E se ti sbagliassi?

di lauramelzi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Giorno nuovo, vita nuova ***
Capitolo 2: *** Anny & Gas Gas ***
Capitolo 3: *** sfide improvvise ***
Capitolo 4: *** maledetta coreografia ***
Capitolo 5: *** seriamente? ***
Capitolo 6: *** uscita alquanto problematica ***
Capitolo 7: *** Rose.Grazie ***
Capitolo 8: *** Ginocchia al petto ***
Capitolo 9: *** leone e gazzella ***
Capitolo 10: *** un PALLONE gonfiato ***
Capitolo 11: *** ha sbattuto la testa? ***
Capitolo 12: *** eh no, caro! ***
Capitolo 13: *** brividi ***
Capitolo 14: *** MINACCE INFUOCATE ***
Capitolo 15: *** Milano? ***
Capitolo 16: *** qualcosa che si incrina dentro ***
Capitolo 17: *** sbagliata ***
Capitolo 18: *** Liuk ***
Capitolo 19: *** grinta ***
Capitolo 20: *** Mr e Ms Liceo ***
Capitolo 21: *** Riscontri negativi ***
Capitolo 22: *** ostentando indifferenza ***
Capitolo 23: *** notte ***
Capitolo 24: *** shock ***
Capitolo 25: *** scherzi poco divertenti ***
Capitolo 26: *** punizioni ***
Capitolo 27: *** head vs heart ***
Capitolo 28: *** il lupo perde il pelo ma non il vizio. o si? ***
Capitolo 29: *** anymore ***
Capitolo 30: *** ti verrò a prendere con le mie mani, e sarò quel che non ti aspettavi. ***
Capitolo 31: *** my dear angel ***
Capitolo 32: *** Il diavolo sotto mentite spoglie ***
Capitolo 33: *** what do you mean? ***
Capitolo 34: *** La magia ancor prima della logica ***



Capitolo 1
*** Giorno nuovo, vita nuova ***


QUESTA STORIA L'HO INIZIATA UN PAIO DI ANNI FA, E PER QUESTO I PRIMI CAPITOLI SARANNO RIVISTI DA UN PUNTO DI VISTA NARRATIVO. VERSO I CAPITOLI 8 E 9 LO STILE DI SCRITTURA INIZIA A ASSOMIGLIARE A QUELLO ATTUALE, AD ESSERE SCORREVOLE E -spero- MAGNETICO. BUONA LETTURA E GRAZIE





 
 
                                         A CHI IN AMOR PONE SPERANZA
 
 
 
 
 
Un dolce profumo di balsamo alla vaniglia permeava un oscillare costante di una cascata di capelli castani, mentre un rumore di stivaletti con i tacchi scandiva il ritmo sostenuto della camminata.
 
Il viso di Gaia era però velato da una certa incertezza. 
 
Era già la terza volta che cambiava liceo, così non poteva continuare. E sì, a diciassette anni e mezzo lo considerava un dramma con i fiocchi e degno di standing ovation abbandonare famiglia e amici per trasferirsi in un' altra città solo per studi.
 
Si strofinò gli occhi color nocciola, cercando di sopprimere sul nascere l'ennesimo sbadiglio.
 
Roma era così diversa da Milano, così fieramente austera.
 
Mentre viaggiava in treno aveva avuto tempo di dare un' occhiata alla nuova scuola.
 
Un carcere! Ecco cosa le sembrava. Bhe, almeno i suoi genitori avevano rispettato la decisione di frequentare lo scientifico.
 
Che poi il motivo per cui aveva cambiato città per lei era inesistente.
 
Era stato un cocktail di idiozie sparate a caso: devi crescere, Roma è più grande, ti troverai meglio, le amicizie saranno sicuramente migliori di quelle attuali; il tutto accompagnato dalla classica frase: "avessi avuto io la tua opportunità alla mia età!"
 
Gaia notò a malapena che il marciapiede era finito, e l'impatto con la grande scuola fu improvviso e sconcertante.
 
La bocca per poco non toccò terra.
 
Come era possibile? 
 
Un edificio enorme, circondato da mura in pietra senza una traccia di scritta fatta da vandali. 
Degli alberi scarni, quasi spolpati, svettano oltre i cancelli. La bandiera dell'Italia svolazza in lontananza trascinata dal  vento.
 
Una smorfia di disgusto misto a orrore le si dipinse in volto.
 
“Sembra un carcere”
 
Tutto ciò che aveva davanti confermava che tutte le sue opinioni precedenti fossero azzeccatissime.
 
Sfortunatamente.
 
“Non è poi così male dentro.” una voce la sorprese da dietro.
 
La ragazza per poco non saltò in aria mentre sussultava per quell'improvvisa interruzione si girò velocemente.
 
Ciò che si ritrovò difronte - o meglio chi- stroncò sul nascere la capacità di parlare o dire qualsiasi cosa.
 
Il suo sguardo venne automaticamente calamitato da un viso assurdamente bello dai tratti maschili marcati. Fronte alta contornata da un ciuffo volutamente ribelle, tipico di un doppio taglio, zigomi alti solcavano il suo volto donandogli un'aria terribilmente sensuale, arricchita da delle labbra stirate in un pigro sorriso.
 
E poi un paio di occhi.
 
Neri, profondi e ammalianti.
 
La ragazza registrò appena il fisico slanciato e proporzionato, perché noto la scintilla di compiacimento che comparì nello sguardo del moro mentre anche lui la guardava.
 
“Cosa ti ridi?” domandò stizzita, presa in contropiede da quel modo eloquente e sfrontato di scrutarla.
 
Il ghigno del moro si pronunciò.
 
“Finito di farmi la radiografia?” chiese con un sorriso sornione da gorilla patentato stampato in faccia.
 
Gaia sgranò gli occhi. ma brutto ...
 
“Cafone che non sei altro! E poi io non stavo di certo parlando con te."
 
lo guardò indispettita, sentendo dentro di se una sensazione strana per la prima volta.
 
Come se avesse l'impressione di doversi allontanare da lui al più presto.
 
Come se l'aria fosse diventata tutto d'un tratto elettrica.
 
“Non cambiare argomento ragazzina”  disse lui pacato mentre toglieva le mani dalle tasche.
 
Era totalmente a suo agio. A differenza della ragazza che fece un passo indietro.
 
“Quale argomento? Tu ti fai i filmini mentali” ribatté Gaia piccata.
 
Quella supponenza di sapere i tuoi ragionamenti e conoscere le tue sensazioni, non avrebbero portato a niente di buono.
 
Gaia se ne rese conto immediatamente. poteva metterci la mano sul fuoco, era il tipico belloccio sicuro a tal punto di se - e con un aria vistosamente e volutamente stronza - che faceva capitolare ai suoi piedi tutte le ragazze oche della scuola, incapaci di resistere al suo fascino di "bastardo-dentro".
 
A proposito aveva preso un diario per la scuola?
 
Oh mammina santa! La scuola! Cercò affannatamente il cellulare nelle tasche, per poi ricordarsi che ce l'aveva in mano. Guardò frettolosamente l'ora, conscia che pochi secondi preziosi la stavano lasciando.
 
Con quello poi.
 
Si voltò mordendosi le labbra, un gesto che faceva sempre quando era nervosa.
 
Non poteva fare ritardo il primo giorno.
 
Fece i primi passi ma il moro le afferrò il polso strattonandola e facendole male. Gaia si girò con l'altra mano già elevata in aria per dare un bello schiaffo sonoro che non arrivò, sfortunatamente , a destinazione poiché bloccato dall'altra mano del ragazzo.
 
Guardandola con un sorrisetto furbo strinse la presa, mentre lei iniziò a strattonare le braccia per liberarsi. Le stava facendo male con quella pressione sui suoi polsi. Costretta a guardarlo negli occhi, rimase sorpresa della luce di sfida che vi lesse.
 
Strattonò di nuovo, ma l'unico risultato fu quello che i polsi le si arrossarono per lo sfregamento oltre che per la pressione.
 
 La ragazza sentì il suo cuore aumentare i battiti, spaventato.
 
"La-scia-mi" pronunciò lentamente quasi come se stesse parlando con un bambino deficiente.
 
Notò che il tono lo fece innervosire.
 
All' improvviso si avvicinò pericolosamente – per lui perché sarebbe potuto arrivargli un calcio nelle parti basse visto il caratterino vivace della ragazza – al viso di Gaia, dirottando alla fine verso l'orecchio semicoperto da una ciocca di capelli.
 
Gaia si immobilizzò mentre il respiro le si interrompeva bruscamente a metà petto. Rabbrividì inconsapevolmente quando le sfiorò l'orecchio con le labbra morbide.
 
Gaia si ritrasse debolmente, per quanto quella stretta potesse concederle.
 
“Sei già cotta di me, ma .. ehi! Tranquilla piccola .. do una seconda occasione a tutte anche se tu la prima l'hai sprecata..” 
 
Lo sentì sorridere sulla sua pelle delicata poco sotto l'orecchio.
 
Tentò nuovamente di liberare i polsi, ma lui glieli prese entrambi in una morsa stretta.
 
Gaia allontanò il viso dall'altra mano che ora era libera, ma il ragazzo riuscì ugualmente a prenderle il mento tra due dita e ad alzarlo verso il suo viso.
 
L'espressione sdegnata con cui quella ragazza continuava a guardarlo lo divertì.
 
Continuava a dibattersi ben sapendo che era la sua metà di corporatura. 
 
Come se avesse la minima possibilità di sfuggirgli.
 
All'improvviso sentì che lo chiamavano da destra. voltò il viso e scorse i ragazzi che si avvicinavano squadrando interessati la moretta.
 
Gaia sgranò visibilmente gli occhi. senza che lei avesse fatto niente, mentre lui aveva voltato il volto, una parte del collo era stata scoperta dal maglione Ralph Lauren.
 
Rabbrividì osservando un tatuaggio grande si e no quanto un suo pugno.
 
Una celtica.
 
Ma peggio no? Cafone, egocentrico, narcisista, e ora pure uno di quegl' imbecilli che seguono il fascismo. No comment.
 
Accortosi che la ragazza aveva sgranato gli occhi quasi fossero dua fanali, il moro capì che cosa dovesse aver attirato la sua attenzione.
 
“Bello eh" 
 
“Basta crederci!” ironizzò la mora guardandolo con la fronte crucciata.
 
Lo sentì innervosirsi perché cambiò postura, mentre muoveva il peso da una gamba all'altra e irriggidiva la mascella.
 
Poi d'un tratto si accorse della presenza di altri ragazzi che le si avvicinavano.
 
"Ciao capo"
 
“Ehi ste'"
 
“ Chi è la tua amichetta?” 
 
Il ragazzo osservò come ora la moretta non fosse sulla difensiva ma piuttosto come fosse seccata.
 
Voleva entrare a scuola, rifletté.
 
Era ovvio che fosse una secchiona.
 
Lo si capiva semplicemente guardandola.
 
Era vestita normale ma la cartella era fin troppo piena per essere il primo giorno.
 
Lui aveva portato a mala pena il cellulare se non per divertirsi durante le lezioni.
 
Notò un'occhiata indagatoria di Liuk. Chiaramente si riferiva al fatto che stava ancora stringendo un paio di polsi arrossati.
 
Gaia si stupì quando la lasciò andare improvvisamente.
 
Lo guardò dubbiosa, indifferente degli altri ragazzi, mentre concentrava tutto il suo disprezzo verso il moro.
 
"Hai da accendere?" le chiese qualcuno.
 
Si girò, accostando un volto a quella voce.
 
Un ragazzo castano chiaro, con degli splendidi occhi azzurri seppur molto freddi la guardava senza mostrare alcuna emozione.
 
Il tono era stato atono, quindi non capiva se era una presa in giro o no.
 
Poi lo osservò tirare fuori una Marlboro e infilarsela tra le labbra.
 
"Non dovresti fumare" rispose guardandolo negli occhi
 
Gaia si chiese improvvisamente se anche loro avessero tatuaggi come quello del ragazzo che l'aveva fermata.
 
Lui sorrise sinistro.
 
"Perché? fa male?" la canzonò con un tono derisorio
 
"No, o meglio non solo, anche perché stai per entrare a scuola." disse lei senza battere ciglio.
 
Quella risposta Ste' se la aspettava, e sorrise nel vedere l'occhiata svelta che Liuk gli rivolse.
 
Occhiata che la ragazza non colse.
 
"Chi ti dice che entro?" gli rispose infine il ragazzo alzando le spalle.
 
Gaia fece scontrare le sopracciglia, in un'espressione sospettosa ma al tempo stesso buffa.
 
"Tu non entri?" si rivolse al ragazzo che avevano chiamato "capo" e poi "Ste'".
 
Lui la guardò in un modo strano, e lei non fu più tanto certa che le avrebbe risposto.
 
Senza più aggiungere niente, si sistemò la borsa in spalla e si voltò verso l'ingresso.
 
Camminò svelta, non perché avesse paura ma perché era in ritardo.
 
Quando fu abbastanza lontana, Liuk si voltò verso Ste' mentre le sue labbra si stiravano in un gelido sorriso.
 
"Non ti bastava quella di ieri sera?"
 
 
 
 
 
 
BUONGIORNO à tout le monde<3
 
Sono Laura, ho iniziato a scrivere questa stori aun paio di anni fa, diciamo che c'è stata un'evoluzione per quanto riguarda il narrare, e gli ultimi capitoli differivano così tanto dai primi che anche per me era difficile continuare a scrivere e ad aggiornare sapendo che l'inizio era così brutto. >.<
 
così ho riscritto il primo capitolo di tutta fretta. vi chiedo venia ma non ho ancora avuto modo di riscrivere i tre che ne seguiranno. sappiate solo per chi voglia continuare a leggere che Gaia chiama Ste' "tizio" e che il primo cap si conclude con uno che dice "wow non male" a Gaia perché si è piegata a prendere la borsa. tutto qui <3
buona lettura.

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Capitolo 2
*** Anny & Gas Gas ***











Gaia si guardò per l'ennesima volta alle spalle, sperando di non vederli effettivamente entrare dopo di lei.
 
Dei brividi freddi le scesero lungo le braccia e velocemente si passò i palmi delle mani lungo la pelle, per farli scomparire.
 
I tipi non la stavano neanche più guardando, ma la tensione non scemò via.
Automaticamente il viso del ragazzo moro dagli occhi scuri le si materializzò di fronte, dal niente.
 
Con quel sorriso sfrontato quanto falso, quanto provocante.
 
Scosse la testa, cercando di scacciare i pensieri dalla testa.
 
Sentì un colpo improvviso al braccio, poi una leggera fitta che si diramava verso la spalla.
 
Si rese conto di aver sbattuto contro una ragazza e subito mostrò un sorriso dispiaciuto.
 
"Scusami tanto, non ti avevo vista arrivare" le disse massaggiandosi la parte lesa.
 
"Ei bella, traquilla" le ammiccò l'altra togliendosi una cuffietta dall'orecchio.
 
Poi soffiò esasperata su un ciuffo biondo e riccio che le era inevitabilmente sceso sulle curve morbide del viso,proprio sul piccolo naso storto in una smorfia.
 
Le rivolse un breve ma incoraggiante sorriso
 
"Anita, piacere" le porse la mano veloce, aggiustandosi contemporaneamente la borsa sulla spalla e cambiando due volte il peso da una gamba all'altra.
 
Sembrava avere il fuoco dentro quella ragazza perché non stava un attimo ferma.
 
"Gaia" le sorrise divertita.
 
"Nuova ve'?"
 
La mora rise, beccata in pieno "da cosa lo hai capito?" chiese curiosa.
 
Anita si portò lo stesso ciuffo ostinato dietro l'orecchio.
 
"L'accento. Sei del nord vero? Bologna?" 
 
"Milano, c'eri quasi" 
 
La bionda le fece cenno di seguirla mentre entravano in un corridoio in marmo.
 
"Fratelli?" curiosò
 
"Sorelle" rispose Gaia con un sorriso
 
"Oh ci sono, ci sono. Fidanzato?"
 
Gaia ridacchiò mentre la ragazza alzava e abbassava le sopracciglie in un modo buffo, come a dire "ehi sorella ti ho beccata"
 
"No, mi dispiace deluderti"
 
"Ah bee, rimedieremo. stanne certa. Se c'è una cosa per cui questa scuola è famosa, a parte la presenza di spocchiosi fascistelli, è la figaggine totale che le ragazze hanno a disposizione" Gaia le fece una faccia poco convinta.
 
"Un ben di Dio, vedrai!" 
 
La portò vicino a delle scale poi come se si fosse scordata qualcosa di estremamente importante, si portò una mano alla fronte.
 
"Non ti ho chiesto che classe sei, che idiota"
 
"Scientifico, quarto B"
 
"Siamo vicine, vieni. Ti avverto che sezione A e B a volte fanno lezione insieme, siamo pochi e abbiamo insegnanti comuni. Ah! E poi il primo giorno provano a farci iscrivere al coreutico, ma siamo tutti delle mezze seghe"
 
Gaia gioì alla notizia di averla vicina perché di certo, un punto fisso in una nuova scuola le sarebbe servito. Ma in che senso "provare il coreutico"?
 
Finite le scale, girarono a destra sbucando in un corridoio illuminato da finestre enormi che davano sul cortile soleggiato da un tiepido sole.
 
Anita quasi correva, mentre lei la seguiva divertita.
 
Erano in ritardo ahahah.
 
Delle voci rieccheggiarono dalle scale, e Gaia si rese spaventosamente conto di ricordare benissimo quella voce. 
 
Ma come?
 
Loro, lui.. non dovevano entrare!
 
Velocizzò il passo, raggiungendo la biondina che stava sbuffando mentre piccata guardava ogni classe.
 
"Ma perché cavolo ci devono sempre spostare di classe, eh? Cos'è? Il viaggio della scuola ?"
 
Sembrava una bambina a cui veniva tolto il leccalecca riflettè, ridendo tra se.
 
"Ah giusto! Siamo in aula magna per le prime tre ore! seguimi Gas Gas!"
 
"Eh?"
 
"Il topolino di cenerentola, quello cicciotto.... anche se tu non sei grassa"
 
In quella scuola erano tutte magrissime, si ritrovò a pensare confusa  la mora. Tutte, dalla prima all'ultima. Come se non ci fosse neanche la possibilità di essere in sovrappeso.
 
Gaia entrò a filo dietro di lei e si ritrovò in una specie di anfiteatro al buio, con un palco illuminato al centro che dava l'impressione spiacevole di essere immenso.
 
Un buffo cipiglio le contrasse la fronte.
 
"Anny ... che cosa dovremmo fare esattamente?" si girò in cerca della bionda, che in tanto si stava dirigendo verso una delle file di poltrone. La seguì spaesata mentre non riusciva a togliere lo sguardo da quel palcoscenico in legno.
 
"Vedrai

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Capitolo 3
*** sfide improvvise ***










“Già” rispose Anita con un sorriso complice “è il nostro pezzo forte!”accennò soddisfatta alla struttura con un ampio gesto del braccio.
 
Gaia stava ancora guardando la sala quando la sua attenzione fu attirata dal suono della porta che sbatteva.
 
E i suoi occhi corsero irrimediabilmente al viso del giovane che seguito dai suoi amici, era appena entrato con un sorriso deficiente.
 
Da quell'espressione che, insieme a lei, aveva calamitato tre quarti del pubblico femminile dell'aula.
 
Il ragazzo scrutò la platea con il mento basso, conscio in modo naturale del proprio fascino, e Gaia non poté fare a meno di rimanere con il fiato in sospeso quando i suoi occhi si posarono sulla sua figura.
 
L'unica cosa che Gaia ebbe il tempo di pensare prima di disconnettere la spina fu che non sembrava sorpreso di trovarla lì, come se se lo aspettasse.
 
Che idiota, ovvio visto che le prime tre ore sono obbligatorie qui dentro, si rimbrottò a mente da sola.
 
Il moro piegò leggermente il viso, guardandola in modo insistente.
 
La ragazza sentendosi arrossire si girò subito verso Anita, che intanto si era infilata in una fila e stava procedendo con non poche difficoltà a sgusciare tra una poltrona e l'altra, per arrivare all'incirca nel centro. 
 
Gaia si sbrigò a seguirla e non appena le fu vicina, fu ben attenta a portarsi le ginocchia al petto e ad abbassare la testa tra le spalle per non farsi vedere.
 
Sprofondò sempre più nell'amata poltrona, che decise di chiamare Bob, e piantò lo sguardo sulla rivestitura del fratello omonimo di Bob davanti a lei.
 
Chissà come avevano creato quelle sfumature così belle e uniche e...
 
"Ehi, chi non muore si rivede" una voce maschile la fece sobbalzare.
 
Si girò e notò che il moro di quella mattina, Stefano, la stava indicando agli altri.
 
In particolare a quello con gli occhi azzurri che fece una smorfia di disinteresse totale.
 
E così il fantastico piano di mimetizzarsi con la sedia chiaramente era andato in fumo.
 
“Ma guarda!” Proferì con finta aria sorpresa la ragazza “E tu che ci fai qui? Indosserai un tutù e ti metterai a ballare?” Chiese con una luce divertita negli occhi.
 
Se lo sorprese, lui non lo diede a vedere.
 
"Se desideri balletti privati non hai che da chiedere" le ammiccò il moro avvicinandosi con una grazie felina che la fece sussultare, poi cambiò tono, da suadente a di sufficienza.
 
“Comunque io e i ragazzi siamo qui per goderci lo spettacolo, ovviamente non frequentiamo questo schifo di indirizzo ma al prof di canto servono ragazzi seduti tra le file della platea per abituare gli allievi ad avere un' atteggiamento meno timido davanti a un pubblico..”
 
Gaia si era bloccata a “ seduti tra le file”, la sua mente si rifiutava di andare oltre evidentemente. Intuendo la piega che dovevano aver preso i suoi pensieri il moro sogghignò sadico.
 
"Forse sarai tu a farmi un balletto privato, eh?" le sussurrò lascivo all'orecchio.
 
Gaia si scostò bruscamente, e una scintilla bellicosa le si accese nello sguardo.
 
"Tu odioso .."
 
"Gaia sht! Sta iniziando!" la rimproverò Anita a bassa voce poi però girandosi verso di lei notò il ragazzo e restò immobile e rigida.
 
Il moro le rivolse uno sguardo veloce poi riportò i suoi occhi sulla ragazza con le ginocchia al petto.
 
"Gaia eh?" riprese il suo nome.
 
La ragazza lo guardò male e lui di tutta risposta mentre si rimetteva dritto sorrise divertito, il che la fece infuriare ancor più. poi lo vide tornare dai suoi amici, che si erano messi in ultima fila, due file dopo la loro.
 
“Buongiorno studenti e studentesse! Sono il professore Stensi e oggi avrò il piacere di conoscervi personalmente uno a uno"
 
A quel punto Anita le scosse violentemente un braccio, con gli occhi fuori dalle orbite.
 
“Li conosci?! TU LI CONOSCI?” squittì con il tono più basso che poté 
 
Gaia restò per un attimo interdetta e si chiese se era il caso di annuire.
 
"Sono i cinque ragazzi dello scientifico più fighi della scuola! e tu già li conosci! Ma hai visto che fisici?"
 
L'immagine del ragazzo fascista le balenò davanti al viso e Gaia suo malgrado non potè negare.
 
“ Ma stanno sempre con delle oche, anche se poi le ragazze le cambiano come fossero un paio di calzini, una ogni due o tre giorni al massimo! Anzi il capo, Ste',” .. Tizio.. “ ogni volta che va in discoteca dicono che esca con almeno tre ragazze."
 
Gaia non ebbe alcuna difficoltà a crederci.
 
Un tipo così non dava di certo l'idea di far fatica a trovare compagnia femminile.
 
Eppure quello sguardo la metteva all'allerta, come se dovesse temere qualcosa da lui. E in più non le era sembrato il tipo che protegge dalle male lingue o si mette insieme alla ragazza appena..
 
"E soprattutto vedere come vi muovete quassù sul palco.. Allora chi è il primo o la prima?”
 
I pensieri di Gaia furono spazzati via dall'onda d'urto di quell'ultima frase.
 
Afferrò istintivamente la mano dell'amica e si girò verso di lei.
 
La parole le uscirono stentate mentre la paura l'avvolgeva in una gelida coperta.
 
"Dimmi che è uno scherzo." 
 
 "inizio con il primo nome della lista" continuò insensibile quella voce.
 
Gaia iniziò a pregare che quel nome non lo conoscesse nemmeno.
 
Che non iniziasse con la stessa lettera.
 
“Colorale Sofia”
 
Dio.Santo.Grazie.
 
Scorse una ragazza della prima fila alzarsi e dirigersi titubante sul palco. Capelli ricci folti con dei ciuffi che le coprivano il viso, un chilo di mascara su occhi chiaramente con lenti a contatto colorate. Bastava vedere come si è conciata per capire su cosa puntasse la ragazza, rifletté amaramente Gaia.
 
Una camicetta sbottonata di almeno quattro bottoni le fasciava a stento il petto, una gonna deliziosamente inesistente celava a malapena l'inizio della curva del sedere.
 
Sentì l'eco di fischi e applausi che veniva chiaramente dalle sue spalle.
 
Non volle indagare ulteriormente.
 
“Cosa desideri cantare tesoro?”disse amorevole osservandola il professore.
 
Tesoro?? Gaia restò sbigottita e per poco le ginocchia non le caddero a peso morto sul bordo della poltrona.
 
“Vorrei cantare..” silenzio. 
 
Anita si voltò verso di lei scioccata. "Ma che testa di ..."
 
“Ok , facciamo una cosa" rimediò l'uomo a bordo palco "prendete un foglietto e scrivete la vostra canzone preferita, accartocciate il bigliettino e lo mettete sul tavolo..” si spostava gesticolando decisamente preso dal suo folle piano.
 
“Questo” e indicò un tavolino vicino al banco.
 
“Forza, veloci” gridò infervorato. Che tipo, le era sembrato tanto calmo e pacifico mentre ora assomigliava tanto a un castoro a cui hanno pestato la coda.
 
Gaia vide che tutti si muovevano cercando una penna nello zaino e un foglietto.
 
Fece velocemente altrettanto, così abbassò il capo e scrisse la canzone che ormai da un po' le passava per la testa: “ skyfall”
 
Finì di scrivere il titolo, accartocciò il bigliettino e si alzò per andare a posarlo sul tavolino prescelto, notando in un angolo il prof parlare con uno dello staff tecnico-informatico.
 
Fece finta di niente e tornò al proprio posto, affianco ad Anita che mosse e intrecciò inaspettatamente le dita delle mani con le sue.
 
“Ehi, calmati”  le sorrise la mora rassicurante.
 
Intanto la ragazza che era sul palcoscenico fino a pochi secondi prima, si era avvicinata al tavolino e aveva sporto una piccola mano lentigginosa verso i biglietti .
 
Sospirò e ne prese uno, lo aprì con mani tremolanti. Non si sentì volare un moscerino.
 
Gaia si mosse nervosa sulla poltrona, sistemando i piedi già perfettamente allineati.
 
Vedendo che la ragazza non accennava a voler parlare, l'uomo intervenne con un sollecitamento e solo allora ella si apprestò ad enunciare questo santissimo titolo:
 
“Just give me a reason”
 
“Prefetto allora iniziamo”
 
Trascorsi due minuti e dopo aver fatto subire alle  orecchie di tutta la sala acuti a dir poco stonati, venne interrotta con un ringraziamento freddo.
 
"Oh quando uno se la scopa, la deve imbavagliare cazzo" risero in ultima fila.
 
Dei brividi gelidi le scesero lungo le gambe.
 
Odiava esibirsi in pubblico, ma una sfida era sempre una sfida.
 
E se quei cretini avessero osato dirle qualcosa del genere ...
 
Quasi non si accorse (se non per una gomitata sul fianco da Anita) che era appena uscito il suo nome. Si alzò e i piedi la condussero direttamente al tavolino pieno di bigliettini, e senza volerci pensare più di tanto allungò la mano.
 
Se vi erano state battutine o fischi, lei non li sentì. Percepiva soltanto il proprio cuore battere come un tamburo nelle orecchie.
 
Ne prese uno a caso e chiuse gli occhi. Cercò di afferrare qualcosa e quando sentì carta ruvida sulle dita schiuse le palpebre e lesse:
 
“I love you like a love song”
 
Rilasciò il respiro e inspirò.
 
Fortunatamente la conosceva.
 
Agitata salì i gradini uno a uno, fino a ritrovarsi sul palco sotto gli occhi di tutti.
 
Le luci improvvise puntate sullo sfondo la abbagliarono così che fu costretta a mettere una mano davanti agli occhi per riuscire a vedere qualcosa.
 
Il ragazzino con cui parlava prima il professore, stava armeggiando con il computer e la strumentazione, poi fece un cenno al mio aguzzino.
 
"Quando vuole" 

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Capitolo 4
*** maledetta coreografia ***


 
Parte la musica, chiudo gli occhi, faccio un ultimo sospiro per rilassarmi.
Oh perdinci,  qualcuno mi dia una bombola di ossigeno! Devo solo cantare, per il resto non ho una coreografia, e non credo improvviserò perché non sono mai stata capace di ballare sinuosamente come quelle in tv che si vedono durante i talent show...
Quindi non devo sbagliare neanche una nota, quindi niente panico.
Le note si rincorrono, sta per arrivare l'attacco, lo sento.
"It's been said and done" alzo lo sguardo con una punta di sfida quasi a voler ammaliare il publico
"Every beautiful thought's been already song" passo in avanti "and I guess right now here's another one" incrocio lo sguardo scrutatore del proff.. devo sciogliermi, si vede lontano un miglio che si aspetta di più..
"so your melody will play on and on " ondeggio le anche a sinistra "and on" a destra, tutto il più fluido possibile, socchiudo gli occhi.
"with the best of them" sono praticamente accucciata, abbasso il capo fino a quando sento strusciare la mia fronte contro le ginocchia, sta per partire il pezzo ritmato..1..2..
"you're beautiful" distendo le gambe e alzo il capo facendo volare all'indietro i capelli "like a dream come alive incredible" mi porto i palmi delle mani sul viso delicatamente "a sinful" sposto con un movimento dolce la mano a destra seguendola con lo sguardo " myracle" lo riporto al centro " lyracle" l'altra dalla parte opposta.
"you saved my life again" me le riporto entrambe al petto con eleganza e stringo i pugni.
Ormai non sento più niente, se non il piacere quasi dovere del mio corpo di danzare e muoversi seguendo quelle note stupende e leggere.
 Il testo scorre insieme alle note, la mia voce a intonarlo, il mio corpo a impersonificarlo.
Mi sento i suoi occhi di tizio/babbuino addosso, seguire fluidamente ogni mio movimento, ogni mia mossa, posso solo immaginare il suo solito ghigno divertito...
La melodia termina, e ho paura, tanta paura.. inizio impercettibilmente a tremare, insomma, potrei aver fatto schifo...
Oh mammina santa, mi sento i battiti del cuore in gola!
 Ora mi dirà che non gli è piaciuto, che ero elegante quanto un ippopotamo che si cimentava in danza classica, mi manderà al posto e magari per l'imbarazzo cascherò pure dai gradini finendo così a terra! Ovviamente con l'accompagnamento di risate conosciute di sottofondo...
"Non male signorina" mi si è fermato il respiro, cioè, era già debole ma ora è proprio fermo!!
L'ha detto, l'ha detto! Sono salva, per il momento, da quel nanetto fuori di testa tutto pazzo!
Non riesco a non avere un sorriso da scema e ovviamente quando arrivo dal mio amato Bob, qualcuno me lo ricorda.
"Perché quel sorriso da ebete?" ride lo scemo davanti ai suoi amici, che notando la mia espressione lo seguono a ruota...
Troppo gentile.
Comunque, c'è qualcosa di strano.. un momento! si è messo vicino a Bob, volevo dire alla mia poltrona, fantastico... ma non erano in fondo? tra le ultime file? non può tornarsene là, che di certo male non me ne farebbe?
Gli faccio la linguaccia e faccio per andare verso il mio prossimo sposo ( Bob, ovvio), quando mi accorgo che il mio amato si trova dopo i posti dei deficienti e questi non fanno cenno di alzarsi. 
Che ne è dei ragazzi carini e educati,  dove sono?
Alzo lo sguardo al soffitto, non potendo farne a meno visto lo stato di esasperazione a cui mi manda tizio e amici vari.
 Costretta a dovermi fare strada tra le gambe di questi ( non è un doppio senso), manco avessero il sedere di piombo che intanto si guardano divertiti, mi avvicino e poso una gamba al di là della zampa di  babbuino numero uno, ovviamente rivolta verso di loro. 
Arrivata a babbuino numero tre, faccio il drammatico errore di voltarmi e procedere con il busto rivolto al palcoscenico.
 Li sento sghignazzare qualcosa e poi ad un certo punto mi sento schiacciata contro la poltrona davanti, imprigionata tra essa e un corpo alto e muscoloso. 
Mi sta per uscire fumo dalle orecchie..
 Che.cavolo.sta.facendo?!
Cerco di voltarmi per dare a colui che vuole sicuramente morire una bella cinquina in faccia, così da fargli ricordare che esistono luoghi e luoghi, e soprattutto persone e persone!
Che lo faccia (eh di, uso il singolare perché ho già capito chi è il pervertito qui dietro) con le loro troiette queste cose, di certo non con me.
L'azione mi è resa impossibile dal peso che mi schiaccia i polmoni contro il simile di bob qui davanti, cavolo, non riesco neanche più a respirare.. Quanto è grosso 'sto demente?
Mi piego in avanti, cercando di spingerlo via facendomi forza con le braccia che arpiono alla poltrona davanti come spinta. Delle mani dai tratti fini me le afferrano e me le fanno staccare dal rivestimento rosso e me le imprigionando davanti a me in una, l'altra si avvicina al mio viso.
Mi scosto pensando al peggio perché, andiamo, sinceramente mica sono tanto normali questi,
 Quasi soffiando come una gatta davanti ad un cane.
A quel punto sento qualcuno che sospira sorridendomi sul collo, cerco di spostarmi ulteriormente con scarsi risultati, una voce profonda già a me nota mi sussurra in modo confidenziale all'orecchio, sfiorandomi con il naso il collo e facendomi venire i brividi.
"Tutto bene, pantera?" sento una scintilla divertita nella sua domanda
"Si." No, razza di idiota! Mi stai schiacciando con il tuo peso e mi dovrei sentire bene?
"Sicura?" chiese con voce roca ancora più vicino con le sue labbra che mi sfioravano la linea tra mandibola e collo.
Inspirai quel che potei per non perdere il controllo, e lui probabilmente se ne accorse perché lo sentii sorridere contro il mio collo.. Eh no!! 
Questa cosa doveva finire! 
"Spostati, avanti"  cercai di guardarlo con occhi cerbiattosi ma non riuscii ad incontrare il suo sguardo visto come mi teneva. ero palesemente in disagio, si vedeva benissimo.
Lui  invece era lì come se niente fosse, tutto nella norma. come se fosse naturale fare così con le ragazze che conosci da meno di 24 ore!
" Non attacca quello sguardo, non sai quanti ne ho visti come il tuo" e ciò lo disse forse ad alta voce perchè un suo amico agiunse 
" Soprattutto ieri quando Jess voleva che la riaccompagnassi a casa dopo la nottata caliente con la tua ducati" e sogghignarono un po' tutti. Incontrai lo sguardo della mia amica e le chiesi formulando labbialmente di venirmi ad aiutarmi contro questi scimmioni.
La vidi deglutire e guardare oltre le mie spalle, dove c'era Ste' che mi teneva vicino al suo petto.
Oh, andiamo!
"Magari questa è ancora più brava a letto" disse uno.
Mi irriggidii all'istante, non lo stavano davvero pensando, no, no!
"Forse, visto il modo in cui si muoveva .." sorrise agli amici divertiti.
Il suono della campanella ovattò tutto e vedendo e cogliendo (soprattutto) quell'attimo di distrazione, riuscii a liberare una mano e dare una gomitata nel fianco di Ste' , il quale si scansò subito con il fiato mezzo strozzato.
Colpito e affondato.
Ascoltando il mio istinto di sopravvivenza e dopo aver visto le facce sorprese degli amici, scappo (letteralmente) verso il corridoio oltre la porta, quasi spiaccicandomici contro per la fretta. Intanto sento un urlo di rabbia uscire dalle labbra del povero amabile, educato soprattutto, fascista. 
Accelero il passo, dirigendomi verso il bar.

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Capitolo 5
*** seriamente? ***


Ma che problemi ha? Seriamente, ma faranno così con ogni ragazza nuova? Amen, in ogni caso non credo sarò io per molto ancora..
Cambiamo discorso, certo che questa scuola è proprio grande!
Mi prendo una bella ciambella, ora che ci penso non ho mangiato a colazione.. che scema che sono. Sorrido mentre prendo il mio adorato pasto e mi affretto per la lezione di chimica.
Ah ah. E ora dove devo andare? Ora mi metterei a fare una di quelle risate isteriche buone solo a deprimerti sfogandoti contro te stessa facendoti sembrare agli occhi dei passanti una pazza schizofrenica.
Davvero, a volte penso di avere la lungimiranza di un sasso!
Ok, ora salgo le scale, vedo se Anita si trova ancora nella sala prove e poi, perché sarà lì (auto convinciamoci) , ci avvieremo insieme verso quel supplizio.
Salgo le scale due a due per la paura di non trovarla più lì.
Nel guardare i gradini per non inciampare urto una povera ragazza allampanata a cui cadono tutti i libri con cellulare compreso ( oh Signore, ma è un'abitudine la mia??!).
Sussurro uno scusa, e dispiaciuta inizio ad aiutarla a raccogliere quei fogli sparsi sul pavimento pieni di appunti, credo di fisica. presa ogni cosa, mi alzo e le porgo il materiale e le sorrido sperando in NON una serie di insulti poco carini e trattengo il fiato vedendo che raccoglie il  cellulare in mano con un'aria molto preoccupata. 
Lei invece ricambia il mio sorriso e si presenta porgendomi la mano dicendo semplicemente il suo nome.
"Salva"penso tra me e me  rilasciando un sospiro.
Il cellulare è vivo.
"Elle" 
"Gaia" 
Mi rendo conto che non ho la minima idea di dove andare, e se...
"Senti sai per caso dove si trova l'aula di chimica? Sono nuova e non conosco nessuno se non una ragazza che al momento non trovo" le spiegai preoccupata.
Lei ride timidamente,  poi gentile mi spiega tipo che dovrei salire le scale, girare a destra, procedere fino alla fine del corridoio girare a sinistra e poi ..
"Ehi nuova, non te fida' troppo de questa .."
Sobbalzo nel sentire una voce dall'alto delle scale quasi sprezzante, anzi senza il quasi.
Alzo lo sguardo e noto che ha parlato uno di quei babbuini enormi ormai (sfortunatamente ) totalmente bipedi, e non si sa perché ammessi in questa scuola, sentito il linguaggio ..
Porto lo sguardo dispiaciuta sulla mia amica che ha abbassato gli occhi tutta rossa.
"Si può sapere che vi ha fatto?No, lo dico perché se vi ha insultato, mi parte l'applauso involontario" dico sarcastica arrabbiata nera.
Un bel guinzaglio per degli studenti più che simili a bestie non credo farebbe male dopotutto...
La mia "amica" sembra ancora più in imbarazzo.. ma perchè 'sta cosa?
Oh mammina, ma come parlo??Se mi sentisse Giulia mi ripudierebbe come milanese.
"Statte zitta te! Porco ..." inizia Ste', ma non lo lascio finire e irritata lo riprendo prevedendo le sue prossime parole.
"Non osare bestemmiare difronte a me caro!! Si dice "minchia" , e se non ti va bene il milanese non so che dirti perché non so una beata mazza di romanaccio, ok?"
Gaia, piano, respira, 1.. espira.. inspira .. 2 ..
Sento un risolina che la calma me la fa evaporare, e trucido con lo sguardo quel deficiente che intanto si è messo a ridere.
"Hai capito Ste'? La ragazza qui se incazza per cazzate da niente" dice il babbuino  - Offendiamo-le-persone-senza-una-ragione.
Che scelta di parole articolata, già che ci siamo aggiungiamo vivere una vita, o che ne so, sognare un sogno!
E quell'altro gli risponde pure! Oramai sono fuori di me...
"Gio' che ci vuoi fare? Sarà una piccola cristiana, pudica e riservata" sogghigna alludendo alla sottoscritta. Almeno lui un minimo di italiano. Un momento!
Sai dove te la ficco quella smorfia che ti ritrovi?! Brutto..
"Bhe a me non me sembra proprio, raga' avete visto come se moveva?" 
Ancora??
"Era la coreografia, minchia ancora con questa storia?" chiedo esasperata riempendo le guance tipo scoiattolo.
Ste' mi guarda poi da una gomitata all'amico, Giorgio se non sbaglio, e gli sussurra qualcosa all'orecchio, qualcosa che evidentemente è molto divertente dato che l'altro cretino scoppia a ridere. Ma che vogliono?
Faccio per andarmene incavolata nera, ma la voce di tizio mi immobilizza. Le sue parole mi immobilizzano, mi fanno gelare il sangue. Ha detto per caso, cituali parole, "è una sporca ebrea"?
Tremante mi giro, incontro il suo sguardo. I miei occhi spaventati incontrano due oceani profondi e oscuri. Io che sto pregando di aver sentito male, sperando che la celtica che gli avevo visto sul collo fosse solo stata dettata da un capriccio infantile, niente di serio e soprattutto niente di razzista.Lui, finto indifferente come sempre, spara la minchiata e ne è pure convinto.
e io che li paragono ai babbuini! oh mammina, poveri, che ingiustizia! ( intendo per quelle adorabili scimmiette)
"Ch-che hai detto?"sussurro con un filo di voce.
"Lei"mi spiega seccato riferendosi ad Elle "è una sporca ebrea e non meriterebbe nemmeno farne parte di questa scuola". Sprezzante, freddo, sicuro di se. Pur avendo totalmente e indubbiamente torto marcio.
Guardo la ragazza accanto a me, testa bassa da atteggiamento sottomesso. Ma sottomesso de' che?
Riporto con odio lo sguardo a quei decerebrati, soprattutto verso di lui, reprimendo l'istinto di rovinargli quel bel faccino con una badilata, poi prendo la mano della ragazza accanto a me e inizio a salire i gradini, pur sapendo di dover passare attraverso il branco di bestie.
Arrivati da due metri sento la mia compagna esitare, ma sto' cavolo che cambio strada.
Continuo imperterrita stile carro armato, fino a quando sento una mano che si poggia vicino al mio sedere. Mi giro infuriata con occhi che lanciano saette e fulmini verso colui che entro i prossimi minuti sarà decapitato.
Giorgio.
Che schifoso, ripugnante,...
Gli volto subito adirata verso  quella mano viscida che lui ritira prontamente .. sento riderne molti, non tutti pero' .
Manca una risata sprezzante che conosco bene.
Vedo Tizio che guarda quella mano di Giorgio quasi a fulminarla, e babbuino numero uno che smette subito di sogghignare, intimidito dalla chiara espressione dell'amico. Ma faccio così schifo che non mi devono neanche toccare? Ho la lebbra per caso? No, minchia, ora vado a fare il test!
Gli sputerei in un'occhio.ora.subito.
Gambine care, che ne dite di collaborare e portarmi fuori da questo inferno, eh?
Con sguardo schifato proseguo tirandomi dietro la poveretta di cui ho afferrato la mano.
Scorgo con la coda dell'occhio Ste' che scende scostando in malo modo Giorgio, e andarsene sparendo alla mia vista.
Tanto meglio.
Mona.*
 
 
 
 
Ehiii ben trovateee ^_^
Questo capitolo è di passaggio tra un po' arriveremo ai fatti veri e propri. ho aggiunto un po' del dialetto milanese, dato che la mia migliore amica viene proprio da lì mi ha aiutato con il dirmi i vocaboli più in uso \("-")/
Tipo "mona" vuol dire scemo, stupido, babbeo e tonto ( eh si, dato che ci siete già arrivati "coglione"!!)
Oppure lì si dice sempre "minchia" quando si ha un diavolo per capello invece del solito corrispondente.. ( eh no, stavolta non lo dico, ci potete arrivare benissimo ù_ù )
E il nuovo personaggio?? Giorgio-il-polipo? =_= orribile lo so, ma sarà FON-DA-MEN-TA-LE!
Ringrazio molto le persone che l'hanno messa come storia preferita
La ventina di persone che l'hanno messa tra le seguite 
e i 6 recensori che mi hanno lasciato un commentino <3
GRAZIE^_^
un grandissimo beso
Lalla

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Capitolo 6
*** uscita alquanto problematica ***


Dopo una stressante giornata dedicata alla mia personale presentazione in ogni classe in cui mettevo piede, ero stanca morta e assomigliavo tanto a Sbigol quando capisce di aver perso il suo "tesoro" (alias anello) per sempre.
 
Ok, non proprio Sbigol, però lo stato d'animo era quello! Mai, e dico mai, più un primo giorno di scuola, non facevo altro che essere in imbarazzo e rossa come un peperone per ogni discorso che dovevo fare, un'altro po' e si facevano raccontare chi erano i miei nonni!
 
No, un semplice nome e cognome non bastava mai per quei rompiballe scansafatiche chiamati proFESSI.
 
Esco al fianco di Elle, fortunatamente avevamo avuto l'ultima lezione in comune, e da quello che avevo capito era stato per tutti un "primo giorno" abbastanza pesante.
 
Era stata carina e mi aveva pure invitato a casa sua per il pomeriggio e io avevo volentieri acconsentito. Potevo anche farne a meno di stare da sola nel mio piccolo appartamento.
 
Scherzando su quei vecchi svogliati di insegnanti ci dirigiamo  verso l'uscita con il sorriso sulle labbra.
 
Un sorriso che mi muore, anzi "ci" muore subito appena vediamo il gruppo di idioti che sembrano aspettare qualcuno.
 
Appena ci scorgono Giorgio da una gomitata a Ste' , che vedendomi mi sorride.
 
Ma non uno di quei sorrisi puri, benevoli, diciamo piuttosto il genere contrario.
 
Ho un brutto presentimento.
 
Facendo finta di niente in un tacito accordo io e la mia compagna cambiamo direzione, se prima dovevamo dirigerci a destra ora la seguo a sinistra.
 
Non facciamo che 10 miseri metri quando sento una risata. La "sua" risata.
 
Vedo Elle difronte a me camminare più veloce, e così faccio io.
 
Peccato che il gruppo ci raggiunge in tre secondi e ci circonda.
 
Il suono della campanella è terminato da ormai dieci minuti, per cui tutti i ragazzi o sono restati dentro o sono andati a casa.
 
Casa, eh? Ma che vogliono questi embeoti?
 
"Levati di torno Ste'! Non ti abbiamo mica ucciso il gatto!" Lo fulmino con lo sguardo.
 
"Ehi, calma panterina" ghigna strafottente " e poi non essere così egocentrica, noi siamo qui solo per la tua "amichetta", sai è il nostro rituale"
 
"Spiegati"  oh che bei denti che ti ritrovi... ora se non ci lasci stare te li faccio ingoiare! Gli sto' praticamente soffiando in faccia, tipo i gatti quando vedono un loro simile pronto ad attaccar briga.
 
"Il nostro amato rituale.." incomincia, tsk.. amato da chi?? Loro esclusi, forse dai moscerini.
 
"Consisterebbe nel dare 'na bella sveglia a 'sti cazzoni di ebrei, per farglie ricordare che qui semo noi che comandamo!" Dice infervorato uno del gruppetto alla mia sinistra.
 
Menare?
 
Guardo accigliata tizio, ora mi dirà che era uno scherzo e mi scoppierà a ridere in faccia supponendo che io ci abbia creduto. No caro, non sono idiota come voi!
 
Ste' rivolge un'occhiata al tipo sbandato che evidentemente si era fatto di qualcosa. "Statte zitto Liuk! " e il ragazzo indietreggia verso gli amici.
 
Giorgio improvvisamente immobilizza Elle e la ragazza presa dalla paura inizia ad urlare. Mi guardo un'attimo in giro, possibile che non c'è mai un'anima viva in giro quando ti servono i rinforzi? Senza pensarci due volte mi butto a pugni stretti verso quello zotico ma vengo afferrata da dietro e stretta ad un corpo statuario che dopo avermi sorriso sul collo, mi butta tra le braccia di altri due imbecilli che subito mi stringono i polsi per tenermi ferma.
 
Vedo Ste' dirigersi da dove ero io ( quindi è stato lui ad afferrarmi prima che potessi sfiorare il suo amico, brutto... ) verso la mia amica tremante.
 
"Minchia smettila di fare l'imbecille" sbotto infuriata cercando di liberarmi dalla presa ferrea sui miei polsi ormai rossi. 
 
Lui si volta, mi guarda sconsolato, come a dire "Tu non impari mai la lezione, stupida ragazzina" e improvvisamente voltandosi da una sberla ad Elle, che cade a carponi sorretta solo dalle braccia di Giorgio che la sostengono.
 
Mi si appanna la vista, inizio ad urlare e strillare, a dibattermi per raggiungere quel fuscello di ragazza ormai circondata dal gruppo che mi ostruisce la vista. Sento i suoi gemiti di dolore pian piano attutirsi, farsi più deboli e infine solo singhiozzi trattenuti con fatica. E continuano a pestarla senza pietà. passano secondi che mi sembrano ore in cui non posso far niente per aiutarla in cui vorrei sfogare la mia rabbia contro qualcuno ben preciso.
 
Finisce tutto, il gruppo si allarga e la vedo, lì distesa sul marciapiede rannicchiata a bozzolo su se stessa, ammaccata e in fin di forze.
 
Strattono i due che mi tengono, che come se niente fosse, non mi lasciano andare. Vedo Giorgio avvicinarsi nella mia direzione.
 
Se solo osa toccarmi..
 
"Mi fai schifo! Allontanati subito da me, non ti è bastato menare una ragazza?" Gli grido in faccia fuori di me, poi mi rivolgo al suo caro amico " Seriamente? E voi sareste dei guerrieri? Dei forse? No, vi sbagliate di grosso, minchia, in dieci contro una ragazza non è da vigliacchi forse?"
 
 Ste' rimane impassibilmente distaccato, ignorando le mie parole. Tanto lo so che le ha capite, e sa che non sto blaterando assurdità.
 
Mi ritrovo le labbra di quel pezzente di Giorgio sul collo che tendono a salire verso il mio viso. Che ci provasse lo scimmione!
 
Ok che mi hanno imprigionato i polsi, ma le gambe?
 
Senza pensarci troppo, gli tiro con più forza che posso un calcio dove non batte il sole. Con tutto il cuore, spero soffra le pene d'inferno dal dolore.
 
Lo vedo cadere in ginocchio e fare una smorfia di dolore prima di iniziare a citare epiteti decisamente poco carini nei miei confronti, ora lo sistemo io!
 
Cerco di allungarmi per tirargli un'altro calcio, stavolta in faccia, ma Ste' prontamente lo tira indietro intuendo le mie intenzioni.
 
"Brutta cagna!" mi ringhia contro Giorgio. I cani almeno sono più intelligenti di voi stupidi idioti!
 
Finalmente ad un cenno di Ste' mi rilasciano i polsi rossi e gonfi ma non me ne curo anzi corro a soccorrere la ragazza a terra.
 
 La raggiungo e le sussurro parole dolci, le dico che sono io, di non preoccuparsi, che andrà tutto bene e che ora la riporto a casa.
 
Ammaccata com'è, stento a crederci che non sia ancora svenuta dal dolore! Ha un brutto livido sullo zigomo, le esce sangue dalla bocca e dal naso, con le braccia si stringe ancora forte la pancia, sicuro le hanno dato qualche calcio anche lì.
 
Vedo Ste' che aiutando Giorgio se ne va seguito dal gruppo, non preoccupandosi minimamente di Elle.
 
Inveendo mentalmente contro quella sottospecie di verme, mi rimbocco le maniche.
 
La sento iniziare a singhiozzare forte, così provo ad alzarla per portarla a casa e farla distendere su un letto invece che su uno strato di asfalto.
 
Me la carico in spalla, menomale che non pesa niente! Lo so che non è molto femminile, sembra quasi di portare un sacco di patate ma è il modo più veloce per aiutarla.
 
La sento lamentarsi e iniziare a dibattersi dato che poggia con lo stomaco sulla mia pancia, ma dato che non persisto, inizia a piangere sommessamente. 
 
Facendomi indicare ogni tanto le vie da seguire, giungo davanti ad una casa che di particolare ha ben poco. Una delle tante villette a schiera, per fortuna a pian terreno perché non ce l'avrei fatta a fare le scale.
 
Stanca morta la metto giù e subito si rannicchia in se stessa. senza dire una parola, le sfilo dallo zaino le chiavi di casa, mi aveva detto che sarebbe stata da sola questi giorni per cui volevo almeno aiutarla mettendola a letto con giaccio sui lividi, fastum gel sulla caviglia dove era apparso un brutto livido e cucinarle almeno qualcosa per cena e per la colazione dell'indomani.
 
L'aiuto a distendersi sul divano che trovo nel salotto poi le prendo una coperta dall'armadio di camera sua, e dopo qualche giretto trovo la cucina, piccola e accogliente. Inizio a prepare un brodo caldo che sicuramente le farà bene, anche perchè sebbene sia dicembre si è fatto un po' freddino.
 
Dopo aver sistemato la pentola torno di là e la vedo tremante sebbene la coperta.
 
Le accendo la TV su italia 1, e vedendo che stanno trasmettendo CSI Miami penso che di violenze oggi ne abbiamo viste fin troppo e cambio canale preferendo Sissi su canale 5.
 
La vedo leggermente aprir gli occhi e le sorrido rassicurante. Le porto un'altra coperta e poi  mi stendo ai suoi piedi. dopo mezzoretta le porto la minestra in una ciotola, poi le metto il voltaren sulla caviglia, ed infine la vedo addormentarsi contro il cuscino al calduccio.
 
Mando un messaggio a mia madre spiegandole che rimango a dormire dall'amica perché si è fatto tardi omettendo per puro caso il vero motivo e poco dopo ricevo una buonanotte di risposta. sorridendo al cellulare, imposto la sveglia per le 7 e mi sdraio sul piumone adagiato ai piedi del divano.
 
Chiudo gli occhi e l'ultima cosa che sento prima di addormentarmi è " calmati panterina " e un leggero prurito alle mani che involontariamente avevo stretto a pugno.
 
 
Buonasera e buongiorno bellesseee!
Piaciuto?Brutto da buttare nel secchio? vi prego scrivetemi giusto due righe in cui mettete in sintesi cosa ne pensate
Nuovo capitolo, nuovi personaggi, stessi caratteri scontrosi dei nostri protagonisti
Ora, parliamone, Giorgio lo ammazzerei seduta stante, ma Lui?? Lo so, lo so, ha un carattere davvero pessimo, se poi ci aggiungiamo il fatto che è razzista..
Bhe, mai disperare! ci penserà la nostra protagonista a quello ^_^ .. spero... 
come vedete non si fa scrupolo a tirare fuori le unghie quando la situazione è critica
E la scena a casa di Elle? quanto è dolce??! avevo le lacrimuccie agli occhi  *_*
alla prossima, un beso
Lalla

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Capitolo 7
*** Rose.Grazie ***


La sveglia, sempre odiata lei e il suo motivo. 
 
Spengo l'aggeggio malefico e poi mi rintano sotto il piumone caldo, sento Elle sbiascicare parole che non capisco, per cui preoccupata che si senta male, esco da sotto la coperta e mi avvicino in tutta fretta, tirandomi dietro tutto il piumone.
 
"Oggi c'è sciopero" dice assonnata "l'hanno detto ieri che oggi saremmo potute non andare"
 
E io scema che avevo messo la sveglia! Una volta che potevo dormire! Arg. 
 
Sbuffo e vado in bagno, mi lavo e cerco di domare il groviglio che ho in testa.
 
Tsk, lisci.. lisci un corno! La mattina assomigliavano tanto ad una di quelle palle di rovi che girano nel deserto.
 
Vado in cucina e preparo due toast, anche perché mi accorgo di avere tanta fame dato che ieri sera ho mangiato si e no qualche cucchiaiata di brodo.
 
Raggiungo la mia amica con una bella colazione fumante in mano il cui profumo mi fa venire l'acquolina in bocca. sembra essere lo stesso per lei, che si mette seduta e inizia a divorarlo.
 
"Cofa fogliamo fare offi?" mi chiede mangiando.
 
Mi metto a ridere come una pazza della sua espressione e dopo un po' la sua risata cristallina si aggiunge alla mia.
 
Si alza a fatica anche lei e zoppicando si dirige in bagno, io intanto mi vesto come ieri, d'altronde Non avevo di certo portato il cambio siccome non era nei programmi. 
 
"Ascolta" mi propone Elle uscendo dal bagno pettinata con una coda alta " Che ne dici se andiamo a fare un po' di shopping ? Mia mamma mi ha lasciato dei soldi per comprarmi dei maglioncini visto che si sta avvicinando l'inverno.. Ah, e non preoccuparti, anche se non li hai qui te li presto io e poi me li ridai domani" 
 
Ci penso su un'attimo, da una parte anche io ho bisogno di cambiare guardaroba e la metà delle cose invernali non mi vanno più bene perché mi sono alzata per cui sarebbe perfetto, dall'altra il fatto di farmi prestare soldi..
 
Vedendo la mia faccia poco convinta Elle mi si avvicina
 
"Dai ti prego! Dopo quello che è successo ieri ho bisogno di staccare, cosa c'è di meglio del fare un po' di sano shopping?"
 
Le sorrido e felice come una pasqua acconsento. 
 
Usciamo dopo dieci minuti e ci incamminiamo verso la fermata dell'autobus.
 
Intravedo Anita con lo zaino in spalla, evidentemente anche lei è sbadata come la sottoscritta...
 
"Ehi, Anny, vieni con noi? Andiamo a fare un giro per negozi"
 
Lei mi sorride, poi nota Elle dietro di me  e cambia espressione.
 
"Non con quella"
 
No, lei no!
 
"Dai ti prego, ci divertiamo e poi oggi non c'è mica scuola!" 
 
Lei stupita sembra notare solo adesso che non abbiamo zaini in spalla ma solo due borsette piccole.
 
Ci pensa un po' su e poi acconsente incerta dando occhiatine veloci alla ragazza dietro di me, che nel frattempo non ha spiccicato parola.
 
Prendiamo un autobus e poi un'altro e dopo un'oretta in cui fortunatamente le due hanno iniziato a scambiare qualche parola tra loro, ci ritroviamo davanti a via del corso.
 
Da quel che vedo è piena di negozi, dall'una e dall'altra parte. Scarpe abbigliamento, libri, accessori e trucchi.. Ogni cosa che una ragazza possa desiderare!
 
Ci incamminiamo ed entriamo da brandy e melville, poi da subdued, Anita che afferra  quasi tutto come fosse impazzita, entra nei camerini ed esce sfilando come fosse in passerella, io ed Elle che ridiamo delle sue facce buffe. Poi il classico "come mi sta?" o " secondo voi mi fa grassa?" Elle da vera critica, le esprime ogni pensiero, io rimango li a fissarle basita.
 
Anita che accetta ogni consiglio dell'altra ragazza e se ne fida a tal punto da comprare ciò che le dice! Da non credere.
 
Andiamo da tezenis e Anita mi si piazza di fronte con un completino di pizzo  in mano.
 
Intuendo il suo pensiero, le dico rigirando la frittata " Si, ti starebbe benissimo" con un sorriso ebete da far paura stampato in faccia, sapendo benissimo che alla fine me lo farà provare.
 
Infatti dopo neanche  cinque minuti mi ritrovo alla cassa con due completi di intimo e uno di costume consigliatomi da Elle, nero e rosa con le mutandine a brasiliana, cosa che fosse stata per me non avrei mai acquistato.
 
Torniamo a casa di Elle con due buste per mano ciascuna, alla fine anche Anita viene a pranzo da noi.
 
Preparo una bella pasta al tonno bianco mentre le due ragazze si provano i vestiti  appena comprati.
 
Mentre l'acqua bolle, le raggiungo e rimango senza fiato nel notare la scelta azzeccata di entrambi gli acquisti.
 
"Elle con quel maglioncino stai benissimo ti fa un sacco più .. ehm .. tettona? E invece te Anny stai un incanto con quel vestito" poi con un sorrisetto furbo continuo " Anche se è un pezzetto di stoffa davvero striminzito.." non faccio in tempo a continuare che mi arriva una cuscinata in faccia, che mi disorienta facendomi cadere a terra. Inizio a ridere come una pazza mentre quelle due mi fanno il solletico. Maledette! Il mio punto debole!
 
Anita mi sorride dopo avermi fatto quasi venire il singhiozzo ( bhe si, quando rido troppo poi mi viene il singhiozzo) .
 
"Senti signorina, hai cinque minuti buoni per provarti il costume di tezenis!" sperando in un aiuto da parte di Elle, volto lo sguardo supplichevole verso la ragazza, ma ricevo solo un altro consenso.
 
Sconfitta, entro in bagno con il completo, e dopo averlo indossato dopo svariati tentativi mal riusciti, esco vittoriosa urlando un "ta-taaan!"
 
Parte un applauso ma le ragazze sono difronte a me immobili .. Sbiancata come un lenzuolo, mi giro a rallentatore verso l'intruso. Mi ritrovo davanti un ragazzo moro e bassino  che  ho già visto da qualche parte, peccato che con a memoria che mi ritrovo, non riesco a ricordare dove.
 
"Allora Ste' aveva ragione a dire che.." sorride allusivo squadrandomi tutta.
 
In questo momento vorrei una pala per scavarmi una fossa e sotterrarmici, seriamente che ha da guardare questo tipo? e poi Ste' che c'entra? Se è un'altro dei loro stupidi scherzi ora lo sbatto fuori di casa a pedate nel..
 
"Senti caro cugino, lo so che Gaia ha un bel corpo " e a quel punto le mie guance diventano rosso acceso " Ma per favore un po' di contegno! Ora andiamo!"
 
Cugino?? Ora si spiega Anita da chi ha ereditato l'iniziale avversione verso Elle...
 
"Ehi piccola, se vuoi ti aiuto a toglierlo" propone quello
 
Io imbarazzata come poche volte nella mia vita faccio finta di niente e vado in cucina a controllare l'acqua che oramai dovrebbe bollire... Sisi, fingiamo che il mio pensiero ora sia solo l'acqua nella pentola...
 
Sento un fischio di quelli volgari, poi il suono di un coppino andato a segno, Anny che saluta il cugino e infine  la porta chiudersi.
 
"Ma che voleva? Anny me lo potevi almeno dire che veniva quel ragazzo, ero mezza nuda!" le grido entrando con la pentola tra le mani nel salone.
 
"Oh e credimi l'ha notato" sogghigna la ragazza " Aspetta ti aiuto, ecco.. Tieni il piatto"
 
"Ahah, ora di sicuro anche tutti gli altri lo verranno a sapere" sopraggiunge Elle
 
"Cosa?" ok, mi sono persa
 
" Che sei una pazza che gira in costume in casa altrui" mi sorride furbetta
 
"Ehi!" e le do un pizzicotto sul fianco "Aiutami invece di sparlare"
 
 
 
Verso le tre io ed Anita salutiamo Elle e ci dirigiamo verso la stessa fermata, abbiamo in comune un autobus per tornare.
 
Per fortuna non aspettiamo molto e appena saliamo mi sorge spontanea una domanda.
 
"Quindi tu lo conosci Ste'?"
 
"Bhe, è venuto qualche volta in macchina di  mio cugino quando c'ero anche io, ma niente di più" mi spiega con un sorriso sognante.
 
Non è poi tutta questa figaggine! Cioè ok, carino, ma il carattere?
 
"Non è vero" dice riprendendomi 
 
Cos?? Che?? Ma è telepatica per caso?
 
Faccio una faccia poco convinta, e lei mi da una gomitata scherzando. Poi aggiunge con un occhi vispi.
 
"Di sicuro lui ti ha già notata"
 
Si certo! Come no, ce ne sono molte ragazze carine a scuola, io non sono tra le migliori quindi perché mai dovrebbe guardare proprio me?
 
"Ga' non ti sottovalutare! Tu sei carina, hai un corpo da sballo, hai carattere e di certo non sei una di quelle ochette che gli vanno dietro.. insomma in poche parole non gli sbavi dietro "
 
"Ma solo perché gli do filo da torcere non vuol dire che voglio andare a letto con lui! Semplicemente non sono il suo tipo e lui non è il mio." convinta di quello che ho appena detto, noto che è la mia fermata così do un bacio sulla guancia ad Anny e poi scendo. La vedo salutarmi sconsolata e sparire alla mia vista.
 
Lui ti ha già notata. Continuo a sentire quelle parole rimbombare nella mia mente.
 
Se, mia nonna in carriola! Non ci penso più di tanto e entro in casa salutando mia madre e buttandomi sul letto distrutta non si sa per cosa. Ho una grande confusione in testa e non riesco a pensare coerentemente e dopo pochi secondi mi addormento.
 
 
 
Mi sveglio, e se il buongiorno si vede dal mattino, bhe.. non è proprio un buongiorno!
 
Ho rivissuto la scena del maltrattamento di Elle tutta la notte, cosa che ora si rispecchia nelle occhiaie sotto i miei occhi, fantastico!
 
Però c'era qualcosa di strano.. ero io la vittima di calci pugni e sberle, e poco prima di svegliarmi ho visto il suo volto ( il perché proprio il suo non lo capisco ) ma stavolta aveva qualcosa di diverso,  sembrava... insomma non il solito ghigno o impassibile, ma .. sembrava preoccupato... se, domani! 
 
Vado in bagno e come avevo predetto ho dei segni scuri sopra gli zigomi, niente che un buon correttore non possa correggere, così mi metto all'opera, focalizzando l'attenzione sullo sguardo e sulle labbra, ovviamente non troppo andando a scuola.
 
Esco di casa in ritardo, per cui sono costretta a correre per arrivare in tempo per la prima ora e come se non bastasse chi incontro? Elle?No. Anita? No. Tizio?Si.
 
Non lo guardo e faccio finta di niente, sinceramente non ci voglio più avere a che fare con uno che mena le ragazze indifese, in poche parole Adieu!
 
"Non si saluta neanche?" lo sento raggiungermi e accostarmi verso l'entrata.
 
Tengo lo sguardo fisso sul portone di ingresso, perché ora è così tanto lontano?
 
"Se è per la tua amichetta, non mi dispiace" dice lui
 
"Ma sta' zitto, vigliacco! Credo sia ovvio che non ti dispiace dato che sei stato tu stesso a iniziare, sai come l'hai ridotta almeno? No, ovvio visto che non ti interessa minimamente, ma te lo dico lo stesso con una vana speranza di farti sentire in colpa! lo trascinata di peso fino a casa sua le ho preparato un brodo caldo e l'ho curata, poi si è addormentata sfinita e ammaccata!"
 
lo vedo sogghignare pensando a qualcosa. Ma possibile che non gliene importa davvero niente?
 
"Ma ce l'hai un cuore tu??"
 
 
"Non certo per quelli" mi risponde con un'occhiata e quel sorrisetto ancora stampato in faccia.
 
Quelli? 
 
"Si può sapere cosa ti hanno fatto? Non ti calcolano minimamente se non quando tu li avvicini per dar rogna, sei impossibile!"
 
All'improvviso gli sparisce il sorriso, mi affera per il polso e mi sbatte con poca gentilezza contro il muro dietro un'angolo in modo che non ci possa vedere nessuno. Ora indossa la stessa maschera di sempre, ora incute paura e si vede che è arrabbiato.
 
" Ascolta ragazzina, non me ne frega una beata mazza di quello che pensi, sono tutti vermi uguali per me" si avvicina immobilizzandomi tra il suo peto e il muro "Tutti da mantenere al loro posto, ovvero sotto le mie scarpe, comprendi? E non me ne frega nemmeno se è una tua amica, è una pezzente che non merita di venire qui, perché?" e si avvicina al mio orecchio in tono confidenziale, così per istinto gli metto i palmi delle mie mani aperte sul suo petto per respingerlo " Perché fa schifo come tutta la sua razza" mi soffia con voce roca scandendo ogni singola parola, sprezzante e freddo.
 
Lo spingo via accennando una leggera spinta al suo grande petto che mi sovrasta, era ovvio che non l'avrei minimamente spostato, è lui che si è lasciato "allontanare".
 
"Bhe, allora credo che dovrai pestarmi come hai fatto con la mia amica!" gli urlo in faccia trattenendo le lacrime.
 
" Mi dispiace ma solo quelli ebrei  ne hanno diritto" Diritto? Ma chi si crede questo, Dio sceso in terra??!
 
"Bhe mio nonno lo era e io sono sua nipote, e trovo che siano tutte idiozie quelle che escono dalla tua bocca!" gli rivelo decisa. Solo dopo mi rendo conto che ho firmato il mio viaggio di andata al pronto soccorso.
 
Inizio impercettabilmente a tremare, guardandolo negli occhi. Sembra.. spaesato, stupito e incredulo, mi squadra tutta come se non mi avesse mai visto per quella che realmente sono, incredulo si allontana come scottato e scuotendo la testa se ne va senza dire una parola.
 
Vorrei rose vere sulla mia tomba.Grazie.
 
 
 
QUI GLI OCHHIETTI! ^-^
lo so, lo so, ho aggiornato troppo presto ma amen: non potevo aspettare!
Anche perchè scopriamo un lato interessante di Gaia, che porterà a grandi cambiamenti
Detto ciò volevo ringraziarvi per avermi lasciato dei piccoli pensieri sugli scorsi capitoli, e mi auguro che questo vi sia piaciuto.. chissà come reagirà il nostro protagonista..
Non so.. ditemi voi!!
Un beso 
Lalla

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Capitolo 8
*** Ginocchia al petto ***


Una giornata iniziata male fin dal principio, non poteva che finire altrettanto male. Questa è l'unica cosa a cui riesco a pensare quando dirigendomi verso l'uscita accompagnata da Elle e Anita, intravedo il gruppo che sembra aspettare qualcuno. Avete presente quando vi si bloccano le gambe e non si riesce a pensare a niente se non " E adesso che minchia faccio?" 
 
"Ehi Ga' tutto bene?" mi chiede Anita notando il mio comportamento, mentre Elle forse ha già capito, visto che la vedo girarsi in direzione del gruppo e guardarmi preoccupaata.
 
"Che hai detto?" mi chiede spiccia. Posso intravedere il suo cervello arrovellarsi  in cerca di una soluzione pratica che possa risolvere tutti i problemi. Peccato che stavolta non esista.
 
"Mio nonno" sbiascico io col morale a terra.
 
"Tuo nonno cosa centra?" chiede Anny non avedo capito una beata mazza.
 
"Mio nonno è come te" dico riferendomi a Elle.
 
Mi guardano ammutolite mentre sembrano a corto di idee. Io intanto ho una paura matta e continuo a tenere sotto controllo il gruppetto con veloci occhiate preoccupate.
 
Ne sento ridere alcuni guardando nella mia direzione, fare i fighi tra loro passandosi un accendino, accennare a scommesse. Ok è ufficiale chi stanno aspettando.
 
Inizio visibilmente a tremare, poi mi rivolgo ad Elle .
 
" Tu aspetta un dieci minuti e poi esci con altre ragazze, se devono menarmi e tu ti metti in mezzo,  sta' pur certa che non esiteranno un secondo a fare altrettanto con te." La vedo annuire insicura poi mi saluta con un bacio sulla fronte da cui si stacca dopo vari secondi, e mi guarda negli occhi seria come poche volte.
 
"Proteggi il viso e il seno, lì i colpi fanno più male, ok?" mi afferra la testa tra le mani e mi obbliga a guardarla per essere certa che avessi capito, cercando una conferma nei miei occhi.Acconsento lievemente con la gola secca.
 
"Non si fermeranno se piangi, non si fermeranno se singhiozzi, ne se gemi dal dolore. Quindi se ti resta fiato in corpo non sprecarlo." cerco di deglutire ma mi accorgo di non riuscirci.
 
"Ti voglio bene, ok? Non sei sola! chiamami quando sei a casa così ti raggiungo!" mi abbraccia un'ultima volta e poi se ne va cambiando direzione.
 
Mi volto verso Anita, che non ha più spiccicato parola, ma non sembra sconvolta, piuttosto pare decisa ad affrontare il gruppo..
 
"Vieni" mi dice sicura. Che mi voglia gettare in pasto ai pescicani?
 
La seguo incerta guardandola sfuggente.
 
Varchiamo il cancello quando i ragazzi iniziano a chiudere un cerchio intorno a noi.
 
Alzo lo sguardo titubante guardando i fessi che mi hanno sbarrato il cammino. poco da dire, tutti uguali, belli e senza cervello, vestiti con le clarck ai piedi e il giaccone mimetico, la sigaretta tra le labbra e cappellino calato in testa con pochi ciuffi sporgenti. Una mano in tasca, l'altra con la sigaretta tra le dita.
 
"Ste' smettila, non ti ha fatto niente" mi si para davanti Anny decisa e risoluta.
 
Ah ah, bel tentativo. Si vede lontano un chilometro che è spaventata quanto me. E non sono la sola ad arrivarci... 
 
"Ora la difendi An? Spostati se non vuoi farti male" la avvisa con tono duro. Non anche lei, la giro per un braccio e la prego di andarsene facendole un cenno con la testa, ma lei testarda come un mulo, fa cenno di no con la testa. Poi mi viene un'idea, il cugino! Se tiene a lei la può portare via! Mi guardo in giro e finalmente lo noto fumarsi apparentemente tranquillo una sigaretta.
 
"Tu, vieni qui e porta via tua cugina, minchia!" lui quasi si strozza e dopo aver guardato Ste' e visto il suo assenso, con occhi bassi si avvicina e afferra fulmineo la mano che Anita aveva allontanato per non farsi prendere. Mi guarda supplichevole ma io le faccio cenno di andarsene.
 
Alzo lo sguardo verso Tizio che mi sembra colpito dalla mia decisione, anche se non lo da a vedere, in compenso mi fissa intensamente, spostando il suo sguardo magnetico sul mio. Trascorrono vari secondi in cui l'ansia sale alle stelle, anche se cerco di nasconderlo. Insomma facciamo una cosa veloce veloce, via il dente via il dolore no?
 
 No.  Non è mai così. 
 
Mi si blocca il respiro in gola quando vedo Ste' iniziare ad avvicinarsi con passo lento. Certo, tanto dove posso andare penso guardandomi intorno. Lo guardo schifata, vedendo che si sta gustando la mia paura poco a poco facendomi impazzire.Al ché mi arriva una sberla in piena guancia, che mi fa cadere a terra per quanto è forte. 
 
Mi brucia tutto il viso, me lo sento andare a fuoco. Non faccio in tempo a rialzarmi che mi arriva un calcio in pancia. Digrigno i denti e trattengo le lacrime che premono per fuoriuscire. Mi raggomitolo in me stessa, ricordandomi delle parole di Elle. 
 
Vedo appannatamente qualcuno che si avvicina da lato e che alza un piede mirando alla testa, così senza pensarci due volte glielo afferro tirandolo e  facendogli perdere l'equilibrio, ma non faccio in tempo a gioire della mia piccola vittoria che qualcuno da dietro mi afferra per i capelli e mi trascina per un paio di metri, facendomi un male cane. Cerco di colpirlo in tutti i modi ma alla fine mi afferrano per i polsi per farmi stare ferma. Alzo lo sguardo e faccio appena in tempo a vedere chi mi tira una sberla con i fiocchi prima di sbattere contro il duro marciapiede sfregandomi il viso. 
 
-Giorgio-
 
Non ce la faccio più a rialzarmi, così mi rannicchio in me stessa e incasso colpi, botte, trattenendo i gemiti a denti stretti, senza urlare neanche una volta. 
 
Mi porto un braccio sugli occhi per proteggerli, l'altro a coprire la pancia, mi porto le ginocchie tremanti al petto mentre continuano imperterriti.
 
Non ce la faccio più, me lo sento, non mi sento più gli avambracci, e le ginocchia, i polpacci mi fanno un male cane.
 
All'improvviso mi arriva un calcio sulla schiena che mi colpisce poco sopra il sedere.
 
Lancio un urlo straziante che non cerco neanche più di trattenere, e scoppio in singhiozzi non sapendo più come difendermi da quelle ripercussioni.
 
Voglio tornare nella mia città, dai miei amici, dalla mia famiglia, nel mio mondo.
 
Sarà bello cambiare aria, conoscere nuove persone, fare amicizie e magari incontrare quello giusto.Illusa.
 
Mi mordo il labbro inferiore cercando di trattenere e singhiozzi e il tremore improvviso della mascella.
 
Sento un comando, poi più niente, non svengo sono sveglia, ma non sento più nessun calcio o maltrattamento.
 
Apro gli occhi e sfocatamente intravedo delle ombre scure allontanarsi. Devono aver finito, credo. Io comunque non mi muovo dalla mia posizione troppo spaventata che sia solo un trucco.
 
Sento solo i miei singhiozzi maltrattenuti, e il mio cuore rimbombarmi in gola. Mi abbandono sul cemento rilasciando di poco la presa sull'addome, cercando di respirare profondamente, provando a calmarmi, ripetendomi mentalmente che è tutto finito.
 
Sento una mano afferrarmi gentilmente il braccio per tirarmi su, e spaventata mi allontano subito riavvicinando le ginocchia al petto e mettendo le mani a protezione del viso mentre trattengo il respiro. Non mi arriva nessuna botta, nessun calcio. Cerco di vedere meglio chi è, ancora titubante, cosa vuole, e soprattutto capire se ha intenzione di farmi del male...
 
Sbatto le palpebre un paio di volte e mentre cerco di voltarmi di fianco per non far vedere che mi asciugo le lacrime, una fitta violenta alla schiena mi sorprende facendomi gemere dal dolore.
 
Subito risento una mano girarmi e dire con voce profonda  "Fammi vedere", mi giro e sento il mio cuore fermarsi, il mio respiro mazzarsi in gola.
 
Non può essere lui, non ha senso!
 
"Ti prego, lasciami stare" distolgo lo sguardo ferita e debole.
 
Lo sento sospirare e borbottare qualche imprecazione contro Giorgio e un suo calcio...
 
"Muoviti che ti riaccompagno" dice distaccato ma deciso.
 
