou? Madeleine me dire qui est une blague! >> disse un’altra ragazza con i capelli corti e viola e gli occhi grigi.
 
<< Mais je pense que nous devrions aussi parler de l'héritage, Charlotte, puisque je ne l'intention de mettre ma vie entre les mains d'un vampire, beaucoup moins à offrir mes services en tant que magicien. Madeleine, la chasse immédiatement horreur de cette nature avant qu'il déchire le coeur !!! >> disse un altro ragazzo con i capelli ramati e gli occhi di due colori diversi, uno grigio l’altro verde.
 
<< Les gars s'il vous plaît ne le font pas, il est temps de penser à l'héritage mais je dois dire, cependant, que Stefan est plus un vampire. Mme Sapphire fait en sorte que nous avions eu un magicien à notre guide après sa mort, mais je répète que cela n'a aucune importance au moment !!! >> disse Magdalene cercando di calmare gli altri.
 
<< Se è vero che Stefan Salvatore è l’erede della Signora Sapphire perché non è qui a parlarci di persona ? >> chiese di nuovo Sebastian con un forte accento francese.
 
<< Perché Stefan sta cercando di sconfiggere le persone che hanno ucciso la vostra padrona e vi chiede di combattere al suo fianco e di aiutarlo nella sua battaglia, così come siete sempre stati al fianco di Sapphire. >> disse Damon senza perdere la sua sicurezza.
 
“Combattere al fianco di Stefan come ho sempre fatto con la mia padrona…”, pensò Magdalene. Ricordava bene tutte le volte che lei o uno dei suoi amici avevano combattuto al suo fianco. La signora non amava i combattimenti né gli scontri, ma quando qualcuno la sfidava non si tirava indietro. Era una donna forte, combattiva, intrepida, una guerriera. Per Magdalene era un onore combattere al fianco della sua padrona.
 
INIZIO DEL RICORDO…
 
Magdalene stava camminando attraverso un sentiero boscoso, durante una bellissima notte di luna piena durante la stagione primaverile. La signora Sapphire camminava a pochi passi davanti a lei e sembrava piuttosto tranquilla. Per l’occasione la sua signora aveva indossato un abito blu scuro, con il corpetto decorato da zaffiri e diamanti e un’ampia gonna con decorazioni floreali in un blu un po’ più chiaro e un lungo cappuccio a coprirle il capo. Magdalene invece indossava un vestito un po’ più semplice, anche il suo era blu, la gonna meno ampia e senza le decorazioni floreali. Inoltre lei indossava una mantellina che le copriva solo le spalle, con un cappuccio che indossava anche il suo volto. La Signora Sapphire non le aveva indicato con precisione il luogo dell’incontro né con chi si dovevano incontrare, o forse avrebbe dovuto dire scontrare. Era certa tuttavia che si trattasse di Anastasia De Verdant e di sua figlia, ma era anche sicura che non fossero le sole da affrontare. La signora non le aveva detto nulla ma qualcosa glielo aveva suggerito. 
 
<< Sei silenziosa Magdalene, come mai ? >> le chiese la signora Sapphire.
 
<< Sono solo… mi sto solo preparando mentalmente per quello che dovremo affrontare. Io sono… solo un po’ nervosa. Mi scusi >> rispose Magdalene abbassando lo sguardo.
 
<< Alza lo sguardo Magdalene e non essere così tesa. Stiamo andando solo a divertirci >> le disse Sapphire con voce allegra.
 
<< A divertirci ? In mezzo a una radura ? Sinceramente non credo che stiamo andando a fare un picnic. Oh… perdoni la sfacciataggine, io non… >> cominciò a scusarsi abbassando di nuovo il capo.
 
<< Oh Magdalene… sempre così reverenziale… a volte sei davvero noiosa. Smettila di essere così rigida e smettila di scusarti. Io non sono molto più importante di te ed è ora che tu lo capisca. Comincia a guardare la gente negli occhi, se vuoi sopravvivere in questo mondo. Non è un rimprovero, è una raccomandazione. Ricordatelo. Oh, a proposito… siamo arrivate >>.
 
Magdalene e Sapphire erano appena giunte in una radura dove vi erano dei fiori bianchi che sotto la luce della luna sembravano brillare come stelle.
 
<< Signora Sapphire, lei ha… >> iniziò a dire Magdalene.
 
<< Shhh… fa silenzio, loro sono già qui. Preparati, perché ha inizio il divertimento >> disse Sapphire con una voce leggermente inquietante e intrisa di sadismo.
 
Magdalene non aveva idea che tipo di divertimento aveva in mente la signora quella notte ma era certa che sicuramente non si sarebbe annoiata.
 
FINE DEL RICORDO
 
Magdalene si era appena ridestata da quel ricordo e, mentre le altre persone continuavano a parlare tra loro, lei disse in maniera decisa e alzando lo sguardo << Io combatterò al fianco di Stefan, signor Salvatore >>.
 
I presenti intorno a lei ammutolirono, increduli per ciò che avevano appena sentito. Nel frattempo Magdalene si sforzò di ignorare il rossore appena comparso sulle sue guance e di non abbassare il capo, poiché tutti dovevano vedere quanto fosse determinata in questa sua decisione.
 
<< Alene ? >> la chiamò Sebastian << Cosa stai dicendo, mon cher ? Mi auguro che tu stia scherzando ? >>.
 
<< Affatto. Stefan Salvatore è il nipote della signora Sapphire, suo successore e erede di questo negozio e su questo non ci sono dubbi. La nostra signora ci aveva promesso protezione e una vita immortale in cambio della nostra fedeltà. Ci ha dato un lavoro, protezione, una vita dignitosa e io le ho promesso di rimanerle fedele fino alla fine. Ho combattuto al fianco della signora e ora combatterò al fianco di suo nipote, questo è quanto >> disse Magdalene con voce ferma e decisa.
 
<< Oh Dio, Mag, a volte sei davvero noiosa, mon cher. Se tu combatterai, io combatterò con te, ma ti avverto, se questo abominio tenterà di ingannarci… io mi ritirerò dallo scontro. Va bene ? >> disse Charlotte incrociando le braccia al petto.
 
<< Lotte ? Anche tu ora ? >> disse il ragazzo con i capelli ramati e gli occhi di colore diverso.
 
<< Amaury… ciò che Alene ha detto è giusto e io lo condivido. La signora Sapphire è appena morta e suo nipote potrebbe fare presto la stessa identica fine. >> disse Charlotte.
 
<< E noi che c’entriamo con lui ? Noi abbiamo promesso fedeltà alla signora, non a quel ragazzetto >> ribatté Sebastian.
 
<< Quel ragazzetto è il vostro nuovo signore, è mio fratello ed sono sicuro che saprà guidarvi >> disse Damon, sentendosi in dovere di difendere suo fratello.
 
<< Il signor Salvatore ha ragione e per quanto mi riguarda non c’è più niente che io debba dirvi. Non proverò a convincere né tantomeno a obbligare qualcuno di voi a combattere insieme a me, ma voi non provate a fermarmi perché non cambierò idea >> disse Magdalene.
 
Gli altri ammutolirono e a quel punto nella hall del negozio regnò il silenzio. Nessuno si aspettava che la piccola, timida e silenziosa Magdalene potesse farsi sentire in quel modo. Per un attimo, aveva ricordato loro la determinazione della loro padrona.
 
<< Magd, ha ragione >>.
 
Una voce profonda dal fondo della stanza parlò, facendo voltare tutti nella sua direzione. Damon avvicinò un po’, poiché dalla sua posizione non riusciva a vedere granché. Quando fu vicino abbastanza, si rese conto che a parlare era stato un ragazzo sui vent’anni, con i capelli argentati e gli occhi viola, con una cicatrice sulla guancia sinistra.
 
<< La signora Sapphire si è presa cura di noi, dall’inizio alla fine. Ci ha protetti quando eravamo in pericolo, ci ha insegnato non solo a essere maghi degni di questo nome ma anche a essere forti e a non arrenderci mai. Era una persona meravigliosa, nonostante i segreti del suo cuore addolorato. Noi ora dobbiamo combattere accanto di suo nipote, è l’unico modo in cui potremmo mai sdebitarci con lei >> disse quel ragazzo avvicinandosi a Magdalene.
 
<< Grazie, Claude. Il tuo appoggio è molto importante per me, come anche il tuo Lotte. >> disse Magdalene.
 
<< Allora è deciso. Alene, Lotte e io andremo a Villa De Verdant per aiutare il nostro nuovo signore. Qualcun altro è desideroso di venire con noi ? >> chiese Claude guardandosi intorno.
 
Ancora una volta nella stanza ci fu silenzio assoluto. Non era una decisione facile da prendere, soprattutto perché la famiglia De Verdant era molto potente, è attaccarla senza aver prima preparato un piano studiato sin nei minimi dettagli non era una mossa molto intelligente, soprattutto se si sperava di sopravvivere. Di questo ne erano consapevoli tutti. Però non c’era molto tempo e se qualcuno voleva accompagnarli, doveva prendere una decisione, e in fretta.
 
<< Oh… e va bene !! Verrò !! Ma se la situazione si farà critica non garantisco che resterò, sia ben chiaro !! >> disse Sebastian facendosi avanti.
 
<< Che cos… Oh d’accordo. Siete davvero noiosi !! >> esclamò Amaury facendosi avanti a sua volta.
 
<< Bene, signor Salvatore, ha un piccolo esercito che combatterà al fianco di suo fratello >> disse Magdalene con un sorriso soddisfatto.
 
Damon annuì soddisfatto, nonostante avesse sperato nella partecipazione di più persone, sapeva che avrebbe dovuto accontentarsi. La famiglia De Verdant era molto potente ed era normale che in molti la temessero e che non fossero desiderosi di affrontarla, lui stesso aveva provato sulla sua stessa pelle quanto quella famiglia era pericolosa e spietata. Sperava solo che tutto sarebbe andato bene e che questa storia si concludesse in fretta.
 

 
Sylvia aveva appena ripreso i sensi, nonostante avesse fatto un po’ di fatica a tenere aperti gli occhi e il forte dolore alla testa e alla mano. Non appena riuscì a mettere a fuoco l’ambiente intorno a sé, si rese conto di essere in una prigione sotterranea di Villa de Verdant.
“Fantastico”, pensò, mentre scostava i capelli appiccicati dalla fronte. Si mise a sedere su quella sottospecie di letto e si appoggiò con la schiena al muro. Quella situazione non ci voleva proprio. Si guardò intorno e non trovò neanche la collana dove erano stati racchiusi i suoi poteri. “Maledetti”, pensò con frustrazione. Come doveva fare adesso per uscire da lì ? Villa De Verdant era un vero e proprio labirinto, per cui non sarebbe stato affatto facile trovare la via d’uscita, e anche se lo avesse fatto era sicura che i De Verdant se ne sarebbero accorti subito. A quanto pare era davvero quello il suo destino, in un modo o nell’altro… lei era destinata a restare chiusa in una gabbia. Lei era nata per essere una prigioniera, non importava chi fosse il suo prigioniere, se sua zia, la malattia, o i De Verdant… lei non sarebbe mai stata libera, ecco qual era la verità. Una lacrima le scese lentamente lungo la guancia, mentre mordeva il labbro a forza per non scoppiare in lacrime. A un certo punto sentì un rumore di passi e a quel punto si impose di smettere subito di piangere. Il cuore cominciò a batterle forte nel petto per il timore e la paura che stesse arrivando qualcuno per farle del male. Tuttavia, fu molto sorpresa quando vide la persona che era appena arrivata.
 
<< Tu che ci fai qui ? >> chiese non senza sorpresa.
 
La persona dinanzi a lei sorrise e tese una mano verso di lei. Una mano, che Sylvia, seppur con un po’ d’incertezza, strinse.
 

 
Stefan stava sorridendo, mentre faceva esplodere il terreno sotto i piedi della bionda. Sorrideva anche mentre Annabelle aveva scatenato una forte scossa, simile a un terremoto di breve durata ma abbastanza forte da far tremare gli animi mortali.
 
<< Non sei stanco di lottare ? Arrenditi Salvatore, perché ti posso assicurare che non sarai tu a uscire vittorioso da questo cimitero >> esclamò Annabelle mentre con un incantesimo creò una ventina di copie di se stessa.
 
Stefan ghignò, anche se si rendeva conto di essere in una lieve situazione di svantaggio. Annabelle aveva molta più esperienza di lui, non solo per quanto riguardava la magia in generale ma anche per quanto riguardava gli scontri tra maghi e streghe. Sapphire, o meglio sua zia, non aveva avuto il tempo di addestrarlo, ma Stefan, nonostante non avesse la stessa dimestichezza di Annabelle, dovette ammettere che in fondo non stava andando così male. Tuttavia, Annabelle conosceva molti incantesimi e non sempre sapeva come rispondere e questo era uno di quei casi.
 
<< Ammettilo Stefan Salvatore… >> dissero tutte le Annabelle <<… Non sei in grado di competere con me. Povero sciocco… non uscirai vivo di qui >>.
 
Dopo aver detto questo, tutte le Annabelle cominciarono a scagliare contro di lui sfere di fuoco. Stefan non si fece intimidire, con un incantesimo scatenò violenta una tempesta, in modo da spegnere tutte le sfere di fuoco di Annabelle.
 
<< Una tempesta ? Davvero ? Pessima mossa ragazzo !! >> esclamò Annabelle.
 
Annabelle congelò tutte le gocce di pioggia, che divennero dure e appuntite come dardi e che cominciarono a ferire il corpo del ragazzo. Stefan sorrise. Annabelle si era tradita da sola, in quanto gli aveva rivelato chi tra le tante copie fosse l’Annabelle originale. Senza ulteriore indugio, Stefan schiantò Annabelle contro una lapide e svelto bruciò tutte le copie della ragazza che nel frattempo stavano per attaccarlo.
 
<< Non direi così pessima, cara >> disse Stefan.
 
Annabelle sorrise, rimettendosi in piedi. Quell’incontro si stava dimostrando molto più interessante di quanto avesse mai potuto immaginare. “Meglio così”, pensò, almeno non sarebbe stato noioso.
 

 
Sylvia si trovava in una stanza piccola ma anche alquanto inquietante del castello. La stanza non era elegante e neanche ben decorata come le altre parti della villa. La carta da parati sulle pareti era strappata in diversi punti, i mobili erano pieni di polvere. Nella stanza c’erano alcuni grandi cassettoni dai quali mancavano dei cassetti, mentre altri erano semi aperti e da essi fuoriuscivano diverse pergamene. C’era anche una grande credenza, ma Sylvia non riusciva a vedere cosa ci fosse al suo interno poiché i vetri erano pieni di polvere. La stanza era abbastanza buia e l’unica fonte di luce proveniva da un lampadario con delle candele accese che sembrava sul punto di crollare da un momento all’altro. Al centro vi era una grande scrivania che tuttavia sembrava un vero e proprio campo di battaglia. Al centro vi era un piccolo calderone nero arrugginito, con tante pergamene e boccette d’inchiostro piene e vuote intorno. Sylvia si chiedeva come fosse possibile trovare qualcosa in quella confusione.
 
<< Perché mi hai portata qui ? >> chiese sedendosi sulla sedia più stabile che aveva trovato in quella specie di ripostiglio.
 
L’altra persona non le rispose, ma cominciò a sistemare le pergamene sulla scrivania. Sylvia non disse più nulla, semplicemente restò lì seduta vicino alla scrivania. A un certo punto l’altra persona le lanciò una cosa contro che tuttavia Sylvia riuscì ad afferrare. Quando la vide ghignò, era la collana con il ciondolo dove erano stati rinchiusi i suoi poteri.
 
<< Come l’hai avuta ? >> le chiese con un sorriso.
 
L’altra persona non le rispose, mentre poggiava alcuni ingredienti sulla scrivania. Sylvia non sapeva perché si trovava lì, né cosa esattamente quella persona si aspettasse da lei, tutto ciò di cui era certa era che aveva trovato un forte alleato.
 

 
Anastasia stava innaffiando con una miscela di olio di rose, mandorle e margherite il bocciolo contenente suo figlio. Ormai mancava davvero poco. Suo figlio sarebbe entrato ufficialmente nel nono mese tra due giorni esatti, quando ci sarebbe stata anche la luna piena. Tutto sembrava giocare in suo favore quella volta. Suo figlio sarebbe nato, il Rituale avrebbe funzionato senza alcun impedimento e questa volta sarebbe riuscita finalmente e liberare la sua famiglia dall’orribile maledizione che li perseguitava da troppo tempo ormai.
 
INIZIO FLASHBACK…
 
Anastasia stava tenendo in braccio un’Annabelle priva di sensi di circa quattro anni, con una preoccupante ferita alla testa. Poco distante da loro, Sapphire stava tenendo tra le sue braccia un’altra bambina, con i capelli scuri e diversi lividi sul viso fanciullesco, anche lei priva di sensi. Al piccolo polsino pendeva un braccialetto con delle lettere argentate che formavano il nome “Anna”.
 
<< Sapphire… Sapphire Mon Bijou… ti giuro che questa me la pagherai cara… ME LA PAGHERETE CARA ENTRAMBI !! >> urlò Anastasia mentre stringeva a sé la sua bambina.
 
<< STAI ZITTA !! >> urlò Sapphire altrettanto furiosa << TU NON HAI IDEA DI QUANTO SOFFRIRAI PER QUESTO !! >>.
 
<< SMETTETELA ENTRAMBE !! >> urlò una terza voce appartenente a un uomo << È COLPA VOSTRA SE È SUCCESSI TUTTO QUESTO !! >>.
 
Il volto del giovane uomo che aveva parlato era coperto da un cappuccio viola e teneva stretto a sé un bambino, privo di sensi con i ricci rossi.
 
<< STAI ZITTO !! ANCHE TU SEI RESPONSABILE TANTO QUANTO NOI !! >> urlò Sapphire mentre lacrime di rabbia le scendevano lungo le guance.
 
<< VI POSSO ASSICURARE CHE LA PAGHERETE ENTRAMBI !! ENTRAMBI !! >> urlò Anastasia.
 
Fu in quel momento che si sentì un forte tonfo, proveniente dalle viscere della terra e poi una luce abbagliante costrinse tutti e tre a chiudere gli occhi. Quando questo bagliore cessò Anastasia, Sapphire e il giovane uomo si resero conto che sui loro polsi sinistri c’erano delle cicatrici a forma di catene. Per tutti e tre fu tutto chiaro. Erano stati maledetti, dalla Natura, per quello che avevano fatto e non solo loro ne avrebbero subito le conseguenze, ma anche i loro figli e tutte le generazioni future.
 
FINE FLASHBACK
 
Anastasia scosse il capo. Avrebbe fatto di tutto pur di proteggere suo figlio dalla maledizione. Avrebbe ucciso tutti i membri della famiglia Mccullough e avrebbe ucciso anche Stefan Salvatore, unico erede di Sapphire e in questo modo la maledizione si sarebbe spezzata, per sempre.
 

 
Bonnie si sentiva sempre più male, non solo a causa della malattia ma anche perché il suo corpo non riusciva più a reggere il suo potere. Era tutta sudata, ma non era per il caldo, anche perché non solo in quel posto faceva molto freddo ma anche perché la sua stessa pelle era gelata e bianca come la neve. I suoi riccioli rossi erano spenti, avevano perso ogni vitalità e stavano incominciando a cadere. Aveva molto più sonno del normale e aveva perso quasi completamente l’appetito. Eppure una parte di lei le diceva di resistere, almeno per il bambino che sarebbe nato grazie al suo sacrificio. Qualcosa dentro di lei le diceva di stringere i denti e continuare a lottare. Aveva commesso un errore quando aveva deciso di affrontare Sylvia e ne stava pagando le conseguenze, ma si ripromise che non avrebbe mai più fatto scelte sbagliate e che non si sarebbe più fatta guidare dalla rabbia o dalla vendetta. Se avesse potuto vedere Sylvia un’ultima volta prima di morire, le avrebbe chiesto scusa, nonostante tutte le cattiverie che sua sorella le aveva fatto o detto, nonostante tutte le cattiverie che Sylvia le avrebbe detto in quel momento, nonostante il fatto che sua sorella le avesse fatto la cosa peggiore che una sorella avrebbe potuto farle. Sperava che anche Stefan lo avrebbe capito presto, sperava che anche lui avrebbe perdonato Damon e che sarebbe tornato quello di prima. Stefan era pieno di rabbia e di odio repressi, ecco qual era la verità. Nonostante non avesse un cuore questo non significa non provare proprio nulla. Se ne era resa conto quando aveva colpito Sylvia. I sentimenti, quelli più forti, come l’odio e l’amore, non spariscono del tutto. Non potevi provare tristezza, o allegria ma quelle due emozioni non sparivano del tutto. Certo non era come prima, erano momenti che duravano un attimo, ma nell’attimo in cui le provavi ti spingevano a fare cose idiote e il bello era che non ti sentivi neanche in colpa e quindi perseveri nei tuoi sbagli. “Perché non ho ascoltato la Signora Flowers ?”, pensò Bonnie con ironia. La risposta la conosceva anche se faceva male. Guardò versò la piccola finestra della sua cella e si rese conto che stava piovendo e che non era una pioggia normale. Chissà cosa stava succedendo ? Niente di positivo, su questo era abbastanza sicura.
 

 
Stefan aveva mancato Annabelle di pochi centimetri e aveva per sbaglio fatto a pezzi un’altra lapide. Nel frattempo la tempesta che aveva provocato aveva cominciato a emanare anche fulmini, che ormai avevano incendiato mezzo cimitero. Stefan stava cominciando a stancarsi di quella situazione. Il combattimento durava da quasi tre ore e lui aveva riportato diverse ferite alla spalla destra e al braccio sinistro. Anche Annabelle aveva una spalla lussata a causa di un forte impatto con una lapide e poi aveva una brutta bruciatura sul polpaccio destro. A questo punto era chiaro che il vincitore sarebbe stato colui che sarebbe durato di più.
 
<< Perché non ti arrendi ? >> gli urlò Annabelle.
 
<< Perché non voglio !!  Non posso arrendermi o deluderei me stesso e mia zia ! >> le urlò Stefan in risposta.
 
<< Allora mi dispiace per te… io non ho mai perso una battaglia e di certo non ho intenzione di perdere contro di te !! >>.
 
Annabelle non avrebbe voluto usare quell’incantesimo, ma ormai era disposta a tutto pur di vincere, pur di avere la sua rivincita sul ragazzo che le aveva spezzato il cuore, seppur non involontariamente. Ora che ci pensava, si sarebbe vendicata contemporaneamente di molte persone oltre a Stefan. In quel momento un’immagine le venne alla mente, nitida come se la stesse rivivendo in questo momento.
 
INIZIO FLASHBACK
 
Annabelle stava correndo attraverso un fitto sentiero boscoso. Sua madre era andata a un scontro di magia e le aveva detto di non andare con lei, di rimanere a casa, perché quella era una faccenda privata. Annabelle in un primo momento l’aveva ascoltata, era rimasta a casa e aveva suonato un po’ il pianoforte. Erano gli anni d’inizio ‘700 e all’epoca non c’erano molti modi per svagarsi. Tuttavia, quando si rese conto che sua madre non tornava da parecchio tempo, decise di indossare il primo vestito che le era capitato e di uscire di casa per andare a cercarla. Non era una figlia molto affettuosa, ma sua madre era pur sempre sua madre e cuore o non cuore sapeva di volerle bene. Fu solo quando si perse in quel posto che si rese conto che forse quella non era stata una grande idea dopotutto. Sapeva dove sua madre doveva andare ma non come raggiungerla. Voleva usare la magia ma avvertiva delle strane presenze intorno a sé e aveva paura che usandola avrebbe rivelato la sua posizione. Annabelle con uno sbuffo continuò a camminare per un po’ fin quando non si stufò e decise di usare la magia. Sicurezza o non sicurezza, fortunatamente aveva imparato a badare a se stessa. Alzò una mano verso la luna e dopo pochi secondi, la luna creò lungo il bosco un sentiero luminoso che Annabelle cominciò a seguire. Sua madre si sarebbe infuriata ma non le importava, era stufa di finire in quelle situazioni per colpa sua. Seguì il percorso per un bel po’ fino a quando non si fermò un attimo per riprendere fiato.
 
<< Che strazio >> imprecò Annabelle sciugandosi la fronte leggermente sudata.
 
<< Hai ragione ! >> esclamò una voce dietro di lei << È veramente uno strazio andare dietro a quelle due !! >>.
 
Annabelle sorrise poi si voltò indietro. Claire Mon Bijou era dietro di lei, con un’espressione stanca sul volto, gli orli del vestito strappati e sporchi di fango, come anche il suo e l’acconciatura spettinata.
 
<< Mi hai seguita ? >> chiese Annabelle.
 
<< In realtà stava cercando mia zia ma non riesco a trovarla. Inoltre, presumo che è con tua madre >> disse Claire portandosi una mano al petto mentre cercava di riprendere fiato.
 
<< Presumi bene. Vedo che Sapphire ti ha lasciata indietro, come mia madre ha lasciato me del resto. Tsk… io non capisco perché continuiamo a seguire quelle due nei loro bisticci quando potremmo starcene a casa in santa pace. >> disse Annabelle incrociando le braccia al petto.
 
<< Perché per noi sono persone importanti ed è importante anche ciò per cui stanno combattendo >> disse Claire con voce seria.
 
<< Vero. Ragione per cui… >> Annabelle con un movimento della mano cominciò a spostare gli alberi attorno a lei e a Claire, al fine di creare una piccola radura <<… combattiamo anche noi… per la nostra causa >>.
 
Claire la osservò per un momento con i suoi occhi scuri e svegli, poi sorrise e disse << Io sono pronta, tu riuscirai a cavartela ? >>.
 
<< Io non perdo mai >> rispose Annabelle con un ghigno.
 
<< Aahahha >> rise Claire con allegria << Basta parlare. A me la prima mossa. >>.
 
<< Prenditela >> disse Annabelle con voce fredda.
 
Claire le sorrise calorosamente prima di cominciare ad attaccare. Toccando il suolo con una mano fece sbucare delle radici dal sottosuolo che si diressero verso Annabelle per intrappolarla. Annabelle provò a bruciale ma Claire le ricreò velocemente e Annabelle restò intrappolata. Tuttavia non si arrese e con un incantesimo e congelò sia le radici che il suolo, creando una sorta di barriera di ghiaccio. Claire però lanciò un incantesimo esplosivo che distrusse la barriera. Tuttavia non fece in tempo a difendersi dall’incantesimo di Annabelle e finì schiantata qualche metro più in là ma non si lasciò abbattere. Con un altro incantesimo, posò la mano sul terreno e provocò un solco profondo nel terreno che divise in due parti la radura. Annabelle provò a colpire Claire con una serie di sfere di fuoco. Claire scatenò una tempesta, spegnendo così le sfere di fuoco e poi con un fulmine provò a colpire Annabelle. La strega bionda riuscì, non senza difficoltà a deviare il fulmine ma in questo modo bruciò tutti gli alberi circostanti.
 
<< Bella mossa !! >> commentò Annabelle.
 
<< Anche tu sei sorprendente. Nessuno era mai riuscito a deviare un fulmine in quel modo prima >> commentò Claire.
 
<< Sai una cosa ? Qualunque sarà l’esito di questo incontro… sarò lieta di averlo iniziato >> disse Annabelle.
 
<< Anche io, in qualunque modo esso si concluderà… sei stata la mia migliore avversaria Annabelle >> disse Claire con un sorriso dolce.
 
FINE FLASHBACK
 
“Purtroppo non posso più dire lo stesso di te, Claire”, pensò Annabelle mentre preparava il colpo finale. Richiamò a sé tutte le forze della natura e quando ebbe sufficiente energia colpì il cielo con un immenso raggio verde.
 
<< Preparati, perché a questo non fuggirai !! >> urlò.
 
A un certo punto Stefan, senza che potesse evitarlo, fu colpito in pieno petto da un immenso e potentissimo fulmine verde e perse i sensi. Annabelle sorrise, aveva vinto, aveva usato lo stesso incantesimo di Claire ma in un modo personalizzato e aveva vinto. Claire l’aveva aiutata a battere suo fratello, che ironia. Si avvicinò a Stefan, il quale giaceva privo di sensi sul pavimento. Se avesse avuto più tempo, sarebbe diventato un grande mago anche lui.
 

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Capitolo 26
*** In the heart of the matter ***


IN THE HEART OF THE MATTER
 
Quando Stefan riprese coscienza di sé non riuscì ad aprire gli occhi, il viso gli faceva male, come anche le gambe e le braccia, a tal punto che a malapena riusciva a muovere le dita delle mani. Con la lingua leccò il labbro inferiore e si rese conto che era spaccato sul lato destro. “Fantastico”, pensò Stefan mentre cercava, con fatica, di aprire gli occhi. Provò a girarsi su un lato ma la spalla destra gli faceva troppo male, molto probabilmente era lussata. Non ricordava perfettamente che tipo d’incantesimo Annabelle avesse usato contro di lui per ridurlo in quelle condizioni, ma qualunque esso fosse, Dio, faceva male !
Non sapeva neanche dove si trovasse, non riusciva neanche ad aprire gli occhi e adesso cominciava ad avere un gran mal di testa.
 
<< Qualcuno mi uccida adesso… >> sussurrò al nulla, o almeno così credeva.
 
<< Dopo tutta la fatica che ho fatto per cercare di curare il curabile ? Non pensarci proprio signor Salvatore >> disse una persona vicina a lui.
 
Stefan aggrottò la fronte. Quella voce… da quanto tempo non la sentiva ? Era reale ? Era davvero la sua ? Non aveva un cuore eppure si sentiva in un modo strano, il vuoto che regnava nel suo petto fu pervaso da un senso di calore, di sicurezza, di sollievo che ormai da troppo tempo gli erano estranei.
 
<< Ele… Elena ? >> chiese cercando di aprire gli occhi.
 
<< Si, sono io, ma non sforzarti. Sei troppo debole e i miei poteri angelici non sono molto forti al momento. Scusami >> disse Elena accarezzando teneramente la fronte al ragazzo.
 
<< Dove siamo ? E che ore sono ? >> chiese Stefan beandosi del contatto.
 
<< È ormai mattino e siamo in una prigione Stefan, ma non credo di conoscere l’identità dei nostri carcerieri. Forse tu li conosci. Prima una ragazza alta e bionda ti ha portato qui. >>.
 
<< Annabelle… Annabelle De Verdant. >>.
 
<< Che cosa vuole lei da me e te ? Che sta succedendo ? >>.
 
<< Oh Elena… si vede che sei stata via da Fell’s Church per molto tempo >> commentò Stefan con una risatina amara.
 
Elena rise a sua volta senza allegria. Come dargli torto ? Lei era andata via da Fell’s Church molto tempo fa, era fuggita via dai suoi problemi, era fuggita via dal ragazzo che aveva amato con tutta se stessa e che aveva ferito a causa del suo egoismo. In quei mesi di lontananza Elena aveva capito quante cose nella sua vita aveva sbagliato e aveva pensato costantemente a un modo per porvi rimedio. Poi aveva scoperto di essere incinta, anche se non capiva come ciò fosse possibile. Prima di partire da Fell’s Church aveva avuto dei rapporti solo con Damon e Stefan, e loro due erano vampiri e non potevano avere figli. Lei era un angelo e a quanto pare poteva ma chi era il padre del suo bambino ? Non ne aveva idea, forse lo avrebbe capito quando avrebbe guardato il suo bambino negli occhi. Istintivamente toccò la pancia, ormai prossima anche quella al nono mese e sorrise. Sperava di essere ancora viva e di vivere abbastanza a lungo da poterlo veder crescere.
 
<< Ehi ?! Anche tu hai un sacco di cose da raccontarmi. >> disse Stefan che, seppur a stento, riuscì ad aprire gli occhi.
 
<< Non così tante, in effetti. Quando sono partita, ho scoperto di essere rimasta incinta, ma non ho idea di come ciò sia possibile. >> disse Elena toccandosi il ventre.
 
<< Che vuoi dire ? >>.
 
<< Non ho idea di chi sia il padre del bambino. Io sono quasi al nono mese e nove mesi fa ero a Fell’s Church e avevo dei rapporti solo con Damon e con te e voi eravate vampiri. Io non riesco a spiegarmelo >> disse Elena continuando ad accarezzarsi il ventre.
 
<< Wow, dovremo chiamare il Vaticano allora. Presto avremo un’altra Immacolata Concezione >> scherzò Stefan.
 
<< Spiritoso. Magari fosse così semplice, eppure sono sicura che ci debba essere una spiegazione, soprattutto dopo alcune ricerche che ho fatto a proposito dei miei poteri. >>.
 
<< Cos’hai scoperto ? >> chiese Stefan, il quale, sebbene non fosse molto curioso, tuttavia, voleva sentirla parlare.
 
<< Ho scoperto che un angelo, come me, quando è ancora nel pieno dei suoi poteri può essere usato come portale per le anime. >>.
 
<< Portale per le anime ? In che senso ? >>.
 
<< Ho scoperto che un angelo che come me è tornato in vita, quando ha ancora i poteri potrebbe fungere da portale per le anime che sono morte e concedere loro una seconda occasione. Infatti molte famiglie di maghi durante il periodo della Caccia alle streghe sacrificavano volutamente un membro della loro famiglia, in modo da riportarlo in vita come angelo e in questo modo riportare in vita altri membri. Ciò però era possibile solo con gli angeli donna, perché questa rinascita deve avvenire attraverso un nuovo concepimento. Credo che sia il mio caso >> spiegò Elena.
 
<< Allora a questo punto credo che la domanda giusta che dovresti porti sia, non tanto chi è il padre, ma chi è il bambino ? >> disse Stefan allarmandosi e mettendosi a sedere di scatto, il che fece peggiorare il suo mal di testa.
 
<< Non l’ucciderò Stefan. Chiunque egli sia e su questo non transigo ! >> esclamò Elena toccandosi il ventre con fare protettivo.
 
<< Wow, questo sentimento materno non me lo aspettavo da te. Comunque non intendevo niente di simile, per chi mi hai preso ? Voglio solo scoprire chi ti sta usando come mezzo di trasporto per persone morte. Tutto qui >>.
 
<< Da quando sei così spiritoso ? >> chiese Elena con ironia.
 
<< Da quando tu sei in grado di avere un lato materno. >> disse Stefan con altrettanta ironia.
 
<< Stronzo >> disse Elena dandogli un leggero schiaffo sulla spalla destra.
 
<< Grazie… per avermi curato, non per il complimento >> precisò Stefan.
 
<< Di nulla. Comunque ho notato molte cose mentre ti curavo, ma di questo parleremo più tardi. Ora devi riposare… e anch’io. Curarti non è stato per niente semplice >>.
 
Stefan stava per ribattere che lui non le aveva chiesto nulla, ma non gli sembrava opportuno, anche perché era chiaro che entrambi non avevano le forze per litigare. Inoltre notò in che condizioni stesse la sua compagna di prigione, era seduta su uno scomodo sgabello, con la schiena appoggiata alle pareti e si teneva il ventre con una mano. Di certo non era la posizione ideale per una donna incinta che sicuramente aveva oltrepassato almeno il settimo mese di gravidanza. Con un po’ di sforzo, sebbene il “letto” sul quale era disteso non fosse grandissimo, era sicuro che con un po’ di buona volontà, avrebbe trovato il modo per lasciare alla ragazza un po’ di spazio per stendersi. Stefan premette il braccio e la gamba sinistra sul materasso e spinse il busto all’indietro, più vicino al muro, poi si distese sul lato, sempre con la spalla sinistra sotto, in modo che la spalla destra, quella lussata, non dovesse reggere il peso del suo corpo.
 
<< Stenditi >> disse poi alla ragazza << Stare in quella posizione non ti fa bene >>.
 
Elena lo guardò attentamente per un momento e Stefan pensò per un momento che, in nome dell’indipendenza femminile e tutte quelle altre scemenze, avrebbe rifiutato. Elena infatti stava quasi per rifiutare quando il bambino le diede un calcio molto forte, che le fece parecchio male. A malincuore e non senza fatica, si alzò dallo sgabello e si sdraiò sul letto.
 
<< Grazie >> disse senza guardare il ragazzo.
 
<< Prego >> disse Stefan chiudendo gli occhi.
 
Quella era probabilmente uno degli episodi più imbarazzanti della sua vita. Essere disteso vicino alla propria ex-ragazza angelo incinta di chissà qual entità, mentre si ha l’aspetto di un vero e proprio mostro di un film dell’orrore. Stefan non aveva uno specchio, eppure era sicuro di non essere al massimo della sua bellezza. Tuttavia Elena non gli aveva detto niente e adesso aveva chiuso gli occhi per riposare. Stefan a quel punto si concesse di osservarla meglio. Elena era bellissima, esattamente come la ricordava, anche se era leggermente trascurata rispetto ai suoi standard. Indossava una lunga maglia di lana blu scuro, con delle calze bucate in più punti, ai piedi indossava degli stivaletti scuri e poi aveva un felpa azzurra. Non era di certo l’abbigliamento più “sexy” che avesse mai avuto, non era neanche truccata e i capelli erano legati in una disordinata coda laterale. Chissà a quel punto cosa avrebbe provato per lei ? Non aveva un cuore, però era convinto che avrebbe potuto provare qualcosa di forte, se avesse avuto il suo cuore nel petto. Chiunque avrebbe provato qualcosa di molto forte nel rivedere la donna che aveva amato con tutto se stesso dopo molti mesi ? Vero ? Lui non sarebbe stato strano. Non provava niente, lo aveva voluto lui, eppure era convinto che si dovesse sentire in colpa per questo, perché era come se stesse imbrogliando. Chiuse gli occhi, sperando di riuscire a riposare un altro po’ e di uscire da quella prigione al più presto, cercando di ignorare la presenza della ragazza vicino a lui.
 

 
Damon, Magdalene, Claude, Sebastian, Amaury e Charlotte erano nello studio di Sapphire e stavano cercando di elaborare un piano prima di partire per unirsi a Stefan. Magdalene, Claude e Damon volevano andare incontro a Stefan il prima possibile, ma Amaury, Sebastian e Charlotte volevano essere cauti e non agire con impulsività.
 
<< Tu sei già stato a Villa de Verdant… >> disse Sebastian, con il suo forte accento francese, rivolto a Damon << … Che cosa puoi dirci al riguardo ? >>.
 
<< Beh… è nascosto in mezzo al bosco di Fell’s Church. Bisogna attivare un innesco per aprire un portale e accedere al cortile fuori dalle mura della Villa. Le mura erano davvero imponenti e ricordo che siamo riusciti ad entrare tramite una porta rossa e… >> spiegò Damon ma fu interrotto.
 
<< Siamo ? Tu e chi altri ? >> chiese Amaury.
 
<< Io, un’amica di Stefan, Meredith Sulez e Rosalie Mcculloug. Rosalie con l’inganno ci convinse ad accompagnarla all’interno di Villa De Verdant per recuperare il cuore di Stefan e… >> disse Damon.
 
<< Aspetta un attimo, i De Verdant hanno il cuore di Stefan ? Stai scherzando spero ? >> chiese Charlotte impallidendo.
 
<< Questo quando pensavi di dircelo ? >> chiese Amaury arrabbiato.
 
<< Aspettate un momento, se non m’interrompeste a ogni parola, capireste perché non ve l’ho ancora detto. >> disse Damon alzando la voce a sua volta.
<< Sono davvero curioso di sentire questa storiella, perché sa una cosa signor Salvatore ? Più parla, più passa il tempo e meno mi fido di lei >> sibilò Charlotte fulminando il vampiro con lo sguardo.
 
<< Se non ti fidi, bambolina, puoi sempre andartene via >> sibilò a sua volta Damon.
 
Charlotte a quel punto lo colpì in faccia con un pugno. Di solito gli umani non gli facevano male quando lo colpivano, non avevano la forza sufficiente per farlo, ma quel pugno gli aveva fatto davvero male. Sicuramente quella ragazza avrà usato un incantesimo particolare per aumentare la sua forza fisica.
 
<< Lottie !! >> esclamò Magdalene in un misto di rimprovero e sorpresa.
 
<< È colpa sua ! >> esclamò Charlotte.
 
<< Ok, basta così ! >> disse Claude << Se incominciamo a litigare perderemo solamente tempo prezioso. Salvatore spiegati in fretta, qui devi conquistarti la fiducia di un bel po’ di persone, la mia compresa >>.
 
Damon sospirò, quei maghetti da strapazzo si stavano dimostrando più complicati da gestire di quanto avesse ingenuamente pensato. Doveva cercare di fare in modo che si fidassero di lui, altrimenti avrebbe solo perso tempo e sia Stefan che Bonnie, in quel momento, avevano bisogno di tutto l’aiuto possibile contro la famiglia De Verdant.
 
<< Ascoltatemi, io sono consapevole che voi non vi fidate di me ma vi prego di fidarvi almeno di mio fratello e della vostra amica o collega, o quello che è. Non credo che Magdalene vi avrebbe chiesto di aiutare un vampiro se non fosse stata assolutamente certa che non vi avrei fatto del male e che la situazione era davvero urgente. Sono consapevole che ci sarebbero molte, davvero molte cose che dovrei dirvi ma se ve le raccontassi tutte adesso, finirei tra tre anni. Per cui… vi prego… provate a fidarvi di me >> disse Damon con voce ferma e guardando tutti negli occhi.
 
I presenti si scambiarono un altro sguardo, poi Amaury disse << Prima di continuare… rassicuraci almeno che adesso il cuore di Stefan è al sicuro ? >>.
 
<< L’ultima volta che ho visto mio fratello aveva il suo cuore in mano. L’ho incontrato quando Magdalene creò quel portale per condurmi da lui. Non so come abbia recuperato il suo cuore, so solo che l’aveva con sé. >> disse Damon, ommettendo, tuttavia, parecchi particolari.
 
Gli altri non sembravano essere particolarmente convinti, probabilmente si erano resi conto che aveva omesso qualcosa, o che comunque qualcosa non quadrava in quella risposta e forse, allo stesso modo, avevano deciso di ignorare i loro sospetti e di fidarsi di lui. In fondo non avevano altra scelta se volevano prendere parte a quell’impresa ardua.
 
<< Allora, stavo dicendo… ehm… siamo entrati nel giardino interno della Villa tramite una porta nascosta. Una volta all’interno, bisogna fare attenzione ai draghi che sorvolano sopra la Villa e ai fiori. Ogni fiore ha un effetto diverso sulle persone che li annusano, ad esempio, le viole ti fanno dormire. Io stesso ne sono caduto vittima… >> disse Damon.
 
<< E come hai fatto poi a svegliarti  ? >> chiese Sebastian.
 
<< Non mi sono svegliato, siamo stati catturati. Rosalie Mccullough è stata uccisa, Meredith Sulez catturata e io sono stato liberato solo perché ero l’unico che poteva andare a prendere Bonnie da un posto chiamato Neverland, che credo voi conosciate >>.
 
Gli altri annuirono, poi gli chiesero se ricordasse qualche altro particolare. Damon raccontò brevemente che erano riusciti ad entrare nella Villa tramite una botola che si trovava in mezzo a delle viole, ma disse anche che era stato tutto organizzato per catturarli. Disse loro che non sapeva dove fosse esattamente Stefan al momento, ma era sicuro che fosse a Fell’s Church. Alla fine i cinque maghi decisero di cominciare a rovistare nelle dispense alla ricerca di tutti i tipi di pozioni di cui avrebbero potuto avere bisogno e che sarebbero partiti per Fell’s Church il prima possibile per cercare di capire dove fosse Stefan. Damon non poteva fare granché in questo caso, se non attendere che gli altri finissero di organizzarsi. Nel frattempo, si era seduto sul divano blu nell’ufficio di Sapphire e stava fingendo di sfogliare una rivista sulla gioielleria, giusto per fare qualcosa. La verità era che stava pensando al suo Pettirosso, a tutto quello che avrebbe voluto dirle quando si erano baciati, dandosi dello stupido per non averlo fatto prima. In quel momento pensò a cosa sarebbe successo se lui non avesse fatto lo stupido con Elena e avrebbe corteggiato sin da subito quella bellissima ragazza dai capelli rossi. Probabilmente niente di quanto era accaduto in quei mesi sarebbe successo. Stefan non si sarebbe strappato il cuore dal petto, Meredith non sarebbe stata catturata, Bonnie e lui starebbero insieme da un bel po’ di tempo e magari avrebbero già sconfitto, insieme, come sempre, la famiglia De Verdant. Sarebbe stato tutto diverso, forse anche troppo semplice e a quanto pare la vita non accetta situazioni semplici, non la loro, almeno. Con frustrazione, lanciò la rivista contro al muro e si sdraiò sul divano, sperando che gli altri facessero in fretta perché lui l’attesa non la sopportava più.
 

 
Sylvia stava percorrendo, con un’espressione vittoriosa in viso, i corridoi delle prigioni sotterranee di Villa de Verdant. Non era sicuro girovagare per la Villa in quel modo, soprattutto se si conta che lei là dentro non era certo un’ospite, ma una prigioniera. La persona che l’aveva liberata le aveva detto esattamente dove si trovava sua sorella e lei non era così insensibile da non darle un ultimo saluto, prima del rituale che si sarebbe svolto l’indomani sera. Ghignò al solo pensiero di quanto sua sorella avrebbe sofferto, esattamente come aveva sofferto lei quando era stato la vittima sacrificale. Era stata l’esperienza più dolorosa della sua vita… Ricordava ancora quell’orribile sensazione che si avverte solo quando si sente la propria vita scorrere via da te, insieme al tuo sangue e senti il tuo cuore diventare cenere e le forze abbandonarti. Era stato in quel momento che aveva deciso che si sarebbe vendicata di tutta la sua famiglia. Prima di quel momento avrebbe anche potuto perdonare loro ogni cosa, tutti gli anni di vita che aveva perso a causa della loro idiozia. Ma quando il sortilegio era iniziato, quando Anastasia le aveva tagliato le vene dei polsi, quando lei stava morendo davanti a tutta la sua famiglia intorno a lei che guardava e piangeva, invece che provare a salvarla, aveva capito che non poteva contare su nessuna di quelle persone, tranne Rosalie. Sua cugina tuttavia era morta, come anche la sua famiglia. Adesso mancava solo una persona che doveva morire, l’ultima, poi avrebbe lasciato quella dannata cittadina per sempre. Percorse altri due corridoi fin quando non la trovò. Sua sorella era  sdraiata sul letto e stava guardando verso l’alto. Aveva il colorito pallido, le labbra screpolate e i capelli rossi erano ormai spenti. Sylvia ebbe un sussulto al cuore quando la vide e il ghigno dipinto sulle labbra scomparve al giungere di un’immagine nella sua mente, in cui era lei ad avere le labbra screpolate, il colorito pallido e il colore dei capelli spento. Era davvero questo che voleva ?
“Ormai è inutile tirarsi indietro”, pensò Sylvia continuando a osservare sua sorella.
 
<< Ciao >> la salutò Bonnie voltandosi verso di lei e sorridendole lievemente.
 
<< Hai un aspetto orribile. La vecchia strega di Biancaneve è una meraviglia in confronto a te >> disse Sylvia con voce fredda.
 
<< Davvero ? Purtroppo qui non ci sono specchi, quindi mi sa tanto che dovrò fidarmi del tuo giudizio >> disse Bonnie senza offendersi.
 
<< Uch… troppo tardi per decidere di volerti o meno fidare di me. Avresti dovuto darmi ascolto un bel po’ di tempo e magari scegliere di farti uccidere da me >> le disse Sylvia recuperando un po’ del suo modo di fare.
 
<< Mmm… no, sarebbe stato troppo facile >> disse Bonnie mettendosi a sedere.
 
<< Che vuoi dire ? >> le chiese Sylvia guardandola confusa e curiosa allo stesso tempo.
 
<< Quello che ho detto. Scegliere di morire per mano tua e non affrontare il rituale, lasciando il bambino legato a me morire e abbandonare tutti i miei amici alle loro sventure… no, non sono così vigliacca. Io morirò e un bambino nascerà dal mio sacrificio e mi sta bene, almeno non sarò morta invano. >> disse Bonnie guardandola intensamente.
 
<< Non è nemmeno tuo figlio, perché tanta accortezza ? Perché tutto questo spirito di sacrificio ? >> chiese Sylvia con un certo disgusto ma anche disagio.
 
<< Perché è un bambino, Sylvia. È una creatura innocente, anche se i suoi genitori hanno fatto delle cose sbagliate. È una creatura innocente esattamente come lo è Stella. Come posso pretendere che lei viva una vita serena se io stessa, per prima, ho negato a un altro bambino la stessa opportunità ? >> chiese Bonnie toccandosi il petto.
 
<< Per vivere, perché vivere è più importante >> rispose Sylvia come se fosse ovvio.
 
<< Che senso avrebbe vivere ? Non riuscirei neanche a guardare mia nipote negli occhi, non riuscirei a godermi le gioie più semplici, non… non mi sentirei mai in pace con me stessa. >> disse Bonnie.
 
<< Parli così adesso… voglio proprio vederti quando Anastasia legherà il tuo corpo al terreno, vicino al cerchio. Voglio vederti quando taglierà le vene dei tuoi teneri polsi e sentirai la vita scorrere, lentamente, dolorosamente, inevitabilmente, via da te. Voglio vederti pregare Dio perché abbia pietà di te e ponga fine al tuo tormento in fretta. Voglio vedere… se sarai ancora così tanto disposta al sacrificio. >> disse Sylvia riducendo gli occhi a due fessure e parlando con tono gelido come il ghiaccio.
 
Bonnie però non si lasciò intimidire, ormai aveva capito il complesso modo di fare di sua sorella. Con un po’ di sforzo, si sforzò si poggiare i piedi sul pavimento, poi con le mani cercò di reggersi al letto per alzarsi in piedi. Chiunque l’avesse vista in quel momento probabilmente avrebbe riso, perché la scena era davvero comica, lo doveva ammettere. Ma nessuno avrebbe compreso quanto quei semplici gesti le facevano male e quanto le girava la testa, ma sapeva che ne valeva la pena. Una volta che fu in grado di riuscire a restare in piedi, lentamente si avvicinò alle sbarre e, con mani tremanti, afferrò le sbarre per reggersi.
 
<< Sono felice che tu sia passata >> disse Bonnie con il fiatone, come se avesse appena partecipato a una maratona.
 
Sylvia la guardò con un’espressione stranita, come se avesse davanti un fantasma. Tuttavia non disse nulla e aspettò che sua sorella continuasse a parlare.
 
<< Sono felice perché… perché sento che ti devo delle scuse. >> disse Bonnie guardando l’altra dritta negli occhi.
 
Sylvia cercò di sembrare indifferente, nonostante cominciasse a sentirsi parecchio turbata per quello che l’altra le aveva detto, tuttavia continuava a stare in silenzio, in attesa che l’altra riprendesse il discorso. Ormai, sebbene non ne fosse felice, era curiosa di sentire il discorso dell’altra.
 
<< Tu hai… hai… >> Bonnie prese un profondo respiro, poi continuò << Hai sofferto moltissimo e nessuno ha saputo capirti. Ti hanno abbandonata tutti, compresa me. Io non sapevo nulla di te ma quando ho scoperto la verità non ti ho di certo accolta con gioia. Non ho mai cercato di vedere le cose dal tuo punto di vista perché amavo le persone che tu odiavi e ho scelto di non vedere. Non avrei dovuto aggredirti in quel modo, avrei dovuto cercare di starti vicino, per quanto avrei potuto. Mi dispiace tantissimo di… di… tutto… mi dispiace, per tutto. >> disse Bonnie accarezzando all’altra una guancia attraverso le sbarre.
 
Sylvia si ritrasse a quel tocco, come se ne fosse rimasta scottata, come se la sorella fosse una lebbrosa e avesse paura di essere infettata da lei. Nonostante avesse avvertito una certa sincerità nella voce di sua sorella, la vita le aveva insegnato a non fidarsi di nessuno. Cercò con tutto il cuore di reprimere le lacrime che minacciavano di uscire dai suoi occhi. Nessuno le aveva mai chiesto scusa per quanto le era accaduto da… praticamente sempre e di certo Bonnie era l’ultima persona che credeva le avrebbe chiesto scusa.
 
<< Se pensi che questa patetica sceneggiata possa convincermi, in qualunque modo, a darti una mano allora ti sbagli di grosso, hai capito ? >> le chiese con voce intrisa di rabbia e rancore, oltre che a disagio.
 
<< A che cosa servirebbe ? Io sto per morire ricordi ? Non ho nulla da guadagnare scappando via di qui. Inoltre, scappare è da codardi e mi sono già comportata come tale una volta, non commetterò una seconda volta questo errore. >> disse Bonnie con una fermezza tale da sorprendere ancora di più Sylvia.
 
Sylvia la osservò bene e non seppe se tutta questa forza fosse dovuta a una totale indifferenza nei confronti del dolore fisico o meno, ma aveva capito che davanti a lei non c’era una povera vittima sacrificale, qual era stata lei. No, davanti a lei c’era una combattente, una combattente con le gambe tremanti che non riuscivano più a reggersi in piedi, con le labbra screpolate, il viso pallido, le occhiaie, la fronte imperlata di sudore, i capelli spenti ma gli occhi… gli occhi avevano ancora un fuoco, un incendio non più di rabbia, come quello che l’aveva infiammata per il loro duello, no, era un incendio di vitalità e determinazione da far invidia a una persona sana. Da far invidia a lei.
 
<< Io non avevo questa forza, all’epoca… >> sussurrò con voce talmente bassa che Bonnie non riuscì a sentirla.
 
<< Stai andando via ? >> le chiese Bonnie aggrappandosi alle sbarre con entrambe le mani e guardandola intensamente.
 
<< Non sono affari tuoi >> disse Sylvia con tono sgarbato.
 
<< Va bene. Stella come sta ? La porterai via con te ? >> continuò Bonnie, per nulla offesa dal tono dell’altra.
 
<< Non lo so >> disse Sylvia, senza pensare a quale delle due domande stesse rispondendo, probabilmente a entrambe.
 
<< Prenditi cura di lei, assicurati che non le manchi mai nulla nella vita, che sia felice, come noi non lo siamo state. Ti prego. Ti prego >> la supplicò Bonnie.
 
Sylvia immaginò che se sua sorella in quel momento avesse avuto il cuore, si sarebbe messa a piangere, ne era certa. Bonnie, sporse nuovamente la mano oltre le sbarre, per toccare la sorella. Sylvia questa volta non si allontanò, lasciò semplicemente che la sorella l’accarezzasse. Un piccolo gesto di affetto in tutti quegli anni di solitudine, in cui nessuno aveva mai dimostrato veramente di amarla o anche solo di tenere a lei.
 
<< Ora devo andare >> disse semplicemente prendendo la mano della sorella e scostandola dal suo viso.
 
<< Va bene. Spero che almeno adesso potrai essere felice >> disse Bonnie allontanandosi dalla sbarra e sedendosi sul letto.
 
<< Oh lo sarò… su questo non ci sono dubbi >> disse Sylvia, seppur con voce leggermente tremante.
 
Bonnie annuì, poi si sdraiò sul letto e chiuse gli occhi. Sylvia la osservò per qualche secondo, poi se ne andò. Quella non era esattamente la chiacchierata che aveva immaginato nella sua testa. Assolutamente no. Ma non voleva fidarsi, sebbene una parte di lei le consigliava di farlo. La vita era stata davvero molto crudele con lei e se lei era riuscita ad avere una seconda possibilità, era solo perché aveva deciso di prendersela con la forza. Nessuno le aveva mai regalato nulla. L’unico atto di amore erano gli abbracci di sua cugina Rosalie quando era piccola e quella piccola carezza sul viso di sua sorella. Il resto era nulla, era vuoto, era dolore, era abbandono, solitudine, rammarico. Vendetta, soprattutto. Sua sorella sarebbe morta presto, era questo ciò che voleva, vero ? Vero ?
 

 
Annabelle era appena scesa nei sotterranei, voleva vedere se quella stupida ragazza-angelo si fosse presa realmente il disturbo di prendersi cura del suo ex. Non era stata una coincidenza se aveva scelto di metterli insieme nella stessa prigione. Stefan era ridotto davvero male e anche se ne era stata un po’ compiaciuta all’inizio, alla fine era soddisfatta di come lo aveva ridotto. Aveva sfogato tutta la rabbia e il rancore provato nei suoi confronti in tutti quei secoli, adesso si sentiva pronta per molte cose, prima tra tante, quella di rimettere il cuore all’interno del suo petto. Appena arrivò davanti alla prigione, un ghigno le si formò sulle labbra, prima di svegliare i due.
 
<< Buon giorno, begli innamorati >> disse ad alta voce.
 
I due si destarono ed Elena per poco non cadde dal “letto”, se Stefan non avesse avuto i riflessi pronti e non l’avesse afferrata.
 
<< Ciao, Annabelle >> disse il ragazzo senza alcuna allegria, ma con un astio mal celato.
 
Annabelle sorrise davanti a quell’espressione, a suo dire ridicola. Poi spostò lo sguardo sulla ragazza. Doveva ammettere che era davvero bella, con quei capelli dorati e gli occhi come lapislazzuli, nonostante la gravidanza e il look non proprio accurato. Anche Elena stava osservando quella ragazza con grande curiosità e dovette ammettere a se stessa che non le piaceva. Non solo perché era davvero molto bella anche lei, con quei capelli biondi dorati e quegli occhi verdi come smeraldi, o per quel ghignetto che stava rivolgendo a Stefan. Forse era solo la sua insicurezza dovuta ai chili di troppo della gravidanza, o al fatto che in quel momento era ridotta in uno stato pietoso, tuttavia il suo sesto senso le suggeriva di stare molto attenta a quella ragazza.
<< Ciao, dolcezza >> disse Annabelle inserendo una chiave e aprendo le sbarre << Sono felice di vedere che tu stai meglio, del resto era quello che volevo, altrimenti non ti avrei messo nella stessa prigione con quella prostituta angelica. >>
 
<< Gelosa ? >> chiese Stefan senza un particolare interesse.
 
<< Affatto. Tuttavia, ora la terapia è finita e penso che sia arrivato il momento che tu abbia una cella tutta tua. Alza il deretano e muoviti >> disse Annabelle con freddezza.
 
<< Quanta galanteria e quanta ospitalità… Annabelle, tu non smetterai mai di stupirmi >> disse Stefan mettendosi a sedere sul letto vicino a Elena.
 
<< Me lo auguro. Ora però sbrigati, o devo darti un’altra… scossa per farti alzare da lì ? >> disse Annabelle prendendolo in giro.
 
<< A che serve chiedere, tu non lo fai. Non ordini neanche, prendi quello che vuoi e basta. Lo dico perché… stai usando l’incantesimo del dominio del sangue su di me. Questo non è carino da parte tua >> disse Stefan uscendo dalla prigione di Elena.
 
Annabelle sorrise, poi lo baciò. Inizialmente si limitò a sfiorargli le labbra, poi approfondì il bacio e con l’incantesimo del dominio del sangue costrinse Stefan a ricambiarla con altrettanta passione. Stefan, se fosse stato in condizioni migliori, ne avrebbe approfittato per liberare Elena e scappare, ma era troppo debole e non era affatto semplice resistere a un incantesimo potente come il quello del controllo del sangue. Richiedeva molta energia e concentrazione che in quel momento non aveva. Quindi, suo malgrado, si ritrovò costretto a ricambiare il bacio, mentre Elena guardava quella scena con una certa tristezza e anche un po’ di gelosia. Quando Annabelle fu soddisfatta, aprì la porta della prigione di fronte a quella di Elena e ci spinse dentro Stefan.
 
<< Io adesso vado. >> disse Annabelle con un ghigno << Immagino che voi abbiate molte cose da dirvi. Au revoir >>.
 
Stefan la guardò allontanarsi poi osservò Elena attraverso le sbarre e notò che la ragazza era visibilmente a disagio, forse anche un po’ arrabbiata.
 
<< Chi era quella ragazza ? Perché ci tiene chiusi qua dentro ? Che cosa vuole da noi ? >> gli chiese Elena con voce alterata.
 
<< Ora ti racconterò tutto, Elena. Non m’interrompere e ascoltami con attenzione, è una storia molto lunga e complicata. >> disse Stefan.
 
Elena non disse nulla, per cui Stefan cominciò a raccontarle ogni cosa. Le racconto dei De Verdant, del rituale, dei loro legami di parentela con Bonnie. Le raccontò anche di Sapphire, di sua madre, di Claire e dei rapporti della sua famiglia con la famiglia De Verdant. Le raccontò anche del suo rapporto con Annabelle e delle sua scelta di smettere di essere un vampiro e di prendere in mano le responsabilità della sua vera famiglia, e le aveva anche detto di essersi strappato il cuore dal petto.
 
<< Adesso capisco perché non indossi più l’anello con il lapislazzulo, o perché la tua pelle non è più tanto chiara come una volta. Prima, quando ti sei alzato in piedi, ho notato anche che sei diventato più alto. Sei… ancora più bello di come ricordavo >> disse Elena giocherellando con alcuni fili sporgenti della sua felpa.
 
<< Anche tu. Non ti ho pensata molto in questi mesi, non ho avuto… ho avuto molti altri problemi a cui pensare. >> disse Stefan cominciando a giocherellare a sua volta con la cerniera della sua felpa.
 
<< È naturale che tu non lo abbia fatto. Io invece ho pensato molto a te, a quando ti avrei rivisto e… ora, so che tu non mi hai mai perdonata davvero e questo mi fa stare male. Ma suppongo che me lo merito. Io… so che, arrivati a questo punto, dopo tutto il male che ti ho fatto, non riconquisterò mai il tuo amore. Non lo merito e tu meriti qualcuno che ti renda felice. >> disse Elena mentre calde lacrime cominciarono a scendere lungo le guance.
 
<< Tuttavia, vorresti il mio perdono ? >>.
 
<< Tu pensi che per te sia possibile perdonarmi ? Se non oggi, almeno in futuro ? >>.
 
<< Credo… credo che in fondo tu non sia stata l’unica colpevole e… si io ho sofferto molto, troppo, quella notte, altrimenti non avrei mai scelto di strapparmi il cuore dal petto. Credo, che io potrò perdonarti solo quando troverò il coraggio d’inserire nuovamente il cuore nel petto. Questa è la verità. >>.
 
<< Anche a proposito di questo… io credo che tu ti stia comportando da codardo. >>.
 
Quella frase, se avesse avuto il cuore, probabilmente lo avrebbe fatto tremendamente infuriare. Stefan riuscì invece a rimanere imperturbato da quanto la ragazza gli aveva appena detto e attese semplicemente che lei continuasse a parlare.
 
<< Stai scappando da tutto, Stefan. Stai scappando dai tuoi sentimenti e non credo che sia giusto. Non lo hai mai fatto, non farlo adesso. Una volta che si comincia a scappare non si smette più >>.
 
Stefan sorrise amaramente. Quel discorsetto glielo avevano già fatto Bonnie e Damon. Ora anche lei. Tutti loro… ipocriti, che credevano di capirlo, che pretendevano di dargli lezioni di vita, quando loro erano i primi a rovinare la propria.
 
<< Non accetto lezioni di vita da te >> disse con un tono un po’ brusco.
 
<< Non voglio darti lezioni di vita. Comunque promettimi che un giorno smetterai i scappare e ricomincerai a prendere in mano le redini della tua vita. >>.
 
<< Che vuoi dire ? >>.
 
<< Mago o vampiro, non m’interessa. Io ti amo e ti amerò sempre. Non sono stata la ragazza che tu meritavi che io fossi, lo ammetto. Ma tu sei una persona speciale Stefan. Meriti di amare e di essere amato a tua volta. Non voglio che tu soffra, non voglio che tu ti senta obbligato a rimettere il cuore nel petto e non voglio neanche sapere dove lo tieni in questo momento. Non voglio niente di tutto questo. Voglio solo che tu stia bene, e che sia felice e innamorato di qualcuno, anche se non sarò io >>.
 
Stefan non disse nulla, ma sentiva chiaramente che Elena aveva cominciato a piangere. Stefan si sdraiò sul suo nuovo letto e chiuse gli occhi. Cominciò a pensare al suo cuore, quel maledettissimo cuore che era costituiva il cuore della questione, dell’intera questione. Lui non voleva più stare male e questo era così difficile da capire ? Lui non voleva soffrire più. Aveva già sofferto abbastanza per colpa di tutti loro. Si autoimpose di smettere di pensare a quelle scemenze. L’indomani sera la famiglia De Verdant avrebbe svolto il rituale, ormai il tempo era scaduto. Per tutti e lui non doveva essere debole, doveva essere al massimo delle sue forze se non voleva soccombere di nuovo.
 
 

 
 
Una persona, con un mantello nero e il cappuccio sul capo, si trovava nella stanza Rossa all’interno di Villa De Verdant. Stava cercando qualcosa nei vari cassetti. A un certo punto, in uno di essi, trovò una scatola nera. La prese e l’aprì, al suo internò vi era un pugnale, con delle immagini nere lungo tutta la lama. La persona, tolse il guanto nero da una delle due mani, e si punse un dito con la punta del pugnale. Con il dito ferito percorse tutta la lama e le incisioni divennero rosse.
 
<< Perfetto >> sussurrò con voce soddisfatta.
 
Dopo aver riposto il pugnale nella scatola nera uscì dalla stanza Rossa e si diresse verso le prigioni. Si fermò davanti a una porta con davanti un simbolo magico, il quale serviva a tenere la porta bloccata. La persona fece svanire il simbolo, poi aprì la porta. Dall’altro lato, seduta sul pavimento, con le ginocchia al petto, i capelli disordinati e i vestiti sporchi, era seduta Meredith Sulez, la quale alzò lo sguardo verso di lei.
 
<< Ciao Meredith… >> disse la persona << Vieni con me, abbiamo del lavoro da fare. >>.
 
<< Che cosa vuoi da me ? >> disse Meredith con voce tremante.
 
<< Tu sei una cacciatrice giusto ? Bene, io ho bisogno di una cacciatrice e tu saresti perfetta. >>.
 
<< Non ti conosco neanche… >> cominciò a dire Meredith.
 
<< Allora credo che tu preferisca restare qui >> disse la persona facendo segno di voler uscire dalla cella.
 
<< NO !! ASPETTA !! >> urlò Meredith.
 
<< Si ? >>.
 
<< Che cosa vuoi da me ? >> chiese Meredith cominciando a piangere.
 