Annuisco, non so, forse troppo spaventata per una sua eventuale reazione ad un rifiuto, e mi lascio aiutare a sedere. Noto che il mio maglioncino di caschemire è tutto sporco, un po' di nero e terra, un po' di sangue. Cerco di passarci sopra non pensandoci troppo e provo ad alzarmi da sola, rifiutando la sua mano. Prima mi pesta e poi mi aiuta? Fatti analizzare e curare caro! 
 
Piego le ginocchia e subito desisto capendo che non ce la fanno a sostenermi. Ci provo dopo un paio di respiri profondi, e per la seconda volta oltre alla fitta costante della schiena, sento come mille aghi trafiggermi i polpacci.
 
Mi accascio nuovamente su me stessa, sconfitta dalla giornata del cazzo iniziata male fin dal principio. Sento la pelle vicino allo zigomo bruciarmi a contatto con le lacrime salate che oramai scendono indisturbate. 
 
Non me ne frega più niente. Fanculo il non mostrarsi debole, io sono quello che sono, ovvero una ragazza dolorante in tutto e per tutto al momento.
 
Sento due braccia forti infilarsi una sotto le mie ginocchia e l'altra con attenzione sulla schiena e sollevarmi piano poco dopo senza fatica. Non riesco a smettere di piangere al che mi sussurra sul collo "Shhh, ora ti riaccompagno io",  il che, non so come, sembra calmarmi dopo un po', anche se il teoricamente ciò dovrebbe ancor più spaventarmi .. 
 
Lentamente porto le mani verso il suo collo, per avere la sicurezza di un appoggio stabile. La paura che che mi possa lasciare cadere è troppa al momento e di certo non mi fido.
 
Lo sento irriggidire la mascella ma non dice niente.
 
L'aria fredda mi colpisce in pieno viso come una lama affilata, e sento dolore in ogni singola parte sinistra della faccia, dal sopracciglio allo zigomo. Iniziano a battermi  i denti e anche se cerco istintivamente di nasconderlo, Ste' lo nota.
 
"Ti puoi anche appoggiare"sogghigna guardandomi. Non faccio caso alla sua allusione e mi rannicchio contro il suo collo caldo trovandovi  rifugio dal vento gelido che mi sta congelando le ossa.
 
Chiudo gli occhi e cerco di ignorare le fitte alla schiena. Ma che razza di clima è? E meno male che è autunno! Sento le mani avvicinare il mio corpo ancora di più al suo petto per darmi calore. 
 
"Abito vicino casa di Anita"
 
"Lo so." 
 
Come fa a saperlo? Ce l'ho scritto sulla fronte per caso?
 
Ah ah, ho capito il cugino di An deve averglielo raccontato. Arrossisco al pensiero di quel maledetto completino.
 
"Numero 13, stessa via" aggiungo sussurrando sul suo collo levando leggermente il viso, e dato che non sento risposta, mi rimetto nella posizione di prima concentrandomi solo sul calore del suo corpo. E le persone che girano? Oh mio Dio! Chissà cosa penseranno.. già li vedo guardarmi torvi cercando di capire cosa ci è passato per la mente..
 
Eh, approposito, perché mai ho aperto la mia boccuccia per dirgli dei miei avi? Che testa di rapa!
 
"Suono?" mi risveglia dai miei pensieri una voce.
 
"No no, non c'è nessuno in casa." gli faccio cenno di mettermi giù, e appena poggio i piedi a terra le mie gambe non reggono il peso e di certo sarei caduta se Ste' non mi avesse afferrato in tempo. Sbuffo e lo allontano, reggendomi alla ringhiera. Cerco di infilare la chiave, e dopo svariati tentativi con mano tremante, lo sento sorridere e subito lo fulmino con lo sguardo ammonendolo di tacere perché in questo momento potrei non rispondere delle mie azioni. Senza accennare parola, ma con ancora la scintilla divertita negli occhi, mi prende il mazzo infilando la chiave nella serratura al primo colpo. Maledetto!
 
Entro con passi strascicati mormorando un "ora vattene" che evidentemente non giunge alle orecchie del destinatario che entra con il solito sorrisino da deficente,  come se niente fosse, in casa mia.
 
Mi giro pronta a gridargli contro di sparire quando mi prende un giramento improvviso alla testa, che mi inizia a far male, a duolermi con fitte atroci vicino alle tempie, quasi come mille lame affilate che contemporaneamente affondano nella tua carne provocandoti un dolore continuo.
 
Mi inginocchio sfinita contro il divano, prendendomi la testa tra le mani, poi in un momento inizio a vederci grigio, poi bianco.
 
"Ste'" lo chiamo con un filo di voce strozzata dal terrore.
 
"Oh, merda" lo sento ringhiare avvicinandosi. Lo sento mettermi una mano gelida sulla fronte toglierla velocemente  e allontanarsi in direzione del bagno. Percepisco suoni ovattati di ante che sbattono, poi acqua che scorre infine il contatto forzato delle mie labbra contro quello che mi sembra un bicchiere di vetro freddo pieno di acqua e qualcosa. Non faccio domande e ingoio.
 
Ho una dannata paura, non ci vedo niente mi sento confusa e spaesata, cerco la sua mano e anche se non aspetto che capisca,  gliela stringo spaventata. 
 
Lui senza dire niente ricambia la stretta sedendosi di fianco alla sottoscritta e iniziando ad accarezzarmi i capelli e invitandomi silenziosamente ad appoggiarmi alla sua spalla, facendomi rilassare.
 
Inizio a sperare che quella totura finisca presto, non ne posso più, mi sento stanca e spossata, vorrei solo addormentarmi ed è proprio ciò che faccio dopo un po' non sentendo più niente, percependo solo buio.
 
 
 
 
 
Buonasera/Buongiorno ^_^
...saltando inutili convenevoli, questo capitolo NON è di passaggio! cioè, ovvio che lo sia visto che non è l'ultimo, ma è importante.
Ehm, riconosco che la violenza è molta ( troppa) ma mi sembrava necessario per rendere realmente il clima che gira in quella scuola, tra quei ragazzi.
E come in tutti i film è arrivato il principe azzurro, anche se un attimo prima non era in quel ruolo... insomma credo di aver sorpreso un po' tutte, e la stessa Gaia è rimasta.. scioccata.
un beso e fatemi sapere cosa ne pensate^_^
 
ps: posso chiedervi come fare per impostare le immagini dei protagonisti? perché in effetti le avrei qui già pronte.. ma non so come fare, confido in voi<3
Lalla

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Capitolo 9
*** leone e gazzella ***


Elle misurava a grandi passi la sua camera in ansia per l'amica.
 
Si sentiva un groppo in gola al pensiero di aver abbandonato l'amica nelle grinfie di un branco di spacconi fascistelli, di cui lei stessa era stata vittima.
 
Erano già passate tre orette scarse dall'uscita, ormai avrebbe dovuto chiamare come le aveva detto. La ragazza si morse il labbro inferirore non sapendo se andare a cercarla.. d'altronde l'aveva chiamata più volte al cellulare, ma non aveva risposto.
 
Presa la decisione di uscire, si coprì come più velocemente  poteva e si chiuse la porta alle spalle avviandosi in strada.
 
Il vento sferzava contro qualsiasi superficie, portando con se un gelo non tipico della stagione autunnale.
 
Elle rabbrividì e si strinse nel cappotto come meglio poteva, imboccando la via vcina che l'avrebbe portata alla fermata dell'autobus.
 
All'improvviso si ricordò che nella fretta di uscire si era scordata la borsa sulla sua amata scrivania in legno, e quindi non poteva neanche avvisare con un messaggio Gaia che le avrebbe citofonato nel tardo pomeriggio... La ragazza si portò le mani al viso per riscaldarle con il fiato tiepido che le usciva sotto forma di nuvolette.
 
Scorse in lontananza la figura dell'autobus che si avvicinava lentamente, e gli imprecò mentalmente contro di sbrigarsi.
 
Alla fermata le porte si schiusero ed Elle potè finalmente salire e stare al "caldo", per così dire.
 
Attese con ansia la fermata vicino alla scuola, e quando il mezzo si fermò, scese velocemente e si diresse con piccole ma leste falcate davanti all'entrata.
 
Scorse il cancello, la sbarra, i marciapiedi, ma non vi era anima viva.
 
Decise quindi di fare il percorso verso l'appartammento dell'amica. Imboccò la strada accanto e iniziò a camminare con la parte inferiore del viso nascosta nella lana pesante della sciarpa.
 
Forse era riuscita a non farsi acchiappare e aveva raggiunto un posto sicuro, non certo casa di Anita, perché nel caso l'avrebbe avvertita.
 
Ad un tratto senti delle urla, non di dolore ne di gioia, ma qualcuno che stava sbraitando ad alta voce contro una "sconsiderata pulce", testuali parole.
 
La ragazza colta di sorpresa, si voltò verso quella fonte di parole volgari, e incrociò lo sguardo adirato del cugino di Anita.
 
Effettivamente le due ragazze abitavano vicine, ma non aveva idea che il cugino di Anny stesse nello stesso condominio dell'amica. Involontariamente si fermò per capire se avesse bisogno di aiuto, ma dopo alcuni secondi si diede della sciocca e continuò oltre.
 
Loro l'avevano pestata. Lei non era nulla per loro, e si doveva preoccupare per una semplice incazzatura di uno dei principini? Mosse un piede per proseguire, ma il ragazzo percependo un movimento alle sue spalle si girò e la sorprese a guardarlo.
 
Elle trattenne istintivamente il respiro e rimase immobile.
 
Lo vide irriggidire la mascella e muoversi verso di lei, la ragazza iniziò lentamente ad indietreggiare, ma ben presto si ritrovo spalle al muro e impotente lo vide avvicinarsi senza potersi muovere di un passo.
 
Avete presente i documentari dove la gazzella sa che il leone può afferrarla e sbranarla in qualsiasi momento? Ecco, Elle si sentiva proprio così, braccata da un essere più potente di lei.
 
Liuk squadrò la ragazza dagli occhi verdi e labbra carnose contro al muro, quasi appiccicata ai mattoni, tutto per stare lontano da tipi come lui.
 
Il pensiero lo fece subito infuriare più di quanto lo era, si avvicinò repentino al corpo della ragazza fino a quando non gli fu addosso.
 
La sentì trattenere un gemito, e la guardò con un sorrisino soddisfatto quando notò quanto palesemente stesse tremando.
 
Portò il naso all'altezza di quello della ragazza e guardandola in quegli occhioni spaventati le sussurrò divertito " Ehi, bambolina, ti faccio così paura?"
 
La vide sgranare gli occhi all'appellativo, poi  incerta  nel dire e in difficoltà nel ritrovarsi davanti il suo corpo statuario.
 
Le si arrossarono le guance, cosa che non sfuggì allo sguardo attento di Liuk.
 
Oh si, si sarebbe divertito.
 
Elle dal canto suo, era come paralizzata, non riusciva a muovere un solo muscolo dopo aver notato la così poca distanza a cui si ritrovavano, e non certo per colpa sua.
 
Guardandolo negli occhi, cercò di essere più fredda possibile nel dare la sua risposta.
 
"Ho freddo." qualcosa non convinse il ragazzo che alzò una mano.
 
Un campanello di allarme istintivo risuonò alle orecchie della ragazza, che impaurita si portò le mani al volto per proteggersi da un eventuale colpo.
 
Il ragazzo rimase imperscrutabile, ma il sorriso si allargò vedendo la reazione della ragazza che aveva portato le mani pallide e fini tra la guancia e il suo braccio .
 
Elle aprì gli occhi titubante dopo qualche secondo, conscia del fatto che la sberla sarebbe già dovuta arrivare e che non era stata neanche sfiorata. Non mosse comunque le mani dal suo volto e guardò spaesata Liuk, che intanto aveva un'espressione compiaciuta stampata in faccia grattandosi la testa con la mano che poco prima aveva improvvisamente elevato.
 
Dandosi dell'imbecille, cercò di sgusciare fuori dalla presa del ragazzo senza urtarlo e provocargli altro astio nei suoi confronti.
 
Liuk intuendo l'obbiettivo della compagna, le afferrò le braccia con una presa forte e decisa, per evitarle di colpirlo.
 
Con quelle infami non si era mai troppo prudenti.
 
La ragazza si morse subito il labbro cercando di non far trasparire il dolore che provava nella stretta potente sui lividi del polso sinistro. Liuk la guardò in volto. Aveva già notato la ragazza qualche giorno prima, quando veniva malmenata dal gruppo. Sapeva chi era, o meglio cosa era. E l'idea lo fece schifare. La compagna alzò lo sguardo nel suo percependo chiaramente quella smorfia di disgusto che si era andata a dipingere sulla bocca di lui.
 
I suoi grandi occhi verdi erano umidi, stava per piangere lo sapeva ma non si mosse di un millimetro, ne cambiò la sua espressione.
 
Elle si infuriò e il suo sguardo assomigliò molto ad un fulmine mirato ad uccidere il ragazzo che la teneva stretta tra il suo corpo da palestrato e il muro freddo.
 
Liuk ammirò quello sguardo convinto e deciso, seppur totalmente inutile.
 
Lui aveva messo alle strette lei, lui aveva il coltello dalla parte del manico, poi c'era lei...lei era "quello" che era, lui invece era di sangue migliore, puramente italiano.
 
Lentamente cominciò a stringere di più i piccoli polsi della ragazza per indurala ad abbassare quello sguardo provocatorio con cui lo stava trafiggendo. La vide trattenere un gemito mordendosi il labbro inferiore, in un modo inconsapevolmente sensuale. Aveva già capito che doveva avere un livido proprio dove l'aveva afferrata, ma doveva chiedergli e  pregarlo di smettere.
 
Aumentò ancor più la presa con sguardo divertito, chiedendosi fin dove voleva arrivare quella coraggiosa ragazzina.
 
Elle si morse talmente forte il labbro inferiore che ne sentì il sapore metallico in bocca, ma non ditolse lo sguardo.
 
Sentì che il ragazzo aveva aumentato la presa, e la pelle sotto intorno al livido le faceva male.
 
Le ginocchia le stavano per cedere, se lo sentiva. 
 
Liuk osservò quel viso angelico, i grandi occhioni, il nasino piccolo e impertinente, le labbra rosse per le torture che la ragazza vi stava infliggendo, e colto da un desiderio di averla più vicina e farla spaventare ancora di più le si accostò all'orecchio. Prima di sibilarle le parole dure, fece l'errore di inspirare tra i capelli di lei.
 
 Quel profumo era.... gentile, dolce, fresco. Era semplicemente da .. innocente diciassettenne.
 
Arrabbiato con se stesso per essersi lasciato ingannare dal profumo di quella ragazzina inutile, si riscosse e con il naso sfiorò la pelle sensibile vicino all'orecchio di lei.
 
Elle si ritrovò in balia di brividi che le scesero lungo la schiena, e la fecero sussultare.
 
"Ascoltami brutta cagna, devi imparare il rispetto, cosa che è evidente ti sia sconosciuta, e regolarti le prossime volte in base a chi avrai difronte. " Fece una piccola pausa e lo percepì sorridere contro la propria pelle notando i suoi brividi, poi aggiunse con voce calda " Non ti meno solo perché il capo ha detto che per oggi avevamo finito, perché per me a questo punto potresti stare con la faccia contro il marciapiede sudicio" a quelle parole volle incrociare di nuovo lo sguardo del ragazzo per averne una muta conferma e spaventata abbassò lo sguardo trovandovi solo una cieca e fredda sicurezza.
 
Elle sussultò a quelle parole, sapeva che era solo una pura coincidenza quella per cui oggi poteva sentirsi "salva". Facendo due più due si accorse che evidentemente qualcosa dovevano già aver fatto, attenendosi alle parole dello scemo.
 
Liuk se ne compiacque, e finalmente allentò la presa. Ciò che però non si aspettava fu la domanda impertinente di Elle.
 
"Hai litigato con Anita perché ha voluto difendere Gaia?" e di nuovo il ragazzo si vide costretto ad incrociare quei grandi occhioni verdi ora spaesati della ragazzina esile e tremante intrappolata dal suo corpo.
 
"Fatti i cazzi tuoi" rispose freddo e coinciso. Elle lo prese come un si, e subito un pensiero le si infilò nella mente.
 
"Lasciami andare, perfavore, devo andare da Gaia per vedere come sta" chiese con occhi imploranti.
 
Liuk non sapeva come comportarsi, cosa che non gli era quasi mai capitata. Incerto si scostò da quel corpo tremante, permettendole così di essere libera. 
 
La ragazza sgranò gli occhi. Di certo non si immaginava un assenso da parte sua, certo, lo sperava, ma era già convinta che gli sarebbe arrivato un "no" secco in risposta.
 
Mosse qualche passo incerto, e poi velocemente scappò via senza guardarsi indietro.
 
Non potè vedere Liuk che ancora la guardava, ne potè vedere il sorrisino che affiorò sul viso del ragazzo al ricordo di quei brividi che le aveva visto provare.
 
 
 
 
Oilà bellezze!! Ecco il nuovo capitolo, spero vi sia piaciuto^_^
Ho cambiato il punto di focalizzazione, ora era in terza persona per fare un quadro più generale, ma ben presto tornerà ad essere il solito, ovvero quello della nostra protagonista.
Fatevi sentire^_^
un beso 
Lalla

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Capitolo 10
*** un PALLONE gonfiato ***


 
 
Un forte dolore alle tempie, solo questo.
 
Provai a muovere le dita dei piedi, non sentivo il resto del mio corpo. Dio, quanto odiavo avere le gambe addormentate!
 
Schiusi finalmente gli occhi e mi guardai in giro senza muovermi di un solo millimetro, avevo tanto paura di un "crack" al collo dopo essermi addormentata così.
 
Un attimo! Così come?
 
Perché sto in salotto, sul parquet appoggiata con la schiena al divano con addosso i vestiti di ieri pomeriggio?
 
All'improvviso immagini  e ricordi si sovrappongono nella mia mente, e ne rabbrividisco. Troppo spaventata per pensarci, troppo spaventata di andare allo specchio e vedere il bel Picasso che ho in faccia.
 
Chiudo gli occhi e sospiro. Almeno ho una coperta indosso.
 
-Coperta?-
 
A bho, evidentemente i pochi attimi di coscienza pre-semidecesso sono stati utili.
 
Vabbé, fatto sta che mi devo muovere perché devo andare a scuola. 
 
Mi tiro su con calma, senza muovere qualcosa all'improvviso con l'ansia di sentire suoni indesiderati, già mi sento a pezzi, manca solo che mi auto-distrugga.
 
istintivamente mi porto la mano alla schiena, nel punto dove ricordavo avere male, trovandolo appiccicoso e .. sa di.. Odora di Fastum Gel?
 
Inebetita mi dirigo verso il bagno strascicando i piedi, accendo la luce di lato per vederci qualcosa e .. Specchio.. specchio?? Ah, specchio! Intravedendo il cattivo di Batman davanti a me lancio un Urlo così forte che sono convinta di aver svegliato il quartiere intero.
 
Mi caccio una mano sulla bocca, ma credo sia troppo tardi, serve solo a trattenere il respiro che mi è venuto a mancare.
 
Orribile.
 
Questa è l'unica parola che mi viene in mente. Davvero, davvero orribile.
 
Con passi esitanti mi avvicino al riflesso, sfioro con il palmo della mano lo zigomo alto che mi ritrovo tutto blu o nero e viola, mi guardo allo specchio. Ho gli occhi persi nel vuoto.
 
Non sento di dover piangere, percepisco di non avere più lacrime, anzi ho gli occhi secchi e rossi.
 
Apro l'armadietto di lato.
 
Noto tutti i miei smalti di colori primaverili e freschi e mi sale un coniato in gola, basta colori, basta per un po' soprattutto sulla mia faccia o sul mio corpo.
 
Non oso guardarmi allo specchio intero. Non mi interessa neanche, penso francamente che farò finta di niente.
 
Prendo il correttore, diciamo una tonnellata, e me lo spalmo in faccia facendo attenzione a non premere accidentalmente sul livido che mi pulsa.
 
Sarò quella di prima  -mi ripeto mettendo il fondotinta-  meno spavalda forse, anzi... ma che dico? Quelli meritano di bruciare al rogo! Minchia ti pare?Guarda qui, sembro una giraffa con macchie nere un po' dappertutto.
 
.. Potevano almeno evitare la faccia? No, ovviamente no, "Facciamo capire a tutti di che pasta siamo fatti, mua-ah-ah" già me li immagino scimmiottarsi tra loro per aver riuscito nell'impresa "Creiamo-panda-ebrei" mentre io accantonavo le preoccupazioni degli altri con una scusa banale. a proposito... sono caduta dai gradini.
 
Eh si, una vera scema. incapace di guardare dove va, impedita nel mettere i piedi in equilibrio e molto, molto propensa alle cadute, ma con stile.
 
Cadute con stile.
 
Finito di pettinarmi la chioma scompigliata che mi ritrovavo, mi lavo i denti e mi metto un filo di matita nera per accentuare lievemente gli occhi da cerbiatta, nella speranza di far passare inosservato il viola ormai marrone scuro-beige un po' più sotto.
 
E poi mica avevo detto niente, cioè forse un piccolo particolare di famiglia mi era scappato, ma di certo non avevo.. 
 
-Insultato?- si, fatto.
 
-Preso in giro? -si, fatto anche quello.
 
-Fatto i cavoli altrui?- .. dobbiamo seriamente continuare?
 
Oh, basta. Avevano torto marcio e io stavo perdendo la scuola per colpa di un gruppo di mentecatti.
 
Prendo la tuta nera visto che oggi abbiamo ginnastica alla prima e seconda, poi cambiando idea la indosso subito per non essere costretta a mostrare il mio corpo alle altre ragazze negli spogliatoi. Già sento i pettegolezzi  infondati,  e gli sguardi di sottecchi incuriositi delle galline di turno.
 
Afferro chiavi, cellulare, borsa con dentro l'occorrente, mi infilo le scarpe da corsa e scendo in strada con sguardo basso.
 
L'aria fredda mattutina entra subito nei miei polmoni, facendomi rinsavire completamente. altro che casa, dolce calda casa, qui si gela.
 
Mi affretto per la via che ormai riconosco senza difficoltà e giungo all'entrata. Senza guardarmi indietro o attorno alla ricerca delle mie amiche, procedo verso il portone e subito dopo le classi.
 
Passando per un corridoio alzo lo sguardo dai miei piedi, posandolo per pura coincidenza su due figure attaccate, diciamo spalmate, al muro che sembrano intrattenersi come fosse l'ultimo giorno prima dell'apocalisse.
 
Non c'è più dignità.
 
Poi lo riconosco, e mi si blocca il respiro. Ste' smette di slinguazzare ( o come minchia si chiama) con quella che deduco sia la sua fidanzatina di turno, e allaccia i suoi occhi ai miei. Sembra.. non lo so, prima sorpreso e poi mi pare piuttosto soddisfatto di vedermi lì a fissarlo senza un minimo di pudore. Io? Ma lo sai che esistono i bagni, i cespugli, e altro che ora non mi viene in mente per fare certe cose??! Brutto scemo.
 
Alzando un sopracciglio dopo aver notato l'aria delusa dell'oca bionda platino (manco fosse un copione) per la poca improvvisa partecipazione del mentecatto, mi impongo di continuare e far finta di niente.
 
Fatti suoi.
 
Irrompo nel bar con la grazia di un rinoceronte senza pensarci due volte visto che sento un qualcosa di indefinito allo stomaco, eh si, la rivincita della fame!
 
Non ho fatto colazione e per quanto riguarda la cena.. i ricordi sono abbastanza confusi. Non ricordo manco come ci sono arrivata a terra vicino al divano. Rendiamoci conto.
 
Entro in classe e senza esitare mi metto in un angolo in ultima fila vicino al termosifone, almeno oggi vorrei farmi notare il meno possibile.
 
E stare al calduccio.
 
Suona la campanella e mentre sgranocchio l'ultimo avanzo di cornetto, e la classe pian pianino si riempe. Pure quei due amici di Tizio. 
 
Mi ritrovo qualcuno che mi si para difronte stile superman e noto che Elle ha una faccia seriamente preoccupata. Senza far domande mi si siede accanto aspettando, ne sono certa, un momento opportuno per farmi il terzo grado.
 
Adoro questa parte riservata di lei, non ti mette in soggezione e non urla parlando di cose private. Forse perché dopo tutti sa come mi sento...
 
Questo pensiero mi rattrista, facendomi ricordare che non sono l'unica a ritrovarmi la mattina con un bufera in faccia.
 
La guardo di striscio, tanto per vedere il suo sguardo, peccato che i miei occhi vadano al di là del suo profilo e si puntino sulla porta che è appena stata varcata dal mentecatto numero uno. Tizio non è in questa classe, continuo a ripetermelo ma sembra non funzionare visto che si siede davanti a noi tra i due suoi amici dopo aver fatto un occhiolino alla cheerleader in prima fila.
 
Niente sosia quindi, è proprio lo stupido di sempre.
 
Mi viene da piangere, è quasi come se il mondo mi fosse crollato addosso.
 
E in faccia.
 
Pure vicino di banco deve stare??!Non poteva semplicemente andare a sedersi dalla parte opposta, come avrei fatto io a situazioni invertite?
 
Dopo un veloce appello, sento la voce della professoressa di ginnastica ordinare di scendere in palestra.
 
Non aspettando altro, balzo in piedi con uno scatto felino senza badare troppo alla mia posizione, finendo così a sbattere contro il sottobanco. Che.Minchia.Di.Dolore.
 
Chiudo gli occhi e mi adagio nuovamente sulla sedia, massaggiandomi la coscia, che evidentemente non è rose e fiori dopo ieri.
 
Sento ridacchiare qualcuno davanti a me, così imprecando tra i denti, mi alzo (stavolta lentamente) e facendo finta di niente ignoro la mano apprensiva di Elle, e procedo come se niente fosse successo ( ma a denti ben stretti per non mostrare le fitte che sento diramarsi dalla coscia su ogni centimetro di pelle circostante)
 
Notando di essere stata sgarbata mi guardo indietro, cercando con lo sguardo quello di Elle che forse ci è rimasta male, beccando invece l'amico di Ste' che mi guarda il didietro sorridendo beffardamente dando colpi di gomito a Ste', che rimane impassibile. 
 
Li fulmino con lo sguardo e li faccio passare, meglio averceli davanti che dietro.
 
Purtroppo non riesco a frenare la lingua e appena passano mi lascio sfuggire un "stronzo maniaco"
 
Che scema, proprio ora che la professoressa è uscita ve'?
 
Vedo Ste' irrigidirsi alla vista dell'amico che si arresta di spalle.
 
Il ragazzo in questione si gira e alza la mano con il palmo ben aperto, pronto a lasciarmi la testimonianza della sua effettiva esistenza sulla mia faccia.
 
Non abbasso gli occhi e continuo a guardarlo, che lo faccia.
 
So anche strillare caro. e la professoressa vabbé che è vecchia, ma ci sente benissimo.
 
Ste' mi osserva con sguardo penetrante poi forse avendo percepito il mio pensiero poggia la propria mano sulla zampa dell'elefante e poi fa un segno con la testa verso la porta.
 
Uff, salva.
 
 
 
 
 
Siamo in fila davanti a questa vecchietta, insomma.. la proffe.
 
Con i suoi occhietti vispi e freddi ci scruta uno per uno da sotto un paio di sopracciglia folte.
 
"Di corsa finché non dico stop" esordisce. Io, che non sento niente dal collo in giù se non un forte pulsare alla gamba, sono seriamente preoccupata.
 
Sento una gomitata che mi scrollo, mi giro e Elle mi fa segno di incominciare a stare al passo con lei.
 
Sta correndo piano, lo capisco dal primo momento che non è la sua andatura.
 
Bhe certo, slanciata com'è un suo passo sono due falcate mie!
 
Bella cosa l'altezza...
 
Muovo i primi passi e non sembra farmi troppo male, diciamo che il dolore è tollerabile.
 
Mi sento sorridere come una scema al fatto che riesco, anche se non velocemente, a correre.
 
Dopo 3 giri sono distrutta, penso di essermi persa la milza per strada.
 
In questo momento vorrei tanto essere un cane, così da poter cacciar fuori la lingua e respirare meglio e più profondamente.
 
Rendiamoci conto.
 
In più ho il morale a terra avendo visto sorpassarci almeno due volte quei cafoni. Che poi sembravano farlo leggiadramente! Il loro modo di muoversi... Ok, non loro, suo.
 
L'altro si muoveva da ippopotamo. Lui sembrava un ghepardo, veloce e leggero.
 
Sembrava non toccasse il terreno. L'unica cosa da cui si percepiva era il ciuffo sbarazzino che si muoveva. Per il resto la visione era quella di un corpo atletico che si muoveva flessuosamente in un fascio di muscoli ben definire, che purtroppo per me si intravedevano fin troppo bene da quella canottiera.
 
La professoressa finalmente urla quella benedetta parola e moribonda mi appresto ad accostarla, pensando a quale tortura ci sottoporrà ora.
 
"Distribuitevi nello spazio e preparatevi a fare stretching"
 
Oh mammina santa!Ora mi spezzo in due.
 
Esito un'attimo incerta se avvertire la professa della mia situazione ma Ste' mi rivolge un'occhiataccia, miseria, un po' di cuore!
 
Sbuffo con le guance stile cip e ciop, e mi avvicino all'ultimo spazio libero, dietro l'oca, davanti agli scemi.
 
Oh, ora si che va meglio! vi prego, solo una misera pistola.
 
"Piegati su un ginocchio con l'altra gamba distesa, il viso a 45 gradi dalla parte del ginocchio accucciato"
 
Eh?? Noto la bionda tinta davanti che si mette in posizione con il sedere sporto in fuori, ma tutto sommato la posizione deve essere giusta quindi la imito, a parte la posizione dell'anteriore. Alquanto oscena.
 
Piegando la coscia mi sento tirare tutta la pelle compresi i muscoli sottostanti.
 
Spero solo che si cambi presto posizione , perché non posso spostare il peso, sarebbe troppo evidente.
 
Straluno gli occhi ed espiro forte, per calmarmi.
 
Dopo averlo fatto anche dall'altra parte, arriva il comando che mi aspettavo. Cacchio.
 
"Gambe aperte e distanziate, piegatevi in avanti fino a che potete per un'estensione del busto più sciolta.. ah! Senza piegare le ginocchia."
 
Maledetto sport... poi uno si chiede perché la tv o il divano ( o entrambi come nel mio caso).
 
Ma dico, ci pensano qualche volte al fatto che siamo ragazzi, e che i maschi sono alquanto stupidi a quest'età?
 
Esiste una sensazione chiamata "imbarazzo" e non è quella dell'oca davanti, quella è piuttosto l'opposto...
 
Dovrebbero far andare tutti i ragazzi avanti in primissima fila, e dietro le ragazze, oh!
 
Persa nelle mie congetture sento una voce stridula che mi richiama.
 
"Signorina, vogliamo stare ferma ancora per molto?" chiede la fessa con una delle sue folte sopracciglia alzate?
 
Abbasso lo sguardo  e mi piego in avanti, pronta a mettermi in ridicolo.
 
Diventerò una donna di politica solo per promuovere questa legge, Dio santo!
 
Come avevo immagino sento i miei pantaloni stringersi man mano aderentemente alle mie gambe e soprattutto .. lì.
 
Che palle! Frustrata cerco di abbassarmi la magliettina con una mano mentre mi reggo sull'altra.
 
Sento sghignazzare qualcuno dietro, e prego sia per l'oca davanti, anche se sto già arrossendo.
 
Andiamo, la sua tutina rosa è molto più appariscente della mia tutta nera.
 
Dopo un paio di esercizi la prof ci permette di andare a giocare a calcio o pallavolo.
 
Pallavolo l'ho sempre odiata, quindi passo.
 
Mi dirigo a differenza di tutte le ragazze al campetto da calcio.
 
Vedo i ragazzi sbuffare al mio arrivo e stralunare gli occhi. Brutti scemi incompetenti. Non muovo un muscolo e faccio un sorrisetto per quanto siano prevedibili.
 
Poveri.Illusi.Maschilisti.
 
"Passami il pallone" dico perentoria a quello che deduco sia il capitano visto che ha fatto le squadre e ha il pallone sotto braccio: Ste'.
 
Tsk, e chi altrimenti?
 
Intanto il ragazzo in questione mi guarda con un sorrisino strafottente, certo che il mio mondo si possa ridurre a barbie e cose rosa.
 
Ahah.
 
Deciso a "umiliarmi" mi lancia il pallone, che prontamente afferro sul piede e che inizio a far palleggiare. Spinta da un senso di spavalderia tento di fare l'orologio, devo pur fare qualcosa che li convinca a non farmi entrare nel campetto di pallavolo. So che non resisterò molto con i palleggi perché le gambe stanno per cedermi per la corsa, quindi ora o mai più.
 
Elevo il pallone con una spinta un po' più forte e velocemente ci passo sopra il piede, facendoci poi atterrare il pallone perfettamente sopra, a quel punto può bastare e lo passo con un calcio a tizio che è rimasto imperscrutabile, caro posso ancora vedere la scintilla di sorpresa che hai negli occhi!
 
Mi guardo attorno e noto non solo i ragazzi a bocca aperta, ma anche le ragazze hanno smesso di palleggiare tra loro per guardarmi.
 
Abbasso lo sguardo in imbarazzo.
 
"Allora?" chiedo nel silenzio più totale titubante al capitano, prevedendo dal suo sguardo fisso sulla sottoscritta, il mio viaggetto verso l'altro campo.
 
Se poi aggiungiamo il fatto che io sia ebrea.. muovo il primo passo verso il campetto pieno di ragazze, sicura dell'esito finale. Che razza di deficiente, razzista, imbecille, maschilista, donnaiolo..
 
"In squadra con Marco, Leo, Thomas e Gabri" 
 
.. adorabile, dolce e profondo ragazzo!
 
lo guardo con occhi sgranati mentre mi sorride, strafottente, ma almeno mi ha permesso una mezz'ora di gioco e non di agonia.
 
 
 
A ME LO SGUARDO<3
Premettendo che è la prima volta che descrivo un'azione di calcio, se così si può chiamare, mi sono divertita un sacco a scrivere questo capitolo.
D'altronde io ODIO i momenti di imbarazzo in mezzo alla classe, è sempre così.
E capita solo a noi ragazze!! 
...per le gambe senza le ceretta, e per lo stretching, e minchia!
Soprattutto quando i proff non se ne rendono conto, come fosse la cosa più normale del mondo mettersi in estensione piegata davanti a sguardi altrui. *imbarazzoooo*
Almeno, a me è capitato..
La parte iniziale è.. bhe, pesante, il risveglio è sempre così a prescindere, ma ho cercato di sdrammatizzare il più possibile^_^
Fatemi sapere se vi è piaciuto, un beso
Lalla

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Capitolo 11
*** ha sbattuto la testa? ***


 
La prima cosa che noto, che ovviamente non poteva mancare, è il fatto che "Giorgio il polipo arrabbiato" si schiera davanti a me con un ghigno malevolo stampato su quello schifo che si ritrova per faccia, e saltella di poco per alleviare la tensione pre-partita, manco fossero i nazionali.
 
Un'innocqua partita di calcetto di mezz'oretta non è di certo da prendere sul serio!E poi gioca una ragazza in campo, quindi si potrebbe fare a meno di sfruttare le proprie capacità al massimo e per una prima, e sfortunatamente credo ultima, volta nella vita fare il gentlement e adeguarsi alle capacità altrui.
 
Di certo non fare la mamma rinoceronte incavolata nera contro un inesperto e pacifico umano che ha osato accarezzare il suo povero piccino, eh si!
 
Guardandolo bene, si direbbe che il suo stile sia proprio questo... Sembra voglia caricare effetto "torero" e appare pronto a correre imbestialito contro la sottoscritta che si proclama innocente a tutti gli effetti.
 
E neanche vestita di rosso.
 
Noto che il deficiente fa un occhiolino a Ste', che irrigidisce la mascella.
 
Ha fatto il gesto tale e quale a quello dei cattivi mafiosi in CSI !! Eheh, lo so, sono un genio in questi messaggi subliminali... freno l'entusiasmo appena mi rendo conto di essere la vittima predestinata.
 
Oddio mi vuole far fuori!
 
La professoressa mi si avvicina e mi guarda con i suoi occhietti scettici e vispi dietro quelle lenti spesse. inizia a farmi paura sta qui...
 
"Ne è sicura signorina?" la guardo stranita, insomma, è una partita veloce di calcetto, giusto?
 
"Si." annuisce e se ne va a bordo campo sospirando.
 
Sento una spallata non troppo forte e mi giro accigliata, ho comunque i lividi eh!
 
Brutti scemi.
 
"Ehi, io sono Marco, stiamo in squadra assieme e saremo gli attaccanti se desideri, tanto qui sono sempre l'unico a rischiare di fare goal" mi dice gentile accompagnando il tutto con un occhiolino. 
 
Sorrido, mi piacciono i ragazzi che sono gentili e rischiano.. un attimo! 
 
"Rischiare a fare goal?" chiedo con un mezzo sorriso imbarazzato, sempre la solita scema che non capisce una beata mazza! Complimenti.
 
"Poi capirai" dice allontanandosi e posizionandosi difronte agli avversari, ammiccando nella mia direzione. Accenno impacciata ad un sorriso, e focalizzo velocemente i visi tesi dei miei compagni di squadra.
 
Credo di non aver ancora capito. 
 
Perplessa mi avvicino e mi preparo al fischio d'inizio, suono che non tarda ad arrivare. La cosa strana è che un secondo prima, incrocio lo sguardo con Ste' che sembra.. nervoso? 
 
Per una partita?! E che fa ai compiti in classe questo?
 
Entrerà in iperventilazione, povero ragazzo.
 
Vedo Marco passarmi il pallone con un lancio semplice ma efficace e subito avanzo tra gli avversari che cercano di placcarmi in tutti i modi. Alzo gli occhi e vedo che Giorgio mi sta venendo incontro e, allora non pensandoci due volte, passo palla a Marco che prontamente l'afferra facendo uno scatto in avanti.
 
A quel punto se fosse stata una situazione normale, sarebbe dovuta andare così: quel deficiente che mi sta correndo incontro si accorge che non ho più il pallone e si ferma slanciandosi verso il mio compagno, non degnandomi più di uno sguardo. Cosa non avevo calcolato? La vicinanza? Il fattore "ritardato" che lo caratterizza?Il fatto che non mi può vedere senza ringhiarmi in faccia?
 
Fatto sta' che sento un placcaggio alla vita, stile rugby americano, che mi blocca il respiro e che mi sbalza lontano dall'artefice che ne rimane molto compiaciuto, a giudicare dal ghigno strafottente.
 
Mi giro da un lato, tenendomi l'addome con una mano e tossendo ripetutamente cercando di inalare aria nei polmoni che sembrano chiusi in se stessi da una presa di ferro.
 
Per il resto credo niente di serio, la spalla dove stamattina avevo visto un bel lividino tutto viola mi brucia un po' .
 
Continuiamo così e vincerò un concorso per panda.
 
Ma... non ha neanche fischiato quella vecchia bisbetica?? Eppure...non si può, non è legale! Mi ha quasi fatto volare a terra volontariamente e ora ha un ghigno stampato in faccia, anzi, senza il quasi.
 
Alzo lo sguardo e trovo prima gli occhi comprensivi di Marco a cui hanno tolto il pallone dai piedi e poi Tizio con i pugni chiusi stretti e le nocche quasi bianche, che mi fissa imperscrutabile.
 
Mi rialzo a fatica, mi sbatto i pantaloni pieni di aghetti verdi e cammino verso uno della squadra avversaria che ha il possesso del pallone. Inspiegabilmente qualcosa mi spinge a corrergli incontro e dopo averlo preso di sprovvista, il ragazzo tenta di farmi il passante sotto le gambe nella speranza in una lentezza dei riflessi da parte della sottoscritta. Ahah, illuso.
 
Non essendo nata ieri, ed essendo un'azione molto prevedibile riesco ad intercettare il tiro e a bloccarglielo passando palla a .. come si chiama? Credo Leo, insomma un ragazzo moro e alto che smarca un avversario e passa il pallone a Marco.
 
Vedo Ste' che lo mira e avanza veloce e leggero contro di lui, allora alzo una mano per farmi vedere dal ragazzo che intanto si è irriggidito nel vedersi arrivare contro Tizio, insomma, per dirgli che sono libera.
 
Marco capisce subito e poco prima di essere smarcato da Ste' mi passa  sto benedetto pallone.
 
Velocemente mi guardo intorno per capire la situazione. Giorgio ha fatto segno ad uno di venirmi incontro con un segno della testa, e certo, se lo faceva lui la proffe fischiava, sempre se non è cieca...
 
Scarto di lato improvvisamente, lisciando il piede dell'avversario e portando il pallone fuori dalla sua portata. In fretta torno nella mia posizione, e mi giro per vedere se qualcuno è libero ma solo Marco che è totalmente coperto da Tizio è avanti, gli altri si trovano indietro.
 
Oh andiamo! Molto equilibrate queste squadre, un vero genio il capitano, i miei più illustri complimenti.
 
Noto che Ste' mi sorride sornione, ha capito che non so come muovermi, allora mi viene in mente solo una cosa, ma ho solo una possibilità.
 
Senza indugiare oltre, inizio a correre con il pallone tra i piedi verso la porta da calcio, subito mi raggiungono due difensori, li smarco velocemente con una doppietta, non aspetto altro che un movimento fulmineo da destra che finalmente arriva.
 
Ste' preoccopato dalle mie intenzioni, si slancia con una velocità sorprendente verso di me, credendo di farmi ripiegare lateralmente, ahah, povero.
 
Previsto il suo accorrere verso la sottoscritta, non lo evito ma anzi gli vado contro, a quel punto fingo uno scarto a sinistra.
 
Credendo di intercettare il colpo sposta il piede a lato, così che io gli possa far passare il pallone tra le gambe. 
 
Bingo!
 
Con un sorriso da ebete stampato in faccia sto per passare la palla a Marco quando vengo gettata a terra da una forte spallata. Cado a terra rovinosamente, trascinando sotto di me il pallone e inciampandoci sopra.
 
Sento un forte dolore alla caviglia, una fitta acuta e improvvisa che mi fa piegare su me stessa facendomi andare in apnea.
 
Percepisco delle voci ovattate intorno, ma in questo momento sento solo il battito veloce del mio cuore in gola e le lacrime agl'occhi.
 
Stringo i pugni e cerco di tirarmi su dopo un respiro profondo. Mi esce quasi il fumo dalle orecchie vedendo Giorgio ridere sotto i baffi che non ha.
 
Cerco di alzarmi non poggiando la caviglia e subito sento delle fitte diramarsi dal polpaccio.
 
Oh mammina santa! Spero solo che la proffe non chiami i miei...  Su, IN PIEDI.
 
Espiro e azzardo un primo saltello verso la panchina, perdendo quasi subito l'equilibrio. Prevedendo la mia caduta a terra, paro le mani difronte al viso a coprirmi il viso, soprattutto lo zigomo . 
 
Improvvisamente sento due braccia forti che mi stringono da lato, evitandomi una brutta caduta. Saltello su me stessa per rimettermi in posizione eretta, alzando la testa per ringraziare Marco e ritrovandomi invece davanti Ste' alquanto preoccupato. Devio lo sguardo riconoscente e appannato di lacrime verso i miei piedi in modo che non possa notarlo. 
 
"Muoviti scema"dice veloce, sollevandomi da terra inaspettatamente. Io rimango basita dal gesto quasi-gentile (non ci credo l'ho detto), e per paura di cadere, come la prima volta, gli porto una mano attorno al collo facendo attenzione a sfiorargli meno pelle possibile.
 
Sembra neanche concepirlo il mio gesto, perfortuna  è passato totalmente inosservato.
 
Noto dei ragazzi esterrefatti, alcuni con un sorrisino complice altri disgustati e sorpresi e poi, in fondo, le ragazze a bocca aperta, tra cui la stessa Elle.
 
Imbarazzata come poche volte nella mia vita, abbasso lo sguardo sulle mie ginocchia stringendo i denti per lo strazio alla caviglia. La professoressa squote a testa come ha dire "Te l'avevo detto" e effettivamente non ha tutti i torti... mi sento una bambina stupida, testarda e cieca, che non ne aveva avute abbastanza il giorno prima di legnate e voleva recuperare prontamente oggi. Ma si può essere più imbecilli?
 
Marco mi aveva pure avvertito! Che cretina, è tutta colpa mia, mi ci sono messa IO in questo casino.
 
"Infantile" è l'unico aggettivo che spicca da un insieme confuso e agitato di pensieri che ho in testa, mentre noto di striscio la caviglia già gonfia.
 
No, no, no! Appiattisciti, ti prego, ti supplico...
 
Scesi al coperto nello spogliatoio maschile, si dirige  verso una delle panchine a lato della stanza.
 
si schiarisce la voce, e mi stringe lievemente le gambe per farmi capire che mi vuole posare sulla panca.
 
Io distolgo lo sguardo assente dalle mie ginocchie, e incrocio i miei occhi con i suoi, non capendo una mazza come al solito.
 
piano, molto piano, mi appoggia sul legno duro  e appena sento una superficie ruvida sotto di me, porto lentamente la mano dal suo collo alla spalla, poi sicura dell'appoggio e messa la caviglia sulla panca, la tolgo esitante trattenendo il respiro. 
 
Mi guardo in giro palesemente spaesata mentre lui si allontana di un po'. Spogliatoio .. maschile?
 
Un momento non è che..
 
"Senti bello, io .."
 
Lo vedo sorridere soddisfatto e mi fermo perentoria.. Cosa ho detto? Non ho neanche finto la frase.. L'ho solo iniziata dicendo.. eh?? Ma che capisce questo, è un modo di dire!
 
"Cioè brutto, vabbè hai capito, non so cosa ti è preso ma.. portami di là, io qui non ci faccio niente!"
 
Ok, ammetto che detta così potrebbe essere interpretata .. ehm, ecco...
 
Vedo che si morde un labbro per trattenersi dal ridere e subito distolgo lo sguardo acquisendo, ne sono certa, le caratteristiche semitiche di una barbabietola.
 
"Perché cazzo deve essere così sexy??" penso imprecando tra i denti mi rimprovero immediatamente.
 
Ma cosa vado a pensare, oh!!
 
Le cadute mi fanno male, è provato e confermato scientificamente.
 
Ovviamente lui non fa niente, nada, rien per togliermi dall'imbarazzo più totale, in compenso il signorino si avvicina con non chalance all'armadietto che non avevo visto con la scritta "soccorso", prendendo ghiaccio secco, disinfettante e garze. Disinfettante per cosa? Io non sanguino mica!
 
Credo.. 
 
Mi alzo piano il pantalone della tuta e noto con rammarico la presenza di un gran lividone viola con sfregature e gocce di sangue intorno e in mezzo.
 
Mmm, molto artistico. Volto la faccia disgustata e guardo Ste' che si avvicina leggero e si inginocchia con il materiale davanti. Ma che gli è preso?
 
Per caso è caduto e non me ne sono accorta, impegnata com'ero a imprecare contro il suo amichetto?
 
 
 
 
*A ME GLI OCCHI BELLISSIME* 
Buongiorno care^_^
Allura oggi abbiamo un ragazzo inspiegabilmente gentile.. strano, non trovate?
Ah, tenete a mente questo Marco.. non sparirà dietro l'angolo, poco ma sicuro. come d'altronde anche Giorgio, che solo a pensarlo... argh!
Fatemi sapere se ho esagerato un pochino con la descrizione della partita, o se non sono stata abbastanza chiara, ahahahah non mi capita tutti i giorni di descrivere smarcamenti (?) e azioni calcistiche^_^
un beso <3
Lalla

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Capitolo 12
*** eh no, caro! ***


Vedendo la mia espressione dapprima attonita e poi schifata, Ste' si avvicina velocemente alla caviglia, con un cipiglio quasi preoccupato.. al momento però tutta la mia attenzione è attirata da quel .. coso.
 
Oh mammina, che scatole... non potrò mettere pantaloncini e minigonne per un po' a quanto pare se non con calze coprenti nere.
 
Fantastic.
 
Mi mordo un labbro appena sento il ghiaccio sulla pelle lesa, trattenendo il respiro di colpo.
 
Tizio se ne accorge e accenna a un sorriso tirato, prendendo poi ad armeggiare con apparente calma il disinfettante.
 
"Sempre nei guai, eh?" sento la sua voce chiara e fredda, per quanto interessato si possa fingere.
 
Faccio una smorfia cercando di non far trasparire tutto il disprezzo che provo verso lui e i suoi amici bifolchi.
 
"Siete voi che non sapete giocare a calcio civilmente, soprattutto con una ragazza in campo"  lo guardo negli occhi per rimarcare il concetto -siete scimmie e ancora non lo sapete-.
 
"Caso mai, la qui presente seccatura non riesce a comportarsi normalmente" cosa?? Io! Mica Giorgio che aveva accidentalmente scambiato uno sport per un'altro, per altro simili fonicamente, eh si.. -calcio- -rugby americano-, uguali.
 
Povero ragazzo, mi segnerò di portarlo dall'otorino!
 
"Scusami tanto se volevo fare due tiri a pallone" dissi sarcasitica.
 
"Se è per quello esiste la pallavvolo"
 
Ironizza pure ora? 
 
"Senti, a me di sorbirmi per mezz'ora le oche tanto tue amiche in particolare la bionda platino di stamattina, per di più in uno sport che non ha capo ne coda.."
 
Non mi lascia neanche finire che subito mi interrompe facendo apparire il solito sorriso da schiaffi in faccia.. ma che..
 
"Ah si, allora fiorellino che fai, mi osservi per caso?"
 
"Scemo, lo sai che stamattina ci siamo visti" rispondo piccata.
 
Problemi di memoria? Vuole una cura di fosforo? Basta chiedere.
 
"Ah si, ricordo di averti vista sbirciare nella mia direzione" 
 
Fa leggermente più pressione con il ghiaccio, poi lo toglie e appoggia il batuffolo intinto di disinfettante, brucia un po'. Istintivamente gli allontano la mano con una pacca leggera e mi ritrovo inconsciamente a soffiare dalle guance verso la caviglia arrossata.
 
"Lascia" dice, o meglio ordina. Appoggia le sue mani sulle mie, solo per toglierle di mezzo ovviamente, e poi riappoggia il batuffolo malefico , stavolta con una leggera pressione.
 
Con movimenti lenti e continui, leggeri e impercettibili, mi pulisce la ferita, rimette il ghiaccio, poi si alza e butta -finalmente- il batuffolo ormai sporco.
 
Si gira con aria seria e subito porto le ginocchia al petto circondandole con le braccia. Che scema istintiva.. eppure qualcosa nel suo sguardo ha un nonché di pericoloso e imprevedibile. Meglio prevedere che curare, no?
 
Compiaciuto dalla mia reazione, si avvicina con passo -sono-figo-e-lo-so- e improvvisamente porta il dorso della mano alla mia guancia.
 
Lo guardo dritto negli occhi, stavolta con uno sguardo di sfida, non ho paura, sarebbe da stolti farmi qualcosa nello spogliatoio a pochi passi da quella megera.
 
"Così innocqua" lo sento mormorare. Ma di chi sta parlando?
 
Seccata gli levo la mano, senza riuscire a toccarla perché la ritira velocemente
 
"Non mi toccare" ripeto scandendo le parole con enfasi per essere sicura che non gli entri da un orecchio e gli esca dall'altro.
 
Si avvicina al mio orecchio con una scintilla divertita negli occhi dopo aver fatto schioccare la lingua contro il palato.
 
"Io prendo ciò che voglio, fiorellino" mi sussurra confidenziale a pochi centimetri dalla pelle sotto l'orecchio. Rabbrividisco senza volerlo e percepisco le sue labbra distendersi in un sorriso.
 
Ok, con calma, sorvolando l'attorcigliarsi improvviso dello stomaco, registriamo le informazioni. Un attimo...
 
Fiore.. che?
 
"Non sono un oggetto, tanto meno di tua proprietà" ribatto ovvia con un sopracciglio alzato. Che si è bevuto questo?
 
"Per ora" ribatte sicuro allontanandosi con sguardo malizioso. 
 
Sono a dir poco scioccata, la mia bocca potrebbe toccare terra tra pochi istanti.
 
Riformulo: Che si è fumato il ragazzo?
 
"Non avrai mai niente da me" 
 
"Vorrà dire che prenderò ciò che mi vorrai dare"
 
"Cioé niente" Non l'avevo già detto? Lo guardo seccata, cercando di fulminarlo con lo sguardo per fargli capire che ha torto su tutta la linea.
 
E intendo proprio tutta tutta.
 
"Lo vedremo ragazzina"si avvicina "quale effetto ti farò" non so se sia una cosa normale ma non riesco a distogliere lo sguardo dai suoi occhi così intensi e profondi.
 
1..
 
2.. 
 
3..
 
Collaboriamo cari occhietti, eh? Aiutiamo zia Gaietta!
 
Cerco di deglutire notando il suo avvicinarsi lento, quasi da predatore che ha fiutato una preda facile. In effetti non posso dargli torto, ora neanche le care gambine funzionano!
 
Aaaaaa, mi strapperei tutti i capelli! 
 
-Procedi- e chi sei tu? Oh mammina santa, ecco la voce della mia coscienza. mancava lei. al momento sono un po' piena di piccoletti che si chiamano.. Aspetta come? Ah già, ormoni.
 
-Stai scherzando vero?Saltagli addosso!- Eh? sono impazzita.
 
Annaspo in cerca d'aria. minchia dov'è l'ossigeno quando serve?
 
Ormai posso sentire il suo respiro sulla mia bocca.
 
-Magnifique!!- ormone, lo ripeterò una volta sola, re-go-la-ti!
 
Sento dentro di me come .. brace rossa  e zampilli di sorgenti gelide.
 
Intanto il mio cuore sta cercando di andare in panne, vista la velocità a cui sta battendo.
 
Posso oramai sentire il suo respiro sulla mia bocca, il suo naso che quasi sfiora il mio in una gentile carezza, essendo piegato sulla sottoscritta.
 
Te credo, alto com'è, potrebbe concorrere con un batusso!
 
Poso una mano tremante sul suo braccio, a lato della mia testa.
 
Devo usire da questa situazione, e soprattutto mettere a tacere qualcuno nella mia testolina. 
 
E anche risolvere questo nodo allo stomaco...
 
Sento un Maydey rendendomi conto che avevo involontariamente spostato lo sguardo sulle sue labbra e che non riuscivo a distoglierlo da quella linea sottile ma sensuale. Incrocio per un millesimo di secondo il suo sguardo, e noto che mi sta fissando intensamente.
 
on un sorrisino saccente si avvicina alla mia bocca socchiudendo le labbra.
 
-pochi secondi cara- Oh mammina santa! Sono impanicata, non ho la minima idea di ome muovermi, di come scappare, non riesco a pensare più a niente se non al fatto che la distanza tra noi sta diminuendo.
 
Mi spiaccico alla parete, sperando con tutta me stessa in un varco tridimensionale.
 
Ti giuro che ti leggerò tutto Harry Potter, però ora ti prego, ti supplico, ti scongiuro...
 
Intravedendo una scintilla divertita nei suoi occhi, giro il viso a destra trovandomi inaspettatamente il suo braccio ( due volte il mio peraltro).
 
Per tutti i cavoletti di Bruxelles! Io non me ne ero neanche resa conto di essere stata.. ehm .. rinchiusa? Messa in gabbia? Spiaccicata al muro... "Apparetata" ?
 
Lo guardo patenta dal mostrargli il mio terrore crescente, la mia confusione, ma evidentemente qualcosa mi tradisce visto che mostra il solito sorriso sornione.
 
"Senti, davvero tutto molto interessante, si, si, ma.. ecco, io devo andare a cambiarmi." sbiasico in evidente imbarazzo prima di lasciare finalmente lo spogliatoio.
 
La sua risata roca che risuona ancora cristallina nelle mie orecchie.
 
 
 
 
OCCHIETTI VISPI QUI<3
Scusate, scusate tantissimo per il ritardto, spero di non avervi deluso con questo micro capitolino. Purtroppo scuola e ripetizioni non lasciano molto tempo libero, così cerco di arrangiarmi.. 
Passando al capitolo, cosa ve ne pare? Lasciate un commentino, vi prego 
un beso ^:^
Lalla

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Capitolo 13
*** brividi ***


Elle era diventata tutto d'un tratto rigida, si era fermata di colpo appena aveva visto Giorgio iniziare a correre contro la sua amica e ci era rimasta di sasso quando era caduta in quel modo così.. innaturale. Temeva che si fosse rotta qualcosa.
 
Quella testa di rapa aveva già avuto una lezione dai ragazzi-bestie, ma no, non le era bastato. Aveva cercato di convincerla in tutti i modi con un'occhiataccia ma probabilmente non l'aveva neanche notata, se non ignorata di proposito. L'avrebbe picchiata lei stessa per la sua testardagine. Doveva darle ascolto almeno una volta.
 
Poi aveva visto Ste' irrigidirsi di colpo, al chè aveva temuto il peggio. Il ragazzo si era avvicinato di corsa e l'aveva aiutata ( stentava a crederci ) e presa in braccio per portarla negli spogliatoi per i medicinali di sicurezza.
 
E quella vecchia non aveva mosso un muscolo. Da sempre maschilista fino al midollo, non la si poteva sopportare, e questo Elle lo sapeva bene.
 
Ricordava perfettamente come l'aveva screditata per i due anni precedenti, solo il Signore sapeva quanto rancore e astio provava verso quella donnetta minuta saccente.
 
E il sentimento era reciproco. Ecco il problemino.
 
Sembrava prendere di mira lei e tutte le sue amiche.Ergo, ora non si era mossa di un nanomillimetro per aiutare Gaia. 
 
Il suo sguardo si spostò inconsciamente sul ragazzo che da un po' tormentava i suoi incubi.
 
Liuk stava scherzando con Giorgio sulla caduta di Gaia, imitando la faccia della ragazza a rallentatore.Il ragazzo però dovette sentire il suo sguardo addosso, perché alzò gli occhi proprio nella sua direzione, e fissò l'esile figura di Elle per un istante, poco prima di essere trascinato nuovamente in una risata da Giorgio.
 
Elle non appena Liuk distolse lo sguardo dal suo, si girò imbarazzata, e si avviò a bordo del campo di pallavolo, e si accucciò per terra con le ginocchia al petto, con la mente che navigava tra mille pensieri, i balia delle emozioni contrastanti che provava.
 
Quel ragazzo l'aveva più volte spaventata a morte facendo parte del gruppo di fascistelli, ma l'ultima volta l'aveva incontrato solo, e lui l'aveva messa al muro minacciandola.
 
Ciò che però non si aspettava erano quei brividi che aveva provato sentendo il suo tocco leggero sul collo, il suo naso così vicino al suo orecchio, il suo respiro sulla pella.
 
No, non andava affatto bene.
 
Sul momento era rimasta spaesata, paventa dal mostrargli la sua paura, ma lui come un cane da caccia aveva fiutato il suo timore e le aveva sussurrato che non l'avrebbe toccata solo per il motivo di un ordine dall'alto.
 
E li, in quel momento, voleva solo inginocchiarsi a ringraziare il cielo, perché per la prima volta usciva illesa da un incontro fuori scuola con quelle bestie.
 
Ricordava anche di essere scappata dal ragazzo per andare dalla sua amica, ciò che però non si aspettava, era di incontrare Ste' che usciva da casa di Gaia.
 
Subito aveva pensato al peggio, ed era rimasta imbambolata anche quando il ragazzo le era passoto accanto, anche quando le aveva mormorato all'orecchio di tacere sulla faccenda.  Ste' non aveva aggiunto altro, la ragazza sapeva che se avesse parlato le avrebbe dato una lezione.
 
Ste' era sempre stato quello più impassibile, apparentemente superficiale con ogni ragazza, il classico "bello e impossibile"  ma fottutamente intelligente negli "affari" del suo gruppo, non usava fare minaccie, perché già la sua presenza incuteva terrore e rispetto. Questo la sua amica evidentemente non riusciva a capirlo.
 
Elle decise che le avrebbe fatto un bel discorsetto, ovviamente una maternale.
 
Rimase, lì sola seduta a bordo campo, poi senti quel suono che odiava tanto: il fischio della professoressa.
 
"Ora che vi siete divertiti a sufficienza, faremo la staffetta mista" enunciò la vecchia zitella.
 
Un boato di "no" esplose per tutto il campo. soprattutto per l'ultimo aggettivo, che avrebbe implicato la cooperazione tra bestie e ragazze. Sempre meglio.
 
"Vediamo di fare subito le coppie, allora Alessia e Leo, Marco e Ginevra" e l'ennesima oca sospirò felice nel vedere Marco " Giorgio e Anita, Liuk e Elle,.. " la ragazza in questione rischiò l'infarto nell'udire quei nomi accostati.
 
Elle si girò spaesata verso il ragazzo che stava appoggiato alla spalla di Leo con un'espressione alquanto contrariata. 
 
Elle strinse istintivamente la mascella, non sopportava essere disprezzata da chi era peggio di lei in tutti i sensi.
 
Camminò decisa fino alla postazione di partenza della pista in terra rossa battuta e si posizionò lì, rigida come un palo, fulminando da lontano Liuk con lo sguardo.
 
Decisa a fargli vedere ciò che sapeva fare, si prese una caviglia e se la porto vicino al sedere, per stendere i muscoli della gamba.
 
Era slanciata, e poteva vantare di una falcata ampia e veloce, che solitamente la portava a vincere questo tipo di competizioni ma in confronto al ragazzo, più alto di lei, doveva impegnarsi alla grande. 
 
Guardò l'ultima volta in direzione di Liuk, e notò che la stava fissando con una luce divertita negli occhi.
 
E così avrebbe fatto.
 
 
 
 
BUONGIORNO<3<3 .. (o buonasera ^_^ )
Com'é?? A me sembra sia venuto bene, cioè, lo spero.
Adoro questi due ragazzi, li trovo così patatosi... anche se al momento si detestano...
Bhe, niente paura, ci penserà la ginnastica ad avvicinarli! E poi Elle non me la racconta giusta con quei brividi, e Liuk che l'ha lasciata andare quando gli ha chiesto dell'amica? forse una briciola di pietà? aww, sarebbe la prima volta..
Un beso, fatemi sapere se vi piace o preferite Gaia e l'imprevedibile Ste'
Lalla

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Capitolo 14
*** MINACCE INFUOCATE ***


Liuk, si mosse lentamente, quasi svogliato, in direzione della compagna che si stava sciogliendo i muscoli della gamba a inizio pista.
 
La osservò come il cacciatore osserva la sua preda, studiandola e squadrandola più volte con occhio di falco.
 
Il tutto ovviamente una volta spostatosi alle sue spalle. Intanto la ragazza non dava cenno di nervosismo, ma lui sapeva che la sua presenza non le era indifferente.
 
In ogni caso appariva sciolta e incurante del ragazzo alle sue spalle.
 
Liuk sogghignò tra se divertito, insomma, quella ragazza dagli occhioni verdi e dalla carnagione nivea, gli aveva appena lanciato una sfida bella e buona.
 
Ma ora per colpa di quella stupida insegnante, stavano in squadra assieme.
 
Questo voleva dire solo una cosa: doveva battere le altre squadre, visto che non poteva svergognare la ragazza difronte direttamente a un "tu per tu".
 
Si guardò in giro schivo.
 
Anita, Ginevra e Alessia erano nella stessa prima fila di Elle, ma la sua compagna poteva vantare di un'ampia falcata, di sicuro non avrebbe fatto fatica a superare le due puttanelle e sua cugina, che con tutto il bene che le potesse volere, non era di certo una campionessa della corsa.
 
Giorgio si posizionò al suo fianco, ciò che però non si aspettava era che stesse squadrando sua cugina in .. insomma, quel modo!
 
Che gli era preso?
 
Liuk preoccupato per l'amico, gli lanciò un'eloquente occhiataccia, che però Giorgio ignorò di proposito. Ma che..?
 
Scosse la testa, non ci capiva più niente delle reazioni dell'amico. E poi.. e che cazzo, era pur sempre sua cugina quella!
 
Conosceva bene lo stile del ragazzo in questione, e di certo non era quello.Giorgio mirava quasi sempre alle puttane bionde che potevi farti in sveltine gratis, insomma .. un po' come Ste', tralasciando che il capo aveva però più successo.
 
E poi.. andiamo, sua cugina non gliel' avrebbe data, quindi strano modo di comportarsi.
 
Fissò la ragazza slanciata difronte a lui, le sue gambe magre ma toniche fasciate dai pantaloni leggeri, la maglia leggermente alzata sul retro, che lasciava scoperta un pezzettino di candida pelle sulla schiena.
 
Elle si sentì afferrare in una morsa gentile (ma pur sempre una morsa ) da dietro, e istintivamente trattenne il respiro. Allarmata guardò in direzione della professa, che come al solito faceva gli affaracci suoi. Maledizione. Non ci fu neanche il bisogno di girarsi, sapeva chi era, incredibile ma lo poteva percepire, se lo sentiva.
 
Una mano fredda le accarezzo la pelle nuda della schiena, lentamente con giri concentrici e regolari. Iniziò a sudare freddo e tentò subito di divincolarsi dalla stretta del ragazzo ma Liuk glielo impedì posandole l'altra mano sul fianco per tenerla ferma e contro di se.
 
"Ah-ah, bambina cattiva non si fa" le soffiò con voce roca nell'orecchio "Dovrò punirti se continui così" sussurrò suadente.
 
Elle si irrigidì all'istante.
 
Suonava assolutamente come una minaccia, e lei di certo non voleva avere altri lividi, l'idea, semplicemente... la terrorizzava.
 
Guardò in panico Anita, ma l'amica era in preda a una sfuriata contro Giorgio, Gaia non era ancora ricomparsa..
 
Cristo!
 
Le mani di Liuk salirono ad accarezzarle il fianco caldo, con movimenti ipnotizzanti e infuocanti. Dei brividi le scesero lungo la schiena, sentiva la pelle incendiarsi sotto il suo tocco, poi accapponare dal freddo vuoto che lo seguiva.
 
I cerchi salivano e salivano e dopo interminabili secondi la mano del ragazzo arrivò all'altezza del gancio del reggiseno. Elle trattenne il fiato.
 
Liuk sentendo la ragazza deglutire sonoramente, non poté fare a meno di compiacersi dell'effetto che le provocava.
 
Decise di fermarsi... per il momento.
 
"Ascoltami bene sudicia ebrea, ora noi vinciamo sta cazzo di competizione, perché ginnastica fa media e devo alzare i miei voti, quindi vedi di starmi al passo" capendo che la ragazza stava impercettibilmente annuendo spaventata, si distaccò soddisfatto.
 
Elle non si girò, non si mosse e non si guardò intorno.
 
Ricacciò indietro le lacrime che erano sopraggiunte al "sudicia" e si portò le braccia al petto tremando leggermente, proteggiendosi ormai dal niente.
 
Era solo scossa, scossa da quel breve contatto che avevano avuto, e che le provocava ogni volta una stretta allo stomaco, quel brivido di pura energia che la faceva infuocare e successivamente rabbrividire.
 
Perché le faceva questo? Perché doveva per forza sfiorarla ogni volta? E disprezzarla, minacciarla e confonderla? Farla sentire uno straccio vecchio, smunto e usato?
 
Cosa gli aveva  fatto?
 
Sentì come un suono ovattato, capendo solo dopo pochi secondi preziosi che era il fischio di partenza. Le ragazze si erano già distaccate di almeno due metri.
 
Percepì Liuk dietro di lei ringhiare dalla frustrazione e una gelida paura l' invase.
 
La mente le si svuotò, corse veloce, quasi le gambe le sentiva muoversi da sole veloci come il vento, una dopo l'altra sfregandosi appena e toccato lievemente il suolo se non per una spinta potente.
 
Arrivò prima delle altre, distaccandole di almeno dieci metri nella parte finale della pista.
 
Scorse Liuk che la stava aspettando con la mano protesa verso di lei, e la guardava, la guardava con una scintilla infuocata nello sguardo, un misto di competizione, sfida e brace ardente, e forse un pizzico di compiacimento.
 
Sfiorò la sua mano e sentì come al solito quella piccola scarica di energia invaderle la mano.
 
Il ragazzo sfrecciò in avanti e iniziò a correre elegante e veloce, rapido e preciso dandosi slancio con le braccia.
 
Ovviamente vinsero ed Elle sentì il suo cuore battere più leggero.
 
 
 
QUI GLI OCCHI BELLEZZE<3<3
Allora, scusate il ritardo, siate clementi, avevo già in mente il capitolo ma il tempo per la stesura è un po' mancato in questi giorni per via degli impegni scolastici =_=
Non ne posso già più, voglio l'estate!
Bando alle ciance, che ne pensate? A mio avviso, adoro questo capitolo, anche perché abbiamo un accenno Giorgio-Anita ^_^    *non mi bastonate!*
Il linguaggio è un po' più forbito del solito, perché è Liuk stavolta il nostro punto di vista, spero non vi dispiaccia! un beso e fatemi sapere, spero di non avere scritto uno schifo ! >-<
Lalla
 
 
  Ste'

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Capitolo 15
*** Milano? ***


Ste' camminava per l'uscita da scuola.
 
"Finalmente" avrebbe volentieri aggiunto.
 
Delle ragazze incrociarono il suo cammino e una schiuse le labbra davanti e sgranò gli occhi a cotanta bellezza. Ste' camminava sicuro di se, l'andatura da figo, gli occhiali da sole anche se era abbastanza nuvolo, il giacchetto di pelle nera indosso.
 
Oramai non ci faceva neanche più caso, era compiaciuto, certo, ma non sorpreso.
 
La scuola al momento non era pesante ma avevano fissato almeno un paio di verifiche e oggi aveva scampato l'interrogazione di filosofia semplicemente fissando in maniera del tutto non convenzionale, diciamola tutta, totalmente sfacciata, la docente.
 
Sogghignò ricordando come la vecchia era arrossita e aveva evitato il suo sguardo sfrontato e audace.
 
Ad un tratto un'altra pelle  più chiara, e un viso più giovane incorniciato da capelli castani lucenti gli tornarono in mente. Quegli occhi, quello sguardo... aveva un qualcosa...
 
Bhe, poco ma sicuro quella ragazzina era impertinente e apparentemente sicura di se ma lui aveva già capito che sotto quelle occhiatacce impavide che gli riservava spesso, era totalmente ... bambina.
 
Anche il modo in cui era rimasta palesemente scossa quando lo aveva visto semplicemente baciarsi con Jessica, la faceva apparire innocente, pura.
 
No, stava sbagliando. Lei era una sporca e lurida ebrea.
 
Questo non sarebbe mutato, ne gli avrebbe fatto cambiare opinione. Si sarebbe divertito come con tutte le altre, ma sarebbe stato ancora più stronzo del solito. Giusto per poi scherzarne con gli amici. Sarebbe stato esilarante riportare le frasette sdolcinate che l'ebrea gli avrebbe confidato, i discorsi sul loro amore platonico e i segreti di un'infanzia, poi l'avrebbero ricattata. Ridacchiò tra se e se. L'idea lo eccitava.
 
Insomma, avrebbe potuto finalmente toccare quella pelle candida e costellata da leggere lentigini, avrebbe finalmente morso quelle labbra rosse e piene che ogni volta lo tentavano.
 
Lui non faceva l'amore, lui fotteva rudemente  e dopo anni,  poteva dire di saperci davvero fare. D'altronde se lui lo scordava, erano sempre le ragazze a farglielo nuovamente presente.
 
Era famoso per uscire dalle disco con almeno tre ragazze sotto braccia. 
 
Ma qualcosa gli sussurrava che non sarebbe stato lo stesso con la ragazzina ebrea.
 
Sarebbe stato... particolare. Sorrise, indubbiamente l'avrebbe avuta.
 
Lei reagiva sempre alla sua vicinanza, ci avrebbe potuto mettere una mano sul fuoco che aveva certi pensierini per la testa. Sornione si rese conto che non sapeva nemmeno se la ragazzina era...
 
No, non sarebbe stato possibile, dal modo in cui si muoveva su quel maledetto palco e anche per il suo modo felino di camminare. Probabilmente sbadata come era, non lo faceva neanche apposta.
 
Tsk, certe "oche, come le chiamava lei, si allenavano fin da piccole davanti allo specchio per una camminata sexy. Sorrise.
 
Perché  stava continuando a parlare della ragazzina? Decise di darci un taglio.
 
Allungò il passo e svoltò l'angolo.
 
Il portone della casa di Giorgio si ergeva solitario nella facciata dell'immensa dimora.
 
Era uno dei più bei palazzi della città, quello. L'aveva sempre pensato.
 
Altroché Milano, Roma aveva edifici molto più stupefacenti, e il fatto che fosse capitale ne era in parte un riconoscimento.
 
Stava parlando di Milano?
 
Suonò il campanello irrigidendo impercettibilmente la mascella, lo faceva sempre quando c'era la possibilità che ad aprirgli fossero i genitori di Giorgio.
 
Fortunatamente aprì la domestica ebrea. 
 
Non la degnò di uno sguardo, men ché meno di una parola.
 
Sapeva dove dirigersi, conosceva quella casa come le sue tasche, e di certo non ne doveva dare atto a una pezzente.
 
Salendo le scale si ritrovò in stanza dell'amico, che stava bellamente dandosi da fare con una rosha.
 
L'aveva vagamente già vista. a scuola, forse, e sicuramente se si erano incrociati lo aveva notato e ammirato.
 
Il ragazzo si schiarì la voce, e la ragazza si staccò imbarazzata con uno sguardo smarrito. Appena vide Ste' avvampò e sparì in pochi secondi dopo aver raccattato le poche cose.
 
Giorgio non riuscì più a trattenere  una risata profonda  a cui si accostò la sua.
 
Era stato indubbiamente divertente vista la difficoltà della ragazza e il suo profondo imbarazzo.
 
"Ascoltami, prima di farmela, mi sono fatto dire dove abita la stronza" Ste' irrigidì la mascella, si stava sicuramente riferendo a Gaia, e l'amico non sapeva che lui era già a conoscenza dell'indirizzo della ragazza.
 
"Ho un piano" sogghignò velatamente.
 
"E tu dovrai aiutarmi " terminò alzando lo sguardo nel suo.
 
 
 
 
QUI GLI OCCHIONI BELLEZZE<3<3
Vi lascio una foto di Giorgio e Ste', corro, fatemi sapere se vi è piaciuto e cosa ne pensate
un baso, Lalla
 


      

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Capitolo 16
*** qualcosa che si incrina dentro ***







Mi sveglio indolenzita e a malavoglia sollevo le coperte.
 
Do una leggera scossa a Elle e poi per " sbaglio", ovvio, pesto piano il sedere di Anny.
 
Ok, a dirla tutta ci cammino proprio sopra, non badando alla serie di epiteti poco carini che mi vengono lanciati contro. ridacchio tra me mentre mi dirigo in bagno.
 
E poi, Anita è l'unica che può  vantare un corpo senza macabre sfumature violacee, anche se con il segno del cuscino sul viso era a dir poco ridicola.
 
La serata era stata fantastica: avevamo visto un film horror tra urletti e schiamazzi e poi per la paura ci eravamo addormentate l'una contro l'altra.
 
"Gaia muoviti che siamo in ritardo!" mi urla Elle
 
"Guarda che oggi entriamo alle 9.00 !" ribatto rilassata
 
"Ga!" mi sussurra Anita da dietro la porta del bagno.
 
Preoccupata apro la porta e noto che Anny  guarda lo schermo del cellulare con sguardo vuoto e assente.
 
"Ehi, ma che.." inizio a dire
 
"Andate in terrazza e guardate in strada" legge a gran voce
 
"Olè, magari è un regalino di quel ragazzo che l'altro giorno ti fissava!"esclama Elle da sotto il piumone sprizzante di felicità.
 
"Mmm, non credo, si sarebbe firmato.. e poi parla al plurale" borbotta Anita.
 
"Bhe, se c'è un cuoricino allora è lui" sorrido furba.
 
"No, è freddo.. andiamo?" chiede Anita preoccuppata.
 
"Ma dove? non ti seguo" 
 
"Sulla terrazza" ribatte ovvia dandomi un nocchino in fronte.
 
Con un cenno del mio assenso, ci incamminiamo per un corridoio stretto che conduce a delle scalette.
 
Rabbrividisco a contatto con l'aria fredda di prima mattina e mi stringo  nel mio pigiamone, poi in fretta mi sporgo dal cornicione per vedere giu in strada decisa a rientrare al calduccio prima possibile.
 
Mi manca il respiro.
 
Una scritta a cubitali rossa fosforescente, appare difronte a casa mia, ma è il significato di quelle parole che mi fa sentire un verme più di ogni altra cosa.
 
 
-AUSCHWITZ LA VOSTRA PATRIA, I FORNI LE VOSTRE CASE-
 
 
Sento chiaramente qualcosa inclinarsi dentro il mio petto.
 
Quelle parole mi rimbombano in testa, mi feriscono, confondendomi e lasciandomi in uno stato di insicurezza che mi fa cedere le ginocchia.
 
Mi raggomitolo al muro, tremando come una foglia.
 
Perché non sono rimasta a Milano, perché proprio quella scuola?
 
Mi volevano far sentire uno schifo? Deprimere? Bhe complimenti, c'erano riusciti a pieno.
 
Vedo che Elle si affaccia al cornicione e mi alzo fulminea per bloccarla ed evitare una sofferenza in più, di certo non necessaria.
 
Non faccio in tempo vista la faccia dell'amica. è .. sconvolta e continua a scuotere la testa, prendendosela tra le mani.
 
Anita inizia a imprecare contro "quei pezzenti, che bastardi!" frustrata e si vede lontano un miglio che vuole mettere  le mani su qualcuno.
 
Come un automa, mi alzo e scendo in casa, lasciando su quella terrazza tutta la vitalità che stamattina mi caratterizzava.
 
Un solo volto mi appare tra i mille pensieri che mi girano in testa con confusione.
 
Ste'.
 
Sono delusa, amareggiata. Come può essere così senza cuore? io .. lui..
 
Non avrei dovuto cascarci, illudermi che in lui ci fosse del buono.
 
Che stupida, lui è esattamente come gli altri anzi, peggio perché ha la faccia tosta di fare il premuroso quando mi faccio male. Non gli importa di nessuno, non gli importa di me.
 
Mi vesto, indosso legghins neri con sopra gli stivaletti, poi un maglioncino rosa chiaro lungo, una sciarpa a coprirmi dal freddo.
 
Usciamo senza scambiare più una parola, io sono persa nei miei pensieri, anche se al momento ciò che sento è un vuoto interiore.
 
Arriviamo a scuola verso le meno un quarto.
 
Entriamo senza esitare, io mi dirigo in aula di chimica salutando le altre.
 
Nel voltare l'angolo, vado a sbattere contro qualcuno e cado con il sedere a terra in un tonfo secco. Alzo gli occhi furente di rabbia ma mi trovo davanti Ste'  che mi guarda sorpreso.
 
Il mio sguardo cambia, da adirato a spento.
 
Non nutro più nessun tipo di sentimento verso di lui, neanche la rabbia. Mi rimetto in piedi da sola rifiutando la sua mano, raccolgo la mia borsa e faccio per andarmene per le scale, evitando completamente i suoi occhi che mi fissano.
 
Salgo in fretta le scale e mi rifugio nell'aula di chimica, spoglia e bianca.
 
Non c'è ancora nessuno, così porto le mani alla testa e poggio la fronte sui palmi.
 
Perché mi sento così male?
 
Appoggio la schiena ala parete appoggiandomi sulle ginocchia.
 
Eh.. bhe un paio di spiegazioni ci sono.. solo non so se siano quelle giuste.
 
Quelle parole mi hanno ferito nel profondo, insomma come se disprezzasse.. come se disprezzassero tutta la nostra "razza" e fossimo rifiuti del mondo.
 
Cos'ho di sbagliato? Cosa..
 
Sento una porta che si apre e mi tiro su velocemente, andando verso il mio posto a occhi persi nel vuoto.
 
"Ebrea" mi chiama uno, incrocio lo sguardo di Giorgio che mi sta guardando con un sorrisino.
 
Oddio, non ora.
 
Mi guardo in giro, non c'è nessuno.
 
Lui sembra intuire la mia paura e una scintilla divertita si accende nel suo sguardo. Inizia ad avvicinarsi lentamente.
 
Io indietreggio fino a quando non sento una parete liscia e fredda dietro di me.
 
Guardo la porta che da sul corridoio da dove è entrato Giorgio.
 
Nessuno.
 
Riporto lo sguardo nel suo ostentando sicurezza.
 
"Tutta sola.." porta una mano alla mia guancia e mi irrigidico tutta.
 
Mi accarezza lentamente, lo fa apposta per far accrescere la tensione il bastardo.
 
"Tu non saresti male.." inizia sovrappensiero "ascoltami, in questo periodo tra di noi c'è la tradizione di avere una .. ehm.. schiava, per ricordare i bei tempi del fascismo, " eh? ma è serio?  "in cambio non le si da fastidio per quei giorni e si provvede alle sue necessità, ma voi farete tutto ciò che vi si ordina" finisce serio.
 
Sgrano gli occhi. ma che..? Ok, è ammattito.
 
Si è fatto di qualcosa, droghe leggere magari..
 
Sono senza parole, lui vuole una risposta, si vede, ma ho la gola secca e non so che dire.
 
Voglio farla finita con i maltrattamenti ma.. ubbidire? Rendiamoci conto.
 
E poi io sono una testa calda, non farei niente di ciò che mi chiederanno, anzi ordineranno.
 
Lo guardo spaesata. crede davvero che accetti?
 
Se si, è ancora più stupido di quanto pensassi.
 
Come reagirà a un rifiuto?
 
Violentemente?
 
"Ascolta.. io.." lo vedo indurire lo sguardo. 
 
Cristo! pensa, pensa, pensa.
 
"Io.. me lo hanno già chiesto" provai a mentire con un'alzatina di spalle.
 
Lui mi fissa con un sopracciglio alzato, derisorio, di sicuro non mi crede.
 
"Io.." provo a dire di nuovo spaventata
 
Lo guardo e mi rendo conto che non lo convincerò mai, lo so.
 
Si avvicina, tento di mandarlo via appoggiando le mani sul suo petto, ma non lo smuovo neanche di un po'.
 
Accosta il naso al mio collo e respira sulla mia pelle.
 
"mmm, Gaia" alzo gli occhi sul soffitto disperata "mi ispiri così  tanta violenza" sento il respiro mancarmi mentre lo sento farsi ancora più vicino.
 
Non ce la faccio più, io.. basta.
 
Prima la scritta, ora questo.
 
Violenza, rancore, astio, tutti concetti che mi rimbombano con un ronzio fisso nella testa.
 
Voglio solo mia sorella.
 
Alzo gli occhi al cielo mentre sento accumolarsi le lacrime calde negli occhi, non devo piangere, non devo ...
 
"Lei è con me." 
 
Sbarro gli occhi nel sentire un'altra voce nella piccola stanza.
 
Giorgio si allontana velocemente da me, lasciandomi inebetita per il cambiamento improvviso.
 
Lo vedo grattarsi la nuca imbarazzato. Mi sporgo per vedere chi è il proprietario di quelle parole, ma il suo tono, la sua voce..
 
Sento che il mio cuore aumenta velocemente i battiti, me lo sento in gola.
 
Intravedo dei capelli  mori, e lo sguardo imperscrutabile del ragazzo si incatena al mio, decisamente spaesato.
 
Non può essere!
 
 
 
QUI GLI OCCHIONI BELLEZZE<3<3<3
Ci ritroviamo qui unite .. no ok, la smetto^_^ come è andata? insomma credo sia uscito bene, a me piace tanto tanto! Abbiamo un pezzettino triste, e un'altro di azione e novità.
Quando riportavo le parole fasciste, mi sono sentita male per le nostre protagoniste :((
tenete conto delle parole del polipo, saranno una chiave di lettura per i prossimi capitoli. sconvolgeranno a dir poco la vita di Gaietta e le amiche.
Spero anche a voi e di non avervi deluse! 
Ste' si è comportato da vero menefreghista, spero che l'ultima parte vi abbia incuriosito...
Giorgio come al solito.. ù.ù sia benedetta Anita se mai un giorno.. no, alt! sto spoilerando >.<
Corro ad aggiornare l'altra storia, un beso<3
Lalla




     lei è Gaia, la ragazza qui ha gli occhioni azzurri ma i lineamenti che avevo immaginato erano questi ^_^

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Capitolo 17
*** sbagliata ***


SCUSATEMI ufficialmente per il ritardo di una settimana, ma non vi dico che professori psicopatici mi ritrovo a scuola.. salvatemi >.<
Un bacione e grazie ancora per seguirmi, buona lettura a tutti ! <3
Lalla
ps: fatemi sapere cosa ne pensate!!








 
 
"Senti Ste.. io.. non sapevo fosse con te" accenna Giorgio quasi in imbarazzo
 
Ste' dal canto suo è, e resta, immobile. Noto che tiene i pugni chiusi con le nocchie che sono sbiancate. Tiene lo sguardo fisso in quello del suo amico quasi gli stesse parlando telepaticamente.
 
Giorgio mi guarda, forse aspettando che io dica qualcosa in sua difesa, ma io ho la gola improvvisamente secca.
 
Insomma, ero placcata da questo energumeno tutto muscoli e niente cervello che mi aveva pure messo al muro, e dal niente, proprio quando ne avevo bisogno, spunta fuori lui.
 
Oh mammina santa che bello, ora Giorgio il polipo si scollerà finalmente dalla sottoscritta e magari si farà un giretto nei dintorni.
 
Magari sul fondo Tevere.
 
D'un tratto un pensiero orribile mi balena in mente e sgrano isintivamente gli occhi.
 
Mi toccherà pure ringraziarlo ora? Guardandolo si direbbe che non aspetta altro, con quella posa buffa da supereroe "sono-figo-e-lo-so" appoggiato con una spalla alla porta e le gambe incrociate.
 
E ovviamente quella faccia da sberle.
 
Tsk, al momento se lo può scordare.
 
Ma pensa te se ora devo pure dirgli grazie perché il suo amico mi stava infastidendo!
 
Amico..
 
Perché avrebbe dovuto fermarlo?
 
Analizzo meglio la situazione e noto che Giorgio se ne stava approfittando e lui è intervenuto, poteva benissimo starsene per conto suo e invece mi ha aiutata anche se mi odia palesemente.
 
A quel pensiero mi sopraggiungono in mente quelle lettere, quelle parole che mi hanno fatta stare male, quella scritta che ora vedrò ogni giorno quando uscirò di casa.
 
Torno nel mondo reale, scacciando repentinamente quei pensieri che mi fanno solo contrarre lo stomaco in una morsa, e mi accorgo di essere rimasta da sola con Ste'.
 
Ma Giorgio? Non era qui accanto a me?
 
Mi guardo in giro spaesata sotto lo sguardo divertito di Ste' che mi fissa dalla porta.
 
Come ho fatto a non accorgermene? Ero così immersa nei miei pensieri che non ci ho fatto nemmeno caso? Rendiamoci conto.
 
"Ridi meno stronzo" dico stizzita guardandolo storto.
 
Non sono una tipa tutta parolacce, ma minchia, lui te le tira fuori a forza!
 
Alle mie parole il suo sguardo cambia in pochi secondi, da divertito passa a infuriato.
 
"Cosa hai detto?" sibila mentre si avvicina velocemente.
 
Deglutisco.
 
Alzo lo sguardo nel suo intimorita, ma non demordo anche se non so sinceramente come potrebbe reagire questo schizzofrenico.
 
" Ti ho detto: ridi di meno stronzo" dico dopo un momento di incertezza.
 
Mi squadra velocemente in un modo che farebbe avvampare anche un ghiacciolo e ..
 
Diamine, sto arrossendo!!
 
Lo guardo mentre spero con tutto il cuore che non se ne sia accorto e incrocio il suo sguardo che sembra farsi più intenso.
 
Piega la testa di lato come a analizzarmi mentre gli spunta un sorrisino sulle labbra.
 
E lo sguardo furioso? Sparito?
 
Ma di cosa si fa sto ragazzo, era una specie di prova? No perché, intendiamoci, ho altro da fare.
 
"Vabbe.. io..." come glielo devo dire? Grazie per aver tirato via quel ragazzo che ti ritrovi come amico che a tua insaputa è una cozza?
 
"Fammi indovinare" inizia con tono annoiato "..vuoi dirmi che mi ringrazi..." si! Che genio, ha capito e non gli devo spiegare niente  e balbettare inutilmente "..che io ti abbia scelta come schiava e che non vedi l'ora di obbedirmi" continua con un sorrisetto.
 
Mi sono persa.
 
Eh??
 
"Questo mai!" ribatto inviperita incrociando le braccia al petto.
 
"Vedremo" si è messo a fare il filosofo-indovino ora? Troppe ragazze "di facili costumi" danno alla testa, eh si, poverino!
 
"E io tra l'altro perché mai dovrei obbedirti? Mi conosci non sono solita a fare la schiavetta" sbuffo contrariata evidentemente disgustata all'idea.
 
Si avvicina fissandomi serio, il sorrisino di scherno è sparito.
 
"In cambio non ti sarà più riservato un trattamento come quello dell'ultima volta" mi guarda, aspetta una mia reazione.
 
Abbasso lo sguardo sul pavimento, si diverte il bastardo.
 
Semplici parole.
 
Poche parole.
 
Eppure, una flebile agognata speranza.
 
Sa che tasti toccare, maledetto!
 
"Anche a Elle?" azzardo guardandolo di sfuggita.
 
"Dipende" distoglie lo sguardo e lo fa vagare per tutta l'aula come se non avesse niente da fare.
 
"Da ..?" lo incoraggio a continuare curiosa del seguito.
 
"Liuk" sorride malizioso mentre alza lo sguardo al soffitto.
 
Sono confusa, che centra il cugino di Anita? Stasera, sempre che ci arriverò, farò il terzo grado o qualcosa del genere a El.
 
Aggrotto la fronte e lo guardo stranita. Mi sta mentendo? Non sarebbe inaspettata come cosa dopotutto...
 
Ma.. quelle poche parole di prima, insomma potrei vivere normalmente senza guardarmi ai lati quando esco dai cancelli di scuola, avere meno stress e ansia, e finalmente dormire tranquilla senza svegliarmi per colpa di stupidi incubi
 
"Anche quando non ti ubbidirò?" chiedo in un sussurro titubante
 
"In quel caso l'avrai voluto tu" ribatte fermamente.
 
Ma.. tiè, che schifo di fregatura!
 
"Io... tu..."
 
"Dovrai soddisfare le mie necessità" mi fissa osservandomi mentre pronuncia quelle parole con calma .
 
Fare i compiti per due non era un problema, anche se mi sembrava andasse tutto sommato bene a scuola tranne un paio di materie. Ancora più confusa alzo lo sguardo nel suo, aspettandomi una spiegazione decente, degna di tal nome.
 
Mi guarda anche lui, cioè, già mi guardava ma ora è più intenso.
 
Perché si avicina?
 
"Fisiche e morali" mi sussurra allusivo all'orecchio facendomi venire brividi che mi percorrono tutta la schiena facendomi drizzare come un palo.
 
Che mi ha detto? Mi sono persa ai brividi.
 
Ah si!
 
Sbianco tutta d'un pezzo mentre sento l'adrenalina che mi scorre bollente nelle vene.
 
"Tu.. tu non puoi!" esclamo fuori di me cercando di staccarmelo di dosso con una spinta.
 
Ovviamente non lo smuovo di un nanomillimetro.
 
"Posso e lo farò" afferma sicuro di se guardandomi come per denudarmi solo con la forza del volere. perché sembra funzionare? No, aspetta.
 
Tsk, sai cosa ne faccio della tua sicurezza?
 
"Non secondo la legge" non sembra colpito più di tanto dalla mia minaccia, sbuffa e mi guarda annoiato come se gli stessi dicendo la lista della spesa "Io.. " ma che devo dire? "Parlerò con il preside!" 
 
Per un secondo lo vedo sgranare gli occhi colpito dalle mie parole, poi si riprende velocemente riprendendo l'aspetto distaccato e disinteressato di sempre.
 
Mi sorride furbo.
 
"In quel caso ti farai molto male" mi minaccia.
 
Lo guardo terrorizzata con occhi persi: più male dell'ultima volta?
 
Sono nel caos più totale. cosa faccio? Che dico ora?
 
Qualsiasi cosa io minacci lui mi risponde spaventandomi il doppio, facendomi sentire insicura delle mie forze e delle mie possibilità.
 
Delle scelte che ho fatto.
 
"...Gio?" la sua voce mi risveglia dai miei pensieri e distolgo lo sguardo appannato di lacrime dalla parete per puntarlo su di lui.
 
Perché sta chiamando il polipo al telefono in questo momento?
 
D'un tratto capisco e mi avvicino paventa dalle sue intenzioni. non vorrà..
 
"Non oserai" sibilo a pochi centimetri dal suo viso
 
Mi sorride sfidandomi con lo sguardo. Non può farlo davvero, nessuno lo farebbe con una ragazza!
 
".. si, sono io.. ci metterò solo tre secondi.. uhm uhm.. si la biondina, certo, però senti..." cerco di afferrargli il cellulare saltando visto che è più alto di me. Il gesto lo coglie di sorpresa visto che reagisce sgranando gli occhi e allargando dopo pochi secondi ancora di più quell'odioso sorrisetto.
 
Cristo!
 
Mi mette una mano sulla mia, tirandomi via dal suo corpo e spingendomi indietro.
 
Peccato che io inciampo quasi il 92% delle volte, come in questo caso sulla mia cartella che avevo buttato per poter afferrare il cellulare.
 
Percepisco il vuoto sotto di me e sono così sbilanciata all'indietro che per pochi secondi ho la consapevolezza di stare per sbattere contro il duro delle piastrelle.
 
L'impatto è veloce e doloroso come me l'aspettavo, sento un gran male al fondo schiena. sapevo che avevo un livido sul fianco, ma ora.. sento come mille scosse diradarsi dal punto dove Giorgio la prima volta mi aveva colpito che per un attimo rimango a terra boccheggiante.
 
Non riesco a respirare per paura che una volta a polmoni pieni io possa sentire più peso sulla mia schiena.
 
Le lacrime agli occhi sono apparse di nuovo, ora vedo tutto come sotto una superficie d'acqua.
 
Mi mordo il labbro forte per non emettere alcun tipo di suono. Lui non deve sentire niente,
niente di niente di ciò che provo.
 
Ho sempre pensato che quando una persona inizia a capirti è pericolo per te, perché da quel momento in poi può leggerti come un libro aperto.
 
Ed è tutto ciò che voglio e devo accuratamente evitare con Ste'.
 
"Io.."
 
Si o no, si o no, si?
 
No?
 
Accetto? Rifiuto? Accetto o no?
 
Mi schiarisco la voce.
 
"Accetto" dico con voce rotta.
 
Sento due braccia circondarmi lentamente per la vita evitando di far troppa forza sulla mia pelle per tirarmi su, pian piano vedo Ste' al posto del soffitto bianco, mi guarda preoccupato.
 
Lui? Tsk, tranquillo, la tua schiavetta è viva.
 
Distolgo lo sguardo dal suo, troppo delusa dalla situazione.
 
Il futuro da bambini si immagina roseo, no?
 
Di certo non una macchia di lividi.
 
Una semplice ballerina che si muoveva a tempo con la musica, vorticava su se stessa con slancio e grazia seguendo la melodia, sollevava il mento orgogliosa della sua professione, della sua passione.
 
Troppo delusa da me, dalle mie scelte sbagliate, che probabilmente mi avevano condotto al punto dov'ero.
 
Ero un errore ambulante che non ne faceva una giusta. 
 
Nient'altro, niente in più.
 
Solo quello.
 
Con un grande sforzo mi tiro su da sola, allontanando così le mani di Ste' dal mio maglioncino di cash mire rosa chiaro.
 
Lentamente mi alzo titubante di perdere nuovamente l'equilibrio, afferro la mia borsa-zaino che Ste' mi sta porgendo con aria imperscrutabile, e senza incrociare il suo sguardo, imbocco la porta trattenendo le lacrime per non farmi vedere debole davanti a un essere schifoso.




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Capitolo 18
*** Liuk ***



 eccovi Liuk ed Elle<3







Elle camminava con flessuose falcate verso l'uscita della scuola.
 
Lanciava sguardi alla sua destra, dopo un attimo alla sua sinistra.
 
Lo sapeva.
 
Oggi era "quel" giorno,  una data che per lei avrebbe potuto tranquillamente esistere se non fosse per l'evento cui veniva associato ogni anno.
 
Sbirciò un'ultima volta alle sue spalle per essere certa che nessuno la seguiva, aveva una dannata paura di quegli ragazzi fascistelli, e oggi doveva vedersi con le sue amiche per andare in una spa, e fare shopping sfrenato visto che domani ci sarebbe stata assemblea d'istituto.
 
Se avrebbe fatto in tempo..
 
Un brivido le scese lungo l'esile schiena al pensiero di Gaia.
 
Prima di entrare a inglese, verso l'ora di pranzo, la ragazza aveva per caso incrociato i due scimmioni, Ste' e Liuk, e stavano parlando tra loro sogghignando ma appena la videro, Ste' ammutolì e Liuk si irrigidì d'un pezzo.
 
Elle aveva incrociato lo sguardo di Liuk, e lo aveva ritrovato fisso nel suo, intenso.
 
Sentì un formicolio nel basso ventre e velocemente cambio direzione.
 
Improvvisamente si ritrovava ad annaspare ossigeno ogni qual volta incontrava quel ragazzo che di umano non mostrava niente.
 
Neanche i sentimenti.
 
Spesso il ragazzo moro era freddo, scostante, calcolatore e chiaramente dalla mente fine.
 
Le metteva paura.
 
Ma ciò nonostante non avrebbe mai scordato le ultime parole che erano uscite dalla bocca di Ste' rivolte all'amico prima che la vedessero: "Quella nuova".
 
Elle dopo un secondo aveva realizzato che stessero parlando dell'evento più sdegnoso di tutto l'anno.
 
E che " quella nuova" pronunciato da Ste' si riferiva chiaramente a Gaia.
 
Il fatto di fare da cagnolino addomesticato a uno di quei buffoni esaltati, la faceva sentire sporca, usata, inutile, una bambolina di pezza utilizzata e da gettare via.
 
Le dispiacque immensamente che ora anche l'amica avrebbe dovuto subire questa sofferenza inutile. Il peggio? Dopo le "persecuzioni" riprendevano, non si fermavano.
 
Era .. orribile, perché durante il periodo da sottomessa, tu ci speravi che in seguito ti avrebbero lasciata in pace.
 
Pft.
 
Persa nei propri pensieri, la ragazza non notò un'ombra che silenziosamente la seguiva sulla strada di casa.
 
Elle girò a destra, come di abitudine.
 
La ragazza si strinse nel suo giaccottino foderato di morbido pail, rabbrividendo per il freddo autunnale. Liuk l'aveva avvicinata a ricreazione e le aveva chiesto, se si poteva considerare una richiesta, di essere la sua ... "schiavetta" non le piaceva proprio come termine, ma era quello adatto.
 
Solo due anni fa era stata costretta a fare da schiavetta a Giorgio, ma fortunatamente erano bamini e le facevano solo fare i compiti, portare lo zaino per gli allenamenti, rifare il letto...
 
Niente di troppo.. esagerato.
 
Ma ora erano cresciuti, e lei era terrorizzata dai cambiamenti che ciò avrebbe apportato.
 
E Liuk.. era semplicemente e indiscutibilmente imprevedibile.
 
Il fascista le aveva pure ordinato di portargli la cena alle sette, e lei era in ritardo essendo uscita alle sei grazie al corso di giornalismo. 
 
L'avrebbe punita sicuramente se non avrebbe rimediato qualcosa di caldo da mettere sotto i denti. Ecco perché si stava dirigendo verso il bar più vicino aggirandosi in viottoli bui che fungevano da scorciatoie.
 
D'un tratto Elle sentì uno smussarsi di sassolini proprio dietro di lei, come se qualcuno stesse camminando alle sue spalle.
 
La ragazza bloccò il respiro spaventata, l'adrenalina cominciò a scorrerle nelle vene, e sentiva chiaramente i piedi andare d'istinto più veloci.
 
 Persa nei suoi ricordi, non si era accorta assolutamente di niente e per di più la strada era buia a quell'ora del pomeriggio.
 
Da sola, al buio, con qualcuno alle sue spalle.
 
Si leccò le labbra, cercando di non entrare nel panico e ragionare a mente lucida.
 
La strada era deserta, costellata di piccole villette a schiera di anziani che dall'una di pomeriggio in poi si rintanavano nelle proprie case al calduccio di un bel camino.
 
La sua di casa era un bel po' più lontana.
 
Troppo per quella circostanza.
 
Elle cercò di trovare un'altra soluzione, ma l'unica che le era venuta in mente era rifugiarsi da qualcuno che conosceva nelle vicinanze solo finché il tipo non se ne fosse andato.
 
E l'unico ragazzo che conosceva in quelle vie era Liuk.
 
Il rumore di passi sembrò più vicino, quel qualcuno si stava avvicinando.
 
La ragazza era terrorizzata, le sembrava di stare nel bel mezzo di una probabile aggressione.
 
Si sentiva sola e spaurita, in compagnia di uno sconosciuto.
 
Magari se correva poteva farcela ad arrivare a casa sua in tempo... no, troppo lontano: anche con l'ottimo fiato che aveva, non ce l'avrebbe fatta.
 
Svoltò a destra, verso la sua unica speranza.
 
Notò alla flebile luce di un lampione un'ombra che nel silenzio assoluto la seguì, girando anch'essa nella medesima direzione.
 
Le si gelò il sangue, non poteva essere una coincidenza.
 
Di scatto si ritrovò a correre a perdifiato verso quell'appartamento colossale in cui era entrata una volta per una festa a inizio liceo, quando ancora nessuno sapeva delle sue origini.
 
E se non era in casa? E se l'avrebbe lasciata fuori? E se quell'uomo l'avrebbe presa prima di arrivare anche solo a bussare?
 
Accelerò le falcate e ignorò totalmente la protesta dei suoi piedini fasciati nelle ballerine.
 
Sentì chiaramente che quel qualcuno aveva incominciato a correre dietro di lei.
 
Elle imprecò a denti stretti.
 
Liuk non l'avrebbe mai fatta entrare, come le era venuta in testa quella stupida idea?
 
Inciampò in una tombino in rilievo e finì distesa in una pozzanghera.
 
Ma l'adrenalina per la paura la fece scattare in piedi senza preoccuparsi dei jeans sudici e la camicetta sporca e ricominciò a correre scongiurando di intravedere un'anima viva.
 
Aveva perso terreno e quel qualcuno si stava avvicinando velocemente.
 
Perché diamine era cascata, maledizione!
 
Svoltò a destra e cercò di non scivolare con le ballerine che slittavano a ogni curva.
 
I piedi le dolevano dal dolore e la milza l'aveva persa da qualche parte quando dopo vari minuti scorse la casa di Liuk. 
 
Con il fiatone e una piccola speranza si diresse verso quegli scalini rischiando di inciampare per la seconda volta.
 
Velocemente suonò il campanello, dopo aver scavalcato con un salto il cancelletto alto quanto un bambino di sette anni. vide un'ombra aggirarsi furtiva per la via cercando in ogni giardinetto.
 
Suonò più volte sperando di non far rumore e che ci fosse qualcuno in quella casa.
 
L'ombra passò al setaccio del giardinetto prima della casa del ragazzo.
 
"Maledizione Liuk, apri" scongiurò la ragazza con ormai le lacrime agli occhi.
 
"Arrivo" urlò una voce maschile da dietro la porta, ma distante dall'aprirla.
 
Sicuramente era ancora in camera sua, osservò disperata Elle.
 
L'uomo sentendo quella voce sogghignò nell'oscurità, avvistando finalmente la sua preda.
 
Elle sbiancò.
 
Vide come a rallentatore l'ombra  avvicinarsi a gran falcate al suo corpicino addossato alla parete affianco la porta, la mano di quell'uomo schifoso accostarsi alla sua bocca e tappargliela con forza e poca delicatezza, una presa sul braccio che la obbligava a muoversi verso l'oscurità della via.
 
Elle fu trascinata via di peso dalla parete di quella casa, spinta con determinazione verso un angolo buio. 
 
La ragazza piangeva disperata, aveva già compreso le intenzioni dell'aggressore.
 
Venne sbattuta al muro e colpì i mattoni freddi con la testa, ritrovandosi annaspante in cerca d'aria sul marciapiede.
 
Sentì l'uomo emettere una rauca risata mentre le si avvicinava compiaciuto.
 
Con le ultime forze, Elle si addossò al muro sporco, chiudendosi a riccio con le ginocchia tremanti al petto.
 
I suoi singhiozzi riempirono il silenzio della via.
 
Sentì l'uomo avvicinarsi, le era accanto ormai.
 
Improvvisamente una voce proruppe poco distante, severa e autoritaria.
 
"Che sta succedendo qui?"
 
Il cuore di Elle si fermò.
 
 
E-era Liuk?
 
 
Con occhi lucidi guardò quella figura in canottiera poco distante da lei, robusta e muscolosa, cercando di mettere a fuoco il viso.
 
Liuk teneva la mascella rigida, gli occhi furenti nello sguardo dell'uomo che la sovrastava, i capelli erano spettinati come se si fosse appena alzato dal letto.
 
Elle si appiccicò ancor di più al muro, cercando di mettere più distanza tra lei e l'uomo che l'aveva aggredita.
 
"Senti, fatti un giro bello, la mia amichetta ed io ce la stavamo spassando un po'" sibilò allusivo e sicuro di se, mentre le si parava davanti per non far vedere l'esile figura che piangeva al ragazzo poco distante.
 
Elle prese a tremare ancor di più.
 
Liuk intravide la figura della ragazza che lo guardava con quei suoi occhioni verdi, spaventata a morte, con le lacrime che le rigavano le gote arrossate, il labbro tremante dal pianto, e una cieca furia si impossessò del suo corpo.
 
In un momento fu accanto all'uomo e lo colpì più volte al viso senza pensarci due volte, sorridendo soddisfatto quando lo vide cadere al suolo con il naso sanguinante e il labbro spaccato.
 
Elle si ritrasse singhiozzando voltando la testa dall'altra parte non potendo più sopportare violenze.
 
Il ragazzo non si fermò: appena l'uomo cercò di rialzarsi lo colpì allo stomaco con un calcio e quello si mise a sputare sangue.
 
Poi sembrò immobilizzarsi e restò immobile. La schiena si alzava leggermente.
 
Liuk gli sputò sopra, schifato.
 
Un singhiozzo lacerò il silenzio.
 
Liuk la osservò, la ragazza appariva stremata e terrorizzata, spiaccicata al muro, la testa voltata dall'altra parte, i capelli sciolti e mossi che le ricadevano sulle ginocchia tremanti strette al petto in chiara posizione di difesa. Delle ballerine rosse fradice spuntavano da sotto i jeans lunghi, bagnati anch'essi. 
 
Liuk le si avvicino e le prese le ginocchia fasciate dai jeans stretti e bagnati con un braccio, e delicatamente posò l'altra mano sotto la schiena della ragazza per reggerla.
 
Elle gli strinse le braccia tremanti al collo, cercando di non singhiozzare in quel momento ma un singulto strozzato proruppe comunque dalla sua gola.
 
Liuk la strinse contro il suo corpo, mentre la portava in casa.
 
"I tuoi.. i-io..." lo guardò insicura 
 
Capendo dove voleva andare a parare, Liuk la zittì con uno sguardo, ma la ragazza continuò
 
"Mi punirai stasera?" chiese in un sussurro strozzato.
 
Sentì il ragazzo ridere profondamente mentre faceva gli ultimi scalini, ma non si rilassò, continuò a essere rigida in attesa di una risposta.
 
"Per quanto io possa essere severo, non sono così spregevole" le disse infine il ragazzo entrando in casa.
 
Elle socchiuse gli occhi per la troppa luce improvvisa del soggiornò.
 
Liuk si diresse senza esitazione verso la sua camera, salendo le scale che avrebbero condotto a un corridoio.
 
Elle dal canto suo si era rifugiata con la fronte sul suo collo, gli occhi socchiusi, sentiva tutto girarle intorno e aveva un forte male dove aveva sbattuto prima la testa.
 
Si sentì adagiare su qualcosa e subito si aggrappò al collo di Liuk per non cadere.
 
Il ragazzo sorrise della sua reazione e Elle si staccò imbarazzata con la testa che le doleva.
 
Le tempie emettevano fitte che non la facevano ragionare lucidamente e dietro sentiva come avesse un peso sul collo.
 
 Sentiva le spalle rigide e il freddo ancora addosso.
 
Si guardò intorno spaesata.
 
Si trovava su qualcosa di morbido, soffice al tatto. 
 
Un tappeto.
 
L'aveva posata in terra.
 
"Chiama i tuoi e di che dormi qui" disse il ragazzo serio
 
"N-no" 
 
"Elle non mi tentare" sentendo il su nome, la ragazza capì che non doveva provocarlo quella sera e cercò il cellulare in tasca. Mandò velocemente un messaggio poi posò il cellulare di fianco a lei e guardò il ragazzo che stava cercando delle coperte e un cuscino.
 
Probabilmente avrebbe dormito sul divano.
 
Liuk le si avvicinò e Elle rimase a fissare i suoi movimenti come incantata, sentendo uno strano calore proveniente dalla sua fronte.
 
Il ragazzo senza guardarla minimamente le posò accanto le coperte e un cuscino piccolo.
 
Avrebbe dormito lì, sul tappeto?
 
Come un cane?
 
Una risata ironica le uscì involontariamente dalle labbra. 
 
Cercò di alzarsi traballando e chiese dove era il bagno. Liuk le rispose con un cenno del capo, indicandole una porta che non aveva visto accanto all'armadio.
 
Elle si chiuse la porta alle spalle e si guardò allo specchio. il naso era rosso, le labbra ancor di più, gli occhi lucidi e i capelli mossi e intricati tra loro. Era bagnata e tremante.
 
Non ci aveva nemmeno più fatto caso al fatto di essere fradicia dalle ginocchia in giù.
 
Il viso di quell'uomo le venne in mente e il battito del cuore le accelerò.
 
Scuotendo la testa, indietreggiò fino a sentire una parete di marmo bianco dietro le sue spalle. 
 
Si lasciò scivolare a terra, e delle lacrime involontarie le rigarono le guance.
 
Doveva smetterla di piangere. Basta! Perché era così debole?
 
A volte desiderava avere un cuore di pietra, essere insensibile a tutto e a tutti, come lo era Liuk, ecco perché lo odiava, si, lei lo odiava.
 
Non mostrava mai un briciolo di umanità nei suoi confronti, la trattava come .. come un cane per l'appunto e lei si sentiva sempre uno schifo.
 
Che diritto aveva di trattarla così?
 
E soprattutto perché lei continuava a restarci male ogni volta?
 
Doveva crescere.
 
Altre lacrime salate le rigarono le guancie come a contraddire le promesse appena pronunciate.
 
Era solo una bambina, sensibile a tutto e tutti.
 
Liuk apparì sulla porta, non aveva neanche bussato, neanche aveva la decenza di mostrare un po' di rispetto verso di lei?
 
Il ragazzo non si mosse, vedendo quel corpicino scosso da singhiozzi accasciato al marmo freddo.
 
"Perché mi tratti così? Che ti ho fatto, me lo spieghi.. i-io" singhiozzò, poi si azzittì dandosi della stupida.
 
Elle si sentì sollevare per la seconda volta e neanche si dibatté, pur sapendo dove sarebbe stata depositata.
 
Con sua sorpresa senti un materasso sotto di se e guardò negli occhi del ragazzo che non la fissava.
 
"Solo per stanotte" disse più a se stesso che alla ragazza.
 
Lei acconsentì tacitamente restando distesa com'era e immobile.
 
Vedendola rigida e ferma, Liuk le afferrò un piedino e le scalzò la ballerina bagnata.
 
Elle sgranò gli occhi, guardandolo di sfuggita per l'imbarazzo, certa di trovarci uno sguardo schifato e sprezzante.
 
Invece Liuk non mostrava sentimenti, come sempre, sembrava assente mentre con una delicatezza che non gli si addiceva le sfilava anche l'altra ballerina.
 
Elle sentì le guance andarle a fuoco, nessuno mai l'aveva toccata, neanche sui piedi.
 
"Levati i pantaloni, sei sudicia e mi sporchi il letto"
 
La ragazza lo guardò presa dal panico, come avrebbe dormito?
 
Di certo non voleva ritornare sul freddo tappeto come un cane.
 
"Gi-girati" sussurrò imbarazzata al ragazzo.
 
Liuk sorrise ma la ascoltò, con un sospiro di sollievo da parte di Elle.
 
Lentamente con le mani intorpidite dal freddo sbottonò i pantoloni, poi piano se li fece calare fino ai piedi tremando.
 
Guardò insicura il letto, poi Liuk che stava di spalle.
 
Decise di non chiedere e di agire semplicemente.
 
Senza chiedere il suo permesso, scostò la trapunta e si infilò con sfinitezza sotto il piumone caldo e spesso.
 
Si girò dando la schiena al ragazzo e chiuse gli occhi, cercando di ignorare i movimenti che sentiva con l'udito teso e vigile.
 
Tutto il suo corpo, seppur infreddolito e stanco, era teso e sull'attenti verso qualsiasi fruscio proveniente dal compagno.
 
Elle sentì il materasso inclinarsi sotto il peso del ragazzo e si fece piccola piccola dalla sua parte ancora fredda al momento.
 
Liuk non aveva certo intenzione di dormire con una ragazza senza toccarla, e francamente aveva trovato ridicola e infantile la posizione che aveva assunto Elle.
 
Elle con suo sommo terrore, senti due braccia forti avvicinarla delicatamente al petto del ragazzo e si ritrovò a trattenere il fiato.
 
Delle gambe lunghe e possenti sfiorarono le sue cosce, più gelate che fredde.
 
Elle si sentì andare a fuoco in quel momento.
 
Era ancora scossa dall'aggressione e tremava dal freddo o agitazione, seppur sotto ad un piumone.
 
Liuk percependo la sua pelle d'oca la strinse a se e la circondò interamente con le sue braccia per donarle calore.
 
Percepì anche la morbidezza delle sue cosce lisce e dovette respirare profondamente per non salirle sopra e sconvolgerla più di quanto già non fosse.
 
Spinta dal sollievo di non essere più per strada o peggio, nelle mani di quell'uomo, Elle si girò verso il ragazzo e senza guardarlo negli occhi, si avvicinò alla sua guancia e gli diede un piccolo e innocente bacio che lo fece irrigidire.
 
Senza aggiungere altro, la ragazza gli si accoccolò contro come un gattino, e cullata dal suo caldo torpore, si addormentò con la testa sul suo petto.
 
Dopo un'attimo di sorpresa anche Liuk l'abbracciò, tenendola stretta a se nel terrore che quella creaturina potesse avere freddo o paura, quella notte c'era lui lì per lei.
 
 
 
 
 
ED ECCOCI QUI<3<3
Cambio di personaggi, stavolta Liuk e Elle, che ve ne pare? spero vi sia piaciuto come a me era piaciuta l'idea ^_^
per dirindina, sono serissima, fatemi sapere!!
avete presente l'ansia quando scrivete o fate qualcosa e non sapete se può essere di gradimento? ecco.
Un beso
Lalla

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Capitolo 19
*** grinta ***


                                                   







                              a chi sogna ogni giorno
 
 
 
 
Liuk si svegliò sentendo accanto a lui un corpo piccolo e caldo che si muoveva agitato contro il suo fianco.
 
Confuso e accigliato per il risveglio inaspettato, si ritrovò difronte la vista di fragili manine posate delicatamente sul suo petto, esili gambe intrecciate spavaldamente alle sue nell'incoscienza del sonno.
 
Una chioma di capelli morbidi e mossi erano sparsi a raggiera su parte del materasso e sul suo braccio che circondava ancora i fianchi della ragazza.
 
Elle come se stesse vissendo un incubo, si muoveva a scatti con un'espressione tra l'addolorato e lo spaventato.
 
Liuk la scosse per svegliarla e toglierla dalle grinfie di quell'incubo.
 
Il ragazzo non fece in tempo a sfiorarla che Elle prese a muoversi più coincitatamente, come stesse fuggendo da qualcosa.
 
"No, lasciami!" si lamentò spaventata la ragazza sempre a occhi chiusi "Ti prego, ti prego" era sul punto di piangere dalla voce rotta.
 
Lo sguardo del ragazzo non indugiò sulla maglia che si stava alzando per gli spostamenti continui, ma al contrario fissava quel viso sofferente senza saper esattamente cosa fare.
 
Le scosse lievemente una spalla per svegliarla, ma la ragazza non diede cenno di aprire gli occhi.
 
"Liuk!"
 
Un urlo straziato dal dolore lacerò l'aria.
 
Il ragazzo si fermò all'istante sentendosi partecipe dell'incubo.
 
Gli era suonato più come un'ultimo urlo disperato, pieno di speranza, ma probabilmente si sbagliava.
 
Stavolta la scosse rudemente e la ragazza schiuse gli occhi terrorizzata, come appena arrivata da un'altro mondo, quasi spaesata.
 
Si accorse di Liuk dopo un istante e fece subito per coprirsi con il piumone.
 
Elle sentiva le guance andarle a fuoco. Perché era li? Oh mio dio, era senza pantaloni?
 
Si allontanò repentina da quel corpo caldo, sentendo che le sue gambe erano imprigionate tra le sue e si mosse velocemente, facendo scomparire il proprio corpo seminudo sotto il piumone.
 
Era spaventata dall'ignoranza di ciò che era successo mentre dormiva e cercò di nascondervi anche il viso.
 
Peccato che il piumone non le arivasse a più delle spalle, così si ritrovò ancora più rossa dopo il vano tentativo di sfuggire allo sguardo di Liuk.
 
Il ragazzo si trattenne da una risata genuina a fatica, tanto che per non mettere ancora più in imbarazzo la ragazza si morse il labbro.
 
Poi, come ricordatosi del proprio carattere, cambiò totalmente idea.
 
Guardò quel bozzolo che era il corpicino appallottolato di Elle, che ora aveva cacciato pure la testa sotto il piumone, e non indugiò oltre.
 
Con una mano prese il lembo della coperta dalla sua parte e lo alzò totalmente con una calma estenuante, mettendo in luce la ragazza che si era rifugiata sotto quel piumone.
 
Elle voltò la testa dall'altra parte, verso il buio, incapace di sostenere quello sguardo di sufficienza e quel sorrisetto derisorio che tanto odiava.
 
"Carine le mutandine" disse malizioso Liuk.
 
Le si avvicinò lentamente gatonando tra le lenzuola.
 
Pur non vedendolo, Elle percepì il materasso piegarsi vicino a lei e si sentì il cuore batterle in gola.
 
Liuk le tolse i capelli mossi dal collo sottile e Elle lo sentì alitarle sulla pelle.
 
Dei brividi le scesero lungo la schiena, elettrizzandola tutta.
 
Liuk percepì chiaramente il fiato di Elle farsi più veloce e vedeva le lunghe ciglia immobili ad incorniciare il profilo perfetto di quegli occhioni sbarrati dalla paura.
 
Le strofinò il naso sulla pelle liscia vicino alla mandibola, portandola lentamente alla tensione massima.
 
La sentì fremere silenziosamente sotto il suo tocco, e un sorrisetto gli piegò le labbra
 
"Soprattutto le fragole con in mano una mela"  le sussurrò all'orecchio
 
La ragazza arrossì fino alla radice dei capelli.
 
Elle sentì una morsa allo stomaco, non la presa gentile che la avvolgeva a la trascinava delicatamente via dall'ombra del piumone, bensì una sensazione interna che la faceva tendere come una corda  di violino.
 
La ragazza avvertì chiaramente un torace robusto e duro come fosse di marmo dietro alla sua schiena, e il respiro già affannato le si fermò bruscamente in gola.
 
Delle braccia forti e muscolose si mossero entrambe a circondarle il ventre piatto.
 
Elle tentò di sgusciare via immediatamente come un gatto selvatico ma quella presa delicata ma forte non la lasciò scappare. Finì che si ritrovò ancora più spalmata su quel corpo che non aveva il coraggio di osservare.
 
Sentì Liuk sogghignare.
 
"Lasciami" tentò di scalciare con le gambe ma quelle del ragazzo incastrarono le sue sotto il proprio peso.
 
Elle si sentiva in trappola, e il cacciatore era proprio alle sue piccole spalle.
 
Di nuovo sentì vicina, troppo vicina, la sua voce profonda e roca
 
"Mi hai sognato?" chiese con un sussurro caldo sulla sua scapola.
 
Ch-che domanda era? Aggrottò la fronte, che volesse metterla alla prova? E se non avrebbe gradito la risposta?
 
Elle entrò nel panico, non sapeva che inventarsi, lei .. non se lo ricordava.
 
Lo aveva sognato? Perché? Non aveva senso, di certo non se lo sarebbe scordato.
 
Guardò affannosamente verso il basso.
 
Non la stava toccando anche se ci era molto prossimo, eppure sentiva tutto il suo calore.
 
E ancora quella sensazione allo stomaco.
 
"N-no" boccheggiò sentendo la stretta farsi più forte "Non credo" aggiunse in un sussurro appena udibile.
 
Liuk si scostò improvvisamente da lei, lasciandola da sola nel freddo del letto.
 
Elle aspettò immobile prima di alzarsi alla ricerca dei pantaloni, fin quando non sentì i passi del ragazzo allontanarsi e una porta (quasi sicuramente quella del bagno) sbattere nel chiudersi.
 
La ragazza sgusciò velocemente fuori dal letto e si guardò in giro.
 
Cosa aveva quel fascista da ridire contro le sue mutandine?
 
Erano bel-lis-si-me. caso chiuso.
 
Si piegò cercando i suoi dannati pantaloni sotto il letto a due piazze. Dove diavolo...
 
"Li ho messi a lavare" la sorprese una voce alle sue spalle. Elle si irrigidì tutta d'un pezzo, restando immobile pur sentendolo avvicinarsi.
 
Con sua sorpresa, Liuk la sorpassò e si diresse verso l'armadio.
 
Lo guardò furtiva mentre frugava tra i cassetti lasciando tutto in completo disordine.
 
"Prendi questi " le disse lanciandole un paio di jeckerson maschili beij e sciupati.
 
Elle li guardò poco convinta con la fronte aggrottata.
 
"Tranquilla, credo ci stia il tuo sederino" le disse malizioso, beccandosi un'occhiataccia mal trattenuta dalla ragazza, che poi alzò lo sguardo al soffitto.
 
Il suo viso cambiò in un'istante, indurendosi. La ragazza impallidì quando i suoi occhi sembrarono volerla bruciare.
 
"Non farlo" le sibilò serio
 
"C-cosa?" chiese confusa Elle
 
"Non alzare gli occhi al cielo" disse non distogliendole lo sguardo di dosso "o potrei non rispondere delle mie azioni" concluse.
 
Elle si ammutolì davanti alla minaccia, e iniziò a infilare quel paio di pantaloni con gli occhi bassi.
 
 
****
 
Gaia camminava agitata verso l'entrata della scuola.
 
Il suo sguardo era assente e la sua mente vagava tra pensieri alquanto snervanti.
 
Dove diavolo era finita Elle ieri pomeriggio? Quel patetico messaggio che le era arrivato, dire che appariva sintetico era un eufenismo.
 
Quel "non posso venire" non spiegava affatto dove si trovava in quel momento, né le motivazioni per cui era assente.
 
"Eccola la mia schiavetta" sentì qualcuno chiamarla.
 
Ste le si era accostato e non l'aveva neanche sentito? Si stava rincitrullendo?
 
"Non chiamarmi così" affermò decisa "ho un nome sai?" disse piccata
 
Gaia però non poté non notare quanto fosse più figo del solito il troglodita.
 
Insomma quei capelli leggermente ingellati con la pieghetta all'insù, la camicia sbottonata, i jeans vagamente strappati.. 
 
"Hai un concorso di bellezza per caso?" gli chiese fintamente confusa con un sorrisino furbo che le increspava le labbra.
 
Ste' la guardò con un ghigno, che fosse già pazza di lui?
 
"Ebrea, stai per caso affermando che sono bello?" le domandò sfacciatamente
 
Gaia si voltò fulminea, evitando il suo sguardo.
 
"Volevo dirti che se me lo dicevi prima portavo i fazzoletti, perché piangerai quandò non ti faranno vincere" disse semplicemente scrollando le spalle
 
"Ah, capisco, ti volevi rendere utile" ribattè lui con una nota ironica nella voce "Comunque portami questa allora "
 
Un peso improvviso crollò sulla spalla di Gaia, che per miracolo non inciampò su se stessa.
 
"No, portatelo da solo il borsone dell'allenamento"
 
"Ebrea non fare i capricci, tu farai tutto ciò che io ti dirò" la squadrò spudoratamente facendola arrossire "Anzi, solo quello che ti dirò"
 
Gaia per poco non gli abbagliò dietro, e cercò di far sbollire la rabbia continuando a camminare.
 
Almeno oggi non aveva anche la cartella, vista la mattinata in assemblea.
 
Si chiese cosa avrebbero fatto durante le sei ore, da occupare tutto il tempo.
 
Delle risatine smorzate riempirono l'aria. La ragazza si girò e incontro uno sguardo complice di tre ragazze sulla sua schiena.
 
Quella bionda.. l'aveva già vista da qualche parte..
 
Ma certo, che scema, era la ragazza che si stava baciando con tizio l'altro giorno.. Jess, se non errava.
 
Si rigirò, sistemandosi meglio il borsone sulla spalla che iniziava a duolerle.
 
Una cosa era chiara: quelle tre oche ossigenate stavano ridendo di lei.
 
Tsk, te credo, sembrava una facchina! chissà di chi era la colpa...
 
Si sforzò di rigare dritto, indecisa tra lo scaraventare il borsone a terra e inveirgli contro o farlo direttamente volare addosso alle tre oche ossigenate.
 
 
****
 
 
Gaia era arrivata tutta trafelata e in uno stato totalmente pietoso nell'aula di assemblea.
 
Finalmente aveva "posato", se per posare si intende mollare senza preavviso, quel maledetto borsone e era filata in bagno per darsi una sistemata.
 
La ragazza si incamminò per il corridoio e velocemente entrò nel bagno femminile.
 
Si sporse in una delle varie cabine per controllare che non fosse sporco e accertata la mancanza di mozziconi di sigarette e cartigienica, si chiuse dentro.
 
Posò il suo specchietto sulla maniglia in un perfetto equilibrio. Prese il mascara e la matita nera e frettolosamente cerco di fare una linea pulita e leggera.
 
Delle voci gracchianti chiaramente di ragazza, risuonarono nel bagno.
 
"E poi, lui le ha fatto con tutta la sua figaggine "ebrea"-disse la sconosciuta mimando miseramente una voce maschile-"ora mi porti il borsone" e l'ha guardata come fosse uno schifo mentre se ne andava a prepararsi per l'assemblea." squittì ridendo.
 
"Davvero?" chiese esterrefatta una voce giovane, quasi da bambina
 
Un'altra voce più acuta si intromise
 
"Tanto vincerà comunque" sbuffo una scocciata
 
"Tu invece sarai Ms Liceo, Jess è sicuro!!" esultò la prima che aveva parlato.
 
Quindi "Jess" era sicura che .. che Ste' diventasse Mr Liceo? Ecco perché quell'insolito abbigliamento oggi.
 
Una terza ragazza, quella con la voce da bambina, si intromise risoluta
 
"e Jessica, te che credevi di aver trovato un'avversaria, tsk,come a Ste fa chiaramente ribrezzo , lo farà a tutti" 
 
Gaia trattenne l'istinto omicida che le stava pericolosamente montando nel sangue
 
"E poi sicuramente le ha gia dato una passatina, come fa con tutte, ma se ne è pentito"
 
Gaia sentì gli occhi farsi lucidi.
 
Pensando al trucco appena messo, si morse un labbro per non rovinare tutto.
 
Perché la gente parlava così di lei?
 
Come fosse ... u-una .. ritirò indietro le lacrime e si sgranchì le nocche.
 
Senza esitazione, uscì a testa alta dalla cabina, sotto gli sguardi alquanto scioccati delle tre oche.
 
Le guardò schifata e cercando di rimanere impassibile, si avvicinò all'orecchio di Jessica e le sussurrò all'orecchio con voce sensuale.
 
"Quelle che sono state "passate" sono solo difronte a me"concluse con un sorrisino di intesa e le sorpassò senza guardarsi indietro.
 
Elezioni di Mr e Ms liceo? Cara,   povera,   piccola,   illusa   Jessica.
 
Fosse l'ultima cosa che avrebbe fatto, Gaia giurò a se stessa che quella smorfiosa tutta tette e aria in testa avrebbe perso.
 
 
 
 
CHE NE PENSATE?? oggi ho scritto due punti di vista diversi nello stesso chappy, spero vi piaccia!
fatemi sapere tutto, ogni vostro pensiero o commento, critica o apprezzamento sui nostri protagonisti LIUK, ELLE, GAIA, JESSICA l'oca, o magari STE'   ^.^
SCRIVETEMI LA PRIMA COSA CHE VI PASSA PER LA TESTA, ANCHE CHI secondo voi nel prossimo capitolo dopo una competizione SARA' MR O MS LICEO.
un beso<3<3
lalla
 
ps vi lascio una foto di Elle e Liuk sopra, qui sotto troverete la nostra Gaia




prima e...bhe.. cosa non fa un po' di trucco?

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Capitolo 20
*** Mr e Ms Liceo ***












L'aula magna splendeva sotto la luce dei lampadari settecenteschi che pendevano con catene dorate dal soffitto. una cattedra lunga quindici metri appariva al fondo della sala.
 
Decine di piccole sedioline erano accostate le une alle altre ai lati in pù file. alcune classi erano già arrivate e si erano rifugiate nelle ultime e penultime file.
 
Gaia si siedé tranquilla tra Elle e Anita, sorridendo all'idea di quello che sarebbe successo da lì a qualche minuto.
 
Anny si era rivelata un genio della vendetta e con sostanzioso piacere e interesse aveva preteso di avere un ruolo principale nell'umiliazione di Jessica.
 
Gaia inconsciamente si ritrovò a sorridere tra se e se.
 
Il perché poi trovasse così piacevole l'idea di mettere al posto suo quella gallina spennata non se lo spiegava.
 
O meglio, forse per quella mattina il loro ridere acido, o per le dolci paroline sentite a suo conto nei bagni. 
 
Lei non sarebbe mai stata passata da uno scimmione patentato fascista.
 
Piuttosto, se anche lui credeva di averla ai suoi piedi, si sbagliava di grosso.
 
Con quale senno lei si sarebbe mai potuta innamorare di un egocentrico narciso casanova e fascista convinto? Nessuno.
 
Quel ragazzo aveva probabilmente visto o esplorato più corpi femminili di un ginecologo.
 
Schifata, Gaia strinse la sedia forte per la stizza.
 
Non lo sopportava.
 
E ciò non sarebbe cambiato, e lui avrebbe dovuto capirlo una volta per tutte.
 
Si riscosse dai propri pensieri e notò subito come l'aula si fosse riempita.
 
Elle si era irrigidita e Gaia notò che stava guardando Liuk con un'espressione tra lo scioccato e lo spaesato mentre le sue guance prendevano velocemente colorito.
 
Liuk da parte sua, non la guardava neanche, in compenso stava addentando una mela verde con insolita lentezza.
 
E allora?
 
Una mela, e con ciò?
 
Lanciò uno sguardo indagatore a Elle, che muovendosi impacciatamente sulla sediolina abbassò lo sguardo imbarazzata.
 
Gaia stava per chiederle il motivo di tanto disagio, ma la sua attenzione fu catturata dall'entrata di Jessica e due ragazze dietro di lei.
 
Jessica appariva luminosa, seppur truccata pesantemente con matita nera e rossetto rosso scuro. Ma dove voleva andare quella? Bhe, un paio di idee le vennero in mente ma si morse un labbro per non esternare le sue ipotesi non tanto assurde.
 
Una rossa la seguiva, impettita e con una gonna a dir poco corta. Almeno il sento era coperto, ma era solo questione di guardare un po' a sinistra verso una biondina magrissima e si poteva notare come fossero esposte un paio di tette con tanto di un filo di reggiseno nero in pizzo.
 
Ovvio, mancavano.
 
Jessica portava sia gonna che canottiera. Ma non sentiva freddo quella li?
 
Gaia si sforzò di dirigere il suo sguardo verso Ste' che era apparso dalla porta tra un sospirare di ragazze. 
 
Il ragazzo sfoggiò con sicurezza e eleganza naturale fino alla sedia riservatagli dagli amici in prima fila davanti alle tre ragazze.
 
Jessica ovviamente vedendolo seduto, non perse occasione di sederglisi sopra, spalmandosi bene contro il suo bacino.
 
Gaia si voltò schifata dal comportamento di quella gallina. Ste' la guardò un secondo compiaciuto, poi degnò della sua attenzione la ragazza mora che sedeva difronta a lui tra le sue due amiche, trovandola stizzita e con la mascella contratta.
 
Sorrise maligno.
 
"Buenos dias ragazze e ragazzi, oggi ci dedicheremo alle elezioni di Ms e Mr Liceo come sapete" proruppe un ragazzo del quinto classico.
 
Uno sfigato che però sapeva attirare l'attenzione e quindi era adatto al ruolo.
 
Ste' lo calcolava solo per i favori o i servizietti, niente di più.
 
Ad esempio come quello di chiamare Gaia sul piccolo palco per metterla in difficoltà.
 
"Ora carissimi, passerò tra le file e sceglierò chi verrà qui con me sul palco e gareggerà per questo fantastico titolo" disse aa gran voce e un sorriso malizioso "il nostro progetto prevede una presentazione di nome e città d'origine, flessioni per i ragazzi e ballo per ragazze, pose fotografiche con il proprio partner affidatovi a caso, e infine una sfilata esplosiva e caliente."
 
Una folla esplose entusiasta del programma appena citato.
 
Ste' si rilassò sulla sedia, sotto il peso del fondoschiena di Jessica.
 
Sogghignò quando vide che Brian aveva porto la mano a Gaia, che terrorizzata aveva guardato verso Anita.
 
Gaia entrò nel panico, non era previsto che fosse lei a battere Jessica su quel palco.
 
Scosse violentemente la testa, guardando quel ragazzo in piedi con il taglio di capelli strano davanti a lei.
 
"Ma piccola, non puoi rifiutare" disse ammiccando.
 
"Scommetti?" ribatté lei scettica
 
"Guarda che allora non prendo neanche le tue amiche" maledetto, aveva capito tutto!
 
"Le devi prendere entrambe però" acconsentì incerta e titubante.
 
Il ragazzo si aprì in un caloroso sorriso, che in parte la mise a suo agio, dall'altro la mise sull'attenti da una farsa.
 
Si accorse subito dello sguardo compiaciuto di Ste'.
 
 Preoccupata come mai, si alzò dalla sua sedia per seguire Brian sul palco.
 
Dopo poco la raggiunsero anche le tre oche e Liuk Giorgio Leo Marco e per ultimo Ste' che si posizionò accanto alla biondina amica di Jessica.
 
Gaia si sentì stringere la mano da Elle, cha spaventata guardava il publico difronte come una tortura.
 
Elle era una di quelle ragazze che si vergognavano del proprio corpo, pur essendo bellissime; una di quelle ragazze che seppur truccate leggermente o con niente apparivano splendide più di altre "bamboline" finte.
 
Gaia stette male per lei e la guardò dispiaciuta vedendola chiaramente nel panico.
 
Pure a lei non piaceva essere lì sull palco, ma Elle ne era chiaramente terrorizzata.
 
"Io non gareggio con ragazze appena decenti" disse freddo Liuk spiazzando tutti.
 
Jessica sorrise vittoriosa, guardando la piccola Elle che spaesata si chiudeva in se stessa.
 
Un silenzio religioso calò nella sala mentre Elle si girava verso quello sguardo imperscrutabile puntato su di lei senza rimpianti.
 
Si sentì ferita, arrabbiata con un peso sullo stomaco e si ritrovò a trattenere le lacrime, ma sollevata allo stesso tempo di non stare più su quel palco al centro dell'attenzione.
 
In silenzio, scese titubante le scalette e uscì dalla sala per andare in bagno.
 
Probabilmente a piangere.
 
Ancora.
 
Liuk strinse la mascella.
 
Non vide neanche l'accenno di sorriso intenerito che apparve sul viso di Gaia vedendo quella scena, stava cercando di non pensare a altro se non a quella stupida gara.
 
Gaia si riscosse sentendo appena le ultime parole del ragazzo con il microfono e subito partì la musica house.
 
I ragazzi si tolsero le giacche e infila si stesero lungo uno spazio tra le due colonne di sedie.
 
In veloci movimenti fluidi si misero in posizione per le flessioni.
 
Sentendo il grido di inizio di Brian, i corpi in tensione, si piegarono sulle braccia e con un solo colpo sicuro e veloce si ritirarono su come se niente fosse.
 
Gaia perse il conto a venti, ma cosa mangiavano a colazione quei ragazzi?
Gaia guardava scioccata tutto, come se accadesse a rallentatore, come se non fosse lei quella in piedi sul palco a cui avevano appena chiesto di ballare.
 
Ballare? Con chi?
 
I ragazzi si tirarono su all'unisolo e tutti si accostarono a una ragazza.
 
Perché era così sfigata?
 
Ste' la prese per mano con un sorrisetto da deficiente che Gaia ricambiò con una smorfia e la condusse sul retro, sotto lo sguardo furente di Jessica.
 
La mora si rilassò almeno un po' notando che per lo meno quello scimmione aveva avuto la pietà di nasconderla ai compagni.
 
Il fisico di Ste' che emanava calore da tutti i pori, diede fastidio a Gaia, che si strinse nel suo cardigan bourdeaux con stizza eviatando completamente lo sguardo divertito del ragazzo.
 
Vide Jessica fare delle pose assurde per delle foto immaginarie, tipo mettersi col sedere in fuori e le gambe aperte. i capelli di lato e la bocca schiusa.
 
Gaia si infastidì ancora di più, possibile che quella fosse brava pure in queste minchiate?
 
Al novantanove per cento quella bionda tutta tette non aveva fatto altro che provare espressioni davanti allo specchio dall'età di due anni.
 
Che schifo.
Il ragazzo, Leo, si ritrovò a dir poco a sbavare dietro la gonna corta leggermente alzata.
Si riprese per poco e subito prese a fare delle mosse da figo che gli confierivano quell'aspettod a stronzo e egocentrico tipico del suo carattere.
 
Toccò poi a Giorgio che era capitato in coppia con Anita.
 
Il ragazzo si ritrovò a sorridere genuinamente della mossa originale che trovò Anny.
 
La ragazza infatti dopo aver lanciato un'occhiata derisoria e divertita a jessica, si mise nella sua stessa posizione e si portò le mani ai capelli mostrando una smorfia, chiaramente in presa per il culo della bionda che l'aveva preceduta.
 
Giorgio dal canto suo l'appoggiò perfettamente, calandosi nella sua parte da "figo e lo so" stavolta però come schifato dalla ragazza che aveva difronte.
 
Si portò una mano agli occhi, negando con la testa come un pensiero.
 
Un fischio di Ste' eccheggiò in tutta l'aula, seguito da fragorosi applausi.
 
I ragazzi in sala iniziarono a ridere come degli scemi e anche Gaia si ritrovò a sorridere davanti a quella scena.
 
La ragazzina rossa che precedentemente seguiva jessica nella sua entrata trionfale avanzo con Liuk al centro del palco.
 
La rossa gli si aggrappò contro esponendo il collo al ragazzo in un chiaro invito allusivo.
 
Liuk dal canto suo, si avvicinò al collo della ragazza e poco prima di toccarlo si fermo in una posizione a dir poco sensuale.
 
Gaia rimase paralizzata dalla concorrenza. ora sfilavano Marco e la biondina -aria al posto del cervello-
 
All'improvviso le venne un'idea.
 
Velocemente si rivolse al ragazzo accanto a lei, che stava squadrando la biondina.
 
Cercando di reprimere l'evidente disprezzo, Gaia si fece coraggio
 
"Dammi la tua giacca da sportivo"  disse in tono asciutto
 
Ste' la guardò stranito, chiaramente contrariato da quella interruzione.
 
"Ora!" sbraitò Gaia mettendogli davanti il palmo aperto della mano.
 
Ste' guardandola storto e senza dir niente, le porse la giacca rossa e bianca.
 
"Non la voglio bruciare tranquillo, ora mettiti davanti e coprimi mentre mi cambio, tanto guardano tutti quella gallina spennacchiata come fosse l'unica donna in un modo populato da uomini caproni"   Ste' ridacchiò divertito mentre le si parava davanti "Ah! Non osare voltarti caro!" chiarì la ragazza iniziandosi a togliere il cardigan.
 
In pochi secondi si infilò la giacca di Ste', figa e ricercata, come la voleva lei. piegò la testa in basso e scosse i capelli per smuoverli e renderli degni di tale abbigliamento.
 
Si leccò le labbra e si pizzicò le guance, pregando che il trucco avesse retto a quegli sbalzi di umori non programmati.
 
Sentì il suo nome al microfono, e percepì il fascista difronte a lei irrigidirsi non sapendo che fare.
 
Indossando una maschera di spavalderia, lo sorpassò con grazia felina dopo avergli sussurrato suadente all'orecchio "stupiscimi"
 
Il publico ammutolì vedendo la sua figura slanciata in un abbigliamento da figa qual non era.
 
Capendo di avere l'attenzione di tutti i ragazzi in sala, si leccò piano le labbra e scrutò la folla, come in cerca di qualcuno.poi, mostrandosi risoluta più che mai, con un sorrisetto furbo senza girarsi alzò una mano.
 
Mosse solo l'indice, facendo cenno a Ste' di entrare in scena con lei.
 
Il ragazzo senza staccarle come affascinato gli occhi di dosso, le si posizionò accanto.
 
A quel punto lei, alzando il mento in un chiaro gesto di sfida e muovendo lentamente le labbra in modo che tutti capissero il suo labbiale, gli ripetè la frase assurda che poco prima gli aveva sussurrato all'orecchio.
 
Una scintilla divertita apparve negli occhi del ragazzo, che come risvegliatosi dal limbo, si rivolse al publico e dopo una mossa da figo si tolse la maglietta restando a petto nudo.
 
Il respiro di Gaia si fermò. Le-lei non intendeva quello!
 
Cercò di mantenere un'aria fredda e distaccata me la fu quasi impossibile quando Ste dopo averle rivolto una breve occhiata, le si posizionò difronte e improvvisò a ritmo di musica poche ma efficaci mosse di danza per metterla a disagio.
 
Per finire in grande la ragazza si portò una mano alla bocca, come scioccata e si girò verso il publico alzando una spalla e facendolo così partecipe con l'espressione in viso -Che ne dite voi?-
 
I ragazzi in sala esplosero in un boato e Brian stesso applaudì scioccato da tanta cooperazione tra la ragazza ebrea e il fascista.
 
Gaia diventò subito rossa e si mise dietro a Ste', lasciandogli tutto l'applauso del publico.
 
Il ragazzo però non aveva intenzione di lasciarla in pace e prendendola per i fianchi, la portò di nuovo sotto i reflettori con lui, facendola cozzare contro il proprio corpo.
 
Gaia sentendo contro di se il petto di Ste' si irrigidì immediatamente come un palo, e tutti i maschi in sala scoppiarono in fragorose e durature risate che la fecero coprire dall'imbarazzo.
Maledetto fascista dei suoi stivali.
 
Pizzicandogli il fianco, si liberò dalla sua presa e riuscì a raggiungere Anny che la guardava tra l'orgoglioso e l'emozionato.
 
Brian li fece allenare e un silenzio cadde in sala, solo i loro respiri affannati a scandire il tempo.
 
"Al terzo posto troviamooooo, rossa e Liuk!!" degli applausi riempirono la sala e la rossa sprizzò felice e si slanciò abbracciando il ragazzo che era rimasto impassibile se non per un sorrisino vittorioso.
 
"Al secondo posto troviamo invece Giorgio e la -prendi-per-il-culo Anny, vieni qua bellezza!" Anny lo abbracciò felice poi si voltò e sorrise felice come una pasqua a Giorgio che la guardava come si guarda un bambino al luna park.
 
"E al primo posto.." Gaia notò che Jessica si preparò i capelli scrollandoli all'indietro, pronta per una vittoria assicurata e già in porto.
 
"Il nostro Ste' e la fantastica... ehy come ti chiami bellezza?"
 
Gaia titubante guardò Brian, ancora non realizzava di aver vinto.
 
Ste' le diede una piccola botta sul fianco, ma Gaia non diede cenno di riprendersi.
 
Delle risatine smorzarono il silenzio.
 
"L'ebrea si chiama Gaia" disse non curante il fascista.
 
Il cuore della ragazza ebbe un sussulto, perché? Perché doveva sempre rovinare quel poco di buono che costruiva? Presa in contropiede si staccò dalla presa del fascista e si girò, finendo per ritrovarsi a pochi centimetri dal suo viso.
 
"Non osare toccarmi" sputò arrabbiata " Ah, e per la cronaca, no, non sono una delle tue ochette preferite ossigenate"
 
"E cosa te lo fa pensare?" chiese sornione lui
 
"Loro non farebbero mai questo" uno schiocco risuonò nell'aria.
 
Gaia non si aspettava di fargli male o provocargli dolore, ma ciò che vide la lasciò comunque senza fiato.
 
Gli occhi del fascista ardevano come braci incandescenti nel viso contratto dalla rabbia.
 
Alzò il mento in segno di sfida, ormai inutile piangere sul latte versato. le avrebbe prese comunque,    lei    lo   sapeva.
 
 
 
 
Buonasera a tutteeee^_^
Scusate per il leggero ritardo, ma francese impegna parecchio tempo dei miei pomeriggi >.<
Bastaaa, vabbé meno due! ce la si può fare, credo.
Solo una cosa, scrivetemi ogni cosa, ogni singolo pensiero che vi attraversa la mente a velocità inaudita, ogni singolo commento, critica ai personaggi, domande sulla storia, o chiarimenti di ogni generi.
Non fatevi problemi, qualsiasi cosa, scrivetela!
Del tipo: Giorgio e Anita, come vi sono sembrati?
o: cosa accadrà nella prossima ?
oppure: Jessica si vendicherà? e se si, come?
vi prego ci tengo parecchio >.< è sempre stressante non sapere se i protagonisti piacciono.
Oramai si avvicina il Natale, e io andrò in montagna a fare snowboard senza il computer :( MA, perché c'è sempre un ma, questo capitolo l'ho fatto più lungo del solito, per questo spero sia di vostro gradimento
un beso<3<3
lalla, e buon Natale a tutti




   Giorgio e Anita

  Ste' e Gaia

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Capitolo 21
*** Riscontri negativi ***








Tutta l'adrenalina era improvvisamente scemata via, lasciando dentro alla ragazza un vuoto che la terrorizzava.
 
Dubbi, incertezze, ansia, e si, paura.
 
Tanta, nonostante non le piacesse ammetterlo a se stessa.
 
Gaia già una volta aveva assaggiato gli sfoghi violenti di quei fascisti, e Ste' era il loro capo.
 
E lei come una stupida cosa aveva fatto? Una bella cinquina, olè.
 
Condanniamoci da soli alla morte sicura.
 
Davanti a tutti poi, no, sicuramente stavolta non l'avrebbe passata liscia.
 
Ma perché quel ragazzo la innervosiva e provocava così tanto? Era lui a portarla lentamente al limite, facendole mostrare una vena violenta che non aveva mai saputo di avere.
 
Che stronzo.
 
Non poteva scegliere Jessica? 
 
Una vibrazione in tasca riportò la sua attenzione alla realtà.
 
Era scappata velocemente dalla sala, aspettando le due in bagno, ormai mancavano pochi minuti, e infine era uscita senza farsi vedere.
 
Ora camminava sul marciapiede, senza una precisa destinazione in mente, persa tra i propri pensieri.
 
Un braccio le afferrò rudemente il braccio, sentì delle dita premerle senza badarci il braccio già livido per girarla e Gaia si sentì mancare quando voltandosi incrociò lo sguardo ardente di Ste'.
 
Le crollò il mondo addosso. come se tutti i suoi timori le si fossero materializzati in un'unica persona. Aspettò che disse qualcosa, come paralizzata dallo schock, ma dalle labbra del fascista non uscì niente se non dei mezzi ringhi soffocati.
 
Non era arrabbiato.
 
Era furente.
 
 
***
 
"Ti credi intoccabile? Eh ebrea? Devo ricordarti le tue origini?"
 
Delle spalle larghe e un petto ampio le coprirono la visuale.
 
Uno scossone al petto la fece sbattere d'un tratto contro la porta dello sgabuzzino delle scope.
 
Gaia soffocò un gemito di dolore al contatto rozzo e violento contro il legno.
 
Il respiro corto e il corpo in posizione tesa di difesa dal fascista che l'aveva trascinata a casa sua per pareggiare i conti.
 
Quanto era stata stupida poche ore prima. così tanto stupida. come cazzo le era venuto in mente?
 
"Non ti devi manco azzardare a toccarmi" un'altra spinta su quella porta dura alle sue spalle che le fece male.
 
"TU non mi toccare, bastardo!" si difese lei stremata guardando in quegli occhi che la fissavano sadici.
 
"Non osare darmi del tu ebrea!"  una sberla la fece cadere in terra sulle ginocchia tremanti. 
 
Gaia continuò a fissarlo, ignorando deliberatamente il dolore del viso che sembrava andarle a fuoco, piuttosto lo ficco decisa a ostentare una rabbia che le divorava il petto.
 
L'avrebbe menato se avesse potuto, ora.
 
Il fascista si innervosì ulteriormente, vedendo l'aria sfacciata con cui l'ebrea ai suoi piedi continuava a fissarlo. le colpì un'altra volta il viso, facendole piegare la testa in basso.
 
Finalmente al suo posto.
 
Rricorda, ad ogni tua mossa ebrea, io contraccambierò due volte e con il doppio della forza"
 
Gaia iniziò a tossire sangue, e si mise una mano sul collo cercando di calmare il respiro.
 
Sentì Ste' avvicinarsi lentamente di pochi passi e si spostò repentinamente di lato.
 
Il ragazzo se ne compiacque ghignando e aprì la porta alle spalle dell'ebrea.
 
Senza darle tempo di parlare Ste' le afferrò la spalla e la sbatté dentro allo sgabuzzino buio.
 
Sentì un gridolino soffocato e il peso leggero di Gaia che si era buttata di peso sulla porta per non essere rinchiusa dentro, ma oramai lui aveva già girato la chiave.
 
La sentì imprecare, poi tossire di nuovo.
 
Doveva imparare a stare al suo posto, e lo avrebbe fatto.
 
"Chiamerò la polizia Stefano, lo sai!" gridò la ragazza con il fiato corto.
 
Non vedeva assolutamente niente in quel momento, al buio e al silenzio, percepiva solamente il legno levigato della porta sul suo petto agitato.
 
Il fascista sogghignò, rigirandosi tra le mani il vecchio cellulare della ragazza che era riuscito a toglierle senza che lei se ne accorgesse prima di sbatterla dentro allo sgabuzzino.
 
La leonessa era meno furba di quel che sembrava.
 
O semplicemente più ingenua.
 
 
***
 
 
L'indomani mattina Gaia si svegliò con un dolore lancinante alla schiena e ai gomiti. L'aveva lasciata la dentro per ore, la notte intera, e calcolando che il sole era alto in cielo le aveva fatto saltare anche la scuola.
 
Un piccolo raggio di luce illuminava lo stanzino stretto e pieno di scope, palette, ragnetele e si.. ragni.
 
Schifose piccole e viscide bestioline.
 
Tutta la notte l'aveva passata insonne a svegliarsi di continuo per via di scricchiolii sinistri nel buio.
 
Che quelle bestie fossero attirate dal sangue del suo labbro spaccato? Aveva più volte imprecato contro Stefano.
 
Era uscito ore prima ridacchiando spensierato, forse pensando all'ebrea che teneva chiusa in casa sua.
 
Quel bastardo le aveva pure fregato il cellulare, come se non bastasse. Se ne era accorta quando aveva tentato di chiamare la polizia come aveva giurato di fare, ma aveva riscontrato subito l'assenza del cellulare dalla tasca.
 
Il fascista aveva già previsto le sue reazioni, e aveva agito di conseguenza.
 
Si sentì una stupida in quel momento.. per avergli dato quello schiaffo davanti ai suoi amici, per non aver tenuto stretto il cellulare, per non averlo mai pregato in tutte quelle ore di farla uscire da quello stanzino buio e polveroso.
 
Aveva dormito tutta la notte accucciata come un animale ferito, rintanadosi in se stessa e cercando calore nel suo cardigan rosso.
 
Quella mattina l'orgoglio, inutile sentimento ostacolatore, le aveva impedito di pronunciare quelle paroline magiche che l'avrebbero -forse- fatta uscire. si era categoricamente rifiutata.
 
Stizzita e furente com'era, non ne sarebbe uscito niente di buono.
 
E così ora si ritrovava li da sola, con lo stomaco che brontolava, un bisogno assurdo di fare la pipi, e un'ansia che con il passare dei minuti le divorava il petto.
 
Lui non l'avrebbe liberata.
 
 
***
 
 
Ste' rientrando a casa aveva notato una piccola ombra rifugiarsi dietro l'angolo.
 
Incuriosito e con un presentimento in testa, decise di scovare chi volesse entrare in casa sua.
 
Facendo finta di non aver percepito il leggero spostamento d'aria, si incamminò lentamente dalla parte opposta, per poi girare l'angolo dell' edificio.
 
Percorse silenzioso l'intero perimetro fino a ritrovarsi davanti l'esile schiena di una ragazza con lunghi capelli mori mossi.
 
Elle si sentì ghiacciare. Lo percepiva alle sue spalle, e una cieca paura si impossesso di lei.
 
Iniziò a tremare visibilmente e lentamente si girò, deglutendo nervosa.
 
Il suo più grande timore si avverò.
 
Ste', il capo dei fascisti, la guardava con un sorrisino compiaciuto stampato in viso, il corpo disteso in una posizione elegante contro la parete.
 
Quel sorrisino avrebbe fatto effetto su chiunque, ma Elle notò subito che quell'espressione non raggiungeva gli occhi.
 
Quelli erano severi e concentrati sulla sua figura.
 
"I-io.." sbiascico non sapendo che dire. A pochi passi il pirata si gustava la reazione infantile di chi è stato appena beccato con le mani nel sacco.
 
Come aveva potuto essere così sciocca?
 
Elle valutò attentamente la possibilità di fuga, eforse questo il fascista lo comprese, perché attirò su di se l'attenzione della ragazza.
 
"Sai che ti prenderei prima che tu possa solo raggiungere il semaforo" disse sicuro incutendo un'implicita minaccia.
 
Elle posò nuovamente sul fascista i suoi occhioni verdi spaventati, aspettando che parlasse di nuovo.
 
Ste' la squadrò a lungo con la testa piegata di lato, poi come avesse preso una silenziosa decisione si incamminò verso la ragazza che si irrigidì istantaneamente.
 
Elle tenne il fiato in gola quando lo ebbe difronte, per poi guardarlo negli occhi tanto scrutatori quanto freddi.
 
"Seguimi" le disse con tono che non attendeva repliche.
 
Elle acconsentì tacitamente con un segno del capo, e lentamente gli andò dietro come un piccolo di pulcino alla mamma gallina.
 
Peccato che lei non sapeva dove la stesse portando.
 
O se la volesse punire.
 
E Gaia? Stava bene? Non era di certo passato insolito lo schiaffo se anche lei che non era in quel momento presente, ne era venuta a conoscenza.
 
La ragazza continuò a struggersi con dubbi che le portavano solo dolore e ansia, finché non si scontrò con la schiena di Ste' che improvvisamente si era fermato.
 
Senza che ebbe il tempo di scusarsi, il fascista seccato si voltò prendendola per un braccio e la buttò a terra avanti a lui.
 
Elle sorpresa da quel comportamento quanto da quella reazione, boccheggiò sentendo un dolore acuto agli avanbracci che strusciavano contro il marciapiede.
 
Elle si sbucciò i gomiti cercando di riparare il viso dall'asfalto, titubante alzò confusa e impaurita lo sguardo, incrociando un paio di scarpe marroni a lei ben note.
 
Timorosa di incontrare lo sguardo del secondo ragazzo, non volle alzare gli occhi e al contrario tentò impacciatamente di rialzarsi.
 
Non potè così vedere lo scambio di sguardi che si stava generando tra i due fascisti in piedi.
 
L'uno sornione, e l'altro rigido e certamente sorpreso di vedere a quell'ora e in quel posto la ragazzina.
 