<< Quello che voglio ? Ah… vieni con me. Parleremo meglio davanti a una tazza di tè. >>
 

 
 
 
 

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Capitolo 27
*** The Ritual ***


THE RITUAL
 

Anastasia stava già cominciando a tracciare il cerchio in giardino, quella sera ci sarebbe stato il rituale e tutto doveva avvenire esattamente nella maniera prevista. Suo figlio stava per venire al mondo e non avrebbe permesso a nessuno di fargli del male. Non aveva ancora dimenticato quella terribile sera in cui qualcuno aveva tentato di avvelenare il bocciolo con dentro suo figlio. Juliet le diceva che era diventata paranoica, ma non le importava. I commenti sprezzanti di sua figlia nei sui confronti non le erano mai interessati. Juliet doveva maturare, doveva capire che purtroppo lei non intendeva rimanere accanto ad Albert, e che la loro vita per il momento era stata tutta una farsa. Amava Juliet, come ogni madre ama una figlia, ma ogni volta che la guardava, lei non vedeva niente di sé. La sua famiglia erano lei, Annabelle e il figlio che sarebbe nato di lì a poco. Tuttavia, non aveva potuto non notare un certo turbamento negli occhi di suo marito, in quegli ultimi giorni, poiché lo vedeva sempre con un’espressione turbata in volto, camminava in giro per la villa con un portamento teso, come se si dovesse tenere pronto a difendersi costantemente da qualcosa, o qualcuno. Passava molto più tempo nel suo studio rispetto a prima e ogni volta controllava tutti i suoi cassetti per accertarsi che non mancasse nulla. Albert credeva che lei non lo avesse notato, e non lo biasimava per questo, aveva sempre ammesso a se stessa di essere piuttosto egocentrica, e poi doveva prendersi cura del bocciolo per cui non gli aveva domandato nulla. Forse avrebbe dovuto farlo, vedere Albert in quel modo non la faceva stare molto tranquilla. Dietro di sé, sentì la porta rossa sul retro della Villa aprirsi. Anastasia si voltò e vide Juliet dirigersi velocemente verso di lei.
 
<< Cosa sta succedendo ? >> le chiese Anastasia, mentre prendeva un fazzoletto dalla tasca dei pantaloni rossi e si asciugava la fronte impregnata di sudore.
 
<< Papà mi ha detto di dirti di andare subito da lui. Ha detto che è una cosa davvero urgente quella che ti deve dire >> le disse incrociando le braccia al petto.
 
<< Va bene >> disse Anastasia dirigendosi verso la porta rossa.
 
<< Stavi cominciando a comporre il cerchio ? >> le chiese Juliet avvicinando al suo lavoro.
 
<< Si >>.
 
<< Mmm… vuoi che lo continui io ? >>.
 
<< No. Voglio farlo io, desidero assicurarmi che sia fatto bene >> disse Anastasia aprendo la porta.
 
<< Non sarà mai abbastanza… >> sussurrò Juliet a voce talmente bassa che Anastasia non la sentì affatto.
 
Anastasia chiuse la porta dietro di sé e poi si diresse verso lo studio di Albert. Una volta lì, vide qualcosa che mai avrebbe creduto di poter vedere. Albert era seduto davanti al camino spento del suo studio, e aveva la testa tra le mani, borbottando parole prive di significato a bassa voce. Ormai era chiarissimo che era successo qualcosa che non doveva assolutamente accadere.
 
<< Albert… >> lo chiamò <<… che cosa sta succedendo ? >>.
 
<< Siediti >> le disse semplicemente indicandole la poltrona vicino alla sua.
 
<< Non voglio sedermi, Albert. Niente convenevoli, voglio solo sapere che sta succedendo >>.
 
<< Siediti >> ripeté Albert senza neanche guardarla.
 
Anastasia sospirò, poi si sedette vicino sulla poltrona vicino al marito e attese pazientemente che egli cominciasse a parlare. Albert aveva scoperto il volto dalle mani e aveva appoggiato la schiena sul fondo della poltrona, continuando a evitare il suo sguardo.
 
<< Avrei dovuto dirtelo da tempo. Era un segreto che avrei dovuto condividere con te non appena l’ho saputo, ma la verità è che ingenuamente, credevo di poterlo risolvere entro breve tempo >>.
 
<< Di che parli ? Albert, parlami >>.
 
<< Juliet… hai notato qualcosa di strano in lei, ultimamente ? >>.
 
<< A parte il fatto che è diventata più maleducata e impertinente del solito ? Me lo aspettavo. Sono perfettamente consapevole che lei non è felice di quanto sta accadendo, ma è ora che lo accetti. Da parte mia, credo di aver fatto il possibile per non renderle la situazione ancora più difficile e dolorosa del necessario >>.
 
<< Ti sbagli, hai solo peggiorato le sue condizioni… >> disse Albert in un flebile sussurro.
 
<< Non ho capito, per favore, ripeti ciò che hai detto a voce alta >>.
 
Albert sussurrò qualcosa d’incomprensibile, continuando a non guardare il viso della moglie. Anastasia, dal canto suo, cominciava a non sopportare più questo lo strano comportamento di suo marito, soprattutto quel giorno così importante, in cui aveva molte cose da preparare.
 
<< Albert !! Finiscila !! Io comincio a essere stanca di questo tuo comportamento !! Ho un intero rituale da preparare e non ho voglia di avere altre preoccupazioni !! Sei qualcosa d’importante da dirmi, dimmelo oppure lasciami stare !! >> disse Anastasia alzandosi in piedi.
 
<< Se ho qualcosa d’importante ? Io… no, vai via. Torna pure a occuparti del rituale, io ti raggiungerò tra un po’ per darti una mano. Qualunque problema sia… me ne occuperò da solo. >> disse Albert alzandosi in piedi e andando verso la scrivania, continuando ad evitare lo sguardo della moglie.
 
<< Fai come meglio credi. Io mi sono sempre fidata di te. Se c’è un problema sono sicura che lo risolverai. Ora tornò ad occuparmi del cerchio per il sortilegio. >>.
 
Dopo aver detto questo, Anastasia uscì dallo studio di Albert, non senza volgere prima un’ultima volta lo sguardo verso di lui, e per un attimo si sentì in colpa per come lo aveva appena trattato. Albert era davvero molto importante per lei, l’era stato vicino, come un amico, un padre, un marito, era stato molte cose per lei. Per una volta che era lui a chiedere il suo aiuto, lei avrebbe potuto aiutarlo. Anastasia però era una persona egoista, come egoista era stata tutta la sua famiglia, e anche Michael. Però essere egoista l’aveva aiutata a prendere molte decisioni difficili e sofferenti, che alla fine l’avevano aiutata a sopravvivere. Albert aveva bisogno di lei, ma lei tra un po’ sarebbe scomparsa dalla sua vita ed era giusto che imparasse a gestire sua figlia Juliet da solo.
 

 
Annabelle era in camera sua e stava leggendo un incantesimo sul Grimorio di sua madre, nonostante già conoscesse tutti gli incantesimi e li sapesse eseguire alla perfezione. Di solito lo faceva quando non voleva pensare a ciò che le accadeva intorno, e quello era il giorno perfetto. Non vedeva l’ora che suo fratello nascesse, per prenderlo tra le braccia, prendersi cura di lui, proteggerlo dal suo destino, volergli bene come non aveva mai voluto bene a nessun altro. Stava continuando a sfogliare le pagine del Grimorio, quando Juliet entrò in camera sua, con i capelli ricci legati in una coda laterale disordinata e le scarpe sporche di fango. Annabelle la guardò infastidita, non tanto per la sua presenza in camera sua, o per il fatto che non si fosse neanche degnata di bussare, ma solo per le scarpe sporche che stavano sporcando a loro volta il pavimento della sua camera.
 
<< Sei rimasta intrappolata all’interno di un uragano ? >> chiese Annabelle con freddo sarcasmo.
 
Juliet non le rispose, semplicemente rimase lì in piedi davanti a lei a guardarla. Poi si avvicinò alla sorella e l’abbracciò. Annabelle, sorpresa, non riuscì a ricambiare l’abbraccio. Juliet poi si sedette sul letto.
 
<< Questo è l’ultimo giorno in cui io e te ci vedremo, per cui volevo abbracciarti. Prima d’ora non lo avevo mai fatto >> disse Juliet sciogliendosi la coda.
 
<< Perché farlo oggi ? Ti sei sempre tenuta a distanza >> ribatté Annabelle scrutandola con i suoi occhi verdi.
 
<< Siete voi che mi avete tenuta a distanza, ed è normale. Lo avete fatto per me, io me ne devo solo fare una ragione. Tuttavia, tu ed io siamo sorelle e in fondo mi dispiacerà non vederti più >>.
 
<< Perché ho come la sensazione che tu non sia qui per salutarmi ? Perché credo che tu sia qui per dire o fare qualcosa che mi farà solo arrabbiare con te ? >> chiese Annabelle assottigliando gli occhi.
 
A quel punto Juliet sorrise, o meglio, ghignò. Il ghigno che di solito era dipinto sulle labbra carnose di Anastasia e di Annabelle adesso risaltava sulle sue labbra piccole, ma comunque belle. Annabelle assottigliò, se possibile, ancora di più gli occhi. Era la prima volta che un’espressione così sinistra figurava sul volto di sua sorella e non credeva che l’avrebbe mai visto, ma la vita è imprevedibile e d’altronde, sua sorella era come la luna. Aveva molte facce, anche se poi ne mostrava sempre e solo una, fino a quel momento.
 
<< Annabelle, sei sempre stato così sveglia, a differenza della mamma. Lei vive ancora nei ricordi del passato, non è mai riuscita a lasciarselo alle spalle, altrimenti adesso vedrebbe molte cose in modo diverso. Che peccato ! >> disse Juliet pettinando i suoi ricci con le dita delle mani.
 
<< Non credo che desiderare di riavere qualcosa che si è perduto sia un male. Nostra madre ha perso molte cose, ha perso la fiducia nella sua famiglia, ha perso la stima che provava nei confronti di nostro nonno. Ha perso il conforto delle braccia di mio padre e molte altre cose… >>.
 
<< …E per queste cose è pronta a sacrificare molto altro. Sai, ho scoperto una cosa davvero interessante, mentre girovagavo nella camera di nostra madre e… >>.
 
<< Che ci facevi nella sua camera ? >> chiese Annabelle alzandosi dal letto e incrociando le braccia al petto.
 
<< Volevo solo fare un ultimo dispettuccio prima che arrivi notte. Qualcosa che mi avrebbe garantito che lei non mi avrebbe mai dimenticata. Tuttavia, ho trovato qualcosa di molto più interessante. >>.
 
Juliet si alzò a sua volta dal letto, senza perdere quell’espressione raccapricciante, osservando con i suoi occhi scuri, illuminati da una luce sinistra, la sorella che nel frattempo cominciava a temere il peggio. Annabelle temeva con tutto il cuore ciò che sarebbe successo di lì a poco, poiché era sicura, che qualunque sorpresa sua sorella avesse in serbo per lei, non le sarebbe per niente piaciuta.
 
<< Juliet, che cos’hai trovato ? >>
 
<< Vieni con me, lo devi vedere di persona >> disse Juliet prendendole la mano.
 
Annabelle avrebbe tanto voluto sottrarsi a quel tocco velenoso, ma per una volta preferì non irritare sua sorella. Quello era l’ultimo giorno che passavano insieme e voleva che trascorresse nei migliori dei modi possibili. Insieme si diressero verso la camera della loro madre e quando entrarono, Annabelle vide che c’erano alcuni diari e pagine strappate appartenenti a essi, sparse lungo il letto.
 
<< Cosa sono questi ? >> disse Annabelle prendendone uno in mano.
 
<< Sono tutti i diari che mamma ha tenuto in questi anni, ma non solo. Ci sono scritti anche degli appunti. Appunti su come migliorare il rituale, su come renderlo più sicuro, ma… >> Juliet prese tre pagine sul letto e le porse ad Annabelle <<… in queste pagine, nostra madre ha illustrato il conseguimento di un secondo rituale; un rituale per portare in vita un morto tramite la reincarnazione, subito dopo il compimento del primo rituale >>.
 
<< Che vuoi dire ? Nostra madre è esperta degli incantesimi di reincarnazione, non ci vedo nulla di strano >> disse Annabelle prendendo le pagine.
 
<< Annabelle, sei intelligente, non fingere di essere stupida proprio adesso. Quello che sto cercando di dirti è che nostra madre ha intenzione di riportare in vita tuo padre, a spese di nostro fratello. Lei non vuole questo bambino per diventare madre, lei lo vuole usare per questo secondo rituale, per far tornare in vita tuo padre. >>.
 
<< No, ti sbagli >>.
 
<< Leggi bene le pagine. Questo secondo rituale è molto potente, così potente che una volta che Michael tornerà in vita sarà vincolato a lei per tutta la vita. >>
 
<< Per tutta la vita ? >>
 
<< Leggi bene quelle pagine, lì c’è scritto tutto. Poi vieni fa me, e dimmi se nostra madre non ti disgusta >>.
 
Juliet uscì dalla stanza senza aggiungere altro, lasciando Annabelle con i suoi pensieri e con quelle stupide, maledette pagine ingiallite in mano.
 

 
<< Che cosa ci accadrà adesso ? >> chiese Elena volgendo lo sguardo verso la prigione davanti alla sua.
 
Stefan, il quale era seduto sul “letto”, osservava Elena attraverso le sbarre, senza sapere cosa risponderle. Da quando Annabelle se n’era andata non si erano più rivolti la parola e entrambi avevano deciso di abbracciare il silenzio, dedicandosi ai propri pensieri.
 
<< Ci uccideranno, credo. Stasera ci sarà il rituale e Bonnie sarà la prima di noi a morire. >> rispose Stefan.
 
<< Bonnie… la conosco sin dall’asilo, è come una sorella per me e non posso lasciarla morire, Stefan ! >> esclamò Elena.
 
<< E cosa vuoi che faccia ? Cosa possiamo fare ? Mi fanno ancora male la spalla e la schiena e tu sei incinta, hai una pancia enorme. Come pensi di poter fuggire ? >>.
<< Ci dev’essere un modo, un qualunque modo. Non posso abbandonarla. L’ho fatto una volta e guarda cos’è accaduto >>.
 
<< Non è stata colpa tua, non è colpa di nessuno di noi. Le nostre famiglie hanno iniziato questa guerra molti secoli fa e noi ne stiamo pagando ancora il prezzo >>.
 
<< Guerra ? Perché dici guerra ? >> chiese Elena allarmata mentre si metteva a sedere.
 
“Perché dico guerra ?”, pensò Stefan. La verità era che non lo sapeva. Annabelle era stata la prima che aveva menzionato la parola “guerra”, anche se lui non aveva ancora ben capito a cosa si riferisse. Quanto avrebbe voluto che sua zia fosse ancora viva, lei si che avrebbe potuto dargli tutte le risposte di cui necessitava. Gli sembrava di brancolare nel buio e di non avere nulla a cui aggrapparsi per potersi orientare in quel labirinto che ormai era la sua testa. Avrebbe dovuto cercare di ottenere qualche risposta da Annabelle quando poteva, o magari curiosare tra i diari di sua zia per scoprire la verità, ma aveva preferito usare quel poco tempo che gli restava per preparare la sua stupida vendetta nei confronti di Damon. Era stato stupido e imprudente, ma di certo non avrebbe mai pensato di finire rinchiuso lì dentro, con la sua ex ragazza a pochi metri di distanza, per di più incinta e quindi totalmente inutile nel caso in cui avesse deciso d’intraprendere un qualsiasi tentativo di fuga da lì. Odiava ammetterlo, ma l’unica cosa che in quel momento poteva fare, era affidarsi all’aiuto che Damon poteva ricavare da Magdalene e le altre streghe.
 
<< Non lo so. Mi sembra semplicemente il termine più appropriato >> mentì Stefan.
 
<< Mi stai mentendo, non so cosa me lo suggerisce, ma sono sicura che continui a nascondermi qualcosa. >>.
 
<< Anche se lo stessi facendo, dirti tutto quello che so non ci libererà. La famiglia De Verdant oggi sarà determinata come non mai a evitare qualunque imprevisto, ecco perché noi siamo rinchiusi qui, soprattutto io. La mia famiglia è sempre stata un pericoloso imprevisto per loro, in un modo o nell’altro, non so come, né perché, mia zia era l’unica che era sempre riuscita a contrastare i piani di Anastasia De Verdant >>.
 
<< Ma tua zia ora è morta e non solo. La sua assassina è la sorella ritrovata di Bonnie, che è una tua cara amica, e se da un lato vuoi vendicarti, dall’altro vorresti riuscire a essere egoista e fare quello che adesso credi sia più giusto per te >>.
 
<< Quello che credo sia più giusto per me ? >>.
 
<< Esatto, adesso non sei molto lucido. Lo Stefan che conoscevo non sarebbe rimasto qui con le mani in mano, avrebbe cercato di fare l’eroe e avrebbe cercato di liberarci !! >> esclamò Elena adirata.
 
<< Elena vedi non rompere e comunque, per chi mi hai preso ? Io non sono un codardo e di certo non mi arrendo a dei pazzi incestuosi. Ho una soluzione, non è niente di che ma non sono tenuto a dirtelo >>.
 
<< Perché ? >>
 
<< Perché non mi fido di te >> rispose Stefan con voce fredda e tagliente come dardi.
 
Elena non disse più niente, poiché non sapeva come rispondere e forse avrebbe fatto meglio a tacere. Stefan aveva tutto il diritto di non fidarsi di lei dopo quanto era accaduto tra di loro. Tuttavia quelle parole le avevano fatto male, come anche il tono della sua voce, tagliente, fredda, cattiva, con il chiaro intento di attaccarla, ferirla, metterla a tacere, ed era riuscita a farlo.
Stefan accolse il silenzio della ragazza con gioia, cercando di attendere con pazienza che Damon e gli altri venissero a liberarlo.
 

 
Sylvia era appena uscita dalla porta nascosta ed era giunta nel bosco di Fell’s Church. Non aveva molto tempo prima che la famiglia De Verdant si accorgesse che era scappata dalla villa. Adesso che era riuscita a riavere indietro la sua magia, sebbene adesso fosse vincolata al ciondolo che aveva al collo, la rendeva molto più sicura e meno impaurita. Era ormai pomeriggio inoltrato, tra poco la sera sarebbe giunta e lei non voleva restare nel bosco troppo a lungo. Doveva andare a prendere e Stella e poi insieme avrebbero lasciato Fell’s Church per sempre. Stava per creare un ponte e oltrepassare la sponda del fiume quando vide alcuni ragazzi che erano appena comparsi davanti a lei. Sylvia corse a nascondersi dietro a un albero, sperando che non l’avessero vista.
 
<< Per cui, il posto è questo ? >> chiese una ragazza con un forte accento francese.
 
<< Si, siamo nel posto giusto >> rispose un ragazzo.
 
Sylvia lo riconobbe subito. Aveva avuto modo di conoscerlo durante la permanenza nel cuore di Bonnie, attraverso i suoi ricordi, attraverso i suoi sentimenti, attraverso il suo cuore. Damon Salvatore era lì, a pochi passi da lei, e non era solo. Sylvia si sporse leggermente e lentamente, in modo da non farsi notare e da non farsi sentire dal vampiro. Oltre a Damon riconobbe anche quella ragazza con i capelli rossi e ricci che aveva già visto quando Stefan e sua sorella erano giunti al negozio di Sapphire. “Cazzo”, pensò Sylvia passandosi una mano tra i ricci scuri. Quella ragazza era una strega e qualcosa le diceva che lo erano anche gli altri, non c’era altro modo per giustificare la sua presenza e quella degli altri lì. Da quanto aveva capito di Damon Salvatore, non sembrava un tipo molto amante della compagnia degli altri, almeno che per “altri” non intendesse “prede”, e di certo non era lì per una banale scampagnata nel bosco. Doveva andarsene lì in fretta, prima che gli altri la trovassero o non avrebbe mai avuto altre occasioni di lasciare quella stupida città.
Con un profondo sospiro, cercò di muoversi il più lentamente possibile, ma non fece che pochi passi, che una voce le giunse da dietro alla schiena come una pugnalata.
 
<< Guarda, guarda !! Chi abbiamo qui ? >>
 
“Maledizione”, pensò Sylvia mordendosi il labbro inferiore. Adesso si che era in un bel guaio, dubitava che il vampiro l’avrebbe lasciata andare e davanti a sé, in quel bosco che neanche conosceva molto bene, non riusciva a trovare alcuna via di fuga. Si voltò verso il vampiro, stampandosi sul viso un ghigno.
 
<< Guarda, guarda. Damon Salvatore, quale meraviglia >> disse Sylvia incrociando le braccia al petto.
 
<< Come fai a sapere il mio nome ? >> chiese Damon scrutandola con attenzione.
 
<< Il tuo nome ? Non è di certo l’unica cosa che conosco di te e sono sicura che in fondo, anche tu, sai chi sono io >>.
 
<< Non credo di averti mai vista in vita mia, e io ne ho viste di… belle ragazze >>.
 
<< Forse non mi hai mai vista, ma sicuramente conosci mia sorella >>.
 
<< Non cred… >>.
 
Damon tacque e a quel punto osservò meglio la ragazza davanti a sé. I suoi capelli erano lunghi, ricci, scuri, dello stesso colore di quelli di Mary, come simili erano anche i lineamenti del viso, la forma degli occhi e delle labbra. Sembrava come una versione giovanile di Mary… A quel punto Damon capì subito chi era lei, dopo tutti i racconti di Bonnie e Stefan non poteva essere altro che la sorella ritrovata di Bonnie, quella che stava cercando di ucciderla e che aveva ucciso Sapphire. Damon a quel punto, preso da un moto d’ira, l’attaccò e la spinse violentemente contro un albero. Sylvia non fece in tempo a difendersi e quindi subì il forte impatto che le fece molto male alla schiena.
 
<< Tu, maledetta !! >> ringhiò Damon provando a colpirla di nuovo.
 
Sylvia questa volta fu pronta a difendersi, con un gesto della mano, sollevò il suo corpo e lo sbatté al suolo, immobilizzando poi il suo corpo con delle radici. Damon provò a liberarsi ma il legno delle radici lo feriva ai polsi e al collo, dove il legno toccava direttamente la pelle del suo corpo.
 
<< Così bello… così insignificante… >> disse Sylvia avvicinandosi a lui <<… Ora capisco perché a mia sorella piaci parecchio. >>.
 
Sylvia alzò il braccio, con l’intenzione di strappare al vampiro il cuore dal petto, ma quado si accinse a farlo, il suo corpo fu immobilizzato dalla magia. Fu scagliata nuovamente contro un albero e poi fu immobilizzata da alcune catene che le impedivano di muoversi.
 
<< Che bella sorpresa !! Ero venuta qui per vendicare la mia padrona e ora finalmente mi ritrovo davanti la sua assassina !! Non puoi immaginare quanto io sia felice in questo momento >> disse Magdalene avvicinandosi a Sylvia.
 
<< Eh… non ho paura di te, non sei la prima persona che ultimamente ha cercato di uccidermi. Perciò non sentirti troppo in colpa con te stessa quando fallirai, esattamente come tutte le altre >> ringhiò Sylvia.
 
Magdalene non rispose. Con tutta la forza e la rabbia che possedeva, la colpì con un calcio all’addome. Sylvia, poiché incatenata, non riuscì a difendersi, né a mantenere l’equilibrio e cadde a terra. Magdalene la colpì nuovamente al viso, poi di nuovo all’addome, poi sulle gambe, fin quando Damon, che era stato liberato da Claude, non l’aveva afferrata da dietro e allontanata con la forza da Sylvia.
 
<< Lasciami !! >> urlò Magdalene cercando inutilmente di liberarsi dalla presa ferrea di Damon.
 
Gli altri la guardavano esterrefatti, nessuno si sarebbe mai aspettato che la dolce, timida e posata Magdalene potesse agire in quel modo così violento. Tutti erano consapevoli che Magdalene non era affatto una persona fragile e in battaglia, poteva essere davvero un’avversaria temibile ma non aveva mai usato la violenza contro una persona incapace di difendersi. Adesso invece aveva colpito quella ragazza con tutta la rabbia e l’odio che in quel momento provava. Tutti loro volevano vendetta, ma a quanto pare riuscivano a essere maggiormente lucidi per capire che quella ragazza era più utile da viva che da morta.
 
<< Non ci penso proprio. Ferma !! >> esclamò Damon.
 
<< Il succhia sangue ha ragione, Mag. Questa ragazza stava uscendo da Villa De Verdant e potrebbe avere delle informazioni utili >> disse Claude mentre afferrava Sylvia per le catene.
 
<< Lei non ci dirà nulla, al massimo proverà a ingannarci e a ucciderci, esattamente come ha ucciso la nostra Signora >> continuò a urlare Magdalene.
 
<< Ingannarvi ? Non ho bisogno d’ingannarvi per farci uccidere. Se siete qui, per intraprendere questa folle impresa e dichiarare guerra ai De Verdant, vorrà dire che potete morire anche senza il mio contributo >> disse Sylvia spuntando sangue dalla bocca.
 
<< Lasciami, lei non ci serve viva >> disse Magdalene continuando a dimenarsi.
 
<< Perché ? Per fartela uccidere ? Non servirà a niente e a nessuno di noi >> ribatté Damon.
 
<> ribatté Magdalene mentre con una mano, sfiorò le braccia di Damon dando loro una forte scarica elettrica e riuscendo finalmente a liberarsi.
 
Damon gemette per il dolore e allentò immediatamente la presa, mentre sentiva le braccia in fiamme, come se fossero appena state esposte alla luce del sole senza l’anello indosso. Magdalene provò ad avventarsi di nuovo su Sylvia ma questa volta furono Sebastian e Amaury a bloccarla, mentre Claude continuava a tenere Sylvia per la catena.
 
<< La mia sorellina... mi stai davvero difendendo per lei ? Non farlo. Anche lei ha provato ad uccidermi, mi ha affrontata in uno scontro e stava quasi per sconfiggermi… >> disse Sylvia.
 
<< Quasi ? Che significa “quasi” ? >> chiese Damon avvicinandosi a lei.
 
<< Bonnie è stata catturata e stasera si svolgerà il rituale e poi non la riavrai mai più. Se vuoi uccidermi fallo, nessuno ti rimprovererà per questo. Nessuno ne avrà il tem… >>.
 
Sylvia non poté continuare a parlare perché Damon la colpì in viso e, ne era certa, era sicura che le aveva spezzato un dente. Sylvia ripromise a se stessa che si sarebbe vendicata per questo. Damon le afferrò rudemente la gola in una morsa così stretta che le stava facendo mancare il respiro.
 
<< Ora dovrai dirmi ogni cosa, capito ? OGNI COSA !! Su Bonnie, su Stefan, sui De Verdant, TUTTO !!! Non provare a mentirmi, sono il maestro delle bugie e se lo farai me ne accorgerò subito e a quel punto non esiterò a spezzarti il collo >> ringhiò Damon.
 
<< Non ho molto da dirti. Bonnie è stata catturata, lo stesso vale anche per Stefan. Stasera si svolgerà il rituale e ormai è troppo tardi per poterla salvare. I draghi di Anastasia De Verdant non sono stati mai allerta come stasera. La vostra è una missione suicida. >> rispose Sylvia mentre cercava disperatamente di respirare.
 
<< Stefan è stato catturato ? >> chiese Charlotte sorpresa e allo stesso tempo spaventata.
 
<< Si, e presto verrà ucciso anche lui, in modo da non poter essere una minaccia per il nascituro, né ora, né in futuro. >> rispose Sylvia.
 
<< Una minaccia ? In che senso una minaccia ? Stefan non ucciderebbe mai un bambino ! >> esclamò Damon.
 
<< Voi avete capito di cosa sto parlando, vero ? >> chiese Sylvia rivolgendosi agli altri ragazzi.
 
Damon si voltò verso gli altri ragazzi e vide che sui loro visi vi erano dell’espressioni di disagio, colpevolezza, vergogna, malinconia e altre emozioni simili. Magdalene si era addirittura calmata e sebbene continuasse a guardare Sylvia con odio e disprezzo, aveva abbassato lo sguardo, come se si sentisse in colpa per qualcosa. Damon stava per chiedere spiegazioni ma Charlotte lo precedette.
<< Tutto è cominciato molti secoli fa, i Mccullough, i De Verdant e i Mon Bijou entrarono in conflitto e secolo dopo secolo il mondo delle streghe era devastato dalla furia delle loro vendette e delle loro battaglie. Molte vittime innocenti hanno perso la vita a causa dell’odio che legava queste tre famiglie e a un certo punto, Madre Natura, ha deciso di punirle, condannandole a un destino orribile. Queste tre famiglie sarebbero state destinate e combattere con loro per l’eternità fino a quando non si sarebbero completamente distrutte a vicenda, fino a estinguersi, oppure fino a quando non avrebbero deciso di firmare un trattato di pace con il sangue e la magia, in modo che non potesse essere revocabile. Tuttavia, come puoi notare, siamo ben lontani dalla pace >> raccontò Charlotte un po’ a disagio.
 
“In cosa sono stato coinvolto ?”, pensò Damon mentre liberava la gola di Sylvia dalla sua morsa. Quanto aveva appreso, non era nulla di piacevole. Stefan e Bonnie erano in pericolo, soprattutto quest’ultima e ormai mancava davvero poco tempo per salvarla, per di più non sapeva cosa aspettarsi questa volta da quella dannata famiglia di psicopatici.
 
<< Liberatela >> ordinò << Lei ci servirà ancora, la porteremo con noi e non appena tenterà di scappare, ve lo giuro, le torcerò il collo con le mie mani >>.
 
Claude la liberò dalle catene, l’afferrò per un braccio e la spinse avanti in modo rude e brusco. Sylvia per poco non perse di nuovo l’equilibrio, ma questa volta, libera dalle catene, fortunatamente riuscì a reggersi in piedi.
 
<< Cammina avanti >> le ordinò Magdalene dandole un altro spintone.
 
Sylvia represse un ringhiò e anche una rispostaccia. Odiava essere trattata in quel modo, era stata trattata così da tutta la vita e non importava che adesso fosse una ragazza e non più una bambina, le faceva male comunque. Tuttavia sapeva che avrebbe fatto meglio a tacere, quei ragazzi non aspettavano altro che un pretesto per poterla uccidere e anche se era la sorella di Bonnie, dopo tutto quello che aveva combinato, dubitava che Damon bluffasse quando aveva minacciato di torcerle il collo. Damon in quel momento invece stava pensando a Bonnie, a quanto aveva capito di amarla, in quei mesi. Stava pensando al lieve bacio che si erano scambiati, al fatto che avrebbe voluto baciarla per il resto della sua vita, al fatto che si sentiva in colpa, poiché quando lei aveva davvero avuto bisogno di lui, lui non c’era stato e non importava che lei fosse scappata, o che l’avesse allontanato, lui non c’era stato e questo è tutto. Insieme erano riusciti ad innescare la porta per Villa de Verdant e l’avevano oltrepassata senza alcun indugio, tuttavia, nessuno di loro sapeva che erano stati osservati per tutto il tempo, da una persona con il viso coperta da un cappuccio nero.
 
<< Quello è Damon Salvatore, vero ? >> chiese la persona alla ragazza davanti a sé, indicando con un dito l’immagine raffigurata in una grande sfera sulla scrivania.
 
Si trovava in una stanza molto antica dell’intera Villa, quella dove aveva portato anche Sylvia, con l’unica differenza che adesso sulla scrivania, non c’erano più fogli sparsi, anzi, la scrivania era molto più ordinata rispetto alla volta precedente. Sulla scrivania c’era un vassoio con una teiera e una tazza di te decorata con dei fiori dipinti, ancora fumante e un piatto con dei biscotti. Meredith era seduta dinanzi alla persona incappucciata, aveva lo sguardo vuoto, i capelli in disordine e il viso leggermente sporco.
 
<< Che cosa vuoi da me ? >> chiese con voce spenta.
 
<< Prima di tutto, bevi il tè e mangia qualcosa. Ho bisogno che tu sia in forze per potermi essere d’aiuto. >> rispose la persona avvicinandole il vassoio.
 
Meredith, con mani incerte e tremanti, prese la tazzina di tè e cominciò a berlo, lentamente, assaporando un sapore delizioso e dolce che non avvertiva da mesi. Quando finì il tè, osservò nuovamente la teiera con occhi incerti. La persona sorrise da sotto al cappuccio, mentre le versava un altro po’ di tè nella tazzina. Meredith disse un flebile “Grazie”, prima di prendere un sorso di tè dalla tazzina. Poi prese un biscotto e lo mangiò, gustandosi anche quello, in quanto era la cosa più deliziosa che mangiava da mesi.
 
<< Meredith, sai perché sei qui ? Hai una vaga idea ? >> chiese la persona con voce dolce.
 
Meredith fece segno di no con il capo, mentre prendeva un altro biscotto tra le mani.
 
<< Tu hai un grande talento, Meredith. Sei una cacciatrice eccellente, hai un dono naturale nel difendere le persone che ami, soprattutto dalle creature della notte che, giorno dopo giorno minacciano la quiete delle persone che ami. I De Verdant, per esempio, li uccideresti se io te lo chiedessi ? >> chiese la persona con un ghigno dipinto sulle labbra.
 
<< Senza alcuna esitazione >> rispose Meredith con la voce e lo sguardo carichi di odio e di rabbia.
 