"L'ho trovata dietro l'angolo di casa mia" disse pacatamente guardando schifato l'ebrea "forse faresti meglio a sorvegliare la tua cagna" gli suggerì guardando negli occhi il suo amico.
 
Elle si sentì gelare alle parole del fascista e non riuscì a trattenere un moto di stizza " cagna tua .." non fece in tempo a terminare che le scarpe marroni si mossero verso di lei e improvvisamente la ragazza sentì una stretta possente ai capelli che la fece urlare di dolore.
 
"Ascoltami, ragazzina insignificante, di certo non mi cambia molto rompere il patto e lasciarti libera per poi procedere con le punizioni di gruppo " disse gelido Liuk all'orecchio dell'esile ebrea facendole venire dei brividi.
 
Ogni sua parola era come una pugnalata al cuore. Possibile che non gli impportava di ferirla così bruscamente?
 
"Mi ha descritto con un appellativo che non mi appartiene" tentò di giustificarsi con gli occhi lucidi Elle.
 
"Per ora" commento Ste' squadrandola dall'alto.
 
Lo sguardo che gli riservò la ragazza fu di evidente disprezzo e odio.
 
Sentì sorridere Liuk alle sue spalle, come in fedele appoggio dell'amico.
 
Elle si sentì sola come non mai, non sperava che la difendesse, ma almeno .. comprendrela.
 
Ste' le si avvicinò sadico piegandosi sulle ginocchia, ponendosi lentamente al suo livello.
 
Sapeva che Elle era sola da anni, in un appartamento piccolo e stretto, senza nessuno a confortarla o rincuorarla. Sapeva che in quel momento bisognava di un abbraccio caloroso, un porto sicuro, una spalla su cui sfogarsi, ma anche lei avrebbe imparato a stare al suo posto.
 
Come Gaia.
 
Il pensiero lo stizzì più del previsto, e non perse occasione di vendicarsi su quella ragazzina per terra difronte a lui.
 
"E adesso piccola cucciola che farai? Ti metterai a piangere?" la derisa con un sorriso malvagio e guardandola intensamente.
 
Per tutta risposta Elle negò risoluta con la testa, ma purtroppo una lacrima solitaria le scese sulla guancia arrossata dal freddo.
 
Ste' la fissò divertito, facendo schioccare la lingua sul palato. Elle gli avrebbe volentieri sputato in faccia.
 
Liuk non si muoveva alle sue spalle, ma la ferrea stretta ai suoi capelli non accentuava a diminuirsi, il che la obbligava a tenere il viso scoperto, con la bellezza di dover mostrare la sua fragilità a due fascisti che la deridevano.
 
Elle degluitì vistosamente e guardò in alto per ricacciare indietro le lacrime.
 
"Può bastare, ci vediamo domani Liuk" salutò freddo Ste' per poi incamminarsi verso casa.
 
La stretta ai capelli si intensificò, fino a farla gridare dal dolore, ma Liuk non sembrava voler smettere.
 
"T-ti prego" sussurrò Elle cercando ancora di mantenere le lacrime.
 
Sentì la presa un attimo più forte, poi pian piano scomparire del tutto. la ragazza si prese la testa dolorante tra le mani, rannicchiandosi di fianco al muretto del marciapiede.
 
L'ultima cosa che le sue orecchie percepirono prima dei suoi singhiozzi strozzati dalla paura appena provata, furono i passi di Liuk allontanarsi, allontanarsi da lei.
 
 
 
 
Eccomi qui viva e vegeta!! buon anno in ritardo a tutte e tutti, e buon primo giorno.^_^
Anche se poi tanto buono per me non è stato, ma dettagli. >.<
Ora, passando al capitolo, un po' violento e me ne rendo conto, ma le cose non cambiano in un secondo.
e questo purtroppo vale un po' per tutto.
Abbiamo anche un Liuk più violento, ora potete capire a pieno la paura di Elle la notte prima quando non era riuscita a portargli i panini per cena.
Tutto combacia con la sua reputazione da duro. e non finirà qui, ve lo dico subito *.*  non ammazzatemi <3
Ste' è un bastardo, lo ammetto, ma il comportamento orgoglioso e "diverso" di Gaia lo infastidisce parecchio. se poi aggiungiamo il fatto che è un'ebrea.. per la nostra protagonista le cose si complicano.
Vi lascio uno spoiler sul prossimo chappy, un bacione a tutte e miraccomando scrivetemi domande \ dubbi \ pensieri \ commenti 
 
 
 
- La ragazza percepì all'improvviso una presenza ostile a fianco, un torace ampio e spalle larghe.
 "Muoviti ebrea" Elle non accennava a spostarsi dal suo sgabello accostao al banco, ancora confusa da quel cambiamento improvviso di programmi.
"Sono stanco andiamo a casa" disse glaciale come al solito il fascista.
"Ma io sto parlando con..." provò a ribattere disorientata Elle indicando il biondo sedutole accanto, ma il ragazzo la interruppe duramente.
"Non mi interessa, io  ti ho chiamato, e se non vuoi farti male  muoviti ."


 Liuk <3

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Capitolo 22
*** ostentando indifferenza ***


 Gaia e Ste'

    Elle e Liuk








oilà gente, mi scuso ufficialmente per il ritardo clamoroso! per farmi perdonare ho aggiornato e non vi faccio perdere tempo in inutili discorsi o giri di parole ^.^
attenzione questa è la prima parte, quindi ci tengo ad avvisare che lo spoiler dello scorso capitolo si troverà nella seconda parte, mai disperare, come dico sempre io
un beso<3
lalla
 
 
 
                                                ostentando indifferenza 
 
 
 
 
Gaia sentì chiaramente la porta all'ingresso sbattere violentemente e con poca curanza sul muro di marmo.
 
Con il cuore in gola, afferrò una vecchia scopa di legno piena di ragnatele, e per quanto l'idea la disgustasse, non riusciva a non tenere qualcosa in mano come arma per difendersi.
 
Il fascista sarebbe tornato, era solo questione di tempo ormai e un aggeggio scrauso e vecchio - ma duro - in mano era sempre meglio di niente in certe situazioni.
 
La ragazza si posizionò lentamente accanto alla porta, in attesa.
 
Il cuore le martellava furioso nel petto, e le mani parevano avere vita propria.
 
Tuttavia restò immobile, ferma e paziente.
 
I passi si avvicinarono lenti alla porta dello sgabuzzino.
 
-Non sono scarpe con il tacco- registrò la mente della ragazza in pochi istanti, per poi badare ancora al ritmo di estenuante lentezza che avevano assunto.
 
Qualcuno di indeciso? Di timoroso? La mente di Gaia iniziò a navigare tra mille pensieri, chissà, poteva essere il padre, e a quel punto non avrebbe saputo che dire, una domestica, e anche in quel caso sarebbe stato imbarazzante..
 
La donna avrebbe aperto la porta in cerca di una scopa e di una paletta e pufff... una ragazza impolverata con un vecchio aggeggio in mano che sembrava la reincarnazione vivente di Cenerentola.
 
-Il sogno delle domestiche-
 
Un suono metallico la risvegliò da quei filmini mentali: lo scatto della serratura.
 
Poi più niente.
 
Né echeggi di passi, né porta aperta.
 
Si morse un labbro in preda all'agitazione. perché era tutta strana quella casa, compresi gli abitanti? O forse era lei?
 
Con il cuore in gola e una morsa dolorosa al petto che le rendeva il respiro irregolare, poggiò la mano tremante sulla maniglia.
 
Guardando le oscillazioni delle proprie dita si riprese con un moto di stizza. L'avevano appena liberata da quella cella mascherata da sgabuzzino e lei esitava a uscirne? Era forse ammattita? non vi era altra ragione evidente.
 
Ciò che si ritrovò davanti fu abbastanza insolito.
 
Tutto
 
Tutto ciò come doveva essere
 
Un soggiorno moderno, in legno chiaro e marmo bianco, una tv al plasma enorme appesa alla parete, un tavolo di cristallo piccolo con al centro caramelle e cioccolatini, un divano bianco anch'esso che dava l'idea di essere molto comodo, illuminato da un raggio di luce chiara che entrava dalle grandi porte-finestre. delle tende bianche e leggere svolazzavano sospinte da una brezza di vento, la casa profumava di pulito, di ..
 
Pino marittimo, un'odore indimenticabile, che la ragazza conosceva dall'infanzia.
 
Una tonalità di candore, un'aroma primitivo quanto maschile che ti si tatuava dentro, come inciso per sempre.
 
Una volta respirato, difficilmente lo scordavi.
 
Gaia inspirò, improvvisamente dimentica dai mille problemi, a pieni polmoni cercando di trattenere ogni singola particella di quell'aria così intrinseca di profumo.
 
Socchiuse gli occhi, mentre mille ricordi le sopraggiungevano in mente. corse infantili in bicicletta, vento nei capelli, profumo di mare, scricchiolio di aghi di pino spezzati, acqua che scorre impetuosa nel sottobosco, melodie di pettirossi tra i rami, ginocchia sbucciate e arrossate, eccheggi di risa...
 
Tutto sfocato eppure così reale, così presente e vivo.
 
Gaia aprì gli occhi, il respiro ormai tranquillo e il battito regolare caratterizzavano il suo petto.
 
Rimase li, impalata, non sapendo dove muoversi o cosa fare.
 
Un rumore improvviso le sopraggiunse alle orecchie dalle sue spalle.
 
Si girò velocemente e notò un corridoio bianco con delle porte chiuse, il rumore era venuto da lì, ne era certa.
 
Si avvicinò a una delle porte, provando ad abbassare la maniglia gelida. Girò.
 
Gaia entrò lentamente in quella stanza luminosa, quasi con la paura di svegliare qualcuno in tutto quel silenzio.
 
"Finalmente ebrea, sei una lumaca oltre che una stupida" una voce profonda inconfondibile la sorprese da dietro, facendola sobbalzare d'un tratto.
 
Gaia trattenne le parole dure che le erano venute instintive, tenne a freno la lingua e si voltò incrociando un paio di occhi profondi come due pozzi, calamitanti, che non lasciavano trasparire una emozione, eppure così belli e interessanti, che la stavano fissando.
 
La ragazza preferì non rispondere alla provocazione, lasciando che parlasse spiegandole i suoi atteggiamenti.
 
Qualcosa però attirò la sua attenzione.
 
Dietro al fascista, uno specchio moderno con una cornice in ferro battuto rifletteva gran parte della stanza in ordine del ragazzo, compresa lei.
 
Le apparve davanti una ragazza malconcia, con i capelli che parevano avere vita propria, occhiaie profonde seppur sovrastate da occhi vivi che trasmettevano dapprima rabbia, ora stupore.
 
Impolverata e sporca, visivamente bisognosa di un bagno per pulirsi e tirarsi a lucido.
 
Poi una cosa le catturò totalmente lo sguardo.
 
Il suo labbro.
 
Nero e gonfio, con tracce di sangue secco.
 
Ste' rimase a fissare Gaia mentre si scrutava silenziosamente allo specchio, distaccato e non curante, come doveva essere nei confronti di un'ebrea. Il labbro era gonfio e violaceo tendente al nero, sicuramente doveva dolerle molto.
 
La ragazza gli sembrò terrorizzata a quella vista. Portò subito una mano tremante al viso, non curandosi delle occhiaie e del trucco leggero colato, ma solo di quel labbro malridotto.
 
L'ebrea si girò verso di lui cercando subito i suoi occhi, con un viso così sconvolto che lo scosse dentro.Gaia cercò conforto, sicurezza che non vi era, aiuto, non sapendo cosa fare essendo la sua prima botta al viso con ripercussioni visibili così tanto che neanche il miglior trucco avrebbe fatto sparire.
 
Ste' sospirando le si avvicinò velocemente, prendendole il mento tra il pollice e l'indice e alzandole il viso.
 
A quel tocco improvviso Gaia sussultò, mentre il suo cuore aumentava i battiti velocemente e il suo corpo si tendeva come una corda di violino, terrorizzato da una nuova punizione e dal dolore che ne sarebbe derivato.
 
Ste' si accorse della sua reazione,e ne sorrise sghembo guardandola negli occhi.
 
L'ebrea lo fissava silenziosa, col cuore in gola mentre aspettava una violenza gratuita come sempre. Gli occhi della fascista sembravano entrarle dentro, scoprire tutti i suoi punti deboli per poi sfruttarli, leggerle l'anima e beffarsi dei suoi sentimenti. La infuocavano. Il suo tocco la infuocava, anzi scottava, e ogni volta che la sua pelle liscia veniva a contatto con i suoi polpastrelli le veniva voglia di scappare.
 
Ste' notò una nota di repulsione nello sguardo della ragazza, e ci lo eccitò parecchio. D'un tratto Gaia vide il fascista piegarsi sulle sue labbra e trattenne il fiato terrorizzata.
 
Cosa stava facendo?
 
Perché?
 
Tante domande le occuparono la mente ma nessuna di esse rimase presente quando le labbra del ragazzo sfiorarono le sue.
 
Una scarica di brividi le scese lungo la schiena elettrizzandola e allo stesso tempo paralizzandola. 
 
Gaia sgranò istintivamente gli occhi sorpresa, quasi sconvolta.
 
Non provava dolore come aveva immaginato, il labbro non le faceva male, anzi quello sfregamento continuo e leggero, quasi inesistente a tratti, le accese i sensi.
 
Non la stava baciando, la stava.. 
 
Ste' la osservava compiaciuto, e continuò a strofinarle le labbra senza smettere di guardarla in quegli occhi così spaesati e leggibili. Gaia socchiuse le palpebre quando di nuovo le sue labbra vennero sollecitate così provocantemente dal fascista, e un istinto primordiale la sospinse ad aprire le labbra per lui, ad approfondire quelle carezze superficiali. il suo mento era ancora intrappolato tra le dita del fascista, ed era certa che sarebbe caduta se lo schierato non si fosse avvicinato velocemente a sorregerla con un braccio attorno alla vita.
 
Cosa stava facendo?
 
Gaia tentò di guardarlo nuovamente negli occhi per capire le sue intenzioni ma il facsita spostò il viso di lato, continuando ad assaggiare la sua pelle, le sue labbra, senza però baciarle.
 
La ragazza si sentiva bruciare sotto quel tocco così profanatore e nuovo per lei.. la stava torturando.
 
" I-io... " cercò di riprendersi, ma subito le labbra del ragazzo ritornarono sulle sue confondendola e distraendola. si posarono con forza sulle sue, per poi  strusciare lungo tutta la lunghezza del labbro inferiore della ragazza. lo stesso labbro gonfio, il cui dolore non era solo tollerabile, ma anche invisibile rispetto alle emozioni che le aggrovigliavano lo stomaco.
 
Lei..? Cosa stava dicendo? Dannazione! Era fottutamente bravo il fascista, ma non abbastanza.
 
D'un colpo e con tutta la lucidità mentale che le restava, lo spinse via da lei cercando poi annaspante un po'd'aria gelida.
 
Il fascista la scrutò con una scintilla divertita negli occhi, senza muovere un muscolo.
 
Inusuale.
 
Sarebbe stato questo l'aggettivo con cui l'avrebbe descritta.
 
Non di certo una delle sue puttane, ne una di quelle ebree totalmente sottomesse senza una briciola di coraggio.
 
Gaia lo guardava quasi ringhiandogli contro. L'aveva fatto per confonderla? Distrarla? Usare il suo corpo per innescarle qualche meccanismo di reazione sconosciuto? Una smorfia di disgusto le si dipinse in volto.
 
"Preparati" disse sbrigativo Ste' senza dare importanza a quello sguardo che altri avrebbero punito senza ripensarci due volte.
 
Gaia sbuffò non ricevendo alcun tipo di risposta, così stizzita penso a un modo pratico e svelto per deviare l'ordine.
 
"Non ho niente qui" disse preannunciandosi il gusto di una vittoria certa e sicura.
 
Ste' la fissò complice, avendo già intuito dove la ragazza avrebbe parato.
 
"Jessica ieri sera ha lasciato un abito da festa, ti dovrebbe entrare credo"
 
A quelle parole Gaia ammutolì totalmente. Guardò sconvolta il fascista che le sorrideva furbo e con occhi maliziosi la stava scrutando per godersi ogni sua singola reazione.
 
Imprecò tra i denti, facendolo scoppiare a ridere.
 
Senza degnarlo più di uno sguardo, Gaia si avvicinò all'armadio.
 
 
 
***
 
 
 
Liuk camminava velocemente, totalmente indifferente a quella ragazzina ebrea che lo seguiva pochi passi più indietro.
 
Elle lo seguiva oramai con fatica.
 
Quando lo aveva visto allontanarsi le era preso un colpo. Così si era alzata e seppur ancora con la chioma dolorante lo aveva inseguito correndo in un primo pezzetto.
 
Lo aveva quasi raggiunto quando il ragazzo si era voltato e l'aveva minacciata con un'occhiata gelida di stare al suo posto.
 
Dietro di lui.
 
In coda.
 
Ultima.
 
Lontana.
 
Elle si era fermata di colpo, priva da ogni sicurezza. non poteva camminargli accanto? Lei era inferiore anche in questo? 
 
Aveva degluitito spaesata, annuendo impercettibilmente con il capo. Lo sguardo basso, sulle proprie ballerine rosse.
 
Il fascista si era voltato e aveva ripreso a camminare, con quella sua falcata che era due volte quella dell'ebrea.
 
Elle dopo pochi minuti si fermò, a lato del marciapiede, appoggiandosi stanca al muretto di marmo che dava sul tevere.
 
Si sporse godendosi di quella visuale tipica di Roma. La milza le doleva per lo sforzo, ma ciò che l'aveva realmente fatta fermare erano i piedi. Correre con le ballerine ai piedi non era proprio il massimo.
 
Sentiva chiaramente le scarpette calzarle troppo piccole, irritandole così la pelle delicata, ma erano le sole scarpe carine che, a parte le converse, possedesse.
 
Senza rifletterci troppo, Elle si sfilò una ballerina e poggiò il peso di un ginocchio sull'altro, concedendo una piccola tregua alla pelle arrossata.
 
Il suo sguardo vagò su quelle acque scure e fredde che scorrevano veloci e impetuose, dimentiche e incuranti di chi trovavano sulla loro strada.
 
Un po' come il fascista, pensò amareggiata.
 
A quel nome la ragazza si ridestò dai propri pensieri e si guardò in giro allarmata.
 
Do - dov'era Liuk?
 
No, non poteva averlo perso di vista. quella era una strada nuova per lei, mai usata prima d'ora per arrivare a casa del fascista.
 
Lo avvistò quasi alla fine della strada, poco prima che imboccasse l'entrata in una grande piazza.
 
Elle imprecando, si rimise di tutta velocità la ballerina e si lanciò inuna corsa perdifiato dietro a Liuk.
 
Non doveva perderlo di vista.
 
Non doveva e non poteva.
 
Dopo pochi secondi girò l'angolo e si ritrovò in una piazza.
 
Restò meravigliata per pochi secondi, gli occhi sognanti che catturavano tutti i particolari architettonici di epoche differenti.
 
Una grande fontana si ergeva al centro. Si ricordava vagamente dei racconti dei suoi zii, come le avevano sempre narrato di ogni singolo significato di un monumento, dell'importanza del posto in cui veniva collocata un'opera, dei materiali scelti, e dell'autore stesso che lo realizzava.
 
Un vociare crescente però la distraé da quei particolari, e la ragazza notò con orrore di essere in presenza di una manifestazione.
 
Urla e schiamazzi riempirono l'aria, corpi di uomini e donne si accalcavano l'un l'altro con l'intento di fare casino.
 
Senza accorgersene, Elle si ritrovò in mezzo a quella calca, e venne scaraventata addosso a un vecchietto che reggeva un cartello con delle scritte.
 
Elle provò a scusarsi immediatamente, dispiaciuta di esserci andata a sbattere ma il vecchio la spinse furioso nuovamente tra i manifestanti.
 
La ragazza trattenne un gemito di dolore e si accorse con paura di essere sopraffatta dalla folla.
 
Uomini piu grossi di lei la spintonavano in avanti, ignari o consapevoli che pochi centimetri più in la altri uomini erano presenti. Elle si ritrovava in mezzo, in gabbia tra busti e schiene, in balia della corrente.
 
Chiamò il nome di Liuk ma il suo pareva un flebile richiamo in confronto alle urla della folla, neanche l'uomo alle sue spalle l'avrebbe udito.
 
Con le lacrime agli occhi e in uno stato confusionale, Elle cercò di alzarsi sulle punte, le dita dei piedi che le imploravano pietà.
 
I volti dei manifestanti erano accecati d'ira, nervosi e furiosi, scuri.
 
Si guardò in giro, voltandosi come poteva tra quei corpi che sembravano procedere verso una direzione.
 
Il rumore si fece più assordante; l'aria era impregnata dell'odore sgradevole di alcol e sudore.
 
"Liuk!" gridò mentre la sua voce si perdeva nel clamore generale. "Liuk!"
 
Alcuni manifestanti allungarono le mani verso la sua camicetta cercando di palparle il seno.
 
Elle si scostò terrorizzata, portandosi le braccia al petto mentre ansimava dalla paura.
 
Voltandosi un'ultima volta vide un volto.
 
Quel volto.
 
Il viso dell'uomo che l'aveva aggredita.
 
Stava li, a pochi passi da lei, poche spalle più in la, affianco a due uomini con dei cartelloni.
 
Non urlava, ne pareva infervorato dalla manifestazione.
 
La guardava intensamente, con una scintilla pericolosa negli occhi che alla raggazza non piacque affatto.
 
Con il cuore in gola, Elle si paralizzò.
 
Lo vide avvicinarsi tra spallate e gomitate, lo sguardo fisso in quello terrrizzato di lei, un ghigno sadico dipinto sulle labbra.
 
Mancavano ormai pochi centimetri quando la ragazza si riscosse e cercò di fuggire.
 
Qualcuno però le tirò forte i capelli, facendole riempire gli occhi di lacrime per il dolore.
 
Una mano viscida le cinse la vita, facendola scontrare contro un petto piccolo e sudaticcio. Elle lottò cercando di respirare, anche se si sentiva schiacciata con una forza tale da farle pensare che le sue costole non avrebbero resistito.
 
Urlò spaventata cercando di allontanarlo scalciando furiosamente ma l'uomo pareva avere una stretta ferrea sulla sua pelle.
 
La trascinò di lato, verso il muro.
 
Elle venne sbattuta contro la parete picchiando forte la tempia contro il muro.
 
"Brutta puttanella" un'altra spintonata contro il muro "Lo sai cosa mi hai fatto?!" le urlò l'uomo.
 
Iniziò a girarle la testa e Elle trovava sempre più difficile ragionare lucidamente.
 
"Smettila, smettila.." balbettò con voce soffocata.
 
La mano dell'uomo le afferrò il mento, obbligandola a guardarlo mentre le sussurrava
 
"Guai a te se parli stronzetta, so dove vai a scuola quindi non ti conviene" 
 
Poi dopo aver dato una sfuggente occhiata alle spalle della ragazza, si dileguò nella folla, lasciandola intontita e tremante.
 
Delle braccia le afferrarono le spalle da dietro. Elle urlò tesa come una corda di violino.
 
"Ehi, ehi, sono io, calma"
 
Riconoscendo il volto di Liuk, Elle senza pensare si fiondò tra le sue braccia iniziando a piangere per la paura appena provata.
 
Sentendo Elle singhiozzare sul suo petto Liuk rimase di sasso.
 
Senza troppa gentilezza la scostò dal suo petto, cercando di guardarla in volto.
 
"No-non la-lasciarmi più da sola" sussurrò la ragazza guardandolo impaurita.
 
Elle sobbalzò sentendo qualcuno che cercava di toccarle il sedere. Si strinse in se stessa non sapendo se Liuk l'avrebbe ancora scostata dal suo abbraccio, e rimase li, tremante come una foglia. Voleva solo che tutto ciò finisse il prima possibile, due lacrime le bagnarono le guance arrossate.
 
Prima che riuscisse a dire una parola, Liuk aveva già capito quale fosse il problema.
 
"Tu!" ruggì il fascista "provaci ancora e non la rivedrai più quella mano"
 
La pressione diminuì e Elle venne trascinata via mentre il fascista le faceva scudo con il suo corpo. Riconoscente, cercò di farsi piccola piccola, e lo seguì per quelli che le parvero minuti interi.
 
Finalmente sbucarono fuori da quella piazza, di nuovo sul Lungo Tevere.
 
Elle si sentiva le gambe pesanti, mentre a fatica si reggeva in piedi.
 
"Vieni" le disse Liuk mentre le posava una mano sulla schiena per sostenerla.
 
Abbassando la testa la ragazza lo seguì, incespicando più volte nei suoi stessi piedi, le braccia ancora strette al petto, le lacrime che silenziose le rigavano il viso.
 
La mano di Liuk si levò dopo pochi secondi, e Elle pensò che il fascista andasse avanti come prima e la lasciasse indietro.
 
Senza preavviso continuò a camminare al suo fianco, adattando le sue lunghe falcate a quelle piccole e esitanti di Elle.
 
"Che è successo?"  chiese senza alcun tono nella voce, freddo e distaccato come al solito. Elle cercò di non badarci.
 
" Io... niente, mi ero persa" dei brividi le scesero lungo le spalle ricordandosi delle parole dell'uomo. Le si bloccò il respiro in gola e deglutì a stento.
 
"Non sai mentire" fu il suo unico commento. Poche parole che la spiazzarono completamente.
 
Come poteva già aver imparato le espressioni del suo volto?
 
Elle lo guardò, puntando i suoi occhioni verdi in quelli del fascista.
 
Insensibili e scrutatori.
 
Eppure ogni volta che li fissava, che vi si immergeva, si sentiva arrossire.
 
La ragazza distolse lo sguardo confusa e imbarazzata, non sapendo che rispondere.
 
Entrambi inconsapevoli di un uomo, che a debita distanza, li fissava disgustato camminare uno a fianco all'altra, ostentando indifferenza.

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Capitolo 23
*** notte ***


SE AVRETE VOGLIA DI LEGGERE, MI FARETE CONTENTA
è un capitolo lungo, vi avverto chiaramente. buona lettura e perdonatemi se non ho ancora risposto alle recensioni, non ho avuto tempo così ho aggiornato oggi per miracolo, un bacione e fatemi sapere se vi piace<3
un beso
lalla
 
 
  ste' e Gaia
 Elle e Liuk
 Giorgio e Anita




 
 
Anita sentì chiaramente due colpi distinti risuonare dalla porta dell'enorme appartamento.
 
Controllò velocemente l'orologio da polso d'argento che le avevano regalato gli zii.
 
Le sette e mezza.
 
Chi diavolo era a quell'ora di sera? Scese di mala voglia dal bancone della cucina lasciando perdere l'impasto della torta al limone che aveva iniziato a cucinare.
 
Gaia forse? No, non l'aveva vista da tutto il giorno. Neanche a scuola stranamente.
 
L'aveva chiamata e richiamata ma era sempre scattata la segreteria.
 
Escludendo a priori l'amica, rimaneva una sola possibilità. 
 
Si diresse saltellando spensierata verso la porta, incurante del proprio abbigliamento in intimo.
 
"Ehy dolcezza, vieni dentro se no Gaia mi ammazza visto che ti prenderai un raffreddore!" il sorriso caloroso e sincero di accoglienza sparì velocemente quando si ritovò davanti capelli biondi e non mori, corti e non lunghi, un corpo alto e robusto e non esile.
 
"Tu non sei E-Elle" sbiascicò spaesata la ragazza
 
"No dolcezza" come accortasi improvvisamente  del suo stato indecente, Anita si scostò nervosa dalla porta nascondendosi dietro il legno bianco.
 
"Che vuoi Giorgio?" chiese osservando attentamente il fascista in piedi davanti a lei.
 
"Fammi entrare dolcezza" ribattè il ragazzo guardandola intensamente
 
Quello sguardo. Il classico sguardo di desiderio contenuto a stento, la fece quasi arrossire.
 
Quasi.
 
Lei non era innocente come Elle, o Gaia.
 
Lei le sue esperienze le aveva avute. Brutte, ma pur sempre degne di tal nome.
 
Anita rabbrividì d'un tratto al ricordo di mani che la toccavano senza il suo permesso. La vergogna, l'autocommiserazione.
 
Cercando di scacciare via quelle immagini, mise a fuoco il viso del ragazzo che la scrutava con un sorrisetto da deficente stampato in faccia.
 
"Ti faccio questo effetto dolcezza?" chiese il fascista calcando sull'ultima parola
 
La ragazza arricciò le labbra, infastidita da quel soprannome. Ora solo perché lei si era confusa e l'aveva chiamato così, sarebbe stato quello il suo appellativo? 
 
Sicuramente nello stesso modo ci chiamava tutte le ragazze che si faceva o che a breve si sarebbe fatto.
 
Il ragazzo scambiando quei brividi di repulsione e paura per brividi di eccitazione, ghignò sinistro.
 
La ragazza non era male. E peggio, non riusciva a togliersela di testa dal giorno dell'assemblea. 
 
Insomma ieri! per più di 24 ore era stato un pensiero nuovo, inconsueto.
 
Lui non pensava mai a nessuna ragazza, se non per denigrarla o screditarla davanti agli amici. Trovava inutile perdere tempo con puttanelle vuote e stupide. erano buone solo a una cosa le ragazze.
 
La scrutò sfacciatamente per ritrovare nella sua immagine qualcosa che ne spiegasse il motivo. Anche se cercava di coprirsi con la porta, era inevitabile che la linea sottile della gamba si intravedesse leggermente, bianca e pallida, affosulata e delicata.
 
Giorgio irriggidì la mascella.
 
Anita deglutendo vistosamente e incrociando lo sguardo del ragazzo, arrossì.
 
Dopo tanto tempo, forse troppo, arrossì.
 
Il ragazzo non notò le guance della ragazza prendere un colorito roseo.
 
Anita fece per chiudere la porta ma il fascista con una velocità tale da confonderla, poggiò il piede in mezzo all'ingresso, impedendo alla porta di chiudersi.
 
Doveva solo scoparsela. era quello il problema, si disse osservandola.
 
Si, solo quello.
 
Le ammiccò, guardando intensamente quegli occhi sgranati e pieni di stupore.
 
"Esci" cercò di dire con voce ferma la ragazza.
 
La testa le aveva preso a pulsare rumorosamente e dolorosamente, le gambe a tremare.
 
No-non doveva avvicinarsi. stava per avere una crisi di panico, lo sapeva. Lo sapeva. Sarebbe risuccesso.
 
Giorgio non notando il tremore delle ginocchia, dei denti, si avvicinò suadente come un cacciatore alla sua preda, con grazia felina.
 
Vedendolo venirle incontro ancor più d'un tratto il fiato le mancò, come se i polmoni non volessero più respirare, il torace ampliarsi per lasciare entrare l'aria. Il panico assalì ogni angolo della sua mente facendole sentire il cuore in gola. Emise un gemito strozzato quando non riuscì del tutto a inspirare ossigeno. Si portò velocemente due mani alla gola iniziando a sussultare terrorizzata.
 
Sapeva cosa fare in quei casi. senza che il cervello impartisse alcun ordine, le sue gambe scattarono in direzione del bagno, incurante di esere solo in intimo davanti a uno dei ragazzi più stronzi della scuola. Salì le scale quasi cadendo per la velocità mai utilizzata, rischiando di rompersi l'osso del collo pur di arrivare a quel maledetto armadietto.
 
Sentì quasi di aver finito l'ossigeno ancora presente nei polmoni, e terrorizzata aprì in fretta la porta in legno bianco. Gli occhi le bruciavano, una morsa ferrea e dolorosa alla gola non le permetteva di inalare neanche una molecola di ossigeno e si sentì infiammare dentro.
 
I suoi polmoni bruciavano reclamando aria, comprimendosi in loro stessi e causandole una fitta interna.
 
Impacciatamente aprì l'armadietto, toccando con le mani sudate i medicinali, cercando di trovare quell'inalatore pronto per l'uso.
Cadde a terra sentendosi cedere le gambe improvvisamente, lo sforzo al torace aumentava, i polmoni le parvero bruciare vivi. Si portò una mano alla gola cercando un'ultima volta di inspirare affannosamente ma non ne uscì nuovamente che un singhiozzo strozzato.
 
Respirare, ciò che tutto il corpo le gridava.
 
Tutto ciò che lei non poteva fare.
 
Che non riusciva a compiere.
 
Lo sguardo si sfocò, tutto divenne più opaco, i suoni ovattati.
 
Sentì dei rumori vicino a lei ma quello forte e veloce del suo cuore che come impazzito stava per esploderle nel petto era dominante.
 
"Cristo Anita!" urlò qualcuno vicino a lei che dopo aver esitato qualche secondo si era spostato alla sua destra verso l'armadietto.
 
Giorgio.
 
Sapeva che era lui. La paura che si sarebbe arrabbiato con lei, che l'avrebbe menata o peggio la invase. Come Chris avrebbe potuto essere violento. Lo era, anzi, si rese conto scioccata, ricordava di averlo visto dare dolore alle sue amiche.
 
Le orecchie le iniziorano a fischiare, il volto ad arrossarsi in mancanza di ossigeno.
 
Medicine che cadevano a terra, nel lavandino di marmo, o che semplicemente si venivano spostate con maldestria.
 
Il fascista, con sua sorpresa, le afferrò la mano e le posò in mano l'inalatore. il contatto fu breve ma Anita non potè che vergognarsi immaginando il ribrezzo sul volto del fascista sentendole la mano calda e sudata.
 
La ragazza si portò il piccolo aggeggiò velocemente alla bocca, premendovi poi sopra con forza l'indice. 
 
Ossigeno, ossigeno che come acqua che scorre dopo il periodo di secca nel proprio letto di fiume le irrigava la gola, sopprimendo quel bruciore causato dalla sua mancanza.
 
Inspirò lentamente a occhi chiusi, assaporandosi ogni singola particella di quell'aria fredda.
 
Il dolore al petto diminuì drasticamente, il torace si ampiò d'un tratto come fosse naturale, gli occhi le si riempirono di lacrime.
 
Lacrime di sollievo, di gioia, ma anche di paura, nervosismo, terrore.
 
Sollevò le ciglia ancora intontita e incontrò lo sguardo preoccupato di Giorgio.
 
Lo schierato osservò allarmato quel corpicino scosso dai singhiozzi, tremante e stremato.
 
Vedendola piangere dapprima silenziosamente, poi singhiozzando, il fascista per evitarle un'altro attacco d'asma le si avvicinò circondandola interamente con le braccia.
 
Anita sentì quel corpo caldo avvolgerla e si sentì .. strana, sia nervosa che tesa. Lui la sovrastava, e a conti fatti non avrebbe impiegato mezzo minuto a farle del male.
 
No, lui non era Chris. non assomigliava e non era Chris. Quel bastardo era lontano chilometri da lì.
 
Poggiò la testa contro il suo petto cercando di non singhiozzare più ma una volta iniziato era sempre difficile per lei smettere.
 
Sentì la mano del ragazzo accarezzarle la testa, i capelli, come si fa con una bambina per consolarla. dei brividi le scesero involontariamente lungo la schiena nuda.
 
"Ehy dolcezza " iniziò sussurrandole contro i capelli biodi "tranquilla" un'altro singhiozzo scosse il petto della ragazza "non è successo niente dolcezza, va tutto bene" continuò a sussurrarle protettivo.
 
Incredibile, lui era venuto per scoparsela e attualmente, si, la stringeva contro di se in intimo ma ciò era forse l'ultimo dei suoi pensieri.
 
 
 
***
 
 
 
Gaia si osservò stizzita allo specchio, tirandosi giù il più possibile quel pezzetto di stoffa che qualcuno osava chiamare vestito.
 
Come?
 
Come ci si poteva entrare senza esporre completamente il proprio corpo?
 
Giusto a Jessica poteva piacere.
 
Imprecando tra i denti analizzò il proprio riflesso.
 
Tsk, cosa le aveva inventate a fare le tute se poi non si usavano? E poi andiamo, i tacchi? Lei che da sempre portava scarpini da calcio alternati a converse? Jessica sembrava aver lasciato parte del suo armadio in quella casa visto che vi erano - per l'appunto - anche un paio di miserabili tacchi vertiginosi.
 
Le sue gambe apparivano lunghe e sottili; un "vestito" in seta di un colore scuro le fasciava il seno, per poi cadere morbido sui fianchi con leggere balze grige o argentate.
 
Un cinturino le circondava il busto poco sotto il seno, per slanciare ulteriormente la figura.
 
Ma quella ogni notte veniva? Non si vergognava per caso?
 
Non si truccò, non avendo ne il materiale ne la voglia.
 
Usò schifata un rossetto scuro di Jessica o un'altra raccattato sotto l'armadio, rinquorandosi che stava agendo solo per preservare la sua regale persona da commenti dispregiativi o maliziosi vari che sicuramente le si sarebbero rivolti vedendo il labbro.
 
Poi si limitò a prendere senza permesso il pettine del ragazzo e a spazzolarsi i capelli disordinati.
 
Buttò in giù il capo per passare più facilmente i dentini dell'aggeggio tra la chioma mora.
 
Quando si risollevò quasi si strozzò con la propria saliva nel notare allo specchio una massa vaporosa di capelli che avevano assunto una forma simile a quella di un cactus. ma che caz..
 
"Ebrea te l'ho già detto che sei lenta?" si sentì sbuffare contrariato Ste'.
 
Gaia osservò compiaciuta il pettine pieno di capelli lunghi e sottili.
 
Sogghignando lo posò al suo posto non cambiandolo di una virgola, poi si diresse verso la porta.
 
Si preparò a recitare la parte della ragazza sbadata e abbassò la maniglia.
 
Pronta a tutto, ma non a quello.
 
La figura del fascista era statuaria, imponente ma flessuosa, imprigionata in una camicia bianca sbottonata sensualmente nei primi tre bottoni. Le maniche arrotolate all'altezza del gomito che lasciavano trasparire la potenza dei bicipiti, il rolex che sottolineava la figura da maschio, anche se non ce ne era bisogno dopo tutto. Le gambe toniche erano fasciate da dei jeans scuri, quasi come il suo abito, con qualche taglio qui e là che lasciava intravedere la pelle al di sotto.
 
Risalì velocemente con lo sguardo, lasciandolo scivolare lungo tutta la sua figura fino in viso, dove si accorse di un sorrisetto vittorioso apparso su quelle labbra.
 
"Passabile" gli disse cercando di darsi un contegno e guardando altrove mentra lo percepiva osservarla con sguardo famelico.
 
Si sentì andare a fuoco sotto quell'esame attento e preciso, leggero ma profondo.
 
Tipico di un puttaniere si rispose da sola. tutto qui.
 
"Non avevi fretta fascista?" chiese con una nota di disprezzo nella voce guardandolo storto, sperando di non essersi spinta troppo in là.
 
Gli occhi di Ste' risalirono quelle lunghe gambe slanciate e flessuose, accarezzandole la pelle con lo sguardo, soffermandosi più del dovuto sul seno piccolo della ragazza. Sembrava quasi pensieroso mentre ancora non spostava lo sguardo. Gaia accigliata si portò le braccia in grembo istintivamente, come per proteggersi.
 
Il fascista finalmente alzò il suo sguardo sul volto dell'ebrea. sorrise provocandola. incatenandole gli occhi con i suoi la vide arrossire. Un dubbio già avuto gli balenò in mente, ma lo scacciò velocemente.
 
Così come Gaia altrettanto velocemente spostò lo sguardo, interrompendo quello scambio di opinioni imbarazzanti.
 
Maledetto! Che possa evaporare lui e tutto il suo corpo.
 
"Vieni" le disse voltandosi e avviandosi all'uscita dopo aver preso delle chiavi, forse di una macchina.
 
Amen.
 
Gaia imprecando per le scarpe che era costretta a indossare, procedé come un pinguino con gran umiliazione, verso la porta.
 
Prima di uscire da quella casa, le venne istintivo inspirare. 
 
Quel profumo, lo adorava, la faceva impazzire, avrebbe vissuto lì in eterno se non fosse per la presenza sconvenevole del fascista.
 
"Che fai?" chiese scocciato Ste' vedendola sostare come un'imbecille poco prima della porta.
 
"Niente" rispose la ragazza alzando le spalle con lo sguardo perso.
 
Inconsueta. Lo avrebbe ribadito fino all'infinito, quella ragazzina era strana.
 
Il fascista si avvicinò alla ducati infilandovi le chiavi e montando abilmente a cavallo della sella.
 
Si voltò verso l'ebrea che lo guardava come fosse impazzito.
 
Gaia si sentì gelare.
 
Già si congelava, e quel pallone gonfiato voleva pure andare in moto? 
 
"Lo sai si, che mi hai obbligato a indossare un vestito?"
 
Ste' si rigirò incurante senza degnarla di uno sguardo. Indossò il casco e si sporse i avanti con il peso in modo da far scattare il cavalletto. Mise in moto e senza guardare l'ebrea iniziò ad accellerare.
 
Gaia sentì il sangue ribollirle nelle vene. Non la poteva lasciare lì! Un minimo di educazione, anche il fatto che a volte non le rispondeva la faceva innervosire. Come se ciò che lei dicesse non fosse degno di nota.
 
"Fascista ..  a-aspetta" non si sarebbe ripetuta, se aveva sentito bene, non lo avrebbe pregato di nuovo.
 
Sorrise sentendola imprecare tra i denti e procedere a piccoli passi verso la moto.
 
Arrivata a pochi centimetri dalla sella, Gaia lo guardò imbarazzata non sapendo come fare.
 
Aveva i tacchi, per la miseria!
 
Arrossendo per la seconda volta in una sera, provò ad alzare la gamba per posarla al di là della sella. D'un tratto il vestito non le permise più di muoversi, bloccandole repentinamente il movimento lento e facendola quasi cadere a terra. Senza volerlo si aggrappò alla spalla del fascista, ricoperta dalla giacca mimetica.
 
Il peso si sbilanciò sulla schiena e Gaia sentì il piede ancorato a terra saldamente vacillare pericolosamente. emise un verso strozzato e chiuse gli occhi, pronta allo scontro con l'attrito dell'asfalto.
 
Ciò che non si aspettava fu un movimento fulmineo del braccio del fascista che si spostò veloce sulla schiena della ragazza.
 
"Muoviti ebrea, non ho tempo da perdere"
 
Gaia lo fulminò con lo sguardo, doveva aspettaselo che l'aveva fatto solo e unicamente per se stesso, per non perdere tempo prezioso in un parcheggio al semibuio.
 
"Se avessi degli scarpini da calcio, per dinci!" ribattè stizzita la ragazza.
 
Di tutta risposta lo sentì sogghignare, probabilmente nel vederla in difficoltà ancora una volta a montare su quella maledettissima sella.
 
Le porse il braccio, forse per velocizzare il tutto, ma Gaia non accennò a sfiorarlo neanche quell'aiuto. era una questione di principio ormai.
 
"A noi due sella."
 
"Non sai cavalcare ragazzina?" chiese con un sorrisetto il fascista girando di poco la testa.
 
"No! Non sono mai stata sopra" disse lei sentendosi realizzata mentre il piede finalmente riusciva a scavalcare l'altro lato della moto.
 
Si siedé rabbrividendo a quel contatto freddo con la pelle gelida.
 
Cercò delle maniglie ai lati ma non ve ne erano. E dove.. no!
 
Piuttosto cadeva. fece finta di niente mentre la sua attenzione venne richiamata dalle parole del fascista.
 
"Vorrà dire che sarò io ad avere il controllo" ghignò. 
 
"Certo, sei tu davanti!" ma di cosa stava parlando? Non ci stava capendo più niente. L'argomento era o non era la moto? Lo guardò aggrottando le soppracciglia, poi vedendo dallo specchietto il sorrisetto malizioso realizzò d'un tratto.
 
"Ma che.. no, tu sei seriamente un pervertito, fatti controllare fascista!" si difese sconvolta.
 
Ma possibile che pensasse solo a .. quello? 
 
"Mettimi le mani addosso ebrea" 
 
"Tsk, davvero? Posso picchiarti?" chiese lei confusa ma entusiasta all'idea
 
"Scema, posa le mani sui miei fianchi se non vuoi volare via di sella" disse lui con voce roca, calandosi la visiera sul viso.
 
Con una mano gli cinse lentamente un fianco, titubante e imbarazzata.
 
Sentiva il suo sguardo scrutarla dallo specchietto come se stesse riflettendo su qualcosa, un dubbio.
 
"L'altra mano?"
 
Gaia alzò subito lo sguardo nello specchietto ad incontrare quello del fascista che la osservava silenzioso. Distolse lo sguardo, per non lasciargli scorgere il minimo cenno di imbarazzo sul suo viso.
 
"P-preferisco tenerla per abbassare il vestito." rendendosi conto che la frase l'avrebbe sicuramente interpretata in un'altro modo, istintivamente controllò lo specchietto per vedere la sua reazione. Il suo sguardo imbarazzato incontrò quello inscrutabile del fascista.
 
Non stava ghignando, non stava ridendo, ne niente.
 
Gaia distolse nuovamente lo sguardo per prima e allacciò i suoi occhi alla schiena dello schierato.
 
Sentì il rombo del motore accendersi di scatto e sussultò di paura per la sorpresa.
 
Rabbrividendo un po' per il freddo un po' per la paura di cadere, si strinse nelle spalle cercando di trattenere il tremolio della mandibola che pareva aver vita propria.
 
Ste' osservò l'ultima volta la sua pelle nivea cosparsa di pelle d'oca, quelle labbra tenute con una sensualità innocente tra i denti, le guance ancora arrossate...
 
Basta! necessitava di una buona scopata.
 
Senza pensare all'ebrea dietro di lui, partì velocemente premendo subito sull'acceleratore.
 
La sentì tendersi come una corda di violino, irrigidirsi come un palo e per la distrazione quasi staccare la mano dal suo fianco.
 
Allarmato le afferrò la mano che si stava allontanando e la tirò verso di se, guidando con una sola mano alla stessa velocità.
 
Le lasciò la mano non appena quella della ragazzina ebrea si posò inconsapevolmente sui suoi addominali.
 
Un brivido innato gli scese lungo la schiena.
 
Doveva.solo.scopare.
 
 
 
****
 
 
 
Liuk procedeva a falcate moderate verso la festa nel freddo della notte. La casa della rosha era proprio pochi isolati affianco casa sua. Così aveva optato per una camminata rinfrescante che gli avrebbe schiarito i pensieri.
 
Istintivamente le sue orecchie registravano quel lieve eco di ciabattio tipico di ballerine o sandali.
 
Ballerine, rosse in questo caso.
 
Si girò a dare un'occhiata a Elle, che chiusa in un silenzio meditativo o timoroso lo seguiva.
 
La ragazza aveva gli occhi bassi a terra, spenti e vaganti tra i ricordi.
 
Dei brividi improvvisi e viscidi al fugace pensiero dell'aggressore le scesero lungo l'esile schiena, facendole venire la pelle d'oca fin sul collo niveo. Si strinse le spalle intimorita.
 
Conosceva la sua scuola? C-come?
 
L'aveva pedinata?
 
Sentendosi di colpo osservata, alzò lo sguardo spaesata. socchiuse gli occhi per vederci qualcosa.
 
Il fascista pochi metri più avanti si era fermato pochi istanti a scrutarla, ma subito si rigirò dandole le ampie spalle.
 
Elle sospirò sconsolata. non la sopportava, questo le era evidente. o meglio, la considerava una bambina stupida e viziata. 
 
Lo guardò piccata, incrociando le braccia arrabbiata, un cipiglio contrariato ma buffo a caratterizzarle il viso.
 
Lei non era una bambina! era una ragazza, e come tale voleva essere trattata.
 
I pensieri le scivolarono di mente quando scorse dietro al fascista una villa enorme.
 
Raggiunse Liuk che si era fermato poco distante. Lo sentì sorridere della sua espressione.
 
"C-che c'è?" domandò innocentemente con le sopracciglia ancora alzate dallo stupore
 
"Mai visto niente di simile vero?" lo sentì dire la ragazza con una nota di saccenza e derisione nella voce.
 
Elle che intanto si era girata di nuovo ad ammirare la struttura dell'edificio, non ci fece caso più di tanto ma si sentì fuoriluogo, strana. Come se lo stesso imponente ma elegante edificio non le appartenesse, come se le porte della villa non la desiderassero veder entrare.
 
Si rese conto che lei... lì, in quel posto, semplicemente non centrava nulla.
 
Si guardò l'abito leggero e tutto colorato che aveva indossato, le calze bianche quasi trasparenti, le ballerine rosse.
 
Che stupida.
 
Si voltò lentamente, arretrando silenziosa nella speranza di non essere costretta a rimanere.
 
"Ragazzina" disse glaciale Liuk
 
Elle sporse il viso infantile verso quel richiamo. Voleva solo andarsene. Solo non fare la figura della bambina in discoteca. Solo non essere notata.
 
"Entriamo" le ordinò freddo degnandola di uno sguardo minaccioso. Elle guardò un'ultima volta la stradina buia da cui erano arrivati. Forse.. forse correndo avrebbe potuto nascondersi in qualche posto e poi aspettarlo tornare a casa.
 
"Vai se vuoi " iniziò annoiato il fascista squadrandola con fare disgustato "lo sanno tutti che sei ancora una neonata" le confidò osservando quegli occhioni dapprima confusi farsi umidi. Non doveva tirare troppo la corda, si ammunì.
 
Elle si sentì persa. Vacillante. Insicura e colpita appieno. Lei infondo era così. E lui era stato così brutale da dirglielo in faccia, brutale ma almeno non falso come tanti altri.
 
Il pensiero però non basto a farla sentire meglio. Il battito del cuore si velocizzò nel petto, e sentiva già le labbra premerle sugli occhi per uscire.
 
Si morse il labbro, combattendo quell'emozione scomoda e infantile.
 
Non ora, si disse, dopo ci sarà tutto il tempo.
 
Lo guardò spavaldamente e forse lui in quello sguardo sfrontato vi lesse la disperazione perché i tratti del suo volto si distesero in una smorfia di stupore. si riprese in pochi secondi, a una velocità tale che Elle pensò di averlo sognato.
 
Liuk la sfidò con lo sguardo a protestare, sapendo che la ragazzina non avrebbe aperto bocca,e si incamminò verso l'entrata.
Poco dopo sentì dei piccoli passi esitanti seguirlo e stirò le labbra in un sorriso sensuale che avrebbe fatto impazzire molte ragazze. 
 
 
*** 
 
 
Elle dopo poco tempo si ritrovò spintonata in mezzo a una calca di persone danzanti, sudate e appiccicosa.
 
Liuk l'aveva perso dopo pochi istanti e si era ritrovata da sola, senza uno straccio di conoscenza.
 
Osservò quelli che stavano in pista. alcune tipe erano disgustosamente estroverse, insomma .. movimenti liberi qua e la, mosse provocatorie che lasciarono Elle senza fiato. Da dov.. ma che? Le ragazze da quando indossavano il reggiseno ad una festa. Solo il reggiseno con dei calzoncini a vita bassa. Era novembre! 
 
Ciò però non sembrava dar alcun dispiacere ai compagni di liceo, che come mosche attratte dal miele si avvicinavano in molti facendo scommesse a volte l'uno con l'altro, avvicinandosi alle cosiddette prede per poi far combaciare i bacini da dietro e iniziare a muoversi sensualmente uno contro l'altra.Baciarsi violentemente, si, perché era questo il termine che Elle avrebbe usato, facendo cozzare le lingue ed emmettendo gemiti o altri suoni insulsi senza alcun tipo di freni sembrava una cosa normale per loro, quasi scontata. 
 
Scandalizzata annaspò in cerca d'aria, e facendosi piccola riuscì a raggiungere il bancone. si accasciò su una sedia e sbuffò stanca.
 
Il giocatore di calcio biondo e tutto muscoli accanto la addocchiò subito e la scrutò con un sorrisetto.
 
"Ehy bellezza"le ammiccò puntandole gli occhi sul viso non prima di averle rapidamente esaminato il corpo. Poteva starci.
 
Elle confusa, sollevò gli occhioni su di lui e vedendo che si rivolgeva verso di lei si guardò timidamente alle spalle aspettandosi di veder spuntar fuori una ragazza stupenda con vestiti succinti.
 
Non vedendo comparire nessuna miss universo, si girò stordita verso il biondo ritrovandolo con un sorriso a fior di labbra. Che idiota si rimproverò arrossendo.
 
"Ehy" sbiascicò sbirciando il nuovo conoscente. una massa di muscoli trapariva da sotto la camicia azzurra, lasciata slacciata volutamente di quattro bottoni.
 
Elle si sentì arrossire fino alla cima dei capelli guardando quel petto. 
 
"Sono Elle" si presentò impacciata con un sorriso sincero.
 
"Alessandro" ammiccò nuovamente il ragazzo costatando che gli sarebbe piaciuto averla sotto di lui. Magra e fintamente innocente, come gli piacevano. Non prese neanche in conto che forse quell'arrossire non aveva niente in comune con una farsa.
 
"Allora .. Elle, prendiamo qualcosa da bere?" la ragazza sgranò gli occhi, sentendosi improvvisamente sulle spine. 
 
"Una vodka lemon" disse mostrandosi sicura ma non sapendo in realtà cosa stesse prendendo. Anita l'aveva nominata così tante volte quella bevanda che il nome le era venuto istintivo.
 
"No bellezza, così mi deludi!" le sorrise lascivo il biondo tentando di spingerla a ubriacarsi "Prendiamo qualcosa di più forte.. vuoi?" a un muto assenso tentennante della ragazza, sentì di aver già vinto " Jack Devil?" Elle annuì nuovamente non sapendo come comportarsi.
 
Il ragazzo però le ispirava fiducia, dunque perché mostrarsi scortese verso che cercava di fare amicizia con lei?
 
Quando le arrivò un bicchierone pieno di alcol, si indicò come per dire "sicuro, proprio per me?" e davanti a un eccessivo assenso del biondo, Elle si fece coraggio e posò le sue labbra sul bordo di vetro.
 
Alzò gli occhi al cielo, preparandosi a disubbedire a uno dei principali divieti imposti dagli zii. una volta sola, che cosa poteva mai contenere un bicchiere? Cercò inconsciamente una persona tra la folla, e quando il suo sguardo incontrò quello di Liuk si sentì avvampare.
 
Un amico gli stava parlando ma lui non ascoltava. al contrario la fissava intensamente con una scintilla di rimprovero. Sembrava minacciarla a distanza, ordinarle di non bere. Elle si chiese se non fosse per il fatto che per la prima volta stava facendo una cosa normale, della sua età.
 
Ignorando di proposito il fascista diede una breve occhiata al biondo che la guardava in attesa, quasi ansioso.
 
Sollevò il piccolo naso impertinente all'insù e chiudendo gli occhi deglutì il primo sorso, poi un'altro e un'altro ancora, come fosse una medicina, non fermandosi neanche ad assaggiarne il gusto, ad assaporarne l'essenza. Il ragazzo al suo fianco sogghignò vedendola tossicchiare leggermente. 
 
"Bene, vai così bellezza, ora .. che ne dici di schiarirci le idee? usciamo un attimo?"
 
Elle sentendosi frastornata e intontita si alzò dalla sedia, rischiando quasi di inciampare in se stessa. vacillante, cercò di seguire il ragazzo tutto muscoli che la guardava con una luce negli occhi. sarà il .. il.. Jack. si, sarà quello.
 
Il biondo la condusse fuori, nel parcheggio buio, sedendosi su una panchina e invitandola a sedersi sulle proprie ginocchia.
 
Elle si poggiò naturalmente sulle sue gambe, massaggiandosi con le piccole mani le tempie che avevano iniziato a duolerle.
 
Sentendo d'un tratto irriggidire le ginocchia sopra le quali era seduta, guardò interrogativa il biondo. vedendolo guardare davanti a se e non il suo volto si girò come a scoppio ritardato dall'altra parte.
 
Sorrise sincera nel vedere Liuk. "ciao" lo salutò con la mano.
 
"Muoviti ebrea" disse glaciale il fascista non degnandola neanche di uno sguardo. stava fissando il biondo.
 
Elle non accennava a spostarsi, ancora confusa da quel cambiamento improvviso di programmi. 
 
"Sono stanco andiamo a casa" ripeté glaciale.
 
"Ma io sto parlando con..." provò a ribattere disorientata Elle indicando il biondo su cui era seduta, ma il ragazzo la interruppe duramente.
 
"Non mi interessa, io  ti ho chiamato, e se non vuoi farti male  muoviti ."
 
La prese violentemente per il polso e la scostò da quelle ginocchia. Elle si divincolò agitata e impaurita ma la presa aumentò soltanto facendole provare una fitta dove pochi giorni prima aveva dei lividi. Liuk diminuì la morsa. la ragazza si voltò verso la panchina ma Alessandro era sparito. Erano soli.
 
"Che diavolo stavi facendo?" le urlò contro Liuk arrabbiato
 
"Stavo seduta" rispose confusa Elle, il fascista non perdeva mai le staffe. Cosa gli era successo?
 
"Questo lo avevo visto" ribattè sarcastico il fascista "ma sulle sue gambe?" le fece notare derisorio.
 
Entrambi camminavano verso la via del ritorno velocemente.
 
"Era stato galante, non mi voleva far prendere freddo" rispose innocentemente lei, non capendo il punto della situazione.
 
"Galante? Ma che cazzo hai bevuto?! Elle quello ti voleva solo scopare!"
 
Elle si fermò in mezzo alla stradina isolata.
 
Il respiro le morì in gola davanti a quelle parole. scosse la testa, mentre mille convinzioni le si sgretolavano per poi cadere come cenere al vento. False illusioni. Lei era bravissima in quello.Guardò Liuk che la fissava dispiaciuto, forse di averla ferita così brutalmente.
 
Elle si sentì a pezzi, annientata dentro, privata delle sue speranze. lo sguardo le si appannò di una rabbia lacerante.
 
"Tu non ne hai il diritto! Capito?" singhiozzò stremata avvicinandolo di pochi passi veloci "Io avrei gestito benissimo la situazione!" urlò a sua volta guardandolo senza paura dal basso in alto.
 
Lo sguardò divertito del fascista la fece infuriare ancor di più, la fece ardere. Liuk riprese a camminare, stavolta varcò il cancelletto del suo appartamento. ancora quel sorrisetto di scherno in volto.
 
"Ne sei proprio convinta?" Elle annuì ripetutamente sicura.
 
"Ne sei sicura?" chiese lui avvicinandosi al suo corpo tremante di rabbia.
 
Il porticato della casa scricchiolò sotto una folata di vento gelido.
 
Liuk le si avvicinò a una tale rapidità da lasciarla sorpresa. Le afferrò il viso con due dita e calò veloce sulle sue labbra morbide e invitanti. Elle senza pensare si strinse a quel corpo asciutto e svettante, spaventata dalla forza che Liuk stava ponendo in quel contatto si tirò indietro spaventata ma il fascista la circondò con le braccia e la tirò contro il suo petto. Elle emise un singhizzo strozzato quando le labbra del fescista furono nuovamente sulle sue, fameliche e possenti. Elle sentì il ragazzo passarle provocantemente la lingua sul labbro superiore e cercò di spegnere quelle sensazioni nel basso ventre che le stavano nascendo.
 
Sentì d'un tratto un pizzicotto su un fianco e aprì la bocca per protestare ma subito le sue parole vennero fermate. Elle si sentì infiammare quando la lingua del ragazzo toccò la sua. Liuk represse un sorriso quando sentì quella di Elle tirarsi in dietro intimidita, così espertamente iniziò a lambirle il palato, poi l'interno della guancia. La ragazza si sentiva in balia del fascista, delle sue mani che ora la stringevano, della sua bocca che la stava torturando con una lentezza estenuante. Si sporse verso di lui per avere di più in una muta richiesta che Liuk non tardò a soddisfare. Le loro lingue danzarono una contro l'altra, facendola fremere e tremare contro il petto del fascista.
 
Elle quasi non si accorse di essere nel corridoio, di star salendo le scale, di star entrando in camera del fascista, di essere stata deposta delicatamente sul letto soffice, troppo presa dalle sensazioni che Liuk le stava provocando. 
 
Liuk voleva da lei cose che non avrebbe potuto dargli.
 
Avvertendo la sua confusione, lui si staccò dalle sue labbra, ma solo per deporle una serie di baci lievi e insistenti sul collo, la clavicola. Il fascista le mordicchiò sensualmente la spalla e la sentì ridacchiare agitata. continuò nella sua discesa ma si rese conto che Elle aveva ancora il vestito indosso. Con la lingua risalì il collo niveo e sottile fino ad arrivare alla linea elegante della mandibola. Elle non riuscì a reprimere un gemito quando il ragazzo le baciò delicatamente il mento e quasi non si accorse che la stava spogliando lentamente. quando sentì la pelle nuda a contatto con quella del ragazzo, rabbridì di piacere, mentre un'ondata di sensazioni le attraversava il corpo fino al seno e poi ancora più giù, fino a concentrarsi in luoghi sempre più intimi.
 
Solo l'intimo a dividerli.
 
Il fascistà la osservò per pochi secondi, era perfetta, la pelle d'oca a costellarle la pelle, un reggiseno rosa salmone che ispirava tenerezza. La guardò in volto. il viso arrossato, le lentigini che le donavano quell'aria innocente, le labbra rosse. Elle cercò con i suoi occhioni verdi i suoi, ma Liuk si piegò sul corpo disteso della ragazza non lasciandole il tempo di inspirare.
 
Le baciò il ventre piatto mentre le mani tracciavano cerchi infuocati sulle gambe esili.
 
Elle strinse il lenzuolo sotto di se mordendosi un labbro per non emettere suoni imbarazzanti. sgranò gli ochhi quando Liuk le prese una mano e la poggiò sulle sue spalle. Esitante, la ragazza iniziò ad accarezzargli le ampie spalle muscolose riuscendo a strappargli un gemito roco, come delle fusa. Lo tirò a se per baciarlo, per sentirsi completa, guidata da una sconvolgente emozione le faceva ardentemente desiderare di essere riempita, di essere saziata.
 
Liuk si impossessò delle sue labbra, la fece sua in un modo nuovo per lui, resistendo all'impulso di toglierle quegli ultimi strati inutili che li dividevano. Un altro bacio profondo e sensuale, rassicurante al tempo stesso. Lui si nutriva della sua bocca ed Elle si sentiva sul punto di svenire dal piacere.
 
La ragazza sentì la mani di Liuk scendere in una carezza verso il ventre che le morzò il respiro quando si posò sulla sua intimità senza preavviso. Un gemito sonoro proruppe dalle sue labbra.
 
Liuk senza spostare la mano, si alzò di poco per incontrare il suo sguardo. Elle si sentiva accaldata, fremente quasi in punto di esplodere.
 
Perché si era fermato? Aveva sbagliato qualcosa?
 
Si sentì nuovamente avvampare sotto quello sguardò, ma non si mosse di un millimetro.
 
Liuk si piegò lentamente sul suo viso arrossato, lo sguardo intenso nel suo.
 
"Vedi piccola" le soffiò delicatamente sulle labbra "non sei in grado di resistere a un fascista come me" disse leccandole un labbro e sentendola fremere "e avresti la situazione sotto controllo con un pavone deficente mai visto?" le chiese con un sorriso derisorio guardandola negli occhi verdi.
 
Una lacrima sfuggì a Elle, che scostandolo bruscamente si rannicchiò di lato quasi a proteggersi. per pochi secondi si lasciò cullare dal proprio respiro, timorosa che se avesse aperto gli occhi si sarebbe ritrovata mezza nuda nel letto di Liuk.
 
Non di chiunque, proprio del freddo bastardo che l'aveva ridicolizzata e derisa in uno dei suoi momenti più .. intimi. pianse ancora. per dimenticare.
 
Le sue mani, c'erano ancora le impronte sulla sua pelle, e sarebbero rimaste indelebili quelle tracce nei suoi ricordi. si girò delusa e amareggiata verso di lui, le lacrime che le rigavano il volto.
 
"Ti sei divertito?" urlò difendendosi "Ma si, scopiamoci la ragazzina ebrea, tanto.." si derise piangendo e tremando. gli faceva schifo, lei stessa si faceva ribrezzo per essersi lasciata toccare da lui.
 
Si alzò vacillante e si diresse alla porta ma non riuscendo subito ad aprirla per via della rabbia che le faceva tremare le mani. sentì un corpo caldo dietro il suo che la fece sobbalzare.si rigirò e si trovò all'altezza del mento il collo del ragazzo. Liuk la guardava, un'ombra di sorriso alleggiava ancora sulle sue labbra.elle poteva sentire il suo cuore batterle in gola in quel momento. sentiva gli ochhi bruciarle per le lacrime salate, le guance arrossate e il corpo attraversato da singhiozzi.
 
Le mani calde del fascista le circondarono delicatamente i fianchi attirandola al suo petto.
 
"Ti sei arrabbiata perché abbiamo iniziato a scopare" le sussurrò con voce roca all'orecchio bollente mentre il seno di lei avvolto dal reggiseno sfiorava i suoi pettorali "o perché non abbiamo concluso?" concluse spietato scrutandola.
 
Elle arricciò il naso e lo spinse via, conscia che lui si fosse spostato di propria volontà e non per la sua forza.
 
"Non mi piace quel termine" sussurrò guardandolo
 
"Poco importa come lo si chiama" 
 
"A me importa" ribattè Elle uscendo dalla stanza.
 
Elle scoppiò a piangere non appena raggiunse il salotto e si accasciò sul tappeto, rannicchiandosi in se stessa e proteggendosi da quel mondo così spietato. 
 
Un pianto silenzioso che pian piano la condusse a un sonno profondo senza sogni.








 un beso e fatemi sapere muahahaah <3

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Capitolo 24
*** shock ***


 
 
QUI GLI OCCHI <3
lo so, enorme, enormissimo ritardo, diciamo colossale.. ma ho cercato di rimediare ben benino ^.^
insomma, questo credo sia il capitolo più lungo che io abbia mai scritto >.<
scrivetemi qualsiasi cosa (oddio magario insulti non proprio ahhahah ) su protagonisti maschili e femminili, domande o consigli, chiarimenti .. insomma tutto ciò che vi passa per la testa, io sarò qui.. muahahah tipo attaccata al computer a vedere
un bacioneee<3<3



  Ste' e Gaia
  Giorgio e Anita
 
 
 
 
 
 
 
Si divertiva.
 
Gaia dopo tanto tempo si stava godendo una serata su tutta l'onda senza alcuna preoccupazione o incubo.
 
Ballava e scherzava con delle compagne di classe carine e simpatiche, entrambe poco più basse di lei.
 
La ragazza aveva notato che quasi tutte erano in vestito, le altre in pantaloncini e top. alla faccia del freddo.
 
E per quanto certi abbigliamenti la lasciassero senza fiato, si era tuttavia sentita più a suo agio fra tutte quelle ragazze semi-vestite in modo osceno.
 
Il suo sguardo venne attirato da Jessica, che lasciva si muoveva come una gatta in calore contro il corpo statuario di Ste' a tempo di musica . La bionda indossava una specie di body, trasparente in alcune zone, che le fasciava il seno strettamente, comprimendolo verso l'alto. una gonna inguinale a incorniciare il tutto.
 
E questo, il fascista sembrava apprezzarlo visto che non le staccava gli occhi di dosso e aveva un sorrisino soddisfatto.
 
Le sue mani sui fianchi di lei, per avvicinarla a se. Per ballare, o strofinarsi a seconda dei punti di vista, ancora più vicini.
 
Una smorfia schifata le si dipense in faccia mentre senza accorgersene si era fermata, ma per poco.
 
Sofia, una delle due ragazze poco più basse con cui si stava divertendo, pensò bene che ballare a bordo della pista non era abbastanza e la trascinò dietro di se in un atto di pazzia.
 
Gaia, presa di contro piede, iniziò a ridere confusa.
 
Dove andava?
 
Dove stavano andando, anzi.
 
Sofia si fermò solo quando furono in mezzo a un gruppo di ragazzi, girati però verso le loro tipe e quindi di spalle.
 
La ragazza, ignorando completamente il punto interrogativo stampato in faccia a Gaia, iniziò a muoversi con movimenti confusi e senza armonia, in una maniera assolutamente buffa che la fece scoppiare a ridere.
 
Stando al gioco, anche Gaia si mise a ballare imitando le ochette della sala che si strusciavano contro i ragazzi.
 
Iniziò a muoversi nel modo più provocante possibile, senza smettere di ridere con l'amica.
 
Si presero le mani e cominciarono a urlare e fischiare nel clamore generale.
 
Era partita una canzone house, "under control" di calvin harris.
 
Il ritmo si fece più incalzante, l'aria più leggera mentre Gaia spalleggiava con l'amica. Il corpo oramai si muoveva a ritmo, seguendo le note, quella melodia che ti entrava con forza nelle vene e ti ritrovavi inconsciamente a farti condurre. 
 
D'un tratto si ritrovò faccia a faccia con uno sconosciuto e l'idea non la eccitò più di tanto. facendo finta di ignorarlo, dedicò tutta la sua attenzione alla sua amica che ora stava ridendo come una scema.
 
Sofia, dopo un'occhiataccia al bestione addolcita però da un sorrisino complice, l'avvicinò prendendola per il polso e dovette urlare per farsi sentire da Gaia.
 
"Quello era Leonardo scema!! E' strafigo!" e le diede una botterella con i fianchi che la fece ondeggiare pericolosamente, visti i tacchi dodici che portava.
 
Un paio di mani le si posarono sulle braccia quando andò a sbattere contro un torace duro e ampio.
 
Cazz
 
Gaia imbarazzata si levò a guardare l'infortunato ragazzo e pregò di non avergli accidentalmente piantato un tacco nel piede.
 
Il suo cuore perse un colpo.
 
Il fascista.
 
La ragazza si staccò immediatamente, come morsa da una vipera, e la reazione lo fece sorridere.
 
Ma non stava ballando con Jessica quello lì? Come aveva fatto a raggiungerla in pochi secondi?
 
Guardandolo perplessa gli rivolse un sorrisino tirato, per poi voltarsi e sperare che .. Leonardo ... si, quello era il nome, se ne fosse andato via con qualche tipa.
 
Incontrò però lo sguardò irato di Jessica, che sembrava volerle lanciare un pugnale alla gola. Sguardo omicida, labbra crucciate a becco di papera, pugni chiusi sui fianchi e gambe rigide pronte per una carica. 
 
Gaia emise una risatina isterica. Tutto ciò era assolutamente ridicolo.
 
Si voltò verso il fascista e notò che una mora semivestita gli si stava strusiando contro il fianco, palpandogli gli addominali. Lui mostrava un sorrisetto sfacciato che però non convolgeva gli occhi. Infatti, malgrado quelle attenzioni gli piacessero, e molto, sembrava .. annoiato.
 
Gaia si girò verso Sofia, che era rimasta a bocca aperta, senza spiccicare neanche una parola, e con gli occhi sgranati. Gaia alzò le spalle e le si avvicinò titubante.
 
Brividi freddi le scorsero lungo la schiena accaldata. Deglutì faticosamente.
 
"Ebrea" la fermò.
 
Gaia si arrestò a quel richiamo, mentre automaticamente il suo corpo si irrigidiva.
 
Si girò trattenendo il fiato. Se l'avesse svergognata davanti a tutte quelle persone.. lei.. 
 
Lei.. lei cosa? Cosa avrebbe fatto?
 
Strinse i denti, pronta ad ascoltarlo.
 
"Mi devi un ballo" mormorò Ste con voce roca e terribilmente sexy. Era così che si comportava per portarsele a letto? Orribile. Semplicemente orribile.
 
Alzando un sopracciglio, Gaia lo scrutò per qualche secondo, prima di acconsentire in un mezzo sorriso.
 
Lo avrebbe ripagato con la sua carta. Voleva ballare, ebbene avrebbero ballato. avrebbe presto cambiato idea.
 
Il fascista se rimase sorpreso non lo diede a vedere, in compenso con un ghigno sornione la prese per mano e la condusse al suo fianco.
 
Gaia andò direttamente a sbattere contro il suo petto, vista la poca delicatezza con cui l'aveva tirata contro di se.
 
Posando la bottiglia vuota di birra, le prese i fianchi e l'avvicinò al suo bacino. Gaia trattenne il respiro. Lui sembrò alleggerire la presa, poi la guardò, incontrando il suo sguardo confuso ma determinato già fisso nel suo.
 
Si era irrigidita, qualcosa la faceva scattare contro di lui. Gli occhi della ragazza erano ancora nei suoi.
 
Gaia rimase senza fiato quando lo sentì muoversi contro se stessa, guidando i suoi movimenti semplicemente con il bacino. Tutta rossa staccò imbarazzata lo sguardo, preferendo guardare altrove. Lui sapeva come muoversi, non c'era altro da dire, il modo in cui avanzava man mano contro la sua pelle, in cui la sfiorava, in cui la dirigeva, il suo ritmo, il suo odore. Sembrava una trappola, una trappola perfetta per adescare ragazze.
 
Il fascista era perplesso.
 
Molti occhi erano puntati su di loro, su di lui in gran parte come sempre, ma questa non poteva essere la sola ragione per cui Gaia rimaneva rigida come un tronco e non collaborava affatto.
 
E non lo guardava negli occhi per di più. Suvvia, ogni ragazza con un minimo di esperienza se voleva farsi calare le mutandine ti guardava lussuriosamente per adescarti.
 
"Che c'è ebrea, non hai mai ballato? Ah no" si interruppe sollevandole il viso tra il pollice e l'indice, fintamente sorpreso. "Tu balli" la guardò mentre lei sgranava gli occhi. Riprese con un sorrisino provocante "non sarà che non hai mai ballato con un ragazzo?" Gaia se possibile, arrossì ancora di più e Ste' capì di averci beccato in pieno.
 
D'un tratto Gaia si staccò, facendo per andarsene ma subito sentì una fitta al polso: la sua mano in una ferrea presa. Sbalzata al'indietro, finì per una seconda volta con le mani a palmo aperto sul suo petto.
 
Incredibilmente, restò ferma, forse troppo spaventata dalla reazione che il fascista avrebbe potuto avere, forse troppo imbarazzata per vedere le espressioni delle ragazze e ragazzi della sala.
 
Ste' guardo quella testolina mora dall'alto, quel corpicino  alto e flessuoso che molte troiette a sua insaputa sicuramente le invidiavano. E quel carattere che lo faceva scattare, che aveva la tendenza a tirar fuori il peggio di lui.
 
La girò lesto, senza darle il tempo di pensare,e fece combaciare la sua schiena con il suo petto. Gaia sgranò gli occhi a quel contatto, poi vedendo che molti ragazzi li stavano guardando con un sorrisino, abbassò lo sguardo mortificata.
 
Le mani del fascista le guidarono i fianchi in un movimento lento ed erotico, ma delicato. c'era differenza tra quello precedente, veloce e violento. Cosa le stava succedendo? Il suo bacino stavolta seguì incosciamente quello di Ste' che continuava a muoversi con estenuante lentezza in movimenti circolari. era un'altra tecnica di abbordaggio? Sentì una sensazione piacevole nel basso ventre. Perché stava con lei, ora, in questo momento? Cosa voleva ottenere?
 
"Smettila di pensare" le sussurrò all'orecchio mentre le carezzava la spalla con le labbra "Lasciati andare ebrea"
 
Ste' fece finta di non notare i brividi di pelle d'oca che le contornavamo il collo ma non poté reprimere un sorrisetto.
 
La sentì muoversi, lasciarsi guidare con maggior libertà. La ragazza stava allentando le redini.
 
D'un tratto si staccò da lei, rigido e brusco, e lo vide allontanarsi verso il bar.
 
I piedi della ragazza si mossero seguendo inaspettatamente i suoi passi.
 
"Cos'hai?" chiese confusa
 
Ste' non si degnò di risponderle. Come aveva potuto? Come aveva potuto essersi eccitato a tal punto solo sentendola muoversi contro di se. Jessica, aveva bisogno di lei.
 
"Due birre" sentì dirle al barista che era rimasto a bocca aperta. Come poteva non averlo notato? Lei, se ne stava lì, seduta e ignorante degli sguardi maschili che mezza stanza le volgeva. aveva l'istinto di menarla. Come cazzo poteva essere così .. sprovveduta? Stupida? 
 
"Ecco tesoro, solo per te" le disse con un sorriso smagliante il barista. Cos'era quel sorriso? mancava uno sfigato in effetti.
 
Gaia lo guardò preoccupata. La stava fulminando con lo sguardo proprio come pochi minuti prima Jessica aveva fatto. era vero, lei .. non .. non aveva mai ballato in coppia con un ragazzo, ma non credeva di essere andata a tal punto così male da meritarsi una lezione. 
 
E se..
 
Punita.
 
Essere punita.
 
Queste due parole le risuonarono improvvisamente in mente come un avvertimento e il suo corpo si irrigidì d'un colpo. Ste' sembrò non notare il cambiamento nel suo sguardo, da apprensivo e mortificato a terrorizzato. Jessica arrivò improvvisamente, tanto velocemente quanto il fascista la baciò impetuoso. 
 
Le si mozzò il respiro. Tutti i propositi di chiarimento andarono a quel paese nel giro di pochi nanosecondi. chi si credeva d'essere? Lui e quella gatta in calore.. una coppietta perfetta, perfetto! che se ne stesse lontano dieci chilometri da lei però. Che non slinguazzassero proprio difronte a lei. contegno, pudore.
 
Stizzita si alzò e andò fuori dal locale, intravedendo due figure litigare qualche decina di metri più in là. Elle! Dio, se ne era scordata, completamente dimenticata, del fatto che ci sarebbe stata anche lei quella sera, altrimenti l'avrebbe cercata in lungo e in largo.
 
Sentì solo poche parole visto che Elle si interompeva per singhiozzi o silenzi pieni di rancore. Liuk non sembrava se stesso. Il fascista freddo e calcolatore era sparito, al suo posto c'era un ragazzo che stava uscendo dai gangheri.
 
"Quello ti voleva solo scopare Elle!" urlò d'un tratto Liuk dopo aver sentito qualche parola di Elle che non le giunse alle orecchie.
 
Impressionantemente ciò non la sconvolse più di tanto, d'altronde il fatto che la stesse "sgridando" chiaramente significava che ciò non era minimamente successo, ma si sentiva febbricitante, in attesa di qualcosa. Era scattato, nato un qualcosa tra quei due e lei ne stava vedendo le conseguenze.
 
E testimone era il fatto che l'avesse chiamata per nome. 
 
Elle, proprio Elle.
 
Nessun "lurida sporca ebrea" o "ragazzina ebrea" o semplicemente "ebrea". Niente di niente.
 