<< E… uccideresti Damon, o Stefan, se ti dicessi che è colpa loro se Bonnie è morta ? >>.
 
La tazzina dalle mani di Meredith cadde e si frantumò in mille pezzi sul pavimento. Gli occhi spenti della ragazza cominciarono piangere copiosamente, mentre i denti mordevano il labbro già tremendamente screpolato a morsi, così forte che uscì subito il sangue. L’intero corpo cominciò violentemente a tremare dalla rabbia e per un attimo, i capelli disordinati, i dieci chili in meno, il viso sporco, le mani con le nocche screpolate, le unghie spezzate, il labbro sanguinante e tremante, furono dettagli d’infima importanza in confronto alla rabbia e all’incendio che dominava uno spirito forse ancora non del tutto perduto. Lo spirito di una cacciatrice che ancora strepita perché vuole la preda che non riesce a cacciare. Lo spirito che serviva a quella persona per andare avanti con il suo maligno proposito.
 
<< Che cosa stai dicendo ?  Stefan non farebbe mai del male a Bonnie, lo conosco !! È un bravo ragazzo, che si prende cura delle persone che ama e… >>.
 
<< E che mi dici riguardo al signor Salvatore ? >>.
 
<< Damon è un opportunista ma non credo che sia in grado di farle del male… >>.
 
<< L’ha abbandonata ! Come del resto ha abbandonato anche te >>.
 
<< Che cosa vorresti dire ? >>.
 
<< Quando tu, Damon e Rosalie foste stati catturati, dopo che Rosalie è fu uccisa, i De Verdant imposero a Damon una scelta. Liberare te o salvarsi. Tu cosa pensi che abbia scelto ? >> chiese la persona con un sorriso maligno.
 
Meredith non rispose, poiché riteneva che non ce ne fosse bisogno. Era chiarissima, ai suoi occhi, la scelta che Damon aveva fatto quel giorno; la sua prigionia per la sua libertà, perfettamente in sintonia con la sua indole egoistica.
 
<< Quindi, non solo quel verme viscido mi ha abbandonata qui, a soffrire, non si è neanche degnato di proteggere Bonnie. L’ha abbandonata, al suo destino e adesso è morta. No, non ci voglio credere, no. >>.
 
<< Purtroppo le cose sono andata esattamente così, Meredith. Bonnie è morta e te lo posso provare. >>.
 
La persona si alzò in piedi, si diresse presso un armadietto e aprì un’anta. Dall’interno, prese una piccola scatola di legno, con dei ricami intagliati. La porse a Maredith, la quale la prese con un po’ di esitazione. Senza neanche chiedere cosa fosse, l’aprì.
 
<< Oh mio… >> disse Meredith portandosi una mano alla bocca.
 
All’interno di quella scatola, c’era l’anello opale di Bonnie, l’avrebbe riconosciuto tra mille. Perché era lì ? In quella misera scatoletta di legno e non al dito della sua migliore amica ? Sapeva che Bonnie non l’aveva perso, per come vi era affezionata, non l’avrebbe mai perso, nonostante fosse una persona piuttosto distratta. Se quell’anello adesso era lì, voleva dire solo che quella persona le aveva detto la verità e che la sua migliore amica era morta.
 
<< Adesso mi credi, Meredith ? Adesso ti fidi di me ? >> le chiese la persona, poggiandole una mano sulla spalla.
 
<< Si, si adesso mi fido >> rispose Meredith mentre chiudeva la scatola con forza e la gettava con forza sulla scrivania.
 
<< Bene, allora bevi questo. >> disse la persona porgendole una fiala con al suo interno del liquido rosso.
 
<< Che cos’è ? >> chiese Meredith aprendo la fiala.
 
<< Mia cara, dopo tutto questo tempo di prigionia, il tuo fisico e il tuo spirito si sono indeboliti e adesso hanno bisogno di tutta la forza possibile per vendicare la morte della tua amica. Su, bevi. Ti sentirai molto meglio, te lo assicuro. >>.
 
Meredith beve, tutto in un sorso, chiudendo gli occhi e cercando di non sputare quel liquido dal sapore amarissimo. Lo bevve tutto, fino all’ultima goccia, poi cominciò a tossire fortemente e in maniera incontrollabile. La fiala cadde sul pavimento e si frantumò, mentre Meredith continuava a tossire. A un certo punto cadde dalla sedia, mentre il suo corpo si contorceva dal dolore, mentre cercava disperatamente di respirare. A un certo punto il suo corpo smise di muoversi, rimase in posizione fetale sul pavimento. Era un corpo senza vita, all’apparenza.
 
<< Addio Meredith… benvenuta al mondo, mia Cacciatrice >>.
 
La persona cominciò a ridere con malignità da sotto al cappuccio, mentre gli occhi della ragazza si aprirono, senza vita, senz’anima, vuoti, come una macchina.
 

 
Anastasia aveva appena finito di sistemare il cerchio e di controllare un’ultima volta tutti i preparativi per il rituale e adesso aveva solo voglia di fare un bagno. Aveva la fronte imperlata di sudore, le maniche della maglia e gli stivali rossi sporchi di fango ed si sentiva esausta. Si diresse in camera sua per prepararsi ma lì, sul letto, vide sua figlia Annabelle, seduta con delle pagine in mano e diversi diari sparsi sul letto.
 
<< Che cosa ci fai qui ? >> chiese Anastasia sbattendo la porta dietro di sé << Perché ti sei messa a curiosare nella mia camera ? >>.
 
<< Perché non dovrei ? >> chiese Annabelle freddamente << Per questi ? >>.
 
Anastasia prese in mano le pagine che la figlia le stava porgendo e diede loro solo un’occhiata, prima di strapparle e gettarle sul pavimento.
 
<< Sono solo sciocchezze, dimenticale >> disse Anastasia con voce perentoria.
 
<< Dimenticale ? No, non lo farò. Se quelle pagine dicono la verità, sappi che io non ti perdonerò mai, sappi che io me ne andrò, dopo stasera e non mi rivedrai ma più. >> la minacciò Annabelle.
 
<< Sono solo delle vecchie pagine, vecchie intenzioni e vecchie ricerche che ho accantonato. >>.
 
<< Sei una pessima bugiarda. Io ti conosco e non mi capacito del fatto che io non mi sia resa conto prima delle tue vere intenzioni. Un bambino… un bambino mi aiuterà ad avere la mia vendetta… >> disse Annabelle imitando la voce della madre << Inizialmente credevo che il bambino avrebbe sterminato le altre due famiglie, che lo avresti fatto crescere come un assassino, che ci avrebbe reso libere e io ti ho appoggiato. Ora capisco che il bambino è solo uno strumento per far tornare in vita Michael !! >>.
 
<< Non chiamarlo in quel modo, ricorda che è pur sempre tuo padre !! >>.
 
<< LUI NON È MIO PADRE !!! Albert è mio padre, Michael non è mai stato nulla per me. Dov’era quando io avevo bisogno di lui ? Quando avevamo bisogno di lui non c’è mai stato. Se n’è andato dalle nostre vite tanto tempo fa ma tu continui a dargli importanza. Non m’interessa se lo vuoi riportare in vita per riaverlo con te, o per vendicarti di lui, o per chissà quale ragione. Io non ti permetterò di mettere in atto i tuoi perfidi propositi >>.
 
Annabelle sorpassò la madre e uscì dalla stanza, ignorando le proteste da parte della madre. Anastasia sospirò, poi si mise a sedere sul letto. “Questo non ci voleva”, pensò. Annabelle era una grande bugiarda all’occorrenza ma lei conosceva sua figlia meglio di chiunque altro e sapeva riconoscere quando mentiva. Infatti quando aveva minacciato di abbandonarla, diceva la verità e Anastasia sapeva che lo avrebbe fatto. Guardò le pagine strappate sul pavimento, ripensando a quando le aveva scritte, in preda alla disperata ricerca di poter riportare Michael in vita sacrificando suo figlio. L’idea era di riportare in vita Michael, ma di farlo tramite una specie di sua reincarnazione del suo spirito, nel corpo di suo figlio. In questo modo lei lo avrebbe cresciuto come un figlio, avrebbe creduto Annabelle sua sorella maggiore e poi gli avrebbe detto la verità quando sarebbe cresciuto, spezzandogli il cuore, esattamente come lui aveva spezzato il suo. Poi aveva conosciuto Albert e a quel punto le cose erano cambiate, ma era ormai inutile pensarci adesso. Era quasi sera e tra poco avrebbe dovuto svolgere il rituale, quindi avrebbe fatto meglio a prepararsi in fretta.
 

 
<< Che assurdità !! Giuro che non era così l’ultima volta che sono stato qui !! >> esclamò Damon con voce irritata.
 
Avevano oltrepassato la porta da un po’, ma una volta dentro, al posto del cancello e delle mura imponenti, vi era un immenso giardino con alte aiuole, con delle rose di tutti i colori, con delle siepi con dei frutti e degli alberi. Era molto esteso e poi vi era un lungo sentiero che portava alle mura e al cancello.
 
<< Giuro che questo… >> disse Damon indicando l’immenso cortile con le braccia <<… qualunque cosa sia, prima non c’era. Mi sarei ricordato una tale rottura di scatole >>.
 
<< Non è colpa tua Damon, tutto questo posto non è reale, è magia. Probabilmente stanno cercando di rallentarci >> disse Claude.
 
<< Si ma mi sembra di non arrivare mai. Era pomeriggio quando ci siamo incamminati su questo sentiero, ora è quasi sera e siamo ancora molto lontani. Non c’è un modo per arrivare più in fretta ? >> chiese Damon con frustrazione.
 
<< Forse c’è ma non credo sia saggio usare la magia, non in questo posto almeno >> rispose Sebastian.
 
<< Perché ? >> chiese Damon.
 
<< Come Claude ha spiegato precedentemente, questo posto è magia, non è nulla di concreto. Se usassimo la nostra magia potrebbe essere pericoloso, poiché potrebbe provocare gravi incidenti e a quel punto non arriveremo proprio a destinazione. Il che sarà peggio >> rispose Charlotte.
 
Damon a quel punto tacque e continuò a camminare in silenzio. Se qualche mese fa gli avessero detto che si sarebbe ritrovato a camminare con una combriccola di maghi, per una missione suicida, per salvare il Pettirosso e suo fratello, probabilmente si sarebbe messo a ridere e poi gli avrebbe succhiato il sangue, per poi ricominciare a ridere. Invece eccolo lì. “Che cosa avrò mai fatto di male ?”, pensò Damon con frustrazione. Spostò il suo sguardo sulla loro “prigioniera”, scrutandola con attenzione e cercando di capire che cosa dovesse farne di lei. Non aveva detto una parola da quando erano entrati in quello strano posto, semplicemente aveva continuato a camminare con lo sguardo fisso davanti a sé. Doveva ammettere che assomigliava davvero molto a Mary, aveva addirittura il suo stesso modo di camminare, ma la differenza più evidente era nello sguardo. Quello sguardo carico di rabbia e odio che avrebbe solo voluto vedere il mondo bruciare. Damon aveva, inutilmente, provato a leggerle nel pensiero ma come ogni brava strega che si rispetti, Sylvia lo aveva bloccato. Sylvia, dal canto suo, non aveva smesso un attimo di pensare a come fuggire via. Non si trovava in una situazione ideale per una fuga, non solo perché era in svantaggio numerico, ma anche perché era ancora piuttosto debole e di certo le percosse subite avevano solo peggiorato la situazione. A quel punto, aveva capito che l’unico modo di fuggire via era solo attendere l’occasione giusta. Non poteva fare altro. Se adesso avrebbe provato a scappare, non aveva idea che cosa gli altri avrebbero potuto infliggerle. Continuarono a camminare per circa un’altra mezz’ora, fin quando giunsero davanti al cancello.
 
<< Adesso come dovremmo entrare ? >> chiese Magdalene.
 
Damon stava per rispondere, quando il cancello cominciò ad aprirsi.
 
<< Dalla porta principale a quanto a pare >> rispose Amaury.
 
“No, sarebbe troppo semplice”, pensò Damon. Infatti aveva ragione, quando il cancello cominciò ad aprirsi, una nube viola cominciò ad oscurare loro la vista e nascondere l’interno della villa. Inoltre, il suolo cominciò a tremare violentemente e il cielo si oscurava sempre di più.
 
<< Ma cosa sta succedendo ? >> chiese Amaury.
 
<< Non ne ho idea >> rispose Damon.
 
<< Per caso tu ne sapevi qualcosa ? >> chiese Magdalene a Sylvia.
 
<< No, io non dovrei neanche essere qui in questo momento >> rispose Sylvia in modo brusco.
 
<< Non ti credo !! >> urlò Magdalene.
 
<< Ragazze, state zitte per favore !! >> esclamò Sebastian.
 
A un certo punto la nube si dissolse rivelando quattro diverse sagome davanti a loro. Tutti e tre erano vestiti interamente in nero, maglietta nera, pantaloni attillati e stivali. Avevano in mano dei pugnali e avevano lo sguardo minaccioso.
 
<< Oh mio… >> disse Damon.
 
<< Li conosci ? >> chiese Magdalene.
 
“Si, tre di loro li conosco sicuramente”. Erano Rosalie Mccullough, Mutt Qualcosa, Meredith Sulez e poi c’era un ragazzo con i capelli mori e gli occhi verde smeraldo. Anche Sylvia sussultò alla vista della cugina. Lei credeva che fosse morta. Che cosa le avevano fatto ?
 
<< Dobbiamo preoccuparci ? >> chiese Charlotte.
 
Matt aveva in mano una balestra e fu il primo ad attaccare. Punto dritto al cuore di Charlotte e per poco non la uccise, ma Damon, grazie ai suoi riflessi, riuscì a proteggerla.
 
<< Oh si >> rispose Damon spezzando la freccia.
 
“Le cose si mettono male”, pensò.
 

 
Stefan si stava letteralmente girando i pollici in quella cavolo di prigione. “Che spreco di tempo”, pensò Stefan sbuffando. Avesse avuto almeno il suo Grimorio, avrebbe potuto esercitarsi con qualche incantesimo.
 
<< Stefan, posso farti una domanda ? >> chiese Elena.
 
<< Si, tanto non ho niente di meglio da fare. >> rispose Stefan.
 
<< Sei un mago adesso, potresti aprire la porta e fuggire via. Perché non l’hai fatto ? Perché non ci hai neanche provato ? >>.
 
“Già, Stefan, perché non stai fuggendo via ?”, pensò Stefan mentre osservava il soffitto, senza tuttavia guardarlo davvero. Quella era davvero una buona domanda, peccato che lui non avesse una risposta altrettanto buona, anzi non ne aveva neanche una scadente. Elena aveva ragione, poteva fuggire in qualunque momento ma non lo aveva ancora fatto. Stefan si voltò verso la ragazza, anche se ovviamente non riusciva a vederla bene e pensò che forse non lo aveva ancora fatto, perché non sarebbe stato giusto.
“Non sarebbe stato giusto ? Adesso sei anche ipocrita?”, lo rimbeccò la sua coscienza.
Già, forse oltre ad aver perso il suo senso della giustizia era anche diventato ipocrita, ma cosa poteva fare ? Aveva avuto il coraggio di rinunciare al suo vero io per smettere di soffrire, aveva abbandonato Bonnie per poter imparare a padroneggiare la sua magia e poi per preparare la sua vendetta, l’aveva inoltre inclusa, nel suo piano di vendetta e adesso si preoccupava di lasciare la sua ex ragazza, ragione principale del suo cambiamento, in prigione ? Avrebbe davvero avuto il coraggio di scappare via e abbandonarla ? Perché sarebbe davvero stato incauto e imprudente portarla con sé. Nelle sue condizioni, Elena gli sarebbe stata solo d’intralcio e avrebbe potuto mettere in pericolo tutti, soprattutto il bambino.
“Il bambino che tu hai messo in pericolo insieme a lei ?”, lo rimbeccò di nuovo la sua coscienza.
Giusto, perché c’era anche quell’altra faccenda ancora da risolvere. C’era alcuna quell’altro segreto, quello più oscuro, che non aveva ancora avuto il coraggio di rivelare a nessuno.
“Forse dovresti dirglielo adesso. C’è la possibilità di non aver altra occasione per farlo”, gli consigliò la sua coscienza.
Se lui adesso le avrebbe detto la verità, l’avrebbe persa per sempre. Lei lo avrebbe odiato, a morte.
“Ma almeno faresti la cosa giusta, smetteresti finalmente di scappare. Smetteresti di essere un codardo”, infierì la sua coscienza.
Stefan ormai non riusciva più a smettere di scappare, aveva iniziato la sua corsa e ora non riusciva neanche a rallentare.
“Si che ci riesci. Trova la volontà”.
 
<< Elena… ti devo dire una cosa. >> iniziò Stefan con voce incerta.
 
<< Dimmi >> gli rispose semplicemente la ragazza.
 
<< Io… ti ricordi la mattina  in cui ci lasciammo ? Ti ricordi che… io ero sconvolto… tanto, tanto sconvolto ? >>.
 
<< Si, eri davvero irriconoscibile. Per un momento mi hai fatto paura. >>.
 
<< La sera prima io ho… ho fatto una cosa molto brutta, e l’ho fatta a te >>.
 
Era andata ormai, la bomba era stata sganciata e non c’era più alcun modo di disattivarla. Tuttavia Stefan aveva capito che stava facendo la cosa giusta, anche se molto tardi, comunque la stava facendo.
 
<< Che vuoi dire ? Che cos’hai fatto ? >> gli chiese Elena con tono arrendevole.
 
La verità era che in quel momento, non vi erano più due guerrieri, in quanto alcun spirito di giustizia infiammava l’animo dell’uno, né uno spirito guerriero infiammava l’anima dell’altra. Erano due persone distrutte, che ormai si aspettavano di tutto dalla vita e anche dalla persona con la quale stava condividendo la prigionia.
 
<< Io volevo smettere di soffrire, ma non solo. Volevo anche vendetta e l’ho ottenuta. Avevo deciso di farmi strappare il cuore e di darlo a loro, perché credevo che lo avrebbero protetto. Tuttavia, non ero così stupido da fidarmi di loro, non avevo più fiducia in nessuno quella sera e quando scoprì perché il mio cuore era così importante per loro, decisi di scambiarlo con l’aiuto di una persona >>.
 
INIZIO FLASHBACK
 
Stefan era seduto a un bar ed era in attesa di una persona. Faceva piuttosto caldo quel giorno, anche se lui non poteva avvertirlo, lo capiva dal modo in cui le signore sventolavano i loro ventagli e le ordinazioni degli altri clienti. Erano le 9:00 e l’appuntamento con l’altra persona era alle 8:30, tuttavia Stefan aveva imparato a essere paziente e quindi l’attesa non lo infastidiva, anche perché non aveva molta fretta di tornare alla Pensione. Passò circa un altro quarto d’ora prima di veder arrivare Rosalie Mccullough al bar. Rosalie era davvero bellissima, quella mattina aveva indossato una gonna corta azzurrina e una camicetta rosa pallido, ai piedi indossava delle semplici ballerine, portava una piccola borsa a tracolla azzurra come la gonna, i capelli mori erano stati lasciati sciolti e il viso era lievemente truccato. Non indossava niente di stravagante eppure aveva un che di angelico.
 
<< Buon giorno Stefan, scusa per il ritardo ma mi sono svegliata tardi. >> disse Rosalie mentre prendeva posto davanti a lui.
 
<< Non preoccuparti, non è molto che aspetto >> rispose Stefan per cortesia.
 
<< Ieri mi hai detto che volevi aiutarmi a proteggere Bonnie dai De Verdant, ma ancora non riesco a capire come potresti aiutarmi >> disse Rosalie prendendo un menù dal tavolo.
 
<< Io sono stato a villa De Verdant e loro mi avevano offerto un accordo >> rispose Stefan con tono cauto.
 
<< Che tipo d’accordo ? >>.
 
<< Un cuore, volevano un cuore. Il cuore di Bonnie, precisamente. >>.
 
<< In cambio di cosa ? >> chiese Rosalie allarmata.
 
<< In cambio di un favore che mi hanno fatto e io ho detto di si >> confessò Stefan.
 
<< CHE COSA ?? >> esclamò Rosalie alzandosi in piedi.
 
Inutile dire che tutti in quel momento li stavano guardando. Due signore avevano portato i loro ventagli davanti alla bocca e avevano cominciato a bisbigliare nella loro direzione. Stefan dovette ammettere che quella scena doveva essere uno spettacolo esilarante agli occhi di molti, tuttavia non era lì per fare spettacolo. Delicatamente prese il polso di Rosalie e la pregò di rimettersi a sedere. Rosalie, seppur diffidente, accettò di rimettersi a sedere.
 
<< Ho un piano per proteggere Bonnie, ma tu devi aiutarmi >>.
 
<< Che piano ? >> chiese Rosalie.
 
<< Loro hanno detto, “un cuore per un cuore”, e io penso che potremmo dare loro il cuore di un’altra persona, Elena. >>.
 
<< Elena Gilbert ? Lei non è un’amica di Bonnie ? >>.
 
<< Esatto e sono sicuro che sarà felicissima di sacrificarsi per lei, almeno fino a quando non capiremo come risolvere la situazione >>.
 
<< Come pensi di prendere il suo cuore ? >>.
 
<< Tu conosci l’incantesimo ? >>.
 
<< Certo >> rispose Rosalie.
 
<< Allora questo è il piano, il giorno del matrimonio di Mary, tu scambierai il cuore di Bonnie e quello di Elena. Il cuore dell’una, dentro il petto dell’altra. >>.
 
<< Sei davvero sicuro che funzionerà ? >> chiese Rosalie un po’ timorosa.
 
<< Certo. Ma tu devi darmi una mano >>.
 
Rosalie annuì, anche se era ancora un po’ titubante. Stefan le prese gentilmente la mano, poi, guardando nella direzione delle due signore, si sporse in avanti per baciare la ragazza. Rosalie, presa alla sprovvista, inizialmente non ricambiò il bacio, ma si sciolse piuttosto lentamente al tocco gentile e delicato di quelle labbra.
 
FINE FLASHBACK.
 
<< Mi dispiace tanto. Tu sei in questa situazione per colpa mia. Io ho combinato un casino e poi sei stata tu a dover pagare le conseguenze. Ti giuro che non avrei mai pensato che poi tu saresti rimasta incinta e che avrei messo in pericolo due vite al posto di una. >>
 
<< Tu e Rosalie… avete complottato insieme alle mie spalle ? >> chiese Elena con voce tremante.
 
<< Io ho complottato alle tue spalle, Rosalie voleva solo difendere Bonnie. O almeno così pensavo, ma questa è un’altra faccenda >>.
 
<< E quando ci avreste scambiato i cuori ? >> chiese Elena sempre più alterata.
 
<< Al matrimonio, ecco perché l’incantesimo di Bonnie si era spezzato. Tuttavia, qualcosa è andato storto alla fine >>.
 
<< Ovvero ? >>
 
<< Ovvero che nel momento siamo usciti dalla città, i cuori sono tornati al loro posto. La barriera protettiva di Rosalie annullava tutti gli incantesimi compiuti a Fell’s Church dopo che essa era stata attivata. Alla fine è stata tutta fatica sprecata. >>
 
<< Come hai potuto farmi una cosa del genere ? >>.
 
<< Ho fatto ciò che avrebbe fatto ogni innamorato dopo aver scoperto di essere stato tradito >>.
 
<< Non è vero, hai fatto quello che avrebbe fatto un uomo senza cuore. >>.
 
<< Allora mi sono comportato come dovevo, ormai, sono un uomo senza cuore >>.
 
<< No, sei peggio. Sei diventato un vero e proprio codardo >> disse Elena cominciando a piangere.
 
<< Come ho detto prima, non prendo lezioni di vita da te >>.
 
Elena stava per ribattere ma l’arrivò di qualcuno glielo impedì. Stefan già sapeva chi era, avrebbe riconosciuto la sua aura tra mille.
 
<< Ciao Annabelle >> disse senza alcuna allegria.
 
Annabelle non gli rispose, si limitò a inserire una chiave nella fessura e ad aprire la porta della sua gabbia.
 
<< Devi venire con me, ora >> gli ordinò Annabelle con tono gelido.
 
<< Perché ? >> le chiese Stefan.
 
Annabelle nuovamente non gli rispose, ma lo controllò con il dominio del sangue e lo costrinse a seguirla. Stefan questa volta riuscì a liberarsi e forse più per curiosità che per autoconservazione, decise di seguire la ragazza ovunque lo avesse condotto. Annabelle cominciò a camminare attraverso i corridoi delle segrete, mentre Stefan la seguiva con un po’ di difficoltà a causa del dolore alla gamba. A un certo punto arrivarono davanti a un’alta porta verde. Annabelle estrasse delle chiavi dalla tasca dei suoi pantaloni rossi e le usò per aprire la porta. Arrivarono al primo piano della villa, poi Annabelle si diresse verso le scale. Alla fine, lo condusse al piano superiore della villa, dove c’era la terrazza che portava al giardino dietro la villa.
 
<< Perché siamo qui ? Vuoi sfidarmi di nuovo ? >> chiese Stefan quando si furono fermati.
 
<< No, a questo punto sarebbe inutile. Ti ho portato qui perché è giusto che tu veda il frutto delle nostre scelte. >> rispose Annabelle mentre si avvicinava alla ringhiera.
 
<< Che vuoi dire ? >> chiese Stefan
<< Lo capirai presto, non preoccuparti >>.
 

 
Damon stava combattendo con Meredith, mentre gli altri combattevano con Matt, Rosalie e il ragazzo con i capelli scuri. Doveva ammettere che Miss Inquietudine era davvero una brava cacciatrice, ma non abbastanza fa metterlo in difficoltà. Amaury, Sebastian e Charlotte si stavano dimostrando perfettamente in grado di gestire le sfere infuocate di Rosalie, mentre Magdalene e Claude si occupavano rispettivamente di Matt e dell’altro ragazzo, che si era rivelato un mago anche lui. L’unica che aveva deciso di rimanere in disparte era Sylvia, la quale non poteva credere che sua cugina fosse ancora viva. Era sicura di aver percepito la sua morte, quindi come mai adesso era lì davanti a lei ? Cosa le avevano fatto ? Come doveva considerarla adesso ? Un’alleata ? Una nemica ? Doveva temerla ? O salvarla ?
 

 
Ogni secondo di quel giorno, nella sua mente corrispondeva a un lieve battito del suo cuore. Bonnie quel giorno aveva fatto di tutto per non addormentarsi, voleva restare sveglia e osservare i raggi del sole che penetravano tramite le fessure di quella piccola finestra. Alla fine aveva fallito, anche senza volerlo e senza neanche rendersene conto, si era addormentata per un paio d’ore e quando si era svegliata, il sole aveva già cominciato a tramontare. Ormai era notte, sapeva che mancavano davvero pochi battiti, prima che qualcuno fosse venuto a prenderla. Quel giorno non aveva potuto fare a meno di pensare a tutto quello che era accaduto in quei mesi, nel bene e nel male. Aveva pensato alla sua famiglia, a quante cose le aveva tenuto nascosto e a quante cose avrebbe potuto porre rimedio se solo gliene avessero dato modo. Aveva pensato a Stefan, a quanto avesse sofferto in quei mesi, a quanto fosse cambiato, a quante cose anche lui avrebbe voluto fare con Sapphire se solo lei gli avesse rivelato subito la verità. Aveva pensato ad Annabelle. Loro erano parenti, in fondo. Avevano un legame di sangue e questo era un fatto incontrovertibile. Aveva pensato a come sarebbe potuta essere la sua vita se le loro famiglie non fossero state in conflitto. Probabilmente adesso si sarebbero volute bene e sarebbero state unite. La loro famiglia, i conflitti, l’incapacità di trovare un accordo, l’assenza di forza per fare pace, aveva tolto loro questa possibilità.
“Ormai non si possono più cambiare le cose”, pensò con rammarico.
Era così distratta dai suoi pensieri, che non si era neanche resa conto dell’arrivo di Juliet De Verdant, la quale aveva aperto la porta della sua prigione e adesso la guardava con uno sguardo freddo.
 
<< È giunto il momento >> le disse semplicemente.
 
Lentamente, come a voler aumentare la sua agonia, Juliet le si avvicinò e le posò una mano sulla spalla, prima di materializzarle nel giardino, dove era stato composto un cerchio, con due ciotole di sangue ai lati, e un cuore verso il nord. Al centro del cerchio vi era un bocciolo che tramite delle linee era collegato alle ciotole e al cuore. Dal bocciolo si poteva udire un lieve battito e Bonnie immaginò che fosse del bambino.
 
<< Buona sera Bonnie >> la salutò Anastasia De Verdant mentre le si avvicinava.
 
Bonnie pensò che Anastasia De Verdant non sarebbe mai potuta essere più bella di quella sera. Indossava un vestito verde, con la gonna ampia, decorata da smeraldi e diamanti, il corpetto stretto a cuore, decorato con un fiocco con al centro uno smeraldo e dei guanti verdi lunghi fino al gomito. I capelli erano stati legati in un alto chignon e il viso era lievemente truccato.
Bonnie non rispose al suo saluto, credeva che a quel punto quei convenevoli fossero inutili.
 
<< Questo farà un po’ male, ma non preoccuparti cara. Presto smetterai di soffrire completamente >>.
 
Anastasia De Verdant le infilò una mano nel petto e prese il cuore. Bonnie lo guardò per un attimo e sorrise. Il cuore era rosso come una rosa appena fiorita e batteva in sincronia con il battito del fanciullo all’interno del bocciolo. Anastasia posò il cuore a sud del cerchio. Poi afferrò delicatamente Bonnie per il braccio e la face inginocchiare sul prato.
 
<< Poggia i polsi lungo le traiettorie del cerchio >> le ordinò Anastasia.
 
Bonnie obbedì e a quel punto la sentì, la lama di un pugnale le tagliava i tendini e poi il sangue e la sua vita scorrere via da lei. Anastasia cominciò a mormorare parole incomprensibili, soprattutto per una Bonnie già debole e in procinto di perdere i sensi. Nel frattempo, il cerchio si era riempito del suo sangue e mano a mano che scorreva e collegava gli altri ingredienti, essi s’illuminavano, mentre la luce della luna illuminava sempre di più il bocciolo. Il bocciolo cominciò a schiudersi e un pianto infantile cominciava a sentirsi. Bonnie sorrise, mentre il suo sangue continuava ad abbandonarla.
Avrebbe potuto considerare queste persone la sua famiglia, avrebbe potuto amarle, avrebbe avuto degli amici, invece che dei nemici, ma quell’incantevole creatura che tra poco avrebbe aperto gli occhi non sarebbe mai esistita. Se questo era ciò che le era stato destinato, lei ne era felice.
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE:
 
Per tutti coloro che mi hanno seguito fino questo capitolo-chiave, vi ringraziò enormemente !! Ovviamente vi dico anche di non perdere le speranze, per Bonnie non è finita e spero che leggerete anche il prossimo capitolo !!
Un MeGa BaCiO 

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Capitolo 28
*** No more lies, no more secrets ***


No more lies, No more secrets
 
Stefan stava osservando tutto il rituale dalla terrazza e, anche senza scuore, non riusciva a guardare quell’orribile spettacolo senza intervenire. Stava già per usare la magia per fermare il rituale ma Annabelle lo bloccò per un polso, cominciando a stringerglielo in una morsa sempre più forte.
“Come fa a essere così forte ?”, pensò Stefan mentre inutilmente cercava di liberare il polso. Non sentiva il dolore, o almeno non molto, però voleva salvare Bonnie e quella disgraziata bionda glielo stava impedendo.
Annabelle ghignò, prima di stringere ancora di più il polso e alla fine slogarglielo. Stefan a malapena avvertì il dolore, ma le lanciò comunque un’occhiataccia.
 
<< Ti senti soddisfatta adesso ? >> le disse muovendo la mano per evidenziare il concetto.
 
<< No, non ancora. Sai perché ti ho portato qui ? >> gli chiese Annabelle voltandosi verso di lui.
 
<< Per torturarmi, per farmi sentire impotente e inutile mentre la mia migliore amica muore >>.
 
<< No, perché questa è semplicemente l’ultima cosa che vedrai prima di morire >>.
 
Stefan non capì e stava per chiederle cosa intendesse dire con quella frase, ma Annabelle inserì con una magia una mano nel petto e si strappò il cuore.
 
<< Lo vedi ? Vedi cosa mi ha fatto ? >> disse riferendosi al cuore che aveva in mano.
 
Stefan deglutì, comprendendo quello che la ragazza volesse dirgli. Il cuore era nero, totalmente nero, totalmente pregno di oscurità e malvagità. Stefan aveva capito che quel cuore era la conseguenza di tutte le cattive decisioni e le azioni spregevoli che Annabelle aveva compiuto dopo che lui l’aveva abbandonata. Non contava il fatto che lui non avesse voluto abbandonarla, non contava che forse non era stata tutta colpa sua, lui l’aveva abbandonata, non l’aveva riconosciuta, non aveva fatto niente. Semplicemente aveva preso una strada diversa dalla sua e quando si era voltato verso di lei credeva di poterle dare lezioni di vita. Esattamente come Elena aveva fatto con lui.
 
<< Mi dispiace >> disse, anche se ovviamente in quel momento era incapace di provare dispiacere.
 
<< Non è vero, almeno non adesso, ma non dispiacerti troppo, questo coso non è ridotto in queste condizioni solo per colpa tua. Vedi quella donna laggiù ? Ridicolmente agghindata in quell’abito pomposo, al fianco di un’altra giovane donna che è mentalmente disturbata ? Ecco, lei è un altro motivo per il quale il mio cuore è ridotto in questo stato pietoso. >>.
 
<< Che vuoi dire ? >>.
 
<< Sai cos’è davvero patetico ? Io sono stata una persona orrenda, ma non ho mai smesso di essere una brava figlia, quella che ogni madre vorrebbe avere perché non chiede mai il motivo per il quale le cose devono essere fatte, che abbassa gli occhi, si limita a inclinare la testa quando qualcosa non le piace. Sono stata una brava figlia per tutto questo tempo e non ci ho mai guadagnato nulla, ora l’ho capito. Adesso invece, perderemo qualcosa tutti e tre >> disse Annabelle mentre cominciava a stritolare il suo stesso cuore.
 
Stefan cominciò ad avvertire un forte dolore, come se qualcuno lo avesse avvolto interamente in una morsa d’acciaio e lo stesse stritolando.
 
<< Oh, stai soffrendo vero ? Tu sottovaluti la mia cattiveria Stefan, lo fate tutti. Pensavi davvero che ti avrei consegnato il cuore e lasciato libero, mettendo da parte la vendetta che disperatamente ho desiderato per tutti questi secoli ? Povero illuso ! Avrei dovuto sapere, già dalla prima volta che ti ho incontrato, che non mi avresti procurato altro che guai ! Per cui ho collegato i nostri cuori, stritolando il mio sto praticamente stritolando anche il tuo >> disse Annabelle continuando a ghignare a stringere il cuore.
 
<< Sei disposta a morire solo per una stupida vendetta ? >>.
 
<< No, caro. Qui entra in gioco mia madre. Sono stanca di essere la figlia obbediente, sono stanca di stare ai suoi ordini e alle sue regole. Soprattutto sono stanca di giocare a questa partita che dura ormai da troppo tempo. Una volta morta sarò definitivamente fuori dai giochi, ma non me ne andrò… senza la mia vendetta. >>
 
Stefan cadde in ginocchio, incapace ormai di reggersi in piedi. Annabelle gli diede un leggero bacio sulle labbra, prima che il suo cuore diventasse cenere tra le sue dita e poi entrambi chiusero gli occhi, lasciandosi andare tra le braccia della morte.
 

 
Bonnie ormai non riusciva più a tenere gli occhi aperti, sentiva ancora il suo sangue fluire via dal suo corpo, così come la sua vita, avvertiva che il suo cuore batteva sempre più lentamente e non riusciva quasi più a respirare. Sentiva dolore per tutto il corpo ma non voleva ancora cedere alle braccia della morte, voleva vivere solo per un altro po’ di tempo, voleva almeno sentire il pianto del bambino che sarebbe sbocciato da quel bocciolo. Non desiderava altro a quel punto, solo un dolce ricordo da portare con sé nella morte.
 
<< Ecco, si sta schiudendo !! >> esclamò Anastasia, felice come non si sentiva da tanto tempo.
 
“Meno male”, pensò Bonnie con un po’ di sollievo, non solo perché era felice che finalmente il bambino stesse nascendo ma anche perché ormai non riusciva più a sopportare tutto quel dolore, o quella brutta sensazione di sentire la vita fluire via dal suo corpo e la puzza di erba che le penetrava nel naso.
“Resisti, solo un altro po’”, pensò nella sua mente, stringendo i denti.
Anastasia, inconsapevole di aver appena perso una figlia, osservava con gioia sempre maggiore il bocciolo che si schiudeva, petalo dopo petalo, emanando una luce sempre più forte. A un certo punto il giardino s’illuminò di una luce immensa e a quel punto Bonnie lo sentì e sorrise, davvero di cuore. Il bambino era nato, poteva sentire il suo pianto.
 
<< Finalmente !! >> esclamò Anastasia con voce commossa.
 
“Finalmente”, pensò Bonnie con gioia, mentre chiudeva gli occhi e si lasciava andare tra le braccia della morte, dove tutto quel dolore non l’avrebbe seguita, portando nel suo cuore ormai spento un ricordo di pura gioia.
Anastasia, oltrepassando senza alcun riguardo, il corpo della povera ragazza, si avvicinò al bocciolo e prese il bambino, avvolgendolo in una coperta rossa.
Era un bellissimo maschietto, con la pelle chiara e qualche capello scuro sulla piccola testolina.
 
<< Sei bellissimo >> disse Anastasia baciandogli la testa, mentre delle lacrime di gioia le scendevano lungo la guancia.
 
<< Madre ? Che cosa ne dobbiamo fare di lei ? >> chiese Juliet riferendosi a Bonnie.
 
<< Non m’importa. Ormai è servita allo scopo, non ho più alcun interesse per lei >> disse Anastasia senza neanche voltarsi verso la figlia.
 
<< Come volete. Posso prenderlo in braccio ? Solo per un secondo ? >> chiese Juliet guardando intensamente il bambino.
 
Anastasia attirò inconsapevolmente il bambino ancora di più a sé, come se fosse qualcosa che solo lei aveva il diritto di toccare, qualcosa che apparteneva a lei, qualcosa che non voleva assolutamente condividere. Tuttavia quel gesto fece male al bambino, il quale cominciò a piangere, così Anastasia fu costretta ad allentare un po’ la presa. Si voltò lievemente verso Juliet, come se stesse considerando se fosse davvero una buona idea lasciarglielo prendere in braccio anche solo per un secondo. Non che non si fidasse di Juliet, ma era lei che non voleva lasciare il bambino a un’altra persona, aveva combattuto tanto per averlo e adesso non riusciva a sopportare l’idea di averlo lontano da sé.
 
<< Dai, mamma ! Voglio prenderlo in braccio solo per un secondo, te lo ridarò subito. In fondo se è nato è anche in parte merito mio ! >> insistette Juliet, come se avesse letto i pensieri che albergavano nella mente della madre.
 
Anastasia alla fine decise che in fondo, lasciarglielo per un minuto non era una cattiva idea. In fondo Juliet era sua sorella e dato che il giorno dopo non si sarebbero mai più rivisti, questa era la sua unica opportunità per prendere il fratello tra le braccia.
“Forse dopo dovrei lasciarlo prendere in braccio anche ad Albert”, pensò Anastasia, mentre lentamente si avvicinava alla figlia.
 
<< Eccolo, fai attenzione però >> disse Anastasia mentre lentamente porgeva il fagotto alla figlia.
 
<< Certo, farò molta attenzione, mamma >>.
 
Tutto avvenne così velocemente che Anastasia non riuscì a difendersi. Juliet estrasse da sotto al mantello del vestito un pugnale con delle insegne nere lungo la lama e la pugnalò dritta allo stomaco. Anastasia urlò a causa del forte dolore ma cercò di difendersi con la magia, poiché voleva comunque provare a difendersi e perché aveva capito che il suo bambino era in pericolo, ma non riusciva a usare la magia. Juliet estrasse la lama, la quale non aveva più le insegne nere su di essa.
 
<< La tua magia non funziona vero ? È questo il potere di questo pugnale. Le insegne nere sono una sorta di veleno che impedisce al potere della magia di fluire e quindi di essere utilizzato. Questo veleno però non solo ferma il flusso della magia ma anche del sangue, per cui, mammina cara, ti conviene andare a cercare l’antidoto che ho nascosto a casa e in fretta. Prima che io e questo… adorabile fagottino… abbandoniamo questo schifo di posto >> disse Juliet con un’espressione folle, mentre accarezzava la testa del bambino.
 
<< Non riuscirai a farla franca Juliet. Ho sacrificato troppo per lasciarti rovinare la mia felicità >> disse Anastasia mentre poggiava una mano sull’addome, dal quale usciva copiosamente il sangue.
 
Juliet sorrise, poi sparì con la magia, portandosi il bambino con sé. Anastasia sentì le gambe cedere e cadde a terra, poco lontano dal corpo morto di Bonnie.
“Non posso… arrendermi… ora”, pensò mentre cercava di rimettersi in piedi.
 
Nel frattempo, Albert De Verdant aveva osservato tutta la scena dalla finestra con un’espressione impassibile, senza fare nulla né per impedire alla figlia di pugnalare Anastasia, né per aiutare la moglie che a malapena riusciva a stare in piedi a causa degli effetti del veleno.
“Io avevo cercato di avvertirla”, pensò Albert continuando a osservare la scena dalla finestra.
 
<< Perché stai facendo tutto questo ? >> chiese Albert alla figlia che era appena comparsa dietro di lui.
 
<< Perché sono davvero una persona spregevole, avreste dovuto crescermi meglio >> disse Juliet continuando a stringere il bambino tra le braccia.
 
<< Tu credi che io ti aiuterò in questa follia ? >> chiese Albert guardando la figlia con un’espressione gelida.
 
<< Sinceramente non credo che avrò bisogno del tuo aiuto. Non ho mai avuto bisogno né di te, né della mamma, infatti voi non siete neanche mezza tessera del puzzle che io ho in mente. >>.
 
<< Qualunque puzzle malato e contorto che tu hai in mente non funzionerà, anzi, ti porterà solo dispiaceri. >>.
 
<< Papà, ho un valido alleato, perciò non preoccuparti per me, non l’hai mai fatto, perché cominciare adesso ? >> disse Juliet prima di sparire.
 
Albert sospirò si diresse velocemente in giardino da Anastasia, sperando di riuscire a salvarla in tempo. Villa de Verdant era grande ma conosceva abbastanza bene sua figlia Juliet e credeva che non sarebbe stato molto difficile indovinare il nascondiglio dell’antidoto. Doveva ammettere che sua figlia aveva saputo ingannarlo davvero bene quella volta, altrimenti mai le avrebbe permesso di fare una cosa del genere, ma in fondo, quanto era appena accaduto era anche colpa sua, soprattutto colpa sua. Era sempre stato consapevole, fin dalla prima volta che aveva preso Juliet tra le sue braccia, che lei soffriva di gravi disturbi mentali e che niente l’avrebbe mai potuta aiutare. Tuttavia da padre ingenuo, si era convinto che, prima o poi, sarebbe riuscito a trovare una cura che potesse aiutarla a stare meglio, ma si era solo illuso.  Avrebbe dovuto dire sin da subito la verità ad Anastasia, ma non l’aveva mai fatto, perché sapeva che sua moglie non avrebbe esitato ad uccidere Juliet se avesse scoperto quanto gravemente disturbata lei fosse e scoprirlo per lei sarebbe stato anche devastante, anche se mai quanto lo era stato per lui.
 
INIZIO FLASHBACK
 
Anastasia piangeva disperatamente, seduta in giardino con al suo fianco sua figlia Annabelle quindicenne che le accarezzava dolcemente i capelli. Quel giorno Anastasia aveva perso suo figlio, Sylvia Mccullough era morta prima del previsto, il bocciolo quindi era appassito e così anche la vita del suo bambino e lei adesso si sentiva a pezzi.
 
<< Com’è potuto succedere ? Nessuna strega sacrificale è mai morta prima dello sbocciare del bocciolo, com’è possibile che sia capitato proprio a me ? Perché ? >> chiese Anastasia tra le lacrime.
 
Annabelle continuava a restare in silenzio, abbracciando sua madre sperando che si calmasse. Lei purtroppo non riusciva a capire quello che sua madre stesse provando, poiché non aveva il suo cuore nel petto e forse era meglio così. Se fossero state entrambe distrutte dal dolore, come lo era sua madre in quel momento, probabilmente nessuna delle due avrebbe avuto la forza di prendersi cura dell’altra. Albert stava osservando la scena in giardino, senza tuttavia prendervi parte direttamente, quello non era il suo posto e n’era consapevole. 
“Juliet ?! Chissà lei come sta ?”, pensò Albert mentre si dirigeva verso la sua camera. Anche Juliet aveva assistito al rituale, nonostante Albert non fosse stato tanto d’accordo visto che aveva solo nove anni e una scena simile avrebbe potuto sconvolgerla a vita, ma Anastasia non aveva voluto sentire ragioni. Secondo lei Juliet doveva essere preparata anche agli aspetti macabri della vita, indipendentemente dalla sua età e Albert sapeva quanto fosse testarda, per cui qualsiasi opposizione da parte sua sarebbe stata bellamente ignorata. Quel giorno allora aveva vestito Juliet con un vestitino blu scuro, con delle calze e degli stivaletti color crema e mentre le legava i ricci scuri in due trecce, le aveva detto che non doveva guardare per forza ogni cosa, anche se la madre le aveva detto di farlo. Juliet aveva annuito, ma Albert l’aveva osservata durante tutto lo svolgimento di quel disastroso rituale e aveva visto che non aveva mai distolto lo sguardo, anzi, forse si sbagliava, ma l’aveva vista sorridere in una maniera un po’ inquietante, anche se in quella circostanza aveva deciso di non farci caso, probabilmente si era sbagliato. Era arrivato davanti alla porta della sua camera e vide che la porta era socchiusa. Stava quasi per aprirla quando sentì la voce di sua figlia parlare con qualcuno.
 
<< Lo sai cos’ho fatto vero ? Lo sai ? Sono stata io ad ucciderlo, lo sai ? >> chiedeva sua figlia.
 
“Con chi sta parlando ? E chi ha ucciso”, pensò Albert mentre lentamente e silenziosamente apriva un po’ la porta e sbirciare un po’.
All’interno della cameretta di Juliet non c’era nessuno oltre a lei e poi vide la sua bambina seduta davanti a un grande specchio, con una mano poggiata sul vetro e guardava il suo riflesso con sguardo inquietante.
 
<< Sono stata io ad avvelenare prima il boccio e poi a impregnare la lama di veleno, così la ragazza sarebbe morta più in fretta e il bambino non sarebbe mai nato. Hai capito vero ? Li ho uccisi >> esclamò Juliet con gioia sinistra.
 
Albert sentì il sangue gelarsi. Aveva davvero sentito quello che aveva sentito ? Juliet, la sua piccola bambina, aveva davvero ucciso il tuo fratellino.
 
<< Non guardarmi così. La mamma ci avrebbe lasciato se il bambino fosse nato. Adesso invece la mamma resterà con me e sarà costretta a fingere di volermi bene. Sarà costretta a restare qui, con me e quando poi sarà abbastanza forte, le farò pentire di non avermi voluto bene. >>.
 
“Oh mio Dio”, pensò Albert. Alla fine tutti i suoi peggiori timori si erano avverati. In genere il Rituale riusciva, soprattutto grazie al cuore di un vampiro, ad impedire che i bambini nati da sangue incestuoso nascessero con delle anomalie sia del corpo che della mente, ma sapeva anche che neanche il Rituale era così perfetto e infatti c’era il 4,6% di possibilità che talvolta i bambini nascessero con delle imperfezioni. Studiando gli appunti di Frederick De Verdant aveva scoperto che queste anomalie erano dovute essenzialmente al tipo di cuore di vampiro che si sceglieva, ovvero se il vampiro beveva sangue umano, o di animale, o entrambi, o se era un cuore nero, rosso o di entrambi i colori.
Fu in quel momento che Albert rammentò che quando lui e Anastasia stavano scegliendo i cuori di alcuni vampiri per il sortilegio, entrambi avevano concordato su un cuore che emanava una luce molto rossa e che batteva con la giusta regolarità, o almeno così credevano. Poche ore prima del sortilegio, Albert aveva notato che su uno dei lati del cuore, si era formato un piccolo puntino nero, segno che il proprietario del cuore stava lentamente passando al lato oscuro. Il Rituale era ormai quasi completato e Albert sapeva che sua moglie non lo avrebbe ascoltato, inoltre era solo un misero puntino, non avrebbe mai immaginato che al momento del rituale sarebbe diventato quasi totalmente nero. Quando Juliet era nata, Anastasia, la quale non sapeva che un cuore di un vampiro influenzasse così tanto il Rituale, poiché non si era mai presa il disturbo di studiare a fondo gli appunti del padre, non ci aveva fatto molto caso e dopo un giorno aveva già dimenticato il tutto. Lui no e a quanto pare aveva fatto bene. Sua figlia era nata da un cuore malvagio, con un solo punto rosso in mezzo a un mare di oscurità e quindi doveva essere tenuta sotto controllo. Non avrebbe detto niente ad Anastasia, lui si sarebbe preso cura di sua figlia e ce l’avrebbe fatta. A quanto pare si sbagliava.
 
FINE FLASHBACK
 
Albert aveva preso Anastasia tra le braccia e poi aveva portato entrambi nella Stanza Rossa, appoggiando delicatamente la donna sul pavimento.
 
<< Andrà tutto bene Ana, tutto bene >> disse anche se sapeva che non era vero.
 
D’altronde lui lo aveva visto e sapeva che non sarebbe andata a finire bene.
 
<< Albert… tu lo sapevi vero ? Avevi cercato di avvertirmi ma io non ascolto quasi mai… mi dispiace >>.
 
Albert non le rispose, si limitò a passarle un panno per tamponare la ferita e poi cominciò a girovagare per i cassetti della Stanza Rossa, precisamente dove c’erano i cuori dei vampiri. Se conosceva bene Juliet, aveva sicuramente nascosto la cura per il male, dove esso aveva avuto origine. La malvagità di Juliet aveva avuto origine a causa di un vampiro e quindi era quasi del tutto certo che avrebbe trovato lì l’antidoto.
 
<< Albert… basta bugie… ti prego. >>.
 
Albert sospirò, ma continuò a cercare nei vari cassetti dove vi erano i cuori pulsanti.
 
<< Va bene, tanto non hai niente da fare. Ascoltare per una volta potrebbe farti bene >> disse Albert.
 

 
“Sono morta, devo esserlo, sono morta.”, pensò Bonnie aprendo gli occhi color cioccolato ma chiudendoli quasi subito a causa di una luce accecante, proveniente dal luogo che la circondava.
 
“Cos’è tutta questa luce ?”, pensò Bonnie coprendosi gli occhi con una mano, mentre provava a mettere a fuoco il luogo intorno a sé.
“Dove sono ? È così il Paradiso ?”, pensò quando riuscì finalmente a tenere gli occhi aperti per più di tre secondi. Bonnie si mise a sedere e cominciò a guardarsi intorno. Era in una stanza davvero strana, il pavimento era a quadri celeste chiaro e bianchi, le pareti erano azzurrine chiaro con delle tende legate con delle luminose corde dorate, anche se Bonnie non ne vedeva l’utilità visto che non c’erano finestre in quel posto. Le pareti avevano anche delle belle decorazioni argentate che brillavano come le stelle. Sul soffitto pendeva un candelabro argentato con delle pietre di diamanti che riflettevano la luce delle decorazioni argentate sulle pareti. Bonnie si alzò in piedi, contenta del fatto che non provasse più alcun dolore o fatica nel muoversi e che riuscisse a restare in piedi per più di due secondi. Si guardò un po’ intorno e vide che dall’altra parte della stanza c’era un’enorme porta azzurra.
“Chissà dove mi porterà ?”, chiese Bonnie cominciando a camminare nella sua direzione.
 
<< Non ti conviene avvicinarti oltre >> disse una voce maschile dietro di lei.
 
Bonnie urlò dalla paura e sentì il battito del suo cuore accelerare e questo, se possibile, la spaventò ancora di più. Bonnie si voltò dietro di sé e vide che c’era Stefan, che la guardava con un’espressione felice, calda, affettuosa, come ne vedeva più una sul suo viso da molto tempo e sentì nuovamente il suo cuore battere per la gioia.
“Battito ? Perché il mio cuore batte ancora ? Sto diventando matta ?”.
 
<< Non stai impazzendo, il tuo cuore batte ancora perché non sei ancora morta >> disse questa volta una voce femminile.
 
Bonnie si voltò e vide che dall’altra parte della stanza c’erano sua madre e sua nonna che le sorridevano e accanto a loro c’erano Sapphire, con i suoi bellissimi capelli blu e una donna che non aveva mai visto, con i capelli scuri e gli occhi verdi. Tuttavia, dalla somiglianza, Bonnie pensò che lei doveva essere la madre di Stefan. Erano tutte e quattro vestite in modo molto elegante, sua madre indossava un abito lungo, semplice e bianco ma che le andava un aspetto più raffinato, facendo sembrare il suo corpo più snello e più alto (visto che anche lei, come la figlia, non era particolarmente alta. Sua nonna invece indossava un abito lungo poco sotto il ginocchio viola scuro, con delle calze scure e uno scialle bianco che dava un po’ di luce al suo look. Sapphire era bellissima, ancora di più di quanto Bonnie ricordasse, indossava un lungo abito blu scuro, con una spallina, decorata con una lunga fila di zaffiri e diamanti che decoravano anche il corpetto. I lunghi capelli blu erano stati alzati al lato della spallina e dall’altro i suoi lunghi ricci scendevano lungo la vita e al collo aveva una bellissima collana sempre fatta di zaffiri e diamanti. Bonnie ne avrebbe voluta una uguale, anche se dubitava che gli sarebbe stata altrettanto bene. Anna invece indossava un vestito verde chiaro, con la gonna ampia, i guanti lunghi fino al gomito e i capelli legati in uno chignon, con poche ciocche di capelli che le scendevano sulla spalla, in perfetto stile di donna del suo tempo.
 
<< Mamma ? Nonna ? >> esclamò Bonnie con le lacrime agli occhi, mentre cominciava ad avvicinarsi a loro.
 
<< No, Bonnie !! Non avvicinarti, non potresti comunque ! >> disse sua madre.
 
<< Perché ? >> chiese Bonnie senza capire.
 
<< C’è uno specchio che divide la stanza a metà. >> spiegò Sapphire poggiava la mano sullo specchio che aveva appena citato, mostrando così a Bonnie che stava dicendo il vero.
 
<< A che serve questo specchio ? >> chiese Bonnie.
 
<< Quello specchio rappresenta due cose, Bonnie, il muro e il passaggio tra la vita e la morte. È un muro per coloro che arrivano qui grazie a dei portali e che non possono quindi accedere all’altra parte perché non sono in punto di morte. Nel nostro caso è un passaggio, sta a noi decidere se attraversarlo o meno >> le spiegò Stefan avvicinandosi a lei.
 
<< Ma noi siamo morti, Stefan ! Non so cosa sia successo a te, ma il mio cuore è diventato cenere >> ribatté Bonnie.
 
<< Ne sei proprio sicura Bonnie ?! Allora perché tutti qua dentro sentiamo battere il tuo cuore ? >> le chiese sua nonna.
 
Bonnie non riuscì a rispondere, arrossendo leggermente per l’imbarazzo, poiché credeva di aver fatto davvero una brutta figura. Stefan le poggiò una mano sulla spalla e le sorrise incoraggiante, facendole capire che non doveva sentirsi in imbarazzo di nulla.
 
<< Perché anche tu sei qui Stefan ? >> gli chiese, sentendosi un po’ in colpa per non averglielo domandato prima.
 
<< Annabelle ha collegato i nostri cuori con un incantesimo e nel momento in cui ha deciso di ridurre in cenere il suo, di conseguenza ha reso cenere anche il mio, uccidendomi. In questa dimensione però ho riavuto il mio cuore, nel petto, anche se non senza conseguenze >> rispose Stefan con un po’ di malinconia.
 
<< Che vuoi dire ? Che ti è successo ? >> chiese Bonnie con voce preoccupata.
 
Stefan abbassò la lampo della felpa nera che indossava, una volta aperta afferrò i lembi delle maglia e la sollevò fino al petto, dove, al lato del cuore, c’era una grande cicatrice nera. Bonnie la guardò orripilata domandandosi come avesse fatto a procurarsela.
 
<< Quello Bonnie è il risultato di tutte le sue decisioni sbagliate. Stefan aveva cominciato a incamminarsi sulla strada del male e per questo il suo cuore era diventato nero per metà. Nel momento in cui il suo cuore è tornato nel suo petto, il corpo, che non era abituato a tutta quell’oscurità, ha combattuto per eliminarla e ce l’ha fatta, ma quella cicatrice rimarrà per sempre, come monito per la prossima volta che avrà la tentazione di abbandonarsi nuovamente all’oscurità. >> le spiegò Sapphire.
 
<< Mi dispiace tanto >> disse Stefan guardando con occhi dispiaciuti sua madre e sua zia.
 
Sapphire e Anna gli sorrisero con profondo affetto.
 
<< Non hai nulla di cui scusarti, figlio mio >> disse Anna << La colpa è nostra. >>.
 
<< Non nostra, Anna, ma mia. Avrei dovuto dirgli la verità sin dall’inizio ma ho preferito aspettare perché non lo credevo pronto. La verità era che… ho raccolto il frutto quando era già appassito e non quando era maturo. Mi dispiace tanto Stefan >> disse Sapphire.
 
<< Ecco perché siamo qui >> disse la madre di Bonnie << Per dirvi finalmente tutta la verità. Non ci saranno più né segreti, né bugie, solo la verità >>.
 
<< Sedetevi >> disse loro la nonna di Bonnie.
 
Bonnie e Stefan si guardarono per un secondo, poi videro che dietro di loro erano appena comparse due sedie argentate.
“Che posto pazzesco”, pensarono entrambi mentre si sedevano. Ne avevano visti di posti strani, ma quello li batteva probabilmente tutti. Tuttavia sarebbero rimasti in quel luogo per tutta la vita se questo avesse significato passare altro tempo con i loro cari. L’ultimo ricordo che Bonnie aveva di sua madre, anzi del suo cadavere, era orribile, ma non era l’unica cosa che le faceva ancora male. Sua madre era morta e lei non era stata al suo fianco per difenderla e inoltre aveva così tante domande da farle, domande che per troppo tempo erano rimaste senza risposta e che adesso sua madre poteva finalmente darle. I pensieri di Stefan non erano tanto diversi da quelli della sua amica, anche lui non aveva davvero un bel ricordo di sua zia. L’ultima immagine che aveva di lei era il suo corpo morente tra le braccia mentre lo incitava a fare pace con Damon.
“Damon”, quel nome fu un’altra stilettata al suo stomaco. Doveva delle scuse anche a lui, soprattutto per quello che aveva fatto a Bonnie.
A proposito, Bonnie ?!.
 
<< Prima che voi iniziate il raccontino per il quale ho atteso quasi cinquecento anni e per il quale sono disposto ad aspettare un altro minuto, vorrei sapere se la mia… si, la mia… pozione ha ancora degli effetti sul… sul cuore di Bonnie >> disse Stefan evitando accuratamente d’incrociare il volto dell’amica.
 
<< In realtà no e quando Bonnie si risveglierà potrà liberamente prenderti a pugni >> rispose Sapphire con voce dura.
 
<< Perché ? Che cos’hai combinato al mio cuore ? >> chiese Bonnie voltandosi verso di lui visibilmente preoccupata e arrabbiata.
 
<< Volevo vendicarmi di Damon e poi non volevo che tu morissi, ma sapevo che se tu fossi sopravvissuta ti saresti messa in mezzo e allora avrei dovuto cercare un incentivo per eliminarti e… >> cominciò a spiegare Stefan un po’ a disagio.
 
<< Stefan, non sto capendo nulla di quello che stai dicendo. Spiegati meglio >> gli ordinò Bonnie incrociando le braccia al petto e guardandolo con un’espressione severa.
 
<< Quello che mio figlio sta cercando, alquanto goffamente, di spiegarti, Bonnie, è che lui ha avuto l’idea geniale di preparare una pozione che avrebbe dovuto trasformarti in un vampiro, infatti quando ti sveglierai non sarai più una strega. >> le spiegò Anna.
 
<< Perché mi hai trasformata in un vampiro ? Perché non riportarmi semplicemente in vita ? >> chiese Bonnie.
 
<< Perché temeva che tu ti saresti frapposta tra lui e Damon, perché tu ami entrambi anche se in modo diverso. Stefan è il fratello che non hai mai avuto e Damon è l’uomo che ami più della tua vita, inoltre il tuo “fratellino” credeva di sapere da che parte tu ti saresti schierata e a quel punto avrebbe dovuto eliminarti, ma sapeva che non avrebbe mai potuto ucciderti, non da strega. Da quando ha scoperto che sua sorella è stata uccisa da un vampiro ha coltivato un grande odio contro di loro e se tu fossi stata una vampira, ai suoi occhi non saresti diversa da chiunque altro della loro specie e avrebbe potuto ucciderti, ottenendo così la sua vendetta >> spiegò Sapphire con sguardo triste.
 
Bonnie non riusciva a credere a quanto aveva appena sentito. Davvero Stefan era stato capace di farle una cosa del genere, solo per amor di vendetta ? Il suo migliore amico era cambiato così tanto da non rendersene neanche conto ? Stefan la guardava con occhi tristi, dispiaciuti e pieni di vergogna e Bonnie sapeva che era davvero dispiaciuto per quello che le aveva fatto, ma si ripromise che ne avrebbero riparlato. Anche loro due avevano bisogno di chiarire molte cose. Inoltre Bonnie non se la sentiva arrabbiarsi con lui, anche lei a un certo punto si era lasciata sopraffare dalla sua rabbia e dalla sua voglia di vendetta e il suo duello con Sylvia n’era la prova evidente, per cui lo capiva benissimo.
 
<< Ne parleremo un’altra volta, Stefan, ma ne riparleremo >> disse Bonnie stringendogli la mano.
 
<< Ragazzi, quella che vi racconteremo non è una bella storia e so che molto probabilmente non apprezzerete le nostre scelte, ma ormai siamo quasi alla fine dei giochi e voi dovete conoscere la verità, per sapere come affrontare un’ultima importante partita >> disse Sapphire.
 
“Continua a paragonare la vita a un gioco da tavolo”, pensò Stefan con una certa tenerezza.  Aveva sempre trovato piuttosto bizzarro e divertente il suo mondo di vivere la vita come una partita di un gioco, anche se a volte si erano cacciati nei guai proprio per questo suo modo stravagante di affrontare i suoi problemi.
 
<< Penso che sia futile raccontare la storia che collega la nostra famiglia ai De Verdant, penso che ormai sappiate che la storia comincia con tre fratelli maghi e che la famiglia del terzo fratello è quella che ha dato inizio alla dinastia dei De Verdant. Penso che sia più saggio partire direttamente dalla maledizione che unì le nostre famiglie tanti anni fa >> disse la madre di Bonnie.
 
<< Tanto tempo fa, le nostra famiglie furono maledette e furono tenute insieme da una maledizione. Una maledizione che in un certo senso spinge le nostre famiglie, generazione dopo generazione, a combattere l’una contro l’altra, senza tregua, senza pietà, ma coloro che furono colpiti per primi eravamo io, Anastasia e Cole Mccullough. Ci eravamo appena scontrati in un violento duello e con noi, quella notte, c’erano anche Anna, Annabelle e Leon Mccullough i quali furono gravemente feriti e a quel punto la natura decise che era stanca dei nostri continui conflitti >> disse Sapphire.
 
<< Saremmo stati costretti a combattere fin quando non ci saremmo completamente annientati a vicenda, oppure fin quando non avremmo deciso di fare pace e porre fine alla guerra, ma fino ad adesso nessuno di noi ha mai avuto la volontà necessaria per porre fine al conflitto e in questo modo abbiamo solo causato dolore e sofferenza e ai nostri figli >> disse la madre di Bonnie.
 
<< Bonnie, Stefan… voi, Annabelle, Sylvia, Juliet… siete state vittime di disgrazie causate dalle nostre scelte sbagliate e non dal capriccio del fato e di questo ne siamo rammaricati, tutti. >> disse la nonna di Bonnie.
 
<< Che cosa volete dire ? >> chiese Bonnie.
 
<< Bonnie… la tua malattia, la sofferenza di Stefan, la cattura di Rosalie, la malattia di Sylvia, l’indole malvagia di Juliet, tutte le morti di Annabelle e tutte le sventure che hanno fatto incrociare i nostri cammini sono delle punizioni per le nostre scelte sbagliate. Voi non avete colpa di niente >> le spiegò Anna.
 
<< Perché avete aspettato la nostra morte prima di dirci la verità ? Perché solo adesso ? >> chiese Stefan.
 
<< Un po’ per vergogna, un po’ per timore, un po’ perché speravamo di tenervi lontano da tutta questa dolorosa vicenda >> rispose Sapphire.
 
<< Così però vi abbiamo messo solo di più in pericolo, perché non eravate preparati a quello che vi sarebbe accaduto. >> disse la nonna di Bonnie.
 
<< Ora che sapete la verità, dovete tornare indietro e porre fine a questo conflitto o Stella, il bambino di Anastasia e Claire saranno coinvolti a loro volta nel conflitto, quando raggiungeranno l’età adulta, esattamente come voi >> disse Sapphire.
 
<< Zia, Claire è morta come potreb… Oh mio Dio !! >> esclamò Stefan con sorpesa.
 
<< Cosa ? Stefan che ti prende ? >> chiese Bonnie voltandosi verso di lei.
 
<< Ah ecco… Io ho davvero molte cose da dirti e tra queste c’è anche Elena. >>.
 
<< Elena ? Che le hai fatto ? >> chiese Bonnie, la quale si beccò un’occhiataccia da Stefan che stava per “Perché ora dai per scontato che sia sempre io a fare le cose?”.
 
<< Non preoccuparti Bonnie, Stefan non ha fatto nulla di male a Elena. Quello che Stefan sta cercando di dirti è che Elena è incinta e la bambina che porta in grembo è Claire. >> le spiegò Anna con un sorriso materno.
 