Osservò Elle tendersi improvvisamente, irrigidirsi scioccata e poi furiosa. 
 
Si allontanarono dalla sua vista, sparendo man mano nell'ombra del vicolo buio. Gaia meditò se seguirli o meno. poi rientrò controvoglia. Voleva starsene un po' da sola, ma fuori da sola aveva un po' paura. Alzando le spalle, si incamminò verso i bagni femminili.
 
Almeno aveva un luogo in cui stare finché il principino si sarebbe deciso a andarsene.
 
Persa nei suoi pensieri, aprì la porta.
 
Sconcertata, si paralizzò davanti all'immagine che si ritrovò davanti.
 
Jessica Lunghini stava seduta sul lavandino, a gambe completamente spalancate, mentre due spalle ampie erano inarcuate tra le sue cosce. La bionda gemeva a gran voce, emettendo suoni al di là dell'osceno. Gaia si interrogò sulla natura del maleficio per cui non avesse sentito quei gemiti. La gonna era alzata e svolazzava sul lavandino e sul ventre, ciuffi di capelli mori emersero dall'incontro delle cosce.
 
Prima che il ragazzo potesse alzarsi completamente, Gaia si ritrasse il più velocemente possibile dietro un muro.
 
I gemiti si spezzarono per pochi secondi.
 
Gaia sentiva il cuore martellarle nel petto, la pelle accaldata. Dio, che vergogna! 
 
Non potevano scoprirla lì, semplicemente non potevano. come si sarebbe giustificata? Ero a caccia dello scoop?
 
Silenzio.
 
Gaia deglutì.
 
Si sentì un fruscio, come dello strusciare fra pelle e pelle, poi i gemiti ripresero.
 
Silenziosamente raggiunse l'uscita e si precipitò fuori cercando di non precipitare sui tacchi vertiginosi.
 
Varcò l'uscita del locale, con l'aria gelida che le entrava nei polmoni.
 
Poco dopo qualche minuto, scorse il fascista venire contro di lei, visibilmente più rilassato, i capelli spettinati e il solito sorrisino deficiente stampato in faccia. 
 
La squadrò qualche secondo, serio. il suo sguardo le bruciava sulla pelle ma Gaia lo fissò in egual modo. 
 
Sapeva che lei era stata presente?
 
"Muoviti ebrea" la superò scendendo i gradini che davano sul parcheggio, distaccato come sempre.
 
"C-cosa?" sussurrò confusa la ragazza.
 
Ste' l'osservò un'ultima volta prima di voltarsi, lo sguardo scettico. Sembrava volerle leggere dentro qualcosa.
 
"Andiamo a casa"
 
 
 
 
***
 
 
 
Gaia lo seguì sbadigliando sonoramente. Ste' accese le luci e poggiò le chiavi della moto su un mobile del soggiorno.
 
La ragazza stava inspirando a occhi chiusi, lentamente e con un tiepido sorriso che delicato le appariva sul viso.
 
Il fascista si girò alzando gli occhi al cielo.
 
"Non sono strana io" lo rimbeccò lei leggendogli l'espressione del viso
 
"No certo, sei normale ebrea"
 
"è la casa" ribatte lei convinta mentre si sfilava dolorosamente i tacchi. Vesciche rosse le apparvero sulle caviglie.
 
"Come?" chiese Ste' disinteressato osservandola dall'alto al basso.
 
Gaia non badò troppo a quello sguardo. D'altronde ormai non le faceva ne caldo ne freddo.
 
".. profuma di buono.. credo" abbassò gli occhi torturandosi le mani.
 
Sicuramente avrebbe pensato ancora peggio ora. Che cretina.
 
Alzò di poco lo sguardo, giusto per vedere di striscio la sua espressione, ma i suoi occhi incontrarono quelli del fascista. La stava osservando. di nuovo. 
 
Gaia non abbassò lo sguardo, al contrario lo fissò dubbiosa. 
 
Che avesse capito? Che l'avesse vista o sentita?
 
"Si direbbe che tu abbia tenuto un ritmo frenetico stasera" alzò il mento Ste' in direzione dei tacchi.
 
"Grazie a te" ribatté piccata Gaia, poi si accorse dell'errore e cercò di porvi rimedio "insomma, si, quando mi hai costretta a ballare" deviò frettolosamente
 
"Strano, per caso hai corso?" la guardò con un sorrisetto deficiente dipinto in faccia
 
Gaia si gelò.
 
"N-no" l'avrebbe punita? Rinchiusa nello sgabuzzino? Ancora?
 
La ragazza sentì il morbido tessuto del divano dietro di se, stava indietreggiando e manco se ne era accorta. Fantastico. Posò di striscio lo sguardo sul divano ma quando lo rialzò verso il fascista, quest'ultimo non era che a pochi centimetri da lei. 
 
Gaia saltò come una molla, e per sbaglio cadde goffamente sul divano. Subito imbarazzata cercò di sistemarsi il vestito e di abbassarselo, ma Ste' le fu sopra in un istante.
 
Le sue mani cercarono di abbassare nuovamente l'abito, ma il corpo del fascista glielo impediva.
 
Una risata isterica le sfuggi dalle labbra. Sentiva il suo sguardo addosso, lo percepiva osservarla e quel suo provare piacere dall'umiliarla.
 
Gaia si perse nei suoi occhi, in quei due pozzi profondi e inscrutabili, velati da rancore e freddezza. Rabbia repressa pronta a esplodere, forse.
 
La sovrastava ora come ora, lei distesa in lungo, sotto, lui sopra, appoggiato agli avanbracci su cui scaricava il peso. Pregò che fosse veramente palestrato come sembrava e che non le cadesse addosso. O si lasciasse cadere.
 
Lo vide piegarsi velocemente sulle sue labbra, scartandoall'ultimo verso il suo orecchio.
 
"Piccola ebrea, non si fa la spia" le sussurrò con voce roca. Gaia rabbrividì percependo una scia umida sulla sua spalla. 
 
"N-non so di cosa t-tu .. " stava balbettando? Doveva essere convincente, accidenti "Non so di cosa tu stia parlando" affermò, stavolta più sicura. La ragazza sperò con tutto il cuore che le avrebbe creduto.
 
D'un colpo sgranò gli occhi. Il fascista le stava disegnando piccoli cerchietti infuocati con la punta del naso sulla pelle delicata tra collo e orecchio. Ste' alitò sulla sua pelle nivea, per poi inspirarci a pochi millimetri. Lo sentì risalire la sua pelle d'oca, sfiorarla e al contempo annusarla, fino alla zona più sensibile. Un gemito strozzato le proruppe involontario dalle labbra che teneva sigillate dai denti. Gaia sgranò gli occhi.
 
Non poteva averlo fatto, non poteva essere successo veramente. era bastato solo il suo tocco. incredibile.
 
Voleva sotterrarsi, in quel preciso momento voleva solo sparire dalla sua vista.
 
Il fascista si alzò, in modo estenuantemente lento.
 
Il suoi occhi erano sorpresi, la bocca socchiusa. Le parve che di andare in ebollizione per un momento, quando notò che qualcosa nel suo sguardo era cambiato. Ora la osservava con una scintilla negli occhi, rovente e pericolosa. E lei non si voleva scottare.
 
Si appiattì contro il divano, girando la testa in direzione del soggiorno e per poco non le venne un infarto.
 
Seguendo il suo sguardo, Ste' incontrò il viso austero della madre e quello disinteressato del padre. Di malavoglia e svogliatamente si alzò da sopra l'ebrea.
 
"Buonasera figliolo" salutò il padre iniziando a incamminarsi come se niente fosse verso la camera da letto. Uno sguardo gelido della moglie scarna lo fermò.
 
"Ci spiegheresti chi è questa .. questa " Gaia chuse gli occhi, aspettando triste un epiteto poco carino "compagna?" 
 
Gaia batté le ciglia più volte, confusa. Come faceva a sapere che erano compagni? Manco si era presentata. Ma se di scuola non avevano parlato, compagna di cosa? Ripensando alla situazione equivoca nella quale erano stati sorpresi, Gaia sgranò gli occhi, arrossendo immediatamente. 
 
Sentì il fascista ridacchiare al suo fianco osservandola e pensò che sarebbe anche potuta morire lì, ora.
 
"L'ebrea dorme qui mamma" disse semplicemente il fascista. la donna ammutolì.
 
Gaia spalancò gli occhi. Non l'aveva manco smentita la domanda semi-accusatoria? Non aveva pensato che magari per lei fosse motivo di forte imbarazzo?
 
"Io non sono una sua compagna, o meglio si .. " si contraddisse agitata. stava entrando nel pallone. "Di scuola. Sono una compagna di scuola"
 
Sbirciò in direzione della donna, che perseverarava guardandola di mal'occhio.
 
"Non avrà problemi a dormire sul tappeto allora" la squadrò tuttta, chiaramente disprezzandola. Gaia si chiese se non fosse per le sue origini.
 
"Cara, lasciamola sul divano" tentò di intervenire bonario il marito. la donna stizzita gli riservò un'occhiataccia ammonitrice e l'uomo si diresse sbuffando stanco in camera alzando le mani all'aria, come a dire -la mia parte l'ho fatta-.
 
Gaia si sentì morire dentro. Non un'altra notte. Non ce l'avrebbe fatta di nuovo su un pavimento freddo, duro e scomodo.
 
Guardò rassegnata veso il tappeto, conscia che lo avrebbe usato come coperta una volta che sarebbe stata sola. Magari avrebbe potuto rannicchiarsi contro il divano e rintanarcisi di schiena. Le vennero le lacrime agli occhi ma si impedì di versare una sola lacrima, per quanto la situazione fosse a suo svantaggio.
 
"Dormirà nella mia stanza" ribatté glaciale Ste' senza smuoversi più di tanto.
 
La madre lo fulminò con tutta la disapprovazione possibile, ma lui non se ne curò minimamente, lasciando Gaia a bocca aperta. Rivolgendosi proprio a lei, le fece un cenno con la testa per indicarle di seguirlo e così la ragazza fece dopo aver preso i tacchi in mano.
 
Entrarono in una stanza buia, illuminata solo dalle finestre aperte che lasciavano passare i raggi di luna. Gaia ammirò in segreto quella stanza moderna e dai toni maschili forti, ma si guardò bene dal mostrare il suo apprezzamento.
 
Una maglietta le venne lanciata in faccia e dedusse che sarebbe stato il suo pigiama. Si guardò in giro spaesata. Era sola, il fascista doveva essere andato in bagno. 
 
Più tardi il fascista scese in cucina per prendere un sorso di birra mentre sua madre gli si fece incontro inviperita.
 
" Non avevi dirito di portarla in casa mia" squittì arrabbiata notando il suo asciugamano in vita. Torso nudo. Si era scopato quella putanella ebrea sotto il suo tetto, inaccettabile. Non avrebbe dovuto permettersi.
 
"Mamma" ribattè lui con un tono fintamente dolce "Faccio, e farò, come più mi aggrada" le rispose lui in un sorrisetto minacciso che la zittì.
 
Suo padre, uno smidollato sempre indaffarato che non aveva mai avuto tempo da passare con lui. Sua madre, fredda e distaccata, stronza. Forse qualcosa aveva ereditato da entrambi.
 
In silenzio si incamminò verso la sua stanza dove la ragazzina ebrea dormiva nel suo letto già da venti minuti.
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Elle si svegliò, doveva essere pure presto vista la mancanza di ogni tipo di movimento o rumore.
 
Boccheggiò in cerca di aria.
 
Aveva bisogno di aria gelida.
 
La testa le stava scoppiando, vedeva girare tutto senza mai fermarsi un secondo in una precisa posizione.
 
Cos'era questo? Un post-derisione sommato a un post-primasbornia?
 
Si alzò a fatica, le braccia tremanti che la sostenevano appena. Non appena fu in ginocchio si prese la testa tra le mani. Non voleva smettere di ronzare.
 
Oggi era .... si, il ... giorno. Ne mancavano quattro alla fine di tutto quello. probabilmente dopo avrebbero ripreso a sfotterla e sbatterla per terra.
 
Non che poi ora si trovasse in un'altro posto. Elle socchiuse gli occhi,osservando quel tappeto sul quale la notte precedente si era rannicchiata tra le lacrime.
 
Ricordava tutto. Ogni singola emozione, ogni singola azione o movimento. anche il motivo osceno per cui Liuk l'aveva degnata di attenzione.
 
Lei era una .. come aveva detto ? Ah si, una neonata.
 
L'aveva lasciata illudersi di star provando piacere, era pure un bravo attore pensò con un nodo alla gola.
 
Era questo che meritava lei? Dopo .. averla.. spogliata, baciata, assaggiata .. toccata. 
 
Era stato crudele.
 
Lui lo sapeva, Elle ci avrebbe potuto mettere la mano sul fuoco, che lei era vergine.
 
Era ancora più imbarazzante sapere che il fascista ne aveva la certezza.
 
Ora più che mai.
 
Un suono attirò la sua attenzione in cucina. a carponi tentò di alzarsi.
 
Lentamente raggiunse la cucina, ignorando volutamente lo stato pietoso in cui doveva essere.
 
Stupita sgranò gli occhi. una signora sulla quarantina stava preparando una torta e indaffarata com'era non l'aveva, per sua fortuna, neanche notata.
 
Elle la guardò affascinata mentre il dolore alla testa si attenuava poiché concentrata su suoni piacevoli e nuovi.
 
La donna si affecendava in una cosa dopo l'altra, con la massima concentrazione e velocità ma comunque con un sorriso rilassato in volto.
 
"Puoi aiutarmi, se desideri cara" la sorprese la signora di spalle mentre rompeva le uova.
 
Elle si irrigidì contro la porta
 
"Scusi, i-io non volevo disturbarla" sussurrò impacciata mentre la osservava buttare il primo guscio vuoto nel patume.
 
"Ma figurati, nessun disturbo" la donna si girò e degli occhi azzurri la squadrarono dolcemente "mi farebbe comodo in effetti un'aiutante"
 
"Elle"
 
"Anna" ribatté quella in tono simpatico
 
"Lei.. è.."
 
"Si, in persona, sono la mamma di Liuk"
 
Elle si sentì arrossire fino alla punta dei capelli. Aveva per caso sentito.. ciò che.. ieri sera?
 
La donna notò le guance della ragazza diventare bollenti e ridacchiò sommessamente.
 
"In effetti è strano sai, le altre non restano fino alla mattina, di solito io e mio marito le sentiamo sgusciare via all'alba, quando credono che due vecchietti come noi siano addormentati" 
 
L-le altre?
 
Un colpo sordo al petto.
 
"Io e Liuk non abbiamo fatto l'am.. " si bloccò in tempo e arrossì ancora di più. "amore" che stupida parola, come le era venuto in mente? Sicuramente era sembrata ancora più infantile.
 
"Sesso?" le consigliò la donna divertita
 
"S-si.. insomma quello" rispose Elle con lo sguardo basso.
 
"lo so, non saresti qui altrimenti. non le lascia rimanere sai? Non credo gli piaccia averle d'impiccio il giorno dopo" disse tra se e se sconsolata.
 
Elle si guardò i piedini scalzi che tutto a un tratto erano diventati tanto interessanti. Doveva mettere lo smalto.. si, uno chiaro presumibilmente.
 
"Allora, sbatti le uova e mettile nella ciotola" Elle la guardò sconcertata non sapendo manco da dove iniziare.
 
-è semplice, ce la puoi fare- si rimbrottò da sola. prese un uovo in mano e lo guardò indecisa. La punta doveva essere sbattuta? O a metà? La percepì sorridere intenerita e divenne ancora più rossa.
 
"Tesoro devi fare così .. guarda... prendi al bordo .. un colpo secco .. afferri qui .. lasci colare tutto.. dai un'ultima botticella e poi butti" Elle incoraggiata afferrò il terzo uovo e cercò di fare del suo meglio anche se parte del guscio cadde dentro la ciotola.
 
Si mise a ridacchiare dall'imbarazzo e poco dopo anche la signora si unì alla sua risata cristallina.
 
Elle la guardò negli occhi, emozionata da tanto interesse. La donna aveva occhi materni: caldi, profondi e comprensivi eppure così svelti a capire.
 
"La tua mamma non ti ha insegnato?" chiese la signora con un sorriso mentre cercava di tirar su il pezzo di guscio.
 
Un'altro colpo.
 
Stava cedendo, il suo cuore stava cedendo.
 
Elle sentì come un vuoto dentro, improvviso e devastante. Nessuno le ricordava mai il passato, e lei faceva di tutto pur di non affrontare l'argomento.
 
"Non ne ha avuto il tempo, credo" disse in un sussurro
 
La donna si fermò all'istante, comprendendo subito il fallo appena compiuto.
 
La ragazza aveva gli occhioni lucidi persi tra pensieri tristi, ricordi che lei involontariamente aveva risvegliato. non pensava di toccare un suo punto debole, altrimenti non avrebbe neanche acennato quelle poche parole. Elle, così si chiamava, sembrava diversa. diversa da tutti quei vuoti manichini che Liuk per sfogarsi si portava a casa e le dispiacque immensamente di averla rattristata.
 
"No, non si preoccupi, sbaglio io a non andare .. avanti" Elle d'un tratto sentiva gli occhi secchi, e scoprì che per la prima volta non riusciva a piangere. Tutte le  lacrime evidentente erano finite sul tappeto la notte passata.
 
"Non si sbaglia mai a ricordare Elle" le disse affettuosamente la donna "Mai, anche se fa male, il passato ci rende ciò che siamo nel presente" le sorrise comprensiva
 
Elle si sorprese desiderosa di un abbraccio e senza pensarci si tuffò tra le braccia della signora, già aperte per rifugiarvi un corpicino esile.
 
Le mani della donna le accarezzarono la schiena, lasciandola sfogare.
 
Per Elle fu una sensazione unica. Rara ma bellissima.
 
Quando si staccò prese un respiro e le sorrise felice. La testa ancora rumorosa, ma il cuore più leggero del solito.
 
Sentì la porta sbattere in un tonfo.
 
"Ti conviene sbrigarti se devi andare a scuola" le consigliò Anna.
 
Ma Elle non stava pensando minimamente al fatto di non avere vestiti di ricambio, ma solo a quanto qualcuno aveva sentito del suo discorso.
 
Liuk era uscito.
 
 
 
****
 
 
 
Anita le aveva lasciato la sedia libera nel banco a due. adorava quella ragazza, gioì Gaia.
 
Aveva dormito benissimo, nel terpore di un letto caldo e morbido, il mal di schiena era praticamente sparito e aveva anche sognato. Arrossì nel ricordare che appena svegliata si era ritrovata contro la schiena del fascista, praticamente appiccicatagli.
 
Senza aspettare che il suo risveglio, la ragazza era sgusciata via di casa e si era incamminata con la musica nelle orecchie, un "prestito" di Ste', verso la scuola.
 
"Ehy" la salutò calorosamente Anita. Gaia la osservò un'attimo in tutta fretta, prima di scaraventare lo zaino semivuoto ai piedi del banco.
 
La ragazza era seduta con una ginocchia al petto e l'altra incrociata sulla sedia; il cellulare in mano; un sorriso in volto; Giorgio dietro.
 
Qualcosa non quadrava.
 
Addocchiò circospetta il ragazzo, e lo trovò stranamente rilassato in sua presenza, quasi come se lei non fosse lì. con brevi e svelte occhiatine -le parve- il fascista controllava il viso sereno della sua amica, come fosse in ansia per qualcosa, come quando si è pronti per aiutare qualcuno che sta per avere un problema.
 
Con la fronte crucciata, tirò fuori il suo libretto delle giustificazioni nuovo di pacca, avvolto ancora nella plastichina.
 
Sbuffò sconsolata.
 
"Problemi ?" chiese Anny dubbiosa
 
Gaia sentì gli occhi del fascista posarsi su di lei per un breve attimo.
 
"No, no" era ritornato con lo sguardo sul cellulare.
 
Un altro compagno di classe entrò e si posizionò in prima fila.
 
"Ok si, due cose" spiegò velocemente guardandola negli occhi e aspettandosi la massima attenzione
 
"Prima: non so fare una firma falsa e non ho la minima idea di come giustificarmi per l'assenza di ieri" Anny si preoccupò all'istante e il suo viso si tese in ansia per l'amica.
 
Con una rapidità tale da confonderla Giorgio afferrò il libretto e dopo aver preso una penna nera e guardato la firma di sua madre in alto, velocemente la riprodusse tale e uguale.
 
Il mento di Gaia per poco non toccò il pavimento. come diavolo.. ?
 
"Esperienza" disse semplicemente alzando le spalle.
 
Anita le sorrise a trentadue denti, e la incitò ad andare avanti.
 
Gaia deglutendo si guardò intorno, per poi puntare lo sguardo su Giorgio. Lui magari le avrebbe potuto dire qualcosa di più sulla situazione di ieri sera.
 
Si siedè educatamente a ginocchia vicine sulla piccola sedia.
 
"Ieri sera Elle e Liuk stavano litigando" appena aprì bocca le sembrò di avere tutta l'attenzione su di se " e lui.. bhe.. non era lui " bofonchiò
 
"Cazzo dici ebrea?" 
 
"Dico, caro fascista" sbottò irritata la ragazza "che Liuk stava urlando, e anche se ne so da poco poco sul suo conto, non mi sembra che sia dedito a perdere le staffe, men ché meno con Elle che non farebbe male a una mosca." ribadì frustrata Gaia sfidandolo con gli occhi a obbiettare le sue parole
 
Giorgio rimase zitto per un istante, senza però abbassare lo sguardo.
 
"Oggi mio cugino in effetti era parecchio su di giri " pensò ad alta voce Anita " insomma quando ci ha visti arrivare insieme a scuola, ha dato di matto." la sua voce traballò per qualche istante.
 
Giorgio si mosse nervoso sulla sedia. 
 
Quindi era così.
 
A quanto pare non solo Elle era rimasta male l'altra sera, forse qualcosa che la sua amica aveva detto l'aveva turbato profondamente. Forse. Improbabile.
 
Ma possibile.
 
 
 
 
***
 
 
 
Gli occhi le si chiudevano, le palpebre faticavano per restare aperte e la sensazione di confusione in testa e mal di stomaco non era svanita, ma si andava accentuando.
 
Elle si prese la testa tra le mani in cerca di un po' di conforto.
 
Sospirò stremata.
 
Non si sentiiva così male da un paio d'anni, e quella sensazione di dover vomitare.. lei.. la percepiva come un peso liquido sullo sterno che non si decideva a scendere o a salire.
 
Stava lì, provocandole un dolore atroce alla pancia che lei si stava tenendo con le braccia.
 
"è così infattibile la mia materia, sigorina?" l'insegnante di italiano la guardò con aria da rimprovero. i capelli biondi spettinati e lasciati liberi sulle spalle ricurve, gli occhiali piccoli e stretti sulla punta del naso. le labbra sottili delineate da una smorfia di disgusto.
 
"P-posso andare tre secondi al bagno?" biascicò la ragazza guardandola supplicante.
 
La donna le fece un cenno con la mano, come a pregarla di abbandonare quella classe.
 
Un "sciò sciò", come l'avrebbe chiamato Elle.
 
Velocemente e sotto gli sguardi dei compagni di classe, Elle sgusciò via, troppo provata anche solo per arrossire dall'imbarazzo di avere tutta l'attenzione su di se.
 
Il corridoio era isolato, illuminato solo dalla luce delle finestre. la ragazza camminò lesta verso il bagnò femminile situato in fondo a sinistra. Per fortuna i bidelli a quell'ora erano nell'altra ala del'edificio.
 
Girò l'angolo e le si bloccò il respiro in petto.
 
Liuk stava baciando la rosha di cui non ricordava mai il nome, intrappolata contro gli armadietti dal corpo agile del fascista. Non la stava solo baciando con quella che le parve una brutale passione, ma aveva anche una mano infilata sotto la sua gonna e la ragazza emetteva gemiti che venivano prontamente soppressi dalla bocca di Liuk, famelica su quella della putt- no, non lo era.
 
Elle si morse le labbra mentre gli occhi le si riempivano involontariamente di lacrime.
 
La rosha ne era semplicemente innamorata, forse.
 
Lei che c'entrava dopo tutto?
 
Un'ebrea. 
 
La sua mente le gridava di andarsene, di lasciarli continuare e di scappare via, il più lotano possibile.
 
Eppure il su corpo non le rispondeva, non riusciva a smettere di fissare.. fissare quella mano che si muoveva rapida o il viso estasiato della ragazza, i loro corpi avvinghiati.
 
Fu troppo.
 
Improvvisamente un coniato di vomito le salì in gola e Elle sentì il sapore della bile bruciarle il palato e gemé sofferente.
 
Iniziò a correre incurante del fatto che i due si sarebbero accorti della sua presenza visto che doveva superarli, ma il bisogno di liberare la bocca da quel liquido corrosivo, di stare meglio dopo molte ore era intollerabilmente troppo.
 
Sorpassò quasi cadendo il gradino dell'entrata femminile e si precipitò verso una cabina.
 
Spinse la porta e non si curò minimamente di chiuderla, mentre le ginocchia le cedevano d'un colpo e si sentiva la testa scoppiare.
 
Si sporse verso il vater e estenuata rigettò tutto, mentre sentiva il corpo tendersi in coniati violenti. Vomitò tutto, anche i succhi gastrici visto che non aveva fatto colazione e la sera precedente niente se non un jack.. qualcosa.
 
Elle si sentiva debole come non mai, e appena pensava fosse finito un'altro sussulto la avvertiva che qualcosa da rigettare ancora c'era.
 
D'un tratto un braccio forte le circondò i fianchi e il ventre piatto irrigidito per i rigetti mentre una mano delicatamente le afferrava i capelli e glieli toglieva dal viso.
 
Riconobbe immediatamente quel profumo anche se ora era mischiato a un forte aroma femminile che la disgustava.
 
Per fortuna il corpo del ragazzo non si posizionò dietro al proprio, ma accanto.
 
Liuk aveva intravisto le ballerine rosse e si era precipitato. Quello era il fottuto termine.
 
Elle si accorse di star piangendo solo quando sentì qualcosa di umido sfiorarle il viso prima di cadere.
 
La mano sul ventre le massaggiò la pancia tentando di attuire anche se in minima parte il suo dolore allo stomaco.
 
Elle tremando sputacchiò gli ultimi avanzi di bile e posò le mani pallide sulla tavoletta che Liuk aveva chiuso.
 
Mise a fuoco per un momento le proprie dita, fini e di un bianco malaticcio, che animate di vita propria cercavano di sostenerle parte del busto.
 
Singhiozzò stremata.
 
Si sentì adagiare contro il petto del fascista che la cullò come fosse una bambina.
 
Il sollievo fu immediato.
 
Lo lasciò fare, troppo stanca anche solo per alzarsi, troppo rilassata di essere solo tra le sue braccia.
 
Liuk strinse a se quel corpicino esile, portandoselo sopra le gambe e appoggiando la testa sopra quei capelli morbidi.
 
La situazione sarebbe parsa a molti assurda, impossibile, visto che un fascista come lui, freddo e distaccato, ora stava semi-sdraiato con un'ebrea tra le braccia.
 
Aveva un'odore strano..
 
"Questo è il mio maglione della radfloren?" le sussurrò contro i capelli
 
La sentì annuire impercettibilmente.
 
"Anche tu hai un' altro odore addosso" sussurrò con voce roca ma comunque involontariamente dolce la ragazza.
 
Un'altro odore.
 
Ah già.
 
E in tutto questo aveva d'istinto abbandonato di scatto nel bel mezzo di una sveltina una ragazza niente male, con le curve al posto giusto e dei capelli rossi che le davano un'aria totalemente sensuale.
 
Una domanda risuonava nella mente del ragazzo. una domanda scomoda che decise temporaneamente di accantonare del tutto.
 
Elle socchiuse gli occhi, quasi si addormentò sentendo il ritmo costante del battito di Liuk.
 
"Cosa hai sentito stamattina?" sussurrò d'improvviso Elle contro la sua pelle.
 
Liuk rimase in silenzio per un po' e la ragazza si rassegnò al fatto che non le avrebbe risposto.
 
"Solo la parte di tua madre" mentì il fascista.
 
In realtà era sceso abbastanza presto, e l'aveva trovata sulla porta della cucina intenta a osservare sua madre, a giudicare dai rumori. Aveva notato anche quel "non abbiamo fatto l'am-" che Elle aveva pronunciato, ma non volle metterla in imbarazzo in quel momento.
 
Possibile che fosse così innocente? Per lei significava davvero "fare l'amore" e non sesso?
 
E poi con lui? Liuk non voleva illuderla da questo punto di vista.
 
Elle sospirò rincuorata, almeno non aveva udito il discorso imbarazzante con sua madre.
 
Sapeva che doveva alzarsi ma l'idea non la entusiasmava minimamente. Inoltre avrebbe avuto il viso tutto sporco e puzzolente e sarebbe di certo arrossita come suo solito.
 
Si staccò a malincuore dal suo petto caldo e si mise a carponi con il viso chino.
 
Il ronzio era quasi sparito ma ora si sentiva spossata e in fin di forze, come se fosse stata appena investita da un tir.
 
Tentennante cercò di alzarsi in piedi, eppure un capogiro fece per riportarla a terra e Elle emise un verso strozzato, ma di nuovo un braccio avvolse la sua vita e la sostenne.
 
L'elettricità che inconsciamente emanava il corpo della ragazza verso quello del fascisa e viceversa era palpabile.
 
Elle percepiva lo sguardo di Liuk su di se ma non volle alzare lo sguardo.
 
"Vieni, ti porto in classe" le disse glaciale
 
"A-aspetta" Elle si staccò dal suo corpo e si diresse lentamente ai lavandini, dove aprì un rubinetto e si bagnò il viso. poi sputò un po' d'acqua per disfarsi di quel sapore.
 
Chiuse il rubinetto e raddrizzò le spalle, tentando di darsi un po' di contegno.
 
Senza guardare il fascista si diresse verso la porta.
 
Sentiva Liuk seguirla a distanza, ma non si girò neanche una volta.
 
Giunse alla porta della classe e vi appoggiò la testa pesante contro.
 
Socchiuse gli occhi per un attimo e sospirò stanca, mentre la mano raggiungeva la maniglia.
 
Percepiva lo sguardo del fascista bruciarle la schiena ma ancora non si voltò.
 
I passi dietro di lei si erano fermati. si stava assicurando che entrasse in classe.
 
...forse per finire in pace ciò che aveva iniziato con la rosha, pensò amaramente.
 
La maniglia girò e la porta si aprì, mentre Elle spariva barcollante dietro essa.
 
 
 
 
****
vi lascio qui i vestiti di Elle e Gaia alla festa
un beso
lalla


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Capitolo 25
*** scherzi poco divertenti ***










 
 
Gaia notò subito a ricreazione il fascista che insonnolito era appoggiato con i gomiti al muretto in una mossa disinteressata e rilassata, che di naturale aveva ben poco.
 
Tutti gli sguardi delle ragazze nel raggio di una ventina di metri frecciavano dalla sua parte.
 
Alcune arrossivano, altre si sistemavano i capelli, alcune alzavano il tono della voce per farsi notare.
 
La Lunghini, sbucata dalla porta principale, gli si avvicinò melliflua, muovendo le anche eccessivamente.
 
Gaia represse a stento una risata divertita.
 
Intanto la bionda aveva afferrato il braccio di Ste' non pensano minimamente che gli avrebbe tolto l'equilibrio. Il fascista, che spaesato aveva aperto gli occhi, sbuffò contrariato, riacquistando immediatamente stabilità.
 
Sembrava infastidito da qualcosa, frustrato.
 
In più, con quella smorfia contrariata stampata in faccia, sembrava un bambino a cui avevano tolto il lecca-lecca.
 
Oddio, quanto tempo era che non ne mangiava uno? Le venne l'acquolina in bocca solo al pensiero di panna e fragola. Cavolo.
 
"Ehy Gaia" una voce familiare e femminile la richiamò da dietro.
 
Gaia notò che il fascista, sentendo il richiamo, si era girato nella sua direzione ma tentò di ignorare il pensiero (e la sensazione) dei suoi occhi sulla schiena.
 
Sorrise intanto ad Anita che raggiante la stava raggiungendo saltellando.
 
"Come è andata ieri sera alla fine? La festa? Assurda, vero?" iniziò a domandare a mitraglietta Anny dopo averle scoccato un rumoroso bacio sulla guancia.
 
Gaia nervosa spostò il peso da un piede all'altro. La .. festa? Benino, quasi.
 
Sera? Non notte per caso?
 
Non potè resistere di dare un'occhiata al fascista, per accertarsi che non stesse guardando dalla loro parte.
 
Improvvisamente aveva voglia di confidarsi, di dire tutto e liberarsi di quel peso che le opprimeva il respiro. E chi meglio di un'amica per un problema? Anita avrebbe potuto aiutarla a capire come doveva comportarsi, cosa dire e via dicendo. Qualcosa distraé i suoi pensieri.
 
Jessica era sola, o meglio si era -già- aggrappata al braccio di Marco.
 
Questo era un Problema con la P maiuscola, .. lui dov'era?
 
Il suo sguardo continuò a vagare per il cortile ma del fascista nessuna traccia.
 
Quando ritornò con gli occhi in quelli dell'amica, si accorse che la guardava confusa più che mai. Poi la sua espressione variò di colpo, da confusa a sorpresa.
 
Ma non stava guardando lei, bensì qualcuno alle sue spalle, forse un po' più alto vista l'inclinatura della testa.
 
No! Non poteva essere come nei film, lo rifiutava.
 
Non poteva, non doveva ..
 
"Ebrea mi sembri un po' rigida, non trovi anche tu Anita?" proruppe una voce roca dietro di lei
 
... essere lui.
 
Anita non batté ciglio, ma aggrottò la fronte. chiaramente non aveva capito.
 
"Non sarà ancora per ieri sera che ora mi eviti" chiese direttamente all'ebrea con lo sguardo divertito.
 
Già la sapeva la risposta, maledetto.
 
"Non ti sto evitando" buttò giù Gaia innervosita.
 
Si incrociò le braccia al petto e spostò il peso nell'altra gamba, in modo da stargli più lontano.
 
Ancora non lo guardava.
 
I suoi occhi vagavano su tutto e tutti nell'arco di 310°, approssimativamente.
 
Quanto saranno state grandi le sue spalle? 50° bastavano per ignorarlo?
 
".. ieri sera?" chiese con non-chalance Anita, velando la sua evidente curiosità.
 
Le risposte arrivarono in contemporanea. Un "no" stizzito di Gaia e un "si" furbo e sornione del fascista.
 
Gaia lo fulminò con un'occhiata. Perché la voleva mettere in imbarazzo proprio ora? Davanti alla sua amica e tutto il cortile? Iniziò a battere la scarpa sinistra sull'asfalto per il nervoso.
 
Ste' parve ridere sommessamente.
 
Lo incenerì con lo sguardo. Che aveva da ridere?
 
"Avevo solo voglia di figa e lei era nei paraggi e disponibile" proruppe con un sorriso sbarazzino il fascista "solo che evidentemente ero più ubriaco del solito, vista la soggetta che avevo iniziato a ingraziarmi"
 
Gaia inspirò ossigeno.
 
Si, quello che le serviva per stare calma ... cal...
 
Osservò basita il sorriso raggiante di Ste' e per un attimo pensò se prenderlo a badilate tra i denti in quel momento, ma cercò di trattenersi.
 
"Non eri ubriaco!" sbraitò. Poi si rese conto che doveva chiarire un'altra parte della frase di accusa, e non pensare solo al suo orgoglio ferito che gridava vendetta " E io non ero disponibile!" aggiunse scandalizzata velocemente dopo pochi secondi e con lo stesso tono.
 
Quella pausa però c'era stata, e l'avevano notata tutti e tre. Ste' la fissò divertito, non cercando neanche di reprimere un sorriso.
 
Anita si schiarì la voce imbarazzata.
 
Tutte le orecchie del cortile, grazie a lui, ora erano tese e pronte a recepire ogni singola parola del discorso.
 
" E poi taci sfigato, che ci credono" si allontanò inviperita la mora a passo di marcia, non riuscendo più a sopportare il peso di tutti quegli sguardi pettegoli, invidiosi e accusatori.
 
Ste' scoppiò a ridere e Anita, suo malgrado non riuscì a trattenere un sorriso.
 
La bionda guardò Ste', che ancora ridacchiava di gusto.
 
Anita si incamminò verso le classi a passo scandito da un ritmo frizzante, i capelli lunghi e biondi che le incorniciavano un volto pensieroso.
 
Ora sembrava meno scocciato di prima, decisamente.
 
 
 
 
 
*****
 
 
 
 
 
Giorgio stava aspettando una figura femminile, dalla corporatura sottile e dagli occhioni verdi. Un'ebrea. Non ci poteva credere che lo stava davvero facendo.
 
Appoggiò la schiena al muro della scuola, facendo un'altro tiro alla marlboro e assaporando il sapore familiare del fumo.
 
Quanto ci avrebbe messo la ragazzina ad uscire? Ancora molto? Cazzo, non era disposto ad attenderla tutto il pomeriggio. Eppure qualcosa lo tratteneva lì, ad accertarsi di una cosa.
 
In fondo è per liberarmi da un senso di inquietudine, sono comunque egoista, pensò tra il rassicurato e il compiaciuto il ragazzo.
 
Erano le tre e qualche minuto, i corsi di giornalismo in genere oggi terminavano verso quell'ora.
 
Assaporò un'altro tiro e chiuse gli occhi, cercando di trattenere il fumo il più possibile.
 
Elle si irrigidì sulla soglia dell'uscita.
 
C-che diavolo voleva quel fascista? Inspirando, cercò di calmarsi. Magari non era lì per lei, era solo ansia la sua.
 
Giustificata, però.
 
Giorgio senti un ciabattare incerto e frettoloso, e schiudendo gli occhi inquadrò dapprima un paio di ballerine rosse consumate, poi un visino terrorizzato.
 
Decise di godersi la sua paura.
 
Fissandola, espirò il fumo da un lato della bocca, provocandola.
 
Guardinga, Elle si mosse il più lontano possibile da lui e quasi rasentò il muro mentre tentava di superare quelle mura.
 
"Ebrea vieni qui" la richiamò beffardo lui.
 
Elle deglutì in preda all'ansia. Mosse piccoli passi incerti, come un pettirosso verso una mano umana.
 
Diffidente e pronta a scappare al minimo segno di pericolo.
 
Lo guardò di nuovo. Sapeva che il vederla spaventata gli piaceva, ma non poteva evitare di essere così terrorizzata.
 
Giorgio era quello che nelle punizioni di gruppo ci andava più pesante. Forse per sfogare una rabbia interiore, ma tutto ciò lei l'aveva imparato a sue spese.
 
"Cosa fai oggi pomeriggio?" chiese il fascista non guardandola neanche e buttando la sigaretta a terra.
 
Elle automaticamente vi posò sopra la suola rovinata della ballerina, non sopportando l'idea del fumo che inutilmente inquinava l'ambiente. Oggi il corso di giornalismo era stato proprio su quello. in più l'odore le faceva risalire la nausea.
 
Il fascista notò il suo gesto e sorrise sghembo, derisorio.
 
"Vado da Anita" rispose con un filo di voce la ragazza che si sistemò meglio lo zaino in spalla "Poi da Liuk a portargli la cena" confessò dopo qualche secondo.
 
-Portami qualcosa da mangiare verso sette. poi dormi qui.- quel messaggio parlava chiaro, chiarissimo. eppure lei aveva avuto i brividi mentre leggeva quelle due frasi a pranzo. Neanche più chiedeva, ordinava. Non gliela poteva portare la ragazza rossa la cena?
 
" Quando arrivi mandami un messaggio" le disse con un tono di voce piatto, annoiato "quando arrivi da Anita" precisò
 
Sembrava graziarla di quelle poche e inutili parole senza senso.
 
"P-perché?" chiese stupita Elle
 
Giorgio la guardò, stavolta negli occhi. Elle non abbassò lo sguardo, curiosa di capirci qualcosa.
 
Perché al momento non ci capiva niente di niente.
 
"Fammi sapere solo se è tutto normale" ribattè secco dopo qualche istante.
 
"Oh. ..ok " rispose incerta Elle.
 
"Dammi il tuo numero" la riprese lui mentre già lei si allontanava. Non ci aveva pensato, che stupida.
 
Un rossore improvviso alle guance la imbarazzò non poco.
 
Giorgio sembrò deriderla nuovamente con lo sguardo, mentre lei incespicava nel dettargli il numero.
 
Il fascista memorizzò quella decina di cifre nell' iphone nero lucido, poi se lo mise in tasca e senza salutare - e tanto meno ringraziare - si voltò e se ne andò.
 
 
 
 
****
 
 
 
 
Il suo umore non era nero, forse qualcosa di più.
 
Quel bastardo, quel bugiardo ... Dio! Come si era permesso?
 
Gaia poggiò la penna sui due quaderni (si, perché in tutto questo doveva anche fargli i compiti di matematica a quel deficiente) e sbuffò nervosa.
 
Che figuraccia, che figuraccia colossale.
 
Si era ritrovata parte del cavallo dei pantaloni e della sedia sporchi di rosso, keciap probabilmente, ed era rimasta spaesata e imbarazzata come poche volte. I suoi muscoli si erano contratti nell'immediato, sapendo che se si fosse mossa troppo avrebbe attirato attenzione su di se.
 
Tutto ciò che ora non voleva accadesse.
 
Tutto ciò che Ste' aveva fatto.
 
I suoi occhi si erano alzati per pochi istanti, giusto per godersi la faccia di lei, rossa peperone.
 
Gaia aveva visto quella scintilla di vittoria nei suoi occhi anche prima che aprisse bocca.
 
Il fascista le aveva sorriso, mostrandole in un ghigno quei denti perfetti, poi aveva esalato un respiro e con fare teatrale si era dipinto in faccia un'espressione schifata.
 
Gaia si era domandata se sedersi e fare finta di nulla sarebbe stata una buona soluzione, ma alla fine aveva optato verso un'altra possibilità. Affrontare quel casino.
 
Così quando le parole del fascista riecheggiarono nella classe, lei era ancora in piedi, impalata e ancora imbarazzata.
 
"Spero che tu stanotte non mi abbia sporcato le lenzuola, tesoro"
 
Gaia rimase basita. Si girò immediatamente verso la cattedra. La professoressa non diede segno di aver sentito, e francamente per quanto vecchia fosse, la ragazza ne dubitava.
 
Un piccolo sussulto di sollievo le attraversò la mente, poi notò tutti gli occhi dei compagni su di lei, sui suoi pantaloni, sulla sua sedia, infine sul fascista. Sembravano piccoli insettini che man mano memorizzavano e apprendevano ogni dettaglio della situazione. Gaia ebbe l'impulso violento di staccare la testa a qualcuno.
 
"Divertente fascista, davvero. Ah Ah." rise ironica "Pure questo deduco sia opera tua? " indicò incavolata la sedia sporca e, ormai, inutile.
 
"Angelo mio, io opero da molte parti" l'insinuazione era chiara. troppo chiara. Le biondine in penultima fila ridacchiarono. Jessica sembrava contrariata, pensava che le stesse rubando il giocattolino?
 
"Finiscila con i giri di .."
 
"Cerchi, ovali, tondi, si ecco.. giri tondi! Dove possiamo trovare qualcosa con dei giri di ovali? Su cui IO possa lavorare ovviamente" la provocò.
 
Gaia sgranò gli occhi, poi deglutì faticosamente.
 
Ste' ridacchio.
 
Poi qualcuno scoppiò in una risata, un amico di Giorgio, e facendoci caso anche lui si stava trattenendo.
 
"Senti un po' brutto im.." partì alla carica la ragazza
 
"Immacolato?" la riprese Ste', guardandole i pantaloni e facendo sì che nuovamente tutta l'attenzione si posasse lì.
 
"No! imbecille, ro.."
 
"Rosso?" le chiese divertito
 
"No! Volevo dire rompiscatole! Mi lasci almeno finire le pa.."
 
"Ah si, ho capito!" la fermò di nuovo lui 
 
Gaia interdetta era rimasta con la fine della frase in bocca, ma se aveva capito, la scenetta comica per lei poteva anche terminare lì.
 
"Pantaloni, giusto?" le chiese innocentemente con una nota di scherno. alcuni erano scoppiati a ridere.
 
Lo odiava, lo aveva odiato, e sempre lo avrebbe odiato. si era seduta, richiamata da una professoressa raggrinzita che uscendo dal paese delle nuvole l'aveva trovata in piedi e con un'aria minacciosa in faccia.
 
L'aveva anche pregata, tra le risate generali, di andare a cambiarsi in bagno.
 
Il colmo.
 
Per staccare un po' la spina si alzò dallo sgabello scomodo e duro, e subito la maglietta larga le scese a coprirle la pelle abbronzata fino alle cosce. Posò un piede sul divano morbido e vi si accoccolò chiudendo per pochi secondi gli occhi.
 
La sua mano raggiunse automaticamente la cornetta del telefono fisso.
 
Compose a memoria il numero, quasi inconsciamente.
 
"Pronto" rispose una vocina al secondo squillo
 
Per un attimo rimase impalata, troppo sollevata anche solo per aver sentito quella voce "ei patatina" ridacchiò alla cornetta
 
" Sorellinaaa " esclamò la bambina sorpresa
 
"Cosa mi racconti campionessa?" sapeva che adorava essere chiamata così.
 
Un sorriso leggero alleggiava sulle sue labbra.
 
Un sorriso nostalgico.
 
E il pomeriggio in quei pochi minuti divenne sera.
 
 
 
****
 
 
 
 
Liuk si muoveva velocemente con ampie falcate per tornare a casa. Con tutto ciò che era successo sul campo da calcio si era dimenticato di lasciare alla piccola ebrea le chiavi per entrare al caldo nell'appartamento.
 
Sicuramente la ragazzina era andata senza alcun ripensamento da Anita. Si rilassò un po' a quel pensiero.
 
Durante tutto il tardo pomeriggio aveva avuto come un mattone sul petto, angosciante e fisso.
 
La sola ipotesi che quell'incosciente scricciolo si sarebbe ritrovato di nuovo in quei vicoli bui tipici di alcune zone di Roma, come di ogni grande città, lo faceva tendere come una corda di violino.
 
In pochi minuti arrivò al suo cancello chiuso e cercò le chiavi nella tasca.
 
Scrutò l'entrata a occhi socchiusi in cerca di un qualsiasi movimento.
 
D'un tratto notò una piccola nuvoletta bianca che apariva lentamente e spariva nell'aria dissolvendosi dopo pochi secondi. Il suo cuore perse un battito.
 
Lasciando perdere le chiavi, scavalcò in un balzo il cancelletto e a gran passi salì i gradini.
 
Una piccola figura si stringeva in se stessa, dondolandosi leggermente con la testa tra le ginocchia strette al petto e un cappuccio del kiwey tirato su.
 
Piccole ciocche di capelli castani sfuggivano sulle gambe.
 
La riconobbe subito, da quel tremolio noto che ogni volta la avvolgeva, da quelle piccole manine chiaramente intorpidite dal freddo della notte, dallo sguardo spaventato che la ragazza gli riservò sentendo i suoi passi.
 
Elle non ebbe neanche la forza di aprirsi in un flebile sorriso, tanto che ne uscì una mezza smorfia, e forse questo il fascista lo comprese all'istante. Tirò su con il naso, ormai raffreddata dalle ore. Non ebbe neanche il tempo per provare ad alzarsi poiché Liuk la prese in braccio e la strinse contro di se.
 
Elle posò frastornata il viso gelido contro il petto del ragazzo, sentendo chiaramente un vivo calore permearle il viso.
 
Liuk aprì velocemente la porta, e velocemente portò la ragazza tremante tra le sue braccia vicino al camino. Quella sera sua madre era uscita, e come ogni volta premurosamente gli aveva lasciato il fuoco acceso. E così Elle non aveva neanche potuto bussare, perché in casa non c'era nessuno.
 
"A-avevi..  eri .. preoccupato?" farfugliò Elle guardandolo dal basso verso l'alto.
 
Liuk la squadrò duramente prima di risponderle.  Era sicuro che si fosse trattenuta dal pronunciare quelle poche sillabe . "per me".
 
"Per il mio maglione" ribattè secco
 
La faccia della ragazza passò in pochi istanti dalla confusione alla rassegnazione, e la sua espressione fu così penosa che a Liuk venne l'inconcepibile desiderio di abbracciarla, di cullarla tra le sue braccia e confortarla. 
 
Sistemò invece un cuscino e una coperta sul divano, al momento era nei suoi interessi che la ragazza non prendesse freddo dormendo per terra.
 
Quando si girò verso lo scricciolo, lo trovò appoggiato al bordo in pietra del camino, con gli occhi socchiusi e le lunghe ciglia ad accarezzarle le guance.
 
Stringendo la mascella, la prese tra le braccia una seconda volta, inerme.
 
La testa della ragazza andò all'indietro e una striscia candida di collo venne esposta alla luce tremolante del fuoco. La mente del fascista attirata involontariamente da quell'anfratto di pelle, registrò a malapena che ora la ragazzina indossava non più la giacchetta leggera, ma solo il suo maglione. Quello di cui un tempo era gelosissimo, quello che non prestava neanche ai suoi amici.
 
Elle borbottò qualcosa nel dormiveglia, e tirando su il viso, forse per scomodità, lo appoggiò inconsciamente tra la spalla e il collo del fascista.
 
Liuk trattenne per un istante il fiato, poi lo rilasciò lento.
 
Scosse la testa innervosito. Adagiò l'ebrea sul divano, e subito la ragazza si rannicchiò contro i cuscini, abbracciandoli e attirandoli a se. Con un sorriso di rassegnazione, perché sarebbe sempre rimasta una bambina innocente a discapito di ogni situazione, la coprì con il plaid nero. 
 
Quasi inconsciamente osservò di nuovo il suo volto per ultimi pochi secondi, prima di voltarsi e uscire.
 
Salì le scale senza fare rumore e raggiunse la propria camera. Si svestì velocemente, scoprendo le ampie spalle e il fisico allenato. la luce della luna illuminò flebilmente la sua schiena. Come tre volte a settimana prese l'asciugamano dall'armadio e andò in bagno per una doccia.
 
Chiuse la porta e entrò nel box di vetro.
 
Regolò l'acqua sul bollino rosso e tirò a se la manopola. Un getto d'acqua calda lo permeò.
 
Che doveva farci con lei? 
 
Era troppo debole, insicura, ... e ancora debole maledizione!
 
Se gli altri avessero ripreso con le punizioni di gruppo lei non avrebbe resistito. Solo negli ultimi giorni si era reso conto di quanto fosse fragile e onestamente, non era ancora riuscito a capire come diavolo era riuscita a resistere l'ultima volta.
 
Però dentro di lui .. questo senso di protezione lo disgustava. Perché? Perché diavolo si preoccupava di un'ebrea?
 
Forse perché era solo lei.
 
Solo lo scricciolo indifeso e innocente, cocciuto ma fragile.
 
Solo Elle. 
 
Cazzo. Ora gli veniva difficile pure insultarla. Era molto meglio quando non la conosceva, era più facile farla stare male. Ora ogni cosa .. 
 
Anche quando l'aveva scorta nel corridoio, il volto amareggiato e sorpreso.. si era ingelosita?
 
Ne era convinto, o meglio, cazzo ci sperava.
 
E non ne sapeva neanche il perché.
 
Ma capire che il vederlo con un'altra le avesse dato fastidio lo .. sollevava?
 
Gli venne voglia di dare una testata contro le mattonelle.
 
Ma non c'entravano niente uno con l'altro.
 
E così sarebbe stato per sempre.
 
Non avevano niente in comune, ne lui voleva averne con un'ebrea.

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Capitolo 26
*** punizioni ***


buonasera <3 non sono in ritardo ma neanche in anticipo, volevo aggiornare oggi, per augurare a tutti quelli che come me domani riniziano a sgobbare >.<
per gli altri, bhe, beati voi!
comunque AVVISO, questo capitolo è VIOLENTO (non troppo a mio avviso) però volevo comunque avvertirvi<3
 
 
a tutte le mie lettrici, in particolare Laura<3
 
--- - ho scordato di scusarmi per non aver risposto alle recensioni, davvero lo farò appena possibile, solo che ero a cuba e secondo : se cercate su istagram ESETISBAGLIASSI tutto maiuscolo e attaccato trovate la pagina ufficiale un bacione!
 





 
 
 
Ste' entrò in classe poco dopo l'inizio della lezione, senza la menché minima fretta.
 
Queste erano parole sacro sante.
 
Niente fretta.
 
Nui non doveva mai correre per niente e per nessuno, o meglio nessuna. diciamo che era diventato il suo stile di vita da un po'.
 
Casomai il contrario, ridacchiò tra se. tutte gli correvan dietro... e il bello, a un certo punto, era proprio il fatto che lui non le cagava di striscio. erano uguali tra loro. Insulse, in cerca di una passata degna di tal nome, in ammirazione più completa verso la sua regale persona e fisicamente attraenti. Bhe, ovvio. Un minimo dovevano pur esserlo, altrimenti non avevano speranza con lui.
 
Prima di tutto il corpo.
 
Regola numero due.
 
Cazzo che schifo, come si poteva anche solo pensare di scoparsi una cicciona? O baciare una con l'apparecchio?
 
La risposta era semplice: non lo facevi.
 
E per lui non era difficile, visto che di scelta ne aveva. Ieri durante la partita di calcetto erano arrivate delle biondine niente male ( che però sfortunatamente si era già fatto e rifatto, e francamente la cosa veniva a noia dopo un po' ).
 
Appunto, terza regola. Mai sentimenti e una o due volte. poi basta, sparisci, non ti fai più vivo nè tanto meno chiami. Figuriamoci se lui si sarebbe messo a chiamare una per una tutte le ragazze con cui aveva scop...
 
"Giovanotto vogliamo entrare si o no?  Le sembra questa l'ora di arrivare? "
 
Il fascista sbuffò divertito, quelle nonnette in carriola ancora si permettevano di rimproverarlo sperando che in qualche modo cambiasse. Pft bastava crederci.
 
Si siedé in seconda fila, uno dei pochi posti liberi in alternativa alla prima fila.
 
"Ma che famiglia ha lei, si può sapere?" sbottò inacidita la vecchia storcendo il naso rugoso.
 
Qualcuno tossì leggermente da dietro. Il ragazzo si stupì che esistesse ancora qualcuno in grado di sfotterlo. quel diritto ce l'avevano, forse, solo due suoi compagni. e basta.
 
Gaia osservò il fascista girarsi lentamente e perforarla da parte a parte con lo sguardo.
 
Non si sorprese più di tanto alla fine, insomma, solo quell'ebrea osava resistergli, e il modo era talmente ridicolo - visto che poteva svergognarla quando più gli pareva - che non ci diede troppo peso. Il suo modo di reagire era vendicativo e infantile, ovvero facilmente prevedibile per tipi svegli come lui. La poteva condurre a discorsi a suo piacimento senza farglielo capire se non al momento finale. Esasperarla fino alla fine dei suoi giorni, se ne avesse avuto l'intenzione.
 
C'era un qualcosa però in quel viso maledettamente delicato che lo spingeva alla discussione, al dibattito. Cristo, lo mandava in bestia e allo stesso tempo lo divertiva il modo in cui lo provocava. Era normale? 
 
Non del tutto, probabilmente.
 
Ma - perché verso lei c'era sempre un "ma"- era ebrea e di santa conseguenza doveva stare al suo posto. 
 
Altra regola.
 
Forse, rifletté pochi istanti, ciò che lo divertiva era proprio il fatto che lei non sapesse stare al suo posto. Dopotutto non aveva mai incontrato uno come lui, cazzo era raro.
 
Qualcuno ridacchiò in ultima fila, la biondina amica di Jessica.
 
-Passata tre volte l'anno scorso, perché era proprio brava con i servizietti -
 
 Si riscosse e si girò, smettendo di fissare astiosamente la ragazza mora.
 
La sua mente però, stava già elaborando un modo per fargliela pagare cara.
 
 
 
***
 
 
 
Era suonata da poco la campanella e Gaia non ce la faceva più, aveva sopportato di tutto e forse anche di più da quell'imbecille presuntuoso.
 
Se la stava chiaramente prendendo con lei, rompendole le scatole ogni secondo della sua -forzata- permanenza a scuola. Se avesse potuto sarebbe uscita all'istante, ma non solo a fare la ricreazione (visto che oggi avevano i corsi pomeridiani che davano crediti) e quindi una passeggiatina nel cortile e un bocconcino, ma una di quelle camminate storiche che fai una volta ogni morte di papa per schiarirti le idee, quando sei davvero molto confusa. O più semplicemente esaurita.
 
In ordine era andata così:
 
Prima le aveva chiesto (ovviamente a voce abbastanza alta da farsi sentire perfino nelle altre classi) se si era finalmente comprata un rasoio per le gambe. E lei in quel momento aveva ringraziato il Signore che si era fermato a quella parte del corpo senza metterla in ulteriore imbarazzo.
 
Poi le aveva chiesto il quaderno dei compiti che lei aveva dovuto trascrivergli il pomeriggio precedente a bassa voce, e lì, lei era incappata. pensando innocentemente che volesse così metterci una pietra sopra, glieli aveva porti senza pensarci troppo. Ma proprio nel momento in cui glielo stava passando di mano, lui aveva ritirato la sua e non nascondendo un luccichio di vittoria negli occhi e un sorriso furbo si era mostrato esasperato. "Allora hai finito di copiare? Cazzo, ci hai messo un'eternità!" nel giro di pochi secondi tutti gli occhi erano stati puntati sulla sua figura, e Gaia non sapendo cosa dire poiché presa in contropiede aveva annaspato per alcuni secondi. Poi si era ripresa subito, conscia dello sguardo severo del professore di storia, e aveva ribattuto che era stato semmai il contrario. il fascista, che si era - per l'appunto - aspettato tale risposta aveva riso di lei, sprezzante come sempre.
 
"E allora come spieghi che il tuo è ancora in cartella e in mano hai il mio? Sei diventata per caso la mia schiavetta?"
 
Gaia aveva sgranato gli occhi basita. Voleva farglielo ammettere, quel bastardo. ad alta voce, a sillabe candide, leggere e distinte, più in generale udibili da tutti.
 
Ah ah, e lei ci era cascata. Da brava orgogliosa qual'era, si era stata zitta, facendo una pessima figura con il professore e davanti a metà classe. Ovvero quella delle ochette stupide e inette, che non ne sapevano una mazza della sua situazione. Per quanto riguarda l'altra metà, bhe, Gaia ci poteva mettere la mano sul fuoco: da come si guardavano sogghignando i maschi tra loro, si raccontavano tutto.
 
In che occasioni poi, non ne sapeva niente, forse durante le partite di calcio o le uscite serali.
 
Francamente meno si vedevano tra loro, meno parlavano di ragazze - o figure di merda -, meglio stava.
 
Aspettò Anita, che però stava battibeccando per una questione futile di cinema ( lei era fatta così, andava ... pazza - letteralmente- per attori e attrici ) con una ragazza rossa di quarto, rossa tinta scuro, quasi bordeaux, che era venuta insieme a una mulatta con i capelli corti legati in una coda disordinata a salutare una biondina amica di Jessica.
 
Le tre grazie, ridacchiò tra se e se.
 
Si vedeva lontano un miglio che se la credevano - e tanto anche -, ma proprio non riuscivano ad afferrare il concetto che più restavano delle proprie (manco nate) opinioni, più Anita si sarebbe impuntata.
 
"Anny mi accompagni alle macchinette?" chiese speranzosa Gaia alla biondina che stava iniziando ad agitare pericolosamente il ditino con l'atteggiamento da secchia.
 
Di malavoglia, Anita scese dal banco e la raggiunse con il suo passo leggero e allegro.
 
Sicuramente l'aveva avuta vinta, pensò la mora sorridendo.
 
"Ehy, ma quello è un panino!" la sorprese 
 
Gaia annuì tranquilla, cacciandole un'occhiata furba al volo. La bionda scoppiò a ridere nel mezzo del corridoio, incurante degli sguardi altrui.
 
"Ma ... ahahhah.. me lo potevi dire sai? Mica ti mangiavo! Anzi, sembra proprio buono " scherzò addocchiandole il pranzo ".. non è che..?"
 
D'un tratto la presa salda che Gaia aveva sul panino sparì. In un secondo non esisteva più. distrutta, infranta.
 
Confusa e sbigottita si girò alla rapidità della luce, quasi inciampando nei suoi piedi 
 
" Ma che diav.. tu??"
 
Il fascista, appoggiato contro il muro stava tranquillamente ingurgitando a morsi - se quelli si potevano considerare morsi - il suo (ex) panino, con lo sguardo più innocente che poteva simulare, visto che la voglia di ridere da come la guardava in quel momento, era molta.
 
"Ma almeno mastichi, prima di ingurgitartelo tutto?" chiese acida
 
"Ma non so.. in effetti ha un retrogusto amaro .. dovrei sputarlo per caso?"
 
"Io ingoierei fossi in te... di certo non sputerei" ribattè fulminandolo. Dopo tutta la fatica di stamattina, ovvero alzarsi dieci minuti prima apposta, lui aveva pure il coraggio di dire che non gli piaceva? Ma Cristo Santo, allora perché diamine continuava a mangiarselo?!
 
Era suo quel panino, SUO.
 
Ste' rimase perplesso un attimo, poi di colpo non riuscendo più a trattenersi scoppiò in una fragorosa risata.
 
Che ? Che cosa? Che aveva fatto o detto?Imbarazzata ripensò velocemente a tutte le parole che poteva aver frainteso volontariamente, anche se poi lei quando pensava a controbattere non guardava certo verso i doppi sensi, eh no! Panino, ingurgitare .. sputare...
 
Ingoiare.
 
Annaspò in cerca d'aria sentendosi oggetto di molte occhiatine e di commenti. Poi d'un colpo l'ira scoppiò, tutto il risentimento che si era tenuta dentro per due giorni o forse più, tutto ciò che premeva per uscire fuoriuscì. E in modo alquanto rozzo secondo le sue abitudini.
 
"Brutto imbecille! Ti rendi conto che travasi ogni singola parola? Ma è mai possibile, sei un bambino di sei anni forse? Ciò in effetti non sarebbe del tutto insensato, visto che le dimensioni del cervello sono le medesime! Ma no! Anzi, fai con comodo!" continuò esasperata e rossa in volto
 
"mettiamo in difficoltà l'ebrea giusto perché ci va. Eh no caro! Non funziona così! anche perché, se no,  in questo momento saresti steso per terra da quante te ne vorrei dare! Io, IO, sono una santa, perché la maggior parte delle volte lascio perdere! Con una capra come te, d'altronde è difficile stare a discutere. Sei insopportabilmente egocentrico e presuntuoso! Non te ne importa un fico secco degli altri! Mai, mai e dovunque! " continuò " Ci hai pensato a me? Una singola volta? Una in tutta la tua vita? E non dico per sfottermi o altro, ma per rispetto! RISPETTO, perché sono una persona! Tale e quale.." lo indicò con un segno plateale del braccio, il volto disgustato "..a te! Tale e quale, che tu ci creda o meno! sai cosa ho passato per cambiare città? no, perché non ti ho mai rotto le palle. Sai cosa ho passato per abbandonare la mia famiglia? Neanche su questo ti ho rotto le scatole!" prese fiato un'attimo per inalare ossigeno.
 
Giorgio, avvisato da Anita che era subito giunta ai ripari, e aiutato da Liuk che era accorso per tanto clamore o silenzio da due punti di vista differenti, intanto stavano facendo sgombrare il corridoio con spinte sulle spalle e occhiatacce, e così poco a poco gli altri studenti se ne andarono contro volere proprio.
 
Cosa che Gaia notò di striscio, ma a cui non diede eccessivo peso. Doveva finire di parlare, di spiegare la sua confusione .
 
"E allora per favore non mi rompere le palle! Ok?? Sto facendo tutto, TUTTO quello che mi chiedi" e se ne infischiò, stavolta consapevolmente, del doppio senso stupido e infantile ".. compresi i compiti a casa! E tu alla prima occasione mi smerdi davanti a un professore?" prese fiato di nuovo
 
"Ma sai che ti dico? Vattela a cercare in culo una schiavetta del genere, IO con TE alzo la bandiera bianca!!" lo guardò qualche istante dritto negli occhi furenti e si allontanò di qualche passo " e me ne infischio delle punizioni, peggio di tanta vergogna non può essere!"
 
 
 
Per alcuni secondi regnò il silenzio.
 
I bidelli erano spariti, forse all'ultimo, forse dal primo istante. D'altronde in quella scuola funzionava così, nessuno vedeva o assisteva mai a niente di compromettente.
 
Anita deglutì nervosa, lanciando un'occhiata veloce verso Giorgio. Il biondo, seppur non volesse ammetterlo, stava trattenendo il fiato. Era una situazione se non altro unica.
 
L'aria si era fatta d'un tratto pesante, carica di energia.
 
Gaia e Stefano si guardavano in tralice, con rabbia e sdegno reciproco. Sembravano pronti a saltarsi addosso. nessuno dei due sembrava rettificare la propria opinione. Nessuno dei due era disposto alla "pace".
 
Nessuno avrebbe sistemato le cose, rifletté una terza ragazza, molto più esile delle altre due, e così da un'angolino in semi ombra venne fuori e si interpose calma tra i due a viso alto.
 
"Levati immediatamente" ringhiò Ste', rinsavitosi dopo un'attimo di sorpresa.
 
"E-Elle .. " la chiamò flebile Anita, pregandola con lo sguardo di raggiungerla all'istante " .. ti prego"
 
La ragazzina non diede segno di aver sentito. Placida e sicura diede le spalle a Gaia, per fronteggiare il fascista, perché era ovvio che se ci sarebbe eventualmente stato uno scontro sarebbe stata proprio Gaia a subirne gli effetti. Per qualche ragione aveva pensato che il capo dei fascisti non avrebbe alzato le mani su di lei, dopotutto non era stato eccessivamente violento nei suoi confronti e per giunta il fatto che ora facesse la .. si rifiutava di dirlo.. per Liuk, in un certo senso era assicurativo, no? 
 
Deglutì cercando di non far trapelare il nervosismo.
 
Però ora, tutto di quel corpo sembrava emanare violenza allo stato puro, era imbestialito.
 
E lei non era più tanto sicura della scelta di interporsi per calmarli .
 
"Ora" tono secco, deciso e autoritario.
 
Una voce ruppe il silenzio.
 
E quella voce le era familiare. 
 
Elle vacillò un'attimo, mostrandosi debole al punto giusto
 
"Vieni qui, ora" stava perdendo la pazienza.
 
Liuk non aveva mosso un muscolo, ne alzato il tono della voce. La verità è che non ne aveva bisogno, lui sapeva incuterle terrore anche semplicemente così. E ora tutto ciò che voleva sarebbe stato strozzarla per la sua impudenza.
 
Come, come cazzo le era saltato in mente?
 
Non disse nulla, si limitò -al momento- a trafiggerla con sguardo severo e freddo mentre lei lo guardava spaesata. Non riuscendo più a contenere la propria furia, l'afferrò per il polso e si incamminò per le scale di uscita.
 
Tutti sapevano che oggi Elle avrebbe saltato il corso di giornalismo.
 
Anita sussultò terrorizzata. " N-no ! Non Elle ... lei n-non .." prese a tremare leggermente e a non inalare più aria. senza dire o accennare niente Giorgio le si avvicinò in due falcate veloci e la indirizzò con una mano leggera sulla schiena per il corridoio, in modo da distrarla e condurla via.
 
Via da loro.
 
Giorgio si voltò rapido un'ultima volta, il volto impassibile, e lanciò un'occhiata ammonitrice all'amico.
 
Stefano irrigidì la mascella, ma Gaia non si mosse di un centimetro. Aveva ragione lei, su tutto ciò che aveva detto, e non avrebbe ritirato nessuna delle sue accuse.
 
D'un tratto il fascista si girò e tirò un pugno contro una bacheca di legno affissa nell'atrio. si sfondò e pezzi di legno caddero scompostamente per terra accompagnati dall'eco di un suono secco.
 
Gaia alzò un sopracciglio, irritata dal suo sfogo.
 
"Solo?" osò chiedere impertinente
 
"Dannazione!" il fascista si stava evidentemente trattenendo a fatica visto l'affanno del petto e i pugni stretti "sparisci dalla mia vista" emise in un sussurro roco.
 
Gaia rabbrividì involontariamente, ma restò ferma. non si sarebbe mossa, non prima di aver ricevuto delle Scuse con la "s" maiuscola
 
All'improvviso si ritrovò stretta tra il muro e il petto del fascista. alzò lo sguardo, provocandolo ad alzare le mani su di lei. Ci doveva solo provare e lei ..
 
Ciò che non si era chiaramente aspettata era che la bocca di Ste' calasse sulla sua, con violenza e aggressività. Prepotentemente le aprì le labbra con forza, assaltandone l'interno.
 
Gaia sorpresa da quell'invasione si tirò indietro, non ottenendo altro che una zuccata contro il muro.
 
Di colpo sentì un dolore al labbro, poi il sapore ferroso del sangue.
 
Il bastardo l'aveva morsa!
 
Alzò la mano, pronta a dargli una sberla ma il polso le venne imprigionato e sbattuto contro il muro.
 
Il suo gemito di dolore fu rapito da un secondo bacio, forse più violento ancora del primo, in cui ognuno dei due cercava di avere la meglio sull'altro, piegandolo sotto di se.
 
Ste' le stava addosso apposta per non darle quel vantaggio. Per farle inclinare la testa, poiché sebbene fosse alta, non lo era così tanto da raggiungerlo. Per farla stare in basso, sotto di lui.
 
Per essere lui il comandante di quell'impetuosa rivincita.
 
Non c'era niente di minimamente tenero o delicato in quel bacio, niente.
 
Lui profanava, saccheggiava e mordeva, senza sosta. Intenzionalmente.
 
Le strappò un'altro gemito di dolore.
 
Appagato, si staccò bruscamente, e così come tutto era iniziato velocemente, velocemente finì.
 
Sorridendo soddisfatto sollevò lo sguardo in quello di Gaia, che boccheggiante stava riempendo d'aria i polmoni. le labbra ancora rosse e gonfie, a testimonianza di quanto fosse stato rude.
 
Poi il suo sguardo salì fino a posarsi sui suoi occhi.
 
Feriti.
 
Se avesse dovuto usare una parola per descriverli, avrebbe utilizzato proprio quell'aggettivo.
 
Cercando di non scoppiare a piangere come una stupida, Gaia spostò il viso di lato, ingoiando il sapore amaro degli ultimi residui di sangue. si scostò da lui umiliata, attenta a non toccarlo minimamente, il più lontana possibile.
 
"Vedo che mi hai preso sul serio" sussurrò rauca senza guardarlo. Non ottenendo risposta e non aspettandosela, mosse un passo traballante verso le scale. Il viso voltato in modo da non farsi vedere in faccia.
 
Quella reazione quasi lo impanicò.
 
Questa volta, forse, aveva passato il confine.
 
L'afferrò per il braccio.
 
"Aspetta, Ga' " iniziò con voce soffocata. 
 
La ragazza liberò immediatamente il gomito, strattonandolo verso di se. Aveva un disperato bisogno di restare da sola, di estraniarsi da tutto .. questo.
 
" s t a m m i   a l l a   l a r g a " sillabò con il minimo di dignità che le aveva lasciato.
 
 
 
 
***







 
 
 
 
 
Una brezza leggera le scompigliò i capelli lunghi e setosi.
 
Elle era ammutolita da quando Liuk era intervenuto glaciale a zittirla. Ora la ragazza ebrea stava tremando come una foglia, un rumore sordo, quello della paura, nelle orecchie.
 
Lei non aveva fatto altro che proteggere la sua amica da Ste', eppure ciò era bastato.
 
Levò lo sguardo verso il viso del ragazzo moro che con forza la stava trascinando verso casa. "casa". Elle sapeva che l'avrebbe punita, lo aveva compreso non appena aveva incrociato il suo sguardo minuti prima , mentre si parava coraggiosamente in piedi di fronte a Gaia per difenderla.
 
Una mossa stupida la sua, ma almeno aveva osato sperare che il Stefano rinsavisse.
 
Invece era intervenuto gelido Liuk, il guardiano dagli occhi freddi, ordinandole senza giri di parole di togliersi di mezzo, la testa inclinata e lo sguardo assottigliato. Quelle poche parole erano state in grado di gelarle il sangue.
 
Elle aveva deglutito a forza, immobile. un atto estremo quanto inutile.
 
D'un tratto il suo braccio era stato rinchiuso in una morsa ferrea e lei tirata via. la ragazza aveva compreso dal primo istante che Liuk era furioso. Una furia cieca che l'avrebbe guidato da ora a .. bhe, sempre, nei suoi confronti. 
 
Rise isterica, di certo non aveva previsto che la sua " schiavetta ebrea"  si mettesse tra il suo amichetto del cuore e Gaia.
 
Ma lei era fatta così: non le piaceva il fumo, i pettegolezzi cattivi, e più di tutto la violenza contro i più deboli. E pur sapendo che ci sarebbe stata la possibilità che qualcuno l'avrebbe tolta poco delicatamente di torno, si era slanciata davanti all'amica con un sorriso incerto.
 
E qualcuno era effettivamente intervenuto.
 
Lui, Liuk.
 
Da un certo punto di vista, il peggio che le potesse capitare. quello sguardo l'aveva terrorizzata, poiché le aveva cristallinamente riferito a cosa andava incontro.
 
E Liuk era famoso per le sue punizioni. L'anno scorso aveva fatto girare mezza nuda Lucrezia, un'ebrea del primo anno perché si era dimenticata di preparargli la colazione, pur sapendo quanto fosse timida. sempre punizioni con l'intento di svergognare le vittime, mostrando il loro corpo con le proprie debolezze in pubblico.
 
Ovviamente Elle lo aveva saputo e si era, in parte, sentita sollevata di non essere stata la prescelta, ma ora?
 
Ora non aveva più senso niente, nemeno chiedere se l'avrebbe punita, perché l'avrebbe fatto di certo, e senza un minimo di pietà, di umanità.
 
Odiava quando Liuk si trasformava, prima umano e di colpo bestia.
 
Lui non era così. Lei lo sentiva, lo sapeva. aveva notato anche se nascosto, un lato di lui protettivo, dolce, un qualcosa che la faceva sentire al sicuro. ma quella mano che ora le stringeva il polso con forza, quel cambiamento, quella luce pericolosa nei suoi occhi, la spaventavano.
 
La ragazza per poco non inciampò nei gradini per quanto veloce Liuk li salì.
 
Il fascista aprì la porta, spinse dentro Elle e rinchiuse a chiave.
 
L'ebrea aveva il cuore in gola e teneva gli occhi sbarrati per la paura, tesa e pronta a scappare al minimo cenno di movimento del fascista. La mamma di Liuk non c'era e non ci sarebbe stata per un viaggio di lavoro fino a martedì. Lo osservò muoversi come una tigre in gabbia, poi, il ragazzo senza degnarla di uno sguardo iniziò a incamminarsi per la sua camera.
 
Elle sospirò per l'ansia e il sollievo. for-forse l'avrebbe risparmiata. 
 
"Seguimi ebrea"    - ebrea - . era deciso, allora. Potevano due singole parole incutere un timore così grande da far irrigidire le gambe? Elle deglutì e facendosi forza lo seguì a piccoli passi, tenendosi lontana almeno 4 metri da quelle spalle larghe e possenti.
 
Il ricordo di Liuk che menava quell'uomo che l'aveva seguita era ancora vivo e la tormentava continuamente. Le avrebbe riservato lo stesso trattamento? L'avrebbe portata al limite, facendole provare un'immenso dolore per poi lasciarla a se stessa ricoperta da lividi?
 
O l'avrebbe mandata in giro in intimo, sapendo benissimo che si vergognava da morire, distruggendola psicologicamente e internamente?
 
Elle sapeva in cuor suo che era probabile.
 
Se si voleva vendicare, era il modo migliore. Ma lei? Lei lo avrebbe sopportato? Superato? No, non credeva ce l'avrebbe fatta. Lei tendeva a nascondersi, e questa punizione l'avrebbe "denudata" delle sue paure più grandi.
 
La stanza del ragazzo era in ombra, solo pochi flebili raggi di luce pomeridiana entravano dalla finestra e illuminavano in parte il corpo muscoloso del ragazzo.
 
Elle restò sulla porta, indecisa sul da farsi. Doveva raggiungerlo lì o stare semplicemente sulla porta? Doveva chiedere il permesso di entrare?
 
Liuk si sedé sul letto e si prese la testa tra le mani. Il viso era in ombra ed Elle non poté notare le emozioni contrastanti che gli attraversavano il viso.
 
L'avrebbe svergognata in pubblico come le altre, senza distinzioni, perché lei non era niente di speciale, niente di ... oddio, sentiva il cuore batterle in gola.
 
D'un tratto il ragazzo si rilassò e distese le spalle, lasciando cadere le mani sulla coperta. scrutò la ragazza minuta sulla porta che giaceva immobile anche se il petto si alzava e abbassava vistosamente affannato. evitò di proposito di incrociare i suoi occhi. Non si sarebbe fatto impietosire, non stavolta.
 
Poteva percepire la sua paura come l'odore familiare del fumo nell'aria, ma decise di ignorarla.
 
"Vieni qui."
 
 
 
 



 
 
 
Mordendosi il labbro e stringendosi le mani come per darsi forza, Elle si avvicinò cauta di pochi passi come una cerbiatta in perlustrazione del terreno. Eppure il cacciatore era proprio davanti a lei.
 
Era giunto il momento. Lo sapeva. Ora l'avrebbe punita svergognandola, come Lucrezia l'anno passato. Sentì chiaramente il suo stomaco contorcersi e il terrore farsi strada nei suoi muscoli. Sarebbe dovuto succedere prima o poi.
 
Non sarebbe servito a niente scappare, se non a farlo infuriare ancor più di quanto già non fosse.
 
Le sue gambe erano come paralizzate, non rispondevano più ai comandi.
 
Il fascista frustrato si alzò e in un secondo la raggiunse facendola sussultare. Elle sentì il polso stretto in una presa irremovibile e poco dopo si ritrovò prona sopra le ginocchia del ragazzo che si era seduto sul letto. Sentì un gomito fermarle la schiena e una gamba intrappolare le sue, una mano le alzò la gonna di fiori che indossava, lasciandola scoperta con solo le calze non coprenti e le mutandine.
 
Vulnerabile.
 