Stefan credette di sentire il tonfo causato dalla mascella di Bonnie che si spalancava e formava un foro profondo sul pavimento. Ovviamente quella era davvero una notizia scioccante per lei, ma non era quello il momento di discuterne.
 
<< Ti spiegherò anche questo più tardi, te lo prometto, ma ora abbiamo altro su cui concentrarci >> le disse stringendole la mano.
 
Bonnie annuì, anche se era ancora un po’ scioccata. Non perché fosse pregiudiziosa, per carità, ma non riusciva proprio a immaginare Elena nelle vesti di madre, era qualcosa che andava al di là della sua comprensione.
 
<< Va bene, ma c’è una domanda che vorrei fare mia madre e a mia nonna, voglio sapere perché non mi avete mai parlato di Sylvia, perché non hanno lasciato che crescesse insieme a me e a Mary, perché l’avete nascosta a tutti, perché ? >>.
 
<< Hai ragione, Bonnie, a essere delusa e arrabbiata con noi, sappiamo che lo sai e non devi sentirti in colpa per questo. Noi abbiamo trattato Sylvia alla stregua di un animale, ma lo abbiamo fatto con le migliori intenzioni. Sylvia è nata con una grave malattia ai polmoni, una malattia che credevamo di riuscire a guarire ma ogni tentativo si rivelava fallimentare, inoltre la sua magia era molto potente e questo aggravava solo di più la sua salute. Allontanarla è stata una decisione sofferta ma all’epoca era anche quella che a me e a tua nonna sembrò più giusta. Inoltre non volevamo dare a te e a Mary il dispiacere di perdere una sorella. La nostra intenzione era quella di proteggere tutti, invece vi abbiamo messo tutti in pericolo e la nostra famiglia ne ha pagato le conseguenze. Sylvia, nonostante la malattia, era una ragazza dotata di uno spirito forte e di una grande voglia di vivere e in fondo sapevamo che non si sarebbe arresa >> disse sua madre con un’espressione triste e malinconica.
 
<< Bonnie, se e quando deciderai di tornare in vita, perdona Sylvia per il male che ha fatto, accoglila nella tua vita e amala come noi non siamo state in grado di fare. >> disse sua nonna mentre una lacrima scendeva lungo la sua guancia.
 
<< Stefan, io non sono stata una madre per te, ma devi sapere che io ti ho amato tanto, tantissimo e che ho sofferto terribilmente, perché penso sempre di non aver combattuto abbastanza per te >> disse Anna mentre lacrime di dolore le scendevano lungo le guance.
 
Stefan avrebbe voluto alzarsi e andare ad abbracciarla, ma sapeva che lo specchio glielo avrebbe impedito, per cui si limitò a distogliere lo sguardo, poiché vedere sua madre piangere gli provocava dolore al cuore.    
 
<< Figliolo guardami. Sei così bello, così gentile… >> disse Anna mentre si asciugava le guance.
 
<< Non sono più così gentile, mamma >> disse Stefan con voce triste, riferendosi chiaramente alla sua cicatrice sul petto.
 
<< Non è vero Stefan, ti sei smarrito ma sono sicura che da adesso riprenderai in mano la tua vita e farai la cosa giusta, come hai sempre fatto. Perdona Damon, prenditi cura di Claire, di Bonnie, di Elena e di tutte le persone che ami. Sii sempre gentile, amorevole e sincero. Sii sempre te stesso e non dimenticare mai quanto tu sia speciale >> disse Anna guardando il figlio con gli occhi verdi pieni di amore.
 
<< Ti voglio tanto bene, mamma e anche te, zia >> disse Stefan mentre una lacrima scendeva lentamente sulla sua guancia.
 
Anna e Sapphire sorrisero e insieme a loro anche la mamma e la nonna di Bonnie. Quest’ultima cominciò a piangere per la commozione e strinse ancora più forte la mano del suo amico, come per ricevere conforto. Stefan le strinse la mano a sua volta, anche lui bisognoso del conforto della sua migliore amica.
A un certo punto, dietro di loro, comparve la porta blu riflessa nello specchio e a quel punto capirono che per loro era arrivato il momento di tornare indietro.
 
<< Ormai il tempo è scaduto. Per cui vogliamo darvi un ultimo avviso, convincete Annabelle a porre fine al conflitto, tra lei e Juliet, lei è l’unica che potrebbe essere favorevole a concludere la guerra tra le nostre famiglie >> disse Sapphire.
 
<< Ma anche Annabelle è… >> cominciò a dire Stefan.
 
<< No, anche Annabelle tornerà. Conosce troppo bene gli incantesimi di reincarnazione per non riuscire a tornare in vita. Quella ragazza è astuta come una volpe, sadica, crudele ma è anche molto saggia, più di sua madre e vedrete che accetterà, per amore di suo fratello, di porre fine al conflitto >> disse Anna.
 
Bonnie e Stefan annuirono, poi, a malincuore, si voltarono verso la porta azzurra, sempre tenendosi per mano, pronti finalmente per lasciarsi alle spalle il dolore, la sofferenza e l’odio che li aveva accompagnati in quei mesi e che li avevano trasformati in ciò che non erano. Finalmente erano tornati ad essere Bonnie e Stefan, pronti come non mai a mettere in salvo le persone che amavano, a perdonare coloro che li avevano feriti, a farsi perdonare da coloro che avevano ferito a loro volta, a porre rimedio agli sbagli dei loro genitori e ai propri e a porre fine a quella faida da famiglia che non aveva fatto altro che portare dolore e sofferenza nelle loro vite.
 
<< Sei pronta ? >> chiese Stefan voltandosi verso la ragazza.
 
<< Si, ora lo sono >> rispose Bonnie senza alcuna incertezza nella sua voce.
 
Stefan abbassò una maniglia e a quel punto una luce intensa li avvolse.
 

 
Albert ormai aveva messo a soqquadro l’intera Stanza Rossa ma non era riuscito a trovare l’antidoto e ormai mancava poco tempo. Aveva appena raccontato tutta la verità ad Anastasia, ma lei non si era né arrabbiata né disperata. Era rimasta ad ascoltare in silenzio, come se ormai non avesse più la forza di combattere, con un’arrendevolezza che era decisamente estraneo al suo carattere combattivo.
 
<< Albert, arrenditi, ormai è tardi. Ti prego, smettila di distruggere la stanza e siediti un po’ vicino a me. Sono morta da sola così tante volte… non voglio morire sola un’altra volta >> disse Anastasia tendendo una mano verso Albert.
 
<< Oh mamma, ma non morirai sola questa volta. Papino morirà con te >> disse Juliet comparendo nella stanza Rossa, con in mano un cuore pulsante.
 
<< Oh no… >> sussurrò Albert.
 
<< Non avrei mai voluto farti del male papà, ma tu non avresti mai dovuto scegliere lei invece di me. Mi dispiace tanto, non potrai mai avere dalla mamma quello che volevi… il suo amore, e adesso non hai più neanche il mio >> disse Juliet incenerendo il suo cuore.
 
Albert morì, mentre stringeva tra le braccia sua moglie. Juliet, si avvicinò alla madre e strappò il cuore dal petto anche a lei.
 
<< Avresti dovuto amarmi, essere una madre per me… ma non lo sei mai stata e a questo punto tu non mi sei più di alcuna utilità. Non temere mamma, mi prenderò io cura del tuo bambino… lo ucciderò, esattamente come ho ucciso l’altro bambino, come ho ucciso Sylvia Mccullough, come ho ucciso papà e come ucciderò te >>.
 
<< Juliet, ti prego… >>.
 
Juliet però non mostrò pietà alcuna neanche per la madre. Senza alcuna esitazione ridusse il suo cuore in cenere e poi, con una sfera di fuoco, incendio i corpi dei suoi genitori, illudendosi di aver appena vinto la guerra. In realtà, era appena iniziata.
 
 
 
 
 

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Capitolo 29
*** The last move - part 1 ***


The last move – part 1
 
Annabelle era appena tornata in vita. Lentamente il suo viso riprese colore, come anche i capelli, le labbra tornarono rosse non più viola e il corpo divenne più caldo, segno che il sangue aveva ricominciato a circolare nelle sue vene. Annabelle provò a sollevare il busto per mettersi a sedere ma la sua testa cominciò a bruciarle e lei dovette stendersi nuovamente a terra.
 
<< Porca miseria… dimentico sempre questa parte >> disse Annabelle sfiorandosi la fronte con le dita.
 
L’incantesimo di resurrezione non era facile come tutti credevano, né prima né dopo, soprattutto dopo e ogni volta che lo eseguivi diventava sempre più doloroso. Il corpo faceva sempre più fatica a riacquistare energia e anche solo respirare le procurava un grande dolore al petto. La testa le bruciava in maniera impensabile, le lacrimavano gli occhi e infatti non riusciva a tenerli aperti più di qualche secondo e le faceva male il collo.
 
<< Ho fatto solo quello che è necessario… >> disse Annabelle in un flebile sussurro.
 
Dopo un po’ di minuti, il bruciore alla testa cominciò finalmente a diminuire e lei fu almeno in grado di mettersi a sedere, poggiano la schiena al balcone. Volse leggermente lo sguardo verso il cadavere di Stefan e sorrise con soddisfazione.
“Si, vale la pena patire tutto questo dolore”, pensò Annabelle.
Chiuse gli occhi, mentre un lieve venticello cominciò a soffiarle sul viso. Era il primo momento di tranquillità che viveva da molto tempo, anche se aveva il corpo tutto indolenzito e una compagnia pessima, non che morta.
A un certo punto la porta del balcone si aprì e Annabelle aprì gli occhi, vedendo che sua sorella Juliet stava venendo verso di lei, vestita con un vestito verde smeraldo, con il corpetto aderente e la gonna a palloncino, uno scalda cuore nero, le calze nere strappate in diversi punti e degli stivaletti bassi. Camminava a passo sicuro e fiero, come una guerriera appena tornata da un campo di battaglia, come se avesse appena ottenuto tutto ciò che aveva desiderato in tutta la sua vita.
 
<< Siamo felici, vedo >> commentò Annabelle con la sua solita freddezza.
 
<< Oh, sorella, non puoi immaginare >> disse Juliet inginocchiandosi davanti alla sorella.
 
Annabelle scrutò attentamente con i suoi occhi verdi la sorella. Juliet uno sguardo folle sul viso, i suoi occhi brillavano di una luce sinistra e tutto il corpo tremava, sicuramente non per il freddo.
“Deve aver combinato qualcosa di grosso”, pensò Annabelle senza far trapelare la sua preoccupazione. Juliet stava cominciando a farle paura, ma non poteva lasciarglielo capire, doveva mantenere il suo leggendario sangue freddo.
<< Che cos’hai combinato, Juliet ? >> chiese Annabelle saltando qualsiasi altro convenevole.
 
<< Oh sorella… >> disse Juliet accarezzandole i capelli <<… avresti dovuto vederla. Era così bella nel suo abito rosso, i suoi capelli non mi sono sembrati mai tanto dorati e la sua pelle mai tanto morbida… era così bella… così bella… >>.
 
Annabelle cominciava a preoccuparsi ma faceva di tutto per restare calma. Sua sorella ora cominciava davvero a farle paura e inoltre tutte quelle frasi sconnesse, apparentemente prive di significato, in realtà, stavano cominciando a rivelarle una verità che forse non voleva sapere.
 
<< Che cos’hai fatto a mia madre ? >> chiese Annabelle quasi ringhiando come un animale.
 
<< Tua madre ? Non sei appena morta solo per farle dispetto ? Per uscire fuori dai giochi ? Sapevo che non l’avresti fatto, sapevo che non ti saresti lasciata morire. >> disse Juliet continuando ad accarezzarle i capelli.
 
<< Quello che io ho fatto e perché, non è affar tuo. Ciò che tu hai fatto a mia madre invece mi riguarda e voglio sapere ogni cosa >> disse Annabelle scostandole la mano dai capelli.
 
<< Perché continui a respingermi ? Non è più necessario che tu lo faccia, non è più necessario che tu stia lontana da me. >> disse Juliet accarezzandole la guancia.
 
<< Che cosa vorresti dirmi ? >> chiese Annabelle allontanando nuovamente la mano della sorella.
 
<< Abbiamo tante cose da dirci Annie. Non qui, però >> disse Juliet.
 
Annabelle stava per chiederle cosa volesse dire, ma Juliet fu più veloce, le prese la mano e portò entrambe nella sua camera. Annabelle era sdraiata sul letto di Juliet, con la testa poggiata sul cuscino e Juliet era seduta vicino a lei e continuava ad accarezzarle i capelli.
 
<< Mmm… non mi piaci molto così >> commentò Juliet raccogliendole tutti i capelli e cominciando a farle una treccia.
 
Annabelle rimase in silenzio, osservando la camera di Juliet, aspettando che l’altra cominciasse a parlare. Non era mai stata nella camera di sua sorella, neanche una volta. Era una stanza abbastanza grande, con le pareti verde smeraldo. Sulla parete di fronte al letto, c’era la porta sul lato destro, mentre sul lato sinistro c’era la toilette con i profumi, i trucchi e alcuni accessori per i capelli sparsi davanti allo specchio, sporco di alcune impronte di dita e accanto alla toilette c’era uno specchio molto alto, con la cornice in oro.
Sulla parete di destra invece c’erano la porta per il bagno in camera e la cabina-armadio, sull’altro lato c’era una grande scrivania con sopra il Grimorio e altri libri e la porta per il balcone. Il letto di Juliet, che si trovava vicino alla parete centrale, era un letto a una piazza e mezzo, con una morbida parure color verde chiaro e accanto c’era un comodino con sopra alcuni braccialetti e un abatjour e ovviamente, c’era anche sua sorella che le stava legando i lunghi capelli biondi nella sua solita treccia.
Juliet aprì un cassetto del comodino e prese un elastico, con cui legò la treccia.
 
<< Dovrei ringraziarti adesso ? >> le chiese Annabelle mentre continuava ad osservare la stanza.
 
<< Ti piace la mia cameretta Annie ? Avrei tanto voluto che la vedessi in circostanze migliori, ma la mamma ha fatto di tutto per tenerci separate. Ora invece potremo essere davvero sorelle, senza che nessuno ce lo impedisca >>.
 
<< Non voglio una sorella una che non mi dice la verità. Voglio sapere cos’hai fatto a mia madre e lo voglio sapere adesso >> disse Annabelle alzando la voce, poiché stava per perdere la pazienza.
 
<< Oh andiamo, ti sei fidata della mamma, che non ha fatto altro che mentirti, su ogni cosa. Anche su tuo padre >>.
 
<< Che cosa sai su mio padre ? O meglio, che cosa credi di sapere ? Tu non sai nulla, Juliet, questa è la verità >> ribatté Annabelle trattenendo a malapena la rabbia che stava aumentando sempre di più nel suo cuore.
 
Juliet le sorrise con pazienza, come un adulto sorride a un bambino che non riesce a comprendere qualcosa anche dopo che essa gli è stata spiegata.
 
<< Come ho detto prima… abbiamo molte cose da raccontarci stanotte. >>.
 
Juliet si alzò in piedi e si diresse davanti allo specchio alto, poggiando una mano sul vetro e osservando con adorazione il suo riflesso.
 
<< Sono felice sai ? Di non aver ereditato gli occhi verdi tipici di questa famiglia. Sono solo un altro indizio del fatto che io sono diversa da tutti voi, in ogni senso. Nessuno di voi, a parte forse papà, mi ha davvero voluta bene, nessuno di voi. Sono sicura che se avessi avuto gli occhi verdi la mamma forse mi avrebbe amata di più, ma ormai non m’importa. Questi occhi hanno visto e scoperto cose che a volte non mi facevano dormire la notte… >>.
 
INIZIO FLASHBACK
 
Una giovane Juliet di undici anni stava giocando con delle bambole in mezzo al corridoio del secondo piano. A un certo punto sentii il rumore dei tacchi a spillo di sua madre e, sapendo che Anastasia non voleva che lei giocasse in mezzo al corridoio, prese velocemente le sue bambole e si nascose dentro la stanza più vicina, lasciando la porta leggermente aperta per poter spiare sua madre. Anastasia arrivò poco dopo, con indosso un lungo vestito rosso stretto e le scarpe rosse con il tacco a spillo ai piedi, e si dirigeva verso lo studio di Albert. Juliet osservò la madre finché non entrò nella stanza e a quel punto, silenziosamente, uscì dalla stanza e si avvicinò alla porta dello studio di suo padre. Appoggiò l’orecchio alla porta e rimase ad ascoltare.
 
<< Albert, io non so ancora se ce la faccio ad affrontare un nuovo sortilegio. L’ultimo mi ha distrutto, giuro >> disse sua madre.
 
Juliet poteva perfettamente capire dal suo tono che stava piangendo, anche se non poteva vederla.
“Il mio obbiettivo era proprio quello, mammina, distruggerti”, pensò Juliet con un ghignetto malefico.
 
<< Lo so Ana, è stato devastante per tutti noi, ma dobbiamo provarci di nuovo. Finalmente siamo vicini dal vincere la guerra e avere ogni cosa. Vendetta, potere, gloria, riscatto… abbiamo combattuto per molto tempo e fatto troppi sacrifici, per poterci arrendere proprio adesso >> disse suo padre con il suo solito stoicismo.
 
<< Non parlare a me di sacrifici, è da tutta una vita che ne faccio. Ho sacrificato tanto e ho perso l’amore della mai vita >> disse sua madre con tono isterico.
 
“Io, Io, Io… sempre e solo lei. Egoista”, pensò Juliet con disprezzo.
 
<< Se per “amore della tua vita” intendi Michael, ti ricordo che non sei stata tu a rinunciare a lui, ma lui ti ha abbandonata, perché non sopportava l’idea di avere una figlia snaturata. Te lo ricordi ? >>.
 
<< Sei spregevole e maleducato, Albert ! >>
 
Juliet si alzò in piedi e abbassò lentamente la maniglia della porta, aprendola solo un pochino per poter sbirciare cose accadeva nella stanza. Anastasia era seduta su una piccola poltroncina davanti al camino acceso, mentre suo padre era in piedi davanti al camino, con un bicchiere in mano pieno di qualche liquido.
 
<< Non sono io ad essere spregevole, è le verità ad essere spiacevole e tu testarda perché, dopo tanti anni, ancora non vuoi accettarla. Michael ti ha abbandonata, ha abbandonato te e Annabelle. Era un De Verdant ma non è riuscito ad accettare i nostri… modi di fare e se l’è data a gambe perché non riusciva a prendersi le proprie responsabilità >>.
 
<< Taci >>.
 
<< Si è rifatto una vita, lontano da te, con un’altra donna. Hanno avuto dei bellissimi bambini, che a loro volta hanno avuto dei bambini… lo sai che uno di loro ha sposato Anna ? La madre di Stefan ? Che buffo, il padre di Claire ha nel sangue la discendenza dei De Verdant. Non hai mai notato che il colore e la forma degli occhi di Claire e Juliet sono identici ? >>.
 
Anastasia alzò il viso di scatto e Juliet poté chiaramente vedere che era bagnato dalle lacrime, mentre le sue labbra rosse e carnose tremavano dalla rabbia e dal rancore, come tutto il suo corpo.
 
<< Che buffò vero ? >> continuò Albert senza alcuna pietà << Alla fine il cerchio si conclude sempre allo stesso modo. Le tre famiglie di maghi che sono stati maledetti dalla natura, uniti dal destino e separati dalla morte. È così seccante vero ? >> chiese Albert voltandosi verso la moglie.
 
<< Che cosa vuoi da me ? Albert ? >> chiese Anastasia alzandosi dalla poltrona e avvicinandosi a lui per fronteggiarlo.
 
<< Voglio che tu finalmente riesca a separarti dalle ombre del tuo passato. Abbiamo ucciso Frederick proprio per questo, per poter ricominciare ma non saremo mai in grado di farlo se prima le altre famiglie non saranno estinte e l’unico modo per farlo è dare inizio ad un nuovo Rituale, è l’unico modo per riavere in gioco tutte le persone che ci servono morte e una volta liberi dalla maledizione, io avrò quello che voglio e tu quello che vuoi, ma per farlo devi lasciare andare il passato >>.
 
<< E se non volessi lasciarlo andare ? >>.
 
<< Allora possiamo fermarci anche adesso, perché ora come ora, il futuro è l’unica cosa a cui possiamo aspirare. Cambiare il passato è impossibile, lo sai bene quanto me >>.
 
<< Sei senza cuore, Al. Ignori il mio dolore, mi dici queste cose orribili e… >>
 
Juliet chiuse lentamente la porta e poi andò via, poiché riteneva i piagnistei di sua madre tremendamente noiosi e poi perché aveva già ascoltato la parte più importante. Silenziosamente prese le sue bambole e tornò in camera, desiderosa più che mai di prendere il suo diario e scrivere quanto aveva appena scoperto.
 
FINE FLASHBACK.
 
Annabelle non riusciva a credere a quelle parole. Suo padre aveva abbandonato la sua famiglia per crearsene un’altra ? La quale aveva tradito il suo ramo di discendenza unendosi a una famiglia nemica ? Per Annabelle fu molto più arduo questa volta rimanere fredda e impassibile, ma lo doveva fare o Juliet avrebbe avuto la soddisfazione di vederla perdere il controllo. Annabelle non aveva mai provato affetto per suo padre, o dispiacere, niente. Per lei suo padre era morto quando aveva saputo che le aveva voltato le spalle, ma adesso, sapere che lui era andato avanti, diventando padre di altri bambini, le faceva male e molto. Doveva ammettere che aveva avuto il sospetto quando Juliet era nata e aveva visto che aveva gli occhi identici a Claire ma poi aveva preferito, come una stupida, non darci peso. All’improvviso aveva capito perché sua madre odiava Claire a tal punto da ucciderla, per poi far accusare Damon Salvatore. Claire era l’ultima discendente vivente di Michael, l’uomo che le aveva spezzato il cuore.
 
<< Io non credevo che sarebbe stato così semplice sai ? Forse perché mi consideravo molto più importante per questa famiglia di quanto non lo sia mai stata in realtà ma alla fine nessuno mi notava mai. Io vi camminavo davanti, mi fermavo davanti alla porta aperta delle vostre camere, i vostri specchi vi mostravano il mio riflesso quando vi specchiavate, i miei passi si facevano sempre più rumorosi quando mi avvicinavo a uno di voi… ma nessuno riusciva a vedermi, ero un fantasma, ma alla fine sono riuscita a trovare il lato positivo di tutto questo >> disse Juliet cominciando a giocare con un riccio scuro.
 
 
Annabelle continuava a non dire niente perché, suo malgrado, voleva continuare ad ascoltare quello che la sorella aveva da dire, poiché sua madre aveva avuto molti segreti anche con lei. Segreti che non le aveva mai voluto rivelare.
 
<< Ho scoperto tutti i segreti che si celavano tra queste mura e li ho usati contro di loro >> disse Juliet.
 
INIZIO FLASHBACK
 
Una Juliet di quindici anni, era appena sgattaiolata dentro lo studio di suo padre per poter dare un’occhiata al suo Grimorio. Aveva già imparato tutti gli incantesimi del Grimorio di sua madre e adesso era curiosa di vedere se suo padre aveva qualche incantesimo da poterle insegnare. Il Grimorio era sulla scrivania, per si sedette sulla sedia davanti alla scrivania e aprì il Grimorio. Juliet sfogliò le pagine del libro per un po’, fin quando non trovò la rappresentazione di una chiave lunga, argentata, decorata con dei rubini  in una pagina. Juliet, la quale passava molto più tempo con suo padre rispetto ad Anastasia e Annabelle, aveva riconosciuto subito che quella non era una semplice rappresentazione e che si era appena imbattuta in uno degli oggetti nascosti di suo padre. Con un incatesimo, riuscì a prendere la chiave.
 
<< Chissà che porta apre >> pensò ad alta voce.
 
Juliet sapeva che suo padre aveva molti segreti e aveva diversi oggetti nascosti in tutta la casa, ma credeva che lei avrebbe potuto capire che cosa aprisse quella chiave. Del resto se non ci riusciva lei, non ce l’avrebbe fatta nessuno. La scrivania di suo padre aveva tre cassetti sia al lato destro che sinistro e uno grande centrale.
“Magari troverò qualcosa nei suoi diari”, pensò mentre provava ad aprire i cassetti. Erano tutti sigillati con la magia, ma Juliet conosceva l’incantesimo per aprirli. I cassetti di suo padre erano pieni di libricini, boccette d’inchiostro vuote e piccole ampolle ancora vuote. Nel cassetto centrale trovò solo una catenella argentata come la chiave. Juliet prese la catenella, l’aprì e la inserì nella chiave. Questa cominciò a brillare, poi a lievitare e cominciò a tirarla leggermente.
“Penso che dovrò seguirla”, pensò Juliet seguendo la direzione che la chiave le indicava. Alla fine la portò in una stanza situata in una zona della villa dove lei non era mai stata prima. Inserì la chiave nella fessura e aprì la porta. La stanza era piccola, affatto elegante o ben decorata a differenza del resto della villa, con la carta da parati strappata in diversi punti, i mobili pieni di polvere, molti cassettoni, credenze e vetrinette che sembravano sul punto di crollare a pezzi.
 
<< Ok, questa stanza non è elegantissima ma mi piace. Chissà quante cose troverò qua dentro >> disse Juliet chiudendo la porta dietro di sé e cominciando a curiosare per la stanza.
 
Fu lì che scoprì tutti i segreti di suo padre, dal pugnale, alle incisioni su di esso, il nascondiglio del suo cuore e le pagine strappate del diario di sua madre sul secondo rituale, non che la formula per la pozione che aveva usato per fare l’incantesimo di manipolazione sulle menti di Rosalie, Meredith e di tutti i suoi burattini.
FINE FLASHBACK
 
<< Tu non hai proprio idea di dove mio padre aveva nascosto il suo cuore… solo a pensarci mi fa ridere >> disse Juliet scoppiando a ridere.
 
<< Perché ? Dove lo aveva nascosto ? >> chiese Annabelle che mal sopportava l’ilarità dell’altro.
 
<< Lo sai una cosa ? >> continuò Juliet come se la sorella non avesse parlato << Lui una volta mi disse “metti qualcosa sotto gli occhi di tutti e nessuno la noterà”. Aveva ragione il mio vecchio. Aveva nascosto il suo cuore, dentro a un rubino di un anello di Anastasia. Ha dato il suo cuore alla persona che amava di più, traditore >> disse Juliet con rabbia battendo una mano sulla gamba.
 
<< Loro due si amavano, era necessario punirlo per questo ? >> chiese Annabelle alzando un sopracciglio.
 
<< Lui aveva scelto lei e non me >> disse Juliet cominciando a piangere << Lui doveva stare dalla mia parte non dalla sua. Io sono sempre stata la figlia perfetta, gli ho sempre detto quanto gli volessi bene, non ho mai disubbidito, non ho mai alzato la voce… niente e alla fine, lui ha scelto Anastasia. Mi sono sentita tradita, per questo l’ho ucciso >> confessò Juliet estraendo il pugnale dal suo vestito e cominciando a pungersi un dito.
 
Annabelle si mise a sedere di scatto poi afferrò la sorella per il vestito e guardandola dritta negli occhi.
 
<< Che cos’hai fatto ai nostri genitori ? >> le chiese con un sibilo simile a un serpente.
 
Juliet ghignò di nuovo << Ho fatto quello che andava fatto sorellina, li ho uccisi, entrambi, nello stesso momento. Sono morti insieme, l’uno tra le braccia dell’altro e tra un po’ ucciderò anche il bambino. E non ho finito qua. Ho trovato un altro discendente di tuo padre e l’ho trasformato in uno dei miei burattini. Non sei orgogliosa di me ? >> chiese Juliet mentre giocherellava con il pugnale vicino al volto della sorella.
 
Annabelle non le rispose. Con un incantesimo schiantò la sorella contro la porta che crollo a terra, mentre Juliet sbatté la schiena contro il muro. Juliet cominciò a ridere.
 
<< Adesso che quella sgualdrina e quel traditore sono morti, tu sei rimasta sola e io farò di tutto per ucciderti sorellina !! >> disse Juliet alzandosi in piedi e schiantando la sorella contro il muro.
 
Juliet con un incantesimo riparò la porta della camera, sigillandola e poi dandole fuoco.
“Vedremo ora chi ha il cuore di ghiaccio”, pensò Juliet mentre cominciava a correre verso la camera di Annabelle. Era quasi arrivata quando, da uno specchio appeso alla parete, uscì Annabelle che la colpì con un calcio al viso facendola cadere sul pavimento. Juliet le lanciò contro il pugnale ma Annabelle si protesse con un scudo, poi con un dardo di ghiaccio provò a colpire la sorella al cuore. Juliet poggiò una mano sul pavimento e fece modo di passarci attraverso, cadendo al piano di sotto dove c’era il soggiorno.
“Maledizione”, pensò Annabelle mentre si dirigeva verso le scale.
 

 
Matt lanciò un altro colpo con la balestra, questa volta contro Sylvia, ma Magdalene le diede un calcio per spostarla di lato, poi con un incantesimo diede fuoco alla balestra del biondo il quale mollò subito la presa sull’arma. Rosalie combatteva contro Sebastian e Amaury ed era abbastanza forte da riuscire a fronteggiare entrambi contemporaneamente. Claude fronteggiava il ragazzo moro, non senza qualche difficoltà. Il ragazzo moro era davvero molto potente, riusciva a fare incantesimi molto potenti, ma Claude era stato allenato da Sapphire Mon Bijou e quindi anche lui conosceva diversi incantesimi molto potenti che riuscivano a tenere testa a quelli del suo avversario.
Damon stava lottando con una Meredith molto agguerrita, che teneva in mano un paletto di quercia, che si muoveva con agilità e riusciva a difendersi dai suoi attacchi.
Damon aveva capito subito che Meredith non era in sé e che sicuramente i De Verdant le avevano fatto qualche incantesimo per indurla a combattere dalla loro parte.
“Sono sicuri che l’hanno anche torturata”, pensò Damon.
Meredith era molto più magra di quanto ricordasse, inoltre aveva i capelli sciupati, legati in una coda disordinata. Le labbra erano screpolate e gli occhi, oltre ad essere rossi, erano circondati da occhiaie scure come la notte.
 
<< Meredith >> disse afferrandole il polso << Cerca di tornare in te, questa non sei tu >>.
 
Damon slogò il polso della ragazza, la quale urlò dal dolore, ma ne approfittò anche per pugnalare il braccio del vampiro con il suo paletto. Damon ritrasse subito il braccio e diede un calcio allo stomaco alla ragazza. Meredith ne approfittò per pugnalargli anche il ginocchio, poi prese un altro paletto dallo stivale sinistro che indossava e glielo scagliò contro. Damon riuscì ad afferrarlo e a quel punto Meredith estrasse quello dal ginocchio, per non restare completamente disarmata.
Matt nel frattempo si era trasformato in un drago e aveva ricominciato ad attaccare Magdalene, Charlotte e Sylvia. Magdalene si avvicinò a Sylvia, la quale era ancora terra, con le braccia legate e con uno scudo d’acqua riuscì a proteggere entrambe da un getto di fiamme lanciato da Matt.
 
<< Liberami, insieme riusciremo a batterlo più facilmente >> disse Sylvia.
 
<< No, non ci penso nemmeno >> disse Magdalene provando a colpire il drago con un incantesimo, ma non riuscendo a colpirlo.
 
<< Non devi tenermi la mano e farmi le treccine per tutta la vita ma per ora è meglio se collaboriamo o non andremo mai da nessuna parte >> ribatté Sylvia provando a liberarsi con la magia.
 
<< Non mi fido di te >> disse Magdalene provando ad attaccare di nuovo il drago.
 
<< Non voglio scappare, non più. Non senza aver salvato mia cugina >> disse Sylvia osservando intensamente Rosalie, mentre combatteva contro Amaury e Sebastian.
 
<< Mag, non ci pensare. Non abbiamo bisogno di altre preoccupazioni >> disse Charlotte.
 
Magdalene osservò Sylvia per un momento, poi Charlotte e pensò che in fondo la situazione non poteva di certo peggiorare. Con un incantesimo liberò Sylvia dalle catene e poi l’aiuto ad alzarsi. Sylvia era ancora molto debole per cui Magdalene, con un incantesimo, le diede un po’ della sua energia e Sylvia si sentì subito rinvigorita.
 
<< Non farmene pentire >> disse Magdalene con tono minaccioso.
 
<< Non lo farò. Ora sistemiamo quel lucertolone >> disse Sylvia con il suo famoso ghignetto.
 

 
Stefan aprì lentamente gli occhi, mentre il suo corpo cominciava lentamente a tornare in vita. Le pelle stava lentamente riprendendo colore, le labbra si fecero più rosee, il corpo non era più molto freddo e inoltre poteva sentire chiaramente il battito del suo cuore.
“Dio, mi era mancato”, pensò Stefan mentre, con un po’ di difficoltà, si metteva a sedere.
Tornare in vita non era stato per niente semplice, soprattutto dopo aver rivisto sua madre e sua zia e soprattutto perché non aveva voglia di combattere una guerra che aveva causato tanto dolore nella sua vita, ma lo doveva fare, se voleva dare a Claire una vita migliore. Stefan si mise in piedi, reggendosi alla ringhiera del balcone e da lì poté vedere Bonnie, la quale era seduta vicino al cerchio del rituale e si stava pulendo i polsi sporchi di sangue e di terra.
Stefan comparve vicino a lei e le chiese se stesse bene.
 