Le si fermò il respiro in gola, arrossendo di colpo al pensiero di star dando spettacolo, con la gonna tirata su. E il pensiero di Liuk alle sue spalle la bloccò completamente. non lui.
 
Liuk la sentì irrigidirsi come un pezzo di cemento e prese ad accarezzarle la pelle liscia coperta dalle calze fini.
 
Nessuno mai l'aveva toccata così, ne era perfettamente consapevole, ma doveva impartirle la lezione.
 
Elle sentì la mano percorrerle per intero il sedere e prese a dimenarsi agitata e imbarazzata. La mano però non smise, quasi non ci faceva caso al suo dibattersi affannato e disperato.
 
Le dita raggiunsero lente ma decise l'orlo delle calze e in un colpo secco le strapparono veloci, rompendole all'istante e lasciando Elle con solo una barriera addosso.
 
La ragazza iniziò a tremare terrorizzata, sbarrando gli occhioni nel buio senza realmente riuscire a vedere niente se non il pavimento e subito sentì la mano che riprese ad accarezzarla con movimenti gentili e circolari. Il tocco di quelle dita non raggiungeva mai l'unione delle cosce eppure ci andava tanto, troppo vicino.
 
 
Perché aspettava tanto a punirla? Tesa come una corda, si rilassò involontariamente un poco sotto quelle scie delicate che proseguivano nel loro massaggio. Proprio mentre inspirava a fondo per calmarsi, perse il contatto con la mano per pochi istanti, per poi sentirne l'impatto forte e calcolato sulla sua natica destra.
 
Elle emise un gemito di dolore e irrigidì tutti i muscoli tenendoli in tensione e sentendo il sangue fluire più velocemente e il cuore battere impazzito. Provò istintivamente ad alzarsi ma il gomito del ragazzo glielo impedì.
 
Non fece in tempo a dibattersi ancora che la mano del fascista calò nuovamente sulla sua pelle nivea, stavolta però colpì la natica sinistra. Elle emise un'altro gemito strozzato, cercò di liberare le mani per graffiarlo ma prevedendo facilmente la reazione, Liuk gliele aveva già bloccate sotto la coscia.
 
Arrivò un terzo colpo, rude e doloroso come i precedenti, sulla parte bassa della natica destra.
 
Un quarto colpo, un quinto e un sesto. La ragazza aveva gli occhi lucidi mentre pregava mentalmente il suo Dio. Liuk era così brutale che Elle dubitava smettesse presto. Si riscosse e si decise a pronunciare parole che le costavano caro.
 
Liuk sentì chiaramente le parole soffocate dalla sofferenza di Elle che lo pregavano di smetterla " Basta .. b-basta Liuk.. ti prego", ma la ragazza capì perfettamente che avrebbe ignorato le sue suppliche. Ricevette in risposta un colpo più doloroso, nel mezzo della natica destra e strinse i denti. Non doveva supplicarlo, lo avrebbe solo incattivito maggiormente.
 
Dopo ogni colpo, Elle si sentiva andare a fuoco, le bruciava tutta la pelle e sentiva fitte acute diramarsi dal punto colpito a ogni botta nella zona circostante, ma resisteva con le sue ultime forze.
 
La pelle venne percossa da altri colpi veloci. Non colpiva mai nello stesso punto due volte ma il dolore ormai l'aveva portata al limite. Elle stava per crollare.
 
Una certezza devastante le oppresse il petto: lui avrebbe continuato comunque. Era questo che si provava?
 
Umiliazione e dolore insieme?
 
Nessuno l'avrebbe mai toccata gentilmente se non per presa in giro. 
 
Doveva rassegnarsi, comprenderlo. 
 
Comprendere che una come lei non sarebbe mai stata amata. Le lacrime premevano per uscire ma ingoiando faticosamente le ricacciò indietro.
 
//nono colpo//
 
Era terribile percepire sulla propria pelle come potevano rivelarsi crudeli le mani che una volta ti avevano cullata e abbracciata, come ora ti violavano senza un minimo pudore o rimorso.
 
Aspettò in silenzio il prossimo colpo con le lacrime che sopraggiungevano e le velavano quegli occhioni verdi ormai privi di luce, di speranza.
 
//decimo colpo//
 
Elle singhiozzò, lasciandosi ormai andare sulle ginocchia di quel ragazzo, pronta a ricevere un'altra sculacciata. Sentì la mano levarsi e strinse i denti. "Ancora uno" continuava a ripetersi sottovoce in un sussurro strozzato per consolarsi, neanche più si contorceva. Si era completamente abbattuta sotto quella serie di colpi forti e velocemente assestati.
 
La ragazza sussultò quando sentì la mano percorrerle la pelle delle natiche ormai rossa viva. Restò immobile, cercando di mantenere i singhiozzi che nonostante gli sforzi, le sfuggivano mentre le carezze divenivano più lievi, quasi timorose di comportarle dolore aggiuntivo a quello presente.
 
Le sali un coniato di vomito a quel nome. "Carezze". Da quanto non riceveva un gesto di puro affetto ? I ricordi della notte della festa sopraggiunsero violenti e Elle si sentì ancor più una pezza da piedi, brutta e usata.
 
Spossata, distrutta emotivamente e fisicamente accennò a muoversi e stavolta il fascista glielo permise. Sentiva il suo sguardo addosso, a studiarla.
 
Elle si alzò traballante, e per un momento le parve di cadere perché le ginocchia non la ressero. Sentì Liuk cingerle i fianchi, ma quelle .. mani.. la spaventarono, così si scostò subito come scottata e Liuk non disse una parola mentre la osservava guardarsi intorno con sguardo perso e le guance rosse dal pianto e dalla vergogna. Un lampo di risentimento attraversò gli occhi del ragazzo, ma Elle credette di esserselo immaginato vista la situazione.
 
Si sentiva persa, inutile, priva di scopo e vitalità.
 
Spenta.
 
Non sentiva più il suo corpo, solo il sedere le bruciava per i colpi ricevuti. Non riusciva a ragionare. Si sentiva persa e soprattutto sola.
 
Sola come non lo era mai stata.
 
Liuk si sdraiò sul letto non guardando, se non di striscio, l'esile figura di Elle che ancora non si muoveva. La ragazza rimase immobile in piedi e tremante. Non la voleva più vedere, questo le era chiaro e le fece ancora più male. una morsa al petto che sovrastò il dolore fisico in confronto.
 
Liuk la guardò mentre si allontanava ma proprio allora Elle si voltò piano, attenta a non muovere eccessivamente il bacino
 
"Sono sempre sola" le uscì in un sussurro spezzato dal pianto mentre incrociava il suo sguardo.
 
Liuk si sentì un verme, le aveva fatto male picchiandola, ma l'ebrea aveva indubbiamente sbagliato e doveva imparare. Eppure quel senso di colpa, non sparì.
 
Le fu accanto con tre lunghe falcate. Elle sentì il torace del ragazzo di fronte al viso e alzò gli occhioni rossi sul viso del fascista mentre il suo corpo era scosso dai singhiozzi. Il fascista si avvicinò al suo orecchio e la ragazza sentì il fiato caldo di Liuk solleticarle il collo e il suo cuore prese a battere improvvisamente più veloce, colmo di un'emozione che la stordiva.
 
Liuk le percorse con assurda delicatezza la curva dolce del collo, strusciandole lievemente contro il naso. Elle era bollente, e il piccolo petto si alzava affannato e il fascista era pronto a giurare di sentire il cuore batterle impazzito.
 
Sembrava un canarino spaventato, un batuffolo di piume.
 
Elle sgranò gli occhi quando sentì le labbra di Liuk aprirsi sulla sua pelle arrossata e assaggiarla lentamente, come fosse di dolce zucchero.
 
Perché le doleva il cuore? 
 
La ragazza socchiuse gli occhi, beandosi di quelle piccole e inspiegabili attenzioni, facendosi riscaldare da quei baci che le scivolavano sul collo. Sentì la mano di Liuk afferrarla alla base della schiena come se da un momento all'altro lei potesse scappargli, senza però sfiorarle il sedere ancora dolorante. Elle, conservando ancora quel briciolo di dignità, frappose tra lei e il torace ampio di Liuk le sue piccole manine, come per impedirgli di continuare.
 
Liuk sembrò comprendere i timori di Elle perché smise di baciarle il collo, continuando però a strusciarle il naso nei punti più sensibili poco sotto l'orecchio, facendole scorrere dei brividi caldi lungo la schiena.
 
"Dormi qui" alle orecchie distratte di Elle arrivò come un ordine, pur essendo una debole richiesta. Elle lo guardò negli occhi, e vi vide qualcosa che non aveva mai visto. Ma non perché non l'aveva notato, al contrario ora gli appariva senza barriere, uno sguardo sincero, senza ostacoli.
 
Rimase emozionata a quella vista, era ancora scossa e spaventata, certo, ma ora non vi leggeva rabbia in quegli occhi, ma una promessa di conforto.
 
Boccheggiò presa alla sprovvista da quella richiesta. Sentiva perfettamente la mano accarezzarle piano la schiena con centri concentrici che le infuocavano la pelle facendole provare una strana sensazione nel basso ventre.
 
Liuk la guardava intensamente, in attesa della sua risposta. Di colpo la ragazza appoggiò la guancia contro il suo collo, rannicchiandosi sotto di lui. Il suo petto, ancora affannato e tremante, premé completamente contro il torace statuario del fascista, che si immobilizzò sentendo esili braccia avvolgergli tentennanti le spalle.
 
Liuk sgranò gli occhi, quella ragazzina già una volta l'aveva sorpreso con la sua innocenza, ma ora, in punta di piedi, tremante come una foglia al vento, con la guancia calda accoccolata contro il suo collo, gli fece venire in mente un paio di cosette non proprio legali che le avrebbe volentieri fatto.
 
Nessuna ebrea aveva mai osato tanto. eppure Elle si sentì protetta, accettata, quasi al sicuro ora, mentre sentiva delle braccia avvolgerle delicatamente la vita poco sopra la gonna. le vennero gli occhi lucidi, ma si sentì in dovere con il proprio corpo di chiarire il timore.
 
"N-non mi ...toccare più ..così" sussurrò flebile tirando su col naso. Sapeva che aveva provato una grande paura e non solo, lo aveva visto. Non era neanche in grado di pronunciare o rifiutava addirittura le parole che presumevano violenza. Il fascista sorrise, cazzo come era.. come era ... tenera. 
 
Sentì le mani di Liuk scendere piano, in quel che a lei parvero minuti, fino ad  avvolgerle completamente a palmo aperto le sue natiche ancora rosse al di sopra della gonna che le pizzicava la pelle. Un tocco leggero ma possessivo. Elle sussultò sulla sua spalla a quel contatto mentre piccole fitte si diramavano nel suo corpo.
 
"Sdraiati, arrivo subito" le disse cupo
 
Liuk si allontanò, uscendo dalla stanza, cosa gli stava combinando quella ragazzina? Senza badare alla confusione che sentiva nel petto, si diresse in bagno, per poi aprire l'armadietto dei medicinali. Elle aveva una pelle molto sensibile, e se non avesse fatto attenzione a dove colpire probabilmente avrebbe avuto grosse difficoltà a sedersi per una settimana più o meno.
 
Però quella pelle nivea si era subito arrossata sotto il suo tocco, e da come aveva reagito pochi minuti prima, Elle provava una gran dolore.
 
Arrivò difronte alla stanza da letto e rimase sorpreso nel vedere che Elle si era addormentata prona sul tappeto. Il viso segnato dalle lacrime, i capelli sciolti che morbidi le incorniciavano il volto infantile. Le labbra e le gote rosse per il pianto e le lunghe ciglia abbassate con delicatezza.
 
Il suo sguardo scese sul resto del corpo, adagiato leggero sul vecchio tappeto impolverato. la schiena si alzava piano, con un ritmo costante e lento. Le braccia erano rannicchiate sotto al petto, le gambe stese una vicino all'altra. Le calze color pelle strappate e la gonna leggermente sollevata. Liuk imprecò a quella visione. 
 
Cercando di non far rumore, si avvicinò a quel corpicino, e dopo aver posato la pillola sul comodino, si inginocchiò.
 
Fu un lampo.
 
Sentendo la presa salda sui fianchi, Elle ragì scartando improvvisamente dalla parte opposta, finendo involontariamente contro l'angolo del comodino. Emise un lamento di dolore. Liuk basito cercò di afferrarla ma Elle lo colpì con piccoli pugni e schiaffi. 
 
"NO, TI PREGO NO!" incominciò a urlare disperata "..NON ANCORA!" roca sofferenza e paura nella sua voce. Qualcosa si incrinò nel petto di Liuk
 
In pochi istanti si sentì stringere contro il petto di qualcuno, immobilizzata da due braccia e iniziò a piangere e a lamentarsi.
 
"Shhh" non la lasciò "scricciolo svegliati" Elle si voltò, prima da una parte, poi dall'altra, in maniera confusa e spasmodica. Poi si fermò. Iniziò a tremare forte e a non respirare. Le mani di Liuk l'accarezzarono in volto, tranquillizzandola, confortandola. il respiro divenne regolare, il tremore sparì e anzi, la ragazza si strinse al suo petto.
 
Elle aveva aperto gli occhi da poco e si era ritrovata stretta al suo petto, con l'eco di sussurri rochi e tranquillizzanti di frasi incomprensibilmente dolci. il suo viso a pochi centimetri da quello del fascista. Liuk le passò il naso sul suo più piccolino, guardandola negli occhi. Elle non osava neanche respirare. Forse si era scordata come si faceva.
 
Le sorrise sulle labbra, notandolo anche lui.
 
Si sentì sollevare e deporre sul materasso. Poi lui le si sdraiò accanto, non l'abbandonò.
 
Dei brividi le percorsero le braccia e sentendole fredde, decise istintivamente di avvicinarle a quelle del ragazzo. Intrecciò esitante le braccia tra le sue, mentre contemporaneamente le sue gambe esili venivano imprigionate quasi con possessività tra quelle del ragazzo. Un calore soffuso la avvolse mentre si accoccolava contro il fianco del fascista e già il suo respiro flebile e regolare influenzava involontariamente quello di Liuk.
 
Poco prima di chiudere gli occhi, avvertì qualcosa di umido tra i capelli.
 
Forse un bacio.
 
Forse, la cerbiatta aveva addomesticato il cacciatore.

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Capitolo 27
*** head vs heart ***


SCUSATE IL RITARDO, mi dispiace. mi sono lasciata prendere la mano e ho iniziato a scrivere troppo, a volta anche qualcosa di assurdo che ho dovuto eliminare.
ho passato tempo a fare e rifare questo capitolo, e non ne sono a ancora del tutto convinta >.<
mi dispiace enormemente di avervi fatto aspettare, spero di rifarmi con questi due capitoli <3
un bacione 
lalla
ps: penso che questo sia l'ultimo capitlo prima che io parta per le vacanze, e quest'estate dipende da voi se continuerò o meno a scrivere, spero continui a piacervi 
 






 





 
 
 
 
Liuk si svegliò con un senso di vuoto accanto.
 
Voltò le spalle in un movimento tanto brusco quanto veloce, trovando solamente il materasso vuoto.
 
Elle? Dove si era cacciata quella ragazzina?
 
La mano in automatico tastò velocemente il lenzuolo.
 
Freddo.
 
Se ne doveva essere andata da un po', e di rumori non se ne sentivano.
 
Prese lentamente il cellulare e notò l'ora.
 
7.42
 
Sorrise.
 
Era solo un scricciolo secchione che non si voleva saltare la prima ora.
 
Indolenzito si riadagiò sul cuscino ancora caldo, socchiudendo gli occhi.
 
Era stato tutta la notte fermo, attento a non travolgerla con il proprio peso, e il risultato era chiaramente sul suo viso.
 
Gli arrivò uno snap da Giorgio e lo aprì.
 
Un selfie del suo amico in primo piano lo fece ghignare divertito
 
Con una sigaretta in bocca e un paio di occhiali assolutamente non da lui, alzava il mento in una posa di sufficienza. Il tutto con dei capelli alquanto spettinati verso l'alto.
 
Una frase in rosso risplendeva dallo sfondo
 
"Ammerda, famo i normali pe' na volta e non entriamo in seconna?" 
 
Ridendo si alzò e si vestì velocemente, riconoscendo che tutto sommato quel giorno era iniziato bene.
 
Al pc la canzone "We'll be coming back" di Calvin Harris di cui echeggiava il ritornello per un ultima volta.
 
 
 
 
***
 
 
 
Anita riconobbe all'istante quella figura esile che si affrettava nella sua direzione e subito le sorrise raggiante.
 
"Buongiorno raggio di sole!" le baciò la guancia morbida.
 
Elle le sorrise di rimando.
 
"B-Buon " respirò affannata "Buongiorno"
 
"Hai corso Elle?" le chiese la bionda "Oppure è stato un altro tipo di esercizio fisico mattiniero a ridurti così ?" la provocò con una nota maliziosa nella voce allegra.
 
A Elle venne da ridere.
 
"Scherzi? " sgranò gli occhioni verdi con l'aria più innocente che potesse avere.
 
Liuk l'aveva inspiegabilmente tenuta stretta a se tutta la notte e lei non aveva più avuto incubi, né aveva pianto ancora. Erano notti che non dormiva così bene. Non sapeva se l'avesse fatto per pena o dovere, ma quel che più contava per lei era che tutto nonostante era successo davvero. Non l'aveva lasciata su un divano o peggio ancora in un'altra camera da sola al buio.
 
"Approposito" un'ombra buia attraversò il volto dell'amica "Ieri.. si, insomma, dopo quel che è successo.. tu, o meglio lui. Ti ha fatto male?" le domandò apprensiva con la preoccupazione che le si leggeva nello sguardo.
 
"Ho provato a chiamarti, ma tu..."
 
"Io non ho risposto" terminò in un sussurro la mora attonita. Si era completamente dimenticata del cellulare tenuto in silenzioso.
 
"Elle ascoltami bene! Capito?" la afferrò per le spalle  "A ogni problema anche il più piccolo, che ne so" si interruppe un attimo riflettendo " Che ne so.. non hai l'assorbente e sei da Liuk, mi chiami, MI CHIAMI, capito?" la guardò in quegli occhioni verdi sbarrati.
 
Elle arrossì tutta poi rispose alla domanda precedente, dirottando il discorso imbarazzante.
 
"Si. No. Cioè non lo so" cercò le parole giuste mordendosi l'interno della guancia "Poteva farmi male davvero, ma ci è andato piano ... in scala."
 
"... Temevo... temevo ti facesse girare mezza nuda per scuola, come l'anno scorso ha fatto con.."
 
"Sisi, lo so" la interruppe Elle "Per favore, non ne parliamo più" dei brividi freddi le scesero lungo la schiena.
 
Anche lei dopotutto aveva avuto gli stessi timori che le avevano congelato il sangue la sera prima.
 
Perché Liuk aveva deciso in diverso modo? Perché non trattarla come tutte le altre?
 
No, basta. 
 
Non doveva sperarci. Non doveva chiederselo.
 
Chi di speranza vive disperato muore, no? Cercò di convincersi, ma dopotutto lei stessa non credeva a una sola parola di quella frase.
 
"Facciamo così, visto che tu mi devi raccontare parecchie cose, come della sera della festa" iniziò Anita
 
"S-sera d-del-della festa?" balbettò con le guance in fuoco Elle
 
Il respiro le si bloccò in gola.
 
"Si" la guardò sospettosa l'amica "Gaia mi ha detto che vi ha visto litigare" aggiunse
 
D'un tratto la ragazza si sentì più leggera
 
"Aah" Elle rincominciò a respirare a forza.
 
"S-si, va bene .. ti racconto poi " si costrinse a dire. In realtà la mora non ne voleva parlare, perché dirlo ad alta voce sarebbe stato come ammettere i propri sentimenti e ciò era proprio quello che le sue orecchie non volevano sentire e la sua mente accettare. Fece un sorrisino tirato e sviò dicendo che doveva scappare.
 
"Alla palestra!" le urlò dietro Anita con un sorriso materno, come al solito incurante di attirare l'attenzione di mezza scuola.
 
Vide la mora fargli un cenno d'assenso con la mano, poi sparire dietro un angolo di corridoio.
 
Qualcuno, lì dentro, non gliela raccontava giusta.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Un banco vuoto attirava fin troppa attenzione.
 
Un banco che non avrebbe dovuto essere vuoto.
 
Gaia non si era presentata.
 
L'ebrea aveva fatto di testa propria e oggi non era manco venuta.
 
Ste' ringhiò per il fastidio.
 
Che testa di cazzo che era. Lei. 
 
E anche lui. Stupido! Perché aveva esagerato? Perché quando si trattava di lei, non riusciva a ripiegare sulle mezze misure? 
 
No, lui, da vero idiota, se doveva fare una cosa la faceva bene, andava fino in fondo come aveva sempre fatto.
 
E va bene. Tanto a chi gliene fregava se non c'era.
 
La mente gli tornava irrefrenabile al momento in cui l'aveva chiamata per nome, quasi stesse per chiederle scusa.
 
Eh no.
 
Quello non sarebbe successo.
 
A un'ebrea?
 
Tuttavia, l'idea non creò in lui lo stesso disgusto di sempre.
 
Neanche si accorse delle cupe occhiate con cui Giorgio osservava Anita, che silenziosa osservava il banco vuoto affianco a lei.
 
Ste' stamattina era decisamente di pessimo umore, come avesse un uragano dentro che lo dilaniava, lo straziava e gli urlava dentro di voler uscire per distruggere qualsiasi cosa.
 
Il biondo aveva notato che l'amico aveva mandato via pure Jessica, che gli si era strusciata contro come una gatta in calore non appena era arrivato in classe.
 
Finalmente si udì la campanella suonare.
 
Ste' si alzò bruscamente, urtando il banco in un rumore sordo.
 
Emise un verso rauco, trattenendosi dall'imprecare.
 
Gli venne voglia di farlo volare dall'altra parete della classe quello stupido banco.
 
Uscì dalla classe il più velocemente possibile, incurante dello sguardo preoccupato dei suoi amici e quello rassegnato del professore.
 
Forse un po' d'aria fresca gli avrebbe fatto bene.
 
Forse no.
 
Si accese una sigaretta, rilassandosi impercettibilmente.
 
I muscoli del viso lentamente si distesero, lasciando da parte quella smorfia contratta e scettica che l'aveva caratterizzato involontariamente per l'intera mattinata.
 
"Ei bello!" una pacca amichevole alla spalla gli annunciò l'arrivo di Liuk e il biondo al suo fianco.
 
"Come va?" chiese Giorgio espirando il fumo di una marloboro
 
"Va." disse semplicemente
 
"Bella risposta.." iniziò Giorgio con un sorriso strafottente
 
"Già, molto poetica e raffinata oserei aggiungere" gli diede manforte Liuk con un ghigno divertito.
 
Poi qualcosa entrò nella sua visuale.
 
Qualcuno.
 
Elle si sentì subito avvolgere da quegli occhi, come una piccola barchetta tra le onde dell'oceano, azzurri come il cielo primaverili, freddi come un corso d'acqua in inverno.
 
Sollevò lo sguardo nel suo, facendogli incontrare timidamente quei grandi occhioni verdi, mantre arrossiva vistosamente.
 
Cambiò direzione impacciatamente, e rientrò dentro la scuola girandosi velocemente.
 
Lui non diede segno di fregarsene qualcosa, continuando a far vagare lo sguardo sul perimetro noioso del cortile. 
 
Il fascista riportò svogliatamente l'attenzione sui suoi amici, cercando di capire l'argomento di cui stavano parlando.
 
"..si, e pinocchio non segui il grillo, vero Liuk?" gli chiese Giorgio beffardo
 
"mmh?" 
 
Giorgio ridacchiò sommessamente mentre Ste' riaprì gli occhi cercando di afferrare al volo la situazione visto che qualcosa gli doveva essere sfuggito.
 
Liuk confuso su qualcosa? O forse distratto ? Questa gli era nuova.
 
E non sapeva ancora se l'eventuale risposta gli sarebbe piaciuta o meno.
 
Trovò quello di Giorgio fisso nel suo, con la solita ostinata arroganza, quello di Liuk impegnato a fulminare il biondo.
 
Assottigliò lo sguardo, dubbioso.
 
"Steeeee! Amore, vieni qua!" squittì a una decina di metri l'amica biondina di Jessica.
 
Il fascista sgranò gli occhi, poi sbuffò irrequieto vedendola.
 
Il tono acuto e di cinque tacche più alto del dovuto gli aveva fatto storcere il naso.
 
Grugnì seccato.
 
Il suo malumore stava peggiorando.
 
"Copritemi voi, io mi faccio un giro" si staccò dal muretto e gettò via la sigaretta ormai consumata. Si passò distrattamente una mano tra i capelli e si mise le mani in tasca, con lo sguardo assenta.
 
Fece loro un cenno di saluto e si allontanò senza fretta.
 
"Che gl'è preso?"
 
"Taci zuccone, hai proprio la testa di legno"
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Liuk scese velocemente nella palestra coperta per prendere il pallone da calcio che la prof gli aveva chiesto.
 
Aprì la grata che ne faceva da contenitore e scelse quello più duro al tatto.
 
Giorgio avrebbe preso proprio una bella pallonata in faccia, in modo da non dire certe scempiate in pubblico la prossima volta.
 
Sorrise soddisfatto e richiuse la grata.
 
Poi sentì un bisbiglio di sottofondo, proveniente dagli spogliatoi femminili lì accanto.
 
Stranamente incuriosito, decise di dare un'occhiata. 
 
Furtivo e con passo leggero, si avvicinò alla porta.
 
Ciò che vide di certo non se lo era aspettato.
 
Che cazzo ci faceva sua cugina sulla panchina a gambe incrociate?
 
E con chi stava parlando?
 
Purtroppo la visuale era ustruita dalla porta, e non riusciva a scorgere l'altra figura.
 
Il sospetto arrivò immediato, ma scosse la testa.
 
Giorgio non poteva essere in ogni caso, visto che l'aveva lasciato tempo tre secondi fa sul campetto da calcio. E se era un altro ragazzo? Basito tese l'orecchio.
 
Poi sua cugina fece una domanda sottovoce, ma non riuscì a capirla visto quella tenda assurda di capelli biondi davanti al viso.
 
Glieli avrebbe tagliati prima o poi.
 
L'interlocutore tentennò un attimo indeciso. Quella domanda non se l'era aspettata evidentemente, pensò.
 
"E se.. insomma" 
 
Il fascista riconobbe immediatamente la proprietaria della voce tremolante 
 
"Se a me piacesse già un ragazzo ma io non piacessi a lui? Come, ehm, come se avessi trovato l'anima gemella ma io non fossi la sua. Che dovrei fare?"
 
Provò a chiedere con il cuore in gola.
 
Liuk da dietro la porta sgranò gli occhi. Una potente emozione lo investì, lacerando e devastando il suo petto. Le ginocchia gli tremarono e l'equilibrio sembrò mancargli per pochi secondi.
 
Cosa diavolo era quel peso allo stomaco? Quella leggerezza nel cuore?
 
Quell'energia per cui avrebbe corso chilometri su chilometri?
 
Anita restò senza parole da dire. Eppure dava sempre fiato alla bocca lei.
 
Lo sospettava, questo si, ma non ne era ancora certa.
 
Ma questa.. Questa tenera e ingenua domanda chiariva ogni suo dubbio.
 
"A-ascolta Elle, .." incespicò cercando di scegliere le giuste parole "stai.. per caso intendo, parlando di mio cugino?" chiese sperando con tutto il cuore di sbagliarsi.
 
Elle la guardò spaesata, poi mentre un'espressione timidamente colpevole le sfuggiva, abbassò gli occhi colpevole.
 
Nel frattempo una strana ansia si era impadronita del corpo del ragazzo.
 
Quel silenzio.
 
Perché cazzo c'era quel silenzio ? Si o no?
 
Era semplice, giusto? E allora perché diamine non rispondeva quella ragazzina?
 
Quella che sentì fu la fresca voce di sua cugina che continuò a parlare.
 
"Io ehm... Credo che dovresti allontanarti da lui. A meno che..."
 
"A meno che...?" la sollecitò Elle con l'amore che languiva quegli occhioni verdi.
 
"Ti ha mai protetta?" quella domanda inaspettata la zittì per alcuni istanti, poi la risposta le arrivò dal petto.
 
"Si" sussurrò in un filo di voce
 
"Cullata?"
 
"Si"
 
"Soccorsa?"
 
"Si"
 
"Sgridata per qualcosa che avevi fatto di stupido e totalmente incosciente?"
 
Elle si morse il labbro morbido, abbassando per un attimo lo sguardo sulle sue ballerine rosse.
 
"Si"
 
"Ha mai dormito con te senza scoparti, ma solo per starti accanto?"
 
Elle arrossì tutta 
 
"S-si"
 
"Ti ha mai baciata sulle labbra dolcemente?"
 
"Sulla testa penso"
 
Quella risposta breve e immediata lo fece sorridere.
 
"Da come si comporta, è attratto da te, dal tuo corpo?"
 
"Non.. non lo so" si infossò tra le piccole spalle. Anita le rivolse uno sguardo piccato, quasi di rimbrotto, come a dire -ma ci sei o ci fai?-
 
"Solo un'altra Elle, poi ti saprò dire cosa fare. Chi.. chi credi sceglierebbe tra te e una certa rossa?"
 
Le mancò il fiato e Elle sentì qualcosa inclinarsi dentro.
 
Con l'autostima a terra e la fiducia in se stessa pari a zero, gli occhi le si velarono di lacrime.
 
La risposta non arrivò e Liuk da fuori sentì Elle scoppiare in singhiozzi maltrattenuti.
 
Non potè più ascoltare oltre.
 
Irrigidendo la mascella e conficcandosi le unghie nei palmi delle mani strette a pugno, si allontanò da loro, da lei.
 
Perché cazzo continuava a avere dubbi?
 
Non lo vedeva?
 
Non si vedeva? non si guardava minimamente allo specchio?
 
Quegli occhi.
 
Quella bocca e quelle labbra.
 
Dio.
 
E quel naso, piccolo e impertinente.
 
Quel collo sottile e liscio, quel profumo fresco semplice e paradisiaco.
 
 
Quel piccolo ma sodo seno.
 
Cristoiddio.
 
 
Quei fianchi.
 
Fanculo.
 
 
A stento riusciva a staccarle gli occhi di dosso.
 
Come cazzo poteva anche solo mettersi a paragone di Claudia, con quelle forme sfocate e quasi vuote e prive di ...
 
Non lo sapeva cosa.
 
Qualcosa.
 
Forse grazia.
 
Eleganza.
 
Innocenza.
 
D'un tratto gli sembrò esserci un abisso spaventoso tra Elle e tutte le altre.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
                                                                      CAPITOLO 28
 
 
 
 
 
L'acqua bollente le avvolgeva in una piacevole carezza la pelle delicata arrossata.
 
Elle si crogiolava sfinita sotto la doccia del suo piccolo appartamento.
 
La professoressa l'aveva presa di mira, facendole fare esercizi in più senza minimamente pensare alla fatica che il corpo della ragazza avrebbe dovuto sopportare in tensione.
 
Se solo non si fosse fatta beccare con Anita nella palestra...
 
Peccato che la sua amica si fosse comunque giustificata per quell'ora, a differenza sua.
 
Flessioni, addominali, 10 giri di campo con il tempo a cronometro.
 
2 serie.
 
Tutto questo da sola, mentre le altre ragazze si divertivano giocando a pallavvolo e i ragazzi a calcio.
 
Sfortunatamente per lei i 20 giri di campo l'avevano tramortita. 
 
Mentre correva gli ultimi 500 metri aveva notato che Giorgio stava guardando male Liuk e che questo poi si era avvicinato nervoso alla professoressa. A quel punto un nodo alla gola le aveva fatto mancare il fiato.
 
Non l'aveva neanche guardata ma la ragazza ebbe comunque un brutto presentimento.
 
L-le avrebbe fatto aumentare i giri? Giusto per far ridere Giorgio o qualcuno dei suoi amici?
 
Le gambe le si fecero rigide per l'acido lattico mentre delle fitte acute si diramavano nei suoi muscoli.
 
Col fiatone si era messa le mani sulle ginocchia, cercando di regolarizzare il respiro affannato.
 
Aveva osservato come un condannato che aspetta di essere impiccato la professoressa avvicinarla svogliata. Poi la vecchia, lasciandola basita, le aveva concesso seppur di malavoglia, di andarsi a cambiare e poi di riposare.
 
Trascinandosi fino agli spogliatoi e presa la borsa, era andata a casa sua, nel piccolo appartamento.
 
Si era spogliata lentamente, gemendo di dolore a ogni movimento di braccia e gambe.
 
Aveva aperto la monopola, e puntata sull'acqua calda, si era lasciata andare contro il muro di mattonelle.
 
La mente si era improvvisamente liberata da ogni pensiero.
 
Il vuoto più assoluto.
 
Il silenzio a circondarla, solo lo scrosciare continuo e rilassante dell'acqua, come essere avvolta da una calda coperta.
 
D'un tratto le parve di sentire uno scricchiolio dal salotto adiacente al bagno, l'ingresso.
 
Elle spense l'acqua e tese le orecchie.
 
Non sentendo alcun rumore, ma ancora scossa, si avvolse nell'asciugamano candido e fresco.
 
Dei brividi le scesero lungo il corpo.
 
Scalza, mosse dei passi tentennanti verso l'altra stanza. Il vapore del bagno, aprendo la porta, si espanse nelle altre sale e creò senza preavviso, un'atmosfera inquietante.
 
Il divano rovinato fu la prima cosa che riconobbe, poi la poltrona. Rimproverandosi per la sua stupidità, Elle si incamminò verso l'ingresso.
 
Probabilmente era stato tutto frutto della sua mente, della sua infantilità.
 
Sorrise amara.
 
Guardò distrattamente la porta, sicura di trovarla chiusa.
 
Il respiro le si bloccò improvvisamente nel petto.
 
Uno spiraglio di luce le illuminò in una striscia sottile e tenue le gambe nivee, l'asciugamano bianco e la parte di seno appena visibile al di sopra di esso.
 
Il suo corpo si paralizzò e per un attimo non riuscì a pensare qualcosa di vagamente lucido.
 
Un allarme le risuonò ad alto volume nel corpo, qualcuno si stava avvicinando alle sue spalle.
 
Sussultando terrorizzata balzò di lato, evitando di striscio una mano protesa per afferrarla.
 
Intravide un uomo, ma non si fermò di certo ad accertare i suoi incubi. Prese con il cuore a mille in gola il cellulare e vedendo l'ombra avvicinarsi, corse più rapidamente possibile in bagno.
 
Cercò di chiudere subito la porta dietro di se ma un piede si frappose tra il battente e il muro: una scarpa da uomo.
 
E se...
 
Non poteva essere.
 
No, no! Non poteva averla seguita fin lì.
 
Fino a casa sua.
 
Adrenalina pura le scorreva, liquida e bollente nelle vene, non riusciva più a mettere un pensiero coerente dietro l'altro, ma tutto ciò era sicuramente reale.
 
Doveva esserlo.
 
O tutto ciò sarebbe stato un grande incubo.
 
Spinse con tutta la sua forza di ragazzina e colta da un'idea improbabile al volo gli pestò il piede, e finalmente la porta si chiuse.
 
Elle girò la chiave lesta, poco prima che giungesse un forte colpo.
 
La porta tremò.
 
L-la stava prendendo a spallate?
 
Spostò il mobiletto contro il legno, pregando per quella debole resistenza.
 
Era lui.
 
Ne era certa ormai.
 
Un ladro ora avrebbe rubato il possibile, anzi, forse rendendosi conto dello scarso bottino, non avrebbe neanche corso il rischio.
 
Elle si sentiva prossima a svenire per l'agitazione, il sangue alle guance, il petto affannato, gli occhi persi sulla porta.
 
Come un automa si portò il cellulare all'orecchio, dopo aver composto un numero.
 
Squillò due volte.
 
Un'altra spallata.
 
Un'altro squillo.
 
Un ringhio frustrato.
 
Finalmente una voce cristallina e vivace rispose.
 
"Lui... lui è qui" sussurrò la ragazza tremante.
 
"Cosa? Elle non ho capito... Pronto?.. Elle ci sei?"
 
 
 
 
 
 
****
 
 
 
 
 
Era l'ultimo giorno in cui Elle sarebbe stata nella sua casa, e lui da completo idiota non avrebbe fatto niente.
 
Bevve un'altro sorso di birra, la terza.
 
Niente di niente.
 
Liuk svogliatamente sedeva sul divano nel soggiorno luminoso dell'amico.
 
Giorgio stava prendendo due birre dal frigo quando un'Anita molto preoccupata entrò in sala.
 
Da quando sua cugina e Giorgio passavano tempo insieme?
 
Liuk non potè non notare il sorriso che si dipinse sul volto dell'amico nel vederla lì. Si chiese quanto le cose stessero cambiando con il passare dei giorni.
 
"Giorgio ti prego!" si avvicinò la ragazza.
 
"Dimmi dolcezza" malgrado l'affanno, la bionda sorrise davanti a quell'epiteto. Il fascista le posò le mani sui fianchi snelli con una naturalezza che a Liuk non piacque.
 
Il moro, cinico e derisorio, si trattenne dall'alzarsi.
 
"è importante, aiutami ti prego" quel -ti prego- ripetuto due volte era sfacciatamente smielato.
 
In compenso lo sguardo del biondo mutò velocemente, divenendo serio. Ad un cenno di assenso, Anita procedé titubante.
 
"Elle mi ha chiamato, poi ha attaccato senza terminare la frase. Ma si sentivano dei colpi sordi di sottofondo. Possiamo... ecco, perfavore andare a controllare?"
 
Il sangue di Liuk divenne improvvisamente gelido.
 
"ha detto qualcos'altro?" si intromise 
 
d'un tratto Liuk era in piedi, pronto a scattare, cercando di trattenersi dal correre verso quell'impedita ragazzina ebrea.
 
"Si.. no, aspetta.. parole senza senso"
 
"Quali?" insisté duro contraendo la mascella. Anita parve riflettere un'attimo assorta.
 
"Lui è qui." 
 
Liuk si mosse ad una velocità tale che Anita rimase sconvolta. Guardò Giorgio presa dal panico.
 
Se Liuk era scattato chiaramente qualcosa era accaduto.
 
E quella schiacciante verità le oppresse il petto.
 
Il respiro le si fece affannoso e la tipica stretta alla gola si presentò crudelmente.
 
Sentendo il corpo della ragazza tendersi e irrigidirsi, Giorgio le prese la piccola testa bionda fra le mani per poi avvicinarla a se protettivo.
 
Le accarezzò la schiena fremente per minuti interi, e il respiro della ragazza finalmente rallentò.
 
 
 
 
***
 
 
 
 
L'eco di un pallone che finiva in una rete vecchia e malmessa risuonò nel giardinetto.
 
Gaia non esultò.
 
Il viso tirato, buie occhiaie a testimoniare la sua notte insonne, occhi rossi, a testimoniare le sue lacrime.
 
Non era un bello spettacolo ma non poteva, ne desiderava, farci niente.
 
Semplicemente voleva solo distrarsi.
 
I suoi l'avevano chiamata quella mattina, ma lei non aveva risposto.
 
Era la prima volta che evitava di parlare con qualcuno della sua famiglia.
 
Ma ciò che era preoccupante, era che non le importava.
 
Che non l'aveva sorpresa.
 
Che era rimasta impassibile, quasi fosse apatica.
 
E forse lo era diventata.
 
Recuperò il pallone e iniziò a palleggiarci svogliatamente.
 
Il calcio era l'unica cosa che avrebbe dovuto distrarla. In teoria, poi però nel presente non stava funzionando.
 
Sbadigliò.
 
Fece un orologio.
 
Poi intravide l'ombra di qualcuno alle sue spalle.
 
Si girò di scatto, com il pallone sotto un braccio e la borsa stretta nell'altra mano.
 
Restò senza parole nel vedersi di fronte proprio Stefano.
 
E lui rimase spiazzato, senza sapere bene cosa dire.
 
Stettero così per qualche minuto, a guardarsi negli occhi.
 
Uno sguardo pieno di astio, quello di Gaia, e quello neutro del fascista.
 
Poi lei si mosse, indietreggiando e voltandogli le spalle. E lui contemporaneamente le afferrò il polso.
 
"Che c'è?" sbottò lei strattonando il polso "Che vuoi ancora da me?" la voce incrinata dalla rabbia, e forse anche da qualcos'altro.
 
"Parliamo" lui si sentì dire.
 
Trattenne il respiro stupito da se stesso, ma di questo lei non parve accorgersene.
 
"Dimmi" incrociò le braccia mettendo distanza tra i loro corpi.
 
Quella posizione chiariva l'aperta ostilità che fendeva l'aria.
 
Lui si mise le mani in tasca, guardandosi attorno.
 
Il gesto infastidì non poco Gaia, che sbuffò innervosita.
 
"Stai aspettando qualcuno?" chiese scettica guardandolo storto
 
"No. Voglio solo parlare."
 
"A che scopo?"
 
"Chiarire."
 
"Ho già capito tutto, non ho bisogno di ulteriori chiarimenti, grazie." ribattè lei
 
Ste' la guardo negli occhi rossi.
 
Rendendosi conto di essere causa dei suoi incubi notturni si sentì un verme.
 
Lei fremeva per scappare via, eppure era ancora lì, in piedi e ostile di fronte a lui.
 
Solo per affrontarlo direttamente, cosa che pochi altri avrebbero fatto.
 
"Non ti sei comportato bene" lo accusò con volce piatta
 
"Lo so."
 
Gaia rimase zitta per qualche secondo in attesa che lui dicesse qualcosa, ma pareva essere di poche parole.
 
"Chi fa goal all'altro ha il diritto di chiedere qualcosa all'altro, che deve rispondere sinceramente" se ne uscì d'un colpo.
 
La ragazza rimase spiazzata.
 
Si rese subito conto che quella poteva essere una lama a doppio taglio.
 
"Che ci guadagno io? " chiese con voce forzatamante atona, mentre iniziava a vacillare.
 
"Potrei farti la stessa domanda" le rispose il fascista
 
Ste' sperava che quella provocazione bastasse a tentarla, che la voglia di fargli pronunciare quelle maledette scuse fosse più forte del timore di non riuscire.
 
"Ok" sussurrò Gaia.
 
"Bene" respirò lui "ognuno cerca di smarcare l'altro" 
 
"Ok"
 
"Ok" le sorrise sfacciato.
 
Gaia si innervosì ulteriormente, se credeva di poterla battere era fuori strada.
 
Il fascista dopo pochi minuti riuscì a bucare la sua difesa e a farle goal.
 
Gaia iniziò a tremare visibilmente dalla rabbia e dalla paura.
 
Il fascista si fermò con il pallone sotto il piede, mentre la guardava intensamente negli occhi
 
"Hai dormito questa notte?" chiese veloce senza una minima traccia di espressione sul viso
 
"No" rispose lei con voce fioca. Ma non abbassò gli occhi, conscia che se lo avesse fatto, si sarebbe dimostrata debole.
 
Lui non disse niente, sembrò solo che la risposta gli avesse dato conferma di alcuni dubbi.
 
Ripresero il gioco, lui con fare staccato, lei ansiosa di vincere.
 
Ma lui le fece una finta e intercettò il pallone.
 
Un secondo goal.
 
Gaia lo trafisse con un'occhiata, trattenendosi a stento dal picchiarlo lì, seduta stante.
 
Lui sorrise sghembo.
 
"Vediamo.." iniziò fingendo di pensarci su, quando era evidente che fin dall'inizio aveva avuto le idee chiare.
 
"Saresti disposta a perdonarmi?" 
 
Quella domanda per un attimo la bloccò.
 
Non era quello che si era aspettata.
 
Poi scosse la testa, dandosi della stupida
 
"Non ho sentito la parola scusa" ribattè fredda, ricambiando il suo sguardo.
 
Ste' irrigidì i muscoli delle braccia, mentre contraeva i pugni.
 
O ora, o niente.
 
Si passò le mani tra i capelli, facendo vagare nervoso lo sguardo per il cortile.
 
Digrignò i denti, teso come una fune.
 
Gaia pensò che non avrebbe più aperto bocca e sentì un peso alla gola.
 
Fece qualche passo indietro, allontanandosi ulteriormente.
 
Che stupida idiota.
 
Era venuto lì solo per farle ammettere a voce che era stata lei, LEI, l'unica a esserci stata male.
 
 
"Mi dispiace" 
 
 
Si fermò, ancora di spalle.
 
"Ascolta ebrea, non tutto quello che ho detto era ciò che pensavo,ne vado fiero di tutto ciò che ho fatto"
 
Il fascista le vide tremare le spalle.
 
Poi la ragazza si voltò e gli si avvicinò, guardandolo negli occhi.
 
Poi l'ebrea gli prese il pallone, e si allontanò.
 
Non prima di aver sibilato una parola a pochi centimetri dal mento.
 
"Vedremo."
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
Elle si era rannicchiata in un angolo della doccia, una spazzola di legno tra le mani tremanti per difesa, gli occhi spalancati con muto terrore sulla porta.
 
Era quasi riuscito a entrare, mancava poco ormai.
 
Sotto un altro colpo la vecchia serratura parve cedere ed Elle trattenne il respiro.
 
Poi avvertì uno schianto.
 
Rumore di legno scheggiato e mattonelle di ceramica urtate.
 
Il cuore le saltò in gola, provò a deglutire qualcosa, uno straccio di saliva, ma la gola era secca.
 
La figura di un uomo si stagliò contro la porta.
 
Elle pregò che quella tenda la nascondesse da lui e dalle sue viscide mani, pur sapendo che la speranza era vana.
 
L'uomo si diresse verso l'armadio a muro ma aprendone le ante non trovò altro che asciugamani.
 
Inviperito bestemmiò volgarmente.
 
Elle non osava respirare, con la spazzola stretta tra le mani e spiaccicata al muro sperava soltanto che non spostasse ulteriormente la tenda della doccia, per controllare.
 
Sbirciò oltre il tessuto plastificato per pochi secondi e notò che l'uomo si stava dirigendo verso la vasca.
 
Ricacciò indietro il piccolo nasino e lo sentì maledirla.
 
D'un tratto un singhiozzo involontario la tradì e il sangue le si gelò nelle vene.
 
Oddio. Oddio no.
 
Il resto accadde tutto in pochi secondi.
 
Una mano ossuta strappò la tenda leggera, e il viso familiare di quell'uomo le apparì a pochi centimetri dal viso.
 
Elle alzò la mano con in pugno la spazzola gialla canarino, ma lui le afferrò il polso e lo strinse con una tale forza da farla urlare.
 
Un manrovescio con il dorso della mano la fece finire sul muro dove sbatté la testa con un colpo secco.
 
Un'esplosione di colori le invase lo sguardo, mentre un sussulto attraversava il suo corpo.
 
Tutto si fece offuscato.
 
Per un attimo pensò di cadere poi però qualcosa, un suono o anzi un richiamo attirò la sua debole attenzione.
 
"Elle! Gesù, Elle! Che cazzo.."
 
Lo sguardo terrorizzato di Liuk la trafisse da parte a parte, mentre lei si sentiva cedere e la testa girare.
 
Elle se la prese tra le mani, rumori di sottofondo che si facevano sempre più lontani.
 
Poi il contorno scuro di un corpo a terra.
 
"L-Liuk" esalò tremante cercandolo
 
"Shh, eccomi bambina mia" la raccolse dalla doccia, prendendola delicatamente sotto le ginocchia.
 
Elle si sentì sollevare in aria e la testa iniziò a vorticare precitosamente.
 
Emise un gemito strozzato.
 
Liuk strinse la mascella, trattenendosi dall'andare a spaccare la faccia di quel cane.
 
La adagiò lentamente sul letto, mentre la ragazza si teneva tra le mani la testa . 
 
Girava.
 
Girava tutto.
 
Tutta la stanza si muoveva intorno a lei.
 
Le parve quasi di essere su una piccola barca in mezzo alle onde.
 
Improvvisamente le sembrò di cadere di lato, come se l'equilibrio non fosse più dalla suaparte e sentì quasi il vuoto sotto di se.
 
Istintivamente si spinse con il peso dall'altra parte, ma stavolta il vuoto era reale e la ragazza cadde di sotto.
 
Si ritrovò annaspante per la botta, con il petto nudo premuto contro il legno del vecchio parquet.
 
Liuk giunse nel suo campo visivo, ed Elle cercò di metterlo a fuoco per qualche secondo.
 
Stava sorridendo, ma non un sorriso strafottente.. ma, forse, un sorriso quasi.. intenerito.
 
La tirò a se, contro il suo petto ampio.
 
Delle lacrime le caddero sulle guance arrossate, ed Elle abbassò di poco il viso vergognandosene.
 
Due dita le risollevarono il mento e la ragazza si ritrovò immersa negli occhi di Liuk.
 
Elle chiuse le palpebre, permettendo ad altre due lacrime di fuoriuscire.
 
Non avrebbe sopportato di vedere la pietà sul suo volto, non sul suo.
 
In quel momento Elle si accorse che parte dell'asciugamano le era calato sul ventre piatto, lasciandole esposto quel seno che di eccezionale aveva ben poco.
 
Deglutendo a fatica, tirò su il tessuto che però le scivolò dalle dita tremanti.
 
Delle mani più grandi la aiutarono d'un tratto, tirandoglielo su delicatamente, vicino al cuore.
 
Elle frastornata e spaventata dal fatto che lo sguardo del fascista avesse percorso il suo petto piatto, sollevò gli occhioni lucidi in quelli di Liuk.
 
Ritrovandoseli fissi nei suoi.
 
Argento liquido  e braci ardenti.
 
Sorridendo lo strinse debolemente a se.
 
Le aveva lasciato la sua dignità, e quello per lei significò più di mille parole.
 
Si sentì sollevare e nuovamente posare sulla coperta.
 
"E-eri preoccupato?" deglutì un poco per alleviare quella tensione al ventre "stavolta non ho il tuo maglione.. mi di-dispiace" sorrise dolcemente
 
Liuk l'avrebbe volentieri strozzata. Cazzo, certo che si era preoccupato, gli era mancato il fiato per alcuni secondi e non era riuscito a ragionare coerentemente se non al fatto che l'avrebbe persa.
 
"Elle" richiamò la sua attenzione, il viso contratto in una smorfia "Perché non hai chiamato me?"
 
Elle deviò il suo sguardo, chinando la testa.
 
"Io credevo .. oggi è l'ultimo giorno."
 
Allora anche lei li aveva contati.
 
"E pensavo, bhe.. io .." le parole le morirono in gola, mentre altre lacrime le salirono agli occhi.
 
"Non so.. non capico, lo giuro" tirò su il naso, certa che dopo quel discorso lui l'avrebbe lasciata lì, da sola. "Non capisco.."
 
Quel discorso sarebbe stato la fine di tutto.
 
Di lei, e del suo cuore.
 
"Non capisco" si fece coraggio "se ci tieni, a m-me" finì scoppiando in lacrime amare mentre la gola le bruciava per il peso di quelle parole appena pronunciate.
 
Lui ancora non si muoveva.
 
"Lo sai."
 
Elle si voltò un poco, sussultando.
 
"S-so cosa?"
 
Lui le si avvicinò, permettendole di distendere la testa sulle sue ginocchia
 
 
"Che ho occhi solo per te" 
 
 
Elle si sporse verso di lui, debolmente.
 
Lui le venne incontro, impossessandosi di quelle labbra calde con un bacio forte e possessivo.
 
La sentì abbandonarglisi completamente, con una dolcezza struggente.
 
Una dolcezza così grande che gli venne voglia di spaccare il muso a quel figlio di puttana che aveva osato toccarla.
 
Lei era sua.
 
E forse lo era sempre stata.





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Capitolo 28
*** il lupo perde il pelo ma non il vizio. o si? ***
















A CHI IN AMOR PONE SPERANZA
 
 
 
 
 
 
 
Elle si svegliò nel piacevole torpore di un abbraccio protettivo.
 
Socchiuse gli occhi,  beandosi di quel calore inatteso e gradito.
 
Liuk ancora dormiva, mentre le sue braccia muscolose formavano come un guscio intorno a lei.
 
Alzò di poco la testa, strusciandosi inconsapevolmente contro il suo petto asciutto.
 
Lo guardò con tenerezza, quei tratti duri e levigati, quegli zigomi alti e eleganti, le ciglia folte e brune abbassate, la fronte distesa e rilassata. e quei capelli ...
 
Elle con lentezza vi passò in mezzo una mano, cercando di donargli un aspetto meno trasandato e destabilizzante.
 
Tutto di lui era destabilizzante, rifletté in pochi secondi.
 
Trovarselo la mattina, appena svegli, accanto al proprio corpo, era .. ecco .. nuovo, quasi irreale per una come lei.
 
Sembrava il frutto del peccato, sensuale e seducente anche a occhi chiusi. Chi avrebbe potuto resistergli?
 
Lo sguardo di lei cadde sulle labbra semichiuse.
 
Vergognandosene, lo rialzò subito. 
 
Quello che non si aspettava era che lui, a differenza di ciò che aveva creduto finora, fosse sveglio.
 
Sveglio e divertito.
 
Ma per tutti i cavoletti di Bruxelles.
 
Elle arrossì per l'imbarazzo di essere stata beccata in pieno e di riflesso cercò di tirarsi fin sopra il capo le coperte .
 
Liuk sorridendo del suo patetico tentativo, le bloccò il polso in una morsa gentile.
 
Quel tocco, quel singolo contatto, le trasmise piccole scosse che si irradiarono in tutto il corpo.
 
Elle si irrigidì sentendo più caldo di quello che realmente c'era.
 
In più quelle coperte erano troppo pesanti, -si, proprio quelle- e così le scalciò via con i piedini.
 
Lo sguardo provocante con cui Liuk le carezzò la pelle nuda del corpo quasi la spaventò.
 
Come diav..? Ma .. ehi! Perché era solo in intimo? O meglio in canottiera e mutandine?
 
Si girò dal lato opposto tremante di vergogna e rossissima sulle guance.
 
Il respiro le si fece affannato, mentre automaticamente tratteneva il respiro come fosse sott'acqua.
 
Ora.. oddio! O-ora l'avrebbe presa in giro, criticando il suo piccolo.. anzi no, inesistente seno .
 
Oddio.
 
Gli occhi le divennero lucidi mentre il battito del cuore aumentava vertiginosamente.
 
Le venne voglia di posarsi le mani sopra le orecchie, per non sentire le probabili critiche che ogni maschio sulla terra le avrebbe fatto, compreso lui, ma le mani in questo momento le coprivano il petto.
 
Non era colpa di Liuk.
 
Sua! Sua! Sua!
 
La colpa era sua.
 
Era ancora una bambina.
 
Una stupida e inutile bambina.
 
Una lacrima le cadde sul cuscino.
 
Liuk percependo quell'improvviso cambio di atteggiamento, vide quelle piccole spalle irrigidite innaturalmente.
 
Elle sentì il corpo asciutto del fascista dietro di se, e il respiro le morì in gola. Deglutì sonoramente mentre sperava non notasse i suoi lacrimoni.
 
Liuk le prese il mento tra due dita e lo girò verso di se lentamente, con inaspettata dolcezza.
 
Elle si vergognò di dovergli mostrare i suoi occhi lucidi, ma lui non le diede alcuna via secondaria se non incrociare l'azzurro dei suoi occhi, potenzialmente letale in quel momento.
 
"A-ascolta.. i-io non sono brava con .. con questa cose" tirò su con il naso " e non sono neanche bella" le sfuggì dalle labbra rosse bagnate di lacrime salate
 
"Insomma io no-non sono .. " io non sono abbastanza. Era questo che stava per dirgli?
 
Liuk la guardava senza dire niente e Elle si sentì ancora peggio. Un velo pesante come piombo le oppresse il petto, togliendole il fiato.
 
Il fascista le si avvicinò in un solo movimento, portando quella bocca tentatrice vicino al suo orecchio rosso.
 
"Taci" le sussurrò roco all'orecchio "stai zitta" 
 
Elle non stava neanche più respirando, e lui lo capì subito visto che era praticamente sdraiato sopra di lei e non la sentiva inalare aria.
 
Si tirò su, e la trascinò con se.
 
Elle in pochi secondi si ritrovò tra le sue gambe, la testa adagiata delicatamente su un ginocchio del ragazzo e  quindi sorretta da lui, che in quel preciso momento la stava osservando inscrutabile. 
 
Le mani della piccola ebrea erano ancora a protezione sul seno, le labbra tremanti e gli occhi lucidi.
 
Gli occhioni spaventati fissi nei suoi.
 
Liuk le alzò il mento con un dito, poi lentamente posò le labbra su quelle morbide di lei.
 
Elle potè sentire il cuore rimbombarle nelle orecchie impazzito, una scarica di pura energia attraversarle la schiena e diramarsi poi. Il fascista le lavorò delicatamente le labbra, mordendo dolcemente, assaporando quella fragranza femminile semplice e inibitrice che lo faceva uscire di testa, pregustando quel sapore dolce che era unicamente suo.
 
Fu lei a lasciargli un piccolo spiraglio, a concedergli un muto permesso di avere di più.
 
Liuk le sorrise sulle labbra.
 
Poi una miriade di sensazioni la assalirono tutte insieme.
 
Eccitazione e lussuria, ansia e desiderio, avidità.
 
Avidità di lui.
 
Le loro lingue duellarono dolcemente tra loro, strusciandosi e provocandosi a vicenda.
 
Elle dimentica delle proprie paure, portò in una reazone istintiva le dite tra i capelli di lui, attirandolo più a se e giocando con i suoi capelli.
 
Liuk stava impazzendo. stava velocemente per perdere tutto il controllo che si era promesso di avere con lei, tutta la calma che si era giurato di usare, tutta la pazienza..
 
La sentì d'un tratto mugolare contro di lui, nella sua bocca, e spingere quel piccolo e delizioso bacino verso l'alto.
 
Porca puttana.
 
Basta.
 
Elle sentiva come un fuoco accendersi dentro e bruciarle i polmoni mentre lui le posava incerto una mano sul seno.
 
Lampi improvvisi le attraversarono la mente.aveva cambiato idea per via del suo corpo?
 
Poi di colpo lo senti accarezzarla interamente sul lato in un'esperta carezza erotica e tutte le sue incertezze svanirono temporaneamente.
 
La stimolò con estenuante lentezza, girando intorno a quei boccioli fioriti, sfiorandoli e non arrivandoci mai, scartando all'ultimo e facendola impazzire almeno  tanto quanto lui. Elle iniziò a pregarlo scossa da brividi di eccitazione, febbricitante in attesa di essere guarita dalle sue mani.
 
Voleva sbarazzarsi di quella canottiera, che per quanto morbida potesse essere, ora le sembrava solo ruvida e pesante. Le dita sottili della ragazza si strinsero istintivamente contro il braccio di lui, che però non aumentò il ritmo di quelle carezze, ne arrivò dove voleva lei.
 
A un'ennesimo cambio di direzione e a un leggero colpo rapito, Elle sussultò e fremette chiudendo gli occhi, non sopportando più quella tensione che percepiva in ogni fibra del corpo. 
 
Mugolò di nuovo in preghiera, e lui la depredò anche di quel gemito con un bacio ancora più profondo e eccitante, come se tutto di lei fosse dello stesso valore che potevano avere monete d'oro per un mendicante.
 
Elle si contorse su se stessa in un rantolo affannato.
 
"Ti prego, ti prego Liuk"
 
"Dove bambina" un'altro mancato tentativo la portò a gemere sotto di lui
 
"Dimmi solo dove vuoi essere toccata" 
 
"Ti prego" sussurrò a mezza voce senza più ossigeno, fissando quell'azzurro meraviglioso.
 
"Dove. Dimmi dove" insisté lui divertito
 
"..l-lì" annaspò lei con le guance rossissime.
 
Liuk le portò una mano sulla pancia piatta che era in massima tensione "qui?" chiese innocente
 
Elle gemé nuovamente, ormai al massimo. Senza più aprire la bocca, la ragazza ansimante portò la mano del ragazzo sul petto e sentì Liuk ridere mentre le baciava il collo arrossato e accaldato. 
 
Poi senza perdere più tempo inutilmente, decise che era ora di darle ciò che le aveva fatto bramare. Le alzò la canottiera leggera e scoprì quella pelle pallida e costellata di lentigini.
 
Per un attimo i suoi occhi si bearono di quella vista e tutto il resto sparì per lui.
 
Poi la sua bocca scese sul suo corpo, senza più indugio, senza alcun ripensamento.
 
Ed Elle quasi gridò di gioia e gratitudine.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Era in cucina a fare dei frappè alla frutta, indossando la prima felpa larga che aveva trovato insieme alla sua gonna della sera precedente.
 
Quel maglione aveva un profumo buonissimo, odorava di muschio, schiuma da barba e mare insieme. 
 
E poi le arrivava a metà coscia, una cosa che le era sempre piaciuta.
 
Mise la frutta tagliata a pezzettini nell' attrezzo strano, e azionò il tasto.
 
Tenendolo sistematicamente sott'occhio, si ritrovò seduta sul tavolo della cucina con le gambe a penzoloni.
 
Quella mattina era stata.. speciale.
 
Si, speciale era la parola giusta.
 
Elle annuì a se stessa con gli occhioni che le brillavano.
 
Perché le sembrava di essere salita su un cavallo e aver cercato di disarcionare mille cavalieri in una giostra continua e estenuante. Ma il premio, oh per dinci, se ne era valsa la pena!
 
Sospirò con una faccia tra l'ebete e il trasognante.
 
Lui si era fermato, le aveva abbassato la canottiera e l'aveva stretta al petto.
 
E lei aveva sentito il suo cuore battere allo stesso ritmo del suo.
 
E aveva sorriso contro la sua pelle. Poi si erano riaddormentati così, vicini e senza parlare, senza bisogno.
 
Liuk si era assopito subito, con le labbra stirate in un tenue sorriso, senza però neanche aver espresso un parere e lei temeva fortemente di non essere stata all'altezza delle sue passate esperienze.
 
Lei ci provava a non essere insicura, ma per dinci! Con tutte le ragazze che si era fatto non si poteva negare che avesse delle ottime, anzi superbe avversarie.
 
Eppure... qualcosa di come l'aveva guardata mentre la torturava, quel qualcosa l'aveva fatta sentire unica e ora, capiva perché le ragazze facevano le cascamorte con lui.
 
Poi lei aveva deciso di scendere in cucina a preparare la colazione in modo che almeno avrebbero potuto entrare in seconda se si fossero sbrigati.
 
Scese dal tavolo e fermò il macchinario, versando il frappè in due bicchieri.
 
Qualcuno suonò alla porta.
 
Elle si  abbassò un po' il maglione e si mosse verso l'ingresso.
 
Quando aprì, dei ricci rossi svolazzarono sul suo viso, coprendole la visuale.
 
Eppure quei capelli lei li conosceva.
 
C-claudia? Era questo il nome?
 
La ragazza, più alta di lei, la squadrò risentita, poi soddisfatta.
 
"Dovrei parlare con Liuk" il suo tono solenne le fece venire la voglia di sbatterle la porta in faccia, anzi no, sul naso.
 
"S-sta dormendo" incespicò nelle parole 
 
"Ah si? bhe lo sveglierò io" civettò maliziosa
 
"..non ti aspettava in realtà"  sussurrò Elle nervosa
 
"Ebrea, una come me può fargli solo che piacere." 
 
Elle restò senza parole.
 
"Sbaglio" continuò quella " o non ci hai visto anche tu mentre mi dava piacere?" era a corto di parole o stava riutilizzando sempre le stesse per ferirla? "ah si, ricordo, eri li a fissarci gelosa e invidiosa" sogghignò divertita.
 
Fu come se avesse ricevuto uno schiaffo in faccia. Tutto "lo speciale" che le annebbiava la mente svanì, e la sua mente corse involontariamente a quegli istanti dolorosi.
 
Senza riuscire a parlare prese la cartella e uscì tentando di ricacciare indietro le lacrime.
 
La rossa si richiuse la porta alle spalle soddisfatta e entusiasta.
 
Quella inutile ragazzina senza ossa... doveva assolutamente trovare il modo di togliersela dai piedi.
 
Il perché Liuk avesse scelto proprio quella smidollata non le era molto chiaro.
 
Di sicuro quella nanetta era meno attraente di lei.
 
Raddrizzò la schiena e si mosse a proprio agio, d'altronde la casa la conosceva.
 
Notò due frappè sul tavolo.
 
Posò la borsa su una sedia e li prese in mano, poi salì le scale.
 
Il corpo di Liuk giaceva rilassato tra le coperte spiegazzate e scalzate.
 
Sospirò estasiata, mentre lo divorava famelica con lo sguardo.
 
Il torace ampio si alzava e abbassava lentamente, mentre la testa era girata dalla parte del muro.
 
Non potè resistere alla tentazione di dargli il 'buongiorno'.
 
"Zuccherino svegliati" esultò con voce suadente e di tre toni più alta del dovuto
 
Per Liuk fu come svegliarsi da un sogno e ritrovarsi in un incubo.
 
Sgranò gli occhi osservando quella figura sinuosa e quell'aria vittoriosa che le si leggeva in viso.
 
Confusamente guardò verso il comodino, cercando di mettere a fuoco le lancette dell'orologio.
 
Che cazzo ci faceva Claudia lì?
 
"Ho pensato di venirti a svegliare, visto che ho visto uscire di soppiatto la tua ebrea senza farti neanche il favore di svegliarti. Egoistico da parte sua, no?"
 
"Egoista"
 
"Cosa?" 
 
Liuk scosse la testa nervoso. non aveva ancora realizzato la cosa.
 
Elle se ne era andata senza svegliarlo per puro sfregio?
 
"E quei frappè?"
 
Felice di mostrarsi come una dea magnanima, Claudia sorrise a trentadue denti.
 
"Entrambi per te"
 
"Due?" la guardò stranito lui
 
"Si, io non posso berlo, troppe calorie" già. Si certo.
 
"E perché proprio due allora per me?" chiese per niente convinto
 
"Per-perché ti devi mantenere così come sei" gli rispose amabile mentre gli porgeva il bicchiere.
 
Un bicchiere di topolino.
 
La cosa era fin troppo chiara.
 
Scelse di non farla sfigurare, anche se la realtà era ovvia.
 
Solo una ragazza avrebbe avuto il pensiero di preparare due frappè la mattina per colazione e servirli senza vergogna -o con- in un bicchiere di topolino.
 
E quello scricciolo, non era di certo Claudia.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Gaia si lasciò cadere sulla scomoda sedia in legno, che fece un "scronc" secco, quasi di protesta.
 
Poggiò sul banco di scuola i gomiti e sopprimendo sul nascere l'ennesimo sbadiglio si prese la testa tra le mani.
 
Perché toccava andare a scuola ogni giorno?
 
Insomma, perché non si poteva restare a casa di tanto in tanto senza dover giustificare senza mentire?
 
Non si potevano avere giorni di ordinaria pigrizia?
 
I suoi genitori l'ultima volta che era mancata l'avevano saputo subito visto che telefonavano in segreteria settimanalmente.
 
L'accordo del diavolo, pensò amara.
 
Scuola e famiglia.
 
Brutto, bruttissimo affare.
 
Puah.
 
Mancata eh? Il ricordo di quel magazzino le fece venire i brividi. Poi come un lampo, le rivenne in mente la scena al parco.
 
Ste' capo dei fascisti.
 
Già.
 
Il professore di storia, un uomo pelle e ossa sui cinquanta entrò in classe con un'espressione alquanto arcigna in viso.
 
Il suo sguardo si posò per un istante su di lei, una luce dura e di rimprovero la fece subito sentire nervosa.
 
Ovviamente per quale motivo non avrebbe dovuto avere un'ottima memoria per le alunne che avevano "copiato" gli esercizi? Nessuno.
 
Rigida come un tronco, poggiò lo zaino che prima era insieme ai gomiti sul banco, ai piedi della sua sedia.
 
"Il buongiorno si vede dal mattino" bofonchiò con l'umore a terra.
 
Vide di striscio un ragazzo moro sedersi accanto a lei.
 
Quando si voltò confusa verso di lui, rimase immobile.
 
"Taci befana, che il mattino ha l'oro in bocca"  le ammiccò fiducioso.
 
Gaia fece una smorfia e crucciò la fronte. Registrò con stupore l'epiteto, ma il malumore era così nero che ci passò sopra.
 
"Grazie a te quel mostro mi odierà per sempre..."
 
"Mai dire mai" rispose con un'alzatina di spalle Ste'.
 
"è facile parlare per te, brutto..."
 
"Signorina" un richiamo freddo attirò la sua attenzione "la prego di usare un linguaggio consono all'ambiente che frequenta. In qualità di suo professore ritengo che una ragazza della sua età non dovrebbe neanche sapere certe parole..."
 
L'uomo la guardò intimandogli forse di starsi zitta, ma Gaia volle comunque precisare.
 
"Professore con tutto rispetto non ho ancora detto niente"
 
"Ancora" ribatté lui riprendendo le sue stesse parole.
 
Sentì le guance andarle in fuoco.
 
Ste' sorrise divertito e Gaia fu sul punto di alzarsi e cambiare posto.
 
Si era seduto vicino a lei solo per stuzzicarla ulteriormente?
 
Era sul punto di scattare in piedi quando il moro intuendo il movimento repentino le mise una mano sulla coscia.
 
Quello che non si aspettava era che Gaia si risiedesse subito, cosa che stupì anche lei stessa.
 
La mano del fascista per sbaglio andò a finire molto, troppo vicino all'interno coscia alto della ragazza, che si immobilizzò come avesse appena visto uno scorpione.
 
Quel gesto, la mano di lui, quelle dita calde a contatto con i suoi pantaloni l'avevano gelata.
 
Velocissimo lui ritirò la mano, conscio che la ragazza avrebbe mal interpretato il suo gesto.
 
A Gaia parve quasi incerto mentre la guardava di sottecchi per non lasciarsi sfuggire la sua reazione.
 
Ma.. ma neanche lei sapeva bene come reagire a .. quello. Cos'era?
 
Cos'era stato? un incidente. niente di importante per lui. quasi comune.
 
E per lei?
 
Cos'era significato per lei?
 
Perché lui avrebbe voluto - forse, perché non aveva ben capito - farla restare lì seduta?
 
Perché a volte era così diverso? Odiava che continuasse volontariamente a confonderla.
 
Era crudele dopo i recenti risvolti.
 
Anche per lui.
 
"Mi faccia vedere gli esercizi signorina"
 
Gaia non ce li aveva.
 
Tutto il pomeriggio e la sera precedente non era riuscita a fare niente. Solo a rimurginare.
 
Forse questo fu ben visibile dalla sua espressione perché sentì il professore pronunciare poche parole di sfiducia totale nei suoi confronti.
 
La ragazza poggiò la fronte sul palmo della mano mentre nascondeva automaticamente il volto.
 
Gli occhi le divennero lucidi, ma non volle piangere.
 
Non lì.
 
Di fianco a lui.
 
Era solo un brutto giorno. un brutto giorno, un brutto..
 
"Il lupo perde il pelo ma non il vizio eh?" le sussurrò Ste avvicinandolesi cauto e con gli occhi puntati sulle spalle voltate del professore.
 
Gli occhi della ragazza furono calamitate da quelle labbra sensuali stirate in un breve sorriso.
 
Che voleva dire? Che lei non faceva mai i compiti? Che quel professore sarebbe stato sempre uno stronzo?
 
Probabilmente conoscendo il suo interlocutore era più probabile la prima.
 
La stava deridendo giocosamente?
 
Senza pensare, lo guardò con aria furbetta di una bambina beccata a rubare 
 
"l'abito non fa il monaco" sorrise dolcemente.
 
Non sorrise a lui, era qualcosa di più generale.
 
Si stava autocommiserando da sola, di propria volontà.
 
Cosa che non aveva mai fatto.
 
Lui le stava - insegnando? - a farlo senza appesantire troppo, più per sfogarsi con se stessi forse.
 
Riflettendoci automaticamente, quel commento la fece sentire un po' meglio.
 
Chi diamine era quel vecchiaccio per giudicarla, oibhò!
 
Guardò Ste sospettosa ma con un tenue sorriso che premeva per uscire.
 
Lui ridacchiò mentre una scintilla divertita si accendeva nei suoi occhi scuri.
 
Proprio in quel momento un bigliettino di carta fu lanciato contro la spalla del ragazzo, che si girò indietro.
 
Gaia non si girò perché era evidente che non fossero fatti suoi, ma sentì chiaramente Jessica esortare Ste a raggiungerla in ultima fila.
 
Sospirò delusa quasi inconsciamente.
 
D'un tratto sentì come se avesse attirato lo sguardo del fascista, come se ce l'avesse puntato addosso.
 
Si voltò di poco, e quando ne ebbe conferma le si arrossarono le guance.
 
I loro sguardi si allacciarono inaspettatamente con un'intensità da mettere i brividi.
 
Gaia deglutì incerta. sembrava quasi che stesse cercando leggerle negli occhi.
 
Ricacciò lo sguardo sul suo banco, precisamente sul libro ancora chiuso di storia che ora le pareva così interessante.
 
Decise di aprirlo.
 
Perché no.
 
Notò che il ragazzo si girò un'ultima volta.
 
Poi le parve che la guardò di striscio, come indeciso sul da farsi.
 
Fece finta di niente quando vide chiaramente che il fascista si alzò di soppiatto dalla sedia.
 
"Il lupo perde il pelo ma non il vizio" si rimbeccò da sola.
 
 
 
 
***
 
 
 
 
"Ehy baby"
 
"Ciao jessica" una voce fredda rispose cordiale.
 
"è questo il tuo modo di salutarmi? Mi devi un favore non ricordi?" chiese retorica la bionda con un ghigno provocante.
 
Il biondino si era fatto più alto e controllato, eppure qualcosa in lui aveva ancora quel non so che di fanciullesco.
 
"Si e infatti sono venuto ad ascoltarti." la guardò pacato lui, incrociando le gambe.
 
"No.  Sei venuto a fare esattamente ciò che ti chiederò " ribatté sicura di se mentre sentiva la vittoria già stretta in pugno.
 
E con la scusa di avere un problema e di dover andare in bagno, aveva dieci minuti buoni da poter sfruttare al meglio proprio lì, in quel giardino desolato.
 
 
 
 
 
****
 
 
 
 
"Il professore mi ha detto di riferirti che devi pulire i banchi e riordinarli" 
 
Il fascista manco la guardò, tutta la sua attenzione sembrava essere rivolta allo schermo dell'iphone nuovissimo. Ma tutto ciò non la infastidì minimamente se a confronto di quello che le era stato appena comunicato.
 
Gaia quasi si strozzò con la propria saliva quando sentì quelle orribili parole. oggi doveva uscire finalmente con Elle e Anny
 
"Cosa?? ma io ho anche una vita!" 
 
Strabuzzò gli occhi. che scassapalle però.
 
Lo aveva detto che quel vecchio ce l'aveva con lei. Lo sapeva dannazione! Tutto per colpa ..
 
Ste' alzò gli occhi degnandola finalmente di uno sguardo, con una espressione angelica fin troppo infamiliare sul suo viso.
 
"Ambasciator non porta pena" le disse a bassavoce, come se stesse parlando con una bambina idiota.
 
Gaia lo trucidò con lo sguardo, anche se nel suo cervello stava già pensando a come farsi scusare dalle amiche.
 
Però il desiderio di uccidere Stefano era davvero grande.
 
"A chi tocca, tocca" ribatté piccata. Gli avrebbe potuto dare fuoco no? Un posto isolato magari... notò che sorrise. Aveva progetti suicidi il ragazzo?
 
"A tutto c'è rimedio fuorché alla morte" 
 
La stava buttando sul poetico? 
 
"Ma chi non muore si rivede"
 
"Ma per favore Melzi, tu non vedi l'ora di vedermi" le ammiccò divertito.
 
Gaia rimase interdetta per poco più di un secondo.
 
"Come mai il cognome ora?"
 
"Come vuoi essere chiamata, tesoro?" una nota calda in quella voce, nel modo in cui l'aveva detto, le tolse il respiro. si impose di rispondergli per le rime.
 
"Non voglio proprio essere chiamata, è diverso" lo rimbeccò.
 
Lui di tutta risposta, alzò le spalle, con un'aria desolata.
 
"Chi è cretino, rimane cretino."
 
Per poco alla ragazza non gli partì una sberla. evidentemente la sua espressione doveva essere alquanto ridicola, visto che il cretino-cum-laude guardandola scoppiò a riderle in faccia.
 
Perfetto.
 
Il fuoco sarebbe stato un nemico per lui d'ora in poi.
 
"Stando zitti si campa cent'anni" lo fulminò girandosi e iniziando a spostare i banchi della prima fila per riposizionarli nella precedente collocazione.
 
Lo sentì riderle dietro sommessamente, poi il tipico rumore della scatola dei chewingum.
 
Oh mammina. I denti, la lingua, lo stomaco e la mente iniziarono a sbavare copiosamente.
 
Moriva dalla voglia di una gomma, ma no, non gliel'avrebbe mai chiesta.
 
Aveva un dannato orgoglio che faceva un baffo a tutto il resto del corpo lei. 
 
Dannatamente dannazione!
 
Lo sentì allontanarsi lentamente, con passo cadenzato.
 
"Zotico maleducato" sussurrò tra se digrignando i denti.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Elle stava giusto uscendo da scuola quando vide un ragazzo robusto piazzarsi di fronte a lei.
 
Confusa non fece neanche in tempo a indietreggiare che quello improvvisamente la spintonò per una spalla.
 
La ragazza per poco non scivolò all'indietro.
 
Le ballerine rosse slittarono per la suola consunta e dovette protendere le mani in avanti e cercare di riequilibrarsi  per non cadere di sedere.
 
Lo zaino le si rovesciò a terra e Elle sgranò gli occhi allarmata, ricordandosi che il cellulare era nella tasca esteriore.
 
Stava ancora guardando lo zaino sul cemento quando il tipo le diede un'altra spinta.
 
Più forte e sopratutto inaspettata.
 
Elle che non stava neanche guardando da quella parte, inciampò nelle stringhe della cartella per poi cadere e sbucciarsi le mani.
 
Un bruciore simile a un prurito acuto le infiammò i palmi e le ginocchia.
 
Con gli occhi lucidi e spaventata lo guardò incerta.
 
Cosa aveva fatto?
 
Era una..
 
No! Non poteva essere! Non ancora
 
Il cuore le prese ad accelerare, mentre una stretta forte al petto le tolse il respiro. Non poteva essere, lei non ne poteva più.
 
"Ba-basta" lo supplicò con gli occhioni verdi appannati dalle lacrime.
 
Il ragazzo sorrise sghembo per poi accucciarsi al suo livello. Un paio di occhi verdi come i suoi, ma infuocati da una luce fredda, la squadrarono soppesandola.
 
Era divertito.
 
Raggiante.
 
Sorrideva.
 
Elle iniziò a tremare forte.
 
Poi d'un tratto lo vide.
 
Vide Giorgio che si era avvicinato con passo svelto al ragazzo accucciato davanti a lei, con uno sguardo alquanto infuriato.
 
"Lasciala.perdere." proruppe allungando una mano.
 
Lo strattonò per il maglione, tirandolo su al suo livello.
 
L'aria era diventata elettrica.
 
"Non te lo ripeto Bernazzi, levati dalle palle" disse con voce atona
 
Giorgio si piazzò davanti a lei, con le gambe divaricate e una postura apparentemente rilassata.
 
Eppure le nocche di quelle mani strette a pugno erano bianche
 
Elle lo notò subito e deglutì nervosa.
 
Cercò di vedere la reazione dell'altro tipo, ma aveva un metro e 80 davanti quindi si rivelò tutto inutile.
 
Dopo pochi secondi scorse solo le sue scarpe allontanarsi scalciando via un sassolino con rabbia.
 
Quando Giorgio si girò per vedere se fosse arrivato in tempo, si ritrovò Elle tra le braccia, stretta alla sua felpa e con la testa rifugiata sul suo addome.
 
Elle sentì nitidamente la leggera pressione che il biondo impresse sulle sue piccole spalle per allontanarla da se.
 
Testarda lo abbracciò ancora più forte, conscia che quel che aveva appena fatto gli era costato molto.
 
Soprattutto per uno come lui.
 
Aiutare una ebrea.
 
Aiutare lei.
 
Giorgio si guardò attorno con aria impacciata poi si rivolse a quella testolina mora.
 
"E-elle, no, non... lui mi ammazza" le sussurrò piano.
 
Elle sgranò gli occhi e si staccò immediatamente.
 
Le ultime parole la colpirono con un'intensità tale da lasciarla senza fiato.
 
Si forzò a inspirare bruscamente.
 
"S-scusa. i-io non .. non" rispose a fatica con aria smarrita
 
Giorgio comprendendo l'imbarazzo provò ad alleggerire la tensione che la possedeva
 
"Fa niente. Ti accompagno fuori, vieni"
 
Elle raccolse silenziosamente lo zaino, mentre una smorfia di dolore le fece contrarre i muscoli del viso.
 
Notando le sue mani, e poi le sue ginocchia Giorgio sentì un improvviso nodo alla gola.
 
Eppure a volte, lui stesso aveva fatto di peggio.
 
Si volle convincere che era solo la sicurezza che Liuk l'avrebe menato comunque per non essere intervenuto prima. Lui d'altronde avrebbe fatto lo stesso se si fossero capovolte le situazioni..
 
Eppure quella tensione al petto e quel senso di oppressione costante non sparirono.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
"Ma dico l'hai vista? No dico: L'HAI VISTA??!"
 
"Cara Anny, non so manco di cosa tu stia parl..."
 
"Ma come no? Si! Si lo sai!"
 
"Non propr..."
 
"Allora sei una vecchia bacucca cara Gaietta!"
 
"Ma..."
 
"Non mi interrompere!" 
 
La mora si promise di non riderle in faccia. Ma che diav...
 
"Una sola parola"
 
Gaia la guardò perplessa. doveva indovinare? Era il caso di spegnere la tele?
 
Anita la guardò mentre contemporaneamente spegneva la tv.
 
Cosa seria in arrivo.
 
Era da più di sedici secondi che teneva quella faccia scandalizzata, come se avesse appena visto Pinocchio uscire dalla balena.
 
" Jessica Lunghini."
 
"Una eh?" ribatté sogghignando
 
Anita annuì spasticamente, facendo crollare il disordinato chimion che aveva in testa da più di un'ora.
 
"Sono due testa di rapa!" 
 
"è un nome, una cosa sola. quindi vale" iniziò a ridacchiare la bionda. poi si riprese in un istante tornando misteriosamente con la faccia da scandalo.
 
"...ma allora non sai davvero niente"
 
"Ma sei defic.."
 
"Quindi dovrei iniziare dall'inizio?"
 
Iniziare dall'inizio? 
 
"Riassumi bionda" convenne dura assumendo un atteggiamento da James Bond.
 
Altro che nome, quello era un mito.
 
" Ffb"
 
"C'entra facebook?" chiese con un sopracciglio alzato.
 
"Si."
 
"E l'altra f?"
 
"Sta per foto" 
 
"Quale foto?" replicò sgranocchiando i pop corn.
 
La cosa si faceva interessante. Anita intuendo l'elettricità complice di quel momento, si girò verso di lei, incrociando le gambe sopra al divano e guardandola dritta negli occhi.
 
"Lei e sua madre." 
 
Tutti qui, seriamente? 
 
"Vu-vuoi vedere?"
 
Sorridendo e ingurgitando un altro popcorn, la mora annuì raggiante.
 
La bionda si girò velocemente, e dopo pochi secondi teneva con mano tremante di eccitazione un banale computer.
 
Stava borbottando strane cose, del tipo -la stampo- oppure -la spedisco a lavorare al circo-
 
"Insomma?" chiese impaziente con un sorriso? 
 
Vecchio e sano gossip. Aaaah ragazzi, che pacchia.
 
L'espressione cambiò radicalmente nel giro di un nanosecondo.
 
"OH.MIO.DIO."
 
"Ah Ah! Lo sapevo Sacrebleu, lo sapevo!" esplose entusiasta Anita godendosi la sua faccia attonita.
 
"Anny tu quando l'hai vista?"
 
Afferrò con dita tremanti lo schermo del computer, non potendo credere ai suoi occhi. era sicuramente un illusione. un miraggio.
 
"Dimmi che non sto vedendo ciò che vedo e che questo obbrobrio non è mai esistito" sussurrò all'amica con la gola secca.
 
I commenti accanto erano - se possibile - anche peggio.
 
Tutti di scimmioni idioti, ovviamente.
 
"Allora, ho fatto la lista delle cose che potremmo scriverle, ascolta: il guinzaglio dove l'ha lasciato il tuo padrone? Oh, oppure questo: il tuo habitat è al parco, tra le altre cagne"
 
Gaia la guardò poi scoppiò a riderle in faccia. Le avrebbe ammazzate. Poco ma sicuro. E poi mangiate. 
 
"... trovato un'altro" continuava la bionda fissando il soffitto maliziosa "potremmo far finta di essere un maschio e scriverle qualcosa del tipo .. bho .. tariffa dimezzata quest'anno vero? So che fai molti lavoretti gratis in giro" 
 
La mora restò basita.
 
Era un idea fottutamente geniale.
 
Illegale, ma pur sempre geniale.
 
Degno di Anita, insomma.
 
Non fece in tempo a fermarla che la bionda scrisse subito la frase e fece invio.
 
"Ma sei scema?" quasi urlò Gaia ringhiandole contro e strappandole il computer dalle mani.
 
"Tranqui baby, falso account" replicò la bionda sfuggendole con un sorriso a trentadue denti "popcorn?"
 
"Oddio... ci arresteranno."
 
"Arresteranno lei per prostituzione o atti osceni in luogo publico semmai!" riibattè l'ovvio Anita.
 
"A casa sua Anny?" ironizzò brusca Gaia asciugandosi sui pantaloni la mani sudate.
 
"Facebook è pubblico, non mi può rovinare così una giornata!"
 
La cosa che le lasciò entrambi di stucco fu un mi piace ricevuto.
 
Era scema o cosa Jessica? 
 
"è proprio una ..." iniziò Anita gesticolando confusamente.
 
"Stefano Gargano ha cliccato mi piace al tuo commento" lesse con voce asciutta.
 
Gaia sollevò lentamente gli occhi in quelli di Anita.
 
Forse fu per lo stress, o per la situazione, ma fu come se si fosse accesa una miccia.
 
Ed entrambe scoppiarono a ridere.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
Elle si stiracchiò come un gattino contro il petto di Liuk, che le cingeva delicatamente la vita con un braccio, mentre l'altro lo usava da cuscino dietro la testa.
 
Erano a casa di lei, per la prima volta, e il letto non era grandissimo.
 
E sebbene lui non avesse detto niente a proposito, lei si era un po' vergognata.
 
Era stranamente silenzioso, non che gli desse fastidio, ma sembrava preso da qualche pensiero importante.
 
La ragazza sbadigliando prese ad accarezzargli distrattamente il fianco, piano e delicata con i polpastrelli sottili.
 
L'atmosfera di pace e silenzio rilassato, come dopo aver fatto l'amore.
 
Lei stessa era sovrappensiero. gli doveva dire di Giorgio? lei non avrebbe mai potuto ringraziarlo a dovere per quello che aveva fatto. lui invece magari potava improvvisare qualcosa da uomo.
 
Non uno stupido e infantile abbraccio, quello era certo.
 
Arrossì pensando a quanto doveva essergli sembrata stupida.
 
Odiava fare figuracce.
 
I suoi pensieri furono improvvisamente interrotti. Liuk le aveva preso la mano con la sua e quando Elle sollevò il viso con un sorriso tenero lesse nei suoi occhi la stessa incertezza che in parte era nei suoi.
 
"C'è una festa" iniziò lentamente guardandola attentamente negli occhi "io vorrei andarci, è in maschera e sarà una cosa ... divertente" sembrava a corto di parole
 
Elle continuava a guardarlo senza capire.
 
Che c'entrava? Poteva andare, che male c'era
 
Poi aggiunse qualcosa che le riscaldò come una folata di vento caldo e estivo il cuore.
 
"Non ti lascio come l'altra volta, mi sono comportato da vero idiota e me ne sono pentito amaramente" continuò abbassando le palpebre e con uno sforzo quasi tangibile nella voce.
 
Si stava scusando?
 
"Liuk, quella notte mi hai dato il mio primo bacio" gli confidò guardandolo con gli occhioni verdi assonnati ma dolci.
 
"Lo sapevo già. Ma questo non cambia il fatto che io abbia permesso a un deficiente pompato di avvicinarti e farti bere non so che.."
 
"Un jack-qualcosa"
 
"Quello" ribattè seccato. era arrabbiato con se stesso, concluse Elle.
 
D'un tratto Liuk avvertì la lieve pressione delle labbra della ragazza sulle sue.
 
Con una dolcezza struggente Elle lo baciò con tutta se stessa, desiderando con tutto il cuore che quella notte passata non la odiasse più. 
 
Quella notte li aveva condotti al giorno dopo, e a quello dopo ancora.
 
A loro.
 
In quel momento.
 
Percepì dell'umido sulla guancia, e avvertì una fitta al cuore quando si rese conto da dove provenisse.
 
"Liuk" disse con voce piena di emozione, mentre con un dito tremante gli asciugava una lacrima solitaria vicina al naso.
 
Il ragazzo la tirò a se e le seppellì il viso tra la cascata morbida di capelli, stringendola forte al suo petto mentre si sentiva devastare dentro da un uragano di sentimenti potenti e spietati.
 
Inspirò a fondo, cercando di riprendere fiato, trovando solo il colpo di grazia.
 
La fragranza fresca di fiori delicati che gli arrivò dritta nei polmoni.
 
Una certezza devastante lo percosse tutto, rendendolo improvvisamente conscio dell'intera portata dei suoi sentimenti verso quella ragazzina.
 
"Elle .. io.."
 
"Shh" lo zittì dolcemente lei con un bacio leggero "lo so già".
 
 
 
 
 
 
 
 


 
 
 
CALMA <3 calma e buonasera. sono sparita per tre mesi ma a mia discolpa premetto che avevo preannunciato la sparizione e in più non mi veniva l'ispirazione.
quando poi sono entrata il 13 settembre, il giorno del mio compleanno sul profilo sono rimasta tramortita dalla quantità di messaggi.
MI DISPIACE DAVVERO, SCUSATEMI  (>.<) ho cercato di rimediare il più in fretta possibile, anche perché qualcuna si è lamentata della lunghezza della storia, dicendo che ha superato il massimo. 
e se mi fossi affezionata ai protagonisti? @.@ oh mammina santa
francamente come vi è sembrato il capitolo?
troppo lungo? lo sooo, che palle!
uff.
non riesco mai ad accorciare quando ho allungato.
bando alle ciance, mai piangere sul latte versato.
che ne pensate?
Jessica? Giorgio? Liuk? Elle? Anny? Ste?
c'è qualcuno che vi ha colpito? o un po' incuriosito?
un bacione a tutto e grazie per gli splendidi commenti, davvero <3
a presto
lalla
 
 
 
ps: quanto è bella la prima frase di dedica? x.x i grandi idoli insegnano ahahah

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Capitolo 29
*** anymore ***









 
"è libero questo banco?"
 
certo che si.
 
"no" 
 
"io non vedo nessuno"
 
Stefano Gargano la stava davvero esasperando.
 
la nota di scherno in quella voce maschile si percepì chiaramente e la fece innervosire.
 
neanche lei  vedeva qualcuno seduto accanto a lei, se era per questo.
 
"deve ancora arrivare, vai via" ribatté Gaia prontamente
 
perché quell'odioso deficiente pompato aveva focalizzato tutta la sua sgradevole attenzione su di lei?
 
un fastidioso sorrisetto provocante si stampò in faccia al fascista.
 
"non puoi resistermi Melzi"
 
no infatti, presto si sarebbe alzata e l'avrebbe menato. e di brutto.
 
"ma sta zitto idiota"  sibilò 
 
Ste' ridacchiò divertito, decisamente di buon'umore.
 
Gaia ostinatamente non smise di fissare la cattedra vuota del professore.
 
se solo lo avesse guardato non si sarebbe controllata. lo sapeva lei e lo sapeva lui.
 
solo che lei cercava di mantenersi, e lui ci marciava sopra.
 
ed era tutto quello che non doveva succedere.
 
lo sentì dirigersi verso gli ultimi banchi, ed espirò lievemente.
 
sconcertata si accorse di essere stata in apnea fino a quel momento.
 
maledetto!
 
 
era stata l'unica volta in cui si erano parlati oggi. 
 
tutto sommato, le era andata bene constatò la ragazza felice come una Pasqua.
 
alzò gli occhi al cielo, mentre una goccia le arrivò sul naso.
 
stava per piovere proprio nel momento in cui lei doveva avviarsi per tornare a casa.
 
sbuffò, gonfiando buffamente le guance.
 
protese le mani verso le sue spalle, ma poi ricordandosi che aveva messo l'unica felpa senza cappuccio, le lasciò scivolare lungo i fianchi snelli fasciati da jeans larghi.
 
ci voleva anche questa, dannazione.
 
Gaia sentì qualcuno chiamarla e si girò di poco, incontrando lo sguardo fin troppo preoccupato di Ste'.
 
crucciò la fronte, pensando che forse non era stato lui a chiamarla. e se si, che diavolo voleva ora?
 
lo osservò istintivamente, portandosi una mano sopra gli occhi per proteggersi dalla pioggia leggera.
 
Ste' la guardava in viso mentre restava immobile a cavalcioni su una moto che inevitabilmente attirò subito la sua attenzione.
 
Gaia sgranò gli occhi.
 
era ... deglutì a forza sentendo la gola secca ... splendida. era splendida.
 
una piccola vocina nella sua testa la corresse subito.
 
erano splendidi.
 
sembravano uniti da una perfetta e innata sintonia, qualcosa di così raro che guardarli era facile che diventasse un piacere istintivo.
 
cavallo e cavaliere.
 
una fiancata elegante e armoniosa riluceva lucida e nera anche sotto i pochi raggi di sole rimasti, mentre una marmitta argentata contrastava audacemente con il resto.
 
la sella era nera, in pelle e sembrava decisamente una sella racing da pista.
 
dava il perfetto equilibrio sportivo alla fiancata elegante.
 
eppure era del tutto adatta a due persone. e in più le sembrò anche comoda.
 
il motore aveva tutta l'aria di essere potente, e lo era. Gaia ci avrebbe messo le dita sul fuoco.
 
si rese spaventosamente conto che senza accorgersene si era portata al lato di Ste', mentre le sue dita stavano accarezzando con ammirazione mista a timore reverenziale quella vernice scura.
 
aveva commesso un errore. perché si era avvicinata?
 
facendosi forza lo guardò negli occhi, cercando di non far trasparire il desiderio di salirci sopra.
 
Stefano la guardava con il mento alto, conscio di aver attirato tutta la sua invidia, poi d'un tratto le si avvicinò, piegandosi di poco verso di lei.
 
Al che mimò in labiale "è di mio padre" e Gaia sentì una risata premerle per uscire.
 
non era sua allora.
 
sorrise con naturale complicità.
 
"mi sembrava troppo in effetti per uno come te" ironizzò a bassa voce per farsi sentire solo da lui.
 
il ragazzo sorrise a sua volta, guardandosi intorno e attirando non pochi sguardi femminili. quando due ragazzine si fermarono a bocca aperta a fissarlo si passò una mano tra i capelli, in un movimento troppo studiato perché fosse casuale.
 
poi con fare casuale fece finta di incontrare inattesamente lo sguardo di una delle due e dopo quello che alle poverette probabilmente sembrò un'eternità, ammiccò facendo schioccare la lingua sul palato.
 
Gaia guardò scettica la scena.
 
non sarebbe mai cambiato.
 
una nota amara pervase la sua gola, e forse fu anche udibile quando non riuscì a reprimere poche e affilate parole.
 
"non è tutto oro quello che luccica" disse squadrandolo.
 
lo sguardo di Ste' fu calamitato controvoglia da quegli splendidi occhi nocciola.
 
non ci mise molto a capire che gli aveva appena dato della merda.
 
un sorrisetto deficiente gli incurvò le labbra in una piega che aveva appurato più volte essere sensuale. eppure la moretta continuò a fissarlo negli occhi con disprezzo velato.
 
la guardò un momento, attratto da quello sguardo magnetico.
 
"forse tesoro" le sussurrò all'orecchio sfiorandole la pelle morbida e calda "chi disprezza vuol comprare" fece una pausa studiata, alitandole in un sussurro roco "ma non ha i soldi per pagare".
 
la ragazza sentì un colpo sordo al petto.
 
si staccò scottata, come punta da una vespa, mentre l'ossigeno le bruciava nei polmoni.
 
perché doveva sempre finire con l'essere crudele? come si permetteva di dare a lei della poveraccia?
 
"perché da quando sei una puttana che va pagata?" ribatté gelida con uno sguardo ferito.
 
il fascista non si scompose, anzi rise della frase squadrandola e facendole intendere che la puttana fosse lei. 
 
l'aria le sembrò bruciarle in petto mentre continuava a scuotere la testa.
 
Stefano ebbe la certezza di averla ferita in quell'esatto momento.
 
Gaia gli si avvicinò con una smorfia di disgusto, una forza e una determinazione negli occhi nocciola così potenti che nessuno avrebbe mai capito che stesse implodendo.
 
portò indietro la mano con il palmo ben aperto, con una sola intenzione. ciò che non aveva chiaramente previsto era che la mano di Ste' seguisse fulminea la scia della sua e le incatenasse il polso in morsa ferrea seppur non troppo stretta.
 
Gaia strattonò il braccio, cercando di liberarsi con movimenti impacciati resi tali dallo shok. poteva percepire il suo sguardo attento su di se, come un peso sgradito di cui si sarebbe volentieri sbarazzata in quel momento.
 
Stefano Gargano aveva la spiacevole abitudine di farti crollare il mondo addosso, e vedere la tua espressione.
 
le parve di scorgerlo sorridere.
 
d'un tratto il fascista l'avvicinò a se, fino a farla scontrare con il suo petto, mentre Gaia si dibatteva per sfuggirgli.
 
"non ci provare" le sibilò a pochi centimetri dal naso.
 
non ci fu bisogno che le alzasse il mento, perché Gaia non era quel tipo di ragazza. alzò prontamente di propria volontà gli occhi nocciola in quelli scuri e neri del fascista in una muta sfida di dire apertamente ciò che le aveva appena fatto capire con una sola occhiata.
 
"chi per questi mari va" scandì lentamente come se gli stesse sputando veleno in faccia "questi pesci piglia" 
 
l'invito era chiaro.
 
se aveva problemi bastava cambiare rotta.
 
non girarle più attorno.
 
Stefano fece scontrare il petto con quello affannato della ragazza, per poi staccarsi con un ghigno enigmatico.
 
poi lo sentì parlare a voce fin troppo alta.
 
"tesoro, amore ... vuoi che ti riaccompagni a casuccia?" le chiese il fascista scoppiando a ridere
 
"fai pena, idiota" ribatté prontamente allo stesso volume.
 
si girò, allontanandosi veloce.
 
non lui, non la pioggia né niente e nessuno le avrebbe rovinato la giornata.
 
sentì addosso le occhiatacce delle altre ragazze e gli sguardi scioccati dei ragazzi che aveva intorno.
 
ah, mancava in effetti.
 
perché diavolo la gente reagiva in questo modo quando osava mandarlo poco gentilmente a quel paese? non era mica Dio sceso in terra, oh!
 
ormai era così da poco meno di due giorni, lei rispondeva male e lui, inaspettatamente, la sorprendeva rispondendole come tra vecchi nemici.
 
peccato che questa cosa la innervosisse più del dovuto.
 
il più delle volte si scatenavano battibecchi infantili il cui vincitore era quello che - ovviamente - riusciva a far tacere l'avversario.
 
non volavano mai sul personale, non più.
 
eppure ora, ora sembravano essere tornati all'inizio.
 
involontariamente, contrasse il viso in una smorfia.
 
era stata tutta una bugia la sua.
 
"posso?" 
 
una voce estranea la fece saltare in aria per lo spavento.
 
girò allarmata il volto, trovandosi irrimediabilmente il viso di uno sconosciuto fin troppo vicino al suo.
 
degli occhi azzurri con striature verdognole si incatenarono prepotentemente con i suoi, mentre un sorriso rassicurante si dipinse da un paio di labbra poco carnose.
 
i suoi occhi registrarono spaesati anche una mano, poco lontana dalla sua spalla, che reggeva un ombrello.
 
guardò lo sconosciuto ancora una volta, poi collegò il tutto.
 
"s-scusa .. ma... esattamente chi diavolo sei?" chiese titubante prendendo le distanze e finendo sotto la pioggerellina che si andava infittendo.
 
subito la mano del ragazzo si mosse prontamente verso di lei, e venne di nuovo protetta da un ombrello verde militare.
 
Gaia mostrò un sorriso riluttante, osservandolo di sottecchi.
 
un bel biondo, non c'era che dire.
 
tuttavia sembrava tanto uno di quelli che se la credevano, pensò amaramente.
 
Gaia si strinse istintivamente le braccia al petto.
 
"sono Simone, piacere" le porse davanti la mano libera.
 
mentre la ragazza gliela strinse, il biondo le sorrise di nuovo.
 
aveva un tic?
 
"ti posso accompagnare se vuoi"
 
"ma non ti conosco nemmeno" obbiettò scettica.
 
Davanti a  quel tono praticamente irremovibile che aveva fatto desistere molti, il ragazzo stranamente non batté ciglio.
 
"scusami hai ragione, sono stato sciocco."
 
Gaia non aggiunse niente, così lui fu costretto a proseguire.
 
"ritengo quindi che se ti offrissi un passaggio in macchina non ti interesserebbe" la ragazza fece segno di no.
 
"bene ... non vedo altra alternativa che lasciarvi leggiadramente, oh donzella, questo mio pegno d'amore nei vostri confronti" le porse l'ombrello sorridendo nel vederla ridacchiare.
 
"ma tu?" si preoccupò immediatamente la ragazza
 
"macchina, ricordi?" disse lasciandola li con il manico dell'ombrello in mano mentre la salutava avviandosi sotto la pioggia.
 
"Gaia" sorrise la ragazza sentendosi in dovere di presentarsi
 
le ricambiò il sorriso, cordiale come da manuale.
 
Poi il biondo le diede le spalle e mentre si calava il cappuccio sul viso, un sorriso gelido gli distorse la bocca ben modellata.
 
"oh zuccherino, lo so già."
 
 
 
 
 
 
****
 
 
 
 
 
"dov'è Giorgio?" 
 
"vede un film da mia cugina"
 
"mmh"  poco convinto il fascista si portò la birra alle labbra.
 
Liuk lo osservò in silenzio per un momento, mentre rifletteva tra se.
 
il buio della notte li avvolgeva, e le stelle illuminavano in una cupa luce i tetti delle altre case.
 
spostò il peso di poco, e poggiò il piede su un'altra tegola.
 
fin da piccoli, quello era il loro luogo preferito.
 
"come mai ti tieni ancora l'ebrea a dormire qui in casa?" Stefano domandò scrutandolo.
 
Liuk gli sembrò per un momento a corto di parole.
 
il ragazzo dagli occhi azzurri, senza lasciar trasparire la minima espressione, scelse attentamente poche parole che non scatenassero una tempesta.
 
"lei è diversa" sussurrò 
 
"nel senso che non te la sei ancora scopata?" scherzò l'amico.
 
Liuk gli lanciò un'occhiataccia.
 
decise di cambiare discorso e camminare su un terreno più sicuro.
 
"che combini con la Melzi?" chiese quasi rimproverandolo paternamente.
 
Stefano lo guardò storto, poi mugugnando qualcosa bevve un'altro sorso.
 
"mi dici che valore hanno le scuse se poi ti comporti da deficiente?"
 
Stefano lo fulminò con lo sguardo.
 
"io non mi sono scusato" sibilò scandendo le parole una a una.
 
Liuk guardò in avanti, verso il Tevere, lasciandolo sbollire.
 
"non so perché l'ho detto oggi" sussurrò infine Stefano. prese una sigaretta dal pacchetto e l'accese. "quando le sto vicino ... non riesco a stare zitto, perché lei vuole avere sempre l'ultima parola e io non lo sopporto. perché lei deve sempre dimostrare che faccio schifo e porco diavolo, non quanto pensa lei."
 
e per il motivo , rifletté con collera,  che non riesco a vederla come inferiore perché dice sempre qualcosa di sensato e fottutamente intelligente.
 
si portò la sigaretta alle labbra in un gesto veloce.
 
Liuk continuò a guardare all'orizzonte, tenendo a penzoloni la sua birra.
 
"cosa pensi di aver risolto oggi?" 
 
Stefano imprecò mentalmente contro l'amico.lui  sapeva sempre quali erano le risposte, eppure continuava a domandare.
 
non disse niente, sapendo benissimo che oggi non aveva risolto proprio un cazzo. anzi, se possibile aveva appena disfatto tutto.
Liuk non disse niente quando lo vide scagliare rabbiosamente la bottiglia nel vuoto, o quando lo vide allontanarsi nel buio e calarsi sulla terrazza della sua camera.
 
restò in silenzio, mentre pensava a un modo per dire al suo migliore amico di essersi innamorato di un ebrea.
 
 
 
 
 
****
 
 
 
 
Gaia aveva finito per tornare comunque a casa tutta bagnata come un pulcino, e non riusciva a smettere di starnutire.
 
sentiva un bruciore snervante sotto gli zigomi e vicino al naso, e gli occhi color nocciola erano arrossati e lacrimavano.
 
ogni volta che guardava su o inspirava velocemente sentiva lo stimolo persistente di starnutire.
 
"ma porca miseria" esordì dopo il quarto di seguito.
 
"basta oh!" si strinse nel suo maglione caldo che le arrivava alle ginocchia.
 
ondeggiando si diresse verso la cucina, mentre sentiva la testa scoppiarle.
 
accese il micronde e vi infilò dentro un tegamino con del brodo caldo.
 
si appoggiò al davanzale, cercando  equilibrio e sostegno.
 
la testa le pesava quasi fosse un sacco di farina e il collo sembrava fosse diventato di gomma visto che non riusciva a reggere niente.
 
un'altra lacrima le scese dagli occhi, e se l'asciugò velocemente.
 
istintivamente ispirò, ma l'aria non riuscì a passare dal naso e fu costretta ad aprire la bocca.
 
odiava sentirsi male, rifletté in pochi secondi.
 
sollevò la testa verso il micronde per vedere se il tempo era finito, ma mancava ancora un altro infinito minuto.
 
starnutì di nuovo. due volte. decise di prendere uno scottex.
 
poi il campanello alla porta suonò e Gaia si chiese confusamente se dovesse davvero aprire a qualcuno in quelle condizioni.
 
l'educazione ebbe la meglio.
 
quando posò la mano sulla maniglia gelata, si rese conto di quanto fosse bollente la propria pelle.
 
forse aveva la f...
 
"che cosa diavolo vuoi tu?!" gridò scandalizzata trovandosi difronte il fascista.
 
no. basta. per un intero giorno era troppo.
 
ora la stava osservando con un sorrisetto.
 
"la bellezza in persona, eh Melzi?" esordì antipatico come sempre.
 
Gaia lo guardò da sotto il fazzoletto, che non vedeva l'ora di usare, e decise subito di chiudergli la porta sul naso.
 
peccato che il fascista si mise in mezzo, e spiaccicarlo e ricevere una denuncia non era nei suoi piani.
 
lo vide osservare il suo abbigliamento, ma se ne infischiò completamente
 
la testa iniziò a girarle.
 
"chiudi tu" biascicò sfinita mentre si rintanava in cucina.
 
sentì che la seguiva a distanza.
 
"tutto ok?" chiese dopo un attimo il fascista.
 
"certo" rispose bruscamente Gaia mentre un attacco di vertigini l'assaliva.
 
le gambe le cedettero e pensò di cadere come un sacco di patate a terra.
 
eppure non le parve di sentire l'attrito con il pavimento.
 
sentì due braccia invece, stringerla contro qualcosa che doveva essere un petto.
 
"lasciami zotico" borbottò sofferente.
 
Ste' guardò per un momento quel fagotto fragile tra le sue braccia, e un lampo di compassione gli illuminò gli occhi.
 
si guardò un attimo in giro, optando infine per il divano.
 
la sollevò senza fatica e se la mise di traverso sulla spalla.
 
"Vo.. vomito" sussurrò Gaia sentendo la pressione sullo stomaco.
 
Cerò di aprire gli occhi, ma le si appannarono di lacrime.
 
sentì che le venivano asciugate. poi anche la testa, e posata su due paia di ginocchia.
 
mormorando qualcosa di confuso, si strofinò le mani in cerca di calore.
 
"tremi così forte" sentì dire al ragazzo.
 
non lo aveva notato. ok, era febbre.
 
solo febbre.
 
starnutì tra le mani, poi si tirò su di poco aprendo gli occhi affaticati e cercando il viso del fascista.
 
"la ... il ... il micronde" cercò di dire sfinita.
 
Ste' la guardò con la mascella contratta. 
 
delle lacrime costellavano i suoi occhi, per poi scendere lungo il naso e arrivare alla bocca rossa.
 
e si maledì, perché anche in quel momento la trovava fantastica.
 
dannazione, se solo fosse salita in moto.
 
"shh mettiti giù" la prese per i fianchi e se l'adagiò sul petto, accarezzandole i capelli.
 
quel calore umano la fece quasi piangere di gioia.
 
ma si staccò ugualmente.
 
"mi hai dato della puttana oggi" disse flebile.
 
sentì i muscoli del ragazzo irrigidirsi per un momento, poi di nuovo rilassarsi.
 
lo guardò negli occhi, certa che il proprio malessere non derivasse solo dalla febbre e che anche lui in parte ne fosse consapevole.
 
era l'unico che sembrava capire le sue emozioni, ma come aveva recentemente imparato a sue spese, ciò era un arma a doppio taglio.
 
per cui, pur non desistendo, si sentì esposta del tutto, priva di qualsiasi protezione o barriera davanti a lui.
 
davanti a uno stronzo come lui.
 
Ste' continuava a fissarla con i suoi occhi scuri, ben sapendo che se non avesse detto niente lei lo avrebbe cacciato all'istante. che se non avesse detto qualcosa ora, l'avrebbe persa per sempre.
 
fissò quelle mani rosse, strette una nell'altra, come per darsi conforto.
 
e realizzò che era tutto quello che la ragazza era bisognosa d'avere.
 
tutto ciò che il suo corpo smaniava di donarle, andando contro la propria mente.
 
perché doveva essere sempre tutto una lotta ?
 
Gaia non sentendolo negare o dire qualcosa, emise un debole singhiozzo e fece per allontanarsi.
 
Stefano reagì d'impulso.
 
"non l'ho mai pensato" la fermò lui, afferrandole le mani calde nelle sue.
 
gli occhi nocciola della ragazza sembrarono cercare conferma nei suoi occhi, e non trovarono altro che cieca convinzione.
 
poi Gaia si gettò tra le sue braccia, in un pianto isterico che lui soffocò contro la propria spalla.
 
un pianto che gli strinse il petto in una morsa.
 
Gaia si sbalordì di se stessa, in quei pochi secondi, ma anche di lui che intanto aveva preso ad accarezzarle dolcemente la schiena.
 
provò un emozione sconcertante, che le infiammò il petto e le tolse il respiro.
 
quell'abbraccio sapeva sconvolgentemente di casa.
 
non ebbe il tempo di rifletterci che un buio freddo l'accolse nelle sue tenebre, prendendola con se.





buona notte a tutti <3 sono di fretta perché ho un concerto jazz 
scusatemi per le minuscole, dopo le sistemo tutte. volevo solo proporvi questi piccolo capitolo prima dei lunedì 
ahimè, domani vado a scuola, quindi non avrei avuto tempo.
ci tengo solo a informarvi che ho riscritto i primi 3 capitoli finalmente, ora tocca agli altri tre seguenti.
però questo è un pezzo importante della storia, quindi spero con tutto il cuore che vi sia piaciuto <3
un bacione a tutti e grazie mille se mi date un parere
lalla 

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Capitolo 30
*** ti verrò a prendere con le mie mani, e sarò quel che non ti aspettavi. ***



buona lettura a tutti <3 eventuali errori grammaticali saranno al pù presto corretti ^.^
questo è un capitolo ... bhe, senza perdere ulteriore tempo, meglio se leggete.
fatemi sapere ! 
un bacione <3
ah! scusatemi del tempo impegato, ma piuttosto che scrivere una schifezza ho voluto aspettare e bho ... spero lo troviate bello :)











 
 
 
 
 
"Mmh... dove vai?" bisbigliò Gaia contro il cuscino.
 
Sentì che le coperte venivano spostate alle sue spalle e l'aria fredda che improvvisamente le accarezzava la schiena, mentre qualcuno si allontanava dal suo fianco.
 
"Non ti muovere tu" rispose svelto il fascista.
 
Gaia sbuffò intontita, cercando a tastoni l'amata coperta calda con ancora le lunghe ciglia abbassate. 
 
"Guarda che non ti corro mica dietro" replicò leggermente infastidita, tentando di non far caso a quei rumori e riaddormentarsi.
 
Stefano la guardò nel buio, gli occhi neri che parevano vederci benissimo, mentre un sorriso pigro gli stirò le labbra. Osservò come la ragazza sembrasse ancora distrutta dalla sera precedente, e come non avesse intenzione di lasciare effettivamente il piumone soffice. E come non lo guardasse di striscio benché fosse in boxer.
 
Una scintilla divertita gli illuminò gli occhi. Si allungò con una spalla contro il muro in una posa disinvolta, mentre incrociava le braccia al petto.
 
"Certo come no, Trilli" ribatté a bassa voce con garbo sarcastico.
 
Proprio come si era aspettato, quella frase appena sussurrata la incuriosì. La ragazza alzò di pochi centimetri il volto dal cuscino e lo sentì ridacchiare quando accendendo la luce sgranò gli occhi intravedendo quanto poco fosse vestito.
 
Gaia notò come quegli occhi scuri fossero attratti dal suo viso, e malgrado il leggero intontimento, capì al volo il motivo.
 
Aveva le strisce del cuscino stampate sulle guance come impronte indelebili, segno di una perfetta e fin troppo serena dormita.
 
"Concedimelo, di prima mattina non sono perfetta" 
 
Voleva essere acida, ma il buonumore ebbe comunque la meglio. Stirò la labbra in un dolce sorriso, mentre lentamente si tirava su e portava le ginocchia nude al petto.
 
Si strofinò gli occhi vigorosamente per svegliarsi, ma questo non ebbe altro effetto che il familiare pizzichio al naso.
 
Poi accadde una cosa strana.
 
Gaia aprì gli occhi nel secondo di starnutire e notò come Ste' si fosse paralizzato improvvisamente. Fu incredibile quanti particolari apparentemente insignificanti il suo sguardo colse in pochi istanti. Notò la sua mascella contratta e il nervo guizzare nervoso. le dita lunghe improvvisamente racchiuse in pugni ferrei. Il petto largo scosso da un respiro irregolare e veloce. 
 
Sentì il suo sguardo caldo scivolarle come una carezza erotica sulle cosce fino ad arrivare alle caviglie.
 
E il bisogno impellente e fastidioso si dissolse, mentre tutto pareva rallentare.
 
Confusa, Gaia abbassò di scatto le ginocchia e Stefano come destatosi da un incantesimo, scosse la testa e distolse nervosamente lo sguardo, quasi arrabbiato con se stesso. La ragazza starnutì all'improvviso, piegandosi di scatto in avanti e portandosi le mani al naso. Si rialzò veloce ed esausta, andando a sbattere contro la testata del letto che emise un secco "stonc", suono che arrivò in simultanea con una parolaccia soffocata.
 
"Che impedita" commentò il fascista senza traccia di sorriso sul volto.
 
"No, non è colpa mia" biascicò Gaia facendo il tentativo inutile di inspirare dal naso e massaggiandosi la testa. "Perché mi hai chiamata Trilli?" riprese curiosa, mentre il barlume d'interesse vivo le si riaccendeva nello sguardo. Trilli non era la fatina in qualche racconto di principesse?
 
"Ci deve essere per forza un perché?" chiese il fascista freddo.
 
Vi fu un attimo di silenzio interdetto.
 
Per pochi istanti Gaia non provò niente, attonita da quella sfumatura crudele nella voce profonda. Stordita, cercò di inalare aria.
 
Guardò le sue spalle, visto che le stava volgendo nient'altro che la schiena slanciata. Poi abbassò lo sguardo, senza fiatare, sperando che lui non si girasse proprio in quel momento e notasse le sue ciglia umide. Ma questo, si sforzò di non starci male, non sarebbe mai avvenuto, perché alla fine era sempre così. A lui non importava l'umore di una sciocca ebrea, no?
 
Con una smorfia di disgusto verso la surreale situazione, perché era del tutto incredibile che fosse stato proprio lui il primo ragazzo a restare per più di due ore nella sua stanza si sforzò di cercare qualcosa da fare.
 
Rendendosi conto di essere stato brusco, Stefano si girò e un lampo di compassione  gli attraversò gli occhi vedendo come ostinatamente la ragazza teneva il viso coperto dai capelli ramati e volto perfettamente sulla parete opposta.
 
 Gaia si alzò lesta, sentendo che l'aria si era fatta viziata di cattiveria e si impose di raccattare i fazzoletti usati la notte da buttare nel cestino. ma non ci riuscì.
 
Stefano in tre falcate veloci la raggiunse, e una volta catturata a se, la imprigionò rudemente contro la parete. Sentì distintamente il suo petto accarezzare quello di lei, nudo se non per una maglietta enorme. Respirava a fatica. Le prese il mento con forza e la fissò negli occhi. Quando parlò, la sua bocca era a pochi centimetri dalla sua.
 
"Bambina permalosa" non riuscì a non poggiare le labbra ardenti sulla sua tempia, mentre un sorriso gli increspava il volto.
 
Gargano, quello, non l'avrebbe mai fatto. Non con lei. O forse si?
 
Pareva una gatta accigliata.
 
"Ho il raffreddore" 
 
La sensazione delle sue dita ruvide chiuse attorno ai suoi polsi, prepotenti  ma delicate, il respiro caldo sulla sua pelle liscia, regolare ma sconvolgente. 
 
"Me ne ero accorto"
 
"Ti ammaleresti di certo se tu..."
 
"Se io?" terminò lui con un sussurro roco.
 
Gaia ammutolì non sapendo più dove andare a parare mentre arrossiva tutta. 
 
"I-io non penso sia una buona idea.." lei sussurrò piano.
 
La dolcezza del suo smarrimento era quasi tangibile. Stefano le sorrise, bastardo.
 
L'alito del fascista le accarezzava le labbra, e Gaia sentiva il suo cuore batterle come impazzito nelle orecchie.
 
Annegò nei suoi occhi, oltre che nella vergogna, e come ogni volta in cui i loro sguardi si incatenavano, si creò un'elettricità che pregava di essere liberata.
 
Perché non voleva ascoltarla ora? Perché la stava ... perché si comportava così? 
 
Confusamente Gaia si rese conto dell'inevitabile fine che le sue labbra avrebbero fatto di lì a poco se non fosse riuscita a fermarlo.
 
Doveva fermarlo, pensò sconcertata.
 
... faceva così con tutte, era un montato, inafferrabile e irresponsabile,
 
lui, lui.. 
 
Lui la guardò.
 
La guardò e vide quegli occhi nocciola che alla luce della bajour parevano avere riflessi ambrati, così sinceri, e con essi tutte le difese che la ragazza avrebbe voluto erigere contro di lui se avesse potuto, e le fece capire immediatamente che le avrebbe annientate se mai ci fossero state, che sarebbe successo e le avrebbe fatto ciò che era inevitabile, ciò che spingeva entrambi a stuzzicarsi ogni giorno, a essere così suscettibili, vulnerabili e ... duri.
 
"Non è mai una buona idea a fare la differenza." 
 
Quella sfumatura dolce in opposizione al tono roco, che lasciava trapelare la determinazione palpabile nella sua voce, riuscì a toccarla nel profondo, a farle vibrare il corpo, a raggiungere parti del suo corpo di cui ora non sapeva nemmeno il nome.
 
Gaia fece un respiro tremolante, sempre più agitata, sempre più rossa in viso. Percepì che stava per sporgersi anche prima che effettivamente lui mosse un muscolo, e il cuore aumentò i battiti mentre una morsa le stringeva lo stomaco.
 
Il fascista le si avvicinò piano, rispettoso, quasi a lasciarle il tempo di capire che cosa stesse succedendo, cosa stavano per fare. Perché era un cosa che avrebbe cambiato entrambi. Erano in due li, e lui voleva inspiegabilmente che lei se ne ricordasse per molto tempo.
 
Lasciarla senza fiato e senza cuore, derubandola di entrambi. 
 
Lasciando che fosse lei la prima a desiderarlo. A seguirlo. A sedurlo e compiacerlo.
 
Voleva che per quella ragazza, quel ricordo diventasse indelebile, come sicuramente non sarebbe accaduto a lui. Voleva essere il suo primo pensiero, e se possibile anche l'ultimo.
 
Desiderava vederla arrossire così graziosamente sempre, ogni volta che da li in poi avrebbe incontrato il suo sguardo. Mentre la cosa per lui sarebbe rimasta indifferente.
 
Sapeva come e cosa fare, e dove voleva giungere. Eppure non sapeva perché, si rese conto.
 
Gaia sentiva la testa pesante e leggera allo stesso tempo, mentre mille farfalle si librarono nel suo stomaco come impazzite. 
 
Sentì la pressione sui polsi aumentare per un secondo, poi allentarsi del tutto. Sentì una sua mano percorrerle la schiena, per poi fermarsi a lato del suo seno. Poco sotto. Sentiva le sue dita troppo vicine. 
 
Spaventata e tutta rossa incatenò i loro sguardi.
 
Le loro labbra non si scontrarono, ma si incontrarono esitanti. 
 
La fanciulla fece per ritrarsi scossa, ma Ste' le posò il palmo della mano sulla nuca, avvertendo chiaramente la sua confusione ma non lasciando che sfuggisse.
 
"No" quell'eco debole si dissolse nello scontro dei respiri, mentre lui le baciava il collo candido e le sussurrava roco "shh, angelo mio,  lasciati guidare da me"
 
Tra sospiri eccitati, struscii e sfregamenti lenti e armoniosi, il loro primo vero bacio.
 
Per lei il primo. Per lui né il primo né certamente l'ultimo.
 
Ma la magia innegabile di quella atmosfera, il venticello leggero che faceva svolazzare la tenda bianca, il piumone ancora caldo, l'abajour ancora accesa, e le mani uno sul viso dell'altro, l'avrebbero impressa nella memoria entrambi.
 
Lei si arrese inevitabilmente alla dolce invasione della sua lingua, mentre le sue dita esili si intrecciavano fra i capelli corvini di lui. Il fascista lambiva, esplorava, sfiorava e tormentava, e se fosse stato fisicamente possibile, Gaia sarebbe arrossita ancor di più. Assaggiava e poi si ritirava, lasciandola senza fiato e con la mente annebbiata. Dolce ma non misericordioso, eppure niente a che fare con quel perverso "bacio" a scuola.
 
Quando la sentì tremare di desiderio, Stefano emise un ansimo roco.
 
Non smettendo di baciarla, lasciò che la fanciulla gli si abbandonasse contro, guidandola in un circolo di fremente desiderio che ormai entrambi stentavano trattenere.
 
L'incertezza dei suoi movimenti non era chiara, perché come se fosse trascinata da un filo invisibile, lei seguiva i movimenti di lui come in una danza erotica, mentre le loro labbra si modellavano a vicenda.
 
Ed era maledettamente brava, si rese velocemente conto Ste'.
 
Sentiva il suo corpo reagire ad ogni singolo spostamento della ragazza e si sbalordì accorgendosi di come si fosse eccitato in pochi secondi rispetto a tutte le ordinarie volte con le altre.
 
Appena la ragazza si tirava un po' indietro e staccava le labbra, lui non poteva fare a meno di ricongiungerle. e il contrario.
 
Scosso da quel' impeto la distaccò da se afferrandola per le spalle e guardò Gaia turbato, come se fosse la prima volta che la vedesse realmente, con una tale intensità che vide lui stesso le ginocchia che le tremarono.
 
Quegli occhi nocciola parevano sinceramente perplessi e sorpresi quanto i suoi.
 
"Tu.. mi fai uno  strano effetto." concluse. A fatica scostò le mani dalle guance accaldate di lei e la lasciò sfuggire in cucina. 
 
Restò paralizzato, immobile e eccitato.
 
Intravide una bottiglia di birra sul comodino.
 
Per un attimo parve indeciso se berla o scagliarla contro il  muro.
 
Maledizione!
 
Non solo gli era maledettamente piaciuto il bacio forzato che le aveva strappato tra i corridoi di scuola, ma anche la variante debole, quella  ... dolce.
 
Quella che di solito rifiutava, quella inutile.
 
Gaia era un qualcosa di nuovo per lui, straordinariamente erotico ed eccitante sì, ma seppur potesse sembrargli una rosa candida non del tutto sbocciata, aveva le spine tinte di un rosso sangue ed era pericolosa.Sfortunatamente, un gioco che lo attraeva ancor di più vista la sua imprevedibile difficoltà. Amava le scommesse, ma stranamente non considerava lei tale.
 
Qualcosa di gustosamente proibito per uno come lui. Una ragazza così... facile e non nel senso solito della parola,  ma quello vero. Un sorriso pigro e sensuale gli incurvò gli angoli della bocca, mentre quel velo di ottusità pericolosa defluiva, lasciandolo finalmente con la solita, ironica lucidità di pensiero.
 
Sapeva che stava aspettando che lui si vestisse e uscisse da casa sua per lasciarla.
 
Quando Gaia lo vide avanzare vestito con una maglietta bianca nella sua direzione, accanto al bancone della cucina, sentì le gambe cederle improvvisamente. Afferrò il bancone con entrambe le mani, e cercò di sostenersi con tutte le proprie forze. Quegli occhi neri la stavano scrutando, forse divertiti.
 
Velocemente le cinse la vita leggera con un braccio e l'attirò al caldo tra le sue braccia. Senza lasciarle il tempo di aprire bocca, le stampò un bacio che sapeva di birra a fior di labbra, quasi come una promessa futura di una fiaba felice.
 
Istintivamente Gaia portò la sua mano sulla guancia di lui, dove stava già crescendo un filo di barba, e gli diede una leggera spinta.
 
Lo sentì ridere sommessamente della sua faccia, tra il sognante e il furioso.
 
Non appena uscì, Gaia si prese la testa tra le mani.
 
"Non è successo nulla, nulla..." 
 
Cazzo. Si erano appena baciati.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
Quando Gaia aprì la porta, con il battito a mille e un tic nervoso all'occhio, la visione di una ragazza bruna dagli occhi azzurri e una bionda minuta la rilassò notevolmente.
 
Le salutò con un sorriso e fece loro cenno di entrare in casa. 
 
Elle sembrava preoccupata, perché una ruga di costernazione le corrugava la pelle liscia della fronte.
 
"Eravamo venute a vedere come stavi" 
 
"Oggi non sei venuta, tutto ok?"
 
Gaia le abbracciò, senza baciarle.
 
"Mi sono solo svegliata tardi e avendo il raffreddore e mal di testa ho deciso che la scuola per oggi sarebbe balzata."
 
"Balzata?" ripeté confusa Elle.
 
"Da noi si dice "fare sega" o al  massimo "pisciare"" aggiunse con un sorriso la bionda.
 
"Molto più elegante in milanese" ribatté Gaia ridacchiando.
 
"Allora? Oggi che avete fatto?" chiese accoccolandosi sulla poltrona scura a fianco del divano "Oh, che sbadata, avete fame, volete qualcosa?" domandò premurosa.
 
"No gas gas, tranquilla mettite seduta" ribatté Anita, che lanciò un occhiata nervosa a Elle. Gaia si rese conto che probabilmente si stavano chiarendo implicitamente su qualcosa. Le guardò mezze storte. "Ei, io sono qui!"
 
"Oh si cara, lo sappiamo" rispose Anita con tutta calma distogliendo lo sguardo da Elle, poi aggiunse con spensierata serietà  "e di grazia dov'era la scimmia amica di mio cugino stamane?" 
 
Gaia si immobilizzò sotto quello sguardo attento e al tempo stesso divertito.
 
"Giorgio?" replicò velocemente.
 
Anita la guardò come si guardava una bambina beccata con le mani nel sacco.
 
"No, Stefano"
 
Vi fu un attimo di silenzio.
 
"Non lo so" 
 
"No?" sostenne il suo sguardo Anita.
 
"Sfortunatamente no."
 
"Gaia" intervenne Elle con un sorriso di scuse " Liuk doveva andare a casa di Stefano ieri sera, ma è tornato presto dicendomi che Ste' aveva da fare, e stamattina, come te, neanche lui è venuto a scuola"
 
"E c'è il suo odore in giro" si intromise Anita, apparentemente incapace di trattenersi. Elle le lanciò un'occhiataccia veloce, poi riprese a parlare a Gaia.
 
"Ga' non c'è problema se ha dormito sul divano per farti compagnia."
 
La ragazza sentiva le guance andarle a fuoco, e si portò con una mossa studiata i gomiti sulle ginocchia e il viso tra le mani.
 
"Da quando pensate che io e lui abbiamo un qualcosa?" indagò curiosa.
 
"è più di un qualcosa, siete attratti l'un dall'altro, è palese" borbottò Anita.
 
"Accade, non è colpa tua" aggiunse Elle. erano evidentemente in combutta quelle due maledette. 
 
"Come il legame che lega tu e Liuk?" sospirò Gaia.
 
Elle parve allarmata, e si ritirò tra le spalle incurvate.
 
"Beccata" rise la bionda.
 
"Parli tu, poi! Come mai non ci parli di Giorgio eh?" la rimbeccò Gaia, divertita dalla scena.
 
Perché diavolo non si rendeva conto che Giorgio, se solo lo avesse saputo ... poi però si riscosse e diede un colpo di tosse.
 
"Ga'..." iniziò Elle, ma la mora la interruppe.
 
"Lo so, niente da dire in giro"
 
"No" sussurrò triste Elle "soprattutto a Stefano, ma non cambiare argomento: dunque non ha dormito sul divano, ma da un'altra parte, giusto?" 
 
Anita cercò di mordersi la lingua, ma le poche parole le uscirono ugualmente "magari nel tuo letto?"
 
"Oh oh! Io sono vergine eh, e voi lo sapete benissimo" e probabilmente anche lui.
 
"Quindi ti ha abbracciato tutta notte?" replicò Elle, ormai curiosa quanto Anita
 
"No."
 
"E allora per tutta la notte avete..." iniziò la bionda con un sorrisino deficiente
 
"No!" squittì scandalizzata Gaia "Niente del genere, lui ha dormito da un lato e io da un altro" le si bloccò il respiro in gola quando si accorse di aver detto troppo, ma ormai era tardi.
 
"Quindi ci abbiamo beccato??" "assurdo" "Ma come è possibile" "Gliel'hai lasciato fare?"
 
"NO, era solo venuto a scusarsi. Anche se poi, come al solito, non l'ha fatto normalmente ma in un modo tutto suo" continuò facendo finta di non vedere l'occhiata maliziosa di Anny "Poi mi sono sentita male, mi ha portata sotto il piumone e stamattina, quando mi sono svegliata, stava cercando di filarsela."
 
"Ti ha coccolata? Aww dolcee" sussurrò la bionda con gli occhi a cuoricino. Gaia aveva la spiacevole sensazione che a nessuno interessasse l'ultima parte.
 
E non avevano capito niente, pensò irritata Gaia. Non l'aveva proprio toccata.
 
"Ripeto: lui ha dormito dal suo lato" soffiò mettendosi comoda.
 
"Sembra che la cosa ti dispiaccia" replicò Elle con un sorriso.
 
"Quoque tu, Elle?" 
 
La ragazza le rivolse un sorriso deliziato.
 
"Eh bhe, qua ci scappa la storia romantica"
 
Gaia iniziò a ridere di cuore. Stefano non provava sentimenti, se non eccitazione e rabbia. lei era  stata soggetta ad entrambi, forse. Ma in ogni caso nessuno dei due era quello che cercava.
 
"Se ha cercato di scusarsi vuol dire che ci tiene" cercò di farla riflettere la bionda.
 
"Baggianate, è uno stupido asino" chiuse il discorso Gaia, sostenendo lo sguardo delle due.
 
Ma la magia di quel  bacio, il sapore di quelle  labbra, il tocco delle sue  mani che marcavano a fuoco la sua  pelle, inaspettatamente la colsero di sorpresa, e al solo ricordo sentì il cuore aumentare i battiti spaventato.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
"Melzi, ma guarda un po' la coincidenza"
 
Gaia si riscosse dai propri pensieri. Cercò di mettere a fuoco la vista e chi vide la lasciò leggermente perplessa. Che ci faceva Liuk in un parchetto? Anche lui cercava di riflettere senza il suono costante di traffico per sottofondo?
 
"Hey" accennò un saluto educato con una mano.
 
"Per caso hai visto Stefano?" dritto al dunque, così tipico di lui. Gli sorrise con un magnifico esemplare di faccia da poker.
 
"Perché dovrei?" eppure lo sguardo che Liuk le riservò le fece capire che c'era qualcuno molto più bravo di lei a sostenere espressioni neutre.  "No, non è passato a rompere" aggiunse veloce, con la speranza che si levasse dai piedi.
 
Liuk voltò il viso, guardando a destra. Gaia ebbe la percezione che stesse forse tentando di nasconderle un sorriso deficiente.
 
"Dove stavi andando?" domandò la ragazza cambiando discorso.
 
Liuk riportò i freddi occhi color ghiaccio nei suoi, mentre la scrutava attentamente.
 
"Puoi seguirmi se vuoi" infine disse.
 
Gaia non lasciandosi minimamente scoraggiare dal tono svogliato, si alzò veloce. Lo seguì nel silenzio imbarazzato. Entrambi sapevano fin troppo chiaramente dell'altro. Eppure perché lui riusciva a sembrarle così calmo mentre lei era il volto della preoccupazione?
 
Poi si domandò se poteva approfittare della situazione per saperne di più su Stefano. D'altronde, se ciò che voleva chiedere non lo sapeva Liuk, chi altri?
 
Giorgio forse, ma si sarebbe uccisa piuttosto. Malgrado ora trattasse bene Anita, lei non aveva di certo dimenticato come era bravo a importunare.
 
Si voltò rapidamente verso Liuk, che le camminava al fianco, piuttosto veloce.
 
"M-mi puoi dire... ecco..." si ritrovò a corto di parole "Perché, insomma come mai, Stefano odia sua madre? è cosi da sempre o solo..."
 
Le parve di scorgere un lampo di sorpresa nello sguardo che Liuk le riservò. Ma se era effettivamente sorpresa, sparì presto. il ragazzo le lanciò un occhiata indagatrice.
 
Era evidente che avrebbe voluto sapere il motivo per cui ne era a conoscenza, ma per l'amor di Dio, le sue labbra sarebbero rimaste sigillate sull'argomento.
 
"No" le sorrise.
 
Gaia rimase confusa.  "no cosa?" 
 
"Te ne parlerà lui, se avrai mai il coraggio di chiederglielo." rise divertito.
 
Seppur fosse raro vedere quel volto severo stirarsi in un'espressione divertita, Gaia non ci badò più di tanto. Era alquanto incacchiata. Perché le cose dovevano essere così estremamente facili per alcune persone e sempre così irrimediabilmente difficili per altre?
 
La voce disinvolta di Liuk la riscosse.
 
"Allora Melzi, Gargano scopa bene?"
 
Avrebbe giurato che si stava trattenendo dallo scoppiarle a ridere in faccia.
 
"Ma brutto arrogante!" lo guardò indiavolata. Tutti così oh! 
 
"Non prendermi per il culo allora" ribatté il ragazzo, con uno sguardo furbo. Aveva perfettamente, maledettamente capito che aveva passato la notte da lei.
 
"Ma chi osa tanto" ironizzò borbottando
 
Liuk parve seriamente rifletterci sopra, in un attimo di silenzio.
 
"Tu, tu osi, per questo gli interessi" disse lanciandole un'occhiata veloce.
 
"Certo, il bersaglio perfetto per .."
 
"Un colpo ben assestato"
 
"Già, al centro proprio."
 
Liuk scoppiò a ridere "Capisco perché ti ronza attorno, sei un pagliaccio"
 
"Un momento! Tu..." tutto quello che aveva detto aveva un doppio senso, e lei non e ne era minimamente accorta. Gaia per poco non si prese a sberle. Poi, si accorse che il ragazzo con un movimento sciolto, che sicuramente richiedeva un agilità che lei non aveva, si era issato sopra un muretto, e da li su un tetto basso.
 
"Ma come hai fatto a salire fin lassù?" sgranò gli occhi stupita.
 
"Cazzo se sei lenta, muovi il culo" fu la cordiale risposta. Lo vide muoversi verso la parte più alta del tetto. 
 
"La calma è la virtù dei f..."
 
"Fanculo Melzi, ti lascio laggiù"
 
"Non provarci" si tirò su, sentendo i jeans tendersi sull'interno coscia "avete... la... fastidiosissima abitudi... ne..uff... di interrompermi"
 
Liuk cavallerescamente, non le porse la mano.
 
Eppure, non appena riuscì a appoggiare i piedi sul tetto e a guardare l'orizzonte, Gaia si accorse che quel posto, di magico aveva tutto.
 
Il Tevere scorreva poco più in là, impetuoso e incontrastato, schiaffeggiando gli argini anneriti. I lampioni dei ponti, lasciavano una luminosità diffusa che lanciava ombre eleganti sui marciapiedi in marmo. Le case apparivano come vecchie signore, in procinto di bere un thè davanti ad amiche altrettanto anziane.
 
Basita e euforica, non fu capace neanche di staccare gli occhi dal panorama quando chiese  al ragazzo se venisse lì a pensare, in quel posto meraviglioso.
 
Liuk la guardò per un attimo, sinceramente perplesso.
 
"Credi davvero che se avessi un posto mio lo mostrerei a qualcuno?"
 
Gaia piegò il viso di lato, annuendo con un infinitesimale cenno di assenso del mento. Era fin troppo chiaro a chi si riferisse.
 
Liuk si girò, turbato. Il ricordo della piacevole mattina che contrastava l'ansia e la preoccupazione irremovibile. Elle che cercava di far funzionare il frullatore senza successo, l'occhiata imbronciata che gli aveva rivolto, il dolce sapore delle sue labbra morbide, la fragranza del suo maglione...
 
"Non puoi continuare a fare finta di niente" 
 
Sapeva che quelle parole contenevano un fondo di verità.
 
"Così pare" aggiunse senza alcuna ironia.
 
Si sedé, lo sguardo rivolto al Tevere. La percepì accucciarsi poco distante, alla sua sinistra.
 
Poi la vide allungare un braccio verso di lui. La guardò scettico, ma vide solo una vigorsol adagiata sul palmo della mano che gli porgeva. Gaia rimase piacevolmente contenta nell'avvertire una leggera pressione in meno.
 
Evidentemente, niente procedeva come ci si aspettava.




 Ste' e Gaia
 Elle e Liuk

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Capitolo 31
*** my dear angel ***






 
 
Dopo due giorni, Gaia si decise finalmente ad accettare l'invito per un caffè con Simone.
 
Era indubbiamente la cosa giusta, anzi perfetta dal momento che non riusciva più a dormire tranquilla la notte. Era stanca, e piuttosto infastidita. Inspiegabilmente le sembrava quasi di non poter addormentarsi senza qualcuno al proprio fianco. Sentiva la  mancanza  di qualcuno. Certamente era la distanza con la sua famiglia che le causava questo effetto, eppure il viso di Stefano le era balenato in mente nei momenti più strani della giornata.
 
Quando stava per fare la lavatrice e si era trovata per le mani una maglia bianca, nel momento in cui camminava per strada e un ragazzo in motorino le era sfrecciato accanto, ammiccandole spudorato.
 
Sorridendo inspirò velocemente. Tavolini piccoli e rotondi erano illuminati difronte a lei dalla calda luce di un pomeriggio invernale, con delicate composizioni floreali accanto  a dei posacenere.
 
Gaia riconobbe subito il viso di Simone, poco più in là. Stava seduto in una posa svogliata, una caviglia sopra il ginocchio dell'altra gamba, le braccia in grembo e tra le mani un cellulare. Non si era ancora accorto di lei e Gaia ebbe il tempo di notare che non era riuscita ad arrivare in anticipo.
 
O meglio, lei "era" in anticipo, peccato che lui lo fosse più di lei.arricciò il naso indispettita. Inspiegabilmente le dava una certa sicurezza conoscere il luogo prima dell'altro, sedersi per prima e avere il tempo di prepararsi mentre messaggiava concentrato. Sicurezza che le era stata negata. Si stampò in faccia uno dei suoi migliori sorrisi e si avicinò. Dopo un momento lui alzò la testa, e riconoscendola si alzò educato a salutarla, stringendo il piccolo oggetto che aveva tra le dita. 
 
"Ti trovo bene, come è andata oggi?" chiese mentre si infilava velocemente il cellulare in una tasca.
 
"Mah dai, come al solito. Tu che mi dici?" rispose lei con un sorriso
 
Simone, scoprì ben presto Gaia, amava parlare di se, malgrado l'iniziale apparente timidezza. dilagò dalle ragazze che gli andavano dietro allo sfigato del professore che non aveva capito a pieno quanto lui fosse portato in quella materia. Non capiva se era per sorprendere in qualche modo lei, o per comunicare un suo sincero sconcerto. Gaia sbatteva le palpebre, cercando di stargli dietro il più possibile, ma la mente a un certo punto del discorso le si staccava. non che non fosse bravo, ma c'era qualcosa nella sua voce di ... come fasullo, che non le permetteva di fare attenzione. I ricordi di un tono roco sopraggiungevano e in quell'istante vi si aggiungevano anche le immagini sensuali di un corpo slanciato piegato sul suo, intento a baciarla...
 
"No, non devi arrossire!" scoppiò lui in una risata "Dovrebbe farlo lei! Pensa che me l'ha chiesto pure davanti a un mio amico!"
 
Gaia si riscosse immediatamente, portandosi sorpresa le mani alle guance. Sussultò emettendo un respiro tremulo. Basta! Doveva smetterla di pensare a quel .. quello. Ma d-di che cosa stava parlando Simone? Oh mammina santa, si era appena persa tutto un discorso? Una vocina nella sua testa le suggerì che quel discorso non aveva proprio niente di minimamente interessante ma Gaia non demorse. Annuì con la testa e gli fece cenno di assenso. Dopo alcuni minuti, Simone ordinò da bere un cappuccino. Iniziando a sorseggiarlo, la guardò in viso velocemente.
 
"Come vieni vestita alla festa?" le domandò d'un tratto
 
"Quale festa?" ribatté confusa 
 
"Quella in maschera, mi pare ovvio" le rispose lui mal celando l'ironia.
 
Ovvio, si, pensò la ragazza. Alzò le spalle 
 
"Ancora non so, perché?"
 
"Bhe, come minimo devi avere una gonna, o dei pantaloncini... qualcosa di elegantemente .." -corto?- rifletté sarcastica Gaia "...raffinato" concluse il ragazzo facendo un vago cenno della mano, per poi posare gli occhi azzurri sul suo corpo.
 
Stranamente lei aveva pensato a tutt'altra cosa.  
 
"Capelli mossi e sciolti, poco ma sicuro .. " continuò il biondo con le labbra stirate in un sorriso duro.
 
Gaia sentì il cellulare vibrarle nella tasca. Frugò con la mano e lo prese lesta, lieta di quella momentanea distrazione. Aveva ricevuto un messaggio. Il numero era sconosciuto, eppure quando ne lesse il contenuto, non ebbe il minimo dubbio su chi glie l'avesse mandato.
 
Gaia sorrise, mentre sentiva il cuore aumentarle i battiti. si chiese se era già successo, se lo stesso messaggio era stato mandato anche ad altre. Il suono, come un tamburo, dei palpiti nel petto eclissò la razionalità. le dita iniziarono a scrivere in automatico.
 
Digitò velocemente una risposta e premette invio. Intanto sbirciò il ragazzo dall'altra parte del tavolo, seppure la sua mente fosse da tutt'altra parte. Simone aveva finito il cappuccino e lo stava posando sul tavolino. poi l' attenzione della ragazza fu richiamata da una leggera scossa al palmo della mano. i suoi occhi scorsero rapidamente le poche parole di quel nuovo messaggio.  A quel punto si alzò con un sorriso malcelato, urtando impacciata contro il tavolino.
 
Sentiva le mani sudarle, e il cuore batterle furioso. In più aveva la netta spiacevole sensazione di non riuscire a reprimere quel fastidioso sorriso ebete. Lui l'avrebbe di sicuro notato. si scusò con Simone, dicendo che aveva avuto un impegno imprevisto.
 
Giunse all'angolo della strada, il muro si era interrotto, e il marciapiede faceva una curva. Il suo sguardo vagò, ma non per molto. Incontrò un paio di occhi neri come il buio che la stavano fissando, e il suo sguardo si illuminò di sincera felicità. Sentì la gola secca, mentre notava quanto fosse elegante in un semplice golf della Ralph Lauren e dei jeans dalle linee pulite e semplici. Gargano la stava guardando allo stesso modo, una strana luce calda aleggiava nei suoi occhi. buttò la sigaretta a terra, senza degnarsi di spegnerla. Le labbra si stesero pigramente in una linea sensuale e accattivante, la stessa che probabilmente aveva fatto cedere molte ragazze ai suoi piedi.
 
"A quanto pare ti ho appena salvato, visto quel sorriso da demente" disse piegando la testa da un lato.
 
Gaia storse il naso, senza smettere di sorridere.
 
Stefano le diede un buffetto in fronte e salì in sella con un ghigno. gaia rimase incerta se colpirlo alle spalle o servigli la vendetta fredda. Optò per la seconda. 
 
"Togliti quel ghigno beffardo" ribatté divertita mentre saliva velocemente sulla moto, aggrappandosi al braccio offertole inaspettatamente "altrimenti ci staremo due ore dentro i negozi" sorrise diabolica. Stefano scoppiò a ridere e il cuore di Gaia perse un battito, così come lui sentì un fremito quando percepì le mani di lei, stringersi delicatamente ai suoi fianchi.
 
Inspirò bruscamente, tentando di frenare l'istinto. 
 
Gaia percepì sotto il palmo i muscoli irrigidirsi, e confusa sentì la sua voce borbottare poche parole sconnesse tra loro, poi le sue orecchie capirono solo una frase:
 
"Guarda te a cosa ho acconsentito" 
 
Quando Stefano capì che la ragazza dietro di lui aveva iniziato a ridere di cuore avendolo sentito, accelerò di scatto, quasi facendola gridare.
 
"Ma sei un cretino?!" 
 
Sorrise beato. La situazione era tornata alla normalità.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Dopo sole due ore, Stefano aveva atteso fuori da ventidue negozi. Seppur avesse intravisto la faccina delusa di Gaia quando si era categoricamente opposto a fare un solo passo dentro quei ridicoli negozietti, era rimasto fuori ad aspettarla.
 
Come un dannato cagnolino, pensò con un velo di ironia.
 
La vide uscire e venire verso di lui, ancora nessun acquisto per le mani. Male, molto male.
 
"Di un po', ma sai cosa vuoi comprare?"
 
Si incamminarono con tacito accordo verso quello successivo.
 
"Aspetto l'ispirazione"
 
"Divina?" sorrise lui.
 
"Zuccone" lo rimbrottò "Si da il caso che non voglia un'elaborata minigonna, e dei semplici pantaloni andrebbero più che bene"
 
"Non mi dispiaceva la minigonna" lo sentì commentare.
 
"Manco a .." Gaia si fermò, incerta se continuare.
 
Stefano d'un tratto si girò, guardandola attentamente in volto e aspettando che continuasse.
 
Gaia si umettò le labbra, non sapendo che dire. Poi scosse la testa, e con il tono più disinteressato gli rispose:
 
"Simone. Oggi pomeriggio ero con lui." notando che il ragazzo si girò velocemente e irrigidì la mascella, puntualizzò "per un caffè, solo per un..."
 
Lui la osservò in volto, facendola arrossire.
 
"Melzi, mica sono il tuo fidanzatino" rispose atono, regalandole uno sguardo significativo e sfidandola a ribattere.
 
Vi era quell'accenno , quella sfumatura derisoria in quella frase, che la fece tendere come un violino.
 
Gaia si morse la lingua per non ribattere acida, poi prese a camminare un po' più veloce. evidentemente "Simone" non era un argomento di cui trattare. Discorso chiuso e errore mai più ripetuto, un motto semplice quanto vero.  Lui la raggiunse senza alcuno sforzo, il che la fece un pochino innervosire.
 
Si sentì afferrare il polso e attrarre in un angolo appartato, il tutto in pochi istanti. Gaia confusa e irrequieta lo guardò dal basso. Il ragazzo era chinato su di lei, nascondendola alla vista dei passanti curiosi, che lanciavano occhiate furtive alla scenetta.
 
La guardò, incurante o sprezzante del resto del mondo, attento solo a lei.  Gaia avvertì un calore irresistibile nascerle dentro e diffondersi nel suo corpo. I loro respiri affannati si scontravano uno contro l'altro. Gaia rimase sorpresa di notare che non solo lei avesse il respiro corto. Lei.. bhe, non era abituata, ma lui.. i loro sguardi si incatenarono, elettrici. i loro fianchi uniti in una posizione inequivocabile. Sentì le sue braccia circondarla la vita rudentemente, e avvertì frastornata la sua bocca vicino al suo orecchio.
 
"Questo lo farò ogni volta che ne ho voglia"
 
"No. non sei mica.." il mio ragazzo. "Per me .. ecco, è un discorso serio."
 
Lo vide piegare un angolo della bocca, ma non seppe come interpretarlo.
 
"Devi per forza etichettare tutto?" le domandò sbuffando.
 
"E' buon usanza, si, non ti pare?" ribatté piccata lei.
 
"Mi affascina ciò che non so, e le etichette le conosco eccome mia cara"
 
Gaia rimase impassibile seppur avvertì una fitta nel petto, causata da quelle poche parole. conosceva le etichette, oh, eccome se le conosceva. Quando il signorino lo desiderava, una ragazza diversa. Era un'amara consolazione fare parte di una schiera. Una schiera di ragazze. Ma non per questo le etichette erano tutte degratificanti. Qualcosa come "mascalzone" e "bastardo" erano etichette brutte, si, ma quella di "ragazzo", il classico bel principe galante non lo era affatto, almeno per lei.
 
"Dipende se conosci quelle negative o positive" lo guardò fisso negli occhi, alzando il mento.
 
Lui riconobbe un fondo di verità. Touchée.
 
Gaia lo vide guardarsi intorno, poi si vide prendere la mano e si ritrovò trascinata in un piccolo negozietto che lei non aveva neanche notato.
 
La commessa puntò gli occhi su Stefano, non calcolandola minimamente. Gaia se ne fregò e posò lo sguardo su vecchi vestiti lunghi appesi a grucce grige, alternati in modo casuale ad alcuni più corti. 
 
La sua attenzione venne calamitata da un vestito verde acqua, elegante seppur corto, intricato seppur semplice. era semplicemente ... splendido.
 
Gli occhi le brillarono di felicità e non ci pensò su neanche un attimo: sporse la mano e afferrò la gruccia, poi cercò un camerino. Era l'ultimo della sua specie, per cui, o le andava o pace.
 
Individuò una stanzetta con una tendina davanti, e vi si infilò con un sorrisone d'attesa e speranza. Per qualche ragione, sapeva che le sarebbe entrato.
 
Si tolse le scarpe, poi gli indumenti. Un soffio di aria tiepida le carezzò i fianchi nudi. Gaia con estrema attenzione, prese il vestito e lo passò dalla testa, per le braccia, per le spalle, infine lo sfilò sul busto.
 
La sensazione di tessuto morbido le avvolgeva la pelle, in un caldo e piacevole abbraccio. Il vestito le aderiva perfettamente sul petto, in un delicato intreccio di rifiniture, per poi ricaderle morbido sui fianchi e scendere con spensierati risvolti.
 
Uscì, istintivamente.
 
E lo trovò lì,  lì difronte, ad attenderla. Il respiro le morì in gola mentre notava il suo sguardo percorrerle il corpo in una sfacciata approvazione. I suoi occhi, languidi, neri come la pece, scendevano in una lenta perlustrazione per poi risalire e posarsi sul seno, infine sul viso. Gaia non osava più respirare, mentre il cuore aveva iniziato a batterle all'impazzata. Era arrossita fino alla radice dei capelli, poco ma sicuro.
 
"A-allora?" chiese cercando di darsi una contenuta decente.
 
Stefano, che era rimasto fino al momento in una posa svogliata con le mani in tasca e una spalla poggiata a una parete, il corpo slanciato allungato come un gatto intento a stiracchiarsi, si raddrizzò mentre un sorriso pigro gli increspava le labbra.
 
Lo sguardo, simile a quello di un cacciatore che ha appena avvistato una preda di inestimabile valore, era posato su di lei, intensamente, pareva quasi di vedere il fuoco di una passione primitiva nei suoi occhi.
 
Gaia restò ferma, paralizzata, anche se il suo primo istinto fu quello di fare un passo indietro.
 
Respira.
 
Si obbligò a desistere dal suo sguardo, e voltò il viso di poco per non essere incatenata da quel colore meraviglioso che sembrava nero carbone, un nero così profondo da avere qualche sfumatura di blu intenso che illuminava gli occhi, conferendogli un'aurea misteriosa che in aggiunta alla linea perversa delle sue labbra, avrebbe fatto invidia al diavolo. Al superbo  tentatore per antonomasia.
 
Lui le si avvicinò e le alzò il viso. La vide arrossire ancor di più e questo non fece altro che eccitarlo maggiormente.
 
"Quale ragazzo consiglierebbe cosa metterti e non cosa toglierti?" 
 
L'allusione a Simone aleggiava nell'aria elettrica tra loro.
 
Non sentendola muoversi, approfittò dell'occasione unica, e le scoccò un bacio lento e provocante sul collo morbido e caldo. Si voltò e iniziò a camminare contando i secondi. Tre. L'avrebbe potuto aggredire alle spalle. Due. l'avrebbe preso a schiaffi. Nuovamente, pensò sorridendo. Uno.
 
"Brutto pallone gonfiato che non sei altro!"
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Gaia comprato il vestito chiese a Gargano di ritornare verso casa, era tardi e lei prima di prepararsi per la festa, avrebbe dovuto studiarsi storia.
 
Tutta storia fin nei minimi dettagli, vista l'adorazione totale che il professore mostrava nei suoi interessi.
 
Stanca e con le gambe indolenzite, si decise a seguire il ragazzo verso l'uscita che conduceva al parcheggio sotterraneo.
 
Si sentivano solo i loro passi risuonare sul cemento, come rintocchi di un vecchio orologio rumoroso.
 
"Come mai..." lo sentì dire con tono disinteressato "... sei venuta proprio qui, a Roma?"
 
Gaia sgranò gli occhi, sorpresa: era la prima volta che Stefano le chiedeva qualcosa di intimo e così importante. I loro discorsi passavano dalle oche di turno al calcio, e Gaia non poteva negare di pensarla come lui sotto molti aspetti, ma mai si era avventurata su un terreno così personale. A volte mentre parlavano come due vecchi amici, la cruda schiettezza dei suoi pensieri la colpiva in modo impressionante. Quando gli chiedeva un parere, rispondeva sincero, eppure quella sincerità la colpiva ogni volta per quanto fosse inaspettata. Era cinico, senza alcun dubbio, tendente al pessimista. Nei suoi commenti in pubblico vi era un arroganza velata che quando erano soli sfumava via. E ciò non faceva altro che metterla a suo agio, seppur stesse parlando con lo stesso ragazzo che non aveva mancato di rinchiuderla in uno sgabuzzino buio.
 
"Bhe, non volevo privarti della mia splendida persona, mi pare ovvio perfino per te zuccone" rispose lanciandogli un'occhiata divertita.
 
"Splendida? Casomai, appena decente!" ribatté con voce fintamente scandalizzata.
 
Gaia si imbronciò un pochino, mettendo su una faccia immusonita che lo fece sorridere. Poi si ricompose, e sbuffò passando il peso della busta all'altra mano.
 
"I miei genitori" rispose infine laconica. Vide un'ombra passare per quei bellissimi occhi scuri, ma fece finta di niente. In un certo senso si sentiva come se fosse stata abbandonata dalla sua famiglia, un vuoto interiore, che spesso era alla base di molte sue incertezze. Non vedeva l'ora di cambiare argomento, ma... c'era solo una cosa che desiderava sapere.
 
"Tu?"
 