<< Sono appena tornata in vita, Stefan >> disse Bonnie sorridendo come non faceva da tempo << Non sono mai stata tanto meglio. Mi aiuti ad alzarmi ? >> chiese al ragazzo porgendogli una mano.
 
Stefan annuì. Le prese la mano, poi anche l’altra e l’aiutò a rimettersi in piedi.
 
<< Sei tutta sporca di terra, pupazzo di fango >> scherzò Stefan osservando la ragazza con i jeans sporchi di terra e di erba.
 
<< Pensa per te, sembri un cadavere >> disse Bonnie facendogli una linguaccia.
Stefan rise, una risata che gli veniva dal cuore e non una forzata o finta, solo per mostrare al mondo che non era soltanto un pezzo di ghiaccio. Bonnie rise insieme a lui, poi si voltò verso il cerchio e l’osservò con un po’ di malinconia.
 
<< Non riesco a credere di essere stata una vittima sacrificale nel vero senso della parola. Sapevo del sortilegio da molto tempo e ho avuto molto tempo per abituarmi all’idea della morte ma la cosa più buffa è che io ho sofferto più prima che nel momento del Rituale, perché sentivo che stavo facendo qualcosa di giusto, anche se a un prezzo molto alto >> disse Bonnie pensando a tutto quello che era successo in quei mesi.
 
<< Non pensare al Rituale ormai. È passato e tu sei stata molto coraggiosa perché non ti sei mai tirata indietro. Hai continuato a lottare a testa alta, non ti sei arresa al rituale, hai scelto tu di morire per permettere a un bambino innocente di nascere e questo è un gesto meraviglioso >> disse Stefan poggiando una mano sulla spalla della ragazza.
 
<< Grazie >> disse Bonnie mentre una lacrima le scendeva lungo la guancia.
 
Bonnie l’asciugò in fretta perché non voleva che l’altro la vedesse. Poi strinse le braccia al petto e si rivolse al ragazzo.
 
<< Ora cos’hai intenzione di fare ? Con Elena intendo >> disse Bonnie osservando attentamente Stefan.
 
<< Crescerò Claire e se vorrà potrà fare parte della sua vita, ma non so se sono ancora pronto a tornare insieme a lei. In questi mesi ho scoperto così tante cose e sono cambiato molto. Non voglio cominciare qualcosa se prima non sono sicuro che lo voglio davvero e se sono pronto a lasciarmi completamente il passato alle spalle >> rispose Stefan con sincerità.
 
<< Non credi che dovresti smettere di scappare da lei e perdonarla ? Lei non ama Damon, ama te. Lo ha sempre fatto e… >>
 
<< Questa non è una storia d’amore, Bonnie. Non è il momento giusto di parlare di sentimenti >>.
 
Bonnie stava per ribattere quando improvvisamente tutti i vetri delle finestre di Villa de Verdant che davano sul giardino esplosero.
 
<< Ma che diamine… >> esclamò Bonnie.
 
<< Andiamo >> disse Stefan correndo verso la villa.
 
Bonnie lo seguì ma quando furono vicino alle finestre esse scomparvero, così come anche la porta rossa sul retro.
 
<< Ne ho abbastanza di questa storia !! >> esclamò Stefan con rabbia mentre faceva esplodere il muro con la magia.
 
Bonnie era dietro di lui, pronta a guardargli le spalle nel caso in cui uno dei De Verdant avesse deciso di fare qualche attacco a sorpresa, ma fortunatamente non arrivò nessuno. Stefan riuscì a distruggere il muro e anche la barriera protettiva che proteggeva la casa e dopo che la polvere davanti a loro si dissolse, entrambi videro che il ragazzo aveva appena distrutto il muro del soggiorno e che lì, c’erano anche Juliet e Annabelle che si voltarono verso di loro e li guardarono, la prima con un’espressione da folle e la seconda con indifferenza.
 
<< Bene, bene, ora si che comincia il divertimento >> disse Juliet provando a colpire gli altri tre con i taglienti frammenti di vetro delle finestre.
 
Annabelle riuscì a ridurli in polvere con un incantesimo, mentre Stefan attivò uno scudo per proteggere lui e Bonnie.
 
<< Non sono più una damigella in pericolo, Salvatore >> disse Bonnie facendo crollare l’enorme lampadario del soggiorno su Juliet.
 
Juliet, che non se lo aspettava, fece appena in tempo a scansarsi prima di essere colpita. Annabelle ne approfittò per fare un incantesimo al pavimento, formando un vortice in modo da risucchiare la sorella e immobilizzarla. Juliet tuttavia fu più veloce e riuscì ad utilizzare l’incantesimo a proprio vantaggio, sprofondando nel pavimento e cadendo giù nelle segrete e cominciando a correre attraverso i vari corridoi.
 
<< Maledetta >> esclamò Annabelle annullando l’ultimo incantesimo.
 
<< Perché Juliet combatte contro di te ? >> le chiese Stefan.
 
<< Perché ha ucciso i miei genitori e vuole uccidere anche noi e il bambino. Con una pozione ha sottomesso le menti dei vostri amici e li ha convinti a combattere dalla vostra parte >> rispose Annabelle.
 
<< Allora dobbiamo fermarla, questa storia deve finire adesso >> disse Bonnie.
 
<< Ti riferisci a mia sorella o alla guerra ? >> le chiese Annabelle.
 
<< A ogni cosa. Troppo dolore ha causato questa guerra, troppo ed è ora di smetterla. Non sei stanca anche tu di tutto questo ? >> le chiese Bonnie avvicinandosi a lei.
 
Annabelle osservò la ragazza davanti a sé, notando quanto effettivamente fosse cambiata. Non era più l’uccellino spaventato e indifeso, ma era diventata una combattente. Il dolore che aveva provato in quei mesi l’aveva temprata e l’aveva resa più forte. Osservò anche Stefan e vide che lo stesso fuoco che infiammava lo sguardo della sua amica era presente anche nei suoi occhi verdi. D'altronde, Stefan era sempre stato un guerriero, anche se aveva smesso di crederlo per un bel po’.
 
<< Così ora voi volete la pace eh ? >> chiese osservando entrambi.
 
<< Si >> risposero entrambi con determinazione.
 
Annabelle sorrise, poi disse << Allora aiutatemi ad uccidere quella stronzetta e poi vi posso assicurare che le nostre strade non s’incroceranno mai più. >>.
 

 
Il drago continuò ad attaccare con le sue fiamme, ma Sylvia, Charlotte e Magdalene riuscivano a difendersi dai suoi colpi e Sylvia riuscì anche a ferirgli un’ala, facendo emettere al drago un verso stridulo di dolore.
 
<< Ce l’abbiamo quasi fatta, dobbiamo solo capire come immobilizzarlo >> disse Magdalene.
 
<< Solo ? Da come lo dici la fai sembrare un’impresa facile >> commentò sarcasticamente Charlotte.
 
Nel frattempo Claude aveva provato a colpire il ragazzo moro con un fulmine, ma questi lo risucchio e poi lo scagliò contro Charlotte, la quale si stava difendendo da un altro attacco del drago e che quindi non fece in tempo a difendersi. Il fulmine la scagliò diversi metri lontano dal campo di battaglia, con il corpo quasi del tutto ustionato e ormai senza vita.
 
<< Noooo !! >> urlò Magdalene osservando impotente la scena.
 
Claude, il quale si era distratto per guardare Charlotte, fece appena in tempo ad evitare un secondo fulmine scagliato dal ragazzo moro.
“Ha ucciso Charlotte solo per distrarmi”, pensò Claude con rabbia.
Nel frattempo Sebastian e Amaury continuavano a combattere contro Rosalie, la quale li aveva appena rinchiusi dentro a un cerchio di fuoco. Sebastian la spense, ma nel frattempo Rosalie aveva immobilizzato Damon con la magia, dando a Meredith l’occasione giusta per scagliare un paletto dritto nel petto di Amaury, uccidendolo. Sylvia e Magadalene si scambiarono uno sguardo.
“Fa quello che devi fare”, dicevano gli occhi della rossa.
“Non preoccuparti”, dicevano gli occhi scuri di Sylvia.
Rosalie era riuscita a immobilizzare Sebastian, dopo che il ragazzo si era distratto per piangere sul corpo dell’amico e a quel punto Sylvia ne approfittò per scagliarla lontano con un incantesimo e poi liberare Sebastian.
 
<< Adesso stai dalla nostra, mora ? >> chiese Sebastian asciugandosi le guance.
 
<< Non sono mai stata io il vostro nemico >> rispose Sylvia attaccando Rosalie.
 
<< E chi allora ? >> chiese Sebastian creando uno scudo per difendere lui e la ragazza da un altro attacco da parte di Rosalie.
 
<< I segreti, i segreti di un cuore addolorato ci hanno portato alla guerra. Se le nostre famiglie fossero state più sincere l’una con l’altra, provando a dialogare e non a imporre le proprie idee con la forza, adesso non saremmo qui e non avremmo mai sofferto così tanto >> disse Sylvia.
 
Sebastian non disse più nulla. Non era il momento per discutere su chi fosse il responsabile di cosa, quello era il momento di combattere e non erano ammesse distrazioni.
Magdalene liberò Damon dall’incantesimo di Rosalie e a quel punto il vampiro fu in grado di difendersi da un altro attacco di Meredith.
 
<< Miss Inquietudine, è il arrivato il momento di tornare in te >> disse Damon.
 
Meredith a quel punto afferrò una piccola boccetta di vetro che aveva nella tasca e gliela tirò in viso.
“Verbena”, pensò il vampiro.
Meredith ne approfittò per provare a colpirlo di nuovo ma fu fermata da Sylvia la quale le fece perdere i sensi con un incantesimo.
 
<< Non c’è bisogno di ringraziarmi >> disse Sylvia con sarcasmo.
 
<< Non lo avrei fatto comunque >> disse Damon avvicinandosi a Magdalene per aiutarla contro il drago.
 
“Mia sorella ha davvero un gusto strano in fatto di ragazzi”, pensò Sylvia.
 

 
<< Questa Villa è enorme e nasconde molti passaggi segreti, è come un labirinto, se non peggio e Juliet lo conosce meglio di me. Trovarla non sarà affatto facile >> disse Annabelle dirigendosi verso l’uscita del soggiorno.
 
<< Fantastico, ora dobbiamo anche giocare a nascondino con Juliet >> commentò Stefan con sarcasmo.
 
<< Stefan, la situazione non piace neanche a me, ma in questa villa ci sono due bambini indifesi e Juliet potrebbe nuocere a entrambi >> disse Annabelle.
 
<< È vero, qui c’è anche Elena e Juliet potrebbe farle del male ! >> esclamò Bonnie con preoccupazione.
 
<< Già, lei è il prossimo bersaglio. Lo so perché sotto il soggiorno ci sono le segrete ed è lì che si trova Elena >> disse Annabelle.
 
<< Allora non abbiamo più tempo da perdere >> disse Stefan.
 
Bonnie e Annabelle annuirono poi la bionda creò un buco nel pavimento che portava alle segrete. Stefan e Bonnie saltarono per primi, seguiti da Annabelle che poi chiuse di nuovo il passaggio. Annabelle indicò la direzione per le segrete e i tre cominciarono a correre in quella direzione. Poi attraversarono i vari corridoi ma non videro Juliet da nessuna parte. Annabelle li guidò fino alla cella di Elena ma quando arrivarono, videro che era aperta e che Elena era sparita.
<< Cazzo ! >> esclamarono Bonnie e Annabelle con rabbia.
 
<< Linguaggio >> la rimproverò Stefan debolmente.
 
Annabelle e Bonnie lo fulminarono con lo sguardo, ma preferirono non dire nulla per non dare inizio a un litigio.
 
<< Dove pensi che sia adesso ? >> chiese Stefan ad Annabelle.
 
Annabelle non rispose, continuò ad osservare la cella, alla ricerca di un qualunque indizio, fino a quando non individuò sul pavimento, un foglietto di carta rosso.
 
Annabelle lo prese e poi lo lesse ad alta voce << “Il cuore di Stefan si trova dove tutto è iniziato. Nel luogo dove l’ha perso adesso lo ritroverà, forse” >>.
 
Annabelle e Stefan si scambiarono uno sguardo, che Bonnie non comprese, fin quando entrambi non dissero contemporaneamente << La Stanza Rossa >>.
 

 
Juliet si trovava nella Stanza Rossa, seduta al tavolo e stava giocando con la scacchiera che un tempo era appartenuta alla madre, con i pezzi rossi al posto di quelli neri e con la scacchiera rotonda invece che quadrata. Prese in mano la Regina Rossa e la pose al centro.
 
<< Regina al centro >> disse con tono annoiato.
 
Elena Gilbert era legata a terra, vicino a lei, con la bocca imbavagliata e cercava di liberarsi.
 
<< È inutile che provi a liberarti, più proverai a farlo e più le corde ti stringeranno i polsi >> disse Juliet prendendo in mano un pedone << Non mi sei mai stata simpatica, con quei brutti capelli biondi mi ricordi tanto una persona che odio con tutta me stessa, ma non potevo non farti assistere alla morte del tuo bel fidanzato >> disse la mora voltandosi verso l’altra ragazza con un sorrisetto.
 
Juliet si alzò, si chinò verso Elena e le tolse il panno che le impediva di parlare.
 
<< Tu non vincerai >> disse Elena.
 
Juliet sorrise, poi le accarezzò i capelli biondi, come aveva fatto prima con la sorella e disse << Io vincerò, mi manca un’ultima mossa e poi vincerò >>.
 
<< Ti sbagli di grosso, sorellina >> esclamò Annabelle che era appena arrivata, insieme a Stefan e Bonnie.
 
<< Juliet, allontanati subito da lei >> le ordinò Stefan.
 
“Che lo spettacolo continui”, pensò Juliet, pregustando la sua vittoria.
“Questa volta non mi sfuggirai”, pensò Annabelle, la quale, non appena vide i corpi privi di vita dei suoi genitori, fu infiammata dal desiderio di vendetta.
 
<< Voi non mi farete del male, voi non siete come me. Voi siete quel tipo di persone che passano la maggior parte della vita  rinnegare l’oscurità che c’è dentro di loro. Io no, io ho abbracciato la mia oscurità e non ho paura di uccidere nessuno di voi. >> disse Juliet sigillando tutte le porte della stanza rossa, in modo che nessuno potesse scappare.
 
<< Questo non significa che ti lasceremo vincere, Juliet >> disse Bonnie.
 
<< Bene >> disse Juliet preparandosi ad attaccare.

 
 
 

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Capitolo 30
*** The last move - part 2 ***


THE LAST MOVE - PART 2 

Nove mesi fa Bonnie non avrebbe mai immaginato che si sarebbe trovata a dover fronteggiare una pazza assassina come Juliet e immaginava che fosse lo stesso per Stefan e Annabelle. La rossa volse lo sguardo verso i corpi privi di vita di Anastasia e Albert De Verdant e provò un forte dispiacere per Annabelle. La sua famiglia le aveva fatto molto male ma capiva il dolore che in quel momento doveva provare la bionda, lo aveva passato lei stessa e anche lei per mano di sua sorella. Non sapeva che tipo di rapporto ci dovesse essere tra Juliet e Annabelle, ma era convinta che fosse molto simile a quello che c’era tra lei e Sylvia, quasi del tutto inesistente e non per colpa loro. Si voltò nuovamente verso Juliet e l’espressione maligna sul suo viso la fece lievemente tremare.
“Com’è possibile che in una persona ci possa essere così tanta oscurità ?”, si chiese.
Juliet con un incantesimo cominciò a far girare la stanza e a Bonnie parve di essere salita su una di quelle giostre che ruotano velocemente al Luna Park, ovvero quelle che odiava di più e sulle quali cercava di non salire mai. Juliet fece levitare il tavolo, le sedie intorno ad esso e anche diversi vasi che erano sparsi per la stanza e cominciò a scagliarli contro di loro. Stefan e Bonnie si difesero con degli scudi, Annabelle invece con un incantesimo fece ruotare a suo piacimento la stava e di conseguenza il tavolo, che era indirizzato a lei, per poco non colpì Juliet in pieno.
 
<< Vedo che almeno uno di voi sa come farmi divertire un po’ >> commentò Juliet con un sorriso sadico.
 
Stefan, con un gesto della mano, colpì con forza il pavimento, emettendo una lieve onda viola che tuttavia fu sufficiente per immobilizzare Juliet.
 
<< Ok >> disse poi << Uno di noi deve abbandonare la stanza e portare via Elena con sé >>.
 
<< Va bene, lo faccio io >> si offrì Bonnie << Ma vi prometto che tornerò non appena la porterò fuori di qui. Annabelle, puoi suggerirmi un modo per uscire di qui velocemente ? >>.
 
<< C’è un solo modo per uscire di qui. Mia madre per l’evento di questa sera ha chiuso tutto i passaggi segreti per impedire qualsiasi fuga, l’unico passaggio ancora aperto è quello attraverso lo specchio in camera sua. >> le rispose Annabelle.
 
<< Ok, dove si trova la sua camera ? >> le chiese Bonnie.
 
<< Al secondo piano, sali le scale e vai a destra, la riconoscerai subito, la porta è decorata da molti rubini, impossibile non notarla, ma ora sbrigati. L’incantesimo non reggerà a molto >> disse Annabelle notando che Juliet riusciva già a muovere le dita della mano sinistra.
 
Bonnie corse velocemente verso Elena e insieme sparirono e la strega le materializzò davanti alle scale per andare al secondo piano. Delicatamente, Bonnie prese il braccio di Elena e lo portò dietro alle spalle, aiutandola a mettersi in piedi.
 
<< Ci sei ? >> chiese alla bionda, che si toccava il ventre dolorante.
 
<< Ce la devo fare, andiamo >> disse Elena aggrappandosi fortemente all’amica.
 
Bonnie sorrise per la determinazione dell’amica e poi insieme cominciarono a salire le scale. Elena sentiva dolore per tutto il corpo, soprattutto al ventre e alla schiena e le gambe le tremavano ma strinse i denti e continuò a salire le scale. Doveva sopportare il dolore se voleva salvare il bambino che portava in grembo. Sarebbe stata una delle poche cose giuste che avrebbe fatto nella sua vita.
Nel frattempo, Juliet si era liberata dall’incantesimo di Stefan e aveva cercato di raggiungere Bonnie e Elena, ma Annabelle l’attaccò con uno dei suoi famosi dardi di ghiacciò e riuscì a graffiarle un braccio.
 
<< Dove vai ? Scappi come una codarda ? >> disse Annabelle con tono di sfida.
 
<< Nient’affatto, cambio solo campo di battaglia >> rispose Juliet con un sorriso sibillino.
 
Stefan e Annabelle la guardarono senza capire, ma Juliet con prese una piccola ampolla con della polvere nella tasca, la prese e la soffiò intorno alla stanza. A un certo punto il soffitto cominciò a crollare su di loro e Stefan e Annabelle attivarono degli scudi per difendersi. A un certo punto anche il pavimento cominciò a tremare e poi a crollare. Stefan e Annabelle continuavano a proteggersi con gli scudi, ma il soffitto sembrava che non smettesse mai di crollare.
 
<< Dio, non credevo che fosse in grado di farlo >> disse Annabelle cercando di rimanere in perfetto equilibrio.
 
<< Che cosa non credevi fosse in grado di fare ? Che diamine sta succedendo, Annabelle ? >> chiese Stefan, il quale non riusciva a capire cosa stesse succedendo.
 
<< Ci ha rinchiuso un’illusione, Stefan, ecco perché non riusciamo a vederla. Nel momento in cui ha sparso quella polvere nella stanza ha chiuso le nostre menti e il nostro corpo in questo posto. >> disse Annabelle con frustrazione.
 
<< Ti prego, dimmi almeno che sei già stata in una situazione del genere >> disse Stefan cominciando a maledire mentalmente Juliet in tutte le lingue del mondo.
 
<< Se vuoi posso aiutarti ad addolcire la pillola >> rispose Annabelle con sarcasmo.
 
L’espressione furiosa di Stefan fu abbastanza convincente da non farla parlare ma non troppo dall’evitare di ghignare. Nel frattempo Juliet era riuscita ad arrivare indisturbata al piano di sopra. Velocemente arrivò in camera di sua madre ma vide che non c’era nessuno.
 
<< Maledizione >> esclamò con rabbia, distruggendo lo specchio in mille pezzi.
 
Stava per uscire dalla stanza quando avvertì una morsa che le stringeva la gola. Bonnie si era nascosta dietro la porta, subito dopo aver messo in salvo Elena, sapendo che Juliet aveva sicuramente un asso nella manica e che appena avrebbe potuto, avrebbe cercato di raggiungerle e a quanto pare non si era affatto sbagliata.
 
<< Tu… la devi smettere !! >> urlò Bonnie scagliando Juliet fuori dal balcone della stanza della madre, che affacciava al giardino interno.
 
Juliet urlò, non riuscendo a liberarsi dalla morsa e neanche ad evitare l’impatto doloroso con la schiena sul prato. Bonnie si affacciò al balcone, per vedere le sue condizioni ma non perché fosse preoccupata per le sue condizioni, sapeva che Juliet avrebbe saputo come sopravvivere a un impatto così violento, ma voleva comunque assicurarsene. Non voleva diventare un’assassina. Quando si rese conto che Juliet, seppur con grande dolore, riusciva a muovere il viso e leggermente le braccia, corse velocemente verso i sotterranei per aiutare i suoi amici, sperando di non essere arrivata troppo tardi. Per evitare che Juliet apparisse da un momento all’altro e che potesse attaccarla, indossò l’anello e si rese invisibile, dirigendosi velocemente verso la Stanza Rossa.
 

 
“Se continuiamo in questo modo, non andremo da nessuna parte”, pensò Damon mentre continuava a guardare le spalle a Magdalene che provava a sconfiggere Matt-dragon, come il vampiro lo aveva soprannominato nella sua testa.
 
<< Ok, non possiamo continuare così, stiamo solo perdendo tempo !! >> esclamò il vampiro con frustrazione.
 
<< Hai in mente un piano, per caso ? >> chiese Magdalene che aveva quasi completamente esaurito le forze.
 
<< Forse. Dobbiamo trovare un modo di immobilizzarlo o almeno di trasformarlo in umano e cercare di obbligarlo a restare in quella forma. Tu hai in mente un incantesimo del genere ? >> chiese Damon.
 
<< Perché non possiamo ucciderlo ? Per caso conoscevi quel ragazzo ? >> gli chiese Magdalene.
 
<< Era un amico, più o meno e non posso lasciarlo morire. Sono già morte troppe persone stanotte >> disse Damon.
 
<< Ok, allora userò un incantesimo per immobilizzarlo, ma per farlo, ho bisogno che sia abbastanza vicino, per cui ho bisogno di qualcosa che lo attiri verso di me >>.
 
<< Non c’è problema >> rispose Damon con il suo tipico sorriso << Sono diventato bravo ad attrarre draghi >>.
 
Subito dopo aver detto questo, Damon si trasformò in un corvo e cominciò a volare vicino al drago, il quale fu cominciò subito a volare dietro di lui.
“Geniale”, pensò Magdalene.
Nel frattempo Sebastian e Sylvia continuavano a combattere contro Rosalie. Sylvia non sopportava di vedere la sua amata cugina in quelle condizioni, con gli occhi privi di vitalità, vuoti, che si muoveva come un automa, priva di libero arbitrio. Rosalie usò su di loro il dominio del sangue, ma sia Sebastian che Sylvia riuscirono a contrastarlo anche se anche loro erano quasi allo stremo delle forze.
 
<< Non resisteremo ancora a lungo, io ho quasi esaurito la mia magia >> disse Sebastian.
 
<< Pure io, ma credo che la loro energia non dipenda più da loro. Anche se sono allo stremo delle forse, chiunque li sta controllando impedisce loro di fermarsi. Sono dei burattini, niente di più >> disse Sylvia evitando una sfera di fuoco che Rosalie le aveva appena scagliato contro.
 
<< Beh… allora l’unica cosa che dobbiamo fare è fermare il burattinaio. Dobbiamo entrare nella Villa, assolutamente. >> ribatté Sebastian attivando nuovamente uno scudo per proteggere entrambi da un altro attacco di Rosalie.
 
<< E come pensi di entrarci ? Rosalie e gli altri non ci faranno mai passare >> ribatté Sylvia.
 
<< Di certo non possiamo restare qui per l’eternità, guardaci !! Non resisteremo ancora per molto !! >> esclamò Sebastian.
 
Sylvia si morse il labbro inferiore fino a farlo sanguinare. Sebastian aveva ragione, avrebbero potuto combattere contro Rosalie e gli altri all’infinito ma non avrebbero mai potuto sconfiggerli se prima non avessero fermato coloro che tirava i fili della loro volontà. Tuttavia, non riusciva a pensare a un modo per poter entrare nella Villa. Inoltre era sorpresa che i draghi non fossero ancora arrivati per attaccarli, l’unico era quel ragazzo biondo, ma Sylvia era convinta che lui fosse stato scelto tra gli altri solo perché era un caro amico di sua sorella e di Stefan Salvatore, come lo era anche la ragazza con la pelle olivastra, Meredith. Ora che ci pensava, la cacciatrice non si era ancora ripresa dal suo incantesimo, questo probabilmente significava che il “burattinaio” o la “burattinaia” era momentaneamente distratta oppure stava perdendo il controllo sul suo incantesimo. Sylvia sperava tanto che qualunque problema avesse, sarebbe durato abbastanza a lungo da permettere loro di entrare nella villa.
Nel frattempo Damon era riuscito ad attrarre Matt-dragon abbastanza vicino a Magdalene, la quale riuscì ad addormentarlo con un incantesimo e poi, per precauzione, con un altro incantesimo lo immobilizzò con delle catene.
 
<< Meno un altro >> disse Magdalene con voce stanca.
 
<< Riposati per qualche secondo, Rosalie e il ragazzo moro sono impegnati. Comunque il biondo platinato laggiù ha ragione, possiamo combattere contro di loro in eterno, ferirli sempre di più, immobilizzarli ma non potremmo mai sconfiggerli se prima non fermiamo chi li sta controllando >> disse Damon.
 
<< Forse io avrei un’idea, ma devo sapere se gli altri sono d’accordo >> disse Magdalene avvicinandosi a Claude, il quale cominciava a mostrare segni di stanchezza, come tutti loro.
 
<< Claude !! Ormai non possiamo più andare avanti così !! Non ce la faremo mai, qualcuno deve entrare nella Villa e cercare di fermare il burattinaio. >> disse Magdalene.
 
<< Hai ragione, ormai  non riuscirò ad andare avanti ancora per molto e il ragazzo laggiù sa il fatto suo e non è stanco neanche la metà di quanto lo sia in questo momento >> disse Claude tenendo lo sguardo fisso sul suo avversario.
 
<< Beh… ho un piano, ma ho bisogno del tuo aiuto per realizzarlo >> disse Magdalene poggiando una mano sulla spalla di Claude.
 
Claude si voltò verso di lei. Magdalene lo stava fissando con un’espressione stanca, spaventata ma allo stesso tempo determinata. Aveva capito subito cosa voleva che facesse, nonostante sapesse quanto sarebbe stato doloroso.
 
<< Va bene, facciamolo. Dubito che rimangano molte altre carte da giocare >>.
 

 
Stefan e Annabelle erano bloccati nell’illusione, dove il soffitto della stanza rossa crollava loro addosso in maniera incessante, il pavimento continuava a tremare e l’intera stanza a girare.
 
<< La mia testa ormai gira insieme a questa maledetta stanza !! >> urlò Stefan.
 
<< Se ti può consolare, la mia non è messa meglio della tua e se proprio lo vuoi sapere, tra un po’ starai anche peggio >> gli disse Annabelle in tono freddo mentre disattivava il suo scudo.
 
<< Che intendi dire ? >> chiese Stefan.
 
<< Questa è un’illusione, è una trappola per le nostre menti che per il nostro copro, quindi non usciremo da qui fin quando non le avrà sottomesse. Presto comincerà a torturarci e l’unico modo per uscire di qui è concentrarsi e far in modo che l’incantesimo non penetri dentro la nostra testa. >>.
 
<< Perché allora rinchiuderci qui ? Perché non limitarsi a un lavaggio del cervello o roba simile ? >>
 
<< Perché non sarebbe divertente. Lei non vuole distruggere le nostre menti, lei vuole che noi le distruggiamo, vuole che noi ci arrendiamo alla sua illusione, vuole vederci crollare in mille pezzi ma non ci riuscirà >> disse Annabelle con tono freddo e combattivo.
 
Dopo aver detto questo, un grande pezzo di soffitto cadde in testa ad Annabelle ma lei non si fece male, poiché il pezzo l’oltrepassò frantumandosi poi sul pavimento. Annabelle non era mai rimasta bloccata in un’illusione, poiché non avere un cuore nel petto impediva a chiunque di poterle anche solo leggere nel pensiero, però sapeva che se voleva uscire da lì, avrebbe dovuto chiudere la sua mente e controllare le sue emozioni e questo ormai aveva imparato a farlo benissimo, dopo aver vissuto tanto tempo senza un cuore. In cuor suo sperava che anche Stefan fossi diventato bravo abbastanza a reprimere le sue emozioni, altrimenti sarebbe stato solo un inutile peso morto e l’illusione lo avrebbe distrutto.
Stefan infatti era visibilmente nervoso e anche arrabbiato, ma aveva capito che era necessario restare freddo e impassibile, anche se al momento gli sembrava impossibile, ma doveva farlo.
“Almeno Elena è salva e con lei anche mia sorella”, pensò Stefan.
 
“Stefan, Stefan !!”.
 
“È la voce di Elena”, pensò Stefan guardandosi intorno in cerca della ragazza.
 
“Tu sei un fallito, Stefan. Un codardo che fugge dai suoi sentimenti, ecco perché ho scelto Damon. Perché lui non ha paura di combattere per quello che vuole”, continuò a dire la voce di Elena nella sua testa.
 
“No, non è vero. Esci subito dalla mia testa”, pensò Stefan cercando d’ignorare quella voce nella sua testa, cercando di aggrapparsi ai ricordi felici che aveva avuto insieme ad Elena.
 
“Stefan, Stefan !! Tu sei una delusione, non sei degno di essere mio figlio. Ho fatto bene ad abbandonarti”.
 
Questa volta era la voce di sua madre a cercare di penetrare nella sua testa.
“No, non è vero. Tu non volevi abbandonarmi, me lo hai detto, eri sincera”, pensò Stefan cercando di ricordare le parole amorevoli che la madre gli aveva detto quando l’aveva vista. Sua madre lo amava e non aveva mai voluto abbandonarlo e lui le credeva. Lui voleva crederle.
 
“Stefan, smettila di aggrapparti a delle false speranze. Lasciati andare all’oscurità, è l’unico modo in cui potrai mai sopravvivere. Sei nato per appartenere all’oscurità”.
 
La voce di Sapphire era crudele e fredda e per poco Stefan non l’aveva riconosciuta.
“No, non è vero. Io non appartengo all’oscurità, non più. Esci dalla mia testa”, pensò Stefan chiudendo gli occhi, cercando di aggrapparsi a dei ricordi positivi, felici, insieme alle persone che amava, ricordi che gli rammentavano che lui non era un mostro, che non apparteneva all’oscurità, non più almeno.
 
“Cedi all’oscurità, cedi alla tua vera natura. Smettila di rinnegare chi sei”.
 
“Ho già smesso di rinnegare chi sono”, pensò Stefan, mentre sentiva la cicatrice sul petto bruciare. Quel segno sul suo cuore gli ricordava l’errore che aveva fatto quando aveva provato a rinnegare se stesso e tutto ciò che lo rendeva umano, tutto ciò che lo rendeva una brava persona, tutto ciò che lo aveva davvero protetto dall’oscurità.
 
“Stefan, non hai capito quanto tu sia perfetto per l’oscurità ? Hai rinnegato i tuoi sentimenti, hai tradito i tuoi amici, hai venduto il cuore di Elena, hai tradito Bonnie, l’hai resa parte del tuo piano di vendetta, hai assistito alla sua cattura senza aiutarla e hai cercato di trasformarla in una creatura della notte… Tu non sei un eroe… non più…”.
 
“Taci. Bonnie mi ha perdonato e io non sono più un mostro. Io non cederò di nuovo”, pensò Stefan continuando ad ignorare la voce, nonostante stesse diventando sempre più difficile ma lui doveva resistere. Aveva ceduto al male troppe volte negli ultimi mesi, non avrebbe ceduto ancora una volta all’oscurità, non avrebbe più deluso i suoi amici e se stesso. Mai più. Mai più.
 
“Stefan… Stefan…”
 
“Taci, lasciami in pace”, pensò Stefan cercando d’ignorare la voce.
 
“Stefan… Stefan !!!”.
 
Due mani gli afferrarono le braccia e cominciarono a scuoterlo, ma Stefan se ne accorse a malapena.
 
<< Stefan ?? Stefan ? >>.
 
Fu solo quando Annabelle lo schiaffeggiò forte in viso che Stefan tornò ad essere padrone di se stesso. Annabelle era davanti a lui e lo guardava con uno sguardo freddo e impenetrabile, ma Stefan riuscì a intravedere, anche solo per un lieve momento, un po’ di preoccupazione. Quasi automaticamente si portò una mano alla guancia appena schiaffeggiata e la guardò in attesa di una spiegazione.
 