"Mmh?"
 
"I tuoi.. perché li odi?" chiese esitante, guardandolo frontalmente. si erano fermati, e lei non se ne era neanche accorta. "è una storia lunga, non adatta a te angelo" 
 
Gaia rimase male della risposta dura, ma accantonò di lato la sensazione. Era evidente che fosse un argomento doloroso per lui, e la sua intenzione non era farlo stare peggio rigirando il dito nella piaga.
 
Abbassò le ciglia lunghe, e si allontanò un pochino, rendendosi conto solo allora che mentre gli poneva la domanda si era avvicinata. In leggero imbarazzo, si scostò il ciuffo dalla guancia. Sentiva il suo sguardo attento su di se, come in allerta. Rialzò il viso, e nocciola e nero intenso si incatenarono. Lei gli sorrise dolce, intuendo la verità celata dietro quell'atteggiamento. "Non ti porrò altre domande, tranquillo." 
 
Quelle labbra piene e dalla curva delicata, inclinate in una linea così dolce per un attimo lo stordirono. Era così ... intricante, e seducente e ... Stefano si mosse a disagio, rendendosi conto che la stoffa dei pantaloni era improvvisamente divenuta tesa sul cavallo. Si girò, mostrandole la schiena, da vero maleducato. si sentì uno scolaretto alle prime armi con un'erezione per le mani, situazione alquanto ironica visto che si stava parlando di lui. Si sentì davvero stupido, ma molto, cazzo. Lei era lì, e lui ... no, lui non l'avrebbe toccata, maledizione! Senza il suo consenso non se lo sarebbe perdonato, non più. Respirò velocemente. Poi la goccia che fece traboccare il vaso: Gaia lo abbracciò da dietro, teneramente, come fosse lui quello ferito. Lui non ricambiò, immobile. Poi, d'un tratto, Gaia avvertì un grugnito roco e non ebbe il tempo di reagire che Stefano le prese una mano con forza e la trascinò in un angolo buio. 
 
La ragazza sentì il muro freddo schiaffeggiarle la pelle della schiena, e un ansimo le uscì dalle labbra socchiuse. Percepì le labbra del fascista stirarsi velocemente in un sorriso. Le uscì una risatina strozzata dal nervosismo. "Cosa... Cosa stiamo facendo?" mormorò
 
Non ricevé risposta. Stefano prese a leccarle la clavicola, così dannatamente elegante, poi a morderle le spalle. Gaia sentì l'eccitazione montarle dentro come una marea, mentre Stefano la depredava del sapore della sua pelle, di ogni traccia estranea. Si sentì scoprire il petto e ansimò sul collo del ragazzo. Il sopra del vestito grigio era andato definitivamente in pezzi. Le labbra di Stefano avvolsero completamente i capezzoli già turgidi, sferzandoli con la lingua finché non la sentì gemere e accasciarsi a lui. La ragazza non riusciva più a capire niente, se non ad avvertire il tocco di quelle mani e di quella bocca su di lei, delicate e rudi, voraci e implacabili. 
 
Chinandosi gli baciò il collo, coperto da un leggero velo di barba che le graffiava le guance, rendendole ancora più arrossate. Stefano ansimò sull'areola dei suoi seni e le ginocchia le tremarono fortemente. Sussultò quando con vergogna avvertì che con una mano le spostava le mutandine bagnate. Vide il suo sguardo fondersi con il proprio. Acceso, elettrico, libidinoso ma anche con una sfumatura d'altro. Gaia non ebbe il tempo di rifletterci in ogni caso.
 
Lo vide delicatamente abbassarsi, pur continuando a reggerla per i fianchi evidentemente consapevole di quanto poco stabile lei fosse, e sentì il suo naso sfiorarle i seni, accarezzarle lo stomaco sottosopra, e fermarsi... lì, immobile. Il ventre di Gaia ormai si alzava e abbassava affannosamente.
 
Stefano le infilò le mani sotto la gonna e le sfilò le mutandine. Gaia chiuse gli occhi, mentre cercava di calmare il respiro veloce. Il sottile strato di stoffa le accarezzò la pelle delle gambe, infine delle caviglie. Sentì le mani di Stefano risalire sul suo corpo, in una carezza possessiva. Ricevé un leggero struscio sul naso. Gaia aprì gli occhi e non fece in tempo a sgranarli comprendendo che c'era appena stato un accenno di naso naso, un atto così dolce in quel caos di emozioni, che emise un gemito soffocato, perché proprio in quel momento Stefano le aveva infilato dentro due dita. 
 
La morbida fessura della sua carne si chiuse attorno a quell'intrusione, grande, enorme. La ragazza singhiozzò a disagio. Stefano la fissò con i suoi occhi neri e Gaia cercò di rimanere impassibile,  mentre la sua carne si sforzava di accettare quell'invasione immobile e di assorbirla completamente in se. Stefano stava sicuramente avvertendo quel pulsare vivo, il restringersi e il dilatarsi delicato in quel posto così fragile. Un sorriso spudorato che avrebbe fatto invidia persino a Lucifero si affacciò sul suo volto. Gaia sentiva le guance andarle a fuoco, lo stomaco sembrava un elastico tirato al massimo e sensibile al più leggero dei tocchi, e più sotto... Gaia si morse un labbro arrossendo se possibile ancor di più. 
 
"Angelo mio" le sussurrò lui all'orecchio. Gaia sentì che stava ritraendo la mano, avvertiva le dita ritirarsi creando un vuoto incolmabile e insopportabile al loro defluire lento ma costante. La ragazza si inarcò mentre i suoi fianchi seguirono istintivamente il movimento, spostandosi in basso. Stefano ridendo le afferrò con l'altra mano il sedere, fermando la sua discesa.
 
Piano e irremovibile, tolse le dita dalla sua calda umidità e Gaia gemette sulla sua spalla, in preda a un'emozione fortissima. Debolmente lo vide portarsi alla bocca la mano, e leccarne il liquido bianco che ne contornava le dita. Imbarazzata e priva di forze, girò la testa dall'altra parte sempre sulla spalla di lui. Percepì che le spalle del ragazzo erano scosse, e ben presto si accorse che stava ridendo silenziosamente. Costernata, cercò di ritirarsi ma avvertì subito una leggera pressione sulle labbra che proteggevano la sua intimità. Senza ulteriori indugi, Stefano spinse nuovamente le dita in quell'umida strettoia, provocandole dei sussulti convulsi.
 
Gaia lo sentiva mormorarle alternativamente frasi peccaminose e altre incomprensibilmente dolci all'orecchio, e al contempo avvertiva le sue dita muoversi in una lenta altalena dentro il suo corpo. Era gonfia, ripiena, dolente e eccitata. Sentì un acuto desiderio in ascesa irrigidirle tutti i muscoli in procinto di travolgerla e per un secondo il movimento delle dita si fece appositamente più veloce e Gaia vide quasi le scintille d'un fuoco bianco, ma proprio a un passo dal raggiungere la pace Stefano si fermò. Iniziò a ritrarre la mano e Gaia fu avvolta da tremori interni, che la fecero soffrire come un cane in cancrena. In una nebbia di dolore e di insoddisfatto piacere, poté sentire baci assaporarle il collo. "Non sarò mai così misericordioso con te" 
 
Poi venne sollevata da sotto le ascelle, come una bambola di pezza inerme. Capì di essere sospesa e cercò di muovere una gamba, ma proprio in quel momento percepì una rude invasione. Stefano penetrò in lei velocemente e Gaia gemette annichilita dal piacere. Lo prese tutto dentro di lei, con una gran fatica percepibile ad entrambi. Lei era stretta malgrado lui l'avesse abituata alle dita della mano. Per un attimo si fermarono entrambi, i respiri affannati che si infrangevano uno contro l'altro.
 
Gaia gli sorrise debolmente e il ragazzo prese a muoversi sinuosamente dentro di lei, impetuoso e travolgente, risvegliando ogni suo più piccolo nervo, contrastando con forti spinte ogni sussulto della ragazza, arrivando dentro di lei in squisita profondità. Sfiorando il fondo del suo ventre. Assaporando ogni fibra della sua pelle.
 
Gaia ansimante si afferrò alle sue spalle più forte che poté. Mugolò di piacere quando sentì Stefano sferzarle con un colpo decisivo il clitoride e venne in preda a forti scosse. Stefano diede un ultima spinta, poi si fermò irrigidito dentro di lei. Emise un gemito spezzato, poi uscì appena in tempo, con la mascella contratta e il respiro affannato. Dopo alcuni istanti si riallacciò i pantaloni. 
 
Gaia per poco non cadde, e Stefano la resse facilmente, attirandola contro il suo petto. Gaia ancora non riusciva a pensare lucidamente. E sentiva le ginocchia fatte di gelatina. E sgocciolante in mezzo alle cosce. Respirò e l'odore virile di Stefano le entrò nelle narici. 
 
Rimase senza parole rendendosi conto della propria azione.
 
"Io sono venuta" ammise con un filo di voce
 
"Si, lo so"
 
Gaia non osava alzare lo sguardo, e neanche abbassarlo. Giaceva immobile stretta al suo petto. Stefano le accarezzava una guancia. La sensazione di essere svuotata in mezzo alle gambe era insopportabile. E sentiva i muscoli delle cosce ancora contrarsi.
 
"Perché non mi hai detto che eri vergine?" le chiese mentre le accarezzava le punte del seno, che si ersero come boccioli freschi nella sua direzione. Gaia frastornata sollevò il viso, e si ritrovò a pochi centimetri dalla sua bocca. La stessa bocca che durante tutto questo non l'aveva baciata sulle labbra.
 
"Non ti è piaciuto?" chiese esitante. Un tremito l'avvolse tutta mentre lui le fasciò completamente il seno con il palmo della mano. Stefano la spinse contro il muro, facendole chiaramente percepire il rigonfiamento evidente dei suoi pantaloni. Stava per aprire bocca quando entrambi sentirono il rumore di passi che si avvicinavano.
 
Stefano, pur sapendo che l'avrebbe imbarazzata moltissimo, si abbassò sulle ginocchia, ed estrasse un fazzoletto dalla tasca. La pulì velocemente e notando il tremolio di quelle gambe, non andò oltre la coscia interna. Prese le mutandine, le fece alzare un piede, poi l'altro, delicatamente le rimise al loro posto. Gaia rimase immobile, con il respiro tremulo e gli occhi vuoti. Si sentì spostare lievemente nell'ombra più assoluta, il più lontana possibile dalla luce. Poi avvertì dei passi risuonare molto vicini e stette ferma. I passi si arrestarono, sentì un fruscio poi niente. Infine si allontanarono. 
 
Stefano emise un sospiro di sollievo. "Ti porto a casa" le sussurrò all'orecchio, non smettendo di accarezzarle la schiena. "A-Ancora?" chiese preoccupata Gaia guardandolo da sotto le lunghe ciglia.
 
Il moro scoppiò in una risata " Io non intendevo quello tesoro, ma se lo desideri..." le ammiccò divertito sollevando un sopracciglio.
 
Gaia arrossì tutta, negando con la testa. Lui sorrise. Le prese una mano e la condusse alla moto. Lei sentì lo stomaco attorcigliarsi su se stesso..
 
L'aveva presa per mano.
 
Una vocina nella sua testa aggiunse che oltre a ciò, l'aveva anche scopata in un parcheggio pubblico.
 
"So che la moto ti darà fastidio, ma a casa possiamo farci un bagno caldo o se preferisci la doccia" disse camminando.
 
"T-tu starai fuori" biascicò Gaia facendolo nuovamente ridere.
 
"Amore, ciò che desidero è ben altro" e chinandosi verso di lei in modo che nessuno potesse sentirli, le sussurrò carezzandole le labbra " Desidero starti dentro ogni secondo di ogni notte, e farti venire solo dopo averti fatto elemosinare la spinta decisiva, il tocco finale, dopo averti fatto sfiorare l'estasi con un dito e averti lasciata a mani vuote."
 
Salì in sella e le porse il palmo della mano.
 
L'offerta del diavolo.






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Capitolo 32
*** Il diavolo sotto mentite spoglie ***














 
Si era distratto come aveva potuto. 
 
Scorrendo la home di Facebook, poi quella di Instagram, ma la mente correva sempre alla ragazza mora dallo sguardo fiero e gli occhi color nocciola. Cazzo, si era appena scopato una ragazza. 
 
No.
 
Non "una" ragazza.
 
Ma proprio quella che, dannazione, si era imposto di non toccare. E ora la parola "scopare" non gli sembrava neanche lontanamente equiparabile a ciò che aveva provato. Era ...  stato folle. Inadeguato.
 
Fuori luogo.
 
Non che le scappatelle non lo divertissero più, ma maledizione Gaia non era quel tipo. Non era da una ... da ... una "botta" e via, malgrado il suo istinto gli gridasse proprio di fuggire a gambe levate nella direzione opposta. E per di più lo sapeva, eccome se lo sapeva che tipo di ragazza fosse. Ogni sano maschio aveva quel genere di radar. Se una ci sta, ci sta, se è 'na sora, la lasci stare.
 
Imprecando per un attimo parve indeciso se lanciare il cellulare in un angolo del letto o chiamare Liuk. Ma quel coglione cos'altro gli avrebbe detto se non "era quello che volevi no?" o cazzate come "ora come stai?" "come ti senti?" 
 
Come si sentiva?
 
Frustrato.
 
Non era abbastanza. Per quanto la sua mente gli urlasse l'errore appena commesso, qualcosa dentro di lui lo scongiurava, lo pregava, lo spingeva inesorabilmente a ripeterlo, ancora e ancora. Aveva voglia di sfondare quella porta e ammirarla in tutta la sua bellezza, deliziarsi del sapore della sua pelle con provocanti baci sul collo, assaggiarla, dappertutto, distruggere la sua innocenza; poi l'avrebbe modellata con le mani, come una creazione d'argilla che meritava degna attenzione, degne speranze. Avrebbe goduto dei suoi gemiti, l'avrebbe vista sciogliersi come creta tra le sue mani, reagire al tocco delle sue dita...
 
Il secco suono della serratura del bagno interruppe i suoi pensieri.
 
La vide sul ciglio della camera, i capelli raccolti in un'alta crocchia disordinata,  le guance e la pelle del collo arrossate dall'acqua troppo calda, le labbra rosse e gli occhi appuntati nei suoi. i suoi istinti raggiunsero picche d'acuto e doloroso desiderio. Stefano decise che da lì a tre secondi l'avrebbe presa di nuovo, volente o nolente che lei fosse. La necessità così viva che aveva di lei, sconosciuta e dilaniante, lo stava facendo impazzire, lo stava facendo sragionare. E non gli importava minimamente che quella cosa non fosse da lui, doveva finire in quel momento, terminare. 
 
I suoi occhi si impressero sul suo corpo, marchiandola a fuoco. I piedini scalzi, le caviglie sottili, l'accappatoio. In quell'istante, pensò di non aver mai odiato un lembo inutile di stoffa a tal punto. 
 
Poi i suoi occhi captarono anche qualcos'altro, un leggero movimento.
 
Anche dopo una doccia calda, tremava.
 
Gaia percepì appena il suo sguardo da falco calare sul suo corpo in una veloce verifica. Si sentiva scombussolata, e i muscoli delle cosce le facevano davvero male. Ma non solo quelli. A ogni passo sentiva formicolii interni, come stiramenti di muscoli che non sapeva di possedere.
 
Fece alcuni passi verso di lui, ma una smorfia di dolore contrasse il suo volto e si fermò incerta, aspettando che la fitta improvvisa calasse di intensità. Stefano sgranò impercettibilmente gli occhi, e capendo il motivo di quella sofferenza si mosse lui verso di lei, interrogandola con lo sguardo.
 
Gaia arrossì, ma alzò il mento come a sfidarlo di chiederle ad alta voce quella domanda implicita. Vide le sue labbra allungarsi in un pigro sorriso ammaliante.
 
"Forse non sei così elastica" 
 
La sua voce calda e suadente inondò la stanza. Una voce cupa, buia come la più oscura delle notti, densa. Quel tipo di voce che scuoteva ogni minimo nervo, destandoli, stuzzicandoli con la sua tenebrosa e magnetica profondità. 
 
Il tipo di voce, che il tuo corpo prima di te, sa già che non scorderai. Gaia si strinse le mani al petto.
 
"Forse non sei così bravo" ribatté scontrosa lei.
 
"Quello che le tue cosce sentono, deriva dal fatto che eri vergine" le rispose dolce
 
Gaia lo guardò un poco male, cercando di decifrare il suo sguardo intenso. Era colpa sua dunque?
 
"Un problema quindi" sussurrò tremolante
 
Dannazione, era una tentazione bella e buona, così buona e mansueta lì davanti a lui. Un senso di vertigine lo colse all'improvviso. Doveva allontanarla da se. Stefano non ci pensò due secondi a rispondere con un sorriso disilluso e rassegnato, forzatamente divertito. 
 
"Molti lo definirebbero tale" 
 
Frenò l'istinto di ritirare le parole appena pronunciate, pur sapendo di ferirla.  Ma al contrario di come sperava, Gaia non gli tirò un ceffone, ne si vestì o uscì da casa sua, ne sparì con appresso i problemi che ne sarebbero derivati. Continuava a fissarlo, apparentemente più calma di lui. D'un tratto furioso le si avvicinò, finchè Gaia non sentì il suo respiro sul naso. 
 
Il cuore le batteva a mille nel petto. I suoi occhi, neri come il manto di un lupo, la inchiodarono sul posto mentre un fremito l'attraversava tutta. Avvertiva la sua presenza incombere come una lapide sul suo corpo, quelle spalle forti e larghe che la sovrastavano, il volto in ombra piegato su di lei.
 
L'averla a pochi centimetri lo destabilizzò, l'odore della sua pelle fresca e profumata che gli si insinuava sotto la pelle. Perché diavolo non fuggiva? Dannazione, perché? Pur avendo visto il suo lato peggiore, dopo aver assaggiato le sue cattiverie. Le mani gli prudevano, da tanto desiderio provasse nel non poterla sfiorare. Era davvero un angelo, il suo angelo. Ma non lo sarebbe riuscita a cambiarlo, nessuno poteva. Si rese conto di essere affamato di lei, per usare un leggero eufemismo, e come ritornato se stesso decise semplicemente di ottenere ciò che desiderava in quel momento.
 
"No." le disse piano "non lo è". Per un momento le poche sillabe "non per me" aleggiarono nell'aria, seppur non pronunciate. Gaia all'improvviso avvertì una mano grande sul suo diaframma, al di sotto dell'accappatoio. Come reazione si immobilizzò, rigida. La mano si mosse, scendendo inesorabilmente in una carezza leggera sulla pelle d'oca della ragazza "L'idea che qualcun'altro ti avesse sfiorata qui ... " le dita raggiunsero il ciuffo morbido di peli e delicatamente li separarono" e qui.." Gaia emise un singulto eccitato mentre avvertiva quelle dita entrare in lei e i muscoli del ventre contrarsi "mi stava facendo impazzire." 
 
"No, ti prego. Stefano ..." sussurrò sfinita. Non ancora, basta, non ce la poteva fare. Lo vide appena incurvare le labbra da un lato. Stefano l'accarezzò con un lentezza erotica, devastante, così diversa da quella velocità appagante del parcheggio.  La lasciò inappagata, in preda a un agonia eccitata, la torturò finché la reazione dei suoi fianchi non fu evidente. 
 
"Lascia che io ... ecco si, brava... apriti, così.. Oh angelo, sei così bagnata, già pronta  ..." Gaia sentiva la testa girarle vorticosamente, il suo corpo reagire in maniera così innaturale da devastarla. Cercò di portare la fronte sulla spalla del ragazzo, ma Stefano non glielo permise. Voleva farla venire e sentire il suo gemito sulle labbra, i loro respiri fondersi. La vide chiudere gli occhi, e cogliendo quel segnale corporeo si mosse con esperta rapidità. Le strofinò il punto più sensibile con un veloce guizzo dell'indice che la mandò in mille pezzi, disintegrandola.
 
Proprio come lui aveva previsto, Gaia non seppe trattenere un vagito innocente.
 
Era sfinita, tremante, rossa e dolente in punti estremamente intimi. E per di più Gaia avvertì la vergogna delle sue mani ancora in lei. Si allontanò velocemente, provocandosi un dolore intimo che derivava dall'indolenzimento di muscoli invisibili, eppure presenti. Scombussolata, si sentì stringere l'asciugamano al corpo, e un baciare castamente sui capelli. 
 
Avvertiva quelle labbra dalla linea così sensuale piegate in un sorriso perverso. Ma al momento non le importava. Sentiva le palpebre pesanti, le ginocchia di burro. 
 
Come un automa si diresse verso il divano. La sua mente le urlava di svegliarsi, vestirsi e correre a casa, il più lontano possibile da lui. Eppure era così stanca.. così rilassata eppure così dolorante che gli occhi le si chiudevano piano. "Devo.. andare alla festa" 
 
Uno sguardo ironico si posò su di lei, come una calda coperta.
 
"Angelo mio, non ti reggi in piedi" Stefano pareva rilassato e parecchio a suo agio, mentre con destrezza si versava una birra nel bicchiere. Gaia lo osservò con le palpebre socchiuse, il tono di ovvietà che aveva usato la fece sorridere. Era così disperatamente disastrata la sua condizione?
 
A fatica si mise in piedi, traballante. Inspirò a pieni polmoni e si guardò in giro. Possibile non avesse portato con se la sua giacca? Sbuffò mentre lottava per scacciare la stanchezza. Stefano le si avvicinò da dietro e le cinse i fianchi dolcemente "Ti riaccompagno, muoviti." 
 
"Hai da fare?" chiese lei girandosi verso il suo volto. I loro occhi si incatenarono in una muta conversazione. Gaia si accorse che Stefano avrebbe voluto dirle qualcosa, ma che si stava trattenendo. La ragazza fece scorrere le dita delicate sull'arco elegante delle sopracciglia scure, e lo sentì rilassarsi un poco sotto il suo tocco. Cosa non le diceva? Gaia non poté non immaginarsi mille problemi, un infinità di crudeltà, incubi futuri di cui probabilmente lei avrebbe fatto parte. Stefano leggendole nello sguardo, lentamente appoggiò la fronte contro quella della ragazza.
 
I loro nasi quasi si toccavano
 
"Si" le sussurrò a fior di labbra. 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
Elle entrò nella sala con Liuk al suo fianco. Il braccio del ragazzo era posato protettivo sulle sue spalle delicate, senza però pesarle addosso.
 
Vi fu un attimo di silenzio, in cui sguardi sconvolti si posarono sulle loro due figure, strette in un modo così inequivocabile. Liuk avvertì un leggero tremito nel corpo di Elle, e la sentì stringersi a lui in cerca di una posizione meno appariscente, meno esposta. Eppure, pensò con un moto di orgoglio, quella sera era la ragazza più bella lì dentro.
 
Gli occhi verdi scintillavano come smeraldi lucidati, le lunghe ciglia erano state ricoperte da un mascara nero, che ne enfatizzava l'effetto già di per se incantevole.
 
Una maschera bianca, di perle, le sfiorava il viso, mentre i capelli le ricadevano morbidi sulle spalle in una cascata leggera di boccoli castani. Indossava un vestito bianco, lungo.
 
Assomigliava a un cigno aggraziato, e la cosa lo faceva impazzire perché -grazie a ciò- quella sera tutti i bifolchi esistenti si erano accorti della sua ragazza. 
 
L'idea di venire gli parve d'un tratto essere stata orribile, sbagliata sotto ogni punto di vista. Elle non voleva venire e in quel momento anche il suo umore non era dei migliori.
 
Scorse Giorgio al tavolo da biliardo, che proprio in quel momento alzò lo sguardo a incrociare il suo. Squadrando la sua compagna, si dipinse un sorrisetto spavaldo in viso, lo stesso di sempre. Liuk ebbe l'istintiva tentazione di dargli un bel cazzotto, ma qualcuno lo distraé. Elle lo tirò per una manica della camicia, indicandogli con il mento Anita.
 
"Vai pure" le sorrise calmandosi.
 
Liuk andò al bancone, e dopo aver preso due godmother si diresse verso il biondo.
 
"Ei bello" lo salutò Giorgio appoggiandosi sul tavolo da biliardo interrompendo la partita solitaria.
 
"Cazzo fai tutto solo?" chiese Liuk ammirando il trucco nero e bianco che aveva in faccia l'amico. Il gioco di luce e ombra era incredibile, e delineava perfettamente le ossa levigate del viso duro di uno scheletro.
 
Giorgio gli sorrise velocemente, gli occhi che vagavano sulla stanza.  "Aspetto" Incurante delle occhiate lussuriose di alcune morette, rivolse l'attenzione all'amico. Stirò le labbra in un sorriso furbo, accentuando una fossetta sulla guancia. 
 
"Quello è mio?" rise indicando il cocktail
 
"Tutto tuo. Hai visto Stefano?" 
 
"No, non si è fatto vedere" rispose ondeggiando in una maniera che molte ragazze avrebbero definito sexy.
 
"Sei già sbronzo" rise Liuk, porgendogli un braccio per sostenerlo.
 
"Cosa ci fanno queste donne eh?" sussurrò il biondo con un sorriso sghembo "Tu sembri abbastanza preso" osservò sbirciando nella direzione dell'amico.
 
Liuk per l'appunto non lo stava ascoltando, intento come era a scandagliare la sala alla ricerca di Elle. Giorgio sbuffando gli afferrò il bicchiere quasi pieno, e se lo sgolò d'un sorso.
 
Liuk provò a ribattere ma il biondo scosse la testa, le labbra allungate in un sorriso ma gli occhi imperscrutabili. "è all'uscita, sta aspettando" infine gli disse.
 
Il moro capì al volo che era Elle il soggetto della frase e dopo una pacca al braccio dell'amico si volatilizzò borbottando di non poter sopportare la festa. Giorgio posò il bicchiere, mentre il sorriso gli spariva dal volto velocemente come vi era apparso. Stancamente si chiese perchè ne era valsa la pena, di venire fin li. Colei che stava inconsciamente aspettando, non si sarebbe presentata. 
 
Fece un ultimo tiro, ma la stecca lisciò la palla bianca di alcuni centimetri. Chiudendo le palpebre, espirò per un momento. Poi sentì una pacca leggera sul sedere, e voltò giusto il viso di poco. Con la coda dell'occhio scorse una ragazza con i capelli biondo miele niente male, poco dietro di lui. Indossava una maschera con delle piume bianche.
 
"Scusami, non l'ho fatto apposta" Se, cor cazzo.
 
Si girò, mentre un sorriso pigro gli si dipingeva in volto. 
 
"Non mi ricordo il tuo nome" 
 
"Farò in modo che ti ricorderai il mio numero" la sentì ribattere civettuosamente. Il sorriso si accentuò.  
 
"C'è altro che dovrò ricordare?" le chiese girandosi ad ammirarla. Aveva un bel davanzale, eppure stasera doveva esserci la luna storta. E pensare che adorava le tettone.
 
Difronte a quel tono cosi sfacciato e disilluso, non la vide arrossire.
 
"Dipende". Doveva essere brava a letto, rifletté in pochi istanti. 
 
Ottimo. 
 
Prese un pennarello fluo appoggiato su un tavolo vicino, e afferrò il braccio della ragazza. velocemente scrisse delle lettere in fila, poi le ammiccò e si dileguò tra la folla.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
"Ma dove diavolo eri finita?" sbraitò Anita quando la vide arrivare.
 
"Scusa, ci ho messo un po' in effetti" si scusò dispiaciuta Gaia quando notò l'ora.
 
Insieme salirono i gradini della scalinata d'entrata. Anita la tirava per un braccio, inconsapevole di quanta fatica facesse l'amica a muoversi.
 
"Dai su, almeno sei una meraviglia! staserai rimorchierai un sacco!" le disse ridendo. Il trucco di Gaia era felino, un misto tra natura pericolosa e un'indiana navajo. Due linee nere di eyeliner delineavano gli occhi fino alla tempia, donandole un'aria selvaggia ed elegante allo stesso tempo. Le labbra erano state scurite con un rossetto rosa carne scuro. Era di una bellezza mozzafiato, e non sembrava neanche rendersene conto.
 
"No, per carità!" ribatté prontamente la mora. "Silvia è già andata?"
 
Anita annuì, lo sguardo velato dall'ansia e dalla preoccupazione.
 
Gaia le prese una mano tra le sue, sorridendole con affetto. Poi estrasse dalla borsetta una maschera piumata, bianca. 
 
"Sei sicura?" le chiese fissandola negli occhi.
 
Anita annuì energeticamente, un sorrisetto sfrontato che faceva capolino sul volto delicato.
 
"E' l'idea migliore che io abbia mai concepito. Quel che succederà, non avrà niente a che fare con me, ne qualcuno si dovrà sentire in dovere di fare niente."
 
Gaia rise, ammirandola in tutta la sua spavalderia e freschezza.
 
Ma dove se ne trovavano di ragazze così? L'aiutò a fare con i lacci della maschera un fiocco tra i capelli boccolosi e morbidi, poi la fece girare e annuì soddisfatta. 
 
"Ok, attieniti al piano. Non parlare più del dovuto, non dire cose che potrebbero rovinare tutto, bada a non esagerare, e soprattutto ... non toglierti per nessun motivo quella maschera."
 
"Augurami in bocca al lupo"
 
"E che lupo" sospirò Gaia, incerta se lasciarle fare quella pazzia. Con lei o senza, l'avrebbe fatta comunque. "In bocca al lupo"
 
"Crepi." ribattè la bionda, con un sorrisetto nervoso.
 
Le due non parlarono più, in un tacito accordo. come due ombre furtive, camminarono una affianco all'altra fino ad arrivare alla via dell'indirizzo.
 
"Ma sei sicura che è questa?" bisbigliò Gaia
 
"Era difficile leggere una scrittura troglodita da un braccio che non era il mio!" si difese quella
 
Gaia sbuffò, non sapendo se ridere o piangere. Poi si ricordo che Stefano le aveva già parlato della casa dell'amico e con lo sguardo illuminato iniziò a squadrare uno per uno gli ingressi.
 
"E' quella" sussurrò indicando una casa dalla facciata bianca. Anita la guardò storto "E di grazia, come fai a saperlo per certo?" "Tu fidati e basta" le assicurò la mora 
 
"E se mi apre un vecchietto? Non voglio mica causargli un infarto!" 
 
"Taci e muoviti, che io devo tornare alla festa" le rispose Gaia.
 
Anita le lanciò un'occhiataccia, e titubante si mosse verso quella direzione. 
 
Gaia aspettò che fosse giunta sul soppalco dell'entrata per andarsene.
 
Anita esitò un secondo, il cuore che batteva a mille.
 
Un vento gelido le procurò dei brividi lungo la schiena mentre le assi del pavimento scricchiolavano in maniera sinistra.
 
Senza ulteriore indugio, bussò contro il legno pesante.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
Giorgio aprì la porta e nel mezzo del buio riconobbe dei capelli biondi leggermente mossi.
 
Una figura minuta giaceva in piedi, stretta in se stessa, con indosso una maschera bianca e piumata sul volto.
 
Anita notò subito l'alito che sapeva di fumo misto a alcool . Mentre una sensazione di caldo l'assaliva, restarono pochi istanti in silenzio, mentre il biondo la scrutava con una strana luce negli occhi.
 
Un sorriso freddo e cinico aleggiava sul suo volto, in balia dell'ombra.
 
Sarebbe stato perfetto, eppure le gambe iniziarono a tremarle violentemente, mentre con grazia dischiudeva lentamente le labbra rosse e posava una mano su quel petto. Lo guardò civettuosamente negli occhi, sbattendo le ciglia attraverso quella maschera. 
 
L'immagine della morte, le stava a pochi centimetri dal corpo, e lei stava chiaramente giocando con un infarto bello e buono. Altroché signori anziani.
 
Lui le sorrise sghembo, poi senza fretta si lasciò spingere dentro casa.
 
Anita cacciò giù un sapore amaro al pensiero che Giorgio pensava di avere difronte non lei, bensì un'altra biondina.
 
Ma continuò il piano, entrando lentamente nella dimora cupa con il cuore che le batteva forte nel petto.
 
Una volta dentro, al buio si scordò improvvisamente che fare.
 
La porta era ancora aperta dietro di loro. Tuttavia Giorgio, forse intuendo i suoi pensieri, si sporse verso di lei, strusciandosi contro quel piccolo corpo e sorridendo nel vederlo fremere, per poi chiudere con un movimento secco la porta. E negarle così l'ultima e unica eventuale via di fuga.
 
La stanza calò nel buio, se non per la poca luce che entrava dalle finestre. Le ci volle qualche minuto per abituarsi, ma alla fine poté scorgere le ombre severe del viso di lui.
 
Giorgio era fermo, appoggiato al retro di un divano, che la scrutava senza muovere un muscolo. 
 
Quegli occhi sembravano poterla attraversare da lato a parte opposta. Anita deglutì faticosamente sotto la maschera. Era sempre così imbarazzante? Erano sempre le ragazze a iniziare? Fece un picolo passo avanti, verso di lui.
 
Giorgio restò immobile, continuando a fissarla intensamente. Non le voleva proprio facilitare l'impresa, vero?
 
Il biondo la scrutò avvicinarsi ulteriormente, mascherando la potente eccitazione che lo stava investendo e imponendosi di non alzare un dito.
 
Poi Anita si sporse, e lo baciò leggera come un primaverile soffio di vento, accarezzandogli quella linea dura delle labbra. Ma ancora, il ragazzo parve non reagire minimamente, e un senso di sconforto l'assalì.
 
Forse... forse non era abituato a queste perdite di tempo.
 
Boccheggiò non sapendo che fare.
 
Giorgio la vide arrossire persino nel buio della stanza e si chiese divertito cosa avrebbe fatto ora. Poi la vide riavvicinarsi, con uno sguardo battagliero.
 
Anita lo vide irrigidire impercettibilmente la mandibola. Era l'unica emozione che gli destava? Si sporse sulle punte, appoggiandogli i piccoli palmi delle mani poco sotto le spalle. Sentì tutti i muscoli contratti ma non tentennò.
 
Giorgio sentì quelle labbra calde e morbide sulle sue e cercò in tutti i modi di non contraccambiare, davvero, ma fu tutto inutile.
 
Anità sentì due braccia forti circondarle i fianchi, per poi spingerla ancor più su di lui.
 
Giorgio la baciò con urgenza, mordendole subito il labbro superiore, per farlo dischiudere da quello inferiore. Non fece fatica visto che la ragazza tra le sue mani, non oppose resistenza. Iniziò a giocare con la sua lingua, in un'esigente famelica perlustrazione. Avvertendo che era a corto di fiato, si distaccò per lasciarla respirare. Scese a baciarle frettolosamente il collo, mentre le sue mani salivano e scendevano in carezze provocanti e erotiche. Cercò di toglierle la maschera, che era solo d'intralcio, ma sentì le dita fini di lei scostargli le sue con gentilezza.
 
Anita sobbalzò quando si sentì afferrare per le natiche e buttare sul divano. Sussultò spaventata ma la bocca del biondo si chiuse sulla sua, soffocandole il gemito terrorizzato. 
 
"shh ... buona, buona ... " le sussurrò mentre le lasciava impronte di fuoco dovunque. Anita, tremante d'eccitazione, si chiese con le lacrime agli occhi se parlasse con tutte quelle che si portava a letto. "metti le gambe intorno ai miei fianchi ... ecco brava, e ora lascia che .. oddio, non ti muovere piccola." mugolò eccitato " Lascia che io mi prenda cura di te..."
 
Ad Anita parve che che il sangue le si incendiasse nelle vene, mentre un'emozione fortissima prendeva vita dentro di lei.
 
Le mani di Giorgio la frugarono, la stordirono. Quando i polpastrelli giocarono con i suoi capezzoli rosei mandandole scariche in tutto il corpo, emise un gemito spezzato.
 
Sentiva il cuore batterle furioso nei timpani, l'alito di lui sulla pelle. Le stava lasciando marchi nascosti del suo passaggio, come stesse marcando un territorio o ponendo dei paletti per un recinto. Quando posò le labbra sull'areola arrossata di un seno, Anita credette di impazzire. Lo senti aspirare l'aria, e con se anche la pelle, come se la stesse reclamando interamente a se. Poi avvertì il tocco delicato della lingua, che titillò con piccoli e intensi guizzi le punte scure del suo piccolo petto. Fuoco ghiacciato e ghiaccio infuocato. Facendo sprofondare le dita tra i suoi ciuffi lunghi, ansimò in cerca d'ossigeno.
 
"Vieni ora, Anita..." si sentì dire il biondo con voce roca "Non farmi andare oltre, perché potrei non fermarmi." 
 
La sentì tremare flebilmente tra le sue braccia, poi irrigidirsi un poco. Ringraziò mentalmente il cielo, guardando ancora il suo corpo seminudo nel buio e baciandole la pelle arrossata del petto affannato.
 
La ragazza si paralizzò, il viso paonazzo dalla vergogna. Quella voce calda e seducente, e quegli occhi ammalianti allacciati ai suoi, tutto ciò che era successo ...
 
Lui sapeva. L'aveva saputo fin dall'inzio.
 
 
 
 
Scusate il ritardo, mi dispiace immensamente :( alla fine non avevo mai tempo per terminarlo e così la cosa è andata per le lunghe... >.<
Sono una lumaca professionale ahahah mamma mia, che disastro.
RINGRAZIO DI CUORE tutti coloro che continuano a donarmi di splendidi commenti, grazie, grazie a tutti anche a chi legge. il solo fatto che qualcuno legga quello che ho scritto mi rende piena di gioia ^.^
Mi scuso per eventuali errori grammaticali, ma pubblico ora in modo da non ritardare ulteriormente *.*
Insomma, che ne pensate ? bhe ... di cosettine ne sono successe eh @.@ ahahah 
Ah, una cosa, per quanto riguarda Elle e Liuk ho trovato giusto che avendo loro dedicato così tanto tempo prima, ora dovessi andare avanti con le altre coppie ... eppure non voglio neanche piazzarli là da parte, il prossimo capitolo è loro. ^-^
Un bacione e grazie ancora<3



 

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Capitolo 33
*** what do you mean? ***








Anita espirò nervosamente. Tutto questo non aveva senso, non poteva averne. In un piccolo spazio della propria mente si augurò di avere un attacco di panico, all'istante, qualcosa che non la lasciasse sola ad affrontare quella situazione assurda. A guardarlo, in faccia.
Tesa come una corda di violino, premette i propri palmi contro le spalle del ragazzo, per scostarlo dal suo corpo, cercando di evitare il suo sguardo. 
Giorgio la assecondò, e in pochi secondi fu priva del suo calore, del suo peso. Di lui.
Un senso di vertigine la colse impreparata. Il battito del cuore era come impazzito, lo sentiva nelle orecchie e nel corpo, in punti assolutamente improbabili, come le punte dei piedi e delle mani.
Vedendola così vulnerabile, Giorgio si protese verso di lei, afferrandole delicatamente i polsi.
D'improvviso lo sguardo di Anita cadde nel suo, precipitando in un oscuro oceano agitato. Non aveva la minima idea di cosa avrebbe dovuto dire, forse avrebbe dovuto scusarsi, magari  sarebbe dovuta uscire da quella cosa proprio in quel momento. Le affiorarono le lacrime agli occhi, e aprì la bocca come per dire qualcosa, ma non ne uscì che un soffio caldo.
Poi il niente, e il tutto insieme. Una sensazione stranissima, come di vuoto. Un abbraccio, con un sapore di profonda intimità, una stretta così potente da lasciarla senza fiato, senza pensieri. Senza dubbi. Un abbraccio che sapeva di futuro.
Giorgio continuò a tenerla stretta a se, mentre un nodo al petto si scioglieva lentamente. Sentirla contro di se, fragile e bella come non lo era mai stata, gli fece provare una sensazione forte, soffocante. 
"desideravo questo da ... " si sforzò di dire Giorgio, mentre qualcosa gli impediva di pronunciare le ultime parole.
"anche io" si sentì dire Anita, sorpresa con se stessa.
"forse ne avevo bisogno" sussurrò Giorgio "come una boccata d'aria fresca in mezzo a questo inquinamento."
"so ... quello che intendi" sussurrò a sua volta Anita tra le sue braccia.
Era come se non si dovessero dire niente di più, come se la cosa importante stesse succedendo. Come quando ti trovi difronte a una meraviglia della natura, e non puoi fare altro che ammirare ammutolito quello che i tuoi occhi fissano. Come quando non trovi altre parole, perché sai già che non basterebbero neanche a descriverne l'aspetto. E resti lì, a respirare, con gli occhi e il cuore pieni d'emozione.
 
 
 
Erano passate due settimane, quattordici giorni pieni di stress per le interrogazioni, da quella festa. Da quella sera, niente era più successo tra loro. E Gaia non smetteva di pensarci. Pensare a lui, ai suoi sorrisi beffardi e a quelli veri, alla delicatezza di quel tocco sulla propria pelle. 
Al marchio che inesorabilmente le aveva impresso.
Gaia era tornata a Milano per una settimana, con la speranza che cambiare aria le potesse fare qualche miracolo, ma niente. Nemmeno rivedere la sua sorellina l'aveva distratta a sufficienza. 
Quindi era ritornata con il primo treno di sabato. Aveva per la prima volta da una settimana, guardato i messaggi sul cellulare, con una speranza intima disarmante. 
Aveva fatto scorrere il dito in basso, tra tutti i messaggi, e trattenendo il respiro, aveva notato quel nome. Gargano le aveva scritto poche righe, piene di significato. 
"Non scappare da te stessa."
Gaia era scoppiata a piangere, come una bambina piccola. Tutte le sue difese contro quel ragazzo, contro quel sentimento che provava per lui, si erano frantumate. E ora non sapeva più che fare, da dove incominciare, con chi parlare.
Quel sentimento era sbagliato, lei non lo voleva. La sicurezza di essere respinta era troppo forte per la sua mente, per il suo corpo. Preferiva non vederlo, non esserne certa, non ricevere la famosa  goccia che fa traboccare il vaso. Perché è così, quando si parla di sentimenti, di ciò che ci anima, si è più fragili, più cauti. E anche più vigliacchi.
E solo la possibilità che non appena arrivata l'avesse trovato con una bella biondina tra le braccia, nella sua testa diveniva una certezza. Le sue paure dominavano sulla speranze, sui piccoli indizi che un tempo l'avevano resa felice.
La settimana successiva la passò tra i banchi di scuola, certa che non si sarebbero incontrati visti i tornei di calcetto a cui lui partecipava. Ma la certezza non è di questo mondo.
Gaia era interrogata in storia, quando qualcuno aprì la porta di schianto. Stefano, vestito con la divisa da calcetto e con la fronte imperlata di sudore, si guardò velocemente attorno. Poi, il suo sguardo trovò quello smarrito di lei. Restarono per un attimo così, immobili, con solo l'affanno di lui a rompere il silenzio che era improvvisamente nato in classe.
Il professore esordì in tono acido, appuntandogli  uno suo sguardo arcigno.
 "Gargano necessità di qualcosa?"
Stefano senza smettere di fissarla, si leccò l'angolo della bocca "di qualcuno, professore"
Gaia sentiva il cuore batterle furiosamente nel petto, mentre le guance andavano a fuoco sotto quello sguardo penetrante.
"E non può aspettare la fine della lezione?"
"No, professore. Devo rientrare in campo, ho solo due minuti." tagliò corto Stefano guardandolo per la prima volta da quando era entrato. Il professore stirò le labbra in un sorriso innervosito, ma acconsentì.
Sotto gli occhi di tutti, Gaia uscì dalla classe mentre Stefano teneva la porta aperta. Velocemente lo sorpassò, tenendo ancora in mano il quaderno. Con lo sguardo basso, sentì l'eco della porta che si chiudeva alle sue spalle.
D'un tratto Gaia si sentì spingere contro il muro, inerte. Il quaderno le scivolò dalla mano, e cadde rumorosamente sul pavimento.
"Non puoi fare così" le sussurrò Stefano roco sulle labbra, prima di baciarla famelicamente. La sua lingua penetrò con rudezza tra le sue labbra, prendendo possesso di quella bocca tanto desiderata. Gaia sentì un emozione indescrivibile crescerle in petto, esploderle in testa, animarla in corpo. Le sue mani con delicatezza si posarono tra i suoi ciuffi corvini, stringendoli a se. 
"Ti sono cresciuti" riuscì a sussurrargli sulle labbra tra un bacio e l'altro. 
"Sei mancata un eternità, ragazzina." tagliò corto lui, riprendendo subito a baciarla. Gaia sentiva le sue mani vagare sul proprio corpo, arpigliarsi a tutto ciò cui era possibile lasciare un segno. Sentiva il suo bacino muoversi contro il proprio. Stefano la sentì gemere sul proprio collo, e si impose di lasciarla andare. Per il momento.
Si girò, e non degnandola di uno sguardo si avviò verso il corridoio perpendicolare, lasciandola sola e scossa dai brividi del piacere. Il messaggio, pensò Gaia, le era stato inciso sul corpo e impresso sulle labbra.






questo capitolo è il penultimo, quasi piango >.< vorrei che questa storia continuasse all'infinito, ma come si dice "è giunta la fatidica ora". scusatemi se non ho risposto alle vostre stupende recensione, prometto di farlo al più presto ^.^ sono tutta presa dal nuovo e finale capitolo, che sarà moooolto più lungo, senza paragoni, e con un piccolo spoiler posso già dirvi che si parlerà di un "ballo ufficiale". Non vedo l'ora, grazie a tutti per il vostro affetto e sostegno, siete davvero fantastici.
tutto questo è grazie a voi <3
un bacione 
lalla

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Capitolo 34
*** La magia ancor prima della logica ***











 
 
 
 
 
 
Gaia vide un paio di occhi azzurri e freddi come il ghiaccio oltre il finestrino, poi la portiera del passeggero si aprì. 
 
Respirando nervosamente, scese dalla macchina e si guardò attorno. 
 
Si trovava in una zona di Roma a lei sconosciuta, ma piacevole alla vista.
 
Le case erano attaccate le une alle altre, come pinguini difronte al gelo, e si affacciavano tutte su piccoli cortili graziosi incorniciati da basse staccionate.
 
Gaia non credeva fosse possibile trovare un posto così silenzioso, eppure così pieno di vita in se. 
 
Era magnifico, uno spettacolo che mozzava il fiato.
 
Un lieve venticello le scosse i capelli, ricordandole che si stava facendo sera e ormai era freschetto.
 
"Qual è?"  domandò con un sorriso euforico.
 
La risposta fu un breve cenno del capo. "Seguimi" 
 
Il mozzicone di una sigaretta cadde per terra, mentre il ragazzo ne espirava l'ultimo tiro.
 
Si voltò, guardandola negli occhi mentre sul viso gli si affacciava un sorriso impertinente.
 
"Ti piacerà, fidate."
 
Gaia annuì con lo stesso entusiasmo di una bambina, e lo seguì impaziente.
 
Passarono in mezzo al piccolo giardino, colmo di terrazze piene di fragili orchidee e splendidi ciclamini screziati.
 
Lo stupore per tutta quella bellezza racchiusa in quella modesta intimità la fece commuovere e Gaia si ritrovò a nascondere gli occhi lucidi facendo attenzione ai gradini che portavano al portone in legno chiaro.
 
"Se devi piangere fai in modo di starmi lontana." 
 
Gaia lo guardò stizzita, scorgendo però in quel viso severo un accenno di sorriso divertito. Aggrottando la fronte, tirò su il naso e si tolse un ciuffo di capelli dagli occhi.
 
"Ma taci piuttosto, e apri quel dannato portone."
 
 
 
 
 
 
Stefano arrivò in classe in ritardo e si produsse in un sorriso falsamente riluttante (ma segretamente compiaciuto), per poi sedersi tra Giorgio e Liuk.
 
Il professore iniziò la lezione, borbottando qualcosa a proposito di quanto facessero pena i tempi moderni. 
 
Lo sguardo di Stefano sorvolò velocemente su tutte le capocce della classe, per poi bloccarsi su una testolina in particolare in prima fila. Inconsciamente si incantò per pochi attimi. Quasi intravedeva appena un piccolo nasino spuntare da sotto quel ciuffo.
 
D'un tratto gli arrivò una gomitata su un fianco. Imprecò malamente sottovoce, e alcune teste si girarono. Attese un attimo per far calare l'attenzione che aveva risvegliato, poi si girò furente.
 
"Di' un po', ma sei diventato scemo Gio'?"  gli chiese col viso paonazzo. Giorgio aveva sempre avuto quella particolare abilità di beccare i punti critici tra le costole.
 
E faceva un male cane.
 
"No, è solo preso da mia cugina" disse Liuk, guardandoli appena. Era intento a scrutare il cellulare, sotto il banco.
 
Stefano parve incuriosito.
 
"... davvero?" chiese al biondo guardandolo con un sopracciglio alzato. Il viso di Giorgio si fece d'un tratto tirato.
 
"Perché, nel caso?" chiese monocorde. Una scintilla si annidava in fondo a quegli occhi, una scintilla che Stefano riconobbe subito. Era la stessa che si accendeva come una miccia ogni qual volta una rissa stava iniziando, la stessa che si infuocava quando ultimamente si parlava di Anita. Stefano si sorprese, ma non lo diede a vedere. Decise di andarci leggero.
 
"Bhe, insomma te la sei trombata?" 
 
Liuk smise di guardare lo schermo, e guardò Giorgio con l'aria di volerlo uccidere.
 
Il biondo deglutì a vuoto, poi rivolse l'attenzione su un bigliettino che gli era volato davanti agli occhi. Stefano con un sorriso beffardo lo prese e leggendovi come immaginato un numero di cellulare, rivolse un sguardo alla bruna due file davanti a loro, che ricambiò subito.
 
"Bhe anche tu mi sembri alquanto preso" ribatté Giorgio, osservandolo.
 
Stefano mostrò un sorriso pigro, e si prese tutto il tempo di distendersi lungo lo schienale della sedia come un gatto prima di rispondergli. 
 
"Hai preso un abbaglio."
 
"Non intendo quella bruna, come tu sai." disse il biondo affabile.
 
Per tutta risposta Stefano prese il fogliettino e lo piegò davanti ai suoi occhi, per poi infilarselo in tasca. Omettendo che l'avrebbe buttato non appena Giorgio si fosse allontanato. 
 
"Comunque ho intenzione di portare Anita al ballo." 
 
"Tu cosa?!" Liuk quasi fece cadere il cellulare dalle mani. Giorgio lo guardò negli occhi, sfidandolo a contestare. Liuk aprì bocca, per dirgliene quattro. Entrambi sapevano benissimo che era inaffidabile, incapace di essere fedele, disinteressato a relazioni durature, favorevole a spassarsela, e ... 
 
E il suo migliore amico aveva compreso quello che c'era tra lui ed Elle.
 
E finché non fosse stato sicuro della reazione di Stefano, Liuk non poteva rischiare. Al solo pensiero che qualcosa potesse accadere ad Elle, tutta la sua rabbia sparì, lasciandolo senza parole, con uno strano peso sul petto.
 
Guardò Giorgio freddamente, sentendosi tradito da quella minaccia implicita.
 
Poi si alzò e uscì dalla classe senza chiedere il permesso. 
 
 
 
 
 
 
 
 
Elle soffocò a fatica uno sbadiglio, mentre la voce noiosa del professore perseverava nell'aria. Finalmente la campanella suonò, e tutti gli studenti parvero rianimarsi come un sol uomo. Presi dalla paura di perdersi pochi degli essenziali secondi della ricreazione, si gettarono come bufali imbestialiti verso la porta, bloccandosi di tanto in tanto per spingere gli uni sugli altri.
 
"Elle, tesoro, noi andiamo in bagno, ci accompagni?" Elisabetta, che quel giorno mostrava almeno due anni in più di quanti ce ne aveva per quanto fondotinta si era spennellata sul volto, le rivolse un sorriso frivolo. Dietro di lei, Maria fece una smorfia con la bocca che Elle non seppe come interpretare.
 
In realtà aveva appuntamento con Gaia di sotto, ma le pareva scortese rifiutare.
 
Con non troppo entusiasmo le seguì fino al bagno. 
 
Il corridoio era deserto, e un vociare confuso proveniva dalle finestre aperte sul cortile.
 
Rabbrividì mentre un soffio di vento freddo le sfiorò la pelle scoperta del collo.
 
Elisabetta le appoggiò il telefono e il portafogli in mano, e Maria fece lo stesso non appena pochi secondi dopo si liberò un bagno.
 
Comprendendo l'utilità penosa del suo accompagnarle, Elle con un sorriso triste si diresse verso gli specchi, vicino all'uscita.
 
Vide se stessa riflessa, in un'immagine che la lasciò insoddisfatta. I capelli raccolti in una morbida coda, mostravano il suo viso, così diverso dal resto. Così sotto le righe per quella scuola. Così ... strano.
 
Chiuse gli occhi, desiderando per un attimo ritornare a quella mattina. Nessuno sembrava notare che lei e Liuk arrivassero solo con pochi minuti di differenza, ...  e la strada, e gli sguardi, e tutto ciò che per lei era divenuto un universo.
 
All'improvviso qualcuno le coprì gli occhi con delle grandi mani, che arrivarono a carezzarle le guance. Elle sobbalzò allarmata. Rimase impalata, con due cellulari e un portafoglio a occuparle entrambe le mani. Poi, d'un tratto, la superficie ruvida di quei palmi la fece sorridere. 
 
"Brava gattina" una voce roca le arrivò a sfiorarle l'orecchio, lasciandola in balia di brividi.
 
Elle sentì un leggero morso sul collo e ridacchiò, cercando di scansarlo con la spalla.
 
"sei sleale" sussurrò al buio, con una sfumatura d'amore nella voce.
 
"fino in fondo ..." un altro morso, poi un bacio "... quando si tratta di te." 
 
Elle come risvegliatasi da un sogno, sentì con orrore lo scatto metallico della serratura dei bagni. In un attimo la lieve pressione contro il suo viso, la presenza  contro la sua schiena, e il sussurro incantatore contro la sua pelle, svanirono. Un altro scatto metallico.
 
"Elle? Dove sei? Mi è parso di sentirti parlare con qualcuno!"
 
"Ah eccola, il mio cellulare? Perché sorridi?"
 
 
 
 
 
 
 
 
Stefano stava cercando di non pensare al famoso "ballo" o come lo definiva lui "la pagliacciata di fine novembre", ma era proprio scientificamente impossibile.
 
Femmine con occhi pieni di emozione andavano schifosamente in giro per un loro mondo, fatto di vestiti, scarpe, acconciature e accompagnatori.
 
E che Dio lo perdonasse, ma lui non avrebbe mai partecipato. 
 
Mai. 
 
Solo l'idea di dover "danzare" con una ragazza appiccicata al petto, o meglio trascinarla a fare giro giro tondo, altroché "mondo", a lui cascavano i coglioni!
 
Ed era praticamente certo che Liuk la pensasse come lui. Proprio non ce lo vedeva a ballare con una ragazza. Anzi ... No, no, meglio non immaginare proprio niente. Niente riguardo a questa cretinata.
 
In quel momento vide Gaia uscire con Anita dai giardinetti, e come se la bionda e Giorgio fossero stati legati da un filo, lui si alzò e si incamminò verso di lei. Liuk era sparito, e forse era stato un bene visto il sorrisone che Anita rivolse a Giorgio. 
 
Stefano rimase a fissare sconvolto come quei due sembravano intendersi alla meraviglia. Perché non si era accorto dei nuovi risvolti imbecilli che la mente di Giorgio sembrava aver preso?
 
Confuso distolse lo sguardo. Gaia era a una decina di metri da lui, che lo fissava. E Stefano sentiva dentro di se, che fosse dannato, il profondo timore che lei potesse chiedergli di invitarla al ballo. Cercò di pensare velocemente a una qualche scusa, perché aveva l'inquietante sospetto che non avrebbe saputo dirle di no.
 
Per un attimo si concesse di immaginarla, mentre la teneva stretta contro di se, facendola volteggiare. Il suono fresco della sua risata, i baci teneri contro il collo che le avrebbe dato, il profumo vellutato e irresistibile della sua pelle ...
 
"Ehi" 
 
Stefano voltò di scatto la testa, e si ritrovò a dare una zuccata ad un'altra persona. Appena si rese conto che l'oggetto dei suoi pensieri smidollati si stava massaggiando la fronte aggrottata, scoppiò a ridere.
 
Gaia lo guardò ostile, cercando di capire se era tutta una tecnica per farla fuori. 
 
"Ma dico, sei diventato pazzo?" borbottò a bassa voce.
 
Stefano con un sorriso sincero la strinse a se con un braccio. 
 
"Tu mi fai gli assalti, amore." le rispose con voce roca contro i capelli.
 
Il cuore di Gaia perse un colpo. Poi si accorse del sorriso da canaglia che spuntava sul quel viso, e si diede della cretina.
 
Ma il momento era troppo bello, e Gaia istintivamente poggiò la testa sulla sua spalla.
 
Lo fece piano, dandogli quasi il tempo di levarsi dal suo fianco, mentre una piccola parte di lei ne assaporava ogni singolo microsecondo.
 
Ma anche se ne ebbe la possibilità, lui non lo fece.
 
Fu il turno di Stefano di perdere il respiro.
 
Per fortuna si riprese abbastanza in fretta da sentire che gli aveva dato dello spaccone.
 
Stava per darle della suora, ma si trattenne in tempo. Con un moto d'orgoglio, sentì che quell'appellativo gliel'aveva cancellato lui stesso dal corpo.
 
Adorava la sensazione che lei gli appartenesse.
 
Sentiva, sapeva di legarla a se, con ogni movimento del proprio corpo contro il suo... mentre con le altre ragazze questo "sesto senso" non l'aveva proprio percepito.
 
A volte si chiedeva se era questa consapevolezza a renderlo empatico nei suoi confronti, ma poi si riscuoteva dandosi del cretino. Lui non era fatto per essere sensibile, o men che meno fragile per qualcuno. 
 
Si fece coraggio.
 
"Volevo informarti che sei libera, se vuoi scegliere un accompagnatore per il ballo." Il tono era volutamente distratto, come a celare quanto stesse pesando quelle parole per non ferirla. D'altronde le stava donando la sua benedizione per divertirsi con qualcun'altro, quello era un atto cavalleresco, cercò di pensare.
 
Gaia lo guardò, con una strana luce negli occhi. Stefano poteva percepire quasi l'odore delle sue lacrime.
 
"T-tu non vieni?" chiese quasi come stesse cercando di capire se avesse sentito bene. Gaia cercò di mandare giù il magone, ma ... inevitabilmente aveva sperato che la volesse accompagnare lui. 
 
"Vedi... non mi piace troppo ballare per questi eventi..." si fermò non appena scorse una lacrima rigarle la guancia arrossata dal freddo "no, tesoro, no ... non piangere, sei libera, puoi fare quello che vuoi..." le asciugò velocemente il viso bagnato, per poi stringerla a se non sopportando la vista di quelle lacrime.
 
Fu un'impressione, ma sentì un soffocato "non è vero".
 
 
 
 
 
 
 
Il ballo si avvicinava, e le ragazze del quinto anno stavano facendo gli scioperi della fame, mentre negozi di vestiti venivano svaligiati uno dopo l'altro.
 
Le stelle illuminavano Roma dall'alto, con una luce fioca che gettava tristi ombre sopra i tetti della città.
 
Stefano bevve un sorso di birra, poi la passò a Liuk. Si infilò la mano in tasca ed estrasse il pacchetto delle Marlboro, insieme all'accendino.
 
Un silenzio solitario aleggiava tra loro. Ognuno era immerso nei propri pensieri, perso ai confini della realtà.
 
Un gatto saltò da un tetto a un altro, una luce di una finestra si accese poco più in là, e uscì del fumo da un vecchio camino in lontananza.
 
Stefano percepì che Liuk lo stava fissando. 
 
"Hai saputo che Gaia tra poche ore va al ballo con un certo Simone?" si sentì chiedere.
 
Ovviamente l'aveva scoperto pochi minuti dopo l'accaduto, ma Stefano tenne per se quella risposta. Il formicolio che sentiva sulla pelle, gli faceva venir voglia di menare qualcuno.
 
"Dicono che sono carini insieme" aggiunse Liuk.
 
Altra provocazione, altro fremito nascosto da un tiro di sigaretta. Gaia era libera, poteva fare quello che voleva, con chi voleva.
 
"Ma che lo dico a fare, tanto tutti lo vedranno stringerle il culo mentre danzeranno." 
 
Con un ringhio Stefano si scagliò contro di Liuk, che finì disteso sotto il suo peso. Stefano alzò un pugno pronto a colpirlo, ma Liuk gli diede una ginocchiata in mezzo alle gambe. A quel punto Liuk invertì le posizioni, e con agilità lo bloccò sotto di se.  Stefano gli tirò un paio di pugni sullo zigomo, e Liuk contraccambiò sulla sua mascella. Stava avendo la meglio ormai, ma si fermò.
 
Stefano aveva abbassato le difese, lasciandosi volontariamente senza guardia. Lanciandogli uno sguardo di chi la sa lunga, Liuk si tolse dal suo petto, e gli si distese affianco.
 
Attese, mentre i loro respiri creavano delle piccole nuvole nell'oscurità della notte.
 
"Non riesco a lasciarla andare." disse infine Stefano
 
 
"Allora lasciati andare."
 
 
"Ma lei è ebrea, cosa penseranno di me ... di noi?" 
 
Vi fu un attimo di silenzio.
 
"Per te conta che lei sia ebrea?"  gli chiese Liuk guardandolo.
 
Stefano sapeva quella risposta già da un mese, eppure dirla ad alta voce gli faceva provare paura. Paura del cambiamento, delle emozioni. Ammettere quella semplice realtà, lo avrebbe fatto sentire diverso, o semplicemente di nuovo se stesso?
 
Non sapeva che cosa urlare al cielo.
 
Liuk attese, mentre un dolore lancinante allo zigomo si permeava su tutto il lato sinistro del viso.
 
Poi sentì una flebile risposta, farsi strada nell'oscurità della notte.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Gaia pensò che paradossalmente non avesse mai vissuto giorno più brutto di quello che si era immaginata come un finale quasi da favola.
 
Eppure, con Simone sempre intorno, il suo morale era addirittura stato sepolto con chili e chili di terra.
 
Quando era giunta lì alle nove in perfetto orario, si era quasi aspettata di veder comparire qualcuno all'ingresso dei camerini, per salvarla da quell'idiota.
 
Ma niente. 
 
E per di più, doveva sorridere per tranquillizzare Elle, che non vedendo arrivare Liuk aveva iniziato a farsi prendere dal panico. E non c'era niente di peggio che tranquillizzare una persona che non aveva nulla da temere. Gaia ne era certa. Liuk sarebbe arrivato in tempo.
 
"Ma se avesse cambiato idea?" chiese afflitta mentre sfilava le forcine e le riposizionava disordinatamente.
 
Gaia le prese le mani tra le sue, e la fece sedere difronte a uno specchio. 
 
"Tesoro, tu non hai proprio niente di cui aver paura." le sussurrò dolcemente pettinandole i capelli lucenti "Liuk ha detto che ci sarebbe stato e ci sarà." Elle iniziò a torturarsi le unghie delle mani.
 
Non si accorse del velo di tristezza che oscurò lo sguardo di Gaia. 
 
Era difficile evitare di paragonare le due situazioni. Liuk teneva ad Elle, era evidente. Come era evidente che se Stefano avesse veramente tenuto a lei, non l'avrebbe scaricata al primo che capitava.
 
Al solo ricordo del bacio che Stefano le aveva rubato fuori dalla classe, alla sua promessa implicita di non distanziarsi più, sentì il petto serrato in una morsa feroce. Posizionò le forcine con praticità e la fece alzare in piedi, ammirandone il risultato.
 
"Sei bellissima, amica mia." le disse emozionata.
 
Elle si sciolse in un sorriso dubitante, ma dolce al contempo.
 
La abbracciò di getto, e per Gaia quello significò più di mille parole di conforto. 
 
"Se voi due avete finito, vorrei specchiarmi anche io..." Lo squittio della voce di Jessica fece distorcere il sorriso sincero delle due ragazze. Mentre lentamente si allontanavano, Elle chiese a Gaia confusa: "Ma con chi viene quella strega?"
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Liuk arrivò pochi minuti prima dell'inizio, con un brutto livido rossastro sotto lo zigomo. Elle sbiancò letteralmente, mentre i suoi occhi focalizzavano quanto dolore stesse provando Liuk in quel momento.
 
Liuk le prese il viso tra le mani, e la baciò a stampo, zittendola.  
 
"Sono qui per ballare con te, solo questo."
 
Gaia poco dietro di loro, non si lasciò distrarre dal bacio che aveva sconvolto tutti, ma da quelle parole. Dentro di se, una vocina le stava gridando che tutto ciò non era giusto, che non se lo meritava di essere sola, che anche a lei qualcuno dovesse tenerci così tanto prima o poi.
 
Il ballo iniziò e venne celebrato il primo valzer, che lei ballò tra le braccia di Simone. Aveva voglia di andarsene, restare da sola, e piangere fino a che lo stesso suono del suo pianto l'avesse infastidita. 
 
Il valzer finì e Simone la scortò a bordo pista. Gaia si sentiva una bambolina di pezza nelle sue mani, senza vita propria.
 
L'unica cosa che la rincuorava era che almeno Elle avesse avuto la sua favola con Liuk, che la teneva stretta come fosse fatta di una qualche strana sostanza fragile, come potesse spezzarsi in mille pezzi da un momento all'altro.
 
Jessica, che si voleva gustare la sua vittoria, chiese a Leo di andarle a prendere da bere, e nel frattempo si avvicinò a Gaia e Simone.
 
"Gaia tesoro, non sarai gelosa per caso se io e il tuo affascinante accompagnatore ballassimo questo valzer vero? So bene che è l'ultimo, ma sai ... sei molto nota per la tua gentilezza e così ho pensato che ... "
 
"Va bene" la interruppe velocemente Gaia, non potendo sopportare oltre.
 
Non le costava niente, visto che quell'ultimo valzer non sarebbe stato comunque bello per lei.
 
Li guardò andare via mano nella mano, come due vecchi amici, e dirigersi al centro della pista da ballo. Poco dietro di loro, Gaia scorse Giorgio guardare intensamente la sua compagna bionda.
 
D'un tratto qualcuno le toccò una spalla da dietro. Sussultando spaventata, Gaia si girò su se stessa. Si ritrovò difronte un paio di occhi scuri come l'oblio, che la destabilizzarono.
 
Il volto di Stefano era rilassato, mentre la guardava intensamente. Gaia, tra il battito impazzito nelle sue orecchie, notò che la mascella aveva uno strano colorito, e le ci volle poco a collegare il tutto con lo zigomo rossastro di Liuk.
 
Smarrita si guardò in giro, e vide che tutti li stavano osservando. Riportò lo sguardo su Stefano, non sapendo che fare.
 
E poi l'inimmaginabile.
 
Stefano le porse la mano, invitandola a ballare con lui, a seguirlo, ad avere tre minuti di assoluto folle coraggio.
 
E Gaia si vide con il respiro trattenuto nel cuore, stringerla. Sentiva le ginocchia deboli, e sperò confusamente di non cadere come una neonata ai primi passi.
 
Si vide trascinata a lui, in quello che ormai doveva essere sommo silenzio.
 
Anche la musica taceva, ascoltando i battiti dei loro cuori.
 
Il vento scosse le fronde degli alberi, e le foglie si lasciarono condurre al cielo, inesorabilmente verso l'alto. 
 
Stefano la guardava, e i suoi occhi neri come il più profondo degli abissi sprigionavano audace sensualità, consapevolezza e desiderio. Le sue labbra si stirarono in un sorriso pigro, e dopo un attimo la strinse a se con delicatezza.
 
Gaia sentì i propri fianchi sfiorare quelli di lui, e il resto del mondo sparire in una coltre di nebbia. Il suo profumo l'avvolgeva, inebriandola, sfiorandole la pelle, entrandole dentro per imprimersi come fuoco denso in ogni sua cellula.
 
Sconvolta dalla portata delle proprie emozioni, gli sorrise impacciata. Stefano le avvolse la vita con un braccio, tenendole l'altra mano imprigionata con la propria.
 
Il carceriere del suo cuore che ballava con la propria vittima, condannandola ormai all' ergastolo. 
 
La musica vagò nell'aria, intrecciando i loro destini incompresi agli occhi altrui.
 
Gaia lasciò che la sua testa si posasse sul petto di Stefano, rannicchiandosi in quella calda sicurezza che per pochi minuti, quello era il momento più bello della propria vita.
 
Danzarono lentamente, con un armonia che li univa attimo dopo attimo, un'armonia che quasi pareva essere stata persa nei secoli.
 
Gaia chiuse gli occhi, seguendolo ciecamente, lasciando che fosse l'anima a guidarla. 
 
Percepiva i loro corpi volteggiare nello spazio, avvolti dall'immensità del tempo.
 
E per un attimo, quel momento le parve infinito.
 
Alzò il volto, desiderando vederlo un'ultima volta per incorniciare la fine di quello che avrebbe potuto, ma non sarebbe mai stato, un ultimo inizio perfetto.
 
Ma non appena sollevò il viso verso quello di Gargano, le labbra di Stefano si posarono sulle sue, avvolgendole delicatamente in modo travolgente, suggellando un emozione comune a entrambi.
 
Un boato di applausi esplose intorno a loro, e Gaia lo respinse spaventata mentre Stefano le sorrideva sulle labbra. 
 
Non permettendole di allontanarsi, Gargano la prese per i fianchi e la fece girare verso i compagni. Poi con voce abbastanza alta affinché tutti lo potessero sentire, disse:
 
"Questa, cari amici, è la ragazza più testarda e cocciuta dell'intero sistema solare. Nonché acida e dannatamente permalosa..." delle risatine arrivarono dalla folla, e le guance di Gaia arrossirono violentemente.
 
"...Ma" proseguì con un sorriso fintamente sconsolato, mentre la sua voce si faceva più dolce "anche fragile, tenera e meravigliosamente mia. Che io sia fottuto se me la lascerò scappare." Un altro applauso e diversi fischi fecero tremare il cuore di Gaia, già a rischio d'infarto.
 
Non stava ciarlando, vero? Gaia sentiva il proprio cuore batterle a mille nel petto. Non poteva essere tutto uno scherzo quello, perché se così fosse stato ne sarebbe uscita distrutta. 
 
"Gaia?"
 
Smarrita, girò il viso per guardarlo, distogliendo lo sguardo perso dai compagni.
 
Sgranando gli occhi, lo vide inginocchiarsi impacciatamente difronte a lei, e porgerle una mano.
 
"Vorresti stare con questa sporca canaglia?"
 
Gaia annuì convulsamente mentre le lacrime di gioia le scivolavano giù dalle guance, e senza aspettare oltre si buttò fra le sue braccia. Stefano che intanto si era alzato, quasi cadde all'indietro per quello slancio improvviso, e iniziò a ridere di cuore, insieme a tutto il resto del suo mondo.
 
 
 
 
 
 
EPILOGO
 
 
 
 
 
 
Elle e Liuk, con le mani strette, avanzarono ridendo lungo un marciapiede scuro.
 
La notte li nascondeva alle luci tremolanti dei lampioni, accogliendoli nella sua immensa infinità.
Liuk le parlava del ballo come fosse stato il momento più imbarazzante della sua vita, ma Elle non riusciva a smettere di ridere, al ricordo di lui che nascondeva il viso nel suo collo mentre tutti li guardavano sconcertati ballare stretti uno contro l'altra.
 
 Poi Liuk si fermò, con l'aria di chi sta riflettendo su una cosa. Elle si arrestò, con ancora un sorrisino in viso.
 
Liuk si girò verso di lei, guardandola con un'intensità tale che Elle si dimenticò il motivo per cui stava sorridendo. Quegli occhi azzurri sembrarono perquisirle l'anima.
 
"Ti fidi di me?" 
 
La sua voce era vellutata, profonda, la scosse dentro.
 
"Si" sussurrò, mentre un'elettricità primitiva si impossessava del suo corpo.
 
La pelle fremeva, ancora prima del contatto.
 
La magia, ancor prima della logica.
 
Liuk si avvicinò, lentamente, come una lince selvatica che circondava la sua preda preferita.
 
Poi sfiorandole il naso con il mento, le girò attorno, posizionandosi alle sue spalle.
 
Elle sentiva il sangue come miele bollente scorrerle nelle vene, puro fuoco contro il gelo della notte. 
 
Poi i suoi occhi vennero coperti delicatamente, dalle mani di Liuk. 
 
"Vai avanti" le sussurrò contro la tenera pelle sotto l'orecchio. Sorrise nel notare i brividi della ragazza, ma questo Elle non poté vederlo.
 
Fece come lui le aveva detto, e Liuk la vide teneramente fare due passi avanti.
 
Elle lo sentì muoversi di poco. Poi un suono metallico, come la serratura di un qualche cancello.
Sentì la spinta del suo bacino contro la schiena, e istintivamente fece un passo avanti, col cuore in gola. Il buio totale la avvolgeva, non permettendole di essere sicura nei movimenti.
 
Ma a un altro passo, sentì qualcosa cambiare nella consistenza del terreno. Come fosse più cedevole, malleabile. Ansimò quando qualcosa le sfiorò il piede coperto da un sandalo. Un corpo decisamente fragile le si era infilato nel sandalo, e le accarezzava la caviglia. Elle con stupore si accorse che si trattava di un filo d'erba.
 
Un'altra spinta sensuale contro la parte alta del suo sedere la fece avanzare. Elle, vergognosamente eccitata, respirava a fatica e si doveva concentrare per non perdere l'equilibrio.
 
"Attenta ai gradini, bambina. Hai il corrimano alla tua destra." le mormorò contro il collo niveo.
 
Cercando di mettere in fila un pensiero dietro l'altro, Elle cercò a tentoni un contatto alla sua destra. 
 
La sua mano toccò qualcosa, levigato al tatto. Seguendo il corrimano, Elle fece tre gradini poi incespicò.
 
"Ferma così, tesoro." Liuk con una mano le coprì entrambi gli occhi, e con l'altra armeggiò producendo uno stridio metallico. Poi un sonoro "Clack" echeggiò nelle orecchie della ragazza. Un leggero scatto delicato lo seguì.
 
Liuk riprese la sua posizione, e la guidò avanti, con una mano posata protettivamente sul ventre della ragazza.
 
Elle aveva caldo, caldo come in una tipica giornata romana in agosto.
 
E sentiva lo stomaco contratto, in confusione.
 
Percepiva il bisogno di girarsi, stringerlo a se e baciarlo, liberando quell'energia che la faceva tendere come una fragile corda di violino.
 
D'un tratto Liuk sciolse la presa leggera sul suo volto, e gli occhi di Elle furono innondati di luce. Sbattendo più volte le ciglia, si guardò attorno preoccupata. Ma niente, niente di quello che si era aspettata di vedere le si trovò difronte.
 
Esterrefatta, dischiuse istintivamente le labbra, lasciandosi scappare un piccolo singhiozzo.
 
Erano sul ciglio di un piccolo monolocale. 
 
Un piccolo ma modesto salotto occupava il centro della stanza, con un grande divano color beige a L accoccolato nell'angolo. Una piccola TV era accostata alla parete opposta, sopra a un mobiletto bianco con dei cassetti. Un tavolo di legno era apparecchiato per due sotto la finestra, a lume di candela e a vista delle stelle luminose del cielo.
 
Un soppalco con una scala a chiocciola, separava l'alto soffitto dal pavimento in parquet.
 
Elle salì piano, quasi avesse paura di cadere, le piccole scale mentre sentiva vagamente alle sue spalle il suono della porta che si chiudeva. Sentiva gli occhi lucidi, mentre un'emozione forte le opprimeva il respiro. Arrivata in cima, le si bloccò il respiro.
 
Un letto matrimoniale era al centro di quella perfetta isola di legno scuro, coperto da un piumone color lavanda. Un piccolo comodino era l'unica cosa che l'accompagnava nella sua elegante solitudine. 
 
Uno strano rantolo le uscì dal petto, ed Elle si prese il viso tra le mani. Calde lacrime le scesero lungo le guance arrossate. La schiena era scossa tra i singhiozzi. Sentì le mani di Liuk sulla schiena, bollenti, sul collo, sul viso... la accarezzò, lasciandola calmare, stringendola teneramente a se.
 
"Sei a casa" le sussurrava all'orecchio " è solo per noi" 
 
Elle era entrata in uno stato confusionale, quasi fosse ubriaca. Ubriaca di lui. Ubriaca del suo amore. Si lasciò cullare, sentendo che ogni pensiero razionale era sparito dalla sua mente. La sua pelle era più sensibile, accaldata, e quasi non sopportava più il contatto contro i vestiti di Liuk.
 
Elle alzò il visino verso quel volto decisamente maschile, dai tratti fini e levigati.
 
Guardarono uno nell'anima dell'altra, per istanti che parvero infiniti.
 
Poi Elle avvertì le mani di Liuk farsi delicatamente strada sulla sua schiena, verso la zip del vestito. Quello cadde a terra con un fruscio.
 
La ragazza portò tremando le mani sulla camicia bianca di Liuk, per poi iniziare a sbottonarla lentamente. Continuavano a fissarsi, come insaziabili della loro sintonia.
 
Liuk quella notte la depredò delle sue perfette imperfezioni, e delle sue dolci, infondate paure. La baciò dappertutto, donandole un sentimento che a pochi è veramente riservato nella vita.
 
Un'emozione che va al di là della fisicità, del tempo, dello spazio.
 
Ed Elle gli donò tutta se stessa, corpo, anima e cuore.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
ED ECCOCI GIUNTI ALLA FINE DI QUESTA AVVENTURA, VISSUTA INSIEME A VOI FIN DALL'INIZIO...  GRAZIE, GRAZIE DAVVERO A TUTTI! ^.^  SIETE STATI VOI A SUPPORTARMI NEI MOMENTI DIFFICILI E A DARMI I CONSIGLI PREZIOSI E UTILI. QUESTA STORIA è NATA CON VOI, E ANCHE CRESCIUTA. 
SPERO CHE QUESTO FINALE VI SIA PIACIUTO, INSIEME AL RESTO *.* (oddio lo spero davvero tanto, fatemi sapere ogni giudizio, sia positivo che non!)
CON LA SPERANZA DI NON AVERVI DELUSO IN NIENTE, UN BACIONE 
LALLA
 
PS NON SPARISCO, MI TROVATE SEMPRE QUI A EFP, INTENTA A SCRIVERE ALTRE STORIE ^-^

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