<< Non eri in te ma, non ho capito come, sei riuscito a farci uscire dall’illusione >> spiegò Annabelle indicando con le braccia la stanza.
 
Stefan si guardò intorno e vide che erano nella stanza rossa, solo che non c’era un soffitto che crollava incessantemente sulle loro teste, né un pavimento che continuava a tremare e c’erano i mobili che prima Juliet aveva scagliato contro di loro, in mille pezzi sul pavimento. In fine c’erano ancora i corpi privi di vita dei coniugi De Verdant.
 
<< Che farai adesso ? Hai passato tutta una vita insieme a tua madre, ora cosa farai ? >> chiese Stefan guardando la ragazza bionda davanti a sé.
 
<< Prima uccido mia sorella, poi riprenderò in mano le redini della mia vita. Io volevo davvero molto bene a mia madre ma lei mi ha rovinato la vita, in molte occasioni. Non voglio più combattere, mentire, essere fredda… non voglio più niente. Voglio solo lasciarmi questo schifo alle spalle e andarmene via di qui al più presto >> rispose Annabelle evitando il suo sguardo.
 
<< Come siamo usciti dall’illusione ? >> chiese Stefan il quale ancora non riusciva a capire.
 
<< Sei stato tu, Stefan. Nel momento stesso in cui l’oscurità aveva cercato di penetrare di nuovo nella tua mente, tu hai dimostrato di avere una grande forza e una grande determinazione che per tanto tempo hai dimenticato di avere. Sei stato bravo >> disse Annabelle.
 
Stefan non riusciva a capire se stesse dicendo la verità, poiché gli occhi di quella ragazza erano così freddi e impassibili che il ragazzo avrebbe potuto pensare che si fosse nuovamente tolto il cuore dal petto.
Stava per parlare di nuovo, ma la porta della stanza si aprì. Stefan e Annabelle alzarono le mani, pronti ad attaccare con qualunque incantesimo ma non si rivelò necessario. Bonnie, subito dopo aver aperto la porta, aveva tolto l’anello dal dito rendendosi visibile agli occhi degli altri due.
 
<< Alla buon ora >> le disse Annabelle assottigliando i suoi occhi verde smeraldo.
 
<< Scusami, ma ho avuto un piccolo inconveniente con tua sorella >> ribatté Bonnie avvicinandosi a loro.
 
<< L’hai uccisa ? >> chiese la bionda con un’espressione sadica.
 
<< Non sono un’assassina >> rispose Bonnie fulminandola con lo sguardo.
 
Annabelle roteò gli occhi e rise freddamente, mentre Bonnie continuava a guardarla male e Stefan si limitava ad ignorarla, era la cosa migliore da fare.
 
<< Ora lei dov’è ? >> chiese Annabelle.
 
<< Non lo so, l’ho lasciata in giardino che si muoveva a malapena. >> rispose Bonnie.
 
<< E Elena ? >> chiese Stefan.
 
<< Sono riuscita a farle attraversare lo specchio prima che Juliet ci trovasse, a proposito, come mai a un certo punto lei era dietro di me ? Cos’è successo a voi due ? >> chiese Bonnie mettendo le mani nelle tasche di quella che una volta era stata una felpa bianca.
 
<< Quella stronzetta ci ha rinchiuso in un’illusione, ma Mister Perfettino è riuscito a farci uscire e a non cedere più al lato oscuro che non credevo potesse avere >> rispose Annabelle con sarcasmo.
 
<< Tutti abbiamo un lato oscuro, persino io. E non chiamarmi più Mister Perfettino e soprattutto… Linguaggio !! >> disse Stefan un po’ infastidito.
 
Bonnie e Annabelle lo fissarono per un momento, come per dire “E poi non saresti un perfettino ?”, ma non dissero nulla. Al momento avevano altro di cui occuparsi.
 
<< Mi sa tanto che faremmo meglio a raggiungere Juliet. Voglio farla finita con lei il più presto possibile >> disse Annabelle uscendo dalla stanza.
 
Stefan fece per inseguirla, ma Bonnie lo bloccò per un braccio.
 
<< Poi mi racconterai cos’è successo qui ? >> chiese la ragazza.
 
<< Aggiungila alla lista delle cose di cui parleremo al nostro prossimo Pigiama Party >> rispose Stefan facendole l’occhiolino.
 
Bonnie gli diede una gomitata, poi insieme uscirono dalla stanza.
 

 
Claude aveva ancora dei seri dubbi sulla riuscita del piano, ma aveva capito che ormai non avevano più molte carte da giocare e che avevano addirittura meno tempo. Una parte di lui era convinto che il rituale si fosse ormai compiuto e che fosse troppo tardi per salvare la ragazza, ma l’altra parte, quella più sentimentale e meno egoista, lo spingeva a restare e ad aiutare gli altri, soprattutto il nipote della signora Mon Bijou, alla quale doveva tutto.  
 
<< Sei pronta ? >> chiese Claude a Magdalene, la quale era accanto a lui.
 
<< Lo sai benissimo, Claude. Io sono nata pronta >> rispose Magdalene.
 
Claude annuì, non riuscendo a trattenere un sorriso, poi strinse una mano della ragazza, chiuse gli occhi e cominciò a borbottare parole, apparentemente senza senso, insieme all’amica.
 
<< Che stanno facendo ? >> chiese Sylvia osservandoli con sguardo perplesso.
 
<< Stanno cercando di realizzare il loro colpo migliore. La signora Mon Bijou glielo aveva insegnato qualche anno fa, dicendo che avrebbero potuto tornare loro utile in futuro. A quanto pare aveva ragione >> rispose Sebastian.
 
<< In cosa consiste questo colpo ? Sarà pericoloso per lei ? >> chiese Sylvia indicando Rosalie con lo sguardo.
 
Sebastian non le rispose, troppo intento a guardare i suoi amici con un’espressione a metà tra l’affascinato e il terrorizzato e questo non fece altro che accrescere la preoccupazione di Sylvia.
A un certo punto l’intero spazio intorno a loro cominciò a tremare, il suolo cominciò a spaccarsi, il cielo a oscurarsi, l’erba del prato e le piante ad appassire.
 
<< Che sta succedendo ? >> chiese Sylvia aggrappandosi al braccio di Sebastian.
 
Sebastian continuò a non rispondere, mentre il luogo intorno a loro continuava a sgretolarsi, ridursi in cenere, scomparire nello stesso modo in cui era apparso.
Il ragazzo moro e Rosalie provarono a fermare i Claude e Magdalele, ma Sebastian protesse entrambi con uno scudo e poi Damon strinse Rosalie in una morsa tra le sue braccia, così che lei non potesse più muoversi, poi Sylvia e Sebastian riuscirono finalmente a sconfiggere il ragazzo moro.
Nel frattempo, il giardino continuò a scomparire, fin quando non fu avvolto da una fitta luce, rivelando poi quel piccolo cortile, con l’alto cancello aperto davanti a loro e poi Villa De Verdant.
 
<< Ce l’abbiamo fatta Claude >> disse Magdalene cadendo in ginocchio sul prato.
 
<< Già, non riesco a crederci. Non avevo mai usato questo incantesimo prima d’ora >> disse Claude sedendosi vicino a lei.
 
Nel frattempo, Sylvia si aveva fatto addormentare Rosalie con un incantesimo, sperando di riuscire a trovare il “burattinaio” al più presto, anche se sapeva chi fosse, lo aveva già visto e non vedeva l’ora di torcergli il collo. Damon adagiò lentamente la ragazza sul prato, poi si avvicinò a Magdalene e Claude, aiutandoli ad alzarsi, mentre Sylvia si avvicinò nuovamente a Sebastian.
 
<< Allora, il grande colpo di Claude e Magdalene era… una sorta di teletrasporto ? >>  chiese Sylvia inarcando il sopracciglio.
 
<< Non proprio. Il luogo in cui eravamo prima era un’illusione ed è piuttosto semplice uscire da un’illusione a mio parere, tranne quando sei attaccato da “burattini professionisti”. Loro non erano un’illusione e come hai potuto vedere, sconfiggerli. Per cui quell’incantesimo serviva ad annullare tutti gli incantesimi per un po’ di tempo. Questo significa che ora possiamo entrare nella Villa senza doverci preoccupare di qualche altra trappola magica e inoltre il legame tra il burattinaio e i suoi giocattoli è momentaneamente rotto >> le spiegò Sebastian.
 
<< Bene, allora adesso potremmo entrare nella Villa e cercare questo… fantomatico burattinaio >> disse Sylvia cominciando ad incamminarsi oltre il cancello.
 
<< Un burattinaio che tu già conosci, vero ? >> le chiese Sebastian scrutandola attentamente con i suoi occhi blu.
 
<< Ha ingannato anche me >> disse Sylvia evitando il suo sguardo.
 
INIZIO FLASHBACK
 
Sylvia era seduta nella sua cella, tenendo le ginocchia al petto, mentre una lacrima le scendeva lungo la guancia e mordeva a sangue il labbro inferiore per non scoppiare a piangere come una ragazzina. Tuttavia a un certo punto sentì i passi di qualcuno che si avvicinava sempre di più. Il cuore cominciò a batterle forte a causa della paura e della preoccupazione, poiché credeva che fosse qualcuno che Anastasia aveva inviato per ucciderla, non ne sarebbe rimasta sorpresa, in fondo, ma aveva paura lo stesso. Fu molto sorpresa quando vide la persona che era appena arrivata davanti alla sua prigione.
 
<< Tu che ci fai qui ? >> chiese Sylvia con occhi spalancati.
 
Albert De Verdant le sorrise e poi tese una mano verso di lei. Sylvia, con un po’ d’incertezza, strinse la mano dell’uomo, che la condusse fuori dalla prigione e poi attraverso i corridoi delle segrete e forse verso la libertà.
 
FINE FLASHBACK.
 
<< Credevo che lui volesse aiutarmi a fuggire, invece ora penso che lui volesse avermi semplicemente fuori dai piedi. Credo che temesse che potessi scoprire la verità su Rosalie e provare a fermarlo. Se fossi scappata io non lo avrei mai saputo e avrebbe potuto continuare a manovrare mia cugina >> disse Sylvia voltandosi verso Rosalie, la quale era sdraiata priva di sensi sul prato.
 
Sebastian non disse nulla, semplicemente continuò ad osservare la ragazza, come se stesse valutando se crederle o meno. Nel frattempo Magdalene e Claude si erano alzati di nuovo in piedi, consci del fatto che avevano già perso troppo tempo e che non potevano permettersi di riposare un minuto in più.
 
<< Ok >> disse Magdalene << Entriamo >>.
 
Damon era rimasto in silenzio, cosa che stupì persino lui, visto che, non importa dove, quando, con chi, aveva sempre qualcosa da dire o qualche battutina da fare, ma la verità era che anche lui era esausto e poi non vedeva l’ora di ricongiungersi con il suo Pettirosso.
Insieme i ragazzi oltrepassarono i cancelli della villa, sperando di non essere arrivati troppo tardi.
 

 
Bonnie, Annabelle e Stefan arrivarono in giardino tramite una botola sul soffitto, in modo da poter arrivare prima. Quando furono in giardino, Bonnie li portò vicino al punto esatto in cui aveva lasciato Juliet ma con loro immenso dispiacere videro che la ragazza era scomparsa.
 
<< Come al solito è riuscita a scappare prima che noi arrivassimo >> disse Annabelle roteando gli occhi smeraldini.
 
<< Uffa, dove potrebbe essere andata adesso ? >> disse Bonnie guardandosi intorno.
 
In quel momento Stefan avvertì un brutto presentimento e sperò con tutto il cuore di sbagliarsi.
 
<< Bonnie, dopo che Elena ha attraversato lo specchio, lo hai distrutto o lo hai lasciato intatto ? >> chiese Stefan.
 
Bonnie inizialmente lo guardò senza capire, poi portò una mano alla bocca, realizzando che cosa intendesse il suo amico. Juliet aveva approfittato della loro distrazione per attraversare lo specchio e raggiungere Elena ? Se lo aveva fatto, in questo momento Elena e la signora Flowers erano probabilmente in grave pericolo. 
 
<< Vi posso assicurare che mia sorella non è riuscita ad attraversare lo specchio >> disse Annabelle capendo il motivo della loro preoccupazione.
 
<< Come fai a esserne così sicura ? >> chiese Stefan che non riusciva a restare tranquillo.
 
<< Quello specchio non è un portale comune, ha una regola. Prima di essere accessibile, tante persone devono fare ritorno attraverso di esso quante sono andate via. Quando avete attraversato lo specchio tu ed Elena, solo tu hai fatto ritorno, non c’era una seconda persona con te e finché Elena o qualcun altro non tornerà indietro tramite lo specchio Juliet non potrà utilizzarlo >> spiegò Annabelle con un ghignetto.
 
<< Ne sei davvero convinta ? >> chiese Bonnie, ancora un po’ dubbiosa.
 
<< Era lo specchio di mia madre, penso di conoscerlo un po’ meglio di voi due no ? >> chiese Annabelle con sarcasmo.
 
Bonnie e Stefan rotearono gli occhi, ma decisero di non dire nulla. Litigare con Annabelle avrebbe fatto solo perdere loro tempo prezioso. Tuttavia, sapere che Juliet non poteva uscire dalla Villa per andare a fare del male a Elena o alla signora Flowers li faceva stare molto più tranquilli.
 
<< Allora, dove andiamo a cercarla adesso ? >> chiese Bonnie che non ce la faceva più a giocare a nascondino con Juliet De Verdant.
 
<< Non ne ho idea, però credo che in fondo il pensiero di Stefan fosse giusto. Probabilmente adesso Juliet sarà andata nella stanza di mia madre per usare lo specchio per scappare via da qui. >> disse Annabelle mettendo le mani sui fianchi.
 
<< Allora perché non proviamo comunque a cercarla lì ? O almeno andiamo a cercarla in casa. Sicuramente non sarà lei a venire da noi >> propose Bonnie.
 
Annabelle e Stefan e annuirono, poi entrarono in casa passando dal soggiorno, in quale aveva ancora una vista ampia del giardino a causa del muro esploso e dal quale ancora cadevo grandi pezzi di soffitto per il lampadario che Bonnie aveva cercato di far cadere addosso a Juliet. I tre arrivarono nella hall e stavano per salire le scale quando il portone principale si aprì dietro le loro spalle. Annabelle, Bonnie e Stefan alzarono le mani, pronti a difendersi da eventuali attacchi, ma coloro che videro riempierono loro, almeno a due di loro, il cuore di gioia. Damon, Magdalene, Sylvia e altri due ragazzi che Bonnie e Stefan non conoscevano erano appena entrati.
 
<< Oh mio Dio, Damon !! >> esclamò Bonnie, allegra come una bambina.
 
Annabelle roteò gli occhi con disgusto, mentre Stefan sorrise affettuosamente, ma Bonnie ignorò le espressioni di entrambi. Il suo… ragazzo ? Poteva definirlo così dopo un solo bacio ? Se doveva essere sincera, in quel momento non le importava. Damon era lì e tanto bastava. Le sue gambe automaticamente cominciarono a correre verso il vampiro. Quando lo raggiunse gli circondò il collo con le braccia, mentre Damon la stringeva tra le sue braccia, poi si baciarono, lì, davanti a tutti, ignorando i loro sguardi. Bonnie non era mai stata un tipo da “pubbliche effusioni”, ma non le importava. Damon le era mancato come l’aria e la consapevolezza che ora sarebbe potuta essere morta e che invece era viva e poteva stare con il ragazzo che aveva amato sin dalla prima volta che lo aveva visto. Damon la stringeva come se stesse stringendo tutta la sua vita tra le sue braccia e la baciava come se la sua vita dipendesse da questo momento che aveva agognato da molto tempo.
Le altre persone presenti voltarono lo sguardo altrove, un po’ imbarazzati per quel momento intimo. Sylvia invece non distolse lo sguardo, osservò quello scambio di sentimenti con un po’ di gelosia, l’unico sentimento che poteva affermare di conoscere perfettamente. Sebastian lo notò, ma non disse nulla, piuttosto continuò ad evitare di fissare i due giovani.
 
<< Che schifo >> disse Annabelle sottovoce volgendo lo sguardo altrove.
 
<< Perché ? Nel nostro ricordo io e te ci baciavamo in maniera simile >> commentò Stefan.
 
<< Eravamo giovani e ingenui. All’epoca ero convinta che avrei potuto amare un uomo per il resto della mia vita, ora sono sicura che questo non è possibile. Non per me. Ho dimenticato come si ama molto tempo fa >> rispose Annabelle con il suo solito tono freddo.
 
<< Datti tempo, ora hai il cuore nel petto e sono sicuro che presto riuscirai a provare di nuovo i sentimenti belli, quelli che ti spingono a rimanere vivo solo per poterne godere. >> disse Stefan.
 
<< Niente mi spinge a rimanere in vita. Venendo qui, in questa cittadina sperduta e dimenticata da Dio ho perso tutto. Per cosa dovrei vivere ? >>.
 
<< Per il tuo fratellino che è appena nato >> le rispose Stefan.
 
Annabelle stava per ribattere, quando a un certo punto spalancò gli occhi verdi e portò una mano alla bocca. Sul volto di Stefan si dipinse un’espressione ugualmente sconvolta. Il bambino, lui si che era in pericolo. Sicuramente si trovava ancora nella villa e molto probabilmente Juliet gli avrebbe fatto del male.
 
<< Dove potrebbe nasconderlo ? >> chiese Stefan.
 
Annabelle scosse la testa, come per dire che non aveva la minima idea di dove potesse essere, ma a Stefan la prese per le spalle come per incitarla a restare lucida.
 
<< Concentrati, ti prego. Dobbiamo salvare quel bambino, la tua famiglia ha sacrificato tanto per farlo nascere, Bonnie è addirittura morta per lui... >>.
 
<< Stefan lo so, ma adesso sto andando nel panico, non riesco più a controllare le mie emozioni, non sono più abituata >> disse Annabelle, la quale era in procinto di mettersi a piangere.
 
<< Annabelle… calmati, devi restare lucida. So che non sei più abituata ai sentimenti ma adesso per favore… ricordati che tuo fratello è in pericolo e che è l’ultima famiglia che ti rimane. Hai combattuto per lui fino a adesso, continua a farlo, non mollare !! >> disse Stefan.
 
Annabelle annuì poi cercò di trattenere le lacrime e di concentrarsi. Annabelle non conosceva molto bene Juliet, il loro legame era inesistente, tuttavia ricordava perfettamente che adorava la sedia a dondolo nella camera di Albert, che di solito la trovava lì a studiare, davanti al camino, mentre si dondolava e poi ricordava che Juliet adorava… oh no… adorava l’acqua. Le piaceva esercitarsi con gli incantesimi d’acqua, le piaceva passare il suo tempo a giocare con l’acqua, le piaceva…
 
<< Dobbiamo andare nel bagno in camera di mia madre. Ha intenzione di uccidere il bambino lasciandolo affogare nella vasca da bagno, probabilmente quella di mia madre, come per farle un ultimo dispetto anche dopo averla uccisa >>.
 
<< Allora dobbiamo muoverci >>.
 
Stefan afferrò la mano della ragazza e insieme corsero verso le scale, diretti al piano di sopra. Gli altri, che li stavano vedendo mentre correvano, decisero d’inseguirli. Annabelle aveva il cuore in gola e il suo corpo aveva cominciato a tremare per la paura. Paura ? Aveva dimenticato com’era, ma adesso che la stava provando di nuovo doveva ammettere che era l’ultima delle emozioni ad esserle mancata. Oltre alla paura c’era anche l’impotenza e la sconfitta, poiché, anche se forse aveva ancora una speranza di salvare suo fratello, si sentiva tale perché non era riuscita a proteggerlo e adesso rischiava di perdere anche lui. Gli altri, che si erano accorti che si stavano allontanando, li seguirono prontamente, mentre Bonnie e Damon si separarono e li seguirono a loro volta, continuando a tenersi per mano. Annabelle e Stefan arrivarono in camera di Anastasia De Verdant.
 
<< Ha rotto lo specchio. Sicuramente lo ha fatto dopo che ha scoperto di non poterlo oltrepassare >> disse Stefan osservando i frammenti di vetro dello specchio sul pavimento.
 
<< Stefan ? Annabelle ? Che sta succedendo ? >> chiese Bonnie la quale era appena entrata nella stanza seguita da Damon e gli altri.
 
<< Juliet ha mio fratello >>.
 
Annabelle non fece in tempo a rispondere che un pianto infantile arrivò dall’altra stanza. La bionda corse subito verso il bagno e vide che l’acqua fuoriusciva dai bordi della grande vasca da bagno e sentiva il pianto di suo fratello che si faceva sempre più acuto.
Annabelle provò ad avvicinarsi ma Juliet, la quale si era nascosta, la spinse con un incantesimo contro la parete.
Stefan, che era subito dietro la bionda, con un incantesimo provò ad attaccare Juliet mentre Bonnie correva verso la vasca per salvare il bambino.
 
<< Piccolo !! >> esclamò Bonnie afferrando un asciugamano e avvolgendoci il bambino che continuava a piangere e a strillare.
 
<< Perché lo stavi facendo ? È solo un bambino innocente >> disse Annabelle afferrando la sorella per il collo.
 
<< Perché è comunque suo figlio e meritava di morire. >> rispose Juliet con freddezza.
 
Sylvia, che nel frattempo era entrata nell’enorme bagno insieme agli altri, avanzò a sua volta verso Juliet, spingendo leggermente Annabelle per poter colpire la mora in pieno viso.
 
<< Tu ? Tu sei il burattinaio ? >> chiese Sylvia in un ringhio << Che fine ha fatto tuo padre ? >>.
 
<< Anche lui era uno dei miei burattini. Quando sono riuscita a rubare il suo cuore, ho potuto comandarlo senza che neanche lui se ne rendesse conto. Ora è passato a miglior vita… insieme alla mia fottuta mammina >> disse Juliet con un ghigno sadico.
 
Sylvia la guardò con disprezzo. Lo sguardo di Juliet era intriso di cattiveria, sadismo e follia. In lei non c’era alcuna traccia di pentimento per il male che aveva fatto, neanche adesso che era ormai chiaro che aveva perso.
 
<< Tu non ti penti di quello che hai fatto >> affermò Sylvia, seppur una lieve incertezza nella sua voce la fece sembrare una domanda più che un’affermazione.
 
<< Vi conviene uccidermi ora, perché se non lo fate adesso… sarò io ad uccidervi, uno per uno. Non c’è niente che possiate fare per salvarmi, ho accettato di appartenere all’oscurità molto tempo fa… non c’è modo di tornare indietro per me… >> disse Juliet con occhi sempre più selvaggi, simili a quelli di un animale.
 
Annabelle a quel punto affondò la mano nel petto di Juliet e le estrasse il cuore. Tutti quanti fissarono il cuore con disgusto ma anche con dispiacere, poiché sapevano che se quel cuore era ridotto in quello stato non era colpa di Juliet, non completamente almeno. Il cuore era nero, completamente nero, senza neanche un misero puntino rosso, era semplicemente oscurità pura.
 
<< È putrido come te >> commentò Annabelle con disgusto.
 
<< Io sono nata così, l’ho accettato. Respingere la mia oscurità sarebbe stato come respingere me stessa. Non mi pento di essermi divertita un po’ con voi, eravate così patetici, così bloccati nei vostri ruoli, chi era l’eroe, chi il cattivo, chi la damigella in pericolo… io ho semplicemente smosso un po’ le acque. Ho preso in mano i fili della vostra vita e mi sono divertita a gestirli un po’. >> Juliet rise poi continuò a parlare << Io ho messo sotto sopra la vostra vita sapete ? Conoscendo i segreti di tutti voi ho potuto manipolarvi, sin dall’inizio >>.
 
<< Che vuoi dire ? >> chiese Bonnie mentre cullava il bambino, il quale aveva ormai smesso di piangere.
 
<< Io sapevo che Elena aveva un debole per Damon, così diciamo che ho… incoraggiato la loro relazione, anche se nessuno di quei due idioti se n’è reso conto. Avevo bisogno di loro per raggiungere uno dei miei obbiettivi, Stefan. >> rispose Juliet con una risatina folle.
 
<< Perché volevi farmi del male ? Io neanche ti conoscevo >> ribatté Stefan.
 
<< Ti sbagli, girovagando per casa come un fantasma si scoprono molte cose sul passato della propria famiglia e sulle persone con cui si sono relazionate. Una di loro era Sapphire, tua zia. Mia madre e lei non erano particolarmente amiche e del resto si desideravano morte a vicenda. Tuttavia… sapeva che per coinvolgere Sapphire in tutto questo pasticcio, aveva bisogno di un’esca, tu. Per questo avevo bisogno di sbarazzarmi di te, tu servivi a mia madre e di conseguenza mi servivi morto. Inoltre tu rappresentavi tutto ciò che ho sempre disprezzato >> disse Juliet.
 
<< Ovvero ? >> chiese Stefan, mentre avanzava di qualche passo verso di lei.
 
<< Tu eri l’eroe, il ragazzo buono, puro di cuore, il perfetto principe azzurro… tu eri un ideale vivente, che viveva di ideali, di favolette, di arcobaleni, unicorni e chissà quali altre stronzate… Dovresti essermi riconoscente, per averti fatto aprire gli occhi, per aver distrutto Stefan il “principe” e averti fatto risorgere come Stefan il “guerriero”. Io ti ho reso più forte di quello che eri >>.
 
Stefan non disse nulla, poiché non voleva accettare quel fondo di verità che in fondo vi era nelle parole di Juliet.
 
<< E riguardo a te… Bonnie… tu eri il mio secondo obbiettivo. Tu non eri di certo meno ingenua di Stefan, né meno noiosa. Passavi la vita all’ombra delle tue amiche, all’ombra di tua sorella, passavi tutti i giorni a piagnucolare perché Damon non ti degnava di uno sguardo. È stato così… facile, spingere la mammina a sceglierti per il rituale, invece che aspettare che Mary partorisse. Lei voleva una bambino e lo voleva subito, ma scegliere te era rischioso perché Sylvia aveva lanciato su di te la maledizione, eri cagionevole di saluto e probabilmente saresti morta dopo cinque mesi. Non eri idonea ma io ho fatto in modo che tu lo fossi >> disse Juliet ricominciando a ridere in modo sadico.
 
<< In che modo ? >> chiese Bonnie.
 
<< Mi ha convinta a stringere con lei un accordo >> rispose Sylvia evitando di guardare in viso la sorella << Io volevo tornare in vita, ma per farlo doveva morire qualcuno che apparteneva alla mia famiglia al mio posto. Io scelsi te, entrando nel tuo cuore io mi nutrivo della tua vita, ma il procedimento era troppo lento, per questo a un certo punto, quanto ho assorbito abbastanza vita da te, ho ucciso zia Deborah. Juliet mi ha aiutato durante i mesi in cui sono stata dentro al tuo corpo e anche dopo. Credevo che avessimo gli stessi interessi >>.
 
<< Infatti noi avevamo gli stessi interessi, Sylvia, noi volevamo vendetta. Eravamo animi affini, che volevano vedere la propria famiglia crollare davanti ai nostri occhi, che volevano vendicarsi delle proprie sorelle che venivano scelte sempre al nostro posto, delle madri che ci trattavano come vittime sacrificabili e non come figlie e di padri deboli che non avevano abbastanza spina dorsale per fare gli uomini di casa. Noi siamo… uguali >>.
 
Sylvia la colpì forte in viso, spaccandole il labbro inferiore, ma Juliet ricominciò a ridere fortemente.
 
<< Pensi che un paio di scuse resusciteranno tutti i morti che hai lasciato lungo la strada ? Pensi che solo perché ora scegli la “via della luce”, la tua sorellina ti accetterà, ti stringerà la manina e ti farà le treccine mentre guardate i film in tv ? Ti prego >> disse Juliet con un’espressione intrisa di disgusto.
 
<< Ok, ora basta. Hai parlato abbastanza >> disse Annabelle con tono gelido.
 
<< Vero, per me è finita, ma io ho distrutto tutti voi. I segreti dei vostri piccoli cuori addolorati sono stati ritorti tutti contro di voi… mi toglierete la vita ma mai il divertimento che ho provato a farmi apprezzi e per quanto riguarda te… sorella, ti aspetterò dall’altra parte. Perché tu marcirai all’inferno con me. >>.
 
Annabelle a quel punto stritolò il cuore della sorella, finché non divenne cenere e Juliet scivolò sul pavimento, priva di vita. Sylvia guardò la ragazza mora con disprezzo. Tutto quello che Juliet aveva detto su di lei era vero, loro erano molto simili, per anni avevano condiviso gli stessi desideri e gli stessi dolori, ma Sylvia era stata molto più fortunata di Juliet, alla fine aveva davvero ottenuto una seconda occasione e lo aveva capito nel momento stesso in cui Bonnie le aveva circondato le spalle con un braccio e l’aveva abbracciata affettuosamente. Una lacrima scese lungo la guancia di Sylvia, poiché si sentì accettata e amata per la prima volta nella sua vita.
 

 
UNA SETTIMANA DOPO…
 
Annabelle aveva appena finito di aggiustare il seggiolino sul sedile posteriore, poi, facendo attenzione a non fare male a Theodore. Era tutto pronto per abbandonare Fell’s Church per sempre, aveva preparato le valige, comprato tutto il necessario per il bambino e distrutto Villa De Verdant. Aveva liberato tutti i draghi, spezzato tutti gli incantesimi, restituito i cuori e aveva aiutato Bonnie e Stefan ad aiutare Meredith, Rosalie, Matt e Dawson, il ragazzo moro, a superare gli effetti dell’incantesimo che aveva fatto Juliet su di loro.
 
<< Sei sicura di voler partire ? >> gli chiese Stefan che la stava aiutando a caricare i bagagli nella sua ferrari.
 
<< Si, non voglio più rimanere in questo posto. Mio fratello merita una vita serena, altrove. >> ripose Annabelle sorridendo a suo fratello e poi chiudendo lo sportello.
 
Non aveva provato dei sentimenti per molto tempo, ma nel momento in cui aveva stretto suo fratello tra le sue braccia, Annabelle si era sentita felice per la prima volta dopo tanto tempo. Suo fratello aveva i capelli scuri e gli occhi verde smeraldo come lei e sua madre, non che un sorriso genuino che apparteneva tutto a lui, visto che nella sua famiglia nessuno aveva mai sorriso in quel modo.
 
<< Forse hai ragione, è davvero la cosa migliore >> disse Stefan chiudendo il bagagliaio.
 
<< Tu invece cosa farai con tua sorella ? Ormai il parto è imminente >> disse Annabelle appoggiandosi alla Ferrari.
 
<< Non lo so. Io ho alcune cose da sistemare con Magdalene, Claude e gli altri. La gioielleria di Sapphire ora appartiene a me, è una mia responsabilità >>.
 
Annabelle lo scrutò attentamente per pochi minuti, poi gli sorrise calorosamente e lo abbracciò. Stefan ricambiò il suo abbracciò, accarezzandole lievemente i capelli sul capo, mentre l’intera chioma bionda era stata legata in una treccia, che le lasciava leggermente scoperta la cicatrice sul collo. Stefan non aveva ben capito quando avesse guadagnato il permesso di poterla abbracciare, fosse lo aveva fatto nel momento stesso in cui le lo aveva abbracciato o forse avrebbe potuto farlo quando aveva sconfitto Juliet. Nel bene o nel male, Stefan aveva capito che Annabelle sarebbe sempre stata importante per lui e, se si fossero rivisti in futuro, lui ne sarebbe stato felice.
 
<< Comunque, mister verginello, ti conviene sbrigarti e andarti a riprendere la tua biondina. Ho visto come la guardi, sei ancora innamorato di lei e lei di te. Non permettere a mia sorella di distruggere ancora di più la tua felicità >> disse Annabelle aprendo lo sportello della macchina.
 
<< Grazie per la massima, ma non ne ho bisogno. Non sono ancora pronto per tornare con lei. Devo prima ricominciare a stare bene con me stesso. >>.
 
<< Buona fortuna, allora >> disse Annabelle entrando in macchina.
 
<< Buona fortuna >> disse Stefan chiudendole lo sportello.
 
Annabelle gli sorrise, poi mise in moto la macchina e superò il confine di Fells Church. Stefan a quel punto tornò alla pensione. Fuori in giardino c’erano la signora Flowers, la quale innaffiava le sue piantine, Damon, Sylvia e Bonnie che giocavano con Stella e Elena che era seduta su una sedia a leggere un libro, tenendosi il pancione con una mano. Stefan non sapeva che come sarebbero andate le cose d’ora in avanti, se tutti loro sarebbero mai riusciti a risollevarsi, dopo essere stati fatti a pezzi, ma gli bastò incrociare lo sguardo della sua migliore amica, per capire che qualunque cosa sarebbe accaduta, l’avrebbero affrontata insieme.



Spazio Autrice :

Ciaooo !! Finalmente dopo quasi tre anni sono riuscita a concludere questa storia !! Sono felice di essere riuscita a terminarla e grazie a tutti voi che l'avete seguita, in particolare ad Annaterra che ha commentato quasi tutti i capitoli della storia e per avermi incoraggiato fino alla fine a continuarla !!
Grazie ancora a tutti !!
Un MeGa BaCiO 

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